DIRITTO INTERNAZIONALE
Diritto: scienza sociale, considerato come un insieme di norme necessarie per una certa comunità, per impedire che
si verifichino situazioni; serve a dare stabilità ad una certa società, comunità
Diritto interno= regola la convivenza tra le persone fisiche e giuridiche soggette ad un certo ordinamento (o che si
trovino sotto un territorio posto sotto la giurisdizione di un certo stato) → sia persone fisiche che giuridiche, quindi
imprese per esempio
Diritto internazionale= regola la convivenza (coesistenza) tra gli Stati che agiscono nella comunità internazionale
(regola la coesistenza di tutti gli Stati del mondo) + regola coesistenza di altri soggetti del diritto internazionale come
le Organizzazioni internazionali, i gruppi insurrezionali, i movimenti di liberazione nazionale, i soggetti come la Santa
Sede, l’Ordine di Malta
Questo comporta che nel diritto internazionale vige una sorta di anarchia, è acefalo; il diritto internazionale funziona
perfettamente proprio perché gli Stati sono anche governanti, oltre che governati (anche se ci sono diverse
violazioni, come per esempio gli episodi in Siria, in Iraq, in Afghanistan ecc).
Per capire se il diritto internazionale funziona bisogna guardare alla vita di ogni giorno= ci si può muovere, i
collegamenti telefonici, gli enti umanitari sono possibili grazie al diritto internazionale, le consegne di merci tra Paesi
diversi, la UE esiste perché esiste il diritto internazionale.
Quando nasce il diritto internazionale pubblico? E’ difficile individuarla, convenzionalmente è il 1648 (data della pace
di Vestfalia con cui finì la Guerra dei 30 anni)= quasi tutti sono concordi nel ritenere che il diritto internazionale sia
sempre esistito, anche nell’antichità (es. trattati tra diversi popoli).
Ci sono diverse fasi:
1. Fase dell’antichità
2. Fase di coesistenza tra l'Impero romano e il papato= periodo in cui il diritto int. si basava sulla preminenza di due
soggetti (Impero romano d’Oriente e il Papato) e gli altri Stati erano visti come “satelliti” dei due imperi.
Questa prevalenza esistette fino alla fine del 1400-1500 al sorgere dei primi tre Stati moderni dell’Inghilterra
di Elisabetta Tudor, la Spagna di Filippo II e la Francia di Francesco I di Volois → tra la fine del ‘400 e l’inizio
del’500 nasce lo Stato come lo intendiamo noi oggi, ma non il diritto internazionale come lo intendiamo noi
oggi
⇢ nasce dopo la Guerra dei Trent’anni perché con la Pace di Vestfalia viene posto termine alla situazione di
supremazia tra il Sacro romano impero e il Papato, con gli altri paesi posti su un piano di eguaglianza = uguaglianza
sovrana tra gli Stati è un principio ancora oggi vigente
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Nasce il concetto di CONFINE= non esisteva questo concetto prima di allora (nasce così che qualsiasi territorio di
terra emersa debba essere sotto supremazia di uno Stato= esercizio di un potere territoriale degli Stati, prima era un
esercizio di potere personale, quindi sui sudditi)
Dalla pace di Vestfalia si possono individuare tre periodi del diritto internazionale:
1. Periodo della coesistenza: periodo che va dal 1648 fino al 1919 (nascita della Società delle Nazioni poi seguita
dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro → esistenza di un diritto internazionale che si basa su obblighi
negativi , di astensione (lo Stato, ha per esempio, l’obbligo di non causare danni agli Stati confinanti)
2. Periodo della cooperazione: dal 1919 fino agli anni ’70/’80 con la caduta del muro di Berlino → emersione di
obblighi positivi (nascita e sviluppo di obblighi sui diritti umani, nascita di organizzazioni internazionali che sono il
simbolo della cooperazione inter-statale necessaria per la corretta interpretazione di questi obblighi positivi)
3. Periodo dell’interdipendenza: più o meno dagli anni ’80 ai giorni nostri → basato sul diritto internazionale
dell’economia, dove si è venuto a creare un legame indissolubile tra tutti gli Stati del mondo i quali non possono
prescindere dall’avere rapporti, relazioni economiche, politiche e giuridiche con tutti gli altri Stati.
FUNZIONI
Simili a quelle del diritto interno, cambia la modalità con cui queste funzioni vengono esplicate, gli esiti
1. Funzione di produzione del diritto: creazione delle norme internazionali, che sono fondamentali alla coesistenza
della comunità internazionale; le norme possono essere di tre tipi:
• Generali: diritto int. generale, consuetudini internazionali diritto non scritto che svolge una funzione
essenziale e nasce sulla base dei comportamenti della generalità degli Stati, si basano sulla ripetizione
nel tempo e la condizione che un certo comportamento sia dovuto o necessario, vincolano tutti gli Stati
• Convenzionali: diritto int. convenzionale, si basa sulla norma consuetudinaria che prevede l’obbligo di
tenere fede ai trattati: trattati, convenzioni accordi, protocolli, norme che si differenziano da quelle
consuetudinaria perché sono scritte e perché vincolano solo gli Stati che le hanno sottoscritte
• Cosiddette di terzo grado, previsto dal diritto int. convenzionale, per esempio gli atti delle Organizzazioni
internazionali che creano sistemi complessi ai quali è demandata l’attuazione di certi atti vincolanti,
l’obbligatorietà di questi atti trae la ragion d’essere di questi trattati; incidono notevolmente sul diritto
internazionale (atti UE, direttive, regolamenti, decisioni, regolamenti dell’OMS)
→ tutti e tre i tipi si rivolgono ai soggetti del diritto internazionali che sono principalmente gli
Stati, norme prodotte da essi e in misura minore dalle Organizzazioni internazionali
2. Funzione di accertamento del diritto: avviene mediante l’arbitrato, cioè soltanto se vi è la previa dichiarazione di
volontà delle parti, un arbitrato potrà risolvere una controversia sull’applicazione di una norma
internazionale (si parla di arbitrato anche se esiste la Corte di Giustizia internazionale e i tribunali
internazionali perché, per agire, deve esserci una previa dichiarazione di volontà degli Stati per controversie
tra diversi Stati o tra Stato e individuo (deve esserci l’accettazione della competenza dell’organo chiamato in
causa e della controversia) e la giurisdizione int. si basa su una misura arbitrale (nel diritto interno l’arbitrato
è un’eccezione, in quello internazionale la regola è quella dell’arbitrato, DEVE essere espressa la volontà)
3. Funzione di attuazione del diritto: si attua tramite l’autotutela → ci sono mezzi previsti caso per caso ma la
regola generale è quella dell’autotutela tramite la quale uno Stato può agire nel caso in cui un’altro avesse
violato il diritto internazionale: autotutela esiste anche nel diritto interno (es. legittima difesa ma è vista
come un’eccezione), mancano mezzi di esercizio coercitivo di difesa nel diritto int. quindi l’autotutela è vista
come prassi.
COME PUO ESSERE OBBLIGATORIO? Ha una sua obbligatorietà perché è nell’interesse di ciascuno Stato che gli altri
Stati rispettino il diritto internazionale e ciascuno Stato, anche quando dovesse violare una certa norma di diritto int.
ha interesse a rispettarne altre (es. intervento illecito negli Usa e Gb in Iraq e Afghanistan per certi aspetti ma li ha
condotti a rispettare altri diritti internazionali come quelli delle norme del conduzione delle ostilità) → interesse
sociale, diffuso nella conservazione dell’obbligatorietà + è obbligatorio perché gli ordinamenti interni si adattano alle
norme internazionali ⇢ i singoli ordinamenti interni immettono nel proprio ordinamento le norme internazionali
(DEVONO essere introdotte negli ordinamenti interni così che acquisiscano valore vincolante anche a livello interno
quindi anche per le persone fisiche che non sono soggetti del diritto internazionale).
LA SOGGETTIVITA’ DEI SOGGETTI DEL DIRITTO INTERNAZIONALE
Soggetti del diritto
- interno: persone fisiche e giuridiche
- internazionale: stati
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Non stati federati: componenti dello stato federale (dipendono dallo stato federale)
Confederazione: unione tra più stati indipendenti (ordinamento trae vigore dagli Privi di
ordinamenti dei singoli stati) indipendenza
Puppet state: stati dipendenti da altri stati (Repubblica turca di Cipro del nord)
riconoscimento
elemento ricorrente che non concorre nella definizione della soggettività nel diritto internazionale
atto unilaterale con cui uno stato riconosce lo status di soggetto di diritto internazionale ad un altro stato o
ne riconosce semplicemente l’esistenza
costitutivo: gli stati preesistenti hanno la facoltà di riconoscere l’esistenza di altri stati (ammissione alla
comunità internazionale)
- rule of law, democrazia, separazione dei poteri, checks and balances, diritti umani
- teoria negata
1. concetto relativo di soggettività: unilateralità del riconoscimento
2. si ammetterebbe l’acquisizione di uno status attraverso la sola volontà di uno stato
3. sbilanciamento tra gli stati (contro il principio uguaglianza sovrana tra gli stati)
4. richiede la soddisfazione di requisiti che
non costitutivo: propone un inquadramento del riconoscimento dal punto di vista politico e non giuridico
riconoscimento di natura ricognitiva
de jure: culmina con instaurazione di relazioni diplomatiche con ambasciatori (ufficiale e non
reversibile per il principio dell’estoppel: una parte non può disconoscere le proprie dichiarazioni o la
propria condotta quando tale disconoscimento provocherebbe un danno economico alla parte che,
confidando legittimamente in tale condotta o dichiarazione, abbia agito in buona fede.)
de facto: comunicazione e relazioni economiche e politiche tra gli stati
riconoscimento prematuro: quando il riconoscimento avviene prima che il nuovo Stato sia entrato in possesso delle
condizioni di fatto per l'acquisto della personalità giuridica internazionale (in particolare, l'effettivo controllo di un
territorio abitato)
- considerato da alcuni autori quello accordato da Comunità europea, Austria e Svizzera nei confronti
della Croazia il 15 gennaio 1992, in quanto il nuovo Stato croato, impegnato nelle guerre jugoslave, non
controllava all'epoca che un terzo del suo territorio
- illegale (rappresenta un’ingerenza negli affari interni di un altro stato)
disconoscimento solamente di certi atti posti in essere da un altro stato o certi status derivanti dall’ordinamento
straniero
- natura sanzionatoria
- si disconosce l’annessione della Crimea da parte della Russia, non la Russia
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- vengono disconosciute delle leggi della Rodesia che potevano esercitare effetti extraterritoriali
- mettere in evidenza l’illegalità degli atti compiuti da un certo stato
soggetti sui generis: soggetti che hanno acquisito lo status internazionale tramite avvenimenti storici o che non
posseggono un territorio e quello in cui agiscono è parte di uno Stato sovrano
Guerra: presenza di una dichiarazione, atto formale che lo stato presenta attraverso l’agente diplomatico all’altro
governo
Conflitto internazionale: vede contrapposti due o più soggetti del diritto internazionale
conflitto interno: scontro tra stato e un gruppo di ribelli
il Consiglio di Sicurezza la competenza a reagire alle situazioni di minaccia alla pace, violazione della pace ed
aggressione (articolo 39), in primo luogo attraverso misure non implicanti l'uso della forza, quali le sanzioni
economiche e l'interruzione delle relazioni diplomatiche (articolo 41) e, successivamente, in caso di inadeguatezza di
queste, mediante "azioni di polizia internazionale" implicanti l'uso della forza per il ristabilimento della pace
gli Stati terzi, nel diritto internazionale, dovrebbero sostenere il governo legittimo
- nel caso di lotta degli insorti per l’autodeterminazione, gli altri stati possono appoggiare i ribelli
disconoscimento atti di Governo nel territorio conteso
aiutare attraverso l’invio di aiuti e armanenti (anche UN)
principio di autodeterminazione dei popoli: diritto del popolo di determinare la propria condizione
attraverso l’indipendenza o la parziale autonomia dal proprio stato o integrazione all’interno di un
altro stato
diritti e obblighi di cui sono titolari soltanto gli stati (colui che può esercitarli e inciderne)
i popoli ne sono beneficiari: non godono della soggettività internazionale
norma non scritta, ma codificata in strumenti convenzionali
ogni stato ha l’obbligo di garantirlo o rispettarlo e il diritto di pretenderlo dagli altri stati (il
rapporto esiste solo a livello interstatale, non internazionale)
obbligo erga omnes: obblighi che gli stati hanno nei confronti di altri stati (la violazione
comporta una reazione)
norma cogente: può essere derogata solo da norme di pari grado
1. interna: diritto di scegliere il proprio governo (autonomia politica e democratica all’interno
dello stato)
a) regioni a statuto speciale in Italia
b) la secessione non può essere un rimedio alla mancanza di autodeterminazione
interna (assenza di fondamento giuridico)
2. esterna: essere liberi da ogni dominazione esterna
può essere invocata o esercitata in tre casi
a. regime razzista o di apartheid
b. occupazione bellica (nasce post WW1 con i 14 punti di Wilson e si rafforza post
WW2 con una decolonizzazione generale quando passa un)
c. dominazione coloniale
isola Chagos: isole, assieme ad altri piccoli arcipelaghi, formano dal 1965 il Territorio
britannico dell'Oceano Indiano, scorporato da Mauritius poco prima
dell'indipendenza dal Regno Unito e nel 1965, è rivendicato da Mauritius come parte
delle isole esterne. Diego Garcia è sede dal 1966 di una base aeronavale degli Stati
Uniti, la costruzione della quale generò una controversia internazionale, tra alcuni
deportati e l'amministrazione britannica, visto che l'intera popolazione indigena
(circa 2000 persone) era stata deportata nell'isola di Mauritius.
d. principio di irretroattività: può essere garantita ai popoli che rientrano in uno di
questi 3 casi solo da quando il principio è entrato nel diritto internazionale
- autodeterminazione dei popoli può essere posta sullo stesso piano dei gruppi insurrezionali
non avendo motivi economici e politici, permette l’intervento degli stati terzi a sostegno degli “insorti”
ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI
Ente associativo interstatale (associazione di più stati che decidono di istituzionalizzare i propri rapporti stipulando un
trattato)
- Soggetto autonomo e indipendente rispetto agli stati membri (soggetto terzo)
- Trattato istitutivo
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Partecipano alla Comunità internazionale: società dei soggetti del diritto internazionale
- Soggetto erga omnes (considerato soggetto da tutti)
Soggettività funzionale: soggetti solo relativamente alle situazioni giuridiche soggettive che sono connesse alle
competenze ad esse attribuite
competenza settoriale: possono essere più o meno sviluppate (sanitario, cultura, commerciale,
economica)
COMPOSIZIONE
Regionale: determinata regione del globo (Unione Africana, Organizzazione degli stati americani,
Lega araba, Unione Europea, Consiglio d’Europa)
Interregionali: due o tre specifiche regioni del mondo (NATO: stati europei e nord America)
Universale: ambizione di essere composte da tutti gli stati del mondo
SCOPO
Cooperazione: permettono agli stati di confrontarsi e operare insieme in modo istituzionalizzato
Integrazione: obiettivo di indurre gli stati ad integrarsi e cedere sovranità (in genere economiche)
STRUTTURA ORGANICA
TRIPARTITA (classica): tre organi
Assembleare: rappresentazione di tutti gli stati
Amministrativo: tecnico al vertice dell’apparato amministrativo
esecutivo: ristretto con potere decisionale
COMPLESSA
Nazioni Unite con 6 organi
1. Assemblea generale: organo assembleare (5 rappresentanti per ogni
delegazione)
2. Consiglio di sicurezza: organo esecutivo, 11 stati di cui 5 permanenti, Previsti dal
può adottare atti vincolanti trattato istitutivo
3. Segretario Generale delle NU: vertice dell’apparato burocratico
4. Tribunale della Corte internazionale di giustizia
5. Consiglio economico e sociale: 54 membri
6. Consiglio di amministrazione fiduciaria: decolonizzazione in passato,
riconversione ad altre competenze
imprese multinazionali: nascono sulla base di un atto interno stipulato sulla base del diritto interno in cui
nascono (non sempre corrisponde con la sede ufficiale)
casa madre + filiali
attività transnazionale con scopo di lucro possedute da privati
INDIVIDUO NEL DIRITTO INTERNAZIONALE
Non sono soggetti (non titolari delle norme)BENEFICIARI
Beneficiario dei diritti umani
DOTTRINA CHE SOSTIENE LA SOGGETTIVITA’ DEL DIRITTO INTERNAZIONALE DELL’INDIVIDUO
1. Tutela dei diritti umani: Le norme internazionali sui diritti umani costituiscono obblighi per gli stati a cui
corrispondono diritti la cui titolarità va rintracciata direttamente capo ai singoli individui i quali deterrebbero
un potere d’azione contro lo stato autore di violazione dei diritti umani di fronte agli ogani giurisdizionali o di
controllo convenzionamente predisposti
2. Diritto internazionale penale: l’individuo sarebbe titolare di obblighi internazionali corrispondenti al divieto
di commettere crimini internazionali
Comportamento sanzionabile a opera della giustizia internazionale penale
3. Titolare di diritti e obblighi discendenti da norme internazionali attinenti ai rapporti d’impiego tra le OI e i
funzionari di queste ultime:
UE: gli individui vengono riconosciuti come pieni soggetti del diritto dell’UE
DOTTRINA CHE SOSTIENE LA SOGGETTIVITA’ LIMITATA
Argomenti che portano a riconoscere talvolta la soggettività piena, talvolta limitata
- La maggioranza sostiene che l’individuo sia soggetto limitatamente al diritto internazionale dei diritti umani
al diritto internazionale penale, agli ordinamenti interni e delle organizzazioni internazionali
DOTTRINA CHE NEGA LA SOGGETTIVITA’ DELL’INDIVIDUO (Arangio-Ruiz)
- Individuo come mero beneficiario del diritto internazionale
- 1966: due patti delle NU (trattati vincolanti che garantiscono i diritti essenziali, ma anche economici e sociali)
1. il patto sui diritti civili e politici
2. il patto sui diritti economici sociali e culturali
Drittwirkung: teoria dottrinale tedesca secondo cui, almeno i principi fondamentali contenuti in Costituzione
debbano (e possano) trovare applicazione diretta anche nei rapporti fra singoli individui, tipicamente regolati dalle
norme di diritto privato (violazione lamentabile direttamente davanti ad un organo internazionale)
- Teoria orizzontale del rispetto e garanzia dei diritti umani
Le norme consuetudinarie pongono obblighi che ciascuno stato deve rispettare verso la comunità internazionale
I trattati creano obblighi nei confronti degli altri stati firmatari
Nel diritto internazionale manca un legislatore universale
- Gli stessi stati forniscono i presupposti per la creazione di trattati e consuetudini
- Impegno reciproco
- La violazione può essere lamentata dagli altri firmatari (art. 33 della Convenzione europea dei diritti umani
prevede che gli Stati possono agire davanti alla corte contro altri stati)
- Diritto di pretendere che l’altro stato rispetti i diritti umani e obbligo degli stati di rispettarlo
- Individui beneficiari dei diritti nel momento in cui gli stati adattano il proprio ordinamento a quelle norme
(fenomeno dell’adattamento)
Sistema dualista (diritto internazionale separato dal diritto interno)
L’individuo può lamentare internamente al proprio stato la violazione della legge di adattamento,
ma la violazione della Convenzione può essere lamentata solo davanti alla Corte di Strasburgo
Art 34 della Convenzione permettono all’individuo, gruppo di individui o le ONG possono
presentare un ricordo
L’individuo però NON E’ SOGGETTO del diritto internazionale
1. Corti e Tribunali sono istituiti convenzionalmente (organi di controllo previsti dagli stessi trattati
che esplicano i diritti e gli obblighi, quindi nati per volontà dagli stati)
2. Diritto a base volontaristica (non hanno natura giudiziaria, gli stati scelgono se firmare o meno
un trattato)
3. Non sempre è garantito a tutti gli individui di presentare i ricorsi (in Europa qualsiasi individuo
può far ricorso al proprio stato, negli USA si accetta la giurisdizione solo tra gli stati, non tra
Stato e individuo per cui è necessaria l’accettazione dello stato)
4. Il diritto di presentare ricorso può essere fatto valere solo all’interno del sistema normativo di
tale Convenzione
L’individuo non può pretendere che lo stato ritenuto responsabile esegua la sentenza
nel proprio ordinamento
5. Il controllo sull’esecuzione delle sentenze anche quando vengono eseguite è poco incisivo o
totalmente assente
Due diligence: obblighi di prevenzione delle violazione dei diritti da parte degli Stati attraverso i suoi organi
DIRITTO INTERNAZIONALE PENALE
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Crimini internazionali
a. Crimini di guerra (violazione diritto internazionale umanitario)
b. Crimini contro l’umanità (stupri di massa, castrazioni chimiche, genocidio)
c. Crimini contro la pace (aggressione)
Il divieto di commettere crimini internazionali è previsto dal diritto consuetudinario
Codificazioni
Statuto di Londra (Tribunale di Norimberga)
Statuto di Roma (Corte penale internazionale)
Chi può commettere questi crimini?
Solo chi ha un potere tale da commettere queste gross violation
a. Organi dello stato che agiscono per conto di quest’ultimo
b. Sottile limite tra la responsabilità individuale e statale
Istituzione di tribunali penali internazionali settoriali attraverso risoluzioni vincolanti del Consiglio di sicurezza
- tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia
- tribunale penale internazionale per il Ruanda
oggi non esistono più
Tribunali Misti: composti da giudici interni ed internazionali (Cambogia)
corte penale internazionale (unico tribunale fisso)
- sede ad Aia (Paesi Bassi)
- Statuto di Roma
- Opera dal 2004
- Giurisdizione per tutti i crimini
1. commessi nel territorio di uno stato membro
2. casi deferiti dal Consiglio di sicurezza
3. commessi da cittadini appartenenti a stati membri
- non può di sua iniziativa perseguire un crimine (tutto su volontà degli stati)
a. Trattati che vincola soltanto quegli stati che hanno voluto stipularlo (equiparabile al contratto nel diritto
interno – vincola soltanto le parti)
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atti unilaterali
- promessa
- suscettibili di creare diritti e obblighi
2 ELEMENTI COSTITUTIVI
Prassi (elemento oggettivo)
- diuturnitas: costanza del comportamento in un arco di tempo non definibile
- usus: uniformità del comportamento (maggior parte degli stati)
- definita da tutti gli atti degli organi dello stato
Rilevanza esterna: in relazione ad altri paesi
Rilevanza interna: regolano la convivenza interna alla realtà statale
Atti verbali: dichiarazioni
Atti scritti
Atti delle organizzazioni internazionali
Elemento psicologico (soggettivo): opinio iuris ac necessitatis
Critica di questa visione dualistica
- tesi di Cheng: esistenza di consuetudini istantanee (prassi non necessaria, basta la convinzione)
- tesi di Hans Kelsen: la consuetudine si basa solo sulla prassi
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1. Gli Stati hanno iniziato a comportarsi in un certo modo perché probabilmente credevano fosse
socialmente necessario (non esiste solo l’opinion luris ma anche quello necessitatis);
2. Se gli Stati si comportano in un modo senza ritenere che quel comportamento sia dovuto o
necessario, stanno violando quella consuetudine;
3. Quando si ricostruisce una norma consuetudinaria, la corte fa riferimento ad entrambi gli elementi
Infine, lo sviluppo progressivo del diritto internazionale va nel senso di individuare delle prassi che vincolano
solo quegli Stati che hanno caratteristiche morfologiche e/o politiche similari.
Come si protesta: emanazione di leggi, dichiarazioni
Esistono consuetudini sui generis
- Regionali: tutte quelle consuetudini che si sviluppano e vincolano solo gli stati di una particolare regione
Asilo diplomatico: diffuso soltanto negli stati dell’America latina
Possibili anche consuetudini locali: tra due Stati (≠norme di cortesia/cerimoniale)
- Particolari: sorgono nei rapporti tra gli stati che partecipano ad un determinato trattato
Formate successivamente al trattato
Introdurre una nuova disposizione
funzione modificativa rispetto alle norme convenzionali
a. Art 27 par 3 della carta delle NU
Le decisioni del Consiglio di Sicurezza su ogni altra questione sono prese con un voto
favorevole di nove Membri, nel quale siano compresi i voti dei Membri permanenti
Potere di veto dei membri permanenti
Voto per questioni sostanziali
Se un membro vota a sfavore, si astiene o è assente, la delibera non dovrebbe passare
In realtà si è affermata una consuetudine
Si è deciso che non passa solo in caso di voto negativo
Desuetudine: norma può cessare di essere tale perché gli stati non attuano più comportamenti e non li considerano
obbligatori o socialmente necessari
IUS COGENS
Norme cogenti consuetudinarie (norme imperative del diritto internazionale generale)
- Concetto tratto dal diritto romano
- La volontà delle parti non determina la possibilità di non adeguarsi a queste norme (inderogabilità)
- Esprimono valori fondamentali o norme di funzionamento della comunità internazionali
- Derogabili solo da norme di pari grado (un’altra norma cogente)
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gli stati che commettono atti contro diritti umani, lo negano, avendo anche delle leggi che vietano ciò
Lo ius cogens appartiene più alla sfera privatistica che pubblicistica del diritto internazionale
- concetto che risale alle norme imperative del diritto romano e diritto dei contratti italiano
obbligo erga omnes (aspetti pubblicistici)
- obblighi che tutti gli stati devono seguire
- nel caso di violazione, tutti gli stati possono reagire
- la maggior parte delle norme di ius cogens sono anche obblighi erga omnes (valori fondamentali del diritto
internazionale)
nucleo essenziale dei diritti umani
nucleo essenziale delle norme del diritto umanitario
principio di autodeterminazione dei popoli
divieto di uso della forza
- colmare le lacune del diritto internazionale (incompleto: privo di norme di chiusura e non disciplina più o
meno tutti gli ambiti della vita delle persone al contrario del diritto interno)
- diritto primitivo, per quello incompleto (non esistono norme per la regolazione di un processo)
- per risolvere questo problema si ricorre ai principi generali del diritto riconosciuti dalle nazioni civili
- principi in essere e vigenti negli ordinamenti interni che possono essere utilizzati nel diritto internazionale in
caso di assenza di regole in una certa materia
- possono essere considerate consuetudini sui generis
non scritti
individuabili prassi ed elemento soggettivo, ma prassi sostituita da fattore geografico (diffusi nella
maggior parte degli ordinamenti) ed elemento soggettivo trasposto in obbligatorietà nel diritto
internazionale
norma cristallizzata: norme che non erano consuetudinarie, ma lo sono diventate e vincolano tutti gli stati
norme di sviluppo progressivo: norme innovative che vincolano lo stato o gli stati parti dell’accordo di codificazione
norme convenzionali: (contrario di consuetudinarie) norme scritte che vincolano solo gli stati firmatari del trattato
TRATTATI: incontro di volontà tra soggetti del diritto internazionale che si basa sulla norma pacta sunt servanda
- Paragonabile ad un contratto
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- Norma pacta sunt servanda trova codificazione nell’articolo 26 della Convenzione di Vienna sui trattati
Ogni trattato in vigore vincola le parti e deve essere da esse eseguito in buona fede
TRATTATO INTESA POLITICA
contenuto Prevede obblighi Non prevede obblighi
Vincolo derivante dalla sua
Procedura di conclusione Manca l’obbligatorietà
accettazione
terminologia Verbi al condizionale e verbo
Verbi all’indicativo o verbo shall
should
Diverse tipologie
a. Multilaterali
Aperti: permettono la partecipazione di altri stati anche dopo l’entrata in vigore
Chiusi: non consentono la successiva adesione(plurilaterali)
b. Bilaterali
Forma solenne
5 fasi di cui 1 facoltativa
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3. Ratifica
a. Atto necessario di accettazione del vincolo di un trattato prima che esso entri in vigore (adesione:
vincolo successivo all’entrata in vigore)
b. Ogni stato del mondo ha il suo procedimento di ratifica
c. ITALIA
Presidente della Repubblica
3 articoli della Costituzione
1. Art.80: Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali, o di natura
politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del
territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi
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Forma semplificata
Negoziazione
Firma: svolge una funzione di autenticazione ed è l’espressione della volontà dello stato di vincolarsi al trattato
- Il rappresentante diplomatico avrà pieni poteri non solo nell’autenticazione ma anche nell’ufficializzazione
dell’impegno dello stato a vincolarsi
- Art. 12 CdV
Il consenso di uno Stato ad essere vincolato da un trattato viene espresso con la firma del rappresentante di
tale Stato:
a) quando il trattato prevede che la firma abbia tale effetto;
b) quando sia stato accertato che gli Stati che hanno partecipato ai negoziati avevano convenuto che la firma
avrebbe avuto tale effetto; o
c) quando l’intenzione dello Stato di dare tale effetto alla firma risulti dai pieni poteri del suo rappresentante
o sia stata espressa nel corso dei negoziati.
Abuso da parte dell’Italia dell’uso della forma semplificata nella prassi (anche nell’adesione alle NU)
- Violazione interna
- Art. 27: Diritto interno e rispetto dei trattati
Una parte non può invocare le disposizioni della propria legislazione interna per giustificare la mancata
esecuzione di un trattato. Tale norma non pregiudica in alcun modo le disposizioni dell’articolo 46.
Art 46
Disposizioni di diritto interno concernenti la competenza a concludere trattati
1. Il fatto che il consenso di uno Stato ad essere vincolato da un trattato sia stato espresso violando una
disposizione del suo diritto interno concernente la competenza a concludere trattati, non può essere invocato
da tale Stato per infirmare il proprio consenso, a meno che tale violazione non sia stata manifesta e non
concerna una norma di importanza fondamentale del proprio diritto interno.
2. Una violazione è manifesta quando essa appaia obiettivamente evidente ad ogni Stato che si comporti, in
materia, in base alla normale prassi ed in buona fede.
Uno stato non può invocare il diritto interno per ottenere l’invalidità di un trattato
Permette ad uno stato di pretendere l’invalidità di un trattato stipulato in manifesto contrasto con
una norma interna di importanza fondamentale
Norma interna di importanza fondamentale: rilevanza costituzionale
Violazione manifesta: evidente ad ogni stato, che si comporta in buona fede (si dà per
scontato che ogni rappresentante sia a conoscenza della possibile violazione)
Art. 34
Norma generale riguardante gli Stati terzi
Un trattato non crea né obblighi né diritti per uno Stato terzo senza il consenso di
quest’ultimo
3 corollari
Buona fede
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- Il consenso per la revoca o modifica di un obbligo deve essere accettato dalle parti del trattato e dallo Stato
terzo (assunzione di un vincolo convenzionale)
- Nel caso di un diritto, le parti del trattato possono ritirarlo o modificarlo, ma è necessario l’incontro di
volontà solo se precedentemente era stata accertata
-
Art. 38
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Norme di un trattato che divengono obbligatorie per Stati terzi a seguito della creazione di una consuetudine
internazionale
Nessuna delle disposizioni contenute negli articoli da 34 a 37 vieta che una norma sancita da un trattato diventi
obbligatoria per uno Stato terzo in quanto norma consuetudinaria di diritto internazionale riconosciuta come tale.
- Clausola di salvaguardia
- Se un trattato prevede un obbligo o un diritto nei confronti del terzo che poi viene trasposto in una
consuetudine che si forma nel corso del tempo, quella norma varrà per tutti gli stati non più solo nei
confronti di questo terzo
Risoluzione
Tre principi regolatori
1. Pacta sunt servanda
Obbligo di rispettare i trattati anche se contrastanti
2. Pacta tertiis neque nocent neque iuvant
Se si hanno delle situazioni di coincidenza parziale, uno stato non può pretendere che un trattato venga
applicato anche nei confronti di altri
3. Lex posterio derogat priori
Principio temporale (successivo prevale sul precedente)
Art. 30
Applicazione di trattati successivi vertenti sulla stessa materia
Art. 59
Estinzione di un trattato o sospensione della sua applicazione implicite a causa della conclusione di un trattato
successivo
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Assenza di soluzione quando c’è una coincidenza solo parziale delle parti (andranno a violare almeno un trattato)
SVILUPPO STORICO
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Nel sistema tradizionale (dalla Pace di Vestfalia ai primi anni del secondo dopoguerra), le riserve dovevano essere
concordate al momento dei negoziati
- Eccezione: prevedere una clausola che permettesse di apporre riserve dopo la firma
1951
La Corte internazionale di giustizia ha emesso il parere sulla Convenzione contro il genocidio
Rivoluzione dell’istituto delle riserve
1948: approvata la Convenzione contro il genocidio
Contiene una clausola compromissoria (permette ad uno Stato di devolvere a soggetti, in qualità di arbitri,
delle possibili e/o eventuali controversie derivanti dal trattato nel quale è contenuta)
Gli stati volevano porre una riserva sull’articolo 9 contenente questa clausola (alcuni dei quali volevano
aderire alla convenzione in un secondo momento mantenendo la riserva anche se non era possibile)
Per favorire la partecipazione, è stato chiesto il parere
Primario mantenere l’integrità del trattato, ma circostanze particolari (assenza di clausole che lo vietano
espressamente) è possibile apporre riserve dopo la firma
Condizioni
a. Riserve mai contrarie all’oggetto o allo scopo del trattato
b. Accettazione da parte delle controparti
c. In caso di obiezione di uno stato, il trattato non entra in vigore nel loro rapporto (regime convenzionale
frammentato)
Disciplina cristallizzata nella Convenzione di Vienna
Dall’articolo 19 al 23
Contengono norme codificate, cristallizzano delle norme, introducono norme di sviluppo progressive
non ancora cristallizzate
Riserve e obiezioni ritirabili in qualunque momento
La mancanza di obiezione è accettazione (12 mesi per presentare l’obiezione)
Obiezione netta: intero trattato non entra in vigore
Obiezione non netta: il trattato entra comunque in vigore e produce i suoi effetti
Reservation dialogue: lo stato che compie un’obiezione non netta ritiene che ci siano dei
margini di manovra per indurre lo stato riservante ad eliminare la riserva e mantenere
l’integrità del trattato e decide di aprire un dialogo
Riserve, obiezioni ed accettazioni comunicate per iscritto al depositario e agli altri stati del trattato
Riserve non ammesse
a. autorità competente: giudice interno (nel rispetto delle riserve e delle obiezioni del proprio
Stato) o internazionale nei limiti del caso di specie
b. contrarie all’oggetto o allo scopo del trattato
c. tardive: dopo che il trattato è entrato in vigore e ha cominciato ad esercitare i suoi effetti
d. generali: non specificano le ragioni alla base di essa
2011
- Commissione del diritto internazionale la guida alla pratica delle riserve nei trattati (guideline non
vincolante)
- Risulta ancora più confusa
2 tendenze
1. Trattati sui diritti umani
Autorità scelte per la verifica dell’ammissibilità delle riserve: organi di controllo istituiti da questi trattati
Corte europea dei diritti dell’uomo
Commissione interamericana dei diritti umani
Comitato delle Nazioni Unite dei diritti umani
2. Dottrina della separability (riguardante i trattati sui diritti umani)
Qualificazione delle riserve non ammissibili come se mai apposte
Il trattato entrerà in vigore nello stato e la riserva da esso presentato cadrà nell’indifferenza
ORDINAMENTO ITALIANO
Chi formula le riserve?
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- Governo: sia al momento della firma, sia della ratifica che del deposito dello strumento di ratifica
- Parlamento: nel momento in cui emette legge di autorizzazione alla ratifica
Il governo non può eliminare riserve parlamentari
- Induce a tenere conto dei lavori preparatori (trascrizioni del negoziato) e delle circostanze esistenti al
momento della stipulazione del trattato (eventi storico-politici che hanno condotto alla stipulazione)
- Si fa ricorso all’articolo nel caso in cui
a) Serva conferma di interpretazione già fornita dall’articolo 31 (magari a seguito di un’opposizione)
b) La regola generale non ha aiutato a comprendere il significato di una disposizione
c) La regola generale ha portato ad un’interpretazione assurda o non ragionevole
27
PROBLEMA LINGUISTICO
Art. 33
Interpretazione di trattati autenticati in due o più lingue
1. Quando un trattato è stato autenticato in due o più lingue, il suo testo fa fede in ciascuna di tali lingue, a
meno che il trattato non preveda o le parti non convengano fra loro che, in caso di divergenza, prevarrà un
determinato testo.
2. La traduzione di un trattato in una lingua diversa da una di quelle nelle quali il testo è stato autenticato non
sarà ritenuta testo autentico qualora il trattato non lo preveda o le parti non abbiano così convenuto.
3. Si presume che i termini e le espressioni di un trattato abbiano lo stesso senso nei vari testi autentici.
4. Ad eccezione del caso in cui un determinato testo prevalga in conformità del paragrafo 1, quando il
confronto fra i testi autentici renda evidente una differenza di significato che l’applicazione degli articoli 31 e
32 non permette di eliminare, verrà adottato il significato che, tenuto conto dell’oggetto e dello scopo del
trattato, concili nel migliore dei modi i testi in questione.
Art. 79
- Una delle disposizioni finali che riguarda la correzione degli errori contenuti nei testi o nelle copie
certificate conformi dei trattati
I trattati “invecchiano” man mano che la società si evolve e modifica i propri caratteri di fondo. Alcune volte gli Stati
possono intervenire e ringiovanire i trattati (art. 39-40-41 Convenzione di Vienna, Emendamento e Modifica del
Trattato)
Art. 39: “Un trattato può essere emendato per accordo tra le parti”;
L’art. 40 regola gli aspetti più specifici dei trattati multilaterali, utilizzando una certa procedura laddove le parti sono
d’accordo. Se non tutte le parti sono d’accordo, potranno non partecipare all’emendamento rimanendo vincolate al
precedente trattato.
In alcuni casi i due trattati possono coesistere, in altri possono causare incompatibilità (tra norme convenzionali).
L’emendamento è una modifica apportata direttamente al testo del trattato esistente, mentre la modifica (art. 41)
prevede l’istituzione di un nuovo trattato che vada a sostituire quello precedente. Si crea un duplice regime
convenzionale de iure.
Un particolare metodo per intervenire sul testo del trattato (non disciplinato) è la revisione. Quest’ultima riguarda il
trattato nella sua interezza, stipulando un trattato che sostituisce il precedente.
L’art. 109 della Carta delle Nazioni Unite, per esempio, prevede una procedura lunghissima che non è mai stata
applicata, a differenza dell’art. 108, che parla dell’emendamento.
I trattati su cui si fonda l’Unione Europea sono invece stati revisionati spesso nel corso del tempo (la CECA,
Maastricht, i Trattati di Roma)
L’art. 59 del TUE parla proprio di come un trattato successivo, stipulato dalle stesse parti sulla stessa materia, porti
all’estinzione del trattato precedente.
Anche la consuetudine particolare può modificare un trattato. Art. 31 paragrafo 3 lettera B.
Le cause di invalidità
Si distinguono in due categorie:
1. Relativa, travolge anche una disposizione del trattato (rendendolo divisibile), sono sanabili per acquiescenza
e possono essere invocate dal solo stato interessato;
2. Assoluta, travolge il trattato nella sua interezza, non sono sanabili per acquiescenza (quindi la causa di
invalidità assoluta potrà sempre essere invocata) e può essere invocata da qualsiasi stato senza distinzione.
2. Violenza esercitata sullo stato, prevista dall’art.52. Deve essere visto come un precipitato del paragrafo 2
art.54 della Carta delle Nazioni Unite (vietato l’uso della forza);
3. Contrasto con lo ius cogens, è nullo qualsiasi trattato che alla sua conclusione è in contrasto con una norma
imperativa del diritto internazionale generale.
Bisogna distinguere tra trattati bilaterali e multilaterali: nei primi, l’eccezione di adempimento può portare alla
sospensione o all’estinzione del trattato da parte della controparte. L’impossibilità temporanea ne causa la
sospensione.
Nei trattati multilaterali ci sono tre situazioni:
a) Consente a tutte le controparti, di comune accordo, di estinguere o sospendere il trattato tra tutte loro o
solo con lo stato inadempiente;
b) La controparte specialmente interessata può portare alla sospensione o all’estinzione solo nel momento in
cui il trattato sia bilateralizzabile, come spesso previsto dai trattati commerciali;
c) I trattati con obblighi interdipendenti, che si può adempiere se tutti lo adempiono, come gli accordi di
disarmo/denuclearizzazione. In questi casi anche la controparte singola potrà sospendere il trattato con
l’inadempiente.
MUTAMENTO FONDAMENTALE
- Modifica in maniera radicale la portata degli obblighi (soprattutto politici) previsti dal trattato ancora da
eseguire
- Precedente storico
smilitarizzazione del Mar Nero
obbligo russo contrario (portata dell’obbligo troppo incisiva – mutamento fondamentale)
insistenza russa di riposizionare le proprie navi a seguito del mutamento di circostanze
Conferenza di Londra: riconoscimento delle posizioni russe
CIRCOSTANZE ESSENZIALI
- Quando in assenza di esse, le parti non avrebbero stipulato il trattato
Scusabile: dimostrazione di imprevedibilità del mutamento
Incolpevole: non deve aver contribuito a causare il mutamento
Successivo: a seguito della stipulazione del trattato
CONFINI IMMUTABILI
1. Criterio dell’effettività
- I trattati di confine si estinguono nel momento stesso in cui vengono fissati perché lo Stato effettua un
potere effettivo su quel territorio e l’individuazione del territorio statale sarà l’effettività e non il trattato
2. Mantenimento integrità territoriale
Art. 63
Rottura delle relazioni diplomatiche o consolari
La rottura delle relazioni diplomatiche o consolari fra le parti di un trattato non influenza i rapporti giuridici stabiliti
tra di esse in base al trattato, se non nella misura in cui l’esistenza di relazioni diplomatiche o consolari è
indispensabile all’applicazione del trattato.
La rottura delle relazioni diplomatiche non incide sui trattati e sui rapporti giuridici da essi stabiliti a meno che esse
non siano fondamentali per l’applicazione dei trattati
Art. 64
Sopravvenienza di una nuova norma imperativa di diritto internazionale generale (jus cogens superveniens)
Qualora sopravvenga una nuova norma imperativa di diritto internazionale generale, qualsiasi trattato esistente che
contrasti tale norma diventa nullo ed ha termine.
31
Le norme imperative formate a seguito della stipulazione di un trattato contrastante causano l’estinzione di esso
Fenomeno di fatto in base al quale uno Stato successore subentra ad un altro stato predecessore nel governo di
una determinata comunità territoriale (questione storica e politica)
Cinque categorie
1. Smembramento: uno stato cessa di esistere e al suo posto si formano diversi stati (altri soggetti del diritto
int)
2. Fusione: due o più stati si fondono e creano un unico soggetto del diritto internazionale (Yemen)
3. Incorporazione: quando uno Stato, estinguendosi, passa a far parte di un altro stato
4. Distacco o secessione: una parte del territorio di uno Stato preesistente si unisce al territorio di un altro
Stato attraverso una cessione volontaria (Kosovo rispetto alla Serbia)
5. Mutamento extra costituzionale e radicale di governo: (tesi sostenuta da Conforti) incide sulla forma di
governo e su chi esercita il potere effettivo.
- Instaurazione per vie extra-legali all’interno di uno stato di regime radicalmente diverso dal precedente
PROBLEMI
- Nell’ambito del diritto dei trattati, ma non consuetudinario
- Proprietà dei beni
- Pagamento debito pubblico
- Responsabilità
- Cittadinanza
Lo Stato successore sarà vincolato dai trattati stipulati dal predecessore?
La Convenzione di Vienna sulla successione tra Stati rispetto ai trattati (1978 e 1983)
- Infruttuosa
Norme del diritto internazionale generale
RES TRANSIT CUM SUO ONERE
Trattati localizzabili: connesso alla comunità territoriale dello stato
Continuità dei trattati tra lo stato predecessore e successore
32
Eccezioni
La continuità non vale per i trattati che, pur legati al territorio, hanno natura essenzialmente
politica
Trattati di confine: cessano di esistere appena ì confini vengono fissati
o L’uti possidetis iuris dice che gli Stati derivati dalla decolonizzazione prendono gli
stessi confini delimitati dallo stato predecessore.
TABULA RASA
trattati non localizzabili
si estinguono
accordi di devoluzione: irrilevanti per la questione della successione perché atti di diritto interno
Lancaster House Agreement: le Mauritius non reclamavano le isole Chagos e si impegnavano
a mantenere alcuni accordi che però potevano essere pretesi dalla sola madrepatria
dichiarazioni di accollo, fatte dall’ex colonia, dove si impegna a seguire certi trattati
PRASSI
- trattati istitutivi delle organizzazioni internazionali : lo stato successore ha sempre rispettato nella prassi
questi trattati anche se non c’è stata una successione automatica all’interno delle organizzazioni (URSS-
Russia unico caso fuori dalla prassi)
- lo stato successivo per prendere il posto del predecessore nei trattati istitutivi delle organizzazioni
internazionali emette una notifica con cui si impegna a vincolarsi al trattato “ex tunc” cioè dal momento in
cui il trattato si è formato (colmato il vuoto normativo)
SUCCESSIONE
NEI BENI
la Convenzione prevede in generale il loro «passaggio» allo Stato subentrante «alla data della successione» (art. 10)
e, se non diversamente stabilito, «senza indennizzo» (art. 11), in modo che, in principio, passino allo Stato
subentrante i beni immobili situati nel territorio trasferito e i beni mobili connessi ad attività su tale territorio
NEGLI ARCHIVI
Disposizioni analoghe disciplinano il passaggio, che di nuovo avviene «alla data della successione» (art. 22) e, se non
diversamente stabilito, «senza indennizzo» (art. 23), degli «archivi di Stato », definiti come «tutti i documenti di
qualsiasi data e tipo, prodotti o ricevuti dallo Stato predecessore nell'esercizio delle sue funzioni, i quali, alla data
della successione, appartenevano allo Stato predecessore secondo il suo diritto interno ed erano conservati come
archivi da esso direttamente o sotto il suo controllo per qualsiasi scopo»
NEL DEBITO PUBBLICO
1. stati sorti dalla decolonizzazione: tabula rasa (non ereditano il debito pubblico)
2. il resto degli stati: regola della ripartizione proporzionata ed equa
Molte critiche: non fornisce risposte nette e regole basate su forme di automatismo che prevedono la prevalenza
delle norme del trattato (impossibile che ognuno contenga questa disciplina specifica)
BIT
- Trattato bilaterale di investimento
- Trattati stipulati da due stati in base ai quali un cittadino può effettuare investimenti nell’altro stato
- Contengono sempre clausole che riguardano ostilità belliche (spesso stipulati tra stati ricchi e in via di
sviluppo – preservarsi dal rischio di ostilità frequenti)
Art. 6
Indicazioni di massima sulle categorie di trattati che rimangono in vigore, ma vengono sospese durante le ostilità
- Lascia tutto alla discrezionalità ai singoli stati
3. l’ultima parte prevede le varie procedure da seguire e l’obbligo di pubblicità della volontà di sospendere il
trattato.
I “core rights”: L’art.7 prevede l’irretroattività della norma penale, l’art. 4 par. 1 il divieto di schiavitù e servitù,
l’art. 3 il divieto di tortura e l’art.2 il diritto alla vita.
Il patto sui diritti sociali e culturali e la carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli non prevedono la presenza di
clausole di deroga. La motivazione ufficiale è che questi diritti vogliono essere garantiti sempre, ma è oggetto di
critiche perché in questo modo non vengono né specificati né fatti salvi i diritti fondamentali. In mancanza di una
clausola di deroga convenzionale ci si potrebbe appellare al “rebus sic stantibus” e affermare che essendo cambiata
radicalmente la situazione rispetto al giorno della stipulazione del trattato cade l’obbligo a rispettarlo.
La carta africana è ricca di clausole di limitazione, permettendo al diritto interno di derogare ai trattati
internazionali. Non è quindi una carta moderna ed evoluta, poiché se da un lato prevede la presenza di moltissimi
diritti, dall’altro permettono alle varie legislazioni interne di limitarli.
Un esempio di diritto non fondamentale è l’art.9 par.2 della CEDU che parla della libertà di religione, ma
prevedendo la possibilità di limitarla in caso di problemi di ordine pubblico.
L’atto unilaterale
Questo atto è l’espressione della discrezionalità e della volontà di uno Stato. Trova la sua ragion d’essere in un’altra
fonte, consuetudinaria o convenzionale.
- Fondamento in una norma consuetudinaria: il riconoscimento, la riserva, la dichiarazione, la protesta, la
rinuncia, la promessa, l’acquiescenza;
- Fondamento in una norma convenzionale: il trattato presenta delle norme che vincolano gli stati a fare atti
unilaterali, come l’obiezione alla riserva, la denuncia o il recesso ai trattati, la notifica.
Gli atti unilaterali possono essere distinti anche sulla base degli effetti che producono:
1. Atti che producono effetti politici, come il riconoscimento di uno Stato;
2. Atti che producono effetti giuridici (effetto vincolante), come la promessa. Questi atti possono avere effetti di
liceità, cioè non vincolanti ma che se non rispettati non prevedono il ricorso alla responsabilità internazionale
per comportamento antigiuridico.
Nel 2006 sono uscite delle “guidelines” sugli atti unilaterali: la Commissione del diritto internazionale definisce
“unilaterali” solo quegli atti che producono effetti giuridici e che trovano fondamento in una norma consuetudinaria.
Sono quindi assimilabili alle fonti di terzo grado.
Le fonti di terzo grado
Sono così denominate perché previste da un trattato. Dalla base questo trattato possono produrre il loro effetti.
Anche i protocolli sono considerabili fonti di terzo grado, perché non esisterebbero se non ci fosse il trattato
principale. Stessa cosa le “convenzioni quadro”, come il protocollo UN sul cambiamento climatico che ha portato al
protocollo di Kyoto, Doha e Parigi.
I tribunali internazionali esistono in quanto esiste un trattato internazionale che li istituisce. La sentenza
internazionale è quindi una fonte di terzo grado.
Gli atti delle organizzazioni internazionali, interni o esterni (divisi in vincolanti e non vincolanti) sono fonti di terzo
grado.
Il 90% di questi atti sono non vincolanti. Nel 10% rientrano molti atti:
1. l’UPU (unione postale universale);
2. l’UE, in modo procedurale e sostanziale e con una forma di “contemporaneità” nella loro attuazione;
3. le Nazioni Unite, art. 17, bilancio e ripartizione spese;
4. il Consiglio di Sicurezza, risoluzione in cui si obbliga uno stato a eseguire una sentenza della corte
internazionale di giustizia, art. 94 par. 2, risoluzioni ai sensi dell’art.7 come le misure provvisorie, le misure
non implicanti l’uso della forza e le “smart sanctions” e quelle che prevedono l’uso della forza, art.42.
Il soft law
È un concetto ampio che indica quelle regole, quei principi e quegli atti che costituiscono mere raccomandazioni,
esortazioni e inviti. È l’insieme di quegli atti non vincolanti.
Esempi di soft law sono tantissimi, come i pareri della corte internazionale di giustizia, le guide delle organizzazioni
internazionali, i programmi d’azione, i codici di condotta…
Secondo Conforti producono anche atti di liceità, quindi lo Stato che viola il diritto internazionale per seguire un atto
di soft law viene automaticamente scusato.
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L’Assemblea Generale ONU non emette atti vincolanti, ma dichiarazioni di principio: risoluzioni veri e proprie che
mettono in evidenza il loro alto valore morale, come la dichiarazione sui rapporti amichevoli sugli stati. Forniscono
un contributo importante allo sviluppo progressivo del diritto e possono indurre gli Stati a comportarsi in un certo
modo, portando successivamente alla creazione di una consuetudine.
La sesta commissione dell’assemblea generale aiuta a ricavare i dati per rilevare l’eventuale formazione di una
consuetudine
Obbligatorietà dell’internazionale filtra attraverso quello interno attraverso l’adattamento (del diritto interno a
quello internazionale)
- Se questo fenomeno non esistesse, sarebbe obbligatorio solo a livello del rapporto tra gli stati
- Ha senso se si parte da una concezione dualistica dei rapporti tra i due diritti
monismo: considerarli come se fossero un unico ordinamento (non si porrebbe il problema
dell’adattamento)
concezione hegeliana (ma prevalenza dello Stato sul livello internazionale)
oggi esiste anche un monismo inverso al pensiero hegeliano
Paesi Bassi e Sud Africa
Dualismo: ordinamento internazionale e interno non comunicano (adattamento necessario)
Separazione che determina 2 problemi
Adattamento: immissione delle norme internazionale degli ordinamenti giuridici interni
In base ad una norma interna si determinerà il
Rango: individuare la gerarchia tra i due ordinamenti
ADATTAMENTO
- Può avvenire soltanto in quanto una norma interna adottata dallo Stato permette di immettere
nell’ordinamento interno la norma internazionale
- ogni stato è libero di seguire il suo modello (pluralità di modelli determinata dalla libertà degli stati)
ORDINARIO SPECIALE
(O PER RIFORMULAZIONE): (O PER RINVIO):
riformulazione testuale di ogni emanazione di una norma interna che rinvia alla norma internazionale di
norma internazionale cui l’ordinamento interno prevede l’osservanza senza che sia necessaria la
nell’ordinamento interno mediante sua riformulazione
una pertinente norma interna
ad hoc generale
necessaria una norma statale di nell’ord interno esiste un’unica
rinvio per ogni singola norma norma che permette il rinvio a
internazionale a cui l’ordinamento qualunque norma internazionale
interno vuole adattarsi alle quali l’ord interno vuole
adattarsi
Pro e contro
Speciale: migliore
1. il giudice che ha a che fare con la norma internazionale dovrà necessariamente reperirla, confronto diretto
col diritto internazionale (altrimenti guarderebbe solo alla norma interna)
2. elimina ogni eventuale problema rispetto alla legittimità
in caso di estinzione del trattato, si estinguerebbe automaticamente anche la norma interna
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RANGO
Si chiarisce grazie alla norma interna di adattamento
- aggiustamenti sempre possibili: si tende a favorire la prevalenza del diritto internazionale a prescindere dalla
forza interna della norma di adattamento
Strumento con cui l’ordinamento italiano esprime la volontà di introdurre una norma internazionale al suo
interno
Contenuto in una legge ordinaria, costituzionale o in altri atti normativi (atti aventi forza di legge o
amministrativi)
Formula brevissima in cui si afferma che la piena e intera esecuzione è data al trattato
La legge che contiene l’ordine di esecuzione è, in genere, la stessa legge che il Parlamento emette
per autorizzare il PdR a ratificare il trattato
distinzione tra la ratifica o l'adesione e l'ordine di esecuzione:
con la ratifica o l'adesione lo Stato si impegna sul piano internazionale nei confronti degli
altri Stati
con l'ordine di esecuzione lo Stato ordina ai propri organi di applicare il trattato all'interno
del suo ordinamento.
Esistono trattati per cui l’ordine di esecuzione non può operare nel diritto interno, ma in Italia non può
succedere perché esso e l’autorizzazione alla ratifica sono nella stessa legge
Il problema per l’Italia è quella di capire quale sia la funzione nel nostro ordinamento nei trattati per i quali
l’ordine di esecuzione non può operare
Trattati per i quali lo strumento di ratifica non è ancora stato depositato
essi vengono comunque presi in considerazione dagli operatori giuridici interni sul piano
interpretativo (il trattato non può essere trattato nell’ordinamento italiano, ma può essere utilizzato
come strumento interpretativo)
Convenzione di Oviedo (biomedicina)
a. Governo di Centro sinistra
b. Il successivo governo non ha mai depositato lo strumento di ratifica
c. Rilievo davanti a giudici interni (legge 40 del 2004 sulla procreazione assistita)
Caso Englaro
a. Stato vegetativo dopo un incidente
b. Il padre ha fatto una battaglia legale per l’eutanasia
c. Ottenuta a seguito di interpretazione della convenzione di Oviedo
RANGO DELLA NORMA TRADIZIONALE NELLA GERARCHIA DELLE FONTI DEL DIRITTO ITALIANO
- I trattati sono norme interposte (tra la costituzione e la legge ordinaria)
- Fino al 2001, poiché erano immessi tramite una legge ordinaria, acquisivano quel rango con l’applicazione
dei principi lex posteriori derogat priori e lex specialis derogat generali
- Riforma costituzionale del titolo V con modifica dell’articolo 117
Primo comma: La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione,
nonchè dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Chi esercita la potestà legislativa (Parlamento e Regioni) deve sottostare all’Unione Europea e agli
obblighi internazionali (obblighi convenzionali internazionali (trattati) > legge interna)
- Nel caso di contrasto tra una legge ordinaria e un’altra legge che contiene l’ordine di esecuzione e rinvia ad
un trattato non sanabile in via interpretativa, (sentenze gemelle 2007) ci si trova davanti ad un caso di
illegittimità costituzionale che il giudice deve portare di fronte alla Corte costituzionale
Casi specifici in cui il giudice è esentato dal presentare il caso alla Corte
1. La legge di adattamento è legge alla legge ordinaria (lex posterio…)
2. Trattato self executing (specificità superiore)
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PRASSI ITALIANA
a. adattamento ordinario per riformulazione rispetto agli atti delle OI
b. occorre una norma interna di adattamento per ogni atto dell’OI che viene riprodotto testualmente
c. in genere con atti amministrativi (Parlamento non preso in causa)
d. fortemente criticata dalla dottrina (priva di fondamento o addirittura illegittima)
RANGO
Assumono valore di norma interposta (secondo Focarelli)
- Art. 117 primo comma (fa riferimento agli obblighi presenti negli atti)
Palombino: punto mai definitamente chiarito e manca della giurisprudenza e sentenza pilota della Corte per definire
questo punto
3. Prevede che lo Stato possa sostituirsi alle Regioni nel caso in cui nel caso in cui non provvedano
all’adattamento
- Art. 120 secondo comma
4. Lo Stato centrale può sostituirsi anche in caso di urgenza di adattamento o necessità di uniformità a livello
nazionale
a. In caso di adattasse, ne deve dare comunicazione al Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri che
hanno 30 gg per obiettare
LA RESPONSABILITÀ
Ci sono vari termini in inglese per parlare di responsabilità, ma noi in italiano ci riferiamo a quello di responsibility.
Quando uno stato viola una norma internazionale sorge un rapporto giuridico secondario, che si aggiunge a quello
primario, sorretto dalla norma primaria, quella violata.
Il regime di responsabilità è il regime tra lo stato responsabile e lo stato leso. Nel momento in cui viene violata la
norma primaria sorge questo problema, tra offensoria e leso.
Donisio Anzilotti sostiene che gli illeciti sono come parte di una nuova norma giuridica discendente da una norma
apposita, secondaria, che si oppone a quella violata. Questa norma secondaria riguarda la riparazione: la pretesa di
essa e il fornirla.
Questa visione viene però rivoluzionata da Kelsen. Secondo lui questa norma secondaria non esiste, in quanto
potrebbe dare vita ad un regressus ad infinitus, affermando che quanto detto prima di lui fosse errato. Egli, infatti, si
fa promotore del principio di auto tutela, ossia del “farsi giustizia da sé”, l’unica soluzione per lo stato leso, in grado
anche di agire con le armi.
La conseguenza di una violazione di una norma internazionale è lo stato leso che può richiedere una riparazione e,
secondo il principio di auto tutela, violare una norma internazionale (anche con le armi) nel tentativo di proteggersi.
Ago individua tre momenti nel principio di responsabilità internazionale:
1. violazione della norma primaria;
2. riparazione obbligatoria da parte dello stato responsabile;
3. auto tutela, non armata però come quella di Kelsen, quanto come contromisura;
Secondo Conforti il secondo e il terzo momento sono però invertiti con l’autotutela che si trova al secondo posto in
ordine cronologico.
IL DARSIWA
Draft Articles for the Responsibility of States for Internationally Wrongful Acts è un Progetto di articoli per la
responsabilità dello Stato, creato negli anni ’50 e con il susseguirsi di 6 relatori speciali, di cui due (i più importanti)
Italiani, Roberto Ago e Arangio Ruiz.
Il progetto ha concluso la propria funzione nel ’96, ma alcune norme non trovarono il favore dell’Assemblea
Generale e, nonostante l’approvazione della Commissione del Diritto Internazionale, non fu messo a votazione.
Venne invece richiesta una rielaborazione.
James Crawford, sesto relatore, rivoluzionò il progetto e fu approvato nel 2001 in seconda lettura. Furono tolte
alcune norme sul regime aggravato di responsabilità (art. 19 soprattutto). Il progetto ipotizzato in prima lettura
rimase un progetto e, nonostante la sua enorme rilevanza soprattutto nella rilevazione delle norme consuetudinarie,
ha avuto un esito negativo e non è vincolante.
Il progetto si snoda in tre parti. Ancilotti, Kelsen, Ago e Conforti hanno contribuito a crearlo e dividerlo in:
1. Quando sorge la responsabilità? (L’atto internazionalmente illecito di uno Stato, Parte I)
2. Quali sono le conseguenze? (Contenuto della responsabilità internazionale dello stato, quindi l’obbligo di
riparazione, parte II)
3. In che modo si attua la responsabilità internazionale? (Attuazione della responsabilità internazionale di uno
stato, parte III)
Le risposte sono:
1. Ci interessa leggere il secondo articolo, gli elementi costitutivi di un illecito internazionale: A) elemento
soggettivo (imputabilità della condotta illecita allo stato), B) elemento oggettivo (antigiuridicità della
condotta).
L’elemento soggettivo è imputabile a un individuo che agisce per nome e per conto di uno stato, in modo
omissivo oppure commissivo. Per capirlo, non può venire in rilievo il diritto interno, come sancito
dall’articolo 3 (irrilevanza del diritto interno)
41
Dall’articolo 4 all’articolo 11 si cerca di evitare che gli Stati si sottraggano al regime di responsabilità
internazionale.
Art.4 Comportamenti di un organo dello Stato: il comportamento di un organo dello stato, qualsiasi sia la sua
funzione, qualsiasi sia la sua posizione e la sua rilevanza, sarà attribuito allo stato.
Art.5 Comportamenti di persone o enti delegate a esercitare prerogative di autorità di governo. Anche in
questo caso il comportamento sarà attribuito allo stato.
Art.6 Comportamenti di organi messi a disposizione da uno stato per un altro stato. Il comportamento verrà
sanzionato e sarà colpa del primo stato, quello inviante.
Art.7 Eccesso di potere e il comportamento “ultra dires” dell’organo statale, cioè quello che agisce oltre le
proprie competenze e ingenerando la responsabilità dello stato.
Art.8 Comportamenti sotto la direzione di un organo dello stato. Il comportamento di una o più persone sarà
considerato responsabilità statale in caso di organi “de facto” che agiscono per conto di uno stato in
mancanza però di un atto ufficiale, come i gruppi terroristici.
La tesi dell’overall control, elaborata dal tribunale penale dell’ex jugoslavia per il caso tadic, affermava che
alcuni atti illeciti sono stati attribuiti al governo serbo perché ne aveva un controllo generalizzato. La tesi fu
smontata dall’organo internazionale di giustizia e ha messo in evidenza come il controllo debba essere
effettivo e dimostrabile (e non quindi generalizzato) su ogni singolo atto e azione illecita.
Art.9 Comportamento in assenza o mancanza di autorità ufficiali. Il comportamento di uno o più privati sarà
prerogativa dello stato se esercitano autorità statali nel momento in cui gli organi dello stato vengono a
mancare e il governo è al collasso, come durante la guerra civile.
Art.10 parla dei gruppi insurrezionali. Nel momento in cui gli insorti vincono la guerra, tutti i loro atti saranno
responsabilità dello Stato.
Art.11 Responsabilità dello Stato negli atti di privati. Un comportamento che non è attribuibile ad uno stato
per gli articoli precedenti è attribuibile allo stato se lo stesso riconosce e adotta determinati atti di privati
come propri.
Può accadere, secondo gli articoli 46 e 47, che ci siano più stati lesi (art.46) o una pluralità di stati
responsabili (art.47)
Gli articoli 16 (uno stato che aiuta e assiste un altro stato nel commettere un illecito), 17 (uno stato che
dirige e controlla un altro stato nella commissione di un illecito) e 18 (coercizione), nel progetto del 2001,
parlano del concetto di complicità. Questo ha bisogno di tre elementi: se uno stato aiuti e agevoli (1)
rendendo la vita più semplice ad uno stato a compiere un illecito in modo consapevole (2). Il terzo elemento
(3) è l’opposability, la norma violata deve essere vincolante per entrambi.
L’articolo 18 prevede che uno stato minacci con la forza un altro stato a commettere un illecito, ma è
altamente improbabile così come l’articolo 17.
L’articolo 16 è molto più frequente, per esempio l’Italia è complice della violazione dei diritti umani in Libia,
come certificato dai memorandum italo-libici del 2017 in ambito logistico, militare ed economico nel
contenimento delle migrazioni.
diritto internazionale umanitario, inquinamento massiccio di mare e atmosfera), mentre i delitti illeciti
ordinari
L’art.26 dice che queste cause non si possono mai applicare se consistono in una violazione di una norma di ius
cogens (norme consuetudinarie imperative)
La colpa e il danno
La colpa e il danno per la liability, il diritto interno, vanno verificate: bisogna verificare se la persona ha agito con
mancanza di diligenza dovuta e imperizia (o negligenza) e che danni ha provocato. Il dolo è invece la volontà di
violare il diritto interno.
Nel diritto internazionale è differente: gli stati e le organizzazioni internazionali non hanno una psicologia propria, a
differenza degli umani. È stata quindi eliminata la colpa nel regime della responsabilità internazionale e la cosa è
giustificata perché altrimenti si confonde con l’elemento soggettivo.
Come la colpa, anche il danno non assume rilievo, perché si confonde nell’elemento oggettivo dell’illecito,
l’antigiuridicità. Il danno, se non economico-patrimoniale, non è tangibile. Il danno può assumere rilievo se bisogna
calcolare una riparazione pecuniaria che lo stato leso necessita.
Può esistere la responsabilità senza illecito? Può uno stato rispondere sul lato internazionale del suo comportamento
lecito quando esiste un nesso tra questo comportamento e un evento dannoso avvenuto ad un altro stato?
La responsabilità internazionale vera e propria è un rapporto secondario perché la norma primaria è stata violata. In
questo caso invece non ci sono norme primarie che vietino gli atti, di conseguenza non ci sono rapporti secondari. Ci
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sono però determinate norme internazionali primarie (di “buon vicinato”) che obbligano gli stati a prevenire l’evento
dannoso, tant’è che la commissione del diritto internazionale ha fatto due progetti di articoli:
1. Il primo, del 2001, di Barbosa, prevede proprio la prevenzione di danni oltre “frontiera” dovuti ad attività
pericolose;
2. Il secondo, del 2006, è la ripartizione della riparazione dei danni in caso di danno.
Gli articoli seguenti spiegano e definiscono questi tre metodi. Seguono un ordine “gerarchico”: se non è possibile
l’intera restituzione, si passa al risarcimento. Se non è possibile quantificare il risarcimento, si passa alla
soddisfazione.
c. Proporzionalità
d. Tempistica comunicazione al Consiglio di Sicurezza: dettato dalla norma convenzionale sulla
legittima difesa
Contromisure
Capitolo 2 della parte 3 del progetto del 2001
Definizione nell’art. 49: atto anti giuridico che può essere lecitamente messo in essere per indurre
uno stato responsabile a confermarsi agli obblighi di tipo secondario
Carattere pacifico e non armato
Possono essere individuali e collettive (quelle collettive adottate dalle OI vengono chiamate sanzioni
dai giornalisti)
Rappresaglia: risposta armata ad un illecito non armato (vietata)
Obiettivo di costringere lo Stato responsabile a rispettare le norma internazionali/trattato stipulato
LIMITI
a. Temporaneità (circoscritte nel tempo)
b. Proporzionalità (art.51: commisurata all’illecito ricevuto)
c. Rispetto del diritto cogente (Art. 50 par. 1: non può consistere nella violazione dello jus cogens,
core rights, diritto internazionale umanitario e del divieto dell’uso della forza)
d. Rispettare le immunità diplomatiche
e. Adempimenti preventivi all’azione di contromisura(sforzi che lo stato leso deve fare prima di
agire in contromisura attraverso mezzi di risoluzione pacifica)
ARTICOLO 49 (Progetto del 2001) ARTICOLO 60 (Convenzione di Vienna)
Induzione al rispetto nelle norme internazionali finalità di estinzione/sospensione del trattato
attraverso misure coercitive
Carattere temporaneo Carattere permanente
Ritorsione: comportamento non amichevole, ma lecito che non presuppone violazione di norma internazionali (non
presente nel Progetto)
RAPPRESAGLIA
LEGITTIMA DIFESA risposta armata ad una violazione non armata
risposta armata al previo attacco armato ricevuto vietata
ATTUAZIONE DELLA RESPONSABILITA’
INTERNAZIONALE
CONTROMISURA RITORSIONE
risposta anti giuridica non armata ad una violazione subita comportamento inimichevole
RESPONSABILITA’ DEGLI STATI PER LA VIOLAZIONE DI NORME DI JUS COGENS ED ERGA OMNES
differenza tra le due in base a disposizioni del Progetto (2001)
art. 40 e 41: VIOLAZIONI DELLO JUS COGENS
o applicazione nel caso in cui ci sia una violazione grave di una norma di diritto cogente
o grave: se implica una violazione evidente e sistematica (carattere manifesto e sistematicità)
o Libia ai danni dei migranti (tortura e schiavitù ripetute), apartheid
o Conseguenze particolari
1. cooperazione degli stati per terminare la violazione
2. gli stati non possono riconoscere come legittime le azioni compiute in violazione dello jus cogens
3. divieto di presentare aiuto e soccorso in complicità con le azioni illegittime dello stato
no disposizioni specifiche, ma REGIME DI RESPONSABILITÀ ATTIVABILE IN CASO DI VIOLAZIONE DI OBBLIGHI
ERGA OMNES
o reazione nei confronti della violazione da parte dello stato leso e anche dagli altri stati
o nozione ripresa in sentenze e pareri
o corte internazionale di giustizia, barcelona traction light and power company limited, (belgio c.
spagna), sentenza del 5 febbraio 1970, par. 33-34.
distinzione essenziale tra gli obblighi degli Stati verso la comunità internazionale nel suo
insieme e quelle che sorgono nei confronti di un'altra Stato sotto protezione diplomatica
(distinzione tra obblighi erga omnes e obblighi reciproci)
45
o parere 1996 della Corte internazionale di Giustizia: uso o minaccia dell’uso delle armi nucleare
o sentenza su Timor Est a seguito di una controversia su documenti con Portogallo
o parere sul muro in Palestina del 2004
o 2012: La CIdG ha parlato per la prima volta degli obblighi erga omnes partes (obblighi di natura
convenzionale che uno stato ha nei confronti di tutti gli altri stati aderenti ad un trattato)
o REGIME DI RESPONSABILITA’
2 regimi (commissione diritto internazionale, relatore speciale: Ruiz Ago, progetto di articoli sulla
responsabilità degli stati fallito, 1996, art. 19)
1. Ordinario: delitti internazionali
2. Aggravato: crimini internazionali
Nel progetto del 2001 non c’è la specificazione (Picone trae le informazioni)
Art. 33, 42, 48, 54)
a. Esistenza di obblighi erga omnes (riconosciuti dalla Corte internazionale di giustizia)
b. Invocazione della responsabilità da parte dello stato leso (diritto individuale o collettivo se fa
parte di un gruppo di stati lesi)
c. Invocazione della responsabilità da parte di uno Stato diverso da uno Stato leso (richiesta di
interruzione e garanzia di non reiterazione + obbligo di riparazione nell’interesse dello stato
leso o i beneficiari dell’obbligo violato)
d. Misure prese da Stati diversi da uno Stato leso (gli stati diversi dallo stato leso possono
adottare le misure lecite necessarie per fare adempiere l’obbligo allo stato responsabile)
Institut de Droit Internazional: Risoluzione in una riunione di Cracovia del 2005 definisce le
misure lecite come contromisure
Commissione del diritto internazionale: definisce come misure inimichevoli
Prassi: contromisure
Obbligo di risoluzione pacifica delle controversie (art. 2 par. 3 della Carta delle Nazioni Unite)
- Uso di mezzi pacifici (art 33 par 1)
MEZZI DIPLOMATICI MEZZI ARBITRALI
Obiettivo di facilitare l’accordo tra le parti Obiettivo di determinare la responsabilità
Non si determina chi ha torto o ragione Sentenza vincolante
Si concludono senza esito vincolante Natura volontaristica: “Lodo arbitrale”
Istituzionalizzati a volte (inserito in una cornice (giustizia internazionale che dipende dalla
normativa prestabilita come ad esempio un volontà delle parti per ricorrere al “giudice”)
trattato, perlopiù nel quadro delle OI) Istituzionalizzazione
dell’arbitrato/giurisdizionalizzazione del
diritto internazionale1: corte internazionale
dell’Aja (metodi di conduzione delle ostilità
belliche)
Evoluzione dell’istituzionalizzazione:
proliferazione dei tribunali internazionali
(connotazione negativa)
Moltiplicazione dei tribunali internazionali
1
organi internazionali giurisdizionali (e quasi giurisdizionali perché non possono emettere sentenze vincolanti)
a. Universali: Corte internazionale di giustizia
b. Regionali: Corte di giustizia dell’UE
c. A vocazione generale: Corte internazionale di giustizia
d. Settoriali: Dispute Settlement Body (controversie commerciali)
e. Aperti alle controversie solo tra stati: Corte internazionale di giustizia
f. Aperti alle controversie tra stati e individui : Corte europea dei diritti dell’uomo
TRIBUNALI INTERNAZIONALI
Tribunale del diritto del mare
Dispute Settlement Body
Tribunali dell’ICSID (materia d’investimento)
Corte penale internazionale
Tribunali amministrativi delle OI
Corte internazionale di giustizia
Corte europea dei diritti dell’uomo
d. Forum prorogatum: accettazione successivamente alla proposta del ricorso dello stato attore da parte dello
stato convenuto
- Implicito: presenza davanti alla Corte
- Esplicito: con un documento firmato
e. Dichiarazione unilaterale resa ai sensi dell’art. 36 par. 2 dello Statuto della CIG: ciascuno stato può
produrre una dichiarazione di accettazione della giurisdizione (regime convenzionale di incontro di volontà
tra gli stati: uno stato può fondare il proprio ricorso su questa dichiarazione contro un altro stato solo se
entrambi hanno fatto questa dichiarazione)
Italia non l’ha fatta prima del 2013 (questione sulle immunità con la Germania)
In qualsiasi momento: dichiarazione facoltativa
Obbligatorio accettare la giurisdizione in futuro dopo aver fatto la dichiarazione
Reciprocità: esercita i suoi effetti solo nei confronti di uno stato che ha fatto la dichiarazione
Controversie di ordine giuridico su interpretazione di un trattato, questione di diritto internazionale,
accertamento della responsabilità di uno stato/violazione di una norma, fissazione della riparazione dovuta
Condizionate e Incondizionate: riguardare alcune controversie ed escluderne altre in relazione alle specifiche
del trattato
Limitate o a tempo illimitato
Depositario: Segretario Generale delle NU
Presupposti per l’accettazione della giurisdizione della CIG
Momento di insorgenza della giurisdizione (se entrambi gli stati la accettano)
Principio della perpetuatio jurisdictionis: una volta che una controversia è stata avviata davanti alla
Corte, anche se lo stato ritira la dichiarazione di accettazione della giurisdizione, comunque la CIG potrà
portare a termine il processo
Esistenza di una controversia
Controversie delle isole Marshall (contro i nove stati che hanno le armi nucleari)
Riguardante i negoziati per il disarmo nucleare (trattato del 1968)
Subiscono le esercitazioni nucleari
Inesistenza della controversia perché le isole non hanno mai preteso direttamente verso i 3 stati
che avevano accettato la giurisdizione
Interesse ad agire (lo stato attore deve avere vero interesse che per la violazione degli obblighi erga
omnes vale anche quando non è lo stato attore leso)
Può la CDG operare in contumacia? (mancata costituzione di una delle parti, fenomeno della non
comparizione)
È possibile (Somalia vs Kenya per delimitazioni territoriali)
I terzi possono intervenire?
Sì, partecipare ai dibattimenti o intervenire
Amici curie: persone, ONG o altri che hanno la possibilità di intervenire con testimonianze e pareri
Caso sulla caccia alle balene (Australia vs Giappone: intervento Nuova Zelanda)
2 basi giuridiche della CIG
a. Art 62: interesse di natura giuridica, non vincolato dalla sentenza
b. Art 63: se riguarda un trattato, il Cancelliere deve notificare a tutti gli stati parte dell’esistenza di
una controversia che potranno intervenire
49
OMC
Ambito delle istituzioni di Bretton Woods (banca mondiale, fondo monetario internazionale,
International Trade Organization)
ITO: mai stato istituito ma adottato il GATT (adottato provvisoriamente)
GATT: accordo generale sul commercio e sulle tariffe
Ufficializzato nel 1994 quando viene istituita l’OMC
Nasce nel 1994 e ha sede a Ginevra (opera dal 1° gennaio 95)
Supervisionare l’applicazione di accordi commerciali che gli stati che ne fanno parte devono
rispettare
1. GATT: commercio dei beni
2. GATS: commercio di servizi
3. TRIPS: proprietà intellettuale e diritti d’autore
164 stati membri (+ 22 stati osservatori e l’UE)
Regola il 95% del commercio mondiale
DISPUTE SETTLEMENT UNDERSTANDING (DSU)
Intesa contenuta nell’allegato 2 del Trattato istitutivo di Marrakech dell’OMC
Si occupa delle controversie commerciali riguardante l’interpretazione delle norme contenute negli
accordi
Tutti gli stati vi aderiscono automaticamente
METODO DI RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE
attraverso il negoziato (strumento preliminare e necessario rispetto al ricorso al tribunale)
ammissione anche di altri metodi diplomatici e mediazione del direttore generale dell’OMC
fallimento negoziato, soluzione arbitrale della controversia (DSB)
organo politico che coincide il Consiglio generale dell’OMC (rappresentanti di tutti gli stati
membri)
si occupa di istituire i vari panel e le persone che compongono l’organo di appello
• panel: strumento quasi giurisdizionale composto da 3 membri che vengono nominate dal
direttore generale dell’OMC e si occuperanno della controversia del quale sono investiti
1. funzione conciliativa: risoluzione temperando la controversia per giungere ad un
compromesso (mediatore o conciliatore)
2. funzione quasi giurisdizionale : in caso di fallimento della prima, adozione di un rapporto
non vincolante con cui stabilisce chi ha torto e chi ha ragione (può diventarlo se adottato
dal DSB attraverso il consensus e dunque necessita di unanimità per essere respinto)
può essere impugnato per questioni di diritto (legittimità)
• organo di appello: secondo grado di diritto e unico per tutti i ricorsi di qualunque rapporto
del panel
organo giurisdizionale di 7 giudici permanenti (può operare anche solo con 3 giudici)
emette sentenze vincolanti (possono essere respinte dal DSB con consensus
negativo)
applica le norme del sistema dell’OMC
cosa succede in caso di inadempienza?
Il DSB può applicare contromisure
solo due pareri: Corte di Cassazione francese (maternità surrogata), irretroattività della norma
penale richiesta dall’Armenia
l’Italia non può richiedere pareri alla CEDU (non ha ancora ratificato il trattato)
47 giudici (uno per ogni stato membro: diventeranno 46 dopo addio Russia)
Articolazione in diverse formazioni (composizioni)
a. Giudice unico
b. Comitato di tre giudici
c. Camera di sette giudici
d. Grande camera di 17 giudici
e. Sessione plenaria
Chi può presentare un ricorso alla CE?
Art. 33-34 della CEDU: stati (ricorsi interstatali), persone fisiche, gruppo di persone o OMG (ricorsi
individuali da parte delle vittime dirette e attuali)
Accetta anche i congiunti quando la vittima si trova in prigione o è morta (o OMG)
Accetta anche nel caso di una sicurezza di violazione futura
Limitazioni temporali e fisiche
Il ricorrente può lamentare una violazione della CEDU
Lamentare violazione posta in essere in epoca successiva all’entrata in vigore della Convenzione europea
per lo stato contro il quale il ricorso è diretto
Violazioni solo nello stato membro (anche sulle parti di territorio su cui uno stato membro ha un controllo
effettivo)
Come si presenta un ricorso
Sulla base di un formulario
Smistamento dei ricorsi tra i vari giudici per controllare i criteri di ammissibilità (art. 35)
o Termine di 4 mesi: entro 4 mesi da quando si è cristallizzata la violazione (emessa la sentenza
dell’ultimo grado di giudizio)
o Previo esaurimento di vie di ricorso interne:
o Ne bis in idem: riguardante una questione già risolta
o Manifesta infondatezza: se non c’è alcuna violazione, anche presunta
o abuso del diritto di ricorso: non si può fare laddove non si abbia ragione
o Principio de minimis non cura praetor: non ammette ricorsi che riguardano violazioni minimali
o Anonimato: non ammissibili i ricorsi anonimi
Nessuna possibilità di ricorso in appello
I giudici non possono occuparsi dei ricorsi provenienti del proprio paese
Ricorso ammissibile: invio al Comitato dei 3 giudici (casi risolvibili in tempi rapidi attraverso un
precedente con sentenza unanime) o Camera dei 7 giudici (questioni nuove e particolarmente rilevanti:
Stato rappresentato da un agente, dibattimento scritto e orale)
Anche misure provvisorie (obbligatorie) prima della sentenza (previste dal regolamento di procedura)
Possibili conclusioni
1. Cancellazione del caso dal ruolo: estinzione della controversia
2. Richiesta e ottenimento dalle parti una composizione amichevole: mezzo diplomatico
3. Emissione di una sentenza
+ la Camera dei 7 giudici può rinviare il caso alla Grande Camera dei 17 giudici se
- Emergono gravi problemi interpretativi
- La C7G emette una sentenza in grave contrasto contro la giurisprudenza pregressa
52
TERRAFERMA
ACQUE INTERNE ACQUE INTERNE
Acque interne propriamente dette: acque situate verso terra rispetto alla
MARE TERRITORIALE (12 MIGLIA) linea di base del mare territoriale (art. 8 Montego Bay). La linea di base del
mare territoriale è una linea anche demarca l’inizio del mare territoriale.
ZONA CONTIGUA (24 MIGLIA) Sulle acque interne lo Stato esercita una sovranità piena identico a quella
esercitata sul territorio: si parla di sovranità piena.
ZONA ECONOMICA ESCLUSIVA (200 Nelle acque interne sono ricompresi anche i porti e le acque portuali a
MIGLIA) patto che si tratti di porti permanenti e le acque immediatamente
adiacenti.
ALTO MARE ECCEZIONI:
• I porti e le acque portuali sono considerate acque interne anche se
vanno oltre la linea di base del mare territoriale (art.11)
• Sono considerate acque interne quelle che si trovano all’interno delle baie. Baia= insenatura ampia all’interno di
una costa che ha in genere la forma di un semicerchio- art. 10 considera come baia quella che ha la forma di un
54
semicerchio e che non si espande oltre 24 miglia dai punti estremi di questo semicerchio ⇢ se la baia supera le
24 miglia, vengono considerate acque interne solo quelle acque che si trovano “al di qua” dei due punti estremi
della baia che arrivino alle 24 miglia (la baia non finisce là ma non fa parte delle acque interne). C’è
un’eccezione per le cosiddette “baie storiche”, cioè quelle baie sulle quali storicamente gli Stati hanno
esercitato una sovranità piena, anche se si superano le 24 miglia, vengono considerate comunque acque
interne= principio dell’effettività dello Stato costiero (se gli altri Stati prestano quiescenza). Esempio: baia di
Taranto
• Acque dei fiumi e dei canali internazionali: fiumi (Danubio, Reno, Rio delle Amazzoni) e canali che mettono in
collegamento più Stati, esclusi quelli che scorrono internamente all’interno del territorio; mentre i canali che si
collocano interamente all’interno di uno Stato ma sono internazionali perché collegano due tratti di mare
(Canale di Suez, Canale di Panama, Canale dello Jutland)= per essi vigono regimi specifici, posto che le acque
siano acque interne, ad essere regolata dal punto di vista internazionale è la loro navigazione. Viene regolata da
apposite convenzioni
• Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto relativo alle utilizzazioni dei corsi d’acqua internazionali per
scopi diversi dalla navigazione del 1997 entrata in vigore nel 2014;
• Convenzioni specifiche per i fiumi e canali
1. Convenzione per il Danubio
2. Convenzione per il Reno
3. Trattato per il Canale di Panama ecc
⇢ risalgono all’Ottocento ma sono ancora in vigore perché anche se ci
sono stati mutamenti di sovranità territoriale, essi sono legati al territorio si
basano sul principio della continuità non quella della tabula rasa.
MARE TERRITORIALE
Art. 2: “Fascia di mare adiacente alla costa che viene acquisita automaticamente dallo Stato costiero non in base
all’effettività”: lo Stato esercita la sovranità su di essa per il fatto stesso che domina la terra prospiciente al mare.
Per stabilirlo bisogna verificare due limiti:
1. Limite esterno: 12 miglia nautiche, limite definito sulla base di un accordo tra gli Stati durante la negoziazione di
Montego Bay (prima ci furono molti dissidi) → le 12 miglia devono fare riferimento ad un punto di partenza,
al limite interno
2. Limite interno: può essere stabilito in base a due metodi (ogni Stato può scegliere quale dei due attuare- norma
non self-executing)
• Art. 5- linea di bassa marea: il mare territoriale è misurato a partire dalla linea di bassa marea, che
segue la sinuosità della costa (il limite esterno sarà anch’esso sinuoso). Alcuni Stati non possono
servirsi di essa perché hanno coste frastagliate, perché hanno numerose isole o fiordi
• Art. 7- sistema delle linee rette: congiungere i punti più estremi di varie porzioni di costa seguendo
delle linee rette in cui si collocheranno le acque interne (aggiungendosi ai porti e alle baie), al di fuori
comincerà a misurarsi l mare territoriale.
NB: l’Italia ha seguito entrambi i metodi: definiti dal codice della navigazione (diritto della navigazione)
Nel mare territoriale lo Stato costiero esercita una sovranità quasi piena. Alla sovranità dello Stato costiero vengono
poste due eccezioni:
• Diritto di passaggio inoffensivo continuo e rapido delle navi battenti bandiera straniera: art. dal 17 al 26, dal 29
al 32= ciascuno Stato deve consentire alle navi straniere di passare nel suo mare territoriale per favorire libero
commercio o navi da guerra; esso è concesso a patto che il passaggio sia inoffensivo (senza recare alcun
danno), continuo (deve muoversi continuamente) e rapido
• Divieto di esercizio della giurisdizione dello Stato costiero sulle navi battenti bandiera straniera: art. 27 e 28= lo
Stato costiero non può intervenire (per fatti puramente interni) sulla nave straniera mentre essa sta passando.
Il divieto è’ assoluto per le navi di guerra, limitato per le altre navi. Se i fatti hanno ripercussioni sul territorio
dello Stato costiero (es. commercio di droga), allora lo Stato può esercitare la sua giurisdizione.
ZONA CONTIGUA
Art. 33: “Fascia di mare adiacente al mare territoriale che si estende fino a 24 miglia nautiche dalla costa”; è un
prolungamento del mare territoriale per altre 12 miglia. E’ misurata a partire dal limite interno del mare territoriale
(+12 mare territoriale + 12 zona contigua).
Il problema principale è quello legato alla sua istituzione oppure alla sua presupposizione: si dà per scontato il mare
territoriale, ma per quanto guarda la zona continua la Convenzione di Montego Bay non è chiara. Alcuni Stati l’hanno
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istituita con una legge, altri hanno interpretato queste norme come self-executing (Italia). Indipendentemente
dall’istituzione o meno di tale zona (considerata non self-executing o self-executing), sulla zona continua lo Stato può
esercitare solo poteri funzionali agli obiettivi che lo Stato può perseguire su di essa. Poteri funzionali ma non esclusivi
la zona continua può in tutto o in parte coincidere con la zona contigua di un altro.
Scopi: prevenire (fare in modo che non si verifichino) e reprimere (punizione dei responsabili) enti nocivi che abbiano
ripercussioni sulla comunità territoriale dello Stato costiero). Gli enti nocivi sono:
1. Fattispecie in materia doganale
2. Fattispecie in materia fiscale
3. Fattispecie in materia sanitaria
4. Fattispecie in materia migratoria
⇢ poteri funzionali alla salvaguardia della comunità territoriale in materia di migrazione,
funzionali definiti dalle leggi interne basandosi su convenzioni alle quali gli Stati possono
aderire (es. Italia con decreto Salvini ma aderisce anche alla Convenzione Sar,
Convenzione Solas).
NB: nella zona contigua lo Stato può esercitare poteri funzionali speciali per quello che attiene ai beni archeologici
sommersi (“diritti quasi esclusivi su tali reperti archeologici”)
ZONA ECONOMICA ESCLUSIVA (ZEE)
Art. 55 e 57: “Spazio marino che si estende dalla linea id base al mare territoriale fino a 200 miglia nautiche”= in sé
essa misura 176 miglia nautiche (200 miglia -12 miglia di mare territoriale -12 miglia della zona contigua).
Non è chiaro se uno Stato la debba istituire o se essa si presuppone: capire se gli articoli sono self-executing o no:
alcuni Stati l’hanno istituita, altri no.
La ZEE, intesa come delimitazione marina, è nata recentemente, come reazione all’esercizio di poteri degli Stati sulla
piattaforma continentale rimasta libera fino agli anni ’40 e ’50 (i primi furono gli Usa a pretendere di usufruirla, ma
anche altri Stati sul pacifico non avevano tale piattaforma continentale).
Poteri che uno Stato può esercitare sulla ZEE sono:
• poteri funzionali: lo Stato li ha per il perseguimento che può legittimamente perseguire seconda la Convenzione di
Montego Bay e secondo il diritto int. consuetudinario= poteri erano attinente alla prevenzione e repressione di
eventi nocivi che avessero conseguenze sulla comunità territoriale in materia doganale, fiscale, sanitaria e
migratoria
• poteri esclusivi: perché la ZEE di uno Stato non può sovrapporsi su quella di un altro Stato= poteri di sfruttamento
di risorse delle acque del fondo e del sottofondo marino, poteri di installare apparecchiature o strutture nel
sottofondo marino e poteri legati alla ricerca scientifica (rilievo minimale quelli della ricerca scientifica).
Possono essere attuati o direttamente o attraverso l’installazione di piattaforme, pescherecci stabili ecc. Le
risorse sono:
• Pesca
• Risorse del fondo e sottofondo marino: pietre preziose, idrocarburi
ALTO MARE
Art. 86: “Zona di mare che non può essere sottoposta a nessun tipo di sovranità o all’esercizio di alcun tipo di potere
funzionale da parte dello Stato, non rientra in nessun altro spazio marino”.= tutto ciò che va al di là delle 200 miglia
dalla costa.
NB: Gli stati hanno l’obbligo di uso pacifico dell’alto mare (1) (no scopi bellici o economici)
In esso vige la teoria del “il mare liberum” (2) (art.87 codifica tale norma consuetudinaria)= libertà degli Stati
nell’alto mare purché fatto con scopo pacifica.
Se ogni Stato è libero di utilizzare l’alto mare come vuole, chi esercita la giurisdizione sulle navi che solcano l’alto
mare (sono composta da una comunità territoriale)? Lo Stato di bandiera della nave (3).
A queste regole generali, ci sono delle eccezioni:
1. Bandiere ombra: bandiere che certe navi creano ad hoc senza aver chiesto il permesso allo Stato o aver svolto
tutte le procedure necessarie per l’immatricolazione oppure quelle che non riescono ad esercitare alcuna
giurisdizione su quella nave, oppure utilizzano una doppia bandiera=qualsiasi Stato può esercitare la sua
giurisdizione su tali navi
⇢ il problema si pone quando la nave ha la bandiera, ma occorre verificare l’impossibilità di giurisdizione
2. Pirateria: tutti gli Stati possono esercitare la giurisdizione sulle navi pirata (es. storico di crimine internazionale)
3. Tratta sospetta degli schiavi o inquinamento grave : qualsiasi Stato può intervenire
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4. Diritto di inseguimento: una nave di uno Stato che a iniziato un inseguimento di una nave che ha commesso degli
illeciti, può perseguire il perseguimento anche nella ZEE o nell’alto mare, purché l’inseguimento ha avuto
inizio in una zona soggetta alla giurisdizione dello Stato della nave che insegue
PIATTAFORMA CONTINENTALE
Dal punto di vista geologico non è un tratto di mare (è spazio marino ma non male= suolo e sottosuolo marino). In
qualche modo può coincidere con tutte le altre zone del mare oppure non essere presente.
Art. 76: “Un prolungamento naturale del territorio dello Stato costiero fino al bordo esterno del margine continentale
(fino a quando non sprofonda negli abissi) oppure fino a 200 miglia nautiche dalle linee di base da cui il mare
territoriale è misurato quando il bordo esterno del margine continentale si trova ad un distanza inferiore”.
NB: se la piattaforma è più piccola delle 200 miglia, allora lo Stato costiero potrà esercitare i suoi poteri funzionali
anche per quelle parti di solo e sottosuolo marino che si trovano negli abissi fino a 200 miglia.
La piattaforma continentale misura più o meno come la ZEE ed è nata prima come istituto giuridico della ZEE:
Proclama Truman del 1945= Truman dichiarò i poteri di sfruttamento dello stato costiero sulla piattaforma
continentale così come definita dalla geologia, a prescindere da ogni occupazione effettiva ⇢ ne aderirono tanti Stati
fino a venire considerata consuetudine (Convenzione di Ginevra 1958 la codificò).
Per la piattaforma continentale uno Stato non deve dichiararla, la ha in quanto ha un territorio: la pertinenza allo
Stato prescinde dall’occupazione effettiva o dallo sfruttamento.
Alcuni Stati non hanno la piattaforma continentale: Stati sul Pacifico (Cile, Perù), parte dell’Australia, Giappone= essi
protestarono rispetto al Proclama Truman perché non avrebbero tratto nessun vantaggio. Proprio per evitare
discriminazioni economiche su base giuridica venne ideata la ZEE. Il Proclama Truman faceva riferimento alla
piattaforma continentale così come intesa dalle scienze geologiche, mentre la Convenzione di Montego Bay fa
riferimento in senso giuridico.
Poteri che lo Stato può esercitare:
• Funzionali: lo Stato non è pieno sovrano su di essa, ma lo Stato può esercitare quei poteri funzionali per
perseguire l’obbiettivo dello sfruttamento delle risorse sedentarie (non c’è movimento, si sfruttano gli
idrocarburi o quelle forme di vita come le spugne che stanno attaccati dal suolo)
• Esclusivi: ogni Stato ha la sua piattaforma continentale che non può essere condivisa
Le risorse della piattaforma continentale appartengono allo Stato costiero fino alle 200 miglia nautiche, se essa è
minore lo Stato può sfruttare anche le risorse negli abissi. Il problema si pone se la piattaforma continentale misura
più di 200 miglia. Le risorse che si trovano oltre le 200 miglia, possono essere gestite dallo Stato costiero ma in
cooperazione con l’Autorità Internazionale dei fondi marini (International Seabed Autorithy- ISA)= organizzazione
internazionale formata da diversi organi, tra cui l’Impresa che ha la funzione di cooperare in tali situazioni. Queste
risorse, vanno suddivise tra lo Stato costiero e l’ISA, la quale poi distribuirà equamente tali risorse ai paesi in via di
sviluppo (tra 1 e 7%).
Delimitazione della piattaforma continentale fra Stat frontisti o limitrofi
Storicamente il problema si è posto per Italia e Malta, Malta e Libia oppure per stati limitrofi come Danimarca,
Germania e Paesi Bassi= controversi portate avanti alla CIG risolte sulla base di un accordo di equità. Si credeva che
la piattaforma continentale dovesse essere delimitata tra questi Stati sulla base del principio di equidistanza,
suddividendola in maniera egualmente istante dalle coste di ciascuno Stato. Anche se ciò avrebbe portato ad una
suddivisione equa, avrebbe portato a storture sulla delimitazione tra Stati limitrofi perché spesso essi hanno coste
concave e convesse ( Danimarca, Paesi Bassi e Germania).
Controversia tra Germania, Danimarca e Paesi Bassi portò nel 1969 la CIG a emettere la sentenza sul Mare del Nord=
importante perché la CIG cercò di ricostruire la norma consuetudinaria per Stati limitrofi, e diede moltissimi spunti su
come si ricostruisce una norma consuetudinaria in generale (“scusa che la CIG ebbe per spiegare come si ricostruisce
una norma consuetudinaria”). Nel caso di specie, la CIG decise che non esiste una consuetudine che prevede che tale
piattaforma venga suddivisa sulla base del principio di equidistanza; si decise quindi che c’è la necessità di stipulare
un accordo basato sul criterio di equità in via convenzionale.
Zona di protezione ecologica ,Regime degli Stretti internazionali, Stati arcipelagici, Artide Antartide (pretese degli
Stati, funzionamento del Trattato di Washington), obbligo di soccorso dei naufraghi in alto mare, caso di Riga-Lexi=
leggere soli
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REGOLAMENTAZIONE PER IL TRATTAMENTO DI CITTADINI STRANIERI E DEI LORO BENI CHE SI TROVINO SUL SUO
TERRITORIO
La protezione internazionale degli stranieri è una questione classica del diritto internazionale (persino nel
Medioevo). Oggi tale questione si è in qualche modo stemperata. Nel diritto internazionale tradizionale il 99% delle
controversie riguardava il trattamento dei cittadini stranieri, ora il tema è residuale rispetto al tema della tutela
internazionale dei diritti umani. Gran parte delle norme che riguardavano la tutela dello straniero, oggi sono state
assorbite dalla tutela internazionale dei diritti umani. Dato che, al giorno d’oggi, la protezione dello straniero è
residuale rispetto alla tutela dei diritti umani, esistono due grandi obblighi, regole:
1. Obbligo dello Stato territoriale di assicurare allo straniero uno standard di trattamento internazionale minimo:
lo Stato non deve maltrattare, ledere lo straniero, non deve recargli danno. Questo obbligo si estrinseca in
tre modi:
• Assicurata la corretta amministrazione della giustizia: accedere al giudice e diritti all’equo processo
(straniero in detenzione deve poter entrare in contatto con ile sue autorità consolari)
• Prevenzione e repressione degli illeciti allo straniero: qualsiasi atto illecito arrecato allo straniero anche
da individui privati; lo straniero deve godere di una particolare tutela, questo livello aumenta a
seconda della condizione dello straniero (se è un privato cittadino dovrà essere protetto a livello
standard, se sto è un agente diplomatico o un organo dello stato, bisognerà usare un sistema
rilevante)
• Lo Stato ha l’obbligo di non chiedere prestazioni che non vadano oltre il cosiddetto “attacco minimo”
dello straniero con lo Stato territoriale: lo stato non può chiedergli di fare servizio militare o pagare
tasse se non ha un’attività commerciale o professionale sul suo territorio
2. Obbligo dello Stato territoriale di rispettare i limiti attinenti al suo diritto, quello dello Stato territoriale di
ammettere, estradare o espellere lo straniero: far entrare lo straniero sul territorio, inviare uno straniero in
un altro Stato per reati o semplicemente farlo uscire dal territorio nazionale (l’estradizione avviene verso
uno Stato che ne fa richiesta, l’espulsione no, di solito va fatta verso il Paese d’origine o il Paese dal quale si
proviene). In tutti e tre i casi, lo Stato territoriale ha diritto di agire come meglio crede, ma ha dei limiti da
rispettare:
• Procedurale: si deve dare allo straniero la possibilità di avere tempo di organizzarsi per abbandonare il
territorio e lo si deve espellere o estradare con “buoni usi”; dopo aver affrontato un procedimento in
maniera equa (es. non può essere svegliata nel cuore della notte ed espulso come nel caso
Shalabayeva del 2009- Alfano); significa anche divieto di espulsioni collettive
• Sostanziali: non si possono espellere o estradare uno straniero verso uno Stato in cui si sa lo straniero
subirà violazione dei suoi diritti; si intende anche divieto di refoulement= istituto relativo al divieto di
respingimento verso paesi in cui si sa lo straniero subirà delle violazioni, sia che si tratti del suo paese
di nazionalità, sia che si tratti del paese da cui proviene;
• Extraordinary rendition= catture straordinarie in cui lo Stato territoriale coopera con altri due Stati per
la cattura di un presunto terrorista che poi viene trasportato in uno Stato in cui poi viene torturato
per conto di un altro Stato (Caso Abu Omar- Italia, Egitto, USA)
Lo Stato territoriale ha anche obblighi inerenti alla tutela dei beni dello straniero. Può accadere che lo Stato
territoriale si trovi nelle condizioni di dover espropriare o nazionalizzare tali beni.
• Esproprio: quando lo Stato agisce nei confronti di un bene specifico di uno straniero specifico che viene
espropriato per un’utilità sociale (es. casa o terreno per la costruzione di una stazione ferroviaria)
• Nazionalizzazione: riguarda un intera categoria di beni appartenenti sia a cittadini che a stranieri (es.
nazionalizzazione delle acque, la gestione delle acque pubbliche quindi nazionalizza tutti quei terreni in cui si
trovano sorgenti o falde acquifere)
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NB: in entrambi i casi vanno tutelati i beni dello straniero con un versamento di un indennizzo= lo Stato deve
corrispondere allo Stato di cittadinanza dello straniero un indennizzo pronto (cioè fornito in maniera rapida),
adeguato (cioè deve avere un valore economico che sia in qualche modo di ripagare lo straniero dal danno) ed
effettivo (cioè deve essere realmente corrisposto) secondo la cosiddetta formula HALL, elaborata dal segretario
americano degli anni ’30. Questo indennizzo deve essere versato non allo straniero ma al suo Stato di cittadinanza;
sarà poi lo Stato stesso a decidere per sé e in ce modo ripartire tale indennizzo tra i suoi cittadini vittime.
In alcuni casi vengono stipulati accodi che regolano in maniera quasi automatica questi indennizzi: Lump sump
agreeement - accordo di compensazione globale(lo straniero è solo un mero beneficiario, l’accordo è stipulato tra gli
Stati).
PROTEZIONE DIPLOMATICA
Sentenza Mauro-Matisse: “E’ un principio elementare del diritto internazionale quello che autorizza lo Stato a
proteggere i cittadini lesi da altri posti in essere da un altro Stato, da cui i cittadini stranieri non abbiano potuto
ottenere soddisfazione attraverso vie ordinarie”.
Questo punto costituisce la definizione della protezione diplomatica: tutela dello straniero da parte dello Stato di
cittadinanza
NB: non confondere protezione diplomatica (attiene ai rapporti inter-statali) con immunità diplomatica (si riferisce
all’agente diplomatico). Entrambi differiscono da “mezzi diplomatici di soluzione delle controversie”= l’aggettivo
diplomatico qua indica che essi sono mezzi pacifici e volontari di risoluzione.
=azione posta in essere dallo Stato di cittadinanza della persona fisica o giuridica, che è stata lesa nei suoi diritti dallo
Stato territoriale, senza che abbia potuto ottenere rimedio direttamente dallo Stato territoriale.
Questa definizione ha trovato approfondimento nel progetto di articoli sulla protezione diplomatica della
Commissione del diritto internazionale, approvato nel 2006 ma che non è stato trasformato in un accordo
vincolante.
Presupposti affinché lo Stato possa agire in protezione diplomatica:
1. Presupposto sostanziale: dato dalla cittadinanza che rappresenta il collegamento tra lo straniero leso e lo Stato
che agisce in sua difesa diplomatica= in protezione diplomatica può agire solo lo Stato nei confronti di
persone fisiche che abbiano la sua cittadinanza o di persone giuridiche che abbina la sua nazionalità. Non è
possibile che sia ad agire un paese diviso da quello di cui il soggetto ha la cittadinanza/nazionalità. NB:
cittadinanza e nazionalità devo rispondere a due criteri:
• Effettività: nei casi in cui l’individuo ha più cittadinanze. Ad agire in sua protezione diplomatica sarà
quello Stato con cui l’individuo ha un collegamento effettivo= anche nei casi in cui l’individuo cambia
cittadinanza.
• Continuità: il cittadino deve possedere la cittadinanza dal momento in cui esso ha subito la lesione fino
al momento in cui il suo Stato agisce in sua protezione diplomatica
2. Presupposto procedurale: previo esaurimento dei ricorsi interni del Stato territoriale da parte dello straniero
leso= lo straniero leso deve prima esaurire tutti i rimedi interni offerti dallo Stato straniero che ha causato la
lesione. Se l’individuo leso non ha esaurito i rimedi interni offerti, allora il suo stato non può agire in
protezione diplomatica. Si parla di esaurimento di ricorsi interni effettivi: se offe ricorsi interni prolungati,
non li offre oppure gestiti da giudici corrotti, allora questo criterio non deve necessariamente essere
rispettato. Prima che lo Stato agisca in protezione diplomatica, il cittadino leso dovrebbe agire presso le corti
o gli organismi internazionali dei diritti umani ai quali gli è dato accesso (es. corte europea dei diritti
dell’uomo). Nella prassi ciò, però non trova molti riscontri.
Bisogna sottolineare che la protezione dello straniero maltrattato è definita come diplomatica ad indicare il fatto che
il rapporto intercorrente sul piano internazionale non è quello tra l’individuo e lo Stato straniero, ma tra due Stati=
sostanzialmente è un rapporto inter-statale.
La protezione diplomatica non è un obbligo che lo Stato ha, ma è una facoltà dello Stato. Non solo non è un obbligo
ma non è neanche un diritto del soggetto leso: se tutto avviene a livello di rapporto inter-statale allora è chiaro che
l’individuo non ha alcun diritto, anzi lo può fare solo nell’ordinamento interno, ma non sul piano internazionale (=è
un rapporto che può essere effettuato in via facoltativa da uno dei due Stati).
A volte è previsto un obbligo di agire in protezione diplomatica, sul piano intento, o quantomeno di valutare tale
possibilità: in questo caso l’individuo ha il diritto di agire contro il suo Stato di cittadinanza perché questo, a sua volta
non ha agito in protezione diplomatica (ma questo è puramente sul piano interno).
La Clausola Calvo è irrilevante sul piano internazionale, è una clausola che viene inserita in alcuni trattati
internazionali (soprattuto in quelli bilaterali d’investimento). Essa obbliga in questi trattati, in cui vengono stipulati a
loro volta contratti d’investimento tra uno Stato sede dell’investimento e una persona fisica o giuridica che svolge
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tale attività (contratto di diritto internazionale privato), la persona fisica o giuridica che fa l’investimento a rinunciare
alla protezione diplomatica.
Questa prassi è illegittima perché la persona non ha diritti sul piano giuridico, quindi non potrebbe neanche
rinunciarci ⇢ è riferita più per le persone giuridiche che per quelle fisiche.
La protezione diplomatica delle persone giuridiche segue la stesa procedura di quella per le persone fisiche ma ha un
problema: criterio di stabilimento della nazionalità= per una persona giuridica è difficile determinare la nazionalità
(problema nato nel caso della Barcelona Traction) ⇢ la CIG decise che non si può seguire lo stesso criterio che era
stato seguito per la determinazione della cittadinanza, si applica il criterio del luogo della costituzione o quello della
sede principale.
La giurisprudenza della CIG è stata confermata poi in altri due casi.
Per la protezione diplomatica dei funzionari delle organizzazioni internazionali: il funzionario che dovesse subire
lesioni subirebbe una duplice lesione, una lesione alla sua persona come cittadino e un’altra come funzionari
dell’organizzazione internazionale. La CIG si è espressa in un caso del 10949 dicendo che, in protezione diplomatica,
agisce solo l’organizzazione internazionale. Nella prassi ciò però non è stato seguito, e si prevede che sia lo Stato che
l’organizzazione possono agire in protezione diplomatica del funzionario dell’organizzazione.
È una protezione duplice ma per interessi diversi: organizzazione agisce il protezione dell’azione svolta dal
funzionario, mentre lo Stato in protezione individuale.
Contenuto della protezione diplomatica:
• Può limitarsi a chiedere un risarcimento di danni a titolo pecuniario (o come restituzione integrum)
• Può sottoporre la controversia ad arbitrato (rivolgersi alla CIG)
• Può agire in contromisura con misure non implicanti l’uso della forza
⇢ il contenuto varia ma in ogni caso non può essere utilizzata la forza.
IMMUNITA’
=invulnerabilità rispetto a qualcosa. Dal punto di vista del diritto internazionale essa rappresenta l’esenzione dalla
sanzione per un eventuale mancato rispetto del diritto dello Stato del foro.
Avere l’immunità, non significa la possibilità di non rispetto del diritto ma, nel caso in cui non lo rispettassero, tali
persone sarebbero comunque esenti da eventuali sanzioni.
NB: Stato del foro= Stato territoriale → Quando si parla di immunità è meglio utilizzare l’espressione Stato del foto
perché rappresenta lo Stato del giudice interno investito da una determinata fattispecie (l’immunità viene in rilievo
davanti ai giudici interni)
Chi gode delle immunità nel diritto internazionale?
• Stato straniero rispetto alla giurisdizione dello Stato del foro (Es. Germania rispetto all’Italia)
• Agenti diplomatici e altri organi dello Stato straniero
• Organizzazioni internazionali e i loro funzionari: organizzazioni paragonabili agli Stati mente i loro funzionari sono
paragonabili agli agenti diplomatici
• Stato del foro: Stato in cui si trovi il giudice chiamato a esprimersi su una controversia di cui lo Stato è parte
=lo Stato straniero non può essere convenuto in giudizio davanti ai giudici civili di un altro Stato, l’unico caso
possibile è il caso in cui lo Stato straniero rinunci alla sua immunità.
La ratio di questa norma è spiegato dalla CIG nella sentenza sulle immunità giurisdizionali dello Stato (Germania vs
Italia del 2012)= questa sentenza certifica che tale immunità deriva dalla regola dell’uguaglianza sovrana degli Stati
(giuridica) → par in parem non habet iurisdictionem “Tra pari non ci si può sottoporre vicendevolmente in giudizio,
bisogna sottoporsi o ad un arbitro indipendente o ad un organo superiore”, nel diritto int. manca l’autorità superiore
e quindi vige una norma che proibisce ad ogni Stato di interferire negli affari interni degli altri Stati= bisogna
rispettare l’indipendenza dello Stato straniero.
Questa norma, proprio perché antichissima ha subito evoluzioni:
• È rimasta immutata sin dalla pace di Vestfalia (1628) fino all’inizio del 1900= valeva la tesi dell’immunità assoluta
• L’immunità poteva essere invocata ogni qualvolta lo Stato veniva convenuto in giudizio davanti allo Stato del
foro dalla giurisdizione civile per il solo fatto che lo Stato era uno Stato= conseguenza era che il giudice del
Stato del foro doveva declinare la sua giurisdizione e quindi veniva cancellato dal ruolo. C’erano anche
conseguenze negative per i ricorrenti individui perché veniva ammesso un diniego di giustizia nei loro
confronti. L’unica possibilità era rivolgersi al giudice dello Stato straniero ma ci sarebbero stati ulteriori
problemi (Stati non democratici che favoriscono il proprio Stato; problemi legati alla conoscenza del diritto
straniero)= difficilmente risolvibili
• Ha subito poi un lento processo di mutamento perfezionato durate gli anni ’60-’70 del 1900= tesi dell’immunità
relativa o ristretta (a partire dal caso del console greco contro il manicomio di Aversa del 1886)
• Lo Stato straniero può invocare l’immunità quando pone in essere atti legati all’esercizio sovrano di poteri
pubblici, lo Stato non può essere immune per atti di natura privatistica
• Negli anni ’20 del 1900, a seguito della rivoluzione russa, la nazionalizzazione delle imprese fece emergere un
aumento dello Stato nei flussi commerciali dello Stato; agenti di commercio invocavano l’immunità perché
agivano per conto dello Stato di cui erano dipendenti (principalmente URSS) Es. vendita limoni ad agenti
dell’URSS → questa giurisprudenza interna si diffuse non solo nell’Italia del tempo ma anche nel Belgio=
sviluppata la tesi italo-belga dell’immunità relativa o ristretta: “L’immunità è concessa allo Stato straniero
solo per gli atti esercitati a titolo pubblicistico, esercitati come ente sovrano”.
• Per lungo tempo questa teoria fu avversata, poi venne fatta propria dalla Germania nazista, dalla Francia e
da altri Stati europei (quelli più contrari furono gli Stati asiatici; gli ultimi Stati ad ammetterla furono la Cina
e la Thailandia negli anni ’90, che prima applicavano la teoria assoluta).
NB: questa tesi sostiene che, se uno Stato straniero è convenuto in giudizio davanti ad un giudice dello Stato del
foro, allora lo Stato straniero può invocare la giurisdizione civile se la questione riguarda l’esercizio di poteri sovrani
dello Stato straniero in quanto ente sovrano. Ma, se lo Stato straniero è convenuto in giudizio davanti allo Stato del
foro, lo Stato straniero non può invocare l’immunità dalla giurisdizione civile se la questione riguarda attività di
stampo privatistico, poste in essere dallo Stato straniero in quanto persona giuridica e non in quanto ente sovrano.
Distinzione tra:
• acta iure imperii: si intendono tutti quegli atti posti in essere dallo Stato straniero nell’esercizio dei suoi poteri
sovrani
• acta iure gestionis (o acta iure privatorum): si intendono tutti quegli atti posti in essere dallo Stato straniero in
quanto persona giuridica (atti di stampo privatistico)
Ci sono in proposito diverse tendenze:
1. Secondo la Convenzione di New York del 2004, si dovrebbe avere riguardo alla natura dell’atto (il problema viene
risolto in modo un pò banale perché dà una soluzione tautologica al problema perché esclude quali elementi
bisogna tenere in considerazione).
2. L’altra tendenza, diffusa negli Stati di common law che distingue gli acta iure imperii dagli acta iure gestionis,
prevede l’emanazione di leggi interne, che elenca gli atti considerati di stampo pubblicistico da quelli di stampo
privatistico (si cerca di risolvere il problema alla radice). Anche questa soluzione non permette, però, di
raggiungere sempre risultati validi perché questi elenchi sono quasi sempre incompleti.
3. La tendenza dei paesi di civil law è quella di distinguere gli atti in base al loro oggetto e al loro scopo: distinguere
l’atto in base all’obiettivo dello Stato che intende perseguire con esso e in base all’oggetto, al contenuto dell’atto
stesso. Questo modus procedendi è forse il più oggettivo ma non sempre è chiaro stabilire l’oggetto e lo scopo
dell’atto.
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4. L’ultima tendenza che si diffuse in alcuni ordinamenti di civil law, consiste nella valutazione da parte del giudice
interno, caso per caso, secondo le circostanze specifiche (può indurre ad atteggiamenti diversi da parte dei
giudici, ma è la teoria migliore).
Abbiamo sempre parlato di giurisdizione civile: immunità della giurisdizione di cognizione= immunità di fronte a quel
giudice che deve accertare l’eventuale responsabilità del convenuto (non si è parlato di misure cautelari o di misure
esecutive).
• Misure cautelari: misure che il giudice può emettere in pendenza di giudizio, per evitare che i diritti delle parti
vengano pregiudicati mentre è in corso il procedimento
• Misure esecutive: poste in essere dopo che una sentenza è stata resa in merito, per favorirne l’attuazione.
NB: se rimaniamo a parlare di giurisdizione di cognizione, ci limitiamo soltanto alla giurisdizione di accertamento
della responsabilità dello Stato straniero davanti al giudice interno dello Stato del foro; mentre quando parliamo di
misure cautelari o esecutive ci riferiamo proprio all’attuazione, all’esecuzione della sentenza eventualmente resa dal
giudice interno che non ha riconosciuto l’immunità dello Stato, probabilmente perché esso è stato convenuto in
giudizio per atti di stampo privatistico.
Immunità dello Stato straniero dalle misure esecutive dello Stato del foro
La regola generale è che, l’immunità dello Stato straniero per le misure esecutive dello Stato del foro, opera al pari
dell’immunità dello Stato straniero dalla giurisdizione civile dello Stato del foro. La conseguenze è che, le misure
esecutive dello Stato del foro, non possono portare all’aggressione di beni dello Stato straniero utilizzati per scopi
pubblicistici ma, le misure esecutive possono portare all’aggressione di beni del Stato straniero impiegati a fini
privatistici.
Se il giudice ha riconosciuto la responsabilità, per cui quindi non è stata riconosciuta l’immunità, potrebbe essere che
la controparte chieda al giudice una pronuncia esecutivo per ottenere un risarcimento a seguito del riconoscimento
della responsabilità. Le misure esecutive possono portare all’aggressione di beni, di proprietà posseduti dallo Stato
straniero sullo Stato del foro.
E’ una logica conseguenza dell’immunità relativa o ristretta, se infatti non ci fosse tale conseguenza, allora il giudice
dello Stato del foro potrebbe sì risolvere una controversia attinente a fatti privatistici, ma sarebbe privo del potere di
far attuare le sue sentenze o le sue decisioni (rimarrebbe tutto sul piano della giurisdizione della cognizione, senza
risultati concreti).
Rimane, però tuttora il problema della distinzione tra beni per funzioni pubblicistiche e privatistiche dello Stato
straniero.
NB: poiché nella sovranità statale le misure esecutive hanno effetti più intrusivi dell’esercizio della giurisdizione
civile, va comunque rilevata la tendenza di essere “più generosi” con gli Stati stranieri, per quel che riguarda
l’immunità delle misure esecutive. Si applica il principio “in dubio pro immunitate”= se i giudici interni per l’immunità
dalla giurisdizione civile sono in genere più severi e tendono spesso a non riconoscere l’immunità dello Stato, per
quanto riguarda le misure esecutive i giudici sono più generosi perché aggredire un bene contro uno Stato straniero,
lederebbe maggiormente la sovranità dello Stato straniero che potrebbe condurre proteste sul piano diplomatico.
Immunità dello Stato straniero dalla giurisdizione dello Stato del foro nelle controversie di lavoro
Spesso accade che sorgano controversie tra uno Stato straniero e gli impiegati di tale Stato, che talvolta possono
avere la cittadinanza dello Stato straniero, di quello del foro oppure di un terzo Stato che si trovano a lavorare in un
ambasciata, per esempio nel territorio dello Stato del foro.
In questo caso ci fu pure un’evoluzione dall’immunità assoluta all’immunità ristretta solo che, per quanto riguarda le
controversie in materie di lavoro la tesi dell’immunità assoluta è resistita molto più a lungo: fino agli anni ’90 circa, i
contratti di lavoro erano considerati sempre come attinenti all’esercizio del potere sovrano dello Stato (funzione
pubblicistica= ci faceva valere l’immunità assoluta).
Di conseguenza, nello Stato del foro non esistevano rimedi giurisdizionali disponibili per il lavoratore dello Stato
straniero, che poteva solo rivolgersi al giudice dello Stato che era il suo datore di lavoro= problemi tecnici,
conseguenze negative che vedeva il giudice, nella maggior parte dei casi, pronunciarsi a favore dello Stato anziché
del lavoratore; problemi rilevanti di diritto privato, del diritto del lavoro.
Questa tesi dell’immunità assoluta ha subito alcuni cambiamenti nel corso degli ultimi ani (ultimo trentennio). Di
norma viene prevista ancora l’immunità assoluta, ma ci sono state delle linee di tendenza diverse (tendenze perché
non hanno ancora inciso in maniera tale da permettere un completo mutamento della norma generale):
1. Tendenza diffusa negli anni ’90 che distingue le attività di lavoro ancillari e quelle collegate alle funzioni
pubblicistiche dello Stato straniero: es. lavoro ancillare= giardiniere, manutentore che lavora nella sede
dell’ambasciata; lavoro collegata alla funzione pubblicistica= segretaria dell’ambasciatore → per
controversie di lavoro tra Stato e lavoratore ancillare non si applica l’immunità, quindi il caso viene
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esaminato dal giudice che può giungere a sentenze; per controversie di lavoro per funzioni pubbliche, lo
Stato straniero può invocare l’immunità davanti al giudice del lavoro dello Stato del foro (il dipendente deve
rivolgersi al giudice del suo Stato)
NB: esistono anche norme a livello convenzionale, che però, seconda la maggioranza della dottrina, non
corrispondono al diritto consuetudinario, quindi si applicano solo agli Stati parte di queste convenzioni
• Art. 5 della Convenzione di Basilea che riconosce alcune immunità se l’attività lavorativa è svolta sul territorio
dello Stato del foro e se il lavoratore è un cittadino dello Stato straniero (Es. si potrebbe agire in giudizio contro la
Francia il lavoratore tedesco che si trovasse a lavorare per la Francia presso l’ambasciata francese in Italia, contro
la Francia non potrebbero agire il lavoratore francese o italiano che si trovassero presso l’ambasciata francese in
Italia) → questo articolo ha, però un campo di applicazione limitatissimo perché la convenzione è sottoscritta da
pochissimi Stati
• Art. 11 della Convenzione di New York del 2004 che prevede che nessuna immunità non può essere riconosciuta
se l’attività lavorativa riguarda funzioni privatistiche e se il lavoratore non è un cittadino dello Stato straniero.
Rapporto tra l’immunità giurisdizionale dello Stato straniero e tutela dei diritti umani
Attualmente potrebbero essere in atto delle evoluzioni molto significative.
La tesi dell’immunità relativa o ristretta sviluppata negli anni ’60 (a seguito di centenni di teoria assoluta) sembra stia
cominciando ad essere scalfita quando gli atti posti in essere dallo Stato nell’esercizio del suo potere d’imperio
conducono alla violazione di diritti umani.
Il leading case che ha condotto a quesa riflessione è quello riguardante i crimini commessi dalla Germania nazista
durante la 2GM in Italia e in Grecia. In questi contesti di occupazione territoriale durante la guerra i tedeschi hanno
commesso crimini a danno delle popolazioni italiche e greche: atti di tortura, schiavitù, violazione dei diritti alla vita,
lavoro forzato ecc. I più rilevanti, perché trovano fondamento nel diritto internazionale consuetudinario sono:
• Violazione del divieto alla tortura
• Violazione del divieto di schiavitù
→ le persone che hanno subito queste violazioni, per molto tempo non hanno agito contro alcun giudice (o lo hanno
fatto in maniera isolata o senza grandi esiti). Nella maggior parte dei casi, i giudici accettavano l’invocazione
dell’immunità da parte della Germania e quindi declinavano la giurisdizione, senza riuscire a procedere contro la
Germania (tali violazioni erano ricondotte ad atti iure imperi, perché ad agire erano stati soldati).
La situazione ha avuto un’evoluzione quando due giudici (italiano e greco) hanno seguito una strana differente: caso
Ferrini. Il signor Ferrini, che aveva subito tali violazione, ha agito contro il giudice di Firenze, ma non lo ha fatto per i
crimini commessi in sé dalla Germania, ma perché chiedeva un risarcimento di danni morali e materiali patiti a
seguito dei crimini tedeschi (non si rivolgeva al giudice penale ma a quello civile). Il giudice di Firenze ha accolto la
domanda, ma la Germania ha invocato l’immunità perché considerava che gli atti, per i quali il signor Ferrini si
rivolgeva, di iure imperi. Il giudice non ha riconosciuto l’immunità ritenendo che la norma consuetudinaria in materia
di immunità giurisdizionale dello Stato straniero della giurisdizione civile dello Stato del foro cedesse il passo rispetto
a violazioni gravi di diritti umani, soprattutto perché tali diritti umani sono riconosciuti da norme consuetudinarie=
tali norme hanno valore cogente (il giudice partiva dal presupposto di ius cogens delle norme generali che vietano la
tortura e la schiavitù).
Il giudice ha condannato la Germania per i danni del signor Ferrini, chiedendo il risarcimento ma la Germania ha fatto
ricorso alla Corte d’appello e a quel punto Ferrini ha fatto ricorso alla Corte di Cassazione per una questione di
legittimità, chiedendo alla Corte di interpretare quella norma che riconosce l’immunità giurisdizionale allo Stato
straniero nello Stato del foro.
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La Corte di Cassazione si è pronunciata a sezione unite (significa che è molto rilevante) con la sentenza 5004 dell’11
marzo 2004 accogliendo la tesi proposta dal tribunale di Firenze: “La norma generale sulle immunità giurisdizionali
dello Stato straniero dalla giurisdizione di cognizione dello Stato del foro, deve cedere il passo quando vengono
violati diritti fondamentali della persona umana, riconosciuti da norme di carattere consuetudinario che hanno
carattere cogente e, in quanto tali inderogabili”= si è riferita in particolare al divieto di tortura e di schiavitù.
Questa pronuncia ha provocato una reazione da parte della Germania: ritenne che l’Italia stesse violando il diritto
internazionale in quanto il massimo giudice italiano (Corte Cassazione) aveva emesso una sentenza in violazione di
una norma di diritto internazionale (norma sull’immunità giurisdizionali dello Stato straniero senza eccezioni, anche
quando lo Stato straniero ha violato i diritti umani o norme cogenti di diritto internazionale).
La Cassazione faceva un’interpretazione progressiva di tale norma, mentre la Germania faceva l’interpretazione
tradizionale. La Germania invocava la responsabilità italiana nel suo complesso (a livello internazionale non è
rilevante quale organo ha violato la norma). E’ poco rilevante che il governo italiano abbia sempre sostenuto la tesi
tedesca a riguardo (potere esecutivo e potere giudiziario vanno su piani diversi).
E’ nata quindi una controversia tra Italia e Germania, dopo tale sentenza del 2004.
Controversia Italia-Germania
Questa controversia è stata infine portata dalla Germania di fronte alla CIG. Il titolo di giurisdizione che ha permesso
la Germania di agire nei confronti della CIG fu quello fornito, dal Trattato generale di arbitrato stabilito con gli Stati
europei nel 1957(la Germania ha avuto il consenso italiano di agire di fronte alla CIG grazie a questo trattato
sottoscritto da entrambi gli Stati in passato).
Nella controversia è intervenuta la Grecia, come terzo interveniente perché aveva un interesse giuridico della
vicenda (ai sensi dell’art. 62).
La CIG si è pronunciata nel caso “Immunità giurisdizionale dello Stato- Germania contro Italia, Grecia
interveniente” con sentenza del 3 febbraio 2012.
Con tale sentenza, la CIG ha sostanzialmente dato torto all’Italia perché ha ritenuto che l’Italia avesse violato il diritto
internazionale nella misura in cui non ha riconosciuto alla Germania l’immunità di fronte ai suoi giudici in merito.
Esiste o non esiste quindi questa eccezione alla norma? La CIG non ha chiarito il punto, ma ha risolto il caso in favore
della Germania perché ha sostenuto il valore procedurale delle norme sull’immunità.
Questo discorso va avanti da molto tempo, la dottrina è divisa.
Nel caso di specie, la CIG dice che, poiché le norme sull’immunità hanno valore procedurale, queste norme vengono
in rilievo prima ancora di qualsiasi giudizio in merito alla fattispecie. E’ chiaro che i giudici interni avrebbero dovuto
concedere l’immunità, perché dal punto di vista procedurale viene prima nell’analisi di merito.
L’Italia ha sostenuto altre due tesi davanti alla CIG:
• Tesi del last resort argument: faceva riferimento al fatto che in Germania non esistono rimedi giudiziari per le
vittime di crimini nazista, perché in Germania esiste una legge che fa divieto ai giudici di occuparsi di questioni
attinenti a crimini o presunti crimini commessi dalla Germania nazista per quanto riguarda il risarcimento dei
danni in sede civile → sosteneva che il signor Ferrini, non potendo rivolgersi al giudice tedesco per via di questa
legge interna, non ha avuto altra scelta che rivolgersi al giudice italiano. Secondo la CIG questa tesi è da
respingere dato che un accordo tra Italia e Germania è sempre possibile= la questione è vista tra Italia e
Germania, non tra Ferrini e Germania (l’individuo è solo vittima o beneficiario). La CIG implicitamente
suggerisce la stipula di un lump-sum agreement (accordo di compensazione)
• Tesi della tort exeption: quando lo Stato straniero commette delle violazioni a danno dei cittadini dello Stato del
foro sul territorio dello Stato del foro, allora l’immunità non può valere, perché l’atto dello Stato straniero, pur
essendo un at iure imperi, è stato posto in essere nello Stato del foro e contro cittadini di tale Stato. Secondo la
CIG tale eccezione prevista nel Trattato di New York del 2004, in realtà non esiste nel diritto internazionale
generale perché tale trattato non è ancora entrato in vigore.
A questa sentenza l’Italia si è adattata con una legge che ha recepito la sentenza della CIG come se fosse un atto di
un organizzazione internazionale= adattamento ordinario. Di conseguenza la sentenza è diventata vincolante anche
in Italia sul piano interno.
Però questo adattamento è avvenuto per volere del governo e del parlamento ma evidentemente i giudici italiani
non sono dello stesso avviso dell’esecutivo. Sono state, infatti, portate avanti alte cause che hanno portato alla
sollevazione della legittimità costituzionale della norma consuetudinaria sulle immunità giurisdizionali dello Stato
straniero e della norma interna con cui l’Italia si è adattata alla Carta delle Nazioni Uniti, per quanto concerne
l’adattamento italiano alle sentenze della CIG= Sentenza della Corte costituzionale n.238 del 22/10/2014: il
problema che si poneva nel caso di specie non era tanto un problema di costituzionalità della norma internazionale
generale in materia di immunità perché contrastante con i principi fondamentali della Costituzione, ma per una
questione di impossibilità d questa norma di entrare nell’ordinamento italiano. Le norme int. generale
consuetudinarie vengono considerate equiparate alla Costituzione Italiana perché essa si adatta automaticamente
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con l’art. 10 (trasformatore permanente) però queste norme consuetudinarie devono rispettare i valori
fondamentali della Costituzione. Nel caso, la Corte avrebbe potuto facilmente dire che la norma sull’immunità non
rispetti il diritto di accesso al giudice previsto dall’art.24 (valore fondamentale della Costituzione), ma la Corte ha
detto che la norma sull’immunità non entra nell’ordinamento italiano perché “il trasformatore permanente si blocca
quando deve adattare l’ordinamento italiano ad una norma internazionale generale contrastante con i valori
fondamentali” (diniego alla giustizia).
Questa sentenza 238, in sostanza ha tentato di incidere sulla norma consuetudinaria secolare che è quella
sull’immunità. Anche se questa norma ha subito variazioni nel tempo, l’Italia prova a modificare la norma
consuetudinaria= caso di prassi evidente di uno Stato che, violando una norma consuetudinaria, prova a favorirne la
modifica (perché va contro la prassi storica).
NB: da questo caso sono emersi tantissimi aspetti di diritto internazionale= il diritto internazionale è fortemente
interconnesso.
IMMUNITÀ’ E PRIVILEGI DEGLI AGENTI DIPLOMATICI E DEGLI ALTRI ORGANI DELLO STATO STRANIERO
• Organi supremi dello Stato: PdR, sindaci
• Organi che si occupano della gestione del potere estero dello Stato: Ministro degli Affari Esteri, PdC, PdR e organi
che agiscono in loco, cioè gli agenti diplomatici
NB: quando parliamo di agente diplomatico ci riferiamo ad un agente diplomatico di ogni grado (ambasciatore,
plenipotenziario, segretario di legazione ecc).
Privilegi
Godono le persone fisiche che agiscono per conto dello Stato all’estero, si cerca di compensare la “pericolosità” del
loro lavoro all’estero. Hanno origine molto antica questi privilegi.
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Oggi per privilegio si intendono vantaggi o speciali onori di cui gli agenti diplomatici godono a differenza di tutte le
altre persone che si trovano a vivere nella comunità territoriale in cui l’agente opera.
1. Inviolabilità personale: l’agente diplomatico non può essere sottoposto a violazioni di alcun tipo (es. tortura,
schiavitù ecc= corrisponde ai diritti umani e talvolta si confonde). Oggi si intende anche l’impossibilità di porre
agli arresti l’agente diplomatico= lo Stato deve approntare tutti i mezzi per impedire azioni, anche da parte di
privati, che possono violare questi diritti dell’agente.
2. Inviolabilità domiciliare della sede: sia la sede di lavoro (ambasciata) sia il domicilio privato sono inviolabili e
quindi le forze di polizia e quelle militari dello Stato territoriale non possano accedervi a meno che non abbiano
avuto l’autorizzazione dell’agente diplomatico più alto in grado (o dello Stato di invio). La polizia e i militari
territoriali devono anche proteggere le varie sedi da eventuali violazioni che potessero subire a opera di privati.
Quest’inviolabilità della sede si lega n pò a quella prassi dell’asilo diplomatico che costituisce una sorta di
consuetudine regionale (America Latina)= se una persona ricercata si rifugia in una sede diplomatica di uno di
questi Stati latino-americani, allora gli Stati concedono a questa persona l’asilo e possono farlo sulla base
dell’inviolabilità della sede (es. caso Julian Assange)
3. Inviolabilità delle comunicazioni: riservatezza su quello che era un tempo la valigia diplomatica, ora tutte
comunicazioni online
4. Esenzione fiscale dalle imposte dirette: non pagano le imposte dirette, le tasse sulla persona (es. Irpef ) mentre
pagano le imposte indirette (es. Iva)
Questi privilegi valgono per l’agente diplomatico e per la sua famiglia (coniuge convivente e figli minori a carico). I
privilegi vengono estesi anche agli altri membri della missione diplomatica e alle loro famiglie seconda la regola della
progressione: più l’attività lavorativa è connessa con attività pubblicistiche che l’agente compie in quanto funzionario
dello Stato, più aumentano questi privilegi. Vige un divieto di abuso dei privilegi, secondo cui l’agente non può
violare la legge del Paese in cui si trova, legge che va sempre rispettata.
Tuttavia può accadere che egli sia costretto o violasse intenzionalmente la legge dello Stato del foro, in questo caso
egli può invocare l’immunità ed essere esente dalle sanzioni che gli spettano.
Immunità giurisdizionali degli agenti diplomatici
Immunità intesa nello stesso senso rispetto a quella degli Stati: esenzione alle sanzioni che colpirebbero l’agente
diplomatico che ha violato una norma dello Stato del foro che egli opera, fermo restando ce egli debba comunque
rispettare tale legge.
L’immunità può essere invocata davanti allo Stato invocante, a meno che lo Stato di invio non rinunci all’applicazione
dell’immunità nel caso di specie (l’obiettivo dell’immunità non è dare beneficio al singolo individuo ma di assicurare
la performance più efficiente delle funzioni diplomatiche nello Stato territoriale).
• L’agente diplomatico che si trovasse convenuto in giudizio nello Stato del foro ha diritto di invocare l’immunità,
ma non ha il dovere di invocarla
• Soltanto se l’agente diplomatico invoca l’immunità, il giudice dello Stato invocante declina la sua giurisdizione,
altrimenti il giudice esamina nel merito la controversia
• L’agente gode proprio perché si vuole favorire il rapporto bilaterale tra lo Stato di invio e lo Stato accreditante.
Può accadere che lo Stato di invio rifiuti l’applicazione di immunità, anche per ragioni politiche di specie
Le immunità possono essere:
1. Immunità funzionali: per gli atti posti in essere nell’esercizio della sua funzione, in rappresentanza dello Stato. La
ratio è quella dell’uguaglianza sovrana degli Stati e proprio per questo tale immunità non ha limiti di tempo
2. Immunità personali: ne beneficia per la sua persona privata, per tutti quegli atti posti in essere nella sua capacità
di persona privata, secondo una ratio che può essere riassunta con ne impediatur legatio= affinché non si
impedisca l’azione dell’agente, la legazione (se venisse convenuto in giudizio per gli atti in quanto persona
privata, egli non potrebbe svolgere in completo l’esercizio di funzione pubblica). Tali immunità durano fintanto
che dura la sua missione diplomatica in quella sede.
NB: per quanto riguarda l’immunità dello Stato straniero già trattata si parlava di giurisdizione civile, non penale, nel
caso degli agenti diplomatici, invece, si parla di giurisdizione sia penale che civile.
• Giurisdizione civile: l’immunità è assoluta per gli atti posti in essere dal punto di vista funzionale, mentre
l’immunità personale incontra dei limiti per alcuni casi specifici: azioni relative alla proprietà di beni immobili
collocati nello Stato accreditante, successioni mortis causa oppure per eventuali controversie attinenti ad
attività professionali o commerciali esercitate a titolo privato nello Stato accreditante (es. attività di avvocato o
commercialista)
• Giurisdizione penale: l’immunità è assoluta per l’agente diplomatico, sia per l’immunità funzionale che per quella
personale
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Secondo il diritto internazionale generale gli organi supremi dello Stato straniero beneficiano delle stesse immunità e
degli stessi privilegi degli agenti diplomatici (sia funzionali che personali).
Per quanto riguarda i privilegi non è chiara la dottrina perché le loro funzioni all’estero sono temporanee e
occasionali, ma la regola generale li prevede al pari degli agenti diplomatici.
Il problema principale posto riguardo alle immunità degli organi supremi è quello di bilanciamento di queste
immunità con eventuali i crimini internazionali commessi da tali organi (crimini internazionali dell’individuo non
quelli dello Stato)= generano la responsabilità internazionale individuale (diritto int. penale).
A volte, gli organi dello Stato commettono crimini internazionali, che possono essere attribuiti allo Stato ma anche
all’individuo ce materialmente li pone in essere. Se questo individuo viene convenuto in giudizio di fronte al giudice
interno di uno Stato straniero, può egli invocare l’immunità?
Esempio: caso del mandato d’arresto Belgio vs Repubblica democratica del Congo, che ha portato alla sentenza della
CIG del 14 febbraio 2002.
= il Belgio aveva spiccato un mandato di arresto nei confronti del Ministro degli Esteri della Repubblica democratica
del Congo, accusato di aver commesso crimini di guerra e contro l’umanità, di cui erano stati vittime anche cittadini
belgi. Il Belgio, in questo caso, aveva agito in base alla cittadinanza passiva delle vittime (avrebbe potuto anche agire
sul principio di universalità della giurisdizione penale). La Repubblica democratica del Congo ha adito alla CIG
sostenendo che il Belgio non potesse spiccare tale mandato d’arresto (soprattutto perché egli godeva
dell’immunità).
Bisognava verificare se ci fosse un’eccezione alla norma generale sull’immunità degli organi supremi degli Stati
stranieri nel caso in cui questi organi avessero commesso crimini internazionali.
⇢ La CIG rispose che la norma sull’immunità è una norma procedurale, quindi il giudice belga avrebbe dovuto
applicarla senza entrare in merito alla faccenda e, applicandola avrebbe dovuto declinare la sua giurisdizione.
Sostanzialmente la CIG ha dichiarato la responsabilità del Belgio per aver spiccato il mandato d’arresto.
Si deduce che l’eccezione dei crimini internazionali non opera rispetto alla norma consuetudinaria sull’immunità
degli organi supremi dello Stato straniero= godono della stessa immunità degli agenti diplomatici (secondo la CIG il
Ministro degli Esteri congolese ha agito per conto dello Stato, non a titolo privato= la CIG non si occupa della
giurisdizione penale individuale, ma la Corte penale internazionale).
Immunità giurisdizionale degli agenti consolari
Agenti consolari: ufficiali dello Stato civile che operano all’estero, che si occupano per esempio di registrare
matrimoni, morti ecc, tutte quelle vicende attinenti alla vita quotidiana delle persone fisiche all’estero.
Il console ha anche il compito di mantenere i contatti tra il proprio Stato di invio e i propri cittadini che si trovino in
situazioni di detenzione (es. caso La Grand già trattato).
Gli agenti consolari, a differenza degli organi supremi dello Stato e al pari degli agenti diplomatici, svolgono
interamente le sue funzioni nello Stato straniero= vige tutta la procedura di accreditamento già trattata per gli agenti
diplomatici, godendo quindi di immunità MA non di privilegi
→ tutto è regolato da diritto internazionale consuetudinario codificato nella Convenzione delle Nazioni Unite sulle
relazioni consolari a Vienna entrata in vigore nel 1867 (Italia è parte con altri 180 Paesi).
Gli agenti consolari godono solo di immunità e non di privilegi, questo probabilmente perché sono organi collocati ad
un livello minore rispetto agli agenti diplomatici e che svolgono mansioni di minor rilievo. Essi però beneficiano delle
immunità giurisdizionali SOLO dell’immunità funzionale.
Es. caso Abu Omar= anche il console statunitense a Milano ne ha fatto parte → il console ha provato ad invocare
l’immunità della giurisdizione penale, invocata rispetto ad un atto posto in essere a titolo personale, non nello
svolgimento delle sue funzioni pubbliche (coinvolgimento nel rapimento)= è stata negata l’immunità.
Queste immunità funzionali assolute valgono sia rispetto alla giurisdizione penale che a quella civile.
Sullo stesso piano dei consoli si collocano gli agenti (inviati che si occupano di dossier specifici) e gli incaricati d’affari
(operano accanto agli agenti diplomatici ma si occupano principalmente di questioni economiche, commerciali e
finanziarie), che molto spesso gli Stati inviano nelle loro missioni all’estero e che non sono dei veri e propri
rappresentanti politici.
Gli organi dello Stato che sempre agiscono all’estero sono gli agenti diplomatici e gli agenti consolari, ma anche tutti
gli altri organi al pari degli organi supremi, talvolta possono agire all’estero: agenti della CIA nel caso Abu Omar,
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giudici recati in Egitto per discutere con la procura del Cairo nel caso Regeni ecc. In questi casi si pone il problema
dell’immunità da apporvi= non è chiaro se essi godano o meno di immunità.
Il problema oggi si pone maggiormente per le truppe armate stazionate all’estero rispetto alle quali c’è incertezza
circa l’esistenza di norme di diritto internazionale relative all’immunità funzionale (certo è che non esistono norme
sull’immunità personale).
Di solito il problema viene risolto in via convenzionale= stipulazione dei trattati SOFA, “Status of Forces Agreement”
che permettono l’invio/il ricevimento delle truppe armate e non armate (es. osservatori elettorali) → questi SOFA
non prevedono l’immunità ma lo stato di invio ha competenza esclusiva per violazioni di sue norme così come lo
Stato territoriale ha una competenza per la violazione di sue norme (competenza concorrente per violazione di
norme di entrambi, ma di solito viene data priorità allo Stato d’invio).
IMMUNITÀ’ DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI E DEI LORO FUNZIONARI
In genere il riconoscimento delle immunità giurisdizionali permette alle organizzazioni internazionali di perseguire i
fini e svolgere le competenze ad essere assegnate dagli Stati, senza interferenze degli Stati territoriali.
Le organizzazioni internazionali non hanno una propria comunità territoriale, quindi agiscono in vari Stati,
principalmente nello Stato di sede.
Funzionari internazionali: persone fisiche che agiscono per conto dell’organizzazione internazionale.
Fonti delle immunità delle organizzazioni internazionali e dei loro funzionari vanno rintracciate in norme
convenzionali (non esistono norme consuetudinarie a riguardo):
• Convenzione sui privilegi e le immunità delle Nazioni Unite stipulata a New York nel 1946 in attuazione dell’art.
105 della Carta delle Nazioni Unite: prevede che gli Stati parte delle Nazioni Unite si impegnino a garantire
immunità e anche privilegi alle Nazioni Unite (oggi sono parti 162 Stati);
• Convenzione sui privilegi e le immunità dei funzionari delle Nazioni Unite;
• Convenzione sui privilegi e le immunità degli istituti specializzati delle Nazioni Unite: collegate, per lo più dal
punto di vista economico come l’OMS, la FAO ecc;
• gli accordi di sede, sono diversi perché bilaterali, stipulati tra l’organizzazione internazionale e lo Stato che
materialmente ospita il quartier generale dell’organizzazione (es. parere sull’accordo di sede dell’OMS in
Egitto= l’Egitto, tra le altre cose, concedeva con questo accordo anche l’immunità).
L’immunità delle organizzazioni internazionali è molto importante perché entra direttamente in rapporto con la
responsabilità delle organizzazioni internazionali. Un altro problema, oltre a quello della responsabilità già trattato, è
quello dell’immunità perché contro l’organizzazione internazionale non si può agire davanti a nessun giudice (per i
peace keeper nel caso della responsabilità si agisce presso i giudici dello Stato di cittadinanza).
Davanti a qualsiasi giudice l’organizzazione internazionale potrebbe recepire l’immunità.
Il problema ancora maggiore è quando la responsabilità è attribuita in toto o in parte all’organizzazione. Questo
problema si pone principalmente nei rapporti con il diritto all’accesso del giudice.
Una volta invocata l’immunità il giudice recepisce il difetto di giurisdizione, quindi si ha un diniego di giustizia= la
vittima lesa vede il proprio diritto di accesso al giudice negato.
Lo stesso problema si pone nelle controversie di lavoro che possono svilupparsi tra un’organizzazione internazionale
e i suoi funzionari: il funzionario si troverebbe di fronte al diniego di giustizio per l’invocazione dell’immunità, ma in
questo. Caso esiste un meccanismo di protezione perché talvolta esistono tribunali amministrativi interni
all’organizzazione.
NB: le immunità riguardano anche i funzionari ma essi godono per lo più di immunità funzionali e talvolta anche di
personali (bisogna vedere il singolo trattato).
LEZIONE 09/04/2020
DIVIETO DI USO DELLA FORZA
E’ lecito al giorno d’oggi che un Stato aggredisca un altro Stato per estendere la propria sovranità su una comunità
territoriale? No perché esiste un divieto generale di ricorso alla guerra incluso del divieto al ricorso o alla minaccia al
ricorso dell’uso della forza.
Prima della Pace di Vestfalia, si poteva ricorrere alla guerra, anche se esisteva una differenza tra guerra giusta e
guerra non giusta (in base alla giustificazione sancite dal papa o dall’imperatore), in genere la guerra giusta era la
guerra cristiana (crociate).
Dopo la Pace di Vestfalia e con la nascita dei primi Stati nazionali, si è affermato il principi dell’uguaglianza sovrana
tra gli Stati. Se vale questo principio allora non si può distinguere tra guerra giusta e ingiusta e, su questa base si
diffuse una concezione non discriminatoria della guerra= nacque l’idea di “guerra sempre giusta”.
Nei decenni seguenti (700-800) si formarono norme di diritto internazionale umanitario che indicano agli Stati le
regole a cui attenersi nel corso delle ostilità, quindi si iniziò a distinguere tra:
• Ius in bello: diritto internazionale umanitario, insieme di quelle regole che devono rispettarsi durante i conflitti
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• Ius ad bellum: diritto preparatorio alla guerra, diritto di ricorrere alla guerra e all’uso della forza.
La dottrina si sviluppa poi ulteriormente con la nascita della Società delle Nazioni: il Covenant proteggeva
l’indipendenza e l’integrità territoriale degli Stati, sancendo proprio il divieto di ricorso alla guerra. Secondo il
Covenant, si poteva però ricorrere alla forza, intesa come intervento armato, rappresaglia o blocco navale;
permetteva anche il ricorso alla guerra dopo il cosiddetto “periodo di raffreddamento” dei 3 mesi: se non si riusciva a
risolvere in maniera pacifica o con l’uso della forza inteso in senso diverso alla guerra, dopo questo periodo, uno
Stato dopo aver ricevuto l’ok dal Consiglio della Società delle Nazioni, poteva ricorrere alla guerra (nel Consiglio non
esisteva il potere di veto).
Già 10 anni dopo venne stipulato il Patto Briand-Kellog del 1928, il primo trattato in cui vi compare una rinuncia
generale al diritto al ricorso alla guerra e un obbligo generale di risoluzione pacifica delle controversie. Le disposizioni
di questo patto sono molto importanti perché hanno costituito le basi della Carta di San Francisco delle Nazioni Unite
nell’aprile del 1945.
La Carta delle Nazioni Unite sancisce diversi fini, tra i quali c’è il mantenimento della pace e della sicurezza
internazionale (con l’obiettivo primario è quello di garantire la sicurezza globale).
La Carta persegue questo mantenimento tramite il divieto all’uso della forza accostato al divieto alla minaccia
dell’uso della forza (art.2, par. 4): "Tutti i membri hanno l’obbligo di non ricorrere nelle loro relazioni internazionali
alla minaccia o all’uso della forza diretta contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica dello Stato o che non
sia conforme ai fini delle Nazioni Unite”.
Questo articolo enuncia diversi concetti:
• Forza: la differenza tra guerra e forza era già emersa nel Covenant, per guerra si intende un attacco armato
militare preceduto dalla dichiarazione di guerra resa secondo le procedure interne (si differenzia dal conflitto
perché quest’ultimo si verifica in via di fatto, senza una dichiarazione e per tale motivo la guerra è sempre
internazionale, mentre il conflitto può essere anche interno nel caso in cui scoppia una guerra civile,
internazionale quando riguarda più Stati). Il concetto di forza è diverso, perché se inteso come inteso nel
Covenant si deve intendere un atto ostile non comprendente la guerra, in realtà nell’art. 2 si intende il divieto
di qualsiasi azione armata, innanzitutto della guerra, di scatenare conflitti internazionali e il divieto di dare
luogo ad azioni armate di qualsiasi tipo (senso onnicomprensivo). Qua si intende la forza come amata, non
politica o economica (se la Carta intendesse anche quella sarebbero tantissimi gli Stati a commettere ogni
giorno illeciti-sanzioni economiche, politiche che nuocciono ad altri Stati). Con la Dichiarazione 3314
dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite la forza viene definita come aggressione armata, qualsiasi tipo di
forza armata= dichiarazione di principi
• Uso: impiegare concretamente la forza
• Divieto di minaccia dell’uso della forza : secondo gran parte della dottrina, la minaccia dell’uso della forza è illecita
in ogni caso in cui l’impiego della forza sarebbe illecito, mentre è lecita in ogni caso in cui, se impiegata sarebbe
lecita. L’uso della forza è lecito per legittima difesa oppure quando ad utilizzare la forza è il Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite;
• In che senso l’uso è vietato nelle relazioni internazionali : l’uso della forza vietato dalle Nazioni Unite è quello
diretto contro altri Stato, non comprende ciò che accade all’interno degli Stati e quindi nemmeno all’uso della
forza interna (non riguarda il diritto internazionale). Anche dal riferimento all’integrità territoriale o
all’indipendenza politica di uno Stato si può desumere questo divieto sul piano inter-statale non interno.
Questa norma dell’uso della forza contenuta nell’art. 2 par. 4 attiene anche al diritto internazionale consuetudinario,
esiste una norma consuetudinaria sviluppatasi quasi parallelamente alla stipula della Carta delle Nazioni Unite:
avevo rilievo in passato quando non tutti gli Stati erano membri delle Nazioni Unite, oggi ha meno rilievo visto che
quasi tutti gli Stati ne fanno parte.
Tale norma consuetudinaria che sancisce tale rifiuto della forza ha conservato il suo rilievo perché non è soltanto una
norma consuetudinaria, ma anche una norma di diritto cogente che contempla un obbligo erga omnes. Questo
legittima lo Stato leso ad agire perché tale norma è obbligatoria nei confronti di tutti gli Stati (1986 CIG nella
sentenza Usa-Nicaragua e sentenza Iran-Usa sulle piattaforme petrolifere).
Ha senso parlare di una norma consuetudinaria sul divieto dell’uso della forza se dal 1945 ad oggi si sono verificati
casi di utilizzo della forza? Sì, perché:
• Tutti gli Stati hanno sempre continuato a giustificare questo divieto,
• Molti Stati protestano quando viene utilizzata la forza a indicare che quello Stato sta ad attuare un illecito,
mettendo il chiaro la violazione
• Lo Stato che viola il divieto tende a giustificarsi= implicitamente ammette la violazione, ammette il diritto
internazionale
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4. Notifica al Consiglio di Sicurezza: deve essere presentato un’apposita notifica indicando che lo Stato sta per agire
in legittima difesa (dottrina maggioritaria ritiene che tale condizione non sia propria del diritto internazionale
generale= solo se si fa riferimento all’art.51). Tale notifica serve anche per fare in modo che il Consiglio di
Sicurezza possa agire, perché l’azione principale deve essere quella del Consiglio che accentra nelle sue mani il
monopolio dell’uso della forza; se egli interviene nel conflitto in corso, lo Stato che ha agito in legittima difesa
deve immediatamente interrompere l’azione
• Supposizioni di eccezioni ma non riconosciute: non è detto che tutte queste siano ammissibili o realmente
previste dal diritto internazionale. Sono elaborazioni della dottrina portate avanti da alcuni Stati, ma quasi mai
sono state approvate o accettate.
1. Intervento armato a protezione dei propri cittadini all’estero : è il tentativo più noto di proporre un’eccezione
che non sia legittima difesa. Questa è una situazione ben diversa dall’istinto della protezione
diplomatica. Nel caso della protezione diplomatica lo Stato agisce senza utilizzare la forza, in questo caso
invece l’uso della forza c’è. Ci sono stati casi di prassi: intervento di Regno Unito, Francia e Israele per
difendere i propri cittadini a Suez nel 1956; doppio intervento belga del 1960 e nel 1964 nella Repubblica
democratica del Congo subito dopo l’indipendenza; intervento di Israele in Uganda per difendere i suoi
cittadini che si trovavano su un aereo dirottato dai palestinesi; intervento Usa a Grenada nel 1983;
intervento Russia in Ucraina.
→ in realtà, in tutti questi casi l’intervento armato non è stato condotto in protezione dei propri cittadini, quanto in
protezione di propri interessi economici (ci sono state risoluzioni di condanna di questi interventi).
2. Intervento umanitario: si suppone che ogni Stato abbia una facoltà di effettuare interventi armati a tutela di
certi individui minacciati dal suo stesso Stato (intervento all’interno di uno Stato straniero). Es.
intervento Nato in Kosovo e intervento russo in Ossetia nel 2008 → questi interventi hanno incontrato la
protesta degli altri Stati perché non è mai stato riconosciuta tale possibilità
3. Dottrina della responsability to protect: dottrina elaborata da un centro di ricerca canadese nel 2001 che
prevede una sorta di obbligo di intervento armato di tutela di certi individui minacciati dal suo stesso
Stato (molto simile all’intervento umanitario ma esso prevede una facoltà ad intervenire, la
responsability to protect invece un obbligo). Molti sostengono che debba essere il Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite ad intervenire in nome di questa responsabilità, ma molto spesso ciò non è possibile
perché gli Stati che hanno il potere di veto non lo permetterebbero. In generale, lo stesso Consiglio non
è in grado di di raggiungere maggioranze per agire in tal senso= finora utilizzata solo una volta nel caso
della Libia con risoluzione 1973 del 2011. Qualcuno sostiene che in seguito all’inazione del Consiglio
dovrebbe intervenire l’Assemblea Generale seguendo la risoluzione Uniting for Peace. Seguendo questa
dottrina gli Stati che non la attuerebbero sarebbero responsabili di violazione dell’obbligo previsto.
4. Uso extra-territoriale dell’uso della forza contro attori non statali : si ritiene che gli Stati possano agire
all’estero contro attori non statali che agiscono a livello privato e che turbano la pace e la sicurezza
internazionale (es. guerra al terrorismo; cyberwar Estonia-Russia; incursioni di frontiera del regime dei
minimis; target killings).
• Gestisce il sistema di sicurezza collettivo nelle Nazioni Unite: un tempo era un sistema proprio
dell’organizzazione, ora è considerato come sistema di sicurezza dell’intera comunità internazionale
3. Segretariato Generale= organo di individui che non rispondono a nessuno Stato
4. CIG= organo di individui che non rispondono a nessuno Stato
5. Consiglio economico e sociale
6. Consiglio di amministrazione fiduciaria
Questo sistema di sicurezza collettivo è necessario perché il diritto internazionale è anarchico e si legittima sia per il
fatto di basarsi su un trattato (Carta delle Nazioni Unite), ma anche perché trova sostegno degli Stati (si legittima se e
finché trova tale legittimazione negli Stati).
Proprio per garantire l’uguaglianza sovrana degli Stati in senso giuridico e per evitare derive polito-economiche o
militari è stato necessario creare questo accentramento dell’uso della forza nelle mani del Consiglio di Sicurezza.
Se non esistesse tale sistema, l’unico modo per difendersi rispetto ad attacchi armati o non armati sferrati da altri
Stati, sarebbe quello di ricorrere a sua volta all’uso della forza.
Questo sistema si basa su:
1. Accentramento: l’uso della forza è accentrato al Consiglio di Sicurezza, al quale gli Stati membri conferiscono ai
sensi dell’art.24 della Carta UN, la responsabilità principale del mantenimento della pace e della sicurezza
internazionale, riconoscendo che il Consiglio agisce in loro nome e per loro conto nell’adempiere a tali
compiti= il consiglio svolge una funzione di “polizia internazionale”, legittimata da quasi tutti gli Stati del
mondo= permette , per certi versi, l’attuazione del diritto internazionale svolgendo tale funzione
2. Procedimentalizzazione: il Consiglio quando decide di usare la forza, deve attenersi a specifiche norme che
prevedono specifiche procedure (iter).
NB: la Carta consente al Consiglio di Sicurezza, ai sensi del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, di adottare
misure coercitive, sia pacifiche che militari nel caso di minaccia alla pace, violazione della pace o aggressione (il
capitolo VII va coordinato con il capitolo VI e VIII e con i poteri attribuiti all’Assemblea Generale e al Segretario
Generale in materia di mantenimento della pace e di sicurezza internazionale).
• Capitolo Vi prevede la risoluzione pacifica delle controversie: in particolare art. 33 par.1
• Capitolo VIII riguarda la cooperazione delle Nazioni Unite con altre organizzazioni internazionali soprattuto di
stampo regionale (Nato, UE, Lega Araba) ai fini del mantenimento della pace e della sicurezza
• Assemblea Generale: poteri generali di carattere raccomandatorio. L’unica volta in cui ha provato ad esecutare un
potere effettivi fu nel 1950 quando il Consiglio si era bloccato per la questione della Guerra di Corea a causa
della minaccia di veto della Cina delle Russia= l’Assemblea ha emesso la sentenza “Uniting for Peace” secondo
la quale, in caso di stasi del Consiglio di sicurezza, l’Assembla Generale avrebbe potuto agire con atti vincolanti
per il mantenimento della pace e della sicurezza. Questa sentenza, però, è rimasta "lettera morta”.
• Segretario Generale: poteri che derivano dalla prassi, non dalla Carta delle Nazioni Unite= talvolta può svolgere a
titolo personale buoni uffici, mediazioni oppure anche i compiti delegati dal Consiglio di Sicurezza soprattuto in
materia di peace keeping.
Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite- Action with respect to threats to the peace, breaches of the peace,
and acts of aggression
Quali sono i presupposti per l’azione del Consiglio di Sicurezza ai sensi del capitolo 7 della Carta delle Nazioni Unite?
Sono quelli indicati nel titolo stesso: minaccia alla pace, violazione della pace, aggressione; indicati più
specificatamente nell’art. 39.
Art. 39: ribadisce i presupposto per l’azione del Consiglio di Sicurezza affinché il consiglio stesso possa agire =
accertamento di queste tre aspetti è fondamentale:
• Aggressione: attacco armato (mai stato utilizzato, si pensò di utilizzarlo solo la crisi di missili a Cuba ma ciò non
avvenne)
• Violazione della pace: simile all’aggressione, solo che avviene per mezzo di un attacco non armato (usato molto di
rado: Iraq ha invaso il Kuwait; regime di apartheid della Rodesia e Namibia; attacco di Israele al Libano del Sud)
• Minaccia alla pace: utilizzata nel corso del tempo diversamente perché vaga, una definizione non è presente nella
Carta delle Nazioni Unite né è mai stata data con atti successivi. E’ stata utilizzata per permettere l’intervento
del Consiglio di Sicurezza in contesti di guerre civili (non si può intervenire nella domestic jurisdiction, se non
che la codifica di una confitto interno passibile di mettere in pericolo la pace internazionale permette
l’intervento del Consiglio)= a definire così un conflitto interno come minaccia alla pace è lo stesso Consiglio (es.
il Consiglio l’ha utilizzato per intervenire nell’epidemia dell’ebola in Africa occidentale del 2014)
→ è utilizzato paradossalmente molto di più rispetto alla violazione della pace
Azioni del Consiglio una volta accertati questi presupposti:
1. Raccomandazioni: previsto dall’art. 39, ma si tratta di una previsione pleonastica rispetto al Capitolo VI
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2. Decidere quali misure adottare ai sensi degli articoli 41 e 42 : tuttavia, dopo aver accertato i presupposti e prima
di agire ai sensi dei due articoli, il Consiglio può decidere di agire ai sensi dell’art. 40= possibilità di adottare
misure provvisorie, misure che il Consiglio indica per evitar che la situazione subisca una veloce escalation e
che i diritti delle parti in causa siano pregiudicati dallo sviluppo della crisi in attesa che lo stesso Consiglio
prenda una decisione. L’art. 40 esplica che le misure provvisorie sono vincolanti, ma ciò venne chiarito anche
nella sentenza La Grand (es. di misure provvisorie: cessate il fuoco, restituzione di ostaggi, demilitarizzazione
momentanea di certe zone per favorire il corridoio umanitario)
Art. 41: misure non implicanti l’uso della forza → si prese che il Consiglio di Sicurezza possa decidere di
risolvere una questione attinente alla minaccia della pace, alla violazione della pace e all’aggressione ordinando delle
misuri non implicando l’uso della forza armata= sanzioni, che possono essere di moltissime tipologie, alcuni esempi
• Completa o parziale interruzione dei rapporti economici
• Sanzioni economiche o legate alle comunicazioni
• Rottura delle relazioni diplomatiche
Se lo Stato che minaccia, viola la pace o aggredisce non risponde né alle misure provvisorie né alle misure non
impianti l’uso della forza? Il Consiglio può agire ai sensi dell’art. 42 (l’ordine di esecuzione degli articoli non è
obbligatorio)
=misure implicanti l’uso della forza
• Se le misure si rivelassero inadeguate il Consiglio potrebbe agire con l’uso della forza aerea, navale ecc
• In realtà non spiega come il Consiglio può utilizzare la forza= avrebbero dovuto rispondere a ciò gli art. dal 43 al 50
della Carta delle Nazioni Unite ma sono caduti in desuetudine: prevedevano la creazione di un esercito delle
Nazioni Unite e di un comando integrato posto sotto l’egida di alcuni generali scelti dal Consiglio, creato in base
ad eventuali accordi tra gli Stati membri delle Nazioni Unite= obbligo de contraendo (di stipulare un trattato).
⇢ l’art. 42, a differenza di come si potrebbe pensare, non è caduto anch’esso in
desuetudine, ma è stato utilizzato con dei mezzi non previste dalla Carta: operazioni di peace keeping,
amministrazioni del territorio o delega all’uso della forza da parte del Consiglio nei confronti degli Stati= misure
ideati dal Consiglio a partire dagli anni ’60 a causa della desuetudine, ma anche alla necessità di implicare tali misure
della forza
• Operazioni di peace keeping: sono sostanzialmente operazioni “semi-militari” dispiegate dalle UN in
tutte quelle aree del mondo in cui almeno c’è stata la minaccia alla pace. Sono truppe messe a
disposizione da alcuni Stati membri, che agiscono sotto la bandiera delle UN ma allo stesso tempo
sotto ordine del proprio Stato (in caso di violazioni dei diritti umani poste in essere, non si capisce chi e
quanto sia responsabile) = truppe che vengono individuate dal Segretario Generale UN che riceve un
mandato a tal fine dal Consiglio di Sicurezza= chiamate “forze cuscinetto” perché si interpongono tra le
diverse truppe in conflitto. Tali operazioni di peace keeping possono utilizzare un uso limitato della
forza (solo per difendersi contro eventuali attacchi ricevuti, non possono utilizzare la forza nei
confronti di una o dell’altra parte perché devono rimanere neutrali - “caschi blu”)
→ evoluzione nel tempo di queste operazioni (si parla di prima, seconda o terza
generazione- operazioni di peace keeping, peace enforcement e peace building):
op. peace enforcement sono più robuste alle quali viene consentito di fare maggior uso della forza,
soprattuto per sedare situazioni di crisi o quando è evidente la necessità di prendere le parti di una o l’altra entità in
conflitto, hanno l’obiettivo di “imporre la pace”; op. di peace building vengono disperate dopo che la situazione del
conflitto è stata risvolta, hanno l’obiettivo di ricostruire la pace attraverso l’ausilio anche di personale non militare,
spesso ne fanno parte osservatori elettorali, mediatori culturali, medici, insegnanti, volontari, membri ONG ecc
(utilizzo della forza limitatissima- sono ibride perché prevedono impegno sia militare che civile).
Il problema delle operazioni di peace keeping è individuare la loro base giuridica: art. 43 e seguenti prevedevano che
le misure venissero attuate attraverso questo esercito ma espressamente non esiste una base giuridica nella Carta
delle Nazioni Unite che giustifica le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza= dottrina ha diversi punti di vista:
1. Secondo alcuni si è formata una norma consuetudinaria particolare interna alle Nazioni Unite, la quale
permetterebbe al Consiglio di istituire queste forze
2. Secondo altri autori le forze di peace keeping troverebbero la loro base giuridica esclusivamente nell’art. 42
semplicemente perché esso prevede l’utilizzo della forza
3. Secondo altri autori le forze di peace keeping troverebbero la loro base giuridica esclusivamente nell’art. 41
perché, dato che tali operazioni possono utilizzare una forza limitata sono da assimilare alle misure non
implicanti l’uso della forza
4. Altri le riconducono al capitolo 6 della Carta perché sarebbero un mezzo per garantire la risoluzione pacifica delle
controversie
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5. Altri ancora individuano la base giuridica nel cosiddetto “capitolo 6 e mezzo”= le operazioni avrebbero una base
giuridica fluida individuabili sia nel capitolo 6 che in altre norme del capitolo 7= vero per operazioni di terza
generazione di peace building.