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1: Il diritto.
Il diritto è un sistema di regole (unitario = ogni regola deve essere applicata in modo
coordinato con tutte le altre e tutti gli altri codici) per la soluzione dei conflitti tra gli uomini.
La sua funzione è quella di proibire l’uso della violenza per la soluzione dei conflitti, per
risolverli invece con l’applicazione di regole predeterminate (SISTEMA), che adeguano i
rapporti tra uomini ad un modello di ordinata convivenza.
Questi sistemi di regole mutano nel tempo e nello spazio. (Fondamentale elemento di rottura
nelle tradizioni del diritto è stata, tra la fine del Settecento l’inizio dell’ottocento, la transizione
dall’antica società agricola alla moderna società industriale.)
Altri sistemi di regole che governano la convivenza umana sono: principi della morale
(bene/male), regole del costume (corretto/scorretto), comandamenti delle religioni… Ai quali si
aderisce solo per interiore adesione.
Il diritto, invece, si distingue per il carattere della coercitività: impone l’osservanza delle
proprie regole. Ogni norma dunque ha una sua forza cogente (--> punizione) [o vengono
eliminate le conseguenze della trasgressione, o minaccia delle sanzioni…+.
La legittimazione del diritto avviene, da un punto di vista formale, in forza del potere di cui
sono investite l’autorità che lo emana e quella che ha il compito di farlo osservare, ma da un
punto di vista sostanziale, avviene grazie al consenso. Esso, dunque, vige perché è accettato.
(Concezioni volontaristiche – regimi dispotici – autorità --- es. ‘600 Hobbes
Concezioni organicistiche – regimi democratici – consenso --- es. ‘700 Rousseau)
2: La norma giuridica.
L’unità elementare del diritto è la NORMA GIURIDICA. L’insieme delle norme è
l’ORDINAMENTO GIURIDICO.
Per “istituto” si intendono più norme coordinate tra loro per assolvere una funzione unitaria.
Il testo delle leggi è diviso in articoli, a loro volta spesso suddivisi in commi. Ciascun articolo di
legge, o ciascun comma di legge, può contenere una o più norme.
Norme = FUNZIONE PRECETTIVA. —> contengono un comando da osservare o un comportamento
da adottare in una determinata situazione (tipico esempio sono le norme penali);
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Caratteri di una norma: GENERALE (non si rivolge a una singola persona, ma è applicabile a
una serie illimitata di casi) e ASTRATTA (regola PRECOSTITUITA; non riguarda fatti concreti. =
Civil Law; opposto al Common Law dei paesi anglosassoni, dove il giudice crea la norma secondo la
quale risolvere il conflitto…che cmq poi per altri giudici e casi come qllo, sarà una norma gen. ed astr.).
[La sentenza, invece, è un comando individuale e concreto.]
CERTEZZA del diritto: i singoli devono sapere in anticipo i comportamenti giuridicamente leciti,
per potersi poi regolare di conseguenza.
La norma pone una FATTISPECIE astratta l’astrattezza della norma è data dall’astrattezza
della sua fattispecie. FATTISPECIE= l'astratta previsione della legge relativa ad una eventualità, individuando gli effetti giuridici da essa prodotti.
SUSSUNZIONE: confronto tra la fattispecie astratta e quella concreta, per vedere se quella
concreta corrisponde all’astratta; se vi corrisponde, a quella fattispecie concreta è applicabile
la norma.
DIRITTO PRIVATO = * regola i rapporti tra privati. * Secondo il diritto romano, il d. privato
serviva alla protezione di interessi particolari.
* È il “diritto” senza ulteriore qualificazione, il diritto comune, applicabile sia nei rapporti tra
privati, che in quelli a cui partecipa lo Stato…
DIRITTO PUBBLICO = * regola i rapporti cui partecipa lo Stato o altro ente pubblico (quindi
tra il privato cittadino e lo Stato). [I rapporti tra privati possono essere
regolati solo dal d. privato, mentre non è detto che i rapporti cui partecipa lo Stato siano sempre e solo
regolati dal d. pubblico.]
* Secondo il diritto romano, il d. pubblico serve a proteggere l’interesse generale della
collettività. *Ma ci sono paesi dove l’attività degli apparati esecutivi dello Stato, diretta a realizzare
l’interesse generale, si svolge prevalentemente nelle forme del diritto privato.]
* Il diritto pubblico riguarda solo i rapporti ai quali partecipa lo Stato o altro ente pubblico,
quali enti dotati di sovranità il d. pubblico regola l’esercizio della sovranità (concetto
implicito nel concetto di Stato di diritto, cioè Stato che esercita la sovranità).
Regola: 1) l’organizzazione dello Stato; 2) i rapporti autoritativi tra Stato/enti e individui/enti.
* Sotto-sistemi del diritto pubblico: d. costituzionale (che non coincide per forza con la
presenza di una Costituzione. Regole fondamentali di organizzazione dello Stato),
amministrativo, penale, processuale.
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In Italia vige il modello (di origine francese) dello Stato a diritto amministrativo: l’attività degli
apparati dell’esecutivo dello Stato e quella degli enti pubblici si svolgono per atti autoritativi
(detti amministrativi), regolati dal diritto amministrativo. [Mentre in Gran Bretagna e altri paesi
vige il modello opposto dello Stato a diritto comune, i cui la pubblica amministrazione agisce secondo il
diritto privato.]
In ogni caso, in mancanza di una norma di legge che riconosca alla pubblica amministrazione
poteri autoritativi, essa resta sottoposta al diritto privato comune.
*L’applicazione del diritto privato caratterizza poi l’attività economica: le imprese esercitate dallo Stato
sono sottoposte alle stesse norme applicabili alle imprese private.]
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Le norme non indicano solo obblighi e divieti… infatti una ulteriore, e
diversa, situazione è la cosiddetta soggezione: quando una norma espone un soggetto a
subire le conseguenze di un atto altrui.
La situazione attiva, correlativa ad una soggezione, è detta potere. Ai poteri riconosciuti dal
diritto privato, si dà il nome di diritti potestativi (particolare tipo di d. relativo). [es. diritto di
recesso dal contratto]
Diverso ancora è l’onere: si definisce tale il comportamento che il
soggetto è libero di osservare o di non osservare, ma che deve osservare se vuole realizzare un
dato risultato.
Nel caso in cui il soggetto portatore dell’interesse protetto non coincida
con il soggetto titolare del diritto, si parla di potestà: ovvero poteri propri del soggetto, anche
se spettantigli nell’interesse altrui.
[Non vanno confusi con i poteri derivati, in forza dei quali un soggetto è abilitato ad agire
nell’interesse altrui per incarico conferitogli dallo stesso interessato *rappresentanza] o dalla
pubblica autorità [ufficio]).
ATTO GIURIDICO: (art. 2 c.c.) sottocategoria dei fatti giuridici, gli atti giuridici sono atti
destinati a produrre effetti giuridici; perché producano effetti però non basta la capacità
naturale di intendere e di volere, ma serve anche la legale capacità di agire.
Ce ne sono 2 specie fondamentali:
- le dichiarazioni di volontà. Occorre qui che il soggetto, oltre ad aver voluto il fatto (come
nel caso del fatto umano in genere), abbia voluto anche gli effetti del fatto. [es. è il caso del
contratto. Art. 1321…no effetti se non voluti].
- le dichiarazioni di scienza. Con questi atti, il soggetto dichiara di avere conoscenza di un
fatto giuridico. L’effetto è di provare l’esistenza di fatti giuridici (e non, come per le dich. di
volontà, di costituire o modificare o estinguere rapporti giuridici).
{I fatti giuridici hanno valore anche fuori del diritto, mentre gli atti giuridici sono fatti solo giuridici:
hanno valore solo nel mondo del diritto, creati affinché possano produrre effetti giuridici.}
NEGOZIO GIURIDICO: Il corrente linguaggio dei giuristi talvolta non rispetta questo schema:
si considerano come “fatti giuridici” i fatti naturali; come “atti giuridici” i fatti umani; mentre si
impiega il concetto, estraneo al linguaggio legislativo, di “negozio giuridico” per indicare gli atti
di volontà.
[In Germania, con il codice civile del 1900, il negozio giuridico è diventato una categoria legislativa. Il
nostro codice civile non ha seguito l’esempio tedesco ma rimane sul modello francese.+
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Cap. 2: LE FONTI DEL DIRITTO E L’INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE
1: Il sistema delle fonti del diritto.
Le fonti sono gli atti che l’ordinamento abilita a produrre norme. Esse si dividono in:
FONTI DI PRODUZIONE (=modi di formazione delle norme giuridiche) e
FONTI DI COGNIZIONE (=testi che contengono le norme giuridiche già formate) [la principale
fonte di cognizione è la Gazzetta Ufficiale, in cui troviamo le nuove leggi emanate].
Le fonti del diritto che interessano in ns Paese sono f. del diritto nazionale (Italia) e f. del diritto
sovranazionale (Comunità Europea).
Prima dell’inizio del Codice Civile ci sono delle “Disposizioni sulla legge in generale”, definite
preleggi, che risalgono al 1942 (cm il c.c.) e non tengono conto né della Costituzione (1948),
né della Comunità Europea (1957), né dell’autonomia legislativa delle regioni (1970).
Le preleggi si limitano ad indicare come fonti del diritto: le LEGGI, i REGOLAMENTI, gli USI.
Oggi il sistema delle fonti deve essere così completato:
1) il TRATTATO DELLA COMUNITÀ EUROPEA e i REGOLAMENTI COMUNITARI;
2) la COSTITUZIONE e le LEGGI COSTITUZIONALI;
3) le LEGGI ORDINARIE DELLO STATO:
4) le LEGGI REGIONALI;
5) i REGOLAMENTI;
6) gli USI.
Si deve rispettare questa gerarchia, pena l’illegittimità delle norme che risultino in contrasto
con quelle prodotte da fonti di grado superiore.
(Contrasto tra fonti sullo stesso grado: la norma più recente abroga quella anteriore… es. legge
costituzionale Costituzione, decreto legislativo decreto regio.)
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b) LEGGI ORDINARIE DELLO STATO:
Intese come fonti di produzione, sono quel procedimento di formazione di norme giuridiche
che è regolato dagli artt. 70 ss. Cost. [iniziativa del governo o di ciascun membro del parlamento o dei
consigli regionali o iniziativa popolare – approvazione separata da parte delle due camere –
promulgazione da parte del Presidente della Repubblica].
(Ma molte leggi tuttora vigenti e tuttora fonti di cognizione [es. Cod. Civ., Cod. Penale, Cod. della
Navigazione…+, non sono state formate secondo gli odierni modi di produzione legislativa del
diritto, perché formate in epoca anteriore alla Costituzione ).
Alle leggi ordinarie sono equiparati atti del governo aventi forza di legge ordinaria:
decreti-legge (che il governo può emanare solo in “casi straordinari di necessità e di urgenza”, e
che perdono efficacia se entro 60 gg il parlamento non li abbia convertiti in legge. Art. 77 comma
2° Cost.) e decreti legislativi (o “leggi delegate”, che il governo emana per delega del parlamento.
Art. 76 Cost.: principi e criteri direttivi, tempo e oggetto definiti).
c) LEGGI REGIONALI:
Rappresentano l’autonomia, anche legislativa, che la Costituzione riconosce alle regioni. Sono
dunque una limitazione interna alla sovranità dello Stato, che nelle materie di competenza
legislativa regionale può dettare solo “principi fondamentali” (e se lo Stato invade la competenza
regionale, la regione può sollevare davanti alla Corte Costituzionale la questione di legittimità della legge
statale [così cm ovviamente può fare il governo in caso contrario]).
Le leggi regionali non possono toccare l’ “ordinamento civile e penale”, quindi il diritto privato
e quello penale.
d) REGOLAMENTI:
Sono fonti normative sottordinate alla legge. Sulla loro legittimità giudica un giudice ordinario.
Emanati dal governo, dalle regioni, province, comuni, Banca d’Italia, Commissione nazionale per
le società, borsa (Consob).
Si può distinguere tra regolamenti governativi di esecuzione (per regolare nei particolari
materie già regolate dalla legge) e r. g. indipendenti (per regolare materie non regolate da alcuna
legge). Questo grazie ad una politica della “delegificazione” mirata ad alleggerire le funzioni del
parlamento… fino al punto di consentire l’emanazione di regolamenti con efficacia equivalente
alla legge (a 2 condizioni: 1. che la materia da regolare non sia coperta, per la Costituzione, da
riserva assoluta di legge; 2. che una legge autorizzi il governo a disciplinare per regolamento una
data materia).
e) USI:
Detti anche consuetudini. Sono una fonte non scritta e non statuale di produzione di norme
giuridiche: consistono nella pratica uniforme e costante di dati comportamenti con la convinzione
che siano giuridicamente obbligatori. (Mentre la “prassi” è solo un consueto modo di comportarsi
degli operatori di un settore…senza che essi abbiano la convinzione……).
(Hanno grande importanza nei paesi anglosassoni, dove, insieme alle pronunce dei giudici, formano la
common law. Nel sistema italiano, se una materia non è regolata da norme statuali è perché non ve ne è
interesse, e quindi tale materia può essere regolata dalla consuetudine, fonte cioè non statuale. Nelle
materie regolate da leggi o da regolamenti, invece, la consuetudine ha effetto solo in quanto sia da essi
richiamata.) {raccolte scritte di usi nelle Camere di Commercio per regolare variabili come i prezzi… non
fanno comunque degli usi delle fonti scritte…servono solo da prova.}
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+ Diritto comunitario:
Ad un livello sovraordinato rispetto alle fonti di diritto interno, si collocano il Trattato istitutivo
della Comunità Europea e i regolamenti emanati dal Consiglio della Comunità.
La Comunità rivolge direttive vincolanti ai singoli Stati membri per la formazione di un diritto
europeo uniforme; quindi comporta limitazioni della sovranità dei singoli Stati. Il giudice dello
Stato è tenuto a disapplicare le norme interne che siano in contrasto con le norme comunitarie
( sindacato diffuso: si risparmia un passaggio *rispetto a quello “accentrato”+. C’è però una
diversità di decisione e di interpretazione e la norma è ancora presente… dunque gli altri giudici
non sono vincolati).
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controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si farà riferimento a
disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe.
[Ne deriva quindi che delle norme si può fare un’applicazione diretta e una analogica.]
L’applicazione analogica ha però due limiti: 1) non possono essere applicate a casi simili le
norme penali 2) e le norme eccezionali (ossia quelle che fanno eccezione a regole generali).
Può accadere che il giudice non trovi una norma che preveda il caso da risolvere, né norme
relative a casi analoghi… egli dovrà quindi decidere “secondo i principi generali
dell’ordinamento giuridico dello Stato” (principi non scritti che si ricavano per induzione).
[Per il ns ordinamento, ogni sentenza è una conclusione dotata di autorità.]
Cap. 3: LE PERSONE
1: Condizione giuridica della persona: la capacità giuridica, il nome, la sede.
Per il diritto l’uomo è una persona (x il Cod. Civ.), un soggetto di diritto (x l’uso dottrinale).
È cmq punto di riferimento di diritti e doveri. (ogni uomo è “persona” dalla nascita fino alla morte)
Ogni persona è identificata con un nome, che consta di prenome e di cognome. Il prenome è
scelto da chi dichiara la nascita o, se qst se ne astiene, dall’ufficiale di stato civile. Il cognome,
per un figlio legittimo (concepito da genitori uniti in matrimonio) è quello del padre; altrimenti
è figlio di ignoti e il cognome è dato dall’ufficiale. Se il figlio naturale viene riconosciuto,
assume il cognome del genitore che lo ha riconosciuto.
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Domicilio = luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari o interessi.
(art. 43 c.c.) (La persona può eleggere un domicilio speciale, per particolari atti o affari).
Residenza = normalmente coincide col domicilio; luogo della dimora abituale della persona.
Dimora = luogo in cui la persona attualmente soggiorna, anche se non corrisponde al luogo in
cui soggiorna abitualmente (es. seconda casa).
Soggiorno = luogo in cui si prende alloggio occasionalmente o momentaneamente (es.albergo).
Se una persona scompare dal luogo del suo ultimo domicilio o residenza e non se ne hanno più
notizie...
- dopo 2 anni il tribunale può dichiarare l’assenza della persona, e chi sarebbe stato erede
prende il possesso temporaneo dei beni dell’assente. Se l’assente ricompare, gli dovranno
essere restituiti i beni, ma non le rendite nel frattempo percepite;
- dopo 10 anni dall’ultima notizia invece, si può dichiarare la morte presunta. Si apre così la
successione ereditaria (quindi eredi con la piena disponibilità dei beni) e il coniuge può
contrarre nuovo matrimonio. Se il presunto morto ricompare, gli saranno restituiti i beni
nello stato in cui si trovano (se sono stati venduti e il denaro speso, non avrà diritto a nulla)
e il nuovo matrimonio del coniuge perderà efficacia.
Il minore acquista diritti e doveri per mezzo dei suoi legali rappresentanti: è sottoposto alla
potestà dei genitori o alla cura di un tutore nominato dal tribunale. Ad essi spetta la legale
rappresentanza del minore e compiono in suo nome gli atti giuridici (vale però solo per gli atti
che non abbiano carattere strettamente personale, come il matrimonio, il testamento…).
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3) Si nomina invece un AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO in caso di stato di infermità o
menomazione fisica o psichica che provoca l’impossibilità, anche parziale o temporanea, di
provvedere ai propri interessi. È più flessibile. (artt. 404-413 c.c.)
MINORE
INCAPACITÀ
LEGALE
INTERDETTO
STATO DI INFERMITÀ MENTALE
INABILITATO
Se stipulo un contratto con un incapace legale è annullabile perché c’è la certezza giuridica di
questa situazione… mentre se lo stipulo con un incapace naturale, che si trova in un transitorio
stato di incapacità di intendere e di volere, dipende…
FISICA = l’uomo
PERSONA
GIURIDICA = organizzazioni collettive, enti pubblici, associazioni, fondazioni,
società, consorzi… (d. privato); comuni, province… (d. pubblico)…
È persona giuridica ogni soggetto di diritto diverso dalla persona fisica. È un soggetto a sé
stante, ulteriore rispetto alle singole persone fisiche che compongono l’organizzazione
collettiva.
Ha una propria capacità giuridica (che le permette di essere titolare di propri diritti e di propri
doveri) e anche una propria capacità di agire (compie atti giuridici per mezzo delle persone
fisiche che agiscono come suoi organi).
È inoltre sempre formalizzata: o è riconosciuta con un atto dello Stato od ottiene la personalità
giuridica dopo che un pubblico ufficiale (notaio) ha controllato determinati requisiti e richiesto
l’iscrizione dell’atto nel registro delle imprese…
[Secondo la teoria della finzione, le persone giuridiche sono soggetti artificiali. La teoria della realtà, o teoria
organica, le vede invece come veri organismi sociali. Oggi c’è una diversa teoria: si mette in evidenza la natura
essenzialmente linguistica del concetto di persona giuridica; si dice che essa è una immagine del parlare figurato,
giustificata dal fatto che le norme regolatrici delle organizzazioni collettive danno luogo a situazioni analoghe a
quelle che si verificano per il sorgere di un soggetto di diritto.
Ogni proposizione formulata con riferimento a persone giuridiche è traducibile cmq con riferimento alle persone
fisiche che le compongono e che agiscono in loro nome. Questa consapevolezza permette di sventare i cosiddetti
abusi della personalità giuridica.]
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4: Classificazione delle persone giuridiche: enti pubblici e privati.
Gli ENTI PUBBLICI sono, in primo luogo, lo Stato, le regioni, le province e i comuni.
Ad essi spetta un potere sovrano (o potestà di imperio). Art. 1 Cost.: “la sovranità appartiene al
popolo”, ed è esercitata nelle forme dell’elezione, a suffragio universale e diretto, del
parlamento della Repubblica e dei consigli regionali, provinciali e comunali.
Questi enti pubblici si definiscono territoriali perché sono di una data comunità, stanziata su
un determinato territorio. Questi enti hanno una doppia capacità: di diritto pubblico
(emanare atti autoritativi/ amministrativi) e di diritto privato (hanno capacità giuridica e
capacità di agire, come i soggetti privati).
Poi ci sono altri enti pubblici con compiti specifici, monosettoriali o plurisettoriali, nazionali o
locali (es. enti di previdenza, università, enti fieristici, enti pubblici economici…).
Vi sono inoltre gli enti strumentali dello Stato e degli altri enti territoriali: lo Stato o altro ente
territoriale vi affida alcune proprie attività. E lo Stato, o altro ente territoriale, ha il potere di
formulare direttive (ma non ordini) per l’attuazione dei fini.
(Questi enti hanno solo la capacità di diritto privato.)
Si può dire che tutti gli enti pubblici perseguano FINI PUBBLICI, pubblici interessi.
Persone giuridiche PRIVATE sono le organizzazioni collettive costituite secondo le norme del
codice civile; sono persone giuridiche di diritto comune. I tipi più importanti sono: associazioni,
fondazioni, società.
Invece:
Società scopo della divisione degli utili realizzati con l’esercizio di un’attività economica;
Cooperativa scopo di natura economica.
Alle associazioni possono aderire nuovi membri e i membri che ne fanno parte possono uscirne
in ogni momento con dichiarazione di recesso.
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Agisce per mezzo dei propri organi: gli associati, riuniti in assemblea formano l’organo
sovrano; gli amministratori, nominati dall’assemblea, l’organo esecutivo.
*FONDAZIONI
La fondazione è una stabile organizzazione predisposta per la destinazione di un patrimonio
privato ad un determinato scopo di natura ideale (assistenziale, culturale, scientifica…).
Anche la fondazione, come l’associazione, è un’organizzazione collettiva mediante cui i privati
perseguono scopi superindividuali; però se ne differenzia perché:
- l’atto costitutivo della fondazione è un atto unilaterale (quindi produce effetti giuridici in
virtù della sola dichiarazione di volontà del fondatore, normalmente una sola persona). Può
anche essere costituita per testamento;
- la fondazione ha un solo organo, gli amministratori (vincolati dal fondatore).
Le associazioni riconosciute come persone giuridiche sono quelle che hanno chiesto ed
ottenuto questo riconoscimento; altrimenti si parla di associazioni non riconosciute come
persone giuridiche.
Le riconosciute, in linea di principio, sono soggetti di diritto a sé stanti, distinti dalle persone
dei membri. Ma così non è: la condizione delle 2 tipologie è per molti aspetti sempre più
parificata…(con una legge del 2000):
1) le ass. riconosciute possono acquistare beni, mobili e immobili, e acquistarli sia titolo
oneroso sia gratuito. Le non riconosciute potevano solo a titolo oneroso.
2) delle obbligazioni assunte da un’ass. riconosciuta risponde solo l’associazione con il suo
patrimonio, con esclusione di una personale responsabilità dei singoli associati. Delle
obbligazioni assunte in nome di una ass. l’associato, in quanto tale, non è mai personalmente
responsabile… tuttavia, nelle ass. non riconosciute, gli amministratori sono personalmente
responsabili delle obbligazioni assunte in nome dell’associazione, qualora il fondo comune non
basti a soddisfare i diritti dei creditori.
COMITATI = quando fondi destinati ad uno specifico scopo di pubblica utilità sono raccolti per
pubblica sottoscrizione da una pluralità di promotori (che rispondono illimitatamente per le
obbligazioni assunte).
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Infatti, nel codice civile, sono BENI solo “le cose che possono formare oggetto di diritti” (art. 810), cioè
le cose che l’uomo aspira a fare proprie, oggetto di un proprio diritto.
Si prende in considerazione anche l’attitudine della cosa a formare oggetto di scambio; cioè sono beni
in senso giuridico solo le cose suscettibili di valutazione economica (quindi per es. anche le energie
naturali, se “hanno un valore economico”).
Ogni sistema giuridico:
- riconosce il diritto di proprietà (art. 832);
- regola i conflitti fra gli uomini per l’appropriazione delle cose determinando i modi di acquisto della
proprietà (divieto dell’uso della forza);
- fonda la categoria dei beni pubblici: considerati di utilità generale, sono appartenenti alla società
nel suo insieme, e quindi sottratti ad ogni possibilità di appropriazione da parte dei singoli (possibili
funzioni: salvaguardare la natura o il patrimonio culturale, storico, archeologico…).
Lo Stato e gli enti pubblici hanno il compito di:
* consentirne il disciplinato uso da parte di tutti (es. spiaggia, porti, fiumi…);
* utilizzarli in un modo da volgerli a vantaggio di tutti (es. foreste, miniere…).
I beni demaniali e i beni patrimoniali indisponibili sono inalienabili, “cose fuori commercio”.
- pone limiti alla proprietà e impone obblighi al proprietario.
DIRITTO DI PROPRIETÀ (art. 832): “il diritto (a) di godere e (b) disporre delle cose (c) in modo pieno ed
(d) esclusivo, (e) entro i limiti e (f) con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico”.
(c) in modo pieno: [caratteri delle facoltà di godere e disporre del proprietario]
- Il proprietario, cioè, può farne tutto ciò che non sia espressamente vietato: in mancanza di una norma
di legge che gli imponga di fare o non fare qualcosa, il proprietario gode di facoltà illimitate.
- La pienezza del d. di proprietà viene meno quando sulla cosa siano costituiti diritti reali minori che
limitino fortemente la facoltà di godimento del proprietario nuda proprietà. Tuttavia, nel momento
in cui tale d. reale minore si estingue, il d. di proprietà del proprietario si espande e riacquista la sua
pienezza ( elasticità della proprietà).
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- La pretesa del proprietario è protetta dall’autorità giudiziaria (norme del codice penale; azioni civili
come azioni petitorie, possessorie, di nunciazione).
(e) entro i limiti (alla facoltà di godere e disporre): [correttivi ai caratteri di pienezza ed esclusività del d. di
proprietà, per un punto di equilibrio fra interessi del singolo e interessi dell’intera collettività]
- Un limite è anzitutto il divieto degli atti di emulazione (art. 833), cioè il proprietario non può giovarsi
della sua cosa per compiere atti che non abbiano altro scopo se non quello di nuocere o recare molestia
ad altri.
- Con riferimento alla proprietà dei suoli, la facoltà di godimento è, per vari aspetti, limitata: per es. spetta ai
comuni (e non ai singoli proprietari) determinare l’assetto del territorio mediante appositi piani regolatori…quali
aree del territorio comunale sono destinate all’agricoltura, quali ad insediamenti industriali o commerciali e quali
all’edilizia residenziale.
(f) con l’osservanza degli obblighi (del proprietario): [correttivi ai caratteri di pienezza ed esclusività del d. di
proprietà, per un punto di equilibrio fra interessi del singolo e interessi dell’intera collettività]
- Per es. il proprietario del suolo deve consentirne l’accesso al vicino che abbia necessità di entrarvi per
eseguire opere sul suo fondo oppure a chi voglia riprendere la cosa propria che si trovi accidentalmente
(art. 843).
- Vi è poi il generale divieto al proprietario di beni produttivi che interessino la produzione nazionale di
abbandonare la coltivazione o, comunque, di astenersi dall’utilizzazione del bene. Altrimenti sanzione
dell’espropriazione o pagamento di un’indennità.
BENI MOBILI = tutti gli altri, quelli che la legge non considera immobili. (Es. energie naturali, denaro,
frutti naturali dopo la separazione dal suolo, molti beni produttivi…)
Le differenze tra beni immobili e mobili si manifestano nella legge della circolazione dei beni, cioè nelle
norme che regolano il passaggio dei beni da un proprietario ad un altro.
- I beni mobili circolano (passano da un proprietario ad un altro) in modi molto rapidi e forme molto
semplici (a cause dell’interesse generale alla circolazione della ricchezza [beni produttivi e beni di
consumo] per creare nuova ricchezza [economia liberale]). (non serve forma scritta per venderli)
- I beni immobili, invece, circolano in modo meno rapido e con forme più complesse: c’è infatti una
maggiore protezione dell’interesse individuale del proprietario a conservare la proprietà. (f. scritta)
I beni mobili iscritti in pubblici registri (come autoveicoli, navi e aeromobili) sono in una condizione
intermedia tra mobili e immobili.
Si parla di universalità di cose quando più cose mobili appartengono allo stesso proprietario e hanno
una destinazione unitaria (es. collezione di quadri, biblioteca, gregge…). La condizione giuridica delle
universalità tende ad essere assimilata a quella degli immobili.
Sono pertinenze le cose, mobili o immobili, destinate durevolmente al servizio o ad ornamento di
un’altra cosa mobile o immobile (es. scialuppe = p. mobile di cosa mobile [nave]; garage = p. immobile
di immobile *casa+…ecc…).
Circolazione delle pertinenze: gli atti o i rapporti che hanno per oggetto la cosa principale
comprendono, se non sono escluse, anche le pertinenze. [Il rapporto pertinenziale può essere costituito solo dal
proprietario della cosa principale, anche se non è proprietario della pertinenza. Può accadere quindi che il proprietario
trasferisca la cosa principale senza escludere le pertinenze, anche se non gli appartengono. Il rapporto pertinenziale fa sì che
l’acquirente della cosa principale acquisti anche le pertinenze, salvo che egli non fosse in mala fede al momento dell’acquisto.
Se però la cosa principale è un immobile o un mobile registrato, il proprietario della pertinenza può rivendicarla.]
Con il rapporto pertinenziale, più cose restano cmq una pluralità di cose (es. nave, scialuppe…).
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Con il rapporto di connessione, invece, più cose formano un’unica cosa (cosa composta: es. automobile,
con ruote, volante, vetri…).
COSE FUNGIBILI /beni di genere = appartengono ad un genere, all’interno del quale ogni bene è
indifferentemente sostituibile con altri (es. banconota da 10 con altra banconota da 10, capi di una
stessa specie di bestiame, qualsiasi oggetto prodotto in serie…). Sono quindi prese in considerazione in
rapporto al peso, al numero, alla misura (tot copie di un libro ecc…).
COSE INFUNGIBILI /beni di specie = esistono in un unico esemplare, non sono sostituibili (es. opera
d’arte, manufatto di un artigiano…beni immobili, come un dato ettaro di terreno, un dato
appartamento…). Sono prese in considerazione in rapporto alla loro identità.
Cap. 5: IL POSSESSO
1: Concetto di possesso.
La proprietà è una situazione di diritto (sulla cosa) [art. 832]. È la titolarità del diritto.
Il possesso è una situazione di fatto, è il potere sulla cosa [art. 1140+, che si manifesta in un’attività
corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà. È l’esercizio del diritto.
Quindi c’è una differenza fra l’essere proprietari di una cosa e il comportarsi come proprietari di essa.
(es. furto: il derubato resta proprietario della cosa, pur non essendone più possessore. Il ladro ne è ora
il possessore, pur non essendone proprietario.)
Il possesso ha una protezione giuridica autonoma.
Possesso pieno = possesso corrispondente al diritto di proprietà;
Possesso minore = possesso corrispondente al contenuto di altri diritti reali o alla comproprietà.
La protezione giuridica del possesso prescinde dallo stato di buona o mala fede del possessore (è
possessore quindi anche il ladro x es.).
Buona fede = chi possiede la cosa ignorando di ledere l’altrui diritto. Altrimenti mala fede.
Colpa grave = chi, pur ignorando l’altruità della cosa, poteva venirne a conoscenza usando un minimo di
diligenza.
Il possessore si presume in buona fede, salvo prova contraria. Basta che il possessore fosse
originariamente in buona fede (e possieda la cosa da tempo: chi prova di essere possessore attuale e di
avere posseduto in tempo più remoto, si presume abbia posseduto anche nel tempo intermedio).
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[Sia agli effetti della durata del possesso sia a quelli della qualificazione (se di buona o mala fede) vale il principio secondo cui il
possesso dell’erede continua quello del defunto, sommandosene e conservandone l’originaria qualificazione.]
[Accessione del possesso = in una successione a titolo particolare, l’acquirente può, se gli giova, sommare al proprio il possesso
dell’alienante.+
1) A TITOLO DERIVATIVO:
Quando si acquista sulla cosa il diritto di proprietà già spettante ad un precedente proprietario.
A chi trasferisce il diritto si dà il nome di dante causa; a chi lo acquista quello di avente causa.
L’avente causa acquista la proprietà della cosa solo se e solo come il dante causa ne era proprietario.
Quindi, se la cosa era di un terzo e questo la rivendica, l’avente causa non avrà acquistato nulla.
Se la cosa era gravata da diritti reali (es. usufrutto) o da garanzie reali di terzi (es. pegno, ipoteca), essa
si trasferisce dal dante causa all’avente causa continuando ad essere gravata dai medesimi diritti altrui.
(Subentro nel diritto così come questo è.)
2) A TITOLO ORIGINARIO:
Quando il diritto di proprietà che si acquista sulla cosa è indipendente dal diritto di un precedente
proprietario. Non subentro quindi ad un diritto altrui, ma acquisto la proprietà della cosa mediante un
rapporto diretto con essa.
( Quando non c’è un precedente proprietario o quando questi ha abbandonato la cosa *quindi res
nullius, cosa di nessuno. Come nel caso dell’invenzione: trovo una cosa di nessuno, e la prendo] o,
ancora, quando la cosa ha un precedente proprietario e, tuttavia, il diritto di questo è destinato a
soccombere di fronte al diritto di chi acquista a titolo originario.)
La proprietà si acquista libera da ogni diritto altrui che avesse gravato il precedente proprietario. Fa
estinguere anche i diritti reali e le garanzie reali in precedenza costituiti sulla cosa.
[es. si acquisto a titolo originario: dei FRUTTI (quando proprietario e possessore di buona fede fanno propri i frutti
della cosa); delle PERTINENZE (non appartenenti al proprietario della cosa principale).]
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Vale sia per beni immobili (serve però un possesso continuato nel tempo) sia per quelli mobili (il
possesso può determinare l’acquisto istantaneo della proprietà).
Il principio “possesso vale titolo” (art. 1153 o “usucapione istantanea”) ha la funzione di rendere
rapida e sicura la circolazione dei beni mobili, e si manifesta in 2 ipotesi:
1) acquisto di cosa mobile da non proprietario (quindi non è possibile in questo caso acquistare a
titolo derivativo). Si acquista la proprietà a titolo originario, purché il possessore sia in buona fede
(cioè ignori che il suo dante causa non era proprietario) e sussista un titolo idoneo al trasferimento
della proprietà (come x es. un contratto di vendita);
2) alienazione della stessa cosa mobile a più persone: se qualcuno aliena la stessa cosa a diverse
persone, ne acquista la proprietà quella che tra esse ne ha conseguito per prima (in buona fede) il
possesso (anche se il suo contratto è successivo a quello di un’altra persona).
Questa è una sicurezza per il compratore di cosa mobile: a questo, è infatti sufficiente, per essere
sicuro di aver comprato bene, conseguire in buona fede il possesso della cosa… Sa che, se non è
diventato proprietario a titolo derivativo, comunque lo è diventato a titolo originario.
Così l’intera circolazione dei beni è resa più sicura, più ampia e più rapida (es. no rischio di
comprare per poi dover restituire la cosa). [ si possono immettere sul mercato più beni e ci può
essere una maggiore produzione industriale.]
,Ne resta sacrificato l’interesse del 3° proprietario (A): A derubato – ladro – acquirente in buona fede, che
quindi si tiene lui la cosa.}
Nello stesso modo si acquistano, oltre alla proprietà, altri diritti reali su cose mobili (usufrutto e uso) e il
pegno. NON si può invece, acquistare mediante il possesso la proprietà di universalità di mobili (perché
non sono destinate alla circolazione), né quella dei mobili iscritti in pubblici registri (perché la forma di
pubblicità cui sono sottoposti ne consente l’equiparazione ai beni immobili).
5: L’usucapione.
Può accadere che un bene abbia, per anni, un possessore non proprietario e un proprietario non
possessore. Il proprietario non possessore perde il diritto di proprietà; il possessore non proprietario lo
acquista. Si ha così USUCAPIONE (o “prescrizione acquisitiva”): l’acquisto della proprietà, a titolo
originario, mediante il possesso continuato nel tempo.
Il possesso deve essere conseguito in modo non violento e non clandestino.
È, invece, irrilevante che il possesso sia di buona o di mala fede. Questa circostanza incide solo sulla
durata del possesso necessaria per l’usucapione.
Il fondamento dell’usucapione è assicurare la certezza dei diritti sulle cose. Infatti, un’incertezza
sull’appartenenza dei beni, si tradurrebbe in un forte freno alla circolazione dei beni e quindi in un
limite allo sviluppo economico.
L’usucapione rende agevole la prova della proprietà. Altrimenti la prova sarebbe impossibile,
soprattutto per i beni immobili (“prova diabolica”): se si dovesse provare di aver acquistato la proprietà
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a titolo derivativo, occorrerebbe provare che ogni proprietario, fino al primo proprietario del bene,
avesse validamente acquistato la proprietà dal proprietario precedente.
Cap. 9: L’OBBLIGAZIONE
1: Diritto reale e diritto di obbligazione.
Oltre che diritti agli uomini sulle cose, ci sono diritti che spettano agli uomini nei confronti di altri
uomini. Quindi, dai diritti reali, si distinguono i cosiddetti DIRITTI DI OBBLIGAZIONE (o DI CREDITO o
PERSONALI).
Eccone i caratteri distintivi:
1]
Sono diritti ad una prestazione personale, che può essere di:
DARE/CONSEGNARE (es. pagamento del prezzo di vendita);
FARE (es. prestazione di lavoro del dipendente);
NON FARE (es. obbligazione di non fare concorrenza).
[I diritti personali di godimento, come locazione e comodato, presentano forti analogie con i diritti reali.]
2]
I diritti reali sono assoluti. I diritti di obbligazione, invece, sono relativi: spettano ad un soggetto nei
confronti di uno o più soggetti determinati o determinabili.
3]
- I diritti reali fruiscono di una difesa assoluta (anche il titolare dei diritti reali minori ha azione in giudizio
contro chiunque contesti l’esercizio del suo diritto).
- I diritti di obbligazione fruiscono di una difesa relativa: il loro titolare può difenderli solo nei confronti
della persona dell’obbligato, mentre non può agire nei confronti dei terzi che contestino il suo diritto (es.
locazione, diritto personale di godimento della cosa altrui, e usufrutto, diritto reale su cosa altrui: se la cosa è
detenuta da un terzo, l’usufruttuario potrà agire direttamente nei suoi confronti per ottenerne la consegna; il
locatario, invece, avrà azione solo verso il locatore, perché recuperi il possesso della cosa e quindi gliela consegni.
L’usufruttuario è titolare di un diritto sulla cosa e può difendere da sé e contro chiunque il proprio diritto; il
locatario non ha che una pretesa alla prestazione dell’obbligato.).
Dagli anni ‘70, però, i diritti di credito sono diventati diritti patrimoniali protetti nei confronti di chiunque.
4]
Differenza che attiene alla legge di circolazione dei diritti: i diritti reali sono suscettibili di possesso, e quindi
si possono acquistare anche a titolo originario; i diritti di credito si possono acquistare solo a titolo
derivativo.
2: Il rapporto obbligatorio.
L’obbligazione è un rapporto o vincolo che lega un soggetto ad un altro soggetto (sempre determinati o
determinabili) per l’esecuzione di una data prestazione:
- soggetto attivo = creditore, cui spetta il diritto di esigere una data prestazione;
- soggetto passivo = debitore, il quale è tenuto ad eseguire la prestazione;
- l’oggetto dell’obbligazione è la prestazione, che deve avere carattere patrimoniale, cioè essere
suscettibile di valutazione economica (art. 1174). *L’interesse del creditore può anche essere non
patrimoniale: es. vado al cinema, pago, ma il mio interesse è culturale o di svago.]
Se uno dei soggetti (possono anche essere più di uno da ciascun lato) viola l’obbligazione assunta,
l’altro potrà chiedere il risarcimento del danno.
L’elemento comune al diritto reale e al d. di obbligazione sta nel fatto che insieme compongono la categoria dei
diritti patrimoniali, cioè diritti su una cosa o ad una prestazione avente valore economico.
(Ci sono poi diritti che, cm il d. reale, sono d. assoluti, ma difettano del carattere della patrimonialità: es. i d. della
personalità. E ci sono diritti che, cm il d. di obbligazione, sono d. relativi, ma mancano del carattere della
patrimonialità: es. i rapporti di famiglia, in cui infatti si parla di OBBLIGO e non di obbligazione.)
PATRIMONIO = l'insieme di tutti i diritti patrimoniali, reali e di obbligazione, che appartengono ad una medesima
persona: tutti i diritti di una persona, cioè, esclusi i diritti della personalità ed i diritti di famiglia.
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*patrimonio netto = patrimonio di una persona, detratto l’ammontare dei debiti+
TIPI DI PRESTAZIONE:
a) DARE (es. pagamento di una somma di denaro) o CONSEGNARE (es. consegna di un bene). Una
sottospecie è la RESTITUZIONE (alla scadenza del contratto).
Consegnare si può dividere in OBBLIGAZIONI DI GENERE (consegna di una cosa determinata solo nel
genere. Es. data somma di denaro, dato numero di autovetture di un certo modello… E il debitore deve
prestare cose di qualità non inferiore alla media) e OBBLIGAZIONI DI SPECIE (consegna di una cosa
determinata nella sua identità. Es. quel terreno, quell’autovettura… E bisogna custodire la cosa fino alla
consegna).
b) FARE, che si divide in 2 sottospecie:
OBBLIGAZIONE DI MEZZI = il debitore è obbligato a svolgere una determinata attività senza,
tuttavia, garantire il risultato che il creditore si attende.
[Es. professionisti intellettuali, cm medico e avvocato…non
garantiscono la guarigione o la vittoria. O prestatore di lavoro subord.]
c) NON FARE (o “prestazione negativa”). Es. imprenditore che si obbliga, verso un altro
imprenditore, a non fargli concorrenza; oppure agente di commercio, obbligato a non trattare affari, nella
zona assegnatagli dall’imprenditore preponente, per conto di altri imprenditori concorrenti.
Il debitore è obbligato, generalmente, ad una prestazione definibile come principale e ad una serie di
obbligazioni definibili come accessorie (es. Prestazione di fare accessoria ad una obbligazione di dare: custodire fino alla
consegna).
Una generale obbligazione accessoria, sia per il debitore che per il creditore, è quella di comportarsi secondo le
regole della correttezza (es. dovere di informazione).
OBBLIGAZIONE SOLIDALE:
- Solidarietà attiva: quando ciascuno dei creditori di uno stesso debitore, può esigere da lui
l’INTERA PRESTAZIONE. (Poi il concreditore che ha riscosso dovrà
corrispondere agli altri la parte delle prestazioni che spetta loro.)
L’adempimento conseguito da uno dei creditori libera il debitore
dall’obbligazione nei confronti di tutti i creditori.
- Solidarietà passiva: quando ciascuno dei debitori dello stesso creditore può essere costretto
da questo ad eseguire l’INTERA PRESTAZIONE, liberando dall’obbligazione
anche gli altri debitori. (Il condebitore che ha adempiuto avrà azione di
regresso verso gli altri per ottenere da essi il rimborso della parte da
ciascuno dovuta… Le parti di ciascuno si presumono uguali.)
*Quindi nei rapporti interni fra concreditori o fra condebitori l’obbligazione si divide.]
OBBLIGAZIONE PARZIARIA:
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- Parziarietà attiva: quando ciascuno dei creditori di uno stesso debitore può esigere da questo
solo la SUA PARTE DI PRESTAZIONE.
- Parziarietà passiva: quando ciascuno dei debitori di uno stesso creditore può essere costretto a
pagare SOLO LA SUA PARTE (--> il creditore, per ottenere l’intero, dovrà agire nei confronti di tutti).
Quando ci sono più debitori la regola è la solidarietà (passiva dunque).
Quando ci sono più creditori la regola è la parziarietà (attiva dunque); la solidar. deve essere pattuita.
In entrambi i casi si manifesta il principio del favore per il creditore (per far sì che i soggetti siano più
naturalmente portati a fare credito): la solid. pass. gli giova perché è esonerato dal rischio
dell’insolvenza dei singoli condebitori (in quanto può esigere l’intero dal condebitore che appaia più
solvibile); mentre la parz. att. permette a ciascun concreditore di realizzare direttamente quanto gli
spetta.
Eccezione: in caso di consegna di cosa indivisibile (es. automobile) o prestazione di fare indivisibile
l’obbligazione sarà necessariamente solidale.
L’obbligazione può, infine, aveva ad oggetto due o più prestazioni, in alternativa fra loro. La facoltà di scelta, di
regola, spetta al debitore, salvo che le parti non l’abbiano attribuita al creditore.
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- Deve essere eseguita dal debitore a richiesta del creditore (questi può in qualsiasi momento, a sua
scelta, esigere la prestazione [art. 1183], finché il suo diritto di credito non si sia estinto per prescrizione
[di regola, 10 anni]) o, se è fissato un termine, alla scadenza del termine (che si presume, se non
specificato diversamente, a favore del debitore. Art. 1184).
[Per chi ha più debiti verso lo stesso creditore, se nulla dichiarano né il debitore né il creditore, si estinguono
prima i debiti già scaduti, poi quelli meno garantiti, poi quelli di più antica data. Il debitore deve imputare il
pagamento prima agli interessi e poi al capitale.]
2: Le obbligazioni pecuniarie.
Il denaro è un bene mobile che assolve la funzione di mezzo di scambio. Definito anche moneta o
valuta (nazionale o estera).
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Obbligazioni pecuniarie o debiti di valuta = quelle che hanno per oggetto la consegna di una data
quantità di denaro (prezzo di una cosa venduta; retribuzione di una prestazione; restituzione di un prestito…).
Esse si adempiono con moneta avente corso legale nello Stato al momento del pagamento. (se
nell’obbligazione è stata dedotta moneta estera, il debitore che paga in Italia ha facoltà di adempiere sia nella
moneta estera sia nella corrispondente quantità di moneta italiana, salvo…)
Ai debiti di valuta, si contrappongono i debiti di valore: ricorrono quando una somma di denaro è dovuta non
come bene a sé, ma come valore di un altro bene.
(es. Debito di valuta obbligazione di pagare il prezzo.
Debito di valore obbligazione di risarcire il danno… qui il denaro viene in considerazione come equivalente
economico di un bene)
Nel momento in cui il valore viene liquidato, ossia tradotto in una somma di denaro, il debito di valore si
trasforma in debito di valuta. La differenza riguarda quindi solo il periodo antecedente alla liquidazione.
3: L’inadempimento dell’obbligazione.
Il debitore è inadempiente se non esegue la prestazione dovuta o se non la esegue esattamente, ed è
un fatto oggettivo.
Ne consegue la responsabilità del debitore: egli deve risarcire il danno che il suo inadempimento ha
cagionato al creditore. Tuttavia, il debitore è ammesso a provare che la mancata esecuzione della
prestazione è stata determinata da sopravvenuta impossibilità della prestazione (che deve essere
oggettiva, cioè un’impossibilità della prestazione in sé, divenuta ineseguibile da parte di qualsiasi
debitore) derivata da causa a lui non imputabile (deve cioè indicare la specifica causa che ha reso
impossibile la prestazione e provare che non gli è imputabile, ma che era un evento imprevedibile ed
inevitabile. Questo evento è detto caso fortuito *“fatalità” nel linguaggio comune+ o forza maggiore)
(art. 1218).
È quindi evidente il favore per il creditore: egli può pretendere dal debitore il risarcimento del danno
per inadempimento in base al solo fatto, oggettivo, della mancata o inesatta esecuzione della
prestazione. Il debitore, invece, può liberarsi da responsabilità solo offrendo la duplice prova…
a) prestazioni di dare che abbiano per oggetto una cosa di genere (data quantità di una cosa indicata
solo nel genere) = qui il debitore sarà sempre responsabile per la mancata esecuzione della
prestazione, perché questa potrà sempre e solo diventare al massimo soggettivamente impossibile,
mai oggettivamente (dare tot quantità di denaro…non è mai oggett. imposs. xk ce n’è sempre).
aa) prestazioni di dare che abbiano per oggetto una cosa di specie (es. non “consegnare una data
quantità di petrolio”, ma quella specifica partita di petrolio che si trova nel deposito dell’imprenditore).
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Lo stesso discorso vale per le prestazioni che abbiano per oggetto un genere limitato (può essere per
es. esaurita l’intera tiratura di un libro) = qui la prestazione può diventare oggettivamente impossibile,
e il debitore, per liberarsi, deve provare che la causa è a lui non imputabile ed era imprevedibile ed
inevitabile. Perché le eventuali cause ignote sarebbero a suo carico.
b) prestazioni di fare consistenti in prestazioni di mezzi = es. il lavoratore subordinato non si presenta al
lavoro… qui il fondamento della responsabilità può essere la colpa, cioè mancanza della diligenza.
L’onere di provare la colpa del debitore incombe sul creditore. L’impossibilità può essere oggettiva, ma
l’ulteriore prova della non imputabilità è difficilmente esigibile.
bb) prestazioni di fare consistenti nel realizzare un risultato = la mancata realizzazione del risultato può
derivare da impossibilità soggettiva, che NON libera il debitore da responsabilità, oppure da
impossibilità oggettiva, e allora si apre il problema delle cause e della loro imputabilità.
c) prestazioni di non fare = ogni fatto compiuto in violazione dell’obbligazione negativa è fatto
volontario, quindi il debitore è volontariamente inadempiente ed è, si dice, in dolo.
[mentre si dice che è in colpa quando l’inadempimento dipende da impossibilità oggettiva.
Responsabilità oggettiva (o responsabilità senza colpa), invece, quando il debitore risponde
dell’inadempimento derivante da impossibilità soggettiva o imp. oggettiva derivante da cause ignote+.
[La ripartizione del rischio per l’inadempimento, così come attuata dal codice civile, può entro certi limiti essere
modificata per la volontà delle parti. È però nullo il patto con il quale il debitore sia preventivamente esonerato da
responsabilità per dolo o per colpa grave.]
2} l’obbligazione di risarcire i danni che il creditore provi di avere subito a causa dell’inadempimento o
del ritardo nell’adempimento. È la cosiddetta responsabilità contrattuale (distinta dalla resp. da fatto
illecito, definita extracontrattuale): il debitore deve al creditore l’equivalente monetario dei danni
( una somma di denaro).
Il danno da risarcire è formato da:
- danno emergente = perdita subita dal creditore;
- lucro cessante = mancato guadagno.
Fra inadempimento e danno deve sussistere uno specifico rapporto di causalità, cioè il danno deve
essere conseguenza diretta e immediata dell’inadempimento e deve essere prevedibile dal debitore al
momento in cui l’obbligazione è sorta. (il danno prevedibile, sempre che sia conseguenza diretta e immediata
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dell’inadempimento, è risarcibile solo in caso di dolo del debitore. Altrimenti no, o cmq si riduce l’ammontare del
risarcimento).
La prestazione che ha per oggetto la consegna di una somma di denaro non diventa mai impossibile, il
debitore resta sempre tenuto ad eseguirla. Ma, oltre alla somma dovuta, il debitore dovrà, dal
momento in cui si trova in mora, gli interessi moratori (secondo il tasso legale).
La mora del creditore, invece, è quando il ritardo nell’adempimento dipende dal comportamento del
creditore: l’INGIUSTIFICATO rifiuto del creditore di ricevere la prestazione offritagli dal debitore, o cmq,
di metterlo in condizione di poterla eseguire.
Il creditore deve compiere “quanto è necessario affinché il debitore possa adempiere l’obbligazione”
(art. 1206). È il cosiddetto dovere (onere) di cooperazione del creditore all’adempimento del debitore.
La costituzione in mora del creditore si effettua con l’offerta della prestazione al creditore, che è:
- offerta reale per le cose mobili da consegnare al domicilio del creditore (il debitore le offre
materialmente per mezzo di un ufficiale giudiziario o di un notaio);
- offerta per intimazione per gli immobili e le cose mobili da consegnare in luogo diverso (il debitore,
per mezzo di un uff. giud., gli notifica la richiesta di ricevere la prestazione).
Effetti della cost. in mora del creditore (solo se il suo rifiuto era stato legittimo):
a) l’impossibilità sopravvenuta della prestazione è a carico del creditore, e il debitore conserva il suo
diritto alla controprestazione;
b) non sono più dovuti dal debitore interessi sulle somme di denaro;
c) sono dovuti dal creditore il rimborso per le spese di custodia della cosa e, in generale, il
risarcimento dei danni che il debitore abbia subito a causa della mora.
+ Oltre a questi effetti, il debitore può conseguire l’ulteriore effetto della propria liberazione dal
debito con il deposito della somma dovuta in una banca, o delle altre cose mobili in un luogo
indicato dal giudice, o con la consegna degli immobili al sequestratario nominato dal giudice.
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(art. 1241) (es. T. deve a C. 1 milione e C. deve a T. 2 milioni… C. dà a T. 1 milione e stop…)
- C. LEGALE: opera in modo automatico se ci sono i presupposti di legge. Si attua fra debiti OMOGENEI (es.
entrambi somme di denaro o quantità di cose fungibili dello stesso genere), LIQUIDI (determinati nel loro
ammontare) ed ESIGIBILI (non sottoposti a termine non ancora scaduto);
- C. GIUDIZIALE: decisa dal giudice; fra 2 debiti omogenei ed esigibili, ma uno non è ancora liquidato;
- C. VOLONTARIA: stabilita cioè per accordo delle parti (quando mancano i presupposti per le altre due).
(art. 1241 ss.).
Cap. 11: IL CONTRATTO
1: Il contratto e l’autonomia contrattuale.
Il contratto è fra i modi di acquisto della proprietà (e degli altri diritti reali) [ strumento per la
circolazione dei beni] (art. 922) ed è la principale fonte di obbligazioni (art. 1173) [mentre le
obbligazioni sono un vincolo di natura contrattuale].
L’art. 1321 ne dà una NOZIONE GENERALE: “l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o
estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale” .
“Patrimoniale”, cioè deve avere ad oggetto cose o prestazioni personali suscettibili di valutazione
economica (requisito proprio sia dei beni, sia delle prestazioni che formano oggetto di obbligazioni)
[ x es. il matrimonio non è un contratto].
Serie di norme da art. 1321 a 1469 --> riguarda i contratti in generale.
Una seconda serie di norme --> regola i “singoli contratti”, cioè quelli che trovano nel codice
(soprattutto 4°libro, ma anche 5°, 1° e altre leggi) una disciplina
particolare e specifica (es. vendita, locazione…).
Le norme sui contratti in generale sono norme comuni a tutti i contratti e si applicano a ciascuno di essi;
quelle sui singoli contratti valgono solo per i contratti cui si riferiscono.
Ciò che costituisce o regola o estingue un rapporto patrimoniale è, quindi, l’ “accordo delle parti”, ossia
la loro concorde volontà. La volontà dell’uomo svolge dunque un ruolo fondamentale…l’effetto
giuridico è prodotto dalla volontà delle parti interessate.
Si parla quindi di signoria della volontà: la legge riconosce ai privati un ampio potere di provvedere, con
proprio atto di volontà, alla costituzione, alla regolazione o all’estinzione dei rapporti patrimoniali.
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Il contratto è bilaterale quando le parti siano 2 (e necessariamente 2) [es. vendita, locazione…+;
plurilaterale quando le parti possono essere più di 2 (cmq con comunione di scopo) [es. contratto di
società].
Il concetto di PARTE del contratto non coincide con quello di “persona”: per “parte” si deve intendere
centro di interessi, e ciascuna parte di un contratto può essere formata da più persone (che formano
cmq un’unica parte).
Dai contratti si distinguono gli ATTI UNILATERALI, cioè dichiarazioni di volontà di una sola parte (es.
procura, art. 1387).
A differenza dei contratti, che costituiscono una categoria aperta e includono l’ammissibilità di
contratti atipici, gli atti unilaterali formano un numero chiuso: sono solo quelli previsti dalla legge.
Gli atti unilaterali non hanno una disciplina generale, ma solo la disciplina particolare relativa a
ciascuno di essi. (Tuttavia, ad essi si applicano, in quanto compatibili, le norme sui contratti. Art. 1324)
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1) i contratti con obbligazioni del solo proponente: qui il silenzio del destinatario della proposta è
valutato come tacita accettazione (riferimento ai contratti con effetti obbligatori e non vale per quelli con
effetti reali. Non è applicabile ai contratti formali, come la donazione) (art. 1333); (es. di fideiussione)
2) i contratti che ammettono (per richiesta del proponente o natura dell’affare o usi. Art. 1327)
esecuzione prima della risposta dell’accettante: il contratto è concluso nel tempo e nel luogo, in cui
ha avuto inizio l’esecuzione. Qui c’è tacita accettazione della proposta per fatto concludente, cioè
l’iniziata esecuzione della prestazione.
Gli atti unilaterali richiedono la loro comunicazione al destinatario e producono effetto dal
momento in cui giungono a conoscenza di questo (o, quantomeno, sono conoscibili).
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Il contenuto del contratto non è dunque solo il frutto dell’ “accordo delle parti”, ma è la risultante di
una pluralità di componenti. “Il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso,
ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge…” (art. 1374).
Oltre al contenuto pattizio del contratto, voluto dalle parti, c’è anche un contenuto legale, imposto dalla
legge.
Sono così indicate 4 fonti del regolamento contrattuale:
1. VOLONTÀ ESPRESSA DALLE PARTI;
2. LEGGE (norme imperative di legge e clausole direttam. inserite nel contratto per disposiz. di legge);
3. USI;
4. EQUITÀ (valutazione di fatto effettuata dal giudice).
E c’è una gerarchia: usi ed equità assumono carattere suppletivo (valgono solo in mancanza della volontà espressa
dalle parti o di disposizioni di legge).
Nei contratti a TITOLO ONEROSO, la causa si basa su uno scambio di prestazioni, mentre in quelli a
TITOLO GRATUITO la prestazione di una delle parti non trova giustificazione in una controprestazione
dell’altra parte, ma anche questi contratti hanno ciascuno una propria causa (es. causa della donazione:
spirito di liberalità).
I contratti tipici, proprio perché previsti e regolati dalla legge, hanno tutti una causa (causa tipica)
(modelli o schemi precostituiti di affari o di operazioni economiche).
Dalla causa in astratto (modello) si deve distinguere la causa in concreto (es. chi acquista per contratto
di vendita una cosa già sua non riceve nulla in cambio del prezzo…il contratto, benché tipico, sarà nullo
per mancanza di causa. Altro es. faccio un’assicurazione su un dipinto pregiato che ho, ma quando
ormai è già rotto…manca dunque la causa.).
Il problema della causa in astratto si pone per i contratti atipici. Per essi il giudice dovrà accertare se
“siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”, se, quindi, in
essi ricorra il requisito della causa (causa atipica).
È così riconosciuto un controllo giudiziario sull’uso che i privati fanno della propria autonomia
contrattuale, secondo il diritto e a protezione degli stessi contraenti (soprattutto del più debole)
[es. trasferimento della proprietà a titolo gratuito e anche in assenza di uno spirito di liberalità è nullo per
mancanza di causa…perché si induce che sia stato ottenuto dal contraente forte con prepotenza+ .
La giurisprudenza quindi esige la cosiddetta expressio causae, cioè l’enunciazione esplicita della causa.
Essa è richiesta anche per gli atti di liberalità, e si parla in tal caso di causa donandi.
Spesso il contratto atipico risulta dalla combinazione in un unico contratto di più contratti tipici; si parla
allora di causa mista (es. contratto di portierato, locazione e lavoro si combinano per dar vita ad
un’unica causa atipica).
Invece nei contratti collegati non c’è un contratto unico, ma una pluralità coordinata di contratti, che
conservano ciascuno un’autonoma causa, anche se mirano ad una unitaria e complessa operazione
economica (es. contratto alberghiero e contratto di trasporto dalla stazione all’albergo). Le vicende che
investono un contratto (nei contratti collegati) possono ripercuotersi sugli altri.
Contratti astratti, cioè diretti a produrre effetti per sola volontà delle parti indipendentemente dalla
esistenza di una causa, sono inammissibili.
Art. 1988: la semplice promessa di pagamento o il semplice riconoscimento del debito sono
dichiarazioni (unilaterali) astratte, dalle quali non emerge la causa in forza della quale si promette il
pagamento o ci si riconosce debitori. Quindi la dichiarazione ha un limitato valore: “dispensa colui a
favore del quale è fatta dall’onere di provare il rapporto fondamentale”…si parla di astrazione solo
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processuale della causa: anziché essere il creditore, secondo i principi generali sull’onere della prova, a
dover provare il titolo costitutivo del credito, sarà il debitore, per sottrarsi al pagamento, a doverne
provare l’inesistenza. *l’astrazione processuale non è ammissibile per il riconoscimento del diritto reale+
Contratto di accertamento: (valore analogo alla ricognizione di debito) con esso le parti mirano ad
eliminare l’incertezza relativa a situazioni giuridiche tra esse intercorrenti, e si vincolano
reciprocamente ad attribuire al fatto o all’atto preesistente gli effetti che risultano dall’accertamento
contrattuale; fa sì che gli effetti prodotti dalla fonte originaria siano quelli contrattualmente accertati;
ha quindi sempre effetto retroattivo.
Si parla di astrazione materiale dalla causa quando la legge riconosce (cm in Germania) che la
dichiarazione di volontà possa produrre effetto traslativo di diritti indipendentemente dall’esistenza di
una causa.
CAUSA del contratto è la sua funzione oggettiva; è unica per entrambi i contraenti e sempre la stessa
per i contratti di quel determinato tipo.
<>
MOTIVI del contratto ragioni soggettive che inducono le parti al contratto: sono diversi per un
contraente e per l’altro. Sono irrilevanti per il diritto.
LECITO =
- È illecita una cosa che non si DEVE fare/vendere…riprovevolezza… che contrasta con interessi
rilevanti dell’ordinamento, norme imperative, ordine pubblico, buon costume… (es. droga).
*mentre “illegale” è qualcosa di generico, che non si piò fare…+
DETERMINATO o DETERMINABILE =
- La vendita che non contenga elementi che permettano una sicura identificazione della cosa è nulla.
- Ma l’oggetto, anche se non determinato nel contratto, può però essere determinabile.
[Arbitrariamento = un caso di oggetto non determinato, ma determinabile, è quello del contratto che
deferisca ad un terzo (arbitratore) la determinazione dell’oggetto con equo apprezzamento. Questo può però
dare luogo a controversie… Le parti possono quindi preferire di affidare la determinazione dell’oggetto al
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mero arbitrio del terzo: in questo caso la determinazione del terzo può essere impugnata solo provando la
sua mala fede.]
La forma scritta può consistere in un atto pubblico (redatto da notaio o altro pubblico ufficiale
autorizzato con le parti in sua presenza. Serve per esempio per la costituzione di una società di capitali.) o in
una scrittura privata (redatto e sottoscritto dalle stesse parti).
La scrittura privata può essere autenticata da un notaio (sono così autenticate le firme, per impedire
che una delle parti, successivamente, possa disconoscere la propria firma).
Il requisito della forma scritta è di regola soddisfatto dalla sola scrittura privata, anche se non
autenticata; l’atto pubblico e l’autenticazione della scrittura privata sono solo speciali mezzi di prova, e
servono inoltre, insieme, per formare il titolo per la trascrizione del contratto nei registri immobiliari.
{PUBBLICITÀ}
Solo in alcuni casi l’atto pubblico è richiesto a pena di nullità del contratto (--> forma solenne):
donazione, contratto di società per azioni e di società a responsabilità limitata.
Altro è la forma scritta che talvolta la legge richiede per la prova del contratto (prova documentale)
{PROVA}…es. contratto di assicurazione, patto di non concorrenza fra imprenditori…
La forma scritta è qui richiesta come forma della prova, non del contratto…quindi x es. una quietanza di
pagamento può valere come prova (scritta) del contratto, anche se questo si è concluso oralmente.
7: Il contratto preliminare.
È il contratto con il quale le parti si obbligano a concludere un futuro contratto, del quale
predeterminano il contenuto essenziale. (La figura più diffusa è il preliminare di vendita: il trasferimento
della proprietà si avrà solo quando le parti concluderanno il contratto definitivo.)
È utilizzato quindi dalle parti per assicurarsi l’una l’impegno dell’altra, ma si riservano alcuni
accertamenti tecnici ecc…
Il codice civile prescrive che la forma deve essere la stessa che la legge richiede per il contratto
definitivo (art. 1351).
Prevede inoltre l’eventualità che una delle parti non adempia il preliminare: l’altra può rivolgersi al
giudice ed ottenere l’esecuzione forzata dell’obbligazione di contrattare…il giudice emetterà una
sentenza che produce gli effetti del contratto non concluso (art. 2932).
[Con il vero e proprio contratto preliminare non va confuso il contratto, che nella pratica viene spesso indicato
con lo stesso nome, già definitivo ma ancora mancante dei requisiti necessari per valere come titolo per la
trascrizione. Il secondo, cioè, è definitivo, ma le parti si ritrovano in un secondo momento per riprodurlo in un
documento avente la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata.+
Altra figura è la minuta di contratto o lettera di intenti: le parti concordano su alcuni estremi del futuro
contratto, ma non ancora punti essenziali. In questo caso, se non si raggiunge il successivo accordo sui
punti mancanti, non si potrà fare ricorso all’art. 2932 e si sarà in presenza di un contratto nullo.
[Se, per la conclusione del futuro contratto, le parti hanno convenuto una determinata forma, non richiesta dalla
legge, è per la validità del contratto, non per la semplice prova.]
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8: I contratti con il consumatore.
Nel Codice del consumo ci sono nuove norme per una maggiore tutela delle esigenze di
protezione del consumatore. Ci si riferisce al contratto che intercorre tra:
a) un PROFESSIONISTA, cioè persona fisica o giuridica, privata o pubblica, che nell’ambito della
sua attività imprenditoriale o professionale (cioè svolgere in modo non occasionale un’attività
diretta alla produzione o alla distribuzione di beni oppure alla prestazione di servizi) conclude
contratti aventi per oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi;
b) un CONSUMATORE, cioè solo persona fisica che si procura, per contratto, i beni o i servizi del
professionista per utilizzarli a fini personali, estranei dunque alla propria attività imprenditoriale o
professionale.
È un contratto con il quale il contraente forte (il professionista) può avvalersi della propria
forza contrattuale per imporre al consumatore, contraente debole, condizioni contrattuali che
provocano, a danno del secondo, uno squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, così
violando il dovere di buona fede.
È definita come vessatoria la clausola contrattuale che provoca un significativo squilibrio dei
diritti e degli obblighi reciproci; tale squilibrio è inteso in modo oggettivo e “la valutazione del carattere
vessatorio della clausola non attiene alla determinazione dell’oggetto del contratto, né all’adeguatezza
dei beni e dei servizi” (non riguarda quindi per es. la congruità del prezzo di vendita di una cosa).
Si presumono vessatorie, fino a prova contraria da parte del professionista, 20 clausole
espressamente menzionate dall’art. 33 del Codice del consumo…tra cui:
a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore;
b) escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista in caso di
inadempimento di quest’ultimo;
l) prevedere l’estensione dell’adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere
prima della conclusione del contratto.
Quella delle clausole vessatorie è una categoria aperta.
Nelle ipotesi a, b ed l la clausola è sempre e cmq nulla; nelle altre è nulla solo se sia stata
unilateralmente predisposta dal professionista, al di fuori di una trattativa individuale con il
consumatore.
La nullità è relativa (= opera solo a vantaggio del consumatore; non può essere fatta valere dal
professionista, ma solo da un giudice) e parziale (= non colpisce l’intero contratto, ma solo la singola
clausola definibile come vessatoria).
Confronto tra queste nuove norme (del codice del consumo) e le preesistenti norme dell’art.
1341:
- le norme dell’art. 1341 riguardano solo una specifica tecnica di contrattazione per condizioni generali di
contratto predisposte unilateralmente da una delle parti;
- le nuove norme invece presentano un ambito di applicazione più vasto (perché toccano anche clausole
che abbiano formato oggetto di trattativa individuale);
- per le nuove norme la controparte del predisponente può essere solo una persona fisica;
- l’art. 1341 si limita a richiedere specifica approvazione per iscritto delle clausole vessatorie, le quali
assumono piena efficacia se sono state in qst modo approvate. Per le nuove norme, invece, la vessatorietà di
una clausola comporta, in linea di principio, la sua nullità.
[Però le nuove norme, fuori dalle ipotesi a, b ed l, escludono il carattere vessatorio di una clausola quando
questa sia stata oggetto di una trattativa individuale… Ma in realtà questo non basta…perché il consumatore
neppure legge le clausole che sottoscrive…+;
- l’art. 1341 sopravvive alle nuove norme per i contratti nei quali l’altro contraente non sia definibile
come consumatore finale o non sia una persona fisica. Le nuove norme prevalgono, invece, sull’art. 1341,
quando si sia in presenza di un contratto definibile come contratto tra professionista e consumatore.
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[Tutela collettiva: una volta accertata la vessatorietà di una clausola, le associazioni di consumatori o di professionisti
e le camere di commercio possono chiedere al giudice di inibire l’uso di quella clausola.]
Protezione del consumatore riguardo alla contrattazione “porta a porta” o “a distanza”, cioè
condotta fuori dei locali commerciali jus peonitendi del consumatore = diritto di recesso dal
contratto entro 10 giorni lavorativi.
Cap. 12: VALIDITÀ E INVALIDITÀ DEL CONTRATTO
1: Le cause di nullità del contratto.
[Quando parliamo di invalidità, ci interessiamo di vizi genetici del contratto, cioè presenti in esso fino dal momento della sua
conclusione.]
Il contratto è invalido quando è in contrasto con una norma imperativa di legge. L’invalidità può essere
di due specie:
NULLITÀ (= sanzione generale)
INVALIDITÀ
ANNULLABILITÀ (= sanzione speciale)
La nullità è di portata generale: non occorre quindi che sia prevista dalla legge
come conseguenza della violazione di una data norma imperativa; basta che una norma imperativa sia
stata violata ( virtuale).
L’annullabilità ha invece un carattere speciale: ricorre quando sia stata espressamente prevista dalla
legge come conseguenza della violazione di una norma imperativa ( testuale).
(art. 1418)
[Esempi di cause di annullabilità: incapacità di contrarre delle parti, vizi del consenso, conflitto di interessi fra
rappresentato e rappresentante, altre specifiche cause…+
NORME IMPERATIVE = norme non derogabili per volontà delle parti; non
contengono l’inciso “salvo patto contrario”, “salvo diversa volontà delle parti” o simili… (lo capisco
quindi dalla formulazione, ma anche dagli interessi sottostanti…se per es. si capisce che la norma
persegue un interesse pubblico);
NORME DISPOSITIVE = ammettono una diversa volontà delle parti.
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# norme imperative (cmq l’espressa formulazione legislativa di un divieto non è necessaria perché il
giudice dichiari la nullità del contratto per illiceità…*è necessaria in sede penale…+);
# ordine pubblico (costituito da norme non esplicitamente formulate dalla legge, ma che si ricavano
per implicito dal sistema legislativo…);
# buon costume (costituito anch’esso da norme imperative non esplicite, ma ricavabili per implicito dal
sistema legislativo, e che comportano una valutazione del comportamento dei singoli in termini di
moralità e onestà. Esempi: sfera sessuale, costume politico, sportivo, negli affari…).
[Il contratto contrario al buon costume, sebbene nullo, produce uno speciale effetto (art. 2035): non si è
obbligati, come per ogni contratto nullo, a dare esecuzione al contratto; ma non si può ottenere la restituzione
di ciò che si è pagato in esecuzione del contratto…es. non posso riavere i $ che ho dato alla prostituta…+
L’oggetto è illecito quando la cosa dedotta in contratto è il prodotto o lo strumento di attività
contrarie a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume (es. vendita cose rubate), o la
prestazione dedotta in contratto è attività vietata.
L’illiceità della causa, invece, investe la funzione del contratto. Questo può avere oggetto
lecito e, tuttavia, una causa illecita: è il caso del contratto che obblighi le parti ad una prestazione e ad
una controprestazione entrambi in sé lecite, ma delle quali è vietato lo scambio…questo in pratica
appare molto difficile, e l’ipotesi della causa illecita finisce con l’essere assorbita da quella dell’oggetto
illecito.
[- Contratto con un killer che si obbliga per denaro ad uccidere qualcuno, nullo per illiceità dell’oggetto (xk illecito è uccidere).
- Contratto di “protezione” mafiosa, con il quale la mafia ottiene un compenso in denaro per non uccidere qualcuno, nullo per
illiceità della causa (xk illecito è lo scambio fra denaro e obbligazione di non uccidere).
- C. di prostituzione, nullo per illiceità della causa (illecito è lo scambio fra $ e prestazione sessuale, non l’attività sess. in sé).
Questi esempi non sono corretti cmq xk non uccidere, compiere i doveri del proprio ufficio, esercitare l’attività sessuale, non
possono formare oggetto di contratto, neppure a titolo gratuito --> impossibilità dell’oggetto.]
È illecita poi la causa dei contratti conclusi in frode alla legge (art. 1344), cioè che
costituiscono il mezzo per eludere l’applicazione di una norma imperativa.
*es. per aggirare il divieto del pegno o dell’ipoteca con patto commissorio (in base al quale la cosa data in pegno o ipotecata, in
caso di mancato pagamento del credito alla scadenza, passa in proprietà al creditore) si utilizza la vendita a scopo di garanzia,
specie nella forma della vendita con patto di riscatto: il debitore vende al creditore un proprio bene per un prezzo determinato
in misura corrispondente al suo debito in capitale e interessi (anche se questo esiguo rispetto al valore della cosa venduta); se
alla scadenza il debitore potrà pagare il suo debito, eserciterà il diritto di riscatto e riavrà la cosa venduta, altrimenti questa
resterà al creditore.
Altro caso:per eludere il divieto di donaz. a favore del tutore, si dona a un 3° con il segreto patto che a sua volta doni al tutore.]
Il motivo, di regola irrilevante per il diritto, diventa tuttavia rilevante quando è illecito.
Il motivo illecito, per rendere nullo il contratto, deve essere il motivo esclusivo del contratto, ed essere
il motivo comune ad entrambe le parti (art. 1345) [es. noleggiare una nave per esercitare con essa il
contrabbando, e anche chi l’ha data a noleggio trae vantaggio da questo.+ .
(Nella donazione è invece sufficiente il motivo illecito del donante… per esempio quella fatta per gratitudine a chi
ha prestato un favore illecito…)
La nullità è prevista anche in mancanza di una forma prevista dalla legge e in mancanza di accordo.
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b) dallo stesso minore o emanc. o interd. o inab., una volta raggiunta la maggiore età o una volta
revocato dall’autorità giudiziaria lo stato di interdizione o inabilitazione;
c) dagli eredi o aventi causa del minore.
L’annullabilità è prevista a favore dell’incapace…quindi in nessun caso l’annullamento del contratto può
essere chiesto dal contraente capace.
[Il contratto del minore non può essere annullato se questo ha occultato la sua età con raggiri. Art. 1426]
[L’incapace legale può avere però la naturale capacità di intendere e di volere. Così nel caso del minore: egli è
legalmente incapace di contrattare in proprio nome, ma la sua capacità naturale gli consente di contrattare in
nome altrui: può concludere contratti in rappresentanza di un’altra persona che abbia la capacità legale di
contrattare, come x es. i suoi genitori (es. undicenne che compra un quaderno) (art. 1389). Tuttavia, in nessun
caso il minore potrà, se non munito di procura scritta, concludere contratti per i quali sia richiesta la forma scritta
a pena di nullità (art. 1392).]
--- INCAPACITÀ NATURALE ---
È incapacità naturale, quella di chi è giuridicamente dotato di capacità legale (art. 1425
comma 2°):
- l’incapacità di intendere e di volere del maggiorenne affetto da infermità mentale, ma non
interdetto né inabilitato;
- lo stato temporaneo di incapacità di intendere e di volere, per una causa transitoria, al
momento della conclusione del contratto.
Per l’annullamento, però, la legge esige ulteriori requisiti, oltre alla prova dell’incapacità:
gli atti unilaterali (es. un’offerta al pubblico) sono annullabili, su istanza dell’incapace o dei suoi aventi
causa, solo se si prova che dall’atto deriva un grave pregiudizio all’incapace (art. 428 comma 1°).
*La legge considera l’incapacità naturale non come fattore che altera la volontà, ma come possibile fattore di
alterazione della causa del contratto, che è annullabile solo se concluso a condizioni gravemente pregiudizievoli
per la parte incapace. Chi invece, x es., sotto l’azione dell’alcool, ha venduto un oggetto che gli era caro, ma ad un
giusto prezzo, non c’è alterazione dell’equilibrio causale del contratto e quindi questo è perfettamente valido.+
i contratti sono annullabili solo se si prova, oltre al grave pregiudizio per l’incapace, anche la
mala fede dell’altro contraente (art. 428 comma 2°). (È protetto, sotto questo aspetto, l’affidamento di chi,
ignorandone l’incapacità, ha contratto con l’incapace: l’autonomia contrattuale dell’incapace è sacrificata di
fronte ad un interesse giudicato prevalente, l’interesse generale ad una vasta e sicura circolazione dei beni.)
*Eccezione: donazione… l’incapacità naturale del donante comporta l’annullabilità del contratto, anche se ignota
al donatario (art. 775).]
[Altra eccezione: violenza fisica… se lo stato di incapacità naturale è provocato dell’altro contraente, il contratto
non è semplicemente annullabile, ma nullo.]
Il contratto è poi annullabile quando ci sono vizi del consenso/della volontà (cioè la volontà della parte è
presente ma “viziata”, cioè il suo processo formativo è stato alterato) se la volontà di una delle parti è stata
[art. 1427]
ERRORE MOTIVO
Detto anche errore-vizio, è l’errore che insorge nella formazione della volontà, prima che
questa venga dichiarata all’esterno: consiste in una falsa rappresentazione della realtà che induce il
soggetto a dichiarare una volontà che, altrimenti, non avrebbe dichiarato.
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Deve essere un errore essenziale (art. 1428), cioè determinante del volere…ossia tale per cui
il contraente, se non fosse incorso in errore, non avrebbe concluso il contratto.
È tale se cade (art. 1429):
1) sulla natura (errore sul tipo di contratto che si conclude…es. credo di comprare, e invece ricevo in
leasing) o sull’oggetto del contratto (riguarda la cosa o la prestazione dedotta in contratto);
2) sulla identità dell’oggetto (oppure su qualità dell’oggetto determinanti del consenso…es. non
avrei, per quel prezzo, comperato se avessi saputo che era un’imitazione ).
È, invece, irrilevante l’errore sul valore in sé considerato (non ci si può rivolgere ad un giudice per un
“cattivo affare”); è diverso, invece, il caso in cui ad indurre il contraente in errore sul valore sia stato, con
raggiri, l’altro contraente: il contratto sarà, in tal caso, annullabile per dolo.
(Errore sul prezzo, invece, è errore ostativo. Es. compero invogliato dal prezzo che credevo espresso in lire,
invece era espresso in dollari.)
(Il semplice errore di calcolo, infine, non rende annullabile il contratto).
3) sull’identità (credo di contrattare con Tizio, invece contratto con Caio) o sulle qualità personali
dell’altro contraente (lo credevo, erroneamente, in floride condizioni economiche).
È un errore che può assumere rilievo solo nei contratti intuitu personae, cioè quando l’identità o le
condizioni personali dell’altro contraente siano determinanti del consenso.
Per i contratti personali, in cui l’identità o le qualità personali del contraente sono sempre
determinanti del consenso, basta la sola prova dell’errore sulla identità del contraente o sulle sue
qualità personali (non occorre provare che l’errore è stato determinante del consenso, essendo
l’identità e le qualità pers. del contraente circostanza inerente all’essenza del contratto) [es. un
appalto non lo affido a chiunque indistintamente…+
Fin qui abbiamo parlato dell’errore di fatto, determinato cioè da una falsa conoscenza dei fatti o
delle cose o delle persone.
Ma è possibile anche un errore di diritto, provocato dalla ignoranza o dalla falsa conoscenza di
norme di legge o di regolamento…è l’errore che cade:
4) sui motivi del contratto (se si tratta di errore di diritto). Motivi che costituiscono la ragione
esclusiva o principale del contratto, ma che sono inficiati dall’ignoranza o dalla falsa conoscenza di
una norma di legge o di regolamento. (es. l’errore di chi, avendo intenzione di costruire una villa, compera un
terreno agricolo ignorando, o interpretando in modo errato, il piano regolatore comunale che vieta di costruire in quella
zona.) *L’errore sui motivi è, invece, irrilevante quando si tratta di errore di fatto: chi, nell’imminenza delle nozze,
compera una casa, non potrà ottenere l’annullamento adducendo che l’atteso matrimonio non ha avuto luogo!
Un’eccezione a questo principio vale per la donazione.]
Oltre che essere essenziale l’errore deve, per consentire l’annullamento del contratto, essere
riconoscibile dall’altro contraente (art. 1428).
Se l’errore di una parte, quantunque essenziale, non è tale per cui l’altra potesse rilevarlo, la prima
resta, irrimediabilmente, vincolata. Questo protegge l’affidamento dell’altro contraente sulla validità
del contratto e la sicurezza nella circolazione dei beni.
Vanno considerati, a questi effetti, il contenuto, le circostanze del contratto e le qualità dei contraenti
(art. 1431).
ERRORE OSTATIVO
È, invece, l’errore che cade, anziché sulla formazione della volontà, sulla sua esterna
dichiarazione; oppure è l’errore commesso dalla persona (dal dichiarante…es. Tizio scrive che compera 1000
quintali di merce volendo scrivere 100 quintali) o dall’ufficio incaricato di trasmettere la dichiarazione (un
terzo).
Il codice civile italiano equipara l’errore ostativo a quello motivo (art. 1433), con la
conseguenza che esso può portare all’annullamento del contratto solo se riconoscibile dall’altro
contraente.
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5: Continua: c) il dolo; d) la violenza morale.
DOLO
È l’inganno: un contraente è indotto in errore dai raggiri usati dall'altro contraente oppure da
un terzo.
Dolo determinante = se i raggiri sono stati det. del consenso, e il contratto è annullabile (art.
1439). Dolo incidente = se la parte avrebbe ugualmente contrattato, ma a condizioni diverse; il
contratto è valido, ma l’altro contraente deve risarcirle il danno subito (art. 1440).
Non occorre qui che l’errore sia essenziale; la fattispecie del dolo è quindi più vasta di quella
dell’errore (es. l’induzione in errore sul valore dell’oggetto è rilevante solo se indotto da dolo) .
Il raggiro del terzo, per comportare l’annullamento del contratto, deve essere noto al
contraente che ne ha tratto vantaggio (art. 1439 comma 2°).
Il cosiddetto DOLUS BONUS consiste nelle esagerate vanterie delle qualità del proprio bene o
della propria abilità professionale che, a volte, accompagnano l’offerta di un bene o di una prestazione
(es. “questa stoffa è indistruttibile”). Una persona di media avvedutezza (il diritto tiene conto solo
dell’uomo medio) sa che non corrispondono al vero e sono frutto di esagerazione… Quindi nessuno
potrà in questi casi chiedere l’annullamento del contratto.
VIOLENZA
La violenza comportante l'annullabilità del contratto (art. 1427) è la cosiddetta VIOLENZA
MORALE: estorcere il consenso di un soggetto con la MINACCIA.
È diversa dalla violenza fisica, la quale esclude del tutto la volontà del dichiarante e comporta
la nullità del contratto. La violenza morale è, invece, il mezzo con il quale si costringe una persona a
dichiarare una propria volontà, ponendola di fronte all’alternativa se rifiutare il consenso e soggiacere
al male minacciato oppure prestare il proprio consenso ( “ricatto”).
Il male minacciato deve essere un male alla persona (es. integrità fisica, reputazione…), un male
che minaccia i beni (sia del contraente sia del coniuge o degli ascendenti *genitori…+ o discendenti
*figli…+), un male che riguarda parenti o affini o persone in rapporto con il contraente (e in questo caso
l’annullamento del contratto è rimesso alla prudente valutazione del giudice).
Deve trattarsi di un male ingiusto (art. 1435). *es. “Se non mi concedete il nuovo mutuo che vi
chiedo, trasferirò il mio conto presso un’altra banca”… Questo è male lecito+
Altra ipotesi è quella della minaccia di far valere un diritto: questa è causa di annullamento
del contratto solo se è diretta a realizzare vantaggi ingiusti (art. 1438) [es. Datore di lavoro che al dipendente
che ha brevettato una propria invenzione, dica “se non mi cedi il tuo brevetto, ti licenzio per riduzione del personale”: non c’è
alcun rapporto strumentale fra il minacciato licenziamento e la cessione del brevetto, quindi la minaccia tende a realizzare un
vantaggio ingiusto].
Il male minacciato deve essere inoltre notevole (art. 1435): di gravità superiore, cioè, al danno
che il contratto estorto con la minaccia provoca al contraente. Per esprimere questa valutazione si deve
tener conto della impressionabilità dell'uomo medio in rapporto all’età, al sesso, alle condizioni
personali…
Anche la violenza, può provenire da un terzo (art. 1434): ma qui, a differenza che per il dolo,
non occorre che la violenza del terzo sia nota al contraente che, anche inconsapevolmente, ne ha tratto
vantaggio. Si attenua dunque la protezione dell’affidamento dell’altro contraente, che subirà
l’annullamento del contratto anche se ignaro della violenza del terzo.
[Non è causa di annullamento del contratto, invece, il semplice timore riverenziale (art. 1437).]
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-- L’annullamento, invece, può essere pronunciato dal giudice solo su domanda o sulla eccezione della
parte legittimata.
- L’azione di nullità è imprescrittibile (art. 1422).
-- L’azione di annullamento è soggetta al termine di prescrizione di 5 anni (art. 1442). [La prescrizione
riguarda l’azione, non l’eccezione: l’annullamento non può essere domandato se sono trascorsi cinque anni; ma può essere
eccepito anche dopo che siano trascorsi, se solo allora l’altra parte chiede l’esecuzione del contratto.+
- La sentenza che dichiara la nullità di un contratto opera retroattivamente (elimina ogni
effetto del contratto) sia fra le parti sia rispetto ai terzi, anche se questi sono in buona fede.
-- La sentenza che annulla il contratto, invece, opera retroattivamente tra le parti ma, quanto ai terzi,
opera solo rispetto ai terzi di mala fede… Non pregiudica quindi i diritti acquistati dai terzi di buona
fede (art. 1445). *La sentenza opera ex tunc, “da allora”, cioè dal momento in cui il contratto è stato concluso…+
Conflitto fra esigenze di protezione dell’autonomia contrattuale ed esigenze di sicurezza della
circolazione dei beni…
- la legge sacrifica le seconde e protegge le prime nel caso del contratto nullo;
-- l’opposto nel caso del contratto annullabile. [Però così non è per tutti i contratti: se il terzo ha acquistato diritti a
titolo gratuito (es. donazione) o se l’annullamento dipende da incapacità legale, la sentenza di annullamento produce rispetto
ai terzi, anche di buona fede, gli stessi effetti di una sentenza di nullità (art. 1445).]
[I drastici effetti che la nullità del contratto produce sulla circolazione dei beni possono essere neutralizzati con il
possesso di buona fede o con l’usucapione (es. Il venditore otterrà inutilmente una sentenza dichiarativa della nullità del
contratto di vendita se, nel frattempo, il compratore avrà usucapito il bene.). ]
-- Il contratto affetto da una causa di annullabilità può essere convalidato: o con un’espressa
dichiarazione di convalida, proveniente dalla parte cui spetta l’azione di annullamento; oppure in modo
tacito, cioè la parte cui spetta l’azione (es. la vittima del dolo) dà volontariamente esecuzione al contratto
pur conoscendo la causa di annullabilità (in questo caso se egli successivamente chiede l’annullamento del
contratto, l’altra parte potrà eccepirgli l’avvenuta convalida dello stesso) (art. 1444).
- Non può, all’opposto, essere convalidato il contratto nullo (art. 1423).
- Il contratto nullo è, invece, suscettibile di conversione, applicazione del principio della
conservazione del contratto: la legge tende, fin che è possibile, ad attribuire effetti ad una dichiarazione di
volontà; esprime il proprio favore per la conclusione degli affari e per la circolazione della ricchezza .
Le cause di nullità che investono solo singole clausole del contratto comportano la nullità di quelle, ma
non dell'intero contratto: a) se risulta che non erano clausole essenziali; b) se, in ogni caso, le clausole
nulle sono sostituite di diritto da norme imperative di legge (art. 1419). [In certi casi il principio di
conservazione del contratto si combina con quello della integrazione del contratto (art. 1347): il contenuto di questo è
determinato, oltre che dalla volontà delle parti, anche da disposizioni di legge.]
Altra applicazione del principio di conservazione è nei CONTRATTI PLURILATERALI: la nullità o
l’annullabilità della partecipazione al contratto di una delle parti non comporta nullità dell’intero
contratto, che può ugualmente avere attuazione con le parti restanti.
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Le cause che provocano l’inefficacia sono a volte cause dello stesso ordine di quelle che producono
nullità del contratto (come la contrarietà del contratto a norme imperative, che può provocare nullità,
annullabilità o inefficacia. Art. 1418).
*Non sono nulle, bensì inefficaci, per l’art. 1341, le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei
contraenti e non conosciute né conoscibili da parte dell’altro contraente. Così anche le clausole onerose se non
approvate per iscritto. Mentre le c. vessatorie sono considerate nulle.]
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Spesso accade che una o entrambe le parti del contratto siano soggetti diversi dalle parti del rapporto
giuridico patrimoniale da costituire, regolare o estinguere. Si parla dunque di RAPPRESENTANZA: un
soggetto, il rappresentante (parte formale), partecipa alla conclusione del contratto con una propria
dichiarazione di volontà; un altro soggetto, il rappresentato (parte sostanziale), subisce gli effetti
giuridici della dichiarazione di volontà del rappresentante.
Il potere di rappresentanza può essere conferito dall’interessato, rappresentanza volontaria (il
conferimento è manifestazione di autonomia del soggetto…una sottospecie è quella organica, cioè
esercitata da un organo), oppure derivare dalla legge, rappresentanza legale (x legge, o di fonte
giudiziale [giudice]. Manca un atto di autonomia del rappresentato; c’è eteronomia) (art. 1387).
In entrambi i casi il contratto concluso dal rappresentante “produce direttamente effetto nei confronti
del rappresentato”. E il rappresentante deve concludere il contratto: 1. “in nome del rappresentato”;
2. “nei limiti delle facoltà conferitegli”; 3. “nell’interesse del rappresentato” (art. 1388).
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- Può accadere, però, che il rappresentante concluda un contratto in una situazione di conflitto di
interessi con il rappresentato (es. il rappresentante, Tizio, deve vendere una cosa di Caio alla società per cui
lavora Tizio). In questo caso Il contratto è annullabile su domanda del solo rappresentato (art. 1394) [per
ottenere l’annullamento, basta la prova dell’esistenza della situazione di conflitto in cui il rappresentante versava nel
momento della conclusione del contratto: non occorre l’ulteriore prova che il rappresentante ne abbia tratto profitto].
- Un limite all’azione di annullamento è posto nell’interesse del 3° contraente: il conflitto di interessi
doveva essere noto o riconoscibile da questo (art. 1394).
- Ipotesi tipica di contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi con il rappresentato è
quella del contratto che il rappresentante conclude con se stesso: es. ha la procura per vendere e,
giovandosi di questa, vende a se stesso. Anche in questo caso il contratto è annullabile su domanda del
rappresentato, a meno che il rappresentante non fosse stato espressamente autorizzato… (art. 1395).
2: Rappresentanza e ambasceria.
Il rappresentante agisce per procura del rappresentato; conclude contratti i cui effetti si producono nei
confronti del rappresentato. Dunque la capacità legale di agire, richiesta per la conclusione del
contratto, deve essere presente nel rappresentato (è questi che dispone dei propri diritti. Art. 1389).
Altrimenti il contratto sarà annullabile. Non è necessaria, invece, la capacità legale di agire del
rappresentante; basta la sua capacità naturale di agire.
Il rappresentante è investito dal rappresentato del potere di determinare, trattando con l’altro
contraente, il contenuto del contratto da concludere.
- Se la procura non pone limiti, questo potere comprende ogni elemento del contratto.
Il rappresentante dichiara, a nome altrui, la propria volontà: dunque i vizi del consenso (errore, dolo…)
renderanno annullabile il contratto solo se vizi della volontà del rappresentante (art. 1390). Così, anche
gli stati soggettivi (es. b. o mala fede), devono essere considerati riguardo al rappresentante (art. 1391).
- Può accadere che alcuni degli elementi del contratto siano predeterminati nella procura. Il
rappresentante, perciò, dichiara una volontà solo in parte sua: i vizi del consenso che riguardino
elementi predeterminati dal rappresentato, renderanno annullabile il contratto solo se risulta viziata la
volontà del rappresentato. Altrettanto vale per gli stati soggettivi. (es. Quando lo stato soggettivo si
riferisca ad elementi predeterminati dal contratto, si dovrà valutare la mala fede del rappresentato, e a nulla
rileverà la buona fede del rappresentante.)
- Può, infine, accadere che tutti gli elementi del contratto da concludere siano stati predeterminati dal
rappresentato. Più che di rappresentanza, si parla in questo caso di ambasceria. Il “rappresentante” è
solo un portavoce della volontà altrui, un messo, un nuncius; di suo c’è solo la firma in calce al
contratto. In questo caso i vizi della volontà e gli stati soggettivi che vengono in considerazione sono
sempre quelli del rappresentato.
In caso di errore ostativo del portavoce (errore nella dichiarazione), il contratto è annullabile; sempre
che l’errore sia riconoscibile dall’altro contraente (art. 1433).
*Diversa dal portavoce, è la figura della persona o dell’ufficio incaricato solo di trasmettere la dichiarazione: quest’ultima figura
non partecipa al contratto.]
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È però possibile conferire un mandato, e non anche la procura: mandato senza rappresentanza.
Il mandatario agirà per conto del mandante, ma in proprio nome; lui acquisterà i diritti e assumerà le
obbligazioni (art. 1705). Poi sarà obbligato a ritrasferire al mandante, con un nuovo contratto, i diritti
che ha acquistato; e avrà il diritto di essere rimborsato dal mandante per quanto ha dovuto pagare al
terzo contraente.
[È detto anche rappresentanza indiretta o interposizione reale di persona, per distinguerla da quella fittizia in cui il contraente
è simulato e il suo acquisto può essere dichiarato inefficace. “Reale” invece perché il mandatario senza rappresentanza è un
reale contraente. Il mandante si avvale di questi come prestanome, per lo svolgimento di attività che, per legge o per
contratto, gli sono vietate, oppure è un “imprenditore occulto”, che vuole sottrarre il proprio patrimonio ai rischi derivanti da
un’attività commerciale, e si nasconde dietro un prestanome nullatenente, al quale fa sottoscrivere i contratti relativi
all’attività commerciale.
Il terzo contraente non può, in nessun caso, agire nei confronti del mandante, il cui interesse è dunque intensamente protetto.
Per le cose mobili acquistate dal mandatario senza rappresentanza non occorre neppure un contratto di ritrasferimento.]
Il contratto, una volta concluso, ha “forza di legge”, vincolante per le parti (art. 1372).
Per sciogliere il contratto occorre un nuovo atto di autonomia contrattuale: serve il mutuo dissenso
(nuovo accordo, per estinguere il precedente rapporto contrattuale).
Il contratto può però consentire ad una delle parti o a entrambe, la facoltà di recesso unilaterale (art.
1373). Non richiede l’accettazione dell’altra parte.
Nei contratti a esecuzione istantanea e in quelli a e. differita la facoltà di recesso può essere esercitata,
salvo patto contrario, solo prima che il contratto abbia avuto un principio di esecuzione (es. Se il
compratore ha già pagato una delle rate, né lui né il venditore possono recedere).
Nei contratti a e. continuata o periodica il recesso è possibile anche se è già iniziata l’esecuzione del
contratto ma, salvo patto contrario, non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di
esecuzione: scioglie il rapporto contrattuale senza effetto retroattivo… Le parti non possono pretendere
la restituzione di ciò che hanno prestato.
Nei contratti plurilaterali il recesso di una parte non comporta scioglimento dell’intero contratto se essa
non essenziale.
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Può anche essere previsto un corrispettivo per il recesso (di solito una somma di denaro).
Analoghe regole, anche se non espresse, valgono per le modificazioni del regolamento contrattuale: le
parti non possono unilateralmente modificarlo, salvo che tale possibilità non sia prevista dal contratto.
Oltre che per mutuo dissenso, il contratto si può sciogliere per “cause ammesse dalla legge” (alcune
riguardano i contratti a titolo oneroso, come la risoluzione e la rescissione, altre concernono i contratti
di durata).
Si pongono, nei c. di durata, problemi di protezione della libertà contrattuale del contraente più debole.
La legge nega, in linea di principio, rapporti contrattuali perpetui; a protezione anche dell’interesse
generale.
Per soddisfare queste esigenze la legge utilizza il TERMINE (finale) massimo e il RECESSO.
- Per alcuni contratti a esecuzione continuata o periodica (cm quello della società di capitali) è considerato
requisito essenziale del contratto la previsione di un termine di durata; per altri è direttamente stabilito
un termine massimo di durata (es. locazione -> 30 anni; patto di non concorrenza -> 5 anni).
- Per altri contratti è ammessa, invece, una durata a tempo indeterminato, ma riconoscendo alle parti la
facoltà di recesso. Esso può essere recesso puro e semplice (ad nutum), che non richiede giustificazione
[concesso a volte a ciascuna delle parti, cm nella somministrazione e nel contratto di società di persone; altre solo ad una, es.
al lavoratore nel contratto di lavoro], oppure solo recesso per giusta causa, che deve essere giustificato [es. dal
contratto di lavoro, il datore di lavoro può recedere solo per giusta causa].
2: Continua: contratti con effetti obbligatori e con effetti reali, contratti consensuali e
contratti reali.
Si parla di EFFETTI OBBLIGATORI del contratto quando si fa riferimento alle obbligazioni che dal
contratto derivano (es. effetti obbligatori della vendita: consegnare la cosa venduta e pagare il prezzo).
Alcuni contratti sn solo fonte di obbligazioni contratti con effetti obbligatori (es. locazione, mandato).
Si parla, invece, di EFFETTI REALI quando si fa riferimento agli effetti prodotti direttamente dal
contratto, all’atto stesso della sua conclusione (es. effetto reale della vendita: trasferimento della proprietà
dal venditore al compratore). Ci sono quindi contratti che producono l’effetto di trasferire la proprietà o
altri diritti, oltre ad essere, al tempo stesso, fonti di obbligazioni (es. donazione, vendita, permuta…)
contratti con effetti reali.
Principio consensualistico (art. 1376): “nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della
proprietà di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un altro diritto, la proprietà o il
diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato”.
(es. La sensazione che abbiamo di non diventare proprietari di una cosa finché non ne abbiamo pagato il prezzo, è
giuridicamente errata. Si diventa proprietari al momento del contratto, per effetto dell’accordo. Se la consegna è differita nel
tempo, ci viene consegnata una cosa già nostra.)
*La legge protegge l’alienante non pagato in altro modo: nella alienazione di beni immobili (+ autoveicoli e mobili registrati)
con pagamento del prezzo posticipato, il venditore può iscrivere ipoteca legale sul bene venduto a garanzia delle obbligazioni
che derivano dal contratto. Per gli altri beni mobili --> forme della vendita con riserva della proprietà: il compratore acquista la
proprietà della cosa solo con il pagamento dell’ultima rata del prezzo.]
- “Cosa determinata”: se si tratta invece di cose determinate solo nel genere (es. tot barili di petrolio), la
proprietà passerà solo al momento dell’individuazione (art. 1378), generalmente all’atto della
consegna dall’alienante all’acquirente (es. automobilista che fa benzina: essa diventa di sua proprietà solo man mano
che essa entra nel serbatoio). Quando l’oggetto del contratto sono merci da trasportare da un luogo ad un
altro, l’individuazione, e quindi il passaggio di proprietà, avviene nel momento della consegna al vettore
o allo spedizioniere.
Stabilire quindi il momento in cui passa la proprietà è importante, perché il rischio di perimento della
cosa incombe su chi ne è proprietario (es. se è stata venduta cosa determinata, già passata quindi in proprietà del
compratore, e questa perisce prima della consegna per causa non imputabile al venditore, il rischio incombe sul compratore,
che dovrà ugualmente pagarne il prezzo) (artt. 1465-1466).
In linea generale, l’accordo delle parti è necessario e sufficiente per perfezionare il contratto
(contratti consensuali: la consegna della cosa è adempimento di una obbligazione già sorta al momento
dell’accordo) [es. compravendita = c. consensuale a effetti reali].
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In alcuni casi però, è necessario ma non sufficiente: occorre, oltre all’accordo, anche la consegna della
cosa che forma oggetto del contratto (contratti reali: il contratto si perfeziona solo con la consegna. Es.
deposito [= c. reale a effetti obbligatori: obbligo mio -> pagare; obbligo suo -> custodire la cosa], mutuo, pegno,
comodato…quest’ultimo è un contratto con il quale “una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne
serva per un tempo o un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta” *art. 1803]. La legge protegge
l’interesse, in qst esempio, del comodante).
Nei contratti consensuali, se con successivi contratti, una parte concede a diversi contraenti un diritto
personale di godimento sulla stessa cosa (es. Il proprietario dà in locazione lo stesso appartamento a due diversi
locatari), prevale tra essi quello che per primo ha conseguito il godimento della cosa (art. 1380).
Altri criteri: fra più acquirenti di un bene mobile prevale quello tra essi che per primo ha conseguito il
possesso (art. 1155); fra più acquirenti di un bene immobile o mobile registrato prelevare quello che
per primo ha trascritto l’acquisto (art. 2644 comma 2°); fra più cessionari di un medesimo credito
prevale quello che per primo ha notificato la cessione al debitore (art. 1265).
Al momento della conclusione del contratto una delle parti può riservarsi la facoltà di
nominare successivamente la persona che acquisterà i diritti e assumerà le obbligazioni derivanti dal
contratto (art. 1401). (es. Compravendita di immobili: si compera “per sé o persona da nominare”, evitando così di dover
fare un secondo passaggio di proprietà quando si sarà trovato un nuovo compratore.)
La nomina del contraente deve essere fatta nel termine stabilito dal contratto o, in mancanza, entro 3
giorni e accompagnata dalla accettazione del terzo (art. 1402). [Questa produce effetti corrispondenti alla
ratifica del contratto del falsus procurator: la persona nominata e accettante acquista i diritti e assume le
obbligazioni contrattuali con effetto retroattivo, dalla data del contratto (art. 1404). In mancanza di nomina o di
accettazione, però, il contratto produce effetto tra i contraenti originari (art. 1405), mentre il contratto del f.p.
senza ratifica è inefficace.]
Nel contratto per persona da nominare non c'è deroga al principio generale dell’inefficacia del
contratto rispetto ai terzi, perché occorre comunque l’accettazione del terzo.
Un’eccezione al principio è, invece, nel contratto a favore di terzo, che si giustifica per il fatto che
questo acquista solo diritti. Le parti del contratto sono qui lo stipulante, colui che contratta a favore di
un terzo, e il promittente, che si obbliga verso lo stipulante ad eseguire la prestazione a favore di un
terzo (tipico è il caso dell’assicurazione sulla propria vita a favore di un terzo).
- Non occorre l’accettazione del terzo: questi acquista il diritto verso il promittente per effetto della
stipulazione a suo favore (art. 1411). Se, però, il terzo dichiari di non voler profittare della stipulazione,
questa resta a beneficio dello stipulante (salvo che le parti non abbiano disposto diversamente…).
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- La stipulazione a favore di terzi è valida solo se lo stipulante vi abbia interesse, altrimenti è nulla (art.
1411) (perché ogni contratto deve avere una causa).
[L’interesse dello stipulante può essere di natura patrimoniale e derivare dal fatto che fra egli e il terzo preesiste
un interno rapporto (rapporto di provvista), in forza del quale lo stipulante sia debitore del terzo. Il nuovo
rapporto fra i due ha il nome di rapporto di valuta.
L’interesse dello stipulante si può anche basare su rapporti affettivi (spirito di liberalità).]
Nullità, annullamento e dichiarazione d’inefficacia originaria sono vicende del contratto; la risoluzione
è, invece, una vicenda del rapporto contrattuale: il contratto in sé resta valido, ma il rapporto
contrattuale si scioglie con effetto retroattivo tra le parti (art. 1458). Rispetto ai terzi, invece, l’effetto
retroattivo della risoluzione non si produce (cm nel caso dell’annullamento).
*x i contratti a esecuz. continuata o periodica l’effetto della risoluz. non si estende alle prestazioni già eseguite.]
[x i contratti plurilaterali, la risoluzione del contratto rispetto ad una parte non comporta scioglimento dell’intero
contratto se la prestazione mancata non è essenziale.]
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2) per impossibilità sopravvenuta della prestazione (per causa non imputabile alla parte);
3) per eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione (rispetto alla prestazione dell’altra parte).
[Quando la legge non preveda una diversa e più specifica figura: in rapporto a singoli tipi di contratto, operano figure analoghe
alla risoluzione: recesso x giusta causa, revoca x giusta causa e, per i contratti plurilaterali, l’esclusione dei soci o degli associati.]
RISOLUZIONE GIUDIZIALE
- Se una delle parti non adempie, l’altra ha una scelta:
a) può agire in giudizio per l’adempimento (e offrirsi di eseguire la propria prestaz., se non l’ha già eseguita);
b) può agire in giudizio per la risoluzione (art. 1453) (essendo anche esonerato dall’eseguire la propria
prestazione o ottenendone la restituzione) .
- Se opta per la prima potrà sempre domandare la risoluzione; ma, se ha optato per la seconda, non può
più chiedere l’adempimento, né la controparte può adempiere.
RISOLUZIONE STRAGIUDIZIALE
- Cioè senza necessità di un provvedimento giudiziario. Ce ne sono 3 forme:
a) Diffida ad adempiere: la parte adempiente può intimare per iscritto all’altra di adempiere entro un
dato termine, comunque mai inferiore a 15 giorni, con l’avvertenza che, altrimenti, il contratto si
intenderà risolto (art. 1454). Allo scadere del termine il contratto è risolto di diritto. (Ciò cmq non elimina
l’importanza dell’inadempimento.)
b) Clausola risolutiva espressa: le parti possono convenire che, se una di esse sarà inadempiente, il
contratto si risolverà di diritto; oltre all’inadempimento occorre però anche che la parte adempiente
dichiari all’altra che intende valersi della clausola risolutiva (art. 1456). L’ “importanza”
dell’inadempimento è già stata valutata, in qst caso, dai contraenti.
c) Caso in cui per l’adempimento sia previsto un termine essenziale, scaduto il quale, il contratto è
risolto di diritto (dopo quel termine, viene meno l’interesse all’adempimento…es. catering x matrimonio, non può dirmi
che viene il giorno dopo il matrimonio… -.-) (art. 1457).
- La risoluzione stragiudiziale consente di risolvere rapidamente il contratto. Ma chi vi ricorre lo fa a proprio rischio:
l’altra parte può poi assumere l’iniziativa di un giudizio e dimostrare che l’inadempimento non sussisteva.
La parte che chiede il risarcimento del danno ha l'onere di provare di avere subito un danno
per l'altrui inadempimento o per il ritardo, e di provarne l’ammontare.
* Il contratto può però prevedere una penale per l'inadempimento o il ritardo con il duplice effetto: 1)
di dispensare dall'onere di provare il danno; 2) di limitare il risarcimento del danno all’ammontare della
penale pattuita (art. 1382).
* Diversa dalla penale è la caparra, che è una somma di denaro che, a volte, una parte dà all’altra nel
momento stesso della conclusione del contratto. 1) Se la parte che ha dato la caparra adempie il
contratto, l’altra dovrà restituirgliela o imputarla alla prestazione dovuta (art. 1385). 2) Se la parte che
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ha dato la caparra non adempie il contratto, l’altra può trattenere la caparra e recedere dal contratto.
3) Se è inadempiente, invece, la parte che ha ricevuto la caparra, chi l’ha data può esigere il doppio
della caparra e recedere dal contratto.
[Si parla in questi casi di caparra confirmatoria. Diversa è invece la caparra penitenziale, data, sempre al momento
della conclusione del contratto, come corrispettivo del recesso: il recedente perde la caparra data o deve il doppio
di quella ricevuta (art. 1386).]
Questo carattere di commutatività si manifesta nella disciplina della risoluzione del contratto
per eccessiva onerosità sopravvenuta. Riguarda i contratti la cui esecuzione è destinata a protrarsi nel
tempo: può accadere che, nel tempo intercorrente fra il momento della conclusione del contratto e
quello dell’esecuzione di una delle prestazioni, sopraggiungano avvenimenti straordinari e
imprevedibili (es. tasso di inflazione che presenti carattere di eccezionalità), per effetto dei quali la prestazione di
una delle parti diventi eccessivamente onerosa rispetto al valore della prestazione dell’altra (
contratto iniquo per una delle parti).
La parte che deve la prestazione diventata eccessivamente onerosa può domandare la
risoluzione giudiziale del contratto (occorre però che questo non sia ancora stato eseguito quando sopraggiunge
l’evento straordinario e imprevedibile); l’altra, se vuole evitare la risoluzione, può offrire di modificare
equamente le condizioni contrattuali (art. 1467).
Le norme sulla risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta non si
applicano ai contratti aleatori o di sorte (art. 1469).
Sono i contratti nei quali un contraente si obbliga ad una prestazione, ma è incerto se gli sarà dovuta la
controprestazione; accetta il rischio di dover eseguire la propria prestazione senza ricevere nulla in
cambio. Il contratto può essere aleatorio per sua natura (es. contratto di assicurazione, art. 1882), o per
volontà delle parti (es. vendita di cosa futura/ vendita della “speranza”, art. 1472).
I contratti aleatori sono contratti a prestazioni corrispettive, e ad essi si applicano le norme sulla risoluzione per
inadempimento o per impossibilità sopravvenuta della prestazione; si distinguono dai contratti commutativi: a
differenza di questi, infatti, non sono sottoposti alle norme sulla risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta.
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È fatto illecito (/illecito aquiliano/illecito contrattuale) “qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona
ad altri un danno ingiusto” (fattispecie dell’art. 2043).
È fra le fonti delle obbligazioni (ed è involontaria, perché chi pone in essere la fattispecie non vuole essere
debitore), oltre al contratto (art. 1173). L’obbligazione che ne deriva è di risarcire il danno, quindi
un’obbligazione di dare (equivalente monetario del danno cagionato).
Come abbiamo detto, un’obbligazione di risarcimento del danno può derivare anche da contratto: il
contraente che non adempie le obbligazioni da esso derivanti è responsabile dei danni che ha cagionato
all’altro (art. 1453).
Il fatto illecito presenta elementi oggettivi (il fatto, il danno ingiusto, il rapporto di causalità tra fatto e
danno) ed elementi soggettivi (il dolo o la colpa).
In certi casi la presenza del requisito dell’ingiustizia del danno è, nella prassi giurisprudenz., certa:
a) quando sia stato leso un diritto della personalità (all’integrità fisica, alla salute, all’onore…);
b) quando sia stato leso un diritto reale (danneggiamento di una cosa xk è lesione del diritto di proprietà;
lesione del diritto di servitù…);
c) quando l’uccisione di una persona comporti lesione del d. al mantenimento dei suoi familiari.
In passato erano solo questi tre era ritenuto ingiusto solo il danno consistente nella lesione di un
diritto assoluto. Oggi, si ammette che c’è danno ingiusto anche:
d) quando sia stato leso un d. relativo, anche estraneo ai rapporti di famiglia e, in particolare, un d.
di credito (es. l’uccisione di un calciatore lede il d. alle sue prestazioni sportive, spettante alla società calcistica…);
Risarcibilità della lesione del credito anche in ipotesi in cui il fatto del terzo non estingua il rapporto
obbligatorio:
d1) quando il terzo abbia reso solo temporaneamente impossibile la prestazione del debitore (es. il
ferimento di una xsn che lavora alle dipendenze altrui lede il d. del datore di lavoro alle prestazioni del dipendente) ;
2
d ) quando il terzo sia concorso nell’inadempimento del debitore, istigandolo a non adempiere
(induzione all’adempimento) o cmq rendendosene partecipe (es. imprenditore vincolato da un patto di non
concorrenza, che svolga l’attività concorrente sotto nome altrui) [contraente inadempiente --> responsabilità
contrattuale; terzo partecipe nell’inadempimento --> responsabilità extracontrattuale].
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giurisprudenziali orientate in senso positivo.) (es. Può agire per danni anche chi subisca spoglio o turbative nel
possesso, sebbene il possesso sia una, sia pure protetta, situazione di fatto.);
g) quando sia stato leso, da parte della pubblica amministrazione, un interesse legittimo, ossia che
risulta protetto solo come riflesso della protezione dell’interesse pubblico.
Il concetto di danno ingiusto si compone, oltre che dell’estremo positivo fin qui analizzato (lesione
di un interesse meritevole di tutela) [danno contra ius], anche di un estremo negativo: deve trattarsi
di un danno che non sia stato cagionato nell’esercizio di un diritto [danno non iure]. (es. chi licenzia un
proprio dipendente non gli cagiona un danno ingiusto se è motivato da giusta causa o giustificato motivo, avendo in tali
casi il datore di lavoro il diritto di licenziare.)
4) il DOLO o la COLPA:
È DOLO l’intenzione di provocare l’evento dannoso (es. l’intenzione di uccidere nell’omicidio volontario).
Quindi è “fatto doloso” il comportamento assunto con l’intenzione di provocare il danno.
È COLPA la mancanza di diligenza, di prudenza, di perizia…il danno non è voluto.
Quindi è “fatto colposo” il comportamento negligente (es. giornalista che diffonde notizie diffamatorie senza
nemmeno verificarle) o imprudente (es. uccidere uno xk si maneggiava per gioco una pistola) o imperito (es.
ingegnere sbaglia, per impreparazione, il calcolo del cemento armato e il ponte da lui costruito crolla provocando la
morte dei passanti).
L’onere di provare il dolo o la colpa del danneggiante, incombe sul danneggiato (responsabilità
contrattuale --> è il debitore che deve provare l’assenza di sua colpa, che la prestazione cioè è divenuta impossibile per
causa a lui non imputabile; responsabilità extracontrattuale --> è il creditore che deve provare la colpa del debitore).
“Dolo eventuale” = è dolo, anche se eventuale, quello di chi, pur non agendo per realizzare l’evento dannoso,
si rappresenta il suo possibile verificarsi come conseguenza della propria azione o omissione (es. avendo
sparato al solo scopo di intimidire, ugualmente ferisce qualcuno).
“Colpa cosciente” = ma pur sempre colpa, l’atteggiamento di chi si comporta negligentemente o
imprudentemente con la previsione (e non semplice prevedibilità) del possibile evento dannoso, che confida
di poter evitare (es. poliziotto che, confidando nelle sue qualità di tiratore, spara sul malvivente, ma colpisce l’ostaggio).
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Il danno risarcibile è, di regola, solo il DANNO PATRIMONIALE, comprendente il danno emergente e il
lucro cessante. [Il lucro cessante è valutato dal giudice in base alle circostanze del caso (art. 2056 comma 2°).
Ed è risarcibile quando è ragionevole prevedere che il danno si produrrà nel futuro (es. stipendi che Tizio non potrà
più ricevere perché infortunato). Il danno emergente, invece, può essere sia presente che futuro (es. costi che dovrà
affrontare perché infortunato).]
I danni non patrimoniali (DANNI MORALI) sono le sofferenze fisiche o psichiche del danneggiato, ma
sono risarcibili solo nei casi previsti dalla legge (art. 2059).
Il caso più importante è quello del danno cagionato con fatto illecito (per il codice civile), e che
costituisca anche reato (per il codice penale. Art. 185 comma 2° c.p.).
La Cassazione ha, da qualche tempo, esteso la risarcibilità del danno non patrimoniale ad ogni caso di
danno alla persona, anche se non previsto dalla legge.
Da qualche tempo è riconosciuto anche il DANNO BIOLOGICO: lesione dell'integrità psico-fisica della
persona, quale bene protetto in sé e per sé (art. 32 Cost.) e indipendentemente dalla capacità della
persona di produrre ricchezza risarcimento del danno biologico, liquidato con criterio equitativo e,
secondo la prassi dei tribunali, in misura pari al triplo della pensione sociale.
Se più persone sono responsabili del medesimo danno, esse ne rispondono solidalmente: il
danneggiato può esigere l’intero risarcimento da ciascuno di essi. Chi ha pagato avrà poi azione di
regresso nei confronti degli altri responsabili, e solo in questa sede si potrà tenere conto del diverso
grado della colpa di ciascuno (art. 2055) (es. Tizio e Caio sono concorsi fra loro nel danneggiare Sempronio, e la colpa
è per il 90% di Tizio; Sempronio potrà esigere l’intero risarcimento da Caio, che poi pretenderà da Tizio il rimborso del 90% di
ciò che ha pagato.).
DEBITO = ha per oggetto quella specifica prestazione che è stata dedotta in obbligazione;
RESPONSABILITÀ = ha per oggetto, invece, l’intero patrimonio del debitore;
CREDITO = è il diritto ad una data prestazione;
GARANZIA (del credito) = è, invece, costituita dall’intero patrimonio del debitore.
Il rapporto fra debito e respons. (e fra credito e gar.) si manifesta in varie fasi del rapporto obbligatorio:
a) se si tratta di obbligazioni da contratto, si manifesta nella stessa fase costitutiva del rapporto
obbligatorio: tanto si fa volontariamente credito ad una persona, quanto il debitore disponga di un
patrimonio che rappresenti una idonea garanzia e su cui il creditore sa di poter fare affidamento;
b) si manifesta poi nella fase estintiva del rapporto obbligatorio…se il debitore non esegue la
prestazione dovuta, il creditore potrà procedere alla esecuzione forzata: in forma generica (se il suo
credito ha per oggetto una somma di denaro; facendo eseguire, x es., il pignoramento e la vendita forzata di un suo
bene) o, se possibile, in forma specifica (cioè ottenere per provvedimento del giudice la prestazione che il
debitore non ha eseguito spontaneamente; l'ufficiale giudiziario preleverà presso il debitore le cose che questi si è
rifiutato di consegnare e le consegnerà al creditore; un terzo incaricato dal giudice eseguirà la prestazione di fare, con
spese a carico del debitore, oppure distruggerà le cose costituite in violazione dell’obbligazione di non fare ) [se
l’esecuzione in forma specifica non è possibile, interviene quella in forma generica (art. 1218)].
c) si manifesta nella fase intermedia: assumono importanza le vicende che possono investire il
patrimonio del debitore… Questo può ridursi, e ciò pregiudica la garanzia del creditore. Questi è,
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allora, legittimato ad esperire diverse misure di tutela preventiva del credito (es. decadenza dal
beneficio del termine; mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale cm l’azione revocatoria e quella surrogatoria) .
Sono diritti reali di garanzia; in particolare, diritti reali su cosa altrui: il bene resta di proprietà di chi,
debitore o terzo, lo ha dato in pegno o ipoteca, e può essere dal proprietario liberamente alienato.
Ma il creditore (pignoratizio o ipotecario) acquista sul bene un duplice diritto:
1) Il d. di procedere ad esecuzione forzata sul bene anche nei confronti del terzo acquirente (segue la
cosa [--> diritto reale] in tutti i suoi successivi passaggi di proprietà [--> diritto di seguito] fino a quando il
credito non sia stato estinto). Si parla di diritto reale di garanzia (contrapposto ai d. r. su cosa altrui come
superficie, enfiteusi…, che sono diritti reali di godimento), perché la sua funzione non è di attribuire al
suo titolare forme di godimento della cosa, bensì di offrirgli la garanzia di un suo credito.
2) Il d. di soddisfarsi sul prezzo ricavato dalla vendita forzata del bene con preferenza rispetto agli
altri eventuali creditori dello stesso debitore. È il diritto di prelazione: se il credito, ad esempio,
ammonta a un milione, e la cosa data in pegno o in ipoteca consente, in sede di vendita forzata, di
realizzare il prezzo di un milione o inferiore, l’intera somma andrà al creditore pignoratizio o
ipotecario con l’esclusione degli altri eventuali creditori; se, invece, si ricavano 2 milioni, il milione
che residua sarà distribuito fra gli eventuali creditori (e se residua ancora una somma, questa va al
proprietario della cosa data in pegno o in ipoteca).
[Credito chirografario = prima si soddisfa chi ha il diritto di prelazione, poi i creditori chirografari.]
La cosa data in pegno o in ipoteca può avere un valore superiore all'ammontare del credito che
garantisce; di questo maggior valore il credit. non può profittare: è nullo, perciò, il patto commissorio,
patto con il quale creditore e debitore convengano che, in caso di mancato pagamento, la cosa data in
pegno o in ipoteca passi in proprietà del creditore (art. 2744). (il divieto di patto commissorio viene spesso eluso
con la vendita a scopo di garanzia, uno dei contratti in frode alla legge)
{Pegno e ipoteca quindi funzionano come cause legittime di prelazione}
Il pegno si costituisce per contratto (scritto). Quando si tratta di pegno di cose mobili, è un contratto
reale, che si perfeziona solo con la CONSEGNA della cosa dal proprietario al creditore (art. 2786) [es. T.
deve a C. una certa somma di denaro; gli dà in pegno il vecchio orologio di suo nonno; quando paga, C. gli ridà l’orologio+ ;
invece per il pegno di crediti è un contratto che si perfeziona solo con la notificazione del pegno al
debitore del credito dato in pegno oppure l’accettazione da parte di questo (art. 2800).
(La realità del pegno comporta lo spossessamento del proprietario.) (Il pegno di cose si può acquistare solo a titolo originario,
da non proprietario, mediante il possesso di buona fede. Art. 1153)
- Se il debitore paga, in capitale e interessi, il credito garantito da pegno su cosa mobile, il creditore
dovrà restituirgli la cosa (art. 2794). Se, invece, non paga, il creditore, dopo avergli intimato di pagare,
può far vendere la cosa (e l’eventuale eccedenza del prezzo ricavato andrà al debitore o al 3° datore di
pegno, o se ve ne sono, agli altri suoi creditori) o chiedere al giudice che essa gli venga assegnata in
proprietà (e occorrerà una stima del valore del bene) (artt. 2796-98).
- Per il pegno di crediti (che è garanzia frequentemente richiesta delle banche che finanziano imprese contro pegno dei
loro crediti verso i clienti) il creditore pignoratizio è tenuto, alla scadenza, a riscuotere il credito (implica anche
un mandato a riscuotere il credito del proprio debitore).
Si parla di pegno irregolare quando la cosa data in pegno è una somma di denaro o altre quantità di
cose fungibili non individuate o delle quali è stata conferita al creditore la facoltà di disporre.
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3: Continua: l’ipoteca.
L’ipoteca si distingue dal pegno, anzitutto, perché ha ad oggetto beni immobili oppure beni mobili
iscritti in pubblici registri.
La sua costituzione richiede l’ISCRIZIONE in pubblici registri (immobiliari, automobilistico, navale,
aeronautico).
Può avere tre diverse fonti:
1) Ipoteca volontaria = si basa su un contratto fra debitore (o terzo datore di ipoteca) e creditore o su
un atto unilaterale, che devono avere forma scritta a pena di nullità (art. 2821);
2) Ipoteca giudiziale = si basa su una sentenza di condanna al pagamento di una somma di denaro o
all'adempimento di un’altra obbligazione o al risarcimento del danno (art. 2818);
3) Ipoteca legale = può essere iscritta anche contro la volontà del debitore, nei casi espressamente
previsti dalla legge (es. alienazione di un bene immobile o mobile registrato che non sia stato pagato
dall’acquirente. In qst caso l’ipo. si costituisce sul bene alienato e garantisce il pagam. del prezzo. [art. 2817]).
Tanto l’ipoteca giudiziale quanto quella legale si costituiscono per iniziativa (facoltativa) del creditore.
*Il pegno è solo legale…+
Il contratto o l’atto unilaterale per l'ipoteca volontaria, la sentenza per quella giudiziaria e l’atto di
alienazione del bene per l’ipoteca legale, sono semplicemente titolo per ottenere la costituzione
dell’ipoteca: questa si costituisce solo con l’iscrizione nei registri (art. 2808 comma 2°).
I registri sono gli stessi in cui si effettua la trascrizione, che è però pubblicità solo dichiarativa; l'ipoteca
è invece una forma di pubblicità costitutiva: esiste solo se iscritta nei registri e solo dal momento
dell’iscrizione (art. 2852).
Su un medesimo bene si possono iscrivere più ipoteche, a garanzia di crediti diversi; ogni successiva
ipoteca è contrassegnata da un grado (se il bene ipotecato verrà sottoposto a vendita forzata, con il ricavato della
vendita si soddisferà anzitutto il creditore con l’ipoteca di primo grado).
L’iscrizione conserva il suo effetto per 20 anni, salvo che non venga rinnovata prima della scadenza (art.
2847). Se la rinnovazione è chiesta dopo la scadenza, equivarrà a nuova iscrizione (art. 2848).
L’ipoteca è, come il pegno, un diritto reale di garanzia: il bene ipotecato può essere venduto, ma chi lo compra,
compra un bene gravato da ipoteca; e si trasmette anche agli eredi. Perciò, alla scadenza del credito, a garanzia
del quale l’ipoteca fu costituita, il creditore non pagato ha diritto di promuovere la vendita forzata del bene anche
in confronto del terzo acquirente (art. 2808). (Questi, per evitare la vendita forzata del proprio bene, ha 3 possibilità [art.
2858]: o paga lui stesso il creditore ipotecario; o effettua il rilascio del bene ipotecato; o libera il bene dall’ipoteca (purgazione
dell’ipoteca): cioè offre al creditore/i una somma pari al prezzo di acquisto del bene.)
L'ipoteca è retta dai principi di specialità e di indivisibilità: grava solo su beni specificamente indicati, e per intero,
su ogni loro parte (art. 2809). [NON vengono considerate pertinenze dell’immobile adibito a stabilimento industriale i
macchinari e gli impianti che lo dotano, salvo che non siano incorporati ad esso; né i materiali in magazzino; né gli arredi
dell’immobile adibito ad albergo.+
Il principio di indivisibilità comporta che l'ipoteca continua a gravare su tutti i beni ipotecati, anche se il
credito si sia in parte estinto, salvo che il proprietario del bene ipotecato non ottenga, per consenso del
creditore o per sentenza, la riduzione dell’ipoteca.
L’ipoteca si estingue con la sua cancellazione dal registro; anche per questa occorre un titolo: o
l’estinzione dell’obbligazione garantita dall’ipoteca, o la rinuncia del creditore all’ipoteca, o la vendita
forzata della cosa ipotecata o il perimento della cosa stessa o lo spirare del termine ventennale senza
previa rinnovazione (artt. 2878 s.).
Non si può procedere d'ufficio alla cancellazione: occorre o la domanda della parte interessata,
corredata dal titolo che giustifica la cancellazione, oppure una sentenza (art. 2884).
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dal contratto (art. 1944 [comma 2°: beneficio di escussione = le parti possono convenire che il fideiussore non sia tenuto
a pagare prima dell’escussione del debitore principale.). In questo modo, il creditore potrà fare affidamento sulla
responsabilità patrimoniale di ben due persone.
La volontà di assumere un’obbligazione fideiussoria deve essere espressa (art. 1937) (non basta x es. la
semplice presentazione e forte raccomandazione del debitore come nel caso della lettera di patronage [che cmq possono
essere fonte di responsabilità se non contrattuale, extra-contrattuale].).
[La fideiussione può garantire l’adempimento di un debito futuro (art. 1938): si parla di fideiussione omnibus
quando il fideiussore garantisce tutte le obbligazioni che un cliente assumerà nei confronti di una banca. È valida
solo se è previsto un importo massimo garantito.]
Il fideiussore diventa, egli stesso, il debitore; la sua è tuttavia un’obbligazione accessoria rispetto
all'obbligazione garantita: è valida solo se è valida l'obbligazione del debitore principale (art. 1939).
Quindi: la causa del contratto di fideiussione è la garanzia di un debito altrui; se il debito altrui manca (x
es. xk il contratto da cui derivava è dichiarato nullo o è annullato), viene meno la causa della fideiussione.
Per la stessa ragione la fideiussione non può eccedere ciò che è dovuto dal debitore (art. 1941).
Se il debitore principale paga, si estingue l’obbligazione principale e, di conseguenza, anche la
fideiussione. Se, invece, il creditore si rivolge al fideiussore, questi ha azione di regresso verso il
debitore principale per il rimborso di quanto ha pagato (art. 1950).
[Il mandato di credito è il contratto con il quale un soggetto (es. banca) si obbliga verso un altro, che gliene ha dato incarico
(lettera di credito o credenziale), a fare credito ad un terzo in nome e per conto proprio: chi ha dato l’incarico risponde come
fideiussore di un debito futuro (art. 1958).]
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La prova contraria è ardua: si può vincere la presunzione di avvenuta estinzione solo con la confessione
del debitore resa in giudizio o con il giuramento, deferitogli in giudizio dal creditore e non prestato dal
debitore (artt. 2959-60).
(valgono in pratica come le prescrizioni brevi…)
La prescriz. deve essere eccepita dalla parte che vi ha interesse: il giudice non può rilevarla d’ufficio (art. 2938).
2: La decadenza.
Anche la decadenza è l’estinzione di un diritto (/facoltà/potere) per mancato esercizio entro un dato
tempo (art. 2964). Differisce, tuttavia, per la specifica funzione che assolve, la quale consiste nel
limitare entro un breve, e talvolta brevissimo, tempo lo stato di incertezza delle situazioni giuridiche
(es. Il diritto del compratore di denunciare, entro 8 giorni dalla scoperta, i vizi della cosa vendutagli. [Art. 1495].
Poi il diritto del comproprietario dissenziente di impugnare le deliberazioni della maggioranza, entro 30 giorni.
Termini di decadenza sono poi tutti i termini perentori previsti per il compimento di atti processuali: es. se una
sentenza di primo grado non è appellata entro 30 giorni, non è più impugnabile.).
Per questa sua specifica funzione, la decadenza non ammette né interruzione né, di regola,
sospensione. Essa non può essere impedita se non dal compimento dell’atto (art. 2966).
La decadenza ha natura eccezionale: quando non sia previsto un termine di decadenza, il diritto dovrà
ritenersi sottoposto a termine di prescrizione.
A differenza della prescrizione, che è regolata solo dalla legge, la decadenza può essere pattuita: il
contratto può sottoporre a termine di decadenza l’esercizio dei diritti che da esso derivano.
Ma è nullo il patto con cui si stabiliscano termini di decadenza che rendano eccessivamente difficile a
una delle parti l’esercizio del diritto (art. 2965).
Come la prescrizione, neppure la decadenza può essere rilevata d’ufficio dal giudice (art. 2969).
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