Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
!
Il diritto comparato, è quella parte di scienza giuridica che si propone di sotto-
porre a confronto critico e ragionato, più sistemi o gruppi di sistemi giuridici
nazionali(macrocomparazione), o più istituti(microcomparazione).
Il metodo che usa il comparatista: è diverso da quello che usa il privatista perché
mentre il privatista guarda agli istituti di sua competenza, quindi interni, il
comparatista ha una visione generale e non particolare, e inoltre mentre il priva-
tista concentra la sua attenzione in un solo formante, il comparatista deve tenerli
d’occhio tutti. Più in generale, e da un punto di vista macro, oggetto privilegiato
dell'indagine comparatistica è lo studio dei diversi sistemi giuridici esistenti, tra i
quali si possono ricordare le famiglie del common law, del civil law, del diritto
socialista, del diritto islamico e del diritto asiatico. Dal punto di vista micro, in-
vece, l'indagine può essere condotta comparando il diritto anche di due soli stati
o, scendendo sempre più nel dettaglio, considerando singole materie, singoli isti-
tuti o singole norme.
!
Diritto comparato e diritto positivo
!
Il diritto comparato è diverso dai tradizionali rami del diritto positivo: non è un
complesso di norme (come ad esempio, il diritto privato o pubblico).
Anche il diritto internazionale privato, che indica quale diritto deve essere ap-
plicato in un caso con collegamenti stranieri, è parte del diritto positivo naziona-
le, ed è quindi diverso dal diritto comparato.
Tuttavia, il diritto comparato è utile al diritto internazionale privato, sia al fine
di “qualificare” i concetti utilizzati dalle norme di conflitto, sia al fine di appli-
care correttamente il diritto straniero.
Il diritto internazionale pubblico, dal canto suo, è un sistema giuridico soprana-
zionale e globale diretto a regolare le relazioni fra Stati, ed è quindi anch’esso
diverso dal diritto comparato.
Vedremo tuttavia più avanti il contributo essenziale che la comparazione giuri-
dica offre alla spiegazione dei c.d. “principi generali di diritto riconosciuti dalle
nazioni civili”.
Quanto fin qui detto a proposito del rapporto tra diritto comparato e diritto po-
sitivo è utile per capire perché sarebbe più corretto usare l’espressione compara-
zione giuridica, anziché diritto comparato.
L’utilizzazione di tale espressione non significa affatto considerare la compara-
zione metodo anziché scienza: essa, come ogni disciplina, è in parte metodo e in
parte scienza.
Se di norma la comparazione non è diritto positivo, vi sono tuttavia ipotesi in cui
la comparazione può essa stessa presentarsi come diritto positivo, fonte, cioè, di
norme direttamente regolatrici di rapporti:
si pensi all’art. 38 dello Statuto della Corte Internazionale di Giustizia: “la Cor-
te, la cui funzione è di decidere in base al diritto internazionale le controversie
che le sono sottoposte, applica: (…) i principi generali del dritto riconosciuti dal-
le nazioni civili.
La norma suggerisce un procedimento di comparazione attraverso il quale la
Corte arriverà a distillare i “principi generali”, che costituiranno la regola per il
caso sottopostole, cioè il diritto positivo del caso concreto;
oppure all’art. 2882 Trattato CE: “in materia di responsabilità extracontrattua-
le, la Comunità deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai di-
ritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti
nell’esercizio delle loro funzioni”.
Il ricorso a presunti principi generali comuni è la via per arrivare, da parte della
Corte, al controllo della legittimità degli atti comunitari: la premessa è che i di-
ritti fondamentali costituiscono parte integrante dei principi generali del diritto,
di cui la Corte garantisce l’osservanza, e quindi, nel garantire la tutela di tali di-
ritti, essa è tenuta ad ispirarsi alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati
membri e non potrebbe ammettere provvedimenti incompatibili con i diritti
fondamentali riconosciuti e garantiti dalle costituzioni di tali Stati.
Nel far ciò, la Corte di Giustizia farà comparazione, e della comparazione distil-
lerà la regola “comune”, il diritto positivo del caso concreto;
infine, si può pensare alla pratica commerciale internazionale in tema di con-
tratti fra privati o fra privati e Stati.
In genere, essi contengono una clausola di deferimento ad arbitri per la soluzio-
ne delle controversie eventualmente insorgenti e l’indicazione del diritto appli-
cabile.
A riguardo, sono frequenti le clausole che fanno riferimento ai principi comuni
agli ordinamenti dei contraenti.
!
Al suo interno il diritto comparato si suddivide ulteriormente in diverse bran-
che, fra cui il diritto pubblico comparato, il diritto privato comparato e il diritto
penale comparato. Il primo pone in relazione il diritto costituzionale delle varie
nazioni, mentre gli altri due si occupano rispettivamente della materia civilistica
e penalistica nei diversi sistemi o ordinamenti giuridici.
La comparazione riveste una notevole importanza per una comprensione più
profonda delle regole di diritto proprie di ogni ordinamento giuridico. L'indivi-
duazione di una medesima norma o regola giuridica in più sistemi può, per
esempio, permettere di scoprire se e come essi si siano vicendevolmente influen-
zati.
Oggi la comparazione assume un'importanza sempre maggiore, soprattutto nel-
l'ambito dell'Unione Europea, proprio perché, mostrando l'esistenza di concetti
e categorie comuni nei sistemi giuridici che la compongono, risulta essere uno
strumento utile in mano ai giuristi che tentino di promuovere una maggiore ar-
monizzazione del diritto europeo, al fine, per esempio, di agevolare la libera cir-
colazione delle persone e di merci, servizi e capitali
!
La teoria dei formanti
!
Secondo Sacco, i formanti sono singoli elementi che compongono i vari ordina-
menti. Qualora devo comparare due cose, devo capire come sono fatte, devo ca-
pire da cosa sono composte, quali sono le componenti e come agiscono. Secondo
Sacco ci sono tre categorie di formanti:
1. formante legislativo (costituzioni; leggi e regolamenti);
2. formante giurisprudenziale ( giurisprudenza cassazione; corte di appello);
3. formante dottrinale (le sentenze e i trattati).
Tale categoria di formanti, è presente in tutti gli ordinamenti; ma ciò che cambia
è l’entità dell’apporto di un formante piuttosto che di un altro. Ci sono ordina-
menti nei quali la maggior parte è costituita dal diritto politico, o altri dal diritto
giurisprudenziale o dottrinale. Scomponendo le varie strutture dei vari ordina-
menti, posso cogliere il significato più profondo, e posso operare comparazioni
che siano efficaci: ad es moltissime disposizioni di diritto civile sono identiche tra
Francia e Belgio, quindi il formante di diritto politico è uguale; ma nonostante
ciò esistono delle differenze sostanziali. Tali differenze sostanziali, derivano non
dal diritto politico; ma da una interpretazione giurisprudenziale o dottrinale
dell’enunciato normativo.
!
Il diritto comparato, mette a confronto due ordinamenti attuali; ma tiene in con-
siderazione la stirai di quell’ordinamento, che ci consente di percepire l’attualità
dell’ordinamento. L’obiettivo del diritto comparato, è quello di entrare nella cul-
tura dell’ordinamento , per potersi muovere all’interno di quell’ordinamento;
ma nello stesso tempo compara i modelli che hanno inspirato il nostro costituen-
te italiano, o cerca soluzioni in altri sistemi.
!
!
Diritto comparato e diritto straniero
!
La comparazione giuridica è diversa dallo studio del diritto straniero.
Lo studio di quest’ultimo è generalmente il presupposto della comparazione giu-
ridica, ed è tuttavia implicitamente comparatistico dal momento in cui pone con-
tinuamente a confronto la categoria giuridica “straniera” con le categorie nazio-
nali.
Mentre lo studio del diritto straniero può essere implicitamente comparatistico,
il giurista nazionale che “racconta” il proprio sistema senza “staccarsi” da que-
sto non compie nessuna comparazione.
!
!
!
!
!
!
Rapporti fra diritto comparato e altri rami della scienza giuridica
!
Stretti sono i rapporti che intercorrono fra il diritto comparato ed altre discipli-
ne non positive: la teoria generale del diritto, la storia del diritto e la sociologia.
La comparazione è essenziale per costruire una teoria generale del diritto, della
sua natura, dei suoi fini, che si elevi sui particolarismi propri dei diritti locali.
Lo storico del diritto è comparatista nel senso che “valuta” il diritto storico og-
getto del suo studio alla luce della propria formazione di giurista nazionale mo-
derno.
Il comparatista, dal canto suo, sa che il diritto straniero è comprensibile solo alla
luce della sua storia.
Il sociologo del diritto, può essere tanto più convincente nella prospettazione del-
le sue ipotesi circa l’interazione tra diritto e società se la sua indagine abbraccia
un orizzonte più ampio di una singola società o di un singolo diritto.
Da canto suo, il comparatista è, o deve essere, consapevole che l’analisi sulla law
in action richiede conoscenza dei meccanismi sociali
!
Funzione e fini del diritto comparato
!
Si può ritenere che la comparazione mira a farci capire che non è barbarie la di-
versità di linguaggio, di costumi, di istituti, di leggi.
“Comprendersi è un passo sempre necessario per la cooperazione e la pace.
Rompere il chiuso del proprio sistema giuridico significa allargare il proprio
orizzonte e la propria esperienza e perciò arricchirsi spiritualmente e rendersi
conto dei propri limiti in uno spirito di modestia che, a sua volta, comporta tol-
leranza e libertà.”
!
Dal punto di vista pratico, il diritto comparato mira a far comunicare giuristi
appartenenti a tradizioni diverse assolvendo a compiti sia pratici che teorici.
Il comparatista si interroga, infatti, su come i diversi sistemi affrontino problemi
analoghi.
In tal modo il comparatista giunge a conoscere come si organizzano, per esem-
pio, il sistema inglese e quello italiano, aiutando le due tradizioni a comunicare
fra loro.
In questo quadro si inserisce un’altra possibile finalità del diritto comparato,
quella cioè di fornire gli strumenti per tradurre correttamente i testi giuridici.
Infatti, per ottenere tale risultato è necessario che l’interessato sia in grado di
accertare che esista, nella lingua verso la quale traduce, un vocabolo concet-
tualmente analogo a quello della lingua di partenza.
!
!
!
!
!
!
Diritto comparato e conoscenza
!
La prima fondamentale funzione è tipica di ogni scienza, ed è assai felicemente
espressa da alcuni tra i padri fondatori della moderna scienza comparatistico:
“gli interessi immediati del comparatista sono interessi di conoscenza pura”; “la
migliore conoscenza dei modelli deve essere considerata come lo scopo essenziale
e primario della comparazione intesa come scienza”; “il compito della compara-
zione giuridica, senza il quale essa non sarebbe scienza, è l’acquisizione di una
migliore conoscenza del diritto.
Non si può, crediamo, non concordare con l’approccio teso a porre l’acquisizione
di nuova conoscenza come compito essenziale e primario del diritto comparato.
Vogliamo tuttavia sottolineare “essenziale e primario”, non necessariamente
esaustivo.
Per quanto ci riguarda, privilegiamo l’approccio metodologico che vede la com-
parazione come strumento di politica del diritto e a collocare il dato giuridico in
un più ampio contesto culturale, alle prospettive di riforme nell’ambito dei sin-
goli ordinamenti e alla ricerca del modello migliore.
In questa prospettiva, quello della conoscenza è il presupposto imprescindibile di
una ricerca volta a scelte di valore, le quali sono dunque il risultato naturale e
non meramente eventuale della comparazione.
!
Diritto comparato e universalità della scienza giuridica
!
La comparazione mira a restituire alla scienza giuridica il carattere di universa-
lità che è proprio di ogni scienza.
Lo studio del diritto è di regola ancora oggi accentrato sull’homo italicus o ger-
manicus o gallius ecc…, non sull’uomo in quanto tale.
Paradossalmente, si può arrivare a dire che l’unica facoltà non umanistica sia la
facoltà giuridica, se per umanesimo si intende l’interesse per i problemi e le
creazioni dell’uomo, al di là dei gretti limiti locali.
Ma non fu sempre così, se solo si riflette sul fatto che nei suoi grandi periodi di
fioritura la scienza giuridica ha avuto carattere di universalità: si pensi al diritto
romano, al giusnaturalismo dei secoli XVII e XVIII, ecc…
Una misura di base può ritenersi mantenuta negli ordinamento di common law,
che non hanno vissuto un una rottura rivoluzionaria con il passato.
Nella tradizione di civil law, invece, il periodo dell’universalità è finito con la na-
scita dello Stato moderno e si è consolidato con le grandi codificazioni civilistiche
dell’800 che hanno profondamente minato il carattere extrastatuale del diritto
civile.
Dunque, può sostenersi che tra le funzioni della comparazione giuridica vi è an-
che quella di recuperare la perduta universalità della scienza giuridica, andando
oltre i confini nazionali, riscoprendo le analogie, ricostruendo le varie tradizioni
giuridiche, comprendendo le ragioni storiche-economiche-sociologiche-culturali
delle differenze, chiarendo le tendenze di sviluppo.
!
Diritto comparato e politica legislativa
!
I legislatori di tutto il mondo hanno sempre trovato che in molti settori non è
possibile emanare buone leggi senza essere al corrente delle soluzioni e della di-
sciplina offerta negli stessi settori da altri Paesi.
La storia fornisce vari esempi di imitazione, o addirittura di trapianti massicci
di interi sistemi normativi da un Paese all’altro.
L’esempio classico è quello del Code Civil, che le armate napoleoniche imposero
in molti Paesi europei ma che rimase in vigore anche dopo la restaurazione e co-
stituì il modello cui si ispirò, ad esempio, la nostra prima codificazione unitaria.
Il processo di utilizzazione di esperienze straniere suggerisce qualche considera-
zione non secondaria: in primo luogo il comparatista sa che anche se due testi
normativi sono identici non è detto che la pratica applicativa sia anch’essa iden-
tica, in secondo luogo ai fini dell’adozione di una soluzione accolta in un altro
ordinamento occorre verificare da un lato se tale soluzione funziona bene nel
Paese che l’ha seguita e dall’altro se può funzionare bene anche altrove senza
provocare crisi di rigetto, tenuto conto delle differenze tra le strutture politiche,
economiche e sociali sottostanti a ordinamenti giuridici differenti
!
Funzione del diritto comparato: interpretare il diritto nazionale
!
Il ricorso alla comparazione può consentirci una migliore conoscenza anche del
nostro diritto: ci si deve interrogare se e in che limiti ci si può o ci si deve valere
di una soluzione straniera per l’interpretazione del diritto del proprio Paese.
I legislatori di tutto il mondo, hanno sempre trovato che in molti settori non è
possibile emanare leggi, senza essere al corrente delle soluzioni e della disciplina
offerta dagli altri stati nello stesso settore. Un esempio tipico, è quello della Law
commission inglese(organismo creato nel ’65 per vigilare sul funzionamento e
sulla riforma delle leggo in Inghilterra), il cui atto istitutivo impone di ottenere
quelle informazioni relative ai sistemi giuridici di altri paesi che appaiono su-
scettibili di facilitare l’attività e i compiti della commissione stessa. La storia
fornisce vari es di imitazione, o addirittura di trapianti massicci di interi sistemi
normativi da un paese all’altro. L’es tipico è quello del code civil, che fu il mo-
dello a cui si inspirò la nostra prima codificazione unitaria, in quanto risponde-
va bene alle esigenze della società italiana del tempo. Il processo di utilizzazione
di esperienze straniere suggerisce qualche considerazione non secondaria, qual-
che cautela, anche al fine di controllare il fenomeno dei flussi giuridici a cui fa
molto riferimento Maurizio Lupoi, intendendo per “flusso giuridico” qualsiasi
dato dell'esperienza giuridica in quale, proprio di un sistema, sia percepito in un
altro introducendo un elemento di squilibrio. In primo luogo, il comparatista sa
che anche se due testi normativi sono identici, non è detto che la pratica applica-
tiva sia anch'essa identica. In a che parole, il comparatista sa che non è sufficien-
te , per un soddisfacente confronto ed un eventuale trapianto, stare Sulla super-
ficie della law on the books “leggi sui libri”; ma occorre spingersi e guardare at-
tentamente anche la law in action “legge applicata”. In secondo luogo, ai fini del-
l'adozione di una soluzione accolta in un altro ordinamento, occorre verificare
da un lato se tale soluzione funziona bene nel paese che l'ha seguita, E dall'altro
se può funzionare bene anche altrove senza provocare crisi di rigetto, tenuto
conto delle differenze fra le strutture politiche, economiche E sociali sottostanti
A ordinamenti giuridici diversi. Si parla non a caso di trapianti giuridici, I quali
possono avvenire vuoi per il prestigio del modello, Vuoi per la continuità lingui-
stica tra i sistemi; ma non sempre tali trapianti hanno esiti positivi. Com’è noto,
negli ordinamenti del civil law la donazione è un contratto che deve essere stipu-
lato per atto pubblico a pena di nullità; invece nella common law un contratto è
valido solo se implica prestazioni corrispettive.
Se appare scontato che il confronto con altri sistemi giuridici, può consentirci
una migliore conoscenza del nostro diritto, ed essere utilissimo ai fini della ri-
forma del diritto, ci si deve chiedere se e in che limiti ci si possa avvalere di una
soluzione straniera per l’interpretazione del diritto del proprio paese. Tradizio-
nalmente i comparatisti si sono occupati di circolazione di modelli giuridici E di
trapianti che presuppongono un sistema che esporta o importa iddd, interi codi-
ci o costituzioni. Oggi è opportuno osservare , che spesso le corti supreme dialo-
gano tra loro. Molti giudici nel risolvere vari casi, guardano oltre i propri confi-
ni, facendo una comparazione con l’esperienza straniera, sopratutto quando si
devono risolvere questioni nuove o particolarmente difficile. Dobbiamo precisa-
re , che non tutti i giudici hanno la medesima propensione alla comparazione. In
generale nei sistemi del common law , non si è conosciuto il fenomeno della codi-
ficazione, e si tratta di sistemi aperti, in cui il giudice svolge una funzione esplici-
tamente ricreativa, e spesso i casi delle sentenze fanno richiamo ad esperienze di
altri paesi, o alla loro tradizione stessa.
Vi sono tre diversi gruppi di sistemi giuridici in cui si possono vedere diversi
gradi di tendenza da parte dei giudici all’apertura verso le esperienze degli altri
paesi:
1)Paesi poco favorevoli alla comparazione: Francia( le sentenze delle corti supe-
riori sono famose per la loro brevità e i giudici sono abituati a nascondere la
loro funzione creativa dietro lo stretto riferimento alla laegge nazionale) e Ita-
lia( si parla di disattenzione dei magistrati ed avvocati, per quanto avviene al-
l’estero. Esistono casi però in cui la suprema corte cassò la giurisprudenza del-
le corti americane, come nel caso eclatante Englaro).
2)anche i giudici indiani, fanno talvolta uso della comparazione ai fini interpre-
tativi, soprattutto in riferimento dei sistemi del common law;
L’esperienza giuridica degli Stati Uniti, merita un discorso a parte. Non è una
novità che le corti , nel momento in cui devono risolvere casi difficili o nuovi,
prendano in considerazione come ausilio interpretativo, esperienze giuridiche
diverse dalla propria; anche se molti giudici e parte della dottrina contestano
duramente tale prassi.
L’UE, partita dai 6 fondatori, è oggi allargata a 27 membri; dalle 3 distinte co-
munità (del carbone e dell’acciaio 1952, economica europea 1958 e per l’energia
atomica 1958), nel 1967 si è passati all’unica Comunità europea, composta da
Commissione (organo legislativo), Consiglio dei Ministri (rappresentativo dei
governi nazionali, accoglie o respinge le proposte della Commissione), Parlamen-
to europeo (eletto dai cittadini ma con limitati poteri legislativi) e Corte di giu-
stizia (a Lussemburgo); si arriva poi nel 1992 all’attuazione del mercato unico
europeo, e coi trattati di Maastricht (1993) e Amsterdam (1999), si arriva all’U-
nione europea, fondata sui tre pilastri dell’unione economica e monetaria, della
politica estera e sicurezza comune e della giustizia e degli affari interni; poi,
dopo il fallito progetto di costituzione europea (bocciato dal voto popolare in
Francia e Olanda), nel 2009 è entrato in vigore il Trattato di Lisbona, che attri-
buisce valore alla Carta dei diritti fondamentali (Nizza, 2002).
2)Dare carattere di universalità alla scienza del diritto, che come ogni scienza è
universale, andando oltre i confini nazionali;