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CRITICA DELLA RAGION PRATICA – Immanuel Kant

Nello scritto Idea di una storia universale dal punto di vista cosmopolita, comparso nel fascicolo di novembre del
1784 della Berlinische Monatsschrift Kant aveva spiegato che in quanto creatura ragionevole l’uomo ha il potere di
estendere oltre i suoi istinti naturali le regole e i fini dell’uso di tutte le sue attività.
Kant compone un articolo ‘’Risposta alla domanda: che cosa è illuminismo?’’ pubblicato nelle Berlinische
Monatsschrift. Kant afferma che l’illuminismo è l’uscita dell’uomo da una condizione di minorità; l’uomo è destinato
ad emanciparsi da ogni forma di tutela e a seguire la naturale propensione a pensare da sé.
Si può fare pubblico uso della ragione senza compromettere le necessità obiettive del potere. Pur essendo membri
della macchina governativa i cittadini di uno stato si considerano, al tempo stesso, membri di tutta la comunità e
della stessa società generale degli uomini. In quanto privati sono obbligati ad ubbidire per non creare ostacolo alle
funzioni del governo tuttavia hanno il diritto di esporre pubblicamente il loro pensiero. L’ubbidienza in sé non è male
ma è male l’ubbidienza senza limite; e il limite è proprio la discussione razionale.
Kant ha in mente la soggezione di carattere religioso che considera la più perniciosa ed umiliante. Dopo aver
raccomandato la venerazione di Federico II ed elogiato i suoi meriti, Kant getta una prospettiva su quando l’uomo
sarà trattato in modo conforme alla sua dignità. Sotto il robusto involucro amministrativo potrà svilupparsi il germe di
cui natura prende così tenera cura, la sua tendenza e la sua vocazione al libero pensiero.La libertà non è il semplice
prodotto di una negazione del presente ma il frutto tardo e difficile di una cruda contesa storica con chi detiene la
forza e l’autorità.

Gli obiettivi dell’indagine kantiana riguardano sempre la specie umana e non il singolo uomo. Nello stesso periodo
Kant scrive la Fondazione della metafisica dei costumi: si tratta del suo primo scritto di etica. Possiamo quindi
supporre che l’esigenza da parte di Kant di ritrovare i limiti della moralità e i principi puri di essa fosse da tempo
dichiarata. La metafisica dei costumi abbraccia tutti i principi puri che determinano a priori e rendono necessario il
fare o il non fare

Il procedimento della stesura della Critica della Ragion pratica è sempre quello sintetico e progressivo; Kant non
parte dal mondo etico quotidiano ma dalle regole di connessione necessaria fondate esse stesse su proposizioni più
alte e generali.
La struttura dell’opera riprende la prima critica:
– 1a. Analitica della ragion pura pratica
– 1. DOTTRINA DEGLI ELEMENTI DELLA RAGION PURA PRATICA
– 1b. Dialettica della ragion pura pratica
L’ordine risulterà significativamente invertito: infatti ci si muoverà dai principi ai sensi attraverso i concetti.
L’Analitica dei principi della seconda Critica si compone di otto paragrafi e due sezioni finali. Il suo carattere
geometrico è confermato dal fatto che essa segue una struttura e un linguaggio geometrico: si va cioè da definizioni a
teoremi, fino a corollari, problemi e scogli.
Innanzitutto i principi pratici sono proposizioni che contengono una determinazione universale della volontà.
Questi possono essere distinti in massime e leggi: le massime sono regole soggettive dell’agire mentre le leggi sono
regole oggettive dell’agire della condotta.
Nel secondo caso, la norma è inevitabile e si impone come un imperativo, che implica l’adempimento di un dovere.
La massima è un principio ma non un dovere. Gli imperativi determinano la volontà o come volontà o solo
relativamente all’effetto desiderato.
Esistono due tipologie di imperativi:
➔ Gli imperativi categorici che sono vere e proprie leggi
➔ Gli imperativi ipotetici che sono semplici precetti pratici che dipendono da condizioni che aderiscono
accidentalmente alla volontà
Un principio pratico è empirico e non può costituire una legge pratica e presuppone, come motivo determinante, un
oggetto (materia) della facoltà del desiderare. Un oggetto può diventare un motivo solo in virtù della
rappresentazione connessa al piacere, ovvero a qualcosa di soggettivo e imprevedibile.
Una massima si trasforma in un principio pratico secondo la sua capacità di acquisire la forma di una legislazione
universale ossia necessaria dal punto di vista morale. Quando ha come unico obiettivo la forma della legge, la libertà
è definita libera. La volontà libera si determina attraverso la forma di legislatura delle massime.
→ PRIMA FORMULAZIONE DELL’IMPERATIVO CATEGORICO : Agisci in modo che la massima della tua volontà possa
valere sempre, al tempo stesso, come principio di una legislazione universale.
La ragione, infatti, in quanto tale è universale, e niente può dirsi razionale se non travalica gli interessi del singolo per
porsi come norma che valga per tutti e per sempre
→ SECONDA FORMULAZIONE DELL’IMPERATIVO CATEGORICO : Agisci in modo da considerare l‘umanità sempre
come fine e mai come semplice mezzo, sia per quanto riguarda la tua persona sia per quella di ogni altro.
L'uomo in quanto tale è ragione; lo strumentalizzare la ragione (cioè l'uomo) degraderebbe la stessa morale a mezzo,
rendendo l'azione immorale.
→ TERZA FORMULAZIONE DELL’IMPERATIVO CATEGORICO : Agisci in modo che la tua volontà, con la sua massima,
possa considerarsi come universalmente legislatrice.
Questa formula è il riconoscimento dell'autonomia della morale: è la volontà (cioè: la retta ragione) che diviene la
"legislatrice universale“. In questo modo l'uomo si eleva a quel "regno dei fini" che non è se non una "unione
sistematica di esseri ragionevoli", della quale ogni membro è legislatore e suddito: legislatore in quanto incarna la
ragione universale; suddito in quanto è un essere particolare.
Libertà e legge pratica rimandano l'una all’altra. La nostra conoscenza parte dalla legge pratica. La legge pratica è
una proposizione sintetica a priori, per la quale non si prende nulla a carico dall’esperienza né da alcuna volontà
esterna, né si può procedere da dati anteriori alla ragione. La legge morale è un fatto della ragione o in altri termini la
ragione pura è per sé sola pratica. L’essere razionale può agire mediante una volontà pura al pari di quella divina; a
differenza che Dio agisce inevitabilmente secondo tali motivi oggettivi determinanti puri mentre l’uomo no,
l’uomo fa appello alla volontà. La volontà divina è santa perché ignora l’obbligo o il dovere. La moralità è
l’espressione dell’autonomia della ragion pura pratica; essa è, dunque, la proprietà della volontà di darsi essa stessa
una legge. Tutte le altre etiche del passato sono definite eteronome perché il principio della moralità è concepito
secondo motivi determinanti pratici materiali. Individua 6 grandi etiche eteronome fondate su motivi:
Soggettivi esterni: “Educazione” Montaigne
Soggettivi esterni: “Governo civile” Mandeville
Soggettivi interni: “Sentimento fisico” Epicuro
Soggettivi interni: “Sentimento morale” Hutcheson
Oggettivi interni: “Perfezione” Wolff e gli Stoici
Oggettivi esterni: “Volontà divina” Crusius e i teologi moralisti
Con queste ultime riflessioni terminano gli otto paragrafi dell’Analitica dei principi e ad essa seguono due sezioni:
– Della deduzione dei principi della ragione pratica = si dedica alla giustificazione del valore oggettivo e universale di
questo principio e non trova una soluzione adeguata ma spiega la relazione che sussiste tra moralità e libertà. La ratio
essendi della moralità non può che essere la libertà ma della libertà non vi è alcuna ratio conoscendi se non la legge
pratica stessa, la cui coscienza è l’unica esperienza che possa mutare il pensiero di una causalità che si determina
affatto da sé in una conoscenza. La legge morale dimostra la sua realtà in modo soddisfacente non mediante il rinvio
a condizioni empiriche ma conferendo per la prima volta realtà oggettiva benché solo pratica ad un’idea della
ragione.
– Del diritto della ragione pura nell’uso pratico a un’estensione che non le è possibile nell’uso speculativo per sé
L’analitica dei concetti segue e non precede quella dei principi. Un concetto della ragion pratica è la
rappresentazione di un oggetto in quanto effetto da ottenere o da evitare mediante la libertà. L’analitica dei
concetti è quindi una determinazione concettuale di bene e di male. Tali concetti devono essere normati a
prescindere dallo stato sensibile della persona e devono essere determinati mediante e dopo la legge morale e non
prima.
L’etica di Kant è una etica della legge e non del valore. Il sentimento non discrimina ma esegue, esso è un movente.
Tuttavia ogni movente risulta inadeguato se fondato sul nostro sentimento, la ragion pratica umilia il nostro amor
proprio. Tale umiliazione si accompagna al timore reverenziale che Kant chiama rispetto. Tale rispetto è prodotto da
un principio intellettuale

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