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Un lessico giuridico

La connotazione specifica del diritto è data dalla sua immaterialità, in quanto non possiede
significa sibili, né tangibili né soggettivi, e dunque si configura come un concetto sfuggente e di
difficile definizione soprattutto se se ne vuole sottolineare la distanza o quantomeno evitare
l’identificazione, con l’idea di giustizia, con quella di morale e con quella di legge. Tuttavia se ne
può parlare inizialmente in due sensi: come ordine, regolamentazione della vita sociale, o come
pretesa a cui corrisponde un obbligo. Nella prima accezione il diritto si configura come l’elemento
di strutturazione prevalente di qualunque gruppo sociale: una società è tale perché, e solo se è
ordinata secondo uno schema organizzativo, e in questo senso giuridico, su cui converge il
consenso della maggior parte degli individui che la compongono.
In questo senso si avvicina concettualmente ad una forma di linguaggio che rende possibile la
coesistenza tra soggetti e gruppi di soggetti che pur conservando le rispettive peculiarità, sicuro
ordinano tra loro organizzandosi, talora istituendo diseguaglianze e gerarchie, il nome di un
comune interesse alla convivenza pacifica. La socialità rappresenta una caratteristica essenziale del
diritto, intesa così da Aristotele a Grozio. Non ogni manifestazione sociale, però, è di per sé
giuridica: il diritto non si può confondere con la sociologia. La regolarità giuridica si fonda sul
criterio precipuo dellaprescrittività: la giuridicità intesa come funzione ordinativa della condotta
umana, che in questo senso la distingue dalla realtà naturale perché qualifica e ordine
comportamenti secondo criteri normativi, che presuppongono sempre la libertà e l’attività
dell’uomo, a differenza delle leggi fisiche che invece lo escludono. “Gli esseri umani sono liberi”
scrive Kelsen, perché imputano la ricompensa, la penitenza o il castigo come conseguenza, al
comportamento umano. Nel tardo antico si afferma l’uso del termine “diritto” diverso da “ius”,
Participio passato del verbo dirigere, che ha in sé una dimensione dinamica, ordinativa, attiva, che
rispecchia il consolidamento culturale delcristianesimo, che sconvolge l’ordine del mondo
precedente con un ordine nuovo derivante dalla volontà di Dio. Fu il giurista Cassiodoro che
sintetizza questo passaggio in: “Directusdicitur quod, de curvo, rectusefficitur”
La funzione del diritto consiste nell’orientare comportamenti, non nel limitarsi a rispecchiarli: è
fondato sulla normatività e non sulla normalità.
In epoca primitiva, nella Grecia antica, il diritto era considerato ordoordinatus (ordine ordinato),
Che conserva un ruolo sostanzialmente statico e oggettivo lontano dalla dinamicità e dalla volontà
e dalla soggettività, su cui si basa invece l’ordoordinans (ordine ordinante). Le regole di
convivenza, le norme etiche, le leggi civili rientravano tutte nel contesto di “Nomos”: ordine
complessivo del mondo che include costume, tradizione, ethos sacro. La legge universale viene
personificata da Dike, figlia di Zeus. Eraclito scriveva che se il sole fosse uscito dal suo corso le
erenni ministre di Dike, ve lo avrebbero riportato, allo stesso modo in cui se l’ordine fosse stato
turbato dall’uomo Dike sarebbe intervenuta per pulire il responsabile per ripristinare l’ordine
espresso dal Nomos.
Questa è la fase del diritto naturale classico in cui il diritto coincide con la giustizia e la giustizia e
naturale. Ogni azione in epoca premoderna assume un significato morale ed etico che non si
distingue da quello giuridico. La spiegazione di un comportamento non si trova obbligatoriamente
nella volontà libera del soggetto che lo compie. Nella concezione antica del mondo ogni essere
umano occupa il posto assegnatogli dal destino, ciascun individuo si muove in sintonia con gli altri
per raggiungere obiettivi prestabiliti.
Quindi l’adikìa (ingiustizia) non era la violazione di un diritto soggettivo ma di una regola superiore
da chi era spinto dallo iùbris (arroganza). È difficile dunque stabilire la libertà dell’azione umana.
Anche l’intervento di Ate, figlia di Zeus, dea dell’errore, rientra tra gli elementi che scagionano che
agisce sotto il suo influsso. Persino l’amore rende incolpevoli. Ad esempio Gorgia nel suo encomio
di Elena lo include tra i motivi che scagionano Elena dall’essere ritenuta colpevole dalla sua fuga a
Troia. L’amore rende Elena una vittima e non la vera responsabile delle sue azioni.
Aristotele analizza il tema della libertà del volere, definendo la differenza tra atti volontari e atti
involontari.
Atti volontari: di cui si è responsabili delle conseguenze
Atti involontari: che derivano dall’ignoranza, dalla costrizione o dalla paura di mali peggiori o a
causa di qualcosa di bello.
L'uomo è libero quando agisce senza costrizione e quando conosce le circostanze che lo inducono
ad agire. Inoltre secondo Aristotele l'uomo che vive nella comunità politica trova la vera felicità
nella dimensione esistenziale della polis.
Nella cultura romana ha un'importanza rilevante la civitas (civiltà).
Qui prevale l’idea secondo cui si è membri di un’entità giuridica che prevede la condivisione di un
sistema costituzionale in cui è incluso anche lo straniero che si sottomette.i romani infatti volevano
conquistare lo straniero ma lo stesso tempo rispettare la cultura dei popoli assoggettati in modo
da costruire una comunità politico religiosa multiforme e composita. Dunque rispetto all'idea
greca di un mondo ordinato dagli dei o dal fato virgola in epoca romana inizia a provare il concetto
dell’importanza della volontà umana che crea il jus, legge scritta virgola che a volte si oppone o
sovrappone al fas, volontà degli dèi.
Il cittadino romano è libero i due sensi:
- È libero in quanto soggetto pieno di diritti in contrapposizione a chi in assenza di cittadinanza ne
è privo.
- È libero in quanto appartiene ad un popolo libero, indipendente dallo straniero, e vive in assenza
di schiavitù.
Mentre per i greci commettere uno sbaglio significava turbare l’ordine naturale, ripristinato da
Dike, per i romani emerge un elemento della volontà e della individualità. Bisogna tener presente
che il diritto romano pur essendo si è sviluppato fino all’epoca Giustinianea, è ancora lontano
dall’arrivare a distinguere l’autonomia del diritto rispetto alla morale, e delle regole giuridiche
rispetto a quelle etiche. Ancora più complessa si rivela la distinzione fra i due piani del diritto e
della morale nel medioevo e soprattutto dopo l’avvento del cristianesimo.
Nei primi secoli del medioevo l’individuo si percepisce come elemento di un ordine collettivo. Il
concetto stesso di individuo appare difficile da definire se non in opposizione rispetto alla
società.in ambito giuridico vi è una mescolanza fra diritto germanico, romano e Cristiano. Non si
distinguono chiaramente neppure gli aspetti di natura civile da quelli penali. La faida ovvero la
vendetta privata viene accettata con l’editto di Rotari in cui viene considerata come strumento per
rimuovere l’offesa e ripristinare la pace fra le famiglie. La guerra viene intesa come attività propria
del principe poiché il torto, il danno, il crimine vengono considerati come elementi di turbativa
dell'ordine sociale a cui è possibile porre rimedio con la vendetta.Il diritto di proprietà non viene
concepito come prerogativa del singolo ma come conseguenza di una condizione economica
complessiva nel medioevo.Il diritto non risponde a forme tipiche e non vi è uno schema
prefissato.La diffusione del cristianesimo Fa si che si comincia a porre come questione centrale
nella filosofia il problema della volontà libera e del libero arbitrio.
Sant'Agostino introduce il tema del rilievo dell'elemento psichico nelle azioni umane e delle
relative conseguenze. La proiezione di questo argomento in ambito giuridico, con l'emissione del
decreto di Graziano e con l'affermazione del principio della capacità di intendere e di volere. Il
concetto di libertà si basa sull’idea di arbitrarietà intesa come possibilità di scegliere fra il bene ed
il male e capacità di liberarsi da quest’ultimo.Da Sant’Agostino il libero arbitrio. Viene concepito
come libertà minore, diversa dalla libertà maggiore rappresentata dall’autonomia dell'uomo e che
implica la responsabilità effettiva delle azioni che egli compie.
Definiamo giusnaturalismo antico e medievale la dottrina, secondo la quale esiste e può essere
conosciuto un diritto naturale, inteso come un insieme di norme di condotta intersoggettiva che
ha validità per sei, indipendentemente dal fatto che vi sia un diritto posto dagli esseri umani che di
volta in volta rappresentano l'istruzione politica.
L'elemento comune consiste soprattutto nella indifferenziazione.
Tra fatti e valori, e fonda sull’assunto che esista una giustizia naturale, indipendente dalla volontà
umana derivante dalle leggi naturali che a reggono il cosmo.Accanto al diritto naturale viene
individuato il problema posto dall' esistenza di un diritto positivo, convenzionale, cioè posto dagli
uomini e più specificamente da chi detiene il comando della comunità politica, appunto. Secondo
Aristotele “Del giusto civile una parte è di origine naturale, un'altra si fonda sulla legge. Naturale e
quel giusto che mantiene ovunque lo stesso effetto e non dipende dal fatto che ad uno sembra
buono oppure no; Fondato sulla legge e quello invece, di cui non importa nulla, se le sue origini o
siano tal altre, bensì importa come esso sia una volta che si ha sancito.”
In questo senso il rapporto del diritto naturale con il diritto positivo, si propone come un rapporto
fra il generale ed il particolare.Emblematica di questa contrapposizione è la tragedia di Sofocle che
ha per protagonista Antigone: Il re di Tebe, Creonte, vieta la sepoltura del corpo di Polinice, Uno
dei fratelli di Antigone, che, opponendosi ad un editto di Creonte, Aveva mosso guerra alla città e
all'altro fratello, Eteocle. Antigone, contravvenendo. Agli ordini del re, seppellisce il corpo di
Polinice, appellandosi alle leggi non scritte ed eterne degli dei virgola che gli uomini non possono
contraddire. Creonte, peraltro, non ha prolungato le sue leggi per un capriccio, ma perché ritiene
che queste abbiano ragioni che si fondano sull’utilità comune che siano necessarie per la
sopravvivenza della città.Non è in discussione in questo senso, il rapporto fra il giusto e l'ingiusto,
ma tra due modi di intendere la giustizia: una divina ed eterna, uno umana e mutevole, un valore
in sé ed un valore funzionale al bene pubblico.
Il problema se esistano valori universali virgola e dunque presente in ogni tempo in ogni luogo, è
stato spesso posto dai pensatori contemporanei.Secondo Hannah Arendt, Esistono regole e norme
in base alle quali gli uomini distinguono il bene dal male e che vengono sempre invocate per
giudicare gli altri e giustificare se stessi- regole. Enorme, le cui validità è ritenuta evidente da
chiunque sia sano di mente, facendo essa parte del diritto naturale e divino. Secondo Hart, se è
vero che alcune azioni, ad esempio il furto e la violenza, sono sempre considerate malvagie e
riprovevoli anche nelle società primitive, è vero che la parola morale e tutti gli altri termini
connessi o quasi sinonimi, come etica, hanno una loro notevole zona di ambiguità o struttura
aperta.Norberto Bobbio scrive a questo proposito “Ció che chiamiamo ‘coscienza morale’ è da
collegarsi al formarsi, al crescere della consapevolezza dello stato di sofferenza, di infelicità in cui
versa l'uomo nel mondo e al sentimento di insopportabilità di questo stato.” La determinazione
dei diritti e degli obblighi dei soggetti è uno dei principali elementi di unificazione, una società
virgola in quei valori si pongono come elementi comuni e accomunanti. Il concetto di valore deve
essere considerato come denominatore comune di una certa unità di fondo variamente si
manifesta e si atteggiano e la che dimensione pratica della moralità, del diritto e del costume, nella
dimensione estetica della poesia e dell'arte, della scienza… in ogni campo il valore emerge da ciò
che, irrilevante, indifferente, neutrale come ciò che ha rilievo e fa differenza. E dunque, dal punto
di vista del diritto, un ordinamento giuridico può considerarsi una gerarchia di valori giuridici,
perché tutte le sue norme sono l'esito di un apprezzamento dei valori in gioco o come ugualmente
si dice virgola, di una ponderazione degli interessi. La difficoltà di stabilire i confini del giusto e del
bene, è uno degli elementi che conduce all' affermazione della nuova forma di diritto naturale
virgola che, conduce al giusnaturalismo moderno. Dalla prima metà del diciassettesimo secolo le
leggi generali che regolano il cosmo sembrano trovare il loro fondamento nella ragione universale,
comune a tutti gli esseri umani, che gli spinge ad associarsi tra loro attraverso la stipula di un
contratto sociale, variamente definito da diversi autori riconducibili a questa corrente teorica. In
che modo gli uomini hanno volontariamente da una condizione naturale ad uno stato civile virgola
in cui il diritto è posto e riconosciuto nella sua artificialità e non più semplicemente identificato
come naturale e universale.La modernità rappresenta un vero e proprio spartiacque in termini
giuridici e virgola, più generalmente virgola in termini culturali. A partire dalla modernità, si
specificano i concetti relativi ai diritti soggettivi o individuali, allo Stato sovrano e al diritto positivo
e positivismo giuridico. Si può tentare di definire sinteticamente lo Stato come organizzazione
della vita di un determinato gruppo sociale su un determinato territorio. Il sorgere dello stato
moderno territoriale, viene fatto coincidere con la stipula del trattato di Westfalia (1648) con cui
ciascuno stato accetta di riconoscere i diritti degli altri. Lo stato moderno nasce dall'esigenza di
ricomporre in un unico stato politico dell'Europa cinque seicentesca, in cui la religione non si
riconosce più come punto di riferimento unitario, ma diventa al contrario terreno di scontro.
Secondo Max Weber: "Lo stato è quella comunità umana la quale, nell'ambito di un determinato
territorio, e il territorio è un elemento caratteristico, pretende per se il monopolio dell'uso
legittimo della forza fisica (forze dell'ordine, polizia). Lo stato vale come unica fonte del diritto. Si
realizza così l'esigenza di razionalizzazione del potere che in epoca medievale appariva diffuso e
policentrico, successivamente invece si modifica accentrandosi nella figura di un soggetto sovrano.
di stato bisogna riferirsi ai progetti fare modernità e sovranità: con la fine della modernità, negli
anni successivi alla prima guerra mondiale e ancora, dopo la fine dei totalitarismi, il concetto di
Stato sovrano diventa oggetto di discussione profonda. La modernità costituisce un vero e proprio
spartiacque in termini giuridici e culturali. Con la modernità si specificano i settori di: diritti
soggettivi e quello di stato (sovrano) con la conseguenza dell'affermazione dell'idea di diritto
positivo.La modernità nasce a partire da:- dalla crisi dei metodi tradizionali della conoscenza
- con la laicizzazione delle istituzioni
- con la separazione di ciò che è spirituale e religioso da ciò che è politico, con la separazione di
stato e chiesa
- con l'affermazione delle teorie di Machiavelli.
Vi sono inoltre alcuni accadimenti storici precisi che determinano l'inizio della modernità:
- La scoperta dell'America, che accorcia le distanze
- La riforma protestante con cui l'individuo assume la coscienza di poter agire liberamente e
consapevolmente.
Inoltre l'individuo moderno è, infine, un'entità autonoma indipendentemente dall'organizzazione
sociale di cui fa parte. L'espropriazione dei beni ecclesiastici che ne deriva da uno scossone al
concetto di inamovibilità della proprietà privata.
Prima infatti l'idea tradizionale di proprietà privata era basata sull'acquisizione ereditaria dei beni
immobili in uno spazio fisico circoscritto come quello dell'Europa.
Ora invece quest'idea viene superata dalla constatazione della grande estensione degli spazi nelle
immense colonie, che a sua volta induce alla frammentazione ereditaria e alla appropriazione
fondata sulla transazione e sullo scambio. Si modifica così in modo radicale anche il rapporto degli
uomini con il lavoro e il denaro virgola che diviene uno strumento di manifestazione della grazia di
Dio.L'altro accadimento importante fu:
- La scoperta del telescopio, una delle più importanti scoperte dell'epoca soprattutto per le
conseguenze filosofico- politiche che ne seguirono: in primo luogo si affermò la questione del
dubbio. Ovvero, l'esigenza e l'incapacità di avere certezze assolute. Questo se da un lato
rappresenta il fondamento del pensiero giuridico moderno come premessa della libertà di
pensiero, dall'altro soprattutto nel senso politico-giuridico segna la perdita della certezza e la
diffusione del disordine che si contrappone alla prevedibile organizzazione medievale in cui ogni
uomo aveva un superiore. Infatti Thierry definì il medioevo come "una grande catena di doveri".
L'Europa cinque-seicentesca appare dilaniata dalle tante guerre di religione che segnarono la
consapevolezza della perdita dell'unico riferimento politico che vi era in epoca medievale, ovvero
la cristianità. Occorre sottrarre l'individuo all'insicurezza, con una nuova autorità forte che faccia
da custode di un nuovo ordine.
Con lo stato sovrano si diffonde l'idea secondo cui i valori non stanno nella natura delle cose bensì
nella ragione umana. Con lo stato sovrano che promulga le leggi dando uniformità ai principi. Se
immaginiamo di osservare dall'alto un borgo medievale ed una città del Rinascimento, il primo ci
appare come una foresta di torri, campanili e costruzioni appuntite, che è l'esatta riproduzione
plastica del principio feudale. Forse qualche costruzione domina sulle altre, ma non in maniera
netta. Infatti durante il medioevo il signore dominava su qualcuno ma a sua volta era anche
dominato. Vi era una pluralità del potere. Con il rinascimento invece, si osserva un paesaggio
lineare con una cupola, magari di un edificio pubblico, che domina su tutte le altre costruzioni in
modo netto. Questa cupola raccoglie tutte le linee dell'edificio e le fa convergere in un unico punto
in alto. Emblema del nuovo stato in cui vi è una figura che domina su tutte le altre.
E'una figura che non riconosce niente al di sopra di se, né uomo né legge. Questo potere è
assoluto ed infatti il principe non è vincolato dalle leggi. La sovranità si presenta come attributo
fondamentale dello stato. Essa ha una duplice valenza: esterna, come tutela della sicurezza dello
stato nei confronti degli altri stati. Interna, con il tentativo di stabilire l'ordine con l'eliminazione
dei poteri feudali e con il porre un insieme di norme che permettano una convivenza pacifica e
ordinata. E soprattutto con l'assumere risorse esclusive del potere che implica il diritto di ricorrere
alla forza in ultima istanza. La sovranità dunque, è un insieme di diritto e forza,
di aspetti giuridici e politici. Le caratteristiche della sovranità vengono sintetizzate da Jean Bodin
nel 1576 ne I sei libri dello stato secondo cui:
- L'originarietà: poiché il potere sovrano non deriva da alcun altro potere preesistente.
- La perpetuità: poiché essa non coincide con le persone fisiche che ne incarnano
temporaneamente il ruolo: è un attributo del potere in quanto tale.
- L'assolutezza: poiché essa non è limitata da vincoli posti da leggi superiori o comunque esterne:
in questo senso il potere dello stato sovrano si identifica anche con la sua laicità. E inoltre:
Indivisibilità, inalienabilità, imprescrittibilità, qualità che sottolineano la specificità della differenza
tra diritto privato e diritto pubblico. In questo senso si comprende perché lo stato sovrano
moderno assoluto, sia comunque paradossalmente l'altra faccia dello stato liberale poiché
essendovi lo scioglimento da vincoli superiori e grazie alla separazione fra ciò che è pubblico e ciò
che è privato, lo stato assoluto lascia spazio alla libera attività dei cittadini e dunque alla loro vita
privata. Infatti pur essendo assoluto il comando del sovrano non è illimitato ed è dunque lontano
dall'illimitatezza tipica della tirannide. La nozione di assolutismo è anche molto distante da quella
di totalitarismo che tende a plasmare la personalità dell'individuo attraverso l'uso e le espressioni
del terrore e della propaganda che si serve anche dei primi mezzi di comunicazione. Infine lo stato
totalitario detiene il completo controllo sia della sfera politica che di quella economica. Al
contrario lo stato assoluto pone le premesse della libertà economica e individuale. Nasce così il
concetto di diritto pubblico che si contrappone al diritto privato in cui ogni cittadino mantiene la
sua sfera di autonomia. Nel medioevo l'individuo occupava un posto preciso nella scala gerarchica
della società. Ora si può scorgere definitivamente la nascita e l'evoluzione dei principi su cui si
fonda il mondo borghese, dunque con la modernità si fissa anche il criterio di consapevolezza
dell'esistenza dei diritti soggettivi e individuali.LA CREAZIONE DEI DIRITTI SOGGETTIVI (NE
E’ESEMPIO IL BILL OF RIGHTS INGLESE E AMERICANO ) Prima della modernità l’individuo non
veniva pensato come soggetto autonomo di diritti ed era soltanto il componente di una società in
cui delle regole imposte, percepite come doveri comandi e obblighi ,dovevano disciplinare e
rendere possibile la convivenza tra i soggetti. Per Hobbes, l’individuo era un elemento pericoloso,
perché possibile disgregatore della società; allora, il suo individualismo doveva essere superato
dall’affermazione dello Stato civile (il leviatano, inteso come un grande organismo vivente). E’
proprio nella modernità,invece, che si afferma il concetto di individuo oltre la teoria organicista la
quale concepisce il complesso politico come unicum e incomincia a problematizzare l’esigenza
della tutela: in Inghilterra ,ad esempio, il BILL OF RIGHTS (il termine right indica in inglese
unicamente il diritto soggettivo )emanato nel 1689, che insieme al concetto di habeas corpus
rappresenta nei sistemi di common law il nucleo dei diritti posti a tutela della libertà personale,
esso comporta infatti la conquista dei poteri del parlamento e della libertà dei cittadini di fronte al
tentativo di affermazione assoluta, dunque è una sorta di difesa contro l’affermazione assoluta del
re. (che all’epoca era Giacomo II). In America , invece, il Bill of Rights fa riferimento ai primi 10
comandamenti della costituzione approvati nel 1791 che elencano i diritti dei cittadini e limitano
l’ingerenza del governo. Si tratta di diritti assoluti, ma che possono essere messi da parte in
presenza di cause di forza maggiore, ovvero quando si ritiene che vadino in conflitto con altri diritti
costituzionali (ex. la libertà di stampa può essere limitata ove metta in pericolo la sicurezza
nazionale). I diritti soggettivi nascono, quindi, dal rovesciamento del rapporto tra Stato e individuo
singolo :dalla priorità dei doveri dei sudditi si passa a quella dei diritti dei cittadini.
Tale rovesciamento si è verificato con la rivoluzione francese e la dichiarazione dei diritti del 1789
i quali vanno visti come la facoltà attribuita al cittadino di fare ciò che egli vuole, nei limiti
consentiti dalle leggi vigenti. Tali diritti gli permettono di avvalersi di un potere ,(la LIBERTA’) e
tramite questo, realizzare un interesse (FORZA).
DIRITTI REALI E DI CREDITO, SOGGETTIVI PRIVATI E PUBBLICI SOGGETTIVI
Bisogna però operare la distinzione tra DIRITTI REALI, che hanno per oggetto una cosa (e si
possono far valere ERGA OMNES, come la proprietà privata) e quelli di CREDITO, che hanno per
oggetto una prestazione di un soggetto nei confronti di un altro soggetto (l’OBBLIGAZIONE
GIURIDICA, infatti, si fa valere nei confronti di un soggetto specifico).
Va altresì fatta la distinzione tra DIRITTI SOGGETTIVI PRIVATI, cioè quelli che disciplinano i
rapporti tra soggetti in condizione paritaria e i DIRITTI PUBBLICI SOGGETTIVI, cioè i diritti che
danno a un soggetto la possibilità di far valere le proprie ragioni nei confronti dello Stato e i suoi
organi, non si tratta solo di garantire i diritti sulle cose riconosciute già dal diritto romano ma di
salvaguardare la libertà del cittadino.( ad esempio in caso di violazione della proprietà Privata o di
mancato stipendio)Il concetto di diritti soggettivi può essere distinto da quello di INTERESSE
LEGITTIMO, che è invece, una posizione giuridica tutelata solo indirettamente rispetto ad un
interesse più generale (caso di concorrenza pubblica).
HANS KELSEN critica la differenza tra diritti soggettivi e oggettivi , secondo il suo punto di vista la
distinzione tra diritto soggettivo e diritto oggettivo equivale a quella tra diritto pubblico e privato,
persona fisica e giuridica, tra Stato e ordinamento: tutti mascherano la funzione ideologica di
coloro che cercano di far prevalere le opinioni politiche che favoriscono ,l'idea statistica o liberale,
ma che non hanno nulla a che fare con l'unità concettuale del diritto positivo. I diritti pubblici
soggettivi risalgono alla categoria dei diritti umani: che si riferiscono alla persona in quanto tale a
prescindere dal riconoscimento o dall'attribuzione di qualche potere pubblico ; Il tema dei diritti
umani pone,inoltre, due questioni principali: quella della loro storicità, e quella della
"giustiziabilità".
Innanzitutto il problema relativo ai diritti umani si pone a partitre dall’osservazione di trovare ai
diritti umani un fondamento assoluto e quindi immutabile ,dato che quest’ultimi sono dei fini
desiderabili e non sono ancora stati tutti ,in egual misura distribuiti.
Sono state,quindi, individuate quattro generazioni di diritti a partire dall'osservazione dove in ogni
modo il concetto della protezione dei diritti sorge come esigenza di difesa dal potere nelle diverse
forme in cui questo si esprime: prima il potere religioso, poi quello politico, poi quello economico e
quello tecnologico infinito. I primi diritti di cui storicamente si ottenne la tutela giuridica sono i
diritti di libertà: essi esprimono la richiesta allo Stato e al potere giuridico-politico che questo
rappresenta, di astenersi dall'intervenire lasciando liberi i cittadini di agire nell'ambito della vita
politica ed economica, e assicurando la protezione dei diritti civili e politici. I secondi furono i
diritti sociali: quelli per i quali diventa necessaria l'azione dello Stato che ne deve assicurare
l'esecuzione oltre che la tutela (es. Istruzione, lavoro, salute). [ se ne comincia a parlare nella
Costituzioni francese(1789 e 1793 e 1848), e anche nella Germania di Bismark. Nel 1891 pubblica
la Rerum Novarum, emessa da Leone XIII, che presenta l'interesse della Chiesa di Roma e il rigore
dei diritti sociali con l'affermare del diritto dei lavoratori ad associarsi e il diritto ad "un giusto
salario". ]
Nell'ambito della tutela dei diritti sociali, ci sono differenze specifiche senza le quali una reale
uguaglianza non sarebbe possibile. L'idea del soggetto di diritto inteso come un entità astratta e
generale aveva il senso di annullare le differenze economiche e sociali riconoscendo l'eguaglianza
sostanziale di tutti gli individui in quanto titolari di diritti.
La forma antica di libertà corrisponde specificamente secondo Constant alla condizione tipica di
Sparta ma ancora a quella di Roma, mentre Atene sembra percorrere i tempi mostrando un
sistema istituzionale oltre che di vita e di pensiero molto più vicino a quello moderno, una
distinzione che rimane paradigmatica del pensiero politico contemporaneo e che è stata ripresa in
termini diversi ma con significati analoghi da Berlin il quale pone la definizione tra la differenza di
libertà negativa e libertà positiva; la prima si qualifica nella modernità sostanzialmente come
assenza di impedimenti all' azione individuale ovvero quella che Hobbes definiva essenza di
impedimenti al moto, come per il fiume che segue il suo corso naturale finché non trova un
ostacolo che gli impedisce di proseguire ,mentre la seconda ovvero quella positiva, antica, come
autodeterminazione politica collettiva, non del singolo ma del corpo sociale inteso come una
totalità(nazione- comunità ).
Il soggetto astratto comprendeva tutti ma nel prosiguo del tempo rischiava di non definire
completamente alcuno. [ex. Sul lavoro sono rilevanti le differenze uomo / donna per l'età
pensionabile, la maternità ec.] Nella contemporaneità si creano altre classi di diritti che nascono
dalla diffusione delle nuove tecnologie: l'esigenza di protezione dall'inquinamento, di tutela della
privacy, bioetica. Il diritto alla vita, originariamente inteso da Hobbes come diritto a non essere
uccisi in maniera violenta, assume oggi connotazioni diverse ed entra in conflitto con il diritto della
libertà: la libertà di usare del proprio corpo (ex: aborto che può apparire in contrasto col diritto
alla vita). L'evoluzione storica dei diritti umani è, dunque, caratterizzata da un progressivo
allargamento dei confini ; Per questo motivo il soggettivismo Giuridico subì, a partire dalla
seconda metà dell'800, un'erosione che determinò un ridimensionamento della sua funzione
storica e ideologica.In Germania infatti l'influenza della visione kantiana pose la centralità
nell’analisi scientifica del diritto ,ridimensionando i rapporti intersoggettivi negli istituti giuridici
che marginalizzavano la tematica dei diritti soggettivi ,dunque la dimensione oggettiva e razionale
cominciò a prendere il sopravvento nella concezione mistico-borghese ponendo un caposaldo nel
pensiero gius-filosofico moderno.La nozione di diritto soggettivo negli sviluppi successivi ,
dapprima fu identificata con il concetto stesso di diritto oggettivo ,mentre in un secondo momento
fu del tutto assorbita e negata nella dottrina pura di kelsen che risolde la dialettica diritto
soggettivo /diritto oggettivo come uno dei tanti falsi dualismi che la scienza giuridica tradizionale
aveva arbitrariamente sostenuto. Contemporaneamente,In Francia fiorisce un movimento di
critica radicale (soprattutto dopo l'entrata in vigore della Codè Napoleon), il quale ha come scopo
quello di far emergere con maggior vigore gli aspetti sociologici e l'essenza solidaristica del diritto,
il maggior esponente fu león duguet che volle edificare un sistema giuridico basato sui principi
‘imminenti’ della solidarietà e della funzione sociale di ogni norma in ogni istituto ,ostinandosi
nella volontà di eliminare dalle scienze giuridiche tutti i concetti ritenuti da lui ‘’metafisici’’.
L'evoluzione del diritto soggettivo è dunque caratterizzata da un duplice opposto fenomeno:
-da un lato vi è l'espansione delle rivendicazioni individuali e collettive che trova terreno fertile
nella teoria dei diritti umani .
- dall’altro , il concetto di diritto soggettivo sembra subire un ridimensionamento che ne limita il
suo potenziale egoistico e antisociale, equilibrando il rapporto tra libertà dei privati e bene
comune.
In realtà solo con le costituzioni contemporanee (il costituzionalismo) si può parlare
effettivamente di diritti, nel senso secondo cui, le costituzioni passano da una funzione descrittiva
ad una prescrittiva ,ovvero non ci si limita più a di chiarire i diritti dell'uomo e del cittadino dando
per presupposta un' esistenza naturale di questi diritti ,Ma si presuppone che si vengono fondati
solo nel momento in cui una costituzione ne prevede una specifica tutela.
(I cittadini francesi dell' ancièn régime godevano di una forma effettuale di libertà infatti non erano
prigionieri ma la loro libertà non era oggetto di diritto da parte dello Stato infatti scrive de
tuequeville che si trattasse di una specie di libertà irregolare che non giungeva mai a concedere a
tutti i cittadini le garanzie più naturali e più giuste )
Si pose in questo senso, anche il problema dei diritti fondamentali, quello che specifica e chiarisce
quello dei diritti umani : essi possono coincidere , ma i diritti umani si intendono in un'accezione
universalistica, sono astratti ; i fondamentali sono invece i fondamenti giuridici della società. Con
l'inizio del XX secolo, i diritti furono intesi come limiti dello stesso legislatore: essi divengono
principi costituzionali superiori ,garantiti attraverso organi istituiti per il controllo di legittimità
delle leggi rispetto alla costituzione.Dalla seconda metà del 900 si ritiene inoltre che il contenuto
dei diritti debba essere sottratto alla competenza dei singoli stati attraverso il loro riconoscimento
sul piano internazionale introducendo così il concetto di tutela internazionale dei diritti degli
individui oltre che di quelli delle minoranze e dei popoli.
Si precisa dunque il concetto di diritto, Inteso in termini contemporanei, come una struttura
deontica poiché non c'è diritto senza che vi sia un obbligo corrispondente e non c'è diritto né
obbligo giuridico senza una norma di condotta; infatti avere un diritto significa imporre un obbligo
e disporre della forza di un terzo (giudice ,arbitro, potere politico) che deve costringere l'
obbligato.Dunque diritto e forza, diritto e sovranità, si collegano poiché la sovranità si identifica
con il potere ultimo di comando in una società politica che la differenzia dalle altre associazioni
umane in cui questo potere non c'è, dunque la sovranità si può definire come la razionalizzazione
giuridica del potere cioè la trasformazione della forza in potere legittimo.
Legitimità/legalità
La legittimità si può intendere come il criterio di validità del potere, il titolo in base al quale esso in
mano alle sue regole ,esige l'obbedienza (osservanza) da coloro a cui si rivolge.
Essa è la condizione dell'autorità che rende il potere diverso dalla forza(auctoritas:augere, quel
‘qualcosa in più’ ) in quanto attributo che qualifica lo stato come sovrano, che si fonda sulla
presenza in una parte rilevante della popolazione di un grado tale di consenso da assicurare l'
obbedienza ,ricorrendo alla forza solo in casi eccezionali; questa è la caratteristica che assicura ad
un ordinamento il riconoscimento interno (da parte dei sudditi) ed esterno (da parte degli altri
ordinamenti sovrani )e riguarda la titolarità del potere , non il suo esercizio.
Ancora una volta la definizione del concetto di legittimità e la classificazione dei dei suoi profili
ideal tipici risale a Max Weber il quale ne individua tre forme distinte:
1 tradizionale >Le regole si trasmettono per tradizione e si rinnovano per opera del corpo
giudiziario (condizione giuridico politica pre-moderna)
2 carismatica> Fondata sul potere di capi naturali che non sono impiegati o professionisti della
politica, bensì portatori di uno specifico dono del corpo e dello spirito ( nel senso di non essere
accessibile a tutti)
3 legale> Definisce la modernità: secondo Weber la forma oggi più ricorrente di legittimità è la
fede nella legalità.Con l'affermazione dello Stato moderno, che implica una struttura monistica
della società ,lo stato avoca (devolve a se stesso )tutti i poteri in primo luogo quello di creare
diritto, con la conseguenza dell' abrogazione ( la cessazione efficacia di una norma) di tutti i diritti
particolari e l'obbligo di applicare solo norme poste dallo stato.
Il giudice e rappresenta il ruolo tipico del cambiamento di condizione giuridica . Subisce un
progressivo cambiamento , da arbitro con il compito di dire diritto diviene dapprima funzionario
dello Stato e poi organo, fino alla definitiva affermazione del dogma dell’onnipotenza del
legislatore e della completezza dell'ordinamento giuridico , che trova riscontro nell'articolo 4 del
codice napoleonico emanato nel 1804 ,il quale recita :’il giudice che respingerà di giudicare sotto
pretesto del silenzio ,potrà essere processato come colpevole di denegata giustizia ‘ Esso ,stabilisce
implicitamente che anche la regola interpretativa debba essere trovata all'interno del sistema
legislativo, questo aspetto segna un'ulteriore differenza non solo nei confronti della tradizione
giusnaturalistica ma anche di quella anglosassone fondata sulla common law, nella cultura
giuridica inglese ,infatti, il concetto di Stato- persona è inesistente.
[ common law =ogni sentenza tiene conto della sentenza emanata da un collega
precedentemente.
Civil law(attuale in italia)= giudici sottoposti solo alla legge.
L'idea di persona giuridica descrive la nozione dell' 800 che individua nel mondo del diritto altri
soggetti oltre gli esseri umani come titolari di diritti e doveri .Prima al massimo si distingueva tra
soggetti singoli e soggetti membri di gruppi organizzati. La sovranità diviene quindi l' attributo di
un ente astratto, lo stato persona giuridica , inteso come soggetto distinto dalla società(800 si
identifica nella borghesia).Kelsen nella prima metà dell'Ottocento sostiene che si tratta di una
metafora ideologica utile a celare la volontà di potenza dello Stato sovrano,mentre, Carl Schmitt
negli stessi anni individua una distinzione storica e concettuale tra sovranità e statualità dato che
lo stato non sembra più in grado di interpretare il suo originario ruolo politico.
In Europa continentale si compie un processo di razionalizzazione e formalizzazione, con esito
finale il diritto positivo, quest ‘ultimo rappresenta l'emancipazione del diritto da tutte le istanze
extra giuridiche in primo luogo dalla natura oltre che dalla religione; infatti il positivismo giuridico
è una dottrina secondo cui non esiste altro diritto se non quello imposto dallo stato, attraverso atti
autoritativi la cui violazione implica la previsione di sanzioni(leggi).
Esso si afferma in Europa alla fine del 700 all'inizio dell'Ottocento nella fase in cui le dottrine del
giusnaturalismo moderno che sono fondate sull’ idea della ragione universale sembrano essersi
consolidate anche sulla spinta della diffusione della cultura illuminista e il codice napoleonico
emanato nel 1904 a Parigi si prefiggeva la riunificazione, sistematizzazione e la diffusione di
principi del diritto naturale e moderno, Dando vita ad un testo che ponesse fine alla tradizione
giuridica caratterizzata dalla molteplicità e dal particolarismo Giurisprudenziale tipici dell ‘ancien
régime.I caratteri distintivi del positivismo giuridico nella sua versione tradizionale sono stati
riassunti da Norberto Bobbio in 7 punti fondamentali:
1L’avalutatività > fondare la validità del diritto sulla sua struttura formale
2 coattività> il diritto si definisce in funzione della coazione
3 legalità >la legge è un atto autoritativo ,cioè posto dallo stato, e costituisce la fonte prevalente in
particolare rispetto alla consuetudine
4l’ imperatività> il diritto è un insieme di norme giuridiche che si intendono come comandi
5 sistematicità >le norme giuridiche devono essere considerate come un sistema unitario che
forma un ordinamento
6 meccanismo interpretativo> il giudice deve porsi nei confronti delle norme in modo poco o per
nulla creativo, non può ricavare regole dal costume o dalla precedenti elaborazione giudiziaria.
7 teoria dell’ obbedienza> impone di rispettare le regole e per a prescindere dalla condivisione dei
contenuti.Il positivismo giuridico si fonda sul principio del formalismo scientifico secondo cui il
diritto come forma, generalmente costante, viene distinto da un contenuto generalmente variabile
. Le norme giuridiche esistono, a prescindere dal loro contenuto e la scienza giuridica deve
costruire un sistema unitario capace di risolvere eventuali controversie.
L’avalutabilità Pone una distinzione dei giudizi di fatto da quelli di valore. Già Kant rileva come l'
adesione interiore ai contenuti dell'obbligo riguardardasse la sfera della morale, mentre il diritto
richiede una mera conformità esterna nei confronti della norma giuridica a prescindere dall'
intenzione che lo sottende, distinguendo quindi nettamente il concetto di formalismo etico
secondo cui sarebbe giusto ciò che è conforme alla legge .
Questa questione affrontata nella prima volta nel 1904 dalla redazione di weber pone una
distinzione tra conoscere e il valutare, tra il compimento del dovere scientifico di vedere la verità
dei fatti e il compimento del dovere pratico di difendere i propri ideali.
La scienza del diritto ,ha per oggetto qualificazioni normative , sulle quali le norme prendono
posizioni in maniera esplicitamente autoritaria :sono emblematiche le questioni che vengono
definite eticamente rilevanti come aborto immigrazione ecc..
Ogni regola (norma) indica quali sono i caratteri formali dell’atto giuridicamente rilevanti, in modo
che quando un comportamento li possieda, si produce l'effetto giuridico.
i fattispecie(intesi come Un modello astratto di una fattispecie intesa come schema prefissato
come situazioni tipica alla quale si collegano fatti concreti) sono una parte della norma giuridica
nella quale sono espresse le condizioni il cui avverarsi rende applicabile la norma stessa. Più
specificamente può essere una fattispecie concreta, ovvero, fatto o insieme di fatti che si
verificano effettivamente; e poi la fattispecie astratta ossia la descrizione astratta contenuta nella
norma (ipotesi normativa).
Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale il giuspositivismo subisce un ripensamento da
parte della dottrina giuridica contemporanea che si collega alla crisi della sovranità statale.
Se per il diritto si deve intendere solo quello posto dallo stato che si esemplifica in un atto
autoritativo la legge comincia ad essere considerata inadeguata e pericolosa non più esaustiva
nella pretesa di ricomprendere tutto il diritto e nell’ ambizione di esprimere rappresentare i diritti
individuali, richiede dunque al contrario una legittimazione e una stabilizzazione ulteriore che si
ottengono sottoponendone la presunzione di validità ad una fonte di grado superiore che ne
definisce i limiti di contenuto oltre che di forma: la costituzione.
il diritto ,dunque, si apre all’ esistenza di principi costituzionali.
Legge:Lo Sviluppo dello Stato moderno Accanto alla monopolizzazione della produzione giuridica
da parte dello Stato consegue a una riduzione di tutte le fonti tradizionali del diritto ad un'unica
fonte, quella del LEGGE. Il SOVRANO MODERNO a differenza dal principe medioevale, che
produceva poche leggi lasciando ad altre fonti l'ordine giuridico della società(lo jus prevaleva sulla
Lex) ,concepisce il diritto come funzione fondante della dimensione politica, diventa strumento di
espressione e controllo del potere e si fonda sempre più sul diritto, che si configura come
espressione di sovranità. La modernità si realizza quindi attraverso il primato del diritto generale e
astratto, che garantisce:
• Eguaglianza -> tutti i soggetti sono trattati allo stesso modo; è garantita dall'uniformità
dell'operato della magistratura e dell'esecutivo. In senso negativo, questo principio è considerato
un freno al potere politico.
• Prevedibilità -> esprime un bisogno tipicamente borghese; serve a garantire la presunta
certezza del diritto. Si tratta di un principio economico che facilita quello della libera concorrenza,
ma anche etico, perché garantisce l'eguaglianza dei cittadini.
La legge generale e astratta diventa così uno strumento privilegiato per la tutela dei diritti.
Il requisito dell’ astrattezza poggia su un fondamento economico, che "normalizza" l'uomo,
lasciando fuori dalla regolamentazione giuridica individui e categorie considerate irrilevanti dal
punto di vista dell'economia di mercato.
La Generalità della legge , garantisce una normatività media, adatta a tutti(tipica della classe
borghese). Pertanto, la legge deve essere specifica, altrimenti c'è il rischio che dietro la generalità
ci siano misure individuali che possono produrre arbitrarietà (es. Generalklauseln Prodotte dalle
interpretazioni dei tribunali nell'era nazista). Anche l'articolo 2 del codice penale nazista ,
recitava:’ colui che compie un atto dichiarato punibile dalla legge, o che merita punizione perché
in conflitto con il sano sentimento popolare, deve essere punito’.
La funzione della legge è originariamente quella di garantire stabilità, sicurezza e razionalità,
quest'ultima dipende dal fatto che la decisione giuridica è l'applicazione "calcolabile" e
controllabile di un principio giuridico astratto. Si parla in questo senso di razionalità delle regole,
come della funzione di un procedimento che assicura la giustezza di tutte le decisioni assunte
secondo le regole.Dunque la prevedibilità delle conseguenze giuridiche delle proprie azioni, serve
a garantire la presunta certezza del diritto, mentre l'eguaglianza è garantita dall’ uniformità delle
azioni del potere giudiziario e di quello esecutivo infatti se i giudici fossero autorizzati a decidere
caso per caso non in conformità a norme preesistente nulla impedirebbe loro che fattispecie
uguali fossero trattati in modo diverso. Nella Francia dell’ '800 è ancora la legge ad essere
considerata il miglior strumento per la difesa dei diritti. Il Tribunal de Cassation (1791) aveva la
funzione di salvaguardare le leggi (non i diritti) dall'interpretazione giudiziaria, considerata una
minaccia. ROUSSEAU In tempi di crisi dovute al terrore giacobino che aveva messo in crisi la
presunzione di razionalità del legislatore e il problema degli abusi del legislativo elabora una idea
di legge che omettendo di fissare dei limiti precisi all' estensione del potere pubblico si era esposta
alla strumentalizzazione da parte di chi opprimeva la libertà .
Identifica, quindi, la libertà con la partecipazione ininterrotta dei cittadini alla volontà, e prescrive
la necessità di lavorare per il bene collettivo ,infatti, l'individuo è protagonista, ma in termini
negativi. Per Rousseau gli interessi, i testamenti e gli atti particolari rappresentano entità
pericolose, perché si oppongono alla volontà generale. LA LIBERTÀ diventa la facoltà degli
individui di far prevalere la propria volontà generale sulla propria volontà particolare, annullando
"l'amore di sé" a beneficio dell'amore del gruppo. Chi non si sottomette alla volontà generale
deve essere costretto a sentirsi libero. Rousseau considera il complesso sociale come un
organismo unico, in cui il potere sovrano instaurato per volere della collettività diventa infallibile e
“non ha bisogno di dare garanzie ai sudditi perché è impossibile che l'ente voglia nuocere a tutti i
suoi membri.Questa teoria nelle mani dei rivoluzionari, si era trasformata in un'arma ideologica
Che giustificava qualsiasi estensione del loro potere in nome della presunta moralità della volontà
generale. Nella prospettiva rivoluzionaria si tende a rimuovere il senso della distanza concettuale
tra conformità esterna al dovere giuridico a prescindere dall' intenzione che la sottende cioè
dall’adesione interiore ai contenuti dell'obbligo, questo concetto è stato già espresso da Kant,
secondo cui la moralità esige l' agire per il dovere ,e la legalità si limita a pretendere la conformità
esteriore al dovere, mentre motivazioni e convinzioni sono irrilevanti.
CARL SCHMITT, metà XX secolo: "Lo Stato è la legge, la legge è lo Stato. Solo alla legge è dovuta
obbedienza, solo nei confronti della legge è negato il diritto di resistenza dunque il legislatore e la
procedura legislativa da lui manipolata, è l'ultimo custode di ogni diritto, l'ultimo garante
dell'ordine costituito (.) ". Schmitt descrive con grande efficacia la meccanizzazione progressiva
della funzione dello Stato inteso, a partire dall'affermazione teorica dei precetti tipici dello Stato di
diritto, come un "apparecchio" il cui funzionamento diventa misurabile attraverso lo strumento
della legge positiva: "il diritto si fa legge positiva, la conformità alla legge diviene legalità, la
legalità diventa il modo positivistico di funzionamento del meccanismo statale ". LEGGE (in
termini giuridici contemporanei) puó definirsi una delle fonti del diritto positivo, mediante la
quale il diritto si produce in modo volontario come risultato di una specifica deliberazione, e
specialistico, poiché la funzione legislativa è attribuita ad organi competenti (Parlamenti). In Italia
la Costituzione prevede il procedimento di formazione della legge all'art. 70 e a quelli successivi.
L’Iniziativa legislativa è affidata in prima istanza al GOVERNO(organo collegiale), ma anche ai
membri del PARLAMENTO, al corpo elettorale(50.000 elettori), ai consigli regionali o al CNEL. La
procedura normale = inizia con l’ esame della proposta di legge da parte della commissione →
approvazione del testo> proposta all'Assemblea → promulgazione da parte del Capo dello Stato e
pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale) può essere abbreviata, così come può essere prevista una
procedura speciale con cui si affida alla commissione Il compito di deliberare approvare la
proposta di legge. Concetto di riserva di legge è specifica ulteriormente il principio di legalità,
prevede che la disciplina di una determinata materia sia regolata soltanto dalla legge e non da
fonti secondarie (es. Decreti). Ha una specifica funzione di garanzia, poiché vuole rassicurare che
in materie delicate, le decisioni prese dall'organo rappresentativo del potere sovrano, ossia il
Parlamento. Riserva di legge può essere:
• Assoluta → nei casi in cui la materia deve essere regolata integralmente alla legge; Ad esempio
l'articolo 13 della costituzione italiana al secondo comma mette restrizione della libertà personale
nei soli casi e modi previsti dalle legge
• Relativa> i regolamenti amministrativi possono aiutare a regolare la materia, ma i principi
devono essere stabiliti dalla legge(Un esempio è quello dell'articolo 97 I comma della costituzione)
Il principio di legalità va dunque inteso come il principio in base al quale tutti gli organi dello Stato
sono tenuti ad agire nell'ambito delle leggi, salvo casi eccezionali, in modo da garantire la
discrezionalità.
Non va confuso con il LEGALISMO (teoria secondo cui un atto è giusto in quanto risulta conforme
alla legge - formalismo etico - anche dal punto di vista dei contenuti).
Testi: • Platone - Critone Montesquieu - Lo spirito delle leggi • Rousseau - Il contratto sociale
principio di legalitàIl principio di legalità è uno dei principi cardine dello Stato di diritto. Questo,
indica un valore cioè l'eliminazione dell’arbitrio di quelle attività che fanno capo allo stato e che
incidono sulle posizioni individuali dei cittadini a protezione della vita, della libertà e della
proprietà.
La teorizzazione del concetto risale a Kant, che ne aveva rappresentato gli elementi essenziali.
Solo nella prima metà dell'Ottocento con Robert Von Mohl, si comincia ad individuare una precisa
connotazione del modello di Stato di diritto, inteso come contrapposizione allo stato di polizia.
Questo è idealizzato su 5 requisiti: 1 la separazione dei poteri tra legislativo amministrativo e
giurisdizionale; 2 l'indipendenza della magistratura che risulta sottoposta soltanto alla legge; 3 la
tutela dei diritti dei cittadini; 4 la legalità dell’amministrazione che può agire solamente
nell'ambito dello spazio concesso dalle leggi; 5 il principio dell’indennizzo che tutela la sfera
patrimoniale del singolo e quindi la proprietà privata.L'individuo singolo diviene il protagonista
indiscusso della scena giuridica. Lo stato di diritto si basa su un corollario di valori individualistici
che favoriscono quell' esigenza di salvaguardare la sfera di libertà del singolo attraverso un sistema
di garanzie che, si determina sicuramente con l'applicazione di un principio rigoroso cioè del
principio di libertà. Sembra questa la caratteristica principale del concetto di Stato di diritto. Nella
teoria kantiana, lo stato doveva essere una collettività giuridica sia ordinata che operante in modo
da garantire la possibilità di espansione e di realizzazione del singolo lasciandolo quindi, libero di
diventare adulto. È una preoccupazione molto comune nel pensiero liberale ottocentesco che va
da Humboldt a Mill.Diventa perciò compito di tutti i cittadini, riuscire a sottrarsi al tutorato che
può venire loro subdolamente offerto e mascherato da protezione e tradotto in realtà in uno stato
forte e accentrato. L'immagine della libertà antica rimanda ad un uomo inteso come “animale
politico” che realizza la propria libertà solamente attraverso l'attività pubblica sostituendolo e
sottraendolo anche a quel complesso sociale politico. Kant infatti scrive: “un governo fondato sul
principio della benevolenza verso il popolo è come il governo di un padre verso il figlio, cioè un
governo paternalistico in cui i sudditi, come figli minorenni che non possono distinguere ciò che è
loro utile o dannoso, sono costretti a comportarsi solo passivamente affinché il capo dello Stato,
giudichi in qual modo essi devono essere felici, è il peggior dispotismo che si possa immaginare.
Questo tema della scelta dimostra come l'evoluzione del concetto di libertà, sia la sintesi tra l'idea
di libertà come indipendenza e quella di libertà come partecipazione all'attività politica dello Stato
di cui si è parte. La libertà moderna e la libertà individuale, non possono sussistere senza la libertà
politica che ne è la garanzia ma senza la partecipazione popolare al potere, le libertà civili hanno
poche possibilità di durare. Dunque le due forme di libertà possono e devono coesistere affinché si
possa parlare correttamente di libertà.La libertà politica, non deve essere intesa soltanto come
garanzia delle libertà civili ma piuttosto il mezzo che consente agli individui di andare oltre la
dimensione degli interessi personali. In questo senso i diritti politici devono diventare
un’integrazione naturale dei diritti di libertà e dei diritti civili; La libertà politica infatti è la
condizione necessaria per il conseguimento prima e la conservazione poi delle libertà civili e
d'altro canto di quella partecipazione intesa essenzialmente, come esercizio del voto che può
essere inteso come espressione di un funzionamento corretto della libertà politica. Nella seconda
metà dell'Ottocento infatti si comincia a parlare di Stato sociale e a considerarlo come un soggetto
nuovo. Tale Stato deve garantire livelli minimi di reddito: alimentazione, salute, educazione e si
propone, l'intento di assicurarli ad ogni cittadino come diritto politico.
È un concetto che risale a Lorenz von Stein, che non cita espressamente lo Stato Sociale ma
descrive una condizione prodotta dalle conseguenze della rivoluzione industriale.
Lo stato sociale nasce infatti dalla contrapposizione tra stato e società industriale e si qualifica,
come uno stato caratterizzato dal forte accumulo di capitale e da uno sviluppo della tecnologia.
In ambito sociale invece le classi sono spesso in conflitto tra loro, ed è caratterizzato da un sistema
culturale basato sulla diffusione dell’istruzione molto spesso, diffusa agli strati più disagiati della
popolazione, una condizione, già delineata nella Germania di Bismarck con la Costituzione di
Weimar del 1919.In Italia un avvio dello Stato sociale si ebbe con il fascismo.
L'amministrazione assume in questo, il momento vitale in cui lo Stato entra direttamente in
contatto con i cittadini provvedendo alla sicurezza, all'ordine pubblico e alla soddisfazione di tutti i
bisogni della società. Lo stato sociale si realizza attraverso l'intervento dello Stato, esigendo
nell’azione laddove lo stato di diritto ne richiedeva l'estensione: lo stato sociale si attua soprattutto
attraverso l'azione della Pubblica Amministrazione al punto da essere definito anche Stato-
Provvedimento.La crisi della legge si manifesta con l'avvento della società pluralistica che a sua
volta determina la mancanza di riconoscimento di un ordine comune fra i poteri dello Stato.La
complessità della società contemporanea produce una mancanza di accettazione di un contenuto
comune. I nuovi compiti dello Stato dilatano in particolare, la sfera dell' amministrazione e
determinano anche le questioni meno rilevanti sul piano generale che sono spesso regolate con la
legge. La conseguenza principale diviene quindi l' inconoscibilità della condizione giuridica. La crisi
dello Stato è parallela alla sua ipertrofia e ha tra le sue conseguenze la crisi della legge.
Intanto, la crescita delle funzioni statali e il loro processo di razionalizzazione e burocratizzazione,
aprono così la strada allo stato costituzionale ottocentesco e poi a quello costituzionale
democratico novecentesco fondato sul suffragio universale. Alla base c'è un'esperienza culturale e
politica tipica dell’Inghilterra, che ha ignorato il concetto di Stato, usando piuttosto quello di
governo che è comprensivo delle tre funzioni classiche, o almeno dell’esecutiva e della legislativa
virgola e segna la differenza dello Stato di diritto con il rule of law britannico. Si tratta di una
locuzione difficilmente definibile e traducibile che indica un particolare carattere del diritto
inglese, che vede accanto alla produzione legislativa parlamentare la common law, di cui i giudici
sono depositari: i giudici possono dichiarare nulle e prive di efficacia le leggi del Parlamento che
vadano contro il diritto e la ragione realizzando così l'auto limitazione dell'onnipotenza
parlamentare. I sovrani inglesi, proprio per la presenza di questa impostazione giuridico
costituzionale, non hanno mai avuto quella condizione di assoluto predominio che ebbero in altri
paesi: il loro potere è sempre stato bilanciato da quello di altri soggetti. L'origine della common
low risale al 1066 quando Guglielmo il Conquistatore istituisce tre corti centrali con sede a Londra
dove fondò un vincolo; quel vincolo che determina una pronuncia giudiziale rappresentata per le
pronunce successive. Una decisione pronunciata su un caso già risolto diviene utilizzabile quindi
per le decisioni successive. La legislazione cioè la civil low, costituisce un corpo distinto dalla
common low e non ha particolare rilievo la distinzione tra diritto pubblico e privato, essenziale
negli ordinamenti continentali punto la Gran Bretagna non ha una costituzione scritta ma ha una
costituzione poiché riconosce i diritti e attua la separazione dei poteri punto si tratta di una
accezione intesa come espressione del valore della difesa dei diritti della persona, dell' individuo e
del cittadino e del cittadino, diverso sicuramente dal costituzionalismo francese fondato sulla
delimitazione della materia costituzionale. La presenza infatti della common low fa da barriera
contro la sovranità assoluta e funge anche da controllo sugli atti del Parlamento.
Immanuel Kant.
Introduzione alla metafisica dei costumi.
Uno stato e la riunione di un certo numero di uomini sotto leggi giuridiche poiché queste come
leggi definite a priori, sono necessarie. Ogni stato contiene tre poteri: il potere sovrano che risiede
nel legislatore, il potere esecutivo nella persona che governa e il potere giudiziario nella persona
del giudice. Il potere legislativo può spettare soltanto alla volontà collettiva del popolo ed esso,
non deve poter recare ingiustizia a qualcuno con le sue leggi. I membri di una tale società si
chiamano cittadini dello Stato e i loro attributi giuridici inseparabili dalla loro natura di cittadini
sono: la libertà legale, cioè la facoltà di non obbedire ad altra legge che non sia quella a cui essi
hanno dato il loro consenso; l'uguaglianza civile e in terzo luogo l’attributo dell’indipendenza civile
che consiste nel non dover la propria esistenza che al proprio diritto. Soltanto la capacità di votare
costituisce la qualificazione del cittadino difatti questa capacità presuppone l'indipendenza nel
popolo e proprio quest'ultima costituisce quella differenza tra cittadino attivo e cittadino passivo
difatti il garzone o il servo mancano di quella personalità civile e la loro esistenza è soltanto
inerenza. Tutti i tre poteri dello Stato sono definiti come dignità politiche ed inoltre sono
coordinati fra loro uno è il complemento necessario degli altri due per la sua compiutezza ma
possono essere anche subordinati l'uno all'altro così che uno non può usurpare nello stesso tempo
le funzioni dell'altro.
Carl Schmitt
Legalità e legittimità.
Diritto e legge nello Stato borghese di diritto:Lo stato borghese di diritto si basa sull’ imperio della
legge punto in questo senso esso è uno stato legale ma la legge, deve conservare una connessione
con i principi dello Stato borghese di diritto e della libertà borghese, se deve continuare ad esserci
lo stato di diritto. Se è legge tutto ciò che comanda ogni monarchia assoluta, è allora egualmente
uno stato di diritto giacché in essa domina la legge, ossia la volontà del re. La libertà borghese e
presuppone un determinato concetto di legge. L'imperio della legge è una vuota espressione se
non riceve il suo proprio significato di fatti, significa che il legislatore stesso è vincolato alla sua
legge. Il vincolo dei legislatori alla legge è però possibile solo finché la legge è una norma con
determinate caratteristiche quali: ragionevolezza e giustizia. Léon Duguit:
Lo Stato interventista.
Non ci sono delle cose che lo Stato non può compiere, ma ne esistono anche alcune che lo Stato è
obbligato a fare; vi sono delle leggi che è obbligato a promulgare, in particolare in Francia.
Innanzitutto, lo Stato moderno è sicuramente obbligato a dispensare gratuitamente a tutti un
minimo di insegnamento.
Occorre ancora che ciascuno possa sviluppare la propria identità individuale, di conseguenza, se
un individuo è privo di risorse e nell’impossibilità di procurarsene con il suo lavoro, perché malato,
infermo o vecchio, lo Stato deve assicurargli i mezzi per curarsi e rimettersi o, qualora sia
incurabile, i mezzi di sussistenza.
Si citeranno la legge 15 luglio 1893 sull’assistenza medica gratuita; la legge 27 giugno 1904 sugli
orfani; la legge 14 luglio 1905 relativa all’assistenza obbligatoria agli anziani, inermi e privi di
risorse. “Ciascun francese privo di risorse, o una malattia riconosciuta come incurabile, riceve
l’assistenza istituita dalla presente legge”.
Per assicurare l’adempimento di questi doveri, il legislatore ha concepito un procedimento
ingegnoso: ha messo una parte delle spese per l'insegnamento e la maggior parte di quelle per
l'assistenza a carico degli organismi amministrativi virgola e così attraverso il sistema delle spese
obbligatorie, lo stato può assicurare il funzionamento dei servizi di insegnamento assistenza. Per
esempio, appare inammissibile che un individuo capace e desideroso di lavorare non possa trovare
lavoro; È un dovere per lo stato organizzare le cose in modo tale che ciascun individuo che ha
voglia e bisogno di lavorare per vivere possa trovare un lavoro appunto non esiste problema più
difficile per lo stato moderno. In alcuni paesi si è posto all' indomani della guerra con una certa
intensità punto la cosa migliore consiste, ancora di nuovo nel favorire con tutti i mezzi possibili
fenomeni come l’agricoltura, il commercio e l'industria che si riveleranno prosperi sicuramente se
non ci sarà disoccupazione.
E inammissibile che colui che lavora per conto di altri sia sfruttato dal suo datore di lavoro e venga
obbligato ad accettare un salario da fame o eseguire un lavoro al di sopra delle sue forze : dunque
è un dovere dello Stato emanare delle leggi di protezione del lavoro punto e per la stessa ragione
che lo strato si trova obbligato ad assicurare le cure a tutti coloro che sono malati e soprattutto i
mezzi di sussistenza gli anziani punto è sufficiente, stabilire che lo stato è obbligato positivamente
a fare delle leggi che organizzino i servizi pubblici in maniera tale che ciascun individuo possa
ottenere l'assistenza quando non può lavorare eh si trova privo di risorse, il lavoro quando lo
chiede e può lavorare e un minimo di istruzione. Ma A tale proposito, una nuova idea priva di ogni
giorno di più la coscienza sociale secondo cui il sistema di assistenza deve sostituirsi ne uno di
previdenza. Questa concezione ha prodotto la legge francese del 1910 che istituisce le pensioni
operai contadine, anche se in maniera sicuramente insoddisfacente.
Costituzione.
La definizione di Costituzione è cambiata nel corso degli anni.
Originariamente il termine indicava ciò che è stabilito cioè “statuto” e dunque la struttura
costitutiva e ordinativa di una comunità politica organizzata. Nell'età antica e in epoca medievale,
si parlava di politeia intesa come insieme di cittadini o delle magistrature, o come organizzazione
giuridica. Per Aristotele: "la costituzione è l'ordinamento delle varie magistrature di uno stato e
specialmente di quella che è sovrana suprema di tutto, infatti sovrana suprema è dovunque la
Suprema autorità dello Stato, nonchè la Costituzione. Nel medioevo si segnalano prevalentemente
studi e teorizzazioni sulla figura del re tiranno, sul diritto di resistenza e sulle leggi fondamentali. Si
può considerare come primo esempio di costituzione la Magna Carta del 1215 con cui si sanciva la
limitazione di alcune prerogative del re che da quel momento dovevano essere sottoposte all'
approvazione di un consiglio composto dai rappresentanti della nobiltà e del clero. Ma è solo con
la modernità che si può cominciare a parlare di costituzione come ordinamento generale dei
rapporti sociali e politici, fondato sull' idea della limitazione del potere sovrano e della protezione
di diritti. Il 17 settembre 1787 viene promulgata a Philadelphia la prima vera costituzione
moderna; questa era composta originariamente di soli 7 articoli che disciplinavano
l'organizzazione i poteri e gli organi dello Stato federale e degli Stati membri della Federazione.
Solo l'anno dopo, si aggiunse il Bill of rights che rappresentava il nucleo normativo posto a
protezione di diritti. Nell’Europa continentale la dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino,
promulgata come atto iniziale della rivoluzione francese, segna l' esordio di quel concetto di
costituzione , definito come sostanziale in cui le numerazioni di diritti da tutelare contiene in sé il
senso dei principi filosofico politici su cui si fonda appunto ogni stato e una costituzione. Ogni stato
ha una costituzione che può essere scritta o non esserlo.
La formalizzazione attraverso la forma scritta, si può considerare un tentativo di cristallizzazione
dei principi essenziali: la politica imprime necessariamente delle spinte, che risentono delle
trasformazioni sociali e che impongono delle sollecitazioni a questo criterio della formalizzazione .
Accanto all' insieme delle norme scritte è stato elaborato in Italia da Costantino Mortati quello di
costituzione materiale, che si può riassumere come l'insieme dei fini dei valori che costituiscono un
ordinamento e l'insieme di quelle forze politiche e sociali che si esprimono in fini e valori. La
costituzione secondo questa accezione è quindi data dal valore o dal complesso dei valori di cui
sono portatori una data classe sociale e il partito, che nell' espressione attiva sono coordinate le
varie istituzioni statali. La dottrina della costituzione materiale pone quindi l'accento sui principi
sostanziali espressi dalle forze politiche dominanti in un determinato periodo storico. Accadde che
alle norme espresse nel documento scritto non corrispondano alle relative scelte politiche e alla
necessaria attuazione. ES: lo statuto albertino era ancora formalmente in vigore durante il
fascismo. La Corte costituzionale non potrà però accogliere esplicitamente norme in aperto
contrasto con la costituzione formale. Ma quali sono i principi caratterizzanti della costituzione di
uno stato? Quelli che definiscono le scelte essenziali sulla forma di Stato, sull' organizzazione, le
funzioni dei poteri pubblici e sui diritti e doveri dei cittadini. Negli stati contemporanei la sovranità
può essere pensata come una condizione unitaria ma non statica, in cui è affidato alla costituzione
il ruolo di salvaguardare la complessità della struttura statuale mediando fra i principi giuridici
storicamente determinati ed in continua evoluzione ed il diritto positivo nella sua accezione
originaria ristretta esclusiva.
Le costituzioni rappresentano comunque, nella realtà giuridica contemporanea il punto di chiusura
di ogni sistema giuridico e di apertura ai principi storico politici presenti nelle società, la cui
complessità è inevitabile indiscussa punto per noi costituzione significa una struttura della società
politica, organizzata tramite mediante la legge, allo scopo di limitare l' arbitrarietà del potere e di
sottometterlo al diritto. La funzione della costituzione e di stabilire un terreno comune, dei limiti al
cui interno possa svolgersi la pacifica competizione democratica tipica di una società dinamica e
pluralista punto proprio perché la costituzione esprime ciò che è tendenzialmente Sabina società,
essa mette normalmente una pluralità di orientamenti e di scelte politiche diverse nel tempo
purché con i compatibili con i suoi principi punto il cambiamento, innovazione politica, deve
necessariamente avvenire ma entro i limiti segnati dal rispetto costante dei principi costituzionali
punto la costituzione limita e incanala le scelte dei governi e dei parlamenti punto anche i principi
inoltre costituzionali possono cambiare nel tempo ma si tratta di un evoluzione molto diversa più
lenta di quella politica quotidiana. L’etimo del termine ordinamento deriva da “ordo”, che indica la
composizione di più parti in un sistema: implica dunque un giudizio di fatto, ma anche di valore
poiché designa un insieme ben ordinato; si parla di ordinamento giuridico in quanto questo
distingue l’ordine della condotta umana nel senso deontologico del dover essere. L’ordinamento
giuridico è anche il titolo di un celebre libro di un grande giurista Santi Romano che individua il
fondamento della giuridicità non più nelle norme giuridiche prodotte dallo Stato in termini
autoritativi, ma nella società che si struttura autonomamente in un’organizzazione giuridica. Ogni
ordinamento giuridico è una istituzione e ogni istituzione è un ordinamento giuridico: l’equazione
fra i due concetti è necessaria e assoluta questo, risale al francese Maurice Hauriou il quale
afferma come il diritto si manifesti in modo involontario, sulla base di comportamenti acquisiti e
sedimentati nel tempo, contro la teoria della monopolizzazione della produzione giuridica da parte
dello Stato. L’impostazione di Romano si coniuga inoltre con la concezione pluralistica degli
ordinamenti, secondo cui l’ordinamento giuridico non si esaurisce in quello statuale. Per Romano
inoltre lo Stato è un istituzione ma non è l’unica; è un ordinamento giuridico, ma non è l’unico
ordinamento giuridico: la giuridicità, il fenomeno giuridico, non si esauriscono nello Stato. Per cui
al significato giuridico del pluralismo, si afferma come secondo cui non solo la legge ma anche i
regolamenti delle associazioni interne e delle organizzazioni internazionali, debbano essere
considerati espressione del diritto. Secondo Kelsen l’ordinamento è un sistema dinamico,
coerente, completo e unitario di produzione giuridica, che si fonda sul rapporto di reciproca
esecuzione e produzione di norme, ordinate fra loro gerarchicamente chiuse al vertice da una
norma fondamentale difatti, viene visto come un complesso di regole.
Tale pensiero coincide con la teoria del normativismo nonché la dottrina secondo cui un atto o un
fatto è giuridico solo se è qualificato come tale da una norma che ne definisce la sua validità
formale, prescindendo dai contenuti. La forma viene rappresentata come una sorta di recipiente,
all’interno del quale si possono trovare elementi diversi che si presentano come giuridici soltanto
perché vengono definiti in questo come una norma giuridica valida, cioè il rispondente ai criteri
previsti dall’ordinamento medesimo. Si intende così l’ordinamento come sistema dinamico, il cui
principio di autorità si presenta in maniera esplicita, come manifestazione di volontà legittima;
vengono indicati nelle norme coloro che sono autorizzati a dire o fare qualche cosa che assume un
preciso significato giuridico. Un ordinamento giuridico inteso nel senso della sua dinamicità, si
distingue dai sistemi statici impostati invece dalla presunta esistenza di norme fondamentali da
cui, si traggono tutte le altre norme. Un sistema statico è basato su criteri normativi contenutistici,
di origine morale e giusnaturalistica, in cui manca l’elemento essenziale della delega che collega
tra di loro norme di forza diversa. La felicità del sistema implica il ricorso a un principio di ricerca
della verità sostanziale, fondato sul criterio della deduzione dal particolare all’universale. Infatti
scrive Kelsen qui possiamo distinguere due diversi tipi di ordinamenti o sistemi normativi : sistemi
statici e sistemi dinamici. In un ordinamento del primo tipo le norme sono valide, e gli individui, la
cui condotta è regolata dalle norme devono comportarsi come prescrivono queste norme. Un
sistema dinamico invece si basa sull’idea di un insieme di regole, ordinate tra loro in una scala
gerarchica, in cui ogni norma produce il significato giuridico di una norma subordinata e allo stesso
tempo, esegue la prescrizione prevista da quella norma che si trova al di sopra di essa stessa.Le
fonti si definiscono come quei fatti e quegli atti da cui l’ordinamento fa dipendere la produzione di
norme giuridiche. Si tratta di fatti riconducibili alla conoscenza e alla volontà del soggetto che pone
l’atto; per i fatti si parla di idoneità e ci sono due esempi. Nel primo caso l’esempio classico è
quello della legge mentre nel secondo quello della consuetudine. Si usa ancora distinguere le fonti
di cognizione da quelle di produzione e da quelli sulla produzione; questi ultimi, si possono definire
come norme sulla normazione, cioè sulla produzione di norme: sono dunque quelle norme che
individuano quali siano gli atti o i fatti i doni a creare norme giuridiche in un dato ordinamento.
L’ordinamento giuridico quindi, regola anche il modo in cui si devono produrre le norme nella
costituzione infatti ci sono norme che attribuiscono direttamente diritti e doveri cittadini ma anche
norme che regolano la procedura del parlamento. Le fonti di cognizione corrispondono agli atti
scritti emanati da pubbliche autorità ma privi di contenuto normativo rivolti al fine di rendere
conoscibile il diritto oggettivo vivente come la Gazzetta Ufficiale. Le fonti di produzione invece
sono quegli atti o fatti considerati idonei a produrre norme giuridiche in un determinato
ordinamento. Un ulteriore distinzione si usa fare tra fonti riconosciute e fonti delegate. Le prime
corrispondono alla ricezione di norme esistenti: è il caso della consuetudine che viene considerata
produttiva di diritto quando si ritrova la ripetizione generale, costante ed uniforme di un
determinato comportamento, protratta nel tempo, insieme con la convinzione di rispettare una
norma giuridica. Le fonti delegate invece sono quelli che derivano dalla delega che un potere
giuridico di grado superiore fa ad un inferiore perché produca norme in sua vece. È una condizione
che si verifica tipicamente negli ordinamenti complessi, in cui la produzione normativa viene
distribuita tra gli organi e affidata dal potere legislativo all’esecutivo, per integrare leggi troppo
generiche. Le fonti normative vengono dunque individuate ed analizzate disponendole secondo un
criterio di tipo gerarchico. E’ lo schema che segue l’idea Kelseniana di ordinamento giuridico,
costruito secondo una struttura a gradi che implica la relatività dei termini di produzione ed
esecuzione delle norme, ciascuna delle quali esercita un potere e crea un obbligo.L’ordinamento
lega dunque le norme tra loro attraverso rapporti di produzione e di esecuzione che sono
reciprocamente relativi, fondati su una struttura gerarchica in cui la norma di grado superiore
stabilisce limiti formali immateriali nei confronti della norma di grado inferiore. Una norma è
valida, quando fa parte di un ordinamento giuridico poiché risponde ai requisiti formali da cui
l’ordinamento stesso, fa dipendere la validità. La norma fondamentale autorizza chi detiene il
potere ad esercitare la forza, non pretende che questa sia giusta. Riposa su quegli elementi di fatto
che hanno prodotto l’ordinamento giuridico, a cui corrisponde fino a un certo grado il
comportamento degli uomini ai quali si riferisce il comportamento stesso. Quello gerarchico non è
l’unico criterio di sistemazione delle fonti: si deve tener conto anche del principio della
competenza che è una conseguenza del carattere pluralistico degli ordinamenti contemporanei
che implica una forma di sistemazione di riconoscimento delle fonti che segue una linea
orizzontale, non più soltanto verticale.
Il principale elemento di novità ma anche di destabilizzazione del sistema tradizionale delle fonti
deriva, inoltre dall’affermazione e dal consolidamento, rispetto al diritto interno agli Stati, della
normativa internazionale e più specificamente, per quanto riguarda l’Italia di quella comunitaria.
Le fonti comunitarie sono state introdotte in seguito all’entrata in vigore della costituzione
italiana, con leggi ordinarie di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali. Si usa
distinguere infatti due categorie prevalenti: i regolamenti che hanno portata generale, sono
obbligatori in ogni loro parte e si considerano applicabili direttamente in ciascuno degli Stati
membri; e le direttive che non sono immediatamente efficaci, ma sono dirette agli Stati che
devono conformarvi le rispettive legislazioni.È comunque necessario individuare dei criteri di
sistemazione delle fonti che servono a risolvere i casi che si verificano in presenza di antinomie
cioè i casi di incompatibilità tra norme, che abbiano in comune lo stesso ambito di validità
spaziale, temporale, personale e immateriale. Il sistema deve essere una totalità ordinata e deve
rispondere all’esigenza di un alto grado di prevedibilità nell’ambito dell’ordinamento: Il primo
criterio è dunque quello gerarchico, che è la conseguenza della supremazia che assumono certi
organi rispetto ad altri e che definisce il concetto di forza normativa, o forza di legge come capacità
di innovare al diritto oggettivo, cioè di mettere nuove norme o di abrogare quelle precedenti o, al
contrario di resistere al sopravvento eventuale di fonti successive. Si riconosce poi il criterio
cronologico, che ha la funzione di salvaguardare la libertà del gruppo sociale che costituisce
l’ordinamento, di modificare e rinnovare le proprie norme. Entra in gioco infatti quando non è
possibile utilizzare gli altri. Infine ma non per ultimo abbiamo il criterio della specialità, che
dispone della deroga ad una legge più generale come naturale processo di differenziazione delle
categorie: sarebbe una forma di ingiustizia se non venissero riconosciute e dunque trattate come
tali situazioni diverse in omaggio al principio di trattamento di casi eguali in modo eguale e di casi
diseguali in modo diseguale. E’ quello della competenza che è la conseguenza dell’affermarsi di
una fonte superiore ad ogni altra che delimita le sfere riservate ai vari processi di produzione
normativa. Negli ordinamenti giuridici continentali, fondati sul sistema di civil Law le norme
invalide rimangono tuttavia presenti, fino a che l’invalidità non sia dichiarata espressamente con
l’esplicitarsi dell’abrogazione. Infine, abbiamo il sistema dell’annullamento ;in Italia esempio,
abbiamo una relazione tra la legge e la costituzione: in caso di contrasto è la corte costituzionale e
solo la corte costituzionale che, verificando tale contrasto, pronuncia una sentenza di
annullamento della legge. Fino a che questo non avviene, la norma continua ad esistere
nell’ordinamento, in ragione della sua validità formale

Hans Kelsen, Teoria generale del diritto e dello Stato


Le “fonti” del diritto: la fonte del diritto è un’espressione che può essere considerata ambigua per
certi versi. Si ricorre ad essa sia per per designare i sistemi di creazione del diritto (consuetudine e
legislazione), che per indicare il fondamento della validità del diritto. La norma fondamentale è
dunque la “fonte” del diritto e la fonte del diritto è essa stessa diritto: essa è una norma giuridica
superiore in relazione ad una norma giuridica inferiore.
LA NORMA :Nel definire una norma giuridica, si usa distinguere statuizione normativa (il testo
scritto della norma) e disposizione normativa (derivante dall’interpretazione). Questi due concetti
sono collegati in quanto la norma si trae dalla disposizione attraverso l’operazione intellettuale
dell’interpretazione.
INTERPRETAZIONE:L’interpretazione giuridica si può intendere come una tecnica di integrazione
della produzione normativa che mette in relazione segni e significati diversi.
Diversamente dagli altri tipi di interpretazione (come quella artistica o letteraria) che sono più
libere, l’interpretazione giuridica è regolata dal diritto. È caratterizzata dal ruolo dell’interprete che
tende a trasformare l’idea astratta in concreta compiendo un’attività creativa. Nella fase in cui il
positivismo giuridico si è affermato in Europa, la funzione del giudice era quella di interpretare
letteralmente il testo normativo. Era considerato, secondo la nota definizione di Montesquieu, “la
bocca della legge”. Era una concezione condivisa da molti con il diffondersi dell’Illuminismo che
presupponeva la legge come corrispondenza alla volontà generale. In questa prospettiva si basa la
scuola dell’esegenesi secondo cui lo spazio per l’interprete era ridotto al minimo, poiché si credeva
che la legge contenesse in sè tutti i possibili argomenti e significati. La struttura della società
novecentesca, non può piu corrispondere a questa sorta di passività intellettuale che aveva
accompagnato il secolo precedente. Le fonti normative si moltiplicano e se ne modifica la
gerarchia, l’azione dello stato si fa più incisiva, l’attività economica si estende al di fuori dei confini
nazionali, i parlamenti si compongono sulla base di un suffragio sempre più ampio. Queste sono le
premesse per il cambiamento dell’interpretazione giuridica che viene ben spiegato da Kelsen il
quale dice che il rapporto tra una norma di grado superiore e una di grado inferiore, come la
costituzione e la legge ordinaria, non è definito perfettamente: rimane sempre un margine di
potere discrezionale che può essere riempito con un atto di volontà da parte dell’interprete. Tutti i
metodi di interpretazione portano ad un risultato possibile che però non è l’unico corretto. Il
problema di trovare una norma giusta si basa sull’illusione della certezza del diritto. Quando
Kelsen separa la conoscenza dalla volontà dell’interprete, ne trascura l’elemento di connessione.
Su questo “errore” si sono basate l’ermeneutica giuridica e la teoria del ragionamento e
dell’argomentazione. Secondo queste interpretazioni concettuali, il giurista, quando interpreta,
non trae delle conclusioni di tipo sillogistico (di ragionamento, deduzione) per capire il senso di
una norma, ma ha bisogno di utilizzare dei passaggi dialettici progressivi, tramite i quali può
motivare la sua tesi interpretativa e scegliere il significato della norma che gli sembra più adeguata
per un determinato caso. Ogni atto di ermeneutica giuridica implica una relazione tra la norma e la
sua interpretazione. Interpretazione e applicazione formato un circolo ermeneutico: connessione
tra una singola norma e la coscienza giuridica dell’interprete, che ne determina l’azione. Ad
esempio un giurista nell’interpretare, non prende in considerazione solo il significato originario
della norma, ma la adatta, attraverso la propria coscienza, all’ordinamento in cui va inserita. In
particolare, negli ordinamenti di Common Law, i teorici del diritto riconducibili alla scuola del
realismo giuridico, hanno sottolineato il peso del procedimento di formazione del giudizio da parte
delle Corti, E specificamente l’influenza che le convinzioni individuali e diversi caratteri sociali
esercitano nell’elaborazione delle sentenze. L’atto interpretativo, nella condizione giuridica
determinatasi con il mutamento del ruolo della legge e con la crisi del positivismo giuridico, non è
dunque un’azione che si risolve meccanicamente in se stessa, ma è l’espressione di un
procedimento complesso in cui si mettono in relazione più componenti, oggettive soggettive, che
insieme contribuiscono all’esito conclusivo del testo normativo. L’attività dell’interprete non è
libera ma deve essere svolta II precise regole giuridiche: così come esistono norme sulla
produzione delle norme, esistono anche norme sull’interpretazione delle norme.
Norma giuridica:Per norma si intende una proposizione prescrittiva (legata a termini deontici
come “è obbligatorio, si deve“), che ha lo scopo di influenzare il comportamento degli individui
dirigendoli verso determinati obiettivi. Si distingue dalla proposizione descrittiva per la maggiore
oggettività della descrizione rispetto alla prescrizione. La norma giuridica quindi va considerata
come un giudizio ipotetico che prevede una conseguenza giuridica nel caso si verifichi una
fattispecie (una sorta di rapporto causa-effetto). Kelsen Ha profondamente innovato la dottrina
giuridica con la sua teoria dell’imputazione secondo la quale a un fatto condizionante (L’illecito),
viene imputata una conseguenza condizionata (la sanzione). Oggi sappiamo che chi commette una
cattiva azione deve pagare un prezzo. Oltre a determinare questa consapevolezza, ha anche
innovato la dottrina giuridica. L’illecito infatti fino al 1800 era considerato una violazione,
un’interruzione del diritto. Successivamente invece è stato rivalutato e considerato come un
mezzo con cui il diritto si realizza. La sua teoria porta inoltre alla distinzione tra natura e diritto, in
quanto egli studia il principio di causalità nell’ambito della natura (se faccio cadere un piatto, si
rompe) e del diritto (sei infrango una regola, avrò una sanzione).la differenza sta nel verbo:
nell’ambito naturale, indica la necessità, in quello del diritto, indica imputazione. Anche se
differiscono, hanno la stessa conseguenza (se faccio A, succede B). Per Kelsen il diritto Si riconduce
a un insieme di norme a efficacia rafforzata, cioè norme che regolano l’uso della forza, dotate di
potere coercitivo. La teoria Kelseniana Del rapporto tra norme primarie e secondarie, secondo cui
le prime regolano la sanzione e le seconde indicano il comportamento che implica l’illecito, è
fondata su una prospettiva coercitiva, che individua nella sanzione negativa l’elemento essenziale
del diritto. Usando la stessa terminologia, Herbert Hart assume qualche decennio dopo Un punto
di vista più complesso fondato sulla dualità obbligo-potere. Egli definisce infatti come norme
primarie le norme che impongono obblighi e come norme secondarie quelle che attribuiscono
poteri sia in ambito pubblico che in ambito privato: sono diverse le norme che conferiscono poteri
relativamente alla stipula di un testamento, da quella di diritto penale che proibiscono il furto o la
violenza.
Sanzione :Le sanzioni sono delle misure predisposte dall’ordinamento come risposta alla
violazione di una norma (illecito), sono sempre considerate come conseguenza, mai come causa.
Dire che la sanzione è una conseguenza di un fatto, non vuol dire che il comportamento dell’uomo
sia giusto.entrano in gioco artificialità e convenzionalità del diritto positivo.secondo questi criteri,
un fatto diventa illecito se, nell’ordinamento, c’è una sanzione che lo punisca.
la sanzione giuridica è caratterizzata dall’esteriorità rispetto alla morale, la cui sanzione è interna
(es. rimorso), E dall’istituzionalizzazione, carattere che implica delle risposte certe, prevedibili e
proporzionate all’illecito, a differenza della violazione delle regole sociali che invece non sono
sempre così prevedibili e imparziali. secondo la dottrina contemporanea le sanzioni possono
essere di due tipi:
1. Risarcitoria: Se deve appunto risarcire un soggetto che ha subito il danno prodotto
dall’illecito, ha lo scopo di colpire le conseguenze della trasgressione.
2. Punitiva o afflittiva: Se deve punire il trasgressore che ha commesso l’illecito, condanna il
comportamento illecito in sé. Questa si definisce come pena, cioè la sanzione penale
conseguenza del reato. L’afflittività è considerato un carattere essenziale della pena che
però è mutato nel corso delle varie epoche storiche: nella contemporaneità consisteva di
solito nell’escludere il reo dal suo gruppo sociale, attraverso la soppressione fisica o
l’espulsione, e rinchiuderlo in luoghi chiusi sorvegliati dall’esterno. In epoche meno recenti,
invece, consisteva nell’esposizione del corpo del condannato al pubblico.
Vi sono poi 3 caratteristiche proprie della pena:
1. Personalità: la pena deve punire solo il reo e mai terzi
2. Proporzionalità: deve essere ovviamente proporzionata al reato commesso
3. Determinatezza: poiché essa è una conseguenza di un fatto precedentemente individuato
Una volta deciso di sanzionare un determinato comportamento, il giudice deve stabilire quale sia
lo strumento più adatto ed efficace da utilizzare. Per farlo, si affida al principio che considera il
diritto penale come extrema ratio, cioè ricorre alla totale privazione della libertà, solo dopo aver
preso in considerazione vie più “morbide” (es. in Italia esistono le pene alternative come i lavori di
pubblica utilità o gli arresti domiciliari). Tale sistema deve tenere conto anche della discrezionalità
vincolata, cioè un giudice è vincolato dai tipi di pena o dei limiti legislativi, a cui deve attenersi
nell’esaminare la gravità di un caso. C’è da dire però che la sanzione non corrisponde sempre alla
coazione—> applicazione o minaccia di applicazione della forza fisica. Infatti ad esempio esistono
le cosiddette sanzioni positive che mirano ad incoraggiare determinati comportamenti, invece che
scoraggiarli, disponendo conseguenze generalmente considerate favorevoli per il soggetto che le
compie. Il principio della coazione è sicuramente un punto caratteristico del diritto, ma può
risultare riduttivo: dato che un ordinamento giuridico si basa sull’adesione dei suoi destinatari,
sulla loro obbedienza data non per paura, ma per convinzione, la coazione può non essere
necessaria. Quindi, l’obbedienza al diritto non può essere connessa sul ruolo della sanzione, ma va
ricondotta anche al giudizio critico concesso dai principi stessi.
L’indefinitezza dei principi :I principi possono risultare indefiniti e ciò a posto il problema della
certezza del diritto, con cui si confronterà la dottrina contemporanea, in particolare dopo il
ripensamento sul ruolo formale della legge, dopo i totalitarismi.dopo la fine della seconda guerra
mondiale, in molti paesi europei sono state promulgate le costituzioni lunghe e rigide, i cui principi
hanno acquistino una forza normativa superiore alla legge ordinaria. Il diritto costituzionale,
comincia a diventare un diritto “per principi” e la nozione di principio formale inizia a coincidere
con quella di principio costituzionale.
Il riferimento ai principi è l’elemento essenziale per la legittimazione della costituzione, però
sebbene vadano considerati come valori fondamentali su cui si basa l’intero ordinamento giuridico
di uno Stato, ritorna sempre il problema della loro incertezza. L’esigenza è quella di avere dei
principi fondamentali che siano stabili.per essere stabili, i principi devono lasciare spazio
autonomo “di movimento”, cioè di giudizio critico. Per intendere meglio il giudizio critico,
pensiamo alla differenza tra regola e principio. Le regole ci dicono come dobbiamo comportarci in
determinate situazioni, i principi non ci danno queste informazioni, ma ci danno i criteri per poter
prendere posizione di fronte a situazioni concrete, dove e quando si verifichino. I principi hanno
contenuti più generici rispetto alle regole che, basandosi sul criterio del “tutto o niente”, possono
provocare una situazione di conflitto (antinomia).Nell’attività giurisprudenziale, i principi
permettono ai giudici di orientarsi bene per risolvere i casi più complessi (esempio: nel 1889 il
tribunale di New York nel caso Riggs vs Palmer, doveva decidere se una persona, erede del
testamento di suo nonno, potesse ereditare tale fortuna, nonostante lo avesse assassinato. Il
tribunale decise che nonostante le leggi prevedessero la trasmissione della proprietà da nonno a
nipote, esse non potevano essere applicate e andavano quindi interpretate, perché si era
verificato un delitto. L’assassino non ottenne l’eredità.) Il rapporto di responsabilità reciprocità tra
lo Stato e i cittadini, diventa il fulcro della teoria giuridica di Herbert Hart, il quale fonda
l'obbligatorietà del diritto, sulla base di una norma di riconoscimento, che si basa a sua volta su un
punto di vista interno. L’ordinamento giuridico, secondo Hart che si distacca completamente da
Kelsen, è composto da due tipi di norme:
● Primarie: impongono obblighi ai cittadini comuni
● Secondarie: Attribuiscono poteri a funzionari pubblici, che devono aderire acriticamente
alle norme a cui devono attenersi. Devono considerarle come dei criteri comuni di
comportamento ufficiale e valutare, altrettanto criticamente, le devi azioni proprie e altrui
come errori. Diviene secondaria la questione dell’accettazione secondo cui il cittadino
comune può decidere di obbedire alla legge anche solo perché lo ritiene conveniente, in
vista delle probabili sanzioni. Hart, probabilmente, prende spunto dall’ipotesi di una
società si cittadini liberi e consapevoli, nella quale il riconoscimento di una norma non
significa che essa venga ritenuta giusta dal punto di vista morale. Il diritto è solo uno
strumento necessario a garantire sicurezza e libertà.Il legalismo tipico dello stato di diritto
ottocentesco tradizionale e di quell’impostazione giuspositivista che lo caratterizza,
implicava un atteggiamento sostanzialmente di accettazione passiva nei confronti degli atti
legislativi, che raramente veniva posto in discussione in maniera radicale. Questa
concezione di Stato legislativo fondato sull’ordine legale-razionale troverà il suo momento
più alto di realizzazione, ma anche l’inizio della crisi, nella costituzione di Weimar del 1919
e verrà poi ripensata proprio a partire dal fallimento di questa esperienza e dalle
conseguenze dei totalitarismi novecenteschi che hanno drammaticamente mostrato i punti
deboli di un sistema giuridico-politico fondato sull’ipotesi della prevalenza assoluta della
legalità formale.Solo nella seconda metà del novecento, con l’affermarsi degli Stati
costituzionali, si comincerà a porre in discussione quel inerzia mentale che aveva
caratterizzato il periodo precedente, in cui vigeva il postulato della centralità della legge.
La valutazione soggettiva dell’atto legislativo è fondamentale, ma altrettanto presa in
considerazione l’obbedienza dei soggetti alla legge, intesa come loro adesione ai principi
dell’ordinamento giuridico di cui fanno parte. Essi sanno che quest’atto di obbedienza è
necessario affinché la vita sociale sia regolata correttamente. Si può parlare più
precisamente di osservanza e non obbedienza alla legge, per sottolineare la partecipazione
attiva dei soggetti alla realtà giuridica, anche quando il consenso non è esplicito. Come
scrive Hannah Harendt, L’uomo adulto non è un bambino che ubbidisce, ma dà il suo
appoggio all’organizzazione o all’autorità di riferimento, si tratta di un sostegno
consapevole.
Effettività/ diritto internazionale
Un ordinamento giuridico esiste ed è valido solo se i soggetti che lo compongono si attengono alla
maggior parte delle regole che l’ordinamento prevede.le motivazioni che inducono all’osservanza
sono irrilevanti.grazie a tale accettazione, viene riconosciuta all’ordinamento l’effettività cioè la
validità che deriva dal consenso della maggioranza degli individui. Si possono distinguere inoltre
l’efficacia di una singola norma e l’effettività dell’ordinamento nel suo complesso. Per Hart,
bisogna distinguere tra l’inefficacia di una norma, che può avere o meno effetti sulla sua validità, e
l’inosservanza generale delle norme di un ordinamento che, se prolungata nel tempo, gli toglie la
validità. Per Kelsen, invece, l’efficacia diventa una condizione di validità, perché è una norma si
può considerare valida solo se fa parte di un ordinamento efficace.il fatto che la validità di un
ordinamento dipende dalla sua efficacia, non deve portare alla sovrapposizione dei due concetti.
Kelsen Quindi sostiene che debba esistere un massimo e un minimo di efficacia delle norme
giuridiche affinché l’ordinamento possa essere ritenuto valido.
Tuttavia, la totale inosservanza delle regole, potrebbe condurre ad un cambiamento radicale
dell’ordinamento giuridico, originariamente illegale, come nel caso di un colpo di stato, in cui
un’organizzazione sociale nuova nasce e si dà nuove regole.queste organizzazioni, sono
considerate giuridicamente valide, in base al principio dell’effettività e sul piano del diritto
internazionale, solo se sono in condizione di procurarsi l’obbedienza alle norme che hanno
emanato.
Il diritto internazionale è quel diritto che regola i rapporti tra gli Stati. È sancito con la nascita degli
Stati (con il trattato di Westfalia del 1648), Si basa sul consenso e non sul comando e dipende
dall’adesione dei singoli Stati.ettaro una struttura organizzativa paritaria, non gerarchica, come il
diritto statuale, poiché i membri della comunità internazionale sono giuridicamente tutti uguali,
anche se sul piano politico sostanziale, non risulta effettivamente così. La definizione classica di
diritto internazionale, prevalente fino alla metà del XX secolo si basa sul principio di auto
limitazione secondo il quale non esiste un vero ordinamento giuridico internazionale, perché uno
Stato può essere sottoposto solo a quegli obblighi che esso stesso accettato. Kelsen ha rilevato
che,nel diritto internazionale, manca la possibilità di delegare le scelte, di attribuire sanzione a un
soggetto terzo obbligo ad un singolo membro dell’ordinamento. In questo senso l’ordinamento
giuridico viene considerato primitivo, poiché manca di un’organizzazione burocratica accentrata e
perché è vincolato al principio di autotutela e dell’effettività degli Stati. Quindi, le norme
dell’ordinamento giuridico, sono dotate di efficacia ridotta, poiché possono essere violate più
facilmente ed è altrettanto difficile stabilire relative sanzioni. Kelsen Affronta anche il problema
della responsabilità relativa al diritto internazionale e delle sue sanzioni (la rappresaglia, la guerra
eccetera, considerate come forme estreme di autotutela).secondo lui, dato che le azioni dello
Stato ricadono su tutti cittadini, e necessario che gli ordinamenti giuridici dei singoli Stati siano
parzialmente collegati tra di loro e che debbano sottostare a una norma fondamentale
internazionale. Se per esempio prendiamo in considerazione l’articolo 11 della costituzione italiana
Lo Stato cede all’Unione Europea quote di sovranità a favore delle istituzioni comunitarie. Su tale
fondamento, i poteri sovranazionali operano legittimamente e prevalgono su quelli interni. Rende
lo Stato italiano permeabile ai poteri sovranazionali In modo tale che la normativa europea sia
interpretata e applicata in modo uniforme in tutti i paesi dell’unione e che la legge sia quindi
uguale per tutti gli Stati membri.
Il diritto sovranazionale :È quel tipo di diritto che va aldilà dei singoli Stati. Diritto simile a quello
naturale, uguale per tutti e inviolabile (anche se non è una cosa veritiera, in quanto in molti Stati
non vengono rispettati, come i bambini sfruttati per lavoro). È quel diritto che non è più il prodotto
della volontà politica dei singoli Stati, ma il frutto dell’integrazione dei singoli Stati, sulla base di
interessi economici comuni.la limitazione della sovranità nazionale è stato il passo fondamentale
affinché si rafforzasse tale solidarietà.la questione si fa complessa soprattutto se correlata
all’argomento della tutela internazionale dei diritti dell’uomo. La dichiarazione universale dei
diritti dell’uomo, approvata il 10 dicembre 1948 dall’assemblea Generale delle Nazioni Unite, è
stata stipulata la dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, il cui preambolo recita: “i diritti
dell’uomo devono essere protetti da norme giuridiche, affinché egli non sia costretto a ribellarsi
contro la persecuzione”.
La convenzione europea dei diritti dell’uomo nata nel 1950, istituisce gli organi che devono
provvedere alla tutela della suddetta dichiarazione, che sono la comunità europea e la corte
europea dei diritti dell’uomo. La convenzione però BAL solo per gli Stati firmatari e il potere di far
eseguire una sentenza appartiene ai singoli Stati, di cui la corte non può annullare gli atti.
La commissione dei diritti umani e l’alto commissariato per i diritti umani sono nati dopo la
seconda guerra mondiale, per conto dell’ONU. La corte penale internazionale è stata istituita a
Roma nel luglio 1998, ha sede all’Aia ed è un Tribunale che riguarda i crimini internazionali, come
quelli contro l’umanità o di guerra. Essa ha una competenza complementare a quella dei singoli
Stati e quindi può intervenire solo se questi non vogliano o non possano farlo.purtroppo l’azione
internazionale per garantire i diritti umani, non ha avuto effetti rilevanti: le normative non essendo
vincolanti per i singoli Stati, si risolvono sempre una semplice pressione morale o politica o nella
stimolazione dell’opinione pubblica alla reazione. Si parla di diritto transnazionale intendendo
tutte quelle regole, norme e prassi che regolano sempre i rapporti tra gli Stati, ma riguardo il
mondo degli scambi economici e commerciali.sono, quindi, essenzialmente norme di diritto
privato che determinano gli istituti, spesso delle forme contrattuali, che sono la base degli scambi
e delle transazioni internazionali, soprattutto tra soggetti che operano in settori molto diversi.
Mentre il diritto sovranazionale mantiene un significativo rapporto con la sovranità degli Stati,
quello transnazionale è un diritto prodotto privatamente, che non è radicato sul territorio. Infatti
le relazioni economiche vanno ben oltre i confini interni e sono regolamentate da norme
giuridiche su base consuetudinaria, nate per regolamentare settori commerciali, soprattutto in
ambito contrattuale. Il concetto di sovranità statale si è radicalmente modificato insieme con la
trasformazione della gerarchia delle fonti. Il positivismo giuridico rimane come riferimento teorico
necessario ma si diversifica negli orientamenti che assume: si muta in neo costituzionalismo o si
qualifica come inclusivo, rendendo esplicita un’attenzione sempre maggiore nei confronti dei
principi che identificano quei valori etici, che perdono la pretesa giusnaturalistica di eternità e di
universalità, di giustizia e di moralità e si traducono nei principi costituzionali, di fronte ai quali
l’attività interpretativa si fa sempre più rilevante e complessa.

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