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Filosofia per il diritto di Laura

Pallazzani
Filosofia Del Diritto
Università degli Studi di Teramo
33 pag.

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La filosofia Per il diritto - Teorie, concetti,
applicazioni
Filosofia Del Diritto

CAPITOLO I: Le ragioni della filosofia del diritto


Diversi modelli teorici e filosofici del diritto. I principali sono:
Il Giusnaturalismo
Il Positivismo giuridico
Il Realismo giuridico

GIUSNATURALISMO
La dottrina del diritto naturale, poi detta del giusnaturalismo, concezione dualistica /
bidimensionale del diritto: parte dalla rilevazione dell’esistenza del diritto positivo ,ossia
quello posto dal legislatore, punto di partenza, ma ritiene che il diritto non sia riducibile
solo a quello. Non nega il diritto positivo ma giustifica l’esistenza di un diritto naturale. C’è
un diritto PRIMA, OLTRE, e SOPRA il diritto vivente. C’è dunque un diritto precedente in
ordine cronologico e superiore in senso gerarchico.
Definizione di diritto naturale, non semplice: un diritto NON POSTO, definizione in negativo.
Esiste indipendentemente dall’atto di posizione o statuizione del legislatore. È inoltre un
diritto non scritto nelle leggi poste dagli uomini. Non coincide dunque con le leggi emanate
dal legislatore.
E la definizione in positivo? L’uomo non lo produce, ma lo scopre e trova nella natura, in
quanto è DATO. La natura è un limite, un orizzonte della volontà, l’uomo non lo sceglie
intenzionalmente ma ci si trova.
Varie definizioni sono state date nel contesto delle teorie del diritto naturale per il
termine natura:
 teorizzazione biologico-naturalistica : natura intesa in senso fisico, il diritto è le
leggi biologiche impersonali, include tutti gli esseri viventi;
 teorizzazione teologica: il diritto naturale è fatto coincidere con la divinità
sovrannaturale
 teorizzazione razionalistica, che riconosce il diritto naturale nelle norme dettate
dalla ragione. Ragione o in grado di cogliere l’essenza della realtà o di gestire le
modalità per garantire una convivenza sociale.
Cosa è comune a questi tre modi di intendere il diritto naturale? Che è un diritto
spazialmente universale. Ossia rivolto a tutti coloro che condividono l’origine naturale.
Inoltre è temporalmente IMMUTABILE ed ETERNO, e COSTANTE E PERMANENTE, in quanto
la natura della sua essenza non cambia. È un diritto conoscibile mediante la ragione
umana che indaga la natura.
Nota: esistono diverse teorie ma c’è un minimo comune denominatore la natura è vista
come limite oggettivo all’arbitrio soggettivo dell’uomo esprimibile dalla volontà o
nell’azione che pone in essere il diritto. La natura è la fonte, ma anche il fondamento e la
giustificazione ultima del diritto. inoltre, la teorizzazione del diritto naturale non è ne
formalistica ne empiristica, ma ontologica, deontologica ed assiologia, connessa
all’essenza del’diritto, al dover essere ed al valore del diritto. inoltre, si nota una
onnipresente connessione tra diritto ed ETICA. C’è infatti nel diritto naturale un riferimento
all’etica, anche se non coincide con l’etica. L’eticità nel diritto naturale si evidenzia nel
riferimento alla giustizia, quale principio etico del diritto: giustizia significa dare a ciascuno
il suo, cioè riconoscere ciò che spetta ad ogni uomo per natura. L’etica è dunque una
giustificazione del fondamento del diritto. Infatti, si
aderisce al diritto naturale perché avvertito interiormente come giusto, a prescindere dal
fatto che sia formalmente e coercitivamente posto in essere dal legislatore. A prescindere
dalla punizione. Ma nota: questo non significa che l’adesione al giusnaturalismo comporta
l’allontanamento dal diritto legislativo, no! Le due forme di diritto entrano in dialogo. Ci
sono in realtà delle teorie più estreme che sostengono che il diritto positivo che entra in
contrasto con quello naturale non sia diritto e dunque vi si può disobbedire. Ma noi
apprezziamo di più le teorie più moderate.
Il giurista cosa deve fare?

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Dapprima deve ricercare ed esplicitare il fondamento naturale del diritto. In secondo luogo
considera il
diritto naturale come misura del diritto positivo, e dunque entrare nel merito delle
norme giuridiche positive e delle sentenze, per esprimere UNA VALUTAZIONE CRITICA
SUL DIRITTO VIGENTE, interrogandosi sulla conformità di esso alle esigenze
irrinunciabili della natura, promuovendo uno sforzo di riforma nella direzione
dell’adeguazione del diritto .

STORIA: ripercorriamo storia del pensiero occidentale


Antichità greco- romana (6 secolo a.C. - 1 d.c.) : riflessione filosofica non
specificatamente sul diritto ma sulle regole del comportamento sociale. Ricorda: Sofocle
nell’Antigone, contrasto tra una legislazione superiore, divina, eterna, e unaumana.
Antigone eroina del giusnaturalismo. Si può disobbedire alle leggi della polis!!!!
Presocratici: delineano la teoria naturalistica del diritto, natura come ordine oggettivo che
esiste indipendentemente dall’uomo. Si inserisce la distinzione tra GIUSTO PER NATURA e
GIUSTO PER LEGGE con i Sofisti.
Socrate: teorizza il rispetto e il dovere morale di obbedìienza assoluta alla legge
positiva e umana.
Platone : dottrina metafisica, la giustizia per lui è una virtù identificata nella
perfezione dell’anima, dove l’armonia degli elementi corrisponde all’armonia dello
stato.
Aristotele: la giustizia è nella medietà e nell’equità. Non parla di legge immutabile ma di
legge duratura e stabile,EMPIRICA, ossia che è suscettibile di variazione in base al
comportamento prevalente degli uomini. Dunque QUI si inaugura un GIUSNATURALISMO
MODERATO: che ammette un diritto naturale parzialmente MUTEVOLE.
Romani: è quello che la natura insegna a tutti gli animali, compresi gli esseri umani.
ULPIANO elabora un diritto di tipo naturalistico distinto dal diritto delle genti, comune a
tutti gli uomini, e al diritto civile. I romani fanno riferimento al comportamento che gli
uomini in modo istintivo ritengono condiviso come regola da seguire. Inoltre si afferma lo
ius gentium, come regola naturale conforme alla condotta
sociale invendibile in ogni uomo, un embrionale diritto internazionale. CICERONE invece
parla di diritto naturale come di RETTA RAGIONE, l’uomo mediante la ragione può per lui
conoscere le leggi della natura ed esserne consapevolmente vincolato.
Importante! : DAL PRIMO SECOLO D. C. , in epoca medievale, a cause dell’influsso del
cristianesimo: la teorizzazione si sposta prevalentemente sul pianoteologico. Per il
giusnaturalismo cristiano la legge naturale coincide con l’ordine cosmico stabilito da dio. È
una legge divina personale e trascendente, interiorizzata in quanto “scritta nel cuore
dell’uomo” ( lettera ai romani di Paolo di tarso) .
Agostino d’Ippona: oscilla tra una nozione di diritto naturale di tipo teologico e una di tipo
razionalistico.
s. tommaso: sintesi tra pensiero greco e cristiano, in contrapposizione con la scuola
francescana. Teorizza la legge naturale in un contesto finalistico- creazionista, la sua
concezione giuridica e quadripartita in legge divina, eterna, naturale e umana.
Inoltre la legge positiva umana è una serie di disposizioni particolari che guidano
l’uomo al perseguimento dei fini terreni.
Nell’ epoca moderna ( tra scoperta America a rivoluzione francese): mutamento della
visione del mondo, date le nuove scoperte geografiche, e il conseguente relativismo e
scetticismo, dato il cambiamento del concetto di natura a seguito della nascita della
scienza e dato lo sfaldarsi dell’unità politico religiosa medievale. Si passa ad una
concezione particolaristica e immanente. Si passa dunque ad una teorizzazione giuridica
che da oggettiva diviene soggettiva. E dunque vi è la consapevolezza che il diritto naturale
non è sopra o fuori l’uomo, ma dentro di lui. Dunque il pensiero si stacca dalla visione
teologica medievale, si inizia a elaborare un GIUSNATURALISMO RAZIONALISTICO, in cui si
pone in primo piano il problema della conciliabilità tra autorità statale e riconoscimento dei
diritti individuali.
GROZIO: inaugura il GIUSNATURALISMO MODERNO LAICO esortando. aragionare
come se dio NON FOSSE. Ritrova la ragione del diritto naturale nell’uomo,
riconoscendo la legge naturale nel precetto della socievolezza e della tolleranza, quale

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garanzia del convivere pacifico degli uomini.
HOBBES: parla di STATO DI NATURA come quella condizione originaria in cui l’uomo
istintivamente asociale agisce, in base ai suoi interessi e bisogni, la cui ragione pone come
priorità la conservazione della propria vita. Per lui il diritto naturale è la libertà di ogni
uomo di usare la propria forza per la conservazione di se, vige la legge del più forte. E
dunque, ciò porta alla necessità di stipulare un accordo sociale, di unione e soggezione. vi
è un sovrano che ha potere assoluto e che in cambio da pacee sicurezza sociale. QUI ——>
PASSAGGIO dalla concezione del diritto naturale alla
teorizzazione del DIRITTO COME SOLO DIRITTO POSITIVO!!
LOCKE: per lui c’è lo stato di natura ma non è pura forza, ma anzi esistono anche i diritti
naturali, che però sono precari e devono essere conservati e garantiti dalla costituzione
mediante un patto di fiducia.
KANT: periodo illuministico. Riconosce l’esistenza della legge morale universale soggettiva.
Per lui il suo giusnaturalismo si fonda sulla ragione pratica. Inoltre elabora una distinzione
tra diritto e morale. Diritto come norme poste dall’esterno dal legislatore, la morale invece
coincide con enorme autonome interne alla coscienza morale.
ROUSSEAU: interpreta lo stato di natura come una condizione di libertà, spontaneità,
felicità, luogo dove domina l’istinto buono. Con il contratto sociale, per lui, l’uomo per de la
libertà naturale e guadagna quella civile. Ossia perde i diritti naturali e riceve quelli civili.
Inoltre l’uomo cosi annulla la sua singolarità e produce invece un corpo morale collettivo.
DIRITTO NATURALE GIORISCE NON SOLO NELLA DOTTRINA MA ANCHE NELLA PRATICA: Bill
of Rights in Inghilterra 1689, Costituzione USA 1787, e le Costituzioni che derivano dalla
rivoluzione francese. qui, il diritto naturale è utilizzato sia come strumento per stabilire le
condizione di legittimità del potere , sia per regolare i rapporti internazionali tra gli stati sia
per integrare le lacune delle norme giuridiche.
PURTROPPO POI: Epoca delle CODIFICAZIONI, tra 1700 e 1800, eclissi del diritto naturale.
La CODIFICAZIONE ha portato alla TRANSIZIONE dal giusnaturalismo al POSITIVISMO
GIURIDICO. —-> PASSAGGIO FONDAMENTALE. È L’ART 4 DEL CODICE DI NAPOLEONE
(1804): DIVIETO per il giudice di rifiutarsi di giudicare in caso di oscurità, silenzio o
insufficienza della legge.
A RIGUARDO: sembrerebbe che i compilatori intendessero che il giudice potesse
dunque fare riferimento ad una ETERO-INTEGRAZIONE , cioè riferirsi a qualcosa
che andasse oltre il codice. Come l’equità. Ma invece gli interpreti hanno letto
l’articolo 4 in altro modo: il giudice in caso di lacune deve fare appello all’AUTO-
INTEGRAZIONE. Cioè rifacendosi solo a criteri scritto dentro il codice, come il
ricorso all’ANALOGIA o ai PRINCIPI GENERALI DEL DIRITTO.
Si passa lentamente a dimenticare il diritto naturale e a considerare come diritto
solo quello positivo. Hanno contribuito poi all’oscuramento del diritto naturale
anche la nascita della pandettistica e della giurisprudenza dei concetti.
—-> FRAGILE RESURREZIONE: Geny fine 1800 in Francia, critica la codificazione e la
completezza del dititto, dice che è indispensabile che i codici siano etero-integrati. MA
l’evento che segna in modo forte i ritorno del diritto naturale nel 1900 è l’esperienza del
nazismo in Germania, che mostra le possibili conseguenze della separazione tra diritto e
morale.

2) POSITIVISMO GIURIDICO
È la teoria che riconduce il diritto al solo diritto positivo, ossia al diritto “posto”. “Positivo”
viene dal participio passato del latino, ponere, ossia porre.
Dunque il diritto ha una fonte esterna, deriva dalla volontà del legislatore, è inoltre un
diritto particolare, rivolto ad un certo gruppo di individui, è variabile. Inoltre, è conoscibile
dall’uomo risalendo alla volontà originaria che lo ha posto in essere.
inoltre: è una teoria MONISTICA!!! Ritiene che il diritto POSITIVO sia l’unico vero diritto.
dunque, afferma non la superiorità al diritto naturale, ma anzi afferma l’ESCLUSIVITà del
diritto positivo, negando il diritto naturale. Una visione più moderata nega invece solo la
GIURIDICITà del diritto naturale, nel senso che lo considera esistente ma in senso
extragiuridico, tipo morale o religioso.

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La sua CARATTERISTICA: il metodo scientifico allo studio del diritto. Il giurista è uno
SCIENZIATO, che deve applicare rigorosamente il metodo scientifico. Dunque si pone di
fronte al diritto con un atteggiamento di neutralità. I limita a prendere atto del diritto come
è , esprime solo giudizi di fatto e mai di valore. Dunque, descrive ciò che esiste solo con
asserzioni e constatazioni e non con riferimenti a cio che e bene o male. (BOBBIO!!!!).
Al centro della teoria cè: la NEGAZIONE della possibilità di trarre il diritto dalla natura, e la
negazione dei legami del diritto con l’uomo. infatti, vi è l’idea di obbedire al diritto positivo
perché è giusto SOLO per il fatto di essere posto, semplicemente per questo.
Dunque il diritto qui si sottomette completamente al potere. La teoria positivista definisce
il diritto in modo nominale e non sostanziale. Il giurista-scienziato verifica se una norma
esiste, se appartiene ad un ordinamento giuridico, se è stata emanata in modo
proceduralmente corretto, se non è stata abrogata. Dunque si fa attenzione alla
correttezza tecnica e certezza della norma. La giustizia è dunque ridotta a VALIDITà, è
giusto solo ciò che è conforme alla legge.
E dunque la fonte del diritto è il LEGISLATORE, quale fonde di produzione del diritto. —
> si parla infatti di ONNIPOTENZA DEL LEGISLATORE. Infatti la legge positiva è la fonte
gerarchicamente prioritaria, poi ci sono anche fonti come la consuetudine o le
sentenze del giudice, ma sono subordinate al riconoscimento del legislatore. E dunque
—> il cittadino DEVE obbedire perché le norme son poste dal legislatore, e se
disobbedisce sarà punito! L’UNICA MOTIVAZIONE DELL’OBBEDIENZA qui è data dalla
FORZA, dall’AUTORITà che pone una sanzione. Il cittadicno si sente costretto a
obbedire. Dunque il diritto è un insieme di norme che vengono fatte valere con l’uso
della FORZA —> CHE è DIVERSA DALLA VIOLENZA. Perché qui parliamo di COERCIZIONE,
che è l’uso della forza legittimo.

TEORIE della storia del pensiero occidentale:


anticipazioni: in creonte, nei sofisti, nell’epicureismo. Anche nell’età medievale con la
scuola francescana.
Nell’età moderna: HOBBES !!!! Ritiene che il passaggio da stato di natura a stato civile
INDISPENSABILE per superare la condizione INVIVIBILE di conflittualità e aggressività che
crea insicurezza. Parla dunque di una prospettiva contrattualistica, in cui i cittadini si
accordato per creare un organismo superiore. I cittadini delegano una parte della loro
liberà al sovrano che acquista il potere di organizzazione delle società. Gli individui si
spogliano dei loro diritti a favore di un soggetto che deve garantire l’ORDINE. Il sovrano di
HOBBES, non ha obblighi ne è limitato da leggi, perché è lui che
pone le leggi. Dunque lui riconosce il potere nelle mani di un’unica persone che pone
le leggi.
Quali sono le RAGIONI della nascita del positivismo? L’esigenza dottrinale di sistematicità e
organicità, e di semplificazione di fronte alla frantumazione del diritto medievale. Infatti
l’illuminismo vuole uscire dall’oscurità medievale tramite la razionalità.
inoltre, ulteriore ragione storica è la FORMAZIONE DELLO STATO MODERNO questo
comporta infatti il progressivo allontanamento dal pluralismo dei poteri che caratterizzava
la società medievale.
LO STATO MODERNO: ha infatti comportato l’accentramento del potere di PRODURRE
diritto in una sola persona, e dunque il creatore del diritto diventa il potere politico . Si
delinea dunque la statalizzazione del diritto.
è qui dunque che inizia la CODIFICAZIONE del diritto, cheta portato alla nascita del
positivismo giuridico , gli interpreti infatti hanno finito con l’identificare il diritto
esclusivamente nel diritto positivo emanato dalla volontà legislatrice, dimenticando la
premessa naturalistica- razionalistica. DAL RICONOSCIMENTO DELL’ASSOLUTEZZA DELLA
RAGIONE UMANA SI PASSA AL RICONOSCIMENTO DELL’ASSOLUTEZZA DELLA VOLONTà
POLITICA potremmo dire dunque che il positivismo altro non è che UNA CONSEGUENZA
del Giusnaturalismo, dato che la codificazione è nata da un’esigenza giusnaturalistica di
tradurre positivamente il diritto naturale. Ma poi, proprio i codici, segnano l’eclissi del
diritto naturale.
Vedi richiamo ad articolo 4 codice Napoleonico che rende evidente l’idea degli interpreti
sulla COMPLETEZZA dell’ordinamento giuridico. E dunque lo studio del diritto diviene un

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mero commento al codice, inteso come interpretazione letterale. LA LEGGE DIVIENE
INDISCUTIBILE, e va applicata dai
giudici e obbedita dai cittadini.
Ricorda che : la sovranità, o Potere di fare le leggi, può provenire o dal re assoluto o dal
popolo.
DUE AUTORI, vissuti in INGHILTERRA e dunque dove non c’è stata la messa in pratica di
positivismo e codificazione, sono però teorizzatori:
Bentham: evidenzia l’esigenza della certezza, universalità, semplicità del diritto,
auspicando una codificazione del diritto civile, penale, costituzionale.
AUSTIN, critica il diritto comune e auspica a una sistemazione di questo tramite l’analisi
dei concetti.
Inoltre : !! Germania, scuola storica del diritto di Von Savigny, può essere considerata una
anticipazione del positivismo giuridico, per quanto riguarda la critica al diritto naturale.
Anche la Pandettistica, che tratta di una sistemazione logico-razionale del diritto vigente.
Espressione più compiuta del positivismo giuridico:
Età CONTEMPORANEA con KELSEN: “dottrina pura del diritto”. Pura nel senso di scientifica,
non contaminata dalla natura, dall’ideologia politica, dalla morale, dall’economia. La
scienza giuridica per lui
deve essere autonoma rispetto alle altre discipline. Per lui il diritto naturale è
inconoscibile ed inesistente in quanto soggettivo. Per lui , ciò che conta nel discorso
giuridico sono le norme e non i fatti. L’unico criterio che consente di distinguere ciò
che è giuridico da ciò che non lo è è la norma, e dunque se un comportamento non è
regolato dal diritto è considerato un fatto irrilevante giuridicamente : AL GIURISTA
INTERESSANO SOLO QUEI COMPORTAMENTI REGOLATI DA NORME GIURIDICHE. Per lui
le norme sono giudizi ipotetici, A è il comportamento illecito o una condizione, B è la
sanzione o la conseguenza. L’elemento più importante della formulazione della norma
è la sanzione, infatti è da questa anche si induce l’illiceità dell’atto, il giurista infatti è
interessato solo alla presenza o assenza di una punizione. Per Kelsen infatti , la giustizia è
un ideale irrazionale e astratto. Inoltre per Kelsen qualsiasi contenuto può entrare nel
diritto, purché rispetti la forma della norma, e dunque il criderio della giuridicità coincide
con quello della validità formale. Inoltre kelsen teorizza una gerarchia delle norme,
all’apice di cui vi è una NORMA FONDAMENTALE, che legittima i potere costituente a
produrre la costituzione che a sua volta legittima la legge. La
Costituzione garantisce il controllo di legittimità delle leggi, sul piano formale. La
forma fondamentale è una norma puramente FORMALE.
3) IL REALISMO GIURIDICO
Il realismo giuridico è una VARIANTE del positivismo, poiché è una teoria scientifica
che studia COME E’ IL DIRITTO. I realisti studiano che cosa è realmente il diritto. Per
loro: iL diritto è il DIRITTO VIVENTE, che non proviene ne dalla natura ne dalla volontà
del legistatore, ma dai COMPORTAMENTI SOCIALI DIFFUSI, RIPETUTI, FREQUENTI, dalle
OPINIONI dei giuristi e dalle DECISIONI dei giudici. È dunque un diritto dinamico e variabile,
che si riferisce ad un certo contesto sociale, in una determinata epoca storica. Si rileva
negli USI E COSTUMI prevalenti nella società, che esprime i bisogni e gli interessi
provenienti dai consociati. E dunque: SI CONOSCE OSSERVANDO LA CONDOTTA DEI
CONSOCIATI.
Anche lui, come il Positivismo, tematizza la separazione tra diritto e Morale. Il diritto è
ridotto a FATTO, da studiare con i metodi delle scienze empiriche. Dunque per sapere se
una norma o un ordinamento normativo siano diritto ciò che rileva è che una norma o
ordinamento siano EFFETTIVI ED EFFICACI. E dunque FONTE del diritto è ogni fatto,
comportamento o costume dal quale promana la norma giuridica. Il sistema delle fonti è
dunque plurale.
Fonti primarie: La Consuetudine, comportamento costante e uniforme ripetuto nel
tempo e diffuso. Poi ci sono le Opinioni dei giuristi e le Sentenze dei tribunali, avendo i
giudici un ruolo creativo dell’interpretazione. Fonti Secondarie: le leggi, che diventano
leggi solo nella misura in cui sono osservate dai cittadine o applicate dai giudici;
inoltre le sentenze in contrasto con le leggi prevalgono su queste ultime.

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STORIA DEL PENSIERO GIURIDICO :
- ORIGINE: in tutte le teorie che non hanno identificato l’origine del diritto nella natura
o nella volontà del legislatore, ma nelle ESIGENZE DELLA SOCIETà.
Sicuramente in questa direzione, cioè verso consuetudini e lavoro di interpretazione
creativa dei giuristi, si è delineata l’Inghilterra. Ossia in quei sistemi che adottano il
Common Law, Inghilterra e nord america.
inoltre il realismo si riscontra anche in quei movimenti di pensiero che
reagiscono al Formalismo —> vedi Montesquieu, 1700, si trova nella consuetudine e
nello spirito del popolo la fonte del diritto, identificando il diritto con il fatto. Anche nel
1800 ci sono varie teorie che riportano l’attenzione sul legame tra diritto e
trasformazioni sociali: Tocqueville, Comte.
Von Jhering: si contrappone alla giurisprudenza dei concetti, affermando invece
che il diritto deve garantire gli interessi materiali della società.
Santi Romano, identifica l’ordinamento giuridico con una organizzazione sociale
ordinata.
in quali ordinamenti vediamo più presenze di giusrealismo? In Nordamerica, in paesi
Scandinavi.
Realismo nordamericano: è di rivolta contro il formalismo, è priviglegiato il
diritto giurisprudenziale rispetto alla legislazione e alla dottrina. Dunque il diritto si
identifica con la registrazione di cio che accade nei tribunali. IL DIRITTO REALE
COINCIDE CON LA PROFEZIA DEI GIUDICI, i quali hanno un ruolo innovativo e creativo.
Pound ad esempio considera il diritto come un EDIFICIO costruito dagli uomini per
soddisfare bisogni e aspirazioni.
Il realismo scandinavo invece, condivide molto con quello americano, parla di
Macchina Del Diritto. Il diritto è un fenomeno psichico collettivo, e il giurista un tecnico
di parole e riti, che creano il senso dell’obbligo. L’obbligatorietà è dunque una
suggestione psicologica e pratica del regolare funzionamento della macchina giuridica.
I maggiori esponenti sono Ross,Olivecrona e Hundstendt: il primo ritiene che le norme siano
direttive ossia indichino il comportamento da perseguire e sono valide in quanto efficaci,
concrete nella società, la seconda ritiene che le norme siano degli imperativi che indicano
come comportarsi e l’ultimo si concentra sui diritti fondamentali dell’individuo sostenendo che
lo Stato tramite i giudici tutela i diritti degli uomini.

CRITICHE al POSITIVISMO e al REALISMO:


1960, si assiste a dissolvimento di giuspositivismo e giusrealismo, o comunque ad una
trasformazione delle teorie tradizionalmente intese.
da un lato, l’affermazione della priorità della legislazione come fonte del diritto rischia di
cadere nei pericoli dell’arbitrio politico, come anche della proliferazione giuridica o nella
lentezza del meccanismo di normazione. Inoltre le esigenze di certezza del positivismo
rischiano di estraniare il diritto dalla vita sociale, e dunque di alienare il diritto dall’etica
costruendo un sistema astratto e immobile.
Invece , per quanto riguarda il diritto giurisprudenziale, anche se consente una maggiore
flessibilità si espone a rischi di mancanza di sistematicità, generalità, astrattezza. Cioè
sembra non essere in grado di garantire dei punti di riferimento stabili.
—> sulla base di queste critiche; emergono nuove linee della filosofia del diritto
contemporanea: nel contesto di crisi dello stato nazionale, della globalizzazione giuridica,
vi sono nuove esigenze che impongono di abbandonare alcune categorie tradizionali.
nasce dunque il POST- POSITIVISMO: con R. DWORKIN, dice che gli ordinamenti
non possono ridursi a strutture normative poiché accanto alle norme esistono principi
oltre il diritto statuito. I principi sono indispensabili per la giustizia, la correttezza e i
valori morali. Infatti i principi sono LE ESIGENZE MORALI AVVERTITE dalla società in un
determinato periodo storico.
Anche Rawls mette in crisi gli assunti del positivismo, ossia l’idea che fosse impossibile
impostare un discorso razionale scientifico su contenuti morali e deontologici elaborando
la dottrina della giustizia procedurale in base alla quale le persone coperte dal ‘velo di
ignoranza’, ossia private della loro coscienza ed inserita in una società ideale, devono
indicare quale sia la loro concezione del giusto utile all’autore per distinguere il principio di

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uguaglianza da quello di differenza che sono strettamente collegati (si implicano a vicenda
e rappresentano i limiti reciproci).
Inoltre vi è la riabilitazione della filosofia pratica, e vengono affrontati i temi dei
diritti fondamentali , della giustizia, dell’imparzialità dello stato etc.
Anche BOBBIO —> bella sua ultima fase, si avvicina alla teoria funzionale del
diritto. Non si deve infatti dimentica la dimensione reale delle norme e la loro funzione:
il diritto deve restare in un sistema sociale.
Ulteriore passaggio: nella filosofia contemporanea: apertura a riflessione su
valori ETICO-POLITICI. —> teoria costituzionalista del 1980, di Alexy, sostiene che nella
Costituzione vi sia il legame tra diritto e morale, i principi costituzionali includono i
contenuti morali del diritto. Dunque vincolano il legislatore e i giudici. automaticamente, il
diritto ingiusto può essere annullato quando contrasta con i principi costituzionali e i diritti
umani. Alexy prende posizione contro il
positivismo giuridico, sostenendo fermamente la necessita di una CONNESSIONE tra
diritto e morale. Anche NINO (con il neocostituzionalismo) sostiene che la connessione
è necessaria per la GIUSTIFICAZIONE DEL DIRITTO, poiché per lui la riduzione del diritto a
comando non spiega l’obbligatiorietà di questo.
La Moralità è recuperata anche dal COMUNITARISMO, (taylor), che identifica la
moralità come l’opinione pubblica prevalente in una data comunità.
Con FULLER, in USA, ritorna il diritto naturale, con il neogiusnaturalismo. Come anche con
FINNIS, si sostiene che esistono gli ASSOLUTI MORALI che sono norme INDEROGABILI
senza eccezioni, come la norma che proibisce l’uccisione di esseri umani innocenti. Questa
rinascita nella discussione contemporanea del diritto naturale nasce dall’esigenza di
fissare dei limiti al diritto positivo.
COSA DEDUCIAMO DA TUTTO QUESTO PERCORSO STORICO? Che il diritto a dei
contenuti e valori MINIMI che sono IRRINUNCIABILI, e che ne giustificano anche
l’obbligatorietà. Anche per questo c’è un parziale ritorno al diritto naturale, inteso
come un ritorno della morale nel diritto, come l’appello condiviso alla giustizia e alla
dignità umana.

LA FINALITA’ DEL DIRITTO


LIBERTA’ E SOCIALITA’ (dato che l’uomo non è solo nel mondo) —> sono le due
condizioni che rendono necessaria l’esistenza di Regole.
Il diritto è uno strumento che garantisce le condizioni di manifestazione esterna e
sociale della libertà. Quindi il diritto, che è un insieme di prescrizioni che dicono un
“dover essere” e pongono un limite alla libertà dell’uomo. Ma dato che l’uomo
potrebbe essere libero di agire come vuole, sorge normale chiedersi, perché il diritto?
Perché porre dei limiti all’agire? È necessario che esistano regole perché l’uomo non è
solo, ma esiste con altri.
LA FILOSOFIA DEL DIRITTO RIFLETTE PROPRIO SUI PERCORSI PER UNA
GIUSTIFICAZIONE DEL SENSO E DEL SIGNIFICATO DEL DIRITTO. Infatti le teorie
scientifiche del diritto non offrono giustificazioni sufficienti.
—> abbiamo visto come le risposte al PERCHE del diritto date da giuspositivisti
formalisti e da giusrealisti sono in realtà PARZIALI e FUNZIONALI E NON ULTIMATIVE,
perché lasciano aperti altri interrogativi.
teoria formalistica , che dice che l’obbligo di comportarsi secondo le norme dato
dal fatto che la norma è posta dal legislatore —> porta con se la critica che ci sia un
alto rischio che il contenuto del diritto sia arbitrario. Infatti si paventa il pericolo che il
diritto sia deciso dal potere politico a sua discrezione e senza limiti. inoltre, appare
difficile pensare che l’uomo obbedisca a una norma solo perché posta: l’uomo infatti
esige altre ragioni o spiegazioni.
Per il Realismo empirico invece, che sostiene che l’obbligatorietà delle norme
proviene dall’efficacia, si possono trovare altre scritiche. Infatti ricondurre
l’obbligatorietà all’adeguazione alla prassi sociale apre al rischio della relatività dei
comportamenti sociali.
A noi serve invece trovare una giustificazione strutturale e assoluta che non riapra la
domanda sul senso del diritto. Perché esiste il diritto? Perché è bene che esista? È

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quello su cui si interroga e a cui risponde la filosofia del diritto.
Palazzani —-> la GIUSTIFICAZIONE STRUTTURALE del diritto parte da alcune premesse
filosofiche:
concezione finalistica della natura (in contrapposizione al meccanicismo) =
natura intesa anche come l’essere della totalità delle cose e degli esseri viventi. Esiste
o può esistere un collegamento tra natura e diritto? Nella accezione
materialisticomeccanicistica
del termine natura questa si riduce ad una macchina, insieme di enti
materiali. Ad esempio anche l’uomo considerato un assemblaggio di organi tessuti e
cellule, che si evolve e sviluppa secondo la legge cause/effetto. —> NO! Questa
concezione meccanicistica della natura è stata messa in discussione dalle
CONOSCENZE SCIENTIFICHE EMPIRICHE. Si nota infatti la continua trasformazione e il
costante mutamento della natura secondo una finalità. dunque appare chiaro che
l’approccio scientifico, come metodo, non esaurisce le possibilità di conoscere e
spiegare il reale. La natura non è riducibile a attualità meccanica, ne a fenomeno
empirico. La natura è PIU DELLA SOMMA DELLE PARTI, essa ha una verità che
trascende l'apparire fenomenico. la natura è ordine. Ogni ente, animato o animale, o
umano, TENDE VERSO UN FINE, AGISCE IN VISTA DI QUALCOSA. Il fine è la ragion
d’essere, ossia ciò per cui un essere è ciò che è . Anche se il fine non è qualcosa
che è presente fisicamente nel soggetto agente, ma è presente in qualche modo come
idea, ne orienta l’azione. Se dunque si nega la teoria meccanicistica, secondo la quale
conoscere non significa altro che rendersi conto di come funziona una macchina, si
riconosce alla ragione un RUOLO FORTE. La ragione non ha infatti il solo compito di
conoscere la verità empirica, ma anche il ruolo forte nello sforzo di cogliere il
fondamento dei fatti, il senso e il significato della natura. Tale sforzo coincide con la
ricerca della verità ontologica, la verità dell’essere. Questa infatti, non è data e
conosciuta in modo evidente, ma è conoscibile attraverso interpretazioni successive,
tramite un faticoso cammino ermeneutico. La concezione cognitivista della
conoscenza (in contrapposizione al non cognitivismo) —> tramite la ragione si può
mostrare a livello antropologico come l’uomo non sia un individuo asociale che non ha
bisogno degli altri per costruire la sua identità. L’uomo è caratterizzato dalla finitudine
nel conoscere e nell’agire. Si manifesta a se e agli altri come incompiuto. Lui è
consapevole della propria indigenza, in quanto può pensare all’infinito, all’universale,
e metterlo a confronto con la sua condizione finita- e per questo lui è,
aristotelicamente, in posizione di “medietà” tra Dio e l’animale. l’uomo avverte di
esistere in mezzo agli altri, accanto agli altri spazialmente sin dal momento della
nascita. E avverte anche che rapportarsi all’altro è una condizione ineliminabile della
sua identificazione in quanto uomo. L’assenza dell’altro costituisce l’impossibilità dello
stesso esserci del soggetto. L’altro antecede l’Io.
2) La concezione cognitivista della conoscenza (in contrapposizione al non
cognitivismo) —>LA LEGGE DI HUME: Analizziamo la discussione della filosofia del
diritto sulla legge di Hume. Cosa è tale legge? Hume notava che spesso i filosofi
passano indebitamente da espressioni contenenti il verbo “essere” a quelle contenenti
il “dover essere”. Per Hume invece, se qualcosa è, non è detto che debba essere, il
fatto che esistano certi comportamenti non sarebbe motivo necessario e sufficiente
per considerarli doverosi. Se cosi fosse si avallerebbe il criterio di autolegittimazione
dei fenomeni. Hume riprende il termine di Moore “fallacia naturalistica” per indicare
l’errore in cui cadono coloro che pretendono di definire in modo descrittivo il bene.
Secondo Hume il bene non è una cosa, e solo le cose sono definibili. Dunque il bene
non è definibile ma intuitile.
Palazzani: il punto da discutere è il seguente: si può passare da giudizi fattuali
(constatazioni) a giudizi assiologia (valutazioni) e a giudizi normativi (prescrizioni)?
——> ossia: SI PUO PASSARE DA DESCRIZIONI DI FATTO DELLA NATURA A
PRESCRIZIONI DI PRINCIPIO DEL DIRITTO?
- nella concezione meccanicistica della natura empiristica della conoscenza ed
individualistica dell’uomo, non è possibile passare dall’essere dei fatto al dover essere
della morale e del diritto. Infatti, per questa concezione, poiché esistono
empiricamente solo i fatti, e solo questo sono conoscibili, consegue che i valori e le

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norme non essendo vatti esistenti non sono conoscibili. Dunque il non cognitivismo
etico comporta la impossibilità di distinguere verità da falsità —> se non esiste un
criterio di verità oggettiva in etica e divenendo la fonte dell’etica la volontà
individuale, succede che è l’uomo che da valori. L’etica, cosi sganciata dalla natura, fa
si che la sua fonte sia la volontà individuale. Ma : il limite di questa idea di etica
soggettivistica è proprio nel fatto che l’assolutizzazione della libertà di tutti può essere
in realtà solo ipotizzabile ! Infatti , volontà assolute opposte non possono essere
compatibili, e dunque l’esito sarebbe il prevalere della volontà più forte su quella più
debole.—-> ossia : ANALOGO ESITO di un diritto che sia mera traduzione del Potere
della Rivelazione della prassi. Dunque : PALAZZANI sostiene che bisogna riaprire il
passaggio dall’essere al dover essere, contro la legge di Hume!!! Perché questo
passaggio consente la fondazione oggettiva dei valori e della giuridicità. Le finalità
nella natura infatti offrono indicazioni normative: buono e doveroso è ciò che è
conforme al fine indicato dalla natura. In questo senso la coscienza NON CREA, ma
riconosce i valori nella e della natura. La natura infatti parla all’uomo, offre indicazioni.
Da questa si possono trarre norme e prescrizione per il comportamento. L’etica ha
dunque una verità oggettiva e universale radicata nella natura, che SOLO L’UOMO ha
la capacità di riconoscere il suo dovere ontologico ed etico, e dunque la sua possibilità
di agire moralmente.
3) La concezione relazionale dell’uomo (in contrapposizione all’antropologia
individualistica) = L’uomo è libero, può scegliere se essere “per” l’altro o “contro”
l’altro. Può scegliere l’apertura o la chiusura. La scelta coessenziale coincide con la
presa di coscienza che la propria soggettività esistei in quanto si relaziona con le altre
soggettività, nella comprensione che la soggettività dell’altro è indispensabile per
l’identificazione di se. Dignità umana e coesistenza sociale costituitscono i criteri per
una giustificazione strutturale del diritto: il diritto ha senso e va obbedito nella misura
in cui garantisce la dignità ad ogni essere umano e a tuti gli esseri umani. ED ECCO DI
NUOVO IL PASSAGGIO DALLA NATURA AL DIRITTO: la natura relazionale dell’uomo
ESIGE il diritto come tutela della dignità individuiale e della relazionalità sociale. Il
Diritto, secondo Cotta, è uno dei modi che rende possibili e sicuri i legami interrogativi.
Il diritto è dunque definibile come una forma di coesistenza associativa e universale,
costituita da regole giuste. Il diritto ovviamente non si occupa dell’interiorità della
coscienza individuale, ma si limita ad assicurare la convivenza associativa,
coordinando i comportamenti dei consociati. inoltre, UNIVERSALE : perché crea vincoli
aperti a tutti senza eccezioni. Ma solo il diritto secondo giustizia garantisce la
dimensione dell’universalità. La libertà è assicurata tramite la limitazione della libertà.
L’ugualianza si esprime con il rifiuto di trattamenti privilegiati, le rivendicazioni
individuali lo sono nella misura in cui sono rivendicabili da chiunque nella medesima
situazione. —-> dunque il diritto è GIUSTO in quanto PACIFICANTE. È bene che ci sia il
diritto perché assicura dignità umana e coesistenza pacifica.
QUESTI DISCORSI —> sembrano riprendere il giusnaturalismo, però reinterpretandolo
in chiave dinamica, adeguandolo Alla società complessa, secolarizzata.
In questo senso il giurista non si limita a tradurre la volontà legislativa o a registrare la
prassi sociale, ma ha anche i compito di ESPRIMERE UNA CRITICA, UN GIUDIZIO DI
VERITA’ sul diritto esistente. Il giurista mostra come sia possibile passare da giudizi di
fatto a giudizi di valore (!! A differenza di Hume) —> è necessario fare ciò per
rispondere all’esigenza relazionale umana.

DIRITTI UMANI E DIRITTI FONDAMENTALI:


L’espressione diritti umani o fondamentali sembra essere la rielaborazione linguistica
di “diritto naturale”. Stiamo parlando di quei diritti che appartengono a ciascun uomo
e dunque a tutti in egual misura. Sono irrinunciabili, indisponibili, non negoziabili.
Origini storiche —> quelli già ritenuti tali dalla dottrina giusnaturalistica e ritenuti
preordinati dalla volontà di Dio. Inoltre, hanno poi subito una politicizzazione con le
dichiarazioni universali e le costituzioni nazionali. Tali documenti hanno trasformato i
diritti umani in diritti positivi con una protezione. MA nota: le dichiarazioni sembrano
avere un consenso collettivo. Ma non devono essere lette come una formulazione
esaustiva di quello che si può dire sulla protezione dell’uomo!

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—> qui si inserisce la filosofia del diritto: COMPITO : CONTINUA E INTERMINABILE
ricerca di esplicitazione del dovere dell’essere, per garantire all’uomo le condizioni per
attuare pienamente la propria umanità.
la filosofia si interroga sul fondamento dei diritti umani.
Bobbi, evidenzia l’IMPOSSIBILITA’ di affermare una fondazione unica e
universale dei diritti umani. Secondo lui è un problema POLITICO, egli sostiene che
questi non vadano infatti giustificati ma PROTETTI. Inoltre riconosce nei diritti umani 4
difficoltà:
-la vaghezza dell’espressione
-la variabilità
-l’eterogeneità
-l’incompatibilità teorica e l’antinomicità attuativa
MA : problema: se consideriamo i diritti umani come diritti solo se codificati in
documenti legislativi —> sembra dunque che si fondino sulla volontà del legislatore!!!
nota: MARITAIN : richiama per i diritti umani , nella sua filosofia, di nuovo il diritto
naturale. Tematica diversi livelli di espressione dei diritti umani .
il livello del diritto naturale, che deriva dalla natura umana, composto da
precetti universali
Il livello del diritto delle genti, in una posizione intermedia tra d. Naturale e d.
Positivo, che riguarda i diritti che discendono dalla natura umana ma Slo a
determinate condizioni variabili
Il diritto positivo, che stabilisce i doveri in modo contingente.Il punto due e tre
sono una estensione del diritto naturale.
Si parla di “generazione” dei diritti umani quando si prova a classificarli, prima civili e
politici, poi economici sociali e cuturali, poi alla pace all’ambiente… ma devi notare
che l’elenco dei diritti umani NON può essere mai completo o definitivo perché le
trasformazioni storiche e sociali mostrano sempre nuove necessità.
Nota: difficile la possibilità di conservare e tutelare i diritti umani in occasioni
eccezionali come stato di emergenza di pericolo imminente etc.
DOCUMENTI IMPORTANTI:
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo 1948
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e le libertà
fondamentali 1950

CAPITOLO II: Concetti filosofici per il diritto


Dignità:
L’espressione dignità umana è ambigua, benché poi abbia un consenso generale.
Chiunque infatti ne sottoscriverebbe l’appello senza alcuna riserva. Ma comunque non
è scontato il suo SIGNIFICATO. Palazzani ha paura che diventi poi un’etichetta vuota.
La filosofia si chiede: perché la dignità va riconosciuta e attribuita all’uomo? Prima
però guardiamo quegli orientamenti di pensiero che, in ambito giuridico, negalo la
rilevanza della dignità per il diritto.
—Negazione : l’origine storica sembra essere nella teorizzazione del positivismo
giuridico. Si affermava un approccio scientifico al diritto, e dunque si separava il diritto
dalla morale, e quindi anche dalla dignità. La morale era infatti esclusa dalla giuridicità
poiché non oggettivabile scientificamente. Infatti nella concezione non-cognitivistica,
e con l’adesione alla legge di Hume, si nega la possibilità di conoscere e riconoscere
la dignità nella natura umana come normativa e dunque vincolante. Quindi nelle
teorizzazioni formali e realistiche viene NEGATO AL DIRITTO OGNI RIFERIMENTO ALLA
NATURA, e dunque ogni riferimento alla dignità umana come valore oggettivo. Nota
per esempio: pensiero formalistico normatività di KELSEN : NON è la violazione della
dignità che esige punizione ma la presenza di una punizione che consente di dedurre
la qualificazione dell’illiceità dell’atto contro la dignità.
— Orientamenti che non negano ma riconoscono alla dignità una rilevanza nel diritto
ma in senso RELATIVO e non oggettivo: DUE ORIENTAMENTI:
Utilitaristico: la dignità umana è affermata su basi empiristico-pragmatiche ->
l’uomo agisce istintivamente alla ricerca del piacere e per evitare il dolore, la dignità

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sembra venir rispettata non oggettivamente, in se stessa, ma subordinatamente a
valutazioni di convenienza, risultati del calcolo costi/benefici. Cioè calcolo per la
massimizzazione del piacere. = dignità umana esiste solo se massimizza il piacere o
minimizza il dolore. Quindi alla vita dell’essere umano è attribuita una dignità SOLO
alla condizione minimale o debole che PERò manifesti la capacità neurofisiologica di
percepìre il piacere e il dolore, di avere interessi, preferendo il piacere al dolore. E
soprattutto che non sia in posizione di soffrire o far soffrire gli altri. (come nel caso dei
malati terminali, che perdono la dignità).
Contrattualismo: dignità e rispetto di questa si afferma su basi CONTRATTUALI:
ossia in base ad un accordo stipulato tra agenti morali —> ossia individui autonomi,
dotati di autocoscienza, razionalità, capacità di attribuire un senso alle cose. —>
quindi è l’agente morale che conferisce la dignità alla propria vita e a quella altrui.
Dunque sono esclusi dall’attrbuzione della dignità gli embrioni, gli infanti, i dementi.
Solo coloro che sono in grado di autodeterminarsi rivendicando i loro diritti li hanno.
(( il contrattualismo ritiene ipotizzabile di attribuire una qualche dignità ad intelligenze
artificiali o robots, se manifestassero comportamenti autonomi))
——> cosa pensa PALAZZANI di ciò? Che non ha senso legare la dignità a determinati
stati mentali, poiché l’esperienza del piacere e di dolore non esistono in se:
presuppongono sempre un SOGGETTO: infatti, è l’esistenza del soggetto che rende
possibile l’esercizio di certe funzioni e non l’esercizio delle funzioni che costituisce
l’esserci del soggetto. Il soggetto PERMANE indipendentemente dalla manifestazione
di certe funzioni!!!
É assurdo credere che un soggetto ci sia quando sente piacere o dolore, e scompaia
quando queste funzioni cessino.
Cosa accomuna questi due orientamenti? È NEGATA la fondazione assoluta ed
oggettotiva della Dignità. Questa acquista rilevanza seguendo percorsi diversi.
— Affermazione della rilevanza della D. Per il diritto
Andiamo per punti
punto di partenza per l’analisi: L’ANTROPOLOGIA: che cosa è l’uomo? L’uomo è
Bidimensionale, non è solo oggetto di osservazione ma anche soggetto. Si deve
ammettere una dimensione ulteriore rispetto alla materialità. Sia essa l’anima o la
psiche
Che cosa è la dignità? (riflessione ASSIOLOGICA) : riconoscere la dignità
significa riconoscere la non possibilità di ridurre l’altro a “prezzo”, significa
riconoscerlo come “fine”. Ma perché dobbiamo rispettare l’altro? Solo l’uomo è un
essere RELAZIONALE, e dunque ha una dignità intrinseca. L’uomo è degno di rispetto
perché è in grado di rapportarsi all’altro riconoscendolo come un TU e di dire di se
stesso IO. E qui si vede l’eccezionalità dell’uomo: l’unico in grado di riconoscere il suo
dovere relazionale quale dovere ontologico ed etico, e dunque poi di agire
moralmente. Proprio perchè l’uomo è in grado di identificare e distinguere l’essere dal
dove essere. Quindi la GIUSTIFICAZIONE della dignità umana è nella capacità
dell’uomo, iscritta nella NATURA UMANA, di agire liberamente, prefigurarsi un atto, di
relazionarsi.
Il diritto deve difendere la dignità umana? —> data come appurata la presa di
coscienza della natura intrinsecamente relazionale dell’uomo—> un diritto che prende
atto di ciò può tutelare la dignità. Secondo Palazzani la Dignità è l’orizzonte del diritto,
a cui riferirsi nelle norme: è un criterio oggettivo che va oltre il tempo e lo spazio —>
per esempio i diritti umani, costituiscono un PRINCIPIO REGOLATIVO che non pretende
di dire tutto nei contenuti, ma stabilisce le condizioni strutturali affinche il diritto sia
difensore della dignità. La dignità sembra dunque essere un CRITERIO che permette un
atteggiamento critico rispetto al diritto vigente.

Libertà:
Per libertà si intende la capacità interna di un soggetto di SCEGLIERE tra atti alternativi
in una stessa situazione e la possibilità esterna di ESEGUIRE realmente ciò che è stato
scelto. La capacità INTERNA presuppone la capacità di intendere e di volere, mentre
quella ESTERNA riguarda il mondo empirico e la possibilità di agire fisicamente nella
realtà.

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LIBERTA’ COME AUTODETERMINAZIONE: (sotto la luce della prospettiva Libertaria)
La libertà è la scelta tra due atti diversi e la possibilità esterna di eseguire l’atto. Poi
esiste la libertà secondo la corrente di pensiero dei Lib-Lib (liberal libertari - vedi I
Radicali in italia) . Il liberalismo è la corrente di pensiero che si è affermata con la
rivoluzione francese, ed è il porre come fondamento dell’uomo la libertà e in economia
infatti per esempio c’è il liberismo. Il liberalismo dunque pone come base l’io
dell’individuo. Invece il LIBERTALISMO antepone la difesa della libertà ad ogni autorità
o legge. A volte il termine infatti è stato utilizzato come sinonimo di anarchismo.
Primo modo di intendere la libertà: intesa come scelta arbitraria della VOLONTA’. —>
in questa concezione è posto al centro l’individuo, autoreferenziale, capace di costruire
da solo La sua identità. Esaltazione della propria autosufficienza. Secondo l’orizzonte
empiristico e non cognitivista, l’individuo in questo senso sembra in grado di produrre
e creare valori, autodeterminando in modo autonomo le proprie scelte —> l’individuo
pone importanza su quelli che per lui sono valori anche se non sono quelli della società
( ed è per questo che si parla di una LIBERTA’ SENZA VERITA’, che ovviamente può
avere ricadute sul piano giuridico esteriore).
Infatti teoricamente se io mi dichiaro LIBERO e tale libertà è riconosciuta dallo stato,
questo non può impormi di fare scelte diverse da quelle che vorrei fare io. Sembra
essere una libertà senza misura, una volontà che si emancipa da qualsiasi autorità
coercitiva. E dunque l’individualismo diviene soggettivismo radicale e assoluto,
espressione del relativismo: la libertà pragmatica si esprime nel “fatto” di scegliere qui
ed ora, in base agli impulsi, agli istinti contingenti ed imprevedibili. Per i LIberallibertari
è una libertà in negativo, una libertà DA qualcosa.
A PROPOSITO
—> la linea più estrema dei liberallibertari ritiene che il diritto positivo deve
intervenire nella misura minima nel rispetto degli spazi di privatezza delle scelte
individuali, lasciando semmai al GIUDICE di dirimere i conflitti. —> perché si deve
tutelare la privatezza delle scelte individuali. È favorito l’intervento soft della
Giurisprudenza.
—> la linea più moderata ritiene che il diritto debba organizzare la società, lasciando
l’individuo libero di fare la propria scelta in base a valori soggettivi, MA intervenendo
tipo: prendendo atto delle preferenze, traducendole in modo formalmente corretto,
eliminando gli ostacoli che ne impediscono la espressione. Inoltre , un limite: evitare di
creare danno all’altro, dunque tenendo conto degli effetti correlati alla azione verso i
terzi. QUI, in questi casi, SI AMMETTONO REGOLE.
—> Da questa basi si deduce che la filosofia liberallibertaria attribuisce lo statuto di
soggetto solo a coloro in grado di esercitare la libertà: si riprende dunque il discorso
dell’”agente morale” con la conseguente separazione tra persona (soggetto avente
dignità e diritti) e essere umano in senso biologico.
Dunque secondo la prospettiva libertaria sembra che chi non è in grado di fare scelte
di libertà diviene automaticamente oggetto delle scelte altrui.
CRITICHE A QUESTA PROSPETTIVA fatta da PALAZZANI: Contraddizioni evidenti: si
afferma la libertà assoluta ma poi negandola ad alcuni soggetti di nega il significato
autentico di libertà . inoltre, secondo Palazzani, è improbabile una libertà senza
costrizioni: NESSUN essere umano può realmente decidere su tutto! ex. Non possiamo
decidere di vivere senza respirare. Inoltre , l’assenza di danno all’altro è ambigua dato
che non si definisce il significato di danno

Libertà Relazionale
Per una questione antropologica, l’uomo è sempre, dal momento in cui nasce, inserito
in una dinamica coesistenziale. Ogni uomo vive inevitabilmente con gli altri. Dunque la
nostra libertà è chiamata a misurarsi con quella degli altri. Oggi, nel dibattito
contemporaneo caratterizzato da una pluralità di prospettive etiche, convivono l’antica
tradizione filosofica antico-medievale e quella Kantiana, e si ritiene che di libertà si
debba parlare in una prospettiva universalistica. Ossia basata su una ragione pratica,
che consente di definire la libertà in modo autentico: la libertà è autentica quando si
rinuncia a “tutta” la libertà affinchè questa possa essere di “tutti”. Quindi la libertà è
autentica quando se ne accetta il vincolo: riconoscimento razionale del limite e

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dell’altro come limite. Da qui deriva —> RECIPROCITA’ E SIMMETRIA : io concedo
all’altro le stesse possibilità di agire che riservo a me stesso, e la libertà che rivendico
per me la contento e riconosco a chiunque altro. La mia libertà termina dove finisce la
libertà dell’altro. NOTA: tale limitazione di libertà può anche essere frutto di una
negoziazione conveniente, opportuna e vantaggiosa. Altra ragione per cui si può
procedere a riconoscere l’altro come limite alla propria libertà, diversa da simmetria o
reciprocità, si ha quando l’altro non è in grado di esercitare la sua libertà, ad esempio
a causa di immaturità, o decadimento fisico o patologie. Perché fare spazio alla libertà
di chi non è in grado di essere libero?
una risposta (giuridica) è il richiamo ai diritti fondamentali nell’orizzonte
giusnaturalistico: rispetto l’altro in quanto ognuno ha un diritto originario ad esistere e
agire. Ogni uomo rispetta l’altro per il semplice fatto che è un “uomo”. Difatti in questa
concezione la sua dimensione ontologica (essere uomo) è prioritaria rispetto a quella
fenomenologica. Infatti abbiamo detto che è la possibilità ontologica della libertà - a
prescindere dall’esercizio effettivo - che rende l’umo un soggetto con dignità
intrinseca e diritti inalienabili. Al diritto NON interessa che l’uomo esibisca alcune
proprietà.
Risposta etica: dovere che ogni uomo ha, di responsabilità e sollecitudine, nei
confronti di chi ha ridotte capacità di azione e libertà.

Giustizia:
Cosa è la giustizia? È l’oggetto di una intuizione preriflessa: tutti la invocano e
intuiscono cosa sia. L’ingiustizia invece è il torto subito, dunque si manifesta quando
all’uomo è preso o trattenuto ciò che è suo, non a causa di sfortuna o eventi naturali
ma a causa di azioni umane.
Dunque, giustizia = dare a ciascuno il suo, ciò che gli spetta. Detto ciò, cosa è il “suo”
e chi è che deve “dare”?
Esistono vari livelli di giustizia:
Teologico: a questo livello coincide con la grazia divina, in una concezione
giusnaturalistica teologico-volontaristica l’uomo diviene giusto e si salva solo mediante
la fede la grazie a la carità.
Etico: la giustizia è la perfezione dell’anima, ossia la virtù totale che riguarda
l’armonia interiore degli elementi, realizzabile con l’educazione individuale.
Giuridico: qui significa “dare a ciascuno il suo diritto” (come la definizione data
da Ulpiano ed entrata a far parte del Digesto). —> gli elementi di tale definizione
sono: il riconoscimento mediante la ragione della giustizia come valore, l’attuazione
effettiva della giustizia da parte dell’uomo, tramite volontà e azioni, l’attuazione
permanente e non occasionale, tramite virtù e abitudine.
ARISTOTELE: la Giustizia è la virtù intera e perfetta: perché comprende tutte le altre +
perfetta perché si riferisce al comportamento verso gli altri e non solo verso se stessi.

Forme della giustizia:


Ci sono diverse forme in base alle diverse modalità di relazione interindividuale:
individui in riferimento alla società; individui in relazione tra loro, indipendentemente
dalla società; relazione della società con chi governa etc. Dunque in base a questa
distinzione vi sono diverse forme di giustizia: giustizia legale (conformità a leggi,
dunque indipendentemente dalla coscienza interiore), la giustizia correttiva (riparare
a relazioni private), distributiva (allocazione dei benché possono essere divisi tra i
membri della comunità, regolata dal criterio della proporzionalità tra la quantità dei
beni e il merito/valore di coloro a cui vanno assegnati)compensativa, contrattuale, la
correttezza, la giustizia ontologica (ritiene giusto chi rispetta l’uguaglianza -
riconoscimento della spettanza di ogni uomo in base al diritto naturale.)

Teorie della giustizia:


Ci sono state varie teorie che hanno posto le varie forme di giustizia come prioritarie.
teorie formalista: ritiene esclusiva la giustizia formale —> dare ad ognuno, a cui
il potere politico conferisce uno statuto giuridico, il suo, inteso come CIO’ che il
POTERE stabilisce formalmente gli sia dovuto. Dunque la distribuzione è accentrata

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nella decisione del potere politico. La legalità è assolutizzato. Ma per Palazzani è un
modello inaccettabile a causa della subordinazione del diritto al potere politico
arbitrario. Modello che risale al pensiero Sofista (5 secolo a.C.) idea ripresa poi in
epoca moderna da Hobbes, che ritiene che il patto sociale comporti soggezione e
costituisce l’autorità intesa come assoluta. Estreme conseguenze di questo pensiero
legalistico: Kelsen, teoria pura del diritto.
libertaria: considera prevalente la g. Commutativa. —> giustizia qui si riduce a
tutela dell’autodeterminazione. La società si limita a proteggere diritti di Proprietà e
libertà, lasciando alle persone la possibilità di migliorare le loro condizione tramite
l’iniziativa personale. Qui dunque giustizia significa: “non danneggiare l’altro”, dove
danno significa ostacolare la libertà dell’altro. Dunque la giustizia commutativa si
limita a controllare la correttezza degli scambi, delle transizioni, dei contratti. Dunque
al contrario della giustizia distributiva, qui l’intervento della stato è minimo. “STATO
MINIMO”. —> concezione proposta anche da Nozick, che parla della teoria “della
giustizia come titolo valido”: parlando di Proprietà, di trasferimento, e di giustizia della
riparazione d un torto. L’argomento dei liberali-liberisti è che nessuno è responsabile
delle disuguaglianze naturali determinate dalla nostra nascita. Dunque , dato che non
cè responsabilità sociale per questi avvenimenti, nessuno deve compensarli o ripararli
—> al massimo si può simpatizzare o avere un atteggiamento filantropico,
caritatevole, empatico, ma resta fermo il principio di autodeterminazione. Dunque i
diritti di libertà prevalgono su doveri di solidarietà. —> CRITICHE: per le implicazioni
umane e sociali che conseguono: infatti l’idea dello Stato Minimo NON RIGUARDA
TUTTI GLI UOMINI ma esclude esplicitamente gli individui non ancora / non più in grado
di esercitare la libertà ( ex. deboli, poveri, emarginati) + altra critica di Palazzani: si
deve tener conto che queste azioni individuali comportano una assolutizzazione
dell’autonomia, e dunque si apre il problema del possibile conflitto delle libertà
contestuali o simultanee. Inoltre qui è esaltata la logica del profitto ed è sottovalutato
l’aiuto compassionevole, si nega una responsabilità verso l’altro. —> modello utopico.
Fondato sulla speranza della “mano invisibile” di Smith.
Egualitaria: valorizza la giustizia distributiva. —> riconosce la libertà individuale
ma privilegia le esigenze sociali rispetto alla libertà individuale. Valore dell’eguaglianza
riconosciuto come valore procedurale: gli scambi tra individui sono mediati dalla
società al fine di favorire la priorità del pubblico sul privato. Dunque idea di stato
inteso come STATO MASSIMO - Stato del Benessere, si deve tutelare la libertà di tutti
+ l’equità nell’accesso alle risorse. Teoria di Rawls, che si articola in due principi:
uguaglianza nell’assegnazione dei diritti /doveri e il principio di COMPENSAZIONE
delle ineguaglianze sostanziali tramite la regola del maximin, secondo cui la
distribuzione è giusta se produce effetti benefici compensativi per i meno
avvantaggiati. A suo parere la società deve farsi carico delle disuguaglianze poiché vi
è un dovere sociale di solidarietà e cooperazione e altruismo . È potenziata la giustizia
distributiva: qui DARE A CIASCUNO IL SUO —> assegnare ad ogni individuo in modo
uguale + valenza sociale nel dare all’indigente ciò di cui ha bisogno. Dunque qui è
sostenuta la necessita che lo stato SI FACCIA CARICO delle disuguaglianze causate
dalla lotteria naturale. CRITICHE? Sicuramente garantisce la sicurezza sociale, ma
antepone la società all’individuo e dunque considera poco i diritti individuali
irrinunciabili.

Ingiustizia:
L’ingiustizia può assumere diverse dimensioni e forme: l’elemento che accomuna il
sentimento di ingiustizia è il subite un danno. L’ingiustizia è il torto subito dall’uomo:
all’uomo viene PRESO o TRATTENUTO ciò che è suo, non a causa di sfortuna o eventi
naturali ma a causa di azioni umane, espressione del potere di una libertà/volontà di
un altro. Inoltre, è un’intuizione, tutti condividiamo l’inaccettabilità dell’ingiustizia, sia
sul piano emozionale che razionale. Reazione immediata: indignazione e disgusto. A
noi ora interessa però non la percezione soggettiva ma la dimensione oggettiva, con
riferimento al diritto. Parliamo del rapporto tra DIRITTO e MORALE. L’INGIUSTIZIA è
PERCEPITA OGNI VOLTA CHE IL DIRITTO SI ALLONTANA DALLA MORALE O SI ESPRIME
CONTRO LA MORALE. Oggi, questo tema occorre che sia rivisto, data la

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secolarizzazione etc.
liberal-libertari: per loro il diritto deve prendere atto delle nuove richieste
individuali, configurando istituzionalmente una seri di alternativa senza prendere però
posizione.
Percorso democratico: mediante l’accordo politico sono fissate le procedure
pubbliche per la gestione dei conflitti sociali, e solo registrate le volontà della
maggioranza. Il diritto dunque si limita a tradurre la volontà politica senza fare una
valutazione morale dei contenuti. Entrambe le teorie, seppur diverse, hanno in
comune di non riconoscere l’esistenza di valori morali comuni. In entrambe infatti il
diritto è SEPARATO dalla morale individuale, e dunque c’è una esigenza di neutralità.
Qui dunque sparisce l’idea filosofica di ingiustizia nel diritto: il diritto diviene
valutativo, e assorbe tutte le esigenze individuali e sociali. Nel diritto non c’è spazio
per discussioni su giustizia o ingiustizia.
Il pensiero di ingiustizia - intesa come Inaccettabilità morale del DIRITTO - è
invece proprio del pensiero giusnaturalista. Qui infatti c’è una connessione forte tra
diritto e morale, intera come moralità interna al diritto stesso. Il diritto doveva per loro
coincidere con la morale, almeno con la “morale minima”. Dunque ne deriva che il
diritto ingiusto non è autentico. E dunque non è obbligatorio. —> per loro la
promulgazione formale del diritto e l’osservanza sociale NON sono SUFFICIENTI a
giustificarne il principio di obbligatorietà.
PALAZZANI: paura di un diritto senza morale, mero recipiente riempibile di qualsiasi
contenuto. Richiamo ai regimi totalitari, nazismo: leggi, seppure formalmente valide,
che hanno prescritto comportamenti contro la giustizia e l’uguaglianza. È emersa
dunque la consapevolezza ce il diritto ha dei valori irrinunciabili che ne giustificano
l’obbligatorietà. Quindi il giurista non ha una funzione solo procedurale, ma deve
anche DIFENDERE questi valori intrinseci della giuridicità.
Le leggi ingiuste:
Come comportarsi di fronte ad un diritto ingiusto? Ricordi ANTIGONE. Innanzitutto
serve che emerga la consapevolezza critica dell’ingiustizia delle leggi. E questa
consapevolezza l aha solo chi non accetta acriticamente le norme in quanto positive
ed emanate dal legislatore. Serve che ci si ponga di fronte alle norme con
atteggiamento critico. È compito certamente del GIURISTA identificare l’ingiustizia del
diritto positivo. Lui deve analizzare le norme al momento dell’’elaborazione,
dell’interpretazione e dell’applicazione delle leggi. Deve operare nella direzione della
limitazione dei danni morali.
DIVERSO è quando invece riguarda il cittadino: SITUAZIONE PROBLEMATICA —> si è di
fronte a legge ingiusta ma a cui si è obbligati ad obbedire sul piano formale.

Obiezione di coscienza e opzione di coscienza:


Scelta e comportamento che manifesta il DISSENSO nei confronti del comando
dell’autorità o della prescrizione legislativa mediante un appello alla coscienza. NOTA:
obiezione di coscienza è diverso da resistenza - negazione della validità della legge
dello stato- e da disobbedienza civile - attraverso l’infrazione deliberata della legge al
fine di provocare sanzione e dunque creare una reazione dell’opinione pubblica.
L’OBIEZIONE è una SCELTA PERSONALE ESPRESSA da un singolo o da una minoranza
di DISOBBEDIRE IN MODO PUBBLICO , non violento, al FORO ESTERNO, per obbedire
invece al FOTO INTERNO. È un NO alla legge ritenuta in giusta per dire SI alla legge
giusta. All’obbligo giuridico esteriore si fanno prevalere i valori interiori. Non è un
ribelle, perché l’obiettore contrasta una specifica legge ma accetta l’ordinamento nel
suo complesso. A noi interessa come le varie teorie filosofiche hanno definito
“coscienza”
Giusnaturalisti: coscienza sarebbe il rifiutare una legge positiva ingiusta in nome
delle norme di diritto naturale. Se la legge impone un’azione contraria al diritto
naturale non si deve obbedire in quanto l’osservanza renderebbe l’uomo IMMORALE.
La legge perderebbe se fosse così il fondamento di obbligatorietà —> sarebbe quindi
DOVEROSO un atteggiamento di disobbedienza.
Positivismo giuridico: ha sempre AVVERSATO l’obiezione di coscienza. Perché
mette in discussione la positività del diritto ritenuta un dogma. Dato che da loro è

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teorizzata una legge soft, che è elastica ed in grado di assorbire le diverse pretese
emergenti dalla società, non ostacolando la libertà di scelta dell’individuo non prevede
l’obiezione di coscienza. Si parla semmai di OPZIONE DI COSCIENZA: come libera
espressione GIURIDICAMENTE CONSENtITA della scelta morale soggettiva , in modo
compatibile alle altre scelte morali. Infatti se è l’ordinamento stesso a prevedere le
alternative di comportamento possibile in modo CONFORME alla legge, porta alla
dissoluzione dei conflitti di coscienza —> ma può portare anche ad ASSOPIRE le
coscienze. PAURA: che la obiezione divenga una mera tecnica di neutralizzazione del
dissenso da parte del legislatore.

STATO E SOVRANITA’
Politica e diritto
POLITICA: “come è la politica?” È la domanda della Scienza Politica, che utilizza
metodo valutativo per analizzare empiricamente i fatti. Diverso è l’orientamento
istituzionalistico, che studia le organizzazioni dei diversi gruppi sociali e elabora teorie
generali. Entrambe comunque sono una PRESA D’ATTO di come è la politica nella
realtà . Invece la domanda PERCHE’ LA POLITICA —> coincide con la FILOSOFIA
Politica, quale riflessione critica sulla politica! È l’elaborazione di COME la politica
DOVREBBE essere. Ricerca del fondamento di legittimità del potere, del limite di
questo, del fine.
RAPPORTO POLITICA - DIRITTO —>
concezione positiva: separando la politica dai valori si pensa al potere come
esercizio senza bisogno di giustificazione.
Guispositivisti: rapporto di subordinazione del diritto alla politica, il diritto
positivo è infatti considerato strumento e prodotto della volontà politica. + qui
rapporto particolare: il diritto segue la politica ma la precede anche. Infatti il diritto
positivo SEGUE la politica in quanto è il suo prodotto, ma la politica al contempo è
subordinata al diritto pre-positivo, superiore gerarchicamente e antecedente
cronologicamente. Dunque ci spondei vincoli giuridici che esigono la giustizia e che il
potere deve rispettare —> ciò porta allo stato di diritto e al costituzionalismo.
Assolutismo politico: deriva dell’idea del potere sovraordinato al diritto.

Sovranità = esercizio del potere politico .


Termine che entra nell’uso nel medioevo, con significato di preminenza in senso
relativo, posizione di comando. Nel medioevo nota, la potestas era esercitata da più
soggetti , ed inoltre era affiancata dalla auctoritas spirituale della Chiesa, per orientare
il potere al bene. Nota : la summa potestas era il potere temporale più alto MA, non
originario perché derivante da Dio, non esclusivo perché preceduto da altri, non
assoluto perché limitato da legge naturale e divina. Anche il re era sottomesso a Dio e
alla legge. Ossia alle consuetudini e alla legge naturale. Egli infatti NON CREA le leggi
ma le applica e le cerca.
Poi, età moderna: 16-17 secolo: conflitti religiosi e civili Francia-Inghilterra 0 sovranità
diviene preminenza assoluta del potere statale, incarnato dal monarca. E pian piano si
crea lo stato moderno, “sovrano” in quanto originario e non derivante da altro.
DEFINIZIONE tale di sovranità: BODIN, HOBBES, ROUSSEAU.
Il potere di fare le leggi diviene prerogativa del re, insieme ad altre. La sovranità
diviene il potere assoluto e perpetuo che è proprio dello stato. RESTA ‘idea però che il
comando del sovrano deve essere giusto, e dunque conforme alla legge naturale e
divina. (Bodin)
Rousseau —> con lui l’assolutezza della sovranità si accentua, perché la cessione dei
diritti individuali ( nel contratto sociale) è totale ( mentre in Hobbes l’unico diritto che
i cittadini non avevano ceduto era quello alla vita). Per R. La sovranità coincide con la
moralità- obiettivo è il bene comune.
DIVERSAMENTE: Montesquieu e Locke —> sostengono la necessità di limitare il potere
dello stato per tutelare la libertà dei cittadini.
—> in questa prospettiva si delinea lo STATO DI DIRITTO. Nel 19 secolo. E dunque
SOVRANITA’ viene pian piano sostituita da concetto di AUTORITA’, che agisce nei limiti
della Costituzione.

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20 secolo: idea di sovranità entra in crisi, dato il prevalere di teorie costituzionalistiche
e data la crisi dello stato nazionale, e l’emergere di nuove istituzioni sovranazionali.
2) Stato di Diritto = forma di stato di matrice liberale
Fine perseguito: controllare e limitare il potere statuale attraverso la posizione NORME
GIURIDICHE GENERALI E ASTRATTE. Dunque si viene pian piano regolando
l’organizzazione del funzionamento dei poteri, tramite istituti normativi, separazione
tra istituzioni legislative e amministrative, principio di legalità, dispetto dei diritti
costituzionalmente garantiti. Nell’età moderna la sovranità è solo dello STATO, inteso
come realtà impersonale, che trascende sia il re che il popolo. Il potere diviene
impersonale, si risolve nell’ordinamento. Potere sottoposto alla razionalità della legge.
MA , nel 900, forti conflitti sociali, riappare il potere sovrano con forza. In filosofia va
fatta una distinzione:
stato di diritto intenso FORMALE: in senso giuspositivista, è qualunque
ordinamento i cui poteri sono conferiti dalla legge. Dunque anche ad esempio gli stati
illiberali.
Sostanziale: i poteri son sottoposti a legge si in senso formale che materiale, e
dunque nei contenuti. Per esempio vi è il controllo di costituzionalità delle leggi.
Nello stato di diritto: sovranità è governo della legge. Tutti i poteri son subordinati al
diritto (principio di legalità. Poi , con la DEMOCRATIZZAZIONE dello stato, si introduce il
concetto di sovranità popolare —> democrazia va intesa per forza in senso
sostanziale.
Poi , con Carta Nazioni Unite 1945 e Dich Un Dir Uomo 1948 nasce l’ordinamento
giuridico sovrastatale, radicato nei Diritti Umani e nella Pace, che LIMITANO LA
SOVRANITA’ ESTERNA.
—> LITIMI: diritti INTERNO e INTERNAZIONALE.
OGGI : si parla di crisi dello stato di diritto: ci sono sempre più leggi, che aumentano
incertezza, poi l’inefficacia della macchina giudiziaria, poi ci sono scenari che spingono
verso un diritto giurisprudenziale, le costituzioni entrano in crisi a causa delle diverse
interpretazioni, stati nazionali sono inc risi a causa di fonti normative internazionali.

Sanzione:
Il potere politico garantisce l’applicazione delle norme giuridiche mediante la sanzione.
Ci sono diverse teorie della pena.
teoria giuspositivistica: definisce in modo descrittivo e formale la sanzione.
L’illecito è l’azione non conforme alle norme. La sanzione è l’azione compiuta sulla
condotta non conforme al fine di neutralizzare le conseguenze dannose di quell’azione.
EFFETTO-CONSEGUENZA GIURIDICA prevista dall’ordinamento positivo. Si possono
ipotizzare solo due casi in cui può esistere un sistema normativo senza sanzioni: in
caso di norme perfettamente adeguate alle inclinazioni dei destinatari o in caso di
destinatari meccanicamente aderenti alle prescrizioni (robot). MA ENTRAMBE LE
SITUAZIONI NON SONO REALI.
Teoria normativa della sanzione: è la sanzione qui che qualifica l’atto come
illecito. Dunque la sanzione sembra essere l’elemento costitutivo della norma
giuridica, l’obbedienza alla norma sembra quindi derivare dalla paura della sanzione.
CRITICA: no , l’individuo obbedisce non solo per timore della sanzione ma anche
perché condivide i contenuti. Il diritto infatti è attività anche promozionale. INOLTRE,
esistono anche norme NON sanzionatorie (ex. Diritto internazionale).
Teoria della PREVENZIONE GENERALE: si iscrive nella concezione utilitarista. Due
presupposti: - l’individuo è determinato dagli istituti della ricerca del piacere -
L’individuo agisce per interessi egoisti con calcolo di costi-benefici. Dunque la pena è
legittimata nella misura in cui è tutelata la CONVENIENZA SOCIALE. Senso delle
minacce della pena: di distogliere, disincentivare il reo. Pena e minaccia di questa sono
un sistema di contro-spinte. La punizione di infrazioni è motivata dalla prevenzione di
futuri illeciti.
Teoria di PREVENZIONE SPECIALE: concezione psicologica-sociologica. Parte dal
fatto che è ineliminabile la devianza sociale, e dunque si può solo neutralizzare.
Dunque la pena ha il senso di impedire a certi soggetti la commissione futura di
infrazioni del sistema normativo. La pena crea un messianismo psicologico. Dunque

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l’entità della pena si misura sulla capacità di intimidire chi ha commesso il reato a
riconnetterlo in futuro.
Teoria della difesa sociale: riguarda la sociologia criminale. Si osservano i reati
statisticamente più frequenti e pericolosi —> la pena è giustificata dalla prevenzione
di questi reati. Sulla base di parametri empirici, l’obiettivo della pena è di prevenire e
neutralizzare comportamenti e inclinazioni antisociali.
Teoria dell’Emenda - o della RIEDUCAZIONE: l’entità della pena è misurata in
base alla finalità rieducativa, sul piano morale. Presupposto Oggettivo: esistenza e
conoscibilità dei valori e dei disvalori . Presupposto Soggettivo: la rieducabilità di chi
ha commesso un male.
PALAZZANI —> CRITICHE a tali teorie: cercare la commisurazione della pena su basi
ESTERNE al diritto rischia di aprire la strada a uso arbitrario di questo. La paura è che il
colpevole diventi MEZZO e non fine. Rischio di pena esemplare, capro espiatorio,
rendendo certi individui simboli sociali per disincentivare. inoltre, fa paura pensare di
punire soggetti solo perché ritenuti pericolosi anche se non hanno commesso un reato.
Per la sola probabilità che lo commettano.
d) D’AGOSTINO—-> TEORIA RETRIBUTIVA: presupposta la conoscibilità di ciò che è
bene e male, e la possibilità per l’uomo di SCEGLIERE tra bene e male, il diritto penale
è GIUSTIFICATO nella misura in cui punisce un comportamento determinato con un
sistema di punizioni caratterizzate da una struttura determinata, afflittiva e
PROPORZIONALE.
Dunque si deve punire secondo giustizia. Il fine della punizione è quello di ristabilire
l’equilibrio sociale, turbato dalla commissione dell’azione malvagia, tramite la
commisurazione proporzionale della quantità e qualità di pena. È una commisurazione
antropologica e non materiale. Non è la legge del taglione infatti!!! Si vuole piuttosto
provocare sofferenza agendo sulla LIMITAZIONE DELLA LIBERTA’. Per questo la teoria
retributiva è afflittiva: si deve soffrire, non in senso fisico, la sofferenza è la condizione
dell’espiazione. La pena deve porre il reo nelle condizioni di COMPRENDERE di aver
compiuto il male. Perché questa comprensione permette la riganerazione giuridica del
reo. HEGEL E KANT: questa teoria è l’unica che tiene conto della Dignità umana.

Linee della riflessione oggi


Oggi, la pena sembra essere ridotta ai minimi termini. Ammessa solo in alcuni casi,
altrimenti annullata e sostituita dalla “clemenza” per chi desiste o può essere
incoraggiato a desistere. Ciò che sembra contare ora non è la norma, o la gravità del
reato in se, ma il reo: l’atteggiamento momentaneo di chi ha compiuto un’azione
antisociale rispetto al potere. Dunque la pena ora sembra essere diversa a seconda
dell’individuo. Ls pena dunque sembra coincidere più con lo svolgimento del processo
che con l’esecuzione della condanna. La esecuzione della pena non sarebbe anzi tanto
ciò che è stato deciso nel processo quanto il prolungamento del processo stesso. Molta
importanza è data al rapporto tra magistrato e condannato. E segno di questo
orientamento è certamente la tendenza alla concessione di benefici per alleviare la
pena, sulla base di criteri come la collaborazione, la buona condotta, il pentimento, le
misure alternative. Con le misure alternative, il diritto penale si limita a verificare che il
condannato, per un periodo di tempo, obbedisca ad una serie di prescrizioni —> si
vuole dunque accertare che il reo rinunci di fatto, in quel momento, ad opporsi al
potere. Se la resistenza del reo si dissolve, la pena non ha motivo di esistere. MA —>
con ciò NULLA però assicura che il reo non delinqua più ! Dunque sembrerebbe che
ormai il giudice non abbia come fine L’ACCERTAMENTO dell’evento, quanto piuttosto la
COERENZA del narrare dell’accusa e la difesa. ossia, il giudice sembra avere il ruolo di
controllo della coerenza argomentativa, a prescindere dalla verità obiettiva. Questa
teoria della “RIPARAZIONE” considera la pena come necessaria per chi rifiuta la
mediazione e inibisce il dialogo sociale.

Sanzioni Positive: sono la possibile risposta da parte del diritto ad un ATTO


MERITORIO per rafforzare la coesione sociale. Per i giuspositivisti le sanzioni sono solo
negative. Per Kelsen la funzione premiale del diritto è Eventuale, non necessaria. Nelle
società moderne, lo stato sociale assume una funzione che oltre che di controllo

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repressivo è anche di orientamento e direzione economico e sociale. In questo senso
abbiamo sanzioni positive come incentivi e premi. FUNZIONE PROMOZIONALEPREMIALE.
Anche la ratio delle sanzioni positive è il CONTROLLO, ma queste hanno la
funzione di promozione di un cambiamento graduale mediante tecniche di
incoraggiamento e ricompensa. —> nota: sanzioni positive: NON sono dovute. Infatti
lo stato ha scarse risorse, e dunque c’è l’impossibilità di premiare tutti gli atti meritori;
inoltre se ci fosse l’obbligo di premiare, allora l’azione meritoria sarebbe compiuta in
vista del premio e perderebbe il suo significato morale interno. IMPORTANTE: lo stato
ha il monopolio delle sanzioni negative, ma non può avere quello di quelle positive
(che possono essere fornite anche da privati).

Uguaglianza e Differenza
Uguaglianza —> uno dei principi costitutivi del diritti + elemento centrale nella
dottrina dei diritti umani. Nell’ambito della riflessione filosofico-giuridica però, il
principio di uguaglianza è stato oggetto, nella satira del pensiero recente, e di alcune
considerazioni critiche e interpretazioni. Vedi fenomeni come nazionalismo,
femminismo, che sollevano sul piano giuridico e politico la necessità di un diritto al
riconoscimento della differenza nei confronti del principio di uguaglianza.
PUNTO NODALE QUI: il rapporto tra esigenza di riconoscimento della diversità e
principio di uguaglianza. La diversità si integra con l’uguaglianza o pretende di
sostituirsi ad essa? (bibliografia: FACCHI)
Esigenza di differenziazione del diritto è emersa in modo particolare nella riflessione
femminista. prima: le donne volevano entrare a far parte della comunità politica a
pieno titolo. Donne : iniziarono lotta per l’affermazione pubblica dell’identità privata.
Accuse mosse dal femminismo: quella di aver proiettato nelle donne un0immagine
distorta, svalutativa oltre che umiliante, rendendole incapaci di reagire ed imporsi. E
dunque questo rifiuto di riconoscimento ha causato un ostacolo al processo di
autoidentificazione
personale e sociale, che si è tradotto in oppressione.
—> la richiesta di differenziazione giuridica diviene dunque una SFIDA nei confronti del
principio di uguaglianza. Punto in questione per le femministe: la possibilità che il
principio di uguaglianza, nello sforzo di garantire l’imparzialità del trattamento di ogni
soggetto, rischia di portare all’indifferenza, ossia ALL’IGNORANZA DELLE DIFFERENZE,
ALL’ANNULLAMENTO DI QUESTE, con conseguente DISCRIMINAZIONE delle diversità!
Dunque si lotta per ottenere una PARITA’ DIVERSA. —> dunque si passa da
rivendicazione dell’ugualianza a affermazione della differenza.
Quindi c’è stato un mutamento storico, che poi è stato definito DILEMMA DI
WOLLSTONECRAFT —> dal libro del 1972: le donne, che prima avevano rivendicato la
loro appartenenza alla soggettività giuridica in forza della somiglianza all’uomo, poi si
son trovate ad invocare la soggettività in nome della loro particolarità.
La lotta alla SOGGETTIVITA’ DIFFERENTE al femminile segue percorsi eterogenei,
vediamone due:
orientamento più moderato, della differenza “DEBOLE” del femminismo
umanistico o sociale: è conservato il principio tradizionale di uguaglianza, ma si
evidenziano le difficoltà sul piano della prassi. L’uguaglianza non è messa in
discussione in quanto tale ma si discute la sua applicazione effettiva. Si tratta di un
orientamento che si inserisce nel vasto movimento socialista, che critica il concetto di
soggettività astratta chiedendo l’applicazione sostanziale della formulazione liberale
dei diritti civili. Dunque si ricerca una uguaglianza sostanziale più che formale. Serve
che vengano, oltre che riconosciuti diritti alle donne, realizzate le condizioni fattuali
che consentano l’applicazione concreta del diritto esistente, servono interventi
mediante azioni positive, mediante misure per rimuovere la disparità di fatto. Va
notato che, con l’ampliamento poi della sfera del riconoscimento dei diritti sociali alla
donna, e civili e politici, alcune di queste politiche hanno avuto poi l’esito contrario a
quello voluto. Come la tutela della gravidanza e della maternità ha finito a volte con il
rendere più difficile, alle donne in età feconda, trova un’occupazione. causa?
CLASSIFICAZIONI ECCESSIVAMENTE GENERALIZZANTI.

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Orientamento più RADICALE, e più AMBIZIOSO: sia sul piano teorico che sul
piano delle pretese. Le teorie delle “DIFFERENZA SESSUALE” —> la natura è concepita
come duale, maschile o femminile. Non esistono dunque diritti umani ma solo diritti
declinati secondo il sesso. Dunque si ritiene che il diritto non possa prescindere dalla
differenza sessuale. Dunque siamo nell’ambito delle teorie che combattono la
desessualizzazione in ambito sociale, politico, giuridico. Inoltre sostengono che la
neutralità è apparente, e che in realtà la neutralità e l’uguaglianza nascondono la
superiorità della mascolinità e la considerazione della femminilità come assenza di
mascolinità. La critica al principio di uguaglianza giuridica è spinto fino alla
radicalizzazione della differenza, e l’emancipazione sembra assumere più un
significato di “liberazione”. Il punto di partenza è infatti proprio la differenza. E dunque
ciò porta a giustificare la richiesta del riconoscimento di specifici diritti, come diritti
declinabili per la donna in quanto tale —> ex. Diritti alla possibilità di disporre
arbitrariamente del proprio corpo, della propria sessualità. AFFERMAZIONE DI
PRIORITA’ DELLA DIFFERENZA CHE SPINGE FINO ALLA NEGAZIONE DELLA
UGUAGLIANZA che critica fortemente le ragioni giuntaralistiche.
Come spiegare l’uguaglianza nella differenza? La filosofia ci ha provato: maschio e
femmina differiscono solo in quanto hanno in comune ciò in cui differiscono —> la
sessualità, seppur espressa in modo diverso anatomicamente.
La diversità maschio/femmina presuppone però l’intuizione dell’originaria
coappartenenza e comunanza umana. COMUNANZA = che la propria identità di essere
umano si conquista solo a condizione di comprendere in essa anche le caratteristiche
dell’altro sesso. E dunque sembrerebbe che la diversità sessuale non esclusa, ma fondi
una possibilità autentica di reciproco riconoscimento nell’uguaglianza. ANCHE SE, la
diversità sessuale si può ovviamente manifestare anche come minaccia all’incontro: cè
questa ambivalenza. Nota come: la DIFFERENZA è presupposta dall’UGUAGLIANZA,
poiché se non c’è diversità tra gli elementi posti a confronto questi sono identici, e
non uguali.
È evidente comunque che nella logica del diritto, l’uguaglianza PRECEDE la diversità. Il
diritto infatti pone l’accento sulla logica che ingloba la diversità: il diritto considera
l’uomo in quanto uomo, nella sua dimensione comune a tutti. La condizione di
uguaglianza è infatti la condizione di possibilità stessa del diritto. MA —> Ciò VALE IN
SENSO STRUTTURALE. Il diritto infatti non può Assolutizzare l’uguaglianza, seppur
riconoscendola come valore supremo. Infatti se si procedesse cosi, si appiattirebbero
le diversità. Infatti —> in questo senso il significato del diritti deve essere integrato
con il VALORE DELLA GIUSTIZIA DI “DARE A CIASCUNO IL SUO”. ! Evitando dunque di
trattare in modo uguale i disuguali.
—> dunque il diritto, ontologicamente universale di principio, non può trascurare la
diversità esistenziale di fatto. Ma ciò NON significa che la diversità supera
l’uguaglianza! NO! L’uguaglianza resta il fondamento ultimo del diritto, ma si
considera anche la diversità esistenziale.
Il principio di uguaglianza va visto come un PRINCIPIO STRUTTURALE NORMATIVO —>
è un OBIETTIVO da raggiungere. Quindi ha un carattere orientativo. È un orizzonte , e
dunque un principio ineliminabile ma interpretabile in modo articolato in base alle
concrete esigenze emergenti dalla prassi.
Nota infatti che così come il giurista ha capito le ragioni di un trattamento differenziato
a causa della diversa ETA’ dell’individuo, ugualmente anche la diversità sessuale
necessità di un’attenzione specifica. Il trattamento diverso della donna, come quello
diverso del minore, non sarebbe una discriminazione nella misura in cui si iscrive nel
paradigma uguaglianza/diversità.
Nota però : la funzione del giurista non è quella di legittimare ogni richiesta di
differenziazione, ma riconoscere le differenze che non rinnegano il senso intrinseco
della giuridicità, e dunque della DIGNITA’ UMANA e della COESISTENZA SOCIALE.
Il compito della filosofia del diritto è quello di elaborare possibili percorsi per conciliare
le richieste di differenziazione con le esigenze di uguaglianza.

Pluralismo e tolleranza: altro tema affrontato dalla filosofia del diritto.


L’esistenza di una pluralità di etiche e culture è un dato di fatto empiricamente

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riscontrabile, che viene assunto come presupposto. oggi: incremento del complesso
fenomeno dello spostamento migratorio, sempre più consistente e rapido, verso
l’occidente o da sud verso nord, porta inevitabilmente a convivenza.
La multietnicità solleva numerose problematiche studiate da molte disciplineine.
Filosofia del diritto: non cerca solo una soluzione giuridica per risolvere concretamente
le controversie tra culture diverse, ma prova anche ad elaborare una riflessione critica
sulla questione. Nell’ambito della discussione della filosofia —> Fuori discussione, in
quanto acquisito da tutti, è il comune rifiuto dell’etnocentrismo, ossia
l’assolutizzazione di una cultura rispetto alle altre. + due modelli di pensiero opposti:
modello RELATIVISTA : ritiene che ogni etica e cultura sia un sistema che trova
significato in se stesso; le culture non possono che rinviare a se stesse, se ne può
comprendere il senso solo dal loro interno. Dunque la VERITA’ di una cultura si esprime
con la manifestazione dei comportamenti verificabili esteriormente. E dunque è preso
atto della irriducibili della pluralità nell’unità. anzi, c’è quasi un compiacimento della
pluralità.
Relativismo culturale non è dunque solo riconoscere la variabilità culturale ma anche
affermare l’irriducibilità della molteplicità delle culture ad una unità. Ogni cultura = un
sistema autoreferenziale, una serie di sistemi paralleli, impermeabili, incomunicabili.
Tollerare = accogliere ogni cultura per il solo fatto che essite e nel modo in cui si
manifesta. Dunque ogni cultura è ritenuta non giudicabile, ogni cultura va considerata
equivalente rispetto ad ogni altra. Cosa comporta ciò sul piano GIURIDICO?
Inevitabilmente, la relativizzazione del diritto! Dunque il diritto viene considerato IL
PRODOTTO STORICO E GEOGRAFICO DI UNA CERTA CULTURA. E dunque questa idea si
pone in contrasto con il diritto naturale, e gli stessi DIRITTI UMANI sono considerati il
prodotto della CULTURA OCCIDENTALE. Dunque il diritti valorizza le differenze —> nota
differenziazioni di programmi scolastici e creazione di scuole in base alle differenze
culturali o di ospedali etnici.
CRITICHE : c’è una contraddizione tra i presupposti teorici non cognitivisti e il principio
della tolleranza. Inoltre: molto difficile realizzare di fatto la neutralità —> infatti, nel
caso di contrasto tra due culture, il principio di tolleranza di certo viene meno
lasciando spazio al prevalere della cultura più forte o violenta. inoltre: l’esaltazione
delle differenze culturali porta ogni cultura a chiudersi in se stessa, e l’estraneità
potrebbe facilmente divenire inimicizia.
- zona INTERMEDIA tra relativismo e universalismo: TAYLOR, auspica alla politica del
riconoscimento delle diversità di ogni gruppo culturale —> ciò non significa essere
neutrali, ma anzi essere ospitali, ammettere privilegi ed immunità. Inoltre, anche
WALZER: critica sia universalismo che relativismo. Anche HABERMAS: oltre alle
garanzie della procedura democratica che assicurano la mediazione tra gli individui, è
importante anche costruire un “complesso parlamentare”, una istituzione pubblica che
promuova la COMUNICAZIONE —> arene di discussione civile su argomenti di
interesse sociale che necessitano di una disciplina, realizzare un FLUSSO di
comunicazione. Garantire socializzazione politica e civile a tutti i gruppi culturali.
-modello UNIVERSALISTA: concezione del pluralismo inteso in senso relativo e
non relativista: non ci si può, secondo loro, limitare a prendere atto della diversità di
fatto delle culture. Serve l’elaborazione di una filosofia delle culture, che vada oltre
l’antropologia culturale. La filosofia deve si descrivere le singole culture, ma anche
superare le determinazioni culturali particolari per cogliere , mediante uno SFORZO
INTERCULTURALE, il senso UNITARIO TRANSCULTURALE, che sfugge ad un indagine
meramente descrittiva. Anche qui si ritrova il principio di tolleranza, ma qui va inteso
in senso forte: tollerare non è accettare in modo neutrale ed acritico ogni cultura MA
ritenere che si può FORMULARE UN GIUDIZIO SULLE CULTURE, ma non di preferenza o
di valore, ma un GIUDIZIO DI VERITA’, e dunque filosofico. Ma non cadendo
nell’etnocentrismo, cioè non giudicando una cultura usando come unità di misura
un’altra. E dunque qui la tolleranza ha una valenza attiva, critica, dialogica. Dunque
dialogo tra prospettive parziali, che si riconoscono reciprocamente e presuppongono
l’esistenza di una verità comune: convergenza di VERITA’ PARZIALI in un medesimo
orizzonte di senso.
(!) LIMITE ALLA TOLLERANZA: NON si può tollerare l’intolleranza. Non si può tollerare la

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cultura intollerante che viola la dignità umana e la coesistenza sociale. (!) Non si
estende la tolleranza a chi la nega agli altri.
A livello giuridico, nel contesto universalista: si riconosce esistenza di diritti universali
umani —> tentativo di individuare alcuni valori e diritti irrinunciabili, che creino un
criterio comune di riferimento.

Oltre la giustizia: CURA


Nella riflessione femminile: giustizia analizzata nello specifico ambito del concetto di
Cura —> come “guarire” ma anche come “prendersi cura”, ossia occuparsi,
preoccuparsi.
Percorso iniziato con testo del 1982 di Gilligan : l’autrice studia lo sviluppo
psicologicomorale
di bambini e bambine, tramite rilevazioni empiriche.
—> l’approccio morale dei bimbi è identificabile con la GIUSTIZIA mentre quello delle
bimbe con la CURA/CARE. Dunque quello maschile è caratterizzato dalla individualità,
autonomia, atteggiamento di rispetto formale, distacco impersonale nell’osservanza
delle regole. Quello Femminile invece è rintracciabile nella Relazionalità, in un
atteggiamento di coinvolgimento interiore, personale, affettivo, ascolto, empatia.
NOTA: la differenza di approccio morale è INDIPENDENTE DALLA DIFFERENZA
SESSUALE. Cioè non è impossibile che un uomo possa agire in modo etico femminile e
viceversa.
CURA: porta l’io fuori di sè. Presuppone e implica una relazione asimmetrica: prendersi
cura significa riconoscere che l’altro esiste, e riconoscere che il rapporto che è
possibile stabilire con l’altro non sempre è paritetico o simmetrico. Inoltre significa
riconoscere che chi ha bisogno della cura è in posizione di debolezza, difficoltà.
inoltre: cura implica una RELAZIONE A-RECIPROCA: vi è un obbligo etico che è
avvertito verso gli altri, indipendentemente da quanto si ottiene in cambio.
inoltre, prendersi cura non può che scaturire da un’attitudine interiore personale che
poi si traduce in comportamento o azione concreta. Dunque una azione che è
necessariamente connessa a una prassi interiore. L’obbligo etico infatti proviene
spontaneamente dall’interno, non può essere imposto coercitivamente dall’esterno.
Come si esprime il prendersi cura? CON LA PRASSI CHE SI SVOLGE NEL TEMPO: un
impegno attivo e costante. È la prassi dell’attenzione, della preoccupazione.
IMPEGNO ATTIVO DI ATTENZIONE RESPONSABILE GRATUITA NEI CONFRONTI DI CHI è
VULNERABILE.
Obiezioni sul concetto: la cura può essere usata in modo improprio —> cura di se
come narcisismo, o cura dell’altro per se stesso. Cura come affermazione del potere
proprio che porta all’accentuazione della debolezza dell’altro. Eccesso di cura come
accanimento a curare ad ogni costo. Eccesso di cura e trascuranza di se.
Palazzani: ok forse vero, ma nota come gli usi impropri della cura non ne invalidano il
senso proprio.
palazzani: la vulnerabilità è esperienza di tutti: tutti siamo figli. Tutti consapevoli
di nascere da altri. L’alterità è strutturale. Tutti hanno bisogno di altri per nascere e
per esistere nella malattia e nella debolezza. Inoltre l’autentico significato di cura si
coglie come integrazione della Giustizia. Si integrano.
La cura infatti non coincide con la giustizia. La integra, ne è complementare. La cura
consente il riconoscimento dell’altro non solo RAZIONALMENTE, ma anche
EMPATICAMENTE come prossimo.
Giustizia e Cura insieme consentono la PIENA REALIZZAZIONE DELLA DIGNITA’ UMANA.

L’etica oltre il diritto


Limite del diritto? Questo si limita a coordinare le azioni sociali per evitare conflitti e
superare controversie, ma NON entra nella sfera dell’interiorità interpersonale.
Il diritto si ferma alla giustizia, l’etica va oltre la giustizia.
Infatti diritto e morale sono distinti. Non tutte le valutazioni etiche possono tradursi in
normazioni giuridiche, e non tutte le normazioni hanno una valenza etica. Dunque il
diritto in certi momenti, benché sia necessario per la convivenza, non può che cedere
il passo all’etica.

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CAPITOLO III: Alcune applicazioni: Declinazioni pratiche delle
teorie e dei concetti
Quale Dignità: era biotecnologica.
Recente rapido progresso delle biotecnologie, sollecita la riflessione filosofica sul modo
di intendere il corpo. Accresciuta la possibilità di intervento dell’uomo sulla vita.
certamente: tra bioetica e biogiuridica: accordo sulla NECESSITA’ di regolamentare le
nuove modalità biotecnologiche di intervento sulla vita. Sono pochi i sostenitori
dell’antigiuridismo.
Nella discussione bioetica: si assiste a teorizzazioni che tendono a SEPARARE il corpo
dal soggetto e il soggetto dal corpo.
corpo senza soggetto: essere umano inizia ad esistere come corpo biologico
SENZA SOGGETTIVITA’ per poi diventare soggetto in qualche momento successivo.
Inoltre , l’essere umano può cessare di essere soggetto anche prima della fine del
corpo biologico. - Vedi TEORIA UTILITARISTICA —> al centro è posto il
calcolo dell’utile ossia la massimizzazione del piacere e minimizzazione del dolore:
riconosce la soggettività nel momento in cui vi è la capacità di percepire SENSAZIONI
(ex. Al 14 giorno dal concepimento, o alla 18esima settiman, con la formazione
completa del sistema nervoso centrale) .
- teoria Libertaria —> che pone al centro L’autodeterminazione, e dunque la
soggettività è riconosciuta al momento della formazione della corteccia celebrale a
livello minimo. Entrambe le teorie, per quanto riguarda la fase finale della vita,
escludono la soggettività a individui che, pur avendo un corpo biologicamente umano,
soffrono troppo o fanno soffrire troppo gli altri, o che sono incapaci di consapevolezza
di se.
Quale è la conseguenza? LA CONFIGURAZIONE DI ESSERI UMANI SENZA
SOGGETTIVITA’ E DIGNITA’. embrioni, feti e infanti non sono ancora soggetti, individui
in coma, celebralesi o dementi non sono più soggetti.
Vi è dunque una visione del corpo che lo riduce a materia organica in movimento.
Corpo come cumulo di cellule umane —> riduzionismo scientista: il corpo biologico
ridotto a mero oggetto, che in alcune fasi diviene soggetto. Dunque l’oggettività
corporea può acquisire o perdere la soggettività in momenti diversi. Dunque scadiamo
nella TEORIA FUNZIONALISTICA : ossia il soggetto finisce, non identificandosi col
corpo, con l’identificarsi con l’individuo che ESERCITA DETERMINATI COMPORTAMENTO
—> determinate funzioni, ritenute rilevanti, come la sensitività o volontà o autonomia
o autodeterminazione. Questa concezione porta dunque al superamento anche della
distinzione UMANI-ANIMALI: dato che ciò che è ritenuto rilevante per la soggettività è
la presenza di funzionalità sensitiva, ne consegue che non c’è differenza tra corpo
animale e umano.
CIO’ CHE SEMBRA CONTARE NON è IL CORPO UMANO MA IL CORPO SENZIENTE,
UMANO E NON.
Ex: anche i Robot —> possibili futuri soggetti. Nella concezione libertaria: se questi
saranno entità dotati delle capacità funzionali che qualificano la soggettività.
INOLTRE: CONSEGUENZE di ciò sul piano NORMATIVO: —> pena a individui incarnati in
corpi biologicamente umani ma senza soggettività (embrioni, feti , dementi ) —> per
questi, IL CORPO diviene MEZZO , STRUMENTO, di cui il soggetto è proprietario e
dunque può farne quello che vuole, il corpo non è un vincolo per l’agire dell’uomo. Non
vi è più alcuna protezione per il corpo biologico privo di soggettività —> ex. Diviene
possibile pensare di scambiare il corpo, o scambiarne parti, venderlo, manipolarlo,
distruggerlo. ex. Ritenere che l’embrione sia mero materia biologico disponibile di
sperimentazione e commercializzazione !!! Patrimonio genetico modificabile,
interruzione anticipata della vita (eutanasia).
Si Assiste dunque alla creazione di NUOVI DIRITTI (I DIRITTI DEL SOGGETTO SUL
CORPO UMANO) e di nuovi SOGGETTI GIURIDICI (ANIMALI, ROBOT) .
MA si può accettare scissione corpo/soggetto? Con questa domanda si apre una
discussione filosofica importante, con importanti implicazioni nel biodiritto.

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Punto di partenza: quando si vuole spiegare cosa è il corpo biologico, c’è qualcosa che
porta a uscire dai limiti dell’indagine sperimentale e dallo sguardo scientifico
calcolante. Il corpo, sin dal momento in cui inizia a esistere, è un organismo umano,
vivente come un sistema unico, non più scomponibile. Dunque già solo osservando il
corpo si scopre una dimensione qualitativa che non è riducibile alla quantificazione
oggettiva delle parti. inoltre: osserva la CONTINUITA’ dello sviluppo: non ci sono tappe
più o meno rilevanti. O il soggetto c’è sempre nel corpo umano, o non c’è mai.
La COMPRESENZA di oggettività e soggettività costituisce il paradosso e il mistero del
nostro essere uomini. Ogni uomo ha il suo corpo e allo stesso tempo è il suo corpo.
BIOGIURIDICA: chiamata a riaffermare la soggettività: a mostrare la necessità che tutti
i soggetti godano di un’uguale tutela giuridica.
NOTA: nei diritti umani: emerge protezione del corpo biologico e integrità fisicopsichica.

Dibattito sex/gender:
Oggi “genere” in inglese “gender” sembra essere usato come una dimensione di
significato che si contrappone a sex.
SEX: indica la condizione biologica o fisica dell’essere uomo/donna, maschio/femmina
(COME SI NASCE)
GENDER: si indica la condizione META-BIOLOGICA dell’essere uomo/donna (COME SI
DIVIENE)
—> TEORIE GENDER: si allontanano sempre più dal determinismo biologico e
dall’essenzialismo. Il determinismo dice: c’è priorità del sex sul gender: il sex è
determinato dalla nascita, e si diviene gender in base al sex. Dunque si diviene ciò che
si è . Cioè si diviene psicologicamente e socialmente uomini se si nasce maschi.

TEORIE GENDER:
Ci sono alcune teorie che sostengono la posizione favorevole alla liberalizzazione della
SCELTA con riferimento Allas essualità.
Nature Theory: il sex è determinato alla nascita mentre il gender si acquisisce
progressivamente mediante un’INTERAZIONE TRA FATTORI INTERNI ED ESTERNI.
MONEY sostiene che vi siano dentro il corpo delle predisposizioni interne che mediante
stimoli esterni (osservazione, esperienze) formano nel cervello degli schemi su cosa
significa essere maschio o femmina. Dunque ci sono dei fattori esterni che esercitano
una spinta, costituendo una forza che imprime una forma al gender. Secondo l’autore,
i segnali esterni hanno efficacia entro un anno e mezzo dalla nascita. —> dunque:
teoria di plasmabilità e malleabilità del GENDER.
Alcune teorie femministe (TONG) —> tesi che sostiene che la differenza
sessuale tra uomo e donna è la causa principale della fissazione di RUOLI SOCIALI.
Ruolo materno- accudito della donna e ruolo pubblico e economico dell’uomo. Tali
ruoli, hanno portato al patriarcato e alla subordinazione della donna. Dunque , ad
esempio il matrimonio eterosessuale è considerato l’istituzione che impone la
gerarchizzazione patriarcale. La maternità è intesa come fonte dell’oppressione
femminile. Dunque : iL GENDER è UNA COSTRUZIONE SOCIALE E NON UN DATO
NATURALE, è un prodotto della socializzazione. E dunque può deostruire e ricostruire
quelle costruzioni pretese naturali.
Deriva di queste teorie: Post-Femminismo decostruzionista postmoderno: teoria
che si basa sul volontarismo indivisualistico, ossia è assolutizzata la volontà arbitraria
in un contesto relativistico, dove tutto è equivalente e indifferenziato. Quindi il gender
è considerato come avente la sua radice né nella Natura né nella Cultura/Società ma
nella VOLONTA’ INDIVIDUALE. Il sex è annullato nel gender, il gender produce il sex.
Inoltre appare l’espressione QUEER: che indica, OLTRE IL GENDER, la dimensione
fluida, fluttuante del polimorfismo sessuale CONTRO IL BINARISMO SESSUALE.
GENDER/QUEER: categoria dell’in-differenza sessuale, della neutralità, annullata ogni
differenza, scompaiono le rigide classificazioni lasciando il posto solo a sfumature
variabili per grado e intensità. Si fa riferimento indistintamente a “orientamenti
sessuali”. L’esistenza di ambiguità sessuali, di casi di ambivalenza sessuale, è il segno
empirico della condizione intermedia tra maschi e femmine.
—> dunque le teorie post-gender propongono al pepatologicizzazione delle ambiguità

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genitali: queste condizioni non sono considerate ne disordini ne disturbi della
differenziazione sessuale, ma STATI INTERSESSUALI che manifestano CONDIZIONI DI
INDIFFERENZIAZIONE, da accogliere in SENSO POSITIVO. Dunque approccio positivo
alle differenze nella morfologia sessuale umana. Questa prospettiva accoglie la
condizione di transgender: condizione neutra e transitoria. “Trans” nel senso di
movimento da una polarità sessuale all’altra. Ricerca, indeterminatezza del corpo con
o senza intervento chirurgicogico.
IN CONTRAPPOSIZIONE: L’espressione cisgender —> chi vive la differenza sessuale sul
piano fisico-psichico-sociale, ossia chi nasce femmina, si comporta da donna e si
percepisce femminale.
Le teorie GENDER E POST-GENDER chiedono il riconoscimento pubblico della libertà di
scegliere la condizione sessuale preferita e voluta come “diritto alla privacy”: ogni
individuo deve fare la scelta che vuole, come e quando vuole, tramite una
registrazione anagrafica neutra, e la società deve rispondere a ciò: deve favorire la
realizzazione della scelta della indentità sessuale quale essa sia. Inoltre ritengono che
il term ine “paternalità” quale funzione genitoriale ASESSUATA debba sostituire le
espressioni paternità e maternità.
Nota: !!! Queste teorizzazioni non sono astrazioni, ma stanno già entrando nel diritto
vigente internazionale. Ci si allontana sempre più da art 12 di DICH UNIV DIR UOMO
che sosteneva famiglia fondata su matrimoni tra uomo e donna. Onu promuove
sempre più la prospettiva gender. A livello europeo inoltre: documenti: sentenze CEDU:
varie, sostengono , richiamando art 8 e 14 con eur dir uomo, che il diritto all’identità
gender come conformazione della sessualità alla scelta. La Carta dei diritti dell’ue del
2000 vieni all art 21 la discriminazione sul sesso, e all’art 9 riconosce diritto di sposarsi
senza specificare se tra un uomo e una donna.

Critiche a teorie Gender:


Secondo Palazzani: l’identità sessuale non è riconducibile esclusivamente al fattore
fisico presociale preculturale come sostiene il determinismo biologico e l’identità
Gender non è riconducibile solo al fattore socio-culturale come secondo il
costruttivismo sociale o alla volontà come secondo il volontarismo individualistico.
L’identità sessuale e quella gender per palazzani si costituiscono nell’interazione. Sex
e gender sono inestricabilmente interconnessi.
Osservazioni: la configurazione genetica e cromosomica determina la morfologia
gonadica che produce ormoni, i quali hanno un ruolo determinante nella formazione
dell’apparato riproduttivo interno/esterno e dei caratteri sessuali primari/secondari. Le
anomalie dello sviluppo sono irregolarità a causa di fattori che INTERFERISCONO nel
normale e regolare processo.
Nell’analisi del transessualismo, palazzina sostiene che l’individuoo vive un forte
trauma dato dalla trasformazione del suoi corpo e ciò è dato dal fatto che
“trasgredendo” la natura (vedi: transgender) si fa una sorta di violenza. Non ci sarebbe
trasseressione infatti se non si riconoscessero i limiti nella natura che si intendono
superare. La natura va dunque presa sul serio, non può essere oggetto del nostro
arbitrio.
Il corpo non è materia inerte e amorfa. Non è materia di cui si dispone che può
divenire qualsiasi cosa si vuole. La sessualità qualifica il corpo in modo costitutivo, non
accidentale. Non si può essere sessualmente indeterminati. I sessi sono SOLO DUE.
Perché ?
—> 1) condizione necessaria per la continuazione dell’umanità, del genere umano.
Favorisce la naturale procreazione. Ma.. la procreazione è sostituibile dalla tecnologia,
come la riproduzione assistita. Ma: !!!! Anche nella riprodurzione assistita, si rimanda
sempre alla procreazione naturale. Serve comunque l’incontro di due gameti.
2) la dualità è inoltre la condizione di pensabili e possibilità dell’Identità. l’identità è
infatti possibile nella differenza: un individuo è quello che è in quanto distinto/diverso
da quello che non è . Infatti, se tutto fosse indifferenziato non potremmo identificarci.
Il diritto dunque, date queste premesse, sembra avere il compito di difendere le
condizione obiettive dell’identità della persona.
Palazzani: il transessualismo costituisce un disturbo che si manifesta nella disarmonia

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tra sesso fisico e percezione psico-sociale. Il medico è tenuto infatti ad accertare che vi
sia un disturbo mentale, che sussista un malessere psicologico. In questo caso, forse ,
può essere concessa una operazione. Ma NON E’ ACCETTABILE che il soggetto richieda
un cambiamento come mera scelta arbitraria di volontà o desiderio transitorio, né che
un medico assecondi tale richiesta senza capirne la vera motivazione.
Inoltre : il diritto è chiamato a garantire la famiglia fondata sul matrimonio uomo e
donna: l’eterosessualità garantisce infatti le condizioni per la procreazione. L’unione
omosessuale è invece sterile, e dunque per questo motivo non può essere considerata
equivalente a quella eterosessuale sul piano giuridico. Nota: il desiderio di genitorialità
degli adulti omosessuali può configgere con l’interesse del nascituro. Il figlio
nascerebbe infatti strutturalmente orfano di madre o di padre. —> anche se non ci
sono certezze sull’argomento, c’è il rischio che la identificazione del bambino non
avvenga. E dunque, nel dubbio, è necessario che il diritto dia prevalenza all’interesse
del nascituro, anche sacrificando il desiderio degli adulti.

Giustizia e i criteri per la distribuzione delle risorse :


Medicina, sanità:
Lo sviluppo della medicina consente alla popolazione di vivere più a lungo.. MA: la
tendenza a non accettare più la malattia come un destino ineluttabile; la convinzione
che anche a fronte di malattie non guaribili ogni malato conservi comunque un diritto
fondamentale ad essere curato; lo sviluppo tecnologico.. ciò porta a grani costi sui
sistemi sanitari.
—> oggi, a maggior ragione, con tante richieste di salute e la crisi economica: scarse
risorse —> problema: come distribuirle?
FILOSOFIA DEL DIRITTO: a riguardo dell’allocazione delle risorse in sanità cerca di
elaborare esplicitamente i criteri di riferimento nella definizione di che cosa ripartire,
quanto e quando, come, chi e a chi !!! Una cosa è certa: LA DISTRIBUZIONE DEVE
ESSERE GIUSTA
Due livelli: Macroallocativo e Microallocativo.
macro: questione di politica sanitaria: decidere quanto investire nella sanità
rispetto ad altri settori sociali
Micro: questione relativa all’organizzazione socio sanitaria, ossia
regolamentazione di rapporto interindividuale medico e paziente, relativamente alla
decisione della selezione dei pazienti cui destinare le risorse, oltre che la selezione
della priorità di trattamento, cure e servizi per uno stesso paziente.
I due piani sono strettamente collegati. Se la scelta di una politica sociale sanitaria ha
successo, tenderanno a diminuire i problemi di selezione dei pazienti, e viceversa. È
certamente inaccettabile per la scelta la lotteria casuale.

Teorie a confronto e ricadute pratiche:


LIBERTARI: non esiste una titolarità giuridica da parte dell’individuo alla cura e
all’assistenza sanitaria. I diritti di autonomia degli individui prevalgono sui doveri
sociali di beneficenza, che è secondaria ed eventuale. In ambito macro-allocativi infatti
lo stato è chiamato a non intervenire nel contesto delle politiche socio-sanitarie,
affidando le scelte alla libera concorrenza. Dunque , non vi è garanzia all’assistenza
sanitaria. Pochi prelievi fiscali per questo a carico della collettivita, incremento della
privatizzazione. ex. Engelhardt sostiene che l’esistenza di un libello privato di
assistenza sanitaria è inevitabile. La beneficenza è regolata invece solo da azioni
spontanee e volontarie. Invece a livello micro allocati è favorita la relazione
contrattuale tra il medico e il paziente, ridotta ai minimi termini la mediazione della
società e dello stato . Nelle scelte di selezione del paziente si preferisce il giovane
rispetto all’anziano, il ricco rispetto al povero, l’individuo con una carica importante
rispetto al disoccupato. NOTA, qui si parla di “diritti negativi” all’assistenza sanitaria:
poiché ha diritti all’assistenza sanitaria colui che se la può permettere. E dunque è
chiaro che siamo in un modello in cui il mercato prevale sull’intervento pubblico, e
dove la sanità ha una valenza privata. I consumatori, in base alle loro disponibilità
economiche, condizionano il mercato e l’economia della medicina. Sistema —>
assicurazioni private: stipula da parte di un cittadino di una polizza che offre copertura

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sanitaria in base a quanto pagato. inoltre, ammessa la richiesta di qualsiasi tecnologia
riproduttiva, di sperimentazione, permessa anche la commercializzazione degli organi
(concezione proprietaria del corpo) .
CRITICHE: restano esclusi da questo sistema gli individui “non liberi”, i deboli, i poveri,
gli emarginati —> ossia coloro che per varie ragioni non hanno la possibilità di entrare
nel libero mercato. + l’assolutizzazione dell’autonomia comporta: possibile conflitto tra
libertà contestuali, accentuazione di egoismo, assenza di aiuto compassionevole,
negata dunque la dimensione della relazionalità.
2) Teoria UTILITARISTA: Le risorse vanno assegnate, a parità di spesa, al fine di
raggiungere il migliore risultato pragmatico possibile in rapporto alla produttività
sociale. Dunque l’obiettivo sembra essere il raggiungimento di un vantaggio collettivo
—> se i trattamenti sono inutili o futili dunque, e dunque il potenziale beneficio è
minimo, essi NON SONO DOVUTI. anzi, è obbligatorio non attivarli. - A livello
MACROallocativo: favorito finanziamento di settori che aumentano il benessere sociale
+ si privilegiano aree della sanità che recuperano l’attività del paziente ( dunque :
emarginazione dei più deboli) - livello MICROallocativo: si privilegia il paziente con
migliore qualità di vita e probabilità di recupero sociale = arrivando fino a giustificare il
non-trattamento per chi prova più dolore che piacere, o fa provare agli altri più dolore.
—> sigla QALY (QUALITY ADJUSTED LIFE YEARS) : sarebbe la misura degli anni di vita
tenuto conto della qualità. Inoltre : è un dovere sociale la diagnosi prenatale —> per
selezionare eugeneticamente embrioni e feti malati al fine di garantire la nascita di
individui sani. —> chi non fa la diagnosi: poi si deve assumere l’onere delle spese
sanitarie e non gravare sulla collettività. Inoltre il “diritto a non soffrire inutilmente”
finisce con il coincidere con un dovere di sopprimere la vita sofferente o che può
soffrire (= eutanasia con o senza consenso). DUNQUE: Diritto a assistenza sanitaria:
riconosciuto solo a chi ha una vita degna di essere vissuta in rapporto al
raggiungimento di un certo standard di qualità della vita. DIFFICILE APPLICAZIONE DEL
CRITERIO UTILITARISTA: impossibilità di misurare e comparare la felicità, il piacere di
persone diverse + il valore della vita è ridotto al calcolo costi / benefici. Ma è chiaro
che è impossibile monetizzare il valore della vita e la dignità del malato, valori che
andrebbero riconosciuti indipendentemente dai vantaggi che se ne possono ottenere.
3) Teoria dell’EGUALITARISMO SOCIALE: -Macroallocazione: intervento dello Stato nelle
politiche sanitarie, con maggiore investimento in sanità rispetto ad altri settori +
impegno per i più bisognosi caricando la spesa sanitaria sulla collettività. + RAPPORTO
medico / paziente: deve essere mediato dalla società. -Microallocazione: sforzo di
garantire uguale accesso alle cure ed equa opportunità a tutti, con obbligo di
COMPENSAZIONE: dando di meno ai più avvantaggiati, compensando i meno fortunati
per nascita o ruolo sociale. DANIELS: “equa uguaglianza delle opportunità” —>
dunque: rimuovere ostacoli causati da malattie: assegnando priorità, forme di
assistenza con efficacia di prevenzione, riabilitazione etc.
LA SOCIETA’ ha l’OBBLIGO di aiuto, cooperazione e solidarietà verso i più indigenti. È
un DIRITTO POSITIVO all’assistenza sanitaria. Cura e assistenza sono considerati
bisogni fondamentali e fanno garantiti. CRITICHE: anteposta la società all’individuo. Il
garantire cura e tutti finisce con il privilegiare la quantità sulla qualità, l’uguaglianza
sulle differenze.
4) Teoria COMUNITARIA: (anche questa opposta a libertari e utilitaristi) —> il concetto
di giustizia deve essere elaborato e fondato comunitariamente, diritti ad un minimo
decente di cure per tutti, le cure devono essere proporzionali alle malattie e non alle
ricchezze . (WALZER).- Macroallocazione: priorità del bene comune su quello
individuale. Sul piano MICRO invece si giustifica la doverosità del trattamento in
funzione della virtù del medico e dei valori buoni. L’agire medico deve essere orientato
a fini buoni e virtuosi, la spesa sanitaria non deve tener conto solo della durata della
vita ma anche del tipo di vita vissuta- serve che i cittadini-membri discutano
democraticamente e decidano le condizioni di vita buone e le normative per la
ripartizione delle risorse.
5) Teoria PERSONALISTICA: posta al centro la DIGNITA’ UMANA. —> macroall: congruo
investimento in sanità senza trascurare gli altri settori sociali. Indispensabile
intervento dello stato per consentire contributo di cittadini tramite tassazione

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proporzionale al reddito. MA NOTA: ciò non significa ABOLIRE la possibilità per i singoli
di cercare cure e assistenza private. Intervento pubblico: necessario per tutelare e
salvaguardare la dignità umana. Microallocazione: rapporto medico paziente è sempre
mediato. Per criterio per la selezione dei pazienti: considerazione primaria della
granità della malattia e dell’urgenza.

Obiezioni di Coscienza:
FORO INTERNO: coscienza morale
FORO ESTERNO: diritto / legge
E in ambito sanitario? Possono gli operatori sanitari rifiutare prestazioni che rientrano
nei loro obblighi professionali?
conflitto: tra tutela della Libertà dell’individuo paziente, che si rivolge al medico che è
in grado di fornire una data attività professionale e la Libertà del medico, che deve
prestare tale attività ma decide di seguire la propria coscienza. + CONFLICCO: tra
diritto di libertà di espressione, pensiero, religione e diritto alla salute.
Il rifiuto del medico è un atto individuale ma che è ha le sue conseguenze sul paziente.
Con questo atto sono messi in discussioni i fini in senso assiologia della stessa attività
professionale: è una DICHIARAZIONE DEL SOGGETTO DI volersi astenere da certe
prestazioni.
INCOMPATIBILISTI: obiezione di coscienza di medico o operatore sanitario è
incompatibile con la professione. Il medico non può e non deve farla, in quanto
l’obiezione sarebbe immorale. Perché ? Il dovere del medico è di agire a favore dei
pazienti, e la coscienza non deve interferire con la professione. inoltre, nel momento in
cui scegli una professione, devi fare tutto ciò che essa implica. Inoltre : il paziente ha il
diritto di essere curato dal medico. L’obiezione produce inefficienza i medicina, inoltre
in una società multietnica, se fosse accettata l’obiezione aumenterebbero troppo (il
medico che non lavora il sabato, il medico che si rifiuta di fare trasfusioni etc).
COMPATIBILISTI: il medico può e deve fare obiezione. Vanno anteposti i propri
valori morali a quanto richiesto dal paziente, essendo la professione medica non una
mera esecuzione ma una alleanza basata sul DIALOGO e la FIDUCIA. Inoltre il medico
non può neanche rinviare ad altri medici per l’esecuzione, altrimenti sarebbe complice.
Teoria INTERMEDIA: compatibilità limitata: va bilanciata la libertà del medico
con il diritto alle cure del paziente l’obiezione deve essere tutelata ma senza
conseguenze negative per il paziente. + necessario che in ambito medico la legge
disciplini le modalità dell’obiezione. Infatti l’obiezione deve essere compatibile con
dovere di solidarietà verso la comunità. + solitamente l’obiezione avviene su un
obbligo di fare, ossia implica l’astensione da parte dell’obiettore. Ma capita anche che
ci sia obiezione all’obbligo di non fare: fare ciò che è proibito. Nota : un
comportamento ATTIVO contro la legge non da spazio a una sostituzione che
salvaguardi l’applicazione della legge stessa. Insomma in ogni caso: l’obiezione qui è
trattata come una ECCEZIONE che deve essere prevista espressamente dalla legge.

Aborto:
Molti paesi occidentali hanno depenalizzato l’interruzione di gravidanza.
ITALIA: legge 194/1978 —> articolo 1 chiarisce che l’aborto non è un mezzo per il
controllo delle nascite. La legge prevede l’aborto come eccezione (!) in circostanze e
condizioni specifiche: Entro i 90 GIORNI DAL CONCEPIMENTO + donna che accusi
circostanze per cui la prosecuzione della gravidanza o il parto o la maternità
comporterebbero serio pericolo per sua salute psicia o fisica o a sue condizioni
economiche-sociali-familiare o per malformazioni del concepito —> PUO’ ABORTIRE
DOPO ACCERTAMENTO MEDICO, RICHIESTA MOTIVATA, CONSULENZA IN STRUTTURA
CHE PROVI A ELIMINARE LE CAUSE CHE COMPORTANO LA INTERRUZIONE.
Dopo la consulenza al consultorio: donna invitata a RIFLETTERE per 7 giorni!
LA LEGGE REGOLA L’OBIEZIONE A ART 9!!! —> medico ne deve manifestare la
dichiarazione preventiva, comunicata al Direttore Sanitario, revocabile, che consente
l’astensione dall’obbligo di fare. L’obiezione esonera anche il personale sanitario per le
attività ausiliarie. L’obiezione non può essere invocata quando l’intervento è
necessario per salvare la vita della donna.

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Elemento necessario sul piano morale: MOTIVAZIONE autentica —> ispirata al
riconoscimento di valore della vita umana nascente. NO giustificate ragioni
meramente pragmatiche. —> NOTA: PRASSI OGGI: medici tendono a fare obiezione
poiché se fanno aborti poi potrebbero essere considerati come quelli che fanno quasi
solo esclusivamente aborti —> dunque le motivazioni dell’obiezioni talvolta sembrano
professionale —> dunque si deve VERIFICARE bene la ragione dell’obiezione oggi!
Problema: aumento aborti clandestini, a causa delle liste di attesa dell’aborto
causate dai molti obiettori.
problema : personale per le attività ausiliarie: non deve motivare la propria
scelta.

Procreazione assistita:
Aumento di possibilità tecnologiche e aumento di sterilità = emergono negli ultimi
decenni richieste di accesso a procreazione mediamente assistita.
DIBATTITO tra libertari favorevoli e i Personalisti a difesa dell’embrione.
Italia —> legge 40/2004 : inizialmente: prevista forte tutela di dignità dell’embrione e
determinazione di condizioni di accesso: solo coppie sterili, infertili, eterosessuali , uso
di gameti della stessa coppia. POI: interventi C. Costituzionale, modifiche! Numero
maggiore di embioni, procreazione eteronoma con donatore esterno, selezione
genetica di embrioni.
ARTI 4: obiezione di scienza: il medico responsabile può decidere di non procedere,
SOLO per motivi di ordine medico-sanitario. Si deve fornire motivazione scritta. Deve
dunque avere una valenza solo medica. Ex i rischi, o l’inappropriatezza del
trattamento.
ART 16: obiezione di coscienza : dichiarazione di obiezione va comunicata entro tre
mesi dall’entrata in vigore della presente legge al direttore dell’azione sanitaria locale
o ospedaliera. L’obiezione può sempre essere revocata, o venire proposta oltre i
termini. Anche qui: per attività ausiliarie non serve motivazioni, + a differenza di
aborto: QUI NON è RICHIESTO di intervenire quando è jn pericolo di vita la donna NE DI
GARANTIRE in ogni caso la prestazione richiesta.
Punto è : avviene una SEPARAZIONE tra atto uditivo e atto procreativo nella coppia.
CHIESA CATTOLICA —> DICE NO a fecondazione extracorporea, in quanto c’è
l’invadenza della tecnica nell’atto generativo: il medico sostituisce l’atto sessuale.
DIVERSO invece il caso di inseminazione intracorporea, in cui il medico interviene in
moto ausiliare per completare l’atto sessuale. Comunque avviene il concepimento
naturale ma il medico si limita a favorire l’incontro dei gameti superando l’ostacolo
che impedisce il concepimento naturale.

Sperimentazione animale:
Italia: LEGGE 413/1993 —> DIRITTO AI CITTADINI CHE PER OBBEDIENZA ALLA
COSCIENZA DI OPPONGONO ALLA VIOLENZA SU TUTTI GLI ESSERI VIVENTI. =
obiezione a sperimentazione su animali.
Possibilità per : medici, ricercatori, personale sanitario di far obiezione di coscienza.
Obiezione va dichiarata nel momento della partecipazione ad un condorso o ad un
corso. È revocabile. inoltre: divieto di discriminazione per chi ha dichiarato di essere
obiettore.
Ovviamente le ragioni possono essere vari: animalisti —> per loro animali sono
equiparati a umani. Utilitaristi —> soggettività agli animali in quanto soggetti in grado
di provare piacere e dolore.
A livello internazionale: si sta affermando l’idea che la sperimentazione devia essere
consentita nel caso in cui gli interventi su animali possano essere fondamentali per
l’uomo e purché non provochino danni irreparabili.

Obiezione dei Farmacisti:


Per quanto riguarda vendita di prodotti per contraccezione o aborto —> NON ESISTE
ANCORA una LEGGE. Ma : nota: sembra esserci una parziale legittimità di rivendicare
l’obiezione anche qui.
Infatti l’azione del VENDERE non è scollegata all’atto di assunzione dei farmaci. anzi.

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Ne è CONDIZIONE DI POSSIBILITA’ , presupposto indispensabile. Il fatto che il
farmacista abbia un ruolo meno diretto rispetto al medico, non è sufficiente per
escludere la sua possibilità di obiettore. CONTRASTI: da parte di coloro che dicono che
i contraccettivi di ultima generazione non si possono paragonare all’aborto.
Sulla argomento sta lavorando: il Comitato Nazionale per l Bioetica.

Politica, Potere e Vita


Biopolitica:
Non è sufficiente tradurre il termine come “politica della vita”.
FILOSOFIA DEL DIRITTO: indagare il fondamento della politica come esercizio di potere
in riferimento alla VITA biologica.
Due scenari possibili
Politica SULLA vita: potere arbitrario sulla vita biologica
Politica PER la vita: buon governo al servizio della persona umana

Potere SULLA vita:


Nel pensiero non cognitivista e soggettivista.
Politica intesa come esercizio di potere che trova giustificazione in se stesso. E il
potere si esprime con la volontà arbitraria che si impone con la forza.
Dunque Biopotere = potere sulla vita biologica, ridotta dunque ad oggetto della sua
disponibilità. Come ad esempio il potere della politica di decidere per la società su
questioni di vita o morte etc.
Nella prospettiva collettivista è il potere politico che decide in base alle esigenze
immediate o future. Ex potrebbe decidere di sacrificare embrioni per sperimentare
nuove terapie per generazioni future.
Nella prospettiva libertaria invece la politica attribuisce all’INDIVIDUO la disponibilità
del suo corpo: individuo è agente morale che è in grado di autodeterminarsi. Individuo
decide se usare le tecnologie e come, quali embrioni usare, se la sua vita vale la pena
di esser vissuta.
Dunque : in questa prospettiva biopolitica la politica come potere ha la precedenza e
priorità sul BIOS: il bios NON è un vincolo al potere. Dunque è prevista una sorta di
indifferenza etica, ed è lasciata priva di tutela quella vita in condizioni di maggiore
fragilità.

Potere PER la vita:


Sostenuta l’antecedenza, la priorità della vita umana biologica, che è vista come bene
obiettivo rispetto alla politica. Dunque c’è il riconoscimento del corpo biologico nella
dimensione ONTOLOGICA. Il potere non può decidere quello che vuole su una persona,
la persona è l’orizzonte della bio-politica cosi intesa. Infatti , in questa prospettiva il
diritto è chiamato a veicolare almeno l’etica minima, della difesa della dignità.
La politica dunque è chiamata a giustificare solo richieste dell’uomo PER il corpo .
Quindi il diritto alla vita del nascituro deve prevalere sugli interessi della scienza e
della società.

Sanzione:
Omofobia e Transfobia:
Recente dibattito: circa introduzione di una CIRCOSTANZA AGGRAVANTE nel codice
penale riguardo atti di odio commessi per finalità di DISCRIMINAZIONE nei confronti di
persone OMOSESSUALI O TRANSESSUALI .
Link con teorie gender + teorie sulla sanzione.
Critiche : se si aumenta la pena dei reti in riferimento ai “moventi personali” quali
l’odio per determinate identità personali si prendono in considerazione sulle
DIMENSIONI INTERIORI, che non hanno possibilità di accertamento empirico. E dunque
questa cosa COZZA con il criterio del diritto penale “del fatto”.
se si introduce questa aggravante penale si ottiene anche una sorta di
promozione della sensibilità sociale verso certe condizioni —> e NON rientra nei fini
del diritto penale quello di MORALIZZARE la società.

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Ulteriore critica: criticata l’assimilazione nella normativa dei reati commessi in
ragione di orientamento sessuale con quelli commessi in ragione di etnia razza o
nazionalità. Questi ultimi infatti sono motivati da RAGIONI STORICHE, mentre quelli
sessuali no.
Inoltre introdurre questa aggravante data da CONDIZIONI SPECIFICHE delle
vittime porta con se una disparita di trattamento per altri atti di odio magari
ugualmente gravi. Dunque chi subisce violenza PRESUMIBILMENTE per ragioni di
omofobia avrebbe una protezione privilegiata rispetto a chi subisce violenza tout
court, e dunque si negherebbe principio di uguaglianza.
Inoltre in generale le AGGRAVANTI presentano dei caratteri di indeterminatezza
che dunque sembrano cozzare con il principio di legalità e certezza in ambito penale.
Sembra che questioni relative a omofobia già si possano far rientrare nel codice
penale nell’aggravante “motivi abietti o futili” cp art 61.

Legittima Difesa:
Omicidio —> è un male perché massima espressione di odio + perché nega l’altro +
perché nega la coesistenza + nullifica l’altro + è la negazione del diritto alla vita.
È giustificabile uccidere un altro uomo per difendersi?
Il diritto penale NON punisce la legittima difesa. Ma sul piano morale?
L. D. Reazione dell’aggredito nei confronti dell’aggressore che pone in pericolo diritti e
beni essenziali. nota: necessaria colpa dell’aggressore ed innocenza dell’aggredito.
L’azione comporta contemporaneamente due conseguenze : una positiva - la difesa- e
una negativa - la contro aggressione e l’uccisione dell’aggressore-. Chi uccide per
difendersi, se l’autodifesa unica è l’aggressione contro la violenza dell’aggressore, non
è omicidio perché non massimizza l’odio, ma minimizza il male.
inoltre, sul piano morale vi può essere anche la scelta di non difendersi, percepita
come un dovere di non reagire al male. Testimonianza di amore e non-violenza,
potrebbe indurre l’aggressore a desistere.

Pena di morte:
Sanzione penale estrema.
Italia —> vietata da art 27 COST. Ma alcuni paesi la ammettono e praticano.
DIbattito:
argomenti degli abolizionisti: la pena di morta non funge da deterrente, non
rieduca il reo. Non intimidisce, la presenza della pena di morte in alcuni paesi non
diminuisce la criminalità. Ma per PALAZZANI sono argomenti non decisivi —> infatti
ogni pena se applicata raramente è Inefficace. inoltre, per la Palazzani, la irreparabilità
giustifica sì la prudenza nell’applicazione di questa pena, ma non è un argomento
decisivo contro. Per esempio si potrebbe usare la pena di morte per i casi in cui la
responsabilità oggettiva del reo è accertabile senza dubbio. inoltre, riguardo
l’argomento della inconciliabilità con la rieducazione —> se vale qui vale per ogni
sanzione:; infatti se fosse così si dovrebbe procedere a punire solo i soggetti
rieducativi e non malvagi. UNICO ARGOMENTO FORTE CONTRO la pena di morte: è di
PRINCIPIO, e non di fatto —> riconoscimento del valore assoluto della vita umana.
Valore dell’INDISPONIBILITA’ della vita umana, anche per motivi di difesa. Non v’è
convivenza umana se la vita non si considera sempre degna di essere vissuta, anche
quella del criminale.

Uguaglianza e differenza :
Diritti Sessuali:
Due approcci:
INDIVIDUALISTICO-LIBERTARIO: arriva a esiti estremi, il diritto si deve astenere
dall’intervenire in materia sessuale, perché non deve interferire con la libertà
individuale. Le scelte in ambito sessuale devono essere privatizzate (privacy). Al max:
previsto intervento del diritto per GARANTIRE POSITIVAMENTE la libertà individuale. —
> diritto che deve favorire l’autodeterminazione. Disponibilità del soggetto sul proprio
corpo, sulla propria sessualità. E dunque , in questa concezione, la sessualità è ridotta
in senso fisico-biologico, a libero uso della sessualità per fini edonistici. Rivendicazioni

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di tali diritti che seguono questo orizzonte libertario: Conferenza Onu del CAIRO 1994.
( diritti sessuali = diritti delle donne)
approccio libertario riguardo i DIRITTI RIPRODUTTIVI: Soprattutto riguardo quelli
negativi: ossia i diritti a non riprodursi, come il diritto alla contraccezione e alla
sterilizzazione. Cosi che la donna può vivere la propria sterilità scindendola dalla
procreazione. Ma , novità sono anche i DIRITTI POSITIVI: ossia il diritto ad avere un
figlio ad ogni costo —> uso di tecniche di fecondazione assistita. E dunque anche una
donna vedova puo ad esempio farsi fecondare da un estraneo o da un seme del marito
morto, o può accedere alla fecondazione anche in età non fertile (meno pausa), coppie
omosessuali femminili possono avere figli, oppure affitto contrattuale dell’utero, per
una retribuzione. Si inizia anche a parlare di un possibile diritto alla clonazione !!!
2) approccio PERSONALISTICO - RELAZIONALE: sempre rivendicazioni femministe.
Manifestata l’esigenza della relazione quale condizione per l’identificazione di sè. La
sessualità appartiene , come il corpo, a quella DUPLICE dimensione dell’avere ed
essere. L’uomo e la donna, in quanto sessuati, avvertono di mancare in qualcosa,
comprendono la necessità di porsi in relazione per acquisire la propria IDENTITA’
AUTENTICA, ONTOLOGICA, ESISTENZIALE. In questa prospettiva il diritto è chiamato sì
a difendere i DIRITTI SESSUALI, ma in un significato diverso —> ossia intesi come
diritti PER la sessualità e non DELLA e SULL sessualità. La sessualità è una espressione
della persona, e dunque non è riducibile a mera scelta privata, il diritto deve
DIFENDERE il significato ANTROPOLOGICO della sessualità.
Dunque —> il diritto difende la complementarietà sessuale = nesso sessualità
coniugiabilità-
famiglia. È proprio nella famiglia che si fonda l’identità antropologica, in
quanto l’individuo afferma il proprio ruolo insostituibile di marito o moglie, madre o
padre. inoltre, esaltata l’eterosessualità in quanto condizione per la procreazione. Ok
possibilità tecnologiche, ma per difendere i diritti umani nella relazione —> e dunque
diritti di donne , uomini ed anche embrioni. Embrione al momento della fecondazione
è un individuo umano. Riconosciuti dunque quei diritti riproduttivi purchè siano
terapeutici, e dunque necessari dato lo stato di sterilità o infertilità. Lecita la
fecondazione assistita omologa, illecita la fecondazione per donna in menopausa,
illecita la surrogazione di maternità e illecite le fecondazioni di vedove o lesbiche perché
causano mono-genitorialità.

Diritti Femminili

Il pensiero libertario femminista esalta il diritto dell’autonomia della donna a cui si contrappone
il pensiero femminile che nella care/cura vede una fonte di opportunità per la realizzazione
delle donne.
Gilligan nell’ambito dell’aborto elabora le fasi che la donna attraversa durante la
gravidanza: vi è un periodo di conflitto tra bambino e madre: 1 fase egocentrismo 2 fase: si
sacrifica per l’altro 3 fase: interdipendenza. Questo per dire che le donne hanno un forte senso
della vita. Importante è la maternità per le donne in quanto è quel momento in cui possiedono
un bimbo e sentono un legame con il feto.

OLTRE LA GIUSTIZIA: la cooperazione internazionale


LA SALUTE GLOBALE
In un mondo globalizzato il divario tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo è evidente: se
da un lato i paesi sviluppati progrediscono verso la tecnologia, dall’altro i paesi in via di
sviluppo non riescono a garantire la sopravvivenza soffrendo la fame e la povertà. Nel mondo
vi è una quantità di beni che sarebbe sufficiente a colmare il fabbisogno globale, ma il
problema è che non tutti possono accedervi(solo coloro che possiedono abbastanza risorse
economiche o coloro che vivono in paesi in cui il sistema giuridico rende concreto l’accesso
alle cure e assistenza in assenza di risorse).
E’ percepito un senso di ingiustizia globale e la necessità di ampliare il concetto di tutela della
salute superando i ‘localismi’. E’ diffusa l’idea che bisogna evitare lo sfruttamento di risorse per
una giustizia intergenerazionale,invece si dovrebbe diffondere una maggior solidarietà globale.

SPERIMENTAZIONI IN PAESI IN VIA DI SVILUPPO

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E’ sempre più diffusa la sperimentazione farmacologica in tali paesi in quanto sono paesi
vulnerabili per ragioni culturali, sociali, politici e religiosi in cui vige un sotto-sviluppo
economico che rallenta il progresso scientifico e tecnologico.
L’aspetto positivo della sperimentazione farmacologica è un miglioramento del sistema
giudiziario che ha al centro l’uguaglianza della distribuzione dei farmaci. Perciò sono state
elaborate delle condizioni minime:
-la sperimentazione farmacologica è consentita solo se vi è parità di trattamento rispetto agli
altri paesi,analizzando il rapporto rischio-beneficio che potrebbe apportare al paese cercando
di non gravare il paese di ulteriori problemi;
-è fondamentale creare un dialogo tra sperimentatori e partecipanti in modo da valorizzare i
costumi e le tradizioni del paese evitando l’omogeneizzazione culturale;
-l’uso del placebo vs valutazione dei metodi più efficaci quando esiste un trattamento
terapeutico efficace deve essere reso disponibile alla popolazione da parte di chi effettua la
sperimentazione, ritenendo l’uso del placebo ingiustificato;
- gli sperimentatori gravano di una responsabilità e solidarietà che si prolunga dopo la
sperimentazione affinchè i partecipanti non si sentano abbandonati.

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