Il capitolo delle libertà e dei diritti fondamentali testimonia una grande evoluzione nella
transizione del diritto comunitario a quello di Unione europea.
Nell’art 2. TFUE, si evince che l’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità
umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto
dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori
sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non
discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e
uomini.
Tuttavia, bisogna fare una ricostruzione più attenta, poiché non è stato tutto così scontato.
La Comunità europea è nata, essenzialmente, per promuovere un quadro di benessere
attraverso l’abbattimento di barriere doganali e con la costituzione di un mercato unico, ben
diverso dalla tutela dei diritti fondamentali (accettazione comune di tutti paesi membri di
determinati presupposti, che invece hanno seguito diversi sviluppi storici nei diversi paesi).
Già il termine “diritti fondamentali” può essere interpretata in modi diversi, a seconda che si
dia peso all’evoluzione consuetudinaria, secondo una lettura più storicista, o una tradizione
molto più individualistica fondata su una filosofia di diritto naturale. Si può avere un
approccio anche partendo dall’idea che solo quelli che son espressamente riconosciuti
dall'ordinamento statale, abbiano tale natura.
Nel corso degli anni, si è dovuto cercare un punto di incontro per capire di quali diritti si
possa effettivamente parlare. Alcuni, hanno ormai conseguito una universalizzazione,
riconosciuti in maniera pressoché unanime, eg. diritto alla vita, diritto alla libertà individuale
e all’autodeterminazione, all'esistenza dignitosa e di libertà religiosa; altri, invece hanno
avuto una formalizzazione normativa in tempi molto più recenti, eg diritto alla protezione dei
dati personali, o ai diritti elettorali.
L’Unione, a sua volta, però, ha recepito quanto si trovava nell’ordine normativo
internazionale, prima ancora della sua nascita e ha dovuto fare anche i conti con l'esistenza
di fonti di riconoscimento di questi diritti che si individuano nelle costituzioni nazionali.
L’organo dell’UE che ha giocato il ruolo capitale nel consolidamento dei diritti è la Corte di
giustizia, che ha operato in assenza di riferimenti, anzi, ha operato contro un riferimento
iniziale, contenuto nel Trattato di Roma, che descriveva esattamente la cornice entro la
quale l’organo di giustizia si limitava, ovvero alla applicazione dei trattati e alla funzione
emanata dalla comunità europea.
In apparenza, non si è sentito in origine il bisogno di iscrivere nei trattati, delle norme
specifiche riguardo alla tutela dei diritti fondamentali, e si pensava fossero implicitamente
tutelati, cosa che non è semplice da assicurare da un organo che emana sentenza. Per questa
ragione, si è aperta una evoluzione giurisprudenziale, dal momento in cui la CGE ha
iniziato ad affermare la preminenza del diritto comunitario su quello nazionale e sancisce
l’efficacia diretta e primato del diritto CE. Le corti costituzionali nazioanli si preoccuparono
per il fatto che potessero risultare preminenti le norme e interpretazioni che andassero contro
i diritti fondamentali per come erano tutelati nei loro ordinamenti interni. → teoria dei
“controlimiti”: le corti nazionali hanno reagito in questa situazione affermano la necessità di
una supremazia della tutela dei diritti fondamentali.
- Sentenza Stauder (C- 26/69) La CGE stabilisce che i diritti fondamentali “fanno
parte dei principi generali del diritto comunitario, di cui la Corte garantisce
l’osservanza”: il carattere rivoluzionario di tale impostazione sta nel fatto che la
Corte di Giustizia è responsabile, vuol dire allargare lo spettro di funzioni della CGE.
- A partire dalla Sentenza Hauer (C-44/79) la CGE inizia a riferirsi con continuità
alla CEDU, nel caso concreto in riferimento al diritto di proprietà, che è diventato
un tema centrale molto discusso, perché non tutti i paesi nelle loro tradizioni
giuridiche hanno voluto farne un diritto centrale, e.g Italia, per cui è un diritto
funzionale ed economico, e soggetto a limiti precisi, e.g art. 42 Cost della costituzione
ci ricorda che l’uso della proprietà sia strettamente collegato legato ad una sua
funzione sociale. L’accezione che l'ordinamento comunitario, invece, va in una
direzione di maggior tutela di questo diritto.
E’ anche evidente che in assenza di una precisa codificazione di questo catalogo dei diritti, e
di non riconoscimento esplicito della CGE di pronunciarsi in questi aspetti, l'azione rischia
di essere un po’ limitata.
Perciò il Trattato di Maastricht che dà vita all’UE, oltre a fare riferimento alla CEDU, fa
riferimento alla tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, quali principi generali
del diritto dell’UE. Qui vediamo, la recezione nei trattati, di quello che di fatto la CGE
aveva iniziato a definire. I principi generali dei diritti dell’UE diventano un richiamo forte
che trova basi solide mediante i trattati.
I paesi membri, all’epoca ancora 15, nel 1997 decidono di fare un passo avanti e affermare
fortemente i valori ( così chiamati nell’art. 2 TFUE). Perché si ritorna con tanta enfasi e a
breve distanza a tale argomento?
Il trattato di Amsterdam apre la strada all'allagamento verso i paesi dell’est Europa: è
necessario che si ancorassero ai diritti fondamentali, prima che entrassero nell’Unione.
Escono da regimi comunisti, escono da situazioni economiche non tanto stabili: è
fondamentale che l’Unione predisponga l’entrata in termini di certezza, di valori condivisi,
affinché un paese possa trovare accoglienza nell’Unione. Sono le basi di quelli che saranno
poi applicati come criteri di Copenhagen.
art.6 TUE “❖ 1. L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (…) che ha lo stesso valore giuridico dei
trattati.
Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell'Unione definite
nei trattati.
I diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati in conformità delle disposizioni
generali del titolo VII della Carta (…)
2. L'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell'Unione definite nei
trattati.
La preoccupazione degli Stati membri: ritengono che la CGE, disponendo di tali strumenti,
si potesse espandere maggiormente a livello di competenze dell’Unione. Per questo, viene
inserita una clausola di limitazione. Non è una delega di competenze agli organi
dell’Unione.
Con la catalogazione dei diritti, si riapre la via per l’adesione alla CEDU che è accordo
internazionale che da 50 anni tutelava i diritti fondamentali di tutti gli europei, e fino ad
allora, non era mai stata se l’UE potesse o meno aderire alla Convenzione e avere come
parametro fondamentale. L’UE viene autorizzata dal trattato di Lisbona ad aderire alla
CEDU.
Il contenuto della Carta dei diritti fondamentali (il prof invita alla lettura) consente di vedere
come ci siano delle significative evoluzioni, come abbia, nel suo insieme, una competenza,
sia di diritti individuali e sociali, sia di prima, seconda e di terza generazione, civili politici,
civili e di chiara matrice economica: è un ventaglio completo di enunciazione. Con una idea
di sottofondo che questa carta non si sostituisce ai diritti nazionali (rassicura i giudici delle
carte nazionali che tempo la supremazia del diritto comunitario). La Carta ha un valore
integrativo ai sistemi nazionali. La Corte non si pone come terzo grado di giudizio e
tantomeno prevarica sul sistema interno e non vuole nemmeno mettersi in concorrenza con
la Corte della CEDU (il cittadino europeo non viene privato della possibilità di essere
tutelato dalla CEDU: infatti, ci sono delle situazioni che non possono nemmeno approdare,
sul piano pratico sul tavolo della corte di Lussemburgo, ma trovano il loro canale naturale e
diretto di definizione solo alla corte di Strasburgo).
Analizziamo ora, la struttura della Carta di Nizza (come viene solitamente chiamata nel
contesto europeo):
- preambolo introduttivo
- 54 articoli, divisi in 7 capi
- capo I, può essere visto come il precipitato del diritto internazionale pattizio
consolidato nel dopoguerra, molti dei quali già oncuntui nella Carta del ‘48 e ripresi
da successivi atti internazionali, quali i diritti di dignità, e.g. dignità umana, diritto
alla vita, diritto all’integrità della persona, proibizione della tortura e delle pene
trattamenti inumani o degradanti, proibizione della schiavitù e del lavoro forzato
- capo II, molto denso relativo ai diritti di libertà, soprattutto individuali, e che come
si vede,ampliano il carattere originario di quelle definite nelle costituzioni nazionali
del dopoguerra, e.g. la protezione dei dati di carattere personale. L’UE ha giocato
un ruolo assolutamente capitale in questo ambito.
Si noti, anche l’inclusione del diritto di proprietà: questa tutela forte era già stata
avviata dalla CGE con la sentenza Hauer nel 1979. Nell'ordinamento giuridico
dell’UE, questo diritto è tutelato alla stregua dei principi comuni alla eco stazioni
interne.
- il capo III può essere vista come rilettura aggiornata dell’art.3/Cost italiana, poiché
riprende l'architettura del principio di uguaglianza, distinto tra gli aspetti formali e
sostanziali, nel senso della rimozione di quegli ostacoli che impediscono la piena
attuazione dei diritti e sviluppo della personalità umana. Il divieto di
discriminazione è una parte molto praticata da parte del diritto dell’Unione, che fatto
di questa lotta una missione importante specialmente nel campo del diritto del lavoro
e nel campo legato al genere e orientamenti sessuali. La CGE opera come faro alto
per lo sviluppo delle giurisprudenze nazionali rispetto a questi diritti.
Il mondo della giustizia comunitaria e nazionale non sono distanti, anzi sono in
costante dialogo.
- capo IV: solidarietà. I principi solidaristici sono ugualmente declinati in maniera
molto articolata, in primis per i diritti all’interno del mondo del lavoro (sindacati,
azione collettiva) che devono essere tutelati comparativamente nel contesto
europeo.
Ci sono poi dei diritti particolari che hanno un loro recente sviluppo, come i diritti
all'ambiente e alla sua salubrità, e i diritti dei consumatori, nuovi sia in seno all’UE
sia in seno agli stati.
Diritti dei consumatori: nella costruzione del mercato unico, i consumatori hanno
avuto degli indubbi vantaggi concorrenziali, ma in parallelo al consumatore non è
stato assicurato solo un vantaggio economico, ma anche in termini di informazione e
possibilità di scelta più fondata a consapevole dei prodotti (inoltre, vi è garanzia sul
prodotto, nel lungo periodo).
Bisogna ricordare anche I passi avanti fatti anche in maniera di telecomunicazione
(e.g. abbattimento di spese cospicue di telefonia per reti internazionali, roaming)
limitando gli interessi dei colossi della comunicazione.
- capo VI: giustizia. Se per un ordinamento come il nostro, i diritti relativi alla
giustizia sono consolidati da anni, così non si può dire per gli stati che sono entrati
nell’Unione dopo aver vissuto in regimi diversi, come quello comunista. Molti di
questi principi non avevano in alcuni di questi paesi un solido radicamento e.g.
presunzione di innocenza e diritti della difesa, principi della legalità e della
proporzionalità dei reati e delle pene, diritto di non essere giudicato o punito due volte
per lo stesso reato (ni bis in idem).
- capo VII: disposizioni generali. Alcuni aspetti di essi sono fondamentali per capire le
dinamiche della Carta.
L’ambito di applicazione. Ci sono tre destinatari principali: l’Unione
nell’applicazione di politiche e programmi, le singole istituzioni dell’Unione, e gli
stati membri solo nell’attuazione del diritto dell’UE.
Da ultimo, va notato che, benché ogni stato ha una propria costituzione o catalogo di
principi fondamentali, quando opera in attuazione dei diritti dell’UE (e.g. attuando
una direttiva).
La portata di questi diritti, bisogna fare attenzione, son relativi e non assoluti e
necessitano sempre di un bilanciamento, poiché si scontrano spesso, anche con altri
diritti e prerogative. Il carattere limitato di questi diritti deve derivare da atti di
principi normativa (principio di legalità e devono essere bilanciati con gli altri diritti
(principio di proporzionalità).
Portata dei diritti garantiti (art. 52 CDFUE)
1. Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla
presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto
essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità,
possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e
rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute
dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.
2. I diritti riconosciuti dalla presente Carta che trovano fondamento nei trattati
comunitari o nel trattato sull’Unione europea si esercitano alle condizioni e
nei limiti definiti dai trattati stessi.
Sempre nell’ambito di applicazione della CDFUE, si deve analizzare la questione del livello
di protezione (art. 53 CDFUE).
E’ importante per la Carta stabilire i rapporti che si sarebbero prodotti con la sua entrata in
vigore, in quanto norma di livello primario nei confronti di altre norme, e.g. diritto
comunitario già in vigore, il diritto internazionale, e convenzioni internazionali, delle quali la
Comunità e gli stati membri sono contraenti, in particolare la convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e dalle costituzioni degli Stati
membri. Si è voluto stabilire, guardando in particolare alla CEDU, che non c’è alcuna
possibilità di guardare a questa carta come una limitazione o lesione delle tutele
prestabilite. Vuole solo colmare delle lacune che si fossero ravvisate.
L’art. 54 introduce la nozione di divieto di abuso di diritto, (nel diritto civile conosciuto
come diritto di emulazione stabilita dal codice civile italiano): nessuna disposizione della
Carta deve essere interpretata nel senso di comportare il diritto di esercitare un’attività o
compiere un atto che miri alla distruzione dei diritti o delle libertà riconosciuti nella Carta
o di imporre a tali diritti e libertà limitazioni più ampie di quelle previste dalla Carta
stessa.
→ E’ una nozione un po’ controversa e alcuni ordinamenti la esplicitano in maniera
diversa, specialmente in quella tedesca, a differenza di quella italiana.
E.g. l’utilizzo di diritto di proprietà che non va in direzione di aiuto sociale, bensì di
malevolenza nei confronti altrui, diventa agli occhi dell’Unione un abuso di diritto.
Viene riscontrato spesso in materia di agricoltura, e nel diritto tributario.
Un caso notevole, di abuso di diritto, è la questione relativa agli esami professionali
sostenuti in altri paesi per poter esercitare la professione nel proprio paese di origine, che
invece, esige degli standard più elevati, magari. La fuga verso la Spagna di aspiranti
avvocati, che hanno conseguito delle abilitazioni professionali più facilmente di quanto fosse
possibile nell’ordinamento italiano.Nella sentenza che doveva deliberare la discussione tra
Commissione/Spagna è stato precisato che il diritto di scegliere lo stato membro in cui si
desidera conseguire le proprie qualifiche professionali, non implica alcun abuso di diritto.
La Carta è fortemente innovativa e ben calibrata rispetto alla situazione già presente.
Include argomenti moderni, come l'inclusione della disabilità, l’età e l’orientamento
sessuale tra le ragioni discriminatorie vietate, annovera tra i diritti fondamentali, l’accesso ai
documenti, la protezione dei dati e la buona amministrazione.
Inoltre, è dotata di un carattere di inclusività molto largo, poiché i diritti non sono riservati
esclusivamente ai cittadini dell’Unione: gli incipit includono “Everyone” . Ogni persona è
titolare di questi diritti, nelle sue relazioni con l’UE.
Torniamo alla delicata e sofferta mancata adesione dell’UE alla CEDU ehe sarebbe stata
una scorciatoia verso la copertura dei diritti fondamentali.
Gli stati membri all’epoca, facevano già parte della CEDU, quindi sarebbe stato un
passaggio più che logico e lineare e coerente con la scelta dei paesi nel dare vita a questa
convenzione.
In più, la Commissione ha proposto ripetutamente che il Consiglio si facesse carico di questa
adesione, sia nel 1979, sia 1990, sia nel 1993. Siccome questi passaggi necessitano
concertazione tra gli organi dell’UE e no era indifferente alla CGE, si indirizzarono tutti
alla CGE stessa, che dichiarò in maniera molto netta che il trattato (all’epoca) non prevedesse
alcuna competenza per la comunità europea di emanare norme in materia di diritti umani o
di concludere convenzioni internazionali in questo settore (parere 2/94). Si è dovuto
attendere, perciò, fino al Trattato di Lisbona, affinché l’art. 6.2 rendesse obbligatoria
l’adesione dell’Unione alla CEDU. Tuttavia,vi furono dei problemi, che emersero via via a
causa della concorrenza normativo giurisdizionale tra due entità sovranazionali (UE e
Consiglio di Europa) e non è semplice garantire coerenza ed evitare contraccolpi negativi,
che in altra parte le corti nazionali avevano già fatto emergere, per quanto riguarda un
rapporto tra stati-UE, mediante i controlimiti.
Anche la Commissione, organo non giurisdizionale, è molto attiva nella tutela dei diritti
fondamentali:
- adotta di norme per migliorare la tutela dei diritti fondamentali (ex. divieto di
discriminazione e parità di trattamento delle persone sul posto di lavoro, protezione
della privacy e trattamento dei dati personali)
- interviene in tema di stato di diritto e radicamento della democrazia
- esamina e approva le risoluzioni (modo di esprimersi in maniera forte del PE) sulla
situazione dei diritti fondamentali nell’UE e su questioni specifiche negli Stati
membri