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Amarante Alfonso V.
Coscienza e Legge
nei secoli (XVII-XIX)
Appunti ad uso degli studenti
ROMA
Introduzione
La riflessione morale che si sviluppa nel XVII secolo, intorno al
dibattito tra coscienza e legge, ha gettato le basi per lo sviluppo del pensiero
morale attuale. Il corso intende sviluppare le grandi linee di riflessione
morale, tenendo presente lambiente sociale e religioso, partendo dal lassismo
fino ad arrivare al rinnovamento teologico, risalente agli inizi del Novecento.
I manuali di morale, per esempio, dal XVII al XX secolo e nonostante
le differenze tra le varie scuole, si attengono alle medesime basi ed alla stessa
struttura adottata nella compilazione della morale fondamentale e, cio, ai
quattro trattati sugli atti umani, sulla coscienza e sui peccati. Alcuni manuali
modificano lordine dei trattati, altri, per restare fedeli a San Tommaso, vi
aggiungono un trattato sulle virt ed altri, invece, collocano, allinizio un
trattato sul fine ultimo. Queste aggiunte e tali cambiamenti, tuttavia, si sono
prodotti soprattutto nel nostro secolo e, pur essendo rispettabili, non cambiano
la struttura e la logica della morale classica:
Si potrebbe presentare la morale dei manuali come un edificio fondato
su quattro basi: latto umano o libero, la legge, la coscienza e i peccati,
e fornito di due colonne, i comandamenti di Dio e i precetti della
Chiesa, dai quali derivano gli obblighi che costituiscono lambito della
morale e ne formano come larredamento. Il tetto sar costituito dalla
giustizia, virt della legge, o dallonest che, come dice Suarez, corona
ledificio e lo conserva con la forza dellobbligo. []. Libert e legge,
coscienza e atto umano o caso di coscienza, il tutto concentrato
nellobbligo, ecco ci che fa lessenza della morale dei manuali e ne
forma latomo costitutivo. Tutta la moralit proceder da l e sar
trattata in conformit1.
La libert alla base del trattato sugli atti umani, i quali sono
propriamente gli atti liberi. Essa concepita come libert di indifferenza,
ossia potere di scegliere tra contrari, in primo luogo a favore o contro legge e
le sue prescrizioni.
La legge viene studiata nel trattato sulle leggi che occupa un posto
centrale in tutta la morale e ne determina la divisione in base ai
comandamenti.
La coscienza viene esaminata a parte e rappresenta una novit rispetto
al periodo precedente. Il trattato sulla coscienza una novit della morale
casistica che lha introdotta nella morale fondamentale, collocandola in primo
1
piano. La coscienza non pi intesa come una virt, al pari della prudenza, la
quale si forma e si perfeziona con lesercizio. Essa , nel soggetto, come una
facolt intermediaria tra la legge e la libert con gli atti che derivano da essa.
La coscienza ha, propriamente, la funzione di giudice. Gli atti umani, cos,
diventano dei casi di coscienza con unattenzione speciale per i casi dubbiosi,
nei quali pi difficile distinguere quello che appartiene alla legge e quello
che riguarda la libert. Lintervento precipuo del moralista
sar quello di aiutare la coscienza in queste funzioni: informarla sulla
legge e illuminarla per ci che riguarda linterpretazione e
lapplicazione della legge agli atti umani. Il problema cruciale dei
moralisti sar la soluzione dei casi dubbi, e questo sar il punctum
dolens della controversia sul probabilismo2.
Ivi, p. 321.
Ivi, p. 324.
legge, che evita il pericolo di infrangerla. Gli estremi sono costituiti dal
lassismo, che la tentazione cui va soggetto il probabilismo, e il
rigorismo, che il suo opposto4.
Ivi, p. 326.
Ivi.
Ivi, p. 329.
Oggi, infatti, tutti i termini della morale, quali libert, legge, coscienza,
prudenza, virt, giustizia, ecc., subiscono un cambiamento radicale. Il loro
significato stravolto anche se la definizione rimane immutata nel lessico. Il
compito del moralista contemporaneo molto complesso. Egli deve riflettere
sui fondamenti stessi della morale, pervenendo a diverse conclusioni.
1.
rivolte, divampate soprattutto intorno alla met del secolo. Non possiamo
neanche trascurare i conflitti esplosi in questo periodo come la guerra dei
Trentanni (1618-1648). Essa, cominciata in Boemia, si estende ben presto a
tutta lEuropa: la Germania, la Danimarca, la Svezia ed, infine, la Francia vi
prendono parte. Essa coincide con la lunga lotta che oppone le Provincie
Unite dei Paesi Bassi alla Spagna. Nel 1648, il trattato di Munster pone fine
alla guerra: la supremazia asburgica frantumata ed inizia il predominio
francese. La Svezia e lOlanda, dal loro canto, entrano fra le grandi potenze.
Dal 1648 al 1652, inoltre, la Francia lacerata dalle guerre civili. I
principi e il parlamento fanno lega contro il potere regale.
Dal 1667, cominciano le guerre di Luigi XIV, prima contro la Spagna e
poi contro le Provincie Unite dei Paesi Bassi. Esse si concluderanno, nel
1678, con la pace di Nimega. Nel 1688, Luigi XIV ricomincia la guerra: tutte,
o quasi tutte, le nazioni europee vi prendono parte. Essa termina solo nel
1697, con il trattato di Rijswijk.
Nel Seicento, poi, si assiste al susseguirsi di numerose trasformazioni
nellambito del colonialismo, secondo un processo in cui confluiscono attivit
mercantili, interessi militari e finanziari degli Stati, nonch fenomeni di
emigrazione dovuti a motivi politici, economici e religiosi. Protagonisti del
nuovo sviluppo sono i Francesi, gli Inglesi e gli Olandesi, i cui imperi
coloniali sorgono grazie alliniziativa delle grandi Compagnie commerciali.
Esse ricevono dai rispettivi governi il monopolio su determinati prodotti (per
lo pi merci pregiate) ma anche lautorizzazione a condurre una politica
pressoch autonoma, come il diritto di dichiarare guerra, stipulare trattati o
assumere la sovranit su territori controllati. Il Seicento, in ultima analisi, pu
essere considerato un secolo pieno di contraddizioni, le quali investono anche
la vita della Chiesa.
1.
Nel corso del Seicento, lassolutismo regio lotta per imporsi sui grandi
feudatari e sul Parlamento e neanche la Chiesa pu sfuggire a tale intento. Tra
le conseguenze dellassolutismo abbiamo la costituzione di Chiese nazionali
protette, anzi controllate dallo Stato. Il re, infatti, ha il diritto di controllare
lunit della Chiesa e di intervenire contro ogni tentativo di scisma, eresia o
apostasia. Inoltre, sorveglia e limita le relazioni tra la Santa Sede e le Chiese
locali. Controlla anche linsegnamento religioso, istituisce o sopprime gli
Ordini religiosi. Su tutte le decisioni ecclesiastiche, dei Concili, dei Papi o dei
XVII secolo in Francia. Emerge, per, una lunga serie di mistici che si
propongono di vivere un cristianesimo interiore.
2.
Ivi.
Ivi, p. 360.
10
Ivi.
1.
Nella prima met del XVII secolo, parecchi teologi propongono come
sicure delle opinioni che, invece, risultano essere molto dubbie o probabili
solamente in apparenza. In questo modo, rilassavano le regole di
unautentica vita cristiana:
Forse, per, non si pu ritenere il lassismo come un sistema di morale
propriamente detto, in quanto talora lo si riscontra presso autori che
possono essere considerati equilibrati, e opinioni lasse si trovano
anche in autori appartenenti a scuole molto diverse11.
Bisogna, per, dire che varie sono le cause del lassismo e, innanzitutto,
non pu essere trascurato il metodo casuistico con cui si affronta la morale:
Se si concepisce il rapporto della coscienza verso la norma morale sul
modello dellatteggiamento che solitamente si assume verso la legge
umana, allora o ci si sforza di proteggere la libert personale dalla
costrizione della legge, oppure si va alla ricerca dei limiti inferiori
dellobbligo, col rischio di mancare di fedelt allideale evangelico12.
12
Ivi.
13
Ivi, p. 373.
10
erronea, la quale giudica lecito quello che non lo o proibito sub levi quello
che sub gravi.
Se nella sapienza scettica non ci sono ragioni imponentesi sulle
passioni (e viceversa), nel lassismo si giudica invece con chiarezza che sono
le passioni a doversi imporre sulla ragione. Il lassista giudica esattamente che
il bene lo sfogo indeterminato e piacevole di ogni propria passione: questa
la verit delluomo e ci per cui conviene vivere. Istinti, passioni, sentimenti,
vanno lasciati liberi di muoversi, e luomo deve seguire la loro selvaggia
natura, abbandonarsi al loro sfrenato appagamento.
Luomo dalla coscienza lassa deve, per, essere distinto dal peccatore
che trasgredisce, consapevolmente, la legge e se ne assume la responsabilit.
Egli deve essere anche considerato diverso dalluomo che possiede la
coscienza larga e capace di giudicare su delle buone ragioni che, in questo o
in quel caso, non sono vincolati dalla legge, bench le ragioni in favore della
legge siano egualmente o perfino pi forti. La coscienza lassa pu essere
erronea in modo vincibile o invincibile. Una simile attitudine si riscontra tra
gli individui di tutti i tempi e non , certamente, una caratteristica peculiare
del XVII secolo. Il Lassismo, a differenza di altri sistemi, non un sistema
morale complessivo e accettato in tutte le sue errate estrinsecazioni proprio
perch le proposizioni lassiste condannate sono state difese da vari teologi
non globalmente ma da scuole differenti e da scrittori diversi.
Questi ultimi sono preoccupati di conciliare, il pi possibile, i
pregiudizi mondani della loro et con lo spirito del Vangelo e tendenti a
superare quel giusto equilibrio che la casistica pone tra la scelta per la libert
o per la legge. Il lassismo pu essere, cos, definito come un laxus opinandi
modus in virt del quale molti teologi del secolo XVII propongono come
sicure, allinterno della morale cattolica, opinioni alquanto dubbie e probabili
solo in apparenza. Bisogna anche aggiungere che molte formulazioni lassiste
non sono accettate, completamente, da tutti i teologi lassisti ed, inoltre, non
possono essere ritenuti lassisti alcuni scrittori che, in alcuni punti, hanno
espresso proposizioni rilassate. Esse evidenziano, particolarmente, il distacco
dalla morale cristiana e dallo stesso Decalogo. Il precetto di amare Dio
minimizzato dai dottori lassisti e alcuni sostengono che bisogna amarlo solo
in articulo mortis. I lassisti trattano, con la medesima superficialit, la carit
verso il prossimo, la liceit dellomicidio e dellaborto. Proprio in merito a
tale questione:
il Busenbaum sostiene che se la madre sta per morire e il feto
inanimato, lecito laborto. Francesco Verde, Regio Professore di Sacri
Canoni nel Ginnasio di Napoli, pi esplicito: per lui lecito procurare
laborto per la salvezza della madre, egli accetta pure la teoria secondo la
11
quale una ragazza pu procurare laborto del feto inanimato per evitare un
discrimen grave vitae o famae.
I lassisti, per, dimostrano uneccessiva tolleranza riguardo alla liceit
dei duelli: Una proposizione del Layman, difesa in sostanza dal Moya,
difatti quella sostenente la liceit del duellare per difendere lonore. Il
Sanchez, dal canto suo, aveva sostenuto laccettazione del duello per salvare
la vita14. Possiamo, per, affermare, senza ombra di dubbio, che largomento
pi delicato trattato dai lassisti quello sessuale:
Naturalmente laccusa di morbosa compiacenza rivolta ai trattatisti di
simili problemi non regge storicamente: un medico delle anime che
tratta simili questioni deve pure entrare in particolari scabrosi. Quello
che qui interessa invece accennare fino a qual punto i teologi a
tendenza rilassata del secolo XVII abbiano superato i limiti della
purezza cristiana nel distinguere il lecito dallillecito. E sicuramente la
proposizione che dest pi scandalo (e che fu poi condannata) quella
che ammette parit di materia nella dilettazione venerea colpevole15.
14
Ivi, p. 33.
15
Ivi, p. 34.
16
Ivi, p. 35.
12
1.
Autori lassisti
13
14
2.
Reazione antilassista
15
16
2.
Il molinismo una corrente teologica che sispira alle dottrine del gesuita spagnolo
Luis de Molina (1536-1600), autore della Concordia liberi arbitrii cum gratiae donis,
divina praescientia, providentia, praedestinatione e reprobatione (1588). Il molinismo
tenta di conciliare lonnipotenza della volont e della grazia divina con la libert umana e
luniversalit della grazia stessa, ricorrendo al concetto di scienza media. Dio non
conosce soltanto, nella sua stessa essenza, le pure necessit o possibilit delle cose (scienza
naturale, di semplice intelligenza); Dio non conosce soltanto, nella sua volont, tutto
quanto egli determina con la propria libert (scienza libera); Dio conosce altres quelle
libere decisioni che non saranno mai prese date le condizioni che si verificheranno, ma che
verrebbero prese realmente in condizioni diverse (scienza media). Il molinismo, inoltre,
considera che la libert umana non n distrutta n ferita dal peccato originale, per cui
essa resta capace ancora di credere, sperare, amare. Affinch gli atti della libert umana
diventino capaci di salvezza, occorre per la grazia soprannaturale che li eleva, conferendo
a essi non lesistenza ma la qualit salvifica. A questo proposito, Molina distingue tra
grazia sufficiente che mette la volont in grado di scegliere unazione salutare e grazia
efficace che permette il concreto effettuarsi dellazione. Cf. Enciclopedia Garzanti di
Filosofia, Garzanti Editore, Milano 1993, pp. 750-751.
17
18
1.
19
2.
Saint-Cyran
20
3.
21
Insiste sul fatto che il peccato accade sempre a causa della nostra volont ma
nota lazione di Dio sulla nostra volont. Bench determinata dalla grazia, la
nostra volont agisce sempre liberamente, quando lo fa con piena coscienza e
perfetto consenso. In relazione alla V proposizione di Giansenio afferma che
Cristo morto per tutti gli uomini. In questo modo, evidenziata la
misericordia di Dio verso le creature.
Riguardo ala Chiesa, Saint-Cyran esalta quella spirituale, di coloro che
servono Dio nella perfezione della vera fede e dellunione di carit, senza
lintervento della gerarchia. In questo modo egli loda specialmente i primi
secoli della Chiesa. Egli riceve le accuse pi radicali in merito alla sue
considerazioni sulla penitenza e sulleucaristia. Secondo il Concilio di Trento,
per ricevere lassoluzione bisogna avere nel nostro cuore un inizio di amore
per Dio formato dallo Spirito Santo ma Saint-Cyran accetta lattrizionismo
come probabile. Insiste sulle tappe della giustificazione: timore servile,
amore, contrizione perfetta e per lui la confessione linizio di una vita
religiosa, buona e definitiva. Non si deve ricadere sempre negli stessi peccati
ma bisogna guarire a fondo lanima. questo anche il motivo per cui insiste
sulla dilazione dellassoluzione, secondo lesempio di san Carlo Borromeo.
Questa dottrina della dilazione dellassoluzione ha un influsso straordinario in
Francia, tramite A. Arnauld e il suo libro: De la frequente communion. Il
nostro impone ai suoi penitenti un distacco dal mondo e anche dai sacramenti
per pervenire, poi, alla conversione definitiva. Questo distacco dalla penitenza
e dalla comunione per una pena e deve essere finalizzata alla perfezione
cristiana.
4.
Antoine Arnauld
Antoine Arnauld nasce a Parigi nel 1612 e studia prima diritto, poi
teologia su consiglio di Saint-Cyran, seguendo lo spirito di santAgostino. Nel
1641, diventa dottore in teologia alla Sorbona ed ordinato sacerdote. Dopo
la morte di Saint-Cyran diviene lanima del giansenismo, elaborando la
celebre distinzione di diritto e di fatto, circa le cinque proposizioni
condannate da Roma. Di fatto, le cinque proposizioni non si trovano
nellAugustinus e non sono di Giansenio.
Di diritto, non si pu esigere dai cattolici, che hanno letto lAugustinus
e non hanno trovato le cinque proposizioni, pi di un assenso puramente
esterno e di un silenzio rispettoso. Questo lo esprime nella sua Lettera: Lettre
a un Duc et Pair. Formula, in questo modo, la teoria del silenzio rispettoso
22
1.
23
coloro i quali vogliono salvare i filosofi antichi che non hanno conosciuto
la persona di Cristo. Il rifiuto dei filosofi antichi, per lui, viene dal fatto che la
virt dei filosofi non procede dallamore di Dio ma dallamore di s. Il loro
insegnamento, dunque, non pu essere privo di orgoglio, di quel medesimo
orgoglio che ha condotto Adamo alla disobbedienza.
Queste idee di Arnauld si diffondono nei suoi scritti, spesso polemici,
poich cercano di controbattere le opinioni che si diffondono. In genere,
lavversario sempre un gesuita in quanto egli convinto che, allinterno
dellistituzione ecclesiastica e della fede cattolica in genere, lo spirito dei
gesuiti coincide con lorgoglio e lappetito dei beni terreni. I gesuiti parlano di
Dio ma, in concreto, sono animati dalla devozione di se stessi. Alla base del
ragionamento di Arnauld, rimane sempre la considerazione delluomo
decaduto dopo il peccato originale. Egli convinto che il fine dei casisti non
conoscere il proprio dovere bens fare ci che desiderano.
2.
24
3.
25
26
5.
27
1.
28
2.
21
29
30
31
1.
32
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3.
34
35
Il probabilismo
4.
24
36
37
38
39
40
6.
Il probabiliorismo
41
1.
Manuale thomistarum;
La dottrina morale
1.
42
2.
La dottrina morale
3.
43
Altri autori
4.
Tra gli autori che scrivono sulla questione del probabilismo troviamo
ancora
Domenico de Marinis, Exspositio commentaria in
secundam partem Summae, doctoris angelici S. Thamae, Lione
1663. Egli sostiene di non voler parlare sulla questione del
probabilismo, perch altri lo hanno fatto gi in modo esauriente.
Offre alcuni consigli agli studenti: nei problemi morali meglio
leggere gli autori antichi piuttosto che i nuovi. Nelle cose morali,
necessario ricercare la certezza morale che propria delle cose
morali, e non la certezza matematica.
2.
44
45
1.
25
46
47
1755.
Praxis confessarii ad bene excipiendas confessiones, Roma
1757; ed. critica a P. Blanc, Roma 1912.
1.
48
che una legge non veramente dubbia se non quando le opinioni pro o contro
abbiano una probabilit sensibilmente uguale.
Il sistema si articola in tre principi:
il primato della verit;
49
quanto la morale un caos che non finisce mai. Questa diversa prospettiva di
intendere la morale strettamente legata alla sua esperienza missionaria:
Innanzi tutto egli vuole trasmettere il frutto della sua esperienza
missionaria in mezzo al popolo. Al Cristo proposto dai giansenisti, che
sembrava quasi sconfitto nella sua opera di salvezza, s. Alfonso oppose
un Redentore la cui efficacia redentrice copiosa (copiosa apud eum
redemptio, il motto della sua congregazione)27.
28
Ivi.
29
Ivi, p. 403.
50
bene ai suoi scopi pratici e cio: la regola degli atti umani, i precetti delle
virt teologali, i precetti del decalogo e della Chiesa, i precetti particolari, il
modo di conoscere e discernere i peccati, i sacramenti, le censure
ecclesiastiche e le irregolarit. La grandezza di Alfonso va ricercata nel
contenuto della sua teologia morale:
in esso-distribuito secondo un piano non originale e piuttosto
modesto-si avverte chiaramente lispirazione della pi pura morale
cristiana, cio una morale intesa come pratica della carit: la scienza
morale deve essere la verit che conduce la persona umana al bene e
alla salvezza alla quale chiamata30.
30
ivi, p.404
51
32
33
Ivi, 721.
52
3.
1.
35
36
53
39
4012
Ibid., col. 8.
54
distinzione, dal 1762, diventa un punto cardine del suo pensiero in difesa
della probabilit in sede di coscienza.
2.
3.
41
Cf. D. Capone, La proposta op. cit., 16. Cf. S. Alfonso, Theologia Moralis, Napoli
1753 , t. I, n 75, 76, 82, col. 28-29.
2
43
44
45
Cf. ibid., n. 7 col 2a. Cf. D. Capone, La proposta op. cit., 16.
55
Ibid., 26.
48
Cf. S. Alfonso, Theologia Moralis, Roma 17573, t. I, n. 51, 58, col 11.
49
50
51
52
56
promulgazione della legge, sia come legge sia come obbligante, esige che la
probabiliorit sia tale da porsi nel soggetto come argomento convincente53.
4.
Nel 1755, il Santo pubblica un libro dal titolo Pratica del confessore54 e
nel 1757 un compendio alla Theologia Morali,s intitolato Istruzione e pratica
per li confessori55. In essa ricopre molta importanza un paragrafo dal titolo
Della coscienza probabile.
In questopera, il Santo per la prima volta enuncia il principio di
flessibilit delle regole di casistica che propone come principio ultimo della
sua dottrina sulla dialettica delle probabilit56. Questo principio ha come base
che lultima parola sulla verit morale della scelta in situazione data dalla
prudenza, che deve assumere come principio e valore supremo di verit e
quindi di probabilit l'esigenza della persona di vivere nella grazia, cio nel
Cristo
Questo principio conferisce carattere sintetico e prudenziale a tutta la
Theologia Moralis alfonsiana ed al suo sistema morale.
53
Ibid., 23.
54
S. Alfonso, Pratica del confessore per ben esercitare il suo ministero, Napoli, ed.
De Simone, 1755. Cfr. Tomo II, della Theologia Moralis (seconda edizione), n 9. Dal
1757 sar pubblicata in latino con il titolo Praxis confessarii ad bene excipiendas. Ad
instructionem tyrorum onfessariorum, auctore []. Opus Parochis, Confessariis,
caeterisque ecclesiastiicis viris apprime utile, in hac novissima editione ab Auctore
recognitum, et pluribus additamentis locupletatum. Questo libro a partire dalla terza
edizione della Theologia Moralis, verr sempre inserito in essa.
55
S. Alfonso, Istruzione e pratica per li confessori. Opera del []. Colle Avvertenze
delle Dottrine pi notabili sopra tutti i Trattati della Teologia Morale, ricavate e ristrette
dallOpera grande dello stesso Autore. In fine si aggiungono quattro Appendici: I. Della
Guida delle anime spirituali. II. Dellassistenza amoribondi. III. DellEsame degli
Ordinandi. IV. Degli Avvertimenti pi importanti aConfessori e Parochi colla pratica
dellOrazione mentale. Tomo Primo, in cui si contengono le Avvertenze intorno aTrattati
della Coscienza, delle Leggi, degli Atti umani, ed intorno aPrecetti del Decalogo e della
Chiesa, e degli Stati particolari, cio Religioso, Ecclesiastico, e Laicale. Tomo Secondo, in
cui si sontengono le Avvertenze intorno aSagramenti, ed alle Censure, ed Irregolarit.
Tomo Terzo, in cui si contiene la notizia di tutti i Privilegi e Facolt che hanno gli
Ecclesiastici, e specialmente i Vescovi, ed i Religiosi; e la Pratica come debba portarsi il
Confessore coPeccatori, e codiversi generi di Persone. In fine si aggiungono quattro
Appendici []. Napoli 1757.
56
57
5.
G. V. Patuzzi, Trattato della regola prossima delle azioni umane nella scelta delle
opinioni, Napoli 1758.
58
Ibid., 32.
59
Ibid., 33.
60
61
58
6.
Cf. ibid.
64
65
66
59
7.
68
Cf. S. Alfonso, Theologia Moralis, Roma 17676, t. I, n. 52, 53, 54, col. 10-11.
69
D. Capone, La proposta op. cit.. Cf. S. Alfonso, Theologia Moralis, Roma 17676, t
I, 121.
70
71
72
Ibid., 123.
60
73
75
76
77
78
Cf. Lettere, III, 386, 387-388, 389, 415, 420, 430, 432, 434, 436, 453, 461.
79
Cf. ibid., 319, 432. Il santo fece togliere laffermazione sul diritto dei Concili e del
Papa di imporre tributi quando occorrevano per il bene spirituale. Si legge nella lettera al
Remondini: nei tempi correnti, una dottrina esecrabile presso i realisti; e se leggono in
Francia e anche in Spagna al presente questa proposizione, certamente il libro lo faranno
bruciare. Un altro problema erano quattro proposizione che il duca di Bovino aveva
affermato che erano condannabili, il santo fece di tutto per conoscerle. Cf. ibid., 320-321.
61
8.
Cf. ibid., 314, 317, 362. Queste proposizioni si trovano nella settima edizione delle
Teologia Morale al libro III, trattato 4, n. 380.
81
82
83
84
85
86
Cf. ibid., 168. Cf. AGHR, Roma, in Fr. Kuntz, Commentaria, IX, 25, 33.
62
9.
Il Santo pur essendo ancora vivo, non partecipa in alcun modo alla
redazione di questa nona edizione. Nel 1785, Alfonso ha 89 anni.
Il testo identico allottava edizione; le uniche novit sono il formato
in quarto e il ritratto dellautore. Viene cambiato lanno sul frontespizio e
vengono soppresse nellannuncio dallepitome del Mansi le parole nunc
primus ab eodem auctore plurimis additamentis illustrata et plurimis in locis
correcta. Lelenco delle preposizioni riformate viene collocato alla fine del
terzo tomo, prima della Praxis confessarii88.
87
Ibid.
88
63
4.
I, 3-70
I, 71-291
I, 295-311
I, 313-314
I, 315-365
I, 369-437
I, 439-544
I, 545-620
I, 621-707
II, 3-354
II, 355-440
II, 443-686
II, 689-703
II, 705-767
III, 3-73
III, 75-170
III, 171-414
III, 419-716
III, 718-825
IV, 3-266
IV, 271-515
64
Cap. 5: Lirregolarit
65
1.
89
66
67
Valetudinis causa vel propter alios fines: per prima cosa SantAlfonso
afferma che praticare latto coniugale per il solo piacere certamente illecito.
soltanto un peccato veniale, perch ottenere piacere dallatto coniugale non
proibito sui mortali, e luomo non vi mette il suo fine ultimo. Fare latto
coniugale per il piacere pu esser completamente non peccaminoso se non si
esclude la procreazione. In merito allamore in relazione al matrimonio,
Alfonso si pone la questione se sia lecito chiedere o rendere il debito
coniugale per favorire lamore, anche quando possa derivarne un grave
pericolo per la salute. Al quesito Alfonso risponde affermativamente.
Per completare la dottrina di SantAlfonso sul matrimonio esaminiamo
alcuni problemi di casistica matrimoniale.
Una questione che nel secolo scorso ha suscitato tutta una serie di
controversie riguarda la liceit per la donna di chiedere il debito coniugale al
proprio marito, anzi chiedere, quando conosce la buona disposizione del
partner, di interrompere il coito e di lasciare che il seme vada perduto.
Secondo SantAlfonso pare pi probabile che la donna non solo pu rendere il
debito ma lo deve. Quando laltra parte pecca nel suo modo di agire, non per
questo perde il diritto alla richiesta del debito. Qui la donna non collabora ad
un atto cattivo, poich non contribuisce assolutamente alla perdita del seme,
ma collabora soltanto ad iniziare un atto in s lecito. Nelle medesime
circostanze una donna pu chiedere il debito coniugale, quando ha ragioni
valide per farlo.
A proposito della copula dimidiata, SantAlfonso ritiene che non si
tratta di colpa mortale, se gli sposi sono daccordo per unirsi senza che vi sia
effusione di seme e sono moralmente certi di potersi controllare evitando
pericoli di polluzione.
SantAlfonso si chiede se la donna possiede anche un semen e se la
seminatio della donna necessaria per la procreazione, se lorgasmo
femminile apporta cio un contributo valido al concepimento.
Nellantichit e nella teologia cattolica fino alle ultime scoperte, si
crede che il seme delluomo lunico elemento attivo della procreazione,
essendo la donna soltanto passiva, un ricettacolo. Altri autori, in numero
minore, insegnano che anche la donna contribuisce attivamente alla
procreazione. La conseguenza di questo secondo modo di vedere che
68
69
2.
70
1.
90
71
Senza lamore di Dio non c buona opera che sia gradita a Lui o
meritevole.
72
2.
73
3.
La morale Kantiana
Cfr. Kant, Critica della ragion pratica, BUL, Bari 1991, p. 30.
74
75
riferimento a una regola e a una autorit interiore, non si identifica con uno
specifico tipo di azioni e assume sempre il carattere delluniversalit, cio
deve valere per tutti gli esseri umani dotati di ragione. Kant afferma che:
Ora la coscienza di un assoggettamento libero della volont alla legge,
legata tuttavia con una coercizione inevitabile che vien fatta a tutte le
inclinazioni, ma solo mediante la propria ragione, il rispetto alla
legge. La legge, che esige, e anche ispira, questo rispetto, , come si
vede, niente altro che la legge morale []. Lazione che, secondo
questa legge, con esclusione di tutti i motivi determinanti che derivano
dallinclinazione, oggettivamente pratica, si chiama dovere; il quale,
per questa esclusione, contiene nel suo concetto un costringimento
pratico, cio una determinazione alle azioni, per quanto mal volentieri
esse avvengano93.
Gli imperativi
1.
76
2.
77
3.
78
aspirare. Essa, comunque, non il sommo bene, cio quel bene intero e
perfetto che riunisce in s la virt e la felicit. Eppure, chi pi del virtuoso
potrebbe essere degno della felicit? Si riscontra, cos, un radicale dualismo
fra virt e felicit; tra un agire fondato unicamente sul rispetto della legge e la
possibilit di essere felice. Anzi, proprio chi meriterebbe di pi la felicit e
cio il virtuoso deve condurre spesso una vita di rinunce, di sacrifici, di lotte.
Di qui la necessit di superare tale opposizione e di rendere possibile la sintesi
tra virt e felicit. Tale possibilit consentita dai postulati della ragion
pratica94. Essi, per Kant, sono la libert, limmortalit dellanima e lesistenza
di Dio e sono le condizioni necessarie per garantire al virtuoso la felicit.
Limmortalit dellanima un postulato in quanto una condizione per
essere degni della felicit. La conformit completa della volont con la legge
morale richiede, infatti, in progresso allinfinito. necessario, quindi, che
lesistenza dellessere razionale continui allinfinto ovvero che lanima sia
immortale. Dio qualcosa di pi: garanzia della speranza e della prospettiva
del sommo bene perch proprio dio permette di dare, a tutti coloro che ne
sono degni, la felicit. Anche se sul piano conoscitivo non possibile provare
lesistenza di Dio, nellinteriorit della coscienza morale troviamo il
fondamento e la certezza soggettiva di tale esistenza.
Con il postulato dellesistenza di Dio, Kant non muta i termini del
problema morale, non rinuncia, cio, allautonomia della morale a favore
della fede. Qualora, infatti, i contenuti della morale venissero affidati alla
certezza oggettiva dellesistenza di Dio, ne deriverebbe che Dio e leternit, ci
starebbero continuamente davanti agli occhi. Lazione morale, quindi, sarebbe
perseguita per paura e non nella libert. Questultima , dunque,
indispensabile sul piano pratico. Solo la vita morale riesce a cogliere la cosa
in s (il noumeno) e, quindi essa si pone in uno stato privilegiato rispetto
allattivit conoscitiva che pu soltanto pensare il noumeno. A tal proposito,
Kant parla di un primato della ragion pratica.
4.
79
allagire cattivo. Una tale inclinazione, affermata dalla dottrina cristiana del
peccato originale, secondo lui, insita in ogni uomo. Luomo, cio, incapace
di erigere le proprie massime di condotta sulla legge universale della natura.
Luomo subordina allamor proprio il rispetto dovuto alla legge ed abusa della
sua libert avendo massime contrarie alla legge morale. Luomo pu
redimersi, pu rendersi gradito a Dio solo attraverso una fede pratica in
Cristo. Noi possiamo credere di realizzare in noi lideale di perfezione che il
figlio di Dio incarna. importante che lidea di questo uomo divino abbia una
realt oggettiva nella nostra ragione morale legislatrice. Il male radicale
daltra parte, appare a prima vista impensabile nel quadro di una concezione
che intende lagire morale conforme alla ragione.
In Kant, dunque, ritorna la difficolt connessa alla pregiudiziale
resistenza di tutto il pensiero illuminista ad ammettere un rilievo della storia
in relazione alla conoscenza morale. Per il filosofo il male presente,
nelluomo, sin dalle origini:
Viene qui dunque riconosciuta la necessit che lorigine del male
morale sia rappresentata nella forma del cominciamento nel tempo.
Laccoglienza del metodo impiegato a tale riguardo dalla Scrittura
rimanda per sua natura al problema teorico di carattere pi generale:
occorre pensare la necessaria mediazione pratica dellevidenza morale
delluomo; proprio perch pratica, quella mediazione necessariamente
anche storica. Un ripensamento generale di questo genere non
prodotto da Kant; la dottrina del male radicale rimane infilata come una
spina estranea nel progetto di una religione nei limiti della sola
ragione95.
80
forme della coscienza morale non possono in alcun modo essere risolte
nelle forme oggettive del costume96.
Per quanto riguarda la Chiesa, essa non altro che una societ rivolta a
promuovere la moralit per luomo il quale non pu esistere isolatamente ma
integrato in un corpo sociale. Tale societ di spiriti deve essere una per tutti
come una la legge morale. Questa societ la Chiesa invisibile che accoglie
tutti gli uomini di buona volont. Se questa Chiesa ha qualche aspetto visibile
lo in quanto societ di uomini che osservano la legge morale, unico
comandamento di Dio. Il culto, i riti del battesimo e della Cena hanno senso
in quanto esprimono lidea di ingresso e di rafforzamento della comunione
morale degli uomini. Alla luce di questo si pu affermare che la filosofia
kantiana sulla fede e la rivelazione cristiana hanno come presupposto
fondamentale lidea di una fede necessaria, non gratuita.
96
Ivi, p. 204.
81
82
83
8.4.2. Alcuni cenni iniziali sulla teologia morale della Scuola di Tubinga
Alla fine del xviii sec. viene elaborato il piano di studi definitivo della
teologia nelluniversit di Vienna. La teologia morale deve offrire un
insegnamento completo sugli obblighi e sulle virt. La preoccupazione per la
morale cristiana si legge nel desiderio di riuscire a motivare una vita
pienamente morale, e dunque felice. La conoscenza dei vizi e dei peccati pu
orientare in questo senso. Per questo motivo si facilita lutilizzo delle
conoscenze psicologiche e antropologiche. Si lavora su principi generali e non
pi su casi. Le fonti della morale sono la Sacra Scrittura e la Tradizione103.
Teologo morale di rilievo in Germania, nel quale si manifesta proprio
questa visione della morale come esposizione della vita cristiana, J.M.
Sailer (1751-1832), con il suo Handbuch der Christlichen Moral (Mnchen
1817); egli tenta di unire il dogma e lascesi. Potremmo dire che questa fu una
grande novit per la morale, ma il pericolo fu di non entrare nel piano pratico
(e in fondo fu questo il limite pi rilevante della scuola di Tubinga), in quanto
si perveniva a riflessioni e principi generali sui problemi della vita. La novit
sta nellaver prodotto una morale dinamica non pi fissata sulla casuistica ma
aperta alla dimensione della conversione (la risposta delluomo alla chiamata
di Dio e accoglienza della grazia), e diretta al proprio centro che la carit.
Diventa dunque fondamentale quella che oggi chiameremmo la formazione
101
355.
102
84
355.
106
Ibid., 346.
85
Giovanni e san Paolo, e basata sul principio della condizione del cristiano
come figlio di Dio, santificato dai sacramenti nel Corpo mistico di Cristo. Si
cercato cos di superare le divisioni tra dogma, morale, ascetica e
mistica107.
La Scrittura, la storia e il dogma non potevano essere estranei alla teologia
morale.
Nel xix sec. accade specialmente in Germania una ripresa del pensiero
tomista. Linsemann (1898) fu il continuatore per eccellenza di Sailer e
Hirscher e fu uno degli autori che un gli accenti della Scuola di Tubinga al
concetto di virt di Tommaso. Lattenzione rivolta alla libert a cui sono
chiamati i figli di Dio. Alcuni doveri delluomo sono certamente scritti nelle
leggi ma vasto lo spazio delle libere azioni morali. Compito della morale
diventa mostrare come la libert si compie nelladempiere i consigli
evangelici, fuori da ogni legalismo. Cristo infatti il modello e la via di
comunione con Dio e la teologia morale dovr essere attenta a cogliere e
indicare i modi per vivere concretamente e realmente questa comunione.
Va ancora menzionato, proprio nellambito del rinnovamento tomista, J.
Mausbach (1861-1931). Molti sono i suoi lavori di teologia morale che si
fondano, a livello di teologia morale fondamentale, sul tema della gloria di
Dio, e a livello antropologico sul tema della perfezione dellessere.
Mausbach, durante il primo ventennio del 1900, tenta una mediazione tra
lattenzione ai principi filosofici, antropologici e le situazioni particolari. In
modo tale da intervenire nelle polemiche violente sulla casuistica.
LHandbuch der Moraltheologie (Stoccarda 1922) di O. Schilling, profondo
conoscitore di Tommaso, insiste sulla carit come principio formale della
morale, e prolunga lo sforzo della scuola di Tubinga. Resta la divisione tra i
doveri verso Dio, verso il prossimo e verso se stessi. (Citiamo infine lopera
di F. Tilmann, Die Idee der Nachfolge Christi e la collana da lui diretta sotto il
titolo Handbcher der Katholischer Sittenlehre (Dsseldorf 1934-1938),
dove lideale dellimitazione di Cristo e dellapplicazione del Discorso della
montagna messo in primo piano108).
Dunque il rinnovamento della teologia morale, sulla base degli input della
scuola di Tubinga, continua ancora, una morale della responsabilit, della
risposta a una chiamata in Cristo. Accanto a tale rinnovamento occorre dire
che si mantenuto nonostante tutto linsegnamento della casistica attraverso i
manuali utilizzati nei seminari. La morale dei manuali, la morale casistica, ha
basi molto solide che si rifanno al nominalismo e alla dottrina della legge
naturale; la morale dellobbligo, che attraverso la morale del dovere in Kant
ha influenzato non solo il pensiero tedesco ma europeo. Essa necessita di
107
108
Ibid., 355.
Ibid., 355.
86
essere rivista proprio nelle sue basi, con il fine di rinnovare il concetto stesso
di morale.
Le novit legate alla Scuola di Tubinga sono veramente importanti per la
teologia morale. Sembrano richiamare OT 16: Si ponga speciale cura nel
perfezionare la teologia morale, in modo che la sua esposizione scientifica,
maggiormente fondata sulla sacra Scrittura, illustri laltezza della vocazione
dei fedeli in Cristo e il loro obbligo di portare frutto nella carit per la vita del
mondo.
Il pensiero tedesco del Settecento mostra dei caratteri autonomi rispetto alla
Francia o allInghilterra. Diversi sono i motivi: per esempio un interesse
permanente per tematiche metafisiche, e la problematica religiosa, sia sul
piano puramente teologico sia su quello pratico.
() il razionalismo continentale si distingue dallempirismo inglese;
questo infatti concepisce la ragione quale facolt soltanto formale
(conoscenza matematica), senza risorse per quanto riguarda la conoscenza
di quelle idee che possono assumere valore di fine per rapporto allagire
umano. I problemi del razionalismo morale moderno vengono a chiara
evidenza nel pensiero dello stesso Kant; esso costituisce per un primo lato il
tentativo pi radicale di realizzare quel progetto, e per altro lato
radicalmente lo rovescia109.
In Germania si fa sentire particolarmente linflusso di Leibniz. Ma un
pensatore particolarmente significativo, pur se non rappresentante
dellAufklrung, e importante per capire lo stesso Kant, Christian Wolff
(1679-1754), esperto di Cartesio. Wolff vedeva nel procedere filosofico la
possibilit di una costruzione organica di saperi, tendenzialmente
onnicomprensiva. Egli distingue tra filosofia teoretica (che riguarda i principi
del sapere) e filosofia pratica (che riguarda i principi dellagire morale). Wolff
un razionalista, e questo si manifesta anche nella sua concezione della
scienza, la quale deve essere organizzata secondo dati dellesperienza e
principi generali. Limpegno di Wolff era teso a fondare rigorosamente il
sapere.
109
197.
87
88
Il modo della conoscenza avviene per Kant secondo i giudizi. La vera conoscenza lega
lesperienza sensibile e la conoscenza concettuale, ossia ne individua la fonte comune. I
giudizi analitici, quelli in cui il predicato compreso gi nel soggetto, per esempio i corpi
sono estesi, sono giudizi a priori, e non aggiungono nulla di nuovo al concetto; i giudizi
sintetici sono invece quelli in cui il predicato aggiunge qualcosa di nuovo al soggetto. Tali
giudizi collegano dunque due termini diversi (per esempio tutti i corpi sono gravi) e
allargano la conoscenza. Ma Kant sta cercando dei giudizi che aumentino la conoscenza in
maniera rigorosa, ossia dei giudizi che abbiano le caratteristiche dei sintetici e degli
analitici: sono questi i giudizi sintetici a priori (per esempio tutto ci che accade ha la sua
causa: nel concetto del semplice accadere non inclusa la causalit; e intanto tale giudizio
comunica una necessit). Questi giudizi possibili sono quelli della matematica e della
fisica.
Lio penso, o appercezione trascendentale, o unit sintetica della coscienza, il concetto
universale, condizione oggettiva di ogni conoscenza, non il nostro intelletto o la nostra
coscienza, e permette lattivit delle categorie, mentre lo schematismo trascendentale ne
permette la corrispondenza con i fenomeni.
Lattenzione alla fondazione della metafisica porta Kant ad analizzare le tre nozioni di
anima, mondo e Dio, che esprimono rispettivamente la totalit dellesperienza soggettiva,
la totalit dellesperienza oggettiva, la totalit di qualsiasi possibile esperienza 112. Queste
tre idee della metafisica sono dette regolative, giacch anche se non riescono a costituire
oggetto di scienza, servono a orientare la ricerca, a problematizzare.
A differenza dellilluminismo europeo, Kant afferma dunque una necessit della
metafisica per limpianto del sapere filosofico.
La Critica della ragion pratica, che non riguarda un altro tipo di ragione, ma riguarda
sempre la stessa unica ragione, quella pura, riguarda lagire morale delluomo, in quanto
soggetto libero. La prima critica, della ragion pura teoretica, si riferisce al campo
speculativo, la seconda, della ragion pura pratica, alla vita morale. Egli cerca di elaborare
una morale autonoma, i cui dettami siano indipendenti da aspetti empirici quali bisogni,
sentimenti, necessit, interessi. La rivoluzione copernicana della prima critica interessa
anche il campo dellagire, in quanto anche per la ragion pura pratica si parla di fondazione
della stessa, dei suoi principi, e della soggettivit: luomo al centro della riflessione
morale, il soggetto umano a fondare lautonomia e lassolutezza della legge morale 113.
Inoltre Kant avrebbe riconosciuto un primato ideale alla seconda critica in quanto ci che
interessa veramente alluomo lagire, il vivere. Lagire libero delluomo si svolge
secondo regole.
Ci che fa scattare la riflessione morale quel duplice aspetto delluomo in quanto
razionale e sensibile. Luomo non tutto ragione. Anzi alla ragione, a differenza della
metafisica, si apre la possibilit di azione proprio sul piano morale, ossia della libert.
Allora la morale kantiana si costituir come normativa in quanto dovr realizzare
praticamente principi razionali-universali. La ragione esprime tali principi sottoforma di
leggi, di imperativi, che ordinano determinati comportamenti. Tali leggi sono dentro di noi,
come il cielo stellato sopra di noi. Ruolo essenziale ha quindi la coscienza. E la possibilit
di scegliere liberamente comporta la responsabilit dellagire. Dunque non occorre alcuna
ulteriore dimostrazione. In realt queste leggi convergono nellunico imperativo
categorico, necessario e universale, che si esprime in tre formule: Opera in modo che la
massima della tua volont possa sempre valere in ogni tempo come principio di una
legislazione universale (dice listanza che ogni comportamento passi dal piano empirico112
113
89
individuale a quello formale-universale, in quanto ci reso possibile dal fatto che gli
uomini sono tutti uguali per la presenza in loro della ragione e della coscienza); agisci in
modo da trattare lumanit, cos in te come negli altri, sempre e a un tempo come un fine e
non mai solamente come un mezzo (qui si evince la duplicit delluomo nel suo aspetto
fenomenico e noumenale: il primo per la natura psico-fisica e dunque facente parte del
mondo determinato dei mezzi; il secondo per il fatto che in quanto noumeno luomo
trascende tale mondo deterministico e perci deve essere trattato come fine in s).
Lindividuo, quindi, assume un valore assoluto, in coerenza con i principi evangelici: ama
il prossimo tuo come te stesso114. Occorre trattare laltro uomo come soggetto libero che si
determina da s allagire; agisci in modo che la tua volont possa essere considerata come
istituente una legislazione universale (in modo che tutti gli uomini, in quanto uguali e in
quanto persone deduzione dalla seconda formulazione vi si possano riconoscere, in
quanto luomo come essere ragionevole principio e fine della legge morale) 115. Precisa
Kant che solo una volont razionale e libera potr recepire tali imperativi e agire
moralmente. La libert per Kant lelemento fondante lagire morale ma attraverso una
deduzione, che non riesce a pieno nella Fondazione della metafisica dei costumi: se la
ragione autonomamente si d delle leggi che motivano le azioni, di conseguenza la volont
deve essere libera nel volerle, altrimenti la ragione stessa non si darebbe tali leggi, in
quanto ragione e volont sono strettamente connesse.
Kant formula anche i cos detti imperativi ipotetici, i quali esplicano il fine a cui
unazione tende, dal momento che, come abbiamo visto, luomo anche sensibilit. A
differenza di questi ultimi, gli imperativi categorici riguardano propriamente la vita etica,
prescrivendo il tu devi assoluto e incondizionato, volto solo alla realizzazione della
natura libera e morale delluomo116. Gli imperativi categorici sono i soli moralmente
significativi. Occorre seguire la legge perch legge, non perch bene, in quanto il bene
ci che la legge comanda. Accanto allaspetto formale emerge laspetto ancora pi
peculiare del dovere. () diviene morale solo lazione che ha come scopo la legge
morale. Il bene deve essere amato per se stesso e non per conseguire obiettivi eteronomi
quali, ad esempio, la felicit117.
Nella Critica del giudizio Kant torner a trattare il tema della libert, per rispondere alla
domanda circa la compatibilit tra natura libera delluomo, il quale d a se stesso le leggi
del comportamento morale, e la natura non libera in quanto anche luomo appartiene al
mondo naturale-fenomenico. Nella Critica della ragion pratica egli formula dei postulati,
supposizioni necessarie per la vita morale: la libert delluomo; limmortalit dellanima
(tale postulato permetterebbe alluomo il cammino verso il fine cui orienta la legge morale,
ossia la santit, opposta allegoismo); lesistenza di Dio (che permette di pensare il
sommo bene, sintesi di virt e felicit, ossia che permette la felicit in un mondo dove
larmonia legata al comportamento morale virtuoso non riesce a realizzarsi), il quale
postulato non mina affatto lautonomia morale, poich la riflessione morale indipendente
da Dio. Le tre idee della ragione libert, immortalit dellanima, esistenza di Dio
mediante le quali si realizza lidentit del soggetto pratico costituiscono le condizioni
perch possa essere pensata levidenza proposta dallesperienza effettiva dellagire. Tale
esperienza appunto quella morale. Per usare i termini di Kant stesso, levidenza quel
114
90
fatto di ragione che la legge stessa118. per questo che solo la moralit pu rivelare il
concetto fondamentale di libert. Luomo soggetto delle proprie azioni solo in quanto
soggetto morale, in cui la volont si conforma alla legge di ragione. Limperativo
categorico infatti espresso dalla ragion pura. La critica a Kant sembra essere basata
esclusivamente sulla questione generale, che attraversa tutto il suo pensiero, della difficolt
della mediazione pratica. La stessa questione del male radicale, mutuata dalla Scrittura
come inizio temporale allorigine, rimane appesa alla ricerca di una mediazione pratica
dellevidenza morale delluomo, che anche storica. Nellopera La religione nei limiti
della sola ragione, il principio che porta allagire cattivo, una inclinazione insita in ogni
uomo. Luomo non riesce ad erigere le massime pratiche sulla legge della natura, e cede
allamor proprio. Pu redimersi per vivendo praticamente la sua fede in Cristo. E il
compito di questa mediazione affidato alle virt119.
La tesi che definisce la legge morale quale imperativo proposto dalla ragione pura
nella sua immediata funzione pratica si scontra con levidenza empirica, che mostra
come la coscienza morale delluomo sia plasmata dalle forme della civilt, e pi
particolarmente dalle forme dellappartenenza sociale del soggetto. () si deve
riconoscere un aspetto di verit: i contenuti della morale civile debbono essere ripresi ad
opera della libert del singolo; e da questa ripresa essi escono in qualche modo
incrementati; acquistano cio una determinazione ulteriore di senso, che prodotta ad
opera della coscienza stessa; vero in tal senso che le forme della coscienza morale non
possono in alcun modo essere risolte nelle forme oggettive del costume120.
118
198.
119
91
8.4.5. Il romanticismo
92
93
scia dello spirito romantico, pens una teologia che riguard linizio della
Scuola di Tubinga, e che era presente in alcuni tratti anche nella Scuola
cattolica di Tubinga, precisamente in ci che faceva dialogare il cristianesimo
e il romanticismo.
La differenza tra Kant e gli idealisti risiede dunque nel fatto che luomo per
questi ultimi diviene il centro della totalit, dellassoluto.
Fichte (1762-1814), in un primo momento rimane fedele al criticismo
kantiano, alla sua gnoseologia, in cui la coscienza appare sintesi
dellelemento formale e materiale del conoscere. Egli si chiede come
possibile questa sintesi e va decisamente oltre Kant, in quanto questultimo
resta in qualche modo legato al dogmatismo, non riuscendo a giustificare la
cosa in s. Perch sia possibile la sintesi, Fichte vede nella coscienza un
principio incondizionato, fondato su se stesso, assoluto, atto e non prodotto;
in quanto tale, atto che agisce su un contenuto a esso interno. Questo
principio assoluto : lio pone se stesso. Principio di identit. Tutto ci che sta
di fronte alla soggettivit non le fuori, ma prodotto internamente. Lalterit
apparente in realt la stessa soggettivit sdoppiata come in uno specchio.
Lio pone se stesso come altro da s, dunque nel porre presente
unopposizione: pone s come oggetto. Lio si pone come io e non io (che
racchiude tutto ci che si presenta alla coscienza come esteriorit). La sintesi
avviene con il porre un principio che afferma che la negazione solo di una
parte dellio, dunque lio oppone dentro di s allio divisibile un non io
divisibile: questo principio il principio di ragione. Dunque la coscienza
coscienza dellassoluto ed finita! Da qui Fichte si muover verso il centro
della sua filosofia pratica: la libert. Lo stesso io che pone se stesso evidenzia
questa libert. Lio e la coscienza sono costitutivamente chiamati alla libert e
a un continuo agire, che impegno di oltrepassamento, che un crescere in
consapevolezza. Lagire della coscienza agire morale proprio per questo
valore intrinseco allagire che il superamento di situazioni finite, e nel fatto
che la coscienza si proponga di sottomettere gli impulsi alla ragione.
Linfinito si configura come ordine etico del modo. Verr accusato di ateismo
(identificazione di Dio con lordine etico del mondo) e sar costretto a
lasciare la cattedra di insegnamento.
123
37.
94
8.4.7. Schelling124
95
96
97
126
Per questa tematica utilizziamo R. Fisichella, a cura di, Storia della teologia.
3. Da Vitus Pichler a Henri de Lubac, 147-158. La Scuola cattolica di Tubinga
(una designazione, questa, che non stata data originariamente, ma pi tardi e in
analogia alla equivalente istituzione nella teologia evangelica) comprende una
serie di teologi che conferirono un nuovo tipo di orientamento alla teologia
cattolica tedesca del xix secolo, fornendole una fondazione pi approfondita, dopo
lepoca dellIlluminismo che era stata teologicamente poco fruttuosa. Scheffczyk
L., La filosofia nel pensiero della Scuola di Tubinga: Johann Adam Mhler (17961838) e Johann Evangelist von Kuhn (1806-1887), in La filosofia cristiana nei secoli
xix e xx/E. Coreth, W.M. Neidl, G. Pfligersdorffer (edd.), 97.
98
Drey, P.A. Gratz, J.G. Herbst, J.B. Hirscher 127 e J.A. Mhler; maggiore
rappresentante proprio questultimo.
La Facolt di Tubinga viene fondata nel 1817, con il trasferimento della
universit di Ellwangen presso Tubinga, con cui si istitu, accanto a quella
evangelico-teologica, una Facolt cattolica, in modo tale che un convitto
cattolico di Stato (il Wilhelmsstift) venne affiancato alla celebre fondazione
evangelica128. Tubinga dunque precedentemente legata alluniversit
protestante, e la particolarit proprio linserimento in una universit statale
che ha finora fatto spazio alla teologia della Riforma. La rilevanza scientifica
della teologia raggiunse altri circoli spirituali cattolici tedeschi, come per
esempio Mnster, Vienna, Bonn, e non solo. Era avvertita fortemente
lurgenza di una educazione pi scientifica del sacerdote.
Abitualmente, si distinguono tre generazioni che abbracciano tutto
larco del xix secolo. Oltre ai nomi noti di Drey, Mhler e Kuhn ve ne sono
molti altri. bene anzitutto fermare lattenzione su una caratteristica del
lavoro teologico della Facolt di Tubinga, importante per linflusso che
esercit sulla teologia cattolica prima in Germania e, in seguito, anche
altrove. Si tratta della considerazione della coscienza storica, che sorse in
contrapposizione al razionalismo e in un certo contrasto con lIdealismo,
coltivato nella stessa Tubinga129.
Liniziatore della Scuola fu J.S, Drey (1777-1853). Si riallacciava per la
filosofia a Schelling e per la teologia a Schleiermacher. Seppure pervaso dallo
stile romantico, in realt il suo impegno fece risaltare il mistico come tratto
essenziale del cristianesimo. La teologia doveva lavorare sul suo carattere di
scienza, unificando fede e ragione, rivelazione e ragione (Ma come pu lo
studente (di teologia) essere colmato di una stima interna e
indipendentemente per loggetto del suo studio, di un interesse vivo e che gli
degno, se ancora non ha compreso che questo connesso alla sua propria
pi intima essenza, che il sapere che lo concerne, originariamente identico
allo spirito umano, si leva da esso, per presentarsi, in una tale forma di
127
99
130
Scheffczyk L., La filosofia nel pensiero della Scuola di Tubinga: Johann Adam
Mhler (1796-1838) e Johann Evangelist von Kuhn (1806-1887), in La filosofia
cristiana nei secoli xix e xx/E. Coreth, W.M. Neidl, G. Pfligersdorffer (edd.), 101.
131
Cf. Ibid., 105.
132
Cf. Ibid., 113.
133
Ibid., 118.
100
101
fede creduta della Chiesa, la esprime; sia come quella del primo e
fondamentale annunciatore, dal quale dipende la fede di tutta la Chiesa. Il
fatto che per cause diversissime, il secondo modello offr gli argomenti che
prevalsero al concilio del 1870, non elimina ancora la legittimit e il
significato della prima indicazione che, com noto, a Tubinga valeva come
la pi plausibile gi una o due generazioni prima. Questi problemi
attendono ancora una elaborazione e non si dovrebbero affrontare con
troppa precipitazione e leggerezza134.
Il concetto di autorit
Gli studi sul senso della Tradizione per la Scuola di Tubinga e per il
cattolicesimo sono merito di Geiselmann, essi per, furono superati dal
Vaticano I. Per esempio il concetto di trasmissione stato separato e ha
indicato un significato per cos dire interno e uno esterno: dalla trasmissione
autoritativa a quella mistica, fino a confluire nel concetto di trasmissione
organica.
La questione dellautorit riguardava il ruolo della Chiesa e del
cristianesimo, il quale doveva essere in qualche modo garanzia per le potenze
che in cambio davano protezione. Tale era la questione che assunse carattere
politico e metteva la Chiesa di fronte al grande rischio di perdere il vero
significato della libert intesa in senso cristiano. Per questo alcuni teologi
cercarono di mediare attraverso la riflessione un significato relativo del
principio dellautorit, la quale, a livello politico, doveva essere legittimata.
Entrano a questo punto elementi importantissimi nella riflessione e quanto
mai attuali. Una riflessione dallinterno guarda a un tipo di autorit che
diventa inafferrabile per la sua caratteristica mistica. La si pu
semplicemente affermare. E testimone ne la stessa comunit. Questo gi
richiama lo schema corpo-anima e unecclesiologia del corpus mysticum di
Cristo: in cui vi sia la lettura della collaborazione delle diverse membra, sia
la relazione tra il capo e le membra. Chiaramente le caratteristiche del tempo,
e dunque tutto il discorso sullautorit, conduceva a fermarsi sul secondo
aspetto, e alcune posizione della Scuola di Tubinga furono accusate, forse in
maniera arbitraria, di ultramontanismo.
Nellottica dellidea di tradizione viva limmagine del corpo di Cristo ha
avuto piuttosto il significato di uno sviluppo di vita. Lo stesso papa Leone
xiii ne tenne conto nellenciclica Divinum illud munus (1897), in cui lo
Spirito Santo definito anima della Chiesa. fuor di dubbio, poi, che
134
102
103
Ibid., 157.
104
138
Ibid., 158.
Per questa parte facciamo riferimento a K. Barth, La teologia protestante nel
xix secolo. Volume 2. La storia. Schleiermacher, Marheineke, Baur, Feuerbach,
Strauss, Schweizer, Hofmann, Ritschl e altri. Introduzione e cura di Italo Mancini,
83-92.
139
105
140
141
Ibid., 84.
Ibid., 85-86.
106
Ibid., 89.
Ibid., 90.
107
108
che Dio sia spirito assoluto, cio libert e, pertanto, considera indifferente
lopposizione tra il soggettivo e loggettivo. Definendo Dio come libert
avviene il passaggio dalla filosofia negativa, o dal concetto, a quella positiva
o della realt. Questa possibilit di passare dalluna allaltra assume grande
interesse per la filosofia della religione e di soffermarsi, particolarmente, sul
paganesimo e sul cristianesimo. Essi sono espressioni della progressiva
rivelazione di Dio agli uomini: la mitologia ha preparato il cristianesimo e,
questo, la verit ultima che si nasconde dietro i miti. In Cristo, finalmente, si
rivela la verit e questa rivelazione libera. Partendo dal testo di Filippesi 2,7
sulla knosi del Verbo, Schelling interpreta lincarnazione come lautoalienazione di Dio dalla quale sorge come risultato la natura umana di Cristo.
In questo senso, Schelling insiste sulla storicit dellincarnazione come
fatto unico ed insuperabile. Il cristianesimo, insieme al paganesimo, finisce
allinterno del concetto comune di religione filosofica cio dellazione della
ragione che cerca di comprendere la sua esperienza religiosa. Si tratta di una
religione libera nel senso che, senza negare la rivelazione cristiana, la rende
oggetto della libera riflessione teologica.
109
Ivi, p. 205.
145
Ivi.
146
Per Hegel, lo spirito ossia la realt umana e storica, il momento in cui lidea
diviene cosciente di s. Lidea ritorna in se stessa. Questo si realizza attraverso tre
momenti: lo spirito soggettivo, lo spirito oggettivo e lo spirito assoluto. Il diritto, la
moralit e leticit scandiscono la vita dello spirito oggettivo. In esso lessenza e lo scopo
degli uomini la libert che, per lui, si realizza solo nelle istituzioni storiche.
110
garantito lesercizio. Con la negazione del diritto naturale cade anche lidea di
uno stato di natura originario. In origine, infatti, pu esserci solo assenza di
regole, di diritto, quindi solo lotta e sopraffazione. Il diritto comporta una
limitazione della condotta, volta ad impedire tale sopraffazione. Solo nella
societ, ognuno vede riconosciuti i propri diritti e pu concretamente
esercitarli. Quando il diritto violato, scatta la pena che non strumento di
vendetta sociale ma di punizione e di formazione di colui che ha compiuto un
delitto.
Una formazione vera si ha, comunque, solo con la moralit: in essa,
infatti, che avviene il riconoscimento interiore di una colpa e, perci, la
possibilit di un riscatto. Nel diritto, lo spirito oggettivo opera attraverso una
coazione esterna, imponendo una condotta con la forza della legge. Nella
moralit, invece, lo spirito opera nellinteriorit, cio come volont di
superare legoismo, come volont del bene. Mira, quindi, ad orientare la
condotta attraverso il kantiano dovere interiore della coscienza, mediante
comandi che esprimono lesigenza e la dimensione delluniversalit.
Hegel critica, per, il formalismo ed il carattere astratto della moralit
kantiana. In essa, infatti, esiste una scissione fra il criterio delluniversalit
imposto al valore e i contenuti concreti della condotta, fra lintenzione e
lazione. Essa produce, inoltre, una scissione fra il soggetto che deve
realizzare il bene ed il bene stesso. Tale separazione si afferma come
contraddizione fra dover essere ed essere, come impossibilit di realizzare
compiutamente il bene. Essa, perci, rende astratta cio generica e velleitaria,
lidea stessa del bene. Hegel ironizza sulla retorica del dovere, nega che i
valori siano ideali non realizzati. I valori, invece, sono gi presenti nella vita
sociale in quegli istituti sociali nei quali ciascuno chiamato a vivere ed a
operare, nella sfera che egli chiama eticit. Solo in tale dimensione il diritto
assume una natura morale e la moralit, a sua volta, diviene realt
effettivamente operante, patrimonio comunitario di valori e non pura istanza
del singolo:
Lunit tra consapevolezza e realt esige quale sua condizione
leffettualit della ragione, la sussistenza cio di un mondo civile nel
quale abbiano finalmente trovato oggettivazione le forme dello spirito:
Esige, in altri termini, quella che Hegel chiama la sostanza etica.
Leffettiva assunzione ad opera del singolo soggetto pratico delle forme
dello spirito oggettivate nel sistema civile pu prodursi soltanto nella
forma di un costume, di un thos soggettivo; non bastano le singole
scelte. Appunto lthos realizza la sintesi tra la forma dello spirito che
la consapevolezza (Bewusstsein) e la materia (la sostanza) di un mondo
111
1.
147
112
113
Per lui il singolo si trova, nella sua esistenza, di fronte ad aut-aut, cio
ad alternative radicali, a scelte che libero di fare ma nelle quali gioca tutto se
stesso in quanto, scegliendo in un modo o nellaltro, egli diviene ci che
sceglie. Kierkegaard descrive tale aut-aut come possibilit di scelta fra tre
diversi stadi della vita nettamente distinti ed alternativi e cio lo stadio
estetico, lo stadio etico e quello religioso. La vita dellesteta basato
sullesteriorit, sullapparenza. Egli vive dellistante, passa da una avventura
galante allaltra e questo pu condurlo alla noia. Alla luce di questultima,
egli pu pervenire allo stadio etico. In esso si chiamati a superare
quellatteggiamento di indifferenza, di non scelta, di non impegno, tipico
dellesteta romantico.
La scelta, propria dello stadio etico, assunzione di responsabilit,
ancorata al matrimonio ed al lavoro. Le scelte etiche radicano nella comunit
sociale e fanno delluomo un membro di questa comunit. A mettere in crisi la
vita etica il senso di unirriducibile tendenza al peccato, di una disposizione
al male, presente in ogni uomo. La scelta che ha portato allo stadio etico pu,
quindi, essere superata da una scelta del tutto diversa, capace di condurre allo
stadio religioso dellesistenza. Esso il luogo di unesperienza in cui il
singolo deve abbandonare ogni riferimento alla dimensione etica per affidarsi
totalmente a Dio. Abramo pronto a sacrificare a Dio il suo unico figlio
Isacco, in nome di tale obbedienza. Luccisione di Isacco in contrasto con
letica in quanto lomicidio un atto che va contro le legge. Proprio questo
il paradosso della religione: in questo rapporto di timore e tremore con Dio, in
un rapporto assoluto con lassoluto, che il singolo pu realizza re se stesso.
Bisogna considerare, per, sottolineare che
Lidea che tra fede ed etica sia dia un rapporto alternativo corrisponde
per un lato ai modi troppo umani nei quali letica interpretata nel
pensiero moderno. Non a caso, Kierkegaard appartiene a quella
tradizione luterana, che fin dallinizio ha concorso alla
secolarizzazionedella morale, e dunque al suo di stanziamento dalla
fede. Alla tradizione protestante appartengono anche Barth e discepoli,
che si faranno nel nostro secolo interpreti della Kierkegaard
Renaissance, e segneranno insieme tanto profondamente la diffidenza
teologica nei confronti della morale che persiste fino ad oggi ormai,
anche in ambito cattolico149.
148
Ivi, p. 212.
149
Ivi, p. 216.
114
2.
3.
115
R. Fisichella (a cura di), Storia della Teologia, III, Edizioni Dehoniane, Bologna
1996, p. 310.
116
tre sono argomenti di ragione (ragione naturale, autorit dei filosofi, della
storia). Secondo linsegnamento di Cano, la teologia controversistica
strutturata al fine di combattere la riforma protestante mediante un
procedimento teologico che attinge alle diverse autorit della Scrittura, della
Tradizione e della ragione, il materiale e gli argomenti per riproporre le tesi e
le dimostrazioni della fede contro gli avversari e gli eretici151.
La teologia manualistica, dopo Cano, subisce delle modifiche. Il
manuale si articola nel modo seguente:
si formula la tesi, collegandola ai relativi documenti del
magistero;
Questa acquisizione, che appare chiaramente nei manuali fino alla fine
del secolo scorso, tende invece a svilupparsi fino a modificarsi
nellultima manualistica, comprendente i manuali dagli inizi del secolo
corrente fino al Vaticano II152.
1.
117
118
119
2.
120
121
3.
122
4.
La scuola di Tubinga
123
5.
Ivi, p. 158.
124
125
126
6.
127
7.
156
Ivi, p. 464.
128
nasce dal modo nuovo con cui viene posta la domanda etica per il
cristiano: come deve avvenire limpatto fra kerygma e storia,
riconosciuto ormai per certo che lesigenza morale nasce s dal
kerygma, ma questo non esiste mai allo stato puro,bens in una
comprensione storica orientata dalla situazione concreta?157.
158
159
129
9.8
160
130
Ivi, p. 478.
131
si occupa, vero, del tema della coscienza (n. 16), di un tema dunque
di rilievo assolutamente fondamentale per la teologia morale. Le
affermazioni della costituzione a tale riguardo appaiono per assai
formali; esse attingono a immagini bibliche e rispettivamente a luoghi
della tradizione cristiana, senza invece preciso riferimento allassetto
concettuale che il tema della coscienza ha assunto nella tradizione di
scuola. In tal senso, il testo conciliare propone ancora una volta un
compito alla teologia, che di fatto questa non pare raccogliere nel
periodo successivo162.
162
163
132
4.
Nel primo ventennio del 900 avviene una forte polemica tra filosofi,
teologi protestanti e quelli cattolici, accusati, questi ultimi, di fare una morale
casuistica e gesuitica.
La risposta cattolica a tali critiche si diversifica, nasce quindi in alcuni,
lesigenza di una profonda revisione morale per adattarla a tempi e persone,
volgendo lo sguardo alle virt. Altri proposero un ampliamento della
casistica, mentre una parte dei teologi tentano una mediazione tra posizioni
classiche e gli appunti critici mossi. Fatto sta che il dibattito teologico morale
fino al 1960 si mosso su 3 linee diverse fondamentali.
10.1. I manuali a schema tomista
Si sostituisce il vecchio schema sui comandamenti con quello delle
virt. Si rilegge san Tommaso cercando di restituirgli fedelt e si attua una
riflessione sui principi fondamentali dellagire cristiano operando un discorso
etico pi attento alla unit della persona. Si fa un discorso meno legalista e
giuridico nella presentazione della norma.
In realt questi manuali non si discostano molto da quelli precedenti.
I manuali pi significativi che riprendono lo schema tomista delle virt
sono quelli di Tanquerey, Piscetta, Prummer, Vermeersch.
Bisogna ricordare che quasi tutti questi teologi hanno un primo
dottorato in diritto canonico e poi solo successivamente si specializzano nel
campo morale. Questa sottolineatura fa ben capire quanto la teologia morale
dipenda dal diritto canonico in quegli anni.
Daltronde, ledizione del Codex iuris canonici del 1917 rinforz la
tendenza canonista della teologia morale. di conseguenza, manuali e
compendi di morale gi pi volte editi furono rivisti e adattati al codice.
Alcuni autori parlano di una alleanza tra teologia morale e diritto canonico,
che ebbe, come esito, un certo giuridicismo in cui venne trascinata la teologia
morale, tant vero che le norme morali furono intese e interpretate come
norme giuridiche. Losservarle nella loro precisione costituiva la vera patente
del cristiano. Nei casi dubbi, le raccolte dei Casus conscientiae disposti in
ordine alfabetico offrivano una soluzione, approvata ufficialmente.
133
134
135
Gli anni prima del concilio sono anni molto particolari, dove la spinta
proveniente da altre discipline da ampio respiro alla morale, subendone
l'influenza dei movimenti di pensiero che provengono da altre branchie della
teologia.
Innanzi tutto va menzionato il movimento liturgico, che insiste affinch
la celebrazione liturgica esprima la sua influenza anche sull'agire cristiano. Il
movimento biblico, poi, si associa alla liturgia nel mettere in evidenza il
valore vitale della Bibbia, che non pu essere semplicemente l'oggetto di studi
specialistici, ma deve condurre a una vita cristiana pi piena. Infine la
cosiddetta teologia kerigmatica si orienta non verso questioni dogmatiche
astratte, ma verso un impegno nella vita cristiana concreto.
Dal punto di vista dei testi di morale, parecchi teologi moralisti nella
scia della scuola di Tubinga, cercano di strutturare una teologia morale
positiva della vita cristiana (e non una morale del confessionale) per vedere
come debba agire il cristiano per essere fedele alla grazia e all'impegno del
suo battesimo. Vengono sottolineati, soprattutto, e presentati quei principi
normativi che si fondano sulla bibbia e indicano una linea di condotta, come
limitazione di Cristo, la testimonianza del regno di Dio, e la
comunione/carit.
Specialmente
cristocentriche.
in
Germania
questo
il
tempo
delle
morali
136
Crocevia essenziale
137
138
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Indicazioni bibliografiche pi precise sui singoli aspetti e autori verranno date
lungo lo svolgimento del corso, durante il quale faremo ampiamente riferimento alle
dispense dei corsi di storia della teologia morale tenute negli anni precedenti in Accademia
Alfonsiana dai Prof. L. Vereecke, I. Gonzlez, e S. Majorano.
Essendo la teologia morale una parte della teologia, bene per rifarsi anche alle
storie della teologia in generale, come
Dal Covolo E. Occhipinti G. Fisichella R. (a cura), Storia della teologia, 3 vol.,
Dehoniane, Roma 1995-1996.
Vilanova E., Storia della teologia cristiana, 3 vol., Borla, Roma 1991-1995.
La visione unitaria della vita cristiana chiede inoltre di valorizzare gli studi
riguardanti la storia della spiritualit, come:
Bouyer L. - Ancilli E. - Secondin B. (a cura), Storia della spiritualit, EDB, Bologna.
Grossi V. - Borriello L. - Secondin B. (dir.), Storia della spiritualit, Borla, Roma.
Per una visione dinsieme della proposta morale alfonsiana bene rifarsi a:
141
142
Indice
1
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8
10
16
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44
47
48
51
54
56
67
69
72
73
75
76
143
8.3.1
Gli imperativi 78
8.3.2
Le tre formule dellimperativo categorico
79
8.3.3
I postulati della ragion pratica 81
8.3.4
La questione del male in Kant82
8.4. La scuola di Tubinga. La teologia morale come teoria della vita cristiana e delluomo
tutto intero
84
8.4.1. Un rapido sguardo ai secoli che precedono la Scuola di Tubinga
84
8.4.2. Alcuni cenni iniziali sulla teologia morale della Scuola di Tubinga
86
8.4.3. Le istanze filosofiche in ambito morale 89
8.4.4. Kant (un ulteriore approfondimento)
90
8.4.5. Il romanticismo 94
8.4.6. Lidealismo. Fichte
96
8.4.7. Schelling 97
8.4.8. Hegel (Approfondimento)97
8.4.9. La situazione storica
99
8.4.10. Una scuola o due scuola? La Scuola cattolica di Tubinga
100
8.5. Differenza tra Kant e gli idealisti
110
8.5.1. La filosofia morale di Hegel
111
8.5.2.
Morale dellascesi o ricerca di un fondamento religioso della morale?
114
8.5.3.
Friedrich Daniel Ernst Schleiermacher (1768-1834) 117
9.
La teologia morale nel XIX secolo: sguardo dinsieme
117
9.1
Situazione storica e politica
120
9.2
Situazione culturale e teologica
122
9.3
Continuit della tradizione Scolastica e Neotomismo
124
9.4
La scuola di Tubinga
125
9.5
La teologia morale agli inizi del Novecento
127
9.6
Influsso di altre scienze teologiche e ricerca di un principio unitario
129
9.7
La teologia della vita cristiana tra kerygma e storia
131
9.8
La teologia morale del Concilio Vaticano II
133
10.
La teologia morale dagli inizi del 900 fino al Concilio Vaticano II
135
10.1. I manuali a schema tomista
135
10.2. Verso il concilio
137
10.3. Lapporto di altre discipline
138
Bibliografia
140