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Hobbes

Un’alternativa a Cartesio

Thomas Hobbes nasce a Westport il 5 Aprile 1588 e studiò ad Oxford. Viaggiò e si formò molto in
Europa, come a Parigi dove frequentò gli ambienti libertini, frequentò anche Galilei e mosse delle
obiezioni verso Cartesio. Muore a Londra nel 1679. Scopo della sua filosofia è porre i fondamenti
di una comunità ordinata e pacifica sulla base di uno stato assoluto. La metafisica non aiuta e
Hobbes intende costruire una filosofia puramente razionale ispirata unicamente alla natura.

Ragione e calcolo

Sia gli uomini sia gli animali posseggono la ragione. Tuttavia solo l’uomo è in grado di prevedere
e progettare la propria condotta e i mezzi in vista dei propri fini. L’uomo è in grado di far ciò
grazie a qualcosa che gli è peculiare, il linguaggio. Segni e voci non hanno lo stesso potere delle
parole ovvero segni convenzionali che significano concetti delle cose che si pensano. Tramite la
generalizzazione di molteplici casi particolari in un solo generale, l’uomo è in grado di pensare ad
un ampio spettro del reale, e non fermarsi ai casi particolari (Es: ogni triangolo visto lo si pensa
come triangolo perché esiste tale parola per esprimerlo). Il linguaggio rende possibile il
ragionamento, cioè addizione e sottrazione di concetti, che ha come forma generale il sillogismo
ipotetico (Es: uomo=corpo+animato+razionale animale=corpo+animato-razionale ovvero “Se
qualcosa è uomo, è anche animale. Se qualcosa è animale, è anche corpo. Se qualcosa è uomo, è
anche corpo” l’uomo è corpo proprio in quanto è animale).
Il discorso scientifico mostra come da una causa si generi un effetto. L’uomo può conoscere la
causa solo delle cose che produce. La conoscenza scientifica e dimostrativa va dalla causa
all’effetto ed è possibile solo per le scienze matematiche e morali (politica ed etica), ovvero
quelle scienze di cui l’uomo è causa, traccia arbitrariamente le linee come le leggi. Invece delle
cose naturali prodotte da Dio si possono avere solo conclusioni probabili, infatti non essendone
causa l’uomo può procedere solo a ritroso dall’effetto giungendo a conclusioni non certe ma
probabili.
Dimostrazione a priori, deduttiva, dalle cause agli effetti conduce a conclusioni necessarie
riguardo matematica, etica e politica
Dimostrazione a posteriori, induttiva, dagli effetti alle cause conduce a conclusioni probabili
riguardo le scienze naturali

Il materialismo

Il materialismo meccanicistico

Poiché si può conoscere solo ciò che ha una causa, ed essendo le cose incorporee prive di cause
conoscibili, i corpi sono gli unici oggetti della ragione. Il materialismo di Hobbes sta
nell’affermare che solo il corpo esiste, solo ente che può agire ed essere agito (il termine
“incorporeo” affibbiato a Dio è solo un’insignificante omaggio, essere incorporeo significa non
essere per la ragione). Tutto è materia e movimento, infatti tutto formato da materia ed ogni
evento è spiegabile col movimento (comprese le qualità sensibili, le sensazioni, l’immaginazione,
l’anima). La filosofia si divide in: filosofia naturale che si occupa dei corpi naturali e filosofia
civile che si occupa dei corpi artificiali, la quale si articola in etica, che tratta delle emozioni,
bisogno e costumi dell’uomo, e politica, che tratta dei doveri civili. Esiste anche la filosofia prima
che chiarisce gli attributi fondamentali dei corpi (spazio, tempo, causa, effetto, potenza, identità
etc…)

Il materialismo etico

Le valutazioni morali sono soggettive. Non esiste una norma che distingua assolutamente bene e
male, infatti ciò non appartiene alla cose, ma agli individui. Si chiama bene ciò che si desidera e
male ciò che si odia. L’uomo è in uno stato di deliberazione mentre valuta i pro e i contro e agirà
per mezzo dell’azione. La volontà conclude momentaneamente la deliberazione con tutti i suoi
dubbi e incertezze, ma essi torneranno necessariamente, giacché l’uomo non potrà mai trovarsi in
uno stato di quiete ovvero in un sommo bene. Un fine ultimo necessità un ultimo desiderio, ma
essendo i desideri collegati alla sensibilità, l’assenza di desideri implicherebbe l’assenza di
sensazioni. La libertà non esiste esiste solo la libertà di azione ovvero l’assenza di costrizioni
esterne. La volontà rimane causata da altre cose.

La politica

Hobbes costruisce la sua politica analogamente alla geometria, ovvero fondata su pochi principi
necessari, in questo consiste il suo geometrismo politico. La necessità della scienza politica è
riflesso della necessità che agisce nelle volontà umane. Hobbes è convinto che la politica si possa
trattare come una scienza e a prescindere dalla storia.

La condizione presociale e il diritto di natura

I postulati certissimi intorno alla natura umana su cui si fonda la scienza politica sono: il desiderio
naturale, ognuno pretende di godere da solo dei beni comuni, e la ragione naturale, ognuno
rifugge la morte violenta come il peggior male possibile.
Dal desiderio naturale ne consegue che gli uomini non siano animali politici, istintivamente proni
alla benevolenza verso l’altro, all’amore verso il proprio simile. Per Hobbes: “ogni associazione
spontanea nasce o dal bisogno reciproco o dall’ambizione mai dall’amore o dalla benevolenza verso
gli altri”. L’origine della società va ricercata nell’interesse personale e nel timore reciproco. Le
cause del timore reciproco sono: l’uguaglianza naturale che pone gli uomini sullo stesso livello,
rendendo ciascuno possibile carnefice del prossimo; la volontà naturale di godere dei beni messi a
disposizione dalla natura che possono essere insufficienti per tutti, e a causa di ciò nascono i primi
conflitti. Questo pone le basi per definire lo stato di natura come di una guerra tutti contro tutti.
Lo stato di natura assoluto non è mai esistito è solo una pura ipotesi razionale, ma esso tutt’ora
esiste parzialmente, in ogni società. Le nozioni di giusto e ingiusto nascono nella legge e la legge
nasce da un potere comune nello stato naturale invece vige il diritto di tutti contro tutti in cui
ogni uomo è un lupo per gli altri uomini. Tale diritto non è contrario alla ragione, è logico ove non
vigono leggi far di tutto per garantirsi la propria sopravvivenza.
Hobbes si oppone alle dottrine giusnaturaliste di stato prestatale e diritti inalienabili.

La ragione calcolatrice e la legge naturale

Se non ci fosse la ragione lo stato di natura muterebbe in guerra totale, e l’umanità sarebbe destinata
all’estinzione. Ma la ragione c’è, e specificatamente essa salva l’uomo da questa cupa eventualità.
La ragione è la capacità di prevedere e provvedere, mediante un calcolo, ai bisogni dell’individuo.
In tal modo essa proibisce all’uomo di distruggere la vita e lo spinge a far ciò che meglio la
conservi. Tale è la legge naturale: “Una legge di natura è un precetto o una regola generale
scoperta dalla ragione, che proibisce ad un uomo di far ciò che distruggerebbe la sua vita o che gli
toglierebbe i mezzi per conservarla, e di non far ciò che egli consideri meglio per conservarla”
La legge naturale è un prodotto della ragione umana, un’attività finita condizionata dal contesto in
cui opera, che calcolando opta per ciò che conviene. La naturalità del diritto sta nella sua
razionalità, nel suo derivare dalla ragione, la facoltà finita di fare previsioni e scelte opportune. Le
norme fondamentali della legge natura sono dirette a sottrarre l’uomo al gioco degli istinti e
imporgli una disciplina che garantisca una sicurezza relativa. Le tre regole principali sono: pax est
quarenda “Cercare la pace, o sfruttare la guerra quando non la si può ottenere”, ius in omnia est
retinendum “rinunciare al proprio diritto su tutto e accontentarsi di avere tanta libertà quanta
egli stesso ne riconosce agli altri”, pacta servanda sunt “bisogna stare ai patti, cioè osservare la
parola data”. La sola condizione per uscire dallo stato di natura è che ciascuno rinunci al proprio
diritto su tutto. Tutti si impegnano a far ciò, ma se la parola data non venisse rispettata non si
potrebbe uscirne definitivamente. Tali leggi di natura sono i mezzi più idonei trovati dalla ragione a
garantire la sopravvivenza. C’è in Hobbes un fondamento naturale dell’insorgenza dello Stato
atto a garantire l’efficacia della legge naturale, ma i modi della sua realizzazione sono artificiali
poiché le tre norme di base della legge naturale sono semplici convenzioni assunte come regole per
la loro efficacia. Si parla in Hobbes di una fondazione giusnaturalistica dello giuspositivismo,
infatti in Hobbes il diritto naturale non è fonte di contenuti normativi, ma fondamento della validità
dell’ordinamento giuridico e positivo nel suo complesso.

Lo stato e l’assolutismo

Pur dettate dalla ragione naturale, le leggi di natura non sono comandi assoluti, ma prudenziali, i
quali si “dovrebbe” seguire, i quali la ragione “raccomanda” di seguire, ma non c’è obbligo. Per
quanto gli esseri umani possano concordare nessuno è in grado di farle rispettare a tutti gli altri.
Essendo le leggi naturali validi ma non efficaci, serve un potere irresistibile che faccia agire gli
uomini secondo ragione e non secondo passione, tale potere è lo Stato. L’atto che segna il
passaggio dallo stato di natura allo stato civile è un contratto che trasferisce il potere e il diritto
illimitato nelle mani di una persona politica che obbligherà al rispetto delle leggi. Solo se tutti si
sottomettono allo stesso ente si ha la pace. Lo Stato o società civile o persona civile (in quanto
conglobando in se le volontà di tutti, può considerarsi una persona) è l’unico ente da ritenersi
volontà di tutti e può usufruire delle forze e degli averi dei singoli per la pace e la comune difesa.
Lo Stato garantisce il diritto che l’uomo ha nello stato di natura, ma è strutturalmente antitetico a
quest’ultimo, essendo prodotto della ragione.
Colui che rappresenta lo Stato è il Leviatano (un sovrano che può essere singolo o multiplo, come
un’assemblea). Il Leviatano per autorità conferitagli da ogni suo suddito è in grado di disciplinare
con forza e potere, col terrore, in vista della pace interna.
La teoria di Hobbes sullo Stato è detta assolutismo politico.
Irreversibilità e unilateralità del patto fondamentale; i cittadini non possono dissolvere lo stato,
in quanto lo scioglimento del contratto è inattuabile. I cittadino non hanno stretto un contratto
bilaterale con lo Stato, ma con ogni altro cittadino;
Il potere sovrano è indivisibile: il potere non può essere suddiviso tra poteri diversi che si limitino
a vicenda, si verrebbe a mancare di libertà nel migliore dei casi, o di guerra civile in caso di
disaccordo;
Il giudizio sul bene e sul male appartiene allo Stato e il Sovrano è ab-solutus da ogni vincolo:
la distinzione tra bene e male, giusto e ingiusto non può stare ai cittadini, se così fosse l’obbedienza
sarebbe condizionata dai criteri individuali. Dato che l’intera volontà del singolo è stata trasferita
nel sovrano, ciò che lo Stato vuole è sempre giusto. Non sono i comportamenti “buoni” che entrano
a far parte della legge, ma ciò che la legge prescrive ad essere chiamato “buono”. La legge
istituisce la morale. Segue poi che la sovranità ha diritto di esigere obbedienza anche per ordini
ritenuti ingiusti o peccaminosi, e la sovranità esclude la liceità del tirannicidio. Inoltre lo Stato non
è in alcun modo soggetto alle leggi dello Stato ne ha alcun obbligo verso i cittadini, i quali al
contrario dovranno sempre obbedire.
Per gli giusnaturalisti esiste un pactum unions che vede gli uomini dello stato di natura unirsi l’un
l’altro, questi uomini una volta visto che i diritti naturali possono venir violati stringe un pactum
subiectionis col quale si sottomettono allo Stato. Data l’aggressività naturale dell’uomo per Hobbes
tali patti non sono scissi ma coincidono. Inoltre per gli giusnaturalisti il pactum subiectionis è
parziale dato che gli uomini mantengono parte dei loro diritti, contrariamente da Hobbes ove li
alienano interamente, ed è provvisorio dando la possibilità alla collettività di destituire il sovrano
nel caso violi i patti, al contrario di Hobbes per il quale il conferimento dell’autorità al sovrano è
definitivo.
Lo Stato è parzialmente limitato, non può chiedere ad un suddito di uccidere o ferire se stesso o
persone care, né può costringerlo a confessare un delitto e ad accusare se stesso. Per il resto il
suddito può tutto quanto il Sovrano non gli vieti di fare, mentre il Sovrano è assolutamente libero.
L’unico limite dell’assolutismo è il diritto alla vita se il sovrano viola questa condizione si torna
allo Stato di natura, anche qui tuttavia non c’è tirannicidio o ribellione perché lo Stato cessa di
esistere quando tale patto viene meno.
Lo Stato congloba in sé anche l’autorità religiosa e non può riconoscerne una indipendente, chiesa e
Stato coincidono.

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