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Internazionali
I. Introduzione
è nulla nel tenore della Carta che giustifichi tale restrizione. Nel
paragrafo 2 dell'art. 3 come nell'art. 55 si parla di « uguaglianza
dei diritti » e « autodecisione dei popoli », senza specificazione di
sorta: e la lettura di queste due disposizioni in senso universalistico
trova conferma nella ratio delle norme e nel quadro storico nel quale
hanno preso vita. Dal punto di vista dalla ragion d'essere delle nor-
me, sarebbe assurdo ritenere che esse non contemplino - e in pri-
mo luogo - le popolazioni metropolitane. Se la restrizione fosse
esatta se ne dovrebbe dedurre che gli stessi popoli coloniali perde-
rebbero il « diritto » di autodecisione non appena conseguita l'ago-
gnata indipendenza. Quanto al contesto storico nel quale la Carta
si è formata, si è trattato, come si e detto (supra, 3), della coalizione
antifascista e antinazista della seconda guerra mondiale. Qualunque
peso si voglia attribuire all'influenza esercitata, nell'elaborazione del-
la Carta, da fattori quale l'anticolonialismo reale o apparente degli
Stati Uniti o dell'Unione sovietica - fattore controbilanciato in mi-
sura non trascurabile dal persistente colonialismo di potenze europee
grandi e piccole - sarebbe assurdo collocare il motivo dell'antico-
lonialismo, nobile ed essenziale senza dubbio ma evidentemente par-
ziale, al di sopra di motivi universali quali la liberazione del mondo
intero - metropoli e colonie - dal nazifascismo e il godimento da
parte di tutti i popoli - metropoli e colonie - dei benefici della
libertà e della pace.
L'autodeterminazione del 1945 era sicuramente universale. La
limitazione dell'obbligo agli Stati partecipanti alla Carta era e resta
la sola restrizione giuridicamente accettabile dell'universalità del prin-
cipio.
dei popoli che è tipico delle dittature e dei regimi totalitari di ogni
specie o denominazione.
(2) The Normative Role cit. nella nota precedente, pp. 613-614.
(3) Vedasi Human Rights ecc., cit., p. 226 e note 38-42; e Droits de
VHomme ecc., cit pp. 461-462.
Í4) Sulla nozione di « soft law » (che non è, forse, un semplice sinonimo
di diritto in fieri) vedasi il volume edito dall'Accademia di Diritto internazionale
deirAja (ad opera del Kiss) su The Protection of the Environment and Interna-
tional Law , Sijthoff, Leiden, 1975, pp. 540-544 e 623-627.
nazione (5). Sembra difficile che una clausola di tal fatta sia desti-
nata ad operare a beneficio dei soli Stati dotati di dipendenze co-
loniali. Al contrario: è il caso di domandarsi se una potenza colo-
niale possa beneficiarne. Sarebbe strano che la semplice esistenza di
un governo rappresentativo della dipendenza bastasse per garantire
la perpetuazione del dominio coloniale. Sembra dunque certo che la
clausola rifletta in primo luogo l'esigenza del regime rappresenta-
tivo delle popolazioni metropolitane.
(5) Human Rights ecc., cit., numero 17 (con la nota 40 delle pp. 318-319).
delle Nazioni Unite e nella maggior parte degli altri strumenti ri-
cordati. Fra tali principi spiccano, per la difficoltà dei problemi di
interaction che sollevano, il rispetto dell'integrità territoriale e il ri-
spetto deirindipendenza politica di quegli stessi Stati ai quali in-
combe l'obbligo del rispetto delle scelte dei popoli.
Allo scopo di « au tode terminarsi » verso l'esterno - per esem-
pio al fine di erigersi in Stato separato o unirsi a uno Stato diverso
- un popolo deve potersi distaccare, con il territorio nel quale
vive, dallo Stato al quale appartiene. Il popolo che voglia « autode-
terminar si » verso l'interno deve modificare il regime al quale e sog-
getto e, all'occorrenza, abbatterlo. Sino a quando il contrasto si ma-
nifesta soltanto fra lo Stato o il governo al potere da un lato e il
popolo dall'altro, il diritto internazionale non entra in gioco che
nel senso di tenere obbligato lo Stato di cui trattasi (verso gli altri
Stati) a permettere al proprio popolo di « autodeterminarsi ». Il po-
polo non essendo investito né di diritti né di obblighi internazionali,
nessuna azione da esso intrapresa per liberarsi dalla dominazione
straniera o indigena incontra limiti giuridici internazionali: non in-
contra limiti, per esempio, in quel generalissimo divieto dell'uso e
della minaccia della forza - contro l'integrità territoriale o l'indi-
pendenza politica delo Stato - che è sancito dall'articolo 2.4 della
Carta delle Nazioni Unite. Questo divieto è fatto agli Stati (e riguar-
da l'uso o la minaccia della forza nelle relazioni internazionali).
20. - Non altrettanto può dirsi degli altri Stati e degli organi
internazionali.
Pure avendo titolo a pretendere il rispetto - e quindi l'attua-
zione - del principio dell'autodecisione, gli Stati membri delle Na-
zioni Unite sono tenuti, per il citato art. 2.4 della Carta, ad « aste-
nersi, nelle loro relazioni internazionali, dall'uso o dalla minaccia
della forza contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di
qualsiasi Stato o in altra maniera non conforme ai fini delle Nazioni
Unite ». Altrettanto vale, mutatis mutandis , per organi di « diplo-
mazia multilaterale » quali l'Assemblea generale o il Consiglio per
la Sicurezza delle Nazioni Unite.
24. - Come è noto, una delle ipotesi più frequenti di uso della
forza da parte degli Stati e l'intromissione nei rivolgimenti interni
di altri. Ci riferiamo alle due specie tipiche di situazioni insurre-
zionali costituite l'una dall'insurrezione mirante a sostituire il go-
verno al potere nell'intero Stato con un nuovo governo - situazione
che sbocca, nell'ipotesi di successo, nel c.d. « governo di fatto gene-
rale » - l'altra dall'insurrezione volta a costituire uno Stato nuovo
in una parte del territorio dello Stato: situazione che sbocca, nel-
l'ipotesi di successo, nel c.d. cc governo di fatto locale ».
In situazioni del genere è frequente che altre potenze interven-
gano a sostegno dell'una o dell'altra parte: e le potenze che inter-
vengono a favore del governo al potere sogliono giustificarsi, sia con
la pretesa, fondata o infondata, di essere state chiamate a farlo dal
governo dello Stato, sia con la pretesa di operare obbiettivamente a
favore del mantenimento della legittimità costituzionale dello Stato
stesso e/o della sua integrità territoriale: ciò del tutto indipendente-
mente dalla qualità - libera o dispotica - del governo al potere.
Le potenze cc intervenienti » a sostegno del partito della rivoluzione
o della secessione si dicono votate, a loro volta - sempre, si capisce,
su domanda - alla cc causa » della liberazione del popolo dal tiranno
o dallo straniero. Anche da questa parte la cc causa » è sempre cc buo-
na », quale che sia la natura del regime che il partito rivoluzionario
o secessionista si propone (a fatti o a parole) di istituire.
Di fronte a giustificazioni di questa specie il diritto interna-
zionale classico non ha molto da dire.
si versi nell'ipotesi del cc soft law » o del « hard law » (supra, 10) si
tratta sempre di interpretazioni e applicazioni del principio dell'au-
todecisione e dei suoi corollari. Essendo questo un principio univer-
sale nel senso spiegato (supra, 5 ss.), esso opera a favore della libertà
delle popolazioni metropolitane non meno che a favore dell'indi'
pendenza delle popolazioni delle colonie.
E' dunque il caso di domandarsi quali conseguenze si debbano
trarre dal principio dell'autodecisione - per quanto concerne i pro-
blemi del cc riconoscimento prematuro » e della neutralità - riguar-
do a situazioni insurrezionali che si manifestassero in società metro-
politane. Il problema si pone, sia riguardo all'appoggio prestato al
governo al potere, sia riguardo all'appoggio prestato agli insorti o
al governo da questi instaurato.
fi 5) Human Fights ecc. cit.. pp. 280-286; e Droits de l'Homme ecc. cit.,
p. 453 ss., spec. 484-488.
(16) Infra, numero 36.
(17) Per una critica (sotto il profilo giuridico) della c.d. cc dottrina Brezhnev »
(della cc sovranità limitata »), Human Rights ecc. cit., p. 282 ss. e Droits de
VHomme ecc. cit., p. 484 ss. Una discussione dell'idea secondo la quale il
diritto internazionale sarebbe caratterizzato (in questa come in altre materie)
dalla coesistenza di cc sistemi » (« Capitalista », cc Socialista », cc Terzo Mondo » o
« Nord » e « Sud ») si trova in The Noimative Role ecc. cit., pp. 518 ss. e nelle
pagine corrispondenti (148-170) nell'edizione indipendente di tale opera citata
supra . nota 1.
Clausole costituzionali che indirettamente legittimerebbero la cc dottrina
Brezhnev » si trovano nelle leggi fondamentali di alcune delle repubbliche cc popo-
è stato inserito nella Carta del 1945 (al pari del principio del
rispetto dei diritti dell'uomo) non soltanto al fine di promuovere la
tutela degli interessi e la realizzazione delle aspirazioni degli uomini
e dei popoli ma anche e prima di tutto al fine di contribuire alla
preservazione della pace e allo sviluppo della collaborazione fra gli
Stati e della sua organizzazione.
La storia del periodo antecedente dimostrava infatti che i mag-
giori nemici della pace, oltre che dei diritti degli uomini e dei
popoli, erano stati i governi totalitari. Da governi siffatti, esenti dal
controllo dell'opinione pubblica e di libere istituzioni, erano venuti
i più grandi pericoli: pericoli per i popoli da loro governati così
come per i popoli ai quali essi si offrivano o s'imponevano come
modello.
Non diversa è la posizione dei governi totalitari contemporanei.
Alla violazione sistematica, nel proprio interno, dei diritti e delle
libertà più elementari, questi regimi aggiungono l'opposizione più
ferma, in nome della sovranità, alla cooperazione fra Stati e allo
sviluppo dell'organizzazione internazionale; ed è dagli stessi governi
che proviene principalmente quella minaccia alla pace che si trova
alla radice dell'insicurezza generale, delle frequenti guerre cc loca-
li yy e della crescente destinazione agli armamenti di risorse che do-
vrebbero servire alla lotta contro la miseria.
Dando spazio alle aspirazioni e alle scelte dei popoli e degli
individui e condannando ogni forma di oppressione interna o esterna,
il principio dell'autodecisione opera ad un tempo per la libertà e
per la pace.
Non serve dunque la pace chi in nome di essa pretende che
le libertà degli uomini e dei popoli vengano ignorate o sacrificate
in quanto a beni secondari » al confronto con il bene supremo della
vita. Ogni attentato alle libere scelte degli uomini è al tempo stesso
un attentato alla pace e quindi alla vita.
IL POLITICO
Sommario del fascìcolo n. 2, anno XLVIII, 1983