PRIVATO
DIRITTO CIVILE
EDIZIONI SIMONE
RIASSUNTI
INTRODUZIONE
Lo Stato è una forma di associazione di individui che, su un dato territorio si dà una serie di regole comuni per
organizzare la vita della collettività stessa. Queste regole costituiscono il diritto.
Il diritto può essere:
-oggettivo: insieme di regole che disciplinano in astratto la condotta dei consociati
-soggettivo: potere di agire riconosciuto ad un soggetto per la soddisfazione dei suoi specifici interessi.
Il comando giuridico ha le seguenti caratteristiche:
-alterità: il diritto regola rapporti sociali che perciò diventano giuridici. -statualità: lo Stato crea norme
obbligatorie e garantisce l'osservanza dell'ordinamento -obbligatorietà: l'applicazione e l'osservanza delle norme
devono essere assicurate anche mediante ricorso alla forza.
Diritto pubblico: concerne l'organizzazione dei rapporti tra Stato e cittadino, Stato ed enti pubblici, organizzazione
dello stato. Diritto privato: è il complesso di norme che regola i rapporti giuridici tra i membri della collettività
fissando dei limiti e dei presupposti agli interessi dei singoli.
Fonti delle norme giuridiche: tutti quegli atti o fatti dai quali traggono origine le norme giuridiche. Fonti di
produzione: costituite da quegli atti o fatti cui l'ordinamento riconosce l'idoneità a porre in essere norme
giuridiche; fonti di cognizione: quegli strumenti attraverso i quali le norme vengono concretamente identificate e
rese conoscibili. Fonti atto: manifestazioni di volontà normativa espresse da organi dello Stato-soggetto legittimati
dalla Costituzione; fonti fatto: comportamento oggettivo al quale il nostro ordinamento riconosce, in determinate
condizioni, l'idoneità a porre in essere norme.
Gerarchia: 1) fonti costituzionali [Costituzione, leggi costituzionali] 2) fonti comunitarie [atti dell'UE], alcune
fonti internazionali 3) fonti primarie [leggi ordinarie (leggi formali), decreti lg e lgs, regolamenti parlamentari
(leggi sostanziali), referendum abrogativo, leggi regionali] 4) fonti secondarie [regolamenti amministrativi] 5) fonti
terziarie [consuetudini, regolamenti e statuti di condominio, d'impresa, d'associazione]. I conflitti sono risolti
tramite criteri: gerarchico, di specialità e cronologico.
La legge è qualsiasi atto normativo posto in essere dagli organi competenti nei modi e nelle forme previste dalla
Costituzione.
Gli usi e le consuetudini per essere validi devo essere forniti dell'elemento oggettivo (il comportamento deve essere
tenuto dalla generalità dei soggetti in modo costante ed uniforme nel tempo) e soggettivo (deve sussistere la
convinzione della giuridica doverosità di quel comportamento). USO praeter legem (regola materie non
disciplinate dalla legge); secundum legem (è richiamato da una legge); contra legem (non valido); contrattuale
(applicato in un determinato luogo in un determinato tipo di affari); interpretativo (uso con il quale è intesa, in un
certo luogo, un'espressione ambigua presente in un contratto).
Fonti comunitarie: insieme delle norme dell'ordinamento comunitario che regolano i rapporti tra i privati, le
norme di attuazione delle direttive comunitarie e l'attività della Corte di Giustizia Europea. Regolamenti, Decisioni,
direttive.
L'efficacia di una norma giuridica è circoscritta sia da limiti di tempo che di spazio. Entra in vigore dopo
promulgazione, pubblicazione, vacatio legis. L'abrogazione della norma (cessa l'efficacia) si ha per: dichiarazione
espressa, tacita, referendum abrogativo, decisione di illegittimità costituzionale, cause intrinseche. La legge non è
retroattiva tranne leggi penali più favorevoli al reo, leggi di interpretazione autentica, ordine pubblico che tutela gli
interessi dello Stato. Annullamento: la legge è come se non fosse mai esistita.
L'interpretazione è un'attività di ricerca e di spiegazione del senso della norma stessa. Può essere letterale: ricerca
il significato proprio delle parole utilizzate secondo la loro connessione; logica: cerca il vero contenuto della
norma, l'intenzione del legislatore, ossia la ratio della legge secondo i criteri teleologico (viene posta in relazione
con le sue finalità), sistematico (con il sistema), storico (con le circostanze storiche); evolutiva: cambia al mutare
di altre leggi o della società; giudiziale: espressa da un giudice nello svolgimento delle sue funzioni, è vincolante
soltanto per le parti in causa; dottrinale: espressa dagli studiosi di materie giuridiche, non vincolante; autentica:
espressa dal legislatore stesso al fine di rendere chiaro l'esatto significato di una norma, vincolante erga omnes;
dichiarativa: i risultati dell'interpretazione letterale e di quella logica sono coincidenti; estensiva: l'ambito
d'applicazione della norma è più esteso di quanto si ricava dalla formulazione letterale; restrittiva: contrario.
Analogia: in caso un giudice, nell'esercizio delle sue funzione si trovi a dover decidere su un caso non previsto da
alcuna fattispecie astratta agisce secondo una norma che regola un caso simile o una materia analoga.
CAPITOLO 2
Rapporto giuridico: relazione tra due o più soggetti regolata dal diritto. Soggetto attivo: l'ordinamento gli
attribuisce determinati poteri; soggetto passivo: colui su cui grava il corrispondente obbligo o un soggezione.
La nascita del rapporto si ha quando questo si costituisce e il titolare acquista un diritto. A titolo originario (diritto
che sorge senza essere trasmesso da altri), a titolo derivativo (viene trasmesso da un dante causa ad un avente
causa). Il rapporto si modifica quando il contenuto subisce una limitazione o ci sono mutazioni nell'oggetto o nel
soggetto. Si estingue quando il diritto (o l'obbligo) viene definitivamente meno nei confronti di tutti.
Situazioni soggettive attive. Diritto Soggettivo: potere di agire di un soggetto per il soddisfacimento del proprio
interesse, protetto dall'ordinamento giuridico; Potestà: poteri attribuiti ad un soggetto per la realizzazione di
interessi che non fanno capo direttamente a lui; Aspettativa: Posizione nella quale si trova un soggetto nei
confronti del quale sta maturando un diritto soggettivo; Diritto potestativo: potere di modificare unilateralmente e
a proprio vantaggio la situazione giuridica di un altro soggetto; Interesse legittimo: pretesa alla legittimità
dell'azione amministrativa; Status: complesso di diritti e doveri relativi alla posizione di un soggetto in un gruppo
sociale; Interessi diffusi: situazioni giuridiche attive appartenenti alla generalità dei soggetti; interessi collettivi:
sit. giur. att. appartenenti ad una collettività determinata, tutelati da un ente esponenziale.
Situazioni soggettive passive. Obbligo giuridico: dovere di tenere un comportamento (dare, fare, non fare) di
contenuto specifico funzionalmente rivolto alla realizzazione di un interesse altrui. Dovere generico di astensione:
situazione di chi si deve limitare a rispettare una situazione di supremazia altrui. Onere: facoltà di sacrificare un
proprio interesse per ottenere o conservare un vantaggio giuridico. Soggezione: sottoposizione di un soggetto
all'esercizio di un altrui diritto potestativo.
Diritti assoluti: garantiscono al titolare che il diritto valga verso la generalità dei soggetti; relativi: valgono
solamente nei confronti di soggetti determinati; patrimoniali: tutelano gli interessi economici e sono quindi
valutabili in denaro; non patrimoniali: realizzano interessi di prevalente natura morale; trasmissibili: possono
essere trasferiti da un soggetto ad un altro; non trasmissibili: che non possono essere trasferiti ad altri; reali:
facoltà di un soggetto di agire sopra un bene per la realizzazione di un proprio interesse; d'obbligazione (credito):
alla pretesa di un soggetto fa capo un obbligo corrispondente ad un altro soggetto; accessori: hanno vita e si
trasmettono insieme ad altri diritti detti principali.
Atti emulativi: atti che hanno il solo scopo di nuocere ad altri. Abuso del diritto: uso anormale del diritto stesso
che travalica i confini del diritto soggettivo per qualificarsi come illecito.
PARTE 2 - CAPITOLO 1
Il soggetto di diritto è l'uomo in quanto capace di essere titolare di diritti e doveri giuridici. Ogni essere umano
perché persona fisica è anche soggetto di diritto, paritariamente agli altri. Sono Soggetti di Diritto: persone fisiche,
persone giuridiche, enti di fatto.
Lo Status indica la situazione della persona connessa con la sua appartenenza ad una comunità. È il presupposto di
una serie di situazioni soggettive. Status personae: è il presupposto di ogni diritto soggettivo attribuito all'uomo;
Status civitatis: è la speciale capacità del cittadino nei confronti dello Stato; Status familae: è la speciale capacità
di un soggetto in relazione al suo nucleo familiare. I diritti di stato sono diritti assoluti nei confronti dei terzi e
della pubblica autorità.
La capacità giuridica è l'attitudine di un soggetto ad essere titolare di rapporti giuridici, in modo che possa vivere
ed operare nel mondo del diritto. Essa si acquista al momento della nascita con la separazione del feto dal corpo
materno, purché sia vivo, anche solo per pochi istanti. Il concepito può ricevere per donazione ed ha capacità di
succedere a causa di morte. Il concepturus può succedere a causa di morte solo in caso di vocazione testamentaria,
può ricevere per donazione soltanto se figlio di una determinata persona vivente.
La capacità giuridica non può essere revocata, ma esistono incapacità speciali che precludono al soggetto la
titolarità di determinati rapporti giuridici. Cause: età, sesso, salute, condanne penali, onore. La capacità giuridica
cessa solo in seguito alla morte dell'individuo. Nessuno può esserne privato. Morte: assenza di qualsiasi attività
elettrica celebrale.
Si ha commorienza quando più persone perdono la vita a causa dello stesso evento e non sia possibile risalire la
priorità della morte dell'una o dell'altra. Pertanto i soggetti si ritengono morti nello stesso istante. È consentito agli
interessati provare la sopravvivenza di un commoriente rispetto ad un altro.
La scomparsa è una situazione di fatto che consiste nell'allontanamento di una persona dal suo ultimo domicilio o
residenza e nella mancanza di notizie relative. Lo scomparso non può ricevere eredità né acquistare altri diritti. Può
essere nominato dal tribunale un curatore che provveda a conservarne il patrimonio.
L'assenza è una situazione di diritto dichiarata con provvedimento giudiziale qualora la scomparsa si protragga per
due anni. Opera nei soli diritti patrimoniali: apertura del testamento, immissione nel possesso temporaneo dei beni.
Cessa per accertamento di morte, morte presunta, ritorno (in questo caso sono ripristinati tutti i diritti).
Morte presunta: dichiarazione del tribunale a seguito della scomparsa protratta per dieci anni. Il soggetto è
considerato morto dal giorno dell'ultima notizia. Gli effetti sono analoghi alla morte accertata. In caso di ritorno al
presunto morto vengono restituiti i beni nello stato in cui si trovano. L'eventuale nuovo matrimonio contratto dal
coniuge è nullo, ma i figli restano legittimi.
PARTE 2 – CAPITOLO 2
La capacità d'agire è l'idoneità di un soggetto ad acquistare ed esercitare da solo e con il proprio volere, situazioni
giuridiche attive e ad assumere situazioni giuridiche passive. Essa si acquista con il conseguimento dell'attitudine a
curare da sé i propri affare ed interessi: la maggiore età che si presuppone coincidere con il pieno conseguimento
della capacità di intendere e di volere. Quando l'idoneità viene meno o è limitata, la capacità di agire segue la
medesima sorte. In caso di determinate condizioni psicofisiche o condanne penali.
Quando il minore che abbia compiuto i 16 anni è autorizzato a contrarre il matrimonio, per gravi motivi, è
emancipato, ossia in status che comporta una limitata capacità di agire che fa cessare la potestà parentale e si limita
all'ordinaria amministrazione. Viene però sottoposto, per taluni atti, a curatela.
L'inabilitazione è la situazione giuridica conseguente a determinate condizioni psicofisiche del soggetto che lo
pongono in posizione di parziale incapacità per: infermità abituale di mente non grave, prodigalità, imperfezioni o
menomazioni fisiche che non siano state accompagnate da una corretta educazione. Minore emancipato ed
inabilitato, conservando una limitata capacità d'agire, godono di capacità legale limitata.
La minore età dà luogo a una figura di incapacità legale assoluta. Il minore è abilitato a compiere atti giuridici in
senso stretto, rispondere delle conseguenze dell'atto illecito, se abbia raggiunto una minima capacità d'intendere e di
volere. Non può compiere atti di natura negoziale né stare in giudizio.
L'interdizione giudiziale si ha quando colui che è affetto da abituale infermità di mente è dichiarato, con sentenza,
incapace di provvedere ai propri interessi. Ne deriva un'incapacità totale di porre in essere negozi patrimoniali e
familiari. Ne viene nominato un tutore.
L'interdizione legale è una pena accessoria per effetto di condanna d'ergastolo o di reclusione non inferiore a 5
anni per reati dolosi. È limitata agli atti patrimoniali.
Incapacità naturale: è quella di intendere e di volere dovuta a diverse cause, anche transitorie. Consiste
nell'effettiva e reale inettitudine psichica nella quale viene a trovarsi un soggetto normalmente capace, nel momento
in cui compie un determinato atto. Gli atti posti in essere sono annullabili. Atti unilaterali: l'annullabilità è ammessa
se dall'atto derivi grave pregiudizio a colui che ha contrattato in stato di incapacità naturale. Contratti: annullabili se
sussiste la malafede dell'altro contraente. Matrimonio, testamento e donazione sono sempre annullabili.
La potestà genitoriale è il potere-dovere spettante ai genitori di proteggere, istruire, educare i figli minorenni non
emancipati e di curarne gli interessi patrimoniali. Da entrambi i genitori di comune accordo. Ai minori i cui genitori
siano morti o non in grado di esercitare potestà sui figli, agli interdetti giudiziali o legali è nominato un tutore. La
tutela è un ufficio di diritto privato gratuito ed irrinunciabile. Può essere volontaria, legittima, dativa, assistenziale.
Il giudice tutelare nomina il tutore e il protutore, che rappresenta il minore in caso di suoi interessi contrastanti con
quelli del tutore. Il tutore compie gli atti di ordinaria amministrazione e quelli di straordinaria con l'autorizzazione
del giudice tutelare.
Il curatore integra la volontà dell'inabile o del minore emancipato. Non ha funzioni di rappresentanza ma di
assistenza. Cura soltanto interessi di natura patrimoniale.
L'amministrazione di sostegno offre a chi si trovi nell'impossibilità (parziale o temporanea) di provvedere ai
propri interessi,uno strumento che ne limiti nella minor misura possibile la capacità d'agire.
PARTE 2 – CAPITOLO 3
I diritti della personalità sono un complesso di situazioni giuridiche strettamente collegate al concetto di persona.
Sono diritti inviolabili, essenziali, personalissimi, non patrimoniali, assoluti, indisponibili, intrasmissibili,
imprescrittibili, irrinunziabili. Possono essere: originari, innati o derivati.
L'azione inibitoria con la quale si richiede al giudice la cessazione del fatto lesivo. L'azione di risarcimento sia in
forma specifica che per equivalente.
Il diritto alla vita e all'integrità fisica, protetto sia dal diritto penale che civile è irrinunziabile e indisponibile. Gli
atti di disposizione del proprio corpo sono vietati se cagionino una diminuzione permanente dell'integrità fisica o se
siano contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume. Si lega al diritto alla salute e quindi al diritto al
rispetto dell'integrità fisica, all'assistenza sanitaria, alla protezione dai prodotti nocivi, alla salubrità dell'ambiente.
Il diritto all'onore e all'integrità morale tutela il sentimento della propria dignità personale e la considerazione di
cui una persona gode. Tutela l'individuo dalle ingiurie e dalle diffamazioni. Il diritto alla riservatezza è attuale e si
riferisce alle banche dati, proteggendo i dati personali. Il diritto all'immagine tutela l'interesse di ciascun individuo
a che il proprio ritratto non sia esposto pubblicamente senza il suo consenso quando la riproduzione non sia
giustificata o rechi pregiudizio alla persona ritratta. Diritto alla libertà, al nome, al nome commerciale (ditta,
ragione sociale, denominazione), diritto all'identità sessuale, diritto alla bigenitorialità.
PARTE 2 – CAPITOLO 4
La dimora è il luogo nel quale il soggetto si trova occasionalmente. Ha scarso rilievo giuridico e viene presa in
considerazione solo qualora non si conosca la residenza, per la notifica di alcuni atti giudiziari.
La residenza è una situazione di fatto che indica l'effettiva e abituale presenza del soggetto in un dato luogo
(dimora abituale). La residenza può essere liberamente scelta e mutata, ma il trasferimento va denunciato nei modi
prescritti dalla legge. Ha autonomo rilievo giuridico in materia di pubblicazioni, celebrazione del matrimonio e
adozione. Si può avere anche più di una residenza se la dimora abituale è in più luoghi.
Il domicilio è il luogo ove il soggetto stabilisce la sede principale dei propri affare ed interessi, individuato secondo
elemento oggettivo (presenza in quel luogo dei prevalenti interessi economici della persona) e elemento soggettivo
(intenzione di fissare in un luogo la sede principale dei propri affari). Il domicilio ha rilievo per le aperture delle
successione per causa di morte e per la dichiarazione di fallimento dell'imprenditore commerciale.
Può essere volontario (liberamente scelto dal soggetto), necessario o legale (espressamente stabilito dalla legge,
minori), generale (si riferisce a tutti i diritti e affari facenti capo a una persona), speciale o eletto (si riferisce a
determinati atti o affari e dura per la durata di essi). Le persone giuridiche hanno la sede.
PARTE 2 – CAPITOLO 5
Una persona giuridica è un complesso organizzato di persone e di beni rivolto ad uno scopo, al quale la legge
riconosce espressamente la qualifica di soggetto di diritto. Esse rispondono all'esigenza di assicurare il
conseguimento di determinati scopi i quali non si prestano ad essere conseguiti isolatamente da singoli individui.
La corporazione è il complesso organizzato di persone fisiche in cui predomina l'elemento personale. Sono divise
in: associazioni (in senso stretto, se lo scopo sociale non è di natura prettamente economica) e società (se invece
perseguono scopi lucrativi o mutualistici).
L'istituzione è il complesso organizzato di beni in cui predomina l'elemento patrimoniale. Sono divise in:
fondazioni (destinano un patrimonio privato ad un determinato scopo di pubblica utilità) e i comitati
(generalmente costituiti per raccogliere fondi vincolati ad una finalità determinata). Il patrimonio (elemento
costitutivo essenziale\non essenziale), lo scopo (esterno\interno), la volontà (esterna\interna) e gli organi direttivi
(del fondatore\dominanti) sono gli elementi di differenziazione tra fondazioni e associazioni.
Le persone giuridiche possono essere pubbliche (se perseguono interessi generali, propri dello stato e che godono
una situazione di supremazia rispetto ad altri soggetti con cui vengono in rapporto, sono gli enti pubblici e sono
disciplinati dal diritto amministrativo) o private (che perseguono fini non propri dello Stato, parificate ai soggetti
privati). Ecclesiastiche (perseguono fini di culto e sono disciplinate anche dal diritto canonico), civili (tutte le
persone giuridiche private). Nazionali (sono riconosciute dallo Stato italiano), straniere (non riconosciute dallo
Stato Italiano).
Gli elementi costitutivi sono: soggetti (pluralità per le associazioni, fondatore\i per le fondazioni), scopo (comune
per le associazioni, sempre determinabile e lecito), patrimonio sufficiente. Il patrimonio è l'elemento di maggiore
importanza nelle fondazioni, la pluralità di persone lo è per le associazioni. Questi elementi costituiscono il
substrato materiale. Tuttavia non sono sufficienti a rendere personalità giuridica, per la quale occorre il
riconoscimento. Esso è attribuito dalla regione per le persone giuridiche private i cui fini si esauriscono nell'ambito
della stessa, altrimenti è attribuito dalla prefettura. Le società comm\li acquistano personalità giuridica con
l'iscrizione nel registro delle imprese.
Le persone giuridiche hanno autonomia patrimoniale perfetta, ossia il loro patrimonio rimane nettamente distinto
da quelli dei suoi componenti. I soci rispondono nel limite della quota conferita.
Le persone giuridiche godono di capacità giuridica illimitata e generale affine a quella delle persone fisiche,
tuttavia non gode dei cosiddetti “diritti familiari”. Hanno piena capacità d'agire, ma non sono idonee, per loro
natura, ad esprimere una loro volontà se non attraverso persone fisiche (amministratori) che formano questa
volontà. La persona giuridica agisce mediante l'organo per nome per conto proprio. Gli organi sono gli
amministratori (organi esecutivi comuni ad ogni persona giuridica, mediante i quali è manifesta la propria volontà
ed entra in relazioni giuridiche con altri soggetti, essi sono responsabili secondo le regole del mandato, il contenuto
dei loro poteri è sottoposto a pubblicità) e l'assemblea sociale (è l'organo deliberativo delle sole associazioni
formato dall'intera collettività degli associati. Ad esse spetta ogni decisione relativa all'esistenza, alla disciplina ed
all'attività dell'ente. Delibera a criterio maggioritario, le decisioni sono atti collegiali.
Le associazioni si costituiscono tramite atto costitutivo (negozio, atto pubblico, in forza del quale si costituisce
l'associazione) e statuto (documento redatto tramite atto pubblico che contiene le norme che regoleranno la vita
dell'ente, deve essere osservato dagli attuali componenti e da quelli che vi entreranno successivamente).
Le fondazioni si costituiscono tramite negozio di fondazione (ha come contenuto la volontà del fondatore a che
sorga la fondazione, può essere racchiuso sia in un atto pubblico tra vivi che in un testamento. È un negozio
unilaterale non patrimoniale), l'atto di dotazione (attribuisce beni, a titolo gratuito, al futuro ente da costituire, è un
negozio unilaterale di diritto patrimoniale), lo statuto (simile a quello delle associazioni).
Le cause d'estinzione comuni a tutte le persone giuridiche sono: cause previste dalla volontà degli associati o del
fondatore, venir meno dello scopo (per il suo raggiungimento o impossibilità di esso), scioglimento disposto
dall'autorità governativa o regionale. Le cause proprie delle sole associazioni sono il venir meno di tutti gli
associati, lo scioglimento disposto dall'assemblea.
La devoluzione dei beni della persona giuridica è il trasferimento ad un nuovo soggetto dell'eventuale residuo
netto del patrimonio dopo la liquidazione della persona giuridica, essi sono devoluti secondo le disposizioni
dell'atto costitutivo o dello statuto. Se esse mancano l'autorità competente assegna i beni ad un altro ente con fine
analoghi a quello dell'ente estinto.
L'associato può acquistare questa qualità simultaneamente alla costituzione dell'associazione o successivamente. Lo
statuto o l'atto costitutivo dell'associazione devono indicare le condizioni per l'ammissione degli associati. Non
esiste però, in coloro che ne hanno i requisiti, il diritto all'ammissione. L'associato può recedere in qualsiasi
momento dall'associazione, non ha diritti sul patrimonio di essa. L'esclusione dell'associato è deliberata
dall'assemblea per gravi motivi, contro questa deliberazione l'associato può ricorrere all'autorità giudiziaria.
Le associazioni non riconosciute sono un fenomeno diffuso, sono complessi di soggetti, dotati dello stesso
substrato delle persone giuridiche ma non hanno chiesto riconoscimento formale. Questo mancato riconoscimento
comporta conseguenze di ordine patrimoniale rispetto agli associati che sono sempre personalmente responsabili,
insieme all'ente, delle obbligazioni assunte. L'ordinamento interno e l'amministrazione sono regolati dagli accordi
degli associati, hanno un atto costitutivo e uno statuto. I contributi degli associati e i beni acquistati dall'ente
costituiscono il fondo comune il quale può eventualmente soddisfare i terzi creditori dell'associazione. Hanno
autonomia patrimoniale imperfetta sono responsabili solidalmente e personalmente coloro che hanno agito in
nome e per conto dell'associazione medesima.
Il comitato è un ente di fatto composto da un gruppo di persone che, attraverso un'aggregazione di mezzi materiali
propone il raggiungimento di uno scopo altruistico, a volte di interesse pubblico, e a tal fine cerca contributi per
mezzo di pubbliche sottoscrizioni o inviti a offrire. Il suo fondo si costituisce con le oblazioni dei sottoscrittori. Ha
autonomia patrimoniale imperfetta anche se tali fondi, una volta raccolti, non appartengono a nessuno se non allo
scopo per il quale sono destinati. Se il comitato ottiene riconoscimento, secondo la dottrina si trasforma in
fondazione. I membri del comitato hanno responsabilità verso gli oblatori (rispondono personalmente e
solidalmente della conservazione del patrimonio e della sua destinazione allo scopo stabilito) e responsabilità
verso i terzi creditori (tutti i componenti del comitato sono responsabili solidalmente e personalmente delle
obbligazioni assunte dal comitato).
L'impresa senza scopo di lucro ammette la possibilità di prevedere strutture imprenditoriali che perseguono
finalità diverse da quelle del profitto: prive del carattere lucrativo che è sostituito dalla finalità di utilità sociale e di
interesse collettivo.
PARTE 5 - CAPITOLO 1
I fatti giuridici sono tutti quegli accadimenti, naturali o umani, ai quali l'ordinamento ricollega la produzione di
effetti giuridici, ossia la costituzione, modificazione o estinzione di rapporti giuridici. I fatti giuridici in senso
stretto sono quei fatti in cui manca del tutto la volontà umana o tale volontà è del tutto irrilevante giuridicamente.
Gli atti giuridici (o umani) sono invece fatti caratterizzati da un'attività umana consapevole e voluta, posta in
essere da un soggetto capace di intendere e di volere, cui l'ordinamento attribuisce il potere di modificare la realtà
esterna. Questi possono essere leciti o illeciti, a seconda del loro contrasto o meno con l'ordinamento. Gli atti
giuridici possono essere divisi in atti giuridici in senso stretto (comportamenti consapevoli e volontari i cui effetti
sono determinati dalla legge anche se il loro autore non li abbia voluti, è volontario soltanto il compimento dell'atto
e non l'effetto) e negozi giuridici (atti consapevoli e volontari le cui conseguenze giuridiche sono volute e
determinate, nei limiti del rispetto delle norme imperative, dai soggetti agenti, la volontà del soggetto è volta quindi
al compimento dell'atto e alla determinazione dei suoi effetti). Gli atti giuridici in senso stretto sono a loro volta
divisibili in atti materiali o operazioni (che consistono in una diretta modificazione materiale del mondo esterno)
e dichiarazioni di scienza e di verità (nelle quali il soggetto dichiara di avere conoscenza di un fatto giuridico).
La fattispecie astratta è la situazione o ipotesi-tipo a cui il legislatore si riferisce quando detta precetti e divieti.
La fattispecie concreta rappresenta il fatto singolo specifico che viene preso in considerazione per confrontarlo
con la fattispecie astratta. Dal confronto è dedotta la produzione dell'effetto (procedimento di sussunzione).
La fattispecie può essere semplice (costituita da un solo fatto giuridico), complessa (quando l'effetto si produce
solo con il verificarsi di più fatti giuridici), a formazione progressiva (i fatti costituenti la fattispecie sono collegati
in ordine logico e cronologico).
PARTE 5 – CAPITOLO 2
Tempo e spazio hanno rilievo per il diritto, sono modi di essere dei fatti giuridici.
Il luogo è la dimensione spaziale all'interno del quale si colloca il fatto giuridico. Il tempo rappresenta la
dimensione temporale in cui si realizza il fatto giuridico, inteso come durata (momento che intercorre tra due
momenti), data (momento nel quale una situazione giuridica nasce, si modifica o si estingue). L'anno decorre da un
giorno al giorno corrispondente dell'anno successivo, i mesi sono calcolati da un determinato giorno al giorno
corrispondente del mese successivo. Nel computo non si calcola il giorno iniziale ma quello finale. Il tempo utile è
quello fuori del quale non è possibile esercitare un diritto soggettivo o compiere un atto giuridico (non si
computano i giorni festivi). Il tempo continuo si computa per intero, comprende anche i giorni festivi. Il decorso
del tempo può portare all'acquisto o all'estinzione di un diritto.
La prescrizione è la perdita del diritto soggettivo per effetto dell'inerzia o del non uso da parte del titolare di esso
protrattosi per un periodo di tempo determinato dalla legge. I suoi presupposti sono: un diritto soggettivo che può
essere esercitato, il mancato esercizio di tale diritto, il decorso del tempo previsto dalla legge. La disciplina
della prescrizione per via è inderogabile per via del suo fondamento (se un diritto non viene esercitato può
diffondersi la comune convinzione che esso non esiste). Nessun patto può modificare la disciplina legale della
prescrizione; le parti non possono rinunciarvi prima che questa si compia, ma è possibile rinunziarvi
successivamente; la prescrizione non opera automaticamente, ma solo in quanto sia opposta dalla parte interessata.
I diritti indisponibili e gli altri indicati dalla legge sono imprescrittibili: diritti di proprietà, rivendica, di agire per
far dichiarare la nullità d'un atto, di esercitare l'azione di petizione dell'eredità; i diritti della personalità, i diritti di
stato, la potestà di diritto familiare, le facoltà e altri indicati dalla legge.
Essa inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. La prescrizione ordinaria si realizza col
decorso di 10 anni, e opera in tutti i casi in cui la legge non disponga diversamente. Sui diritti reali è di vent'anni.
Le prescrizioni brevi: (5 anni: diritto del risarcimento dei danni, prestazioni periodiche, azioni di annullamento,
azione revocatoria; 2: risarcimento danni ai veicoli; 1: diritti derivanti dai contratti di mediazione, trasporto,
assicurazione, azione di rescissione). Prescrizioni presuntive: in esse il decorso del tempo determina la nascita, a
favore del debitore di una presunzione legale di pagamento, per cui l'obbligazione è considerata estinta, dietro il
giuramento del debitore.
La prescrizione presuppone un'inerzia ingiustificata del titolare del diritto: se l'inerzia è giustificata si ha
sospensione della prescrizione, se viene a mancare la prescrizione si interrompe. La sospensione si ha dietro il
verificarsi di una particolare situazione espressamente prevista che secondo la legge è impeditiva dell'esercizio del
diritto (rapporti particolari tra le parti, particolari condizioni soggettive del titolare del diritto). Gli impedimenti di
fatto sono irrilevanti. La prescrizione riprende il suo corso al termine del periodo d'impedimento. L'interruzione si
ha perché il titolare esercita il suo diritto o perché il diritto stesso viene riconosciuto dal soggetto passivo del
rapporto. Gli atti interruttivi sono: ad effetto istantaneo (dopo i quali comincia a decorrere un nuovo periodo di
prescrizione, messa in mora), ad effetti prolungati (interrompono la prescrizione dopo un periodo di tempo,
domanda giudiziale), cause civili di interruzione (atti giuridici formali e tipici idonei a interrompere la
prescrizione di un diritto di credito, notifica dell'atto introduttivo di un giudizio, riconoscimento del diritto altrui),
cause naturali di interruzione (atti materiali di godimento opportunamente non predeterminati dal legislatore).
La decadenza è un istituto collegato al decorso del tempo, si sostanzia nella perdita della possibilità di esercitare un
diritto per il mancato compimento di una determinata attività, o di un dato atto, nel termine perentorio previsto dalla
legge. Il suo fondamento è lo stesso della prescrizione, i presupposto è il fatto oggettivo del mancato esercizio del
diritto nel tempo stabilito. La decadenza può essere legale o convenzionale (negoziale). La decadenza legale è
prevista dalla legge ed è un istituto eccezionale perché deroga al principio secondo cui l'esercizio dei diritti
soggettivi non è sottoposto a limiti di tempo. Essa può essere stabilita nell'interesse generale (in riferimento a diritti
indisponibili, è inderogabile ed irrinunziabile. La decadenza convenzionale determina per volontà privata casi e
termini di decadenza a condizione che essa sia prevista per l'esercizio di diritti disponibile e che il tempo stabilito
non renda troppo gravoso l'esercizio del diritto stesso. La decadenza a titolo di pena è comminata per
l'inosservanza di norme imperative (decadenza della potestà sui figli per abuso di poteri, per violazione o omissione
di osservanza dei doveri ad essa inerenti).
PARTE 5 – CAPITOLO 3
Per alcune categorie di fatti giuridici la legge prescrive la pubblicità per soddisfare l'interesse generale e che tali
fatti siano conoscibili da chiunque. La pubblicità-notizia ha lo scopo di rendere determinati fatti giuridici
conoscibili da chiunque, la sua omissione (pur potendo essere soggetta a sanzioni) non incide sulla validità e
sull'opponibilità ai terzi del fatto che ne costituisce oggetto (pubblicazioni matrimoniali). La pubblicità
dichiarativa ha lo scopo di rendere opponibile ai terzi il fatto giuridico pubblicizzato, in sua mancanza l'atto resta
valido tra le parti ma è inopponibile ai terzi. La pubblicità-costitutiva si ha quando la pubblicità è un requisito
necessario per la costituzione di un rapporto giuridico. Per i beni mobili: il possesso vale titolo, ne costituisce
pubblicità; per i mobili registrati: ai fini della pubblicità è necessaria l'iscrizione in appositi registri; per i beni
immobili è necessaria ala trascrizione nei registri immobiliari.
La trascrizione è un mezzo di pubblicità relativo agli immobili ed ai beni mobili registrati che assicura la
conoscibilità delle vicende relative ai beni. La sua funzione si ricollega all'esigenza della circolazione dei beni
nell'ambito di una società organizzata e della conoscibilità di tale circolazione. Sono soggetti a trascrizione:
contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili o che costituiscono, trasferiscono o modificano diritti reali
di godimento su beni immobili e quelli che costituiscono la comunione su tali diritti, gli atti di rinuncia relativi; i
contratti che conferiscono diritti reali di godimento su beni immobili, se superano una certa durata; contratti di
anticresi; le sentenze costitutive, traslative e modificative dei diritti suddetti.
Gli atti soggetti a trascrizione e non trascritti tempestivamente non possono essere opposti a chi ha acquistato e
trascritto tempestivamente il suo titolo; non possono avere effetto nei confronti di chi ha trascritto tutte le
successive iscrizioni o trascrizioni di diritti acquistati dallo stesso autore, quantunque l'acquisto risalga a data
anteriore. Ciascun conflitto si risolve in base alla priorità della transizione.
La trascrizione ha natura dichiarativa e non costitutiva, quindi non è un obbligo per le parti stipulanti ma un onere.
Non è soggetta a prescrizione né decadenza, è sempre effettuabile, ha efficacia ex nunc. Le spese gravano su colui a
cui favore la trascrizione opera. Il principio di continuità delle trascrizioni si ispira all'esigenza di realizzare uno
“stato civile degli immobili” e di generare la certezza sulla consistenza giuridica e spettanza della proprietà
medesima.
PARTE 6 – CAPITOLO 1
I beni sono le cose che possono formare oggetto di diritto, capaci di arrecare utilità agli uomini e suscettibili di
appropriazione. Le cose sono parti separati dalla materia circostante, divise in cose in senso non giuridico (che non
presentano alcun interesse economico né formare oggetto di rapporti giuridici, res extra commercium) e le cose in
senso giuridico (res in commercio, appunto beni). Le cose che non sono beni non possono formare oggetto di
diritto: aria, spazio, sole, mare (res communes omnium). Ci sono anche i beni che non sono cose (beni immateriali
o incorporali, opere d'ingegno). I beni possono essere corporali (i bene del mondo esterno dotati di materialità
corporea), incorporali (sono beni privi di materialità ma percepibili con i sensi o l'intelligenza).
I beni immobili per natura comprendono tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo (anche
mulini, bagni, edifici galleggianti saldati permanentemente alla riva). I beni mobili sono tutti gli altri beni. Alcuni
beni mobili sono, per la loro rilevanza, equiparati per alcuni aspetti giuridici ai beni immobili: beni mobili
registrati.
Le cose specifiche sono individuate mediante caratteri propri. Sono generiche se individuate come appartenenti ad
un genere senza una ulteriore specificazione. Le cose fungibili sono cose che si pesano, contano e misurano e
possono perciò essere sostituite con altre dello stesso genere. Infungibili sono quelle che non possono essere
indifferentemente sostituite con altre in quanto individuate dalle parti in relazione a un dato rapporto. La fungibilità
dipende anche dalla volontà dei soggetti che possono attribuire infungibilità a proprio piacimento. Le cose
consumabili sono quelle che non possono essere utilizzate senza essere consumate fisicamente o economicamente.
Le cose inconsumabili sono invece quelle che si prestano ad una utilizzazione continuata, senza che restino
distrutte o alterate ed indipendentemente dal fatto che con l'uso si deteriorino. Le cose divisibili possono essere
frazionate in modo omogeneo, senza che se ne alteri la destinazione economica, in modo che ciascuna delle parti
uguali rappresenti una porzione identica del tutto, indivisibili sono tutte le altre (per natura dello stesso, volontà
delle parti o dalla legge. I beni produttivi sono quelli destinati ad un procedimento diretto alla trasformazione di
altre cose (materie primarie). I beni di consumo sono quelli utilizzati per il soddisfacimento immediato di interessi
e bisogno.
Le cose semplici sono quelle i cui elementi sono talmente compenetrati fra loro che non possono staccarsi senza
alterare la fisionomia del tutto. Le cose composte sono quelli in cui più cose complementari formano un nuovo
bene che viene ad avere funzione e valore economico diversi da quelli delle cose che lo compongono, le cose
semplici che danno luogo a tutto possono conservare la loro individualità. Le cose connesse sono 2 o più cose che
vengono poste in una determinata relazione tra di esse, per cui è possibile distinguere una cosa principale da una
accessoria: incorporazione (una cosa mobile è naturalmente o artificialmente compenetrata in un'altra immobile,
perde la sua individualità e segue il principio del bene immobile), pertinenze (sono cose destinate in modo
durevole a servizio o ad ornamento di un'altra cosa).
Universalità di mobili: è il complesso di cose che appartengono alla stessa persone ed hanno una destinazione
unitaria. Le cose singole che compongono l'universalità non perdono la loro autonomia. L'universalità di diritto è
invece una pluralità di rapporti giuridici autonomi considerata come complesso unitario dalla legge.
Il patrimonio è costituito da un insieme di rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo ad una persona (titolare) e
valutabili economicamente. Patrimonio separato (costituito da quei beni che in virtù di una particolare
destinazione devono essere considerati come staccati dal restante patrimonio di un soggetto, ma continuano ad
appartenergli). Patrimonio autonomo (è quello che, distaccatosi dal proprio titolare, viene attribuito ad un nuovo
soggetto, mediante la creazione di una persona giuridica o ad un soggetto dotato di autonomia patrimoniale
imperfetta).
I frutti sono beni che provengono da un altro bene, considerati beni futuri poiché non venuti ancora ad esistenza.
Frutti naturali: provengono direttamente da un altro bene, diventano beni autonomi solo con la separazione.
Appartengono al titolare della cosa che li produce. Frutti civili: provengono indirettamente da altro bene e
rappresentano il corrispettivo del godimento che altri ha su questo bene. Si acquistano giorno per giorno in ragione
della durata del diritto.
Appartengono al demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti, i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre
acque definite pubbliche dalle leggi in materia, nonché le opere destinate alla difesa nazionale. Fanno parte del
demanio necessario perché necessariamente devono appartenere allo Stato. Il demanio eventuale comprende
strade, autostrade, strade ferrate, aerodromi, acquedotti, immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico e
artistico a norma delle leggi in materia, le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi e delle biblioteche e
tutti gli altri beni assoggettati dalla legge al regime del demanio pubblico, essi ne fanno parte solo se di proprietà
dello Stato o di enti pubblici. I beni del demanio pubblico sono inalienabili. I beni appartenenti allo Stato ma non
facenti parte del demanio pubblico costituiscono il patrimonio dello Stato. Divisi in patrimonio indisponibile (non
possono essere sottratti alla loro destinazione se non secondo le leggi che li riguardano) e patrimonio disponibile
(alienabili ed usucapibili).
PARTE 6 – CAPITOLO 2
I diritti reali sono diritti tipici che assicurano al titolare un potere immediato ed assoluto su un bene. Hanno le
seguenti caratteristiche: immediatezza (implicano una diretta signoria sul bene senza l'interposizione di altre
persone), assolutezza (si fanno valere nei confronti di tutti i terzi), tipicità (sono tutti previsti dalla legge, i privati
non possono crearne altri), attribuiscono al titolare il diritto di sequela (potere di perseguire la cosa presso
qualunque soggetto si trovi, il diritto è collegato al bene e non al titolare).
I diritti di proprietà consentono la più ampia sfera di facoltà che l'ordinamento riconosce ai soggetti sulle cose. I
diritti reali su cosa altrui assicurano ai titolare delle facoltà inerenti a cose di proprietà altrui, sono speciali, a
contenuto limitato e possono estinguersi: diritti reali di godimento (limitano il potere di godimento del
proprietario della cosa, [superficie, enfiteusi, usufrutto, uso, abitazione, servitù]; sono autonomi [vivono per scopi
che solo in essi hanno radici] e possono avere durata indefinita), diritti reali di garanzia (consistono in un vincolo
giuridico imposto su un bene a garanzia di un credito [pegno e ipoteca]; sono accessori ad un diritto di credito di
cui garantiscono l'adempimento e hanno durata limitata perché destinati a venir meno quando la funzione di
garanzia abbia esaurito il suo scopo).
Le obbligazioni reali sono prestazioni accessorie ad un diritto reale e ad esso strumentalmente collegate.
Gli oneri reali sono prestazioni a carattere periodico che sono dovute da un soggetto in quanto è nel godimento di
un determinato bene, consistono del dare o nel fare qualche cosa (devono essere inerenti a un fondo e ad insorgenza
automatica).
PARTE 6 – CAPITOLO 3
Secondo il codice la proprietà ha funzione sociale, secondo la Costituzione essa è riconosciuta e garantita dalla
legge che ne determina i modi di acquisto, godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di
renderla accessibile a tutti, subordinando l'interesse individuale a quello collettivo. Il proprietario ha diritto di
godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo. Il diritto di godere: decidere se, come e quando utilizzare
la cosa nell'ambito della destinazione assegnata dal legislatore e a seconda dello statuto disposto per il bene. Il
potere di disporre: potere del proprietario di alienare la cosa, lasciarla per testamento, costituire sulla stessa diritti
reali limitati a favore di altri.
Il diritto di proprietà ha i seguenti caratteri: pienezza (al proprietario è concessa ogni lecita utilizzazione del bene,
limitata da un atto di disposizione del privato[diritto di godimento altrui]o disposizioni di legge), elasticità (il
diritto di proprietà è potenzialmente integro anche quando i poteri sono stati limitati dalla costituzione di altri diritti
[es. usufrutto]), autonomia ed indipendenza (il diritto di proprietà non presuppone mai l'esistenza di un parallelo
diritto altrui di portata maggiore), esclusività (potere di escludere chiunque altro dal godimento del bene ed
impossibilità di coesistenza sulla stessa cosa di più diritti di proprietà, anche in caso di comproprietà il diritto è
unico), imprescrittibilità (la proprietà non si può perdere per non uso), perpetuità (carattere discusso in dottrina).
Limitazione è un termine che indica quelle fattispecie giuridiche che limitano e comprimono la proprietà nel vero
senso della parola (i diritti reali su cosa altrui), hanno natura convenzionale e non sono reciproche (sacrificano
l'interesse di un individuo a vantaggio d'un altro), sono estrinseche (nascono in secondo momento rispetto al
diritto), sono concrete (hanno rilevanza soltanto tra le parti che ne determinano il contenuto). I limiti sono invece
imposti dalla legge alla proprietà considerata in astratto e sono diretti ad assicurare la funzione sociale del diritto di
proprietà ed hanno come fondamento quello di regolare i rapporti di buon vicinato. Sono reciproci (ciascuno si
trova nei confronti dell'altro nella stessa posizione), astratti (coordinano gli interessi di tutti per il bene comune),
essenziali (sono essenziali al concetto stesso di proprietà, lo delineano e ne definiscono il contenuto), intrinseci
(non nascono separatamente dal diritto), perpetui. Possono essere posti nell'interesse pubblico (vincoli, come
espropriazione per pubblica utilità, occupazione e requisizioni), sacrificano un interesse privato per soddisfarne uno
pubblico. Possono essere posti nell'interesse privato (regolano i rapporti tra proprietà vicine, espressione del
potere conformativo posti allo scopo di conformare la proprietà privata ad interessi collettivi). Diversi limiti
nell'interesse privato:
distanza nelle costruzioni (regolata da regolamenti comunali e dal codice civile) distanza minima di 3 metri, se il
regolamento è richiamato dal codice civile il proprietario danneggiato può ottenere rimozione dell'opera e
risarcimento del danno, se non è richiamato dal codice il proprietario può ottenere solo il risarcimento del danno.
Comunione forzosa del muro (il proprietario di un fondo contiguo al muro altrui può ottenere una sentenza
costitutiva per ci il proprietario del fondo contiguo al muro altrui può ottenere una sentenza costitutiva per cui il
muro, posto sul confine o a distanza inferiore ad un metro e mezzo diventa comune, previo pagamento del valore
della metà del suolo. Luci: disposizioni che contemperano l'esigenza di riceve aria e luce con quella del
proprietario vicino di non essere esposto alle curiosità altrui. Le finestre sono: luci (danno passaggio alla luce e
all'aria e possono essere aperte senza distanze legali), vedute o prospetti (permettono di affacciarsi e sono previste
determinate distanze). Acque private: appartengono al proprietario del suolo su cui esistono. Tutte le acque
sotterranee e superficiali appartengono al demanio dello stato ad eccezione delle acque piovane non ancora
convogliate in corso d'acqua o in invasi o cisterne. Stillicidio: il proprietario deve costruire i tetti in modo tale che
le acque piovane scolino nel suo terreno (o in colatoi pubblici) e non farle cadere nel fondo del vicino.
Accesso al fondo: Il proprietario di un fondo è tenuto a permettere, sul fondo stesso l'esercizio di attività permesse
giuridicamente. Immissioni: ciascun proprietario dovrebbe evitare che l'uso della propria cosa comporti
conseguenze negative per l'immobile del vicino. Ciò è impossibile a causa della contiguità dei fondi, fumo, calore,
rumori che si propagano da un immobile all'altro. Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni
derivanti dal fondo del vicino se non superano la normale tollerabilità. Essa è valutata in base alla destinazione
normale del bene, alla condizione dei luoghi, all'entità delle immissioni e alle conseguenze sulle persone è pertanto
un criterio di valutazione “elastico”. Altri criteri: comparazione tra esigenze della produzioni e ragioni proprietari,
prevenzione (il proprietario dell'opificio rumoroso prevale sul proprietario di una villa se la sua attività è anteriore
alla costruzione della villa). Atti emulativi: sono vietati ed hanno elemento oggettivo (mancanza di utilità per il
proprietario) e soggettivo (intenzione unica di nuocere o arrecare molestia ad altri).
La proprietà si estende in senso verticale: all'infinito, al sottosuolo ed allo spazio sovrastante il suolo, i confini di
diritto positivo tengono conto del contenuto economico del diritto di proprietà (sfruttamento utile): il proprietario
non si può opporre all'attività di terzi che si svolga ad una profondità o altezza tale ove manchi un interesse ad
escluderla. La proprietà in senso orizzontale si estende nel solo ambito dei propri confini, l'accesso dei terzi al
fondo deve essere tuttavia concesso: per l'esercizio della caccia (se il fondo non sia chiuso o vi siano colture
danneggiabili), per il compimento di opere necessarie al vicino, per il recupero da parte del vicino della sua cosa o
del suo animale che capiti lì accidentalmente.
La proprietà può essere acquistata a titolo originario (non dipende da un diritto eguale di un precedente titolare, o
perché non derivi da esso [usucapione] o perché sorge per la prima volta nel patrimonio dell'attuale proprietario).
La proprietà può essere acquistata a titolo derivativo se dipende dall'esistenza del diritto di un precedente
proprietario. Nessuno può trasferire ad altri un diritto maggiore di quello di cui è effettivamente titolare, la
risoluzione o la dichiarazione di nullità che colpisce l'acquisto del dante causa fa venir meno anche l'acquisto
dell'avente causa.
ACQUISTO DELLA PROPRIETA' A TITOLO ORIGINARIO:
Occupazione: presa di possesso di cose mobili accompagnata dall'animo di farle proprie. Riguarda le cose mobili
che non siano di proprietà di nessuno o perché non lo sono mai state o perché sono state abbandonate dal
proprietario. Invenzione: ritrovamento delle cose smarrite che devono essere consegnate al proprietario o, se questi
è ignoto, al sindaco del luogo ove vengono rinvenute. Se, dopo un anno dalla consegna della cosa, il proprietario
non si è presentato a ritirarla il diritto di proprietà su di essa spetta al ritrovatore. Se il proprietario si presente deve
al ritrovatore un premio pari al 10% del valore della cosa stessa. Tesoro: cose mobili di pregio, nascoste o
sotterrate, di cui nessuno può provare di essere proprietario. Esso appartiene al proprietario del fondo su cui si trova
(se rilevato da costui); appartiene per metà al proprietario del fondo e per metà al ritrovatore se viene ritrovato, per
caso nel fondo altrui. Le cose d'interesse storico, artistico, archeologico appartengono sempre al patrimonio
indisponibile dello Stato, sono sottratte al regime giuridico del tesoro. Accessione: si verifica quando una proprietà
preesistente attira nella sua orbita altre cose che prima ne erano estranee, a prescindere dal concreto esercizio di una
volontà di appropriarsene del soggetto che può diventare proprietario delle nuove cose anche senza saperlo.
L'acquisto si verifica sempre a favore del proprietario della cosa principale. Accessione di mobile ad immobile: il
suolo è considerato il bene principale che attrae nella sua orbita alberi e costruzioni di cui il proprietario del suolo
diventa proprietario. Accessione di immobile ad immobile avviene in caso di alluvione (insensibile e progressivo
incremento portato dalle acque a un fondo), avulsione (distacco da un fondo, per opera di fiumi o torrenti, di una
considerevole parte di terreno che si unisce ad un altro fondo. Il proprietario del fondo accresciuto ne acquista la
proprietà ma è tenuto ad indennizzare il proprietario che ha subito la diminuzione), alveo abbandonato (un fiume,
formandosi un nuovo letto abbandona il letto principale; il terreno rimane assoggettato al regime proprio del
demanio pubblico), isola formata nel fiume (le isole che si formano nel letto del fiume appartengono al demanio
pubblico). Accessione di mobile a mobile: unione e commistione (quando due o più cose mobili appartenenti a
diversi proprietari, vengono ad unirsi in modo tale da formare un sol tutto e non è possibile separarle senza danno,
la proprietà della nuova cosa diventa comune in proporzione del valore delle cose spettanti a ciascun proprietario,
se una delle cose può considerarsi principale o di valore molto superiore alle altre il suo proprietario acquista la
proprietà totale, con l'obbligo di corrispondere agli altri il valore delle altre cose), specificazione (che si verifica
quando si crea, mediante lavoro, una cosa nuova con materia appartenente ad altri, il codice dà valore all'elemento
lavoro, Se tuttavia il valore della materia usata sorpassa notevolmente il valore della mano d'opera, la proprietà
della cosa spetta al proprietario della materia, che dovrà all'utilizzatore il prezzo della mano d'opera.) Accessione
invertita: è un modo inverso all'accessione: la proprietà del bene più rilevante per il diritto attrae a sé la proprietà
di quello meno rilevante. Ad es. se si occupa in buona fede il fondo altrui durante una costruzione ed il proprietario
non fa opposizione entro tre mesi dal giorno di inizio dei lavori, l'autorità giudiziaria attribuisce al costruttore la
proprietà dell'edificio e del suolo occupato, pagando al proprietario del suolo il doppio del valore della superficie
occupata, oltre al risarcimento danni. Usucapione.
MODI DI ACQUISTO A TITOLO DERIVATIVO:
negozi traslativi della proprietà (compravendita), trasferimenti coattivi (espropriazione), successione a titolo di
eredità o di legato.
Le azioni a difesa della proprietà sono dette petitorie. Mirano ad accertare ed affermare la titolarità del diritto di
proprietà contro chi la contesti direttamente (negandola) o indirettamente (vantando diritti reali limitati sul bene).
Rivendica: azione con cui il proprietario rivendica la cosa propria da chiunque la possiede o la detiene senza titolo.
Mira ad accertare la titolarità del diritto di proprietà e a far recuperare al proprietario il bene. È legittimato
attivamente chi sostiene di essere proprietario, la prova è difficile da dare. Se il bene è immobile occorre che l'attore
dimostri che il bene è stato posseduto per il tempo necessario ad usucapirlo. Se il bene è mobile, è sufficiente che il
proprietario fornisca la prova di aver ricevuto il possesso del bene in buona fede. Legittimato passivamente è invece
chi possiede o detiene la cosa abusivamente. Il possessore o detentore abusivo è tenuto a restituire la cosa con i
frutti, se egli era in buona fede soltanto con i frutti maturati dopo la domanda giudiziali nonché i frutti percipiendi.
Il possessore ha diritto al rimborso per le somme spese in riparazioni straordinarie nonché un'indennità per i
miglioramenti apportati al bene, il possessore di buona fede ha diritto di ritenzione fino a che non gli siano
corrisposte le indennità che gli spettano per i miglioramenti che ha apportato alla cosa. Azione negatoria: azione
con cui il proprietario tende a far dichiarare l'inesistenza dei diritti affermati da altri sulla cosa, quando ha motivo di
temerne pregiudizio, o a far cessare le turbative o le molestie che altri arrechi al suo diritto. Legittimato attivamente
è il proprietario. Legittimato passivamente è colui che afferma di essere titolare di diritti reali sulla cosa o reca
turbative o molestie. L'azione più ricorrente è la negatoria della servitù, diretta a far dichiarare l'inesistenza di un
diritto di servitù sul fondo di cui è proprietario colui che agisce. Azione di regolamento di confini: è la azione
mediante la quale ciascuno dei proprietari di un fondo confinante può chiedere che sia stabilito giudizialmente il
confine tra i due fondi, quando tale confine si obiettivamente incerto. Sono legittimati att e pass entrambi i
proprietari confinanti. L'onere della prova è diviso ugualmente tra le parti, in mancanza il giudice si atterrà al
confine tracciato dalle mappe catastali. Azione per apposizione di termini: azione con cui ciascuno dei proprietari
limitrofi può chiedere, quando sia certo il confine dei fondi, che siano posti o ripristinati, a spese comuni, i segni
materiali e tangibili di tale confine, che precedentemente mancavano o erano divenuti irriconoscibili. Legittimati att
e pass entrambi i proprietari ai quali incombe l'onere della prova della certezza dei confini.
PARTE 6 – CAPITOLO 4
La comunione è un concetto di contitolarità di diritti di proprietà o altri diritti reali e ricorre in tutte quelle ipotesi
in cui uno stesso diritto appartiene, nella sua interezza, a due o più persone [comunisti]. Proprietà per quote ideali:
ciascun contitolare ha un diritto che non può essere individuato materialmente su una determinata parte del bene ma
ha come oggetto il bene nella sua integrità, è diviso l'insieme delle facoltà di usare e godere della cosa comune,
misurate secondo la quota astratta (quantum del potere). Se uno dei comproprietari viene meno le altre quote si
espandono. Comunione volontaria (per accordo dei partecipanti); incidentale (per atto indipendente dalla volontà
dei partecipanti); ordinaria (ogni partecipante può chiedere la divisione); forzosa (manca la facoltà di divisione);
propria (l'oggetto è suscettibile di godimento); impropria (l'oggetto, ad ex diritto relativo, non lo è). Il diritto di
ciascun comunista è limitato nel suo esercizio da quello degli altri, limitandoli a sua volta. L'interesse del singolo
comunista è sempre subordinato a quello del gruppo. Le fonti della comunione sono: il titolo (volontà delle parti
costituenti), le norme legislative speciali (per i vari tipi di comunione), le norme generali (art 1100 e seg). I diritti
dei singoli: diritto all'uso della cosa comune (ogni comunista può servirsi della cosa comune, senza alterarne la
destinazione né impedire agli altri comunisti di farne parimenti uso); diritto di disposizione della quota (ogni
partecipante può disporre della sua quota, alienandola o ipotecandola, se il diritto di comproprietà riguarda un bene
capace di ipoteca); diritto al godimento degli utili (ognuno gode degli utili in proporzione alla sua quota); diritto
a chiedere la divisione della cosa comune (salvo patto contrario o divieto legislativo); gestione della cosa
comune (è affidata all'insieme dei comunisti, per le decisioni si applica il criterio maggioritario secondo le quote, è
richiesta la maggioranza semplice per gli atti di ordinaria amministrazione, i 2/3 per le innovazioni [modifica di
destinazione] ed atti eccedenti l'ordinaria amministrazione. Unanimità dei consensi per alienazione o costituzione di
diritti reali sul fondo comune e per le locazioni ultranovennali. Le spese gravano sui partecipanti in proporzione alle
quote). La cessazione della comunione si attua con la divisione: per contratto (i comunisti si concordano sul modo
di procedere), per sentenza del Tribunale (se l'accordo non viene raggiunto).
Il condominio negli edifici è una forma di comunione forzosa e perpetua, che nasce dal fatto che necessariamente
vi sono delle parti dell'intero edificio che non possono essere in comune (suolo, fondazioni, scale, tetti). Il singolo
condominio è esclusivo proprietario del suo appartamento e, nel contempo e necessariamente, comproprietario di
tutti quei beni suddetti. Gli organi del condominio sono: assemblea dei condomini (organo deliberativo) e
amministratore (organo esecutivo ed è necessario nel caso esistano più di quattro condomini). Per formare la
volontà comune: principio della valida costituzione dell'assemblea (l'assemblea per poter validamente deliberare
deve essere validamente costituita, tutti i condomini devono essere invitati a partecipare, ad essa deve intervenire
un numero minimo di condomini [quorum]). Di regola si vota a principio maggioritario (semplice o qualificato per
le deliberazioni riguardanti innovazioni). Principio della partecipazione dell'inquilino (consente all'inquilino la
partecipazione e il voto di assemblea condominiale riguardo a specifiche questioni). Ogni condominio può avere
(deve se superiore a 10 condomini) un proprio regolamento in cui siano fissate le norme d'uso dei vari beni, le
norme di funzionamento delle assemblee, i criteri di ripartizione delle spese. Il condominio agisce nei confronti di
terzi a mezzo dell'amministratore che attua le delibere dell'assemblea, egli ha anche la rappresentanza processuale
del condominio. Il condominio ha durata perpetua, si estingue nel caso venga a mancare la divisione per piani della
società (tutto diventa proprietà della stessa persona).
Supercondominio: più edifici autonomi hanno parti comuni. Manca la normativa si discute se le parti siano in
comunione (godimento comune di alcuni servizi, si applica la disciplina relativa alla comunione); condominio (il
supercondominio si costituisce nel momento in cui i singoli edifici abbiano in comune alcune cose e appartengono
pro quota ai titolari delle singole unità immobiliari); servitù reciproche: (esclude la proprietà del bene destinatario
comune, non condivisibile).
La multiproprietà immobiliare ricorre quando lo stesso immobile viene separatamente alienato a più soggetti. A
ciascuno è attribuito il diritto (intrasmissibile) di godere di quella frazione immobiliare in modo esclusivo ma per
periodi di tempo limitati, a turno con gli altri proprietari, della medesima frazione immobiliare sulla quale viene
impresso un duplice vincolo: destinazione (turistica) e indivisibilità.
PARTE 6 – CAPITOLO 5
Superficie: il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore
di altri che ne acquista la proprietà. Del pari può alienare la proprietà della costruzione già esistente, separatamente
dalla proprietà del suolo. È una deroga all'accessione immobiliare. Prevede il diritto del superficiario nei confronti
del proprietario di erigere e mantenere una costruzione sul suolo altrui (ius ad aedificandum), e la proprietà dello
stesso: proprietà superficiaria. Vale la stessa cosa nel sottosuolo, non vale per le piantagioni. Il diritto di
superficie nasce per: contratto o negozio (titolo oneroso o gratuito) o testamento. È legittimato a costituire il diritto
il solo proprietario del suolo. Il superficiario può alienare la costruzione o costituire su di essa dei diritti reali i quali
si estinguono col venir meno del diritto di superficie. Il diritto è costituito in perpetuo o per tempo determinato (allo
scadere del termine del diritto, per accessione, il proprietario del suolo diventa proprietario della costruzione). Il
diritto si può estinguere per prescrizione ma solo se la costruzione non sia stata eseguita. Inoltre la superficie si
estingue per consolidazione (riunirsi della proprietà della superficie e della costruzione nella stessa persona) o per
cause espresse nel titolo.
PARTE 6 – CAPITOLO 6
L'enfiteusi è un diritto reale di godimento su cose altrui che attribuisce al titolare lo stesso potere di godimento del
fondo che spetta al proprietario, salvo l'obbligo di migliorare il fondo e di pagare al proprietario concedente un
canone periodico. Concede al suo titolari poteri quasi analoghi a quelli del proprietario. Essa può sorgere per
usucapione, testamento o contratto, in perpetuo o a tempo determinato (non inferiore a 20 anni). Il concedente ha:
diritto al versamento del canone; al miglioramento del fondo; a chiedere la devoluzione del fondo; di ritenere
quando cessa l'enfiteusi le addizioni fatte dall'enfiteuta che possono essere tolte senza nocumento dal fondo,
pagandone il valore al tempo della riconsegna; obbligo di rimborsare, quando cessa l'enfiteusi, i miglioramenti
effettuati dall'enfiteuta nella misura dell'aumento di valore conseguito dal fondo. L'enfiteuta ha: diritto sui frutti
del fondo, sul tesoro, sulle utilizzazioni del sottosuolo e sulle accessioni; diritto al rimborso delle addizioni
separabili ritenute; diritto al rimborso dei miglioramenti e delle addizioni non separabili; diritto di ritenzione del
fondo fino a quando non è soddisfatto tale credito; diritto di affrancazione; obbligo di pagare le imposte e i pesi che
gravano sul fondo; obbligo di pagare un canone periodico al concedente [somma in denaro o qtà fissa di prodotti
naturali]; obbligo di migliorare il fondo [non specificata dalla legge, si ritiene accrescimento di valore o di
produttività]; può cambiarne la destinazione; obbligo di fare una ricognizione del diritto del concedente quando ne
venga fatta richiesta (per evitare l'usucapione). Divieto di subenfiteusi.
L'affrancazione è un diritto potestativo dell'enfiteuta, il quale, attraverso il suo esercizio diventa proprietario del
fondo mediante il pagamento di una somma di danaro pari a 15 volte il canone annuo. Se il proprietario rifiuta
l'affrancazione avviene con pronuncia di sentenza. La devoluzione è un diritto potestativo del proprietario che può
ottenere la liberazione del fondo, chiedendo all'autorità giudiziaria una pronunzia costitutiva di caducazione
dell'enfiteusi, se l'enfiteuta deteriora il fondo o non adempie all'obbligo di migliorarlo o è in mora nel pagamento di
due annualità di canone. L'affrancazione prevale sempre sulla devoluzione. L'enfiteusi si estingue per decorso del
tempo, perimento del fondo, confusione (l'enfiteuta diventa, per qualsiasi ragione, anche proprietario del fondo, o
viceversa), uso non ventennale del diritto da parte dell'enfiteuta, affrancazione e devoluzione.
PARTE 6 – CAPITOLO 7
L'usufrutto è il diritto dell'usufruttuario di godere ed usare della cosa altrui, traendo da essa tutte le utilità che può
dare, con l'obbligo di non mutarne la destinazione economica. Il proprietario si trova in situazione di nuda
proprietà. Il suo oggetto è qualunque specie di beni purché siano infungibili o inconsumabili (l'usufruttuario deve
restituire lo stesso bene alla fine dell'usufrutto). Il quasi usufrutto è previsto con oggetto di cose consumabili che
diventa proprietario dei beni ed ha l'obbligo di restituire altrettanti beni dello stesso genere e qualità. L'usufrutto è
temporaneo, non può eccedere la vita dell'usufruttuario o i trent'anni in caso di persona giuridica. È vietato
l'usufrutto successivo. È ammesso l'usufrutto congiuntivo: godimento del diritto, alla morte di ognuno,, che passa
ad altri chiamati, le cui quote si accrescono, si estingue alla morte dell'ultimo usufruttuario.
L'usufrutto si acquista per: legge (usufrutto legale, previsto dalla legge, usufrutto legale dei genitori), contratto (a
titolo oneroso o gratuito, i contratti devono essere redatti in forma scritti e trascritti), testamento, usucapione.
L'usufruttuario ha diritto di: conseguire il possesso della cosa (mettersi in relazione immediata con la cosa stessa
per servirsene, amministrarla e farne propri i frutti); far suoi i frutti (naturali e civili) della cosa per la durata
dell'usufrutto; ad un'indennità per i miglioramenti apportati al fondo che sussistono alla data della cessazione
nonché il diritto di portare via, alla cessazione dell'usufrutto, le addizioni la cui rimozione non muti la destinazione
economica del bene, salvo che il proprietario decida di ritenerle dietro indennità; cedere il proprio usufrutto (non in
mortis causa), concedere ipoteca sull'usufrutto e locare il bene.
L'usufruttuario ha l'obbligo di: restituire la cosa al termine dell'usufrutto; fare a sue spese l'inventario dei beni e
prestare idonea cauzione per prendere possesso della cosa; non modificare la destinazione economica del bene;
usare la diligenza del buon padre di famiglia nell'esercizio del suo diritto; sostenere le spese e gli oneri relativi alla
custodia, all'amministrazione ed alla manutenzione ordinaria del bene; pagare le imposti, i canoni e le rendite
fondiarie che annualmente gravano sulla cosa; denunciare al proprietario le usurpazioni commesse da terzi sul
fondo e sopportare, in proporzione con il proprietario, le spese delle liti riguardanti proprietà e\o usufrutto.
Il nudo proprietario ha obbligo di curare le riparazioni straordinarie del bene, far fronte a tutti quei carichi a
carattere non annuale posti sulla proprietà, concorrere insieme all'usufruttuario alle spese di lite.
L'usufrutto si estingue per: morte dell'usufruttuario, decorso di trent'anni (persona giuridica), prescrizione (non uso
ventennale); consolidazione (riunione nella stessa persone delle due titolarità); totale perimento del bene; abuso del
diritto da parte dell'usufruttuario (grave mancanza dell'usufruttuario ai suoi obblighi, dichiarato con sentenza
costitutiva dal giudice); rinuncia dell'usufruttuario; annullamento, rescissione, risoluzione del contratto costitutivo
di usufrutto; scadenza del termine eventualmente indicato.
A tutela dell'usufrutto l'usufruttuario può esercitare azioni possessorie, di rivendica dell'usufrutto, azione negatoria
contro chiunque vanti sulla cosa diritti pregiudizievoli dell'usufrutto, azioni di mero accertamento del suo diritto,
azioni di nunciazione.
Il diritto di uso attribuisce al suo titolare (usuario) il potere di servirsi di un bene e, se esso è fruttifero, di
raccoglierne i frutti, ma solo limitatamente a quanto occorre ai bisogni suoi e della sua famiglia; Il diritto di
abitazione conferisce al titolare soltanto il diritto di abitare una casa limitatamente ai bisogni suoi e della sua
famiglia. Questi diritti hanno carattere personalissimo e non possono essere ceduti né locati. La regola
dell'inalienabilità è però derogabile con il consenso del nudo proprietario, per il resto valgono le norme che
disciplinano l'usufrutto.
PARTE 6 – CAPITOLO 8
La servitù consiste nel peso (o limitazione) imposto sopra un fondo (fondo servente) per l'utilità di un altro fondo
(fondo dominante), appartenente a diverso proprietario. La servitù può essere costituita anche per assicurare a un
fondo un vantaggio futuro a vantaggio o a carico di un edificio da costruire o un fondo da acquistare. Essa è posta a
vantaggio del fondo e non del proprietario, che riceve il vantaggio della servitù attraverso il suo bene (predialità). I
fondi devono essere vicini, l'utilità per il fondo dominante consiste in un qualsiasi vantaggio che consenta una
migliore utilizzazione del fondo. Le servitù hanno: appartenenza dei due fondi a proprietari diversi; indivisibilità (è
una qualità del fondo e si estende ad ogni parte di esso e ne è indivisibile); ambulatorietà attiva e passiva (la servitù
si trasferisce insieme al fondo servente o dominante); impossibilità di consistere in un facere (può consistere solo in
un non facere o in un pati del proprietario del fondo servente); normale onerosità.
Servitù apparenti: si manifestano con opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio (ex di acquedotto); non
apparenti: non sono richieste tali opere (pascolo, edificare); affermative: per il cui esercizio è richiesto un
comportamento attivo del proprietario del fondo dominante (passaggio). Affermative continue: per il cui esercizio
non è richiesto il fatto dell'uomo (acquedotto); affermative discontinue: per il cui esercizio è richiesta l'attività
ripetuta del proprietario del fondo dominante (passaggio); negative: comportano un semplice non facere da parte
del proprietario del fondo servente (non costruire); temporanee o perpetue: con riferimento alla loro durata.
volontarie e coattive: a seconda che si costituiscano per volontà dei singoli o della legge. Esigere le servitù
coattive è un diritto potestativo che la legge accorda al proprietario del fondo dominante: non sorgono
automaticamente ma contrattualmente e con sentenza costitutiva del giudice. Il proprietario del fondo servente ha
diritto ad un'indennità. Sono tipiche. Servitù di acquedotto coattivo: consiste nel diritto di far passare acque
proprie attraverso fondi altrui, prevede che il richiedente abbia diritto di disposizione e godimento delle sue acque,
che esse siano sufficienti per l'uso cui sono destinate, che il passaggio richiesto sia il più conveniente per il fondo
servente, che venga costruito un acquedotto se il proprietario del fondo servente non permette il passaggio delle
acque nel suo acquedotto. Servitù di passaggio coattivo: diritto al passaggio sul fondo vicino per accedere alla via
pubblica, nel caso di interclusione assoluta del fondo (manca ogni sbocco sulla via pubblica) o di interclusione
relativa (il passaggio sulla via pubblica comporta grave dispendio o disagio).
La servitù volontaria si acquista per contratto (tra i due proprietari, contratto formale, con effetti reali, normalmente
oneroso; può costituirlo anche l'enfiteuta, l'usufruttuario può solo acquistare servitù a favore) o per testamento. Le
servitù apparenti possono costituirsi anche per usucapione ordinaria o abbreviata, destinazione del padre di famiglia
(acquisto a titolo originario peculiare della servitù, quando mediante qualunque genere di prova si prova che due
fondi attualmente divisi sono stati posseduti dallo stesso proprietario e che questi ha posto o lasciato le cose nello
stato dal quale risulta la servitù. Si costituisce quindi una servitù corrispondente allo stato di fatto preesistente sui
due fondi).
La servitù si estingue per: confusione, prescrizione estintiva ventennale (non uso, nelle servitù negative da quando
il proprietario del fondo servente ha violato il divieto, nelle affermative continue da quando si è verificato un fatto
contrario all'esercizio della servitù, nelle affermative discontinue dall'ultimo atto di esercizio del diritto), scadenza
del termine e verificarsi della condizione risolutiva previsti nel titolo, abbandono del fondo servente da parte del
proprietario che voglia così sottrarsi alle spese per la servitù; rinunzia del proprietario al fondo dominante, totale
perimento di uno dei due fondi. A tutela della servitù: azione di mero accertamento (la servitù si fa riconoscere in
giudizio), azione confessoria (mira ad ottenere la cessazione di impedimenti e turbative alla servitù), azione
possessoria.
PARTE 6 – CAPITOLO 9
Il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro
diritto reale. È una relazione di fatto intercorrente tra un soggetto e un bene, a prescindere dalla sussistenza nel
soggetto stesso della titolarità del diritto di proprietà. I suoi elementi sono: corpus possessionis (comportamento
materiale che il soggetto assume nei confronti del bene, elemento oggettivo) e animus possidendi (volontà del
possessore di esercitare sul bene i poteri del proprietario o del titolare di altro diritto reale, elemento soggettivo).
Sono suscettibili di possesso i beni materiali, le energie naturali, le universalità di cose, i mobili registrati, i tiotli di
credito. Non sono suscettibili di possesso le universalità giuridiche, le parti non separabili di cose composte, le
pertinenze, lo spazio aereo, i beni demaniali.
La detenzione è un mero potere di fatto sulla cosa non accompagnato dall'intenzione di esercitare un'attività
corrispondente ad un diritto reale, animus detinendi e non possidendi. Può avvenire nell'interesse proprio
(qualificata: locatario, appaltatore) o nell'interesse altrui (non qualificata: domestici, depositari).
La presunzione generale di possesso pone il principio generale della presunzione del possesso in virtù del quale
chi esercità il potere di fatto si presume possessori, salvo che si provi che ha cominciato ad esercitarlo
semplicemente come detentore. La presunzione di possesso intermedio: se il possessore fornisce la prova di
possedere ora e di aver posseduto in passato si presume che abbia posseduto anche nel periodo intermedio.
Presunzione di possesso anteriore: se il possessore esercita il suo potere sulla base di un titolo, si presume che
abbia cominciato a possedere dalla data del titolo stesso. La detenzione muta in possesso in causa proveniente da un
terzo (il quale affermi di essere il proprietario del bene e trasferisca il diritto di proprietà al detentore) o in
opposizione del detentore (il quale renda nota al proprietario la propria intenzione di continuare a tenere il bene non
più come detentore bensì per conto ed in nome proprio).
Il possesso si acquista originariamente con l'apprensione fisica della cosa, accompagnata dall'animus possidendi,
tranne se si verifica per tolleranza altrui. Si acquista derivatamente con consegna della cosa (effettiva, se si
trasferisce materialmente, simbolica, se ad es si trasferiscono i documenti relativi la cosa, le chiavi dell'immobile) o
successione. Il possesso si perde quando viene meno uno degli elementi: corpus o animus. La successione alla
morte del possessore continua nel suo erede con gli stessi caratteri che aveva rispetto al defunto. L'accessione del
possesso: il successore a titolo particolare può unire al proprio possesso quello del suo autore ai fini
dell'usucapione, solo se l'autore era in buona fede.
Il possesso legittimo o ad usucapionem deve essere continuo, non interrotto e non violento o clandestino. Il
possesso di buona fede è quello di chi possiede ignorando di ledere l'altrui diritto, la buona fede si presume ed è
sufficiente che sussista al tempo dell'acquisto. Il possesso di buona fede titolato è qualificato dall'esistenza di un
titolo astrattamente idoneo al trasferimento del diritto.
Il proprietario della cosa può agire nei confronti del possessore per far riconoscere il suo diritto ed ottenere la
restituzione del bene, se la domanda di rivendica è accolta il possessore è tenuto a restituire la cosa con in frutti. Se
possessore di buona fede (acquista i frutti maturati in data anteriore alla domanda di rivendica e già separati; deve
restituire quelli percepiti dal momento della domanda, nonché quelli che avrebbe potuto percepire da tale momento
se avesse usato la diligenza del buon padre di famiglia. Se possessore di mala fede deve restituire tutti i frutti,
percepiti e percipiendi fin dal momento in cui ha cominciato a possedere. In ogni caso il possessore ha diritto al
rimborso delle spese fatte.
Colui al quale sono alienati beni mobili da parte di chi non ne è proprietario ne acquista la proprietà mediante il
possesso purché sia in buona fede al momento della consegna e sussista un titolo idoneo al trasferimento della
proprietà: il possesso vale titolo. La norma si applica con i seguenti presupposti: l'oggetto deve essere un bene
mobile non registrato, l'avente causa deve ricevere il possesso ed essere in buona fede al momento della consegna,
il titolo deve essere valido ed astrattamente idoneo a trasferire la proprietà.
LE AZIONI POSSESSORIE – Azione di reintegro o di spoglio: azione con cui il possessore, privato del bene,
chiede, entro l'anno dal sofferto spoglio di essere reintegrato nel possesso dello stesso. Lo spoglio (arbitrata
privazione materiale o compressione parziale del possesso compiuta consapevolmente da un soggetto) deve avere i
requisiti della violenza e della clandestinità. Legittimati attivamente sono il possessore e il detentore, passivo è
l'autore materiale o morale dello spoglio. Azione di manutenzione: è diretta a tutelare i possessori contro le
molestie o le turbative, di fatto o di diritto; è concessa contro lo spoglio non violento o non clandestino. È così
tutelabile soltanto il possesso avente ad oggetto un bene immobile o un'universalità di mobili. Il possesso è
tutelabile solo se ultrannuale, continuo, non interrotto, non acquistato con violenza o clandestinità. Legittimato
attivamente è solo il possessore, passivo è l'autore materiale o morale della molestia o dello spoglio.
LE AZIONI DI NUNCIAZIONE – Azioni affini alle possessorie ma di diversa natura giuridica. Sono azioni
cautelari che tendono alla conservazione di uno stato di fatto, mirando a prevenire un danno o un pregiudizio che
può derivare da una nuova opera o da cosa altrui. Denunzia di nuova opera: azione con cui il proprietario, il
titolare di un diritto reale di godimento o il possessore denunzia un'opera da altri intrapresa e non ancora terminata
(se non è trascorso un anno dal suo inizio) quando abbia ragione di temere che da essa possa derivare danno alla
cosa che forma oggetto del suo diritto o possesso. Denunzia di danno temuto: con cui il proprietario, il titolare di
altro diritto reale di godimento o il possessore, si rivolge all'autorità giudiziaria, quando tema che da cose già
esistenti stia per derivare un danno grave e prossimo alla cosa che forma oggetto del suo diritto. Il giudice dispone
idonea garanzia.
PARTE 6 – CAPITOLO 10
L'usucapione è il mezzo in virtù del quale, per effetto del possesso protratto per un certo tempo e, talora, di altri
requisiti, si produce l'acquisto della proprietà o dei diritti reali di godimento. È giustificato dall'esigenza di rendere
certa e stabile la proprietà e di favorire colui che si occupa di un bene, rendendolo produttivo, rispetto al
proprietario inerte. Con l'usucapione si acquista la proprietà a titolo originario. Perché possa verificarsi il possesso
deve essere continuo e ininterrotto (continuità), né violento né clandestino (possesso non viziato) e prodotto per un
certo periodo di tempo (durata). Può essere oggetto di usucapione un bene in commercio e non demaniale.
L'usucapione ordinaria si compie con il decorso di 20 anni per l'acquisto della proprietà o degli altri diritti reali di
godimento su beni immobili e su universalità di mobili. 10 anni per l'acquisto di tali diritti su mobili registrati.
L'usucapione abbreviata si realizza in presenza di buona fede (ignoranza di ledere con il proprio possesso l'altrui
diritto al momento dell'acquisto del possesso), titolo valido ed astrattamente idoneo al trasferimento del diritto,
trascrizione del titolo (da cui decorre il tempo per usucapire. La durata è di 10 anni per i beni immobili, 3 per i
mobili registrati e 5 per i fondi rustici.
Per i beni mobili se vi è il titolo astrattamente idoneo e la buona fede, l'acquisto è immediato, se manca il titolo si
realizza dopo dieci anni, qualora il possesso sia stato acquistato in buona fede. Se il possessore è in malafede
l'usucapione si compie con il decorso di vent'anni.
PARTE 6 – CAPITOLO 11
I diritti su beni immateriali hanno ad oggetto non il bene materiale in cui si concreta l'idea, bensì l'idea stessa
[romanzo, creazione intellettuale]. Hanno durata limitata nel tempo, perché dopo un certo periodo costituiscono
patrimonio della collettività. Possono essere acquistati solo a titolo di creazione.
Il diritto d'autore tutela quelle opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alla scienza, alla
letteratura, alla musica, alle arti figurativa, all'architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo
o la forma di espressione. Ha contenuto morale (riguardante la paternità dell'opera, diritto di farsi riconoscere
autore dell'opera, diritto di inedito, di modificare l'opera) e patrimoniale (riguardante l'utilizzazione esclusiva
dell'opera, riconosciuto per tutta la vita e per 70 anni successivi alla morte). La natura morale è intrasmissibili,
imprescrittibile e inalienabile, il diritto patrimoniale d'autore si prescrive ed è trasmissibile mediante il “contratto di
edizione”.
Il brevetto è il diritto che tutela la proprietà industriale. Permette il riconoscimento della nuova invenzione, tramite
brevetto, registrazione o negli altri modi previsti dal codice della proprietà industriale, la cui validità perdura per 20
anni dalla data di deposito della domanda. L'invenzione deve essere nuova (novità intrinseca), praticamente
applicabile (industrialità), non deve essere stata ancora divulgata (novità estrinseca).
Sono considerate invenzioni: il modello di utilità è un'invenzione atta a conferire a macchine o a parti di esse, a
strumenti, utensili o ad oggetti particolari, efficacia o comodità di applicazione o d'impiego. Il disegno o modello:
l'aspetto dell'intero prodotto o di una sua parte quale risulta, in particolare, dalle caratteristiche delle linee, dei
contorni, della forma, dei colori, della struttura e/o dei materiali del prodotto stesso e/o del suo ornamento.
PARTE 7 – CAPITOLO 1
Il negozio giuridico è quella particolare figura di atto giuridico lecito i cui effetti non sono prestabiliti dalla legge,
ma son liberamente determinabili dalle parti, in conformità alla volontà manifestamente espressa ed alla causa che
l'atto stesso è obiettivamente capace di raggiungere. È la manifestazione di volontà diretta ad uno scopo pratico che
consiste nella costituzione, modificazione o estinzione di una situazione giuridicamente rilevante.
Esso è un atto giuridico, lecito, consistente in una dichiarazione di volontà, produttivo di effetti giuridici. È la
manifestazione dell'autonomia privata: potere dei privati di regolare da sé i propri interessi. La possibilità di porre
in essere negozi è genericamente definita autonomia negoziale. Può assumere il significato di vincolo (il contratto
ha forza di legge tra le parti) o di libertà (possibilità per i privati di determinare l'effetto del negozio attraverso la
scelta del tipo contrattuale, del contenuto, delle modalità accidentali o di farsi sostituire nella conclusione del
negozio). Libertà di compiere il negozio, di agire a mezzo di sostituti, di determinare il contenuto del negozio nei
limiti imposti dalla legga, di concludere negozi non appartenenti alle categorie previste dalla legge (negozi atipici),
libertà di dare agli atti che si stipulano la forma che si ritiene più idonea, libertà di inserire nel negozio “elementi
accidentali”, libertà di scelta dei contraenti.
Gli elementi essenziali del negozio sono uno o più soggetti, la volontà, la forma, la causa. In alcuni casi ne sono
richiesti altri (per l'assicurazione è richiesto un rischio). Elementi naturali sono quelli che completano la
disciplina, effetti impliciti del negozio o di negozi particolari. Per la loro produzione non è necessario un esplicito
richiamo da parte degli autori del negozio. Elementi accidentali: elementi che non fanno parte del tipo astratto, ma
che in concreto possono essere liberamente apposti dalle parti. Non incidono sulla completezza del negozio ma ne
condizionano l'efficacia. I più comuni sono il termine, la condizione e il modo.
I negozi astratti sono quelli i cui effetti si producono a prescindere dalla causa, che però non manca e viene in
rilievo solo successivamente, l'astrazione deve essere sancita espressamente dalla legge. Ad es. cambiale.
Gli elementi del contratto sono detti requisiti, soggettivi (capacità giuridica e di agire, legittimazione cioè potere del
soggetto di disporre di una determinata situazione giuridica di cui è solitamente titolare), oggettivi.
Le parti del negozio giuridico indicano non i singoli soggetti ma ciascun centro di interessi. Parte in senso formale
(autore del negozio, colui che emette la dichiarazione negoziale), parte in senso sostanziale (che designa il
destinatario degli effetti, cioè il titolare dell'interesse). La parte in senso formale deve essere sempre determinata (in
sua mancanza il negozio è inesistente), la parte in senso sostanziale deve essere semplicemente determinabile. A
seconda del numero di parti: negozi unilaterali, bilaterali, plurilaterali.
Negozi unilaterali possono essere: negozi soggettivamente semplici o unipersonali (la manifestazione di volontà
proviene da una sola persona fisica), negozi unilaterali pluripersonali (promanano da più persone che costituiscono
una parte unica). Negozi unilaterali pluripersonali possono essere: atto collettivo (le dichiarazioni di volontà,
provenienti da più persone e tendenti ad un comune fine ed effetto giuridico si uniscono pur rimanendo fra loro
distinte e discernibili. es delibera d'un condominio), atto collegiale (le dichiarazioni di volontà si fondono e
formano la volontà di un soggetto diverso e propriamente di una persona giuridica, es. deliberazione dell'assemblea
di una SpA), atto complesso (più manifestazioni di volontà, riferite ad un unico interesse, che si fondono in un atto
unico). L'atto complesso eguale (le diverse volontà sono poste sullo stesso piano), atto complesso ineguale (una
volontà è preminente sull'altra, es. inabilitato rispetto al curatore). I negozi unilaterali si distinguono in negozi
recettizi (che per produrre effetti devono essere portati a conoscenza di una determinata persona alla quale devono
essere comunicati o notificati, es. disdetta), non recettizi (producono effetti in virtù della sola manifestazione di
volontà). Nei negozi bilaterali gli effetti provengono dalle dichiarazioni di volontà delle due parti ed hanno effetti
per entrambe, allo stesso modo i negozi plurilaterali. A seconda della natura dei rapporti oggetto dei negozi,
distinguiamo i negozi non patrimoniali (si attengono in genere alla sfera dei rapporti familiari) e i negozi
patrimoniali [rapporti economicamente valutabili, contratti, In relazione al corrispettivo si dividono in onerosi
(quando all'attribuzione in favore di un soggetto faccia riscontro un corrispettivo a carico dello stesso) e gratuiti
(quando manchi tale corrispettivo, es donazioni)].
Negozi a causa di morte: testamento, e vietati tutti i patti successori e le donazioni mortis causa. È l'unico negozio
previsto mortis causa. Negozi inter vivos: tutti gli altri.
PARTE 7 – CAPITOLO 2
La volontà del negozio passa attraverso un processo di formazione ed un momento di esteriorizzazione. Alcuni
rischi possono comportare che la dichiarazione sia stata emessa senza che esista, come substrato, alcuna volontà del
soggetto (mancanza della volontà); vi sia una volontà, ma non corrisponda a quella dichiarata (divergenza tra
volontà e dichiarazione); la dichiarazione corrisponda alla volontà ma questa si è formata in maniera anormale per
effetto di elementi perturbatori (vizi della volontà). Tali casi sono composti da tre interessi: dell'autore dell'atto al
rispetto della sua reale volizione; del destinatario dell'atto al rispetto dell'affidamento da lui riposto nella
dichiarazione; generale alla sicurezza ed alla celerità dello scambio. Il sistema adotta la “teoria dell'affidamento”
secondo la quale se il destinatario della dichiarazione non era in grado di rendersi conto, in base alle circostanze del
caso concreto, della divergenza tra volontà e dichiarazione ed ha, quindi, fatto affidamento sulla dichiarazione
stessa, allora il negozio è valido. In caso contrario è invalido; sempre nei negozi patrimoniali inter vivos a titolo
oneroso. Nei negozi patrimoniali a titolo gratuito, mortis causa e negozi familiari prevale la teoria della volontà, in
base alla quale l'unico elemento che conta è la volontà effettiva del soggetto: se vi è contrasto tra volontà e
dichiarazione il negozio non ha valore giuridico. In materia di indebito soggettivo vale la teoria della responsabilità
che guarda alla buona fede del dichiarante: se il contrasto tra volontà e dichiarazione è dovuto a colpa o dolo del
dichiarante allora non ha alcun rilievo ed il dichiarante deve sopportarne le conseguenze.
Le dichiarazioni non serie (docendi causa) sono tutte le dichiarazioni aventi un contenuto solo apparentemente
giuridico, non hanno alcun valore poiché mancano dei caratteri di riconoscibilità necessari per attribuire ad una
condotta umana il valore di un impegno e chi le recepisce è perfettamente in grado di rendersi conto di una totale
mancanza della volontà dell'atto (ad es. durante una rappresentazione, a scopo didattico, per scherzo)..
La violenza fisica (o assoluta) ricorre quando un soggetto emette una manifestazione di volontà negoziale perché
costretto a viva forza da un altro soggetto. Il negozio così svolto è assolutamente nullo in quanto manca la volontà.
Si ha riserva mentale quando il soggetto intenzionalmente dichiara cosa diversa da quella che vuola, senza che il
destinatario sia in grado di accorgersi della divergenza. Il negozio è perfettamente valido ed efficace.
L'errore ostativo è l'errore del dichiarante che cade sulla dichiarazione (chiedo 100 ma voglio 1000) e sulla
trasmissione della dichiarazione stessa. Tale negozio è annullabile.
Il dissenso è un caso di divergenza tra volontà e manifestazione, tipico dei soli contratti: quando, in seguito ad
errore sulla natura o identità dell'oggetto del contratto o a causa di fraintendimento delle dichiarazioni di una parte,
la controparte aderisce apparentemente ma, in realtà, senza che si sia effettivamente avuto un incontro di volontà.
Può portare all'annullabilità del contratto (se è dipeso da errore ostativo), alla nullità (negli altri casi di non
corrispondenza tra proposta e accettazione).
La simulazione si ha quando le parti, d'accordo, pongono in essere dichiarazioni difformi dall'interno volere. Ha tre
elementi: divergenza voluta (consapevole contrasto tra la dichiarazione e l'effettiva intenzione di chi la pone in
essere), accordo simulatorio (un'intesa precedente o coeva alla dichiarazione, tra le parti sulla divergenza tra il
negozio stipulato e il loro effettivo rapporto, è un accordo diretto a far apparire ciò che non è), intenzione di
ingannare i terzi. La simulazione assoluta si ha quando le parti pongono in essere un dato negozio ma in realtà non
vogliono alcun negozio. La simulazione relativa ricorre quando le parti pongono in essere un dato negozio
(simulato) ma in realtà vogliono un negozio diverso (dissimulato), ad es. faccio una donazione ma la faccio
apparire come una vendita. La simulazione relativa può essere: soggettiva (interposizione fittizia, quando la parte
sostanziale del contratto è diversa da quella formale che appare e presta il proprio nome, presuppone l'accordo
simulatorio tra i 3 soggetti che vi partecipano), o oggettiva (di negozio, che riguarda la natura del negozio o un suo
elemento quale oggetto, prezzo...). La simulazione può aver luogo anche nei negozi unilaterali.
Tra le parti ha effetto la reale situazione occultata sotto l'apparenza del negozio simulato. In caso di simulazione
assoluta il negozio simulato non produce alcun effetto. In caso di simulazione relativa il negozio simulato non
produce alcun effetto, il negozio dissimulato produce effetti se non è vietato dalla legge né privo dei requisiti di
sostanza o di forma richiesti. Nei confronti dei terzi pregiudicati dal contratto simulato (sono senz'altro interessati a
dedurre la simulazione) e possono farne dichiarare la nullità. Nei confronti dei terzi subacquirenti, se essi sono in
buona fede né le parti, né glli aventi causa né i creditori del simulato alienante possono opporre la simulazione, dato
che il terzo in buona fede ha acquistato diritti dal titolare apparente.
I creditori del simulato alienante possono far valere la simulazione che pregiudica i loro diritti. I creditori del
simulato acquirente, se garantiti da pegno o da ipoteca sui beni che formano oggetto della simulata alienazione
vantano un diritto reale sui beni stessi, per cui la simulazione è inopponibile; se i creditori del simulato acquirente
sono chirografari (non garantiti) non vantano un diritto specifico sui beni, per cui la simulazione è loro opponibile.
In caso di conflitto tra i creditori del simulato acquirente e del simulato alienante la legge tutela i creditori del
simulato alienante, quando il loro credito è anteriore all'atto simulato e se essi sono chirografari; tutela i creditori
del simulato acquirente quando il credito dei creditori del simulato alienante è successivo all'atto simulato, oppure
se hanno acquisito un diritto di pegno o di ipoteca sui beni oggetto della simulata alienazione.
L'azione di simulazione è un'azione di mero accertamento tendente a far valere la realtà contro l'apparenza e cioè
l'inefficacia del negozio simulato, tramite la quale il soggetto interessato adisce l'Autorità giudiziaria. I terzi e i
creditori possono dare prova della simulazione con qualsiasi mezzo e senza limiti. Le parti debbono provarla
producendo in giudizio la controdichiarazione (atto in cui le parti hanno oggettivizzato la loro reale e effettiva
volontà), tranne in caso di prova diretta ad accertare la illiceità del negozio: in questo caso anche le parti possono
provare la simulazione con qualsiasi mezzo.
Il negozio indiretto è una figura negoziale che ricorre quando i soggetti, per raggiungere l'effetto perseguibile
attraverso un determinato negozio, seguono una via indiretta, servendosi di un negozio tipico che viene adattato ad
uno scopo diverso da quello che ne costituisce la causa. È valido purché non frodi la legge. Le parti vogliono
realmente gli effetti giuridici del negozio. Il negozio fiduciario si ha quando un soggetto conferisce un ampio
potere ad un'altra parte, che assume l'obbligo personale di servirsi della posizione acquisita entro i limiti di quel
fine. Trasferisce un potere ad un fiduciario anche se solo temporaneamente. Il trust: un soggetto pone dei beni sotto
il controllo di un altro soggetto [trustee] che ne diventa amministratore fiduciario. I beni non entrano nel patrimonio
del trustee ma costituiscono un patrimonio separato autonomo.
Sono vizi della volontà quegli elementi perturbatori che si inseriscono nel processo formativo della volontà
fuorviandola e determinandone una formazione anormale. La volontà non manca e non è difforme dalla
dichiarazione ma nasce malata dal vizio: errore, dolo e violenza che producono l'annullabilità del negozio entro
cinque anni. La volontà nasce in modo viziato.
L'errore è una falsa rappresentazione della realtà, ad esso è equiparata l'ignoranza (mancanza di qualsiasi nozione
di un dato fatto). L'errore può essere e. ostativo (cade sulla dichiarazione o sulla sua trasmissione, determinando
un'inconsapevole divergenza tra volontà e dichiarazione, non rientra tra i vizi della volontà poiché c'è divergenza
totale tra volontà e dichiarazione e quindi mancanza della volontà, è tuttavia disciplinato allo stesso modo dell'e.
vizio) o e. vizio (incide sul processo formativo della volontà, in quanto l'ignoranza o la falsa rappresentazione di un
dato della realtà induce un soggetto a stipulare un negozio). L'e. vizio può cadere su una circostanza di fatto o di
diritto, distinguendosi in e. di fatto o e. di diritto (ignoranza o falsa conoscenza circa l'esistenza, il significato o
l'applicabilità di una norma giuridica, è causa di annullamento quando abbia costituito la ragione unica o principale
del consenso). L'errore determina l'annullabilità ed ha rilevanza soltanto se riconoscibile dall'altro contraente.
Per essere causa di annullabilità del negozio l'errore deve essere essenziale (tale da determinare la parte a
concludere il negozio: se cade sulla natura o sull'oggetto del negozio, sull'identità dell'oggetto della prestazione o su
una qualità di esso che deve ritenersi determinante del consenso, sull'identità o sulle qualità della persona dell'altro
contraente se siano state determinanti del consenso, se in caso di errore di diritto è stata la ragione unica o
principale del negozio, matrimonio, accettazione dell'eredità, transazione e confessione non sono annullabili,
l'errore sui motivi non è considerato essenziale quindi non rilevante ai fini dell'annullabilità, l'errore di calcolo porta
alla rettifica tranne che non sia stato determinante del consenso.), riconoscibile (quando, in relazione al contenuto,
alle circostanze o alla qualità dei contraenti, una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo, vale
soltanto nelle ipotesi di errore unilaterale). Tramite i seguenti criteri opera il principio della tutela dell'affidamento.
La violenza morale consiste nella minaccia di un male ingiusto e notevole, posta in essere per determinare un
soggetto a compiere un negozio. Agisce sulla volontà negoziale del minacciato, determinandola in un senso in cui,
altrimenti, non si sarebbe oggettivata. È diversa dal timore riverenziale cioè il timore che il soggetto nutre nei
confronti di una persona e nel cui caso il negozio non è annullabile. La violenza morale è causa di annullamento.
Per causarlo deve consistere nella minaccia di un male notevole (di un'entità così grave da fare impressione su una
persona sensata, avuto riguardo di età, sesso e condizioni della persona), ingiusto (antigiuridico, il male che un
soggetto può infliggere ad un altro soggetto ponendosi contro la legge), diretto alla persona o ai beni dello stesso
contraente (o del coniuge o di un discendente o di un ascendente di questo).
Il dolo è ogni artificio o raggiro con cui un soggetto (deceptor) induce un altro soggetto (deceptus) in errore,
determinandolo a porre in essere un negozio che, altrimenti, non sarebbe stato concluso, o lo sarebbe stato a
differenti condizioni. Il dolo quale vizio della volontà si concreta nella particolare azione di chi inganna o raggira. È
commissivo se consiste in un comportamento attivo della controparte o del terzo, è omissivo se abbiano rilevanza
anche menzogna [induzione in errore attraverso l'affermazione di cosa non vera] e reticenza [omessa
comunicazione di cosa vera]. Il dolus malus è quello che vizia il negozio [definito prima] il dolus bonus
corrisponde alla normale esaltazione pubblicitaria che, in genere nel campo del commercio, si fa della propria
merce o delle proprie prestazioni, non ha alcuna rilevanza sulla validità del negozio. Il dolo determinante è quello
senza il quale il negozio non sarebbe stato concluso [determina l'annullabilità del negozio, e il risarcimento del
danno da parte del suo autore], il dolo incidente è quello senza il quale il negozio sarebbe stato ugualmente
concluso ma a condizioni meno gravose [il negozio resta valido, ma il contraente in malafede è tenuto a risarcire i
danni all'altro]. Il dolo, per essere rilevante deve essere determinante [senza di esso l'altra parte non avrebbe
contrattato] e deve provenire da uno dei contraenti, o se provenga da un terzo, deve essere noto alla parte che ne ha
tratto vantaggio.
PARTE 7 – CAPITOLO 6
Perché la volontà del soggetto sia idonea a produrre gli effetti che si propone [e acquistare rilevanza giuridica], è
necessario che essa sia manifestata e resa così conoscibile ai terzi. La volontà negoziale si manifesta tramite la
forma, elemento essenziale del negozio giuridico che non può mancare in alcun negozio. Si distingue in
dichiarazione espressa (parole, scritti, cenni e qualunque mezzo che renda palese agli altri il pensiero),
manifestazione tacita (comportamento che non costituisce direttamente un mezzo di espressione e comunicazione
ma presuppone e realizza una volontà e così indirettamente la manifesta).La volontà negoziale, a volte, si manifesta
direttamente con la realizzazione dello scopo: negozio di attuazione.
L'ordinamento prevede la libertà della forma, espressione del principio di autonomia contrattuale che consente al
dichiarante di manifestare la propria volontà nella forma che preferisce. In alcuni casi l'ordinamento subordina la
validità del negozio ad una forma determinata [ad substantiam], il che risponde all'esigenza di richiamare
l'attenzione del dichiarante sull'importanza dell'atto che compie e predisporre una documentazione che dia certezza
dell'atto stesso (i negozi per cui è prevista sono detti solenni o formali). L'atto può essere pubblico o una scrittura
privata. La forma ad substantiam è un onere per il dichiarante, senza il quale il negozio è nullo. A volte la forma è
richiesta dalla legge per la prova del negozio [forma ad probationem], la sua mancata osservanza influisce solo
sulla possibilità di provare il negozio e non sulla sua validità. Il principio della forma per relationem indica che
tutti i patti di modifica del contratto già stipulato richiedono la stessa forma prevista per il contratto sul quale
incidono. Il documento informatico è la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti,
ha efficacia giuridica e probatoria. Se sottoscritto con firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata fa
piena prova fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l'ha sottoscritto.
La volontà si intende manifestata nel momento in cui il soggetto l'ha esteriorizzata. Nei negozi bi\plurilaterali si
forma al momento dell'incontro delle due o più volontà. Nei negozi unilaterali recettizi il negozio si forma quando
la dichiarazione è emessa ed è efficace quando giunge a conoscenza del destinatario. Nei negozi unilaterali non
recettizi: il negozio si perfeziona ed è efficace al momento della manifestazione, non occorrendo che essa sia
portata a conoscenza di alcuno.
PARTE 7 – CAPITOLO 4
La causa è un elemento essenziale del negozio giuridico, la cui mancanza, comporta la nullità dell'atto. La teoria
soggettiva viene fatta coincidere con lo scopo che induce ciascun contraente ad assumere il vincolo giuridico, con
una evidente esaltazione della volontà individuale a discapito di una valutazione globale. La teoria oggettiva
conduce alla elaborazione del concetto di causa come funzione economico-sociale dello strumento negoziale
adoperato dai privati. Essa è individuata nella sintesi degli effetti essenziali che il negozio è obiettivamente idoneo
a produrre. La causa è la funzione tipica e astratta del negozio. La causa in astratto è la funzione economico-sociale
che il negozio obiettivamente tende a realizzare, si identifica con il tipo contrattuale descritto dalla legge. In
concreto è la funzione economico-individuale che le parti intendono realizzare con la conclusione del contratto.
La causa va tenuta distinta dai motivi che sono le rappresentazioni soggettive che determinarono il singolo a
concludere il negozio. La causa è elemento impersonale ed oggettivo, i motivi sono personali e soggettivi. La causa
è elemento tipico e costante, i motivi sono atipici e variabili. I motivi sono irrilevanti tranne in alcuni casi previsti
dalla legge: motivo illecito comune ad entrambe le parti, annullabilità di testamento e\o donazione se essi siano
effetto di errore sul motivo, il motivo risulti dall'atto e sia stato il solo ad averlo determinato.
I negozi tipici sono quelli che corrispondono ai tipi fissati dalla legge, forniti di propria denominazione e di
specifica ed autonoma disciplina. Sono tipici tutti i negozi personali e di diritto familiare, i negozi unilaterali. I
negozi atipici sono quei negozi posti in essere dai soggetti e non corrispondenti ai tipi previsti e particolarmente
disciplinati dalla legge, sono subordinati a due limiti fondamentali: sono soggetti alle norme ed ai principi generali
dell'ordinamento [per quanto riguarda effetti e requisiti] e devono essere diretti a realizzare un interesse meritevole
di tutela secondo l'ordinamento giuridico. I negozi atipici subiscono il controllo di liceità (comporta una indagine
sulla conformità o meno alle norme e ai principi dell'ordinamento.) e di meritevolezza (comporta una indagine sulla
realizzazione di un interesse che sia valutato positivamente dal legislatore).
I negozi misti sono il risultato della fusione delle cause di due o più negozi tipici. Ad esempio: contratto di
posteggio (nel quale confluiscono la causa della locazione, spazio occupato dall'auto, e la causa del deposito,
obbligo di custodia del posteggiatore); contratto di pensione (nel quale sono individuabili la causa della locazione,
occupazione della camera e la causa del contratto di lavoro domestico, vitto e servizi di pulizia). I negozi collegati:
quando una complessiva funzione economica si realizza solo attraverso il ricorso a più negozi, ciascuno dei negozi
utilizzati produce gli effetti propri che concorrono insieme all'unico risultato.
I negozi causali sono quelli che non producono alcun effetto in caso di mancanza o illeicità della causa; i negozi
astratti sono quelli i cui effetti si producono prescindendosi dalla causa, che viene, in un primo momento,
accantonata, pur potendo venire eventualmente in rilievo successivamente, l'astrazione deve essere sancita dalla
legge. L'astrazione può essere sostanziale o materiale (in cui il funzionamento del negozio è svincolato dalla
causa, perché il negozio, se pure la causa manchi o sia illecita, produce inizialmente i suoi effetti, ma la reazione
dell'ordinamento è ad effetto ritardato, ad esempio cambiale) oppure processuale o formale (che non è vera
astrazione, ma è solo ipotesi di inversione dell'onere della prova, i casi previsti sono tassativi: la promessa di
pagamento e la ricognizione del debito).
Un negozio giuridico può mancare ab origine (si ha allora il difetto genetico della causa che può essere totale o
parziale) oppure in momento successivo (difetto funzionale o sopravvenuto della causa). Il difetto genetico ricorre
nei negozi tipici quando la causa non svolge la funzione che le è propria e nei negozi atipici quando il negozio è
diretto a conseguire scopi non meritevoli di tutela secondo l'ordinamento perché futili o illecito, comporta la nullità
dell'atto. Il difetto genetico parziale di causa si ha per i soli contratti a prestazioni corrispettive [contratti
sinallagmatici] e consiste in una sproporzione fra le due prestazioni, in questi casi il contratto non è nullo ma è
previsto che la parte danneggiata ne possa richiedere la prestazione. Il difetto funzionale ricorre quando la causa
viene a mancare in un momento successivo a quello della stipulazione del contratto, può verificarsi solo per i
contratti a prestazioni corrispettive e in particolare nei casi di impossibilità sopravvenuta della prestazione,
eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione ed inadempimento di una parte, il soggetto danneggiato può
chiedere la risoluzione del contratto. Il negozio può essere nullo anche per illiceità della causa: quando essa è
contraria a norme imperative o all'ordine pubblico (negozio illegale) o al buon costume (negozio immorale).
Il negozio in frode alla legge (che costituisce il mezzo per eludere una norma imperativa) è nullo poiché la sua
causa è reputata illecita. Il negozio contrario alla legge in cui i soggetti mirano direttamente a raggiungere un
risultato vietato. Il negozio in frode ai creditori ha lo scopo di danneggiare specificamente i creditori sottraendo
loro la garanzia patrimoniale.
PARTE 7 – CAPITOLO 5
La rappresentanza è quella figura di sostituzione per cui un determinato soggetto (rappresentante) ha il potere di
agire in nome e per conto di un altro soggetto (rappresentato) e gli effetti dei negozi compiuti dal primo ricadono
direttamente nella sfera giuridica del secondo. Caratteristiche: altruità dell'interesse.
La rappresentanza diretta si ha quando il rappresentante agisce non solo per conto (nell'interesse) del
rappresentante, ma anche nel nome di questo, con la spendita del nome altrui e il verificarsi degli effetti del negozio
direttamente ed unicamente nella sfera giuridica del rappresentato. Il rappresentante è parte in senso formale del
negozio, mentre in senso sostanziale lo è il rappresentato che assume la titolarità del negozio o, meglio, del
rapporto negoziale. La rappresentanza indiretta si ha quando il rappresentante agisce solo per conto, ma non nel
nome del rappresentato. Essa non è vera e propria ipotesi di rappresentanza, mancando del carattere essenziale di
questa che è l'agire in nome oltre che per conto altrui. C'è mancata spendita del nome altrui e il realizzarsi degli
effetti del negozio nella sfera giuridica del rappresentante per cui sarà necessario il compimento di una ulteriore
attività affinché tali effetti possano rilevarsi definitivamente in capo al rappresentato [interposizione reale di
persona]. La rappresentanza legale: il potere di rappresentanza è conferito dalla legge ovvero dall'interessato.
[Genitori e figli minorenni, tutore, protutore, curatore dello scomparso]. La rappresentanza volontaria trova la
sua fonte esclusivamente nella volontà dei soggetti, è conferita attraverso un negozio apposito: la procura. La
rappresentanza organica: non vi è scissione tra ente e persona che agisce a suo nome, ma tra di essi si instaura un
rapporto di compenetrazione (immedesimazione organica) che vale ad escludere una sostituzione dell'organo
all'ente, costituendo il primo parte integrante del secondo cui andrà imputata ogni attività svolta dall'organo
nell'esercizio delle sue funzioni.
La rappresentanza volontaria non è ammessa in tutti quei negozi che per legge possono essere compiuti
esclusivamente dal titolare del diritto, sono i cosiddetti negozi personalissimi (testamento, donazione, matrimonio,
negozio familiare).
La procura è il negozio col quale una persona conferisce ad un'altra il potere di rappresentarla. È un atto a
rilevanza esterna, perché incide sui rapporti esterni tra il rappresentato ed i terzi. Va conferita con la stessa forma
prescritta dalla legge ad substantiam o ad probationem per il negozio che il rappresentante deve concludere. Fuori
da tali ipotesi la forma della procura è libera: può essere conferita anche verbalmente o per comportamenti
concludenti. È un negozio giuridico unilaterale, recettizio e preparatorio. Può essere espressa (se l'interessato
conferisce ad un soggetto il potere di rappresentanza), tacita (risulta da fatti concludenti), generale (riguarda tutti gli
affari del rappresentato, solitamente di ordinaria amministrazione), generica (riguarda una specifica categoria di
atti), speciale (riguarda solo uno o più affari determinati). Il rappresentante ha la facoltà di gestire l'affare in nome e
per conto del rappresentato (non l'obbligo) il quale, in genere, accompagnerà alla procura un rapporto di mandato o
un altro rapporto gestori in base al quale la gestione dell'affare in nome e per conto diviene obbligatoria (mandato).
La capacità di diventare titolare dei rapporti giuridici negoziali deve essere valutata con riferimento alla persona
del rappresentato, poiché nella sua sfera giuridica si produrranno gli effetti giuridici del negozio compiuto dal
rappresentante. Il rappresentato che conferisce procura deve essere capace d'agire, per il rappresentante è sufficiente
la capacità d'intendere e di volere, avuto riguardo alla natura e al contenuto del contratto). Per individuare vizi della
volontà o stati soggettivi si guarda alla persona del rappresentante, poiché egli è presente alla stipulazione del
contratto e sua è la dichiarazione di volontà. Il negozio sarà annullabile se la volontà del rappresentante si è formata
in modo viziato. Se il vizio riguarda elementi predeterminati del rappresentato, il negozio sarà annullabile se era
viziata la volontà del rappresentato. Il contratto concluso dal rappresentante in nome e per conto del rappresentato
vincola costui soltanto se il primo ha agito nei limiti delle facoltà concessegli. Si ha abuso di potere quando il
rappresentante abbia fatto cattivo uso del proprio potere di rappresentanza, agendo per un fine diverso da quello per
cui il potere era stato conferito, cioè perseguendo un interesse proprio o di terzi in contrasto con gli interessi del
rappresentato, ad es: contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi con il rappresentato, contratto
concluso dal rappresentante con se stesso. Si ha eccesso di potere quando il rappresentante abbia agito superando i
limiti fissati dalla procura; difetto di potere quando nel caso del falsus procurator, del soggetto, cioè che si sia finto
rappresentante senza averne i poteri. In questi due casi il contratto concluso da chi ha agito come rappresentante
non vincola il rappresentato, l'atto è inefficace. Colui che ha compiuto il negozio è tenuto a risarcire, a titolo di
responsabilità precontrattuale, al terzo contraente i danni che questo abbia sofferto per avere confidato senza sua
colpa nella validità del contratto. La ratifica è un negozio unilaterale e recettizio con cui il rappresentato conferisce
efficacia al negozio compiuto in suo nome dal falsus procurator o dal rappresentante che abbia ecceduto dai limiti
della procura, accettandone gli effetti nella propria sfera. È una specie di procura successiva e, come questa, può
essere espressa o tacita e ha effetto retroattivo.
PARTE 7 – CAPITOLO 6
Gli elementi accidentali del negozio giuridico (condizione, termine, modus o onere) sono quegli elementi che le
parti possono liberamente apporre ad un negozio giuridico, influenzandone in tal modo l'efficacia. Si tratta di
elementi che possono mancare ma che, una volta inclusi nel contenuto di un negozio diventano, per le parti,
vincolanti ed essenziali. Sono strumenti attraverso i quali si dà rilevanza ai motivi individuali. Gli elementi
accidentali generali possono essere introdotti in tutte le categorie negoziali (condizione, termine e modus), quelli
particolari sono previsti solo per alcuni tipi di negozio (clausola penale e caparra).
La condizione è un avvenimento futuro ed incerto al cui verificarsi le parti subordinano l'inizio del negozio
(condizione sospensiva, che dà diritto ad un'aspettativa legalmente tutelata) o la cessazione (condizione risolutiva)
dell'efficacia del negozio. Deve riguardare un avvenimento futuro (non ancora verificatosi) e incerto (sia
obiettivamente impossibile prevedere con certezza il suo verificarsi o meno), deve inoltre essere possibile e lecita.
La condizione riguardo all'evento si riferisce ad un avvenimento determinato nel tempo (quando tizio sarà
maggiorenne) o indeterminato nel tempo (quando tizio si sposerà). Riguardo agli effetti può essere sospensiva
(dalla quale dipende l'inizio di efficacia del negozio, se ti laurei ti regalo l'orologio) o risolutiva (da cui dipende la
cessazione degli effetti del negozio). Rispetto alla causa produttrice dell'avvenimento può essere casuale (il cui
verificarsi dipende dal caso o dalla volontà di terzi), a condizione mista (il cui verificarsi dipende in parte dalla
volontà di un terzo o dal caso e in parte dalla volontà di una delle parti), potestativa vera e propria (il fatto è
puramente volontario, non indifferente da compiere poiché si riferisce a qualche apprezzabile interesse per la parte),
meramente potestativa o arbitraria (fatto volontario dipendente dal mero arbitrio della parte). Si ha pendenza finché
dura una situazione di incertezza riguardo la condizione che non si è verificata ma può ancora verificarsi. Ciascuna
parte deve comportarsi, durante la pendenza, secondo buona fede, per conservare integre le ragioni dell'altra parte.
Si ha mancanza quando l'evento dedotto in in condizione non si è verificato ed è certo che non può più verificarsi,
per causa non imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento, in tal caso se la condizione è
sospensiva il negozio resta inefficace, se la condizione è risolutiva gli effetti del negozio diventano definitivi. Se la
causa di non avveramento sia imputabile alla parte che aveva un interesse contrario è prevista una sorta di
risarcimento in forma specifica di natura sanzionatoria che consiste nel considerare avverata la condizione.
Al verificarsi della condizione la situazione giuridica diventa definitiva con efficacia retroattiva. Se la c. è
sospensiva gli effetti del negozio si considerano prodotti ex tunc, dal momento della formazione del negozio; se la
c. è risolutiva gli effetti del negozio cadono ex tunc, facendo venir meno gli effetti già prodotti; sono possibili
eccezioni per volontà delle due parti o per natura del rapporto. La condizione illecita è quella contraria a norme
imperative, dell'ordine pubblico o al buon costume [negli atti tra vivi rende nullo il negozio, negli atti di ultima
volontà si ha per non apposta salvo che risulti come motivo unico determinante della disposizione]. La condizione
impossibile può essere fisica o giuridica [per atti impossibili da compiere fisicamente o giuridicamente, se
sospensiva rende nullo il negozio, se risolutiva si considera non apposta (l'atto resta efficace); in atti di ultima
volontà si ha per non apposta salvo che....]. Alcuni negozi giuridici non sopportano l'apposizione di condizione:
determinati negozi (actus legitimi) che, per loro natura, non tollerano la condizione: matrimonio, negozi di diritto
familiare, accettazione e rinunzia all'eredità, accettazione e girata cambiaria.
Il termine è un avvenimento futuro [non ancora verificatosi] e certo [immancabilmente dovrà verificarsi, può però
essere incerto il momento] dal quale le parti fanno dipendere l'inizio o la cessazione di efficacia del negozio
giuridico. Il termine di efficacia è quello da cui si fanno dipendere gli effetti del negozio (termine iniziale: indica il
momento a partire dal quale debbono prodursi gli effetti del negozio; termine finale: indica il momento fino al
quale debbono prodursi gli effetti del negozio); il termine di scadenza è quello che riguarda il momento in cui
l'obbligazione deve essere eseguita in presenza di un negozio immediatamente efficace; il termine del diritto è
quello che è fissato dalle parti relativamente ai diritti che per legge non hanno durata perpetua o indeterminata; Il
termine non mette in dubbio gli effetti del negozio, ma li differisce e li fa cessare in un momento successivo. Si ha
pendenza del termine finché esso non si è ancora verificato, il diritto non può essere esercitato ma, se una parte
adempie la sua obbligazione, non può chiederne la restituzione e potrà solo essere rimborsata del vantaggio arrecato
all'altra parte adempiendo prima. Nel momento di scadenza del termine si verificano o vengono meno gli effetti del
negozio, senza effetti retroattivi [ex nunc]. Gli actus legitimi sono matrimonio, negozi di diritto familiare,
disposizioni testamentarie a titolo universale, accettazione e rinuncia all'eredità.
Il modus o onere è, secondo la dottrina tradizionale, una clausola accessoria che si appone ai soli atti di liberalità
(istituzione di erede, legato, donazione) allo scopo di limitarne gli effetti [ti dono un immobile con l'obbligo di
portare ogni mese dei fiori sulla mia tomba]. Alcuni sostengono sia un negozio autonomo. Se lecito o impossibile si
ha per non apposto, tranne che risulti essere stato il solo motivo determinante della liberalità. L'impossibilità
sopravvenuta libera l'obbligato che non è comunque tenuto nella esecuzione del modus oltre il valore di ciò che ha
ricevuto.
PARTE 7 – CAPITOLO 7
La legge richiede che i negozi giuridici e gli altri tratti di autonomia privata presentino determinati elementi o
requisità, se essi mancano o è viziato, il negozio è difforme dalla legge e non è in grado di produrre i suoi effetti, è
quindi inefficace. L'inefficacia in senso ampio comprende i casi in cui la mancanza di effetti derivi da un fattore
intrinseco (vizio che inficia il negozio nella sua stessa struttura), consiste in una situazione permanente e patologica
che può derivare o dalla mancanza nell'atto di quel minimum richiesto per la sua stessa esistenza (inesistenza), o dal
fatto che il negozio è manchevole o viziato in qualche suo elemento o requisito essenziale (invalidità che può
comportare nullità o annullabilità). Nullità e annullabilità sono rimedi contrattuali. Con la nullità si tutela un
interesse pubblico superindividuale (il negozio non è vincolante e perde qualsiasi valore dal momento della sua
conclusione). Con l'annullabilità si tutela l'interesse particolare di una parte nei confronti dell'altra, il negozio è
annullabile e produce temporaneamente efficacia fin quando non sarà annullato su domanda della parte interessata.
L'inefficacia in senso stretto comprende i casi in cui la mancanza di effetti derivi da un fattore estrinseco (un
inettitudine transitoria del negozio a produrre effetti per una qualunque ragione non patologica). Si ha inesistenza
del negozio quando questo non è solo viziato ma manca addirittura di quel minimum di elementi necessari per
poter essere concepito, qualificato o identificato come negozio giuridico. Gli effetti dell'inesistenza: il negozio
inesistente non ammetta mai convalida; non produce alcun effetto, nemmeno indiretto; non può convertirsi.
Il negozio è nullo quando manca uno degli elementi essenziali, la causa è illecita, il motivo è illecito, l'oggetto è
impossibile, illecito, indeterminato ed indeterminabile, è contrario a norme imperative: è contrario a norme di
legge. Tra le parti il negozio nullo non produce effetti, se è stato già eseguito le prestazioni già effettuate
costituiscono un indebito (indebito oggettivo) e devono essere restituite perché prive di titolo. Nei confronti di terzi:
se un terzo ha acquistato un diritto da colui al quale il diritto stesso è stato trasferito in base ad un negozio nullo, la
sentenza che ha dichiarato la nullità del negozio di trasferimento travolge anche il diritto del terzo. La nullità può
essere totale o parziale (se riguarda solo una o più clausole del negozio). I caratteri della nullità: improduttività di
effetti; assolutezza (la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse); rilevabilità d'ufficio (può
essere rilevata d'ufficio dal giudice senza domanda di parte); insanabilità (il negozio nullo non può sanarsi né per
convalida né per prescrizione); imprescrittibilità; efficacia retroattiva della dichiarazione di nullità; natura
dichiarativa. Un negozio nullo può produrre gli effetti di un negozio diverso, del quale contenga i requisiti di
sostanza e forma (convertibilità del negozio nullo). I requisiti della conversione: elemento soggettivo (deve
potersi presumere che le parti avrebbero voluto il negozio cui dà luogo la conversione, se fossero state a
conoscenza della nullità del negozio che hanno posto in essere. È richiesta un'interpretazione della ipotetica volontà
delle parti e del loro scopo), elemento oggettivo (il negozio deve contenere i requisiti di forma e sostanza del
negozio in cui dovrà essere convertito). In caso di clausole nulle l'ordinamento tramite l'inserzione automatica di
clausole anziché vanificare l'intero regolamento negoziale, si sostituisce alle parti imponendo un regolamento
negoziale diverso.
L'annullabilità deriva dalla violazione di norme che mirano a tutelare particolarmente una delle parti, che versi in
una posizione di menomazione a causa delle sue condizioni o della sua situazione individuale: gli è concessa la
facoltà di scegliere se mantenere o meno in vita il negozio. Il negozio è annullabile in caso di vizio del consenso,
incapacità legale o naturale della parte, in tutti gli altri casi previsti dalla legge. Le sue caratteristiche: efficacia
interinale (temporanea) del negozio annullabile (finché il negozio non viene annullato produce i suoi effetti),
relatività (l'annullamento può essere domandato soltanto dalla parte nel cui interesse è stabilito dalla legge),
irrilevabilità d'ufficio (il giudice non può agire senza domanda di parte), sanabilità (il negozio annullabile può
sanarsi per prescrizione dell'azione dell'annullamento o per convalida), prescrittibilità (l'azione di annullamento ha
termine quinquennale dal giorno in cui è cessata la causa che ha dato luogo al vizio del negozio, oppure dal giorno
in cui questo è stato concluso in caso di incapacità naturale) natura costitutiva dell'azione di annullamento.
L'annullamento ha efficacia retroattiva tra le parti, distruggendo gli effetti prodotti dal negozio, come se non si
fossero mai verificati: chi ha ricevuto una prestazione è tenuto a restituirla per intero, l'incapace deve restituire solo
quanto della prestazione è stato rivolto a suo vantaggio. Nei confronti di terzi, in caso di incapacità legale si
estendono gli effetti retroattivi dell'annullamento; se l'annullamento deriva da altre cause, la sentenza non
pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi in buona fede. Il negozio annullabile può essere sanato
tramite convalida: negozio con il quale il soggetto legittimato a proporre l'azione di annullamento rinunzia al dritto
di annullamento sanando il negozio stesso. Può essere espressa (manifesta volontà della parte di confermare il
negozio tramite apposita dichiarazione che indichi il negozio annullabile, il motivo di annullabilità e la
dichiarazione che si intenda convalidare il negozio) o tacita (quando la parte dà esecuzione volontaria ala negozio
conoscendo il motivo di annullabilità). L'affidamento indica la preferenza accordata alla buona fede del
destinatario di una dichiarazione negoziale che sia viziata nella volontà. Non può opporsi l'invalidità del negozio a
colui che ha fatto legittimo affidamento sulla sua perfezione ed efficacia. Il principio di conservazione è un
principio generale dell'ordinamento secondo il quale il prodotto dell'autonomia negoziale deve mantenersi in vigore
il più possibile, evitando che l'autonomia negoziale, una volta esercitata, resti improduttiva di effetti, e che il
negozio concluso sia posto nel nulla. Inefficacia relativa (il negozio è valido ma non produce i suoi effetti nei
confronti di alcuni soggetti); inefficacia per la presenza di cosiddetti requisiti volontari di efficacia (si ha quando le
parti abbiano apposto elementi accidentali); inefficacia per mancanza di legittimazione (es. vendita di cosa altrui);
inefficacia per mancanza dei requisiti legali di efficacia.
Il negozio giuridico è irregolare quando, pur essendo perfettamente valido ed efficace, abbia violato qualche
comando legislativo, la cui sanzione non si riflette sull'atto, ma consiste in una pena per chi lo ha posto in essere.
PARTE 8 – CAPITOLO 1
L'obbligazione non è definita dal codice, ma il suo concetto si ricava dall'interpretazione delle norme che regolano
il rapporto obbligatorio. È individuata in dottrina da due concezioni: personale (fa perno sulle norme in materia di
adempimento, individua l'oggetto dell'obbligazione nella prestazione quale attività dovuta dal debitore),
patrimoniale (poggia sulle norme relative all'adempimento del terzo e all'esecuzione in forma specifica per
individuare l'oggetto dell'obbligazione nel bene che il debitore deve al creditore). Entrambe sono concezioni
incomplete. L'obbligazione consiste in un rapporto giuridico avente ad oggetto un comportamento del soggetto
passivo patrimonialmente valutabile al fine di soddisfare un interesse anche non patrimoniale del creditore. È lo
specifico dovere giuridico in forza del quale un soggetto, il debitore, è tenuto ad una prestazione patrimoniale per
soddisfare l'interesse di un altro soggetto, il creditore. L'obbligazione crea un vincolo giuridico tra le parti
differenziando l'obbligazione da altri obblighi di natura morale o religiosa. Essa si scompone in debito (dovere di
adempiere la prestazione) e responsabilità (assoggettamento del patrimonio del debitore al potere coattivo del
creditore). È fonte di obbligazione ciascun fatto giuridico dal quale trae origine la stessa: contratti, fatti illeciti e
ogni altro atto o fatto idoneo a produrre un'obbligazione. Alcune fonti hanno natura negoziale, altre hanno natura
non negoziale e danno vita al rapporto obbligatorio anche senza o contro la volontà di chi diviene obbligato.
Il debito è la posizione giuridica passiva del rapporto obbligatorio ed ha come suo contenuto il dovere di adempiere
ad una determinata prestazione. Il credito è il diritto all'adempimento, ossia la pretesa giuridicamente tutelata del
creditore ad ottenere la prestazione, è un diritto soggettivo patrimoniale. L'oggetto dell'obbligazione consiste nella
prestazione, comportamento cui è tenuto il debitore. La prestazione deve avere i seguenti requisiti: patrimonialità
(deve poter essere valutata economicamente), possibilità, liceità, determinatezza o determinabilità (deve essere
accertabile mediante un processo oggettivo e logico, con esclusione di apprezzamenti individuali). L'interesse del
creditore a conseguire la prestazione (che è DEVE essere patrimoniale) può anche non essere patrimoniale ma deve
essere socialmente apprezzabile quindi degno di tutela giuridica. Il debitore ed il creditore devono comportarsi
secondo le regole della correttezza, espressione del generale principio di buona fede nell'esercizio dei propri diritti e
nell'adempimento dei propri doveri. È un obbligo etico di comportamento.
Le obbligazioni imperfette sono quelle a cui l'ordinamento riconosce solo alcuni degli aspetti tipici della disciplina
del rapporto obbligatorio. Come l'obbligazione naturale: quando l'ordinamento riconosce rilevanza giuridica a
semplici doveri sociali e morali, i suoi elementi sono l'esistenza di un dovere morale e sociale e un adempimento di
contenuto patrimoniale, i suoi requisiti sono la capacità e la spontaneità di chi adempie. [ad es: se un pagamento è
stato effettuato non si può ottenere la restituzione di ciò che si è spontaneamente prestato, salvo in casi di
incapacità]. Casi di obbligazioni naturali: esecuzione spontanea di una disposizione fiduciaria, pagamento del
debito prescritto, pagamento di un debito di gioco o di una scommessa. È di carattere incoercibile [nessuno può
essere costretto giudizialmente ad eseguire l'obbligo] e irripetibile [nessuno può farsi restituire ciò che ha
spontaneamente prestato].
PARTE 8 – CAPITOLO 2
L'aspetto soggettivo d'obbligazione ha 2 principi fondamentali: dualità dei soggetti (il rapporto intercorre tre 2
distinti titolari, portatori di interessi corrisposti, possono essere anche più di due nei casi in cui una delle parti del
rapporto o entrambe sia soggettivamente complessa) e principio della determinatezza dei soggetti (essi devono
essere determinati o almeno determinabili dagli elementi del rapporto al momento della nascita dell'obbligazione).
L'obbligazione parziaria è un'obbligazione con più soggetti, ciascuno dei quali è portatore di un diritto o obbligo
parziale, proporzionato alla sua partecipazione al vincolo obbligatorio [se vi sono più creditori, ognuno di essi può
esigere dal debitore solo la sua parte, se vi sono più debitori ognuno è obbligato solo per la sua parte].
L'obbligazione solidale è un'obbligazione con pluralità di soggetti in cui ogni creditore ha diritto di pretendere la
prestazione per l'intero (solidarietà attiva), oppure ogni debitore ha l'obbligo di eseguire l'obbligazione per intero
(solidarietà passiva); il pagamento effettuato dal debitore richiesto estingue l'obbligazione. I suoi presupposti sono:
pluralità di soggetti della medesima parte, unicità della prestazione, unica causa d'obbligazione [che cioè
l'obbligazione sorga dal medesimo fatto giuridico]. La solidarietà attiva ha la funzione di agevolare l'esercizio del
diritto di credito e il pagamento da parte del debitore; così nel caso della solidarietà passiva che è considerata una
delle più efficaci forme di garanzia personale. Le fonti della solidarietà attiva sono la volontà delle parti o la legge.
Il debitore ha la scelta di pagare all'uno o all'altro dei creditori in solido. La solidarietà attiva deve essere sempre
stabilita e non si presume. Le fonti della solidarietà passiva è la legge, i condebitori si presumono sempre
solidalmente obbligati rispetto al creditore, se dalla legge o dal titolo non risulti diversamente. Azione di regresso:
il debitore solidale, che ha pagato l'intero ammontare al creditore, si rivolgerà con l'azione di regresso agli altri
condebitori per ottenere da ciascuno il rimborso delle rispettive quote di debito, se però l'obbligazione è stata
contratta nell'interesse esclusivo di uno degli obbligati, questi dovrà rimborsare per l'intero chi ha pagato. Allo
stesso modo il creditore che ha riscosso il credito per l'intero ammontare dovrà corrispondere le rispettive quote agli
altri debitori. Non estensione degli atti pregiudizievoli: se si verifica un fatto o atto sfavorevole ad uno dei
debitori o creditori solidali, gli effetti non si comunicano agli altri [se si mette in mora un debitore non si ha effetto
riguardo agli altri, la rinunzia alla prescrizione fatta da uno non ha effetto verso gli altri]. Estensione dei fatti
favorevoli: se si verifica un fatto o un atto favorevole ad uno dei debitori o creditori solidali gli effetti si
comunicano agli altri, salvo se sia previsto diversamente. Riguardo ai rapporti esterni, la solidarietà può essere
configurata come: teoria dell'unico vincolo (c'è una sola obbligazione caratterizzata da più soggetti); teoria della
pluralità di vincoli (ci si trova di fronte ad una pluralità di obbligazioni collegate dall'interesse comune che lega i
vari creditori o debitori, questa rispecchia la tendenza del codice). Per i rapporti interni: teoria del rapporto di
mandato (il creditore solidale che incamera l'intero incassa per sé e per gli altri ed analogamente il debitore che
paga l'intero paga per sé e per gli altri: l'azione di regresso si configura come conseguenza dell'obbligo del
mandatario nei confronti del\dei mandatari\o); la teoria dell'indebito arricchimento (l'azione di regresso si fonda
sull'indebito arricchimento che si verifica a favore del creditore che ha riscosso l'intero o a favore dei condebitori
che non hanno pagato).
Le obbligazione divisibile è quella che ha per oggetto una prestazione suscettibile di divisione per natura o perché
tale è stata considerata dalle parti contraenti. Essa consente al singolo concreditore di richiedere solo la sua parte ed
al singolo condebitore di dare solo la sua parte [es. obbligazione di risarcimento danno]. L'obbligazione
indivisibile si ha quando la prestazione ha ad oggetto un bene che, per sua natura [indivisibilità assoluta o
oggettiva] o per volontà delle parti [indivisibilità relativa o soggettiva], non è suscettibile di frazionamento in parti
omogenee. Le obbligazioni indivisibili sono regolate dalle stesse norme delle obbligazioni solidali, tranne per
alcune eccezioni. La differenza sta che l'indivisibilità è una conseguenza del suo oggetto, la solidarietà ha lo scopo
di facilitare la riscossione del credito. L'obbligazione che lega le parti è unica.
L'obbligazione cumulativa ricorre quando il debitore è tenuto ad eseguire insieme due o più prestazione, ha quindi
contenuto multiplo e la liberazione del debitore ha luogo solo se siano eseguite tutte le prestazioni, che possono
essere eseguite separatamente. Se hanno natura diversa sono dette obbligazioni miste. L'obbligazione alternativa è
quella in cui sono previste due o più prestazioni, ma il debitore si libera eseguendone una sola, esercitando il diritto
scelta (spetta al debitore, a meno che le parti non l'abbiano attribuito al creditore o a un terzo, se il debitore non
esegue alcuna prestazione nel termine utile, la scelta passa al creditore per consentire l'adempimento e viceversa se
la scelta spetta al creditore; se il terzo non opera la scelta è di competenza del giudice). In caso di sopravvenuta
impossibilità di adempimento per una o più prestazioni se l'impossibilità preesista al rapporto obbligatorio
l'obbligazione si considera semplice sin dal suo sorgere; se l'impossibilità sia sopravvenuta l'obbligazione da
multipla si trasforma in semplice per la concentrazione fortuita ed è preclusa, quindi, la facoltà di scelta; se
l'impossibilità si verifica dopo la scelta e riguarda l'ormai unica prestazione, l'obbligazione si estingue [perché dopo
aver esercitato la scelta l'obbligazione diviene semplice in quanto si concentra sull'unica prestazione scelta].
L'obbligazione facoltativa si ha quando è prevista una sola prestazione obbligatoria, ma il debitore può liberarsi
effettuando una prestazione diversa. Si disciplina come per le obbligazioni semplici. Le obbligazioni positive o
affermativa hanno per oggetto un comportamento attivo da parte del debitore, possono essere di dare (effettiva
consegna di una cosa, con l'obbligo di custodirla fino alla consegna), fare (hanno per oggetto un'attività del
debitore, sono infungibili se l'adempimento deve essere fatto dal debitore e soltanto da lui, fungibili quando la
prestazione può essere anche eseguita da un terzo), miste di dare e fare (si realizzano in figure complesse, ad es.
contratti di somministrazione). Le obbligazioni negative sono quelli in cui la prestazione consiste in un
comportamento negativo, ossia in un non facere o in un pati (sopportare) da parte del debitore. In esse è oggetto il
non verificarsi di un determinato atto o fatto; acquistano rilievo nel momento in cui il debitore viene meno al
vincolo costringendo il creditore a richiedere l'intervento del giudice. Le obbligazioni di risultato si hanno quando
l'oggetto dell'obbligazione non è costituito dal lavoro, ma dal risultato del lavoro; il debitore non può dirsi
adempiente fino a quando non abbia procurato il risultato. Si ha obbligazione di mezzi quando l'oggetto
dell'obbligazione è un comportamento diligente, ossia l'impiego diligente di mezzi idonei a realizzare un risultato e
non, la realizzazione del risultato; il debitore è adempiente se ha agito con la dovuta diligenza. L'obbligazione
generica ha per oggetto della prestazione una cosa generica o un certa quantità di cose fungibili [in questo caso il
debitore deve consegnare una cosa appartenente al genere dedotto, di qualità non inferiore alla media].
L'obbligazione specifica ha per oggetto una cosa specifica. L'impossibilità sopravvenuta non può mai verificarsi
rispetto alle cose generiche, perché il genere non perisce mai, salvo che si tratti di genere limitato. La proprietà
delle cose generiche si acquista solo con la specificazione, ossia con l'individuazione dell'oggetto della prestazione
nell'ambito del genere. Le obbligazioni pecuniarie sono quelle che hanno per oggetto una somma di denaro; esse
si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al momento del pagamento ed al suo valore nominale
[principio nominalistico: l'obbligazione si esegue in conformità del suo importo nominale e non del valore
effettivo]. I debiti di valuta sono prestazioni pecuniarie fin dalla nascita; i debiti di valore sono obbligazioni nelle
quali la moneta assume rilievo solo in un momento successivo come controvalore del bene oggetto
dell'obbligazione [non vale il principio nominalistico]. Il principio nominalistico può essere uno svantaggio per il
creditore, è quindi consentito alle parti di ricorrere a particolari clausole che trasformano il debito di valuta in
debito di valore: clausola oro [la q.tà di moneta da prestare viene determinata con riferimento al valore dell'oro];
clausola merce [la q.tà di moneta da dare è determinata in rapporto al costo di una determinata merce]; obbligazioni
indicizzate [la q.tà di moneta è determinata dal rapporto di valore con un determinato parametro].
La moneta è considerata una merce poiché può essere ceduta ad altri dietro corrispettivo: il costo del denaro,
rappresentato dagli interessi [somma accessoria che il debitore deve, oltre a quella fondamentale, a chi gli ha
prestato il capitale]. Gli interessi legali, la cui fonte è nella legge producono interessi di pieno diritto, senza che ce
ne sia richiesta addizionale poiché il debitore, tenendo presso di se quanto appartiene al creditore, lo priva del
corrispettivo che egli potrebbe avere se potesse impiegare le stesse somme. Gli interessi convenzionali sono
previsti dalla volontà delle parti che possono fissare una misura diversa da quella legale [non usuraia], va stabilito
per iscritto, altrimenti vale la regola dell'interesse legale. Gli interessi moratori sono quelli dovuti per il ritardo
dell'adempimento, rappresentano un risarcimento del danno provato al creditore per il mancato godimento di
quanto dovutogli per un certo periodo di tempo. Gli interessi corrispettivi sono dovuti per la sola esistenza di un
credito in denaro liquido ed esigibile, anche se non vi è stata mora del debitore, costituiscono il corrispettivo del
godimento in denaro. Gli interessi compensativi sono prodotti da un credito liquido, anche se non esigibile, e che
costituiscono il compenso per il godimento di una cosa fruttifera. L'anatocismo [produzione di interessi sugli
interessi] è vietato, salvo in due casi: se esistono usi che li prevedono o se dal giorno della domanda giudiziale
specificatamente diretta ad ottenere il pagamento degli interessi scaduti o per effetto di convenzione posteriore alla
scadenza degli interessi.
PARTE 8 – CAPITOLO 3
Il credito è un elemento del patrimonio del creditore e come tale è liberamente trasferibile. La successione nel lato
attivo dell'obbligazione può avvenire a titolo universale o a titolo particolare. La cessione del credito è il contratto
con cui il creditore (cedente) trasferisce ad un altro soggetto (cessionario) il proprio diritto di credito [è un contratto
mediante il quale avviene il trasferimento di credito]. Si sostituisce un nuovo creditore a quello originario
[successione a titolo particolare nel credito]. La cessione è perfetta a prescindere dal consenso del debitore per il
quale è del tutto indifferente effettuare la prestazione in favore di un individuo o di un altro. In alcuni casi ciò non è
vero e sono ammessi i patti di incedibilità del credito: crediti strettamente personali [i creditori di tali prestazioni
sono soggetti che versano in stato di bisogno in base al quale è commisurato l'ammontare del credito, ad es credito
alimentare]; alcuni crediti il cui trasferimento è vietato dalla legge; crediti la cui cessione è esclusa dalle stesse parti
[incedibilità convenzionale]. Nei confronti del debitore ceduto, la cessione ha efficacia quando questi l'abbia
accettata o gli sia stata notificata o comunque ne abbia avuto conoscenza [la cessione si perfeziona anche senza il
consenso del debitore, ma gli va notificata affinché egli possa corrispondere la prestazione al cessionario]. Il
debitore può opporre al cessionario le stesse eccezioni che poteva opporre al cedente [di natura personale o reale], a
meno che non vi sia una pura e semplice accettazione. Nei confronti di terzi, se uno stesso credito è stato ceduto a
più soggetti, il suo acquisto si verifica solo a favore di chi per primo lo ha notificato al debitore o per primo ha
ricevuto l'accettazione di questi, con atto di data certa. Nei rapporti tra cedente e cessionario, se la cessione è a
titolo oneroso il cedente è tenuto a garantire l'esistenza del credito, ma non la solvibilità del debitore (cessione pro
soluto, il cedente si libera al momento del trasferimento), a meno che non ci sia apposito patto (cessione pro
solvendo, il cedente si libera solo quando il cessionario abbia riscosso il credito, in caso contrario pagherà al posto
del debitore, nei limiti del solo corrispettivo ricevuto per la cessione, degli interessi e delle spese). Se la cessione è
a titolo gratuito la garanzia dell'esistenza del credito è dovuta solo nei casi e nei limiti in cui la legge pone a carico
del donante la garanzia per evizione [se il donante l'ha espressamente promessa, se l'inesistenza del credito dipende
da dolo personale di donante o cedente, se impone oneri al donatario]. La cessione del credito è considerata: teoria
dualista, duplice configurazione dommatica, a seconda che il debitore ceduto intervenga o meno al negozio
mediante accettazione, la cessione avrebbe rispettivamente carattere trilaterale o bilaterale; teoria unitaria: la
cessione del credito ha sempre struttura bilaterale poiché è un negozio stipulato tra cedente e cessionario e il
debitore ceduto rimane estraneo al negozio. PERLINGIERI: la cessione del credito è solamente uno strumento con
cui si realizza una fattispecie di più vasta portata, a seconda della sua natura [titolo oneroso o gratuito] assume
diverse identità [vendita, permuta, donazione] e non può quindi assumere una autonoma configurazione poiché
rappresenta la causa del negozio sottostante.
Il pagamento del terzo, quando consentito, estingue l'obbligazione ma, in alcune ipotesi previste dalla legge, esso
realizza solamente una modificazione soggettiva attiva del rapporto obbligatorio. La surrogazione del pagamento
si può avere per volontà del creditore che, ricevendo il pagamento da un terzo, dichiari espressamente di volerlo far
subentrare nei propri diritto verso il debitore [surroga per quietanza]; per volontà del debitore che, prendendo a
mutuo una somma per pagare il creditore, può surrogare il mutuante nella posizione del creditore pagato [surroga
per imprestito]; per volontà della legge [surrogazione legale], che ricorre in tutti quei casi in cui la legge autorizza il
terzo che paga un debito altrui a surrogarsi nei diritti del creditore, indipendentemente dalla volontà del creditore e
del debitore [ad es: fideiussore verso il debitore di cui abbia adempiuto l'obbligazione; assicuratore che abbia
pagato il danno dell'assicurato nei confronti di colui che ha provocato il danno].
La successione del debito può aversi sia mortis causa che per atto tra vivi. Mortis causa: il debito si trasmette
all'erede insieme a tutto il patrimonio del de cuius ed il creditore è costretto a subire il mutamento come
conseguenza necessaria della morte del debitore originario. Per gli atti tra vivi è necessario il consenso del creditore
[non è indifferente, per il creditore, avere un debitore diverso]. La delegazione è l'istituto giuridico che realizza
l'aggiunta o la sostituzione di un altro creditore o debitore [all'originario], senza che l'obbligazione resti alterata
nella sua sostanza oggettiva. La del. attiva: quando si delega la posizione di creditore assegnando al debitore un
altro creditore [il creditore originario autorizza un terzo a rendersi destinatario della promessa da adempiere]; la del.
passiva quando si delega la posizione del debitore [delegante] assegnando al creditore [delegatario] un altro
debitore [delegato] essa può essere una delegazione di pagamento [il debitore-delegante delega un terzo-delegato ad
eseguire il pagamento al creditore-delegatario, delegatio solvendi] o una delegazione di debito [delegatio
promittendi, il debitore delega un altro soggetto ad assumersi l'obbligazione verso il creditore, cioè a promettergli il
pagamento ad una certa scadenza futura. Non richiede un'accettazione del delegatario che tuttavia può rifiutarla].
Il rapporto tra delegante e delegato (il secondo assume il debito o paga) è detta rapporto di provvista. Il rapporto tra
delegante e delegatario (il primo ha un obbligo verso il secondo) è detto rapporto di valuta. Se il delegato, promette
od adempie la prestazione senza richiamare i rapporti di provvista o valuta, la delegazione è astratta o pura. Se ne fa
rifermento espresso la delegazione è titolata o causale. La delegazione può assumere forma cumulativa (quando il
nuovo debitore si aggiunge all'originario, è presunta dalla legge se non vi è patto diverso, il rapporto non è solidale
in quanto il creditore non può rivolgersi al delegante se prima non ha chiesto l'adempimento al delegato) oppure
liberatoria o privativa (quando il debitore originario è espressamente liberato dal delegatario, in questo caso il
delegato si sostituisce completamente al debitore originario). La delegazione titolata può essere liberatoria novativa
(sostituisce una nuova obbligazione alla precedente) o liberatoria privativa (si ha una successione particolare nel
debito). Regime delle eccezioni: il debitore delegato può opporre al nuovo creditore tutte le eccezioni derivanti dal
rapporto diretto con lui (vale per tutti i rapporti contrattuali); il debitore delegato non può opporre al creditore
delegatario le eccezioni relative al rapporto di provvista che avrebbe potuto opporre al delegante, poiché il creditore
non può essere esposto al pericolo di eccezioni che il nuovo debitore avrebbe potuto opporre al debitore originario
ed alle quali il creditore è del tutto estraneo; il delegato nella delegazione titolata può opporre al delegatario tutte le
eccezioni relative al rapporto di valuta richiamato; il delegato nelle delegazione pura non può opporre al delegatario
le eccezioni relative al rapporto sottostante. L'espromissione è il contratto con il quale un soggetto (espromittente)
si assume verso il creditore (espromissario) il debito di un altro soggetto (espromesso), senza l'intervento di
quest'ultimo. Il rapporto è caratterizzato dalla spontaneità dell'assunzione del debito altrui, senza riferimenti alcuni
al rapporto di provvista. L'espromissione può essere cumulativa (l'espromittente è obbligato in solido con il
debitore originario) o liberatoria\privativa (il creditore espressamente dichiara di liberare il debitore originario).
Secondo alcuni l'espromissione è un negozio giuridico unilaterale del nuovo debitore, secondo altri si tratta di 2
negozi autonomi: uno del debitore che si assume il debito altrui e un altro del creditore che rimette il debito; infine,
prevale l'opinione che l'espromissione sia un vero e proprio contratto a prestazioni corrispettive tra espromittente e
creditore espromissario. L'espromittente non può opporre al creditore le eccezioni relative ai suoi rapporti con il
debitore originario né oppore le eccezioni che al creditore avrebbe potuto opporre il debitore originario tranne
eccezioni personali, derivanti da fatti successivi all'espromissione o di compensazione. L'accollo è un contratto tra
debitore (accollato) e terzo (accollante), con il quale il terzo si assume il debito dell'altro. Il creditore (accollatario)
non partecipa all'accordo. È considerato un contratto a favore del terzo (creditore). L'accollo interno o semplice
interviene quando l'accordo tra il debitore e l'accollante non è manifestato al creditore che rimane estraneo al
rapporto; l'accollo esterno si ha quando il creditore aderisce alla convenzione, con l'accettazione egli rende
irrevocabile la stipulazione a suo favore. L'accollo cumulativo c'è se il creditore, aderendo alla convenzione, non
libera il debitore che resta obbligato in solido con l'accollante; l'accollo liberativo o privativo si ha quando il
creditore dichiara espressamente di liberare il debitore. L'accollante può opporre al creditore le eccezioni fondate
sul contratto di assunzione e quelle relative al rapporto tra debitore originario e creditore. La cessione del contratto
è la sostituzione di una persona (cedente) con un'altra (cessionario) in tutti i rapporti nascenti da un contratto, il
cessionario assume nei confronti del contraente ceduto la stessa posizione già occupata dal cedente. È una
successione inter vivos a titolo particolare di un terzo nella posizione contrattuale di uno dei contraenti originari.
Può avvenire soltanto per contratti con prestazioni corrispettive finché esse non siano state eseguite; a titolo
oneroso o gratuito. Perché la cessione si perfezioni è necessario il consenso del contraente ceduto, dato anche in via
preventiva. Il contraente cedente è liberato dalla sue obbligazioni verso il contraente ceduto, a meno che questi non
dichiari di non volerlo liberare (in tal caso sarà responsabile ove sia inadempiente il cessionario).
PARTE 8 – CAPITOLO 4
Le obbligazioni si estinguono quando il creditore ha raggiunto il proprio vantaggio patrimoniale e non ha alcuna
ragione di continuare ad esistere. Possono essere estinte secondo modi satisfattori (che fanno conseguire
direttamente o indirettamente al creditore la prestazione, adempimento, dazione in pagamento, confusione,
compensazione) o modi non satisfattori (che liberano il debitore senza che il creditore riceva la prestazione,
novazione, remissione del debito, impossibilità sopravvenuta). Il modo normale di estinzione dell'obbligazione è
l'adempimento o pagamento, che consiste nell'esatta esecuzione della prestazione, ossia di tutto quanto è stato
dedotto nel rapporto obbligato. Esso estingue in via diretta e contemporanea sia l'obbligo del debitore si il diritto
del creditore. Il creditore può quindi rifiutare l'adempimento parziale, anche se la prestazione è divisibile, a meno
che la legge o gli usi non dispongano diversamente. Il debitore, nell'adempimento dell'obbligazione deve usare la
diligenza del buon padre di famiglia per evitare la responsabilità contrattuale, essa include lo sforzo del debitore per
evitare di incorrere nell'inadempimento o nell'inesattezza dell'adempimento. La diligenza tecnica si ha nel caso di
attività professionale, cioè esercitata in modo non occasionale. Il pagamento dell'obbligazione può essere fatto al
creditore che abbia la capacità di ricevere [se egli è incapace, il pagamento deve essere fatto al legale
rappresentante; il pagamento a creditore incapace libera ugualmente il debitore se questi abbia recato vantaggio al
creditore]; al rappresentante del creditore; alla persona indicata dal creditore; alla persona autorizzata dalla legge o
dal giudice. Se il debitore paga a persona diversa che appare legittimato a ricevere (creditore apparente) è
comunque liberato se prova di essere stato in buona fede. Il luogo dell'adempimento è determinato dalla volontà
delle parti; dagli usi; dalla natura della prestazione e da altre circostanze obiettive; dalle norme suppletive [art1182].
Le norme suppletive: l'obbligazione di consegnare una cosa certa e determinata deve essere adempiuta nel luogo in
cui si trovava la cosa quando l'obbligazione è sorta; l'obbligazione avente ad oggetto una somma di danaro deve
essere adempiuta al domicilio del creditore al tempo della scadenza (obbligazione portable); negli altri casi
l'obbligazione deve essere adempiuta al domicilio del debitore al momento della scadenza (obbligazione querable).
Il tempo dell'adempimento è il termine di scadenza dell'obbligazione. In mancanza di fissazione del termine, la
prestazione può esigersi immediatamente, se è indicato un termine questo si presume a favore del debitore (il
creditore non può pretendere prima la prestazione, ma il debitore può adempiere prima) può essere convenuto un
termine a favore del creditore (il debitore non può adempiere prima, ma il creditore può esigere prima). Un terzo
può adempiere al posto del debitore, solo per le obbligazioni aventi ad oggetto prestazioni di cose fungibili (per le
quali è indifferente per il creditore che il pagamento sia fatto dal debitore o da un terzo); il creditore non può
opporsi all'adempimento del terzo, tranne che se ha interesse che il debitore esegua personalmente la prestazione
[infungibile di solito] o se il debitore gli ha manifestato la sua opposizione; l'adempimento di terzo ha natura
negoziale. L'imputazione [indicazione] dei pagamenti è un istituto che viene in rilievo quando su un debitore
gravano più debiti, a diverso titolo, verso uno stesso creditore ed il debitore effettua un pagamento che non
comprende tutti i debiti, è quindi necessario stabilire quale debito va estinto per primo. Di norma il debitore
dichiara la sua intenzione al debitore, in mancanza di essa il pagamento deve essere imputato prima ai debiti
scaduti; tra quelli scaduti hanno la priorità i meno garantiti; tra quelli ugualmente garantiti è preferito il più oneroso
per il debitore; tra quelli ugualmente onerosi il più antico; se non è possibile operare tramite i seguenti criteri, il
pagamento viene imputato proporzionalmente ai diversi debiti. Se il creditore lo consente il debitore può liberarsi
eseguendo una prestazione diversa da quella dovuta. Si estingue mediante l'effettiva esecuzione della prestazione
diversa da quella originariamente dovuta (datio in solutum): prestazione in luogo dell'adempimento.
PARTE 8 – CAPITOLO 5
Modi di estinzione satisfattori
La compensazione, si ha nel caso due soggetti siano contestualmente creditore e debitore l'uno dell'altro. In tale
ipotesi la legge dispone che, senza dar luogo a due adempimenti, le obbligazioni reciproche si estinguono sino a
concorrenza dell'ammontare comune, rimanendo in vita, per il residuo, quella eventualmente di ammontare
maggiore. La compensazione legale opera automaticamente se i due debiti sono omogenei [dello stesso genere di
cose fungibili], liquidi [determinato nel suo ammontare] ed esigibili [non è sottoposto a termine o condizioni]. La
compensazione giudiziale si ha quando la compensazione opera per effetto di una sentenza che ha carattere
costitutivo. Si ha quando il debito opposto in compensazione non è liquido, ma di facile e pronta liquidazione. La
compensazione volontaria si ha in seguito ad accordo tra le parti che intendono compensare le rispettive ragioni
anche se non ricorrono le condizioni richieste dalla legge. Alcuni crediti non possono essere oggetto di
compensazione: agli alimenti, per la restituzione di cose di cui il proprietario sia stato ingiustamente spogliato,
obbligazioni naturali. La confusione si ha quando le qualità di creditore e debitore vengono a riunirsi in capo alla
stessa persona, può verificarsi tra vivi o per atti mortis causa. La confusione estingue l'obbligazione e le garanzie
eventualmente prestate da terzi.
PARTE 8 – CAPITOLO 6
Può accadere che il debitore non esegua affatto la prestazione, oppure la esegua in modo inesatto od oltre il termine
stabilito: sono casi di inadempimento (ogni comportamento del debitore difforme da quello al quale è obbligato. È
la mancata, inesatta o ritardata esecuzione del rapporto obbligatorio.) Il legislatore si preoccupa di riconoscere al
creditore rimedi a sua tutela. Il mancato o l'inesatto adempimento può dipendere da cause imputabili al debitore
(inadempimento o impossibilità sopravvenuta imputabile, il debitore sarà responsabile, spetta a lui dimostrare che
l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da una causa a lui non imputabile: inversione dell'onere della
prova) o da cause non imputabili al debitore (impossibilità sopravvenuta non imputabile, il debitore è liberato
dall'obbligo senza alcuna responsabilità). Le cause imputabili al debitore sono dette responsabilità contrattuale, la
responsabilità da fatto illecito è detta extra-contrattuale. L'imputabilità indica l'insieme dei presupposti soggettivi
perché un'azione o gli effetti di un evento possano essere attribuiti alla persona che ha compiuto l'una o ha reso
possibile il verificarsi degli altri. Questi presupposti soggettivi: capacità d'intendere e di volere, volontarietà
dell'atto (dolo: inadempimento intenzionale; colpa: inadempimento negligente). I presupposti oggettivi si
concretano nel rapporto di causalità, ossia dipendenza di un fatto (effetto) da un altro fatto (causa). Accertati i
presupposti incombe sull'inadempiente la responsabilità, ossia l'obbligo di riparare alle conseguenze del mancato o
inesatto adempimento della prestazione, per liberarsi di essa il debitore deve provare che l'inadempimento è dovuto
ad una causa oggettiva a lui estranea (caso fortuito o forza maggiore). Quando il mancato od inesatto adempimento
non è imputabile al debitore, la legge prevede che il debitore non è tenuto al risarcimento del danno in quanto,
mancando il dolo o la colpa, non si ha illecito civile né violazioni di obblighi contrattuali e non sussiste quindi
responsabilità contrattuale, l'obbligazione si estingue perché viene meno la possibilità di eseguire la prestazione.
L'impossibilità di adempiere deve essere sopravvenuta, ossia sopraggiunta dopo la formazione del rapporto;
l'impedimento deve essere invincibile o assoluto ossia tale da non consentire in alcun modo di adempiere;
l'impedimento deve essere oggettivo, ossia tale da impedire a chiunque l'esecuzione della prestazione;
l'impedimento deve essere definitivo (l'impossibilità temporanea non estingue l'obbligazione se non è stato posto un
termine essenziale e il creditore ha ancora un interesse alla prestazione, la estingue se l'impossibilità perdura fino a
quando il debitore non può più essere ritenuto obbligato o il creditore non ha più interessa a conseguire la
prestazione); l'impedimento deve essere totale, ossia riguardare l'intera prestazione (l'impossibilità parziale va
estinta per la parte rimasta possibile). Se la causa è imputabile al debitore si distingue tra dolo (prederminata
intenzione di non adempiere all'obbligo) e colpa (negligenza o trascuratezza posta nell'adempimento dell'obbligo).
L'inadempimento imputabile può essere assoluto (quando non può più adempirsi perché l'esecuzione è divenuta
impossibile per cause imputabili al debitore o perché sia decorso il termine essenziale entro il quale l'obbligazione
andava adempiuta; genera un danno che va risarcito e l'obbligo del risarcimento si sostituisce alla prestazione
originaria) o relativo (mora, ritardo ingiustificato dell'adempimento rispetto alla scadenza, il debitore dovrà risarcire
il danno prodotto dal ritardo nell'adempimento). La mora del debitore (mora solvendi) consiste in un ritardo
ingiustificato: violazione dell'obbligo di adempiere tempestivamente. Perché si abbia c'è bisogno dei seguenti
presupposti: esigibilità del credito (avvenuta scadenza dell'obbligazione); ritardo nell'adempimento imputabile al
debitore; costituzione della mora (constatazione formale del momento dal quale ha inizio l'inadempimento del
debitore). Il debitore può cadere in mora in modi diversi: mora di diritto (il debitore è in mora senza bisogno di
alcuna attività del creditore, per obbligazioni a termine da eseguirsi presso il creditore il cui termine sia scaduto; o
per debiti derivanti da atti illeciti; o quando il debitore dichiari per iscritto di non voler adempiere), o mora ex
persona (mediante intimazione formale ad adempiere, per mezzo dell'ufficiale giudiziale o per iscritto; se il debito è
pagabile presso il debitore o se manchi il termine per l'adempimento ed il creditore non lo abbia fatto fissare dal
giudice). Gli effetti della mora sono la perpetuatio obligationis (il rischio dell'impossibilità sopravvenuta che prima
della mora gravava sul creditore, passa in capo al debitore tenuto ad indennizzare il primo anche delle conseguenze
della forza maggiore verificatesi dopo la mora, salvo che dimostri che l'oggetto della prestazione sarebbe
ugualmente perito presso il creditore); il risarcimento del danno (il debitore è tenuto a risarcire il danno subito dal
creditore); l'interruzione della prescrizione del diritto del creditore. La purgazione consiste nella rimozione dello
stato di illegittimo ritardo e dei relativi effetti. Si effettua con la rinunzia del creditore al credito o solo alla mora:
esplicita e determina la cessazione del decorso degli interessi moratori. La mora del creditore (mora credendi) si
ha quando questi rifiuti, senza legittimo motivo, di ricevere il pagamento offertogli dal debitore, ovvero ometta di
compiere gli atti preparatori per il ricevimento della prestazione. Per aversi, il debitore deve fare offerta solenne
(compiuta davanti a un pubblico ufficiale nei modi di legge) di adempiere la prestazione al creditore. L'offerta
solenne può essere reale (quando l'oggetto dell'obbligazione costituito da denaro, beni mobili, o titoli di credito è
effettivamente esibito dal pubblico ufficiale al creditore) o per intimazione (quando il creditore è invitato a prendere
possesso o a ricevere. La mora del creditore può comportare che il rischio dell'impossibilità sopravvenuta della
prestazione non imputabile al debitore resti a carico del creditore; il debitore deve essere risarcito dai danni
derivanti dalla mora, nonché rimborsato dalle spese sostenute per la custodia o la conservazione della cosa dovuta;
il debitore non è più tenuto a corrispondere gli interessi e i frutti della cosa (dopo la mora). Se il creditore rifiuta
l'offerta solenne, il debitore può liberarsi tramite il deposito della res debita, qualora poi, il deposito sia accettato
dal creditore o sia dichiarato valido, il debitore è liberato e non potrà più ritirare quanto prestato; in questo caso
l'obbligazione è estinta.
Se è materialmente possibile, si fa luogo all'adempimento coattivo in forma specifica, in virtù del quale il creditore
può ottenere la medesima prestazione dedotta in obbligazione. Quando ciò non è possibile sorge a carico del
debitore l'obbligo del risarcimento del danno. Il risarcimento in forma specifica: in caso di obbligazioni di consegna
o rilascio il debitore potrà essere condannato a rilasciare la cosa ed in caso di sua inerzia il rilascio è coattivamente
eseguito dall'ufficiale giudiziario; nelle obbligazioni di fare fungibile il creditore può chiedere che la prestazione sia
adempiuta da un terzo a spese del debitore; nelle obbligazioni di non fare, a spese dell'obbligato inadempiente il
giudice può ordinare la distruzione di ciò che è stato costruito; nelle obbligazioni di concludere un contratto, si fa
luogo ad una sentenza costitutiva che produca gli stessi effetti del contratto non concluso. In mancanza di
adempimento coattivo in forma specifica, il debitore è tenuto a risarcire il danno patrimonialmente. Il danno
patrimoniale è il pregiudizio che il creditore ha sofferto per l'inadempimento (o il ritardo), si concreta nel danno
emergente (perdita effettivamente subita per la mancata prestazione) e nel lucro cessante (mancato guadagno, lucro
che il creditore avrebbe realizzato se avesse utilizzato la prestazione ottenuta). Sono risarcibili tutte le suddette
manifestazioni del danno purché siano dirette (conseguenza diretta ed immediata dell'inadempimento) e prevedibili
al momento in cui è sorta l'obbligazione (per dolo del debitore, egli è tenuto a risarcire anche i danni imprevedibili).
Il creditore non deve provare la colpa dell'inadempimento, ma deve attivarsi al fine di dimostrare l'esistenza e
l'ammontare del danno subito; per risarcire il danno bisogna prevedere la sua liquidazione (determinazione del suo
ammontare) che può essere legale, convenzionale (attraverso l'apposizione di una clausola penale) o giudiziale
(valutata tramite l'intervento di un giudice). In caso di concorso del fatto colposo del creditore nella causazione del
danno, il risarcimento è diminuito in proporzione della gravità della colpa e dell'entità delle conseguenze che ne
sono derivate. In caso di aggravamento del danno da parte del creditore, il risarcimento non è dovuto per quella
parte di danno che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza. Nelle obbligazioni pecuniarie la
legge prevede che siano dovuti al creditore dal giorno della mora gli interessi legali (moratori) indipendentemente
dalla dimostrazione di un danno effettivo subito e, se prima della mora erano già dovuti interessi in misura
maggiore di quelli legali, anche gli interessi moratori saranno dovuti in tale misura; al creditore che dimostra di
aver subito un maggiore danno spetta l'ulteriore risarcimento. Al fine di prevenire difficoltà ed incertezze che
potrebbero sorgere nella valutazione del danno derivante dall'inadempimento, la legge consente alle parti di
determinare preventivamente una somma da pagare o altra prestazione da eseguire nel caso di inadempimento: la
clausola penale. Il pagamento di essa impedisce al creditore di chiedere un ulteriore risarcimento, ma la legge
ammette che le parti deroghino a questa regola convenendo anche la risarcibilità del danno ulteriore. Il creditore
può scegliere tra il pagamento della penale e l'esecuzione coattiva della prestazione principale, non può però
domandarle entrambe. La penale per il semplice ritardo ha la funzione di stimolare il debitore alla puntualità
nell'inadempimento.
Per i soli contratti a prestazioni corrispettive, per rafforzare il diritto del creditore al risarcimento del danno in caso
di inadempimento, le parti possono convenire che una consegni nelle mani dell'altra una caparra, ossia una somma
di denaro o una quantità di cose fungibili. La caparra può essere confirmatoria (somma di denaro o quantità di cose
fungibili che, al momento della costituzione del rapporto obbligatorio, una parte dà all'altra, quale conferma
dell'adempimento, di cui segna quasi un'anticipate e parziale esecuzione. Se il contratto viene adempiuto, la caparra
deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta. Se è inadempiente la parte che ha dato la caparra, l'altra
può recedere dal contratto e ritenere la caparra, se è inadempiente la parte che ha ricevuto la caparra, l'altra può
recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra. Resta comunque il diritto di agire per il normale
adempimento o per la risoluzione e il risarcimento del danno, in cui la caparra varrà come anticipo sul pagamento
dei danni) oppure penitenziale (la somma che una parte dà all'altra non rappresenta una cautela contro
l'inadempimento, ma è il corrispettivo per l'attribuzione della facoltà di recesso dall'obbligazione contrattuale. Una
volta versata la caparra, i contraenti si riservano la scelta tra l'adempimento e il recesso. Il recesso si attua per
volontà unilaterale, rinunziando alla caparra nelle mani della controparte o provvedendo alla restituzione di una
doppia caparra nell'ipotesi inversa).
PARTE 8 – CAPITOLO 7
La responsabilità patrimoniale è l'assoggettamento del patrimonio del debitore inadempiente al soddisfacimento
forzoso delle ragioni del creditore. Essa si manifesta come conseguenza dell'inadempimento del debitore e concorre
a realizzare la tutela giuridica del credito. L'assoggettamento cade su tutti i beni presenti e futuri del debitore e tutti
i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore (garanzia generica), salve le cause
legittime di prelazione (pegno, ipoteca, privilegi), che attribuiscono ai crediti cui accedono il diritto di essere
soddisfatti prima degli altri su taluni beni. La legge predispone un sistema di garanzie che si accompagnano al
credito e lo rafforzano, tramite esse il creditore può vedere aumentato il numero dei soggetti passi e quindi dei
patrimoni assoggettabili all'esecuzione attraverso garanzie personali offerte da terzi; può riservare al suo personale
soddisfacimento alcuni beni del debitore, costituendo su di essi un diritto reale; può ottenere un anticipo di
esecuzione della prestazione e un incentivo alla stessa attraverso caparra o clausola penale.
Il privilegio è un titolo di prelazione che la legge accorda al creditore in considerazione della particolare natura o
causa del credito. Determinati crediti (per motivi di particolare considerazione sociale o perché derivanti da spese
fatte nell'interesse comune o perché concernono l'interesse dello Stato) sono privilegiati (vanno pagati prima)
rispetto ad altri. Fonte dei privilegi è soltanto la legge, le parti non possono crearne. Il privilegio generale è solo
mobiliare e si fa valere sul ricavato della vendita coattiva eseguita su tutti i beni mobili del debitore. Esso consiste
in un particolare riconoscimento fatto alla causa del credito, indipendentemente da ogni rapporto con i beni mobili
che sono sottoposti ad esecuzione (tramite esso sono garantite le retribuzioni dei professionisti, i crediti di alimenti,
le spese funebri e le spese d'infermità). Il privilegio speciale può essere sia mobiliare che immobiliare e grava
soltanto su determinati beni del debitore. Esso è giustificato dal particolare rapporto di connessione esistente tra il
credito e la cosa su cui si esercita. I privilegi speciali, hanno un diritto di seguito, ossia possono esercitarsi anche in
pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi posteriormente al loro sorgere. Nel caso vi siano più crediti privilegiati la
legge stabilisce l'ordine di preferenza fra gli stessi a seconda della causa del credito e non della priorità del tempo di
costituzione. Alle spese di giustizia è sempre accordata preferenza assoluta. Il pegno e l'ipoteca sono cause
legittime di prelazione, sono diritti reali che presentano requisiti di immediatezza (non occorre per il loro esercizio
la cooperazione di alcun soggetto), assolutezza (sono opponibili erga omnes) e di diritto di sequela (di inseguire il
bene, nel senso che il creditore ha il potere di soddisfarsi sul bene anche se la proprietà dello stesso è passata ad
altra persona). Essi hanno in comune le seguenti caratteristiche: accessorietà (se manca o si estingue l'obbligazione
garantita, viene meno o si estingue anche la garanzia), specialità (si costituiscono soltanto su beni determinati),
determinatezza (la garanzia giova unicamente per determinati crediti, compresi i diritti connessi), indivisibilità (il
diritto di pegno\ipoteca si estende sull'intero bene che ne è oggetto e sulle sue parti, a garanzia dell'intero credito e
di ogni parte di esso), supplemento di pegno e ipoteca (se la cosa data in garanzia perisca o si deteriori, il creditore
può chiedere che gli sia prestata la garanzia su altri beni e, in mancanza, ha diritto al pagamento immediato del suo
credito), divieto del patto commissorio (è vietato il patto con cui si stabilisce che, in caso di inadempimento del
debitore, la proprietà della cosa oggetto del pegno o dell'ipoteca spetti al creditore, allo scopo di tutelare gli altri
creditori contro un soddisfacimento preferenziale, nonché di proteggere il debitore contro un'abusiva pressione del
creditore). Il pegno è un diritto reale di garanzia, ossia un diritto concesso dal debitore (o da un terzo) su cosa
mobile a garanzia di un credito. Esso si perfeziona sulla sola consegna materiale della cosa, ne possono essere
oggetto i beni mobili (non registrati), le universalità di mobili, i crediti ed altri diritti aventi per oggetto beni mobili
infungibili [se viene dato in pegno una cosa fungibili si ha pegno irregolare, in tal caso una volta adempiuto
l'obbligazione il creditore deve restituire una somma dello stesso ammontare). Il pegno si costituisce mediante
contratto (contratto di pegno) tra il creditore e il debitore o un terzo datore del bene, è un contratto reale poiché si
perfeziona con la consegna della cosa. Il debitore (o il terzo) proprietario del bene è temporaneamente spossessato a
garanzia del pagamento del debito; il contratto va stipulato in forma scritta e con data certa nel caso superi i 2,58 €.
Il possesso della cosa passa al creditore, ma non il suo uso e la sua disponibilità (salvo consenso del concedente o
se l'uso sia necessario per la conservazione dell'oggetto del pegno). Il creditore può esercitare tutte le azioni a difesa
del possesso della cosa data in pegno e può anche esercitare l'azione di rivendicazione (se la stessa spetta al
costituente). Il creditore è tenuto a restituire la cosa, quando il credito sia stato interamente soddisfatto. Al creditore
è attribuito il diritto di prelazione: se il debitore non adempie, il creditore può far vendere la cosa, secondo le
modalità dei pubblici incanti, ed ha diritto di conseguire il pagamento, con preferenza rispetto agli altri creditori, sul
prezzo ricavato dalla vendita. Il creditore può anche domandare al giudica l'assegnazione in pagamento del bene
pignorato, fino alla concorrenza del credito. L'ipoteca è un diritto reale di garanzia concesso dal debitore (o da un
terzo) su un bene di garanzia di un credito, che attribuisce al creditore il potere di espropriare il bene e di essere
soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato. Possono essere oggetto di ipoteca i beni immobili e loro pertinenze,
i beni mobili registrati, l'usufrutto, il diritto di superficie, il diritto dell'enfiteuta e quello del concedente su fondo
enfiteutico, le rendite dello Stato e la quota di un bene indiviso. Il diritto di ipoteca si costituisce mediante
iscrizione nell'apposito registro presso l'ufficio dei registri immobiliari che ha competenza territoriale nel luogo ove
si trova il bene. Tale iscrizione ha carattere costitutivo: la volontà delle parti, la legge o la sentenza attribuiscono al
creditore il diritto ad ottenere l'iscrizione, ma solo con l'iscrizione il diritto viene ad esistenza. L'ipoteca ha efficacia
anche nei confronti di chi acquisti l'immobile dopo l'iscrizione. L'ipoteca legale si ha quando la legge attribuisce ad
alcuni creditori, in considerazione della causa del credito o della qualità o posizione assunta dal creditore stesso, il
diritto ad ottenere l'iscrizione ipotecaria, senza il concorso della volontà del debitore. È possibile tassativamente in
alcuni casi, spetta: all'alienante, sull'immobile alienato, a garanzia dell'adempimento degli obblighi derivanti dal
contratto; al coerede, al socio e ad ogni altro condividente, a garanzia del pagamento dei conguagli, sugli immobili
assegnati ai condividenti sui quali incombe tale obbligo; allo Stato, sui beni del condannato, a garanzia del
pagamento delle spese di giustizia. L'ipoteca giudiziale si ha nei confronti di chi ha ottenuto una sentenza di
condanna al pagamento di una somma o all'adempimento di un'altra obbligazione o al risarcimento dei danni, ha
titolo per iscrivere ipoteca sui beni debitore, anche se la sentenza non ha forza esecutiva o è sottoposta a
impugnazione. L'ipoteca volontaria nasce da contratto o dichiarazione unilaterale di volontà da parte del
concedente (atto pubblico\scrittura privata). È escluso, come fonte, il testamento. L'ordine di preferenza fra varie
ipoteche iscritte sullo stesso bene è determinato non dalla data del titolo, ma dalla data dell'iscrizione. Ciascuna
iscrizione riceve un numero d'ordine che determina il grado dell'ipoteca, se più ipoteche sono iscritte
contemporaneamente contro lo stesso soggetto e i medesimi beni, le iscrizioni hanno pari numero e le ipoteche
uguale grado. È ammessa la cessione di grado tra creditori ipotecari, purché non leda interessi di altri creditori
ipotecari. Il diritto di ipoteca è imprescrittibili, ma l'effetto dell'iscrizione è limitato a vent'anni, prima dei quali il
creditore deve provvedere a rinnovare l'iscrizione per conservare gli effetti e il grado dell'ipoteca per altri vent'anni.
Se la rinnovazione viene compiuta dopo i vent'anni l'ipoteca si considera di nuova iscrizione. Essa si estingue per
estinzione del credito garantito o per cause proprie. A seguito dell'estinzione è necessario procedere alla
cancellazione.
Le garanzie semplici o personali sono quelle garanzie che non si costituiscono mediante la creazione di un diritto
su una cosa determinata, ma consistono nella creazione di un nuovo rapporto obbligatorio fra lo stesso creditore e
un altro soggetto che si aggiunge, con il suo patrimonio, a rafforzare la garanzia del creditore. La fideiussione si
costituisce mediante un contratto con il quale un terzo si obbliga personalmente verso il creditore, garantendo
l'obbligazione altrui. L'accordo con il debitore principale non è essenziale, la volontà di prestare la fideiussione
deve essere espressa. Essa costituisce un'obbligazione accessoria, la garanzia sussiste e continua a sussistere in
quanto sia valida e finché rimanga valida l'obbligazione principale. La fideiussione non può eccedere ciò che è
dovuto dal debitore, né può essere prestata a condizioni più onerose. Sussiste un rapporto di solidarietà fra il
debitore ed il fideiussore che diviene obbligato in solido con il debitore garantito; può stabilirsi l'obbligo della
previa escussione dell'obbligato principale (ci si deve rivolgere prima al debitore garantito, poi al fideiussore); in
caso di più fideiussioni può essere stabilito il beneficio della divisione (il debito si divide in tante parti quanti sono i
fideiussori e ogni fideiussore può esigere che il creditore richieda solo la parte di sua spettanza); il fideiussore che
ha pagato è surrogato nei diritti che il creditore aveva con il debitore, può valersi di tutte le garanzie che erano a
disposizione del creditore per rifarsi sul patrimonio del debitore garantito ed ha l'azione di regresso con la quale po'
agire contro il debitore per farsi rimborsare di quanto ha pagato; il fideiussore può opporre al creditore tutte le
eccezioni che spettano al debitore principale, salvo quella derivante da incapacità. L'obbligazione del fideiussore si
estingue per l'estinzione dell'obbligazione del debitore principale; attraverso i normali modi di estinzione delle
obbligazioni. La fideiussione omnibus si ha quando un soggetto si obbliga a garantire l'adempimento di ogni
obbligazione già sorta o che sorgerà a carico di un altro soggetto senza la previsione né di limiti né di durata né
quantitativi. L'avallo è una dichiarazione cambiaria con la quale taluno garantisce il pagamento della cambiale per
uno degli obbligati cambiari (traente, emittente o girante). Si tratta di un'obbligazione cambiaria autonoma di
garanzia. Esso si distingue dalla fideiussione poiché rappresenta un'obbligazione indipendente da quella cambiaria
per cui è dato e non una obbligazione accessoria. Il mandato di credito: una persona dà un incarico ad un'altra di
far credito ad una terza persona; quando l'incarico è accettato, chi l'ha ricevuto non vi può rinunziare ma deve aprire
il credito al terzio, chi ha dato il mandato garantisci il debito futuro come se fosse un fideiussore. Il diritto di
ritenzione è il permesso da parte della legge al creditore di trattenere una cosa che egli avrebbe l'obbligo di
restituire al proprietario, al fine di indurre quest'ultimo a soddisfare un suo debito; è un mezzo di pressione sulla
volontà del debitore cui non si accompagnano garanzie reali o privilegi. Può essere previsto dalla legge o dalla
volontà delle parti (in tal caso non può essere fatta valere nei confronti dei terzi che non erano in grado di
conoscerne tempestivamente l'esistenza). La lettera di gradimento (di patronage) è una forma impropria di
garanzia: attraverso una dichiarazione, una società capogruppo rende noto alla banca, dalla quale una delle società
del gruppo intende ricevere un finanziamento, di possedere una partecipazione di controllo sulla società da
finanziare e si impegna a non cedere tale partecipazione fino alla estinzione del debito oppure, in caso di cessione, a
prestare idonea garanzia.
PARTE 8 – CAPITOLO 8
La solvibilità del debitore è la sufficienza dei suoi beni a fungere effettivamente da garanzia generica delle sue
obbligazioni. Il creditore, pertanto, ha interesse ad impedire che il patrimonio del debitore possa subire, per
negligenza o per dolo del debitore stesso, diminuzioni che incidano sulla solvibilità. L'azione surrogatoria
consente al creditore di sostituirsi al debitore nell'esercizio di singoli diritti o azioni a lui spettanti; presupposto di
tale azione è che il debitore trascuri, vedendo il proprio patrimonio andare in rovina, i propri interessi patrimoniali
(per negligenza o dolo) e che ciò provochi pregiudizio del suo patrimonio e alle aspettative legittime del creditore.
Con l'azione surrogatoria il creditore fa acquistare al patrimonio del debitore gli aumenti ad esso dovuti ed
impedisce i danni che ne deriverebbe. Si fonda sull'interesse del creditore alla conservazione della garanzia del
patrimonio del debitore. Essa è consentita solo per diritti patrimoniali. L'azione revocatoria è l'azione concessa al
creditore a salvaguardia dell'integrità del patrimonio del debitore, nel presupposto che questi compia
consapevolmente atti con i quali si spogli dei propri beni, sottraendoli al soddisfacimento del creditore. Ne sono
presupposti: la qualità di creditore del soggetto agente; un atto di disposizione inter vivos tale da incidere
attualmente o in futuro sul patrimonio del debitore; eventus damni: diminuzione o pericolo di diminuzione del
patrimonio del debitore, che si risolve in una sottrazione di taluni beni all'espropriazione del creditore; consilium
fraudis: consapevolezza del debitore di arrecare col proprio atto un pregiudizio al creditore. L'azione revocatoria
non invalida l'atto compiuto dal debitore, ma lo rende inefficace nei confronti del creditore [inefficacia relativa]. Se
il sub-acquirente ha acquistato a titolo gratuito la dichiarazione di inefficacia dell'atto estende gli effetti anche nei
suoi confronti, se ha acquistato a titolo oneroso, il suo diritto non è pregiudicato se questi era in buona fede al
momento dell'acquisto. L'azione si prescrive in cinque anni. Il sequestro conservativo è un istituto che ha lo scopo
di impedire al debitore la disposizione dei beni per i quali sia stato chiesto (al giudice) e ottenuto il sequestro.
L'esecuzione forzata: il creditore per conseguire ciò che gli è dovuto, può fare espropriare (tramite l'organo
esecutore, lo Stato) i beni del creditore o di un terzo garante. Oggetto di tale espropriazione è tutto il patrimonio del
debitore. Essa si realizza attraverso: pignoramento, vendita forzata (o assegnazione forzata), attribuzione del
ricavato al creditore. In caso di crisi di imprenditori commerciali, la legge non consente azioni esecutive
individuali, ma interviene attraverso una particolare procedura giudiziale, sottoponendo ad esecuzione l'intero
patrimonio dell'impresa: esecuzione collettiva: procedura esecutiva concorsuale o fallimentare che realizza la par
condicio creditorium, ossia regola in egual modo tutti i rapporti che fanno capo all'imprenditore. La cessione dei
beni ai creditori è un contratto con cui il debitore incarica tutti o alcuni creditori di liquidare tutte o parte delle sue
attività e di ripartirne tra di loro il ricavato, in soddisfacimento dei rispettivi crediti. Va fatto per iscritto e va
trascritto se ha per oggetto immobili o mobili registrati. Il debitore conserva il diritto di vigilare la gestione e di
avere un rendiconto finale, resta proprietario dei beni stessi e di ciò che residuerà dopo il pagamento dei creditori.
L'anticresi è un contratto con cui il debitore (o un terzo per lui) si obbliga a consegnare un immobile al creditore
affinché questi ne percepisca i frutti, imputandoli agli interessi, se dovuti e quindi al capitale. La sua durata non può
superare il decennio, richiede la forma scritta a pena di nullità e la trascrizione; il diritto del creditore anticretico
vale anche nei confronti dei successivi acquirenti del bene gravato.
PARTE 9 – CAPITOLO 1
Il contratto è definito dalla legge l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un
rapporto giuridico patrimoniale. Il contratto ha sempre contenuto patrimoniale ed è un negozio giuridico
necessariamente bilaterale o plurilaterale. I contratti unilaterali fannoriferimento ad un contratto bi- o plurilaterale
ma con obbligazioni a carico di una sola delle parti. Il contratto costituisce un paradigma generale ed astratto, in
quanto ha la capacità di accogliere qualunque contenuto purché serio e lecito [autonomia contrattuale: le aprti
possono concludere contratti non previsti dalla legge, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela].
La funzione del contratto può essere: di costituire (dar vita a un nuovo rapporto che non esisteva), di regolare
(introdurre qualsiasi modificazione ad un rapporto già esistente), estinguere (porre fine ad un rapporto preesistente).
Il regime giuridico del contratto è dettato: dalla legge; dalla volontà delle parti (derogatrice quando le norme di
legge non siano cogenti o imperative o integrativa quando la legge nulla dispone al riguardo); dagli usi. Il contratto
è un negozio giuridico e quindi presenta gli elementi essenziali ed accidentali del negozio. Gli elementi essenziali
del contratto sono: l'accordo o consenso delle parti (derivante dalla combinazione delle volontà degli stipulanti); la
causa (funzione economico-sociale cui il contratto adempie); l'oggetto (prestazione; deve essere possibile, lecito,
determinato o determinabile); la forma (quando è richiesta ad substantiam). La capacità di contrattare è un
aspetto della capacità di agire: idoneità a compiere atti produttivi di effetti giuridici che deve esistere al momento
della dichiarazione; è la regola, ma in alcuni casi la legge richiede una capacità più intensa: la capacità di disporre
(donazione, transazione), essa implica l'attitudine a porre in essere da sé, atti di alienazione, ossia di diminuzione
del proprio patrimonio, contro corrispettivo o a titolo gratuito. L'oggetto del contratto è rappresentato dalla cosa o
dal comportamento che è materia dello scambio, della promessa o del conferimento; i requisiti oggettivi gli sono
richiesti al momento dell'efficacia del negozio, quelli soggettivi al momento della conclusione. Diversi dall'oggetto
sono: il contenuto del contratto (complesso regolamento contrattuale); causa del contratto (funzione economico-
sociale del contratto, cioè sintesi dei suoi effetti essenziali e scopo concreto che muove le parti al compimento del
negozio). L'oggetto deve essere possibile (se cosa fisica deve esistere o poter esistere, se è un comportamento
umano deve essere compatibile con le capacità fisiche ed intellettuali dell'individuo, la possibilità deve essere sia
naturale che giuridica); lecito (non contrario alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume); determinato o
determinabile. Il contenuto del contratto è dato da tutto ciò che viene stabilito dalle parti per regolare i loro privati
interessi. I contratti, in base al perfezionamento del vincolo contrattuale si distinguono in consensuali (si
perfezionano con il semplice consenso, accordo) e reali (richiede, oltre al consenso delle parti, anche la consegna
della cosa, che non è un effetto del contratto ma un elemento costituitivo dello stesso). Riguardo al tempo della
esecuzione si distinguono in contratti ad esecuzione istantanea (esauriscono i loro effetti in un solo istante o
all'atto della conclusione del contratto, esecuzione immediata, o in un momento successivo) e contratti di durata
(la cui esecuzione si protrae nel tempo o in modo continuo -c. ad esecuzione continuata: ad es locazione, nella
quale la prestazione del locatore è unica ed ininterrotta nel tempo- o ad intervalli -c. ad esecuzione periodica: ad es
somministrazione di derrate, caratterizzata da prestazioni che si susseguono periodicamente nel tempo-). Nei
contratti di durata la risoluzione o il recesso non incidono sulle prestazioni già eseguito, perché tali prestazioni non
sono rese inutili dalla cessazionedel rapporto, avendo già soddisfatto l'interesse delle parti per il tempo in cui sono
state eseguite. Riguardo agli effetti del contratto si distinguono i contratti ad effetti reali o traslativi (producono,
come effetto, il trasferimento della proprietà di un bene determinato o la costituzione o il trasferimento di un diritto
reale su un bene determinato; la loro efficacia può essere differita o eventuale quando il trasferimento della
proprietà avviene in un momento successivo alla conclusione del contratto; sono di regola consensuali) e i contratti
ad effetti obbligatori (che danno luogo alla nascita di un rapporto obbligatorio, non fanno sorgere diritti reali, ma
solo diritti personali di credito o godimento, ad es locazione, deposito). Riguardo al nesso tra le attribuzioni
patrimoniali abbiamo i contratti a prestazioni corrispettive (il contratto genera due attribuzioni patrimoniali
contrapposte e ciascuna delle parti è tenuta ad una prestazione\controprestazione, tra le quali si stabilisce uno
speciale nesso di corrispettività, sinallagma, che consiste nella interdipendenza fra esse: ciascuna parte non è tenuta
alla propria prestazione, se non è effettuata anche la prestazione dell'altra parte. Il sinallagma può essere genetico se
sussiste al momento della conclusione del contratto, o funzionale se l'interdipendenza sussiste durante la vita del
contratto.) e i contratti con prestazione unica (pur implicando l'esistenza di due parti e due distinte dichiarazioni
di volontà, generano l'obbligo della prestazione per una sola parte, il debitore. Sono i contratti unilaterali.).
Riguardo al rapporto tra i corrispettivi: contratti commutativi (nei quali, sin dal momento della conclusione,
ciascuna parte conosce l'entità del vantaggio e del sacrificio che riceverà dal contratto); contratti aleatori (all'atto
della stipulazione non è nota l'entità dela vantaggio e del sacrificio a cui ciascuna parte si espone. Trattasi di
contratti in cui il rischio contrattuale -alea- è più ampio ed assume rilevanza casuale. Ad es assicurazione,
scommessa). Riguardo alla sussistenza o meno di un reciproco sacrificio: contratti a titolo oneroso (se alla
prestazione di una parte corrisponde un sacrificio dell'altra); contratti a titolo gratuito (se la prestazione eseguita
da una parte è fatta per spirito di liberalità, cioè a favore dell'altra senza che a questa sia imposto alcun sacrificio).
Riguardo alla causa: contratti tipici o nominati (costituiscono un modello di operazione economica che si è
tradotta in modello normativo previsto e disciplinato dalla legge); contratti atipici o innominati (non rientrano in
un dato tipo di contratto previsto dal legislatore, possono essere stipulati nel rispetto delle norme imperative e
secondo il criterio di meritevolezza dell'interesse; è meritevole di tutela ogni modello contrattuale che persegua
interessi socialmente utili; sono regolati pattiziamente e dalla disciplina legale del contratto in generale); contratti
misti (ipotesi 1: contratto in cui concorrono gli elementi di più contratti tipici che si fondono in un'unica causa,
concorrendo così a realizzare un interesse unitario sul piano pratico-economico, fusione di cause; ipotesi 2: pluralità
di cause tipiche concorrenti nella unicità del rapporto, concorrenza di cause. Il contratto misto è sempre inteso
come contratto unico. Vengono disciplinati con criterio dell'assorbimento: individuato il contratto prevalente, si
applica la disciplina di quest'ultimo; criterio della combinazione: ciascun elemento contrattuale distinto deve essere
regolato dalle norme che gli sono proprie); contratti collegati (pluralità di contratti tipici e/o atipici che, pur
conservando autonomia, sono interdipenti poiché diretti a reealizzare un fine pratico unitario).
Libertà contrattuale: libertà sul se stipulare il contratto; sullo scegliere la persona dell'altro contraente e il tipo di
contratto; di fissare il contenuto del contratto; di dar vita a contratti atipici. Sono scelte pienamente libere, tranne in
caso di contratto imposto, quando la conclusione di esso è imposta autoritativamente dalla legge.
PARTE 9 – CAPITOLO 2
Il codice disciplina la formazione del contratto, che avviene tramite l'incontro delle volontà (accordo delle parti)
che riguarda una volontà che propone (proposta) ed una che accetta (accettazione). Proposta ed accettazione sono le
fasi attraverso cui il contratto si perfeziona. Alcuni contratti si concludono in modo rapido e senza negoziazioni (a
formazione istantanea), ma di norma l'accordo segue una fase di trattative, di carattere preparatorio e strumentale.
Le parti debbono comportarsi secondo buona fede, con correttezza e lealtà reciproca. La violazione del dovere di
correttezza comporta una responsabilità che prende il nome di responsabilità precontrattuale (culpa in
contrahendo) ne segue il dovere di risarcire il danno comprendendo nel risarcimento le spese e le perdite connesse
strettamente con le trattative (danno emergente) e il vantaggio che la parte avrebbe potuto procurarsi con altre
contrattazioni (lucro cessante).
Le trattative iniziano con la proposta idonea a costituire il vincolo contrattuale e completa (ossia contenente tutti
gli elementi essenziali del contratto cui è diretta), essa è una dichiarazione unilaterale di volontà, che diventa
impegnativa solo se accettata dal destinatario. È un atto prenegoziale. Il proponente può revocarla finché il
contratto non sia concluso, cioè prima che venga a conoscenza dell'accettazione dell'altra parte che se ha già
intrapreso in buona fede l'esecuzione del contratto, va indennizato delle spese e delle perdite; la stesse proposta può
essere rivolta a più persone; la proposta perde efficacia e libera il proponente qualora l'accettazione non intervenga
entro il termine stabilito dal proponente o entro quello ordinariamente necessario per la natura di essa; la proposta è
caducata dalla morte o dalla sopravvenuta incapacità di contrattare del proponente, anteriore alla conoscenza
dell'intervenuta accettazione, salvo che non sia irrevocabile o fatta da un imprenditore non piccolo nell'esercizio
della sua impresa. La proposta è irrevocabile in caso di proposta ferma (obbligo del proponente a mantenerla ferma
per un certo tempo, impegno unilaterale) e in caso di opzione (contratto di opzione preparatorio al contratto finale).
Il patto di prelazione è un contratto con cui un soggetto (promittente) si obbliga a dare ad un altro soggetto
(prelazionario) la preferenza rispetto ad altri a parità di condizioni nel caso decida di stipulare un determinato
contratto. L'offerta al pubblico è un tipo di proposta consistente in un'offerta diretta al pubblico (in incertam
personam), fatta con il sistema dei pubblici proclami (facile conoscibilità) affinché sia eventualmente accettata da
persona cui essa convenga, deve comunque contenere gli elementi essenziali del contratto; è revocabile se la revoca
è effettuata nella stessa forma dell'offerta. L'accettazione è una dichiarazione recettizia di natura prenegoziale, che
diviene elemento perfezionativo del contratto quando è portata a conoscenza del proponente; deve essere
tempestiva e coincidente in pieno con tutte le clausole contenute nella proposta, se parzialmente difforme o giunta
in ritardo al proponente è valida come controproposta; deve avere la forma richiesta dal contratto che si vuol
concludere; fatta al proponente o suo rappresentante; può essere revocata purché la revoca giunga al proponente
prima della stessa accettazione. Si ha accettazione tacita qualora l'esecuzione immediata del contratto sia richiesta
dal proponente o dalla natura dell'affare o dagli usi; il contratto in questo caso si conclude nel tempo e luogo in cui
ha inizio l'esecuzione ed il proponente non potrà revocare la proposta dopo che l'altra parte abbia iniziato ad
eseguire la prestazione richiesta; deve risultare da un comportamento manifesto ed inequivocabile. Il contratto è
concluso quando l'accettazione sia giunta all'indirizzo del proponente, salvo che questi dimostri che, per un fatto
non dovuto a sua colpa, non ne abbia avuto conoscenza. Il contratto per adesione: il suo contenuto (e tutte le
clausole) è già predisposto dal proponente e l'altro contraente non può discuterne il contenuto, ma è tenuto ad
aderire in blocco alla proposta se vuole stipulare il contratto; ha la funzione di eliminare la fase delle trattative (utile
per le grandi imprese con molti clienti); le condizioni generali di contratto, ossia le condizioni predispose in modo
uniforme da uno dei contraenti e destinate a valere per tutti i contratti conclusi coi consumatori o con gli utenti,
sono efficaci per l'altro contraente se, al momento della conclusione del contratto, questi le ha conosciute o avrebbe
dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza, il predisponende ha onere di rendere conoscibili le condizioni
generali di contratto e l'aderente ha l'onere di diligenza nell'accertamento delle clausole uniformi; le clausole
vessatorie (clausole particolarment egravose per la controparte) non hanno effetto se quest'ultima non le abbia
specificatamente approvate per iscritto, per evitare che le imprese approfittino della disattenzione dei clienti, la
mancata approvazione di esse determina la nullità o l'inefficacia della clausola (opinioni discordi); le clausole
aggiunte ai moduli o ai formulari prevalgono su quelle predisposte qualora siano incompatibili con esse ed anche se
queste ultime non siano cancellate. Il contratto preliminare è quello con cui le parti si obbligano a stipulare un
futuro contratto detto definitivo, il suo oggetto è una prestazione di facere (prestare futuro consenso) ed i suoi
effetti si produrranno nella sfera giuridica delle parti con la stipula del contratto definitivo. Può essere bilaterale
(l'obbligo è assunto da entrambe le parti) o unilaterali (l'obbligo è assunto da una sola parte); è nullo se non
stipulato nella stessa forma del contratto definitivo. Il contratto preliminare improprio o compromesso è un
contratto definitivo, immediatamente efficace che contiene l'obbligo di riprodurre il consenso in forma determinata
(ad es ai fini della trascrizione). Se il soggetto obbligato dal contratto preliminare non adempie l'altra parte può
chiedere la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento, con la condanna per l'inadempiente al
risarcimento del danno, può provocare mediante domanda giudiziale l'emanazione di una sentenza costitutiva che
tiene luogo del consenso e produce gli stessi effetti del contratto definitivo non concluso. I contratti preliminari
aventi ad oggetto taluni contratti sono soggetti a trascrizione, se lo stesso risulti da atto pubblico o da scrittura
privata con sottoscrizione autenticata, ciò permette al promissario acquirente di anticipare l'opponibilità del
contratto definitivo; la trascrizione ha quindi effetto prenotativo ma non è illimitato nel tempo, cade se il contratto
definitivo o la domanda giudiziale non siano a loro volta trascritti entro un anno dalla data in ci era prevista la
stipula del definitivo o entro 3 anni dalla trascrizione del preliminare. Il consumatore è la persona fisica che agisce
per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta (contrapposto a professionista). Il
consumatore è tutelato dal codice del consumo, tramite determinati principi: autonomia della volontà delle parti,
libertà della forma (a meno che non specificatamente richiesta), chiarezza e comprensibilità delle clausole redatte
per iscritto, buona fede. Ribadisce la nullità delle clausole vessatorie inserite nel contratto concluso tra consumatore
e professionista.
PARTE 9 – CAPITOLO 3
L'interpretazione del contratto è l'attivitò rivolta ad indagare e ricostruire il significato da attribuire alle
dichiarazioni delle parti poiché possono essere intese diversamente dal dichiarante, dal destinatario o dai terzi
interessati. In tema di interpretazione soggettiva occorre accertare la comune intenzione delle parti (desunta dalle
espressioni usate e dal comportamento delle parti stesse anche successivo alla conclusione dell'accordo, criterio
temporale) e non limitarsi al senso letteale che emerge dalle parole usate. Le clausole vanno interpretate le une per
mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto (criterio logico). Il contratto
deve essere interpretato secondo buona fede, intesa come comportamento leale dei soggetti. L'interpretazione
oggettiva rappresenta lo strumento per accertare la volontà che presumibilmente le parti vollero esternare, si applica
se l'indagine sulla comune volontà delle parti non ha portato risultati. Tali norme riguardano: il principio di
conservazione del contratto (nel dubbio il contratto e le singole clausole si devono interpretare nel senso in cui
possono avere qualche effetto); pratiche generali interpretative (le clausole ambigue si intepretano secondo ciò che
si pratica generalmente nel luogo di conclusione del contratto); espressioni con più sensi (nel dubbio devono essere
intese nel significato più conveniente alla natura ed all'oggetto del contratto); clausole inserite nei contratti per
adesione e nei moduli e formulari (vanno nel dubbio interpretate contro l'autore delle clausole). Le norme
sull'interpretazione soggetttiva prevalgono su quelle dell'interpretazione oggettiva, all'interno delle quali prevale
l'interpretazione secondo buona fede. Se il contratto, nonostante l'applicazione delle norme interpretative rimanga
oscuro: se a titolo gratuito, deve essere inteso nel senso meno gravoso per l'obbligato; se a titolo oneroso va
interpretato in modo da realizzare un equo contemperamento degli interessi delle parti. L'integrazione del
contratto: le parti sono tenute non solo a quanto incluso volontariamente nel contratto ma anche alle conseguenze
che derivino dalla legge, ossia per quanto le parti non abbiano disposto o previsto, se vi è una norma di carattere
dispositivo, questa interviene a disciplinare quella parte del rapporto che non è stata oggetto della specifica
previsione.
PARTE 9 – CAPITOLO 4
Il contratto ha efficacia tra le parti che lo hanno stipulato, tra le quali ha la stessa forza vincolante della legge. Le
parti sono libere di stipulare ma, una volta concluso il contratto, sono tenute ad osservarlo. Il contratto non può
sciogliersi che a seguito di un nuovo contratto (con mutuo consenso), oppure per le cause ammesse dalla legge.
L'efficacia dei contratti si estende nei confronti del successore a titolo universale di ciascun contraente e degli
aventi causa o successori a titolo particolare. Il recesso è il diritto di sciogliersi dal contratto concluso, mediante
dichiarazione unilaterale comunicata all'altra parte; può essere: legale (se previsto dalla legge, per lo più in contratti
la cui esecuzione si protrae nel tempo e non ne è stabilito il momento della cessazione), convenzionale (se previsto
contrattualmente con apposita clausola, in questi casi è spesso previsto un corrispettivo per la parte che subisce il
recesso); il diritto di recesso può essere esercitato finché il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione, nei
contratti di durata il relativo esercizio è ammesso anche successivamente, ma senza alcun effetto riguardo alle
prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione. Il recesso pone fine ex nunc al rapporto giuridico creato dal
contratto, il mutuo consenso e la revoca unilaterale incidono invece sul contratto facendone venir meno gli effetti
ex tunc. La revoca è l'atto estintivo dei negozi unilaterali, ovvero di contratti stipulati nell'interesse esclusivo della
parte revocante. I contratti obbligatori sono quelli che non producono effetti traslativi, bensì solo effetti
obbligatori; i contratti traslativi (aventi efficacia reale) possono essere consensuali o reali, a volte anche questi
(traslativi consensuali) non producono immediatamente l'effetto reale poiché questo è differito ad un altro momento
e col consenso si producono solo effetti obbligatori. Nei contratti ad effetti obbligatori immediati e reali
differiti, affinché si verifichi l'effetto traslativo occorre: la specificazione o l'individuazione per determinare la cosa
dovuta, in caso di cose di genere; il venire ad esistenza della cosa promessa, in caso di cosa futura; l'acquisto della
proprietà della cosa da parte dell'alienante, nel caso di cosa altrui, l'effetto traslativo resta sospeso sino a che non si
realizzino detti eventi. Il contratto con effetti reali immediati, produce immediato effetto traslativo e costitutivo,
la proprietà si acquista in entrambi i casi per effetto del consenso legittimamente manifestato. Terzo è chi non è
parte del contratto e chi non è parificato alla parte nonché chi è estraneo al relativo rapporto; gli effetti del contratto
sono limitati alle sole parti e non produce effetti rispetto al terzo (relatività degli effetti del contratto, diviedo di
ingerenza nell'altrui sfera giuridica). La promessa del fatto del terzo: se si promette, mediante un contratto,
l'obbligazione o il fatto del terzo, quest'ultimo non resta in alcun modo vincolato, essendo estraneo alla pattuizione,
il promittente resta obbligato e deve indennizzare l'altro contraente in caso il terzo non si obblighi; Il divieto
contrattuale di alienazione: il patto con il quale una parte si obbliga verso l'altra a non alienare una data cosa per
un certo tempo non ha effetto nei confronti dei terzi eventuali acquirenti estranei ma, chi si è obbligato a non
vendere e vende dovrà risarcire il danno, ma la vendita è valida ed efficace.Il contratto a favore del terzo è un
negozio in virtù del quale una parte (stipulante) designa un terzo quale avente diritto alle prestazioni dovute dalla
controparte (promittente). Lo stipulante deve avere un interesse (anche solo morale) a che il terzo riceva il beneficio
dal promittente. Il terzo acquista il diritto verso il promittente sin dal momento della stipulazione del contratto, ha
l'onere di dichiarare se accettare o meno la stipulazione in suo favore; lo stipulante può revocare o modificare la
stipulazione fino a quando il terzo non abbia dichiarato di volerne approfittare, la stipulazione può essere revocata
anche con testamento se da eseguirsi dopo la morte dello stipulante; il promittente può opporre al terzo solo le
eccezioni fondate sul contratto, ma non quelle fondate su altri eventuali rapporti tra lui e lo stipulante; in caso di
revoca della stipulazione o rifiuto del terzo di approfittarne, la prestazione rimane a beneficio dello stipulante, salvo
che le parti o la natura del contratto facciano risultare altrimenti. Si ha contratto per una persona da nominare
quando, al momento della conclusione di un contratto, una parte si riserva la facoltà di nominare la persona nella
cui sfera giuridica il negozio deve produrre effetti. Il contratto produce effetti nei confronti del terzo solo se: la
dichiarazione di nomina viene comunicata nel termine fissato dalle parti (in mancanza 3 gg); la dichiarazione è
accompagnata dall'accettazione della persona nominata; la dichiarazione è espressa nella stessa forma che le parti
hanno usato per il contratto; mancando i suddetti requisiti, il contratto produce i suoi effetti nei confronti dello
stipulante originario (ipotesi di rappresentanza eventuale in incertam personam). Il conflitto: quando una persona
cede un suo diritto, con successivi contratti, a due soggetti: in tale ipotesi occorre accertare quale dei due debba
essere considerato dalla legge il nuovo titolare del diritto. Il principio logico generale è quello di preferire colui al
quale il diritto è stato attribuito per primo, poiché chi si è già spogliato di un diritto non può più disporre dello
stesso. Nell'acquisto di beni mobili è preferito chi, per primo, ne ha acquistato il possesso in buona fede; in caso di
diritti immobiliari o su beni mobili registrati è preferito chi abbia curato la trascrizione del titolo; nel caso di diritti
personali di godimento è preferito chi, per primo ha conseguito il godimento della cosa. Il contraente sacrificato ha
diritto al risarcimento dei danni nei confronti della parte che ha attribuito ad altri lo stesso diritto.
PARTE 9 – CAPITOLO 5
Il contratto può essere sciolto anche per rescissione o risoluzione, modi di dissolubilità legati ad un difetto del
sinallagma [nesso di reciprocità che lega le due prestazioni] e, ricorrono solo nei contratti a prestazioni
corrispettive. Ogni difetto del sinallagma si ripercuote sulla causa: i difetti genetici (originari) totali della causa (il
negozio è nullo); i difetti genetici parziali della causa (squilibrio di proporzioni tra prestazione e controprestazione
risalente al momento della conclusione del contratto, è prevista la rescissione); i difetti sopravvenuti o funzionali
(quando una delle due prestazioni diviene, dopo la conclusione del contratto, sproporzionata rispetto all'altra o
viene meno la corrispettività poiché una parte non può più adempiere per causa propria o esterna alla sua volontà,
in questi casi è prevista la risoluzione del contratto).
L'azione di rescissione del contratto è concessa nel caso in cui lo stesso è stato concluso in stato di pericolo e in
caso di lesione a tutela di chi contrae a condizioni inque. Essa lascia sussistere gli effetti giuridici del contratto
rescindibile finché non sia accertata la rescindibilità con una pronuncia del giudice. RESCISSIONE PER
LESIONE: Se c'è sproporzione tra la prestazione di una parte e quella dell'altra e la sproporzione è dipesa dallo
stato di bisogno di una parte, del quale l'altra ha approfittato per trarne vantaggio, la parte danneggiata può
domandare la rescissione del contratto; sono presupposti dell'azione: la lesione ultra dimidium (sproporzione fra le
due prestazioni superiore alla metà); lo stato di bisogno della parte danneggiata (interpretato anche come difficolta
non economica); l'approfittamento dello stato di bisogno, ossia la consapevolezza di tale stato e la convinzione di
trarne una immoderata utilità economica. RESCISSIONE DEL CONTRATTO CONCLUSO IN STATO DI
PERICOLO: Chi, per contratto, assume obbligazioni a condizioni inique, per la necessità nota alla controparte, di
salvare altri o sé dal pericolo attuale di un danno grave alla persona può ottenere la rescissione del contratto; sono
presupposti: lo stato di pericolo in cui si trovava uno dei contraenti o un'altra persona, l'iniquità delle condizioni a
cui il contraente in pericolo ha dovuto soggiacere per salvarsi dallo stato di pericolo, la conoscenza dello stato di
pericolo da parte di colui che ne ha tratto vantaggio. Tuttavia il giudice può assegnare all'altra parte un equo
compenso per l'opera prestata. Legittimata all'azione di rescissione è la parte danneggiata; l'azione si prescrive in
un anno; il contraente che si è avvantaggiato può evitare la rescissione facendo un'offerta di modificazione del
contratto sufficiente a ricondurlo all'equità; l'azione non è esperibile quando l'originario squilibrio non sussiste più
al momento in cui è proposta la domanda. La risoluzione del contratto (non elimina il contratto, ma i suoi effetti)
è prevista nell'ipotesi che si riscontrino anomalie nel funzionamento del sinallagma dopo la conclusione del
contratto; difetto attinente a cause che ineriscono allo svolgimento del rapporto contrattuale e che rompe la
reciprocità tra le prestazioni. Può avvenire per inadempimento, impossibilitgà sopravvenuta o eccessiva onerosità.
La risoluzione ha effetto retroattivo esclusivamente tra le parti, salva l'ipotesi del contratto ad esecuzione continuata
o periodica per cui l'effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite; non pregiudica i terzi i
quali abbiano acquistato prima che si sia verificata la risoluzione di diritto o che sia stata proposta la domanda
giudiziale di risoluzione. RISOLUZIONE PER INADEMPIMENTO: se, in un contratto a prestazioni
corrispettive, una parte non adempie la prestazione cui è tenuta, la parte adempiente può chiedere giudizialmente
l'adempimento o esercitare il diritto alla risoluzione, oltre al risarcimento del danno; una volta chiesta la
risoluzione, non può chiedere l'adempimento, è possibile l'inverso. La risoluzione può aversi di diritto (per effetto
dell'inadempimento, senza ricorso al giudice; se: nel contratto è inserita la clausola risolutiva espressa che stabilisce
le modalità di risoluzione del contratto se l'obbligazione non è adempiuta o adempiuta diversamente da come
convenuto, il contratto sarà sciolto in seguito all'esercizio del diritto potestativo da parte della parte non
inadempiente che comunicherà all'altra che intende avvalersi della stessa; anche in mancanza di clausola risolutiva
la parte adempiente può inoltrare all'inadempiente una diffida ad adempiere, assegnandogli un congruo termine non
inferiore ai 15 giorni, trascorso il quale il contratto si intende risolto; in caso di scadenza del termine essenziale,
ossia termine al di là del quale il creditore non ha più interesse ad ottenere l'esecuzione della prestazione, il
contratto si intende risolto a meno che la parte, in cui favore è previsto il termine, non dichiari, entro tre giorni, di
voler egualmente esigere l'adempimento) e per sentenza costitutiva (risoluzione giudiziale). I presupposti della
risoluzione sono: che una parte sia inadempiente (se per colpa o dolo non abbia eseguito la prestazione dovuta) e
che l'inadempimento non sia di scarsa importanza (ma va valutata la sua attitudine a turbare l'equilibrio
contrattuale, presupposto non necessario se si è in presenza di una clausola risolutiva espressa o si è violato il
termine essenziale). Se una delle due parti è inadempiente, l'altra, prima di chiedere la risoluzione può avvalersi di
due mezzi: eccezione di inadempimento (nei contratti a prestazioni corrispettive ciascun contraente può rifiutarsi di
eseguire la propria prestazione se l'altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria
obbligazione, salvo che si sia stabilito che i corrispettivi adempimenti siano dovuti in tempi diversi o che ciò risulti
dalla natura del contratto) o sospensione della prestazione per le mutate condizioni patrimoniali dei contraenti
(ciascuna delle parti di un contratto a prestazioni corrispettive può sospendere la prestazione se le condizioni
patrimoniali dell'altra siano divenute tali da mettere in pericolo evidente il conseguimento della controprestazione).
La clausola del "solve et repete" è una clausola con cui le parti possono stabilire che una di esse non può opporre
eccezioni per evitare o ritardare la prestazione (una parte dice all'altra: per il momento esegui l'obbligazione, poi
chiederai indietro ciò che hai dato). Tale clausola deve essere specificatamente approvata per iscritto se contenuta
in un contratto predisposto unilateralmente. La clausola non ha effetto per le eccezioni di nullità, di annullabilità e
di rescissione del contratto. RISOLUZIONE PER IMPOSSIBILITA' SOPRAVVENUTA DELLA
PRESTAZIONE: se per causa non imputabile, estingue l'obbligazione con conseguente liberazione della parte che
vi era tenuta e, nei contratti corrispettivi viene meno la giustificazione del diritto alla controprestazione: la parte
liberata non può chiederla. Questa forma di risoluzione opera di diritto. Se il contratto è ad efficacia obbligatoria, la
controparte ha diritto ad ottenere la restituzione della prestazione ed è liberata dall'obbligo di eseguirla; se concerne
un contratto ad efficacia reale, il compratore è ugualmente tenuto ad eseguire la controprestazione e non può
pretendere la restituzione. In caso di prestazione parzialmente impossibile si ha risoluzione parziale, l'altra parte ha
diritto ad una corrispondente riduzione della prestazione, ma non può recedere dal contratto se non abbia un
interesse apprezzabile all'adempimento parziale. RISOLUZIONE PER ECCESSIVA ONEROSITA': l'azione è
prevista per ovviare ad una onerosità sopravvenuta, ossia squilibrio fra le prestazioni verificatosi dopo la
conclusione del contratto. La legge richiede: che si tratti di contratti nei quali è previsto il decorso del tempo
nell'esecuzione (di durata o istantanei a esecuzione differita); che non si tratti di contratti aleatori; che l'eccessiva
onerosità si sia verificata successivamente alla conclusione del contratto, ma prima che il contratto stesso abbia
avuto esecuzione e purché il debitore non sia in mora; che l'onerosità dipenda da avvenimenti straordinari ed
imprevedibili; che tale onerosità non rientri nell'alea normale del contratto. La parte contro cui è chiesta la
risoluzione del contratto può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto (offerta di
riduzione ad equità); In caso di eccessiva onerosità la risoluzione non opera di diritto ma occorre la pronuncia del
giudice.
PARTE 9 – CAPITOLO 6
La promessa unilaterale è un negozio giuridico unilaterale, consistente in una dichiarazione emessa da una parte
che si obbliga ad effettuare una determinata prestazione verso un'altra senza che quest'ultima debba accettare.
Produce effetti obbligatori nei soli casi previsti dalla legge. Ha caratteri: obbligatorietà (la promessa importa dovere
di adempimento, anche senza, o prima, che intervenga l'accettazione da parte del destinatario); irrevocabilità;
inapplicabilità del binomio onerosità-gratuità (non acquista mai il carattere di corrispettivo, non avrà quindi rilievo
il sinallagma). La promessa unilaterale non è un contratto unilaterale. La promessa di pagamento è un atto
unilaterale con il quale una persona si obbliga ad un determinato pagamento verso un'altra persona; la ricognizione
di debito è un atto unilaterale con cui un soggetto riconosce l'esistenza di un proprio debito verso un altro soggetto;
entrambi gli istituti sono dichiarazioni unilaterali di tipo recettizio ed obbligatorio, con effetti probatori (una volta
poste in essere dispensano il destinatario dall'onere di provare l'esistenza del rapporto). La promessa al pubblico è
una promessa unilaterale a destinatario indeterminato (ad incertam personam), che ha per contenuto una prestazione
da effettuarsi a favore di chi si trovi in una determinata situazione o compia una data azione (chi ottiene un bel
voto, chi ritrova un cane smarrito); essa diventa vincolante per il promittente appena è portata a conoscenza del
pubblico; è revocabile purché la revoca avvenga per giusta causa e sia resa pubblica nella stessa forma della
promessa, non si sia già verificata la situazione considerata o non sia stata già compiuta l'azione prevista;
l'obbligatorietà cessa se, entro un anno dalla promessa non sia stato comunicato al promittente
l'avveramento\compimento della situazione\azione prevista. La proposta diretta a concludere un contratto da cui
derivino obbligazioni solo per il proponente è irrevocabile appena giunge a conoscenza del destinatario, il cui
mancato rifiuto nel termine richiesto dalla natura dell'affare o dagli usi è sufficiente ai fini della conclusione del
contratto.
PARTE 9 – CAPITOLO 7
L'obbligazione legale è una figura discussa in dottrina, in quanto c'è chi respinge la categoria dell'obbligazione, dal
momento che la legge non sarebbe mai fonte dell'obbligazione ma solo l'occasione per il prodursi di essa. Il
concetto di obbligazione legale si ha quando manca una volontà che sia intesa a creare l'obbligazione stessa che è
quindi addossata, per esigenze di ordine sociale, al soggetto dall'ordinamento giuridico.
Si ha gestione di affari altrui quando un soggetto (gestore) assume spontaneamente (senza esservi obbligato) e
senza aver avuto incarico dall'interessato (dominus), l'amministrazione di uno o più affari patrimoniali altrui.
Oggetto della gestione di affari possono essere sia atti giuridici sia atti materiali. Ciò salvaguarda da influenze altrui
la sfera patrimoniale dei singoli ed il tener conto di quelle situazioni in cui l'ingerenza dei terzi risponda ad uno
spirito di umana solidarietà e ad un criterio di utilità sociale; la gestione di affari altrui è riconosciuta solo quando
l'interessato non sia in grado di provvedere da sé (vicino che provvede ad una riparazione urgente dell'immobile
mentre il proprietario è assente); i requisiti per la gestione di affari: utilità iniziale della gestione (utiliter coeptum,
affinché si producano gli effetti della gestione, questa deve essere utilmente iniziata; l'utilità si valuta
obiettivamente, riferendosi alla valutazione che avrebbe fatto il dominus, con la diligenza del buon padre di
famiglia al momento in cui sia stato intrapreso l'affare); mancanza di un divieto alla gestione da parte del dominus;
consapevolezza dell'alienità dell'affare (il gestore deve sapere di trattare affari altrui e di avvantaggiare il dominus);
liceità dell'affare; capacità di agire del gestore; impedimento dell'interessato. La gestione produce effetti nei
confronti del gestore (ha l'obbligo di continuare la gestione intrapresa, finché l'interessato o suo erede non sia in
condizione di provvedervi da sé ed è sottoposto a tutti gli obblighi del mandatario come diligenza del buon padre di
famiglia ed obbligo di rendiconto); nei confronti del dominus (egli deve adempiere, verso i terzi, agli obblighi che
gli derivano dai negozi compiuti dal gestore in nome di lui e deve tenere indenne il gestore dalle obbligazioni che
questi abbia assunto in nome proprio, rimborsandogli le spese necessarie o utili sostenute con i relativi intteressi, il
gestore non agisce quindi a proprio rischio). Il pagamento dell'indebito è l'atto con cui taluno esegue un
pagamento non dovuto; dà luogo ad un obbligazione di restituzione (somma di danaro, dazione di una cosa,
restituzione per equivalente). Si ha indebito oggettivo quando il solvens (chi paga) paga un debito che non esiste o
uno cui è tenuto ma ad una persona che non ha diritto a ricevere il pagamento; il credito non esiste in entrambi i
casi perché chi riceve la prestazione non è il creditore. Si ha indebito soggettivo quando il solvens, che non è
debitore, paga ad un creditore quanto a costui è dovuto da un terzo, il credito esiste ma chi paga non è il debitore. Il
solvens è legittimato all'azione di ripetizione dell'indebito, intesa ad ottenere la restituzione di quanto è stato dato,
l'azione si prescrive in dieci anni ed il suo valido esperimento è subordinato ad alcuni requisiti: nell'indebito
oggettivo è necessario che il solvens fornisca la prova di aver pagato un debito senza esservi tenuto, a chi non ha
alcun credito, o di aver pagato, pur essendo obbligato, a chi non ha diritto al pagamento; nell'indebito soggettivo è
necessario che il solvens abbia pagato in base ad un errore scusabile, cioè non dipendente da omissione di
diligenza. Se l'accipiens (colui che ha ricevuto) è in buona fede è tenuto a restituire, oltre l'indebito in sé
considerato, anche i frutti e gli interessi moratori maturati dal giorno della domanda giudiziale; se in mala fede,
deve oltre all'indebito, frutti ed interessi moratori maturati dal giorno del pagamento ricevuto; se incapace, anche in
mala fede, è tenuto alla restituzione soltanto nei limiti in cui ciò che ha ricevuto sia stato rivolto in suo vantaggio o
arricchimento. Si ha ingiustificato arricchimento in tutti i casi in cui taluno converte in proprio profitto un bene
altrui, o si avvantaggia di un'attività altrui, con altrui danno, senza alcuna ragione che giustifichi il profitto o il
vantaggio; l'effetto dell'arricchimento senza causa è costituito dall'obbligazione di indennizzo da parte
dell'arricchito e in favore del depauperato, al quale è concessa una speciale azione di ingiustificato arricchimento,
proponibile solo se al danneggiato non spetti altra azione specifica (è azione sussidiaria) e con i seguenti
presupposti: arricchimento di un soggetto; diminuzione patrimoniale di un altro; nesso causale tra diminuzione
patrimoniale e arricchimento; mancanza di causa giustificativa dei primi due. Se l'arricchimento ha per oggetto una
somma di danaro, deve essere restituita una eguale somma; se ha per oggetto una cosa determinata, colui che l'ha
ricevuta è tenuto a restituirla in natura, se sussiste al tempo della domanda. Se la restituzione non è possibile, il
depauperato può ottenere un indennizzo limitato alla somma minora tra l'impoverimento da lui ricevuto e il
corrispondente arrichimento ottenuto da altra persona in buona fede; se l'arricchito è in mala fede, va incontro ad
una piena responsabilità da atto illecito per i danni, oltre il limite del proprio arricchimento.
PARTE 9 – CAPITOLO 8
I fatti illeciti sono fonti non negoziali perché l'obbligazione di risarcimento è conseguenza n voluta dall'autore del
fatto. È illecito qualsiasi fatto doloso o colposo che cagioni ad altri un danno ingiusto ed è sancito l'obbligo per
colui che lo ha commesso di risarcire il danno. Questo è il cardine del sistema di responsabilità extracontrattuale. Il
fatto dannoso genera l'obbligo di risarcimento se contrasta con un dovere giuridico, solo in questo caso si ritiene
ingiusto e, dunque, meritevole di risarcimento. Uno stesso fatto può essere ad un tempo illecito civile e penale,
tuttavia viene sottoposto a valutazioni distinte: l'illecito penale è represso per finalità di ordine superiore (difesa
sociale), quello civile è represso allo scopo di risarcire i danni prodotti e riparare i pregiudizi sofferti dai singoli.
L'atto illecito è costituito da: elemento oggettivo (fatto che cagiona un danno ingiusto, contra ius) ed elemento
soggettivo (colpevolezza, consistente nel dolo e nella colpa, sul presupposto della capacità di intendere e di volere
dell'agente). Il fatto, ossia il comportamento dannoso, può consistere in un atto positivo (commissivo, dal quale un
soggetto avrebbe dovuto astenersi) o in un fatto omissivo (astensione, quando l'autore aveva il dovere giuridico di
agire e non l'ha fatto). Tra la condotta e l'evento deve intercorrere un nesso di causalità per il sorgere della
responsabilità: l'evento dannoso deve essere infatti una conseguenza immediata e diretta dell'atto. Il nesso causale
sussiste allorché il danno si verifica, in dipendenza del fatto umano, secondo l'ordine naturale delle cose e non
rappresenta il prodotto di circostanze eccezionali (principio della causalità adeguata). La responsabilità civile
presuppone l'imputabilità: perché il fatto dannoso possa essere imputato all'agente questi deve essere capace di
intendere e di volere al momento in cui lo ha commesso. L'esclusione della responsabilità dell'incapace di intendere
e di volere cessa nell'ipotesi in cui il soggetto si sia trovato in tale stato psichico per propria colpa o per averlo
dolosamente determinato. In caso di danno cagionato da persona incapace di intendere e di volere, il risarcimento è
dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza dell'incapace, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto. Il fatto
dannoso, per essere illecito, deve essere commesso per dolo (volontaria trasgressione del dovere giuridico, l'atto è
doloso quando chi l'ha commesso ha agito con la coscienza e la volontà di cagionare il danno) o per colpa
(violazione di un dovere di diligenza, cautela o perizia; se l'evento dannoso non è voluto ma cagionato per
negligenza, imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline).
Fondamento generale della responsabilità extracontrattuale (aquiliana) è la colpevolezza dell'agente, nelle due
forme del dolo o della colpa. La colpevolezza è esclusa quando l'evento dannoso dipende da una causa estranea
(caso fortuito o forza maggiore) che spezza il nesso di casualità. La responsabilità oggettiva, che inteviene in
alcuni casi, si fonda sulla sola esistenza del nesso di causalità, per cui si risponde del danno cagionato come
conseguenza diretta ed immediata della propria condotta, a prescindere dal dolo o dalla colpa; per liberarsene
occorre dimostrare la mancanza del nesso di causalità. CASI DI RESPONSABILITA' OGGETTIVA: responsabilità
per i danni cagionati da cose in custodia (ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia,
salvo che provi il caso fortuito); responsabilità per i danni cagionati da animali (il proprietario di un animale o colui
che se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso è responsabile dei danni cagionati dall'animale, anche se fosse
smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito); responsabilità per i danni cagionati dalla rovina degli edifici (il
proprietario può liberarsene solo provando che la rovina non è dovuta a difetto di manutenzione o vizio di
costruzione); responsabilità per l'esercizio di attività pericolose (chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento
di un'attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati è tenuto al risarcimento se non prova di
avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno); responsabilità per i danni prodotti dalla circolazione dei
veicoli (il conducente è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se
non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno; il proprietario risponde solidalmente con il conducente
se non prova che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà; sono entrambi responsabili dei danni
derivati da vizi di costruzione o da difetto di manutenzione del veicolo); responsabilità del fabbricante per danno da
prodotti difettosi (responsabilità del fabbricante per i danni fisici e materiali cagionati dal prodotto difettoso, la
responsabilità del distributore nell'ipotesi che non venga individuato il fabbricante, nullità di ogni esonero o
limitazione della responsabilità). La responsabilità indiretta (o per fatto altrui) prevede la responsabilità di un
soggetto diverso dall'autore del fatto dannoso, accanto, eventualmente, alla responsabilità di quest'ultimo, allo
scopo di rafforzare la tutela dei danneggiati. ESEMPI: responsabilità dei padroni e dei committenti per i danni
arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell'esercizio delle incombenze a cui sono adibiti;
responsabilità del proprietario per i danni cagionati dal veicolo qualora sia persona diversa dal conducente;
responsabilità dei genitori\tutore per i danni cagionati dal fatto illecito dei figli minorenni che abitano con essi; tale
responsabilità è esclusa solo se gli interessati provano di non aver potuto impedire il fatto. Si ha responsabilità
contrattuale nel caso di violazione di un dovere specifico, derivante da un precedente rapporto obbligatorio; si ha
responsabilità extracontrattuale nel caso di violazione del dovere generico del neminem laedere, cioè del dovere
di non ledere l'altrui sfera giuridica. Le due responsabilità sono in concorso nell'ipotesi che un medesimo
comportamento consista a un tempo nell'inadempimento di un'obbligazione e nella lesione di un diritto primario. Il
danno è qualsiasi lesione di un interesse giuridicamente apprezzabile e tutelato dall'ordinamento. Il danno
patrimoniale si traduce in un pregiudizio al patrimonio: perdita, distruzione o danneggiamento di un bene
patrimoniale, perdita di un guardagno, necessità sopravvenuta di compiere delle spese, consiste in danno emergente
(diminuzione del patrimonio) e lucro cessante (mancato guadagno determinato dal fatto dannoso). Il danno non
patrimoniale è ogni pregiudizio recato direttamenta alla persona, senza colpire il patrimonio o la capacità produttiva
della persona stessa; è risarcibile solo nei casi determinati dalla legge, quando cioè il fatto illecito è previsto come
reato. Il danno risarcibile è quello che costituisce conseguenza immediata e diretta del fatto illecito; il danno
indiretto deve considerarsi risarcibile quando esso si collega alla condotta illecita secondo il corso ordinario delle
cose, cioè in base ad un nesso di casualità regolare. Il danno per essere risarcibile deve essere attuale (certo ed
effettivo al momento della pretesa al risarcimento); sono risarcibili anche i danni che si proiettano nel futuro (lucro
cessante) o i danni permanenti se certi nella loro esistenza anche se incerti nel loro ammontare. Il risarcimento deve
assumere il valore di una totale riparazione delle conseguenze dell'evento dannoso, può essere corrisposto per
equivalente (versamento di una somma di denaro corrispondente alla perdita subita e al mancato guadagno) o in
forma specifica (ripristino, qualora possibile, della situazione di fatto preesistente. Se la rentegrazione in forma
specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore, il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per
equivalente). Un comportamento pregiudizievole può, in alcuni casi, essere giustificato se il danno da esso arrecato
non è antigiuridico e non è oggetto di risarcimento: legittima difesa (non è responsabile chi ha commesso il fatto
per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di
un'offesa ingiusta, se la difesa sia proporzionata all'offesa); stato di necessità (chi ha compiuto il fatto vi è stato
costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, e il pericolo non è
stato da lui volontariamente causato, al danneggiato è dovuta un'indennità in misura rimessa all'equo
apprezzamento del giudice.