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I REATI ASSOCIATIVI
TRA TEORIA E PRASSI
Nuove Ricerche di Scienze Penalistiche
Collana diretta da
Sergio Moccia
25
Direttore: Sergio Moccia
I REATI ASSOCIATIVI
TRA TEORIA E PRASSI
Volume pubblicato con il contributo del fondo di finanziamento ordinario de-
stinato alla ricerca scientifica nell’ambito del Dipartimento di Giurisprudenza
dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.
Plantamura, Vito
I reati associativi tra teoria e prassi
Collana: Nuove Ricerche di Scienze Penalistiche, 25
Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 2019
pp. 188; 24 cm
ISBN 978-88-495-3974-5
Capitolo I
La libertà di associazione
1. Cenni storici sulla libertà di associazione p. 9
2. La libertà di associazione nella Costituzione italiana » 17
3. La libertà di associazione nella Convenzione EDU » 35
4. La libertà di associazione in prospettiva comparata (Spagna, Francia,
USA, Germania) » 41
5. Prime considerazioni » 50
Capitolo II
L’evoluzione dottrinale sui reati associativi
1. Reato associativo o reati associativi? » 55
2. Il problema del bene giuridico » 59
3. L’associazione «aperta» » 69
3.1 Associazione «aperta» e principi penalistici fondamentali » 74
4. Reati associativi e criminalità organizzata: rapporti e intersezioni » 82
5. Alcune proposte della dottrina, per la riforma dei reati associativi » 91
Capitolo III
La prassi applicativa dei reati associativi
1. Elementi costitutivi dei reati associativi e della condotta di partecipa-
zione » 99
2. Associazione, partecipazione e tentativo » 112
3. Cospirazione politica mediante accordo o associazione » 119
4. È davvero possibile che sussista un’associazione per delinquere tra cor-
ruttori e corrotti? » 126
5. La Cassazione italiana compara l’associazione per delinquere con quella
di malfattori del codice penale francese » 130
Capitolo IV
Spunti comparativi e prospettive di riforma
1. Il tentativo, l’associazione di malfattori, la banda organizzata e il «one
man bad» (o «loup solitaire») » 139
2. La multiforme fattispecie incriminatrice spagnola di associazioni illecite
e il successivo delitto di organizzazione criminale » 146
3. Il concetto di banda e quello di associazione criminale in Germania,
prima e dopo la riforma, tra irrilevanza penale delle associazioni gerar-
chiche ed esigenze sovranazionali di tutela » 152
4. La conspiracy (l’attempt e la solicitation) negli USA » 159
5. Rilievi conclusivi e prospettive di riforma » 166
Bibliografia » 177
La libertà di associazione
1
Cfr. Manna, La strategia del terrore e i delitti di attentato, in Ind. pen., 2013,
51 ss.
2
Cfr.: Fenucci, Sicurezza nazionale e diritti di libertà negli USA, Bari, 2015; Lo-
rello, Il dilemma sicurezza vs. libertà al tempo del terrorismo internazionale, in De-
mocrazia e Sicurezza, 2017, n. 1., 31 maggio 2017.
3
Secondo autorevole dottrina, tuttavia, la sicurezza può essere solo pubblica, come
interesse diffuso collegato all’ordine pubblico. Cfr.: Pace, Libertà e sicurezza cin-
quant’anni dopo, in Diritto e società, 2013, n. 2, 177 ss., nonché Id., La funzione di
sicurezza nella legalità costituzionale, in Quaderni costituzionali, 2014, n. 4, 989 ss.
4
Cfr. Clementi, Lo «statuto generale» della libertà di associazione in prospettiva
comparata: l’esperienza dei Paesi europei e dell’Unione europea, in Dir. pub. comp. eur.,
2017, 879 ss.
Weimar5, del 1919, e quella sovietica, del 1918. Nella prima, era pre-
visto che tutti i tedeschi avevano il diritto di riunirsi (art. 123) pa-
cificamente e senz’armi, senza il bisogno di previa autorizzazione.
La legge, tuttavia, poteva subordinare le riunioni all’aperto all’ob-
bligo di previa autorizzazione, disponendone la proibizione quando
dalla riunione fosse derivato un pericolo «immediato» per la sicu-
rezza pubblica.
Sempre nella Costituzione di Weimar, poi, all’art. 124, si affer-
mava che tutti i cittadini tedeschi avevano il diritto, che non poteva
essere limitato con misure preventive, di formare unioni o associa-
zioni, ma, con una formulazione caratteristica delle Carte novecen-
tesche, solo per il raggiungimento di scopi che non fossero in con-
trasto con la legge penale.
Si riteneva opportuno specificare, inoltre, che il diritto in que-
stione si estendeva a unioni o associazioni religiose, aggiungendo al-
tresì che ogni associazione poteva liberamente acquistare la capacità
giuridica, in conformità alle norme del diritto civile, senza che ciò
potesse essere negato per via del particolare scopo perseguito, fosse
esso politico, sociale o, appunto, religioso.
Con riferimento alla Costituzione dell’Unione Sovietica6, è inte-
ressante rilevare, invece, come sia la libertà di riunione, che quella
di associazione, fossero intese non solo in senso negativo, ma pure
positivo, soprattutto in relazione ai diritti sociali dei lavoratori. Ai
lavoratori sovietici, infatti – ex art. 15 Cost. –, era garantita un’ef-
fettiva libertà di riunione, con il diritto di organizzare, appunto, riu-
nioni, comizi, cortei, etc., e, a tal fine, la Repubblica Sovietica avrebbe
messo a disposizione di tutti i cittadini, operai o contadini che fos-
sero, appositi locali, debitamente illuminati e riscaldati, per consen-
tire l’organizzazione delle summenzionate riunioni.
Secondo l’art. 16 della stessa Costituzione, poi, l’Unione Sovie-
tica, «dopo avere spezzato il potere economico e politico delle classi
possidenti ed eliminato così tutti gli ostacoli che nella società borghese
impedivano finora agli operai e ai contadini di godere della libertà
5
Cfr. Mortati, Introduzione alla traduzione della Costituzione di Weimar, Roma,
Ministero per la Costituente, 1946.
6
Cfr. dircost.di.unito.it.
7
La lucida follia con la quale venne teorizzata (e, poi, attuata) la soppressione dei
kulaki come classe è espressa a chiare lettere in Stalin, Questioni del Leninismo, ed.
it., Roma, 1945, vol. I, 355, secondo il quale «Per eliminare i kulak come classe, è ne-
cessario spezzare con una lotta aperta la resistenza di questa classe e privarla delle fonti
economiche della sua esistenza e del suo sviluppo (libera utilizzazione della terra, mezzi
di produzione, affitto, diritto di ingaggiare mano d’opera salariata, eccetera)». Nello
stesso libro, al medesimo proposito, vi è poi un esempio paradigmatico di quella che
potremmo definire «ottusità ideologica», per cui, avendo constatato che, più si elimi-
navano i kulaki e si rafforzavano le aziende agricole collettive/comuniste, cioè i colcos
e sovcos, più la produzione di grano annua nazionale diminuiva, si formulava il rime-
dio di diminuire ancor più i kulaki e, correlativamente, aumentare le aziende collet-
tive, con ovvie conseguenze contrarie a quelle auspicate.
8
Cfr. Semeraro, L’esercizio di un diritto, Milano, 2009, 96.
Con il TULPS del 1931 (e, ancor prima, con quello del 1926),
infatti, da un lato si limitò fortemente il diritto di riunione (artt. 18
ss. TULPS del 1931 e artt. 17 ss. TULPS del 1926) e, dall’altro (artt.
209 ss. TULPS del 1931, artt. 214 ss. TULP del 1926), si previde
che le associazioni fossero tenute a comunicare, all’Autorità di pub-
blica sicurezza, tutte le notizie riguardanti il proprio statuto e fun-
zionamento, la compagine sociale, etc., ogni qualvolta ne fossero ri-
chieste per ragione di ordine pubblico o sicurezza pubblica: l’inos-
servanza di tale obbligo, spettante a tutti coloro che avessero fun-
zioni di rappresentanza o direttive delle associazioni, era penalmente
sanzionata.
Il Prefetto, poi, poteva sciogliere le associazione che svolgevano
attività contraria agli ordinamenti politici dello Stato, anche, in tale
occasione, ordinando la confisca dei beni sociali, e, avverso tale prov-
vedimento, non era previsto alcun rimedio giurisdizionale, essendo
lo stesso ricorribile, invece, solo dinanzi al Ministro dell’Interno
(mentre il decreto del Ministro non era a sua volta ricorribile, nean-
che per motivi di legittimità).
Ritornava, poi – novità del TULPS, non prevista nella citata legge
Rocco del 1925 –, il regime dell’autorizzazione preventiva (addirit-
tura, ministeriale), ma per la costituzione, organizzazione o direzione
solo di associazioni internazionali, evidentemente viste con grande
sospetto dal regime, tanto che anche la semplice partecipazione, da
parte di un singolo, ad un’associazione internazionale già costituita
era, a sua volta, sottoposta ad autorizzazione ministeriale.
Il rovescio della medaglia fu rappresentato dall’enorme espansione
del fenomeno associativo, quando controllato e voluto dallo Stato, e
ciò sia in riferimento allo stesso partito fascista, come partito di
massa, al quale era auspicata l’iscrizione dell’intera popolazione, che
in relazione all’inquadramento, nel fenomeno corporativo, del plu-
ralismo sociale di tipo economico e professionale9.
In questo quadro normativo, si inseriscono i lavori dell’Assem-
blea Costituente italiana10 che, per quanto riguarda l’aspetto di cui
9
Così Nacci, La libertà di associazione tra tutela multilivello dei diritti e limiti
imposti dalla sicurezza interna ed internazionale, in Dir.fond., 2018, n. 1, 19.
10
Cfr.: Cheli, La fondazione della Repubblica – Dalla costituzione provvisoria alla
11
I Emendamento: «Il Congresso non potrà emanare leggi per il riconoscimento di
una religione o per proibirne il libero culto, o per limitare la libertà di parola o di
stampa o il diritto dei cittadini di riunirsi in forma pacifica e d’inviare petizioni al go-
verno per la riparazione dei torti subiti».
12
Cfr.: Gitlow v. New York (268 US 652) del 1925 e Whitney v California (274
US 357) del 1927.
13
Cfr. Dennis v. United States (341 US 494) del 1951.
14
Cfr. Barbieri, Contento, Giocoli Nacci, Le associazioni segrete. Libertà as-
sociativa e diritto dell’associato tra legge Rocco (1925) e legge sulla P2 (1982), Napoli,
1984.
15
Cfr. Barile, voce Associazione (diritto di), in Enc. dir., vol. III, Milano, 1958,
837 ss.; Pace, Art. 18, in Commentario della Costituzione, a cura di Branca e Pizzo-
russo, Bologna, 1977, 200 ss.; Ridola, voce Associazione I), Libertà di associazione,
in Enc. giur., III, Roma, 1988; Vigevani, voce Associazione (libertà di), in Dizionario
di diritto pubblico, a cura di Cassese, Milano, 2006, 472ss
16
Art. 17. I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riu-
nioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in
luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto
per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.
17
In questa sede, quindi, si aderisce, al proposito, all’interpretazione prevalente, se-
condo la quale le associazioni sarebbero una specie, del più ampio genere costituito
dalle formazioni sociali. Si deve anche riferire, tuttavia, che secondo autorevole, ma
minoritaria, dottrina, tra i due fenomeni vi sarebbe alterità. Cfr. Mortati, Note in-
tra parte, poi, il diritto di cui trattasi riceve un suo espresso rico-
noscimento, tanto al già citato art. 18, quanto agli artt. 20, 39 e 49
Cost., che tuttavia, in questa sede, rivestono minor rilievo.
L’art. 20 Cost., però, non possiede riflessi penalistici diretti, per-
ché riguarda, in particolare, le associazioni di carattere ecclesiastico
o, comunque, quelle che perseguono fini religiosi o di culto, e si
pone in continuità con gli altri articoli della nostra Costituzione sulla
libertà religiosa (qui intesa come religious freedom, all’americana, più
che come laicité alla francese), stabilendo giustamente che tali asso-
ciazioni ecclesiastiche e religiose, per il loro carattere e/o per i pro-
pri fini, non possono essere discriminate in alcun modo, come spe-
cificava pure la citata previsione, di cui all’art. 123 della Costituzione
di Weimar.
Allo stesso modo, manca di diretto rilievo penalistico anche l’art.
39 Cost., che si riferisce solo alle associazioni sindacali, anche se tale
articolo, e non solo il successivo, più specifico, art. 40 Cost. sul di-
ritto di sciopero, fu giustamente ritenuto violato dall’art. 502 c.p.
(serrata e sciopero per fini contrattuali), nella nota sentenza della
Corte Costituzionale, 4 maggio 1960, n. 2918, che ritenne costitu-
zionalmente illegittimo sanzionare penalmente non solo lo sciopero
ma, pur senza una disposizione espressa al riguardo, la «simmetrica»
serrata.
L’art. 49 Cost., infine – che dev’essere integrato dalla nota XII
dip.trans.fin.19, sul divieto di riorganizzazione del partito fascista: per
troduttive ad uno studio sulle garanzie dei singoli nelle formazioni sociali, in Scritti in
onore di S. Pugliatti, III, Milano, 1978, 1565 ss.
18
Reperibile in www.giuricost.org.
19
Di recente, vi è stato un caso di esclusione (per altro, ex post, cioè dopo l’ini-
ziale ammissione) di un partito da una competizione elettorale comunale, ma senza
scioglimento dell’associazione. Mentre, o l’associazione politica è fascista, e quindi
dev’essere disciolta – e devono essere applicate le sanzioni penali di cui alla c.d. legge
Scelba –, oppure non lo è, e allora non dev’essere disciolta, e non le si può neppure
impedire di partecipare ad una competizione elettorale. Sempre in senso critico – an-
che in relazione alla mancanza di un preciso quadro normativo di riferimento –, si
veda Nacci, Contrassegni politico-elettorali, simboli fascisti e XII disposizione transi-
toria e finale della Costituzione, Note a margine di un recente caso di esclusione ex
post dalle elezioni della lista «Fasci Italiani del Lavoro», 10 ottobre 2018, in federali-
smi.it.
20
Cfr. Brunelli, Struttura e limiti del diritto di associazione politica, Milano, 1991.
21
In argomento, anche per i rapporti tra gli artt. 18 e 49 Cost., si rinvia a Petta,
Le associazioni anticostituzionali nell’ordinamento italiano, in Giur. cost., 1973, 667 ss.
Secondo Cass. pen., 16 dicembre 1987, in Riv. pen., 1989, 84: «Tra il delitto di asso-
ciazione sovversiva e quello di ricostituzione del disciolto partito fascista ricorre un’i-
potesi di concorso di reati, non di concorso apparente di norme, in quanto i due reati,
pur presentando qualche affinità, sono tuttavia essenzialmente diversi sia nella condotta
sia nell’obiettività giuridica; ed invero, la riorganizzazione del disciolto partito fascista
si ha anche al di fuori della costituzione di un’associazione, dato che la legge fa espres-
samente riferimento anche a un movimento o a un gruppo di persone, e inoltre, l’as-
sociazione sovversiva è finalizzata alla lesione diretta e immediata della personalità
dello stato nei suoi ordinamenti economici e sociali, mentre nella riorganizzazione del
disciolto partito fascista la personalità dello stato è lesa in modo mediato e indiretto,
attraverso l’adozione dei principi ideologici fondamentali di quel partito e il metodo di
lotta da esso adottata, che ha condotto all’annullamento di ogni libertà politica, cioè
del fondamento stesso della democrazia».
22
Reperibile in www.giuricost.org.
23
Cfr. Politi, Libertà costituzionali e diritti fondamentali, Casi e Materiali, Un
itinerario giurisprudenziale, Torino, 2016, 68.
24
Nella medesima direzione, si vedano le osservazioni di Vigevani, op. cit., 475.
25
In questo stesso senso, si veda già Plantamura, Reati associativi e rispetto dei
principi fondamentali in materia penale, in Ind. pen., 2007, 389 ss.
cipa ad associazioni che, ciò nondimeno, non solo non rientrano nei
casi speciali di cui al secondo comma dell’art. 18 Cost., ma che, even-
tualmente, possono pure perseguire solo fini non vietati ai singoli
dalla legge penale.
Sotto quest’ultimo punto di vista, bisogna aver particolare riguardo:
da un lato, al reato associativo di cui all’art. 3, co.3, della l. n.654/75
– successivamente modificata, prima, dalla c.d. legge Mancino, e,
dopo, dalla più recente legge di modifica dei «reati d’opinione», n.
85/200626 – in tema di discriminazione razziale, etnica e religiosa
(non priva di interferenze con la già citata c.d. legge Scelba27); non-
ché, dall’altro – e soprattutto, vista la sua maggiore incidenza sul si-
stema penale –, al reato di associazione per delinquere di tipo ma-
fioso, inserito, nel nostro codice penale, dall’art. 1 della l. n. 356/82,
recependo l’evoluzione giurisprudenziale in tema di misure di pre-
venzione.
Secondo la lettera del primo reato associativo in questione, infatti,
parrebbero risultare costitutive di reato anche le associazioni finaliz-
zate a condotte che, tuttavia, sarebbero penalmente irrilevanti – pure
ai sensi dei primi due commi del medesimo art. 3 l. n.654/75 –, se
poste in essere a livello individuale. Ex art. 416 bis c.p., invece, può
considerarsi di tipo mafioso, e quindi costitutiva di reato, anche un’as-
sociazione finalizzata allo scopo, magari illecito, ma non necessaria-
mente di penale rilevanza, di realizzare profitti o vantaggi ingiusti,
26
Cfr.: Notaro, Modifiche al codice penale in materia di reati di opinione (l. 24
febbraio 2006 n. 85), in Legis. pen., 2006, 401 ss.; Pascarelli, La riforma dei reati
d’opinione: un commento alla nuova disciplina, in Ind. pen., 2006, 697 ss.
27
«In tema di rapporti fra l’art. 1 l. 20 giugno 1952 n. 645, il quale, nel delineare
le varie possibili forme di riorganizzazione vietata dal partito fascista, si riferisce an-
che alla «propaganda razzista», e l’art. 3, 3° comma, l. 13 ottobre 1975 n. 654 (come
sostituito dall’art. 1, 1° comma, d.l. 26 aprile 1993 n. 122, conv. con modif. in l. 25
giugno 1993 n. 205), il quale vieta ogni organizzazione, associazione, movimento o
gruppo che abbia fra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza
per motivi razziali, deve ritenersi che, quando la ricostituzione del partito fascista non
appaia riconoscibile attraverso la propaganda razzista, quest’ultima possa acquistare ri-
levanza solo come forma di incitamento, punibile ai sensi del citato art. 3 l. n. 654/75
le cui previsioni trovano applicazione, come espressamente affermato nella stessa norma,
«salvo che il fatto costituisca più grave reato»», così Cass. pen., sez. I, 7 maggio 1999,
in Riv. pen., 1999, 735.
28
Così, testualmente, de Vero, I reati associativi nell’odierno sistema penale, in
Riv. it. dir. proc. pen., 1998, 385 ss., e, spec., 400.
29
Pare minimizzare, però, la portata della modifica in questione, Visconti, Il le-
gislatore azzeccagarbugli: le modifiche in materia di reati di opinione introdotte dalla
l. 24 febbraio 2006, n.85, in Foro it., V, 2006, 217 ss. e, spec., 223.
30
Così Cass. pen., sez. V, 24 gennaio 2001, Gariglio, in Riv. pen., 2001, 1018.
31
Così Cass. pen., sez. I, 16 febbraio 2016, n. 34713, in Riv. pen., 2016, 895.
Così Cass. pen., sez. III, 24 aprile 2013, n. 33179, in Foro it., 2014, II, 90.
32
conda che sia svolta da un singolo, oppure da una associazione, magari di notevoli di-
mensioni, è sottolineata, anche in prospettiva di riforma dell’art. 18 Cost., da Spa-
gnolo, L’associazione di tipo mafioso, 4a ed., Padova, 1993, 12.
34
Per una più ampia esposizione di tali argomenti, si rinvia al citato volume mo-
nografico dello Spagnolo. Successivamente, però, è stato sostenuto che, nel caso in cui
l’attività criminosa svolta non sia tale da aver prodotto la necessaria condizione di as-
soggettamento, non si sia di fronte ad una associazione per delinquere «semplice» –
come affermato, appunto, dallo Spagnolo –, ma ad un tentativo (ritenuto possibile no-
nostante trattasi di reato di pericolo) di associazione di tipo mafioso, come sarebbe
dimostrato dalla presenza, al secondo comma dell’articolo di cui trattasi, della con-
dotta qualificata di promozione, la cui integrazione, quindi, si verificherebbe anche
qualora il reato associativo stesso si arrestasse alle soglie del tentativo. In tal senso, si
veda Militello, voce Associazione di tipo mafioso, in Dizionario di diritto pubblico,
cit., 482 ss., e, spec., 486.
35
Così Cass. pen., sez. II, 4 aprile 2017, n. 24851, in Ced Cass., rv. 270442.
36
Cfr. Manna, I «confini mobili» dell’associazione per delinquere di stampo ma-
fioso ovvero della cd. concezione antropomorfica della norma penale, in Parola alla Di-
fesa, 2018, n. 1, 17 ss.; nonché, amplius, Pomanti, Le metamorfosi delle associazioni
di tipo mafioso e la legalità penale, Pisa, 2018.
37
Cfr.: Trib. Roma, X coll. Pen., 20 luglio 2017, n. 11730, in Guida al dir. n. 1-2
2018, con nota di Cisterna; App. Roma, sez. III, 10 dicembre 2018, n. 10010, in
www.penalecontemporaneo.it.
38
Cfr. www.constitucion.es.
39
Cfr. Il Codice penale spagnolo, intr. Quintero Olivares, trad. Naronte, Pa-
dova, 1997.
40
Condivise da Vinciguerra, I reati associativi nell’esperienza giuridica europeo
continentale, in Aa.Vv., I reati associativi (atti del convegno di Courmayeur), Milano,
1998, 101 ss., e, spec., 111.
41
Cfr. www.legifrance.fr.
42
Su cui si rinvia a Nacci, op. cit., 48 ss.
43
«Tra la figura di reato di cui all’art. 270 c.p. (associazione sovversiva) e quella
di cui all’art. 270 bis stesso codice (associazione con finalità di terrorismo anche inter-
nazionale o di eversione dell’ordine democratico) è ravvisabile un rapporto di progres-
sione criminosa, in conseguenza del quale la ritenuta sussistenza della seconda e più
grave di dette figure assorbe ed impedisce la contestuale configurabilità della prima»,
così Cass. pen., sez. II, 20 aprile 2004, Marotta, in Riv. pen., 2005, 165. Nello stesso
senso si veda Cass. pen., sez. V, 4 luglio 2013, n. 46340, in Riv. pen., 2014, 36, se-
condo la quale: «Il reato di associazione sovversiva (art. 270 c.p.) e quello di associa-
zione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico (art. 270 bis c.p.)
si differenziano tra loro essenzialmente per il fatto che il primo postula l’impiego di
una violenza generica mentre il secondo quello di una violenza di tipo terroristico; il
che giustifica la maggiore severità della pena che per quest’ultimo è stata prevista».
44
Al proposito, si veda la derubricazione – dal reato di cui all’art. 270bis, a quello
previsto dall’art. 416 c.p. – compiuta dalla Cassazione in relazione a soggetti operanti,
anche con il compimento di «micro-attentati» alle cose (diretti, evidentemente, a sol-
lecitare l’opinione pubblica), per protestare contro la TAV in Val di Susa. Cfr. Cass.
pen., sez. I, 21 novembre 2001, in Cass. pen., 2004, 1249, con nota seguente di Da-
gnino, Associazioni con finalità eversive e libertà costituzionali di associazioni e ma-
nifestazione del pensiero: un coniugio non sempre agevole.
45
Così Cass. pen., sez. V, 14 luglio 2016, n. 48001, in Ced Cass., rv. 268164.
46
Cfr. Cass. pen., sez. II, 1 aprile 2016, n. 28753, in Ced Cass., rv. 267512.
47
Così Cass. pen., sez. I, 11 dicembre 2015, n. 22126, in Cass. pen., 2016, 4076,
con nota di Padrone.
48
Un ottimo quadro sintetico – ma non aggiornato al 2016, e quindi con esclu-
sione dell’art. 270quinquies.1 c.p., sul finanziamento di condotte con finalità di terro-
rismo – di tali fattispecie sussidiarie è fornito da Leotta, La repressione penale del
terrorismo a un anno dalla riforma del d.l. 18 febbraio 2015, n. 7, conv. con modif.
dalla l. 17 aprile 2015, n. 43, in Arch. pen., 2016, n. 1, 10s.: «l’assistenza agli associati
(art. 270-ter c.p.): la fattispecie, inserita dal d.l. 18 ottobre 2001, n. 374, conv. è sussi-
diaria sia rispetto all’art. 270-bis c.p. sia rispetto ai delitti di favoreggiamento (artt. 378
e 379 c.p.) e punisce con la reclusione fino a 4 anni, escluso il caso in cui l’assistito sia
un prossimo congiunto, chi «dà rifugio o fornisce vitto, ospitalità, mezzi di trasporto,
strumenti di comunicazione a taluna delle persone che partecipano alle associazioni in-
dicate negli articoli 270 e 270-bis»; – l’arruolamento attivo (art. 270-quater, co. 1, c.p.):
la fattispecie, introdotta dal d.l. 27 luglio 2005, n. 144, conv., è sussidiaria all’art. 270-
bis c.p. e punisce con la reclusione da 7 a 15 anni, chi «arruola una o più persone per
il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali,
con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un’istituzione o un
organismo internazionale»; – l’arruolamento passivo (art. 270-quater, co. 2, c.p.): la fat-
tispecie, introdotta, come si è detto, dal d.l. 18 febbraio 2015, n. 7, conv., è sussidiaria
sia rispetto al delitto di associazione terroristica (art. 270-bis c.p.) sia rispetto al delitto
di addestramento passivo (art. 270-quinquies, co. 1, 2° per., c.p.) e punisce con la re-
clusione da 5 a 8 anni chi si arruola per il compimento di atti con finalità di terrori-
smo; – l’organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo (art. 270-quater.1 c.p.):
la fattispecie, sempre introdotta dal d.l. 18 febbraio 2015, n. 7, conv. è sussidiaria sia
rispetto al delitto di associazione terroristica (art. 270-bis c.p.) sia rispetto al delitto di
arruolamento (art. 270-quater c.p.) e punisce con la reclusione da 5 a 8 anni, «chiun-
que organizza, finanzia o propaganda viaggi in territorio estero finalizzati al compi-
mento delle condotte con finalità di terrorismo»; – l’addestramento attivo ad attività
con finalità di terrorismo (art. 270-quinquies, co. 1, 1 per., c.p.): la fattispecie, introdotta
dal d.l. 27 luglio 2005, n. 144, conv., è sussidiaria rispetto all’associazione terroristica
(art. 270-bis c.p.) e punisce con la reclusione da 5 a 10 anni, chi «addestra o comun-
que fornisce istruzioni sulla preparazione o sull’uso di materiali esplosivi, di armi da
fuoco o di altre la repressione penale del terrorismo a un anno dalla riforma del d.l.
18 febbraio 2015 21 armi, di sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose,
nonché di ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di
sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti con-
tro uno Stato estero, un’istituzione o un organismo internazionale»; – l’addestramento
passivo ad attività con finalità di terrorismo (art. 270-quinquies, co. 1, 2° per., c.p.): la
fattispecie, introdotta dal d.l. 27 luglio 2005, n. 144, conv., è sussidiaria all’associazione
terroristica (art. 270-bis c.p.) e punisce con la reclusione da 5 a 10 anni, chi è da terzi
addestrato al compimento di atti di terrorismo; – il compimento di atti finalizzati al
terrorismo da parte di chi si è auto-addestrato (art. 270-quinquies, co. 1, 2° per., c.p.):
la fattispecie, introdotta dal d.l. 18 febbraio 2015, n. 7, conv., funge da norma di chiu-
sura del sistema di tutela, è sussidiaria alla partecipazione all’associazione terroristica
(art. 270-bis c.p.) e punisce con la reclusione da 5 a 10 anni la «persona che avendo
acquisito, anche autonomamente, le istruzioni per il compimento degli atti di cui al
primo periodo, pone in essere comportamenti univocamente finalizzati alla commissione
delle condotte di cui all’articolo 270-sexies».
49
Così Manna, La strategia del terrore e i delitti di attentato, cit., 63.
50
Cfr. Manes, Il principio di offensività nel diritto penale. Canone di politica cri-
minale, criterio ermeneutico, parametro di ragionevolezza, Torino, 2005.
51
Cfr. Corte Costituzionale, 19 febbraio 1976, n. 26, in www.giuricost.org.
52
Crf. Pace, art. 18, cit., 217 ss.
53
Cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 16 luglio 2010, n. 4597, in Foro amm.-Cons.
Stato, 2010, 1433 ss., per il quale, «In base al principio costituzionale della libertà di
associazione, che riguarda anche i magistrati, è illegittima la delibera del Csm che di-
chiara inidoneo un soggetto alla nomina di giudice della cassazione per affiliazione alla
massoneria ufficiale, qualora l’interessato abbia aderito a tale associazione quando l’ap-
partenenza non era ancora considerata un disvalore e se ne è dissociato prima che in-
tervenisse un preciso divieto da parte della legge».
54
Cfr. Trib. Roma, 2 novembre 2010, Carboni, in Foro it., 2011, II, 123.
55
Reperibile sul sito istituzionale www.camera.it.
tici che per i meri partecipi delle associazioni segrete: sanzioni che,
ovviamente, non si sono potute applicare ai «piduisti», ex art. 2 c.p.;
e che però, anche in seguito, sono rimaste sostanzialmente inappli-
cate.
A ben osservare, tuttavia, la Costituzione pone un divieto per le
associazioni segrete, ma non un obbligo di incriminazione delle stesse,
per cui ben potrebbe intendersi la summenzionata definizione legale
come relativa solo alle associazioni segrete da criminalizzare, mentre
rimarrebbe ancora necessaria una legge più generale che regoli, in
applicazione del divieto di cui al secondo comma dell’art. 18 Cost.,
lo scioglimento delle associazioni segrete – magari, secondo la stessa
definizione di segretezza di cui al citato art. 1 –, a prescindere dai
fini perseguiti, e senza il bisogno di applicare sanzioni penali ai ver-
tici e ai partecipi56.
56
Per completezza, si segnala che l’art. 5 – rubricato partecipazione ad associazioni
e organizzazioni – del d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, prevede che: «1. Nel rispetto della
disciplina vigente del diritto di associazione, il dipendente comunica tempestivamente
al responsabile dell’ufficio di appartenenza la propria adesione o appartenenza ad as-
sociazioni od organizzazioni, a prescindere dal loro carattere riservato o meno, i cui
ambiti di interessi possano interferire con lo svolgimento dell’attività dell’ufficio. Il pre-
sente comma non si applica all’adesione a partiti politici o a sindacati
2. Il pubblico dipendente non costringe altri dipendenti ad aderire ad associazioni
od organizzazioni, né esercita pressioni a tale fine, promettendo vantaggi o prospet-
tando svantaggi di carriera». Trattasi, tuttavia, di un regolamento di attuazione del-
l’art. 54 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, che disciplina il pubblico impiego contrat-
tualizzato, da cui esulano, ancora, alcune sparute eccezioni di dipendenti pubblici in
senso stretto: come, ad es., quella dei magistrati o dei ricercatori e professori univer-
sitari.
57
Nel testo del 1996, la Carta recita: «Articolo 5 Diritti sindacali – Per garantire
o promuovere la libertà dei lavoratori e dei datori di lavoro di costituire organizza-
zioni locali, nazionali o internazionali per la protezione dei loro interessi economici e
sociali ed aderire a queste organizzazioni, le Parti s’impegnano affinché la legislazione
nazionale non pregiudichi questa libertà né sia applicata in modo da pregiudicarla. La
misura in cui le garanzie previste nel presente articolo si applicheranno alla polizia sarà
determinata dalla legislazione o dalla regolamentazione nazionale. Il principio dell’ap-
plicazione di queste garanzie ai membri delle forze armate e la misura in cui sono ap-
plicate a questa categoria di persone è parimenti determinata dalla legislazione o dalla
regolamentazione nazionale».
58
Cfr. Guazzarotti, Articolo 11, in Bartole, De Sena, Zagrebelsky, Commen-
tario breve alla CEDU, Padova 2012, p. 447
59
Entrambe reperibili – come pure le altre che si citeranno – sul sito istituzionale
hudoc.echr.coe.int.
60
Cfr. Cartabia, Le sentenze «gemelle»: diritti fondamentali, fonti, giudici, in Giur.
costit., 2007, 3564. La Corte Costituzionale, tuttavia – nella sentenza citata alla nota
successiva –, ricordando tale principio, specifica che esso non vale in relazione alla
Carta sociale europea, che infatti è priva di previsioni analoghe a quelle di cui agli artt.
32 e 40 CEDU, e dunque alle decisioni – se pur autorevoli, non vincolanti – assunte
dall’apposito Comitato europeo dei diritti sociali: ai fini nazionali, quindi, la Consulta
rimane libera di interpretare le norme della Carta sociale europea. Anche il principio
enunciato nelle c.d. sentenze gemelle, del resto, non è stato successivamente privo di
evoluzioni e/o modificazioni. Cfr.: Viganò, L’impatto della Cedu e dei suoi protocolli
sul sistema penale italiano, in Ubertis, Viganò (a cura di), Corte di Strasburgo e giu-
stizia penale, Torino, 2016, 13 ss.; Sotis, Le regole dell’incoerenza. Pluralismo norma-
tivo e crisi postmoderna del diritto penale, Roma, 2012, 81; Manes, Il giudice nel la-
birinto. Profili delle intersezioni fra diritto penale e fonti sovranazionali, Roma, 2012.
Com’è noto, poi, i rapporti tra Convenzione EDU e diritto nazionale sono stati in
parte ridisegnati soprattutto dalla nota sentenza, in tema di confisca urbanistica, Corte
Costituzionale, 23 marzo 2015, n. 49, anche in Cass. pen., 2015, 2195, con nota di
Manes e in Arch. pen., 2015, 783, con nota di Civello. Più in generale, sui rapporti
tra legalità costituzionale e convenzionale, si rinvia a Plantamura, Legalità costitu-
zionale e convenzionale: tra misure di prevenzione e concorso esterno, in Arch. pen.,
2018, n. 3.
61
Così Corte Costituzionale, 27 luglio 2018, n. 180, in www.federalismi.it.
62
Cfr. Mariotti, Art. 11 – Libertà di riunione e di associazione, in Corte di Stra-
sburgo e giustizia penale, cit., 307 ss., e, spec., 313.
63
Cfr. Carrera, Libertad de asociacion y terrorismo, in Aa.Vv., Aplicacion de la
normativa antiterrorista, Donostian (San Sebastian), 2009, 324 ss., e, spec., 331.
64
Il testo delle sentenze del Tribunal è reperibile sul sito istituzionale hj.tribunal-
constitucional.es. Per un commento della sentenza citata, nella dottrina italiana, si veda
Iacometti, La giurisprudenza del Tribunale Costituzionale spagnolo nel biennio 2015-
2016, in Giur.Cost., 2017, 2259 ss.
65
Articolo 6 – I partiti politici esprimono il pluralismo politico, concorrono alla for-
mazione e manifestazione della volontà popolare e sono strumento fondamentale per
la partecipazione politica. La loro creazione e l’esercizio della loro attività sono libere
nel rispetto della Costituzione e della legge. La loro struttura interna e il loro operare
dovranno essere democratici.
66
Articolo 20 – Si riconoscono e tutelano i diritti: a) a esprimere e diffondere li-
beramente il pensiero, le idee e le opinioni per mezzo della parola, degli scritti o con
qualunque altro mezzo di riproduzione; b) alla produzione e creazione letteraria, ar-
tistica, scientifica e tecnica; c) alla libertà di insegnamento; d) a comunicare o ricevere
liberamente informazioni veritiere attraverso qualsiasi mezzo di diffusione. La legge
regolerà il diritto alla clausola di coscienza e il segreto professionale nell’esercizio di tale
libertà. 2. L’esercizio di questi diritti non può essere ristretto da nessun tipo di censura
preventiva. 3. La legge regolerà l’organizzazione e la verifica parlamentaria dei mezzi
di comunicazione sociali controllati dallo Stato o da qualsiasi ente pubblico e garantirà
l’accesso a detti mezzi da parte dei gruppi sociali e politici significativi, rispettando il
pluralismo della società e delle diverse lingue della Spagna. 4. Queste libertà hanno i
loro limiti nel rispetto dei diritti riconosciuti in questo titolo, nei precetti delle leggi che
lo attuano, e specialmente nel diritto all’onore, all’intimità, alla propria immagine e alla
protezione della gioventù e dell’infanzia. 5. Il sequestro di pubblicazioni, registrazioni
e altri mezzi d’informazione potrà essere concesso soltanto in base a provvedimento
giudiziale.
67
Cfr. Grosso, La Francia, in Aa.Vv., a cura di Carrozza, Di Giovine, Fer-
rari, Diritto costituzionale comparato, Tomo I, 2a ed., Bari, 2014, 108 ss., e, spec.,
137 ss.
68
I provvedimenti del Conseil sono reperibili sul sito istituzionale www.conseil-
constitutionnel.fr.
69
Cfr. Champeil – Desplats, Le Conseil constitutionnel, protecteur de droits et
des libertés?, in CRDF, n. 9, 2011, 11 ss.
70
Tradotta in italiano sul sito istituzionale wwww.consiglio.regione.veneto.it.
71
Il testo del provvedimento è reperibile sul sito istituzionale www.bundesverfas-
sungsgericht.de. Le tre associazioni (autonomamente) ricorrenti erano state vietate sulla
5. Prime considerazioni
72
Cfr. Plantamura, Reati associativi, cit., 400 ss.
73
Così Corte Appello Milano, 14 febbraio 1997, in Corriere giur., 1997, 1207. Si
tratta, per altro, della seconda sentenza di appello emessa, in tale processo, a seguito
dell’annullamento con rinvio, nel 1995, da parte della Cassazione, della prima sentenza
d’appello del 1993 (che, riformando la sentenza d’assoluzione di primo grado, aveva
ritenuto sussistente il contestato reato d’associazione per delinquere).
74
Cfr. Corte Appello Milano, 5 ottobre 2000, 2001, II, 644, con nota di Formica,
L’art. 416 c.p. e le confessioni religiose: un commento all’epilogo del «caso Scientology».
La vicenda processuale in questione si concluse, infatti, con tale terza sentenza d’ap-
pello (d’assoluzione perché il fatto non sussiste, per n. 33 imputati), dopo che la Cas-
sazione, nel 1997, aveva annullato la seconda, succitata, sentenza d’appello, non avendo
il giudice di merito compiutamente adempiuto all’indagine sulla religiosità (o meno)
dell’associazione, prescritta dalla prima sentenza di annullamento con rinvio del 1995.
75
Cfr. Insolera, Le irresistibili fortune della «vecchia» associazione per delinquere,
271 ss.,e, spec., 280 ss., in Aa.Vv., Per un manifesto del neoilluminismo penale, a cura
di Cocco, Padova, 2016
76
«Se ne può fondatamente dedurre che il sistema (complessivamente considerato)
distingue e tratta diversamente le ipotesi di «criminalità societaria» a seconda che la
struttura organizzativa imprenditoriale si connoti per una sua vocazione esclusiva (o
semi-esclusiva) alla commissione di illeciti penali oppure venga per così dire a tali fini
«sfruttata», ancorché ripetutamente e con una frequenza non certo sporadica. E ciò vale
anche ai fini di individuare le caratteristiche connotative di una associazione per de-
linquere, allorché la trama organizzativa coincida con la struttura imprenditoriale al-
lestita per finalità «istituzionali lecite». Quindi, solo allorché si possa fondatamente ri-
tenere che l’impresa societaria «lecita» abbia per così dire subito una degenerazione dei
suoi connotati che non la identificano più nella realtà socio-economica come «società
commerciale», ma come organismo dedito alla commissione di delitti caratteristici della
criminalità del profitto, potrà configurarsi nei confronti di «tre o più» soggetti cui si
deve la trasformazione genetica della compagine sociale, il delitto di associazione per
delinquere», così Flora, Impresa lecita e associazione per delinquere, in Parola alla
difesa, 2016, n.1, 9 ss.
1
Cfr. Conso, Dal reato associativo ai reati associativi, in Aa.Vv., I reati associa-
tivi, cit., 11 ss.
2
Anche per un’ampia ricostruzione storica, si rinvia ad Insolera, L’associazione
per delinquere, Padova, 1983.
3
Cfr. De Francesco, I reati politici associativi nel codice Rocco: nessi sistematici
ed implicazioni interpretative, in Riv. it. dir. proc. pen., 1984, 679 ss.; nonché, amplius,
Id., I reati di associazione politica: storia, costituzione e sistema nell’analisi strutturale
delle fattispecie, Milano, 1985.
4
Proprio in riferimento all’associazione di tipo mafioso, si svilupperà il dibattito
giurisprudenziale e dottrinario sulla possibilità di contestare l’art. 110 c.p. in relazione
ai reati associativi. La letteratura in materia è sterminata, per cui, ricorrendo ad una
sineddoche, si rinvia a Visconti, Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Torino,
2003.
5
Cfr. Cass. pen., sez. II, 4 maggio-1995, Allegretto, in Ced Cass., n. 202811.
6
Cfr.: Aa.Vv., I reati associativi: paradigmi concettuali e materiale probatorio – Un
contributo all’analisi e alla critica del dritto vivente (atti del convegno tenuto a Bre-
scia il 19 e 20 marzo 2004), Padova, 2005; Aleo, Delitti associativi e criminalità or-
ganizzata – I contributi della teoria dell’organizzazione, in Ra ss.penit.crimin., 2012,
f.3, 7 ss.; De Francesco, Societas sceleris. Tecniche repressive delle associazioni crimi-
nali, in Riv. it. dir. proc. pen., 1992, 54 ss.; de Vero, I reati associativi nell’odierno si-
stema penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1998, 385 ss.; Id., Tutela dell’ordine pubblico
e reati associativi, in Riv. it. dir. proc. pen., 1993, 93 ss.; Dolcini, Appunti su «crimi-
nalità organizzata» e reati associativi, in Arch. pen., 1982, 263 ss.; Panebianco, Reati
di associazione e declinazioni preternazionali della criminalità organizzata, Milano,
2018; Spagnolo, Reati associativi [voce aggiornata-2006], in Enc. giur., Roma, vol.
XXVI; Id., Criminalità organizzata e reati associativi: problemi e prospettive, in Riv.
it. dir. proc. pen., 1998, 1161 ss.
7
Cfr. Paterniti, Modelli conoscitivi dei reati associativi, in Aa.Vv., I reati asso-
ciativi, cit., 55 ss. che propone di ridurre «ad unità la pluralità, facendo luogo ad una
sola e generale previsione di reato associativo».
8
Cfr.: de Vero, Tutela penale dell’ordine pubblico. Itinerari ed esiti di una veri-
fica dogmatica e politico-criminale, Milano, 1988, 5 ss.; Id., Ordine pubblico (delitti
contro), in Dig. disc. pen., IX, Torino, 1995, 72 ss.; Insolera, Sicurezza e ordine pub-
blico, in Ind. pen., 2010, 27 ss.; Id., L’associazione per delinquere tra concezione «isti-
tuzionale» e tutela di beni giuridici, in Crit. dir., 2016, 242 ss. Montanara, Ordine
pubblico (delitti contro), in Diz. dir. pubbl., cit., 4002ss
9
Cfr. Fiorella, Reato in generale, in Enc. dir., vol. XXXVIII, 770 ss.
10
La ricostruzione qui offerta è in parte negletta, però, dalla giurisprudenza, che
infatti tende a svilire il ruolo del bene giuridico dell’ordine pubblico, all’interno del
reato associativo di cui all’art. 74 in questione, ma questo, evidentemente, sempre per-
seguendo l’obiettivo finale dell’affermazione del concorso di reati. «I reati associativi
di cui agli art. 416 bis c.p. – associazione per delinquere di stampo mafioso – e 74 d.p.r.
9 ottobre 1990 n. 309 – associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze
stupefacenti – avendo scopi diversi e tutelando differenti beni giuridici – il primo l’or-
dine pubblico sotto il particolare profilo della pericolosità sociale dell’esistenza di orga-
nizzazioni svolgenti attività, lecite ed illecite, con modalità intimidatrici derivanti dalla
natura dell’associazione e cagionanti condizioni di assoggettamento ai propri scopi e di
omertà sugli stessi idonei al raggiungimento di profitti o vantaggi ingiusti, l’altro la di-
fesa della salute individuale e collettiva contro l’aggressione della droga e della sua dif-
fusione e, solo indirettamente – come del resto ogni fattispecie penale – la salvaguar-
dia dell’ordine pubblico in senso generico – possono concorrere tra loro», così Cass.
pen., sez. I, 28 marzo 1996, in Ced Cass., n. 204549. Recente manualistica, tuttavia,
partendo dalla parziale comunanza di oggettività giuridica dei due reati associativi di
cui trattasi, sostiene che il caso in questione – indubbiamente di specialità reciproca –
debba essere risolto in base alla sussidiarietà tacita, con l’applicazione della sola norma
più grave, che nello specifico è quella caratterizzata dall’oggettività giuridica complessa
(tutelando sia l’ordine che la salute pubblica). In questo senso, si veda Manna, Corso
di diritto penale, Parte generale, 4a ed., Milano, 2017, 453s.
11
Cfr. Cass. pen., Sez. Un., 5 luglio 2017, n. 16601, in Foro it., 2017, I, 2613.
12
In tal senso si veda già Fiore, voce Ordine pubblico, in Enc. dir., vol. XXX,
Milano, 1980, nonché, anche in precedenza, Id., I reati di opinione, Padova, 1972.
13
Cfr. Fornasari, Introduzione, in Aa.Vv., Reati contro l’ordine pubblico, a cura
di Fornasari, Riondato, Torino, 2017, XV ss., e, spec. XVII.
14
«L’elemento oggettivo del delitto di cui all’art. 419 c.p. (devastazione e saccheg-
gio) consiste, nell’ipotesi della commissione di fatti di devastazione, in qualsiasi azione,
con qualsivoglia modalità posta in essere, produttiva di rovina, distruzione o anche dan-
neggiamento, che sia comunque complessivo, indiscriminato, vasto e profondo, di una
notevole quantità di cose mobili o immobili, sì da determinare non solo un pregiudi-
zio del patrimonio di uno o più soggetti e con esso il danno sociale conseguente alla le-
sione della proprietà privata, ma anche offesa e pericolo concreti dell’ordine pubblico
inteso in senso specifico come buon assetto o regolare andamento del vivere civile, cui
corrispondono, nella collettività, l’opinione e in senso della tranquillità e della sicurezza
(fattispecie relativa all’assalto di un circolo giovanile organizzato da giovani di oppo-
ste tendenze politiche muniti di armi proprie e improprie, che si era risolto in aggres-
sione a cose e persone con danni di notevole entità)», così Cass. pen., sez. I, 1 aprile
2010, n. 22633, in Ced Cass., n. 247418.
15
«Vero è tuttavia che anche in questo caso può intervenire, a porre in crisi l’ul-
17
Cfr. Auricchio, voce Associazioni (diritto civile), in Enc. dir., vol.III, Milano,
1958, 875.
18
Cfr. Vassalli, voce Accordo, in Enc. dir., Milano, 1958, I, 302.
19
In questa sede, per altro, si accoglie l’interpretazione «classica», secondo la quale
la corruzione sarebbe un reato a concorso necessario. Tuttavia, anche parte della dot-
trina, sopravvalutando la circostanza della previsione in articoli distinti (artt. 318 e 319
c.p, da un lato, ed art. 321 c.p., dall’altro) della corruzione passiva ed attiva, arriva a
conclusioni diametralmente opposte a quelle qui accolte. Dalle quali conseguirebbe, ad
es., la possibilità della punizione del p.u., a titolo di concussione, e, nel contempo, del
privato, a titolo di corruzione. Anche per una critica attenta, a tale inaccettabile in-
terpretazione, si rinvia a Forte, La mercificazione della funzione pubblica al bivio fra
corruzione e concussione, in Aa.Vv., Materiali sulla riforma dei reati contro la pubblica
amministrazione, a cura di Manna, Padova, 2007, 313s.
20
In senso conforme, Montanara, op. cit., 870.
21
Cfr.: Manna, Usura (La nuova normativa sull’), in Dig. disc. pen., agg., Torino,
2000, 665, nello stesso senso Plantamura, voce Usura, in Diz.dir.pub., cit., 6139.
22
È chiaro che il problema, in parte, si pone diversamente per i reati associativi
«generali», e per quelli «specifici». Tuttavia, anche in quest’ultimo caso, in cui, indub-
biamente, l’anticipazione della tutela del bene protetto dai delitti-scopo gioca un ruolo
maggiore, non si deve negligere la prospettiva connessa al diverso bene rappresentato
dall’ordine pubblico. Prospettiva che ovviamente, e a fortiori, deve valere nel caso del-
l’art. 416 c.p. Altrimenti si aprono «delicate questioni di determinazione dell’oggetto
reale della tutela penale, nonché di rapporti con istituti generali del sistema penale quali
il tentativo punibile». Così Grosso, Le fattispecie associative: problemi dommatici e di
politica criminale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1996, 412 ss., e, spec., 413.
23
Cfr. Santi Romano, L’ordinamento giuridico, 2a ed, Firenze, 1945.
24
Cfr. Patalano, L’associazione per delinquere, Napoli, 1971, 150 ss.
25
Cfr. Insolera, L’associazione per delinquere, cit., 184 ss.
3. L’associazione «aperta»
26
Cfr. Insolera, Le irresistibili fortune della «vecchia» associazione per delinquere,
277 ss., in Aa.Vv., Per un manifesto del neoilluminismo penale, cit.
27
Cfr. Pomanti, op. cit., 35s. Sul passaggio dal danno al pericolo, anche in rela-
zione alla sentenza della Cassazione sul clan Fasciani di Ostia (Cass. pen., sez. VI, 26
ottobre 2017, n. 57896, in Foro it., 2018, II, 145 ss., si veda Manna, I «confini mo-
bili» dell’associazione per delinquere di stampo mafioso ovvero della cd. concezione an-
tropomorfica della norma penale, cit., 22. «Rimane peraltro da chiedersi, in considera-
zione dell’accennata difficoltà obiettiva di accertare processualmente la reale consistenza
ed estensione della carica intimidatrice posseduta dall’organizzazione criminale di volta
in volta sub iudice, se alla distinzione concettuale tra forza intimidatrice «potenziale»
e forza intimidatrice «effettiva e attuale» corrispondano poi davvero realtà empiriche
differenti, come tali verificabili al di là di ogni ragionevole dubbio», così Fiandaca,
Esiste a Roma la mafia? Una questione (ancora) giuridicamente controversa, in Foro
it., 2018, II, 176 ss.
28
Sulla progressiva autonomizzazione del concetto di proporzione da quello di ra-
gionevolezza, si veda Ruggero, La proporzionalità nel diritto penale. Natura e at-
tuazione, Napoli, 2018, 193 ss. La Consulta, per altro, ha pure di recente precisato –
in una sentenza non avente ad oggetto materia penale – di essere l’unico giudice del-
l’uso del potere discrezionale legislativo dello Stato, sul quale è invece precluso un sin-
dacato da parte della Corte EDU o della Corte di Giustizia. Cfr. Corte Cost., 20 lu-
glio 2016, n. 187.
29
Corte Cost., 10 novembre 2016, n. 236, in Riv. it. dir. proc. pen., 2016, 1949,
con nota seguente di Dolcini, Pene edittali, principio di proporzione, funzione riedu-
cativa della pena: la corte costituzionale ridetermina la pena per l’alterazione di stato.
30
Cfr. Corte Cost., 8 marzo 2019, n. 40.
31
Conformemente, De Giorgi, voce Associazione II) associazioni riconosciute, in
Enc. giur., Roma, 1988.
32
Cfr. Pace, ult. op. cit., 223. L’illustre Autore nega la sussistenza di tale diritto,
arrivando persino ad affermare che le associazioni potrebbero anche caratterizzarsi
come «chiuse», e non solo come «aperte». Ebbene, se quest’ultima considerazione è
vera per quanto riguarda «la disposizione costituzionale in commento» (e, cioè, nella
specie, l’art. 18 Cost.), e quindi per il conseguente punto di vista dell’Autore mede-
simo, la stessa, però, non risulta altrettanto esatta – come emergerà nel proseguo –
qualora ci si soffermi sulla normativa civilistica.
33
Cfr. Trib. Verona, 7 dicembre 1987, Chemelli vs. Liga Veneta, in Giur.it., 1989,
I, 2, 75 ss., con nota contestuale di Eroli, «Diritto» di iscrizione ed ordinamento in-
terno democratico nelle associazioni non riconosciute.
34
Cfr. Santoroni, Associazione, in Dig.civ., Torino,1995, vol XII, appendice, 578
ss., e, spec., 579.
35
Cfr. Gallo, Art. 1332 – Adesione di altre parti al contratto, 376ss, e, spec., 383.,
in Navarretta, Oristano (a cura di), Commentario del Codice Civile, Dei contratti
in generale, Torino, 2011.
36
Cfr. Cass. pen., 4 febbraio 1988, Barbella, in Riv. pen., 1989, 613.
37
In tal senso, lucidamente, Barile, op. cit., 838.
38
Cfr F. Ferrara sr, Le persone giuridiche, 2^ ed., Torino, 1956, 76.
39
Anzi, è interessante notare come il novero delle condotte qualificate sia stato in-
crementato, nel nostro ordinamento, con l’introduzione di quella di proselitismo, pro-
prio in riferimento all’associazione segreta. Sul punto, si rinvia a Contento, Le asso-
ciazioni segrete, cit., 130 ss.
40
Cfr. Cass. pen., sez.I, 14 ottobre 1994, in Cass. pen., 1996, 2177.
41
«Il dolo del delitto di associazione a delinquere è integrato dalla coscienza e vo-
lontà di partecipare attivamente alla realizzazione del programma delinquenziale in
modo stabile e permanente e può desumersi in modo fortemente indiziante dalla stessa
realizzazione dell’attività delittuosa in termini conformi al piano associativo», così Cass.
pen., sez. VI, 2 ottobre 2013, n. 50334, in Ced Cass., n. 257845.
42
«In materia di reati associativi, la commissione dei «reati-fine» dell’associazione,
di qualunque tipo essa sia, non è necessaria, né ai fini della configurabilità e nemmeno
ai fini della prova della sussistenza della condotta di partecipazione», così Cass. pen.,
sez. III, 6 novembre 2015, n. 9459, in Ced Cass., n. 266710.
43
Cfr. Trib. Palermo, 17 gennaio 2002, in Foro it., 2003, II, 100. In particolare, in
tal caso è stato ritenuto partecipe di una associazione di tipo mafioso un soggetto, la-
voratore dipendente, svolgente, prevalentemente, una attività di guardiania.
44
Per altro, nel sistema penale tedesco esiste, da tempo, una disposizione generale
sull’irrilevanza penale del fatto (§§ 153 a e b del c.p.p.), che prima, in Italia, era presa
in considerazione solo nel processo minorile e nel micro-sistema del GdP. Nella pre-
visione generale del codice di rito tedesco, tuttavia, la discrezionalità del Giudice viene
mitigata dalla necessaria presenza, per l’operatività della clausola in commento, del-
l’intervenuto risarcimento del danno, che, nei reati di pericolo, si concretizza nel pa-
gamento di una somma allo Stato, secondo il paradigma della «symbolische Wieder-
gutmachung». In argomento, si rinvia a Manna, Risarcimento del danno, offensività
ed irrilevanza penale del fatto: rapporti ed intersezioni, in Crit. dir., 2001, 380 ss.
45
Cfr.: Amarelli, Particolare tenuità del fatto (diritto penale), in Encicl. dir.-An-
nali, Milano, 2017, vol. X, 557 ss.; Giacona, La nuova causa di non punibilità per
particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.), tra esigenze deflattive e di bilanciamento
dei princìpi costituzionali, in Ind. pen., 2016, 38 ss.; Sylos Labini, Nuove prospettive
nelle alternative al processo penale – La messa alla prova e la particolare tenuità del
fatto, Roma, 2017.
46
Cfr. Cass. pen., sez. III, 11 ottobre 2016, n. 48318, in Ced Cass., n. 268566.
47
Così Cass. pen., sez. III, 28 giugno 2017, n. 893, in Riv. pen., 2018, 274.
48
Cfr. Cass. pen., sez. VI, 24 settembre 1999, n.12530, in Cass. pen., 2001, 1195.
49
Si sa bene che l’opinione è generalmente avversata in dottrina, ma si deve riba-
dire che la propaganda, se svolta con particolari modalità, non è affatto incompatibile,
addirittura, con la segretezza, come storicamente dimostrato, ad es., dalle vicende della
c.d. massoneria speculativa del 700-800, nonché, normativamente, dalla citata condotta
qualificata di proselitismo, propria appunto delle associazioni segrete. Non si deve ri-
tenere, quindi, che l’esigenza di proselitismo sia caratteristica solo delle associazioni
terroristiche, nelle quali, eventualmente, la stessa può risultare solo più spiccata, ri-
spetto a quella propria delle associazioni criminose comuni. In senso contrario, tutta-
via, si veda de Vero, Ordine pubblico, cit., 80.
50
Come già affermato, infatti, negligere, tanto la nozione ideale, quanto quella c.d.
costituzionale, del bene giuridico «ordine pubblico», e questo nel tentativo di dotare
di un minimo di afferrabilità il bene stesso. In senso parzialmente, difforme, però, si
veda Montanara, op. cit., 4004.
51
Anche nel caso di un’associazione criminale, del resto, qualora la propaganda
sia, invece, davvero pubblica, si dovrà ritenere integrato un altro autonomo reato, ov-
verosia quello di cui all’art. 414 c.p. Al proposito, per altro, vi è anche un precedente
giurisprudenziale, in cui la Cassazione ritenne integrato l’art. 414, ult. co, c.p., nelle
scritte apologetiche che alcuni membri delle BR avevano verniciato sulle mura interne
di una scuola, con evidente fine di proselitismo. Cfr. Cass. pen., 18 aprile 1983, in
Foro it., 1984, II, 391.
52
Sulla necessità di circoscrivere, e quindi concretizzare, lo stesso ordine pubblico
materiale, si veda de Vero, Ordine pubblico…, cit., 77.
53
In dottrina, ritiene che l’indeterminatezza dei destinatari dell’istigazione costitui-
sca un elemento necessario del delitto di cui all’art. 414 c.p. Montanara, op. cit., 4005.
In giurisprudenza, si veda Cass. pen., sez. IV, 17 aprile, 1998, in Ced Cass., n.211995.
54
D’altronde – con riferimento, però, all’istigazione a delinquere –, proprio il li-
vello di provocazione, che la condotta esprime nei confronti dei consociati, viene con-
siderato espressione della lesione dell’ordine pubblico, inteso come «pace pubblica», da
de Vero, Ordine pubblico, cit., 81.
55
Così Cass. pen., sez. II, 27 settembre 2016, n. 52316, in Ced Cass., n. 268962.
Sottolinea che la promozione non è legata alla sola fase genetica, ma suggerisce che
sia meno grave delle altre condotte qualificate, Panebianco, Reati di associazione e
declinazioni preternazionali della criminalità organizzata, cit., 254.
56
«A seguito della sentenza interpretativa della corte cost. n. 65/70, l’apologia di
reato punita dall’art. 414, ultimo comma c.p. deve considerarsi reato a pericolo con-
creto; pertanto la condotta di chi compia l’esaltazione di un fatto o del suo autore al
fine di spronare altri all’imitazione o anche solo per negare la ripugnanza del fatto o
del suo autore, deve tradursi in un comportamento che abbia probabilità di un effetto
suggestivo tenuto conto della qualità dell’agente e della massa generalizzata di persone
potenziali recettrici delle espressioni apologetiche (nella specie, la suprema corte ha ri-
tenuto che configurasse il reato de quo la condotta di un sindaco che relativamente ad
un omicidio compiuto ai danni di un tunisino, aveva affermato al telegiornale di una
emittente televisiva nazionale che «nella medesima situazione anche lui avrebbe fatto
lo stesso» e che «così il tunisino non poteva più nuocere a nessuno» e, in due quoti-
diani, che anche lui avrebbe fatto altrettanto, «anzi avrebbe ammazzato lo spacciatore
con le sue mani»)», così Cass. pen., sez. I, 5 giugno 2001, in Riv. pen., 2001, 820.
57
«In tema di associazione per delinquere, se deve ritenersi ipotizzabile il tentativo
punibile quando si tratti di condotta che il soggetto abbia posto in essere al fine di en-
trare a far parte di un sodalizio già costituito, lo stesso non può dirsi quando la situa-
zione sia quella di un organismo ancora «in fieri», dal momento che la natura di pe-
ricolo del reato in questione – da riguardarsi come già perfetto non appena si sia creato
il vincolo associativo e si sia concordato il piano organizzativo per l’attuazione del pro-
gramma delinquenziale – non consente (così come avviene, del resto, in tutti i reati di
pericolo), la configurabilità del tentativo», così Cass. pen., sez. VI, 9 ottobre 2014, n.
4294, in Riv. pen., 2015, 244
58
Cfr.: Aa.Vv., Criminalità organizzata fra repressione e prevenzione, Messina,
1994; Aa.Vv., Criminalità organizzata e risposte ordinamentali, tra efficienza e garan-
zia, a cura di Moccia, Napoli, 1999; Aleo, Sistema penale e criminalità organizzata
– Le figure delittuose associative, 3a ed., Milano, 2009; Id., Delitti associativi e crimi-
nalità organizzata – I contributi della teoria dell’organizzazione, Ra ss. penit. e crimi-
nologica, 2012, f. 3, 7 ss.; Insolera, Guarini, Diritto penale e criminalità organizzata,
Torino, 2019: Panebianco, Reati di associazione e declinazioni preternazionali della
criminalità organizzata, cit.; Peccioli, Romano B., Il diritto penale della criminalità
organizzata, in Dir. pen. proc., 2013, 1013 ss.
59
Cfr. Aa.Vv., Nuove strategie per la lotta al crimine organizzato transnazionale,
a cura di Patalano, Torino, 2003; Aleo, Sul problema della definizione della crimi-
nalità organizzata alla luce della Convenzione di Palermo, in Ra ss. penit. e crimino-
logica, f. 1-2,; Centonze, Criminalità organizzata e reati transnazionali, Milano, 2008;
60
Cfr. Di Martino, Criminalità organizzata, reato transnazionale e diritto penale
nazionale: l’attuazione in Italia della c.d. convenzione di Palermo (commento alla l.
16 marzo 2006, n. 146), in Dir. pen. proc., 20017, 11.
61
Conformemente, Insolera, Guarini, op. cit., 42.
62
A tal proposito, l’art. 3, co. 2, della Convenzione prevede che un reato si con-
sidera transnazionale se: «(a) è commesso in più di uno Stato; (b) è commesso in uno
Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o con-
trollo avviene in un altro Stato; (c) è commesso in uno Stato, ma in esso è implicato
un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato; o
(d) è commesso in uno Stato ma ha effetti sostanziali in un altro Stato». Nella Deci-
sione Quadro 2008/841/GAI, invece – a sua volta preceduta dall’azione comune eu-
ropea del 1998 –, si mutua la definizione contenuta nella Convenzione, ma non si li-
mita l’applicazione ai casi di reati transnazionali. A livello europeo, inoltre, merita men-
zione l’inserimento, all’art. 83, co. 2, TFUE, della criminalità organizzata nell’elenco
di quelle «sfere di criminalità» in cui «il Parlamento europeo e il Consiglio, delibe-
rando mediante direttive secondo la procedura legislativa ordinaria, possono stabilire
norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni». In argomento, si ve-
dano Militello, Criminalità organizzata trasnazionale ed intervento europeo fra con-
trasto e garanzie, in Riv.trim.dir.pen.econ., 2011, 811 e Peccioli, Unione europea e
criminalità transnazionale. Nuovi sviluppi, Torino, 2005.
63
Cfr. Centonze, op. cit., 304.
64
Cfr. Cass. pen., sez. V, 15 dicembre 2010, n. 1937, in Ced. Cass., n. 249099.
65
Cfr. Cass. pen., Sez. Un., 31 gennaio 2013, n. 18374, in Ced Cass., n. 255035.
66
«In tema di intercettazioni, la nozione di «delitti di «criminalità organizzata» di
cui all’art. 12 d.l. n. 152 del 1991 (conv. in l. 203 del 1991), ricomprende nel suo am-
bito applicativo attività criminose diverse, purché realizzate da una pluralità di sog-
getti i quali, per la commissione del reato, abbiano costituito un apposito apparato or-
ganizzativo talché sono ad essa riconducibili non solo i reati di criminalità mafiosa e
assimilati, ma tutte le fattispecie criminose di tipo associativo»,
67
Una limitazione a tali delitti, per l’operatività domiciliare dei captatori informa-
tici, era stata proposta da chi scrive e, poi, è stata effettivamente accolta dalla c.d.
riforma Orlando (legge delega 23 giugno 2017, n. 103) e dal conseguente decreto le-
gislativo delegato n. 216/17, che ha modificato gli artt. 266 e 267 c.p.p.. Cfr. Planta-
mura, Domicilio e diritto penale nella società post-industriale, Pisa, 2017.
68
Così Cass. pen., sez. un., 28-04-2016, n. 26889, in Foro it, 2016, II, 491, con
70
Cfr. Insolera, Guerini, op. cit., 25.
71
Cfr. Alessandri (a cura di), L’espansione della criminalità organizzata nell’atti-
vità d’impresa al nord, in Rivista di Studi e Ricerche sulla criminalità organizzata, n.
4, 2016, 3 ss. Lo stesso Centro interdipartimentale dell’Università di Milano denomi-
nato Osservatorio sulla criminalità organizzata, che pubblica la succitata rivista, in de-
finitiva si occupa di mafie.
72
Cfr. Fabrizi, Malaspina, Parbonetti, Caratteristiche e modalità di gestione
74
«In tema di reati concernenti gli stupefacenti, la circostanza aggravante dell’as-
sociazione armata, prevista dall’art. 74, 4º comma, d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309 – di-
versamente da quella analoga, ipotizzata dall’art. 416 bis, 5º comma, c.p. con riguardo
all’associazione per delinquere di stampo mafioso – richiede unicamente la disponibilità
di armi, non esigendo anche la correlazione tra queste ultime e gli scopi perseguiti dal-
l’associazione criminosa», così Cass. pen., sez. V, 4 febbraio 2015, n. 11101, in Ced
Cass., n. 262714.
75
Cfr. Visconti, «La mafia è dappertutto» Falso!, Bari, 2016.
76
Così Cass. pen., sez. II, 30 maggio 2017, n. 31541, Ced Cass., n. 270467.
77
Tale articolo, infatti – rubricato «Delitti di criminalità organizzata» –, ha inse-
rito, nel 2008, tra il novero dei reati presupposto della responsabilità degli enti, sia
l’art. 416 bis c.p. che, con una sanzione inferiore, l’art. 416 c.p. Ovviamente, però, l’e-
stensione agli enti di una responsabilità da reato associativo non è priva di complica-
zioni, tanto con riferimento alla possibilità di contestare agli enti stessi la commissione
dei reati-scopo dell’associazione, quanto in relazione all’effettiva possibilità di adottare
modelli organizzativi idonei a prevenire la commissione di tali reati presupposto. Sul
punto, si rinvia a Insolera, Guerini, op. cit., 186 ss.
78
Cfr. Alessandri (a cura di), op. cit., 18.
79
Si può ricordare anche il convegno di Brescia del 2004 – e i relativi atti –, in
una proposta di riforma che nasce dallo studio dell’art. 416 bis c.p.,
inteso come descrittivo di un’associazione che delinque, più che come
associazione per delinquere, nel senso che si sarebbe di fronte ad
una fattispecie a formazione progressiva, con passaggio conseguente,
da 416 c.p. a 416 bis c.p., a seguito di una sufficiente affermazione
e radicazione, sul territorio, di una medesima associazione80.
Lo Spagnolo, quindi, definisce l’associazione di tipo mafioso come
un reato associativo a struttura mista, categoria in cui rientrerebbero
anche due reati associativi politici (riorganizzazione del disciolto par-
tito fascista e associazione segreta), da contrapporre a quelli associa-
tivi puri – come, paradigmaticamente, quello di cui all’art. 416 c.p.
–, essendo i primi caratterizzati – a livello di integrazione dell’ele-
mento oggettivo – dall’esigenza della commissione di reati, anche se
minori, o, comunque, da quella del compimento di un’attività esterna
strumentale, ulteriore rispetto a quella meramente associativa, diretta
alla realizzazione dei fini associativi. La soluzione avanzata dallo Spa-
gnolo consiste, quindi, nell’eliminare i reati associativi puri o, co-
munque, nel trasformarli in altrettanti reati associativi misti81.
Tra le proposte avanzate in più ampia sede di riforma del codice
penale, invece, merita una menzione particolare il progetto Grosso,
che infatti, pur dovendo riguardare la sola parte generale82, è stato
cui, tuttavia, il tema del concorso esterno, già ben presente pure nel succitato conve-
gno di Courmayeur, era divenuto decisamente preponderante. Cfr. Aa.Vv., I reati as-
sociativi: paradigmi concettuali e materiale probatorio. Un contributo all’analisi e alla
critica del diritto vivente, a cura di Picotti, Fornasari, Viganò, Melchionda, Pa-
dova, 2005.
80
Cfr. Spagnolo, L’associazione di tipo mafioso, cit.
81
Cfr. Spagnolo, Dai reati meramente associativi ai reati a struttura mista, in
Aa.Vv., Beni e tecniche della tutela penale, Milano, 1987, 150.
82
Più scarne risultano, invece, le indicazioni risultanti dal progetto Pagliaro, e dal
relativo articolato, pur notoriamente esteso anche alla parte speciale. La maggiore no-
vità al proposito, come si legge nella relativa Relazione (reperibile sul sito istituzionale
www.giustizia.it), consisterebbe nel passaggio dal bene dell’ordine pubblico a quello
della sicurezza collettiva, intesa in un’accezione molto «fisica»: «Il Titolo II sostituisce
alla rubrica del codice Rocco («Dei delitti contro l’ordine pubblico») quella «Dei reati
contro la sicurezza collettiva». Non si tratta di un mutamento solo formale, perché la
nuova intitolazione vuol meglio caratterizzare il bene giuridico offeso dai reati del ti-
tolo, che non è più la generica, e sotto molti profili indecifrabile, entità dell’»ordine
pubblico», ma appunto la «sicurezza collettiva», maggiormente concreta ed in sintonia
con la struttura democratica dello Stato. Emerge in particolare l’aspetto della sicurezza
«fisica» della collettività. L’art. 97 delinea una serie di circostanze aggravanti che de-
finiscono le più pericolose forme di criminalità organizzata. Tra le fattispecie dell’art.
97 viene compresa anche la rissa, per la forza di attrazione esercitata dal bene della
sicurezza collettiva intesa come sicurezza fisica: indubbiamente la rissa merita una con-
siderazione autonoma, rispetto alle fattispecie offensive della vita e dell’incolumità in-
dividuale, per la diffusività del suo potenziale aggressivo. È sembrato opportuno esclu-
dere dal codice la disciplina dell’associazione di stampo mafioso, perché più adatta ad
un corpo legislativo autonomo e meglio plausibile secondo le mutevoli e particolari esi-
genze che si pongono per contrastare efficacemente questa specifica forma di crimina-
lità organizzata. L’art. 98 impone la previsione di una fattispecie contravvenzionale che
porta in sé un evidente significato di minaccia per la sicurezza collettiva, anche se l’og-
getto dei corpi armati (la cui formazione viene perseguita) non è la commissione di
reati».
83
Cfr. Commissione Grosso – per la riforma del codice penale (1 ottobre 1998) –
La disciplina del concorso di persone nel reato. I reati associativi (allegato alla Rela-
zione del 15 luglio 1999), Sottocommissione: Seminara – Canzio – Randazzo – Tu-
rone, Estensore materiale del documento: Seminara, in www.giustizia.it.
84
Cfr. De Francesco, op. cit., 120.
85
Cfr. Patalano, L’associazione per delinquere, cit., 94.
86
«In tema di reati di associazione sovversiva e di associazione con finalità ever-
siva dell’ordine democratico, il fatto che la l. n. 85/2006 abbia inserito espressamente
nell’art. 270 c.p. il requisito della «idoneità», lasciando intatto l’art. 270 bis c.p., non
significa che il legislatore abbia inteso stabilire che l’associazione sovversiva è tale solo
se idonea al suo scopo, mentre l’associazione eversiva può configurarsi anche senza l’i-
doneità degli atti di violenza programmati, in quanto, di fronte alla notevole sotti-
gliezza della distinzione tra sovversione ed eversione ed alla pena più grave prevista
per la seconda, una siffatta intenzione sarebbe del tutto irrazionale ed incomprensibile;
conseguentemente, non può ritenersi integrato il reato di cui all’art. 270 bis c.p. nel caso
di un gruppo che si proponga l’eversione dell’ordine democratico, ma non intenda ot-
tenerla con il compimento di atti di violenza idonei allo scopo», così Corte Assise Lecce,
12 luglio 2007, in Giur.mer., 2008, 2899. In senso conforme, si veda Cass. pen., sez.
I, 22 aprile 2008, in Ced Cass., n. 240075.
87
Cfr. Insolera, Guerini, op. cit., 51.
88
Cfr. De Vero, Tutela penale dell’ordine pubblico, cit., 274.
89
Cfr. Insolera, L’associazione per delinquere, cit., 317 ss.
90
Sul punto, si veda anche Moccia, La perenne emergenza. Tendenze autoritarie
nel sistema penale, Napoli, 1995, 42.
91
Non a caso, infatti, tale ipotesi aveva trovato accoglimento anche nell’articolato
progettato dalla c.d. Commissione Manna, del 1997, sulla tutela penale dell’ambiente,
che si era premurata di offrire anche una risposta al preoccupante fenomeno, allora
appena emerso, ma oggi tristemente consolidatosi, della c.d. ecomafia. In argomento,
si rinvia a Manna, Realtà e prospettive della tutela penale dell’ambiente in Italia, in
Riv.trim.dir.pen.econ., 1998, 867 ss. Attualmente, invece, l’art. 452octies c.p. contiene
un’aggravante per gli artt. 416 e 416 bis c.p., operante, in particolare, nel primo caso
quando l’associazione sia diretta in via esclusiva o concorrente alla commissione di de-
litti ambientali, e, nel secondo caso, qualora l’associazione sia finalizzata al compimento
di delitti ambientali oppure all’acquisizione di attività economiche, appalti, etc., in am-
bito ambientale.
92
Cfr. Cass. pen., sez. III, 31 gennaio 2000, in Ced Cass., n.215702.
93
Così Cass. pen., Sez. Un., 28 marzo 2001, Cinalli, in Foro it., II, 2002, 297, con
nota di Garufi. Nella specie, per altro, si è di fronte, più che ad una duplicazione
della punizione, ad una sua triplicazione, in quanto la stessa sentenza, ritiene che la
circostanza aggravante di cui trattasi può concorrere con quelle previste dagli art. 628,
co. 3, n. 3, e 629, co. 2, c.p, cioè se la violenza o la minaccia è posta in essere da per-
sona che fa parte di un’associazione di tipo mafioso.
94
Cfr. Panebianco, Reati di associazione e declinazioni preternazionali della cri-
minalità organizzata, cit., 243 ss.
95
Cfr. De Francesco, Societas sceleris, cit., 79.
96
Tale rilievo sarebbe sdrammatizzato, secondo la dottrina, se l’aggravante riguar-
dasse solo le associazioni «minori», e per questo non rilevanti «per ciò solo», in quanto
quest’ultime dovrebbero essere caratterizzate da un numero esiguo di sodali, nessuno
dei quali, quindi, potrebbe facilmente trovarsi escluso dal concorso, almeno morale, in
tutti i singoli reati-fine. Cfr. Panebianco, op. cit., 262.
97
Sempre tenendo presente, però, che «la già segnalata tendenza a confondere l’as-
sociazione con il ben diverso istituto del concorso di persone nel reato non potrà essere
definitivamente superata, laddove la stessa disciplina del concorso non venga assogget-
tata ad un’opera di revisione profonda, la quale giunga a sostituire all’attuale sistema
– imperniato su di una formulazione «tautologica» e di portata generalissima come
quella dell’art. 110 – una più congrua e rigorosa tipizzazione delle condotte concor-
suali», così De Francesco, Societas sceleris. Tecniche repressive delle associazioni cri-
minali, cit., 100.
1
Cfr. Cass. pen., sez. VI, 14 ottobre 2016, n. 52590, in Ced Cass., n. 268485.
sociazioni che con singoli, e, per far questo, c’è bisogno di un capo,
ovverosia di una persona che sia autorizzata a parlare «in nome e
per conto» dell’associazione – o che possa delegare altri a fare al-
trettanto –, impegnando, con la propria parola, non solo se stesso,
ma tutti i sodali o, per meglio dire, l’intera associazione.
Si può dunque concludere che la presenza di un capo, a prescin-
dere dalla previsione normativa di cui all’art. 416 c.p., e, più in ge-
nerale, dalla presenza (o meno) della menzione di tale figura quali-
ficata all’interno della singola fattispecie descrittiva, sia imprescindi-
bile: si può anche prescindere, cioè, dalla sua individuazione positiva
in concreto (in altri termini, non è detto che se individui l’identità),
ma non si può riferire di un’associazione per delinquere, se si è
escluso che vi fosse un vertice, perché si è constatato un rapporto
assolutamente orizzontale tra i vari sodali.
Ad es., né l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti né
quella sovversiva contemplano la figura qualificata del capo, ma solo
quella della direzione, che però è cosa diversa, perché si può diri-
gere e/o organizzare senza essere capi2, senza, cioè, avere quella pos-
sibilità di vincolare gli altri – almeno se dell’associazione vogliono
continuare a far parte – alle proprie decisioni; e tuttavia anche in tali
ipotesi, se si accerta che trattavasi di un gruppo di persone che era
priva di un capo, bisognerebbe propendere per l’ipotesi del concorso
di persone nel reato.
Non si ritiene che sia un caso, del resto, che tra le figure quali-
2
«In tema di associazione di tipo mafioso, le condotte di partecipazione e di dire-
zione o di organizzazione, se consumate in tempi diversi, non integrano due distinti
reati in continuazione tra loro, ma un unico delitto riconducibile al paradigma del reato
progressivo; ne deriva che, ove il soggetto abbia dismesso il ruolo apicale per assumere
quello di partecipe, non può farsi decorrere un autonomo termine di prescrizione, che
deve, invece, essere correlato alla cessazione della intera condotta penalmente rilevante
(in motivazione, la corte ha precisato che, per stabilire a quale fattispecie debba farsi
riferimento ad ogni effetto sostanziale, deve aversi riguardo alla condotta assorbente
che, di norma, è quella tenuta per ultimo – in quanto espressiva di una progressione
all’interno del sodalizio – laddove invece, ove risulti il contrario» deve procedersi ad
un confronto tra il trattamento sanzionatorio previsto al momento della cessazione della
condotta partecipativa e quello vigente al momento della cessazione della condotta api-
cale, dovendosi applicare il più grave dei due)», così Cass. pen., sez. VI, 12 maggio
2016, n. 44667, in Cass. pen., 2017, 2763.
ficate del concorso di persone nel reato, ex art. 111 c.p., ci siano i
direttori, gli organizzatori, i promotori (quest’ultimi, però, diversa-
mente da quanto avviene nell’associazione, limitati alla fase genetica),
e non i capi. Ciò accade, infatti, perché un gruppo di concorrenti in
un medesimo reato non ha ragione alcuna di dotarsi di un capo, che
è più di un dirigente o di un organizzatore, proprio perché il diri-
gente o l’organizzatore rivolgono la loro attività solo verso l’interno
– e di questo possono avere bisogno pure dei meri concorrenti, spe-
cie nel caso in cui siano in numero considerevole: e il numero in sé,
anche ex art. 111 n. 1) c.p.3, non comporta il passaggio dal concorso
all’associazione –, mentre il capo ha in più, rispetto a tali altre fi-
gure qualificate, la possibilità di rivolgere la propria attività anche
verso l’esterno, ponendosi come interlocutore con i terzi.
Ancora una volta, quindi – proprio come già si è illustrato con
riferimento alla questione dell’apertura dell’accordo all’adesione di
terzi –, è nella capacità di proiettarsi all’esterno, di interagire con i
terzi, che sia per cooptarli o, semplicemente, per collaborare con
loro, che emerge l’in sé dell’associazione, e dunque la sua differenza
con il concorso di persone.
La mancanza di un capo, per altro, spesse volte si traduce, nella
pratica, nella mancanza di un’organizzazione, e quindi, da parte della
Pubblica Accusa, nella contestazione solo strumentale del delitto di
cui all’art. 416 c.p., a persone che hanno sì avuto, tra loro, rapporti
e intersezioni nella commissione di reati, ma alle volte autonoma-
mente, altre in mero concorso di persone, senza che possa ritenersi
esistente alcuna associazione per delinquere.
Un caso emblematico ha riguardato la contestazione dell’esistenza
di un’associazione finalizzata al compimento del delitto di cui al
primo comma dell’art. 9 della l. n. 376 del 2000, c.d. legge antido-
ping, con riferimento alla vendita di anabolizzanti a dei bodybuil-
der4: più in generale, del resto, si tratta di un fenomeno criminale
3
Cfr. Pazienza, Riflettendo sui nuovi artt. 111 e 112 c.p., in Riv. it. dir. proc. pen.,
1992, 1091 ss.
4
Tale articolo prevede che: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito
con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da lire 5 milioni a lire 100 mi-
lioni chiunque procura ad altri, somministra, assume o favorisce comunque l’utilizzo di
5
«Ai fini della configurabilità del delitto di associazione per delinquere, è necessa-
ria la predisposizione di un’organizzazione strutturale, sia pure minima, di uomini e
mezzi, funzionale alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti, nella consa-
pevolezza, da parte di singoli associati, di far parte di un sodalizio durevole e di es-
sere disponibili ad operare nel tempo per l’attuazione del programma criminoso co-
mune», così Cass. pen., sez. II, 3 aprile 2013, n. 20451, in Ced Cass., n. 256054.
6
«Il delitto di associazione per delinquere (e di conseguenza quello di cui all’art.
75, l. sugli stupefacenti), si sostanzia nel permanere nel tempo di un collegamento di
fatto tra persone, anche se tra loro non conosciute diretto alla commissione di una se-
rie di reati, a nulla rilevando che gli interessi e le funzioni siano diversi, i guadagni
non siano comuni, difetti la comunione dei mezzi materiali e non vi siano gerarchie,
sempreché sussista un pericolo immanente per la collettività, dato dal permanere nel
tempo di questa colleganza gravida di potenzialità nocive per l’ordine pubblico», così
Corte Appello Trento, 11 ottobre 1986, in Giur.mer., 1987, 954.
7
Cfr. Cass. pen., sez. V, 7 dicembre 2018, n. 1964, in Ced Cass., n. 274442.
8
Cfr. Cass. pen., sez. VI, 16 aprile 2013, n. 19783, in Ced Cass., n. 255471.
9
Secondo una proposta recentemente avanzata in dottrina, agli effetti della legge
penale, dovrebbe considerarsi partecipe «chi è incaricato di un ruolo nella struttura del-
l’organizzazione». Così Panebianco, op. cit., 262.
10
Cfr. Cass. pen., sez. III, 5 marzo 2015, n. 40749, in Ced Cass., n. 264826.
11
Cfr. Cass. pen., sez. III, 3 febbraio 2015, n. 42228, in Ced Cass., n. 265346.
12
Cfr. Cass. pen., sez. III, 4 marzo 2015, n. 26724, in Cass. pen., 2016, 983.
13
«Il delitto di associazione per delinquere è fattispecie idonea a generare un pro-
fitto sequestrabile ai fini della successiva confisca per equivalente in via autonoma ri-
spetto a quello prodotto dai reati fine, costituito dal complesso dei vantaggi attribuibili
ad uno o più associati, anche non identificati, in ragione del fatto che la societas sce-
leris è funzionale alla ripartizione degli utili derivanti dalla realizzazione del pro-
gramma criminoso», Cass. pen., sez. III, 4 marzo 2015, n. 26721, in Cass. pen., 2016,
584.
14
Cfr. Cass. pen., sez. V, 7 giugno 2010, n. 35479, in Ced Cass., n. 248171.
15
Cfr. Cass. pen., sez. III, 6 novembre 2015, n. 9459, in Ced Cass., n. 266710
16
Cfr. «Ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 270 bis, c.p., non è ne-
cessario il compimento dei reati oggetto del programma criminoso, ma occorre comun-
que l’esistenza di una struttura organizzativa che presenti un grado di effettività tale
sibilità del tentativo. L’art. 416 c.p., infatti – preso, dalla Corte, come
esempio paradigmatico di reato associativo –, rappresenterebbe una
deroga espressa al principio di irrilevanza penale dell’accordo per
commettere un reato, di cui al primo comma dell’articolo 115 c.p20.
Allora, però, atteso che il nucleo indefettibile dell’associazione per
delinquere consiste nella conclusione di un accordo fra almeno tre
persone, volto alla generica commissione di più delitti, mentre, nella
specie, l’accordo era intercorso solo tra i due componenti originari
e promotori del sodalizio, prima dell’associazione di un terzo sodale
non potrebbe mai ritenersi configurata, non solo la consumazione,
ma neppure il tentativo, pena la violazione proprio dell’articolo 115,
co. 1, c.p., costituente presidio del principio di necessaria offensività
della condotta, riscontrabile anche nell’architettura originaria del co-
dice Rocco, come dimostrato dall’art. 49, co. 2, c.p.
La Corte, tuttavia, si premura di aggiungere che occorrerebbe di-
stinguere tra il reato associativo in sè e le condotte di partecipazione
20
«Pure se l’accordo può costituire elemento comune sia al concorso di persone nel
reato sia all’associazione per delinquere, i due fenomeni restano caratterizzati da aspetti
strutturali e teleologici profondamente differenziati; dal primo punto di vista, l’accordo
che designa la fattispecie plurisoggettiva semplice (sia essa necessaria ovvero eventuale)
è funzionale alla realizzazione di uno o più reati, consumati i quali l’accordo si esau-
risce o si dissolve; del resto, l’accordo, in tanto diviene rilevante nei confini della mera
ipotesi concorsuale in quanto pervenga ad una concreta realizzazione dell’assetto divi-
sato, ad un’attività esecutiva, dunque, che non si arresti alle soglie del tentativo; di con-
seguenza, il mero accordo allo scopo di commettere un reato, non traducendosi in un’at-
tività di partecipazione al reato stesso resta assoggettato al principio di ordine generale
stabilito dall’art. 115 c.p.; a tale regola il 1º comma dell’art. 115 enuncia un’espressa
eccezione ma sempre relativa all’ipotesi in cui «due o più persone si accordino allo scopo
di commettere un reato e questo non sia commesso»; cosicché i criteri interpretativi de-
stinati a risolvere le (solo apparenti) antinomie tra accordo non punibile e reato asso-
ciativo non possono essere compiutamente individuati chiamando in causa il solo prin-
cipio di specialità; e ciò per la mancanza di un vero e proprio rapporto di genere a spe-
cie, postulando il reato associativo una base plurisoggettiva qualificata, non richiesta,
invece, nell’ipotesi di accordo; una constatazione che vale anche ai fini della distinzione
tra fattispecie meramente concorsuale e fattispecie associativa, rappresentando il mini-
mum soggettivo richiesto dalla legge relativamente alla seconda categoria dei reati un
dato non richiesto, invece, per l’attività di mera partecipazione, così da consentire l’u-
tilizzazione del medesimo criterio interpretativo pure – quel che più interessa – nel di-
scriminare le categorie ora ricordate (fattispecie di associazione per delinquere finaliz-
zata al traffico illecito di sostanze stupefacenti)», Cass. pen., sez. VI, 12 maggio 1995,
in Ced Cass., n. 202036
21
«La desistenza dalla partecipazione ad un’associazione criminosa, per assumere
positiva rilevanza, pur non dovendo necessariamente essere spontanea, né essere deter-
minata da motivi di ordine morale, deve nondimeno essere comunque volontaria, ra-
gion per cui detta rilevanza va esclusa quando risulti che il soggetto sia stato costretto
ad appartarsi (nella specie, recandosi all’estero), solo per sottrarsi a persecuzioni interne
poste in essere a suo carico nell’ambito della medesima organizzazione, continuando,
peraltro, ad interessarsi della vita di quest’ultima, con il partecipare a riunioni e con
l’intrattenere rapporti con altri associati», così Cass. pen., sez. I, 30 gennaio 1992, in
Cass. pen., 1993, 1679.
22
Cfr. Cavaliere, Associazione per delinquere, in Aa.Vv., Trattato di diritto pe-
nale, Parte speciale V, a cura di Moccia, Napoli, 2007, 262 ss.
23
«Per quanto riguarda il dolo del delitto di associazione per delinquere è necessa-
rio che vi sia da parte dell’agente la coscienza e la volontà di compiere un atto di as-
sociazione, cioè la manifestazione di affectio societatis scelerum come tale e la com-
missione di uno o più delitti programmati dall’associazione non dimostra automatica-
mente l’adesione alla stessa; tuttavia l’attività delittuosa conforme al piano associativo
costituisce un elemento indiziante di grande rilevanza ai fini della dimostrazione della
appartenenza ad essa quando attraverso le modalità esecutive e altri elementi di prova
possa risalirsi all’esistenza del vincolo associativo e quando la pluralità delle condotte
dimostri la continuità, la frequenza e l’intensità dei rapporti con gli altri associati; an-
che la partecipazione ad un episodio soltanto della attività delittuosa programmata può
costituire elemento indiziante dell’appartenenza all’associazione, ma in tal caso il va-
lore di tale indizio è sicuramente ridotto ed è necessario che dalla partecipazione al sin-
golo episodio sia desumibile l’affectio societatis dell’agente, e che essa sia fonte di pe-
nale responsabilità a carico di chi la mette in atto; quando infatti il soggetto abbia for-
nito un contributo alla realizzazione di un unico episodio rientrante nel programma
associativo e a tale contributo non venga riconosciuta rilevanza penale, il valore indi-
ziante ai fini dell’appartenenza all’associazione diventa minimo ed insufficiente ad un
riconoscimento di responsabilità», Cass. pen., sez. VI, 10 maggio 1994, in Ma ss.Cass.
pen., 1995, fasc. 6, 86.
24
Cfr. Cass. pen., sez. V, 22 febbraio 1999, in Ced Cass., n. 213096.
25
«Poiché i delitti di cui agli art. 416 e 416 bis c.p. sono caratterizzati dal dolo spe-
cifico, e deve conseguentemente sussistere la volontà del “partecipe” o del concorrente
di contribuire a realizzare gli scopi in vista dei quali è costituito ed opera il sodalizio
criminoso, non può ipotizzarsi «una partecipazione» o un concorso nel delitto associa-
tivo a titolo di dolo eventuale», così Cass. pen.,sez. I, 14 ottobre 1994, Cavallari, in
Cass. pen., 1996, 2177.
26
Cfr.: Bricola, voce Cospirazione politica mediante accordo o associazione, in
Enc. dir., XI, 1962, 121 ss. De Balzo, Cospirazione politica, in Enc. giur., vol. XI,
Roma, 1988.
27
Cfr. Cass. pen., 26 giugno 1981, Agenllini, in Giust. pen., 1982, II, 615.
28
Cfr. Cass. pen., sez. I, 29 gennaio 2014, n. 16714, in Ced Cass., n. 262325.
29
Cfr. Ronco, Banda armata, in Enc. giur., Roma, 1988, vol. IV. «Ai fini della
configurabilità del delitto di banda armata si richiede l’esistenza di una struttura or-
ganizzata capace di qualificare un gruppo come banda e nell’ambito di tale organiz-
zazione la sussistenza non di un generico e vago vincolo fra i componenti, bensì l’esi-
stenza di un momento unificante più intenso, una maggiore adesione, un’unità di pro-
positi e di azione; il rapporto organizzativo deve essere, comunque, dotato di una no-
tevole intensità perché possa ritenersi integrante la fattispecie prevista dall’art. 306 c.p.,
in cui sia ravvisabile sia il vincolo di collegamento tra i componenti la banda, sia la
consapevole volontà di ciascuno di agire per lo stesso scopo comune agli altri parteci-
panti, che pur non senza giungere alla fusione con le altre volontà, sia comunque spon-
taneamente in comunanza il fine ultimo della banda; infine è necessario il dolo speci-
fico consistente nello scopo di commettere, non già un numero indeterminato di delitti
comuni, sibbene uno dei delitti contro la personalità dello stato previsti dall’art. 302
c.p.», così Cass. pen., 14 ottobre 1988, Balestri, in Riv. pen., 1990, 288.
30
Cfr. Cass. pen., sez. I, 27 giugno 2007, Lioce, in Ced Cass., n. 237768.
chi scrive), in forza della quale è stata esclusa la sussistenza, nel caso
di specie, dei reati di cui agli articoli 270 bis e 306 c.p., appunto per
via dell’assenza, nella vicenda di cui trattasi, di un gruppo organiz-
zato, individuabile come distinto ed autonomo rispetto i suoi com-
ponenti, e strutturato, ancorché in forme semplici e non particolar-
mente articolate.
Avverso la conclusione raggiunta dal giudice di seconde cure (con-
fermativa della prima sentenza), il P.G. aveva presentato un ricorso
basato su di una «certosina» lettura dei documenti sequestrati agli
imputati (e quindi, forse, fin troppo «in fatto», per il contenuto di
un ricorso per Cassazione31), i cui contenuti avrebbero dimostrato
l’esistenza di un gruppo armato, e strutturato per la consumazione
di azioni terroristiche, appunto come quella dell’attentato di Livorno.
I documenti ritrovati presso i tre originari soggetti aggregatisi, tut-
tavia – espressivi di dibattiti riservati, in quanto non soltanto mera-
mente ideologici, ma proiettati all’azione rivoluzionaria sviluppando
dialettiche interne di chiara matrice eversiva –, non sono stati tro-
vati in possesso pure degli altri coimputati, i quali sono stati evi-
dentemente tenuti all’oscuro di quei dibattiti riservati, e che, a loro
volta, si sono mantenuti lontani da profili di carattere operativo, e
da contributi apprezzabili alla realizzazione di una societas scelleris32.
La tesi del procuratore ricorrente, quindi – probabilmente, a ra-
gione –, è stata ritenuto viziata da genericità ed incompiutezza del
31
Cfr. Gaito, Il ricorso per Cassazione, in Aa.Vv., Procedura penale, Torino, 2015,
823 ss.
32
«In tema di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di ever-
sione dell’ordine democratico, di cui all’art. 270 bis c.p., la condotta di partecipazione
è riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il
tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno status di apparte-
nenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato «prende
parte» al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento
dei comuni fini criminosi (in motivazione, la corte ha osservato che l’affermazione di
penale responsabilità dell’agente a titolo di partecipazione presuppone la dimostrazione
dell’effettivo inserimento del medesimo nella struttura organizzata attraverso condotte
univocamente sintomatiche, le quali possono consistere, oltreché nell’assunzione di un
ruolo concreto nell’organigramma criminale, anche nello svolgimento di attività prepa-
ratorie rispetto all’esecuzione del programma)», Cass. pen., sez. II, 21 febbraio 2017,
n. 25452, in Ced Cass., n. 270171.
33
Cfr. Cfr Giacona, Il concetto d’idoneità nella struttura del delitto tentato, To-
rino, 2000, 131 ss.
sura in cui, magari anche a seguito della qui ipotizzata modifica le-
gislativa, si intendano i reati associativi come di danno.
Forse, cioè, il combinato disposto degli artt. 56 e 270 bis c.p.,
nella specie, poteva essere ritenuto a ragion maggiore sussistente, che
non l’art. 304 c.p., il quale delitto – in relazione al reato associativo
in questione: che in ogni caso poco si presta a costituire un reato
scopo – al limite poteva ritenersi integrato fino a quando i tre sog-
getti originari si erano limitati ad accordarsi per commetterlo, ma,
in una fase successiva, quando gli stessi sono andati oltre il semplice
accordo, e, magari, il compimento di meri atti preparatori, e hanno
svolto attività promozionali – autonomamente costitutive di reato,
come l’attentato di Livorno, o meno – il delitto di cui all’art. 270
bis c.p. deve ritenersi ormai tentato, con esclusione conseguente della
rilevanza di quello previsto all’art. 304 c.p. (la cui ricorrenza, lo si
ribadisce, è per altro verso controversa con riferimento ad un de-
litto-scopo a sua volta associativo, che risulta quasi un ossimoro).
Nonostante la mancanza di un’espressa previsione al riguardo, in-
fatti, si deve ritenere che il tentativo, non diversamente dalla consu-
mazione, assorbe il mero accordo (eccezionalmente) punibile ex art.
304 c.p., trattandosi di norma che, appunto, fa eccezione all’art. 115
c.p., e non al 56 c.p., e come indirettamente dimostrato anche dalla
causa di punibilità di cui all’art. 308 c.p., per cui non è punibile –
questa volta in deroga alla disciplina del recesso attivo, di cui all’art.
56, co.4, c.p. – colui che impedisce comunque che sia compiuta l’e-
secuzione del delitto per cui l’accordo è intervenuto.
Neppure si deve ritenere, poi, che, in questo caso, l’art. 308 si ri-
ferisca ad una non punibilità ex art. 304, perché invece trattasi di
una non punibilità a titolo di tentativo, ché altrimenti non avrebbe
senso la previsione di cui al n. 2, del primo comma, dello stesso ar-
ticolo, che chiede solo il recesso – e non l’impedimento –, e appunto
si riferisce ad una non punibilità ex art. 304 c.p.
Ciò si desume, per altro, anche dai Lavori preparatori al codice
Rocco, in cui si spiega che, quando sia commesso il delitto oggetto
dell’accordo, cessa la ragione della eccezione all’art. 115 c.p., e de-
vono essere applicate le normali disposizioni sul concorso di più per-
sone nello stesso reato. Nel caso speciale in cui, invece, uno dei col-
pevoli impedisca l’evento costitutivo del reato oggetto dell’accordo,
© Edizioni Scientifiche Italiane ISBN 978-88-495-3974-5
126 capitolo iii
34
Cfr. Lavori preparatori del codice penale e del codice di procedura penale, vol.
IV (Atti della commissione ministeriale incaricata di dare parere sul progetto prelimi-
nare di un nuovo codice penale), I (Relazione introduttiva di S.E. Giovanni Appiani
Presidente della Commissione), Roma, 1929, 258.
35
Cfr. Cass. pen., sez. VI, 28 febbraio 2017, n. 15573, in Cass. pen., 2018, 276.
36
«È configurabile l’esistenza, tra corrotto e corruttore, del vincolo associativo ne-
cessario per la sussistenza del delitto di cui all’art. 416 c.p. (fattispecie relativa alla ri-
conosciuta esistenza di un sodalizio criminale gestito da operatori obitoriali cui sono
stati ritenuti partecipare i rappresentanti delle imprese di onoranze funebri, le quali,
pagando una tangente ai primi, avevano stabilmente accesso ad un sistema di turna-
zione nell’orientamento della potenziale clientela)», Cass. pen., sez. VI, 3 febbraio 2010,
n. 10032, in Ced Cass., n. 246284.
37
«Ai fini della configurabilità del delitto di associazione per delinquere finalizzata
al traffico di stupefacenti è sufficiente l’esistenza tra i singoli partecipi di una durevole
comunanza di scopo, costituito dall’interesse ad immettere sostanza stupefacente sul mer-
cato del consumo, non essendo di ostacolo alla costituzione del rapporto associativo la
diversità degli scopi personali e degli utili che i singoli partecipi, fornitori ed acquirenti
si propongono di ottenere dallo svolgimento della complessiva attività criminale», Cass.
pen., sez. IV, 16-12-2015, n. 4497, in Ced Cass., n. 265945.
38
«Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, previsto dall’art.
sere, in sé, del tutto fisiologici, nel senso che la circostanza che un
imprenditore abbia vinto un appalto grazie ad un accordo corrut-
tivo, non implica che poi debba svolgerlo in modo da ottenerne van-
taggi illeciti.
In tutti queste ipotesi, piuttosto, siamo di fronte a presunte as-
sociazioni per delinquere espressive di una criminalità del profitto,
che risultano prive, però, di una cassa comune, ovverosia con pro-
fitti solo divisi – il che è anche possibile –, e mai comuni – il che,
invece, non è possibile – dei presunti sodali che, per giunta, hanno
interessi in conflitto: in quanto, meno il corruttore riuscirà a pagare
il corrotto, più alto sarà il suo profitto, e viceversa.
Ancora una volta, inoltre, si è davanti ad accordi chiusi da un
punto di vista della compagine associativa, in quanto, sia gli im-
prenditori non hanno interesse – ed anzi, hanno un interesse con-
trario – all’ingresso, nell’accordo, di nuovi imprenditori, che i pub-
blici ufficiali non hanno interesse all’intervento, nel medesimo ac-
cordo, di ulteriori pubblici ufficiali con cui dividere «la torta»; e dun-
que queste presunte ipotesi associative non superano il banco di
prova dell’associazione «aperta».
322 ter c.p., presuppone che l’imputato abbia già conseguito il profitto illecito del reato
(nella specie, la corte ha annullato il decreto di sequestro preventivo, disposto nell’ambito
di un procedimento per corruzione connessa all’aggiudicazione di pubblici appalti, in un
caso in cui l’appalto era stato aggiudicato ma non vi era stato effettivo affidamento e
svolgimento dei lavori da parte del corruttore con conseguente riscossione del pagamento)»,
Cass. pen., sez. VI, 10 gennaio 2013, n. 4297, in Giust. pen., 2013, III, 449
39
Cfr. Cass. pen., sez. VI, 3 luglio 2017, Leone, n. 33070, inedita.
40
Cfr. Gaito, Mandato d’arresto europeo ed estradizione, in Aa.Vv., Procedura
penale, cit., 985 ss.
– per quanto qui più direttamente rileva – sulla violazione del di-
vieto di doppia incriminazione – nonostante alcune eccezioni, giu-
stamente ancora sussistente41 –, per sostanziale non sovrapponibilità
dell’art. 450-1 del c.p. (francese) – contestato al capo n. 2 del sum-
menzionato MAE – con l’art. 416 c.p. (italiano).
Secondo il ricorrente, infatti, in Francia l’associazione di malfat-
tori avrebbe anche la funzione – che l’art. 416 c.p. (italiano), invece,
non possiederebbe – di anticipare la soglia di punibilità a fatti com-
messi in concorso persone che, altrimenti, non sarebbero punibili,
fino alla punizione del mero accordo per commettere un reato o,
quantomeno, al compimento di atti preparatori, quando si tratti di
delitti puniti con almeno cinque anni di reclusione: l’associazione è
aggravata, invece, qualora gli atti preparatori riguardino crimini o,
come nella specie, delitti, punibili con almeno dieci anni di reclu-
sione.
Sempre secondo la tesi difensiva, non sarebbe un caso, del resto,
che il delitto in questione sia previsto in un’unica sezione del codice
penale (francese) assieme ad altre due figure: l’attentato («politico»,
contro le istituzioni democratiche, etc.) e il complotto (che è, addi-
rittura, un’anticipazione della punibilità dell’attentato «politico»). Si
tratterebbe, infatti, di tre ipotesi che sono previste assieme, appunto
nella stessa sezione del codice, perché sono tre figure che hanno ri-
guardo allo stesso istituto di parte generale, cioè il tentativo, preve-
dendone deroghe anticipatorie. L’associazione di malfattori francese,
proprio per questo, diversamente da quella a delinquere italiana, si
riferisce anche ad un solo delitto (non compiuto, nemmeno a livello
di tentativo), e non necessita del requisito della pluralità dei delitti
scopo.
Nel caso in cui il delitto scopo dell’associazione di malfattori, in-
vece, sia commesso, almeno a livello di tentativo, non potrebbe più
applicarsi l’art. 450-1 c.p. (francese), ma dovrebbe applicarsi solo (o,
almeno, dovrebbe applicarsi solo, per non violare il principio del ne
bis in idem) la circostanza aggravante della banda organizzata, di cui
all’art. 132-71 – che infatti era contestato al «capo» n. 1 del MAE,
41
Cfr. Gualtieri, Mandato d’arresto europeo: davvero superato (e superabile) il
principio di doppia incriminazione?, in Dir. pen. proc., 2004, 115 ss.
42
Ai sensi dell’art. 132-71, infatti, «Constitue une bande organisée au sens de la
loi tout groupement formé ou toute entente établie en vue de la préparation, caracté-
risée par un ou plusieurs faits matériels, d’une ou de plusieurs infractions», mentre, ex
art. 450-1, «Constitue une association de malfaiteurs tout groupement formé ou entente
établie en vue de la préparation, caractérisée par un ou plusieurs faits matériels, d’un
ou plusieurs crimes ou d’un ou plusieurs délits punis d’au moins cinq ans d’emprison-
nement». Le differenze testuali tra le due norme sono minime. L’aumento di pena in
caso di banda organizzata, definita dalla citata norma di parte generale, è stabilito dalle
singole disposizioni di parte speciale (ad es.: art. 311-9 c.p., per il furto; 224-5-2, per
il sequestro; art. 312-6, per l’estorsione; etc.). Effettivamente, il requisito espresso del-
l’organizzazione si riscontra solo nel testo dell’art. 132-71 c.p., e non in quello del-
l’associazione di malfattori.
43
Cfr. Cour de Cassation, Chambre criminelle, 8 luglio 2015, n. 14-88329, in le-
gifrance.fr.
44
«Non costituisce tentato omicidio, bensì istigazione non accolta a commettere un
delitto (ai sensi e per gli effetti dell’art. 115, 4° comma, c.p.) la condotta di chi, avendo
conferito ad altri l’incarico di cagionare la morte di una persona, fornisce informazioni
a tale scopo e corrisponde in anticipo del prezzo pattuito denaro e altre utilità, qualora
emerga in giudizio che l’incaricato non ha posto in essere atti idonei e univoci alla rea-
lizzazione dell’accordo criminoso e che ha aderito solo simulatamente all’accordo stesso»,
così GUP, Tribunale Ferrara, 22 dicembre 2017, in Riv. pen., 2018, 613.
45
Cfr. Martufi, Nulla periculositas sine actione? Pericolosità sociale e materialità
del fatto alla prova delle fattispecie di quasi reato, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, 818.
46
Così Pradel, Caso IX – Concorso di persone, Francia, in Aa.Vv., Casi di di-
ritto penale comparato, Milano, 2005, 208. Il caso in questione è tratto dalla nota de-
cisione Cour de Cassation, Chambre Criminelle, 30 aprile 1996, Bull.Crim., n. 176.
47
«In tema di mandato di arresto europeo, l’elencazione dei reati che danno luogo
a consegna indipendentemente dalla doppia incriminazione, contenuta nel modello al-
legato alla decisione quadro del consiglio del 13 giugno 2002, non è indicativa di una
specifica qualificazione giuridica del fatto, quanto piuttosto dell’appartenenza ad una
categoria di delitti, secondo una tecnica descrittiva che tiene conto della necessità di
rendere comprensibile l’oggetto del procedimento penale nei rapporti tra ordinamenti
dei diversi paesi dell’Unione europea (in motivazione, la suprema corte ha chiarito che,
ai sensi dell’art. 2 della predetta decisione quadro, i reati elencati nel modello allegato
alla decisione stessa – se puniti nello stato emittente con pena uguale o superiore a tre
anni – danno luogo ad un preciso obbligo di consegna, indipendentemente dalla dop-
pia incriminazione)», così Cass. pen., sez. VI, 14 ottobre 2014, n. 43536, in Ced Cass.,
n. 260441.
48
«L’accordo tra più soggetti di realizzare uno o più reati è un elemento comune
alla fattispecie associativa ed a quella concorsuale, ma in tale ultima ipotesi esso deve
pervenire alla concreta realizzazione del reato, quanto meno a livello di tentativo, se-
condo quanto previsto dall’art. 115, 1° comma, c.p.; il discrimine tra la fattispecie plu-
risoggettiva e quella concorsuale non è qualificabile come rapporto di specialità, bensì
deve essere individuato nella necessaria qualificazione dell’accordo associativo come una
struttura permanente, nella quale i singoli associati divengono – ciascuno nell’ambito dei
propri compiti assunti od affidati – parti di un tutto, con il fine di commettere una se-
rie indeterminata di delitti», così Cass. pen., sez. VI, 5 dicembre 2003, in Ced Cass.,
n. 228482. In senso analogo, già in precedenza, Cass. pen., sez. VI, 12 maggio 1995, in
Ced Cass., n. 202036, secondo la quale: «Pure se l’accordo può costituire elemento co-
mune sia al concorso di persone nel reato sia all’associazione per delinquere, i due fe-
nomeni restano caratterizzati da aspetti strutturali e teleologici profondamente differen-
ziati; dal primo punto di vista, l’accordo che designa la fattispecie plurisoggettiva sem-
plice (sia essa necessaria ovvero eventuale) è funzionale alla realizzazione di uno o più
reati, consumati i quali l’accordo si esaurisce o si dissolve; del resto, l’accordo, in tanto
diviene rilevante nei confini della mera ipotesi concorsuale in quanto pervenga ad una
concreta realizzazione dell’assetto divisato, ad un’attività esecutiva, dunque, che non si
arresti alle soglie del tentativo; di conseguenza, il mero accordo allo scopo di commet-
tere un reato, non traducendosi in un’attività di partecipazione al reato stesso resta as-
soggettato al principio di ordine generale stabilito dall’art. 115 c.p.; a tale regola il 1°
comma dell’art. 115 enuncia un’espressa eccezione ma sempre relativa all’ipotesi in cui
«due o più persone si accordino allo scopo di commettere un reato e questo non sia com-
messo»; cosicché i criteri interpretativi destinati a risolvere le (solo apparenti) antinomie
tra accordo non punibile e reato associativo non possono essere compiutamente indivi-
duati chiamando in causa il solo principio di specialità; e ciò per la mancanza di un vero
e proprio rapporto di genere a specie, postulando il reato associativo una base plurisog-
gettiva qualificata, non richiesta, invece, nell’ipotesi di accordo; una constatazione che
vale anche ai fini della distinzione tra fattispecie meramente concorsuale e fattispecie as-
sociativa, rappresentando il minimum soggettivo richiesto dalla legge relativamente alla
seconda categoria dei reati un dato non richiesto, invece, per l’attività di mera parteci-
pazione, così da consentire l’utilizzazione del medesimo criterio interpretativo pure –
quel che più interessa – nel discriminare le categorie ora ricordate».
49
«L’accordo tra più soggetti di realizzare uno o più reati è un elemento comune alla
fattispecie associativa ed a quella concorsuale, ma in tale ultima ipotesi esso deve perve-
nire alla concreta realizzazione del reato, quanto meno a livello di tentativo, secondo
quanto previsto dall’art. 115, 1º comma, c.p.; il discrimine tra la fattispecie plurisogget-
tiva e quella concorsuale non è qualificabile come rapporto di specialità, bensì deve es-
sere individuato nella necessaria qualificazione dell’accordo associativo come una strut-
tura permanente, nella quale i singoli associati divengono – ciascuno nell’ambito dei pro-
pri compiti assunti od affidati – parti di un tutto, con il fine di commettere una serie in-
determinata di delitti», così Cass. pen., sez. VI, 5 dicembre 2003, in Ced Cass., n. 228482.
Come già riferito, l’art. 450-1 del codice penale francese prevede
e punisce il reato – se vogliamo, «storico», quantomeno a livello di
denominazione, rimasta immutata dai tempi del codice napoleonico
– di associazione di malfattori1. L’elemento materiale del reato in
questione si ritiene integrato in presenza di tre requisiti:
1) un gruppo formato o un accordo stabilito anche tra sole due
persone;
2) la preparazione di uno o più crimini o di uno o più delitti pu-
niti con la reclusione non inferiore a cinque anni (com’è noto, il si-
1
In argomento, nella dottrina italiana, si veda Bernardi, La disciplina prevista nel
nuovo codice francese, in Aa.Vv., Le strategie di contrasto alla criminalità organizzata
nella prospettiva di diritto comparato, Padova, 2002, 33 ss., e, spec., 55 ss.
2
Cfr. Pradel – Danti-Juan, Droit pénal spécial, 6a ed., Parigi, 2014, 766.
3
Art. 236 (così come modificato nel 1981) – Association de malfaiteurs – «Qui-
conque aura participé à une association formée ou à une entente établie en vue de la
préparation, concrétisée par un ou plusieurs faits matériels, d’un ou de plusieurs crimes
contre les personnes ou les biens, sera puni d’un emprisonnement de cinq à dix ans et
pourra être interdit de séjour»
4
Cfr. Cour de Cassation, Chambre Criminelle, 8 luglio 2015, cit.
5
Cfr. Cour de Cassation, Chambre Criminelle, 16 maggio 2018, n. 17-81.151, in
www.dalloz.fr.
6
Art. 421-2-6 – «I. – Constitue un acte de terrorisme le fait de préparer la com-
mission d’une des infractions mentionnées au II, dès lors que la préparation de ladite
infraction est intentionnellement en relation avec une entreprise individuelle ayant pour
but de troubler gravement l’ordre public par l’intimidation ou la terreur et qu’elle est
caractérisée par:
1° Le fait de détenir, de se procurer, de tenter de se procurer ou de fabriquer des
objets ou des substances de nature à créer un danger pour autrui;
2° Et l’un des autres faits matériels suivants:
a) Recueillir des renseignements sur des lieux ou des personnes permettant de me-
ner une action dans ces lieux ou de porter atteinte à ces personnes ou exercer une sur-
veillance sur ces lieux ou ces personnes;
b) S’entraîner ou se former au maniement des armes ou à toute forme de combat,
à la fabrication ou à l’utilisation de substances explosives, incendiaires, nucléaires, ra-
diologiques, biologiques ou chimiques ou au pilotage d’aéronefs ou à la conduite de na-
vires;
c) Consulter habituellement un ou plusieurs services de communication au public
en ligne ou détenir des documents provoquant directement à la commission d’actes de
terrorisme ou en faisant l’apologie;
d) Avoir séjourné à l’étranger sur un théâtre d’opérations de groupements terrori-
stes.
II. – Le I s’applique à la préparation de la commission des infractions suivantes:
1° Soit un des actes de terrorisme mentionnés au 1° de l’article 421-1;
2° Soit un des actes de terrorisme mentionnés au 2° du même article 421-1, lorsque
l’acte préparé consiste en des destructions, dégradations ou détériorations par substan-
ces explosives ou incendiaires devant être réalisées dans des circonstances de temps ou
de lieu susceptibles d’entraîner des atteintes à l’intégrité physique d’une ou plusieurs
personnes;
3° Soit un des actes de terrorisme mentionnés à l’article 421-2 lorsque l’acte pré-
paré est susceptible d’entraîner des atteintes à l’intégrité physique d’une ou plusieurs
personnes».
7
Art. 421-2-1 – «Constitue également un acte de terrorisme le fait de participer à
un groupement formé ou à une entente établie en vue de la préparation, caractérisée
par un ou plusieurs faits matériels, d’un des actes de terrorisme mentionnés aux arti-
cles précédents» (tradotto: Costituisce ugualmente un atto di terrorismo il fatto di par-
tecipare a un gruppo formato o a un accordo stabilito per la preparazione, caratteriz-
zata da uno o più fatti materiali, di uno degli atti di terrorismo menzionati negli ar-
ticoli precedenti).
8
L’ordinanza è reperibile – così come, del resto, la successiva decisione del Con-
siglio – sul sito istituzionale www.conseil-constitutionnel.fr.
sostanze che possano creare un pericolo per gli altri; dall’altro, poi,
lo stesso soggetto agente deve aver compiuto uno dei seguenti fatti:
1) avere raccolto informazioni su luoghi o persone per svolgere
un’azione in quei luoghi o danneggiare tali persone o aver sorve-
gliato quei luoghi o quelle persone;
2) allenarsi o addestrarsi all’uso di armi o di qualsiasi forma di
combattimento, nella fabbricazione o nell’uso di sostanze esplosive,
incendiarie, nucleari, radiologiche, biologiche o chimiche o nell’eser-
cizio di aeromobili o nella conduzione di navi;
3) consultare regolarmente uno o più servizi di comunicazione
pubblica online o detenere documenti che provochino direttamente
la commissione di atti terroristici; essere rimasto all’estero in un tea-
tro di operazioni di gruppi terroristici.
Il Conseil constitutionnel, dunque – pur ammettendo che le di-
sposizioni impugnate non puniscono l’esecuzione o l’inizio dell’ese-
cuzione di un atto criminale, ma gli atti preparatori per esso –, ha
evidenziato che il legislatore ha limitato la portata del reato in que-
stione ad atti preparatori rispetto alla commissione di reati contro la
persona umana con volontà terroristica, perciò assai gravi. Il reato
punibile con la disposizione impugnata, inoltre, può ritenersi inte-
grato solo se sono stati accertati diversi fatti materiali, e se è stato
altresì acclarato che questi fatti caratterizzano la preparazione di un
reato terroristico.
Nonostante questo, sulla base di fatti materiali che possono co-
stituire un atto preparatorio, il legislatore si è riferito anche al mero
fatto di «cercare… oggetti o sostanze di natura tale da creare un pe-
ricolo per gli altri», senza definire meglio gli atti che possono costi-
tuire tale ricerca nel quadro di un’impresa terrorista individuale, e,
così facendo, ha permesso la criminalizzazione di fatti che non espri-
mono, in sé stessi, la volontà di preparare un crimine.
Conseguentemente, il Conseil constitutionnel ha ritenuto che l’e-
spressione «cercare», di cui al comma 1, del paragrafo I, dell’art. 421-
2-6 c.p., risulta chiaramente contraria al principio della necessità di
reati e sanzioni, per cui dev’essere dichiarata altresì contraria alla Co-
stituzione. Viceversa, in considerazione della peculiare gravità che,
per loro stessa natura, possiedono gli atti di terrorismo, e anche se
la disposizione impugnata punisce semplici atti preparatori alla com-
ISBN 978-88-495-3974-5 © Edizioni Scientifiche Italiane
spunti comparativi e prospettive di riforma 145
9
Come sottolineato anche dalla dottrina italiana, tuttavia «Inoltre la legge del 2014
ha introdotto due ulteriori misure fortemente liberticide: una prescrizione che impedi-
sce al soggetto ritenuto pericoloso (non colpevole) di abbandonare il territorio nazio-
nale, al di fuori di qualsiasi vaglio di quelli che noi chiameremmo «gravi indizi di col-
pevolezza»; e una prescrizione che semplifica le procedure di perquisizione e intercet-
tazione a distanza e le procedure di autorizzazione relative agli agenti infiltrati di cui
all’art. 706-87-1 sempre in deroga alle garanzie processuali previste», così Corneli,
Francia emergenza terroristica: un diritto penale del nemico?, in Osservatorio AIC, n.
1/2015.
10
Sulla legittimità costituzionale della nozione di «impresa individuale destinata a
turbare gravemente l’ordine pubblico per intimidazione o terrore», si veda già la de-
cisione del Conseil constitutionnel n. 86 del 3 settembre 1986.
11
Articolo 515 – «Son punibles las asociaciones ilícitas, teniendo tal consideración:
1.º Las que tengan por objeto cometer algún delito o, después de constituidas, pro-
muevan su comisión.
2.º Las que, aun teniendo por objeto un fin lícito, empleen medios violentos o de
alteración o control de la personalidad para su consecución.
3.º Las organizaciones de carácter paramilitar.
4.º Las que fomenten, promuevan o inciten directa o indirectamente al odio, hosti-
lidad, discriminación o violencia contra personas, grupos o asociaciones por razón de su
ideología, religión o creencias, la pertenencia de sus miembros o de alguno de ellos a
una etnia, raza o nación, su sexo, orientación sexual, situación familiar, enfermedad o
discapacidad».
12
Così Tamarit Sumalla, El derecho penal ante el fenómeno sectario, in Eguzki-
lore, 2004, n. 18, 269 ss., e, spec., 277. Nella dottrina italiana, si veda Del Re, Culti
emergenti e diritto penale, Napoli, 1982.
13
Cfr. Garcìa, Asociaciones y organizaciones criminales. Las disfunciones del art.
515.1º CP y la nueva reforma penal, in Aa.Vv., La adecuación del derecho penal
español al ordenamiento de la Unión Europea, Valencia, 2009, 725ss
14
Cfr. Ruiz Bosch, Organizaciones y grupos criminales, in Noticias Juridicas, 1
settembre 2015.
15
Contra, ma minoritari nella stessa dottrina spagnola e, comunque, prima del-
l’introduzione dell’art. 570 bis c.p., Gonzàlez Rus, Palma Herrera, Trattamento pe-
nale della criminalità organizzata nel diritto penale spagnolo, in Le strategie di con-
trasto alla criminalità organizzata nella prospettiva di diritto comparato, cit., 95 ss. e,
spec., 108-
16
Articolo 570 bis – 1. Quienes promovieren, constituyeren, organizaren, coordi-
naren o dirigieren una organización criminal serán castigados con la pena de prisión
de cuatro a ocho años si aquélla tuviere por finalidad u objeto la comisión de delitos
graves, y con la pena de prisión de tres a seis años en los demás casos; y quienes par-
ticiparen activamente en la organización, formaren parte de ella o cooperaren econó-
micamente o de cualquier otro modo con la misma serán castigados con las penas de
prisión de dos a cinco años si tuviere como fin la comisión de delitos graves, y con la
pena de prisión de uno a tres años en los demás casos (tradotto: 1. Coloro che pro-
muovono, costituiscono, organizzano, coordinano o dirigono un’organizzazione cri-
minale sono puniti con la reclusione da quattro a otto anni se ha lo scopo o l’oggetto
della commissione di reati gravi e con la pena della reclusione da tre a sei anni in al-
tri casi; coloro che partecipano attivamente all’organizzazione, ne fanno parte o coo-
perano economicamente o in qualsiasi altro modo con essa saranno puniti con la re-
clusione da due a cinque anni se ha lo scopo di commettere gravi crimini, e con la
pena di carcere da uno a tre anni negli altri casi).
A los efectos de este Código se entiende por organización criminal la agrupación
formada por más de dos personas con carácter estable o por tiempo indefinido, que de
manera concertada y coordinada se repartan diversas tareas o funciones con el fin de
cometer delitos (tradotto: Ai fini del presente Codice, si intende un’organizzazione cri-
minale come un raggruppamento formato da più di due persone con un carattere sta-
bile o per un periodo di tempo indefinito, nel quale, in modo concertato e coordi-
nato, sono assegnati a vari compiti o funzioni, allo scopo di commettere reati).
2. Las penas previstas en el número anterior se impondrán en su mitad superior
cuando la organización:
a) esté formada por un elevado número de personas.
b) disponga de armas o instrumentos peligrosos.
c) disponga de medios tecnológicos avanzados de comunicación o transporte que por
sus características resulten especialmente aptos para facilitar la ejecución de los delitos
o la impunidad de los culpables.
Si concurrieran dos o más de dichas circunstancias se impondrán las penas superio-
res en grado.
3. Se impondrán en su mitad superior las penas respectivamente previstas en este
artículo si los delitos fueren contra la vida o la integridad de las personas, la libertad,
la libertad e indemnidad sexuales o la trata de seres humanos».
17
Così Faraldo Cabana, Organizaciones criminales y asociaciones ilícitas en el có-
digo penal español, in Revista de Estudios de la Justicia, 2013, n. 19, 13 ss., e, spec.,
39.
18
Art. 8 – «Los hechos susceptibles de ser calificados con arreglo a dos o más pre-
ceptos de este Código, y no comprendidos en los artículos 73 a 77, se castigarán obser-
vando las siguientes reglas:
1.ª El precepto especial se aplicará con preferencia al general.
2.ª El precepto subsidiario se aplicará sólo en defecto del principal, ya se declare ex-
presamente dicha subsidiariedad, ya sea ésta tácitamente deducible.
3.ª El precepto penal más amplio o complejo absorberá a los que castiguen las in-
fracciones consumidas en aquél.
4.ª En defecto de los criterios anteriores, el precepto penal más grave excluirá los
que castiguen el hecho con pena menor» (in sintesi, nel caso di fatti suscettibili di qua-
lificazioni giuridiche multiple: il precetto speciale deroga al generale; la disposizione
sussidiaria, espressa o tacita, sarà applicata solo in assenza della principale; il precetto
complesso assorbe quello semplice; e, in assenza dei suddetti criteri, il precetto più
grave assorbe quelli puniti più lievemente).
19
§ 129 – Bildung krimineller Vereinigungen
(1) Mit Freiheitsstrafe bis zu fünf Jahren oder mit Geldstrafe wird bestraft, wer
eine Vereinigung gründet oder sich an einer Vereinigung als Mitglied beteiligt, deren
Zweck oder Tätigkeit auf die Begehung von Straftaten gerichtet ist, die im Höchst-
maß mit Freiheitsstrafe von mindestens zwei Jahren bedroht sind. Mit Freiheitsstrafe
bis zu drei Jahren oder mit Geldstrafe wird bestraft, wer eine solche Vereinigung un-
terstützt oder für sie um Mitglieder oder Unterstützer wirbt.
(2) Eine Vereinigung ist ein auf längere Dauer angelegter, von einer Festlegung von
Rollen der Mitglieder, der Kontinuität der Mitgliedschaft und der Ausprägung der
Struktur unabhängiger organisierter Zusammenschluss von mehr als zwei Personen zur
Verfolgung eines übergeordneten gemeinsamen Interesses.
(3) Absatz 1 ist nicht anzuwenden,
1. wenn die Vereinigung eine politische Partei ist, die das Bundesverfassungsgericht
nicht für verfassungswidrig erklärt hat,
2. wenn die Begehung von Straftaten nur ein Zweck oder eine Tätigkeit von un-
tergeordneter Bedeutung ist oder
3. soweit die Zwecke oder die Tätigkeit der Vereinigung Straftaten nach den §§ 84
bis 87 betreffen.
(4) Der Versuch, eine in Absatz 1 Satz 1 und Absatz 2 bezeichnete Vereinigung zu
gründen, ist strafbar.
(5) In besonders schweren Fällen des Absatzes 1 Satz 1 ist auf Freiheitsstrafe von
sechs Monaten bis zu fünf Jahren zu erkennen. Ein besonders schwerer Fall liegt in
der Regel vor, wenn der Täter zu den Rädelsführern oder Hintermännern der Verei-
nigung gehört. In den Fällen des Absatzes 1 Satz 1 ist auf Freiheitsstrafe von sechs
Monaten bis zu zehn Jahren zu erkennen, wenn der Zweck oder die Tätigkeit der Ve-
reinigung darauf gerichtet ist, in § 100b Absatz 2 Nummer 1 Buchstabe a, c, d, e und
g bis m, Nummer 2 bis 5 und 7 der Strafprozessordnung genannte Straftaten mit Au-
snahme der in § 100b Absatz 2 Nummer 1 Buchstabe g der Strafprozessordnung ge-
nannten Straftaten nach den §§ 239a und 239b des Strafgesetzbuches zu begehen.
(6) Das Gericht kann bei Beteiligten, deren Schuld gering und deren Mitwirkung
von untergeordneter Bedeutung ist, von einer Bestrafung nach den Absätzen 1 und 4
absehen.
(7) Das Gericht kann die Strafe nach seinem Ermessen mildern (§ 49 Abs. 2) oder
von einer Bestrafung nach diesen Vorschriften absehen, wenn der Täter
1. sich freiwillig und ernsthaft bemüht, das Fortbestehen der Vereinigung oder die
Begehung einer ihren Zielen entsprechenden Straftat zu verhindern, oder
2. freiwillig sein Wissen so rechtzeitig einer Dienststelle offenbart, daß Straftaten,
deren Planung er kennt, noch verhindert werden können; erreicht der Täter sein Ziel,
das Fortbestehen der Vereinigung zu verhindern, oder wird es ohne sein Bemühen er-
reicht, so wird er nicht bestraft.
20
Cfr Selzer, Organisierte Kriminalität als kriminelle Vereinigung – Eine kritische
Auseinandersetzung mit der Reform des § 129 StGB, in KriPoZ, n. 4/2018, 224 ss.
21
La Decisione Quadro, infatti – per definizione, visto che il c.d. terzo pilastro è
poi venuto meno –, era un atto precedente all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona,
a cui si applicavano i commi 1 e 3, dell’art. 10, del protocollo n. 36 (sulle norme tran-
sitorie) del TFUE, secondo i quali, rispettivamente:
«1. A titolo di misura transitoria e in ordine agli atti dell’Unione nel settore della
cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale adottati prima
dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona, le attribuzioni delle istituzioni alla data
di entrata in vigore di detto trattato sono le seguenti: le attribuzioni della Commis-
sione ai sensi dell’articolo 258 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea non
sono applicabili e le attribuzioni della Corte di giustizia dell’Unione europea ai sensi
del titolo VI del trattato sull’Unione europea, nella versione vigente prima dell’entrata
in vigore del trattato di Lisbona, restano invariate, anche nel caso in cui siano state
accettate in forza dell’articolo 35, paragrafo 2 di detto trattato sull’Unione europea»;
«3. In ogni caso la misura transitoria di cui al paragrafo 1 cessa di avere effetto
cinque anni dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona»
22
Reperibile sul sito istituzionale www.bmjv.de.
23
Cfr. www.dbr.de.
24
Così Insolera, L’associazione per delinquere, cit., 301.
25
«Eine Bande im Sinne der §§ 244 Abs. 1 Nr. 2, 244a Abs. 1 StGB ist der Zu-
sammenschluss von mindestens drei Personen, die sich mit dem Willen verbunden ha-
ben, künftig für eine gewisse Dauer mehrere selbständige, im Einzelnen noch ungewisse
Diebes – oder Raubtaten zu begehen (BGH – Großer Senat –, Beschluss vom 22. März
2001 – GSSt 1/00, BGHSt 46, 321; Fischer, StGB, 62. Aufl., § 244 Rn. 34 ff.). Erfor-
derlich ist eine – ausdrücklich oder konkludent getroffene – Bandenabrede, bei der das
einzelne Mitglied den Willen hat, sich mit mindestens zwei anderen Personen zur Be-
gehung von Straftaten in der Zukunft für eine gewisse Dauer zusammenzutun (BGH,
Urteil vom 14. April 2011 – 4 StR 571/10). Dabei genügt es nach der Rechtsprechung
des Bundesgerichtshofs, dass sich die Bandenmitglieder für einen überschaubaren Zei-
traum von nur wenigen Tagen zur «fortgesetzten» Begehung von Raub oder Dieb-
stahl verbunden haben (BGH, Urteil vom 9. Dezember 1992 – 3 StR 431/92, BGHR
StGB § 244 Abs. 1 Nr. 3 Bande 1). Daraus ergibt sich zugleich, dass es weder einer
«gewissen Regelmäßigkeit» noch der Absprache einer «zeitlichen Dauer» der zu be-
gehenden Straftaten bedarf (BGH, Urteil vom 11. September 1996 – 3 StR 252/96,
NStZ 1997, 90, 91). Die Beschränkung auf eine bestimmte Begehungsart (BGH, Ur-
teil vom 18. April 1978 – 1 StR 815/77, bei Holtz, MDR 1978, 624) gegen denselben
Gewahrsamsinhaber (RG, Urteil vom 18. Dezember 1923 – 4 D 875/23, JW 1924, 816
f.; NK-StGB/Kindhäuser, 4. Aufl., § 244 Rn. 39) oder nach Zeit, Ort und zu erbeu-
tenden Gegenständen (BGH, Urteil vom 29. August 1973 – 2 StR 250/73, GA 1974,
308; Fischer, aaO, § 244 Rn. 40) steht der bandenmäßigen Begehung nicht entgegen»,
così HGB, 3 giugno 2015 – 4 StR 193/15, in openjur.de.
26
«Der bloße Wille mehrerer Personen, gemeinsam Straftaten zu begehen, verbin-
det diese, solange der Wille des Einzelnen maßgeblich bleibt und die Unterordnung
unter einen Gruppenwillen unterbleibt, noch nicht zu einer kriminellen Vereinigung.
Dies gilt selbst dann, wenn eine Person als Anführer eingesetzt wird, nach dem sich
die anderen richten. Der Erfassung krimineller Erscheinungsformen dieser Art dienen
Strafbestimmungen, welche die bandenmäßige Begehung bestimmter Straftaten mit
höherer Strafe bedrohen», così BGH, 8 agosto 2006 – 5 StR 273/06, in www.hrr-stra-
frecht.de.
27
Anche per una ricostruzione storica dell’istituto, si rinvia a Papa, Conspiracy, in
Dig.pen., vol. III, Torino, 1989, 94.
28
Nonostante questo, secondo la dottrina, la conspiracy rimane un istituto affatto
controverso secondo. Cfr. Morrison, The System of Modern Criminal Conspiracy, in
Catholic University Law Review, 2014, 271 ss.
29
Cfr. Buscemi, Conspiracy: Statutory Reform Since the Model Penal Code, in Co-
lumbia Law Review, 1975, 1122ss,
30
Cfr. Packer, The Model Penal Code and beyond, in Columbia Law Review,
vol. 63, n. 4, 594 ss.
31
Section 5.03. Criminal Conspiracy.
(1) Definition of Conspiracy. A person is guilty of conspiracy with another person
or persons to commit a crime if with the purpose of promoting or facilitating its com-
mission he:
(a) agrees with such other person or persons that they or one or more of them will
engage in conduct which constitutes such crime or an attempt or solicitation to commit
such crime; or
(b) agrees to aid such other person or persons in the planning or commission of such
crime or of an attempt or solicitation to commit such crime.
(2) Scope of Conspiratorial Relationship. If a person guilty of conspiracy, as defined
by Subsection (1) of this Section, knows that a person with whom he conspires to com-
mit a crime has conspired with another person or persons to commit the same crime,
he is guilty of conspiring with such other person or persons, whether or not he knows
their identity, to commit such crime.
(3) Conspiracy With Multiple Criminal Objectives. If a person conspires to commit
a number of crimes, he is guilty of only one conspiracy so long as such multiple crimes
are the object of the same agreement or continuous conspiratorial relationship.
(4) Joinder and Venue in Conspiracy Prosecutions.
(a) Subject to the provisions of paragraph (b) of this Subsection, two or more per-
sons charged with criminal conspiracy may be prosecuted jointly if:
(i) they are charged with conspiring with one another; or
(ii) the conspiracies alleged, whether they have the same or different parties, are so
related that they constitute different aspects of a scheme of organized criminal conduct.
(b) In any joint prosecution under paragraph (a) of this Subsection:
(i) no defendant shall be charged with a conspiracy in any county [parish or di-
strict] other than one in which he entered into such conspiracy or in which an overt
act pursuant to such conspiracy was done by him or by a person with whom he con-
spired; and
(ii) neither the liability of any defendant nor the admissibility against him of evi-
dence of acts or declarations of another shall be enlarged by such joinder; and
(iii) the Court shall order a severance or take a special verdict as to any defendant
who so requests, if it deems it necessary or appropriate to promote the fair determina-
tion of his guilt or innocence, and shall take any other proper measures to protect the
fairness of the trial.
(5) Overt Act. No person may be convicted of conspiracy to commit a crime, other
than a felony of the first or second degree, unless an overt act in pursuance of such
conspiracy is alleged and proved to have been done by him or by a person with whom
he conspired.
(6) Renunciation of Criminal Purpose. It is an affirmative defense that the actor,
after conspiring to commit a crime, thwarted the success of the conspiracy, under cir-
cumstances manifesting a complete and voluntary renunciation of his criminal purpose.
(7) Duration of Conspiracy. For purposes of Section 1.06(4):
(a) conspiracy is a continuing course of conduct which terminates when the crime
or crimes which are its object are committed or the agreement that they be commit-
ted is abandoned by the defendant and by those with whom he conspired; and
(b) such abandonment is presumed if neither the defendant nor anyone with whom
he conspired does any overt act in pursuance of the conspiracy during the applicable
period of limitation; and
(c) if an individual abandons the agreement, the conspiracy is terminated as to him
only if and when he advises those with whom he conspired of his abandonment or he
informs the law enforcement authorities of the existence of the conspiracy and of his
participation therein.
32
«The Model Penal Code’s influence has not been confined to the reform of state
codes. Thousands of court opinions have cited the Model Penal Code as persuasive
authority for the interpretation of an existing statute or in the exercise of a court’s oc-
casional power to formulate a criminal law doctrine. (As is well known, while Ameri-
can courts have authority to interpret a code’s ambiguous provisions, they generally are
bound to follow what they know to be the legislative intention, and bound by inter-
pretation decisions of a higher court.) Even the Model Penal Code’s official commen-
taries have been influential. Many states have little legislative history available for their
courts to use in interpreting a state code provision. Where the state code provision was
derived from or influenced by a Model Penal Code provision, the Model Penal Co-
de’s commentary often is the best available authority on the reasoning behind the pro-
vision and its intended effect», così Robinson, Dubber, The American Model Penal
Code: a brief overview,in New Criminal Law Review, vol. 10, n.3, 2007, 319 ss., e,
spec., 327.
33
Cfr. US Supreme Court, Whitfield v. US, 543 U.S. 209 (2005), in supreme.ju-
stia.com.
34
§371 – Conspiracy to commit offense or to defraud United States.
If two or more persons conspire either to commit any offense against the United
States, or to defraud the United States, or any agency thereof in any manner or for
any purpose, and one or more of such persons do any act to effect the object of the
conspiracy, each shall be fined under this title or imprisoned not more than five years,
or both.
If, however, the offense, the commission of which is the object of the conspiracy, is
a misdemeanor only, the punishment for such conspiracy shall not exceed the maxi-
mum punishment provided for such misdemeanor.
(tradotto: Se due o più persone cospirano per commettere un reato contro gli Stati
Uniti, o per frodare gli Stati Uniti, o qualsiasi sua agenzia in qualsiasi modo o per
qualsiasi scopo, e una o più di tali persone compiono qualsiasi atto per effettuare l’og-
getto di tale cospirazione, ognuno deve essere multato ai sensi di questo titolo o im-
prigionato per non più di cinque anni, o entrambe le cose.
Se, tuttavia, il reato, la cui commissione è l’oggetto della cospirazione, è solo un
reato minore, la punizione per tale cospirazione non deve superare la pena massima
prevista per tale reato minore).
35
«In ogni caso, il fulcro dell’offesa risiede nel puro sodalizio criminoso stipulato
tra due o più soggetti il quale è ritenuto meritevole di pena, indipendentemente dal
compimento di alcun atto esecutivo anche prodromico (over act) o dalla realizzazione
di un fatto materiale esterno. (…) La possibilità contemplata dal diritto inglese di in-
criminare una persona per il solo fatto di essersi accordata con taluno allo scopo di com-
piere un fatto illecito, a prescindere poi dalla effettiva commissione dello stesso è, da
sempre, oggetto di ampie critiche», così Mancuso, Recenti tendenze di riforma del
reato di conspiracy: ai confini della responsabilità penale nel diritto inglese, in
Riv.trim.dir.pen.econ., 2009, 79 ss., e, spec., 80. Tra i contributi della dottrina italiana
dedicati specificamente all’argomento, si ricordano: Grande, Accordo criminoso e con-
spiracy, Padova, 1993; Papa, Conspiracy, in Dig.pen., vol. III, Torino, 1989, 94 ss.
36
«Criminalization of conspiracy performs two functions. The first function is that
performed by any inchoate offense the interruption of criminal activity prior to its com-
pletion. At least in theory, conspiracy subjects the defendant to criminal sanctions at a
stage earlier than any other offense, even attempt. Every criminal conspiracy is not an
attempt. One may become guilty of conspiracy long before his act has as so dange-
rously near to completion make him criminally liable for the attempted crime. The
courts rarely have stated the rationale for this early sanction, although a few com-
mentators have offered justifications for it, arguing that individuals who band together
have expressed, immediately upon their agreement, a clear intent to violate society’s
laws. Also, it is argued that when more than one person to engage in the criminal ac-
tivity, the likelihood of the accomplishment of the crime is increased. The second func-
tion is protection against group criminality; many have argued that a conspiratorial
agreement itself creates grave dangers for society that should give rise to criminal sanc-
tions», così Marcus, Conspiracy: The Criminal Agreement – in Theory and in Prac-
tice, in The Georgetown Law Journal, 1976-77, vol. 65, 924 ss., e, spec., 929.
37
Cfr. Rizzardi, La verifica probatoria delle fattispecie associative: un’analisi casi-
stica in tema di artt. 74 d.P.R: 309/1190 e 270bis, in Aa.Vv., I reati associativi: para-
digmi concettuali e materiale probatorio, cit., 215 ss.
38
Cfr. Di Berardino, Scioglimento, estinzione e liquidazione delle associazioni non
riconosciute, in Dir.fam., 1995, 63 ss.
39
Cfr. De Francesco, Associazioni segrete e militari nel diritto penale, in Dig.pen.,
vol. I, Torino, 1987, 316 ss.
40
Cfr. Gallo, Il principio di idoneità nel reato di pubblica istigazione, in Dir. pen.
proc., 1996, 1514 ss.
41
In argomento, si veda. Salcuni, La parte generale dei reati tributari, in Manna
(a cura di), Corso di diritto penale dell’impresa, 2^ ed., Milano, 2018, 675 ss., e, spec.,
724 ss.
42
In effetti, la questione ha spesso riguardato, in giurisprudenza, anche presunte
associazioni tra «grossisti» e venditori «al minuto», che si riforniscano stabilmente dal
medesimo «grossista». Per una critica, si rinvia a Rizzardi, op. cit., 220 ss.
sua attuale formulazione, che è più vicino alle tematiche del tenta-
tivo – o, se si preferisce, degli «inchoate crimes» –, rappresentando
più che altro uno strumento di anticipazione della tutela alla fase de-
gli atti preparatori, nel caso in cui il compimento di tali atti rientri
nell’accordo tra almeno due persone, senza emersione di un bene
giuridico autonomo;
il secondo, caratteristico in parte dell’ordinamento spagnolo e, so-
prattutto, di quello tedesco, che invece si sforza di intendere il reato
associativo come qualcosa di distinto da un mero accordo criminoso,
e portatore di un disvalore ulteriore, rispetto a quello dell’offesa ai
beni giuridici tutelati dai delitti-scopo dell’associazione.
Non v’è dubbio, tuttavia, che per il rispetto delle garanzie pro-
prie del diritto penale del fatto, e non dell’infedeltà all’ordinamento
e del disvalore di mera intenzione, che caratterizza il nostro sistema,
non solo costituzionale (art. 25, co. 2, Cost.), ma anche codicistico
(artt. 4943, 59 e 115 c.p.), è nelle previsioni che si ispirano al secondo
modello che si devono cercare conferme e spunti.
Sotto questo punto di vista, è interessante rilevare come, tanto nel
sistema spagnolo che in quello tedesco, vi siano disposizioni distinte,
da un lato, sulle vere e proprie associazioni criminose (§ 129 StGB
e art. 570 bis c.p. – più che art. 515 c.p.-), e, dall’altro, sulle mere
bande (§ 249 StGB) o gruppi criminali (570 ter c.p.), che invece ri-
chiamano piuttosto la tematica del concorso di persone nel reato
continuato o, per altro verso, quella dell’accordo per commettere un
delitto.
Il punto è: nella pratica, come distinguere i diversi fenomeni? Si
è illustrato come la necessità di una volontà dell’associazione distinta
da quella dei suoi singoli componenti aveva portato la giurisprudenza
tedesca ad escludere il reato associativo, nel caso di capi autoritari e
associazioni fortemente gerarchizzate (come, ad es., quelle mafiose),
e dunque di sostanziale coincidenza tra la volontà del capo e quella
dell’associazione. Si ritiene, viceversa, che in ambito criminale ciò sia
piuttosto normale, e non faccia affatto venir meno il requisito, sem-
pre elaborato dalla giurisprudenza tedesca, della «identità di gruppo».
43
Cfr. De Rosa, Reato putativo e disvalore di intenzione, in Ind. pen., 2010, 509 ss.
44
«In tema di Onlus, l’art. 10, 1º comma, lett. h), d.leg. 4 dicembre 1997 n. 460,
impone che lo statuto preveda espressamente l’effettività del diritto di voto per gli as-
sociati ed i partecipanti in relazione alla nomina degli organi direttivi, a garanzia della
democraticità dell’associazione, che costituisce condizione essenziale per potersi avvalere
delle agevolazioni tributarie (nella specie, la suprema corte ha ritenuto che la previ-
sione statutaria di due membri di diritto nel consiglio di amministrazione dell’Onlus e
la conseguente accertata impossibilità, da parte di tale organo, di adottare decisioni in
mancanza del voto di almeno uno di tali membri violasse il principio di democraticità
di cui all’art. 10 citato d.leg. n. 460 del 1997)», così Cass. civ., sez. trib., 24 ottobre
2014, n. 22644, in Ma ss., 2014, 792.
45
«Il reato di associazione per delinquere armata non costituisce delitto autonomo
rispetto a quello di associazione mafiosa di cui al 3º comma dell’art. 416 bis c.p.: come
risulta infatti dal successivo 5º comma, la fattispecie incriminatrice di associazione ar-
mata si distingue dal reato base esclusivamente per l’elemento accessorio ed accidentale
della disponibilità, da parte degli associati, di armi e materie esplodenti per il conse-
guimento dei fini del sodalizio criminoso», così Cass. pen., sez. II, 17 ottobre 1995, in
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LA BUONA STAMPA
Vito Plantamura è professore associato di diritto penale presso il Dipartimento di Scienze Poli-
tiche dell’Università di Bari; dottore di ricerca, assegnista di ricerca e vincitore – per l’area socio-
giuridica – del premio “giovani ricercatori”, presso l’Università di Foggia, è autore di numerosi
articoli su riviste di fascia A, di molteplici contributi in prestigiosi volumi, e di tre precedenti mo-
nografie: Diritto penale e tutela dell’ambiente: tra responsabilità individuali e degli enti, Bari, 2007;
L’omicidio preterintenzionale, anche come species del genus omicidio improvviso, Pisa, 2016; Do-
micilio e diritto penale nella società post-industriale, 2017.
In copertina:
Asger Jorn, Komposition, 1960
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