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APPUNTI STORIA DEL DIRITTO MEDIEVALE E MODERNO I

martedì 16 marzo 2021 16:53

23/02/2021
Il diritto muta con il cambiare nel tempo → è (almeno in parte) un prodotto della storia.

Il problema di Peter Stein è il rapporto tra l’antichità classica (greca e romana) e noi. Un rapporto che Stein vede da un pu nto di vista cronologicamente
rovesciato (dal nostro punto di vista). Non affronta il problema dell’antichità classica per sé stessa, ma dal nostro punto d i vista: quello che per noi è l’antichità
classica, o meglio quella che è l’eredità che l’antichità classica ci ha lasciato.
Qual è questa eredità? Per Peter Stein questa eredità è duplice:
• eredità greca → arte (figurativa, architettura), teatro greco e filosofia
• eredità latina (romana) → strade e diritto

Se il diritto romano è così importante, la prima domanda è: ma i greci non hanno avuto un diritto? Sì. I greci hanno riflettu to moltissimo intorno al problema del
diritto e della legge; però queste riflessioni sono generalmente molto astratte → ciò che interessava ai greci era il bello, il buono e il giusto (nozioni generalissime). Le
leggi (diverse da città a città) che regolavano concretamente la vita degli uomini greci non erano molto sviluppate: regolava no semplicemente la vita quotidiana dei cittadini,
ma non c’era dietro a queste leggi una riflessione scientifica (se non in modo molto limitato). C’era quindi un diritto, ma n on c’era una scienza del diritto (se non nella misura
in cui c’è una filosofica che si è occupata anche di questioni giuridiche).

Per i romani, invece, ciò che importa non sono tanto le riflessioni filosofiche perché questo tipo di riflessioni i giuristi romani le prendono dalla filosofia greca. Si
interessano invece delle norme che disciplinano direttamente i rapporti tra i cittadini → sviluppano una scienza del diritto. Non accettano semplicemente le regole
nate dalla consuetudine o imposte dal legislatore, ma tentano di costruire un complesso di norme capace di dare una disciplin a generale a tutta la vita sociale. Così facendo
si era costruito un diritto di tipo scientifico → un diritto che può essere utilizzato anche in contesti diversi rispetto a quello per cui è stata costruita la norma. Questa i dea di
una scienza del diritto ha reso questa cultura scientifica del diritto così importante → se così non fosse stato il diritto romano sarebbe finito con la fine dell’impero romano
(le norme quotidiane si sarebbero perse, sostituite da altre → nessuno avrebbe trovato in quelle norme la soluzione a problemi diversi), così come è accaduto con il diritto
greco. Il diritto romano è stato costruito come scienza e quindi è riutilizzabile in momenti, luoghi, contesti diverse rispet to a quelli in cui era nato → la scienza non è
particolare ma è generale.

DIRITTO come SCIENZA e non come norma.

Inteso come scienza il diritto romano ha ricoperto un ruolo importante per la costruzione dell’idea di una comune cultura europea.

Ci sono state in realtà molte opposizioni al diritto romano: perché straniero, perché antico, perché prodotto da una società schiavista, perché estraneo alle
moderne idee sociali, perché illiberale (fu fondamento degli stati assoluti)... Stein ricorda il programma originale dello st ato nazista → il diritto romano deve
essere sostituito da un diritto comune germanico. Anche qui una opposizione. Nonostante tutte queste opposizioni, il diritto romano ha giocato e gioca tuttora un ruolo.

Che cosa è questo diritto romano di cui noi parliamo?


Intendiamo una riflessione scientifica, costruita in un certo modo, che prende le sue origini a Roma e i cui esiti romani ci sono stati consegnati in un certo modo
→ questo ha costituito una “specie di supermarket del diritto” (definizione di Stein), da cui ogni acquirente si serve a second a dei propri gusti e delle proprie necessità. Un
deposito di principi, di nozioni, di norme da cui nel corso dei secoli tutti hanno potuto attingere; e, attingendo, hanno dat o vita a tradizioni nazionali diverse, ma partendo
sempre da un deposito di materiali comune.

L’oggetto del libro di Stein non è semplicemente il diritto romano dei romani (modo in cui i romani hanno vissuto il diritto) → ma soprattutto il modo in cui nei
secoli successivi i giuristi hanno riutilizzato i materiali romani.
Metafora cattedrali medievali → pietre/pezzi/elementi decorativi di edifici romani utilizzate per costruire nuove cattedrali.
L’eredità lasciata ha nutrito i secoli successivi, ma in modo diverso → ciascuno ha attinto secondo le proprie necessità. Questo è avvenuto in tutti i campi ed è
avvenuto anche nel campo del diritto.

Il diritto romano non è semplicemente l'insieme di una serie di norme legislative: è molto di più, non è fatto solo di leggi → è fatto di una vasta produzione
scientifica. I giuristi romani hanno riflettuto con metodo rigoroso e scientifico sul diritto, sulle norme che regolano la vi ta sociale e hanno prodotto - nel corso di una storia
molto lunga - una grandissima quantità di testi di natura dottrinale, scientifica. La scienza, per quanto rigorosa, è fatta di dibattito, e quindi anche di discrepanze,
controversie su moltissimi temi. Fermo restando alcuni capisaldi su cui tutti i giuristi concordano, sugli altri temi il diba ttito rimane aperto.
Per orientarsi in un dibattito scientifico occorre essere scienziati a propria volta → altrimenti non si può capire cosa debba essere preferito e cosa meno. Ma per
quanto uno possa avere un orientamento scientifico, la sua scelta non sarà mai definitiva → dipenderà dagli esiti del dibattito. Tutto ciò pone dei problemi nel momento in
cui si passa dalla scienza a una dimensione applicativa: o chi deve applicare il diritto è a sua volta uno scienziato (e allo ra riesce ad orientarsi), oppure non lo è e questo pone
grossi problemi.
I problemi sorgono soprattutto dal punto di vista di una autorità centralistica che esiga determinare in maniera uniforme le norme secondo cui i soggetti devono
vivere. Quella stessa scienza non è costituzionalmente in grado di determinare una volta per tutte una norma. Esempio: non c’ è dubbio che la scienza giuridica
dibattendo possa determinare che sia necessario decidere i criteri di precedenza nella circolazione sulla strada, ma ci sono tanti criteri possibili:
• l’età
• il genere
• il rango (es. Manzoni)
Sono tutti criteri possibili e criteri adottati nel corso del tempo. Non si arriva a una soluzione definitiva: è difficile st abilire su base puramente scientifica quale di
questi criteri debba sempre prevalere in tutti i casi. Non c’è nessun criterio scientifico che stabilisca se sia preferibile tenere la destra o la sinistra → questa è
una decisione che deve essere presa da una autorità, perché è una decisione puramente arbitraria. Da questo punto di vista, u n intervento normativo è desiderabile,
auspicabile, per non dire necessario.

In generale, un’autorità quanto più è forte, centralizzata, tanto più desidera garantire l’uniformità delle norme applicate a i suoi soggetti → la scienza giuridica non
è adatta a questo: è necessario trovare dei criteri per orientarsi, così da consentire a chi deve applicare il diritto di ind ividuare quale è la norma da applicare nel caso
concreto.

L’autorità ha cercato di trovare un criterio per individuare la norma giusta, la norma da applicare di volta in volta.
Una prima soluzione fu individuata nel 426 d. C. con una costituzione imperiale (=una legge) promulgata da Teodosio II e Vale ntiniano III → la c.d. legge delle
citazioni. Con questa costituzione i due imperatori individuavano una lista di cinque giuristi (Papiniano, Paolo, Modestino, Ulpiano e Gaio), i quali erano costituiti come
autorità indiscusse. Qualora su un qualsiasi problema giuridico questi giuristi si fossero espressi in un certo modo, quella era la norma da applicare. Qualora poi tra questi
cinque giuristi ci fossero delle divergenze, il giudice doveva seguire il parere della maggioranza. Qualora poi maggioranza n on vi fosse, il criterio diventava qualitativo-
personale, ossia il giudice avrebbe dovuto seguire il parere di uno di questi: Papiniano. Se poi nessuno di questi criteri si fosse rivelato utile, solo in quel momento il giudice
riacquistava la propria libertà di giudizio.
Si tratta di un meccanismo molto semplice che ha come unico scopo quello di consentire in modo semplice e tendenzialmente mec canico di orientarsi nel
grande mare della letteratura giuridica, con criteri drastici.

Il diritto romano non era fatto però solo di opera di giuristi, non meno importante era stata la produzione legislativa degli imperatori. Mano a mano che ci si
avvicina alla fine della antichità, si nota che l’influsso delle costituzioni imperiali si fa crescente → diventano sempre più numerose e sempre più dettagliate. Si tratta
sempre di più di costituzioni di carattere particolare, vale a dire risposte che gli imperatori redigevano in calce alle lett ere con cui veniva chiesto come risolvere certi
problemi giuridici. Un simile sistema produceva una massa amplissima di atti normativi. Diventava sempre più difficile orient arsi in questa amministrazione. Diventava

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problemi giuridici. Un simile sistema produceva una massa amplissima di atti normativi. Diventava sempre più difficile orient arsi in questa amministrazione. Diventava
necessario procedere ad un riordino → i primi tentativi in questo senso non furono tentativi ufficiali, ma tentativi privati.
Nel V secolo il problema si pose in maniera diversa, in maniera anche ufficiale; così nel 438 fu pubblicato il codice Teodosiano. Esso era il tentativo di
ordinare una volta per tutte la vastissima produzione di costituzioni imperiali in un testo che raccogliesse tutte le costitu zioni in vigore, anche a costo di
modificare i testi. L’esito fu un grande monumento legislativo diviso in sedici libri. Siamo però alla fine dell’esperienza d ell'impero romano, almeno nella sua
esperienza occidentale. Nel V secolo la situazione si fa sempre più difficile, il governo imperiale fatica a difendere l’impe ro ed è sempre più spesso costretto ad
accettare all'interno dell'impero interi popoli guidati dai loro re; popoli che portano con sé il loro diritto, il loro ordin amento. Iniziano poi a redarre il loro diritto in
modo scritto → es. editto di Eurico, re dei visigoti.
Dopo la deposizione dell’impero romano d’Occidente, l’ultimo imperatore romano rimasto è naturalmente il sovrano legittimo de ll'impero romano tutt’intero, ma
la parte occidentale è di fatto completamente sottratta alla sua autorità. Questa è la situazione che si presenta alla fine d el V secolo/inizi del VI. A Oriente si
aveva un impero ancora vivo, centralizzato (per quanto scosso da guerre frequenti); a Occidente una situazione molto più fram mentaria, in cui larghissima
parte delle province era stata occupata da popolazioni di origine germanica che avevano fondato regni, i quali soltanto in mo do molto vago riconoscevano una
qualche superiorità all’imperatore romano → superiorità che si riconosceva solo a parole, ma di fatto questi regni erano sottratti al controllo dell’imperatore.
Questa situazione conosce una svolta quando agli inizi del VI secolo (527) diventa imperatore romano un uomo destinato ad inc idere in maniera decisiva sulla
storia: Giustiniano. Egli si incarica della missione di ricostituire l’unità dell'impero romano → dal punto di vista politico-militare, religioso e giuridico. Dal momento
della sua ascesa al trono fino alla sua morte (565) questa sarà la sua missione. Questa formidabile iniziativa condizionerà e normemente l’intera storia della tradizione
giuridica occidentale.

24/02/2021
Unità politica-militare
Giustiniano avvia una serie di campagne volte a riconquistare le politiche perdute dell’Occidente. In particolare, la sua azi one si esercita in tre direzioni:
• l’Italia
• l’Africa settentrionale, che per secoli era stata il granaio di Roma
• Spagna
Seppure con molte difficoltà, in generale queste campagne ottengono buoni risultati: l’Italia è riconquistata e anche parte d ella Spagna e dell’Africa.

Unità religiosa
Giustiniano era incline a imporre soluzioni teologiche ai suoi sudditi, ma questo si rivelò un problema: non era facile a que l tempo imporre una uniformità
dogmatica nell’impero romano. Giustiniano da questo punto di vista sostanzialmente fallisce. Riesce ad imporre una uniformità apparente, nel senso che tenta
di reprimere voci dissenzienti, ma si tratta comunque di una apparenza.

Unità giuridica
Giustiniano produce qualcosa che sarà destinato ad influenzare enormemente la tradizione giuridica successiva. Già dal 528, l ’imperatore ordina di porre
mano a una revisione del codice Teodosiano e nel 529 produce il codice Giustiniano, cioè una raccolta delle costituzioni imperiali in vigore in quel momento.
Noi questo codice non lo possediamo → ci sono giunti solo alcuni frammenti di papiro ritrovati in Egitto in cui sono riportati alcuni frammenti dell’indice del cod ice
giustinianeo → ci fanno capire cosa c’era all’interno del codice, ossia la legge delle citazioni. Ciò vuol dire che, nel momento in cui Gius tiniano concepisce l’idea del codice,
egli non aveva concepito una soluzione diversa rispetto al problema posto dalla vastità della letteratura giuridica.
Evidentemente, però, qualcosa deve essere cambiato perché nel 530 Giustiniano enuncia un progetto nuovo e mai tentato prima. Il progetto è quello di
realizzare nell’ambito della letteratura giuridica un'operazione analoga a quella realizzata nell’ambito delle costituzioni i mperiali; cioè di raccogliere tutti quei
passi di svariati autori che sono considerati ancora nell’età giustinianea importanti, fondamentali → l’idea è quella di fare una grande antologia della scienza giuridica
romana.
Una commissione presieduta dal principale collaboratore di Giustiniano in materia di giustizia, Triboniano, si accinge a fare ciò. Il lavoro è immenso: la
produzione della scienza giuridica romana è vastissima. Si tratta anzitutto di raccogliere dalle biblioteche dell’impero tutt i i manoscritti superstiti delle opere dei
giuristi romani. Una volta raccolti, occorre affrontare molti problemi. Il primo è dato dal carattere corrotto dei manoscritt i → la copiatura a mano esponeva l’opera a
molti rischi, tra cui l’errore. Ma era anche possibile che gli editori avessero modificato le opere. Bisognava quindi risolve re questi problemi di costituzione del testo. Infine, si
doveva selezionare ciò che doveva essere conservato.
La commissione giustinianea è sorprendentemente rapida: impiega solo tre anni (530-533) a compiere tutto questo lavoro. Probabilmente la commissione si
divise in sottocommissioni, ognuna con un compito.
Fu prodotto quello che noi conosciamo come Digesto, ma che in realtà ha il nome di Digesta (al plurale); o in greco Pandectae.

Il Digesto
Il Digesto è un’opera più estesa della Bibbia, e secondo Giustiniano e i suoi commissari quest’opera rappresenta circa un ven tesimo di tutto il materiale
raccolto.
È diviso in libri, precisamente in cinquanta libri. All’interno di ogni libro c’è in generale un’ulteriore divisione in titol i. Ogni titolo è introdotto da una rubrica, che
sintetizza il contenuto del titolo. All’interno di ogni titolo sono disposti frammenti delle opere dei giuristi romani di età pre-giustinianea, raccolti dai commissari
giustinianei disposti in un ordine logico (non cronologico!), a seconda di quello che i commissari giustinianei volevano dire in quel titolo. Il Digesto conserva la
memoria dell’autore e dell’opera → in ogni titolo possiamo individuare i singoli frammenti e per ciascuno possiamo sapere chi era l’autore e in quale opera quel
frammento si trovava. Era quindi una vera antologia, non una mera rielaborazione di testi.

Contemporaneamente al Digesto, Giustiniano e la sua commissione pensano ad un’altra opera → un’opera che intervenga non tanto nel momento applicativo del
diritto, quanto soprattutto nella formazione del giurista. I giuristi seguivano infatti un percorso formativo, studiavano ai tempi di Giustiniano in alcune scuole: Costantinopoli
e Roma, ad esempio. Studiavano su testi, e uno dei testi preferiti erano le Istitutiones di Gaio, importante giurista del II secolo.

Istitutiones
Giustiniano intende sostituire quel vecchio manuale di Gaio, con un manuale nuovo → le Istituzioni di Giustiniano. Contemporaneamente al digesto, fa preparare il
manuale le Istitutiones, prendendo ispirazione dal modello di Gaio → ma nuove, aggiornate e che hanno la struttura di un discorso che l’imperatore stesso fa agli studenti.
Sono un manuale scritto e voluto dall’imperatore e che come tale ha valore di legge. Si tratta di un testo autorevole perché proviene dall’imperatore. Sono un’opera
dottrinale, ma hanno valore di legge → una legge che è anche un manuale. Non si limita ad ordinare delle cose, ma le spiega.
Esce contemporaneamente al Digesto, nel 533. È un testo molto più agile rispetto al Digesto. È un volumetto diviso in quattro libri, divisi a loro volta in titoli,
divisi in paragrafi. Anche in questo caso ogni titolo ha una sua rubrica.
È un testo che è stato costruito utilizzando una piccola parte degli stessi frammenti contenuti nel Digesto.

Codice Giustinianeo (seconda edizione)


La pubblicazione del Digesto e delle Istituzioni crea una situazione nuova → rende il codice che Giustiniano aveva pubblicato nel 529 del tutto superato. Quel codice
conteneva la legge delle citazioni, ma ora nel 533 quel problema non si pone più: l’intera tradizione scientifico -giuridica romana era stata accantonata → non si deve fare più
ricorso ai testi dei giuristi romani, salvo quei frammenti contenuti nel Digesto. Quindi il problema che la legge delle citaz ioni voleva risolvere non esiste più. Quindi era
necessario rifare il codice di Giustiniano.
Il lavoro in parte era già stato fatto in passato e quindi la commissione riesce a lavorare velocemente; nel giro di un anno viene prodotta una seconda edizione
del Codice di Giustiniano → 534. Questo codice (a differenza del primo) è giunto fino a noi.
Non contiene la legge delle istituzioni e tiene conto di quanto era stato scritto nel Digesto e nelle Istituzioni.
Era diviso in dodici libri, ogni libro era diviso in titoli. All’interno dei titoli noi troviamo le costituzioni imperiali di sposte in ordine cronologico. Di queste
costituzioni sono indicati gli autori (cioè gli imperatori), i destinatari (spesso avevano destinatari particolari), nonché l uogo e data in cui erano state promulgate.

Novellae
Nei successivi trent’anni, Giustiniano continua a legiferare, produce molte altre leggi. Una parte di queste leggi è giunta f ino a noi con il titolo di Novellae →
leggi che Giustiniano ha prodotto dopo il Codice. Non c’è una raccolta ufficiale delle Novellae, ma circoleranno in varie rac colte non ufficiali.

La grande opera di Giustiniano (Digesto, Istituzioni e Codice), abbastanza curiosamente, non si diffonde in Occidente con una eccezione. Nel 554, al termine

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La grande opera di Giustiniano (Digesto, Istituzioni e Codice), abbastanza curiosamente, non si diffonde in Occidente con una eccezione. Nel 554, al termine
della guerra con cui Giustiniano finalmente riuscì a conquistare l’Italia, con una costituzione molto ampia ed eterogenea - la c.d. Pragmatica Sanctio -
Giustiniano estende le sue compilazioni (Digesto, Istituzioni e Codice) all’Italia. È un fatto di importanza capitale per la storia giuridica occidentale → significò
che Digesto, Istituzioni e Codice dovettero essere copiati e inviati all’Italia per essere studiati e applicati. Questo fece dell’Italia - e dell’Italia soltanto - una terra di diritto
giustinianeo.
Si tratta di una eredità che Giustiniano consegna all’Occidente; in realtà, il successo dell’opera di Giustiniano fu assai pi ù occidentale che orientale. Anzitutto
per un problema linguistico: il Corpus Iuris Civilis (Digesto + Istituzioni + Codice) era scritto quasi completamente in latino; ma la lingua prevalente in Oriente
dopo Giustiniano è l’ebreo → opere difficilmente comprensibili per i giuristi romani d’Oriente. Queste opere furono infatti nei secoli successivi tradotte , riadattate in greco
→ libri c.d. basilici, titolo che precede una grande raccolta di diritto in greco che intreccia un po’ tutte le parti dell’oper a di Giustiniano. Questi libri basilici formeranno il
nucleo del diritto bizantino.
In Occidente, invece, grazia all’atto di Giustiniano del 554, l’opera di Giustiniano rimane e rimane intatta → non è soggetta a quell’opera di adattamento a cui
invece è soggetta in Oriente.

Digesto, Istituzioni e Codice costituiscono il Corpus Iuris Civilis (complesso del diritto civile; per civile si intende il d iritto della civitas romanorum - popolo
romano -). Questo complesso di testi, a cui si aggiungono le Novelle, costituisce l’eredità lasciata dall’antichità giuridica, dalla tradizione giuridica romana ai
secoli successivi. Non quindi tanto il diritto romano, non l’esperienza giuridica romana come esperienza giuridica vivente → ma un complesso di testi, costruiti
dall’esperienza giuridica romana, ma avente vita propria.
L’esperienza giuridica romana finisce in realtà con Giustiniano:
• In Oriente perché cambia completamente la cultura giuridica dell’impero romano d’Oriente, che, pur continuando a considerarsi impero romano, è un
impero di lingua e cultura greca.
• In Occidente, l’impero romano di fatto non esiste più, anche se ne rimane l’idea, il ricordo. Nelle antiche province romane si sono insediati popoli che
hanno le loro tradizioni giuridiche, le loro consuetudini, i loro diritti nazionali. L’operazione compiuta da Giustiniano avrà un peso ridottissimo, infatti in
Occidente giunge solo in Italia, dove i testi saranno pubblicati e avrebbero dovuto trovare applicazione, ma le cose non andranno esattamente così.
L’esperienza giuridica romana quindi finisce, ma consegna alle generazioni future un patrimonio prezioso: un patrimonio di te sti giuridici dotati di grande
autorità.

EDIZIONE CRITICA DEL CODICE GIUSTINIANEO (seconda edizione)

Primo libro

Titolo primo

Rubrica: della somma trinità e della fede cattolica e che nessuno osi discutere di essa pubblicamente.
Il primo titolo del primo libro (come poi altri titoli) del codice di Giustiniano è dedicato alla religione ufficiale dell’im pero romano, a partire almeno dal 380 d.C., e
cioè il cristianesimo.

L’impero romano non è mai stato uno stato laico → nella tradizione antica, essere cittadini di una città implicava anche essere partecipi del culto riservato agli dei della
città. Non si trattava di un aspetto privato. Certamente, ciascuno poteva anche privatamente praticare i culti che preferiva; tuttavia, era tenuto in quanto cittadino a
rispettare e praticare il culto pubblico. Qualsiasi deviazione da questo, qualsiasi rifiuto, era un crimine punibile con la m orte → crimine di ateismo o empietà. L’ateismo
consisteva nel rifiutare il culto pubblico (o la satira di esso), non nella non credenza in un dio.
L’esempio è quello di Socrate, accusato di introdurre nuove divinità e di voler sostituire le divinità ufficiali di Atene con altre, corrompendo i giovani. O anche la
persecuzione dei cristiani iniziata da Nerone, che aveva esattamente questa motivazione: i cristiani rifiutano il culto pubbl ico e lo fanno non giustificati
dall’appartenenza ad un popolo - come facevano gli ebrei, cosa che era accettata -.

Quando nel 380 il culto pubblico dell’impero diventa il cristianesimo, rimane ancora assolutamente necessario per essere citt adini romani di praticare il culto
pubblico, che a partire da quel momento è quello cristiano. A differenza dell’antica religione tradizionale romana, che const ava fondamentalmente di riti,
mentre non era richiesto che si credesse nei miti che si raccontavano su Marte, Giove, ecc. → la religione cristiana esige anche la fede in un complesso di dogmi.
Non si tratta semplicemente di praticare una cerimonia, ma di credere in una serie di verità assunte come verità rivelate. Di qui anche la volontà degli imperatori, in quanto
garanti del culto pubblico, di imporre non soltanto le cerimonie ma la fede come definita dai concili, che molto spesso essi stessi convocano e presiedono, e ai cui canoni gli
imperatori stessi danno forza di legge. Di qui questo titolo sulla somma trinità.

Il primo titolo del primo libro impone quindi a tutti di credere nella somma trinità → ordina, non presenta argomentazioni.
Nel titolo si susseguono in ordine cronologico una serie di costituzioni imperiali che concernono l’oggetto del titolo, quind i in questo caso la trinità, la fede
cattolica e il divieto di disputare pubblicamente intorno ad essa.

Questo è l’editto di Tessalonica del 380, con cui il cristianesimo diventa religione ufficiale dell’impero romano. La prima c ostituzione del codice giustinianeo è la
costituzione che ha proclamato il cristianesimo religione ufficiale dell’impero.

Mentre il Codice è il deposito delle costituzioni imperiali (= atti normativi che più assomigliano alle nostre leggi), Digest o e Istituzioni hanno natura diversa.
Il Digesto è deposito di testi di dottrina; è un’antologia di testi giuridici estratti da opere dei giuristi romani → in virtù dell'approvazione imperiale, questi testi hanno
valore di legge
01/03/2021

EDIZIONE CRITICA DEL DIGESTO

Primo libro - Primo titolo

Ulpiano, primo libro istituzioni:


• il diritto è legato da un nesso necessario con la giustizia
• il diritto è una scienza pratica
• il diritto, in quanto arte del buono e dell’equo e in quanto derivante dalla giustizia, ha una dimensione sacra → non si sta dicendo che il diritto dipende dalla
religione; la funzione del giurista è simile a quella del sacerdote, perché amministra qualcosa di sacro: la giustizia
• qui troviamo l’origine della distinzione tra diritto pubblico e diritto privato:
○ il diritto pubblico è quello che riguarda lo status, la condizione della res romana, ciò che appartiene al popolo romano; il diritto pubblico consiste
nelle cose sacre, nei sacerdoti, nei magistrati → nel diritto pubblico troviamo compresa la religione, che non è un fatto privato, ma anche - se non
soprattutto - un fatto privato.
○ il privato riguarda l’utilità dei singoli
• il diritto deriva da tre categorie di precetti: quelli naturali, quelli delle genti e quelli civili. → cerchi concentrici
○ ius naturalis: è quello che la natura ha insegnato a tutti gli animali (= essere animato, quindi tutti gli essere viventi, escluse le pian te). Il diritto
naturale ha come contenuti concreti: il matrimonio (unione tra maschio e femmina), la procreazione dei figli e l’educazione d i essi
○ ius gentium: è quello che usano le genti umane, non più quindi tutti gli essere animati, ma soltanto gli umani. Questo diritto è comune solo agli
uomini tra loro, nei loro rapporti
○ ius civilis: diritto di ciascun popolo (civilis da civitas).

Gaio, primo libro istituzioni


In questo frammento, troviamo ben espressa l’idea di ius civilis. Questo è uno dei passaggi più importanti, perché è un punto fondamentale per qualsiasi studio
di storia giuridica.

STORIA DEL DIRITTO MEDIEVALE E MODERNO I Pagina 3


EDIZIONE CRITICA DELLE ISTITUZIONI

Istituzioni → contiene i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico; è un’opera formata da frammenti estratti dal Digesto, concepiti come un discorso unitario che in
qualche modo l’imperatore stesso rivolge agli studenti. Le Istituzioni, oltre ad essere un manuale, hanno valore di legge.
Le Istituzioni sono composte da una sottocommissione della commissione che ha composto il Digesto, sempre guidata da Tribonia no.

Le Istituzioni sono divise in quattro libri, ma dal punto di vista del contenuto della materia affrontano il diritto secondo tre grandi oggetti:
1. persone
2. cose
3. azioni

L’assetto che Giustiniano dà all’impero romano d’Occidente è un assetto effimero, perché subito dopo la morte dell’imperatore nel 565, quelle province sono
perdute. In particolare l’Italia nel 569 è invasa da un popolo germanico, quello dei Longobardi.
I Longobardi avevano subito l’influenza romana, spesso erano stati arruolati nell’esercito romano e avevano combattuto per l’ impero. Nel 569 abbandonano la
regione della Pannonia, che corrisponde all’attuale Ungheria, e entrano in Italia, conquistandola. La loro conquista è in rea ltà una storia complessa, perché
non avviene in una volta e non è nemmeno completa. La conquista avviene a macchia di leopardo, dipende dalla resistenza che i romani fanno in ogni luogo.
Inoltre, mano a mano che il popolo longobardo avanza, perde qualche luogo. La conquista durerà quasi due secoli, ma sarà semp re parziale: includerà l’Italia
settentrionale, l’Italia centrale fin verso la Toscana, lasciando indietro la Romagna (chiamata Romagna appunto perché vi rim asero i romani) e la zona di
Roma, ma arrivando fino al Salento. Il sud rimarrà sotto il controllo dei bizantini (almeno inizialmente).
L’evento ha una grande importanza perché segna una divisione dell’Italia tra nord e sud che resterà caratteristica della stor ia italiana.

0203/2021
L’arrivo dei Longobardi fu un momento di rottura nella storia italiana, e non soltanto di frattura politica, ma anche perché la differenza culturale tra Longobardi e
romani era enorme. C’è una separazione definitiva dell’Italia da ciò che restava dell’impero romano. I bizantini tentarono pi ù volte una riconquista, ma senza
successo. Il loro controllo sull'Italia si riduce alle isole e alla parta più meridionale della penisola, ma fu comunque una conservazione combattuta; al nord
resistette Roma, che rimase sotto il controllo bizantino - ma di fatto sotto quello del Papa -, la zona dell'esarcato, quindi Ravenna e dintorni (la Romagna) e la
zona della laguna di Venezia.
I Longobardi non si trasferiscono come esercito, ma come popolo e quindi cambiano completamente l’assetto politico, sociale, economico e culturale dell’Italia.
Ci volle parecchio tempo perché i due popoli (romani e longobardi) si fondessero nel popolo italiano.

I Longobardi avevano il proprio diritto (così come lo avevano gli altri popoli germanici) di carattere fondamentalmente consu etudinario. I popoli germanici in
origine non conoscevano la scrittura e quindi le loro lingue non erano poste in forma scritta, nel momento in cui sentirono l a necessità di porre qualcosa per
iscritto fecero ricorso al latino. Ci fu qualche tentativo di porre per iscritto le lingue germaniche utilizzando come punto di partenza gli alfabeti esistenti (greco e
latino), esempio la traduzione della Bibbia in gotico, ma si tratta di esperimenti marginali.
Hanno quindi un diritto consuetudinario che non si traduce in forma scritta.

L’organizzazione longobarda non è di tipo centralizzato → il re è un capo militare che in tempo di guerra ha autorità assoluta, ma in tempo di pace essa è molto labile
(questo vale per tutti i popoli germanici). I longobardi regolano le controversie tra loro, quindi. Ogni controversia può dar luogo alla faida, che è la guerra privata →
contrappone non la vittima e il colpevole, ma i gruppi familiari. Altro modo di risoluzione delle controversie è, ad esempio, la composizione pecuniaria: pagare una certa
somma per evitare la faida → questo vuol dire che gli uomini e le donne hanno un valore diverso a seconda dello status sociale.

Una mentalità giuridica di questo tipo implica che il giudizio sia più una composizione che il giudizio che abbiamo in mente noi (in cui si raccolgono le prove,
ecc.) → il giudice deve cercare di trovare un accordo tra i vari gruppi familiari. In una società in cui non esiste il diritto in for ma scritta, necessarie sono le persone che
ricordano il diritto → il giudice si affianca di esperti, che sono gli anziani.
La funzione fondamentale di qualsiasi giudizio è la cognizione: che cosa è successo e chi ha causato quel fatto. È a questo p unto che nasce la necessità di
provare il fatto, ma in questa società la prova del fatto non può avvenire nei mezzi che sono a noi consueti. Non si tratta d i ricostruire punto per punto i fatti, ma
di affermare se Tizio sia colpevole o meno → il modo più semplice per fatto è il giuramento. La ragione sta quindi a favore della parte che ha più persone che giurano
con lui (congiuratori). Il giuramento consente di risolvere la controversia perché colui che raccoglie più congiuratori prevale, chiamando a testi mone Dio stesso
→ dio non può stare dalla parte del colpevole e pertanto se qualcuno giurerà il falso, sarà dio stesso a incaricarsi della vend etta.
Un altro modo per accertare la colpevolezza è quella che siamo soliti chiamare ordalia. L’ordalia è un atto sacro in cui colui che è chiamato a discolparsi
compie un gesto di speciale gravità, un gesto che potrebbe ledere la sua persona, invocando Dio perché Dio lo protegga dalle conseguenze dannose di tale
gesto, nella fiducia che Dio accorderà alla sua protezione all’innocenza, e non l’accorderà ovviamente al colpevole. Esempio: la presunta strega era legata e
gettata nell’acqua: se affondava era innocente, se galleggiava era colpevole.
Un altro metodo era il duello → Dio avrebbe dato manforte all’innocente. Era possibile anche il duello con campione.
Ciò che viene dimostrato non è mai la verità di un fatto, ma lo stato di innocenza o colpevolezza → il fatto è accertato ricorrendo all'intervento divino, mediante il
giuramento, l’ordalia o altro.
Abbastanza presto, anche i Longobardi - così come altre popolazioni germaniche - dovettero adattarsi a porre per iscritto il loro diritto. Ciò avviene per la prima
volta nell’anno 643, in occasione di una spedizione militare ad opera del Re Rotari. È significativo che sia avvenuto in occa sione di un’adunanza dell’esercito,
perché è il momento in cui il re dispone dell’autorità necessaria per legiferare (re ha autorità soprattutto nel momento di g uerra).

EDITTO DI ROTARI

Prologo:
“Ciò che immediatamente segue chiarisce quanto sia stata e sia la cura e la sollecitudine per il vantaggio dei nostri sudditi ” → ciò che io Rotari sto facendo lo sto
facendo soltanto perché ho a cuore il benessere dei sudditi.
“Soprattutto, sia a cause delle continue fatiche dei poveri che anche delle superflue esazioni dei potenti, e noi sappiamo qu anto i poveri patiscono questa
violenza, per questo - considerando la grazia di dio onnipotente - abbiamo deciso di correggere la presente legge, la quale rinnovi ed emendi tutte le
precedenti, e aggiunga ciò che manca e tolga ciò che è superfluo. E abbiamo previsto di raccogliere tutto questo in un solo v olume in modo che ciascuno
possa vivere quietamente, nel rispetto della legge e della giustizia, e, in forza della giustizia stessa, lottare contro i ne mici e difendere sé e la sua terra.”
“Tuttavia, abbiamo pensato che fosse utile per la memoria che fossero annotati in questa pergamena i nomi dei re nostri prede cessori, dal tempo in cui nel
nostro popolo dei longobardi cominciarono ad essere nominati i re, nella misura in cui gli abbiamo appresi dagli uomini anzia ni, e abbiamo ordinato che
fossero annotati in questa pergamena.”

Le tradizioni giuridiche romane continuano a vivere come tradizioni dei romani, cioè di coloro che longobardi non sono, ma ch e comunque risiedono in Italia. È
quello che la storia giuridica chiama principio della personalità del diritto → idea che la vita di ciascuno sia retta non da un diritto applicato su un certo territorio,
ma dal diritto del popolo a cui appartiene. Naturalmente questo poneva dei problemi quando ad avere dei rapporti giuridici ma gari conflittuali erano i membri di due popoli
diversi.
Era possibile, mediante le c.d. professiones iuris, dichiarare, anche soltanto per un singolo atto, quale diritto si voleva applicare.

La tradizione giuridica romana che continua ad esistere non può essere definita come giustinianea, perché il diritto giustini aneo trova una circolazione assai
limitata: la pragmatica sanctio è stata emanata solo 15 anni prima dell’arrivo dei longobardi in Italia e il diritto giustini aneo è molto complesso.
L’ultimo caso in cui sappiamo con certezza che il Digesto è stato utilizzato per risolvere una questione giuridica risale all’anno 603, e lo sappiamo grazia a una
lettera di Papa Gregorio Magno. Dopodiché, più nulla → non nel senso che il Digesto scompaia, ma nel senso che non sarà più utilizzato per risolvere controversie
giuridiche concrete fino alla fine del secolo XI (quasi cinquecento anni dopo).

STORIA DEL DIRITTO MEDIEVALE E MODERNO I Pagina 4


giuridiche concrete fino alla fine del secolo XI (quasi cinquecento anni dopo).
Ad avere una circolazione saranno le Istituzioni (testo più facile e accessibile), il Codice (sebbene non per interno, solo i primi nove libri, che riguardano più da
vicino la vita sociale) e le Novelle, in quanto leggi di riforma del codice, in una versione riassuntiva e semplificata → la famosa Epitome Iuliani.
Se allarghiamo lo sguardo all’interno Occidente, vediamo una serie di regni fondati da popolazione germaniche, ciascuno dei q uali ha una propria tradizione
giuridica, in parte legata alla tradizione romana e in parte legata alla tradizione giuridica propria. Un quadro che possiamo descrivere come di grande
frammentazione.
Ciò che restituisce in qualche modo unità a questo quadro è la presenza della Chiesa.

La tradizione ecclesiastica si è costituita a partire dai Grandi Concili nel secolo IV sull’idea di una federazione di chiese , ognuna stretta intorno al suo vescovo
che sta nella città. Le chiese però abbastanza presto riconoscono l'autorità di alcune sedi episcopali particolarmente import anti, per svariate ragioni: politiche
(sedi episcopali delle città più importanti dell’impero) e per la venerazione dei resti dei dodici apostoli di Cristo, che secondo la tradizione ecclesiastica in quelle
città si sarebbero recati assumendo in sostanza la funzione di vescovi. La presenza di reliquie di apostoli presso una chiesa conferisce alla chiesa stessa
autorità. Alcune sedi episcopali diventano quindi particolarmente prestigiose e vengono chiamate patriarcati; esse sono in ordine di importanza:
• Roma
• Costantinopoli
• Alessandria d’Egitto
• Antiochia di Siria
• Gerusalemme
Si tratta solo di un ruolo particolarmente importante che viene attribuito a queste sedi, ma non del primato papale che conos ciamo oggi. Ciò che in fin dei conti
tiene insieme la Chiesa e ne garantisce l’unità è l’impero → la Chiesa vive e nasce nell’impero romano ed è regolata dal diritto romano. È all’impero che le chiese si
rivolgono perché l’ortodossia dottrinale sia garantita e difesa contro tutte quelle teologie considerate eterodosse. La Chies a ha un ruolo importante per l’impero, ma
l’impero ha un ruolo decisivo per la chiesa: ne garantisce l’unità e la difende. Questo significa che la suprema autorità per la Chiesa non è in questo momento un vescovo,
nemmeno il più importante dei grandi patriarchi (il vescovo di Roma), ma resta l’imperatore.

Nel momento in cui l’impero romano si ritrae in Oriente, le antiche province occidentali si trovano in una situazione nuova: non vi è più l’autorità imperiale che
difende e impone una certa uniformità, ma le chiese sono chiamate a rispondere autonomamente ai bisogni e alle esigenze del m omento, conservando
soltanto un legame più o meno forte (a seconda del tempo) con una di quelle sedi episcopali particolarmente autorevoli. Se pe nsiamo alle cinque sedi
episcopali, quattro sono in Oriente e solo una è in Occidente, Roma → unica sede patriarcale in Occidente. Le altre, tranne Costantinopoli, vengono poi conquistate
dagli arabi (quindi sono sedi in terra infedele) e sono tutte e quattro sedi di lingua greca; Roma è l’unica sede patriarcale di lingua latina. Questo vuol dire che l’intero
Occidente guarda a Roma.

La Chiesa esercita la sua autorità nelle forme giuridiche del diritto romano, perché la Chiesa vive seguendo il diritto roman o. La Chiesa continua ad esercitare
un’azione unificatrice, per il tramite della dottrina teologica sicuramente, ma anche per il tramite del diritto romano. Quel lo romano giustinianeo? Fino ad un
certo punto. Il diritto romano sulla base del quale la Chiesa continua a vivere è il diritto romano precedente a quello giust inianeo, quel diritto romano che si era
cristallizzato in qualche modo nel codice Teodosiano.

Nella penisola iberica, il vescovo di Siviglia, Isidoro, raccogliendo in una grande opera (le Etimologie di Sant’Isidoro di Siviglia, divisa in venti libri) una sorta
di sintesi dell’eredità lasciata dalla cultura antica, nel quinto libro Isidoro di Siviglia offre una sorta di riassunto dell a tradizione giuridica romana. L’influenza
delle Etimologie sarà notevolissima e sarà quest’opera uno dei mezzi attraverso cui la tradizione giuridica romana arriverà a i secoli successivi.

I regni in Occidente cambiano, si trasformano, vengono in parte conquistati dagli arabi.


Il regno dei Longobardi si consolida e continua la sua conquista. In Francia si stabiliscono i Galli, che danno vita ad un re gno abbastanza unitario con un diritto
proprio che è la legge salica. Ad un certo punto, nella Gallia sale al potere una nuova dinastia, la dinastia c.d. Carolingia, che prende il nome dal suo più
illustre rappresentante, Carlo Magno. Egli nel 774 conquisterà il regno longobardo, sconfiggendo l’ultimo re dei Longobardi Desiderio, in seguito alla minaccia
avvertita con molta forza dal papato di una conquista longobarda di Roma (conquista a cui l’impero d’Oriente sembra non esser e in grado di porre rimedio),
conquista che sarà sventata proprio dall’intervento franco. L’intervento era stato sollecitato dal Papa, su probabile solleci tazione dello stesso imperatore
romano d’Oriente, ma che si tradurrà non - come forse aveva sperato Bisanzio - in una restituzione della provincia d’Italia all’impero, ma nell’annessione del
Regno d’Italia al Regno franco. È in questo scenario che la notte di Natale dell’anno 800 matura l’incoronazione di Carlo imperatore dei romani → renovatio
imperii, l’idea è quella di ricostituire l’impero romano.

Si apre uno scenario nuovo e complesso. È complesso dal punto di vista dei rapporti tra il Papa e l’imperatore: l’imperatore non rinuncia alle prerogative che la
tradizione ricollega al suo ufficio, e quindi non rinuncia a governare non soltanto i corpi dei suoi sudditi, ma anche le ani me → non rinuncia a governare la Chiesa.
Egli rivendica per sé un controllo sulla Chiesa. È anche vero però che avviene qualcosa di nuovo: a porre sul Capo di Carlo M agno la corona è il Papa. Il biografo di Carlo
Magno sottolinea che se Carlo avesse saputo quali erano le intenzioni del Papa non si sarebbe recato in chiesa → difficile dire se sia vero o no, ma sta di fatto che il gesto di
incoronare l’imperatore sarà la base di una serie di rivendicazioni di una certa superiorità da parte dei pontefici.

03/03/2021

Nell’impero romano, la maestà imperiale derivava dalla divinità → è Dio stesso che ha scelto l’imperatore. Infatti, l’incoronazione veniva rappresentata da una donna,
una divinità - forse Roma stessa - che pone la corona sull’imperatore, che stava in piedi e aveva le stesse dimensioni della divinità.
Le cose cambiano con l’incoronazione di Carlo Magno: l’imperatore è raffigurato in ginocchio in una posizione di soggezione r ispetto al Papa; i restanti presenti
sono tutti chierici, uomini di chiesa → non ci sono laici e sono tutti in piedi tranne l’imperatore.

Immagini del secolo XII nel Regno normanno di Sicilia, legato alla tradizione bizantina
• Incoronazione di Re Ruggero II → re vestito di abiti regali, e Gesù Cristo in piedi, in abiti della tradizione bizantina. Il re è rappresentato un po’ più piccola e china
leggermente il capo in preghiera. Riceve la corona direttamente da Cristo, non c’è un vescovo o il Papa.
• Incoronazione di Guglielmo II → molto simile a quella di Ruggero II, Cristo è seduto su un trono con il vangelo aperto, Guglielmo è in piedi con il capo leggermente
piegato le mani aperte nel gesto di preghiera antica e Cristo lo incorona.

Sono modelli di regalità differenti che ci mostrano la complessità che sta dietro a queste scelte.

L’incoronazione di Carlo Magno segna il ritorno dell’impero romano in Occidente → si tratta di ricostituire l’impero con l’intervento decisivo del Papa, ma questo non
significa che l’imperatore rinunci alle prerogative che la tradizione romana connetteva al suo ufficio. Carlo, in quanto impe ratore, rivendica per sé non un ruolo parallelo e
distinto rispetto a quello del Papa, ma il ruolo di protettore e difensore degli affari ecclesiastici. Lo si vede in tutta la sua azione. Non soltanto Carlo avrà un ruolo decisivo
nell’imporre come normativa la liturgia romana, non soltanto avrà un ruolo decisivo nell’affermazione in tutto l’Occidente co me modello monastico prevalente del modello
benedettino, ma interviene direttamente dal punto di vista normativo → i Capitolari.
I Capitolari sono la forma che assumono gli interventi normativi dei re franchi, si chiamano così perché divisi in capitoli. Carlo Magno e tutti i suoi successori
produrranno una quantità molto grande di capitolari, alcuni di questi sono volti direttamente e in via principale a disciplin are la vita ecclesiastica, dettando
norme anche dettagliate. I capitolari possono avere vari destinatari e avere una varietà di oggetti; ve ne sono alcuni a cara ttere generale, cioè che riguardano
tutto l’impero, altri invece riguardano singole parti dell’impero, perché sono pensati ad aggiungersi alle leggi che tradizio nalmente governavano i vari regni di
cui l’impero carolingio si componeva.

LIBER PAPIENSIS

Questa pagina riproduce un capitolare di Carlo Magno. Si tratta di questioni ecclesiastiche.

STORIA DEL DIRITTO MEDIEVALE E MODERNO I Pagina 5


Numero 3: “a proposito dei monasteri che sono vissuti secondo una regola, che continuino a vivere secondo quella regola; e ch e ciascuna badessa risieda
senza interruzione nel suo monastero” → Carlo affronta il problema disciplinare dell’abate/badessa che non risiede nel monastero a cui è posto a capo.

Numero 10 → limitazione al diritto d’asilo.

Da questi testi si nota quanto sia complesso il rapporto tra ciò che per noi è la dimensione secolare e ciò che per noi è la dimensione temporale. Nel caso di
Carlo Magno, l’ultima parola spetta all’autorità imperiale, che non è secolare o temporale, ma è un po’ le due cose insieme: è il sovrano incoronato da Dio, e a
Dio risponde. L’unica autorità a cui soggiace l’imperatore è dio, e qualsiasi altra autorità soggiace alla sua (anche la Chie sa). La suprema autorità resta quella
imperiale.
Persiste quindi l’idea romana che l’imperatore non sia semplicemente un autorità secolare, ma che sia depositario della supre ma potestà sugli esseri umani a
lui soggetti in tutta l’ampiezza della loro personalità, sia dal punto di vista dei rapporti tra gli uomini che dei rapporti tra gli uomini e Dio.
La Chiesa ha un ruolo importante, anche perché ha il compito di definire i contenuti dogmatici della verità rivelata cristian a, il cui rispetto è imposto a tutti i
sudditi dell'impero (vedi editto di Tessalonica). Questa idea di Chiesa permane anche successivamente all’età giustinianea e giunge a un momento di crisi
soltanto nel secolo XI.

Abbiamo osservato che lo spostamento definitivo della sede dell’impero romano in Oriente aveva favorito indubbiamente il sorg ere di un’autorità autonoma da
parte del vescovo di Roma; autorità che aveva raggiunto notevolissimi vertici al punto che nell’anno 800 è proprio il papa a prendere l’iniziativa di incoronare
Carlo Magno imperatore del Sacro romano impero. Abbiamo notato che questo però non trasforma nell’immediato l’idea di potestà imperiale, che continua
sulla linea della tradizione, ma inserisce un elemento nuovo: l’idea che in questa specie di partita tra spirituale e secolar e, lo spirituale possa avere un ruolo
diverso, e che in particolare lo possa avere il Papa, in ragione sia del prestigio della sede romana che in ragione del prest igio della sua discendenza
apostolica.

I secoli che seguono sono secoli di difficoltà per i successori di Carlo magno che vedono la propria autorità erodere progres sivamente: l’impero carolingio dopo
la morte di Ludovico detto il Pio, figlio di Carlo Magno, viene diviso in tre grandi aree → una a oriente, che diventerà la Germania, una a occidente, che diventerà la
Francia, e una striscia centrale che va dagli attuali Paesi Bassi fino all’Italia. La divisione avviene nell’843 e contribuis ce a disegnare la mappa della futura Europa moderna.

La fine della dinastia carolingia e l’affermazione di nuove dinastie, quella degli Ottoni in Germania e quella Capetingia in Francia, porta a nuovi cambiamenti e
porta infine con Ottone I nel X secolo a una rinascita dell’impero su basi propriamente germaniche. Gli imperatori romani son o a partire da questo momento
imperatori tedeschi, che guardano con interesse all’Italia, sia perché aveva sempre fatto parte dei domini carolingi, che per ché Roma è un luogo sacro ed è
fondamentale per ottenere la corona imperiale. Per molti secoli occorrerà ai re di Germania, eletti dai principi tedeschi, sc endere in Italia, raggiungere Roma e
farsi incoronare imperatore.

Il ruolo del pontefice cresce. La crisi progressiva dei carolingi in realtà è anche crisi del papato, ma è anche l’occasione per una crescente autonomia del
vescovo di Roma rispetto all’impero. Peraltro, la rifondazione ottoniana sarà anche una rifondazione non solo dell’impero, ma anche del papato, perché i Papi
scelti da Ottone I e dai suoi successori avranno un ruolo importante nella riforma del papato e della Chiesa, che era veramen te caduta molto in basso: era
stata preda di una lotta tra fazioni della nobiltà romana, che non aveva giovato né alla Chiesa romana né alla Chiesa latina in generale.

Questi sono anche i secoli in cui la chiesa episcopale, fondata su quella federazione di chiese ciascuna stretta attorno al s uo vescovo, attraversa una profonda
crisi. Molto spesso i vescovi sono grandi signori di nobili famiglie laiche, il cui interesse per l’episcopato è assai modesto. Tra l’altro, i sovrani - carolingi prima
e ottono poi - non mancheranno di appoggiarsi ai vescovi, investendoli di funzioni pubbliche in misura crescente per svariate ragioni → i vescovi avevano una
formazione culturale migliore di quella dei laici, inoltre non potendo avere figli legittimi, gli imperatori erano sicuri che i diritti di cui avevano investito il vescovo sarebbero
tornati in capo all’imperatore alla morte dello stesso vescovo.

In questi secoli emergono altre importante novità, tra cui il nuovo modello monastico. Il monachesimo è una forza estremament e importante nella storia
cristiana; in Occidente risente in particolare del modello benedettino e l’età carolingia è il modello decisivo di questa sto ria perché il modello benedettino
prevale su tutti gli altri in Occidente. Ma si tratta ancora del monachesimo tradizionale, in cui ogni monastero in realtà è un’isola a sé. Si tratta di fondazioni
lontane dalle città, ciascuna delle quali è distinta e separata dalle altre. Certamente vi sono contatti tra i vari monasteri e con le chiese, ma ogni monastero è
una comunità a sé stante, anche se vivono magari secondo la medesima regola (es. la regola di San Benedetto).
Il primo tentativo di realizzare qualcosa di diverso avviene tra il IX e il X secolo con la fondazione in Bordogna del monast ero di Cluny. Di esso oggi resta assai
poco: fu demolito con la polvere da sparo durante la Rivoluzione francese per venderne le pietre. Cluny è un monastero partic olare perché si pone a capo di
una rete di altri monasteri fondati dai monaci che vengono da Cluny, i quali sono legati da vincoli giuridici assai stretti a ll’abate che sta a Cluny. L’abate è
immune/esentato dalla giurisdizione del vescovo locale ed è soggetto direttamente alla giurisdizione del Papa. Con la fondazi one di Cluny e con l’espansione
di questa fondazione, si viene costruendo un ordine religioso distinto dalla c.d. Chiesa secolare (cioè non sottoposta alla r egola monastica), che risponde
direttamente al Papa e che è organizzato in maniera centrata. Questo vuol dire che il Papa si trova a disporre di una sorta d i esercito di monache sempre più
numeroso, che controllano vaste proprietà feudali, che hanno una formazione teologica e dottrinale di notevole spessore e che rispondono solo a lui. Sempre
più spesso sarà proprio dagli ordini monastici che verranno i progetti di riforma e sarà proprio il modello monastico a esser e preso come modello per la riforma
della Chiesa → una riforma che troverà negli uomini usciti dagli ordini monastici i suoi artefici. Dall’XI secolo saranno infatti sempre più spesso i monaci a diventare Papi →
il modello monastico diventerà quindi il modello di riferimento per la riforma della Chiesa, una riforma che giunge nei suoi effetti fino ai nostri giorni. Ad esempio, sarà il
monachesimo a introdurre il celibato ecclesiastico.

La riforma della Chiesa si fa sempre più esigente; l’obiettivo principale diventa quello della lotta contro la simonia → il concetto di simonia è un concetto vasto, è
l’esercizio di potestà spirituale da parte di laici. È un concetto vastissimo, quindi qualsiasi forma di intromissione dei la ici nella vita spirituale è considerata simonia. Si tratta
di una lotta per la separazione di ciò che ora si inizia a considerare la potestà spirituale dalla potestà secolare → la Chiesa rivendica non semplicemente una propria autorità
morale, ma una vera e propria potestà distinta da quella dell’impero; una potestà che sia sovraordinata, perché l’anima è la parte dell’uomo che non muore, quella che sarà
sottoposta al giudizio divino e che può garantire la vita eterna.
Quest’idea è all’origine di una rivendicazione di supremazia della potestà spirituale su quella secolare. Questa rivendicazio ne trova la sua espressione
dirompente in un atto ben preciso, atto che risale al settembre del 1075 → Dictatus Papae di Gregorio VII. Gregorio VII è un Papa di origine monastica, è colui
che dà inizio a una fase tumultuosa di riforma della Chiesa → riforma gregoriana. Non si tratta solo di uno scontro con l’impero che ha ad oggetto in
particolare la scelta dei vescovi (lotta per le investiture episcopali), ma è l’origine di qualcosa di più: secondo Berman, è l’origine di una rivoluzione che è l’atto
di fondazione della tradizione giuridica occidentale così come la conosciamo oggi. Secondo Berman, prima di Gregorio VII la t radizione giuridica occidentale
non esiste, o meglio è profondamente diversa: è la tradizione in cui spirituale e secolare sono strettamente intrecciati tra loro e sono soggetti ad un’unica
autorità, quella dell’imperatore. Dopo Gregorio VII, invece, assistiamo alla separazione tra secolare e spirituale, ciascuna delle due potestà affidata a una
distinta autorità (imperatore e Papa). Il rapporto tra le due potestà è spesso un tentativo di cercare la supremazia sull’alt ra potestà.
Si tratta quindi di un atto di importanza enorme. La Chiesa si costruisce non più come istituzione all’interno dell’impero, m a come istituzione sovrana e
indipendente → prima forma di stato moderno, dice Berman.
L’idea è che queste due autorità siano in relazione collaborativa tra loro: devono lavorare insieme per ottenere il bene dei sudditi, bene materiale e spirituale.
Questo non è facile a farsi.
Questa rivendicazione di indipendenza e anzi di superiorità della potestà spirituale su quella secolare, non è stata pacifica mente accettata. Questa radicale
novità e l’opposizione che si incontra determinano lo scoppio di una rivoluzione. Perché non si tratta semplicemente di una r iforma, ma di qualcosa di più: una
rivoluzione, un cambiamento totale, che non avviene nel corso di un lungo periodo di tempo, ma rapidamente, e non avviene pac ificamente, ma violentemente,
e ha effetti duraturi, quindi genera cambiamenti permanenti → rivoluzione papale.

DICTATUS PAPAE

In realtà, nel registro delle lettere di Gregorio VII ci sono tre Dictatus Papae, ma questo in particolare è diverso dagli al tri due. Non sappiamo esattamente a
che cosa dovesse servire, ma non è un testo discorsivo → sono ventisette brevi preposizioni. Queste proposizioni sono molto importanti perché costituiscono la
rivendicazione non solo dell’indipendenza della Chiesa, ma anche della soggezione di tutta la Chiesa al Papa e della soggezio ne di ogni potestà secolare alla potestà spirituale

STORIA DEL DIRITTO MEDIEVALE E MODERNO I Pagina 6


rivendicazione non solo dell’indipendenza della Chiesa, ma anche della soggezione di tutta la Chiesa al Papa e della soggezio ne di ogni potestà secolare alla potestà spirituale
della Chiesa e quindi al Papa.

Queste proposizioni costituivano un sovvertimento completo dell’intera tradizione giuridica fino a quel momento → rivendicava una supremazia completa
dell’autorità spirituale su quella secolare.

Ne seguì una guerra che, a fasi alterne, durò cinquant’anni; una guerra che sconvolgerà l’Europa e che porterà ad un assetto giuridico e politico
completamente nuovo.

08/03/2021

Dictatus Papae atto con cui il pontefice allora regnante, Gregorio VII, nel 1075 rivendica esplicitamente non semplicemente l ’autonomia della Chiesa all’interno
dell'ordinamento imperiale ma rivendica una assoluta indipendenza dall’ordinamento secolare in ragione dell’origine della Chi esa romana stesa: fondazione
divina. Inoltre è anche l’atto con cui il pontefice rivendica una sovraordinazione della Chiesa romana rispetto a tutte le al tre chiese e all’ordinamento secolare in
particolare l’ordinamento imperiale → atto decisivo perché segna un completo cambio del paradigma a cui la tradizione giuridica e teologia si erano uniformate: la Chiesa
era una parte dell’impero, il sovrano imperatore anche della Chiesa.
Non si erano necessariamente impegnati nella risoluzione delle controversie dottrinali, che avevano agitato la Chiesa fin dai primi secoli ma certamente gli
imperatori avevano dato la sanzione alle dottrine che la Chiesa aveva ritenuto ortodosse ed avevano anche giocato un ruolo im portante nella definizione di
queste dottrine, quanto meno creando l’occasione di Consigli in cui queste adozioni erano state adottate. Senza contare poi i l ruolo decisivo che gli imperatori
avevano avuto nella disciplina ecclesiastica → controllo generale della vita della Chiesa a partire dalle nomine episcopali. Questo paradigma, formato spontaneamente,
si era ulteriormente manifestato in età Carolingia, Carlo Magno interviene intensamente nella vita ecclesiastica per indirizz arla.
Il cambio di paradigma risale a Gregorio VII, secondo Berman vera e propria rivoluzione che avviene con la violenza e in form e durature.
Due autorità distinte, governate da distinte autorità e da distinti ordinamenti giuridici seppur reciprocamente rilevanti (es . matrimonio, unione che è un istituto
fondamentale in entrambi gli ordinamenti, per la Chiesa non solo contratto ma anche sacramento (modo in cui Dio dà la grazia agli uomini) e in quanto tale ha
preteso di disciplinarlo, le condizioni di validità, gli effetti etc. → carattere ambivalente contratto e sacramento secolare e spirituale). La Chiesa ha rivendicato il diritto a
disciplinarlo in maniera prevalente per l’importanza, perché dall’unione matrimoniale invalida possono derivare delle consegu enze gravissime per la vita spirituale, e quindi
alla fine in maniera esclusiva: sarà dalla rivoluzione papale che la Chiesa rivendica per se stessa la potestà esclusiva di d isciplinare il matrimonio in quanto sacramento e la
dimensione sacramentale prevale su quella contrattuale (assorbita) [con la riforma protestante o la Rivoluzione Napoleonica] → le due dimensioni si separano e hanno una
vita autonoma.
Cambiamenti che si svolgo in un tempo limitato, secondo Berman una rivoluzione non è solamente un cambiamento ma avviene anch e in un tempo limitato, in
particolare la fase rivoluzionaria iniziata dai papi si conclude circa anni dopo la pubblicazione del Dictatus Papae, con il Concordato di Worms o meglio
Compromesso. Non si tratta di un concordato, non si tratta di un testo concordato tra le parti e sottoscritto da esse, il Papa e l’Imperatore non sottoscrivono un
documento concordato, ciascuna delle parti emana una dichiarazione unilaterale, certamente concordata nel tenore con l’altra parte ma dal punto di vista
formale e sostanziale sono due atti unilaterali in cui ciascuna delle parti pur senza dirlo esplicitamente riconosce in parte le pretese dell’altra e in questo modo
nessuna delle parti finiva per ammettere di aver avuto “torto” e dover concedere all’altra (anche se ciò è il contenuto). Que sto Compromesso, nel 1122 a
Worms (si legge VORMS), ha l'obiettivo di disciplinare le investiture episcopali il cui problema nasceva dalla spinosa questi one su chi tra il Papa o l'Imperatore
dovesse nominare i Vescovi o comunque chi avesse il ruolo più importante nella nomine. Nella tradizione costantiniana e pre c ostantiniana i Vescovi erano
sempre stati una sorta di ufficiali imperiali e per tanto l’Imperatore si era sempre riservato il diritto di nominarli o di c onfermare la nomina e di rimuoverli, per
questa ragione si erano avvalsi i Vescovi per mille mansioni diversi in particolare per esercitare diritti giurisdizionali di tipo pubblico e per questa ragione erano
stati investiti di una serie di poteri di carattere pubblico, legati anche all’investitura di feudi cioè di terre produttive che dovevano essere la base economica a
partire dalla quelle i Vescovi, in quanto investiti dall’Imperatore, avrebbero dovuto esercitare le funzioni pubbliche che l’ Imperatore aveva loro demandato.
L'Imperatore desiderava scegliere personalmente i Vescovi o almeno essere sicuro che fossero di suo gradimento, a suo modo il Papa rivendicava non
soltanto l’autonomia della scelta da parte della Chiesa ma anche il controllo diretto o indiretto di questa scelta. La soluzi one trovata a Worms è di
compromesso che consente in sostanza all’Imperatore di avere una certa influenza sulla scelta dei Vescovi, però riservata all a Chiesa, e consente
all’Imperatore di esercitarla soprattutto in Germania dove era più forte il suo potere e più forte era il legame tra il poter e dell’Imperatore e la sua famiglia e le
investiture fatte a favore degli ecclesiastici (terra dei principi Vescovi: investiti di poteri pubblici più che in Italia); il Sacro Romano Impero, principalmente la
Germania, era formata da Principati. Questa soluzione di compromesso chiude la rivoluzione papale nel senso sanzione poiché v ede la coesistenza legittima
di due autorità universali (non legate ad un territorio) una secolare e una spirituale, queste due autorità sono distinte e t utta via reciprocamente in rapporto: il
rapporto è uno dei punti problematici che agiteranno il dibattito giuridico e politico nei secoli seguenti. → il Compromesso di Worms risolve un problema ma non
risolve il problema in quanto tale, che rimane, risolve il problema delle investiture episcopali ma non risolve il problema d ella coesistenza delle autorità universali. Questo
Compromesso e la Rivoluzione papale sanziona anche, a seguito del riconoscimento delle due autorità, l’esistenza di due ordin amenti giuridici distinti, uno secolare/diritto
civile romano nel senso del Sacro Romano Impero ossia nel rinnovamento dell’Impero Romano iniziato con Carlo Magno e uno spir ituale/canonico cioè il diritto che la Chiesa
produce per sé stessa. Da questo momento si può vedere lo sviluppo di questi ordinamenti. Su che base si svolge lo sviluppo?

DIRITTO SECOLARE SVILUPPO


Il diritto secolare fino a questo punto si era sviluppato fondamentalmente su base consuetudinaria e sulla base dei testi del la tradizione
immediatamente precedente, per l’Italia consisteva negli editti Longobardi (Rotari) e nei Capitolari del Franchi dal 774 cioè dal momento in cui Carlo Magno
conquista il Regno dei Longobardi e quindi diventa alfiere d’Italia; da quel momento vi sono delle leggi capitolari che sosti tuivano un complesso di testi
normativi che si studiavano e si applicavano nell’Italia del tempo, soprattutto dove c’era il centro del potere regio cioè ne l Palazzo del Re d’Italia che si trovava
a Pavia (antica capitale del Regno Longobardo e quindi dell’Italia), presso esisteva anche un scuola dove si formavano i futu ri ufficiali che lavoravano alle
dipendenze del Re nel Palazzo. La base dello Studio e dell’applicazione del diritto fino a quel momento era stata di legislaz ione Franca e Longobarda
unitamente ciò che si conservava della tradizione romana, le istituzioni e codice in forme abbreviate + le novelle come fonte della legislazione però in forma di
riassunto (in particolare aveva circolato l’epitome di Jiiliani, riassunto le novelle in una serie di 124 brevi riassunti -_> anche attività di riflessione intorno a
questi testi, abbiamo così delle raccolte originali/nuove che sono
• Inizi 11° sec. Liber Papiensis: raccolta di editti dei Longobardi e dei capitolari dei Franchi in ordine cronologico, dai Rotari in poi
• Fine 11° sec. Lombarda: raccolta degli stessi testo del Liber Papiensis ma non in ordine cronologico ma una raccolta tematica, da quei stessi testi i
giuristi di Pavia hanno estratto frammenti e gli hanno uniti per temi per rendere più facile il reperimento per l’utilizzo al caso concreto
Accanto a questi tesi è fiorita anche attività di interpretazione dei testi, expositio ossia una Glossa insieme di Losse (annotazioni esplicative) al Liber
Papiensis, ha ad oggetto il diritto positivo vigente ossi gli editti Longobardi e i capitolari. Gli altri testi che circolavano avevan o importanza ma in modo
secondario perché non diritto positivo ma della tradizione antica. Alla fine dell’11° sec. anche i giuristi pratici non si ac contenta no più dei vecchi testi ma vanno
alla ricerca dei testi romani perché in quei testi, più che non nei testi della tradizione longobarda e franca, sia racchiusa la giustizia, possano rispondere meglio
all'esigenza di giustizia del momento storico: più ricchi, articolati, raffinati, complessi e perché in questa fase sembra ch e anche la cultura giuridica comincia
riprendere fiato e sia in grado di misurarsi con contesti più complessi, non elementari, dopo i disordini, in prima fila i te sti Giustinianei → Epoca del Rinascimento
giuridico medievale, non nel senso di rinascere di una cosa morta, idea di un nuovo sviluppo, assume forme nuove fino a quel momento ignorate che però si devono
appoggiare a qualcosa, non ci sono grandi legislatori capaci di produrre nuovi codici ma ci sono giuristi che studiano e appl icano il diritto, per questi uomini è di
fondamentale importanza costruire su una base che abbia autorità (i testi longobardi e franchi avevano autorità ma erano pove ri) questi testi erano presente nella tradizione
ossia i testi di Giustiniano, a partire dal 1076 si assiste alla riscoperta dei testi cominciando ad usarli per risolvere pro blemi giuridici concreti e utilizzare anche la parte
dell’opera legislativa che fino a quel momento che fin da Gregorio Magno (9° sec) era stata sostanzialmente dimenticata ossia il Digesto → offrire una cultura giuridica
capace di edificare se stesso per virtù di scienza, sapienza civile opera di giuristi partendo da testi giuridici di indubbia autorità sono in grado di costruire un diritto nuovo
adeguato ai tempi e alle necessità.
Senza la riscoperta e il riutilizzo dei quei testi Giustinianei, la tradizione giuridica occidentale sarebbe completamente di versa; la storia della riscoperta si lega
indissolubilmente alla storia dell'università e pertanto alla storia dei giuristi che tra la fine dell’11° sec. e metà del 12 ° sec. hanno dato via a qualcosa di nuovo,
nessuna delle scuole di diritto prima era un'università (indica una cooperazione: gruppo organizzato di persone che vivono in sieme e sono legate da un diritto
che le accomuna; non a caso non porta il nome di scuola che è tutt’altra cosa).
I testi di Giustiniano passano alla tradizione successiva in modi e tempi diversi, è vero che arrivano contemporaneamente nel 554 Giustiniano estende il vigore
delle sue compilazioni (Istituzioni, Digesto e Codice) all’Italia in quanto Provincia nuovamente riconquistata e parte dell'I mpero amministrata dall’Imperatore
Romano che sta a Costantinopoli; la storia dei secoli successivi fa sì che quei testi hanno vite differenti e seguono tradizi oni differenti, storia diversa: oblio per
il Digesto (inizi 7° sec. ultimo utilizzo: 70 anni dopo la sua pubblicazione → non significa che sia sparito solamente mai utilizzata fino alla fine dell’11° sec. quando si

STORIA DEL DIRITTO MEDIEVALE E MODERNO I Pagina 7


il Digesto (inizi 7° sec. ultimo utilizzo: 70 anni dopo la sua pubblicazione → non significa che sia sparito solamente mai utilizzata fino alla fine dell’11° sec. quando si
ricomincia ad un riutilizzo) Istituzioni e Codice vita pratica più continua, le prime per il suo carattere semplice seppur an cora complesso con rielaborazioni tese alla
semplificazione e renderle più accessibili per utenti sempre meno in grado di utilizzare testi giuridici complessi, il Codice ha una sua vita almeno in parte perché racchiudeva
la legislazione e per una cultura giuridica impoverita un complesso di norme era preferibile ad un complesso di iura ossia un testo dottrinale in cui le questioni erano
esaminate con le sottigliezze tipiche della scienza non a caso utilizzato insieme alle Novelle nella forma epitomata delle ep itome Iuliani
Fenomeno di riscoperta/ricostituzione del testo: i testi delle compilazioni giustinianee che circolavano nei secoli non erano i testi fedeli degli originali inviati a
Roma nel 554 ma manoscritti che giungono tra le mani dei giuristi alla fine dell’11° sec. inizio 12° non sono affatto manoscr itti che possono essere copie fedeli
degli originali (copie di copie: errori di trascrizione...). Uno dei primi sforzi della scuola sarà quello di ricostituire i testi e di presentare un'edizione critica ossia
vale a dire raccogliere i manoscritti, metterli a confronto tra di loro e cercare di colmare le lacune e correggere gli error i in modo tale da presentare un testo per
quanto possibile attendibile → missione urgente che doveva essere svolta per tutte le parti dell’opera di Giustiniano tenendo presente la diversa storia del le parti stesse.
Questo nonostante fosse nota l’esistenza di un manoscritto unico nel suo genere, che eccezionalmente giunge dall’età di Giust iniano per quanto riguarda il Digesto: littera
florentina (perché conservata a Firenze) prima littera pisana (conservata a Pisa) era una vera e propria reliquia quindi non utilizzata dai giuristi

LITTERA FLORENTINA
Testo unico nel suo genere, formato tipico dei testi del 6° sec. grosso modo quadrato, l'altezza e la larghezza dei fogli è m olto simile, testo esposto su due
colonne tipico del tempo. Senza brigliature o segni che potessero confondere il lettore o potessero risultare ambigui.
Le vicende del manoscritto dopo il 6° sec. non si sanno esattamente, deve aver avuto una sua circolazione, è un testo che con formemente all'indicazione di
Giustiniano non porta quasi glosse, alcune nella scrittura beneventana ci fanno pensare che in un certo momento questo manoscritto deve essere stato nelle
parti di Benevento, ma non si può dire di più. A un certo punto compare a Pisa dove resta fino al 15° sec. per poi arrivare a Firenze dove sarà conservato nello
studio di Lorenzo il Magnifico e poi finirà nella biblioteca _________ dove tuttora si trova.

CORPUS IURIS CIVILIS MANOSCRITTO MEDIEVALE


In realtà però non è direttamente questo manoscritto ad essere all’origine della tradizione del Digesto così come noi la cono sciamo nei manoscritti utilizzati
dagli studiosi medievali. In realtà sarà una copia del manoscritto ad essere utilizzata ed è anche possibile che le copie fos sero più d’una e che i manoscritti
fossero incompleti perché al termine di un lungo periodo di lavoro da parte dei giuristi dell’università le compilazioni gius tinianee, che ora si chiamano il Corpus
Iuris Civilis, assumeranno una dimensione diversa tipicamente medievale. [→ copie su Moodle dell’edizione critica moderna del Corpus Iuris Civilis]. A Padova
nella Basilica del Santo vi sono le tombe di alcuni giuristi civilisti che hanno insegnato nel padovano si può notare che nel le tombe vi sono i libri che
utilizzavano a lezione, i libri sono 5 volumi, le compilazioni giustinianee sono 3 a cui eventualmente si può aggiungere le n ovelle ma non 5; 5 perché il Digesto,
che è un'opera unitaria divisa in 50 libri a loro volta divisi in titoli, nella dimensione medievale è divisa in 3 volumi:
• Il primo prende il nome come Digestum Vetus e comprende i primi 23 libri del Digesto più i primi 2 titoli del libro 24°: non si sa il perché della suddivisione,
non lo sapevano nemmeno i giuristi medievali, uno dei problemi dei giuristi dal 12° sec. in poi è proprio il perché della suddivisione
• Parte raccolta in un altro volume ha un titolo che si chiama Infortiatum e comprende dal 24° al 38° libro: non si sa il perché del nome, si dice che sia
stato perché il giurista che svolse l'opera di ricostituzione del Digesto che avrebbe cercato a lungo la parte centrale e quando l’ebbe trovata avrebbe
esclamato “ecco il nostro diritto è infortiatum” (ma ciò è una leggenda)
• In un altro volume il Digestum Novum (ultimo) comprende l'ultima parte del Digesto dal libro 39° al libro 50°: si ipotizza perché il 39° libro si apre con titolo
dedicato alla denuncia di nuova opera, ma giustificazione esile
Gli altri due volumi
• Si potrebbe pensare che le istituzioni siano in un volume che logicamente precede il Digesto il quarto volume non raccoglie le Istituzioni ma è un grosso
volume che si intitola Codex, il Codice di Giustiniano, ma con dimensione medievale (il codice di Giustiniano diviso in 12 libri a loro volta divisi in titoli).
Nel Codex medievale dei 12 libri vi sono solamente i primi 9
• Il quinto volume, che i medievali chiamano Volumen o Volumen parvum o legum, comprende quello che manca ossia
○ Istituzioni
○ Gli ultimi 3 libri del Codice che hanno un titolo tutto loro noti come i tres libri.
○ Novelle, non più nella forme dell’epitome Iuliani (riassuntiva) ma nel testo integrale in latino o in greco in una traduzione letterale e sono divise in 9
collationes. Queste novelle pongono il problema, problema già visto nell’edizione critica, sono nella forma di quando sono uscite dalla cancelleria di
Giustiniano, sono quindi lunghe, linguaggio solenni con lunghe argomentazioni e questo diritto i giuristi: perché molto diver se anche nella forma
rispetto alle Costituzioni imperiali raccolte nel Codice e perché non si capiva bene quale dovesse essere il rapporto tra le Novelle e il Codice dal
momento che Giustiniano con le novelle interveniva a modificare il Codice stesso; la soluzione adottata dai giuristi fu quella di integrare le Novelle
integralmente nel Volumen ma poi quelle stesse Novelle furono estrapolate e questi epitomi furono collocati nel Codice in corrispondenza delle
Costituzioni imperiali che avevano modificato cosicché nel Codice medievale dopo una certa costituzioni si trova una autentica codici cioè una di
queste epitomi collocato lì perché in realtà destinato a modificare proprio quella Costituzione → salva l’autorità del Codice, salda quale che fosse
l’autorità delle Novelle (conservate integralmente) e in più si stabiliva un nesso diretto tra le Novelle e il Codice mediante le autentiche al Codice. La raccolta
delle Novelle da cui i giuristi estrassero i testo poi raccolti nelle nove collationes del Volumen si chiamava autenticum questa la ragione del perché
autentiche oppure perché avevano il marchio dell’autorità di Giustiniane: difficile dire perché
Il Volumen non finisce qui, siamo nell’età del libro manoscritto che è per sua natura aperto nulla impediva di costruire un libro diverso inserendovi altre
opere e legandole insieme. Il Volumen per sua natura si prestava a ciò, mentre il Digesto e i primi libri del codice avevano una loro completezza perché
dichiaratamente raccoglievano soltanto solo quello che dichiaravano, il Volumen non aveva un’identità ben definita ma raccoglieva materiali giuridici
differenti e quindi si prestava ad essere ulteriormente arricchito e così accadrà, le altri parti di origine Giustiniano seppure in un testo ricostituito dai
giuristi medievali tutto ciò che si aggiunge dopo le Novelle è materiale non Giustinianeo ma materiale nato nel medioevo ma opera degli imperatori
medievali. Anche instabile perché occorreranno secoli prima che il Volumen assuma la sua configurazione precisa, intorno alla metà del 14° sec. è
completo e poi ci saranno tutte le parti che poi ci saranno sempre ma è anche vero che ci sono dei testi che possono esserci o non in alcune ristampe;
bisogna aspettare l’età moderna/ 16° perché si possa dire che il Corpus Iuris Civilis è definitivamente stabilito.
→ anche quando diviene definitivo saranno comunque inseriti materiali di origine medievale
→ ciò ci fa capire che la costruzione del Corpus Iuris Civilis così come noi la conosciamo nella tradizione medievale non è una creazione del legislatore ma
una creazione della dottrina giuridica, sono i giuristi a determinare la consistenza (includere o escludere alcuni testi) del Corpus in età medievale: storia
che si lega in maniera indissolubile alla storia politica in età medievale, l'esclusione o l'inclusione è legata alla storia della dimensione scientifica del
diritto e alla storia politica di quei secoli

09/03/2021

NASCITA UNIVERSITA'
Ruolo dei giuristi di scuola, ossia che non si occupano solo della pratica ma anche insegnamento del diritto? La costituzione stessa del Corpus Iuris Civilis non
poteva che essere opera di scuola, soltanto degli studiosi ossia persone capaci di prescindere dai problemi quotidiani della pratica giudiziaria potevano
immaginare di mettere mano ad un'opera come quella dell’edizione critica del Corpus Iuris Civili: occorre quindi tempo e la dottrina, occorreva una formazione
non alla portata di tutti. Quale fosse la migliore formazione disponibile tra 11° e 12° sec? A partire da __________ antichit à la formazione si era articolata
attorno ad alcune disciplina, in particolare attorno ad un numero limitato di discipline che aveva raggiunto 7 “sette arti li berali”: ossia le 7 arti degne degli uomini
liberi, non semplicemente liberi perché non servi ma anche libertà anzitutto dal lavoro manuale per dedicarsi allo studio e p iù in generale di una libertà dal
negotium per dedicarsi all’otium (attività di studio). Queste arti erano a loro volta divise in 2 gruppi
• Arti del trivio, tre vie/arti sermocinali, arti del discorso:
○ Grammatica: studia la struttura della frase
○ Retorica: arte del parlare in maniera persuasiva
○ Dialettica: arte del discorso dimostrativo, che dimostra la verità
→ per lo più coltivate le arti del trivio che del quadrivio, ciò per la difficoltà di trovare maestri nelle arti del quadrivio
• Arti del quadrivio, quattro vie/arti reales, arti che hanno a che fare con le cose tangibili
○ Aritmetica
○ Geometria
○ Musica: intesa più che come capacità di suonare uno strumento come un’armonia, studio delle proporzioni matematiche fra le note e i tempi di
durata delle note → applicazione della matematica
○ Astronomia che si confonde con l’astrologia

STORIA DEL DIRITTO MEDIEVALE E MODERNO I Pagina 8


○ Astronomia che si confonde con l’astrologia
→ coltivate anche da giuristi in parte
La formazione non si fermava qui, poiché iniziavano ad emergere nuove discipline: la teologia (studio della sacra pagina: let tura e interpretazione), la medicina
e il diritto. Inizialmente il diritto non ha un suo statuto autonomo però gradualmente comincia ad emergere per le necessità pratiche e per la riscoperta del
Corpus Giustinianeo e quindi costituisce un complesso di testi su cui si poteva esercitare l’interpretazione, come per i teologi era la Pagina Biblica e per i
medici leggere e interpretare la Pagine del Corpo Ippocratico. Corpus Giustinianeo che doveva essere ricostituito, non solo problema del diritto ma anche della
teologia e della medicina per sapere se includere o escludere alcune opere (la composizione della Bibbia incertezze, la Chies a romana/cattolica definì il
canone delle Sacre Scritture ossia il contenuto preciso della Bibbia soltanto nel 1546, prima nessun atto formale definì mai il contenuto della Bibbia cristiana, il
contenuto soltanto perché la riforma protestante/luterana aveva espunto dei testi considerati buoni importanti ma non divinam ente ispirati; così si può dire
anche per la tradizione ebraica l’inclusione o l’esclusione di alcuni testi ha segnato la storia della religione ebraica nell e sue varie manifestazioni). Dal
momento in cui inizia ad essere disponibile un Corpus di testi autorevoli si può sviluppare un’attività di interpretazione tramite la quale può consentire di
mettere appunto un Corpus di testi autorevoli: le due cose vanno di pari passo, la scuola e il corpus testuale nascono assieme perché l’uno influisce s ull’altro e
viceversa. Necessario quindi avere una buona formazione e questa formazione pare essere stata in possesso della persone cui l a tradizione fa risalire al
fondazione dello studio del diritto quale noi lo conosciamo, vale a dire il primo giurista della tradizione giuridica occiden tale (escludendo la tradizione romana):
Irnerio (nome di origine germanica), di lui non si sa nulla con certezza, tradizioni ci dicono che fosse un maestro di arti l iberali, che forse aveva anche
cognizioni teologiche, che avesse legami con la Contessa Matilde in Toscana (A Canossa fu semdatrice di Enrico IV e Gregorio VII), che avesse ricevuto dalla
Contessa Matilde l’incarico di rinnovare i libri legali (difficile valutare il fondamento di questa tradizione → Irnerio però probabilmente è stato colui che ha rinnovato
i libri legali ossia colui che ha iniziato l’opera di ricostituzione del Corpus Iuris Civilis necessaria per dare una base al diritto) ; non fu il primo, rami diversi della
tradizione medievale ci dicono cose diverse
• La tradizione bolognese ci dice che Irenio fu il primo perché prima di lui vi fu soltanto un certo Pepo che però sarebbe stato personaggio di nessun rilievo
• Altre tradizioni non bolognesi, nemmeno italiane, ci presentano un Peppone personaggio autorevole
Sappiamo che la tradizione bolognese vede in Irnerio e non in Peppone il proprio capostipite, in assenza di motivi sufficient i per non credere a questa
tradizione è cosa saggia attenervisi seppure con prudenza. Attenendosi a questa tradizione si può dire che fu Irnerio ad iniz iare a studiare e insegnare
Giustiniano, passaggio di importanza decisiva di studiare e insegnare congiunti (ricerca e didattica) non due mestieri divers i ossia diverse manifestazioni della
stessa attività → fin dall'inizio.
La tradizione bolognese e ufficiale riconosce in questa attività Iraniana la fondazione della prima università in Occidente: l’università di Bologna 1088, in realtà
la data invenzione e certamente al momento dell'inizio dell'insegnamento non vi era l’università che noi conosciamo (non vi e rano i professori di diritto, giuristi
laureati, Irnerio non aveva nessuna laurea di diritto ma aveva probabilmente una formazione in arti liberali → era il primo, non poteva avere altro). C’era una
universitas nel senso originario del termine, c’era un gruppo di persone associate assieme per uno scopo e con una regola comune (una cor porazione):
consisteva in un maestro e alcuni allievi/gruppo di apprendisti → contratto di apprendistato (insegnare in cambio di soldi): dimostrato dal linguaggio con cui le fonti ci
parlano di quegli uomini: Irnerio è il dominus, termine applicato al maestro della bottega artigiana, gli apprendisti sono i soci, termine per l’apprendista artigiano.
Con le lezioni che si tenevano in casa o in stanze affittate a casa del maestro.
→ Inizio non solenne, e assolutamente privato: non vi è alcun atto di fondazione pubblica, ne secolare ne spirituale perché è s tata la prima → Semplice e
straordinariamente importante: non solo ha unito ricerca e didattica ma ha creato l’università come la conosciamo, non come i stituzione ma come comunità , imprimerà
sulla tradizione universitaria e giuridica Occidentale un segno che resterà presente fino ad oggi l’idea di unire insieme lo studio e l’insegnamento e l’idea che gli studenti non
siano solamente destinatari di un’attività ma siano parte di quella attività perché non esiste professione artigiana senza ma estri e senza apprendisti.
L’insegnamento avveniva in modo stupefacente ma che in realtà sperimentiamo anche oggi, ossia nella forma della lectio cioè nella forma della lezione,
perdendo il significato però del termine, non solo lo spazio del tempo in cui si insegna i qualche maniera ma indica un preciso metodo di insegnamento che
consiste nel leggere, da quello che si va formando come il Corpus Iuris, e interpreta vale a dire spiega soffermandosi sulle parole che parevano degne di
attenzione → attività di mediazione: tra il testo autorevole e gli studenti non ancora in grado e quindi hanno bisogno di un doctor/maestro che avendo già affrontato il
testo è in grado di trasmettere la conoscenza di interpretazione agli studenti.
Le lezioni iniziavano molto presto al mattino presto data la necessità di sfruttare al massimo le ore di luce. I libri erano molto grandi, molto costoso (oggetto di
pignoramento) e quindi gli studenti non gli avevano necessariamente ma utilizzavano dei fascicoli. Frequentemente i maestri m edievali enumerano sulle dita
argomenti, luoghi, questioni importanti.

LE GLOSSE
Al termine era importante fissare ciò che si era appreso e rendere il testo parlante anche senza il maestro, altrimenti il te sto rimane muto: con le glosse (parola
greca: lingua) ossia la lingua delle parole del testo, lo dice l’opera intitolata “ Derivationes” (dizionario etimologico) scritta da un grammatico e poteva essere
anche giurista Uguccione da Pisa, una glossa è una annotazione esplicativa del significato di una parola (non del testo) e qu esta annotazione presuppone un
luogo dove deve essere annotata (altrimenti rimane una spiegazione) o fra le linee del testo (glossa interlineare) oppure ai margini (i volumi medievali
avevano ampi margini, perché soprattutto ai margini si annotavano le glosse → glosse marginali). Non vi è alcuna descrizione coeva del modo in cui nascevano le
glosse giuridiche, ci sono state nel corso del tempo soprattutto nel 13° sec. dei giuristi che hanno tramandato dalle informa zioni sulle origini dell’università e l’insegnamento
del diritto, tuttavia noi non abbiamo testimonianze dirette del modo in cui le glosse giuridiche nascevano; un’informazione c i viene da un ambito diverso ossia la letteratura.
Friedrich Carl von Savigny (savigni) nella sua “Storia del diritto romano nel medioevo” che propone una novella (tratta da un a raccolta novecentesca chiamata il “Novellino”)
racconta che Taddeo da Bologna (professore di medicina) nel 300 stava tenendo lezione proprio come la tenevano i giuristi (le ggeva dal Corpo Ippocratico) e leggeva nel
Corpus che chiunque avesse mangiato petronciani (melanzane) per 10 giorni consecutivi sarebbe diventato matto, uno studente non cred endo decise di
provare; passati 10 giorni in aula alzo la mano e disse al maestro che non era vero quello che il maestro aveva detto poiché lui le aveva mangiate e non era
divenuto matto e poi segui con uno dei gesti più classici che nell’età medievale indicavano il disprezzo/insulto, si girò sol levo le desti e mostro il deretano al
maestro; il maestro senza scomporsi disse che ciò era la prova e comando che si facesse una glossa → Questa è l’unica fonte coeva medievale che ci mostra la
formazione di una glossa. Siamo agli inizi dello studio del diritto e quindi le parole da interpretare/spiegare erano molte e pertanto questo specifico genere letterario (glossa)
viene coltivato dai giuristi divenne particolarmente importante per la tradizione giuridica → si parla spesso di una scuola dei glossatori: non perché facevano solo glosse o
erano gli unici o perché dopo non ne facevano più ma perché in questa età la glossa ha quasi un ruolo principale rispetto agl i altri generi. Una lettura continua del testo e
quindi una conoscenza, quale mai più avuta del testo Giustinianeo,: a furia di leggere e rileggere il testo i giuristi ne acq uistarono una conoscenza inarrivabile, in grado di
citare con sicurezza qualsiasi tipo di legge in qualsiasi Titolo del Corpus semplicemente con le prime parole della legge e con la Rubrica del Titolo → avere in mente
un numero enorme di informazioni. Ogni volta che il glossatore/giurista si soffermava su una parola, la spiegava e annotava u na glossa non si limitava esclusivamente a
spiegare cosa per lui la parola significasse ma metteva in relazione quella parola con altre parole oppure altre occasioni in cui la medesima parola era impiegata in altri luoghi
del testo stesso: realizzando rinvii ad altri passaggi dell’intero Corpus Iuris Civilis e anche opere che stanno anche al di fuori del Corpus. Questo consentiva di
partendo da una glossa di arrivare ad altre parole e luoghi: sorta di ipertesto in cui partendo da un punto si poteva percorr ere l’intero seguendo i rinvii ai luoghi
paralleli
Sia gli studenti che i maestri non si limitavano ad annotare le proprie glosse e quelle del maestro ma anche quelle altrui: s empre di più i margini dei volumi si
infittivano di glosse di autori diversi che finivano per formare serie continue di glosse intorno ad un Titolo, Libro, intorn o ad un'intera parte del Corpus Iuris
Civilis o anche intorno all’intero Corpus Iuris Civilis → si chiamano apparati di glosse: che potevano essere copiati in quanto tali conservandone anche l’identità (sigla
identificativa dell’autore) → librai per conservare gli esemplari ufficiali dei libri riconosciuti come il riflesso degli insegnamenti dei maestri, ed eran o dati per fascicoli agli
studenti per una copiatura. Composizione non solamente a mosaico ossia disegno che si forma giustapponendo contestualmente te ssere/materiali di derivazione diversa ma
è anche una sovrapposizione alluvionale di strati, ad un primo strato di glosse formate in un certo momento da determinati au tori si sovrappongono altre: questa
stratificazione nel corso dei decenni va formando apparati di grandi dimensioni capaci di munire dell'autorità della scienza giuridica non solamente piccole porzioni del t
Corpus ma interi volumi o anche l’intero Corpus.
Gli apparati tendevano a diventare sempre più ampi, perché ampio era il Corpus Iuris Civilis, doveva quindi apparire naturale la necessità di snellire e a questa
necessità provavano a venire incontro opere di diverso genere letterario, accanto alle glosse e apparati di glosse, quello de lla Summa (parola latina) non
necessariamente opera riassuntiva ma ha delle finalità riassuntive perché la summa giuridica è costruita prendendo una parte degli apparati delle glosse e
trasferendole a parte senza il testo: per ogni Titolo vi sono delle glosse scritte come un testo separato, contribuendo a sem plificare l'opera dello studente e
dell’interprete. In ogni caso il testo non è mai letto da solo (oggi misurare l'attendibilità degli interpreti contro il test o), l’autorità del testo/fonte passa
necessariamente attraverso la mediazione dell’autorità dei dottori: nessuno, a meno di esserne costretto per mancanza, leggev a o provava a leggere senza la
guida di un maestro o un apparato di glosse che lo introducesse alla comprensione del testo, questo perché senza glossa il te sto è muto e non dice nulla
(senza la lingua viva) ( → la glossa parte dalla parola)

10/03/2021

STORIA DEL DIRITTO MEDIEVALE E MODERNO I Pagina 9


DIGESTUM VETUS (D.1.1.1) → vedi testo

DIGESTUM VETUS BIS (1.1.9) → vedi testo

GLOSSA “INTERPRETATIONEM” (a D. 1.2.1) → vedi testo


Libro primo Titolo 2°, si compone quasi tutto di una legge (anche se ve n'è un'altra: quella poi analizzata): importante perc hé è il Titolo storico del Digesto, fino
al 15-16° sec. tutto quello che i giuristi sapevano della storia del diritto romano lo sapevano da questo testo
In una glossa al finale finisce (non importante quale) con due f puntate (ff.) che stanno per l’abbreviazione universalmente riconosciuta per il Digesto: non si sa
perché si fosse abbreviano in questo modo → l’ipotesi prevalente legata al Titolo greco del Digesto = Pandectai perché in greco la prima lettera “p” si scrive “ π” quindi
si è pensato che per chi non conosceva il greco sia stato più semplice scrive la “p” greca come due f minuscole accostate, vi è somiglianza: non c’è certezza
che le cose stiano così .
Questa breve glossa non solo fondamentale nella storia della teoria dell'interpretazione ma anche molto difficile, anche a ca usa della brevità → le glosse hanno
un carattere succinto dovuto anche dai margini limitati e quindi dovevano essere contenute, questo rende tutto molto più comp lesso e quindi costringeva i giuristi ad un
opera di compressione che può portare a rendere più rischiosa la lettura delle glosse perché occorre speciale attenzione dato che non ci sono ulteriori spiegazioni.

QUESTIO
Ciò non significa che tutta l'attività dei glossatori si sia ridotta alla redazione di glosse, emerse abbastanza presto la necessità di costruire la lezione in modo
più efficace e quindi più coinvolgente. La lezione in senso tecnico, la lettura solenne con l'interpretazione da parte del doctori delle parole difficili, certamente
era ineludibile ma anche un passaggio che richiedeva molto tempo e che poteva risultare poco coinvolgente (programma entro un certo tempo: statuì che le
università si diedero richiedevano la loro esplicazione in tempi determinati), alcuni passaggi più difficili di altri; questo rese necessario la creazione di nuovi
metodi didattici che poi portò alla in generi letterari: il più importante è la Questio (verbo latino querere: chiedere) si enuncia un problema e per risolverlo si può
procedere
• Suggerire una prima soluzione → solitamente quella che l’autore della Questio in realtà intende respingere
○ A sostengo di questa soluzione si possono produrre una serie di argomenti: ad esempio gli argomenti tratti dallo stesso Corpus Iuris ossia altri passi
dove era possibile trovare la soluzione al problema
• Ma per rendere tutto ciò anche più interessante era possibile suggerire anche un'altra possibile soluzione e anche far seguire gli argomenti a favore della
seconda soluzione, quindi contrari alla precedente → solitamente quella che l’autore della Questio ritiene più fondata
• Poi ci poteva essere una solutio, ma non necessario, e quindi scegliere l’una o l’altra: si poteva anche lasciare il problema aperto e quindi poteva essere
anche solamente un dibattito intellettuale, lasciando al lettore o ascoltatore la responsabilità di decidere (molto frequente)
→ struttura fondamentale della Questio con o senza solutio finale:; struttura che si lega alla possibilità di un dibattito formale nelle aule universitarie: ciò
consentiva maggiore coinvolgimento degli studenti e poi questo metodo era particolarmente efficace e idoneo a formare più fac ilmente che una lezione nella
memoria degli studenti il ricordo di ciò che era stato discusso → per questo motivo ha avuto molto successo: dato che riproduce la discussione

15/03/2021

La glossa può contenere essa stessa una o più questiones, non è detto che a tali si possa trovare una solutio o una solutio univoca, infatti la glossa talvolta si
limita ad elencare le diverse tesi (diverse possibili soluzioni del problema dato) altre volte si può intuire per quali delle soluzioni propenda l’autore della glossa
ma ciò non è detto in maniera esplicita quindi vi può essere dubbi, altre volte invece l'autore dice chiaramente di aderire a d una sola fra le diverse soluzioni
che la tradizione ci offre → ciò dipende dalle circostanze. Sta di fatto che la Questio rappresenta un passo avanti legato soprattutto alla riscoperta della logica
formale, cioè la parte della filosofia aristotelica che si era occupata non dei contenuti del pensiero ma della struttura for male (condizioni di validità del
pensiero: non stabilire se il pensiero si vero ma si tratta di stabilire se il ragionamento sia logicamente valido → valido ≠ vero e viceversa); la riscoperta della
logica formale influisce enormemente sullo sviluppo scientifico dell’età medievale, molte delle condizioni di validità formal e del nostro modo di ragionare derivano da
Aristotele nel 4° sec. d.C. e sono state poi riprese e sviluppate dai grandi logici medievali. Non sorprende di trovare il me todo logico di Aristotele applicato anche al diritto, né
tanto meno sorprende l’applicazione al metodo della Questio. Interessante osservare che la Questio come metodo si rivela particolarmente adatta al metodo
universitario, quale instaurando dal 12° sec. cioè alla presenza insieme/convivenze/collaborazione di u n maestro e di alcuni allievi → questo ambiente è molto
propizio ai dibattiti e quindi a qualsiasi metodo che valorizzi il dibattito fra pareri contrapposti/tesi contrapposte: l’amb iente universitario reclama la Questio, e la questio
stimola necessariamente la creazione/mantenimento di un ambiente favorevole. Questo contesto richiede e incoraggia l'utilizzo del genere letterario Questio
ma ha bisogno di collocarlo in un ambito preciso, perché un dibattito richiede un certo tempo non esattamente definibile e pe rtanto nell’economia della giornata
universitaria anch’essa richiede un tempo nel quale svilupparsi: difficile inserire la questio in lezioni dedicate alla lettura del Corpus Iuris Civilis, non è un caso
che molte questiones saranno disputate in momenti diversi (es. nel pomeriggio e non nella mattinata: no lettura del Corpus Iuris Civilis e c’era il tempo di
soffermarsi su singoli problemi e parti del Corpus).

NOMI IMPORTANTI DI ALLIEVI


Successione maestri allievi forma l’università, gli allievi di Irnerio più famosi cui avranno la gloria d'aver dato vita ad u no studio universitario strutturato sono 4:
“I quattro dottori”
• Bulgaro
• Martino
• Jacopo
• Ugo
Bulgaro e Martino entrano nella tradizione come rivali, rappresentanti i due diversi modi di concepire e pensare il diritto; la differenza sembra essere legata ad
un diverso modo di concepire l’equitas, nella tradizione giustinianea il diritto è l’arte del buono e dell’equo → concetto fondamentale nel pensiero giuridico, ma il
modo in cui lo si intende può essere variegato
• Per Bulgaro l’equità consiste fondamentalmente in quel principio di giustizia che è possibile ricavare dai testi del Corpus giustinianeo ma dai testi
strettamente legati al problema che stiamo affrontando e al testo/parola che stiamo affrontando: non si può allargare il concetto di equità in maniera
eccessiva, occorre limitarsi all’equità che è possibile ricavare dai testi strettamente connessi con quello che stiamo studiando e interpretando in quel
momento → visione prudente
• Per Martino l’equità potrebbe essere desunta (non dalla volontà arbitraria del giurista: critiche mosse alla scuola di Martino) dal complesso del Corpus
anche da passi non strettamente legati a quello che si sta interpretando: genericamente esiste un’equità nel corpo del diritto, equità consistita cioè
costituita, organizzata e posta all’interno del corpo del diritto che il giurista può ricavare. Questo concetto di equità martiniana è molto più ampio di quello
di Bulgaro ma è anche più generico, lascia più spazio all’arbitrio al giurista
→ contrapposizione che in qualche modo ha fatto storia: tutte le volte che nella tradizione bolognese sono nati dei pensieri co ntrapposti e irriducibili si tende ad attribuirli
almeno in origine a questi due giuristi
La tradizione prosegue con gli allievi degli allievi, e quindi si trovano altri nomi importanti tra cui
• Giovanni Bassiano: è il sistematore e il sistematizzatore di un metodo che è destinato a guidare l’interpretazione di qualsiasi parola/testo
• Azzo o Azzone: sviluppa ulteriormente il metodo di Bassiano ed è l’autore di grandi apparati di glosse (giunti a noi in manoscritti) e soprattutto di una
grande Summa al Codice, La Summa codicis di Azzo è uno dei grandi capolavori della scienza giuridica di questi secoli (grande diffusione e utilizzo
pratico) e poi data alle stampe dopo l’invenzione della stampa; si diffonde una sorta di detto proverbiale che gioca sul nome del giurista “Chi non ha Azzo
(la Summa) non vada a Palazzo (palazzo pubblico dove siede il tribunale)” → chi non ha il testo di Azzone è bene che non si accosti nemmeno al tribunale
perché si tratterebbe di un testo assolutamente necessario. Effettivamente è un testo agile, ben costruito, di abile chiarezza e quindi è facile comprendere il perché del
successo che ottenne. Azzone tentò anche un’operazione gigantesca, a noi è arrivato un abbozzo, Summa non soltanto al Codice o alle istituzione ma persino una
Summa al digesto: c’è ma è più un abbozzo, interessante però che abbia provato a realizzarla. Azzone muore negli anni ‘20 del 13 ° sec., è importante oltre che per la
Summa anche perché fu il maestro anche di un altro grande giurista Accorso latinizzato in Accursius da cui Accursio
• Accursio: fu il più importante maestro bolognese intorno alla metà del 1200 dopo la morte di Azzone e fino agli anni ‘40-’50 del ‘200. E’ un personaggio
fondamentale nella storia giuridica occidentale perché era autore della “Magna Glossa”: raccoglie gli apparati di glosse dei predecessori e sceglie una
serie dando vita ad un nuovo grande apparato a tutto il Corpus Iuris Civilis nella composizioni che ha assunto fino a quel momento; questo apparato
gigantesco, nel suo complesso 97000 glosse, diventa l’apparato ordinario ossia l'apparato che ordinariamente accompagna il testo del Corpus: ogni volta

STORIA DEL DIRITTO MEDIEVALE E MODERNO I Pagina 10


gigantesco, nel suo complesso 97000 glosse, diventa l’apparato ordinario ossia l'apparato che ordinariamente accompagna il testo del Corpus: ogni volta
che viene trascritto assieme al Corpus si copia anche la glossa Accursiana o glossa ordinaria o Magna glossa (immagine del Corpus edizione a stampa)
[anche edizioni che tenteranno una ricostruzione diversa del Corpus e tralasceranno la Magna glossa ma rare eccezioni] → per liberarsi della glossa
Accursiana occorre attendere il 19° sec.: quando si mira a ricostruire il testo com’era al tempo di Giustiniano e non come circolava nelle università medievali. La Magna
glossa è uno dei monumenti fondamentali della tradizione giuridica occidentale.

DIRITTO SECOLARE DOPO RIVOLUZIONE PAPALE


Chiesa rivendicazione del proprio ordinamento come indipendente ma anche superiore e sovraordinato rispetto a quello secolare . Ciò significa
necesariamente rivendicazione dell’esistenza di un Corpus di testi giuridici intorno ai quali i giuristi possono svolgere la loro attività di interpretazione e quindi
costruire un ordinamento giuridico: problema che i testi non esistevano perché ciò che esisteva era il Corpus giustinianeo che però riconosceva alla Chiesa un
ruolo interno e subordinato, utile ma insufficiente a fornire la base autoritativa per un ordinamento ecclesiastico distinto e sovraordinato rispetto a quello
secolare. problema della costruzione di una base di testi autorevoli necessari per lo sviluppo del diritto della Chiesa, cost ruito ripescando nella tradizione della
Chiesa stessa questi testi che potevano (per la loro autorità e origine) fondare un nuovo modello di Chiesa; non più articolazione interna dell’Impero ma
società giuridicamente perfetta distinta e capace di giudicare l’Impero stesso.
Nell’11° sec. ci sono dei tentativi, l’oggetto sono testi di natura molto varia: → fonti del diritto canonico
• Massima autorità alla Sacra scrittura pertanto si andranno a cercare testi biblici, in realtà i testi che possono giovare a tale scopo sono pochi, buona parte
quando hanno rilevanza giuridica riguardano l’antico Israele e sono difficilmente utilizzabili nel differente contesto della Chiesa cristiana; il Nuovo
Testamento, le lettere degli Apostoli e l’Apocalisse sono in realtà dal punto di vista giuridico non ricchi ed abbondanti: non molte le norme giuridiche che
possono essere estratte → per quanto immensa l’autorità della Sacra scrittura da sola è insufficiente.
• Si può quindi ricercando nel diritto romano ma il patrimonio non sufficiente perché sia pre che post giustinianeo riconosceva alla Chiesa un ruolo
subordinato.
• Molto più ricchi erano i testi dei Concili: fin dai primi decenni della vita cristiana i problemi connessi alla disciplina ecclesiastica erano stati affrontati
mediante delle assemblee dei Vescovi (responsabili delle località), che sulla base delle tradizioni cercavano di trovare una comune definizione dei
problemi → prodotto una serie di testi detti Canoni ossia regole giuridiche capaci di disciplinare la vita della Chiesa (anche i Canoni locali potevano essere utilizzati)
• Decisioni, per lo più raccolte in forma di lettera decretale (che decide una questione giuridica), del Papa: siamo nel contesto della rivoluzione papale
• Opere dei Padri della Chiesa, ossia le opere dei scrittori ecclesiastici che nel corso dei secoli hanno riflettuto sulla rivelazione cristiana, che hanno offerto
interpretazione e sono dotate di autorità per i giuristi. Pur non essendo i Padri della Chiesa investiti di autorità ufficiale (a differenza di quanto detto
sopra), sono privati persone che non hanno autorità pubblica o se l'hanno non scrivono necessariamente in forza di questa autorità, ma dipendono dal
prestigio dell'autore, dalla fama della sua santità, dalla forza del suo pensiero. Dal punto di vista quantitativo i testi derivati dalle opere dei Padri della
Chiesa sono maggioritari.
Queste 5 fonti del diritto canonico non si presentano così distinte come sono state descritte, i giuristi dell’11° -12° sec. non attingeranno direttamente alla Sacra
scrittura o alle raccolte del diritto romano oppure a dei registri della curia papale o a dei tratti esistenti di edizioni de i canoni dei Concili ma cercheranno di
attingere o a delle raccolte dei Padri della Chiesa: c’è una sorta di mediazione, non è necessaria la fonte primaria ma si pu ò attingere ad una fonte secondaria
che abbia raccolto una serie di testi selezionati. L’11° sec. è il secolo in cui questa opera di raccolta comincia a muoversi in una direzione che tende sempre
più all’ufficialità: si formano delle collezioni di diritto canonico, testi estratti dalle 5 fonti, che cominciano ad acquist are maggiore autorità e cominciano a
circolare in quanto tali.
• La prima di queste collezioni è quella di Burcardo di Worms, agli inizi dell’11° sec., realizza un Decretum vale a dire una collezione di testi autorevoli.
• Verso la fine dell’11° sec. un altro scrittore ecclesiastico Ivo di Chartres con lo stesso metodo, utilizzando cioè anche l’opera di Burcardo, prepara un altro
Decretum e anche delle opere Panormia.
Ma nessuna di queste collezioni acquista tale autorevolezza da imporsi all’uso generale; per avere questo risultato occorre a ttendere un momento successivo
al Compromesso di Worms (possibile che abbia svolto un qualche ruolo: nel momento in cui vi è lo scontro è possibile che le c ondizioni non fossero ideali per
affrontare una collezione capace di una vasta circolazione e avere il rispetto di tutti sia all’interno che all’esterno; occo rre aspettare il momento in cui l’assetto
si stabilizza e le due autorità si riconoscono reciprocamente) ossia al 1122 e in sintomo a tutto ciò si ha nella serie dei C oncili, sempre tenuti ma con
limitazione locale e da da molto tempo non si celebravano più i grandi concili ecumenici in cui l’intera cristianità si riuni va per decidere questioni di comune
interesse, la fine dell'antichità, i secoli turbolenti in cui popoli provenienti dall'Europa orientale si erano stabiliti in Occidente in cui gli scontri tra i diversi regni
nati dallo stanziamento si erano fatti violenti, in cui l'invasione araba aveva creato problemi, da quel momento era stato di fficile celebrare Concili ecumenici
anche perché vi era stato un progressivo allontanamento tra Oriente e Occidente (l’invasione araba, la frattura linguistica, le diverse vicende politiche ed
ecclesiastiche avevano reso sempre più difficile conservare l’uniformità dottrinale) → aveva scoraggiato perché il rischio era quello non di sanare una frattura ma di
provocarla. Il secolo 11° è il secolo in cui questa frattura tra Occidente e Oriente avviene definitivamente, nel 1054 c’è il cosiddetto grande scisma d’Oriente, momento in cui
il Patriarca di Costantinopoli e di Roma interrompono i loro rapporti scomunicandosi reciprocamente e entrando in un conflitt o mai sanato fino ad oggi; ciò rende più facile
pensare la convocazione di un Concilio in Occidente. Dopo il 1122 si apre un'era di Concili, cioè la Chiesa romana dopo che c on l’Imperatore si era raggiunto un accordo
utilizza lo strumento dei Concili generali (non ecumenici perché in realtà non lo sono: termine legato ai Concili antichi che riunivano l’intera comunità del mondo abitato) per
riformare la Chiesa di lingua latina secondo criteri emersi durante la rivoluzione papale.
• Il primo Concilio generale si è tenuto nel 1123 ed è chiamato il “Primo Concilio Lateranense” perché si tiene nel palazzo del Laterano (accanto con la
Basilica di San Giovanni Laterano, Cattedrale del Vescovo di Roma: cimiteriale poiché costruita sopra la tomba di San Pietro) dove poi si tennero anche i
seguenti.
La riorganizzazione della Chiesa latina è opera difficile e quindi ci saranno altri Concili
• Il secondo Concilio generale del Laterano nel 1139
• Concilio Lateranense terzo 1179
• Concilio Lateranense quarto 1215
Questi Concili sono di estrema importanza perché i canoni approvati da questi Concili sono i canoni fondamentali per la riorganizzazione della Chiesa nel
modo in cui il Papa pretende che sia riorganizzata: chiesa universale il cui vertice non consiglio di Vescovi ma dal Papa stesso, il quale in quanto
Vescovo di Roma e successore di San Pietro rivendica per sé una iuris dictio ossia una giurisdizione/dire il diritto (legislazione, amministrazione...)
universalmente valido (non limitato al potere della sua Diocesi, ogni causa ecclesiastica trova il suo supremo regolatore del Vescovo di Roma).

CONCORDIA DISCORDANTIUM CANONUM


Dopo due Concili generali un autore mette mano alla redazione di un’altra collezione di diritto canonico, diversa dai precede nti decreti, che avrà un’autorità
universale e costituirà la base fondamentale del diritto canonico: Graziano, non si sa nulla seppure ci sono delle tradizioni (monaco, Vescovo di Chiusi, vissuto
a Bologna nel monastero dei Santi Felice e Nabore) ma in realtà è che non si è in grado di giudicare, l’unica notizia certa è che nel 1143 insieme ad altri si
trovava a Venezia per giudicare una certa questione ecclesiastica, inoltre è che è autore (con un gruppo di collaboratori) de lla collezione; Collezione che è
nota universalmente come il Decretum Gratiani che però non ha questo titolo Concordia Discordantium Canonum (accento sulla a!!! → altrimenti in italiano
Concordia dei Canoni Discordanti). Questo testo si pongono una serie di problemi
• La data: quando redige l’opera, dato che Graziano non inserisce la data? Possiamo datarla perché nel Decreto di Graziano noi troviamo i canoni del
primo e del secondo Concilio Lateranense ma non quelli del terzo → poiché sappiamo quando sono stati celebrati i concili siamo in grado di datare con
approssimazione l’opera: successiva al 1140 in poi fino al 1178, studi recenti ci dicono che con ogni probabilità ha preso la sua forma definitiva negli anni 50 del 12°
sec.
• Cosa vuol dire il titolo Concordia Discordantium Canonum, nonostante vi siano stati dei titoli come Decretum, che abbia voluto marcare la differenza? Il
titolo in se stesso è un ossimoro, in questa opera ci sono dei canoni discordanti e anche una concordia. perché Graziano ha voluto raccogliere in
un’unica collezione dei testi/canoni discordanti (Giustiniano aveva fatto raccogliere dei testi da tradizione lunghissima ma aveva anche ordinato che quei
testi fossero modificati in modo tale da armonizzarli e quando promulga afferma che non ci sono delle contraddizioni → rifiuto delle discordia; Graziano
afferma esplicitamente che ci sono: il motivo della raccolta dei testi è perché sono discordanti) ma c’è anche una concordia [ossimoro, contraddizione interna]? Un
aiuto ci viene da una serie di conferenze di diritto canonico tenute da Stephan Kuttner con il nome di “harmony of dissonance an interpretation of medieval canon
law”: titolo che evoca la musica in cui l’armonia non significa monotonia: ciò che conta è l’armonia della combinazione di voci diverse, l’armonia non è ottenuta
uniformando note, timbri… a ottenuto grazie alla difformità; questo che rende affascinante una polifonia: la combinazione ad arte può produrre un effetto
gradevole/armonia più piacevole grazie alla sapiente artistica combinazione di voci differenti che devono rimanere tali → questo anche per Graziano che si tratta di
ottenere un’armonia nonostante la discordia ma grazie alla dissonanza tra le voci è presupposto dell’armonia.
Graziano raccoglie dei canoni (norma: non più associata a norma approvato da un concilio ma termine generale per le norme ecclesiastiche) discordanti,
non armonici tra di loro, testi di origini diversi facilmente in discordia/dissonanza/apparente contraddizione, però dato che appartengono alle fonti dotate

STORIA DEL DIRITTO MEDIEVALE E MODERNO I Pagina 11


non armonici tra di loro, testi di origini diversi facilmente in discordia/dissonanza/apparente contraddizione, però dato che appartengono alle fonti dotate
di autorità ciascuno di questi canoni è un'autorità esso stesso e quindi non è possibile cancellarlo ma occorre preservare il canone e trovare il modo di
generare un’armonia partendo dalla contraddizione (preservando in realtà la contraddizione stessa: come nell’armonia musicale).

16/03/2021

CONCORDIA DISCORDANTIUM CANONUM → vedi testo


La distinctio è una delle suddivisioni delle carte di Graziano
Un’altra suddivisione è che vi sono dei testi scritti in corsivo e altri in tondo: ciò per differenziare la fonte dei testi; i testi in corsivo sono preceduti dal nome di
Graziano, ciò ci porta a comprendere che probabilmente l’autore di questi frammenti deve essere Graziano stesso, non quindi f rammenti delle fonti del diritto
canonico ma di sana pianta scritti dall’autore → i famosi dicta Graziani (detti): questi testi sono posti all'inizio o alla fine di una serie di uno o più canoni. La
funzione dei dicta Grazini è legata al titolo dell’opera, il dicta hanno due fini principali
• Mettere in evidenza una discordanza/contrapposizione tra i testi dei canoni
• Devono mostrare in che modo i canoni discordanti possono essere armonizzati, come è possibile costruire un’armonia tra testi contraddittori. →
strumento per costruire l’armonia tra diverse autorità
La Concordia dei canoni discordanti non si apre con un canone (le compilazioni giustinianee si aprivano tutte con un framment o proveniente dalle opere di
giuristi romani, per il Digesto, con una costituzione imperiale, per il Codice, o con la rivisitazione di un frammento delle opere di giuristi romani per le Istituzioni)
non si apre con un'autorità ma co n un dictum opera di Graziano: perché si tratta di evidenziare le contraddizioni, a differenza delle compilazioni giustinianee
questa compilazione non ha valore ufficiale non è opera del legislatore e in quanto tale non lo diventerà mai (il testo in qu anto tale mai approvazione ufficiale:
seppur usato come base autoritativa della iuris dictio fino al 1917 e oltre), proprio perché opera privata.
Si tratta dello sforzo di costruire una armonia partendo da testi diversi e tentando di armonizzarli non di eliminare le diff erenze, ma mostrare che tali possono
coesistere. I criteri adottati da Graziano sono essenzialmente 4:
• Ratio temporis ossia il criterio del tempo: due testi apparentemente in contraddizione perché pensati per tempi e in tempi diversi
• Ratio loci ossia criterio del luoghi
• Ratio significationis criterio del significato (come nel caso del canone primo della prima distinctio: ius termine generale che però può essere declinato in
forma specifica → significati diversi dello stesso termine tutti legittimi)
• Ratio dispensationis criterio della dispensa: il diritto può dispensare dall’osservanza di certi obblighi/norme per ragioni particolari (c’è una norma che
impone il digiuno quaresimale per la carne o derivati, però vi sono delle norme che dicono che gli ospiti degli ospedali possono mangiare carne →
contraddizione: agli ospiti degli ospedali è accordata una dispensa dall’obbligo generale per ragioni di salute)
Sono criteri anche combinabili tra loro, che Graziano utilizza per raggiungere l’armonia che costituisce il suo principale ob iettivo.
Struttura dell’opera di Graziano è estremamente complessa. La Concordia dei Canoni Discordanti è divisa in 3 parti, ciascuna ha al proprio interno una
suddivisione differente perché ciascuna risponde ad esigenze differenti ed è stata scritta in momenti differenti
• La prima parte è divisa in 101 distinctiones (distinzioni) che a loro volta sono divise in canoni (si cita: c. 1 D. I ovvero D. I c. 1). Fra i canoni troviamo i
dicta di Graziano; inoltre in un secondo momento furono introdotti dei testi che non sono diversi dai canoni ma che furono introdotti in un secondo
momento e che prendono il nome di paleae (paglia): termine che si ipotizza siano state chiamate così per sottolineare il fatto che non si tratta di materiale
inserito da Graziano ma successivamente.
• Seconda parte è una struttura che evoca insieme il dibattito scolastico ma anche i problemi concreti della vita giuridica, per questo divisa in 36 Cause di
cui ognuna è divisa in questiones e ogni questio è divisa in canoni (si cita: c. 1 C. I q. 1 ovvero C. I q. 1 c. 1); anche in questo caso troviamo dicta e
paleae.
○ In questa seconda parte c’è C. XXXIII q. 3 essendo molto lunga è divisa ulteriormente in distinzioni e poi in canoni: divisa come la prima parte (si
cita: c. 1 D. I de poenitentia ovvero D. I c. 1 de poenitentia → de poenitentia perché questa Causa è indicata alla penitenza e quindi in qualche
modo al diritto penale) → sotto partizione interna alla seconda parte
• Terza parte divisa in 5 distinctiones le quali sono divise in canoni (si cita: c. 1 D. I de consecratione ovvero D. I c. 1 de consecratione) questa terza parte
(aggiunta dopo il completamento delle altre due) riguarda i sacramenti (atti di culto che sono insieme segni e strumenti della grazia santificante di Dio). In
questa ultima parte non vi sono paleae.
Struttura nata dalla necessità dell'insegnamento e da fini diversi ciascuno dei quali risponde la partizione di ogni parte. Q uesto testo nonostante la sua
rilevanza non ha mai posseduto valore ufficiale: non prodotto dall’autorità papale o la cui produzione sia stata incoraggiata dall’autorità papale o di qualche
Vescovo; di per sé il testo non ha altra autorità di quella del suo autore e quella della sua scientifica legata alla sua ste ssa natura: è una grande collezione ma
a differenza delle altre ha un successo universale il perché sta in parte nei dicta, le altre collezioni (che costituiscono la fonte dell’opera di Graziano)
raccoglievano i testi, invece quella di Graziano è opera di interpretazione di tipo scientifico, tramite i dicta vi è una interpretazione e dimostrare che sono
discordanti ma possono armonizzarsi secondo una serie di criteri.

BREVIARIUM EXTRAVAGANTIUM E STRUTTURA


Un’opera che descrive e fissa un assetto del diritto della Chiesa destinato a cambiare: la storia non si ferma e ben presto a nche l’autorità spirituale dovette
affrontare cambiamenti; negli anni ‘50-60 12° sec. anni dello scontro tra l’Impero e i comuni Lombardi in cui anche la chiesa fu coinvolta; la rivoluzione papale
aveva bisogno di ulteriori strumenti per affermarsi; quei decenni sono gli anni della diffusione di nuove eresie e nuove dott rine considerate non ortodosse (es.
eresia Catara di tipo dualistico, nell’esperienza ortodossa il male non ha consistenza propria visioni monistiche non entità metafisicamente esistente e distinta
dal bene il demonio è una creatura malvagia non è un Dio del male, lettura non attenta della Bibbia poteva far credere all’es istenza di due divinità, il Catarismo
è una dottrina di tipo dualistico ebbe grande successo a partire dalla metà del 12° sec. soprattutto in Italia settentrionale e Francia meridionale, nel 13° sec. il
Papa crociata contro i Catari della Francia meridionale) → la Chiesa non poteva accontentarsi della Concordia dei canoni discordi che consolidava la tradizione giuridica,
aveva bisogno altro diritto soprattutto per mezzo del Papa (supremo giudice, legislatore e supremo dottore: potere di produrr e regole generali, di giudicare, di interpretare il
diritto vigente) soprattutto tramite le lettere decretali (+- come il rescritto imperiale): un giudice ordinario, Vescovo della Diocesi, di fronte ad un caso che deve giudicare
come giudice ma che non sa giudicare può sospendere il giudizio e rinviare il giudizio a Roma e il Papa risponde con lettera decretale fissando i principi giuridici che purché i
fatti siano quelli descritti deve essere applicato per la risoluzione di quel caso. → vi sono molte lettere decretali. Nel giro di alcuni anni vi è l’esigenza di raccogliere il nuovo
diritto prendono forma così le nuove raccolte post graziane che sono soprattutto raccolte di decretali: prima grande raccolta “Breviarium extravagantium”(breviario delle
decretali extra vaganti) di Bernardo da Pavia nel 1190; quest’opera ancora opera privata, no incarico ufficiale, che però ha grande successo. La struttura diviso
in 5 libri ognuno dei quali dedicato ad uno specifico argomenti e tali sono sintetizzati in 5 parole
• Iudex al giudice quindi si parla del Vescovo
• Iudicium al giudizio delle procedure...
• Clerus al clero
• Connubia o Coniugia al matrimonio
• Crimen al crimine (diritto penale)
Distinzione importante perché questa ha successo enorme, salve rarissime eccezioni, tutte le raccolte di diritto canonico suc cessive adotteranno esattamente
questa partizione: il che consente di orientarsi facilmente nelle raccolte delle decretali. Suddivisione talmente autorevole che si conserva anche laddove uno di
questi titoli sia vuoto e quindi al suo interno non ci sia alcuna decretale (nel frattempo non sia intervenuta nessuna decret ale). Il Breviarium extravagantium
(vagavano fuori dalla compilazione di Graziano) inaugura la raccolta delle decretali, storia che procede nei primi anni del 1 3° secolo anni del pontificato di
Innocenzo III (protagonista della vita italiana ed europea di quegli anni) autore di decretali; vi è perciò una nuova raccolt a di decretali chiamata Compilazione
seconda (compilatio I è il Breviarium extravagantium) intorno al 1210, decretali non di Innocenzo III ma dei predecessori (materiali più antichi); le decretali di
Innocenzo III saranno raccolte per volontà del Papa in un’altra raccolta avente valore ufficiale ossia la Compilatio tertia risale al 1209 (più antica in realtà della
compilatio II) ma il motivo per cui si chiama terza è perché se è vero che la compilazione è antecedente rispetto alla seconda non sono an tecedenti le decretali
raccolte al suo interno → hanno la stessa struttura della prima. Nel 1216 abbiamo un’altra compilazione decretali realizzata da Giovanni Teutonico che raccoglie i canoni,
in forma di decretali (di Innocenzo III), approvati dal Concilio Lateranense quarto nel 1215 (forma ibrida tra decretali e co ncili): compilazione curiosa perché il suo contenuti
sono canoni conciliari che hanno valore pubblico però allo stesso tempo non ha valore ufficiale perché il Papa non l’approvò. Per avere un’altra compilazione ufficiale
bisognerà attendere il 1226 con la compilato quinta che è ufficiale, voluta da Papa Onorio III.
→ due sono ufficiali delle 5 compilato: non soltanto hanno valore di legge le decretali contenute ma anche le compilazioni in quanto tali.

17/03/2021

STORIA DEL DIRITTO MEDIEVALE E MODERNO I Pagina 12


5 Raccolte sono tante, difficile utilizzarle e trovare le decretali utili, si pone quindi l’esigenza di fondere queste raccol te in una sola: questa l’origine di un grande
monumento del diritto canonico e della tradizione giuridica occidentale “Decretali di Gregorio IX” (non è l’autore materiale ma colui che le ha volute e
approvate) note anche come Liber extravagantium (libro delle decretali che vagavano fuori dal Decreto di Graziano) → costituito dalle stesse decretali. Il
compilatore del Liber extra, frate domenicano catalano Raimondo di Penyafort, oltre a metterle tutte assieme priva le decretali di tutte quelle parti ch e il
compilatore ritenesse superflue (ciascuna decretale pensata per un’occasione particolare, un caso particolare, l’indicazione resta ma dal testo delle decretali
sono espunte le parti che non hanno rilievo generali e riguardavano solo il caso particolare che quindi non interessano al le ttore) queste omissioni sono
segnalate dall’espressione “et infra” che segnala che c’era qualcos’altro. Testo quindi complessivamente nuovo. Sono divise in libri ciascuno agli argomenti
sopra indicati, grosso volume (quanto il Decreto di Graziano), furono pubblicate nel 1234 con una Bolla (da parte del Papa) “ Bolla Rex Pacificus” (Re Pacifico
= Dio) e con questa Bolla il Papa approva il testo delle decretali ordina che non si faccia più uso delle raccolte precedenti , escluso il Decreto di Graziano, e da
qual momento diventano compilazioni antique (scompaiono dalla circolazione e riemergono solo nel 16° sec. per studi di carattere storico); inoltre pubblica le
decretali in maniera particolare (oggi attraverso Gazzetta Ufficiale che comporta una presunzione di conoscenza seppur questa assoluta non ammessa
scusante dell'ignoranza) ossia non si limita a pubblicare con la Bolla dando valore di ufficialità e nemmeno realizzando molt eplici copie per poi darle alle varie
Diocesi, ma invia il testo all’università di Bologna ordinando che sia insegnata e glossata cioè che entri nel programma di s tudi dell’università (Gregorio IX ha
compreso perfettamente che il modo migliore per assicura conoscenza e applicazione di un testo legislativo è assicurarsi che quel testo entri
nell’insegnamento universitario).
A partire dal 1234 si hanno due gradi testi canonici ossia il Decreto di Graziano, rimane raccolta privata, e il Liber Extra che è una raccolta ufficiale. Il Pontefice
però continua a legiferare e i concili continuano a svolgersi, la vita e i conflitti della Chiesa (anni grande conflitto tra Chiesa e Impero) producono la necessità
di una nuova legislazione e continui interventi della iuris dictio papale in tutta la sua estensione: per tanto si moltiplicano le decretali con conseguenti sforzi di
organizzazione, fino a che alla fine del ‘200 si assiste alla pubblicazione di un’ulteriore raccolta di decretali (in un mome nto critico: il conflitto con l'Impero
risolto, epoca in cui altre autorità emergono in particolare di Regni particolari, autorità secolari particolari, e fra essi il ruolo principe è quello dell’Inghilterra e
soprattutto del Regno di Francia, vera protagonista delle vicende europee e vera antagonista del papato con limitazione al su o territorio, anni della
contrapposizione nella persona del Papa Bonifacio VIII e del Re di Francia Filippo IV detto “il Bello”). Bonifacio VIII, a cu i si deve l’ultima energica
rivendicazione del ruolo che il papato aveva rivendicato sin da Gregorio VII, è l’autore di un’altra raccolta di decretali pu bblicata inviandola all’università nel
1298; anche questa raccolta divisa in 5 libri, siccome 5 erano i libri del Liber Extra e altro volume di Bonifacio VIII è noto come Liber Sextus (libro sesto)
rispetto ai cinque di cui si componeva quello di Gregorio IX. .Negli anni successivi Papa Clemente V (papi avignonesi: non ri siede nel Regno di Francia,
Avignone non era nel Regno) altra raccolta di decretali con il nome di Constitutiones Clementine pronta nel 1314 ma non è pubblicata perché il Papa muore e
occorre aspettare 3 anni quando Giovanni XXII promulga (con invio all’università) le Clementine, raccolta di valore ufficiale anch’essa divisa in 5 libri secondo
la tradizione → con questa pubblicazione si chiude la serie di raccolte ufficiali di decretali, il fatto che siano l’ultima ufficiale non sig nifica che non vi siano state altre
raccolte (altre 2 Extravaganti: mai approvate ufficialmente, di Giovanni XXII [uniche non divise in 5 libri] e Extravagantes comuni) → tutte queste formano insieme
il Corpus Iuris Canonici, sul modello del Corpus Iuris Civilis.

CORPUS IURIS CIVILIS E CANONICI


Alla fine del 15° sec. sono completi i due corpora (corpo evoca una visione organica del diritto, organismo in cui organi differenti svolgono funzioni differenti ma
coordinate tra di loro e reciprocamente necessarie) iuris: due dimensioni del diritto, secolare e spirituale, distinte ma reciprocamente rilevanti e influenti,
ciascuna ha al suo vertice una autorità universale (non legati ad un territorio) distinte ma reciprocamente interdipendenti, ciascuna dei due ordinamenti ha un
corpus corpo di testi dotati di autorità che funge da base per l’interpretazione dei giuristi, entrambi oggetti di studio universita rio (vivono grazie a tale) (apparati
ordinari glosse: accursiano in gran parte per il corpus iuris civilis e autori diversi [più ampio nel tempo la promulgazione] il corpus iuris canonici: es. Giovanni
Teutonico, autore compilazione IV, e Bartolomeo da Brescia per il Decreto di Graziano) e si compiono/completano in un lungo a rco di tempo (15° sec. corpus
iuris canonici e metà 14° + per il corpus iuris civilis).
Questi due ordinamenti, corpi, autorità pur essendo distinti non sono separati; la rivoluzione papale dà vita sì a una Chiesa che, per Berman, è il primo Stato
moderno e che si distingue dal potere secolare (due ordinamenti universali distinti) ma distinzione non vuol dire separazione /reciproca irrilevanza ciò non è
possibile perché in realtà i due ordinamenti, autorità e corpi del diritto sono unificati dal soggetto/destinatario del dirit to stesso ossia l’essere umano cristiano
(diritto secolare uomini in generale e ambire ad assoggettare tutti, a fondamento del diritto canonico sta in una adesione di fede che in quanto tale è
essenzialmente libera e incoercibile, non si può essere costretto a credere in determinati dogmi [problema nel corso dei seco li]) detto civis cioè il soggetto
dell’uno e dell’altro, civis romano ma anche cristiano dato che la religione di Stato poi era quella cristiana quindi vanno di pari passo (salva l’eccezio ne degli
ebrei) cosicché la persona in realtà è una sola → segna necessariamente una permeabilità/relazione tra diritto civile e diritto canonico. Ogni essere umano, secondo la
tradizione teologica e cristiana, è composto di anima e corpo, il corpo è soggetto al potere secolare ma l’anima al potere sp irituale: anche sul punto di vista tutto interno alla
natura stessa dell’essere umano diritto civile e diritto canonico sono interpellati; esplicitando il nesso tra anima e corpo va ricordato che l’anima ha un ruolo preponderante
rispetto al corpo: è essa che determina la salvezza stessa e del corpo stesso, pertanto la salvezza dell’anima è prioritaria → l’anima è più importante del corpo poiché
sopravvive alla morte, chiaro che il diritto spirituale è più importante. Il diritto secolare influenzando ciò che l’uomo può o non può fare nella vita terrena influenza la
salvezza dell’anima stessa, se il diritto secolare renda difficile vivere una vita autenticamente cristiana la salvezza dell’ anima è in pericolo
→ i due aspetti interferiscono seppur nella preordinazione di quello spirituale che determina la salvezza del complesso: ciò è vero in tutta la condotta della vita
• Es. matrimonio che è un contratto per il corpus iuris civilis ma che è anche per la Chiesa un sacramento quindi un atto di speciale importanza istituito da
Dio stesso con il fine di santificare l’uomo (matrimonio decisivo perché se lo santifica lo può salvare ma anche il luogo in cui interferiscono spirituale e
secolare). Per il diritto secolare romano è importante il consenso permanente (anche tacito divorzio) da entrambe le parti e ciò influirà in positivo il diritto
canonico. Il diritto canonico proprio perché vede il matrimonio come un sacramento (atto che si basa sulla fede) enfatizza l’importanza che questo libero
consenso delle parti su un piano di eguaglianza e quindi ottiene un risultato quasi unico nella storia ossia tanto l’uomo quanto la donna nel matrimonio
cristiano debbono prestare il proprio libero consenso su un piano di parità perché se soltanto una delle parti non è stata libera nella formulazione del suo
consenso il matrimonio non è valido. Ciò significa attribuire ad entrambi i nubendi una pari dignità ai fini della formazione del vincolo matrimoniale →
eccezione straordinaria perché per lo più i nubendi non sono sullo stesso piano. inoltre indissolubile come l’unione di Cristo con la Chiesa, e può cessare solo con la
morte di uno dei coniugi divortium solo un affievolimento (separazione personale).
→ il matrimonio istituto dove diritto civile e canonico si incontrano e si scontrano, perché la disciplina è completamente diversa: poiché la condotta dei coniugi anche
rispetto al matrimonio influenza la loro salvezza la Chiesa rivendica per se stessa il monopolio della disciplina del matrimonio (condizioni di validità del vincolo
matrimoniale sono valutate esclusivamente con i propri tribunali, ai tribunali secolari solo questioni patrimoniali)
• Istituto del mutuo, con cui si danno in prestito una certa quantità di beni fungibili con in cambio l’assicurazione della restituzione della medesima quantità
della medesima cosa. E’ per lo più a titolo oneroso, tramite stipulatio aggiunta dell'obbligo del pagamento delle usure (= interessi), il diritto romano tenta
di disciplinare il quantum ossia il saggio dell’interesse la misura in quanto è legittimo e quindi si sforza di stabilire dei tetti di massima oltre i quali la
pretesa delle usure diventa illecita. Per il diritto canonico è più complesso perché da un lato vi sono dei testi, Antico Testamento, che dichiarano lecito
chiedere un qualcosa in più rispetto al capitale prestato ma soltanto a coloro i quali non facciano parte del popolo di Israele; nel Nuovo Testamento
(Bibbia specificatamente cristiana) Gesù vieta di chiedere interessi: proibizione netta di qualsiasi forma di usura.
Come aromatizzare queste due posizioni? E’ possibile? La Chiesa rivendica con forza la netta prevalenza del diritto canonico; soltanto con molta fatica la
Chiesa finirà per ammettere la possibilità di richiedere un interesse (non usura) cioè un compenso per un danno subito o mancato lucro (motivo per i
quale noi non utilizziamo più il termine usure per indicare gli interessi, mentre la parola usura indica un reato, eccessivo interesse a fronte di certi criteri).
Uno dei primi casi in cui il diritto canonico arriva ad ammettere la liceità di sperare in qualcosa di più sia quello della dote promessa ma non pagata: la
dote era storicamente un bene o un complesso di beni che la famiglia della moglie mettevano a disposizione della nuova famiglia per offrire un contributo
al marito per sopportare meglio gli oneri che derivano dal matrimonio, la dote non pagata si traduceva in un danno concreto poiché il marito da solo
doveva sostenere tutti gli oneri derivanti dal matrimonio ecco perché il diritto canonico consente la costituzione di interessi di mora che hanno lo scopo di
contribuire a ristorare il marito delle spese in più sostenute dal mancato o ritardato pagamento della dote promessa.
→ esempio della relazione continua/dialettica tra diritto civile e canonico, al punto che la tradizione giudica e storiografica parla di utrumque ius (= l’uno e l’altro diritto;
entrambi i diritti) che non sono dunque due ordinamenti separati che occasionalmente si possono sovrapporre ma ci sono due diritti che sono come due facce
della stessa medaglia (differenti ma parti della stessa medaglia), non si può discutere sull’esistenza di due facce poiché l’ esistenza di una richiede
necessariamente l’esistenza dell’altra (come l’uomo è fatto di anima e corpo così il diritto è necessariamente spirituale e s acrale contemporaneamente e
correlativamente no unitamente) [persona e natura di Gesù Cristo: uomo o Dio o entrambe le cose? la posizione ortodossa è que lla che vede in Gesù Cristo
un'unica persona con due nature distinte ma unite, divina e umana, non sono confuse è mescolate ma distinte → diritto civile e canonico non sono confusi ma
nemmeno separati, sono in costante correlazione formano insieme il diritto comune ius commune dove l’aggettivo comune significa universale ossia che abbraccia
tutti gli uomini ovunque si trovino e indipendentemente dal popolo di appartenenza]

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STORIA DEL DIRITTO MEDIEVALE E MODERNO I Pagina 13


22/03/2021

Cosa unisce le due dimensioni del diritto, posto che alla base hanno due corpi testuali diversi, che i giuristi sono diversi o gli insegnamenti rimangono distinti,
che hanno carriere distinte (dal 12° sec. fino alla seconda metà del 13° i canonisti saranno tutti chierici, uomini inseriti nel clero e hanno ricevuto il sacramento
dell’ordine, occorre aspettare Giovanni di Andrea per avere un grande canonista laico)? Ci sono diversi caratteri che le unis cono e che finiscono per farci
legittimamente credere che siamo di fronte non a due diritti separati ma ad un unico diritto, seppure con distinte dimensioni :
• Universalità: sia il diritto civile che il diritto canonico (della tradizione medievale) si applicano universalmente riguardo a territori e confini e non si
rivolgono a destinatari precisamente individuati e circoscritti, in parte in realtà c'è l’hanno poiché il diritto canonico si può rivolgere solamente ai cristiani
[problema poiché ci sono soggetti che non sono assoggettate al potere spirituale] (a differenza di oggi ordinamento di uno Stato comune solo rispetto a
quello Stato, si rivolge al territorio e ai cittadini dello Stato ma non ha valore al di fuori del territorio ne per cittadini di altri Stati che risiedono al di fuori
dello Stato stesso. Esistono ordinamenti statali che non hanno un territorio preciso, es. Malta, ma il territorio è sostituito dall’applicazione personale e
riguarda coloro che fanno parte di quell’ordine e quindi cittadini di quell'ordinamento → riguarda solo un gruppo di destinatari preciso)
• Scientificità: non siamo di fronte ad un diritto a base legislativa, non perché non ci sono leggi ma perché la costruzione di questo ordinamento non è
opera del legislatore, le leggi acquistano un significato universale solo nel momento in cui la scienza giuridica le assimila e le pone alla base della propria
costituzione giuridica. Norme prodotte dal legislatore con scopi e destinatari limitati possono però essere utilizzate dalla scienza giuridica per costruzioni
di carattere universale, viceversa atti legislativi pensati per un pubblico largo possono però essere ristretti nella loro portata dalla scienza o persino
obliterati. Si lega al carattere dell'universalità: sono declinazioni della stessa realtà perché la scienza per sua definizione è universale ossia
universalmente valida (purché accogliamo le stesse premesse e ci muoviamo secondo dimostrazioni logiche otteniamo risultati universali), scienza
giuridica è una scienza pratica che si scontra in maniera impensabile con la dimensione relativa e soggettiva tipica di ogni essere umano (fa i conti con
l’infinita complessità dell’umanità e quindi deve accettare quella intrinseca limitazione che discende dal fatto che gli esseri umani hanno la possibilità di
scegliere di tenere comportamenti poco comprensibili e ingiustificabili, possibilità di un caso che non sia possibile prevedere ma ciò fa parte della natura
pratica della scienza giuridica che ha a che fare con gli esseri umani) → entro questi limiti validità universale
Questi due caratteri per svilupparsi pienamente e produrre il massimo frutto avevano bisogno dell’ambiente adatto. in primo l uogo degli studiosi: non si può
avere scienza senza scienziati, una disciplina che non sia universale non può produrre scienziati tuttalpiù può produrre dei bravi tecnici però gli scienziati
hanno bisogno di un luogo dove esercitare la propria attività. Il luogo in cui gli uomini di scienza possono esercitare la pr opria attività scientifica è un luogo in
cui questi stessi uomini di scienza possano incontrarsi e assieme produrre scienza: la scienza non è una creazione solitaria. Questo luogo che nasce in
questo momento e con questi scopi è quello che chiamiamo università.

RUOLO UNIVERSITA' NELLE TENSIONI


L’università è una creazione genuinamente medievale, fin dal nome perché non è una scuola ma una corporazione di tipo profess ionale e che unisce assieme
maestri e allievi: siamo di fronte ad una attività scientifica ma condotta in maniera artigianale in cui cioè esiste una pers ona che conosce il mestiere e allievi
che aspirano ad imparare quel mestiere e per impararlo seguono un maestro nel senso che vivono a stretto contatto con lui (an che dentro casa) al fine di
apprendere il mestiere → insieme formano una universitas. Questa idea si può cogliere non solo nell’uso dell’espressione universitas ma anche da altri indizi:
l’uso del termine dominus per designare il maestro/dottore che è lo stesso termine con cui gli apprendisti artigiani designavano il loro maestro ed è l o stesso
termine con cui ancora oggi i praticanti degli studi legali designano l’avvocato presso cui svolgono la pratica; spesso nelle fonti troviamo utilizzato e applicato
agli studenti e allievi il termini di socii erano gli apprendisti dei domini ossia dei maestri artigiani → siamo di fronte ad un contratto di apprendistato in cui il maestro
si impegna ad insegnare un’arte (jurisprudencia) a dei socii che in cambio si impegnano a seguirlo e a pagarlo. La più antica università nasce così (Bologna), non
a caso non ha un atto di fondazione (tutte le università hanno un atto fondativo) impossibile datarne la nascita poiché è spo ntanea e non ha lasciato una
traccia documentale. E’ vero però che rapidamente compie un lungo cammino, da fenomeno spontaneo e quindi non apparente (iniz io modesto, vitale e libero)
a dimensione dell’università eccede da appartata, uno dei prodigi 1 della storia perché non siamo di fronte ad una iniziativa istituzionale non c’è alcun titolo di
studio avente valore legale (chi andava a lezione di Irnerio non riceveva un diploma, non titolo di studio con valore legale: imparava un mestiere ma senza
certificazione) ma non di meno gli studenti arrivano e non solo da Bologna ma da tutta Europa, senza poter contare su nessun riconoscimento salvo poter dire
di aver seguito gli insegnamenti del maestro; inoltre questo diritto che si insegnava a Bologna non applicava da nessuna part e, non esisteva un tribunale
imperiale dove si applicasse il diritto giustinianeo tanto meno lo facevano i tribunali delle corti e delle città (consuetudi ni). Questo afflusso di studenti comincia
a diventare qualcosa che non può essere ignorato, inizialmente iniziativa privata, ma quanto i numeri si fanno più grandi e B ologna si affolla di studenti che
portano denaro la situazione diventa complicata (poiché ci sono anche stranieri e producono effetti rilevanti sul tessuto soc iale e culturale della città e anche
giuridico poiché uomini che vivono in una civitas senza essere parte integrante della civitas ma sono solamente abitanti del luogo per un periodo di tempo
variabile; nulla a che vedere con i cives che hanno acquisito la pienezza dei diritti politici e civili nella città e nemmeno con gli habitatores che magari abitano
pur senza essere cives ma da generazioni in città e per cui la città costituisce l’orizzonte degli interessi e della vita) → risorse ma problemi allo stesso tempo.
Ben presto questa nuova formazione sociale, universitas, attira l’attenzione in particolare dell’Imperatore, alla metà del 15° sec. momento critico per l’Impero
dove si è chiusa la controversia con il papato (nonostante continuino ad esserci delle tensioni ma non c’è più uno stato di g uerra) ma dalla lotta tra papato e
Impero sono emersi altri protagonisti, il principale è la città
• → fin dall'antichità preromana l’Italia si è coperta di una rete di città, la vita sociale, politica, culturale ed economica è dominata da un’età molto risalente dalla
presenza della città; la fine dell’autorità diretta dell'Impero sull'Italia e l’arrivo di popolazioni straniere determinano un impoverimento della vita cittadina: la vita
dimensione maggiormente rurale. La rinascita dopo il 1000, superate le numerosi crisi, gradualmente la popolazione aumenta, le terre coltivate più numerose, i
trasporti, le comunicazioni e i viaggi riguadagnano spazio → le città riacquistano vitalità, si ingrandiscono, si rafforzano, si popolano di uomini intraprendenti che si
dedicano ai commerci ma anche attività artigianali, la maggiore ricchezza che circola in città finisce per attirare anche esponenti della nobiltà di tipo cavalleresco-
militare. Le città fitte di torri, castello di una famiglia, fortificare la casa contro gli avversari, vita urbana che ha molto della vita inquieta del contado extraurbano. Le
città hanno un ruolo sempre crescente, è per questa ragione che le università nascono nelle città in quanto attira persone e si rivela il luogo adatto per gli
studi (cerano scuole anche prima ma erano luoghi conservati dalla Chiesa per le proprie necessità, minimo di formazione e per conservare i documenti
ha bisogno di redigere; presso le Cattedrali oppure fuori dalla città, nel contado, presso i monasteri. Non hanno come fine l'istruzione generale ma mirano
solamente a formare dei buoni preti e monaci) con obiettivo di formare uomini che sappiano leggere e scrivere e praticare delle arti liberali o altre arti.
Queste stesse città proprio perché si ingrandiscono e attirano una popolazione crescente cominciano, soprattutto nell’11° sec . e fino alla fine della rivoluzione
papale (nel momento in cui l’autorità legittima, Imperatore, non c’è è lontana/distratta perché occupata nella lotta contro i l Papa), le città cominciano ad
affermare il proprio ruolo: non sono più semplicemente dei luoghi in cui si crea una vita urbana, ma perché si crea una vita urbana e sono circondati da mura
diventano sempre più protagoniste della vita anche politica e giuridica del momento → si schierano a favore del Papa o dell’Imperatore ma anche a favore di loro
stesse: nel momento in cui una autorità pubbliche che possa garantire la sicurezza delle strade e dei commerci, la regolarità dell'emissione della moneta, la regolarità e
l’efficienza dell’amministrazione della giustizia (tutte le funzioni pubbliche che un potere pubblico è chiamato a garantire) la legittima autorità non è più in grado di farlo, le
città si arrangiano: si comportano come autorità pubbliche pur non essendo sul piano della legittimità. Si organizzano in for ma di associazioni giurate, cogiuraciontes
(congiure: nulla di negativo ma persone che stringono tra loro un patto giurato): questo dà vita al comune cittadino.
Dopo il 1122 la fase più violenta tra Papa e Impero cessa, si scopre che l’autorità pubblica in particolare quella imperiale in Italia deve completamente
ripensarsi, molti diritti che in passato appartenevano senza discussione all’Impero sono stati usurpati dalle città da cui si ricavano profitti (giustizia, milizia,
moneta). Le città sono anche spesso in lotta fra loro: alcune reclamano un ruolo maggiore e tendono ad espandere il proprio t erritorio/diritti a danno delle città
vicine cosicché si creano tensioni e guerre tra le città → senza poter risolvere la controversia poiché non c’è (lontana e indebolita) una autorità superiore. Alla metà del
12° sec. Federico I detto il Barbarossa tenta di recuperare i diritti dell’Impero, lo fa armando un esercito e convocando que lla che era una dieta (assemblea) sulla sponda
destra del Po a Roncaglia, riunisce nel 1158 il Regno d’Italia nella persona dell'Imperatore e dei suoi collaboratori ma anch e nella persona della aristocrazia
italiana (componenti tradizionali della dieta imperiale) convoca altre due figure (tipicamente italiana) rappresentanti delle città lombarde (Lombardia:
genericamente il Regno d’Italia di origine Longobarda) e i maestri bolognesi (radicale novità) giuristi allievi di Irnerio i 4 dottori (che dopo il maestro avevano
portato avanti e sviluppato lo studio del diritto a Bologna: Bulgaro, Martino, Jacopo e Ugo). Siamo in possesso di cronache d egli avvenimenti del tempo, in
particolare la cronaca di uno scrittore lodigiano Ottone Morena da testimone oculare degli avvenimenti: per il giorno di San martino del 1158 (11 novembre) si
deve riunire un colloquium (così definito da Morena) cioè un Parlamento che vede la presenza dei grandi signori ecclesiastici e laici, rappresentanti de lle città e
i 4 maestri bolognesi. Perché Federico Barbarossa che già 3 anni prima aveva convocato una dieta a Roncaglia con intendimenti simili, decide di fare questo?
Certamente ragioni di opportunità politica, l’Italia non è la Germania e città in Germania ve ne erano poche e meno important i in quel momenti erano
politicamente meno importanti perché non riusciranno ad avere quella espansione nel contado (piccolo territorio) tipica delle città italiane le quali finiranno per
formare dei veri e propri Stati territoriali. La convocazione non ha soltanto uno scopo politico, barbarossa non si limita a riconoscere che senza
l’accordo/alleanza con le città il suo obiettivo di ricostituire la presenza dell’Impero in Italia sarebbe stato irraggiungib ile, a in mente qualcosa di diverso e
Ottone Morena lo dice in maniera chiara: chiede in Parlamento ai 4 dottori che giudichino quali siano i cosiddetti iura regalia (diritti regali) ossia i diritti che
spettavano all’imperatore in quanto tale; i quattro convocati in qualità di giudici poiché esperti di diritto debbono giudica re quali sono i diritti che spettano
all’Imperatore e solo all’Imperatore: obiettivo è quello di rivendicare all’Impero i diritti che sono di esclusiva spettanza dell’Impero. Federico Barbarossa sas

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all’Imperatore e solo all’Imperatore: obiettivo è quello di rivendicare all’Impero i diritti che sono di esclusiva spettanza dell’Impero. Federico Barbarossa sas
benissimo che molti dei diritti che in passato erano esercitati solo dall'Imperatore o dai suoi delegati ora sono stati usurp ati dalle città ma vuole che questa
situazione sia accertata giudizialmente, e lo sia nell’assemblea giudiziaria maggiore che l’Impero conosca ossia la dieta/Parlamento/colloquio. Ottone Morena
ci dice che i 4 dottori rifiutarono di farlo a meno che assieme a loro non fossero stati indicati anche dei rappresentati del le città lombarde la convenute: bisogno
di qualcuno che conosca non soltanto il diritto depositato in corpore iuris ma anche il diritto affermato e presente nelle consuetudini del Regno, hanno bisogno
del consilium/parere dei rappresentanti delle città. Federico Barbarossa acconsente e nomina per ciascuna città convenuta a Roncaglia due giudici (esperti del
diritto consuetudinario) per un totale di 28. Questi 28 + i 4 si riuniscono separatamente, deliberano e presentano al Parlame nto presieduto dall’Imperatore un
placido (giudizio), hanno accertato il diritto nelle forme della tradizione altomedievale hanno ritrovato il diritto nel Corpus giustinianeo e nelle consuetudini:
presentano un elenco di iura regalia. Questo elenco di iura regalia è approvato dall’imperatore, il quale vincola con giuramento i signori ecclesiastici e secolari
delle città a rispettarlo (giuramento non sarà rispettato): non ingerirsi più nell’esercizio di diritti che stando all’elenco spettano soltanto all’Imperatore. Questo
placido prenderà la forma di una Costituzione imperiale che sarà inclusa nel Corpus iuris civilis.

1 Paradosso dello studio del diritto

23/03/2021

Nasce così la legislazione federiciana: l’elenco di iura regalie ma anche altre Costituzioni, di varie forme e importanza, tra esse oltre a quella Costituzione nota
come “regalia sunt ec” (inserita nel Corpus) anche altre Costituzioni imperiali di importanza uguale se non superiore, Costituzioni note come le “leggi perdute di
Roncaglia”. A Roncaglia Federico Barbarossa su consiglio dei giuristi promulgò anche altre tre Costituzioni che accertavano e definivano i diritti dell’Impero,
ma mentre il placido si risolve in un elenco di diritti tradizionali, queste altre Costituzioni enunciano qualcosa di più ampio, un potere general e dell’Impero e
dell’Imperatore che si manifesta in tre direzioni
• Potere di dire il diritto (legiferare, applicare e giudicare) in generale e di applicarlo, cosicché qualsiasi altra iuris dictio non può che essere derivata
l’Imperatore può pertanto revocarla → l. Omnis iurisdictio
• Potere di tenere i luoghi dell’amministrazione pubblica ovunque voglia → l. palacia et pretoria
• Potere di riscuotere in generale tributi: anche indipendentemente dai tributi che la consuetudine aveva conservato e poi usurpati dalle città → l. tributum
Origine che delle fonti giustinianee ne danno i 4 dottori.
Queste Costituzioni, a differenza della Costituzione che elenca i diritti regali, non entreranno nel Corpus iuris civilis in questo senso si è parlato di leggi
perdute, non perché completamente ignorate dalla tradizione giuridica (si ritrovano citazioni) ma sempre in modo tale da lasc iare dubbi e non sono poste nel
Corpus; ciò non toglie valore poiché sono comunque delle leggi ma non le fa entrare in circolazione come oggetto di interpretazione e quindi di fatto le rende
molto meno importanti, più evanescenti, perché i giuristi non le interpretano direttamente [occorrerà attendere gli anni 60 d el sec. corso quando uno storico del
diritti, Vittore Colorni, le ritrovò il testo integrale e come tale in un manoscritto parigino].
Il contributo dei giuristi bolognesi è duplice
• Accertamento dei diritti regali
• Con ogni probabilità la formulazione delle Costituzioni: probabilmente non accolte dalla dottrina poiché troppo lontane dalle consuetudini
Questo contributo attira le cure del Barbarossa sull’università, si rende conto che è necessario non soltanto convocare i giu risti a Roncaglia ma anche
prendersi cura di questa novità che a Bologna si è formata e promette di assumere una importanza sempre maggiore nel tempo fu turo. Per questo motivo
Federico Barbarossa promulga una Costituzione (in realtà privilegio: una lex privata riguarda una persona o gruppo di persone specificatamente individuate,
non necessariamente un privilegio favorevole ma esiste anche un privilegio odioso [es. quelli che colpiscono gli ebrei]) che riguarda l’università che per la
prima volta è riconosciuta dalla suprema autorità pubblica la quale si preoccupa di proteggere professori e studenti da alcun e cattive consuetudini che
rendevano la loro vita e professione particolarmente difficile e pericolosa: Costituzione habita o authentica habita perché introdotta come autentica all’interno
del Codice di Giustiniano → primo esempio di legislazione universitaria

LA COSTITUZIONE “HABITA” → vedi testo

LA COSTITUZIONE “HABITA”: seconda parte → vedi testo

Con questa Costituzione l’autorità imperiale riconosce il ruolo e lo status sociale del professore e degli studenti, edifica questo ruolo/status sociale perché
connette alla condizione questi due privilegi
• La protezione dalle rappresaglie
• Privilegio del foro
Assicura una speciale protezione del potere pubblico nei confronti di questi speciali sudditi
In qualche modo è la fondazione di una intera tradizione (occidentale) di protezione e autonomia degli studi universitari. Pr oteggerla nel caso particolare dalle
autorità cittadine che avevano interessi differenti. Questa Costituzione non è pensata solo per Bologna, anche se in questo m omento è il centro per quanto
riguarda gli studi universitari e giuridici, però ha un respiro più generale: protegge l’università in generale e ci fa capir e che l’università non è un fenomeno
locale ma un fenomeno universale che tende ad espandersi e fiorire in altri luoghi. Bologna non è la sola, fioriscono altre u niversità in Italia, gli ex studenti non
soltanto si impegnano in attività ma anche iniziano attività di insegnamento anche perché le autorità comunali comprendono l’ importanza di avere un'università
(significa avere un centro di attrazione: impresa economica), e fuori (in particolare le più antiche Parigi, facoltà teologic a della cristianità per il medioevo, e
Oxford). Fuori dall’Italia moltissime zone sono connesse culturalmente con l’Italia (es. Francia meridionale). Professori e s tudenti si muovono da un’università
all’altra attrazione da diverse paghe, studi, presenza di professori onorevoli, un insegnamento non può trovare luogo in un c erto posto (es. diritto a Parigi: sede
di facoltà teologica ma nel 12° sec. cominciano a fiorire anche studi di diritto civile ma il Papa in quanto Supremo regolato re della Suprema facoltà teologica
della cristianità interviene con una bolla “super specula” per vietare l'insegnamento del diritto civile a Parigi: faceva concorrenza all’insegnamento della
teologia. Si spostano ad Orleans: avrà ruolo importante verso la fine del 13° sec.). Inghilterra ha storicamente stretti lega mi con l’Italia, arriva un maestro
bolognese di nome Vacario (seppur tradizione giuridica locale vi sono delle aree del diritto libere) chiamato dall’autorità e cclesiastica perché c'è bisogno nei
rapporti difficili (clero inglese, Re d'Inghilterra, il papato) di qualcuno che conosca il diritto (non locale) e interesse p er questo tipo di studi; avvia un
insegnamento inglese e dato che per l'insegnamento del diritto occorrono libri (si basa sulla lettura delle fonti) concepisce una sorta di volume condensato che
contiene i volumi più importanti del Digesto, delle Istituzioni, del Codice, il cosiddetto Liber Pauperum (libro dei poveri: anche chi non era abbastanza ricco da
procurarsi tutti i libri poteva procurarsi tale, che condensava almeno la parte più importante della tradizione giuridica), → creazione originale e darà vita ad un
insegnamento universitario (indipendente dal common law che non avveniva nelle università ma nella pratica dei tribunali) del diritto fortunato, continuerà ad esistere in
Inghilterra.
Nel sud dell'Italia, che a partire dalla conquista longobarda è rimasta separata dal resto rimangono più a lungo i bizantini, i romani d’Oriente, poi gli arabi, poi i
normanni (stessi che poi sono anche andati in Inghilterra) fino al 1860. Il Regno normanno di Sicilia, che riconosce l’autori tà del Papa poiché è lui a fare
incoronare Ruggero I di Sicilia ma i Re di Sicilia pretendono di derivare il proprio potere da Dio (no Vescovo che incorona i l Re di Sicilia ma Dio stesso che lo
fa) [sovrano che riesce ad ottenere in Sicilia lo stesso potere del Papa: i normanni ottengono la legazia apostolica come leg ati apostolici come rappresentanti
del Papa] → situazione di ambiguità. Il popolo normanno sarà fino al suo passaggio in mano sveva uno dei pilastri a protezione della Chie sa romana, tutte le volte che gli
Imperatori cercheranno di affermare la propria autorità su Roma e sul papa troveranno un ostacolo nei normanni, fino a che a fine del 12° sec. per vie dinastiche il Regno
normanno è assorbito nelle terre ereditarie della casa di Svevia. Questo significa che alla morte di Enrico VI e di Costanza, il figlio Federico diventa anche erede anche del
Regno di Sicilia (per parte di madre) (oltre a quello della casa di Svevia quindi delle terre feudali di hohenstaufen, erede delle pretese della famiglia alla corona imperiale).
Federico II che nel 1220 è finalmente incoronato imperatore a Roma da vita nel 1224 a una università a Napoli (Federico II) c he è la prima e più antica università fondata
direttamente dal potere pubblico, pensata per i sudditi del Regno di Sicilia che così non dovevano più (potevano) andare a st udiare fuori nelle città storicamente nemiche
della casa di Svevia; insegnamento con tratti peculiari: i professori sono stati, sono o diventano grandi ufficiali del Regno e la loro attenzione si rivolge non soltanto ai testi
giustinianei ma anche al diritto del Regno stesso (Costituzioni del Regno di Sicilia) → attenzione per la particolare situazione del Regno

24/03/2021

Questa dimensione scientifica trova la sua premessa e realizzazione nell’attività degli studiosi, caratterizzata da stretto c ontatto tra maestri ed allievi. Questa
grande rivoluzione scientifica, dare dimensione scientifica a qualche cosa che non necessariamente lo aveva al diritto e che caratterizza l’intera tradizione
giuridica Occidentale per la quale il diritto non è semplicemente un insieme di norme poste dal potere ci sono norme non post e da un legislatore (es.
consuetudinarie) sia perché ci sono norme che hanno legittimazione più alta (norme di diritto naturale o diritto delle genti) sia perché il diritto ha una
dimensione scientifica ossia una dimensione che non è collegata al potere ma collegata al pensiero e alla sua costruzione (no n dipende dal potere: non si

STORIA DEL DIRITTO MEDIEVALE E MODERNO I Pagina 15


dimensione scientifica ossia una dimensione che non è collegata al potere ma collegata al pensiero e alla sua costruzione (no n dipende dal potere: non si
costruisce logicamente sulla base del potere ma si costruisce sulla base di regole proprie inerenti al pensiero stesso → 2+2=5 può essere imposto ma non avrà
validità).
L’impatto di questa grande costruzione scientifica che è il diritto comune? Per comprenderlo sono necessari degli esempi conc reti
Il processo. Non è un momento qualunque dell'esperienza giuridica ma è il momento in cui il diritto si invera (possiamo costr uire edifici concettuali complessi
ma la verità è che poi la costruzione ha il solo fine di risolvere un problema concreto riguardante persone concrete → soluzione che si attua nel processo), a
seguito di tutta una serie di atti occorre formulare un giudizio che valuti un comportamento alla luce di una norma. Tutto il diritto confluisce nel processo, nel processo il
diritto assume nuovamente tutta la sua concretezza (diritto scienza pratica: modo di vivere). Il processo ha lo scopo di trad urre norme/principi generali in condotte concrete
di vita, vero in qualsiasi ambito processuale.
Il processo nei secoli che precedono la riscoperta dei testi giustinianei (secoli successivi al disfacimento dell'Impero roma no in occidente) si era sviluppato per
strade legate alla consuetudine, quelle strade avevano portato a concepire il processo come uno scontro tra parti private, no n c’è una autorità pubblica che
ricerchi la verità, ci sono semplicemente dei privati i quali rivendicano diritti o lamentano danni nei confronti di qualcun’ altro; l’autorità pubblica, il giudice
(chiunque esso sia), deve semplicemente assistere ad uno scontro tra due parti (tra chi rivendica e chi nega): quando non è u no scontro fisico (poteva esserlo
talora) in ogni caso le parti davanti al giudice si scontrano, in modi diversi (es. - mediante il giuramento, chiamano Dio a testimone della verità, modo per
appurare la ragione e verificare il numero dei coniuratores [congiuratori] cosicché prevalga la parte che è riuscita a radunare il maggior numero di congiuratori;
tutto nella fede che colui che giura il falso poiché avrà chiamato Dio a testimone e pertanto lo avrà chiamato a testimone de lla falsità sarà punito da Dio stesso
implacabilmente. - Dio chiamato a giuramento anche con l’ordalia cioè compiendo una serie di atti rituali che consistono in una prova a cui è chiamato colui
che afferma un diritto, prova superiore alle forze umane tale per cui soltanto con l’aiuto di Dio potrà superarla. - Oppure mediante duello tra le parti o tra i
testimoni delle parti). Carattere essenziale: accusa privata (non pubblica: non va alla ricerca dei reati per sanzionarli ma si affida alla volontà delle parti che
reclamano giustizia → nessun procedimento d’ufficio). Nel giudizio sono sempre coinvolte tre persone:
• Accusatore o attore
• Reo o convenuto
• Giudice: si limita ad osservare ciò che succede, regolare il modo in cui quello che succede deve succedere e a prendere atto dell’esito
→ ogni altra parte convenuta si aggiunge poiché può avere interessi collegati alle parti del processo.
Per questo motivo che uno dei grandi allievi di Irnerio, Bulgaro, definisce il processo accusatorio (accusa privata), il giud izio, come atto di tre persone “actus
trium personarum”. Scientificazione del giudizio, Bulgaro coglie il carattere e lo trasforma in un dato scientifico.
Nuova tradizione del 12° sec. Il modello processuale che la consuetudine aveva offerto era quello descritto, mentre quello ch e i testi giustinianei offrono è
diverso modello in cui non ci sono ordalie, duelli, l’uso del giuramento è differente, in cui il giudice non può limitarsi a osservare l’esito di un comportamento
ritualizzato in cui si suppone un intervento soprannaturale (verificare la correttezza del rito) ma deve giudicare sulla base delle prove (non solo prendere atto
del giudizio di Dio) esige il ragionamento da parte del giudice (documenti, testimonianze, confessioni → prove razionali). Il giudice si deve porre il problema di come
giudicare le prove e ricavare dalle prove esibite durante il processo (durante il compimento della serie di atti che soltanto alla fine porteranno al giudizio), mediante il
ragionamento, di comprendere se sono ammissibili, affidabili e credibili. Il giudizio non è mai soltanto giudizio sui fatti ( cosa è successo), anche giudizio sul diritto (qual è il
diritto?) da applicare:
• nella tradizione precedente al 12° sec. il diritto era essenzialmente consuetudine e pertanto sovente il giudice si rivolgeva a degli esperti (persone del
luogo che conoscessero il diritto) e gli spiegassero la consuetudine (il giudice accertava quindi l’esito di una prova processuale e accertava sovente
mediante l’uso di esperti quale fosse il diritto da applicare a quel fatto) necessario perché la consuetudine è un fatto che è mutevole e quindi deve essere
provato e tener conto che cambia da luogo a luogo (il diritto deve essere provato, così come i fatti, cioè con il giuramento);
il diritto giustinianeo è diverso, si può pensare come un diritto che deve conoscere poiché non è una consuetudine che cambia ma è il diritto universale (idea
che con il tempo sarà estremamente importante).
Il passaggio è graduale ma avviene grosso modo (Innocenzo III) tra il 12° e il 13° sec., la Chiesa Occidentale vieterà le ordalie nel 4 Concilio Lateranense
(1215), quindi si faranno sempre più rare perché la Chiesa vieterà ai chierici di partecipare e quindi implicitamente toglier à la garanzia dell’intervento divino che
era tutto ciò che giustificava l'ordalia. Vi sono nuovi problemi: il problema principale è interno alla vita della Chiesa, la quale deve affrontare (nella seconda
metà del 12° sec. e nei successivi) due gravi problemi, la simonia ossia la compravendita di cose sacre (deriva Simon mago ch e impressionato dai miracoli
compiuti dagli Apostoli avrebbe offerto del denaro perché gli fosse insegnato a compiere gli stessi miracoli, per estensione finisce per indicare qualsiasi
ingerenza dei laici in questioni e in diritti della Chiesa → cavallo di battaglia della rivoluzione papale) crimine difficile da accertare ricorrendo alle vie tradizionali perché
il giudizio (diritto processuale tradizionale) implicava una accusa privata ma ciò difficilmente avviene nei casi di simonia; inoltre il delitto dell’eresia diffusione crescente di
dottrine teologiche eterodosse soprattutto in alcune regioni d’Europa (Italia settentrionale e Francia meridionale) grande di ffusione dell’eresia catara (dottrina teologica di
tipo dualistico che vede il mondo dominato dalla lotta tra bene e male, nel senso che si confrontano due divinità, Dio buono e Dio malvagio [Dio dell’antico testamento,
sanguinario crudele, e Dio del nuovo testamento; Dio che sta nell’alto dei cieli e Dio Dio che governa questo mondo]), queste dottrine catare sono difficili da rilevare perché
sono occulte e riguardano la coscienza e spesso chi le professa non si accorge nemmeno di professare una dottrina non ortodos sa, e quando poi le dottrine si diffondono
può capitare che intere regioni siano di fatto aderenti al catarismo cosicché non si troverà o difficilmente si troverà qualc uno che accusi un altro di eresia. Ecco quindi che si
afferma un nuovo modello processuale, quello che si basa sulla inquisitio, sulla inchiesta. La grande differenza è che si tratta di un procedimento ex officio cioè il
giudice prende l’iniziativa (modello accusatorio si limita ad assistere e ad accertare la validità delle condizioni a cui acc usa e difesa si scontrano) è chiamato a
inquisire e quindi compiere un'inchiesta ricercando lui stesso se sono stati commessi delitti, quali e da chi (modello penali stico), pensato per la repressione di
quei crimini che per non danneggiare nessuno dal punto di vista privato difficilmente potevano emergere davanti ad un giudice. Una volta fatta l’inchiesta
raccoglie le prove e le valuta: cerca di dimostrare che siano stati effettivamente commessi. Modello completamente differente al cui centro non c’è più il
rapporto tra tre persone ma una persona che manifesta una attività straordinaria, quella che prima era la meno attiva diventa ora il motore del giudizio e colui
che lo conclude con sentenza. I rischi di questo modello processuale sono enormi, e lo stesso Innocenzo III ne era consapevol e, il rischio è quello di travisare
la verità/fatti il giudice non è più imparziale, non può esserlo perché è colui che indaga è anche l’accusatore; si può dire che il giudice deve prestare la
massima attenzione, usare la massima cautela, assicurarsi che tutto sia solido ma non c’è dubbio che non sia più imparziale e che la ricerca del giudice sia
quella di un colpevole per un reato (non più semplicemente arrestarsi ed osservare cosa accade in uno scontro tra due parti). Se è vero che apparentemente il
giudizio continua ad essere un atto di tre persone (giudice che giudica, giudice che accusa e un reo) è anche vero che in rea ltà due di queste funzioni sono
necessariamente connesse, distinguibili logicamente ma non praticamente. Modello processuale idoneo a garantire l’interesse p ubblico, il modello accusatorio
non necessariamente garantisce l’interesse pubblico laddove consiste nella repressione dei crimini (principio sotteso al mode llo inquisitorio: perché il modello
accusatorio ci può essere chi non accusa o se accusa non riesce a dimostrare i fatti e la responsabilità) (se non fosse solo per l’accertamento dei fatti per il
quale sarebbe perfettamente idoneo ed eventualmente sanzionare, all’esito si può anche concludere che non si sa chi ha commes so il fatto, o se è stato
commesso → proprio perché esige rigorosamente che siano i privati a provare e quindi può essere che non riesce a ricondurre ad un fatto una responsabilità e pertanto
non trova un colpevole del fatto), il modello inquisitorio che soddisfa l’interesse pubblico se (...) è vero che lo soddisfa troppo, proprio perché il giudice non è più imparziale
ma è anche colui che indaga non c’è dubbio che questo modello sia in grado di trovare un colpevole e può produrre colpevoli p er qualsiasi cosa (se non fosse convinto che
sia stato commesso il delitto e da quella persona non avrebbe nemmeno avviato e continuato l’inquisizione) → è vero che il processo inquisitorio produce un colpevole
senza dubbio, è efficientissimo in questo anche troppo efficiente da richiedere dei correttivi perché può accertare persino i l compimento di fatti impossibili da parte di
persone che non possono averli commessi. Nel processo inquisitorio giudice ed accusatore sono la stessa persona (non più tre ma due)- Marius Briccoli.
La scienza giuridica reagisce a tutto questo con esiti limitati, la reazione passa attraverso la teoria della prova cioè i gi uristi cercano di agire sul concetto stesso
di prova e in particolare sulla prova testimoniale: la prova testimoniale è quella più frequentemente prodotta e utilizzata, il vero problema del processo sta nel
fatto che il giudice non conosce i fatti perché generalmente non ha assistito ai fatti stessi (se anche avesse assistito non potrebbe essere testimone, perché no
giudice e testimone allo stesso tempo) e quindi se non conosce come può fare per conoscere? Deve far ricorso a qualcuno che a bbia sperimentato i fatti. Il
ruolo/funzione del testimone e giudice sono differenti: il giudice deve formulare un giudizio ciò raccogliere dei fatti e val utarli/giudicarli/collegare ai fatti delle
conseguenze, il testimone non è un giudice quindi non può formulare un giudizio e quindi qual è il suo ruolo? La dottrina ricostruisce il suo ruolo, il testimone
sostituisce e prolunga i sensi del giudice perché il giudice non era presente e quindi non ha conoscenza dei fatti perché alla base della conoscenza (secondo
la dottrina aristotelica che è la grande riscoperta tra sec. 12°-13°) c’è sempre la sensazione: il giudice deve conoscere il fatto ma per conoscere c’è bisogno dei
sensi, poi viene il giudizio che è l'elaborazione della sensazione. I testimoni sono coloro i quali hanno percepito sensorial mente i fatti e debbono riferire al
giudice le sensazioni, non il giudizio che essi danno delle sensazioni perché non spetta a loro giudicare: necessariamente te stimoni diretti non testimoni
indiretti, se accettassimo il testimone de relato (colui che riferisce dell’esperienza di un altro) accetteremmo anche che il giudice potesse formulare il proprio
giudizio sulla base di esperienze sensoriali non verificabili. Come fare a garantire che le sensazioni provate dal testimone siano veritiere e siano riferite in
modo veritiero? Il giudice deve poter credere ai testimoni perché senza quella conoscenza sensoriale che solo i testimoni pos siedono lui non potrebbe
formulare il proprio giudizio, ma d'altra parte quale garanzia può avere della veridicità del testimone/come fare a giudicare la veridicità? Subentrano altri criteri,
noi pensiamo oggi che in fin dei conti l'attendibilità dei testimoni debba essere valutata sulla base di altre circostanze (c oerente con altre prove, modo di
testimoniare...), i giuristi dell’epoca non si accontentano di ciò e ritenevano che un testimone potesse essere attendibile n on semplicemente a posteriori ma a
priori (colui che abbia stretta familiarità non è attendibile, colui che sia legato da rapporti di correità con il reo non è attendibile, colui che per la sua condizione

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priori (colui che abbia stretta familiarità non è attendibile, colui che sia legato da rapporti di correità con il reo non è attendibile, colui che per la sua condizione
sociale e giuridica sia esposto alla potestà di altri, colui che per la sua supposta condizione psico -fisica sia influenzabile/inattendibile non può essere creduto)
→ di qui l'esclusione di altri criminali condannati, l'esclusione dei complici, l'esclusione delle persone di vile condizione, chi è infame, chi soggetto alla potestà di altri, le
donne perché tradizione dice che le donne sono un sesso più debole e influenzabile e perché soggette alla potestà di altri (p adre, marito, fratello) e quindi per definizione
sono non credibili: ciò non significa che le deposizioni di questi testimoni non possono avere nessun valore ma potranno vale re come semplice indizio non come prova, non
possono formare prova. Anche la testimonianza di un testimone al di sopra di ogni sospetto (attendibile, di buona fama, buona condizione sociale e giuridica) non può essere
creduta almeno che non vi siano due testimonianze conformi (esattamente lo stesso fatto) e ciò produce una piena prova che vi ncola il giudice, non può condannare il reo
sulla base della testimonianza di uno solo però può assolvere il reo a cui carico stia una duplice testimonianza di due testi moni conformi ed attendibili. → intervento della
dottrina per cercare di limitare il potere del giudice inquisitore: abusi a cui il processo inquisitorio si prestava necessar iamente perché impliciti nell’abuso principale
consistente nel fatto che il giudice era accusatore allo stesso tempo: non volendo ripristinare il rapporto triadico original e la dottrina tenta di limitare introducendo delle
limitazioni a carico del giudice impedendo di esercitare il proprio arbitrio (giudicare secondo libero convincimento) ma deve maturare sulla base di una tabella che dovrebbe
stabilire rigorosamente i criteri di prova cosicché il giudice dovrebbe limitarsi ad accertare se esistano i presupposti per formare una prova piena. Il sistema funziona soltanto
se le persone sono in grado di farlo funzionare ma se le persone (giudici) hanno come unico obiettivo quello di reprimere i c rimini il sistema non funziona più. Davanti
all'impossibilità che il diritto/la dottrina sanciscono di condannare un reo a cui carico non ci sia una prova piena e non si a raggiungibile, c’è un’altra strada ossia la strada
della prova che diventa prova principe ed è la confessione. Il reo che confessi in giudizio la verità di un fatto a lui sfavo revole deve essere creduto e quindi la confessione
diventa la “regina” delle prove perché può supplire a tutte le altre prove, da sola essa è prova piena. Generalmente i rei pe rò hanno la deplorevole abitudine di non
confessare, il rischio è di non riuscire mai a provare la piena prova perché il reo non confessa, esiste quindi la tortura gi udiziaria con cui non si intende la tortura inflitta dopo
la condanna o prima del processo o in altre sedi ma è la coercizione esercitata sul reo o anche su altri all’interno del proc esso per ottenere dal tormentato mediante la
coazione della sua volontà la confessione di un fatto (istituto giuridico processuale che rimane fino al 18° sec.: fonda le o rigini nella tradizione romana [inizialmente solo nei
confronti degli schiavi, ma nell’età imperiale via via utilizzato sempre più spesso nei confronti delle persone libere]; la l etteratura giuridica in materia processuale ha
continuato a disciplinarlo, anche con immagini esplicative, fino al 18° sec → minuziosamente regolata) istituto di cui non si può fare a meno altrimenti problema con la
dottrina della prova finirebbe per impedire al giudice di condannare pur in presenza del giudice del convincimento che sia co lpevole. [tutt'oggi dottrina negli USA soprattutto
dopo 9/11 idea che la tortura consenta di accertare la verità dei fatti]

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