Artificial Life Experiments Show How Complex Functions Can Evolve ScienceDaily
08 maggio 2003
Neo-creationism - Wikipedia
LA RIVOLUZIONE DI DIO
ANTI-EVOLUZIONISMO
Forbidden Archeology
Antievoluzionismo - Wikipedia
IL DISEGNO INTELLIGENTE
Rispetto al Disegno Intelligente, il cardinale Camillo Ruini ha affermato che la Chiesa non
può pronunciarsi sulla fondatezza scientifica di tali posizioni. Il cardinale di Vienna,
Christoph Schoenborn, in un editoriale sul New York Times del 7.7.2005 dal titolo
“Scoprire il progetto nella natura”, che ha avuto un'enorme eco, ha scritto: “La Chiesa
Cattolica, mentre lascia alla scienza molti dettagli circa la storia della vita sulla terra,
proclama che con la luce della ragione l'intelletto umano può chiaramente discernere uno
scopo e un progetto nel mondo naturale e negli esseri viventi. Potrebbe essere fondata
un'evoluzione intesa come discendenza comune; ma non un'evoluzione concepita in
senso neodarwiniano, come processo non guidato, che non risponde a un progetto, ed è
mossa soltanto dalla selezione naturale e dalle variazioni casuali. Ogni sistema di
pensiero che neghi o cerchi di rifiutare l'imponente evidenza di progetto in biologia è
ideologia non scienza [...] Ora all'inizio del 21° secolo, in contrapposizione a posizioni
scientifiche come il neo-darwinismo e l'ipotesi del multiverso in cosmologia inventato per
evitare la sovrabbondante evidenza di scopo e progetto che si trova nella scienza
moderna, la Chiesa Cattolica difenderà di nuovo la ragione umana proclamando che il
progetto immanente che è evidente nella natura è reale. Teorie scientifiche che cercano di
negare l'evidenza di progetto come il risultato di caso e necessità non sono per niente
scientifiche, ma, come affermato da Giovanni Paolo, un'abdicazione dell'intelligenza
umana”. La sovrabbondante evidenza di scopo e di un reale progetto nel mondo e la piena
razionalità del suo riconoscimento sono state affermate dallo stesso Papa Benedetto XVI
nell’Udienza generale del 9 novembre 2005 commentando un'omelia di san Basilio: “Il
Signore con la Sacra Scrittura risveglia la ragione che dorme e ci dice: all'inizio è la Parola
creatrice”.
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DIO E DARWIN
Il filosofo della scienza Orlando Franceschelli, nel suo saggio “Dio e Darwin” (Natura e
Uomo tra Evoluzione e Creazione, Donzelli editore) definisce i fautori della teoria del
Disegno Intelligente “teisti evoluzionisti”, poiché in accordo, pseudo-scientificamente, con
quanto affermato da Papa Ratzinger nell'omelia di inizio del pontificato: “L'uomo non può
essere considerato un prodotto - casuale e senza senso - dell'evoluzione. Perché è voluto
e amato da Dio”. Lo studioso chiama in causa il sommo Platone, dalla cui ipotesi di un
Demiurgo celeste discende, attraverso i Padri della Chiesa Agostino e Tommaso, fino a
dopo Newton, l'argomento del Disegno Divino, del Progetto Trascendente, di un Principio
(mente, volontà o amore) extramondano cui si
deve l'esistenza del mondo. Per quanto riguarda
invece il darwinismo, per Franceschelli esso
svolge un ruolo «che è quasi più importante per i
credenti che per i non credenti». Poiché, «se è
vero che l'evoluzione è il processo attraverso il
quale si realizza la promessa di Dio, dobbiamo
immaginare un Deus Creator et Evolutor, cioè un
Dio che, per amore, decide di creare, contraendo
la propria presenza e la propria potenza. Fino a
concedere alla sua stessa creazione l'autonomia
evolutiva, segnata persino dalla pura casualità».
Ne viene fuori un Dio che risulta «il più laico e il
meno riconducibile a idolo». Questo vuol dire, per
Franceschelli, «ripensare l'antropologia su basi
evolutive, senza smarrire la consapevolezza delle
vere e proprie ferite senza redenzione, di fronte
alle quali ci mette un'evoluzione senza creatore». Nel tentativo di giungere ad un
riavvicinamento tra Dio e Darwin, Franceschelli chiede all’evoluzionismo di dar ragione del
fatto che il mondo comunque è; alla teologia di riscriversi partendo dalla consapevolezza
che l'ipotesi evoluzionistica comunque regge. Il nodo stringente e irresolubile che lega Dio
e Darwin, per Franceschelli è nel legame tra il mysterium iniquitatis, che il credente può
accogliere alla luce della fede, e il Mistero della fede, che il laico deve poter comprendere
come profonda esperienza umana e religiosa. L'auspicio è di un riconoscimento reciproco,
sia delle competenze, sia dei linguaggi, tra scienza, filosofia e religione.
"Dio e Darwin"
Può esserci un' "etica senza Dio?". Al contrario di Küng, sulla base di testi filosofici
comparsi nel mondo occidentale dal XVII secolo ai nostri giorni, il professore di Filosofia
Morale presso La Sapienza di Roma, Eugenio Lecaldano, sostiene, in un breve volume
(“Un' Etica senza Dio”, Laterza, 2006), che soltanto omettendo l'idea
della presenza e dell'azione divina nella vita dell’uomo può questi
avere una morale (a contrario di Kant, che sosteneva esattamente
l'opposto). Muovendosi dalle opere di Hume, Kant, Mill, Lecaldano ci
vorrebbe far credere che già tre, quattro secoli addietro, l'attività di
pensiero era giunta a stabilire che la religione è un impedimento,
giacché vieta all'uomo di guardare oltre i confini di essa, limita ad
una visione unica, non gli permette di svilupparsi, di accogliere il
nuovo. Per Lecaldano, l'etica è propria della formazione umana,
scaturita dalle prime emozioni, quando si è sofferto per un dolore,
gioito per un piacere, quando si è imparato a piangere, a ridere, a
sapere cosa significa essere buoni, cattivi, quanto serve per essere
giusti, quanto vale essere veri, che vuol dire sentirsi in colpa, cosa intendere per bene e
cosa per male. Insieme all'uomo si è evoluta, modificata come la sua vita, vissuta con lui,
diventata la sua legge. "Non solo non è vero che senza Dio non può darsi l'etica, ma anzi
è solo mettendo da parte Dio che si può veramente avere una vita morale». Dell’uomo è
l'etica, non di Dio; della vita, non della religione, sembra voler dire Lecaldano, in una
prospettiva ateistica, materialista-storica, super-umanistica. Secondo Lecaldano, gli errori
in cui cadono coloro che sostengono che Dio è necessario per l'etica (come Kant, ad
esempio, ndr) sono soprattutto di tre tipi: essere sicuri che Dio esiste; concepire un’etica
che, rifacendosi a un'entità sovrannaturale, è priva di autonomia; ritenere che l'esistenza di
Dio sia compatibile con l'esistenza del male. Sull’esistenza di Dio, l'autore si rifà ai classici
argomenti di Hume e Kant, non dimenticando di ricordare che «un’etica che trova il suo
fondamento in un Dio inteso come causa prima o Autore della Natura non può essere
universale perché escluderebbe gli atei, mentre è evidente che se l'etica deve essere una
risposta alla comune umanità di tutti noi non deve escludere nessuno». Il secondo errore è
confutato sottolineando che «chi arriva all’etica attraverso il comando divino finisce con il
ridurre la moralità a qualcosa di simile alle regole di un'etichetta», mentre «il suo vero
fondamento risiede nel carattere autonomo della scelta di un individuo di evitare quelle
condotte che producono danni o sofferenze agli altri suoi simili». Per quanto riguarda il
problema del male, da sempre (fin dal primo “ateo” noto come tale, Diagora), è il principale
argomento usato per motivare la negazione di Dio: «La capacità degli esseri umani di farsi
guidare da distinzioni tra bene e male, giusto e ingiusto, virtuoso e vizioso è radicata nella
loro natura biologica. Se così è, allora l'etica non è altro che una pratica volta a risolvere le
questioni di interazione privata e pubblica tra gli uomini e su questa terra […] Per il non
credente, il premio per la sua condotta morale deriverà principalmente dalla
consapevolezza di aver fatto ciò che è bene, giusto e doveroso». Il punto centrale della
tesi di Lecaldano è, nelle sue stesse parole: «Solo colui che è agnostico o ateo può
effettivamente porre al centro della sua esistenza le richieste dell'etica, e solo colui che è
senza Dio può attribuire alla morale tutta la portata e la forza che essa deve avere sia
nelle scelte che riguardano la sua propria esistenza, sia un quelle che riguardano
l'esistenza altrui. […] L'ateismo è la cornice intellettuale più favorevole all’affermarsi di una
moralità».
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