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L’ALBA DEL NUOVO ORDINE - GIAN PIETRO CALABRÒ

Tema n.1 - LA NATURA


Natura e naturale sono termini con cui spesso si affrontano e si definiscono situazioni per
renderle politicamente e socialmente stabili. La natura, che significa l’universo fisico, è di per
sé una natura in evoluzione. Pertanto i concetti di natura seguono la natura nella sua
evoluzione o dovrebbero seguirla. Oggi la natura è ciò che è governato dalle leggi universali.
Nonostante inizialmente la natura fosse solo quella parte del mondo che l’uomo non aveva
creato, ora è diventata parte di un mondo artificiale costruito dalla scienza e dalla tecnologia.
Ciò rende difficile distinguere tra ciò che è naturale e ciò che non lo è.
Con Tommaso l’intelletto prevale sulla volontà. La visione teologica dell’ordine naturale,
propria di Aristotele, conduce Tommaso a stabilire uno stretto legame fra idea del diritto e
natura dell’uomo. Per Tommaso, l’assenza della legge va ricercata nella razionalità della
norma, quindi nel suo contenuto. Tommaso discute le due formule romane in cui viene
affermata la superiorità del principe sulle leggi. Distingue la vis coacttiva, dalla vis directiva
della legge, osservando che il principe è solutus a lege solo per quanto riguarda la vis
coactiva, mentre per quanto riguarda la vis directiva il principe è sottoposto alla legge anche
se volontariamente. La politica è una parte della morale. Secondo Tommaso l’oggetto della
filosofia morale è l’attività umana ordinata ad un fine, un fine che non nasce perché posto
dall’uomo ma è già presente in tutto l’universo. Per Tommaso esiste un primo ente, che
possiede la piena perfezione di tutto l’essere, che per sovrabbondanza della sua perfezione,
dona l’essere a tutto ciò che esiste.
Tutte le creature, per Tommaso, hanno un fine, ma solo le creature razionali, ossia l’uomo, si
dirigono da soli verso il fine, in quanto capaci di conoscerlo. Gli enti che sono privi di ragione
tendono al fine spinti da un impulso. Questo ordine finalistico del creato viene definito da
Tommaso lex aeterna. L’uomo essendo razionale possiede l’inclinazione naturale a vivere in
comunità. L’uomo è naturalmente animale sociale, poiché per vivere ha bisogno di molte
cose che non può procurarsi da solo.
Lo stato è ciò che di più alto la ragione umana può costruire, poiché ad esso fanno capo
tutte le altre comunità. Da ciò deriva che la scienza politica è la scienza più alta, in quanto
chiamata a dirigere tutte le altre scienze pratiche e tutte le tecniche.
Tommaso distingue quattro tipi di ordine: l’ordine della natura, l’ordine del pensiero, l’ordine
della morale, l’ordine dell’arte e della tecnica.
Solo le leggi giuste obbligano moralmente. Una legge positiva può essere ingiusta secondo
due modi: o perché contrasta con il bene umano oppure perché contrasta con il bene divino.
Dallo stato non si può pretendere la perfezione morale dei cittadini, il suo compito consiste
nel renderla possibile a chi cerca di raggiungerla, ecco perché la sua legislazione non deve
essere di impedimento ad una piena vita morale.

Tema n.2 - DUNS SCOTO


Tommaso, aveva sistemato la natura secondo un ordine necessario razionale, entro cui Dio
stesso opera. Duns Scoto avverte che in tale dottrina: Dio onnipotente non può essere
necessitato ad operare secondo un ordine naturale necessario. L’onnipotenza divina,
afferma Scoto, è assoluta, libera ad ogni vincolo, non soggetta ad alcun ordine e Dio, in
quanto creatore, non è vincolato dalle sue stesse creature. Senza alcun dubbio la teologia ci
insegna che Dio è bontà assoluta, è il bene, e che crea gli ordini, i generi e le specie, ma da
tutto ciò che crea non è vincolato. In quanto assoluto non è vincolato dalle sue stesse leggi,
può disporre secondo la sua libera volontà dell’ordine naturale. Se Dio può tutto, allora può
sottrarre dalla condizione umana, macchiata dal peccato originale, la vergine Maria. Scoto
distingue in due modi i precetti che possono essere detti di legge naturale. Il primo principio
è stringente ed quello secondo cui Dio è diligente, cioè deve essere amato. L’amore di Dio,
segue il principio di non contraddizione, l’obbligo di identificare le feste costituisce un dovere
di onorare Dio. I secondi precetti invece designano un mondo che avrebbe potuto essere
diverso. Solo la volontà divina ha deciso questo mondo, che avrebbe potuto essere diverso
da quello entro cui noi oggi viviamo. Viene così ad essere sospesa la santificazione del
mondo naturale dalla insondabile e libera volontà di Dio, che da un momento all’altro lo
potrebbe ribaltare. A tutto ciò Scoto contrappone un mondo fatto di individui e di persone,
pervenendo questa sua tesi dalle sacre scritture, in cui si parla di un Dio, non come atto
puro, ma come persona che si agita, che ama e che mette alla prova chi è in collera. Se
l’antico testamento parla di un Dio persona, così anche il Vangelo, ci parla della persona di
Cristo, non un genere o una specie, nella singolarità, che ognuno di noi ama singolarmente,
come un padre ama tutti i suoi figli. L’uomo viene così scarnificato da tutte quelle
incrostazioni che lo collocavano entro uno status e all’interno di categorie come il cittadino e
il servo, e viene qui assunto nella sua concreta singolarità, che ne fa un soggetto che vuole
e che sceglie. Da questo disordine scaturisce l’immagine di un uomo che nella sua
concretezza materiale possiede la volontà di scegliere di amare oppure di peccare ed
odiare. Da quella concezione aristotelico-tomista, emerge la figura di un uomo-individuo, la
cui volontà si trova di fronte al bivio di una scelta, tra l'amare e il non amare, tra il bene e il
peccato.

Tema n.3 - FRANCESCO D’ASSISI E JACOPONE DA TODI


Sarà Francesco d’Assisi a fare del richiamo alla povertà una scelta di vita per ogni cristiano.
La regola approvata da Papa Onorio III nel 1223 contiene un ideale di povertà su cui si
accende la disputa tra frati minori “conventuali” e i più radicali “spirituali”, che si fanno così
promotori di un ideale di povertà assoluto e di un distacco radicale dalla modernità. L’appello
all’ideale di povertà diviene uno strumento di lotta politica e sociale non solo nei confronti
della chiesa mondana ma anche contro la corruzione e la ricchezza del clero. In questo
orizzonte appare la figura del frate Jacopone da Todi, accanto a cui si snoda una violenta
polemica antipapale (Bonifacio VIII), appartenendo lui a quel partito degli spirituali, che, sotto
la protezione di Celestino V, sono autorizzati a vivere secondo i precetti originari della regola
francescana e sotto la protezione dello stesso pontefice.

Tema n.4 - BARTOLO DA SASSOFERRATO


Il pensiero politico e giuridico di Bartolo si muove entro due direttrici: lo sviluppo della
formula in cui per il Calasso è racchiuso il problema giuridico della sovranità (Rex
superiorem non recognoscens, in regno suo est imperator) e la grande questione del potere
tirannico.
La cultura medievale ha un forte senso del potere perché ha un forte senso delle differenze
e della gerarchia.
Il diritto non viene creato da una volontà legislativa ma è concepito come un aspetto della
vita di una comunità nazionale o locale, è rinvenuto nei costumi degli uomini. Questa formula
è servita a designare all’età moderna la sintesi dei poteri dello stato che noi diciamo
sovranità. Non solo ma ha avuto uno straordinario valore il fatto di essere stata applicata fino
ad abbracciare non solo i re liberi, ma anche tutti gli ordinamenti particolari i quali avevano in
sé medesimi le ragioni della loro vita.
Una volta fissato il fine della comunità, ne deriva il corollario secondo cui quando quel bene
viene capovolto in bene personale, ed è quindi corrotto, dà origine allo stato tirannico. Nel
trattato sulla tirannide Bartolo cataloga le diverse forme del sovvertimento del potere
distinguendo tra: tirannide palese o occulta.
Mentre la palese è quella in cui manca la legittimità del titolo e/o l’abuso di un titolo legittimo
per l’esercizio del potere, quella occulta è tale per l’esercizio di un potere occulto derivante
da una carica o da un potere di fatto.
La legge è per Bartolo una sanzione santa in quanto ordina ciò che è onesto e proibisce ciò
che è disonesto. Tirannide è quel governo che viola l’ordine sacro stabilito da Dio
capovolgendo il bene comune e la “publica utilitas” per il proprio profitto. La tirannide viene
giudicata come il peggiore governo, sia quanto a governare siano in pochi o in molti.

Tema n.5 - MARSILIO DA PADOVA


Risalire all’opera di Marsilio ci consente di intendere a pieno le ragioni della degenerazione
dello stato moderno.
Concepisce la pace come elemento necessario per il benessere dello stato e per il
raggiungimento dei fini umani. Le cause che turbano la pace sono state descritte da
Aristotele, anche se ad esse deve aggiungersene una nuova, che non poteva conoscere, è il
papato con la sua pretesa “plenitudo potestatis” che esso rivendica per sé.
La novità consiste nell’aver confutato la tesi della supremazia papale, così come era stata
formulata da Bonifacio VIII, non tanto seguendo una linea difensiva, secondo posizioni
tradizionali, quanto invece proponendo una tesi d’attacco che non solo rivendica la sovranità
dello stato, ma anche la subordinazione della chiesa ad esso.
Per Marsilio lo stato è un organismo naturale che affonda le sue radici nella vita coniugale e
familiare, da cui presero origine poi i rapporti di vicinato e di comunità.
Il termine legge indica le regole da seguire in vista di un premio futuro, così la legge
mosaica. infine, legge indica la scienza e la dottrina o universale giudizio di quanto è giusto
e civilmente vantaggioso e del suo opposto. In questo ultimo significato la nozione di legge
può essere vista in un duplice modo: nel primo modo viene considerata come scienza o
dottrina del diritto, nel secondo legge è ciò che per la sua osservanza richiede un precetto
coattivo legato ad un premio o ad un castigo in questo mondo. È questa la “legge
propriamente detta”.
Quando il re o monarca ottiene il potere senza elezione da parte dei cittadini e ciò può
avvenire per tutta una serie di cause, allora questo genere di governo si avvicina al governo
temperato, allorché venga esercitato su sudditi volontari e secondo una legge che faccia il
bene comune dei sudditi. Ha l’aspetto della tirannia, invece, quando il suo potere si allontana
dal consenso dei sudditi e della legge istituita. L’ordine politico si identifica con l’ordine
derivante dalle leggi che consentono di vivere in tranquillità.

Tema n.6 - GUGLIELMO D’OCKHAM


La genesi dei diritti soggettivi viene fatta risalire alle opere politiche di Guglielmo d’Ockham.
Mentre per Aristotele e la scolastica tomista il punto di partenza della scienza è l’ordine
naturale, la scienza per il nominalismo ha il suo focus nell’individuo. Da ciò l’unica realtà è
l’individuo, dotato di una vera esistenza. Se tutto ruota attorno all’individuo, neanche il diritto
può aspirare ad un mondo sovra individuale, ma si pone al servizio dell’individuo per
garantirgli la massima libertà e potere. Dal cristianesimo nascono il nominalismo e il
positivismo giuridico.
L’ambiente storico in cui tale controversia nasce si è visto: i francescani che sull’esempio di
S.Francesco avevano scelto come virtù supreme, la carità e la povertà. Allorché l’ordine si
estende e amplia, attraverso donazioni, i suoi beni, sorge il problema di chi sia proprietario di
quei beni. La linea seguita fino allora si atteneva ai principi del diritto comune, fondandosi
sulla distinzione tra “usus iuris e usus facti”. L’usus iuris costituiva la proprietà di quel bene,
l’usus facti il suo mero possesso. Così l’usus iuris spettava alla santa sede, in qualità di
persona giuridica, l’usus facti spettava ai singoli frati. Giovanni XXII affermò che la piena sui
beni doveva essere riconosciuta all’ordine francescano. Da qui, la reazione degli spirituali, in
particolare di Ockham, che nel difendere la precedente distinzione tra usus iuris e usus facti,
elaborò una teoria della proprietà, intesa come diritto soggettivo.
In particolare con Ockham, l’uomo si colloca al centro di un universo, quale soggetto
individuale, a cui spettano poteri e facoltà, titolare dunque di diritti soggettivi. L’alba dei diritti
soggettivi rompe l’armonia rappresentata dal sistema tomista e fa emergere le scintille di un
nuovo ordine che prevede una diversa visione antropologica. L’uomo si allontana da quel
mondo naturale, quale cosmo ordinato e razionale che d’ora in poi diventerà oggetto di
conoscenza e di dominio e con ciò apre le porte alla visione galileiana della scienza,
spalancando, così, le porte al grande “leviatano” di Hobbes.

Tema n.7 - FATTI E VALORI


Il rapporto tra fatto e diritto ha segnato in modo indelebile il processo del pensiero giuridico
tardo medioevale fino a penetrare nell’età moderna. Il diritto non domina i fatti, ma ad essi si
piega e si modella secondo la loro forma. A differenza della modernità che sterilizza i fatti e li
fa essere giuridici solo quando essi penetrano nel cono di luce della fattispecie giuridica, il
diritto fattuale riconosce alla res una sua forza giuridica che deve solo manifestarsi. Il ritorno
alla fattualità che riappare nella nostra epoca è un dato inquietante, in quanto contrassegna
la degenerazione totalitaria della democrazia.
La sicurezza e l’ordine sono da considerarsi come gli efficaci anticorpi per combattere quel
virus sempre latente anche nelle più raffinate democrazie che può sfociare in forme
degenerate di governo in cui una maggioranza può definirsi tirannide velata. La nozione di
sicurezza è data dall’ordine delle cose, per cui le diverse parti dello stato cooperando fra loro
e senza prevaricazione realizzano quella superiore armonia, che ne è il fine.

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