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Kant traccia una distinzione tra diritto e morale:

KANT (1724-1804) La legalità richiede solo una conformità esterna


dell’azione alla legge, e prescinde dall’impulso
interiore che muove l’uomo a quella azione [= mi
adeguo a quello che la legge dice di fare, non importa
- Metafisica dei costumi (1797) se interiormente aderisco o meno; i motivi per cui
obbedisco possono essere i più svariati, non hanno
- Sul detto comune (1793) alcun rilievo]; nella
moralità invece l’impulso è determinante: qui
l’impulso all’azione è l’idea di dovere derivante dalla
legge [=lo faccio perché devo farlo, a spingermi è il
dovere per il dovere, non ho scopi ulteriori]. Nella
moralità si conforma alla legge non solo l’azione
esteriore del soggetto, ma anche la sua volontà, il
principio soggettivo in base al quale egli agisce.
La morale è l’ambito del foro interno e dell’autonomia,
il diritto è l’ambito dei comportamenti esterni e della
eteronomia. Nella morale l’uomo è
autolegislatore, segue una legge dettata dalla sua
stessa ragione, una legge che ognuno ha dentro di sé;
nel diritto invece obbediamo a leggi poste da altri. Il
presupposto della morale è l’autonomia del volere, la
libertà del soggetto.
Se l’uomo seguisse sempre la ragione, la conformità
delle sue azioni alla legge sarebbe garantita, scontata;
il diritto come coercizione esterna è necessario proprio
perché, invece, questa conformità non è sempre così
ovvia (a causa delle passioni e dei limiti umani). Il
diritto interviene dunque dall’esterno per garantire la
conformità delle azioni umane alla legge.
KANT, Metafisica dei costumi (1797):
concetti-chiave e struttura argomentativa del testo / 1
• NB: questo primo testo di Kant riguarda la dottrina morale (foro interno).
• Il principio soggettivo in base al quale si agisce si chiama massima.
[possiamo immaginare la massima come il movente individuale, l’intenzione individuale che c’è
dietro un’azione che viene compiuta].
• Diverse persone possono conformarsi alle stesse leggi ma sulla base di massime
diverse.
• L’imperativo categorico è: agisci secondo una massima che possa valere nello
stesso tempo come una legge universale.
• Cioè: cerca di metterti nel ruolo di un ipotetico legislatore universale, e prova a
verificare mediante la tua ragione se il principio soggettivo del tuo agire può
funzionare anche oggettivamente, come un principio di legislazione universale.
• Tale imperativo categorico è il principio supremo della dottrina morale.
KANT, Metafisica dei costumi (1797):
concetti-chiave e struttura argomentativa del testo / 2
NB: questo secondo testo di Kant riguarda il diritto (azioni esterne).
1) Il diritto riguarda le relazioni esterne tra le persone;
2) Il diritto non riguarda l’ambito dei desideri, ma l’ambito degli arbìtri, cioè il modo in cui
l’arbitrio di un soggetto entra in rapporto con gli arbìtri degli altri soggetti, intesi come
assolutamente liberi;
3) Il diritto riguarda la forma, non la sostanza, cioè non considera la materia, l’oggetto, il
contenuto di ciò che un certo individuo vuole, né lo scopo che si propone; il diritto si occupa
soltanto di verificare se l’azione di un soggetto A può accordarsi con la libertà del soggetto B
secondo una legge universale.
Ne discendono le seguenti definizioni del diritto e dell’azione giusta [molto importanti]:
«il diritto è l’insieme delle condizioni per mezzo delle quali l’arbitrio dell’uno può accordarsi
con l’arbitro di un altro secondo una legge universale della libertà».
«un’azione è giusta quando per mezzo di essa, o secondo la sua massima, la libertà dell’arbitrio
di uno può sussistere con la libertà di ogni altro secondo una legge universale».
Dunque compie ingiustizia contro di me chi mi pone ostacoli quando la mia azione si accorda
Approfondimento sulla Metafisica dei costumi
• Come possiamo ricavare da queste pagine tratte dalla Metafisica dei costumi, Kant
immagina il diritto come un ambito nel quale libertà e coercizione coesistono.
• Da un lato infatti il diritto serve a garantire la libertà giuridica (= l’arbitrio esterno degli
individui) e a togliere ogni ostacolo e impedimento ad essa; dall’altro esso opera come
coercizione contro chi con le proprie azioni ostacola la libertà altrui. Cioè, il diritto tramite
la coercizione rimuove gli ostacoli alla libertà individuale (come un principio di azione-
reazione: ostacolo alla libertà > coercizione del diritto > ripristino della libertà).
• In questo senso Kant afferma che il diritto è facoltà di costringere: possiamo dire che nel
diritto la coercizione è lo strumento per garantire la libertà (libertà giuridica, cioè libertà di
azione esterna, che non ha nulla a che fare con la libertà interiore come presupposto
dell’azione morale).
• La legge giuridica per Kant si limita a tracciare i confini tra le libertà degli individui.
All’interno di tali confini, però, ognuno persegue la propria felicità come vuole, lo Stato
non può porre obiettivi [atteggiamento tipicamente liberale].
KANT, Sul detto comune (1793):
concetti-chiave e struttura argomentativa del testo / 1
• Il concetto di diritto esterno deriva dal concetto di libertà nei rapporti esterni
tra gli uomini [«esterno» significa per Kant qualcosa che si esprime con azioni
esteriori, che non resta chiuso nel foro interno].
• Dunque il diritto non ha nulla a che fare con la ricerca della felicità.
• Alcune definizioni di Kant:
- il diritto è la limitazione della libertà di ciascuno alla condizione del suo accordo
con la libertà di ogni altro, in quanto ciò è possibile secondo una legge universale;
- il diritto pubblico è l’insieme di leggi esterne che rendono possibile un tale
accordo generale;
- la coazione è la limitazione della libertà mediante l’arbitrio di un altro;
- la costituzione civile è un’unione di uomini liberi che vivono sotto l’impero di
leggi coattive, in conformità con la ragione pura a priori, cioè non collegata a
scopi empirici (come sarebbe ad esempio la felicità: in questo campo ognuno ha
una volontà propria, non ci sono princìpi comuni né leggi che si concilino con la
libertà di ognuno).
KANT, Sul detto comune (1793):
concetti-chiave e struttura argomentativa del testo / 2
• Lo Stato civile è fondato sui seguenti tre principi a priori
1) la libertà di ogni membro della società, in quanto uomo;
2) L’uguaglianza di esso con ogni altro, in quanto suddito;
3) L’indipendenza di ogni membro di un corpo comune, in quanto cittadino.
• Questi princìpi non sono leggi emanate dallo Stato, ma sono condizioni che
rendono possibile la costituzione dello Stato.
• Il primo principio, cioè la libertà, consiste nel cercare la felicità ognuno a modo
proprio («nessuno mi può costringere ad essere felice a suo modo»), purché non
si rechi pregiudizio alla libertà degli altri, in modo che le libertà individuali
possano coesistere secondo una legge universale.
• Politicamente la forma peggiore di dispotismo è un governo paternalistico (cioè
fondato sulla benevolenza verso il popolo, come un padre verso i figli): in questo
caso i sudditi sono come figli minorenni che non possono giudicare da sé che cosa
è loro utile o dannoso, ma devono aspettare passivamente che il governo dica
loro come devono essere felici. In questo modo non hanno né libertà né diritti.
KANT, Sul detto comune (1793):
concetti-chiave e struttura argomentativa del testo / 3
• Ogni costituzione civile e ogni comunità si fonda su un contratto originario, come unione di tutte
le volontà particolari e private in una volontà comune e pubblica.
• Kant precisa che questo contratto non è un fatto storico, bensì è un’idea della ragione. Cioè non
è che una volta i nostri antenati abbiano realmente stipulato tale patto lasciandocene
testimonianza scritta o orale.
• Questo contratto funziona semmai nel senso che ogni legislatore deve fare le leggi come se [als
ob in tedesco] esse derivassero dalla volontà comune di tutto un popolo, e deve trattare ogni
suddito, in quanto vuole essere cittadino, come se egli avesse dato il suo consenso a una tale
volontà.
• Cioè il contratto originario è un parametro di legittimità di ogni legge, è un ideale regolativo.
[NB: in quest’opera Kant auspica una costituzione cosmopolitica fra tutti gli Stati oppure una
federazione basata su un diritto internazionale comune. Sono idee che torneranno nell’opera Per
la pace perpetua (1795-1796), e che denotano una visione tipicamente illuminista: l’idea che la
storia sia un continuo progresso e che il cammino dell’umanità proceda sempre verso il meglio,
anche giuridicamente. L’idea che per assicurare la pace mondiale gli Stati debbano federarsi è
un’estensione per analogia del contrattualismo (patto sociale come accordo tra individui per uscire
APPROFONDIMENTO SULL’ATTEGGIAMENTO ILLUMINISTA DI
KANT
• Come si è visto, nell’opera Sul detto comune ritroviamo, oltre all’ideale
cosmopolitico, un altro ideale che è tipico dell’illuminismo, e cioè l’idea di libertà
come emancipazione da ogni forma di paternalismo.
• Questa idea era già centrale nell’opera di Kant Risposta alla domanda Che cos’è
l’illuminismo? (1784). Qui egli si ispirava a un’espressione del poeta latino Orazio:
Sàpere àude! [letteralmente: «Osa sapere!»; potremmo tradurlo: «Abbi il
coraggio di pensare con la tua testa!»]
• L’illuminismo infatti è per Kant il coraggio di servirsi del proprio intelletto senza la
guida di altri, autoliberandosi da quello stato di minorità in cui si vive immersi
finché ci si lascia guidare dalle varie autorità (politiche, religiose, culturali,
famigliari) che dominano la nostra vita.

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