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Lezione del 12-03-18

Filosofia del diritto ( II )


Peces-Barba parte da prospettiva storica e segue la nascita dei diritti.
Si parla di Diritto, inteso come sistema, ordinamento giuridico, legato ad una esperienza locale,
ordinamento nazionale, ma anche in riferimento ad ordinamenti sovranazionali. Si può immaginare
anche un diritto che regoli i rapporti tra gli Stati e che non sia meramente internazionale. Si può
immaginare, inoltre, un diritto che regoli i rapporti tra gli Stati e che non sia meramente
internazionale, quindi, siamo in un rapporto ancora da raggiungere tra gli Stati ed il singolo
individuo. Kant: uomo cittadino di un ordine globale.
Parlando di Diritti si fa riferimento non al diritto come ordinamento giuridico ex parte principi
(dalla parte dello Stato), dalla parte di colui che detiene il potere, ma si parla di diritti ex parte
populi (dalla parte del suddito che dopo diviene cittadino). Infatti, i diritti iniziano a delinearsi dalla
modernità dal punto di vista dell’analisi storica.
PB: i diritti nascono da un’esigenza morale, quindi, il nucleo di partenza di quest’esperienza (dei
diritti) è propriamente morale. Vi è un’esigenza morale che presenta determinate caratteristiche.
Vi è la vocazione a diventare un diritto fondamentale e l’esigenza morale è il luogo di origine di
questa dimensione dell’esperienza giuridica.
Perché questa esigenza possa diventare diritto abbiamo bisogno della mediazione del potere
politico. Se il potere politico non riconosce questa esigenza morale come diritto, questa esigenza
non può diventare un diritto naturale. Il primo passaggio è la dimensione morale; la seconda è
quella politica; la terza quella giuridica. Il potere politico deve riconoscere quest’esigenza morale,
come esigenza da tutelare e garantire, altrimenti non può diventare un diritto.
Es. istruzione: esigenza di accedere all’istruzione obbligatoria è un’esigenza morale, ma il potere
politico la deve accogliere, riconoscere e garantire attraverso una norma che la accoglie come
contenuto, quella esigenza è come se non ci fosse.
Si parla del fenomeno del CARTISMO, cioè la proliferazione di Carte dei diritti (bambino, disabile,
ecc.), che vengono sottoscritte dagli Stati. Tuttavia, se a questa sottoscrizione non segue una
giuridificazione dell’esigenza morale, il diritto è come se non ci fosse.
Solo quando il potere politico si fa carico di riconoscere, prima, e garantire, dopo, l’esigenza
morale, facendola diventare contenuto di una norma giuridica (norma che appartiene
all’ordinamento giuridico: leggi, ma anche principi costituzionali), l’esigenza morale assume la
forma di diritto.
Questa esigenza morale diventa contenuto di una norma solo se vi è una sanzione che è
comminata alla violazione di questa esigenza. Solo allora questa esigenza può ottenere una chance
di efficacia (può diventare diritto vivente, effettivamente presente all’interno della vita della
società).

ALEXI: non guarda essenzialmente ai diritti fondamentali, ma si guarda a dimensione che ha creato
maggiori problemi dal punto di vista delle teorie giuspositivistiche. Profilo problematico è quello
assiologico (‘assìa’ in greco ‘valore’). Si guarda essenzialmente al valore della GIUSTIZIA.
Il testo è costruito sulla FORMULA DI RADBRUCK: formula dice che una norma valida, se supera
una soglia di ingiustizia (diventa intollerabile), perde la sua giuridicità (perde validità e non deve
essere osservata da cittadini e da giudice).
Formula utilizzata all’indomani del crollo della Germania nazionalsocialista , ma anche per il
processo di Norimberga (vincitori hanno commesso abusi).
Quindi, il problema della giustizia come valore rientra nella dimensione assiologica del concetto di
diritto.

L’espressione ordinamento positivo, utilizzata da Giuspositivismo, fa riferimento al diritto posto da


un atto di volontà, di posizione di norme; è un atto umano che pone una norma o un insieme di
norme.
Parlando di teorie giuspositivistiche, si fa riferimento a teorie che definiscono il diritto come diritto
positivo. Vi è, quindi, una riduzione dell’esperienza giuridica sul diritto posto dall’uomo.
Per queste teorie sono sufficienti due concetti a definire il concetto di diritto posto: validità ed
efficacia.
La validità è l’esistenza formale della norma giuridica, cioè quando viene ad esistenza ed è stata
posta da un procedimento. Si parla di ‘norme su norme’ perché la produzione di norme è regolata
da altre norme. La produzione non è arbitraria. La norma è, quindi, valida quando rispetta certe
condizioni.
Qualche autore ha individuato delle condizioni per la validità di una norma: es. pubblicità (norma
giunge ad esistenza quando viene pubblicata). Norma, quindi, ha esistenza formale.
Una norma per esistere chiede di essere osservata, obbedita, quindi, è necessario che la norma
produca degli effetti. Si rinvia al concetto di efficacia:
L’efficacia è la corrispondenza nella realtà della norma. Si fa riferimento alla possibilità che la
norma sia rispettata e di divenire esperienza giuridica. Questo concetto è l’esistenza materiale,
nella comunità di individui che si relazionano tra loro attraverso un sistema di norme, che è il
sistema giuridico. La norma viene resa vivente attraverso l’osservanza da parte dei destinatari.
Per le teorie giuspositivistiche questi sono i due concetti che concorrono a definire il concetto di
diritto. Diritto deve essere valido ed efficace.
Può, tuttavia, capitare che una norma non sia efficace o che sia efficace a macchia di leopardo, cioè
in certi casi.

Spostandosi in un orizzonte speculare alle teorie GP, vi è una definizione di diritto che ritiene
insufficiente la definizione del GP ed aggiunge un ulteriore elemento per definire il concetto di
diritto.
Questa dottrina è detta dottrina giusnaturalistica, che definisce il diritto come diritto naturale, un
insieme di norme dedotte dalla natura.
Tra queste due dottrine vi è stata spesso polemica e contraddizione, soprattutto da parte del GP
nei confronti del GN, innanzitutto per la sua definizione: che cos’è la natura?
Il concetto di natura è un punto fondamentale da cui muovere.
Si può ridurre a tre fonti natura (anche se sono molte) l’origine del diritto naturale:
 Natura come mondo fisico: il GP critica questa concezione perché si pensa essenzialmente
alla legge del più forte (tantum iuris quantum potentiae). Il può forte prevale sul più
debole. Se si parla di diritto dedotto da un concetto di natura come mondo fisico, si guarda
a questo principio che governa questo mondo. Bisogna immaginare un ordinamento
giuridico che si plasma attorno a tale legge fondamentale, quindi, i forti prevalgono e i
deboli soccombono. Hobbes (teorico dello Stato Assoluto) parla del Leviatano in
riferimento ad un insieme di norme che schiaccia il suddito.

Questo concetto si scontra con la pretesa del GN, che vede nel diritto naturale il diritto
giusto per eccellenza. Quindi, bisogna fare riferimento ad un elemento (la giustizia) che non
si trova nel concetto di diritto positivo. Per le teorie GN, si ha bisogno dei concetti di
validità, efficacia e giustizia (tre elementi concettuali necessari a definire il concetto di
diritto).

Dal punto di vista delle teorie GP, vi è indifferenza rispetto all’elemento della giustizia.
Secondo i giuspositivisti, da parte dell’uomo, vi è il desiderio che il diritto sia giusto, ma
anche quando il diritto non è giusto resta diritto (deve essere valido ed efficace).

Es. l’ordinamento giuridico della Germania nazionalsocialista non è un ordinamento giusto,


ma è positivo e richiede di essere obbedito.

La giustizia è un ideale irrazionale, la ragione non aiuta a definire cos’è la giustizia in modo
univoco. Vi è un’istanza degli individui verso la giustizia, ma la definizione è soggettiva,
quindi, una soluzione antropologico-personale di giustizia. (Kelsen)

Nell’ottica GN, il diritto deve essere valido, efficace e giusto. La giustizia è la condizione
trascendentale; la condizione senza la quale la regola non è pensabile ed applicabile.
(Cotta)
Tale pretesa del GN ha creato molti problemi al diritto naturale perché, limitandosi alla
natura come mondo fisico, si dovrebbe dire che un diritto che si plasma sulla legge del più
forte è ingiusto.
GN sostiene che il diritto naturale sia sovra-positivo, che si pone in posizione paradigmatica
rispetto al diritto positivo. Il diritto positivo si deve ispirare al diritto naturale, che è giusto
per eccellenza. Quindi, il diritto naturale rivendica la propria autonomia rispetto al diritto
posto.

 N. come natura divina: diritto deriva da Dio (coincide con la natura), che è la fonte del
diritto. È la giustificazione del diritto positivo.
Es. Napoleone che si incorona dicendo che la corona gli è stata data da Dio.

Una natura così pensata introduce una giustizia che deriva direttamente da Dio.
PB richiama la posizione della Chiesa che è stata tardiva nel riconoscere i diritti dell’uomo
perché si parla di un diritto che deriva dall’uomo, capace di costruire un ordine proprio.
Quindi, un potere che deriva dal basso. La Chiesa riconosce un ordine che deriva dall’alto.

 N. come natura umana: si parla della dimensione razionale, morale dell’uomo.

L’uomo, tuttavia, non è solo ragione, ma è anche pulsione, libido, irrazionalità.


Deriva, quindi, la necessità di un paradigma nuovo della razionalità che possa recuperare
nuovi comportamenti, che per il vecchio paradigma erano irrazionali, mentre per il nuovo
paradigma (più ampio) sono razionali, o per lo meno sono ragionevoli.
Quindi, abbiamo bisogno di depotenziare il concetto di Ragione, di matrice illuministica, in
grado di orientare tutte le scelte dell’uomo.
Una ragione più flessibile è, però, in grado di attrarre a sé comportamenti che altrimenti
sarebbero considerati irrazionali.
La natura umana è essenzialmente ragione, però, bisogna intendersi sul concetto di ragione
perché intervengono pulsioni, emozioni.

2° lezione 13-03 mattina


Prima ora ( 50 min. )

Immaginate tre segmenti adiacenti in una stessa retta il punto che li unisci è il punto che vede la
possibilità di un maggiore dialogo tra i singoli pensatori . Se ci spostiamo ai punti estremi vediamo
una differenza più radicale. Quindi ci sono degli studiosi che cercano di cercare un ponte tra una
corrente e l'altra riconoscendo una rilevanza maggiore … all'efficacia per esempio teorie pensate
alle giusrealismo Fuller moralità del diritto. Hart, che è certamente un giuspositivista; il testo di
Fuller si chiudeva proprio con una discussione con il concetto di diritto di Hart essendo riferito a
questa grande corrente che è il giuspositivismo che ammetteva un minimo etico quindi in questa
apertura alla dottrina giusnaturalistica riconosceva l'importanza di ammettere un nucleo che fosse
riferibile alla dimensione morale .
Soprattutto nel testo di Aleyx vedremo una coincidenza tra l'elemento morale e l'elemento
assiologico.
La giustizia valore del diritto, come il bene il valore della morale, o l' utile per economia.Se
guardiamo alle dottrine che ammettono l'elemento giustizia nel concetto di diritto allora vediamo
una sorta di sovrapposizione tra valore della giustizia e l'elemento morale.
Anche in Kelsen proprio la giustizia anello di congiunzione tra la morale e il diritto.
Quindi da un punto di vista di giuspositivismo radicale, quale è quello di Kelsen, questo anello deve
essere spezzato e quindi eliminata la congiunzione tra morale e diritto perché altrimenti si avrebbe
una sovrapposizione della norma giuridica rispetto alla norma morale, o meglio una
sovrapposizione della norma morale, che è ostativa del senso di giustizia rispetto alla norma
giuridica.
Quindi il dover essere della morale sarebbe il dover essere del diritto .
La normatività non è soltanto del diritto, cioè quando parliamo di dover essere non parliamo solo
della norma giuridica ma della norma morale, sociale, del costume, norma religiosa e tutte queste
dimensioni hanno il carattere del devono, quindi del dover essere e in teoria abbiamo bisogno di
distinguere sistema morale, giuridico, sociale, religioso ecc.
Quindi noi vediamo a questo segmento della normatività che è la norma giuridica, ma è evidente
che questa normatività ha relazioni con la normatività sociale, morale ecc. Normatività giuridica
rispetto ad altri sistemi di norme. Ritorniamo a questa grande distinzione tra il giusnaturalismo e il
giuspositivismo, tenendo conto che ci possono essere posizioni più radicali e intermedie; è
importante premetterlo perché l'autore guarderà alle diverse impostazioni che tanto nel corso della
discussione quanto nel corso della storia si sono susseguite rispetto alle due prospettive
generalissime de giusnaturalismo e giuspositivismo.
Distinzione che trovate richiamata nella presentazione di Bobbio, cioè la possibilità di un dialogo,
conflitto tra due tesi di posizioni: da una parte, il razionalismo e dall'altra, lo storicismo . Perché vi
può essere un confronto che slitta in una tensione polemica, se non addirittura, in una impossibilità
di dialogo, nelle posizioni più radicali, tra i razionalismi da una parte e storicisti dall'altra ? Se
guardiamo al problema del diritto e dei diritti, dal punto di vista del razionalismo, guardiamo ad una
idea di ragione che orienta la produzione anche giuridica dell'uomo e quindi che è sempre uguale a
se stesse ( ieri vi parlavo dei mutamenti necessari della ragione ) e quindi , come dirà Peces-Barba,
un'idea astratta ed universale quindi una ragione che si replica indipendentemente dal corso della
storia. Invece dal punto di vista si mette l'accento sui singoli eventi e sulle cause empiriche che
hanno dato il proprio sviluppo della storia e quindi un diritto che si fa nel corso degli anni seguendo
questa o quella spinta di questo o quel movimento per le eventuali richieste al potere di
riconoscimento di generazioni dei diritti umani . Se ci poniamo nell'ottica dello storicismo ci
poniamo in una dimensione contingente, cioè legata al flusso degli eventi e quindi ci sottraiamo alla
rigida pretesa di una ragione che sempre uguale a se stessa, astratta-universale, che talvolta si fa
casualmente nel corso della storia. Se guardiamo l'indice di questo testo esso è diviso tra due grandi
sezioni:Tempo della storia e tempo della ragione, che vuol dire?Vuol dire che Peces-Barba cerca un
dialogo tra le due posizioni che talvolta possono essere rigide ed entrare in conflitto tra loro, cioè
cerca di trovare un punto di dialogo e quindi contattato tra storicismo e razionalismo. In che modo ?
Anche la storia è portatrice di una sua intima razionalità, cioè senza arrivare a quella storia profetica
di cui parlava Kant, cioè la storia ha un signor prognostico che indica un progresso dell'umanità
verso il meglio; tuttavia la storia ha alcuni segmenti di razionalità che Peces-Barba chiama parziali
Ogni evento della storia è espressione di una sua razionalità, quindi una razionalità calata nella
storia legata a quel preciso momento storico a quella dimensione sociale, di civiltà anche giuridica
una razionalità non universale ma parziale, circoscritta e limitata nel tempo e nello spazio perciò
abbiamo più razionalità parziali nella storia di questa o quella civiltà, di questa o quella cultura .Per
questo bisogna negarla ? No, abbiamo una razionalità limitata, situata e circoscritta ad un preciso
momento storico e territorio è tuttavia importante perché ha segnato quel passo. Pensiamo alla
Rivoluzione francese, per alcuni autori, a cominciare da Kant, questa rivoluzione ha segnato un
punto di non ritorno nella storia dei diritti dell'uomo .
Da un punto di vista della storia questa rivoluzione è stata quasi contemporanea ad un altra
rivoluzione, cioè quella americana tanto vero che molti studiosi hanno cercato di dare come si dice
la palma d'oro ad una rispetto all'altra. H a preceduto di qualche anno quella francese e quindi
qualcuno ritiene che sia stata quella americana che sia stata a segnare questa frattura che poi ha dato
nuovo corso senso alla storia.
Ma ci sono altri autori che pongono l'accento maggiormente su quella francese. Ora
nell'assegnazione di questo primario cosa può essere importante sottolineare dal punto di vista del
vostro percorso?La rivoluzione francese rispetto a quella americana ha posto maggiormente
l'attenzione sull'individuo, sul singolo e suoi sui diritti; quella americana ha continuato a parlare del
bene comune guardando alla società più che al singolo individuo, che insieme agli altri individui
compone la società, e quindi continua a persistere una visione organicistica della società, cioè
l'individuo si annulla all'interno della società e quindi il bene comune è il riflesso di una società
organica e prevale sul singolo individuo la somma del tutto è superiore alle singole parti. Invece
nella rivoluzione francese noi abbiamo l'individuo con i suoi diritti e si stagna sullo sfondo e non
può essere ignorato . Certo è ancora l'individuo borghese Marx lo sottolineò, in questo la miopia di
Marx secondo Peces-Barba, perché Marx non ha saputo vedere oltre erano i diritti del cittadino,
individuo come cittadino, tipico borghese però la forza espansiva di questi diritti non fù colta perciò
Marx dirà che dobbiamo smantellare il diritto come sovra struttura smantellare i diritti
umani .Quindi la rivoluzione francese capovolge il rapporto tra individuo e società, cioè porta alle
estreme conseguenze questo processo che era avviato e che la rivoluzione americana non ha saputo
cogliere nella sua profondità.
Quindi tanto Pecez-Barba e Bobbio il punto di rottura è proprio questo, nell'analisi dei diritti
fondamentali, l'individuazione di un soggetto portatore di diritti; tanto e vero che le possibili
definizioni di diritti fondamentali nel corso della storia è proprio quella di diritti soggettivi o che
appartengono al singolo soggetto. Da un punto di vista di una radicale prospettiva giusposivista il
soggetto viene totalmente annullato, il diritto come diritto oggettivo che eventualmente pone i
singoli diritti soggettivi. Una prospettiva giusnaturalistica, necessità di recuperare al singolo
individuo una soggettività giuridica, che nel giuspositivismo radicale è posta nelle mani di colui che
detiene il potere.
Da un punto di vista del giusnaturalismo abbiamo un soggetto che si erge contro le pretese di un
potere sempre più espansivo. Proprio Nobbio dirà che la storia dei diritti umani è una specie di
costante tensione tra l'individuo che cerca di armare la propria volontà, in quanto portatore di una
soggettività giuridica, e un potere che tende ad espandersi sempre più .
Non è un caso che la nozione '' Stato di diritto '' che è una nozione strettamente europea, come
origine civiltà giuridica, abbia segato con forza l'esercizio del potere, questo dirà bene Peces-Barba,
nell'analisi del valore della sicurezza giuridica che si è realizzata attraverso le procedure attraverso
cui il diritto si nutre, non hanno solo carattere formale, ma sono espressione di una garanzia dei
diritti del singolo.
Quindi di fronte questa coppia di teorie razionalismo e storicismo, vediamo ancora una volta l'uomo
del dialogo Peces-Barba cercare una riflessione comune .

Altra coppia di dottrine, teorie nella filosofia morale Cognitivismo etico e non cognitivismo etico. -
Cosa intendiamo per cognitivismo etico?Possibilità di conoscere i valori e quindi, certamente
attraverso l'uso della ragione giusrazionalismo Kant, attraverso la ragione è possibile la conoscenza
oggettiva ed universale dei valori . Quindi se parliamo del valore della giustizia, valore del diritto
verso cui muove l'azione-l'esperienza giuridica, è possibile dare una definizione universale di
giustizia.Non cognitivismo etico definizione negativa, non è possibile conoscere oggettivamente i
valori. Ieri vi ho ricordato la posizione di Kelsen., e vi ho parlato di quel saggio in cui si interroga di
definire la giustizia. Dice che non è possibile rispondere a questa domanda, cioè dare una
definizioni univoca, che valga per tutti in qualunque tempo e in qualunque luogo quindi una
definizione che attraversi quella razionalità parziale, cioè sia una definizione oggettiva perché in
una prospettiva di non cognitivismo etico la ragione non è lo strumento la ragione non soccorre la
conoscenza dei valori perché la ragione è lo strumento di cui si serve la scienza, anche del diritto .
I valori si sottraggono alla conoscenza razionale; quando parliamo di scienza parliamo di
conoscenza razionale, non è conoscenza che passa soltanto attraverso i sensi, dai fatti, è attraverso i
sensi che noi immediatamente conosciamo ma questa conoscenza che passa attraverso i sensi ha
bisogno di essere ordinata dalla ragione, perciò conoscenza razionale. Non sono solo i fatti ad
orientare la scienza ma abbiamo bisogno della ragione che sistema in maniera ordinata questi fatti. I
valori non possono essere conosciuti. Qual'è la risposta ? La risposta è soltanto soggettiva, cos'è per
me la giustizia, la sicurezza ecc. Qual'è il rischio in una prospettiva di non cognitivismo?Se non è
possibile individuare una risposta condivisa rispetto ad un problema ( che si traduce in che cos'è la
giustizia) mi limito alla prospettiva dell'esperienza giuridica, c'è il rischio che ognuno dia una
propria risposta e non sia in grado di stabile una relazione con l'altro, e quindi condividere un'idea
di giustizia . Uno studioso alla Kelsen dirà qui dobbiamo ammettere in una prospettiva di non
cognitivismo etico anche una morale un nazista, cioè se tutte le morali sono accettati, se tutti i
giudizi morali sono accettati, e non vi è un'idea oggettiva ed universale di valore allora anche chi
sostiene che una razza è superiore ad un altra, perché fa riferimento ad una morale fascista o
nazista, comunque totalitaria, anche questa persona ha diritto di far valere la propria morale in una
comunità di soggetti. Questo è il rischio potente del non cognitivismo etico, cioè il relativismo
etico. Radbruch vedeva nel relativismo etico il vessillo della tolleranza e del pluralismo, certo è a
questo che dobbiamo guardare. Il problema è quando questo pluralismo diventa scetticismo e non
consente di trovare un punto d'accordo. Habemart, studioso tedesco, ha fatto riferimento ad '' una
comunità di parlanti'', ad una ragione comunicativa, cioè la possibilità di vedere nella ragione lo
strumento che consente l'accordo, un accordo che non è universale-oggettivo . In una prospettiva
del cognitivismo etico radicale abbiamo difficoltà a definire una giustizia che travalichi la storia, e
quindi cada in quel razionalismo .Abbiamo bisogno di temperare l'idea della ragione, presente nel
razionalismo, e vedere ad una ragione che si fa nella storia ma che consente il dialogo in una ''
comunità di parlanti '' che siano ragionevoli. Avete incrociato il principio di ragionevolezza .Il
principio di ragionevolezza è fondamentale nell'esperienza giuridica perché è la ragionevolezza è
una ragione con la r minuscola, è un principio che fonda gli altri principi e sorreggono quel
costituzionalismo dei diritti che è la cifra delle democrazie contemporanee. Quindi allora nella
pretesa di una unilateralità del cognitivismo, da una parte, e non cognitivismo e dall'altra, cerchiamo
di collocarsi un una dimensione che non è oggettiva, da una parte, e soggettiva dall'altra come
sarebbe se ci ponessimo all'estremo di queste due posizioni estreme .A cosa possiamo guardare oggi
che sia ragionevole ? Ad una dimensione inter-soggettiva, consente di individuare dei valori che
sostengono la vita della comunità, all'interno di una evoluzione che la storia segna, si sottrae ad una
deriva soggettivistica che non consentirebbe un dialogo all'interno di una '' comunità di parlanti'' che
guardano una ragionevole comunicativa . Possiamo dialogare ? Possiamo individuare una
definizione inter-soggettiva di giustizia ?Cosa sono i principi della costituzione se non il precipitato
di questo dialogo, che chiede di essere continuamente reso prassi giuridica.

Perché dobbiamo sottoporre a controllo di costituzionalità l'operato di questo o quel legislatore ? E'
sotto i nostri occhi oggi. A cosa siamo guardando ?Alla possibilità che dei soggetti che prevalgono
alla competizione, alla possibilità che comunque si faccia appello che sono racchiusi in quello
scrigno che è la costituzione; qualunque sia il soggetto che prevale nella competizione elettorale
dovrà ispirarsi a quei principi che illuminano di senso la vita di ogni ordinamento giuridico che ha
la sua vita nella storia, che si fa ogni giorno. Principi intervengono quando vi è una lacuna. Come si
fa a superare questo problema ?Allora facciamo ricorso ai principi. In una prospettiva del genere i
principi hanno una funzione sussidiaria, cioè si fa appello ai principi quando manca la regola per il
caso. Allora i principi ( gerarchia di Kelsen, al di sopra della legislazione) si porrebbero
paradossalmente al di sotto della legge, quando non vi è la regola per il caso. Cosi non è dice
Zuragbreki i principi danno senso operano come se fossero diritti naturali e danno vita, garanzia e
riconoscimento costante al diritto di ogni comunità.

Seconda ora – mattina


Iniziamo a dare alcune indicazioni sul testo che verrà amputato in molte sue parti soprattutto per
quel che riguarda la parte del tempo nella storia.
Cominciamo dalla questione terminologica che lo stesso autore pone per meglio comprendere la
complessità dell’esperienza dei diritti umani. Gia il titolo ci aiuta nel comprendere che l’autore non
usa l’espressione diritti umani o diritti dell’uomo che certamente è un’espressione corrente rispetto
al fenomeno in questione. Il riferimento a questo segmento della storia dell’uomo dal punto di vista
della relazione giuridica descrive l’importanza di comprendere appieno la variegata dimensione
della vita della storia dei diritti dell’uomo. Perché questo è importante? Perché abbiamo
innanzitutto bisogno di collocare storicamente la nascita dei diritti dell’uomo. Ciò avviene nell’età
moderna che sicuramente ci da un’indicazione in questo senso. E precisamente con le guerre di
religione. In che senso la colleghiamo alle guerre di religione in Europa? Queste hanno aperto la
strada alla libertà di pensiero. Abbiamo ottenuto dalle guerre di religione la libertà di professare un
credo. In realtà questa dimensione si espande sempre più facendo riferimento alla libertà di
pensiero. Siamo nel 600 e abbiamo una forte pressione dal punto di vista di questa alleanza tra la
chiesa e l’impero che si sostenevano per difendere questa legittimazione di cui abbiamo accennato
la scorsa lezione. Tra i molti autori dell’epoca è da ricordare Spinoza(grande pensatore dell’epoca
che era un tornitore di menti che rinunciò alla cattedra perche non poteva immaginare un
insegnamento limitato dal punto di vista della libertà di pensiero) che ha scritto il trattato teologico
politico, era ebreo e fu ripudiato dalla sua stessa sinagoga, fu espressione della rilevanza della
libertà di pensiero rispetto ad uno stato perché diceva Spinoza è utile allo stato riconoscere
determinate libertà. Il potere politico secondo egli deve riconoscere determinate libertà se vuole
avere vita lunga perché solo quando vengono rispettate le libertà fondamentali, solo allora il
soggetto non fa appello a quel diritto di resistenza. È l’unico diritto che lo stato non può riconoscere
appunto perché non può permettere al cittadino di resistere contro le sue decisioni. Quindi solo
riconoscendo determinate libertà si può’ avere quella pace che, dice Bobbio, essere necessaria per la
vita anche dei diritti umani. È chiaro democrazia e riconoscimento dei diritti umani stanno insieme.
Se non c’è pace all’interno di uno stato i singoli individui non possono esercitare quelle libertà che
sono fondamentali nell’esperienza dei diritti fondamentali. Se vogliamo dunque collocare
storicamente la nascita di questi diritti dobbiamo guardare alle teorie giusnaturalistico e di quei
secoli che videro queste costanti tensioni che colpirono i sudditi di allora (oggi cittadini).
Noi abbiamo attraverso questa esperienza forte e anche tragica della storia abbiamo oggi la
possibilità di guardare a questo percorso e dire:possiamo trasformare una dimensione di
sottordinazione e subordinazione in una dimensione piu o meno ampia di coordinazione rispetto al
potere politico. Cosa che avviene nella democrazia dove dovrebbe esserci una coincidenza tra i
soggetti che amministrano il potere e coloro che li eleggono. Quindi il passaggio da suddito a
cittadino è un passaggio decisivo che ha accompagnato la storia dei diritti umani. Qualcuno
nell’imperialismo americano ha visto una inversione di tendenza da cittadino a suddito guardando al
prepotere della cultura americana. È una tentazione sempre possibile, un rischio latente ma sempre
possibile. Quindi bisogna mantenere fermi i capisaldi della civiltà giuridica, soprattutto europea che
è stata culla della civiltà giuridica. Se pensate alla cultura cinese a proposito dei diritti soggettivi
non c’è l’ideogramma che rappresenta quest’esperienza proprio perche il singolo individuo si
appiattisce nella collettività. Quindi lo stato di diritto è un’istituzione che pone le sue radici nella
vecchia Europa è certamente una costruzione giuridica preziosissima. Qualcuno ricorderà del 600 il
pensiero di Locke. Parla di diritti innati. Ora qualche riferimento a quelli eventi anche ingenui che
hanno accompagnato le dottrine giusnaturalistiche di quei secoli ma che sono utili ancora oggi per
capire una teoria sia della politica che del diritto che è il contrattualismo o il neo contrattualismo.
Perché la centralità di questo termine contratto? Sia che si parli del contrattualismo seicentesco sia
delle teorie contrattualistiche che lo stesso Peces Barba richiamerà. Il cosidetto contratto sociale.
Tanto in una condizione di assolutismo come quella di hobbes, tanto in una situazione di tolleranza
come quella di Locke si parte dalla teoria del contratto sociale dello stato di natura. Si trasferiscono
i diritti nelle mani dello stato ( il leviatano è una figura propria del pensiero hobbesiano).
Comunque noi parliamo di uno stato di natura. Prima ho accennato di un ingenuità di queste teorie
perché parlare di uno stato di natura vuol dire fare riferimento ad una dimensione pregiuridica in cui
guardiamo a come è nato il potere politico che poi ha prodotto il diritto.
Non possiamo collocarlo nel tempo e nello spazio quindi è un’idea fittizia, ingenua ma serve a far
riflettere sulle origini del potere e quindi sulla nascita di esso e quindi del diritto. Quindi cosa
accade nello stato di natura tanto nelle teorie di hobbes (e quindi nella prospettiva di un
giusnaturalismo rigoroso,addirittura rigido)tanto nelle teorie di Locke ? Vi è uno stato di natura in
cui non vi sono regole. L’unica regola è data dalla forza di ogni singolo individuo. Ieri vi ho parlato
di una legge del più forte che dovrebbe essere una legge fondamentale della definizione della natura
come mondo fisico cui si ispirano i giusnaturalisti. Quanta piu forza ha un soggetto tanto piu diritto
ha. Attenzione diritto come diritto ad avere, possedere ogni cosa. Non stiamo parlando del diritto di
proprieta che è l’ordinamento giuridico con regola. Parliamo della possibilita diretta di esercitare la
propria forza e di possedere quello che quella forza consente. Però ,dice hobbes, anche il più forte
non puo ritenersi al riparo perche i deboli possono mettere in comune le loro piccole forze e
sovrastareil piu forte. Che cosa ci dice questa lettura semplicistica dello stato di natura? Che non vi
sono regole e soprattutto non vi è sicurezza e certezza del diritto. Quindi abbiamo l’idea di uno stato
in costante incertezza. Quella che qualcuno chiamerà insecuritas esistenziale sul piano dell’analisi
psicologica. Nello stato di natura vige una costante incertezza sia che l’uomo sia socievole sia che
non lo sia. Dietro le teorie giusnaturalistiche che assolutistiche o giuspositivistiche vi è sempre una
visione antropologica. Quindi una visione dell’uomo che sostiene una certa teoria del diritto. Se
abbiamo una visione antropologica pessimistica abbiamo l’idea di un uomo che è in costante
conflitto con gli altri uomini. In una visione pessimistica dunque si parla del bellum omnium contra
omnes, la guerra di tutti contro tutti. Si ha una visione dell’uomo come homo homini lupus, quindi
l’uomo che è lupo rispetto all’altro uomo. Un uomo che aggredisce costantemente l’altro individuo
in una costante tensione, in un costante confronto di potenze e di forze. Anche in una visione
ottimistica come quella lockiana l’uomo è socievole, è capace di riconoscere l’uomo come altro
uomo,anche in una visione alla Kant dove la ragione è il perno centrale del comportamento umano,
vi è incertezza. Kant dira vi puo essere giustizia ma non è una giustizia certa. Se gli uomini sono
socievoli sono capaci di riconoscimento reciproco, ma non c’è ancora certezza. Tant’è che Kant dirà
“è una legge di ragione, una legge naturale quella che impone all’uomo di uscire dallo stato di
natura e di entrare nella società civile. Quindi non si accorge di questa assoluta provvisorietà che
vige nello stato di natura e quindi ritiene che sia utile aggregarsi agli altri uomini ed entrare nella
dimensione della società .pactum subiectionis è il primo passaggio del contratto sociale. Gli uomini
si uniscono dunque escono dalla dimensione atomistica che è propria dello stato di natura ed
entrano in una dimensione comunitaria. Gli uomini si uniscono in un patto in cui decidono di
sottomettersi ad un individuo (nel 600 non abbiamo ancora l’idea di una collegialità per l’ esercizio
del potere) o a un gruppo si soggetti piu avanti affinché questi offrano all’uomo una garanzia di
certezza. Vi è un trasferimento del proprio diritto a possedere ,a prevalere sull’altro,e questo
trasferimento diventa una trasformazione. Questi diritti che sono esercitati liberamente senza nessun
controllo nello stato di natura vengono trasferiti per diventare somma di diritti e quindi un diritto
che è un diritto straordinario come quello che ha il leviatano nelle sue mani. Questi diritti infatti
sono potere, sono una somma straordinaria che diviene potere nelle mani del sovrano, quindi
assolutismo dal punto di vista hobbesiano. Nelle mani di un re che deve riconoscere determinati
diritti nella prospettiva invece di Locke. Quindi se nella prospettiva hobbesiana abbiamo soltanto i
diritti che il sovrano puo porre o non porre, in quella giusnaturalista che ora andremo a guardare ci
sono dei diritti innati che l’uomo porta con se fin dalla nascita. Che significa questo in chiave di
relazione con il soggetto che detiene il potere? Significa che vi è un preciso limite all’esercizio di
quel potere: vi sono dei diritti che precedono cronologicamente la formazione del diritto come
espressione del potere politico. E quindi vi sono dei diritti che limitano l’esercizio di quel potere
perche sono antecedenti a quel potere stesso. Allora nella prospettiva di Lockeil sovrano deve
riconoscere quei diritti che preesistono,e li deve garantire. E li garantisce attraverso quel diritto che
il sovrano stesso pone.
Tant’è vero che nella prospettiva lockiana quando il sovrano dimentica di garantire questi diritti e
quindi le ragioni del patto, e viene meno a quel pactum subiectionis, i sudditi possono appellarsi al
cielo (come dice Locke). Sia Platone che Aristotele hanno parlato di degenerazione delle forme di
governo.
Anche Locke dirà che quando la monarchia degenera in tirannia allora i sudditi possono rescindere
il contratto quindi possono venire meno a quella promessa perché anche il sovrano è venuto meno.
Vi è un vincolo reciproco tra i sudditi e il sovrano. Quindi attraverso l’appello al cielo i sudditi
possono resistere alle pressioni del potere politico e ritornare in una dimensione di pregiuridicita’(lo
stato di natura)per ricostituire un nuovo piano di dialogo e quindi ritornare ad un patto che ha le sue
ragioni proprio in quelle radici di cui i giuristi giusnaturalisti non possono fare a meno. Apriamo
una parentesi. Perché ,essenzialmente, si rinuncia alla possibilità di realizzare le proprie pulsioni
dettate dalla libido, che poi sono pulsioni sessuali, per sicurezza. Perché per soddisfare questo
bisogno di sicurezza l’uomo ha dovuto rinunciare a questa dimensione di piacere per garantirsi un
minimo di sicurezza. Cos’è questa garanzia di sicurezza se non per lo meno, il diritto alla vita.
Allora quando parliamo di pena di morte e guardiamo all’eccezionalismo americano, la piu grande
democrazia che pure ha ancora questo residuo terribile tragico, allora gli abolizionisti fanno
riferimento proprio a questo: se l’uomo passa dallo stato di natura allo stato regolato, è perche’
perlomeno intende mantenere quello che è il diritto alla vita. Quindi una delle argomentazioni forti
degli abolizionisti è proprio questa. Dunque questi diritti innati di cui dice Locke sono quelli che
vengono chiamati diritti naturali. Questa è una prima definizione a cui Peces Barba si avvicina e di
cui mostrerà le carenze e i limiti.

 Lezione 13-03-18
pomeriggio

Questa è la prima definizione che Peces Barba discute e cerca di valutarne l’ adeguatezza.
Analizzando quanto detto finora, possiamo dire che lo scontro tra queste due grandi dottrine
dimostra che ponendo l’accento sulla dimensione della fonte di natura si tende a tenere nell’ombra
la dimensione propria dell’intervento del potere politico che positivizza questi diritti attraverso il
riconoscimento, la garanzia e la tutela di essi.
Dunque,se peces baraba cerca un punto di incontro tra queste due prospettive, una visione
integrale dei diritti umani, allora la definizione diritti naturali in senso originale,come atto di nascita
di questo fenomeno, è una definizione che egli considererà riduttiva.
Quindi vi è un’eccessiva espansione della dimensione naturale pensata come dimensione
morale,che pone il diritto naturale e le norme morali come giuste creando una stretta simmetria tra
queste tre dimensione. L’accento posto su questa dimensione non da una effettiva valorizzazione
alla dimensione della positivizzazione che invece fa che il diritto poi diventi efficace.
Ora, l’ espressione diritti morali,che Peces Barba individua, è riflesso sempre di una
prospettiva giusnaturalistica. Se guardassimo dal punto di vista del giuspositivista ci troverremmmo
difronte ad una contraddizione forte perché non si puo porre insieme diritto e morale per quella
visione del positivismo piu radicale e per la prospettiva del positivismo etico.
Quindi fondere la dimensione etica con quella giuridica è un’operazione certamente,
scorretta dal punto di vista della scienza del diritto della prospettiva giuspositivistica. Peces barba
riferisce questa espressione ad un autore di cultura anglosassone: Ronald Dworkin che era allievo di
Hart.
Dworkin critica il suo maestro dicendo che vi è una prospettiva positivistica troppo rigida e
che abbiamo bisogno di tenere insieme costituzionalismo e teoria morale.
Ora anche questa è una definizione che è insufficiente per Peces Barba perché come la prima
“diritti naturali” guarda più alla dimensione morale e meno alla dimensione politico giuridica che
pure questo fenoemno mostra come necessaria. Secondo il nostro autore inoltre questa definizione è
estranea all’esperienza continentale.
Facciamo infatti riferimento a due sistemi diversi se parliamo della cultura anglosassone,che
è un sistema di common law, e del sistema continentale, dove abbiamo un diritto ordinato che si fa,
non solo attraverso le decisioni dei giudici, ma attraverso l’apporto di piu operatori. Quindi questa
definizione secondo il nostro autore è troppo legata ad un’esperienza storico giuridica particolare e
affonda le sue radici in una cultura che non può essere considerata come trasversale ed è prodotto di
un’accademia che lascia il tempo che trova. Anche questa definizione non viene quindi accolta da
Peces Barba perché considerata insufficiente a vivere l’esperienza dei diritti umani. Ora queste due
definizioni noi le riportiamo al versante della teoria giusnaturalistica. Siamo passati dai diritti
naturali a i diritti morali. Invece se guardiamo al versante giusposistivistico vediamo cosa ha
prodotto questa dottrina nel corso dei secoli attraverso esperienze giuridiche connotate anche
geograficamente. Peces Barba fa riferimento a due possibili definizioni.
Guardiamo ai diritti pubblici soggettivi. Questa è una definizione che può rappresentare in maniera
adeguata la storia dei diritti umani? Cosa ci interessa sottolineare di questa espressione diritti
pubblici soggettivi? Guardiamo essenzialmente alla giuspubblicistica tedesca dell’ ottocento che ha
coniato questa definizione. Ciò rimanda ad una precisa dimensione: siamo difronte ad una
prospettiva giuspositivistica quindi rimanda al diritto posto. Quindi sono diritti frutto di una
stipulazione, di una convenzione, anzi addirittura di una concessione, in qualche caso, del sovrano.
Questo in area tedesca. C’è un’altra espressione che Peces Barba discute ed e quella “libertà
pubblica”. Ritorna l‘ aggettivo pubblico che,come nell’espressione precedente , richiama
l’intervento dello stato nella possibile definizione di questi diritti.
Quindi se le prime due definizioni erano in qualche modo il riflesso di un’idea dei diritti
astratta,astorica assoluta e universale, queste ultime due legano indissolubilmente il fenomeno dei
diritti umani alla storia intesa come potere politico che in quel momento produce i diritti.
Quindi ci possiamo accorgere della differenza tra queste due impostazioni: nel primo
caso( diritti naturali, diritti morali)abbiamo dei diritti che precedono logicamente e
cronologicamente il diritto come ordinamento giuridico positivo (nell’esempio di Locke,che
abbiamo già visto abbiamo dei diritti che nascono con l’uomo come il diritto alla vita, alla proprietà
ed alla libertà ed il sovrano deve riconoscerli e garantirli);nella prospettiva giuspositivistica invece
capovolgiamo il rapporto, è il diritto positivo,l’ordinamento giuridico posto da un atto di volontà,
che da vita ai diritti dell’individuo. Quindi abbiamo dei diritti che sono a disposizione del potere
politico :è il potere politico che li pone, e potrebbe anche non riconoscere questi diritti. Kelsey nel
dualismo tra diritto oggettivo e diritto soggettivo dove il diritto oggettivo sta al l’ordinamento
giuridico positivo, fa un esempio che può essere interessante a spiegare questa inversione di
prospettiva: se guardiamo al rapporto tra debitore e creditore, se ci mettiamo nell’ottica di una
priorità logica e cronologica nel diritto soggettivo cioè i diritti naturali, diritti umani,(chiamiamoli
ancora cosi poi vedremo come li chiamerà Peces Barba) abbiamo che il creditore ha il diritto di
vedersi restituita dal debitore la somma che ha prestato. Continua ancora Kelsen, da un punto di
vista giuspositivistico noi dobbiamo invertire il rapporto, cioè il creditore ha il diritto di vedersi
restituita la somma solo perche il debitore ha il dovere di restituire la somma che gli è stata
prestata,quindi partiamo dall’obbligo giuridico: è quest’obbligo che fonda dal punto di vista
dell’ordinamento positivo un diritto. Quindi noi potremmo immaginare un diritto che, come nei
debiti di gioco, è soltanto un diritto naturale e non abbiamo un ordinamento,nell’esempio che fa
Kelsen, che pone in essere questo diritto. Un altro esempio che ancora Kelsen fa (abbiamo gia detto
che Locke parla di diritti innati) è che se il diritto di proprietà fosse un diritto innato,naturale e
quindi deve essere riconosciuto dal sovrano, allora da questo punto di vista cosa è accaduto
nell’esperienza del socialismo reale con la nazionalizzazione dei beni? Quindi qui il diritto di
proprietà non solo non è riconosciuto in questa razionalità parziale (razionalità della storia di cui
dice Peces Barba), ma è anche avversato.
Quindi sostengono i giuspositivistica che il diritto di proprietà non è un diritto innato e come
tale universale e quindi astorico. Ma è un diritto che viene riconosciuto laddove colui che detiene il
potere ritenga di riconoscerlo come diritto. Quindi proprio questa esperienza dirà Kelsen mostra
come i diritti soggettivi non preesistono all’ordinamento giuridico positivo ma sono posti dal potere
politico.
Allora queste due prospettive dice Peces Barba devono dialogare perché una pone l’accento
sulla dimensione morale e pone in ombra la dimensione positiva che è il riflesso della storia, mentre
l’altra prospettiva al contrario guarda in maniera forte ed eccessivamente dilatata all’intervento del
potere politico che se ritiene pone in essere un diritto e se non lo ritiene puo anche non riconoscerlo.
Peces Barba prova a trovare una definizione che sia capace di mantenere queste due prospettive
senza essere limitativa di entrambe. L’espressione che Peces Barba privilegerà sarà diritti
fondamentali. Perché questa espressione è preferibile? Innanzitutto perché coniuga le due
prospettive ,perché è piu précisa rispetto alle altre realizzate e soprattutto si sottrae ad una lettura
emotiva dell’esperienza dei “diritti fondamentali”. Perché questo? Peces Barba è partito da una
perplessità nella sua analisi: possiamo chiamare ancora diritti umani questi diritti? Perché
l’espressione diritti dell’uomo è un’espressione capace di attingere a degli strati più profondi ed
emotivi rispetto all’esercizio della ragione( tanto la ragione storica quanto la ragione comprendente
di cui si parlerà piu avanti)? Perché non ci piace questa espressione che pure fa riferimento
all’umano, a questa categoria fondamentale dell’uomo? Uno studioso dei diritti
fondamentali ,Zolo,richiamerà una frase di Proudhon riguardo le guerre umanitarie che dice “chi
dice umanità cerca di ingannarti”. Zolo usa questa frase riguardo le guerre umanitarie: le guerre
sono tutte inumane. Talvolta puo accadere che dietro il vessillo dell’umanità vi fossero delle
violazioni dei diritti dell’uomo. Quindi questa espressione va corretta, sebbene il riferimento è
sempre e soltanto all’uomo,perché dice Peces Barba se noi parliamo di uomo è perche siamo in una
visione antropocentrica nell’esperienza dei diritti fondamentali e quindi è dall’individuo che
partiamo. Riparlando della tematica della rivoluzione francese che ha invertito la relazione tra
società ed individuo, partendo dell’individuo si è arrivati alla società.

Quindi siamo comunque all’interno di una lettura in cui l’uomo è centrale pero dobbiamo
spogliare del rischio di una strumentalizzazione sempre possibile ,i diritti, che appunto oggi
chiamiamo fondamentali attraverso il suggerimento di Peces Barba. Ora se questo suggerimento
non vi convince e preferite l’espressione diritti dell’uomo certo è sempre possibile. Ciò che è
importante pero dal punto di vista di un’indagine è chiarire anche i termini che si usano. Infatti è
bene dire dire con chiarezza cosa si intende utilizzando determinate parole. Quindi se io parlo di
diritto e non aggiungo qualcos’altro evidentemente è difficile intendersi perché quando parliamo di
diritto di quale diritto parliamo? Del diritto positivo, del diritto naturale, dei diritti naturali espressi
in un senso anziché anell’altro? Abbiamo bisogno di una premessa, così come ha fatto Peces Barba,
per chiarire il senso delle parole utilizzate. Perciò le pagine iniziali sono dedicate a questa
introduzione di carattere terminologico. Quindi secondo l’autore è necessario sgombrare il campo
da queste diverse definizioni che portano il segno del limite o il rischio di una strumentalizzazione
ideologica ed arrivare ad una definizione che per un verso si mostra più adeguata,per l’altro verso è
capace di mostrare una complessità che questo fenomeno ha mostrato nel corso dei secoli. Quindi
partiamo da qui:questo fenomeno sarà chiamato con l’espressione diritti fondamentali.
C’è un riferimento ad un autore spagnolo ed alla letteratura spagnola che non sono necessari
per la verifica.Quindi all’interno di questa visione integrale dei diritti fondamentali in cui la
dimensione morale si coniuga con quella politica e giuridica Peces Barba guarda alle possibili
prospettive intorno a questo fenomeno. Parlerà di modelli riduzionisti. Il termine stesso
riduzionismo cosa significa? Guardiamo ad una prospettiva unilaterale o che perlomeno amplifica
una dimensione a scapito dell’altra o delle altre. Non è un caso che l’analisi di questi modelli segua
la premessa terminologica perché se guardiamo al fenomeno dei diritti fondamentali con la lente del
giusnaturalismo che ha prodotto le definizioni diritti naturali,diritti morali evidentemente stiamo
ponendo l’accento come le stesse espressioni linguistiche dicono piu sulla dimensione morale e
meno su quella positiva. Viceversa ne riduzionismo giuspositivistico. Quindi queste espressioni
brevemente trattate da Peces Barba sono lenti di ingrandimento di queste teorie che sono incapaci di
leggere completamente l’esperienza dei diritti fondamentali. Perciò abbiamo un riduzionismo
giusnaturalistico ed un riduzionismo giuspositivistico. Quindi tutte le annotazioni fatte fin qui da
parte dell’autore ora le ritroviamo amplificate in queste pagine. Cos’è un riduzionismo
giusnaturalistico?
Viene evidenziata una dimensione astorica, universale e astratta dei diritti e viene posto
nell’ombra il profilo più adeguatamente politico giuridico invece necessario secondo Peces Barba.
Ora questo autore individuerà piu forme di riduzionismo.
Riprendiamo il discorso nel caso non fosse chiaro. Premessa terminologica. Siamo partiti
dalla distinzione giusnaturalismo-giuspositivismo (due diverse definizioni del diritto) perché è
importante capire cosa intendiamo per diritto tanto sul piano logico tanto su quello terminologico
nel procedere nell’indagine. Queste due correnti di pensiero hanno dato vita a due diverse correnti
di pensiero riguardo questo fenomeno: parliamo di diritti naturali, di diritti morali nella prospettiva
giusnaturalistica e di diritti pubblici soggettivi nella prospettiva del giuspositivismo tedesco e di
libertà pubblica sempre nella prospettiva del giuspositivismo riferendolo al giuspositivismo
francese. Ora rispetto a queste definizioni che ritiene insufficienti,Peces Barba analizza dei modelli
di analisi dell’esperienza dei diritti che lui chiama fondamentali che sono stati definiti diversamente
dalle due correnti. Pero queste definizioni abbiamo capito che sono riduttive. Sono riduttive perché
pongono l’accento piu su una dimensione e meno sull’altra. È ovvio che se le prime due (diritti
morali,diritti naturali) guardano piu alla dimensione morale l’altro fenomeno viene posto in ombra.
Viceversa nella prospettiva giuspositivistica perciò parliamo di riduzionismo perche non abbiamo
una lettura integrale come Peces Barba richiede. Per la riconduzione di alcuni autori alle due teorie
abbiamo un’inevitabile riduzione del fenomeno complesso ed integrale dei diritti fondamentali.
Guardiamo adesso con piu precisione alle teorie che hanno posto l’accento più sulla
dimensione morale (riduzionismo giusnaturalistico) e di conseguenza alle teorie opposte
(riduzionismo giuspositivistico) che hanno posto l’accento più sul positivismo.
Leggiamo un passaggio dal testo. Pag. 25 “dal panorama- persona morale” quindi l’accento
è sulla dimensione morale. “dall’altro - nel diritto positivo” . Ieri ho detto che secondo l’autore noi
partiamo da una esigenza morale che viene fatta propria dal potere politico e che si trasforma in
diritto proprio nel momento in cui il potere politico la riconosce e la garantisce facendola contenuto
di una norma giuridica. Quindi queste tre dimensioni devono essere tutte adeguatamente poste in
luce altrimenti si corre il rischio di cadere nei riduzionismi che sono visioni riduttive, non complete
della complessità del fenomeno dei diritti fondamentali. Quindi non è che la dimensione etica
fallisca il bersaglio. Soltamnto lo centra in parte. Ne guarda solo una dimensione ignorando l’altra.
Lo vedremo meglio quando Alexy farà riferimento al sistema di norme , all’importanza di definire il
concetto di diritto attraverso il concetto di validità, di esistenza formale, il fatto che la norma viene
ad esistenza attraverso determinati procedimenti da parte di determinati organi che il diritto stesso
individua. Ora si può immaginare il sistema di diritti migliore possibile, però siamo in un sistema
immaginario che non puo essere reale. Ora noi immaginiamo un ordinamento giuridico in cui tutti
gli individui siano rispettati indipendentemente dalla razza,dal sesso etc.. pero poi la realta ci mette
davanti sistemi imperfetti. Quindi un sistema ideale come quello giusnaturalistico è un sistema che
esiste appunto nel cielo delle idee come direbbe Platone, ma che non esiste nella realtà. Questo
dunque manca di validità ma anche di efficacia, percio il giuspositivismo dirà criticando il
giusnaturalismo che anche il sistema perfetto dal punto di vista del diritto naturale ha bisogno della
mediazione di atti umani. Ciò significa che un sistema ideale come quello dei diritti naturali ha
bisogno comunque dell’atto di volontà dell’uomo perche possa poi esistere realmente. Quindi
abbiamo necessariamente bisogno che l’uomo si faccia carico di trascrivere nella realtà un sistema
di norme ideali. Non si tratta dunque di un sistema reale che effettivamente ha la sua presenza.
Allora se guardiamo solo al riduzionismo giusnaturalistico questa vocazione morale che ha
una esigenza e che chiede di diventare diritto positivo non abbiamo capito appieno l’esperienza dei
diritti fondamentali.
Invertendo l’ordine dell’analisi abbiamo anche dei riduzionismi giuspositivistici.
Quindi questi modelli fanno proprie quelle definizioni che abbiamo visto essere asfittiche
secondo Peces Barba o perlomeno inadeguate rispetto alla dimensione di ampio respiro che è il
fenomeno dei diritti fondamentali.
Una cosa bisogna sottolineare di queste righe nel passaggio successivo “entrambe-giustizia”.
Mentre la giustizia in qualche modo è diventata proprieta del giusnaturalismo, Peces Barba
restituisce anche alla dimensione positiva del diritto la possibilità di parlare di giustizia:una
giustizia che si fa concretamente attraverso il riconoscimento di queste dimensioni morali a diritto
positivo. Anticipiamo qui un nodo tematico che Peces Barba tratterà piu avanti, ma ora importante
da richiamare poiché utile a spiegare bene questo argomento, e cioè che il potere si struttura
secondo precisi principi di organizzazione. Il che significa che se il potere politico riconosce che
questa esigenza morale, presenta determinate caratteristiche e può diventare diritto, allora la
incorpora e la fa diventare contenuto di una norma giuridica. Questo è sufficiente? Noi abbiamo
bisogno che in questo passaggio il potere strutturi se stesso riconoscendo quel diritto cioè, se
riteniamo che il valore fondamentale di uno stato sia la libertà , e il potere politico riconosce e tutela
questo principio facendolo diventare un diritto allora l’esercizio del potere deve essere coerente con
questo riconoscimento. Il potere non puo riconoscere questo diritto e poi vietare la libertà di
pensiero, di stampa etc.. percio diventa dice Peces Barba un principio di organizzazione. Nel
momento in cui il potere politico dice questa esigenza morale deve essere garantita e tutelata non
può fermarsi li ma deve strutturare se stesso attraverso determinati istituti, procedure che mostrano
concretamente il riconoscimento e la garanzia di quel diritto. Quindi quando diciamo diventa
contenuto di una norma giuridica il riferimento non è soltanto all’uomo della strada che deve
rispettare quella norma ma innanzitutto al potere politico che deve strutturare se stesso
riconoscendo e tutelando nel suo esercizio del potere quel diritto. Perciò non è indifferente al potere
che il potere medesimo riconosca un diritto. Percio l’importanza di andare aldilà del fenomeno del
cartismo. Non è sufficiente sottoscrivere una carta ma occorre che il potere strutturi se stesso ed
intervenga a garantite il diritto.
Da questo punto di vista dice Peces Barba quel principio che è alla base di quella esigenza
morale diventa criterio di organizzazione di uno stato. E quindi il potere politico si struttura su di
esso. Quindi questo è il passaggio che riprenderemo piu avanti ma oggi spero spieghi come l’altra
dimensione, quella della positivizzazione è importantissima e quindi non puo essere negata come da
parte dai giusnaturalisti.PAUSA
Peces Barba aggiunge dunque una terza dimensione al profilo dell’indagine. Il terzo profilo
è indicato sempre a pagina 25 : “credo che una terza-umani”. Qui Peces Barba aggiunge come
necessario il valore che bisogna dare all’efficacia a proposito dei diritti fondamentali. Lui piu avanti
ammetterà l’importanza di guardare i diritti fondamentali dal punto di vista dell’efficacia. I diritti
fondamentali infatti devono misurarsi con la realtà. Una cosa è dire che un diritto esiste come
elemento di un ordinamento giuridico altra cosa è la possibilita che questo diritto sia effettivo.
Secondo Peces Barba i diritti fondamentali infatti devono fare i conti con i fattori economico sociali
e culturali. Cioè questi diritti fondamentali hanno bisogno di misurarsi col tessuto sociale e quello
economico. Più avanti lui discuterà del diritto al lavoro per alcuni autori questo è un diritto
fondamentale. Secondo Peces Barba no perche se i diritti fondamentali vengono incorporati dal
potere politico come vocazioni morali, allora lo stato dovrebbe essere un datore di lavoro per tutti
gli individui e questo è impossibile. E dunque questo punto non viene considerato da molti autori
che non si misurano con la scarsità dellle risorse. Cioe in una situazione idilliaca in cui è possibile
assicurare il lavoro a tutti allora noi possiamo immaginare che il diritto al lavoro sia un diritto
fondamentale. Ma in una situazione nella quale i limiti sono quelli che conosciamo evidentemente
questa dimensione deve essere tenuta in considerazione. Quindi quando si tratta di un diritto
fondamentale, dice Peces barba, dobbiamo guardare dal punto di vistadella sua origine cioè in
quanto vocazione morale al fatto che 1 sia universalizzabile ( cioè possa essere riconosciuta a tutti
gli individui indipendentemente da ogni condizione) ,2 che sia realizzabile/concretizzabile, cioè che
questo diritto si misuri con la scarsità delle risorse. È qui che Peces Barba mostra la sua attenzione
alla concretizzazione di questi diritti. Se ci fermassimo sul piano della teorizzazione, possiamo
riconoscere famiglie di diritti ma poi non è possibile renderle concrete, effettive ed operanti nella
realtà. Abbiamo gia detto che non tutte le esigenze morali diventano diritti fondamentali. Abbiamo
bisogno che abbiano determinate caratteristiche. Queste appena dette sono le due caratteristiche che
mostrano la vocazione di una esigenza morale a divenire diritto fondamentale.
Quindi questa terza riflessione, è importante per l’autore, non solo per rendere concreti
questi diritti,ma anche perche lo stato che si struttura su questi come abbiamo detto prima
intervenga e compia azioni positive.Quindi quando parliamo ad esempio di libertà, che è il primo
principio che Peces Barba individua come valore fondamentale,libertà di pensiero, Peces barba
distingue tra libertà di fare e una libertà di poter fare,cioè di essere in grado di fare. Che non mi si
venga a dire che io posso rispettare la mia dignità se poi devo lottare ogni giorno per una scodella di
riso. Non possiamo immaginare che vi siano uguali situazioni di partenza per tutti. Abbiamo detto
che il diritto deve essere universalizzabile ma di fatto questo diritto non lo è perché è vero che la
libertà è riconosciuta a tutti gli individui in quanto uomini ma poi questa libertà concretamente
come fa a realizzarsi se vi sono necessità fondamentali da soddisfare. Quindi dice di misurarsi con i
fattori economici dice una cosa importante perché diventa decisivo prima di riconoscere un’
esigenza morale come diritto fondamentale. Quindi ci sono le condizioni economiche per poter
riconoscere quell’esigenza morale come diritto fondamentale? Qui Peces Barba si schiera, a favore
di un’idea di uno stato sociale che supera e perfeziona l’idea di uno stato liberale. Uno stato sociale
è uno stato che interviene a smussare le discriminazioni, a livellare ove possibile le disuguaglianze
materiali. Mentre lo stato liberale guarda soltanto alla libertà formale e concepisce lo stato come
guardiano del libero gioco delle volontà, ma non interviene ad aiutare chi si trova in condizioni di
disagio o di disabilita ad esempio allora Peces Barba dice che questa è un’idea di stato insufficiente
per la teoria dei diritti fondamentali. Abbiamo bisogno di un’idea che superi quella di stato liberale.
Abbiamo bisogno di un’idea di uno stato che interviene ed aiuti l’individuo in stato di necessità.
Sara evidente la critica che Peces Barba farà al libero mercato e allo stato che non interviene per
rendere meno aspre le disuguaglianze.
Quindi il banchetto di Marcus che lui utilizzerà come immagine potente per esprimere le
disuguaglianze economiche rappresenta proprio il carattere negativo della visione che egli ha dello
stato. La natura non predispone un banchetto per tutti quindi ci sarà un‘ inevitabile selezione. Allora
la prospettiva di Peces Barba è proprio quella di recuperare gli esclusi, gli ultimi che a. Quel
banchetto non possono accedere e chiedere dunque uno sforzo allo stato perche tenga in
considerazione anche questa terza riflessione essenziale per una piena comprensione per
l’esperienza dei diritti fondamentali.
Le righe che seguono sono deduciate ad una specie di sintesi dei riduzionismi che poi
analizzerà meglio nelle pagine successive. Qui in maniera molto rapida peces barba fa anche
riferimento ad un riduzionismo sociologico che si affianca ai primi due. Egli richiama un autore per
cui sarà necessario sapere ai fini della verifica solo questo: egli fa richiamo a Luhmann che è un
sociologo tedesco scomparso di recente, e molto noto per la teoria dei sistemi. Questo autore parla
del sistema diritto come un sottosistema del sistema sociale. Che ruolo da Luhmann ai diritti
fondamentali?sono un lubrificante che serve a far funzionare la macchina diritto. Quindi in questo
riduzionismo sociologico Peces Barba vede piegare i diritti fondamentali ad un lubrificante, cioè i
diritti fondamentali vengono riconosciuti poiché riescono a megli far funzionare il sistema. Cioe
riescono a garantire una miglior relazione tra il potere politico ed il destinatario dell’ordinamento.
Nelle righe successive Peces Barba distingue tra riduzionismo giusnaturalistico ontologico e
deontologico. Quello ontologico guarda al fondamento assoluto dei diritti fondamentali. Rispetto a
questo il riduzionismo deontologico è meno forte perché non si interroga tanto sul fondamento dei
diritti fondamentali ma guarda piuttosto a questi diritti come principi sovrapositivi che fungono da
ispirazione al diritto positivo. Cioe danno contenuto al diritto positivo. Percio’ si dice
deontologico,perché il diritto positivo deve uniformarsi ai diritti fondamentali. Quindi non guarda
più a una questione meramente teorica quale il fondamento assoluto ma guarda piuttosto alla
possibilita che questi diritti possano essere poi oggetto di ispirazione per il diritto positivo. Detto
questo Peces Barba individua i limiti del riduzionismo. Questo potete farlo da soli sul libro. In
queste pagine non c’è un ordine di progressione da parte dell’autore perche prima presenta le
posizioni dei diversi autori e poi ritorna sulle singole posizioni quindi queste prime pagine sono una
sintesi delle pagine che seguiranno che saranno dedicate piu approfonditamente al pensiero di
alcuni autori.Andiamo a guardare ora il riduzionismo giusnaturalico improprio che è quello dei
diritti morali.
Abbiamo finito di guardare i diritti naturali ora guardiamo quelli morali sempre nell’ambito
del giusnaturalismo. Perché sono impropri secondo la definizione di Dworkin che abbiamo prima
richiamato? Perché fungono da diritti naturali. Quindi quando parliamo di diritti morali stiamo
parlando in fondo di diritti naturali quindi da questo punto di vista parliamo di giusnaturalismo
improprio,ma possiamo in realtà spostare la critica che Peces Barba fa ai diritti naturali anche ai
diritti morali. Quindi da questo punto di vista noi abbiamo gli stessi elementi di criticità che Peces
Barba ha individuato per i diritti naturali. Vi è solo una rilettura di concetti gia esposti prima.
Troviamo delle argomentazioni che egli già ha usato nella premessa terminologica. Altrettanto per il
riduzionismo positivistico o giuspositivistico. Quali modelli egli individua un modello teorico e un
modello pratico. Il modelloteorico guarda più ad una prospettiva di negazione della presenza dei
diritti umani o di indifferenza dei diritti umani rispetto alla loro esistenza, mentre il modello pratico
guarda all’utilità dei diritti fondamentali. Richiamo, in questa semplice distinzione, l’importanza di
tener presente quella posizione teorica del relativismo etico a proposito del riduzionismo
giuspositivistico teorico. Perché se in quello pratico è evidente che i diritti sono utili alla prospettiva
dell’ordinamento giuridico positivo, da un punto di vista invece di prospettive teoriche dobbiamo
fare riferimento a posizioni che vedono l’importanza di una presa di posizione anche sul piano di un
riconoscimento possibile dell’etica. E questo lo riscontriamo dice peces barba anche a livello di un
riduzionismo pratico che vede alla maniera di Kelsen un’indifferenza rispetto al problema dei diritti
fondamentali. Ora queste definizioni dell’autore a me servono fino ad un certo punto. Io le ho
presentate pero a me importa una cosa soltanto cioè capire che voi riusciate a distinguere queste due
prospettive, le caratteristiche di queste due prospettive ed al momento della verifica io non vi
chiederò queste sottodistinzioni.

Ve le ho presentate cosi come l’autore ve le presenta e vi chiedo di leggerle a casa ma io non


ve le chiederò.quello che per me è sufficiente è che vi ricordiate queste due grandi categorie e i
relativi limiti piu la terza dimensione che Peces Barba individua come utile quella della riflessioni
sui fattori economici sociali.
Passiamo al capitolo successivo. Anche in questo capitolo “le critiche e le negazioni del
concetto” Peces Barba continua a parlare di riduzionismi ma diversi da quelli prima analizzati
rispetto ai contenuti. Percio’ parla di negazionismo parziale o totale. Anche qui io non vi chiederò di
entrare nelle pieghe di questa tassonomia. Io vi chiederò soltanto di illustrare le singole negazioni
parziali o totali degli autori che peces barba presenta. Quindi non vi chiedo di elencarmi come
Peces Barba fa questo relazioniamo rispetto a quest’altro. Mi interessa soltanto che voi ricordiate le
negazioni parziali e negazioni totali rispetto alle tre grandi ideologie e rispetto ai singoli autori. Non
vi chiedo dunque di addentrarvi nelle sottodistinzioni ma solo di comprendere come il riduzionismo
possa essere applicato al contenuto dei diritti e quindi accogliere quei diritti e negarne altri. Per
quello Peces Barba parla di un negazionismo, parziale se si accolgono alcuni diritti e se ne negano
altri, totale quando il rifiuto è radicale come accade nel negazionismo di Villey che pure Peces
Barba ha gia presentato tra i riduzionismi. Quindi per semplificare queste pagine considerate i due
riduzionismi, le negazioni parziali e totali rispetto al contenuto come una forma di riduzionismo e
legatele alle singole posizioni che adesso iniziamo a vedere.
Le negazioni parziali. Quando Peces Barba parla di negazioni parziali, fa essenzialmente
riferimento a tre grandi ideologie. Infatti una delle domande al momento della verifica è parliamo
delle tre grandi ideologie che negano in parte i diritti fondamentali? Queste sono l’ideologia
liberale( percio si parla di negazione del riduzionismo liberale) l’ideologia del socialismo reale e
quella democratica che dice peces barba in qualche modo è assorbita nella ideologia liberale.
Caratteristiche ideologia liberale.
Ho fatto prima riferimento allo stato liberale la cui concezione deriva dai moti rivoluzionari. Perché
questa ideologia nega la pienezza dei diritti fondamentali? Perché esclude diritti che si specificano
ad esempio nell’uguaglianza materiale, cioè non uguaglianza formale come quella che lo stato
liberale riconosce. Un un uguaglianza che vede uno stato che interviene per limitare le
disuguaglianze. Dunque uno stato sociale. Dice Peces Barba di fronte alla pienezza dell’esperienza
dei diritti fondamentali l’ideologia liberale si mostra riduttiva.
Perciò parla di negazionismo parziale.
Leggiamo un solo passaggio a pag. 45 decimo rigo “la teoria liberale-individuale” parliamo del
ruolo del diritto per eccellenza ma ciò , dice Peces Barba, non è sufficiente a definire anche la
contemporaneità dei diritti fondamentali così come si esprimono nella storia attuale. Non è un caso
che Peces Barba faccia riferimento al pensiero di Kant come espressione di questa ideologia
liberale. A fine pag.46 “ sopra il detto comune - pratica” utilizza questo passaggio significativo di
una posizione liberale come quella ascritta a Kant “colui che ha il diritto di voto- (“ne un bambino
ne una donna”sottolinea la limitatezza del pensiero di Kant)-vivere”. Che significa sui iuris? Che
deve possedere qualcosa e solo se la possiede puo essere libero. Il possesso gli consente di
autodeterminarsi. Dice piu avanti “egli non serva- comunità”. Quando l’uomo è servo di qualcun
altro vuol dire che non è piu sui iuris ma in alterius ius cioè sotto il diritto di un altro. Quindi è
determinato dall’esterno. Perciò Kant viene assimilato all’ideologia liberale, perché secondo Peces
Barba in questo suffragio censitario che emerge dalla posizione di Kant lo rende un autore che
limita l’idea della libertà . In realtà Kant vedeva da un’altra prospettiva il problema e cioè quella
della possibilita dell’uomo di non essere in uno stato di equità , cioè la possibilità di usare il proprio
intelletto e quindi l’autodeterminazione in vista di una relazione con gli altri.
Lezione 20-03 Mattina - Filosofia del Diritto II
Tre modalità dell’applicazione della libertà: protettiva, di partecipazione, promozionale.

Il nucleo di indagine è quello legato alle modalità dell’applicazione della libertà. PB guarda a come la libertà
si esplica concretamente come valore fondamentale. Tuttavia, egli ritiene di presentare un cappello teorico
che guarda alle dimensioni della libertà. Quindi, parlando di libertà sociale, politica, giuridica, si parla di
dimensioni della libertà. Parlando, invece, di modalità di applicazione della libertà, si parla del nucleo
concreto, applicativo di questo valore.

La premessa teorica che PB ritiene utile individuare per affrontare il problema della prassi del principio di
libertà fa riferimento a Fuller. È evidente la rilevanza che l’autore riconosce alla dimensione sociale
dell’esperienza dei diritti fondamentali. Quindi, l’individuo è un individuo che si relaziona con altri soggetti
all’interno della società; è vero che ha parlato di una dimensione individualistica, che è la cifra del
fenomeno dei diritti fondamentali, ma non vuol dire fare riferimento ad un individuo isolato,
egoisticamente piegato su sé stesso (utilizzando le parole di Marx). Vuol dire guardare ad un individuo che
si apre alla relazione con l’altro, dove anzi la relazione con l’altro è essenziale per la piena esplicazione di
una vita dignitosa.

Passaggio pag. 196 “dobbiamo inoltre…ma si realizza necessariamente nella vita sociale”: se così fosse
bisognerebbe censurare alcune scelte spirituali o religiose, situazioni che rifiutano il rapporto con l’altro;
hanno il senso dell’isolamento. L’uomo è per natura un ente in relazione (si è parlato nella scorsa lezione
del riconoscimento onto-esistenziale: il riconoscimento dell’altro è riconoscimento di sé stesso; la coscienza
dell’altro è autocoscienza); è proprio nella relazione con l’altro che l’uomo mostra la sua più totale umanità.
Se la natura dell’uomo richiede, infatti si parla di STATUTO ONTOLOGICO, cioè esige dall’uomo l’apertura
verso l’altro uomo, il riconoscimento dell’altro come uguale a sé stesso; l’uomo, perché vive nell’orizzonte
della libertà, può anche non riconoscere nella sua dimensione ontica la relazione con l’altro.

Si è parlato di livello ontologico e di livello ontico. Non vi è un appiattimento di un livello sull’altro, ma


bisogna tenerli distinti perché, quando si parla di livello ontologico, si fa riferimento al fondamento
ontologico dell’uomo, quindi, di essenza dell’uomo, una natura che è uguale per tutti gli uomini (si
sperimenta l’uguaglianza di tutti gli individui in ogni tempo ed in ogni luogo); mentre, per livello ontico, si
parla di esistenza dell’uomo.

Quindi, se lo statuto ontologico esige che l’uomo riconosca l’altro come uguale a stesso; a livello ontico,
questo può non anche accadere. Lo scarto tra questi due livelli, che può immaginare una natura umana che
si sottrae a quella regola ontologica che richiede il riconoscimento dell’altro, è dato dalla libertà, cioè se è
vero che l’uomo deve per natura riconoscere l’altro come uguale a sé stesso, può anche non anche non
riconoscerlo sul piano ontico, sul piano dell’esistenza, che si fa quotidianamente attraverso le decisioni dei
singoli individui.

Ora, questo orizzonte della libertà ha senso perché è collocato nell’orizzonte più ampio della possibilità.

Kelsen distingueva la norma giuridica dalla legge naturale (legge del mondo fisico) sulla scorta dell’avverbio
‘necessariamente’ (un grave deve necessariamente cadere se sospeso nel vuoto). Nell’esistenza dell’uomo
non si parla di necessità, ma di doverosità. Se fossimo iscritti nell’orizzonte della necessità non si potrebbe
parlare di doverosità (soggetto deve necessariamente respirare e nessun legislatore può dire il contrario,
perché soggetto deve respirare, in quanto sottoposto alla necessità, propria del mondo animale). Quindi,
bisogna tenere distinti i due profili nell’uomo. Non si può imporre qualcosa di diverso da quello che una
legge di necessità chiede. È inutile per il legislatore dire che il soggetto deve respirare. Quindi, l’orizzonte
della necessità non può e non deve prevedere nessun tipo di regola perché la regola è già data all’interno di
quei meccanismi che sono governati dalla legge di necessità.

La doverosità che è propriamente della legge giuridica, sociale, morale, religiosa fa riferimento ad un
orizzonte diverso, quello della possibilità. Quindi, se è vero che uomo deve per natura riconoscere l’altro
uguale a sé stesso, consente all’uomo di realizzare sul piano ontico quanto sul piano ontologico è richiesto,
ma anche di non realizzarlo. Solo se uno è libero può consapevolmente aderire al suo statuto ontologico o
può anche non aderire.

Esempi di disconoscimento dell’altro sono il razzismo o l’omicidio (disconoscimento radicale, definitivo).

Fuller diceva, tra gli 8 desiderata, che il legislatore non può chiedere cose impossibili, cose che vanno
contro la legge della necessità, che governa i comportamenti dell’uomo che fanno parte della dimensione
dell’uomo che cade nella natura o nel mondo animale. Vi sono comportamenti necessari che fanno
riferimento all’istinto (gatto che mangia un uccello. Non si può vietarlo al gatto perché vi è una legge
naturale per cui l’uccello è la preda del gatto). Tale meccanismo non può essere corretto dall’uomo.
L’uomo, invece, dovrebbe agire per una parte della sua esistenza rispetto a leggi governate da necessità,
per un’altra parte rispetto a leggi della doverosità. È su questo piano che ha senso la possibilità, quindi,
l’esistenza di regole. Non si può pensare ad un mondo di regole se l’uomo fosse necessitato in tutti i suoi
comportamenti (non avrebbe senso l’esistenza di una regola se l’uomo deve comportarsi necessariamente
in un certo modo). Bisogna guardare a quei comportamenti umani che cadono in un altro orizzonte, in cui
ha senso che vi siano regole. Secondo Fuller, vi devono essere dei criteri perché si possa fare diritto e
questo è possibile solo ammettendo che ci sia un orizzonte diverso dalla necessità, cioè quello della
possibilità, in cui si iscrive il principio di libertà. È proprio perché l’uomo è libero, per una parte dei suoi
comportamenti, che può aderire al suo statuto ontologico e tenere, sul piano ontico, comportamenti
coerenti con quello che la natura umana sul piano ontologico prescrive o anche non aderire. E allora, se lo
statuto ontologico richiede che l’uomo riconosca nei suoi comportamenti l’altro come pari a sé stesso, può
sul piano ontico non riconoscere l’altro; ed è a questo che fa riferimento PB quando dice che l’uomo
dispiega pienamente la sua dignità nella società, cioè nella dimensione sociale.Nella dimensione sociale
l’uomo può esprimere pienamente sé stesso e realizzare in maniera autentica la libertà.L’uomo, essendo
libero, quando con le sue scelte si allontana dallo statuto ontologico e non riconosce l’altro come pari
(violazione dei diritti umani), rimane comunque un uomo. Per questo motivo, parlando di pena e
rieducazione, l’uomo viene reinserito nella società dopo aver scontato la sua pena, per quanto la pena
dovrebbe essere la strada per la riabilitazione dell’individuo. L’uomo può recuperare quella dimensione che
era stata smarrita, per cui non avrebbe senso la pena di morte (non ha senso parlare di rieducazione perché
si annulla il soggetto). Quindi, l’uomo rimane uomo e bisogna riconoscergli la possibilità di recuperare la
relazione con l’altro, perciò PB parte dalla libertà come prima espressione della dignità, che non è soltanto
dignità del singolo ma di tutti gli individui che nella relazione reciproca esprimono in maniera autentica sé
stessi. Sul piano ontico,
attraverso l’esperienza dei diritti fondamentali, possiamo mantenere il nostro comportamento adeguato
alla nostra struttura ontologica. Quindi, i diritti fondamentali sono il confine tracciato tra il riconoscimento
dell’altro, costante nella vita della società, e il disconoscimento dell’altro.

Perciò è importante che lo Stato inglobi questi valori morali, facendoli diventare valori politici, poi valori
giuridici. Diventano, quindi, principi di organizzazione dello Stato, perché lo Stato è l’istituzione che
consente all’uomo di tenere quel comportamento adeguato al proprio statuto ontologico.

Quindi, la dignità (tornando al testo) si fa all’interno della relazione con l’altro; è nella vita sociale che
l’uomo esprime autenticamente sé stesso. Tuttavia, vi è sempre il rischio dell’isolamento, ma è comunque
uomo e l’uomo ha un’umanità che può esprimersi anche nella solitudine. L’isolamento non è un fine, ma è
un mezzo per raggiungere una piena umanità. L’uomo ha una possibilità di scelta sul piano dell’esistenza.

Si pensi anche alla necessità di difendere determinate categorie, ad es. i detenuti, che sono comunque
uomini e deve essere data la possibilità di recuperare la propria dimensione di umanità in relazione con
l’altro.

Tornando al testo: p.196 “la libertà come fondamento dei diritti umani… costruzione di concetti generali”.
Ancora Fuller diceva che uomo è un individuo responsabile, capace di autodeterminazione. La
responsabilità consente di parlare di libertà; non si può parlare di responsabilità riferendolo ad un animale.
È prerogativa dell’uomo, quindi, quando si parla di autonomia, indipendenza, libertà morale, che si realizza
attraverso la comunicazione, vuol dire che l’uomo può aprirsi alla relazione attraverso il linguaggio.

Principi di organizzazione e diritti fondamentali.

P.197 “questa libertà si diversifica in principi di organizzazione e diritti fondamentali”: riferimento alla
libertà, ma vale per tutti i valori.

“i principi di organizzazione riflettono l’influenza della libertà… li conducano alla moralità”: si parte da
esigenza morale (si va poi a dimensione politica e poi giuridica).

“il nucleo iniziale… libertà, potestà o immunità”: richiamo a Montesquieu quando distingue tra libertà
politica in relazione alla Costituzione e libertà politica in relazione ai cittadini.

Lo Stato, il potere politico, una volta che riconosce un’esigenza morale come giustificata (non tutte le
esigenze morali diventano diritti fondamentali. Devono presentare determinate caratteristiche; devono
avere la vocazione a diventare diritti fondamentali). Una volta che il potere politico incorpora questa
esigenza morale giustificata, non risulta indifferente la sua organizzazione rispetto a questa incorporazione,
perciò lo Stato, il potere politico si struttura attraverso i principi di organizzazione. Quindi, parlando dello
Stato di diritto, si nota l’importanza dei valori della libertà, dell’uguaglianza (legge uguale per tutti).

Possiamo dire che principi di organizzazione e diritti fondamentali sono due facce della stessa medaglia. Ex
parte principis (potere politico) sono i principi di organizzazione (esigenza morale diventa principio di
organizzazione); potere si esercita strutturando se stesso in base ai valori che ha incorporato; ex parte
populi (cittadino, destinatario) sono i diritti fondamentali (esigenza morale diventa diritto fondamentale); la
possibilità di far valere un diritto, anche contro lo Stato.

Due facce della stessa medaglia perché si parla della medesima esigenza morale giustificata che, nella
relazione tra cittadino e Stato, assume la dimensione dei rispettivamente di diritto fondamentale e di
criterio di organizzazione.

Per questo motivo, siamo partiti da quel capovolgimento del rapporto tra società ed individuo e abbiamo
detto dell’importanza, nella storia dell’evoluzione dei diritti fondamentali, della visione antropocentrica,
sono diritti soggettivi. Diritti appartengono all’individuo, quindi, si parla di soggettività giuridica, che il
giuspositivismo estremo, alla Kelsen, ha azzerato: abbattuto il soggetto di diritto e guarda al diritto
oggettivo (ordinamento giuridico oggettivo), che pone i diritti soggettivi, se ritiene di doverli porre.

Da questo punto di vista, abbiamo bisogno di recuperare un soggetto di diritto, che è soggetto al diritto, ma
il potere politico non deve dimenticare che è l’individuo il portatore dei bisogni fondamentali. Perciò il
potere politico struttura sé stesso attraverso principi di organizzazione, che rispettano l’incorporazione del
valore della libertà in questa fase delle indagini e gli altri valori fondamentali nelle fasi successive. Da parte
del singolo individuo, invece, abbiamo un diritto fondamentale e la possibilità, anche contro lo Stato, di far
valere quei diritti.
Nelle democrazie, il cittadino ha gli strumenti per chiedere il riconoscimento di un nuovo diritto e far uscire
dall’inerzia il legislatore. Vi è il bisogno di regolare un comportamento, attraverso il richiamo ad
un’esigenza morale giustificata.

Il diritto fondamentale è tale se l’esigenza morale giustificata è innanzitutto universalizzabile. Attraverso il


diritto fondamentale è possibile generalizzare questa esigenza morale, cioè, nel momento in cui si
riconosce, da parte del potere politico, che questa esigenza morale è giustificata, diventando diritto
fondamentale attraverso l’incorporazione da parte del potere politico, è possibile riconoscere a tutti quel
diritto. Finché rimane esigenza morale, che non è ancora universale, non è generalizzabile; ha bisogno di
diventarlo nella prassi, attraverso il riconoscimento di questo valore.

Il problema sta nel fatto che alcuni individui non accedono a questi diritti fondamentali.

Allora vi è una contraddizione con quello che il diritto fondamentale chiede (che sia universalizzabile)
oppure necessario comprendere meglio questo passaggio.

Dal testo: P.198


“Attraverso i diritti fondamentali… espressa in maniera trasversale”: se di fatto accade, nella storia (accento
su dimensione storica) dell’evoluzione dei diritti fondamentali, che essi non siano riconosciuti e tutelati da
tutte le civiltà o da tutte le culture, sul piano della necessità logica, i diritti fondamentali sono diritti di tutti
gli individui, sono universali perché sono generalizzabili da quella esigenza morale da cui siamo partiti.
Quindi, per necessità logica, deriva dal concetto di diritto fondamentale che deve essere riconosciuto a tutti
gli individui (che di fatto questo non accade, non inficia la sua necessità logica). Senza l’elemento
dell’universalizzabilità non si può definire il concetto di diritti fondamentali. Senza tale elemento
concettuale il concetto di diritti fondamentali è limitato. Per un concetto compreso nella sua adeguatezza è
necessario questo elemento.

Sul piano storico, dell’esperienza, può accadere che vi siano violazioni.

Bisogna distinguere le Modalità dalle Dimensioni perché sono due livelli diversi di indagine. Le dimensioni
appartengono alla libertà sociale, politica e giuridica. Questa si applica, nella vita di una comunità,
attraverso le tre modalità di applicazione: libertà PROTETTIVA, PROMOZIONALE, DI PARTECIPAZIONE.

P.200 “con la riflessione che abbiamo appena terminato… si generalizza efficacemente attraverso il diritto”:
richiamo sulla non eroicità di questo sviluppo; se il potere politico riconosce la libertà come un valore
morale, lo rende prima valore politico e poi giuridico, e quindi questo valore diventa espansivo, allora non è
necessario uno sviluppo eroico della moralità. Se il potere politico riconosce adeguata libertà agli individui,
allora l’uomo può progredire su quella scala di cui parlava Fuller (da morale del dovere porta alla morale
dell’intenzionalità e, quindi, tende verso l’eccellere). Riconoscendo la libertà, l’uomo può realizzare
autenticamente sé stesso e sviluppare in maniera adeguata le proprie potenzialità. Per questo motivo, non
c’è bisogno di uno sviluppo eroico della moralità. Tutti devono poter esercitare la propria libertà, in
maniera autentica, e vedere garantita la tutela da parte del potere politico.

Questa libertà deve essere il tessuto delle relazioni sociali ed anche delle relazioni giuridiche. (PB) la libertà
si manifesta senza ostacoli o coercizioni.Tre modalità della libertà sociale, politica e giuridica.

LIBERTA’ PROTETTIVA: Peces Barba la definisce come la libertà di fare ciò che si vuole.
P.201 “La libertà è la libertà di fare ciò che si vuole… altri gruppi sociali o dai singoli”: ovviamente non si
intende una libertà in senso assoluto, saremmo in uno Stato di natura. Si parla, in questo caso, di una
libertà relativa all’interno di una dimensione relazionale che pensa ad assenza di interferenze. Principio già
previsto da una massima kantiana: la tua libertà finisce quando inizia la mia.
L’esercizio della libertà non può violare la libertà degli altri individui. Quindi, l’importanza di una regola
comune, infatti, l’esercizio assoluto della libertà sarebbe un esercizio privo di regole, mentre, all’interno di
una relazione sociale, abbiamo bisogno di individuare una regola che trascenda le singole pretese. La regola
comune supera la dimensione unilaterale della pretesa e tiene conto delle pretese di entrambi i soggetti. La
libertà di fare ciò che si vuole è autolimitata.

P.201 “è questa la libertà intesa come assenza di interferenze… di prendere decisioni.”: l’assenza di
interferenze richiama un’idea di Stato liberale; Stato sta a guardare il libero gioco delle volontà. Quindi, PB
guarda a questi quattro valori fondamentali e alle dimensioni e modalità, guardando anche alla loro
compatibilità con l’idea di uno Stato liberale e l’idea di uno Stato sociale. Se ci limitiamo a definire la libertà
come libertà di fare ciò che si vuole, quindi assenza di interferenze, siamo di fronte ad una modalità delle
libertà che è compatibile con l’ideologia liberale.

P.201 “essa pone le basi dei diritti individuali e civili… possiamo chiamarla libertà protettiva”: diritti
proteggono il soggetto da attacchi ingiustificati (es. intercettazioni). Le garanzie processuali, imparzialità
processi e proporzionalità pene sono principi di organizzazione perché vincolano l’esercizio del potere.

Lezione 20-03 pomeriggio

Seconda modalità della dimensione di libertà e qui che si specifica la opzione ideologica di Peces-Barba
sull'idea di sicurezza sociale . Una libertà che anche diventa anche un'idea di poter fare, quindi prima della
prima dimesione, se non quella più devastante, libertà di fare quello che si vuole . Qui vediamo alla
dimensione concreta di questa libertà, le condizioni di poter fare ciò che si vuole e quindi muoveva la
constatazioni di una serie di diseguaglianze strumentali, derivate da un serie di esigenze sociali
insoddisfatte, che impediscono o rendono difficile l'esercizio del primo tipo di di libertà; una serie di
interferenze semplici di cui non sono liberi di accedere liberamente formazioni rilevanti e quindi il primo
tipo di libertà possa essere esercitate è necessario che l'individuo sia in grado di fare quello che si vuole e
perchè il riconoscimento di diseguaglianze strumentali ? Perché siamo di fronte al problema dell'egualismo
del punto di partenza; mentre in una prospettiva di ideologia liberale non rileva nella dimensione della
libertà promozionale, dobbiamo guardare alla possibilità che le posizioni di partenza siano uguali o per lo
meno non fortemente diseguali. Questa tenta di superare ostacoli interni mentre la prima vuole ragguirci di
fronte agli ostacoli esterni e quindi parliamo delle possibilità che il singolo ha di accedere a quel tipo di
libertà, perciò parlavo di ostacoli esterni, cioè parliamo di potere di non interferire, nell'esercizio di certi
diritti qui invece vediamo limiti interni, un soggetto, suo malgrado, possiede. Non è che Paces-Barba valuti
qualunque tipo di difficoltà; solo a quelle difficoltà insuperabili da parte del singolo individuo che chiede
l'intervento dello Stato .

Pag. 202 : par.2


Esso costituisce il fondamento di quei diritti maggiormente legati alla promozione e al soddifacimento
delle necessità, come i diritti economici, sociali e culturali, alla protezione della salute, alla sicurezza sociale
e all'istruzione, ma anche ai diritti più tradizionali, legati alle garanzie processuali, come il diritto
all'assistenza specialistica. Allo stesso modo si possono situare in quest'ambito quei diritti che derivano dal
processo di specificazione, come i diritti della donna, del bambino, dei malati o dei consumatori.

Perché è importante questa lente d'ingrandimento sul problema della libertà ?

Perché qui non guardiamo ad una libertà in senso astratto, ma ad una libertà materiale che si fa tutti i
giorni e si misura con le possibilità che il singolo ha a disposizione.

Richiamo a figure come donna, il bambino, consumatore mette in evidenza la dimensione di vulnerabilità
di certe figure nella relazione giuridica .

Il richiamo ai diritti economici, sociali, culturali dimnostra la propensione di Paces-Barba per l'idea di uno
Stato sociale che superi l'idea di Stato liberale.

Quando nelle prime pagine, ha detto per me è rilevante anche questa terza riflessione, cioè di guardare
anche i diritti economici, sociali, culturali ora più esplicitamente si occupa di questo problema e prende
posizione in modo esplicito, evidente come dice qui.

Pag. 202 par.3: Questa libertà si attua nello Stato sociale principalmente tramite il diritto amministrativo o il
diritto del lavoro, e per mezzo di sanzioni positive o premi nonché dell'azione rettifficatrice dei pubblici
poteri.

Sanzioni positive e sanzioni negative qual'è la differenza ? Sanzioni positive comprendono diritto premiale,
non più un diritto che è punitivo. Noi siamo abituati a pensare alla sanzione come afflittiva, questo è il
senso .Questo forse il diritto su questo esercita potere di deterrenza, perché attraverso la minaccia di un
male che, dice Kelsen, si ottiene il comportamento sociale desiderato dal legislatore. In realtà il termine
latino sanzion, sanzione, significa sancire .Non ha soltanto una connotazione negativa, perciò noi possiamo
parlare di un diritto premiale o promozionale, immaginiamo degli incientivi; qui siamo di fronte a sanzioni
positive, a premi come dice Peces-Barba, anche se in realtà Fuller, il diritto è molto limitato a dedicare le
sanzioni positive, questo non sono circondati da questo grado di attenzione che il diritto ha per le sanzioni
negative ed è evidente perchè le sanzioni negative somigliavano qualcosa all'individuo e abbiamo che
questo sia regolato nei particolari . In questa dimensione della libertà rilevano i premi, sanzioni premiali
che lo Stato istituisce in vista di un migliore rapporto di simmetria tra gli individui. Nelle pagine che
seguono Peces-Barba individua tre tipi di necessità fondamentali . Quindi ostacoli interni che vanno, in
qualche modo, rimossi e si indentificano in queste necessità fondamentali che se non vengono soddisfatte
possono essere degli ostacoli insuperabili e non consentono nessun tipo di libertà.

Sono:

– radicali

– di mantenimento ( queste due non negoziabili)

– miglioramento. ( negoziabile )

Qui ci aiuta Fuller in questa gradualità che Peces-Barba istituisce tra le tre necessità .

Neccessità radicali : siamo di fronte ai bisogni fondamentali dell'uomo, tanto è vero che troviamo un
riferimento alla sopravvivenza, in senso debole ad una vita ai livelli minimi dell'esistenza umana, sotto il cui
livello ci troviamo, espressione di Peces-Barba, in un progressivo deterioramento che annulla l'esistenza in
quanto tale.

Il riferimento è popolazioni del terzo mondo che lottano ogni giorno una lotta per accedere ad un livello
minimodi esistennza.

Qundi diciamo cosi che, se queste necessità impossibili l'esercizio della libertà in quanto tale .

Sintetizzo con il seguente passaggio:

Pag.203, par.1 '' Quando si tratta di sostenerlo di fronte a carenze interne, soddisfacendo le necessità di
fronte alla fame, o le cure della salute di fronte alle epidemie o alle infermità, esso va colocato, come
abbiamo visto, nell'ambito della libertà promozionale ''.

Abbiamo parlato di sanzioni positive, di uno Stato che interviene con azioni positive a soddisfare questo
diritto di necessità.

Anche il secondo livello di necessità fondamentali di mantenimento ha la sua importanza;

perchè il soddisfacimento delle necessità radicali non deve essere provvisorio o sporadico limitato nel
tempo, deve essere costante nella vita di un individuo perciò queste necessità devono essere soddisfatte
in maniera costante, altrimentio dice l'autore, diminuiscono '' le capacità e le condizioni che facilitano il
godimento della libertà come assenza di interferenze o come protezione ''

pag. 203 par.2. Il riferimento è all'alimentazione sufficiente in strada, all'istruzione di base, alla casa, sanità,
sicurezza.

Ci troviamo di fronte ad un gradino superiore rispetto a quello delle necessità radicali, perchè una volta
soddisfatte queste l'uomo può accedere ad un grado di relativo benessere.

Guardiamo alla terza dimensione, le necessità di miglioramento.

Consentono all'individuo di possibilità di sviluppo, crescere il progresso fisico-economico-culturale e sociale


proprio della proiezione umana, insomma il livello di decisione e a questo le possibilità di sviluppo morale
delle persone.

Un esempio per tutti è l'accesso all'istruzione di grado superiore.

Diversa posizione di gradi di queste necessità.

Parliamo di un'istruzione obbligatoria, e qui un livello di dosaggio massiccio nel consentire questo livello di
istruzione. Se ci spostiamo alle borse di studio all'università o agevolazioni vediamo un intervento diverso
dello Stato, seppure una presenza costante di monitoraggio da parte di questo .

Importante il problema della scarsità di risorse, perchè affinche queste necessità siano soddisfatte sono
necessari fondi disponibili.

Uno Stato ricco è uno Stato capace di assicurare il soddisfacimento di queste necessità fondamentali, uno
Stato pubblico deve confrontarsi con la necessità delle risorse.

Pag. 205 par. 2

Infine, è utile ...proponibile.


Perché le prime due non sono negoziabili ?

Perché facciamo riferimento a condizioni necessarie, perciò fondamentali, per lo sviluppo pieno della
personalità e del singolo individuo e nella relazione in società.

Quando parlava di una scala ideale in cui si collocava in un livello di intenzionalità, diceva che questa stava
per eccellere non è necessario arrivare alla fine, è necessaria una tensione verso l'eccelere e quindi in
questa tensione che noi collochiamo il terzo livello delle necessità fondamentali di miglioramento, e qui
troveremmo quel processo di differenziazione tra i singoli individui dobbiamo parlare di parità e non di
uguglianza, perché parità vuol dire agire differenze .

Quindi se parliamo della possibilità di raggiungere eguali posizioni di parità, poi una volta soddisfatte
queste, occorrerà fare un uso pieno e adeguato delle proprie potenzialità e li si misurerà la capacità di
ognuno di rendere al meglio, rispetto a quello che è dato a tutti gli individui senza nessun escluso . Perciò
le prime due non sono negoziabili, la terza si.

Nelle prime due noi possiamo collocare quello che ha detto Rossoue '' nessuno deve essere tanto ricco da
poter comprare un altro uomo e nessuno tanto povero da vendere se stesso ''.

Se pensiamo al commercio degli organi, alle nuove schiavitù, alla tratta di esseri umani ci rendiamo conto
quanto questo monito sia ancora lontano da realizzarsi .

Bobbio diceva '' il diritto a non essere tratto in schiavitù è un diritto ormai riconosciuto da tutti gli individui
del pianeta '' probabibilmente non strutturato secondo il diritto, in realtà questi diritti vengono spesso
violati, nella storia ci troviamo di fronte a violazioni più sottili rispetto a quelle che dovevamo sperimentare
in sistemi che ammettevano la schiavitù.

Aristotele diceva che la schiavitù è prematura, tempi non maturi ad ammettere uguaglianza tra gli uomini e
quindi dice Peces-Barba non possiamo immaginare che vi siano spazi di contrattazione rispetto a questi
primi due livelli di necessità fondamentali .

Mentre il miglioramento ti dà la possibilità di salire su quella scala, possibilità di permettere a tutti poi deve
essere messa alla prova con le capacità e facoltà di ogni singolo individuo.

Domanda studente : le prime due necessità sono quelle che Fuller definisce'' moralità del dovere'', diciamo
gli strati più bassi ?

Fuller parlava della morale del dovere come morale elementare , relazione umana che chiede l'astensione
da comportamenti dannosi per l'altro ad esempio i dieci comandamenti, divieto di rubare, uccider, non
mentire cioè siamo di fronte a una relazione legata alla sopravvivenza.

Qui invece parliamo di necessità da soddisfare, cioè parliamo di un tema non dal punto di vista oggettivo,
come si struttura il diritto, guardiamo piuttosto ai bisogni del singolo individuo .

Da questo profilo il problema vede si l'intervento dello Stato ma vede il configurarsi di un soggetto che ha
bisogno di essere supportato dallo Stato; quindi non siamo più nel divieto di tenere determinati
comportamenti ma in una dimensione di accoglienza dell'individuo, con i suoi problemiche non può
superare attraverso le proprie forze e quindi è la solidarietà, lo Stato punto di riferimento per il
superamento di questi individui .

Possiamo tenere i due profili dell'analisi con l'accortezza che l'autore guarda al soggetto portato di certe
necessità che devono essere soddisfatte, quindi non è sufficiente la sanzione negativa ma abbiamo bisogno
della sanzione positiva.

L'ultimo tipo di libertà è la libertà di partecipazione al processo di produzione normativa,

di una possibilità del singolo individuo, attraverso diversi tipi di meccanismi, che partecipi alla produzione
del diritto, che è esso stesso si deve rispettare.

Manifestazione l'abbiamo avuto dello Stato facendo dei fini, obiettivi del lavoro, della sovranità e
legislazione dell'individuo che implica l'individuazione di fini che lo Stato deve perseguire.

L'azione dei quattro valori questi fini sono compatibili con i valori medesimi e i diritti fondamentali
dell'uomo, principi di organizzaqzioni diventano essenziali affinchè ci sia adeguatezza, esercizio dei poteri
da parte dello Stato

Pag. 205 ult. Par.

9. SICUREZZA GIURIDICA

Questo termine richiama un'esigenza fondamentale del diritto .


Qualc'uno ha detto che il diritto se non è certo, non è giusto. Qualc'uno
ha pensato alla certezza del diritto come un principio costitutivo del diritto. Quando parliamo
di sicurezza giuridica facciamo riferimento anche alla nozione di certezza del diritto. Come si esprime
essenzialmente la certezza del dirittto ? Questa è una piega della
teoria giuridica . Cosa fate riferimento quando pensate alla certezza del diritto? Applicazione del diritto,
non solo ma guardate anche al problema della prevedibilità. Prevedibilità in senso orizzontale : prevedere
cosa fa l'altro . Prevedibilità in senso verticale : risposta dello
Stato di fronte ad una violazione di qualsiasi norma giuridica. Il rapporto non è soltanto di prevedibilità, a
ciò che l'altro farà in una situazione che vede impegnati almeno due persone, dimensione relazionale inter-
individuale. Esempio semaforo verde-rosso. Affidamento nelle relazioni anche giuridiche. Abbiamo una
possibilità di prevedere quello che l'altro farà, e anche prevedere poi lo Stato, detentore di quella forza
straordinaria che è la somma dei singoli diritti Stato di natura, come potrà rispondere di fronte eventuali
illeciti . La storia ci ha detto che il diritto fosse scritto. Prima un diritto che apparteneva ai
sacerdoti, un diritto che era oscuro. Si faceva e si cambiava continuamente. E ancora Fuller, uno degli otto
desiderata la Pubblicità del diritto, cioè il diritto doveva essere reso pubblico, tantè che Calibora, dice lo
stesso Fuller, per soddisfare e superare questa situazione affliggeva una legge, in quanto talmente alto a
terra che nessuno poteva leggerlo e venire a conoscenza, quindi era un modo per superare un ostacolo.

Però il fatto che il diritto fosse sconosciuto, è stato un fatto che nel corso dei secoli ha posto grandi
problema nella vita dell'individuo.

Quando parliamo di certezza del diritto facciamo riferimento ad un contesto nel quale la presenza di regole,
tanto per la vita dei singoli individui, quanto per regolare l'esercizio del potere, diventa decisivo per
tranquillità o fiducia tutte condizioni necessarie per lo sviluppo di quella personalità essenziali nelle libertà.

Anche qui richiamo a Fuller, da parte dell'autore, la sicurezza è la morale che rende possibile il diritto. ( Pag.
223 par.3)

Perché è importante per Peces-Barba ?

Perchè per alcuni studiosi non è un valore fondamentale.

Invece per l'autore è un valore fondamentale, perché è in grado di rendere sature nel tempo, di

rendere efficaci le altre dimensioni valoriali, i quattro valori fondamentalali.

Ult. Par. Pag. 223 La sicurezza presuppone la creazione di un ambito di certezza, sapere a che cosa attenersi
: ( perchè vi sono regole per il comportamento umano):...rapporti.

Pag.224 par. 3.... Se quella


morale del dovere viene eliminata la possibilità di danneggiare l'altro, attraverso la sicurezza del diritto
poniamo le condizioni per costruire comportamenti che favoriscono i singoli diritti, presenta un versante
oggettivo dal punto di vista del potere; presenta un versante soggettivo, dal punto di vista del singolo
individuo, coppia della stessa medaglia .

C'è un richiamo anche alla solidarietà perché cosi relazioni sociali sono certamente amplificate,

la sicurezza sociale le rende solide.

Ult. Par. 224

Sicurezza interviene qanche a sostenere quella idea di libertà che passa attraverso le azioni positive dello
Stato.

Le righe che seguono dedicate alla sicurezza degli antichi e sicurezza dei moderni. Peces-Barba
essenzialmente è uno studioso della storia dei diritti fondamentali e a questa guarda alla civiltà europea, al
punto riferimento più diretto per l'autore.Nel medioevo abbiamoun'unità che è costituita attraverso
l'intervento capillare della chiesa, pensate anche il diritto si diceva anche attraverso la voce di sacerdoti,
alla chiesa, luoghi di giudizio legati alla dimesione religiosa, presenza di simboli religiosi, crocifisso nelle
aulee che tanto scalpore ha fatto in una società multiculturale è il residuo della persistenza di questi segni
religiosi nell'amministrazione della giustizia per esempio aule di giudizio erano molto spesso decorade da
affreschi che non erano propriamente decorativi ma riportavano scene famose di giudizio, una proprio una
pedagogia pubblica ricordare il giudice ad essere all'altezza di quell'esempio, ad esempio il giudizio
universale o il giudizio salomone, si utilizza ancora l'espressione giudizio salominico altamente proprio a
dire un giudizio altamente intelligiente poi man mano questi segnali fanno spinta, cioè spostiamo dalle
cattedrali ai municipi nelll'amministrazione della giustizia, però i simboli religiosi continuano ad essere
esposti.

Quindi la chiesa era presente fortemente nella vita del diritto costitutiva la presenza di una unità che invece
poi con la modernità si disprezza.

Con il pluralismo man mano la chiesa cede il passo ad una laicizzazione della giustizia, processo di
secolazrizzazione che ha accompagnato la storia nella vita dell'Europa fino oltre all'atlantico .

Altri sistemi giuridici devono ancora compiere questa separazione, vi sono realtà giuridiche in cui la
religione è la fonte per l'individuazione del diritto.

DIMENSIONE DELLA SICUREZZA GIUDIRIDICA

Allora abbiamo tre segmenti di indagine :

– sicurezza giuridica in relazione al potere;1)

– sicurezza giuridica in relazione al diritto;2)

– sicurezza giuridica in relazione alla società.3)

Pag.226 e seguenti.

1) C'è una piccola presentazione che segna quel luogo privilegiato in cui interviene questo valore
essenziale, essenzialmente punto di vista da cui dobbiamo iniziare, punto di vista suggerito è quello
esterno, cioé :

Ult.Par.Pag.226

Le due dimensioni all'interno delle q uali si compie l'analisi dell'autopre che seguono questa prima
dimensione, quindi sono due sottodimensioni:

sicurezza all'origine del potere e la sicurezza nell'esercizio del potere.

Quindi questo che vedete a pag. 227 è una piccola premesssa rispetto alla indagine più che si coloca a pag.
227 e 228 ee seguenti.

– La sicurezza all'origine del potere.

Guardiamo all'autorità, al titolo, si risponde alla domanda che dice Peces-Barba : chi è che comanda ? Se il
soggetto che comanda è autorizzato ad esercitare il potere.

Siamo di fronte ad un problema, cioè quello della legittimazione.

Ci interroghiamo se colui che detiene il potere abbia titolo, se è autorizzato a produrre diritto . Dice la
prima domanda è : Chi è colui che comanda ?
– Pag. 227 1° Par.

..medesimo ( abbiamo l'identità più forte )

Identità per lo meno parziale meno forte … In quale forma di governo abbiamo un'identità parziale, rispetto
ad altre forme di governo, fra chi governa e chi è governato? In democrazia. Rappresentanza, in questa
dimensione abbaimo una tensione verso l'identità.

norme..

Quando abbiamo parlato della validità, abbiamo detto vi sono norme sinonime, norme per produrre norme
quindi esercizio di produzione normativa che è regolato .

Quindi chi ha il potere di produrre norme non lo fa nel voto giuridico ad arbitrio ma abbiamo un esercizio
del potere, e qui passiamo alla seconda sottodimensione, regolato da norme e quindi dobbiamo, attraverso
l'ordinamento giuridico, avere la possibilità di individuare le norme medesime dell'ordinamento che hanno
l'autorità di produrre regole .

Ancora un riferimento al diritto alla giustizia sicurezza nell'esercizio del potere.

Qual'è l'altra domanda: In che modo si comanda?

Se prima era un problema di legittimità del potere, ora è un problema di legalità, esercizio del potere
secondo regole.

Pag. 228 Par. 2

La sicurezza... giuridico .

Pag. 229 Par. 2

Siamo …. potere

Rule of Law, cioè lo Stato di diritto nel quale si razionalizza l'uso della forza attraverso il potere.

Quando si parla di Stato di diritto è una possibile definizione che Kelsen non accoglie.

Lo Stato crea il diritto e si sottopone ad esso.

In una prospettiva dei diritti fondamentali, uno Stato che incorpera quel valore fondamentale poi
sottopone l'esercizio del suo potere a se stesso, perciò si parla di autoregolamentazione del potere siamo
in una visione in cui Stato di diritto, proprio per l'esperienza europea, ha sua precisa resistenza.

In altre realtà giuridiche non possiamo dire la stessa cosa.

Quindi nelle righe che seguono, riferimenti a modi di riferimento in cui si specifica questa sicurezza
nell'esercizio del potere.
Pag. 230 ultime righe par.

Parliamo di sanzioni negative e a questo che si guarda quando parliamo di sicurezza giuridica perché
vediamo questa forza straordinaria del Leviatano, che viene invecchiata da regole, alla Kelsen, se A deve
essere B deve esserci una sanzione, la sanzione peculiare nella norma giuridica, forza regolata, non priva di
vincoli .

PAUSA

A me interessa sollecitare il senso dell'analisi, Peces-Barba richiama Fuller e i suoi otto desiderata,

quali sono questi otto desiderata ?

Pag. 230 '' moralità interna del diritto ''

Le norme

devono essere inteleggibili ( chiarezza delle norme: io destinatario devo poter capire che cosa mi chiede di
fare )

''non devono essere retroattive'' , un modus della legislazione retroattiva nel diritto penale sarebbe
problematico per il destinatario delle norme, caso del processo di norimberga , di poter sapere in base a
che cosa poter regolare i propri affari e non possiamo immaginare una legislazione di domani per ieri

'' per quanto eccezionalmente lo possano essere '' quando per Fuller la legislazione retroattiva,

non solo non è un modus ma addirittura di vantaggio ?

Quando è di rimedio ad una legislazione difettosa, cioè può offrire la possibilità di correggere una
legislazione .

Ancora la possibilità di prevedere le decisioni, anche qui uno spreco, perché avete studiato su un testo
intero quello del giusrealismo, il problema della certezza del diritto rispetto alla prevedibilità del diritto, il
cui titolo è '' il diritto come profezia'', cioè nel giusrealismo i corsi del diritto fino alla previsione di quello
che le corti decideranno, e allora l'importanza di prevedere, anche per i casi difficili, la decisione .

Peces-Barba farà riferimento, più avanti al pensiero di Dworkin, chiamato in causa per la definizione dei
diritti umani come '' diritti morali ''.

Soprattutto nei casi difficili ci dice Dworkin la possibilità di un nuovo diritto, guardiamo soprattutto alla
possibilità del Common Law, costituito da decisioni, allora che fa il giudice di fronte ad un caso che non ha
precedenti oppure il richiamo al precedente non sarebbe più adeguato?

Abbiamo un diritto, che dice questo autore americano che ha insegnato ad Oxford, la parte che soccombe
si trova ad avere violato una regola che prima non c'era.

Perciò è importante che il precedente aiuti la decisione, proprio per assicurare un certo grado di certezza e
di prevedibilità del diritto, perché sempre nel testo di Fuller, c'è un passaggio importante che dice '' oggi
che io mi trovo a perdere una causa, domani quando sarò attore prevedo di poterla vincere, se è vero una
certa uniformità nelle decisioni '', perciò l'importanza della prevedibilità della sentenza.
Ora dice Peces-Barba, se nel paragraffo precedente, cioè sicurezza nell'esercizio del potere, abbiamo
parlato della sicurezza attraverso il diritto, qui parliamo di sicurezza nel diritto .

Pag. 230,in questo caso... potere.

La sicurezza...

L'ordinamento giuridico prevede dei sistemi di garanzie, perché lo stesso esercizio del potere non sconfini
nell'arbitrio danneggiando il singolo individuo;

perciò si parla di immunizzazione, dialogo-immunizzazione nel diritto, che sono di aiuto al singolo
individuo, perciò parliamo ex parte populi adesso al problema, per evitare che il problema sconfini in un
esercizio che diventa arbitrario .

Pag. 231 Par.2

La sicurezza giuridica...

Significa che in questo modo, attraverso questi strumenti, lo stesso diritto può rimanere sempre fedele a
se stesso, e quindi non tradire se stesso e poi dar vita a quello che Locke aveva chiamato '' appello al
cielo'', perché violando il patto il singolo ha diritto di sottrarsi al patto stesso

''pactum subiectionis'', e di resistere e diritto di disobbedire ai comandi del sovrano.

Qui abbiamo una duplice dimensione, abbiamo la sicurezza giuridica nel diritto inteso inteso come sistema
che è praticamente giuridico, e quindi nel complesso dell'ordinamento, per usare l'espressione dell'autore
Peces-Barba.

Due livelli di indagine nell'esperienza giuridica, nel complesso dell'ordinamento, sottosistemi


dell'ordinamento.

Vediamo la prima traccia che l'autore ci sostituisce , Pag. 231 ult. Par.

La sicurezza

Come distinguete un sistema di regole, eppure entrambi contenuti dalla stessa cosa ?
Lo Stato chiede di pagare le tasse, un organizzazione criminale di stampo mafioso chiede il pizzo.

Qual'è la differenza tra le due prestazioni richieste ?

Una sanzione c'è in entrambi i casi, non è una questione di grado di sanzioni.

Di che abbiamo parlato prima, cioè la domanda è : Chi comanda ?

Quindi, la legittimità, cioè l'autorità .

La prestazione è la medesima, come vedremo meglio nel testo di Alexy, esempio anche l'amico può dirmi
dammi 100 marchi.

Per questo noi possiamo distinguere un'associazione a delinquere di stampo mafioso dallo Stato.

Pag. 232 .

Principio di gerarchia . Questo un


principio attraverso il quale l'ordinamento ordina le proprie norme, stiamo parlando di Kelsen, costruzione
a gradi dell'ordinamento giuridico, un principio importante per la produzione delle norme; vi ho parlato del
principio di specialità . Qui parliamo del criterio gerarchico,
cioè la legge di grado superiore prevale sulla legge di grado inferiore; questo criterio è importante per
individuare qual'è la norma che ha una cogenza più forte, un precetto che ha più forza rispetto ad un altro.

Riferimento ai principi di coerenza e completezza dell'ordinamento giuridico.

Di cosa sto parlando ? Sto parlando della stessa cosa.

Se parliamo di coerenza dell'ordinamento giuridico a quale problema facciamo riferimento, allo stesso
problema a cui sto facendo riferimento ?

Alla Non contraddizione interna di norme .

Quindi questi due criteri che la dottrina individua e sono utilizzati, anche il giudice deve saper quale norma
deve poter applicare, una norma rispetto ad un altra, semplicemente questa norma non ha effetto, una
norma che deve essere disapplicata è come se, e qui il giusrealismo ha ragione, non esistesse, cioè è
valida ma non efficace .

Questi criteri sorreggono la decisione del giudice .

Quando parliamo di completezza normativa?

Assenza di lacune, non vi sono lacune questa è una pretesa degli illuministi, ordinamento completo.

L'ordinamento, ci aiuta Nobbio, è sistematicamente incompleto ma dinamicamente completabile, anche


qui, ha già al suo interno deghli strumenti per aiurare chi decide, il giudice, nella soluzione del caso. Il
giudice deve giungere ad una soluzione.

Cosa fa il giudice se manca la regola per il caso? Vi


sono criteri interni ed esterni, nel senso che il giudice può far riferimento a criteri di autointegrazione o di
eterointegrazione, pensiamo soprattutto l'importanza dei principi; i principi non sono sussidiari, e quindi
non hanno una mera funzione suppletiva, ma danno senso ad un certo ordinamento, nel caso della lacuna è
evidente.
Poi parliamo del problema dell'interpretazione del diritto, anche qui Kelsen ha detto che il giudice non è
bocca della legge; quando parliamo di giurisdizione, iusdicere cioè il giudice dice il diritto.

Ma il giudice cerca soltanto la norma nell'ordinamento oppure o crea il diritto?

L'impredicazione dirà Kelsen sempre creativa, costitutiva nel diritto quindi non abbiamo più un giudice
bocca della legge, Montesquie, ma abbiamo un giudice che attivamente partecipa alla formazione del
diritto.

Non è un caso che Alexy, dirà un giudice partecipante, cioè il ruolo del giudice è quello di produzione, cioè
continua nella catena di produzione del diritto con la sua attività di decisione.

Qui un richiamo a Dworkin, pag. 232, il problema dell'unica risposta corretta, giusta ?

Cosa significa? Vi è una sola possibile interpretazione della legge?

No ci tanti metodi di interpretazione, per argomenti simili, interpretazione argumentum per contraria,
cioè argomento contrario, estensive, letterali e come ci si muovo in questo costante. ( ?)

Perciò Dworkin, facendo riferimento ai ''diritti morali'', i principi consentono un'unica risposta giusta,
principi sono d'aiuto nella decisione e non far cedere al rischio della evoluzione della soggettività nella
decisione stessa, un problema che i giusrealisti avevano analizzato con grande attenzione. In questo modo,
se c'è un'unica risposta giusta, è possibile prevedere come sarà la decisione del giudice.

Però con questo modello superato, dice Peces-Barba la sicurezza giuridica veniva assicurata per chiedere il
contenuto di un'interpretazione ma l'evoluzione della cultura giuridica individua nuovi elementi che porta
ad autonomia nell'attività del giudice.

Teoria della separazione dei poteri : potere legislativo, esecutivo, giudiziario.

Perché era importante ? Perchè cosi si poteva esercitare un'azione di reciproco controllo, non solo, ma
anche per garantire un'equilibrio.

Oggi più che mai, anche Palombella fa riferimento ad un giudice a livello sovranazionale, quindi parliamo
di un processo di giurisdizionalizzazione del diritto, spostamento dell'asse della funzione del diritto in
riferimento alla decisone del giudice, ovviamente per il caso singolo;

quando il legislatore è inerte, nel senso che è afflitto da inerzia, non si decide di regolare diversamente o a
non regolare più, o non si decide, il giudice soccorre .

Ormai l'evoluzione del diritto passa sempre più attraverso le decisioni dell'attività giudiziaria.

Qui fa riferimento a principi diversi di interpretazione: principio gerarchico, di specialità ci manca ?

Ci manca il principio cronologico pag. 235.

Legge posteriore deroga la legge precedente nel tempo ( Lex posterior derogat prior ).

Cosa garantisce ?

Perché la legge che viene dopo prevale su quella che viene prima?

Perché garantisce l'evoluzione del diritto, l'adeguamento dell'evoluzione del diritto alla società, altrimenti
non avrebbe senso che ponesse la nuova legge se valesse la precedente.
Se il legislatore interviene a regolare diversamente una materia perchè ritiene che si debba adeguare
all'evoluzione della società; infatti nel manifesto del giusrealismo si dice, proprio questo, che l'evoluzione
della società è molto rapida e il diritto tiene dietro a come può e quindi ritardata rispetto all'evoluzione
della società, prima si pone in essere un comportamento nella società e poi il legislatore interviene a
regolare quel comportamento, e a questo si fa riferimento con questo principio .

Sistema dei livelli processuali.

Siamo di fronte ad una dimensione sensibile della dimensione giuridica.

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