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Il DIRITTO è l’insieme delle norme che regolano la società.

Nello specifico il DIRITTO


PUBBLICO è la disciplina che studia le norme della costituzione italiana. Qualunque
organizzazione sociale costituisce un ORDINAMENTO GIURIDICO ed ha come
elementi: collettività di persone (hanno diritti e doveri), autorità (ha il ruolo di far rispettare le
norme attraverso l’imposizione di sanzioni) e norme giuridiche (leggi, consuetudini, fatti
normativi). Secondo la teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici, il diritto non è
monopolio di nessuna organizzazione, in quanto esse producono diritto e sono prodotte dal diritto.
Ogni ordinamento è un sistema completo (non ammette vuoti normativi), coerente (non ammette
contraddizioni fra norme) ed ordinato (ha un principio ordinatore che ne assicura l’unità). 
I vincoli che regolano i rapporti tra i consociati determinano effetti giuridici che possono essere: 
Situazioni giuridiche favorevoli o di vantaggio, parliamo del DIRITTO
SOGGETTIVO, dove l’interesse dell’individuo è tutelato dalle norme giuridiche che impongono
l’obbligo agli altri soggetti di garantire tale diritto adottando un comportamento conforme a quello
imposto dalla norma stessa. Il diritto soggettivo può essere:  ASSOLUTO: obbligo dato ad
una pluralità̀ di persone (es. diritto di proprietà)  o RELATIVO: quando l’obbligo vincola solo un
determinato soggetto ( es. Credito da una persona).Situazioni giuridiche non favorevoli o di
svantaggio; DOVERI per i destinatari della norma di fare o non fare (es. ex prestazione del servizio
militare) OBBLIGHI che un soggetto deve tenere per rispettare un diritto altrui (es. imposti da un
contratto) ONERI quando si richiede un comportamento per soddisfare un interesse proprio (es.
onere della prova in un processo)  
SOGGEZIONI, la situazione di chi è soggetto ad un potere. 
Il DIRITTO è: 
FENOMENO PLURALE (tanti ordinamenti giuridici); 
FENOMENO STORICO (norme del passato che ancora si applicano es. Statuto Albertino); 
FENOMENO GIURIDICO (produzione e applicazione di norme) 
  
FINI DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO 

Ordinamenti giuridici politici: diretti a perseguire fini generali che soddisfano tutti gli interessati
ritenuti utili per lo sviluppo e la conservazione della società̀ →STATO (nome dato ad una
particolare forma storica di organizzazione del potere politico). Lo stato non si estingue MAI, in
quanto possessore di fini continuamente nuovi e diversi. Si estingue se e quando vengono a
mancare i consociati. 
Ordinamenti giuridici non politici: diretti a soddisfare interessi particolari: sportivi, culturali,
economici. Tali associazioni si estinguono con il raggiungimento del fine prefissato.

TEORIE SULL’ORDINAMENTO GIURIDICO


SANTI ROMANO (costituzionalista italiano) - Teoria istituzionalista. (Concetto di tipo
sociologico: il diritto è un fenomeno sociale) L’ordinamento giuridico è il complesso delle norme
che scaturisce da un’organizzazione sociale. È un’istituzione, un’organizzazione umana che ha
come requisiti il gruppo di persone, l’organizzazione per il raggiungimento del fine e le norme che
disciplinano i rapporti tra le diverse istituzioni. 
HANS KELSEN (giurista austriaco)- Teoria normativista .L’ordinamento giuridico
(il Kelsen preclude solo l’esistenza dello STATO) è costituito dal complesso delle norme vigenti in
un determinato spazio territoriale, con riferimento sia alle norme scritte che a quelle non scritte.
Secondo le teorie normativiste una società ha un ordinamento, mentre secondo le teorie
istituzionaliste una società̀   è un ordinamento.  
 
FONTI DEL DIRITTO --> atti/fatti normativi scritti e non da cui nasce il diritto dello stato. 
Possono essere: 
Fonti di produzione del diritto: lo Stato produce il diritto, le leggi; 
Fonti sulla produzione del diritto: la costituzione regola il meccanismo di produzione delle norme
(Un esempio ne è l' Art.72: Norma che disciplina la produzione delle leggi) ;
Fonti di cognizione del diritto: non producono norme ma hanno la funzione di far conoscere il
diritto ( es.Gazzetta Ufficiale , bollettini ufficiali delle regioni ecc..). 
Le FONTI DI PRODUZIONE possono essere: 
Fonti Atto: atti normativi espressi in forma scritta dagli organi dello stato autorizzati dalla
costituzione, con i quali manifestano la propria volontà̀ . Un esempio è il Decreto Legge del governo
o la legge del parlamento, atti scritti che manifestano la volontà̀ dei due organi.
Fonti Fatto: non sono atti scritti ma fatti, cioè comportamenti spontanei non imposti da nessuna
fonte atto. Sono delle regole non scritte ma osservate, poiché́ c'è la convinzione che siano
giuridicamente rilevanti, perciò̀ divengono automaticamente di spontaneo adempimento comune.
Un esempio è la Consuetudine che può essere Diuturnitas—un comportamento ripetuto nel
tempo o Opinio iuris—una convinzione psicologica, un comportamento giusto ed obbligatorio.  

GERARCHIA DELLE FONTI


Le fonti sono ordinate in base alla loro forza giuridica e quelle del livello inferiore non possono
contrastare quelle del livello superiore. 
1) Partendo dal vertice c’è la FONTE DELLE FONTI, ovvero la  COSTITUZITUZIONE, fonte
di grado massimo. Nessuna norma è valida se non la rispetta ( incostituzionalità). Alla costituzione
sono parificate le leggi di revisione costituzionale e i referendum costituzionali ( che la modificano)
e le leggi costituzionali ( integrano o derogano. Es. Creare una nuova regione o unione tra regioni) 
2) Poi ci sono le FONTI PRIMARIE che hanno un unico livello di subordinazione e sono:   
la legge del parlamento, risultato dei referendum abrogativi e la legge regionale ( disciplinata
dall’art. 114 della Cost. -- la repubblica è costituita da comuni, provincia, città, regioni e stato. La
legge regionale ha valore solo nel territorio della regione che la adotta, decreto legge ( atto del
governo varato in caso di necessità ed urgenza// ex-post-retroattivo) e decreto legislativo ( atto
varato dal governo su delega del Parlamento// ex- ante --- previsione) hanno la stessa forza ma non
la forma e sono atti aventi forza di legge che può essere attiva (modifica, integra ed estingue le
norme esistenti) passiva ( resiste all’abrogazione da parte di una fonte inferiore).
3) FONTI SECONDARIE – hanno un doppio livello di subordinazione, per essere valide devono
rispettare sia la legge che la costituzione. Ne fanno parte i regolamenti del governo
(atti amministrativi prodotti dalla P.A. per disciplinare l’ordine all’interni di essa. In base a chi li
produce possono essere governativi, ministeriali ( dpcm) regionali, provinciali, comunali... 
4) FONTI FATTO—atti non scritti che non comportano obbligo. (consuetudini).  
 
LA NORMA GIURIDICA
La norma giuridica è una regola che viene applicata ad una platea indeterminata di destinatari in
base a determinate situazioni. Come prevede il termine latino "Ex facto oritor ius" (dal fatto nasce il
diritto), la norma giuridica nasce da un’esigenza sociale, da un caso concreto e ne pone la
disciplina. A seguire viene costruita la cosiddetta FATTISPECIE, cioè un’ipotesi astratta che
implica l'intervento concreto della norma per tutte le situazioni simili al caso per cui è sorta.

Come si costruisce una norma?


Le norme vengono prodotte dal parlamento secondo tre momenti:
1.Fenomenologico: descrizione del fenomeno;
2.Giudizio di valore: riguarda la questione dello iustum(giusto), si giudica ciò che si esamina.
3.Prescrizione: il legislatore prescrive la legge o ne prescrive il divieto.
Una volta pubblicata una legge c'è la cosiddetta vacatio legis, che corrisponde ad un periodo di
tempo di 15 giorni tra la pubblicazione e l'entrata in vigore. Dopo il trascorrere di tale periodo si
presuppone che tutti i destinatari conoscano la nuova legge e in caso contrario secondo il principio
"Ignoranzia legis non escusat", non vengono tollerate giustificazioni.

CARATTERISTICHE DELLE NORME GIURIDICHE: 


1) GENERALITÀ e ASTRATTEZZA, la norma viene applicata ad un numero indeterminato di
destinatari e ad un numero indefiniti di casi. Deroga (eccezione) per generalità: 
Legge speciale -->detta una disciplina particolare diversa da quella generale ( ad esempio in Italia
15 regioni sono disciplinate dalla Costituzione e le altre 5 ( V.D’Aosta, Friuli, Trentino, Sicilia e
Sardegna hanno statuto speciale); 
Leggi eccezionali --> fa eccezione al principio di uguaglianza art.3 (i cittadini che si trovano nella
stessa situazione devono avere lo stesso trattamento. Es. Terremoto L’Aquila, tasse sospese per tutti
i commercianti); 
Norma in funzione di un obiettivo specifico--> 2 casi: leggi ad personam (esaurisce il suo effetto
quando raggiunge l’obiettivo. Es. Vitalizio termina quando persona che ne beneficia muore) legge
Bacchelli (la norma continua ad avere effetto anche dopo che il destinatario raggiunge
obiettivo. E’ stata emanata una legge per il mantenimento di Bacchelli – scrittore- e questa legge
continua ad avere effetto per soggetti simili a lui. 
2) ESTERIORITA’, essa ha ad oggetto il fatto compiuto da un soggetto ma non conta quale fosse
la sua volontà . Esistono comunque dei casi eccezionali in cui le motivazioni contano, ad esempio
nell'omicidio, al fine di una classificazione più dettagliata, i motivi incidono nella norma. (Omicidio
colposo, pre-intenzionale, volontario)
3)COERCIBILITA’ obbligatorietà̀ della norma imposta ad una pluralità̀ di soggetti con
la “minaccia” della sanzione, che può essere MORALE (incide sulla coscienza di un individuo) o
SOCIALE (disapprovazione da parte del contesto sociale)  
4) BILATERALITA’( ad ogni norma corrisponde un dovere, non solo interessi singoli ma della
società) 
5)NOVITA’ ( le norme giuridiche possono e devono introdurre innovazioni (modificare o abrogare
norme preesistenti perché vengano disciplinati comportamenti nuovi)
 
APPLICAZIONE DEL DIRITTO
In fase di applicazione, va verificata la VIGENZA DELLA NORMA ovvero se quella norma che
regola una fattispecie è in vigore o meno. Una norma cessa di efficacia quando viene abrogata. 
L’ABROGAZIONE è un atto con il quale la norma non viene estinta ma ne viene circoscritta
l’esistenza in futuro. Può essere: EX NUNC ( da qui in avanti) o EX
TUNC ( retroattiva) TOTALE O PARZIALE ( viene abrogata tutta la legge o solo una parte es.
Articolo, comma, parola) ESPLICITA (disposta espressamente da una norma)TACITA
( per incompatibilità , cioè esiste una nuova norma che disciplina in modo incompatibile con la
vecchia, quindi la vecchia viene abrogata tacitamente) 
IMPLICITA (esiste una nuova norma che disciplina in modo più ampio la materia in oggetto
rispetto alla vecchia perciò la vecchia norma viene inglobata. 

Come si produce abrogazione? 


Per successione delle leggi nel tempo (Legge nuova abroga la vecchia) 
Referendum abrogativo 
 
RISOLUZIONE DELLE ANTINOMIE
L’antinomia è un ostacolo nell’applicazione del diritto ed è provocata dal conflitto tra due norme di
rango uguale o diverso. Per risolverle si fa riferimento a diversi criteri: 
CRITERIO GERARCHICO si fa riferimento alla gerarchia delle fonti. Quelle di rango più alto
prevalgono su quelle di rango più basso. In questo caso la norma che contrasta viene
annullata perchè invalida. Si dice che presenta un vizio. Ex tunc (come se non fosse mai stata
prodotta) 
CRITERIO DELLA SPECIALITA’  la norma speciale prevale la norma generale
CRITERIO CRONOLOGICO  si applica a norme di uguale rango gerarchico. Con questo
criterio si ha l’abrogazione tacita della norma in conflitto più vecchia.
CRITERIO DELLA COMPETENZA Si individua la fonte a cui la costituzione ha affidato il
compito specifico, ovvero la competenza di disciplinare determinati ambiti.
Un esempio di criterio di competenza, riguarda la preminenza dell'ordinamento statale: Sia lo stato
che le regioni possono emanare le leggi e la costituzione stabilisce le cosiddette materie di
legislazione concorrente affidando la competenza allo stato di porre i principi fondamentali della
materia, alla regione spetta introdurre la disciplina di dettaglio. ( es. stato stabilisce apertura caccia
da 15 gennaio a 30 giugno.. regione apre caccia dal 15 aprile al 15 maggio).

INTERPRETAZIONE DELLA NORMA


E’ la fase relativa al momento applicativo del diritto cioè per capire come applicare le regole nella
società. Serve per ricavare il significato (norma) dopo interpretazione di una disposizione
(enunciato normativo). Questa operazione la applica il giudice dopo che il legislatore ha creato una
norma.
Criteri per l’interpretazione (dati dall’art. 12 del Codice Civile – preleggi—disposizioni sulla
legge in generale)
Criterio letterario o della volontà della legge – voluntas legis: è quella a cui fa riferimento il
1°Comma dell'art.12 delle preleggi e consiste nell'individuare il significato tecnico delle parole e
tener conto di come esse sono connesse tra loro, anche tra più articoli. Questo tipo di criterio
fornisce ratio legis(spirito della legge)
Criterio della volontà del legislatore – voluntas legislatoris – si fa riferimento a quale era
l’intenzione del legislatore nel disciplinare un determinato caso in una certa maniera
Criterio sistematico—aspetto logico dell’interpretazione. Si ricava il significato delle parole
tenendo conto delle altre leggi
Criterio analogico—serve per non lasciare dubbi al giudice. Per evitare ciò, o si applicano norme
che regolano casi simili ( analogia legis)--- es per il contratto di leasing si è applicata la disciplina
della vendita a rate-- o si ricorre ai principi generali dello stato ( analogia iuris)—es. per eutanasia
non c’è norma in Italia e quindi si fa ricorso ai principi generali dello stato

Aspetti dell’interpretazione
RESTRITTIVA: si limita alla sola interpretazione letterale del testo, si riduce il contenuto di essa
al minimo indispensabile;
ESTENSIVA: interpretazione estesa delle parole giuridiche, si tiene conto dei casi simili e
situazioni analoghe ampliandone il contenuto.
L’interpretazione è sottoposta ad evoluzione ovvero i significati trovati mutano con il passare del
tempo e con il cambiare della società. Esempio art. 9 sulla tutela del paesaggio (significato
paesaggio)
Tipologia di interpretazioni
Privata: un interpretazione che può essere effettuata da qualsiasi soggetto tramite la costituzione, è
quella che ha minore autorevolezza;
Dottrinale: è l’interpretazione che danno gli studiosi della materia ad esempio professori
universitari attraverso i manuali e non ha effetti giuridici;
Giurisprudenziale: è l’interpretazione dei giudici o meglio la Corte costituzionale (organo che
produce giurisprudenza costituzionale) interpretazione della costituzione. La decisione dei giudici è
inter partes ( tra le parti) e non come legge.
Burocratica: proviene dalla pubblica amministrazione
Autentica: è la più autoritaria, proviene dal legislatore, colui che produce la legge viene chiamato
ad interpretarla a causa di dubbi o difformità, sarà perciò egli stesso con una legge nuova a chiarire
in maniera esplicita.
Il primo principale interprete della costituzione è la corte costituzionale, essa tramite le proprie
sentenze può smentire le altre interpretazioni se contrastanti con la propria poiché il proprio
compito è tutelare la legittimità delle leggi.
Soggetti che applicano il diritto
GIUDICE: Secondo la dottrina è l'interprete per eccellenza,è colui che su un impulso di parte
applica la legge per risolvere un caso concreto (controversie tra i cittadini.) PUBBLICA
AMMINISTRAZIONE:
Soggetti incaricati di applicare le norme di legge. (Esempio funzionario del comune che rilascia un
certificato ad un cittadino.)

LO STATO
Lo stato è con un gruppo sociale accomunato da diverse caratteristiche (lingua, etnia, cultura), più
comunemente si può affermare che lo stato coincide con la nazione e viene definito come
"ordinamento politico territoriale sovrano".
ORDINAMENTO: poiché è costituito da una collettività di persone organizzate da regole.;
POLITICO: basato sul modello della prima comunità organizzata “la polis greca.”Da polis infatti
viene il termine politica, intesa come la politica dei cittadini, della società! Con Dragone ad Atene
nel 621 a.c, nasce l'idea di socialità del diritto poiché si ha una collettività che prende decisioni e
non il singolo individuo;
TERRITORIALE che indica che si ha un territorio, inteso come spazio fisico di competenza in cui
vige l'ordinamento dello stato.
Lo stato è infine qualificato SOVRANO in quanto dotato di una sovranità che lo distingue dagli
altri ordinamenti territoriali, i quali non sono sovrani ma sono autonomi. Tale sovranità deriva dal
fatto che, lo stato beneficia di un potere originario che non deriva da nessun altro ordinamento.

La sovranità appartiene quindi solo agli stati ed ha una doppia valenza:


Internamente è caratterizzata da una preminenza dell'ordinamento statale su un determinato spazio
fisico;
Esternamente la sovranità conferisce una condizione di parità nel piano internazionale, lo stato è
indipendente da tutti gli altri stati, perciò autonomo. La dimensione di sovranità dello stato con il
tempo è stata di gran lunga attenuata, poiché esso nel proprio territorio coesiste con tanti
ordinamenti autonomi, a testimonianza di ciò Con l'art.5 della costituzione italiana, lo stato per il
principio di socialità del diritto ha riconosciuto al proprio interno la presenza degli elementi che
preesistono dalla sua esistenza e delle autonomie locali, le quali hanno avuto le proprie porzioni di
luogo di competenza con i propri ordinamenti coordinati all'ordinamento statale.
Art 114:"La repubblica è costituita dai comuni, dalle province, dalle regioni e dallo stato".
L'ordinamento repubblicano contiene quindi tutti gli ordinamenti, i quali sono posti tutti allo stesso
livello, compreso quello dello stato.

ELEMENTI COSTITUTIVI DELLO STATO


POPOLO: rappresenta l'insieme di cittadini di uno stato, ossia tutti coloro che sono accomunati ad
esso dal rapporto di cittadinanza. Popolo in diritto è un termine tecnico che si distingue per
significato da sinonimi come popolazione o nazione, la nazione sta ad indicare la nazionalità,
mentre il termine popolazione è un dato di carattere anagrafico. Un soggetto può far parte della
popolazione di uno stato poiché residente in esso ma senza far parte del popolo dato che non è
cittadino di esso ma lo è di un’altra nazione. Esempi: Stranieri: i cittadini di un altro stato. Apoliti:"i
senza stato" per motivi di causa maggiore. Ottenere la cittadinanza significa diventare elemento
personale dello stato ed entrare a far parte del popolo.
Come si diventa cittadini di uno stato?
Esistono due momenti fondamentali per acquisirla:
1) Momento della nascita, diviso a sua volta in due principi:
–  "ius sanguinis": modello privilegiato in Italia, l'acquisizione della cittadinanza viene attribuita
tenendo conto di quella dei genitori
–  "Ius soli": prevede l'acquisto della cittadinanza dello stato in cui si nasce a prescindere dalla
provenienza dei genitori.
2) Momento successivo alla nascita, si divide in diverse categorie:
–  Beneficio di legge: ogni stato disciplina con leggi le modalità e le condizioni che possano
permettere ad un individuo di acquisire la cittadinanza. Esempio: sono residente in Italia da X anni,
richiedo la cittadinanza.
-Concessione: si acquista la cittadinanza come riconoscimento, per meriti.
–  Trasmissioni di diritto: viene anche detta "Iuris comunicatio", consiste nella trasmissione della
cittadinanza; un esempio ne è il matrimonio.
La cittadinanza può essere persa per espressa rinuncia, in caso di acquisto di un’altra e residenza
all’estero; o di diritto, nel solo caso in cui il cittadino che ha un rapporto di lavoro con un altro stato
ignori l’intimazione del governo italiano a cessarlo.

TERRITORIO: per lo stato il territorio è inteso come luogo di competenza ossia lo spazio fisico,
dove vige l'ordinamento statale. Esso comprende anche il Mare territoriale, che corrisponde allo
spazio di mare che va dalla costa sino a 12 Miglia e lo spazio aereo soprastante alla nazione.
Viene delimitato da dei confini naturali o "decisi a tavolino" e al di là di essi non vige più
l'ordinamento dello stato. Esistono dei casi extra-territoriali: Ambasciate: è una rappresentanza
diplomatica di uno stato, disposta nel territorio di un altro stato; solitamente nella capitale.
All'interno di essa vige l'ordinamento della nazione di appartenenza. Vi è poi il caso particolare dei
mezzi con bandiera della nazione: aeri o navi caratterizzati dal fatto che al loro interno vige
l'ordinamento della nazione di appartenenza. L'ultimo dei tre elementi costituivi dello stato è la
SOVRANITÀ: Lo stato è sovrano poiché beneficia di un potere originario
FUNZIONI FONDAMENTALI DELLO STATO
La divisione dei poteri è nota come "Tripartizione dei poteri", ideata da Montesquieu durante la
rivoluzione francese. Inizialmente i poteri non erano attribuiti agli organi dello stato ma erano tutti
concentrati nelle mani del sovrano.
1)Potere legislativo: di competenza del parlamento, rappresenta la volontà dello stato di fare leggi
2)Potere esecutivo (appartiene al governo): diviso in due:
-Il potere di indirizzo politico corrisponde al potere di adottare decisioni politiche, sociali, legate al
perseguimento degli obiettivi della comunità;
-Il potere amministrativo consiste nel dare concreta produzione alle decisioni prese tramite fonte
atto.
3)Potere giudiziario: (appartiene alla magistratura) anch'esso da esecuzione alle leggi ma con il
fine di risolvere controversie.
Con lo scorrere del tempo i 3 elementi costitutivi dello stato si sono assestati in diversi modi e a
seconda di come questi sono in rapporto tra di loro portano alla nascita di diverse forme di stato.
La forma di stato equivale all'insieme delle regole che disciplina i rapporti tra lo stato e la
comunità di cittadini che gli appartiene, ne esistono diverse tipologie, una prima sostanziale
differenza si ha tra:
Forma di stato monarchica: da "Monos-Archeme" (il comando di uno solo). Il monarca è colui
che concentra in se i tre poteri dello stato, assume la carica in base ad una successione
legittima( principio legittimista) e ricopre una carica a vita. Nelle monarchie originarie il capo dello
stato beneficiava dei suoi poteri da una derivazione divina, ad oggi nelle monarchie moderne note
come monarchie costituzionali, il sovrano regna ma ha poteri limitati e si poggia ad una
costituzione.
Forma di stato repubblicana: dal latino"Res-pubblica" (una cosa pubblica) ad indicare una
pluralità del potere, poiché la sovranità appartiene al popolo. Si diviene capo dello stato in virtù di
una investitura democratica, ossia proveniente dal basso e la carica è limitata nel tempo; anche le
cariche pubbliche sono di solito scelte con nomine, elezioni, e non tramite metodi di trasmissione
ereditaria.
A seconda del rapporto tra l'individuo e il potere statale, si hanno ulteriori tipologie di stato:
Stato assoluto: vigente nella forma di stato monarchica. Il potere del sovrano non ha vincoli ed è
predominante rispetto la condizione dell'individuo, il quale non ricopre il ruolo di cittadino ma di
suddito. Non ha alcun diritto ed è totalmente subordinato all'autorità statale. ( Luigi XIV)
Stato di polizia: si hanno le stesse caratteristiche dello stato assoluto, il potere è centrale e non è
vincolato da leggi ma si ha un’evoluzione, ossia la promozione della salute pubblica e la cura della
società. (Prussia di Federico II)
Stato di diritto: presenta una rilevante novità, il principio di legalità. Esso stabilisce che il potere
sia connesso alla legge, cioè al rispetto delle regole. L'individuo diviene cittadino, titolare di diritti
che lo stato gli riconosce. (rivoluzione francese)
Stato democratico: il cittadino non solo ha diritti ma beneficia anche di una partecipazione attiva
all'esercizio del potere attraverso organi rappresentativi.
Con lo stato democratico si ha un'investitura del potere dal basso, cioè il cittadino ha il ruolo di
eleggere i propri rappresentanti;
Stato democratico sociale: ha le stesse caratteristiche dello stato democratico ma ha la finalità di
tutelare e garantire i diritti sociali dei cittadini.
I DIRITTI DELL'INDIVIDUO POSSONO ESSERE DISTINTI IN DUE GRANDI TIPOLOGIE:
Diritti di libertà negative: considerate negative poiché lo stato di diritto non interferisce, garantisce
al cittadino una "sfera di libertà" per poi disinteressarsi. ( libertà di manifastazione, riunione,
pensiero)
Diritti sociali: considerate libertà positive poiché lo stato sociale non si limita a garantire la libertà
ma interviene concretamente nella vita dei propri cittadini per far sì che essi possano effettivamente
esercitare le libertà garantite. ( erogazioni prestazioni come ad esempio pensione, borsa studio,
ecc..)
Nel diritto internazionale si possono distinguere tipologie di stati:
– Stati sovrani: caratterizzati da una piena e illimitata soggettività in un ordinamento sociale;
– Stati semi sovrani: hanno una soggettività limitata in un ordinamento sociale perciò non sono del
tutto riconosciuti. Un esempio ne è il protettorato dove lo stato protettore non è pienamente
autonomo ma è condizionato (dallo stato protetto).
Ed infine a seconda del rapporto tra il potere e il territorio si hanno:
Stati unitari: hanno una forma di stato accentrata, cioè i poteri dello stato sono concentrati in unico
centro noto come Capitale. ( Roma) Lo stato viene quindi governato come una singola entità in cui
il potere è articolato su un unico livello. Il governo assume un ruolo centrale, assegna ad ogni
suddivisione amministrativa soltanto alcuni poteri da esercitare, queste ultime sono quindi
subordinate e controllate dallo stesso governo. Tale tipologia assicura all'interno la preminenza su
tutti gli altri poteri e all'esterno il riconoscimento e l'indipendenza.
Stato composto: Ha una forma di stato decentrata, poiché si articola su diversi livelli territoriali. Si
distinguono tre modelli dove i poteri sono ripartiti secondo un accordo, tra la sede centrale e gli
organi periferici dello stato.

Lo stato federale: da "fedus" (patto),il quale sta ad indicare più stati sovrani che si aggregano tra
loro tramite un accordo, cedendo volontariamente una parte della propria sovranità ad un soggetto
terzo. Il governo ha sempre un ruolo centrale ma gli stati federati che compongono la federazione,
seppur controllati possiedono una certa autonomia. Si parla quindi di due livelli di sovranità:
sovranità della federazione & sovranità degli stati membri. I poteri sono equamente separati. Alla
base di una federazione di stati vi è un testo unico, la carta costituzionale, che rappresenta l'atto di
fusione unitario, di conseguenza non sarà ammessa la secessione. La formazione di uno stato
federale può avvenire se si hanno delle particolari condizioni, possiamo suddividere tre momenti
fondamentali:
1)La prima fase necessita della presenza di più stati sovrani vicini tra loro accomunati da un'idea
collettiva, ossia gestire in comune determinate materie in maniera più efficace.
2)Tale concetto prevede quindi la nascita di un'associazione, i stati restano sovrani ma si uniscono
politicamente creando una confederazione.
3)Come ultimo atto di consolidamento si può avere la nascita della federazione.
Avviene a seguito di un'esigenza da parte dei singoli stati membri, i quali necessitano di devolvere
parte della loro sovranità ad un'entità superiore che le possa gestire al meglio. Si ha perciò una
limitazione della sovranità degli stati federati.
Caso particolare: Uno stato federale si può creare anche a seguito di una disgregazione da parte di
uno stato unitario in più stati membri. (es.Belgio).
Stato confederale: è una forma di stato a natura transitoria, consiste in un unione di stati
preesistenti aventi piena sovranità che non hanno alla base una costituzione ma si tengono insieme
tra loro grazie ad un trattato.
Stato regionale - Italia
Nel corso dell'evoluzione storica dello stato italiano, dal momento dell'unità d'Italia, ci sono stati
gran parte degli elementi tipici che in molti altri stati hanno condotto alla formazione di uno stato
regionale:
- “Pluralità di stati autonomi”: c'era il regno delle due Sicilie, Il Vaticano, il regno del Piemonte e
molti altri tra cui alcuni che si erano uniti tramite dei plebisciti ( voti popolari-espressione di
adesione volontaria da parte del cittadino)
La volontà di fusione unitaria veniva meno per i Regni più autoritari, che non avrebbero mai ceduto
parte della propria sovranità verso degli stati annessi.
✗  Mancava quindi la volontà di formare un soggetto giuridico terzo a cui tutti avrebbero dovuto
aderire limitando parte della propria sovranità.
✗  Un ulteriore elemento contrario al federalismo, era la presenza delle continue influenze estere e
di alcuni regni caratterizzati da spinte autonomistiche molto forti, queste due componenti avrebbero
potuto causare delle secessioni.
Più corretto e premuroso sembrò l'idea di creare uno stato unitario, il Regno d'Italia.

NASCITA DEL REGIONALISMO


Alla formazione di uno stato unitario seguì la nascita dei comuni per occuparsi delle esigenze dei
lavoratori. Essi si legittimarono come ente istituzionale fornendo una serie di servizi a un
complesso di cittadini, divennero quindi il primo barlume di autonomia amministrativa.
Con il tempo i comuni maturarono un importante profilo politico a livello locale come enti
istituzionali di riferimento per la popolazione. Allora i due grandi centri di potere politico erano la
democrazia cristiana e il partito comunista italiano. Per incertezza di superiorità dell'uno sull'altro i
due decisero di accordarsi, al momento della scrittura della carta costituzionale si decise in
compromesso di creare degli enti territoriali con una propria autonomia politica, in modo da creare
dei centri di potere politico differenti; tali enti territoriali presero nome di Regioni. Nonostante
furono previste nella costituzione del 48 divennero effettivamente operative non prima degli anni
settanta, in seguito con la legge Bassanini del 97-98 evitando di modificare la costituzione, si tentò
di conferire una maggiore autonomia agli enti locali. Quest'ultime portarono comunque a una
modifica costituzionale, leggi costituzionali del titolo V,2001, con l'obiettivo di equiparare i poteri
dello stato a quelli delle regioni. Si ha un accentuazione dei tratti regionalisti a discapito dello stato,
gli opinionisti ribadirono con convinzione un possibile "federalismo italiano".
L'Italia è quindi uno stato regionale caratterizzato da un’articolazione pluralistica di un sistema
unitario e accentrato. Le regioni sono quindi enti autonomi, precisamente dotati di autonomia
legislativa e politica amministrativa. Al loro interno il potere esecutivo viene esercitato dal
presidente della regione e dalla giunta regionale, mentre il potere legislativo dal consiglio regionale.
– Il potere giurisdizionale non è di competenza regionale ma rimane in capo all'organo dello stato,
si hanno solo giudici e magistrati italiani. La competenza legislativa per le regioni italiane è
limitata:
Le regioni hanno podestà legislativa detta concorrente, cioè la regione può legiferare su alcune
materie elencate nel art.117 della costituzione ma solo nel rispetto dei principi fondamentali dettati
dalla legge dello stato. La legge statale valida su tutto il territorio che fissa i principi a cui ogni
regione deve astenersi è nota come Legge Quadro,ed è colei che condiziona il potere della regione.
Con la riforma del titolo quinto del 2001 lo stato non può invadere le competenze regionali, se esso
interferisce nelle materie regionali la corte chiamata in causa, può annullare l'intervento di esso.

FORME DI GOVERNO
Indica l'assetto del potere d'indirizzo politico tra gli organi costituzionali dello stato, ossia il
parlamento e il governo. A seconda di come questo rapporto è strutturato si distinguono diverse
forme di governo,5 fondamentali:
Costituzionale pura – I due organi sono del tutto separati e differenziati per legittimazione. Si ha
un parlamento eletto dai cittadini, legittimazione popolare, governo al cui vertice c'è un ministro
nominato dal re, legittimazione sovrana.
Forma di governo parlamentare: Caratterizzata dal rapporto di fiducia che lega il governo al
parlamento, l'indirizzo politico dello stato è un potere condiviso tra i due organi. Il governo può
esercitare a pieno i suoi poteri se ha la fiducia del parlamento, perciò il governo non dipende dal
popolo ma dal parlamento che è sovrano,è il dominus in quanto accorda o revoca la fiducia.
Forma di governo presidenziale: Entrambe le camere hanno una legittimazione popolare, il
governo è nelle mani del presidente della repubblica. Anche il vertice dell'esecutivo viene eletto
direttamente dal popolo, sono presenti i cosiddetti pesi e contrappesi, i quali consentono di
bilanciare il potere dell'esecutivo da parte del parlamento.
Forma di governo semi-presidenziale: Il presidente della repubblica viene eletto direttamente dai
cittadini, ma presenta una scissione dal potere esecutivo. – Il p.d.r è solo capo dello stato non anche
del governo,esso si consulta con il parlamento per verificare la presenza di una maggioranza
politica e nomina in accordo con esso il capo del governo; così facilitando la fiducia del
parlamento.
Forma di governo direttoriale: Si ha un esecutivo collegiale, noto come direttorio che viene
nominato tramite emanazione del parlamento.

STATO ITALIANO
Ad oggi l'Italia viene ufficialmente riconosciuta Repubblica italiana poiché nel 1946 divenne una
repubblica parlamentare regolata dalla costituzione del 1948.
In tale forma di stato il parlamento è l'unica istituzione a detenere la rappresentanza della volontà
popolare e le maggiori istituzioni sono:
Presidente della Repubblica: capo dello Stato eletto dal parlamento, rappresenta l'unita nazionale
Parlamento bicamerale: composto dalla camera dei deputati e dal Senato della Repubblica, tale
organo esercita il potere esecutivo e vota la fiducia al governo;
Governo: costituito dal presidente del consiglio, i ministri e il consiglio dei ministri, esercita il
potere esecutivo;
Magistratura: è indipendente ed esercita il potere giudiziario.
Consiglio superiore della magistratura: CSM, il quale ha lo scopo di garantire l'autonomia della
magistratura dagli altri poteri dello stato.
Corte costituzionale: svolge la funzione di garante della costituzione.
L'Italia può essere definita come:
Stato costituzionale, poiché si fonda sulla costituzione nata per esigenza di ridurre il potere e
garantire il diritto;
Stato di diritto, poiché si limita il potere il quale è soggetto al diritto e alle norme.
Stato rappresentativo, difatti nell'art.1 della costituzione viene dichiarato: "La sovranità appartiene
al popolo".
I cittadini tramite un meccanismo elettivo eleggono i loro rappresentanti. Il potere politico viene
quindi esercitato da organi formati secondo il principio di rappresentanza popolare. Tale
meccanismo ha valenza a livello nazionale anche per i livelli istituzionali inferiori, i cittadini
eleggono i propri rappresentanti anche in consiglio comunale e regionale.
Rapporto tra soggetto rappresentato e rappresentante
Viene definito da diverse tipologie:
-Rappresentanza di tipo giuridico: si instaura un rapporto noto come mandato imperativo, cioè il
rappresentante agisce per nome e per conto del rappresentato. Esso non ha una sua autonoma
possibilità d'azione poiché è strettamente vincolato dalla volontà del rappresentato di cui è un
"Mero nuncius" (portavoce). Se il rappresentante non esegue la volontà del rappresentato la
rappresentanza viene definita viziata e l'atto viene di conseguenza annullato.
-Rappresentanza di tipo politica: si differenzia per una rappresentanza libera, poiché vi è il divieto
di mandato imperativo. Il rappresentato concorre all'elezione del rappresentante ma non pone in
esso nessun vincolo, egli resta autonomo e svolge la propria attività liberamente come meglio crede.
Ciò è espressamente riportato nell'art.67 della costituzione, il quale prevede il "Principio di libero
mandato parlamentare": "Ogni membro del parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue
funzioni senza vincolo di mandato". Perciò le scelte del rappresentante anche se non conformi a
quanto promesso sono costituzionalmente legittime, possono essere discutibili ed avere
conseguenze politiche ma non giuridiche.
Direttamente legata al principio di rappresentanza vi è la democraticità, cioè una visione
pluralistica dell'agire politico, una dinamica in grado di garantire un libero confronto costante di
opinioni diverse, così da scaturire decisioni collettive di interesse generale.
Viene cosi a crearsi un particolare criterio: Il Principio di maggioranza. La decisione si scaturisce
dalla "volontà dei più", tuttavia la minoranza non viene emarginata ma tutelata in quanto è una
componente che può continuare ad esprimersi puntando alla crescita. La maggioranza la si può
calcolare su diverse tipologie:
-votanti, tutti coloro che partecipano all'elezione;
-gli aventi diritto al voto, su un preciso numero.
Il livello da raggiungere per prendere una decisione prende il nome di Quorum. Quando la
maggioranza si calcola sugli aventi diritto al voto si parla di Quorum strutturale; quando si calcola
sui votanti si parla di Quorum funzionale.
Si possono distinguere diversi tipi di maggioranza:
Maggioranza assoluta: quando si ha la metà più uno degli aventi diritto al voto;
Maggioranza qualificata: quando si ha i 2/3 degli aventi diritto al voto;
Maggioranza semplice: calcolata sui votanti.

RAPPORTO TRA DEMOCRAZIA E FORMAZIONE SOCIALE


Non esiste democrazia senza partecipazione attiva di ciascun individuo, la presenza di una pluralità
di sedi di confronto a livello territoriale ne è simbolo, garantisce una partecipazione democratica.
Il carattere democratico quindi non deve essere restrittivo nei confronti delle formazioni sociali.
Queste realtà sociali sono ambiti associativi, valorizzati e tutelati al pari dei singoli, poiché in
quanto rappresentano sedi di confronto, hanno il diritto di portare avanti le loro finalità. Tale
garanzia di svolgimento delle proprie funzioni, viene riportata a livello costituzionale: Art.2 "La
repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia nelle formazioni
sociali" Anche nell'art.18 della costituzione è espressamente stabilito che: i cittadini hanno il diritto
di associarsi liberamente senza bisogno di un'autorizzazione preventiva.
I partiti sono un esempio di attuazione di tale articolo, in quanto essi sono strumento attraverso il
quale i cittadini partecipano alla vita politica. I partiti vengono espressamente previsti nell'art.49
della costituzione:"Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere in
metodo democratico a determinare la politica nazionale". Teoricamente sono istituiti per studiare le
problematiche e proporre novità politiche con un metodo democratico, ad oggi invece è presente un
fenomeno di degenerazione noto come Partitocrazia: I partiti sono associazioni private, prive di
regole interne e non soggette al diritto pubblico, godono quindi di una sfera di azione notevolmente
ampliata tanto che divengono le sedi in cui si decide al posto delle istituzioni. Ciò sta a significare
che la norma costituzionale non è mai stata attuata, ossia non è stata approvata nessuna legge di
disciplina verso i partiti i quali non concorrono più ad influire la vita politica ma la determinano.
Tutto ciò deriva da un problema d'interpretazione:
Nell'art. 49 è espresso che i partiti dovrebbero concorrere in modo democratico a determinare la vita
politica, l'interpretazione prevalsa ha pensato di istituire una pluralità di partiti così d'avere un
maggior numero di opinioni politiche. In realtà per metodo democratico si lasciava intendere che
ogni partito dovesse esprimere delle regole interne in maniera oggettiva e democratica, essi invece
non hanno mai voluto standardizzare con una legge la loro organizzazione interna.
Nel nostro ordinamento sono previsti degli istituti di democrazia diretta che consentono ai cittadini
di prendere direttamente le loro decisioni.
1)Il Referendum è il principale sistema tramite il quale i cittadini possono direttamente concorrere
alle scelte e può essere:
Abrogativo: serve per abrogare una legge e compie il proprio fine se si raggiunge il quorum di
validità del referendum, ossia la maggioranza assoluta;
Costituzionale: in cui i cittadini sono chiamati ad approvare o respingere una riforma costituzionale
proposta dagli organi istituzionali e non ha quorum di validità.
Consultivo: la tipologia meno vincolante di referendum. Con questo strumento il cittadino è
chiamato ad esprimere un parere su una determinata questione

2)La Petizione: viene espressamente prevista nell'art.50 della costituzione: "tutti i cittadini possono
rivolgere petizione alle camere per esporre comuni necessità". Consiste quindi in un numero di
cittadini con finalità comuni che propongono una richiesta alle camere, le quali non sono obbligate
a valutarla e quindi ha effetti limitati.
3)L'Iniziativa legislativa popolare: prevede che i cittadini possono presentare alle camere una
proposta di legge accompagnata da 50 mila firme, una volta che essa viene depositata le camere
sono libere di decidere se valutare o meno. La costituzione, garante dei diritti degli individui,
prevede che se si raccolgono 150 mila firme le camere hanno l'obbligo di esaminare la proposta, si
hanno perciò effetti immediati.

TIPOLOGIE DI DEGENERAZIONE DELLA DEMOCRAZIA


Partitocrazia: già vista, i partiti prendono il sopravvento rispetto al loro ruolo preparatorio e
assumono un ruolo decisorio.
Ostruzionismo: la minoranza cerca di impedire che le decisioni vengano prese dalla maggioranza,
vi è quindi un opposizione volontaria tramite la manipolazione esasperata delle regole;
Tirannia della maggioranza: abuso di potere dalla parte dei più forti;
Consociativismo: maggioranza e minoranza si accordano per prendere le decisioni, si avranno
perciò scelte condizionate ed inefficienti.

COSTITUZIONE
Il nostro è uno stato costituzionale poiché si fonda sulla costituzione. La prima costituzione nasce
nel 1215 in Inghilterra, dove viene riconosciuta "La Magna Carta",“la grande carta delle libertà”,
che imponeva una serie di limiti al potere del sovrano inglese. Con la costituzione c'è la rottura
dell'assolutismo monarchico dato che i promotori del costituzionalismo avevano come obiettivo la
ripartizione dei poteri e il riconoscimento dei diritti.
Alla base dell'instaurazione di un ordinamento costituzionale vi è un potere costituente che fonda un
insieme di leggi e istituzioni (un ordine giuridico) su cui si fonderà una società, tale ordine giuridico
è noto come ordine costituito.
La costituzione può essere analizzata secondo diverse prospettive:
-Costituzione in senso formale: Si ha il prodotto del processo costituente, che assume la forma di
un atto scritto solenne composto da 139 articoli e rappresenta la legge fondamentale
dell'ordinamento italiano.
-Costituzione in senso sostanziale: indica ciò che deve essere necessariamente disciplinato a
livello costituzionale. E' libera scelta del costituente stabilire cosa collocare in sede di costituzione
ma ci sono due elementi fondamentali collocati in ambito costituzionale: le garanzie dei diritti
fondamentali & La divisione dei poteri della sovranità -- Ad esempio nella nostra costituzione, nella
prima parte si riconosce i diritti fondamentali e nella seconda parte si stabilisce l'organizzazione dei
poteri.
-Costituzione in senso materiale :subentra un concetto di Costantino Mortati - In un determinato
ordinamento in concreto funzionano solo alcune norme costituzionali, rispetto a ciò che c'è scritto
nella costituzione formale ciò che è effettivamente vigente è per lo più diverso. Difatti molte norme
in costituzione sono scritte ma non vengono ancora attuate mentre altre sono state attuate ma dopo
molto tempo dalla loro produzione (esempio rilevante lo si ha pensando al fatto che la corte
costituzionale prevista nella costituzione istituita nel 48,sia diventata operativa soltanto nel 56 e le
regioni solo nel 70). Tale concetto è valido anche al contrario, ci sono norme non scritte ma che
concretamente funzionano nel nostro sistema costituzionale, ad esempio le consuetudini
costituzionali in grado di integrare ciò che formalmente è scritto in costituzione. Basta pensare a
istituti come le consultazioni del p.d.r o la questione di fiducia, non previsti in costituzione che si
sono progressivamente consolidati sino ad essere disciplinati negli ordinamenti parlamentari. Anche
nella formazione del governo, ci sono figure non previste nella costituzione del 48: i sottosegretari e
i viceministri. La costituzione quindi vive al di là della carta, i rapporti degli organi costituzionali
vengono regolati da norme non scritte, istituti che si sviluppano sotto forma di consuetudini.

COSTITUZIONE ITALIANA
Precedentemente l'ordinamento sociale italiano era regolato dallo Statuto Albertino, esso non era un
documento proveniente dalla volontà popolare ma era un atto di benevolenza concesso dal sovrano
che autolimitava il proprio potere. Venne sostituito dalla costituzione, scritta e votata dall'assemblea
costituente ed eletta a suffragio universale il 2 Giugno del 1946.Nel 27 dicembre fu pubblicata nella
gazzetta ufficiale ed entrò ufficialmente in vigore il 1 Gennaio del 1948 producendo la costituzione
repubblicana, approvata con 458 voti su 556. Da allora in poi lo Statuto Albertino risulta come
"vecchio ordinamento" ma non tutte le leggi esistenti vennero abrogate. Ancora oggi, secondo il
principio di continuità dell'ordinamento, abbiamo leggi del 48 attive poiché non sono in contrasto
con la costituzione e con il nuovo ordinamento. Perciò nonostante si cambi l'ordine costituzionale,
se quello giuridico è conforme alla nuova costituzione rimane in vigore, altrimenti se una legge
risultasse difforme al nuovo ordinamento la corte costituzionale ha il potere di annullarla. Le norme
costituzionali si contraddistinguono per struttura in due tipologie:
Precettive: hanno una forza giuridica vincolante con effetti concreti ed immediati. Esse pongono
una regola (Art 12. "La bandiera italiana della repubblica è il tricolore ..." )
Programmatiche: non hanno forza giuridica vincolante, delineano un indirizzo di fondo, un
obiettivo che verrà affidato e sviluppato dal legislatore. (Art 9. "La repubblica tutela il
paesaggio....")

CARATTERISTICHE DELLA COSTITUZIONE ITALIANA


La costituzione italiana è detta lunga poiché concepisce lo stato non solo come istituzione
governativa ma anche come ordinamento della comunità, perciò in essa si disciplinano gli apparati
dello stato e i diritti dei cittadini. La nostra costituzione è composta da 139 articoli ed è strutturata:
1)12 .principi fondamentali che delineano il carattere democratico della repubblica;
2)13-54. Diritti e doveri dei cittadini prima parte (diritti fondamentali) seconda parte
(organizzazione dei poteri);
3)55-139. Ordinamento della repubblica.
Si contrappone inoltre allo Statuto Albertino per la sua rigidità.
Precedentemente si aveva un ordinamento flessibile, in quanto poteva essere modificato con
qualunque legge ordinaria. Ad oggi la rigidità della nostra costituzione è legata alla sua sovranità e
può essere intesa in due sensi:
Rigidità assoluta: totale immodificabilità della costituzione.
Rigidità relativa: modificabile solo tramite uno speciale procedimento.
Le leggi costituzionali, nonostante siano delle fonti superiori che tendono a perdurare più a lungo
nel tempo, hanno bisogno anch'esse di adeguarsi ai mutamenti sociali. Perciò dato che esse hanno
una forza giuridica maggiore rispetto le norme ordinarie, si è previsto un processo specifico di
revisione. Ecco quindi che la rigidità assoluta riguarda soltanto uno specifico tratto della
costituzione espresso nell'Art.139: "La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione
costituzionale". Tale articolo può essere interpretato con due criteri differenti:
-Interpretazione restrittiva: si va ad individuare ciò che è chiamato limite di revisione esplicito,
ossia ciò che viene espressamente scritto in costituzione: “La repubblica non può essere oggetto di
revisione costituzionale”.
E' sancito quindi il divieto di ritorno alla monarchia poiché il popolo sovrano in assemblea
costituente, tramite i loro rappresentanti, ha scelto la repubblica come forma di stato;
-Interpretazione estensiva: si ha un interpretazione sistematica di più norme individuando ciò che
è noto come limite di revisione implicito: nell'articolo 139 Il termine "forma" lascia intendere un
concetto più ampio di Repubblica, Se questo viene interpretato congiuntamente con l'articolo 1
della costituzione, in cui è iscritto: "L' Italia è una Repubblica democratica"; si ha una visione più
estesa della norma. La nozione "forma repubblicana", non riguarda più esclusivamente la forma di
stato ma ingloba in sé tutti i principi fondamentali di carattere democratico della nostra
costituzione. Tutto ciò che rende democratica la nostra repubblica non può essere oggetto di
revisione. I primi 12 articoli della costituzione contengono i caratteri democratici della nostra
repubblica e per tale interpretazione sono inviolabili. Eccezione viene fatta anche per:
I diritti inviolabili dell'uomo, previsti dall'articolo 13 al 54, i quali sanciscono le libertà inviolabili
dei cittadini e non sono perciò oggetto di revisione costituzionale. Anche lo stesso Art.138, poiché
garante della rigidità della costituzione, non può essere oggetto di revisione a meno che non sia una
modifica in grado di rafforzare la rigidità dalla costituzione. Tutto il resto può essere modificato
tramite lo speciale provvedimento stabilito nell'art.138, noto come procedimento aggravato. Il
procedimento di revisione ordinario prevede che la legge debba essere approvata nello stesso
identico testo sia dalla camera che dal senato al fine di avere una norma perfetta. Il procedimento di
revisione aggravato viene invece regolato nell'art.138 della costituzione italiana, in cui viene
stabilito che le leggi costituzionali e di revisione costituzionali sono adottate da ciascuna camera
con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi. Ci deve essere quindi come
presupposto, una perdurante volontà di modificare la cost. da parte di entrambe le camere. La prima
deliberazione segue il normale procedimento, mentre per la seconda ci sono degli aggravamenti
connessi a maggioranze particolari. Se la maggioranza è minore dell'assoluta, si ha la maggioranza
semplice e quindi il provvedimento si blocca!. Se sono approvate a maggioranza assoluta da
entrambe le camere, in questo caso la legge non entra subito in vigore ma viene pubblicata a fini
notiziari in gazzetta ufficiale. Una volta entrata in vigore, entro tre mesi dalla loro pubblicazione,
tre soggetti possono chiedere un referendum costituzionale: 1)1/5 dei parlamentari 2)500 mila
elettori 3) 5 consiglieri regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è
approvata dalla maggioranza dei voti validi, perciò entra in vigore solo se i voti dei partecipanti
sono maggiormente positivi.
Se la legge viene approvata nella seconda votazione a maggioranza qualificata da entrambe le
camere non si fa luogo a referendum ma la legge viene subito pubblicata ed entra in vigore in
quanto, i 2/3 del consenso parlamentare sono sufficienti al punto di non richiedere il consenso
popolare. La costituzione accumula in sé tre significati fondamentali:
Legge fondamentale: ossia è il fondamento del sistema statuale, da cui trae validità l'intero
ordinamento giuridico poiché è fondato e deriva da essa;
Fonte suprema: ossia è la fonte principale al vertice nella gerarchia delle fonti del diritto, ha quindi
una forza giuridica maggiore delle altre, che sono fonti subordinate;
Fonte delle fonti: è la prima fonte sulla produzione, l'atto fondativo dell'ordinamento in cui risiede
la disciplina per produrre il diritto. (le leggi ordinarie, ossia gli atti normativi
subordinati alla costituzione, adottate in prevalenza dal parlamento.)

AMBITO INTERNAZIONALE

RAPPORTI INTERNAZIONALI DELLO STATO


Quando lo stato entra a far parte della comunità internazionale deve intavolare relazioni con altri
stati. Un primo metodo è l'invio dell'ambasciatore come espressione della volontà d'interazione del
mandante. I rapporti nell'ordinamento internazionale dei singoli stati si distinguono in due tipologie:
Rapporti di tipo bilaterale: Stato che interagisce con un altro stato;
Dimensione multilaterale: Uno stato che fa parte di una comunità internazionale (Pluralità di stati
che interagiscono tra loro). L'ordinamento internazionale che produce il diritto è fatto di norme, la
caratteristica di queste è che si rivolgono esclusivamente agli stati ed in maniera riflessa ai cittadini
di essi. ➔Sorge quindi il problema dell'adattamento del diritto internazionale al diritto interno di
uno stato.
Le modalità attraverso cui si producono effetti nell'ordinamento giuridico degli stati membri sono:
Rinvio mobile: Richiamo alla fonte di produzione (previsto nell'articolo 10 della nostra
costituzione) e stabilisce che le consuetudini internazionali (es. Principio pacta sunservanta/rispetto
dei trattati), entrano automaticamente a far parte dell'ordinamento giuridico italiano.
Rinvio fisso: Richiamo ad un atto normativo, riguarda sopratutto il ricevimento delle norme dei
trattati internazionali; si richiama un atto in vigore in un altro ordinamento, una fonte esterna che
verrà poi recepita. Si recepiscono le norme di un trattato per far sì che esse possano avere effetto nel
versante interno di uno stato membro, ciò avviene in modo tradizionale tramite l'ordine di
esecuzione, ossia un procedimento attraverso il quale il diritto di un ordinamento statale si
conforma al diritto dell'ordinamento sovranazionale. Tale procedimento è contenuto nelle leggi che
autorizzano la ratifica dei trattati internazionali. La ratifica è un potere che spetta al presidente della
repubblica, poiché il capo dello stato rappresenta il paese all'estero. Determinati trattati a causa
della propria importanza per essere ratificati hanno bisogno di una legge del parlamento che
autorizzi la ratifica, questi sono elencati nell'art.80 della costituzione: "Le camere autorizzano con
legge la ratifica dei trattati internazionali di natura politica, giuridica o che comportino variazioni
territoriali, legislative e finanziarie"
Che rango assumono nella gerarchia delle fonti le norme internazionali?
Dipende dal grado della fonte che opera il rinvio, ossia la norma internazionale assume nel diritto
interno, lo stesso rango della fonte che l'ha recepita:
• Se si tratta di una consuetudine internazionale, esse entrano automaticamente nel nostro
ordinamento ai sensi dell'art.10 che disciplina la ratifica di queste norme, perciò acquisteranno il
rango di norme costituzionali. Se si tratta di una norma di un trattato,l a fonte verrà recepita tramite
un atto del parlamento, assumerà perciò il rango di legge ordinaria.
Dopo la riforma del titolo V, le norme statali sono subordinate a quelle internazionali Nell'art.117
della costituzione, che ripartisce le competenze legislative tra stato e regione nei limiti delle podestà
legislative è riportato che:"La podestà legislativa è esercitata dallo stato e dalle regioni nel rispetto
della costituzione, nonché dei vincoli derivati dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi
internazionali". Perciò, la norma di un trattato internazionale in quanto rappresenta un limite di
validità per la legge dello stato è sovraordinata alla legge, possono condizionare quindi le podestà
legislative ai sensi dell'art.117. La norma comunitaria ha quindi più potere rispetto al diritto interno,
a meno che non sia in contrasto con un principio supremo dell'ordinamento statale, in tal caso spetta
alla corte costituzionale (garante della primazia tra diritti) giudicare se applicarla o meno. I principi
supremi dell'ordinamento degli stati membri rappresentano perciò un limite alla prevalenza del
diritto comunitario sul diritto interno.
L’ADATTAMENTO AGLI OBBLIGHI INTERNAZIONALI
L’adattamento dell’ordinamento interno all’ordinamento internazionale, cioè ai vincoli che esso
impone, può avere luogo in forme diverse. Nell’ordinamento italiano è possibile identificare tre
modalità. Il ricorso a procedimenti ordinari di produzione giuridica: in questi casi vengono adottate
norme il cui contenuto, interamente elaborato da legislatore statale, serve ad ottemperare agli
obblighi internazionali. La fonte in genere utilizzata è la legge, che contiene le modifiche
dell’ordinamento interno funzionali all’adattamento: queste possono consistere sia nell’introduzione
di nuove norme sia nella modifica o soppressione di norme preesistenti.
Il ricorso ad un procedimento speciale (nella prassi il più utilizzato): in questi casi viene approvata
una legge che dispone l’adattamento dell’ordinamento interno ai vincoli internazionali attraverso
l’ordine di esecuzione. Il testo del trattato viene allegato alla legge e l’adattamento è in tal modo
completo e integrale. Il terzo modo consiste in un meccanismo peculiare in base al quale non vi è
necessità di alcun apposito atto statale per adattare l’ordinamento interno alle norme internazionali,
in quanto l’adattamento è previsto in forma automatica. Affinché un meccanismo del genere possa
operare, è indispensabile che l’ordinamento interno lo preveda. Così fa la nostra Costituzione, la
quale dispone all’art. 10 che “l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto
internazionale generalmente riconosciute”, cioè le sole norme consuetudinarie.

L’ONU
L’Organizzazione delle nazioni unite è stata creata dalla Carta di San Francisco del 26 giugno 1945,
sottoscritta da 50 paesi, quando la guerra si era appena conclusa. Essa ha costituito il tentativo di
rilanciare il progetto, fallito, della Società delle Nazioni (1919) creata a seguito della Prima guerra
mondiale. L’ONU ha sede centrale a New York. Il suo obiettivo principale è quello di promuovere
la pace nel mondo e di salvaguardare i diritti fondamentali dell’uomo; a tal fine ha istituito la
Dichiarazione universale dei diritti umani. Tale carta non è giuridicamente vincolante per gli Stati
membri dell'organizzazione ma implica un impegno da parte degli stati appartenei all’ONU di
creare legislazioni al fine di rispettare e garantire tali diritti. Ad essi va attribuito un valore giuridico
autonomo nell'ambito della comunità internazionale, dal momento che sono ormai considerati dalla
gran parte delle nazioni civili alla stregua di principi inalienabili del diritto internazionale generale.
La Dichiarazione dei Diritti Umani è un codice etico di importanza storica fondamentale: è stato il
primo documento a sancire universalmente (cioè in ogni epoca storica e in ogni parte del mondo) i
diritti che spettano all'essere umano. L’ONU non ha strumenti di carattere pratico al di fuori dei casi
di:
- grave violazione dei diritti umani collettivi
-genocidio
-grave violazione di certi beni
In questo caso ha un diritto-dovere di intervenire e, qualora necessario, di processare i capi di stato
delle nazioni coinvolte.

LA NATO .. Dopo la Seconda guerra mondiale si sono affermate organizzazioni internazionali


regionali, costituite da gruppi di stati allo scopo specifico del mantenimento della pace in
determinate aree sotto forma di alleanza nei confronti di stati non membri. Tali organizzazioni si
configurano come strumenti di autotutela a carattere collettivo. Il modello è dell’Organizzazione del
Trattato del Nord Atlantico, cui l’Italia partecipa dal 1949: essa raccoglie insieme agli USA e al
Canada i paesi non neutrali dell’Europa occidentale e dieci paesi dell’Europa centro-orientale (26 in
tutto). Il principio cardine del Trattato riguarda l’obbligo di prestare assistenza nel caso di attacco
contro uno stato membro.
COS’É L’UE- UNIONE EUROPEA ( 27 stati membri)
Viene identificata come comunità sovranazionale, che si posiziona a cavallo tra diritto interno e
internazionale (diritto comunitario, appunto).
Altri hanno parlato recentemente di ordinamento pre-federativo, con riferimento al suo carattere di
ordinamento in trasformazione, non ancora federale, ma in procinto di diventarlo in un futuro non
prestabilito. In ultimo si è parlato di federazione di stati nazione: formula con cui si cerca di
conciliare sia sviluppi in senso federale sia difesa delle identità nazionali. Resta vero tuttavia che
l’UE governa l’insieme di un territorio che non è suo, non è dotata di alcun apparato in grado di
esercitare un potere coercitivo sugli stati ed anzi per l’esercizio del suo potere esecutivo deve
passare per il tramite necessario dell’apparato degli stati; difficilmente l’insieme dei suoi cittadini
potrebbe considerarsi un unico popolo: perciò è dubbio che costituisca già oggi una vera e propria
comunità politica.
LA STORIA L’Unione Europea nasce il 1° novembre 1993 a seguito dell’entrata in vigore del
Trattato sull’Unione europea, firmato nel 1991 nella città olandese di Maastricht (tale trattato è
infatti conosciuto come il Trattato di Maastricht). E’ un ordinamento giuridico autonomo, nato
come una sorta di limitazione della sovranità propria di ogni stato a favore di un organismo
comunitario. Gli stati restano pienamente autonomi, ma si realizzano interferenze tra di loro.
Altiero Spinelli ebbe un ruolo rilevante nella nascita e nella definizione in chiave moderna del
concetto di Europa. Egli, relegato a Ventotene stilò il famoso documento “Manifesto di Ventotene”
(1941), riportato nell’Atto unico europeo. Il Manifesto propugna ideali di unificazione dell'Europa
in senso federale. Nel maggio del 1950 Robert Shuman, ministro degli esteri francese, ribadì il
concetto che “L’unione delle nazioni europee richiede di eliminare la secolare opposizione tra la
Francia e la Germania” (già affermato nel 1946 da Wiston Churchill, Primo ministro britannico) e
proponeva un piano di cooperazione intereuropea. In collaborazione con l’economista Jean Monnet,
attuò un progetto per la condivisione delle risorse di acciaio e di carbone (queste materie prime
vennero scelte perché simbolo della guerra, al fine di sancire l’abbandono di tutte le tensioni e gli
scontri). L’UE si avviò nel 1951 con la firma del Trattato di Parigi, che dette vita alla CECA
(Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio). Scopo della CECA era far regolare tutta la
produzione del carbone e dell’acciaio (tra le più importanti materie prime dell’epoca) da un’unica
autorità comunitaria, facilitando gli scambi in questo mercato tra i paesi della Comunità. I paesi che
vi aderirono furono solamente 6: il Belgio, la Francia, la Germania, l’Italia, il Lussemburgo e i
Paesi Bassi. Il primo presidente fu un italiano, Alcide De Gasperi (egli, insieme ad Eisenhower,
studiò gli elementi stimolatori della guerra per cercare di evitarli). La CECA fu il primo passo per la
formazione dell’Unione Europea. E’ importante notare che, inizialmente, nacque come ordinamento
giuridico non politico ma economico. Nel 1955 venne avanzata la proposta di abolire i dazi
doganali tra gli Stati della CECA e di adottare tariffe doganali in comune per tutti i paesi che non ne
facevano parte. Questa proposta venne realizzata solo nel 1957, con la firma del Trattato di Roma,
che portava alla costituzione di due Comunità:
-  la CEE (Comunità Economica Europea), che nacque come Mercato comune europeo (MEC), il
cui obiettivo era quello di abbattere le barriere commerciali fra i sei Stati e di conseguenza
costituire un mercato comune.
-  l’Euratom (Comunità Europea per l’Energia Atomica), con lo scopo di realizzare la
collaborazione tra gli Stati europei per la ricerca e lo sfruttamento del nucleare (a seguito di un
consistente aumento del prezzo del petrolio)
Mentre la CECA era in effetti nata come iniziativa di pace, con lo scopo di fare dialogare i vincitori
e i vinti dell’ultima grande guerra, le seconde nate (EURATOM e CEE) furono, invece, il risultato
di una reale volontà di lavorare e crescere insieme per perseguire un interesse comune e reciproco.
Delle tre Comunità quella che ha subito un costante sviluppo dalla sua nascita ad oggi è stata la
CEE. L’EURATOM, invece, fu boicottata dalla Francia del generale De Gaulle, che decise di dare
priorità all’armamento atomico nazionale, limitando fortemente il suo contributo alla Comunità. La
CECA, invece, scomparve nel 1967, anno in cui fu concordata la fusione delle tre Comunità
europee che da allora ebbero organi comuni. Agli inizi degli anni ’70 a seguito della grande
inflazione, si presentò la necessità di una convergenza monetaria che, dopo lunghe trattative, si
concretizzò nella creazione del Sistema monetario europeo (SME) il cui scopo era quello di
stabilizzare entro certi margini i cambi e le oscillazioni delle valute dei paesi europei ed evitare
eccessive fluttuazioni economiche. In quell’occasione fu creata l’unità di conto europea (ecu -
moneta fittizia, mai coniata, il cui valore era calcolato sulla media dei valori di gran parte delle
monete europee): non avendo, però, effettiva circolazione servì esclusivamente come punto di
riferimento per le valute nazionali nelle transazioni contabili. E’ importante sottolineare che dal 1°
gennaio 1972 il $ non fu più convertibile in oro e crollò il GOLD EXCHAING. Fu un periodo
caratterizzato da una forte incertezza nei cambi, che creò disordini negli scambi internazionali).
(Serpentone europeo) Nel 1986 venne firmato l’Atto unico europeo, che presentava sostanziali
modifiche e integrazioni ai trattati esistenti e sanciva l’impegno da parte dei firmatari di adeguare le
proprie legislazioni alla creazione di un grande mercato unico europeo, uno spazio senza frontiere
nel quale le merci, le persone, i servizi e i capitali potessero liberamente circolare senza più
controlli e dazi doganali. L’Atto unico introdusse anche nuove forme di cooperazione tra gli Stati
membri in materia di giustizia e di difesa reciproca (ma l’atto non venne ratificato da tutti i paesi
dell’Unione). Il Trattato di Maastricht firmato nel 1992 (dopo l’unificazione delle due Germanie)
non istituisce una nuova organizzazione, ma si limita a definire quelle che devono essere le
politiche per concludere il processo verso l’unione reale ed effettiva degli Stati europei. Tali
politiche si basano sui cosiddetti 3 pilastri in cui è strutturato il trattato:
-  il primo pilastro fa riferimento ad una serie di norme tese all’instaurazione dell’unione economica
e monetaria e alla liberalizzazione del mercato del lavoro. Si tratta di una serie di interventi di
politica sociale;
-  il secondo pilastro si riferisce alla politica estera e di sicurezza comune. Per la prima volta si parla
di politica comune e si attribuisce al Consiglio dell’UE la possibilità di adottare azioni comuni
vincolanti per gli Stati membri;
-  il terzo pilastro fa invece riferimento alla cooperazione nei settori della giustizia e degli affari
interni, che comprende la politica dell’immigrazione, il terrorismo...
Nel 1995 entrò in vigore anche la convenzione di Schenghen. Per accordi di Schengen si fa
riferimento ad un trattato che coinvolge sia alcuni Stati membri dell'Unione Europea sia stati terzi.
Gli accordi, inizialmente nati al di fuori della normativa UE, ne divennero parte con il Trattato di
Amsterdam. Tali accordi sono parte integrante del Trattato di Maastricht. Gli stati membri che non
fanno parte dell' "area Schengen" (l'insieme dei territori su cui il trattato stesso è applicato) sono il
Regno Unito e l'Irlanda. Gli stati terzi che vi partecipano sono Islanda, Norvegia e la Svizzera. Gli
accordi vennero firmati nel giugno 1985 proprio a Schengen (da qui ne deriva il nome), cittadina
del Lussemburgo, inizialmente da solo 5 Stati membri della allora CEE: Belgio, Francia,
Lussemburgo, Germania e Paesi Bassi. Successivamente vi aderirono altri stati dell'Unione: Italia,
Portogallo, Spagna, Grecia e Austria. Dopo il primo accordo tra i 5 paesi fondatori, è stata elaborata
una convenzione, firmata nel giugno del 1990 ed entrata in vigore nel 1995.

Gli obiettivi del trattato di Schengen sono:


- l’abolizione dei controlli sistematici delle persone alle frontiere interne dello Spazio
Schengen;
- il rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne dello Spazio,
- la collaborazione delle forze di polizia e la loro possibilità di intervenire, in alcuni casi,
anche oltre i propri confini,
- il coordinamento degli Stati nella lotta alla criminalità organizzata di rilevanza
internazionale,
- l’integrazione delle banche dati delle forze di polizia (il SIS, Sistema di informazione
- Schengen)
Nel 1997 ebbe luogo il Trattato di Amsterdam, entrato in vigore a partire dal 1° gennaio 1999, che
aveva gli obiettivi di:
- affrontare le sempre maggiori problematiche dell’Unione, quali i diritti del cittadino e
l’occupazione,
- eliminare gli ultimi ostacoli alla libera circolazione delle persone e aumentare la sicurezza
- consentire all’Europa di avere più voce in capitolo nelle politiche mondiali,
- migliorare il funzionamento degli organi europei e conferire maggiore efficacia alla struttura
istituzionale dell’Unione in vista del prossimo ampliamento.
Il Trattato di Nizza nel 2001 stabilì nuove norme per un funzionamento più regolare dei rapporti tra
Stati membri e istituzioni comunitarie; venne ribadito l’impegno a portare avanti il processo avviato
dal trattato di Amsterdam.
Un altro importantissimo passo verso la piena attuazione politica dell’Unione è la discussione su un
primo modello di Costituzione europea.
LE ISTITUZIONI COMUNITARIE
L’articolo 3 del trattato UE afferma che l’unione dispone di un quadro istituzionale unico, che
assicura la coerenza e la continuità delle azioni svolte per il perseguimento dei suoi obiettivi:
promuovere il progresso economico e sociale
affermare la propria identità sulla scena mondiale
rafforzare la tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini, mediante l’istituzione di una cittadinanza
dell’Unione conservare e sviluppare l’Unione quale spazio di libertà, sicurezza e giustizia in cui sia
assicurata la libera circolazione delle persone. Le istituzioni fondamentali sono:
Il CONSIGLIO DEI MINISTRI è l’organo decisionale e riveste il ruolo più importante, in quanto
gode del potere legislativo che, per molte materie, esercita congiuntamente con il Parlamento
europeo.Il Consiglio ha però anche altre competenze:
il Consiglio adotta gli atti giuridici comunitari (regolamenti, direttive...) presentati dalla
Commissione europea, alla quale spetta il diritto di iniziativa; provvede al coordinamento delle
politiche economiche degli Stati membri; conclude gli accordi internazionali; adotta insieme al
Parlamento, il bilancio della Comunità.
Il Consiglio dei Ministri ha sede a Bruxelles; è costituito da un rappresentante di ciascuno dagli
Stati membri, generalmente un Ministro in carica. La composizione di ciascuna sessione o riunione
del Consiglio varia a seconda degli argomenti trattati (sarà costituita dal Ministro di competenza
della materia in esame). Il Consiglio è presieduto a turno da ciascuno Stato membro, cambiando
ogni sei mesi la presidenza (gennaio-giugno, luglio-dicembre); il Consiglio è inoltre assistito da un
Segretario generale che ha funzione di alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza
comune. Le deliberazioni o decisioni del Consiglio sono valide se approvate a maggioranza dei
membri che lo compongono. Qualora, però, una particolare decisione richiede la maggioranza
qualificata, ai voti dei membri viene attribuita una ponderazione, cioè un valore relativo
all’importanza politica e demografica dello Stato in ambito comunitario. Solo per alcune questioni
particolarmente importanti è necessaria l’unanimità dei voti. I lavori e le decisioni sono preparati
dal Comitato dei Rappresentanti permanenti degli stati membri, che si occupa di eseguire quanto
affidatogli dal Consiglio dei Ministri.
Il CONSIGLIO EUROPEO riunisce periodicamente (almeno 2 volte all’anno) i capi di Stato o di
Governo della Comunità, assistiti dai rispettivi ministri degli esteri, e dal presidente della
Commissione; la presidenza è a rotazione semestrale. Il trattato di Maastricht ha assegnato al
Consiglio un ruolo d’impulso delle più importanti iniziative politiche dell’Unione, nonché di arbitro
dei problemi non risolti dal Consiglio dei Ministri. Il Consiglio europeo è ospitato dallo Stato
membro che esercita la presidenza del Consiglio dei Ministri (solitamente a giugno e dicembre). Le
decisioni assunte nell’ambito di tale riunione rivestono una notevole importanza, in quanto capaci
di dare un forte impulso alla definizione degli orientamenti politici generali dell’Unione. Il
Consiglio europeo esercita un potere di indirizzo politico. E’ importante notare che il Consiglio
europeo non è un’istituzione comunitaria, bensì un organo intergovernativo, che decide
all’unanimità.
Il PARLAMENTO EUROPEO è l’organo di espressione democratica e di controllo politico della
Comunità. Dal 1979 il Parlamento viene eletto, ogni 5 anni, a suffragio universale diretto dei
cittadini europei. Il numero di eurodeputati di ciascuno stato è stabilito dal trattato; i membri si
ripartono in gruppi politici (che riuniscono tutti i principali partiti politici degli Stati membri)
composti da un minimo di 20 deputati; essi lavorano suddivisi in 20 commissioni; il Parlamento
europeo ha un proprio regolamento e solitamente delibera a maggioranza dei voti espressi. Le
sessioni plenarie del Parlamento europeo si svolgono generalmente a Strasburgo (in Francia),
mentre i gruppi politici e le commissioni parlamentari, che preparano i lavori delle sedute plenarie,
si riuniscono a Bruxelles. Lussemburgo ospita segretariato ed uffici.
Come ogni parlamento, anche quello europeo, è dotato di tre poteri fondamentali:
-  legislativo
-  di bilancio
-  di controllo
Inoltre, può anche approvare i trattati di adesione di nuovi stati, gli accordi internazionali che
comportano spese, le sanzioni contro uno stato membro che violi i principi fondamentali
dell’Unione. La funzione legislativa è esercitata congiuntamente con il Consiglio, che partecipa
all’elaborazione delle direttive e dei regolamenti comunitari e si pronuncia sulle proposte della
Commissione europea (monopolio dell’iniziativa). Ciò che decide il tipo di procedimento è
l’ambito materiale dell’atto; i tre procedimenti fondamentali sono:
Codecisione: viene applicata in numerose importanti materie. La proposta è presentata dalla
Commissione e poi concorrono al testo il Parlamento europeo congiuntamente con il Consiglio,
eventualmente anche facendo ricorso ad un apposito comitato di conciliazione; se il comitato
raggiunge l’accordo su un testo entro sei settimane, questo va al Consiglio e al Parlamento europeo
per l’approvazione finale; se non raggiunge l’accordo il testo si intende respinto;
Cooperazione, è limitata a pochi ambiti (politica economica o monetaria). In questo caso gli organi
principali del procedimento sono Consiglio e Commissione; il Parlamento vi concorre assumendo
posizioni che possono essere superata dal voto del Consiglio.
Consultazione, nell’ambito della quale il Parlamento europeo può soltanto esprimere un parere
obbligatorio ma non vincolante nei riguardi di una proposta legislativa presentata dalla
Commissione, in quanto la decisione di approvare o meno il testo spetta solo al Consiglio.
Nel caso di questioni particolarmente importanti, come l’adesione di un nuovo stato membro, viene
utilizzato un ulteriore metodo, la procedura del parere conforme, in base al quale il Parlamento può
solo approvare o respingere il testo legislativo, senza la possibilità di apporvi emendamenti. Il
Parlamento può inoltre spingere e sollecitare l’iniziativa della Commissione su determinate
questioni, mentre nei confronti del Consiglio, può soltanto formulare proposte, mediante risoluzioni
non vincolanti. La funzione di bilancio di cui è titolare il Parlamento europeo consiste nel potere,
condiviso ancora una volta con il Consiglio, di adottare o respingere il bilancio della Comunità. La
proposta di bilancio annuale viene preparata dalla Commissione, che la invia poi sia al Parlamento
che al Consiglio.
La COMMISSIONE EUROPEA è l’organo esecutivo, che ha sostituito nel 1967 l’Alta autorità
della CECA e le Commissioni CEE ed Euratom. Ne fanno parte 27 membri (uno per ciascuno
Stato; ogni membro nominato dal singolo Stato deve essere accettato dal Parlamento europeo). I
commissari europei esercitano le loro funzioni in piena indipendenza nell’interesse generale della
Comunità. La Commissione è responsabile politicamente nei confronti del Parlamento europeo. Può
assistere a tutte le sedute del Parlamento ed è obbligata, qualora le venga richiesto, a chiarire o
giustificare dinanzi al Parlamento le sue politiche nonché a rispondere alle interrogazioni, scritte o
orali, che le vengono rivolte dagli eurodeputati. Alla fine di ogni anno la Commissione deve poi
presentare al Parlamento una relazione sull’attività svolta, specificando gli obiettivi raggiunti ed i
mezzi utilizzati. Ha sede a Bruxelles, ma dispone di uffici in tutti i paesi dell’Unione e in molte
capitali del mondo. Dura in carica 5 anni, salvo approvazione di una mozione di sfiducia (censura)
da parte del Parlamento. Il presidente viene designato dai governi e tale designazione deve essere
approvata dal Parlamento. Poteri e funzioni fondamentali sono: proporre atti legislativi (direttive e
regolamenti) al parlamento e al Consiglio (potere di iniziativa legislativa); dirigere ed eseguire le
strategie ed il bilancio dell’Unione ; vigilare, con la Corte di giustizia, sulla corretta applicazione
del diritto comunitario ; formulare raccomandazioni o pareri; rappresentare l’Unione a livello
internazionale.
Nei confronti degli Stati che infrangono il diritto comunitario, la Commissione invita lo Stato in
questione a presentare delle osservazioni in merito al suo comportamento.
La CORTE DI GIUSTIZIA esercita il potere giurisdizionale e assicura il rispetto del diritto
nell’interpretazione e nell’applicazione del trattato e degli atti normativi comunitari (qualsiasi atto o
norma in contrasto con le norme europee viene quindi indirizzato alla Corte di giustizia).
E’ composta da 27 giudici nominati per 6 anni dai governi degli Stati membri e coadiuvata da 8
avvocati generali. La corte ha un proprio statuto e un proprio regolamento.
Le competenze della Corte riguardano:
- l’interpretazione del diritto comunitario,
- la risoluzione dei conflitti tra gli Stati membri e le istituzioni comunitarie,
- il controllo della legittimità degli atti di tali istituzioni,
- il controllo del rispetto del diritto comunitario da parte degli Stati membri e dei privati
cittadini europei.
A tale proposito ciascuno Stato membro può presentare ricorso alla Corte di Giustizia, quando
reputi che un altro Stato della comunità è venuto meno a qualche obbligo impostogli dal trattato
TCE.
Accanto alla Corte di giustizia opera il Tribunale di primo grado, competente a per le controversie
tra la Comunità e i propri funzionari, nonché per la maggior parte delle azioni intraprese da persone
fisiche o giuridiche contro atti comunitari. E’ composto da almeno un giudice per ciascuno Stato
membro.
Altri organi:
La CORTE DEI CONTI si occupa del controllo contabile sui bilanci: verifica la legalità e la
regolarità delle entrate e delle uscite economiche della Comunità, nonché della sua corretta gestione
finanziaria. La Corte dei conti dunque esamina i conti di tutte le entrate e le spese non solo della
Comunità, ma anche di ogni organismo creato dalla Comunità. Nella vita e nell’attività economica
intervengono, direttamente o indirettamente, molti altri organi, tra i quali di particolare importanza
sono gli organi finanziari e gli organi consultivi. Tra gli altri, fa parte degli organi finanziari la
Banca centrale europea. La Banca centrale europea (BCE), con sede a Francoforte, è stata
istituita nel 1998 per introdurre e gestire la nuova moneta, l’€uro, che, dal 1° gennaio 2002, circola
in tutti i Paesi membri dell’Unione. E’ altresì responsabile della politica economica e monetaria
dell’Unione. La BCE opera nell’ambito del Sistema europeo delle banche centrali (SEBC) che
comprende, appunto, le banche centrali dei 15 Stati membri dell’Unione. Suo obiettivo primario è il
mantenimento della stabilità dei prezzi nell’area dell’euro, al fine di proteggere il potere d’acquisto
della giovane moneta. Fanno invece parte degli organi consultivi il Comitato economico e sociale,
composto di rappresentanti delle categorie economiche e produttive e il Comitato delle regioni,
composto di rappresentanti di enti regionali e locali, al fine di garantire che tali realtà locali abbiano
la giusta importanze nel processo decisionale in ambito europeo ma soprattutto che vengano
rispettate le identità e le caratteristiche territoriali locali; deve cioè essere consultato nei casi previsti
dal trattato o quando il Consiglio, il Parlamento o la Commissione lo ritengano necessario. Altro
organo importante è il Mediatore europeo (nominato dal Parlamento), che opera come difensore:
tutela i cittadini che si sentono lesi nei propri diritti, sia dalla legge del proprio Stato, sia dalle
norme europee.

LE FONTI DEL DIRITTO COMUNITARIO


Il diritto comunitario, cioè il complesso di norme che fanno capo alla Comunità europea, può essere
suddiviso in diritto primario o originario, che trae la fonte direttamente dai trattati istitutivi e dalla
giurisprudenza della Corte di giustizia, e in diritto derivato, che invece è costituito dagli atti posti in
essere dalle istituzioni comunitarie. Tali atti posti in essere dagli organi dell’Unione possono avere
natura vincolante o non vincolante: la natura dell’atto fa sì che questo abbia un’incidenza più o
meno rilevante sugli ordinamenti giuridici interni dei singoli Stati membri.
Sono atti non vincolati: le raccomandazioni e i pareri.
Sono atti vincolati: i regolamenti, le direttive e le decisioni.
ATTI NON VINCOLANTI: Le raccomandazioni contengono un invito affinché gli Stati membri
si conformino ad un certo comportamento in merito ad un determinato argomento.
I pareri sono invece atti emanati dagli stessi organi comunitari, affinché sia conosciuta la loro
posizione in merito a determinate questioni
ATTI VINCOLANTI: I regolamenti comunitari rappresentano all’interno della Comunità quella
che per noi è la legge ordinaria del Parlamento. Il regolamento è quindi un atto vincolante di portata
generale, nel senso che si rivolge alla generalità degli Stati membri, ma anche a tutti i cittadini
europei; è obbligatorio in tutti i suoi elementi, ma soprattutto è direttamente applicabile. Ciò vuol
dire che ha un’efficacia immediata all’interno degli Stati membri e che non è necessaria un’ulteriore
legge nazionale d’accoglimento del regolamento comunitario; se vi è contrasto tra una norma del
regolamento e una norma nazionale interna, prevale il primo, soccombendo la norma nazionale.
Occorre però che vi sia una conciliabilità con il diritto interno: nel nostro ordinamento i regolamenti
si trovano in una posizione intermedia tra la Costituzione e le fonti primarie. In ogni caso la
possibilità che i regolamenti comunitari possano prevalere sulle norme difformi è ammesso
indirettamente dall’art. 11 della Cost. che consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, le
limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento internazionale che assicuri la pace e la
giustizia fra le Nazioni.
Le direttive, a differenza dei regolamenti, pur essendo vincolanti non hanno portata generale, in
quanto sono destinate solo agli Stati cui sono rivolte, che devono quindi attivarsi per emanare
proprie leggi ed adeguarvisi. Le direttive devono perciò essere recepite dagli Stati con un atto
giuridico interno. Le direttive impongono allo Stato il risultato da raggiungere, in quanto lasciano
libero spazio in merito alla forma e ai mezzi impiegati. L’eventuale inadempimento di una direttiva
comunitaria da parte di uno Stato membro comporta il deferimento alla Corte di giustizia e
l’applicazione di sanzioni.
Le decisioni, come i regolamenti, sono obbligatorie in tutti gli elementi, ma hanno come destinatari
soggetti specificatamente designati. Sono quindi utilizzate dagli organi comunitari per modificare,
creare o estinguere situazioni giuridiche soggettive.

I CITTADINI E L’UNIONE EUROPEA


Particolare attenzione merita il principio di sussidiarietà, in base al quale se un obiettivo non può
essere conseguito dallo stato membro allora la Comunità può intervenire; inoltre se la Comunità
non può fare meglio dello stato membro deve astenersi dal farlo e la competenza deve restare dello
stato. La cittadinanza europea non sostituisce quella nazionale, ma le si affianca.
Ai sensi del trattato CE “è cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato
membro”; ciò comporta la possibilità:
- di circolare e soggiornare liberamente nel territorio dell’Unione,
- di votare alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato in cui si risiede,
- di esercitare il diritto di petizione
- di ricorrere al mediatore europeo.
Inoltre, dopo l’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, il cittadino europeo ha altresì il diritto di
rivolgersi alle istituzioni europee in una delle lingue ufficiali e di ricevere una risposta nella stessa
lingua, e di accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione a
determinate condizioni. Si discute invece del valore giuridico della Carta dei diritti fondamentali
proclamata a Nizza nel dicembre 2000: pur non essendo entrata a far parte dei trattati essa concorre
ad orientare la Corte di giustizia. Si parla ormai da tempo di Costituzione per l’Europa. Tale
progetto, di lunga durata è ormai finito in un binario morto, formalmente abbandonato nel giugno
2007. Una delle cause fu l’insormontabile ostacolo posto da Francia e Paesi Bassi, che non
ratificarono il Progetto di Trattato per istituire una Costituzione per l’Europa. Ma l’urgenza di
affrontare importanti e pressanti problemi, ancor più accentuati dall’allargamento dell’Unione ha
portato nel dicembre 2007 alla firma del Trattato di Lisbona, che pende di ratifica.

Le principali innovazione riguardano:


-l’introduzione del principio di attribuzione, in base al quale l’UE agisce solo nell’ambito delle
competenze attribuite ad essa dagli stati;
-l’istituzione di un’iniziativa popolare esercitatile da parte di 1 milione di cittadini appartenenti a
più stati, con cui chiedere alla Commissione di presentare un’appropriata proposta normativa;
-la disciplina del ruolo dei parlamentari nazionali ai fini del funzionamento dell’Unione;
-il rafforzamento della funzione legislativa del Parlamento europeo;
-la presidenza del Consiglio europeo: finisce la rotazione semestrale e nasce il presidente del
Consiglio europeo; si rafforza la figura dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la
politica di sicurezza; si riduce il numero minimo dei parlamentari europei;
-l’introduzione di una clausola di solidarietà, in caso di attacco terroristico ;
-la disciplina delle modalità del recesso di uno stato membri dall’UE.
IL PARLAMENTO (POTERE LEGISLATIVO)
Unico organo costituzionale eletto direttamente dal popolo, titolare del potere legislativo e della
funzione di indirizzo politico del paese. Il Parlamento è un organo costituzionale complesso: si
compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (art. 55 Cost.). Entrambe le
Camere hanno uguali poteri e prerogative secondo il principio del bicameralismo perfetto, voluto
dai membri dell’Assemblea costituente. Attualmente il Parlamento italiano dura in carica 5 anni
(legislatura) ed è eletto a suffragio universale diretto.
La Camera dei deputati
Ha sede a Palazzo Montecitorio. E’ composta da 630 deputati, dodici dei quali eletti nella
circoscrizione Estero, costituita per dare la possibilità anche ai cittadini italiani residenti all’estero
di esercitare il diritto di voto. I deputati vengono eletti su base nazionale. Possono essere eletti
deputati (elettorato passivo) tutti i cittadini, uomini e donne, che abbiano compiuto 25 anni, mentre
possono partecipare alle elezioni della Camera dei deputati (elettorato attivo) tutti i cittadini che
abbiano raggiunto la maggiore età (18 anni). La Costituzione prevede i casi in cui l’ufficio di
deputato o di senatore non può essere ricoperto. In particolare, l’art. 65 demanda alla legge il
compito di determinare i casi di ineleggibilità e di incompatibilità (nel caso di detenzione
contemporanea di due cariche)
Il Senato della Repubblica
Ha sede a Palazzo Madama ed è composto da membri elettivi e da membri di diritto. Il numero dei
senatori elettivi è di 315, sei dei quali eletti nella circoscrizione Estero: essi sono eletti su base
regionale. I senatori sono eletti a suffragio universale diretto da tutti i cittadini che hanno compiuto
25 anni. Per quanto riguarda l’elettorato passivo, possono concorrere a ricoprire la carica di
senatore, tutti i cittadini che hanno compiuto 40 anni. L’art. 59 della Cost. sancisce che accanto ai
315 senatori elettivi siedono al senato anche senatori di diritto, cioè tali senza alcun procedimento
di nomina, e a vita: i presidenti della Repubblica alla fine del loro settennato e 5 senatori nominati
dal Presidente della Repubblica per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e
letterario.
Differenze tra le due camere:
- numero dei membri elettivi
- età minima per l’elettorato attivo
- età minima per l’elettorato passivo
- presenza di membri non elettivi (Senato)
- sistema elettorale: per entrambi i rami del Parlamento si tratta di un sistema maggioritario
con una quota proporzionale, ma per la Camera dei deputati l’assegnazione dei seggi
avviene su base nazionale, mentre per il Senato avviene su base regionale.

|| l'elettorato attivo è la capacità giuridica e la legittimazione ad esprimere tramite il proprio voto o


comunque dichiarando in qualche modo la propria scelta mentre per elettorato passivo si intende la
capacità di un cittadino italiano, avente pieni diritti, a ricoprire cariche elettive.||

Il Parlamento in seduta comune


Le due camere operano in sedi separate, sono dotate ciascuna di un proprio regolamento interno, di
un numero di membri differenti, ecc. La Costituzione stessa afferma all’art. 55 comma 2° che il
Parlamento si riunisce in seduta comune solo nei casi da essa stabiliti. Quando è riunito in seduta
comune il Parlamento è presieduto dal Presidente della Camera (le riunioni si svolgono a
Montecitorio) ed il regolamento adottato è quello della Camera. In particolare, deputati e senatori
si riuniscono in un unico organo collegiale per:
eleggere il Presidente della Repubblica ai sensi dell’art. 83 Cost.
ricevere il giuramento di fedeltà del Presidente della Repubblica ai sensi dell’art. 91 Cost.
decidere sulla messa in stato d’accusa del Capo dello Stato per alto tradimento e attentato alla
Costituzione ai sensi dell’art. 90 Cost.
eleggere 1/3 dei giudici della Corte costituzionale ai sensi dell’art. 135 Cost.
eleggere 1/3 dei componenti del Consiglio superiore della magistratura ai sensi dell’art. 104 Cost.

Organizzazione delle due Camere


Ciascuna camera elegge, nella prima riunione della legislatura (ossia in prima seduta) fra i suoi
componenti il Presidente e l’Ufficio di presidenza (che al Senato si chiama Consiglio di
presidenza). I Presidenti della Camera e del Senato sono organi imparziali rappresentati delle due
istituzioni, ai quali spetta il compito di dirigere i lavori dell’Assemblea, di disciplinarne l’attività
secondo quanto disposto dal Regolamento, di stabilire il calendario dei lavori e di garantire la
disciplina e la vigilanza durante le sedute. L’Ufficio di presidenza è, invece, un organo collegiale
che ha funzione essenzialmente di carattere amministrativo, composto in modo da rappresentare
tutti i gruppi parlamentari. Entrambe le camere godono di autonomia contabile e di bilancio.
I regolamenti parlamentari. Ai sensi dell’art. 64 Cost. ciascuna Camera adotta il proprio
regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti. In particolare, il regolamento definisce le
regole di funzionamento di ciascun ramo del Parlamento ed è strettamente connesso con la
maggioranza parlamentare uscita vincitrice dalle elezioni. In genere, ogni volta che cambia la
compagine governativa si procede ad una modifica dei regolamenti di Camera e Senato.
I regolamenti trattano tutti gli aspetti funzionali e decisionali del Parlamento:
-organizzazione delle Camere (Presidenza, Ufficio di presidenza, Gruppi parlamentari, Giunte,
Commissioni permanenti);
-organizzazione dei lavori e dell’ordine del giorno dell’Assemblea e delle Commissioni;
-numero legale e deliberazioni;
-votazioni;
-presentazione e trasmissione dei progetti di legge.

Organizzazione dell’attività all’interno delle Assemblee parlamentari


L’importanza di quanto avviene all’interno delle due Camere è tale che la Cost. stessa stabilisce che
le sedute sono pubbliche. Tuttavia ciascuna Camera e il Parlamento in seduta comune possono
deliberare di adunarsi in seduta segreta. Affinché una seduta sia valida è necessaria la presenza
della maggioranza dei componenti (cd. Quorum strutturale o numero legale) cioè la metà più uno
dei membri che compongono ciascuna Camera. Relativamente invece alla validità delle
deliberazioni queste devono essere adottate a maggioranza dei presenti (cd. Quorum funzionale),
salvo che la Cost. stessa non richieda una maggioranza diversa. In merito alle modalità del voto,
questo può essere a scrutinio palese o a scrutinio segreto. Lo scrutinio palese può avvenire per
alzata di mano, per mezzo di un sistema elettronico o per appello nominale. Lo scrutinio segreto,
invece, si esprime mediante un sistema elettronico, una scheda o delle palline bianche o nere.
Quest’ ultima modalità di votazione non è ammessa per le deliberazioni in materia finanziaria e
spesa pubblica. Per assicurare il buon andamento delle sedute, ciascuna camera è organizzata
secondo un programma dei lavori, un calendario ed un ordine del giorno di discussione nel quale
vengono preventivamente previsti anche i tempi di intervento concessi ai singoli membri
dell’Assemblea.

ORGANI PARLAMENTARI (oltre al presidente e all’ufficio di presidenza)


I Gruppi parlamentari
All’interno di ciascuna Camera un importante ruolo è quello dei Gruppi parlamentari costituiti dai
membri di partito. Immediatamente dopo le elezioni e l’insediamento in Parlamento gli eletti
devono dichiarare a quale gruppo appartengono. Se non lo fanno vengono automaticamente
assegnati al cosiddetto gruppo misto. La suddivisione in gruppi parlamentari viene realizzata
innanzitutto per motivazioni di carattere pratico: essendo il numero dei deputati e senatori molto
alto, affinché le sedute delle due Camere ed i relativi lavori si svolgano in maniera corretta, è
necessario dividerli in base al loro orientamento politico. Perciò ciascun partito ha il proprio gruppo
parlamentare attraverso il quale “dirige” i propri eletti, sebbene questi per Costituzione non abbiano
alcun vincolo di mandato (non sono cioè obbligati a seguire le direttive del partito, essendo per
Costituzione rappresentati dell’intera nazione). Ciascun Gruppo parlamentare ha il proprio
presidente, il capogruppo, e i capigruppo di tutti i gruppi parlamentari costituiscono la Conferenza
di Presidenti dei Gruppi parlamentari che ha una serie di poteri da non sottovalutare:
- organizzazione dei lavori dell’Assemblea
- approvazione del programma dei lavori e del relativo calendario
- presentazione di mozioni e emendamenti ai testi legislativi in discussione
- ma soprattutto la facoltà di essere consultata dal Presidente della Repubblica per la
risoluzione delle crisi di Governo.

Commissioni e Giunte parlamentari


Un ulteriore organo collegiale presente all’interno di ciascuna Camera è costituito dalle
Commissioni. Tali organi possono essere permanenti o temporanei ed essere costituiti nell’ambito
di una sola Camera (monocamerali) o accogliere membri di entrambe le Camere (bicamerali).
Le Commissioni permanenti sono organi stabili presenti in ciascuna Camera fino alla conclusione
della legislatura; attualmente sono 14, competenti ognuna su specifici argomenti. Le Commissioni
permanenti devono rispecchiare nella loro composizione la proporzione dei Gruppi parlamentari
(esempio: Commissioni Giustizia, Commissione Finanze). Funzione fondamentale delle
Commissioni permanenti è quella di decongestionare l’attività del Parlamento sia in fase legislativa
sia nella fase di controllo dell’attività del Governo. Le commissioni permanenti hanno infatti un
ruolo determinante nel processo di formazione delle leggi, nell’ambito del quale, a seconda dei casi,
assumono:
funzione referente, esaminano un disegno di legge presentato al Parlamento cui devono relazionare
prima dell’approvazione da parte delle Camera;
funzione redigente, oltre che esaminare il disegno di legge, possono essere delegate dalle Camere a
modificare lo stesso con emendamenti che devono poi essere votati in assemblea;
funzione deliberante o legislativa, possono non solo ricevere, elaborare o discutere un disegno di
legge ma anche approvarlo al posto dell’assemblea plenaria;
funzione politica, dibattendo con il Governo su questioni inerenti l’operato dell’organo esecutivo.
Qualora si ritenga necessario, le Camere possono anche stabilire la creazione di particolari
Commissioni temporanee, alle quali affidare uno specifico compito, compiuto il quale vengono
sciolte. Un esempio tipico, peraltro disciplinato dalla Cost. all’art 82, è la costituzione delle
commissioni d’inchiesta deputate ad acquisire informazioni su materie di pubblico interesse al fine
di “scatenare” un dibattito a livello nazionale su problemi particolarmente scottanti o inquietanti.
Le Commissioni bicamerali sono costituite da deputati e senatori in numero pari, per svolgere
funzioni che spettano a entrambi i rami del parlamento. La Cost. all’art. 126, ne prevede due: la
Commissione per le questioni regionali, composta da 20 deputati e da 20 senatori (chiamata ad
intervenire, ad esempio, in caso di scioglimento di un Consiglio regionale). Altre commissioni
bicamerali sono istituite per legge e hanno compiti diversi in vari settori. Le Giunte parlamentari
sono previste dai regolamenti di ciascuna Camera per lo scioglimento di varie funzioni,
generalmente relative all’organizzazione dell’attività delle due Camere. Differenza fondamentale
tra le Commissioni e le Giunte è che le prime sono costituite su designazione dei vari gruppi politici
mentre le seconde sono nominate dai Presidenti delle rispettive Camere.
Durata in carica delle Camere
La legislatura (5 anni) non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra (art. 60
Cost.). I poteri delle nostre camere sono prorogati fino al momento in cui non si riuniscono le nuove
Camere (la prima riunione del neoletto Parlamento deve avvenire entro 20 giorni dalle elezioni, che
hanno luogo entro 70 giorni dalla fine delle precedenti, ma non prima di 45): ciò garantisce la
continuità dell’esercizio delle funzioni parlamentari. Questo istituto si chiama prorogatio e si
distingue dalla proroga, che consiste nello spostamento in avanti di un termine. Le camere, però,
possono anche essere sciolte prima della scadenza della legislatura ad opera del Presidente della
Repubblica (art. 88) che ha il potere di sciogliere una o entrambe le Camere (scioglimento
anticipato) portando il Paese alle elezioni anticipate.

Status giuridico dei membri del Parlamento


La Costituzione disciplina il complesso dei diritti e dei doveri che formano il nucleo dello specifico
status giuridico dei membri del parlamento. E’ compito di ciascuna Camera verificare e giudicare i
titoli di ammissione dei suoi componenti e delle eventuali sopraggiunte cause di ineleggibilità o
incompatibilità (verifica dei poteri). I candidati eletti rappresentano la Nazione intera ed esercitano
le proprie funzioni senza vincolo di mandato: questo l’enunciato del fondamentale art. 67 della
Cost. E’ dunque primario compito di ciascun parlamentare rappresentare la volontà del popolo
sovrano e non solo quella del partito del quale è espressione o degli elettori del collegio elettorale
dal quale è uscito vincitore. Il divieto del mandato imperativo comporta per il deputato o il senatore
la possibilità di svolgere le proprie funzioni secondo coscienza e nel modo che più ritiene idoneo ed
opportuno, anche se ciò dovesse comportare un allontanamento dalle “linee guida” di partito o dagli
impegni assunti durante la campagna elettorale.
Immunità parlamentari
I membri del Parlamento, per volere della Cost. godono di una serie di prerogative o immunità al
fine di proteggere la loro autonomia e indipendenza da possibili ingerenze da parte di altri organi o
poteri dello Stato, in particolare da parte degli organi giudiziari. Ai sensi dell’art. 68 della Cost. si
distinguono due tipi di immunità parlamentare:
L’insindacabilità delle opinioni e dei voti espressi nell’esercizio del mandato parlamentare,
comporta che i parlamentari non possono essere chiamati a rispondere e a giustificare, né in sede
penale né in sede civile o amministrativa, quanto dicono e come cotanto nell’esercizio delle loro
funzioni. L’insindacabilità è permanente, ossia le opinioni e i voti espressi non sono punibili o
sanzionabili alla scadenza del mandato. L’immunità processuale comporta, invece, che il
parlamentare non possa essere sottoposto a misure restrittive della libertà personale senza previa
autorizzazione della Camera cui appartiene. Tale tutela è stata disposta per evitare che l’attività del
parlamentare possa essere limitata dall’esercizio di azioni penali pretestuose nei suoi confronti. Tale
prerogativa è stata oggetto, in passato, di aspre polemiche che hanno portato ad una riforma del
testo costituzionale nel 1993. Con la riforma l’autorizzazione a procedere è stata limitata ai soli
provvedimenti restrittivi della libertà personale, domiciliare o di corrispondenza, mentre non è più
necessaria per avviare un procedimento penale o per eseguire sentenze penali irrevocabili. Il
magistrato può quindi procedere contro il parlamentare come contro un qualsiasi privato cittadino.
Ogni parlamentare riceve un’indennità stabilita per legge (quindi dal Parlamento stesso), così come
prescrive l’art. 69 Cost. Si tratta di somme di denaro ed altri privilegi che danno la possibilità a
deputati e senatori di svolgere liberamente e autonomamente il proprio mandato, senza
preoccupazioni di carattere economico.

LA FUNZIONE LEGISLATIVA
La funzione legislativa è esercitata collettivamente (NB: per l’approvazione della legge occorre
l’approvazione di entrambe le camere; questa è la conseguenza del BICAMERALISMO
PERFETTO) dalle due Camere (art. 70 Cost.).L’iter di formazione di una legge si articola in varie
fasi:
FASE INIZIALE: iniziativa legislativa e presentazione del progetto di legge ad una delle due
Camere;
FASE ISTRUTTORIA : esame del progetto di legge da parte delle Commissioni permanenti;
FASE DELIBERATIVA: deliberazione e approvazione del progetto di legge da parte delle Camere
(procedimento ordinario) o delle stesse Commissioni in sede deliberante;
FASE DELLA PROMULGAZIONE: promulgazione della legge da parte del Presidente della
Repubblica, pubblicazione della legge sulla Gazzetta Ufficiale e sua entrata in vigore.

Iniziativa legislativa
Consiste nella presentazione ad una delle Camere di un progetto di legge accompagnato da una
relazione esplicativa e composta di solito da vari titoli, sezioni, articoli, commi. La Cost. all’art. 71,
precisa che l’iniziativa legislativa spetta al Governo, a ciascun membro delle Camere. Anche il
popolo è titolare del potere di iniziativa legislativa, tramite petizione, ossia la proposta da parte di
almeno 50.000 elettori di un progetto redatto in articoli. L’iniziativa spetta anche ai Consigli
regionali e al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL). Relativamente ai disegni di
legge, la Cost. sancisce che quelli presentati alla Camera o al Senato non possono essere
direttamente discussi dall’Assemblea, bensì devono essere assegnati dal Presidente della Camera
alla Commissione permanente competente in materia

Esame e approvazione
L’esame di un progetto di legge dà avvio al procedimento ordinario che si articola in due fasi: -
esame da parte della commissione competente per materia, il cui compito è quello di svolgere
un’istruttoria e una valutazione preliminare, ma soprattutto di preparare il testo da sottoporre alla
discussione in Assemblea;
-discussione e deliberazione o approvazione da parte dell’Assemblea.
Compito della commissione, nel procedimento ordinario, è quello di riferire alle Camere sul
progetto di legge esaminato (sede referente). Durante l’esame la Commissione può acquisire i parei
di altre commissioni che si riuniscono in sede consultiva per formulare osservazioni e avanzare
suggerimenti e proposte in merito alle parti del progetto di propria competenza. Una volta
completato l’esame del progetto il presidente della Commissione espone, presentando una o più
relazioni all’Assemblea, le linee generali e gli obiettivi del testo e se ritiene che debba, o meno,
essere approvato. Tale esposizione provoca la discussione in aula che parte, ovviamente, dalla
relazione ascoltata; in seguito interviene un rappresentante del governo e i deputati che desiderano
intervenire in merito esprimendo anche la posizione dei gruppi parlamentari. Dopo la discussione
si passa all’esame dei singoli articoli del progetto e alla votazione articolo per articolo: in questa
fase possono anche essere presentati degli emendamenti.
Superate le prime fasi e soprattutto quelle della votazione dei singoli articoli si passa alla votazione
dell’intero progetto di legge completo degli emendamenti e di tutti gli interventi oggetto di
discussione in aula, progetto che deve essere approvato dalla maggioranza dei presenti in
assemblea, normalmente a scrutinio palese. Il progetto di legge viene poi approvato dall’assemblea.
Il progetto approvato in una camera deve in seguito passare all’altra camera. Questa gode degli
stessi poteri della prima camera e può, oltre che decidere di utilizzare un iter di approvazione
diverso dalla prima, apportare nuove modifiche e emendamenti al testo: in questo caso il testo
emendato dalla seconda camera deve tornare alla prima e così via, creando una sorta di effetto
“ping-pong”. E’ questo il cosiddetto fenomeno della navetta. Per ovviare a tale problema, i
regolamenti di entrambe le camere hanno stabilito che quello dei due rami del Parlamento cui
ritorna il progetto emendato, deve limitarsi a deliberare solo sulle eventuali modificazioni apportate
all’altro ramo. L’art. 72 Cost. sancisce che qualora si ritenga che un progetto di legge rivesta
carattere d’urgenza si può procedere in parlamento mediante il cosiddetto procedimento abbreviato.
L’urgenza di un determinato disegno di legge viene dichiarato a seguito di una votazione
preliminare. La procedura di approvazione è sostanzialmente uguale a quella del procedimento
ordinario, ma i tempi sono ridotti alla metà. Una procedura più rapida e meno articolata del
procedimento ordinario è quella che prevede l’assegnazione del progetto di legge da parte del
Presidente della Camera alla quale viene presentato, alla Commissione competente in sede
deliberativa (cosiddetto sede deliberante o legislativa). In questo caso la Commissione oltre ad
esaminare il progetto e a riferirne all’Assemblea, gestisce l’intero procedimento legislativo (esame,
emendamenti, votazione, approvazione o rigetto del progetto). La Cost. però, sancisce che fino al
momento dell’approvazione definitiva il disegno di legge può essere rimesso alla Camera se il
governo o 1/10 dei componenti della Camera, o ancora 1/5 dei membri della Commissione
richiedano che sia discusso o votato dalla Camera stessa. Sempre l’art. 72 Cost. stabilisce
l’obbligatorietà del procedimento ordinario per i disegni di legge in materia costituzionale ed
elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali,
di approvazione di bilancio consuntivi. Esiste, infine, un altro procedimento legislativo previsto e
introdotto dai regolamenti parlamentari che, in sostanza, è una via di mezzo tra quello ordinario e
quello deliberativo. Si tratta del procedimento in sede redigente: le Commissioni competenti in
materia esaminano, come da routine, il progetto di legge, discutono gli emendamenti e procedono
alla votazione dei singoli articoli. Una volta approvato il progetto di legge dalla Commissione in
sede redigente il testo passa all’assemblea nell’ambito della quale si svolge la votazione finale e
definitiva del progetto, senza dunque l’esame e il voto sui singoli articoli.
Promulgazione e pubblicazione
Una volta approvata da entrambe le camera la legge viene trasmessa al Presidente della Repubblica
cui spetta, per Cost. il compito di promulgarla. La promulgazione è l’atto con il quale il Presidente
della Repubblica attesta che un determinato testo è stato approvato come legge del Parlamento e ne
ordina la pubblicazione e l’osservanza da parte di tutti. La promulgazione deve avvenire entro 1
mese dall’approvazione, ma se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti,
ne dichiarano l’urgenza, la legge è promulgata nel termine da essa stabilito. Le leggi sono
pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrato in vigore il 15esimo giorno successivo alla loro
pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso. Trascorso questo tempo,
detto vacatio legis, la legge diventa obbligatoria per tutti. La pubblicazione della legge avviene ad
opera del Ministro della Giustizia e consiste nell’inserimento della legge nella Raccolta ufficiale
degli atti normativi della Repubblica Italiana e nella promulgazione della stessa nella Gazzetta
Ufficiale. E’ importante richiamare il fatto che le Camere prevedono procedimenti speciali per:
- esame dei disegni di legge di conversione di decreti legge
- esame dei progetti di legge costituzionale
- esame della legge di bilancio e della legge finanziaria, al quale è dedicata un’apposita
sessione
- esame della legge comunitaria
La sessione di bilancio è un periodo che dura circa un mese e mezzo in ciascuna camera, in cui tutti
lavori parlamentari sono finalizzati alla discussione e votazione della legge finanziaria e del
bilancio di previsione in modo che siano approvati entro il 31 dicembre di ogni anno. Il governo
entro il 30 settembre presenta il disegno di legge di bilancio, che non può prevedere nuove spese o
nuove entrate - art. 81 Cost. e il disegno di legge finanziaria. Essi sono preceduti dalla
presentazione entro il 30 giugno del documento di programmazione economico-finanziaria (Dpef)
come primo atto del ciclo annuale di bilancio; invece i disegni di legge collegati alla manovra
finanziaria sono presentati dal governo entro il 15 novembre. La legge comunitaria è lo strumento
con cui viene assicurato il periodico adeguamento dell’ordinamento interno all’ordinamento
comunitario. Entro il 31 gennaio di ogni anno il governo presenta alle Camere il disegno di legge
comunitaria.
Procedimento di formazione delle leggi costituzionali
L’ultimo titolo della Cost. (Titolo VI) disciplina il procedimento di formazione delle leggi
costituzionali e di revisione costituzionale. Le leggi costituzionali sono atti normativi con i quali
viene integrato il testo costituzionale, mentre le leggi di revisione cost. sono quegli atti normativi
con i quali si modificano o si abrogano determinate norme della Cost.
La potestà di modifica del testo costituzionale è attribuita al Parlamento dalla Cost. all’art. 138: “Le
leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera
con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di 3 mesi, e sono approvate a
maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse
sono sottoposte a referendum popolare quando, entro 3 mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano
domanda 1/5 dei membri di una Camera o 500.000 elettori o 5 Consigli regionali. La legge
sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Non si da luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna
delle Camere a maggioranza assoluto di 2/3 dei suoi componenti.”
Altre funzioni del Parlamento
Oltre alla funzione legislativa al Parlamento sono attribuite altre importanti funzioni:
1)La funzione di indirizzo politico e di controllo sull’attività del Governo che scaturisce dalla
responsabilità politica dell’organo esecutivo nei confronti dell’organo legislativo prevista dalla
nostra Cost. e viene esplicata in occasione del dibattito e della votazione sulla fiducia al Governo
(in base programma presentato) che, ai sensi dell’art. 92, deve presentarsi alle Camere entro 10
giorni dalla sua formazione. La fiducia può essere sottoposta a verifica in qualsiasi momento su
iniziativa del Parlamento o del Governo. La verifica da parte del Parlamento avviene attraverso la
presentazione alla Camera o al Senato di una mozione di sfiducia da parte di 1/10 dei componenti.
In altri termini, si tratta di una richiesta formulata da un gruppo di parlamentari al fine di provocare
una discussione e una conseguente votazione su temi attinenti l’attività dell’Esecutivo o di un
singolo ministro. La verifica della fiducia da parte del Governo, invece, consiste nella possibilità
attribuita al Governo dalla Cost. di porre la questione di fiducia su una specifica proposta.
Il Parlamento dispone anche di altri strumenti per definire ed intervenire sugli indirizzi del
programma politico portato avanti dal Governo, che sono:
la mozione, con cui il Parlamento propone un dibattito e una conseguente deliberazione in
Assemblea, contente una specifica direttiva indirizzata al Governo che, qualora fosse contrario, può
porre la questione di fiducia. Può essere presentata dal presidente di un gruppo parlamentare, da 10
deputati o da 8 senatori; la risoluzione, che presenta le medesime finalità della mozione (cambia le
circostanze in cui è presentata), può essere presentata come atto finale di indirizzo a conclusione del
dibattito su uno specifico argomento presentato dal Governo (cd. Comunicazione del Governo)
gli ordini del giorno, che possono essere presentati nel corso dell’esame di progetti di legge o di
una mozione, e consistono in istruzioni al Governo per l’attuazione delle leggi.
Il parlamento si occupa anche dell’esame, della discussione e dell’approvazione del bilancio. Le
camere dispongono di molti strumenti per esercitare funzioni di controllo e informazione. Le più
importanti sono le interrogazioni e le interpellanze che sono rivolte al governo e sono diverse in
contenuto e effetti: interrogazioni, vere e proprie domande rivolte al Governo da parte di uno o più
parlamentari, per acquisire elementi utili su determinati fatti o argomenti di rilevanza nazionale e
soprattutto per conoscere le intenzioni del Governo in merito. Il Governo interrogato può rispondere
oralmente o per iscritto. Inoltre è prevista la risposta immediata ad alcune interrogazioni.
Interpellanze, domande scritte presentate da parte di singoli parlamentari per conoscere le
motivazioni del comportamento del Governo in merito a specifiche questioni.
Ciascuna Camera può disporre di inchieste su materie di pubblico interesse, ai sensi dell’art. 82
Cost. A tale scopo nomina fra i propri componenti una commissione d’inchiesta formata in modo da
rispecchiare la proporzione dei vari gruppi politici.
2)L’art. 90 attribuisce al Parlamento in seduta comune a maggioranza assoluta dei suoi membri
anche una funzione giudiziaria, il potere cioè di mettere in stato di accusa il Presidente della
Repubblica per attentato alla Costituzione ed alto tradimento. Il giudizio e, però, svolto dalla Corte
costituzionale.

I rapporti con gli altri organi e soggetti

Regioni: la Costituzione aveva previsto una commissione parlamentare per le questioni regionali
che fosse sentita in caso di scioglimento di un consiglio regionale; i regolamenti parlamentari hanno
poi aggiunto altri compiti consultivi e possono prevedere la partecipazione di rappresentanti delle
regioni e degli enti locali ai lavori della commissione, che riceve così una potestà consultiva
rinforzata sui progetti di legge riguardanti le materie regionali.
Unione Europea: La produzione normativa degli organi comunitari ha l’effetto sia di sottrarre
ambiti di competenza normativa agli organi interni, innanzi tutto al Parlamento, sia di far
discendere obblighi di adeguamento della normativa interna alle direttive comunitarie.
Organi ausiliari e autorità indipendenti: Le camere si avvalgono di parere, studi e indagini del
CNEL. La Corte dei conti riferisce direttamente alle Camere sui riscontri che esegue e può essere
invitata a fornire elementi informativi alle commissioni parlamentari; essa inoltre presenta relazioni
annuali sulla gestione di tutti gli enti sovvenzionati dallo Stato.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA


Art. 83 - 91 – disciplina e da disposizioni sul Presidente della Repubblica. Il presidente è una figura
istituzionale che rappresenta l’unità nazionale e che garantisce il rispetto dei principi e dei valori
contenuti nella Costituzione. Organo super partes (apolitico, al di fuori dei partiti politici) e
monocratico (unico soggetto): da un punto di vista formale la monocraticità permette una miglior
impersonificazione dell’unità dello Stato; da un punto di vista sostanziale permette una maggior
velocità nel prendere le decisioni. E’ garante del buon funzionamento del “meccanismo
costituzionale” e fa fronte alla continua mutabilità dei nostri governi; a lui tutti gli organi preposti al
governo del paese devono far capo affinché mai ci si discosti dalle regole e dai principi disposti
dalla Costituzione. Il Presidente della Repubblica viene identificato come Capo dello Stato, ma non
governa il paese, lo rappresenta. Rappresentare l’unità nazionale implica anche l’eventuale
intervento quando viene meno il sentimento di unità e solidarietà e quando insorgono fratture e
divisioni nell’ambito della nostra democrazia. (N.B. Presidente della Repubblica =organo della
Repubblica; Capo dello Stato =qualifica (per indicare colui che si trova al vertice dello Stato)
Il Capo dello Stato è eletto dal Parlamento in seduta comune, integrato da 58 delegati regionali (3
per ogni regione, Val d’Aosta 1 – N.B. Essendo il numero dei delegati piuttosto esiguo il loro
giudizio non incide sulla decisione finale). I delegati regionali devono essere eletti dai Consigli
regionali in modo che siano comunque rappresentate le minoranze. L’elezione è a scrutinio segreto
e con una maggioranza qualificata dei 2/3 degli aventi diritto nei primi 3 scrutini; dal 4° in poi è
sufficiente la maggioranza assoluta (metà + 1). Il collegio elettorale è diretto dal Presidente della
Camera. Prima di assumere le sue funzioni, il presidente presta giuramento di fedeltà alla
Repubblica di fronte al Parlamento. La durata del mandato presidenziale è di 7 anni ( la durata
maggiore delle camere è prevista per creare un organo più stabile, di collegamento tra una
legislatura e l’altra). E’ possibile la rielezione

Requisiti per l’elezione


- Cittadinanza italiana
- Godimenti dei diritti civili e politici (iscrizione alle liste elettorali)
- 50 anni di età
L’art. 84 stabilisce che l’ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra
carica politica, ufficio pubblico, cariche che comportino funzioni dirigenziali o posizioni di
subordinazione e con lo svolgimento di un’attività privata a fine di lucro; è inoltre prevista
l’assenza di candidature (solitamente vengono candidate all’esercizio della funzione di Presidente
della Repubblica persone che già godono di una certa fama, spesso ex-parlamentari). Il Presidente
della Repubblica non può presentare programmi politici. Al termine del mandato, il Presidente della
Repubblica diviene senatore a vita.
I poteri del Presidente della Repubblica . Il Presidente della Repubblica viene definito come
organo di riserva (interviene in caso di crisi). Egli si fa garante del testo costituzionale nei confronti
dei 3 poteri istituzionali. Le sue numerose funzioni sono regolate dall’art. 87 cost.
Nei confronti del Parlamento, può:
Sciogliere una o entrambe le Camere (art. 88 cost.) sentiti i rispettivi Presidenti, alla scadenza della
legislatura o anticipatamente (potere straordinario, esercitato solo in caso di grave pericolo per la
solidità delle istituzioni). Non può però esercitare tale potere negli ultimi 6 mesi del suo mandato
(semestre bianco), salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi 6 mesi della legislatura
(modificazione introdotta all’art. 88 con legge cost. 1/1991). Qualora le circostanze lo richiedano, la
Costituzione accorda al Presidente della Repubblica il Potere di sciogliere il Parlamento e di indire
nuove elezioni; indire le elezioni ;Inviare messaggi alle Camere, (potere di esternazione) per dare la
possibilità al Presidente della Repubblica di richiamare l’attenzione del Parlamento qualora le
esigenze del popolo non trovino soddisfazione nella legislazione, ma soprattutto quando ricorrano
situazioni gravi e pericolo per la vita della nazione che richiedono un’attenzione particolare da parte
dell’organo legislativo; indire referendum popolari, solo nei casi tassativamente previsti dalla Cost.
promulgare le leggi, entro 30 giorni dall’ultima approvazione; il Presidente può decidere di non
promulgare una legge quando vi siano presenti vizi oppure quando ritenga che la legge attenti alla
Costituzione o violi alcuni suoi principi; rinviare le leggi alle Camere con messaggio motivato;
nominare 5 senatori a vita.
Nei confronti del Governo, invece, può:
Nominare il Presidente del Consiglio e, su proposta di questi, i Ministri e accoglie il giuramento del
governo; Autorizzare la presentazione dei disegni di legge di iniziativa del Governo al Parlamento;
Emanare gli atti aventi valore di legge: regolamenti governativi, decreti legge e decreti legislativi ;
Nominare i funzionari dello Stato, nei casi indicati dalla legge (formalità, in quanto è il Governo a
proporli: il Presidente della Repubblica si limita solo ad approvarli);Comandare le Forze armate e
presiedere il Consiglio supremo di difesa, che si occupa di organizzare la difesa nazionale.
Nei confronti della Magistratura può esercitare il suo potere giudiziario in quanto può:
Presiedere il Consiglio Superiore della Magistratura, organo al vertice dell’organizzazione
amministrativa della magistratura; Concedere la grazia e commutare le pene; Nominare 5 giudici
della Corte Costituzionale - art 134 Cost. (viene considerato un potere a sé)(può accadere che il
Presidente non nomini tali giudici se il loro mandato non scade nell’arco temporale di 7 anni di
carica del Presidente stesso); Nominare il vicepresidente del C.S.M. nell’ambito dei componenti
eletti dalle camere (art 87 cost.) .
Il Presidente della Repubblica nella veste di rappresentante dell’unità nazionale è titolare di una
serie di poteri e prerogative: poteri onorifici, in base ai quali conferisce le onorificenze della
Repubblica. Inoltre, in qualità di rappresentate dello Stato italiano nei rapporti internazionali, può:
- Accreditare e ricevere i rappresentati diplomatici
- Ratificare i trattati internazioni, previa, quanto occorre, autorizzazione delle Camere
- Dichiarare lo stato di guerra deliberato dalle Camere
Egli può anche:
Conferire onorificenze
Sciogliere consigli regionali, nei casi previsti dall’art. 126 cost.
Quelli del Presidente sono poteri puramente formali che si trasformano in veri e propri poteri
politici, di fronte ad una crisi di stato, a conflitti tra i poteri o ad un governo debole, che permettono
l’esercizio della sua funzione di garante dell’unità e della continuità dello Stato.
Irresponsabilità
Gli atti del presidente sono tutti decreti. I decreti sono firmati dal presidente della repubblica a tale
firma si deve però aggiungere la CONTROFIRMA di un ministro. L’istituto della controfirma
ministeriale (art. 89) prescrive l’obbligo da parte dei Ministri proponenti o dal Presidente del
consiglio di controfirmare tutti gli atti del Presidente della Repubblica, a pena di invalidità (l’art.89
cost stabilisce che nessun atto del presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai
ministri proponenti che se ne assumono la responsabilità. La controfirma è conseguenza
dell’irresponsabilità del capo dello Stato. L’art 90 cost. dice che il presidente della repubblica non è
responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni. Per questo i ministri devono
partecipare all’atto e di questa partecipazione, testimoniata dalla controfirma, essi assumono la
responsabilità d fronte al Parlamento. La controfirma è quindi uno strumento che serve a trasferire
la responsabilità degli atti del Presidente ai Ministri).
Oggi la controfirma assume due significati, a seconda se si tratti di atti che riguardano le funzioni
del governo o del presidente:
-per gli atti sostanzialmente presidenziali e formalmente ministeriali si tratta del controllo
dell’esecutivo sulla validità dell’atto emesso dal Presidente della Repubblica. L’apposizione della
controfirma non è altro che un nulla osta ad un atto di competenza presidenziale. Tali atti sono di
assoluta competenza del Presidente della Repubblica, in quanto manifestano una sua decisione sia
nell’iniziativa che nella portata a termine dell’atto stesso;
-per gli atti formalmente presidenziali e sostanzialmente governativi l’iniziativa è dell’organo
esecutivo che però necessita della controfirma del Presidente affinché questi ne controlli la
legittimità. La Costituzione, perciò, con il controllo incrociato degli organi costituzionali, garantisce
l’operato di entrambi nel rispetto dei principi in essa contenuti. Possono verificarsi dei casi di
conflitto di attribuzione (nel caso in cui non venga apposta la controfirma), da rimettersi al giudizio
della Corte Costituzionale.
Responsabilità del Presidente della Repubblica
Il Presidente della Repubblica non è responsabile per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue
funzioni. In capo a lui non è configurabile nemmeno una responsabilità politica in quanto non
esiste la possibilità di una rimozione anticipata della carica; nel caso però in cui compia un reato
grave il Presidente della Repubblica deve dimettersi.
L’art. 90 stabilisce che il Presidente della Repubblica può essere riconosciuto responsabile per alto
tradimento e attentato alla Costituzione ; in tali casi è messo in stato d’accusa dal Parlamento in
seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.
Il giudizio nei confronti del Capo dello Stato si svolge dinanzi alla Corte Costituzionale la quale si
riunisce in una composizione speciale: 15 giudici costituzionali affiancati da 16 cittadini estratti a
sorte da un elenco compilato ogni 9 anni dal Parlamento. (Una sorta di responsabilità viene affidata
al Presidente (negli USA) nel caso di mancata rielezione, che implica una sorta di giudizio
negativo).
La Costituzione italiana non prevede la figura di vicepresidente né la possibilità per il Presidente di
delegare le proprie funzioni. Secondo l’ Art. 86 della cost. il sostituto momentaneo è il Presidente
del Senato, che esercita le funzioni in qualità di supplente: i suoi poteri sono però molto limitati
(può però sciogliere le Camere). Gli impedimenti che chiamano in causa l’istituto della supplenza
possono essere temporanei o permanenti. Nel caso di impedimento permanente deve essere eletto
un nuovo Presidente. La cessazione della carica può perciò avvenire per: morte, dimissioni,
impedimento permanente , destituzione (per condanna di altro tradimento o attentato alla
costituzione) ,decadenza a causa del venir meno dei requisiti indispensabili ,scadenza del mandato.
Per i primi 3 casi: Il Presidente della Camera dei deputati indice l’elezione del nuovo Presidente
entro 15 giorni. Nel caso di dimissioni, le stesse hanno efficacia dal momento in cui il Parlamento
ne viene a conoscenza; sono irrevocabili. Quello dimissionario viene considerato un atto
strettamente personale; non necessita perciò di controfirma o di accettazioni e le dimissioni non
sono sottoposte né a termini né a questioni. Nel caso della scadenza di mandato, 30 giorni prima
della scadenza il Presidente della Camera convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati
regionali per procedere all’elezione del nuovo Presidente.
N.B. Il Presidente della Repubblica decade da tutti gli uffici e le cariche ma non decade dagli status
(es. se avvocato o professore universitario tali status vengono sospesi nel periodo di carica ma non
decadono)

IL GOVERNO (POTERE ESECUTIVO)


Il governo da attuazione alle scelte di indirizzo politico. Le funzioni di governo non sono regolate
da leggi, solo pochi articoli della costituzione ne regolano la formazione e le competenze. Più che
finalizzata al compimento di atti, la funzione di governo è finalizzata a prevenire e risolvere
problemi. E’ un organo complesso, composto da altri organi. Il governo è un organo che
comprende: il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri e i nsieme formano il Consiglio dei
Ministri.
IL CONSIGLIO DEI MINISTRI: Organo necessario e collegiale a capo del governo, che
determina la politica generale del Governo e l’indirizzo generale dell’azione amministrativa. Ha
sede a palazzo Chigi a Roma; sede dotata di una struttura composta di numerosi dipartimenti, uffici
e servizi. Questa struttura prende il nome di Presidenza del Consiglio, gode di autonomia contabile
e di bilancio e di autonomia organizzativa. Le sue riunioni non sono pubbliche. Il Presidente del
Consiglio ne convoca le sedute e ne stabilisce l’ordine del giorno. Alcune specifiche funzioni sono
affidate a composizioni più ristrette del Consiglio dei Ministri, quali il Consiglio di gabinetto e i
Comitati interministeriali.
Esso assume tutte le deliberazioni relative alla funzione di indirizzo politico: determina la politica
generale del governo e dirimi eventuali conflitti di competenza fra ministri:
- decide sulla proposta del Presidente del Consiglio di porre la questione di fiducia;
- delibera sulla presentazione dei disegni di legge e su tutti gli atti normativi;
- decide sulle nomine al vertice di enti, istituti e aziende di carattere nazionale di competenza
dell’amministrazione dello Stato;
- delibera se inviare alla Corte costituzionale una legge regionale o se sollevare conflitto di
attribuzione contro un altro potere dello Stato o contro una regione.

Il PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI: Organo necessario e monocratico (art.


95), che dirige la politica generale del Governo, assumendone la responsabilità e ha il compito di
mantenere l’unità di indirizzo politico ed amministrativo.

In particolare:
- promuove e coordina l’attività dei ministri ;
- ha una posizione di supremazia, in quanto decide la composizione del Governo e propone la
lista dei nomi al presidente della Repubblica;
- è l’unico a poter proporre la questione di fiducia al consiglio; rappresenta il governo nei
rapporti con gli altri organi costituzionali ;
- controfirma qualsiasi atto deliberato dal Consiglio e presenta alle Camere i disegni di legge
di iniziativa governativa;
- ha il potere di porre il segreto di stato; ha l’alta direzione e la responsabilità politica dei
servizi di sicurezza;
- promuove e coordina l’azione del governo in materia di rapporti con il sistema delle
autonomie (regioni, enti locali) ;
- promuove e coordina l’azione del governo relativa alla partecipazione dell’Italia all’UE ed è
responsabile dell’attuazione degli impegni assunti in quella sede.

COME SI FORMA IL GOVERNO


Art. 92: Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio e, su proposta di questo, i
Ministri. La Cost. non prevede un iter di formazione del Governo, che è diventata, però, una prassi
consuetudinaria. La nomina risulta da un processo di tre fasi: consultazioni, incarico e nomina.
Il Presidente della Repubblica convoca al Quirinale le maggiori personalità politiche e istituzionali
del paese → consultazioni.
Se negative → altro giro di consultazioni del Presidente della Repubblica che affida un incarico
“esplorativo” al Presidente del Senato o a un esponente politico particolarmente apprezzato (se
consultazioni ancora negative → nuove elezioni politiche).
Il Presidente della Repubblica conferisce personalmente l’incarico di formare un nuovo Governo in
forma orale, dopo un colloquio privato con l’incaricato. Di norma, egli accetta con riserva per poter
fare un giro di consultazioni per trovare un accordo con i partiti, decidere il programma politico per
la fiducia del Parlamento e stilare la lista dei Ministri. Dopodiché sceglie positivamente o
negativamente la riserva (se riesce a mettere insieme la maggioranza parlamentare, il Presidente
nominato va dal Presidente della Repubblica per sciogliere la riserva, cioè per accettare l’incarico;
se fallisce, rimette il mandato rinunciando all’incarico). In caso positivo il Presidente della
Repubblica nomina il Presidente del Consiglio e i Ministri dai lui proposti. Il Consiglio dei Ministri
presta giuramento prima di entrare in carica; entro 10 giorni deve presentarsi di fronte al
Parlamento per ottenere la fiducia (NB: passaggio essenziale del sistema di governo parlamentare).
Prima dell’apertura del dibattito sulla fiducia il Governo illustra al Parlamento il proprio
programma di governo (con obiettivi). La fiducia deve essere concessa da entrambe le Camere del
Parlamento e ciascuna può accordarla o respingerla mediante una mozione di fiducia motivata e
votata per appello nominale o con scrutinio palese.

RAPPORTO DI FIDUCIA
Il governo resta in carica fino a quando gode della fiducia delle due Camere. Essa può essere
verificata nel corso della vita del Governo e può essere revocata. I mezzi di verifica suono due:
La mozione di sfiducia consiste in un documento, firmato da almeno un decimo dei componenti di
una camera, nel quale si espongono i motivi per i quali il governo è venuto a perdere il consenso
politico. La questione di fiducia è uno strumento a disposizione del governo. Il Presidente del
Consiglio può dichiarare che l’approvazione di un provvedimento (per esempio un disegno di
legge) sono essenziali per la realizzazione del programma.
Pone allora la “questione di fiducia” su quel provvedimento: con ciò il Governo afferma che la
bocciatura equivale al ritiro della fiducia, con le conseguenti dimissioni del governo stesso. Il
Governo cessa le sue funzioni nel momento in cui si apre la crisi di governo, conseguenza delle
dimissioni di questo e, in particolare, del presidente del Consiglio dei ministri. E’ prassi che il
presidente convochi il Consiglio per annunciare la sua volontà di dimissione.
La crisi di governo può essere:
Parlamentare: vi è una mozione di sfiducia proposta dalle Camere, in conseguenza della quale il
Governo è obbligato a dimettersi. Inoltre è il governo stesso che può porre la questione di fiducia in
occasione di una qualsiasi deliberazione parlamentare, il voto contrario equivale in questo caso ad
approvazione di una mozione di sfiducia: e dunque determina l’obbligo di dimissioni.
Extraparlamentare: non dipende dal rapporto di fiducia ma solitamente viene meno un partito
della maggioranza governante. La consuetudine prevede che il Presidente del Consiglio presenta le
dimissioni al Presidente della Repubblica, che solitamente accetta con riserva, in quanto può
decidere di invitare il Governo a presentarsi nuovamente al Parlamento in seduta comune, per
valutare se esiste ancora una maggioranza che lo sostenga. In caso positivo al Presidente del
Consiglio viene nuovamente attribuito l’incarico di formare il governo, con la creazione di un
programma politico e l’attribuzione dei Ministeri ai Ministri (spesso diversi dai precedenti → si
attua un cambio della partecipazione al governo, in quanto nuovi partiti entrano e vecchi partiti
escono, con conseguente entrata e uscita dei loro rappresentanti). Viene sciolta la riserva e
presentata la lista dei Ministri, nominati dal Presidente della Repubblica, di fronte al quale poi il
Presidente del Consiglio presta nuovamente giuramento. Ne consegue poi la presentazione del
programma politico alle Camere. Nel caso contrario, invece, il Presidente della Repubblica inizia le
consultazioni. Qualora fosse impossibile procedere alla formazione di un nuovo Governo (es.
continua mancanza di maggioranze parlamentari) → elezioni anticipate politiche. Il governo dal
momento in cui entra in crisi, norme di correttezza costituzionale impongono che si attenga alla
ordinaria amministrazione, ovvero agli affari correnti.
Il regolamento della Camera e la prassi anche del Senato ammettono la mozione di sfiducia
individuale contro un singolo ministro.
MINISTRI
Componenti del Consiglio dei ministri, ciascuno dei quali è posto a dirigere e gestire uno specifico
appartato amministrativo, il Ministero. I Ministri nello svolgimento delle proprie funzioni sono
coadiuvati da Sottosegretari di Stato, organo non previsto dalla Cost. titolare delle sole funzioni
affidategli dal Ministro.
Segretario generale: responsabile del funzionamento del Segretariato generale e della gestione
delle risorse umane e strumentali della Presidenza. I ministri costituiscono il vertice delle
amministrazioni cui sono preposti e degli atti di queste sono responsabili. L’attuale numero dei
ministeri è 21. All’atto della formazione del governo possono essere nominati in numero non
limitato ministri i quali non siano a capo di alcun ministero, ma esercitino funzioni a loro delegate
dal presidente del Consiglio che ne resta il titolare, ministri senza portafoglio.
Organi eventuali
La l. 400/1988 prevede una serie di organi costituzionalmente non necessari che integrano la
composizione dell’organo complesso governo.Si tratta di:
Ministri senza portafoglio: possono essere proposti dal Presidente del Consiglio al Consiglio, che
li nomina. Non sono a capo di un ministero, ma siedono a pieno diritto nell’ambito del consiglio dei
ministri.
Vicepresidenti del Consiglio: il Presidente può proporre al Consiglio uno o più vicepresidenti che
possono a lui supplire in caso di sua assenza (fondamentalmente, però, coadiuvano il Presidente).
Sottosegretari di stato: collaborano strettamente con un ministro o col Presidente del Consiglio e,
su delega, esercitano determinate funzioni che a lui appartengono; sono nominati con D.P.R.
(proposti dal Presedente del Consiglio); operano negli uffici del Consiglio, ma non fanno parte del
governo. Tra i sottosegretari di stato vengono nominati i:
Viceministri: il Presidente del Consiglio li propone e il Consiglio può individuarli tra non più di 10
sottosegretari; a loro sono attribuite deleghe nel settore di relativa competenza; possono riferire su
questioni di particolare importanza ma senza il diritto di voto.
Comitati dei ministri: il Presidente della Repubblica può disporre con decreto l’elezione di
ministri per esaminare questioni di loro competenza, per esprimere pareri sulle direttive dell’attività
di governo, oppure per partecipare nel caso di decisioni di particolare importanza.
Tra questi vi è :
Consiglio di Gabinetto: (prassi istaurata in Italia dal 1983). E’ un organo di supporto politico del
presidente. Il presidente può nominarlo con alcuni ministri che lo assistano nello svolgimento delle
sue funzioni, nella politica generale del governo; possono assistere a tale consiglio anche ministri
non appartenenti ma competenti nella materia in discussione.
Comitati interministeriali: istituiti per legge, sono ministri competenti per materia; hanno funzioni
di indirizzo (il più importante è il CIPE; il numero di tali comitati è diminuito negli ultimi anni).
Commissari straordinari del Governo: art. 11 legge 400/88. Sono organi amministrativi
temporanei nominati con D.P.R. su proposta del Presidente del Consiglio per realizzare specifici
obiettivi o per tamponare esigenze di coordinamento nelle amministrazioni statali (anche negli enti
locali).

POTERI LEGISLATIVI DEL GOVERNO


Oltre al potere di iniziativa legislativa, presentando disegni di legge, il governo può anche elaborare
autonomamente un testo normativo, seppure solo ed esclusivamente nei casi tassativamente previsti
dalla Costituzione, che consente al Parlamento di attribuire al Governo l’esercizio della funzione
legislativa: lo autorizza ad emanare atti aventi forza di legge che, però, dovranno essere sottoposti
alla valutazione delle Camera.
Decreti legislativi Elaborati dal Governo su delega del Parlamento (art. 76 Cost.). Tale delega si
sostanzia in una vera e propria legge emanata dal Parlamento (legge delega) nella quale sono
specificate le materie, i tempi e i modi ai quali il Governo deve attenersi nell’elaborazione del
decreto. L’esercizio della delegazione da parte del Parlamento è giustificato dal fatto che alcune
materie, particolarmente complesse, richiedono competenze tecniche e tempi di realizzazione tali
che l’iter legislativo parlamentare non riuscirebbe ad assolverli. L’emanazione del D.Lgs è
deliberata dal Consiglio dei Ministri; il testo del decreto legislativo adottato dal Governo viene poi
trasmesso al Presidente della Repubblica per l’emanazione, almeno 20 giorni prima della scadenza.
Il decreto viene poi pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale come le leggi ordinarie.
Decreti legge (art. 77 cost.) Il Governo in casi straordinari di necessità e di urgenza può adottare,
sotto la propria responsabilità, dei decreti legge, la cui principale caratteristica è la provvisorietà. In
questo caso il Governo interviene senza il preventivo avallo del Parlamento, a regolare un materia
che richiede un’immediata attenzione da parte dello Stato. L’esercizio del potere legislativo del
Governo è sottoposto al controllo del Parlamento in un momento successivo: infatti il giorno stesso
dell’emanazione, il decreto legge deve essere presentato alle Camera per la conversione in legge
entro 60 giorni. Il Parlamento può convertirlo senza modifiche, convertirlo con modifiche o non
convertirlo. Il decreto legge non convertito decade dopo 60 giorni e perde efficacia dal giorno della
sua emanazione. Il Governo non può comunque emanare decreti legge su materie espressamente
riservate alla Cost. al Parlamento.

IL POTERE REGOLAMENTARE
Al Governo spetta il potere regolamentare, cioè il potere di adottare atti normativi secondari, privi
di legge, chiamati regolamenti. I regolamenti che, nell’ambito della gerarchia delle fonti, rivestono
il ruolo di fonti secondarie; sono, peraltro, generalmente attuativi di altre leggi o di atti aventi forza
di legge. Il Governo può emanare regolamenti per disciplinare:
l’esecuzione di leggi e di decreti legislativi, nonché di regolamenti comunitari;
l’attuazione e l’integrazione di leggi e decreti legislativi recanti norme di principio;
le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi, sempre che non si tratti di materie comunque
riservate alla legge (riserva di legge);
l’organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche.
RISERVA DI LEGGE: istituto giuridico con il quale la materia può essere regolata soltanto dalla
legge. Ha una funzione di garanzia nei confronti dei cittadini.
Ordinaria  può essere disciplinata soltanto da legge o atti avente forza di legge e può essere:
ASSOLUTA: solo la legge( parlamento) può intervenire (art. 13 restrizione della libertà personale
nei soli casi e modi previsti dalla legge);
RELATIVA: può intervenire anche una fonte secondaria ( regolamento del governo);
RINFORZATA: riserva assoluta o relativa dove la costituzione predetermina in parte il contenuto
della legge. ( art. 16 liberà di circolazione e soggiorno può essere limitata in casi di sanità o
sicurezza)
Lo stato conserva la potestà regolamentare soltanto nelle materie di competenza legislativa
esclusiva, mentre in tutte le altre materie tale potere è assegnato alle Regioni (tranne casi di
inadempienza) Tra i regolamenti quello che ha maggior forza è il regolamento deliberato dall’intero
Consiglio dei ministri, il regolamento governativo, sentito il Consiglio di Stato, che viene
promulgato dal Presidente della Repubblica ed è appunto emanato come decreto del Presidente
della Repubblica (D.P.R.)
Responsabilità dell’esecutivo Art. 96.
Il Presidente del Consiglio dei ministri ed i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti,
per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa
autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite
con legge costituzionale.
I Ministri sono:
responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei Ministri
responsabili individualmente degli atti dei loro Ministeri.
Sono inoltre dotati un’ulteriore responsabilità in quanto il ministro proponente controfirma l’atto
proposto e adottato dal Presidente della Repubblica, art. 89 cost. La responsabilità è innanzitutto
politica nei confronti del Parlamento, in quanto il Governo ha l’obbligo di non venir meno agli
impegni assunti. Inoltre, come qualsiasi altro organo e soggetto istituzionale, il governo risponde di
una responsabilità politica diffusa nel senso che ciò che fa o non fa è sottoposto al giudizio
dell’opinione pubblica, senza conseguenze giuridiche. La responsabilità può essere però anche
civile, amministrativa e penale ed è imputata dall’art. 28 Cost. a tutti i funzionari e dipendenti dello
Stato per i loro comportamenti illeciti.
Responsabilità civile: Quando un funzionario dello Stato lede un diritto altrui è tenuto a risarcire il
danno.
Responsabilità amministrativa: Si configura nel momento in cui il Governo o un singolo
Ministro, nell’esercizio delle proprie funzioni, provoca un danno patrimoniale alle casse dello Stato.
Competente a giudicare tali reati è la Corte dei conti.
Responsabilità penale: Occorre distinguere tra i reati commessi dal Presidente del Consiglio e dai
Ministri nell’esercizio delle loro funzioni (avvalendosi cioè della posizione e dei poteri della carica
di governo) e tutti gli altri reati: per questi ultimi il presidente o il ministro sono giudicati come ogni
altro cittadini e sono sottoposti al giudizio penale ordinario; per i primi, in base all’art. 96 Cost. è
prevista una disciplina speciale che si giustifica in considerazione del nesso dell’eventuale reato con
l’attività di governo. Le indagini preliminari sono affidate ad un collegio composto di tre magistrati;
ove il collegio non disponga l’archiviazione gli atti sono trasmessi a una delle Camere
l’autorizzazione a procedere, deliberata dalla camera di appartenenza, se si tratta di un
parlamentare, dal Senato, se i soggetti non sono parlamentari. L’autorizzazione può essere negata
solo nel caso in cui l’assemblea reputi a maggioranza assoluta che l’inquisito “abbia agito per la
tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento in un
preminente interesse pubblico”; tale valutazione è insindacabile; ove l’autorizzazione venga
concessa il tribunale del capoluogo nel distretto competente per il territorio è giudice naturale di
primo grado. La legge cost. n. 1/1989 ha modificato le competenze in materia della Corte
Costituzionale. Prima di tale legge la Corte giudicava anche i reati ministeriali compiuti dal
ministro nello svolgere le sue funzioni. La modifica consiste nell’autorizzare la magistratura
ordinaria a giudicare su tali reati, previa l’autorizzazione della Camera o del Senato.
L’autorizzazione a giudizio può essere negata se la Camera ritiene che l’inquisito abbia agito per un
interesse pubblico o per un interesse, costituzionalmente rilevante, dello Stato. Alla Corte è stato
affidato il solo giudizio dei reati del Presidente della Repubblica.

RIFORMA DEL TITOLO V 2001


Con la riforma del titolo V viene attuata per la prima volta, in tutto il suo organico, la procedura di
revisione costituzionale dell'articolo 138. Si innesta in un sistema costituzionale caratterizzato da
una notevole limitazione dei poteri delle regioni, con tale riforma termina il monopolio legislativo
dello stato in quanto il potere di produrre le leggi è esercitato anche dalle regioni. La potestà
legislativa di stato e regioni è disciplinato nell'art.117 della costituzione. Il vecchio art.117
prevedeva delle materie in cui la regione emanava norme legislative con una competenza di tipo
concorrente, tutte le altre materie non elencate erano automaticamente di competenza dello stato. Si
ha quindi un riparto delle competenze tra stato e regione sul criterio della materia, che è un riparto
di tipo verticale. C'era quindi un concorso di competenze tra stato e regione, lo stato dettava i
principi fondamentali della materia, le regioni intervenivano con la cosiddetta normativa di
dettaglio. All'interno delle materie si ha quindi anche un riparto di tipo orizzontale, regione può
legiferare nel rispetto dei principi fondamentali dettati dalla legge dello stato.
Differenza principale tra leggi dello stato e leggi delle regioni
Limite territoriale delle potestà legislative: hanno un efficacia territoriale diversa, le norme regionali
hanno un efficacia circoscritta al proprio territorio. Le leggi nelle quali lo stato detta i principi
fondamentali sono valide in tutto il territorio nazionale e vengono chiamate leggi quadro, in assenza
di esse la regione non poteva legiferare.
Con la riforma del titolo V si sviluppa;
Il principio di promozione delle autonomie locali previsto nell'art.5:"L'Italia riconosce la
repubblica, una ed indivisibile e riconosce e promuove le autonomie locali". Tale principio
incrementa i poteri legislativi delle regioni e i poteri amministrativi degli enti locali.
Art.114 – Elementi costituivi della repubblica tutti allo stesso piano.
"La repubblica è costituita dai comuni, dalle province, dalle regioni dalle città metropolitane e dallo
stato". In passato repubblica e stato erano sostanzialmente la stessa cosa, oggi la repubblica è
l'ordinamento generale e lo stato è solo uno degli enti territoriali che la costituiscono.
Tale modifica ha come fine ciò che è noto come principio dell'equi-ordinazione il quale prevede che
ogni elemento costitutivo della repubblica benefici di pari dignità costituzionale. Lo stato rimane
comunque ente sovrano poiché beneficia di un potere originario, non deriva da nessuno e si è
autolegittimato spontaneamente come strumento di governo di un determinato territorio, ha perciò
poteri di supremazia rispetto gli altri enti territoriali autonomi che derivano da esso.
Difatti nel 2°comma viene espresso che, gli enti autonomi hanno i loro statuti e funzioni secondo i
principi fissati in costituzione che vengono garantiti e tutelati dallo stato.
Art.117, stabilisce il nuovo criterio di riparto della potestà legislativa.
"La potestà legislativa è esercitata dallo stato e dalle regioni nel rispetto della costituzione e dei
vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario" – La regione ha quindi la potestà legislativa e viene
posta sullo stesso piano dello stato rispetto l'esercizio di essa, inoltre le si valorizzano accostandole
allo stato anche nei limiti da rispettare.
Il nuovo riparto
C'è un primo elenco di materie affidate alla competenza dello stato, materie che necessitano
direttamente della potestà dello stato, in cui esso può legiferare nel dettaglio. (Politica estera,
sicurezza, forze armate, ...). Viene poi caratterizzato da un ulteriore elenco di materie di
legislazione concorrente molto più lungo rispetto al vecchio, si ha perciò una dilatazione notevole
delle materie concorrenti, in esse viene espressamente chiarito che sono di competenza legislativa
delle regioni, lo stato detta esclusivamente i principi fondamentali. Originariamente ciò non era così
scontato in quanto lo stato invadeva spesso le competenze legislative delle regioni, ora dato che vi è
scritto in costituzione, se lo stato interviene nelle norme di dettaglio il suo intervento può essere
giudicato incostituzionale. Podestà residuale spetta alle regioni:
Le materie non elencate nel 2° e 3° comma, perciò quelle non espressamente riservate alla
legificazione concorrente o esclusiva dello stato, spettano automaticamente alle regioni che
divengono il legislatore di carattere generale sostituendosi allo stato.
Con la riforma si cerca quindi di superare la competenza concorrente, alcune materie diventano di
competenza esclusiva dello stato ed alcune delle regioni.
Rimane comunque una forma di concorrenza, lo stato detta le disposizioni generali e comuni, alle
regioni compete dettare il resto della disciplina. Quando la sovrapposizione fra materie diverse in
un medesimo corpo normativo rendeva inestricabili le diverse potestà legislative, la Corte ha
indicato due criteri:
il criterio di prevalenza, in forza del quale le materie innominate prima di essere riconosciute alle
regioni devono superare una verifica diretta ad accertare se esse non possano essere comunque
ricondotte nell’ambito della materie espressamente previste; il principio di leale collaborazione.
La riforma del titolo V non comporta modifiche per le regioni speciali:Sicilia-SardegnaTrentino
alto Adige- Valle d'Aosta- Friuli Venezia Giulia. O meglio, si applica automaticamente soltanto se
concede alle regioni poteri più ampi di quanto ne hanno nei loro statuti speciali. I poteri delle
regioni speciali non sono disciplinati nella costituzione ma negli statuti speciali che in quanto leggi
costituzionali hanno lo stesso rango della costituzione. Essi prevedono sempre materie di
competenza concorrente e materie di competenza esclusiva dove le regioni speciali legiferano
autonomamente senza tener conto dei principi dello stato.
Novità delle funzioni amministrative
Art.118 prevede il riparto di competenza amministrativa. Sancisce il principio di sussidiarietà
tramite una valorizzazione del ruolo amministrativo dei comuni. Esso prevede che il punto di
riferimento delle funzioni amministrative diviene tendenzialmente l'ente di governo più vicino al
cittadino, ossia il comune. (il cittadino è colui che usufruisce per primo delle funzioni
amministrative)
I rapporti tra società e istituzioni definiscono:
Sussidiarietà verticale: Se il comune è inadeguato da un punto di vista organizzativo secondo il
principio "sub-sidium"(aiuto),i livelli di governo superiore intervengono in aiuto. Si tende perciò ad
una gestione associata così da garantire un esercizio unitario;
Sussidiarietà orizzontale: Gli enti della repubblica favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini,
singoli e associati, per lo svolgimento di attività d'interesse generale.
La riforma del titolo V, nonostante approvata, fu causa di critiche in quanto vi era un eccesso di
attribuzione di materie alle regioni. L' intervento della corte costituzionale ha fortemente
ridimensionato le modifiche costituzionali:
La podestà residuale non è data per scontata, clausola ridimensionata. La corte riconosce le materie
trasversali, materie di competenza dello stato in grado di incidere su tutto l'ordinamento, anche
negli ambiti regionali. Viene riaffermata la prevalenza della legge dello stato sulla legge regionale:
Con l'istituzione della clausola di supremazia, si consente alla legge dello stato di intervenire nelle
materie in cui compete la regione per motivi di tutela, in quanto "Lo stato non può essere tagliato
fuori da materie e questioni di proprio interesse"
Gli statuti delle regioni
Sono gli atti fondamentali di organizzazione delle regioni, nell'ambito dell'ordinamento regionale
sono le fonti poste al vertice della gerarchia delle fonti regionali.
Lo statuto è quindi un atto fonte che si diversifica per le regioni speciali e ordinarie:
Lo statuto di una regione ordinaria è una fonte di autonomia, un atto di appartenenza del consiglio
regionale. Lo statuto di una regione speciale è una fonte eteronoma, ossia una legge costituzionale
approvata dal parlamento nazionale. Norma fondamentale di riferimento regioni speciali
Art.116: Elenca le regioni speciali specificando che esse dispongono di forme e condizioni
particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti, adottati con legge costituzionale e modificati
con procedimento di revisione costituzionale.
• Norma di riferimento Regioni ordinarie
Art.123:"Ciascuna regione ha uno statuto che in armonia con la costituzione ne determina la forma
di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento."
Riserva di statuto: contenuti elencati dall'art. Ai sensi della costituzione, devono essere
necessariamente disciplinati dallo statuto regionale.
Limite dei statuti :per essere legittimi devono essere in armonia con la costituzione
123,2°comma “Qualifica di competenza”
Lo statuto regola l'esercizio del diritto d'iniziativa e del referendum su leggi e
provvedimenti amministrativi della regione e disciplina inoltre la pubblicazione delle leggi e dei
regolamenti regionali. Ogni statuto all'interno della propria regione è sovrano nel disciplinare tali
ambiti, prevale anche in caso di contrasto con legge statale
123,3°comma “Possibilità di Referendum popolare”
"Se richiesto da 1/50 degli elettori o 1/5 dei componenti del consiglio regionale"
123,procedimento di approvazione: ricalca il procedimento aggravato del 138,a conferma
dell'importanza dell'atto a livello regionale. Deliberato con due deliberazioni ad intervallo di sei
mesi dal consiglio regionale, prevede la maggioranza assoluta dei suoi componenti (quorum
strutturale) e approvato con legge della repubblica.

Organi principali all'interno della regione


Espressamente previsti nell'art.121 della costituzione come organi necessari, sono:
Consiglio regionale: l'organo legislativo della regione. Come il parlamento è l'organo che approva
o meno la fiducia verso il presidente della giunta ed emana le leggi regionali, che sono le fonti
regionali ordinarie. Per le leggi regionale non c'è bicameralismo, vengono approvate prima dalla
commissione del consiglio regionale poi da tutta l'aula ed infine prima di entrare in vigore
pubblicate nel “Bur” (bollettino ufficiale della regione). Composizione:
minimo 30 consiglieri – regioni con meno di 1.000.000 di abitanti massimo 80 consiglieri – regioni
con oltre 6.000.000 di abitanti Caratteristiche:
Dura in carica 5 anni ed esercita le sue funzioni fino al 46° giorno antecedente la data delle elezioni
In caso di crisi del rapporto fiduciario con la giunta gli anni si riducono da 5 a 2 • Sistema
elettorale (l. 43/1995): o proporzionale per i 4/5 dei consiglieri sulla base di liste provinciali, o
maggioritario per 1/5 dei consiglieri sulla base di liste regionali, o premio di maggioranza per la
lista regionale che ha il maggior numero di voti.
Giunta regionale: è l'organo esecutivo collegiale. Funzioni:
Siede all’attuazione delle deliberazioni e delle leggi del Consiglio (per motivi di urgenza può
sostituirsi al Consiglio (con ratifica di quest’ultimo nella prima adunanza)). Ha iniziativa legislativa
e provvede alla gestione dell’ente.
Dirige l’attività degli uffici regionale e amministra il patrimonio.
Predispone il bilancio preventivo e il conto consuntivo; predispone i programmi di sviluppo
regionale; decide, sentito il Consiglio, sui ricorsi di legittimità costituzionale e sui conflitti di
attribuzione.
Presidente della giunta regionale: è l'organo esecutivo di vertice eletto direttamente a suffragio
universale. Nel 3°comma vengono riportati i poteri del presidente della giunta. Rappresenta la
regione, nomina e revoca i membri della giunta (gli assessori.) Promulga leggi ed emana
regolamenti.Dirige le funzioni amministrative delegategli dallo stato in conformità alle istruzioni
del governo centrale.
Quarto organo necessario:
Ai sensi dell'art.123,in ogni regione lo statuto disciplina il consiglio delle autonomie locali, il quale
svolge la funzione di organo di consultazione fra le regioni e gli enti locali.

ORDINAMENTO DEI COMUNI E DELLE PROVINCE- Aspetti generali:


La riforma del titolo V ha garantito a comuni e province:
- la potestà di darsi uno statuto
- un’autonomia impositiva e finanziaria nell’entrata e nella spesa; è perciò garantita
un’autonomia organizzativa e amministrativa
- la possibilità di partecipare alle funzioni, anche legislative, delle regioni in quanto
rappresentati nei consigli delle autonomie locali, quali organi di consultazione.
E’ stato inoltre previsto che tutte le funzioni amministrative spettano ai comuni, salvo che per
assicurarne l’esercizio unitario siano conferite dalla legge stata o regionale ad un livello più alto.
Nel Testo unico sull’ordinamento degli enti locali (Tuel) comuni e province sono definiti come enti
che rappresentano la propria comunità, ne curano gli interessi e ne promuovono lo sviluppo: sono
enti a fini generali, in quanto di alcune funzioni devono occuparsi, mentre per il resto possono fare
tutto ciò che ritengono utile alla tutela degli interessi e alla promozione dello sviluppo.

Funzioni:
Le funzioni degli enti locali si possono distinguere in vari rami, nonostante non esiste un’esplicita
distinzione di esse: proprie; attribuite; fondamentali; conferite.
Spettano al comune:
Tutte le funzioni amministrative che riguardano popolazione e territorio comunale, e soprattutto:
servizi alla persona; servizi alla comunità uso del territorio; sviluppo economico. Inoltre per conto
dello Stato: servizi elettorali; stato civile; anagrafe; statistica
Spettano alla provincia: Funzioni amministrative intercomunali o di ambito provinciale in questi
settori: difesa del suolo e ambiente ; risorse idriche ed energetiche; valorizzazione beni culturali;
trasporti ; protezione flora e fauna ; caccia e pesca ;smaltimento rifiuti ;edilizia scolastica per le
scuole secondarie superiori ;raccolta dati e assistenza tecnico-amministrativa ai comuni.
Le città metropolitane includono le maggiori città e sono enti locali denominati così e dotati di uno
speciale ordinamento che lo distingue sia dal comune sia dalla provincia. Il suo compito è quello di
sostituirsi ali altri enti territoriali al fine di garantire una maggiore contiguità territoriale e
soprattutto l’integrazione economico-sociale fra il comune capoluogo e quelli vicini.

Organizzazione degli enti locali:


Comuni e province sono organizzati praticamente allo stesso modo. I loro organi necessari sono:
Sindaco o presidente della provincia, sono eletti a suffragio universale dirette e a maggioranza
assoluta dei voti validi: nel caso questa non sia conseguita, si ricorre al ballottaggio. Nominano e
revocano gli assessori che con lui compongono la giunta; è prevista l’incompatibilità fra la carica di
assessori e consiglieri. Da notare è che sindaco e giunta sono il governo dell’ente locale. Egli:
Rappresenta l’ente, convoca e presiede la giunta
Adotta provvedimenti di emergenza in materia di sanità e igiene pubblica
Nomina e revoca tutti i rappresentati del comune in altri enti
Consiglio, è definito organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo; esso può cioè
approvare una serie di atti fondamentali dell’ente e dettare indirizzi su come sindaco e giunta
devono agire; ha il compito di verificare come sindaco e giunta assolvono alle loro funzioni
esecutive. Egli
Giunta, collabora con il sindaco nel governo del comune agendo come organo collegiale dotato di
competenza generale (fa tutto ciò che non è espressamene attribuito a sindaco e consiglio) Il
sindaco e con esso la giunta cessa dalla carica in caso di mozione di sfiducia da parte del consiglio
→ simul stabunt, simul cadent

LE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI: Insieme di strutture, uffici ed enti dipendenti dal


governo, con il fine di tutelare l’interesse pubblico distribuendo beni e servizi. In ogni ordinamento
moderno sono previste strutture formate da pubblici impiegati con specifiche competenze
professionali, il cui compito è quello di:
- Coadiuvare le istituzioni politiche, statali, regionali o locali, nell’azione di governo;
- Curare specifici interessi pubblici;
- Produrre beni o servizi a favore delle collettività amministrate.
In tutti e tre i casi tali strutture svolgono attività amministrativa. L’ attività amministrativa si
distingue dall’attività normativa in questo: la prima consiste nel provvedere con atti specifici alla
cura di determinati interessi pubblici, mentre la seconda, consiste nel prevedere casi e situazioni cui
applicare norme generali e astratte. Mentre l’atto amministrativo si esaurisce di norma nel momento
della sua esecuzione, l’atto normativo è invece suscettibile di una indefinita applicabilità e
ripetibilità. Nell’esercizio di tali attività le pubbliche amministrazioni operano come autorità
amministrative oppure come soggetti erogatori di servizi pubblici. Agiscono come autorità, per
esempio, allorché il comune espropria un’aria edificabile, mentre agiscono come soggetto erogatore
di servizi allorché il comune organizza un asilo nido. Nel primo caso le P.A operano in posizione di
supremazia, utilizzando gli strumenti proprio del diritto amministrativo, vale a dire un insieme di
regole speciali volte a garantire immediatamente il perseguimento di un pubblico interesse. Nel
secondo caso le P.A tendono sempre più a operare attraverso gli strumenti contrattuali propri del
diritto comune, ponendosi cioè sullo stesso piano dei soggetti con cui vengono in rapporto. Spetta
alla legge stabilire quale regime deve essere seguito, se quello proprio del diritto provato o quello
amministrativo, ma la legge può anche lasciare all’autorità amministrativa tale scelta ( in ciò
consiste la discrezionalità amministrativa ).
Le P.A sono organizzate e agiscono secondo i seguenti principi costituzionali:
Autonomia, l’amministrazione è affidata agli enti regionali e locali, rappresentativi delle comunità
territoriali, tendenzialmente più vicini agli interessi da soddisfare, secondo il principio di
sussidiarietà (art. 118 cost.)
Decentramento, le funzioni amministrative svolte da organi dello Stato devono essere decentrate
nel territorio nazionale, o a livello burocratico (attraverso funzionari dipendenti dagli apparati
centrali ma collocati in sedi locali) o a livello istituzionale (attraverso enti autonomi)
Riserva di legge, per quanto riguarda l’organizzazione delle p.a. Secondo l’art. 97 Cost. “i pubblici
uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge”. Si tratta di una riserva relativa, non assoluta:
la legge non è tenuta a disegnare l’intera organizzazione delle p.a. ma solo a fissare i criteri generali
alla base dei quali le p.a. possono svolgere esse stesse la necessaria attività organizzativa.
Legalità, corrispondenza dell’attività amministrativa alle disposizioni di legge
Buon andamento, svolgimento dell’attività nei modi più opportuni per assicurarne l’efficacia,
l’efficienza e l’economicità.
Imparzialità, richiede la ponderazione e composizione degli interessi pubblici da soddisfare con gli
interessi privati da sacrificare, il divieto di operare discriminazioni prive di ragionevole
giustificazione, l’apartiticità degli apparati amministrativi.
Regime speciale dei beni, la proprietà può essere pubblica o privata. Anche la p.a. è titolare i
particolari beni denominati beni pubblici, che vanno a formare parte del complessivo patrimonio
delle amministrazioni statali, regionali e locali sottoposto a un regime speciale. Il c.c. distingue tra
demanio pubblico (es. spiagge, fiumi, porti), patrimonio indisponibile (es. foreste, miniere, cose di
interesse artistico) e patrimonio disponibile. I beni del demanio pubblico sono inalienabili e non
possono formare oggetto di diritti a favore di tersi; quelli appartenenti al patrimonio indisponibile
non possono essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dalla legge; il patrimonio
disponibile invece è sottoposto alle regole di diritto comune.
Accesso mediante concorso agli impieghi nelle p.a.
Trasparenza ;Ragionevolezza.
La funzione di produzione dei beni o servizi può essere svolta:
attraverso l’amministrazione diretta
attraverso l’istituzione di appositi enti o aziende pubbliche, l’amministrazione per enti
attraverso la regolazione di soggetti privati che operano sul mercato, l’amministrazione per regole.
Dal primo dopoguerra con l’estensione delle basi democratiche dello Stato e l’affermarsi del
welfare state, si sono fortemente accresciute le attività delle p.a. volte alla prestazione di servizi da
esse erogati direttamente o attraverso la creazione di appositi enti pubblici, controllati e finanziati
dallo Stato (servizi pubblici in senso soggettivo). Dagli anni ’90 in Italia si è affermata invece la
tendenza a ricorrere più frequentemente al mercato, predisponendo regole per la produzione di beni
o servizi da parte dei privati e la loro acquisizione a vantaggio della collettività, senza ricorrere
all’intervento diretto delle pubbliche amministrazioni (servizi pubblici in senso oggettivo). In
questa direzione spinge anche il principio di “sussidiarietà orizzontale” introdotto nel 2001 nell’art.
118.4 della Costituzione. In alcuni casi si sceglie una strada intermedia, affidando il servizio a
società di capitali cui concorrono le stesse p.a. (società miste). L’ordinamento del lavoro nelle p.a. è
passato dal regime speciale proprio del diritto amministrativo (pubblico impiego) a quello ordinario
del “diritto del lavoro” proprio dei lavoratori del settore privato. L’unità organizzativa
dell’amministrazione centrale è rappresentata dai ministeri cui è preposto un ministro: organo
individuale, capo di un dicastero e componente dell’organo collegiale governo, cerniera fra governo
e amministrazione. Ad essi spettano compiti di amministrazione diretta nonché compiti di indirizzo
e vigilanza nei confronti degli enti che operano nel settore stesso; l’art. 95 Cost. prevede una riserva
di legge assoluta per la determinazione del numero, delle attribuzione e dell’organizzazione dei
ministeri; essi sono: ministero degli affari esteri; ministero dell’interno (amministrazione civile e
sicurezza pubblica) ;ministero della giustizia ; ministero della difesa ; ministero dell’economia e
delle finanze; ministero dello sviluppo economico ; ministero delle politiche agricole, alimentari e
forestali; ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ; ministero delle
infrastrutture e dei trasporti ; ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali
ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ; ministero per i beni e le attività culturali.
All’interno del ministero sono previsti numerosi organi consultivi e di controllo. Importanza
particolare assumono due istituti direttamente definiti dalla Costituzione come organi ausiliari del
governo: il Consiglio di Stato e la Corte dei conti, i quali sono indipendenti di fronte al governo.

LA MAGISTRATURA- POTERE GIURISDIZIONALE


E' il terzo potere dello stato di diritto, corrisponde alla funzione applicativa della legge. I magistrati,
così come la pubblica amministrazione, applicano la legge ma con finalità diverse; vi è una
differenza fondamentale tra lo status soggettivo dei due organi. La pubblica amministrazione ha il
fine di perseguire l'interesse pubblico (nel svolgere la funzione deve essere imparziale senza far
discriminazioni -Art.97).La magistratura ordinaria applica la legge per risolvere le controversie.
(E' autonoma e indipendente, è soggetta soltanto alla legge -Art.101). Vi sono diverse magistrature
specializzate per materie:
Magistratura amministrativa, ha due gradi di giustizia amministrativa. (Art.100) Tribunali
amministrativi regionali (Tar),si tratta di giudici amministrativi di primo grado competenti a
giudicare sui ricorsi, ossia sulle richieste di un soggetto contro atti di enti regionali, al fine di
ottenere un provvedimento. Le proprie sentenze sono appellabili dinnanzi al consiglio di stato che è
il giudice di secondo grado della giustizia amministrativa.
Magistratura contabile, prevista nell'art.100-103. Nota come corte dei conti, è un organo
plurifunzionale, con funzioni consultive di controllo e giurisdizionali specialmente nelle materie di
contabilità pubblica. Si va via via continuando per tutti quegli organi che sono considerati ausiliari
del governo(Magistratura contabile,penale,militare ...)
La magistratura ordinaria per esercitare la sua funzione ha bisogno di un impulso di parte, ossia
deve essere appositamente sollecitata da una delle parti in causa che hanno il potere di richiedere il
cosiddetto giudice d'ufficio. Il giudice quindi di sua spontanea volontà non interviene nello svolgere
la sua funzione in quanto è al di sopra delle parti in causa.
Beneficia di due tipi di garanzia d'indipendenza:
Indipendenza funzionale: Riguarda il singolo magistrato nell'esercizio della funzione.
Indipendenza organizzativa: Riguarda la magistratura nel suo complesso.
GARANZIA D'INDIPENDENZA DELLA MAGISTRATURA
Il nostro ordinamento ha una magistratura indipendente, soggetta solo alla legge e libera dai
condizionamenti del potere politico. L' Art.104 garantisce l'indipendenza della magistratura nel suo
complesso: "La magistratura è un ordine autonomo ed indipendente da ogni altro potere". Tale
indipendenza gli viene garantita attraverso l'istituzione del consiglio superiore della magistratura
(CSM). Quest'ultimo non è un organo giurisdizionale ma esercita una funzione amministrativa, è un
organo di autogoverno della magistratura che si occupa di tutte le questioni che riguardano lo status
dei magistrati. E' composto in prevalenza da magistrati eletti a loro volta da magistrati, perciò si
parla di autogoverno, per meglio precisare vi è una parte di membri di diritto: (il presidente e il
procuratore generale della corte di cassazione) e una parte di membri elettivi (membri
togati:corrispondono ai 2/3 eletti dai magistrati ordinari; membri Laici corrispondono al1/3 eletti
dal parlamento in seduta comune (rappresentanza della sovranità popolare anche nella
magistratura)). Il presidente della repubblica interferisce nella funzione giurisdizionale poiché in
costituzione è previsto che egli presiede il consiglio superiore della magistratura. Si tratta
comunque di una presidenza formale, compare poche volte in via ordinaria, il CSM è presieduto dal
vice presidente che viene designato dal parlamento è perciò un componente Laico.

GARANZIE INDIVIDUALI
Come già accennato l'art.101 della costituzione stabilisce che i giudici non sono soggetti ad alcun
potere, ad alcun autorità che non sia la legge. L' art.107 stabilisce la garanzia di inamovibilità per
cui i magistrati sono inamovibili, ossia non possono essere sospesi dal servizio ne destinati ad altre
sedi se non a seguito di una decisione del consiglio superiore della magistratura – CSM, il quale ha
il potere di avviare un azione disciplinare il cui esito sarà causa di giudizio. Tale norma stabilisce
una garanzia per il magistrato di svolgere le proprie funzioni senza possibilità di impedimento, per
sospendere il servizio di un magistrato vi deve essere una volontà propria del soggetto, una
richiesta. A meno che, si fa eccezione alla norma, se il provvedimento è la conseguenza di una
responsabilità disciplinare contestata dal CSM; poiché il magistrato è venuto meno dei sui doveri.
Si potrebbero avere anche casi diversi, un esempio può essere il trasferimento per incompatibilità
ambientale: Situazione per cui il magistrato nel luogo di sua competenza non è più in grado di
esercitare serenamente la sua funzione, si mettono perciò in dubbio le sue facoltà.
I pubblici ministeri( magistrati) beneficiano delle stesse garanzie di un giudice, l 'art.107 stabilisce
poi la differenza tra le due figure che come visto precedentemente si distinguono fra loro soltanto
per diversità di funzioni:
Giudici: Magistrati che esercitano una funzione giudicante attraverso il processo ed emettono in
conclusione un atto tipico noto come Sentenze.
Pubblici ministeri: Magistrati che esercitano una funzione inquirente.
Perseguono l'accusa di una delle parti in causa per appurare responsabilità.

GERARCHIE NEL POTERE GIURISDIZIONALE


Non c'è una ripartizione gerarchica tra i magistrati i quali hanno tutti lo stesso livello.
Organi giurisdizionali monocratici: Giudice monocratico, composto da persona fisica. Il
magistrato ha un potere acefalo ma diffuso, cioè privo di vertice ma articolato in una pluralità di
organi. Si può individuare una gerarchia fondata tra gli atti, tutti i provvedimenti dei giudici in
ultima istanza verranno controllati dalla corte di cassazione, tale fatto potrebbe spingerci a pensare
che la corte di cassazione sia quindi una corte suprema con una posizione sovraordinata
nell'ordinamento giurisdizionale.
Organi giurisdizionali collegiali: Giudice collegiale, composto da più persone fisiche. Essi sono
simbolo di garanzia di un corretto esercizio delle funzioni, in quanto si presume che una pluralità di
giudici che interpretano la legge, siano simbolo di una minore possibilità di errore.
Si hanno perciò diversi gradi di giudici e di giudizio, al fine di limitare al minimo gli errori, per
garantire un corretto esercizio della giurisdizione.
Doppio grado di giudizio: Si forma una sorta di bicameralismo giurisdizionale. In tutti gli ambiti
giurisdizionali c'è un primo grado di giudizio definito da un primo giudice a cui rivolgersi, il
giudice d'ufficio, che deve ricostruire il fatto ed esporre un giudizio finale. In caso di esito negativo
della sentenza l'imputato può fare appello a un giudice di secondo grado, il giudice d'appello, questo
può rivedere la decisione presa dal giudice di primo grado per verificarla ed eventualmente
correggerla o migliorarla. I giudici di primo e secondo grado valutano i profili di fatto, cioè il
merito.
Il terzo grado di giudizio spetta ad un organo giurisdizionale collegiale, la corte di cassazione la
quale svolge il compito di corte di legittimità. Essa a differenza dei primi due giudici non valuta i
profili di fatto, non è quindi suo compito entrare nel merito del caso ma valuta i profili di diritto,
ossia stima come i giudici hanno applicato le leggi.
Giudici Speciali
All'interno degli organi giudiziari ordinari si possono istituire sezioni specializzate con competenze
specifiche su determinati temi (minori,scuole,istruzione...) L' art.102 della costituzione prevede il
principio dell'unicità della giurisdizione per cui, la funzione giurisdizionale viene esercitata
esclusivamente da magistrati ordinari istituiti e disciplinati dalle norme sull'ordinamento
giurisdizionale. L'esistenza dei giudici speciali sono un eccezione al principio costituzionale, in
quanto si prevede l'impossibilità d'istituire giudici straordinari, tuttavia non sono giudicati
incostituzionali poiché esistono dapprima della costituzione che si limita a riconoscerli.
Giudice amministrativo: fanno parte della magistratura amministrativa, hanno perciò competenza
territoriale circoscritta per regione e si occupano delle controversie tra cittadini e pubblica
amministrazione.
Giudice contabile: fanno parte della magistratura contabile, hanno funzioni giurisdizionali,
amministrative e di controllo in materia fiscale.
Giudice militare: ha funzioni giurisdizionali riservate ai militari, i quali hanno organi di giustizia
specifici.
Il principio sopra elencato viene integrato con il Principio del giudice naturale, previsto
dall'art.25:"Nessuno può essere distolto dal suo giudice naturale precostituito per legge" Non è
perciò possibile scegliere di giudici ad hoc per gli imputati, il giudice di un eventuale controversia
viene individuato dalla legge in base ai requisiti e alle regole prestabilite, esso deve essere “terzo e
superpartes"
Vi sono dei casi in cui il giudice naturale può essere sostituito:
Ipotesi di astensione: Il giudice è coinvolto personalmente, si presenta un conflitto d'interesse con
una delle parti in causa, si potrebbe avere un giudizio condizionato. In tal caso, nonostante
assegnato dalla legge, il giudice non può più giudicare, dato che si manifesterebbe un'imparzialità
causata da una situazione di incompatibilità con la questione.
Ipotesi di ricusazione: Una delle parti in causa individua un motivo di imparzialità da parte del
giudice naturale (pregiudizi, conflitti,..)esso perciò chiede una ricusa del giudice in quanto si mette
in dubbio la capacità di giudicare in maniera obiettiva.
Ipotesi di legittimo sospetto: Sospetto che il giudice naturale possa giudicare in modo imparziale
eventuale controversia.
Un giudice per svolgere al meglio la propria funzione giudicante, deve essere adagiato in una
condizione di serenità, imparzialità e sicurezza.
Più nel dettaglio l'art.111 stabilisce il Principio del giusto processo, vi sono quattro condizioni
fondamentali regolate dalla legge:
Principio del contraddittorio: non si possono subire gli effetti di una sentenza senza aver avuto la
possibilità di un effettiva partecipazione alla formazione del provvedimento disciplinare. Sono
colpevole se le prove della mia colpevolezza sorgono dal contraddittorio tra imputato e accusa,
ossia durante il processo e non al di fuori di esso. Le prove a favore o contro l'imputato si devono
formare all'interno del processo, al seguito di esso può avvenire la condanna.
Esempio: Avviso di garanzia, è un istituto previsto dal codice di procedura penale è un avviso
formale che indica la fase delle indagini preliminari compiute dal pubblico ministero. Esse non
possono scaturire pena per l'indagato dato che, non si è ancora sotto processo; all'esito di esso il
soggetto può essere assolto o rinviato al giudizio.
Durata ragionevole di giustizia: il processo deve garantire tempi ragionevoli, una giustizia in
tempi dilatati è un'ingiustizia
Condizione di parità tra le parti
Giudice terzo e imparziale

CORTE COSTITUZIONALE
E' un organo tecnico di garanzia, privo di qualsiasi legittimazione del popolo, in grado di smentire
la volontà del parlamento con il fine di tutelare la costituzione e garantirne effettivamente la
sovranità e rigidità. Si crea a seguito del passaggio tra l'impostazione della rivoluzione francese, la
quale prevedeva la superiorità della legge come espressione della volontà generale dello stato,
all'ideale americano di una costituzione sovrana anche alla legge. L'idea di una costituzione al di
sopra del potere politico, in grado di prevalere sull'atto dell'organo rappresentativo della sovranità
popolare nasce quindi in America con il celebre caso giurisprudenziale "Madison contro Melbury".
La corte suprema degli stati uniti sancisce per la prima volta che una legge in contrasto con la
costituzione doveva essere annullata.
Nel nostro ordinamento
Insieme alle regioni è una delle due novità introdotte nella costituzione del 48 ma divenne operativa
solo nel 56, per 8 anni è esistito quindi un istituto previsto ma non operativo. Viene collocata nel
titolo VI della seconda parte della costituzione, intitolato Garanzie costituzionali, quest'ultimo si
divide in due sezioni:
La prima sezione prevede la disciplina della corte costituzionale;
La seconda riguarda la revisione della costituzione e le leggi costituzionali.
Come già visto la nostra costituzione si contrappone allo statuto Albertino per la sua rigidità,
precedentemente si aveva un ordinamento flessibile il quale poteva essere modificato con
qualunque legge ordinaria. Ad oggi la rigidità della nostra costituzione è legata alla sua sovranità, le
leggi costituzionali, nonostante siano delle fonti superiori che tendono a perdurare più a lungo nel
tempo, hanno bisogno anch'esse di adeguarsi ai mutamenti sociali. Perciò si è previsto un processo
specifico di revisione, in quanto esse hanno forza giuridica maggiore rispetto lo norme ordinarie.
Non basta definire in astratto il principio fondamentale di superiorità della costituzione rispetto la
legge ma vi è un'esigenza di controllo e concretezza. Interviene così la corte costituzionale con il
compito di garantire l'effettiva sovranità e rigidità della costituzione. Fa sostanzialmente da giudice
di legge, con il compito di valutare e sindacare la conformità della legge e degli atti aventi forza di
legge alla costituzione; se questi non sono conformi a costituzione la corte ha l'eventuale potere di
censurare le norme contrastanti, poiché incostituzionali.
Il sistema italiano è noto come sistema di sindacato accentrato di costituzionalità, in quanto prevede
che la valutazione di costituzionalità sia affidata ad un giudice ad hoc, si ha perciò un controllo
esclusivo
Garanzie di esercizio della funzione
Come evidenziato la corte svolge una funzione molto delicata che per essere correttamente
esercitata non deve subire nessun tipo d'influenza esterna. Vi è perciò un’esigenza di una serie di
garanzie affinché i suoi componenti, possano esercitare l'esercizio delle proprie funzioni in maniera
autonoma ed indipendente dagli altri poteri.
Interviene la costituzione con una serie di accorgimenti:
Stabilisce la sua composizione – Organo collegiale, simbolo di garanzia di un corretto esercizio
della funzione giurisdizionale, composto in totale da 15 membri.
La composizione avviene tramite un criterio bilanciato, nell'organo c'è la rappresentanza dei 3
poteri dello stato i quali si rispecchiano quindi nella sua volontà, nessuno prevale sull'altro nelle
decisioni e si equivalgono anche numericamente:
1/5 nominati, attraverso accordi tra i gruppi parlamentar, dal parlamento in seduta comune;
1/5 nominati in piena autonomia dal presidente della repubblica;
1/5 nominati dalle supreme magistrature (3 dalla corte di cassazione,1 dalla corte dei conti,1 dal
consiglio di stato)
Requisiti di Garanzia d'esercizio – Per diventare giudice della corte costituzionale servono dei
particolari requisiti di competenza tecnica, si devono individuare persone altamente competenti.
(Avvocato con almeno 20 anni di servizio; ex magistrato; professore in materie giuridiche)
Maggioranze particolari – Per essere eletti giudici costituzionali dal parlamento si deve avere un
largo consenso:2/3 (60%) dei membri nei primi 3 scrutini;2/3 dei membri dal quarto scrutinio in
avanti.
Durata del mandato – E' la carica pubblica più lunga che ci sia, restano in carica per 9 anni. Sono
in carica anche dopo la scadenza naturale degli organi che li hanno eletti, ciò simbolo che la corte
nell'esercizio della propria funzione non deve essere riconoscente a chi la ha nominata; non è
soggetta a condizionamenti.
I giudici della corte costituzionale non possono essere riconfermati e il ricambio di essi si può
definire un"ricambio soft".
Modalità di rinnovazione della corte – Non si rinnova in modo unitario ogni 9 anni ma prevede
delle sfasature nel tempo. Così come le nomine vengono fatte in momenti diversi ,anche il ricambio
dei giudici sarà soggetto a tempi diversi tra loro; si ha perciò un ricambio continuo a seconda delle
scadenze dei mandati. Tale procedura permette una garanzia di continuità della giurisdizione in
quanto si limitano i mutamenti giurisprudenziali sostituendo poco alla volta, facendo così in modo
che i nuovi entranti continuino ad interpretare in modo già stabilito dagli ex giudici.
La modalità d'interpretazione della costituzione quindi non viene stravolta da una frattura interna
ma rimane sostanzialmente la stessa.

LE MODALITÀ DI ACCESSO ALLA CORTE


Giudizio in via incidentale: Modo principale di accedere alla corte, avviene tramite la "Questione
di legittimità costituzionale". Questa può venire sollevata nel corso di un processo da una delle due
parti in causa o dal giudice d'ufficio, davanti ad un giudice qualunque che pronuncia una sentenza.
A tal punto si verifica l'esistenza di due presupposti, se essi sono fondati la corte costituzionale si
occuperà personalmente della questione. Requisito della rilevanza della questione di legittimità
costituzionale. Non manifesta infondatezza (La questione a prima vista deve essere autorevole)
Perciò se la questione non viene sollevata solo per dilatare i tempi di giudizio e il giudice ha un
vero e proprio dubbio che la questione possa essere fondata, esso emette un ordinanza con la quale
sospende il processo in corso e rimette la questione alla corte costituzionale.
L'impulso alla corte nel giudizio in via incidentale avviene quindi in maniera indiretta , attraverso i
giudici: Il Giudice del processo dal quale proviene la questione è detto giudice a quo, esso presenta
un processo dove è sorto un dubbio di legittimità costituzionale, noto come processo a quo;
quest'ultimo non viene del tutto interrotto ma sospeso in attesa della pronuncia della corte.
Accesso diretto alla corte costituzionale
I soggetti che beneficiano di un giudizio in via principale sono espressi nell'art.127 della
costituzione, quest'ultimo stabilisce che: “sia lo stato che le regioni tramite un particolare ricorso
hanno accesso in modo diretto alla corte costituzionale.” Tale articolo prevede un ulteriore parità tra
stato e regione nella potestà legislativa, viene perciò interpretato congiuntamente con l'art.117 che
prevede la parità delle armi nell'esercizio della funzione legislativa. Vengono prestabilite due
ipotesi analoghe di conflitto di competenza tra stato e regione:
127,1°Comma: La regione promuove una legge che non rispetta i principi fondamentali dello stato,
quest'ultimo la impugna davanti la corte. Quando una legge regionale eccede la competenza della
regione, il governo, entro 60 giorni dalla pubblicazione della legge, può promuovere la questione di
legittimità costituzionale dinnanzi la corte, tramite un ricorso;
127, 2°Comma: Lo stato promuove una legge che invade la sfera di competenza della regione,
dettando la disciplina di dettaglio di competenza regionale; la regione impugna tale atto in modo
diretto davanti alla corte costituzionale. Quando un atto avente forza di legge dello stato o di un
altra regione influisce sulla sfera di competenza regionale, la regione danneggiata, entro 60 giorni
può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinnanzi la corte, tramite un ricorso.
Le altre funzioni della corte sono elencate nell'art.134 della costituzione: – Risoluzione in sede di
giudizio in via principale, delle controversie relative alla legittimità costituzionale degli atti aventi
valore di legge,di stato e regione. Giudica sui conflitti che non riguardano atti legislativi, di
attribuzione tra i poteri dello stato.( Es: il potere di concedere la grazia a chi spetta? strettamente
presidenziale o è di comune accordo con il Ministro della giustizia.). Svolge la funzione di giudice
penale nei confronti del presidente della repubblica se messo in stato d'accusa dal parlamento in
seduta comune. Per giudicare il p.d.r. si collauda una composizione speciale della corte, così da
avere un organo rappresentativo della sovranità popolare.
Si dispone di un organo collegiale di 31 giudici formato da 16 giudici popolari che si aggregano ai
15 giudici ordinari della corte.La quarta funzione non è prevista in costituzione, riguarda
l'ammissibilità del referendum abrogativo. La richiesta di quest'ultimo è soggetta a doppio
controllo, prima corte di cassazione poi corte costituzionale che verifica che la richiesta sia
costituzionalmente legittima, non deve riguardare le categorie escluse dall'art.75.

PRONUNCE DELLA CORTE


L'Art.137,prevede che: "Contro le decisioni della corte costituzionale non è ammessa alcuna
impugnazione”. Ciò che la corte decide è insindacabile, non può essere oggetto di ulteriori
discussioni o pronunce in quanto essa è un organo di chiusura del sistema.
Ordinanza: decisione con cui la corte dichiara una questione inammissibile, avviene quando non ha
le condizioni per pronunciarsi nel merito in quanto non sussistono i presupposti necessari alla
corretta instaurazione del giudizio ("Io corte non posso entrare nel merito, non posso esprimere il
giudizio, poiché tu giudice mi hai posto male tale questione")
Sentenza: Avviene se il giudizio è stato correttamente instaurato, la corte entra nel merito della
questione adottando una decisione, si può distinguere in:
-Sentenza di rigetto: la corte rigetta la questione di legittimità costituzionale dichiarandola non
fondata, afferma quindi che la norma è posta in falso dubbio, Il giudice potrà così applicarla senza
vincoli. Essa ha un efficacia interpartes, ossia è valida esclusivamente per un determinato caso in
quanto la questione di legittimità costituzionale viene formata dal contrasto tra la norma "x" e il
parametro costituzionale "y". La sentenza della corte non ha quindi una valenza assoluta su tutta la
costituzione, ma riguarda norma e parametro sollevati a contrasto. Se la sentenza della corte
prevede che la questione non è fondata, non significa che quella norma non è incostituzionale in
assoluto ma significa che quella norma non viola l'art."y". Se un altro giudice solleva un ulteriore
questione per il contrasto tra la stessa norma e un altro articolo "t", la questione potrebbe anche
risultare fondata.
-Sentenza di accoglimento: La corte costituzionale accoglie la questione che gli è stata sottoposta
dal giudice acquo e dichiara la norma costituzionalmente illegittima. L'Art.136 prevede che la
dichiarazione di illegittimità costituzionale della corte rispetto un atto avente forza di legge equivale
ad una decisione di annullamento con efficacia ExTunc (valido dal giorno successivo alla
pubblicazione della sentenza in gazzetta ufficiale.)
Il provvedimento ha efficacia retroattiva poiché riguarda anche i rapporti pendenti (passati ma non
conclusi)

ART. 3 DELLA COSTITUZIONE IL PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA


Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di
sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di
fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del
Paese. L’art. 3 stabilisce due principi fondamentali:
1)“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di
sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”
(principio di eguaglianza formale);
2)“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando
di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del
Paese” (principio di eguaglianza sostanziale). Dall’art. 3.comma 1 è possibile ricavare differenti
significati del principio di eguaglianza: eguaglianza davanti alla legge (riguarda l’efficacia della
legge), in quanto la legge si applica a tutti; ciò implica l’imparzialità della p.a. e il principio di
terzietà del giudice eguaglianza come divieto di discriminazione (riguarda il contenuto della legge)
in base a: sesso (e all’orientamento sessuale) razza (origine etnica) lingua, religione, opinioni
politiche, condizioni personali e sociali e uguaglianza come divieto di parificazioni e di
differenziazioni irragionevoli (uguaglianza come doverosa ragionevolezza delle leggi), vietando
così leggi ingiustificatamente discriminatorie e leggi ingiustificatamente parificatorie. Il
fondamento del secondo comma dell’art.3 sta nella consapevolezza che la sola eguaglianza formale
non basta. Infatti, la realtà dei rapporti materiali presenta situazioni di profonda diversità: perciò la
Costituzione richiede che siano poste in essere attività volte a promuovere l’eguaglianza.
Una sorta di “deroga” al principio di uguaglianza è disposta all’art. 37 Art.
La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al
lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione
familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato. La Repubblica tutela il lavoro dei
minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.

ART.7 e 8 DELLA COSTITUZIONE vengono disciplinati i "Rapporti tra l'ordinamento


Italiano e gli altri ordinamenti"
I cittadini di uno stato sono accomunati non solo dalla nazione in cui vivono ma anche dalla fede
religiosa, difatti il primo ordinamento in rilievo oltre all'italiano è l'ordinamento cattolico; entrambi
hanno delle proprie regole da rispettare ai fini della pacifica convivenza. In risalto viene quindi il
rapporto tra l'ordinamento ecclesiastico e l'ordinamento dello stato italiano, il quale viene
disciplinato dall'art.7 della costituzione; mentre i rapporti con le altre confessioni religiose vengono
stabilite nell'art.8. Il sorgere dei problemi tra Stato e Chiesa è legato a delle questioni che sono di
comune interesse note come Res Miste, ossia aree di possibile oggetto di norme sia per lo stato che
per la chiesa (famiglia, profili come morte e aborto...). Nella disciplina di queste questioni quale dei
due ordinamenti deve prevalere!?
Si possono individuare in diversi momenti storici, cinque modelli di regolazione tra stato e chiesa.
Modello confessionalista: Stato è subordinato all'ordinamento religioso che ha il primato. Tale
modello individua il fondamento ulteriore del diritto nella religione, la quale diviene
automaticamente legge dello stato. (Stati teocratici: Nella nostra storia lo abbiamo avuto con lo
statuto Albertino: Art.1 "Religione cattolica è la religione dello Stato")
Modello giurisdizionalista: lo Stato è dominante e la religione si sottomette ad esso. Spetta allo
stato il compito di definire gli obiettivi e i valori da perseguire. (1870,Breccia di Porta Pia -
ingresso dello stato italiano a Roma, fine del potere della Chiesa con la Legge Guarentige :lo stato
benevolo concede e impone una serie di garanzie.
Modello del separatismo: Stato e chiesa come due rette parallele che non si incontrano mai. Si
hanno perciò ambiti separati, ognuno indipendente dall'altro con vita propria, ciò implica che il
potere religioso sia un fattore privato senza alcuna rilevanza pubblica. Camillo Benso conte di
Cavour, "libera Chiesa e libero Stato"
Modello concordatario: Stato e Chiesa posti su una condizione di parità, intesa tra i due
ordinamenti. C'è la consapevolezza che i due stati hanno delle materie di disciplina comune, si
arriva perciò a definire un accordo. – 1929-Con un trattato internazionale contenuto nei patti
lateranensi si pone fine alla questione Romana;ordinamento della chiesa viene riconosciuto come
ordine Statale e vi è l'istituzione dello Stato del Vaticano. Come detto il concordato tra Stato e
Chiesa viene fatto con un Trattato di diritto internazionale, cioè l'atto che si usa per regolare i
rapporti tra due stati autonomi e sovrani, ciò sta ad indicare come i due ordinamenti vengano posti
in una condizione di parità.
Modello collaboratorio: Stato e Chiesa hanno lo stesso obiettivo, perseguono insieme valori
comuni. I due ordini si accordano per la disciplinare in comune le cosiddette Res miste. Accordi di
villa Madama del 1984, evoluzione dei patti lateranensi - Dal concordato all'accordo,
collaborazione tra stato e chiesa nelle questioni di comune interesse. Ad oggi l'articolo 7 della
costituzione dichiara: "Lo Stato e la Chiesa cattolica sono ciascuno nel proprio ordine indipendenti
e sovrani" – La sovranità, viene riferita anche alla chiesa cattolica per richiamare il fatto che
anch'essa è riconosciuta come ordine statale; si ha quindi il presupposto per cui è possibile
accordarsi tramite un trattato internazionale. Nel secondo comma si richiama il principio pattizio
che regola i rapporti: "I loro rapporti sono regolati dai patti lateranensi”. Inoltre si esplicita che le
modificazioni dei patti richiedono procedimento di revisione costituzionale solamente nel caso in
cui una delle due parti non fosse d'accordo con la modifica. Per un modifica accordata dei patti non
c'è bisogno del procedimento di revisione aggravato previsto nel 138.
L'articolo 8 della costituzione invece, stabilisce i rapporti tra lo stato e le confessioni diverse dalla
cattolica e prevede che: "Tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge".
Si applica perciò il principio di uguaglianza nei confronti delle confessioni religiose, ognuna di esse
è libera di darsi delle regole di organizzazione interne attraverso propri statuti che non devono
contrastare l'ordinamento giuridico italiano. I rapporti con tali religioni comunque non vengono
stipulate con dei trattati, come con lo stato vaticano ma tramite uno strumento noto come Intesa in
cui si accordano delle questioni; lo stato le potrà in seguito recepire nell'ordinamento giuridico
come leggi atipiche (già accordate in sede di intesa). Se c'è ne è necessita per cause di forza
maggiore nelle Res miste con le altre confessioni religiose prevale lo stato. (Trasfusione del sangue,
testimoni di geova).

Art. 19. Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma,
individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché
non si tratti di riti contrari al buon costume. L’articolo 8 abbraccia tutte le confessioni religiose
disciplinandone la libertà davanti alla legge e i rapporti tra lo Stato e le altre chiese sono regolati da
intese. Questa norma va letta insieme con quanto previsto dall‘articolo 19 che riconosce a tutti il
diritto di professare liberamente la propria fede religiosa. A ciascuno viene riconosciuto il diritto di
pregare, meditare, riflettere, celebrare in qualsiasi modo e secondo qualsiasi rito, sia privatamente
che pubblicamente, sia da solo che in comunità.
Il limite posto dalla Costituzione all’art. 19 consiste nel non compiere atti offensivi verso altre
religioni, di non attentare per motivi religiosi ai principi sanciti dalla Costituzione e ai diritti umani
da essa riconosciuti, di non offendere il buon costume (il rispetto altrui, la decenza e la cortesia) e di
non compiere riti contrari alla legge giustificati dal culto (sacrifici umani, violenze ingiustificate,
violenze fisiche o psicologiche verso altri cittadini...) Viene dichiarato anche il diritto alla
propaganda, cioè la possibilità di diffondere le proprie idee religiose con lo scopo di conformare ad
esse il maggior numero possibile di persone.
Art. 2. Diritti inviolabili
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili
di solidarietà politica, economica e sociale. Ciascun individuo è titolare di una serie di diritti e
doveri, rispettivamente garantiti ed imposti dalla legge. Vi è, però, una categoria di diritti
caratterizzati dal fatto che sono innati e universali. Stiamo parlando dei diritti umani: innati, in
quanto non è richiesto il riconoscimento dalla legge, universali in quanto estesi a tutta l’umanità.
L’autorità statale non concede perciò questi diritti, ma prende atto della loro esistenza
riconoscendoli formalmente. I diritti inviolabili, dunque, appartengono all’uomo in quanto tale.
Il carattere dell’inviolabilità ha un importante significato: i diritti inviolabili non possono essere
“toccati” nemmeno dal legislatore costituzionale (la sentenza cost. del 1988 ha espresso a chiare
lettere questa peculiarità dei diritti fondamentali) e hanno le seguenti caratteristiche:
assolutezza, possono essere fatti valere nei confronti di tutti;
inalienabilità e indisponibilità, non possono essere trasferiti per volontà del titolare;
imprescrittibilità, il mancato esercizio di essi anche per tempo prolungato, non ne comporta
l’estinzione, ossia la perdita;
irrinunciabilità, il titolare non vi può rinunciare, neppure volendo.
I DIRITTI DELLA PERSONALITA’
Accanto ai diritti della personalità che trovano espresso riconoscimento in Costituzione, come il
diritto alla capacità giuridica, il diritto alla cittadinanza, il diritto al nome (art. 22), sono stati
individuati, sulla base di una concezione aperta dell’art. 2 i seguenti diritti:
Diritto alla vita e all’integrità fisica, pur non essendo specificamente previsto in Cost. è tutelato
dalle leggi civili che consentono la donazione di sangue, il trapianto di organi, vietando, però atti di
disposizione del proprio corpo che cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica del
soggetto e che siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume. Il diritto
alla vita si può implicitamente trarre anche dall’art. 27 contro la pena di morte;
Diritto all’onore, ovvero alla tutela dell’integrità morale della persona, del decoro, del prestigio ,
della reputazione;
Diritto all’identità personale, ovvero il diritto ad essere se stesso, inteso come rispetto
dell’immagine di partecipe alla vita associata, con le convinzioni ideologiche, religiose, morali;
Diritto alla libertà sessuale, inteso come diritto di disporre liberamente della propria sessualità; ad
esso è collegato il diritto al libero orientamento sessuale
Diritto alla riservatezza e diritto alla privacy, cioè alla segretezza e all’intimità della vita privata. La
Cost. non contiene un riconoscimento esplicito del diritto alla riservatezza, ma anche in questo caso
la sua tutela passa attraverso il riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo, e conseguentemente
al diritto all’inviolabilità del domicilio e delle comunicazioni. Nel 1996, a seguito di una direttiva
europea è stato introdotto la figura del Garante della privacy dei dati personali.

I DOVERI COSTITUZIONALI
La seconda parte dell’art. 2 collega alla garanzia dei diritti inviolabili l’adempimento dei doveri
inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, senza però sancire alcuna priorità dei diritti
sui doveri o viceversa.
Dovere dei genitori al mantenimento, istruzione e educazione nei confronti dei figli
Dovere “sacro” di difesa della Patria
Dovere di tutti di concorrere alle spese pubbliche (art. 53)
Dovere di fedeltà alla Repubblica, di osservare la Costituzione e le leggi e il dovere dei cittadini cui
sono affidate funzioni pubbliche di adempierle con disciplina e onore.
CONDIZIONE GIURIDICA DEL CITTADINO E DELLO STRANIERO Art. 10.
L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente
riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle
norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo
esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel
territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l'estradizione
dello straniero per reati politici. La Cost. stabilisce che nessun cittadino può essere privato della
cittadinanza per motivi politici (art. 22). Un cittadino italiano può essere estradato (consegnato ad
uno stato straniero dove abbia compiuto reato per essere sottoposto alla giustizia di tale paese), solo
nelle ipotesi espressamente previste dalle convenzioni internazionali in materia (art. 26) . Si
definisce straniero colui che non è cittadino italiano e non è apolide; extracomunitario è colui che
non è cittadino italiano e non appartiene all’Ue. La disciplina sull’immigrazione e sulla condizione
giuridica dello straniero riconosce:
-allo straniero, presente nel territorio, indipendentemente da un suo arrivo o presenta irregolare, i
diritti fondamentali della persona umana;
-agli stranieri regolarmente soggiornanti (possessori di permesso di soggiorno per tempo
indeterminato o di carta di soggiorno per permanenza limitata) i diritti civili riconosciuti ai cittadini
italiani, nonché il diritto di partecipare alla vita politica locale;
-a tutti i lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti parità di trattamento e piena uguaglianza di
diritti rispetto ai cittadini italiani;
-allo straniero parità di trattamento con il cittadino relativamente alla tutela giurisdizionale dei
diritti e degli interessi legittimi, nei rapporti con la p.a. e nell’accesso ai pubblici servizi - allo
straniero che lascia il proprio paese perché non può esercitare in modo effettivo le libertà
democratiche garantite dalla Cost. italiana, l’art. 10 riconosce il diritto di asilo territoriale; lo stesso
articolo permette anche l’estradizione dello straniero per i reati comuni commessi, tranne che nel
caso di reati politici, a meno che non si tratti di genocidio.
L’espulsione dello straniero è prevista come misura amministrativa nel caso in cui si violino le
norme sull’ingresso ed il soggiorno, a titolo di misura di sicurezza e a titolo di sanzione sostitutiva o
alternativa alla detenzione, su ordine del giudice, per motivi di ordine pubblico o sicurezza dello
Stato.
TUTELA DEI DIRITTI E I VINCOLI EUROPEI
Documento fondamentale per la tutela dei diritti umani è la Cedu, (Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali). La corte europea dei diritti
dell’uomo può essere adita con ricorsi individuali, attivabili da persone fisiche, organizzazioni non
governative o gruppi di privati contro uno stato membro. La tutela dei diritti umani è anche oggetto
della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue.

LA LIBERTA’ PERSONALE Art. 13. La libertà personale è inviolabile.


Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi
altra restrizione alla libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli
casi e modi previsti dalla legge. In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente
dalla legge, l'autorità di pubblica sicurezza può adattare provvedimenti provvisori, che devono
essere comunicati entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle
successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. È punita ogni
violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. La legge
stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva. La prima libertà garantita al singolo è la
libertà personale, che l’art. 13 dichiara inviolabile, senza chiarirne il contenuto. Dilatando il suo
contenuto fino a farla coincidere con la libertà della persona, si opera una inutile duplicazione
dell’art. 2 Cost. Essa va quindi letta con riferimento alle misure che sono vietate nel secondo
comma dell’art. 13 , vale a dire la detenzione, l’ispezione e la perquisizione personale. Resta però
da interpretare l’espressione “né qualsiasi altra restrizione della libertà personale”. La libertà
personale non ammette atti di coercizione fisica, siano essi posti in essere dalla polizia o dal privato.
Sono estranei dunque alla sua sfera il ritiro o la sospensione della patente e la visita fiscale sul
lavoratore assente per malattia. Vi è poi una seconda dimensione che si fonda sul criterio della
degradazione giuridica: possono ritenersi lesive della libertà personale misure che, pur non
consistenti informe di coercizione fisica, incidono negativamente sulla personalità morale e sulla
dignità della persona umana. La libertà personale non include la libertà morale, ossia la libertà
dell’individuo di determinare autonomamente i proprio comportamenti. La Costituzione ammette
restrizioni della libertà personale, ma nei soli casi e modi previsti dalla legge. Il richiamo ai modi,
fa ritenere che si tratti di una riserva di legge assoluta. Alla riserva di legge si aggiunge la seconda
garanzia della libertà personale, la riserva giurisdizionale: nessuna restrizione è consentita se non
per atto motivato dall’autorità giudiziaria. È tuttavia ammessa in casi eccezionali di necessità e
urgenza, indicati tassativamente dalla legge, una competenza dell’autorità di pubblica sicurezza: si
tratta delle ipotesi dell’arresto il flagranza di reato e del fermo di indiziati di reato, che devono
essere comunicati entro 48 ore all’autorità giudiziaria e convalidati dalla medesima nelle successive
48 ore, pena la revoca e la perdita dell’efficacia.

LA LIBERTA’ DI CIRCOLAZIONE E SOGGIORNO. LA LIBERTA’ DI ESPATRIO Art.


16.
Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale,
salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza.
Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche.
Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di
legge. L’articolo 16 sancisce il riconoscimento di un'ulteriore principio di libertà per i cittadini: nel
rispetto della legge e dell'ordine pubblico essi possono muoversi, entro i confini dello Stato, senza
ostacoli di alcun tipo. Gli unici limiti per i cittadini sono previsti da specifiche leggi e riguardano
ragioni di pubblica sicurezza o di sanità nazionale (per esempio il rischio di diffusione di
un'epidemia grave). La norma, oltre a garantire la libertà di circolazione sul territorio nazionale,
garantisce anche il libero movimento in uscita e in entrata da esso con il solo vincolo del possesso
di un valido documento attestante l'identità. Il libero movimento è frutto di un accordo, il trattato di
Schengen, che coinvolge sia alcuni Stati membri dell’Unione Europea sia stati terzi: esso ha abolito
i controlli sistematici delle persone alle frontiere interne dell’Area Schengen, rimuovendo la
necessità del passaporto.

LA LIBERTA’ DI DOMICILIO Art. 14.


Il domicilio è inviolabile. Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non
nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà
personale. Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini
economici e fiscali sono regolati da leggi speciali.
LA LIBERTA’ E LA SEGRETEZZA DELLA CORRISPONDENZA E DI OGNI ALTRA
FORMA DI COMUNICAZIONE Art. 15 Cost. La libertà e la segretezza della corrispondenza e
di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire solo per atto
motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge. Una delle libertà attinenti alla
sfera personale e privata dell’individuo riguarda la segretezza della corrispondenza e di ogni altra
forma di comunicazione, considerate inviolabili dall’articolo 15 della Costituzione. Ciò comporta
che ciascuno di noi è libero di comunicare in qualsiasi forma con chiunque e ha il diritto che
nessuno, soggetto pubblico o privato, possa violare la segretezza di tali comunicazioni. La
Costituzione prevede, però, alcuni casi in cui tale diritto possa essere limitato. Tali restrizioni
possono provenire solo dall’autorità giudiziaria e solo con le garanzie stabilite dalla legge → riserva
di legge e riserva di giurisdizione. In particolare, l’autorità di pubblica sicurezza, previo mandato
dell’autorità giudiziaria, può disporre una serie di misure volte a “violare” la segretezza della
corrispondenza e delle comunicazioni di determinati soggetti. E’ consentita l’intercettazione di
conversazioni o comunicazioni telefoniche ed altre forme di comunicazione solo nei procedimenti
relativi a determinati reati. La libertà personale, la libertà di domicilio e il diritto alla segretezza
delle comunicazioni fanno parte del più ampio diritto alla riservatezza o diritto alla privacy che non
viene espressamente riconosciuto dalla nostra Costituzione ma che trova sempre maggiori
riconoscimenti sia al livello giurisprudenziale che legislativo. Il diritto alla riservatezza è il diritto a
tenere riservati alcuni fatti della propria sfera personale, che non si ha la volontà di divulgare agli
estranei. Tale diritto è balzato alla ribalta in conseguenza del progresso informatico, che permette di
raccogliere, anche all’insaputa dell’individuo, informazioni personali molto dettagliate. L’attuale
normativa in materia di tutela della privacy è contenuta nel Codice in materia di protezione dei dati
personali e ha sostituito la vecchia Legge sulla privacy del 1996 introdotta per dare attuazione ad
una direttiva europea del 1995. Finalità della normativa è quella di garantire che il trattamento dei
dati personali avvenga nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali, nonché della dignità
dell’individuo. I dati personali devono essere trattati in modo lecito e raccolti solo per finalità
determinate e autorizzate dalla legge. Il trattamento dei dati può essere effettuato solo previa
espressa autorizzazione del soggetto interessato. E’ perciò tassativamente vietato ogni trattamento
di dati personali che rivelano l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni
religiose, la vita sessuale o la salute se l’interessato non abbia espresso il proprio inequivocabile
consenso. A vigilare sull’esatta osservanza delle norme in materia di privacy è preposta l’Autorità
Garante per la protezione di dati personali (il cosiddetto Garante della privacy), un’autorità
indipendente che ha il compito di assicurare il rispetto delle norme in materia di privacy e della
dignità dei cittadini nel trattamento dei dati personali.
LA LIBERTA’ DI MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO E IL DIRITTO
ALL’INFORMAZIONE Art. 21.
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro
mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti,
per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che
la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta
urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della
stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria,
che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria.
Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo
di ogni effetto. La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di
finanziamento della stampa periodica. Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte
le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a
prevenire e a reprimere le violazioni.

LA LIBERTA’ DELLA RICERCA SCIENTIFICA Art. 9.


La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Art. 33. L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.

LA LIBERTA’ DELLA E NELLA SCUOLA. DIRITTO ALL’ISTRUZIONE E DIRITTO


ALLO STUDIO Art. 33.
La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e
gradi. Enti pubblici e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri
per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la
parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a
quello degli alunni di scuole statali. È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e
gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale. Le
istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei
limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

LA LIBERTA’ DI RIUNIONE Art. 17.


I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto
al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso
alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità
pubblica. La libertà di riunione è garantita ai soli cittadini. Prima di tutto occorre definire cosa si
intenda per riunione: essa costituisce il radunarsi volontario in luogo e tempo premeditati di una
pluralità di persone che perseguono uno scopo comune prestabilito. Non sono quindi tutelati gli
assembramenti, cioè confluenze casuali, in luogo pubblico, di persone che non perseguono uno
scopo prestabilito. Lo sono invece i cortei e le processioni, da considerarsi quali riunioni in
movimento. Il primo comma dell’art.17 indica un limite di ordine generale all’esercizio della libertà
di riunione: esso non può svolgersi in modo non pacifico contro persone o cose, né vi posso
partecipare persone armate. Nei due commi successivi la Costituzione adotta la tradizionale
distinzione tra riunioni che si svolgono in luogo privato, riunioni in luogo aperto al pubblico e
riunioni in luogo pubblico. Per luogo aperto al pubblico deve intendersi un qualsiasi luogo,
materialmente separato dall’esterno, l’accesso al quale, pur consentito a una pluralità di soggetti, sia
regolabile (es. stadio, teatro, cinema). I primi due tipi di riunione sono equiparati per quanto
concerne la disciplina: per entrambi non è richiesto preavviso all’autorità di pubblica sicurezza. Ne
caso, invece, di una riunione in luogo pubblico è necessario, almeno 3 giorni prima del suo
svolgimento, comunicarne la data al questore. Questi potrà vietarla solo per comprovati motivi di
sicurezza e di incolumità pubblica.

LA LIBERTA’ DI ASSOCIAZIONE Art. 18.


I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati
ai singoli dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche
indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare. Per associazione si
intende un’organizzazione di individui, legati dal perseguimento di un fine comune e, soprattutto,
da un vincolo che presenta natura giuridica. Proprio l’esistenza, tra gli associati, di tale vincolo
giuridicamente rilevante è l’elemento più caratteristico dell’associazione rispetto alla riunione,
nonostante la distinzione fra l’una e l’altra si fondi tradizionalmente sulla tendenziale stabilità della
prima e la temporaneità della seconda. In base all’art. 18 è riconosciuta ai cittadini:
La libertà di associazione, ossia la possibilità per i cittadini di costruire associazioni senza la
necessità di permessi o autorizzazioni. La libertà delle associazioni, ossia la possibilità di formare
un numero indefinito di associazioni, anche perseguenti lo stesso scopo;
La libertà negativa di associazione, per cui nessuno può essere costretto ad aderire ad una
associazione . L’art. 18.2 vieta le associazioni segrete e le associazioni che perseguono, anche
indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.

LA FAMIGLIA Art. 29.


La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il
matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla
legge a garanzia dell'unità familiare.
Art. 30. È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire e educare i figli, anche se nati fuori del
matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i
diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della
paternità. La Costituzione mostra una preferenza per la famiglia legittima, fondata cioè sul
matrimonio e non sulla convivenza. Prende però in considerazione anche la famiglia di fatto, nel
caso del diritto dovere di mantenere, istruire e educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio o
quando assicura ai figli illegittimi ogni tutela giuridica e sociale. Ulteriore principio in materia di
famiglia è quello dell’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi che ha trovato attuazione con la
riforma del diritto di famiglia (1975), la quale ha promosso l’uguaglianza tra i coniugi (comunione
dei beni, potestà di entrambi i genitori sui figli).

LE MINORANZE LINGUISTICHE Art. 6.


La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.

LA PROPRIETA’ PRIVATA E L’INIZIATIVA ECONOMICA Art. 42.


La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La
proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di
godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti e
può espropriata per motivi d'interesse generale. La legge stabilisce le norme ed i limiti della
successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.
Art. 41.L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o
in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i
programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere
indirizzata e coordinata a fini sociali.

LE ORGANIZZAZIONI SINDACALI E IL DIRITTO DI SCIOPERO Art. 39.


L'organizzazione sindacale è libera. Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro
registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. È condizione per la
registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica. I
sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione
dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli
appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.

Art. 40. Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano. Con il diritto di
sciopero si intende l’astensione programmata di uno o più lavoratori dall’attività lavorativa. Diversa
è la serrata, cioè la chiusura totale o parziale dell’impresa da parte del datore di lavoro, che dovrà
risarcire i dipendenti per la mancata prestazione di lavoro. Del diritto di sciopero possono avvalersi
certamente i lavoratori subordinati (pubblici e privati) e, con soluzioni che sono state contestate,
anche quelli autonomi, ma non gli imprenditori. Il limite allo sciopero è imposto al fine di garantire
i servizi pubblici essenziali.

I DIRITTO SOCIALI
IL DIRITTO AL LAVORO Art. 4.
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano
effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la
propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della
società. Già dall’art. 1 “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” si evidenzia Il
ruolo primario dei lavoratori nella società (in quanto il lavoro realizza beni economici, benessere
psicologico e materiale del popolo, continuità dello Stato stesso ed è il mezzo per affermare la
dignità dei cittadini). L'art. 4 afferma che ogni persona deve avere la possibilità di lavorare e,
insieme, deve svolgere il suo lavoro in modo tale da contribuire al progresso della società, in quanto
parte integrante di essa. Tutti i cittadini hanno diritto al lavoro: talvolta, di fronte al crescere della
disoccupazione si sente commentare amaramente questo articolo. L’affermazione in esso contenuta
va intesa come compito dello Stato di impegnarsi ad intervenire nel sistema economico per creare
possibilità di lavoro per i cittadini; interventi di questo tipo sono perciò un obbligo per il nostro
Stato, che si caratterizza dunque come Stato sociale. Accanto all’accezione del diritto al lavoro
quale obiettivo che la Repubblica deve perseguire attraverso interventi da operare sul mercato del
lavoro, vi sono poi altri significati di natura precettiva:
-libertà del cittadino di scegliere l’attività lavorativa o professionale da esercitare;
-diritto del lavoratore a non essere licenziato in modo arbitrario.
Vi sono altri diritti sociali legati al diritto al lavoro:
-Giusta retribuzione, art. 36 Cost. riconoscendo al lavoratore il diritto ad una retribuzione non solo
proporzionata alla quantità e qualità del lavoro, ma anche tale da permettere a lui e alla sua famiglia
un'esistenza libera e dignitosa. Si affida poi alla legge ordinaria il compito di fissare un elemento
importante del rapporto di lavoro (rapporto fra privati), vale a dire la durata massima della giornata
lavorativa; riposo settimanale e ferie sono dichiarati diritti irrinunciabili.
- Riposo settimanale e ferie

IL DIRITTO ALLA SALUTE Art. 32.


La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività,
e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento
sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti
dal rispetto della persona umana. L’articolo prevede un implicito diritto a ricevere i trattamenti
sanitari. Più complesso è il caso in cui i trattamenti riguardino la tutela della salute della stessa
persona affetta da malattie psichiche. Caso particolare è quello dell’ “accanimento terapeutico”. In
Italia una sentenza della Corte di cassazione (2007) ha autorizzato la sospensione del trattamento
sanitario in presenza di due circostanze concorrenti:
-che la condizione di stato vegetativo del aziende sia irreversibile
-che sia univocamente accertato, sulla base di elementi tratti dal vissuto del paziente, della sua
personalità e dei convincimenti etici, religiosi, culturali che questi, se cosciente, non avrebbe
prestato il suo consenso alla continuazione del trattamento.

IL DIRITTO ALL’ASSISTENZA E ALLA PREVIDENZA Art. 38.


Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al
mantenimento e all'assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati
mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia,
disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento
professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o
integrati dallo Stato. L'assistenza privata è libera. Il sistema di sicurezza sociale è previsto nell’art.
38 della Cost, che delinea un sistema di interventi pubblici che tende ad assicurare a tutti i cittadini i
mezzi necessari per le esigenze della vita quotidiana (“un’esistenza libera e dignitosa” art. 36 cost.),
anche quando non siano in grado di lavorare o possono farlo solo limitatamente. Attraverso questo
sistema vengono inoltre erogate provvidenze economiche (pensioni o indennità) e prestazioni
sanitarie per proteggere il lavoratore nel momento del bisogno. I contenuti dell’art. 38 sono
espressione dei principi fondamentali dell’ordinamento repubblicano: del lavoro quale fondamento
della Repubblica, dell’uguaglianza sostanziale, del diritto e della tutela del lavoro.
Assistenza: Prestazione di servizi ed erogazione di somme di denaro (finanziate attraverso il
pagamento delle imposte a carico di tutti i contribuenti) per aiutare soggetti bisognosi, senza alcun
onere per gli assistiti [pensioni minime, assegni familiari…]; infatti per ragioni di solidarietà e di
politica sociale, l’assistenza è a totale carico della finanza statale.
Previdenza: Accantonamento di denaro (contributo) da parte del lavoratore, in misura minore, e del
datore di lavoro, in misura maggiore dato allo Stato o agli altri enti pubblici, a tutela degli stati di
bisogno futuri e prevedibili dei cittadini lavoratori (infortuni, invalidità, vecchiaia, morte). Essa ha
carattere assicurativo.

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