Sei sulla pagina 1di 133

lOMoARcPSD|11430358

Barsotti-Varano - La tradizione giuridica occidentale - Sesta


edizione 2018
Sistemi giuridici comparati (Università degli Studi di Genova)

StuDocu is not sponsored or endorsed by any college or university


Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)
lOMoARcPSD|11430358

Varano – Barsotti

La tradizione giuridica occidentale

Vol. I

Testo e materiali per un confronto common law civil law

Sesta edizione
CAPITOLO I

INTRODUZIONE AL DIRITTO COMPARATO

L’evoluzione del diritto comparato e del suo insegnamento


L’insegnamento di “Sistemi giuridici comparati” è un corso volto all’introduzione ai grandi sistemi
giuridici contemporanei. L’obiettivo è quello di prendere coscienza dell’esistenza di altre e diverse
tradizioni giuridiche, di altri modi di concepire il diritto e di confrontare i vari sistemi giuridici. Il
fenomeno della diversità di tali sistemi risulta costante nel corso della storia, tuttavia l’attenzione
consapevole degli studiosi del diritto nei suoi confronti risale soltanto agli inizi del XX secolo. Al
diritto comparato nella sua connotazione odierna può essere attribuita come data di nascita il 1900,
quando si svolse a Parigi, sotto l’impulso dei due giuristi francesi Saleilles e Lambert, il Congresso
internazionale di diritto comparato. L’idea utopica alla base del progetto era quella di utilizzare il
diritto comparato per superare le barriere tra le varie istituzioni giuridiche, creando così un diritto
comune all’umanità. Il periodo che va dal 1900 agli inizi degli anni ’30 rappresenta un periodo di
lancio del diritto comparato sulla scia di tanti fattori:
• Lo sviluppo della comparazione nelle scienze esatte;
• Il c.d. clima dell’Aja, che produce convenzioni volte ad istituire una corte permanente di arbitrato
per risolvere pacificamente le controversie tra gli stati e una serie di convenzioni volte ad unificare le
norme di diritto internazionale privato;
• La comparsa e l’entrata in vigore nel 1900 del codice civile tedesco (che si contrappone al codice
civile francese), stimolando così un confronto tra i due;
• La formazione di nuovi stati dopo la prima grande guerra, ansiosi di dotarsi di un proprio diritto e
quindi aperti all’indagine sulle soluzioni più promettenti offerte da altri ordinamenti;
• La presa di coscienza reciproca tra paesi di formazione romanistica e codicistica da un lato e paesi
di common law dall’altro (che porterà ad una cooperazione internazionale);
• L’affermazione della famiglia giuridica socialista che dominerà la Russia. Nell’epoca
contemporanea non è più lecito considerare il diritto come un fenomeno puramente nazionale. Il
diritto è un fenomeno sociale in continua trasformazione. Tutti gli eventi ricordati hanno prodotto un
forte sviluppo della comparazione. Ciò è evidente sia sotto il profilo scientifico che sotto il profilo
didattico:
• Sotto il profilo scientifico, è aumentata la produzione di opere sistemologiche. Inoltre è cresciuta la
produzione di studi specialistici dedicati a questo o quell’aspetto o istituto di diritto straniero o di
monografie comparatistiche. Infine, è visibile la crescita della curiosità e della sensibilità per il diritto
1

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

straniero e comparato da parte dei giuristi non professionalmente militanti tra le fila dei comparatisti;
• Sotto il profilo didattico, nelle facoltà giuridiche si è avuta una crescente diffusione degli
insegnamenti comparatistici.

Natura del diritto comparato

Il diritto comparato è quella parte della scienza giuridica che si propone di sottoporre a confronto
critico e ragionato, più sistemi, o gruppi di sistemi giuridici nazionali (o meglio, lo spirito e lo stile
di 2 sistemi: macrocomparazione), o più istituti (o meglio, il modo in cui diversi sistemi affrontano
determinati problemi giuridici e regolano particolari aspetti del vivere sociale ed economico):
microcomparazione).

Diritto comparato e diritto positivo

Il diritto comparato è diverso dai tradizionali rami del diritto positivo: non è un complesso di
norme, non è fonte di rapporti: sarebbe più corretto usare l'espressione “comparazione giuridica”. Vi
sono tuttavia ipotesi in cui la comparazione può essa stessa presentarsi come diritto positivo, fonte
cioè di norme direttamente regolatrici di rapporti. Si pensi ad es. all'art. 38 dello Statuto della Corte
Internazionale di Giustizia: “La Corte , la cui funzione è di decidere in base al dir. internazionale le
controversie che le sono sottoposte, applica (...) i principi generali del diritto riconosciuti dalle nazioni
civili”; la norma suggerisce un procedimento di comparazione attraverso il quale la Corte arriverà a
distillare i “principi generali”, il diritto positivo del caso concreto.

Diritto comparato e diritto straniero

La comparazione giuridica è diversa dallo studio del diritto straniero. Lo studio del diritto straniero è
il presupposto della comparazione giuridica, ed è implicitamente comparatistico dal momento in cui
pone continuamente a confronto la categoria giuridica straniera con le categorie giuridiche nazionali.
Mentre lo studio del diritto straniero può essere implicitamente comparatistico, il giurista nazionale
che racconta il proprio sistema senza staccarsi da questo non compie nessuna comparazione.

Rapporti tra diritto comparato e altri rami della scienza giuridica

Il diritto comparato ha stretti rapporti con altre discipline non positive:

- la teoria generale del diritto: per elevarsi sui particolarismi propri dei diritti locali ha bisogno della
comparazione giuridica;
- la storia del diritto. Lo storico del diritto è comparatista: valuta il diritto storico oggetto del suo
studio alla luce della propria formazione di giurista nazionale moderno; egli sa che il diritto
straniero è comprensibili solo alla luce della sua storia;
- la sociologia del diritto. Il sociologo del diritto per dare valore alle sue ipotesi, deve abbracciare
un orizzonte più ampio di una singola società o un singolo diritto. Egli sa che l’analisi sulla law in
action richiede conoscenza dei meccanismi sociali, quindi deve tener conto delle condizioni
economiche e sociali presenti nell’ordinamento interessato.
- l’etnologia giuridica. L’etnogiurista osservando valori e diritti prevalentemente spontanei e non
verbalizzati delle società tradizionali, deve operare attraverso una comparazione.

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Funzione e fini del diritto comparato

Diritto comparato e conoscenza

Almeno in teoria, la comparazione non ha bisogno di interrogarsi sui suoi fini: “... gli interessi
immediati di ogni comparatisti sono interessi di conoscenza pura” (Gino GORLA) La comparazione
tende a restituire alla scienza giuridica il carattere di universalità che è proprio di ogni scienza; lo
studio del diritto è di regola oggi accentrato sull'homo italicus.

Può sostenersi che tra le funzioni della comparazione giuridica vi è anche quella di recuperare la
perduta universalità della scienza giuridica, andando oltre i confini nazionali, riscoprendo le
analogie, ricostruendo le varie tradizioni giuridiche, comprendendo le ragioni storiche economiche
sociologiche culturali delle differenza, chiarendo le tendenze di sviluppo.

Da un punto di vista pratico, la comparazione mira a far comunicare giuristi appartenenti a


tradizioni diverse: può cioè gettare un ponte fra essi. I comparatisti infatti si interrogano su come
diversi sistemi affrontino problemi analoghi.

Diritto comparato e universalità della scienza giuridica

Scopo della comparazione è anche restituire alla scienza giuridica il suo carattere universale proprio
di ogni scienza. Lo studio del diritto nelle università giuridiche è ancora accentrato sull’homo italicus,
gallus, germanicus, non sull’uomo in quanto tale. Altre scienze studiano l’uomo nel suo ambiente,
nelle sue idee, nei suoi fini. Unica facoltà non umanistica forse è la giuridica. Ma nei grandi periodi
di fioritura la scienza giuridica ha avuto carattere di universalità. Ad esempio l’espansione universale
del diritto romano, le scuole universitarie che fiorirono in Italia e diffusero il loro insegnamento in
tutta Europa, dove si riscopriva il diritto romano. Un’unità di base si è mantenuta nella tradizione di
common law dove non c’è stata rottura con il passato come nella civil law con le codificazioni. Nella
tradizione di civil law invece l’universalità è finita con la nascita dello stato moderno e si è consolidata
con le codificazioni civilistiche dell’800, anche se il David nella codificazione vede il germe della
comparazione poiché a seguito della rivoluzione culturale si manifesta la necessità di confrontare le
leggi tra loro. La comparazione giuridica deve anche recuperare la perduta universalità riscoprendo
analogie, ricostruendo le tradizioni giuridiche, comprendendo le ragioni delle differenze.

Diritto comparato e comprensione – La comparazione serve a comprendere che non è barbarie la


diversità di linguaggio, costumi, istituti, leggi. Uscire dal proprio sistema giuridico significa allargare
il proprio orizzonte e arricchirsi spiritualmente. Rinunciare allo studio comparativo, porta alla
rinuncia del rinnovamento e dell’esperienza altrui.

Diritto comparato e comunicazione

Il diritto comparato deve:

- far comunicare giuristi appartenenti a tradizioni diverse. Es. un soggetto A non vuole figurare come
controllore di una società, acquista il 51% delle azioni ma intesta il 10% al soggetto B da cui si fa
rilasciare la dichiarazione che A è il vero proprietario delle azioni. L’avvocato romanista (italiano,
francese, spagnolo) ragionerebbe in termini di simulazione e di titolarità fiduciaria. Nel diritto inglese
manca la simulazione; in America non esiste una teoria del negozio giuridico. Il comparatista si
3

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

chiede come sistemi diversi affrontano problemi analoghi. Il sistema inglese fa riferimento ad una
contrapposizione tra law ed equity, categorie diverse da quelle impiegate nei sistemi romanisti. Il
comparatista osserverà come le soluzioni concrete non saranno diverse, ma espresse in termini
differenti, aiutando le due tradizioni a comunicare tra loro;

- fornire gli strumenti per tradurre correttamente i testi giuridici. Bisogna accertare che esista nella
lingua verso la quale si traduce un vocabolo analogo a quello della lingua di partenza. Se il risultato
è positivo le eventuali differenze di senso sono trascurabili; in caso contrario si può lasciare il
vocabolo nella sua lingua originale oppure creare un neologismo. Tutto ciò è importante perché per
gli organi dell’Unione Europea gli atti devono essere pubblicati in tutte le lingue dei paesi che la
compongono, 23.

Diritto comparato e politica legislativa

I legislatori di tutto il mondo hanno sempre trovato che in molti settori non è possibile emanare buone
leggi senza essere al corrente delle soluzioni e della disciplina offerta negli stessi settori da altri paesi.
La storia fornisce diversi esempi di imitazione, o addirittura di trapianti (A.22) massicci di interi
sistemi normativi da un paese all'altro. L'esempio classico è quello del Code civil cui si ispirò, ad es.,
la nostra prima codificazione unitaria.

Diritto comparato e interpretazione del dir. nazionale: un dialogo tra corti?

Diritto comparato e interpretazione del diritto nazionale: un dialogo tra corti? In che limiti ci si può
avvalere di una norma straniera per interpretare il diritto nazionale? Le corti supreme a volte
dialogano tra loro. Spesso i giudici guardano oltre i loro confini in casi riguardanti diritti
fondamentali: pena di morte, stato psichico dei condannati, regolamentazione aborto, libertà di
coscienza rispetto alle religioni dominanti. Alcuni paesi (common law) sono più favorevoli alla
comparazione, altri meno (civil law), altri quasi mai.

Non molto favorevoli: Francia, che ha sentenze famose per la brevità; Italia dove c’è disattenzione
di avvocati e magistrati per quanto avviene all’estero; vi sono rari esempi di comparazione svolta da
Corte di Cassazione ( es. Scientology 1996: la suprema corte annullò la decisione dei giudici di
Milano che, per determinare la natura religiosa del gruppo, avevano escluso le sentenze di autorità
altri stati; es. caso Englaro del 2007: interruzione di idratazione e alimentazione in caso di coma
vegetativo. Qui si fa riferimento alla giurisprudenza delle corti americane, tedesca e francese) e Corte
Costituzionale (es. 1987 la Corte dichiara illegittima la disposizione di diritto internazionale che in
caso di divorzio applica l’ultima legge nazionale comune dei coniugi, o quella del marito, per
contrasto con il principio di uguaglianza e parità tra coniugi.

Favorevoli: in Inghilterra, dagli anni 80 e l’entrata in vigore dello Human Rights Act, i giudici
invocano il diritto straniero a supporto di ciò che vogliono dimostrare (es. caso White v. Jones: i
solicitors (procuratori legali) non avevano modificato il testamento come richiesto dal defunto; le
figlie non avendo ricevuto quanto spettava li citarono in giudizio. I Law Lords presero in
considerazione gli ordinamenti stranieri, in particolare la soluzione tedesca, condannando i solicitors
al risarcimento danni. Ungheria nel decidere su questioni di diritti fondamentali adotta correttamente
il metodo comparativo. Germania usa metodo comparativo per confermare e promuovere un risultato.
Molto favorevoli: Canada, le cui corti citano la giurisprudenza inglese, del Commonwealth o
americana, i sistemi di civil law, il diritto francese, statunitense dagli anni 80 con l’introduzione della

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Charter of Right and Freedom (es. 1995 Hill of Church of Scientology of Toronto, dove la corte
canadese abbandonò la regola americana e considerò le sentenze delle corti superiori inglesi e
australiane) Sud Africa, la travagliata storia politico costituzionale ha portato a una costituzione
provvisoria nel 1993-1995 e al testo definitivo nel 1996, dove il capitolo che contiene il Bill of Rights
dice che la corte o il tribunale deve considerare la legge internazionale e quella straniera.

Gli Stati Uniti non rientrano in questi gruppi. Anche chi criticava il riferimento alle esperienze
straniere dei giudici americani riconosce che tale prassi fa parte della tradizione di common law (es.
Muller v. Oregon. L’avvocato vinse la causa per l’Oregon grazie a una memoria che faceva
riferimenti alla legislazione straniera (Svizzera, Olanda, Italia, Germania) in materia di limite di ore
lavorative per le donne). Tale prassi di riferimento a giurisprudenze straniere è contestata da alcuni
giudici, forse per la contrapposizione ideologica che divide i giudici della Corte suprema e per tre
sentenze all’origine del dibattito:

1) Aktins v. Virginia e Roper v. Simmons che riguardano l’interpretazione dell’VIII emendamento


che vieta la comminazione di pene crudeli. Vengono dichiarate illegittime una legge statale che
prevede la pena capitale per persone mentalmente incapaci, o minori.

2) Lawrence v. Texas 2003 dove la corte suprema decide che la Sodomy law del Texas che sanziona
gli atti di sodomia anche tra adulti consenzienti, è una violazione del diritto di libertà. Dopo tali
sentenze il dibattito sull’uso della comparazione porta ad una risoluzione alla Camera dei
rappresentanti, volta ad impedire ai giudici federali qualunque riferimento a fonti straniere.

Diritto comparato, globalizzazione e armonizzazione del diritto

L'unificazione/armonizzazione del diritto è un obiettivo molto sentito anche a livello di diritto interno. Ogni
operazione tendente all'unificazione/armonizzazione richiede l'ausilio della comparazione. Il problema del
diritto uniforme emerge con particolare evidenza nel momento applicativo. L'uniformità raggiunta a livello
soprannazionale può essere infatti compromessa dalle interpretazioni che della legge uniforme vengono
offerte dalle corti dei vari paesi. Il problema è risolto laddove accanto alla legge uniforme è istituita una corte
soprannazionale che ne garantisca l'uniformità di applicazione nei paesi membri. E' quanto avviene nella
Comunità Europea ad opera della Corte di Giustizia.

Diritto comparato e globalizzazione – bisogna cercare l’unificazione del diritto a livello regionale
e su scala mondiale.

1) un metodo di unificazione deriva da convenzioni internazionali (quella di Ginevra del 1930 sulla
cambiale e il vaglia; di marzo 1931 sull’assegno. Più recentemente sono state elaborate convenzioni
internazionali sotto l’auspicio dell’UNCITRAL (Commissione delle Nazioni unite) istituita nel 1966
per modernizzare le regole del commercio internazionale; dell’UNIDROIT (istituto per
l’unificazione del diritto privato) istituito nel 1926. Le aree toccate dalle convenzioni sono di diritto
sostanziale e processuale (convenzione di Vienna sui contratti di vendita internazionale di merci;
Convenzione dell’Aja del 1970 sull’assunzione di prove all’estero in materia civile e commerciale.

2) il diritto è coinvolto anche dalla globalizzazione. Sono sorti molti organismi, sistemi giuridici con
poteri normativi e meccanismi di soluzione delle controversie come la World Trade Organization
(WTO) per stabilire regole del commercio internazionale e risolvere le controversie tra i 130 paesi.
E’ fiorita anche la soft law che tende a sostituirsi ai legislatori nazionali per regolare molte relazioni
5

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

sociali. Es. l’UNIDROIT ha elaborato una disciplina dei principi dei contratti commerciali
internazionali punto di riferimento per corti e collegi arbitrali; es. i principles and rules of
transnational procedure che si affianca all’UNIDROIT. Unico scopo è proporre un modello di
processo accettabile in tutto il mondo per la soluzione delle controversie commerciali transnazionali,
ma anche offrire ai legislatori dei vari paesi un modello di soluzione a cui ispirarsi. Esiste un dialogo
tra legislatori. Grazie alla comparazione si ha armonizzazione, iniziata con le nuove costituzioni del
secondo dopoguerra che promuovevano la condivisione dell’indipendenza e imparzialità del giudice
nel giusto processo.

3) il caso è diverso quando la globalizzazione diventa sinonimo di imperialismo culturale. La banca


mondiale o il fondo monetario internazionale pretenderebbero di far emergere, attraverso il diritto
comparato, ciò che difetta nella altre società, chiedendo ai sistemi non occidentali di rinunciare alle
proprie particolarità politiche e culturali. Ma tale approccio è da respingere. Il comparatista deve
favorire l’armonizzazione ma anche capire e far capire le differenze; deve capire che la
globalizzazione produce uniformità della cultura ma trova anche ambienti che resistono
all’omogeneizzazione forzata.

Diritto comparato e unificazione e armonizzazione regionale - esempi di unificazione e


armonizzazione sono i Paesi scandinavi che hanno disciplinato settori del diritto fin dal XIX sec e
l’Unione Europea. In origine c’erano la Comunità del carbone e acciaio, la Comunità economica
europea e quella per l’energia atomica riunite nel 1967 in un’unica Comunità europea articolata in:
Commissione (organo della produzione normativa); Consiglio dei Ministri (accoglie o respinge le
proposte della Commissione); Parlamento Europeo (che ha poteri legislativi limitati); Corte di
Giustizia (con sede a Lussemburgo, ha la funzione di interprete ultimo del diritto comunitario).
Successivamente si ha tra 1987 e 1982 l’attuazione del mercato unico europeo; i due trattati, di
Maastricht e Amsterdam portano all’Unione europea, un disegno della cooperazione tra stati fondata
su tre pilastri: Comunità europea, politica estera , giustizia e affari interni. Il Trattato di Lisbona del
2007 cerca di recuperare il fallimento del progetto di costituzione europea respinto da Francia e
Olanda nel 2005 e attribuisce valore giuridico alla carta dei diritti fondamentali (Carta di Nizza) in
vigore dal 2002.Accanto al diritto comunitario istituzionale si è sviluppato un sistema per
armonizzare le regole, per favorire l’attuazione di un mercato unico, fondato sulla libera concorrenza.
Tra gli interventi armonizzatori quelli in tema di responsabilità per danno da prodotti difettosi, quelli
sulla disciplina dei contratti con i consumatori, categoria che ha prodotto in Italia un nuovo codice
del consumo. Per l’incidenza della produzione della normativa comunitaria nel campo del diritto
privato si pensa di redigere un codice civile europeo.

Un’iniziativa nota è quella della Commissione Lando dal nome del giurista danese Ole Lando che
ha prodotto i principles of European Contract law. Altro tentativo è il draft Common Frame of
Reference con lo scopo di arrivare ad una armonizzazione concettuale e linguistica del diritto dei
contratti. Inoltre l’Unione europea sta costruendo un processo civile europeo, anche se la procedura
è riservata agli stati in virtù del principio di autonomia procedurale. Ma sia l’art. 65 del trattato di
Amsterdam che l’art. 81 del Trattato di Lisbona, prevedono l’adozione di misure di semplificazione
e armonizzazione nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile. Ne è derivata
l’emanazione di alcuni regolamenti in materia di giurisdizione delle decisioni, di assunzione prove.
Ruolo di rilievo ha assunto la Corte di Giustizia che ha dato risalto al diritto alla piena tutela
giurisdizionale perchè diritto riconosciuto dalle tradizioni costituzionali comuni degli stati membri.

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

La tutela dei diritti di derivazione comunitaria deve essere uguale a quella assicurata ad analoghi
diritti del sistema giuridico interno. Un cenno sul Consiglio d’Europa, fondato nel 1949 per
promuovere l’unità di tutta l’Europa occidentale. Tra le Convenzioni prodotte dall’organizzazione
spicca quella per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali siglata a Roma nel
novembre 1950. per concretizzare la Convenzione è essenziale la giurisprudenza della corte europea
dei diritti dell’uomo accessibile agli individui che ritengano lesi i propri diritti garantiti dalla
convenzione.

La varietà dei diritti positivi

Tra le regioni dell'esistenza e della necessità del dir. comparato vi è senz'altro la presenza di una
grande varietà di sistemi giuridici, ciascuno dei quali di norma corrisponde, specialmente nei paesi e
nelle società più evolute, ad uno stato: ogni stato possiede cioè un diritto che gli è proprio. Vi sono
quindi tanti diritti, tanti sistemi giuridici, quanti sono gli stati nazionali. Ma ciò non basta, poiché
talvolta concorrono all'interno di uno stesso stato più sistemi giuridici. Un esempio chiaro è offerto
dagli USA, ove sono presenti vari sistemi: un sistema di diritto federale, i sistemi dei singoli stati, ed
un sistema di diritto uniforme che non corrisponde al diritto federale, ovvero il sistema dello
Uniforma Commerciala Code. In che cosa consiste e in che cosa si manifesta la diversità degli
ordinamenti? La risposta più semplice sottolinea la diversità delle regole che nei vari sistemi
risolvono problemi analoghi. Tuttavia il diritto non è solo un insieme di regole che rispondono a
problemi concreti: il fenomeno giuridico è più complesso, e le distinzioni e le divergenze fra i sistemi
attengono alla concezione stessa dell'ordine sociale, al modo in cui le regole vengono concepite e
interpretate.

Forme e manifestazioni della varietà

Per quanto riguarda le forme e le manifestazioni della varietà e della diversità dei diritti vigenti nei
diversi paesi, esse si traducono in differenze relative all'importanza e al ruolo (quindi alla natura
stessa) della norma giuridica e al modo in cui è prodotta e interpretata.

Importanza attribuita alla norma giuridica

La norma giuridica può godere di un primato assoluto, e svolgere un ruolo preminente quale
regolatore e organizzatore della società: è la concezione occidentale del diritto. La norma giuridica
può essere sottomessa ad una regola superiore, come ad es. un ordine religioso (es. dir. islamico). La
norma giuridica può infine assumere un ruolo strumentale di preparazione a un più particolare tipo di
società per poi scomparire (concezione marxista).

Elaborazione e produzione della norma giuridica

Le fonti normative possono essere varie e diverso può essere il rapporto tra loro. Le principali fonti
che ritroviamo nei sistemi moderni sono la legge, la consuetudine, la giurisprudenza e la dottrina.
Inoltre, la norma giuridica può presentarsi con maggiore o minore generalità o astrattezza: civil
law -> norme più generali e astratte; common law -> norme più particolari e concrete

Riguardo all'interpretazione, la common law ha un approccio più formalista (ermeneutico letterale,


che conferisce importanza al testo) mentre la civil law fa più attenzione allo spirito della norma.
7

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Fattori di diversificazione

Condizioni naturali: clima, situazione geografica, storia: ad es. Savigny concepiva il diritto come il prodotto
della storia di un popolo al pari di lingua o religione. Volontà politica: può accentuare e acuire le diversità e
le varietà causate da condizioni naturali o storiche.

Fattori di avvicinamento

La circolazione di tecniche e modelli giuridici.

Il diritto romano ha progressivamente perduto il suo particolarismo locale: lo jus quiritium ha mano
a mano ceduto il posto allo jus gentium, fatto per popoli di origine diversa. E mentre all'inizio il dir.
romano si impone per la forza dell'autorità (ratione auctoritatis) poi si impone per l'autorità della
ragione (auctoritate rationis).

| Il diritto canonico è stato un importante fattore di uniformità, ad es. nell'ambito del dir. di famiglia.

| Anche il dir. islamico, la shari'a, ha valenza universale, in quanto insieme di precetti rivelati da dio
agli uomini.

| L'entusiasmo e le idee della rivoluzione francese sono tra le cause più importanti della circolazione
del Code civil del 1804, che fu applicato d'autorità nei territori conquistati, nei quali è stato mantenuto
o fortemente imitato anche dopo l'indipendenza.

- la pandettistica tedesca che ha dato luogo a molte imitazioni da parte della dottrina di altri paesi;

- il regime giuridico della common law che influenza circa un terzo del mondo (Stati uniti, Canada,
Australia, Nuova Zelanda, India, Africa.

Comparazione giuridica e classificazioni: le famiglie giuridiche


Comparazione giuridica e classificazioni: le famiglie giuridiche

I comparatisti ritengono praticamente impossibile entrare nel dettaglio del diritto di ogni sistema, e
ritengono più appropriato introdurre delle caratteristiche essenziali delle più importanti tradizioni
giuridiche. Si tratta di semplificare i sistemi raccogliendoli in gruppi, tradizioni o famiglie.

Per sistema giuridico (il legal system dei common lawyers) si intende un complesso operativo di
istituzioni, procedure e norme giuridiche, vigenti in un dato territorio o per un gruppo particolare di
persone. Esistono tanti sistemi giuridici quanti sono gli stati nazionali cui devono aggiungersi le
organizzazioni internazionali e i diritti di alcune comunità non statuali.

La tradizione o famiglia giuridica raccoglie invece quei sistemi giuridici, quegli ordinamenti che
condividono un complesso di atteggiamenti profondamente radicati sulla natura del diritto, sul ruolo
del diritto nella società, sull’organizzazione e il funzionamento di un sistema giuridico, e sul modo in
cui il diritto è o deve essere creato, applicato, studiato, perfezionato e insegnato. Si tratta di
8

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

comprendere le due più antiche e più diffuse tradizioni giuridiche del mondo occidentale
contemporaneo. Bisogna tuttavia evitare la secca contrapposizione fra le due tradizioni, common law
e civil law, al fine di considerarle come due aspetti di una medesima grande tradizione giuridica
occidentale. Le convergenze attuali tra le due tradizioni sono importanti, ma vi sono anche delle
differenze importanti, che marcano profondamente i due gruppi di ordinamenti.

Il carattere relativo di ogni classificazione

La classificazione dei sistemi giuridici è relativa e imperfetta perché vale in riferimento al momento
storico in cui l’osservatore si colloca. Inoltre, nessuna classificazione può inquadrare completamente
qualsiasi aspetto del diritto. La classificazione delle famiglie inoltre è complessa perché i sistemi
giuridici sono entità dinamiche in cui possono esservi numerose stratificazioni.

Alcuni autori hanno parlato di layered complexity dei sistemi giuridici.

Altri autori hanno sottolineato la difficoltà di ogni intento classificatorio nascente dalla compresenza
in uno stesso ordinamento di numerosi formanti, i quali possono rispondere in modo diverso ad un
problema giuridico; ovvero, non può esistere una sola regola ma più regole in relazione alla fonte
considerata.

Le classificazioni proposte

P. Arminjon, B. Nolde e M. Wolff propongono negli anni ’50 una suddivisione dei sistemi moderni
di diritto in base al loro contenuto intrinseco, indipendente quindi da fattori esterni come quelli
geografici o razziali, e individuano sette famiglie di diritti:

1. Gruppo francese, che deriva la sua autonomia dal Code Napoléon;

2. Gruppo tedesco, che raccoglie i codici civili austriaco (ABGB), tedesco (BGB) e svizzero (ZGB);

3. Gruppo scandinavo, contrassegnato da proprie codificazioni ed esperimenti di unificazione


regionale;

4. Gruppo inglese (e derivati), dove è preminente il diritto giurisprudenziale;

5. Gruppo indù;

6. Gruppo islamico, ambedue fondati su antiche tradizioni religiose e culturali;

7. Gruppo russo, traente la sua autonomia dal rilievo attribuito al governo dell’economia.

René David sosteneva che i sistemi potevano essere raggruppati correttamente in famiglie solo in
considerazione del fattore ideologico e del fattore tecnico-giuridico e procedeva ad una prima
classificazione così concepita:

1. Sistemi di diritto occidentale (a sua volta diviso in gruppo francese e gruppo anglo americano);

2. Sistema di diritto sovietico;

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

3. Sistema di diritto musulmano;

4. Sistema di diritto indù;

5. Sistema di diritto cinese.

Tuttavia, nelle opere successive, David procede ad una revisione della classificazione originaria che
conduce a una riduzione del numero delle famiglie a quattro:

1. Famiglia romano-germanica: influenza del diritto romano, ruolo preminente della dottrina,
concezione del diritto come regola di condotta e modello di organizzazione sociale, primato del diritto
privato;

2. Famiglia di common law: evoluzione storica impermeabile all’influenza del diritto romano,
primato dei giudici, idea di norma come strumento volto a solvere controversie concrete, prevalenza
diritto pubblico;

3. Famiglia dei diritti socialisti: attuazione dei principi fissati dal marxismo leninismo;

4. Sistemi filosofici o religiosi: sistemi in cui l’idea stessa di diritto e la sua rilevanza si pongono in
maniera molto diversa rispetto a tutte le tradizioni occidentali.

K. Zweigert e H. Kötz propongono quale criterio distintivo delle varie famiglie giuridiche l’idea di
stile. Lo stile è un termine che racchiude cinque elementi già considerati da altri studiosi:

• Evoluzione storica: è un elemento particolarmente evidente se guardiamo agli ordinamenti di


common law, dove il presente può essere spiegato e capito solo attraverso il ricorso alla storia;

• Particolare mentalità giuridica: il diritto francese e il diritto tedesco sono caratterizzati dalla
tendenza all’astrazione della norma giuridica, a racchiudere interi campi del diritto in sistemi bene
articolati di norme e infine a basare il ragionamento sulla mera costruzione giuridica;

• Istituti giuridici particolari: possono essere così caratteristici da concorrere ad attribuire un certo
stile a un sistema. Nella common law sono peculiari istituti come il trust, l’agency o la consideration.
Questi istituti sono assenti dalla tradizione di civil law, a sua volta caratterizzata da istituti suoi propri
ignoti alla common law: il negozio giuridico, la causa, l’abuso del diritto, l’arricchimento senza giusta
causa.

• Fonti del diritto e metodi per la loro interpretazione. Nelle varie famiglie giuridiche il rapporto tra
le fonti varie e diverse sono le regole di interpretazione.

• Ideologia: è un fattore che impregna di sé lo stile di un dato orientamento e ciò è evidente, per
esempio, nel diritto islamico.

Zweigert e Kötz si concentrano su quattro famiglie, tutte europee, rinunciando all’uso di una categoria
residuale e riservandosi invece di dedicare brevi sezioni separate al diritto cinese, al diritto
giapponese, al diritto islamico e al diritto indù.

10

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

1. Famiglia romanistica; 2. Famiglia germanica; 3. Famiglia di common law; 4. Famiglia nordica.

Ugo Mattei e P.G. Monateri propongono una classificazione (NON EUROCENTRICA) che tiene
conti di alcuni importanti mutamenti. Il primo è dovuto al crollo dei regimi socialisti dell’Europa
orientale. Il secondo è legato ai successi della medesima ideologia in Cina, e l’accresciuta importanza
del diritto giapponese. Inoltre, occorre menzionare l’accresciuta presa di coscienza del mondo
islamico riguardo alle proprie peculiarità culturali e giuridiche. La raggiunta indipendenza di tutto il
mondo africano costituisce l’ultimo cambiamento epocale. Alla luce di questi mutamenti, è proposta
una classificazione che tiene conto di concezioni del diritto diverse da quelle tipiche dell’occidente.
Si propone la seguente classificazione:

1. Famiglia caratterizzata dall'egemonia del diritto come modello di organizzazione sociale


(Rule of Professional Law): è la tradizione giuridica occidentale, in cui la distinzione civil
law/common law si pone come una sotto distinzione all’interno di una famiglia dotata di un tasso
notevole di omogeneità, ossia la separazione tra diritto e politica e la secolarizzazione del diritto.
Della famiglia fanno parte i sistemi di common law, i sistemi di civil law e i c.d. sistemi misti, ossia
tutti i sistemi in cui non vi è concorrenza da parte dei circuiti di organizzazione sociale alternativi.

2. Famiglia caratterizzata dall'egemonia della politica come modello di organizzazione sociale


(Rule of Political Law), che contiene tutti i sistemi in cui non c'è stato divorzio fra diritto e politica.
Comprende molti paesi ex-socialisti dell’Europa orientale, i paesi in via di sviluppo africani e latino
americani (tra cui Cuba). Tale modello viene chiamato “diritto dello sviluppo e della transizione”,
vedendo così nella transitorietà un elemento caratterizzante fino a quando i paesi da collocare in
questa famiglia saranno protesi verso un obiettivo politico, visto come un bene in sé, al cui
raggiungimento il diritto + funzionalizzato.

3. Famiglia caratterizzata dall'egemonia della tradizione religiosa o filosofica come modello di


organizzazione sociale (Rule of Tradition), in cui non c'è stato divorzio fra diritto e tradizione
religiosa e/o filosofica. Comprende i paesi musulmani, i paesi indù e i paesi dell’estremo oriente a
tradizione confuciana, buddista, taoista ecc. (Cina, Giappone). Si tratta di paesi in cui c'è diritto e c'è
politica, ma appare prevalente la presenza di regole strettamente religiose nei sistemi musulmani e di
regole tradizionali a matrice filosofica nei sistemi del lontano oriente. Caratteristiche comuni dei
sistemi sono la prevalenza del principio gerarchico su quello democratico e l'enfasi sui doveri
piuttosto che sui diritti.

L'aspetto interessante della classificazione di Mattei è il suo carattere dinamico: un ordinamento può
muoversi lungo i lati di un ipotetico triangolo, i cui vertici sono segnati da tradizione, politica, diritto,
mano a mano che l'evoluzione politica, economica, sociale lo allontana da una famiglia e lo accosta
all'altra.

Capitolo II

LA TRADIZIONE DI CIVIL LAW

La formazione storica

Il diritto, e la sua crisi, nei secoli VI-XI


11

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

La tradizione di civil law ha, fin dalle sue origini, il suo centro in Europa continentale, e qui mantiene
il suo centro primario. Si può parlare di tradizione giuridica di civil law in senso proprio a partire
dalla fine del XI secolo, inizi del XII.

Prima del XII sec., il sistema giuridico europeo continentale si fonda essenzialmente sulle
consuetudini. Il dir. romano declina con la caduta dell'Impero, dopo le invasioni barbariche, le
popolazioni romane e quelle barbare continuano a vivere secondo il proprio diritto. Circolano
compilazioni scritte del dir. Romano, ma non rappresentano fedelmente il diritto applicato nell'Europa
medievale. Il contesto in cui inizierà a formarsi la tradizione di civil law si caratterizza quindi
per la sua fisionomia disorganica e lo stato di arretratezza in cui versa il diritto.

Il rinascimento giuridico

La scienza giuridica rifiorisce all'indomani dell'anno 1000, con il rinascimento dello studio del dir.
romano.

Quale diritto romano

Il dir. romano che si studia è il diritto del Corpus Juris Civilis di Giustiniano. Il CJC si articola in 4
parti: | il Codex (raccolta di decreti imperiali) | i Digesta (raccolta delle opinioni di 39 giureconsulti,
ove si tratta della formulazione della soluzione di casi concreti) | le Istitutiones (testo introduttivo al
diritto, ma con valore normativo) | le Novellae (atti normativi promulgati dopo la pubblicazione del
CJC)

La codificazione giustinianea si propone come una rottura con il passato: tutto il diritto precedente è
spazzato via. Il giurista di civil law rinasce come interprete di un testo autorevole: il giurista è tale
perché studioso di un testo. La tradizione di civil law ha nella dottrina il suo fulcro principale, come
testimonia l’attribuzione di forza di legge alle opinioni dei giureconsulti e alle Institutiones.

Perché il diritto romano?

• Per superare i diritti locali, dato che nell’Europa del XII secolo c’era una grande varietà e
molteplicità di fonti normative di derivazione assai diversa;
• Perché il diritto romano è dotato di un grande prestigio: è un diritto ricco e raffinato, accessibile
perché conservato in un’unica grande opera, nella lingua custodita dalla Chiesa, il latino;
• Perché il diritto romano è strettamente collegato con l’ideologia imperiale. L’epoca di cui si
discorre è quella in cui la società tende a trovare nel Sacro Romano Impero una base unitaria del
proprio regime.
• Perché il diritto romano è lo strumento ordinante della convivenza umana.

Il ruolo e la struttura delle università

Il rinascimento giuridico è legato all’insegnamento che si impartisce nelle università.

Come funziona l’università medievale

Gli studenti si riunivano e ingaggiavano un insegnante che spiegasse loro il testo, per un anno. Emerse
a Bologna, fondata nel 1088, un professore chiamato Irnerio, intorno al quale si si raccolsero studenti

12

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

e si unirono docenti. Gli studenti si costituivano in nazioni sulla base della loro origine etnica e
geografica, per darsi un ordine e una protezione. Infine, si unirono in due gruppi più ampi, o “ghilde”,
quello degli ultramontani, provenienti dal Nord delle Alpi, e quello dei citramontani, provenienti dal
sud delle Alpi, cioè gli Italiani. Ognuno dei due gruppi era organizzato come una universitas
(=associazione con personalità giuridica). Bologna era l’archetipo dell’istruzione di cultura dominata
e controllata dagli studenti, mentre a Parigi dominavano i professori. Federico Barbarossa nel 1158
aveva concesso all’universitas degli studenti immunità e privilegi: gli studenti, contrattando con le
autorità locali, potevano definire tutti gli aspetti dell’organizzazione universitaria (contenuto dei
corsi, calendario delle lezioni, affitto degli alloggi, pagamento dei professori).

I docenti erano pagati direttamente dagli studenti nelle rispettive classi. La corporazione studentesca
aveva ampi poteri civili e penali sui propri membri.

I professori costituirono la propria associazione, il Collegium Doctorum, che aveva il diritto di


esaminare e ammettere i candidati al dottorato e di imporre le relative tasse.

Finché non caddero sotto il controllo della Chiesa, le università furono istituzioni libere, centri di
cultura autonomi. La struttura di Bologna fu esportata dai suoi ex studenti, divenuti dottori, in molte
altre università.

Le scuole di giuristi fiorite nelle università

Le grandi scuole di giuristi che hanno contribuito in maniera determinante alla rinascita e alla
diffusione del diritto romano sono state quella dei glossatori, quella dei canonisti, quella dei
commentatori e quella degli umanisti. Accanto al diritto delle scuole, vi è il diritto dei mercanti (lex
mercatoria).

1) I Glossatori

Glossa significa “annotazione interlineare o marginale a un testo della tradizione biblica o giuridica”.
La glossa però non è soltanto un'opera di chiarificazione del testo: l'esegesi analitica dei glossatori fu

sempre animata da spirito di sintesi. La novità della glossatori è il consolidamento e il rafforzamento


del carattere del diritto come manifestazione di autorità: i glossatori sono assai sensibili all'autorità
imperiale, e vedono nel dir. romano l'espressione di tale autorità. Logico quindi che il problema del
rapporto fra dir. romano e diritti locali sia risolto a favore del primo. L'opera dei glossatori ha il suo
culmine nella metà del XIII sec. con la Magna Glossa di Accursio: questa, e non più il CJC, diviene
il fulcro di ogni insegnamento. Di qui il fenomeno della compenetrazione fra glossa e dir. romano al
punto che la recezione del dir. romano in europea fu in gran parte recezione della glossa.

2) I Canonisti

Nel medioevo spicca l’importanza della Chiesa come istituzione politica forte. Parallelamente
all'opera dei glossatori si sviluppa quella dei canonisti, che si segnalano per un lavoro di
Riorganizzazione delle fonti canoniche, ad opera soprattutto di Graziano da Chiusi. Va sottolineato
il contributo che il dir. della Chiesa dette alla costruzione dello jus commune: infatti,
l'organizzazione capillare della Chiesa favorì una rapida diffusione del dir. canonico, sicché in molte

13

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

parti d'Europa fu il dir. canonico ad aprire la strada alla recezione. Particolarmente significativo,
infine, è il contributo dei canonisti alla costruzione del processo: la chiesa si fece promotrice della
lotta contro le ordalie e regolò in maniera assai rigorosa il procedimento di accertamento dei fatti.
Quello che si plasmò nelle corti ecclesiastiche è un processo caratterizzato da scrittura, segretezza,
inquisitorietà. Il processo della Chiesa diventa tipico di tutto il continente europeo, e funge da veicolo
per la diffusione dello jus commune.

3) I Commentatori

Secondo Uguccione, la scuola del commento è soprattutto diretta a mettere in luce il sensus, il
significato razionale, il principio giuridico racchiuso nel testo, e a richiamare l'attenzione sulla pratica
del diritto. Con il tramonto dell'impero, la cultura giuridica tende a liberarsi della soggezione alla
romanità imperiale. La novità dei commentatori è lo spirito di libertà, in contrasto con il conformismo
postaccursiano, di critica, di indipendenza di fronte all'opinione della glossa, e, in generale, al valore
dell'autorità: non più attaccamento ai testi, ma lettura dei testi per costruire principi giuridici nuovi.
La dialettica medievale autorità-ragione si trasforma, anche nel diritto, nella dialettica autorità/libertà.
Il rapporto diritto romano/jura propria è nel commento ribaltato: al primo viene ora attribuito carattere
sussidiario. I commentatori studiano lo jus proprium cercando di coordinarlo e contrapporlo al dir.
romano, che viene considerato come un complesso mirabile di principi giuridici da adattare alle
esigenze che sorgevano dalla trasformazione della vita degli stati particolari, come fondamento solido
per la costruzione di un diritto nuovo. Del commento sono molti i maestri autorevolissimi, i quali
esprimono sulle varie questioni prospettate quella che diventa la communis opinio doctorum. La
autorità dei maestri è tale che spesso la communis opinio doveva essere seguita in assegna di
disciplina di legge, sicché l'opera dei giuristi e delle corti finiva per essere rigidamente vincolata dai
pronunciamenti autoritari dei loro predecessori.

4) Gli Umanisti

La scuola degli umanisti espresse la reazione all'appiattimento provocato dalla communis opinio.
Sorta in Francia nel XVI sec., si diffonde in tutta Europa e anche in Sud Africa, dove gettò le basi di
un sistema romanistico che la più recente sovranità inglese trasformò in “sistema misto”. Allo studio
del dir. romano a fini pratici, gli umanisti contrappongono un diverso approccio. Loro obiettivo è di
restituire al diritto romano la sua portata autentica e il senso originale; sistemare il dir. romano così
ricostituito per estrarne lo spirito e la filosofia; recuperare la originale eleganza linguistica.
L’importanza della scuola sta nell’aver anticipato l’idea della codificazione. Anche i giuristi tedeschi
subirono l’influenza degli umanisti.

La Lex Mercatoria

Nei grandi centri mercantili italiani (Venezia, Firenze, Genova, ecc.), le corporazioni dei mercanti
gettano le basi di un sistema di dir. commerciale terrestre e marittimo destinato a costituire un'altra
componente essenziale della tradizione giuridica occidentale. Si tratta di un diritto più aperto alla
libertà contrattuale, agile, amministrato da corti speciali secondo procedure meno costose, meno lente
e complicate della procedura romano-canonica. La lex mercatoria, nata come diritto di una comunità
particolare, diviene ben presto un dir. commerciale comune a tutta Europa.

Il fenomeno della recezione


14

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Il dir. romano non viene mai imposto. Ma i giuristi, utilizzando le distinzioni e i concetti del dir.
romano, che essi propongono come diritto migliore, meglio accessibile e conoscibile, sicuramente
hanno una forte autorità persuasiva. Il dir. romano viene recepito come idea, come prodotto migliore,
non come vero e proprio diritto uniforme. D'altra parte, se guardiamo alle varie fonti, alle
consuetudini, alla legge, alla giurisprudenza, vediamo che la loro condizione contribuisce in ogni
caso a favorire la recezione, la diffusione del dir. romano studiato nelle università.

Le consuetudini e il loro ruolo nella diffusione del dir. romano

Le consuetudini preesistenti alla rinascita del diritto crollano perché tipiche di una società e di
un'economia chiuse, diverse da borgo in borgo, troppo difficili da conoscersi e provarsi. Infatti,
possono sperare di resistere di fronte all'influenza e ai vantaggi del dir. romano solo se raccolte in
grandi compilazioni che le rendano più facilmente accessibili e conoscibili. E' il caso del celebre
“Specchio Sassone” (scritto fra il 1220 e il 1235) che “creò nella Germania settentrionale ed in quella
centrale un'isola assai cospicua di tradizione giuridica di ceppo germanico” (WIEACKER). Se poi le
compilazioni, anziché limitarsi a raccogliere le vecchie consuetudini, cercano di presentare un sistema
giuridico completo, allora i compilatori compiono per forza di cose, rendendosi conto
dell'inadeguatezza delle vecchie consuetudini alle nuove esigenze, un'opera creatrice e armonizzatrice
dei particolarismi locali che di fatto implica il ricorso al dir. romano come ratio scripta. Questo delle
grandi compilazioni delle consuetudini è uno dei fattori decisivi per la vasta recezione del dir. romano
in tutta Europa.

La legislazione e il suo ruolo nella diffusione del dir. romano

Nel contesto medievale, la legislazione svolge un ruolo modesto, non tocca che raramente il dir.
privato; concentrandosi soprattutto sul diritto pubblico, sul diritto dell’amministrazione, sul diritto
penale. Il diritto esiste indipendentemente dal sovrano, il cui compito si limita a favorire la
formulazione di un diritto non creato da lui. Ne deriva che il dir. romano è la risposta più immediata
e più valida per la regolamentazione dei rapporti privati.

La giurisprudenza e il suo ruolo nella diffusione del dir. romano

Anche la giurisprudenza svolge in Europa, e soprattutto in Germania e nei paesi latini, un ruolo
secondario che favorisce la recezione del dir. romano.

In Germania l'influenza del dir. romano fu molto più profonda che in altri paesi europei. La ragione
è da ricercarsi nella situazione politica che si crea con la disgregazione dell'impero, che porta a un
lungo periodo di frammentazione. Tale frammentazione portò indubbiamente a favorire la recezione
del dir. romano. La Germania medievale non ha organi centrali giudiziari e politico-amministrativi
che possano gettare le fondamenta di un diritto tedesco, unificando le fonti locali: mancano una corte
superiore e un'amministrazione centralizzate. Pertanto la giurisprudenza può avere avuto una certa
importanza a livello locale, ma non livello nazionale: di qui la naturale e totale romanizzazione del
dir. privato tedesco, cui contribuisce anche la prassi della richiesta di pareri che i giudici rivolgono
15

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

alle università in casi dubbi, che saranno evidentemente risolti alla luce del dir. romano. Del resto,
della completa romanizzazione sarà la prova la Scuola storica, per la quale il dir. romano sarà
considerato parte della civiltà nazionale.

Anche nei Paesi latini la giurisprudenza è debole, anche qui la recezione è pressoché totale. In
sostanza, c'è nell'Europa medioevale una giurisprudenza debole che non è in grado di resistere
all'influenza del dir. romano. L'eccezione è ancora una volta la Francia con i suoi Parlements, corti
sovrane che non sono legate né dal dir. romano né dalle consuetudini. Il vero dir. comune è dato dalla
giurisprudenza dei Parlamenti, raccolta in repertori fin dal XIV sec.

Premesse storiche della codificazione

Da quanto detto, emerge che il dir. romano esercita una notevole influenza ma non si sostituisce mai
alle varie fonti locali del diritto, come al contrario avvenne per la common law. Ciò che caratterizza
l'organizzazione giuridica dell'Europa continentale fino alla Rivoluzione francese è la permanenza di
una molteplicità di fonti giuridiche: diritti locali, compilazioni di consuetudini, interventi dei sovrani,
norma di dir. comune, dir. canonico, lex mercatoria. La caratteristica più saliente di questo peridio è
il Particolarismo giuridico: declina la certezza del diritto e si hanno numerose testimonianze di atti
giurisdizionali di arbitrio e sopraffazione.

La situazione francese è emblematica di un panorama di crisi dall'assetto medievale che ha un


duplice volto, coinvolgendo tanto la tradizionale metodologia scientifica (che non ha più la forza di
fornire risposte certe, di adattare l'ordinamento alle mutate circostanze) quanto la situazione politico-
sociale medievale.

Quello che emerge è la tendenza verso una nuova forma di governo assoluto, livellatore dei
particolarismi, accentrato. Obiettivo particolare ma vitale della politica assolutistica è la
razionalizzazione del sistema giuridico, ossia il processo di semplificazione delle fonti normative e
l'autoritaria riconduzione allo stato (ossia, al sovrano) della intera attività di produzione e di
applicazione del diritto. In sostanza, si toglie potere ai giuristi in nome della certezza del diritto:
quale certezza? Quella del diritto preesistente: la semplificazione e la razionalizzazione si persegue
cioè entro i limiti delle fonti in vigore. Il sovrano, nella concezione medievale, non ritiene di poter
riformare il diritto privato secondo la sua volontà; tuttavia, egli vede nell'opera di riorganizzazione
delle fonti in vigore uno dei mezzi per consolidare il suo potere e impedire che i giudici violino il suo
comando. Si ricordano in proposito i codici settecenteschi che contengono una sorta di divieto di
interpretazione creativa.

Ancora una volta l'esempio tipico della crisi e del mutamento è dato dalla Francia che, fin dal XVI
sec. È il primo stato in cui emergono: la tendenza a limitare le autonomie e il potere dei nobili; la
tendenza a costruire uno stato centralizzato, burocratico, a economia nazionale con un corpo di leggi
unico per tutto il territorio nazionale; la critica verso la scienza giuridica medievale formulata dalla
scuola degli umanisti e l'idea che il dir. romano comune non può essere considerato eterno, ma
appartiene a una fase e a un ambiente determinati della civiltà giuridica che sono ormai finiti;
l'esaltazione del diritto come fenomeno nazionale, più aderente alle caratteristiche dei popoli e dei
luoghi. A tutto ciò si aggiunge, da un lato, l'affermazione di un ceto potente di giuristi pratici
estremamente sensibile ai richiami di un dir. nazionale; dall'altro, la fioritura (XVII-XVIII sec.) di
una nuova grande scuola di pensiero, la scuola del dir. naturale. Attraverso le opere di Pufendorf,
16

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Thomasio, Domat e Pothier, si muove all'assalto delle caotiche leggi positive, in nome della fiducia
nella ragione umana- Uno dei tratti caratterizzanti del giusnaturalismo è il soggettivismo, in
contrapposizione all'oggettivismo medievale; fino a Grozio (1583-1645) il diritto naturale è una realtà
oggettiva anteriore e estranea al soggetto, che riceve da tale realtà le norme del proprio agire, norme
inserite in un ordine universale esterno all'individuo e non poste da suo intelletto; dopo Grozio, il
diritto naturale è norma umana, posta dall'attività del soggetto, sganciata da ogni presupposto
oggettivo e manifestantesi nella ragione. I diritti soggettivi naturali sono al centro della
preoccupazione dei giusnaturalisti, e prevalgono chiaramente sul diritto oggettivo positivo che deve
essere finalizzato alla loro tutela e garanzia. Connotati fondamentali del giusnaturalismo sono la
concezione laica del diritto; la teoria per cui il sovrano non ha un potere illimitato, ma è un legislatore
in grado di dichiarare e riformare il diritto conformemente a legge di natura; il ruolo centrale
dell'individuo e del principio di uguaglianza fra individui; la funzione garantista dello stato espressa
nell'art. 1 della Dichiarazione dei diritti del 1793, che porterà a costituzioni (a garanzia delle libertà
politiche) e a codici (a garanzia dei diritti privati). Si preparano così gli schemi ideali della
codificazione ispirata a chiarezza, uniformità, semplicità, certezza.

In sostanza, il 1789 è la deflagrazione di un movimento assai più complesso: la Rivoluzione, un


movimento che ha alle sue spalle nuove forze intellettuali, nuovi modi di concepire l'uomo, la società,
l'economia, lo stato. Schematicamente, sono: giusnaturalismo; separazione dei poteri, razionalismo
(antitesi del particolarismo), liberalismo (fondato su proprietà e contratti), statualismo (stato e
individuo padroni assoluti della scena sociale e giuridica), nazionalismo (il sistema giuridico come
espressione di idee nazionali e unità culturale nazionale)

Sez. II – L'EPOCA DELLE CODIFICAZIONI

Il Code Civil del 1804

Il Code civil del 1804 rappresenta il modello delle codificazioni privatistiche dei sistemi a base
romanistica e riveste per questo motivo un'importanza particolare. Il Code civil può definirsi il primo
vero codice dell'età moderna. E rappresenta una svolta perché assume il modello garantistico a
guida di una coerente organizzazione del diritto. Esso segna il trionfo dei gruppi borghesi, usciti
vittoriosi dalla rivoluzione, e ne recepisce con fedeltà il programma ideologico. Ecco dunque che,
attraverso il dogma della proprietà e il dogma della volontà, il codice garantisce la libertà di agire in
senso economico così come le costituzioni garantiscono le libertà politiche dei cittadini nei loro
rapporti con lo stato.

Alle radici del Code

Il Code civil è insieme un “simbolo”, “un'idea”, “un mito”, e in quanto tale è portatore di connotazioni
precise. “Vuol essere un atto di rottura con il passato”. Con il codice il diritto non proviene più dal
basso, ma si pone dall'alto e si consuma inoltre il passaggio dalla extrastatualità del diritto al diritto
nazionale. La matrice giusnaturalista del codice porta alla fiducia nella possibilità di individuare
regole eterne e immutabili che saranno poste dal principe. In questo senso, il codice rappresenta la
fine di un itinerario: dal droit alla loi La legge diventa ormai l'unica fonte capace di esprimere la
volontà generale e il principe esprime con la legge lo spirito della nazione. Insomma, il Code civil
17

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

tende presuntuosamente verso tre direzioni: unità, completezza, esclusività. Il Code civil non è solo
conseguenza degli eventi rivoluzionari del 1789 e della volontà di Napoleone. Alle sue spalle ci sono
secoli di storia che culminano nella Rivoluzione, intesa anche come complesso di nuove forze
intellettuali, nuovi modi di concepire l'uomo, la società, l'economia, lo stato. Una dottrina dotata di
grande prestigio coltivò a lungo l'idea di una unità di fondo del diritto francese, rendendo così
possibile l'opera di codificazione. Numerosi e notevoli furono gli autori che contribuirono
all'emersione dell'idea di un diritto francese comune: fra essi, Domat e Pothier

La Rivoluzione e il droit intermédiaire

La Rivoluzione del 1789 rappresentò un MOMENTO DI ROTTURA con le istituzioni giuridiche


prodotto di questa evoluzione. Tra la prima riunione dell'Assemblea nazionale (1789) e la presa del
potere da parte di Napoleone (1799) si impose in Francia un diritto rivoluzionario, noto con
l'espressione DIRITTO INTERMEDIO, che sovvertì in pochi anni l'ancien régime, sostituendovi la
concezione di una società illuminata centrata sull'individuo e sullo stato, che ha il dovere di liberare
i cittadini dai vincoli posti dalle autorità feudali, ecclesiastiche, familiari, al fine di concedere gli sessi
diritti a tutti. Vennero dunque aboliti i rapporti che legavano il re ai nobili, al clero, ai giudici; la
divisione territoriale in province; il regime fondiario feudale; l'ordine giudiziario; il sistema fiscale;
il regime ereditario.

Al tempo stesso, fu dato impulso alla codificazione che l'Assemblea costituente aveva fra i suoi
espliciti obiettivi: “Sarà fatto un codice delle leggi civili comuni a tutto il regno”. Un primo progetto
di codice fu predisposto da Cambacérès nel 1793, un secondo nel 1794 e un terzo nl 1796, ma le
discussioni su di esso furono interrotte dalla presa del potere da parte di Napoleone nel 1799.

L’impulso di Napoleone alla codificazione

La mia vera gloria non è di avere vinto quaranta battaglie. Ciò che non sarà mai cancellato, che
vivrà eternamente, è il mio codice civile. [Napoleone]

Napoleone nominò subito una nuova commissione che in soli quattro mesi terminò i lavori. La
commissione era composta da quattro membri (Tronchet, Bigot, Maleville e Portalis). Il progetto
venne approvato nel 1803 con 36 atti normativi poi riuniti in una legge del 31 marzo 1804, sotto il
nome di Code civil des Français, che entrò in vigore il 1° gennaio 1806. Napoleone presiedette 57
sedute delle 102 totali. Una certa impronta di Napoleone sul Codice non può essere negata, visibile,
ad esempio, nell'uso di una terminologia chiara, alla portata del non giurista, e in un certo disegno
patriarcale della famiglia. Esso è una codificazione vera e propria, originale, perché riflette
l'esistenza di tre condizioni fondamentali: 1. Un potere politico deciso a volere la codificazione; 2.
Una scelta rivolta a favore di regole di insieme di largo respiro, a carattere non casistico, non
frammentario, non provvisorio; 3. Una matura elaborazione di queste regole d'insieme ad opera di
una dottrina affiatata e prestigiosa.

Stile e struttura del Code

Il Code civil è redatto in stile letterario, in modo semplice ed elegante, per poter essere compreso
anche dal non giurista. Caratteristica di un certo stile è anche il modo in cui la norma è formulata. Il

18

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

codice si colloca a metà strada fra i principi generali e le regole casistiche. Si compone di 2281
articoli, distribuiti in un titolo introduttivo e tre libri.

Il Titolo introduttivo contiene due norme importanti: l' art. 5 vieta al giudice di disporre in via
generale e regolamentare, vieta cioè al giudice, in ossequio alla separazione dei poteri, di sostituirsi
al legislatore emanando norme generali di condotta, e vieta dunque anche di risolvere controversie
sulla base di decisioni precedenti l' art. 4 pone in maniera esplicita il divieto di non liquet: il giudice
francese deve sapersi muovere nelle regole poste dal legislatore,e deve sempre decidere la
controversia.

Del primo libro (delle persone) si segnala l'art. 8, secondo il quale il titolare dei diritti civili è qualsiasi
cittadini francese, cioè, a sottolineare il forte carattere nazionale della codificazione. E si sottolinea
la centralità dell'individuo: fra questo e lo stato non c'è posto per gruppi intermedi, a parte la famiglia.

Il secondo libro ruota intorno all'affermazione del dogma della proprietà come “diritto di disporre
della cosa nella maniera più assoluta”

Il terzo libro (diversi modi di acquisto della proprietà) contiene la disciplina di una serie assai poco
omogenea di istituti: il fulcro del libro è l'espressione della libertà contrattuale. Notissimi sono i 5
articoli (1382-1386) sulla responsabilità per fatto illecito, anche se “non appare convincente che il
diritto di ottenere un risarcimento da illecito civile sia una particolare maniera di acquisto della
proprietà” (ZW-KOTZ)

Il processo di adeguamento del Code: l’opera del legislatore

Il processo di adeguamento del Codice –

Il Code civil è l’archetipo dei codici borghesi del XIX secolo e riflette la struttura economica e
sociale del suo tempo (es. manca una disciplina del rapporto di lavoro, il diritto di famiglia ruota
intorno alla figura del padre/marito). Come può sopravvivere un codice entrato in vigore due secoli
fa? Il Code civil è considerato un monumento della cultura giuridica francese. C’è stata la
decodificazione, cioè la moltiplicazione di disposizioni legislative al di fuori del codice. I primi
tentativi di riforma sono falliti. Si pensa che alcune parti del codice soffrano più di altre (es. il diritto
delle obbligazioni e dei beni). Nel 2005 sono stati fatti studi per riformare il diritto di garanzia e della
responsabilità patrimoniale (Rapporto Grimaldi). Molti sono stati anche gli interventi adegua tori da
parte del legislatore, della giurisprudenza, della dottrina:

- Il legislatore è intervenuto in particolare sul diritto di famiglia, riformato per rispondere alle
esigenze prospettate dal nuovo ruolo della donna nella società e sul diritto dei contratti, limitando
sempre più l’autonomia contrattuale. Dopo il Rapporto Grimaldi è stato introdotto nel codice il nuovo
Libro IV. La riforma francese tende a richiedere: per le garanzie personali, garanzie autonome al

19

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

posto della fideiussione; per le garanzie mobiliari, il trasferimento della proprietà a scopo di garanzia;
nel campo delle ipoteche, la circolazione dell’ipoteca per renderla utilizzabile per garantire un altro
credito.

- La giurisprudenza, che ha contribuito ad adeguare le norme del Code civil alle nuove esigenze
attraverso un’interpretazione evolutiva favorita dal particolare livello semantico di alcune
disposizioni del codice, come ad es. gli artt. 1382-1386 relative alla disciplina dell’illecito civile, che
indicano che la responsabilità da atto illecito poggia sul principio della colpa, disciplinando le
eccezioni. Le norme sulla responsabilità extracontrattuale hanno subito solo modifiche insignificanti,
tuttavia, sebbene la facciata del codice sia rimasta quella che era, la prassi ha operato in modo diverso
relativamente al diritto della responsabilità. Troviamo, contrariamente all’immagine della tradizione
di civil law che ci viene proposta, una giurisprudenza creativa che, sfrutta gli spazi lasciati aperti
dal legislatore e supera il criterio tradizionale della colpa, estendendo le ipotesi di responsabilità senza
colpa al settore gli infortuni sul lavoro, dell’esercizio di attività pericolose, dei danni da prodotto.

-La dottrina, che ha contribuito all’adeguamento del codice. Nei primi decenni successivi alla sua
entrata in vigore, la dottrina visse un periodo poco fertile, dominato dalla scuola dell’exégèse, in cui
si limitò ad effettuare un’esegesi grammaticale e logica del testo legislativo e ad ignorare le decisioni
giudiziarie. Nonostante i dettami di questa scuola, la realtà era diversa e i giudici e la dottrina
dovevano provvedere a colmare le lacune presenti nel codice. Verso fine XIX, infine, il quadro mutò:
l’esegesi non era più in grado di fornire ai giudici gli strumenti sufficienti a far evolvere il Code, e
quindi si approda alla Scuola della libera ricerca scientifica, che favoriva un’interpretazione che
tenesse conto delle esigenze di una società in continua trasformazione.

La diffusione del modello Code civil

Come accadde per il diritto romano, anche per il Code civil, a una diffusione ratione auctoritatis,
segue una diffusione auctoritate rationis. Lo testimonia il fatto che dopo il Congresso di Vienna,
imitazioni del Code restano in vigore o sono riadattate in alcuni stati italiani; nei territori ad ovest del
Reno; nel Granducato di Baden; nei Cantoni di Ginevra, nel Giura Bernese. A parte Austria,
Germania e Svizzera, molti paesi seguono il modello francese:

- Belgio, che, pur con modifiche e differsssenti interpretazioni, ha mantenuto il Code anche dopo
l’indipendenza ottenuta nel 1830.
- Olanda, che ha visto l’affermazione del modello francese fino alla approvazione del nuovo codice
civile tra il 1970 e il 1992.
- Italia dove il codice del 1865 si ispira a quello francese.

- Spagna, il cui Codigo del 1889, ancora in vigore, si basa sul codice francese, nonostante la forte
imposizione delle consuetudini locali.
- Portogallo, dove il modello francese ha resistito fino al nuovo codice introdotto nel 1967,
principalmente di matrice tedesca.
- paesi del centro e sud America: i codici di Bolivia e Messico sono traduzioni di quello francese,
quelli di Cile e Argentina, pur basandosi sul modello francese, sono caratterizzati da una loro
originalità.
- Louisiana e Quebec, dove, nonostante la forte influenza della common law, resiste la tradizione
francese, ma non si sa fino a che punto abbia resistito all’influenza della common law.
20

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

- paesi africani e asiatici colonizzati dalla Francia, oggi indipendenti, e l’Egitto che ha dal 1949 un
codice francesizzante, nonostante non abbia conosciuto la dominazione coloniale francese.

L’Allgemeines Landrecht prussiano del 1794 (ALR)

I territori tedeschi – caratterizzati da forte frammentazione – partecipano al movimento della


codificazione portandovi un contributo autonomo, che non è mai la rivoluzione come fatto politico.
La prima codificazione è quella prussiana del 1784 (ALR). Essa è diversa da tutte le altre perché
aspira a raccogliere ed esporre tutto il diritto, e non solo il dir. privato, e perché si propone di
disciplinare in dettaglio ogni possibile fattispecie. Il codice prussiano si segnala poi come il prodotto
più genuino del diritto della ragione, per il suo scopo politico di rafforzamento del potere del sovrano,
ma anche per un peculiare scopo educativo il legislatore si assume il compito del benessere e della
felicità dei sudditi conducendoli sulle vie dell'etica dettata dalla ragione. Federico II intorno al 1746
tentò di dare vita ad un progetto di codice affidandolo al suo cancelliere, con l’obiettivo della
razionalità e chiarezza della norma e di fondare la norma sulla ragione naturale e le tradizioni
costituzionali dei singoli territori. Ma la guerra dei Sette Anni rinviò la realizzazione del progetto
(Corpus Juris Fridericianum). Si deve così attendere il 1780 perché il cancelliere Von Carmer dia
inizio a quel progetto di codice di diritto naturale che, dopo varie rielaborazioni, sfocerà nell’ALR
(1794), sotto l’Imperatore Federico Guglielmo II. Il Codice civile prussiano, dominato dai principi di
chiarezza e completezza, può essere definito come la traduzione prussiana del tardo assolutismo
illuminato europeo.

L'ALR è stato definito come “diritto naturale prussiano”, come la traduzione prussiana del tardo
assolutismo illuminato europeo.

Tale codice consta di tre parti: Introduzione, contenente norme generali di evidente matrice
giusnaturalista; Parte Prima: Diritti reali (cioè norme sul patrimonio del privato: trasferimento,
manutenzione e perdita della proprietà, propr. collettiva, diritti reali e personali); Parte Seconda:
Associazioni (la consociatio groziana) cioè diritti basati sull’appartenenza alla stessa casa, diritti dei
diversi ceti, e diritti e doveri dello stato verso i cittadini.

Alla luce della congerie disomogenea di materie disciplinate dall’ALR, la tentazione è di collocarlo
fra le raccolte di leggi del '700 più che fra le codificazioni moderne, contrassegnate dall’omogeneità.

Alla luce della congerie disomogenea di materie disciplinate, la tentazione è di collocarlo fra le
raccolte di leggi del '700 più che fra le codificazioni moderne. Invece, considerando lo stile dell'ALR,
la concisione dei precetti, la buona formulazione, il buon collegamento, lo avvicinano assai di più
alle codificazioni moderne.

L'introduzione è la parte dell'ALR che contiene i riferimenti più evidenti alla matrice
giusnaturalista: si sancisce la prevalenza del bene comune sugli interessi individuali; che i diritti
degli uomini sono fondati sulla libertà naturale che ciascuno ha di perseguire il proprio bene
senza ledere il diritto altrui; che i diritti del singolo hanno origine dalla nascita (giusnaturalismo),
dal ceto (stand) e dagli atti cui la legge attribuisce efficacia costitutiva.

21

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

I limiti di questo codice sono l’acritica fede nella ragione, la sfiducia nei confronti dell’auto
responsabilità dei cittadini, la visione ormai superata della società, la fede nella possibilità di un diritto
assolutamente giusto e, di conseguenza, la presunzione di poter regolare, una volta per sempre, tutti
i possibili rapporti intersoggettivi.

La sua influenza fu praticamente nulla (antiche terre prussiane e Westfalia, fino all’entrata in
vigore del BGB). Dato che l'ALR aveva voluto consapevolmente ridurre la dottrina e la
giurisprudenza a semplici guardiani della legge, la scienza giuridica, e in particolare la Scuola storica
lo ricambiò con disprezzo arrogante e più ancora con trascuratezza. Savigny definisce l'ALR “per
forma e contenuto un mucchio di spazzatura”.

Il codice civile austriaco del 1811 – ABGB

Anche in Austria la codificazione ha alle spalle il giusnaturalismo razionalista di sovrani


illuminati. L'ABGB è un codice longevo, ancora oggi in vigore in Austria, sia pure in forma parziale.
Fu promulgato il 1° giugno 1811 con il nome di “Codice civile generale per i territori ereditari di
lingua tedesca”.

Benché diverso, l'ABGB ha tuttavia molti punti di contatto con il Code Napoléon. Sicuramente, è
anch'esso connesso con l'ideologia garantista e i principi dello statualismo, vale a dire l'idea del
momento autoritativo del diritto e dell'unicità della fonte che lo produce. Fra i motivi ispiratori, spicca
la necessità di superare la molteplicità delle fonti, ma anche quella di tradurre sul piano di una
legislazione armonica e coerente le prospettive della Francia rivoluzionaria. La matrice kantiana
dell'ABGB è chiaramente visibile nella preferenza verso le forme di governo che assicurano una
legislazione comune sancendo l'uguaglianza dei cittadini fra di loro e nei confronti dello stato, e nella
peculiare concezione dell'individuo e dell'autonomia che irrinunciabilmente gli compete.

Forte è il risalto esplicito che ancora conserva il richiamo al giusnaturalismo: il § 7 consente, per
colmare le lacune legislative, di ricorrere, dopo l'analogia, ai “principi del diritto naturale, avuto
riguardo alle circostanze raccolte con diligenza e maturamente ponderate”; il § 10 esclude dal sistema
delle fonti le norme consuetudinarie “se non nei casi nei quali la legge si riporta alle medesime”; il
§16 dichiara che all'individuo competono ”diritti innati che si conoscono colla sola ragione”. Grande
è anche in questo codice il rilevo attribuito alla proprietà, manifestazione concreta a cui conduce, sul
piano della prassi, l'arbitrio del soggetto.

L'ABGB si compone di 1502 articoli, ed è quindi un codice breve, chiaro e intellegibile. La brevità è
causa di lacune, che verranno colmate negli anni 1914-1916 da tre Novelle. Il codice si articola in tre
parti, precedute da una Introduzione: I. Diritto delle persone. II. Diritti delle cose. III. Disposizioni
comuni.

Si tratta di un codice illuminista; tuttavia è in stridente contrasto con la realtà sociale dell'Austria del
1811. I cambiamenti cominciano a intravedersi con l'ondata rivoluzionaria del 1848 che provoca
l'abolizione della servitù della gleba e la diffusione delle idee di libertà di stampa, di impresa, di
partecipazione della borghesia alla vita pubblica. Ma la restaurazione portò ad alcuni passi indietro.
Bisogna aspettare gli anni '70 e '80 perché l'ABGB si mettesse in sintonia con la realtà economica e
sociale della vita austriaca. L'influenza dell'ABGB all'estero è minima.

22

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Il codice civile tedesco del 1900 – BGB

Si è più volte fatto riferimento alla situazione politica e giuridica della Germania medievale,
caratterizzata dalla debolezza del potere imperiale, dalla mancanza di una giustizia regia forte e di un
ceto di giuristi imperiali influente. Tutti fattori che ostacolarono la rielaborazione delle consuetudini
e la graduale costruzione di un diritto privato comune tedesco, e favorirono invece la recezione piena
del diritto romano. In questa Germania la funzione unificante spetta alla dottrina, una dottrina
pandettistica spinta dell'ideale dell'unità culturale giuridica tedesca: la scienza giuridica prepara la
codificazione tedesca.

La “scienza giuridica”: la Scuola Storica e la Pandettistica

Quali sono i presupposti di tale “scienza giuridica”? Le codificazioni prussiana e austriaca entrano in
vigore quando già si sta manifestando la crisi dell'illuminismo e del razionalismo, e si cominciano ad
affermare nuove idee, che vedono nel popolo e nel suo incessante evolversi e divenire le radici di
ogni manifestazione culturale, dalla poesia alla lingua al diritto. Il vero diritto, nella nuova idea
romantica, è il diritto consuetudinario. E' questa la radice della Scuola storica e del suo fondatore
Savigny, che sosteneva la necessità di una codificazione unitaria per tutta la Germania sul modello
del Code civile e insegnò che il diritto, prodotto incessantemente mutevole della vita sociale, prodotto
dello spirito del popolo, non può e non deve essere cristallizzato nelle formule di un codice. Meglio
è lasciare operare il diritto consuetudinario quale si esprime nel diritto dotto, elaborato dai giuristi.
Come il razionalismo, la Scuola storica respinge l'arbitrio del legislatore; a differenza del
razionalismo, non crede nella fissità dei modelli, crede nel Volksrecht (diritto nazionale), nel dritto
del popolo, nel dir. consuetudinario e attribuisce alla consuetudine il ruolo di fonte primaria. Al diritto
romano delle fonti giustinianee si rivolge l'esclusiva attenzione di Savigny e dei suoi allievi, tutti
imbevuti dell'idea che il ritorno alla pura antichità nel campo del diritto avesse un altissimo valore
educativo. Il dir. romano antico è visto come espressione di un mondo spirituale e concettuale
superiore e più puro, di valore eterno, suscettibile di essere adottato come diritto vigente, una volta
riordinato in maniera sistematica e dogmatica. Lo sforzo di elaborare un ordine, un sistema e un
apparato concettuale fu compiuto soprattutto dai successori di Savigny, da quella Scuola Pandettistica
che ha come unico obiettivo “l'elaborazione sistematica e dogmatica del materiale giuridico”.

Il contributo della Pandettistica si esprime nell'attribuzione di un compito al giurista e nella


costruzione di un metodo. Compito del giurista non è di creare regole giuridiche, quanto di
predisporre gli strumenti di conoscenza del diritto, ristrutturando il diritto civile tedesco, e di definire
i concetti giuridici. Il concettualismo è il carattere distintivo della scienza giuridica tedesca, che
diviene così una delle componenti essenziali delle codificazioni civilisti che e di quella tradizione, o
famiglia, che, proprio per questo, qualcuno chiama romano-germanica.

Il metodo seguito dal giurista tedesco si ispira a quello della matematica e delle altre scienze esatte.
E' un metodo:

| concettuale: identificazione dell'elemento concettuale costitutivo in presenza del quale le ipotesi da


considerarsi rientrano nella categoria oggetto di definizione, e in assenza delle quali le ipotesi non
rientrano nella categoria;

| dogmatico: i concetti così definiti (come in matematica) non ammettono eccezioni, sono dogmi;
23

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

| sistematico: in presenza di più definizioni, la definizione corretta è quella che si armonizza bene con
le altre del sistema, in omaggio al principio di coerenza.

Il giurista tedesco muove dal CJ lacunoso e oscuro, razionalizza ed esplica i concetti in esso contenuti,
ne deduce le regole pratiche e applicative, si esprime in un linguaggio scientifico.

Il processo di codificazione. Struttura del BGB

E' l'unificazione politica della Germania (1870) che costituisce il presupposto politico che conduce la
Germania alla codificazione: il codice civile tedesco fu promulgato nel 1896 e entrò in vigore il 1°
gennaio 1900. Esso è il frutto maturo della pandettistica tedesca, che trova consacrazione nel Libro
I, che costituisce un unicum delle codificazioni civilistiche. Il BGB si suddivide in cinque libri per
complessivi 2385 articoli. Nella Parte generale si trovano le norme generali sulle persone, alcune
definizioni riguardanti i beni e soprattutto il concetto di negozio giuridico. I libri 2-5 del BGB
contengono un numero considerevole di eccezioni alle regole generali. Il secondo libro è sulle
obbligazioni. Il terzo libro è dedicato ai Diritti sui beni. Il quarto libro disciplina il Diritto di
famiglia. Il quinto libro regola le Successioni.

Filosofia del BGB

In un certo senso il BGB è rappresentativo di un mondo in via di dissoluzione, di una storia già
consumata. E' un codice conservatore, che non attribuisce alcun compito sociale al dir. privato. Il
BGB aspira a prospettare un sistema chiuso, caratterizzato da definitività, completezza e
esclusività. Ciò comporta l'esclusione della consuetudine, e la drastica identificazione fra diritto e
legge, intesa come manifestazione della ragione dello stato. La valvola di sfogo di questo sistema è
costituita dalle clausole generali, direttive indirizzate al giudice con la funzione di vincolarlo al
principio generale lì espresso e, al tempo stesso, data la latitudine assai ampia e estensibile di tale
principio, di renderlo più libero. Naturalmente, le clausole generali un pericolo lo nascondono. Se la
disciplina dogmatica del giudice si allenta, c'è il rischio che si affermi la tentazione di “fuga nelle
clausole generali”, e che si favorisca la nascita di una giurisprudenza equitativa priva di principiguida.

L'evoluzione del diritto tedesco dopo la codificazione

Il BGB è sopravvissuto fino a noi attraversando l'impero, Weimar, il nazismo, due guerre devastanti,
la costituzione del '49, la DDR, la riunificazione, senza grandi modifiche. Il dir. tedesco è
relativamente stabile fino al 1918, alla proclamazione della repubblica.

Il periodo della Repubblica di Weimar, dal 1820 fino alla nomina di Hitler a cancelliere del gennaio
1933 è invece un periodo caratterizzato da interventi profondi sia del legislatore che della
giurisprudenza. A proposito della giurisprudenza, si è visto l'uso delle clausole generali per adeguare
il diritto alle mutate condizioni sociali ed economiche. La legislazione segna di una nuova impronta
sociale e liberale alcuni settori del diritto; ad es. nel dir. del lavoro, l'accresciuto potere dei partiti più
vicini alla classe operaia condusse verso una maggiore protezione delle classi deboli contro i
monopoli e le classi sociali più potenti. La stessa concezione della proprietà muta sostanzialmente

24

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

rispetto alla formula individualista del codice: secondo la formula adottata dalla costituzione di
Weimar “la proprietà obbliga. Il suo uso deve servire al contempo al bene comune”.

Il 30 gennaio 1933 Hitler viene nominato cancelliere, ed ha inizio il periodo più buio della storia
tedesca. Il nazionalsocialismo è un movimento totalitario, razzista, rivoluzionario. Quali le
ripercussioni nella sfera giuridica di un movimento con queste caratteristiche? I 12 anni del nazismo
non sono stati sufficienti per distruggere l'ordine giuridico precedente: il BGB resistette. Quando nel
1937 il Ministro della Giustizia annunciò la morte del BGB e la sua sostituzione con un “codice
popolare” che tenesse conto delle idee del regime era troppo tardi.

Quali queste idee? Innanzi tutto l'idea fondamentale che il diritto non può che essere sempre un mezzo
di salvaguardia, di garanzia, di sviluppo della comunità raziale del popolo. In secondo luogo, una
nuova teoria delle fonti di diritto che porta al rifiuto del principio tradizionale della preminenza
della legge. La legge è strumento di organizzazione sociale che deriva essa stessa da una “fonte
primaria” costituita dalla razza e dall'appartenenza al popolo tedesco. La persona che come oracolo
dichiara e proclama il diritto sorto da questa fonte è il Führer. E' la sottomissione dei giudici ad esso,
non più alla legge. Il manifesto normativo del nazismo furono le leggi razziali, le leggi di Norimberga
del 1935. Per quanto riguarda la giurisprudenza, può dirsi che le giurisdizioni superiori sono rimaste
più rispettose dell'antico diritto, mentre le giurisdizioni inferiori, i giudici più giovani, sono stati più
sensibili alla dottrina nazionalsocialista. In sostanza, non può negarsi un atteggiamento di
compromesso dei giudici con il regime.

La costituzione del 1949 non è naturalmente estranea alla evoluzione, alla riforma del dir. tedesco,
anzi ne costituisce il fondamentale motivo ispiratore. Gli interventi del legislatore si caratterizzano
per la loro apertura sociale (dir. del lavoro), per il loro spirito egualitario (dir. di famiglia), per il loro
spirito liberale e umanitario (dir. penale). Negli ultimi anni una serie di importanti interventi
legislativi ha sostanzialmente riscritto il Libro II del BGB, dedicato appunto al dir. delle obbligazioni:
ne risulta un tessuto normativo più adeguato ai tempi. Da segnalare, sul piano giurisprudenziale, il
ruolo determinante assunto dalla Corte costituzionale federale, il cui compito è di vegliare sul
rispetto dei principi costituzionali e dei diritti fondamentali dell'individuo. Le corti ordinarie, e in
particolare la suprema corte federale, hanno ugualmente contribuito allo sviluppo e al
ringiovanimento del diritto tedesco.

La diffusione del modello BGB

Modesta e limitata nel tempo è stata la circolazione del modello BGB, ritenuto “prodotto tipico
della dottrina tedesca che si sarebbe difficilmente adattato ad una realtà diversa” (ZW-KÖTZ). Le
zone verso le quali si estese l'influenza del BGB vanno dal Brasile al Portogallo, All'Europa
centrale e meridionale, all'Estremo Oriente. Ma l'influenza più profonda e duratura si è avuta in
Grecia: il codice civile greco (in vigore dal 1946) per la sua evoluzione storica, per la sua sistematica
e per il suo contenuto, può senza dubbio essere considerato appartenente al sistema germanico, anche
se non è una copia servile del BGB.

Il codice svizzero del 1912 – ZGB

25

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Già nel XIV sec. Il territorio della odierna Confederazione elvetica era autonomo dal Sacro Romano
Impero. E mentre in quest'ultimo ci fu un'ampia recezione del dir. romano, in Svizzera non venne
meno la centralità delle consuetudini germaniche. Il risultato è che, nel corso del XVIII sec., mentre
sul resto del continente europeo cominciavano a diffondersi le idee favorevoli alla codificazione, il
diritto del territorio elvetico consisteva essenzialmente nelle consuetudini di origine germanica.
Intorno alla metà del XIX sec., si cominciò a avvertire l'esigenza di rendere unitario il sistema
giuridico; il cammino verso un codice unitario del dir. privato svizzero si svolse attraverso alcune
tappe importanti:

| nel 1848 la Confederazione raggiunse l'integrazione nazionale;

| nel 1874 entrò in vigore la costituzione federale;

| nel 1881 entrava in vigore una codificazione unitaria del dir. delle obbligazioni: OR

| nel 1898 una modifica costituzionale estendeva la potestà legislativa della Federazione a tutto il dir.
civile.

Il protagonista assoluto della codificazione svizzera fu Eugen Huber. Approvato dal Parlamento nel
1907, il codice (ZGB) entrò in vigore il 1° gennaio 1912.

Struttura e caratteristiche dello ZGB

Huber era spinto verso il ramo germanistico della scuola storica e ciò lo portò a dare molta importanza
al diritto consuetudinario. Ne è scaturito un codice che rifiutava il modello del BGB nei suoi aspetti
romanistici ed eccessivamente dotti. Lo stile dello ZGB tende infatti a seguire la lingua comune, ad
evitare l'uso eccessivo dei termini tecnici e a non ricorrere troppo spesso a rinvii tra i vari articoli.
Nello ZGB non è presente una parte generale, ma una breve introduzione di 10 paragrafi: essa
avrebbe conferito al codice un carattere eccessivamente astratto, lontano dal pragmatismo degli
svizzeri. LO ZGB risulta composto, oltre che dall' Introduzione, da quattro libri: Diritto delle
Persone; Diritto di famiglia; Diritto delle successioni; Diritti reali. Ad essi si aggiunge, come
quinto libro, l'OR, il Diritto delle obbligazioni. Tra le caratteristiche peculiari dello ZGB vi è la
”deliberata incompletezza”(Z-K): non va oltre la delineazione dei tratti salienti di ciascun istituto
giuridico; sta al giudice elaborare la regola da applicare, seguendo le linee tracciate dal codice. Come
e più della codificazione tedesca, lo ZGB fa leva su clausole generali ma, diversamente
dall'impostazione tedesca, si attribuisce espressamente un ruolo centrale alla giurisprudenza, che
svolge una decisiva funzione di integrazione del diritto codicistico. Art. 1 ZGB: “Nei casi non previsti
dalla legge il giudice decide secondo consuetudine e, in difetto di questa secondo la regola che egli
adotterebbe come legislatore. Nel fare ciò egli dovrà ispirarsi alla dottrina più consolidata e alla
giurisprudenza già formata”: è la nuova impostazione antidogmatica e antipositivistica del
rapporto fra giudice e legislatore.

Successo e diffusione

La modernità delle soluzioni adottate nel codice svizzero e l'aver seguito una via intermedia fra il
concettualismo del BGB e la chiarezza del Code civil contribuiscono a spiegare il successo dello ZGB
26

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

e la sua diffusione, a tal punto che Z-K arrivano ad auspicare che esso possa essere preso a modello
per un futuro codice europeo di dir. privato, poiché lo ZGB garantirebbe al giudice uno spazio
d'azione senza il quale sarebbe difficilmente realizzabile un disegno di unificazione del dir. europeo.

Tutti gli ordinamenti nei quali si è proceduto a codificare il dir. privato nel periodo successivo alla
sua entrata in vigore ne hanno tenuto conto (p. es. Turchia), anche nei paesi nei quali (Italia o America
latina) lo strumento codicistico era già noto e, soprattutto, conforme ad una tradizione giuridica
unitaria, di matrice romanistica.

Le Codificazioni italiane

Il codice del 1865

Anche dopo la restaurazione, il Code Napoleon indica il modello cui tendono ad ispirarsi molti codici
degli Stati preunitari della Penisola.

Come i codici preunitari, il codice civile del 1865 è filiazione diretta del codice napoleonico. La
sua scelta deriva da vari fatti: era necessario che alla unificazione politica si accompagnasse
rapidamente l'unificazione legislativa; aveva peso la consapevolezza della derivazione
fondamentalmente romanistica del Code civil; il Code manifestava infine una permanente intensa
vitalità, per le idee che aveva alla sua base e per la sua corrispondenza alla società italiana del
momento.

Alcune differenze rispetto al Code civil esistono: ad esempio l’art. 3 fa riferimento al ricorso
all'analogia e ai principi generali dell'ordinamento giuridico per colmare le eventuali lacune, laddove
il codice francese tace. Il principio cardine del codice resta l’individualismo. La partizione in tre libri
risponde a tale scelta:

• Nel Libro I, Delle persone, si pone il presupposto del libro II;

• Nel Libro II, Della proprietà e delle sue modificazioni, si discorre della massima estrinsecazione
pratica dei diritti delle persone e si definisce il diritto di proprietà in un art. 436 identico all’art. 544;

• Nel Libro III, Dei modi di acquistare e di trasmettere la proprietà e gli altri diritti sulle cose, si
raggruppano una serie disparata e disomogenea di materie.

Il codice italiano è sostanzialmente una copia fedele del codice francese.

Il codice del 1942

Quando la rivoluzione industriale si manifesta, la riforma di un codice chiaro, duttile, fatto di principi,
che quindi lasciava spazio all'opera creatrice dell'interprete, nasce come risposta a profonde
trasformazioni economico-sociali: si comincia a pensare seriamente ad una riforma del codice del
1865 e in generale alla codificazione del dir. privato.

I primi due Libri del codice civile, Persone e Famiglia, e Successioni, entrarono in vigore
rispettivamente il 1° luglio1939 e il 21 aprile 1940. Su di essi possono farsi le seguenti osservazioni:
27

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

| impostazione tradizionale dell'istituto familiare, con accentuazione dell'unità della famiglia e del
principio di autorità con larghi interventi di direzione e di controllo dello stato, sia sotto il profilo dei
rapporti personali che patrimoniali; importante è il fatto che vengono disciplinate associazioni e
fondazioni, così come innovativa è la disciplina dei diritti della personalità;

| impostazione tradizionale delle successioni, anche se la materia è difficilmente rinnovabile se ci


si tiene agganciati al principio della trasmissione dei beni mortis causa e della efficacia della volontà
privata del testatore.

Gli altri libri sono dedicati rispettivamente alla Proprietà, alle Obbligazioni, al Lavoro, e alla Tutela
dei diritti, per un totale di 2969 articoli. Il codice entrò in vigore il 21 aprile 1942. L'elaborazione
degli ultimi 4 libri fu molto affrettata, e si spiega con l'ansia del fascismo di fare del codice
l'espressione della propria ideologia. In realtà i giuristi italiani riuscirono a resistere a questa pretesa,
valendosi della loro cultura e esperienza tecnica, e di quella “neutralità del giurista” per impedire che
prevalessero ideologie politiche patrimoniali per lo più prive di chiarezza. Alla caduta del regime fu
facile ripulire il codice da molte incrostazioni fasciste..

L'innovazione più importante del codice del '42 è costituita dall'unificazione del diritto privato:
l'obiettivo viene raggiunto estendendo in maniera soddisfacente a tutti i rapporti le regole fino a quel
momento esclusive del commercio; tutta l'attività economica produttiva viene così disciplinata in un
unico testo normativo. Ecco quindi i Libri:

| “Delle Obbligazioni” (libro IV) dedicato al rapporto obbligatorio e alle fonti delle obbligazioni. Il
contratto non è più solo un modo di acquisto della proprietà, ma è fonte di obbligazioni e di rapporti.

| ”Del Lavoro” (libro V) ove si regolano le attività economiche, i soggetti, singoli e collettivi e gli
strumenti delle attività medesime.

| La proprietà (libro III) riflette il passaggio da un'economia agraria a un'economia industriale; si


parla di funzione sociale della proprietà.

| ”Della Tutela dei diritti” (libro VI) disciplina una congerie disparata di materie e istituti per
assicurare la tutela del diritto soggettivo ma che può essere definito residuale.

Caduto il regime fascista, sarebbe stato sciocco riportare in vigore il vecchio codice del 1865, ma il
codice del 1942 non è una svolta fondamentale; non si è messo mano seriamente a nuove codificazioni
civilistiche, e ci troviamo invece di fronte a “una prassi che continuamente forma istituti nuovi e
continuamente li supera stravolgendoli o creandone nuovi, in una rincorsa segnata da estrema
rapidità” (Grossi). Si è parlato di un ”processo di decodificazione” che ha finito per travolgere il
codice.

L’adeguamento del codice ai valori costituzionali: legislazione speciale e giurisprudenza

Assai ampio è il rilievo che lo stesso codice del 1942 attribuisce alla legislazione speciale, “portatrice
di autonomi principi regolatori”. Assai rilevante appare fin dall'inizio la legislazione speciale nel
campo delle attività economiche; il codice, in sostanza, è sempre stato, e sempre più è lontano “dal
cuore del processo economico”: continua ad essere “il regno della libertà e dell'autonomia dei privati”,

28

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

ma solo “al livello della microeconomia, dei piccoli traffici, dell'attività domestica”. La legislazione
speciale trae poi nuova linfa dall'entrata in vigore della costituzione e del controllo di costituzionalità
delle leggi. La costituzione modifica infatti radicalmente i principi base del dir. privato e, ponendosi
come strumento di tutela dei diritti fondamentali, inclusi la proprietà e la libera iniziativa economica,
toglie al dir. privato e al codice quella funzione costituzionale che lo accompagnava fin dalla
codificazione napoleonica. Tutto ciò ha insomma impoverito il codice civile sia per quello che attiene
al processo produttivo, sia per ciò che attiene, ad es., all'istituto familiare, oggetto di grandi riforme
che hanno inciso profondamente sull'impianto patriarcale e autoritario dei codici e sulle pesanti
disuguaglianze che lo caratterizzavano.

Notevole è stato pure il ruolo della giurisprudenza, insieme alla dottrina, nell'adeguamento del
codice anche ai valori costituzionali. Di grande rilievo è stato il ruolo della Corte costituzionale per
quanto riguarda, ad es., il riconoscimento del danno biologico e del c.d. danno esistenziale. Pure da
ricordare è la recente fondamentale pronuncia con la quale le Sezioni Unite della Corte di Cassazione
(sent. 500/99) hanno affermato il principio della risarcibilità dei danni conseguenti a lesioni di
interessi legittimi di fronte al giudice ordinario, sgomberando il campo “da una delle più vistose
immunità di cui ha goduto la PA”. Naturalmente il codice muta ed evolve anche sotto l'influenza del
dir. comunitario: trattati, regolamenti, direttive, sentenze della Corte di Giustizia.

Sez. III – LE FONTI DEL DIRITTO

Premessa. La nozione di norma giuridica


Il codice rappresenta una rottura con il passato.
Con il codice si afferma il monopolio del legislatore, che fra l’altro esprime la sovranità popolare.
Con il codice si consolida la distinzione fra diritto pubblico e diritto privato.
Il codice, infine, impersona l'ideale di norma giuridica espresso dalla tradizione di civil law, che
viene concepita come regola di condotta dotata di quella generalità che le consente di situarsi fra la
decisione della lite e i principi di cui essa stessa può essere considerata un'applicazione.
La generalità riconosciuta alla norma giuridica spiega come nei paesi di civil law il compito del
giurista sia concepito essenzialmente come il compito di interpretazione di formule legislative e
come dunque la sua attività creatrice si svolga in modo tendenzialmente nascosto. Al contrario, nei
paesi di common law, dove la norma giuridica ha un carattere più dettagliato e si pone ad un livello
semantico molto più concreto, la tecnica giuridica è caratterizzata principalmente dal procedimento
delle distinzioni. La regola di diritto non può dunque essere concepita qua e là nello stesso
modo:
• Nei paesi di common law la regola è formulata in modo molto preciso;
• Nei paesi di civil law la regola è sufficientemente ampia da lasciare un margine di libertà
all'interprete.
Nella civil law si cerca la soluzione di giustizia con una tecnica che ha come punto di partenza la
legge;

29

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

nella common law la si cerca principalmente prendendo le mosse dal caso concreto e dalla
decisione giurisprudenziale.
Vi è quindi una diversa idea della regola di diritto:

• regola della civil law: legale e dottrinale;


• regola della common law: prevalentemente giurisprudenziale.
TUTTAVIA, a proposito della configurazione della common law come diritto sostanzialmente
giurisprudenziale, in contrapposizione alla civil law come diritto scritto, si osserva ormai una certa
convergenza:

• in civil law, la legge non può più considerarsi la sola fonte del diritto, essendo ormai ampiamente
riconosciuto che la giurisprudenza concorre, insieme alle altre fonti, a determinare il “diritto”;
• in common law si parla ormai di “statutorification”, intendendosi sottolineare il notevolissimo
aumento della produzione legislativa.

Anche il funzionamento pratico della regola del precedente può difficilmente essere considerato
un fattore determinante per la distinzioni fra le due tradizioni giuridiche:

• da un lato infatti le corti dei paesi di civil law sono piuttosto attente al valore dei precedenti;
• dall'altro, nei paesi di common law numerose tecniche possono rendere piuttosto elastico il
significato della regola stare decisis (rimanere su quanto deciso).

La gerarchia delle fonti


La gerarchia delle fonti è oggi molto più complessa di quanto non faccia intendere, ad esempio,
l’art. 1 delle nostre Preleggi. Un ruolo fondamentale, infatti, è stato acquisito: • Dalle Costituzioni e
dai trattati internazionali, che tendono a prevalere sulla legge; • Dalla giurisprudenza e dalla
dottrina; • Dalla globalizzazione, che tende a sottrarre allo Stato parte del suo potere di produzione
del diritto, quel potere monopolistico che dopo la rivoluzione si esprime nel codice e nella legge. Il
nuovo diritto della globalizzazione è più vicino alla tradizione sapienziale, orale, colloquiale, aperta
della common law che non a quella scritta, vincolante, completa e coerente della civil law. Il nuovo
diritto si presenta come un diritto non più necessariamente legato allo Stato, la cui fonte principale,
le regole del gioco e i principi, sono in continuo divenire ad opera della prassi e della dottrina.

Le costituzioni
I paesi appartenenti alla tradizione di civil law presentano tutti, al vertice della gerarchia,
costituzioni scritte alle cui disposizioni si riconosce un prestigio particolare, che si riflette nella
previsione di particolari procedure di revisione e di controllo di costituzionalità delle leggi. Se è
vero che la presenza di una costituzione scritta e rigida è un tratto caratteristico uniforme dei sistemi
contemporanei di civil law, non si può dire che tali documenti manchino nei paesi di common law.
Inoltre, nonostante il diritto privato tedesco appartenga al sistema germanico, il suo diritto
costituzionale può far
parte di un altro sistema, formato da Stati Uniti, Italia, Spagna e Germania, poiché in questi
ordinamenti c’è un controllo di costituzionalità delle leggi che manca in Francia e Inghilterra.

30

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Le procedure di revisione
Le costituzioni rigide si definiscono tali perché per essere modificate hanno bisogno di procedure
aggravate rispetto alle ordinarie procedure legislative. L’aggravamento ha il fine di rendere più
difficile la revisione e di creare un consenso vasto e immediato. Spesso il potere di revisione è
affidato all’Assemblea legislativa ordinaria. In Italia il procedimento di revisione è affidato all’art.
138 Cost.
Anche in Germania si prevede che la Legge fondamentale possa essere modificata solo con i due
terzi dei membri del Bundestag e i due terzi dei voti del Bundesrat. In Spagna i progetti di revisione
costituzionale vanno approvati dai tre quinti di ogni Camera; le proposte di revisione totale o
parziale di sezioni del titolo II vanno approvate dai due terzi di ogni Camera, cui segue lo
scioglimento delle Cortes. Le Camere elette devono studiare il nuovo testo costituzionale, che deve
essere approvato a maggioranza dei due terzi di entrambe le Camere: una volta approvata, la
riforma va sottoposta a referendum per la ratifica. Le costituzioni non sempre possono essere
modificate: talvolta si pongono dei limiti al potere di revisione. Per esempio, l’art. 139 Cost.
stabilisce che la forma Repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale. La stessa
statuizione è presente in Francia e in Germania.

Il controllo di costituzionalità delle leggi


La presenza di un sistema di controllo di legittimità delle leggi è un elemento pregnante e
caratterizzante degli ordinamenti. Si individuano due grandi modelli di controllo giurisdizionale di
costituzionalità delle leggi: diffuso e accentuato.
• Nel sistema diffuso, detto anche americano, il potere di controllo spetta a tutti gli organi
giudiziari che lo esercitano incidentalmente, cioè in occasione della decisione di una controversia
concreta. Il giudice, nella decisione della causa, disapplica le leggi che ritiene in contrasto con la
Costituzione e tale decisione ha efficacia inter partes. Ma se la controversia giunge alla corte al
vertice della giurisdizione, la decisione della corte vincola i giudici attraverso il principio dello stare
decisis.
• Nel sistema accentrato, detto anche austriaco, il potere di controllo è attribuito ad un solo organo
giudiziario appositamente istituito, la Corte Costituzionale. Tale controllo viene esercitato sulla
base della richiesta di organi politici ed è astratto, non essendo connesso alla soluzione di una
controversia concreta; la pronuncia del giudice ha efficacia erga omnes ed ex nunc. La riforma del
1929 è molto importante perché riconosce alle corti supreme ordinaria e amministrativa la
legittimazione ad instaurare il procedimento di controllo di costituzionalità della legge davanti alla
corte costituzionale.
Sia il modello diffuso, sia il modello accentrato si sono imposti in numerosi paesi. Tuttavia, in
ciascuno dei paesi, la giustizia costituzionale si è adattata al sistema istituzionale, sociale e politico
in cui si è trovata ad operare e ormai molte sono le varianti dei due sistemi. I tratti caratteristici e le
particolarità possono riguardare la composizione della corte, le sue competenze e il tipo di atti
sottoposti al controllo, i soggetti legittimati a presentare la questione di legittimità, l’efficacia della
pronuncia del giudice costituzionale.
Con particolare riferimento all’Italia si è parlato di sistema ibrido, in quanto assomma in sé alcune
caratteristiche di entrambi gli archetipi. Nel nostro paese infatti il controllo è svolto da una corte

31

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

ad hoc cui tuttavia la questione di legittimità perviene attraverso il filtro di un giudice a quo il quale
deve sollevarla per decidere la causa che pende dinanzi a lui.

Se si vuole completare la prospettiva comparatistica e considerare, insieme ai sistemi di controllo


giurisdizionale di costituzionalità, anche un controllo di carattere politico, l’esempio è quello della Francia.
L’esclusione di un controllo propriamente giudiziario di costituzionalità delle leggi è un’idea che si è sempre
imposta nelle costituzioni francesi, ancorché concepite come rigide. La costituzione della V Repubblica voluta
da Charles de Gaulle nel 1958 ha affidato al Conseil constitutionnel un controllo di costituzionalità
preventivo. Il Conseil deve giudicare la legittimità delle leggi organiche (che riguardano l’organizzazione di
pubblici poteri) e delle leggi ordinarie prima della loro promulgazione. Tuttavia, a partire dagli anni ’70, il
potere del Conseil è stato ampliato in quanto tale organo è venuto a proporsi anche come garante dei diritti
fondamentali. Il controllo di costituzionalità ha iniziato a comprendere altri testi normativi oltre alla
Costituzione, e ciò ha permesso al Conseil di superare il ruolo marginale che gli era stato attribuito dalla
Costituzione della V Repubblica. La legge di riforma del luglio 2008 riguarda 33 dei 39 articoli della
Costituzione del 1958 e tutti i poteri dello Stato, ed è volta a rinnovare le modalità di esercizio del potere
esecutivo, a rivitalizzare il ruolo del Parlamento. Per la prima volta in Francia al Conseil è affidato il
controllo di costituzionalità delle leggi a posteriori; tuttavia, a differenza di quanto avviene nel nostro
ordinamento, solamente la Corte di Cassazione o il Consiglio di Stato possono sollevare questioni di
costituzionalità, mentre i giudici dei gradi inferiori devono rinviare la questione agli organi di vertice della
giurisdizione civile o amministrativa, ai quali spetterà decidere poi se è opportuno richiedere l’intervento del
giudice delle leggi.

Il diritto dell’Unione europea

L’Unione europea costituisce ormai un ordinamento sovranazionale in grado di produrre diritto


con effetti negli ordinamenti interni agli stati membri. Le costituzioni nazionali contengono
generalmente “clausole europee” volte ad autorizzare la cessione dei poteri e delle competenze alle
istituzioni europee. Le fonti del diritto dell’Unione europea possono dividersi in fonti primarie e fonti
derivate:

• Sono fonti primarie i trattati istitutivi, ovvero, dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona del 2009,
il Trattato sull’Unione europea (TUE) e il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).
Tali fonti costituiscono l’insieme delle norme fondamentali dell’Ordinamento dell’Unione.
Delineano, in altri termini, il quadro istituzionale e costituzionale dell’organizzazione sovranazionale,
ponendosi al vertice della stessa. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 2000 e
modificata nel 2007, la Carta di Nizza, nei suoi 54 articoli contiene un catalogo di diritti fondamentali
ed individua nei principi di dignità, uguaglianza, libertà, solidarietà, cittadinanza e giustizia il
fondamento costituzionale dell’ordinamento europeo.

• Sono fonti derivate gli atti delle istituzioni dell’Unione. Si distinguono in:

Fonti vincolanti:

▪ Regolamento: è la forma più completa di normativa dell’Unione. Ha portata generale, è obbligatorio


in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ogni Stato membro;

32

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

▪ Direttiva: vincola gli stati membri circa il risultato da raggiungere, lasciando discrezionalità agli
stessi quanto alla forma e ai mezzi;

▪ Decisione: indirizzata a specifici destinatari (stato membro o persone fisiche/giuridiche).

Fonti non vincolanti:

▪ Raccomandazione: costituisce un monito rivolto da un’istituzione ad altre istituzioni, ad uno stato


membro o a particolari soggetti, affinché si comportino in un determinato modo;

▪ Parere: si rivolge all’istituzione che lo ha richiesto, non vincolando le scelte.

Vi sono poi i c.d. principi generali, desunti dai Trattati o dalle tradizioni comuni agli stati membri
ed enunciati nella giurisprudenza della Corte di giustizia. In base al nuovo art. 6, par. 3, TUE, i diritti
fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli stati membri, fanno parte
del diritto dell’Unione in quanto principi generali.

L’analisi della giurisprudenza della Corte di giustizia diviene poi essenziale per comprendere come
le fonti europee interagiscano con le fonti nazionali. Ne è emerso che le norme comunitarie
direttamente applicabili prevalgono sulle leggi interne successive. I giudici europei sono arrivati ad
affermare il proprio potere di disapplicare le leggi interne contrastanti con la norma europea
direttamente applicabile o che produca effetti diretti. Le corti costituzionali hanno partecipato ad un
simile processo di sviluppo, dialogando con la Corte di giustizia (dialogo verticale).

Più recentemente poi si riscontra un maggior ricorso da parte delle Corti costituzionali allo strumento
del rinvio pregiudiziale. Quest’ultimo consente alla Corte di giustizia di pronunciarsi
sull’interpretazione dei Trattati, nonché sulla validità ed interpretazione degli atti compiuti dalle
istituzioni dell’Unione ed apre un canale di comunicazione importante tra giudici nazionali e giudici
europei.

Il diritto internazionale e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo

In alcune costituzioni continentali, si riconosce espressamente ai trattati internazionali valore


superiore alle leggi ordinarie. Si può ricordare l'esempio della Francia e quello dei Paesi Bassi. In
Francia, la costituzione prevede che “i trattati o accordi regolarmente ratificati o approvati hanno,
appena pubblicati, un'efficacia superiore a quella delle leggi”: i giudici hanno il potere di disapplicare
una legge successiva contrastante con un trattato internazionale. In Italia manca una simile
previsione costituzionale. L’adeguamento automatico dell’ordinamento italiano alla norma
internazionale opera unicamente per le norme del diritto internazionale generalmente riconosciute, di
carattere consuetudinario; non si applica invece alle norme internazionali pattizie. Queste ultime, per
la c.d. dottrina dualista, necessitano di uno specifico atto normativo (ordine di esecuzione). Pur non
essendo direttamente incorporata nell’ordinamento italiano, grazie alle sentenze gemelle 348 e 349
del 2007, la CEDU diviene un parametro c.d. interposto di costituzionalità, collocandosi nella
gerarchia delle fonti in posizione intermedia tra la Costituzione e la legge. I giudici comuni,

33

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

pertanto, non possono disapplicare la legge interna che ritengano non conforme alla
Convenzione. In caso di contrasto, essi sono tenuti a sollevare una questione di legittimità
costituzionale di fronte alla Corte costituzionale.

La legge è fra le fonti del diritto quella che la tradizione legata alla Rivoluzione e alla codificazione
colloca al vertice della gerarchia, dove resta fino alla stagione delle costituzioni. Il codice, dal
canto suo, è una legge che riveste, sotto il profilo formale, lo stesso valore di qualunque altra legge,
ma al tempo stesso si pone in un rapporto particolare rispetto alla legislazione speciale, analogamente
al rapporto che si pone, in common law, fra common law e legge, ogni volta che sia necessario tornare
a principi non desumibili da quest'ultima. In sostanza può dirsi che common law : statutory law =
codice : legge speciale.

Il regolamento è la tipica fonte secondaria che nella gerarchia si colloca al di sotto della legge e
non può ad essa derogare. In Francia, nella V Repubblica, è stato previsto un potere regolamentare
non subordinato al potere legislativo e dunque per sua natura autonomo.

Il potere regolamentare del governo è sottratto al controllo del Conseil costitutionnel (competente a
sindacare solo le leggi e i regolamenti parlamentari prima della promulgazione) e sottoposto alla
giurisdizione del Conseil d'Etat, il quale si è attribuito il potere di controllare la legittimità dei
règlements governativi cono riferimento non solo al riparto delle competenze tra parlamento ed
esecutivo, ma anche con riferimento al “diritto superiore”.

L'autorità del Conseil d'Etat è quindi stata assimilata a quella di una corte costituzionale. In
conclusione, osservando la situazione francese nel suo complesso, è possibile osservare la tendenza
verso un sempre più ampio potere di controllo dei giudici sul legislativo e l'esecutivo, nonostante la
plurisecolare diffidenza nei confronti del gouvernement des juges.

Il monopolio acquisito dal legislatore sulla produzione normativa ha relegato in posizione marginale
la consuetudine: è ovunque esclusa la validità di fonte legale alle consuetudini contra legem. E'
ovunque invece riconosciuta la consuetudine secundum legem (cui la legge esplicitamente rinvia).
Discussa è la validità della consuetudine praeter legem, riguardante cioè materie non regolate dalla
legge: probabilmente è consentita dalle nostre Preleggi e dal Codice civile svizzero.

L'organizzazione giudiziaria e il ruolo della giurisprudenza

L’organizzazione giudiziaria

Il modello ispiratore della struttura e dell'organizzazione attuali delle corti e dello status del giudice
è quello che ha origine nella Francia rivoluzionaria. Anche la giustizia era parte dell'ancien régime;
contro quella giustizia e quei giudici la Rivoluzione manifestò tutta la sua ostilità. In particolare, tale
reazione di diresse

• contro i Parlements
• contro i giudici professionisti (sostituiti da giudici elettivi)
• contro l'interpretazione giurisprudenziale della legge

34

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Passata la ventata rivoluzionaria, il modello si consolida e assume l'assetto al quale tuttora si ispira
con la legge sull'ordinamento giudiziario promulgata da Napoleone nel 1810. Tale assetto prevede un
sistema di corti di norma articolato su tre gradi:

1. la prima istanza si articola in due livelli, uno a competenza limitata e uno a competenza
generale; 2. l'appello, riesame in fatto e in diritto del giudizio di primo grado, entro i limiti
dell'impugnazione; 3. la corte suprema, che si può atteggiare come ”cassazione” (modello
francese secondo il quale la corte annulla se del caso la sentenza impugnata, poiché il suo
compito è quello di assicurare l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge) o
come ”revisione” (modello tedesco che si presenta come un vero e proprio terzo grado di
giudizio, in cui la corte decide anche nel merito).

Il modello tedesco della revisione si presenta invece come un terzo grado di giudizio di merito. In
realtà, i due modelli sono più vicini di quanto appaia, non esistendo nei paesi di civil law efficaci
sistemi di selezione dei ricorsi, problema che causa l’impossibilità di svolgere bene la funzione di
nomofilachia.

La seconda caratteristica dell'organizzazione giudiziaria dei paesi di civil law è data dalla pluralità
di giurisdizioni. A fianco cioè della giurisdizione ordinaria figurano uno o più sistemi di giustizia
“specializzata”, oltre a un sistema di giustizia costituzionale affidato ad un organo ad hoc.

Altra caratteristica di civil law è che il potere giudiziario è esercitato principalmente da giudici di
professione.

Per quanto riguarda lo stile delle sentenze, caratteristiche comuni sono l'esistenza di una motivazione
e la sua impersonalità (pur con qualche eccezione, la sentenza di civil law non palesa i voti espressi
dai membri del collegio né tantomeno le opinioni concorrenti o dissenzienti dei giudici)

Il ruolo della giurisprudenza nel sistema delle fonti

Il movimento della codificazione segna il passaggio dal diritto alla legge, e definisce il ruolo del
giudice come quello di un operatore di una macchina progettata da altri, dal legislatore. La
giurisprudenza, in questo contesto, non è formalmente fonte del diritto; le sentenze non hanno
formalmente efficacia al di là dei casi che decidono.

La realtà è diversa: il giudice è chiamato a riempire gradualmente i vuoti che il legislatore lascia,
utilizzando le tecniche ermeneutiche che questi gli propone, e le valvole di sfogo (quali le clausole
generali) che consapevolmente gli offre. I sistemi di civil law, non meno che quelli di common law,
concordano nella diffidenza verso un'eccessiva attività creatrice da parte di soggetti – i giudici –
privi di legittimazione democratica.

Anche l'affermazione che i giudici di civil law non sarebbero vincolati dai precedenti deve essere
precisata in quanto un “diritto vivente”, come “diritto che risulta dalla consolidata interpretazione
giurisprudenziale delle disposizioni di legge” è pacificamente ammesso (Caretti – De Siervo).

35

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Nonostante si possa con Z-K concludere che in termini di risultati non vi siano significative differenze
tra la dottrina dello stare decisis in common law e corrispondente prassi delle corti di civil law, vanno
considerate alcune differenze importanti:

• al metodo induttivo della common law si contrappone il metodo deduttivo della civil law,
secondo il quale il giudice non va di caso in caso, ma applica una determinata norma ai fatti
della causa in forza di un atto di sussunzione. Ne deriva una sentenza, quella di civil law, in
cui scarsissimo rilievo viene attribuito ai fatti e di cui circola e si conosce talvolta solo la
“massima”: in questo contesto non è possibile usare il precedente nello stesso modo in cui
ciò avviene in common law, dove tutto il procedimento si basa sulla distinzione dei fatti
essenziali dai quali si ricava la ratio decidendi del caso;
• la pluralità di corti supreme, il numero dei giudici che le compongono, attribuisce ad esse e
alle loro decisioni un'autorità più diffusa di quella che possiede, ad es., l'unica Corte suprema
degli USA coi suoi 9 giudici;
• le corti supreme di civil law difettano di quel potere discrezionale che consente alle corti
supreme di common law di decidere poche decine di casi ogni anno, e di concentrarsi
soprattutto sul proprio ruolo nomofilattico;
• l'autorità delle decisioni delle corti supreme di civil law è ulteriormente attenuata dal fatto che
i loro giudici sono normalmente all'apice della loro carriera, con capacità notevoli di
“applicazione“ della norma piuttosto che di emanare pronunce “policy oriented”.

Il ruolo della dottrina

La dottrina e i dottori hanno avuto un ruolo preponderante nella formazione ed evoluzione della
tradizione di civil law, ed una collocazione privilegiata fra le fonti del diritto. Il codice ha allontanato,
almeno formalmente, la dottrina dalla produzione del diritto, ma essa conserva un suo ruolo di
protagonista della cultura giuridica di civil law, che almeno indirettamente continua a proporla come
fonte del diritto. Del resto l’apporto della dottrina è fondamentale nella redazione delle leggi e dei
codici.

L’influenza della dottrina nell’evoluzione del diritto è visibile ovunque, e talvolta è riconosciuta
ufficialmente dal legislatore (art. 1 codice svizzero). Le critiche diffuse dalla dottrina nei confronti di
una norma giudizialmente prodotta inducono spesso le corti a riesaminarla, così come una decisione
che può fondarsi su una dottrina largamente condivisa ha maggiori possibilità di legittimarsi come
precedente rispetto ad una decisione controcorrente. I commenti dottrinali sembrano costituire uno
strumento di lavoro indispensabile per qualunque operatore del diritto. I pratici guardano alla
giurisprudenza servendosi degli occhiali della dottrina.

Sezione IV – I sistemi giuridici dell’Europa orientale

L’EUROPA ORIENTALE. UN’AREA GEOGRAFICA O UNA FAMIGLIA GIURIDICA?

Premessa

Carattere distintivo della tradizione di civil law è la presenza di soluzioni di continuità del diritto.
Ciò vale anche per i paesi dell’Europa orientale che vivono tre momenti di frattura importanti:
36

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

dissoluzione dei grandi imperi dopo la prima guerra mondiale; sovietizzazione dopo la seconda guerra
mondiale; crollo del sistema socialista alla fine degli anni ’80. Tali esperienze coinvolgono e
sconvolgono il sistema politico e giuridico. L’area è eterogenea sul piano culturale, linguistico,
economico ma la comune esperienza socialista introduce alcuni fattori unificanti che inducono i
comparatisti a considerare l’Europa orientale come una famiglia giuridica a sé. Sotto il regime
socialista si ha una tripartizione della tradizione giuridica occidentale in civil law, common law,
socialist law. Dopo il crollo del regime ogni paese post-socialista vuole perseguire una strada
autonoma e ricostruire la propria identità nazionale. Si parla di un ritorno dei paesi ex socialisti alle
loro radici di civil law. La parentesi storica dell’esperienza socialista ha lasciato le sue tracce nei
sistemi giuridici, ma la diversità dei modelli recepiti e delle soluzioni elaborate dai singoli paesi non
permette più l’omogeneizzazione dell’area. Attualmente l’Europa orientale comprende ventitré paesi
indipendenti, e questo significa avere 23 sovrani e quindi 23 lingue ufficiali, e la barriera linguistica
è un limite nello studio dell’area.

Quale Europa orientale?

I paesi est-europei possono essere raggruppati possono essere raggruppati secondo il punto di vista
usato: linguistico, religioso, economico, politico, giuridico. Qualsiasi classificazione generale è
arbitraria e presenta eccezioni. Es. i Paesi baltici considerati entità omogenee, sono invece tre paesi
con una propria identità. Estonia e Lettonia sono accomunate dal punto di vista religioso, protestante
(mentre la Lituania è cattolica) ma possono comunicare solo attraverso una terza lingua. Per definire
il termine Europa orientale, bisogna aver presente il confine orientale dell’Europa, costituito dalla
catena degli Urali: fanno parte dell’Europa orientale anche Armenia, Azerbaigian e Georgia
(Transcaucasia) che sono membri del Consiglio d’Europa. Anche la storia e la geopolitica giocano
un ruolo fondamentale nella ripartizione dell’Europa. Es.: nel XIX sec. è forte l’idea di Europa
centrale che comprende l’area di influenza della Prussia e dell’Austria-Ungheria. Il termine
Mitteleuropa rinasce negli anni ’80 quando polacchi, cecoslovacchi, ungheresi e tedeschi pongono
l’accento sui legami dei loro rispettivi paesi con l’Europa occidentale. L’uso del termine è quindi
condizionato dalle circostanze storico-politiche.

La posizione particolare della Russia

La Russia è un territorio immenso ma solo la metà si trova in Europa. La complessa divisione


amministrativa del territorio russo rispecchia la complessità del paese stesso in cui convivono 160
diverse etnie. Alcuni parlano di debolezza della cultura giuridica russa; per questo lo studioso del
diritto considera separatamente il sistema giuridico russo dagli altri sistemi est-europei. Questa
debolezza verrà esaltata dagli ideologi del comunismo come prova dell’alterità della tradizione russa
rispetto alla cultura occidentale.

Suddivisione interna

La definizione di Europa orientale o dell’Est può essere intesa in due modi: - in senso lato che
comprende tutta l’area della Mitteleuropa fino alla catena degli Urali; - in senso stretto in
contrapposizione all’Europa centro-orientale. In questo caso comprende solo i paesi che facevano
parte dell’Unione Sovietica quando fu istituita nel 1922, esclusi i paesi baltici (invasi dai sovietici
solo nella seconda guerra mondiale) che fanno parte dell’Europa centro-orientale che comprende
tutti i paesi ex socialisti non compresi nell’Unione Sovietica. Ex blocco sovietico è un termine
37

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

restrittivo rispetto a quello di Eropa orientale perché la Jugoslavia e l’Albania non erano membri del
Comecon né del Patto di Varsavia, le due organizzazioni internazionali che legavano l’Unione
sovietica ai suoi paesi satellite. E’ quindi importante la distinzione tra Europa centro orientale ed
Europa Orientale: i paesi che fanno parte della prima sono membri dell’Unione Europea.

CENNI DI STORIA DEL DIRITTO

Premessa

Le numerose soluzioni di continuità hanno creato molteplici strati nel diritto di questi paesi. Si può
parlare di sustrato (Sacco): in Europa orientale il substrato è rappresentato dal sistema giuridico
precedente al periodo socialista al quale si ricollega il diritto attualmente vigente. Dopo il crollo del
regime socialista si ha un ritorno a tale sustrato da parte dei paesi est-europei. Es. la Lettonia, ottenuta
l’indipendenza dall’Unione sovietica nel 1991 ha ripristinato la Costituzione prebellica del 1922.

Le origini

Per raggruppare i paesi nell’Europa orientale, si possono adottare due punti di vista:

- i territori inclusi nel Sacro Romano Impero: Boemia, Moravia, Slovenia, dove il diritto romano
penetrò attraverso tre canali: l’università (quella di Praga, fondata nel 1348 fu la prima d’oltralpe a
insegnare il diritto romano), la volontà del principe, le consuetudini.

- il fattore religioso. Qui bisogna distinguere tra paesi cristiani occidentali paesi cristiani orientali.

• Paesi cristiani occidentali , cattolici protestanti, applicarono il diritto canonico cattolico.


• Paesi cristiani orientali ortodossi, applicarono il diritto canonico delle varie Chiese
ortodosse. Ci sono quindi territori cristiani occidentali non appartenenti al Sacro romano
Impero (Lituania, Polonia, Ungheria, Croazia) dove non si applica il diritto romano, ma
in Ungheria dal sec. XI in uno studio di giurisprudenza (interrotto da dominazione
ottomana XVI-XVII sec. si insegna diritto romano. Nell’Europa ortodossa (Bulgaria,
Romania, Serbia, Russia) invece penetra il diritto bizantino che porta con sé il diritto
giustinianeo rielaborato, tranne per la Russia per la quale si può parlare di influenza, non
di recezione del diritto bizantino base della pravda (diritto) fu sempre la consuetudine
russa.

Il diritto romano ha quindi esercitato la sua influenza in tutta l’Europa orientale.

Le prime codificazioni

Fino a inizi XIX Boemia Moravia e Slovenia fanno parte del Sacro Romano Impero, quindi ciò che
vale per il diritto dell’Impero vale per questi territori cui si applica il diritto austriaco. Differente è
la posizione dell’Ungheria perché in epoca medievale c’è un’uniformità delle consuetudini, che
acquisiscono status di fonte semi ufficiale del diritto dopo la redazione del Tripartitum nel 1517,
compilazione approvata dalla dieta e dal re, mai promulgata, che resta la base del diritto ungherese
fino al 1848 anno in cui si distrugge il regime feudale precedente e si crea un vuoto giuridico. In tale

38

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

periodo l’imperatore austriaco può estendere all’Ungheria l’ABGB fino al 1860, quando il paese
ottiene autonomia giuridica e redige le proprie regole giuridiche provvisorie.

L’eclettismo della codificazione est-europea

La circolazione di un modello può avvenire ratione auctoritatis o auctoritate rationis. In Europa


orientale ci sono esempi sia di imposizione (codice austriaco in territori sotto il dominio asburgico)
che di imitazione volontaria (Codul civil rumeno improntato a quello francese). Esistono: sistemi
orientati verso il modello francese (Romania, Bulgaria), altri verso il germanico (Rep. Ceca,
Slovacchia, Slovenia, Ungheria), altri ancora sono sistemi compositi (Russia e Polonia). Può esserci
diversità di modelli anche all’interno dello stesso ordinamento: es. la Bulgaria imita il modello
francese in ambito civilistico ma nel diritto commerciale segue le leggi germaniche. La recezione può
anche essere mediata: in Bulgaria il codice civile si ispira a quello italiano che è filiazione di quello
napoleonico.

La scuola pandettistica nell’Europa orientale

I giuristi est europei sono attenti alla dottrina occidentale, in particolare all’opera dei
Pandettisti che ha avuto grande influenza in Europa. Anzi i giuristi cechi, polacchi e ungheresi hanno
contribuito all’opera della scuola Pandettistica. In Ungheria l’insegnamento del diritto romano nel
XIX avviene in due corsi universitari: uno dedicato alla storia e istituzioni del diritto romano, l’altro
alla pandettistica.

Il diritto socialista

Con la II Guerra mondiale si ha una spaccatura tra la parte occidentale e quella orientale. Un
momento di frattura è rappresentato dalla sovietizzazione che allontana i sistemi giuridici dell’area
dalla famiglia di civil law. Si parla di regime socialista e non comunista, perché secondo l’ideologia
marxista-leninista il socialismo è una fase transitoria verso la realizzazione del comunismo
(società senza stato, diritto e classi sociali). Ma fino al raggiungimento di tale obiettivo, finchè lo
stato esiste, deve avvalersi del diritto. I teorici del socialismo hanno dovuto elaborare una concezione
socialista del diritto alla cui base sta il principio della legalità socialista, cioè i cittadini devono
obbedire alle leggi perchè sono giuste perchè emanate da uno stato socialista. Uno degli elementi
fondamentali dell’ideologia socialista è il principio dell’unitarietà del potere statale. La dottrina
marxista-leninista rifiuta il principio della separazione dei poteri e assoggetta i poteri legislativo,
esecutivo e giudiziario al soviet supremo, organo considerato l’unico rappresentante del popolo
sovrano. Da notare come l’idea della sovranità popolare, condivisa da Francia e Russia, si sia tradotta
in separazione dei poteri nella cultura giuridica francese, e in unitarietà del potere nell’ideologia
comunista.

Il diritto privato socialista – Per Lenin tutto il diritto è pubblico: l’ideologia marxista-leninista non
riconosce niente come privato ma qualsiasi regola riguardante l’economia è considerata pubblica. I
giuristi socialisti si rifiutavano di usare la parola privato ritenuto concetto capitalista e preferivano
usare il termine diritto civile. Si rifiutavano anche di usare l’espressione diritto pubblico, preferivano
parlare di diritto amm.vo e diritto dello stato, due rami del diritto pubblico. In seguito il diritto dello
stato diventa diritto costituzionale. La mancanza di distinzione tra privato e pubblico è stata solo

39

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

apparente, poichè nel periodo socialista il diritto privato non è scomparso ma solo inglobato dal
diritto pubblico.

La sopravvivenza di alcune categorie giuridiche di civil law nel periodo socialista – nel campo del
diritto privato si nota di più la divisione tra Europa centro orientale e Unione Sovietica. Nella Russia
sovietica dopo la vittoria della rivoluzione, nel 1918 viene abrogato tutto il diritto imperiale
previgente. Ciò ha comportato la compressione del diritto delle successioni, l’abolizione del diritto
di autore, la soppressione dell’avvocatura e del notariato. Tuttavia sopravvivono diversi istituti di
civil law. Tale abrogazione non viene fatta da nessuno dei paesi satelliti, per due motivi: avevano
una tradizione giuridica forte e quando hanno introdotto il sistema socialista, 30 anni dopo la
rivoluzione di Lenin, l’Unione sovietica forniva già un modello di riferimento. Es. il negozio giuridico
era un prodotto della scuola pandettistica, cui è dedicato un capitolo nel codice civile della repubblica
russa (1964). il negozio è definito “atto che ha lo scopo di costituire, modificare o estinguere diritti o
obbligazioni civili. Negli altri paesi socialisti il negozio non veniva citato ma il concetto era
conosciuto e usato dalla dottrina.

L’EREDITA’ DEL SISTEMA SOCIALISTA. LE PECULIARITA’ DEI SISTEMI


GIURIDICI ESTEUROPEI

Il crosso del regime socialista a fine anni ’80 è rappresentato dalla caduta del Muro di Berlino e
riemerge ancora una volta la distinzione tra Europa centro-orientale e Europa orientale. A tale
proposito Ugo Mattei colloca solo una parte dei paesi ex socialisti dell’Europa orientale nella famiglia
caratterizzata da egemonia politica, mentre altri (Polonia, Ungheria, Rep. Ceca e Germania) li
considera appartenenti alla famiglia della Rule of Professional Law. E’ una classificazione con
carattere dinamico che ben risponde alle continue evoluzioni politiche ed economiche delle società.
I paesi ex socialisti, nel triangolo proposto, dalla politica si avvicinano sempre più al vertice del
Diritto.

La transizione democratica

La fine del regime socialista è dipesa da: inefficienza economica, perdita della legittimazione
ideologica, incapacità di fronteggiare i nuovi problemi per la mancata flessibilità del sistema.
L’eterogeneità dell’Europa orientale ha segnato modo e tempi della transizione. In Europa orientale
il socialismo è stata instaurato in via rivoluzionaria. in Europa centro orientale è stato imposto
dall’esterno (tranne la Cecoslovacchia). In questo gruppo alcuni paesi avevano un miglior punto di
partenza: la Cecoslovacchia aveva conservato la memoria di un passato di democrazia stabile; la
transizione di Polonia e Ungheria è stata graduale. La Bulgaria invece fino alla fine del regime
socialista non ha conosciuto la democrazia e grazie alle relazioni amichevoli con la Russia era il paese
satellite più fidato, l’unico dove non ci furono rivolte contro l’unione Sovietica o il potere locale. Per
spiegare la gradualità della transizione in Polonia e in Ungheria ci sono due eventi storici: la Rivolta
di Poznan in Polonia, la Rivoluzione del 1956 in Ungheria che hanno provocato una graduale
liberalizzazione. Ne è prova la riforma del codice civile ungherese nel 1977 opera di
modernizzazione dove si concedono poteri di autonomia alle imprese. In campo pubblicistico si ha
l’istituzione del Tribunale costituzionale polacco con un emendamento costituzionale del 1982. Fu
un’innovazione importante perché il diritto socialista non attribuisce valore normativo alla
costituzione. I giuristi socialisti non riconoscono la superiorità della carta costituzionale rispetto alla
legge, privando così la corte della sua funzione fondamentale. Il neonato tribunale invece aveva
40

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

potere di annullamento nei confronti degli atti sublegislativi (decreti ministeriali) ritenuti contrari alla
costituzione polacca. La Cecoslovacchia ha subito un rigido regime socialista che si è irrigidito di
più dopo la Primavera di Praga del 1968. Nel dicembre 1991 l’Unione Sovietica ha cessato di
esistere, trasformandosi in Comunità degli stati indipendenti che non comprendeva più gli stati
baltici, indipendenti. La Russia, membro più importante è uno stato federale con governo
presidenziale il cui diritto civile e penale, sostanziale e processuale è di competenza esclusiva della
legislazione federale. Nel periodo di transizione tutti i paesi ex socialisti hanno dovuto reagire a
scelte dell’epoca anteriore ed affrontare problemi simili. Es. la nazionalizzazione della proprietà
privata viene smantellata tramite la privatizzazione. Ma ogni soluzione è diversa per ogni paese.
Fattore unificante è il punto di partenza che ha lasciato le sue tracce.

Tracce del periodo socialista nel diritto dei paesi est-europei

I tratti più caratteristici del sistema statale socialista, l’economia pianificata e la politicizzazione della
vita sociale e del diritto, sono fattori extragiuridici. Il comunismo nasce come un’idea economica
elaborata nell’800 da Karl Marx, quindi le riforme del periodo di transizione hanno investito
l’economia e la politica anche se si avvalgono del diritto che diventa così strumento e non oggetto
della riforma. Per questo nei paesi con forte tradizione giuridica il socialismo ha lasciato molti
elementi dell’ordinamento giuridico. Ma alcune impostazioni socialiste sopravvivono e le tracce si
vedono in alcuni aspetti formali del diritto e nella mentalità giuridica dei giuristi est-europei.

Tracce di forma – si possono citare alcuni esempi tratti dall’ordinamento ungherese: 1) la struttura
unicamerale del Parlamento ungherese è riconducibile al sistema previgente. Lo stato socialista
prevedeva lo scioglimento della camera alta, ma dopo il crollo del regime la maggior parte dei paesi
ex socialisti ha reintrodotto il Senato. L’Ungheria invece non motivata da frammentazione territoriale,
non ha ripristinato la camera alta; 32 nel campo della codificazione privatistica certe scelte
strutturali sono riconducibili al periodo socialista in cui domina la tesi dell’unitarietà del diritto civile.
Non c’è separazione tra diritto civile e commerciale, entrambi sono disciplinati in un unico codice. Il
codice di commercio adottato nel 1875 non è stato ripristinato negli anni ’90.

Il principio di unitarietà non riguarda il diritto di famiglia, escluso nell’era socialista dal diritto civile
e tuttora oggetto di legge speciale. Per il socialismo il diritto civile disciplina i rapporti economici e
di proprietà, il diritto di famiglia si occupa di rapporti personali.

Tracce sostanziali

Si possono riportare due esempi tratti dall’ordinamento polacco:

- la legittimazione del PM, che può iniziare il processo indipendentemente dalla volontà delle parti,
(retaggio socialista);

- le clausole di diritto civile dei “principi della convivenza sociale” e dello “scopo socio-
economico” (entrambe di origine sovietica).

Tracce culturali di una concezione socialista del diritto – sono rilevanti le tracce di una concezione
socialista del diritto nella mentalità dei giuristi est-europei che si manifestano nei metodi di
interpretazione applicati. L’ostilità della dottrina socialista nei confronti dell’interpretazione
41

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

teolologica è riconducibile alla natura dittatoriale del regime che vieta la creatività e limita la libertà
interpretativa del giudice. Quindi l’interpretazione teleologica può avere luogo solo nell’ambito
dell’interpretazione storica e non è considerata un metodo di interpretazione. Si ritiene che il metodo
teleologico lasci troppo spazio a una discrezionalità dell’interprete.

LE FONTI DEL DIRITTO

Premessa

Come nella tradizione di civil law, con il codice si afferma il monopolio del legislatore che esprime
la sovranità popolare e compito del giudice è interpretare le formule legislative. Tuttavia i sistemi
giuridici est-europei presentano alcune peculiarità.

Le costituzioni - al vertice della gerarchia c’è la Costituzione. I paesi ex socialisti dispongono di


una carta costituzionale che gode di particolare prestigio. La prima costituzione scritta europea è
stata elaborata in Polonia nel 1791, anche se ha avuto vita breve per la spartizione del paese tra
Austria, Prussia e Russia. La Polonia ha riacquistato l’indipendenza con la prima guerra mondiale e
ha adottato una nuova costituzione nel 1921. La Romania e la Bulgaria hanno scritto le loro dopo
l’indipendenza dall’impero Ottomano (XIX sec.); la Cecoslovacchia e i paesi baltici nel primo
dopoguerra. In Ungheria la prima costituzione scritta risale al 1949, si basava sull’ideologia
socialista e ricalcava la costituzione sovietica del 1936. In Polonia e in Ungheria, la gradualità della
transizione da uno stato socialista a uno stato democratico si manifesta anche nel fatto che la
trasformazione dell’assetto costituzionale inizia ancora prima delle elezioni parlamentari
libere. In questi paesi le modifiche costituzionali vengono negoziate in seno a tavole rotonde tra
comunisti e opposizione. L’Ungheria ha sostituito la Costituzione del 1949 con una nuova Legge
fondamentale nel 2012, senza la partecipazione dei partiti dell’opposizione e con lo scopo di voler
costruire un nuovo regime di “democrazia illiberale”. Simili sviluppi ci sono stati in Polonia e in
Romania e hanno suscitato alcune reazioni – politiche e giudiziarie- delle istituzioni europee.

La giustizia costituzionale

Tutti i paesi ex socialisti hanno introdotto un sistema di controllo di costituzionalità delle leggi.
Quasi tutti i paesi dell’Europa dell’est hanno istituito una Corte Costituzionale scegliendo il modello
accentrato: unica eccezione l’Estonia che ha creato una sezione speciale all’interno della corte
suprema ordinaria con il compito di decidere le questioni di costituzionalità delle leggi. Tra i motivi
di tale scelta il legame culturale con i paesi nordici, la composizione della corte di ultima istanza
estone formata da soli 19 giudici. Tale corte suprema estone è comparata con la corte suprema degli
Stati Uniti.

I restanti paesi est europei che hanno deciso di istituire un organo per il controllo di costituzionalità
delle leggi hanno attinto le competenze delle nuove corti da più submodelli europei (tedesco,
spagnolo, portoghese, francese). Fa eccezione la corte costituzionale rumena, incrocio tra il modello
politico francese e il sistema ibrido italiano.

Notevole è stato il ruolo di queste corti costituzionali considerate creature e creatori della
transizione democratica. In particolare i tribunali polacco e ungherese hanno partecipato
attivamente all’elaborazione delle nuove norme e hanno spesso trasformato delicate questioni
politiche in questioni puramente giuridiche, esemplare il caso della dichiarazione di incostituzionalità
42

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

della pena di morte in Ungheria nel 1990 che il parlamento non voleva abolire per l’impopolarità
della scelta, e che ha consentito all’Ungheria di essere il primo paese ex socialista ammesso al
Consiglio d’Europa nel 1990.

Il diritto europeo – Riguardo l’Unione Europea, abbiamo 11 stati: Paesi Baltici, Polonia, Repubblica
Ceca, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Bulgaria, Romania e Croazia. Restano fuori 12 stati ex
socialisti. Nel Consiglio d’Europa sono membri tutti i paesi esteuropei, a eccezione della Bielorussia,
che mantiene la pena di morte. Riguardo all’Europa centro orientale, le corti costituzionali hanno
dato un contributo fondamentale alla definizione del rapporto tra diritto comunitario e diritto
domestico. Es. nell’ordinamento polacco il Tribunale costituzionale ha dovuto giudicare la legittimità
costituzionale del Trattato di adesione della Polonia e con una sentenza ha stabilito che la costituzione
ha la precedenza nel territorio polacco anche in seguito all’adesione all’Unione europea, negando
così al diritto comunitario uno status speciale tra i trattati internazionali. Tale approccio è stato
definito approccio della sovranità incondizionata della costituzione nazionale ma resta un esempio
isolato nel panorama europeo. La maggior parte delle corti adotta un approccio più moderato
elaborato per la prima volte dalla corte costituzionale federale tedesca del 1994 che riconosce al diritto
dell’Unione europea una certa sovranità a condizione che non violi determinati principi
fondamentali.

Le leggi – nei paesi ex socialisti la legge assume lo stesso valore degli altri paesi di civil law.
Attenzione particolare per il codice che impersona l’ideale della norma giuridica concepita come
regola di condotta generale. Ma i codici vigenti nei paesi dell’Europa dell’est non sono longevi. Il
codice rappresenta una rottura con il passato e l’Europa orientale ha visto diverse rotture. All’inizio
del periodo socialista si ricodifica il diritto civile: es. il codice civile cecoslovacco del 1950 e quello
civile ungherese del 1959. Crollato il regime socialista, i paesi est europei modificano i loro codici.
Nell’Unione Sovietica è stato elaborato un modello uniforme di riforma dei codici civili, base
per le repubbliche che hanno ottenuto successivamente l’indipendenza, tranne i paesi baltici, che
hanno seguito una strada autonoma. La Lettonia, dopo il dominio sovietico, ha ripristinato il suo
vecchio codice civile del 1937, tuttora in vigore, anche se modificato. Anche la Romania ha
restaurato il suo codul civil. Estonia e Lituania hanno scelto invece di elaborare un nuovo testo,
entrato in vigore nel 1997. Ungheria e Repubblica Ceca invece hanno adattato e mantenuto il codice
adottato negli anni ’50. Le ex repubbliche della Jugoslavia hanno ricodificato solo alcune parti del
diritto civile, in testi separati. Bulgaria e Slovacchia hanno mantenuto il codice civile del periodo
socialista, ma hanno promulgato un nuovo codice di proc. civile.

L’organizzazione giudiziaria e il ruolo della giurisprudenza - Il sistema di corti articolato su tre


gradi, di origine francese, si diffonde anche in Europa orientale. I paesi che hanno fatto parte
dell’Impero asburgico ereditano un sistema giudiziario organizzato secondo il modello classico
della burocrazia: i giudici formano una struttura gerarchica dove si progredisce sulla base
dell’anzianità o del merito. Nell’era socialista la struttura gerarchica diventa strumento di controllo
del potere giudiziario. I componenti delle corti vengono scelti tra persone leali al partito comunista.
Negli anni ’50 prima dell’Unione sovietica si introduce una nuova fonte del diritto, le direttive della
Corte suprema, enunciazioni interpretative che vincolano le corti inferiori. Caratteristica comune
alle corti di ultima istanza dell’Europa dell’est è che seguono il modello tedesco di revisione, dove
la Corte suprema è un vero terzo grado di giudizio. Ma vi sono eccezioni:

43

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

• Corte suprema ceca – con la riforma del 1991 è diventato un ibrido tra il modello di
cassazione e quello di revisione. L’accesso è previsto solo in determinate ipotesi, e la corte
non può decidere nel merito, ma solo annullare la sentenza impugnata.
• Corte di ultima istanza della Romania – che recepisce il modello francese.

Il ruolo della giurisprudenza è, nel sistema delle fonti degli ordinamenti est europei diverso dai
quello dei sistemi dell’Europa occidentale. I giudici est europei non riconoscono l’autorità
persuasiva di una fonte giurisprudenziale, dottrinale o di altra natura, ma si limitano a giudicare
i casi secondo il diritto positivo, cioè applicando leggi, decreti, regolamenti. I giudici dei paesi ex
socialisti sono più restii a seguire un precedente, anche perché nel periodo socialista il concetto del
precedente andava contro l’ideologia del comunismo. Le nuove corti costituzionali, invece, hanno
svolto un ruolo importante nella tradizione democratica e hanno partecipato all’elaborazione di
nuove norme. I giudici scelti tra i giuristi più eminenti rappresentano una nuova cultura giudiziaria e
non si limitano all’applicazione formale dei testi normativi, ma si avvalgono anche di argomenti
extragiuridici e sono attenti alla giurisprudenza dei colleghi stranieri. Le questioni che devono
affrontare vanno collocate in un contesto più ampio di quello giuridico e ciò li spinge a volgere lo
sguardo fuori dai confini della loro disciplina. Per il mancato valore normativo della costituzione i
giudici non dovevano risolvere casi complessi di costituzionalità e avevano poca esperienza
nell’applicazione del diritto internazionale. La giurisprudenza dell’Europa orientale porta il segno di
questa eredità e porta a contrasti tra corte costituzionale e organo di vertice della giustizia
ordinaria. Es. la Polonia: nel 1997 tra le competenze della coste costituzionale è stata eliminata
l’interpretazione della costituzione per i forti attriti causati con i giudici ordinari e con la Corte
suprema.

Il ruolo della dottrina – essa ha avuto ruolo preponderante nella formazione ed evoluzione del
diritto. Da ricordare l’università di Praga fondata nel 1348, la prima d’oltralpe ad insegnare il diritto
romano. Anche i paesi dell’Europa orientale hanno conosciuto la codificazione e i codici sono fonte
importante del diritto. La differenza tra dottrina est europea dal resto della tradizione di civil law è il
diffuso approccio positivista. La visione formalista e semplicista del diritto non si limita al potere
giudiziario ma permea la formazione dei giuristi nelle università. Le dottrine sviluppatesi in occidente
nel periodo della guerra fredda non sono penetrate in Europa orientale.

Capitolo III

LA TRADIZIONE DI COMMON LAW

Common law/civil law

L'espressione common law viene innanzitutto usata nella contrapposizione con civil law, o con altre
tradizioni giuridiche. Questa è l'accezione che più interessa il comparatista in quanto volta a
descrivere l'intera famiglia giuridica per confrontarla con la tradizione romanista. In questo senso
quella di common law è la famiglia che affonda le sue radici nel diritto inglese e che comprende
numerosissimi ordinamenti a causa del notevole successo e della estesa circolazione del modello:
questa è avvenuta principalmente per motivi politici, ha seguito l'espansione dell'impero britannico.

44

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

A partire dal XVII sec. Le compagnie coloniali iniziano a esportare la common law nelle Americhe,
in India e in Africa, fino all'Australia e alla Nuova Zelanda. Naturalmente, la common law ha avuto
un diverso grado di penetrazione nei vari paesi. Tra i vari ordinamenti della famiglia di common la
vi possono essere differenze notevoli e queste si vanno accentuando sempre di più soprattutto se si
considerano le due principali esperienze di questa famiglia: Inghilterra e Stati Uniti. Tuttavia, alcuni
fattori particolari conferiscono una certa omogeneità:

• la presenza del Privy Council: una corte sovranazionale per il Commonwealth, dotata di
autorità persuasiva per molti paesi, inclusi gli USA. Il Privy Council riveste un certo rilievo
storico se si considera che nel periodo coloniale esercitava la judicial review (controllo di
legittimità) sulla legislazione delle colonie per assicurarne la conformità con il diritto della
madrepatria
• la natura giurisprudenziale degli ordinamenti di common law, e dunque il loro carattere di
”sistemi aperti” W
• l'assenza di codificazioni a carattere nazionale
• la comunanza linguistica

Common law/equity

La common law in senso stretto è quel ramo del diritto inglese elaborato, caso dopo caso, dalla
giurisprudenza delle corti di Westminster a partire dal 1066. L'equity è il ramo del diritto inglese,
anch'esso di origine giurisprudenziale, sviluppato dalla corte di cancelleria fin dal XIV sec,
caratterizzato da rimedi processuali estranei al rigore della common law.

Common law/statute law

La contrapposizione fra common law e statute law trova le sue radici nella diversa fonte di produzione
della regola giuridica. In questo senso infatti common law significa diritto giurisprudenziale (common
law in senso stretto + equity), ossia regole create dalle corti superiori come frutto incidentale della
soluzione di una controversia concreta fra individui. Statute law è invece il diritto di creazione
legislativa. Statutes (o Acts) sono infatti le leggi del Parlamento.

Il ”diritto inglese”

La common law affonda dunque le sue radici nel diritto inglese, nel diritto elaborato dalle corti
centrali di Londra a partire dalla conquista normanna (1066). Ma cosa deve intendersi per “diritto
inglese”? Il dir. inglese è il diritto del regno d'Inghilterra, del quale fanno parte il Galles e l'isola
di Wight. Non è invece il diritto della Gran Bretagna, perché questa è un'entità politica formatasi
dalla fusione del regno d'Inghilterra e quello della Scozia, e quest'ultimo ha conservato un proprio
ordinamento giuridico. Non è quindi corretto parlare di “diritto britannico”.

Le origini della common law

Il punto di partenza è la cosiddetta ”Conquista” del 1066, quando Guglielmo di Normandia


sconfigge l'ultimo sovrano sassone, e al protofeudaesimo barbarico si sostituiscono le strutture feudali
normanne.

45

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

L'apparato istituzionale normanno è strettamente funzionale al potere di vertice. Lo schema


feudale comprende il re, i Lords e i sub-tenans. I primi sono legati al re sia per ciò che riguarda il
godimento dei fondi sia per ciò che riguarda il profilo militare; i sub-tenans sono legati ai Lords per
quanto riguarda la terra, ma sono anch'essi legati al re per il profilo politico-militare. E' una monarchia
che non conosce una feudalizzazione delle funzioni pubbliche che separi il re dai suoi sudditi. La
monarchia normanna è caratterizzata dunque da una struttura unitaria sancita dall'obbligo di fedeltà
al re e da una mentalità precocemente burocratica, che si palesa anche nell'amministrazione della
giustizia e nella sua organizzazione (v. il Domesday Book, libro del catasto).

Suo carattere originario e permanente è quello della centralizzazione delle corti e della
concentrazione a Londra di giudici e avvocati. La common law altro non è che il prodotto giuridico
di un capolavoro amministrativo che si traduce nella formazione di un nuovo diritto comune a tutto
il regno e destinato a sostituirsi alle consuetudini locali. Mentre la società medievale del continente
europeo è caratterizzata dalla compresenza di diversi ordini giuridici, in Inghilterra si afferma molto
precocemente, tramite l'opera delle corti, un diritto uniforme. Il processo di accentramento regio della
giurisdizione si compie su tre piani: l'affermazione delle corti regie, la giustizia itinerante, il sistema
dei writs.

Le corti regie di Westminster

Le origini della common law si trovano nella corte londinese dei sovrani normanni, la curia regis, la
corte feudale per i grandi vassalli, organo centrale le cui competenze sono una diretta emanazione del
re, che costituisce il centro dello stato. Gradualmente, si sviluppano all'interno della corte regia tre
organismi, l'Exchequer, il Common Pleas e il King's Bench, che prima operano come commissioni
della curia e poi come vere corti, autonome detentrici della funzione giurisdizionale. L'Exchequer
nasce come sezione speciale della curia con compiti prevalentemente contabili; ha una giurisdizione
soprattutto fiscale, ma da questa base si espande a molte questioni di carattere debitorio.

La Court of common pleas è la corte delle udienze comuni, competente in ordine alla generalità
delle controversie fra privati, e viene a costituire uno stabile organo giudiziario in grado di svolgere
un'attività processuale quantitativamente rilevante. Si tratta della corte principale dell'Inghilterra,
padrona dell'elaborazione della maggior parte della materia civilistica. Il King's Bench è in origine
presieduta dal sovrano e lo segue nelle sue peregrinazioni.

Il King's Bench afferma comunque precocemente la sua indipendenza dal re. La sua competenza si
estende alle cause che interessano la Corona. Per quanto riguarda le cause penali, giudica dei reati di
ordine pubblico. Nei confronti delle corti inferiori Il King's Bench esercita sempre una generale
funzione di controllo (“supervisory jurisdiction”)

Le corti speciali

Indipendenti dalle corti di common law, si sviluppano in Inghilterra anche importanti corti speciali,
che sviluppano un diritto di derivazione romano-canonica:

• le corti ecclesiastiche, che giudicano in base al diritto canonico;


• le corti mercantili, che applicano la lex mercatoria;
• le corti marittime, che applicano lo ius gentium.
46

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

La giustizia itinerante

La giurisdizione regia si estende e viene esercitata in ogni angolo del regno. Al declino delle corti
locali contribuisce in maniera determinante l'istituto della giustizia itinerante, che ha lo scopo di
avvicinare al popolo la giustizia reale: il sovrano normanno non istituisce corti nelle province del
regno, ma vi si reca direttamente o invia i suoi giudici a rendere giustizia. Tale istituzione serve ad
emarginare la giustizia feudale, a legare direttamente al sovrano quella locale-popolare, e ad estendere
la giurisdizione della monarchia normanna a tutta l’Inghilterra senza dover ricorrere a corti regie
periferiche permanenti, che avrebbero potuto arrogarsi pericolose autonomie.

Un altro organo locale di giustizia, oltre che di polizia e di amministrazione, è lo sheriff, istituzione
di antica origine anglo-sassone. Rispetto allo sheriff il sovrano normanno rafforza i vincoli di
subordinazione con la corona, sottoponendolo a un regime severo di controlli ispettivi, e trasformando
la carica da ereditaria a elettiva e la sua durata ad un anno.

Il sistema dei writs

Dagli inizi del XII secolo la Corte regia inizia gradualmente a sostituire le corti locali. Le ragioni del
successo delle corti reali sono due:

• Le corti reali si servono di talune finzioni giuridiche per attrarre nella propria giurisdizione le cause
più varie, e ciò accade principalmente in materia penale.

• Le corti reali concedono in esclusiva rimedi più efficaci, sconosciuti alle corti locali. Le corti reali
si mettono in concorrenza con le autorità locali e riescono a prevalere perché in grado di offrire un
prodotto migliore, ossia una giustizia più efficiente, sia sul piano sostanziale (la curia regis offre
nuove forme di tutela, creando nuovi writs) che processuale (la curia regis offre un processo più
rapido e razionale a cui prende parte, a fianco del giudice, anche la giuria).

La forte centralizzazione dell’amministrazione della giustizia presso le corti regie ha influito


sulla formazione del diritto inglese, in quanto:

• Ha favorito lo sviluppo e l’espansione della common law (sistema di norme moderne ed elastiche)
• Ha favorito la formazione di uno stato unitario;
• Ha ostacolato la penetrazione del diritto romano comune. L’amministrazione centralizzata della
giustizia civile ha però prodotto un sistema carente a livello locale, fino all’introduzione delle
county courts nel 1846.

Il funzionamento del sistema dei writs

Tra gli strumenti che contribuiscono all’espansione della giurisdizione regia nei secoli XII e XIII è di
grande importanza il writ.

Il writ è un ordine del sovrano, redatto in forma di lettera, scritto in latino su pergamena, munito di
sigillo reale. Si tratta di uno strumento autoritario, un comando diretto allo sheriff o al Lord che
presiede una corte, volto a sottrarre la trattazione di una causa ai signori feudali o alle corti locali.

47

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Presupposto per l’utilizzo, salvo che non si tratti di una causa di interesse della Corona, è che la lite,
prima portata di fronte alle corti locali, non abbia soddisfatto la parte.

Il writ è il mezzo tecnico in base al quale opera la giustizia regia ed è anche il mezzo di cui si avvale
il re per intromettersi nella giustizia delle corti locali ed esautorarle. È uno strumento imprescindibile
per la tutela del diritto, tant’è che nella common law un diritto soggettivo può dirsi esistente in quanto
vi è un writ che lo rende azionabile: si dice infatti nel diritto inglese che “remedies precede rights”.
L’attore che intende adire la giustizia regia, infatti, deve prima cosa procurarsi un writ adatto alla sua
situazione. Tale writ costituisce il presupposto per l’azione, ma non assicura una pronuncia
favorevole. Se si creano nuovi writs per tutelare nuove situazioni, si ottiene l’affermazione di nuovi
diritti e la conseguente espansione della common law. Ciò avviene in Inghilterra fino al 1258, poi il
sistema entra in crisi. Con i writs i sovrani inglesi del medioevo sono gli unici ad aver legiferato in
materia di diritto privato. Ma è una legislazione rozza, piena di lacune che dovranno essere colmate
dai giudici. Si può osservare anche qui la differenza tra common law (diritto positivo che risolve
controversie concrete) e civil law (diritto ideale e colto, studiato nelle università).

Qual è la spinta che ha condotto all’affermazione del writ come strumento essenziale
dell’esercizio del potere delle corti di common law?

• Causa economica: nel XII e nel XIII secolo la cancelleria vendeva i singoli writ agli interessati,
incassando notevoli proventi per il tesoro reale;

• Causa politica: la creazione e la concessione di nuovi rimedi, nuovi writ, portava ad estendere le
competenze ed il potere delle corti reali a scapito delle corti signorili.

È opportuno comprendere il funzionamento del writ e distinguere due diversi tipi di writ.

Il writ, per quanto proveniente dal re, viene elaborato nella segreteria del cancelliere, il quale ha anche
il compito di istruire preliminarmente il ricorso per cui si richiede la concessione del writ medesimo.
Il writ può avere due destinatari:

• Lo sceriffo, rappresentante locale dell’autorità regia, che ha l’ordine di eseguire un servizio, come
il provvedere che una certa persona restituisca qualcosa all’attore, oppure si presenti avanti la Corte
regia a spiegare le ragioni della sua disobbedienza;

• Il Lord titolare di una corte feudale, che viene invitato a rendere giustizia all’attore. In caso
contrario la questione viene risolta presso le corti reali. L’inosservanza dell’ordine contenuto nel writ
è considerata un’offesa al sovrano e può portare all’imprigionamento del responsabile. La
concessione del writ è fondamentale perché si instauri un giudizio e costituisce quindi il presupposto
dell’azione.

Esistono due tipi diversi di writ:

• Writ ordinari, consolidati nella prassi giudiziale e annotati in un apposito Registrum brevium, ossia
un elenco tenuto presso la cancelleria a disposizione degli acquirenti. L’attore che intende usufruire
della giustizia regia e la cui pretesa sia riconosciuta nel Registrum deve ottenere, dietro pagamento
di una somma di denaro, il writ idoneo a tutelare la sua situazione.

48

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

• Writs straordinari, che per il loro carattere eccezionale non sono elencati nel Registrum e sono
ottenuti dai poveri per concessione gratuita o, al contrario, dietro pagamento di un prezzo altissimo.
Se si consolidano nella pratica possono diventare ordinari. Con questo sistema il numero dei writ
tende dunque a divenire piuttosto alto. Tuttavia, i writs fondamentali, ovvero quelli utilizzati più
frequentemente, rimangono poco numerosi (circa 72). Vi è infatti una forte e comprensibile
opposizione dei nobili verso un aumento della giurisdizione regia a scapito della loro. L’opposizione
dei baroni all’aumento del potere delle corti regie si manifesta in tre documenti fondamentali per la
storia delle istituzioni inglesi: Magna Charta (1215), Provision of Oxford (1258) e Statue of
Westminster (1285).

La crisi del sistema dei writs

La Magna Charta (1215) rappresenta il punto di partenza per la tutela dei diritti di libertà ed è il
primo documento con cui i baroni riescono a porre un argine al potere del re disponendo, nelle
clausole 60 e 61, che il diritto esistente avrebbe vincolato allo stesso modo re e vassalli e che la
violazione di tale principio da parte del re avrebbe legittimato i baroni a sottrarsi al proprio dovere di
lealtà e la loro insurrezione.

Altri principi sono volti a tutelare i baroni dall’ingerenza del sovrano nelle loro prerogative
giudiziarie.

Appare anche la garanzia del “due process”, ossia del giusto processo, che troverà collocazione nel
Bill of Rights della Costituzione americana.

Con le Provisions of Oxford (1258), imposte dai baroni, si volle sottrarre il governo del regno al
sovrano per affidarlo ad un “comitato riformatore”, che doveva avere il controllo dello Scacchiere,
nominare il Chief Justice, il Tesoriere e il Cancelliere, verificare il loro operato ogni fine anno e infine
disporre la riforma di quanto sembra necessario riformare. Con tale documento si ha la
cristallizzazione del sistema dei writ. Viene infatti negato al cancelliere il potere di emettere nuovi
writs straordinari o atipici se non con l’approvazione esplicita del re e del suo gran consiglio. Si
blocca così il meccanismo di sviluppo della common law e si ha l’entrata in crisi del sistema della
giustizia.

Il superamento della crisi e l’evoluzione del writ of trespass

Lo statute of Westminster II, 1285

Le Previsions of Oxford producono quindi un notevole irrigidimento del sistema, che però è attenuato
da un altro documento che permette alla common law di riprendere il suo corso: lo Statue of
Westminster. Il capitolo 24 di questo importante atto, pur mantenendo il divieto di nuovi writs, salvo
se autorizzati dal Parlamento, consente tuttavia alla cancelleria di utilizzare le formule conosciute per
ammettere nuove azioni in fattispecie diverse ma simili a quelle previste nel Registrum. Benché la
storiografia tradizionale inglese ritenga il potere riconosciuto alla cancelleria dallo Statute di
fondamentale importanza per lo sviluppo della common law, per altri autori tale tecnica di estensione
dei writs in consimilibus casibus è stata utilizzata con parsimonia dalla cancelleria.
49

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

La tecnica dell’action on the case: dal trespass al trespass on the case

Le stesse corti, poste dinnanzi all’esigenza di offrire tutela a situazioni concrete sempre nuove,
cominciano a riconoscere la validità e l'ammissibilità di nuove azioni quali forme derivate dai writs
consolidati dando così impulso a quel processo di elaborazione giurisprudenziale evolutiva che
costituisce l'essenza della common law: il procedimento on the case (actio super casum).

In pratica le corti ammettono che l'attore, ottenuto dalla cancelleria un writ noto, evidenzi
l'opportunità della concessione del writ alla propria situazione ancorché diversa. Il writ sui cui
operano principalmente le corti per ampliare la propria competenza è il trespass.

Il writ of trespass è concesso inizialmente a chi ha subito una illecita e violenta invasione della sua
sfera giuridica personale o patrimoniale. Interpretando in modo estensivo, i giudici cominciano a
offrire tutela per i danni causati da responsabilità indiretta o colposa per giungere infine alla tutela
contrattuale. Nei casi in cui si usa il trespass per offrire tutela a nuove ipotesi di responsabilità, diventa
irrilevante l'allegazione formale dell'uso della forza, mentre acquista rilievo il dato sostanziale che
l'attore è stato vittima di un atto illecito e dannoso. Analizziamo l’evoluzione del writ of trespass.
Partendo dallo schema tradizionale, nei secoli XIV e XV le corti elaborano il writ of trespass on the
case: il writ non riguarda più i casi di applicazione diretta e illecita della forza fisica; diventa invece
importante la “declaration” contenente la descrizione dettagliata dei fatti (ciò serve a sostituire nel
rito la mancata riproduzione della formula dell'originale writ). In sostanza, acquista rilievo sostanziale
che l'attore sia stato vittima di un danno causato dal comportamento negligente o doloso di un altro
soggetto. Nel writ of trespass on the case si fanno rientrare tutti i casi di comportamenti dannosi
che non possono essere considerate vere e proprie ipotesi di trespass. Si viene a creare, insomma,
un’azione sussidiaria esperibile per un complesso eterogeneo di casi di condotta dannosa e di illecito
civile.

L’assumpsit: origine della tutela contrattuale

L'estensione analogica dell'action on the case continua per tutto il XV secolo, e nel XVI secolo se ne
differenzia una particolare forma volta alla concessione del rimedio nell'ipotesi di danno derivante
dalla non corretta condotta contrattuale della controparte. Si tratta dell'assumpsit..

Nel writ of trespass on the case in assumpsit l'attore allega che il convenuto si è assunto un obbligo,
ma non avendo adempiuto correttamente ha creato un danno all'attore. L'assumpsit subisce una
progressiva espansione diventando un'azione per danni che sanziona in generale l'inadempimento.
Tuttavia, a partire dal celebre Slade's case del 1602, si offre tutela anche alla promessa implicita
(indebitatus assumpsit). Dal traspass on the case si sviluppa, a metà del XVI secolo, anche l'azione
di trover, un'azione generale contro lo spossessamento mobiliare, basata sulla finzione che l'attore
abbia smarrito i suoi beni e il convenuto li abbia trovati e “convertiti” al proprio uso, rifiutando di
restituirli.

Torniamo al trespass: poiché questo writ, nella sua forma classica, è concesso a chi subisce le
conseguenze dannose di una illecita invasione della sua sfera giuridica, e il rimedio è costituito
dall’imprigionamento del responsabile e dal risarcimento del danno, tutte le nuove azioni che
scaturiscono dal trespass sfociano nel risarcimento, e rimane estranea la possibilità dell'esecuzione
forzata: ciò spiega perché la common law (nel senso restrittivo di diritto sviluppato dalle corti di
50

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Westminster) conosce solo il risarcimento del danno come sanzione per l'inadempimento contrattuale
ed è la ragione che spinge verso la procedura in equity.

Ubi remedium ibi ius e remedies precede rights

Sia nella common law che nel diritto romano, il rimedio precede il diritto e la tutela dei diritti si
realizza solo previo ottenimento di particolari documenti (formulae; writs) da un organo non
giurisdizionale (Praetor; Chancellor). Tali documenti, in numero limitato, sono raccolti in un registro:
Edictum perpetuum e Register of writs. Sia a Roma che a Londra si è superata la rigidità del sistema
del numero limitato dei rimedi mediante tecniche artificiose (actiones utiles; writ in consimili casu e
super casum). Ma soprattutto, in entrambi i contesti, i giuristi pensano in termini di forme d’azione
e si interessano ai fatti concreti per poteri collocare nelle varie formule piuttosto che elaborare un
sistema di diritto sostanziale, i cui principi emergono solo in un secondo momento. Principi che, nel
contesto di common law, vengono filtrati negli interstizi della procedura.

51

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

La Court of Chancery e lo sviluppo dell'equity


L'equity è il sistema di diritto sviluppato dalla Chancery Court che ha affiancato il sistema di common
law imprimendo all'ordinamento inglese quel carattere dualista che non è scomparso nemmeno
oggi.
Le ragioni dell’affermazione dell’equity
Le origini dell'affermazione della giurisdizione della Chancery Court sono legate alla crisi della
giustizia amministrata dalle corti di Westminster. Alcuni aspetti di tale crisi sono:
• L’irrigidimento della common law, che si evolve con grande lentezza;
• La presenza di una procedura sempre più formalistica delle corti di common law;
• La discrezionalità del cancelliere nel concedere i writs.
La common law comincia, agli inizi del XIV secolo, a mostrarsi inadeguata di fronte ai bisogni
sempre nuovi della vita sociale inglese. È proprio la crisi delle corti di Westminster che spinge i
ricorrenti a rivolgersi direttamente al sovrano quale titolare del potere e fonte di giustizia. A partire
dal XIV secolo, coloro che non ottengono giustizia dalle corti di common law tendono a rivolgersi al
sovrano affinché giudichi con aequitas. Quando poi diventa sempre più difficile per il sovrano
riunirsi con il suo consiglio, viene a svilupparsi una giurisdizione autonoma del cancelliere, che
cresce rapidamente in poteri e sviluppa presto un ampio corpo di regole e principi che costituiscono,
appunto, l’equity.
Caratteristiche dell’equity
L'equity si qualifica come un insieme di regole complementari rispetto a quelle di common law e tale
complementarità è resa palese dall'adagio “equity follows the law”: il cancelliere interviene non per
violare la common law, ma solo per temperarne il rigore, quando la sua integrale applicazione
costituirebbe una summa iniuria (somma ingiustizia).
Inoltre, l'equity è caratterizzata da grande inorganicità e asistematicità. Infatti non è un sistema
autosufficiente: si può ravvisare tra common law e equity un rapporto simile a quello sussistente tra
codice e legislazione speciale: il primo senza la seconda gode di notevole autonomia, ma alla seconda
senza il primo mancano punti di riferimento.
Altro elemento caratterizzante l’equity è la discrezionalità. Non esiste infatti un vero e proprio diritto
a ottenere dal sovrano la sua giustizia secondo equità e quindi non è configurabile un diritto alla
pronuncia della Chancery Court.
I rimedi elaborati ed offerti dalla common law (volti a recuperare la terra di cui si è stati privati
illecitamente o ad ottenere risarcimento danni) sono suoerati da quelli più incisivi ed efficaci
ottenibili dalla Chancery Court (esecuzione in forma specifica, tutela preventiva, injunction) e
decretano il successo di quest’ultima.
Il modello processuale, adottato dalla Chancery court, dato che il cancelliere è per lungo tempo un
ecclesiastico, si presenta come segreto, scritto, inquisitorio e senza giuria e si differenzia pertanto dal
processo svolto presso le corti di Westminster, caratterizzato dall’oralità, dalla pubblicità e dalla
presenza della giuria.

Il momento iniziale del processo è caratterizzato dalla citazione del convenuto dinanzi alla Court of
Chancery: un esemplare della petizione (bill) viene notificato dal cancelliere al convenuto, con un
52

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

ordine di comparizione nel giorno stabilito, sub poena (a pena) di gravi sanzioni. Si tratta del writ of
subpoena, ben diverso dal normale writ di common law, perché non contiene il rigido schema della
pretesa del ricorrente. Se il convenuto non obbedisce al bill, la corte è dotata di grande forza per far
eseguire quanto stabilito. Un’importante differenza tra il nuovo sistema di equity e la common law,
infatti, è che le corti di common law agiscono prevalentemente sui beni (common law acts in rem),
mentre il cancelliere può agire sui diritti di proprietà anche mediante ordini diretti alle persone (equity
acts in personam), la cui inottemperanza può essere sanzionata con la pena pecuniaria e con l’arresto
per contempt (oltraggio alla corte); il cancelliere può ordinare al convenuto di presentarsi, può
chiedere alle parti, tramite un discovery order, di produrre documenti rilevanti per la decisione e può,
tramite un’injunction, ordinare ad una parte di desistere da un comportamento lesiv dei diritti
dell’altra. .
È vero che equity follows the law, ma il rapporto tra i due rami del diritto inglese ha avuto anche
momenti di contrasto. Il conflitto maggiore risale a inizio XVII secolo, in connessione alla contesa
tra le tendenze assolutistiche della monarchia (che si appoggia alle corti a lei fedeli come la Chancery
Court), e le resistenze del Parlamento (coalizzato invece con le corti di common law). Nonostante si
risolva a favore dell’equity (grazie ad un decreto di Giacomo I Stuart), il conflitto conduce ad una
pacifica convivenza tra equity e common law: la supremazia riconosciuta alla prima viene infatti
impiegata in maniera moderata dai cancellieri.
Esempi di rimedi elaborati dall’equity
I seguenti esempi mostrano l’efficacia dei rimedi elaborati dalla Chancery Court e come common
law e equity corrano su due binari paralleli:
• Nel caso di inadempimento del contratto, la common law offre alla parte lesa il solo risarcimento
del danno, mentre l’equity (il cancelliere) elabora due ulteriori mezzi di tutela, entrambi assistiti dalla
sanzione per contempt of court per il caso di mancata esecuzione:
• l’esecuzione in forma specifica del contratto (specific performance);
• l’emissione di un ordine di fare o non fare qualcosa (injunction).
• In materia di vizi del consenso, la common law ha riguardo solo alla violenza fisica come motivo
di annullamento del contratto, mentre l’equity concede rilevanza giuridica anche a quella morale. Ad
esempio, il contratto concluso non può essere impugnato per violenza o dolo. L’autore può rivolgersi
alle corti di Westminster per ottenere la condanna al risarcimento per inadempimento. La vittima può
rivolgersi al cancelliere affinché impedisca all’autore della violenza (con un ordine – decree) di
rivolgersi alla court at law o avvalersi della condanna di tale corte.
• Assume particolare rilevanza giuridica l’istituto del trust, un rapporto fiduciario in origine ideato
per motivi di riservatezza, poi usato per vari scopi relativi alla gestione del patrimonio (Tizio cede un
bene a Caio, con l’intesa che questi lo amministri in favore di Sempronio che così ne percepirà i
frutti). La common law non riconosce tale accordo, considera Caio titolare del bene; invece il
cancelliere non nega che la titolarità sia di Caio, ma tutela l’obbligazione di Caio nei confronti di
Tizio.
In definitiva, l’equity si afferma tra il XIII e il XV secolo come una giustizia secondo coscienza ed è
infatti amministrata dal cancelliere che è un ecclesiastico “custode della coscienza del re”: l'equity
nasce dunque come giustizia “morale” contrapposta a quella “legale” ed è una misura di giustizia
essenzialmente relativa ed elastica, pronta ad adeguarsi alle necessità selle singole situazioni.
Con il passare del tempo l'equity cambia natura e fisionomia. Dopo il 1616 comincia ad assumere
i caratteri di rigidezza e inflessibilità già propri della common law. L’ufficio di Lord Chacellor non è
53

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

più affidato ad ecclesiastici ma a uomini politici (per lo più giuristi). Le decisioni non nascono più
liberamente, cominciano a seguire la strada dei precedenti e racchiudono il diritto equitativo in regole
destinate ad essere rispettate in futuro. In questo modo l'equity finisce per diventare un secondo
complesso di casi giudiziali, di istituti, di dottrine e di regole acquisite, che si pone al fianco della
common law.

Sez. II – L'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA

Le grandi riforme della giustizia: dalla seconda metà del XIX secolo all’inizio del terzo
millennio
La common law elaborata dalle corti di Westminster e l’equity elaborata dalla Chncery court
amministrano dunque la giustizia civile di maggior valore economico e la giustizia penale relativa ai
reati più gravi. Accanto a loro, l’Admiralty court e le corti ecclesiastiche amministrano il sistema
ispirato alla civil law.
Diversa è invece la situazione con riferimento alla giustizia minore: le controversie civili di
modesto valore economico sono attribuite alla competenza delle county courts solo nel 1846. Sino
ad allora, a causa della loro povertà, essi raramente sentono il bisogno di adire le corti superiori. Le
cause penali relative ai reati meno gravi sono invece di competenza del Justice of the Peace fin dal
1361.
Agli inizi del XIX secolo vi è ancora in Inghilterra una notevole tendenza verso la centralizzazione
della giustizia civile, ed una opposta tendenza alla decentralizzazione della giustizia penale.

Le prime riforme e i Judicature Acts 1873-1875

Una serie di importanti riforme processuali, ispirate in gran parte al pensiero di Bentham, tenta di
modificare questo panorama e mitigare così il senso di disagio che le mutate condizioni politiche,
economiche e sociali rendono assai acuto. Il pensiero di Bentham si riflette anche sul diritto
sostanziale: mentre prima le leggi nel settore privatistico erano leggi ad hoc, senza la pretesa di
disciplinare una materia, a partire dalle idee di Bentham si intende affidare alla legge un ruolo più
significativo, nella consapevolezza che ciò possa condurre ad una maggiore certezza del diritto e ad
una sua semplificazione

Il Country Courts Act 1846

Nel 1846 viene introdotta una rete di corti locali (county courts), distribuite in 500 distretti,
raggruppati in 60 circuiti, ciascuno dei quali fa capo ad un giudice togato. Le county courts incontrano
il favore della popolazione e danno un forte impulso all'espansione del credito. La classe che più ha
premuto per la loro istituzione e che ne percepisce maggiormente i vantaggi è quella dei piccoli e
medi commercianti, mentre tali corti non sembrano venire incontro alla domanda di giustizia delle
classi meno abbienti (viene ritenuta inapplicabile la forma di giustizia “ in forma pauperis”).

Le riforme processuali

Nella prima parte del XIX sec. il legislatore intraprende inoltre alcune riforme processuali, le più
importanti delle quali toccano l'organizzazione giudiziaria e portano ad una profonda
54

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

riorganizzazione delle corti superiori, con lo scopo di ridurre gli inconvenienti legati al fatto che le
corti di common law e di equity applicano rispettivamente solo una parte del diritto materiale e che
quindi, per una stessa fattispecie, spesso occorre adire corti diverse.

A ciò cercano di ovviare i Judicature Acts del 1873-1875.

Le numerose corti concorrenti vengono tutte ricomprese in un’unica Supreme Court of Justice, che si
articola su due livelli di giurisdizione:

- prima istanza:

- High Court of Justice, competente in materia civile. Tale corte prevedeva cinque sezioni,
divenute 3 nel 1881:

Queen’s Bench, competente a conoscere le cause prima attribuite alle tre originarie corti regie.

Chancery, competente a conoscere le cause prima attribuite alla Court of Chancery.

Probate, Divorce and Admirality, competente in materia di successioni, matrimonio e diritto


marittimo.

- Crown Court, competente in materia penale.

- seconda istanza

-Viene istituita la Court of appeal, organizzata in sezione civile e penale. Tale corte segue l’idea che
l’appello debba sussistere in un riesame della causa, a seguito del quale la nuova decisione può
sostituire quella impugnata. Di solito le sentenze della High Court sono esecutive e definitive:
proporre un’impugnazione non è un diritto ma solo una possibilità che si realizza se si verificano
alcune condizioni, tra cui, dal 1999, il consenso del giudice a quo.

- terza istanza

House of Lords, alla quale, con una legge del 1876, viene confermata la giurisdizione di ultima
istanza, affidata, in fatto e in diritto, ad una sua speciale suddivisione, l’Appellate Committee. Di essa
fanno parte il Lord Chancellor in carica, i suoi predecessori e altri 12 giudici chiamati Lords of Appeal
in Ordinary o Law Lords, i quali per tradizione non partecipano alla unzione legislativa così come gli
altri membri non partecipano alle riunioni del Judicial Committee. La House of Lords costituisce la
massima istanza in Inghilterra, Scozia e Irlanda del Nord.

Tale corte svolge il ruolo di corte suprema grazie sia all’autorità delle sue pronunce che hanno
efficacia vincolante per tutti i giudici inferiori, sia ai pochi ricorsi che la corte deve decidere, sia alla
discrezionalità con la quale sceglie le cause da seguire: con un fitto sistema di leave (permesso della
corte che ha pronunciato la sentenza o, in mancanza, della stessa House of Lords), infatti, la House
of Lords si concentra solo sulle questioni veramente importanti. Le sentenze sono collegiali,
presentano un carattere personale (non esiste la decisione della corte ma le opinioni dei suoi membri),
uno stile letterario ed una particolare attenzione alle questioni di fatto.

55

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Accanto a questo sistema organizzato su tre livelli di giurisdizione, troviamo il Judicial Committee
of the Privy Council, Consiglio privato della Corona, che trova le proprie origini nell’antica Curia
regis e costituisce l’ultima istanza in alcuni paesi del Commonwealth. Per altri paesi le decisioni delle
corti supreme sono considerate definitive e non è possibile ricorrere al Privy Council che
recentemente, a causa della devolution, è tornato per un breve periodo a svolgere funzioni importanti
e gli è stata attribuita la competenza a dirimere i conflitti tra le nuove autonomie, quali le assemblee
legislative di Scozia, Galles ed Irlanda, e l’autorità centrale del Governo di Londra.

I Judicature Acts rivoluzionano dunque tutto l'antico assetto delle corti superiori inglesi, che vengono
riorganizzare entro le semplici linee di un ordinamento centralizzato di tipo piramidale.

L’amministrazione congiunta di common law ed equity

Un secondo momento di grande rilievo attiene all'amministrazione “congiunta” di common law ed


equity: a partire dalla riforma, le norme sono applicate contemporaneamente, nel medesimo
procedimento, indipendentemente dalla sezione in cui esso si svolge. Il medesimo giudice applica
cioè sia le rules of common law sia le rules of equity e la legge prevede in via generale che, in caso
di contrasto, prevalgano le rules of equity. Ciò ha semplificato notevolmente la procedura.

Il rule making power e le nuove regole processuali

Una conseguenza del rinnovo delle strutture giudiziarie è l'emanazione di nuove regole processuali,
indicate nel primo allegato del Judicature Act del 1875. Si prevede che la regolamentazione del
processo possa avvenire mediante “rules of court” formulate volta per volta da commissioni di giudici
e avvocati, le cui proposte possono essere approvate o respinte, ma non modificate, dal Parlamento:
è il “rule making power” delle corti inglesi, il potere delegato alle corti dal Parlamento.

Lo spirito delle nuove rules, emanate nel 1883, è assicurare l'uniformità, la semplicità e l'efficacia
dei procedimenti. Viene anche riformato il sistema dei writs con una notevole semplificazione della
procedura: i numerosi writs vengono sostituiti da un unico “writ of summons”, che ha il vantaggio
di non far più dipendere il successo dell’azione dalla sua corretta impostazione iniziale.

Le rules del 1883 sono state sostituite dalle Civil Procedure Rules del 1998.

Il Constitutional Reform Act 2005 e la nuova Supreme Court

Con il Constitutional Reform Act del 2005 è stato modificato il vertice della giurisdizione inglese.
Per eliminare ogni confusione tra potere legislativo e giudiziario, l’Appellate Committee della House
of Lord è stata sostituita da una nuova Supreme Court, del tutto separata e indipendente dal
Parlamento, composta di 12 giudici chiamati Justices of the Supreme Court, fra i quali viene nominato
il President; tali giudici non sono più membri della House of Lords.. I primi giudici sono gli stessi
Law Lords, ma in caso di vacanza e quindi di necessità di una nuova nomina, il Lord Chancellor
convoca la Commissione (Selected Commission), che sceglie il nome,, il quale che viene comunicato
al Primo Ministro, che raccomanda alla regina la nomina di tale persona. La sostituzione della
Appellate Committee della House of Lord con la Supreme Court è una novità importante, ma il
Constitutional Reform Act non incide sul nuovo vertice della giurisdizione. La Supreme Court seguirà

56

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

i precedenti della House of Lords. Per accedere ad essa serve sempre il permesso (permission, un
tempo leave) della corte sottostante o della stessa Supreme Court.

IL CETO DEI GIURISTI E LA MAGISTRATURA LAICA

Lo sviluppo del diritto inglese e l’affermazione della common law sono connessi con la formazione
di un ceto di giuristi professionalmente organizzato e politicamente influente.

Barristers e solicitors

Con il consolidarsi del potere delle corti regie e il complicarsi del sistema del writs diventa sempre
più difficile per i litiganti stare in giudizio di persona. Già nel XIII secolo è pertanto sempre più
frequente il ricorso ad un attorney come rappresentante di parte. Gli attorneys sono dei professionisti
che ricevono la loro formazione giuridica attraverso la pratica. A loro si affianca presto la figura del
narrator, provvisto di una superiore dignità professionale e dotato di maggior prestigio.
La preparazione per la professione giuridica si svolge nelle Inns of Court, ove gli apprendisti sono
istruiti dai membri più anziani ed esperti della professione, ossia i benchers e i readers.
Inizialmente anche gli attorneys fanno parte delle Inns annesse alle corti regie, ma nel tardo medioevo
ne sono esclusi e si ritirarono nelle Inns of Chancery insieme ai solicitors (comparsi nel XV secolo,
con compiti amministrativi, e trasformatisi poi in giuristi, praticanti nelle corti di equity).
Al di sopra di tutte queste categorie di pratici vi è quella dei serjeants at law, eredi dei narratores e
scelti tra i migliori readers, cui è attribuito il compito di definire giuridicamente i termini della
controversia. Fra loro vengono reclutati i nuovi giudici. Nel corso del XVII secolo inizia la definitiva
affermazione dei barristers e dei solicitors, eredi delle funzioni, rispettivamente, dei serjeants e degli
attorneys.
• L’istruzione dei solicitors è affidata alla Law Society e consiste nella frequenza di un corso di durata
annuale seguito da un tirocinio di due anni. Il loro lavoro consiste nel tenere i rapporti con i clienti e
la loro capacità di stare in giudizio innanzi alle corti superiori è piuttosto limitata. Oltre ad avere una
competenza esclusiva su alcune materie, il solicitor prepara il materiale informativo e probatorio e
tutta la documentazione necessaria al barrister per le argomentazioni da sostenere dinnanzi le corti
superiori.
• L’istruzione dei barristers avviene ancora in piccola parte nelle Inns of Court. Entrare in una Inn
è costoso e richiede una laurea riconosciuta. Occorre poi la frequenza di un corso annuale presso una
struttura accreditata seguito da un periodo di pratica di un anno. I barristers esercitano attività di
consulenza, e soprattutto di patrocinio di fronte alle corti superiori, essendo da sempre titolari del
right of audience, e non hanno contatti con il cliente.
Il sistema tradizionale è stato in parte riformato dal Courts and Legal Services Act (1990): i barrister
hanno perduto il monopolio del patrocinio presso le corti superiori, ma hanno acquistato la possibilità
di avere rapporti con i clienti. Inoltre ha attribuito ai solicitors la possibilità di stare in udienza presso
le corti superiori. Grazie a tale riforma non è più necessaria la presenza delle due diverse figure di
legale per affrontare una causa, tuttavia non può ancora parlarsi di un'unica figura di avvocato in
Inghilterra, a differenza del sistema americano che non ha mai conosciuto i due ruoli distinti.

In definitiva stupisce il fatto che la frequenza di studi universitari giuridici in Inghilterra non sia
ancora considerata requisito necessario per accedere alla professione forense; occorre però precisare
che oggi la maggior parte dei solicitors e dei barristers riceve una formazione giuridica universitaria.
57

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

I Giudici: la tradizione e il rinnovamento del Constitutional Reform Act 2005

Già sotto Enrico III i giudici sono scelti tra i serjantes at law, gli avvocati più competenti, e a partire
dal XIV secolo si è consolidata la consuetudine di reclutare i giudici inglesi tra le file degli
avvocati più prestigiosi, elemento che sottolinea come in Inghilterra la storia dei giudici e degli
avvocati non si può raccontare separatamente. I giudici superiori inglesi erano nominati dalla Corona
su proposta del Lord Chancellor che li selezionava fra i barristers con esperienza professionale di 15
anni o che erano già giudici ordinari della Hight Court, i Queen’s Counsels. La scelta dei giudici tra
i barristers garantiva che una piccola comunità fosse formata a partire pescando in un gruppo
professionale ristretto, garantendo una selezione accurata. Bastava uno sguardo tra giudici e avvocati,
perché questi ultimi capissero cosa fare nella conduzione del caso. I giudici nominati riproponevano
i caratteri della comunità dei barristers, bianchi, maschi, di mezza età e scarsamente rappresentativi
della società nel suo complesso.

Il Courts and Legal Services Act del 1990, come detto, ha inciso in maniera profonda sull’assetto
della professione forense. Fino al Constitutional Reform Act del 2005, i giudici della High Court
venivano scelti dal Lord Chancellor tra i barristers e i solicitors titolari del right of audience
con almeno dieci anni di esperienza e nominati dalla Regina. Lo stesso valeva per i giudici delle
county courts (sette anni di esperienza).

Il fatto che i giudici vengano scelti tra gli avvocati comporta che i tribunali superiori siano composti
da giudici con esperienza pratica e contribuisce a rendere omogenea la figura del giurista, non
contrapponendo il bar (l’avvocatura) al bench (la magistratura).

Il Lord Chancellor costituiva un’anomalia del sistema inglese perché era il solo incaricato della
nomina dei giudici ma era una figura fortemente politica, perché membro del governo. Tali anomalie
e contraddizioni sono state eliminate dal Constitutional Reform Act del 2005 che ha anche riformato
profondamente il sistema di reclutamento dei giudici.

Il Lord Chancellor non è più da considerarsi un magistrato, ma un Ministro della Giustizia: gli
vengono sottratte le funzioni giurisdizionali, attribuite ora al Lord Chief Justice, ma conserva un ruolo
importante con riferimento al sistema di reclutamento dei giudici, che avviene secondo il seguente
schema:

- la nuova Judicial Appointments Commission, composta da 15 membri nominati dalla Regina su


proposta del Lord Chancellor, seleziona i candidati per ciascun posto vacante presso qualunque corte,
ad eccezione della Supreme Court e comunica la scelta al Lord Chancellor.

- il Lord Chancellor, non vincolato alla volontà della commissione: può respingerla o chiedere di
riconsiderarla. La selezione avviene tra i barristers e i solicitors titolati del right of audience in base
al merito, ma il Constitutional Reform Act prevede per la commissione l’obbligo di prendere in
considerazione anche l’elemento della diversity tra le persone scelte, per rispondere all’esigenza di
una magistratura maggiormente rappresentativa delle varie espressioni della società inglese (donne,
minoranze etnihe, ecc.). Non sembra, peraltro, che tale obiettivo sia stato già raggiunto.

Per quanto attiene alle garanzie, il Constitutional Reform Act distingue due casi:

58

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

• i magistrati di livello inferiore alla High Court possono essere rimossi per incapacità e cattiva
condotta dal Lord Chancellor di concerto con il Lord Chief Justice.
• i magistrati della High Court e delle corti superiori possono essere rimossi solo dalla Regina su
risoluzione congiunta delle due camere del Parlamento.

Altro dato importante è il numero dei giudici: di notevole livello tecnico, di prestigio, ma pochi.
Ancora oggi sono circa 1500 di cui 164 sono giudici delle corti superiori, gli unici con stipendi
altissimi a cui vengono riconosciute alcune caratteristiche:

• hanno creato e creano la common law.


• sono gli unici tutelati dall’istituto del contempt of court con cui si puniscono le offese alla corte.
• possono pronunciare la “dichiarazione di incompatibilità”.
• sono depositari del potere giudiziario, concentrato tutto a Londra.

Nonostante tali numeri siano aumentati, ci si chiede come mai questa disparità numerica tra
l’Inghilterra e il continente, visto che le funzioni attribuite al potere giudiziario sono corrispondenti
sui due lati della Manica.

Questo è possibile per due motivi:

• il ricorso, nei secoli, ad organismi alternativi per la soluzione delle controversie (es. la giuria nel
processo, i Justice of the Peace e gli Special Tribunals).
• la particolare struttura del processo civile: solo circa l’1% delle cause iniziate annualmente di
fronte alle corti ordinarie arriva al trial, dibattimento presieduto da un giudice di professione,
perché si riserva ai giudici togati la soluzione di questioni realmente complesse.

La magistratura laica

La presenza della magistratura laica, cioè non formata da professionisti, porta con sé due vantaggi:
uno a livello economico perché i giudici di pace sono meno pagati dei togati; uno a livello educativo
e sociale, poiché i cittadini possono partecipare alle giurie nel processo civile.

I Justice of the Peace: magistrates

I giudici di pace inglesi trovano la loro origine nei commissioners, nominati dai sovrani normanni del
XII sec. a fini amministrativi e di giustizia: il sovrano li sceglie, come custodi dei propri interessi a
livello decentrato, reclutandoli tra la piccola nobiltà locale di provata fedeltà. IGià con Edoardo III
(1327-1377) assunsero i caratteri degli attuali giudici di pace.

Il Justice of the Peace (oggi detto magistrate) è ancora oggi un giudice laico nella maggior parte dei
casi (solo a Londra e in alcune grandi città è un giudice professionista, un tempo noto come
stipendiary magistrate e dal 2000 denominato district judge).

I magistrates sono nominati dal Lord Chancellor dopo essere stati selezionati dalla Judicial
Appointments Commission e vengono generalmente scelti fra gli abitanti più in vista della contea e
in particolare tra le persone alla fine della propria carriera lavorativa. In Inghilterra sono circa 30.000.
I magistrates non ricevono compenso, ma possono chiedere un’indennità per il mancato guadagno,
59

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

e devono tenere udienza un certo numero di mezze giornate l’anno: da qui la definizione di “great
unpaid”. Devono comunque seguire un corso in materie giuridiche e sono assistiti da funzionari scelti
tra barristers o solicitors. La maggior parte dei giudici di pace appartengono alle classi medio-alte e
sono pensionati. Ill Courts Act del 2003 ha riformato il funzionamento e l’organizzazione della
giustizia amministrata dai magistrates.

Tutte le cause penali passano al vaglio dei magistrates, o per essere decise con un procedimento
sommario, o per essere sottoposte ad una istruttoria preliminare nel caso di reati più gravi, in vista
del dibattimento presso la Crown Court.

Avevano competenza anche in materia civile, in particolare sul diritto di famiglia, ma dal 2014 è stata
istituita un’apposita Family Court.

I magistrates si riuniscono come collegio di tre membri e decidono, sia della colpevolezza che della
pena, a maggioranza. Non devono motivare la propria decisione e di norma irrogano pene pecuniarie
(talvolta anche lievi pene detentive). Contro le decisioni dei magistrates è possibile proporre appello
alla Crown Court che, quando giudica in grado di impugnazione, non prevede la presenza della giuria.

Nel 2003, con il Criminal Justice Act, sono state modificate le regole in materia procedura penale
(prove, processo con giuria, possibilità di appello per l’accusa) ed è stato ridotto il carico della Crown
Court a favore delle competenze dei magistrates.

I Tribunals

Secondo la teoria di Dicey, costituzionalista vissuto tra XIX e inizio XX, il diritto amministrativo
non può trovare spazio nell’ordinamento inglese, perché contrasta con il principio fondamentale della
rule of law, del dominio cioè della legge comune. Tuttavia, a causa soprattutto della intensa attività
legislativa in senso sociale (welfare state) a cavallo tra le due guerre, sono stati istituiti dei
Tribunals. I tribunals erano organi giurisdizionali estranei al sistema di corti ordinarie. A questi organi
il legislatore ha affidato la risoluzione della maggior parte delle controversie tra stato e cittadini, o fra
privati cittadini, che sorgono nell'applicazione delle norme costituenti espressione dell'idea di welfare
state (per es., controversie inerenti imposte, equo canone, infortuni sul lavoro, previdenza). Sono nati,
dunque, come organi alternativi alle corti ordinarie, caratterizzati da maggiore accessibilità, minori
costi e minore durata dei procedimenti, che devono ispirarsi ai principi di openess, fairness,
impartiality.

Con il tempo, inoltre, si è assistito ad un allargamento delle prerogative dei tribunali ordinari anche
ai tribunali speciali, ognuno dei quali ha proprie caratteristiche (composizione, procedura,
impugnazioni, stile delle decisioni). E’ certo però che tutti devono ispirarsi ai principi di openness,
fairness, imparzialità, trattandosi di organi giurisdizionali (machinery of adjudication).

Il Tribunals, Courts and Enforcement Act 2007 ha realizzato una riorganizzazione dei tribunals e
costituisce la vera rivoluzione del sistema inglese di giustizia amministrativa. La legge in questione
prevede la razionalizzazione dei tribunals esistenti, attraverso l’accorpamento di molti di essi in due
nuovi organi indipendenti, competenti su tutto il Regno Unito: First-tier Tribunal e Upper Tribunal,
la cui supervisione e affidata al Senior presidente of Tribunal, nominato dalla Corona su proposta del
Lord Chancellor. I due organi possono rivedere le proprie decisioni: contro le decisioni del First-tier
60

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

è previsto l’appello all’Upper Tribunal per motivi di diritto. Infine è sancita l’indipendenza dei
Tribunal dalle commissioni di riferimento.

La presenza dei tribunals, in aggiunta a quella dei giudici di pace, aiuta a comprendere come il sistema
inglese possa funzionare con un numero sempre piuttosto ridotto di giudici togati. Essi sono
comunque controllati dalle corti superiori, a conferma del principio dell’unicità della giurisdizione.

LE LINEE ESSENZIALI DEL PROCESSO ADVERSARY E LE RIFORME DELLA


GIUSTIZIA CIVILE (1990-1999)

Tra i motivi che possono aiutare a spiegare il funzionamento della machinery of justice inglese pur
in presenza di un esiguo numero di giudici togati vi è anche la particolare struttura del processo.

Le linee essenziali del modello adversary di processo

La giustizia inglese, anche con pochi giudici togati, funziona grazie alla cospicua presenza di
magistrati laici e alla particolare struttura del processo, distinta in due fasi, pre trial
(predibattimento) e trial ( dibattimento).

Il Pre trial inizia con le primissime battute del processo e si conclude con l’avvio del dibattimento.
Qui gli avvocati possono dimostrare la propria abilità ed esperienza. In tale fase il caso è nelle mani
delle parti ed è raro l’intervento del giudice: se ci sono particolari difficoltà, interviene il master,
funzionario della corte. Le funzioni fondamentali del pre trial sono tre:

- preparazione della causa per il dibattimento, cioè si predispongono tutti gli atti che vanno dalla
proposizione della domanda (ora claim form) all’udienza. In questa fase si individuano le parti della
causa e si definisce la cause of action, si scambiano i pleadings (ora statements of case), le memorie
attraverso cui le parti definiscono con chiarezza le questioni controverse, e si svolge la discovery (ora
disclousure), ovvero lo scambio degli elementi che possono costituire prove per il dibattimento.

- decisione della causa senza dibattimento, si predispongono gli strumenti procedurali intesi a
definire la controversia evitando il dibattimento, che costituisce un evento eccezionale: le actions
tried rappresentano solo l’1 – 1,5% di tutte le azioni proposte. Tra i meccanismi che possono
condurre alla conclusione del processo senza giungere al trial:

1) la transazione giudiziale (il settlement), anche dopo l’inizio del procedimento

2) il default judgement: sanzione per la mancata osservanza degli adempimenti richiesti da una norma
o da un provvedimento del giudice: può essere pronunciato contro la parte che non ha dichiarato di
volersi difendere in giudizio.

3) il payment into court: il convenuto può depositare presso la corte una somma di denaro a
soddisfare la pretesa dell’attore: se non accetta l’offerta, il giudizio prosegue. Se dopo il dibattimento
viene attribuita all’attore una somma uguale o minore di quella offerta dal convenuto, il primo dovrà

61

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

rimborsare al convenuto le spese processuali sostenute a partire dal momento della rifiutata offerta.
(NON SUL LIBRO!)

- adozione di provvedimenti provvisori e cautelari in attesa del dibattimento (si può chiedere
al giudice l’emanazione di un interlocutory injunction =ordine di non fare, per ottenere una tutela
rapida e immediata o tendente ad assicurare lo status quo ante: l’injunction trova origine nell’equity
e rientra nel potere discrezionale del giudice).

Il Trial

Al dibattimento giunge solo l’1% delle controversie: ad esse è riservato il dibattimento caratterizzato
dai tre elementi tipici del processo civile adversary:

- oralità, le prove sono assunte oralmente davanti al giudice nel dibattimento e le regole che
disciplinano l’assunzione delle prove sono ancora rigorose. La giuria in Inghilterra è quasi sempre
assente, ma si considera “presente moralmente”.
- concentrazione: il dibattimento, in cui si attua l’interrogatorio e il controinterrogatorio dei
testimoni, si risolve in una sola udienza o in più udienze in stretta successione tra loro.
- immediatezza: la distribuzione dei poteri tra giudice e parti rende il processo un libero scontro
tra contendenti che si sfidano davanti ad un giudice passivo.

Corollari di questa idea di processo sono due principi:

• la party-presentation: spetta alle parti cercare le prove e allegarle a conferma dei fatti affermati,
ed elaborare gli argomenti giuridici a sostegno delle proprie pretese.
• la party-prosecution: sono le parti ad iniziare il procedimento, fissandone l’oggetto, ed a farlo
proseguire fino alla sua conclusione.

Le Riforme recenti

A causa della crisi della giustizia civile, si è affermato in Inghilterra un movimento riformatore.

Il County Courts Jurisdiction Order (adottato nel 1991) ha ampliato la competenza delle County
Courts, alleggerendo il lavoro della High

Nel 994 il Lord Chancellor ha incaricato Lord Woolf di svolgere uno studio approfondito sui problemi
della giustizia civile, che si è concluso con il Lord Woolf ‘s Final Report del 1996, chiamato anche
Access to Justice. Per Lord Woolf i problemi principali sono gli eccessivi costi, tempi e complessità
del processo, che derivano soprattutto da un’esasperata cultura adverary, la quale si manifesta
soprattutto nella fase pre trial.

Si è quindi reso necessario un radicale cambiamento, realizzato con la Civil Procedure Rules del
1998, detto “new procedural code”. Nasce così il principio del case management, secondo cui il
giudice deve svolgere un ruolo attivo in tutte le fasi del processo al fine di coadiuvare le parti nella
ricerca) della soluzione maggiormente rapida e conveniente: deve esservi proporzione tra
l’importanza e la complessità della causa e gli strumenti processuali utilizzati, con i relativi costi. Il
giudice incoraggia le parti alla cooperazione, individua da subito le questioni realmente controverse,
stabilisce l’ordine in cui le questioni devono essere trattate, suggerisce strumenti alternativi di
62

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

risuluzione, ecc. Il Woolf Report propone anche interventi volti al raggiungimento di un rapporto
equilibrato tra la complessità della causa e la complessità della macchina processuale per ridurre
costi e tempi. In particolare vi sono tre corsie processuali:

• Small claim track: riservata alle controversie di valore modesto (inferiori alle 5.000 sterline), è
estremamente informale.
• Fast track: riservata alle controversie di valore intermedio (fra le 5.000 e le 25.000 sterline),
non particolarmente complesse in diritto, prevede una discovery semplificata.
• Multi track: riservata alle controversie di valore maggiore (superiori alle 25.000 sterline) o
particolarmente complesse, prevede un ruolo più attivo del giudice.

L’Access to Justice Act del 1999 ha introdotto un nuovo sistema di assistenza legale per i meno
abbienti, ampliato il right of audience dei solicitors e la possibilità di ricorrere al fee agreement
[accordo per la maggiorazione del success fee (pagamento) in caso di vittoria] e modificato il sistema
delle impugnazioni: per ricorrere presso la Corte d’Appello è sempre necessario un permesso, dato
dal giudice che impugna la decisione. Obiettivo principale della riforma è facilitare l’accesso alla
giustizia e favorire una rapida conclusione di tutte le questioni dinnanzi alla corte, avvenga essa per
conciliazione, per rinvio a forme alternative di risoluzione o per disposizione sommaria da parte di
un giudice divenuto più attivo.

La valutazione della riforma è nel complesso positiva, ma non sembra che si sia ottenuto il
contenimento dei costi, che sono il problema principale. Per tale motivo, nel 2009 la Review of Civil
Litigation Costs ha raccomandato alcuni interventi, che sono stati attuati con modifiche alle Rules,
entrate in vigore il 1° aprile 2013: in particolare, sono stati estesi i poteri del giudice nella multi track
procedure, al fine di permettere un controllo sui costi del giudizio già durante il suo svolgimento.

Potremmo ora chiederci se il processo inglese sia ancora aderente al modello adversary o si stia
avvicinando alla tradizione di civil law, ma forse ciò non è importante, perché, al di là dei dettagli
tecnici che li contrappongono (presenza/assenza della giuria, iniziativa probatoria della parte/ruolo
inquisitorio del giudice, tipo di impugnazione, autorità della corte di vertice), ciò che conta è
comprendere la natura politica e culturale che è alla base di ciascun modello processuale.

Sez. III – LE FONTI DEL DIRITTO

La gerarchia delle fonti e la nozione inglese di costituzione

Nel panorama del costituzionalismo moderno il Regno Unito fa eccezione sotto un duplice profilo.
Da un lato, accanto ad atti recenti, come gli atti del 1998 con cui si è attuata la devolution (Scotland
Act, Government of Wales Act, Northern Ireland Act), presenta vari atti normativi solenni di età
remota (Magna Charta - 1215, Bill of Rights - 1688, Act of Settlement - 1701), dall'altro ancor oggi
non è presente una costituzione intesa come documento scritto di rango superiore alla legge
ordinaria. Esiste tuttavia un “diritto costituzionale” ricavabile da atti di varia epoca e da fondamentali
convenzioni; c'è chi ha descritto questa situazione come “diritto costituzionale senza costituzione”.
Secondo l'insegnamento classico di Dicey non esiste nel Regno Unito alcuna “legge superiore” e non
è ammissibile alcun controllo giurisdizionale di costituzionalità, ma vige invece il principio della
supremazia del Parlamento. Nonostante ciò, dopo l’adesione alla Comunità Europea nel 1972, la
giurisprudenza è arrivata a riconoscere la supremazia del dir. comunitario su quello interno; tuttavia,
63

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

con il referendum del 2016, il Regno Unito ha scelto di uscire dall’Unione europea. Tale uscita non
è ancora stata attuata, a causa di contrasti tra il Primo Ministro Theresa May e il Parlamento (v. libro
p. 294).

In questo quadro si inserisce lo Human Rights Act 1998, una legge in materia costituzionale che
prevede che tutte le disposizioni legislative (passate e future) siano lette e applicate in conformità alla
Convenzione europea (art. 3) e inoltre attribuisce ai giudici, in caso di contrasto con la legge interna
e la Convenzione, il potere di pronunciare una dichiarazione di incompatibilità.

Anche il ruolo della legge e il rapporto che sussiste tra questa e la giurisprudenza continua ad essere
uno snodo importante non solo in funzione della comprensione del rapporto fra common law e civil
law, ma per verificare l'originalità dell'esperienza americana rispetto a quella inglese.

La giurisprudenza e il principio stare decisis

La prassi secondo cui casi analoghi devono essere decisi in modo analogo incarna un principio di
giustizia riconosciuto e applicato all’interno di tutta la tradizione giuridica occidentale. Ciò che invece
è peculiare dei sistemi di common law è la doctrine of binding precedent, ossia la regola secondo
cui i precedenti giudiziari sono vincolanti e devono quindi essere seguiti per i successivi casi simili.
Nella sua accezione più rigida tale regola – stare decisis et quieta non movere – indica l'obbligo per
il giudice chiamato a decidere una controversia di non discostarsi dal precedente scaturito dalla
decisione di un caso analogo, anche nell'ipotesi in cui dovesse considerare detta decisione sbagliata
o ingiusta.

L’affermazione della regola dello stare decisis

Il diritto inglese è giurisprudenziale, è case law. L'obbligo di attenersi alle norme che sono poste dai
giudici e di rispettare i precedenti giudiziari è nella logica stessa di un diritto giurisprudenziale, ma
solo dopo metà XIX si impone la regola del precedente vincolante, tanto che fino al 15° sec. i giudici
sono consapevoli della possibilità di discostarsi dalle decisioni precedenti.

Ma la case law non può essere identificata solo con la tecnica del precedente, poiché la formazione
giurisprudenziale del diritto riguarda l'esperienza giuridica nel suo complesso.

Ponendo la case law nell'ampio contesto che le è proprio, si possono meglio comprendere le cause
che conducono, nella seconda metà del XIX sec., a quell' irrigidimento della regola stare decisis:

• la riforma delle corti introdotta dai Judicatures Acts 1873-75: un sistema di corti accentrato e
gerarchico;
• la repertoriazione delle sentenze in Law Reports, contenenti una selezione dei più importanti
casi decisi dalle corti superiori;
• la nuova concezione scientifica delle discipline sociali e del diritto, che in Inghilterra si
manifesta non con la codificazione ma coll'irrigidimento della doctrine of precedent, che
conferisce alla common law una struttura formale capace di legittimarla come sistema razionale;
• Infine, si consolida in Inghilterra la teoria secondo cui il precedente giudiziale è giuridicamente
vincolante in modo assoluto, in quanto ciò che viene enunciato nella decisione precedente non è
l'opinione di un giudice più antico, ma la verbalizzazione di una regola di dir. consuetudinario
64

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

positivo. Si afferma così la teoria dichiarativa del precedente giudiziario, che verrà superata
solo recentemente, quando si è cominciato a riconoscere il potere creativo dei giudici, veri e propri
law makers.

E’ importante sottolineare che nessuna legge prevede il vincolo dello stare decisis, che è invece sempre
stato una scelta spontanea dei giudici (il libro riporta tre decisioni che mostrano l’evoluzione dl
principio: Mirehouse v. Rennel,1833; Beamish v. Beamish, 1861; London Street Tramways Co. Ltd
v. London County Council, 1898).

Teoria e prassi della regola stare decisis

Ciò che caratterizza la teoria inglese del precedente è il fatto di essere una regola formale coercitiva
su cui si fonda l’amministrazione e lo sviluppo della common law. Secondo la regola inglese del
precedente, una Corte è tenuta a seguire tutti i casi decisi da una Corte ad essa superiore nella
gerarchia, e le corti in grado di impugnazione (tranne la House of Lords) sono vincolate al rispetto
delle proprie decisioni precedenti. La sola parte del precedente che vincola è la ratio decidendi.

Operatività verticale e orizzontale della regola del precedente

Ricordiamo che il primo grado di giudizio, per le cause civili di scarso valore economico e per i
reati di minore allarme sociale, si svolge presso le county courts e le magistrate’s courts; la
competenza generale in prima istanza è attribuita alla High Court in materia civile e alla Crown
Court in materia penale; il secondo grado di giudizio si svolge presso la Court of Appeal, e la House
of Lords (ora Supreme court) rappresenta la massima istanza.

L'operatività verticale della regola del precedente si esprime fra corti di diverso grado mentre
l'operatività orizzontale si esprime fra corti di pari grado. Il fondamento della regola è differente nei
due casi: per i giudici inferiori si tratta di un corollario della gerarchia delle corti; i giudici superiori
trovano invece nella dottrina del precedente in senso orizzontale un modo per perpetuare nel tempo
la propria influenza, esercitando così la funzione nomofilattica.

Cominciamo dalla giurisdizione più elevata nella gerarchia:

1) la Supreme Court deve rispettare le decisioni adottate dalla Corte di Giustizia europea (non sul
libro nuovo, perché logicamente non sarà più così dopo la Brexit), ma vincola tutte le corti e inferiori,
a meno che la sua decisione non sia “abrogata” da una legge successiva o sia stata emessa per
incuriam, ossia omettendo di osservare una contraria noema di legge o un diverso precedente e, fino
al 1966, era sottoposta anche all'osservanza dei propri precedenti. In quell'anno tuttavia la HoL ha
annunciato in una dichiarazione stragiudiziale (”pratice statement”) che per il futuro non si sarebbe
più sentita vincolata ai propri precedenti quando ciò fosse apparso conveniente. Comunque, la HoL
ha modificato le proprie decisioni solo in pochissimi casi, anche se ciò riveste una considerevole
importanza in quanto legittima formalmente la concezione secondo cui i giudici svolgono un ruolo
notevole nella creazione del diritto, con ciò superando la teoria dichiarativa della common law.

2) Le decisioni della Court of Appeal vincolano tutte le corti inferiori e dunque le regola stare decisis
opera efficacemente in senso verticale mentre l'operatività della regola in senso orizzontale è stata

65

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

oggetto di discussione. Nel 1944, con la sentenza Young v. Bristol Aeroplane Co., la Court of Appeal
ha pubblicato le tre eccezioni al principio secondo cui essa è vincolata dalle sue stesse decisioni:

• la Corte ha facoltà di decidere a quale di due sentenze in conflitto si atterrà;


• la Corte è obbligata a rifiutare di attenersi ad una sentenza da essa emessa non compatibile
con una sentenza della House of Lords;
• la Corte non ha l’obbligo di attenersi ad una sentenza da essa emessa se si accerta che era stata
pronunciata per incuriam.

Lord Denning nel 1969 sostenne che la Corte d’appello si sarebbe dovuta sottrarre, quando
necessario, all’obbligo di seguire i propri precedenti, seguendo l’esempio della House of Lords. Tale
posizione è contestata perché di fronte ad una sentenza ingiusta della Corte d’appello è lecito ricorrere
alla House of Lord, che elimina se necessario la sentenza scomoda, mentre la House of Lord può
abbandonare il principio dello stare decisis, altrimenti servirebbe il legislatore per rimuovere un
precedente obsoleto.

3) La High Court vincola solo le corti inferiori.

4) Le decisioni delle corti inferiori non vincolano alcuno e non hanno nemmeno efficacia
persuasiva: non sono incluse nei reports, e non sono facilmente reperibili.

La distinzione fra ratio decidendi e obiter dictum

Ciò che vincola il giudice non è l'intera decisione ma solo la sua ratio decidendi, ossia la ragione
della decisione, il principio giuridico applicato ai fatti che ha determinato il particolare risultato. E' il
giudice successivo a determinare la ratio decidendi del caso e nel fare ciò ha il potere di operare
distinzioni in considerazione degli elementi di fatto (distinguishing). L'applicazione della ratio ad un
caso futuro avviene attraverso un processo in senso lato analogico. Se il giudice successivo considera
i fatti ad un livello di estrema concretezza, difficilmente la ratio potrà essere estesa, e allora
l'interpretazione sarà restrittiva. Se invece i fatti vengono ricostruiti ad un alto livello di astrazione,
in essi potranno essere classificate un gran numero di fattispecie concrete e quindi la ratio potrà avere
un'interpretazione estensiva. L'individuazione delle somiglianze e delle differenze nei fatti essenziali
è dunque un momento-chiave dell'evoluzione della regola di common law.

Sul libro (p. 302) ci sono alcuni esempi .

Non esistono metodi sicuri per determinare la ratio di un caso. Assai spesso è presente un elemento
di incertezza ove si esplica la discrezionalità dell'interprete ed è proprio tale discrezionalità che
permette alla dottrina del precedente vincolante di sopravvivere in modo efficiente.

L'espressione obiter dictum è invece tutto ciò che non rientra nella ratio del caso, è il commento
incidentale del giudice, che non risulta necessario per la decisione della controversia.

Occorre peraltro considerare il particolare stile ed il carattere letterario delle sentenze delle corti
superiori inglesi, lunghe, discorsive e a carattere personale: esse sono formate dalle singole
opinioni dei giudici che compongono l'organo collegiale. Se la sentenza di una corte non è presa
all’unanimità dei consensi, vi possono essere opinioni concorrenti, cioè quelle concordi sul risultato
66

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

della sentenza ma non sui motivi che l'hanno prodotta, e opinioni dissenzienti, cioè discordi in
entrambi i casi. Più opinioni concorrenti rendono difficili determinare la ratio decidendi, quelle
dissenzienti costituiscono un obiter dictum della sentenza.

Vi sono fattori intrinseci che possono dare maggiore o minore importanza al precedente: oltre alla
presenza di numerose opinioni concorrenti o addirittura dissenzienti, anche l’età del precedente può
incidere sulla sua forza.

Diversa dalla tecnica del distinguishing è la nozione di overruling, che indica l'abrogazione della
regola giurisprudenziale vincolante e in particolare indica il potere riconosciuto ad una corte di
discostarsi da un precedente non altrimenti distinguibile (rispettando la gerarchia verticale ed
orizzontale delle corti => le corti superiori possono fare overruling rispetto ai precedenti delle corti
inferiori; solo la HoL, ora Corte Suprema, può fare overruling rispetto ai suoi stessi precedenti).

L'overruling pone il precedente nella medesima condizione di una legge che è stata abrogata e
sostituita con un'altra. Tuttavia ha efficacia retroattiva, è la correzione di un errore che è sempre stato
tale. Fra le tecniche di manipolazione del precedente sono da ricordare:

• l' anticipatory overruling, nel caso di una corte inferiore che si sottrae al rispetto del
precedente di una corte superiore quando risulti ragionevolmente certo che la corte superiore
non seguirà più quel particolare precedente;
• il prospective overruling, che ha lo scopo di abrogare il precedente limitando l'effetto
retroattivo: il giudice decide il caso di specie attenendosi al precedente vincolante, ma la
regola da questo posta viene modificata per tutti i casi che si presenteranno in futuro.

Queste tecniche vengono adoperate soprattutto dalle corti di vertice americane.

Riassumendo: la teoria inglese afferma che il precedente è strettamente vincolante in senso verticale
ed orizzontale, poi però mediante distinguishing e overruling si consente al giudice di allontanarsi da
un precedente sgradito. A ben guardare la prassi, non c'è molta differenze tra le possibilità che si
prospettano ad un giudice inglese davanti a un precedente sgradito ancorché strettamente vincolante
e quelle che si prospettano ad un giudice italiano o tedesco di fronte alla giurisprudenza costante ma
solo persuasiva di una corte superiore. Rimane solo la differenza imposta dalla diversa prospettiva
teorica secondo cui il giudice di common law può farlo solo nei limiti in cui le tecniche del precedente
glielo consentano. Infine va ricordato che quello inglese è un sistema di case law ove le sentenze dei
giudici hanno contemporaneamente la funzione di dirimere la controversia concreta e di creare regole
di diritto oggettivo valide per il futuro.

La legge e la sua interpretazione

Il ruolo della legge nel diritto inglese è un tema problematico poiché è possibile osservare un certo
divario tra teorie classiche e realtà attuale.

Il rapporto fra legge e giurisprudenza

67

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Con il Bill of Rights del 1688 viene consacrato il principio della supremazia del Parlamento secondo
cui il depositario del potere legislativo è “The King in Parliament” (organo costituto da Camera dei
Comuni, Camera dei Lord e sovrano); ciò porta a collocare la legge al primo posto nella gerarchia
delle fonti. Tuttavia per quasi un secolo e mezzo dopo il 1688 il Parlamento si astiene dal legiferare
nelle materie di prevalente interesse delle corti e lascia che la common law si sviluppi indisturbata.

L’aumento della produzione legislativa

Con l'inizio del XIX sec., il Parlamento intraprende una consistente attività legislativa: il diritto
comincia a identificarsi con la volontà del legislatore e numerose riforme giungono a mutare alcuni
dei fondamenti secolari della common law. La massima fioritura della legislazione inglese si ha nel
XX sec., nel secondo dopoguerra, col sorgere del welfare state. Si può parlare di “orgy of statute
making”. E’ da ricordare che, per il principio iura novit curia, se un giudice inglese rende una
decisione senza prendere in considerazione una posizione rilevante, tale circostanza è motivo di
appello e quel precedente non si considera vincolante perché emesso per incuriam. Apparentemente
il ruolo della legge nell’ambito delle fonti del diritto è chiaro: gli statutes qualitativamente e
quantitativamente sono posti al vertice della gerarchia. Ma c’è una discrasia tra le declamazioni
teoriche e la realtà concreta: la common law nasce e si afferma come diritto giurisprudenziale, la
common law è case law e i giudici inglesi sono stati per un tempo molto lungo considerati oracoli del
diritto. Allora, a fianco della supremazia formale della legge si percepisce una sua inferiorità
sostanziale rispetto alla common law. Geldart afferma che “nonostante l’enorme produzione
legislativa … la parte fondamentale del nostro diritto resta la common law” e che gli statutes
presuppongono l’esistenza della common law e non avrebbero significato se non in riferimento ad
essa. Il diritto elaborato dalle corti regie va quindi considerato il fulcro attorno al quale ruotano tutti
gli altri diritti.

Tali parole richiamano il rapporto tra common law ed equità. Pur prevalendo sulle altre fonti, la legge
vive concretamente nei limiti che le sentenze le assicurano: lo statute acquista vitalità solo quando è
applicato dalle corti, entra nel circuito giurisprudenziale e da questo viene assorbito; la sentenza che
interpreta lo statute è un precedente vincolante che verrà citato in luogo della stessa norma di legge
interpretata. Tuttavia, le sentenze condizionano la legge nei limiti in cui questa consente di essere
condizionata: il Parlamento si cautela lasciando poco spazio all'interpretazione poiché cura una
formulazione puntigliosa delle proprie disposizioni. La peculiarità dello stile legislativo inglese è
confermata dalla circostanza per cui ogni statute contiene una sezione finale in cui il legislatore stesso
fornisce l'interpretazione autentica dei principali termini usati. A ciò si aggiunga che il Parlamento
adotta apposite leggi di interpretazione, valevoli per ogni statute. Quella attuale stabilisce per esempio
che le parole usate al maschile includono anche il genere femminile e quelle plurali includono il
singolare e viceversa.

L’Unione europea e lo Human Rights Act: un nuovo ruolo per il giudice inglese?

Infine, non può non tenersi conto di eventi recenti che tornano ad esaltare il ruolo e la funzione del
giudice, pur in presenza del principio della supremazia del Parlamento:

-al giudice è stato riconosciuto il potere di disapplicare le leggi nazionali contrastanti con il diritto
dell’UE (naturalmente ciò varrà fin all’attuazione della Brexit);

68

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

-con l'entrata in vigore, nel 2000, dello Human Rights Act 1998, si è dato effetto a molte norme della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali prevedendo
che alcuni diritti tutelati dalla Convenzione siano direttamente giustiziabili presso le corti inglesi. Due
sono le indicazioni che lo Human Rights dà ai giudici:

• le leggi inglesi devono essere interpretate in modo da essere compatibili con i diritti tutelati
dalla Convenzione;
• i giudici superiori hanno il potere di emettere una dichiarazione di incompatibilità di una
norma: sarà il governo a decidere se introdurre una legge che modifichi la norma dichiarata
incompatibile.

La codificazione

Il pensiero di Bentham, a favore di una codificazione generale della common law, non fa presa in
Inghilterra, ma tale idea di codificazione non è estranea a questo ordinamento. Oltre al rinnovamento
del diritto sostanziale da parte di importanti leggi, è in particolare in materia processuale che si può
osservare l’esplicazione più compiuta dell’opera di codificazione inglese che si realizza fin dalle
prime rules emanate a seguito dei Judicature Acts e si completa con la riforma del 1999, dove le
nuove Civil Procedure Rules si autodefiniscono a new procedural code. La tradizione di common law
continua a distinguersi per all’atteggiamento rispetto al codice. I common lawyers, infatti, non
condividono due idee del concetto continentale di codificazione:

• l’idea che il codice rappresenta una cesura con il passato.


• il fatto della completezza e centralità del codice, che hanno a lungo caratterizzato l’esperienza
di civil law.

Per favorire la realizzazione e la codificazione della common law, nel 1965 è stata istituita la Law
Commission, i cui compiti sono tenere sotto controllo il diritto di sua competenza affinché si
realizzino uno sviluppo sistematico e una riforma, come l’eliminazione di anomalie e disposizioni
obsolete e la semplificazione del diritto. Tale Commissione, tuttavia, non è riuscita a superare le
resistenze politiche e culturali, passaggio necessario per promuovere una progressiva codificazione
della common law.

Lo stile della legge e la sua interpretazione

L'interprete inglese dichiara la propria fedeltà assoluta al testo e da sempre si limita ad


un'interpretazione restrittiva degli statutes: ciò lascia spazio alla creazione giurisprudenziale del
diritto. L'approccio ermeneutico restrittivo ha prodotto in Inghilterra un intreccio di regole e principi
interpretativi assai peculiari:

• literal rule, regola principale secondo la quale l'interprete deve innanzitutto attribuire ad una
determinata disposizione il senso reso palese dal tenore letterale delle parole; qualora non sia
sufficiente ->
• golden rule: laddove il linguaggio non sia univoco, consente di discostarsi dal significato più
naturale della norma se questo porti ad esiti assurdi e di scegliere il significato che conduca
ad un risultato ragionevole; qualora non sia sufficiente ->

69

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

• mischief rule (regola dell’Heydon's case) che guarda allo scopo della norma (oggi chiamata
interpretazione teleologica) e ammette di interpretare la norma in modo tale da rimuovere
effettivamente la specifica carenza che aveva spinto il legislatore ad emanare quella
determinata legge.

A che cosa ci si può riferire per cercare lo scopo della norma? Mentre prima era proibito da un
impedimento chiamato exclusionary rule, a partire dal 1992 si può fare riferimento ai lavori
preparatori.

Altro elemento usato dalle corti inglesi per interpretare i testi legislativi sono le presunzioni. Tra gli
esempi: le leggi penali devono interpretarsi in senso favorevole all’imputato; si deve presumere che
il Parlamento non intenda limitare le libertà individuali; si deve presumere che il Parlamento non
intenda limitare i property rights; le leggi fiscali devono essere interpretate in modo restrittivo; la
giurisdizione delle corti non deve essere limitata. Tali presunzioni rispecchiano il principio della
protezione dei diritti fondamentali sancito dalla Glorious Revolutiondel 1688 : life, liberty, property.
Si deve tener conto, però, anche delle libertà tutelate dalla Cedu.

La consuetudine

La consuetudine svolge ormai un ruolo limitato nell'ordinamento inglese, ove il carattere di


consuetudine immemorabile è posto come condizione per la sua efficacia: si parla infatti di
“immemorial antiquity”: la consuetudine può dirsi vigente solo se si può provare che è stata
ininterrottamente osservata fin da epoca anteriore al 1189. Il diritto inglese non è consuetudinario:
l'idea del giudice che trova la soluzione dei casi nella consuetudine immemorabile è una finzione
volta principalmente a mascherare il ruolo creativo delle corti.

Il ruolo della dottrina

I signori del diritto in Inghilterra sono pratici: giudici ed avvocati. L’altra faccia di questa medaglia
attiene al tradizionale scarso rilievo della dottrina, dovuto al ruolo quasi insistente svolto
storicamente in Inghilterra dalle università nella formazione dei giuristi. Tuttavia non ci si può
affidare completamente alla descrizione tradizionale che vede il professore protagonista degli
ordinamenti di civil law e il giudice di quelli di common law. Da ricordare due elementi fondamentali:

• l’Inghilterra è il paese nel quale alcune opere di dottrina sono state qualificate books of
authority, cioè esposizioni ufficiali del diritto della loro epoca.
• l’evoluzione recente mostra come l’università, contrariamente al passato, svolga ormai un
ruolo fondamentale nell’educazione del giurista anche in Inghilterra.

Attualmente la dottrina influenza in misura notevole lo sviluppo del diritto inglese. Nell’ultimo
decennio si è abbandonata la convenzione che portava ad escludere la citazione dei dottori: molte
decisioni delle corti superiori fanno riferimento alla letteratura accademica. Un’altra fonte che può
influenzare l’attività delle corti e da queste essere citata si rinviene nelle relazioni della Law
Commission. Anche l’aumento della produzione legislativa contribuisce a valorizzare il ruolo della
dottrina.
70

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Sez. IV – LA COMMON LAW NEGLI STATI UNITI

Premessa

Come afferma David, il diritto degli USA è essenzialmente giurisprudenziale, ma nel diritto odierno
hanno importanza anche la legislazione e la giurisprudenza. Si osserva infatti da un lato la presenza
di una costituzione scritta che pone una forma di stato federale da cui discende la problematica
distinzione tra leggi statali e federali e che prevede inoltre un sistema giudiziario nazionale a fianco
di quello dei singoli stati; dall'altro bisogna tenere presente sia il recente aumento della produzione
legislativa, sia l'importanza delle law schools cui corrisponde il diverso ruolo che la dottrina volge da
sempre negli Stati Uniti rispetto alla madrepatria

LA RECEZIONE DELLA COMMON LAW NELLE COLONIE E L’INDIPENDENZA


Quando, durante il XVII secolo, si stabiliscono i primi insediamenti coloniali inglesi nell’odierno
territorio statunitense (Virginia, Maryland, Massachussetts), risulta necessario dover individuare
quale sia il diritto da applicarvi. Il principio generale di Calvin del 1608, secondo il quale la common
law inglese è applicabile nella misura in cui le sue regole sono appropriate alle condizioni di vita che
regnano nelle colonie, non è soddisfacente, in quanto la società degli USA non è ancora in grado di
far fronte all’alto tecnicismo della common law, poiché sprovvisto di corti e di persone con
educazione giuridica. A partire dal XVIII sec., con gli scambi commerciali, la common law inizia a
farsi strada, perché emerge un ceto di giuristi e per la diffusione di grandi opere inglesi (es. i
commentari di Blackstone). Si afferma il movimento per l’indipendenza e nella Dichiarazione
d’indipendenza del 4 luglio 1776 comincia ad affermarsi la volontà di dotare la nuova nazione di
ideali universali: consenso necessario ai tributi da parte dei tassati, riconoscimento e rispetto delle
libertà fondamentali, tra cui il diritto ad un giudizio con giuria e il privilegio dell’habeas corpus (tutti
istituti che appartengono alla tradizione della common law). Le tredici colonie si staccano dalla
madrepatria diventando stati sovrani, e dopo una lunga e sanguinosa guerra fra loro, nel 1782
approvano gli Articles of confederation , con i quali riconoscono piena sovranità agli stati membri
dell’unione, cui vengono però sottratti i poteri politici espressamente attribuiti al Congresso,
composto dai rappresentanti degli Stati. Ma l’unione è debole perché al Congresso vengono dati scarsi
poteri e strumenti non efficaci per costringere gli stati a rispettare i loro doveri federali. In tale
situazione è convocata, nel 1787, una Convenzione a Filadelfia, il cui scopo è trasformare e
rafforzare l’unione prevista dagli Articles. La Convenzione redige un progetto di costituzione
approvato nel 1787, inizio 1788, dalla quale prenderà vita la Costituzione americana.

L’importanza della costituzione e del Bill of Rights

La Costituzione si riflette sui più vari aspetti della vita americana: non c’è questione politica che non
si risolva in una controversia giudiziaria, quindi il diritto diviene un prolungamento del discorso
politico.

Gli articoli originari della costituzione

La Costituzione americana è un documento apparentemente semplice, ma complesso. La costituzione


viene ratificata da tredici stati da poco indipendenti in un momento di transizione, ed è il risultato di
71

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

un compromesso che riflette le notevoli tensioni fra federalisti (sostenitori di uno stato unitario forte)
e antifederalisti . Tale compromesso è ben visibile ad es. nell'art. I con riguardo alla composizione
del Congresso, che vede, a fianco di una camera ove sono rappresentati gli stati in considerazione
della loro grandezza, una camera ove invece sono rappresentati in modo paritario. Gli articoli
originari della costituzione sono 7, a cui si sono aggiunti nel corso del tempo 27 emendamenti; di
questi, i primi 10 costituiscono il Bill of Rights (carta dei diritti fondamentali, 1991). L’ultimo
ratificato nel 1992, tutela il trattamento economico di senatori e rappresentanti. Tra i più importanti
quelli volti ad abolire la schiavitù (13° emendamento) e ad estendere la tutela dei diritti fondamentali
rispetto all’attività dei singoli stati (14°).

Gli articoli originari, insieme al BoR, rappresentano il testo del più antico documento costituzionale
oggi in vigore, che si pone come una costituzione rigida, modificabile solo attraverso gli
emendamenti, richiedenti un complesso procedimento di formazione in cui intervengono anche gli
stati membri. Gli articoli originari dettano le basi istituzionali della forma di governo (presidenziale)
e individuano la distribuzione dei poteri fra stati e federazione.

L'impianto formale della costituzione riflette la classica tripartizione dei poteri: l'art. I disciplina
il potere legislativo, l'art. II l'esecutivo, l'art. III il giudiziario; ma all'idea di separazione si affianca
quella di “checks and balances”. La versione americana della divisione dei poteri punta dunque a
realizzare una condizione di tendenziale equilibrio fra i tre rami; ciascun potere infatti ha la possibilità
di “controllare” l'altro ed è a sua volta controllato (per es., i giudici federali sono nominati dal
Presidente USA, ma con il consenso del Senato; il Presidente ha potere di veto sospensivo sulle leggi
approvate da Congresso). La stessa ripartizione delle competenze tra federazione e singoli stati
produce una notevole frantumazione dei centri di potere.

Articolo I : il potere legislativo federale è attribuito al Congresso, organo bicamerale. Il Senato


è composto da due rappresentanti per ogni stato membro, che vengono rinnovati per un terzo ogni
due anni. La Camera dei rappresentanti è invece formata su base nazionale, in modo proporzionale
alla popolazione degli stati, da deputati con mandato biennale. Il Congresso ha competenza
legislativa solo per materie espressamente previste [moneta, tasse, difesa, diritto d’autore, diritto
marittimo, commercio con l’estero e tra singoli stati (interstate commerce)], ma ha anche il potere
di promulgare leggi “necessarie e adatte” (”necessary and proper clause”) all’esercizio di quanto
esplicitamente attribuito. Questa clausola, così come la interstate commerce clause, si è rivelata
molto utile ai federalisti, avendo portato ad un ampliamento del potere di intervento del legislatore
nazionale.

Nei settori principali del dir. privato (diritto di famiglia, successioni, responsabilità civile, contratti,
diritto societario) la competenza rimane ai singoli stati; trattandosi di materie che tradizionalmente
rientrano nella common law, sono governate dalla giurisprudenza delle corti locali.

L’estensione del diritto federale rispetto a quello degli stati è mutata nel corso della storia. Nel 19°
secolo il Congresso ha legiferato ben poco in materia privata e nel 20° sec. si è dedicato
particolarmente alla materia economica.

Articolo II: il potere esecutivo è attribuito al Presidente degli Stati Uniti, il quale non solo è
insieme capo dello stato e capo dell’esecutivo, ma deve essergli riconosciuta sul piano politico una

72

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

posizione di marcata preminenza nella determinazione dell’indirizzo di governo in virtù del fatto di
ricevere una diretta investitura nazionale dal corpo elettorale, ancorché secondo un sistema
indiretto. E’ eletto infatti per quattro anni da un collegio di “grandi elettori” a sua volta eletto dal
popolo. Il Presidente ha il comando delle forze armate, ha il potere di stipulare trattati
internazionali e di nominare i giudici della Corte suprema e tutti gli altri pubblici ufficiali degli
USA per cui non sia disposto diversamente dalla costituzione stessa.

Il Presidente degli Stati Uniti può essere rimosso dall’incarico solo con un procedimento di
impeachment, che prevede la messa in stato di accusa da parte della Camera dei rappresentanti e il
giudizio di condanna del Senato presieduto in quell’occasione dal Chief Justice della Corte suprema.

Articolo III: qui si prevede la giurisdizione federale attribuendola direttamente a una Corte
suprema e conferendo al Congresso il potere di creare, eventualmente, corti federali inferiori a
questa. Sono previste inoltre le garanzie di indipendenza dei giudici.

Articoli IV-VII: gli artt. successivi al III prevedono norme molto eterogenee. Alcune disposizioni
sono volte a garantire i diritti individuali mentre altre sono meramente organizzative. Di particolare
importanza, l’affermazione che i cittadini di tutti gli stati hanno uguali diritti; il complesso
procedimento per emendare la costituzione, la dichiarazione secondo cui la costituzione e le leggi
federali sono la supreme law of the land. Il testo costituzionale è stato modificato molto di rado.

Il Bill of Rights

I primi dieci emendamenti alla costituzione rappresentato il Bill of Rights, ossia la carta dei diritti
fondamentali dei cittadini americani. I 10 emendamenti sono proposti immediatamente dopo la
ratifica della costituzione, approvati in brevissimo tempo e già in vigore nel 1791. Tali emendamenti
possono considerarsi una vittoria degli antifederali perché in origine limitano il potere del governo
federale (ma successivamente, nel 1868, il XIV emendamento estende la tutela dei diritti limitando
anche il potere dei singoli stati).

Molte garanzie fanno parte del patrimonio della common law (la clausola 39 della Magna Charta
corrisponde alla garanzia del due process contenuta nel V e XIV em.). Altro esempio: diritto alla
giuria nel processo civile.

Ciò che è innovativo del Bill of Rights è la completezza dell’elenco dei diritti che, unitamente all’idea
di rigidità, conduce ad una efficace tutela delle libertà individuali, che si svolge principalmente
attraverso il controllo giudiziario di costituzionalità delle leggi, affermato con Marbury vs Madison.

Il contenuto essenziale del Bill of Rights

La maggior parte delle tutele previste riguardano le modalità che le procedure per l'attuazione
della giustizia federale penale e civile devono rispettare. L’ambito delle materie su cui lo stato
centrale è autorizzato a intervenire è piuttosto ristretto, ma si temono comunque lesioni delle libertà
fondamentali. In questa prospettiva si spiegano:

• Il IV emendamento, che protegge la persona, l’abitazione e la corrispondenza da perquisizioni


e sequestri;
73

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

• Il V emendamento, che prevede il rinvio a giudizio solo da parte della giuria, il diritto a non
testimoniare contro sé stessi, il divieto del bis in idem, e tutela vita, libertà e proprietà mediante
il due process of law;
• Il VI emendamento, relativo al processo penale, ove all’imputato si riconosce il diritto al giudice
naturale e alla giuria, a presentare testimoni a favore e a interrogare quelli a carico, nonché ad
essere assistito;
• Il VII emendamento, che prevede la garanzia della giuria anche nelle cause civili di un certo
rilievo;
• L’VIII emendamento, che pone il divieto di pene crudeli e inusitate e prevede il diritto alla
libertà provvisoria, in corso di processo, dietro ragionevole cauzione.

Il Bill of Rights include anche importanti garanzie estranee al campo processuale. Il I


emendamento tutela la libertà di parola, di stampa, di riunione, di culto, e impedisce l’adozione da
parte del governo di una religione ufficiale. Il V emendamento, oltre a prevedere la tutela del due
process of law, proibisce l’espropriazione senza indennizzo. Il XIV emendamento afferma il
principio di uguaglianza e estende la formula del due process anche nei confronti dell’autorità dei
singoli stati.

La due process clause

E’ una clausola di ampio rilievo nella cultura di common law. Essa ha un legame stretto con la
nozione di rule of law, con cui si intende sottrarre i consociati all’arbitrio del potere, istituendo un
governo di leggi e non di uomini. Quella relativa al due process è una materia complessa e suscettibile
di interpretazioni controverse, all’interno della quale la teoria americana ha individuato una non
semplice distinzione tra procedural due process e substantive due process:

- Procedural due process. Si riferisce ad un giudizio “fair”, equo, sotto il profilo tecnico
processuale: proprietà, vita e libertà di chiunque non possono subire restrizioni senza garanzie
formali, quali, ad es., il diritto al contraddittorio, una giuria rappresentativa della società, un giudice
terzo e imparziale. Ma tale accezione ha posto non pochi problemi interpretativi, relativi, ad esempio,
all’ipotesi che il gratuito patrocinio possa rientrare nella nozione di due process. Qui la corte
suprema, rovesciando un proprio precedente, ha dichiarato che il diritto all’assistenza legale è
fondamentale per un equo processo (Gideon v. Wainwright, 1963).

- Substantive due process. Con questa seconda accezione la Corte suprema ha tentato di impiegare
la formula del due process come garanzia dei diritti sostanziali di libertà e proprietà. Es.: nella
sentenza Lockner vs New York (1905) è dichiarata illegittima la legge dello stato di New York (in
contrasto con la libertà di contrattare, tutelata dalla due process clause) che limita a 10 ore la durata
della giornata lavorativa dei panettieri. Dopo molti anni la corte torna sui propri passi e afferma che
la libertà contrattuale non è illimitata, ritenendo valida la legge che prevede un salario minimo per le
lavoratrici (West Coast Hotel v. Parrish, 1937). La giurisprudenza relativa al due process può
contribuire a chiarire la posizione della Corte suprema nel sistema istituzionale americano e a
raffigurare il funzionamento dei checks and balance. C’è scontro tra corte e potere esecutivo. La
corte, attraverso il judicial review, invalida molte leggi volte a dirigere l’economia. A inizio anni 30
dichiara incostituzionale la legislazione del primo New Deal per sconfinamento del Congresso dai
campi di sua competenza. Per modificare il numero dei giudici della Corte viene ideato il court

74

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

packing plane: il Presidente può nominare un giudice aggiuntivo ogni volta che un giudice in carica
compie 70 anni. La nomina di 6 nuovi giudici avrebbe potuto rovesciare la giurisprudenza, ma il
progetto non andò avanti. Altri esempi che rivelano un’interpretazione estensiva della due process
clause sono riferibili ai penumbra rights, diritti tutelati dalla Corte suprema perché rientrano nella
sfera d’azione (nella “penombra”) del due process: diritto di privacy, diritto della donna ad
interrompere la gravidanza, diritto al matrimonio tra persone dello stesso sesso. I casi riportati
mostrano che cosa si intenda per clausole costituzionali aperte e quanto sia importante il ruolo
interpretativo della corte suprema federale.

Il X emendamento

Il X emendamento tratta il tema del federalismo. Negli Stati Uniti sono presenti i problemi posti dal
complesso e non sempre stabile equilibrio tra potere centrale e potere dei singoli stati. La costituzione
americana istituisce un sistema originale, in cui si verifica una sovrapposizione di due serie di organi:
• A livello federale ci sono un Congresso, un Presidente e un sistema di corti;
• A livello locale troviamo un potere legislativo, un governatore e un’autonoma organizzazione
giudiziaria.
Sorge dunque il problema della distribuzione del potere e della divisione delle competenze tra
federazione e stati. Il X emendamento aggiunge un principio generale e importantissimo: la
competenza legislativa degli stati è la regola e la competenza federale l’eccezione. Il diritto
federale nasce dunque limitato ma superiore al diritto statale: limitato in quanto esercitabile solo
nella misura entro cui viene attribuito e superiore perché La Costituzione e le leggi sono la legge
suprema del Paese. Tuttavia i rapporti tra le competenze federali e statali sono complicati dalla
circostanza che anche nelle materie di competenza del Congresso, la competenza degli Stati non
è esclusa ma residuale e dunque concorrente. Si pone un divieto per gli Stati di legiferare in
maniera contrastante con le disposizioni federali, ma gli stati possono adottare disposizioni integrative
del diritto federale.

Quale diritto è applicato dalle varie corti? Per rispondere dobbiamo aver presente l’organizzazione
giudiziaria.

L'art. III della cost. e l'organizzazione giudiziaria

Alla disciplina del potere giudiziario federale la costituzione degli Stati Uniti dedica l’art. 3: il
primo paragrafo istituisce la Corte suprema, conferisce al Congresso il potere di creare corti federali
inferiori e determina le garanzie di indipendenza dei giudici, mentre il secondo individua la
competenza delle corti, che nascono quindi dotate di limited jurisdiction in quanto possono conoscere
solo dei casi e delle controversie espressamente previsti. A fianco dell’organizzazione giudiziaria
federale sono presenti le corti di ciascuno stato: si pone dunque un dualismo perfetto tra giudiziario
nazionale e locale.

Le corti federali (disciplinate da alcune leggi fondamentali, tra cui il Judiciary Act del 1789)

Le corti di primo grado prendono il nome di District Courts, quelle di secondo grado sono le Courts
of Appeal ed infine vi è la Corte suprema degli Stati Uniti. I giudici che compongono queste corti
rimangono in carica during good behaviour, ossia a vita, e la loro retribuzione non può essere

75

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

diminuita finché essi sono in carica. Il Congresso può inoltre istituire alti tribunali federali che hanno
competenza limitata: si tratta delle corti specializzate, i cui giudici sono nominati per periodi
determinati e sono revocabili senza le complicazioni del procedimento di impeachment.

U.S. District Courts

Sono 94. Vi appartengono poco più di 650 giudici, assistiti, nelle giurisdizioni più importanti, da U.S.
magistrates con funzioni decisorie e da clercks. In ciascuno stato è presente almeno una District Court,
che opera generalmente come organo monocratico. Risolvono circa 300.000 casi l’anno, la metà dei
quali sono decisi con giuria.

U.S. Court of Appeals

Sono 13, 11 delle quali articolate su circuiti territoriali cui devono aggiungersi il District of Columbia
e il Federal Circuit, giudice di appello contro le decisioni delle corti specializzate e contro le decisioni
di numerose agenzie amministrative. Vi appartengono circa 200 giudici. La Court of Appeals è un
organo collegiale, formato da tre giudici, e talvolta le sue decisioni sono prese a sezioni unite.

U.S. Supreme Court

È l’unica prevista espressamente dall’art. III ed è composta da otto Associate Justices e da un Chief
Justice. L’appellativo di Justice è riservato ai membri della Corte suprema, mentre tutti gli altri sono
semplicemente Judges. Il numero dei giudici è definito con legge ordinaria dal Congresso e, in
considerazione del fondamentale ruolo di policymaking svolto dalla Corte, che si attua soprattutto
attraverso il giudizio sulla legittimità delle leggi, tale numero è stato talvolta modificato al fine di
influire in qualche modo sulle decisioni della corte, a dimostrazione dell’incidenza del principio di
checks and balances che caratterizza il sistema istituzionale americano, la Corte Suprema è istituita
dalla Costituzione, ma il numero dei suoi membri è stabilito con legge ordinaria.

Lo stesso articolo III prevede per la Corte suprema due ipotesi diverse di competenza:

• Original jurisdiction, in primo grado, riguardante le controversie in cui sia parte uno Stato o un
rappresentante diplomatico;

• Appellate jurisdiction, in grado di impugnazione, contro le decisioni delle corti federali d’appello
e delle corti supreme statali, nelle ipotesi di controversie in cui si applichi il diritto federale o di
controversie tra cittadini appartenenti a stati diversi dell’Unione. Sotto la presidenza di Marshall la
Corte, in precedenza depositaria di un potere limitato, assume il ruolo fondamentale di giudice della
costituzionalità delle leggi, che conserva anche attualmente. La Corte suprema è composta
attualmente di nove justices e pronuncia circa 70 sentenze l’anno. La Corte Suprema oggi opera una
severa selezione delle questioni da trattare usando come strumento tecnico il writ of certiorari,
che la porta a disciplinare poche questioni di grande rilievo. Due sue sentenze hanno segnato la storia
del diritto americano. Quest’organo giurisdizionale è talmente importante da aver avuto un ruolo
centrale nell’evoluzione della posizione giuridica dei neri: nel caso Plessy vs Ferguson si stabiliva
costituzionalmente valida la segregazione razziale sui mezzi di trasporto, purché i servizi fossero
uguali per bianchi e neri. Nel 1954 con la sentenza Brown v. Bord of Education of Topeka, fu
permesso ai bambini neri di andare a scuola con i bianchi e si ritenne la segregazione razziale
76

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

illegittima (overruling implicito di Plessy e apertura della strada per la legislazione sui diritti civili
che porterà al Civil Right Act del 1964).

La procedura delle corti federali – riguardo la procedura seguita dalle corti federali, nel 1934 il
Congresso incarica la Corte suprema di redigere norme di procedura civile valide per tutto il sistema
federale. La corte elabora quindi le Federal Rules of Civil Procedure. Le FRCP, espressione del
rule making power dei giudici di common law, si ispirano alla procedura di equity e tendono allo
snellimento del processo e riduzione dei costi. Scopo delle rules è assicurare la giusta, rapida ed
economica risoluzione delle controversie. anche se sono stati aumentati i poteri di controllo del
giudice rispetto allo svolgimento del processo, il processo civile americano è un unicum, in quanto si
caratterizza per tecniche e istituti che sono espressione di valori profondi e condivisi che fanno
parlare di American Exceptionalism: libertà, individualismo, populismo, liberismo, diffidenza verso
lo stato e l’autorità. Si aggiungano la presenza della giuria, una discovery molto intrusiva, il ruolo
passivo del giudice del trial, il carattere imprenditoriale ed aggressivo della professione legale e il
criterio di ripartizione delle spese processuali, non fondato sulla soccombenza.

Le corti statali

Abbiamo detto che vi sono corti statali e federali.

È piuttosto difficile parlare in termini generali dell’organizzazione giudiziaria dei 50 stati. In via di
approssimazione, è possibile tuttavia affermare che in ciascuno stato sono presenti tre gradi di
giurisdizione (ma in un terzo circa degli stati manca il livello intermedio). Vi è una grande varietà di
denominazioni: ad esempio, nello Stato di New York il giudice di primo grado è detto Supreme Court,
quello di secondo Supreme Court Appellate Division e l’ultima istanza è nota come New York Court
of Appeals. Inoltre, in molti stati sono presenti organi giurisdizionali specializzati, quali per esempio
le surrogates’ courts, le family courts e le small claims courts.

I giudici federali

Il sistema di reclutamento dei Justice della Corte Suprema prevede la nomina da parte del Presidente,
con il consenso del Senato. Il Presidente, relativamente a tale nomina, è guidato da orientamenti
politici, per cui tende a scegliere persone del suo stesso orientamento ideologico, ma trova un limite
al suo arbitrio nel controllo da parte del Senato e nella necessità di equilibrio: si cerca di evitare
che tutti i justices provengano dalla stessa area geografica; inoltre, in sostituzione di un giudice donna
dovrà insediarsi un giudice donna, in sostituzione di uno ebreo sarà necessario un giudice ebreo.
I giudici federali sono nominati a vita e possono essere rimossi solo attraverso un procedimento di
impeachment. A dimostrazione di quanto sia forte la tradizione di autonomia e prestigio dei giudici
federalie quanto essi siano indipendenti dall’esecutivo, è interessante notare che talvolta i Presidenti
degli Stati Uniti (es. Eisenhower e Nixon) si sono pubblicamente pentiti delle loro scelte, perché i
loro nominati hanno tradito la fiducia.
La Corte Suprema è presieduta dal Chief Justice il quale svolge un ruolo piuttosto importante ed
infatti la storia della massima istanza federale può essere distinta in periodi che prendono il nome
proprio dal Chief Justice (Corte Warren, progressista, c. Burger, moderaata, ecc).
Mentre il Presidente degli Stati Uniti è direttamente coinvolto nella scelta dei Justices, delega invece
questo potere all’Attorney General, il ministro della giustizia, quando si tratta degli altri giudici
federali. In tali casi svolgono un ruolo importante i senatori dello stato in cui deve essere coperta la
77

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

vacanza. Il processo di nomina è razionalizzato dalla partecipazione del Committee on Federal


Judiciary. È importante per il presidente nominare un alto numero numero di giudici poiché questi
saranno i portatori della sua ideologia oltre il suo mandato. Le scelte presidenziali si rivolgono
generalmente ai giudici delle corti inferiori, ai professori delle facoltà giuridiche, ai public
officers. Si realizza dunque negli Stati Uniti una notevole mobilità nelle professioni legali da cui
scaturisce un bench molto meno omogeneo rispetto alla tradizione inglese, ove i giudici vengono
reclutati tra gli avvocati migliori.

I giudici statali

I giudici statali sono generalmente nominati utilizzando tre sistemi:


1. Elezione popolare: i giudici sono eletti direttamente dalla popolazione. È il sistema più frequente
per le corti inferiori e la durata della carica può variare da sei a dieci anni;
2. Nomina da parte del governatore: è prevista sia per le corti di primo grado che per quelle
superiori. In alcuni stati le nomine del governatore devono essere ratificate dal consenso del Senato,
ricalcando il modello federale;
3. Sistema misto: si usa in alcuni stati, soprattutto per le corti superiori. Ha due varianti. Secondo il
California Plan, se il nome del candidato sottoposto dal governatore è approvato, viene nominato
per un anno per poi essere confermato dall’elettorato e resta in carica 12 anni. Secondo il Missouri
Plan, per ogni posto vacante sono scelti tre candidati. Il governatore deve nominarne uno. Dopo un
anno deve ottenere regolare mandato di 6 o 12 anni.

Marbury v. Madison e il controllo giurisdizionale di costituzionalità delle leggi

Il potere di giudicare delle legittimità costituzionale delle leggi federali e statali (judicial review)
non è previsto espressamente dalla costituzione, ma è affermato del Chief Justice Marhall nella
sentenza Marbury v. Madison. Non è disciplinato dalla carta fondamentale, ma è teorizzato nel
dibattito che accompagna la sua elaborazione: nel cap. 78 del Federalist, di Hamilton, si legge che
il giudiziario è il meno pericoloso dei poteri, il cui compito è far rispettare le leggi anche dal Governo.
Oltre che nella teorizzazione della costituzione quale legge superiore, vi è chi trova il fondamento
testuale del potere di judicial review nella supremacy clause dell’art. VI.

Il potere di judicial revew è conosciuto presso le corti statali prima della costituzione, e prima
dell’indipendenza tra colonie e impero: le leggi coloniali possono essere applicate solo se non in
contrasto con quelle inglesi, contrasto valutato dal Privy Council.

Marbury vs Madison è importante per il sistema americano e anche quale modello di giustizia
costituzionale trapiantato in altri paesi.

I fatti. Marbury viene nominato giudice di pace dal Presidente federalista Adams, poche ore prima
che scada il suo mandato. Madison, funzionario della nuova amministrazione Jefferson
(antifederalista) non completa la procedura di notificazione dell'incarico a Marbury. Questi,
considerando la notifica un atto dovuto, agisce in giudizio presso la Corte suprema, presieduta da
Marshall, per un writ of mandamus, volto ad obbligare Madison a notificargli la nomina. La domanda
proposta da Marbury si fonda sul Judiciary Act del 1789, che attribuisce alla Corte suprema il potere
di emettere “writ of mandamus nelle ipotesi previste dai principi e dalla prassi giudiziaria a favore di

78

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

ogni corte o di ogni persona che esercita un potere per autorità degli USA”. Il giudice Marshall nega
il rimedio: egli pone la questione del rapporto tra il Judiciary Act e la costituzione concludendo che
la disposizione del primo, che conferisce a Marbury il diritto di accesso alla Corte suprema, è
incompatibile con la distinzione tra la competenza in primo grado e in grado d'impugnazione prevista
dalla seconda. L'art. III della costituzione elenca infatti esplicitamente i tre casi in cui la Corte
suprema è competente in primo grado, ed essendo chiaro che il caso di Marbury non rientra tra questi,
la legge votata dal Congresso non può consentirgli di adire direttamente la massima istanza federale.
Marshall dunque riconosce un contrasto tra la norma della legge e quella della costituzione, e prevede
acutamente il potere di judicial review come un corollario dell'obbligo del giudice di decidere un
caso. E qui risiede gran parte del significato della ”concretezza” del modello diffuso, per cui il
giudizio sulla legittimità costituzionale di una legge è strettamente funzionale alla soluzione di una
controversia reale ed effettiva. A Marshall si deve anche la pressi di redigere l’” opinion of the
Court”, intesa come sentenza della Corte e non come somma di singoli speeches, secondo la
tradizione inglese. All’opinione della corte si affiancano opinioni separate, sia concorrenti che
dissenzienti.

Il modello americano è definito “diffuso” perché non esiste un giudice costituzionale ad hoc, ma è
svolto da tutti i giudici ordinari nel momento in cui devono risolvere una controversia concreta. Per
il buon funzionamento di questo sistema è importante la presenza della regola dello stare decisis. Se
la corte federale d’appello disapplica una legge federale ritenuta invalida, la decisione vincolerà tutte
le corti presenti nel circuito. La stessa legge può però essere applicata dalla corte d’appello di un altro
circuito. Ciò è possibile perché l’operatività orizzontale è debole, ma essendo questione di
costituzionalità, con l’impugnazione sarà risolta dalla Corte suprema, e la decisione vincolerà i giudici
inferiori, comprese le corti d’appello che avevano deciso diversamente,. La legge federale sarà quindi
ritenuta legittima in tutti gli Stati uniti.

La sentenza Marbury v. Madison ha sancito in modo definitivo il potere di ogni giudice federale
di disapplicare una norma di legge ritenuta in contrasto con la costituzione. Nonostante gli errori
compiuti, il potere di judicial review è ormai troppo radicato nella tradizione americana per essere
escluso o limitato. Inoltre la Corte, usando il judicial review in modo parsimonioso ha tenuto un
atteggiamento di restaint tale da consentirgli un rapporto di equilibrio rispetto agli altri poteri dello
stato.

Il federalismo americano e il rapporto fra giurisdizione federale e statale

Il Congresso federale può legiferare solo nelle materie espressamente attribuitegli dalla costituzione
e, in tutti i casi in cui tale attribuzione non avviene, il potere legislativo risiede nei singoli stati.
Similmente, per ciò che concerne il rapporto fra giurisdizione statale e federale, è configurabile la
prima come regola e la seconda come eccezione. Le corti federali sono infatti dotate di limited
jurisdiction e possono essere adite solo nei casi in cui la costituzione le riconosca esplicitamente
competenti.

L’art. III della costituzione prevede la competenza federale in due ipotesi fondamentali:

79

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

• in base alla natura della controversia, se deve essere applicata la costituzione o una legge
federale (federal question jurisdiction).
• in base ai soggetti ricorrenti: quando parte in causa sono il governo degli Stati Uniti o i
rappresentanti diplomatici stranieri, o quando la controversia sorge tra cittadini di stati diversi,
ipotesi questa, nota come diversity jurisdiction, dovuta alla ricerca di un giudice imparziale
ritenendo che quello federale offra migliori garanzie.

Apparentemente quindi la distinzione tra giurisdizione statale e federale è chiara, ma la situazione si


complica se si considera che in alcune ipotesi, in particolare in quelle di diversity jurisdiction, le corti
federali sono chiamate ad applicare il diritto statale. Es. per un incidente a Boston tra un cittadino del
Massachusetts ed uno del Maine, sarà competente la corte federale distrettuale dl luogo dell’incidente
(diversity jurisdiction), ma il giudice deve applicare il diritto di Massachusetts perché tale materia
non è attribuita, dalla costituzione, alla competenza del Congresso. Ci si chiede se tale diritto statale
debba essere letto in senso tecnico comprendendo i soli atti emanati dall’organo legislativo statale,
oppure in senso ampio comprendendo anche la common law, ossia i precedenti delle corti? Dal caso
Swift v. Tyson del 1842 ci viene una prima risposta: secondo il giudice Story, il termine laws è
da intendersi come legge e non come diritto e quindi la corte federale, se il caso non è regolato da un
atto legislativo dello stato, deve applicare la general common law. L’impostazione adottata da questa
sentenza, tuttavia, crea numerosi problemi su due piani:

- sul piano pratico: può verificarsi un ingiustificato dualismo di soluzioni giuridiche a seconda che
si investa del giudizio un organo statale oppure un organo federale: nel primo caso si applica il diritto
statale nel suo insieme, cioè le leggi e la common law. Una delle parti può porre le condizioni perché
gli organi federali siano aditi: nel secondo caso, in mancanza di leggi statali, si applica o si crea, la
general common law.

- sul piano costituzionale: prevedendo la competenza delle corti federali nei casi di soggetti di
diversa cittadinanza, si vuole assicurare pari giustizia e non autorizzare la creazione di un diritto
federale in materie in cui il Congresso non può legiferare. Se si accoglie la concezione di common
law federale, si riconosce, contro lo spirito della costituzione, la superiorità dei giudici federali in
materie riservate ai giudici statali.

In considerazione dei vari problemi che la soluzione adottata in Swift v. Tyson pone, tale
precedente viene superato nel 1938 con Erie Railroad Co. v. Tompkins. In Pennsylvania
Tompkins viene urtato e ferito dallo sportello di un vagone di un treno che appartiene ad una società
registrata a New York. Tompkins agisce presso la corte federale di New York, ma si deve decidere
secondo le leggi della Pennsylvania.per la società ferroviaria, secondo la giurisprudenza della corte
suprema della Pennsylvania Tompkins non ha diritto al risarcimento in quanto trespasser, quindi il
proprietario del suolo è responsabile solo in caso di dolo. L’attore contesta ed obietta che quando il
judiciary act parla di laws of the several states, si riferisce alla statutory law; in mancanza, il giudice
federale deve applicare la general common law che prevede il risarcimento. Tale tesi è accolta dalla
corte d’appello che condanna la soc. ferroviaria al risarcimento, la quale però ricorre alla corte
suprema degli stati uniti e rinvia il caso perché sia deciso secondo la common law della Pennsylvania.
Il giudice Brandeis afferma che <<tranne nelle materie regolate dalla costituzione federale e dalle
leggi del Congresso, il diritto da applicare per ogni caso è quello di uno stato particolare. Che il diritto

80

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

di quello stato sia formulato dal parlamento o dalla corte suprema non riguarda le autorità federali.
“There is no federal general common law”>>.

La frase va chiarita: nelle materie in cui il congresso è competente, i giudici federali danno origine
ad un corpo di giurisprudenza federale; quando il giudice federale applica il diritto statale è vincolato
dalla legge e dalla giurisprudenza, ma è comunque un giudice di common law e per questo può
distaccarsi dai precedenti del collega statale.

Fattori di semplificazione e uniformazione del diritto americano

Secondo il giudice Brandeis non esiste negli Stati Uniti una common law federale, ma solo la common
law dei singoli stati cui devono aggiungersi le leggi statali e quelle adottate dal congresso nelle
materie in cui ciò è ammesso. Per questo il diritto americano è complesso e frammentario. Esistono
però alcuni fattori unificanti: la presenza delle law schools, l’importanza della dottrina, la
costituzione, le leggi federali ed alcuni esempi importanti di leggi uniformi come lo Uniform
Commercial Code (UCC).

Le law schools e la dottrina

Le law schools sono fondamentali nella formazione del giurista americano.

La maggiore differenza tra common law americana e inglese si ha nel diverso ruolo delle università.
In Inghilterra hanno svolto unruolo modesto nella formazione del giurista e anche la dottrina ha ruolo
di secondo piano rispetto al giudice, figura dominante dell’ordinamento. Negli Stati Uniti l’Università
è stata importante e ha lasciato tracce anche sullo stile delle sentenze, simili agli articoli pubblicitari
sulle riviste giuridiche, con note e riferimenti bibliografici. Le law schools americane sono
fondamentali nella formazione del giurista americano. Le università prestigiose insegnano oltre
al diritto statale anche i principi generali del diritto americano. Non esiste una federal common law
ma esiste una tradizione comune. Es. il manuale di contract law adottato a Chicago è lo stesso adottato
a New York.

Langdell e il case method

La vera affermazione dell’importanza delle università di legge americane si ha nel 1870, quando
Langdell, divenuto preside dell’università di Harvard, rivoluziona completamente il metodo di
insegnamento: aumenta la durata dei corsi a tre anni, introduce un rigido controllo tramite esami, è
posto come requisito per l’ammissione la frequenza di un corso di studi superiore, viene rinnovato il
corpo accademico con giovani brillanti al posto di giudici e avvocati in pensione. In particolare
introduce il case method, un metodo di insegnamento socratico e quindi dialogico e non cattedratico
il quale porta con sé un nuovo genere letterario, il casebook, ossia un manuale in cui si offre allo
studente una raccolta selezionata di casi. Langdell propone infatti di studiare i casi della
giurisprudenza, cercando di scorgervi i principi di diritto che essi esprimono. Il fine ultimo è
quello di ordinare i principi così reperiti in un sistema logico e coerente.

Il modello di Harvard si diffonde presto anche nelle law schools di altre università americane.
Langdell è antidogmatico, dal momento in cui non insegna concetti giuridici ma aiuta lo studente ad
affinare il metodo per ricavarli dalla decisione, e al tempo stesso dogmatico (è il primo esponente del

81

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

formalismo giuridico in America) quando intende formulare teorie di tale ampiezza da coprire vaste
aree della common law e razionalizzare giustificandole le più vistose differenze. È in quest'epoca che
si realizza, anche negli Stati Uniti, un notevole irrigidimento della regola del precedente.

Il superamento del formalismo giuridico

Il superamento del formalismo giuridico si ha con Oliver Holmes (“la vita del diritto non è mai stata
logica, ma esperienza”).

Ma è con Roscoe Pound, ritenuto il fondatore della Scuola sociologica, che il pensiero di Holmes si
sviluppa in un nuovo programma ideologico, che sottopone a critica la vecchia, formalistica teoria
dell’interpretazione e della decisione giudiziale come processi mentali di deduzione meccanica da un
dato normativo precostituito. Si riacquista consapevolezza della potenzialità creativa dell’opera del
giudicepone quindi l’accento sugli effetti concreti delle regole e si considera il diritto come un mezzo
per ordinare gli interessi sociali. Il giudice, nel bilanciare tali interessi, agisce come un social
engineer e deve conoscere i problemi sui quali incidono le sue decisioni.

Le dottrine della scuola sociologica sono rielaborate e portate al loro estremo e, a partire dai tardi
anni venti, dal Realismo giuridico. Per i realisti, il diritto è inteso come mezzo per la realizzazione
di scopi sociali e la ricerca deve essere volta all'osservazione empirica al fine di descrivere in maniera
realistica ciò che il diritto è. Per Llewellyn e Frank, tra i maggiori esponenti della Scuola, il diritto
non può più discendere dalle paper rules e dai manuali, ma da un’attenta osservazione del judicial
behaviour, ossia dall’osservazione di ciò che i tribunali effettivamente decidono.

Se col formalismo giuridico la regola del precedente ha subito un irrigidimento, col Realismo avviene
il fenomeno contrario: dal “case book” si passa al “cases and materials”.Il realismo influenza
profondamente tutti i settori della vita giuridica e la norma diviene oggetto di analisi sociologica,
politologica, economica. Uno dei primi movimenti che tenta di rispondere alle questioni sollevate
dal Realismo è la teoria del legal process. I teorici del legal process ritengono corretto allocare il
potere decisionale in quelle istituzioni che possiedono le risorse e le procedure migliori per prenderle.
Il diritto diventa quindi un metodo per distribuire il potere decisionale tra i vari settori
dell’amministrazione.

Le teorie postmoderne

Il realismo giuridico ha una così ampia influenza che a partire dalla sua affermazione gli studi
giuridici divengono maggiormente sofisticati ed eclettici. Accanto a questa scuola ne nascono altre:

• La Economic analysis of law utilizza il criterio dell’efficienza accanto a quello della giustizia
nel valutare, spiegare o prescrivere regole giuridiche. I problemi giuridici devono essere
valutati e risolti attravero una comparazione tra i diversi gradi dell’efficienza economica delle
molteplici soluzioni possibili, al fine di far emergere la scelta più efficiente e vantaggiosa per
ogni soggetto;
• I Critical legal studies (o Crits) estremizzano gli aspetti più importanti del realismo
affermando che non c’è differenza tra il ragionamento giuridico e quello politico, con la
conseguenza di cercare in maniera esplicita i valori metagiuridici cui il giudice deve riferire
le proprie scelte; Da ricordare i maggiori esponenti, Duncan Kennedy e Roberto Unger.
82

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

• teoria giuridica femminista: si afferma la necessità di analizzare il discorso sul diritto come
discorso sul genere, smascherando la pretesa neutralità del diritto e rivelandone il carattere
intrinsecamente discriminatorio nei confronti delle donne.
• teoria della differenza razziale: si propone una teoria razzialmente connotata per opporsi
alla posizione di neutralità della razza assunta dalla principale corrente del pensiero giuridico.
• diritto e letteratura: si afferma la necessità di adottare una prospettiva letteraria al fine di
comprendere ed affrontare meglio il diritto e la sua interpretazione

Le law schools e la professione legale

La law school, dove emerge e si afferma l’originale pensiero giuridico americano, rappresenta il luogo
in cui ci si prepara all’esercizio della professione legale, che negli Stati Uniti ha carattere unitario
(diversamente dal diritto inglese, in cui ci sono i barristers e i solicitors). Per diventare lawyer, è
necessario: 1. un diploma conseguito nelle law schools accreditate dall’American Bar Association
del 1875, nelle quali si può essere ammessi solo dopo aver superato un esame su scala nazionale. 2.
per ottenere il titolo di attorney at law bisogna superare un esame (bar exam) che verte in gran parte
sui principi generali del diritto americano. Negli enormi studi legali lavorano centinaia di avvocati e
l’esercizio associato della professione è una peculiarità del sistema americano.

Il Restatement e l'idea di codificazione

Tra i fattori unificanti del diritto americano vi è il Restatement, prodotto della dottrina il cui fine
è dare ordine a una giurisprudenza frammentaria e complessa. Tale proposito unificante porta nel
1923 all’istituzione dell’American Law Institute (ALI) che riunisce un gruppo di giudici, avvocati
e professori con lo scopo di promuovere la semplificazione del diritto, incoraggiandone l’approccio
scientifico. Compito dell’ALI consiste nell’esporre il diritto in modo chiaro e ordinato. Talvolta se le
regole dei vari stati divergono, viene scelta la soluzione che appare migliore, in modo che tutti i campi
del diritto americano sino rielaborati nei volumi dei restatements. I restatements, per la costruzione
sistematica e la redazione astratta delle regole, ricordano i codici continentali, costituendo il solo
surrogato possibile della codificazione americana (unofficial codification).

• L’idea di codificazione si collega anche al nome di Davis Dudley Field, avvocato americano
che predispone due diversi progetti di codificazione: un progetto di codice di procedura civile,
che unifica le giurisdizioni di common law ed equity e che viene preso a modello da numerosi
stati; un progetto di codice civile, che riscuote minor successo e che trova opposizione da
parte della professione forense e della magistratura affermata. Da tenere presente che il codice
non gode della centralità tipica dei paesi dell’Europa continentale: si pone, infatti, come una
legge ordinaria che deve fare i conti con la common law.

Lo Uniform Commercial Code

Il bisogno di una disciplina giuridica omogenea porta all’istituzione nel 1892 della National
Conference of Commissioners on Uniform State Laws con il compito di formulare, per alcune
materie, leggi unificanti per presentarle agli organi legislativi dei singoli stati per essere promulgate.
Tali lavori hanno contribuito ad incentivare l’unificazione giuridica tra gli stati americani,
83

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

principalmente nel campo del diritto commerciale. Il risultato più importante della Conferenza è lo
Uniform Commercial Code (UCC) adottato da metà anni ’50 che, nonostante l’ampio titolo,
disciplina solo il diritto dei contratti commerciali, presentando struttura, sistematica e contenuto tipici
di un codice. E’ importante anche il ruolo che riveste in considerazione dei canoni ermeneutici che
impone. Grazie all’interpretazione estensiva del testo, alla presenza di leggi uniformi e alla presenza
dello UCC, negli Stati Uniti ci sono le stesse regole: vendita, questioni di cambiali, assegni ecc

Altre osservazioni in tema di fonti del diritto

La regola stare decisis

Negli USA la regola stare decisis ha un'efficacia meno rigida rispetto all'Inghilterra. Negli USA
infatti le decisioni delle corti superiori vincolano senz'altro le corti inferiori appartenenti alla stessa
giurisdizione, e quindi non si rileva alcuna differenza. Le differenze sussistono invece in
considerazione della portata orizzontale del precedente.

Innanzitutto, la Corte suprema federale, diversamente dalla HoL, non si è mai sentita legata alle
proprie decisioni (v. sentenze sopra citate). La più alta istanza federale, dovendo interpretare una
costituzione scritta, rigida, ha sviluppato un approccio ermeneutico di tipo teleologico, adeguando
la lettera della carta allo spirito dei tempi. L'atteggiarsi flessibile del principio del precedente
vincolante è dovuto anche al fatto che il procedimento per emendare la costituzione è altamente
complesso. In secondo luogo, rileva la struttura federale dell'ordinamento e la sua pluralità di
giurisdizioni. Le corti federali di pari grado non sono tra loro vincolate così come non lo sono tra
loro le corti supreme statali; ciò non toglie però che tali sentenze possano avere una grande efficacia
persuasiva. La minor forza della regola stare decisis non attiene tuttavia solo al suo affievolito
funzionamento a livello orizzontale. Vi sono altri fattori: le corti americane hanno sviluppato tecniche
nuove, quali il

• prospective overruling, ove il cambiamento di giurisprudenza opera solo per il futuro, e l'
• anticipatory overruling, ove un giudice inferiore disattende il precedente vincolante di un
giudice sovraordinato nella convinzione che questo è comunque sul punto di mutare
giurisprudenza.

Insomma, il giudice americano dispone di numerose tecniche per superare un precedente sgradito e
obsoleto. Il numero delle sentenze è molto elevato e sono pubblicate per intero. Mentre in
Inghilterra la repertoriazione di poche sentenze ha prodotto un irrigidimento della regola dello stare
decisis, negli Stati Uniti la repertoriazione sistematica di moltissime sentenze ha prodotto l’effetto
opposto. La differenza tra i sistemi americano e inglese risiede in alcuni fattori istituzionali
(costituzione scritta e rigida, pluralità di giurisdizioni, reports omnicomprensivi) e culturali (sviluppo
dello studio dottrinale del diritto nelle law schools) che rendono più agevole per il giudice successivo
esercitare il controllo critico sul precedente da applicare.

Gli statutes

84

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

La common law è entrata nell’età degli statutes, e ciò è soprattutto vero con riferimento agli Stati
Uniti ove, tra l’altro, sono presenti sia leggi locali che leggi federali: è quindi più difficile che in
Inghilterra considerare la legge un semplice accessorio rispetto alla giurisprudenza. L’importanza
della legge nel sistema delle fonti dell’ordinamento americano è sottolineata anche dalla presenza di
una costituzione che ha familiarizzato il giurista con le disposizioni scritte di portata generale,
facendo in modo che vi si ponesse in modo meno rigido dei colleghi inglesi. Un altro elemento
importante sta nel fatto che, mentre il giurista inglese è guidato dalle singole parole della norma,
quello americano tende a cercare la policy ad essa sottesa , potendo contare sui lavori parlamentari
e su tutti i documenti che possono aiutarlo a trovarne lo spirito. Inoltre il giudice americano possiede
il judicial review of legislation, e il sistema americano è più continentale di quello inglese, grazie agli
statutes dotati di livello semantico di più ampio respiro di quelli inglesi. Infine negli Stati Uniti
esistono esempi di codificazione sconosciuti in Inghilterra , tra cui l’UCC, capaci di armonizzarsi
con il corpus della common law.

Capitolo IV

LA TRADIZIONE GIURIDICA DEI PAESI NORDICI

Premessa

La contrapposizione civil law/common law non risolve ogni problema. Un caso problematico è
costituito dall'insieme degli ordinamenti “scandinavi” o “nordici”, ossia di Svezia, Finlandia,
Danimarca (con due territori autonomi, Groenlandia e Fær Øer), Norvegia e Islanda, che hanno
avuto fino ad oggi, nelle classificazioni manualistiche, un variabile destino: famiglia autonoma o
assorbita all’interno della famiglia romano-germanica. L’osservazione del Nord Europa è istruttiva,
mostrandoci come sia possibile l’affermazione di un positivismo legislativo molto marcato pur in
assenza di codificazioni nel senso proprio dell’esperienza continentale. Occorre guardare indietro,
vista l’elevata continuità storica della tradizione nordica (simile in questo al diritto inglese)

La suddivisione interna della famiglia nordica e la lingua come elemento unificante

Si può suddividere la “famiglia” nordica in due sottoinsiemi, ognuno con un ordinamento trainante:

• Tradizione nordica “orientale”, con la Svezia come modello storico per la Finlandia;

• Tradizione nordica “occidentale”, con la Danimarca come modello per Norvegia e Islanda.

Il rapporto più stretto è quello fra Svezia e Finlandia. Sino al 1809 infatti un “diritto finlandese”
non esisteva e i territori dell'attuale Finlandia erano una provincia del Regno di Svezia. Per molto
tempo, anche quando il territorio finlandese passa sotto il controllo russo, l'ordinamento finlandese
costituisce un'isola di diritto svedese “congelato” all’interno dell’impero russo, e anche una volta
raggiunta l'indipendenza nel 1917, il diritto svedese è rimasto il punto di riferimento per i giuristi
finlandesi.

85

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Altrettanto risalenti sono le vicende storiche alla base della centralità del diritto danese rispetto a
Norvegia ed Islanda. La Norvegia sarà sottoposta alla corona danese sino al 1814; dopo il trattato
di Kile, la Norvegia è legata alla Svezia in un’unione personale, in cui il re di Svezia è anche
sovrano di Norvegia, mentre quest’ultima manteneva le istituzioni autonome (parlamento, corti
governo). L’unione si scioglierà definitivamente nel 190 e la modalità di questa unione, con
ordinamenti separati, non comporta alcun avvicinamento di una tradizione giuridica all’altra.

Nel caso dell’Islanda, la sovranità danese ha avuto termine solo nel 1944 e il riferimento al modello
danese è rimasto basilare.

Da ricordare le Fær Øer e la Groenlandia, appartenente alla Danimarca ma con autonomia che ha
cercato di far coesistere diritto nordico e diritto tradizionale delle popolazioni autoctone. Importante
il fattore linguistico: ogni paese ha una sua lingua nazionale, ma tale pluralismo non ostacola la
circolazione di idee e alla comunicazione tra giuristi. Le lingue danese, norvegese e svedese sono
intercomunicanti, mentre l’islandese è una forma arcaica delle lingue nordiche, il finnico fa parte del
gruppo linguistico ugrofinnico. Islanda e Finlandia comunicano con gli altri paesi grazie alla
conoscenza di danese e svedese.

La precoce affermazione delle fonti legislative e la loro evoluzione

Con la common law, la tradizione giuridica dei Paesi nordici condivide senza dubbio l'alto grado di
continuità storica degli ordinamenti che lo esprimono. La tradizione nordica è l'esito di un processo
evolutivo che prende le mosse dall'unificazione dei regni scandinavi (XI secolo) senza che
successivamente siano intervenuti stravolgimenti rivoluzionari.

Diversamente dalla common law, nel caso del Nord Europa il cemento culturale della tradizione
giuridica non è stato fornito dalla giurisprudenza di grandi corti centrali, ma da una precoce
affermazione di fonti che hanno carattere prevalentemente legislativo.

I testi normativi più antichi giunti fino a noi risalgono al XIII secolo e sono costituiti dalle cosiddette
“leggi provinciali”, adottate ognuna in una regione dei regni nordici. Importanti la Gulatingslag
applicata nella costa sudoccidentale della Norvegia, la Skanelag, in Scania, e i vari testi svedesi
suddivisi nei gruppi delle Gotalagar (leggi dei Goti) e delle Svealagar (leggi degli Sveani). Hanno
natura piuttosto varia: in alcuni casi sono compilazioni non ufficiali del diritto vigente, in altri sono
testi autoritativi assimilabili agli atti legislativi.

Accanto alla “legislazione provinciale” esistevano testi normativi (“leggi cittadine”) adottati dalle
città, in particolare quelle costiere, importanti centri commerciali con giurisdizione autonoma. Più
nota la Visby stadslag in vigore a Visby, pervenuta in lingua tedesca. Nelle leggi provinciali gli storici
tedeschi del XIX sec vedevano la cristallizzazione di antiche consuetudini germaniche.

In epoca antica sono apparsi anche materiali giuridici redatti nelle lingue nazionali e non in latino
o in lingua colta, che esprimono una cultura giuridica autoctona. Passo importante è costituito dalla
redazione di testi normativi unificati per ogni regno nordico. In Danimarca il primo testo adottato
fu il Jydske Loy nel 1241; in Norvegia il landslag e lo stadslag nel 1274; in Svezia lo allman landslag
e lo allman stadslag nel 1350.

86

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

L’unificazione non è totale, perché si mantiene una normativa distinta per città e campagne,
bipartizione eliminata nel sei-settecento. L’unificazione non fu comunque immediata: in particolare,
in Svezia i nuovi testi per molto tempo hanno convissuto con le leggi provinciali. Riguardo il caso
svedese non si sa nulla dell’adozione dell’allman landslag: solo nel 1442 viene ufficialmente
promulgata una nuova versione della legge generale per le campagne.

Sino ai sec. XVII-XVIII i testi citati non subirono modifiche. L’attaccamento alle radici è mostrato
dal fatto che in Svezia, nel 1608, Carlo IX autorizzò le corti ad usare come fonti sussidiarie le
antiche leggi provinciali.

In tutto il nord Europa, verso metà XVII si sente la necessità di testi più moderni, su impulso del
pensiero giusnaturalista e razionalista e per le necessità legate all’amministrazione dei territori
occupati con le campagne militari.

I danesi furono i primi a revisionare i testi con la promulgazione da parte di Cristiano V nel
1683 del Danske Lov promulgato simile anche per la Norvegia (Norske Lov) nel 1687. Non si sa
se si tratta di una compilazione (riordinamento di norme più vigenti) o di una codificazione. Non
rappresenta comunque un punto di rottura o di svolta radicale nell’evoluzione dell’ordinamento.

Lo stesso vale per il testo che sarà promulgato in Svezia (Sverige Rikes lag, legge del regno di
Svezia) nel 1734, che diventerà diritto vigente anche in Finlandia. Il Rikes lag è un testo atipico per
le sue radici medievali riflesse nella sistematica, che riprende quella dei due corpi legislativi
previgenti. Poneva fine alla bipartizione diritto rurale/diritto cittadino ma venivano mantenute corti
distinti. Era diviso in nove parti autonome: matrimonio, successioni, terra, costruzioni, commercio,
reati, pene, esecuzione, processo. Si dà preferenza alle soluzioni della legislazione cittadina per le
materie di commercio e a quelle della legislazione rurale per il regime della proprietà immobiliare.
Si tratta di un'opera a carattere nettamente casistico, che privilegia la concretezza nella descrizione
dei fatti a cui collegare effetti giuridici e l'incisività delle statuizioni attraverso l'uso di frasi concise,
spesso lapidarie. La lingua è arcaica, e le disposizioni tendono a non lasciare dubbi circa le
conseguenze giuridiche derivanti dalle fattispecie descritte. Al di fuori della casistica l'interprete è
lasciato all'oscuro, non soccorrendo clausole generali, e presupponendo lo svolgimento da parte
del giudice di un'attività integrativa secondo coscienza e sapienza.
Tali codici ottennero un grande prestigio, tuttavia, l'estrema corrispondenza alla realtà di un'epoca e
la scarsità di clausole generali non li rendevano di facile adattabilità al mutare delle condizioni.

La codificazione mancata in Svezia

Dopo il disastro del 1809, si avvia una breve stagione in cui appare possibile un radicale
rinnovamento del paese. In un contesto in cui i riferimenti culturali erano francesizzanti, si pensa di
adottare un testo del tutto nuovo, ma poi si decide di procedere ad una mera distinzione,
semplificazione e miglioramento della legislazione, senza l’adozione in toto di modelli codicistici
continentali. Si giunge quindi nel 1811 alla creazione di una Commissione per la riforma legislativa.
Nel 1826 è presentata una Proposta di legge civile generale, che tuttavia si concretizza in proposte
di difficile digeribilità politica per i conservatori, come la parità tra uomini e donne e la libertà
di alienazione dei terreni. Una volta presentata, la proposta viene inviata, secondo la procedura
dell’epoca, alla Corte suprema per un parere preventivo. Il parere sarà totalmente negativo: la
Proposta di legge civile generale venne considerata come eccessivamente aderente a modelli di

87

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

oltre frontiera ed eccessivamente innovativa, con argomentazioni tratte di peso


dall’armamentario della Scuola storica. Il parere della Corte suprema imporrà una battuta
d’arresto all’opera di riforma.

L'avvio della cooperazione legislativa nordica

Sino alla metà del XIX secolo le riforme legislative erano andate procedendo nei Paesi nordici in
modo reciprocamente autonomo e fino all’800 non si può dare per scontato il concetto di
tradizione giuridica nordica.

La prima fase della cooperazione legislativa si ha con l'avvio nel 1872 degli “Incontri nordici
dei giuristi”: saranno il diritto civile e il diritto commerciale ad essere toccati in modo più incisivo
dalla cooperazione messa in moto dagli incontri. La collaborazione fu piuttosto intensa, ma senza la
creazione di alcuna struttura ad hoc, né la formalizzazione di vincoli giuridici in trattati
internazionali.

Alla legge sulla cambiale del 1880 seguirono altre leggi “armonizzate”, tra cui quelle sull’assegno,
il tema di diritto d’autore, di brevetto, di prescrizione. Importante la promulgazione tra il 1905 e il
1907 in Svezia, Danimarca e Norvegia delle leggi in tema di compravendita di beni mobili e quelle
sulla vendita rateale, ma soprattutto sul contratto e gli altri negozi giuridici nell’ambito
patrimoniale promulgate qualche anno dopo.

Tali leggi portano alla modernizzazione del diritto civile nordico ma senza la scomparsa delle
peculiarità della tradizione dell’area. Da considerare due aspetti di queste leggi: - erano esterne al
corpus dei testi sei-settecenteschi; - nessuna di esse rappresentava un’abdicazione a modelli giuridici
extra nordici, anche se si nota l’influsso della dottrina tedesca e del Code de commerce francese,
materiale straniero peraltro filtrato e riordinato secondo un approccio pragmatico, alieno dai
formalismi più estremi della dogmatica, esaltato dal successo del realismo giuridico scandinavo.

Dopo la I guerra mondiale la cooperazione legislativa si estende al settore del diritto societario, i
contratti di assicurazione, a parti importanti del diritto di famiglia.

Nella seconda fase della cooperazione legislativa si ha la partecipazione diretta della Finlandia,
prima sottomessa all’impero zarista. Per superare l’arretratezza dell’ordinamento finlandese furono
emanate leggi ispirate al modello nordico.

La cooperazione legislativa nordica, dopo la II guerra mondiale, mette mano ad aree non ancora
toccate dalla modernizzazione come ad es. la responsabilità civile extracontrattuale. I paesi nordici
nel secondo dopoguerra non hanno ancora una chiara definizione del diritto comune della
responsabilità civile. Unica base legislativa era contenuta nel sesto capitolo della legge penale
del 1864 e riguardava i danni conseguenti a reati. A causa delle scarse indicazioni legislative, i
diritti nordici erano caotici, con aree di incertezza sul contenuto del diritto vigente. Per giungere ad
un’armonizzazione del diritto nordico bisognava risolvere le diversità tra diritto svedese/finlandese e
danese/norvegese sulla responsabilità pubblica, e alcune posizioni riguardanti il quantum del
risarcimento. Lo si fece con il coordinamento del lavoro preparatorio, con la nomina di
commissioni parallele nei vari paesi nordici composte da esperti per valutare le differenti alternative
e redigere rapporti e proposte. Nel caso specifico della responsabilità civile il lavoro di commissioni
88

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

ebbe lunga durata: in Svezia la legge sulla responsabilità civile ancora vigente fu promulgata solo nel
1972.

L’ultima fase dell’evoluzione legislativa parte dagli anni ’70 ed è legata alla realizzazione del
particolare modello di welfare state che ha reso gli ordinamenti nordici un laboratorio sociale
dell’Europa. Notevoli le innovazioni in materia di protezione del consumatore, assistenza legale
ai non abbienti, unioni di fatto, tutela dei lavoratori.

Le peculiarità nordiche nella struttura e nei caratteri della legislazione

Lo stile delle leggi

Le riforme degli anni '70 hanno definitivamente confermato la centralità della legislazione nello
scenario culturale degli ordinamenti nordici. Se questo li avvicina più alla tradizione di civil law che
a quella di common law, non vanno sottovalutate le peculiarità che il materiale legislativo nordico
mantiene rispetto a quello con cui sono abituati a confrontarsi i giuristi, francesi, tedeschi o
italiani. La struttura dei “codici” scandinavi è molto differente da quella delle più famose
codificazioni europee ottocentesche. La ripartizione in balkar del Rikes lag svedese è poco familiare
a chi proviene dalla tradizione franco-tedesca. Es. manca una definizione del diritto di proprietà.
Nonostante il Rikes lag, il Danske lov e il Norske lov non siano mai stati abrogati, è rimasto in vigore
ben poco del testo originale e di questo poco gran parte ha un’importanza ridotta.

La legislazione recente dei Paesi nordici è normalmente una legislazione di elevata qualità
linguistica, con frequente uso di clausole generali o richiami a criteri di valutazione abbastanza
indefiniti (come la “ragionevolezza”). Spesso la norma sembra tendere a una struttura del tipo:
“dal fatto x discende la conseguenza giuridica y, salvo particolari ragioni che non depongano
altrimenti”. Tuttavia, i riferimenti alla ragionevolezza e le possibilità di derogare allo schema tipico
di una norma quando elementi di rilievo depongano in tal senso non vanno interpretati
automaticamente come attribuzioni di discrezionalità al giudice.

Il peso dei lavori preparatori nel sistema delle fonti

Si tende a considerare i lavori preparatori come una fonte del diritto pari ordinata alla legge. Chi ha
lavorato sul diritto nordico, in particolare svedese/finlandese, è colpito dalla frequenza di riferimenti
giurisprudenziali ai lavori preparatori. In Svezia il giurista si accorge dell’importanza dei lavori
preparatori come fonte del diritto, perché nelle biblioteche giuridiche, accanto alle sentenze della
corte suprema con il titolo “Nuovo archivio giuridico”, è affiancata la collezione “Nuovo archivio
giuridico II” che raccoglie i lavori preparatori delle leggi emanante ogni anno. I lavori preparatori
hanno avuto importanza nella gerarchia delle fonti e nella tecnica di interpretazione, in particolare in
Svezia e Finlandia, al contrario del diritto inglese restrittivo nell’ammettere riferimenti alla legislative
history. I lavori preparatori hanno iniziato ad occupare una posizione alta nella gerarchia delle fonti
a fine XIX sec. a seguito dell’affermazione dei generi letterari che consentivano la conoscibilità dei
materiali normativi. La loro importanza si accresce con l’elaborazione delle grandi leggi civilistiche
da fine XIX in poi, con la produzione di commentari. Il peso attribuito ai lavori preparatori è un
tipico dato “occulto, “implicito”, “sistemologico” su cui i giuristi dell'area non ritenevano di doversi
soffermare più di tanto: nelle descrizioni dottrinali della gerarchia delle fonti, non se ne è mai
affermata la vincolatività giuridica per il giudice. Il manuale più diffuso di metodo giuridico pratico,
su cui si formano i giovani giuristi svedesi, riporta che “una corte non deve esitare a distaccarsi dalla
89

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

soluzione proposta dai lavori preparatori se ritiene migliore un’altra soluzione”. Nel manuale però si
dice anche che la consuetudine giuridica delle corti svedesi denota una vincolatività del c.d. motiv,
tanto che la Corte suprema in alcuni casi ha applicato un enunciato dei lavori preparatori in contrasto
con il testo della legge.

La forza dei lavori preparatori come fonte occulta: le ricadute sulla tecnica legislativa

C’è un legame tra la forza dei lavori preparatori nel sistema delle fonti e la tecnica legislativa
descritta. Al di fuori dei casi più problematici, rari, come il conflitto tra motiv e testo della legge,
negli anni ’70 i redattori di testi legislativi erano sicuri della fedeltà delle corti alle indicazioni
contenuti nei lavori preparatori. Si aveva così un doppio livello legislativo, potendo inserire una
norma di dettaglio nel testo o nei lavori preparatori senza diminuirne l’effettività. La flessibilità
offerta da tale possibilità di modulazione è stata ampiamente utilizzata. Spesso tale approccio è
spiegato nella relazione governativa d’accompagnamento (es. nella legge sulla responsabilità civile
svedese si afferma la necessità di attribuite ai lavori preparatori particolare peso). La scelta tecnica
consisteva nel lasciare al testo la formulazione dei principi di fondo, mentre i lavori preparatori
si occupavano della regolamentazione più puntuale, con riferimenti alla ragionevolezza per
invitare alla lettura della relazione d’accompagnamento. Le clausole di ragionevolezza possono
essere ingannevoli per l’osservatore straniero, infatti la disposizione che attribuisce discrezionalità
all’interprete è suscettibile di diventare norma casistica al momento della lettura dei lavori
preparatori. Per lungo tempo considerare i lavori preparatori come fonti legislative era una prassi di
lavoro seguita ma non razionalizzata. Andava inquadrata in uno scenario differente da quello di molti
ordinamenti di civil law. Da considerare le dimensioni delle società nordiche piccole come numero
di abitanti e quindi come dimensioni del numero di giuristi. In Svezia ci sono solo tre facoltà di
giurisprudenza, quindi la expertise giuridica in una particolare area è molto concentrata e ciò
interagisce con le forme del processo legislativo. Secondo la tradizione nordica c’è la preventiva
nomina di commissioni governative formate da giuristi qualificati a composizione tecnico giuridica
che stendono un progetto di legge accompagnato da una relazione dove si esamina lo stato del diritto
vigente e i motivi alla base della proposta. Tali relazioni esaurienti restano punti di riferimento del
dibattito giuridico. Il rapporto della commissione preparatoria viene sottoposto per un parere alla
facoltà di giurisprudenza, alle corti superiori, a sindacati e associazioni, pareri dei quali si tiene conto
nel disegno di legge governativo. Le statuizioni della relazione di accompagnamento al disegno
di legge provvisorio, sono investite di doppia legittimità: - democratica, perché sottoposte al
parlamento; - culturale, perché redatte con assistenza tecnica qualificata. Dal punto di vista
professionale, inoltre, l’attività di membro o segretario di una commissione governativa è un bel
trampolino di carriera. Tale tecnica di lavoro e la ristrettezza della comunità di giuristi porta ogni
tanto a giochi di specchi. In alcuni casi si trovano ambiti dove l’unico commentario legislativo usa
come fonti il rapporto della commissione preparatoria scritto, in altri la stessa persona che sarà giudice
della corte suprema, redige le decisioni chiave riferendosi ai lavori preparatori. La forza dei lavori
preparatori come fonte del diritto inizia ad entrare in crisi (anche in Svezia, dove è semre stata
più marcata, a causa della scena politica più instabile delle socialdemocrazie, che ha condotto a
discutere quale sia la legittimazione democratica di una norma non contenuta nel testo. La riflessione
sulle particolarità della tradizione nazionale è stata in Svezia e Finlandia indotta al momento
dell’accesso nell’Unione europea nel 1995. I due stati hanno dovuto recepire in breve tempo tutto il
corpo delle leggi comunitarie, modificando molto le norme legislative e regolamentari, con problemi
di traduzione. La preoccupazione più importante è stata la mancanza nel diritto comunitario di lavori
preparatori simili a quelli nordici.
90

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

La costituzione nel sistema delle fonti del diritto: prospettive di cambiamento

Un ulteriore potenziale fattore di cambiamento della tradizione nordica è l’aumentata importanza


del controllo giudiziario di costituzionalità.

Le costituzioni dei paesi nordici sono rigide, ma il controllo giudiziario sull’attività del legislatore è
stato poco incisivo.

In SVEZIA il controllo è stato introdotto nel 1979 con la legge sulla forma di governo: se una corte
rileva che una norma è in conflitto con una disposizione della costituzione o di altra legge, può essere
disapplicata; Fino al 2011, se la norma proveniva dal governo o dal parlamento, poteva essere
disapplicata solo se il vizio era evidente.

I giudici svedesi si sono sempre mostrati molto cauti e solo in pochissimi casi di sono pronunciati
per l’incostituzionalità. Il prudente atteggiamento è dovuto all’assetto istituzionale che assegna al
parlamento un ruolo di preminenza, e alla mentalità burocratica dei giudici che si sentono esecutori
della volontà del legislatore.

Nel 2011 è entrata in vigore una legge costituzionale con lo scopo di rafforzare il ruolo del giudice,
eliminando il requisito della manifesta contrarietà della norma di legge al grundlag,
sostituendolo con l’obbligo di tenere in considerazione che il parlamento è il supremo rappresentante
del popolo e che la costituzione prevale sulla legge ordinaria. La riforma traccia una chiara linea di
demarcazione tra l’attività dell’esecutivo e quella delle corti, sottolineando l’indipendenza di
quest’ultime (la pubblica amministrazione continua comunque a godere del potere di controllo di
costituzionalità delle leggi e dei regolamenti; gli ambiti sono però separati). Inoltre, la riforma ha
rafforzato i poteri del Consiglio per la legge (Lagrad), il quale opera un controllo preventivo sui
progetti di legge e il cui parere è divenuto obbligatorio per alcune materie.

La FINLANDIA condivide il cauto atteggiamento svedese ma il controllo di legittimità


costituzionale, fino al 2000, non era affidato alle corti ma ad una commissione parlamentare, la
Commissione costituzionale, che lo esercitava in via preventiva ed astratta. Nel 2000, con una
riforma della costituzione, le corti hanno acquisito il potere di disapplicare le leggi
manifestamente incostituzionali, ma tale potere delle corti non si è sostituito a quello della
Commissione. Il controllo di costituzionalità finlandese avviene quindi su un doppio binario:
verifica preventiva ed astratta della commissione costituzionale e verifica concreta e diffusa da parte
delle corti. La commissione ha mantenuto la sua autorità e gode del rispetto dei giuristi grazie alla
sua imparzialità politica. Pertanto il vero cuore del controllo di costituzionalità continua ad essere
la verifica preventiva ed astratta della Commissione.

Tale controllo di costituzionalità è funzionale alle leggi di eccezione, le quali sono approvate con il
procedimento delle riforme costituzionali e sono capaci di derogare alla costituzione, ma hanno rango
di legge ordinaria. Esse sono state usate soprattutto per attuare politiche economiche (riforma
fondiaria per limitare importazione o esportazione di merci) in contrasto con la tutela della proprietà.
la riforma del 2000 ha posto limiti al loro impiego.

In NORVEGIA e DANIMARCA le corti hanno il potere di disapplicare una norma di legge in


contrasto con la costituzione. Tale potere è incontestato, ma non deriva dalla costituzione.
91

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

In NORVEGIA tale potere deriva da due pronunce della corte suprema del 1854 e 1866 che
costituiscono il primo esempio europeo di judicial review. Il controllo di costituzionalità si fermò tra
gli anni ‘30 e ’70, poi con una sentenza nel 1976 la corte suprema riaffermò il potere delle corti di
disapplicare le leggi, il modello norvegese è simile a quello americano ma con differenze: i giudici
non occupano una posizione importante e riconoscono al potere legislativo un ruolo di supremazia;
inoltre le corti norvegesi sono restie a disapplicare le leggi del parlamento.

Anche in DANIMARCA è stata la giurisprudenza ad attribuire alle corti il controllo di


costituzionalità delle leggi, ma, diversamente dalla Norvegia, dove è stato applicato , qui il potere di
judicial review sembra rimanere un potere “immanente”, un’affermazione di principio, anche se
recentemente è in aumento l’attivismo delle corti danesi.

La tutela dei diritti fondamentali

Le costituzioni scandinave dedicano poco spazio alla tutela dei diritti fondamentali, forniscono solo
garanzie in materia di proprietà, libertà di pensiero, diritti politici. La costituzione, nella tradizione
nordica è strumento di organizzazione del potere politico più che di difesa delle libertà
individuali, alle quali pensano i trattati internazionali come CEDU (Convenzione europea per
salvaguardare i diritti dell’uomo).

In SVEZIA tale convenzione, incorporata nell’ordinamento, è diventata legge ordinaria. Per evitare
conflitti con leggi successive, una disposizione costituzionale, introdotta dalla Legge sulla forma di
governo, vieta l’emanazione di leggi o regolamenti in contrasto con la CEDU, perché sarebbero
in contrasto anche con la costituzione. Tra i diritti fondamentali contenuti nei documenti
costituzionali, troviamo uguaglianza e libertà degli individui, loro benessere, tutela delle minoranze.

In DANIMARCA l’approccio dualistico che nega l’applicabilità diretta della CEDU, sostenuto sia
dalla dottrina che dalla giurisprudenza, ha trovato oppositori tra i giuristi accademici fautori di un
approccio più aperto verso i principi di diritto internazionale. Il legislatore ha scelto di non
disciplinare il conflitto tra Convenzione e leggi nazionali, quindi la legge di incorporazione può
essere derogata da un atto successivo del legislatore. Per risolvere il problema le corti ricorrono a
2 strumenti:

- regola di interpretazione conforme: la legge nazionale, in caso di dubbio, deve essere interpretata
in modo da non violare le norme di diritto internazionale, comprese quelle in materia di diritti umani;
- regola di presunzione: i giudici dovranno presumere che il parlamento non abbia inteso violare il
diritto internazionale. Tale regola è applicabile solo se la legge nazionale è successiva al trattato
internazionale, ma non potrà essere applicata in modo da svuotare di sostanza il diritto nazionale o se
c’è la volontà espressa del parlamento di violare il trattato.

Anche in NORVEGIA è applicata la regola di presunzione, ma qui la legge di incorporazione della


CEDU (1999) prevede che in caso di conflitto tra legislazione nazionale e Convenzione, prevale
la Convenzione. Essendo ancorato ad una norma (legge di incorporazione) non di rango
costituzionale, il rispetto della CEDU è più debole rispetto a quello attuato in Svezia. In compenso,
nel 2014, il legislatore norvegese ha dedicato ai diritti fondamentali un’apposita sezione del testo
costituzionale, mentre prima erano relegati tra le disposizioni generali

92

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

La FINLANDIA ha aderito alla CEDU solo nel 1990. Anche qui, gli eventuali conflitti vengono
risolti con gli strumenti ermeneutici danesi. La convenzione è punto di riferimento importante. I
trattati internazionali rivestono ruolo centrale per la protezione dei diritti fondamentali ma non vanno
trascurate le disposizioni costituzionali: nel 1995 la Finlandia, per adeguarsi alla CEDU, ha potenziato
la tutela costituzionale dei diritti fondamentali, ha esteso la tutela a tutta la popolazione finlandese
(anche stranieri), ha aggiunto il divieto di discriminare in base a età, sesso, appartenenza etnica.

In ISLANDA inizialmente le corti erano fedeli al carattere dualistico dell’ordinamento, poi c’è stato
cambiamento con la sentenza della Corte Suprema n. 2 del 1990. Il ricorrente lamentava la
violazione dell’art. 6 della CEDU, poiché il presidente della corte che lo aveva condannato era anche
il superiore gerarchico degli agenti che avevano indagato e non poteva essere imparziale come
previsto dalla norma. La corte ha deciso in favore del ricorrente affermando che la sovrapposizione
delle funzioni investigative e giudiziarie non garantisce imparzialità. La giurisprudenza tende quindi
a riconoscere una notevole autorità ai trattati in materia di diritti umani e alla CEDU, tanto che il
diritto nazionale dovrà essere interpretato in modo da non violare la Convenzione. Si può quindi dire
che in Islanda sono stati introdotti gli stessi canoni ermeneutici usati in Danimarca, Norvegia e
Finlandia.

Corti, giudici e processo

Il riconoscimento di una certa marginalità della giurisprudenza non deve estendersi ad


affermare una generica marginalità dei giudici.

Common law e tradizione nordica hanno in comune l’elevata continuità storica ma si distinguono per
i diversi tempi di sviluppo delle fonti del diritto. Mentre in Scandinavia si redigevano i primi corpi
legislativi, in Inghilterra le corti centrali si affermavano nella soluzione di controversie.

Nel Nord Europa un’istituzione non meramente transeunte di corti centrali avviene sono nel
1614 con l’istituzione della Corte d’Appello di Stoccolma, e nel 1661 della corte suprema in
Danimarca. Il sistema giuridico basava la sua forza sul forte radicamento locale del sistema
giudiziario. Nelle zone rurali le corti di prima istanza erano composte da un giudice e 12 contadini.
Il prestigio di tali corti non derivava dalla loro componente togata poiché era di basso livello.
Anche nel XX sec., quando migliora il livello culturale dei magistrati locali, manca un diritto colto.
L’istituzione delle corti centrali ha rappresentato uno stimolo all’elaborazione di un pensiero
giuridico raffinato e alla penetrazione del diritto romano. Esistevano però ostacoli, come
l’assenza di un sistema di pubblicazione o conoscibilità dei precedenti. La raccolta delle decisioni
della Corte suprema svedese inizia solo nel 1874, ma nonostante ciò per molto tempo le corti erano
attente al caso concreto, non ad orientare la giurisprudenza delle corti inferiori. Affermare la
necessità di una giurisprudenza coerente come integrazione delle prescrizioni legislative ha
incontrato resistenza anche da parte della dottrina: il giurista Calonius nel 18°-19° sec. riteneva
il lavoro di raccolta dei precedenti come miglior modo per garantire incertezza e oscurità al diritto; il
giurista dell’800 Orsted invece si pronunciò a favore. Pian piano la giurisprudenza ha assunto un
ruolo sempre più significativo e nel secondo dopoguerra è passata da uno stile criptico ad uno libero
dove i giudici argomentavano di politica del diritto, citavano precedenti. Tutte le corti supreme
nordiche ammettono la presenza di opinioni dissenzienti e anche di quelle che negli USA sarebbero
definite concorrenti. Come negli ordinamenti di common law e civil law, la progressiva affermazione
della giurisprudenza si è riflessa anche nello sviluppo di sistemi di selezione dei casi da decidere
93

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

da parte delle Corti supreme che dispongono di discrezionalità nello stabilire su quali casi
pronunciarsi. Come negli Usa, anche negli ordinamenti nordici le decisioni di non ammissibilità non
sono motivate e solo pochi ricorsi sono ammessi al giudizio c/o l’organo di vertice.

In importanti settori del diritto c’è scarsità di giurisprudenza. I ricorsi non sono uniformemente
ripartiti tra le varie branche del diritto: scarsi quelli riguardanti contratti e responsabilità civile a causa
della concorrenza di altri sistemi di dispute resolution. Molte sono le alternative al processo ordinario:
vi sono giurisdizioni statali speciali e molti organi privati che si occupano di controversie assicurative
o relative a contratti di consumo, e grazie a tali organi le corti supreme si pronunciano raramente su
questi problemi. In Svezia con interventi legislativi si è cercato di rendere il processo ordinario
competitivo.

Il modello processuale attualmente usato è caratterizzato da oralità, concentrazione e


immediatezza. Dopo le ultime riforme è diminuita l’importanza della componente laica degli organi
giurisdizionali ordinari. La recente riforma norvegese ha sostituito la legge sul processo civile del
1915 con una legge del 2008 che prende ad esempio il modello inglese. Caratteristica della nuova
legge è trovare un equilibrio tra risorse pubbliche e private investite nel processo e la rilevanza di
ogni controversia. Qui il giudice deve indirizzare le controversie su due diversi binari: quello
ordinario e quello per le controversie di scarso valore (che richiamano i tre binari delle CPR inglesi).

Il reclutamento dei giudici è affidato alle corti secondo l’esito del tirocinio: si valutano le
conoscenze teoriche e l’abilità professionale.

L’avvocatura invece si è sviluppata tardi, assumendo solo recentemente prestigio. In Svezia e


Finlandia ancora oggi la parte può stare in giudizio in ogni grado di giurisdizione senza assistenza di
difensore né l'esercizio dell'attività difensiva è monopolio dei giuristi. Solo gli avvocati, però,
possono solo usare il titolo di advokat.

CAPITOLO V

INCONTRI DELLA TRADIZIONE GIURIDICA OCCIDENTALE

Premessa

Per “incontri” si intendono i contatti che la tradizione giuridica occidentale ha avuto nel corso della
sua storia con altri mondi giuridici, anche molto distanti geograficamente e culturalmente, e le tracce,
più o meno evidenti, che vi ha lasciato. Civil law e common law non hanno viaggiato solo grazie al
loro prestigio, ma anche a causa del colonialismo e imperialismo militare, economico, culturale.

Il comparatista ha il compito di favorire armonizzazione e convergenza, ma anche capire, far capire


e rispettare le differenze storiche, sociali, ideali.

Gli incontri tra tradizione occidentale e le altre culture sono numerosi, ma qui si considerano solo gli
ordinamenti significativi per rilevanza politico/economia che coinvolgono miliardi di persone e dove

94

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

le tracce di civil law e common law sono importanti: America latina, Cina, Giappone, India, Paesi
islamici.

SEZIONE I – L’INCONTRO CON L’AMERICA LATINA

I sistemi dell’America latina (si fa quindi riferimento a tutti i sistemi del continente americano in cui
si parla una lingua neolatina: spagnolo, portoghese o francese) vengono ascritti alla famiglia di civil
law o a quella romanistica. Talvolta queste esperienze hanno originalità rispetto al diritto europeo e
per questo vi sono stati tentativi, non convincenti, di inquadrare i sistemi dell’area in una famiglia
autonoma. Considerando i tre secoli di dominazione coloniale spagnola e portoghese, la tradizione
di civil law costituisce il punto di partenza per lo studio dei sistemi dell’America latina, ma fin
dall’indipendenza si è manifestata l’influenza statunitense, specialmente nell’area del diritto
pubblico, dando luogo a contaminazioni tra civil law e common law che hanno fatto parlare di
eclettismo dei sistemi dell’America latina. Accanto al diritto occidentale permane anche quello
autoctono. Le potenze coloniali, nuovi detentori del potere, hanno lasciato che le vicende quotidiane
continuassero ad essere regolate dal diritto indigeno di tipo consuetudinario, diritto che ancora
oggi non regola solo la vita di comunità autoctone delle zone inaccessibili, ma riguarda ampi strati di
popolazione, in particolare di piccoli centri rurali e periferie delle grandi città.

LO SVILUPPO DI UN SISTEMA GIURIDICO LATINO-AMERICANO

L’indipendenza e la codificazione

In America Latina la tradizione giuridica occidentale assume fisionomia particolare, perché:

- la sua colonizzazione si verificò tre secoli prima in base a concezioni politiche e strumenti tecnici
diversi da quelli del colonialismo del XIX sec.: la sovranità sui territori fu fondata sulla presunta
investitura divina del sovrano di Castiglia e i rapporti con le colonie sulle leggi, anziché su trattati
ineguali;
- nella prima fase le civiltà autoctone avanzate furono spazzate via ,impedendo la creazione
della stratificazione tra sistemi giuridici forti che caratterizza l’ordinamento indiano e quelli dei
paesi islamici;
- l’indipendenza delle colonie si realizzò in breve tempo grazie all’occupazione della penisola
iberica da parte di Napoleone e all’esilio dei sovrani di Spagna e Portogallo. Mentre per le colonie
spagnole l’indipendenza, tra 1810 e 1825, significò scontri e frammentazioni in più stati, per il
Brasile la rottura con la madrepatria avvenne nel 1822, con il passaggio dal rango di colonia a
quello di impero autonomo e non determinò la perdita dell’unità.

Inizialmente l’indipendenza non comportò modifiche giuridiche e ovunque restò in vigore il


diritto “indiano”, costituito dal diritto della madrepatria (castigliano, portoghese) e dal corpus di
disposizioni speciali dettate per le colonie, di contenuto pubblicistico. Era un sistema con forte
particolarismo giuridico e complesso, nonostante le compilazioni promosse dai sovrani iberici (le
Siete Partidas di Alfonso X di Castiglia, le Ordenacoes Philippinas del 1603).

I leader dei nuovi stati indipendenti, influenzati dal pensiero di Benthan, pensavano ad una
codificazione. Per il diritto civile prevalse il modello francese, ma non fu una mera imitazione. Il

95

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

movimento per la codificazione fu infatti caratterizzato da produzione originale e intensa circolazione


interna. Si possono distinguere tre fasi:

1. la prima, subito dopo l’indipendenza, con l’adozione di testi che sono mera traduzione
del Code Civil: il codice dell’ex colonia francese di Haiti del 1825, i codici civili dello stato
messicano dell’Oaxaca, Bolivia, Costa Rica.
2. la seconda fase inizia con il codice civile peruviano del 1852, contraddistinta dal tentativo di
riformulare in termini moderni il diritto di epoca coloniale, presentato come espressione della cultura
nazionale. Si continua ad attingere al Code Civil e ad altre codificazioni europee per individuare gli
istituti che devono essere disciplinati dal codice. In tale fase si ha in particolare il codice civile cileno
del 1855, opera del giurista venezuelano Andrés Bello, che influenzerà le successive codificazioni.
Tale successo si ha grazie al compromesso tra le istanze liberali espresse dal codice civile francese e
quelle conservatrici della nuova classe dirigente, tradotte nel mantenimento del diritto tradizionale
soprattutto in materia di famiglia e successioni. Tra le fonti di ispirazione di Bello ci sono Savigny e
le principali codificazioni europee dell’epoca. Lo stile letterario e la struttura sono più razionali di
quelle del code civil. L’opera comprende un titolo e 4 libri relativi a persone, beni, successioni e
donazioni, obbligazioni e contratti.
3. l’ultima fase inizia dopo metà XIX sec. e consiste nell’accelerazione e l’estensione a tutti gli
stati dell’America latina. Il codice cileno fu adottato in Ecuador, El Salvador, Venezuela, Nicaragua,
Honduras. In altri paesi ebbe più influenza il modello francese; in altri casi fu elaborato un progetto
originale che attingeva ai modelli preesistenti, l’esempio è il codice civile argentino di Sarsfield,
entrato in vigore nel 1871 e adottato anche dal Paraguay. L’opera con la varietà di materiali ai quali
attinse il redattore è considerata il prototipo dell’eclettismo latino-americano. L’esperienza più
originale di questa fase è legata al giurista Teixera de Freitas, autore di un progetto di codice civile
brasiliano pubblicato tra 1860 e 1865. Il progetto, basato sul diritto nazionale ma influenzato dalla
Pandettistica tedesca, non fu mai approvato, ma ha condizionato il progetto predisposto nel 1899 da
Clòvis Bevilacqua, entrato in vigore, dopo rimaneggiamenti, nel 1917.

L’evoluzione del diritto privato nel XX secolo

I mutamenti sociali, politici ed economici del XX sec. hanno reso necessari interventi di
aggiornamento dei codici civili latino-americani, per es. in materia di diritto di famiglia e del lavoro.
L’adeguamento è avvenuto tramite legislazione speciale o in via giurisprudenziale. In vari
ordinamenti si sono avuti nuovi codici civili, come quello messicano del 1928, quello brasiliano
entrato in vigore nel 2003 e quello argentino del 2015. Rilievo significativo ha assunto la dottrina
italiana per l’affinità culturale e linguistica, nonché per l’interesse verso il codice del 1942.

I codici di commercio sono diventati rapidamente obsoleti e a ciò si è associata la crescente influenza
della common law in materia di diritto commerciale, dovuta al predominio dell’Inghilterra e poi
degli Stati Uniti quali partner commerciali dell’America Latina. Tale fenomeno ha investito anche la
formazione dei giuristi, che preferiscono un master negli Stati Uniti ad un dottorato in Europa.
L’influenza statunitense ha anche spinto verso l’armonizzazione e l’unificazione del diritto di
tutto il continente americano attraverso il trapianto di istituti e soluzioni statunitensi. All’inizio le
Conferenze interamericane convocate dall’Organizzazione degli stati Americani (OSA) producevano
convenzioni di diritto internazionale privato, ma dal 2002 gli obiettivi prevedevano anche la
predisposizione di leggi in materie di diritto commerciale. Tale politica di cooperazione continentale
sotto l’egida degli Stati Uniti (panamericanismo) ha incontrato resistenze in chi vede in ciò la
96

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

manifestazione dell’imperialismo statunitense a cui si contrappone l’ibero-americanismo, cioè


l’ideale di un’unificazione del diritto della sola America Latina, per recuperare il patrimonio comune.
Recentemente tale panamericanismo è controbilanciato da progetti di integrazione sub-regionale e
regionale: es. il mercato Comune del Sud (MERCOSUD) creato nel 1991 da Argentina, Brasile,
Paraguay, Uruguay e la comunità Andina (CAN) istituita nel 1969, di cui sono membri Bolivia,
Colombia, Ecuador, Perù. Nel 2011 è entrato in vigore il trattato istitutivo dell’UNASUR ( Unione
delle Nazioni Sudamericane). Tali organizzazioni vogliono riprodurre il modello del mercato comune
europeo, ma sono lontane dall’integrazione.

IL COSTITUZIONALISMO IN AMERICA LATINA TRA TEORIA E PRASSI.

Il periodo successivo alle guerre d’indipendenza

Raggiunta l’indipendenza dalle potenze coloniali, i nuovi stati avviano la stesura di carte
costituzionali ispirandosi ai modelli francese e statunitense, da cui riprendono contenuti e l’idea di
costituzione come “realtà normativa prevalente nel processo politico, nella vita sociale ed economica
di ogni paese, legge suprema, reale ed effettiva, che contiene norme applicabili sia agli organi dello
stato che agli individui”. Nella cultura giuridica latino americana c’è l’infiltrazione della Spagna a
partire dal XVI sec., ma ciò che influenza di più la prima fase del costituzionalismo latino americano,
favorendo un consolidamento di principi, sono le nuove idee nascenti dalla rivoluzione francese e dal
movimento indipendentista del Nord America, nonché il diffondersi del pensiero illuminista e
liberale. I primi segni del moderno costituzionalismo si rinvengono nella Declaration de los Derechos
del Pueblo firmata dal Supremo Congresso del Venezuela il 1° luglio 1811, quattro giorni prima della
dichiarazione di indipendenza.

Le prime costituzioni regolano il funzionamento della forma di governo con tripartizione del potere
legislativo, esecutivo, giudiziario e costruendo le fondamenta di un moderno stato di diritto e di
partecipazione popolare, mediante la previsione di strumenti di controllo sull’operato dei governanti.

C’è l’influenza del modello statunitense di judicial review ma le prime forme di giustizia
costituzionale risentono della cultura giacobina e dell’idea del Parlamento quale organo sovrano e
inappellabile. Il loro è quindi un controllo di tipo politico che si apre a forme di controllo
giurisdizionale solo a partire dalla seconda metà del XIX sec. Inoltre, poiché nel costituzionalismo
americano c’è una duplice anima, statunitense ed europea, sono presenti tutti i modelli di giustizia
costituzionale (accentrato in Costa Rica, Panama, Cile Uruguay e Paraguay; diffuso in Argentina e
Brasile, ibrido in Venezuela, Colombia, Bolivia; Messico, Perù, ecc.).

L’Argentina è l’unica a conservare nel tempo un sistema diffuso puro di controllo di costituzionalità.
Lo stesso Brasile introduce negli anni sessanta anche una forma di controllo accentrato. Il sistema
argentino non può contare sulla presenza del principio stare decisis, che garantisce il buon
funzionamento del modello di controllo diffuso. In assenza di tale regola, l’ordinamento argentino ha
previsto lo strumento del recurso extraordinario per consentire alla Corte suprema federale di
annullare con effetti erga omnes eventuali decisioni dei tribunali inferiori che evidenzino vizi di
costituzionalità.

97

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Oltre alla supremazia costituzionale, si affermano cataloghi di diritti individuali e di libertà


pubbliche, secondo l’esperienza angloamericana e francese. La costituzione messicana del 1824
conferisce alla Corte Suprema di Giustizia il potere di conoscenza di violazioni della costituzione e
delle leggi generali, ponendo l’antecedente storico del judicio de amparo e della difesa giudiziaria dei
diritti, che saranno poi introdotti nella costituzione del 1857 e ripresi nella carta fondamentale della
Repubblica degli Stati Uniti Messicani del 1917, ancora in vigore quale esempio di un
costituzionalismo moderno e progressista.

Il costituzionalismo del XX secolo

L’adozione di carte costituzionali sul modello statunitense o europeo non ha contribuito in modo
significativo alla stabilità politica, economica e sociale, condizionate dai rivolgimenti politici interni.
Le costituzioni in questa area giuridica hanno avuto vita breve. Anche se nel XX sec., con la fine dei
regimi dittatoriali, si ha una nuova fase del costituzionalismo, rimane un profondo divario tra
quanto sancito sulla carta e quanto realizzato nella prassi applicativa.

Es. è la costituzione messicana del 1917, successiva alla guerra civile del 1910 contro il regime
dittatoriale del Generale Porfirio Diaz e conclusa con la presa del potere del Governatore di Coahuila,
Carranza. Essa riconosce il principio di sovranità popolare ed è formata da 136 articoli progressisti,
orientati al riconoscimento di diritti sociali, economici, culturali oltre che civili, politici come il
diritto all’educazione, alla salute, alla difesa dell’ambiente, con particolare attenzione allo status di
lavoratore e alle sue prerogative fondamentali (orario di lavoro, maternità, sicurezza sul lavoro,
sciopero, contributi previdenziali).

La ripartizione del potere è simile a quella americana, con governo presidenziale, Presidente eletto
dal popolo per sei anni, non rieleggibile; un Parlamento federale bicamerale, struttura giudiziaria
indipendente da altri poteri. L’art 135 prevede una procedura di emendamento complessa che richiede
la maggioranza dei due terzi del Congresso e la maggioranza dei parlamenti statali. Nel principio
della separazione dei poteri, il potere attribuito al Presidente e all’Esecutivo è più concentrato e forte
ed in molti casi esercitato a discapito delle prerogative assegnate al Legislativo. Basti pensare che
nella Costituzione messicana è previsto il divieto di rielezione del presidente dopo sei anni, ma egli,
di fatto, grazie al connubio con il principale partito politico, esercita molte altre funzioni rispetto a
quella esecutiva, compresa quella di designare il suo successore.

Va anche considerato, ovunque in America latina, il ruolo avuto dall’emendamento costituzionale


e della disciplina dello stato di emergenza. Quest’ultima ha portato a sviluppi autoritari
dell’ordinamento giuridico attraverso la deroga alle norme costituzionali, consentendo la sospensione
di ogni garanzia o libertà in esse sancita. Quindi all’ampliamento delle libertà proclamate si affianca
la loro continua violazione.

Il neocostituzionalismo latinoamericano

Per i motivi sopra esposti, i sistemi giuridici latino-americani dedicano attenzione alle garanzie
processuali, agli strumenti di tutela dei diritti fondamentali e alla giustizia costituzionale. Infatti
in America Latina tecniche e strumenti peculiari (ricorso straordinario, azione popolare, habeas
corpus, habeas data) sono talvolta il risultato di contaminazione europee ma spesso anche soluzioni
nuove, oggetto di studio e trapianto in altri sistemi giuridici. In particolare il recurso de amparo si è
98

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

diffuso in tutta l’area latino-americana e soprattutto in Europa, Africa, Asia. Esso era in origine una
via giudiziaria alternativa per ottenere la riparazione di un diritto leso da un atto illegittimo del
pubblico potere, davanti al giudice ordinario (amparo ordinario) o costituzionale (amparo
costituzionale), ed è poi divenuto meccanismo di tutela dell’intero ordinamento giuridico. In Brasile,
Colombia e Argentina sono state introdotte forme di amparo collettivo, ovvero azioni collettive e di
gruppo a tutela di particolari diritti ed interessi collettivi. E’ importante in proposito il Defensor del
Pueblo, figura di garanzia per la difesa dei diritti costituzionali, che può proporre azioni per la difesa
di interessi collettivi.

L’azione de amparo è stata poi incorporata nella Convenzione Americana sui Diritti dell’Uomo del
1969 assumendo dimensione internazionale. L’art. 25 della Convenzione sancisce per ciascun
individuo il “diritto ad un accesso semplice e rapido o a qualsiasi ricorso ad una corte o tribunale per
ottenere protezione contro atti che violano i suoi diritti riconosciuti dalla costituzione o dalle leggi
dello stato, anche se tali violazioni sono poste in essere da persone nell’esercizio delle loro funzioni
ufficiali. Si inaugura così una nuova fase del costituzionalismo latino americano, più attenta
all’effettività dei diritti e più sensibile ai temi del pluralismo politico, sociale e culturale e in
particolare ai diritti dei popoli indigeni, che vengono sanciti nei testi costituzionali, e alla protezione
dell’etnicità ecologica, intesa come identità basata non sulla lingua, la religione, il sangue o la tribù,
ma su una comune visione del rapporto uomo-natura.

Corti, giudici, processo

Il completamento necessario del quadro delineato è l’esistenza di un sistema processuale efficiente


e di un sistema giudiziario indipendente da ogni altro potere, che però spesso mancano, anche se
recentemente si sono avuti sviluppi positivi.

Solo alcuni ordinamenti (Cile, Bolivia, Colombia, Guatemala, Perù) hanno una Corte
Costituzionale; altri (Costa Rica, El Salvador, Paraguay, Venezuela) attribuiscono le funzioni della
Corte Costituzionale ad una Sala Costituzionale interna alla Corte suprema ordinaria; Argentina e
Messico vedono la presenza di una Corte suprema senza distinzione interna o esterna di competenza.
In Brasile, pur in presenza di una Corte Suprema sul modello statunitense (Superior Tribunal de
Justica), che esercita un controllo di costituzionalità di tipo preventivo e la funzione di giudice
costituzionale di ultima istanza, vi è il Supremo Tribunal Federal, che giudica sui ricorsi diretti.

Argentina, Messico e Brasile sono i paesi che risentono di più dell’influenza statunitense, essendo
stati federali caratterizzati da dualismo giurisdizionale, ma recentemente ci sono state soluzioni
originali. In Brasile, per esempio, alla giustizia ordinaria comune, che comprende corti statali e
federali, si affianca quella speciale in materia militare, elettorale e del lavoro; in Messico la
giurisdizione comune si articola su due livelli territoriali, circuito e distretto, e vi sono tribunali
speciali (in materia amministrativa, di conciliazione e arbitrato, agraria e militare).

Negli ordinamenti latino americano sono riconosciute ai giudici garanzie ed immunità


costituzionali: l’art. 95 della costituzione brasiliana prevede nomina a vita, inamovibilità e
l’impossibilità di diminuire le indennità percepite dai giudici finché essi restano in carica. Invece la
costituzione del Costa Rica sancisce che il potere giudiziario è soggetto solo alla costituzione e alla
legge.

99

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Differenze importanti sono invece nelle procedure di nomina dei giudici superiori.

In Brasile i giudici della Corte suprema sono nominati dal Presidente con l’approvazione a
maggioranza assoluta del Senato; in Messico il presidente sottopone una terna di candidati al senato,
che sceglie a maggioranza di due terzi, negli altri c’è il coinvolgimento dell’Assemblea legislativa o
dello stesso giudiziario, in altri ancora vi sono sistemi di nomina misti. In particolare l’art. 215 della
Costituzione del Guatemala stabilisce che i magistrati della Corte Suprema di Giustizia sono eletti
dal Congresso della Repubblica per 5 anni, scelti tra 26 proposti da una Commissione composta da
un rappresentante dei Rettori, dai Presidi delle Facoltà di Giurisprudenza o scienze Giuridiche e
sociali delle Università, da rappresentanti eletti dall’assemblea dell’ordine degli Avvocati e Notai del
Guatemala e da rappresentanti eletti dai magistrati titolari della Corte di Appello e degli altri tribunali.

Infine, il modello diffuso di diritto processuale sia in campo civile che penale, è quello di civil law,
anche se nel XX sec. c’è stata l’influenza degli Stati Uniti manifestata, in ambito civile, nell’adozione
di alcuni istituti dell’ordinamento statunitense (es. l’introduzione della class action in Brasile); in
ambito penale c’è stata una riforma che ha portato molti stati all’adozione di nuovi codici che
abbandonano il modello inquisitorio in favore di quello accusatorio. Ciò ha portato all’avvicinamento
dei sistemi dell’America Latina a quello degli Stati Uniti anche in questo settore. Da segnalare inoltre
la tendenza all’armonizzazione a livello regionale, perseguita dall’Istituto ibericoamericano di diritto
processuale, al quale si deve l’elaborazione di codici modello per la procedura civile e penale.

SEZIONE II – L’INCONTRO CON LA CINA

PREMESSA

La Cina ha rappresentato il paese dominante dell’area est asiatica; è chiamata Zhongguo, paese del
centro. Infatti la Cina ha sviluppato per prima gli elementi di una civiltà (lingua, pensiero filosofico,
alcuni istituti giuridici) e gli stessi modelli culturali e giuridici sono stati condivisi dai paesi limitrofi,
soprattutto grazie alla lingua. Gli occidentali sono arrivati in Cina nella seconda metà dell’800 ma
l’influenza dell’antica civiltà cinese sulla concezione del diritto è ancora oggi visibile sotto vari
aspetti, nonostante l’adozione di istituti, regole, concetti di diritto straniero, di stampo romanistico
(civil law) e anglo-americano (common law).

IL DIRITTO CINESE AUTOCTONO

La prospettiva cinese

L’impero celeste e l’ideologia confuciana

La storia della Cina e del suo impero ultramillenario (detto impero celeste) è caratterizzata da molte
dinastie, che si sono succedute sin dal 2205 a.C. Nel II sec. a.C., con la dinastia Qin, si forma uno
stato unitario che permane fino al 1911.

La legittimazione a governare si basa sul “mandato del cielo”, conferito dal cielo ad un uomo giusto,
che doveva dare il buon esempio a tutta la società. L’insurrezione del popolo, che determina il
susseguirsi delle dinastie, viene interpretata come inadeguatezza del sovrano a proseguire il suo
mandato.
100

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

L’Impero cinese fonda il proprio sistema istituzionale e culturale su due scuole di pensiero: legista e
confuciana, che diventa ideologia di stato.

La scuola legista (nota anche come scuola del FA), risale al III sec. a.C. e presuppone che la natura
umana sia essenzialmente malvagia e da domare, quindi, con un rigido sistema di regole e punizioni
(FA), che servono a mantenere l’ordine sociale. Prevede un’applicazione egualitaria delle punizioni,
avvicinandosi in questo senso alla tradizione giuridica occidentale (certezza del diritto e uguaglianza).

Il confucianesimo, invece, presuppone che l’uomo sia per natura buono e idoneo ad essere guidato
da principi morali (LI) improntati all’umanità, alla deferenza, alla pietà filiale e al culto degli antenati.
Identifica l’armonia nazionale come una condizione di pace ed equilibrio nei rapporti
interpersonali e nei rapporti tra l’individuo e la società in una continua commistione tra regole
di convivenza sociale e morale. Il ricorso alla legge è da evitare, così come la risoluzione formale
delle controversie nei tribunali. E’ piuttosto da preferire la mediazione, attraverso la
responsabilizzazione del singolo alla convivenza sociale. Il confucianesimo tende quindi a costruire
una società in cui la legge è solo un male necessario per reprimere i comportamenti contrari all’ordine
naturale.

La mancanza di una professione legale distinta ed indipendente dal potere imperiale determina una
commistione tra amministrazione e giurisdizione: il funzionario imperiale (mandarino), dopo aver
superato numerosi e complicati esami imperiali, incentrati sui testi confuciani, amministra porzioni
di territorio, compresa la giustizia.

Per mantenere l’armonia sociale è necessario il rispetto di due principi:

- principio gerarchico: nella gerarchia dei rapporti sociali l’inferiore deve obbedire al superiore;

- principio di differenziazione: ciascuno all’interno della scala gerarchica deve rivestire un ruolo
determinato e differenziato, per cui il superiore non solo vanta diritti nei confronti dell’inferiore, ma
deve proteggerlo e consigliarlo, per non perderne il rispetto.

Si può parlare di personalità del diritto cinese, riconosciuta anche ai paesi stranieri: ogni popolo
possiede i propri riti e costumi e quindi il fa deve trovare applicazione solo laddove lo straniero si
dimostri privo di li, e , quindi, di etica e morale

Con la dinastia Han (206 a.C.), l’ideologia confuciana sembra prevalere su quella legista, diventando
ideologia di stato. Con le varie dinastie si fissa un’organizzazione istituzionale al cui interno si
instaura il sistema giuridico cinese. Il territorio imperiale viene diviso in province, suddivise in unità
amministrative decentrate. L’impero fonda quindi il suo assetto istituzionale sulla cooperazione di
strutture di potere periferico al di fuori dell’operato statale.

Chi appartiene a clan, gruppi, villaggi deve cooperare per il bene della collettività. Assume rilevanza
per l’etica confuciana la famiglia, base fondamentale della società, primo nucleo in cui si deve
realizzare l’armonia.

La concezione cinese del diritto è quindi caratterizzata dai LI (riti formati dai testi classici confuciani,
insieme di principi etici e morali) e dalle fa (leggi che prevedono punizioni). Secondo i li, i rapporti

101

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

sociali devono obbedire a dei riti dettati dalla legge naturale, non a leggi imposte dall’alto (fa), ovvero
castighi.

La prospettiva occidentale

Quando a metà del XIX secolo le potenze occidentali arrivarono in Cina, interpretarono la realtà
cinese avvalendosi delle categorie loro proprie. Tra le principali differenze culturali vi è certamente
la posizione dell'individuo, che in occidente aveva assunto un ruolo preminente durante
l'Illuminismo e la Rivoluzione francese, mentre in Cina rilevava solo in quanto parte di un gruppo,
in primo luogo come membro della famiglia, in senso più ampio, come appartenente all'impero cinese.
Parallelamente, la percezione da parte delle potenze occidentali della continuità e longevità
dell'impero e delle sue millenarie tradizioni faceva apparire il paese immobile e la civiltà cinese
arretrata e barbara, anche da un punto di vista giuridico.

Le potenze occidentali non trovarono né codici né raccolte di giurisprudenza e ne dedussero


che in quel paese non esistesse il diritto, o che lo stesso avesse un ruolo nettamente minore rispetto
alle altre scienze. Quanto sopra deriva da un preconcetto occidentale e da una fortissima e reciproca
incomunicabilità, acuita dalla diversa percezione del diritto. Da un lato, i cinesi, con la loro
cultura personalistica, non tentarono di ostacolare il diritto degli stranieri di seguire le proprie regole.
Dall'altro lato, gli occidentali, guidati dall'opposto principio di territorialità del diritto, non
rivendicarono subito una loro autonomia giuridica non contestando la propria subordinazione alle
autorità cinesi, ricorrendo piuttosto alla corruzione, quando non riuscivano a difendersi ed a
contrastare le restrizioni imposte. Soprattutto si preoccupavano dei guadagni prodotti dal commercio.
L'incomprensione fu realmente reciproca: tanto gli occidentali percepirono la società cinese come
barbara ed arretrata, tanto i cinesi percepirono gli occidentali come un popolo privo di principi morali
e pericoloso in virtù delle armi da fuoco che lo accompagnavano e pertanto da sanzionare con dure
punizioni di stampo penale (fa). Ecco che se qualche studioso occidentale ha riconosciuto l'esistenza
di un diritto cinese ne ha colto principalmente il suo carattere penalistico ritenendo le pene comminate
barbare ed arbitrarie perché soggettivamente e non oggettivamente applicate.

Per quanto la scuola legista avesse provato a gettare le basi del principio della certezza del diritto e
di uguaglianza davanti alla legge, il confucianesimo aveva poi sancito la centralità del li ed anche
allorquando le leggi scritte ed autoritarie si rendevano necessarie, venivano integrate e reinterpretate
in base ai principi morali, tanto che molti studiosi hanno parlato della ed. “confucianizzazione del
fa”.

A ben vedere, infatti, esistevano delle raccolte di leggi volte a contribuire all'organizzazione della
società: tra questi merita di essere menzionato il Codice della dinastia Qing, la cui prima stesura
sembra risalire al 1646, appena due anni dopo l'ascesa dell'omonima dinastia (1644-1912) e che recepì
il diritto penale ed amministrativo già consolidato e talvolta già cristallizzato in documenti giuridici
elaborati da antecedenti dinastie. Lo stile del codice continuava a caratterizzarsi per il suo spirito
penalistico poiché assimilava «ogni comportamento anticonformista ad un "reato" nei confronti
dell'ordine naturale delle cose, giustificando così un approccio di tipo penale anche per ambiti che
oggigiorno definiremmo come puramente amministrativi o addirittura civilistici». La morale
confuciana fu poi assorbita dalla legislazione creando una dinamica di legal process in base alla quale
la regola, scritta e prevedibile, poteva trovare applicazione, ma combinata (e quindi modificata,
inasprita o mitigata) con i precetti morali del confucianesimo.
102

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Il diritto autoctono cinese non è dunque caratterizzato da una centralità della legge, bensì
dall'importanza dei costumi e delle consuetudini, di solito sufficienti a regolare i rapporti tra
privati, importanza recepita dal diritto penale e dal diritto amministrativo. L'applicazione del diritto
era formalmente affidata ai funzionari imperiali (i già menzionati mandarini) dislocati a livello locale,
che, al pari di tutti gli altri mandarini, erano intrisi di cultura umanistica, principalmente confuciana,
ma svolgevano anche il ruolo di giudice, pur non avendo una preparazione prettamente giuridica ed
ovviamente non godendo di una indipendenza nei confronti del resto dell'amministrazione imperiale.
Se il diritto può quindi essere definito come «coesistenza di soggetti diversi che, pur serbando i
caratteri delle proprie diversità, sono coordinati a uno scopo comune, se ne deve riconoscere
l'esistenza e l'importanza anche nella Cina tradizionale (GROSSI). Ciononostante, la concezione
occidentale del diritto cinese, contrassegnata dalla percezione di un ruolo non centrale del diritto nella
società e tutt'al più da un carattere penalistico dello stesso, come già notato da illustri studiosi, è
rimasta fino quasi ai nostri giorni.

Le prime tracce della tradizione giuridica occidentale

Le guerre dell’oppio e i patti diseguali

Con le guerre dell’oppio (1839-1842, 1856-1860) inizia la storia della Cina moderna. Nel 1842 la
Cina esce sconfitta dal primo conflitto e l’Inghilterra, vincitrice, la obbliga a firmare una serie di
trattati ineguali (il più famoso è quello di Nanchino) al fine di imporre il suo dominio economico e
influenzare la politica interna dell’Impero celeste; in tale contesto avviene anche la cessione di Hong
Kong all’Inghilterra. I cinesi devono quindi accettare una limitazione di sovranità.

Sono degne di nota le clausole di extraterritorialità, con le quali si prescrive che in tutti i
procedimenti giudiziari dove è coinvolto il cittadino straniero, la vertenza si deve risolvere davanti al
tribunale consolare che deve decidere in base a regole straniere. Da qui inizia il procedimento di
occidentalizzazione. Si arriva, quindi, ad avere un’apertura commerciale totale con l’occidente e parti
del territorio cinese e giapponese sono sottoposte all’amministrazione delle potenze occidentali. Da
qui inizia il viaggio della civil law e common law in Cina.

Le prime riforme ed il declino dell’Impero

La Cina, dopo la stipula dei trattati ineguali, subisce la disfatta nella guerra contro il Giappone (1894),
che le fa perdere i diritti che aveva in Corea, e subisce l’occupazione di altre porzioni di territorio da
parte delle potenze occidentali. Ciò la porta a credere di dover riformare il proprio sistema
istituzionale e giuridico. Shen Jiaben, conoscitore della cultura occidentale, con decreto imperiale
del 1902 viene incaricato di riconsiderare e revisionare le norme in vigore nell’ordinamento cinese,
senza tralasciare le esigenze della politica estera e tenendo in conto le leggi dei paesi stranieri. Si
istituisce una commissione per la codificazione del diritto che opera dal 1904 al 1909: tale
commissione si impegna in un’abbondante traduzione di testi occidentali (francesi, tedeschi, austriaci,
spagnoli), ma il progetto di codice civile pubblicato nel 1911 si ispira principalmente al codice
civile tedesco (BGB). Negli stessi anni la Cina prova a riformare le modalità per il reclutamento della
burocrazia imperiale, abolendo gli esami imperiali basati sullo studio dei classici confuciani ed
introducendo un sistema sull’esempio degli esami universitari in occidente.

103

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Nel 1906, inoltre, l’Impero cinese promulga un editto sulla preparazione di una Costituzione basata
sull’osservazione dei maggiori modelli stranieri (Francia, Germania, Inghilterra, Belgio). I vari
progetti di costituzione che si susseguono restano solo tentativi.

Il paese tentò di inserire schemi e definizioni giuridiche proprie del diritto occidentale nel Codice
Qing, che, nonostante il suo stile penalistico, cominciò a disciplinare vere e proprie regole di diritto
privato). In linea generale, l'etica e la morale confuciana furono relegate a fonti secondarie ed il diritto
privato, grande assente delle precedenti stesure, divenne quasi esclusiva competenza del legislatore,
costretto a creare neologismi e tecnicismi per tradurre concetti trapiantati dalla tradizione giuridica
occidentale.

L'aggiornamento del Codice Qing proseguì, ma, nonostante i lodevoli sforzi, l'impero non riuscì a
sopravvivere, e nel 1911 la Cina assistette al suo collasso, mentre il Codice Qing, nonostante le
difficoltà di applicazione nella società, rimase formalmente in vigore fino agli anni Trenta. La
modernizzazione del Codice fu inoltre affiancata ed agevolata dall'attività della Corte suprema. In
una sentenza stabilì che in caso di lacuna legislativa, il giudice, nella risoluzione del caso concreto,
doveva volgere lo sguardo alle consuetudini, e, in mancanza, avrebbe dovuto applicare i "principi
generali del diritto occidentale"

Degno di nota è anche il contributo di Sun Yat-sen (Sun Zhongshan), cinese di origine, che aveva
studiato medicina trascorrendo poi un periodo della sua vita alle Hawaii, assimilando usi e costumi
occidentali. A fine Ottocento, Sun decise di tornare in patria, desideroso di trapiantare principi
sviluppati in occidente per riportare la Cina ad essere un paese prospero pur rispettando il sapere
tradizionale. Negli ultimi anni di regno della dinastia Qing le sue idee non trovarono, però, il seguito
desiderato all'interno dell'amministrazione imperiale. Dopo la caduta dell'impero, Sun Yat-sen fu
quindi uno dei fondatori del Partito nazionalista cinese; egli provò a risollevare le sorti del paese
diffondendo quella che riteneva la ricetta più idonea, di chiara matrice occidentale. Egli inserì nello
statuto del partito i principi divenuti noti nel paese come "i tre principi del popolo di Sun Yat-sen",
quello di nazionalità (o nazionalismo), quello di democrazia e quello di benessere. Il primo può essere
assimilato ad un principio di stato nazionale su modello occidentale, il secondo affianca la
tripartizione dei poteri di Montesquieu alla tripartizione tradizionale cinese delle magistrature
dell'amministrazione imperiale, della censura e della selezione per esame dei funzionari. Infine,
proponendo una riforma del diritto fondiario che redistribuisse la terra a chi effettivamente la
coltivava, Sun Yat-sen mirava ad un generale benessere dell'intera società (principio del benessere).

Quanto sopra dimostra che le potenze occidentali non hanno imposto trapianti giuridici, ma hanno
comunque prodotto un cambiamento e una modernizzazione, trasmettendo alla società cinese un
senso di inadeguatezza.

L’influenza del diritto tedesco

I Sei Codici del partito nazionalista

Dal 1927 al 1949 il Partito nazionalista cinese riunifica la Cina e percepisce l’inadeguatezza del diritto
cinese tradizionale. Nel tentativo di modernizzare il Paese superando la tradizione confuciana, inizia
una nuova fase di codificazione ideata da Sun Zhongshan che inserisce nello statuto del partito i tre
principi del popolo: - nazionalità, assimilato al principio di stato nazionale su modello occidentale;
104

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

- benessere, con riferimento alla cura della sussistenza collettiva del popolo; - democrazia, che
affianca alla tripartizione tradizionale cinese delle magistrature imperiali, della censura e della
selezione per esame dei funzionari, la tripartizione dei poteri di Montesquieu.

I Sei codici emanati sono una legge costituzionale, un codice civile, uno penale, i codici delle relative
procedure e la legge sull’organizzazione giudiziaria, entrati in vigore tra il 1928 e il 1935. Si ispirano
al diritto tedesco filtrato (per la lingua e la traduzione) dal diritto giapponese.

La legge costituzionale provvisoria del 1932, ad imitazione del modello tedesco e Giapponese,
organizza il sistema delle corti ordinarie su tre livelli con al vertice la Corte suprema.

L’influenza della pandettistica del BGB è evidente nella struttura del codice civile, diviso in cinque
libri e preceduto da una parte generale, e nelle soluzioni. Esso segna l’ingresso del diritto privato
nell’ordinamento cinese: le violazioni della legge non vengono più percepite come reati ed emergono
concetti come l’individualismo, la libertà e l’economia di mercato. Viene ribaltata a gerarchia delle
fonti: le consuetudini confuciane non sono più la principale fonte del diritto e vengono spodestate
dalla legge e, nella pratica, dai principi generali del diritto occidentale. E’ difficile, infatti, trovare
consuetudini per risolvere “nuovi” conflitti ed inoltre si comincia a richiedere il rispetto della longa
consuetudo e della opinio iuris per provarne l’esistenza.

Riguardo al diritto penale, il codice del 1928 e del 1935 si ispirano al modello tedesco e giapponese,
in particolare riguardo la pericolosità sociale e l’uso delle misure di sicurezza con sanzioni severe.

La reale applicazione di quanto stabilito nei codici è molto discussa, in particolare in materia di
famiglia, successioni e obbligazioni, norme estranee alla tradizione giuridica cinese.

Tali codici restano in vigore in Cina solo fino al 1949 ma vi è una progressiva modernizzazione del
sistema delle fonti ispirata ai modelli dell’Europa continentale, in particolare al sistema giuridico
romanistico.

La momentanea interruzione del viaggio di civil law e common law

La fase socialista-maoista e il nichilismo giuridico

A causa del diverso impatto delle nuove leggi fra le città e le campagne, il territorio si frammenta e il
Partito comunista fondato nel 1921 inizia a controllare alcune zone in base a un modello diversi di
organizzazione della società, imitando l’esempio russo-sovietico.

Il 1 ottobre 1949 Mao Zedong fonda la Repubblica popolare di Cina.

L’ideologia rivoluzionaria guidata da Mao Zedong, riportata nella prima costituzione della
Repubblica popolare del 1954, è ostile ai sei codici del Guomindang ispirati ai modelli stranieri che
vengono aboliti e, in attesa di nuove leggi, il diritto è rappresentato dalle politiche del Partito
comunista che, contrario alla separazione dei poteri, esalta l’unità delle funzioni statali: legislativa,
amministrativa, giudiziaria, all’interno di un unico potere appartenente al popolo, esercitato
dall’Assemblea Nazionale del Popolo (ANP). Secondo il comunismo di Mao il diritto serve a
proteggere la classe dominante, quindi si deve aspirare ad una società senza diritto; non è corretto

105

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

però pensare che in quel periodo non via sia stata l’emanazione di documenti giuridici: ciò che
mancava era la costruzione di un ordinamento giuridico coerente.

Dal punto di vista giuridico, è da ricordare il decennio della grande Rivoluzione culturale (1966-
76): i soggetti appartenenti alle strutture burocratiche e amministrative vengono inviati a “rieducarsi”
nelle campagne. Tale contesto storico conduce alla chiusura dei tribunali, delle facoltà giuridiche, e
ad un annientamento della tradizione giuridica (“nichilismo giuridico”), destinato a terminare
soltanto con la morte di Mao nel 1976.

Il rinnovato interesse per il diritto occidentale dopo la morte di Mao

Deng Xiaoping, successore di Mao, contrariamente a lui, vede il diritto come strumento per il
raggiungimento dei principali obiettivi di sviluppo delineati dal partito nella fase della
modernizzazione del paese. Il diritto, da strumento di lotta politica, diventa strumento per garantire
la modernizzazione e la liberalizzazione dell’ordine economico. Si rinnova l’interesse per i diritti
occidentali. Una nuova costituzione nel 1978 apre la strada a leggi volte a disciplinare interessi di
natura industriale, commerciale, finanziaria e ad una maggiore giuridicizzazione dell’ordine
economico e sociale, per garantire una maggiore certezza dei rapporti tra i soggetti che vi operano.

La costituzione del 1982 al vertice delle fonti del diritto e la giustizia costituzionale cinese

Nel 1978 il pensiero di Deng prende il sopravvento. La costituzione del 1982, ancora oggi in vigore,
sostituisce quella del 1978 e segna un distacco rispetto alle precedenti.

E’ la principale fonte del diritto, ma manca il controllo di costituzionalità delle leggi per cui in Cina
non si parla di giustizia costituzionale ma di supervisione costituzionale. La Carta costituzionale
stabilisce infatti che tutti gli organi statali, le forze armate, i partiti politici, le imprese e le istituzioni
devono conformarsi alla costituzione e alle leggi. Ogni atto che la violi deve essere investigato dalla
Procura. L’Assemblea nazionale del popolo (ANP) si riunisce una volta l’anno e deve sorvegliare
l’applicazione della costituzione.

La carta costituzionale, comunque, si inserisce in un più ampio processo di trasformazione della


società e dell’ordinamento per aprire la porta all’occidente ma secondo caratteristiche cinesi, dando
priorità all’interesse collettivo ed al ruolo direttivo del partito. Per questo qualsiasi norma
introdotta, simile a quella dei paesi della tradizione giuridica occidentale, viene rielaborata in base a
elementi locali.

L’influenza dell’occidente sulla costituzione

La costituzione è stata emendata quattro volte. Nel 1988 è ammessa l’esistenza del settore privato
dell’economia: la terra resta di proprietà statale ma viene protetto il diritto d’uso della stessa. Nel
1993 nasce l’economia privata (economia socialista di mercato) e nel 1999 viene affermato il
esplicitamente che il paese è governato secondo i principi di uno stato di diritto, qualificato come
socialista. Nel 2004 si rafforza la garanzia della proprietà privata e si afferma che lo Stato rispetta e
protegge i diritti umani.

L’influenza dell’occidente sul diritto privato

106

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Sempre nel contesto della riforma giuridica, alla costituzione si affianca l'emanazione di
un'amplissima serie di leggi scritte che hanno certamente segnato l'inizio di un grande
rinnovamento del sistema. A partire dalla legge del 1979 sulle Equity Joint Ventures, che delinea
l'inizio di una profonda riforma economica, passando per le legge sui marchi, sull'arbitrato, sui
contratti, sui giudici e sugli avvocati, fino alla legge sui diritti reali approvata nel 2007, si può dire
che la riforma tocca tendenzialmente tutti i settori del diritto in una continua commistione di elementi
di civil law e di common law, sempre rielaborati ed interpretati in base a "caratteristiche più
propriamente cinesi".

Per quanto attiene il diritto privato, nel 1986 entrano in vigore i Principi generali del diritto civile
(PGDC) con lo scopo di fornire un quadro di riferimento nei rapporti tra privati. Nell'attesa
dell'approvazione di un vero e proprio codice civile, essi vengono integrati da leggi su specifiche
materie. I PGDC riprendono la dogmatica della pandettistica, introducendo ad esempio il concetto
di negozio giuridico e quello di personalità giuridica.

La riforma costituzionale del 1999, ovvero la riforma in base alla quale la Cina si dichiara un paese
conforme ai principi dello stato di diritto, vede l'approvazione di leggi dedicate al diritto commerciale
(anche internazionale) ed apre l'accesso ad organizzazioni internazionali. Di particolare importanza è
l'entrata della Cina nell'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC o World Trade
Organization-WTO), avvenuta nel 2001. Proprio l'aumento dei rapporti commerciali con l'estero ha
agevolato il trapianto di svariate nozioni provenienti dalla tradizione di common law, soprattutto
nella sua versione statunitense. Circa il trapianto di clausole generali derivanti dalla tradizione di
civil law, parte della dottrina, analizzando gli usi giurisprudenziali di alcune, quali la ragionevolezza
e la buona fede, ha evidenziato un adattamento del contenuto a radici locali, come se nozioni ed istituti
provenienti dalla tradizione giuridica occidentale servissero da tecniche di elaborazione ed
applicazione del diritto tradizionale cinese.

Solo un attento studio dell'applicazione ai casi concreti (law in action) degli elementi della tradizione
giuridica occidentale trasposti in leggi cinesi (law in the books) è idoneo a valutare la reale portata di
tali trapianti giuridici. Ancora oggi i diritti locali fanno talvolta emergere l'importanza del diritto
tradizionale incline a soluzioni flessibili e di compromesso di matrice confuciana.

L’amministrazione della giustizia e le professioni legali

L’ordinamento giudiziario è composto da corti speciali ed ordinarie. Queste ultime sono organizzate
in modo gerarchico e vengono costituite e destituite dalle Assemblee popolari presenti ai vari livelli
amministrativi. Al vertice c’è la Corte Suprema del Popolo, sotto ci sono le corti superiori,
intermedie e di base. Tale organizzazione può apparire lineare, in realtà, può accadere che le corti di
livello superiore siano competenti in primo grado per casi ritenuti di "particolare rilevanza" nella
porzione di territorio sottoposta alla loro giurisdizione.

Principale potere della corte suprema è interpretare le leggi emettendo pareri o chiarimenti (c.d.
interpretazioni giudiziarie della Corte Suprema del Popolo, che noi chiameremmo normative di
attuazione: atti indipendenti da cause pendenti, con forza di legge e idonei a complicare il sistema
delle fonti.

107

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

La Cina è stata subordinata al potere politico, al Partito comunista, con conseguente arretratezza
professionale. Il giudice cinese, più similmente alla figura tradizionale del giudice di civil law,
dovrebbe esser "bocca della legge" e limitarsi quindi all'applicazione della stessa: il Partito comunista,
ricusando il principio della separazione dei poteri, male sembrerebbe tollerare una figura di giudice
creatore del diritto, ma recenti riforme sembrano aprire la strada ad un ruolo potenzialmente più attivo
dell'interprete (v. prossimo paragrafo).

Tale atteggiamento è anche il risultato di una accresciuta professionalità delle magistratura e delle
professioni legali, infatti precedentemente, finita l’epoca dei mandarini, i requisiti per accedere alla
magistratura e all’avvocatura erano molto generici (23 anni di età + “conoscenza del diritto”), mentre
dal 1995 è previsto un esame nazionale.

Non solo i giudici, ma anche gli avvocati ed i notai sono ora selezionati attraverso il medesimo esame
statale.

Recenti riforme dell’ordinamento giuridico cinese

L'innegabile ascesa economica della Cina degli ultimi anni ha certamente aumentato l'interesse e lo
studio verso le dinamiche giuridiche di questo paese. Momenti di riforme e trapianti giuridici di
matrice occidentale si sono alternati a periodi in cui la retorica del passato sembrava riemergere nella
leadership politica. I piani quinquennali che dal 1999 la Corte suprema approva al fine di delineare
le riforme in programma per il rafforzamento dell'ordinamento giuridico spesso rappresentano il
punto di partenza per nuove riflessioni. Una di queste, di grande interesse per il comparatista, è
rappresentata dal "meccanismo dei casi guida". Sulla scia delle riforme "western-oriented", nel
novembre del 2010 sono state approvate le "Provisions", al fine di rendere l'ordinamento giuridico
più coerente e diminuire i contrasti giurisprudenziali nelle diverse zone del paese anche tra corti di
pari livello. Si tratta di un meccanismo di selezione ed utilizzo di casi giurisprudenziali ai quali il
giudice cinese può rifarsi nella risoluzione di casi simili. L'art. 2 delle "Provisions" prevede che
vengano selezionati quei casi che attirano l'attenzione della società; ovvero interpretano importanti
principi di diritto; ovvero ancora sentenze per loro natura rappresentative o che abbiano risolto casi
difficili anche su conflitti non consueti ed in ogni caso, tutte le altre sentenze alle quali la Corte
suprema riconosca una funzione-guida. E’, infatti, la Corte di massima istanza a selezionare ed editare
le sentenze tra quelle dalle corti di ogni ordine e grado. Fino ad ora sono stati selezionati quasi cento
casi-guida che affrontano questioni importanti di diritto civile, di diritto penale e di diritto
amministrativo. La rilevanza dei casi guida sta crescendo di pari passo con l'aumento della
professionalità del giudice.

Per quanto rilevante, la riforma non introduce la giurisprudenza tra le fonti dei diritto cinese: la Cina
grazie a questo nuovo meccanismo sembra piuttosto avvicinarsi a quel principio di prevedibilità del
diritto fondato sulla risoluzione di casi simili in modo simile, proprio di tutta la tradizione giuridica
occidentale e non solo della common law. Varie sono le differenze rispetto alla dottrina del
precedente vincolante tipica dei paesi di common law:

• in primo luogo, non tutte le sentenze possono considerarsi dei casi guida, ma solo quelle
selezionate dalla Corte suprema e a funzionare da guida non è l'intera sentenza bensì un breve
estratto selezionato dalla Corte suprema stessa; in altre parole non è il giudice successivo a
estrapolare quella che potremmo definire la ratio decidendi del precedente, ma è la Corte suprema
108

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

che indica il principio che le corti inferiori possono ritenere da guida nella risoluzione di casi
simili.
• in secondo luogo, non vi è un obbligo e quindi una vincolatività del precedente, il giudice
cinese è infatti libero di citare quel caso, ma di motivare un distacco da quella decisione. Alla
mancanza di vincolatività del precedente è legata una mancanza di operatività sia verticale che
orizzontale delle stesse. La Corte suprema può scegliere principi contenuti in sentenze emesse
da corti di ogni ordine e grado, per questo motivo un'alta corte ben potrà tenere in considerazione
un "caso-guida" proveniente da una corte di base.

Per quanto il funzionamento di questo meccanismo vari molto da zona a zona del paese, è pur vero
che sta stimolando ed accrescendo un dialogo tra corti anche fuori dalla Cina.

La seconda e recentissima riforma dell'ordinamento giuridico cinese concerne l'entrata in vigore il 1


ottobre del 2017 della "Parte generale del diritto civile”.

Il diritto privato cinese è disciplinato dai PGDC del 1986 combinati con le norme sulle specifiche
materie contenute in importantissime leggi approvate poi nel corso degli anni, quali ad esempio la
legge sui contratti del 1999 o la legge sui diritti reali del 2007. Come già sottolineato, i Principi
Generali del Diritto Civile dovevano servire ad "aprire la porta" ai diritti occidentali e all'economia
occidentale dopo la morte di Mao Zedong al fine di perseguire una modernizzazione giuridica del
paese, nell'attesa dell'approvazione di un più completo codice civile. La riforma costituzionale del
1993, sancendo ufficialmente il passaggio della Cina ad una "economia socialista di mercato", fece
pensare che l'emanazione del codice fosse davvero vicina. Nonostante le non rare difficoltà
interpretative e le incongruenze tra quanto stabilito nei PGDC e quanto poi contenuto nelle specifiche
leggi, la Cina ha invece impiegato trenta anni affinché l'Assemblea Nazionale del Popolo approvasse
la Parte generale del diritto civile, mentre i libri successivi sono attesi per il 2020. Per il momento i
PGDC del 1986 convivono con la nuova Parte generale in mancanza di una esplicita
abrogazione dei primi.

In un primo confronto tra i due testi, volgendo lo sguardo alle fonti del diritto emergono le prime riflessioni. L'art. 6 dei
PGDC del 1986 stabilisce che: «Civil activities must be in compliance with the law; where there are no relevant provisions
in the law, they shall be in compliance with state policies” (le attività civili devono essere conformi alla legge; nel caso
in cui non vi siano disposizioni pertinenti nella legge, esse devono essere conformi alle politiche statali). L'art. 10 della
Parte generale del diritto civile stabilisce invece che: «Civil disputes shall be resolved in accordance with the law; or if
the law is silent, customs may apply, but not contrary to public order and good morals» (le controversie civili sono risolte
conformemente alla legge; o se la legge tace, possono applicarsi le consuetudini, ma non in contrasto con l'ordine pubblico
e il buon costume). Il primato della legge viene quindi ribadito, ma sembra riemergere quale fonte secondaria la
consuetudine purché non contraria all'ordine pubblico e al buon costume. Varie le riflessioni già possibili, ad esempio,
quale contenuto attribuire al termine "legge" e al termine "consuetudine" nell'odierno ordinamento cinese. Le norme
entrate in vigore non sembrano risolvere alcune problematiche quali il ruolo da attribuire alle già note interpretazioni
della Corte suprema: da un lato non vengono esplicitamente menzionate nell'art. 10, dall'altro i loro contenuti sembrano
troppo importanti per pensare di escluderle, per questo vi è chi ha ipotizzato di ricomprenderle proprio tra le consuetudini.

Quando alla fine del XX secolo in Europa si discuteva di "decodificazione" dovuta ai limiti del codice,
la Cina ancora attendeva il proprio codice civile; ma già alcuni studiosi si chiedevano se realmente la
sua approvazione potesse essere la strada migliore da percorrere per la crescita giuridica del paese;
l'approvazione di un codice basato sui modelli occidentali doveva infatti confrontarsi con la peculiare
società cinese. A quasi venti anni di distanza da quelle riflessioni, molti interrogativi sembrano ancora
attuali. Recentemente la società cinese sembra essere sempre più complessa da interpretare ed il paese
109

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

pare inoltre essere tornato esportatore di modelli come alle sue origini, proponendo dinamiche che
non di rado hanno messo in discussione certezze tipiche della tradizione giuridica occidentale.
Interessante sarà dunque osservare come queste due recenti riforme, l'una certamente più ispirata ai
modelli di common law, l'altra a quelli di civil law, si tradurranno concretamente sul territorio cinese.
Da quanto sopra emerge che il processo di radicamento dei modelli occidentali è stato di per sé molto
complesso: la trasformazione del diritto cinese ha una logica propria che ricomprende, oltre ai
trapianti giuridici di matrice occidentale, l'influenza del diritto socialista e della millenaria tradizione
confuciana, elementi che contribuiscono a creare e modificare un'identità ed un'originalità del diritto
cinese odierno.

SEZIONE III – L’INCONTRO CON IL GIAPPONE

Il primo incontro: la Cina

Prima fonte di ispirazione è stata la Cina nel V d.C. quando il Giappone, insieme alla scrittura cinese,
alla religione buddista e alla filosofia confuciana, adottò anche i principi giuridici quali la diffidenza
verso la legge, la preferenza per la soluzione conciliativa e non conflittuale delle dispute, la struttura
gerarchica della società e del diritto. Il Giappone comunque riteneva l’imperatore legittimato solo
dalla discendenza diretta dalla dea del sole.

Anche le leggi imperiali emanate tra VII e VIII sec. in materia penale e amministrativa risentono
dell’influenza cinese. Ma tali norme, in vigore fino alle riforme del XIX sec, non hanno trovato
concreta applicazione perché sostituite da consuetudini e regole locali di origine nobiliare o militare
(cioè chi ha detenuto il potere reale a fronte di quello solo formale dell’imperatore). E’ quindi la casta
dei militari e del capo che li comanda, lo Shogun, che assume gradualmente il controllo del paese
e produce diritto, come una raccolta di giurisprudenza nel 1232, detta Codice di giudizio, per regolare
le dispute tra vassalli e proprietari di terre. I militari si affermano quando Tokugawa Ieyasu opera
l’unificazione nazionale riportando sotto il proprio controllo i signori del Giappone e ottenendo il
titolo di Shogun nel 1603 (fino al 1867). La dinastia Tokugawa si distingue per l’adozione del
confucianesimo come ideologia ufficiale, per una rigida organizzazione della società in classi e per
un’abbondante produzione legislativa. Nel 1742 si ha la riforma del sistema normativo a seguito delle
trasformazioni socio economiche e sono promulgate le norme per le procedure giudiziarie.

Il regime Tokugawa non incoraggiava il ricorso alle corti, preferiva che la gente risolvesse le questioni
fuori dal sistema giudiziario. Solo con lo sviluppo economico, dovuto alla crescita di importanza dei
mercanti, aumentò il ricorso alla giustizia shogunale.

L’APERTURA AI MODELLI OCCIDENTALI E L’INCONTRO CON LA CIVIL LAW

La dinastia si dimostrò inadeguata di fronte allo sviluppo dell’economia, che metteva in crisi la
tenuta di una struttura sociale molto rigida, e alla pressione delle potenze occidentali, che a metà
dell’Ottocento costrinsero il Giappone all’apertura delle frontiere e alla firma dei c.d. trattati
ineguali.

110

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Lo shogunato Tokugawa crollò di fronte alla crisi nel 1868, segnando il ripristino dell’autorità
imperiale e, in particolare dell’Imperatore Mutsuhito, passato alla storia col nome di Meiji. Con
questo imperatore, iniziò un periodo di riforme e di modernizzazione del Giappone – la c.d.
Restaurazione Meiji – che toccò anche in maniera decisiva il diritto e il sistema delle fonti. Fu così
inevitabile rivolgersi ai modelli occidentali, e in particolar modo a quelli di civil law. Il successo e
la fama delle codificazioni napoleoniche determinarono l’inziale attenzione per il sistema francese,
come dimostra il codice di procedura penale del 1880 che emanò l’epoca Meiji. Alla fine venne
privilegiato il diritto tedesco, ritenuto il modello migliore, più adatto alle esigenze del paese, da cui
scaturirono il codice di procedura civile, il codice di commercio e un nuovo codice penale e di
procedura penale. Più complessa fu invece la preparazione di un codice civile, che entrò in vigore nel
1898 e venne scritto sul modello del BGB e sul modello francese. Nel 1889 inoltre l’Imperatore fece
al popolo la concessione di una costituzione, che prendeva a base il modello prussiano, centrato sul
potere di vertice dell’Imperatore.

Il secondo dopoguerra e l’influenza statunitense

Dopo la seconda guerra mondiale il paese occupato dalle forze americane deve costruire una propria
immagine democratica e modernizzare il proprio sistema giuridico. Importante l’influenza degli Stati
Uniti che dopo l’occupazione restano alleati del Giappone. La loro influenza riguarda anche
l’ordinamento giuridico. La più importante novità è la costituzione emanata nel 1947 e ancora in
vigore. E’ una costituzione rigida che cancella le prerogative divine dell’Imperatore, accoglie il
principio della separazione dei poteri (LEGISLATIVO affidato a una dieta bicamerale,
ESECUTIVO al Governo, legato alla dieta da fiducia, GIUDIZIARIO a una magistratura
indipendente); rinuncia alla guerra, introduce il principio della laicità dello stato, sancisce la
protezione dei diritti fondamentali dei cittadini.

Introduce anche una forma di controllo diffuso della costituzionalità delle leggi, affidato alla Corte
suprema, che gode anche di potere regolamentare riguardante l’amministrazione della giustizia in
senso lato. Tratto particolare è che la norma ritenuta incostituzionale dalla Corte suprema viene
disapplicata nel caso concreto ma resta in vigore. La relativa sentenza viene pubblicata nel bollettino
ufficiale e trasmessa a Governo e Dieta perché adottino le misure conseguenti. Con il codice del 1996
la giurisdizione della Corte suprema è diventata prevalentemente discrezionale, sul modello
americano.

Il principio di uguaglianza ha inciso sui rapporti familiari e sulle successioni, tanto da rendere
necessaria la revisione del libro IV di famiglia e del V del codice civile, perché l’assetto patriarcale
della famiglia e i diritti successori del primogenito maschio erano incompatibili con il dettato
costituzionale. Si hanno modifiche anche nel diritto commerciale, delle società, fallimentare, del
lavoro.

L’amministrazione della giustizia

Per secoli il regime feudale giapponese ha bandito come immorale la professione di avvocato: di
fronte a un giudice le parti si presentavano senza difensore. Gli avvocati sono stati legittimati in epoca
Meiji. Dopo la seconda guerra mondiale si impone loro, dopo il superamento di un difficile esame,
di completare due anni di tirocinio nell’Istituto di formazione annesso alla Corte suprema, assieme ai
futuri giudici e procuratori. Solo intorno al 1980 aumenta il loro prestigio sociale ed economico. Il
111

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

loro numero è sempre stato basso: nel 2000 erano 21.000 ma ora le cose stanno cambiando grazie
all’istituzione di molte facoltà giuridiche e al nuovo tipo di esame di ammissione meno difficile e
selettivo del vecchio.

Riguardo ai giudici la loro indipendenza è garantita dalla costituzione anche se vi sono perplessità
circa i metodi di nomina, la durata limitata del mandato, la sua rinnovabilità.

Dopo l’occupazione alleata del Giappone c’è stata l’influenza del diritto nord-americano sul processo
civile e penale.

Un nuovo codice di procedura penale è stato emanato nel 1949, basato sul principio accusatorio e
su alcune regole di esclusione della prova (es. la hearsay rule) ma non c’è stata l’introduzione della
giuria. Il codice di procedura penale del 1890 era una traduzione di quello tedesco del 1877. La
differenza era nell’assenza dell’obbligo di assistenza legale di fronte alle corti di prima istanza per i
pochi avvocati e per la loro cattiva reputazione durante lo shogunato.

L’influenza americana si è fatta sentire, oltre che sulla procedura penale, anche sulla procedura
civile. A più riprese, fino all’adozione di un nuovo codice nel 1996, il legislatore ha reso il processo
civile più adversary: ha abolito il potere del giudice di assumere prove d’ufficio, ha introdotto
l’istituto della cross examination, ha puntato su una migliore preparazione della causa e una maggiore
concentrazione del procedimento, eliminando lungaggini, ha rafforzato l’idea di una maggiore
cooperazione tra giudici e avvocati. Da ricordare che in Giappone “il processo davanti a un giudice è
considerato un’ultima istanza” tanto che si afferma che “il processo può essere alternativo alla
mediazione e non viceversa”.

Durante lo shogunato il “principio della transazione” era una delle caratteristiche del sistema
processuale. Anche nel periodo della restaurazione Meiji, il giudice praticava il kankai, cioè il
consiglio di transigere, che fu poi abolito; il giudice ricorreva al potere di proporre alle parti la
transazione della lite, ma per decenni mancò un procedimento apposito di mediazione.
Nel 1922 fu istituito un procedimento speciale di mediazione (chotei=conciliazione) presso le corti,
prima per mediare le controversie immobiliari, poi con estensione ad altri settori. Oggi c’è un chotei
in materia civile e uno in materia familiare. Il procedimento si svolge di fronte a un comitato
composto da un giudice e due conciliatori: se si raggiunge la soluzione, avrà valore di sentenza, se
non c’è accordo, il comitato proporrà una soluzione che varrà come decisione. I processi di chotei
superano in numero i processi civili.

In conclusione, emerge con chiarezza che nei paesi occidentali il ricorso alle tecniche alternative di
soluzione alle controversie è concepito in funzione efficientistica, servendo a risparmiare costi e
tempo, in quanto il diritto positivo, secondo i giapponesi, è troppo semplificato per regolare in
maniera abbastanza complessa le attività umane. Il diritto non è perfetto: semplifica la vita per
disciplinare le relazioni. La sua limitatezza può essere superata dalla mediazione.

Non si può dire che l’influenza degli USA abbia portato ad un ripensamento a favore della
giurisprudenza: costituzione e leggi restano la fonte primaria, eventualmente affiancata dal “giri”,
una regola di convenienza non giuridica, osservata spontaneamente per non incorrere nel biasimo
sociale.

112

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

SEZIONE IV – L’INCONTRO CON I PAESI ISLAMICI

Premessa

La locuzione “Paesi islamici” fa riferimento ad un insieme diffuso di stati distribuiti nei quattro
continenti e aventi come caratteristica comune l’appartenenza all’Islam. L'Organizzazione della
Cooperazione Islamica (OCI) esprime tale appartenenza in termini numerici («Stati che hanno una
maggioranza islamica”).

[Quale “mondo musulmano”? Le espressioni paesi arabi, paesi islamici e paesi del Medio Oriente
sono locuzioni non coincidenti tra loro. I paesi arabi e i paesi islamici si sovrappongono in alcuni
casi, ma non sempre coincidono: è vero che i paesi arabi (la cui lingua è l’arabo) sono anche
musulmani (si confessa la religione musulmana), ma non tutti i paesi musulmani sono anche arabi.
La lingua araba è presente solo nell’area che comprende i paesi del Nord Africa (Marocco, Algeria,
Tunisia, Libia, Egitto) e quelli affacciati tra Mar Rosso e Golfo Persico (Sudan, Giordania, Arabia
Saudita) e sul mar mediterraneo orientale (Siria, Libano, Palestina). La religione islamica e il diritto
islamico si sono diffusi nella zona tra l’Oceano Atlantico e Pacifico, che include anche l’Iran (la cui
lingua ufficiale è il farsi), Turchia, Indonesia. L’espressione “paesi del medio oriente” comprende
paesi non tutti arabi e non tutti musulmani. L’espressione fu coniata agli inizi del XX secolo per
indicare una regione compresa tra la penisola araba e l’India. Ora comprende paesi arabi, non arabi
(Iran, Turchia) e non islamici (Israele). ]

Il fil rouge che lega insieme questi Paesi è, come detto, l'appartenenza all'islam che, nella maggior
parte dei casi, si declina anche in termini di almeno parziale applicazione della sarì'a; inoltre, con
rare eccezioni, i territori che costituiscono i Paesi islamici hanno subito un qualche tipo di
dominazione (colonia, protettorato, mandato) da parte di potenze europee e tale dominazione ha
portato con sé elementi della tradizione giuridica occidentale che poi sono rimasti in vigore, seppure
con modifiche e trasformazioni, anche dopo l'indipendenza. È a questa seconda caratteristica che si
farà qui principalmente riferimento; allo stesso tempo, verrà dato conto della tendenza, sempre più
evidente in epoca attuale, al recupero della sarì'a anche negli ambiti del diritto da cui era stata, per
varie ragioni, allontanata.

La sarì'a: brevi nozioni introduttive

L'islam è una religione monoteista nata in Arabia nel VI sec. d.C; essa si fonda sulla Rivelazione
divina, espressa in arabo e contenuta nel Corano, testo dal contenuto composito in cui si affiancano
gli ahkàm (precetti, norme, regole giuridiche), le storie e le leggende (soprattutto sui profeti), e le
esortazioni e gli ammonimenti. Gli ahkàm hanno a loro volta contenuto eterogeneo e le prescrizioni
in materia di culto e rituali si affiancano a quelle sulla capacità delle persone, il matrimonio e le sue
vicende, la filiazione, la successione; vi sono poi norme penali, qualche disposizione tributaria (zakàt,
gizya, ganima), processuale (soprattutto sulle prove) e commerciale. Non mancano i principi
generali, spesso di natura etica: vi ritroviamo i costanti inviti ad agire con giustizia ed equità, oltre ai
celebri divieti di alea (garar) e usura (ribo).

[Le quattro fonti del diritto islamico ricollegate alla rivelazione divina comprendono:
113

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

• Il Corano, ossia il libro delle rivelazioni di Dio al Profeta Maometto;


• La sunna, ossia l’insieme delle tradizioni profetiche rinvenibili nei racconti inerenti il
comportamento del Profeta, trasmessi oralmente e poi scritti;
• L’ijma’, l’accordo della Comunità islamica o dei suoi membri più qualificati;
• Il qiyas, ossia il procedimento analogico.]

Su questa base non ricchissima - sono circa un centinaio su 6200 i versetti squisitamente giuridici del
Corano - l'islam ha nei secoli sviluppato un proprio sistema giuridico, la sarì'a, termine che solo
impropriamente può essere tradotto con diritto o legge essendo, al contempo, qualcosa di più e
qualcosa di meno. La lingua araba non conosce infatti un termine che abbia la stessa estensione semantica di "diritto",
e usa lemmi distinti per indicare dimensioni del diritto diverse: sarì'a, per l'insieme delle norme rivelate, qànun (evidente
il calco dal greco "canone") per la legge che promana dal governante e 'urf per le consuetudini.

[La dialettica tra shari’a e siyasa shar’iyya.

• La shari’a è la Legge divina rivelata da Dio rivolta ai soli musulmani per regolare la loro
vita;
• La siyasa shar’iyya corrisponde al diritto promanante dal potere politico. La nascita di
questa fu favorita dell’immutabilità della shari’a, come mezzo per modernizzare il diritto; è
inoltre subordinata alla shari’a, vincola cioè il musulmano solo se a questa conforme. La
siyasa shar’iyya, a partire dal XVII secolo, fu contrastata dai giuristi e dai giudici islamici,
applicata solo dai giudici meno autorevoli, e agli inizi del XIX secolo si cristallizzò. ]

Il vocabolo sari'a è usato oggi per racchiudere due diverse dimensioni di ciò che per comodità
definiamo diritto musulmano:

• innanzitutto la sarì'a vera e propria, cioè il diritto rivelato, l'insieme di principi, precetti e regole,
di natura etica, morale e giuridica, contenuti nel Corano e nelle tradizioni (hadit) attribuite al
profeta Muhammad (collettivamente note con il nome di Sunna);
• in secondo luogo, il fiqh, cioè la scienza giuridica applicata alla sari'a, frutto dell'attività
interpretativa (igtihad) dei dottori della legge. La sari'a è divina e, come tale, eterna e immutabile,
mentre il fiqh è umano e implica «un processo deduttivo sul piano sia linguistico che legale»,
definito come «l'arte di estrarre dalle fonti le norme relative alla qualificazione sciaraitica delle
azioni del musulmano tenuto all'adempimento dei suoi obblighi religiosi».

Non è sbagliato affermare che per ogni problema esistono almeno due o più pareri legali, ciascuno
frutto dell’attività interpretativa di un giurista, tutti ugualmente validi. In ragione di questo dinamismo
ed eclettismo, il diritto musulmano è stato in grado di adattarsi perfettamente a società, tempi e
ambienti diversi.

Va tuttavia sottolineata la fase di sviluppo del diritto musulmano nota come "chiusura della porta
dell’igtihad”, iniziata intorno al secolo IV eg./X d.C e durata per lunghissimo tempo:
l'istituzionalizzazione delle scuole dominanti sunnite e sciite porta ad affermare il primato del
precedente di scuola [taqlid, sottomissione all'autorità della scuola), il giurista riduce
significativamente l'attività di igtihàd e si dedica all'elaborazione e al commento delle opere dei
giuristi dei secoli precedenti.

Se la civil law si caratterizza per la preponderanza del formante legale, e la common law per il ruolo
della giurisprudenza, nel diritto musulmano alla base rivelata si somma un corpus di norme che,
114

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

come detto, sono frutto dell'attività interpretativa dei dottori della legge e che fanno del fiqh un
juristenrecht, un chiaro esempio del funzionamento a pieno regime del formante dottrinale. Il fiqh
si è infatti sviluppato all'interno di scuole giuridiche (madbab), ciascuna contraddistinta da un
proprio metodo e da un proprio approccio alle fonti; sono arrivate sino a oggi, e sono note dai loro
eponimi, le scuole giuridiche sunnite (malikita, hanafita, shafi'ita e hanbalita), sciite (ismailita,
gia'farita, zaydita) più alcune correnti non classificabili nell'uno o nell'altro gruppo, come gli ibaditi
dell'Oman.

Quanto alla formazione del giurista, la conoscenza del fiqh è lo scopo ultimo della formazione almeno
sino al declino del sistema tradizionale nel XIX secolo; l'elaborazione di un curriculum comune a
quasi tutto il mondo islamico, sommato alla preferenza per gli studi nella lingua della Rivelazione
(l'arabo), produce una certa omogeneità culturale e l'emersione di un'elite pan-islamica. Va però
sottolineato che le opere di fiqh non rappresentano il diritto della prassi; quest'ultima riflette sempre
fattori locali e personali come le consuetudini di una famiglia o di un quartiere, le tradizioni di una
città o regione, le regole specifiche e la prassi di un giudice, un governatore, un sultano. In questo
quadro il mufti (giureconsulto che emette pareri giuridici, fattua) media tra diritto come teoria e
diritto come prassi; con gli Ottomani diventa un funzionario, controllato e pagato dallo stato, e il
mufti di stato è ancora oggi presente in alcuni Paesi islamici.

A partire dalla metà del XIX sec. tre fattori influenzano il destino della sari'a.

Innanzitutto, l'istituzionalizzazione di un sistema educativo secolare, che si accompagna alla


riduzione del numero di studenti nel sistema tradizionale e alla marginalizzazione del relativo
curriculum.

In secondo luogo, cominciano a formarsi i moderni stati-nazione e con essi l'idea di codice e
costituzione. I riformisti propongono una maggiore flessibilità basata sul cosiddetto neo-igtihàd, sulla
riduzione della "lealtà di scuola" (taqlid) e sull'adozione del talfiq (eclettismo giuridico).

Infine, emerge un'opposizione politica in chiave islamica che fa appello alla sarì'a come ideale di
giustizia sociale. In questo contesto, il vocabolo sarì'a è privato di complessità e di collegamenti con
la tradizione intellettuale del fiqh e viene invocato come ideale sistema di governo.

Sempre dall'Ottocento e fino a oggi due diversi fenomeni si contendono lo sviluppo del diritto in
area islamica:|

• da un lato l'acculturazione giuridica, espressione che fa riferimento al contatto con altre civiltà e
altri diritti, alla circolazione dei modelli giuridici e alla recezione di modelli stranieri;
• dall'altro la modernizzazione, che riguarda soprattutto lo statuto personale (N.B. Il termine statuto
personale rimanda all’applicabilità su base personale delle norme che regolano il diritto di
famiglia, il diritto successorio e delle fondazioni pie), più legato alla tradizione e alla religione, e
che esprime un anelito di riforma "interna" al sistema, per cui solo raramente in questo settore sono
presi prestiti da tradizioni giuridiche altre.

La recezione del modello occidentale ratione imperii e imperio rationis

115

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Gli scambi culturali e commerciali tra Europa e mondo arabo, turco e persiano risalgono a tempi assai
remoti; se indubbi sono gli apporti della cultura scientifica islamica a quella europea (algebra,
medicina, matematica, astronomia, per citarne alcuni), più problematiche restano le dinamiche
dell'interazione giuridica tra i due mondi. La dottrina europea ha a lungo discusso se il fiqh sia o meno
un prodotto completamente originale islamico. Se con riferimento ai primi secoli dell'islam la
questione non può ancora dirsi completamente risolta, a partire dal XVIII e XIX secolo la relazione
fra tradizione giuridica occidentale e tradizione giuridica islamica si fa più stretta e gli influssi
della prima sulla seconda più netti. Sono due le cause principali di questo fenomeno: la prima è il
fascino che esercita su tutta l'orbita mediterranea la codificazione francese napoleonica e che spinge
l'Impero ottomano a rifarsi a essa quando sente necessarie le riforme. La seconda èe, il colonialismo,
che porta con sé come principale strumento di controllo sulle risorse e sui popoli conquistati il diritto:
è soprattutto così che civil law e common law si affermano in Africa e Asia.

Acculturazione: la stagione delle riforme nell'Impero ottomano e nella Turchia repubblicana

CASTRO, nel ripercorrere le tappe e i modelli della codificazione civile nel mondo turco-arabo
ottocentesco, fa riferimento al concetto di acculturazione giuridica e spiega: «l'acculturazione
giuridica consiste in una profonda trasformazione della società nella quale si innestano nuove
concezioni giuridiche. L'innesto delle nuove concezioni giuridiche attecchisce in quei settori del
diritto islamico, ove il potere comunque costituito …riusciva a sottrarre ambiti di applicazione alla
sarì'a. L'esistenza di un "diritto autoritativo" in concorrenza con il diritto di produzione dottrinaria
qual è il fiqh o diritto musulmano in senso stretto è un fenomeno che percorre tutta l'esperienza
dell'islam».

Agli inizi del XIX secolo nell'Impero ottomano si avverte la necessità di avviare delle riforme che
mettano l'Impero in condizione di uscire dal pantano economico, culturale e militare in cui lo hanno
relegato decenni di cattiva amministrazione. Nel 1839 il sultano 'Abd al-Megid, nell'ambito del piano
di riorganizzazione (tanzimàt) promosso dal suo predecessore Mahmùd II, avvia una profonda
ristrutturazione dello Stato, delle leggi civili e commerciali e della magistratura, che culmina nella
costituzione del 1876. Si discute su principi come la ripartizione dei poteri, la cittadinanza,
l'uguaglianza davanti alla legge. In questo quadro si collocano le riforme volte a garantire
l'uguaglianza dei sudditi dinanzi alla legge (intesa a superare la tradizionale discriminazione giuridica
tra fedeli e infedeli), la pubblicità del processo, l'introduzione di un meccanismo statale di raccolta
delle imposte, la riforma della leva obbligatoria. Fulcro dell'intera riforma è l'affermazione che essa
si applicherà «alla gente dell'islam e a tutti gli altri popoli sudditi dell'Impero», così promuovendo la
formazione di una nuova identità politica (l'ottomanismo) condivisa da musulmani e non musulmani.

Le riforme riflettono almeno in parte una visione secolare del ruolo dello Stato, visibile anche nelle
strategie adottate al momento della codificazione del diritto civile; tra il 1869 e il 1876 sono
composti i 16 libri della mecelle-yi ahkàm-i 'adliyye, il codice delle obbligazioni e dei contratti di
forma europea (articoli e rubrica) ma contenuto islamico (fiqh hanafita), frutto della commissione
presieduta da Pasha. Se la mecelle è espressione della tradizione giuridica europea solo nella forma,
ben diversa è la situazione con riferimento ai codici di commercio. In questo settore è evidentissima
l'influenza del diritto francese, che spinge Castro a parlare di «imitazione pedissequa di modelli
normativi prevalentemente francesi in materia di diritto commerciale terrestre e marittimo».

116

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

La familiarità con la cultura giuridica europea, che avremo modo di riscontrare anche in altri ambiti
del diritto, facilita in qualche modo la decisione di Mustafa Kemal Atatùrk, all'indomani della nascita
della Repubblica di Turchia nel 1921, di abrogare ogni residua vestigia della tradizione giuridica
islamica (che era ormai confinata solo al diritto di famiglia e al codice delle obbligazioni e contratti,
mecelle) e sostituirla con codici europei. Nel 1925 è introdotto in Turchia il codice civile svizzero
del 1912; non si tratta di una recezione letterale di un testo straniero, ma di un "adattamento flessibile",
agevolato dalla precedente esperienza normativa ottomana. La nuova Turchia rifiuta la tradizione
sciaraitica anche nell'ultimo campo a questa rimasto, lo statuto personale, e ne convoglia l'intera
disciplina nel codice civile: il testo, che si applica a tutti i cittadini dello Stato, disciplina quindi anche
la capacità delle persone, il matrimonio, la filiazione e la successione. La nuova famiglia turca di
modello svizzero è comunque patriarcale (perché tale era la visione dell'epoca anche in Europa), ma
il matrimonio è rigorosamente monogamico e si ha una parziale uguaglianza di genere in termini di
diritto al divorzio; inoltre, il legislatore turco non ritiene di conservare della tradizione sciaraitica
neanche il ripudio. Non fu indifferente al processo di comprensione e traduzione concettuale del
nuovo codice la presenza in Turchia, negli anni Venti, di molti giuristi europei soprattutto di lingua
tedesca, diversi dei quali erano ebrei in fuga dal nazismo. Sempre in quegli anni l'influenza del diritto
europeo in Turchia si riscontra anche nella legge sulle obbligazioni del 1926, pure di modello
svizzero; nella legge commerciale di impronta principalmente tedesca; il codice di procedura civile è
basato ampiamente su quello del cantone di Neuchàtel mentre quello di procedura penale del 1929 si
rifà al modello tedesco del 1877. Il codice civile è stato riformato in modo sostanziale nel 2001,
intervenendo soprattutto nell'ambito del diritto di famiglia per ridefinire i ruoli dei coniugi in termini
di piena eguaglianza, portare a 18 anni per maschi e femmine l'età minima matrimoniale, disciplinare
l'adozione anche da parte di persone non coniugate, riconoscere gli stessi diritti ereditari ai bambini
nati fuori del matrimonio e a quelli nati nel matrimonio.

Gli effetti della colonizzazione sul diritto

Abbiamo visto come l'affermazione della tradizione giuridica europea sia avvenuta nell'Impero
ottomano prima e nella Turchia repubblicana poi imperio rationis, come conseguenza del lustro e
del fascino della codificazione soprattutto francese. Altrove le cose non sono andate così e va anzi
sottolineato come, nella maggior parte delle terre che rientrano oggi nella categoria di Paesi islamici,
il diritto straniero sia arrivato ratione imperii, per via di imposizione autoritativa attraverso il regime
coloniale e mandatario. Le modalità con le quali le potenze europee hanno imposto le proprie regole
e i propri sistemi, o hanno influito su quelli esistenti fino a talvolta snaturarli, variano con il variare
delle politiche attuate sui territori conquistati. Gli inglesi, ad esempio, hanno adottato due diverse
strategie: da un lato la cd. direct rule esercitata dal Colonial Office di Londra, di cui è esempio il
British Raj, cioè i territori indiani sotto il diretto controllo della Corona inglese; dall'altro la indirect
rule, teoria sviluppata da Frederick Lugard con riferimento alla Nigeria settentrionale, secondo la
quale il miglior governo coloniale è quello capace di operare attraverso l'intermediazione di capi
locali.

La direct rule in India si sostanzia in una serie di riforme relative all'amministrazione della giustizia;
nei tribunali di primo grado i giudici inglesi erano affiancati da consulenti musulmani {mawlawi) e
indù (pandit). Il vertice dell'ordinamento giudiziario era sempre rappresentato dai giudici formatisi in
Inghilterra e che applicavano esclusivamente il diritto inglese. La competenza per materia era stata in
parte definita dalla Regulation II del 1772 ai sensi della quale «in tutti i casi relativi a eredità,

117

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

successioni, matrimonio, caste e altri usi e istituzioni religiose, le leggi del Corano rispetto ai
maomettani e quelle dei Shastra rispetto ai gentoos [indù] saranno invariabilmente seguite».
Ai consulenti veniva richiesto di rendere pareri sulle rispettive leggi religiose, ma secondo condizioni
e clausole poste dagli inglesi: ad esempio, ai musulmani fu chiesto di esprimere un parere secondo la
sari'a, ma prescindendo dall'appartenenza religiosa dei testimoni del caso, che invece nel diritto
islamico è determinante per valutare l'attendibilità della testimonianza e quindi anche decidere della
controversia. A ciò si aggiunga che nel corso del XVIII secolo fu avviata una vasta opera di
traduzione delle fonti normative dei diritti locali. Il presupposto teorico di questa attività era che
il diritto musulmano e il diritto hindu fossero esclusivamente quelli che si ricavavano da testi in alcuni
casi vecchi di centinaia di anni: la traduzione di queste opere consentiva di affermare la teoria del
diritto musulmano come essenzialmente statico, obsoleto e incapace di rispondere alle esigenze della
realtà. Si sviluppò così, attraverso l'attività giurisdizionale inglese sulle fonti classiche, una nuova
versione del diritto musulmano nota come anglomuhammadan law (un destino analogo toccherà al
diritto indù) e in questo modo, considerando i testi classici alla stregua del diritto vivente, gli inglesi
finirono per rimettere in vigore norme che spesso erano già cadute in desuetudine o non erano mai
state interamente applicate. L'interpretazione di giudici formatisi in Inghilterra modificò il diritto
musulmano; si affermò in India la dottrina del precedente vincolante nonché il ricorso a nozioni come
"justice, equity and good conscience". La anglo-muhammadan law sopravvive all'indipendenza di
India, Pakistan e Bangladesh; in India in particolare, dove i tribunali chiamati ad applicare e
interpretare il diritto personale musulmano non esitano a fare riferimento anche alla giurisprudenza
dell'epoca inglese.

Nell'indirect rule alla potenza coloniale spetta il controllo delle tasse, dell'esercito e delle relazioni
con gli altri stati, mentre alle autorità locali è delegata l'amministrazione ordinaria; il principale
problema di questo sistema, altrimenti non del tutto disprezzabile nell'ottica della conservazione di
una parziale autonomia da parte delle popolazioni conquistate, risiedeva nella scelta dei capi locali,
che coinvolgeva quei soggetti che meglio si adattavano a far perseguire alla potenza straniera i propri
interessi. Dal punto di vista del diritto, la indirect rule fu applicata con esiti diversi in Africa e nelle
colonie asiatiche. In Africa rilevano le strategie giuridiche poste in atto in Sudan e Nigeria: in Sudan
alla sarì'a venne riconosciuto lo status di sistema giuridico autonomo e indipendente. In Nigeria, dove
la sarì'a era considerata una variante del native law and custom, alle Native Courts fu riconosciuta la
possibilità di amministrare il diritto musulmano al pari di ogni altro diritto consuetudinario, con il
limite, in materia penale, della disapplicazione della sari'a ogniqualvolta si fosse dimostrata
"repugnant to natural justice. equity and good conscience". La sarì'a era quindi assoggettata ai
cosiddetti validity test: le decisioni dei giudici dei tribunali sciaraitici erano soggette al controllo da
parte del Residente britannico e dei funzionari distrettuali per verificarne la compatibilità con le leggi
e l'ordine publico inglese. In Asia l'indirect rule si applicò in particolare nei c.d. Indian Princely
States, una serie di piccoli principati satelliti del British Raj in India; nel Golfo Persico furono oggetto
di indirect rule il Bahrein, il Qatar e i cosiddetti Trucial States, o Stati della tregua, un gruppo di
emirati posti sotto protettorato britannico per mantenere aperta la via delle Indie contro i pirati e
divenuti indipendenti nel 1971 come Emirati Arabi Uniti.

Un esempio interessante dell'applicazione contemporanea sia della direct e che della indirect
rule è rappresentato dalla Malesia: i territori attualmente facenti parte della federazione malese
entrarono nell'orbita della common law dal 1807, quando Giorgio III concesse la Royal Charter of
Justice, istitutiva di un tribunale competente in tutte le materie civili e penali. I possedimenti inglesi

118

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

in Malesia si articolarono nel tempo in tre diverse strutture: Straits Settlements, Federated Malay
States e Unfederated Malay States.

Gli Straits Settlements erano amministrati secondo i principi della direct rule in quanto caduti sotto
il controllo britannico attraverso l'acquisto o la conquista; gli Inglesi applicavano il diritto inglese "as
far as local circumstances will admit"; vigeva la common law in diritto commerciale mentre per lo
statuto personale, le successioni e le fondazioni pie si applicava la legge islamica. I Federated e gli
Unfederated Malay States, acquisiti a seguito di trattati conclusi con i sultani locali, furono
amministrati con il sistema dell'indirect rule: i sultani restavano formalmente capo dello Stato, ma i
funzionari inglesi, i "Residenti", controllavano la politica statale nei settori di interesse per la Corona
britannica.

Nella vicina Indonesia le cose andarono un po' diversamente sotto il dominio coloniale olandese:
inizialmente (1604-1799) soggetta al controllo della Compagnia Olandese delle Indie Orientali
(VOC), l'Indonesia vede l'applicazione agli europei dei regolamenti della Compagnia; al di fuori delle
basi commercili olandesi, le leggi urbane dei principi indigeni e, nelle zone agricole, le consuetudini
(adat) tradizionali restano in vigore salvo che nelle ipotesi di conflitto con gli interessi commerciali
olandesi. Quando nel 1816 l'Olanda riceve la restituzione dell'isola di Giava, il problema della legge
applicabile viene risolto estendendo alla Colonia le leggi e gli statuti promulgati in Olanda dal sovrano
(dopo il 1848, dal parlamento olandese). Nel 1854 i diversi statuti furono riuniti insieme in una sorta
di costituzione, il Regerings Reglement; gli Olandesi, come già gli Inglesi, fecero propria la
repugnancy, per cui le leggi locali sopravvissero nella misura in cui furono ritenute "accettabili" dalla
sensibilità giuridica olandese. Il Regerings Reglement divideva la popolazione delle Indie Orientali
Olandesi in due categorie: gli europei, cioè i cristiani non indigeni, e gli inlanders o nativi. Questa
classificazione fu più tardi confermata e precisata dalla costituzione indiana (Indische
Staatsregeling) del 1926 che identificava tre gruppi razziali: gli europei (ai quali erano assimilati i
giapponesi); gli "orientali stranieri", cioè cinesi, indiani e arabi; e i nativi. In base a tale classificazione
della popolazione, vigevano nelle Indie olandesi tre distinti sistemi giuridici, uno per ciascuno dei
gruppi razziali, e le consuetudini (adat) restavano il diritto applicabile alla maggior parte della
popolazione inlander; allo stesso tempo in materia penale e della sicurezza dello Stato il diritto
olandese si applicava a tutti gli individui a prescindere dalla loro appartenenza etnica; lo stesso
avveniva nell'ambito del diritto commerciale quando almeno una delle parti fosse stata un europeo,
così garantendo il dominio mercantile dei colonizzatori. Nei tribunali di prima istanza e nei tribunali
distrettuali, i giudici olandesi o indigeni applicavano la consuetudine (adat) a casi specifici; tuttavia
la possibilità di proporre appello di fronte alle corti superiori, tutte presiedute da giudici europei,
implicava che la consuetudine (adat) divenisse un adatrecht, una sorta di diritto statale. Questo
processo di statalizzazione delle consuetudini fu agevolato anche dalla raccolta e trascrizione delle
consuetudini stesse, che nel 1927 furono dichiarate dagli Olandesi la legge applicabile, a scapito della
sarì'a, relegata in posizione del tutto secondaria.

Nelle terre soggette a colonizzazione francese furono ovviamente applicate le norme dei codici della
Francia. Un caso particolare è rappresentato dall'Algeria. Innanzitutto, i francesi ritenevano di aver
semplicemente rimpiazzato gli Ottomani nel controllo di terre che non erano mai state sovrane; in
secondo luogo, l'immigrazione di coloni francesi in Algeria fu di gran lunga più massiccia che altrove;
questi stessi coloni esercitarono pressioni politiche enormi sulla Francia affinché agevolasse le loro
ambizioni commerciali concedendo loro la terra o permettendo loro di acquistarla dai nativi a

119

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

condizioni di favore; infine, la Francia coltivò l'ambizione di fare dell'Algeria non una colonia come
le altre, ma un territorio metropolitano. Questo non impedì però ai francesi di attuare una politica
discriminatoria, il cui culmine fu l'emanazione del cosiddetto code de l'indigénat nel 1881, che
ruotava attorno alla distinzione tra cittadini metropolitani e sudditi indigeni; ai primi vennero nel
tempo equiparati gli europei residenti in Algeria a cui venne estesa la cittadinanza francese (i c.d.
pieds-noir=piedi neri), mentre agli algerini tale beneficio fu concesso assai raramente e solo dopo
aver rinunciato alla sarì'a. Il code de l'indigénat è l'espressione con cui è noto un insieme di norme a
carattere repressivo destinate ad applicarsi ai soli "indigeni", in Algeria e nelle altre colonie
dell'Africa Occidentale Francese; il carattere discriminatorio di queste disposizioni, il razzismo che
le sottintendeva, le ridotte tutele processuali tradiscono gli ideali della Rivoluzione francese, ma
soddisfano a pieno le esigenze di controllo della potenza coloniale.

Nel 1873 la Loi Warnier rese applicabile in Algeria l'intero corpus del diritto francese con la
sola eccezione dello statuto personale e delle successioni: ai giudici islamici (qàdi) fu consentito di
applicare il fiqh malikita e in questi settori i francesi, come già gli inglesi in India, si limitarono a
sporadici interventi legislativi, relativi alla tutela dei minori e ad alcune formalità del matrimonio. Un
controllo più incisivo sul diritto musulmano avveniva attraverso l'attività della Chambre de revision
musulman, sezione della Corte di Appello di Algeri che, secondo SCHACHT, esercita sul diritto
musulmano algerino un'influenza paragonabile a quella del Privy Council sul diritto musulmano
indiano. Certo è che anche la Chambre non esita a deviare dalla rigorosa applicazione del fiqh quando
le sue regole appaiano in conflitto con gli ideali occidentali di giustizia, correttezza e umanità.
In Algeria l'intervento francese modifica il fiqh dando vita al cosiddetto droit musulman algérien sia
attraverso l'attività dei tribunali sia, e forse soprattutto, attraverso la dottrina.

Il giudizio sul lascito coloniale e la sua influenza sul diritto musulmano non è condiviso:
SCHACHT nel 1964, a decolonizzazione appena avviata, ritiene riuscita la sintesi tra la
giurisprudenza islamica del periodo formativo e i principi giuridici di matrice inglese. Quarant'anni
più tardi la prospettiva cambia radicalmente; ne è un esempio il giudizio durissimo di HALLAQ
sull'attività della dottrina orientalista coloniale inglese, olandese e francese: conniventi con i rispettivi
poteri politici, gli studiosi dell'epoca piegarono le loro conoscenze del diritto islamico al mero scopo
di fornire utili strumenti alle potenze coloniali per stravolgere il contenuto di alcuni istituti e rendere
islamicamente corretta, e quindi accettabile da parte delle popolazioni sottomesse, la stessa pratica
coloniale.

La codificazione del diritto civile e l'affermazione del Code civil francese

L'idea di codificare il diritto non è nuova nella cultura giuridica islamica se già ibn al-Muqaffa',
vissuto nell'VIII secolo, affermava che al sovrano va riconosciuta l'autorità di scegliere, tra le regole
del fiqh, quelle più rispondenti alle esigenze della società, di raccoglierle in un codice e renderle
obbligatorie per i giudici; idea non nuova, dunque, ma mai applicata in modo sistematico nel mondo
islamico almeno fino alla metà del XIX secolo. Fa parziale eccezione l'Impero ottomano nel quale,
come si è visto, i numerosi spazi lasciati scoperti dal fiqh furono oggetto sin dal XV secolo di
interventi da parte della autorità politiche in forma di qànun-nàme che si occupavano soprattutto di
questioni finanziarie e diritto penale. Le sorti dei qànun-nàme furono alterne e, ad esempio, nel XVII
secolo se ne ridusse di molto la portata e influenza in conseguenza dell'aumento di potere riconosciuto
allo ìayh al-islàm (il mufti della capitale). L’attività legislativa dei sultani ottomani, cui può essere
avvicinata solo in parte la parentesi normativa di Aurangzeb in India nella seconda metà del XVII secolo, dimostra
120

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

come non vi fosse un'ostilità a priori verso il potere nomofilattico del sovrano nelle materie non
direttamente disciplinate dalla sari'a; questo consentì, nella seconda metà del XIX secolo, di adattare
alle dinamiche della siyasa il potere legislativo che l'ideologia liberale europea andava riconoscendo
ad assemblee e parlamenti. Delle vicende ottomane e turche si è detto sopra. Altrove nel
Mediterraneo si affermano, nel XIX secolo, modelli diversi, sia pure anche questi largamente
tributari al diritto europeo e soprattutto francese.

In Egitto una particolare contingenza politica aveva portato all'istituzione di Tribunali misti ove, in
virtù del sistema di protezione consolare (capitolazioni, imtiyàzàt), sedevano giudici delle potenze
capitolari; nel 1876 vedono la luce, ad opera del francese Maunoury, i cosiddetti codici misti,
destinati ad applicarsi ai rapporti tra stranieri di differente nazionalità e tra stranieri ed egiziani. Questi
codici sono una trasposizione del diritto francese in Egitto: con riferimento al codice civile (da cui è
esclusa tutta la parte relativa allo statuto personale) Castro nota che siamo in presenza di «pedissequa
imitazione, sovente ad litteram, talora riassumendo in un unico articolo la materia di più articoli con
la conseguente alterazione del significato originario del code civil». Nel 1883 sono emanati i codici
nazionali, da applicarsi ai rapporti tra egiziani: anche in questo caso il contenuto è il diritto europeo,
francese ancora una volta, ma con apporti di diritto italiano grazie alla presenza in commissione
legislativa del giurista Giuseppe Moriondo. L'Egitto, dunque, alla fine del XIX secolo si trova ad
avere in vigore ben dodici codici, sei misti e sei nazionali, che disciplinano il diritto civile,
commerciale, marittimo, penale, la procedura civile e la procedura penale. Il diritto musulmano
sopravvive solo nel dominio riservato dello statuto personale, delle successioni e delle fondazioni
pie (waqf). Il superamento del sistema capitolare si ha con la Convenzione di Montreux del 12 aprile
1937; al termine del regime transitorio di dodici anni, nel 1949 , grazie all’ autore Abd al-Razzaq
Ahmad Ak Snahuri, vede la luce il codice civile unificato, che rappresenta una riuscita fusione tra
elementi del diritto europeo e del diritto musulmano tanto da divenire un prototipo ed essere adottato
in Algeria, Somalia, Libia, Siria; la sua "variante irachena" del 1951, ove l'influsso del diritto
musulmano è maggiore in virtù della precedente applicazione della mecelle ottomana, è recepita in
tutto o in parte in Giordania, Kuwait, Qatar ed Emirati Arabi Uniti.

Nel Maghreb spicca, ma siamo ormai agli albori del XX secolo, il codice delle obbligazioni e dei
contratti tunisino del 1907, detto in arabo magalla per riprendere lo spirito della mecelle ottomana,
che era una condensazione di fiqh hanafita, mentre qui siamo nell'orbita del fiqh malikita. L'omaggio
linguistico non deve fuorviare: il contenuto del c.o.c. tunisino si fonda sulla monumentale opera di
David Santillana che nel suo avant-projet de code civil et commercial tunisien del 1896 fonde un
impianto romanistico con norme di fiqh malikita e talvolta hanafita, indicando rigorosamente le fonti
europee e musulmane di riferimento. Entrò in vigore nel 1906 e fu recepito in Marocco. Raggiunta
l’indipendenza, la Tunisia modificò il proprio codice, aggiungendo un codice di commercio terrestre,
uno marittimo e uno dei diritti reali, riducendo così le materie disciplinate nel codice del 1906.

L’Algeria, colonia francese di dominio diretto, seguì un modello particolare: nella recezione del
modello non riuscì a recepire la codificazione di tipo tunisino, ma ricevette per estensione la
legislazione francese metropolitana. Nel caso dell’Algeria si parla di un vero e proprio sistema
franco-musulmano. A seguito dell’indipendenza riuscì, però, nella codificazione del diritto privato
del 1975, ad ispirarsi all’Egitto.

Il modello francese circola in altre parti del mondo islamico attraverso strumenti intermedi: è il caso
dell'Indonesia olandese dove entra in vigore nel 1848 il Burgelijk Wethoek (codice civile) del 1838,
121

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

modellato appunto sul codice napoleonico, insieme al Wetboek van Koophandle (codice di
commercio). Ricordiamo che l'applicazione del diritto olandese non riguardava tutti i soggetti residenti nell'arcipelago
indonesiano, che la popolazione era suddivisa in europei (e giapponesi), orientali stranieri e nativi indonesiani e che le
disposizioni del codice civile e del codice commerciale si applicavano agli europei e ai giapponesi, nonché agli orientali
stranieri fatta eccezione per le parti relative al diritto personale, al matrimonio, alle successioni. Agli indigeni, invece, le
norme del diritto europeo si applicavano solo nelle ipotesi in cui fosse stato loro esteso lo status di europei con una
decisione del Governatore generale; ovvia conseguenza è che i rapporti civili e commerciali degli indigeni
continuavano a essere retti dall'adatrecht e tale sistema rimase in vigore anche dopo l'indipendenza,
fino a quando nel 1967 fu estesa loro la possibilità di applicare le disposizioni di diritto societario
contenute nel codice di commercio e del diritto dei contratti contenute nel codice civile. Sebbene
nell'opera di codificazione civile e commerciale che ha interessato i paesi del Mediterraneo
meridionale un ruolo egemone sia stato svolto dal diritto francese, non mancano significative
influenze del diritto civile e commerciale italiano; le ritroviamo nella disciplina del concordato
preventivo, ripresa dai codici commerciali tunisino (1959) e libanese (1942); nel Projet de code des
obligations et des contrats commun à la France et à l'Italie (c.d. Progetto Scialoja) utilizzato come
fonte nella redazione del codice delle obbligazioni e contratti libanese del 1942; in parti del codice
civile libico del 1954, di modello egiziano, ma dove sono riprese disposizioni italiane in materia di
società semplice; sempre in Libia, il codice di commercio è un traduzione quasi integrale di testi
italiani anche ottocenteschi (il codice di commercio del 1882), mentre fonte del libro sul concordato
preventivo e il fallimento è la legge fallimentare italiana emanata con RD. 16 marzo 1942 n. 267.

Non sempre all'idea di codice civile si accompagna la recezione di modelli giuridici stranieri: è
il caso dell'Afghanistan e dell'Iran. Osserva PAPA che «nel panorama dei codici civili dei paesi
islamici il codice [dell'Afghanistan] si segnala innanzitutto per l'originalità della sua impostazione: al
suo interno viene infatti disciplinata…la materia dello statuto personale … che tradizionalmente non
è compresa nei codici civili, poiché in ragione della natura sacra del diritto di famiglia costituisce
oggetto di specifiche leggi speciali»; va precisato che il diritto di famiglia e le successioni sono retti
da disposizioni conformi alla tradizione giuridica islamica, qui sunnita hanafita. Il codice civile
afgano contiene significativi riferimenti al fiqh hanafita e ai principi della mecelle ottomana.

In Iran l'adozione del codice civile (1928-1935) si colloca nel quadro della campagna per l'abolizione
del regime delle capitolazioni; il codice è largamente tributario del diritto sciita gia'farita pur non
mancando qualche elemento di diritto francese in combinazione con il diritto sciita, ad esempio nella
divisione tra beni mobili e immobili, usufrutto, servitù prediali; nel libro secondo sulle persone si
scorgono invece influssi del diritto svizzero in materia di cittadinanza, domicilio e residenza, doveri
dei coniugi.

Il costituzionalismo

Le nozioni di costituzione e di costituzionalismo entrano nella cultura giuridica islamica come prestito
dall'Europa. La prima costituzione in assoluto nel mondo islamico è quella tunisina del 1861, nella
quale è prevista l'istituzione di una commissione legislativa, un organo di controllo delle spese di
governo e una struttura giudiziaria gerarchica: anche qui, dunque, come già in Europa, l'obiettivo
primario è il ridimensionamento dei poteri del principe (il bey), mentre per una compiuta definizione
dei diritti dei cittadini occorrerà attendere; l'istituzione del protettorato francese nel 1881 provocò la
sospensione della carta e la nuova costituzione della Tunisia si ebbe solo con l'indipendenza, nel 1956.

122

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Più interessante, per i contenuti e il contesto in cui vede la luce, è la prima costituzione ottomana
del 1876, ispirata a quella belga del 1832 e a quella prussiana del 1851 (come quest'ultima "concessa"
dal sovrano). L'islam è religione di Stato, ma il ruolo delle autorità religiose è fortemente limitato;
vengono definiti i diritti dei sudditi ottomani: uguaglianza davanti alla legge senza discriminazioni
basate sulla religione, libero esercizio delle confessioni non islamiche, inviolabilità della libertà
personale. Sono conservati ruolo e prerogative del sultano e, come nella costituzione prussiana, il
principio di separazione dei poteri è piuttosto superficiale: il potere esecutivo appartiene al sovrano
che lo esercita attraverso il consiglio dei ministri; il potere legislativo appartiene al sovrano che lo
condivide con il parlamento (bicamerale); la giurisdizione è organizzata su due livelli, sciaraitico
(sher't) e statale (nizami). Anche questa costituzione ebbe vita breve, il Parlamento fu sciolto nel 1878 e non si riunì
per i successivi trent'anni, la costituzione venne di fatto sospesa e solo nel 1909 una riforma costituzionale restituì
sovranità al parlamento; pochi anni dopo, la Prima Guerra Mondiale pose fine all'Impero e iniziò la storia della Turchia
repubblicana.

I paesi nati dalla decolonizzazione provvedono a darsi delle carte fondamentali: del
costituzionalismo europeo i Paesi islamici riprendono la separazione dei poteri; il catalogo dei diritti
fondamentali dei cittadini; le forme di stato e di governo sono le più diverse, ma tra i Paesi arabi si
nota una propensione a seguire il modello della potenza europea colonizzatrice, per cui ad esempio
Iraq e Transgiordania nascono dopo l'indipendenza come monarchie parlamentari su modello inglese
mentre optano per la forma repubblicana le terre controllate dalla Francia. A seguito dell'indipendenza
emergono sostanzialmente due modelli:

il primo, liberale, si rifà all'esperienza politica francese e inglese, di cui riprende l'assetto dei poteri,
l'idea di sovranità nazionale e popolare, la separazione dei poteri, le garanzie per le minoranze.

l secondo modello è socialista e muove dall'idea di trasformazione delle strutture economiche,


progetto che nel mondo arabo e islamico è destinato a fallire piuttosto velocemente; il socialismo qui
punta soprattutto a organizzare la compagine sociale a opera di un partito o di un leader a vocazione
spiccatamente autoritaria. Sono esempi di Stati socialisti l'Egitto di Nasser, la Somalia degli anni
1969-1991, l'Afghanistan dal 1973 al 1992.

Il modello liberale entra in crisi piuttosto presto e quasi ovunque nel mondo islamico si assiste, pochi
anni dopo l'indipendenza, a una proliferazione di carte costituzionali usate in funzione di
legittimazione del potere politico (sovente dopo un colpo di stato), con contestuale netta affermazione
del modello presidenziale, emarginazione delle assemblee parlamentari e subordinazione e controllo
del potere giudiziario.

Sono prive di costituzione l'Arabia Saudita e la Libia: l'Arabia Saudita, che non ha mai avuto
una costituzione, ha dal 1992 una Legge fondamentale di governo che dichiara, all'art. 1, il Corano
e la sunna del Profeta essere la 'costituzione' del Paese e in 83 scarni articoli tratteggia alcune linee
essenziali dello Stato. La Libia aveva adottato una costituzione nel 1951, anno dell'indipendenza,
con cui veniva istituita una monarchia parlamentare; la rivoluzione del 1969 era stata accompagnata
da un Proclama costituzionale che faceva della Libia una repubblica araba democratica ponendo fino
al regime monarchico; nel 1977 la Dichiarazione dell'autorità del popolo trasformò la Libia da
repubblica a 'regime delle masse' ma non mantenne la promessa di costituzione permanente fatta nel
1969. Il crollo del regime di Gheddafi nel 2011 ha avviato una profonda crisi istituzionale e politica
e il Paese è attualmente retto dalla Dichiarazione costituzionale del 2011 che fa della Libia una
123

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

democrazia in cui la sovranità appartiene al popolo. L'Islam è religione di stato, la sari'a è la principale
fonte della legislazione, ma lo stato garantisce la libertà di religione per le minoranze non musulmane
e protegge tutte le componenti linguistiche e culturali del Paese. Data l'attuale grave instabilità politica
e la presenza di movimenti insurrezionali armati non è dato sapere quanto di questi principi sia
effettivamente garantito.

Il controllo di costituzionalità delle leggi

Non va sottovalutato un aspetto specifico che attraversa trasversalmente il mondo islamico e cioè il
problema del ruolo dell'islam e della sari'a nell'ordinamento giuridico. Quasi tutti gli stati
islamici inseriscono nelle loro carte costituzionali delle disposizioni in tal senso: si può trattare di un
generico riferimento nel preambolo, di una disposizione sulla religione di stato, dell'affermazione del
principio di conformità della legislazione alla sarì'a o, infine, di un requisito per la nomina/elezione
a capo dello Stato. Fanno eccezione Turchia, Senegal, Niger e altri stati, che parlano esplicitamente di laicità o
secolarismo; la Sierra Leone non favorisce alcun credo e parla di libertà di religione; in Indonesia si proclama la fede in
"un unico Dio onnipotente" ma senza esplicitare l'islam come religione di stato.

La citazione nel preambolo, la religione di stato e il requisito di eleggibilità sono quelli che
PAROLIN definisce "acciaio islamico in uno stampo liberale", a significare che disposizioni analoghe
si trovano anche in ordinamenti non islamici (ad esempio, hanno una religione di stato Malta e la
Grecia; la religione è una condizione di eleggibilità - in senso lato - nel Regno Unito e Andorra; la
religione è citata nel preambolo della costituzione irlandese). Particolare è il caso del Bangladesh, la
cui costituzione del 1972 è stata più volte emendata riflettendo i cambiamenti imposti dal succedersi
dei colpi di stato. Il testo attuale prevede all'art. 2A che l'islam sia la religione di stato, ma allo stesso
tempo lo stato si impegna a garantire uguali condizioni e diritti nella pratica dell'induismo, del
buddhismo, del cristianesimo e di altre religioni.

La questione è più articolata con riferimento alla clausola di conformità sciaraitica della
legislazione. Il richiamo alla sarì'a avviene in diversi modi: nella maggior parte dei casi si trova la
formula secondo la quale la sarì'a è "la" fonte o "una" delle fonti del diritto; la scelta tra articolo
determinato e indeterminato non è un mero vezzo linguistico, ma segnala la volontà del legislatore di
evidenziare l’attaccamento ai valori dell'islam senza essere costretto (nella versione indeterminata)
ad attenersi a tutti i suoi ordini e divieti.

Sempre con riferimento alla clausola di conformità, in un solo caso si trova richiamato il fiqh (Siria
1973), mentre altrove sono i precetti (ahkàm) dell'islam (Pakistan 1973, Mauritania 1991), o ancora
i principi e precetti dell'islam (Afghanistan 2004) a essere usati come fonte; in Iraq, e anche questo
è singolare, è l'islam a essere una fonte fondamentale della legislazione); in Iran «tutte le leggi civili,
penali, finanziarie, amministrative, culturali, militari, politiche, le altre leggi e i regolamenti devono
essere basate su criteri islamici » (art. 4 Cost, 1979). Il significato concreto di queste disposizioni è
variabile secondo i contesti, né le carte costituzionali precisano di quali principi si tratti sebbene, ad
esempio, PAPA osservi con riferimento all'Afghanistan che «il tenore e la portata dell'articolo sono
suscettibili di essere interpretati estensivamente sino a ricomprendere non soltanto i principi
fondamentali dell'islam, ma anche i precetti elaborati dai giuristi che possono investire aspetti
secondari legati alla quotidianità. Anche in Iran la scuola giuridica di riferimento è indicata dalla
costituzione (art. 12) che fa dell'islam sciita gia'farita la religione ufficiale dello stato pur permettendo
ai seguaci degli altri riti islamici e a zoroastriani, ebrei e cristiani di porre in essere atti giuridici in
124

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

tema di matrimonio, divorzio, eredità, testamento secondo la propria scuola di appartenenza. Qui la
rivoluzione del 1979 disegna un modello di stato del tutto originale in cui tutti i poteri sono sotto il
controllo del ràhbari, la Guida politico-religiosa del paese. L'Iran ha, infatti, forma di repubblica
presidenziale in cui però la Guida si pone in una posizione di vertice perché controlla direttamente o
indirettamente le nomine di tutti gli apparati dello stato. Il controllo sulla costituzionalità delle leggi
è innanzitutto un controllo preventivo sulla loro conformità islamica ed è esercitato dal Consiglio dei
guardiani (artt. 91-98); l'eventuale conflitto tra Parlamento e Consiglio dei guardiani in merito al
contenuto di una legge è risolto dall'intervento del Consiglio per il discernimento del superiore
interesse dello stato (art. 112). La Corte Suprema esercita infatti solo funzioni analoghe alla Corte di
Cassazione.

Il controllo di costituzionalità non è chiaramente definito nelle carte dei paesi in esame; tra le poche
eccezioni sono interessanti da osservare l'Egitto e il Pakistan.

In Egitto convivono la Corte di Cassazione di modello francese e la Corte Costituzionale. La Corte


di Cassazione è stata istituita nel 1931 per permettere l'interpretazione e applicazione uniforme del
diritto nel paese, tanto su istanza delle parti quanto del pubblico ministero. La Corte Suprema
Costituzionale esercita il controllo di costituzionalità di leggi e regolamenti; in questo ambito la Corte
«distingue tra i principi della sarì'a di fonte e significato "assoluti", che non lasciano spazio
all'interpretazione [igtihàd), e i principi "relativi" che mutano nel tempo e nello spazio»; rispetto a
questi ultimi il legislatore ha ampi spazi interpretativi. A oggi solo raramente la Corte Costituzionale
ha ritenuto di affermare il carattere assoluto dei principi della sarì'a.

In Pakistan la situazione è diversa: a fianco della Corte Suprema esiste, dal 1980, la Corte Federale
Sciaraitica. Si tratta di un unicum tra i Paesi islamici, perché il suo compito è esclusivamente quello
di verificare la conformità delle leggi federali e statali ai "precetti dell'islam come stabiliti nel Corano
e nella sunna"; è composta di otto giudici di religione musulmana, tre dei quali devono essere 'ulama'
con almeno 15 anni di esperienza nello studio o insegnamento del diritto islamico. Nel concetto di
"legge" sottoposta al vaglio di islamicità sono compresi anche gli usi e le consuetudini aventi forza
di legge, ma non vi rientrano la Costituzione, lo statuto personale, le leggi procedurali e, fino al 1990,
le leggi fiscali. La Corte Federale Sciaraitica può, inoltre, riesaminare le sentenze in materia di reati
hudud (si tratta dei reati sciaraitici di furto, brigantaggio, rapporti sessuali illeciti, calunnia di rapporti
sessuali illeciti, assunzione di alcoolici) al fine di verificare la correttezza sia del giudizio che della
procedura; può inoltre ordinare la sospensione della sentenza di condanna e il rilascio del reo (se
detenuto) per tutta la durata del procedimento di riesame. Nel sistema pakistano a fianco della Corte
Federale Sciaraitica si colloca la Corte Suprema (artt. 176-191 Cost.) che ha giurisdizione originale,
d'appello e consultiva sulle pronunce delle altre corti; decide delle controversie tra governi provinciali
o tra questi e il governo federale; può agire suo motu per controllare e moderare l'attività di governo
al fine di prevenire le violazioni di diritti umani e gli errori giudiziari; non le è attribuito il sindacato
di costituzionalità per presunta violazione dei precetti islamici, attribuito alla competenza della Corte
Federale Sciaraitica.

Il diritto penale

Nel settore penale i primi codici compaiono in Egitto e nell'Impero ottomano intorno alla metà
dell'Ottocento: si tratta di strumenti legislativi piuttosto scarni, con nessuna pretesa di completezza e
volti a risolvere problemi contingenti. Il primo vero codice penale si ha nell'Impero ottomano nel
125

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

1858: esso riproduce quasi per intero il codice penale napoleonico, in seguito integrato con elementi
tratti dalla codicistica italiana, tedesca e ungherese pur mantenendo alcuni riferimenti alla sari'a in
tema di reati di sangue. Il codice penale della Repubblica turca del 1926 è invece un omaggio alla
tradizione penale italiana perché largamente fondato sul codice Zanardelli del 1899; il codice è
rimasto in vigore fino al 2005 quando è stato oggetto di una profonda revisione strutturale e
normativa.

In Egitto, come già avvenuto per la codificazione civile, i codici penali misto del 1875 e nazionale
del 1883 sono meri calchi del diritto francese. Invece, il codice penale attualmente in vigore risale
al 1937, è frutto dell'emancipazione legislativa seguita al trattato di Montreux dello stesso anno, e si
ispira largamente al codice Rocco, in quegli anni un modello, pur non accogliendone la bipartizione
dei reati che ostava contro il sistema giurisdizionale egiziano ancorato alla tripartizione francese in
crimini, delitti e contravvenzioni. A questo codice si rifà quello della Libia indipendente del 1953;
l'influenza italiana si scorge qui, oltre che in alcune norme, nell'impianto formale, nell'adozione di
una rubrica per ogni articolo, nella organizzazione e classificazione di alcuni reati.

Nel subcontinente indiano, il modello dominante nell'ambito penale è stato il codice penale anglo-
indiano del 1860, emanato dalla Corona inglese per risolvere definitivamente il problema del diritto
applicabile in un contesto in cui convivevano le norme del diritto musulmano, del diritto indù e i
regolamenti coloniali. Il codice del 1860 ebbe una straordinaria fortuna e fu utilizzato (con le
opportune modifiche) in altre colonie inglesi. Dopo l'indipendenza il codice anglo-indiano è rimasto
in vigore, nei neonati Stati di India, Bangladesh e Pakistan; in quest'ultimo paese, tuttavia, è stato
oggetto a partire dal 1979 di pesanti riforme in senso sciaraitico che ne hanno completamente
snaturato struttura e logica interna.

Nelle terre sotto dominio coloniale francese si ha l'applicazione diretta del codice napoleonico; al
modello francese si rifanno anche i codici emanati dopo l'indipendenza. Un esempio interessante di
come il diritto europeo modifica la 'morale' dei popoli conquistati è rappresentato dalla disciplina
dell'adulterio. Il diritto musulmano concepisce l'adulterio [zinà') come una violazione di un ordine
divino che è allo stesso tempo un peccato e un reato e che è ugualmente punita a prescindere dal fatto
che l'adultero sia il marito o la moglie: uguale sanzione per uguale violazione della sari'a. Nei codici
europei ottocenteschi, invece, l'adulterio è soggetto a un doppio registro: quello della moglie è sempre
un reato, mentre quello del marito è punibile solo se commesso nella casa coniugale. Questo schema,
come accennato, è conservato anche dopo l'indipendenza con il paradossale risultato di rafforzare una
discriminazione di genere che, almeno sotto questo profilo, era sconosciuta all'islam.

Il diritto europeo continentale ha dunque profondamente influenzato le legislazioni penali di larga


parte del mondo islamico. Nei paesi islamici non va però sottovalutata una tendenza, iniziata
cautamente in Libia nel 1972 e poi fattasi più radicale a partire dal 1979 con le riforme in Iran e
Pakistan (seguita poi da altri paesi: Sudan, Nigeria, Malesia, Maldive, Mauritania, Brunei) verso la
re-islamizzazione totale o parziale del diritto penale. Gli strumenti utilizzati sono diversi: si può
procedere affiancando l'esistente codice penale con leggi speciali a contenuto sciaraitico (così la Libia
e il Pakistan); si può emendare o scrivere ex novo il codice penale inserendo al suo interno le
disposizioni penali sciaraitiche (Sudan, Nigeria settentrionale, Yemen, la Mauritania); infine, si può
optare, sempre all'interno del codice penale, per un mero rinvio in bianco alle norme sciaraitiche la
cui disciplina non è quindi esplicitata dal legislatore ma richiede un'opera di studio e interpretazione
dei testi classici da parte di giudici, procuratori e avvocati (Afghanistan, Emirati Arabi Uniti).
126

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

II diritto di famiglia

Nonostante l’origine divina, anche il diritto islamico di famiglia e tutto il diritto dello statuto
personale ha subito modificazioni: si trattò tuttavia di riforme che non si realizzarono sotto
l’influenza europea. Il termine statuto personale rimanda all’applicabilità su base personale delle
norme che regolano il diritto di famiglia, il diritto successorio e delle fondazioni pie.

Le influenze del diritto europeo sul diritto di famiglia dei Paesi islamici sono del tutto marginali,
con solo alcune rare eccezioni.

La Turchia repubblicana, lo abbiamo già visto, ha adottato nel 1926 il codice civile svizzero,
comprensivo anche della disciplina della famiglia: in questo Paese, dunque, si è avuta un'abrogazione
totale dei precetti sciaraitici accompagnata dall'espressa volontà di recepire modelli giuridici stranieri.
In Senegal il legislatore, nel disciplinare nel 1974 il diritto di famiglia, ha per così dire "fuso" elementi
provenienti dal diritto (coloniale) francese, dal diritto musulmano, ma anche dalle numerose
consuetudini locali; ecco quindi una serie di interessanti meccanismi di convivenza tra sistemi diversi,
come il favor legislativo per la monogamia accompagnato dalla possibilità di optare per la poligamia
piena (4 mogli) o parziale (2 o 3 mogli); la possibilità di concludere matrimoni civili e matrimoni
tradizionali; la disciplina dell'adozione parziale e piena.

Solo nel secondo dopoguerra i paesi del Maghreb intrapresero la codificazione del diritto di
famiglia: • In Tunisia si codificò il diritto nel 1956. Tra le riforme vi sono l’abolizione della
poligamia e del ripudio; • Il Marocco si dotò di un codice dello statuto personale; • L’Algeria con la
legge della famiglia del 1984 regolò il matrimonio, il divorzio, la tutela e l’assenza, le successioni
legittime e, insieme all’atto di ultima volontà, la donazione e la fondazione pia; • In Egitto mancò
un’opera di codificazione del diritto di famiglia. La prima legge in materia di statuto personale risale
al 1920. Tra le riforme si annoverano le norme processuali. Recentemente il diritto di famiglia è stato
riformato in Marocco e in Algeria: • In Marocco, nel 1993, è stato introdotto il consenso della donna
per contrarre matrimonio e nel 2004 è stato adottato un nuovo codice di famiglia. La riforma è stata
considerata una svolta verso la modernizzazione: tra i cambiamenti importanti vi sono la regola
locus regit actum ammessa in Marocco per il matrimonio civile contratto all’estero; la possibilità
per la donna maggiorenne di concludere senza tutore il matrimonio o di scioglierlo senza ostacoli.
C’è compromesso tra modernità e tradizione, ma è ancora proibito ad una musulmana sposare un
non musulmano. • In Algeria nel 2005, con la riforma, la poligamia viene limitata: serve il consenso
della prima e della seconda moglie e devono esserci validi motivi che la giustifichino.

Spesso il diritto di famiglia è ancorato a una concezione confessionale (e dunque personale)


dello stesso: sono, ad esempio, retti dalle regole della propria comunità religiosa di appartenenza gli
statuti personali in Libano (diciotto confessioni riconosciute), in Egitto (ma qui la sari’a è la lex
comune ogni qualvolta le parti non condividano religione, rito e setta; il diritto delle successioni è
quello islamico e si applica a tutti i cittadini), in Indonesia (dove il codice civile si affianca alla
Kompilasi Hukum Islam e alle adat), in Afghanistan, dove il codice civile regge la famiglia di rito
hanafita e una legge del 2009 codifica il fiqh sciita. Talvolta, soprattutto lì dove l’islam non è
maggioritario, il rinvio al diritto personale implica anche il rinvio a un diritto dottrinale non
codificato: così è, ad esempio, in Kenia, Tanzania e Etiopia, ma anche in India dove le poche leggi
statali esistenti in materia di diritto di famiglia islamico risalgono al periodo coloniale.

127

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Lo strumento della codificazione è utilizzato dal legislatore statale per introdurre riforme:
celebre è la strategia del legislatore tunisino che, in fase di codificazione, emenda la sari'a dei suoi
istituti più critici (poligamia e ripudio), ma articola la riforma all'interno di un nuovo igtihàd sulle
fonti in chiave modernista. Altrove gli afflati riformisti sono più cauti: se le più recenti leggi egiziane
evidenziano uno spirito teso a riequilibrare i rapporti di genere all'interno della famiglia pur restando
rigorosamente nell'orbita della tradizione islamica, i legislatori del Golfo Persico hanno optato per un
approccio conservatore che mantiene senza temperamenti gli istituti della poligamia, del ripudio,
della potestas maritale.

Solo in Turchia, Iran e Afghanistan la disciplina dello statuto personale è racchiusa nel codice civile;
altrove si adottano codici dello statuto personale o leggi ad hoc per risolvere problemi specifici; negli
ambiti non oggetto di legislazione statale si applica la sari’a o, se previsto, le altre leggi confessionali.

SEZIONE V - L’INCONTRO CON L’INDIA

Premessa

Oltre all'Islam, la tradizione giuridica occidentale ha sperimentato anche l'incontro con il mondo
induista, primariamente nel contesto del dominio britannico nel subcontinente, che ha portato a una
profonda penetrazione della common law nella cultura locale. Il diritto indù si è trovato nei secoli
a sperimentare così una doppia concorrenza, prima per effetto delle invasioni islamiche e poi per
l'assorbimento nella sfera di influenza britannica. L'interazione tra common law e tradizione induista
è senza dubbio rilevante in primo luogo per mettere a fuoco il quadro giuridico dell'India moderna,
che divenuta stato indipendente ha voluto legiferare in ogni campo della società, lasciando il diritto
india unicamente come diritto personale dei suoi cittadini di religione induista. Il percorso di
formazione in epoca coloniale di una Anglo-Hindu common law è stato tuttavia un percorso svolto
in parallelo con quello compiuto per contemperare la common law con il diritto islamico, trovandosi
gli inglesi a governare territori del subcontinente in cui le due religioni convivevano. L'antichità della
civiltà induista, la ricchezza del suo pensiero e della sua produzione artistica, e la presenza di una
lingua (il sanscrito) percepita come l'equivalente locale delle "lingue classiche" europee portò gli
inglesi a elaborare una complessa costruzione culturale e ideologica volta a legittimare il proprio
dominio. E’ quindi certamente opportuna una trattazione specifica, che parta da una breve panoramica
della tradizione induista.

Il diritto tradizionale personale indù

Si dice che il diritto indù, legato alla religione induista, sia il più antico sistema di diritto al mondo.
Già i Veda, testi sacri risalenti nel periodo VII a.C.- II d.C., sono ritenuti testi da cui discendono
regole di comportamento sociale.

L’india antica non riconosceva la nozione di diritto positivo: la società era organizzata in categorie
sociali (varna), a cui si si apparteneva secondo la nascita, e ad ogni categoria corrispondeva un codice
di comportamento o dharma: ogni uomo per restare inserito nella comunità doveva adempiere agli
obblighi che il suo status gli imponeva. Il dharma è un insieme di precetti privi di sanzione, religiosi,
etici e di prevenzione, fondati sulla credenza che esista un ordine dell’universo che l’uomo non deve
128

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

turbare. I primi scritti appaiono intorno al VI a.C. e sono detti dharmasastra: raccolte di regole
redatte da saggi, sono circa 100 e formano un precetto unico. Si basano tutti sulle scritture del sacro
Veda, ma la loro base in realtà si può trovare nelle consuetudini, rispettate dagli indù nelle relazioni
sociali e in campo religioso. Sono diversi tra loro, risalgono ad epoche diverse. Il dharma non è
immutabile, ma sensibile all’evoluzione della società.

Dall’XI al XVII sec. quando il paese cadde in mani islamiche, si arrivò alla redazione di nuove opere,
i nibandha, perché raccogliessero le fonti dedicate ad un dato problema o a un istituto, le
confrontassero e ne risolvessero le contraddizioni.

La dominazione britannica, la deformazione del diritto indù e la costituzione di un diritto


territoriale

L’affermazione del diritto inglese ha inizio nel XVII sec. durante il regno di Elisabetta I, a Bombay,
Calcutta e Madras, con la nascita nel 1600 della Compagnia delle Indie, che conquistò il monopolio
commerciale sull’Oceano Indiano. La Compagnia aveva giurisdizione sui sudditi inglesi; tuttavia, fu
la Charter di Carlo II del 1661 a segnare l’inizio del potere giudiziario da parte della compagnia.

Nel XVIII gli inglesi da mercanti divennero i nuovi dominatori del subcontinente indiano. Il dominio
inglese non si estenderà mai a tutto il territorio. Una parte considerevole degli abitanti rimarrà
sottoposta dal punto di vista giuridico a sovrani locali, indù o musulmani. In mancanza di regole sul
diritto da applicare, nel 1726 i territori di Bombay, Calcutta e Madras furono soggetti
all’amministrazione britannica e vennero istituite corti regie per applicare il diritto inglese. Prima
competenti solo per controversie che vedevano almeno una parte inglese, dal 1781 la competenza si
estese alle liti tra autoctoni, ma si decideva in base al diritto indù o musulmano.

Dove non operavano le corti amministrate dalla Compagnia delle Indie, il diritto inglese fu di difficile
applicazione. Il governatore Hastings dispose che le corti dovevano seguire il diritto indù o
musulmano in materia di successioni, matrimonio, casta, religione, ma dovevano decidere secondo “i
principi di giustizia, equità e buona conoscenza” nelle altre materie. Tale formula non portò
all’applicazione della common law ma fu un primo strumento usato per intervenire sul diritto indù e
musulmano. A seguito della Grande Rivolta del 1857-1858, cominciata con l’ammutinamento di una
parte delle truppe indiane della Compagnia, il governo dei territori a questa sottoposti viene assunto
direttamente dalla Corona Britannica, con la nascita del British Raj.

La penetrazione della common law in India fu graduale.

Il nuovo diritto di ispirazione inglese, applicabile tanto agli abitanti dell’India, senza riguardo alla
loro religione, prese col tempo a regolare settori sempre più importanti della vita sociale imponendosi,
per la prima volta in India, quale diritto territoriale. Non appena l’India cominciò ad affacciarsi al
commercio internazionale, il diritto indù e quello musulmano rilevarono le proprie carenze e le
soluzioni già pronte, presenti nella common law inglese, tesero ad imporsi.

L’operato dei giudici inglese portò ad una distorsione del diritto indù tale che, spesso, erano le
stesse parti a chiedere di sottoporre il loro rapporto alla common law, dotata di maggiore certezza. Il
giudice inglese, infatti, credeva che i dharmasastra contenessero il diritto positivo indiano e cercava

129

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

di trovare in tali testi la regola di diritto applicabile alla controversia concreta. Ma solo la metà dei
dharmasastra era stato tradotto in inglese, quindi i giudici avevano solo una loro conoscenza parziale.

Di fronte alle numerose lacune rinvenute nei testi tradizionali, i giudici inglesi non poterono fare a
meno di sviluppare norme spesso influenzate dalla common law ed elaborate in seguito ad
un’indagine comparatistica. Le regole probatorie inglesi modificarono tutti i presupposti di
applicazione del diritto indù. Se il diritto indù aveva disciplinato in modo preciso la famiglia, la casta,
la terra e le successioni, si era invece curato poco delle obbligazioni. Negli altri ambiti il diritto indù
venne quindi soppiantato da una Anglo-Hindu Law, che si sviluppò in un case law, applicato come
tale dai tribunali indiani.

Con il tempo, infatti, molte decisioni giudiziarie dei giudici inglesi dei tribunali indiani furono
pubblicate e a disposizione di avvocati e giudici che si ispirarono a questi precedenti invece di
continuare a cercare la regola di diritto tra le fonti indù. Si smise la redazione di raccolte di diritto
personale e si diffusero le raccolte di giurisprudenza organizzate secondo categorie e concetti
inglesi. Ne seguirono dei mutamenti del diritto indù: il dharma fu considerato come diritto astratto
tradotto in norme positive (poste dallo Stato, non dalla divinità). E la consuetudine assunse un ruolo
sempre più limitato.

L’influenza in india delle idee di Bentham: l’epoca delle codificazioni

Con il Charter Act del 1833 inizia il periodo della codificazione grazie alla diffusione delle idee di
Jeremy Bentham, che si riferiva all’India, piena di differenze e lacune giuridiche, per far comprendere
l’esigenza della codificazione. Essa apparve come lo strumento migliore per trapiantarvi il diritto
inglese ed abolire le istituzioni tradizionali della civiltà indiana.

Il primo membro della commissione legislativa fu Thomas Macaulay e la prima Indian Law
Commission, insediata nel 1835, codificò regole conformi al modello inglese. Nel 1859 entrò in
vigore un codice di procedura civile seguito da quello di procedura penale. Poi furono adottate leggi
in materia di contratti, trasferimenti di proprietà, titoli di credito.

Le nuove leggi introdussero grossi nuclei di diritto inglese, ma nel processo di codificazione i
riformatori britannici guardarono anche ad altre esperienze giuridiche sviluppatesi nel continente
europeo e americane. Per il codice penale anglo-indiano furono influenzati dalla tradizione europea
continentale e in particolare dal codice francese, ma anche dal progetto di codice della Luisiana;
infatti il diritto penale inglese era ritenuto obsoleto. Il codice anglo-indiano era particolare, in quanto
accompagnato da casi pilota e spiegazioni dei termini e dei concetti usati.Per i codici civile e di
procedura civile, i codificatori ebbero a modello quello dello Stato di New York.

Questo lavoro di codificazione fu apprezzato e utilizzato anche all’estero, in altre parti dell’impero
inglese e nella stessa Inghilterra.

Indipendenza e diritto vigente tracce di tradizione giuridica occidentale

L’India ha ottenuto l’indipendenza nel 1947.

130

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

Nel 1950 la nuova costituzione ha sovrapposto al diritto vigente un testo di 395 articoli ed è stato
proclamato che le leggi anteriori restano in vigore fino alla loro sostituzione; si sono conservate circa
150 leggi dell’impero britannico.

La costituzione indiana è un esempio di comparazione giuridica. La parte iniziale, dove sono sanciti
i diritti e le libertà fondamentali riconosciuti a tutti i cittadini, è mutuata in alcune formule dalla
costituzione degli Stati Uniti. In altre parti segue i sistemi australiano, canadese e irlandese.

Dopo l’indipendenza si è registrato un aumento dell’influenza della cultura giuridica americana su


quella indiana ed il declino di quella inglese. Un carattere originale del diritto indiano che lo avvicina
a quello statunitense e lo allontana da quello inglese è la presenza della carta costituzionale, con la
quale l’India si è costituita in una Unione federale di 29 stati che non possono però essere comparati
con quelli americani: in India manca l’unità linguistica; i rapporti tra gli Stati e l’Unione sono stati
regolati in modo diverso rispetto all’America, infatti le autorità federali hanno il potere di intervenire
quando il governo di uno stato non funziona conformemente alla costituzione.

Il potere giudiziario è la vera spina dorsale del sistema giuridico. In India non esiste un apparato
giudiziario per l’Unione ed uno per gli Stati federati, ma c’è un unico corpo costituito dalle corti
superiori degli Stati e al vertice la Corte suprema con sede a Nuova Delhi. La costituzione indiana
rispetto a quella americana non riconosce la supremazia della corte sul potere legislativo, in quanto il
parlamento indiano e quelli statali sono supremi nei loro ambiti di competenza, dove i giudici non
hanno poteri per svolgere il ruolo della Corte suprema. La corte suprema indiana, che inizialmente
aveva solo il potere di pronunciarsi sulla costituzionalità delle leggi statali e federali, si è poi attribuita
anche il potere di controllare l’attività costituente del corpo politico.

Il diritto indiano sta voltando le spalle ai modelli europei e occidentali preferendo elaborare nuovi
metodi più rispondenti alla situazione locale. Tuttavia nel diritto oggi vigente in India sono rinvenibili
tracce di common law e di civil law.

Molti i tratti particolari dell’ordinamento indiano:

- è una continuazione della common law non tanto nei contenuti quanto per i metodi di lavori:
consultazione di precedenti, conduzione del dibattimento, redazione delle sentenze. Le soluzioni
usano schemi e concetti della common law;

- un secondo tratto tipico riguarda il ruolo assunto dal giudice, che crea norme giuridiche se il
legislatore è carente o in contrapposizione ad esso. La corte suprema dell’India ha assunto una
funzione di supplenza rispetto alle carenze del legislatore, restio ad emanare leggi impopolari: es. il
progetto di legge sulle adozioni internazionali fu osteggiato dai musulmani, ostili all’idea di
un’adozione capace di creare un vincolo di parentela; la corte suprema ha previsto una
regolamentazione in materia. Secondo l’art. 141 della costituzione ogni regola di diritto elaborata
dalla corte suprema vincola tutti gli organi giudiziari del paese. Questo sembrerebbe il fondamento
costituzionale della regola del precedente, ma in realtà tale regola sta perdendo terreno a causa
di un’intensa produzione legislativa specie in materie socioeconomiche non coperte da precedenti
giudiziari, che hanno indotto i giudici a rivolgersi alla legge. Inoltre le sentenze emesse dalla Corte
suprema sono così numerose e contraddittorie che per un giudice diventa difficile ricostruire lo stato

131

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)


lOMoARcPSD|11430358

attuale della giurisprudenza. La Corte suprema indiana ricorre spesso, per le sue decisioni, al
diritto comparato soprattutto britannico, australiano, canadese.

- Ultimo e più recente tratto proprio del diritto indiano è la predominanza della fonte legislativa.
Decisa a troncare ogni rapporto di continuità con la madrepatria e a dotarsi di un diritto proprio,
l’India ha scelto lo strumento legislativo per tradurre in testi di legge le idee maturate durante il
movimento di liberazione. L’art. 44 della costituzione auspica la promulgazione di un codice civile
unificato per tutta la nazione.

132

Downloaded by Marina Marcelli (marinamarcelli4@gmail.com)

Potrebbero piacerti anche