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DIRITTO ROMANO
CAPITOLO I
Definizione di diritto: sistema di regole per la soluzione di conflitti di interessi
tra gli uomini.
Dalla definizione di diritto-> SISTEMA: le regole sono coordinate tra di loro, assolvono una
funzione unitaria, complessiva. Nel mondo romano le regole si avvicinavano alla
matematica.
Il primo diritto è stato un insieme di regole non scritte, il diritto romano per secoli non è
stato scritto. Tiberio Coruncaneo, giurista importante non ha nessuno scritto. Tutto si
tramandava oralmente.
Tutta la società si riconosceva nelle regole non scritte, con l’arrivo di persone esterne il
sistema va in crisi, in quanto queste persone non vi ci si riconoscono.
Eligio Resta in un libro chiamato: “Diritto fraterno”, dice che il diritto nasce dalla
delusione, perché quando quelle persone non si riconobbero nei principi non scritti ci fu
bisogno di scriverlo per tutelare chi vi si riconosceva e le minoranze.
Il diritto è come una strada che va verso l’infinito, cambia perché i problemi e le persone
cambiano e bisogna cercare nuove soluzioni. Il diritto si adegua alle nuove esigenze
della società.
Anassimandro: il giudice è un affarista degli interessi. il giudice, ius dicit, è colui che dice il
diritto, taglia, prende una decisione. Deve arrivare alla verità giuridica che non sempre
coincide con la verità sostanziale.
Spesso diritto e buon senso non vanno d’accordo, il giurista ha capacità ermeneutiche per
interpretare la legge e conoscerne la sua essenza.
Oggi cambia più velocemente cosa che manda in crisi i giuristi, nel tempo si è variegato
più in orizzontale, nello spazio. Nel mondo della globalizzazione del diritto si tende a
renderlo più uniforme; infatti, si era cercato di creare una costituzione europea.
Catone dice che la costituzione tripartita romana, modello universale, è perfetta perché è il
frutto dell’opera di più uomini che hanno lavorato in più generazioni per perfezionarla.
Nessuno con una sola mente può prevedere ogni dettaglio.
Il diritto romano si è sviluppato per 13 secoli: dall’8 a.C. al 6 d.C. con Augusto.
Nel 1088 a Bologna alcuni giuristi ripresero “il digesto” (testo latino fondamentale) e
ricominciarono a studiare diritto romano e nasce l’università.
Dietro i codici europei c’è il diritto romano: tedesco (BGB), francese (Code civil). In questo
modo è diventato un diritto universale.
NORMA GIURIDICA: unità elementare del sistema del diritto. Essa è una proposizione
precettiva o un comando generale (si rivolge ad una moltitudine di persone) e astratto
(l’oggetto è una serie ipotetica di fatti e non fatti concreti).
Contiene una parte che è una descrizione di un fatto (fattispecie) a cui viene integrato gli
effetti giuridici
Norma di qualificazione: attribuisce a una persona/ cosa/ situazione una
determinata qualità
Norme di relazione: mirano a risolvere conflitti di interesse tra le persone,
attribuendo ad un soggetto un potere verso l’altro.
NB: Nel linguaggio romano si parlava sempre di “ regola” (non norma), il termine deriva
dall’architettura: indica il regolo: linea retta, si mira alla condotta corretta, giusta, linea.
ISTITUTO GIURIDICO: 2 o più norme sono coordinate tra loro e svolgono una funzione
unitaria (istituto della proprietà).
RAPPORTO GIURIDICO: ogni rapporto tra persone è regolato dal diritto oggettivo. C’è un
soggetto attivo (tale dovere è a suo vantaggio) e un soggetto passivo (il dovere gli è
imposto).
Pensando al diritto di proprietà, tutte le altre persone oltre il proprietario non devono
interferire nell’esercizio del diritto, atteggiamento non ostativo.
DIRITTO IN SENSO SOGGETTIVO: allude sempre ad una pretesa di un soggetto che gli
altri abbiano il comportamento imposto dalla norma che è a proprio vantaggio. Il
proprietario ha la pretesa che gli altri non abbiano un atteggiamento ostativo.
È un interesse protetto dal diritto oggettivo: il titolare del diritto è tutelato dal diritto
oggettivo.
I romani guardano all’azione che può far valere il diritto, “io ho un azione”, ad ogni diritto
soggettivo corrisponde un’azione per fare valere tale diritto, il diritto è munito di azione.
I romani pensano al diritto secondo il sistema delle azioni:
Aktionenrechtliches (= azione) Denken (= pensare)
Da dove deriva il termine diritto?
Il termine diritto deriva da DIRECTUM, diretto, retta via, giusto comportamento. In alcune
fonti medioevali il termine directum era sinonimo di legge.
Il protagonista della soluzione è il giurista che attraverso la sua tecnica (insieme delle sue
conoscenze) deve produrre, interpretare e applicare il diritto.
1. Periodo arcaico: 754-53/ 367 (4° sec) a.C., dalla nascita di Roma alle leggi di
Licinie Sestie (nasce la figura del pretore urbano: amministra la giustizia).
Si tratta del periodo più oscuro, le nostre informazioni sono pochissime.
Istituzioni di Gaio: giuridico e storico, ci da molte informazioni, guarda il diritto in chiave
storica, da qui prendiamo molte informazioni sul diritto arcaico.
2. Periodo preclassico: dal 4°/3° al 1° sec a.C., dalle leggi di Licinie Sestie al
passaggio dall’età repubblicana al Principato di Augusto.
Nascono tutti gli istituti fondamentali del diritto romano, periodo creativo, qui i
giuristi sono i fondatori.
Augusto prende nelle mani tutti i poteri lasciando formalmente gli organi che prima
avevano quel potere. Augusto si è imposto politicamente come un normale
magistrato ma lo ha distinto il carisma, facendolo diventare una figura di rilievo.
3. Periodo classico: Dal 1° secolo a.C. al 3° secolo d.C. dal principato augusteo
all’età dei Severi (o ascesa al potere di Diocleziano).
È il più importante, culmine dello sviluppo e dell’espansione politica e della qualità
dei giuristi romani tramandati dal “Digesto”.
I giuristi più importanti sono: Papiniano, Paolo, Ulpiano, Odestino, Gaio. Questi
giuristi hanno portato il diritto romano alle maggiori soluzioni tecniche, i giuristi
romani sanno dare soluzioni a casi pratici, ottimi solutori di problemi, usano il
metodo casistico perché partono dal caso concreto. Sono stati giuristi eccellenti
grazie ai quali noi occidentali possiamo dire di riuscire a vedere più lontano dal
punto di vista giuridico.
4. Periodo postclassico: 3-6 sec d.C. Periodo di decadenza per gli studi giuridici
e la qualità delle opere. I giuristi sono ignoti a noi, nessuno ha raggiunto un livello
tale da essere tramandato, non raggiungono più soluzioni matematiche. Questi
giuristi realizzano dei riassunti, semplificano. Tante opere di giuristi che hanno
realizzato sintesi delle precedenti.
DIRITTO CIVILE: ius civile, da civis: cittadini, complesso delle norme che regola i rapporti
tra i cittadini romani.
Esso è più recente in quanto implica la formazione degli stati, secondo Gaio è quello che
ogni stato impone all’osservanza dei propri cittadini.
Esso si differenzia dal diritto comune (naturale e delle genti) per delle sue caratteristiche
peculiari:
- È mutevole
- Deriva da fonti scritte (leggi, plebisciti, senatoconsulti) e non scritte (mores: costumi
espressi e confermati del vivere civile).
Gaio postula una coincidenza tra diritto delle genti e diritto naturale ma questa
coincidenza non è incontrovertibile. Ad esempio, la schiavitù è un istituto del diritto delle
genti però per diritto naturale tutti gli uomini nascono liberi.
Paolo diche che il diritto naturale è quello che è sempre buono ed equo.
Il pretore non è un legislatore, egli applica il diritto in sede processuale, solo che nel
processo egli ha in virtù della sua carica una serie di facoltà che gli consentono in sede
applicativa del diritto di apportare correzioni, integrazioni o modifiche al diritto
civile.
In certi casi il pretore può paralizzare in sede processuale gli effetti del diritto civile. Ad
esempio, una determinata norma del diritto civile prevede che tu abbia un particolare
diritto, il pretore te lo nega o lo estende a determinate categorie di persone a cui il diritto
civile lo negava. Certi istituti, ad esempio, vengono estesi agli stranieri.
Il pretore all’inizio del proprio anno di carica emanava un editto: edictum perpetuum in cui
esponeva i principi ai quali si sarebbe attenuto nell’amministrazione della giustizia.
Papiniano dice: il diritto del pretore fu introdotto per una migliore applicazione del
diritto civile.
Anche se il pretore non era un legislatore potendo intervenire in modo così incisivo di fatto
egli diventa una fonte di produzione del diritto poiché può modificare gli effetti di una
legge-> crea un istituto parallelo.
Le modifiche vengono fatte sul caso concreto, talvolta una regola del diritto civile in una
particolare condizione può risultare non equa, il pretore cerca di renderla soddisfacente
sulla base dei nuovi problemi. Il cambiamento del diritto romano viene fatto in gran
parte dal pretore, si è quindi sviluppato il DIRITTO PRETORIO o ius honorarium che si
affianca a quello civile correggendolo quando le sue soluzioni avrebbero portato a
conseguenze non eque.
Il diritto pretorio è una sorta di diritto parallelo a quello civile.
ATTO GIURIDICO: fatto consapevole e volontario dell’uomo i cui effetti giuridici sono dal
diritto ricollegati non al materiale accadimento di un fatto, ma all’ulteriore presupposto
della volontarietà degli effetti.
Bisogna volere gli effetti giuridici che scaturiscono da quel comportamento, non basta che
il soggetto abbia voluto il comportamento (volere acquistare qualcosa, atto giuridico).
Si distinguono:
dichiarazioni di volontà: effetto di costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici
(contratto)
dichiarazioni di scienza: servono a provare l’esistenza di fatti giuridici…
NEGOZIO GIURIDICO: oggi non esiste più, è usato come termine. Manifestazione di
volontà diretta a produrre effetti giuridici. Categoria più ampia dell’atto giuridico. Solo
definizione.
Queste fonti di produzione in maggioranza hanno avuto vita breve a parte le costituzioni
imperiali o dei principi. Tutte le altre sono diventate sterili, improduttive dall’età augustea
in quanto il potere imperiale ha accentrato il potere all’imperatore quindi tutte le altre fonti
di produzione sono diventate sterili. L’imperatore è sciolto dalle leggi.
All’epoca di Giustiniano c’erano appunto solo le costituzioni imperiali.
Questa classificazione può essere integrata da: more, costumi, consuetudini tramandate
oralmente.
Questi mores che precedono tutte le fonti sono regole ricavabili dalla natura delle cose, in
rerum natura, ordinamento già dato al quale i romani si sono adattati nel corso dei secoli.
I romani nel 5° sec a.C., sentono la necessità di una prima codificazione scritta-> legge
delle 12 tavole. Dovranno passare altri mille anni per avere un'altra codificazione scritta.
La giurisprudenza romana:
GIURISPRUDENZA ROMANA: il termine giurisprudenza ha 2 significati:
uno dal punto di vista soggettivo: insieme dei giuristi, iuris prudentes.
uno dal punto di vista oggettivo: si fa riferimento alle opere dei giuristi,
l’elaborazione scientifica e attività di consulenza dei giuristi.
La giurisprudenza romana è LAICA, solo inizialmente era legata alla religione i primi
giuristi erano sacerdoti che facevano parte di una casta che teneva quasi segreto il diritto
agli altri.
Inizialmente la giurisprudenza romana era tramandata oralmente, i primi scritti sono quelli
die giuristi di età repubblicana.
Giurisprudenza in età augustea:
In età augustea progressivamente la giurisprudenza romana comincia a perdere un po’ di
autonomia perché con Augusto viene introdotto un lascia passare: ius publice respondendi
(diritto di dare risposta). Una sorta di patentino con il quale il giurista poteva dare soluzioni
a nome dell’imperatore.
Questo “patentino” lo avevano solo i giuristi più importanti dell’ambiente culturale
dell’imperatore. La giurisprudenza diventa meno libera e questo vincolo diventa ancora più
forte sotto Adriano (2 sec d.C.): Gaio ci dice che il giudice è vincolato dall’opinione
concorde dei giudici con il “patentino”, le loro opinioni concordi diventano legge.
In questo modo la giurisprudenza è stata sempre più compressa.
SABINIANI E PROCULIANI:
Controversie di 2 scuole di giuristi: i nomi derivano dai 2 allievi dei fondatori: Sàvino e
Pròculo.
Sabiniani
Proculiani:
Queste 2 scuole hanno avuto numerosi contrasti forse per la diversa impostazione
filosofica o perché avevano metodi diversi. I contrasti tra le 2 scuole sono detti
dissensiones, discussioni.
Il diritto non è una scienza esatta, spesso solo su una parola ci sono enormi discussioni.
L’interpretazione delle parole cambia nel corso del tempo.
Anche allora quelle scuole facevano capo a dei maestri con molti allievi. Questi giuristi si
sentivano partecipi di un sapere condiviso e non si discostavano dalle soluzioni dei loro
maestri.
Gaio si professa seguace dei Sabiniani.
Questi giuristi hanno lasciato una traccia fondamentale nel diritto di tutte le epoche.
Nella raccolta di Giustiniano questi giuristi rappresentano i 2/3.
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Tanti di questi giuristi sono persone che arrivano dall’oriente e hanno coperto grandi
cariche istituzionali (si guardava solo il valore delle persone non alla loro provenienza).
Roma aveva una capacità di fissare regole dalle quali difficilmente ci si poteva distaccare,
le facevano rispettare, era però un mondo molto libero.
I romani erano grandi in tanti ambiti ed ebbero la sensibilità di modificare il loro diritto se
trovavano un’altra istituzione funzionante in altri popoli. Presero tanto dai greci che erano
molto più raffinati in molti aspetti.
I romani sono stati un popolo di contadini, poi divenne una società di commerci. La brava
persona è l’agricoltore l’opposto è l’usuraio.
In età postclassica nei processi non si è più in grado di gestire tutti i testi di diritto e si
stabilisce che si possano citare solo le opere dei 5 giuristi detti prima. Legge delle
citazioni: (7 novembre 426 d.C.), scelta di giuristi mediocri.
Per risolvere la cosa fanno ricorso alla TECNICA DELL’ASTRAZIONE: si deve prescindere
da alcuni particolari, si deve arrivare a 2 situazioni sovrapponibili.
I romani però hanno paura dell’astrazione come hanno paura delle definizioni.
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ETA’ GIUSTINUANEA:
Flavius Petrus Sabbatius Iustinianus: grande imperatore, nasce a Tauresium in Macedonia
nel 482 d.C., Deve la sua fortuna allo zio Giustino che diventò imperatore e gli fece fare le
tappe del cosrus honorum.
Prima di diventare imperatore si innamora di Teodora, passata alla storia per essere
bellissima.
Su di lei ci sono molte storie:
Procopio storico del tempo dice nel libro: “Storia segreta” che lei era una donna di
facili costumi.
Un altro racconto dice che lei è pia e modesta.
La verità sta probabilmente nel mezzo e la teoria tradizionale vuole che lei fosse una
donna di spettacolo (attrice, danzatrice del ventre).
La vuole sposare ma si oppone la zia Eufemia che impedisce le nozze, muore la zia e
Giustiniano vuole sposarla ma c’era un impedimento giuridico, lui era del rango senatorio
e questo gli impediva di sposare donne di spettacolo, lui ha abrogato la legge.
Si sposano e lei si è rivelata donna di grandi capacità, uno storico ha ipotizzato una sorta
di diarchia, che lei abbia influenzato molte decisioni in particolare a favore della condizione
della donna.
Teodora è stata decisiva in una sommossa del 530 quando il palazzo imperiale fu preso
d’assedio e lei convinse Giustiniano a rimanere nel palazzo insieme ai suoi sudditi.
Dal punto di vista giuridico passa alla storia per il CORPUS IURIS CIVILIS
(espressione successiva) insieme di opere che hanno fatto si che molti giuristi
rimanessero nella storia.
Il periodo più fecondo sono i primi 6 anni, dopo ci sono attività meno importanti.
Nei primi 6 anni realizza:
Codice: insieme di leggi
Il Digesto (533)
Istituzioni: testo per gli studenti universitari
II Codice: seconda edizione, ci è giunta solo questa.
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IL DIGESTO:
È una raccolta di iura: scritti della giurisprudenza.
Giustiniano ha deciso di raccogliere i testi dei giuristi classici, 38-39 giuristi. È la nostra
fortuna perché in questo modo ci sono stati tramandati.
Si chiama anche PANDETTE dal greco significa: comprende tutto. I pandettisti sono coloro
che studiavano il digesto.
Problema di carattere testuale: INTERPOLAZIONI: ci dice che i testi di questi giuristi sono
stati modificati, lui vive nel 6° secolo d.C. e deve adattare le cose che scrive alla sua
epoca.
Dante parlando di Giustiniano spiega che Giustiniano volle semplificare e togliere le cose
inutili dal diritto.
Riforma dell’università:
Giustiniano da vita ad una riforma dell’università: stabilisce novità sul metodo di studio, le
matricole non possono più essere chiamate diuopondii (2 soldi, dispregiativo), ma
giustiniano iuvex (gioventù di Giustiniano).
Realizza un manuale per lo studio del diritto all’università: le Istituzioni, fatto da 3 giuristi,
testo dedicato alla cupida legum iuventus (gioventù desiderosa di imparare la legge).
Questo testo ha forza di legge, come il digesto.
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DIRITTI REALI: diritti soggettivi assoluti che hanno una diretta incidenza sulle cose, che
postulano una possibilità di intervento su una cosa.
Ius in re = diritto sulla cosa, reali da res = cosa. Si allude ad un diritto soggettivo sulla
cosa che può essere fatto valere erga omnes.
Hanno un’immediata incidenza sulle cose, il proprietario ha una possibilità di intervento
sulla cosa. (diritto di proprietà, conferisce al titolare di tale diritto le più ampie facoltà sulla
cosa).
Essi comportano dal lato passivo un dovere in capo a tutti i consociati di astenersi
dall’inserirsi ne rapporto diretto esistente tra il titolare del diritto e la cosa. I consociati
devono avere un atteggiamento non ostativo
Il più importante dei diritti reali è il DIRITTO DI PROPRIETA’: conferisce le più ampie
facoltà sulla cosa
DIRITTI REALI SU COSA ALTRUI: iura in re aliena: conferiscono diritti su una cosa di
proprietà altrui.
Questi diritti reali vengono chiamati diritti reali minori o frazionari o limitati in quanto hanno
un contenuto più limitato rispetto al diritto di proprietà.
Postulano un’appartenenza della cosa in capo ad un soggetto diverso dal titolare di diritto
reale minore (diritto di un terzo), (es: usofrutto).
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2. LE COSE (res)
Concetto di bene:
Si tratta di un rapporto stretto tra cose e uomo, le cose soddisfano bisogni dell’uomo da
quelli elementari (riparo, cibo) a quelli più evoluti (beni di consumo e beni produttivi o
mezzi di produzione).
Si fa una distinzione tra ciò che chiamiamo cosa e ciò che chiamiamo bene:
Codice civile italiano, art 810:
“Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritto”.
Non sono beni le cose comuni a tutti (perché manca l’interesse a farle proprie.
RELATIVITA’ DEL CONCETTO DI BENE: Il concetto di bene è relativo, cambia nel tempo
perché cambia la capacità dell’uomo di usare le cose, cambia con il progredire della
tecnologia.
Il concetto di bene è dipendente dall’evoluzione della civiltà umana:
o oggi le risorse della natura vengono usate diversamente rispetto al passato
o cambiano i bisogni dell’uomo (oggi ci sono anche bisogni spirituali oltre che quelli
vitali, bisogni indotti dalla società)
Res communes omnium (termine coniato dal giurista Marciano): cose che in natura ci
sono in quantità tale da essercene per tutti, nessuna persona sente di dover creare un
rapporto di proprietà con quella cosa. Aria, acqua corrente, mare.
Questa categoria è esclusa dal concetto di bene.
Ci sono però anche cose in quantità limitata: non ce ne è in quantità per tutti, il loro uso
implica l’esclusione degli altri. Trasformazione del rapporto: da rapporto uomo–cosa a
rapporto uomo contro uomo, da qui scoppiano lotte per l’appartenenza.
Conflitto che mira all’appropriazione-> di questo si deve occupare il diritto per curare e
prevenire i conflitti.
La classificazione:
o COSE DI DIRITTO DIVINO (res divini iuris): fuori dal nostro patrimonio e fuori
commercio, insuscettibili di atti di trasferimento.
o COSE DI DIRITTO UMANO (res humani iuris): possono essere sia nel nostro
patrimonio che al di fuori di esso
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Cose:
o MOBILI: quelle che possono essere trasportate da un luogo ad un altro.
o IMMOBILI: suolo e ciò che vi era incorporato stabilmente.
Distinzione rilevante nell’USUCAPIONE (riguarda il tempo necessario per usucapire).
cose:
o CORPORALI (res corporales): esistono nel monto materiale, si possono toccare
(fondo, uomo, veste)
o INCORPORALI (res incorporales): non si possono toccare, si tratta di diritti (eredità,
usufrutto, no diritto di proprietà).
cose:
o FUNGIBILI: quelle che individuiamo per la loro appartenenza ad un genere
(genus), all’interno del quale sono interscambiabili e il genere non perisce mai.
Ti restituisco 100 euro, non le stese banconote ma cose del genere euro.
o INFUNGIBILI: individuate sulla base della loro appartenenza ad una specie
(species), importanza della loro individualità.
cose:
o CONSUMABILI: non ammettono un uso ripetuto perché l’uso unitario ne causa la
perdita, possono essere usate solo una volta. denaro che una volta speso esce dal
patrimonio
o NON CONSUMABILI: ammettono un uso ripetuto
Cose:
o DIVISIBILI: ammettono un frazionamento, possono essere divise in più parti
ciascuna della quali abbia un valore economico proporzionale all’intero
o INDIVISIBILI: non ammettono un frazionamento senza perdere valore economico o
perire.
Cose:
o SEMPLICI: entità unitarie (schiavo).
o COMPOSTE: formate dall’unione tecnica di più cose semplici (edificio) ne abbiamo
parlato con l’ACCESSIONE.
o COMPLESSE o COLLETTIVE: conglomerati di cose fisicamente disgiunte, che
hanno un'unica denominazione tecnica, hanno una sorte unitaria. Gregge di
pecore, biblioteche.
(NB: nonostante sia una res, non è considerato frutto il parto della schiava).
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3. LA PROPRIETÀ:
Ci si è interrogati sull’origine del diritto di proprietà: un noto dibattito è quello tra
Rousseau e Voltaire.
Rousseau scrive: il “Discorso dell’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza tra gli uomini”.
Si chiede da dove è nata la proprietà: ipotizza che il primo che recintò un pezzo di terra
disse: “è mia” e la gente era tanto stupida da credergli.
Voltaire disprezza il libro e lo commenta terribilmente.
3. (più attendibile) si ipotizza che il nucleo originario delle res mancipi non avrebbe
avuto al suo interno la terra, il suolo, ma solo gli strumenti per coltivare per tanto la
prima forma di proprietà avrebbe avuto ad oggetto non la terra ma gli
strumenti. La prima proprietà ha come oggetto beni mobili.
Le res mancipi erano quelle cose per il mondo contadino romano di maggior valore: sono
quelle cose che puoi trasferire solo con un determinato rituale, esse sono: terra e tutto ciò
che serve a coltivarla (animali, schiavi, servitù prediali).
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In tutto il periodo classico si usa: dominium= diritto di proprietà (secondo il diritto dei
Quiriti, indica la proprietà riconosciuta dal diritto civile romano) e dominus= proprietario.
Giustiniano fa eliminare “ex iure Quiritium” perché gli studenti del 6° secolo non lo
capivano.
Definizione di proprietà:
Assenza di una definizione di proprietà nelle fonti giuridiche romane, gli studiosi hanno
cercato di individuare la definizione da parte della dottrina ma sono tentativi fallimentari.
Pietro Bonfante, storico, diceva che la ricerca di una definizione di proprietà nelle fonti
romane era feticismo esegetico di altri tempi.
La definizione la prendiamo da un giurista del 14° secolo (NB: non è un giurista romano):
Bartolo da Sassoferrato (1314-1357), si diceva che non si era giuristi se non si era
bartolisti.
Bartolo crea una definizione di proprietà traendola dalle fonti romane. Questa definizione è
alla base di tutti i moderni codici europei, caposaldo della nostra esperienza giuridica
odierna.
Oggi:
Nel Codice civile francese art 436: la proprietà è il diritto di godere e disporre delle
cose nella maniera più assoluta purché non se ne faccia un uso vietato dalle leggi o
dai regolamenti.
Nel Codice civile italiano art 832: il proprietario ha diritto si godere e disporre delle
cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi
stabiliti dall’ordinamento giuridico.
Nel Codice civile tedesco: il proprietario di una cosa, nella misura in cui la legge o
diritti di terzi non siano in conflitto, può disporre della cosa a suo piacimento ed
escludere gli altri da ogni influenza.
Bartolo usa il verbo disporre in un senso più ampio. Ai suoi tempi per indicare le facoltà
che spettano al proprietario si usavano 3 verbi:
1. Uti: usare la cosa senza modificarla
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Bartolo usa solo disporre perché? Usa il verbo disponere con una valenza più ampia che
vuole comprendere anche uti e frui ovvero usare e godere. Riassume i 3 verbi in uno.
Nel diritto moderno si usano 2 dei 3 verbi: godere e disporre.
Questo perché all’interno del verbo godere oggi viene compreso anche uti, usare.
2. Valenza assorbente: principio in base al quale tutto ciò che si instaura in maniera
stabile sul suolo diventa di proprietà del proprietario del suolo. Tutto ciò che sta in
superficie accede al suolo “superficies solo cediti”.
I limiti legali:
Limiti al potere del proprietario, sono in relazione ai rapporti di vicinato.
(erano già presenti nelle 12 tavole)
- atti emulativi:
Divieto presente nel c.c. italiano: “il proprietario non può fare atti che non abbiano altro
scopo che nuocere o recare molestia ad altri”.
Nel diritto romano non c’è questo divieto generale ma singole soluzioni casistiche.
- immissioni:
le immissioni dall’immobile del vicino (fumo, polvere, vapori) erano vietate quando di
grande consistenza e quindi intollerabili. Es: caseificio che invadeva l’edificio sopra.
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Gaio dice che i romani conoscono un duplex dominium, 2 modelli di proprietà. A fianco
della proprietà del diritto civile esiste quella del pretore che in realtà è un possesso.
Succedeva che qualche volta qualcuno dopo la compravendita non facesse la mancipatio
ma consegnasse il bene informalmente attraverso la traditio: consegna, questo atto
traslativo della proprietà poteva andare bene per tutti i beni nec mancipi.
Il problema è che qualcuno poneva in essere la compravendita di una res mancipi e
faceva la traditio esso era un atto inidoneo, la conseguenza è che per il diritto civile
non passava la proprietà ma passava il possesso.
Se uso la traditio per una res mancipi non si acquista la proprietà ma il possesso.
La tutela per questo possesso definito qualificato era equivalente a quella della proprietà,
infatti il proprietario bonitario disponeva della Actio Publiciana.
Azione publiciana:
Questo possesso una volta terminato l’usucapione (dopo 1 anno) portava a diventare il
proprietario ma cosa succedeva se durante questo anno il possessore perde il possesso?
Il possessore aveva una tutela ma non come il proprietario.
Un pretore Publicio stabilì che per questo possessore si dovesse introdurre una tutela in
forza di azione:
AZIONE PUBLICIANA (67 a.C.): consente al proprietario bonitario di riacquistare il
possesso. Lo chiama proprietario perché è un possessore tutelato come il proprietario.
L’azione Publiciana è un’azione fittizia, actio ficticia perché il pretore finge che sia
decorso il tempo utile all’usucapione.
La finzione verte solo sul requisito del tempo, tutti gli altri requisiti dell’usucapione devono
sussistere.
Gaio dice che: si finge si sia usucapito invece si finge sia trascorso il tempo utile
all’usucapione.
Il possessore ha l’azione per spossessare.
exceptio doli: se alla base del trasferimento c’era una DONAZIONE ed il nuovo
proprietario subisce l’azione del donatore egli può opporre l’eccezione di dolo.
Nel primo caso il proprietario passa solo il possesso con la traditio, se il possessore viene
spossessato da un terzo ha l’azione publiciana.
Nel secondo caso se ad agire contro il possessore è il venditore il possessore può
difendersi con l’eccezione di cosa venduta e consegnata.
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In questo caso il compratore acquisisce solo il possesso (per la regola di Ulpiano), avrà la
proprietà solo dopo il tempo dell’usucapione.
Regola di Ulpiano:
Ulpiano: nessuno può trasmettere ad altri un diritto di maggiore estensione di quello di cui
dispone.
Quindi se non si è proprietari non si può passare la proprietà.
Anche in questo caso si diventa proprietario bonitario quindi si gode di una tutela nei
confronti di terzi (azione publiciana).
La tutela è analoga a quella della traditio di res mancipi ma con un’eccezione: è tutelato
nei confronti di tutti ma non nei confronti del reale proprietario, il quale prevale
sempre.
Se il reale proprietario agisce con l’azione che gli spetta (rei vendicatio) può recuperare il
bene.
Anche se il proprietario bonitario agisce con l’eccezione di cosa venduta e consegnata ma
il proprietario effettivo può rispondere ancora con la replica di legittimo dominio
(replicatio iusti dominii).
Se il dominus è in possesso del bene e il proprietario bonitario agisce contro con l’actio
publiciana il dominus appone l’eccezione di legittimo dominio.
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Questo è incoerente rispetto alla regola di Ulpiano: se non ho un diritto non te lo trasmetto.
Oggi l’obiettivo dell’articolo è compiere la più sicura, rapida ed efficace circolazione dei
beni. Si privilegia il mercato a scapito del proprietario che perde la proprietà.
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5. PROPRIETA’ PROVINCIALE
Concetto di appartenenza:
Nel diritto privato romano abbiamo:
La proprietà per il diritto civile: il dominum, basato sul criterio dell’appartenenza
esclusiva della cosa da parte del proprietario, appartenenza di diritto privato.
Il proprietario può essere anche una persona giuridica pubblica, proprietaria in forza della
sua capacità giuridica di diritto privato.
L’appartenenza di cose allo stato
I diritti reali diversi dalla proprietà hanno lo stesso carattere privato ma non corrispondono
ad un’appartenenza, per questo si differenziano dalla proprietà.
Esiste un'altra soluzione: la vediamo nel diritto anglosassone (commom law) dove c’è una
diversa concezione della proprietà immobiliare che deriva dal feudalesimo inglese.
Dal momento delle conquiste di Guglielmo duca di Normandia tutto il suolo apparteneva al
re, non c’erano zone di proprietà privata.
Questo modello è arrivato fino ai giorni nostri: la proprietà è attuata in modo diverso e si
chiama real propriety.
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Vediamo che questo modello deriva dal diritto romano: infatti nel diritto romano
esistevano altre forme di proprietà:
PROPRIETA’ PROVINCIALE: quando Roma occupava territori fuori dall’Italia
li considerava provincie di proprietà dello stato, i romani su queste terre
fornivano delle concessioni ai privati (non si poteva avere il dominium questo
era solo sulle terre del suolo italico, uno dei caratteri della proprietà del dominium è
la gratuità mentre per queste concessioni si pagava un’imposta).
Queste concessioni si chiamavano: possessio o ususfructius ed erano:
- Perpetue
- trasmissibili per atto tra vivi (inter vivos) o per causa di morte (mortis causa)
- tutelate da azione reale esperibile erga omnes.
Di conseguenza sono considerabili come proprietà.
Da qui deriva il modello di proprietà anglosassone.
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Per il diritto romano vale una diversa dicotomia che non useremo:
A TITOLO ORIGINARIO per il diritto civile
A TITOLO DERIVATIVO per il diritto delle genti
A differenza del diritto moderno nel diritto romano il contratto non rientra nei modi di
acquisto di proprietà, sono solo fonti di obbligazione.
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Anche le api sono considerate animali selvatici e quindi possono essere acquistate per
occupazione. Il proprietario dello sciame d’api ne conserva la proprietà fino a quando esso
è al suo cospetto e non gli è difficile inseguirlo, altrimenti diventa dell’occupante.
Per quanto riguarda gli animali domestici (soliti ad andare e tornare) la regola è che si
consideravano acquistabili per occupazione solo se perdono l’impulso al ritorno.
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Paolo: “il tesoro è un bene mobile di pregio nascosto ovunque da tempo immemorabile”.
Il regime giuridico originario del tesoro diceva che esso spettava al proprietario del luogo
dove veniva ritrovato.
Spetta al ritrovatore:
Se il ritrovamento è casuale su cosa sacra o religiosa
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Troviamo 3 casi:
1. Accessione da immobile a immobile
2. Accessione da mobile a immobile
3. Accessione da mobile a mobile
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Il divieto di proprietario dei materiali di compiere lo scorporo viene introdotto dalla legge
delle 12 tavole in relazione al caso del tignum iunctum: palo posto a sostegno dell’altrui
vigna.
Al proprietario del tignum spettava l’azione: actio de tigno iuncto per avere il doppio del
valore dei materiali nei confronti del proprietario dell’edificio.
Come è possibile ci siano 2 proprietari? L’edificio è una cosa composta e il regime delle
cose composte determina che la proprietà del tutto possa non coincidere con la proprietà
delle singole cose unitarie che la compongono.
3) ACCESSIONE DA MOBILE A MOBILE: casi in cui una cosa mobile, ritenuta accessoria,
accede ad un’altra cosa mobile ritenuta principale. La conseguenza è che il proprietario
della cosa principale acquista la proprietà della cosa accessoria quando essa diventa
insindibile.
SALDATURA A FUSIONE (ferruminatio): caso in cui si saldi ad esempio ad una
scultura un braccio dello stesso materiale in modo indissolubile, il braccio è la cosa
accessoria quindi il proprietario della scultura ne prende la proprietà.
PIOMBATURA (plombatura): uso di un metallo diverso usato come collante. Il
proprietario della cosa principale acquistava la cosa composta ma dato che è
ancora possibile la separazione del pezzo, si può compiere la rivendica del pezzo.
SCRITTURA (scriptura): lo scritto accede al supporto, la pergamena è considerata
di maggio valore.
TESSITURA: idem, il ricamo accede alla tela
TINTURA: idem, la tintura accede alla casa
PITTURA (pictura): inverso, la tela (cosa accessoria) accede alla pittura perché
bisogna dar valore all’artista
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Prevalse una SOLUZIONE INTERMEDIA: se dalla nova species con un processo a ritroso
si poteva tornare alla materia di origine il proprietario è quello del materiale. Al contrario
non fosse stato possibile compiere il percorso a ritroso il proprietario è lo specificatore.
5) CONFUSIONE E COMMISTIONE
Sono 2 modi di acquisto della comproprietà.
CONFUSIONE (confusio): mescolanza di liquidi appartenenti a proprietari diversi.
Codice civile italiano – art 939: criterio simile alla specificazione, entra un criterio di
carattere economico. La prima parte è uguale al diritto romano, nella seconda parte
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nasce una differenza: se una delle due cose della miscela ha un valore economico molto
superiore essa diventa la cosa principale e quella di minor valore accede alla principale.
Se un fondo viene dato in usufrutto ad un terzo lui acquista i frutti, il diritto del proprietario
viene compresso. Lui acquista i frutti non con la separazione ma con un ulteriore atto che
si chiama PERCEZIONE (perceptio).
Separazione: sufficiente per l’acquisto del frutto da parte del proprietario del fondo.
Percezione: serve se l’acquisto viene fatto da un terzo (usufruttuario), in quanto non basta
la separazione.
Finché i frutti sono separati ma non percetti sono di proprietà del proprietario del
terreno, infatti, se l’usufruttuario morisse prima della percezione, i frutti separati
spetterebbero al proprietario non agli eredi dell’usufruttuario.
7) USUCAPIONE
Modo di acquisto della proprietà a titolo originario e a struttura possessoria.
Essa consiste nell’aver posseduto, in buona fede e sulla base di un valido titolo una
cosa suscettibile di dominium per un det. periodo di tempo
ORIGINE:
Perché è stato creato? Per la necessità di dare certezza ai rapporti giuridici e al
trasferimento della proprietà.
Quando acquisto a titolo derivativo per essere certo di avere il dominium dovrei ricevere il
bene da un soggetto che ne è proprietario per il diritto civile, ma talvolta capita di essere
nella situazione di acquistare da chi non è proprietario, acquisto a non dominum.
In questo modo non divento proprietario per il diritto civile, se non esistesse l’usucapione
in questo caso avverrebbe che io non acquisto la proprietà e potrei costantemente subire
un’azione di rivendica dal proprietario.
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Senza l’usucapione non si potrebbe mai spezzare questa catena che va a ritroso,
l’usucapione la spezza perché se acquisto a titolo derivativo da un soggetto non
proprietario, passato il tempo dell’usucapione acquisto la proprietà titolo originario.
Si prescinde dall’atto di trasmissione, si crea un diritto originario e si può prescindere da
tutti i trasferimenti precedenti.
Divento proprietario per il diritto civile.
I 5 ELEMENTI DELL’USUCAPIONE:
1. possesso (possessio)
2. buona fede (bona fides)
3. perdurare per un certo numero di tempo (tempus)
4. titolo (titulus)
5. idoneità della cosa (res habilis)
Il possesso che non deve essere interrotto perché se durante il periodo dell’usucapione
viene interrotto questo crea l’usurpatio, ovvero se perdo il possesso si interrompe il
tempo utile all’usucapione, non si può usucapire.
Chi aveva un diritto da far valere contro l’usucapente deve esercitarlo: Cicerone dice che
se uno utilizza in buona fede il tuo fondo per togliergli il possesso bastava rompere un
ramoscello in quel terreno in cui l’altro teneva il possesso (anche involontariamente). Con
il ramoscello si compie l’usurpatio.
Il proprietario se vede una situazione che poteva portare ad usucapire doveva intervenire.
In generale chi aveva interesse ad intervenire doveva farlo.
BUONA FEDE:
Convinzione di non ledere il diritto altrui.
TEMPO: La più antica disciplina dell’usucapione deriva dalla legge delle 12 tavole:
- 2 anni per l’acquisto dei fondi (immobili)
- 1 anno per tutti gli altri beni (mobili)
L’istituto che si affiancava all’usucapione usato nelle province era chiamato longi
temporis praescripitio, prescrizione per lungo tempo.
Le terre conquistate venivamo organizzate in province, sui fondi provinciali non era
ammesso l’usucapione, perché sui fondi provinciali sia avevano delle concessioni, si
aveva un possesso dotato di azione ma mai la proprietà.
Questo istituto aveva non portava ad ottenere la proprietà ma consisteva nel non
consentire al titolare del possessio su un fondo provinciale di potersi difendere contro un
soggetto che per lungo tempo avesse posseduto indisturbato il fondo.
Quindi se un soggetto fosse stato titolare di una concessione e avesse tollerato che un
terzo la possedesse senza intervenire, decorso un certo periodo di tempo perdeva il diritto
alla difesa, chi possedeva non poteva più essere attaccato tramite azione perché si
prescriveva.
Quindi la possessione di un terzo non poteva più essere modificata e si prescriveva il
diritto all’azione.
Con Giustiniano:
- Beni mobili 3 anni
- Beni immobili 10 anni
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Ce ne sono 3 tipi:
1. MANCIPATIO
2. IN IURE CESSIO
3. TRADITIO
1) MANCIPATIO
Istituto che tutti i romani conoscevano, noi lo studiamo perché serviva per l’acquisto
delle res mancìpi.
Deve il suo nome all’antico rituale con cui si trasferiva la proprietà delle mancipium.
CARATTERISTICHE:
Nasce in un’epoca in cui non esisteva ancora la moneta coniata (molti secoli prima di
Cristo, precedente di molto alla legge del le 12 tavole) questo rituale serviva a trasferire i
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bene di valore ed era una compravendita a contanti con effetti reali: compravendita
che trasmette la proprietà del bene immediatamente.
Nasce in un’epoca in cui non c’era una vera e propria moneta si usava il metallo a peso,
veniva definito atto per rame e bilancia “gestum per es et libram”.
Poi viene coniata la moneta (asse romano) quindi non serve più pesare. La mancipatio
quindi si separa dalla vendita: la mancipatio è l’atto traslativo separato dalla
compravendita che continua a produrre effetti reali.
Dal punto di vista del rito rimane tutto uguale, rimane solo una cosa simbolica.
Con l’avvento della moneta il rito viene chiamato mancipatio nummo uno
(mancipazione con un’unica moneta).
Dopo la compravendita si fa la mancipatio, si tratta solo di un rito in cui con una moneta si
tocca la bilancia, una finzione che serve a trasferire la proprietà delle res mancìpi.
COMPRAVENDITA + MANCIPATIO
Prima erano unite poi vengono separate.
Il rito scompare solo nel III sec dc. Giustiniano ne elimina ogni traccia nei passi dei giuristi
del digestum.
LA PAROLA VIENE SOSTITUITA CON TRADITIO.
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Gaio parla appunto di una vendita fittizia, in cui erano necessari 5 cittadini romani,
puberi significa che hanno raggiunto la pubertà (14 anni).
Una persona detta libripens, libripende, tiene la bilancia.
Gaio dice anche che ci acquista dice delle parole particolari: “io affermo che questo
schiavo è mio secondo il diritto dei cittadini romani e deve venir da me acquistato in
cambio di questo rame e con questa bilancia di rame”.
Questo rituale è stato valutato da Manthe, professore tedesco che nota alcuni aspetti
strani nella descrizione di Gaio:
a parlare è chi acquista e non chi trasferisce. L’acquirente non l’alienante.
L’acquirente afferma che la cosa è sua ma questo non è vero perché non è ancora
proprietario, il rito è ancora in corso.
“che debba essere da me acquistato” si parla di compravendita ma essa doveva
precedere la mancipatio non seguirla.
Questi elementi stonano e Manthe osserva che quell’ultima frase di cui abbiamo parlato
nell’antico rituale della mancipatio non c’era. Sembra una frase aggiunta dopo: aggiunta
non organica.
Togliendo questa ultima frase resta solo: “io affermo che questo schiavo è mio secondo il
diritto dei cittadini romani”, questa era originariamente la formula della mancipatio.
Manthe nota anche che questa frase era identica a quella pronunciata nell’ARCAICO
PROCESSO a difesa del diritto di proprietà, processo arcaico che si chiamava legis
actio sacramento in rem. Coincidenza tra le 2 formule.
Il rituale originario era del tutto identico a quello del processo arcaico a difesa della
proprietà dove il soggetto che rivendicava il bene diceva quella frase.
Manthe si chiede parchè sono uguali?
Nel processo arcaico l’attore usava la rei vendicatio eaffermava la sua proprietà,
bisognava dimostrare che la cosa era propria con la frase suddetta.
Se chi subiva l’azione (convenuto) non si opponeva era indefensus e il giudice non faceva
altro che assegnare la cosa a chi rivendicava il bene.
Auctoritras: garanzia che doveva essere prestata da chi trasferiva il bene (mancipio
dans), questa garanzia mirava a garantire l’acquirente per il caso di evizione (caso in
cui un terzo rivendichi la cosa dicendo che è sua) actio autoritatis azione che ha chi
acquista per riavere il doppio del valore della cosa nel caso di evizione.
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È astratta, prescinde dalla causa. Anche esso è un atto legittimo, non tollera la posizione
di un termine o di una posizione.
3) TRADITIO
Nasce come modo di acquisto del possesso, non sempre infatti fa acquistare la proprietà.
Istituto del diritto delle genti o naturale, vale anche per gli stranieri (anche privi di
commercium).
Comportamento polivalente: determina anche l’acquisto del possesso o della
detenzione.
È priva di forme solenni, semplice consegna materiale di un bene.
Alla fine, rimarrà l’unico modo di acquisto a titolo derivativo, in particolare prenderà il posto
della mancipatio.
Iusta causa traditionis: per acquistare la proprietà bisogna avere una giusta causa, senza
non passa la proprietà.
Paolo: afferma che la mera consegna quando non provvista di una giusta causa non
trasferisce la proprietà. Di conseguenza è un negozio causale non astratto-> dipende
dalla causa. diversamente dalla mancipatio.
Manthe: osserva che negli studi di diritto romano qualcuno ha posto in dubbio che la
traditio fosse causale sulla base di un’analisi delle fonti. Si tratta di una dottrina minoritaria
ma di studiosi di valore.
Il fondamento dell’obiezione è che Giustiniano cambia la parola mancipatio con
traditio che viene applicata dal punto di vista terminologico anche ai passi che si
riferivano alla mancipatio; quindi c’è stato un fraintendimento e nei passi sembra che la
traditio sia astratta ma in realtà è dovuto a ciò che è avvenuto in epoca di Giustiniano.
Qualcuno ha erroneamente interpretato quei passi.
La traditio ha avuto un’incidenza sugli atti di trasferimento della proprietà negli atti del
diritto occidentale, civil law.
Nei moderni sistemi di civil law ci sono 3 sistemi di trasferimento della proprietà:
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2. Trasferimento astratto: applicato in Germania nel BGB (Be ghe be). L’atto di
trasferimento produce i suoi effetti a prescindere dalla giusta causa. Traditio.
Savigny parla di traditio astratta e si rifà a Donello altro giurista. Questa soluzione
deriva dal diritto romano: paradosso.
Quello che è determinante è che avviene sulla base dell’accordo delle parti sul
trasferimento della proprietà. Consegna della cosa e accordi delle parti costituiscono
un contratto particolare detto dinglicher vertag.
La soluzione di Giuliano apre le porte a soluzioni che prescindono dalla causa, nel
tempo ha portato ad introdurre in epoca giustinianea un principio in base al quale per il
trasferimento della proprietà basta il trasferimento della cosa e la volontà di
trasferire le parti.
Anche l’opera del giurista Donello giunge ad una precisa definizione del trasferimento
astratto.
Infine Savigny muta la tesi di Donello: la traditio non determina l’effetto traslativo in forza
della iusta causa ma in base all’accordo delle parti sul trasferimento della proprietà.
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Il diritto comune segue la traditio causale dei giuristi classici, la diversa soluzione è stata
colta da qualcuno ed è arrivata a Savigny che dice: non serve la giusta causa, serve
l’accordo delle parti.
La sua teoria ha condizionato i pandettisti tedeschi che nel Codice civile tedesco BGB.
Questa tesi ha arricchito il discorso riguardo al calo del pagamento dell’indebito, istituto
con quale si crede di dover pagare un debito ma non è così, uno si crede debitore l’altro si
crede creditore.
Non c’è giusta causa ma c’è passaggio della proprietà del denaro perché c’è accordo delle
parti.
I romani vogliono che la traditio sia causale ma davanti a questo caso salta tutto: usano un
espediente. C’è sempre giusta causa che sia reale o putativa ovvero si crede che ci
sia.
La giusta causa è efficace anche se è putativa.
Lo dicono i glossatori, espediente.
Questa teoria di Savigny è stata criticata da Carlo Augusto Cannata: il significato romano
di giusta causa viene travisato da Savigny, quel passo andava letto in modo diverso: se
pongo in essere un contratto come la stipulazione (consegnare qualcosa), normalmente si
dice che c’è il contratto con giusta causa e la traditio.
Cannata dice che la giusta causa non risiede nel contratto stesso, se il contratto fosse
inefficace non salterebbe la giusta causa perché la giusta causa consiste nell’accordo
delle parti su una causa negoziale e non nel contratto stesso.
3) La traditio nel tempo nei romani cambia: si afferma una traditio spiritualizzata, ovvero
non c’è più la consegna materiale della cosa, si prescinde dalla consegna della cosa.
Manca la consegna materiale del bene, il trasferimento della proprietà avviene mediante il
consenso (come avviene oggi nel nostro c.c)
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8. COMPROPRIETA’
Quando un diritto appartiene a più titolari di parla di contitolarità di un diritto, essa si
verifica: nei diritti reali, obbligazioni, successioni e potestà personale.
Ciascun fratello era titolare della piena proprietà dell’intero patrimonio, poteva disporne
come se fosse stato l’unico proprietario: l’alienazione di un bene da parte di un fratello
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Questo tipo di consorzio si poteva creare anche tra estranei attraverso un’azione di legge
davanti al pretore.
Caratteristiche:
- Ciascun condomino non è titolare dell’intero bene ma di una sua quota ideale
(pars pro indiviso), il concetto di quota serve a determinare diritti e doveri di ogni
contitolare in relazione alla cosa in comune, si tratta di una frazione ideale.
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LE SERVITU’
Art 1027 c.c italiano da una definizione che è perfetta anche per il diritto romano, infatti
nasce da esso: il diritto di servitù è un peso imposto sopra un fondo detto servente per
l’utilità di un altro fondo detto dominante che appartiene ad un diverso proprietario.
Il fondo è quello a vantaggio del quale è stata costituita la servitù, il fondo servente è
quello su cui essa grava.
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La servitù è una qualità del fondo (qualitas fundi), seguono le sorti del fondo anche se
esso viene trasferito ad un altro proprietario. È la condizione giuridica del fondo.
Stabile limitazione del diritto di proprietà: Il fondo è gravato da una servitù, questo segue le
sorti del fondo, se lo vendo rimane tale e anche alla mia morte si trasmette agli eredi
gravato dalla servitù.
PRINCIPI FONDAMENTRALI:
Nemini res sua servit: I fondi non possono appartenere allo stesso proprietario, 2
fondi di 2 necessariamente distinti proprietari perché si tratta di un diritto reale su
cosa altrui.
Perpetua causa servitutis: le servitù hanno una durata illimitata perché seguono
stabilente le sorti del fondo, non sono connesse con la figura del titolare del diritto
ma con il fondo sul quale esse sono state costituite. Il fondo gravato da una servitù
si trasmetterà così agli eredi
Servitus fundo utilis esse debet: le servitù devono essere utili allo sfruttamento
economico del fondo. La servitù deve essere a vantaggio del fondo dominante e
non del proprietario. Il proprietario non deve prendere più acqua di quella che gli
serve, la servitù deve essere utile allo sfruttamento per il quale è stata creata.
Servitus in faciendo consistere nequit: il titolare del fondo servente può essere
tenuto a NON fare qualcosa ma non a fare qualcosa. Può solo essere tenuto a
sopportare l’esercizio del diritto di servitù da parte del titolare del fondo dominante
(servitù di passaggio: il vicino può passare sul fondo).
L’unica eccezione è la servitù di appoggio (servitus oneris ferendi): il titolare del
fondo dominante può appoggiare qualcosa alla parete altrui quindi il titolare del
fondo servente deve tenere in buono stato la parete, sembra in contrasto.
Servitutes dividi non possunt: le servitù sono indivisibili, la servitù grava su tutto il
fondo. Giavoleno – tutte le zolle del fondo sono serventi
Servitus servitutis esse non potest: non può esservi una servitù sopra una servitù,
ci chiede la traduzione più profonda: non si può costituire un diritto di usufrutto
avente ad oggetto una servitù.Per capire quetsa ultima frase dobbiamo chiederci se
l’usufrutto è una servitù? Dobbiamo rifarci a Marciano che fa una distinzione tra:
o servitù delle cose
o servitù delle persone: usufrutto
Quindi il passo è riconducibile all’usufrutto di servitù.
Tipicità: è vietato alle parti di dare vita ad altre figure quindi servitù non previste
dall’ordinamento. Le parti possono incidere sul modus servitus (modalità di
esercizio della servitù allentandone la tipicità.
CLASSIFICAZIONE
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1) SERVITU’ RUSTICHE: sono le res mancìpi incorporali, sono diritti e hanno l’origine più
antica. Esse riguardano i fondi.
Si dividono in:
- servitù di passaggio:
esse sono 3:
1. iter: diritto di passare a piedi o a cavallo
2. actus: diritto di passare anche con carri e giumenti (comprende 1)
3. via: implica una strada lastricata (comprende 1 e 2)
- DI DIRITTO CIVILE:
Le servitù rustiche si costituiscono tramite: mancipatio, in iure cessio o legato per
vindicationem (= legato per mezzo del quale il testatore disponeva la costituzione di una
servitù a carico di un proprio immobile e a vantaggio di un immobile altrui.
Si tratta di un diritto reale di godimento su cosa altrui che aveva ad oggetto cose
inconsumabili e fruttifere: in grado di generare reddito (schiavi, fondo, gregge).
I soggetti del rapporto erano: usufruttuario e il proprietario del bene che conservava la
nuda proprietas.
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ORIGINE
Questo istituto nasce nel II sec. a.C. per risolvere il problema legato alla condizione della
donna vedova con figli, la quale spesso finiva in povertà.
Inizialmente con l’istituto della manus la donna entrava nella famiglia del marito come una
figlia poi questo istituto sparisce e la donna rimane nella famiglia di origine, si parla di
matrimonio sine manu.
Il marito potrebbe lasciare alla moglie dei bene ma il problema era che la donna non
poteva fare testamento, allora i beni del marito non passavano ai figli ma alla famiglia di
origine della donna, ai parenti maschi più vicini, agnati prossimi. Il patrimonio del marito
sarebbe quindi fuoriuscito dalla famiglia.
Siccome i romani erano molto attenti a mantenere l’asse patrimoniale della famiglia, se si
fossero lasciati beni alla moglie questa avrebbe fatto uscire i beni dalla famiglia del marito
allora si introduce il legato di usufrutto: il marito lasciava alla moglie i beni in usufrutto,
la donna poteva usare e fruire di una quota del patrimonio vita natural durante lasciando
però la proprietà ai figli.
Dopo la morte della madre la nuda proprietà si trasforma in piena proprietà dei figli, in
questo modo si salvaguardava l’unità del patrimonio famigliare.
L’usufruttuario non può modificare la destinazione economica del bene, l’unica eccezione
(Ulpiano) è quando ciò rende molto più vantaggiosa la posizione del nudo proprietario,
aprire nuove cave o miniere.
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MODI DI COSTITUZIONE
- DI DIRITTO CIVILE
- Legato per vindicationem
- In iure cessio
- Deductio: l’usufrutto è una res nec mancipi incorporale, quindi non può essere
costituito mediante mancipatio. Si può però compiere la mancipatio della nuda
proprietà operando per sé stessi la dedictio dell’usufrutto.
- Adiudicatio
- Pagamento della litis aestimatio
MODI DI ESTINZIONE:
Per godere della piena capacità giuridica bisognava essere: liberi cittadini romani
(cittadinanza) e giuridicamente autonomi (stato della famiglia).
Quando perdeva la cittadinanza subiva una capitis deminutio minima, diminuzione di un
capo, una unità.
Se perdeva la libertà capitis diminutio maxima: questa come la morte, comporta la perdita
del diritto.
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DIFESA: l’usufruttuario se viene impedito nell’esercizio del suo diritto può usare la
vindicatio usus fructus esperibile contro il nudo proprietario e terzi.
In età tardo classica prende il nome di actio confessoria.
QUASI USUFRUTTO:
Per ragioni di utilità il senato prese un provvedimento normativo: il senatoconsulto dell’età
di Tiberio che introduce questo nuovo istituto.
Il quasi usufrutto ha ad oggetto cose consumabili (denaro) e si ha un trasferimento di
proprietà, nell’usufrutto no.
La ragione era quella di permettere alla vedova con figli di usare e fruire di una quota del
patrimonio che poteva comprendere anche denaro. Ma non si vuole creare un vero e
proprio diritto reale -> quasi-usufrutto.
Il senato volle creare un congegno giuridico proprio del diritto delle obbligazioni e non dei
diritti reali che però permetteva di ottenere lo stesso risultato. Con questo istituto sorge un
obbligo (mediante cautio) ovvero quello di restituire altrettanto denaro di cui si prende la
proprietà nel momento della sua morte o in caso di capitis deminutio..
Molto simile all’istituto del mutuo ma siano ancora nei diritti reali.
USO:
DIRITTO DI USO: diritto reale di usare una cosa altrui senza far propri i frutti.
Già in età classica si è introdotto un criterio per cui chi ha il diritto di uso di un fondo rustico
ha anche il diritto di far propri parte dei frutti, i frutti per il sostentamento suo e della
sua famiglia
Diritto più limitato rispetto all’usufrutto, per una casa ad esempio non ammette la
locazione.
ABITAZIONE:
DIRITTO DI ABITAZIONE, habitatio: diritto concesso al titolare di tale diritto di poter usare
come propria un’abitazione altrui.
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L’istituto nasce per risolvere un’antica disputa: quando abbiamo una casa abitata si parla
di usufrutto o di uso?
soluzione di Giustiniano: crea un nuovo diritto reale di godimento chiamato habitatio
fatto rientrare nelle servitutes personarum.
Come per l’usufrutto si ammette la locazione ma non si estingue per non uso e capitis
deminutio.
SUPERFICIE:
si ricollega al priincipio superficies solo cedit: faccia del suolo appartiene al proprietario del
suolo stesso.
Per questo era negata la divisione per piani orizzontali: questo negava che in un edificio i
singoli piani potessero appartenere a proprietari diversi.
In età repubblicana venne dato il permesso a privati di costruire sul suolo pubblico, in
cambio i privati versavano un canone. Così il suolo restava pubblico in quanto il
superficiario non acquistava la proprietà della superficie.
Questa prassi fu poi estesa ai terreni privati: locazione (suolo) e compravendita
(edificio).
Questi rapporti obbligatori vincolavano solo le parti del contratto e non potevano garantire
una tutela nei confronti di terzi.
L'intervento del pretore con la concessione di un interdictum de superficiebus. Interdetto
sulle superfici consenti al superficiario di avere una difesa nei confronti anche di terzi.
In età giustinianea fu introdotto un nuovo diritto reale su cosa altrui, che era trasmissibile a
terzi sia per atti fra vivi che a causa di morte. In questo modo il superficiario acquistava un
diritto reale su cosa altrui, ma l'edificio restava di proprietà del proprietario del suolo.
ENFITEUSI:
La provenienza di questo istituto e del mondo ellenico: consisteva in una concessione a
tempo indeterminato di terre da parte di enti pubblici a privati in cambio di un canone
annuale. La proprietà restava al concedente e il concessionario era tenuta a coltivare il
fondo oggetto della concessione.
A Roma il suo precedente erano gli agri vetigales: concessioni di ager publicus erogate da
censori a privati in cambio del pagamento di un canone fisso.
Verso la fine dell'età repubblicana, anche i municipi iniziarono a dare in concessione terre
coltivabili (esse erano perpetue e trasmissibili) si creò un vero e proprio diritto reale.
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Si estingue:
- per mancanza del pagamento del canone per tre anni.
- se non veniva offerto per primo al concedente
- per confusione.
Rei vendicatio:
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Nel processo l’attore deve dimostrare di essere proprietario, allora il magistrato ordina al
convenuto (colui che ha spossessato) di restituire, ordine di restituzione.
A questo punto le soluzioni sono 2, Il convenuto può:
1. Restituire: si chiude il processo
2. Non restituire: deve ottemperare al pagamento della stima della lite. Ovvero egli
deve pagare una somma determinata dall’attore, lits aestimatio.
La rei vendicatio non prevedeva solo la restituzione della cosa ma anche tutti i vantaggi
connessi ad essa: ad esempio i frutti che sarebbero spettati al proprietario se la cosa
fosse stata restituita al momento della litis contestatio.
Nel caso dei frutti bisogna distinguere il possessore in:
- Buona fede: deve restituire solo i frutti percepiti dopo la litis contestatio
- Mala fede: anche i frutti percepiti prima
Per quando riguarda le spese solo il possessore in buona fede poteva richiedere al giudice
di tenere conto delle spese sostenute per la cosa da restituire. Le spese riconosciute
erano quelle necessarie (evitano il deterioramento) e utili (aumentano la redditività).
actio negatoria:
Azione che spetta sempre al proprietario nei confronti di un terzo che su un bene di sua
proprietà vanti un diritto reale minore che non ha (usufrutto, passaggio su un terreno).
Anche qui è presente la clausola arbitraria, dopo aver dimostrato di essere proprietario il
magistrato intima di interrompere la turbativa. Il convenuto se accetta di pagare la stima
della lite vedrà costituito a suo favore tale diritto, oppure accetta e gli viene tolta quella
possibilità.
- denuncia di nuova opera: atto solenne con il quale si intimava al proprietario del fondo
vicino sul quale si stavano eseguendo opere di costruzione o demolizione pericolose.
Prevedeva il lancio di una pietra verso il fondo del vicino.
Il vicino dopo l’atto intimidatorio poteva richiedere al pretore la remissio: un decreto con il
quale si attestava l’infondatezza della proibizione.
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- garanzia per danno eventuale: al quale si ricorreva nell'ipotesi di ricevere danni dal fondo
del vicino, per svariate ragione, quali ad esempio:
- crollo di un edificio o albero pericolante
- opera pericolosa in corso
In questi casi il titolare del fondo da cui il pericolo potenziale proveniva, prometteva al
vicino attraverso una cautio: nel caso in cui il danno si fosse verificato lo avrebbe risarcito.
- interdictum ‘quod vi aut clam’ (ciò che con la violenza o di nascosto): far rimuovere la
costruzione che qualcuno avesse realizzato su un fondo altrui nonostante il divieto del
proprietario oppure di nascosto.
- azione per il regolamento di confini: per cause della forza della natura o per alterazioni
umane e si rendesse necessario il regolamento dei confini, in particolare tra i fondi arcifinii
ed edifici privati privi di ambitus.
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Sono di 2 tipi:
1) GARANZIE PERSONALI: Quelle in cui un terzo si obbliga personalmente per un
debito altrui, costituendo una obbligazione che si aggiunge a quella del debitore
principale. Obbligazione solidale, passiva accessoria.
2) GARANZIE REALI: Quelle in cui viene messa a disposizione del creditore una
cosa sulla quale, in caso di inadempimento e gli possa soddisfarsi.
La figura di garanzia reale più antica era quella del trasferimento fiduciario della proprietà
di un bene dal debitore al creditore, con l'impegno di ottenerne il ritrasferimento nel
momento in cui il debito fosse stato estinto.
Si tratta della fiducia, in particolare della fiducia cum creditore: Si attuava il trasferimento
della res dal debitore al creditore con il patto di ritrasferimento della stessa, una volta che il
debito fosse stato saldato.
PEGNO
Oggetto di pegno poteva essere una qualsiasi cosa corporale.
Il pegno era una garanzia accessoria che accedeva appunto ad un'obbligazione da
garantire.
Intorno al III secolo, a.C. sorse il diritto reale di garanzia chiamato PEGNO: sulla base di
un patto che dava vita ad uno ius in re, il debitore o pignorante consegnava al creditore
pignoratizio un bene mobile, trasferendolo il possesso. Il debitore avrebbe potuto
rivendicare tale bene nel momento in cui avesse pagato il suo debito. Si parla di pignus
datum.
Il bene consegnato ha una funzione di garanzia e il creditore non ha nessun diritto di farne
uso o percepirne i frutti.
In caso di inadempimento, il creditore poteva rifarsi sul bene oggetto del pegno attraverso:
LEX COMMISSORIA: Elemento accidentale del negozio, pattuita fra creditore e
debitore con essa il creditore che non avesse ottenuto l'adempimento poteva rifarsi
sulla cosa data in garanzia acquistando nella proprietà. Abolita da Costantino.
IUS VENDENDI: Elemento prima accidentale, poi naturale del negozio. Consentiva
al creditore pignoratizio di vendere la cosa oggetto di garanzia e di potersi rifare sul
ricavato trattenendo la somma corrispondente al suo credito e restituendo il di più al
debitore che aveva costituito il pegno.
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Su una stessa cosa possono essere costituite più ipoteche, si applica il principio prior
tempore potior iure: chi è primo in ordine di tempo prevale giuridicamente. Ci sono quindi
vari gradi di ipoteche, con la possibilità di soddisfacimento del creditore secondo l'ordine di
costituzione delle ipoteche.
Si nota anche l'importanza della pubblicità dell'ipoteca perché altrimenti il diritto del
creditore ipotecario sulla cosa poteva rimanere ignoto all'acquirente di essa. L'imperatore
Leone privilegia il pignus publicum dove la dichiarazione costitutiva doveva essere
trascritta negli atti di un magistrato.
12. IL POSSESSO
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La prima differenza è che il proprietario è titolare del diritto soggettivo mentre il possessore
pone in essere un’attività che corrisponde all’esercizio del diritto.
Solitamente c’è coincidenza tra proprietario e possessore ma non è sempre così.
art 140 Codice civile italiano: il possesso è il potere su un bene che si manifesta in un
comportamento corrispondente all’esercizio di proprietà.
Savigny nella sua opera sul possesso dice: se il possesso fosse un diritto soggettivo esso
verrebbe tutelato perché quando viene violato un diritto soggettivo si ha un’azione per
difendersi.
Questo non accade per il possesso ma se noi non dessimo importanza al possesso esso
recherebbe un danno alla persona. Bisogna munire di tutela questa situazione di fatto.
Lessico:
Possessio, parola femminile formata da:
Potis: avere potere
Sedeo: stare seduto
Il possessore è una persona che siede come persona munita di potere. La tiene come
sua.
Corpus e animus:
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Per acquistare il possesso servono entrambi gli elementi, l’animus deve sempre essere
nostro mentre il corpus può essere anche altrui.
Per acquistare il possesso era necessario avere la capacità giuridica ed essere capaci di
intendere e di volere.
DETENZIONE (naturalis possessio o possessio pro alieno): quando manca l’animus non
si parla di possesso ma di detenzione, si ha la materiale disponibilità del bene ma manca
la volontà di possedere.
Possessori anomali:
Anomali perché quando un possessore ha una giusta causa e si protrae per un lungo
tempo si parla di usucapione e si diventa proprietari.
Questi possessori non usucapiscono mai perché hanno un animus particolare:
Creditore pignoratizio
Sequestratario
Precarista
Il possesso viene tutelato con un provvedimento d’urgenza del pretore detto interdetto:
strumenti che il pretore ha introdotto per la tutela del possesso.
Nel caso in cui non si sia proprietari ma si entri in possesso di una cosa e questa ci venga
rubata da un altro soggetto che non è il proprietario interviene il pretore che tutela il primo
possessore in quanto gli è stato privato il possesso tramite violenza o di nascosto.
Se si fa questo il magistrato gli attribuisce il possesso, si tutela il possessore in quanto
tale.
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2 categorie di INTERDETTI:
1) Per conservare il possesso:
- Interdetto come possedete: riguarda i beni immobili, si dà prevalenza a chi
ha posseduto inizialmente senza violenza o di nascosto.
- Interdetto in quello dei due luoghi: riguarda i beni mobili, prevale colui che
nell’ultimo anno ha posseduto più a lungo, senza violenza…
2) Per recuperare il possesso:
- Interdetto sulla violenza: in caso in cui il possessore fosse stato
spossessato con violenza
- Interdetto sulla violenza esercitata con armi: spossessato con l’uso di
armi.
Gli lo impedisce il titolo, la regola latina è: nessuno può cambiarsi da solo il titolo del suo
possesso.
QUASI POSSESSO:
Origine nell’ambito della giurisprudenza classica, il pretore riconobbe la tutela a colui che
di fatto godesse di un diritto di usufrutto o di servitù a prescindere dal fatto che gli fosse
effettivamente titolare del diritto.
Si trattò della concessione, in via utile, dell’interdetto “come possedete” e “sulla violenza” a
chi godesse del diritto di usufrutto e a chi esercitasse una servitù.
Non si tratta ancora del riconoscimento del possesso dei diritti ma si parla appunto di
quasi-possesso, per alludere all’esercizio di fatto di usufrutto e servitù intendendolo come
un potere avvicinabile al possesso perché avente ad oggetto una cosa.
Dall’età giustinianea si parla di possesso dei diritti.
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La regola è che lo schiavo non può mai peggiorare la condizione del padrone, deve
portare solo effetti vantaggiosi.
Si ottiene:
- Acquisto del diritto: entra direttamente nel patrimonio del padre, se pongono in
essere un obbligazione è in capo al padre.
- Acquisto del possesso: va in possesso al padre
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La rappresentanza avviene sulla base del rapporto potestativo, l’acquisto non è in virtù di
una rappresentanza ma causata dal rapporto potestativo.
Quando l’intermediario è un estraneo:
Non si ricorreva a intermediari estranei alla famiglia, attraverso i quali non c’è l’acquisto
del diritto, c’è invece una controversia sulla questione dell’acquisto del possesso
attraverso un procuratore.
La controversia nasce da una lacuna nel codice veronese che però attraverso le ultime
tecnologie è stata colmata: per procuratorem.
Gaio si pone il dubbio sull’acquisto del possesso, sicuramente non si può acquistare un
diritto da una persona estranea alla famiglia, principio che è a negazione della
rappresentanza diretta.
Regola generale (Gaio 2, 95): la proprietà non si può acquistare.
Si può acquistare il possesso? Si può acquistare per mezzo di un procuratore, procurator:
stabile amministratore dei beni del dominus assente – Cicerone.
Procuratore: Il procuratore era un organo stabile al quale erano demandati poteri generali
di amministrazione, un sostituto che amministra gli affari del principale sulla base di un
atto unilaterale di investitura (non un contratto di mandato liberamente accettato).
Oggi invece noi distinguiamo la parte in senso formale e quella in senso sostanziale: colui
su cui ricadono gli effetti.
Ora si ha una parte in senso formale: rappresentante e parte in senso sostanziale: il
rappresentato. Il rappresentato è destinatario degli effetti.
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II. Il mandatario (non procurator) riceve la traditio sulla base di un rapporto causale
che egli stesso pone in essere su incarico del mandante: Il mandatario viene
incaricato dal mandante di acquistare qualcosa, egli pone in essere la
compravendita e riceve anche la consegna del bene. Il mandatario acquista il
possesso e la proprietà.
In seguito il mandatario sulla base del rapporto di mandato è tenuto a trasferire il
bene al mandante attraverso una successiva traditio. Si parla di interposizione
gestoria.
In questo caso la compravendita posta in essere dal mandatario non può essere la
giusta causa al fine dell’acquisto diretto del mandante.
La regola generale espressa fino ad ora è: chi pone in essere il negozio causale me
prende gli effetti.
Nel 3° caso vediamo l’eccezione alla regola:
III. Il procuratore riceve la traditio nomine domini (spendendo il suo nome), sulla
base di una compravendita che il procuratore stesso ha posto in essere, a cui ha
partecipato sulla base di un mandato speciale a comperare conferitogli dal dn: il
procuratore pone in essere il rapporto causale, il procuratore dovrebbe acquistare
la proprietà ma agisce in forza di un mandato speciale, riceva la traditio e spende il
nome del rappresentato, riceve la consegna del bene in nome del dn.
In questo unico caso ad acquistare immediatamente il possesso e la proprietà è il
dominus negotii. Acquisto della proprietà in capo al rappresentato.
È quindi previsto che il procuratore spenda sistematicamente il nome del dn, il procuratore
agisce nell’interesse del dn che quindi acquista la proprietà.
Il mandato speciale consente di considerare ascrivibile al dn il rapporto causale che il
procurator ha posto in essere.
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Flume: il possesso riceve una particolare qualifica dall’atto (traditio ex iusta causa) che
precedeva o accompagnava l’acquisto o il mandato e quindi aveva la funzione di un
riconoscimento anticipato degli effetti di tale atto.
Nel mandato risiede il riconoscimento anticipato degli effetti della traditio ex iusta causa
ossia l’acquisto della proprietà.
È importante precisare che quando si parla di acquisto della proprietà questa avviene
tramite il possesso.
Secondo Papiniano il possesso del bene spetta a colui che è a conoscenza di tale
possesso, nel caso del dominus ignorans l’azione per evizione spetta al procurator,
essendo lui ad aver posto in essere il negozio causale. Poi tramite mandato l’azione viene
ceduta al dn.
Traditio di:
- res nec mancipi: il dn acquista direttamente la proprietà
- res mancipi: il dn acquista una possessio ad usucapionem
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Si tratta di un diritto soggettivo relativo, in cui il creditore per il soddisfacimento del proprio
interesse necessita della cooperazione del debitore. Ciò che non accade nei diritti
soggettivi assoluti, in quanto il titolare gode di un diritto immediato sulla cosa, senza
bisogno di nessuno per fruire del proprio diritto.
Le obbligazioni sono diritti reali soggettivi relativi: quindi diritti che spettano nei confronti di
1 o più persone determinate o determinabili.
DEFINIZIONI:
- Nelle istituzioni di Giustiniano, più antica: L'obbligazione è un vincolo giuridico in forza
del quale siamo necessariamente tenuti a eseguire una prestazione secondo il diritto della
nostra civitas.
Questa definizione pone in rilievo il vincolo giuridico che costringe il debitore verso il
creditore ad un determinato comportamento, ossia l'esecuzione della prestazione.
La dottrina Romanistica tende a Ricomprendere all'interno del: “norme della nostra
civitas”, quelle dello ius civile, ius honorarium e ius gentium.
Paolo pone in rilievo la netta differenza tra diritti reali e diritti di obbligazione: il titolare del
diritto di obbligazione non acquista alcun potere sulla cosa.
Il concetto dell’obbligazione risiede nel creare il vinculum iuris nei confronti del debitore.
Diritti reali: Diritto di obbligazione:
ha un diritto assoluto sulla cosa ha un diritto nei confronti di una persona,
dalla quale si attende un det.
comportamento.
ORIGINE
Obbligatio: legare una persona, si parlava di un vincolo materiale, il debitore era in
catene. Origine molto lontana quando il fenomeno dell’obbligazione era qualcosa di
anomalo non configurato come l’obbligazione evoluta: Il debitore è tenuto ad eseguire una
prestazione, se il debitore non la esegue sorge in capo al debitore una responsabilità, il
risarcimento del danno.
In origine il debitore, nexum era immediatamente responsabile, doveva trovare qualcuno
che pagava il debito se non lo avesse trovato sarebbe rimasto in catene. Veniva portato
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per 3 mercati cercando qualcuno disposto a riscattarlo se non avesse trovato nessuno
avrebbe potuto essere venduto trans tiberi, al di là del Tevere, come schiavo.
Altrimenti lo si poteva uccidere, se i creditori erano tanti lo potevano fare a pezzi.
Tutto questo sparisce già con le 12 tavole, perché non si può più fare un’esecuzione sulla
persona ma sul patrimonio, poi si arriverà ad una obbligazione come quella attuale, dove è
presente un vincolo giuridico e non materiale.
Mentre i diritti reali sono sulle cose questo è un vincolo personale, i diritti di obbligazione
sono diritti nei confronti di un’altra persona, diritti di un uomo nei confronti di un altro uomo.
I romani dicono che l’azione a tutela dei diritti di obbligazione è personale actio in
personam.
Gaio dice che l’azione personale è quella con la quale agiamo nei confronti di una persona
che ci ha obbligato in forza di un contratto o fatto illecito.
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POSSIBILE: se fosse stata impossibile ab originem non sarebbe nemmeno sorta (lo
dice Celso).
2 casi di impossibilità:
- sul piano fisico: (gaio dice che è impossibile consegnare una cosa che non
esiste in natura, ippocentauro)
- impossibilità giuridica: qualcosa extra commercio.
LECITA: conforme alle norme imperative (di ordine pubblico) e al buon costume,
può essere illecita per 2 ragioni:
- illecita dell’oggetto: l’oggetto della prestazione è illecito (es obbligarsi per
uccidere qualcuno, uccidere è illecito oppure vendere merce rubata)
- illiceità della causa: (dare soldi per non uccidere qualcuno, non uccidere è
lecito ma già lo dice l’ordinamento giuridico, quindi illecita è la causa, lo
scambio tra il denaro e l’obbligazione di non uccidere).
Non è ammessa la prestazione che inizia dopo la morte (“te lo consegno dopo la
mia morte”) ma è ammessa l’espressione: “quando morirò” in riferimento all’ultimo
momento di vita della persona.
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Quando la scelta era del creditore, esso è egli poteva pretendere a suo piacere
l'esecuzione di una delle due prestazioni. Quando la sceglieva, l'obbligazione da
alternativa assumeva le forme di un'obbligazione semplice.
Nel caso in cui l'impossibilità di una delle due prestazioni fosse stata imputabile al
debitore, il creditore poteva richiedere la aestimatio.
OBBLIGAZIONI GENERICHE: sono obbligazioni che consistono nel dare una cosa
determinata solo nel genere, interscambiabili all’interno di esso (grano, denaro).
Generiche: si riferiscono ad un det. genere di cosa, nel diritto romano classico il
debitore di liberava anche consegnando cose di qualità sotto la media.
Giustiniano impone che debba essere almeno di qualità pari alla media. Ripreso
dall’art 1178 c.c.
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OBBLIGAZIONI PARZIARIE: sia dal lato attivo che passivo si può pretendere solo
la propria quota, pro quota.
Può essere parziarietà attiva (tanti creditori di un solo debitore, ciascuno può
pretendere solo la propria quota) o passiva (ciascun debitore è dovuto solo alla sua
quota).
3)
OBBLIGAZIONI INDIVISIBILI: non possono essere scomposte in più prestazioni
parziali che conservino una rilevanza economica proporzionale a quella unitaria. La
prestazione è suscettibile di una divisibilità ma in questo caso non è possibile
(animale).
4)
OBBLIGAZIONI NATURALI: manca un’azione per l’adempimento, per il diritto civile
c’è un debito senza responsabilità, non si può pretendere l’adempimento.
Se il debitore esegue spontaneamente la prestazione non può ripetere ciò che ha
dato. Il creditore ha la soluti retentio ovvero ottenuta la prestazione può trattenere il
pagato.
Queste originariamente era obbligazioni poste in essere da uno schiavo poi vennero
estese al rapporti dello schiavo con il dominus o del figlio con il paterfamilias o tutti coloro
sottoposti alla stessa potestà.
Con Giustiniano cambia: diventa un vincolo etico che era posto per rapporti giuridici come
le opere che lo schiavo liberato si impegnava a eseguire per il vecchio padrone.
Obbligazione che sottolineava in rapporto di natura etico morale con una persona che non
aveva l’azione per ottenere la prestazione ma giustificava la soluti retentio.
Il liberto continua ad avere un rapporto con il patrono che continua ad avere dei benefici,
queste opere erano obbligazioni naturali, valenza morale.
In età giustinianea vengono considerate obbligazioni naturali anche altre obbligazioni che
nel diritto classico erano provviste da azione. Es obbligazione contratta dal soggetto sui
iuris che poi subisca una capitis deminutio.
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La responsabilità del debitore comporta che costui sia tenuto a risarcire il danno al
creditore ma in caso di impossibilità sopravvenuta della prestazione, non imputabile al
debitore, l'obbligazione si estingue e il debitore è liberato.
C.c. art 1216,1218: il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto
al risarcimento del danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato
determinato da un’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
Noi ci occupiamo dei casi in cui invece la prestazione è diventata impossibile per cause
imputabili al debitore.
Gradi della responsabilità contrattuale: canone dell’ utilitas contrahentium, utilità dei
contraenti: secondo questo canone, la responsabilità contrattuale va diversamente
modulata a seconda del vantaggio patrimoniale (utilitas) ricavato dalle parti.
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Quando non è stato previsto dalle parti un momento per la morta è necessario un atto di
costituzione in mora, interpellatio: è la richiesta di adempimento avanzata del creditore.
Nelle obbligazioni che implicano un fare o un dare il creditore è tenuto a richiedere la
prestazione attraverso una+ atto formale di costituzione in mora chiamato interpellatio.
Non è possibile la mora nell’obbligazione del non fare: nel momento in cui il debitore è
tenuto a non fare qualcosa non vi può essere mora, se fa l’atto contrario è considerato
inadempiente.
Dogma della prepetuatio obligationis: con la mora la posizione del debitore si aggrava in
quanto quando il debitore è in ritardo e la prestazione è impossibile per cause a lui non
imputabili il debitore rimane responsabile perché è in ritardo. C
on questa espressione si intende che l’obbligazione quando si è in mora si perpetua
identica a sé stessa. Rimane cristallizzata, rimane intatta ma di fatto impossibile.
L’obbligazione però ormai è impossibile quindi privata del proprio oggetto.
La conseguenza è che il debitore non può eseguirla quindi deve risarcire il danno, al
creditore rimane l’azione verso il debitore.
L’ESTINZIONE della mora si nel caso in cui la mora venga purgata: il debitore offre al
creditore l’esatta prestazione e i danni/ interessi.
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Questa bipartizione crea delle tensioni nel testo istituzionale, ci sono istituti che non sono
fatti illeciti ma generano un’obbligazione, sono necessariamente sono da contratto perché
non sono atti illeciti ma queste figure giuridiche non avevano tutti gli elementi del contratto:
manca l’elemento dell’accordo delle parti.
Gaio fa fatica ad inserirle, questa bipartizione crea una definizione di contratto molto
ampia che comprende le dichiarazioni unilaterali: il contratto è ogni atto lecito che
produce un vincolo obbligatorio.
Ricondurle a contratti è una forzatura quindi Gaio fa una nuova classificazione nelle Res
cottidianae (Aurea), tripartizione: aggiunge una voce: DA VARI TIPI DI FONTI, variae
causarum figurae. Con questa tripartizione vengono ricomprese le 2 figure di prima.
Questa tripartizione è piaciuta molto ai compilatori del nostro c.c. del 1942 che hanno
deciso di seguirla, art 1173: Le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito o da ogni
altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico.
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6. IL CONTRATTO
Def. di Labeone: individua nel contratto un negozio bilaterale o plurilaterale produttivo di
obbligazioni corrispettive in conformità del volere espresso dalle parti, basato sul
consenso.
Ulpiano riporta questa def. che è molto importante per il concetto del consenso, anche il
nostro contratto attuale si basa su di esso.
Questa nozione è più limitata rispetto a quella espressa da Gaio, per Labeone sono solo
quelli consensuali (il mandato no in quanto è un bilaterale imperfetto).
Il nostro c.c. prevede un accordo delle parti, elemento centrale. L’elemento del consenso
nel diritto romano venne generalizzato da Sesto Pedio che osservò che non poteva
esserci contratto senza accordo delle parti: non vi è contratto senza accordo delle parti.
Gaio – nozione più ampia: ogni atto lecito produttivo di un vincolo obbligatorio.
Esiste una quadripartizione dei contratti, 4 tipologie diverse, tra cui i contratti consensuali.
Per queste categorie il solo consenso non basta a dar vita al vincolo obbligatorio, occorre
che ci sia un ulteriore elemento:
1. CONTRATTI REALI: consenso + consegna della cosa (datio rei), quando consegno
la cosa sorge il vincolo obbligatorio
2. CONTRATTI VERBALI: consenso + pronuncia di parole solenni
3. CONTRATTI LETTERALI: consenso + documento scritto
4. CONTRATTI CONSENSUALI: solo consenso
Contratto unilaterale: quelli in cui sorge il vincolo obbligatorio solo in capo ad una parte
Contratto bilaterali imperfetto: quelli in cui sorge un’obbligazione almeno in capo ad una
parte, in capo all’altra parte è meramente eventuale.
Es contratto di comodato: si consegna qualcosa affinché la usi gratuitamente, in capo al
comodatario sorge l’obbligazione di restituzione, l’obbligazione del comodante è eventuale
(pagare le spese).
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Nel c.c si parla di tipicità in senso debole, prevede varie figure tipiche di contratti ma è
prevista una norma giuridica legittimante che permette alle parti di dare vita a nuove figure
basate sull’autonomia contrattuale purché esse si basino su interessi meritevoli di tutela
secondo l’ordinamento giuridico.
La tipicità in senso forte contrattuale dei romani non è mai stata avvertita come un limite.
Nel tempo è cambiata ed è diventata meno rigida e alla fine è stata scardinata.
Non ha rappresentato un vero e proprio problema perché ci sono stati vari interventi che la
hanno allentata:
Pretore: ha avuto a che fare con figure di contratti conosciuti in altri paesi con cui
Roma aveva buoni rapporti e attività commerciali. Alcuni di questi contratti vennero
tutelati solo dal pretore in quando sconosciuti dal novero romano, essi ottennero
una tutela esclusivamente pretoria attraverso l’uso di actionem in factum.
Poi questi contratti vennero ammessi nel novero dei contratti tipici del diritto civile
così vennero tutelati da azioni civilistiche, aciones in ius conceptae di buona fede.
Patti: accordi informali che non davano vita a un vincolo obbligatorio però furono
creati patti dal pretore che erano tutelai da azione. Equivalenti ai contratti.
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7. CONTRATTI REALI
Quei contratti che si perfezionano con la consegna della cosa, datio rei, ovvero in cui il
vincolo obbligatorio sorge nel momento della consegna della cosa.
Il mero accordo delle parti non è sufficiente, serve la consegna della cosa.
Sono 4, Gaio però menziona solo il mutuo, invece in un'altra opera integra il novero dei
contratti reali con altri: comodato, deposito, pegno.
1) MUTUO: è il contratto reale, unilaterale, a titolo gratuito col quale una parte
(mutuante) si trasferisce all’altra (mutuatario) la proprietà di un determinato quantitativo di
cose fungibili, con l’obbligo per chi lo riceve (mutuatario) di restituirne (sempre in proprietà)
altrettante, del medesimo genere e qualità (tantundem) alla scadenza del termine fissato.
(di la def. In questo ordine)
Al momento della consegna della cosa, datio rei, sorge il vincolo obbligatorio in capo al
mutuatario, il quale si obbliga alla restituzione del tantundem.
La datio determina il trasferimento della proprietà della cosa.
- È un contrato essenzialmente gratuito: non è possibile inserire una causa che preveda
la corresponsione degli interessi.
Per gli interessi alle banche si provvedeva attraverso la stipulatio usuraum, un altro
contratto con il quale il mutuatario si impegnava a pagare gli interessi. Alla fine sono circa
del 12%, istituto della centesimae usurae.
Il mutuo è un contratto di stretto diritto civile tutelato dalla condictio o actio che può essere
di 2 tipi:
1. certae rei: l’oggetto sono dei beni fungibili (il genere non perisce mai)
2. certae pecuniae: l’oggetto è una somma di denaro
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NB: I figli di famiglia non potevano ricevere denaro a mutuo a seguito del senatoconsulto
macedoniano: i figli non potevano peggiorare la situazione dei genitori, se i figli
contraevano un debito e non potevano pagare rispondeva il padre che però poteva evitarlo
dando in cambio il figlio al creditore.
2) COMODATO: contratto reale, bilaterale imperfetto, a titolo gratuito in base al
quale un sogg. (comodante) consegna ad un altro sogg. (comodatario) una cosa mobile
o immobile che ha la caratteristica di essere inconsumabile.
Affinchè il comodatario ne possa fare uso gratuitamente secondo le modalità convenute e
la restituisca alla scadenza del termine se presente o alla richiesta del comodante.
Il comodatario è mero detentore della cosa, non può usare la cosa in modo diverso da
quello convenuto, se facesse ciò sarebbe responsabile di furto d’uso, furtum usu.
Il comodato inizialmente venne tutelato dall’actio in factum, concessa dal pretore, poi
venne messo tra i contatti tipici e tutelato dall’azione in ius conceptae di buona fede con
cui il comodante può riottenere indietro la cosa.
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Il rapporto era una situazione di fatto, il precarista poteva essere estromesso dal fondo in
ogni momento, al tempo stesso il concedente non aveva uno strumento per ottenere le
giornate lavorative ma in seguito fu consesso un interdetto che permetteva questa azione,
interdiucum de precario.
Il precarista era tutelato da interdetto da terzi perché era considerato un possessore
anomalo, quindi non può mai usucapire il bene.
Sulla base dell’utilitas contrahentium i giuristi romani ritenevano che il depositario non
traesse alcun vantaggio dal deposito, la sua responsabilità è solo di dolo.
Anche il deposito inizialmente venne tutelato dall’actio in factum, concessa dal pretore, poi
venne messo tra i contatti tipici e tutelato dall’azione in ius conceptae di buona fede.
NB: È possibile dare in deposito anche beni consumabili, basta che siano all’interno di un
contenitore. Sono individuati nella species, bisogna restituire gli stessi identici soldi.
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Nel caso in cui l’obbligazione non venga soddisfatta dal pignoratario egli ne subisce le
conseguenze perché il creditore pignoratizio attraverso la lex commissoria poteva
diventare proprietario della cosa e anche venderla e far suo il guadagno per coprire il
credito.
Tipo particolare: PEGNO GORDIANO (introdotto dall’imperatore Gordiano) nel caso in cui
anche se l’obbligazione garantita sia estinta, sussistano altri rapporti obbligatori tra
oppignorante e creditore pignoratizio.
Benché tali rapporti non fossero garantiti dal pegno il creditore pignoratizio ha la possibilità
di tenere il pegno fino a che gli obblighi non vengano soddisfatti.
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8. CONTRATTI VERBALI
Si perfezionano con la pronuncia di parole solenni, certa et solemnia verba. Il vincolo
obbligatorio nasce da quelle.
1) STIPULAZIONE
Stipulatio: contratto verbale, formale, unilaterale e astratto. Viene realizzato attraverso
uno schema dialogico: tipico domanda-risposta, consiste nello scambio di una domanda
rivolta con parole solenni da parte dello stipulante (reus stipulandi) e di una risposta
congrua dalla parte chiamata promittente, reus promittendi.
La conseguenza è che sorge un’obbligazione in capo al promittente che si impegna ad
una prestazione che ha qualsiasi contenuto.
È chiaro che alla base della pronuncia delle parole c’è un implicito consenso delle parti.
- Astratto: perché prescinde dalla presenza della causa che può essere anche nascosta,
latente. Ci deve essere ma formalmente può non emergere.
Poteva avvenire che, sulla base della causa latente, qualcuno se ne approfittasse per fare
dei raggiri: lo stipulante ha compiuto una macchinazione facendo concludere un contratto
che l’altra parte non avrebbe concluso, dolo negoziale: insieme di raggiri posti in essere
per concludere un contratto che non avrebbe concluso.
Il diritto pretorio risolve la questione: consentiva al promittente di paralizzare l’azione del
stipulante concedendogli un exceptio doli.
Unità dell’atto, unitas actus: domanda e risposta dovevano avvenire nello stesso
momento, le parti dovevano essere presenti. Schema dialogico tipico e la risposta deve
essere congrua alla domanda.
Le parti devono essere presenti e partecipare all’atto: esclude muti e sordi, posssono
servirsi di un loro schiavo.
Si aggiunge anche il requisito della capacità di intendere e di volere, no stipulatio infans.
EVOLUZIONE
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Nel tempo si ha la decadenza della stipulatio: all’epoca di Leone si afferma che si può fare
con qualunque parola: quibuscumque verbis -> viene meno il requisito delle parole formali.
Anche in età giustinianea rimane comunque un contratto verbale, dal punto di vista dei
requisiti formali avviene un ulteriore modifica, si parla di presenza ridotta delle parti:
esse devono dimostrare di essere state presenti nello stesso giorno e luogo ma non è più
necessario che siano presenti insieme, c’è il documento scritto.
CASI PARTICOLARI
Casi in cui non c’è la domanda-risposta: stipulatio uno loquente: parla solo una delle
parti, il promittente
1. Dotis dictio: promessa unilaterale con cui si costituiva la dote a favore del futuro
marito, fatta dal padre o dalla donna stessa.
2. Promissio iurata liberti: giuramento del libero, lo schiavo liberato, che faceva
all’ex padrone. L’obbligazione sorge solo in capo al promittente
Nel diritto romano non esiste la stipulazione a favore di terzi, non è ammessa. Ma era
applicata una stipulazione chiamata penale per aggirare il divieto, stipulatio poenae:
stipulazione sottoposta a condizione tramite la quale si poteva prevedere una pena nel
caso di mancata esecuzione della prestazione principale.
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Trattazione di Gaio: l'obbligazione letterale nasce con parole scritte come nel caso dei
CREDITI TRASCRITTI.
Un credito può essere trascritto in 2 modi:
1) Da cosa (affare) a persona: Se registro come uscito a tuo conto quanto tu mi devi
per effetto di una compera, una conduzione o una società.
2) Da persona a persona: Se registro come uscita a tuo conto quanto Tizio mi deve.
Diversi sono i CREDITI DI CASSA: l'obbligazione ha natura reale e non letterale. Queste
trascrizioni non creano alcuna obbligazione, ma attestano un'obbligazione già formatasi.
Obbligano quindi anche gli stranieri perché appartengono al diritto delle genti.
Si discute, invece, se gli stranieri risultino obbligati dai crediti trascritti, in quanto sono di
diritto civile. Gli stranieri sono obbligati solo se la trascrizione viene fatta da cosa (affare) a
persona.
Diverso è il caso in cui una somma di denaro fosse effettivamente data a mutuo,
l’obòligatio sorge dalla datio rei e la trascrizione aveva solo fini probatori-> nomina
arcaica.
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Sono 4:
1. COMPRAVENDITA
2. LOCAZIONE-CONDUZIONE
3. SOCIETÀ
4. MANDATO: diversa visione tra Labeone: bilaterale imperfetto e Gaio: bilaterale
2. Vizi occulti della merx: difetti della merce non visibili, bisogna distinguere se il
venditore era in buona o mala fede:
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- Buona: stipulazione
- Mala: actio empti
Secondo altre interpretazioni in ogni caso il compratore poteva seguire 2 vie: tutele
introdotte da un pretore preposto alla tutela dei mercati, magistrati detti edili curuli.
2 azioni:
- Actio redhibitoria: si ripristina la situazione originaria, il compratore restituisce
la merce e il compratore il denaro
- Actio quanti minoris o aestimatoria: serviva a ridurre il prezzo per il
compratore, egli otteneva la differenza tra quanto pagato e il diverso valore
di stima del bene causato dalla presenza di vizi occulti.
OBBLIGAZIONI DEL COMPRATORE:
- Trasferire la proprietà del denaro, pretium, in caso di ritardo doveva pagare degli
interessi.
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ARRHA
In italiano caparra, presa dal mondo ellenico.
Chi voleva comprare consegnava una somma di denaro al futuro venditore con l’impegno
che se il venditore non avesse più voluto vendere la cosa avrebbe restituito il doppio della
arra.
Se il compratore non avesse più voluto comprare avrebbe perso la arra.
Ha 2 funzioni:
1. Probatoria: dimostra l’avvenuta compravendita arrha confirmatoria, lo scopo è
provare la conclusione del contratto.
2. Penale per il recesso: caso di recesso, arrha poenitentialis
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art 1602 c.c: se do in locazione un’abitazione poi la vendo l’acquirente deve rispettare il
precedente contratto di lc.
Nel diritto romano invece l’acquirente non era tenuto a riconoscere il contratto di lc perché
c’era un principio: la compravendita estingue la locazione (eptio tollit locatum).
Si decide di introdurre un patto aggiunto in forza del quale il venditore dice che l’acquirente
doveva rispettare la lc, se non veniva rispettata il conduttore poteva farsi cedere dal
locatore l’azione contro l’acquirente.
Il conduttore deva pagare la mercede, il canone, deve pagarlo anche se abbandona
l’immobile.
Nei casi di evizione o vizi occulti il conduttore può agire nei confronti del locatore per
ottenere il risarcimento dei danni.
Principio della remisso mercedis: applicata nel caso in cui per una calamità il conduttore
non avesse potuto fruire della cosa. Il conduttore poteva non pagare la mercede però
Papiniano sottolinea che se l’anno successivo fosse stato molto buono si sarebbe dovuto
pagare anche la mercede dell’anno precedente.
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Se invece il conduttore abbandona l’immobile senza giusta causa e prima della scadenza
del termine deve pagare l’intera corresponsione in denaro.
3 FATTISPECIE:
1. LC della cosa, locatio condutio rei
2. LC di un’opera, locatio condutio operis
3. LC di opere, locatio condutio operarum
È trattata in maniera unitaria dai giuristi romani mentre noi applichiamo una tripartizione
della LC, tripartizione pandettistica (tedeschi).
Nelle fonti romane possiamo individuarle ma i romani lo hanno affrontato sempre in
maniera unitaria.
1) contratto in base al quale il locatore concede una cosa per un tempo stabilito o
indeterminato il godimento di una cosa, il conduttore si obbliga a corrispondere la
mercede, normalmente costituita da una somma in denaro (eccezionalmente può essere
un pagamento in natura) e a restituire la cosa alla scadenza del termine.
La durata della locazione era stabilita convenzionalmente tra le parti ma nel caso di un
fondo rustico la durata è di 5 anni, in seguito può essere prorogata tacitamente di anno in
anno.
In questo caso a pagare la mercede è il locatore invece che il conduttore come in tutti gli
altri casi.
Rientrano in questo tipo tutti i casi in cui è presente una prestazione di fare in cambio di
denaro.
Esisteva la lex Rhodia de iactu: nel caso di merci trasportate per mare da una nave, la
nave sta per affondare, il trasportatore deve alleggerire la nave la legge stabiliva che se
parte delle merci fossero state gettate in mare il danno doveva dividersi tra tutti coloro che
avevano merci sulla nave, anche coloro che non erano stati danneggiati.
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Il locatore deve avere lo status di libero perché diversamente se fosse uno schiavo
sarebbe una res, cosa, quindi poteva essere lui stesso oggetto della lc.
Gaio: si individua come precedente del contratto di società l’istituto del consortium erto
non cito con cui i figli alla morte del padre creavano una società, poi vennero inseriti anche
estranei oltre ai fratelli che potevano ottenerla con un’apposita azione certa legis actio.
Con l’inserimento degli estranei è stato individuato un nesso tra questo, uno dei più antichi
modelli di società romana, e la società di tutti i beni, omnium bonorum. Quest’ultima
sarebbe la continuazione della funzione economica svolta dal consortium erto non cito che
non può essere sopravvissuto altre il I sec. a.C.
Le società sono raggruppate i 2 categorie: generali e speciali, e sono di 3 tipi: (le prime 2
del primo gruppo, l’ultima del secondo)
1. Di tutti i beni, omnium bonorum: si prevedeva che i soci si obbligassero a conferire
in società tutti i loro beni presenti e futuri, anche derivanti da atti di liberalità ovvero
anche eredità e donazioni.
Nel momento in cui i soci manifestavano il loro consenso si verificava il transitus
legalis: automaticamente si formava comproprietà dei beni.
2. Di tutto il guadagno, universalis quaestus: conferivano in società tutto quello
guadagnato dalla società posta in essere. Erano quindi esclusi i beni che pro
venivano da atti di libertà (eredità e donazioni).
3. Per un det. affare, unius rei: società creatasi per un det scopo patrimoniale che si
doveva raggiungere con un det affare.
Era invece vietate la Societas leonina, società del leone oggi patto leonino. Il nome viene
da una favolo di Fedro, in questa società un socio partecipava solo alle perdite e mai agli
utili.
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La società romana non ha personalità giuridica, oggi si: è una persona giuridica
centro di imputazione dei diritti e dei doveri separata dall’uomo.
Nei romani le obbligazioni vincolano i soci stessi non la società. C’è un principio: il socio
del mio socio non è mio socio.
2 casi di società con personalità giuridica:
Societas vectigalium
Societas publicanorum
Responsabilità contrattuale: si pensa che la responsabilità per colpa emergesse già in età
classica, culpa in concreto: caratterizzava la responsabilità del socio d’opera, grado di
colpa che è basato sulla diligenza che si è soliti avere nei propri affari.
O per dolo.
ESTINZIONE DELLA SOCIETÀ:
2 prospettive, sotto il profilo:
Oggettivo:
- la società si estingue quando scade il termine se c’è
- al conseguimento del fine
- quando è acclarato che lo scopo non possa essere raggiunto
Soggettivo:
- Recesso unilaterale: un socio abbandona, ne esisteva un tipo particolare:
recesso doloso che si verificava nella società di tutti i beni, il socio viene a
conoscenza di essere diventato erede di un terzo e per evitare di dover
condividere i beni opera il recesso dolosamente, i romani decidono che la
società si estingueva ma il socio era tenuto a rendere partecipi gli altri di
quella eredità.
- Morte per uno dei soci a meno che non ci sia un accordo che dica il
contrario, patto di non scioglimento
- Morte giuridica, capitis diminutio media e maxima
- Esperimento della actio pro-socio: uno dei soci agisce verso uno o più soci.
L’azione infrangeva il rapporto fiduciario tra soci la conseguenza è di essere
infamante per la vittima, venivamo meno i presupposti di fiducia.
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Non coincide con la def del art.1903 del c.c: mandato incarico a compiere atti giuridici, il
1909 dice che è un contratto a titolo oneroso (non gratuito, altrimenti si ricadrebbe in
un'altra forma).
L’oggetto del mandato deve essere lecito, è considerato nullo il mandato che abbia ad
oggetto un incarico da eseguire dopo la morte del mandatario perché l’obbligazione non
può trasmettersi agli eredi.
Il mandatario deve eseguire l’attività nel solco dell’incarico ricevuto, non può andare oltre.
Gaio descrive la fattispecie nella quale il mandatario esorbita dell’incarico: nel diritto
classico il mandatario non ha più l’azione.
Sabiniani: Il mandante è libero di non riconoscere l’operato del mandatario e il mandatario
non ha alcun mezzo per il riconoscimento del suo operato.
Proculiani: obbligo per il mandante di riconoscere l’operato entro i limiti dell’incarico.
TIPOLOGIE DI MANDATO
Gaio nelle Res cottidiane classifica le tipologie di mandato:
- Mea gratia: nell’interesse del mandante
- Aliena gratia: nell’interesse di un terzo
- Mea et tua gratia: interesse del mandante e del mandatario, in questa tipologia
ricadeva il mandato di credito.
- tua et aliena gratia: Interesse del mandatario e di un terzo
- Mea et aliena gratia: mandante e un terzo
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ESTINZIONE
Essendo il mandato fondato su un rapporto fiduciario tra mandante e mandatario si
estingue per rinuncia di una delle parti.
Si estingue anche per la morte di una delle parti o per la captis deminutio mexima o
media. Il mandatario che dia esecuzione al mandato senza sapere che il mandante è
morto ha la possibilità di avere l’azione nei confronti dell’erede del mandante, viene
tutelata la sua posizione.
Mandante-garante
Mandatario Terzo-mutuatario
-mutuante
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Essi sono accordi, conventiones, privi di un nomen proprium che prevedono prestazioni
corrispettive di dare o fare.
Non rientrano tra le tipologie di contratti previsti dall’ordinamento giuridico romano. Essi
sono però comunque protetti da azione per l’adempimento.
3 FIGURE:
1. PERMUTA: scambio di cosa con cosa, i sabiniani volevano ricondurla ad una
compravendita ma prevalse la teoria dei proculiani secondo cui il pretium non
poteva essere qualcosa di diverso dal denaro.
2. CONTRATTO ESTIMATORIO: art 1556: un sogg. tradens consegna all’accipiens
una cosa che è stata stimata avere un certo valore, l’accipiens si impegana a
venderla se non lo fa la deve restituire.
Essa è tutelata con l’actio praescirptis verbis: azione con premessa di parole, per
l’adempimento.
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Prima esisteva solo un altro tipo di azione: per poter ottenere indietro quale si fosse dato
conditiom rem dati re non secuta.
12. PATTI
Accordi informali che non danno vita a un vero contratto, non producono obbligazione, non
sono mai tutelati da azione. secondo il principio: dal nudo patto non si produce
obbligazione.
Sono produttivi solo di eccezione.
Ci sono casi particolari in cui anche ad alcuni patti venne riconosciuta tutela mediante
azione, tutelati dal pretore con lo strumento dell’eccezione. I patti nel corso del tempo
hanno subito modifiche, ci sono 3 casi in cui abbiamo patti tutelati da azione:
1. PATTI AGGIUNTI A CONTRATTI DI BUONA FEDE: il patto viene inglobato nel
contratto, tutelato dalla stessa azione.
2. PATTI AGGIUNTI A CONTRATTI DI STRETTO DIRITTI CIVILE
3. PATTI PRETORI
4. PATTI LEGITTIMI
In entrambe i casi (in continenti, extra intervallo) è sempre solo produttivo si eccezione.
Non era quindi mai prevista una tutela mediante azione, difesa solo mediante eccezione.
Nel diritto post-classico il patto perde importanza, si creano patti molto simili ai contratti
che trovano tutela mediante azione:
3) PATTI PRETORI
tutelati dal pretore con l’actio in factum, accordi informali che però erano tutelati da azioni.
Assimilabili ai contratti ma sempre lasciati fuori dal novero.
Essi sono:
- constitutum debiti proprii: impegno assunto informalmente di adempiere ad una propria
precedente obbligazione. Es patto del mutuatario di pagare entro un certo termine
- consitutum debiti alieni: accordo informale tramite il quale un terzo si faceva garante per
un debito altrui
3) PATTI LEGITTIMI
Tutelati da leges sulla base delle costituzioni imperiali, tutelati con azioni.
Sono 3:
1. COMPROMISSUM: attraverso questo le parti si vincolavano a sottostare alla
decisione dell’arbiter. Il rischio era che una delle parti non accettasse la decisione
dell’arbiter, quindi si ponevano in essere della stipulazioni penali.
2. PATTO DOTALE: accordo informale per costituire la dote
3. PATTO DI DONAZIONE: impegno informale di trasferire un bene a titolo di
donazione, patto di compiere la traditio del bene.
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Casi che non potevano essere obbligazioni da delitto né contratti perché manca l’elemento
dell’accordo tra le parti, consensualità.
Emergono in età giustinianea, Giustiniano crea la bipartizione tra obbligazione quasi da
contratto e quasi da delitto, espressione bizantina dovuta a Teofilo professore, scrive la
“parafrasi alle istituzioni” dove mette questa terminologia.
Un sogg. gestisce gli affari di una persona assente perché questa gestione è il
comportamento dell’uomo medio, della brava persona.
Il presupposto, quindi, è che manchi un incarico, altrimenti sarebbe un mandato.
Si parla quindi di:
- iniziativa spontanea
- si deve avere la consapevolezza di stare gestendo negozi altrui e
- si deve portare a compimento l’opera e
- la gestione deve essere apparentemente utile, utiliter coeptum: connesso alla
diligenza del bonus vir, deve essere una diligenza che porta il gestore a muoversi
nella consapevolezza che la sua attività sia la cosa migliore da fare, deve apparire
almeno inizialmente utile.
- Non c’è utiliter coeptum quando c’è un divieto da parte del dominus di ogni
intervento, in questo caso il gestore non ha diritto al risarcimento delle spese
compiute per l’incarico.
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Il rapporto tra gestore e gerito è regolato dall’actio negotiorum gestorum, azioni di gestioni
di affari. Possono essere dirette o indirette, sorgono reciprocamente delle azioni che fanno
valere le obbligazioni.
OBBLIGAZIONI DEL GESTORE: soggetto che gestisce gli affari di una persona assente
- deve condurre a termine l’attività intrapresa
- deve far conseguire al gerito i risultati dell’attività
ORIGINE
Il procurator è un amministratore stabile, nasce in ambito familiare perché originariamente
c’era la figura del servus acto: schiavo preposto all’amministrazione dei beni del dominus,
spesso veniva premiato con la libertà così che diventasse procuratore. Lo liberava
attraverso la manomissio.
Spesso si trattava di un liberto e quindi continuava ad esserci un rapporto in ambito
familiare. Il liberto ha ancora dei doveri verso il padrone (ad es non lo può citare in
giudizio, deve comportarsi con rispetto), era quindi facilmente controllabile.
Nel tempo nasce la figura del procuratore nato libero e si crea l’istituto della negotiurum
getior, amministrazione degli affari. L’amministratore aveva compiti vari e spesso agiva di
sua volontà, fino a quel momento il contratto di mandato era spesso per incarichi singoli.
2) PAGAMENTO DELL’INDEBITO
Avviene quando una persona erroneamente convinta di essere debitore, paga un terzo,
convinto di essere creditore, una somma di denaro. Si basa su un’erronea convinzione di
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Traditio e iusta causa: Savigny lo usa per portare avanti la teoria della tradito astratta,
ha contribuito all’introduzione del principio di astrazione nel mondo tedesco.
Savigny si è basato su un passo di Giuliano e anche sul pagamento dell’indebito, secondo
lui qui manca una giusta causa, nonostante ciò, la proprietà del denaro si trasmette da
colui che paga a colui che riceve, che infatti diventa proprietario. Sorge però in capo a chi
riceve l’obbligo di restituire.
Savigny osserva che siccome il passaggio di proprietà avviene non è la giusta causa a det
il trasferimento ma l’accordo tra le parti in ordine al trasferimento di proprietà-> traditio e
accordio delle parti determinano il trasferimento di proprietà.
I glossatori sostennero che si era comunque in presenza di una giusta causa, definita
putativa, si crede che ci sia.
Fra i quasi contratti ci sono ALTRE FIGURE:
- tutela fra il tutore del pupillo e il pupillo
- communio incidens: comunio incidentale, gestione della cosa comune o della
coeredità. Manca sempre l’elemento della consensualità
2 casi particolari:
- pollicitatio: istituto che caratterizza le dichiarazioni di un soggetto candidato alle
elezioni, faceva delle promesse in pubblico e se eletto queste potevano essere
fatate valere dagli organi della civitas che potevano agire per ottenere quanto
promesso. L’oggetto era la costruizione di un’opera pubblica.
- votum: promessa rivolta ad una divinità, che poteva essere fatta valere dai
rappresentati di tale religione, sacerdoti.
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Il congegno consiste ne fatto che in entrambi i casi non si tratta del trasferimento di
un’obbligazione ma della nascita di un altro rapporto obbligatorio con un nuovo
creditore e debitore.
Sulla base di costituzioni imperiali si concesse al rappresentate un actio utilis con la quale
poteva agire come se si trattasse di un credito proprio.
a) MORTIS CAUSA
HEREDITAS: Già dall’epoca delle 12 tavole l’erede diventava creditore o debitore,
debiti e crediti si trasmettono in capo agli eredi, se sono più di uno si dividono tra di
loro.
BONORUM POSSESSIO: istituto che consisteva nell’attribuzione a colui che ne
aveva fatto richiesta e avesse avuto le qualità di possedere e godere della
situazione di erede, indipendentemente dal titolo.
Lato attivo:
- obbligazione che nasce da iniuria: il soggetto che ha commesso iniuria viene
sanzionato, l’actio iniurario può essere esperita solo dalla vittima dell’iniuria. L’erede
non può avvalersi dell’azione
- credito adstipulator: non si può trasmettere
b) INTER VISOS
- ARROGAZIONE, arrogatio: aveva molto peso nell’antica società romana, infatti, veniva
fatta davanti ad un’assemblea popolare, comizi curiati.
Ad rogare, rogare significa interrogare: Il popolo veniva interrogato sulla bontà di tale atto.
Le conseguenze per il diritto romano portavano una capiti diminutio minima del soggetto
che la subiva. Questo estingueva i debiti e i crediti del soggetto arrogato passavano a
colui che lo adottava. L’arrogatio trasmetteva tutti i crediti che aveva mentre i debiti si
estinguevano per il diritto civile.
Tutto questo comportava un uso distorto dell’arrogazione: persone per evitare di pagare i
debiti poneva in essere un arrogatio. Intervenne il pretore che concesse un’azione utile,
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actio utilis per fare in modo che il creditore dell’arrogato potesse avere un modo per avere
il denaro.
- CONVENTIO IN MANUM: La donna quando si sposava entrava nella famiglia del marito
attraverso questo istituto, non era un soggetto giuridicamente autonomo, alieni iuris:
sottoposta alla giuridicità del marito.
Tutto questo serviva per entrare nella famiglia del marito, questo determinava
l’acquisizione dei crediti della donna ma estingueva i suoi debiti.
- BONORUM EMPTIO: vendita all’asta dei beni di un soggetto che non aveva pagato i
debiti, dal punto di vista civilistico i debiti e i crediti continuavano a far capo al soggetto
espropriato.
Il pretore fece in modo che il bonorum emptio ovvero colui che acquistava i beni
subentrasse nella situazione patrimoniale del debitore. Si fece in modo che si potessero
trasmettere questi rapporti a chi comprava.
Il bonorum emptio veniva tutelato dal pretore che faceva si che l’acquirente dei bene
messi all’asta subentrasse nei diritti e obblighi dell’espropriato attraverso l’introduzione di 2
azioni pretorie:
1. Actio rutiliana: azione che poteva essere usata quando il soggetto espropriato era
in vita.
Veniva definita azione con trasposizione di soggetti: il bonorum emptio agisce
nell’intentio (parte del processo, pretesa) con il nome del debitore, mentre nella
condanna, condamnatio c’era il nome del bonorum emptio.
Il bonorum empto così poteva acquistare il credito.
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Esistono casi in cui l’interesse non è giuridicamente protetto, è un danno che non
comporta però un atto illecito (es concorrenza).
L’atto illecito nel diritto romano viene disciplinato operando una distinzione tra:
- Crimina: illeciti di natura pubblica, perseguiti dallo stato, violano un interesse della
collettività. Perseguito con un processo pubblico.
- Delicta o maleficia: illeciti di carattere privato, lede un diritto soggettivo di
carattere privato, perseguibile soltanto dall’offeso.
Noi ci occupiamo dei delicta, in questo ambito l’illecito comporta il sorgere di una
responsabilità di carattere patrimoniale-> porta al pagamento di una somma di denaro a
titolo di pena. Si tratta di una pena pecuniaria, non afflittiva come avveniva all’inizio.
I delitti sono considerati di minor gravità rispetto a crimina, portano sempre al sorgere di
una obbligazione che comporta una pena pecuniaria.
Tutti gli altri non saranno più considerati illeciti, entrano nell’ambito della repressione
criminale.
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AZIONI PENALI
La responsabilità è perseguibile tramite un’azione, azioni chiamate penali, sono le azioni
che servono per fare valere la pretesa del pagamento di denaro basata sull’illecito ex
delicto.
Comportano l’irrogazione di una pena: pagamento di una somma di denaro.
Bisogna notare che nel diritto romano l’evoluzione delle pene private ha avuto un percorso
lungo che affonda le radici nella preistoria romana, vediamo che inizialmente la
responsabilità non era di carattere pecuniario ma se subivi un danno il sistema delle pene
private comportava la possibilità di una vendetta indiscriminata: anche oltre ciò che aveva
subito.
In seguito, si capì che era eccessivo quindi si trasforma in una vendetta disciplinata
facendo un parallelo con il danno subito, legge del taglione, talio: vendicarsi con un atto
uguale e contrario.
Si elimina in seguito la vendetta sulla persona con una sanzione di carattere patrimoniale,
pagamento di una somma di denaro.
Caratteristiche:
- INTRASMISSIBILITÀ DAL LATO PASSIVO: la responsabilità al pagamento, il
sorgere dell’obbligazione grava solo in capo all’autore dell’illecito.
La responsabilità personale non trasmissibile agli eredi, l’unica eccezione è
che l’azione sia stata espedita nei confronti del danneggiato e si sia giunti ad una
fase del processo chiamata litis contestatio, fase di cesura attraverso la quale
l’azione determina il sorgere di una responsabilità che porta alla condannatio
ovvero al pagamento. Se si è già arrivati a questa fase la responsabilità è
trasmissibile agli eredi.
- CUMULATIVITÀ: le azioni penali sono cumulabili ovvero l’azione è esperibile per
ciascuno dei ladri, ad esempio, si può chiedere a ciascuno di essi l’intera pena.
Le azioni sono anche cumulabili con altre tipologie di azioni, quelle reipersecutorie.
- DURATA: quelle di diritto civile sono perpetue (no limite), quelle di diritto pretorio
durano 1 anno.
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3) DANNEGGIAMENTO
È un illecito da cui deriverà l’art 2043 cc ita.
In particolare, il danneggiamento disciplinato dalla legge Aquilia dà il nome alla nostra
responsabilità extra contrattuale.
Art 2043 cc: Risarcimento per fatto illecito: qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona
ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il
danno.
ORIGINI
Precedenti dell’ipotesi di danneggiamento:
già presente nella legge delle 12 tavole che prevedeva diversi casi senza giungere ad una
configurazione unitaria:
- Taglio di alberi altrui, actio di arboribus, sanzionava il taglio di alberi altrui
- Danneggiamento causato dal pascolo abusivo, actio de pastu pecoris, concessa
al proprietario di un fondo nei confronti del proprietario dell’animale che avesse
pascolato su tale fondo.
- Danneggiamento causato dall’animale, actio de pauperie, menzionata ancora da
Giustiniano. Era un’azione che era esperita per sanzionare il danno compiuto da un
animale quadrupede facente parte del bestiame.
Il danno, pauperis, fatto dall’animale è sine iniuria, senza comportamento
antigiuridico, perché l’animale non è imputabile.
Bisogna notare che alcune dottrine animiste avevano individuato qualche colpa
nell’animale.
In generale il danno dell’animale faceva sorgere una responsabilità oggettiva, non
ce ne si può liberale, in capo al proprietario dell’animale. Non sono incluse le bestie
feroci per la loro indole.
L’azione mirava ad un risarcimento del danno, alcuni pensavano che si potesse
consegnare l’animale alla vittima come se fosse imputabile. Il proprietario poteva
liberarsi dalla responsabilità consegnando l’animale.
- C’è anche una terza interpretazione di Daube, giurista che sostiene il contrario di
Cannata: la fattispecie originaria prevista era solo quella deteriorativa della cosa.
Daube si sofferma anche sulla questione del valore, non si tratterebbe di disporre il valore
della cosa negli ultimi 30 giorni ma nei 30 giorni successivi, lo dice prendendo come
riferimento 2 passi di Ulpiano sulla legge Aquilia che contengono uno il verbo al passato,
l’altro al futuro (erit) con quello al futuro ritiene che bisogna attribuire al proprietario il
valore di quelle cosa nel valore che avrebbero avuto nei 30 giorni successivi al danno.
Secondo cannata Daube avrebbe creato il problema e gli avrebbe dato una soluzione,
sostiene che il verbo al futuro sia un errore di un copista.
Cannata ha criticato questa ipotesi considerandola la brillante soluzione di un falso
problema.
- L’interpretazione giurisprudenziale si basa sul fatto che i verbi della condotta erano
bruciare, infrangere e rompere, questo è vincolante, il danno doveva essere compiuto con
quel comportamento.
In particolare si fermano sul verbo rompere, intero come corrumpere, in qualunque modo
la cosa fosse stata deteriorata, quindi non si guarda più la modalità vincolata, la condotta
non viene più osservata ma si guarda il risultato.
Attraversa l’interpretazione estesa del verbo rumpere di estende la valenza della lex
aquilia ad ogni comportamento che avesse come conseguenza il danneggiamento della
cosa.
Lo dice anche Gaio: “in qualunque modo rovinate, distrutte o deteriorate”.
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IMPUTABILITA’: una minoranza di studiosi ritiene che originariamente il terzo capo non
desse conto della imputabilità della condotta che porta all’illecito sulla base di un
determinato comportamento psicologico.
Questa teoria è stata vanificata da quella dominante per la presenza del termine iniuria
che ricomprenderebbe i 2 criteri di responsabilità: dolo e colpa. Quindi il danno fatto con
un comportamento antigiuridico secondo la dottrina dominante all’interno della parola
iniura sia compresa l’incompatibilità del soggetto agente con un determinato
comportamento psicologico.
CORPORE CORPORI
Il danno deve avvenire corpore corpori, col corpo al corpo, causato dal corpo del
soggetto agente e arrecato all’integrità del corpo, contatto muscolare.
Esclusione di sanzione della condotta omissiva, quando il danno non è arrecato con il
corpo.
Il fatto che questa e altre condotte non rientrassero ha portato il pretore a concedere
un’azione utile in caso di danno non corpore, no esigenza di un contatto diretto.
Nel diritto romano le garanzie personali sono nate in tempi antichissimi, vades, predes:
forma antichissime di garanzie di obbligazione.
Art 1936 cc: è fideiussore (garante) colui che, obbligandosi personalmente verso il
creditore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui.
Lex Apulèia: stabiliva il diritto di regresso fra cogaranti: ci sono più sponsores, se
uno fosse stato costretto a pagare tutto, egli non avrebbe avuto un mezzo per rifarsi
nei confronti degli altri cogaranti. Gli da questa azione contro gli altri cogaranti.
Lex Furia: attribuiva il beneficio della divisione in presenza di più garanti, erano
tenuti solo pro quota. Stabiliva anche la durata delle garanzie personali: 2 anni.
Punti in comune:
Promessa a eseguire la stessa prestazione
Potevano accedere solo a obbligazioni verbali da stipulazione
Sponsor e fidepromissor non potevano obbligarsi in duriorem causam, il loro debito
non poteva essere maggiore di quello principale
Non trasmissibili agli eredi
Durata biennale
Presentavano una accessorietà relativa all’atto giuridico
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Differenze:
- Trasmissibile agli eredi
- No possibilità di regresso dei cogaranti
- No regresso del debitore
- Non si estinguevano dopo 2 anni
- In caso di pluralità di fideiussori ciascuno era tenuto a pagare l’intero.
Dato che il fideiussore non godeva delle leggi a vantaggio di sponsio e fidepromissio
furono introdotti 3 BENEFICI, TRIA BENEFICIA:
Non si poteva applicare nemmeno la lex Apuleia: diritto di regresso fra garanti, era
possibile attuarlo solo se alla fideiussione era sotteso un rapporto di mandato o una
gestione di affari ma era difficile ci fossero quindi il fideiussor era sprovvisto di azione
verso il debitore principale.
Jhering: è assurdo cedere le azioni dopo aver estinto il debito, non ci sono più le azioni da
cedere.
Il dilemma viene risolto da Giuliano: applica lo schema della vendita del credito, ovvero il
fideiussore quando paga, non paga per estinguere il debito, ma paga per comprare le
azioni che spettano al creditore nei confronti del debitore principale.
Quindi in ogni pagamento compiuto da fideiussore si individuava un contegno permanete
che considerava quel pagamento come un pagamento non estintivo del debito ma per
comprare le azioni che il creditore aveva verso il debitore principale.
In questo modo il garante subentrava nella posizione del creditore e poteva rifarsi nei
confronti del debitore principale.
Il pagamento compiuto dal fideiussore avveniva emendi animu e non solvendi animu,
quindi con l’intenzione di comprare le azioni e non di pagare per estinguere il debito.
Teoria della fictio venditio: questo metodo sembrerebbe una finzione ma in realtà non si
fa ricorso alla finzione si applica la struttura pratica della fideiussione. Si applica lo schema
della compravendita e non c’è finzione.
Nel caso della cessione delle azioni si applica lo schema della vendita senza portarlo alle
sue estreme conseguenze.
Si interpreta tale pagamento riferendosi all’acquisto delle azioni.
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Questo beneficio presenta “il giallo dell’antica norma”: Giustiniano pubblica la NOVELLA 4
preceduta da una prefazione o proemio che contiene molti dati storici, in particolare
racconta che in realtà il beneficio di escussione era già stato introdotto in passato da
un’antica norma ma non specifica quale, nessuno l’hai mai trovata ma è sicuramente
esistita infatti Giustiniano specifica che l’antica norma non aveva funzionato, non era stata
applicata.
Giustiniano dice che è strano che l’antica norma non avesse funzionato perché c’era stato
un giurista che aveva indicato la strada da seguire, Papiniano, considerato da lui il più
grande dei giuristi.
Papiniano aveva introdotto in un passo che esisteva un istituto fideissuio indemnitatis,
una fideiussione condizionale che risolveva questa questione:
- il garante poteva essere escusso solo dopo il debitore principale ma nel caso di
assenza del debitore spettava al creditore andarlo a cercare.
Papiniano aveva già tracciato la strada e Giustiniano si meraviglia che non sia stata
seguita.
Qualcuno ha detto che l’antica norma era quel passo di Papiniano, ma non è così perché
la norma avrebbe funzionato allora si capisce che l’antica norma aveva introdotto un
beneficio di escussione semplice tout court, aveva previsto solo il principio generale.
Siamo sicuri che Giustiniano voglia aiutare i fideiussori? Se lo avesse voluto veramente gli
sarebbe bastato trasformare la fideiussio indemnitati di Papiniano in legge, invece non
applicandola è il garante a dover cercare il debitore.
Giustiniano escluse dal beneficio di escussione una potente categoria, quella dei
banchieri, gli argetari.
Procopio di Cesarea, storico che detesta Giustiniano, dice che il ministro della giustizia di
Giustiniano (Triboniano) era un corrotto tanto che qualora fosse intervenuto qualcuno
disposto a pagarlo costui era pronto ad intervenire con provvedimenti di legge in 15 giorni.
I banchieri si arrabbiano per essere esclusi e dopo 15 giorni arriva una nuova novella
(136) che non li esclude più.
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Il creditore vuole rendere la posizione di debitore e garante nello stesso piano, condizione
di equivalenza.
L’interesse del garante invece è di non essere posto sullo stesso piano, vorrebbe una
posizione sussidiaria: che il creditore andasse prima dal debitore.
I 2 interessi si contrappongono.
-> Ci fa capire che alla sua epoca il vincolo era il sentire sociale.
Siamo in un’epoca caratterizzata dalla fides-pistis di cui ci parla Max Weber, “casistica
delle aspettative”, affidamento che si è soliti riporre nei creditori, persone per bene.
Certi comportamenti sono stati vincoli sociali così forti che erano come leggi, poi avviene
una giuridificazione di questi doveri sociali.
DIFFERENZE
ACCESSORIETA’
L’accessorietà relativa all’atto giuridico è una teoria che nasce da WERNER FLUME che a
24 anni scrive: “studi sull’accessorietà delle garanzie personali delle obbligazioni romana”
conia la differenza fra l’accessorietà:
- della sponsio e fidepromisso
- della fideiussione.
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Critiche a Flume: non si può dire che la formula sia con id ma sempre con idem, ma
questa teoria è stata commentata e sostenuta da Cannata leggendo l’apografo di
Studemmund nella fideopromitto c’è id + puntino, giusto che sia così = idem, nella
fideiusso non c’è il puntino.
Nella spondeo c’è id senza puntino, ma esso ci doveva essere in quanto è idem.
I detrattori hanno detto che il puntino viene messo una volta ogni tanto, quando capits,
quindi qualcuno ha pensato che anche nella fideiusseo ci dovesse essere il puntino.
Infatti guardando con gli infrarossi il testo originale si vedeva il puntino nella spondeo
mentre si conferma l’ID nella fideiusseo.
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