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b) l’attività svolta nei diversi settori di competenza La Carta delle Nazioni Unite aveva creato un

sistema di sicurezza collettiva che, sotto molti profili, era per l'epoca rivoluzionario. Esso si fonda su due
postulati fondamentali. Da un lato, esso vieta agli Stati di minacciare o di usare la forza in via unilaterale,
salvo il caso di legittima difesa. Dall'altro, esso affida al Consiglio di Sicurezza il compito di mantenere
l'ordine e imporre coattivamente la pace, anche attraverso misure militari. La Carta delle Nazioni Unite, che
contiene l’affermazione circa il divieto della minaccia e dell'uso della forza, generando così nel tempo la
successiva trasformazione di questo divieto in norma di natura consuetudinaria, porta a compimento un
difficile processo, avviato all'inizio del XX secolo. Gli Stati infatti, fino a tutto il XIX secolo, erano liberi di
usare la forza armata nelle loro relazioni internazionali ed erano addirittura liberi di ricorrere alla guerra.
Il diritto internazionale si limitava dunque ad obbligare lo Stato che intendeva muovere guerra ad effettuare
una dichiarazione in tal senso o a emanare un ultimatum. La Carta delle NU impone il divieto della minaccia
e dell’uso della forza intesa però unicamente nel senso di forza militare, non proibendo la minaccia e l'uso
della forza di tipo economico. Essa inoltre bandisce solo la minaccia o l'uso della forza nelle relazioni
internazionali, prevedendola dunque per le questioni interne. La Carta impone però un divieto della minaccia
e dell'uso della forza da considerarsi "assoluto e onnicomprensivo". Essa prevede quindi che la minaccia e
l'uso della forza per iniziativa unilaterale degli Stati siano vietate in ogni caso, ad eccezione dell'ipotesi di
legittima difesa individuale e collettiva. La norma consente agli Stati di ricorrere alla forza per respingere
l'attacco armato già sferrato, fino a che il consiglio non abbia preso le misure necessarie a stabilire la pace.
La Carta prevede che, accertata l'esistenza di una minaccia alla pace, violazione della pace o atto di
aggressione, il Consiglio possa adottare, oltre che misure non implicanti l'uso della forza, anche misure
implicanti la violenza bellica. La Carta ha istituito un sistema di sicurezza collettiva rivoluzionario ma
essenzialmente deficiente sotto quattro aspetti sostanziali. Il primo è che l'esercizio concreto, da parte del
Consiglio di Sicurezza, del monopolio dell'uso legittimo della forza richiede l'accordo tra i cinque membri
permanenti. Il secondo è che l'intero sistema poggia sul presupposto che l'uso unilaterale della forza armata
da parte degli Stati sia vietato solo nelle relazioni internazionali. Ciò significa che si può ricorrere alla forza
con riferimento alle questioni interne. Il terzo limite è che l'esercito che avrebbe dovuto essere messo a
disposizione delle Nazioni Unite non era un vero e proprio esercito internazionale, esclusivamente
dipendente dal Consiglio. Esso doveva essere composto da contingenti messi a disposizione del Consiglio
dagli Stati membri, attraverso accordi speciali che avrebbero dovuto disciplinare il quantitativo delle forze
messe a disposizione, la loro tipologia e il loro grado di preparazione all'intervento. Il quarto limite è che, a
causa della guerra fredda, l'esercito delle Nazioni Unite non fu mai costituito e, in seno al Consiglio, si avviò
la prassi dei cosiddetti veti incrociati, che ha per lungo tempo quasi paralizzato l'attività del Consiglio in
questo settore delicato. La Carta delle Nazioni Unite impone l'obbligo di risolvere tutte le controversie in
modo pacifico. I redattori della Carta erano però soprattutto interessati alla soluzione pacifica delle
controversie che potessero degenerare e mettere in pericolo la pace. In ogni caso, l'impostazione generale
della Carta è quella di cercare in ogni modo di mantenere la pace e la sicurezza internazionale. La
Carta delle Nazioni Unite stabilisce che, in caso di crisi, ciascuna delle parti ha l'obbligo di ricercare una
soluzione attraverso "negoziati, inchieste, mediazioni, conciliazione, arbitrato, regolamenti giudiziari,
interventi di riorganizzazione o accordi regionali, o altri mezzi pacifici di loro scelta". Essa prevede inoltre che
ogni Stato possa portare all'attenzione dell'Assemblea o del Consiglio qualsiasi controversia o situazione
suscettibile di mettere in pericolo la pace. Il Consiglio ha il potere, quando una certa controversia o
situazione non sia portata alla sua attenzione, di invitare le parti in causa a risolvere la loro controversia con
mezzi pacifici. Esso può procedere inoltre ad un'inchiesta e può raccomandare "procedure e metodi
appropriati di soluzione della controversia". La Carta ha così previsto, per la soluzione delle controversie
pericolose per la pace e la sicurezza internazionale, un procedimento estremamente debole. Ciò non
soltanto per la limitata categoria di controversie su cui il Consiglio di Sicurezza è autorizzato ad intervenire,
ma soprattutto perché i poteri di intervento dell'organo consistono soltanto nell'adozione di raccomandazioni.
La Carta di San Francisco, nonostante il tentativo dell'URSS di includere fra i fini del nuovo assetto quello di
promuovere l'indipendenza degli Stati sottoposti al regime coloniale, previde soltanto che i popoli delle
colonie avrebbero dovuto gradualmente ottenere l'autogoverno. Il riferimento all'autodeterminazione deve
dunque intendersi, almeno al momento della nascita dell'ONU, in una accezione limitata. Il sistema delineato
era dunque estremamente moderato e sostanzialmente neocolonialista, principalmente basato sulla nozione
di autogoverno. Il sistema evolse poi con il tempo e l'Organizzazione si mosse rapidamente e
coraggiosamente nel senso di promuovere l'indipendenza dei territori coloniali. L'evoluzione è stata
determinata da vari elementi. In primo luogo, la forte pressione esercitata dall'URSS e dalle nazioni
dell'Europa orientale. In secondo luogo, il sostegno sempre più tiepido offerto dagli Stati Uniti alle potenze
coloniali loro alleate. In terzo luogo, la crescente insistenza da parte delle popolazioni sottoposte a dominio
coloniale nell'affermare il proprio diritto all'indipendenza. In quarto luogo, l'aumento notevole dei costi
economici e sociali che le potenze coloniali dovevano sostenere per mantenere i loro possedimenti. In quinto
luogo, l'ascesa al potere nei paesi coloniali europei di potenti partiti socialdemocratici che sostenevano
posizioni anticolonialiste. Gli imperi coloniali così, nel giro di tre decenni (1947-1975), sono stati
sostanzialmente demoliti. Uno dei meriti delle Nazioni Unite è stato di aver incoraggiato l'indipendenza dei
popoli coloniali attraverso mezzi pacifici e, in generale, rispettando la volontà e le aspirazioni dei popoli
interessati. La Carta delle Nazioni Unite, nel settore della cooperazione economica e sociale, stabilisce
semplicemente che l'Assemblea Generale può avviare studi e fare raccomandazioni. Il Consiglio economico
e sociale è l'organo ufficiale adibito a compiere o promuovere studi rapporti, predisporre convenzioni e fare
raccomandazioni nel settore della cooperazione economica e sociale. Le Nazioni Unite devono promuovere
la realizzazione delle condizioni necessarie al progresso sociale ed economico dell'umanità. Le condizioni di
stabilità benessere sono considerate essenziali per lo sviluppo ed il mantenimento di relazioni pacifiche fra le
nazioni. La Carta non sancisce alcun principio sulla direzione che avrebbe dovuto prendere in futuro la
cooperazione in campo economico e sociale. L'Assemblea Generale e il Consiglio economico e sociale,
negli anni, hanno indubbiamente incoraggiato in misura rilevante la cooperazione fra gli Stati in campo
sociale, in particolare riguardo ai diritti umani. Numerosi ostacoli si sono frapposti invece all'eliminazione, o
almeno alla riduzione, del divario fra i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, impedendo il raggiungimento
di qualsiasi risultato di rilievo. L'ONU, ciò nonostante, ha promosso la cooperazione economica in vari
campi, attraverso alcune sue agenzie specializzate (FAO, OMS, FMI) o attraverso organismi specifici
(Conferenza delle NU per il commercio e lo sviluppo). L'ONU, in generale, pur avendo notevolmente
ampliato nel corso degli anni il suo raggio di azione, e pur essendosi confrontata con i problemi più delicati e
complessi, nel campo della cooperazione economica e sociale ha svolto soltanto ruolo di coordinamento e di
impulso. Ciò non deve però sorprendere, poiché in questi settori di Stati conservano intatto il proprio potere
decisionale ed inoltre sono profondamente divisi da interessi economici, politici ed ideologici contrastanti.
L'attività svolta dall'ONU in campo economico, in ogni caso, deve essere valutata favorevolmente per aver
promosso l'attività di cooperazione allo sviluppo in un quadro multilaterale e gli investimenti privati come
motore della crescita. La Carta dell’Organizzazione delle Nazioni Unite è estremamente cauta anche in
relazione alla tutela dei diritti umani. L'articolo 55 stabilisce che l'Organizzazione "promuoverà" il rispetto e
l'osservanza universale dei diritti umani. L'articolo 13 si limita però a prevedere che l'Assemblea Generale
"intraprende studi e fa raccomandazioni" allo scopo di "promuovere il rispetto dei diritti umani e delle libertà
fondamentali". Il motivo principale per cui i diritti umani non vengono ampiamente tutelati in linea di diritto
nella Carta è perché nel 1945 non esisteva ancora un catalogo universale dei diritti umani ben definito e
generalmente condiviso da tutti gli Stati. In sostanza, le disposizioni contenute nella Carta in relazione al
rispetto dei diritti umani hanno una natura essenzialmente programmatica, limitandosi a stabilire un piano di
azione di natura generale. L'ONU, nel corso degli anni, è riuscita però a promuovere ampiamente il rispetto
dei diritti umani. L'Assemblea Generale, adottando nel 1948 la Dichiarazione universale dei diritti umani, è
riuscita a trasformare le poche disposizioni vaghe contenute nella Carta in un decalogo dei diritti e delle
libertà fondamentali. I principali successi conseguiti in questo settore dall'Organizzazione sono stati la fine
della politica razziale della Rhodesia del Sud (1980) e del Sudafrica (1994). L'ONU, inoltre, ha svolto un
ruolo importante nel promuovere la diffusione della democrazia nel mondo. Essa, promuovendo
tenacemente ed instancabilmente il rispetto dei diritti umani, ha introdotto anche un nuovo ethos nella
comunità internazionale. La Carta contiene, in materia di disarmo, una disciplina senza dubbio minimalista.
L'articolo 11 prevede semplicemente che l'Assemblea Generale può "esaminare principi generali di
cooperazione compresi principi regolanti il disarmo e la disciplina degli armamenti". Esso aggiunge poi che
l'Assemblea Generale può "fare raccomandazioni riguardo a tali principi sia agli Stati membri sia al Consiglio
di Sicurezza o agli uni e all'altro". La Carta attribuisce quindi ad una questione indiscutibilmente di
importanza cruciale per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale un ruolo marginale. Una
ragione è forse legata al fallimento della disciplina del disarmo contenuta nel Patto della SdN. Una seconda
ragione è che i fondatori dell'Organizzazione hanno anche ritenuto che il disarmo potesse realizzarsi meglio
per mezzo di negoziati tra pochi Stati chiave. L'Assemblea Generale, nonostante ciò, ha preso alcune
iniziative in materia. La sua prima Commissione, ad esempio, si è specializzata in materia di disarmo e sin
dall'inizio ha discusso questioni rientranti in questo ambito. L'ONU ha inoltre promosso nel 1968 la
realizzazione del Trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari, adottato in seguito alla risoluzione
dell'Assemblea Generale del 1965. L'ONU però ha avuto una scarsa influenza o addirittura non è intervenuta
affatto nella realizzazione di altri e importanti trattati sul disarmo. Le maggiori potenze nucleari infatti hanno
ritenuto di dover aggiungere da sole un accordo sulle questioni militari di importanza cruciale, al di fuori di un
forum multilaterale, dove essi avrebbero potuto essere sottoposte a pressioni di natura politica e ideologica.
Il Preambolo della Carta fa riferimento al diritto internazionale. L'articolo 1 prevede che le controversie
debbano essere "risolte in maniera pacifica ed in conformità ai principi della giustizia e del diritto
internazionale". L'articolo 13 prevede un'azione specifica in proposito; l'Assemblea Generale è stata infatti
incaricata di intraprendere studi e fare raccomandazioni allo scopo di "promuovere lo sviluppo progressivo
del diritto internazionale e la sua codificazione". I fondatori dell'ONU non ritenevano, in realtà, che il diritto
internazionale dovesse essere uno dei pilastri su cui costruire il nuovo ordine mondiale. Essa, però, è stato
un'area in cui l'azione dell'ONU ha superato qualsiasi aspettativa. L'Organizzazione si è mossa in favore del
diritto internazionale in vari modi, alcuni più tradizionali e altri certamente innovatori. In primo luogo, vari
organi dell'ONU sono riusciti ad adottare convenzioni su questioni molto importanti come il genocidio e i
diritti umani, le quali sono state poi ratificate da molti Stati. In secondo luogo, la Commissione di diritto
internazionale ha elaborato importanti progetti di convenzione, contribuendo allo sviluppo di alcuni settori
cruciali del diritto internazionale. In terzo luogo, l'Assemblea Generale ha promosso l'elaborazione di
dichiarazioni di principi e di risoluzione di portata generale.

Ruolo, limiti e successi dell'ONU I fondatori dell'Organizzazione ritennero, fin dal principio, che
l'azione del nuovo ente dovesse basarsi sull'accordo unanime delle grandi potenze che avevano largamente
contribuito alla elaborazione del testo del trattato istitutivo. Stalin, alla conferenza di Yalta, aveva fatto notare
che era essenziale "prevenire l'insorgere di controversie tra le tre grandi potenze" (Stati Uniti, Gran Bretagna
e Unione Sovietica). Roosevelt su questo punto era concorde con il leader sovietico, L'accordo tra le grandi
potenze però non durò ed il repentino peggioramento delle relazioni tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica
fece svanire la possibilità di rendere operante il sistema di sicurezza collettiva previsto dalla Carta delle
Nazioni Unite. L'idea del Presidente Roosevelt secondo cui il Consiglio di Sicurezza sarebbe dovuto
diventare "il consiglio di amministrazione del mondo", responsabile di "attuare coercitivamente la pace contro
ogni potenziale trasgressore", divenne irrealistica. Ciascuna delle superpotenze si prese cura delle vicende
del suo blocco, mantenendovi l'ordine e la stabilità. Gli Stati Uniti, dopo il crollo dell'Unione Sovietica e la fine
del bipolarismo est-ovest, hanno progressivamente esteso la propria influenza quasi sull'intero pianeta. I
relativi mutamenti politici avvenuti sulla scena internazionale non hanno però comportato la piena attuazione
del sistema di sicurezza collettiva previsto dalla Carta. L'ONU, sorprendentemente, ha realizzato molto di più
in quei settori che, nel 1945, erano considerati di importanza marginale rispetto a quelli cui i fondatori della
nuova Organizzazione avevano prestato maggiore attenzione. In primo luogo, il tiepido atteggiamento verso i
paesi coloniali fu ribaltato e, nei primi anni Sessanta, il colonialismo fu sostanzialmente spazzato via. In
secondo luogo, il settore della protezione dei diritti umani è stato fortemente rafforzato con l'adozione di
importanti dichiarazioni e convenzioni. In terzo luogo, lo sviluppo progressivo e la codificazione del diritto
internazionale sono stati ampiamente promossi, anche attraverso l'adozione di numerose convenzioni di
codificazione. In quarto luogo, l'ONU ha cercato di coinvolgere gradualmente nelle relazioni internazionali
attori non statali, principalmente organizzazioni non governative. In quinto luogo, le Nazioni Unite hanno
avviato importanti relazioni con organizzazioni regionali e con altre organizzazioni internazionali. L'ONU,
invece, ha spesso fallito in tre settori, ossia nel mantenimento della pace e della sicurezza, nel disarmo e
nella riduzione del divario tra i paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo. Essa però ha fallito per ragioni
scarsamente imputabili alle sue deficienze. L'ONU infatti è vero che presenta alcuni difetti strutturali, quali
l'eccessiva burocratizzazione, la cattiva amministrazione e l'esagerazione nel discutere all'infinito le materie
controverse, ma essi hanno inciso solo marginalmente nei fallimenti. I fallimenti dell'ONU devono dunque
essere attribuiti agli Stati che compongono l'Organizzazione, in particolare modo alle grandi potenze. In
primo luogo, l'Organizzazione è basata sul paradigma kantiano, che trova il suo cardine nella cooperazione
e nella promozione di valori comuni, meta-nazionali. Questo paradigma è profondamente diverso da quello
prevalente della comunità mondiale, ossia il paradigma groziano, tipico di una società anarchica incentrata
su Stati sovrani. Le due comunità coincidono per quanto riguarda i loro membri, ma la loro struttura e il loro
funzionamento sono radicalmente diversi. La discrasia tra i due modelli ha fatto sì che l'Organizzazione
abbia speso notevoli energie e sforzi per ricondurre tutti gli Stati membri o la maggior parte di essi ad alcuni
principi generali tipici della comunità internazionale. In secondo luogo, la struttura dell'Organizzazione è in
sostanza ancora quella decisa nel 1945 a San Francisco. Il mondo, però, dal 1945, ha subito cambiamenti
sostanziali e sarebbe necessario dunque un apparato più efficiente. In terzo luogo, la posizione degli Stati
Uniti nei confronti dell'Organizzazione non lascia molto spazio a miglioramenti. La politica statunitense rende
chiaro che gli USA sono pronti a partecipare a operazioni di mantenimento della pace o a operazioni di
peace-enforcement solo nella misura in cui tale partecipazione sia necessaria alla luce degli interessi
nazionali statunitense. In quarto luogo, nessuno può negare che nella comunità mondiale esistono problemi
politici che sono obiettivamente di difficilissima soluzione per la presenza di tensioni profonde e di pretese
etniche, politiche e ideologiche confliggenti. Chiari esempi sono il Kashmire, Cipro e il Medio Oriente, dove
non solo la diplomazia ONU, ma anche gli sforzi diplomatici di alcuni grandi potenze, principalmente gli USA,
non hanno portato ad alcun risultato degno di rilievo.

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