Capitolo 1
“LEZIONI INTRODUTTIVE”
1. Premessa
Nel diritto amministrativo sostanziale, la garanzia del cittadino nei
confronti della Pubblica amministrazione ha un rilievo primario: la
stessa evoluzione recente del diritto amministrativo riflette la ricerca
di sempre nuovi equilibri fra l’Amministrazione, che deve disporre
di strumenti adeguati per attuare le finalità assegnatele e il cittadino,
che deve essere garantito da comportamenti arbitrari o da sacrifici
indebiti imposti dall’Amministrazione. Nello Stato di diritto più
evoluto questo equilibrio è ricercato principalmente nel principio di
legalità, che subordina il potere dell’Amministrazione a regole
predeterminate, nel rispetto del diritto e senza ledere gli interessi
giuridicamente riconosciuti dai cittadini.
Il diritto amministrativo identifica regole che valgono anche a
garanzia del cittadino. La garanzia del cittadino nei confronti
dell’Amministrazione non è riservata agli istituti di giustizia
amministrativa. Gli istituti “di giustizia” svolgono solo un ruolo
suppletivo: la loro utilità consiste, in genere, nell’assicurare un
rimedio quando il diritto sostanziale non venga osservato.
2. Gli istituti della giustizia amministrativa
Con l’espressione “giustizia amministrativa” sono designati alcuni
istituti diretti ad assicurare la tutela dei cittadini nei confronti
dell’Amministrazione. Nel nostro ordinamento questi istituti sono
stati elaborati per la tutela del cittadino che abbia subito una lesione
da un’attività amministrativa. L’intervento del cittadino nel
procedimento amministrativo si colloca in una logica differente
rispetto agli istituti di giustizia amministrativa. Gli strumenti di
partecipazione al procedimento amministrativo sono diretti ad
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Capitolo 2
“LE ORIGINI DEL NOSTRO SISTEMA DI GIUSTIZIA
AMMINISTRATIVA”
1. La giustizia amministrativa nel Regno di Sardegna
Il modello del contenzioso amministrativo francese fu accolto anche
in Italia nell’epoca napoleonica, dove ricevette applicazioni. Tale
modello fu soppresso quasi ovunque in Italia con la Restaurazione,
ma non cessò per questo di rappresentare un modello significativo.
Tant’è vero che già prima della prima guerra d’indipendenza, quasi
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Capitolo 3
“ L’AFFERMAZIONE DI UNA GIURISDIZIONE
AMMINISTRATIVA”.
1. L’istituzione della Quarta sezione
I risultati della riforma del 1865 apparvero ben presto
insoddisfacenti: la tutela del cittadino, nei confronti
dell’Amministrazione era tutt’altro che assicurata. Dell’esigenza di
una revisione si fecero portatori sia uomini politici, sia studiosi e
giuristi. L’argomento presentava due profili fondamentali : a)
l’attuazione di una più ampia tutela del cittadino b) l’individuazione
dell’organo cui affidare la tutela.
La giurisprudenza affermava una tendenziale incompatibilità fra il
diritto soggettivo e il provvedimento amministrativo: il diritto
soggettivo del cittadino era riconosciuto e garantito nei confronti
dell’Amministrazione solo quando essa agiva <<iure privatorum>> e
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Capitolo 4
L’INTERESSE LEGITTIMO
1. Considerazioni introduttive
Nel nostro diritto amministrativo, le posizioni giuridicamente
rilevanti del cittadino nei confronti dell’Amministrazione vengono
distinte in: interessi legittimi e diritti soggettivi. L’interesse legittimo
è una figura centrale nei rapporti tra cittadino e Amministrazione e
rappresenta l’elemento fondante per la giurisdizione amministrativa.
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Capitolo 5
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La Corte, nel 1995 ha dichiarato illegittimo l’art. 36, legge TAR, nella
parte in cui contempla l’opposizione di terzo fra i mezzi di
impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato.
Nel 1999, l’art. 111 Cost., veniva modificato, con l’affermazione del
principio del giusto processo. Il nuovo testo, oltre ad esigere la
terzietà e l’imparzialità del giudice, afferma il principio del
contraddittorio, secondo cui non può statuire sulla domanda se la
parte, nei cui confronti è stata proposta, non sia stata regolarmente
evocata in giudizio. In questa prospettiva, il principio del
contraddittorio integra il diritto alla difesa. Di recente, la Corte
costituzionale ne ha fatto applicazione a proposito del giudizio di
ottemperanza. Senza dichiarare l’illegittimità della norma vigente,
ha affermato però che essa deve essere applicata in coerenza con i
principi costituzionali: di conseguenza, se il ricorso per
l’ottemperanza non sia stato già notificato dal ricorrente alla parte
resistente, il giudice amministrativo, d’ufficio, deve disporre la
comunicazione, in modo che la parte resistente possa difendersi
adeguatamente. Il principio del contraddittorio è stato invocato
anche a favore del ricorrente, come elemento del diritto d’azione,
per sostenere, che il cittadino deve essere posto nelle condizioni di
conoscere con pienezza l’attività amministrativa che intende
contestare in giudizio.
Nel processo amministrativo, il principio del contraddittorio è parso
talvolta in conflitto con l’esigenza di rendere più spedito il giudizio.
Per questo motivo, nella legislazione più recente sono stati introdotti
riti speciali : essi dovrebbero consentire la decisione dei ricorsi in
tempi molto stretti, anche prima che siano scaduti i termini ordinari
per lo svolgimento, ad opera delle parti, delle loro attività di difesa.
In particolare, se sia stata proposta un’istanza cautelare, la decisione
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Capitolo 6
LA GIURISDIZIONE ORDINARIA NEI CONFRONTI DELLA
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
1. I criteri per il riparto fra giurisdizione ordinaria e giurisdizione
amministrativa
Con la legge Crispi del 1889, la questione dei limiti della
giurisdizione civile fu affrontata per i rapporti fra sindacato
giurisdizionale e autorità amministrativa: si trattava di stabilire
quale ambito dell’attività amministrativa fosse immune dal
sindacato giurisdizionale. A questo proposito, ebbe particolare
rilievo la tesi della distinzione tra atti di gestione e atti d’imperio.
Questa tesi contrapponeva gli atti posti in essere
dall’Amministrazione, nell’ambito dell’attività di diritto comune,
agli atti posti in essere dall’Amministrazione, nella sua specifica
qualità di soggetto pubblico. Tale tesi fu criticata alla fine del secolo
scorso e successivamente abbandonata.
Dopo la legge del 1889, la previsione di due ordini di giurisdizioni
(per la tutela del cittadino nei confronti dell’Amministrazione) ha
indirizzato l’indagine verso la ricerca di regole certe par il riparto
della competenza fra giudice ordinario e Quarta sezione. Il tema ha
una sua dimensione storica, perché la nozione di “interesse
legittimo” ha acquistato una più precisa consistenza, solo in un
momento successivo. La legge del 1889, infatti, non menzionava
neppure gli interessi legittimi, ma parlava genericamente di
<<interessi>>.
In discussione, non sono stati però, solo, i criteri per definire
l’interesse legittimo, ma la discussione ha riguardato anche il piano
della tutela processuale:
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Capitolo 7
I RICORSI AMMINISTRATIVI
1. Principi generali
Ricorso gerarchico e ricorso straordinario sono gli esempi più
importanti di ricorsi amministrativi. Questi ricorsi sono rimedi
giuridici, diretti ad un’autorità amministrativa, per ottenere da essa
l’annullamento di un provvedimento o la sua riforma (nel caso del
ricorso gerarchico e del ricorso di opposizione).
I ricorsi amministrativi non comportano l’esercizio di una funzione
giurisdizionale; i caratteri, la forma e l’efficacia della decisione sono
quelli propri dell’atto amministrativo. Sono strumenti di tutela di
interessi qualificati e, quindi, di interessi legittimi o diritti soggettivi.
Ciò comporta una legittimazione limitata per la presentazione del
ricorso: rimangono estranei dalla protezione i c.d. interessi semplici
o di fatto.
Vige, inoltre, un principio dispositivo: l’annullamento dell’atto
illegittimo non può essere subordinato a valutazioni discrezionali, di
opportunità, che non trovino riscontro nei motivi del ricorso(la
legittimazione spetta soltanto a chi faccia valere un diritto soggettivo
o un interesse legittimo): ciò consente di distinguere i ricorsi
amministrativi dalle denunce che qualsiasi cittadino può presentare
contro atti illegittimi, ma che possono solo sollecitare l’esercizio di
poteri di annullamento d’ufficio.
Nel nostro ordinamento, sono previste varie tipologie di ricorsi
amministrativi: la loro disciplina generale è contenuta nel d.lgs. 24
novembre 1971, n.1199. In questo decreto sono contemplate quattro
tipologie di ricorsi: gerarchico – improprio – di opposizione –
straordinario. Fra di essi, hanno carattere di rimedi generali (per i
quali non è richiesta una disposizione specifica che li ammetta) : il
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onere della prova e perciò la verifica dei fatti segnalati dalle parti è a
carico esclusivo dell’amministrazione(non sono ammessi fatti nuovi)
d)decisione (art. 5, d.p.r. n.1199/1971)
Si individuano, con questo articolo, i contenuti possibili della
decisione del ricorso gerarchico. Tali contenuti riflettono: la
distinzione generale fra decisioni di rito (rispetto alle quali è
assorbente una questione attinente alle condizioni di ammissibilità
del ricorso) e decisioni di merito (sulla fondatezza o meno dei
motivi del ricorso).
La formulazione dell’art. 5, consente di ritenere superata una
discussione, che in precedenza aveva suscitato molte incertezze, sul
rapporto fra poteri decisori e poteri di amministrazione attiva
dell’organo competente. L’articolo, pur elencando i contenuti
possibili della decisione del ricorso, non contempla l’esercizio di
poteri di amministrazione attiva. Ciò non significa, però, che
l’organo adito con il ricorso sia privato di tali poteri : essi rimangono
fermi e possono senz’altro essere esercitati, ma deve essere
assicurata una chiara distinzione fra poteri di amministrazione attiva
e poteri di decisione del ricorso.
e)rapporti con il ricorso giurisdizionale (art. 20, 2° c., legge TAR)
Se nei confronti dello stesso atto venga proposto, dal medesimo
cittadino, sia il ricorso gerarchico che quello giurisdizionale, secondo
la giurisprudenza, prevarrebbe sempre il ricorso giurisdizionale, con
la conseguenza che il ricorso gerarchico, se proposto per primo,
diventerebbe improcedibile, ovvero, se proposto dopo quello
giurisdizionale, sarebbe inammissibile.
L’incompatibilità dei due rimedi (gerarchico e giurisdizionale)
emerge con riferimento al caso di un atto che leda gli interessi
legittimi di più cittadini. Questa impostazione non sembra
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Capitolo 8
QUADRO GENERALE DELLA GIURISDIZIONE
AMMINISTRATIVA
1. Premessa
Il ricorso al giudice amministrativo fu configurato innanzi tutto
come mezzo d’impugnazione dell’atto amministrativo. La
disciplina legislativa del processo amministrativo riflette, ancora
oggi, questa concezione originaria.
Il ricorso al Consiglio di Stato ha assicurato le garanzia dell’interesse
legittimo. D’altra parte, agli organi della giurisdizione
amministrativa (ossia ai TAR e al Consiglio di Stato) la Costituzione
assegna proprio la tutela degli interessi legittimi nei confronti della
Pubblica amministrazione. Di conseguenza, la tutela degli interessi
legittimi è devoluta al giudice amministrativo, anche quando non sia
possibile l’impugnazione di un provvedimento amministrativo: si
pensi alla tutela rispetto al silenzio dell’Amministrazione.
Queste considerazioni comportano la necessità di un adeguamento
del quadro normativo al ruolo primario di garanzia degli interessi
legittimi, riconosciuto anche dalla Costituzione al giudice
amministrativo.
Un ulteriore elemento di complessità, per valutare il quadro
generale del giudizio amministrativo, è rappresentato dalla
giurisdizione esclusiva. In questa ipotesi, il Consiglio di Stato, alla
fine degli anni ’30, ha ammesso che il ricorso al giudice
amministrativo non sia subordinato all’impugnazione di un
provvedimento: il cittadino può far valere il suo diritto
all’adempimento di un’obbligazione. L’impugnazione di un
provvedimento non rappresenta, quindi, una condizione necessaria
per la giurisdizione esclusiva. Il giudizio deve potersi svolgere in
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Il Consiglio di Stato, alla fine degli anni ’90, superò l’equivalenza fra
il ricorso al giudice amministrativo e impugnazione di un
provvedimento, elaborando la distinzione fra provvedimenti ed “atti
paritetici”.
L’atto “paritetico” è un atto o un comportamento posto in essere
dall’Amministrazione, come da qualsiasi soggetto di diritto comune.
Pertanto, in presenza di esso non vi è alcuna necessità di impugnare
l’atto dell’Amministrazione e il ricorso non è neppure soggetto ad
un termine di decadenza.
Di questa regola, la giurisprudenza fece applicazione inizialmente a
proposito delle pretese patrimoniali, nel rapporto di pubblico
impiego; poi ha esteso questa regola ad altri contesti, come quello
dei diritti non patrimoniali in materia di pubblico impiego e dei
contributi per le concessioni edilizie.
La vicenda degli atti paritetici riflette la difficoltà di una tutela
adeguata dei diritti soggettivi nel processo amministrativo.
Tuttavia, la disciplina era carente per i contenuti e per le possibilità
di tutela cautelare, oltre che per la limitatezza dei mezzi istruttori e
per le tipologie della sentenza.
Oggi, soprattutto per effetto dell’estensione della giurisdizione
esclusiva, operata nel 1998-2000, parzialmente circoscritta
dall’intervento della Corte costituzionale del 2004, l’esigenza di
assicurare una tutela efficace dei diritti, anche nella giurisdizione
esclusiva, è divenuta ancora più stringente.
A tale esigenza ha dato risposta la legge 21 luglio 2000 n. 205.
Tale legge ha introdotto, nel procedimento amministrativo, i
procedimenti di ingiunzione ed ha assegnato al giudice
amministrativo, nelle vertenze devolute alla sua giurisdizione
esclusiva, la possibilità di disporre di disporre tutti i mezzi di prova
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Capitolo 9
L’AZIONE DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO
1. Le condizioni generali per l’azione nel processo amministrativo
Le condizioni generali per l’azione sono:interesse a ricorre e
legittimazione a ricorrere in capo a chi promuova il giudizio.Sono
designate condizioni generali per l’azione perché il giudice una volta
verificata la valida instaurazione del processo deve accertare la loro
sussistenza per poter procedere alla valutazione del merito.Le
conclusioni ricorrenti, rispetto al processo amministrativo, risultano
distanti da quelle raggiunte per il processo civile.
In questa sede è opportuno fare riferimento all’impostazione
tradizionale.
a)La figura più controversa è quella dell’interesse a ricorrere.
Richiamandosi al principio sancito dall’art. 100 c.p.c., la
giurisprudenza amministrativa identifica, come condizione generale
per l’azione, un interesse a ricorrere, inteso non genericamente nei
termini della idoneità dell’azione a realizzare il risultato perseguito,
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Capito 10
ELEMENTI PRELIMINARI PER LO STUDIO DEL PROCESSO
AMMINISTRATIVO
1. Il giudice amministrativo e la sua competenza
La giurisdizione amministrativa è esercitata in primo luogo dai
Tribunali Amministrativi Regionali (TAR), in secondo grado dal
Consiglio di Stato e dal consiglio di giustizia amministrativa per la
Regione siciliana.
I TAR sono istituiti in ogni Regione ed hanno sede nei rispettivi
capoluoghi: in alcune Regioni sono istituite sezioni staccate che
hanno sede in un capoluogo di Provincia. Nella Regione Trentino-
Alto Adige, in base allo Statuto speciale, nel 1984 sono stati istituiti
un TAR con sede a Trento e una sua sezione autonoma a Bolzano.
In questi casi, la sezione esercita una competenza di carattere
funzionale ed è giudice in unico grado. Le altre pronunce della
sezione autonoma sono impugnabili avanti al Consiglio di Stato.
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suo atto di iniziativa (il ricorso), ma anche nel fatto che tale atto
individua l’oggetto su cui verterà il giudizio ed infine che il
ricorrente ha piena disponibilità dell’azione proposta ( nel senso che
può anche ad essa rinunciare, senza neppure la necessità di
un’accettazione ad opera delle parti).Il ricorso può essere proposto
da più soggetti insieme(ricorso collettivo)purchè la loro posizione sia
omogenea.
b) Parte necessaria nel processo amministrativo è anche
l’Amministrazione che ha emanato l’atto impugnato. Le
disposizioni sul processo amministrativo prevedevano, a questo
proposito, la notifica all’organo che avesse emanato l’atto impugnato
e riconoscevano all’organo una legittimazione processuale passiva.
L’interpretazione data dalla giurisprudenza a queste disposizioni
comporta oggi l’identificazione della parte resistente con
l’Amministrazione ossia l’ente pubblico. L’Amministrazione
“resistente” è parte nel processo e non autorità: di conseguenza è
soggetta in tutto e per tutto alle regole del processo su un piano
paritario rispetto alle altre parti.La posizione di autorità rimane tale
sul piano sostanziale ma non processuale.
c) Infine, sono parti necessarie i controinteressati; soggetti ai quali
l’atto impugnato conferisce un’utilità specifica e titolari di un
interesse qualificato alla conservazione dell’atto impugnato. Ad essi
deve essere notificato il ricorso; nel caso in cui i controinteressati
siano più d’uno, il ricorso è ammissibile anche se notificato ad uno
solo di essi, ma nei confronti degli altri deve essere effettuata
l’integrazione del contraddittorio, nei tempi e con le modalità
disposte dal TAR (art. 21 legge TAR).
I controinteressati sono in una posizione “speculare” rispetto al
ricorrente e ciò implica una pari dignità nel processo per quanto
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Capitolo 11
IL GIUDIZIO DI PRIMO GRADO
1. La fase introduttiva
Il ricorso è tipicamente l’atto col quale chi pretende di essere stato
leso in un proprio interesse(qualificato) da un provvedimento
dell’amministrazione impugna tale provvedimento chiedendo al
giudice amministrativo di annullarlo.Il ricorso si presenta come
strumento di reazione a un atto lesivo della PA. Il giudizio avanti al
TAR è introdotto con un ricorso. Oggi il ricorso ha perso ogni
connotazione specifica di reazione ad un provvedimento lesivo e
costituisce più semplicemente l’atto processuale introduttivo del
giudizio amministrativo, indipendentemente dai contenuti o dagli
interessi coinvolti.
Nel processo amministrativo, di norma, il ricorso deve essere
notificato all’Amministrazione che ha emanato l’atto impugnato e ad
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L’art. 44, 1°comma, t.u. Cons. Stato, nel disciplinare i mezzi istruttori
ammessi nel processo amministrativo, prevedeva originariamente,
nel caso di giurisdizione di legittimità che i mezzi istruttori
ammessi nel caso di giurisdizione di legittimità fossero rappresentati
solo dalla richiesta di <<chiarimenti>>, dalla richiesta di
<<documenti>>, e dall’ordine di compiere <<nuove verificazioni>>.
L’art. 16 della legge n. 205/2000 ha modificato tale disposizione,
introducendo, nel caso di giurisdizione di legittimità, la possibilità
della consulenza tecnica nell’istruzione probatoria.
La richiesta di chiarimenti è analoga, alla richiesta di informazioni
alla Pubblica amministrazione prevista dall’art. 213 c.p.c. ma a
differenza di quest’ultima, può essere indirizzata anche nei confronti
di un’Amministrazione che sia parte nel giudizio.
La richiesta di documenti può avere per oggetto qualsiasi
documento dell’Amministrazione o di terzi, la cui esibizione sia
ritenuta utile per decisione (art. 21, 5° e 6° comma della legge TAR).
Le verificazioni possono avere contenuti molti ampi e in particolare,
possono riguardare l’accertamento di fatti o di situazioni complesse;
si sostiene che le verificazioni non potrebbero riguardare elementi di
valutazione o di apprezzamento dei fatti, altrimenti, attraverso le
verificazioni, il giudice potrebbe sindacare nel loro contenuto le
valutazioni tecniche riservate dalla legge all’Amministrazione.
Da questo punto di vista, è importante la recente introduzione nel
giudizio amministrativo della consulenza tecnica. La consulenza va
affidata ad un perito che sia in condizioni di terzietà rispetto alle
parti, come nel processo civile.
La consulenza dovrebbe consentire di acquisire gli elementi tecnici
necessari per comprendere il significato e il valore del fatto. Proprio
per questi caratteri, l’introduzione della consulenza dovrebbe
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Capitolo 12
LA TUTELA CUTELARE
1. Il quadro normativo
Anche la disciplina della tutela cautelare, nel processo
amministrativo, è stata modellata sul giudizio d’impugnazione di
provvedimenti: di conseguenza, la tutela cautelare si è incentrata,
fino ad epoca recente, nella sospensione del provvedimento
impugnato. Solo con la legge n. 205/2000 (art. 3) il legislatore ha
considerato l’istituto in termini più generali.
L'art. 39 t.u. Cons. Stato, inoltre, ha confermato che «i ricorsi in via
contenziosa non hanno effetto sospensivo» e ha precisato che
«l’esecuzione dell'atto» impugnato, può essere sospesa dal giudice
amministrativo «per gravi ragioni», su richiesta del ricorrente. Nello
stesso senso ha disposto l'art. 21, 8° comma, legge TAR, anche nella
nuova formulazione, introdotta dalla legge n. 205/2000 (art. 3).
Spetta quindi alla parte interessata richiedere l’intervento del
giudice, per evitare che le sue ragioni possano essere compromesse,
prima della decisione del ricorso. In base all’art. 36 reg. proc. Cons.
Stato, la domanda di una misura cautelare deve essere presentata
dal ricorrente al giudice adito per il ricorso principale, con istanza
scritta, che deve essere notificata all’Amministrazione resistente e
agli «interessati». Questa previsione era interpretata, in passato, nel
senso che non fosse necessaria la notifica a tutti i controinteressati.
Per questo profilo la disciplina del processo cautelare risultava
gravemente lacunosa.
Negli anni ‘90, però, il Consiglio di Stato si è indirizzato nel senso
che il giudice amministrativo possa provvedere definitivamente
sull’istanza cautelare, solo dopo l’integrazione del contraddittorio,
con tutte le parti necessarie del giudizio. Questa soluzione è stata
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sancita dalla legge n. 205/2000 (art. 21, 8° comma, legge TAR, come
modif. dall'art. 3 della legge n. 205/2000). Prima dell'integrazione
del contraddittorio, il giudice amministrativo può adottare solo
misure cautelari provvisorie, soggette a riesame.
La richiesta di misura cautelare viene esaminata in camera di
consiglio dal giudice amministrativo, nella sua ordinaria
composizione collegiale, decorsi almeno dieci giorni dalla notifica
dell'istanza. In camera di consiglio possono comparire i difensori
delle parti che ne facciano richiesta, per discutere l’istanza stessa.
Sull’istanza cautelare il giudice amministrativo decide con
ordinanza motivata (art. 21, 8° comma, della legge TAR, introdotto
dalla legge n. 205/2000); l’ordinanza è efficace fin dal momento del
suo deposito.
In caso di estrema gravità e urgenza, la misura cautelare può essere
richiesta al Presidente del TAR o della sezione cui il ricorso
principale sia stato assegnato, previa notifica della relativa istanza
alle altre parti. Il Presidente provvede con un decreto motivato che
rimane efficace fino all’ordinanza del collegio, cui va sottoposta
l’stanza cautelare nella prima camera di consiglio utile. Anche in
quest'ultimo caso, comunque, la tutela cautelare ha sempre carattere
incidentale e si svolge nell’ambito di un giudizio instaurato col
ricorso principale. L’istanza di misura cautelare, quando sia
presentata successivamente al ricorso, deve essere sempre diretta al
medesimo giudice che è competente per la decisione del ricorso. La
pronuncia sull’istanza cautelare deve essere motivata. L’obbligo di
motivazione delle pronunce cautelari, benché sancito dalla legge,
spesso, in passato, non era rispettato. Questa prassi dei giudici
amministrativi appare molto grave. L’art. 21, 8° comma, legge TAR,
introdotto dall’art. 1 della legge n. 205/2000, è intervenuto anche su
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Capitolo 13
LA DECISIONE DEL RICORSO E I RIMEDI NEI CONFRONTI
DELLA SENTENZA
1. La decisione del ricorso
Il giudizio amministrativo è definito in genere da una sentenza, che
viene deliberata dal collegio giudicante.
Nel giudizio amministrativo, in molti casi, il termine “sentenza”
identifica la forma dei provvedimenti assunti dal collegio dopo una
camera di consiglio o una pubblica udienza.
Nel processo amministrativo sono ammesse infatti anche sentenze
interlocutorie, con le quali il collegio, in esito a una pubblica
udienza o a una camera di consiglio, detta disposizioni per lo
svolgimento del giudizio e sentenze istruttorie . Queste sentenze
non solo non sono idonee a passare in giudicato, ma non sono
neppure in grado di costituire un vincolo di ordine interno sulla
decisione finale e pertanto non sono impugnabili.
Hanno invece carattere decisorio le sentenze parziali, con le quali il
giudice amministrativo decide, rigettandole, alcune questioni
pregiudiziali o preliminari, ovvero decide su alcune delle censure
proposte nel ricorso, riservando la decisione delle altre ad
un’ulteriore pronuncia. Esse sono idonee a costituire cosa giudicata.
Con riferimento alle pronunce parziali e alle sentenze definitive, si è
soliti distinguere fra sentenze di rito e sentenze di merito.
Le prime si esaurirebbero nell’esame di questioni strettamente
processuali o nella verifica delle c.d. condizioni per l’azione, o
nell’esame di questioni inerenti alla giurisdizione o nella declaratoria
della c.d. cessazione della materia del contendere, che si verifica
quando il provvedimento impugnato venga annullato d’ufficio
dall’Amministrazione, in termini conformi all’interesse del
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8. L'opposizione di terzo
L’istituto dell’opposizione di terzo (art. 404 c.p.c.) non è contem-
plato nelle leggi sul processo amministrativo. La Corte
costituzionale, con la sentenza, n. 177/1995, richiamandosi agli artt.
3 e 24 Cost., ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 36,
legge TAR «nella parte in cui non prevede l’opposizione di terzo
ordinaria, fra i mezzi di impugnazione delle sentenze del Consiglio
di Stato» e l’illegittimità costituzionale dell’art. 28 della stessa legge
«nella parte in cui non prevede l’opposizione di terzo ordinaria, fra i
mezzi di impugnazione delle sentenze del tribunale amministrativo
regionale divenute giudicato».
La sentenza della Corte costituzionale ha pertanto introdotto nel
processo amministrativo l’opposizione di terzo c.d. ordinaria,
attraverso la quale un terzo può porre in discussione una sentenza
passata in giudicato o esecutiva che pregiudichi i suoi diritti e che sia
stata pronunciata in un giudizio, cui sia rimasto estraneo.
L’opposizione di terzo, nel processo civile, non è soggetta a termini
di decadenza; la tutela degli interessi legittimi, nel processo
amministrativo, è invece soggetta a termini di decadenza. È
controverso se tali termini vadano applicati nel processo
amministrativo anche all’opposizione di terzo: la soluzione
affermativa (condivisa dalla prima giurisprudenza del Consiglio di
Stato, con riferimento ad ipotesi di tutela di interessi legittimi) porta
ad estendere le regole sul termine per l’impugnazione degli atti
amministrativi anche a una situazione ben diversa come è
l’opposizione ad una sentenza.
L’opposizione di terzo dovrebbe essere proposta davanti allo stesso
giudice che ha pronunciato la sentenza pregiudizievole per il terzo,
tuttavia, una parte della giurisprudenza sostiene che nei confronti
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Capitolo 14
IL GIUDICATO AMMINISTRATIVO E L'ESECUZIONE DELLA
SENTENZA
1. Il giudicato amministrativo
Il passaggio in giudicato di una sentenza del giudice amministrativo
si ha quando nei suoi confronti non è più ammessa
un’impugnazione c.d. ordinaria.
Nei confronti della sentenza del giudice amministrativo, passata in
giudicato, sono proponibili solo il ricorso per revocazione nei casi
previsti dall’art. 395, nn. 1, 2, 3, 6, c.p.c. e l’opposizione di terzo.
Per valutare quali effetti comporti il passaggio in giudicato della
sentenza del giudice amministrativo si suole distinguere fra un
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