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Torrente

Diritto Privato (Università degli Studi di Napoli Federico II)

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Torrente
Nozioni preliminari
Diritto: regola di condotta socialmente garantita e sanzionabile. Il diritto è tradizionalmente diviso in due
branche: diritto pubblico e privato.
• Diritto pubblico: disciplina l’organizzazione dello stato e degli enti pubblici, ne regola l’azione
nell’interessa dei singoli ed impone ai singoli il comportamento cui sono tenuti a rispettare la vita
associata. Si articola in diritto costituzionale, amministrativo, penale, tributario ecc.
• Diritto privato: Regola l’agire degli individui nei rapporti tra loro, disciplina le relazioni
interindividuali, sia dei singoli che degli enti privati (associazioni commerciali) e lascia ad essi
l’iniziativa personale dell’esercitazione di diritti o di attuazione delle norme.
La linea di demarcazione che separa le due branche è però incerta, in quanto lo Stato può avocare a sé la
realizzazione di funzioni, un tempo lasciate ai privati (come la scuola o gli ospedali), sanzionare penalmente
comportamenti un tempo considerati mero interesse privato (dettare nuove norme per la protezione dei
lavoratori dipendenti) e viceversa lo stato può lasciare il via libera ai privati in ambiti pubblici strategici
(fenomeno della privatizzazione) oppure lo stato può essere l’azionista di maggioranza di un’azienda
privata. Perciò, non tutto quello che riguarda i soggetti pubblici appartiene alla sfera del diritto pubblico in
quanto enti statali possono operare “iure privatorum”. Spesso anche i singoli fatti possono essere
disciplinati da norme di diritto privato e pubblico come nel caso dell’investimento di un pedone (sanzioni di
tipo penale, amministrativa e civile)

Possiamo dire che quindi il diritto pubblico è distinto da quello privato secondo la formula del
“Publicum ius est quod ad statum rei Romanae spectat, privatum quod ad singulorum utilitatem”

Società: comunità collettiva di esseri umani che vivono secondo determinate regole di condotte ben
definite. Le tre condizioni che permettono la formazione di un gruppo organizzato sono:
1. L’agire dei consociati disciplinato da regole di condotta
2. Il fatto che le regole siano stabilite da organi apposti e ben definiti, che siano organizzati secondo
precise regole di struttura
3. Il fatto che tanto le regole di condotta quanto quelle di struttura siano effettivamente osservate =
principio di effettività.
Anche se non sempre tutte le regole sono rispettate, il principio di effettività traccia il confine entro il quale
un complesso di regole (ordinamento) disciplina un gruppo.
La più importante forma di collettività è la società politica, poiché è quella che mira ad un ordine generale e
ad un soddisfacimento generale dei consociati. Le società politiche hanno avuto moltissimi connotati nella
storia, nell’epoca moderna però essa si identifica nella figura dello stato

Stato: comunità di individui stanziati in un certo territorio, sul quale si dispiega la sovranità dello stato,
organizzato in base ad un proprio ordinamento giuridico. L’ordinamento giuridico tipico dello stato viene
detto originario, poiché vale il principio del “superiorem non recogniscit”, quindi non è soggetto al controllo
di validità da parte di un'altra entità. Tale è anche il caso delle organizzazioni internazionali, dell’UE e della
Chiesa.

L’Italia segue l’ordinamento giuridico della comunità internazionale, come prescrive l’art.10 della
Costituzione, perciò si attiene alle norme del diritto internazionale per il rapporto con gli altri stati. Questo
tipo di diritto è un diritto di fonte essenzialmente consuetudinaria (trae origine della prassi di relazione tra
gli Stati) o pattizia (si basa sui vari accordi di carattere bilaterale, che si impegnano a rispettare se ratificati)

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La Repubblica a seguito applicazione dei principi dell’art.11 della Costituzione, che rende ammissibile la
sottoposizione dello stato alle regole di un’organizzazione sovranazionale = limitazione dei poteri dello
stato. Pensato apposta per l’entrata nell’ONU, esso ha dato un contributo importante alla creazione della
prima comunità economica europea, nel 1957 con i Trattati di Roma. Infatti ciò ha implicato l’accettazione
da parte dello stato di limitare la propria sovranità.

Ordinamento giuridico
Sistema di regole secondo le quali è organizzata, disciplinata e diretta la vita sociale di una certa collettività.

Diritto oggettivo: la regola di condotta socialmente garantita, perciò sanzionabile. L’ordinamento di una
collettività, sistema di regole che organizzano una comunità.
Diritto soggettivo: facoltà che il diritto oggettivo attribuisce al titolare di poter agire nella tutela di un
interesse giuridicamente protetto. Il titolare è libero di fare tutto ciò che è legalmente possibile per la
tutelare i propri interessi.

Norma giuridica: regola che costituisce l’ordinamento di una collettività.


Chiamata norma poiché mira a ordinare, disciplinare la vita della comunità; giuridica poiché appartenente
allo ius, rappresenta il diritto in senso oggettivo di quella società.
Giuridicità di una norma: non è rappresentata dal suo carattere peculiare ma dal fatto che essa va
considerata dotata di un’autorità, poiché inserita nel sistema giuridico e suscettibile di essere resa
vincolante a tutti i consociati. Ciò avviene quando la regola trova origine in un atto che sia idoneo a porsi
come fonte del di norme giuridiche. La norma giuridica si differenzia dalla norma morale poiché
quest’ultima è assoluta (trova senso nel suo contenuto ed obbliga l’individuo ad adeguarvisi) ed autonoma,
mentre, la norma giuridica trova la propria forza nell’atto dotato di autorità nell’ambito dell’organizzazione
della collettività; essa è quindi eteronoma (imposta al singolo dagli altri) da un’autorità capace di
coercizione.

Caratteristiche principali:
• Generalità: la legge non è dettata per i singoli individui, se no sarebbe una legge ad personam
• Astrattezza: la legge non è dettata per specifiche situazioni concrete
La formulazione di una norma deve però rispettare anche i principi di:
1. Imparzialità: art. 97 della costituzione, obbligo di applicare la legge in modo eguale
2. Uguaglianza: articolato in 2 profili, formale e sostanziale, espressi dall’art.3 della Cost.
Il controllo del rispetto del principio di uguaglianza è affidato alla corte costituzionale

Le norme di diritto privato si distinguono in:


• Derogabili (dispositive): norme le cui applicazioni possono essere evitate mediante un accordo tra
le parti interessate. Il carattere della norma può essere intuito dalla presenza di formule come
“salvo diversa volontà delle parti” ecc.
• Inderogabili (cogenti): norme la cui applicazione è imposta dall’ordinamento prescindendo dalla
volontà dei singoli. Il carattere della norma è spesso contenuto nella sua formulazione oppure dalla
previsione della nullità dell’atto compiuto in violazione della norma
• Suppletive: trovano applicazioni solo quando i soggetti privati non abbiano disciplinato un
determinato aspetto tra di loro, una lacuna a cui la legge sopperisce intervenendo a disciplinare ciò
che è stato lasciato privo di regolamentazione (come quale dei debiti il debitore debba saldare per
primo)

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I fatti produttivi di norme giuridiche sono dette fonti, tranne che per la consuetudine, la norma è
espressione della volontà di organo investito del potere di elaborare regole che entrino a far parte
dell’ordinamento giuridico (risultato di un atto formativo) e viene consacrata in un documento normativo
(es. carta costituzionale, una legge, un regolamento).

Testo: formulazione concreta dell’atto normativo


Precetto: significato proprio del testo normativo
Interpretazione: l’individuazione del precetto nel testo normativo

Legge: secondo “la disposizione sulla legge generale” del codice civile, essa è un atto normativo scritto
elaborato dagli organi competenti secondo le procedure stabilite dalla costituzione. La legge è anche però
una delle fonti del diritto.

Diritto positivo: dalla locuzione “ius in civitate positum” è il complesso delle regole scaturenti dalle fonti,
che l’ordinamento giuridico riconosce come tali, di una società.

Norme promozionali (stabiliscono incentivi, come per le aziende che decidono di investire in un’area
sottosviluppata)
Norme primarie: di condotta
Nome secondarie: sanzionatorie

Sanzione: reazioni ad una condotta assente o a condizioni che non sono state rispettate, ha funzione
dissuadere gli individui dal tenere comportamenti antigiuridici. Infatti, accanto alle norme di condotta,
dette primarie, il legislatore prevede una risposta dell’ordinamento all’infrazione. Le norme non hanno solo
natura repressive o restaurative di una situazione preesistente, ma anche preventiva, dissuasoria ecc.
Lo stato rivendica per sé, o solo chi delegato, l’uso della forza per attuare atti coercitivi. La sanzione può
operare in modo:
• Diretto: se realizza il materiale che la legge prescrive (es. art.2993 c.c.)
• Indiretto: se l’ordinamento si avvale di avvale di altri mezzi per ottenere l’osservazione o la
reazione alla violazione della norma (es. cantante che non si vuole esibire, gli faccio causa)

La norma è un enunciato prescrittivo che si articola nella formulazione di una ipotesi di fatto, al cui
verificarsi la norma ricollega un effetto giuridico (conseguenza). Si struttura perciò in un periodo ipotetico,
la parte che descrive l’evento che si intende regolare è definita Fattispecie, essa può essere:
• Astratta: se il fatto o il complesso dei fatti è descritto ad indicare quanto deve verificarsi affinché si
produca la conseguenza giuridica.
• Concreta: se non si intende un modello ma un fatto realmente verificato, rispetto ai quali la norma
descrive gli effetti giuridici derivanti.
• Semplice: se consiste in un unico fatto, come la morte di una persona da cui deriva la successione
ereditaria
• Complessa: se costituita da più fatti giuridici, come il consenso dei nubendi e la dichiarazione
ufficiale dello stato civile per contrarre il matrimonio. L’effetto collegato non si verifica fino alla
realizzazione di tutti i fatti giuridici da cui essa è costituita
• A formazione progressiva: fattispecie composta da serie di fatti che si succedono nel tempo, come
nel caso di un contratto sottoposto a condizione sospensiva.

Sussunzione: operazione di riconduzione di un caso concreto a quello generale previsto dalla norma
Equità: giustizia del caso singolo, criterio decisorio consentita solo in casi eccezionali poiché l’ordinamento
giuridico italiano predilige la certezza del diritto rispetto alla giustizia (il giudice deve seguire le norme del
diritto), perciò il giudice è esentato da seguire queste norme solo in cause di minor valore e sono assegnate
ad un giudice di pace. In tutte le altre ipotesi il giudice è tenuto a seguire la legge, anche se ne conseguisse
un risultato considerato iniquo “summum ius, summa iniuria”

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Equità integrativa: caso in cui la legge prevede che il giudice provveda ad integrare secondo equità gli
elementi di una fattispecie

Il diritto privato e le sue fonti

Fonti del diritto


Sono i fatti da cui il diritto scaturisce, esse hanno struttura fortemente gerarchica. Essa interviene nel caso
in cui le varie fonti siano in contrasto tra loro, dando ragione a quella gerarchicamente superiore, sono:
1. Costituzione: funzione fondamentale di norme della produzione giuridica. Disciplina l’elaborazione
delle leggi, pone le regole, diritti ed i principi fondamentali dell’ordinamento. I principi supremi
enunciati nella carta costituzionale sono ritenuti i limiti al potere del legislatore costituzionale in
quanto essi sono ritenuti non passibili di revisione. Per la complicatezza della procedura di
approvazioni delle leggi costituzionali e per il fatto che la Costituzione non è modificabile da parte
della legge ordinaria, essa è detta rigida. L’organo garante della salvaguardia della costituzione e di
controllo della correttezza delle disposizioni di legge è la Corte costituzionale. Se la corte
costituzionale ritiene che la disposizione sia illegittima, dichiara l’incostituzionalità di essa e fa
cessare ogni efficacia a partire dal giorno successivo al verdetto della corte. Fonti di rango
costituzionale sono anche le norme di diritto internazionali consuetudinario (art.10)
2. Unione europea: fonte della normativa comunitaria. Essa è progressivamente diventata
predominante in virtù della situazione storica e per l’applicazione degli art.10 e 11, secondo i quali
la sovranità nazionale viene limitata per rendere possibile la partecipazione alle organizzazioni
internazionali, e l’art.117 le normative comunitarie hanno assunto un valore maggiore rispetto alle
leggi ordinarie interne dello stato. Le fonti derivate dall’UE sono:
• I regolamenti: atti di portata generale e obbligatori in tutti i loro elementi.
• Le direttive: emanate dal consiglio d’Europa, sono indicazioni agli organi legislativi dei
singoli stati per il conseguimento di comuni obbiettivi, cioè la creazione di leggi comuni. In
caso di inadempienza uno stato può essere sanzionato dall’unione. In assenza di una legge
formulata dall’organo legislativo vigente secondo le direttive, nel caso che la direttiva sia
sufficientemente specifica essa entra in vigore comunque.
• Le decisioni: disciplinano situazioni ben definite e sono vincolanti solo per i soggetti
destinatari specificamente individuati, solitamente l’atto è adottato dalla commissione nel
campo della concorrenza (es. Microsoft)
Legge comunitaria: strumento elaborato dall’Unione per permettere la tempestiva
realizzazione delle direttive, consiste in una delega ai governi dei vari paesi per l’attuazione di
decreti legislativi per procedere al raggiungimento degli obbiettivi senza dover attraversare
l’iter parlamentare.
3. Leggi: sono approvate dal parlamento a seguito di una procedura disciplinata dalla carta
costituente (art.70). Possono modificare o abrogare qualsiasi norma non avente valore di legge,
esse però non possono essere modificate o abrogate se non da una legge successiva o tramite
referendum popolare. Alle leggi sono equiparabili come fonti i:
• Decreti legge: è un atto deliberato dal Governo, anche in assenza di delega da parte del
Parlamento, solo in casi di necessità e urgenza, entra in vigore immediatamente
producendo effetti sin dall'inizio. Questo atto deve essere convertito in legge dal
Parlamento entro 60 gg altrimenti decade producendo effetti retroattivi.
• Decreto legislativo delegato: provvedimento avente forza di legge emanata dal governo in
virtù di una legge delega parlamentare, nella quale sono specificati l’oggetto della delega e
i criteri direttivi che l’esecutivo deve assolutamente rispettare poiché, in caso contrario
come espresso nell’art.76 cadrebbe in un eccesso di delega, per cui tutti i provvedimenti
diverrebbero incostituzionali.

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• Testo unico: testo in cui sono ordinate tutte le precedenti norme.


Alle leggi statali si affiancano le leggi regionali, le quali si rapportano tramite il principio della
competenza; Infatti, lo stato mantiene per sé la giurisdizione processuale, ordinamento civile e
penale ecc. (art.117) mentre la ragione amministra ogni materia non espressamente riservata
alla legislazione statale le materie di legislazione concorrete, anche se su di esse compete
sempre lo stato per la determinazione dei principi fondamentali.
4. Regolamenti: fonti del diritto che chiariscono ed illustrano i precetti generali ed astratti della legge.
Sono fonti secondarie sotto ordinate alla legge, possono essere emanate dal Governo, dai ministri e
da altri autorità amministrative anche non statali come le autorità indipendenti (es. Consob). I
regolamenti hanno un contenuto normativo ma provengono autorità amministrative e non
legislative. Possono essere di tipo:
• Esecutivo, cioè che portano le disposizioni della legge su un piano più concreto;
• Indipendenti, come nel caso delle camere del parlamento che hanno regolamenti differenti
tra loro. I regolamenti in quanto gerarchicamente inferiori alla legge non possono andare
“contra legem” senza andare contro a disapplicazione. Il giudice amministrativo può inoltre
provvedere all’annullamento del regolamento.
5. Usi o consuetudini: fonte del diritto consuetudinario (common law anglosassone), è sempre stato
messo in contrapposizione alla legge in quanto la consuetudine non è una legge scritta ma essa
consiste in un comportamento costante ed uniforme, tenuto dai consociati con la convinzione che
tale comportamento sia doveroso o da considerarsi moralmente obbligatorio. Esistono tre diversi
generi di consuetudini:
• Secundum legem: è la consuetudine che opera in senso integrativo della norma di legge: ad
esempio laddove si sforza di dare un significato particolare ad un elemento della norma per
renderlo più adeguato agli usi locali o alle mutate esigenze sociali (consuetudine
interpretativa)
• Praeter legem ("oltre la legge"): è quella consuetudine che disciplina un ambito non ancora
disciplinato dalla legge;
• Contra legem: è quella consuetudine che opera in direzione opposta al precetto legislativo
non potendo così produrre effetti giuridici.

Codice Civile
La bussola il diritto, legge generale che sfida il tempo e la storia.
I codici sono un particolare genere di leggi ordinarie, l’etimologia deriva dalla parola “codex”, cioè libro
cucito sul dorso, un tempo i codici erano ritenuti una semplice raccolta delle leggi precedenti (compilatio)
mentre oggi il codice viene definito come una legge del tutto nuova, poiché l’introduzione di un codice
prevede l’abrogazione di tutto il diritto precedente. Esso è caratterizzato da:
• Organicità: poiché accentra, facilita il reperimento e disciplina l’intero settore di cui tratta
• Sistematicità: poiché esprime organizzazione e coordinamento logico tra gli elementi interni
• Universalità ed eguaglianza di fronte ai consociati: svolge una funzione unificatrice degli statuti
giuridici delle differenti classi sociali
Esso riveste un ruolo centrale nel diritto privato, regolando i soggetti fisici e giuridici, i beni (proprietà),
l’attività (in particolare il contratto) nonché i principi fondamentali della responsabilità civile.
Il codice civile italiano è nato nel 1942 ed è ancora in vigore, in Francia è addirittura in vigore il codice
napoleonico del 1804. Lo stato quando crea un codice vuole dare un’impronta trascendete. Il codice civile
italiano anche se creato nell’epoca fascista non ne risente l’influenza, non è un testo fazioso ma bensì un
testo tecnico e sofisticato figlio della tradizione dei codici francese e tedesco.
• Legge generale e tecnica
• Va dall’articolo 1 al 2969
• Diviso in 6 libri ordinati concettualmente
1. Della persona e famiglia: tratta dalla nascita, del matrimonio, delle persone fisiche,
giuridiche ecc. e della morte.

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2. Della successione: cosa succede nell’iter post mortem, testamento e donazione (contratto
bilaterale)
3. Della Proprietà e beni: dall’art.810-1172, parla della proprietà e dei diritti reali
4. Delle Obbligazioni: libro più lungo, dall’art.1173-2059, parla di tutte le fonti delle
obbligazioni. Esse nascono dal contratto, da fatto illecito ecc.
5. Lavoro, impresa e società
6. Della tutela dei diritti: insieme delle regole per la tutela dei diritti, trascrizione (pubblicità
data ai beni immobili e mobili registrati)

Applicazione ed interpretazione della legge


Applicazione della legge: concreta realizzazione nella vita della collettività di quanto esposto dalle regole
dell’ordinamento giuridico. L’applicazione del d. privato regola l’agire degli individui nei rapporti tra loro.

Interpretazione: attività tipica del giurista, è il confronto con il testo normativo per comprenderne il valore
precettivo, ossia la regola affermata nell’enunciato legislativo. L’interpretazione non è semplice
accettazione di ciò che è scritto, ma bensì l’attribuzione di un senso alla norma per trovare la risposta alla
soluzione di un determinato conflitto. L’interpretazione non si esaurisce alla sola esamina del testo poiché
non tutti i vocaboli possono essere definiti nelle leggi stesse (le parole non hanno significato univoco), gli
enunciati normativi si riferiscono a situazioni generali ed astratte, spesso la formulazione delle leggi sono in
conflitto tra loro (conflitti che si risolvono tramite criterio gerarchico, cronologico e di specialità) e infine al
fatto che spesso ad uno specifico caso si possono applicare più norme, opportunamente ordinate tramite
un processo di ricostruzione sistematica (in questo caso è raccomandato di attenersi conformi alle direttive
costituzionali = interpretazione costituzionalmente orientata). L’interpretazione può essere:
• Dichiarativa: interpretazione più immediata ed intuitiva della legge. Il canone metodologico
prescrive di attenersi alla interpretazione dichiarativa (art.12 preleggi c.c.)
• Correttiva: quando il processo interpretativo consegna un significato diverso da quello che
apparirebbe in prima vista.
Dal punto di vista dei soggetti che svolgono l’attività interpretativa si distinguono:
1. Giudiziale: cioè la giurisprudenza, l’insieme delle decisioni dei giudici. In Italia essa ha tre gradi di
importanza: il più basso è rappresentato dal tribunale ordinario, in cui il potere è monocratico (un
solo giudice), poi vi è la corte di appello che ha potere collettivo in quanto i giudici sono tre; infine
vi è la corte di cassazione che ha sede a Roma e rappresenta il più importante grado di giudizio, la
Corte giudica a sezioni semplici col numero invariabile di cinque votanti o può riunirsi in sezione
unita quando i vari giudici non sono in accordo tra loro. La corte di cassazione ha un ruolo
nomofilattico poiché essa è garante della certezza del diritto. Le decisioni prese in precedenza per
determinati casi assume il valore di precedente. L’interpretazione del diritto perciò mira alla
certezza e alla giustizia, i vari ordinamenti giuridici però spesso tendono a prediligere un spetto su
un altro. Infatti, il sistema italiano ed europeo predilige la certezza vista la grande presenza di
regole e norme poste (diritto positivo) mentre nel sistema anglosassone di Common law è il
giudice a fare la legge perciò mira di più alla giustizia. Il precedente giudiziario (stare decisis) nel
sistema americano è vincolante per l’interpretazione della legge mentre nel sistema italiano ha un
ruolo persuasivo in quanto aiuto nella decisione i giudici.
2. Dottrinale: l’insieme del sapere e della speculazione teorica proveniente dagli studiosi del diritto
3. Autentica: non è una vera attività di interpretazione poiché è quella che viene dallo stesso
legislatore. Spesso il legislatore emana nuove disposizioni per chiarire il significato di norme
preesistente, queste hanno un valore retroattivo, cioè attribuiscono un valore alla legge
precedente. La norma interpretativa è da distinguere da quella novativa, che ha efficacia solo per i
fatti successivi alla sua entrata in vigore (ex novo). Bisogna ricordare che la retroattività di una
legge interpretativa non incide sul giudicato precedente, salvo contraria disposizione.

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L’applicazione perciò non si limita alla sola attività interpretativa ma necessità anche operazioni di ricerca
ed individuazione della norma da applicare, l’analisi dei comportamenti e della situazione da regolare e
l’integrazione della legge.

Regole di interpretazione: L’interpretazione segue il criterio di interpretazione teleologico, cioè mirare alla
funzione della norma come strumento di disciplina della società, indagare la finalità obbiettiva della legge.
Gli altri criteri di cui si avvale l’interprete sono:
• Criterio logico attraverso l’argumentum a contrario (volto ad escludere dalla norma quanto non vi
appare espressamente compreso), l’argumentum a simili (volto ad estendere la norma per
comprendervi anche fenomeni simili a quelli risultanti dal contenuto letterale della disposizione),
l’argumentum a fortiori (volto ad estendere la norma in modo da includervi fenomeni che a
maggior ragione meritano il trattamento riservato a quello risultante dal contenuto letterale della
disposizione), l’argumentum ad absurdum (volto ad escludere quella interpretazione che dia luogo
ad una norma assurda)
• Criterio storico: nessuna disposizione spunta all’improvviso in un ordinamento
• Criterio sistematico: per determinare il significato di una disposizione è indispensabile collocarla
nel quadro complessivo delle norme in cui va inserita, onde evitare contraddizioni e ripetizioni;
• Criterio sociologico: la conoscenza degli aspetti economico-sociali dei rapporti regolati è spesso
illuminante per pervenire ad una interpretazione congruente con la realtà disciplinata e su cui
quelle regole sono destinate e svolgere una influenza:
• Criterio equitativo: volto ad evitare interpretazioni che contrastino col senso di giustizia della
comunità.

Analogia: L'analogia consiste nel ricavare una regola di giudizio per quel caso concreto che non appaia
espressamente disciplinato dalla legge, tramite l'applicazione della norma prevista per un caso che appaia
simile per ratio (analogia legis), ovvero tramite l'applicazione dei principi generali dell'ordinamento
giuridico (analogia iuris)

Si opera comunemente un distinguo tra "analogia legis" e "analogia iuris". La prima colma la mancanza
normativa utilizzando un'altra norma magari della stessa branca del diritto o di branche simili; la seconda
invece tende a colmare l'assenza normativa di una determinata materia giuridica, magari non
completamente disciplinata, utilizzando principi generali del sistema giuridico. È ovviamente intuibile come
per il giurista il secondo sia un lavoro ben più complesso.

Si deve, però, considerare che l'uno e l'altro procedimento analogico si caratterizzano per il risalire dal caso
concreto ad un principio, o ratio, che consiglia per lo stesso un determinato trattamento: nel caso della
analogia legis di tale principio è già disponibile una esemplificazione (nella disposizione la cui applicazione si
va ad estendere), nella analogia iuris la esemplificazione manca (anche se il principio, comunque, è
ricostruito attraverso esempi).

Il ricorso all’analogia è sottoposto, nel nostro ordinamento a limiti: essa non è consentita né per le leggi
penali (Il divieto si giustifica in relazione alle norme penali, per il principio “nullum crimen sine praevie lege
penali” perché nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del
fatto compiuto), né perle norme eccezionali (per la necessità di non ampliare le deroghe).

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Entrata in vigore della legge


Per entrare in vigore la legge deve essere approvata da entrambe le camere, aver ottenuto la
promulgazione del presidente della repubblica ed in seguito essere pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. La
legge entra in vigore dopo un periodo di circa 10/15 giorni detto vacatio legis. Con la pubblicazione della
legge sulla gazzetta ufficiale viene reputata conosciuta e diventa obbligatoria per tutti, anche per chi non ne
sia venuto a conoscenza poiché vale il principio del “ignorantia iuris non excusat”.

Abrogazione: cessazione di efficacia di una norma a seguito di una nuova disposizione di legge. Essa può
avvenire mediante una legge posteriore che ne fa cessare l’efficacia, tramite referendum o tramite
dichiarazione di illegittimità incostituzionale. In quest’ultimo caso mentre l’abrogazione ha valore solo per
l’avvenire “ex nunc” l’incostituzionalità rende ogni provvedimento preso dalla legge fin dalla sua
emanazione nullo “ex tunc”. L’abrogazione può essere:
• Espressa: quando viene espresso chiaramente che la norma anteriore è stata abrogata
• Tacita: se non vi è espresso esplicitamente quale norma precedente è stata abrogata, le norme
posteriori sono incompatibili con le disposizioni antecedenti o introducono una nuova
regolamentazione dell’argomento trattato dalla precedente legge.

Deroga: fenomeno di abrogazione parziale di una legge in determinati casi, la deroga vale solo per lo
specifico caso

Retroattività: facoltà di una norma di attribuire conseguenze giuridiche anche a fattispecie concrete
anteriori all’entrata in vigore di essa. La legge, come prescrive l’art.11 delle preleggi, stabilisce che la legge
ha effetto solo per l’avvenire, quindi una legge non hai mai effetto retroattivo. Questa caratteristica funge
da principio per garantire la certezza del diritto. Nell’ordinamento italiano però solo le norme incriminatrici
penali non hanno effetto retroattivo per il principio del “nullum crimen sine praevie legem” mentre
nell’ambito del diritto privato una legge può essere ritenuta retroattiva solo se secondo il parere della corte
costituzionale serva a tutelare diritti e beni di rilievo costituzionale. Hanno efficacia retroattiva anche le
leggi di interpretazione autentica, ossia per chiarire il significato delle norme precedenti.
Ultrattività: quando una disposizione di legge stabilisce che gli atti o rapporti compiuti o svolti nei principi
della nuova norma continuino a seguire la norma antecedente.

Norme transitorie: norme che servono a regolare il passaggio tra legge vecchia e nuova

Successione di leggi nel tempo


Irretroattività della norma: In linea di massima la norma giuridica è irretroattiva, ovvero essa dispone solo
dal momento della sua entrata in vigore.
Tuttavia vi possono essere dei casi nei quali un rapporto si viene a trovare tra due norme successive nel
tempo che lo vanno a regolare in modo diverso. Quali delle due norme occorre applicare in questi casi: la
vecchia o la nuova?

Quando non viene previsto nulla in merito dalla nuova legge, una delle teorie che può essere seguita è la
teoria del diritto quesito: essa distingue tra diritti acquisiti e aspettative di diritto.

Diritti acquisiti e aspettative di diritto: I diritti acquisiti, detti anche diritti quesiti, sono diritti che sono
entrati a far parte della sfera giuridica di un soggetto sotto la norma precedente, anche se egli non ha avuto
ancora modo di farli valere prima dell'entrata in vigore della nuova legge.

Le aspettative di diritto consistono nella speranza che un diritto entri a far parte della propria sfera
giuridica, speranza avvallata dalla normativa precedente.

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TEORIA DEL DIRITTO QUESITO: La teoria del diritto quesito afferma che la nuova norma non può toccare i
diritti acquisiti che continuano ad essere disciplinati dalle norme precedenti.

La nuova norma va, invece, a regolare le aspettative di diritto che può anche non riconoscere più.

Esempio: supponiamo che le norme in materia di eredità prevedono che in caso di morte di una persona,
senza che questa abbia fatto testamento, l'eredità spetti ai parenti fino al 6° grado. Ipotizziamo che
successivamente una nuova norma stabilisca che l'eredità spetti solamente ai parenti fino al 4° grado.
Nei casi nei quali la successione si è già aperta, anche se l'eredità non è stata ancora accetta, ereditano
anche i parenti di 5° e 6° grado perché il loro diritto è ormai acquisito.
Per tutti coloro per i quali la successione non si è ancora aperta si applica la nuova norma e ereditano
solamente i parenti fino al 4° grado trattandosi di aspettative di diritto.

TEORIA DEL FATTO COMPIUTO: Nella pratica non sempre è agevole la distinzione tra diritti acquisiti e
aspettative di diritto.
Per questo, nel corso del tempo, ha trovato sempre maggiore applicazione la teoria del fatto compiuto
secondo la quale la nuova norma non ha efficacia sui fatti compiuti sotto la norma precedente anche se da
essa sono ancora pendenti gli effetti.

L’attività giuridica e la tutela giurisdizionale dei diritti


Le situazioni giuridiche soggettive
Rapporto giuridico: rapporto tra due soggetti regolato dal diritto. Molte relazioni cadono nei rapporti
sociali, come i rapporti di amicizia, e perciò sono giuridicamente irrilevanti. Altri, come il rapporto tra
creditore e debitore sono essenzialmente una relazione giuridica. In generale il rapporto giuridico non
presenta conseguenze su terzi, salvo esplicite eccezioni.
In un rapporto giuridico agiscono sempre due parti:
• un soggetto attivo: colui al quale l’ordinamento attribuisce un potere (o diritto soggettivo)
• un soggetto passivo: colui a carico del quale è soggetto un dovere.
Es. creditore (soggetto attivo) e debitore (soggetto passivo)
I rapporti giuridici non sono che delle figure di una categoria più ampia: le situazioni giuridiche, che
possono essere attive o passive.

Le situazioni soggettive attive sono: il diritto soggettivo, la potestà, facoltà, aspettativa e status.

Diritto soggettivo: diritto del soggetto attivo. Facoltà che il diritto oggettivo attribuisce al titolare di potere
agire nella tutela di un interesse giuridicamente protetto, ciò comporta la libertà di agire in tutti i modi
legalmente possibili per tutelare i propri interessi. La tutela però riguarda solo fatti giuridicamente rilevanti,
es. l’aspettativa al rispetto o alle regole di cortesia non sono tutelate e son dette irrilevanti.

Potestà e uffici: esercizio del diritto soggettivo non per il proprio interesse ma per curare e realizzare gli
interessi altrui, come nel caso della potestà genitoriale o l’ufficio di tutoraggio di un disabile.
Facoltà: manifestazioni del diritto soggettivo che non hanno carattere autonomo, ma sono in esse
comprese. Perciò, esse non sono estinguibili singolarmente ma cessano solo con la fine di un diritto.
Aspettativa: Possibilità astratta di acquistare un diritto in base a circostanze che devono ancora maturarsi.
Status: qualità giuridica che si ricollega alla posizione dell’individuo nella collettività.
Interesse legittimo: interesse da parte del privato che l’amministrazione pubblica agisca nei rispetti dei
principi di correttezza, imparzialità e legalità. Il tipico strumento di tutela dell’interesse legittimo è
l’impugnazione degli atti amministrativi illegittimi al TAR, per riceverne l’annullamento in caso
contenessero vizi di incompetenza, violazione di legge o di eccesso di potere.

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Diritto potestativo: situazione giuridica soggettiva che consiste nell'attribuzione di un potere a un soggetto
allo scopo di tutelare un suo interesse. Si contrappone, pertanto, alla potestà nella quale il potere è
attribuito al soggetto a tutela di un interesse altrui.

Esercizio del diritto soggettivo: è diverso dalla sua realizzazione (soddisfazione materiale dell’interesse
protetto). Può essere spontaneo o coattivo se si avvale di mezzi coercitivi per tutelarlo. Avviene secondo i
principi di correttezza e buona fede e deve seguire i dettami della legge.
Abuso di diritto soggettivo: uso anomalo delle prerogative concesse dalla legge al titolare del diritto. Si ha
abuso quando il titolare si avvale delle facoltà e dei poteri che gli sono concessi non per perseguire gli
interessi oggetto del diritto soggettivo, ma per perseguire finalità ulteriori, eccedenti l’ambito che la legge
ha inteso tutelare.

I diritti soggettivi sono divisi in due categorie:


• Diritti assoluti: garantiscono al titolare un potere cui tutti sono tenuti a rispettare. I tipici diritti
assoluti sono i diritti della personalità (diritto all’integrità fisica, al nome, all’immagine ecc.) ed i
diritti reali di godimento. Quest’ultimi attribuiscono una signoria piena (proprietà) o limitata su un
bene. Tutti i consociati devono rispettare il mio diritto semplicemente astenendosi per
permettermi di godere del mio diritto. La norma che tutela i diritti assoluti è l’art.2043, il quale a
seguito del caso Meroni tutela anche i diritti di credito da parte di terzi.
• Diritti relativi: sono i diritti di credito, essi devono essere rispettati solo da determinati soggetti,
cioè i debitori. La violazione di questi diritti viene regolata dall’art.1218.

Interesse: qualsiasi vantaggio od utilità che costituisce l’obbiettivo o il movente dell’agire di un soggetto.
Un interesse privato viene detto semplice (di fatto) se non fruisce di protezione giuridica. Se l’interesse
viene tutelato giuridicamente allora si è davanti l’acquisto di un diritto soggettivo.

Le situazioni soggettive passive sono: il dovere, l’obbligo, la soggezione e l’onere.

Dovere: è generico di astensione se incombe su tutti i consociati per non ledere un diritto assoluto, oppure
è detto dovere d’obbligo quando è necessario soddisfare la pretesa del soggetto attivo in un rapporto di
prestazione (lui mi paga, io devo offrire un servizio)
Soggezione: in riferimento al diritto potestativo
Onere: figura che ricorre quando un soggetto è attribuito un potere, ma l’esercizio di tale potere è
condizionato ad un adempimento non obbligatorio, in quanto rispettare l’onere è negli interessi del
soggetto. (es. cose da fare notare per far valere la garanzia)

Situazioni giuridiche: situazioni conformi alle previsioni dell’ordinamento e alle regole da esso stabilite
Situazioni di fatto: situazioni tutelate dall’ordinamento da comportamenti lesivi in cui il soggetto può
trovarsi rispetto ad un bene ed attribuisce anche ad essa degli effetti indipendentemente della sua
conformità o meno ad una situazione di diritto. Le situazioni di fatto più importanti sono il possesso e la
detenzione

Il rapporto giuridico si costituisce quando un soggetto attivo acquista il diritto soggettivo.


Acquisto: fenomeno che indica il collegarsi di un diritto con una persona che ne diventa il titolare.
Esso può essere di due specie:
1. acquisto a titolo originario: quando il diritto soggettivo sorge, a favore di una persona, senza
esserlo stato trasmesso da nessuno. (es. il pescatore fa suoi i pesci che non erano di nessuno)
2. acquisto a titolo derivativo: quando il diritto si trasmette da una persona ad un'altra (es. acquisto
di una macchina da un amico) esso può essere:
• derivativo – traslativo: si può trasmettere lo stesso diritto dal nuovo al vecchio titolare
• derivativo – costitutivo: attribuzione, al titolare, di un diritto differente che scaturisce dal
diritto del precedente titolare, in quanto lo suppone e ne assorbe o ne limita in parte il
contenuto. (es. acquisto del diritto dell’usufruttuario)

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Il nuovo titolare giustamente non può vantare diritti di portata più ampia del suo precedente
titolare e l’acquisto del diritto dipende dall’effettiva esistenza del diritto del suo precedente
titolare. Se il fenomeno è considerato non con riferimento alla persona a cui favore si verifica,
ma in riferimento a chi trasferisce il diritto, esso viene detto: alienazione

Titolo d’acquisto: detto anche causa adquirendi, è l’atto o il fatto giuridico che giustifica l’acquisto.

Successione: indica lo stesso fenomeno dell’acquisto a titolo derivativo, cioè mutazione del soggetto di un
rapporto giuridico, che avviene a seguito di un acquisto a titolo derivativo e del conseguente passaggio di
un diritto assoluto o relativo dal patrimonio giuridico di una persona ad un'altra. Colui che perde il diritto in
una successione è detto autore o dante causa, colui che lo acquista è il successore o l’avente causa.
La successione può essere di due specie:
• a titolo universale: quando una persona subentra nella posizione attiva (diritti di proprietà, crediti)
e passiva (debiti) in tutti i rapporti di un’altra persona. Si verifica in caso di morte di una persona o
nel caso di fusioni tra società. Il successore in questo caso è detto erede.
• a titolo particolare: quando subentra solo in determinati diritti o rapporti. Il successore in questo
caso è detto legatario.
Non tutti i diritti sono disponibili, cioè trasferibili o rinunziabili. Questa categoria seppure limitata è detta
diritti indisponibili, in genere sono i rapporti che servono a soddisfare un interesse superiore: come i diritti
familiari o le potestà.

Il soggetto del rapporto giuridico

Soggetti di diritto: centro unitario di imputazione di situazioni giuridiche


• Persone fisiche
• Enti: soggetti di diritto alteri rispetto alle persone fisiche.

Capacità giuridica: idoneità astratta alla titolarità di situazioni giuridiche attive o passive si identifica con la
soggettività giuridica

Tutti gli esseri umani acquisiscono capacità giuridica nascendo, conseguentemente diventano soggetti di
diritto. La capacità giuridica in virtù dell’art.3 della costituzione spetta a tutti per il principio di uguaglianza,
infatti si acquista semplicemente con la nascita, al momento dell’autonomia respiratoria, e si perde con la
morte. La capacità giuridica di diritto privato non compete solo i cittadini ma anche gli stranieri, secondo il
principio di reciprocità. In Italia i diritti inviolabili della persona sono riconosciuti a favore di chiunque
indipendentemente dal riconoscimento di egual diritto in favore dei cittadini italiani all’estero.

La persona acquista capacità giuridica con la nascita, che viene inteso con il momento di acquisizione della
piena indipendenza dal corpo della madre, cioè con l’inizio della respirazione polmonare. Per l’acquisizione
della capacità giuridica non è necessaria la vitalità (idoneità fisica alla sopravvivenza); e la perde al
momento della morte, cioè la cessazione irreversibile di tutte le funzioni celebrali.

Diritti del concepito: Il codice civile tutela l’essere umano fin dall’inizio della sua vita, cioè dal
concepimento. Il concepito ha la capacità di succedere in causa di morte e di ricevere per donazione,
ovviamente tutti il diritto del concepito sono subordinati all’evento della nascita.
Il codice prevede il diritto di riconoscere il figlio nato fuori dal matrimonio in un momento successivo al
concepimento, ma comunque prima della sua nascita. Si tratta di una particolare forma di riconoscimento
dettata dall’esigenza di tutelare il nascituro in previsione di possibili eventi sfavorevoli (si pensi, ad
esempio, al sopraggiungere di un’incapacità del genitore anche solo temporanea a seguito di una malattia
già nota).

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Inoltre il concepito ha diritto a:


• Ricevere per testamento
• Ricevere donazioni
• Risarcimento del danno

In altre parole, il diritto a ereditare, da parte del “non ancora concepito”, può sorgere solo a seguito di
testamento, mentre il già concepito può succedere in base a successione legittima.
Tutto ciò è subordinato alla futura nascita del soggetto

Riconoscimento del nascituro: deve essere fatta entro 10 giorni dalla nascita, l’evento deve essere
dichiarato da parte di uno dei genitori e da un procuratore speciale (medico, ostetrica o testimone del
parto) all’ufficiale dello stato civile per la formazione dell’atto di nascita.
Dichiarazione di morte: deve essere fatta entro 24 ore dal decesso un congiunto, parente o delegato deve
dichiarare all’ufficiale di stato il decesso per formalizzare l’atto di morte. Con la morte si estinguono alcuni
rapporti facenti parte della sfera giuridica dell’individuo come il matrimonio, convivenza ecc.

Presunzione di commorienza: In caso vi sia presunta incertezza sulla sopravvivenza di una persona rispetto
ad un'altra, in genere perché perite nello stesso contesto (incidente aereo) la legge presume che fino a
prova contraria non sia sopravvissuto nessuno.

Capacità di agire: facoltà del soggetto di essere titolare in modo autonomo di situazioni attive o passive,
cioè l’idoneità a porre in essere atti negoziali che possono aver conseguenze sulla sfera giuridica del
soggetto. Si ottiene con il compimento del 18esimo anno di vita.

L’Incapacità giuridica può essere di diritto, che si articola in incapacità assoluta o relativa. L’incapacità assoluta è
propria del minorenne e dell’interdetto, concretamente è l’impossibilità del soggetto di porre in essere situazioni
giuridiche rilevanti di normale o straordinaria amministrazione, perciò ogni atto redatto è quindi passibile di
annullamento. L’interdizione può essere giudiziale o legale. L’interdizione giudiziale è una forma di sanzione molto
pesante decisa da un giudice, si riferisce a maggiorenni e agli infermi di mente che non possono provvedere
autonomamente alla loro amministrazione (art.404 c.c.). L’interdizione legale è una sanzione penale aggiuntiva.
L’incapacità relativa è definita come l’impossibilità di un soggetto di porre in essere situazioni giuridiche di
straordinaria amministrazione. Cioè atti che determinano la titolarità di un bene. L’incapace relativo, detto inabilitato
è però capace di porre in essere situazioni di ordinaria amministrazione come la sottoscrizione di un contratto di
locazione. L’inabilitato può essere suddiviso in tre gruppi: gli infermi mentali non gravi, i ciechi, sordi ed invalidi gravi,
e coloro che fanno abituale uso di sostanze stupefacenti o alcolici.
L’incapacità di fatto, o naturale o comunemente detta “di intendere e di volere” si verifica quando la persona non è
momentaneamente capace di intendere o di volere.

Incapacità speciali: nonostante con la nascita si acquisisca la capacità giuridica, essa non è sufficiente per
porre in essere determinate situazioni giuridiche. L’incapacità può essere assoluta se al soggetto è precluso
quel tipo di atto o rapporto; o relativa, se al soggetto è precluso quel tipo di atto o rapporto ma solo con
determinate persone o situazioni.

A tutela delle persone incapaci di agire la rubrica XII del codice civile prevede gli istituti:
• della minore età: il minorenne in quanto incapace ogni situazione da lui posta in essere è passibile
di annullamento (art.1425) ma può porre in essere situazioni di ordinaria amministrazione per la
soddisfazione dei propri bisogni quotidiani. Nella gestione del patrimonio del minore è
amministrato unicamente dai genitori o dal tutore, gli atti di straordinaria amministrazione
competono in via congiunta ad entrambi i genitori, disgiunta per l’ordinaria amministrazione.
• dell’interdizione giudiziale: pronunciata da un tribunale allorquando ricorrono congiuntamente
infermità di mente grave, abitualità di detta infermità che non permette al soggetto di prendere
decisioni autonome e necessità di assicurare al soggetto adeguata protezione. L’interdizione
giudiziale si riferisce solo ai maggiorenni, ed a viene a seguito del procedimento di esame diretto

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dell’interdicendo e gli effetti di questo istituto prendono forma dal momento della pubblicazione
della sentenza. L’interdetto non può porre in essere nessun atto di straordinaria e ordinaria
amministrazione, i quali possono essere fatti solo dal tutore, mentre per quelli di ordinaria
amministrazione possono essere anche compiuti autonomamente, cioè con l’assistenza del tutore
(art.427). Se dovessero venir meno i presupposti che hanno indotto l’interdizione essa può essere
revocata su istanza del coniuge, dei parenti ecc. con sentenza del tribunale. La sentenza ha effetto
solo con il passaggio in giudicato (art.431)
• L’interdizione legale: è una sanzione penale aggiuntiva.
• dell’inabilitazione: pronunciata con una sentenza del tribunale, allor quando ricorra
alternativamente (art.415) Infermità mentale non grave, prodigalità, uso abituale di alcool o
droghe, sordità o cecità. L’iter è simile a quello dell’interdizione giudiziale, l’inabilitato può operare
situazioni di ordinaria amministrazione mentre per quelle di straordinaria è necessaria l’assistenza
di un curatore stabilito del tribunale.
• dell’emancipazione: Il minorenne ultra sedicenne, autorizzato dal tribunale a contrarre il
matrimonio acquista automaticamente l’emancipazione (art.390) così sottraendosi alla disciplina
della minor età. La condizione giuridica dell’emancipato è analoga a quella dell’inabilitato.
• dell’amministrazione di sostegno: figura istituita per quelle persone che, per effetto di
un’infermità o di una menomazione fisica o psichica, si trovano nell’impossibilità, anche parziale o
temporanea, di provvedere ai propri interessi.
Gli anziani e i disabili, ma anche gli alcolisti, i tossicodipendenti, le persone detenute, i malati
terminali possono ottenere, anche in previsione di una propria eventuale futura incapacità, che il
giudice tutelare nomini una persona che abbia cura della loro persona e del loro patrimonio.
Per richiedere l’amministrazione di sostegno si deve presentare un ricorso, che può essere
proposto: dallo stesso beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato, o dal suo coniuge.
• dell’incapacità di intendere e di volere: istituto che tutela coloro che al momento del fatto non
erano in qual si voglia modo capaci di intendere e di volere in modo transitorio o permanente,
perciò ogni atto compiuto nel momento di incapacità sono annullabili.

Incapacità assoluta: minor età, interdizione incapacità di intendere e di volere


Incapacità relativa: inabilità, emancipazione ed amministrazione di sostegno

Sede di una persona


Luogo in cui la persona fisica vive e svolge le proprie attività (art.43)
• Domicilio: luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed i suoi interessi.
Può essere domicilio legale, se deciso dalla legge, o volontario. Un domicilio inteso come sede dei
propri affari e degli interessi è unico., anche se per legge una persona può eleggere un domicilio
speciale per determinati atti o affari.
• Residenza: luogo in cui la persona ha la dimora abituale
• Dimora: luogo in cui la persona attualmente vive

Cittadinanza: situazione di appartenenze di una persona ad un determinato stato. In Italia può essere
acquistata tramite ius sanguinis, ius soli, se coloro che nascono su suolo italiano sono apolidi o abbiano
genitori ignoti, o tramite ius communicatio. Al cittadino non può essere revocata la cittadinanza di motivi
politici (art.22 della costituzione)

Posizione della persona nella famiglia

Parentela: vincolo che unisce i soggetti che discendono da uno stesso stipite. La linea retta unisce coloro
che discendono uni da l’altra (nonno, padre, figlio ecc.), la linea collaterale unisce le persone che pur
avendo uno stipite comune non discendono una dall’altra (fratello, zio, nipote ecc.). La parentela è

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calcolata in gradi i quali si contano calcolando le persone meno lo stipite. La parentela solitamente sussiste
fino al sesto grado.
Affinità: vincolo che unisce un coniuge ad i parenti dell’altro coniuge, gli affini di un coniuge non sono affini
degli affini dell’altro codice.
Coniugio: legame che lega marito e moglie

In caso di perdita di notizie di un soggetto, i rapporti tenuti da quest’ultimo vengono disciplinati dagli
istituti di scomparsa, assenza e morte presunta.
• Scomparsa: a sensi dell’art.48, è dichiarata da un tribunale quando concorrono la scomparsa di un
soggetto dal suo ultimo domicilio per un termine di tempo non giustificato dalle sue ordinarie
mansioni. Ha finalità di protezione del patrimonio dello scomparso, in caso il tribunale può dare
provvedimenti a ciò necessari.
• Assenza: ai sensi dell’art.49, è dichiarata da un tribunale quando concorrono la scomparsa di un
soggetto dal suo ultimo domicilio per un termine di tempo superiore di due anni dall’ultimo giorno
che è stato visto. Coloro che sarebbero stati eredi testamentari possono fare domanda di
immissione temporanea nel possesso dei beni di lui.
• Morte presunta: ai sensi dell’art.58, è dichiarata da un tribunale quando concorrono la scomparsa
di un soggetto dal suo ultimo domicilio per un termine di tempo superiore ai 10 anni, in caso di
scomparsa dovuta ad infortunio come la guerra son necessari solo 2 anni. Coloro che sarebbero
stati eredi testamentari o legittimi, se il soggetto fosse morto, conseguono piena titolarità e
disponibilità dei suoi beni e diritti.

Gli enti
Gli enti sono soggetti di diritto alteri rispetto alle persone fisiche. Essi sono suddivisi in due categorie:
• Enti di diritto pubblico: Stato, regioni, comuni, aziende e università pubbliche ecc.
• Enti di diritto privato suddivisi in:
1. Enti a scopo di lucro, i quali hanno come scopo la spartizione tra i partecipanti degli utili
conseguiti, sono analizzate nel libro 5° del codice civile; enti non profit, in cui è vietata la
ripartizione di utili o vantaggi economici tra i soci, sono trattati nel primo libro.
2. Registrati (associazioni riconosciute, fondazioni ecc. iscritte al registro delle persone
giuridiche tenute presso le prefetture) e non registrati (associazioni non riconosciute,
società di fatto ed irregolari ecc.)
3. Personificati (associazioni riconosciute, fondazioni, società di capitali ecc.) e non
personificati (associazioni non riconosciute, società di persone ecc.)
4. Enti a struttura associativa in cui si dà vita ad un’organizzazione stabile di più soggetti per
l’esercizio di un’attività volta al perseguimento di uno scopo comune; Enti a struttura
istituzionale, cioè organizzazioni stabili per la gestione di patrimoni finalizzati al
perseguimento di scopi altruistici.

Il difficile percorso che gli enti devono compiere per l’acquisto della personalità giuridica è figlio della
tradizione ottocentesca di napoleonica memoria. Lo stato voleva accentrare su di sé il potere e guardava
con diffidenza le associazioni perciò il legislatore del 1942, in virtù del senso di necessità di controllo
garantiva alle associazioni che acquistavano la personalità diversi vantaggi i quali erano preclusi a quelle
associazioni non riconosciute. Questi vantaggi, tipo la possibilità di ereditare beni mortis causa, erano
pagati a prezzo di una stretta vigilanza da parte dello stato. Dopo il 1948 ai sensi degli art.18 e 2 in cui
vengono riconosciuti i diritti di associarsi liberamente e di garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo, anche
nelle forme di associazione ha premiato la forma di associazione non riconosciuta, per l’ampia libertà
d’azione concessa in materia di controllo delle attività interne da parte dello stato in organizzazioni quali
sindacati e partiti politici.

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Un ente per essere fondato sono necessari tre elementi:


• Elemento patrimoniale: necessario per la tutela dei creditori, ogni tipo di ente ha un tetto
patrimoniale minimo che varia da tipo a tipo di ente (spa, s.r.l., ecc.) Per gli enti no profit non è
previsto un tetto patrimoniale minimo ma bensì un patrimonio adeguato allo scopo che si prefigge
• Elemento teleologico: necessità di uno scopo che sia possibile e lecito
• Elemento personale: l’ente per nascere deve essere costituito da almeno due persone

Gli enti no profit si distinguono in due categorie: associazioni e fondazioni.

Associazioni: definite anche come “universitas personarum”, è un insieme di persone che ha come
scopo il perseguimento di finalità senza scopo di lucro. La differenza che intercorre tra associazione e
società che nell’associazione vi è il divieto di spartizione degli utili e dei ricavi (esclusione del lucro
soggettivo). Ciò non significa che all’associazione sono precluse le attività economiche, questo vuol dire che
ogni utile e ricavo è svolta al fine di procurarsi entrate da destinare al perseguimento ideale dello scopo
dell’associazione.
Le associazioni solitamente hanno struttura tripartita: necessitano di un organo amministrativo, un organo
di sicurezza/controllo ma imprescindibile è l’assemblea dei soci, l’organo sovrano dell’ente. L’assemblea ha
competenza per l’approvazione del bilancio, modifica dell’atto costitutivo o dello statuto e per la decisione
in merito all’esclusione dei soci. Le associazioni possono essere:
• Riconosciute: se nasce in forza di un atto di autonomia, un contratto tra i fondatori detto atto
costitutivo che deve essere reso in forma di atto pubblico, solitamente tramite un notaio. L’atto
costitutivo deve contenere la dichiarazione di manifestazione dei fondatori di fondare
l’associazione, denominazione dell’ente, scopo, patrimonio e sede. Le altre norme possono essere
contenute in un documento a parte detto statuto. All’associazione per esserle riconosciuta la
personalità giuridica prima del DPR del 2000, doveva attraversare un lungo iter che durava ¾ anni,
ora il vaglio e l’esame spetta alle prefetture. A seguito di esito positivo l’associazione verrà inserito
nel registro delle persone giuridiche ed acquisterà la capacità giuridica. Gli amministratori hanno
competenza di rappresentanza nei confronti di terzi e per la gestione dell’attività associativa.
L’associazione in merito all’acquisto di personalità giuridica, possiede un’autonomia patrimoniale
perfetta quindi per la responsabilità del pagamento delle obbligazioni risponde solo il patrimonio
dell’associazione e quello dei singoli associati non può essere attecchito. Un’aspirante socio anche
se in possesso di tutti i requisiti non ha diritto entrare nell’associazione, ma un socio ha tutto il
diritto di rimanervi dentro, a meno di gravi colpe o di delibera motivata da parte dell’assemblea. A
seguito di espulsione il socio può ricorrere al tribunale per l’annullamento entro sei mesi
dall’espulsione, qualora non fossero state rispettate le regole procedurali per la sua adozione. Un
soggetto ha anche il diritto di non associarsi e il socio ha il diritto di recedere dall’associazione in
qualsiasi momento, sia pure con effetto allo scadere dell’anno in corso, purché sia stato esercitato
almeno 3 mesi prima come definito dall’art.24. L’associazione si estingue quando ha raggiunto lo
scopo, per morte di tutti gli associati o per cause eventualmente previste nell’atto costitutivo o
nello statuto. In caso di estinzione il prefetto ne prende nota e si procede alla liquidazione dei beni,
con il pagamento dei debiti e donazione del residuo ad altri enti con fini analoghi. Infine, si procede
con la cancellazione dell’ente dal registro delle persone giuridiche.
• Associazioni non riconosciute: prendono vita in forza ad un atto di autonomia, cioè un contratto
tra i fondatori, l’atto di autonomia non ha vincoli di forma né di contenuto. L’iter per la formazione
dell’associazione non riconosciuta consiste esclusivamente nel tempo di perfezionamento degli
accordi tra i fondatori in quanto non fanno richiesta di personalità giuridica. Perciò, questi enti
sono soggetti ma non godono della personalità giuridica e hanno un’autonomia patrimoniale
imperfetta. Per le obbligazioni contrattuali dell’associazione rispondono oltre che il fondo
comune anche personalmente e solidalmente, con il loro patrimonio personale, coloro che
hanno agito in nome e per conto dell’ente. Il creditore può quindi rivolgersi anche
immediatamente a ci ha agito per nome e per conto dell’associazione, senza dover prima
riscuotere dal fondo comune. Per le obbligazioni non negoziali si ritiene che risponda solo il fondo

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comune. Ai sensi dell’art.36 L’ordinamento interno, l’amministrazione e la disciplina dei rapporti


tra gli associati ed associazione sono integralmente rimessi gli accordi tra gli associati.

Fondazione: definita anche “universitas bonorum”, è un’organizzazione stabile che si avvale di un


patrimonio per il raggiungimento di scopi non economici. La fondazione a differenza dell’associazione può
nascere sia tramite un atto “inter vivos”, nel quale caso deve rivestire la forma di atto pubblico, similmente
all’associazione riconosciuta; oppure ai sensi dell’art.14 tramite testamento. L’atto di fondazione deve
contenere tutte le disposizioni contenute nell’atto costitutivo di un’associazione oppure avere anche uno
statuto. Essenziale per la fondazione è che l’elemento patrimoniale sia consono al raggiungimento dello
scopo, ogni bene ceduto alla fondazione prevede un atto di dotazione, cioè un vincolo di destinazione delle
risorse per lo scopo identificato dal fondatore. Il riconoscimento della personalità giuridica segue lo stesso
iter dell’acquisto da parte dell’associazione, in caso di non riconoscimento della fondazione essa, tranne
che nei casi espressi dalla legge, non può operare come fondazione non riconosciuta poiché ciò
implicherebbe una divisone tra il patrimonio dell’ente e delle parti e ciò andrebbe contro il vincolo di
destinazione. Lo scopo della fondazione non può essere modificato da nessuno e deve essere no profit e
generalmente di utilità sociale. La fondazione a differenza dell’associazione non ha organizzazione interna
tripartita ma è generalmente gestita da un organo amministrativo, gli amministratori sono i veri padroni
della vita nella fondazione e la loro autorità è limitata solo dal controllo dell’autorità amministrativa statale,
il fondatore in quanto tale non può intervenire in alcun modo in essa. In quanto persona giuridica la
fondazione possiede autonomia patrimoniale perfetta e quindi delle obbligazioni contrattuali risponde solo
il patrimonio dell’ente. Ai sensi dell’art.28, quando si verifica una causa di scioglimento la fondazione, non
viene estinta ma modifica il proprio scopo tramite un provvedimento dell’autorità governativa individuando
una nuova finalità che non si distacchi troppo dalla volontà del fondatore.

Comitato: ente privato no profit, è un’organizzazione di più persone che tramite la raccolta pubblica di
fondi, costituisce un patrimonio con il quale realizzare finalità di natura altruistica.
Nasce da un accordo di tipo associativo tra i promotori, L’attività del comitato si articola in due fasi: una in
cui i promotori annunciano al pubblico il programma e la volontà di perseguirlo per raggiungere un
obbiettivo, l’altra consiste nell’organizzazione e gestione dei fondi raccolti per realizzare lo scopo
prefissato. Come nel caso della fondazione sui detti fondi vale il vincolo di destinazione allo scopo
programmato. I comitati possono essere dotati di personalità giuridica e non, la personalità si acquista negli
stessi metodi degli altri enti se non può operare come ente non riconosciuto.
L’autonomia patrimoniale imperfetta del comitato però prevede che delle obbligazioni contrattuali
rispondano solidalmente con il patrimonio dell’ente tutti i componenti e non solo coloro che ne hanno fatto
le veci.

Altre istituzioni di carattere privato sono gli enti ecclesiastici e religiosi

Terzo settore: Sono enti del Terzo settore le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione
sociale, gli enti filantropici, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato costituiti per il perseguimento,
senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.

La crescita del terzo settore è dovuta alle circostanze storiche con le quali la società a partire dalla fine degli
anni 80 si è dovuta confrontare: declino della famiglia come luogo di cura e servizio agli anziani o disabili,
l’emergere di nuovi bisogni di assistenza come quella ai tossicodipendenti, migranti ecc. e alla crisi del
welfare state indotta dalle necessità di contenimento della spesa pubblica.

A partire dagli anni 90 è iniziata una disordinata ma sempre continua produzione normativa per favorire e
promuovere gli enti operanti nel terzo settore.
Nel 2017 con la riforma del terzo settore è stato introdotto un codice del terzo settore, il quale ha
riordinato e riorganizzato tutte le disposizioni riguardanti il terzo settore fatta negli anni precedenti.

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Diritti della personalità


Diritti soggettivi assoluti costituzionalmente, tutelati erga omnes. Sono garantiti e riconosciuti come “diritti
inviolabili dell’uomo” dall’art.2 della costituzione. La formula costituzionale riecheggia l’idea
giusnaturalistica secondo cui la persona umana sia portatrice di diritti innati e non attribuiti
dall’ordinamento giuridico. L’ordinamento infatti non attribuisce ma bensì riconosce questi diritti, in
quanto essi sono sempre esistiti e che in quanto tali sono definiti inviolabili anche da parte dell’autorità
statale. La costituzione quindi definisce i limiti dell’autorità del potere pubblico e protegge i cittadini dagli
abusi e assicura una sfera di libertà nei confronti dello stato.

Caratteristiche:
1. Atipicità: cioè è necessaria la condivisone generale per far sì che esso venga reputato tale,
condizione storicamente condizionata come nel caso del diritto alla privacy
2. Necessarietà: in quanto competono a tutte le persone
3. Imprescrittibilità: in quanto il non uso non ne prevede l’estinzione o la caduta in prescrizione
4. Assolutezza: obbligo di rispetto da parte di tutti i consociati
5. Non patrimonialità: tutelano valori non suscettibili alla valutazione economica
6. Indisponibilità: in quanto non rinunziabili

La tutela può essere di tre tipi:


• Prescrittiva: si occupa di prevedere e di evitare che accada l’evento indesiderato
• Inibitoria: si occupa di fermare immediatamente l’azione lesiva
• Risarcitoria: si occupa di garantire un risarcimento del danno

Il sistema italiano prevede un sistema bipolare di risarcimento, danno può essere classificato come:
• Patrimoniale: Il danno patrimoniale deve essere immediato e soprattutto devono essere provati,
nel sistema italiano non c’è spazi per il danno presunto o punitivo.
• Non patrimoniale: Il danno non patrimoniale ai sensi dell’art.2059 è risarcibile solo nei casi previsti
dalla legge. Come quantificare un danno patrimoniale in una somma monetaria? La giurisprudenza
si avvale di specifiche tabelle per il risarcimento delle lesioni.

Diritto alla vita

Posto a presidio del fondamentale interesse per la tutela della persona umana e della sua esistenza fisica.
Tale diritto impone a tutti i consociati di astenersi dall’attentare alla vita altrui, obbligo presidiato anche da
sanzione penali. Il problema delicato è stabilire quando inizia il momento in cui si acquista il diritto alla vita,
Lo stato infatti tutela pienamente il diritto di nascere da soggetti che non siano la madre anche tramite
sanzioni penali per l’interruzione della gravidanza senza consenso della madre.

Aborto: l’interruzione di gravidanza durante il primo trimestre è una decisione libera della donna, l’aborto è
possibile infatti nei casi in cui la gravidanza possa portare pericoli di natura psico-fisici alla donna. Dal
secondo trimestre in poi l’aborto è possibile solo nel caso in cui ci siano seri problemi che possano mettere
in pericolo la vita della madre e del feto.

Eutanasia: non esiste una norma che la regoli, essa è ancora un illecito e costituisce reato come l’omicidio
consenziente e l’istigazione al suicidio.
Testamento biologico: dichiarazione d’intenti di una persona che ancora nel pieno delle sue facoltà di
rifiutare un determinato trattamento medico volto ad allungargli la vita, nel caso in cui egli non sia più in
grado di intendere e di volere, come nel coma irreversibile. (caso englaro)

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Diritto alla salute


Tutelato e garantito dall’art.32 della costituzione.
L’interesse alla salute e all’integrità psico-fisica è tutelata anche a favore del nascituro: infatti sono previsti
risarcimento in caso di danni conseguenti a lesione subite dal feto in periodo prenatale a causa di mala
condotta del medico. In Italia però non è contemplato il “diritto a nascere sani”, infatti chi nasce affetto
da gravi sindromi come quella di Down non ha diritto ad un risarcimento (caso della bambina down).

Il diritto alla salute se tutelato nei confronti di terzi e invece totalmente rimesso al principio di
autodeterminazione del suo titolare, come dispone l’art.32 comma 1 “nessuno può essere obbligato ad un
determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, cioè in caso di interesse superiore alla
protezione della salute pubblica. Ciò implica che un soggetto, se opportunamente informato delle
conseguenze, e se nel pieno delle sue facoltà dia il consenso, possa rifiutare un determinato trattamento
anche nel caso potesse salvargli la vita ed il medico deve attenersi alle sue direttive.

In caso di lesioni od infermità dovuta ai vaccini lo stato prevede un indennizzo a favore delle vittime

Il principio di autodeterminazione trova però dei limiti, cioè quando si disponga del proprio corpo in
maniera non conforme alla legge, ordine pubblico e buon costume (vendita di sangue, prelievo di staminali,
atti osceni oppure prostituzione) e se essi cagionino diminuzioni permanenti all’integrità del soggetto come
per esempio nella vendita dei propri organi.

Il risarcimento per danni alla salute di una persona una volta veniva assegnato in base al reddito di una
persona (caso Gennarino), questo trattamento veniva considerato classista ed ingiusto perciò piano piano
venne introdotto il concetto del “danno biologico”.

Danno biologico: consiste nella lesione dell'interesse, costituzionalmente garantito, all'integrità psico-fisica
della persona. Si tratta di un danno di natura non patrimoniale, risarcibile ai sensi dell'art. 2059 del codice
civile. Tramite questa norma si superò il risarcimento su base reddituale e la liquidazione ora è basata sulle
tabelle elaborate dai tribunali.

Diritto al nome

Ai sensi dell’art.6 il nome è costituito da pronome e cognome, svolge funzione di identificazione sociale
della persona ed è ricondotto al rango di valore fondamentale della persona, in particolare della
prospettiva della protezione della sua identità e personalità.

Il figlio nato da matrimonio acquisisce il cognome paterno, il figlio nato fuori da matrimonio acquisisce il
cognome del primo genitore che lo ha riconosciuto. I bambini non riconosciuti da alcuno dei genitori
acquisisce il nome imposto dall’ufficiale di stato civile. Il figlio adottato assume il cognome degli adottanti.
A seguito del matrimonio la moglie aggiunge il cognome del marito al suo e lo conserva anche durante la
separazione personale, salvo quanto disposto dall’art.156 bis. La moglie conserva il cognome del marito in
caso di scioglimento del matrimonio per morte fino a nuove nozze, mentre dopo il divorzio perde il
cognome maritale.

Il nome e tendenzialmente immodificabile. Il mutamento può avvenire nel caso esso sia ritenuto
vergognoso o ridicolo con concessione di un decreto del prefetto della provincia in cui sia tenuto l’atto di
nascita del richiedente.
In considerazione alla sua funzione di identificazione sociale, ai sensi dell’art.7, il nome viene tutelato da
contestazione, usurpazione ed utilizzazione abusiva. La vittima può così richiedere tutela inibitoria e un
eventuale risarcimento del danno.

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Diritto all’integrità morale


Tutela da parte della legge nazionale l’interesse di ciascuno all’onore, al decoro e reputazione anche
tramite sanzioni penali quali l’ingiuria e la diffamazione. È illegittima qualsiasi espressione di mancato
rispetto dell’integrità morale di una persona manifestata attraverso parole, scritti disegni ecc. direttamente
all’interessato o a terzi. L’illeceità dell’offesa non viene meno anche se il giudizio espresso sul conto
dell’insultato corrisponde a verità (efficacia non scriminante del exceptio veritatis)

Nella società attuale il diritto all’integrità morale spesso collide con il diritto di libertà d’espressione
garantito dall’art.21 della costituzione, di fronte al diritto d’informazione questo cede se la notizia risponde
ai criteri istituiti dallo “statuto del buon giornalista” del 1984, cioè se rispetta i criteri di:
• Utilità sociale dell’informazione
• Continenza espositiva
• Rispetto della verità putativa: che la notizia sia quanto meno verosimile e nel suo nucleo essenziale
oggetto di indagine diligente ed accertata.
In caso di assenso dell’avente diritto la notizia può essere pubblicata anche nel caso ledesse l’integrità
dell’interessato, in caso di mancanza di assenso e mancato rispetto dei precetti dello statuto la vittima
obbliga l’autore del misfatto al risarcimento, anche non patrimoniale del danno.

Diritto all’immagine

Divieto a terzi di esporre, pubblicare, vendere il ritratto altrui senza il consenso del diretto interessato. Il
consenso dell’effigiato vale ovviamente solo a favore di colui a cui è stato concesso per i fini e con le
modalità indicate per il tempo stabilito. La giurisprudenza ritiene che il consenso alla pubblicazione
dell’immagine sia un negozio unilaterale, con la conseguenza che esso è revocabile in qualsiasi momento.

La divulgazione senza consenso dell’immagine è giustificata quando:


• La persona interessata è un personaggio pubblico o ricopre una carica istituzionale
• Per necessità di giustizia o polizia
• Collegata a fatti, avvenimenti o cerimonie di interesse e dominio pubblico
• Giustificata da esigenze di pubblica informazione
Come nel caso del diritto all’integrità morale il diritto d’immagine cede al diritto di cronaca e critica
giornalistica. In caso di lesione del diritto d’immagine si obbliga il suo autore a risarcire il danno, anche non
patrimoniale

Diritto alla riservatezza

Pur non essendoci nessuna previsione normativa, principalmente attraverso l’interpretazione degli
art.13,14,15 della costituzione e dell’art 10 del c.c. si è concordato che tra i diritti inviolabili dovesse essere
annoverato anche il diritto alla riservatezza: cioè il potere di vietare che fossero rese note azioni della vita
personale e famigliare che non avessero importanza sociale rilevante. La protezione dei dati personali è
tutelata dall’art. 8 della carta dei diritti fondamentali dell’unione europea, che dice che “ogni persona ha
diritto alla protezione dei dati di carattere personale che la riguardano”.

In Italia essa è regolamentata e tutelata dal cosiddetto codice privacy, esso è volto a far sì che il
trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti di libertà fondamentali e della dignità
dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità e al diritto di protezione dei dati.

Dati personali: qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata mediante informazioni
Interessato: persona fisica a cui i dati personali si riferiscono (il codice privacy non si applica agli enti)
Trattamento: complesso di operazioni concernenti la raccolta, conservazione, utilizzo ecc. dei dati.

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Regole generali del codice privacy prevendono:


• L’interessato deve essere preventivamente informato circa la finalità del trattamento cui i dati sono
destinati, questo costituisce l’informativa
• Consenso trattamento dati: Il trattamento dei dati avviene solo se vi è il consenso espresso
dell’interessato, che è valido solo nel caso in cui è espresso liberamente in riferimento al
trattamento individuato e se è documentato per iscritto.
• Diritto di accesso: L'interessato ha diritto di ottenere la conferma dell'esistenza o meno di dati
personali che lo riguardano, anche se non ancora registrati, e la loro comunicazione in forma
intelligibile
• Diritto di rettifica: L'interessato ha diritto di ottenere l'aggiornamento, la rettificazione ovvero,
quando vi ha interesse, l'integrazione dei dati.
• Rispetto dei codici di deontologia e buona condotta essenziale per la liceità e correttezza del
trattamento dei dati.
• I dati sensibili possono essere oggetto di trattamento solo con consenso scritto dell’interessato e
previa autorizzazione del garante
• Diritto alla sicurezza dei dati

Autorità garante: istituto con ampi poteri di controllo, regolamentazione denuncia e sanzione in ordine al
trattamento dei dati personali. Chi si ritenga vittima di illecito trattamento dei propri dati personali può
rivolgersi al garante o all’autorità giudiziaria, a quest’ultima si si può richiedere il risarcimento del danno,
anche non patrimoniale. Ai sensi dell’art.2050 il trattamento dei dati personali è giudicato come attività
pericolosa. Il rispetto delle regole di trattamenti dei dati è presidiato anche da sanzioni penali ed
amministrative pecuniarie.

Diritto all’identità personale

Diritto di vedersi rappresentato con i propri reali caratteri, senza travisamenti della propria storia, idee,
condotta, stile di vita ecc.
Differenza con il diritto alla riservatezza: questo è il diritto affinché i profili di vita e personalità rispondano
a principi di verità, non c’entra con il diritto di non venir vedere esposta la propria vita privata.
Differenza con il diritto all’integrità morale: il diritto all’identità prevede che ogni azione, fatto sia
divulgato rispettando il principio di verità, mentre il diritto all’integrità morale è il diritto a non vedersi
attribuiti fatti che possano creare attorno a lui giudizi negativi.

L’oggetto nel rapporto giuridico


Cose: parti di materia

Bene: Ai sensi dell’art.810 è la cosa che può formare oggetto di diritto. Una cosa che è fonte di utilità e
oggetto di appropriazione, perciò ha un valore economico.
In senso giuridico il bene non è la cosa in quanto tale ma il diritto su di essa, perciò per dare una definizione
più completa bisogna leggere l’810 insieme al 2740: Il debitore risponde dell'adempimento delle
obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri.

Non sono beni: le cose da cui non si può trarre utilità e le “res communes omnium”, cioè le cose di cui tutti
possono fruire senza impedirne pari fruizione a tutti (luce solare, il mare ecc.)

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I beni sono suddivisibili in varie categorie

Beni materiali: caratterizzati dalla corporeità e dalla possibile valutazione economica, comprende anche la
categoria delle energie naturali come l’energia elettrica
Beni Immateriali: diritti quali il credito, le quote di una società, gli strumenti finanziari, banche dati ecc.

Beni immobili: tutto ciò che è naturalmente o artificialmente attaccato al suolo (case, alberi, lampioni) e
alcune categorie di beni sono immobili per determinazione di legge come le case galleggianti ecc.
Beni mobili: tutti i beni che non sono immobili.

Beni registrati: beni oggetto di iscrizione a registri pubblici che chiunque può liberamente consultare. Nel
nostro ordinamento sono istituiti il registro immobiliare (catasto), automobilistico e aeronautico.

I beni mobili registrati ed i beni immobili sono soggetti ad un sistema di pubblicità, la pubblicità ha solo effetto
dichiarativo e non costitutivo. La pubblicità ha effetto di tutela verso i terzi. Il proprietario del bene è colui che registra
il bene per primo. Per questi tipi di beni l’acquisto di proprietà si basa sul principio del consenso traslativo (art.1376).
Per i beni mobili non registrati la proprietà si acquista oltre che con il consenso anche tramite il possesso (il potere di
fatto sulla cosa) ai sensi dell’art.1153

Prodotti finanziari: tutte le forme di investimento di natura finanziari, cioè tutte le forme di impiego di
risparmio effettuato in vista di un ritorno economico. Forma particolare di prodotti finanziari sono gli
“strumenti finanziari” cioè azioni, obbligazioni, titoli di debito ecc.

Beni fungibili: Essi possono essere sostituiti in modo indifferente con altri bene dello stesso genere in
quanto non interessa il bene specifico ma la quantità di tale bene. Sono individuati con esclusivo
riferimento alla loro appartenenza ad un determinato genere (denaro, titoli di stato).
Beni infungibili: beni individuati nella loro specifica identità (opere d’arte, beni immobili ecc.). La fungibilità
di un bene può derivare dalla volontà delle parti, le quali possono attribuire caratteri infungibilità ad un
determinato bene tangibile (un libro di un parente deceduto)
Differenza di regime giuridico: mentre per un bene infungibile è sufficiente un accordo tra le parti, per un
bene fungibile per il trasferimento di proprietà è invece necessaria una separazione, che consiste in una
numerazione, pesature o nella misura della parte dovuta (vendita di un metro di stoffa).

Beni consumabili: beni che non possono arrecare utilità senza perdere la loro individualità (cibo, bevande,
carburante per auto, denaro ecc.)
Beni inconsumabili: beni suscettibili a plurime utilizzazione senza essere distrutti nella loro consistenza
(edifici, fondo rustico). Categoria di beni inconsumabili sono i beni deteriorabili come i vestiti o un’auto.

Beni divisibili: beni suscettibili ad essere ridotti in parti omogenee senza che se ne alteri la destinazione
economica (appezzamento di terreno, una forma di formaggio ecc.)
Beni indivisibili: beni non divisibili in parti omogenee senza farne perdere le caratteristiche (un animale
vivo, un quadro, una macchina)
Differenza di regime: in caso di contitolarità di diritto, sul bene divisibile si può sempre ottenere lo
scioglimento della comunione mentre se il bene è indivisibile lo scioglimento della comunione può avvenire
solo con l’attribuzione intera della parte ad uno dei due richiedenti.

Beni presenti: beni già esistenti in natura, solo questi possono formare oggetto di diritti reali o proprietà.
Beni futuri: beni non ancora presenti in natura, possono formare oggetto solo di rapporti obbligatori.
Negozi di beni futuri: in caso di negozio di beni futuri possono delinearsi due situazioni: in un caso come
regolato dall’art.1472 comma 2, l’acquirente in caso non riceva ciò che ha ordinato non è tenuto a pagare
l’altra parte (emptio rei speratae) oppure in caso abbia stipulato in contratto aleatorio è anche in caso di
mancato ritorno è tenuto a pagare l’altra pare (emptio spei).

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Frutti naturali: Ai sensi dell’art. 20 comma 1, sono prodotti direttamente da un altro bene che vi concorra o
meno l’uomo. Per parlare di frutti è necessaria la periodicità e che il frutto non incida sulla sostanza e sulla
destinazione economica della cosa madre (taglio dei rami di un albero per la legna da ardere è il frutto
dell’immobile albero)
Acquisto dei frutti naturali: finché non avviene la separazione dalla cosa fruttifera i frutti sono detti
pendenti, non hanno esistenza autonoma e sono considerati beni futuri. Solo con la separazione allora il
frutto acquista carattere autonomo è può divenire oggetto di proprietà, che spetta al proprietario della
cosa fruttifera.
Frutti civili: ai sensi dell’art.820 comma 3, sono i frutti che si ritraggono dalla cosa come corrispettivo del
godimento che altri ne abbia (incasso del canone di locazione di un appartamento in affitto, interessi sui
capitali, rendite vitalizie ecc.). Requisito di periodicità del frutto.
Acquisto di frutti civili: si acquistano giorno per giorno, in ragione della durata del diritto.

Bene semplice: bene i cui elementi non possono staccarsi tra loro senza distruggere o alterare la fisionomia
del bene stesso (un animale, una pianta, un fiore)
Bene composto: bene risultante dalla connessione di più cose, ciascuna delle quali potrebbe essere
staccata ed avere rilevanza giuridica o economica (macchina)

Pertinenze: Ai sensi dell’art.817, quando una cosa è posta al servizio od ornamento di un'altra senza
divenirne parte integrante o indefettibile, si ha la pertinenza. Per la costituzione del rapporto di pertinenza
debbono concorrere sia l’elemento oggettivo: cioè il rapporto di servizio od ornamento tra cosa accessoria
e principale. Il vincolo di pertinenza può intercorrere tra due immobili, due mobili o un immobile ed un
mobile, se manca il vincolo di accessorietà non v’è la pertinenza. Il vincolo inoltre deve essere durevole e
non occasionale; e l’elemento soggettivo: cioè la volontà di effettuare una cosa a servizio od ornamento di
un’altra, il vincolo deve essere posto dal proprietario della cosa principale.

Vediamo alcuni esempi di rapporto pertinenziale:


pertinenza d'immobile ad immobile: il posto auto o il garage destinati al servizio di un'abitazione; un pozzo
per l'irrigazione di un terreno;
pertinenza di mobile ad immobile: lo scaldabagno, il condizionatore di un appartamento; il bestiame o gli
attrezzi di un fondo agricolo. pertinenza di mobile a mobile: le scialuppe di una nave, l'estintore di una
vettura da competizione, i paracadute dell'aeromobile.

Universalità patrimoniali: ai sensi dell’art.816, l’universalità è la pluralità di cosa mobili che appartengono
alla stessa persona e che hanno una destinazione unitaria (libri di una biblioteca, pecore di un gregge)
Si distingue dalla cosa composta poiché non vi è corrispondenza fisica tra le cose. Si distingue dal complesso
pertinenziale in quanto le cose non si trovano l’una rispetto all’altra in un rapporto di subordinazione o
ornamento, ma esse costituiscono una entità nuova dal punto di vista economico sociale. I beni che
costituiscono l’universalità possono essere considerati singolarmente o collettivamente a seconda delle
volontà delle parti.
Sotto vari aspetti l’ordinamento giuridico stabilisce differenze di regime tra l’universitas e i singoli beni
mobili. Per esempio, ai sensi dell’art.1156, non vale il principio del “possesso vale titolo” per le università
ma la proprietà è acquistata solo tramite usucapione.
La dottrina distingue le università in due categorie:
1. Università di fatto: costituita da più beni mobili unitariamente considerati
2. Università di diritto: costituita da più beni ma anche rapporti giuridici in cui la riduzione ad unità è
operata dalla legge (es. eredità)

Patrimonio: complesso dei rapporti attivi e passivi suscettibili di valutazione economica, facenti capo ad un
soggetto. Non è considerato come bene unico e quindi non è un’università patrimoniale.
Ai sensi dell’art.2740, ogni soggetto ha un patrimonio e solo con esso risponde delle proprie obbligazioni.
Non è concesso in linea di massima staccare dei beni o dei rapporti giuridici dal proprio patrimonio per
riservalo ad alcuni creditori tranne che nei casi previsti dalla legge.

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Patrimonio separato: fenomeno di distacco di una parte del patrimonio che continua ad appartenere allo
stesso soggetto.
Patrimonio autonomo: patrimonio attribuito ad un nuovo soggetto, mediante la creazione di una persona
giuridica (es. associazione riconosciuta) o anche solo i un ente sprovvisto di personalità giuridica, sia dotato
di autonomia patrimoniale, anche se imperfetta.

Beni pubblici in senso soggettivo: beni appartenenti ad un ente pubblico


Beni pubblici in senso oggettivo: beni assoggettati ad un regime speciale, diverso dalla proprietà privata,
per favorire il raggiungimento dei fini pubblici cui quei cespiti sono destinati. Sono divisi in:
• Beni demaniali: divisi in beni immobili del demanio necessario, in quanto appartenente
necessariamente allo stato come il demanio marittimo, idrico e militare; e del demanio
accidentale, che possono appartenere anche a privati e che sono demaniali solo se di proprietà
dello stato o di un ente pubblico territoriale (demanio stradale, demanio aeronautico civile,
demanio culturale). I beni demaniali non possono formare oggetto di negozi di diritto privato
(incommerciabilità) e perciò non possono formare oggetto di possesso. Essi sono disciplinati dal
diritto pubblico.
• Beni patrimoniali: beni non demaniali appartenenti ad un ente pubblico anche non territoriale. Si
dividono in beni mobili ed immobili del patrimonio indisponibile (foreste, miniere, cose mobili di
interesse storico) che non possono essere sottratti alle rispettive destinazioni se non con le
modalità previste dal diritto pubblico. Beni del patrimonio disponibile, che non sono destinati
direttamente al perseguimento dei fini pubblici e sono perciò soggetti salvo deroghe alle norme del
codice civile.
Federalismo demaniale: nuova disciplina che prevede che il regime dei beni demaniali continui ad
applicarsi soltanto al demanio marittimo, idrico e aeroportuale. Le linee di fondo che ispirano il nuovo
sistema sono la contrazione del patrimonio pubblico dello stato e la contrazione del numero complessivo di
beni pubblici.

Il fatto, l’atto e il negozio giuridico


Fatto giuridico

Qualsiasi avvenimento cui l’ordinamento ricolleghi conseguenze giuridiche. Si dividono in:


• Fatti materiali: fatto percepibile attraverso i sensi (distruzione di un documento, taglio di un albero)
• Fatti in senso ampio: omissioni, fatti interni o psicologici
• Fatti in senso stretto (naturali): fatti le cui conseguenze giuridiche sono ricollegate ad un evento
senza che assuma rilievo l’intervento o meno dell’uomo (frutti, successione mortis causa)

Giuridicità di un fatto: non dipende da caratteristiche intrinseche dell’avvenimento ma soltanto dalle


circostanze estrinseche che da quell’evento derivi un certo effetto giuridico in forza di una norma giuridica
che lo disponga

Atto giuridico

Fatto le cui conseguenze giuridiche sono ricollegati ad azioni umane. Sono atti umani consapevoli e
volontari rilevanti per diritto, sul piano della valutazione giuridica si dividono in:
• Atti leciti: quelli conformi alle prescrizioni dell’ordinamento. Dividono in
1. Operazioni o atti reali: consistono in modificazioni del mondo esterno
2. Dichiarazioni: atti diretti a comunicare agli altri il proprio pensiero, volontà ecc. Il tipo di
dichiarazione più importante è il negozio giuridico.
3. Dichiarazioni di scienza: dichiarazioni che comunica ad altri la conoscenza di un atto o
situazione passata della quale il dichiarante afferma di conoscere (es. confessione)

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• Atti illeciti: fatti in violazione di doveri giuridici che producono lesione del diritto soggettivo altrui.

Atti giuridici in senso stretto: tutti gli atti umani consapevoli e volontari che non siano un negozio giuridico.
I loro effetti non dipendono dalla volontà dell’agente ma sono disposti dall’ordinamento senza riguardo per
l’intenzione di colui che li ponga in essere.
Atti dovuti o satisfattivi: adempimento di un obbligo (es. pagamento) si distinguono dal negozio giuridico
perché costituiscono un obbligo e non una dichiarazione di volontà.

Negozio giuridico
Dichiarazione con la quale i privati esprimono la volontà di regolare in un determinato modo i propri
interessi, nell’ambito dell’autonomia a loro riconosciuta dall’ordinamento mediante la produzione di effetti
giuridici. Figura con ruolo centrale della cultura giuridica del nostro ordinamento.

Il fenomeno negoziale nasce per la necessità di attribuire una sfera di autonomia entro la quale i privati
possano decidere da sé come regolare i propri interessi, ottenendo dalla legge che gli atti posti in essere
siano resi vincolanti ed impegnativi.
Nonostante l’importanza del negozio giuridico come concetto non gli viene apposto una specifica disciplina,
infatti anche se nel codice vengono regolati numerose forme di negozio quali il contratto, il matrimonio o il
testamento non esiste una disciplina che regoli il negozio giuridico in generale.
Il negozio giuridico è tradizionalmente classificato:
• In relazione alla struttura soggettiva
1. Negozio unilaterale: Negozio giuridico perfezionato con la dichiarazione di una sola parte
(testamento, atto costituivo di una fondazione).
_ Atto collegiale: se le dichiarazioni di volontà sono dirette a formare la volontà di un
organo pluripersonale (es. deliberazione di un’assemblea di una società per azioni).
Nell’atto collegiale si applica il principio di maggioranza.
_ Atto complesso: si differenzia dall’atto collegiale perché anche se costituita da più
volontà tendenti ad un fine comune, ma nell’atto complesso queste volontà si fondono in
modo da formarne una sola (es. dichiarazione dell’inabilitato e del suo curatore)
La differenza pratica sta nel fatto che in un atto complesso, il vizio di una volontà inficia
senza rimedio la dichiarazione (es. se il curatore è costretto con violenza a consentire
l’alienazione di un bene dell’inabilitato) mentre nel caso di vizio in un atto collegiale, esso
compromette la deliberazione collegiale solo se il voto fosse stato decisivo ai fini
dell’ottenimento di una maggioranza: qualora la maggioranza sussista ugualmente senza il
voto viziato la deliberazione collegiale rimane valida c.d. prova di resistenza.
_ Negozi recettizi, se per produrre effetto la dichiarazione negoziale deve essere
comunicata o notificata ad una determinata persona (es. disdetta)
_ Negozi non recettizi, se producono effetto indipendentemente dalla comunicazione ad
uno specifico destinatario (es. accettazione di un’eredità)
2. Negozio bilaterale e plurilaterale
• In relazione alla funzione:
1. Negozio mortis causa: in cui effetti presuppongono la morte di una persona (testamento)
2. Negozi inter vivos: es. la vendita
3. Negozi a contenuto patrimoniale: sono i negozi di attribuzioni patrimoniali, cioè quelli che
tendono a spostare il diritto patrimoniale di un soggetto ad un altro (vendita, donazione).
Essi si distinguono ulteriormente in negozi di disposizione che implicano una diminuzione
del patrimonio tramite alienazione o rinuncia. Si dividono in negozi traslativi (se attuano un
trasferimento di diritto ad altri), traslativo-costitutivi ( se costituiscono un diritto reale
limitato su di un bene del disponente) o abdicativi; e i negozi di obbligazione che danno
luogo soltanto alla nascita di un’obbligazione benché possa essere diretta al trasferimento

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di un diritto (es. vendita di una cosa altrui, a patto che il venditore la acquisti e ne diventi il
proprietario per così far diventare il suo compratore il nuovo proprietario).
4. Negozi a contenuto non patrimoniale: negozi di diritto familiare come il matrimonio
5. Negozio di accertamento: negozi che si propongono solo per eliminare controversie e
dubbi sulla situazione giuridica esistente. Le parti chiariscono una situazione giuridica
incerta tramite un atto autonomo negoziale che è ritenuto abbia valore di retroattivo in
quanto elimina l’incertezza ab origine, come se non fosse mai esistito. Caso particolare è la
divisione della comunione, il cui effetto retroattivo è disciplinato dall’art.757.

Negozio a titolo oneroso: negozio in cui il soggetto per acquistare qualsiasi tipo di diritto, beneficio o
vantaggio accetta un sacrificio (mutuo e mandato)
Negozio a titolo gratuito: negozio per effetto del quale un soggetto acquisisce un vantaggio senza alcun
correlativo sacrificio. Per certi negozi si presume la gratuità (deposito bancario) mentre altri sono
essenzialmente gratuiti (donazione e comodato). In genere l’acquirente a titolo gratuito è meno tutelato di
quello a titolo oneroso (es. l’acquirente a titolo oneroso, purché sia in una buona fede, non è pregiudicato
dall’annullamento dell’atto di acquisto del suo dante causa o dalla revoca dell’atto, mentre l’acquirente a
titolo gratuito non ha eguale protezione anche nel caso fosse in buona fede)

Liberalità e gratuità non coincidono:


• Liberalità: rappresenta la causa della donazione e si connota per l’intento di arricchire il
beneficiario (donatario) di un’attribuzione patrimoniale.
• Gratuità: è categoria più ampia, perché comprende tutti i casi di attribuzione patrimoniali o di
prestazioni a fronte delle quali non si ponga una specifica controprestazione, che però possono
essere da un intento non liberale (es. imprenditore organizza un servizio gratuito di trasporto per
consentire una maggior facilità all’accesso ai suoi negozi)

Rinuncia: negozio abdicativo, dichiarazione unilaterale, del titolare di un diritto soggettivo, diretta a
dismettere il diritto stesso senza farlo trasferire ad altri. Ciò non implica che terzi possano avvantaggiarsi
dalla rinunzia ad un diritto (es. la rinuncia al diritto di usufrutto fa coincidere l’usufrutto con la nuda
proprietà, permettendo al proprietario di godere della stessa)

Rifiuto: negozio abdicativo, caratterizzata dal fatto che o il diritto non è ancora nella sfera giuridica del
dichiarante, e dunque in realtà il soggetto impedisce che si vi faccia ingresso (rifiuto impeditivo: es.
rinunciare ad un eredità); oppure che il diritto sia già presente nella sfera giuridica del soggetto ma esso sia
suscettibile ad essere rimosso con effetto retroattivo (rifiuto eliminativo: es. il soggetto sia beneficiato dal
testatore con un legato, l’acquisto della titolarità è immediato, tuttavia il beneficiato può eliminare
retroattivamente tale bene dalla propria sfera giuridica)

Elementi o requisiti del negozio giuridico


• Elementi essenziali: senza i quali il negozio è nullo. Sono elencati nell’art.1325, e si dicono:
1. elementi generali: se si riferiscono ad ogni tipo di contratto (volontà, dichiarazione, causa)
2. elementi particolari: se si riferiscono a quel particolare tipo considerato (l’elemento
essenziale della vendita è il prezzo)
• Elementi accidentali: elementi che le parti sono libere di apporre o meno, se vengono poste sono
clausole valide da rispettare se no no. Si distinguono in elementi accidentali generali (condizione,
termine e il modo) e particolari.
• Elementi naturali: si tratta degli effetti naturali del negozio, cioè gli effetti che la legge considera
intrinsechi nel negozio posto in essere dalle parti. Si producono prescindendo dalla volontà delle
parti, in forza della disciplina legislativa stabilita dal tipo di negozio giuridico scelto, salva contraria
volontà manifestata dalle parti. (es. anche se non espressa, il compratore è tutelato dalle garanzie
di un contratto di compravendita come nel caso in cui il venditore gli abbia venduto una cosa no di
sua proprietà)

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Dichiarazione: deve essere espressa ed esternata dal soggetto per produrre effetti giuridici. Può essere:
• Dichiarazione espressa: se fatta a parole, scritta, cenni ecc.
• Dichiarazione tacita: cioè un comportamento che secondo il comune metodo di pensare risulti
incompatibile con la volontà contraria (es. il debitore paga il creditore senza dire nulla lo scioglie
dall’obbligazione). In alcuni casi, poiché può diventare fonte di incertezze, l’ordinamento la ritiene
insufficiente e perciò richiede che si palesi l’espressione di volontà della parte (es. prestazione di
una fideiussione)
Problema del silenzio: sia la dottrina che la giurisprudenza nega il valore del “chi tace acconsente” ma
riconosce la validità espressiva del silenzio in speciali casi come Il silenzio del mandante, al quale sia
comunicata l’esecuzione del mandato da parte del mandatario. Infatti, ai sensi dell’art.1712 il silenzio del
mandante riconosce la validità dell’agito del mandatario, anche nel caso si fosse distaccato dagli ordini.

Forma: L’ordinamento, secondo il principio di libertà della forma non impone formalismi per far sì che
vengano riconosciuti gli effetti giuridici agli atti giuridici tra privati. Solo in determinati casi sono previste
forme solenni, ciò è prescritto per esigenze di carattere di certezza, conoscibilità e di ponderazione dell’atto
(es. matrimonio e testamento). Per quanto riguarda il contratto non esiste un regime formale generale
poiché i vincoli di forma dipendono dall’oggetto (per la compravendita di beni immobili è necessaria la
forma scritta), tipo (procedure per il contratto di donazione) e categoria del contratto.
• Forma vincolata “ab substantiam”: categorie di contratti definiti da una forma prescritta che
rendono nullo l’atto nel caso non si rispettasse tale forma. Disposto per legge.
• Forma “ad probationem”: quando la forma richiesta non influisce sulla validità del negozio ma
costituisce l'unico mezzo (insieme al giuramento) per provare l'esistenza di quel negozio
• Forma convenzionale: requisito di forma disposto dai privati per l’atto.

Bollatura e registrazione: non sono requisiti di forma, esse vengono fatte per molti negozi per ragioni
fiscali. L’inosservanza non prevede l’annullamento dell’atto ma solo una sanzione pecuniaria. La
registrazione presso l’ufficio del registro ha importanza poiché rende certa la data di una scrittura privata
verso terzi.

Pubblicità: strumento che serve per dare ai terzi la possibilità di conoscere l’esistenza ed il contenuto di un
negozio giuridico, lo stato di persone fisiche e vicende di persone giuridiche e di conseguenza regolare il
loro comportamento ed interessi. Per legge per certi beni (immobile e mobili registrati) è obbligatorio
l’iscrizione in un registro pubblico consultabile da chiunque anche tramite i mezzi di comunicazione.
• Pubblicità notizia: assolve la funzione di rendere conoscibile l’atto, del quale il legislatore ritiene
opportuna dare notorietà. La mancata pubblicità dell’atto è punita con una sanzione pecuniaria ma
non compromette la validità di esso, il quale rimane operante tra le parti ed opponibile ai terzi. La
pubblicità-notizia costituisce perciò un onere e non un obbligo.
• Pubblicità dichiarativa: serve a rendere opponibile il negozio a terzi. L’omissione non prevede
effetti invalidanti dell’atto ma rispetto ai terzi gioca un ruolo importante poiché se il negozio non
viene pubblicizzato esso non è opponibile (es. se tizio vende una casa prima a caio e poi a
sempronio, ma sempronio registra per primo la casa nel registro immobiliare il suo acquisto è
pienamente valide perché inopponibile da caio che non aveva registrato la casa)
• Pubblicità costituiva: in questo tipo la pubblicità è l’elemento costitutivo della fattispecie, perciò
senza di essa il negozio non è valido, non producendo effetti ne verso terzi né tra le parti. (es.
Ipoteca, acquisto della personalità giuridica di società per azioni)

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L’influenza del tempo sulle vicende giuridiche


Computo del tempo: le attività giuridiche devono essere compiute entro periodi di tempo determinati.
L’art.2963 dispone che il calcolo del tempo:
• Non tenga conto del giorno iniziale
• Conti quello finale
• Se il termine cade in un giorno festivo, esso cade nel giorno non festivo più prossimo
• Se il termine è a mese esso scade nel giorno corrispondente a quello iniziale (es. se il fatto decorre
dal 2 ottobre esso scade non il 1 ma il 2 novembre)
• Se nel mese di scadenza manca il giorno corrispondente, il termine si compie l’ultimo giorno del
mese
Il decorso di un determinato periodo di tempo può dar luogo o all’acquisto o all’estinzione di un diritto
soggettivo. Se il decorso del tempo serve per l’acquisto del diritto si incappa nella figura dell’usucapione,
mentre l’estinzione dà luogo a due istituti: decadenza e prescrizione istintiva.

La prescrizione estintiva

Art.2934: Estinzione dei diritti.


Ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato
dalla legge.
Non sono soggetti alla prescrizione i diritti indisponibili e gli altri diritti indicati dalla legge.

La prescrizione estintiva produce l’estinzione del diritto soggettivo per effetto dell’inerzia del titolare del
diritto stesso, che o non lo esercita o non ne usa per un determinato periodo di tempo.

Istituto di ordine pubblico che nasce come garante della certezza nel rapporto giuridico.
Poiché istituto pubblico le norme stabilite dalla prescrizione sono inderogabili, perciò questo vieta la
rinuncia preventiva, allungare o abbreviare i termini di prescrizione.

Non rilevabilità d’ufficio: la prescrizione deve essere eccepita dalla parte che vi ha interesse, ma è
rilevabile in via surrogatoria da parte dei creditori che si sostituiscono al debitore e far valere la prescrizione
anche se il debitore vi abbia rinunziato.

Oggetto della prescrizione: tutti i diritti sono soggetti a prescrizione estintiva.


Ne sono esclusi però i diritti appunto detti imprescrittibili (diritti della personalità), la proprietà: perché il
non uso è comunque espressione della libertà concessa al proprietario; le singole facoltà: poiché esse si
estinguono solo con la cessazione del diritto soggettivo che compongono.

Inizio della prescrizione: l’inizio decorre dal giorno in cui il diritto avrebbe potuto essere esercitato.
L’ordinamento non tiene conto degli impedimenti soggettivi e degli ostacoli di mero fatto (es. ignoranza del
titolare, tempo di accertamento) ma solo delle cause giuridiche (es. pendenza della condizione sospensiva)

Il termine di prescrizione può in alcuni casi essere sospeso o interrotto.


• Istituto di sospensione di prescrizione: il decorso viene interrotto per un periodo limitato di
tempo. Il fondamento dell’istituto si basa sul fatto che l’inerzia del titolare del diritto continua a
durare ma essa è giustificata per il periodo di tempo giustificato dalla causa dell’inerzia. Ciò avviene
solo in determinate circostanze rigorosamente prescritte dalla legge quali:
1. Rapporti particolari fra le parti: così ad esempio rimane sospesa la prescrizione tra i
coniugi, se non legalmente separati.
2. Condizione del titolare: la prescrizione è sospesa se il soggetto è un minore o interdetto, o
si trovi in circostanze che gli impediscono di esercitare il diritto (es. un soldato al fronte)

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3. Crediti retributivi dei prestatori di lavoro: la prescrizione è sospesa durante tutta la durata
del rapporto.
La sospensione mantiene il valore del tempo trascorso, finito il periodo sospensivo il decorso della
prescrizione riparte da dove si era interrotta (sospensione come una parentesi)

• Istituto di Interruzione di prescrizione: prevede l’azzeramento del periodo di prescrizione. A


differenza della sospensione, l’inerzia non viene giustificata ma scompare poiché viene esercitato il
diritto del titolare. L’interruzione toglie valore anche al tempo passato, perciò a seguito del fatto
interruttivo riinizia a decorrere da capo il periodo di prescrizione (come in una clessidra).
Le cause sono:
1. il titolare avvia un procedimento (non importa se giudiziale o arbitrale, di cognizione,
conservativo o esecutivo) volto all’esercizio del proprio diritto. (es. attraverso una lettera
di notifica di una domanda giudiziale o arbitrale)
2. Il titolare (quando si tratta di diritti di credito) pone in essere qualsiasi atto idoneo a
costituire in mora il debitore
3. Il soggetto passivo effettua il riconoscimento dell’altrui diritto (es. una parte si riconosce
debitrice e si impegna a pagare il creditore il più presto possibile)

Sospensione e interruzione possono essere rilevate d’ufficio dal giudice sulla base di prove acquisite dagli
atti, senza necessità di domanda alle parti.

Durata della prescrizione

Prescrizione ordinaria: matura in 10 anni, sempre che la legge non disponi diversamente.
Prescrizione dei diritti reali: sono richiesti 20 anni per l’estinzione dei diritti reali su cosa altrui, in armonia
con la disciplina dell’usucapione
Prescrizioni brevi:
• Atti illeciti, diritto a prestazioni periodiche (es. affitto) e derivati da rapporti societari: 5 anni
• Danni in materia di circolazione: 2 anni
• Diritti derivati da alcuni rapporti commerciali come in materia di trasporto: 1 anno

Prescrizioni presuntive: differente dalla prescrizione estintiva, si fonda sulla presunzione che un
determinato credito sia stato pagato o si sia estinto per altre cause. L’istituto si basa sulle considerazioni
che vi sono rapporti della vita quotidiana nei quali l’estinzione del debito avviene di regola contestualmente
all’esecuzione della prestazione (es. pagare la cena al ristorante). Perciò la legge presume che in tempi
molto più brevi della normale prescrizione: 6 mesi, 1,3 anni a seconda dei casi; presume che il debito
relativo al compenso sia stato estinto.

Il debitore perciò non è tenuto a fornire in giudizio la prova che sia stato estinto il debito ma bensì è il
creditore deve offrire la prova che la prestazione non sia stata eseguita.

Le presunzioni sono di due specie:


• Presunzioni “iuris tantum”: cioè che ammettono la prova contraria, il tipo di presunzione della
prescrizione presuntiva appartiene a questa categoria
• Presunzioni “iuris et de iure”: che non ammettono prova contraria

Il creditore che abbia lasciato decorrere il tempo di prescrizione può vincere in giudizio solo ottenendo
l’ammissione che l’obbligazione è tuttora esistente o invitandolo a confermare sotto giuramento che
l’obbligazione si sia estinta.
Se il debitore mente e giura il falso, può essere accusato di falso giuramento, rispondendone penalmente.

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Il legislatore perciò non presume che il debito sia stato pagato, ma che l’obbligazione si sia estinta per uno
dei qualsiasi modi previsti dalla legge. La giurisprudenza ritiene che poiché la prescrizione presuntiva,
trovando unicamente ragione nei rapporti informali e quotidiani non operi riguardo i crediti originati da un
contratto formulato in forma scritta.

Decadenza
Mentre la prescrizione si fonda sull’inerzia del titolare, alla base della decadenza sta il termine perentorio
fissato dal legislatore entro il quale il titolare deve compiere una determinata attività senza la quale
l’esercizio del suo diritto è precluso. Perciò la decadenza produce l’estinzione del diritto in virtù del fatto
oggettivo del corso del tempo, essa implica quindi l’onere di esercitare il diritto entro il tempo stabilito
dalla legge. La decadenza può essere quindi impedita solo dall’esercizio del diritto mediante il
compimento dell’atto previsto.

A differenza della prescrizione, che è prescritta per l’interesse generale, la decadenza può essere fissata
nell’interesse di una delle parti di un rapporto; infatti, può essere prevista in un contratto.
Inoltre la decadenza non presenta gli istituti di interruzione e sospensione.

Decadenza legale: decorre in 30 giorni, istituto eccezionale in quanto deroga al principio generale secondo
cui l’esercizio del diritto soggettivo non è sottoposto a limitazioni ed il titolare può esercitarli quando, come
e dove gli pare opportuno. Le norme che stabiliscono le decadenze non sono suscettibili di applicazione per
analogia.
La decadenza legale può essere stabilita:
• Per l’interesse generale: cioè stabilita in relazione a diritti indisponibili (es. rapporti di famiglia) le
parti non possono modificarne il regime previsto per legge, né rinunziarci. Il giudice deve per forza
rilevarla d’ufficio.
• Per l’interesse individuale: cioè trattandosi di diritti disponibili possono essere modificate o
rinunziate dalle parti (es. il termine entro il quale il compratore deve denunciare al venditore i vizi
occulti, da cui la cosa venduta è affetta)

Decadenza convenzionale: decadenza stabilita dalle parti, riferita al negozio e quindi a diritti disponibili.

Tutela giurisdizionale dei diritti

L’autotutela è prevista solo in casi specifici (es. difesa del possesso finché violenza dell’aggressore è in atto)
e di regola è proibita poiché in caso di lesione del diritto soggettivo il titolare dovrebbe rivolgersi al giudice.

Poiché lo stato avoca a sé il potere ed il dovere di rendere giustizia ai consociati, gli abitanti della comunità
possono rivolgersi agli istituti relativi per ottenere giustizia che non possono farsi da sé, questo diritto di
agire in giudizio, garantito dalla costituzione ai sensi dell’art.24, si chiama azione.

Attore: chi propone la domanda giudiziale, chiamato così perché agisce.


Convenuto: colui contro il quale è stata proposta l’azione, chiamato così perché gli conviene presentarsi in
giudizio per esporre le sue ragioni e difendersi dalle accuse.

Tipi di azione:
Azione di cognizione: se sorge una controversia in merito al modo di essere di un determinato diritto
soggettivo, si instaura tra le parti un processo di cognizione, in esito al quale il giudice individua una regola
applicabile al caso concreto. L’azione di cognizione può tendere a tre finalità:
1. Sentenza di mero accertamento dell’esistenza o del modo di essere del rapporto giuridico
controverso

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2. Sentenza di condanna: emanazione di un comando che il giudice rivolgerà alla parte soccombente
di tenere la condotta riconosciuta che il giudice ritiene dovuta
3. Sentenza costitutiva: costituzione, modificazione o estinzione di rapporti giuridici (es. separazione
coniugale)

Azione di esecuzione: Se a fronte della sentenza la parte soccombente non tiene la condotta stabilita, la
parte vincente potrà istaura un processo di esecuzione mediante il quale ottenere coattivamente il
comando contenuto nella sentenza (es. sfratto forzato)

Azione cautelare: serve per impedire che nel corso del processo di cognizione, Tizio si spogli dei suoi beni e
m’impedisca di soddisfarmi su di essi.
Quindi, il processo cautelare è volto a cautelare lo stato di fatto esistente per rendere possibile l’esecuzione
della sentenza o l’accertamento che si è richiesto al giudice.
Per meglio assicurare la conformità della sentenza alla giustizia è concesso alle parti di promuovere il
riesame della lite, impugnando la decisione.
Ma il riesame non può andare all’infinito, perché verificatesi certe condizioni, il comando contenuto nella
sentenza non può essere più modificato da alcun altro giudice (la sentenza è passata in giudicato), e il
diritto soggettivo, oggetto della controversia non può più formare oggetto di discussione nei futuri
processi.

Cosa giudicata: detto anche giudicato, indica un provvedimento giurisdizionale divenuto ormai
incontrovertibile, ossia non più assoggettabile ai mezzi di impugnazione ordinari, o perché siano già decorsi
i termini per impugnare o perché siano già stati esperiti tutti i mezzi d'impugnazione previsti.
Un provvedimento passato in giudicato è contraddistinto dall'incontrovertibilità della cosa giudicata:
nessun giudice può pronunciarsi nuovamente su quel diritto sul quale è già intervenuta una pronuncia che
abbia esaurito la serie dei possibili riesami (principio del ne bis in idem), questo esaurimento si verifica sia
nel caso in cui i diversi gradi di giurisdizione si siano effettivamente svolti, sia nel caso in cui si sia rinunciato
ad essi.

La caratteristica strutturale dell'attività giurisdizionale di cognizione è data dall'essere strutturata in modo


tale da concludersi in una pronuncia, assoggettata ad una serie limitata di riesami del giudizio o mezzi di
impugnazione, il cui esaurimento dà luogo all'incontrovertibilità propria della cosa giudicata.
L'incontrovertibilità del giudicato è di tipo relativo, in quanto esistono dei mezzi d'impugnazione
straordinari sia in diritto processuale penale (revisione) che civile (revocazione e opposizione di terzo).

Prova dei fatti giuridici


L’esito di un giudizio dipende dalla soluzione dall’accoglimenti di una delle due versione contrapposte
proposte dalle parti. Il giudice è tenuto a scegliere tra le contrapposte versioni in base alle prove allegate e
provate dalle parti.

Principio dispositivo: Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le
prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero nonché i fatti non specificatamente contestati dalla
parte costituita.

Al giudice spetta valutare che le prove siano:


• Ammissibili: cioè conforme alla legge
• Rilevanti: ossia che abbiano ad oggetto fatti che possono influenzare la decisione della lite

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L’onere della prova


art.2697: Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.
Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare
i fatti su cui l'eccezione si fonda.

Quindi ciò significa in caso di mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova di un fatto
controverso è addossato alla parte su cui grava l’onere della prova, il quale avrà tutto l’interesse di fornire
prove convincenti se non vuol perdere la causa in giudizio, provando i fatti costituivi della vicenda mentre la
parte attaccata dovrà difendersi facendo leva sui fatti impeditivi (es. nullità del contratto), modificativi (es.
patto di proroga del termine di adempimento) ed estintivi (es. rescissione consensuale del contratto)

Il giudice è tenuto a basare il suo convincimento su tutte le prove fornite dalle parti.

Principio della vicinanza della prova: principio secondo il quale induce a far gravare il relativo onere sulla
parte che più agevolmente è in grado di assolverlo (es. un lavoratore chiede un riconoscimento per la
produttività, starà all’impresa per cui lavora dimostrare il contrario)

Mezzi di prova: qualsiasi elemento idoneo a stabilire quale tra le contrapposte versioni di un fatto sia la più
convincente. Il giudice può prendere spunto dalle:
• Prove tipiche: prove espressamente indicate dal legislatore dall’art.2699-2739 del codice
• Prove atipiche: prove non presenti nel codice purché siano validi elementi di giudizio

Libera valutazione da parte del giudice: principio fondamentale in tema di apprezzamento del risultato
delle prove raccolte in giudizio. L’apprezzamento del giudice deve rispondere anche dell’obbligo di
motivare tale apprezzamento. Tuttavia, il legislatore deroga il principio di libera valutazione in caso di
prove legali, la cui rilevanza è predeterminata dalla legge, cioè fanno piena prova e vincolano il giudice.

Prove precostituite o documentali: nominate perché esistono prima del giudizio


• atto pubblico
• scrittura privata, email ecc.
Prove costituende: nominate così perché si formano durante il corso del giudizio
• testimonianza
• presunzione
• confessione
• giuramento

Prove legali: fanno piena prova atto pubblico, giuramento e confessione


Prove lasciate al libero apprezzamento del giudice: testimonianza, presunzione

Prova documentale: ogni cosa idonea a rappresentare un fatto, in modo da consentirne la presa di
coscienza a distanza di tempo. Le più importanti sono:
• Atto pubblico: documento redatto, con particolare formalità stabilite dalla legge, da un notaio o
altro funzionario pubblico che attribuisce fiducia all’atto in virtù della pubblica fede. L’atto
pubblico fa prova legale, ma non fa prova dell’intrinseco ma solo dell’estrinseco: cioè della
veridicità del contenuto delle dichiarazioni (intrinseco) rese davanti al pubblico ufficiale, ma solo
del fatto che esse siano state effettivamente rilasciate come indicate nell’atto (estrinseco). L’unico
modo per contrastare in giudizio un atto pubblico è una querela di falso. In caso di annullamento
dell’atto pubblico per difetto di formalità essenziali, su sottoscrizione delle parti può avvenire la
conversione delle parti in forma di scrittura privata.
• Scrittura privata: qualsiasi documento che risulti sottoscritto da un privato. Non ha la stessa
efficacia probatoria del dell’atto pubblico poiché essa fa prova soltanto contro colui che abbia

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sottoscritto il documento, tale valore è però subordinato al riconoscimento del firmatario. Si ha


legalmente riconosciuta la sottoscrizione autenticata del notaio, o di un altro pubblico ufficiale
autorizzato, e la scrittura privata non disconosciuta da co lui contro il quale è stata effettuata.
Esse fanno prova legale ma solo della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta.
Se è invocata in un giudizio in cui il sottoscrittore è estraneo la scrittura privata a semplicemente
valore indiziario salvo che per quanto riguarda la sua provenienza, se la sottoscrizione è
autenticata. Nei confronti di terzi può avere rilevanza la data della scrittura privata.

Prova testimoniale: narrazione fatta al giudice da una persona estranea alla causa in relazione a fatti
controversi di cui il teste abbia conoscenza, di regola si fa oralmente. La prova testimoniale può avere come
soggetto solo fatti obbiettivi, non apprezzamenti od opinioni.

Poiché il rischio che il testimonio ometta i fatti per interesse o per deformazione inconsapevole dei fatti nel
tentativo di ricordare, la prova testimoniale è guardata con diffidenza. Per questo il legislatore ha posto dei
limiti legali all’ammissibilità della testimonianza.

Il giudice deve ammettere la prova testimoniale se ricorra una delle tre ipotesi previste dall’art.2724:
1. Quando vi sia un principio di prova scritta (es. una ricevuta)
2. Quando la parte si sia trovata nell’impossibilità materiale o morale di procurarsi una prova scritta
(es. contratto concluso tra persone legate da rapporti di intima parentela)
3. Quando la parte abbia perduto senza sua colpa il documento che forniva la prova

Il giudice non deve ammettere la testimonianza nei seguenti casi:


• Quando invocata per provare il perfezionamento o il contenuto di un contratto di valore superiore
a 5000 lire
• Se tende a dimostrare che anteriormente o contemporaneamente siano stati stipulati altri patti,
non risultati però dal documento.
• Se tende a provare un contratto che deve essere stipulato (forma scritta ad substantiam) o anche
solo provato per iscritto (forma scritta ad probationem)

Forma ad substantiam: quando la forma costituisce un elemento essenziale del contratto, dove quando
essa non viene rispettato rende il contratto irrimediabilmente nullo (es. se il contratto di compravendita
immobiliare sia stata stipulata verbalmente e non con un atto scritto, esso è privo di qualsiasi effetto).
La prova della stipulazione dell’atto con forma richiesta ad substantiam può essere data con la produzione
in giudizio del documento in cui l’atto è stato consacrato, non richiede che sia provato tramite
testimonianza, giuramento o confessione, sempre che non avvenga la terza ipotesi dell’art.2724.

Forma ad probationem tantum: forma in cui se l’atto non sia compiuto nel rispetto della forma di legge
produca come conseguenze, non l’annullamento ma bensì il divieto la prova testimoniale e presuntiva
(sempre che non si incappi nella terza imposta dell’art. 2724). Il divieto è imposto solo per la parte del
negozio e non per i terzi, questo viene pensato per indurre le parti a produrre un documento scritto in cui
l’atto risulti consacrato, anche se la mancanza di esso non pregiudichi irrimediabilmente la possibilità per le
parti di valersi dell’atto.

Presunzioni o prove indirette: ogni argomento, congettura ecc. attraverso cui si giunge logicamente a
considerare provata da una determinata circostanza (indizio) rispetto ad un’altra circostanza sfornita di
prova indiretta. (es. presumere che il conto della cena sia stata pagato alla fine di essa, come si usa fare)
• Presunzioni legali: quando è la legge a dare ad un fatto un certo valore di prova rispetto ad un
altro, il quale viene presunto (es. la legge presume che chi ha il possesso di una cosa altrui sia in
buona fede). Le presunzioni legali possono essere a loro volta:

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1. Presunzioni assolute o Iuris et de iure: non ammettono prova contraria (es. presunzione
che il figlio sia stato concepito durante il matrimonio se nato tra i 180 giorni e non oltre i
300 dall’annullamento del matrimonio stesso)
2. Presunzioni relative o Iuris tantum: ammettono la prova contraria (es. art.1142, si
presume che il possessore che abbia posseduto anche nel tempo remoto, sia stato
possessore anche nel tempo intermedio)
• Presunzioni semplici o hominis: quando non sono prestabilite dalla legge, ma sono lasciate al libero
apprezzamento del giudice il quale può ritenere provato un fatto, di cui manchino le prove dirette,
quando ricorrano gravi indizi precisi e concordanti. La legge prescrive il divieto di appellarsi alle
presunzioni semplici in caso di divieto di prova testimoniale.

Confessione: dichiarazione di scienza, dichiarazione di verità che la parte fa di fatti a sé sfavorevoli e


favorevoli all’altra parte. Essa può essere:
• Giudiziale: se resa in giudizio, in questo caso fa piena prova.
• Stragiudiziale: se resa fuori dal giudizio. Se è fatta alla parte o al suo rappresentate legale ha lo
stesso valore di piena prova come quella giudiziale, mentre se fatta a terzi diventa una prova
lasciata al libero apprezzamento del giudice. A differenza di quella giudiziale, la confessione
stragiudiziale va dimostrata ma per legge non può essere provata mediante testimonianza.
La confessione può essere revocata (cioè che la sua efficacia probatoria sia vinta) solo se venga dimostrato
che sia stata rilasciata a seguito di un errore di fatto o violenza.

Confessione qualificata: quando la parte riconosce la verità dei fatti a sé sfavorevole, ma vi aggiunge altri
fatti o circostanze tendenti a modificare o estinguere gli effetti del fatto confessato (es. ammetto che
abbiamo concluso un contratto, ma aggiungo che esso fosse simulato).
• Se la parte non contesta, fa piena prova
• Se la parte contesta, (es. dice che il contratto non è stato simulato) diventa una prova lasciata al
libero apprezzamento del giudice.

Dichiarazione ricognitiva: dichiarazione con oggetto l’asseverazione (dichiarazione con fermezza) di diritto o
rapporti giuridici (es. dichiaro di esserti debitore di 100)

Giuramento: mentre della sua valenza probatoria si occupa il codice civile agli articoli 2736 e seguenti, da
un punto di vista procedurale il giuramento è regolamentato dagli articoli 233 e seguenti del codice di
procedura civile.
La particolare rilevanza di tale strumento probatorio sta nel fatto che esso, una volta prestato, ha valore di
prova legale circa le dichiarazioni rese e vincola il giudice a quanto da esso emerso.

Nel nostro ordinamento sono previste due distinte forme di giuramento: quello decisorio e quello
suppletorio.

Il giuramento decisorio è quello utilizzato dalla parte per provare i propri assunti nel caso in cui non abbia a
disposizione altri mezzi di prova. La parte può deferirlo in qualsiasi momento, ovverosia può chiedere al
giudice istruttore in qualsiasi stato del processo che l'altra parte giuri su determinati fatti, esposti
attraverso articoli separati, dal contenuto chiaro e specifico. L'altra parte, a questo punto, deve dichiararsi
pronta a giurare: finché non l'abbia fatto può a sua volta riferire il giuramento all'avversario. Dal momento
in cui la parte si dichiara pronta a prestare giuramento, non sarà più possibile, per colui che l'abbia deferito
o riferito, revocarlo.

Il giuramento decisorio è prestato dalla parte personalmente dinanzi al giudice, il quale lo ammonisce
dell'importanza morale dell'atto e delle conseguenze penali in caso di dichiarazioni false. Il giurante, quindi,
procede pronunciando il giuramento. Può tuttavia accadere che la parte alla quale sia deferito il

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giuramento non si presenti senza giustificato motivo all'udienza appositamente fissata o si rifiuti di
prestarlo o non lo riferisca alla controparte.
In tal caso, ella risulterà soccombente rispetto alla domanda o al punto di fatto oggetto del giuramento,
così come sarà soccombente la parte che non presta il giuramento deferitole.
Viceversa, se il giudice ritiene che l'eventuale assenza all'udienza sia giustificata dispone l'assunzione del
giuramento anche fuori della sede giudiziaria.

Diverso dal giuramento decisorio è il giuramento suppletorio.


Quest'ultimo, infatti, è quello che viene deferito dal giudice d'ufficio al fine di giungere a una decisione,
quando, dopo l'istruttoria, le domande e le eccezioni delle parti, pur non del tutto sfornite di prova, non
sono pienamente dimostrate.

Una specie di giuramento suppletorio è quello estimatorio, ovverosia quello che ha la finalità di accertare il
valore della cosa domandata, quando non vi si possa provvedere in altro modo.

Diritti reali
Diritti caratterizzata da:
1. Immediatezza: possibilità per il titolare di esercitare direttamente il potere sulla cosa senza bisogno
della cooperazione di terzi (es. il proprietario può disporre del bene senza l’aiuto di terzi, essendo
sufficiente che questi ultimi non vi frappongano ostacolo)
2. Assolutezza: efficacia erga omnes del diritto reale. Tutti i consociati debbono astenersi dal
interferire nel rapporto tra titolare e oggetto del diritto reale.
3. Inerenza: ossia l’opponibilità del diritto a chiunque possieda il bene o vanti diritto sulla cosa (es. il
proprietario può agire nei confronti di chiunque possegga il bene per ottenere la restituzione).
4. Tipicità: si ritiene tradizionalmente che i diritti reali siano “numerus clausus” cioè che gli unici diritti
reali siano quelli prescritti dal codice. Questa caratteristica è pensata per tutelare il proprietario dai
possibili sempre nuovi limiti e vincoli che gli altri privati potrebbero far gravare su esso.
Distinti in:
• Proprietà: Ius in re propria
• diritti reali di godimento: Ius in re aliena. Limitano il potere di godimento del proprietario.
Attribuiscono al titolare il diritto di trarre dal bene alcune delle utilità che lo stesso è in grado di
fornire, al contempo comprimendo il potere di godimento che compete al proprietario (usufrutto,
superficie, enfiteusi, uso, abitazione, servitù prediali)
• diritti reali di garanzia: Ius in re aliena. Limitano il potere di disposizione del proprietario.
Attribuiscono al loro titolare il diritto di farsi assegnare, con prelazione rispetto agli altri creditori, il
ricavato dell’eventuale alienazione forzata del bene in mancanza dell’adempimento dell’obbligo
garantito (pegno ed ipoteca)

Obbligazioni reali (propter rem): obbligazioni ambulatorie collegate ad un diritto reale, esse si
caratterizzano dal fatto che la persona dell’obbligato viene individuata in base alla titolarità di un diritto
reale su un determinato bene (es. soggetto che deve pagare le spese condominiali)
Onere reale: onere in forza del quale il creditore, per il pagamento di somme di denaro o altre cose
generiche da prestarsi in relazione ad un determinato ben immobile, può soddisfarsi sul bene stesso,
chiunque ne diventi proprietario o acquisti diritti reali di godimento o garanzia su di esso.

LA PROPRIETA’
Evoluzione della concezione della proprietà, dà diritto fondamentale della tradizione liberale ottocentesca
all’attuale concezione di diritto garantito dalla costituzione, ma non più come diritto inviolabile ma come

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rapporto economico. L’ordinamento garantisce si piena e libera facoltà di godimento e disposizione in


modo esclusivo del bene ma solo nei vincoli previsti dalla legge.

Art.832: “Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i
limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico.”

La proprietà quindi attribuisce al proprietario:


• Il potere di godimento sul bene: potere di trarre utilità dalla cosa e decidendo se e quando
utilizzarla: in modo diretto (es. abitando un appartamento di sua proprietà) o indiretto (es. dando
l’appartamento in locazione a terzi, per ricavarne il canone di locazione)
• Il potere di disposizione del bene: potere di cedere ad altri, in tutto o in parte, diritti sulla cosa (es.
il proprietario può vendere, donare, locare o farne oggetto di usufrutto)

La proprietà è caratterizzata dai connotati di:


• Pienezza: attribuzione al proprietario del diritto di fare qualsiasi cosa vuole, anche distruggerlo
• Esclusività: attribuzione al proprietario del diritto di escludere i terzi dalle decisioni prese in merito
al godimento e disposizione del bene.

Il carattere di assolutezza e dell’esclusività sono ormai tipiche delle sole proprietà strettamente personali.
Infatti, il codice dopo alcune disposizioni valide per la proprietà in generale, pur sempre nell’interesse del
proprietario e di altri interessi privati o pubblici detta una disciplina differente per la proprietà di specifiche
categorie di beni: proprietà dei beni storico-culturali, proprietà edilizia e fondiaria; elaborando per ciascuna
categoria specifiche norme mirate a conciliare l’interesse del proprietario con l’interesse degli altri privati e
della collettività. Nonostante il diritto di proprietà sia garantito costituzionalmente è pacifico ritenere che il
legislatore abbia il potere di escludere l’ammissibilità della proprietà privata per certe categorie di beni
nell’ottica di assicurare e permettere una maggiore funzione sociale, visto che se oggetti alla sola proprietà
privata queste categorie di beni verrebbero spogliati della facoltà di garantire uno sfruttamento
economicamente più efficiente di essi o all’instaurazione di rapporti sociali più equi.

La conformazione dei rapporti di proprietà compete in via esclusiva al legislatore tramite una riserva di
legge, inoltre il legislatore è legittimato a prevedere limitazioni del potere dominicali solo se giustificato
dalla necessità di garantire che essi non vengano esercitati in contrasto con l’utilità sociale.

La proprietà è tradizionalmente caratterizzata da:


1. Elasticità: capacità di essere compressi in virtù della coesistenza di altri diritti reali su di essa e di
riacquistare automaticamente le proprie caratteristiche una volta venuti meno gli altri diritti reali
(es. la limitazione di potere di disposizione del proprietario su un bene oggetto di usufrutto
riacquista la sua interezza al momento della cessazione dell’usufrutto)
2. Imprescrittibilità dell’azione di rivendicazione della proprietà, anche se la proprietà può cadere in
prescrizione in caso di usucapione.
3. Perpetuità: anche se l’ordinamento prevede casi di proprietà temporanea (es. proprietà
superficiaria a termine)

Espropriazione e indennizzo

Ai sensi dell’art.42 della costituzione la proprietà privata può essere, nei casi previsti dalla legge, e salvo
indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale. La norma mira perciò a ricercare un difficile punto
di equilibrio tra gli interessi del proprietario e di quello della collettività, perciò la costituzione prevede che
l’espropriazione sia possibile solo se:
• Vada nell’interesse della collettività
• Vi sia una riserva di legge, cioè una previsione legislativa che lo consenta.

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• Sia seguita da un indennizzo a favore del privato che si vede spogliato del suo bene.

Conformazioni: disposizioni che si riferiscono ad intere categorie di beni, sottoposte ad un particolare


regime di godimento/disposizione, si differenziano dall’espropriazione perché gli interventi di
conformazione non hanno diritto ad un indennizzo poiché rientrano nel concetto di conformazione del
diritto di proprietà su beni appartenenti a categorie speciali

Espropriazione traslativa: trasferimento della titolarità del bene dal privato espropriato al soggetto
pubblico o privato beneficiario dell’espropriazione
Espropriazione larvata: serie di limitazione che pur non determinando al proprietario la perdita del suo
diritto ne annulla di fatto ogni suo possibile godimento

Indennizzo: non consiste in un risarcimento integrale e perciò la somma versata sarà inferiore al prezzo
venale di mercato del bene. Esso però non deve corrispondere ad una mera cifra simbolica od irrisoria
perché comunque sia l’indennizzo deve rappresentare un serio ristoro del pregiudizio conseguito
all’espropriazione. Al fine di incentivare la cessione volontaria della proprietà del bene, onde così evitare la
formazione di un formale decreto di esproprio la legge prevede che il corrispettivo della cessione sia di
regola maggiore rispetto all’indennizzo.

Acquisizione sanante: utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico. In caso di attuali
ed eccezionali ragioni di interesse pubblico, valutate comparativamente con i contrapposti interessi del
privato, in assenza di alternative lo stato tramite un provvedimento di acquisizione coattiva può requisire
un bene immobile senza un formale avviso di esproprio. All’espropriato è previsto un indennizzo
patrimoniale e non patrimoniale del danno.

Proprietà dei beni culturali


Onde garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione il privato proprietario è
soggetto a diversi vincoli riguardo al godimento (es. non può distruggerli, danneggiarli o adibirli ad usi non
compatibili con il loro carattere torico artistico); e al potere di disposizione (es. deve dare una prelazione in
caso di alienazione del bene allo stato)

Proprietà edilizia
Al proprietario di un’area interessata all’edificazione compete il “ius edificandi”, cioè il diritto di costruire.
Esso però deve essere esercitato nel rispetto delle norme prescritte dagli strumenti urbanistici, dei
regolamenti edilizi e della normativa urbanistico-edilizia vigente.

Strumenti urbanistici: provvedimenti adottati unilateralmente ed autoritativamente dalla pubblica


amministrazione.
Convenzione di lottizzazione: strumento urbanistico di rango inferiore e convenzionale, è volta non
soltanto a suddividere il terreno in lotti fabbricabili, ma anche ad assicurare la conciliazione dell'interesse
dei singoli privati lottizzanti con quello più generale di un corretto assetto urbanistico del territorio.

Cessione di cubatura: accordo tra confinanti mediante il quale un proprietario cede una quota della
volumetria edificabile sul proprio terreno all'altro proprietario, permettendogli così di realizzare un volume
superiore a quello che sarebbe consentito sul proprio.

Sanzioni civili dell’abusivismo edilizio:


• Annullamento degli atti inter vivos, aventi come oggetto il trasferimento o la costituzione di diritti
reali su terreni dove agli atti non sia allegato nessun certificato di “destinazione urbanistica”
• Annullamento degli atti aventi oggetto il trasferimento o la costituzione di diritti reali su edifici
• Divieto alle aziende fornitrice di materie prime di continuare l’erogazione del servizio

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• Pagamento di risarcimento ai terzi che abbiano sofferto per la costruzione abusiva e demolizione
degli edifici abusivi

Proprietà fondiaria
L’estensione verticale della proprietà fondiaria si estenderebbe secondo il brocardo “usque sidera, usque ad
inferos” anche se, ai sensi l’art.840 comma 2, il proprietario del suolo non può opporsi ad attività di terzi
che si svolgano a tale profondità o altitudine sovrastante che egli non abbia interesse ad escluderle.
In senso orizzontale la proprietà fondiaria si estende nell’ambito dei propri confini, entro i quali può godere
e disporre del bene in modo esclusivo.

Rapporti con il vicinato


Per contemperare i contrapposti interessi dei proprietari di fondi contigui e conformare la proprietà
immobiliare in modo da assicurare un coordinamento fra i diritti riconosciuti a singoli titolari, il codice
prevede disposizioni disciplinari in materia di:
• Distanze
• Muri
• Luci e vedute
• Acque
• Atti emulativi: essi sono preclusi al proprietario, se per tali si intendono quegli atti che non hanno
altro scopo che nuocere o arrecare molestia ad altri. (art.833)
• Immissioni: il proprietario di un fondo non può lamentarsi delle immissioni materiali provenienti
(es. causate dal lavoro di una fabbrica) dal fondo del vicino finché esse stanno al di sotto della
soglia di normale tollerabilità. Se le immissioni aumentano sopra la soglia di tollerabilità ma sono
giustificate da esigenze di produzione chi le subisce non può ottenere l’inibitoria ma ha diritto ad
un indennizzo proporzionale al danno subito (es. diminuzione del valore commerciale del suo
fondo). Se li immissioni superano la soglia non giustificate dall’esigenze di produzione, chi subisce il
danno può chiedere la cessazione o quanto meno il ritorno alla soglia di tollerabilità e un
risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale. L’azione volta all’accertamento
dell’illegittimità delle immissioni si dice azione reale, e deve essere volta contro il proprietario del
fondo da cui provengono, mentre l’azione risarcitoria, detta azione personale, deve essere
esercitata contro chi ha concretamente provato il danno cui si richiede il risarcimento (es. contro
chi gestisce il bar da cui provengono le immissioni intollerabili)

Modi di acquisto della proprietà

Acquisto a titolo derivativo: Comporta la successione nello stesso diritto già appartenente ad un altro
soggetto, per cui gli eventuali vizi che inficiavano il titolo del predecessore si riverberano anche nel
successore.
1. Contratto
2. Successione mortis causa
3. Espropriazione di pubblica utilità
4. Vendita forzata dei beni del debitore

Acquisto a titolo originario: determina la nascita di un diritto nuovo del tutto indipendente rispetto a
quello eventualmente spettante sullo stesso bene ad un altro precedente proprietario.
• Occupazione: presa di possesso con l’intenzione di acquisire in modo permanente e definitivo di
cose mobili che non sono di nessuno (res nullius, come i pesci che vivono liberi e vengono pescati) o
di quelle abbandonate (res derelictae, come gli oggetti lasciati nei cestini dei rifiuti pubblici). Non
sono suscettibili di occupazione gli immobili abbandonati poiché spettano al patrimonio dello stato.
• Invenzione: riguarda solo le cose mobili smarrite (di cui cioè il proprietario non conosce il luogo in
cui si trovano). Queste debbono essere restituite al proprietario o quando se ne ignori l’identità

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consegnarlo al sindaco del comune, il quale dovrà affiggere un avviso del ritrovamento del bene. Se
entro un anno dal rinvenimento il proprietario non si presenta la cosa diventa di colui l’abbia
trovata. Nel caso il proprietario venga a reclamarla, esso deve al ritrovatore un premio
proporzionale al valore della cosa smarrita e se la cosa non ha valore commerciale una somma di
denaro fissata dal giudice.
Nel caso del rinvenimento di un tesoro (cosa mobile di pregio sotterrata, sconosciuta a tutti) esso
diventa immediatamente del proprietario del fondo in cui è stato trovato. In caso il rinvenimento
sia frutto del caso, il tesoro deve essere diviso fra il proprietario del fondo e rinvenitore.
In caso di rinvenimento di un bene culturale lo stato prevede l’appropriazione del bene e la
consegna di un premio al proprietario del fondo e al rinvenitore.
• Accessione: opera in caso stabile di incorporazione, per opera dell’uomo o di un evento naturale, di
beni di proprietari diversi. Solitamente il proprietario della cosa principale acquista la proprietà
delle cose che vi vengono incorporate.
1. Accessione mobile ad immobile: il proprietario del suolo acquista ex lege la proprietà di
quanto nello stesso suolo vi venga incorporato: superficies solo cedit. Il suolo è sempre
considerata la cosa principale, anche quando le cose incorporate abbiano maggiore valore
venale. Questa regola è però derogabile tramite un accordo tra le parti mediante
l’istituzione di un diritto di superficie.
Accessione invertita: ribaltamento del principio del “superifices solo cedit” quando nel
realizzare una costruzione, il proprietario finitimo sconfina sul fondo altrui finché l’edificio
viene ad esistere a cavallo dei due fondi. Se il fondo su cui sconfina non ha propria
autonomia funzionale e convincendo il giudice delle proprie ragioni, il proprietario
dell’edificio può farsi trasferire la proprietà del suolo occupato a fronte del pagamento del
doppio del valore della superficie occupata.
2. Accessione immobile ad immobile: si articola in alluvione: consiste nell’accrescimento del
terreno di proprietà dovuto al terreno alluvionale trasportato dai fiume, questi terreni
appartengono al proprietario del fondo incrementato; e avulsione: unione del fondo
rivierasco con porzioni di terreno considerevoli e riconoscibili per mezzo della forza
istantanea dell’acqua corrente. Se il terreno distaccato fosse appartenuto a qualcun altro, il
nuovo proprietario è tenuto a indennizzare il precedente proprietario.
3. Accessione di mobile a mobile: si articola in unione o commistione: congiunzione di beni
mobili appartenenti a proprietari diversi che vengono a formare un tutto inseparabile senza
dar luogo ad una cosa nuova. La proprietà diventa comune, salvo il caso cui uno dei
componenti abbai un valore nettamente superiori gli altri, in quel caso la proprietà diventa
del soggetto proprietario della cosa principale salvo l’obbligo di corrispondere una somma
agli altri soggetti; e specificazione: creazione di una cosa del tutto nuova con beni mobili
appartenenti ad altri (es. produrre il sapone da materie prime altrui). La proprietà
appartiene allo specificatore, salvo l’obbligo di pagare le materie prime oppure al
proprietario della materia, il quale deve però pagare la mano d’opera.
• Usucapione
• Possesso in buona fede di beni mobili: art.1153

Perdita della proprietà


Avviene a seguito di:
• Un atto dispositivo: vendita, donazione ecc.
• Usucapione
• Rinuncia da parte del titolare: in caso di beni mobili possono essere semplicemente abbandonati;
mentre nel caso di beni immobili la rinuncia deve essere resa mediante atto scritto ed essere
trascritta nel registro immobiliare. Il bene immobile diviene così ex lege patrimonio dello stato.

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Azioni a difesa della proprietà


Le azioni a tutela della proprietà sono dette azioni petitorie, hanno natura reale perché volte a far valere
un diritto reale. Sono divise in:
• Azione di rivendicazione: concessa a chi si afferma proprietaria di un bene, ma non ne ha il
possesso. L’azione ha obbiettivo di accertare il suo diritto di proprietà sul bene e l’ottenimento
della condanna alla restituzione del bene da chi lo detiene illegalmente.
Colui che sostiene essere il proprietario è legittimato attivamente, mentre colui che detiene il
possesso del bene è legittimato passivamente ha la “facultas restituendi” (possibilità di restituire il
bene al legittimo proprietario). L’azione può essere portata avanti dall’attore anche se al momento
del giudizio il convenuto abbia ceduto o abbia perso il bene, in quest’ultimo caso il convenuto sarà
obbligato a proprie spese a recuperare la cosa per l’attore a proprie spese, oltre a dover risarcire il
danno. Ai fini della domanda di restituzione il titolo di acquisto è irrilevante, poiché la proprietà è
un diritto autodeterminato (cioè individuato alla solo indicazione del suo contenuto).
L’azione di rivendicazione è imprescrittibile, essa però deve essere rigettata nel caso in cui il
convenuto dimostri che abbia acquisito il titolo del bene tramite usucapione.
L’attore ha l’onere di provare il suo diritto di proprietà.
Se il titolo fosse originario, l’attore deve semplicemente fornire la prova di tale titolo (es. avvenuta
usucapione). Il problema sorge se il titolo fosse derivativo poiché l’attore oltre del suo titolo di
acquisto dovrà provare anche quello dei precedenti proprietari fino ad arrivare ad un acquisto a
titolo originario, questa procedura il più delle volte impossibile prende il nome di “probatio
diabolica”. A proposito soccorrono gli istituti di:
1. Regola del “possesso vale titolo”: basta che l’attore dimostri che per effetto di questa
regola abbia ricevuto, in buona fede ed in base ad un titolo idoneo di trasferimento, la
proprietà del BENE MOBILE NON REGISTRATO
2. Usucapione: per i beni immobile e quelli mobili non registrati a cui non si possa applicare la
regola del “possesso vale titolo”
Differenza tra restituzione e rivendicazione: l’azione di restituzione è un’azione personale, si
presuppone che l’attore agisca in giudizio vantando un diritto alla restituzione nascente (es. diritto
alla restituzione dell’auto consegnata al meccanico per una riparazione), dalla sua risoluzione (es.
restituzione di una bene oggetto di compravendita nel caso non si abbiano abbastanza soldi per
pagarlo) o scadenza (es. diritto di restituzione di un appartamento alla scadenza della locazione)
ecc. di un rapporto contrattuale.
Nell’azione di restituzione non occorre dimostrare il diritto di proprietà ma basta solo quello di
restituzione. L’azione di rivendicazione è invece un’azione reale e per essere provata è richiesto
dimostrare il diritto di proprietà sulla cosa.
• Azione di mero accertamento: è riconosciuta a chi abbia l’interesse che vi sia una pronuncia
giudiziale che affermi il suo diritto di proprietà di un certo bene.
• Azione negatoria: è concessa al proprietario al fine di ottenere l’accertamento dell’inesistenza di
diritti reale vantati da terzi sul bene da lui posseduto (es. tizio sostiene di essere titolare di una
servitù di passaggio sul mio terreno), oltre che alla condanna di eventuale demolizione e rimozioni
di ogni opera, cessazione di ogni molestia poste in essere illegittimamente e risarcimento del
danno. L’azione negatoria, poiché connessa al diritto di proprietà, è imprescrittibile ma in caso di
dimostrata usucapione dovrà essere rigettata.
• Azione di regolamento di confini: presuppone l’incertezza del confine tra due fondi, la proprietà
non è contestata ma contesta è solo l’estensione di tali fondi. L’attore avrà l’onere di dimostrare
dove sia la sua linea di confine con ogni mezzo possibile.
• Azione per apposizione di termini: presuppone la certezza del confine e serve a far apporre o
ristabilire i segni lapidei di confine nel caso siano scomparsi o siano diventati illeggibili.

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Diritti reali di godimento


Non costituiscono una parte del diritto di proprietà, infatti consistono in una forma di limitazione di essa.
Come i diritti reali in genere essi sono tipici e classificati in:
1. Diritto superficiale
2. Usufrutto, uso e abitazione
3. Enfiteusi
4. Servitù prediale

I diritti reali di godimento, come già detto per i diritti reali, in generale sono tipici: cioè indicati
espressamente dal codice, e non possono essere introdotti autonomamente dai privati. Questa
caratteristica è pensata per tutelare il proprietario dai possibili e sempre nuovi limiti e vincoli che gli altri
privati potrebbero far gravare su esso.

Superficie
Il diritto di superficie trova ampia applicazione pratica: come ad esempio negli edifici condominiali, la
proprietà del suolo compete a tutti i condomini, mentre le singole unità immobiliari competono in via
esclusiva ai singoli condomini.

La costituzione di questo diritto vale a sospendere il principio di accessione.


La superficie consiste alternativamente nel:
• Nella concessione “ad aedificandum” cioè diritto di costruire un’opera sul suolo altrui del
superficiario, ed una volta finita di costruire, acquistarne a titolo originario la proprietà. La
proprietà superficiaria rimane separata da quella del suolo, detta nuda proprietà, che rimane del
concedente.
• Nell’acquisto di una proprietà separata di una costruzione già esistente da parte di un soggetto
diverso dal proprietario del suolo.
La distinzione sopra descritta è importante poiché se l’opera ancora non esiste, essa non è altro che un
diritto reale su cosa altrui: con la conseguenza che il diritto a costruire si estingue se il titolare non
costruisce per 20 anni. Mentre se l’opera già esiste si ha una proprietà diversa dal suolo e quindi non è
possibile l’estinzione per non uso, poiché cozza con la natura del diritto di proprietà.
Il principio vale anche per il sottosuolo (es. conceda di costruire un parcheggio sotterraneo) ma non vale
per le piantagioni.

Modi d’acquisto: contratto, testamento e usucapione. Poiché la superficie ha oggetto beni immobili il
relativo contratto costitutivo richiede la forma scritta ad substantiam, ed è soggetto a trascrizione.
Poteri del superficiario: libera disponibilità della costruzione, può cioè alienarla, costruire su di essa diritti
reali (es. iscrivere un’ipoteca).
Azioni di tutela: tutte quelle previste per la difesa della proprietà (rivendicazione, negatoria ecc.)
Estinzione: per scadenza di termine, confusione (cioè riunione di superficie e nuda proprietà in capo allo
stesso soggetto) rinunzia, prescrizione ventennale in caso di sola concessione ad aedificandum. Il caso di
perimento della costruzione non comporta l’estinzione del diritto.

Enfiteusi
Ebbe notevole sviluppo durante il medioevo, esso consiste in un diritto reale di godimento su un fondo di
proprietà altrui, urbano o rustico; secondo il quale, il titolare (enfiteuta) ha la facoltà di godimento pieno
(dominio utile) sul fondo stesso, ma per contro deve migliorare il fondo stesso e pagare inoltre al
proprietario (direttario o concedente) un canone annuo in denaro o in prodotti naturali.

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Durata: L'enfiteusi può essere perpetua o a tempo. L'enfiteusi temporanea non può essere costituita per
una durata inferiore ai venti anni
Diritti dell'enfiteuta: L'enfiteuta ha gli stessi diritti che avrebbe il proprietario sui frutti del fondo, sul tesoro
e relativamente alle utilizzazioni del sottosuolo in conformità delle disposizioni delle leggi speciali.
Il diritto dell'enfiteuta si estende alle accessioni.
Obblighi dell'enfiteuta: L'enfiteuta ha l'obbligo di migliorare il fondo e di pagare al concedente un canone
periodico. Questo può consistere in una somma di danaro ovvero in una quantità fissa di prodotti naturali.
L'enfiteuta non può pretendere remissione o riduzione del canone per qualunque insolita sterilità
del fondo o perdita di frutti.

Usufrutto
Ai sensi dell’art.981 consiste nel diritto di godere della cosa altrui con l’obbligo però, di rispettare la
destinazione economica. Perciò, l’usufruttuario può trarre dalla cosa tutte le utilità che ne può trarre il
proprietario però nel rispetto della destinazione economica (es. se l’usufrutto ha per oggetto un’area non
può costruirvi o trasformala in un giardino o un orto)

L’usufrutto è necessariamente temporaneo, perché in caso contrario non avrebbe nessuna utilità pratica al
concedente. Così se l’usufrutto è concesso a:
• Una persona fisica il diritto dura per tutta la vita dell’usufruttuario
• Una persona giuridica o di un ente non personificato ha durata non superiore a 30 anni

Usufrutto congiuntivo: usufrutto attribuito congiuntamente a più persone, anche con diritto di
accrescimento a favore del più longevo dei contitolari (es. Tizio e Tizia condividono l’usufrutto, alla morte di
uno il diritto di usufrutto competerà interamente al soggetto ancora vivo)
Usufrutto successivo: attribuito a più soggetti in via successiva alla morte dell’usufruttuario precedente (es.
costituzione di un usufrutto a favore di Tizio, sapendo che alla sua morte passerà a Caio). Esso è valido solo
a favore del primo beneficiario, ed è perciò vietata la costituzione per testamento o donazione.
Usufrutto successivo improprio: usufrutto in cui l’alienante a titolo oneroso di un bene se ne riserva
l’usufrutto. Con la previsione che alla sua morte, lo stesso competerà ad un terzo.
Quasi usufrutto: poiché l’oggetto dell’usufrutto può essere qualsiasi specie di bene ma con esclusione dei
beni consumabili il quasi usufrutto è pensato per risolvere il problema. Poiché la destinazione economica
dell’oggetto non si può mantenere perché entra in contrasto con la natura consumabile del bene perciò il
quasi usufruttuario dovrà restituire non gli stessi beni ma beni dello stesso genere con lo stesso valore.
Usufrutto di beni deteriorabili: l’usufruttuario deve rispettarne l’uso al quale sono destinati (es. l’usufrutto
ha oggetto un abito da sera, l’usufruttuario non potrà mettere l’abito per andare in palestra)

Diritto d’uso: tipo limitato di usufrutto, consiste nel diritto di servirsi di un bene, e se fruttifero di
raccoglierne i frutti limitatamente ai propri bisogni suoi e famigliari.
Abitazione: tipo limitato di usufrutto, consiste nell’abitare una casa limitatamente ai bisogni propri e della
propria famiglia. L’habitator a differenza del nudo proprietario non può adibire l’unità immobiliare ad
ufficio o deposito, egli ci può solo abitare.

Dato il loro carattere personale i diritti di uso e abitazione non possono essere ceduti, ne possono essere
concessi in locazione o in altrimenti godimento a terzi

Modi d’acquisto dell’usufrutto


• Per legge
• Per provvedimento del giudice
• Tramite contratto
• Per usucapione

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Usufrutto uxorio: abolito dalla riforma del diritto di famiglia del 1975, ora la moglie non acquista più il solo
diritto di usufrutto dei beni del coniuge defunto ma ne acquista la proprietà piena.

Diritti dell’usufruttuario
• Potere di godimento sul bene: implica il possesso della cosa, la facoltà di trarre ogni utilità del bene
fermo l’obbligo di rispettare la destinazione economica, l’acquisto dei frutti naturali e civili
• Potere di disposizione del diritto di usufrutto: l’usufruttuario può cedere il proprio diritto di
usufrutto o concedere un’ipoteca su di esso.
• Potere di disposizione del godimento del bene: es. l’usufruttuario può concedere in locazione
l’oggetto del suo diritto a terzi

Obblighi dell’usufruttuario
• Restituire la cosa alla fine del diritto
• Usare la diligenza del buon padre di famiglia nel godimento del bene
• Non modificarne la destinazione
• Fare, salvo dispensa, l’inventario e prestare garanzia, a presidio dell’osservanza degli obblighi di
conservazione e restituzione dei beni oggetto dell’usufrutto
L’usufruttuario è inoltre tenuto alle spese e agli oneri in materia di custodia, manutenzione ed
amministrazione ordinaria del bene. In caso di straordinaria manutenzione (es. sostituzione del tetto) le
spese gravano interamente sul nudo proprietario.

Estinzione dell’usufrutto
• Scadenza di termine o morte dell’usufruttuario
• Prescrizione estintiva ventennale
• Consolidazione, ossia per riunione dell’usufrutto e della nuda proprietà in capo alla stessa persona
• Perimento totale della cosa
• Per abuso dell’usufruttuario
• Per rinunzia, se l’oggetto del diritto è un bene immobile è richiesta la forma scritta ad substatiam e
deve essere trascritta nel registro dei beni immobili

Servitù
La servitù prediale consiste nel peso imposto sopra il fondo, detto servente, per l’utilità di un fondo, detto
dominante, appartenente a diverso proprietario. In questo caso si delinea una relazione di servizio tra i due
fondi, per cui il fondo dominante si avvantaggia della limitazione che subisce quello servente (es. la servitù
di passaggio agevola l’accesso al fondo dominante).

L’utilità può consistere anche nella maggior comodità o amenità del fondo dominante (es. costruire una
“servitus altius non tollendi” per impedire di realizzare una costruzione sul fondo del vicino per assicurare
l’amenità di un parco o la vista del mare da una casa).
Da ciò deriva che il contenuto delle servitù può essere il più vario:
• Servitù tipiche: previste dal codice
1. Servitù industriali: strumentali agli utilizzi produttivi del fondo dominante (es. servitù di
passaggio per trasportare le merci prodotte)
• Servitù atipiche: non disciplinate nel codice ma che possono essere costituite purché finalizzate
all’utilità del fondo dominante.
• Servitù irregolari: servitù il cui servizio è prestato a favore di una persona (es. servitù che
attribuisce ad una persona il diritto di passare sul fondo altrui per pescare)
2. Servitù aziendali: strumentali all’azienda come tale, indipendentemente dal fondo sul quale
essa viene costituita (es. cartellone pubblicitario di un negozio)

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La ragione per cui non sono ammesse servitù se non a favore di fondi consiste nel fatto che i diritti reali di
godimento sono un numerus clausus: per evitare le limitazioni alla produttività dei fondi, non è riconosciuto
alla volontà dei privati di poter dar vita a nuovi diritti reali di godimento se non quelli previsti dalla legge.
Es. nulla vieta al proprietario di consentire ad un’altra persona di pescare sul proprio fondo ma ciò non
costituirebbe una servitù ma darebbe luogo ad una obbligazione, che avrebbe valore solo per il concedente
o altri determinanti individui, e non sarebbe valida erga omnes, cioè pure contro i successivi proprietari del
fondo.

Principi generali della servitù

1) Servitus in faciendo consistere nequit: La servitù non può consistere in un obbligo di fare. L'adagio
esplicita uno degli elementi fondamentali del diritto di servitù: esso non può mai consistere in un facere,
ma sempre e soltanto in doveri negativi (es. impedire la costruzione di un’opera che comprometta
l’amenità del suo fondo), nel sopportare (pati) l'altrui attività (es. tollerare una servitù di passaggio).
L'eventuale imposizione di un facere non fa esistere un solo rapporto giuridico, ma ne configura due: uno
come un'obbligazione reale accessoria al rapporto reale di servitù; ed uno è il rapporto di reale di servitù.
L’obbligazione reale è volta a consentire il concreto esercizio della servitù (es. in forza del titolo, il
proprietario del fondo servente deve tagliare i rami che ostacolano il passaggio della servitù di passaggio)

2) Nemini res sua servit: Nessuno può avere diritto di servitù sulla sua cosa. L'espressione indica uno dei
principi fondamentali in tema di servitù: il fondo dominante e il fondo servente devono appartenere a
proprietari diversi. Se il proprietario di uno dei due fondi acquisisse la proprietà dell'altro fondo, si
verificherebbe la c.d. confusione, e il rapporto di servitù si estinguerebbe.

3) Praedia vicina esse debent: I fondi devono essere vicini. La vicinanza del fondo servente al fondo
dominante è uno dei presupposti per la costituzione di una servitù. Tale vicinanza (non occorre che i fondi
siano confinanti) va intesa in senso relativo: dev'essere tale da consentire al fondo servente di arrecare
utilità a quello dominante.

Costituzione della servitù

• Per obbligo di legge (servitù coattive)


• Per volontà dell’uomo tramite contratto, testamento (servitù volontarie)
• Per usucapione
• Per destinazione del buon padre di famiglia

Servitù coattive: servitù imposte per legge sul fondo servente, il cui proprietario ha diritto ad un indennizzo
proporzionale al danno sofferto. La servitù viene imposta per legge solo nel caso il fondo dominante si trovi
nelle specifiche circostanze espresse dalla legge (es. il fondo non ha accesso alla via pubblica).
Per costituire concretamente la servitù coattiva si necessita di un contratto e che il giudice tramite una
sentenza costitutiva faccia nascere la servitù e determinare l’ammontare dell’indennizzo. Al venir meno di
questi presupposti il giudice può estinguere la servitù tramite una sentenza costituiva su domanda del
soggetto interessato. Le figure di servitù coattive sono tipiche e sono:
• Acquedotto coattivo: costituibile anche se l’acqua non sia necessaria ma solo utile
• Elettrodotto coattivo
• Passaggio coattivo: costituibile non solo nel caso di interclusione assoluta, ma anche nell’ipotesi di
interclusione relativa, quando il proprietario non possa procurarsi l’uscita senza eccessivo
dispendio o disagio (es. tra il fondo e la strada ci sia un fiume e occorrerebbe una spesa eccessiva
costruire un ponte). La legge non si attiene ad una concezione rigida dell’interclusione, ma tiene
conto delle esigenze inerenti all’utilizzo del fondo. Perciò, nemmeno il fatto che il fondo abbia un

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accesso alla via pubblica è ostacolo alla costituzione della servitù coattiva basta che vi sia bisogno ai
fini convenienti del fondo (es. ampliare l’accesso al fondo per il transito di macchine da lavoro) e
che il passaggio esistente sia inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo e non possa essere
ampliato. Il sacrifico che con l’imposizione della servitù si impone sul fondo servente deve essere
comunque il minore possibile, quindi deve il più breve ed arrecare il minor danno possibile.

Servitù volontarie: servitù che si originano liberamente su base contrattuale, la forma richiesta è quella
scritta ad substantiam e possono essere costituite anche per testamento.
• Servitù non apparenti: possono essere costituite solo per contratto o testamento.
• Servitù apparenti: cioè quelle che siano opere visibili, possono sorgere anche per usucapione e
destinazione del buon padre di famiglia;

Un modo di acquisto a titolo originario, proprio solo delle servitù apparenti, è la cosiddetta destinazione
del padre di famiglia (art. 1062 c.c.): è il rapporto di servizio stabilito fra due fondi appartenenti a un
medesimo proprietario. Se i due fondi cessano di appartenere al medesimo proprietario, il preesistente
rapporto di servizio si trasforma automaticamente in una servitù di un fondo a favore dell'altro. Questo
modo di acquisto vale solo per le servitù apparenti.

Esercizio della servitù


L’esercizio della servitù è regolato innanzitutto dal titolo (es. contratto, testamento, sentenza nel caso di
servitù coattiva ecc.) e in difetto dalla legge, tramite le c.d. graduazioni delle fonti regolatrici dell’estensione
ed esercizio delle servitù.

Adminicula servitutis: facoltà accessorie, ma indispensabili per l’esercizio della servitù (es. il diritto di
attingere l’acqua comprende il diritto di passaggio sul fondo in cui la fonte si trova)
Modo d’esercizio della servitù: il come la servitù possa essere esercitata (es. i modi della servitù di
passaggio sono a piedi, a cavallo, con la macchina ecc.). Il modo di una servitù è usucapibile se la servitù è
apparente e se il modo non è determinato dal diritto, perché in questo caso il modo si consolida lo stesso
diritto di servitù che non aveva esistenza definita.
Principio del minimo mezzo: viene esercitato in caso di dubbio sull’estensione e le modalità d’esercizio
della servitù, regolato dall’art.1065 prevede che la servitù debba soddisfare i bisogni del fondo dominante
con il minor aggravio possibile.

Estinzione della servitù


• Per rinuncia fatta per iscritto del titolare
• Per scadenza di termine, nel caso la servitù fosse temporanea
• Per confusione
• Per prescrizione estintiva ventennale c.d. non uso

In caso di non uso la prescrizione inizia il suo decorso in base alla natura della servitù
• Servitù negative: quando attribuiscono al proprietario del fondo dominante il potere di vietare al
proprietario del fondo servente di poter fare qualcosa o svolgere un’attività sul proprio fondo
(es. servitus altius non tollendi sul fondo servente è vietato edificare oltre una certa altezza)
_ La prescrizione comincia a decorrere quando il proprietario del fondo servente viola il divieto
• Servitù affermative: quando attribuiscono al proprietario del fondo dominante il potere di fare o
svolgere un’attività sul fondo servente (es. di far pascolare il gregge, attingere acqua), a tale potere
corrisponde un obbligo di pati da parte del proprietario del fondo servente.
1. Servitù continue: quando l’attività dell’uomo è antecedente all’esercizio della servitù, cioè
che per esercizio della servitù non occorre l’attività dell’uomo (es. per la servitù
dell’acquedotto è necessario che l’uomo costruisca le condutture, poi l’acqua scorre da sé)

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_ La prescrizione inizia a decorrere come nel caso della servitù negativa


2. Servitù discontinue: quando il fatto dell’uomo deve essere concomitante con l’esercizio
della servitù (es. esercito la servitù di passaggio in quanto transito sul fondo altrui)
_ La prescrizione inizia a decorrere dall’ultimo atto di esercizio

L’interruzione della prescrizione oltre che dal riconoscimento da parte del proprietario del fondo servente
può essere determinata solo dalla proposta di una domanda giudiziale, poiché la sola costituzione in mora o
diffida stragiudiziale non funzione poiché la loro funzione interruttiva è limitata ai diritti di credito e non ai
diritti reali.
Quiescenza della servitù: termine che definisce il caso in cui la servitù sia diventata inutilizzabile (es. è
crollato l’edificio da cui veniva esercitata la servitù) o che abbia smesso di essere utile (es. inaridisce la
sorgente da cui si attingeva l’acqua); questi casi non portano ad una estinzione immediata ma seguendo il
decorso ventennale dei diritti reali
Imprescrittibilità del modo: ai sensi dell’art.1075 la servitù si conserva per intero, ciò perché si può
estinguere per non uso solo il diritto e non il modo, che non ha un valore autonomo.
Non muore ciò che non ha vita propria (v. Cass. 23 settembre 2009)

Tutela della servitù

Azione confessoria: a tutela della servitù è preordinata l’azione confessoria, in forza della quale, di fronte
ad una contestazione dell’esistenza o consistenza della servitù, chi se ne afferma titolare può chiedere una
pronuncia giudiziale di accertamento del suo diritto, nell’ipotesi che la contestazione sia tradotta in
turbative può chiederne la condanna alla loro cessazione, rimessione delle cose in pristino oltre che al
risarcimento del danno.
• Legittimato attivo: titolare della servitù, ha l’onere di dimostrare l’esistenza della servitù
• Legittimato passivo: contestante
A tutela dello stato di fatto corrispondente alla servitù possono esperirsi le azioni possessorie di
reintegrazione e di manutenzione.

Comunione
Un diritto soggettivo può appartenere a più persone, le quali sono tutte contitolari del medesimo unico
diritto il quale rimane identico a sé stesso nonostante faccia a capo a più soggetti.
Comunione pro indiviso: fenomeno della contitolarità quando ha per oggetto un diritto reale (es.
cousofrutto, comproprietà ecc.). Il diritto di ciascuno dei titolari investe l’intero bene nella sua totalità,
nonostante vi trovi il limite nell’esistenza dell’egual diritto degli altri compartecipi.

A ciascuno dei titolari spetta perciò una quota ideale sull’intero bene (es. tizio e caio acquistano un
immobile pagando ciascuno il 50% per del prezzo, essi avranno una quota del 50% dell’intero). Questa
quota è di regola disponibile (vendibile) e segna in linea di massima la misura di facoltà, diritti ed obblighi
dei rispettivi titolari. Nell’ipotesi in cui non sia diversamente previsto e quote si presumono uguali (per
presunzione iuris tantum).

Comunione senza quote: il bene appartiene unitariamente al gruppo e non pro quota ai singoli.

Distinzione comunione e società: mentre i compartecipi di una comunione si limitano ad esercitare in


comune il godimento di un bene, quelli della società esercitano in comune un’attività economica volta alla
produzione e scambio di beni e servizi.
In caso di comunione di beni produttivi si applicherà la disciplina della comunione se i contitolari: non
utilizzano il bene, lo concedono in godimento a terzi (es. due fratelli cedono ad un terzo l’azienda di

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famiglia, che verrà gestita imprenditorialmente) o se i contitolari si limitino a raccoglierne i frutti naturali
senza che la loro attività possa classificarsi come d’impresa.
In caso di In caso di comunione di beni produttivi si applicherà la disciplina della società se i contitolari
gestiscono il bene come un’attività d’impresa (es. se tre fratelli ereditano una azienda agricola alla morte
del padre, nel caso due dei fratelli decidessero di continuare l’attività di famiglia tra loro due si
applicherebbe la disciplina della società)

Disciplina e profili generali

Comunione ordinaria: regolata dagli art. 1100 in poi, le norme previste possono essere derogate dal titolo
(es. contratto o testamento) dove le norme del codice vengono applicate solo in mancanza di diversa
disciplina negoziale
Comunione speciale: figure autonomamente previste e regolate dalla legge dove le norme sulla comunione
sono applicate solo dove siano compatibili.

Costituzione
• Volontaria: se scaturita dall’accordo dei futuri contitolari (es. tizio e caio si accordano per comprare
insieme una casa)
• incidentale: se scaturita senza un atto dei futuri contitolari (es. tramite testamento)
• forzosa: quando scaturisce dall’esercizio di un diritto potestativo da parte di uno dei futuri
contitolari (es. comunione forzosa del muro)

Poteri di godimento dei contitolari della cosa comune


• Uso promiscuo: ciascuno dei contitolari può servirsi della cosa comune a condizione che non se ne
alteri la destinazione (es. non trasformare la villa comune in un albergo) e non impedisca agli altri di
utilizzarla in proporzione al proprio diritto (es. costruendo una box auto nel cortile comune).
Uso frazionato: Le parti possono derogare la regola dell’uso promiscuo concordando una divisione
del godimento del bene comune nello spazio (es. i due comproprietari di una villa a due piani
possono concordare di abitare uno al primo e l’altro al secondo piano) o nel tempo (es. usare la bici
nei giorni feriali o festivi).
Al fine di un miglior godimento della cosa, al singolo contitolare è consentito apportare le
modificazioni alla cosa comune che ritiene necessarie, nei limiti del rispetto della destinazione
economica del bene e dell’impedimento del pari godimento altrui, purché se ne accolli le spese (es.
aprire una finestra o una porta la muro comune).
• Ciascuno dei contitolari ha diritto di percepire i frutti della cosa comune, in proporzione alla loro
quota, e al mantenimento della cosa fruttifera, sempre in relazione alla loro quota.

Poteri di disposizione dei contitolari della cosa comune


• Ciascun proprietario ha il pieno potere di disposizione sulla propria quota
• Gli atti di disposizione del bene comune (es. alienazione del bene, costituzione di diritti reali ecc.)
invece richiedono il consenso di tutti i contitolari secondo il principio di unanimità.

Amministrazione della cosa comune


Tutti i contitolari hanno diritto di concorre riguardo all’amministrazione della cosa comune, non è però
richiesto per l’adozione delle relative deliberazioni il consenso di tutti. Il codice prevede che le deliberazioni
relative all’amministrazione del bene comune vengano adottate in base al principio di maggioranza, che si
calcola non in relazione al numero di partecipanti ma con riferimento al valore delle rispettive quote.

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Atti di ordinaria amministrazione: che sono vietato se gravemente pregiudizievoli per la cosa comune, è
sufficiente il consenso di tanti comproprietari le cui quote rappresentino il 51% del bene comune.
Atti di straordinaria amministrazione: che sono vietati nel caso pregiudichino l’interesse di qualsiasi
contitolari, è necessario il consenso dei 2/3 dei soggetti che rappresentino il valore complessivo del bene.
Innovazioni: per le azioni dirette al miglioramento della cosa comune, vietate se pregiudichino il godimento
di uno dei contitolari o se troppo costose, necessitano del consenso dei 2/3 dei soggetti che rappresentino
il valore complessivo del bene.

Le spese deliberate con la maggioranza dei contitolari, come quelle necessarie al mantenimento del bene
comune gravano su tutti come obbligazioni reali, in proporzione alla quota di ciascun titolare.
Nel caso non vengano presi provvedimento per l’amministrazione della cosa comune (es. non si raggiunge
la maggioranza richiesta) ci si può rivolgere al giudice per la nomina di un amministratore giudiziario che
emetta i provvedimenti opportuni. Nel caso non vengano presi provvedimento per la conservazione della
cosa comune, il singolo può intervenire autonomamente con diritto al rimborso per le spese sostenute.

Ciascun titolare può compiere legittimamente atti di amministrazione nei limiti imposti dalla disciplina (es.
intimare lo sfratto all’inquilino dell’appartamento comune). Ogni singolo contitolare può proporre azioni
petitorie, possessorie o risarcitorie per i danni sul bene comune.
Regolamento della comunione: pensato per l’ordinaria amministrazione ed il miglior godimento della cosa
comune, è costituibile con il consenso del 51% dei rappresentanti delle quote. Come è tale la decisione di
delegare ad un terzo l’amministrazione della cosa.

Scioglimento della comunione


La comunione è guardata con sfavore dell’ordinamento poiché lo ritiene possibile causa di liti, infatti:
• Attribuisce a ciascuno dei partecipanti la facoltà di chiedere in qualsiasi momento lo scioglimento
della comunione, anche contro la volontà della maggioranza.
• Proibisce che le parti si vincolino in un patto di indivisione per un tempo superiore a 10 anni.

Condominio
Il condominio si ha quando in un medesimo edificio coesistono più unità immobiliari di proprietà esclusiva
dei singoli condomini e di parti destinate all’uso comune quali: muri portanti, scale, parcheggi, atrii,
ascensori ecc. Salvo che non siano previste nel titolo, le parti comuni si presume appartengano in
comunione a tutti i condomini in proporzione alle loro quote, definite dal valore del proprio appartamento
rispetto al valore dell’intero edificio.

Il singolo condomino:
• Può far uso promiscuo delle parti comuni, apportare miglioramenti funzionali al miglior godimento
della propria unità immobiliare (es. aprire una porta nel muro per agevolare l’accesso a casa) nel
rispetto dell’altrui diritto e non pregiudicando la destinazione d’uso.
• Deve contribuire alle spese condominiali in proporzione al valore della sua quota.
• Non può disporre delle parti comuni nella loro totalità se non congiuntamente alla porzione
immobiliare di sua proprietà esclusiva (es. non può alienare la sua quota sulle scale senza vendere
anche la casa) perciò si tende definire le parti comuni indivisibili.

Organi del condominio


• Assemblea: all’interno di essa hanno diritto di intervenire tutti i condomini. Di competenza
dell’assemblea sono l’adozione del regolamento condominiale, la nomina dell’amministratore,

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dell’approvazioni delle spese ecc. Essa è valida se costituita da tanti condomini le cui quote
rappresentino almeno i 2/3 del valore dell’edificio. Dopo le deliberazioni dell’assemblea è
necessario redigere un verbale pena l’annullabilità delle deliberazioni assunte. Le deliberazioni
prese dell’assemblea dono vincolanti per tutti i condomini.
• Amministratore: L'amministratore è l'organo che esegue le deliberazioni dell'assemblea, riscuote i
contributi dai condomini ed eroga le spese occorrenti per la gestione e la manutenzione, redige il
rendiconto annuale (Bilancio condominiale), rappresenta il condominio nei procedimenti giudiziari
nei quali è parte. Questi dura in carica un anno, ma può essere revocato in ogni momento, salvi i
danni. L’incarico può essere rivestito anche da una società lucrativa, non solo da persone fisiche.

Regolamento condominiale
È obbligatorio redigere il regolamento condominiale, se vi sono più di 10 condomini. Il regolamento può
essere contrattuale o assembleare. Nel caso di regolamento condominiale contrattuale, il documento nella
quasi totalità dei casi è stato predisposto dal costruttore dell'immobile o del gruppo di immobili, e
depositato da un notaio per la trascrizione presso la locale conservatoria dei registri immobiliari (presso il
catasto).

Il regolamento contrattuale si differenzia dal regolamento non contrattuale (o assembleare cd approvato a


maggioranza) in quanto può contenere limitazioni al diritto di proprietà di alcuni condomini, costituzioni di
servitù, assegnazione o destinazioni d'uso di parti comuni a un numero ristretto di condomini o per finalità
ben definite (ad es. destinazione dell'abitazione per il portiere); le norme di tale documento possono infatti
essere modificate solo con il consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio; quando si acquista una
proprietà nel condominio retto da tale tipo di regolamento, lo stesso viene automaticamente accettato dal
neo-acquirente, in quanto trascritto presso la conservatoria.

Il regolamento predisposto dall'originario proprietario e/o costruttore dell'edificio è vincolante per gli
acquirenti delle singole unità abitative solo se il relativo acquisto è fatto in epoca successiva alla
predisposizione del regolamento stesso: infatti se nell'atto di acquisto fosse previsto l'obbligo di rispettare
il regolamento da redigersi in futuro risulta evidente che viene a mancare uno schema negoziale definitivo;
in quest'ipotesi diventa suscettibile di essere compreso per comune volontà delle parti nell'oggetto del
contratto, pertanto il regolamento può vincolare l'acquirente solo se, successivamente alla sua redazione,
vi presti volontaria adesione. Il regolamento approvato dall'assemblea condominiale con maggioranza
qualificata, invece, può contenere solo norme che regolano la vita comune dei partecipanti al condominio,
ossia non può limitare l'esercizio libero del diritto di proprietà da parte dei condomini (ad esempio il
regolamento contrattuale originario può vietare la destinazione d'uso degli appartamenti per attività
commerciali; ma non a seguito di una modifica dello stesso approvata a maggioranza).

Supercondominio

Si parla di supercondominio quando vi è una pluralità di strutture singolarmente identificabili come singoli
condomini e con parti in comune tra di esse. Non sempre è facile distinguere la natura giuridica dell'edificio
perché spesso pur essendo in una realtà di supercondominio, l'intera struttura viene amministrata come
singolo condominio, creando non pochi problemi di logistica e di disciplina giuridica applicata

Multiproprietà

Operazione economica volta ad assicurare al multiproprietario un potere di godimento, che evoca quello
che il codice riconosce al proprietario su un immobile ma solo per un determinato periodo dell’anno,
mentre per i restanti periodi compete agli altri multiproprietari.

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La sfida lanciata dalla multiproprietà all’ordinamento italiano era la definizione di questo diritto reale
atipico creato autonomamente da privati. La dottrina decise di disciplinare il fenomeno secondo l’istituto
della comunione, infatti:
• A ogni proprietario veniva infatti venduta una quota pro indiviso dell’immobile
• A ciascun multiproprietario veniva fatto sottoscrivere un regolamento della comunione, il quale
proclamava l’uso promiscuo della cosa comune ma solo in un determinato periodo dell’anno.
La chiave di volta del sistema delle multiproprietà è la comproprietà pro indiviso, il cui regime viene
derogato dal titolo; in forza cioè di un accordo intercorrente fra tutti i multiproprietari che pur continuando
a rimanere contitolari del bene, rinunciano a servirsene nei tempi e negli spazi attribuiti in uso agli altri.

IL POSSESSO
Art.1140: Il possesso è il potere di fatto sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente
all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Si può possedere direttamente o per mezzo di un’altra
persona, che ha la detenzione della cosa.

Il codice attribuisce rilevanza giuridica alle situazioni di fatto che si estrinsecano attraverso un’attività
corrispondente all’esercizio di diritti reali, le c.d. situazioni possessorie; a prescindere dalla circostanza che
può corrispondere o meno ad una situazione di diritto.
Commoda possessionis: determinati vantaggi cui la situazione di possesso garantisce al possessore (es.
tutela possessoria, acquisto per usucapione o per possesso vale titolo, la posizione di convenuto in
un’azione di rivendica in cui il possessore può limitarsi a dire “possideo quia possideo” e l’attore ha l’onere
di fornire la prova del suo diritto di proprietà). Tutto ciò si ripete indipendentemente dalla circostanza in cui
il possessore sia o non sia il legittimo proprietario del bene.

Le ragioni della tutela delle situazioni possessorie sono da ritrovare nel fatto che statisticamente colui che
esercita il potere di fatto sul bene è anche il legittimo proprietario, consentendone una difesa rapida ed
efficace in giudizio. In secondo luogo, costringendo i consociati ad agire in giudizio per reclamare il proprio
diritto si evitano situazioni di molestie o violenza e si garantisce la pace, in quanto l’autotutela privata è
espressamente vietata (es. devo appellarmi al giudice per far sfrattare degli abusivi dal mio appartamento,
non potrò valermi della forza)

Ius possesionis: vantaggi che il possesso di per sé genera a favore del possessore (commoda possesionis)
Ius possidendi: designa la situazione di chi ha effettivamente diritto a possedere il titolo. Diritto che implica
il potere di rivendicare il bene stesso presso chiunque lo possegga sine titulo (es. il ladro ha lo ius
possessioni ma non lo ius possidendi)

Situazioni possessorie

Possesso pieno: caratterizzato da corpus, disponibilità materiale del bene, e animus, la condizione
psicologica del soggetto che si qualifica e comporta come legittimo proprietario del bene (es. il ladro)
Detenzione: tradizionalmente costituito solo dal corpus, non concorre l’animus ma bensì l’animus
detinendi, cioè la volontà e condizione psicologica di godere e disporre del bene nel rispetto dei diritti che il
detentore riconosce spettare al legittimo proprietario (es. l’inquilino)
Possesso mediato: caratterizzato dal solo animus possidendi, mentre il potere di fatto sulla cosa compete
al detentore (es. il proprietario di un appartamento in affitto)
Compossesso: possesso esercitato congiuntamente da più soggetti, si concretizza in un’attività
corrispondete all’esercizio dei diritti reali in comunione (es. i condomini esercitano il compossesso sulle
parti comuni del condominio)

Poiché la previsione degli stati psicologici soggettivi di animus possidendi e detinendi sono difficili da
definire e poiché essi non trovano nessun riscontro nel codice, ai fini della qualificazione della situazione di

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fatto come possessoria o detentoria rileva non lo stato psicologico di chi acquisisce il potere di fatto sul
bene ma bensì il titolo in forza del quale detto acquisizione si verifica. (es. uno studente che prende in
prestito un libro dalla biblioteca sarà sempre detentore, anche se le sue intenzioni fossero diverse).
Perciò non è rilevante lo stato psicologico interno ma bensì la sua esternazione, la quale in viene
influenzata principalmente dalle modalità in cui il titolo viene acquistato.

Il possesso si presume iuris tantum.

Interversione del possesso: mutamento da detenzione a possesso, può avvenire solo se la modificazione
dello stato psicologico del detentore venga manifestato all’esterno (art.1141).
• In forza di opposizione del detentore rivolta al possessore, cioè in forza di un atto con cui il
detentore manifesta l’inequivocabile intenzione di continuare a tenere la cosa per sé (es. lo
studente dichiara alla bibliotecaria di non voler restituire il libro preso in prestito)
• In forza di causa proveniente da terzo, cioè in forza di un atto con il quale l’attuale possessore
(anche non legittimo) attribuisca al detentore il diritto corrispondente alla propria posizione
possessoria (es. un ladro dopo ver rubato la macchina, dopo avermi concesso la detenzione mi
venda la macchina)

Qualificazioni del possesso


Buona fede in senso soggettivo: ignorare di ledere l’altrui diritto la buona fede si presume
Buona fede in senso oggettivo: condotta corretta e leale

Possesso legittimo: si ha quando il potere di disposizione e godimento è esercitato dall’effettivo titolare del
bene, in tal caso la situazione di fatto coincide con quella di diritto. Per qualificare il possesso come di
buona fede, non occorre che la buona fede perduri per tutta la durata del suo acquisto ma basta che ci sia
stata al momento del suo acquisto.
Possesso illegittimo: si ha quando chi esercita il possesso non è l’effettivo titolare del bene
• Illegittimo di buona fede: si ha quando il possessore ha acquistato il corpus sul bene, ignorando di
ledere l’altrui diritto, sempreché la sua ignoranza non dipenda da sua colpa grave (es. porto a casa
un quadro acquistato presso una casa d’aste senza sospettare che esso sia stato rubato).
La qualifica dipende dalle circostanze nelle quali avviene l’acquisto (buona fede oggettiva)
• Illegittimo di mala fede: si ha quando il possessore ha acquisito il corpus conoscendo il difetto del
proprio titolo d’acquisto (es. occupare abusivamente un terreno non mio)
• Illegittimo vizioso: si ha quando il possessore ha acquisito la materiale disponibilità sul bene in
mala fede e con violenza o clandestinità (es. tramite una rapina o un furto)

Detenzione qualificata: si ha quando il corpus sia stato acquistati nell’interesse proprio del soggetto, si
parla di detenzione autonoma (es. l’inquilino) o nell’interesse del possessore, in questo caso si definisce
detenzione non autonoma (es. il mandatario).
Detenzione non qualificata: si ha quando il detentore ha acquistato il corpus ma in virtù di ospitalità, di
servizio (es. l’autista) o lavoro (es. il meccanico a cui affido la macchina)

Possesso uti dominus

Indica la modalità di possesso di un bene. Un soggetto che possiede un bene uti dominus lo gestisce "come
se ne fosse il proprietario", ossia godendone dell'uso e degli eventuali guadagni derivanti da un bene.

L'espressione che rappresenta le situazioni di “possesso su diritti reali minori” è generalmente legata al
diritto di usufrutto, che attribuisce la facoltà di godimento di un determinato bene uti dominus, oppure
nell'istituto giuridico dell'usucapione, con cui il possessore del bene, avendone goduto uti dominus per un
certo numero di anni, nell'inerzia del proprietario, ne acquisisce la proprietà a titolo originario.

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L’interversione di possesso è possibile nei modi stabiliti dalla legge, permette il possessore di modificare il
proprio titolo (es. trasformare il titolo di usufrutto in proprietà sul bene)

Acquisto e perdita del possesso

Acquisto in modo originario: per impossessamento del bene (es. appropriarsi di un’auto incustodita).
L’acquisto del possesso sul bene non vale se si verifica per mera tolleranza del possessore, ossia quando chi
potrebbe impedire l’acquisto del corpus si astiene per puro spirito d’amicizia o cortesia (es. se lascio la mia
casa vacanze ad un mio amico per il weekend, egli non ne diventa il possessore).
Acquisto in modo derivativo: avviene con la traditio, cioè la consegna materiale o simbolica del bene dal
precedente al successivo possessore (es. consegna del quadro o consegna dell’appartamento mediante
consegna delle chiavi della casa)
• Tradio ficta: Modo di trasferimento della proprietà o del possesso, caratterizzato da una fittizia
consegna della cosa, poiché essa rimane sempre nelle mani della stessa persona, al successivo
possessore.
1. Traditio brevi manu: si ha quando il detentore acquista il possesso sul bene (es. il
proprietario vende la casa al suo inquilino)
2. Constituto possessorio: si ha quando il possessore, perdendo il possesso acquista però la
detenzione del bene (es. acquisto un immobile ma lo concedo subito a colui che me l’ha
venduta in locazione)

Perdita del possesso: avviene se vengono a mancare il corpus e/o l’animus. Per perdita del corpus si
intende una definitiva irreperibilità od irrecuperabilità del bene (es. smarrimento del bene, furto ecc.).
Riguardo agli immobili il possesso rimane valida basta che persista l’animus, limitatamente al periodo di
tempo in cui si può esercitare l’azione di spoglio, cioè un anno.

Successione nel possesso: alla morte del possessore, il possesso continua in capo al suo successore a titolo
universale (l’erede) ipso iure, anche in mancanza di rapporto materiale con il bene e perfino se l’erede ne
ignori l’esistenza. L’erede succede con tutte le caratteristiche del predecessore (es. se il defunto era in
buona fede, sarà in buona fede anche l’erede)

Accessione nel possesso: applicabile solo a chi acquista il possesso in forza di un titolo astrattamente
idoneo a trasferire a titolo particolare la proprietà o altro diritto reale su di un bene, sempre che egli
acquisti il possesso (es. vendita, legato). L’acquirente a titolo particolare acquista un possesso nuovo,
diverso dal suo dante causa; pertanto l’acquirente può essere in buona fede e il dante causa in mala fede, e
viceversa. Quindi le qualifiche del possesso vanno valutate nei confronti dell’acquirente senza darne rilievo
al dante causa.
Il successore a titolo particolare può sommare il periodo in cui egli ha posseduto il bene con quello dei suoi
danti causa in ottica di velocizzare l’usucapione.

Effetti del possesso


Effetti sull’acquisto dei frutti:
• Possessore illegittimo in malafede: deve restituire al titolare del diritto il bene e i frutti prodotti dal
bene a partire dal momento in cui è iniziato il possesso.
• Possessore illegittimo in buona fede: deve restituire solo i frutti che si sono prodotti nel periodo
dal giorno in cui è iniziata la lite fino al giorno in sui si è conclusa. Nel caso trascurasse la cosa
fruttifera nel periodo di lite, è tenuto a restituire anche i frutti che avrebbe potuto percepire
usando la diligenza del buon padre di famiglia.

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Effetti del possesso sul rimborso spese:


• Spese ordinarie: spese che servono per la produzione e mantenimento dei frutti e per le riparazioni
ordinarie del bene. Il possessore ha diritto al rimborso delle spese limitatamente al tempo per il
quale è tenuto alla restituzione dei frutti.
• Spese straordinarie: sia il possessore di buona e malafede ha diritto al rimborso
• Spese per i miglioramenti: il possessore ha diritto al rimborso solo se i miglioramenti sussistano al
tempo della restituzione. Se il possessore è in buonafede ha diritto ad un rimborso pari all’aumento
del valore sul bene, mentre al quello in malafede alla minor somma tra lo speso ed il migliorato.
Al possessore in buona fede è riconosciuto il diritto di ritenzione fino a che non sia avvenuto il rimborso.

Acquisto della proprietà in forza del possesso: Possesso vale titolo


Se acquisto un bene a seguito di un acquisto a non domino, non divento di norma proprietario poiché chi
mi ha alienato il bene non ne era legittimato a farlo, in forza del: Nemo plus iuris ad alium transferre potest
quam ipse habet.

La rigorosa applicazione della norma sarebbe però inconveniente e scomoda, perciò il legislatore ha
introdotto per quanto riguarda i beni immobili e mobili registrati, i pubblici registri; mentre per i beni mobili
non registrati ha adottato la regola del “possesso vale titolo”.

art.1153: “Colui al quale sono alienati beni mobili da parte di chi non è proprietario, ne acquista la
proprietà mediante il possesso, purché sia in buona fede al momento della consegna e sussista un titolo
idoneo al trasferimento della proprietà. La proprietà si acquista libera da diritti altrui sulla cosa, se questi
non risultano dal titolo e vi sia la buona fede dell’acquirente. Nello stesso modo si acquistano i diritti di
usufrutto, pegno e uso.”

In forza di tale regola chi acquista a non domino un bene, ne diventa proprietario se:
• L’acquisto riguardi un bene mobile, escluso le università ed i mobili registrati
• L’acquirente possa vantare un titolo idoneo al trasferimento della proprietà, cioè non solo un
contratto astrattamente atto a trasferire della proprietà ma anche che il suddetto contratto non
presenti altro vizio che sia quello di essere stipulato da chi non è proprietario.
• L’acquirente abbia acquistato il possesso del bene, il legislatore tutela solo se vi sia stata la traditio
• Vi sia buona fede oggettiva al momento in cui il bene viene consegnato, comunque essa è presunta.

L’acquisto tramite possesso vale titolo costituisce una modalità d’acquisto a titolo originario, visto che
fatto l’acquisto si è svolto in buona fede i diritti altrui sulla cosa sono ignorati, sempre che dal titolo non
risulti diversamente e vi sia la buona fede dell’acquirente. (es. se acquisto a non domino un quadro in
buona fede, ma scopro che sul quadro ci fosse un pegno, nonostante il venditore non mi avesse avvisato,
contro di me non si può far valere nessun diritto da parte del pignoratizio)

Conflitto tra più acquirenti di beni mobili: lo risolve l’art.1155, “Se taluno con successivi contratti aliena a
più persone un bene mobile, quella tra esse che ne ha acquistato in buona fede il possesso è preferita alle
altre, anche se il suo titolo è di data posteriore”.

La regola del possesso vale titolo non si applica alle universalità di mobili poiché il legislatore ha ritenuto
opportuno che bisogni rispettare la regola del Nemo plus iuris ad alium transferre potest quam ipse habet,
poiché così si richiami l’attenzione del proprietario dell’intera università al omento dell’alienazione.

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Acquisto della proprietà in forza del possesso: usucapione


Istituto che tramite il possesso continuato e non violento nel tempo fa acquisire a titolo originale la
titolarità di un diritto reale. La ratio dell’istituto va ritrovata nell’opportunità dal punto di vista sociale di
favorire chi nel tempo utilizza e rende produttivo un bene a scapito del proprietario che lo trascura.
L’usucapione è uno strumento di agevolazione di prova del diritto di proprietà, in quanto senza usucapione,
per il proprietario sarebbe quasi impossibile dimostrare la titolarità del suo diritto e perciò cadrebbe nella
probatio diabolica.

Distinzione tra usucapione e prescrizione istintiva: in entrambi è essenziale il fattore tempo e l’inerzia del
titolare del diritto, solo che mentre la prescrizione porta l’estinzione di un diritto, l’usucapione porta
all’acquisto del diritto. La prescrizione vale per tutti i diritti mentre l’usucapione vale solo per i diritti reali,
ad eccezione delle servitù non apparenti ed i beni demaniali.

Presupposti affinché l’usucapione avvenga:


• Il possesso, sia in buona che in mala fede. Irrilevanti ai fini è la detenzione. Il possesso se
acquistato in modo violento o clandestino vale solo al termine della violenza o clandestinità.
• Continuità del possesso per un lasso di tempo, che solitamente è di 20 anni. La legge agevola
l’usucapione se dimostrato con le opportune prove mediante presunzioni di possesso intermedio o
anteriore. Il tempo per usucapire il bene può essere integrato con quello del proprio dante causa se
il possesso del bene acquisito è stato acquistato a titolo particolare (accessione di possesso) mentre
l’erede che acquista il bene a titolo universale si giova del possesso del suo autore (successione nel
possesso)

Ai sensi dell’art.1167 l'usucapione è interrotta quando il possessore è stato privato del possesso per oltre
un anno. L'interruzione si ha come non avvenuta se è stata proposta l'azione diretta a recuperare il
possesso e questo è stato recuperato.
1. interruzione naturale: perdita del possesso del bene (es. smarrimento del bene)
2. interruzione civile: quando viene proposta una domanda giudiziale del titolare volta a
privare il possessore del bene o quando il possessore effettui un riconoscimento del diritto
del titolare

Usucapioni brevi
• 10 anni per i beni immobili, a patto che il possessore possa vantare un titolo idoneo al
trasferimento di proprietà, che al momento della consegna egli fosse in buona fede e che sia stata
effettuata la trascrizione del titolo, perché il termine per l’usucapione dipende dalla data di
trascrizione di quest’ultimo.
• 3 anni per i beni mobili registrati, a patto che il possessore possa vantare un titolo idoneo al
trasferimento di proprietà, che al momento della consegna egli fosse in buona fede e che sia stata
effettuata la trascrizione del titolo, perché il termine per l’usucapione dipende dalla data di
trascrizione di quest’ultimo.
• 10 anni per le università di beni mobili, a patto che vengano riportate le indicazioni sopra riportate
• 10 anni per i beni mobili non registrati qual ora manchi un titolo idoneo, poiché se no il soggetto
avrebbe acquisito la proprietà del bene per “possesso vale titolo”
• 15 anni per i fondi rustici

L’acquisto del diritto in forza di usucapione avviene ex lege, l’usucapiente per eliminare ogni incertezza
riguardo il suo diritto può promuovere un giudizio di accertamento dell’intervenuta usucapione. Il
possessore può naturalmente rinunciare all’usucapione già maturata a proprio favore.

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Tutela delle situazioni possessorie


Contro l’altrui condotta posso oppormi mediante:
• l’autodifesa finché è in atto l’azioni illecita volta a privarmi del possesso (es. posso oppormi
direttamente al rapinatore che mi sta rubando la borsa).
• Azione possessoria qualora l’azione illecita non fosse più in atto. Le azioni possessorie si
distinguono dalle petitorie poiché mentre queste ultime possono essere intraprese solo dal titolare
del diritto di proprietà, a prescindere che il soggetto abbia il possesso o meno. Le azioni possessorie
assicurano garanzie solo provvisorie, poiché chi soccombe in giudizio può successivamente esperire
un giudizio petitorio.

La lesione di situazioni possessorie obbliga colui che ha cagionato il danno a risarcirlo

Divieto del cumolo del giudizio petitorio: impossibilità da parte del convenuto di proporre un giudizio
petitorio durante un giudizio possessorio.

Azione di reintegrazione o spoglio: è volta al reintegro del possesso del bene che sia rimasto vittima di
uno spoglio violento o clandestino. Risponde all’esigenza di garantire a chi possiede un bene una sollecita
tutela giudiziaria, indipendentemente dalla prova che spetti sul diritto stesso.
Spoglio: azione che si risolve nella duratura privazione del possesso o che ne comprometta
apprezzabilmente il rapporto di esercizio del possesso sul bene.
• Spoglio totale: es. chiudere il cancello sulla strada impedendo l’utilizzo del passaggio di servitù
• Spoglio parziale: es. restringere un ponte su cui esiste una servitù di passaggio
Spoglio violento o clandestino: quando lo spoglio è posto contro la volontà espressa o presunta del
possessore o detentore.

L’azione di spoglio è esperibile solo quando si riscontri l’animus spoliandi, cioè la coscienza e volontà del
suo autore (spoliator) di compiere l’atto materiale di spoglio.
Legittimato attivamente all’azione di spoglio è un qualsiasi possessore, non importa se esso sia in buona o
mala fede, legittimo o illegittimo; il detentore qualificato ma non quello non qualificato. Il detentore
qualificato può esperire l’azione di spoglio anche nei confronti del possessore, sempre che la sua
detenzione sia autonoma (cioè acquista nel proprio interesse), (es. l’inquilino al quale il proprietario o un
terzo abbia sottratto la disponibilità dell’appartamento in locazione)
Legittimato passivamente è lo spoliator.
La proposizione dell’azione di spoglio è soggetta a decadenza se essa non viene esperita entro un anno, che
decorre dal momento del sofferto spoglio.
Nel caso lo spoglio non sia stato violento o clandestino, colui che abbia subito lo spoglio dovrà proporre
un’azione di manutenzione.

Azione di manutenzione: è volta alternativamente


• A reintegrare nel possesso del bene chi sia stato vittima di uno spoglio non violento né clandestino
• Per far cessare le molestie o le turbative, di cui sia stato vittima il possessore. Per molestia
s’intende qualsiasi attività che arrechi o che possa arrecare al possessore un apprezzabile disturbo.
Molestia di fatto: attentati materiale (es. costruzione in violazioni delle distanze legali)
Molestia di diritto: turbativa che si estrinsechi in atti giuridici (es. notificazione di una opposizione
al possessore di intraprendere una costruzione che ostruirebbe una servitù di passaggio)
L’azione di manutenzione è esperibile solo in presenza di animus turbandi, cioè la consapevolezza
dell’agente che le sue azioni arrechino molestia al pregiudizio altrui).
Legittimato attivamente è solo il possessore di un immobile, di un’università o di un diritto reale su un
immobile solo a condizione che sia il possessore da almeno un anno, in modo continuativo e non interrotto.
Legittimato passivamente è lo l’autore dello spoglio o della turbativa, nonché l’autore morale dell’azione.
L’azione di manutenzione decade in un anno, dal giorno n cui è iniziata la molestia.

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Azione di nuova opera: può essere esercitata sia a tutela del possesso che a tutela della proprietà o di
altro diritto reale di godimento.
L’azione ha finalità tipicamente cautelare.
Legittimato attivamente è il proprietario, titolare del diritto reale o al possessore che abbia ragione di
temere che da una nuova opera (es. una costruzione, degli scavi) iniziata da un anno e non terminata, possa
se proseguita danneggiare la cosa che è oggetto del suo diritto o possesso.
Legittimato passivo è il titolare del diritto reale sul bene o il possessore del bene da cui possa scaturire il
danno.

Azione di danno tenuto: può essere esercitata sia a tutela del possesso che a tutela della proprietà o di
altro diritto reale di godimento.
L’azione ha finalità tipicamente cautelare.
Legittimato attivamente è il proprietario, titolare del diritto reale o al possessore nel caso in cui vi sia
pericolo di un grave danno al prossimo derivante da qualsiasi edificio, albero o altra cosa, senza che ricorri
l’ipotesi di nuova opera.
Legittimato passivo è il titolare del diritto reale sul bene o il possessore del bene da cui possa scaturire il
danno.

L’azione di nuova opera e di danno tenuto sono dette azioni di nunciazione poiché denunciano un fatto.

OBBLIGAZIONI
Relazione tra due soggetti in virtù della quale il soggetto passivo è tenuto ad eseguire una prestazione. Il
soggetto attivo esercita un diritto soggettivo relativo.

Sono trattate dall’art. 1173 al 2059.


Gli articoli dal 1173 al 1320 sono norme che si riferiscono alle obbligazioni in generali, esse nonostante si
applichino ad ogni obbligazioni che siano contrattuali o extracontrattuali, sono pensate principalmente per
i contratti, cioè il tipo di obbligazioni più frequenti.

La mancanza di una definizione nel codice civile è dovuto all’a-storicità, che trascende i limiti del
linguaggio, del concetto di obbligazione nella cultura giuridica occidentale di civil law.
Il rapporto di obbligazione dà luogo a due posizioni correlate: una posizione passiva, in cui sta il debitore a
cui fa capo l’obbligazione; e una posizione attiva in cui sta il creditore che fa capo al diritto di credito.
La relatività del diritto di credito è dovuta alla necessaria cooperazione che il debitore deve fare per
estinguere l’obbligazione, poiché il creditore non può prendersi il bene l’oggetto dell’obbligazione da sé.

Contrapposizione tra diritto reale e di credito: il diritto reale è un diritto sulla cosa caratterizzato da
assolutezza ed immediatezza; mentre il diritto di credito è un diritto nei confronti di un soggetto su un altro
obbligato ad eseguire una prestazione (relatività del diritto di credito).

Diritti personali di godimento: estinzione dell’obbligazione che consiste nel consentire che il creditore
tragga utilità da un bene (es. consentire ad un terzo di pescare in un lago del mio fondo). Il potere del
creditore è mediato e relativo, poiché il godimento del bene viene garantito solo dalla condotta del
debitore e poiché il proprio diritto si può esercitare solo con il debitore, manca cioè la tutela erga omnes e
l’immediatezza dei diritti reali di godimento da cui i diritti personali di godimento si distinguono.

Responsabilità patrimoniale: ai sensi dell’art.2740 il debitore che non adempie esattamente alla
prestazione, risponde dell’inadempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Vale a
dire che il creditore insoddisfatto può invocare misure coercitive solo sul patrimonio dell’obbligato.

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L’esecuzione forzata del pagamento o l’esecuzione forzata in forma specifica come la consegna di un bene,
di non facere ecc. è richiedibile dal creditore finché il patrimonio del debitore inadempiente lo consenta.

Fonti delle obbligazioni


Art.1173: Le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito, o da ogni altro atto o fatto idoneo a
produrle in conformità dell'ordinamento giuridico.

Le obbligazioni trovano origine dal:


• Contratto
• Atto illecito
• Qualsiasi atto o fatto in conformità dell’ordinamento giuridico

Atto: espressione che racchiude varie fonti di obbligazioni


1. Promesse unilaterali: dichiarazioni di volontà volte alla produzione
di effetti giuridici di una sola parte (es. titoli di credito)
Fatto: Fonti nominate
1. Gestione di affari altrui
2. Ripetizione dell’indebito
3. Azioni di ingiustificato arricchimento

Fonti innominate: tutti gli accadimenti ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge, che siano ritenuti
idonei alla produzione di obbligazioni alla luce dei principi e criteri dell’ordinamento, come:
• Il testamento: es. obbligazione nascente da un testamento del tipo “ti nomino mio erede, con
l’obbligo di istituire una borsa di studio a mio nome
• Atti illeciti dannosi: es. l’indennizzo riconosciuto al proprietario di un fondo interessato da
immissioni che superano la soglia di tollerabilità
• Rapporti nascenti da contratti nulli:
• Rapporto contrattuale di fatto o da contatto sociale: si hanno quando un’attività normalmente
prestata in esecuzione di un contratto viene effettuata in assenza di esso (es. attività di istruzione e
di vigilanza che la scuola e l’insegnante svolgono nei confronti dell’alunno, senza che egli abbia
firmato nessun contratto)

Il codice prevede e disciplina autonomamente la figura generale dell’obbligazione dagli art.1173-1320, a


prescindere dalla fonte da cui proviene, per poi approfondire una ad una la disciplina che proviene dalla
specifica fonte:
• Contratto: art. 1321-1986
• Promesse unilaterali: art.1987-1991
• Titoli di credito: art.1992-2007
• Gestione degli affari: art.2028-2032
• Pagamento dell’indebito: art. 2033-2040
• Arricchimento senza causa: art.2041-2042
• Fatti illeciti: art.2043-2059
Da ciò deriva che all’inadempimento dell’obbligazione si possano sommare le sanzioni dell’inadempimento
del tipo di obbligazione.

Le fonti delle obbligazioni sono atipiche, possono esserne proposte nuove basta che rispettino
l’ordinamento giuridico esistente:
• I contratti sono atipici poiché lasciati alla volontà ed autonomia dei privati
• I fatti illeciti sono atipici
• Gli atti e i fatti invece sono assolutamente tipici, poiché essi vanno incontro alla tutela della parte
promittente.

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Obbligazione naturale
Obbligazione in cui la prestazione richiesta non è dovuta in forza di una fonte delle obbligazioni ma bensì in
esecuzione di un dovere morale e sociale.
Diversamente dalle obbligazioni civili il debitore non è giuridicamente tenuto ad eseguire la prestazione
oggetto dell’obbligazione naturale ma se la esegue egli non può richiederne la restituzione (c.d. solutio
redentio).

art.2034: Non è ammessa la ripetizione di quanto è stato spontaneamente prestato in esecuzione di doveri
morali o sociali, salvo che la prestazione sia stata eseguita da un incapace.
I doveri indicati dal comma precedente, e ogni altro per cui la legge non accorda azione ma esclude
la ripetizione di ciò che è stato spontaneamente pagato, non producono altri effetti.

L’impossibilità alla restituzione avviene solo se concorrano:


• Spontaneità dell’esecuzione
• Capacità del soggetto che esegue la prestazione
• Da un lato la proporzionalità tra la prestazione eseguita e dall’altro i mezzi di cui l’adempiente
dispone e l’interesse da soddisfare

Alcune ipotesi di obbligazioni naturali (es. il gioco d’azzardo) sono tipizzate altre no
Obbligazioni naturali giurisprudenzialmente tipizzate: costituiscono adempimento di obbligazioni naturali
le prestazioni gratuite effettuate a favore del convivente more uxorio, l’adempimento spontaneo di una
disposizione testamentaria orale

Elementi del rapporto obbligatorio


I soggetti

Il creditore ed il debitore devono essere determinati o quanto meno determinabili.

Obbligazioni reali: titolarità passiva si determina in base alla titolarità della proprietà o di un altro diritto
reale su un determinato bene (es. le spese condominiale gravano sul singolo condomino a seconda del
valore della propria quota).
Obbligazioni ambulatorie: sono obbligazioni a soggetto determinabile, in cui la trasferibilità del credito
senza onere di comunicazione al debitore comporta che quest’ultimo ignori a chi dovrà effettuare la
prestazione al momento della scadenza (es. ipotesi di pagherò-cambiario, se il titolo è liberamente
trasferibile l’emittente non sa a chi dovrà effettuare il pagamento sino al momento dell’incasso).

Obbligazioni plurisoggettive

Obbligazione semplice: rapporto obbligatorio composto da un solo creditore e debitore


Obbligazione plurisoggettive: obbligazione cui faccia capo ad una pluralità di soggetti debitori/creditori.

Obbligazione solidale passiva: ciascuno dei più debitori è obbligato ad effettuare a favore dell’unico
creditore l’intera prestazione. L’esecuzione di questa fatta da uno qualsiasi, ha effetto liberatorio a favore
di tutti gli altri. Il creditore andrà a scegliere il debitore con maggiore disponibilità economica (deep pocket
money) per estinguere l’obbligazione, poi starà al debitore andare a regolarsi con gli altri condebitori.

Nei rapporti esterni fra debitore e creditore valgono i seguenti principi:


• Il creditore può rivolgersi a qualsiasi condebitore per l’esecuzione della prestazione, il condebitore
scelto non potrà esimersi dall’adempimento integrale, salvo legge o titolo non prevedano un

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beneficio di escussione (l’onere del creditore di procedere preventivamente nei confronti di un


altro debitore).
• L’effettuazione integrale della prestazione ad opera di uno estingue l’obbligazione per tutti.
• Il condebitore, cui sia richiesta l’esecuzione della prestazione può opporre al creditore le eccezioni
comuni (invalidità della fonte, avvenuta estinzione ecc.) ma non quelle personali altrui (che
riguardano esclusivamente il rapporto tra il creditore e uno o più condebitori: es. il vizio del
consenso che inficia il titolo di un altro dei condebitori)
• La costituzione in mora di uno dei debitori in solido non vale a costituire in mora gli altri
• L’atto con cui il creditore interrompe la prescrizione contro uno del debitore in solido vale per tutti
• La rinuncia del creditore alla solidarietà a favore di uno dei debitori non incide sulla natura solidale
dell’obbligazione per gli altri condebitori
• La transazione che abbia ad oggetto l’intero debito, stipulata dal creditore con uno dei condebitori,
non produce effetto nei confronti degli altri, ma gli altri debitori possono dichiarare di volerne
approfittare.
• La sentenza pronunciata tra creditore e uno dei debitori in solido non ha effetto nei confronti degli
altri condebitori

Nei rapporti interni fra i coobbligati valgono i seguenti principi:


1. Il carico della prestazione si divide fra i vari debitori in parti che si presumono uguali
2. Se uno dei condebitori in solido ha corrisposto al creditore l’intera prestazione, ha diritto di
richiedere a ciascuno degli altri la parte di rispettiva competenza tramite un’azione di regresso.
3. Nell’ipotesi in cui uno o più degli obbligati in via di regresso risulti insolvente, la perdita si ripartisce
fra tutti gli altri condebitori

Obbligazione solidale attiva: ciascuno dei più creditori ha diritto all’intera prestazione nei confronti
dell’unico debitore, l’esecuzione fatta a favore di uno dei creditori estingue l’obbligazione

Presunzione di solidarietà passiva: In caso in cui ci siano più soggetti obbligati si pone il problema del
definire l’obbligazione come parziaria o solidale. In aiuto interviene il codice che ai sensi dell’art.1294 “I
condebitori sono tenuti in solido, se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente” statuisce il principio
della c.d. presunzione della solidarietà passiva, secondo cui in caso di più debitori di una medesima
prestazione, gli stessi sono tenuti in solide salvo che la legge o il titolo dispongano diversamente. La regola
è vista in ottica di tutela del creditore, il quale si troverebbe in una situazione più agevole rispetto ad
un’obbligazione parziaria.

La solidarietà in caso di pluralità di creditori ricorra solo nelle situazioni espressamente previste dalla legge
o dal titolo.

Obbligazione parziaria passiva: si ha quando ciascuno dei più debitori è tenuto ad eseguire solo una parte
dell’unitaria prestazione, mentre la restante parte deve essere eseguita ciascuno la sua parte dagli altri
condebitori
Obbligazione parziaria attiva: ciascuno dei più creditori ha diritto solo ad una parte dell’unitaria
prestazione, mentre la restante parte della medesima prestazione deve essere eseguita a favore degli altri
creditore in base alla quota di rispettiva spettanza.

Divisibilità ed indivisibilità dell’obbligazione


Obbligazioni indivisibili: obbligazioni che hanno per oggetto una prestazione non suscettibile ad
adempimento parziale per la natura della prestazione (es. consegnare un cavallo) o per la volontà delle
parti (es. obbligazione di consegnare due biglietti aerei per un viaggio di nozze).
Obbligazioni divisibili: cioè quelle suscettibili di adempimento parziario della prestazione.

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La divisione è importante nelle obbligazioni plurisoggettive poiché ai sensi dell’art.1317 l’obbligazione


plurisoggettiva indivisibile è per forza solidale. Conseguentemente ad essa si applicano alcune differenze
previste dagli articoli 1318-1320.

La prestazione

La prestazione deve essere suscettibile di valutazione economica (patrimonialità della prestazione) e deve
rispondere ad un interesse, anche non patrimoniale del creditore (es. la prestazione consiste nella fruizione
di uno spettacolo teatrale).
La prestazione dovuta deve essere possibile, lecita e determinata o determinabile. Il rispetto di tali requisiti
dipende molto dal modo in cui le parti definiscono l’oggetto del rapporto.

Correttezza: ai sensi dell’art.1175 “Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della
correttezza” viene definito il principio di correttezza a cui deve attenersi il debitore quanto il creditore, in
nome dei doveri inderogabili di solidarietà ed etica sociali, previsto dall’art.2 della costituzione.
È ritenuto che Il principio di correttezza dell’art.1175 e il principio di buona fede oggettiva dell’art.1375:
• Impongano la tutela da entrambe le parti di mantenere una condotta che non comporti un
danneggiamento eccessivo della controparte (es. in ordine ai limiti in cui il debitore o al creditore è
consentito rifiutare l’adempimento offerto da un terzo nell’art.1180)
• Impongano il sorgere accanto all’obbligo principale di prestazione, una serie di obblighi di
protezione in capo al debitore, strumentali ed accessori rispetto all’obbligo di prestazione
finalizzato alla tutela degli interessi del creditore (es. obbligo di custodia di un’auto da parte del
meccanico fino alla consegna)

Le obbligazioni si dividono a seconda del tipo di prestazione:


• Obbligazioni di dare: prestazione che consiste nel trasferimento del diritto su un bene e nella
relativa consegna. Nel caso ci si riferisca ad un bene specifico (es. un quadro) si parla di
obbligazione specifica.
Nel caso ci riferisca solo al genere del bene (es. 100 kili di grano) si parla di obbligazione generica.
• Obbligazioni di facere: compimento di un’attività materiale (es. la realizzazione di un edificio da
parte dell’appaltatore) o giuridica (es. stipulazione di un contratto).
1. Obbligazione di mezzi: in cui il debitore è tenuto a svolgere una determinata attività, senza
però garantire che il creditore consegua il risultato sperato (es. l’avvocato si impegnerà a
difendere il cliente in tribunale ma non di vincere la causa)
2. Obbligazione di risultato: in cui il debitore è tenuto alla realizzazione di un determinato
risultato (es. l’appaltatore di obbliga a costruire un edificio, non di fare il possibile affinché
esso venga costruito)
Le due distinzioni però hanno solo finalità descrittive che però sono inutili al fine di
risolvere il problema pratico in quanto i due fattori concorrano sempre in misura maggiore
o minore in ogni tipo di obbligazione.
• Obbligazioni di non facere: obbligazioni negative la cui prestazione può consistere in un non dare o
in un non fare. In ogni caso, mirano al mantenimento della situazione esistente ma determinano
anche una restrizione alla libertà dell'obbligato. Pertanto, in alcuni casi il legislatore stabilisce
espressamente che esse devono avere una durata limitata nel tempo, come nel caso di patto di non
concorrenza (v. 2125 c.c.).

La prestazione si distingue in:


• Fungibile: se per il creditore non sono rilevanti né l’identità né le qualità personali di chi la esegue
(es. nell’obbligazioni pecuniarie chi paga è indifferente, basta che paghi)
• Infungibile: nel caso in cui l’identità e le caratteristiche del debitore siano fondamentali (es.
chiamare un Alvaro soler a cantare alla mia festa, se non è lui non è lo stesso)

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Obbligazioni senza prestazione: Talora vengono a crearsi obblighi di protezione che sorgono anche in
assenza di un’obbligazione avente come oggetto una prestazione, come nel caso dell’obbligo gravante sul
professionista di custodire le cose di un potenziale cliente, anche se non intenda accettare l’incarico.

L’oggetto dell’obbligazione

Art.1174: “La prestazione che forma oggetto dell'obbligazione deve essere suscettibile di valutazione
economica e deve corrispondere a un interesse, anche non patrimoniale, del creditore”

L’oggetto dell’obbligazione ai sensi dell’art.1174 è la prestazione dovuta.


Con riferimento alla prestazione dovuta si distinguono:
• Obbligazioni semplici: obbligazioni che hanno come oggetto un’unica prestazione, che il debitore
per estinguere l’obbligazione è per forza tenuto ad eseguire.
• Obbligazioni alternative: hanno come oggetto due o più prestazioni ma il debitore si libera
eseguendone una sola (es. concorso a premi in cui il vincitore può scegliere tra una moto o una
crociera) Se non è diversamente previsto, la scelta di quale prestazione eseguire compete al
debitore, dando luogo ad una concentrazione cioè alla riduzione delle prestazioni dedotte ad una.
Con l’esercizio della facoltà di scelta, l’obbligazione alternativa diviene semplice.
• Obbligazioni facoltative: hanno oggetto una sola prestazione ma il debitore ha facoltà di liberarsi
eseguendone un’altra (es. obbligazione pecuniaria avente come oggetto una somma di determinata
in una moneta non avente corso legale nello stato)

Differenza di disciplina: se l’obbligazione è alternativa in caso di impossibilità sopravvenuta l’obbligazione


diviene semplice ed il debitore è tenuto ad eseguire l’altra prestazione. In caso di obbligazione facoltativa
se l’impossibilità avviene per una causa non imputabile al debitore l’obbligazione si annulla, se diviene
impossibile l’altra l’obbligazione permane e se il debitore vuole liberarsi deve eseguire l’esatta prestazione.

Obbligazioni pecuniarie

Obbligazioni cui il debitore è tenuto dare al creditore una certa somma di denaro. Essa può essere estinta
mediante denaro contante oppure qualsiasi altro mezzo di pagamento che garantisca al creditore il
medesimo effetto del pagamento in contanti (es. assegno circolare, bancario ecc.).
Da ciò consegue che:
• Se il pagamento viene effettuato in contanti l’obbligazione si estingue al momento del pagamento
ed il creditore non può rifiutare il pagamento.
• Se il pagamento avviene mediante assegno ecc. il creditore può rifiutare il pagamento solo per
giustificato motivo e l’effetto liberatorio si verifica solo quando il creditore acquista la concreta
disponibilità della somma.

Principio nominalistico: principio espresso dall’art.1277 secondo cui il debitore si libera pagando la
quantità fissata di moneta, indipendentemente dal suo valore d’acquisto.
Al fine di cautelarsi le parti possono concordare delle clausole di indicizzazione, basate sui parametri ISTAT
al cui variare si modificherà parallelamente l’entità della somma da corrispondere, per alcuni tipi di
obbligazioni l’indicizzazione è stabilita dalla legge (es. assegni di mantenimento dei figli).
Il principio nominalistico non si applica per tutte le obbligazioni ma solo per quelle di valuta.

Obbligazioni di valuta: obbligazioni aventi fin dall’origine ad oggetto una somma di denaro quantificabile.
Obbligazioni di valore: obbligazioni aventi originariamente ad oggetto una prestazione diversa dalla
dazione di una somma di denaro, rappresentando la moneta solo come un bene sostitutivo di una
prestazione con diverso oggetto (es. obbligazione facente capo al responsabile di un incidente stradale, di
porre la vittima nella situazione in cui si sarebbe trovata se non si fosse verificato il sinistro, che si converte
in un obbligo di risarcimento in termini monetari). La liquidazione va effettuata in tre fasi:

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• Aestimatio: quantificazione in termini monetari del valore della prestazione al momento originario
• Taxatio: rivalutazione dell’importo, tenendo conto del valore d’acquisto odierno della moneta
• Liquidazione dell’ulteriore danno da ritardo dall’epoca in cui è sorta l’obbligazione, ed ottenimento
degli interessi compensativi.

Gli interessi
Particolare tipo di obbligazione pecuniaria, avente carattere accessorio rispetto all’obbligazione principale.

Gli interessi si distinguono in base alla fonte in:


• Interessi legali: se dovuti in forza di una previsione di legge, producono interessi di pieno diritto i
crediti liquidi (quelli il cui ammontare è determinabile mediante conteggio aritmetico) e crediti
esigibili (quelli il cui creditore è legittimato a chiedere l’immediato pagamento), salvo legge o titolo.
• Interessi convenzionali: interessi dovuti in forza dell’accordo stabiliti tra le parti

Gli interessi si distinguono anche in base alla funzione in:


• Interessi corrispettivi: dovuti al creditore sui capitali concessi a mutuo, lasciati nella disponibilità di
terzi o quelli dovuti sui crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro: essi rappresentano una sorta
di corrispettivo per il godimento che il debitore ha del denaro del creditore.
• Interessi compensativi: quelli dovuti al creditore delle obbligazioni di valore. Essi rappresentano un
compenso del danno sofferto dal creditore per il mancato tempestivo ottenimento della
prestazione dovutagli (es. in caso di incidente stradale, per i ritardi causati dai vari accertamenti)
Questa figura è stata creata per non lasciare il creditore privo degli interessi in caso di illiquidità del
credito di valore non consenta la decorrenza di pieno diritto degli interessi corrispettivi.
• Interessi moratori: sono dovuti dal debitore in mora, anche se non erano dovuti interessi e senza
che il creditore abbia subito nessun danno. Rappresentano una sorta di risarcimento per il ritardo
del pagamento del debitore.

Tasso d’interesse: ammontare in misura percentuale dell’obbligazione degli interessi rispetto all’entità del
capitale obbligazione principale, è in relazione al tempo rispetto al quale gli interessi sono dovuti.
• Tasso legale: fissato in misura pari al 5% in ragion d’anno, può essere modificato dal ministero
dell’economia in base al rendimento medio annuo dei titoli di stato. Il tasso legale si applica agli
interessi legali, corrispettivi, compensativi, moratori.
• Tasso convenzionale: viene fissato per accordo tra le parti, il relativo patto richiede forma scritta ad
substantiam qualora il tasso d’interesse sia superiore a quello legale.

Interessi usurari: interessi che risultano sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro, quando chi li ha
dati o promessi si ritrova in condizioni di difficoltà economica. Ai sensi dell’art.1815 nel caso fossero
convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi.

Anatocismo bancario: produzioni di interessi su interessi, possono essere prodotti salvo che gli usi lo
permettano e che intervenga una domanda giudiziale appositamente diretta alla costituzione degli interessi
anatocistici o ad una convenzione, posteriore alla scadenza degli interessi primari che li preveda.

Modificazione dei soggetti del rapporto obbligatorio


Successione nel debito e nel credito: ai soggetti originari del rapporto obbligatorio possono sostituirsi o
aggiungersi altri soggetti (es. in caso di morte del creditore/debitore l’erede succede nel debito/ credito)
Ciò può verificarsi in caso di:
• Successione a titolo universale: la modificazione riguarda contemporaneamente tutti i rapporti
facenti parte del dante causa, ad esclusione dei rapporti intrasmissibili.

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• Successione a titolo particolare: la modificazione riguarda il singolo rapporto.

Le cose illustrate tratteranno in caso del secondo scenario

Modificazione nel lato attivo del rapporto obbligatorio

Singole ipotesi di modificazione nel lato attivo: possono realizzarsi per atto inter vivos a titolo particolare
mediante le figure di:
• Cessione del credito
• Delegazione attiva
• Pagamento con surrogazione

Cessione del credito


Disciplinato dall’art.1260, la legge ne parla con due accezioni differenti:
1. Indica il contratto con il quale il creditore cedente pattuisce con un terzo cessionario il
trasferimento in capo a quest’ultimo del suo diritto di credito verso il debitore ceduto
2. Indica l’effetto del contratto di cessione del credito

Di norma qualsiasi credito può essere ceduto per il principio della libera cedibilità dei crediti, salvo che:
• Il credito abbia carattere strettamente personale (es. crediti alimentari)
• Il trasferimento sia vietato per legge (es. art.1261)
• La cessione sia stata convenzionalmente esclusa dalle parti
Oggetto della cessione, purchè a titolo oneroso, possono essere anche i crediti futuri, sempre che esista già
il rapporto dal quale i crediti deriveranno al momento del perfezionamento del contratto.

Accordo di cessione: il contratto di cessione di perfeziona tramite un accordo tra cedente e cessionario,
non è richiesta l’accettazione del debitore all’accordo, in quanto egli rimane in qualsiasi caso estraneo.
Variabilità della causa: poiché il contratto di cessione del credito svolge molteplici funzioni, infatti può
prevedere: a favore del cedente un corrispettivo in denaro (vendita di credito), una prestazione di altra
natura, come la cessione può avere luogo anche senza un corrispettivo (donazione di credito) oppure in
funzione di garanzia o per estinguere un diverso debito del cedente verso il cessionario (cessione solutoria)
il contratto di cessione viene definito come contratto a causa variabile.

Effetti della cessione

Efficacia fra cedente e cessionario: il credito è trasferito dal cedente al cessionario in forza del principio del
consenso traslativo
Efficacia nei confronti del debitore: per far sì che l’accordo di cessione abbai effetto è necessario che la
cessione venga notificata al ceduto o sia da lui accettata.
Efficacia verso terzi: L’accettazione o la notificazione della cessione servono a rendere la cessione
opponibile a terzi (es. se il cedente ha ceduto il credito prima tizio e poi a Caio, ed è stata notificata o
accettata per prima, con atto di data certa, la cessione fatta a Caio, è questa a prevalere.
La notificazione o l’accettazione sono atti a forma libera
Effetti sull’obbligazione: la cessione non modifica la natura dell’obbligazione.
Opponibilità del ceduto al cessionario: art.1248

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Rapporti tra cedente e cessionario


In caso di cessione a titolo oneroso: il cedente, salvo patto contrario, garantisce al cessionario l’esistenza
del credito al momento della cessione per il principio della veritas nominis. Tuttavia non garantisce la
solvenza del debitore, cioè la realizzabilità del credito c.d. bonitas nominis. (art.1266, 1267)
In caso di cessione a titolo gratuito: il cedente garantisce la veritas nominis solo se l’abbia espressamente
promessa, in ogni caso, non garantisce la bonitas nominis. Sia in caso di cessione a titolo gratuito o
oneroso, il cedente con apposito patto può assumersi la garanzia della solvenza del debitore.
Cessione pro solvendo: caso in cui la cessione sia stata effettuata per estinguere un debito del cedente
verso il cessionario, si presume che la liberazione del cedente si verifichi solo quando il cessionario abbia
ottenuto il pagamento dal debitore.
Cessione pro soluto: caso in cui il cessionario liberi il cedente senza garanzie, accollandosi l’intero rischio
della solvenza del debitore ceduto.

Cessione dei crediti d’impresa e Factoring ?


Cartolarizzazione del credito ?

Delegazione attiva

Figura atipica, in quanto il codice si occupa solo della delegazione passiva nell’art.1268. Comunque viene
ritenuta una facoltà dell’autonomia negoziale delle parti dar luogo anche ad una delegazione attiva.
Nozione: consiste in un accordo trilaterale, in forza del quale il creditore delegante delega il debitore
delegato ad impegnarsi ad effettuare la prestazione al terzo delegatario
Effetti: il delegato diviene, di regola, debitore nei confronti sia del delegante sia del delegatario
c.d. delegazione cumulativa; salvo che le parti abbiano concordato la liberazione del delegato nei confronti
del delegante c.d. delegazione liberatoria

Differenza con la cessione del credito: Nella cessione del credito, l’accordo viene stretto fra cedente e
cessionario, mentre il debitor, cui la cessione viene solo notificata, rimane estraneo; inoltre, nella cessione
vi è una sostituzione fra cedente e cessionario. Nella delegazione attiva l’accordo vede come parte anche il
debitore; inoltre, l’effetto della delegazione attiva è di regola cumulativo.

Modificazioni nel lato passivo del rapporto obbligatorio

La modificazione del soggetto passivo può realizzarsi a titolo particolare, mediante le figure di:
• Delegazione passiva: art. 1268-1271
• Espromissione: art. 1272
• Accollo: art. 1273 ss.
La sostituzione del debitore non è possibile senza l’espressa volontà del creditore; se questa manca, il
precedente debitore non viene liberato, ma si aggiunge un nuovo soggetto passivo a quello già presente.

Delegazione passiva

Si distingue in:
• Delegazione a promettere
• Delegazione di pagamento

Delegazione a promettere: consiste in un negozio trilaterale, in forza del quale il debitore delegante,
delega il terzo delegato ad obbligarsi ad effettuare un pagamento a favore del creditore delegatario.

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La delegazione presuppone che il delegante sia creditore del delegato e debitore del delegatario (es. tizio,
indebitato con caio, obbliga sempronio a pagare a caio la cifra, poiché sempronio era debitore di tizio).
Il fatto che il delegato si assuma l’obbligo di effettuare ila prestazione del delegante non libera quest’ultimo
dal debito originario; il delegante resta infatti obbligato in solido insieme al delegato. Tuttavia, il
delegatario con dichiarazione espressa può liberare subito il delegante, conservando come unico debitore il
delegato (delegazione liberatoria). Ciò comporta l’estinzione di tutte le garanzie annesse al credito, sempre
che il delegante non acconsenta di mantenerle.
In caso il delegato fosse insolvente già al momento in cui ha assunto l’obbligo verso il delegatario,
quest’ultimo mantiene il suo credito nei confronti del delegante nonostante la liberatoria.

L’obbligazione del delegato varia a seconda che nell’accordo di delegazione, venga o meno fatto
riferimento ad una o ad entrambi i rapporti ricorrenti fra le parti:
• Rapporto di provvista: rapporto fra delegante e delegatario
• Rapporto di valuta: rapporto fra delegante e delegato

Delegazione titolata: se viene fatto riferimento ai rapporti fra le parti


1. In caso il delegato abbia promesso di pagare al delegatario quanto dovesse al delegante (in
base al rapporto di provvista), potrà opporre al delegatario tutte le eccezioni che avrebbe
potuto opporre al delegante (art.1271, comma 2).
2. In caso il delegato abbia promesso di pagare al delegatario quanto gli dovesse il delegante
(in base al rapporto di valuta), potrà opporre al delegatario tutte le eccezioni che a
quest’ultimo avrebbe potuto opporre il delegante (art.1271, comma 3)
3. In caso il delegato abbia promesso di pagare al delegatario quanto questi deve ricevere dal
delegante, ma nei limiti di quanto da esso delegato dovuto al delegante, potrà opporre sia
le eccezioni che avrebbe opporre al delegante, sia quelle al delegante verso il delegatario.
Delegazione pura: se non viene fatto riferimento ai rapporti fra le parti
1. In caso il delegato avesse promesso di eseguire al delegatario un pagamento non riferito né
al rapporto di provvista né di valuta, non potrà opporre al delegatario eccezioni; tranne che
in caso di nullità del rapporto di valuta, potrà opporre le eccezioni relative al rapporto di
provvista.

In ogni caso il delegato potrà opporre eccezioni relative ai suoi rapporti con il delegatario (es. nullità
dell’accordo di delegazione, compensazione con credito ecc.)

Delegazione con pagamento: consiste in un accordo fra debitore ed un terzo, il quale non è tenuto ad
accettare, in forza del quale il debitore delegante, delega il terzo delegato ad effettuare una determinata
prestazione a favore del creditore delegatario (es. ordine di bonifico del correntista impartito alla banca)
La delegazione, seguita dal pagamento da parte del delegato, ha funzione immediatamente solutoria
dell’obbligazione e non di modificazione del soggetto passivo.
Il pagamento effettuato dal delegato al delegatario:
• vale come se fosse stato fra delegante e delegatario
• vale come se fosse stato fra delegato e delegante
Il delegante può revocare la delegazione fino a quando il delegato non abbia assunto l’obbligazione nei
confronti del delegatario o quando non abbia ancora effettuato il pagamento.

Espromissione

Ai sensi dell’art.1271, è un contratto fra creditore ed un terzo, in forza del quale il terzo espromittente, si
impegna nei confronti del creditore espromissario, a pagare un preesistente debito dell’originale debitore
espromesso (es. padre che si obbliga verso il creditore a pagare il debito del figlio).
L’espromissione è considerato un contratto unilaterale in quanto derivano obbligazioni solo per il terzo.

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Spontaneità dell’iniziativa del terzo espromittente: elemento caratteristico dell’espromissione: cioè


nell’assenza di delega da parte del debitore originario.

Come la delegazione, l’espromissione è di regola cumulativa: cioè, il terzo è obbligato in solido con il
debitore originario. L’espromissario con una dichiarazione espressa può decidere di liberare espromesso, in
tal caso, rimarrebbe come debitore solo l’espromittente (espromissione liberatoria)
Effetti: il terzo espromittente subentra nella stessa posizione del debitore originario; perciò, come il
delegato nella delegazione, non può opporre al creditore le eccezioni relative ai suoi rapporti con il
debitore originario (es. il padre espromittente non può opporre in compensazione al terzo, il credito che lo
stesso padre ha nei confronti del figlio).
L’espromittente però può opporre al creditore le eccezioni che a quest’ultimo avrebbe potuto fare il
debitore originario, ad esclusione di quelle personali (Es. vizi del consenso, incapacità del debitore orig.)

Distinzione con l’adempimento del terzo: l’espromissione non consiste nell’ipotesi in cui il terzo non si
limiti a promettere il pagamento al creditore, istituendo un’obbligazione, ma addirittura provveda
senz’altro al pagamento del debito altrui, pur non essendovi obbligato.

Accollo
Ai sensi dell’art.1273, è un accordo bilaterale tra il debitore e un terzo, in forza del quale il terzo accollante,
assume a proprio carico l’onere di procurare al creditore accollatario, il pagamento di un debito del primo
debitore accollato.

Accollo interno: di natura atipica, si ha quando le parti non intendono attribuire alcun diritto al creditore
accollatario verso l’accollante: cioè, che l’accollante si impegna soltanto con il debitore accollato e
conseguentemente, il creditore non acquista un nuovo debitore.
• L’accollatario non ha diritto di rivolgersi all’accollante per ottenere il pagamento del suo credito
• L’accollante, in caso di mancata osservanza dell’obbligo assunto, risponde dell’inadempimento
soltanto all’accollato
• L’accollante e l’accollato possono in qualsiasi momento accordarsi per modificare l’impegno
assunto dall’accollante

Accollo esterno: si ha quando l’accordo tra accollante e accollato si presenta come contratto in favore di
terzi: quando cioè, l’accollante e l’accollato decidono di conferire all’accollatario il diritto di prendere
direttamente dall’accollante stesso l’adempimento del proprio credito
• Accollo cumulativo: se il debitore originario resto obbligato in soldi con l’accollante
• Accollo liberatorio: se l’accollato resta liberato, rimanendo obbligato solo l’accollante. Perché tale
cosa avvenga è necessaria una dichiarazione espressa ed inequivoca del creditore o un previo
accordo fra accollante e accollato.

Eccezioni opponibili al creditore: l’accollante può opporre le eccezioni relative al contratto di accollo
dell’art. 1273, oltre anche a quelle che avrebbe potuto opporre all’accollato

Distinzione fra accollo interno ed esterno: dipende se le parti abbiano (esterno) o meno (interno)
attribuito al creditore accollatario il diritto di pretendere l’adempimento direttamente all’accollante.

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L’estinzione dell’obbligazione
L’obbligazione poiché di natura temporanea è destinata ad estinguersi.
L’obbligazione si estingue solitamente a seguito dell’adempimento della prestazione dovuta, il legislatore
prevede comunque altri modi in cui il rapporto obbligatorio cessa di esistere:
1. Morte del debitore in caso di prestazione infungibile
2. Compensazione (art.1241-1252)
3. Confusione (1253-1255)
4. Novazione (art.1230-1235)
5. Remissione (art.1236-1240)
6. Impossibilità sopravvenuta (art.1256-1259)

Questi modi vengono chiamati modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento

L’adempimento
Consiste nella esatta realizzazioni della prestazione dovuta, il legislatore stabilisce che, nell’adempiere
l’obbligazione, il debitore debba usare la diligenza del buon padre di famiglia (art.1176): cioè usando
attenzione, prudenza e perizia nei preparativi dell’adempimento e che esso sia in conformazione con il
contenuto dell’obbligo assunto.

Clausole di esonero da responsabilità: le parti possono convenire per inasprire o attenuare la diligenza
richiesta dal legislatore, sarebbe però nullo il patto in cui le parti convenissero preventivamente di
escludere o di limitare la responsabilità del debitore per inadempienze dovute a dolo o colpa grave.
Adempimento parziale: il creditore può se vuole rifiutare un pagamento parziale del debitore, poiché il
debitore è tenuto all’esatta prestazione; ciò anche se la prestazione è divisibile.

Il debitore può adempiere in modo diretto o indiretto, incaricando un terzo, del cui comportamento è
responsabile di fronte al creditore.
Pagamento eseguito da un incapace: ai sensi dell’art.1191-1992, il debitore che ha eseguito la prestazione
dovuta non può impugnare il pagamento a causa della propria incapacità o lo abbia effettuato con cose di
cui non poteva disporre.
Quietanza: dichiarazione di scienza in forma documentale, in forza del quale il creditore dichiara di aver
ricevuto l’adempimento della prestazione. Essa ha funzione di prova documentale precostituita e ha natura
assimilabile alla confessione stragiudiziale, fa piena prova dell’avvenuto adempimento.
Quietanza liberatoria: dichiarazione che libera, poiché fa intendere che il creditore non abbia più nulla da
chiedere al debitore.

Destinatario dell’adempimento

DI regola, il debitore deve eseguire direttamente la prestazione al creditore.


Occorre però che il creditore sia capace legalmente e naturalmente di ricevere la prestazione, in caso
contrario il debitore sarebbe obbligato a pagare una seconda volta, a meno che non abbia dimostrato che il
creditore abbia trovato vantaggio dalla precedente operazione; perciò, il debitore deve eseguire il
pagamento nelle mani del rappresentante legale del creditore.

Pagamento all’adiectus solutionis causa: Il debitore può pagare anziché al creditore, a un soggetto indicato
come legittimo a ricevere il pagamento: l’indicatario (es. accreditare il pagamento su un conto corrente).
Pagamento a soggetto non legittimato: il debitore non si libera dell’obbligazione
Pagamento al creditore apparente: il debitore si libera dell’obbligazione, se paga incolpevolmente in buona
fede a una persona che in circostanze univoche appare essere il creditore. Eccezionale è il caso del
pagamento di assegno non trasferibile

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Pagamento all’indicatario apparente: si ritiene che il debitore si liberi, se paga ad un soggetto diverso dal
creditore che appaia autorizzato a ricevere l’adempimento per conto di quest’ultimo (es. pagare al
commesso che si sia abusivamente seduto alla cassa del negozio). Il debitore deve appellarsi oltre al
principio di apparenza, dimostrare che il suo errore sia derivante da un comportamento colposo del
creditore, che abbia fatto sorgere nel debitore in buona fede l’errato convincimento che il soggetto a cui
abbia compiuto la prestazione fosse l’indicatario.

Luogo dell’adempimento

Il luogo dell’adempimento è solitamente indicato nel titolo costituivo del rapporto obbligatorio (es.
contratto, testamento), o è determinato dagli usi o dalla natura della prestazione (es. obblighi del giocatore
di una squadra di calcio)

Il legislatore oltre ai principi canonici, prescrive delle norme suppletive in caso di evenienza:
• L’obbligazione di consegnare una cosa certa e determinata va adempiuta nel luogo in cui la cosa si
trovava quando l’obbligazione è sorta
• L’obbligazione di pagare una somma di denaro, se determinabile o determinata, va adempiuta al
domicilio del creditore nel momento della scadenza: obbligazione portable
• In tutti gli altri casi l’obbligazione va sempre adempiuta al domicilio che il creditore ha al momento
della scadenza: obbligazione querables.

Distinzione fra portable e querables: le distinzioni fra le due forme sono importanti sia per determinare il
luogo dell’adempimento, sia quanto riguarda la mora del debitore.

Tempo dell’adempimento

Varia a seconda che l’obbligazione sia:


• Obbligazione di durata: occorre determinare il momento inziale e finale della prestazione dovuta
1. ad esecuzione continuata (es. obbligazioni del lavoratore dipendente)
2. ad esecuzione periodica (es pagare gli interessi)
• Obbligazioni cui bisogna solo determinare il dies solutionis
1. Obbligazioni ad esecuzione istantanea (es. pagamento al bar)
2. ad esecuzione differita (es. appaltatore che consegna l’immobile che doveva realizzare)
3. ad esecuzione periodica (es. conduttore che deve pagare il canone di locazione)

Il termine dell’adempimento è spesso indicato nel titolo costituivo dell’obbligazione (es. affitto)
Il termine fissato per l’adempimento si presume sia a favore del debitore, con la conseguenza che il
creditore non possa esigere la prestazione prima della scadenza, mentre il debitore può adempiere anche
prima del tempo fissato: prestazione inesigibile ma eseguibile
Termine fissato a favore del creditore: il creditore può pretendere l’adempimento prima della scadenza,
mentre il debitore non può adempiere prima della data di scadenza: prestazione esigibile ma ineseguibile.
Termine fissato in favore di entrambi: né il creditore né il debitore possono pretendere di ottenere o
eseguire la prestazione prima della scadenza: prestazione inesigibile ed ineseguibile.

Decadenza dal termine: il debitore decade dal termine fissato a suo favore, cioè il creditore può agire in
giudizio come se il termine fosse già scaduto, quando il debitore abbia diminuito le garanzie che aveva
dato, o non abbia offerto le garanzie promesse oppure sia divenuto insolvente
Stato di insolvenza: consegue la decadenza del debitore dal beneficio del termine, è costituito da una
situazione di dissesto economico, sia pur temporaneo che impedisca al debitore di soddisfare regolarmente
le proprie obbligazioni. ???

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Ai sensi dell’art.1183, Se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, il creditore
può esigerla immediatamente per il principio dell’immediata esigibilità della prestazione.
Qualora tuttavia, in virtu' degli usi o per la natura della prestazione, per il modo o il luogo dell'esecuzione,
sia necessario un termine, questo, in mancanza di accordo delle parti, è stabilito dal giudice.

Transazione commerciale?

Limitazione all’uso del contante: il pagamento in contanti può essere fatto solo per somme minori di 3000
euro, per tutti i trasferimenti superiori bisogna rivolgersi alle banche.

Adempimento del terzo


In caso di prestazione infungibile: il creditore può legittimamente rifiutare la prestazione che il debitore gli
proponga, così come una prestazione spontaneamente offerta dal terzo (es. il creditore rifiuta che il
cantante si faccia sostituire da un altro)
In caso di prestazione fungibile: il creditore non può rifiutare legittimamente la prestazione, se essa gli
venga offerta in modo spontaneo, unilaterale e libero da parte di un terzo.
Un eventuale rifiuto potrebbe determinare le conseguenze della mora del creditore.
Solo se il debitore ha espressamente comunicato la propria opposizione, il creditore può rifiutarsi di
accettare il pagamento.

Differenza fra promessa di adempiere un obbligo altrui e adempimento dell’obbligo altrui: la promessa
viene fatta attraverso le figure di accollo, espromissione e delegazione a promettere.

Diritti del terzo nei confronti del debitore: il terzo solitamente adempie all’obbligo altrui in accordo con il
debitore originario, il quale dovrà estinguere il debito con il terzo; oppure agisce per puro spirito di
liberalità (es. il padre che paga il debito al figlio) o per surrogarsi, per volontà del creditore, ai suoi diritti nei
confronti del debitore ecc.
Comunque sia, a meno che l’adempimento non sia stato compiuto per spirito di liberalità, il terzo potrà
esperire l’azione di arricchimento verso il debitore che si sia avvantaggiato ingiustamente.

Imputazione del pagamento

Funzione: se un soggetto ha più debiti verso la stessa persona, e non può estinguerli tutti in una sola
prestazione ha importanza determinare quale sia il debito da estinguere per primo.

Criteri legali di imputazione: hanno valore suppletivo, essendo destinati ad operare solo laddove né il
debitore né il creditore in sede di quietanza, abbiano effettuato l’imputazione.
Il debitore ai sensi dell’art.1193, ha la facoltà al momento del pagamento di specificare quale debito egli
stia estinguendo.
In mancata imputazione da parte del debitore, il pagamento deve essere imputato al debito scaduto.
• Tra i debiti scaduti, va pagato quello con meno garanzie.
• Tra debiti ugualmente garantiti, quello più oneroso
• Tra debiti ugualmente onerosi, quello più antico
• Se non concorrono questi casi, l’imputazione va fatta proporzionale ai vari debiti.

Quietanza con imputazione: qualora il debitore avesse accettato senza contestazione, una quietanza in cui
il creditore imputa il pagamento ad un determinato debito, il debitore non può più pretendere
un’imputazione diversa.

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Pagamento con surrogazione


Sostituzione del creditore con un’altra persona, in tal caso l’obbligazione non si estingue ma muta
direzione, in quanto all’originario creditore se ne sostituisce uno nuovo.
La surrogazione dà luogo ad una successione nel lato attivo del rapporto obbligatorio.
La figura ha la finalità di agevolare l’adempimento verso il creditore originario, con l’attribuzione al terzo
dei diritti e delle garanzie derivante dal rapporto obbligatorio.

Differenza con cessione del credito e delegazione attiva: la surrogazione suppone che l’obbligazione sia
adempiuta, che il creditore sia soddisfatto; mentre nella cessione e delegazione attiva, l’adempimento non
è ancora svolto.

La surrogazione può avvenire:


• Per volontà del creditore: che ricevendo il pagamento da un terzo, può dichiarare di volerlo far
subentrare al suo posto come nuovo creditore
• Per volontà del debitore: che prendendo a mutuo una somma di denaro al fine di pagare il debito,
può surrogare il mutuante nella posizione di creditore
• Per volontà della legge: come nei casi prescritti dall’art.1203

Contratti bancari?

Prestazione in luogo di adempimento c.d. Datio in solutum

Il creditore ha diritto a rifiutare una prestazione diversa da quella stabilita, anche se di maggior valore.
Tuttavia, può accettare se crede che il debitore si liberi eseguendo una prestazione diversa da quella
dovuta, come prescrive l’art.1197: datio in solutum (es. rispetto al pagamento di una somma di denaro il
creditore acconsente ad uno scambio di merci).

Differenza con la novazione o modificazione del contenuto dell’obbligazione: l’accordo per l’estinzione
dell’obbligazione tramite datio in solutum non modifica il contenuto dell’obbligazione, perché il debitore
rimane sempre legato alla prestazione orignaria. Il creditore può sempre rifiutare la prestazione sostituiva,
il contratto si realizza nel momento in cui il debitore abbia compiuto effettivamente l’altra prestazione.
Datio mediante cessione di credito: quando in luogo dell’adempimento è ceduto il credito, l’obbligazione si
scioglie al momento della riscossione, salvo volontà delle parti.
Datio mediante cessione di proprietà: il debitore è tenuto alla garanzia per l’evizione e per i vizi della cosa,
secondo le norme dettate per il contratto di compravendita, salvo che il creditore non esiga la prestazione
originaria ed il risarcimento del danno

Mora del creditore

Normalmente per la realizzazione dell’adempimento è anche necessaria la collaborazione del creditore (es.
la consegna di un pacco non si può effettuare, se il cliente non apra la porta)
Nella maggior parti dei casi il creditore collabora volentieri, ma non si può escludere che il creditore abbia
interesse a non essere collaborativo (es. impedire al debitore di estinguere il debito per continuare a
percepire gli interessi derivanti dalla sua inadempienza).
La giurisprudenza ritiene quindi che in capo al creditore vi sia un dovere, in rispetto del principio di
correttezza e buona fede oggettiva dell’art.1175, di cooperare all’adempimento dell’obbligazione con tutte
le attività necessarie all’estinzione dell’obbligazione.

Qualora il creditore senza legittimo motivo, rifiuti di ricevere l’adempimento offertogli dal creditore od
ometta di compiere gli atti preparatori per il ricevimento della prestazione (es. non predisponendo dei

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locali dove collocare la merce consegnata) il debitore può mediante un’offerta della prestazione, costituire
il creditore in mora: mora credendi

Offerta: dichiarazione del debitore di volersi liberare dall’obbligazione

Quando l’obbligazione ha per oggetto la dazione di una cosa, l’offerta può essere:
• Solenne: quando fatta ad un pubblico ufficiale (es. notaio).
1. Offerta reale: se l’obbligazione ha per oggetto la dazione di denaro o cose mobili il pubblico
ufficiale deve portare con sé i beni che costituiscono la prestazione da adempiere, in modo
che, se il creditore accettasse possa essere eseguito il pagamento.
2. Offerta per intimazione: se l’oggetto della prestazione non è tra quelli elencati (es.
inquilino che alla scadenza della locazione, vuole riconsegnare la casa al proprietario),
l’offerta si fa mediante intimazione: atto notificato al creditore.
• Secondo gli usi: (es.?) a differenza di quella solenne, gli effetti della mora non si verificano dal
giorno dell’offerta ma da quello dopo del deposito delle cose dovute (art.1208)

Perché la mora del creditore sia valida, l’offerta deve coprire la totalità della prestazione dovuta.

Deposito: se il creditore non accettasse l’offerta, affinché il debitore ottenga la liberazione


dall’obbligazione è necessario se abbia per oggetto la consegna di beni mobili: il loro deposito; se abbia per
oggetto la consegna di immobili: è necessaria la consegna al sequestratario nominato dal giudice.
Convalida giudiziale: se l’offerta ed il deposito non vengono accettati dal creditore è necessario far
eseguire un giudizio, nel quale devono essere accertate la ritualità dell’offerta, del deposito e la legittimità
o meno del rifiuto opposto dal creditore

Quando l’obbligazione ha per oggetto un facere: l’offerta si fa mediante intimazione al creditore di


ricevere la prestazione o di compiere gli atti necessari a renderla possibile.

L’offerta non formale (es. mediante lettera), anche se seria, tempestiva e completa, non costituisce in mora
il creditore. Essa vale solo ad escludere la mora del debitore.

Modi di estinzioni diversi dall’adempimento


Compensazione
Quando a determinate condizioni, in presenza di rapporti obbligatori reciproci: cioè in cui un soggetto sia
creditore in un rapporto, ma debitore in un altro, sempre nei confronti della stessa persona; i due soggetti
del rapporto obbligatorio decidono di estinguere l’obbligazione in modo totale o parziale, senza bisogno di
procedere ai rispettivi adempimenti.

????? Compensazione impropria: non si ha una compensazione in senso stretto se non vi è l’autonomia dei
reciproci rapporti di debito/credito; perciò, non è possibile una compensazione quando i ????
Crediti non suscettibili di compensazione: nonostante la compensazione si verifichi qualunque sia il titolo
dell’uno o dell’altro debito, alcuni crediti per la loro causa esigono che la prestazione sia in ogni caso
eseguita. Essi sono indicati nell’art.1246, il più importante è il credito agli alimenti.
Oltretutto la compensazione non è ammessa tra un’obbligazione civile e una naturale: unico effetto di
quest’ultima è la soluti retentio.

La legge prevede tre tipi di compensazione:


1. Compensazione legale
2. Compensazione giudiziale
3. Compensazione volontaria

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Compensazione legale: si ha quando i crediti reciproci presentino cumulativamente i caratteri di:


• Omogeneità: i crediti devono avere per oggetto una somma di denaro o quantità di bene fungibili
dello stesso genere (es. somma di denaro, carico di grano)
• Liquidità: i crediti devono essere già determinati nel loro ammontare e non contestabili nella loro
esistenza o ammontare
• Eseguibilità: i crediti debbono essere suscettibili ad immediata richiesta di adempimento.
Per far sì che la compensazione legale operi è necessario che la parte la faccia valere in giudizio, ciò
permette di dire che la compensazione legale non sia rilevabile d’ufficio. Tuttavia, i debiti non si estinguono
il giorno della sentenza, ma dal momento della loro coesistenza ex tunc, per effetto di legge.

Compensazione giudiziale: si ha quando, nel corso di un giudizio, venga invocato un credito liquido ed
eseguibile, e l’altra parte opponga in compensazione un controcredito omogeneo, non contestato ed
esigibile, ma non ancora liquido.
I due debiti si estinguono quando il giudice emette la sentenza, a patto che il credito di compensazione sia
di facile e pronta liquidazione.

Compensazione volontaria: si ha quando le parti si accordano per rinunciare scambievolmente ai rispettivi


crediti, seppure gli stessi non presentino i requisiti per far luogo a compensazione legale o giudiziale.
Compensazione facoltativa: si differenzia da quella volontaria poiché si ha quando una parte rinunzia a far
valere un ostacolo che si frapporrebbe alla compensazione legale (es. consente che si operi la compensano,
nonostante il credito non sia ancora scaduto).

Confusione

Ai sensi dell’art.1253, quando le qualità di ceditore e debitore vanno a confluire nella stessa persona (es. il
creditore diventa erede del debitore) l’estinzione si estingue per confusione.
In caso di successione ereditaria, non si ha confusione se l’erede accetta con il beneficio d’inventario.
L’estinzione dell’obbligazione per confusione determina anche la liberazione degli eventuali terzi che
abbiano prestato garanzie per il debitore.

Novazione

Contratto con il quale i soggetti di un rapporto obbligatorio sostituiscono a quello originale un nuovo
rapporto obbligatorio con nuove ed autonome situazioni giuridiche.

Novazione soggettiva: quando la sostituzione riguarda il debitore, il quale viene liberato. Ad essa si
applicano le norme relative alla delegazione, espromissione e accollo.
Novazione oggettiva: quando la sostituzione riguarda l’oggetto (es. sostituire i soldi con un carico di grano)
o il titolo (es. passare da vendita a mutuo).
Perché vi sia una novazione oggettiva è necessaria la presenza di due presupposti:
1. Presupposto oggettivo: consiste nella modificazione sostanziale dell’oggetto o del titolo. Non
basterebbero il rilascio di un documento o la sua rinnovazione, l’apposizione o eliminazione di una
modificazione accessoria dell’obbligazione (es. cambiare la data dell’adempimento).
2. Presupposto soggettivo: consiste nella comune volontà delle parti di estinguere la vecchia
obbligazione (animus novandi)
L’animus novandi distingue la confusione dal datio in solutum

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Remissione
Negozio unilaterale recettizio, in forza del quale il creditore rinuncia parzialmente o totalmente al proprio
credito. Essa produce l’estinzione del debito nel momento in cui la dichiarazione del creditore è comunicata
al debitore.
L’art.1237 stabilisce una presunzione assoluta di remissione: Restituzione volontaria del titolo originale del
credito, dal creditore al debitore, vale come liberazione dall’obbligazione.

La remissione del debito può essere desunta anche da una manifestazione tacita di volontà o da un
comportamento che manifesti la volontà abdicativa del creditore.

Remissione e pactum de non petendo: mentre la remissione estingue oggettivamente il debito, con il
pactum de non petendo il creditore si obbliga a non pretendere l’adempimento (es. prima di un dato
tempo, come nel caso del conto corrente, prima della chiusura del conto). Poiché la remissione estingue
oggettivamente l’obbligazione, e in caso di obbligazioni solidali, libera tutti i debitori; stessa cosa non si può
dire del pactum de non petendi: il creditore conserverà le sue garanzie e può agire verso altri debitori
solidali per l’intero, infatti egli è unicamente tenuto a non rivolgersi a colui con cui ha stretto il patto.

Impossibilità sopravvenuta

Art.1256: L'obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione
diventa impossibile.

L’impossibilità originaria della prestazione impedisce il sorgere del rapporto obbligatorio; l’impossibilità
sopravvenuta al suo nascere ne determina l’estinzione, qualora la causa non dipenda dal debitore.

Per impossibilità sopravvenuta si intende quella situazione impeditiva dell’adempimento non prevedibile al
momento del sorgere del rapporto obbligatorio e non superabile con lo sforzo che può essere
legittimamente chiesto al debitore (sforzo esigibile).

Perché si abbia impossibilità sopravvenuta non è sufficiente:


• Una maggiore difficoltà della prestazione (es. l’obbligazione pecuniaria non si estingue, se per uno
sciopero delle banche, il procurarsi il denaro diventa più difficile)
• Una maggiore onerosità della prestazione (es. l’obbligazione di consegnare un pacco non si
estingue se causa una strada più lunga, devi pagare più carburante)

Non è tuttavia necessaria un’impossibilità assoluta: cioè, una situazione impeditiva della prestazione che
non può essere superata, del tipo:
• Impossibilità materiale: impossibilità causata da un fatto naturale (es. morte del cavallo che
bisognava consegnare)
• Impossibilità giuridica: presenza di una norma o provvedimento amministrativo che impedisca
l’adempimento (es. norma sanitaria che impedisce il trasporto dei suini, causa epidemia, che io mi
ero impegnato di fare)
Non è necessaria neanche un’impossibilità oggettiva: cioè, una situazione impeditiva che riguarda la
prestazione in sé, e non il debitore o la sua sfera economica (es. l’obbligazione del cantante ad esibirsi alla
scala si estingue a causa dell’improvviso calo di voce che ne compromette la prestazione)

Esigibilità della prestazione: Il criterio per integrare gli estremi estintivi dell’obbligazione dell’impossibilità
sopravvenuta è quello dell’esigibilità della prestazione (es. l’obbligazione del cantante non è esigibile visto
le sue condizioni di salute, perciò non si può chiedergli si esibirsi comunque)

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Imputabilità dell’impossibilità sopravvenuta: perché l’estinzione si estingua non è necessario che la


situazione impeditiva sia non imputabile al debitore a titolo di colpa o dolo (es. la morte o il suicido del
debitore di un lavoratore fanno estinguere i debiti che aveva con l’azienda, anche se la colpa o il dolo della
sua morte fossero a lui imputabili)
Guardare pag.452 criterio di condotta

Impossibilità definitiva: è dovuta ad un impedimento irreversibile (es. la morte) ed estingue


automaticamente l’obbligazione

Impossibilità temporanea: è dovuta da un impedimento di natura transitoria (es. norma sanitaria in caso di
epidemia), esso determina l’estinzione dell’obbligazione solo se perdura fino a quando, in relazione al titolo
ed oggetto dell’accordo:
• il debitore non può più essere ritenuto obbligato ad eseguire la prestazione (es. il cantante che
annulla una serata per malattia, non è tenuto ad esibirsi un’altra data, modificando il tour già
programmato);
• il creditore non ha più interesse a conseguirla.
Inoltre, L’impossibilità temporanea esonera semplicemente il debitore dalla responsabilità di ritardo
nell’adempimento, che però dovrà essere fatto non appena venuto meno l’adempimento.

Impossibilità totale: impedimento che preclude integralmente il soddisfacimento dell’interesse creditorio.


SE l’impedimento è definitivo comporta l’estinzione dell’obbligazione (es. revoca del permesso di costruire)
Impossibilità parziale: impedimento che preclude solo in parte il soddisfacimento dell’interesse creditorio.
Se l’impedimento è definitivo comporta l’estinzione della parte di accordo divenuta impossibile, con la
conseguenza che il debitore dovrà eseguire la parte di prestazione rimasta possibile ed il creditore non si
possa rifiutare la prestazione parziale

All’impossibilità sopravvenuta, il legislatore equipara lo smarrimento della cosa oggetto della prestazione
non imputabile al debitore.
Nel caso fosse per causa di un terzo, il creditore ha diritto a valersi su quest’ultimo mentre il debitore,
esonerato da responsabilità, ha però l’obbligo di dare ciò che il terzo gli ha dato a titolo di risarcimento.

L’inadempimento

Il debitore è tenuto ad eseguire esattamente la prestazione dovuta: in caso contrario, vi è inadempimento.


Perché si abbia inadempimento è di regola necessario che sia già maturato il tempo dell’adempimento (es.
sia scaduto il termine di consegna della merce). Peraltro, si può avere inadempimento prima del termine in
vari casi: es. il debitore non compie le dovute opere preliminari per l’effettuazione della prestazione; o
quando il debitore non procede nell’esecuzione della prestazione secondo le condizioni stabilite ed a regola
d’arte ecc.

L’inadempimento può essere:


• Totale: se la prestazione è mancata totalmente (es. il corriere che non si presenta)
• Parziale: se la prestazione è stata effettuata, ma non correttamente (c.d. adempimento parziale)
L’inesattezza dell’adempimento può riguardare, alternativamente o cumulativamente, più profili:
es. perizia, diligenza richiesta, prudenza, luogo di consegna, quantità dovuta ecc.
• Assoluto: quando l’inadempimento è escluso possa essere fatto in futuro (Es. il fotografo che non si
presenta il giorno delle nozze)
• Relativo: se la prestazione non è stata eseguita in termini, ma potrebbe esserlo in futuro (es. il
debitore che non si presenta il giorno del pagamento)
In questo caso, si parla di ritardo: cioè, di una situazione transitoria destinata a sfociare in un
inadempimento tardivo o definitivo (es. il creditore dopo lungo tempo, non può più ritenersi tenuto
a ricevere la prestazione)

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Responsabilità contrattuale
Art. 1218: Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del
danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione
derivante da causa a lui non imputabile.

Ai sensi dell’art.1256, se l’inadempimento è determinato impossibilità della prestazione non imputabili al


debitore, l’obbligazione si estingue.
Invece, come prescritto dall’art. 1218, se l’inadempimento è dovuto alla condotta del debitore, egli è
tenuto al risarcimento del danno: in questo caso si parla di responsabilità contrattuale.

Responsabilità contrattuale: intende la responsabilità di inadempimento non del contratto, ma


dell’obbligazione, qualunque di essa sia lo fonte (es. contratto, atto illecito, promessa unilaterale ecc.)

In caso di inadempimento assoluto: la prestazione risarcitoria si sostituisce alla prestazione originaria (es.
in caso di distruzione del quadro che dovevo consegnare)
In caso di inadempimento relativo: la prestazione risarcitoria si aggiunge a quella originaria

Quando il debitore risponde dei danni causati dall’inadempimento? Quando il creditore è obbligato ad
accettare le conseguenze negative della mancata prestazione, senza possibilità di chiedere il
risarcimento?
Ai sensi dell’art.1218, il debitore deve sempre rispondere delle conseguenze dannose dell’inadempimento,
salvo il caso fortuito non imputabile alla condotta del debitore che rende impossibile la prestazione.
Comunque sia, l’art. 1218 non detta il criterio per individuare le cause di giustificazione di inadempimento,
ma costituisce una norma di rinvio ad una pluralità di criteri di giudizio, i quali variano a seconda del tipo di
obbligazione presa in considerazione:
• Responsabilità per colpa: il debitore risponde solo in caso di mancata diligenza, prudenza e perizia
necessaria per la buona riuscita della prestazione. Il principio vale per svariati tipi di contratti: es.
obbligo del conduttore nel contratto di locazione, di servirsi della cosa locata per l’uso determinato
nel contratto, o dall’uso che si può presumere da esso; obblighi gravanti sul mandante in forza del
contratto di mandato ecc.
Il principio della responsabilità per colpa vale in genere per le obbligazioni di mezzi, il grado di
diligenza e perizia è quello definito dall’art.1176, secondo il principio del buon padre di famiglia.
Il grado di diligenza varia a seconda del tipo di attività dovuta: es. la diligenza di un operatore
professionale, rispetto a quella chiesta ad un operatore occasionale; a seconda che la prestazione
sia offerta a titolo oneroso o gratuito.
Caso a parte riguarda la diligenza dovuta dal professionista intellettuale, il quale risponde dei danni
sofferti solo in caso di dolo o colpa grave.
• Responsabilità oggettiva (senza colpa): casi in cui il debitore risponde anche se non sia stata
compiuta nessuna negligenza, imprudenza o imperizia (es. l’obbligo gravante sul vettore in un
contratto di trasporto, egli risponde dei danni anche se le cose sono andate distrutte senza sua
colpa)
L’unico modo per evitare conseguenze consiste nel dimostrare il caso fortuito: cioè, l’evento
anomalo del tutto estraneo ad una sfera di controllo razionale od organizzazione (es. terremoto,
attacco terroristico ecc.)
In tutti i casi presi in considerazione, il debitore risponde, anche in assenza di colpa, dei rischi tipici,
prevedibili e calcolabili, connessi alla propria attività.
Responsabilità del debitore di cose generiche: principio giuridico del genus numquam perit, il
debitore di un'obbligazione generica non è liberato dall'obbligo di adempiere in caso di perimento
delle cose da lui destinate all'adempimento, dato che è sempre possibile eseguire la prestazione

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procurando altrimenti le cose dovute. (es. consegnare una data quantità di vino, potrà pure perire il
vino dallo stesso detenuto nella sua cantina, ma non potranno mai esaurirsi tutte le scorte di vino)

Nel nostro ordinamento il debitore è esonerato da responsabilità, tutte le volte in cui l’adempimento
risulti ostacolato da sopravvenienze che non possono essere previste o superate con condotte che siano
esigibili dal debitore stesso.

Iter processuale: il creditore, di fronte ad inadempimento ha l’onere di fornire la prova del suo credito,
potendo limitarsi ad allegare, ma senza fornire dimostrazione, della mancata prestazione. Sarà il debitore a
dover fornire le prove di aver eseguito esattamente la prestazione dovuta, con qualsiasi mezzo.
• In caso di obbligazioni negative, il creditore ha l’onere di fornire la prova del duo diritto di credito e
anche quella dell’avvenuto inadempimento. In mancanza di contestazione, sta al debitore fornire la
causa di giustificazione del suo inadempimento

Il danno risarcibile
Il danno di cui il creditore può richiedere il risarcimento varia a seconda che si tratti di:
• Inadempimento assoluto: il danno risarcibile è costruito sulle conseguenze negative dovute alla
definitiva mancata prestazione dovuta
• Inadempimento relativo: il danno risarcibile è costruito sulle conseguenze del ritardo registrato
nell’adempimento dell’esatta prestazione, che deve adempiersi. Il risarcimento del danno si
aggiunge alla prestazione originaria.

Il risarcimento del danno deve comprendere la perdita subita dal creditore, come il mancato guadagno:
cioè, deve comprendere il danno emergente e il lucro cessante.
In via contrattuale non è risarcibile solo il danno patrimoniale, ma anche il danno non patrimoniale:
questo limitato solo alla lesione dei diritti della personalità.
In ogni caso è risarcibile solo il danno che sia conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento.

Se l’inadempimento o il ritardo non dipendono da dolo, il risarcimento è limitato al danno prevedibile, che
poteva prevedersi al momento della nascita del rapporto obbligatorio.
La ratio della norma è fatta in tutela del debitore, nel caso il creditore lo renda inadempiente
intenzionalmente per richiedere il risarcimento.

Quando il creditore richiede il risarcimento ha l’onere di allegare e provare i danni, per i quali egli
pretende di essere risarcito. Per evitare l’onere della prova, il creditore deve pattuire ex ante con il debitore
una clausola penale, in forza della quale le parti stabiliscono forfettariamente quanto il debitore dovrà in
caso di inadempienza.
Nell’ipotesi in cui il creditore offra prove sufficienti di aver subito un danno, ma senza riuscire a fornire un
preciso ammontare del pregiudizio sofferto, il legislatore autorizza il giudice a provvedere alla liquidazione
anche con valutazione equitativa.

Valutazione equitativa del danno: il giudice potrà procedere alla liquidazione in via equitativa solo se ne sia
provata l’an (esistenza) e ne risulti particolarmente difficile provarne il quantum (preciso ammontare).
La liquidazione deve essere diminuita se ha concorso il fatto colposo del creditore, l’onere della prova del
concorso colposo del creditore, grava sul debitore.

In ogni caso il creditore ha il dovere di non aggravare il pregiudizio arrecatogli dall’altrui inadempienza;
perciò, si esige una condotta attiva da parte del creditore secondo i principi di buona fede e correttezza,
anche perché il risarcimento no è dovuto nei casi in cui il creditore avrebbe potuto evitare usando diligenza.
L’onere della prova grava sul debitore, il quale deve dimostrare che il creditore non abbia limitato a dovere
le cause del suo inadempimento.

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Debito di valore: obbligazione di risarcire il danno da un inadempimento contrattuale.

Inadempimento delle obbligazioni pecuniarie di valuta e danno risarcibile


Riguardo alle obbligazioni pecuniarie di valuta le regole relative all’entità del danno da risarcire sono
parzialmente derogate dall’art.1224.
Difatti, dal giorno della mora il debitore, che non abbia puntualmente pagato la somma dovuta, è tenuto
automaticamente a pagare gli interessi moratori, in aggiunta del capitale dovuto.

L’entità degl’interessi può essere:


• Fissata convenzionalmente dalle parti, per iscritto.
• Fissata in assenza di accordo fra le parti, il debitore deve dal giorno della mora gli interessi
al tasso legale, senza bisogno che il creditore sia tenuto a dimostrare il pregiudizio
cagionato. Il debitore è tenuto a pagare il capitale dovuto oltre agli interessi, anche nel
caso gli interessi pattuiti fossero minori di quelli legali.
Gli interessi moratori possono essere liquidati dal giudice solo su apposita domanda del creditore.

Maggior danno: in caso gli interessi moratori siano ritenuti insufficienti, ed il creditore sostiene di aver
subito un danno maggiore, riprendono in vigore le regole usuali di onere della prova.

Il creditore ha diritto, in presenza di deprezzamento della moneta, all’automatica rivalutazione della


somma dovuta, a titolo di risarcimento per il maggior danno, durante il periodo di mora del debitore?
Vi sono due correnti di pensiero:
1. Il creditore ha diritto alla rivalutazione, solo se esso dimostri che il denaro sarebbe stato utilizzato
in modo da evitare le conseguenze negative dell’inflazione
2. Si deve presumere che il creditore di un debito di valuta, se avesse ottenuto tempestivamente il
denaro dovutogli, egli si sarebbe adoperato misure per proteggersi dall’inflazione.
In ogni caso, il maggior danno non può essere liquidato a favore del creditore, senza una specifica domanda
giudiziale di quest’ultimo.

Mora del debitore


La mora del debitore va distinta dal ritardo (inadempimento relativo), poiché la mora del debitore sussiste
se concorrono tre presupposti:
1. Ritardo nell’adempimento
2. Imputabilità del ritardo al debitore
3. Mora ex persona: Intimazione per iscritto da parte del creditore al debitore, di adempiere anche se
in ritardo all’obbligazione (es. tramite lettera raccomandata).

Il presupposto di mora ex persona non è necessario quando:


• L’obbligazione derivi da fatto illecito
• Il debitore dichiari per iscritto che non vuole saldare il debito
• L’obbligazione è portables: cioè sia liquida, a termine e che debba essere eseguita al domicilio del
creditore
• L’obbligazione nasca in forza di un contratto di subfornitura
• L’obbligazione pecuniaria nasca a titolo corrispettivo, da una transazione commerciale
In questi casi la mora si ha automaticamente al solo verificarsi del ritardo del debitore: Mora ex re

In tutte le altre ipotesi, cioè quando non sia fissato un termine per l’adempimento, o l’obbligazione sia
querable; il legislatore ritiene che l’indugio del debitore potrebbe trovare giustificazione nella tolleranza da
parte del creditore; per questo, è necessaria l’intimazione per iscritto al debitore.

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Nel nostro ordinamento può aversi la mora anche quando il debito non sia stato ancora oggetto di
liquidazione, questo per il principio dell’in illiquidis non fit mora.
La costituzione in mora ex persona vale anche ad interrompere la prescrizione

La mora debendi può venire in considerazione soltanto nelle obbligazioni positive di dare o di fare. In caso
di obbligazioni negative non sussiste perché andrebbe contro i cardini dell’istituto; poiché l’oggetto delle
obbligazioni negative è un “non fare”, in caso di inadempimento esso sarebbe assoluto e non parziale,
impendendo la sussistenza di un eventuale ritardo.

Effetti del ritardo: anche se non dia luogo alla mora del debitore, non è privo di conseguenze giuridiche:
infatti, il creditore a causa del ritardo potrebbe chiedere il risarcimento del danno, una risoluzione per
inadempimento, il pagamento di una penale ecc.
Effetti della mora del debitore:
• Obbligo del pagamento degli interessi moratori
• Perpetuatio obligationis: passaggio del rischio. Finché il debitore non è in mora il rischio del caso
fortuito è a carico del creditore. Quando invece, il debitore è in mora, il rischio passo a suo carico e
in caso di “caso fortuito” l’obbligazione non si estingue.

Effetti della mora del creditore:


• Non imputabilità dell’inadempimento al debitore: in quanto l’inadempimento è causato anche in
parte dalla cattiva condotta del creditore; perciò, non è previsto l’insorgere delle conseguenze
dovute a ritardo o mora del debitore
• Diritto del debitore alla richiesta del risarcimento del danno
• Rischio dell’impossibilità sopravvenuta a carico del creditore in mora

Responsabilità patrimoniale del debitore


Art. 2740: Il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri.
Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge.

Se il debitore non risponde in modo esatto della prestazione, il creditore può promuovere un processo
esecutivo sui beni del debitore, facendoli espropriare secondo i dettami del codice di procedura civile.

Il creditore può chiedere l’esecuzione forzata del suo credito in forma specifica (es. obbligo di consegnare
una cosa specificata).
In caso di espropriazione di una somma di denaro, la sentenza giudiziale legittima il creditore a soddisfarsi
sul patrimonio del debitore: cioè, l’insieme dei suoi beni e diritti presenti e futuri aggredibili.
I beni aggredibili sono quelli di cui il debitore risulti titolare al momento dell’inizio dell’esecuzione, anche se
acquistati successivamente al sorgere dell’obbligazione.

Il Patrimonio del debitore rappresenta una garanzia generica del creditore.


In linea di massima il patrimonio di un soggetto è unico, e su di esso tutti i creditori possono rifarsi.
Patrimonio separato: La recente giurisprudenza prevede che per taluni categorie di cespiti sia prevista
l’esistenza di un patrimonio separato (es. art.167: beni costituiti su in fondo patrimoniale), rispetto ai
restanti cespiti facenti parte del residuo patrimonio.
Sui cespiti afferenti al patrimonio separato potranno solo farsi valere i creditori riferenti a quelle categorie
di cui fanno parte i cespiti, e non tutti i creditori indistintamente, i quali possono aggredire solo il
patrimonio residuo (es. sul patrimonio separato possono agire solo i creditori che avevano ragione ritenere
che il debito fosse contratto per far fronte ai soli bisogni familiari).

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Beni impignorabili: eccezione alla regola espressa nell’art.2740, si riferisce a determinati tipi di beni (es.
anello nuziale, ai vestiti, tavolo per consumare i pasti ecc.)

Concorso di creditori e cause legittime di prelazione

Ai sensi dell’art.2741, per il principio della par condicio creditorum: se vi son più creditori, tutti hanno ugual
diritto di soddisfarsi sul ricavato della vendita dei beni del debitore.
Tuttavia, ad alcuni creditori la legge assicura il soddisfacimento a preferenza degli altri: cioè, riconoscendo
loro una causa legittima di prelazione, che sono:
• I privilegi: art. 2745.2783
• Il pegno: art. 2784-2807
• L’ipoteca: art. 2808-2899
Se il bene oggetto di legittima prelazione perisce, il creditore perde la possibilità di esercitare il diritto di
prelazione. Tuttavia, relativamente alle somme eventualmente dovute dagli assicuratori ……………

Il privilegio
Ai sensi dell’art.2745, il privilegio è la preferenza che la legge accorda a determinati crediti in
considerazione della causa per cui sono sorti.
Il legislatore ritiene che i crediti privilegiati siano meritevoli di particolare tutela in ragione delle motivazioni
per cui sono sorti, per cui in sede di distribuzione dei ricavati dalla vendita forzata dei beni gravati da
privilegio, siano preferiti rispetto agli altri crediti (crediti chirografari).

Tipicità del privilegio: poiché il credito nasce privilegiato per volere del legislatore, per la costituzione del
privilegio non è richiesto nessun tipo di accordo o contratto fra le parti, né una forma specifica di pubblicità
Dà ciò deriva che le norme riguardanti il privilegio possono essere oggetto di interpretazione estensiva, ma
non analogica. Le parti non possono creare altri privilegi oltre a quelli stabiliti dalla legge.

Ordine dei privilegi: non dipende dall’anteriorità del credito ma è stabilito per legge

Il privilegio può essere:


• Generale: cioè valido per tutti i beni mobili del debitore. Costituisce una qualità del credito e non
attribuisce il diritto di sequela, quindi può essere esercitato solo fin tanto che i beni mobili facciano
parte del patrimonio del debitore.
• Speciale: cioè valido solo su determinati beni mobili o immobili. Costituisce un diritto reale di
garanzia, perciò può esercitarsi anche in pregiudizio di diritti acquistati da terzi posteriormente al
sorgere del privilegio: chi acquista la cosa dopo che è già sorto il privilegio ne subisce le
conseguenze. Eccezione alla regola costituisce il caso in cui, la cosa è mobile ed il terzo lo abbia
acquistato in buona fede: in tale caso vale il principio di possesso vale titolo espresso nell’art.1153:
la proprietà si acquista libera da diritti altrui, perciò anche dai privilegi.

Ordine di preferenza: il pegno è preferito rispetto al privilegio speciale su cose mobili, mentre il privilegio
speciale sugli immobili è preferito all’ipoteca.

Pegno ed ipoteca: caratteri generali e comuni


Pegno ed ipoteca sono entrambi e attribuiscono:
• Diritti reali di garanzia: poiché godono della caratteristica dell’inerenza dei diritti reale, e limitano il
potere di disposizione del bene dell’eventuale acquirente.
• Ius distrahendi: la facoltà di far espropriare la cosa se il debitore non adempie.

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• Ius praelationis: preferenza rispetto agli altri creditori in ordine alla distribuzione di quanto ricavato
dalla vendita forzata del bene oggetto di garanzia
• Diritto di sequela: diritto di sottoporre il bene ad esecuzione forzata, anche se fosse divenuto
proprietà di terzi.

Differenze con il privilegio: il privilegio può avere carattere generale, mentre pegno ed ipoteca valgono
solo per beni determinati. Il privilegio speciale gode anch’esso del carattere di realità.
Pegno ed ipoteca necessitano per la loro costituzione di un titolo costitutivo: la volontà privata; mentre il
privilegio è stabilito dalla legge. Ciò spiega perché il privilegio deve essere costituito su un bene del
debitore, mentre pegno ed ipoteca possono essere concessi anche da un terzo: terzo datore di pegno od
ipoteca
Differenza tra terzo datore e fideiussore: Il terzo datore risponde solo con il bene ci è costituito il pegno o
l’ipoteca, mentre il fideiussore risponde del debito con tutti i propri beni. La fideiussione è più ampia ma ha
carattere personale e non implica il diritto di sequela, tipico dei diritti reali di garanzia.
Pegno ed ipoteca danno entrambi luogo a rapporti accessori, nel senso che suppongono un credito di cui
garantiscono l’adempimento (es. pegno a garanzia di un’apertura di credito).

Differenza fra pegno ed ipoteca

Diversità dell’oggetto:
• Il pegno ha per oggetto beni mobili non registrati, universalità di mobili o crediti
• L’ipoteca ha per oggetto la proprietà di beni immobili, usufrutto, enfiteusi, superficie, beni mobili
registrati e rendite dello stato.
Nel pegno il debitore viene spossessato della cosa, mentre nell’ipoteca no. Ciò è giustificato per
l’impossibilità dell’istituzione di un regime di pubblicità peri beni mobili non registrati che metta a
disposizione di terzi la possibilità di conoscere l’esistenza del diritto di garanzia, perciò si ricorre allo
spossessamento del bene.

Patto commissorio
Pegno ed ipoteca attribuiscono al debitore il diritto di vendere il bene che vi è assoggettato, ma pur sempre
attraverso l’intervento giudiziale.
L’art. 2744 e 1963 sanciscono inderogabilmente la nullità del patto commissorio
Patto commissorio: patto per il caso di inadempimento del debito garantito, con cui le parti convengono
l’automatico trasferimento in favore del creditore della proprietà del bene ipotecato o dato in pegno.
Il divieto è valido sia che la formulazione del patto sia stata fatto anteriormente, contestualmente o
posteriormente all’istituzione del pegno od ipoteca; sia che il valore del bene ipotecato sia superiore,
uguale o inferiore al credito garantito.

Ratio del divieto commissorio: tutela della libertà contrattuale del debitore, che a causa della sua
situazione di debolezza potrebbe essere indotto ad accettare una convenzione per lui troppo iniqua; tutela
della par concio creditorum, in quanto il patto commissorio sottrarrebbe interamente il bene in garanzia
agli altri creditori.

Il divieto del patto commissorio colpisce solo gli accordi che sono stipulati anteriormente alla scaduta
dell’obbligazione, in previsione di un futuro possibile adempimento.
Alle parti è invece consentito concordare successivamente ad un inadempimento già avvenuto il
trasferimento di un bene al creditore per saldare il debito insoluto.

Patto marciano: accordo in forza del quale avviene il trasferimento della proprietà di un bene al creditore
insoddisfatto, ma ad un valore stimato da un terzo al momento di detto trasferimento, con la conseguenza
che il creditore è tenuto a versare la differenza del valore al debitore inadempiente.

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Il pegno
Diritto reale di garanzia su beni mobili non registrati del debitore o di un terzo, che il creditore acquista
mediante accordo con il proprietario, a garanzia del proprio credito.
Oggetto di pegno: possono essere solo cose determinate; con esclusione di cose di genere, non ancora
individuate, e di cose future, prima che siano venute ad esistenza; crediti, universalità di mobili ed altri
diritti reali mobiliari (es. usufrutto); beni immateriale diversi dai crediti come il diritto d’autore o i marchi.

Pegno rotativo: pegno che si ha quando le parti abbiano concordato la possibilità di sostituire con altri i
beni originariamente costituiti in garanzia.
Divieto di suppegno: divieto che il pegno abbia per oggetto il bene ricevuto in pegno

Il pegno può essere costituito a garanzia di qualsiasi credito anche condizionale o futuro, purché
determinato o determinabile

Costituzione del pegno

Il pegno su beni suscettibili di possesso si costituisce mediante accordo contrattuale fra creditore e
debitore, o terzo datore di pegno. Se il negozio costitutivo riguardo solo gli affetti inter partes, non è
richiesto un vincolo di forma, perciò può essere meramente verbale.
In ogni caso il pegno si perfezione con la consegna della cosa al creditore o ad un terzo designato dalle
parti, quello costitutivo di pegno è dunque un contratto reale.

L’effetto principale del pegno è quello di attribuire un diritto di prelazione al creditore pignoratizio rispetto
ad eventuali creditori, per questo è indispensabile che il pegno sia opponibile a terzi.
Per questo fine è necessario che:
• La volontà di costituire un pegno risulti da atto scritto
• La relativa scrittura abbia data certa
• Risultino indicati il credito garantito ed il suo ammontare, sia il bene costituito in pegno.

Per la costituzione del pegno, su beni suscettibili di possesso, è necessario lo spossessamento del debitore.
Infatti, solo così il creditore acquista lo ius praelationis.
Se oggetto del pegno sono titoli di credito la relativa costituzione richiede le firme proprie della circolazione
di ciascun titolo (al portatore, all’ordine, nominativi)
Se il pegno ha come oggetto crediti, occorrono ai fini della prelazione l’atto scritto e la notifica al debitore
della costituzione del pegno o la sua accettazione.
Distinzione tra pegno su crediti e cessione del credito in garanzia: la cessione comporta il trasferimento del
credito al cessionario, mentre nel pegno il credito rimane di titolarità del concedente.

Effetti del pegno:


• Conservazione della cosa: Il creditore ha diritto a trattenere il bene, ma anche di custodirlo.
• Divieto di uso e disposizione della cosa: il pegno non attribuisce poteri che vadano al di là della
funzione di garanzia. Egli è tenuto a restituire la cosa, quando il debito è stato interamente saldato.
• Vendita o assegnazione della cosa: il creditore può chiedere che il bene sia venduto ai pubblici
incanti, previa intimazione al debitore; e può anche chiedere al giudice che la cosa gli sia assegnata
in pagamento, fino alla concorrenza del debito.
• Godere del diritto di sequela e di prelazione
• Il creditore pignoratizio è preferito ai creditori assistiti da privilegio speciale mobiliare.

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Pegno mobiliare non possessorio


Istituto creato dal D.L. del 3 maggio 2016 per facilitare l’accesso al credito alle imprese.
Risponde alla difficoltà delle imprese ad andare incontro allo spossessamento che l’istituto del pegno
prevede per il suo funzionamento. Il pegno immobiliare non possessorio è accessibile solo a garanzia di
crediti concessi all’imprenditore, purché inerenti all’esercizio dell’impresa.
Legittimato a dar vita al pegno è solo l’imprenditore, iscritto nel registro delle imprese, che può costituirlo a
suo favore, o a favore di un altro imprenditore.

Oggetto del pegno non possessorio possono essere solo:


• Beni mobili non registrati destinati all’esercizio dell’azienda
• Crediti derivanti od inerenti all’esercizio dell’impresa.

Atto costitutivo: il pegno deve essere fatto in forma scritta, pena l’annullamento. La garanzia pignoratizia
prende grado ed opponibilità verso terzi dal momento del suo deposito nel registro dei “pegni non
possessori”. Il conflitto tra più creditori pignoratizi è risolto in base al criterio dell’anteriorità dell’iscrizione.
L’iscrizione al registro ha durata di 10 anni.
Naturale rotatività del pegno non possessorio: il debitore, o il terzo datore, può trasformare o alienare, nel
rispetto della destinazione economica o disporre dei beni gravati da pegno.

In caso di inadempimento il creditore può:


• Procedere alla vendita dell’oggetto del pegno
• Procedere all’escussione o alla cessione dei crediti oggetto di pegno
• Se precedentemente accordato, appropriarsi dell’oggetto e consegnare la differenza del valore del
bene e dell’obbligazione garantita.

Pegno irregolare

Talvolta, a garanzia del soddisfacimento di un credito eventuale vengono consegnate al creditore cose
fungibili. Quest’ultimo ne acquista la disponibilità. In caso di adempimento del debitore, il creditore non
deve restituire l’idem corpus, ma la medesima quantità di bene che gli sia stata consegnata.
In caso di inadempimento del debitore, il creditore insoddisfatto deve restituire quello che gli sia stato
prestato.

L’ipoteca
Diritto reale di garanzia, che attribuisce al creditore lo ius distrahendi, ius praelationis ed il diritto di sequela
Condivide con il pegno i caratteri di:
• Accessorietà: in quanto esiste in funzione del credito da garantire
• Specialità: in quanto non può cadere se non su beni determinati. Inoltre, per la validità del vincolo
ipotecario sono necessari indicazione del credito garantito e specificazione della somma per la
quale l’ipoteca è iscritta.
• Indivisibilità: in quanto l’ipoteca grava per intero su tutti i beni vincolati, su ciascuno e su ogni loro
parte. Ciò significa che, se a garanzia di un credito sono ipotecati più beni, il creditore può a sua
scelta espropriarne uno, per soddisfare il credito per intero.

Vincolo di pubblicità costitutiva: essenziale per la costituzione dell’ipoteca è la sua pubblicità, in quanto
non esistono ipoteche nascoste. Ciò in tutela verso i terzi: perché chiunque deve sapere se un bene è
ipotecato o meno, per regolarsi se conviene acquistarlo o meno, concedere il credito al proprietario ecc.
La pubblicità dell’ipoteca si costituisce mediante l’iscrizione nei pubblici registri immobiliari.

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Oggetto dell’ipoteca
Oggetto dell’ipoteca sono la proprietà di beni immobili, usufrutto, enfiteusi, superficie, beni mobili
registrati e rendite dello stato.
Oggetto di ipoteca possono essere inoltre solo i beni in commercio: quindi esclusi es. i beni demaniali dello
stato o i beni facenti parte del patrimonio indisponibile.
L’ipoteca su cosa futura può essere validamente iscritta solo quando il bene è venuto ad esistenza.
Poiché la cosa accessoria segue il destino della cosa principale, l’ipoteca si estende ai miglioramenti,
pertinenze ed altre accessioni dell’immobile ipotecato.

L’ipoteca può essere iscritta in forza di:


• Una norma di legge: ipoteca legale
• Una sentenza: ipoteca giudiziale
• Un atto di volontà del debitore: ipoteca volontaria
• Un atto di volontà di un terzo, che la costituisce a garanzia del debito altrui: terzo datore di ipoteca

Ipoteca legale

Ai sensi dell’art.2817, in alcuni casi la legge attribuisce al creditore meritevole di protezione, anche senza o
contro la volontà del debitore, l’automatica iscrizione ipotecaria su determinati bene del debitore
medesimo ad opera dell’ufficiale dell’agenzia delle entrate.
L’ipoteca naturalmente nasce con l’iscrizione al pubblico registro.
L’ipoteca legale spetta:
• All’alienante sopra gli immobili alienati a garanzia dell’adempimento degli obblighi derivanti, a
carico dell’acquirente dell’atto di alienazione: ipoteca legale dell’alienante.
• Ai coeredi, ai soci ed altri condividenti, sopra gli immobili a ciascuno assegnati a garanzia del
pagamento dei conguagli dovuti all’assegnatario in forza dell’atto di divisione: ipoteca del
condividente.

L’ipoteca legale presenta due caratteristiche di rilievo:


• È iscritta d’ufficio dal responsabile dell’agenzia delle entrate
• L’ipoteca legale prevale sulle trascrizioni o iscrizioni già eseguite contro l’acquirente o il
condividente, ciò viene fatto per meglio garantire l’alienante e il condividente: infatti, se
l’acquirente prima di pagare, aliena il bene o concede su di esso un’ipoteca, l’alienante è comunque
al sicuro perché la sua ipoteca prevarrà su tutte le altre iscrizioni o trascrizione effettuate contro il
suo avente causa. Perché ciò si verifichi è necessario che l’iscrizione avvenga contemporaneamente
alla trascrizione del titolo d’acquisto.

Ipoteca giudiziale
Di regola il creditore non ha diritto di chiedere unilateralmente l’iscrizione di un’ipoteca a carico di beni del
debitore a garanzia del suo credito, sia esso già scaduto ed esigibile.

Tuttavia, il legislatore concede il diritto di ipoteca unilaterale quando si abbia una sentenza giudiziale che
condanni il debitore a pagargli una somma di denaro, sia la sentenza anche non ancora passata in giudicato
e non sia ancora esecutiva.
Il creditore ha diritto di ottenere l’iscrizione dell’ipoteca su qualsiasi bene immobile del debitore, anche
senza il consenso di quest’ultimo.

Riduzione di ipoteca: possibilità da parte del debitore di restringere l’ipoteca ad una parte dei beni
ipotecati, nel caso l’iscrizione dell’ipoteca dovesse essere effettuata su beni il cui valore complessivo ecceda
di un terzo l’importo dei crediti iscritti.

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La condotta del creditore deve rispettare la normale diligenza e correttezza nel richiedere l’iscrizione dei
beni del debitore, onde non cadere in un abuso di diritto al quale conseguirebbe una richiesta di
risarcimento del danno da parte del debitore.

Ipoteca volontaria

Può essere iscritta in forza di un contratto o di una semplice dichiarazione unilaterale da parte del
concedente. Si esclude il testamento, per impedire che il debitore avvantaggi ingiustamente un creditore
rispetto agli altri, al momento della sua morte: infatti, la legge tende a garantire dopo l’apertura della
successione la par condicio dei creditori del defunto.

Forma: l’ipoteca volontaria deve essere resa in forma scritta ad substantiam. Peraltro, se per la validità
dell’atto costitutivo è sufficiente solo la scrittura privata, per la relativa iscrizione ipotecaria occorre invece
la sottoscrizione sia autenticata o giudizialmente accertata.

Contenuto: nell’atto devono essere presenti ubicazione dell’immobile su cui si concede l’ipoteca, così come
il credito garantito. L’atto di concessione si limita ad attribuire al creditore il diritto di iscrivere l’ipoteca, che
sorgerà dopo l’iscrizione.
Legittimato alla concessione dell’ipoteca è il titolare del diritto reale destinato ad essere gravato
dall’ipoteca stessa.

Ipoteca su cosa altrui: ha efficacia obbligatoria: chi la concessa è tenuto a procurare al creditore l’acquisto
del diritto d’ipoteca; e cioè ad acquistare la cosa.

Pubblicità ipotecaria
La pubblicità ipotecaria ha funzione costituiva
La natura costitutiva dell’ipoteca è importante perché definisce l’ordine di preferenza fra le varie ipoteche,
poiché l’ordine non dipende dalla priorità del titolo ma da quello di iscrizione cronologico.
Ogni iscrizione riceve un numero d’ordine, che determina il grado dell’ipoteca.
In caso di iscrizione contemporanea il ricavato della vendita forzata viene spartito tra i due creditori in
proporzione all’importo dei loro crediti.

Postergazione del grado: consiste in uno scambio di gradi ipotecari. Può assumere le due forme della
posposizione o della permuta di grado, a seconda che vengano scambiati rispettivamente dei gradi
ipotecari contigui o distanti. La postergazione deve essere annotata, la trasmissione delle ipoteche non ha
effetto finche´ l’annotazione non sia stata eseguita (art. 2843, comma 2o, c.c.).

Surrogazione del creditore perdente: surrogazione che avviene nei casi previsti dalla legge ai sensi
dell’art.2856. Per far valere la surrogazione, il creditore perdente deve far eseguire l’annotazione a margine
dell’ipoteca del creditore soddisfatto.
ES. si supponga che il debitore abbia due immobili (A e B): sull'immobile A gravano un'ipoteca di Tizio,
iscritta nel 2008 per 100, ed una di Sempronio, iscritta nel 2010 per 50; invece sull'immobile B gravano
un'ipoteca di Tizio, iscritta nel 2008 per 100, ed una di Caio, iscritta nel 2009 per 50. Se Tizio decide di far
espropriare l'immobile B che viene pertanto venduto per 100, Caio non può far valere il suo credito,
nonostante abbia un'ipoteca iscritta anteriormente a quella di Sempronio: in questo caso quindi, Caio può
surrogarsi nell'ipoteca che Tizio aveva sopra l'immobile A e, se Sempronio resta insoddisfatto, non potrà
dolersene poiché sapeva che anteriormente alla sua era già stata iscritta un'ipoteca di 100.

La pubblicità ipotecaria si attua mediante:


• Iscrizione: atto con il quale l’ipoteca prende vita

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• Annotazione: serve a rendere pubblico il trasferimento dell’ipoteca a favore di un’altra persona (es.
per cessione del credito) o per rendere pubblico il vincolo che venga a riguardare il credito
ipotecario (es. pegno, sequestro). L’annotazione, che si esegue in margine all’iscrizione, ha efficacia
costitutiva: infatti, trasmissione e vincolo d’ipoteca non hanno effetto fino all’esecuzione
dell’annotazione.
• Rinnovazione: L’ipoteca dura 20 anni, come la durata della prescrizione dei diritti reali. La
rinnovazione serve per evitare che si verifichi l’estinzione del diritto.
• Cancellazione: estingue l’ipoteca, vi si ricorre quando il credito è estinto. Si procede quando:
1. Consentita dal creditore: l’atto deve provenire da una persona capace ed avere la forma
scritta ad substantiam.
2. Ordinata dal giudice: la cancellazione può essere effettuata solo quando la sentenza sia
passata in giudicato.
Il consenso alla cancellazione costituisce per il creditore un atto dovuto a credito estinto, pena
il risarcimento del danno.

Il terzo acquirente del bene ipotecato


Il terzo acquirente è esposto all’espropriazione del bene in quanto su di esso grava l’ipoteca.
Il terzo viene tutelato dall’ordinamento, senza diminuire i diritti del creditore, permettendo di evitare
l’eventuale espropriazione esercitando a sua scelta, una delle seguenti facoltà:
• Pagare i crediti a garanzia dell’ipoteca
• Rilasciare i beni ipotecati
• Liberare l’immobile dalle ipoteche mediante il procedimento di purgazione delle ipoteche

Purgazione delle ipoteche: procedimento in cui il terzo acquirente offre il prezzo stipulato per l’acquisto ai
creditori o il valore da lui stesso dichiarato, in caso di beni ottenuti a titolo gratuito.
Diritto di regresso: il terzo che è stato espropriato del bene dal creditore, o abbia pagato il creditore
ipotecario per evitare l’esproprio ha il diritto di chiedere il rimborso al debitore.

Diritto di subingresso nelle ipoteche: il terzo che abbia pagato il creditore ha il diritto di surrogazione nelle
ipoteche eventualmente iscritte, a favore del creditore soddisfatto a garanzia del credito estinto, su altri
beni del debitore

Terzo datore di ipoteca: non può valersi della facoltà del rilascio dei beni ipotecati e di purgazione
dell’ipoteca; se non convenuto prima del patto, non può godere neanche del beneficium excussionis: cioè
dire al creditore di far espropriare prima i beni del debitore e poi quello ipotecato.
Ha il terzo datore ha il diritto di regresso in caso abbia pagato i crediti garantiti o l’esproprio.
Come il terzo acquirente può esercitare il subingresso nelle ipoteche eventualmente iscritte.

Estinzione dell’ipoteca

Estinzione degli effetti dell’ipoteca: se non si procede con la rinnovazione, avviene in 20 anni. Per
l’estinzione degli effetti vengono meno le conseguenze della pubblicità ipotecaria, ma l’ipoteca si può
nuovamente iscrivere
Estinzione dell’ipoteca: colpisce il diritto all’ipoteca. L’estinzione del diritto avviene:
1) con la cancellazione dell'iscrizione;
2) con la mancata rinnovazione dell'iscrizione entro il termine indicato dall'art. 2847;
3) con l'estinguersi dell'obbligazione;
4) col perimento del bene ipotecato, salvo quanto è stabilito dall'art. 2742;
5) con la rinunzia del creditore;
6) con lo spirare del termine a cui l'ipoteca è stata limitata o col verificarsi della condizione
risolutiva;

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Riguardo ai beni acquistati da terzi, l'ipoteca si estingue per prescrizione, indipendentemente dal
credito, col decorso di venti anni dalla data della trascrizione del titolo di acquisto, salve le cause di
sospensione e d'interruzione.

Mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale


Il patrimonio del debitore costituisce una garanzia generica per il soddisfacimento delle obbligazioni
gravanti sul debitore. Per impedire che il debitore per negligenza o dolo, depauperi il suo patrimonio
mettendo a repentaglio le garanzie dei creditori, l’ordinamento prevede che si possa tutelarsi tramite:
1. L’azione surrogatoria (art.2900)
2. L’ azione revocatoria (art.2901-2904)
3. Sequestro conservativo (art.2905-2906)

L’azione surrogatoria
Nel caso in cui il debitore trascuri gli atti necessari a far valere i propri diritti (es. non riscuotendo un
credito) determini un pregiudizio per i propri creditori, la legge permette a questi ultimi di sostituirsi al
debitore inattivo nell’esercizio dei propri diritti.
L’istituto ha carattere eccezionale, infatti l’azione surrogatoria è attuabile nei soli casi previsti dalla legge.

L’azione è esperibile quando vi siano:


• L’esistenza di un credito del surrogante nei confronti del surrogato
• L’inerzia del debitore
• Patrimonialità del diritto che il debitore trascura di esercitare
• Carattere non strettamente personale del diritto patrimoniale che il debitore trascura di esercitare
(es. i creditori non possono agire in giudizio per ottenere il pagamento degli alimenti, se non
riguarda la loro persona)
• Il pregiudizio che l’inerzia del debitore fa derivare al creditore, che può essere:
1. Il rischio che il patrimonio del debitore diventi insufficiente per soddisfare tutti i creditori
2. Il rischio di una concreta compromissione delle prospettive di successo di un’eventuale
azione esecutiva sui beni del debitore (es. far tornare i beni da un paradiso fiscale)
3. Il rischio che non venga effettuata la prestazione specificamente voluta dal creditore
surrogante

Surrogatoria giudiziale e stragiudiziale: Il creditore può esercitare tutti i diritti ed i poteri del debitore sia in
via giudiziale (es. esperendo un’azione di rivendica) sia in via stragiudiziale (es. ponendo in essere un atto
per l’interruzione della prescrizione)
Litisconsorzio necessario: quando il creditore si surroga al debitore nell’esercizio di un’azione giudiziaria
contro un terzo, dovrà partecipare anche il debitore surrogato. Il debitore, anche se surrogato, è comunque
legittimato ad esercitare i suoi diritti e poteri, ma anche disporne (es. mediante rinuncia)
Revocatoria e funzione conservativa del patrimonio del surrogato: L’esercizio del diritto del surrogato non
può essere fatto a vantaggio del singolo che agisce in surrogatoria, ma esso andrà a vantaggio del
patrimonio del debitore e conseguentemente a beneficio di tutti i creditori che vedranno conservate le loro
garanzie.

Azione revocatoria

Qualora il debitore inizi a compiere atti che modificano la consistenza del suo patrimonio, sia dal punto di
vista quantitativo (es. donando un appartamento alla figlia per il matrimonio) sia da quella qualitativo (es.

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permutando un bene immobile con uno mobile di pari valore) fino a rendere incerta o difficoltosa la
realizzazione coattiva dei diritti del creditore, a quest’ultimo è concessa l’azione revocatoria.

Per il fruttuoso esperimento dell’azione revocatoria sono necessari:


• Un atto di disposizione: l’atto negoziale in forza del quale il debitore modifica la propria situazione
patrimoniale, o trasferendo un diritto (es. cedendo un credito)
• Eventus damnis: il pregiudizio per il creditore, che si consiste a seguito dell’atto disposto dal
debitore che potrebbe compromettere il soddisfacimento dei creditori (es. la vendita di una casa)
Perché si abbia evetus damni non è necessario che l’atto pregiudichi una diminuzione del
patrimonio del debitor, ma è sufficiente che esso aggravi il pericolo di un eventuale danno
consistente in una maggior difficoltà dell’esecuzione coattiva del credito.
Non produce un simile pregiudizio l’adempimento di debito scaduto, perché il debito già incideva
sul patrimonio del debitore.
• Scientia fraudis del debitore: cioè la conoscenza dell’eventus damni. Non occorre la specifica
intenzione di nuocere dell’animus nocendi, ma basta solo che il debitore sia consapevole che il suo
atto potrebbe rendere più difficoltosa l’esecuzione dei diritti dei creditori
Prestazione di garanzie in condizioni di gratuità e onerosità: la costituzione di un pegno o ipoteca, si
considera a titolo oneroso se contestuale al credito garantito; cioè, se la garanzia è concessa con lo stesso
negozio con cui sorge il credito. Se invece il pegno/ipoteca sorge da atto autonomo, successivo alla nascita
del debito, l’atto deve considerarsi a titolo gratuito.
Revocatoria per atti anteriori al sorgere del credito: soggetto a revocatoria sono anche gli atti posti in
essere prima del sorgere del debito solo se sussista oltre alla scientia damni anche il consilium fraudis: ossia
la dolosa preordinazione a danno del futuro creditore.
L’onere di fornire la prova della scientia fraudis del debitore grava su chi agisce in revocatoria.

Effetti dell’azione revocatoria

La sentenza revocatoria è di natura costitutiva, non ha effetto restitutorio, non elimina l’atto revocato:
semplicemente consente al creditore che l’abbia esperita con successo di promuovere nei confronti dei
terzi aventi causa, quelle stesse azioni conservative o esecutive sui beni oggetto dell’atto impugnato che
avrebbe potuto esperire se l’atto revocato non fosse stato posto in essere.
La revocatoria rendere semplicemente inefficace l’atto impugnato, ma solo nei confronti del creditore che
ha agito, il potrà promuovere azioni costitutive od esecutive sul bene oggetto di revocatoria, come se lo
stesso bene non fosse mai uscito dal patrimonio del debitore.
La prescrizione dell’azione revocatoria dura 5 anni.

Sequestro conservativo
Misura preventiva e cautelare, che il creditore può chiedere al giudice, quando ha fondato timore di
perdere le garanzie del proprio credito (es. perché ritiene che il debitore voglia vendere il suo unico bene di
valore del suo patrimonio, cioè la sua casa).
Il giudice può autorizzare il sequestro conservativo dei beni se concorrano:
• Fumus boni iuris: elementi che consentano di ritenere sussistente e fondato il diritto di credito
della parte che chiede il sequestro.
• Periculum in mora: rischio che il debitore depauperi il proprio patrimonio, nel lasso di tempo
occorrente al creditore per far valere le sue ragioni
Gli effetti del sequestro conservativo hanno effetto solo nei confronti del creditore sequestrante.

Diritto di ritenzione: diritto di rifiutare la consegna di una cosa di proprietà del debitore, fin quando
quest’ultimo non abbia adempiuto correttamente all’obbligazione promessa.
Una delle poche forme di autotutela concesse dell’ordinamento, consentito solo nei casi espressamente
previsti dalla legge. Le disposizioni che prevedono il diritto di ritenzione non sono suscettibili
all’applicazione per analogia.

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I CONTRATTI IN GENERALE
Il contratto

Contratto come atto di autonomia dei privati


Art.1321: Il contratto è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un
rapporto giuridico patrimoniale.

Il contratto è l’istituto centrale del sistema del diritto privato e la figura più importante di negozio giuridico.
Dalla definizione data dall’art.1321 si coglie subito l’essenza del contratto come accordo, incontro della
volontà di due soggetti, volto a produrre un effetto giuridico.

Funzione del contratto: Il contratto costituisce il principale strumento attraverso il quale i privati
definiscono l’assetto dei loro interessi di ordine patrimoniale (es. tramite contratto il privato può comprare
un bene, disporre i propri beni, offrire un servizio ecc.)
Attraverso il contratto i privati operano sul mercato, dove possono scambiare beni e servizi. Da ciò si può
apprezzare come l’istituto sia fondamentale nel sistema economica, in quanto veicolo degli scambi.

In termini giuridici il contratto è uno strumento per realizzare gli interessi delle parti attraverso la
produzione di appositi effetti giuridici, cioè costituendo, regolando o estinguendo un rapporto giuridico di
natura patrimoniale. Gli effetti del contratto possono riguardare tanto i diritti reale (es. trasferimento di
proprietà) quanto i rapporti obbligatori (es. contratto di lavoro).

L’autonomia privata: La centralità della figura dell’istituto è dovuta dalle potenzialità degli usi del
contratto, che si affiancano al ruolo che esso rappresenta nella esplicazione della libertà ovvero
dell’autonomia dei privati, in quanto modo di espressione della libertà dei singoli di gestire i loro interessi
materiali per mezzo di atti che producono effetti nel loro patrimonio giuridico.
Un freno alla libertà dei privati è l’osservanza dei dettami dell’ordinamento giuridico, in quanto se un
contratto non fosse idoneo ai criteri stabiliti dall’ordinamento esso non produrrebbe effetti giuridici.

Contratto come fenomeno giuridico: il contratto è un negozio giuridico, ossia una manifestazione di
volontà. Essendo un accordo, il contratto non può nascere dalla volontà di un solo soggetto, ma esiste in
quanto due o più parti concordino nel volere la produzione di determinati effetti giuridici.

Accordi non contrattuali: Non ogni accordo è un contratto. La legge riserva la qualifica di contratto, con le
relative conseguenze giuridiche, ad un determinato tipo di accordo con precise caratteristiche.
L’ordinamento conosce una pluralità di accordi diversi dal contratto, bi o plurilaterali:
• Accordo: per esempio il matrimonio è un atto di volontà bilaterale, ma non è un contratto.
• Consenso: es. il consenso dei coniugi sulla volontà di separarsi
• Convenzione: in caso di regolamento di profili patrimoniali, il codice adotta la parola convenzione.
La convenzione però può essere intesa anche come convenzione internazionale
• Patto: accordo accessorio o parziale rispetto ad un più ampio regolamento di interesse (es. patto
commissorio)
• Assenso: situazione di convergenza delle volontà, ma nel contesto di una struttura negoziale che ha
carattere non bilaterale (es. il riconoscimento è un atto unilaterale, che però necessita dell’assenso
da parte del figlio ultraquattordicenne)

Importante è non confondere il contratto (inteso come l’accordo fra le parti) con il documento
contrattuale (che prova l’avvenuto accordo, e può essere anche verbale) e il rapporto contrattuale (che
attiene agli effetti giuridici prodotti dal contratto, es. la risoluzione del contratto)

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Centralità sistematica della disciplina contrattuale


Il contratto è un negozio giuridico, alla pari di moltissimi altri negozi diversi per oggetto, struttura e
funzione (es. matrimonio, testamento, rinuncia ad un diritto).
Come già accennato, il negozio giuridico non è soggetto ad una specifica disciplina, mentre i singoli
contratti sono trattati nel dettaglio.

Disciplina dei negozi unilaterali: ai sensi dell’art.1324, salvo diverse disposizioni di legge, le norme che
regolano i contratti si osservano, in quanto compatibili, per gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto
patrimoniale.

Autonomia contrattuale: manifestazione della libertà dei privati espressa dal contratto

Art.1322: Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla
legge e dalle norme corporative.

Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina
particolare, purché' siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento
giuridico.

Contenuto del primo comma: stabilisce che le parti possono liberamente determinare il contenuto del
contratto, ossia le clausole che regolano il loro rapporto, nei limiti imposti dall’ordinamento. Ciò significa
che le parti sono libere di stabilire per esempio il prezzo di vendita, modalità della prestazione ecc.
Contenuto del secondo comma: L’autonomia delle parti non si limita al poter fissare liberamente le
specifiche condizioni del contratto, ma possono anche regolare l’affare senza dover per forza rivolgersi ad
uno dei tipi di contratto previsti dal codice (es. contratto di leasing).
Perciò i contratti atipici sono validi ed efficaci, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela,
secondo l’ordimento giuridico vigente.

Tipo contrattuale: il secondo livello dell’autonomia attiene al tipo contrattuale, cioè la figura o il modello di
contratto, il quale ha le sue determinate caratteristiche.
La disciplina codicistica si apre trattando dei contratti in generale, nel titolo II, mentre dal titolo III parla
delle norme inerenti ai singoli contratti, descrivendo disciplina e tipi: es. vendita, locazione, appalto ecc.

Elementi essenziali del contratto

Art.1325: I requisiti del contratto sono:


1. l'accordo delle parti
2. la causa
3. l'oggetto
4. la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità.

Senza di essi la manifestazione di volontà non può essere definita un contratto.

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Classificazione dei contratti


Contratti tipici: figura trattata dal legislatore
Contratti atipici: figura non trattata dal legislatore

Contratti plurilaterali: contratti con due o più parti (es. contratto costituivo di un’associazione, può essere
stipulato da più persone). Il vizio che colpisce la partecipazione di una delle parti non compromette l’intero
contratto, sempre che la parte viziata non possa considerarsi essenziale per le altre (es. art.1420)

Contratti a prestazione corrispettive (sinallagmatici): contratti le cui attribuzione patrimoniali


rispettivamente a carico di ciascuna parte, a vantaggio dell’altra sono legate da un nesso di reciprocità
(sinallagma) e che perciò mira a realizzare uno scambio tra prestazioni (es. vendita)
Contratti con obbligazioni a carico di una parte sola: es. donazione

Contrati a titolo oneroso: prevedono un sacrificio delle parti (es. mutuo)


Contratti a titolo gratuito: non prevedono il sacrificio delle parti (es. comodato)

Contratti di scambio: la prestazione di ciascuna parte è a vantaggio della controparte (es. compravendita)
Contratti associativi: la prestazione di ciascuno è diretta al conseguimento di uno scopo comune (es.
statuto di un’associazione)

Contratti commutativi: le prestazioni dovute sono certe (es. vendita)


Contratti aleatori: contratti in cui vi è incertezza sui reciproci sacrifici delle parti (es. in caso di assicurazione
danni è certa la quantità da pagare, ma è incerto se sia l’assicuratore a dover pagare o meno)

Contratti ad esecuzione istantanea: la prestazione delle parti è concentrata in un dato momento


• Ad esecuzione immediata
• Ad esecuzione differita: es. il venditore si impegna a consegnare la merce fra due mesi
Contratti di durata: la prestazione è continua nel tempo (es. contratto di lavoro subordinato, locazione)

Contratti a forma libera: es. vendita di beni mobili


Contratti a forma vincolata (solenni): vendita di beni immobili

Contratti consensuali: si perfezionano con il semplice consenso o accordo delle parti


Contratti reali: richiedono oltre al consenso, la consegna del bene. Di tradizione romanistica sono il mutuo,
comodato, il pegno, dazione di caparra ecc.

Contratti ad efficacia reale: realizzano automaticamente per effetto del solo consenso il trasferimento,
costituzione, modificazione o estinzioni di un diritto reale (es. trasferimento della proprietà)
Contratti ad efficacia obbligatoria: non realizzano automaticamente il risultato perseguito, ma obbligano le
parti ad attuarlo (es. vendita di cose future)

Le trattative e la conclusione del contratto


Formazione del contratto: proposta ed accettazione

Fondamentali per il procedimento della formazione del contratto sono:


• La proposta: l’atto che da inizio alla formazione del contratto
• L’accettazione: l’atto conclusivo.
Si tratta di elementi che precedono il perfezionamento del negozio, perciò sono definiti prenegoziali.

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Con la conclusione del contratto la proposta e l’accettazione, che costituiscono dichiarazioni di volontà
individuali; in caso di accettazione della proposta, si ha l’accordo: dove proposta ed accettazione si fondono
in un’unica volontà, la volontà contrattuale.
Affinché si venga a creare la volontà contrattuale è necessario:
• Che l’accettazione pervenga al proponente nel termine prestabilito, in caso il destinatario non
risponda nel tempo dovuto, la proposta perde d’efficacia.
• Che via sia conformità tra la proposta e l’accettazione, perché in caso contrario ci si troverebbe di
fronte ad una nuova proposta
• Che l’accettazione sia compiuta nella forma richiesta dal proponente

Momento del perfezionamento: l’accertamento del momento e del luogo dell’incontro delle volontà delle
parti è agevole da individuare in caso di contratto tra persone presenti, più complicata è la situazione in cui
le parti comunichino a distanza (contratto inter absentes).

In un contratto inter absentes è sufficiente che le parti accettino oppure debbano necessariamente
comunicare la loro volontà di accettare?
L’ordinamento propone vari criteri e principi per regolare l’efficacia di una manifestazione di volontà:
1. Principio della dichiarazione: la manifestazione di volontà è efficace non appena espressa
2. Principio della spedizione: la manifestazione di volontà è efficace non appena inviata all’altra parte
3. Principio della ricezione: la manifestazione di volontà è efficace quando l’altra parte la riceve
4. Principio della cognizione: la volontà è efficace quando il destinatario ne viene a conoscenza
Il legislatore a seconda dei casi predilige uno o l’altro criterio a seconda delle situazioni, ma in materia
contrattuale il criterio più logico e coerente è il criterio di cognizione.
Infatti non può esserci una fusione di volontà (consenso), senza la consapevolezza di entrambe le parti circa
l’intesa raggiunta. Perciò la legge stabilisce che un contratto si considera concluso nel momento e nel luogo
in cui il proponente ha conoscenza dell’accettazione della proposta della controparte (art.1326)

Art.1326: Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza
dell'accettazione dell'altra parte.
L'accettazione deve giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in quello ordinariamente
necessario secondo la natura dell'affare o secondo gli usi.
Il proponente può ritenere efficace l'accettazione tardiva, purché' ne dia immediatamente avviso
all'altra parte.
Qualora il proponente richieda per l'accettazione una forma determinata, l'accettazione non ha
effetto se è data in forma diversa.
Un'accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta.

Presunzione di conoscenza: ai sensi dell’art.1335, per tutti i negozi recettizi si presume che la proposta,
l'accettazione, la revoca e ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano
conosciute nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato,
senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia.
Perfezionamento mediante esecuzione: i contratti possono concludersi anche senza bisogno di una
formale accettazione, dando direttamente esecuzione ad un ordine del proponente.
Ai sensi dell’art.1327 Qualora, su richiesta del proponente o per la natura dell'affare o secondo gli usi, la
prestazione debba eseguirsi senza una preventiva risposta, il contratto è concluso nel tempo e nel luogo in
cui ha avuto inizio l'esecuzione. L'accettante deve dare prontamente avviso all'altra parte dell'iniziata
esecuzione e, in mancanza, è tenuto al risarcimento del danno
Contratto con obbligazioni del solo proponente: altro caso particolare riguarda questo particolare tipo di
contratti (es. le fideiussioni). Ai sensi dell’art.1333, la proposta diretta a concludere un contratto da cui
derivino obbligazioni solo per il proponente è irrevocabile appena giunge a conoscenza della parte alla
quale è destinata.
Il destinatario può rifiutare la proposta nel termine richiesto dalla natura dell'affare o dagli usi.
In mancanza di tale rifiuto il contratto è concluso.

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La revoca della proposta e dell’accettazione


Art. 1328: La proposta può essere revocata finche' il contratto non sia concluso. Tuttavia, se l'accettante
ne ha intrapreso in buona fede l'esecuzione prima di avere notizia della revoca, il proponente è tenuto a
indennizzarlo delle spese e delle perdite subite per l'iniziata esecuzione del contratto.

L'accettazione può essere revocata, purché' la revoca giunga a conoscenza del proponente prima
dell'accettazione.

Revoca: atto che comporta il ritiro e la privazione di effetto della proposta e dell’accettazione, essa però
deve intervenire prima che il contratto sia stato perfezionato.
La revoca della proposta è considerata un atto non recettizio e pertanto essa impedisce la conclusione del
contratto purché sia stata emessa prima che il proponente abbia avuto notizia dell’accettazione della
controparte.

Intrasmissibilità della proposta: La proposta perde automaticamente efficacia se, prima che il contratto sia
perfezionato, il proponente muoia o diventi incapace. Eccezione alla regola è il caso della morte o la
sopraggiunta incapacità dell’imprenditore, le quali non determinano la caducazione delle dichiarazioni fatte
dall’imprenditore nell’esercizio dell’impresa, salvo che non sia un piccolo imprenditore e la natura o gli usi
lo permettano.

Proposta irrevocabile: il proponente può anche precludersi la facoltà di revoca, dichiarando l’irrevocabilità
della proposta. In tal caso ogni eventuale revoca contro l’impegno assunto, perderebbe di efficacia
(proposta ferma); quindi il destinatario potrebbe benissimo accettare il contratto, determinando la
conclusione. Il codice esige che la proposta irrevocabile sia accompagnata dall’indicazione della durata del
periodo di irrevocabilità, non essendo accettabili impegni di carattere perpetuo.
L’irrevocabilità conserva il suo valore anche in caso di morte o incapacità sopravvenuta del proponente.

L’offerta al pubblico: particolare tipo di proposta indirizzata a destinatari indeterminati. Quando contiene
gli estremi essenziali del contratto alla cui conclusione è diretta, vale come proposta, salvo che risulti
diversamente dalle circostanze o dagli usi.
L’offerta al pubblico non va confusa né con un generico invito a trattare, volto a suscitare proposte
contrattuali (es. i cartelloni pubblicitari intendono rintracciare possibili clienti); né con la promessa al
pubblico, che non è diretta a perfezionare accordi contrattuali.
L’offerta al pubblico è revocabile, ed a differenza delle proposte con destinatario determinato la revoca
dell'offerta è efficace anche in confronto di chi non ne ha avuto notizia.

Contratto aperto all’adesione: contratto che può essere aperto all’adesione di altre parti, come nel caso
dei contratti costituivi di organizzazione associative (es. associazione, partiti ecc.) e che quindi presentano
una struttura aperta ed orientata a ricevere l’adesione di altri soggetti.

Le trattative ed il dovere di buona fede

Trattativa: periodo di negoziazione che sta tra la proposta e l’accettazione.


AI sensi dell’art.1337, le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono
comportarsi secondo buona fede. In caso di violazione le parti incorrerebbero in tipo di colpa chiamata
responsabilità precontrattuale come nel caso di abbandono ingiustificato della trattativa oppure non aver
informato di possibili cause invalidanti del contratto.

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Responsabilità precontrattuale (culpa in contrahendo)


Secondo la giurisprudenza, la culpa in contrahendo è di natura extracontrattuale, ciò significa che essa trova
fondamento nella violazione del generale principio del neminem laedere: la condotta scorretta durante la
trattativa è ritenuta illecita e lesiva degli interessi giuridicamente protetti dell’altra parte.

Danno per inadempimento e danno precontrattuale: In caso di inadempimento, viene leso l’interesse
positivo dell’esecuzione della prestazione dovuta in forza del contratto, quindi il risarcimento si commisura
al danno subito dal contraente.
Una delle questioni dibattute con riferimento alla responsabilità precontrattuale è quella della
delimitazione dei danni risarcibili.
Secondo la giurisprudenza prevalente, gli stessi sarebbero limitati al c.d. "interesse negativo" (derivante dal
pregiudizio subito dalla parte per essere stata coinvolta in trattative inutili e aver confidato nella
conclusione di un contratto mai stipulato, ovvero per l'aver impiegato risorse ed energie nella conclusione
di un contratto invalido o inefficace), diversamente dall'interesse positivo all'adempimento riconosciuto
nella responsabilità contrattuale.
Il danno, così circoscritto, è risarcibile nelle due componenti del "danno emergente" (consistente nelle
spese sostenute nel corso delle trattative per viaggi, progettazione, compensi a tecnici, eventuali assunzioni
e acquisti di attrezzature, ecc.) e del "lucro cessante" (consistente nella perdita delle chance di eventuali
stipulazioni con altri soggetti di contratti altrettanto o maggiormente vantaggiosi.

Danno da contratto non conveniente: in caso in cui la mala fede abbia condotta una delle parti a stipulare
un contratto non conveniente per la parte lesa, il danno viene commisurato non solo alla lesione
dell’interesse negativo, ma deve essere ragguagliato al minor vantaggio o al maggior aggravio economico
determinato dal contegno sleale di una delle parti.

Condizioni generali del contratto

Sono una serie di clausole contrattuali che un soggetto predispone per regolare uniformemente i suoi
rapporti contrattuali.
La previsione delle condizioni generali di contratto nasce dalla necessità di razionalizzare i rapporti di chi,
per la sua attività, è solito stipulare numerosi contratti dello stesso genere con una serie indefinita di
soggetti (es. compagnia telefoniche)

In altre parole si obbliga il predisponente a svolgere un'attività volta a rendere conoscibili alla generalità
dette clausole, che, una volta effettuata, le rende opponibili agli altri contraenti, sia nel caso in cui le
abbiano conosciute sia nel caso in cui non le conoscessero, ma "avrebbero dovuto conoscerle usando
l'ordinaria diligenza".

Il richiamo alla ordinaria diligenza e alla conoscibilità fa intendere che la conoscenza debba essere resa
agevole e che, comunque, il predisponente deve rendere manifesta agli altri contraenti l'esistenza delle
condizioni.
L'onere della conoscibilità non può ritenersi assolto quando le condizioni non sono chiare
Se le condizioni generali non sono conoscibili, nemmeno usando l'ordinaria diligenza, saranno inefficaci,
anche se qualche autore le ritiene nulle.

Le condizioni generali di contratto sono di solito espressione del fenomeno dei contratti per adesione, dove
un soggetto predispone l'intero regolamento contrattuale, mentre l'altro non può far altro che accettare o
rinunciare.
Per questo motivo il legislatore ha previsto una serie di cautele a favore della parte più debole, cautele che
si realizzano nella inefficacia di talune clausole particolarmente gravose, dette clausole vessatorie.

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I vizi della volontà


Art. 1427: Il contraente, il cui consenso fu dato per errore, estorto con violenza o carpito con dolo, può
chiedere l'annullamento del contratto secondo le disposizioni seguenti.

Problemi del consenso negoziale

Il contratto stipulato da un’incapace di agire o da un soggetto la cui volontà risulti viziata è annullabile.

La volontà contrattuale deve essere intesa nella duplice veste di volontà della dichiarazione e volontà della
produzione degli effetti giuridici; e ciò perché proprio attraverso questo elemento si coglie l'essenza del
principio di autonomia negoziale, un luogo dove i privati possono regolare da sé i propri interessi.
Si capisce, quindi, perché la volontà è spesso definita come "l'anima del negozio".

Essenziale è però sapere che nel negozio giuridico la volontà non può mancare; ma dobbiamo affrontare
alcune importanti questioni relative ai casi in cui vi sia divergenza tra volontà e dichiarazione

Ipotesi in cui la dichiarazione non voluta rende nullo il negozio


• Dichiarazione resa per gioco o a scopo didattico: per la validità del negozio è necessario che la
volontà sia seria e, per esser tale, deve manifestarsi in contesto che lasci presumere tale serietà;
per questo non può considerarsi come vincolante una dichiarazione fatta per uno scopo didattico,
per gioco o a teatro
• Dichiarazione resa in seguito a violenza fisica: è il caso di colui che è fisicamente costretto a
compiere una dichiarazione, come nell'ipotesi di chi prende la mano di un'altra persona e la
costringe a firmare una dichiarazione. Nel caso in cui la violenza non sia fisica ma si manifesti
attraverso una minaccia (se non firmi ti ucciderò) il negozio sarà annullabile

Ipotesi in cui la dichiarazione non voluta non rende nullo il negozio


• Dichiarazione resa per riserva mentale: è l'ipotesi di chi emette una dichiarazione mentre, in
realtà, vorrebbe emetterne un'altra. Il negozio è valido perché tale fatto psichico non è, di regola,
riconoscibile all'esterno
• Dichiarazione resa in seguito ad errore ostativo: è l'ipotesi di chi voleva emettere una
dichiarazione ma, per un lapsus, ne emette un'altra (dico 100 al posto di 10). Il negozio non è nullo
ma potrà essere annullabile.

Perciò vi sono dei casi in cui la dichiarazione non vincola chi l'emette ed altri casi in cui accade il contrario,
perché è rilevante non solo l'esistenza della volontà dell'altra parte del negozio, ma anche la posizione di
chi riceve la dichiarazione, che può aver fatto ragionevole affidamento sulla dichiarazione.
Nelle prime due ipotesi è chiaro che l'altra parte non poteva certo fare affidamento sulle dichiarazioni rese
dall'altra proprio per il contesto dove sono state emesse; nelle altre due, invece, ben poteva esserci questo
affidamento poiché l'altra parte poteva non essere in grado di accorgersi della riserva mentale (divergenza
tra volontà e dichiarazione nell'ambito del negozio giuridico) o dell'errore.
Per risolvere, quindi, i problemi relativi ai casi in cui la dichiarazione diverge dalla volontà, ci viene in
soccorso la teoria detta "dell'affidamento"

Teoria dell'affidamento: se vi è contrasto tra volontà e dichiarazione, il negozio è:


• Valido quando colui che riceve la dichiarazione non era in grado di accorgersi del contrasto usando
l'ordinaria diligenza
• Invalido quando colui che riceve la dichiarazione era in grado di accorgersi o comunque sapeva del
contrasto tra la volontà e la dichiarazione

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Errore
Consiste in una falsa rappresentazione della realtà che concorre a determinare la volontà di un soggetto; ad
esso è equiparata l'ignoranza.

L’ordinamento riconosce due tipi di errore:


• Errore ostativo: ai sensi dell’art.1433, l’errore che cade sulla dichiarazione (es. per un lapsus ho
scritto 1000 anziché 100) o sulla trasmissione della dichiarazione (es. il messaggio era giusto, ma la
persona incaricata di trasmetterlo non lo trasmette correttamente).
• Errore vizio: falsa rappresentazione della realtà che concorre a determinare la volontà di un
soggetto (es. comprare un anello di diamante finto).

Differenza tra errore ostativo e vizio: nell’errore ostativo non vi è la volontà di emettere la dichiarazione,
mentre nell’errore vizio si vuole quello che si dichiara, non vi è contrasto fra volontà e dichiarazione (es.
comprare un anello che si crede d’oro ma è invece d’ottone).
Equiparazione delle discipline: nonostante la strutturale differenza fra le due ipotesi, il codice ha
equiparato gli effetti delle conseguenze dell’errore ostativo all’errore vizio, definendo così l’annullabilità del
contratto nel caso fosse riscontrato l’errore.

È necessario, per un'esigenza di certezza del diritto, che l'errore per essere causa d'invalidità, debba avere
due caratteristiche ben precise, in quanto deve essere:
1. Essenziale: quando l’errore assume un’apprezzabile rilievo rispetto all’obbiettivo assetto degli
interessi realizzato dal contratto
2. Riconoscibile dall’altro contraente: L'errore è riconoscibile quando, in relazione al contenuto, alle
circostanze del contratto ovvero alla qualità dei contraenti, una persona di normale diligenza
avrebbe potuto rilevarlo.

Condizioni di essenzialità dell’errore

Cade sulla natura del contratto: es credo di dare una cosa in locazione, ma il contratto è di enfiteusi
Cade sull'oggetto del contratto: es. credo che siano viti gli ciò che voglio comprare ma sono chiodi
Cade sull'identità dell'oggetto della prestazione ovvero sopra una qualità dello stesso che, secondo il
comune apprezzamento o in relazione alle circostanze, deve ritenersi determinante del consenso: es. si
scambia un cavallo da tiro per uno da corsa
Cade sull'identità o sulle qualità della persona dell'altro contraente, sempre che l'una o le altre siano
state determinanti del consenso: prestazione professionale, in quanto è importante che ad eseguire
l’intervento chirurgico sia il medico bravo scelto e non un medico inesperto suo omonimo.
Trattandosi di errore di diritto, è stato la ragione unica o principale del contratto: posso per esempio
ignorare che una legge sia stata abrogata e ritenerla ancora in vigore.

Non ha carattere di essenzialità l’errore che cade sui motivi che inducono il soggetto a concludere il
negozio: es. mi induco ad acquistare una casa perché ritengo erroneamente che sarò trasferito in un’altra
città, il mio errore è irrilevante.

Riconoscibilità dell’errore
L'errore è riconoscibile quando, in relazione al contenuto, alle circostanze del contratto ovvero alla qualità
dei contraenti, una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo.
Come si vede il codice civile sposa la teoria dell'affidamento per definire l'elemento della riconoscibilità.
Nel caso di errore di entrambi i contraenti sulla stessa circostanza, però, si ritiene non necessario
considerare il requisito della riconoscibilità (e quindi tutelare l'affidamento) bastando il solo requisito della
essenzialità.

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Abbiamo visto che conseguenza dell'errore sarà l'annullabilità del negozio; tuttavia la parte non in errore
può offrire di eseguire il negozio in maniera conforme alle modalità ed al contenuto che la parte caduta in
errore avrebbe voluto se non fosse caduta nell'errore (art. 1432 c.c.).
Il potere della parte non in errore di rettificare il contratto si atteggia come un vero e proprio diritto
potestativo che può essere azionato prima che all'altra parte ne sia derivato un pregiudizio.
La rettifica, di cui stiamo parlando, potrà essere utilizzata dalla parte non in errore sia nei casi di errore
ostativo che in quelli di errore vizio.

Errore di calcolo: ai sensi dell’art.1430, non è un errore che porta all'annullabilità del negozio ma solo a
rettifica. Vi è errore di calcolo, ad esempio, quando nel calcolare il peso complessivo della merce
acquistata, per un'errata operazione aritmetica, risulta un peso superiore o inferiore a quello reale (10 kg al
posto di 100).
In questo caso una semplice rettifica servirà a rimediare allo sbaglio, ma se l'errore di calcolo provoca un
errore sulla quantità (credevo di comprare a causa del mio errore di calcolo 100 kg di merce mentre ne ho
acquistati 1.000 kg) il contratto sarà annullabile se l'errore era riconoscibile dall'altro contraente

Dolo
Con il termine dolo si individua uno specifico comportamento volto ad ingannare, grazie al quale un
soggetto cade in errore nel compimento di un negozio

L'articolo 1439 c.c. pur senza definire il dolo, fa intendere in che cosa esso consista riferendosi
specificamente ai raggiri, che possiamo intendere come ogni subdolo avvolgimento della psiche, magari
compiuto solo con le parole, ma anche con l'aiuto di artifizi, producendo, ad esempio, falsi documenti.

Per l’annullabilità dell’atto devono concorrere:


1. Il raggiro: l’azione che ha tratto in inganno la vittima (es. mostrare un falso permesso)
2. L’errore del raggirato: il negozio è annullabile solo se il dolo è stato determinante per il successo
dell’inganno
3. Provenienza dell’inganno dalla controparte

II comportamento doloso può provenire sia dall'altra parte contraente sia da un terzo
• se proveniente da una parte: il contratto sarà annullabile
• se proveniente da un terzo: vi sarà annullabilità solo se i raggiri erano noti al contraente che ne ha
tratto vantaggio

Per aversi dolo è necessario che tra il comportamento doloso e l'errore in cui cade il deceptus vi sia un
nesso di causalità, ma per ottenere l'annullamento del negozio non è necessario dimostrare che l'errore in
cui si è caduti sia anche essenziale e riconoscibile; ma basta dimostrare che il comportamento ingannatorio
abbia provocato un errore, anche sui semplici motivi.

Il codice civile distingue due tipi di dolo:


1. Dolo determinante: quando senza il comportamento doloso la parte ingannata non avrebbe
compiuto il negozio
2. Dolo incidente: quando la parte ingannata avrebbe comunque compiuto il negozio anche senza il
comportamento doloso, ma, in mancanza di questo, l'avrebbe concluso a condizioni più favorevoli
Nel caso del dolo determinante la parte ingannata potrà senz'altro chiedere l'annullamento del negozio ed
il risarcimento del danno, mentre nel caso di dolo incidente il contratto è valido, ma la parte in mala fede
risponde comunque dei danni.

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Distinzione tradizionale antica:


• Dolus malus: sempre causa di annullabilità
• Dolus bonus: consiste nella semplice esaltazione di ciò che si offre, non è causa d'invalidità quando
non si infrangono i doveri di correttezza e buona fede.

Rapporto tra dolo vizio e nozione generale di dolo: il dolo di cui stiamo parlando si distingue (pur
facendone parte) dal dolo inteso come causa psicologica di una azione.
Qui, infatti, ci riferiamo alla quel particolare comportamento ingannatorio volto a provocare un errore
negoziale, mentre in generale di comportamento "doloso" si parla quando sono volute le conseguenze
delle proprie azioni. Sotto questo punto di vista il "dolo" si distingue dalla "colpa" intesa nel senso che gli
effetti delle proprie azioni non sono voluti, ma verificatisi per imprudenza, negligenza, imperizia.

Violenza
Consiste nella minaccia di un male ingiusto e notevole volta ad ottenere una dichiarazione negoziale dal
minacciato

La violenza di cui parliamo è una forma di coazione della volontà che menoma la libertà di determinazione;
è causa di annullabilità del negozio, sia che da una delle parti, sia che provenga da un terzo.

Perché la conseguenza della violenza non è la nullità del negozio?


Conseguenza della violenza è l'annullabilità e non la nullità. Ciò è dovuto dal fatto che chi è minacciato non
vuole concludere il negozio, ma, a ben guardare, si scopre che il soggetto minacciato vuole la conclusione
del negozio perché tra lo svantaggio che subirebbe dalla attuazione della minaccia e quello della
conclusione del negozio "sceglie" e quindi vuole il male minore, cioè la conclusione del negozio.
Esistendo una volontà, per quanto viziata, si spiega l'annullabilità.

Diversamente accadrebbe se la violenza non fosse morale, ma fisica volta ad ottenere meccanicamente la
dichiarazione negoziale (es. si trascini la mano per far apporre una firma in calce ad un contratto) in questo
caso vi sarà nullità del negozio e non annullabilità perché manca la volontà.
• Violenza morale: consiste in una minaccia e provoca l'annullabilità del negozio
• Violenza fisica: consiste in una coazione fisica del dichiarante e provoca la nullità del negozio

Ai sensi dell’art.1435, la violenza per diventare causa di invalidità del deve rivestire certe caratteristiche,
poiché il male minacciato deve essere:
• Ingiusto: il male minacciato deve essere contrario a norme di legge (es. non sarebbe tale la
minaccia di far fallire un imprenditore che non onora i sui debiti). Ma se attraverso la minaccia di
fallimento si vuole ottenere un vantaggio ingiusto, questa sarà causa di annullabilità, come nel caso
in cui si voglia ottenere dall'imprenditore il consenso ad un matrimonio attraverso la minaccia di
fallimento (art. 1438 c.c.)
• Notevole: la minaccia deve essere vera o comunque apparire seria in modo da far impressione su di
una persona normale. La valutazione sulla serietà della minaccia non sarà solo oggettiva, ma anche
soggettiva essendo necessario valutare anche le condizioni personali di chi la riceve

La violenza è causa di annullabilità pure se proveniente da un terzo ed anche nel caso in cui la controparte
sia ignaro della violenza.

Timore reverenziale: particolare timore che una persona incute ad un'altra a causa della sua posizione
sociale, di potere, personale etc. Non è causa di annullamento.
Si ritiene, tuttavia, che se tale timore è consapevolmente sfruttato per svolgere un'attività intimidatoria per
la conclusione di un contratto, questo sarà annullabile in quanto concluso ricorrendo a violenza

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Forma del contratto


La forma è la modalità di espressione della volontà

Come abbiamo già detto la forma è uno degli elementi essenziali del negozio giuridico insieme agli altri
previsti dall'articolo 1325, però forma è essenziale solo quando è prevista dalla legge a pena di nullità.

La lettura di questo articolo potrebbe quindi crearci un po' di confusione perché sembrerebbe che la forma
sia elemento essenziale solo quando prevista a pena di nullità;
In realtà noi intendiamo la forma come elemento essenziale del negozio giuridico, nel senso che un negozio
non potrebbe esistere senza una forma, cioè senza un modo attraverso il quale la volontà si manifesti
all'esterno.

Questione del silenzio: il silenzio può essere espressivo di una volontà solo nel caso che all’inerzia siano
attribuiti specifica qualificazione legale o convenzionale (es. il silenzio del mandante)

Libertà della forma contrattuale: Se la legge non lo prescrive espressamente, è generalmente accettata
qualsiasi tipo fi forma.
In conseguenza di ciò un negozio potrà nascere validamente con:
• Forma orale o scritta
• Attraverso dei gesti (es. come di solito avviene durante le aste)
• Attraverso fatti concludenti, cioè attraverso comportamenti che fanno intendere in modo univoco
la volontà di porre in essere negozio giuridico come nel caso dell'erede che accetta tacitamente
l'eredità (art. 476).
Nel esempio ora riportato se il chiamato all'eredità decide di vendere alcuni beni dell'asse ereditario,
questa sua attività farà tacitamente intendere l'accettazione dell'eredità.

Manifestazione di volontà espressa: caso in cui c'è un comportamento diretto a far conoscere la propria
volontà (es. forma orale, forma scritta ecc.).
• Fideiussioni: per prestare una fideiussione è necessaria l’espressa volontà, escludendo la validità
del comportamento concludente.
Manifestazione di volontà tacita: la volontà si presume in base a comportamenti univoci del soggetto,
incompatibili con una volontà diversa (es. attraverso gesti, linguaggio del corpo ecc.)
In definiva in questa seconda ipotesi si presume una certa volontà e ci si potrebbe chiedere se una
dichiarazione contraria (protestatio contraria) serva a togliere il significato che si dà a quel comportamento
(come, ad es. il chiamato all’eredità aliena i beni ereditari dichiarando contestualmente che non intende
accettare l'eredità).

Negozi solenni: ai sensi dell’art.1350, per diversi tipi di negozi è necessaria una specifica forma, solitamente
scritta ad substantiam, pena l’annullamento del negozio (es. compravendita di beni immobili)
Ricordiamo, ad esempio, le norme relative ai contratti di locazione di beni immobili che richiedono
necessariamente la forma scritta, oppure l'atto pubblico richiesto a pena di nullità per il contratto di
donazione
Quando è richiesta la forma ad substantiam non è possibile usare una forma diversa e neppure è possibile
sanare il negozio attraverso la sua esecuzione o attraverso atti ricognitivi.

Forma convenzionale: i privati possono convenzionalmente prevedere per i loro atti determinate forme,
come nel caso in cui si stabilisca che la disdetta del contratto debba necessariamente avvenire per iscritto
attraverso un telegramma; anche in questo caso è da ritenersi, salvo diversa volontà, che il mancato
rispetto della forma prevista convenzionalmente comporti la nullità dell'atto.

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La rappresentanza
Istituto grazie al quale ad un soggetto (rappresentante) è riconosciuto il potere di agire in sostituzione di un
altro soggetto (rappresentato) nel compimento di negozio giuridico

L'elemento fondamentale della rappresentanza è lo sdoppiamento di una parte negoziale.


Infatti, il negozio giuridico, invece che essere posto in essere da colui che è il titolare del diritto, è in realtà
concluso da un diverso soggetto, legittimato a sostituirsi a lui.
(es. l'imprenditore che, non essendo in grado di svolgere direttamente tutti i suoi affari, si affida ad un'altra
persona, il rappresentante, affinché quest'ultimo si sostituisca lui nello svolgimento di uno più negozi).
Nella rappresentanza il negozio concluso il nome e nell'interesse del rappresentato, nei limiti dei poteri a
lui conferiti, produce direttamente i suoi effetti nella sfera giuridica del rappresentato.

Fonti della rappresentanza: perché quest'ultima può trovare la sua fonte, oltre che nella volontà del
rappresentato, anche nella legge quando si decide di sostituire un soggetto ad un altro che non è in grado
di badare ai propri interessi; distinguiamo quindi:
• Rappresentanza volontaria: è quella che trova la sua fonte nella volontà dei soggetti
• Rappresentanza legale: trova la sua fonte nella legge e, di regola, ricorre quando vi è la necessità di
proteggere un soggetto incapace (es. i genitori)
• Rappresentanza organica: potere che spetta ad un organo di rappresentare l’ente (es.
amministratore della società). Non bisogna confondere il potere rappresentativo, che riguarda la
manifestazione esterna della volontà dell’ente, con quello gestorio, che riguarda la direzione
interna dell’ente.
• Ufficio privato: potere di svolgere un’attività nell’interesse altrui con effetti diretti nella sfera
giuridica del soggetto sostituito, in adempimento di una funzione di legge (es. esecutore
testamentario)

L'elemento fondamentale della rappresentanza è lo sdoppiamento di una parte negoziale.


Tuttavia qual è la sua essenza?
La sostituzione della volontà del titolare del diritto con la volontà del rappresentante.

Solo quando il rappresentante interverrà nel negozio giuridico con la sua volontà potremo parlare
effettivamente di rappresentanza; ma quando il rappresentante segue alla lettera le istruzioni del
rappresentato, non intervenendo con la sua volontà nella formazione del negozio giuridico, non avremo
rappresentanza ma altra cosa di diverso e minore; in quest'ultimo caso il rappresentante non è tale, ma è
un semplice messo o nuncius e non saranno applicabili le regole relative alla rappresentanza, poiché egli
non è che la cinghia di trasmissione della volontà del rappresentato,

Rappresentanza diretta: l’istituto vero e proprio, per essere diretta è necessario solo agire nell’interesse
del rappresentato, ma anche dichiarare che si stia effettivamente agendo per conto d’altri.
Gli effetti del negozio compiuto dal rappresentante si producono immediatamente e direttamente nella
sfera giuridica del rappresentato.
Rappresentanza indiretta: soggetto che agisce nell’interesse d’altri, ma non dichiara di agire nel nome di
altrui. Nella rappresentanza indiretta si avranno due negozi per produrre effetti nella sfera giuridica del
rappresentato, poiché gli effetti del negozio entreranno inizialmente nella sfera del rappresentante, e solo
in seguito ad un altro negozio (che è un’obbligazione) avranno effetto sul rappresentato.

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Riassumendo possiamo identificare gli elementi essenziali della rappresentanza in questi tre momenti:
1. Sostituzione: nella rappresentanza si verifica un fenomeno di sostituzione di un soggetto ad un
altro nel compimento di un'attività giuridica
2. Volontà: nella rappresentanza il rappresentante partecipa con la propria volontà alla stipula
dell'atto giuridico e non è un semplice esecutore degli ordini del rappresentato
3. Imputazione degli effetti e contemplatio domini: con la spendibilità del nome gli effetti giuridici
dell'atto compiuto dal rappresentante ricadranno direttamente nella sfera giuridica del
rappresentato senza che sia necessario un nuovo atto di trasferimento

Negozi per i quali è esclusa la rappresentanza: negozi in cui per loro natura si riservano esclusivamente alla
persona interessata (es. matrimonio e testamento)

Rappresentanza volontaria

Procura

Negozio giuridico unilaterale con il quale un soggetto conferisce ad un altro soggetto il potere di farsi
rappresentare. Il rappresentante volontario si chiama procuratore.
Forma: Come ogni di dichiarazione di volontà, la procura può essere espressa o tacita; di regola non è
richiesta una forma ad substantiam, tranne nel caso sia specificamente richiesta (es. la procura per
l’acquisto di un bene immobile deve essere fatta per iscritto).
Validità del negozio: perché il negozio sia valido è necessaria la capacità legale del rappresentato, mentre
vista la capacità d’agire del rappresentato non è richiesta invece per il rappresentante, il quale può anche
essere un incapace legale, purché sia in grado di intendere e di volere.
Procura speciale o generale: dipende se essa riguardi tutti o solo alcuni affari del rappresentato. Questa
distinzione è importante per i terzi, in quanto è importante per essi sapere quale in quale sfera giuridica
avranno effetto le conseguenze di un possibile negozio.

La procura non è un contratto, in quanto per la sua validità non necessita di accettazione da parte del
rappresentato, ma è un negozio unilaterale che attribuisce un potere ad un altro soggetto, il
rappresentante, un potere che quest'ultimo potrà usare verso i terzi.
Il rappresentante potrà, quindi, usare i poteri che gli sono stati conferiti oppure disinteressarsene; certo è
che nel momento in cui deciderà di agire in conformità del potere conferitogli non potrà più
disinteressarsene senza andare incontro a delle responsabilità.

La procura, quindi, di solito non esiste da sola, ma si accompagna ad un contratto con il quale si disciplinano
i rapporti tra rappresentante e rappresentato come nella tabella:
• Procura: negozio unilaterale recettizio, per la cui efficacia occorre solo la notifica, ma l’accettazione
del procuratore; si attribuisce un potere rappresentativo e consente al rappresentante di agire
verso i terzi in nome e per conto del rappresentato
• Mandato: contratto con il quale il rappresentante ed il rappresentato disciplinano il loro rapporti
interni in seguito allo svolgimento dell'incarico che dovrà eseguire il rappresentante

Esistendo la procura ed il mandato, entrambe le parti saranno soddisfatte in quanto il rappresentante potrà
far valere verso i terzi il potere ricevuto con la procura, mentre entrambi avranno già chiari, grazie al
mandato, obblighi e diritti reciproci.

Abbiamo visto che la procura può esistere anche senza mandato, o altro contratto, anche se è un'ipotesi
rara. Chiediamoci ora: il mandato può esistere senza la procura? Se sì, si avrà ancora rappresentanza?
Ci risponde l'articolo 1705 c.c. che espressamente prevede l'ipotesi di mandato senza rappresentanza come
l'articolo 1704 c.c. prevede l'ipotesi opposta, ma quindi il solo mandato è sufficiente a costituire anche la
rappresentanza?

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La risposta è negativa, in quanto se vi è stato il solo mandato il mandatario agirà per conto ma non in nome
del mandante, con la conseguenza che gli effetti degli atti compiuti non passeranno immediatamente nella
sfera giuridica del mandante, ma dovranno essere ritrasferiti a lui al mandatario; abbiamo quindi:
• Rappresentanza diretta: il rappresentante agisce in nome e per conto del rappresentato; a
quest'ultimo verranno immediatamente imputati gli effetti degli atti compiuti dal rappresentante.
• Rappresentanza indiretta: il mandatario agisce in nome proprio, ma per conto del mandante.
Unico responsabile nei riguardi dei terzi è il mandatario che assume anche tutti gli obblighi che
scaturiscono dagli atti compiuti. Il mandatario è obbligato a ritrasmettere al mandante il risultato
del suo agire. Visto che la rappresentanza indiretta (o interposizione reale di persona) non è una
vera rappresentanza, non si applicheranno le norme previste in tema di rappresentanza.

Estinzione della procura

Revoca: atto con cui il rappresentato fa cessare gli effetti della procura. Anch’esso è un negozio unilaterale.
Secondo l'articolo 1396 c.c. è possibile la revoca e la modifica della procura.
La revoca può essere espressa o tacita come nel caso in cui il rappresentante nomini un’altra persona per la
gestione dello stesso affare.

Pubblicità della revoca: Il punto fondamentale, tuttavia, in merito alle ipotesi di revoca e modifica non sta
tanto nel modo in cui queste avvengono, ma nella loro efficacia nei confronti dei terzi. Secondo il citato
articolo 1396, infatti, la revoca e la modifica devono essere portate a conoscenza dei terzi con "mezzi
idonei"; in mancanza non saranno opponibili ai terzi, a meno che non si provi che questi ne erano a
conoscenza al momento della conclusione del contratto.
• Mezzi idonei alla revoca: dipende dal contesto in cui è stata conferita la procura; se, infatti, siamo
nell'ambito di situazioni dove è previsto uno speciale regime di pubblicità, come nel caso delle
imprese commerciali, sarà necessario usare quei mezzi voluti dall'ordinamento.

Non sempre, tuttavia, è possibile la revoca della procura. Può darsi, infatti, che, in analogia con le norme sul
mandato, sia stata pattuita l'irrevocabilità della procura o che questa sia stata conferita anche nell'interesse
del rappresentante.

Altre cause di estinzione della procura:


• Morte del rappresentante o del rappresentato
• Sopravvenuta incapacità del rappresentato
• Fallimento del rappresentante o del rappresentato

Vizi della volontà e stati soggettivi nel negozio rappresentativo


L'art. 1389 c.c. dispone che le rappresentate incapace deve essere capace di intendere e volere in relazione
"alla natura e al contenuto del contratto stesso", introducendo così, un ulteriore accertamento relativo alla
validità del contratto, che rende sicuramente più precaria la posizione del rappresentato, che, dal punto di
vista pratico, farebbe meglio ad astenersi dallo scegliere come rappresentante un soggetto incapace.
Ciò implica che è la volontà delle rappresentate da prendere in considerazione, e non quella del
rappresentato, e per questi motivi è stabilito che:
• nel caso di vizi della volontà: Il contratto è annullabile se è viziata la volontà del rappresentante e
non quella del rappresentato
• nel caso di stati soggettivi rilevanti: si ha riguardo alla persona del rappresentante

Il negozio concluso dal rappresentante sarà annullabile se egli versava in errore, o è stato costretto alla sua
conclusione da violenza, ecc.

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Cosa accade se il rappresentato ha predeterminato alcuni degli elementi del contratto ed è caduto in
errore su uno di questi? Il suo errore sarà rilevante ai fini dell'annullabilità del contratto concluso dal
rappresentato? E se era in buona fede su questi elementi, il suo stato soggettivo sarà rilevante?
È chiaro che in questi casi, anche la situazione del rappresentato è rilevante, ed è per questo motivo che gli
articoli 1390 e 1391 c.c. dispongono che:
• nel caso di elementi predeterminati dal rappresentato si ha riguardo alla volontà ed agli stati
soggettivi del rappresentato e non del rappresentante

Condanna della malafede: In caso che il rappresentato, intendendo acquistare dei beni mobili di
provenienza furtiva (essendo quindi in mala fede), dia l'incarico all'ignaro rappresentante.
Seguendo le regole esposte l'acquisito effettuato dalle rappresentate sarebbe valido, visto il suo stato di
buona fede. Ma tale conclusione è palesemente inaccettabile in quanto la mala fede non riceve mai
protezione nel nostro ordinamento giuridico ed è per questo che l'articolo 1391 dispone che:
• In nessun caso il rappresentato che è in mala fede può giovarsi dello stato d'ignoranza o di buona
fede del rappresentante

Il conflitto di interesse tra rappresentante e rappresentato


In generale il potere di rappresentanza è conferito nell’interesse del rappresentato, ma è prevista anche
una procura conferita anche nell’interesse del rappresentante, questo viene detto procurator in rem suam.
Un esempio di procurator in rem suam si ha nella cessione dei beni ai creditori (art.1977)

Se il rappresentante è portatore di interessi propri o di terzi in contrasto con quelli del rappresentato si ha
conflitto di interesse. Il conflitto consiste in una situazione di incompatibilità tra l’interesse del
rappresentante e quello del rappresentato, di modo che la realizzazione del vantaggio di uno implichi il
sacrificio dell’altro.

Annullabilità del negozio: Se il rappresentante agisce in conflitto d’interesse con il rappresentato, il negozio
è annullabile su domanda del rappresentato. Naturalmente il conflitto d’interesse è irrilevante se il
rappresentato, essendone a conoscenza, autorizzo comunque a concludere il negozio.
Contratto con sé stesso: ricorre quando un unico soggetto svolge contemporaneamente il ruolo di due
parti (es. il procuratore che rappresenta nello stesso momento compratore e venditore). Il contratto è di
regola annullabile, ma è valido nel caso il rappresentato abbia autorizzato espressamente la conclusione del
contratto (es. il commesso può acquistare merce nel negozio in cui lavora, se autorizzato ed a patto che
paghi il prezzo destinato al pubblico)

Rappresentanza senza potere

Ipotesi di chi agisce in nome e per conto di un altro soggetto senza averne i poteri o eccedendo i limiti del
potere conferitogli. Perciò il negozio compiuto da chi ha agito in difetto di potere (agire senza permesso) o
in eccesso di potere (fare ciò che non era autorizzato a fare), non produce alcun effetto nella sfera giuridica
del rappresentato.
È questo il caso del c.d. " falsus procurator ", cioè di chi agisce come rappresentante senza averne i poteri e,
sempre in tale veste, conclude un contratto con un terzo.

Inefficacia del negozio: la situazione non è rilevabile d’ufficio, ma è invocabile solo dallo pseudo-
rappresentato. Il negozio non si può dire nullo perché essa implica un vizio intrinseco all’atto ed opera in
maniera definitiva, mentre ai sensi dell’art.1399 l’interessato può ratificare con effetti retroattivi il negozio
stipulato dal falsus procurator; e nemmeno annullabile poiché prima della ratifica il negozio concluso in
difetto o eccesso di potere non produce effetti per l’interessato.

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Ratifica: dichiarazione di volontà e negozio unilaterale con cui il falsamente rappresentato fa propri gli atti
compiuti dal falsus procurator. È una procura successiva attraverso la quale il (falsamente) rappresentato
rende efficace retroattivamente nei suoi confronti il contratto concluso dal falsus procurator.
La ratifica può essere espressa o tacita, come per la procura deve rivestire le forme prescritte dalla legge
per la conclusione del negozio in questione.
Retroattività della ratifica: cioè considera il negozio efficace ab initio: se il falsus vende un immobile a caio,
il quale lo rivende a sempronio, la ratifica anche se intervenuta successivamente alla vendita a sempronio,
rende il primo negozio valido fin dall’inizio, escludendo il vizio dell’acquisto di sempronio.
Tutela dei terzi: la retroattività della ratifica non può pregiudicare i diritti acquistati dai terzi.
Es. se tizio vende una casa a caio, e sempronio (falsus procurator di tizio) nel frattempo aveva concluso in
nome di tizio un accordo più vantaggioso, la ratifica che tizio faccia della vendita di sempronio non potrà
toccare la validità del negozio fra tizio e caio.
Actio interrogatoria: Il terzo contraente può invitare l'interessato a pronunziarsi sulla ratifica assegnandogli
un termine, scaduto il quale, nel silenzio, la ratifica s'intende negata. Se l’interessato non ratifica il negozio
stipulato in suo nome, l’atto resta inefficace.
Se il contratto rimane inefficace, il terzo ha diritto al risarcimento danni al falsus procurator, che dovrà
risarcire al terzo contraente il c.d. "interesse negativo" cioè quello che il terzo aveva a non essere coinvolto
in trattative e spese inutili ma non il c.d. "interesse positivo" che il terzo contraente aveva alla esecuzione
del contratto. La richiedibilità è subordinata all’uso dell’ordinaria diligenza da parte del terzo nel capire
l’evidenza della falsa rappresentanza.

Contratto per persona da nominare

Contratto in cui una parte può riservarsi la facoltà di nominare, entro tre giorni dalla stipula o nel diverso
termine concordato, la persona che acquisterà diritti e obblighi nascenti dal contratto.

La dichiarazione di nomina deve essere comunicata all'altra parte nel termine di tre giorni dalla stipulazione
del contratto, se le parti non hanno stabilito un termine diverso.
La dichiarazione non ha effetto se non è accompagnata dall'accettazione della persona nominata o
se non esiste una procura anteriore al contratto. La dichiarazione di nomina e la procura o l'accettazione
della persona nominata non hanno effetto se non rivestono la stessa forma che le parti hanno usata per il
contratto, anche se non prescritta dalla legge.
Se per il contratto è richiesta a determinati effetti una forma di pubblicità, deve agli stessi effetti
essere resa pubblica anche la dichiarazione di nomina, con l'indicazione dell'atto di procura o
dell'accettazione della persona nominata.
Se la dichiarazione di nomina non è fatta validamente nel termine stabilito dalla legge o dalle parti,
il contratto produce i suoi effetti fra i contraenti originari.

Il contratto preliminare ed i vincoli da contrarre


Si dice preliminare il contratto con cui le parti si obbligano a stipulare un successivo contratto definitivo, del
quale deve essere già determinato il contenuto essenziale in quello preliminare.

Questo tipo di contratto assolve un’importante ruolo nella dinamica dello scambio fra privati;
Spesso può accadere ce due parti siano d’accordo sulla realizzazione di una certa opera e che si intendono
vincolarsi reciprocamente per attuarla, ma preferiscano rinviare in seguito la conclusione e la realizzazione
degli effetti del contratto.
Qui si mostra l’opportunità di contrarre un preliminare, che ancora non produce gli effetti previsti dal
contratto finale, ma che obbliga le parti alla successiva stipulazione del contratto definitivo, il quale
produrrà i relativi effetti (es. il preliminare è spesso usato in campo immobiliare, dove le parti si accordano
solitamente tramite scrittura privata, così da permettere di preparare tutta la documentazione necessaria
per stipulare il contratto finale davanti al notaio)

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Forma del preliminare: la forma deve rispecchiare quella prevista per il contratto finale.
Prestazione dovuta: la prestazione che le parti si obbligano ad eseguire è il perfezionamento del contratto
definitivo. Il preliminare ha dunque effetti obbligatori, non reali, consistenti nell’esecuzione di un facere per
sua natura infungibile: cioè l’emissione di una dichiarazione negoziale.
In caso di inadempimento del preliminare: la parte inadempiente è tenuta al risarcimento del danno.
L’inadempimento del preliminare consiste in una responsabilità contrattuale, non certo un precontrattuale,
poiché consegue dall’inadempimento di un’obbligazione derivante da un contratto vincolante, nonostante
abbia ancora la forma di contratto preliminare.
• Esecuzione in forma specifica: strumento peculiare che la legge mette a disposizione della parte
che abbia interesse all’esecuzione in forma specifica degli obblighi derivanti dal contratto
preliminare, consiste in una sentenza costituiva. Ai sensi dell’art.2932, Se colui che è obbligato a
concludere un contratto non adempie l'obbligazione, l'altra parte, qualora sia possibile e non sia
escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso. Se
si tratta di contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata
o la costituzione o il trasferimento di un altro diritto, la domanda non può essere accolta, se la
parte che l'ha proposta non esegue la sua prestazione o non ne fa offerta nei modi di legge, a meno
che la prestazione non sia ancora esigibile.

L’opzione

Con il contratto di opzione (art. 1331 c.c.) le parti convengono che una di esse rimanga vincolata alla propria
proposta e l'altra abbia facoltà di accettarla o meno, la dichiarazione della prima si considera quale
proposta irrevocabile.

In sostanza una delle parti si vincola a tenere ferma la propria proposta per un determinato periodo di
tempo, mentre l'altra parte è libera di decidere, entro lo stesso periodo, se accettare o meno. In caso di
accettazione, il contratto si conclude.
L'opzione, oltre che un accordo a sé stante, è spesso inserita quale clausola all'interno di un diverso
contratto (es. opzione di riacquisto)

Distinzione dal preliminare: dal preliminare deriva un obbligo di stipulare il contratto definitivo, mentre
nell’esercizio da parte del beneficiario del diritto di opzione prevede l’immediato perfezionamento del
contratto, del quale si producono tutti gli effetti, senza ulteriore manifestazione di volontà negoziale.

La prelazione

Preferenza che viene attribuita dalla legge, o dalla volontà delle parti, ad un soggetto, a parità di
condizione, nel caso in cui la persona soggetta alla prelazione dovesse decidersi a stipulare un determinato
contratto.

L'esistenza di una causa di prelazione lascia il concedente libero di scegliere se stipulare o meno il contratto
ma, nel momento in cui decida di contrarre, lo vincola nella scelta del contraente. Tale vincolo, invero, si
traduce nell'obbligo di denuntiatio, in forza del quale il concedente stesso è tenuto a comunicare al
prelazionario la propria volontà di concludere il contratto, unitamente alle sue condizioni e al termine per
l'esercizio della prelazione. La dottrina ricostruisce variamente la natura giuridica della denuntiatio quale
proposta contrattuale, atto di interpellanza ovvero comunicazione vincolante.
Nel caso in cui la comunicazione venga omessa, oppure il contratto venga concluso con i terzi in pendenza
del termine per l'esercizio della prelazione, ovvero nonostante il prelazionario abbia esercitato il suo diritto
o ancora a condizioni diverse, i rimedi del prelazionario differiscono a seconda della natura volontaria o
legale della prelazione stessa.

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Prelazione volontaria: non è opponibile ai terzi, ed ha quindi mera efficacia obbligatoria. Il promittente in
caso di inadempimento è tenuto al risarcimento del danno, ma il terzo acquirente ha acquistato in modo
pienamente efficace e non corre il rischio di veder posta in discussione la sua titolarità.
Prelazione legale: assicura al prelazionario un diritto di preferenza opponibile ai terzi e tutelabile in forma
specifica, cosicché in caso di violazione, il prelazionario ha diritto di riscattare, tramite il retratto, il bene dal
terzo acquirente, però rimborsandolo. (es. prelazione in favore dei coeredi, in caso di alienazione a terzi
della quota di comunione ereditaria, prelazione a favore dello stato per i beni culturali)

L’oggetto del contratto


Art. 1346: L'oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile.

Nella norma però non viene anche data la definizione propria di oggetto del contratto, ciò ha portato a
diversi tipi di interpretazione:
• Per oggetto del contratto si hanno da intendersi le prestazioni dedotte dal contratto
• Per oggetto del contratto viene identificato con il bene dovuto, che costituiscano l’oggetto di una
prestazione di dare o comunque sul quale ricadano gli effetti del contratto

Distinzione tra oggetto e contenuto: il contenuto del contratto si riferisce al contenuto regolamentare del
contratto, cioè l’insieme delle disposizioni che disciplinano il rapporto tra i contraenti, che possono essere
disposti dalle parti.
Requisiti dell’oggetto: la legge enumera i requisiti dell’oggetto affinché non pregiudichi la nullità del
contratto, dunque l’oggetto deve essere:
1. Possibile: cioè materialmente suscettibile di esecuzione. La possibilità della prestazione va
apprezzata in sé e per sé, non va valutata in rapporto al soggetto che è tenuto ad adempierla (es. il
pagamento di una somma di denaro, anche se esorbitante per chi la deve fare, è sempre possibile).
L’impossibilità della prestazione non equivale alla difficoltà dello svolgerla.
2. Lecito: perché se fosse illecito l’oggetto del contratto andrebbe contro i principi dell’ordinamento.
3. Determinato o determinabile: perché affinché possano verificarsi gli effetti giuridici del contratto,
le parti devono definire un oggetto determinato

Arbitraggio: l’oggetto della prestazione può anche essere deciso da un terzo (es. il prezzo di un quadro non
sia stabilito dalle parti ma da un critico d’arte).
Il terzo incaricato si chiama arbitratore e la sua attività arbitraggio.
Di regola il terzo deve procedere con equo apprezzamento, perciò le parti possono rivolgersi al giudice se la
determinazione dell’arbitratore si dimostra iniqua o erronea.
Le parti possono anche rimettersi al mero arbitrio del terzo, lasciandogli carta bianca sulla valutazione. In
tal caso le parti non potranno impugnare la determinazione se non nel caso in cui venga provata la sua
malafede.

Differenza fra arbitratore e arbitro: l’arbitro è un privato a cui si affidano le parti in lite per risolvere una
controversia, anziché affidarla ai giudici dello stato, e che pronuncia un lodo arbitrale per definire la
questione.

Causa del contratto


Non esiste la definizione di causa nel codice, ma è bene intendersi come lo scopo che attraverso il negozio si
vuole perseguire
L’elemento essenziale di ogni negozio giuridico è la sua causa

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Causa nelle obbligazioni: nelle obbligazioni, che non sono contratti ma rapporti giuridici, indica il titolo da
cui deriva il debito, la sua fonte.

Nel negozio giuridico la causa è importante soltanto per quei negozi nei quali l’autonomia dei privati può
influire sul contenuto e sugli effetti del negozio (es. la causa non ha importanza per atti tipo il matrimonio,
l’adozione ecc. per cui il privato può scegliere soltanto se compiere o no l’atto, ma non può interferire con i
suoi effetti). Quando invece il contenuto dipenda dalla libera scelta del privato è necessario che gli effetti
perseguiti siano giustificati dal punto di vista dell’ordinamento giuridico.
Per queste ragioni la causa del contratto deve essere per forza lecita, perché se non fosse lecita gli effetti
derivanti da essa non sarebbe meritevole di tutela da parte dell’ordinamento.
Scopo, causa, del prendere il bicchiere d'acqua è bere, scopo, causa del trasporto su un autobus è di
giungere nel luogo di destinazione.
Tutte le azioni umane sono, quindi, rivolte a uno scopo, hanno una causa, e questo vale anche per i negozi
giuridici.

La dottrina è divisa sul concetto della causa del contratto


1. Teoria della causa tipica o astratta: la causa è lo scopo, rilevante dal punto di vista sociale e\o
economico, che s'intende conseguire attraverso il negozio giuridico
2. Teoria della causa concreta: la causa rappresenta gli scopi concreti che le parti attraverso il
contratto intendono soddisfare

Quale delle due scegliere?


non possiamo dirlo, visto che entrambe hanno dalla loro parte autorevoli dottrine e giurisprudenza, ma
possiamo provare a vedere quali conseguenze derivano nell’accettare l’una o l’altra teoria.

Per la dottrina che vede la causa come scopo economico sociale del negozio, la causa è sempre tipica e
astratta, nel senso che prescinde dagli scopi effettivi delle parti, perché realizza una funzione già
predeterminata dall’ordinamento, una funzione, appunto, economico sociale.
Le parti, quindi, non farebbero altro che aderire a un tipo contrattuale già predisposto dal legislatore,
perché l’autonomia privata non servirebbe solo a realizzare i loro interessi egoistici, ma anche a realizzare
una funzione che va oltre tali interessi, cioè una funzione utile anche alla generalità dei consociati; ecco che
emerge la funzione economico sociale della causa.

Se, invece, accettiamo la teoria della causa concreta, avremo il vantaggio di tener conto degli effettivi
interessi che le parti volevano realizzare, così come emergono non solo dal tipo di contratto scelto, ma
anche dal complessivo rapporto che è intercorso tra loro, che trova la sua realizzazione nel contratto.
D’altro canto, accettando questa tesi, rischia di diventare evanescente la distinzione tra causa e motivi del
contratto, questi ultimi, di regola irrilevanti. Non dimentichiamo poi che accettando la tesi della causa
concreta qualsiasi scopo, purché non illecito, potrebbe essere tutelato innanzi ai tribunali, in omaggio a un
liberismo che comincia a mostrare tutti i suoi limiti.

Forse la soluzione sta nel mezzo; la causa, infatti, deve essere aderente agli scopi concreti che le parti
volevano realizzare, ma deve anche realizzare una funzione economico sociale, senza la quale darebbe vita
a contratti inutili, e ciò che è inutile socialmente, alla fine potrebbe anche diventare dannoso.
Sarà quindi questa la prospettiva che seguiremo, causa concreta, ma che svolga anche una funzione
economico sociale.

Nullità e causa: L'irrilevanza, la mancanza, l'illiceità della causa producono la nullità del negozio proprio
perché ne è viziata la funzione.

Sennonché non sempre è necessario andare a verificare se la causa di un negozio sia socialmente
apprezzabile. Esistono infatti alcuni negozi che sono previstiti e regolati dalla legge, come la compravendita,
dove la valutazione circa la meritevolezza della causa è stata già compiuta dal legislatore, mentre in altri

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casi saranno gli stessi privati che creeranno nuove forme di negozi (come il leasing) dove sarà necessario
verificare l'utilità economica e sociale della causa. Abbiamo quindi:
• Negozi tipici: sono quelli previsti dalla legge per questi è inutile verificare l'utilità della causa;
• Negozi atipici: non previstiti dalla legge, per la loro validità sarà necessario verificare l'utilità della
causa.

Negozi causali: negozi in cui è richiesta la causa


Negozi astratti: negozi dai quali non risulta la causa (es. la cambiale, diritti di credito). Essi servono per
facilitare l’acquisto e la circolazione.
Anche la delegazione pura è un esempio di negozio astratto, in quanto il delegato non fa riferimento a
nessuno dei due rapporti e perciò non può eccepire l’insussistenza della causa.

Astrazione sostanziale: procedimento per il quale il negozio rimane svincolato dalla causa (es. cambiale)
Astrazione processuale: In questi negozi, non c'è astrazione della causa, ma quando il creditore citerà in
tribunale il debitore inadempiente, non sarà lui a dover provare il suo diritto e la causa, ma semmai sarà il
debitore a dover provare che la promessa o la ricognizione è stata fatta senza una valida causa. Appare
evidente, allora, che qui non si prescinde certo dalla causa (visto che potrà essere invocata in tribunale), ma
vi sarà una semplice inversione dell'onere della prova, un'astrazione, quindi, ma solo processuale, e non
materiale.

Illiceità della causa: L’ordinamento giuridico non riconosce tutela nei confronti degli accordi contrari alla
legge o al buon costume. IL contratto contrari alle norme legali è detto illegale, mentre quello contrario al
buon costume è detto contratto immorale.

Differenza di disciplina: per i contratti illegali, essendo il negozio nullo, chi l’ha eseguito ha diritto alla
ripetizione dell’indebito. Mentre nel caso di contratti immorali la ripetizione non è sempre ammessa.
Inoltre, il contratto illecito non è suscettibile di conversione o di sanatoria.

Mancanza della causa

Difetto genetico della causa: mancanza della causa del negozio fin da prima del perfezionamento, produce
la nullità del negozio.
Difetto parziale della causa: scomparsa della causa successiva al perfezionamento del negozio. Ciò può
avvenire nei contratti tipo la vendita, laddove nel concreto una delle due prestazioni manchi o vi sia un
netto squilibrio fra la prestazione di una parte ed il corrispettivo dovuto dall’altra.
Difetto sopravvenuto: nonostante l’esistenza originaria della causa e possibile che in particolari circostanze
si impedisca alla causa di operare così come programmato.

Motivi

Costituiscono lo scopo individuale che hanno spinto un soggetto a porre in essere un negozio giuridico

Irrilevanza del motivo individuale: di regola essi sono giuridicamente irrilevanti, perciò un errore sul
motivo non può qualificarsi come essenziale, e perciò compromettere il negozio in modo tale da definirne
la nullità (es. se decido compro una casa a Roma, perché mi sarei dovuto trasferirmi per lavoro, ma se poi
non vengo più trasferito non potrò appellarmi al motivo individuale per rendere nullo il contratto di
compravendita)
Rilevanza del motivo illecito comune: il contratto può divenire nullo, quindi le parti possono tirarsi fuori
dall’accordo in qualsiasi momento, se l’accordo rifletta per entrambe le parti uno stesso motivo illecito, il
quale deve essere stato determinante per il consenso (es. mi impegno a metterti a disposizione una mia
cassetta di sicurezza per consentirti di nascondere della refurtiva)
Il motivo illecito rende nulla la disposizione testamentaria.

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Negozio in frode alla legge: negozio che viene posto in essere per eludere un divieto posto da una norma
imperativa, si considera nullo per illiceità della causa.
Differenza con il negozio simulato: il negozio contrario alla legge è di per sé contrastante con una norma
come nel caso in cui si dia incarico a qualcuno di compiere un furto. Nel caso del negozio simulato già
sappiamo che le parti non vogliono quanto appare, mentre nel negozio in frode alla legge si vuole proprio
che i vari negozi producano i loro effetti perché solo con la loro combinazione si riuscirà a ottenere il
risultato vietato.
Ricordiamo, infine, che negozio di cui stiamo discutendo si distingue da quello in frode ai creditori che può
essere reso inefficace attraverso l'azione revocatoria.
Vedremo che il negozio oggetto dell'azione revocatoria è perfettamente valido solo che è stato posto in
essere al fine di danneggiare i creditori, sottraendogli la garanzia costituita dal patrimonio del debitore

Interpretazione del contratto


Operazione che consiste nel determinare il significato giuridicamente rilevante da riconoscere in una
dichiarazione negoziale.
La funzione dell’attività interpretativa è quella di determinare quali effetti il negozio sia idoneo a produrre.
• Regole di interpretazione soggettiva: dirette a ricercare l’intento comune dei soggetti del negozio
• Regole di interpretazione oggettiva: intervengono quando non si riesca a dare un senso al negozio,
nonostante l’uso delle normali regole di interpretazione soggettiva.
• Interpretazione secondo buonafede: vale il principio dell’affidamento.
• Principio della conservazione del negozio: art.1367, nel dubbio il negozio deve essere interpretato
nel senso in cui esso possa avere qualche effetto.
Regole finali: ai sensi dell’art.1371, qualora, nonostante l'applicazione delle norme di interpretazioni
canoniche, il contratto rimanga oscuro, esso deve essere inteso nel senso meno gravoso per l'obbligato, se
è a titolo gratuito, e nel senso che realizzi l'equo contemperamento degli interessi delle parti, se è a titolo
oneroso

Gli effetti del contratto


Finché il contratto non viene perfezionato, le parti conservano la facoltà di aderire o no al patto.
Tuttavia dal momento di in cui l’accordo viene perfezionato esso obbliga le parti ad osservarne le clausole,
con ciò la legge afferma ai sensi dell’art.1372 che il contratto ha forza di legge tra le parti.

Le parti sono però libere di sciogliere o modificare il contenuto del contratto, con un atto di comune
volontà chiamato mutuo consenso. Tramite esso gli effetti reali del contratto vengono rimossi
retroattivamente.

Recesso: diritto di liberarsi unilateralmente dagli obblighi assunti con il contratto


(ius poenitendi), è ammissibile soltanto quando specificato dalla legge o da un apposito patto.
• Recesso convenzionale: recesso possibile da un precedente accordo fra le parti, la facoltà di
recedere deve essere esercitata prima che abbia inizio l’esecuzione del contratto.
Spesso il diritto di recesso viene pattuito di fronte ad una caparra penitenziale (es. nel contratto di
viaggio posso rinunciare a partire, perdendo la caparra), oppure il diritto di recedere è esercitabile
solo al seguito del pagamento di una multa penitenziale al momento del recesso.
• Recesso legale: facoltà di recesso prevista dalla legge (es. nei contratti a tempo interminato, le
parti possono risolvere in qualsiasi momento il contratto).
Disdetta: è il diniego di rinnovazione di un contratto di durata per il quale sia previsto un automatico
rinnovo al momento della scadenza (es. locazione di immobili urbani).

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Gli effetti tra le parti. L’integrazione


Gli effetti del contratto per quanto riguarda le parti, corrispondono a ciò che è stato definito dalle parti.
La determinazione del significato di tali accordi dipende dall’interpretazione del contratto.
Per definire gli effetti del negozio però non è sufficiente la sola interpretazione, ma sono necessarie:
• La qualificazione dell’atto
• L’integrazione dei suoi effetti.

Qualificazione dell’atto: si intende la sua sussunzione sotto la fattispecie legale appropriata, in base alla
quale si determina la disciplina applicabile (es. di che tipo di contratto si tratta?)
L’integrazione dei suoi effetti: agli effetti previsti dalle parti si sommano anche gli effetti previsti dalla
legge, dagli usi e dall’equità. L’integrazione è importante per risolvere gli eventuali problemi derivanti da
lacune della disciplina negoziale che possono essere colmate da norme dispositive (es. art.1709)
La legge non interviene solo con funzione integratrice della volontà privata, ma anche e soprattutto con
funzione di imperativa la quale annulla ogni contraria pattuizione dei privati.

Inserzione automatica di clausole: ai sensi dell’art.1339, Le clausole, i prezzi di beni o di servizi, imposti
dalla legge, sono di diritto inseriti nel contratto, anche in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle
parti.

Esecuzione secondo buona fede: il principio fondamentale in tema di esecuzione ed interpretazione è il


rispetto della buona fede prevista dal’art.1375.

Contratti ad effetti reali e ad effetti obbligatori

Art.1376: Contratto con effetti reali


Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, la
costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il trasferimento di un altro diritto, la
proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del consenso delle parti
legittimamente manifestato.

Contratti ad effetti reali: quando determinano la trasmissione o la costituzione di un diritto reale o di un


altro diritto.

Consenso traslativo: L’art.1376 assume rilevanza in quanto stabilisce che se la cosa oggetto del contratto è
determinata, la proprietà di trasferisce nel patrimonio dell’acquirente per effetto del consenso manifestato
secondo le forme di legge. Non occorre che altro perché l’effetto reale si produca, nemmeno la consegna:
perché la traditio costituisce piuttosto il contenuto di un’obbligazione per l’alienante, in quanto l’alienante
è tenuto a consegnare ciò che è divenuto proprietà dell’acquirente.
Trasferimento in massa di cose: ai sensi dell’art.1377, la proprietà si trasmette con il semplice consenso

Contratti ad effetti obbligatori: quando determinano la nascita in un rapporto obbligatorio.

Cose di genere: il contratto avente per oggetto il trasferimento di cose determinate solo nel genus è un
contratto con effetti obbligatori non reali, in quanto ai sensi dell’art.1378 la proprietà si trasferisce a
seguito dell’individuazione/specificazione delle cose destinate a costituire oggetto del trasferimento.
Individuazione che può avvenire secondo le modalità stabilite (es. mediante pesatura, misurazione ecc.), e
solo a seguito di essa si può avere trasferimento della proprietà, prima infatti esiste solo un’obbligazione
dell’alienante a fare quanto necessario per fare acquistare proprietà all’acquirente.

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Conflitti fra acquirenti di diritti sullo stesso oggetto: Il principio del prior in tempore potior in iure non è
sempre applicabile, a volte l’ordinamento non guarda a chi arrivi per primo ma a chi possieda determinati
requisiti.
• Beni mobili: se taluno con successivi contratti aliena a più persone un bene mobile non registrato,
sarà preferito dall’ordinamento colui che abbia acquisito il possesso in buona fede, anche se il suo
titolo risulti di data posteriore agli altri.
• Beni immobili: Ai conflitti su beni immobili o mobili registrati si applicano le regole della
trascrizione
• Diritti personali di godimento: tra i vari aventi diritto è preferito chi per primo ha conseguito il
godimento della cosa
Clausola penale e caparra
Liquidazione convenzionale anticipata del danno: In caso di inadempimento il creditore ha diritto al
risarcimento del danno, a patto che provi il danno subito.
Ciò però spesso richiede tempo e spese, per risolvere ciò le parti possono accordarsi ex ante quanto il
debitore dovrà pagare a titolo di penale in caso di inadempimento. In tal caso la parte inadempiente sarà
tenuta al pagamento della penale, senza che il creditore debba dare prova del danno.

La penale può essere prevista sia per l’inadempimento sia per il semplice ritardo, con la differenza che in
caso di ritardo la parte inadempiente oltre alla penale, sarà tenuta al rispetto della prestazione dovuta.
Effetto limitativo della penale: se viene definita una penale, la parte lesa non potrà chiedere come
risarcimento più di quanto definito nella penale. Ovviamente le parti possono decidere che oltre alla penale
sia versato un ulteriore risarcimento a patto che la parte lesa dimostri il danno ulteriore.

Riduzione ed equità: la penale può essere ridotta in base ad una valutazione equitativa del giudice se essa
risulti manifestamente eccessiva rispetto alla prestazione dovuta; oppure se la parte inadempiente abbia
conseguito almeno in parte la prestazione dovuta.

Caparra: consegna di una somma di denaro o quantità di cose fungibili, da una parte ad un’altra. Mentre la
penale è fonte di un’obbligazione, la caparra è un contratto reale poiché implica l’effettiva consegna di un
quantum. Il codice prevede due tipi di caparre:
• Caparra confirmatoria: tipo di caparra più frequente, viene consegnata prima del perfezionamento
del contratto e rende l’idea della serietà con cui la parte intende onorare il contratto. Una volta
eseguito il contratto essa deve però essere restituita, o imputata a titolo di acconto sul prezzo.
In caso di inadempimento, l’altra parte può decidere di recedere il contratto o trattenere la caparra
a titolo di risarcimento. Se l’inadempimento è della parte a cui è stata versata la caparra, la parte
lesa può decidere di recedere e pretendere il doppio della caparra a titolo di risarcimento.
• Caparra penitenziale: viene versata per aggiudicarsi il diritto di recedere il contratto, questo però a
prezzo della perdita della caparra.

Effetti del contratto verso terzi

Relatività degli effetti contrattuali: Ai sensi dell’art.1372 comma 2, Il contratto non produce effetto
rispetto ai terzi, tranne che nei casi previsti dalla legge.

Promessa del fatto del terzo: se prometto che un terzo assumerà un obbligo nei tuoi confronti, il terzo
estraneo al contratto non è vincolato per la mia promessa. Obbligato è il soggetto che abbia promesso
l’impegno del terzo, il quale deve persuadere il terzo a fare ciò che ha promesso.
Se il terzo non aderisce, la conseguenza dell’obbligazione o fatto del terzo sarà l’indirizzo all’indirizzo della
parte a cui si era promessa la cosa.
Divieto convenzionale di alienazione: il divieto di alienazione contenuto in un contratto ha effetto solo per
le parti, i terzi non sono toccati dagli effetti del contratto, infatti potranno acquistare validamente.

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Induzione all’inadempimento: la relatività degli effetti del contratto non esclude una possibile
responsabilità del terzo per induzione all’inadempimento.

Contratto a favore di terzi: rispetto al diritto di tradizione romanistica, che non prevedeva la possibilità per
le parti di stipulare un contratto in favore di un terzo; i moderni ordinamenti non escludono che la volontà
dei contraenti possa essere diretta appositamente per attribuire dei diritti ad un terzo.
Perché il contratto abbia effetto è necessaria l’espressa volontà delle parti ad attribuire l’attribuzione al
terzo della titolarità del diritto di poter pretendere egli stesso dall’obbligato, l’esecuzione della prestazione
promessa. (es. assicurazione sulla vita a favore di un terzo).
Il contratto a favore di terzi non va confuso con il contratto stipulato dal rappresentante.
Cessione del contratto
Ai sensi dell’art.1406, si ha cessione del contratto quando una parte cedente di un contratto originario a
prestazioni corrispettive, non ancora eseguite da ambo le parti, stipula un nuovo contratto con il terzo
cessionario, con il quale il cedente e cessionario si accordano per trasferire a quest’ultimo l’insieme di tutti i
rapporti attivi e passivi, derivanti dal contratto originario ceduto.

Consenso del ceduto: affinché vi sia cessione è necessario il consenso del ceduto. Il consenso del
contraente ceduto può essere rilasciato in via preventiva, in tal caso la cessione prende forma al momento
della notificazione al ceduto.
A seguito della cessione il cedente si libera dalle sue obbligazioni e non deve rendere conto dell’eventuale
inadempimento del cessionario, salvo volontà contraria.

Garanzie del cedente: il cedente non è responsabile dell’eventuale inadempimento del ceduto, in ogni caso
il cedente è tenuto a garantire al cessionario (come nella cessione del credito) il nomen verum, ossia la
validità del contratto ceduto.

Differenza dal subcontratto: nella cessione si ha la sostituzione di un nuovo soggetto ad uno dei contraenti
originari, mentre tutti i rapporti contrattuali rimangono invariati.
Nel subcontratto invece le parti originarie non vengono sostituite, ma accanto ed essi si creano nuovi
rapporti tra uno dei contraenti ed un terzo, che però pur dipendendo dal rapporto originario sono da esso
distinti (es. rapporto da coinquilino e sub conduttore è diverso da quello tra inquilino e locatore).

Elementi accidentali del contratto


Tradizionalmente nell’analisi del contratto di dividono due categorie di elementi:
• Elementi essenziali: assolutamente necessari per la validità del contratto (es. causa, oggetto)
• Elementi accidentali: non sono indispensabili e possono essere disposti dalle parti per rendere più
efficaci gli effetti del negozio. I più importanti sono:
1. Condizione: insieme al modo possono servire ad attribuire rilevanza giuridica ai motivi
2. Modo
3. Termine

Condizione

Avvenimento futuro ed incerto, dal quale le parti fanno dipendere o la produzione degli effetti del negozio
o l’eliminazione degli effetti che il negozio ha già prodotto.
L’espressione indica sia la clausola condizionale inserita, sia l’evento dedotto dal quale le parti fanno
produrre o eliminare gli effetti del negozio.

Condizioni sospensiva: se da essa dipende il prodursi degli effetti


Condizione risolutiva: se da essa dipende l’eliminazione degli effetti

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Actus legitimus: negozio in cui non è tollerata l’apposizione di una condizione (es. matrimonio, cambiale)
Condicio facti: dipende dalla volontà delle parti, che sono libere di apporle o meno
Condicio iuris: costituisce un elemento previsto e stabilito dalla legge, incidente sull’efficacia del negozio,
sul quale la volontà delle parti non può influire. Ad essa non si applicano le regole della condicio facti.

Condizione causale: se il suo avveramento dipende dal caso o volontà di terzi (es. se scoppia la guerra)
Condizione potestativa: se dipende dalla volontà di una delle parti (es. se andrò in Francia)
Condizione mista: se dipende sia dal caso sia dalla volontà di una delle due parti (es. se sposo quella donna)
Condizione meramente potestativa: se consiste in un comportamento della stessa parte obbligata, che può
tenerlo o meno a suo arbitrio (es. se mi metterò il cappello)

Condizione illecita: quando contraria all’ordinamento giuridico ed al buon costume


• Regime giuridico: la condizione illecita non si considera apposta nei negozi mortis causa, mentre
nei negozi inter vivos provoca la nullità del contratto. Ciò è dovuto al fatto che l’ordinamento mira
alla massima efficacia possibile delle volontà del defunto c.d. favor testamendi.
Condizione impossibile: consiste in un avvenimento irrealizzabile naturale o giuridico.
Se posta in un negozio inter vivos rende nullo il contratto in caso fosse condizione sospensiva, mentre si ha
come non apposta in caso fosse condizione risolutiva.
Se posta in un negozio mortis causa, si ha come non apposta. Ciò sempre nell’ottica del favor testamendi.

In un negozio condizionato si debbono distinguere due momenti:


• La fase di pendenza della condizione: in cui l’avvenimento non si è ancora modificato, ma può
ancora verificarsi; perciò perdura la situazione di incertezza.
Nel corso della pendenza una delle parti esercita il diritto, mentre l’altra parte no; ma essa spera
che si verifichi l’avvenimento per acquisirne la titolarità. La parte che spera nell’avvenimento perciò
ha un’aspettativa all’acquisto del diritto, la quale è trasmissibile agli eredi.
L’ordinamento consente al soggetto in aspettativa la facoltà di compiere atti conservativi a tutela
del proprio futuro diritto (es. chiedere un sequestro conservativo).
Le parti hanno il dovere di agire secondo buona fede.
Il termine temporale di pendenza può anche essere stabilito dalle parti, oltre il quale l’avvenimento
si considera definitivamente non avvenuto.
• L’avveramento: l’incertezza viene eliminata attraverso l’avvenimento o la sua impossibilità.
Quando la condizione è sospensiva, prendono forma gli effetti; viceversa in caso di risolutiva.
Gli effetti che si producono a seguito dell’avvenimento hanno efficacia dal momento del
perfezionamento del negozio (ex tunc), perciò gli effetti possono essere retroattivi.
(es. se Tizio acquista nel 2010 un immobile sotto condizionale sospensiva, ma l’avvenimento
succede nel 2012 il negozio concluso medio tempore nel 2011 di alienazione dell’immobile da parte
di tizio a caio sarebbe valido, poiché tizio acquistando il diritto ex tunc acquista la proprietà del
bene retroattivamente e garantisce la validità del negozio, cosa che non sarebbe stato possibile in
caso di condizionale risolutoria poiché tizio non avrebbe acquistato la proprietà e non avrebbe
avuto il titolo per vendere una cosa non sua)

Retroattività: Avveratasi la condizione si producono tutte le conseguenze del negozio condizionato, ma tali
conseguenze non si producono dal momento in cui si è verificata la condizione, ma dal momento in cui si è
stipulato il negozio.
È quindi vero che la condizione ha efficacia retroattiva nel senso che gli effetti dell'avveramento
retroagiscono sino al momento in cui è stato concluso il contratto (art. 1360 c.c.).
In ogni caso, però, le parti possono stabilire un diverso termine di efficacia del contratto e se la condizione
è risolutiva ed apposta ad un contratto ad esecuzione continuata o periodica (come l'abbonamento ad una
rivista), l'avveramento della condizione, salvo patto contrario, non ha effetto sulle prestazioni già eseguite.

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Se, quindi, m'impegno a fornire settimanalmente un giornale fino a quando verrà nave dall'Asia,
all'avveramento della condizione non dovrò restituire tutti i soldi che ho ricevuto per l'abbonamento.

Consideriamo ancora che la retroattività non pregiudica la validità di atti di amministrazione compiuti dalla
parte a cui, in pendenza la condizione, spettava l'esercizio del diritto;
anche i frutti prodotti dalla cosa dovranno essere consegnati al nuovo titolare del diritto solo al momento
dell'avveramento della condizione e non dalla data di stipulazione del contratto (art. 1361 c.c.).

Il termine

Il termine consiste in un avvenimento futuro e certo, dal quale termine iniziale o fino al quale termine
finale debbono prodursi gli effetti del negozio.
Il termine differisce dalla condizione per il suo carattere di certezza del verificarsi dell’avvenimento.
• Termine determinato: es. Natale
• Termine indeterminato: es. il giorno della mia morte
Actus legitimi: come nel caso della condizione, alcuni negozio non contemplano l’apposizione di un termine
(es. matrimonio, rinuncia all’eredità)

Termine di efficacia: quello appena descritto


Termine di adempimento: riferito al momento in cui l’obbligazione deve essere eseguita (es. affitto)

Come nella condizione, il termine si divide in periodo di:


• Pendenza del termine: il diritto non può essere esercitato, perché il termine ha appunto lo scopo di
differirne l’esercizio
• Scadenza: al sopraggiungere del termine inziale si verificano gli effetti del negozio, ma non hanno
effetto retroattivo come nella condizione. Al sopraggiungere del termine finale gli effetti cessano
(es. giunto il termine il soggetto deve lasciare l’automobile data in locazione)

Modo
Il modo è una clausola accessoria che si appone ad una liberalità (es. donazione, legato, istituzione
dell’erede) allo scopo di limitarla, imponendo un determinato dovere di condotta a carico del beneficiario.

La limitazione può essere un obbligo di dare, fare o non fare (es. ti nomino mio erede e paghi una
determinata somma in beneficenza, ti dono un immobile con l’obbligo di insediarci un ospedale ecc.)

Difetto di correspettività: Il modo riduce gli effetti dell’attribuzione patrimoniale, ma non ne costituisce un
corrispettivo. Ciò sarebbe senza senso proprio per la caratteristica di liberalità del negozio a cui viene
applicata la clausola.
Il modo si può apporre soltanto ai negozi a titolo gratuito, ed è incompatibile con la natura del negozio a
titolo oneroso…
Differenza dalla condizione sospensiva: la condizione non produce un obbligo a carico della persona,
inoltre il modo non sospende l’efficacia del negozio.

Adempimento del modo: poiché costituisce la fonte di un obbligo giuridico, l’adempimento dell’obbligo
che forma oggetto del modo può essere chiesto da ogni interessato.
Risoluzione del modo: si ha quando solo quando il modo assuma tale rilievo nella volizione del testatore o
del donante da essere conseguenza dell’inadempimento dell’obbligo di modo.

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Mancanza di volontà e Simulazione


Distinguere l’effettivo valore di intenti della dichiarazione esternata da una delle parti del negozio giuridico,
dallo scherzo o simulazione rappresenta uno dei principali problemi della teoria del contratto.
In via generale il criterio di soluzione è quello della protezione dell’affidamento dei destinatari della
dichiarazione.

Dichiarazione docendi causa: non producono effetti giuridici le dichiarazioni di apparente contenuto
giuridico fatte a teatro, da un attore in un film oppure dal professore che insegna ai suoi studenti.
Dichiarazioni ioci causa: le dichiarazioni fatte per scherzo non producono effetti giuridici, sempre che l’altra
parte sia riuscita a cogliere le intenzioni non serie dell’altra parte: se no, in questo caso il negozio è valido.
Riserva mentale: consiste nel dichiarare intenzionalmente cosa diversa da ciò che effettivamente si vuole.

Simulazione
Figura di cui il legislatore non da una definizione ed è perciò lasciata alla dottrina.
Simulare vuol dire fingere, nella simulazione la parti di un contratto fingono di stipularlo ma, in realtà, o non
ne stipulano nessuno (simulazione assoluta) oppure ne pongono in essere un tipo diverso rispetto a quello
che appare (simulazione relativa)

Come si vede dalla nozione, le parti d'accordo e consapevolmente fingono di stipulare un contratto perché
vogliono che all'esterno (e quindi nei confronti dei terzi) appaia una certa situazione giuridica da poter
invocare quando occorra, mentre all'interno è rilevante ciò che hanno stabilito tra loro circa il contratto
simulato.

Accordo simulatorio: Elemento fondamentale della simulazione, è l’intesa fra i simulanti, destinata a
rimanere riservata, che il contratto ufficiale è meramente fittizio ed inidoneo alla produzione degli effetti
per cui esso è stato preordinato. Perciò la situazione giuridica che si viene a creare di conseguenza è solo
apparente, mentre quella reale rimane quella antecedente ai fatti.
Causa simulandi: scopo della simulazione, solitamente è di natura illecita (es. per aggirare i controlli del
fisco) oppure fatta per ragioni di riservatezza (es. vendere fittiziamente una casa ad un parente in difficoltà)

La simulazione è prevista dall'articolo 1414 c.c. che ne distingue due tipi:


• Simulazione assoluta: le parti vogliono solo fingere di porre in essere un contratto ma non ne
vogliono nessuno (es. fingere di vendere una casa ma questa rimane di proprietà del finto
venditore). Il contratto simulato non ha effetto tra le parti.
• Simulazione relativa: le parti fingono di stipulare un contratto mentre, in realtà ne pongono in
essere un altro (es. si simula di vendere una casa, ma questa viene donata al finto acquirente).
In questo caso vale il negozio dissimulato, cioè la donazione, mentre non ha effetto la finta vendita.
In caso di simulazione relativa l'atto dissimulato per essere valido deve avere i requisiti di sostanza
e di forma voluti dalla legge; nell'esempio fatto, la dissimulata donazione dovrebbe essere fatta per
atto pubblico

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Di solito la simulazione ha ad oggetto un negozio giuridico, ma in altri casi può riguardare una delle parti del
negozio, si distingue in proposito tra:
• Simulazione relativa oggettiva: il negozio simulato è diverso in tutto o in parte da quello
dissimulato (es. dichiarazione di un prezzo inferiore a quello effettivamente pagato)
• Simulazione relativa soggettiva: interposizione fittizia di persona. In questo caso si finge di
stipulare il negozio con una parte mentre questo avrà effetto nei confronti di una parte diversa da
quella apparente (es. Tizio e Caio stipulano un contratto simulato, ma essi sono d’accordo con il
terzo Sempronio che gli effetti giuridici dell’atto si verificheranno nella sua sfera giuridica)

Interposizione soggettiva e rappresentanza indiretta: Nella simulazione soggettiva una delle parti è un
semplice "prestanome"; quest'ultimo, in realtà, è parte negoziale solo in apparenza mentre vera ed unica
parte negoziale è quella che non appare, titolare dell'interesse negoziale, che usa il prestanome come uno
schermo.
È chiara la differenza tra questa ipotesi e quella relativa alla rappresentanza indiretta; qui, infatti, il
prestanome non acquista nemmeno per un attimo la veste di parte negoziale e non esiste alcun contratto
di mandato, mentre nella rappresentanza indiretta, di regola, c'è un contratto di mandato ed il mandatario
acquista per sé con l'obbligo di ritrasferire gli effetti del negozio al mandante.

Effetti della simulazione


EFFETTI TRA LE PARTI: sono diversi a seconda che la simulazione sia assoluta o relativa:
• se la simulazione è assoluta essa non produce alcun effetto tra le parti, dato che la loro intenzione
era quella di non compiere alcun atto. In questo caso, infatti, il contrasto tra la volontà interna e
quella dichiarata è perfettamente nota ad entrambe le parti e in base alla teoria dell'affidamento si
può concludere che il negozio simulato non produce alcun effetto.
Esempio: Tizio e Caio hanno simulato la vendita di un bene. Caio, però, approfittando dell'atto
simulato vorrebbe vendere il bene a terzi. Tizio può far dichiarare dal giudice che l'atto è simulato e
privo di effetti. Tale azione prende il nome di azione di accertamento;

• se la simulazione è relativa, l'atto valido è quello dissimulato, cioè quello effettivamente voluto a
condizione che:
1. l'atto dissimulato non sia un atto proibito dalla legge;
2. l'atto dissimulato abbia i requisiti di sostanza e di forma richiesti dalla legge.
Esempio: se le parti hanno simulato una vendita, ma l'atto dissimulato è in realtà
una donazione è necessario che essa: non riguardi beni futuri perché la legge
stabilisce che "la donazione non può comprendere che i beni presenti del
donante" (art.771 Codice civile); sia fatta per atto pubblico (art.782 Codice civile).

EFFETTI TRA LE PARTI DELLA INTERPOSIZIONE: Nel caso di interposizione fittizia, il negozio giuridico
ha effetti nei confronti dell'effettivo contraente e non del prestanome.
Nell'ipotesi di interposizione reale si verificano gli effetti della rappresentanza indiretta.
Esempio: se Sempronio compra da Caio per conto di Tizio, il negozio concluso tra Caio e Sempronio è valido,
ma Sempronio è obbligato a trasferire a Tizio il bene acquistato per suo conto, ma non in suo nome.

EFFETTI NEI CONFRONTI DEI TERZI: In merito agli effetti del contratto simulato nei confronti dei
terzi occorre distinguere due casi:

Terzi pregiudicati dalla simulazione: che sono coloro che acquistano dei diritti da colui che appare come
titolare di essi, ma in realtà non lo è. Esempio: Tizio e Caio simulano la vendita di un bene. In realtà si tratta
di un negozio simulato in quanto Tizio non aveva intenzione di cedere il diritto di proprietà a Caio. Caio,
però, a sua volta cede il bene ad un terzo.

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• Se i terzi sono in buona fede l'atto concluso produce tutti i suoi effetti, nonostante l'atto simulato:
essendo i terzi ignari della simulazione la legge intende proteggerli.
• Se invece i terzi erano a conoscenza della simulazione, non vi è l'esigenza di tutelarli. Di
conseguenza, il loro atto non può essere opposto a coloro, che intendono far valere la realtà
sull'apparenza del contratto simulato.

Effetti nei confronti dei creditori: riguardo agli effetti nei confronti dei creditori occorre distinguere tra:
• Creditori dell'apparente acquirente: Essi hanno interesse a che l'atto simulato sia considerato
efficace in modo da avere più beni sui quali rivalersi.
Per i creditori dell'apparente acquirente bisogna fare un'ulteriore distinzione tra:
1. creditori assistiti da garanzia reale su beni oggetto dell'atto simulato.
Nei loro confronti non è opponibile la simulazione.
Esempio: Tizio vende apparentemente un bene a Caio. Caio concede a Sempronio un'ipoteca
sul bene. Se Sempronio è in buona fede, Tizio non può far valere nei suoi confronti
la nullità dell'ipoteca come conseguenza della nullità dell'alienazione a Caio;
2. creditori chirografari: il venditore apparente può opporre la simulazione ai creditori
chirografari dell'acquirente apparente, in quanto tali creditori non hanno nessuno specifico
diritto sui beni del debitore.
• Creditori dell'apparente alienante: Essi hanno interesse a che l'atto sia dichiarato simulato in modo
che i beni venduti ritornino nel patrimonio dell'apparente venditore.
I creditori dell'apparente alienante possono far valere la simulazione che pregiudica i loro diritti,
facendo prevalere la realtà sull'apparenza, in modo da poter agire sui beni che solo
apparentemente sono usciti dal patrimonio del debitore.

CONFLITTO TRA CREDITORI: per quanto riguarda un eventuale conflitto che dovesse sorgere tra
i creditori dell'apparente acquirente e i creditori dell'apparente alienante, visto che essi hanno interessi in
contrasto gli uni con gli altri, bisogna fare una distinzione:
• Credito è sorto prima che sia stato stipulato l'atto simulato: i creditori chirografari
dell'apparente alienante possono far valere la simulazione che lede i propri diritti e, facendo
prevalere la realtà sull'apparenza, possono agire sui beni che apparentemente sono usciti dal
patrimonio del loro debitore;
• Credito è sorto dopo che sia stato stipulato l'atto simulato: prevalgono i creditori chirografari
dell'apparente acquirente dato che loro hanno fatto affidamento sull'apparente patrimonio del
debitore nella concessione del credito.

Mezzi di prova per provare l’avvenuta simulazione

Simulazione fatta valere fra le parti: potranno far valere la simulazione solo con atto scritto, che
solitamente si identifica con la controdichiarazione o ricorrendo al giuramento. È vietata la testimonianza, a
meno che non si voglia dimostrare l’illiceità del contratto simulato
Simulazione fatta valere da terzi o creditori: possono utilizzare qualsiasi mezzo di prova

Negozio indiretto e Negozio fiduciario


Differenza fra simulazione e frode alla legge: nella simulazione gli effetti negoziali non sono voluti dalle
parti, mentre nella frode gli effetti sono voluti.

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Differenza tra interposizione fittizia ed intestazione di un bene a nome d’altri: quest’ultima figura ricorre
tutte le volte in cui un bene viene intestato non simulatamente a favore di un soggetto, sebbene non sia lui
a compiere fisicamente l’acquisto (es. mandato senza rappresentanza, negozio fiduciario)
Differenza fra simulazione e negozi indiretti e fiduciari: questi ultimi producono gli effetti voluti, cosa che
non accade nella simulazione.

Negozio indiretto: Si verifica questa ipotesi quando, attraverso la combinazione di diversi atti, si giunge ad
un risultato diverso rispetto a quello tipico dei singoli atti utilizzati, risultato che è il vero scopo che vogliono
raggiungere le parti con il negozio indiretto.
(es. voglio alienare un bene, ma evitare di usare lo strumento del contratto di compravendita, conferisce un
mandato irrevocabile ad amministrare il bene)

Il negozio indiretto può essere usato per perseguire scopi illeciti.


In questa ipotesi abbiamo una combinazione di atti che presi singolarmente sono leciti, ma combinati tra di
loro producono un risultato vietato.
In questi casi si parla di negozio in frode alla legge, negozio nullo a norma dell'articolo 1344 c.c.
(es. la vendita di beni pignorati: questi non possono essere aggiudicati al debitore, ma questi potrebbe
eludere il divieto stipulando un contratto di mandato grazie al quale in mandatario si obbliga a concorrere
per l'aggiudicazione del bene pignorato).

Negozio fiduciario: È un'ipotesi di negozio indiretto; in questo caso si attua il trasferimento di un bene, ma
con l'accordo che il bene sarà usato secondo le istruzioni impartite dall'alienante. In questo caso l'alienante
assume la veste di fiduciante mentre l'intestatario del bene assume la veste di fiduciario;
(es. pensiamo al caso in cui si trasferisca un pacchetto azionario, con l'accordo che l'acquirente dovrà
votare all'assemblea dei soci nel modo indicato dall'alienante)
Il negozio è valido se non intende perseguire scopi illeciti.

Tradizionalmente si distinguono due tipi di negozio fiduciario:


• fiducia cum amico: si trasferisce il bene ad un altro soggetto con l'accordo, con l’obbligo però di far
godere il bene ad altri
• fiducia cum creditore: si trasferisce il bene al proprio creditore con l'accordo che estinta
l'obbligazione, il creditore dovrà ritrasferire il bene al suo ex debitore

Trust: L'istituto della fiducia non è regolato nel nostro ordinamento, ma diversamente accade per
l'ordinamento anglosassone dove esiste la figura del trust.
Una parte detto trustee (cioè un amministratore fiduciario), acquista la proprietà di un bene, che però,
essendo stata acquistata per un fine specifico (es. il finanziamento di un'attività di ricerca, oppure gestire il
bene nell'interesse del figlio minore del costituente), forma una sorta di bene patrimoniale autonomo
rispetto al patrimonio del trustee, tanto che il beneficiario ha particolari azioni a difesa del suo diritto.

Differenza fra trust e fiducia cum amico: consiste nel fatto che il bene oggetto del trust non entra a far
parte del patrimonio del fiduciario, cioè del trustee, rimanendone distinto.

Non c'è concordia, però, sull'ammissibilità del trust nel nostro ordinamento, poiché la sua struttura sembra
incompatibile con il regime della trascrizione immobiliare, anche se la giurisprudenza, sembra ammetterlo,
anche in relazione al c.d. trust interno, stipulato, cioè tra cittadini italiani e per beni che si trovano in Italia.

Invalidità ed inefficacia del contratto


L’ordinamento giuridico riconosce ai privati il potere di porre in essere dichiarazione negoziale ed a porvi
determinate conseguenze, secondo i poteri concessi dall’autonomia negoziale delle parti.

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Tuttavia quando le dichiarazioni vanno oltre i limiti concessi, contro l’ordinamento oppure presentando un
vizio esso diviene invalido.

Invalidità: il negozio giuridico è invalido quando affetto da vizi che lo rendono inidoneo ad acquistare pieno
ed inattaccabile valore giuridico. Essa può essere di due tipi:
• Nullità
• Annullabilità

Inesistenza: figura non prevista nel codice, in dottrina si parla di negozi nulli quando il negozio è privo di
requisiti così fondamentali che impediscono persino di identificare a quale particolare tipo di negozio ci si
stia riferendo (es. matrimonio senza celebrazione).
L’inesistenza comporta conseguenze molto più gravi anche della nullità, poiché per alcuni negozi come il
matrimonio, la legge fa produrre alcuni effetti pur sempre limitati (es. matrimonio putativo) mentre per un
matrimonio inesistente non crea alcun diritto.
In materia contrattuale l’inesistenza è poco diffusa per via della rigida struttura formale e per l’utilizzo
frequente della disciplina di invalidità. Il contratto si dice inesistente quando non sia in alcun modo
confrontabile con la fattispecie legale.

Efficacia del negozio: concreta idoneità del negozio a produrre gli effetti per il quale è stato preordinato.
Non necessariamente un negozio efficace e anche valido e viceversa.
• Negozio valido ma non efficace: es. testamento prima della morte del testatore
• Negozio efficace ma non valido: es. un contratto annullabile produce i suoi effetti fino alla
pronuncia del giudice. L’atto nullo è invece sempre invalido ed inefficace.

Inefficacia originaria: è transitoria rispetto alle parti, altrimenti non si distinguerebbe dalla nullità (es. può
derivare dall’apposizione di una condizione sospensiva o di un termine)
Inefficacia successiva: può dipendere dall’impugnativa delle parti o di terzi (es. rescissione, risoluzione ecc.)

Differenza fra revoca e recesso: la revoca è un negozio successiva che rimuove il negozio originario e
determina l’eliminazione della situazione effettuale derivante dal contratto.
Invece il recesso consiste in un negozio successivo diretto a sciogliere il rapporto (solitamente di durata)
sorto per effetto del contratto.

Nullità

Un atto si dice nullo quando è valutato come inidoneo a produrre i suoi effetti tipici a prescindere dalla
causa di nullità, ossia il vizio che lo determina.
Nel diritto privato la nullità rappresenta la più grave delle sanzioni, perché sopprime tutti gli effetti derivati
dal contratto (es. se la vendita è nulla, l’acquirente non acquista la proprietà della cosa)

Art.1428: Cause di nullità del contratto


Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente.

Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall'art. 1325, l’illiceità
della causa, l’illiceità dei motivi nel caso indicato dall'art. 1345 e la mancanza nell'oggetto dei
requisiti stabiliti dall'art. 1346.

Il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge.


Le cause di nullità descritte dall’art.1428 possono essere suddivisi in tre categorie:
1. Nullità testuale: termini di nullità previsti espressamente dalla legge
2. Nullità strutturali: mancanza o vizio di uno degli elementi essenziali del contratto (es. mancanza
della forma ad substantiam nel trasferimento di proprietà di un bene immobile)

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3. Nullità virtuali: termini di nullità non espressamente citati, ma che vanno comunque contro alle
norme imperative citate nell’art.1428 comma 1

Nullità di protezione: categoria diffusa nelle legislazioni speciali, in cui il contratto non è qualificato nullo
per ragioni di interesse generale o perché contrario all’ordinamento, ma è nullo ai fini di tutela di una delle
parti (es. è frequente nei contratti del consumatore)
Caratteristica della nullità d protezione è la deducibilità soltanto ad opera della parte tutelata, e non da
parte dell’altro contraente.

Nullità parziale: vizio che determina la nullità del negozio solo in alcune sue clausole e non pregiudica
l’efficacia e validità dell’intero negozio. L’essenzialità della parte viziata deve essere condotta in base alla
volontà comune delle parti, e non in relazioni alle motivazioni individuali.
Sostituzione automatica di clausole: la nullità di singole clausole non compromette tutto il negozio nel caso
il legislatore abbia già previsto la sostituzione automatica delle clausole invalide con clausole imposte dalla
legge (es. prezzi o tariffe stabilite dalla legge si sostituiscono senza invalidare al negozio, nel caso i prezzi
imposti siano quelli superiori a quelli fissati dalla legge).

Azione di nullità
Un contratto nullo non produce alcun effetto giuridico, ma ciò non significa che esso non possa essere
eseguito (es. il contratto con un sicario che si impegna ad uccidere una persona è certamente nullo, ma ciò
non significa che egli non possa adempiere alla prestazione pattuita)
Naturalmente in caso di patto nullo, le parti hanno diritto alla restituzione della prestazione eseguito,
sempre che non si tratti di azioni immorali.

Azione di nullità: quando vi siano controversie riguardo alla validità di un patto o meno, è necessario
rivolgersi al giudice per un’azione di accertamento per dichiarare la nullità del negozio in questione.
L’actio nullitatis possiede le caratteristiche di:
1. Imprescrittibilità ex art.1423
2. Insanabilità: il contratto nullo non può essere convalidato, perciò esclusa qualsiasi sanatoria
3. Essere un’azione di mero accertamento, in quanto la sentenza che accoglie la domanda non
modifica la situazione giuridica preesistente,
4. Legittimare attivamente a chiunque voglia far valere la nullità del negozio
5. Essere rilevabile d’ufficio

Conversione del patto nullo

Art.1424: Il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di
sostanza e di forma, qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che
esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullità.

La conversione del patto è l'ipotesi in cui le parti stipulino un contratto ignorando la causa di nullità.
Se questo negozio nullo contiene in sé i requisiti di sostanza e di forma di un diverso negozio valido, si
convertirà automaticamente nel negozio valido quando le parti lo avrebbero comunque voluto se avessero
conosciuto la causa di nullità del negozio invalido

Abbiamo, in primo luogo, un negozio nullo


1. Questo negozio contiene gli elementi di diverso negozio valido (es. un contratto che regola il diritto
di servitù nullo per difetto di forma può contenere gli elementi di diritto personale di passaggio)
2. Le parti nello stipulare il negozio non erano a conoscenza della causa della nullità (ad esempio, la
mancanza della forma scritta)

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3. Dallo sviluppo delle trattative e da tutti gli altri elementi oggettivi si giunge a desumere che le parti
avrebbero stipulato il diverso contratto valido se avessero conosciuto la causa di nullità del
negozio nullo; si fa riferimento, cioè, ad una ipotetica volontà delle parti
In presenza di tutte queste condizioni il contratto nullo si converte automaticamente nel minore contratto
valido

Differenza fra conversione del negozio nullo e conversione formale: quest'ultima opera in maniera
automatica quando un negozio giuridico può essere compiuto validamente in più forme.
Se è nulla la forma prescelta il negozio può assumere la diversa forma valida; se, ad esempio, un atto
pubblico non è stato posto in essere secondo le formalità prescritte dalla legge, potrà valere come scrittura
privata sempreché, beninteso, sia stato redatto in forma scritta (art. 2701 c.c.).
Differenza fra conversione del negozio nullo e rinnovazione: quest'ultima si ha con la formazione di un
nuovo negozio per quanto possibile identico al precedente ma senza il vizio che ha causato la nullità; ad
esempio negozio stipulato verbalmente relativo a beni immobili viene rinnovato in forma scritta.

Conseguenze della nullità: un negozio nullo non produce alcun effetto; nella gran parte dei casi, però, la
nullità del negozio non è subito evidente ed accade spesso che siano compiute attività giuridiche e materiali
in base al negozio affetto da nullità.

Se sono state eseguite delle prestazioni in base ad un negozio nullo se ne potrà pretendere la ripetizione e,
d'altro canto, non si potrà chiedere l'esecuzione di un contratto nullo.
In qualsiasi momento di fronte ad una richiesta di esecuzione di negozio nullo, ci si potrà opporre
eccependo la nullità del negozio.

Più volte si è affermato che il negozio nullo è come se non fosse mai esistito.
Esistono però delle deroghe alla norma generale:
• Pensiamo al caso del lavoratore che in buona fede abbia prestato la sua attività lavorativa in base
ad un contratto nullo. Applicando le regole che abbiamo sopra ricordato, al lavoratore non
spetterebbe alcun compenso per l'attività svolta; per evitare queste conseguenze la legge dispone
(art. 2126 c.c.), che la nullità del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il
rapporto ha avuto esecuzione; in altre parole la dichiarazione nullità non ha in questi casi efficacia
retroattiva.
• Altra deroga alla disciplina generale la troviamo in tema di società per azioni dove la dichiarazione
di nullità dell'atto costitutivo non ha efficacia retroattiva e ciò per salvaguardare i creditori della
S.p.a.
Annullabilità
L’annullabilità costituisce un’anomalia minore di gravità rispetto alla nullità.
Il contrasto con l’ordinamento è meno profondo: in genere deriva dall’inosservanza delle regole generali
che mirano alla protezione di uno dei soggetti del rapporto.
L'annullabilità è posta principalmente per la tutela di interessi particolari di un soggetto. A lui infatti spetta
agire per l'annullamento del contratto oppure rimanere inerte sanando così vizio.

Le cause di annullabilità del contratto previste dal codice sono:


1. L’incapacità del soggetto
2. I vizi della volontà: errore, violenza, dolo

Regime del contratto annullabile: il negozio annullabile produce tutti i suoi effetti, ma questi vengono
meno se viene proposta ed accolta l’azione di annullamento.

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Azione di annullamento: azione costitutiva che mira a far annullare gli effetti del contratto
• La legittimazione attiva è consentita solo alle parti che la legge abbia effettivo interesse a
proteggere (es. l’azione di annullamento può essere proposta dal minore d’età, oppure dalla
persona ingannata con dolo o a cui sia stata strappato il consenso con violenza)
• Irrevocabilità d’ufficio: in quanto l’atto è produttivo dei suoi effetti finché una delle parti non lo
impugna per una causa.
• Prescrizione: L’azione di annullamento a differenza di quella di nullità è solitamente soggetta a
prescrizione di 5 anni, la prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata la causa del vizio.
• L’eccezione all’azione di annullamento è imprescrittibile
• L’annullabilità è sanabile, attraverso la convalida

Effetti dell’annullamento: se la domanda viene accolta, l’annullamento ha effetto retroattivo e quindi si


considera come se il negozio non avesse mai prodotto effetti.
• Ripetizione: le parti sono tenute alla ripetizione delle prestazioni eseguite.
Nel caso il negozio venga annullato per incapacità, la parte incapace è tenuta a restituire la
prestazione ricevuta solo nel caso in cui essa è stata rivolta a suo vantaggio.
• Effetti nei confronti del terzo: ex art.1445, i diritti acquistati dai terzi (es. dai sub acquirenti) sono
fatti salvi a patto che siano stati acquistati a titolo oneroso e sussista buona fede.
Ciò non avviene in caso di annullamento per incapacità legale
• Responsabilità precontrattuale: la parte che con la propria condotta abbia causato l’invalidità del
contratto potrà essere responsabile ai sensi dell’art.1338.

Convalida: negozio con il quale la parte legittimata a proporre l’azione di annullamento si preclude la
possibilità di far valere il vizio, e perciò sanare il negozio annullabile.
• Convalida espressa: il contraente cui spetta l'azione annullamento può porre in essere un nuovo
negozio attraverso il quale dichiari di voler convalidare il negozio annullabile. In questo caso si parla
di convalida espressa poiché c'è stata una specifica attività volta a manifestare la volontà di
convalidare; per la validità del negozio di convalida sarà anche necessario che sia indicato il vizio
che inficia il negozio annullabile; la ragione di ciò è intuitiva. Come farebbe, ad esempio, il raggirato
a convalidare il negozio se non si sia ancora reso conto di essere stato raggirato?
• Convalida tacita: Questa si verifica quando il contraente cui spetta l'azione annullamento ha
volontariamente dato esecuzione al negozio pur conoscendo il motivo di annullabilità.
La sola esecuzione, anche parziale, del contratto accompagnata dalla consapevolezza dell'esistenza
del vizio potrà esser considerata come convalida tacita; altri comportamenti, come ad esempio la
promessa di eseguire la prestazione, non costituiranno convalida tacita.

Differenza con la ratifica: quest’ultima approva semplicemente il negozio concluso dal suo falsus
procurator

Rescissione e risoluzione del contratto


Rescissione del contratto
Con l'azione di rescissione si permette a un soggetto che ha concluso contratto in condizioni di pericolo o di
bisogno di sciogliersi dallo stesso quando queste condizioni hanno provocato delle notevoli sproporzioni tra
prestazioni contrattuali.

L'azione rescissione ha lo scopo di portare ad equità un contratto che sia stato concluso sotto la pressione
di circostanze eccezionali che possono consistere in uno stato di pericolo o di bisogno;

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(es. il caso in cui una madre vede rischiare di annegare suo figlio e non è in grado di prestargli soccorso; in
tale situazione potrebbe promettere una grossa somma di denaro a chi lo porterà in salvo; oppure
pensiamo ancora all'ipotesi di chi trovandosi in stato di bisogno venda un bene prezioso al di sotto della
metà del suo valore).

Entrambi i contratti sono stati conclusi sotto la spinta di situazioni particolari, ben note a tutti i contraenti,
situazioni che hanno cagionato una particolare iniquità nelle condizioni negoziali.
Proprio per permettere un riequilibrio delle condizioni negoziali, il legislatore ha concesso l'azione di
rescissione, lasciando la scelta alla parte svantaggiata se mantenere in vita al contratto oppure rescinderlo,
facendone cessare l'efficacia.

La figura della rescissione è tradizionalmente inquadrata tra le cause di invalidità del contratto, anche se
una autorevole dottrina la intende, piuttosto, come rimedio contro l'iniquità di un contratto di per sé
perfetto. Prevista in via generale dal codice civile (artt. 1447 e 1448) se ne distinguono due ipotesi:
• Rescissione del contratto concluso in stato di pericolo: nel caso, ad esempio, del genitore che
promette una grossa ricompensa a chi salverà il figlio che sta per annegare.
I presupposti per esperire l’azione sono:
1. stato di pericolo attuale: il pericolo deve riguardare esclusivamente un danno grave alla
persona che può essere sia lo stesso contraente sia altra persona. Il pericolo deve essere in
atto al momento della stipulazione del contratto
2. iniquità delle condizioni contrattuali: lo stato di pericolo deve aver determinato il
contraente a stipulare il contratto a condizioni inique
3. conoscenza dello stato di pericolo: la parte avvantaggiata deve essere a conoscenza del
fatto che il contratto è stato concluso sotto la spinta dello stato di pericolo
In caso di rescissione il giudice potrà assegnare un equo compenso all'altra parte per l'opera prestata
• Rescissione per lesione: Il codice ha voluto offrire un rimedio contro i contratti sinallagmatici nei
quali vi sia una sproporzione abnorme tra le due prestazioni (es. è l'ipotesi di chi spinto da uno
stato di bisogno venda un bene al di sotto della metà del suo valore).
L’azione generale, esperibile per qualsiasi contratto però necessita:
1. lesione ultra dimidium: la sproporzione tra due prestazioni dev'essere tale entità che l'una
valga più del doppio dell'altra (es. vendo un bene che vale 100 a 49).
2. stato di bisogno: può essere inteso come vera e propria indigenza, ma si riscontra anche
quando vi siano delle difficoltà economiche, seppure di natura transitoria, che però
rivestano una notevole importanza per il contraente
3. approfittamento dello stato di bisogno: l'altra parte deve essere conoscenza dello stato di
bisogno e se ne è servito per trarne vantaggio

Regole generali relative all'azione di rescissione:


• Inammissibilità di convalida: il contratto rescindibile non può essere convalidato per evitare che
attraverso la convalida si ponga nel nulla la tutela accordata attraverso l'azione di rescissione
• Riduzione ad equità: la parte avvantaggiata dal contratto può evitare la rescissione offrendosi di
riportare il negozio ad equità; in tal modo non potrà più avere corso l'azione di rescissione
• Prescrizione: l'azione di rescissione si prescrive nel termine di un anno dalla conclusione del
contratto (art. 1449 c.c.); passato l'anno non sarà più possibile opporre rescissione, e, a differenza
di quanto accade per i negozi annullabili, nemmeno in via di eccezione.
• Diritti dei terzi: a differenza di quanto accade per l'azione di annullamento, la rescissione non
pregiudica i diritti dei terzi, anche se questi erano in mala fede (art. 1452 c.c.); sono fatti salvi, però,
gli effetti della trascrizione la domanda di rescissione; in altre parole se la domanda di rescissione è
stata trascritta prima del contratto impugnato, la pronuncia sulla rescissione avrà effetto anche nei
confronti dei terzi. Perciò la rescissione non ha efficacia retroattiva.

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Risoluzione del contratto

Estinzione del contratto: perdita definitiva di efficacia del contratto, essa può essere ottenuta in vari modi:
• Annullamento
• Risoluzione
• mutuo dissenso
• Recesso
• Rescissione

La risoluzione è la causa principale di estinzione del contratto, non senza precisare, però, che non
dobbiamo confondere l'estinzione del contratto con la sua esecuzione. Se, infatti, le parti adempiono le loro
obbligazioni non si potrà certo parlare di estinzione del contratto, ma solo di estinzione delle obbligazioni in
esso contenute; il contratto, all'opposto, continuerà a produrre i suoi effetti, perché è proprio per questi
effetti che le parti possono giustificare le loro nuove posizioni giuridiche.

Tradizionalmente si distingue tra:


• risoluzione volontaria o negoziale: quando le parti di comune accordo decidono di sciogliersi dai
vincoli contrattuali (recesso e il c.d. mutuo dissenso);
• risoluzione legale: tipica dei contratti a prestazioni corrispettive è prevista quando sorgono
particolari problemi nel corso del rapporto tra le parti.
Si ricorre a questa figura quando il venir meno del vincolo contrattuale a causa del verificarsi di uno
o più eventi, impediscono la corretta e conveniente prosecuzione del rapporto.

Risoluzione per inadempimento

Art. 1453: Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue
obbligazioni, l'altro può a sua scelta chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in
ogni caso, il risarcimento del danno.

La risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio è stato promosso per ottenere
l'adempimento; ma non può più chiedersi l'adempimento quando è stata domandata la risoluzione.

Dalla data della domanda di risoluzione l'inadempiente non può più adempiere la propria
obbligazione.

L'ipotesi riportata dall'art. 1453 c.c. risponde a ragioni di logica giuridica e di buon senso.
È infatti evidente che se una parte ha eseguito le sue obbligazioni, si aspetta che l'altra faccia altrettanto; di
fronte al perdurare dell'inadempimento di una parte, l'altra "in bonis" ha due strade davanti a sé:
• chiedere l'adempimento del contratto
• chiedere la risoluzione del contratto.

Risarcimento: ai sensi dell’art.1453 comma 3, la parte che ha risolto il contratto non potrà più chiedere
l’adempimento della prestazione, I motivi di questa limitazione sono intuitivi.
Tuttavia qualunque sia la scelta se chiedere l’adempimento o procedere con la risoluzione, alla parte
adempiente spetterà comunque il risarcimento del danno subìto per comportamento dell'altra parte.
L'art. 1453 dispone, infatti, che il risarcimento del danno spetta "in ogni caso" riferendosi, cioè, sia ai casi di
richiesta di adempimento, sia ai casi di risoluzione, sempreché il danno si sia in effetti verificato.

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Caratteristiche dell'inadempimento che porta alla risoluzione:


• deve essere imputabile
• deve essere rilevante: In merito al secondo punto, infatti, l'art. 1455 c.c. dispone che il contratto
non si può risolvere se l'inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza avuto riguardo
all'interesse dell'altra (es. l'art. 1459 c.c. stabilisce che contratti plurilaterali, come può essere
quello di società, l'inadempimento di una parte non comporta la risoluzione del contratto, salvo
che la prestazione mancata non debba considerarsi essenziale)

Sentenza di risoluzione: La sentenza che risolve il contratto ha efficacia costitutiva in quanto crea una
nuova situazione giuridica eliminando il vincolo contrattuale;
Secondo l'art. 1458 c.c. inoltre, la risoluzione ha efficacia retroattiva tra le parti, nel senso che le parti
devono restituire quanto hanno ricevuto; tale soluzione, però, sarebbe iniqua o di difficile realizzazione in
determinate situazioni, tanto che non si applica ai contratti ad esecuzione continuata o periodica.
In ogni caso la risoluzione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi anche se, per i beni mobili, questi non
erano in buona fede al momento dell'acquisto, mentre per i beni immobili si guarda alla priorità della
trascrizione

Risoluzione di diritto

Sino ad ora abbiamo parlato di risoluzione giudiziale, ma il contratto si può risolvere di diritto senza
intervento del giudice. Abbiamo, in proposito tre ipotesi:
1. Diffida ad adempiere: ex art. 1454, la parte non inadempiente può intimare all'altra l'adempimento
in un congruo termine non inferiore a 15 giorni. Scaduto il termine il contratto sarà risolto di diritto
senza, ulteriori interventi o decisioni giudiziarie.
2. Clausola risolutiva espressa: ex art. 1456, le parti possono pattuire che l'inadempimento di una o
più obbligazioni determinate porti alla risoluzione del contratto. La risoluzione si verifica quando il
creditore dichiara all'altra di volersi avvalere della clausola
3. Termine essenziale: ex art. 1457, se l'obbligazione non è adempiuta nel termine ritenuto essenziale
per il creditore, il contratto è risolto di diritto alla scadenza del termine, a meno che il creditore
voglia esigere la prestazione nonostante la scadenza del termine dandone notizia al debitore con
comunicazione da inviare entro tre giorni

Eccezione di inadempimento

Di fronte all'inadempimento, ci si può tutelare chiedendo la risoluzione o l'adempimento coattivo, ma tale


soluzione è obbligata solo nel caso in cui si sia eseguita la propria prestazione; se, invece, non si è ancora
eseguita la propria prestazione, la parte "non inadempiente" può tutelarsi con l'eccezione di
inadempimento.

Ex art. 1460, l’eccezione di inadempimento è una forma di autodifesa privata.


Una parte si può rifiutare di adempiere la propria obbligazione se l'altra non adempie o non offre di
adempiere contemporaneamente la propria obbligazione
Non sempre, però, è possibile avvalersi dell'eccezione come accade nei seguenti casi:
• sono stati stabiliti tempi diversi per l'adempimento dell'una e dell'altra obbligazione;
• quando dalla natura del contratto si desumono tempi diversi per l'adempimento;
• quando il rifiuto ad adempiere opponendo l'eccezione di inadempimento è contrario a buona fede.

Mutamento delle condizioni patrimoniali: ex 1461, ciascun contraente può sospendere l'esecuzione della
prestazione da lui dovuta, se le condizioni patrimoniali dell'altro sono divenute tali da porre in evidente
pericolo il conseguimento della controprestazione, salvo che sia prestata idonea garanzia.
Ulteriore strumento di autotutela in caso di contratto a prestazioni corrispettive (es. il venditore può
astenersi dal consegnare la cosa al compratore se tutto ad un tratto il compratore diventa povero in canna)

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Clausola solve et repete: è una pattuizione con cui le parti rafforzano il vincolo contrattuale, stabilendo che
una di esse non possa opporre eccezioni nell'eseguire la prestazione dovuta, ex art. 1462 c.c.
In altri termini, la parte a carico della quale sarà posta la citata clausola sarà anzitutto obbligata
all'adempimento o alla dazione di quanto dovuto (solve), e solo in un secondo momento potrà opporsi,
chiedendo indietro quanto in prima battuta dato o versato (repete).

Questa clausola non ha effetto per l'eccezione di annullabilità, nullità e rescissione del contratto.

Il giudice, se accerta l'esistenza di gravi motivi, può sospendere l'obbligazione all'adempimento della
prestazione che deriva dalla clausola citata, imponendo, se del caso, una cauzione.

Risoluzione per impossibilità sopravvenuta

Ex art.1256, l’impossibilità sopravvenuta della prestazione comporta l’estinzione dell’obbligazione.


Nei contratti corrispettivi l’impossibilità sopravvenuta fa venire anche meno la giustificazione del diritto alla
controprestazione, e perciò alla causa del rapporto e quindi dà luogo alla risoluzione, anche se l'altra
prestazione sarebbe ancora possibile, ex art.1463.
Il motivo della risoluzione va ricercato nel fatto che nei contratti a prestazioni corrispettive le diverse
prestazioni sono legate tra loro dal sinallagma; il venir meno di una prestazione, quindi, libera l'altra parte
dalla sua prestazione e questo risultato si ottiene, appunto, attraverso la risoluzione del contratto.

Impossibilità parziale: ai sensi dell’art. 1464, quando la prestazione di una parte è divenuta solo
parzialmente impossibile, l'altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa
dovuta, e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all'adempimento
parziale. È chiaro che la regola è applicata solo quando si tratti di obbligazioni contrattuali divisibili.
Impossibilità per i contratti traslativi: in caso di perimento dell’oggetto del trasferimento di proprietà, per
causa non imputabili al venditore la controparte ha comunque diritto alla controprestazione, per il principio
del res perit domino. Se, invece, era stata apposta al contratto una condizione sospensiva, l'impossibilità
verificatasi prima dell'avveramento della condizione libera l'acquirente dalla sua obbligazione.
Ai sensi dell’art.1465; nei contratti ad effetti reali, che trasferiscono la proprietà di una cosa determinata
ovvero costituiscono o trasferiscono diritti reali, il perimento della cosa per una causa non imputabile
all'alienante non libera l'acquirente dall'obbligo di eseguire la controprestazione, anche se la cosa non gli
sia stata consegnata (es. se acquisto una casa, ma essa viene distrutta da un meteorite, sono comunque
tenuto a pagare l’agenzia immobiliare perché per il principio del consenso traslativo il bene era già entrato
nella mia sfera giuridica) .
Se, infine, si tratta di vendita di cosa generica, la regola del primo comma dell'art. 1465 troverà applicazione
solo dopo che sia stata effettuata l'individuazione o sia avvenuta la consegna.
Impossibile della prestazione nei contratti plurilaterali: ai sensi dell’art.1466, nei contratti plurilaterali
previsti ex 1420 l'impossibilità di una prestazione non comporta la risoluzione del contratto, a meno che la
prestazione mancata non debba considerarsi essenziale

Risoluzione per eccessiva onerosità

Ai sensi dell’art.1467, nei contratti ad esecuzione periodica, continuata o a esecuzione differita, in presenza
di eventi straordinari e imprevedibili che rendono troppo onerosa una prestazione, la parte che deve
eseguire la prestazione può chiedere la risoluzione del contratto poiché divenuto eccessivamente oneroso.
(es. a causa di un terremoto, vi è un brusco aumento dei costi di produzione di un prodotto)

Presupposti per l’efficacia dell’istituto:


1. Può aversi solo nei contratti ad esecuzione periodica, continuata o a esecuzione differita;
2. una delle prestazioni deve essere divenuta eccessivamente onerosa per la parte che deve eseguirla;

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3. l'evento che rende la prestazione eccessivamente onerosa deve essere straordinario e


imprevedibile;
4. la risoluzione ha effetto solo per le prestazioni da eseguire e non per quelle già eseguite (v. art.
1458 c.c.);
5. si può evitare la risoluzione riportando il contratto ad equità.

È necessario precisare, però, che non si può chiedere la risoluzione ogni qual volta vi sia un aggravamento
della posizione di una delle parti. Ex art. 1467 comma 2 dispone, che la risoluzione non può essere
domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nel normale rischio contrattuale.
Nell'esempio fatto, il fornitore non potrà chiedere la risoluzione ad ogni variazione dei prezzi dei
componenti elettronici, ma solo quando l'aumento dei prezzi sia stato di notevole entità e provocato da
eventi straordinari e imprevedibili.
Contratti aleatori: in questi casi non si potrà chiedere la risoluzione del contratto, perché tali contratti si
basano proprio sull'alea che può volgersi a vantaggio dell'uno o dell'altro contraente.
L’inapplicabilità dell'eccessiva onerosità ai contratti aleatori, oltre ad essere dettata dalla logica, è sancita
dall'art. 1469 c.c. secondo cui: le regole sulla eccessiva onerosità non si applicano ai contratti aleatori per
loro natura o per volontà delle parti
Contratti unilaterali: L'art. 1468 c.c. infatti, dispone che in caso di eccessiva onerosità della unica
obbligazione, la parte obbligata potrà chiedere una riduzione della sua prestazione oppure delle diverse
modalità di esecuzione tali da ricondurla ad equità, ma non si potrà ottenere la risoluzione del contratto.

Presupposizione
Figura creata dalla pandettistica tedesca.
Il presupposto è una circostanza esterna che non è espressamente menzionata, attuale o futura, a cui le
parti fanno riferimento nella conclusione di un negozio giuridico (es. caso della locazione della finestra per
vedere il palio di Siena)
Le parti, pur non facendone espressa menzione nel contratto, hanno considerato come determinante per la
conclusione dell'affare una data situazione di fatto attuale o futura. Es. mi impegno a pagare una somma di
denaro per poter aver accesso in un dato giorno ad un balcone, senza che si dica espressamente che il
contratto viene stipulato per assistere al passaggio di un corteo, sebbene sia evidente e pacifico che questa
è la ragione che induce alla stipulazione.

Si differenzia dalla condizione, perché quest'ultima si tratta di un avvenimento futuro ed incerto dal quale
dipendono l'inizio (condizione sospensiva) o la cessazione (condizione risolutiva) degli effetti del contratto e
dev'essere menzionata espressamente nel negozio, mentre la presupposizione è una circostanza esterna
che non dev'essere espressa.

Inadempimento: in caso il presupposto manchi, le parti possono chiedere la risoluzione del contratto per
eccessiva onerosità

SINGOLI CONTRATTI
Contratti tipici: contratti trattati nel codice
1. il principale contratto di scambio: la compravendita
2. contratti di scambio che realizzano un do ut des: permuta, contratti di borsa, riporto, contratto
estimatorio, somministrazione
3. contratti di scambio che realizzano un do ut facias: locazione, leasing, appalto, trasporto
4. contratti di cooperazione nell’altrui attività giuridica: mandato, commissione, spedizione, agenzia,
mediazione
5. contratti reali: deposito, comodato, mutuo
6. contratti bancari: deposito, apertura di credito, sconto, cassette di sicurezza

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7. contratti aleatori: rendita, assicurazioni, gioco e scommessa


8. contratti diretti a costituire garanzia: fideiussione e anticresi
9. contratti diretti a dirimere una controversia: transazione e cessione dei beni a creditori
10. contratti agrari

Contratti atipici: figure contrattuali non disciplinate dal codice ma da apposite leggi speciali.

Compravendita (1470-1547)
Art.1470: La vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il
trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo.

Il prezzo: è l’elemento essenziale della vendita.


La presenza di un corrispettivo in denaro lo distingue dal contratto di permuta.
Esso deve essere determinato o determinabile, pena la nullità del contratto.

La vendita è un contratto consensuale ad efficacia reale: per le cose determinate ex 1376 per il principio
del consenso traslativo il bene/diritto passa dalla sfera giuridica del venditore al patrimonio dell’acquirente.

Abbiamo visto che la vendita produce un effetto reale immediato. Tuttavia vi sono dei casi in cui il
trasferimento della proprietà non è contemporaneo alla formazione del consenso, ma è successivo a
questo. In tal caso la vendita avrà immediatamente solo effetti obbligatori, vediamone i casi:
• vendita di cose generiche: ex art. 1378, la proprietà passa al compratore solo con l'individuazione
fatta con l'accordo delle parti
• vendita di cose future: ex art. 1472, la proprietà passa al compratore solo quando la cosa viene ad
esistenza
• vendita con riserva di proprietà: ex art. 1523, si tratta della vendita a rate, dove la proprietà passa
al compratore con il pagamento dell'ultima rata
• vendita di cose altrui: ex art. 1478, si può vendere anche una cosa altrui; in tal caso il venditore è
obbligato a far acquistare la cosa al compratore che diverrà proprietario nello stesso momento in
cui il venditore sarà riuscito ad acquistare effettivamente la cosa
La vendita solitamente ha effetti reali e non obbligatori; ciò non vuol dire che oltre l'effetto reale, non si
producano anche degli effetti obbligatori. Con il contratto, le parti sono obbligate a rendere effettivo quello
che già si è verificato nel mondo giuridico. Vi sono, quindi due obblighi principali per le parti che sono:
• per il venditore, consegnare la cosa;
• per il compratore, pagare il prezzo.

Obblighi del venditore: ex art. 1476 c.c.


1. consegnare la cosa al compratore
2. fare acquistare la proprietà al compratore se la vendita è obbligatoria
3. di garantire il compratore dall'evizione e dai vizi della cosa

Garanzia di evizione: Il venditore nel trasferire la cosa al compratore implicitamente garantisce che altri
soggetti non abbiano diritti sulla cosa venduta.
Se invece un altro soggetto asserisce di essere proprietario della cosa, in tutto o in parte, e riesce ad
ottenere una sentenza che obbliga il compratore a consegnare la cosa, quest'ultimo potrà rivolgersi al suo
venditore per ottenere il risarcimento del danno subito.
• Evizione totale: perdita di un diritto in forza del diritto preesistente di un terzo.
• Evizione parziale: scenario in cui l’evizione sia solo parziale, il compratore ha diritto alla
risoluzione del contratto o una riduzione del prezzo
Trattandosi di un effetto naturale del contratto, può essere escluso o limitato su accordo delle parti.

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Litis denuntiatio: Per non rischiare di perdere la garanzia, il compratore deve chiamare in giudizio il
venditore, in caso contrario perde la garanzia se il venditore riesce a dimostrare che, se fosse stato
chiamato, il compratore non avrebbe perso la causa.

In caso d'inadempimento dell'obbligo di consegnare la cosa, il compratore può chiedere la risoluzione del
contratto per inadempimento e procedere all'esecuzione coattiva solo se la vendita ha per oggetto cose
fungibili che hanno un prezzo corrente.

Obblighi del compratore: l’obbligo principale del compratore consiste nel pagamento del prezzo, di solito
nel luogo dove la merce sarà consegnata.

Se il prezzo non è esattamente determinato, deve essere perlomeno determinabile. Se il prezzo non è
determinato, il codice civile all'articolo 1474 stabilisce che:
• se il prezzo ha oggetto cose che il venditore vende abitualmente, mancando accordo delle parti o
un prezzo d'imperio, si applicherà il prezzo normalmente praticato da quel venditore
• se si tratta di cose aventi un prezzo di borsa o di mercato, il prezzo si desume dai listini o dalle
mercuriali del luogo in cui deve essere eseguita la consegna, o da quelli della piazza più vicina
Le spese della vendita, salvo patto contrario, sono a carico del compratore.

Garanzia per i vizi

Il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea
all'uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore.

Vizi: imperfezioni o alterazioni del bene, dovute alla produzione o conservazione di esso.
Il compratore ha diritto a prestare solo se i vizi siano tali o da rendere il bene inidoneo alla sua destinazione
o quando i vizi ne facciano diminuire in modo apprezzabile il valore.

Onere di garanzia: Il compratore ha l’onere di far valere la sua garanzia entro 8 giorni dalla scoperta del
vizio apparente (quello individuabile dalla normale diligenza) pena la decadenza della garanzia.

Azioni del compratore: il compratore può domandare a sua scelta la risoluzione del contratto
ovvero la riduzione del prezzo, salvo che, per determinati vizi, gli usi escludano la risoluzione.
La scelta è irrevocabile quando è fatta con la domanda giudiziale.
Ha prescrizione di 1 anno dal momento della consegna.

Ex 1492, il compratore ha diritto di chiedere a sua scelta:


• Azione redibitoria: Se la cosa consegnata è perita in conseguenza dei vizi, il compratore ha diritto
alla risoluzione del contratto In caso di risoluzione del contratto il venditore deve restituire il prezzo
e rimborsare al compratore le spese e i pagamenti legittimamente fatti per la vendita.
Il compratore deve restituire la cosa, se questa non è perita in conseguenza dei vizi
• Azione quanti minoris: Se la cosa consegnata è perita in conseguenza dei vizi, il compratore ha
diritto alla risoluzione del contratto; se invece è perita per caso fortuito o per colpa del compratore,
o se questi l'ha alienata o trasformata, egli non può domandare che la riduzione del prezzo.

Mancanza di qualità: il compratore ha diritto alla risoluzione del contratto nel caso il bene mancasse delle
qualità essenziale promesse
Modificazioni convenzionali di garanzia: la garanzia dovuta per legge può essere modificata e disciplinata
in via convenzionale fra le parti, il patto non è valido se la garanzia viene diminuita in malafede dal
venditore che conosceva i vizi insiti nella cosa.

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Garanzia di buon funzionamento: garanzia prevista nella vendita di cose mobili che si ha quando il
venditore abbia garantito per un certo tempo il funzionamento della cosa venduta. La decadenza è prevista
in 30 giorni dalla scoperta del vizio.
Consegna aliud pro alio: consegna di un bene totalmente differente da quello pattuito. Il compratore ha
diritto ad esperire un’azione di risoluzione del contratto non soggetta né a decadenza né a prescrizione

Vendita con patto di riscatto

Il venditore può riservarsi il diritto di riavere la proprietà della cosa venduta mediante la
restituzione del prezzo e i rimborsi stabiliti.
Il patto di restituire un prezzo superiore a quello stipulato per la vendita è nullo per l'eccedenza.

La vendita produce i suoi effetti, ma questi vengono eliminati se il venditore dichiara di voler riscattare la
cosa venduta e restituisce il prezzo e le spese sostenute per la vendita.

Differenza con il patto di retrovendita: questo ha effetti obbligatori e consiste in pratica ad un contratto
preliminare di vendita, nel quale chi compra si obbliga a rivendere al venditore
Differenza con la in diem addictio: questa bè una clausola con la quale si stabilisce che la vendita fatta
resta caducata se entro un certo termine il venditore riesce a vendere la cosa ad un miglior offerente.

Vendita di cose mobili

Figura di vendita più diffusa.

Vendita con trasporto: il venditore si libera consegnando la cosa al vettore, perciò la merce viaggia a rischio
e pericolo a carico del compratore. Inoltre anche i costi per il trasporto sono a carico del compratore.

Inadempimento del compratore: Se il compratore non adempie l'obbligazione di pagare il prezzo, il


venditore può far vendere senza ritardo la cosa per conto e a spese di lui.
La vendita è fatta all'incanto a mezzo di una persona autorizzata a tali atti o, in mancanza di essa
nel luogo in cui la vendita deve essere eseguita, a mezzo di un ufficiale giudiziario. Il venditore
deve dare tempestiva notizia al compratore del giorno, del luogo e dell'ora in cui la vendita sarà eseguita.
Inadempimento del venditore: Se il venditore non adempie la sua obbligazione, il compratore può fare
acquistare senza ritardo le cose, a spese del venditore, a mezzo di una delle persone indicate nel secondo e
terzo comma dell'articolo precedente. Dell'acquisto il compratore deve dare pronta
notizia al venditore. Il compratore ha diritto alla differenza tra l'ammontare della spesa occorsa per
l'acquisto e il prezzo convenuto, oltre al risarcimento del maggior danno.

Figure particolari di vendita mobiliari previste dal codice:


• Vendita con riserva di gradimento: in pratica si costituisce in un’opzione, infatti vincolato è
soltanto il venditore poiché il contratto si perfezione soltanto quando il compratore comunica al
venditore che la cosa è di suo gradimento.
• Vendita a prova: è una vendita sottoposta alla condizione sospensiva che la cosa abbia le qualità
pattuite o sia idonea all’uso a cui era destinata
• Vendita su campione: vendita che può essere risolta se la merce è difforme dal campione
• Vendita su documenti: questi ultimi attribuiscono a chi li possiede il diritto di ottenere la consegna
delle cose dal detentore ed il potere di alienarle a terzi (es. nota di pegno)
• Vendita a termine di titoli di credito: trovano applicazione nelle contrattazioni borsa

Vendita di beni di consumo

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Il nuovo sistema di norme entrate in vigore con il decreto legislativo del 2002, ora inserite nel codice del
consumo, si applica ai contratti di compravendita in cui il consumatore riveste la qualità di consumatore e
che abbiano per oggetto beni di consumo, cioè qualsiasi bene mobile esclusi i beni oggetto di vendite
forzate e gli utilities come acqua, luce e gas.
Difetto di conformità: Le nuove disposizioni sostituiscono alla disciplina dei vizi e difetti di qualità della cosa
venduta, nonché dell’aliud pro alio datum, la figura del difetto di conformità.
Il venditore professionista ha l’obbligo di consegnare al compratore consumatore un bene conforme a
quello stabilito nel contratto. Il requisito di conformità si presume sussistente quando il bene è idoneo
all’uso al quale doveva essere destinato, corrispondente alla descrizione del prodotto e dotato delle solite
qualità o prestazioni che il compratore poteva attendersi da dichiarazioni del venditore o da pubblicità
commerciale ex 128 del codice del consumo.
Tutele: la garanzia non opera quando il compratore era a conoscenza del difetto o poteva conoscerlo
mediante il criterio dell’ordinaria diligenza.
Tale obbligo del venditore è presidiato da numerosi rimedi, che il consumatore può azionare
alternativamente ex 130 del codice del consumatore:
1. Riparazione o sostituzione del bene: strumento preferenziale di tutela scelto dal legislatore per
l’esecuzione in forma specifica. Devono essere fatte entro un congruo periodo di tempo e non
devono arrecare danni o inconvenienti al consumatore, comunque sia il venditore non è tenuto a
ciò se le riparazioni arrecano spese irragionevoli.
2. Risoluzione del contratto o riduzione del prezzo: rimedi di tipo restitutorio che possono essere
attivate soltanto in via subordinata alla riparazione o sostituzione, perciò il consumatore non potrà
richiedere la restituzione del denaro se il venditore si offrirà di sostituirli il bene difettoso.

Durata della garanzia: il venditore è responsabile dei difetti di conformità se esso si manifesta entro 2 anni
dalla consegna del bene.
Denuncia dei vizi: a carico del compratore sussiste l’onere di denunciare il difetto entro 2 mesi dalla
scoperta del difetto (a differenza degli 8 giorni previsti per la disciplina della vendita), pena la decadenza.
Per evitare oneri della prova eccessivamente complicati, per i difetti di conformità che si manifestano entro
6 mesi si presumono esistenti dalla data di consegna.
Prescrizione: il termine di prescrizione dell’azione è di 26 mesi dalla consegna del bene, è più lungo di
quello ordinario previsto in tema di garanzia di vizi. L’eccezione è imprescrittibile, purché il vizio sia stato
tempestivamente denunciato.

Inderogabilità in peius e clausola di rinvio: oltre alla tutela minima inderogabile per legge (es. ex 134
prevede la nullità di qualsiasi patto limitativo di garanzia, l’invalidità secondo il modello operativo della
nullità di protezione è deducibile solo dal consumatore o rilevabile d’ufficio), le parti possono aggiungere
una garanzia convenzionale. Inoltre l’art.135 del codice del consumo fa salvi i diritti attribuiti al
consumatore da altre norme dell’ordinamento, e rinvia per quanto non disposto dalla legge speciale alle
norme del codice riguardo la compravendita.
Applicabilità della disciplina: La disciplina trova applicazione in qualsiasi contratto finalizzato alla fornitura
di beni di consumo da fabbricare o da produrre (Es. permuta, somministrazione, appalto, d’opera ecc.)
Consegna dei beni venduti: il professionista è obbligato alla consegna dei beni al consumatore senza
ritardo, al massimo 30 giorni dopo. In caso di inadempimento il consumatore può invitare ad effettuare la
consegna entro un'altra data a seconda delle sue preferenze, se ciò non servisse a far adempire il venditore
il consumatore può richiedere o la risoluzione del contratto o il risarcimento del danno.
Passaggio del rischio: il rischio di perdita o danneggiamento dei beni, per causa non imputabile al
venditore, si trasferisce al consumatore soltanto al momento in cui quest’ultimo o un terzo da lui designato
entra materialmente in possesso dei beni, si tratta di una deroga dell’art.1465. Tuttavia il rischio si
trasferisce al consumatore già nel momento della consegna del bene ad un vettore non scelto dal
venditore.

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Vendita con riserva di proprietà


Nella vendita a rate le parti stabiliscono che il prezzo debba essere pagato in modo frazionato entro un
certo tempo, e solo una volta pagata l’ultima rata la cosa diviene di proprietà dell’acquirente.
L’effetto reale della vendita è perciò sottoposto alla condizione sospensiva del pagamento integrale

Effetti della vendita: si verificano immediatamente in conseguenza della conclusione del contratto
(consegna della cosa, uso e godimento ecc.). Chi compra a rate non può alienare la cosa fin a quando non
ne ha acquistato la proprietà, pena l’appropriazione indebita. Tuttavia se il terzo acquirente entrasse in
possesso della cosa in buona fede, della cosa non ancora di proprietà dell’illegittimo alienante, in caso si
trattasse di un bene mobile non registrato egli ne acquista la proprietà ex 1153.

Opponibilità della riserva: per opporre ai creditori che intendessero espropriare la cosa acquistata a rate,
occorre che il patto di vendita risulti da atto scritto avente data anteriore al pignoramento.
Inadempimento del compratore e tutela contro le clausole vessatorie: in tutela del compratore, il
legislatore ha stabilito che il mancato pagamento di una sola rata dà luogo a risoluzione solo in caso il
valore di quest’ultima superi un ottavo del prezzo. In caso di inadempimento il compratore ha diritto alla
restituzione delle rate già pagate, salvo risarcimento danni e diritto del venditore a chiedere un compenso

Funzione pratica: la vendita con riserva è un pratico strumento per garantire finanziamento e garanzia,
infatti essa è una vendita a credito, garantita dalla proprietà del bene: in quanto il venditore concede un
beneficio finanziario al compratore tramite la possibilità del pagamento in rate e nel contempo la riserva di
proprietà assolve la funzione di garanzia reale del venditore, in quanto se esso non venisse pagato egli può
recuperare il bene del quale ha conservato la proprietà.

Vendita di immobili

Deve farsi per iscritto ed è soggetta a trascrizione

Vi sono due forme di vendita immobiliare, distinte in relazione alla determinazione del prezzo:
• Vendita di misura: il prezzo è stabilito in proporzione delle unità di misura (es. al m quadrato), in
caso di misura errata le parti hanno diritto di chiedere un adeguamento del prezzo
• Vendita a corpo: in cui l’immobile è venduto per un prezzo globale

Nullità per violazione di norme urbanistiche: a seguito dell’entrata in vigore del testo unico sulla
regolamentazione in materia edilizia, per far fronte ai casi di abusivismo edilizio si è decisa la nullità per
tutti gli atti inter vivos aventi per oggetto diritti reali su edifici senza il permesso di costruzione costituiti
dopo il 1985, anno dell’entrata in vigore della sanatoria.
La disposizione è significativa perché introduce un’ulteriore causa di nullità dei contratti.

Contratti di scambio che realizzano un do ut des


Permuta
Consiste nel baratto, il contratto di permuta differisce dalla vendita perché lo scambio non è caratterizzato
dalla pattuizione di un prezzo, ma dal reciproco trasferimento della proprietà o altri diritti.
Tranne per alcune eccezione in tema di evizione e di spese previste ex 1553, 1554; per la permuta sono
validi le norme stabilite per il contratto di compravendita.

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Riporto

Ai sensi dell’art.1548, è il contratto per il quale il riportato trasferisce in proprietà al riportatore (il
contraente) una data quantità di titoli di credito di una data specie per un determinato prezzo, e il
riportatore assume l'obbligo di trasferire al riportato, alla scadenza del termine stabilito, la proprietà di
altrettanti titoli della stessa specie, verso rimborso del prezzo, che può essere aumentato o diminuito nella
misura convenuta.
Perfezionamento del contratto: Il contratto si perfeziona con la consegna dei titoli.

Come si vede dalla definizione, abbiamo una vendita (riportato --> riportatore) di titoli.
Al termine convenuto il riportato vende titoli della stessa specie al riportatore (riportato<--riportatore).

Se queste operazioni fossero fatte "alla pari" questo contratto non avrebbe ragione di essere; in realtà
bisogna verificare quanto pagherà il riportato all'altra parte al momento della restituzione dei titoli:
• se pagherà una somma inferiore a quella sborsata in precedenza ne avrà tratto un guadagno, ma
l'altra parte facendo circolare quei titoli potrebbe averne comunque tratto un utile
• se pagherà una somma superiore a quella avuta in precedenza il riportato subirà sicuramente una
perdita, ma avrà avuto la disponibilità di denaro per il periodo convenuto rientrando comunque in
possesso dei titoli (deporto)

Differenza con la vendita: il riporto è un contratto reale che si perfeziona al momento della consegna dei
titoli, mentre la vendita è un contratto consensuale.

Contratto estimatorio

Ai sensi dell’art.1556, con il contratto estimatorio una parte (tradens) consegna una o più cose mobili
all'altra (accipiens) e questa si obbliga a pagare il prezzo, salvo che restituisca le cose nel termine stabilito

Come s'intuisce dalla definizione questo tipo di contratto è utilizzato da chi vuole avere disponibilità di
merce per venderla ma senza accollarsi il rischio che rimanga invenduta.
In genere è usato nel campo del commercio di giornali, collezioni di capi di abbigliamento.
Funzione del contratto: è l’attribuire all’accipiens un potere di disposizione della cosa, l’obbligo del
pagamento del prezzo è condizionato perciò al fatto che quest’ultimo preferisca non avvalersi della facoltà
di restituire la cosa ricevuta entro il termine pattuito
Poteri del tradens: trattandosi di contratto reale il tradens adempie al suo obbligo consegnando le cose
all'accipiens. Con la consegna non riceve subito il prezzo delle cose dovendo aspettare l'esito dell'attività
dell'accipiens potendo le cose non essere, in tutto o in parte, da lui vendute pur rimanendo proprietario
delle cose sino a quando non siano vendute dall'accipiens, non può disporne sino a quando non gli siano
restituite
Poteri dell’accipiens: si accolla il rischio del perimento delle cose pure se avvenuto per causa a lui non
imputabile deve pagare il prezzo di stima al tradens può liberarsi da tale obbligo restituendo in tutto o in
parte le cose al tradens i suoi creditori non possono sottoporle a pignoramento o a sequestro finché non ne
sia stato pagato il prezzo al tradens
Somministrazione

Contratto che soddisfa la fornitura di bisogni di carattere continuativo di beni (es. somministrazione di gas,
fornitura di pane ai ristoranti ecc.) in cui una parte si obbliga, verso il corrispettivo di un prezzo, ad eseguire
a favore dell’altra parte prestazioni periodiche o continuative di cose.

Il contratto ha in comune con la vendita l’oggetto del contratto, infatti la prestazione consiste in un obbligo
dare. Si distingue per ciò dall’appalto, che consiste in un obbligo di facere

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Caratteristiche della natura dell’atto:


• Unicità della fonte contrattuale: pur potendo essere le prestazioni ripartite nel tempo, se non
continue, non sarà necessario stipulare un nuovo contratto ad ogni nuova prestazione
• Pagamento frazionato del prezzo: pur essendo unico il contratto, il prezzo è pagato alla singola
prestazione se non dopo che questa sia stata adempiuta come accade nella somministrazione a
carattere continuativo (art. 1562 c.c)
• Contratto di durata a tempo indeterminato: il contratto può essere (e di solito è) a tempo
indeterminato. In tal caso ciascuna delle parti può recedere dal contratto, dando preavviso nel
termine pattuito o in quello stabilito dagli usi o, in mancanza, in un termine congruo avuto riguardo
alla natura della somministrazione (art. 1556 c.c.)
• Risoluzione del contratto e sospensione della prestazione: l'inadempimento di singole prestazioni
fa nascere nel somministrante il diritto alla risoluzione del contratto solo quando ha una notevole
importanza ed è tale da menomare la fiducia nell'esattezza dei successivi adempimenti (art. 1564
c.c.). È comunque possibile il patto contrario se l'inadempimento è di lieve entità, il somministrante
non può sospendere l'esecuzione del contratto senza dare congruo preavviso (art. 1565 c.c.)
• Patto di preferenza e clausola di esclusiva: il somministrato può convenire con il somministrante di
preferirlo nel caso in cui intenda stipulare un nuovo contratto per lo stesso oggetto. Il patto non
può avere durata superiore a 5 anni (art. 1566 c.c.) se nel contratto è pattuita la clausola di
esclusiva a favore del somministrante, l'altra parte non può ricevere da terzi prestazioni della stessa
natura, né, salvo patto contrario, può provvedere con mezzi propri alla produzione delle cose che
formano oggetto del contratto (art. 1567 c.c.) se l'esclusiva è compiuta in favore del somministrato,
sarà il somministrante a non poter eseguire la sua prestazione nella zona per cui la esclusiva è
concessa (art. 1568 c.c.)

Contratti di scambio che realizzano un do ut facias


Locazione e Affitto

Art. 1571: la locazione è un contratto con il quale una parte si obbliga a fare godere all’altra una cosa
mobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo

Nel contratto di locazione ci sono due parti.


• Locatore: è la parte che si obbliga a fare utilizzare a un altro una cosa per un determinato tempo
• Locatario o conduttore: l’altra prende il nome di ed è la parte che utilizza la cosa in cambio di un
determinato corrispettivo.

Questo contratto deriva dall’istituto romano della locatio conductio, che includeva una fattispecie più
ampia dell’attuale omologo.
Si possono distinguere diverse figure di locazione:
1. Locazione di beni mobili e mobili registrati: macchinari, attrezzi, libri, automobili, navi ecc.
2. Locazione di beni immobili non urbani: es. fabbricati rurali
3. Locazione di beni immobili urbani: es. appartamenti
4. Affitto: si ha quando la locazione ha per oggetto un bene produttivo es. aziende, cave, boschi ecc.

Disciplina del Codice Civile:


• Durata: La durata del contratto è fissata dalle parti.
Il contratto di locazione può essere a tempo determinato o senza determinazione di tempo (in
questo caso una delle parti può recedere dal contratto quando vuole, dandone disdetta con un
congruo preavviso). Non può essere inferiore a una giornata ma neanche superiore a trent’anni.
Il contratto di locazione ultra novennale deve essere trascritto.

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• Alienazione del bene locato: essa, a patto che la locazione abbia data certa anteriore al
trasferimento, non determina lo scioglimento del contratto (emptio non tollit locatum).
• Conservazione: Il locatore ha l’obbligo di consegnare e mantenere la cosa locata «in stato da
servire all’uso del convenuto».
• Destinazione economica e diligenza: Il conduttore ha l’obbligo di servirsi della cosa locata secondo
l’uso stabilito e con la diligenza del buon padre di famiglia.
• Sublocazione: Salvo patto contrario il conduttore ha la possibilità di sublocare il bene, ma non può
cedere il contratto.

Obbligazioni del locatore: consegna della cosa in buono stato, modo da essere idonea senza vizi all’uso
convenuto e garantirne il pacifico godimento durante la locazione.
Obbligazioni del conduttore: versare il canone secondo quello che è stato stabilito nel contratto di
locazione, entro le scadenze convenute.
Inoltre, il conduttore non si può autoridurre il canone, prendere in consegna la cosa e osservare la normale
diligenza del padre di famiglia
Al termine del contratto deve restituire la cosa nello stesso stato nel quale l’ha ricevuta e se vi ha apportato
miglioramenti nulla gli è dovuto a meno che il locatore non gli abbia dato il consenso.

Riforma della disciplina della locazione degli immobili urbani: Il mercato immobiliare italiano ha dovuto
fare i conti per oltre trent’anni, dal blocco dei fitti degli anni sessanta alle norme sull’equo canone, entrate
in vigore nel 1978 e rimaste invariate fino al 1992, con leggi che di fatto disincentivavano la locazione.
Quando un proprietario non aveva convenienza ad affittare secondo le leggi o cerca di vendere la casa o
cerca di aggirare le leggi, quando un inquilino non trovava chi gli affittava la casa a prezzo di legge appena
poteva se la comprava.

La legge n.392 del luglio del 1978, si proponeva di riformare il settore immobiliare e distingueva tra:
1. Locazione a uso commerciale
2. Locazione a uso abitativo: era stabilita una durata minima obbligatoria, solitamente 4 anni; ed era
previsto un equo canone, imposto d’imperio dalla legge

La legge sulle locazioni (nota anche come “legge n. 431”) è stata varata dal Parlamento Italiano nel 1998 e
stabilisce diverse forme di contratto abitativo.
Con la legge 431/98 alcuni aspetti fortemente limitativi dell’equo canone sono stati aboliti e il proprietario
può scegliere se affittare senza nessun vincolo purché il contratto abbia una durata minima di quattro
anni rinnovati automaticamente alla scadenza per lo stesso periodo oppure se locare a un canone
concordato a livello comunale tra le associazioni di proprietari e inquilini, ottenendo in cambio la
possibilità di avere una durata del contratto ridotta (tre anni più due di rinnovo automatico) e,
soprattutto, la possibilità di accedere a sostanziosi sconti fiscali.
La legge ha vivacizzato il mercato e oggi nelle grandi città (dove la richiesta di locazione è in percentuale più
forte) l’offerta è tornata a crescere e riguarda, anche se in quota modesta, immobili di un certo pregio.

Un contratto di locazione però, anche con le nuove norme, fa nascere un rapporto che con una certa
frequenza dà adito a litigi e incomprensioni tra proprietario e inquilino, dando lavoro a giudici e avvocati.
Per questo, prima di cercarsi una controparte, sia il proprietario sia il potenziale inquilino devono valutare
molto bene con chi si ha che fare e, prima di sottoscrivere un contratto complesso come quello di
locazione, ne devono pesare il contenuto parola per parola.

Dal 1992 i cosiddetti “patti in deroga” sono riusciti a scardinare uno degli aspetti più controversi dell’equo
canone, l’obbligatorietà di affittare a canone stabilito per legge.
La nuova disciplina distingue così due tipi di contratti di locazione:
1. Contratti liberi: per i quali la determinazione del canone e degli eventuali aumenti periodici sono
lasciati all’autonomia delle parti. Unica restrizione consiste nel vincolo di una durata minima del
rapporto di 4 anni, con previsione vincolante di un eventuale rinnovo automatico alla scadenza e

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con un obbligo di rinnovo pari ad almeno altri quattro anni, sempre che non concorrano delle
condizioni (previste dalla legge) che coincidono con specifiche necessità del proprietario.
2. Contratti tipo: in cui le parti aderiscono, beneficiando di sgravi fiscali definiti dalle Convenzioni,
stipulate da associazioni nazionali che includono rappresentanti delle proprietà e dei sindacati degli
inquilini. Esempi di contratti tipo sono:
• contratti di natura transitoria normale: hanno durata minima pari a un solo mese e una
massima di diciotto. Così come i contratti concordati, hanno per norma dei testi definiti
dalle Convenzioni, stipulate da associazioni nazionali dei rappresentanti delle proprietà e
dei sindacati degli inquilini
• contratti per studenti: possono esistere solo nei Comuni sede di Università o di corsi
universitari e hanno una durata minima pari a sei mesi, mentre il massimale previsto arriva
a trentasei.

Forma scritta ad substantiam: per qualsiasi contratto di locazione deve essere stipulato, oltre che a norma
di legge, in forma scritta, in mancanza del requisito il contratto si può considerare nullo.

Locazione ad uso commerciale: è rimasta la disciplina del 1978


• Durata: la locazione non può essere inferiore a 6 anni o a 9 in caso di attività alberghiera
• Recesso del contratto: il conduttore può recedere il contratto anche prima della scadenza ove
sussistano gravi motivi, oppure su previo accordo.
• Rinnovo del contratto: è automatico per un ulteriore periodo di tempo identico, salvo disdetta
• Disposizione del bene locato: il conduttore può sia sublocare che cedere in locazione a terzi senza
il consenso del locatore
• Prelazione: in caso il locatore voglia vendere l’immobile locato il conduttore ha diritto di prelazione

Leasing o Locazione finanziaria

Per locazione finanziaria (leasing finanziario) si intende l’operazione di finanziamento posta in essere da
una banca o da un intermediario finanziario (locatore) consistente nella concessione in utilizzo per un
determinato periodo di tempo e dietro il pagamento di un corrispettivo periodico (canone), di un bene
acquistato o fatto costruire dal locatore da un terzo fornitore, su scelta e indicazione del Cliente
(utilizzatore), che ne assume così tutti i rischi e conserva una facoltà al termine della predetta durata
contrattuale di acquistare il bene ad un prezzo prestabilito ed eventualmente di prorogarne il suo utilizzo a
condizioni economiche predeterminate o predeterminabili.

Lease-back: caso in cui fornitore ed utilizzatore possono coincidere.

In sostanza, con l’operazione di locazione finanziaria (leasing finanziario):


• Il locatore concede all’utilizzatore l'uso del bene per un determinato periodo di tempo a fronte del
pagamento di un corrispettivo periodico (canone);
• Il bene è acquistato dal locatore su scelta e indicazione dell’utilizzatore;
• L’utilizzatore ancorché non proprietario assume tutti i rischi relativi al perimento del bene acquisito
in leasing;
• In favore dell’utilizzatore è prevista una opzione finale di acquisto del bene locato ad un prezzo
contrattualmente predeterminato (c.d. opzione di riscatto)

Appalto

Art.1655: L'appalto è il contratto col quale una parte (appaltatore) assume, con organizzazione dei mezzi
necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un
corrispettivo in danaro cui si obbliga l'altra parte (committente)

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Funzione: L'appalto è utilizzato quando un soggetto non può o non vuole compiere in prima persona il
lavoro relativo ad un'opera o ad un servizio.
Per svolgere il lavoro, quindi, si rivolge ad un imprenditore che con la sua organizzazione s'incaricherà di
compiere completamente l'opera dietro corrispettivo.

Appalto può essere:


• Pubblico: la scelta dell’appaltatore è definita attraverso una gara d’appalto al miglior offerente
• Privato: il contratto di appalto è stipulato tramite una libera negoziazione delle parti

Oggetto dell’appalto: deve essere determinato o determinabile, consiste in un progetto procurato dal
committente, il quale deve essere sufficientemente dettagliato per consentirne la realizzazione.
Corrispettivo: esso può essere misurato
• A forfait: se misurato in relazione con tutta l’opera
• A misura: se calcolato in m quadrati
Se non è definito il compenso esso è calcolato secondo le tariffe esistenti o gli usi, oppure dal giudice.

Diritti e doveri dell’appaltatore:


• Fornitura della materia: deve fornire la materia necessaria a compiere l'opera (art. 1658 c.c.)
• Variazioni concordate del progetto: non può apportare variazioni alle modalità convenute
dell'opera se il committente non le ha autorizzate (art. 1659 c.c.)
• Denuncia dei difetti della materia: è tenuto a dare pronto avviso al committente dei difetti della
materia da questo fornita ex 1663
• Rovina e difetti di cose immobili: se si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per la loro
natura a lunga durata è responsabile per la rovina o per il pericolo di rovina dello stesso per 10 anni
dal compimento dell'opera (art. 1669 c.c.)
• Difformità e vizi dell'opera: è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell'opera. La garanzia
non è dovuta se il committente ha accettato l'opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o
erano riconoscibili, purché, in questo caso, non siano stati in mala fede taciuti dall'appaltatore
(1667 c.c.)
• Compenso per difficoltà d’esecuzione: Ha diritto ad un ulteriore compenso in caso di difficoltà di
natura idrico, geologica ecc. che comporti un aumento troppo oneroso delle spese per l’esecuzione
dell’opera

Diritti e doveri del committente:


• solo lui può autorizzare variazioni dell'opera. Se le variazioni sono necessarie per compiere l'opera
a regola d'arte e superano 1\6 del prezzo convenuto questo dovrà essere modificato anche con
l'intervento del giudice in caso di disaccordo (artt. 1659-1660 c.c.)
• ha diritto di controllare lo svolgimento dei lavori e di verificarne a proprie spese lo stato (art. 1662)
• prima di ricevere la consegna, ha diritto di verificare l'opera compiuta (1665 c.c.)
• deve, a pena di decadenza, denunziare allo appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni
dalla scoperta (art. 1667 c.c.)
• in caso di vizi o difformità dell'opera può chiedere che siano eliminati o, nei casi più gravi, la
risoluzione del contratto (art. 1668 c.c.)
• entro un anno deve denunziare all'appaltatore i vizi relativi alla possibile rovina di edifici (art. 1669)
• può recedere dal contratto anche se è stata iniziata l'esecuzione dell'opera o la prestazione del
servizio purché tenga indenne l'appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato
guadagno

Differenza fra appalto e contratto d’opera: l’appaltatore è per forza un imprenditore in quanto per la
realizzazione dell’opera egli deve organizzare ed avere a disposizioni appositi complessi produttivi per
realizzare il progetto; mentre nel contratto di lavoro autonomo l’opera o il servizio possono essere compiuti
con lavoro proprio senza bisogno di complessi apparati produttivi (es. l’idraulico, il barbiere)

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Differenza con la vendita: l’appalto ha per oggetto un facere e non un dare.

Subappalto: L'appaltatore non può dare in subappalto l'esecuzione dell'opera o del servizio, se non è stato
autorizzato dal committente. Nel subappalto l’appaltatore diventa il nuovo committente.

Contratto d’opera
Con il contratto d’opera è il contratto caratteristico dell’attività del lavoratore autonomo; infatti, una
persona si obbliga a compiere un’opera o un servizio con un lavoro prevalentemente proprio senza vincolo
di subordinazione. L’istituto è trattato nel libro V.

Differenza con l’appalto: il contratto d’opera è caratterizzato dalla prevalenza della prestazione lavorativa
personale, rispetto ai mezzi materiali e al lavoro dei collaboratori e dei dipendenti.
Inoltre si pone la differenza soggettiva, in quanto la figura tipica dell’appalto è l’imprenditore, cosa che nel
contratto d’opera spesso non è
Differenza con il contratto di lavoro subordinato: la differenza sta nell’assenza del di vincolo di
subordinazione che caratterizza il contratto.
Differenza con la vendita: ex 2223 si precisa che le norme del contratto d’opera si applicano anche quando
la materia sia fornita dal prestatore d’opera (es. la stoffa per un vestito) salvo che le parti non abbiano
avuto “prevalentemente considerazione della materia”, in quel caso si applicano le norme della vendita.

Esecuzione dell’opera: l’esecuzione deve essere eseguita a regola d’arte ex 2225, in caso contrario il
committente ha diritto al recesso del contratto. Per quel che riguarda la presenza di vizi e difformità si
applicano le norme in tema d’appalto, con la differenza che l’azioni a tutela del committente per la
denuncia dei vizi occulti decade in 8 giorni dalla scoperta, e si prescrive entro un anno dalla consegna.
Compenso: è stabilito dalle parti o da tariffe, in mancanza sono definite dal giudice.

Professionista intellettuali: professioni come il geometra, l’avvocato o il medico sono regolate ma non
sono definite nel codice. L’esercizio di queste professioni si divide in due categorie:
• Professioni protette: l’esercizio è subordinato all’iscrizione di apposti albi o elenchi (es. avvocato)
ed è assoggettato al potere disciplinare degli ordini e collegi professionali
• Professioni non protette: possono essere svolte da chiunque (es. il pubblicitario)

Per l’esercizio il professionista intellettuale valgono i seguenti principi:


1. Esecuzione necessariamente personale della prestazione: in caso contrario il professionista deve
assumersi tutte le responsabilità che ne derivano
2. Compenso parametrato all’importanza ed al decoro della prestazione
3. In caso di gravi difficoltà tecniche il professionista è alleggerito dalle sue responsabilità, salvo dolo o
colpa grave
4. Il professionista può esonerarsi dallo statuto dell’imprenditore, con i suoi vantaggi (es. sottrazione
alle procedure concorsuali) e svantaggi (es. inapplicabilità della disciplina sulla concorrenza sleale)

Contratto di trasporto

Art.1678: col contratto di trasporto il vettore si obbliga, verso corrispettivo, a trasferire persone o cose
da un luogo ad un altro

Il contratto può avere ad oggetto il trasporto di persone o cose.


Pur potendo avvenire con mezzi ed in situazioni ambientali diverse (trasporto terrestre con auto o treno,
trasporto aereo) il codice regolamenta solo il trasporto terrestre; tale disciplina si applica anche a quello
marittimo e aereo se non espressamente derogata dalla normativa speciale prevista dal codice della
navigazione.

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Trasporto di persone: l vettore si obbliga a trasportare il viaggiatore a destinazione nel tempo stabilito ed a
tenerlo indenne dai danni alla persona ed alle cose che porta con sé. Il trasporto può essere a titolo
oneroso, gratuito o amichevole.
• Il vettore è responsabile dei sinistri alla persona e della perdita o danneggiamento di cose del
viaggiatore. La responsabilità è presunta (art. 1681 c.c.), inoltre la responsabilità è sia di natura
contrattuale che di natura extracontrattuale
• nel trasporto amichevole la responsabilità è solo di natura contrattuale
• se il trasporto è cumulativo ciascun vettore risponde nell'ambito del proprio percorso ex 1682 c.c.
• è responsabile per l'inadempimento o per il ritardo ex art. 1218 c.c.

Trasporto di cose: il vettore si obbliga con il mittente a trasportare nel tempo stabilito una o più cose dal
luogo di partenza a quello di destinazione ed in favore di un destinatario che può essere anche lo stesso
mittente. Diritti e doveri del vettore sono:
• deve mettere le cose trasportate a disposizione del destinatario nel luogo, nel termine e con le
modalità indicati dal contratto o, in mancanza, dagli usi (art. 1687 c.c.)
• è responsabile della perdita e dell'avaria delle cose consegnategli per il trasporto, dal momento in
cui le riceve a quello in cui le riconsegna al destinatario. La responsabilità è presunta ex 1693 c.c.
• La responsabilità è sia di natura contrattuale che di natura extracontrattuale
• è responsabile verso il mittente se non riscuote dal destinatario i propri crediti o gli assegni da cui è
gravata la cosa, o senza esigere il deposito della somma controversa (art. 1692 c.c.)
• se il trasporto è cumulativo (quando con un unico contratto si sono impegnati più vettori) ciascun
vettore risponde nell'ambito del proprio percorso (art. 1700 c.c.)
• le azioni contro di lui si prescrivono nel termine di un anno

Documento di trasporto: Il trasporto di cose è un contratto consensuale e non reale. Può accadere, però,
che il vettore possa chiedere al mittente il rilascio di un documento, la lettera di vettura (art. 1684 c.c.); a
sua volta il mittente può chiedere al vettore il rilascio di un duplicato della lettera di vettura oppure una
ricevuta di carico. Questi documenti servono a provare il trasporto, ma il duplicato della lettera di vettura o
la ricevuta di carico, se rilasciati all'ordine, possono essere trasferiti dal mittente ad un altro soggetto che
ritirerà la merce una volta giunta a destinazione. In tal modo il mittente può vendere la merce trasferendo i
documenti al compratore.
Obblighi del mittente: deve indicare con esattezza al vettore il nome del destinatario e il luogo di
destinazione, la natura, il peso, la quantità e il numero delle cose da trasportare e gli altri estremi necessari
per eseguire il trasporto (art. 1683 c.c.). Egli può sospendere il trasposto e indicare un diverso luogo di
destinazione, salvo rimborso al vettore (art. 1685 c.c.)
Il mittente è tenuto a corrispondere il compenso pattuito per il trasporto.

Posizione del destinatario:


• è il beneficiario dei diritti nascenti dal contratto di trasporto dal momento in cui, arrivate le cose a
destinazione o scaduto il termine in cui sarebbero dovute arrivare, ne richiede la riconsegna al
vettore (art. 1689 c.c.)
• se il mittente non vi ha provveduto non può esercitare i diritti nascenti dal contratto se non verso
pagamento al vettore dei crediti derivanti dal trasporto
• se accetta senza riserve le cose consegnategli fa estinguere le azioni contro il vettore, escluse le
ipotesi di dolo e colpa grave (art. 1698 c.c.)
• ha 8 gg. dal ricevimento per denunziare la perdita o l'avaria che non erano evidenti al momento
della consegna
• ha diritto di fare accertare a sue spese, prima della riconsegna, l'identità e lo stato delle cose
trasportate e a chiedere il rimborso delle spese al vettore nel caso in cui esistano la perdita o
l'avaria della merce (art. 1697 c.c.)

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Servizi pubblici di linea: si verifica questa ipotesi quando lo Stato dà in concessione amministrativa il
trasporto su persone o cose a delle imprese concessionarie (art. 1679c.c.)
• Posizione del concessionario
1. Obbligo legale a contrarre: impone a fornire le proprie prestazioni al pubblico (es. pullman)
2. Parità di trattamento: deve stipulare ed eseguire i contratti alle medesime condizioni per
tutti
Contratti del consumatore
I contratti del consumatore non costituiscono un tipo contrattuale, quindi non realizzano un determinato
modello di operazione economica come la vendita o la locazione.
Tuttavia la recente legislazione ha ritenuto giusto far emergere una disciplina in generale applicabile ai
contratti stipulati dai consumatori, in virtù della tendenza alla tutela del contraente debole del rapporto.
Perciò nel 2005 è stato redatto il Codice del consumo, dove sono raccolte tutte le norme della materia

Consumatore: ex art.3 del codice del consumo è la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività
imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta.
Professionista: persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, a
differenza dell’accezione data nel codice civile il professionista del codice del consumo è oltre al
professionista intellettuale (es. avvocato, medico) anche l’imprenditore grande o piccolo che sia.

Educazione del consumatore: obbiettivo primario della legge è promuovere lo sviluppo di adeguata
autodeterminazione dei consumatori nelle scelte relative all’acquisto di beni/servizi e nella tutela dei loro
diritti. Perciò, l’educazione del consumatore consiste nello sviluppo di una maggior consapevolezza da
parte dei consumatori dei loro diritti, le attività destinate all’educazione dei consumatori (es.
comunicazione pubblicitaria) non hanno finalità promozionale di specifici prodotti ma sonno volte ad
esplicitare le caratteristiche die prodotti e dei servizi per rendere percepibili benefici e costi derivanti dalle
loro scelte

Clausole vessatorie: clausole che malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un
significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
Le clausole considerate vessatorie producono nullità.
Vi sono due categorie di clausole vessatorie:
1. Clausole vessatorie fino a prova contraria
2. Clausole sempre vessatorie: clausole trattate nella black list

Azioni di tutela: Le azioni messe a tutela del consumatore sono azioni di tipo inibitorio, amministrativa (es.
antitrust) e sul modello anglosassone della class action, l’azione collettiva risarcitoria.

Contratti di cooperazione nell’altrui attività giuridica


Mandato

Art.1703: Il mandato è il contratto col quale una parte (mandatario) si obbliga a compiere uno o più atti
giuridici per conto dell'altra (mandante).

Differenza fra mandato e contratto d’opera o lavoro: l’oggetto del mandato è il compimento di un’attività
giuridica (es. acquistare un bene) e non il compimento di un’attività intellettuale o manuale.
Differenza fra mandato e procura: il primo è un contratto, il secondo è un negozio unilaterale.

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Il mandato può essere di due tipi:


1. Mandato con rappresentanza: nella quale il mandatario è provvista di procura, perciò gli effetti
giuridici dell’attività compiute da parte del mandatario ricadranno immediatamente nella sfera
giuridica del mandante.
2. Mandato senza rappresentanza: il mandatario agisce per nome proprio ed acquista i diritti ed
assume gli obblighi derivanti dal negozio. I terzi ex 1705, non hanno alcun rapporto con il mandante
verso il quale non possono far valere alcuna pretesa, visto la mancanza della contemplatio domini
del mandante. Il mandatario ha poi l’obbligo di trasferire al mandante gli effetti dell’attività svolta
in nome proprio, ma nell’interesse del mandante.
Oggetto del mandato senza rappresentanza:
• Acquisto di beni immobili o mobili registrati: il mandatario che abbia acquistato i beni ne diventa
proprietario, ma ha l’obbligo di trasferire i beni nella sfera giuridica del mandante con un
successivo negozio. In caso di inadempimento, si applicano gli stessi principi in caso di
inadempimento del contratto preliminare di vendita, cioè la richiesta di esecuzione in forma
specifica, quindi chiedere al giudice di emettere una sentenza costituiva che faccia trasferire il bene
Forma: Solitamente è richiesta la forma scritta in quanto l’oggetto è un bene immobile
• Acquisto di beni mobili: il legislatore concede al mandante di rivendicare i beni che sono stati
acquistati dal mandatario ex 1706. L’azione di rivendicazione essendo petitoria è esperibile anche
nei confronti di terzi, fatti salvo dall’acquisto in buona fede ex 1153.
Differenza di regime: il fatto che il mandato per l’acquisto di beni immobili non sia tutelato da
un’azione reale, ma che il mandante possa solo far valere il suo credito è dovuta al diverso regime
di pubblicità e trascrizione che i beni immobiliari e mobili registrati godono.
Per questo motivo il legislatore ha ritenuto tutelare il mandante con la possibilità di esperire
l’azione di rivendicazione

Opponibilità del mandato ad acquistare: ex 1707, un ulteriore temperamento della regola secondo cui nel
mandato senza rappresentanza l’acquisto si verifica in testa al mandatario per conto del mandante sono
entrati nella disponibilità del mandatario, i creditori di quest’ultimo potrebbero agire sui beni stessi per
soddisfare le loro ragioni. La legge per tutelare gli interessi del mandante ha però sottratto questi beni
all’esecuzione forzata dei creditori del mandatario. Per evitare che la norma si prestasse a frodi in danno
dei creditori, la legge ha subordinato l’applicazione di questa norma a patto che risulti in modo sicuro
l’anteriorità del mandato rispetto al pignoramento.
Legittimazione del mandante all’esercizio dei crediti acquistati: il mandante può esercitare i diritti
nascenti dal rapporto obbligatorio sostituendosi al mandatario ex 1705 comma 2. Qui si ha quindi un’azione
surrogatoria, solo che mentre nella regola generale ex 2900 il creditore può esercitare i diritti spettanti al
debitore verso i terzi solo se questi trascurasse nell’esercitarli, questa condizione non è posta rispetto al
mandante che può in ogni caso esercitare i diritti di credito derivanti dall’esecuzione del mandato.
Responsabilità del mandatario verso terzi: il mandatario non può sottrarsi alle obbligazioni assunte in
nome proprio verso terzi, se questi non acconsentano. Naturalmente il mandatario ha diritto ad essere
tenuto indenne dal mandante da esborsi, oneri o perdite che dovesse subire in conseguenza del mandato.

Onerosità: il mandato si presume oneroso, quindi con un compenso favore del mandatario.

Mandato congiuntivo: se conferito a più mandatari


Mandato collettivo: se conferito da più mandanti, con un unico atto e per un interesse comuni di
quest’ultimi. Il mandato può essere revocato solo con il consenso di tutti i mandanti, salvo giusta causa.

Obblighi del mandatario: uso della diligenza del buon padre di famiglia, informare il mandante di
circostanze che potrebbero determinare revoca o modificazione del mandato, rendere conto e rimettere
tutto ciò che abbia ricevuto a causa del mandato, obbligo di custodia.
Obblighi del mandante: fornire al mandatario i mezzi necessari per l’esecuzione del mandato, rimborso
spese al mandatario, pagare il compenso dovuto ed obbligo al risarcimento del danno in caso il mandatario
abbia subito un danno durante l’incarico.

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Estinzione del mandato: Ai sensi dell’art.1722 il mandato si estingue per


• Scadenza del termine o compimento dell'affare revoca del mandante
• Rinunzia del mandatario, salvo risarcimento danni.
• Morte, interdizione o inabilitazione del mandante o del mandatario

Verificatasi una causa di estinzione il mandato non ha più effetto tra le parti; se, però, il mandatario
ignorando l'esistenza di una causa di estinzione, compie degli atti, questi vincolano comunque il mandante
o i suoi eredi (art. 1729 c.c.).

Revoca: il mandato può estinguersi anche mediante revoca, la quale può essere espressa o tacita (es.
nomina di un nuovo mandatario). Se il mandato è nell’interesse del mandatario o di terzi esso può essere
revocato solo per giusta causa.

Commissione
art.1731: Il contratto di commissione è un mandato che ha per oggetto l'acquisto o la vendita di beni per
conto del committente e in nome del commissionario.

A questo contratto si applicano le regole del mandato senza rappresentanza, salvo le disposizioni degli arti
1731-1736. Il compenso che spetta al commissionario è detto provvigione

Star nel credere: Il commissionario che, in virtu' di patto o di uso, è tenuto allo «star del credere» risponde
nei confronti del committente per l'esecuzione dell'affare. In tal caso ha diritto, oltre che alla provvigione, a
un compenso o a una maggiore provvigione, la quale, in mancanza di patto, si determina secondo gli usi del
luogo in cui è compiuto l'affare. In mancanza di usi, provvede il giudice secondo equità.

Contratto di spedizione

Art. 1737: Il contratto di spedizione è un mandato col quale lo spedizioniere assume l'obbligo di
concludere, in nome proprio e per conto del mandante, un contratto di trasporto e di compiere le
operazioni accessorie.

Differenza con la commissione: come per essa si tratta di un mandato senza rappresentanza, ma la
differenza sta l’oggetto del contratto, infatti la spedizione ha per oggetto un contratto di trasporto mentre
la commissione l’acquisto o la vendita di beni per conto del committente
Differenza con il trasporto: lo spedizioniere è una figura diversa dal vettore, il contratto che io
consumatore concludo con l’impresa è un contratto di spedizione, quello che l’impresa conclude con il
corriere è un contratto di trasporto.
Obblighi dello spedizioniere: concludere per conto del mandante, un contratto di trasporto già
preliminarmente definito con il commitente, ed in mancanza di ciò agire nel migliore dei modi nell’interesse
del mandante.

Contratto di agenzia

Art.1772: col contratto di agenzia una parte (agente) assume stabilmente l'incarico di promuovere, per
conto dell'altra (preponente), verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata

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Scopo dell'agente è la sola promozione dell'attività del preponente: le imprese stipulano contratti di
agenzia per promuovere i propri prodotti e ricercare nuova clientela.
L'attività dell'agente deve essere stabile e non occasionale
Rappresentanza: di regola l’agente non può stipulare contratti con i clienti per conto del proponente,
comunque solitamente all’agente vengono conferiti poteri di rappresentanza, in tal caso l'agente può anche
concludere i contratti in nome e per conto del preponente sarà rappresentante di commercio
Forma: il contratto deve essere provato per iscritto ad probationem tantum e ogni parte deve ottenerne
copia. Tale diritto è irrinunciabile

Posizione dell’agente: nell'esecuzione dell'incarico l'agente deve tutelare gli interessi del preponente e
agire con lealtà e buona fede e attenersi alle sue istruzioni (art. 1746 c.c.)
• Divieto di star nel credere: l’agente non può però essere ritenuto responsabile dell'inadempimento
del terzo, ma eccezionalmente può prestare garanzia per l'inadempimento del terzo ex 1746
• Esclusiva: ha diritto di esclusiva nelle zone assegnatagli, pena responsabilità contrattuale.
• Provvigione: l’agente ha diritto alla provvigione per tutti gli affari che ha fatto concludere al
preponente per effetto del suo intervento.
La provvigione spetta dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe
dovuto eseguire la prestazione in base al contratto concluso con il terzo. Se il preponente e il terzo
si accordano per non dare, in tutto o in parte, esecuzione al contratto, l'agente ha diritto ad una
provvigione ridotta determinata da usi o dal giudice secondo equità
• Agente imprenditore: non ha diritto al rimborso delle spese di agenzia, assumendosi i rischi della
propria attività imprenditoriale
• deve essere iscritto presso un apposito ruolo presso la camera di commercio

Obblighi del proponente: nei rapporti con l'agente, deve agire con lealtà e buona fede e fornire all'agente
tutte le informazioni necessarie per l'esecuzione del contratto (art. 1749 c.c.)
• non può valersi contemporaneamente di più agenti nella stessa zona e per lo stesso ramo di attività
• deve corrispondere una indennità all'agente alla cessazione del rapporto (art.1751 c.c.)
• dopo lo scioglimento del rapporto può stipulare un patto che limiti la concorrenza da parte
dell'agente (art. 1751 bis c.c.)

Differenza con la mediazione: il mediatore a differenza dell’agente del non può essere legato a nessuna
delle parti, inoltre il mediatore pone in relazione due o più parti in modo occasionale, mentre caratteristica
essenziale dell’agenzia è la stabilità del rapporto.
Differenza dal subordinato: l’agente gode di autonomia e non è soggetto agli ordini del proponente
Differenza con il mandatario: l’agente non stipula contratti, ma si limita a favorirne la stipulazione.

Franchising: contratto di affiliazione commerciale

il contratto, comunque denominato, fra due soggetti giuridici, economicamente e giuridicamente


indipendenti, in base al quale una parte concede la disponibilità all'altra, verso corrispettivo, di un insieme
di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne,
modelli di utilità, disegni, diritti di autore, know-how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e
commerciale, inserendo l'affiliato in un sistema costituito da una pluralità di affiliati distribuiti sul territorio,
allo scopo di commercializzare determinati beni o servizi

La legge 6 maggio 2004, n. 129, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 24 maggio 2004, n. 120, ha regolato il
contratto di affiliazione commerciale, comunemente denominato " franchising", che entra, quindi, a far
parte nel novero dei contratti tipici.
Si tratta di un contratto nato in America negli anni '50, molto diffuso anche in Italia.

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Questo esempio ci fa ben comprendere che cos'è l'affiliazione commerciale, poiché abbiamo come parti
contrattuali:
• L'affiliante (franchisor): è il soggetto che ha come scopo di commercializzare propri beni o servizi
anche senza provvedervi direttamente con la creazione di una apposita rete commerciale;
• L'affiliato (franchisee): è il soggetto indipendente che commercializza i beni o servizi offerti
dall'affiliante che entra a far parte della sua rete commerciale insieme ad altri affiliati.

Oggetto e contenuto del contratto: sfruttamento di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a
marchi, denominazioni commerciali, insegne dell'affiliante; oppure sfruttamento di diritti di proprietà
industriale o intellettuale relativi a modelli di utilità, disegni, diritti di autore, know-how, brevetti,
assistenza o consulenza tecnica e commerciale dell'affiliante

Forma: il contratto deve essere redatto per iscritto a pena di nullità. Deve avere, inoltre, un contenuto
minimo previsto dalla legge (es. spese a capo dell’affiliato, modalità di calcolo delle royalities ecc.)
Durata del contratto: può essere a tempo indeterminato, ma se è a tempo determinato l'affiliante dovrà
comunque garantire all'affiliato una durata minima sufficiente all'ammortamento dell'investimento e
comunque non inferiore a tre anni.
È fatta salva l'ipotesi di risoluzione anticipata per inadempienza di una delle parti

Obblighi dell'affiliante: l'affiliante deve fornire una serie d'informazioni all'affiliato in modo che questi
possa rendersi chiaramente conto dell'attività che andrà a svolgere, secondo trasparenza.
Obblighi dell'affiliato: non può trasferire la sede, qualora sia indicata nel contratto, senza il preventivo
consenso dell'affiliante, se non per causa di forza maggiore.
• Sull'affiliato incombe un obbligo di "massima riservatezza" in ordine al contenuto dell'attività
oggetto dell'affiliazione commerciale. Tale obbligo deve essere fatto osservare ai collaboratori e
dipendenti dell'affiliato, anche dopo lo scioglimento del contratto

Annullabilità del contratto: è prevista nel caso in cui una parte abbia fornito false informazioni. In tal caso è
possibile chiedere l'annullamento del contratto per dolo (art. 1439 c.c.) oltre al risarcimento del danno.

Mediazione

art. 1754: è mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza
essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza.

Carattere fondamentale: è l’indipendenza e l’imparzialità verso le parti.


Iscrizione al registro: In base alla legge 3 febbraio 1989, il mediatore dev'essere iscritto in appositi ruoli
(registri) presso la camera di commercio. Pena sanzioni pecuniarie, amministrative e una restituzione della
provvigione alle parti.
Diritto alla provvigione: anche se chiamato da una sola parte, il mediatore ha diritto alla provvigione da
entrambe le parti solo alla fine il contratto viene concluso per effetto del suo intervento.
Obblighi del mediatore: può accettare o meno l’incarico, che va nel suo interesse in quanto egli ottiene la
provvigione, ma se accetta deve comportarsi secondo correttezza ed in modo diligente
Rimborso spese: in caso il mediatore abbia sostenuto spese per completare l’opera, ha diritto al rimborso

Vendita piramidale: consistono in strutture di vendita nella quali l’incentivo economico primario dei
componenti della strutta si fonda sul mero reclutamento di nuovi soggetti, piuttosto che sulla loro capacità
di vendere beni o servizi (es. creazione di una catena di sant’Antonio nella quale si promettono guadagni
solo se si riescano a reclutare altri soggetti, favorendo così notevoli guadagni a coloro che sono al vertice
della piramide). Sono vietate per legge, per tutelare i soggetti reclutati.

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Contratti reali
Il deposito regolare

art. 1766: Il deposito è il contratto col quale una parte (depositario) riceve dall'altra (depositante) una
cosa mobile con l'obbligo di custodirla e di restituirla in natura

Causa ed effetti: la funzione del contratto di deposito consiste nell’assicurare la custodia di una cosa,
garantendo la vigilanza necessaria per la sua conservazione ed infine restituzione.
L’obbligo del custodire sorge solo dopo la consegna del bene, dopotutto si tratta di un contratto reale.
In caso di alienamento dell’oggetto in custodia, il depositario deve rispondere di appropriazione indebita.
Gratuità: il deposito si presume gratuito, perché spesso la prestazione di custodia è accessoria (es.
guardaroba del ristorante)
Disciplina: il depositario deve agire secondo diligenza, esso è libero solo se la detenzione della cosa gli
viene sottratta per causa ad esso non imputabile. Il depositario ha il dovere di restituire a prestazione
conclusa il bene al depositante quando egli la richiede, ma può domandare i qualsiasi momento la
liberazione dall’obbligo nel caso la custodia potesse diventare troppo gravosa.

Sequestro convenzionale: forma particolare di deposito che si ha quando due parti sono in lite riguardo la
proprietà/possesso di una cosa. Le parti convengono che un terzo custodisca la cosa fino a lite finita.

Deposito irregolare: La particolarità risiede nel fatto che il depositario non è tenuto a restituire proprio le
stesse cose, ma quando il deposito ha ad oggetto denaro o altre cose fungibili, deve restituirne altrettante
della stessa specie e qualità. Il depositario diviene, quindi, al momento della consegna, proprietario delle
cose consegnategli. Si applicano le norme previste per il mutuo, essendo quest'ultimo una forma di
deposito irregolare.

Comodato

Art.1803: Il comodato è il contratto col quale una parte consegna all'altra una cosa mobile o immobile,
affinché' se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa
ricevuta.
Il comodato è essenzialmente gratuito.

Essenziale gratuità: Si tratta di un contratto essenzialmente gratuito anche se non è esclusa la possibilità di
far ricorso a un comodato c.d. "modale" o "oneroso" a patto che l'onere imposto non sia di una consistenza
tale da far venir meno la natura tipica del contratto.
Temporaneità: caratteristica del comodato è la sua temporaneità, il limite di durata è solitamente definito
da un termine finale fissato dalle parti, in caso contrario il comodatario è tenuto alla restituzione in
qualsiasi momento il comodante lo richieda.
Oggetto del contratto: sono solo cose inconsumabili

Differenza con il mutuo: innanzitutto il comodato (prestito d’uso) è essenzialmente gratuito, mentre il
mutuo può anche essere oneroso. Inoltre, tramite comodato mi viene trasmessa la detenzione della cosa,
con l’obbligo poi di restituirla (es. mi prestano un libro, a patto che una volta finito io restituisca quel libro,
in caso contrario sarei accusato di appropriazione indebita); mentre nel mutuo vengono consegnate una
quantità di cose fungibili (es. denaro, grano) delle quali divento il proprietario, ma son obbligato a restituire
non le stesse cose, ma la stessa quantità.
Differenza con il deposito: il depositario non può servirsi della cosa, mentre il comodatario sì.

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Mutuo
Art.1813: Il mutuo è il contratto col quale una parte (mutuante) consegna all'altra una determinata
quantità di danaro o di altre cose fungibili, e l'altra (il mutuatario) si obbliga a restituire altrettante cose
della stessa specie e qualità.

Differenza con il comodato: il mutuo si presume oneroso ed ha per oggetto beni consumabili e fungibili, la
cui proprietà passa al mutuatario, che poi dovrà riconsegnare non gli stessi beni, ma la stessa quantità.
Differenza con il deposito irregolare: la differenza è molto sottile ma può essere individuata nella funzione
dell’istituto, mentre nel deposito irregolare comunque sia il fine è la semplice custodia, visto che non mi
interessa la restituzione degli stessi beni ma del tantundem; il fine proprio del mutuo sta invece nella
soddisfazione del bisogno del mutuatario di disporre temporaneamente di una somma.
Differenza con il quasi-usufrutto: la differenza sta nel fatto che il mutuo sia un contratto reale, il quasi
usufrutto è un effetto di un contratto consensuale.

Onerosità e interessi: il mutuo si presume oneroso e feneratizio, cioè producente di interessi.


Nel caso le parti non abbiano fissato il tasso degli interessi, si applica quello legale.
Usura: in presenza di clausole contrattuali che pattuiscono un interesse usuraio, la clausola è nulla e non fa
produrre interessi. Inoltre, con la legge del 1999 è prevista una somma di denaro a titolo di risarcimento
per coloro che fossero stati soggetti ad attività estorsive o di usura.
Termine e restituzione anticipata: elemento importante nel mutuo è il termine fissato per la restituzione
delle cose mutuate. In caso di restituzione anticipata, in quanto essa consiste in una perdita per il mutuante
che ottiene interessi minori, solitamente è prevista il pagamento di un importo.
Tuttavia sono disposte deroghe riguardanti mutui stipulati da persone fisiche per l’acquisto di immobili
adibiti ad abitazione o attività economico-professionale, in quanto è disposta la nullità di qualsiasi clausola
che preveda penali od oneri a carico del mutuatario.
Portabilità del mutuo: le disposizioni speciale confluite nel TUB permettono a chi abbia contratto debiti
con una banca di rivolgersi con più facilità ad altri finanziatori, che offrano condizioni migliori, mediante la
surrogazione del nuovo mutuante a quello originario.
Inadempimento: anche se il mutuatario non pagasse una sola rata del mutuo, il mutuante può chiedere
l’immediata restituzione dell’intero; stessa cosa se il mutuatario non pagasse gli interessi dovuti, il
mutuante ha diritto a chiedere la restituzione del capitale oltre alla risoluzione del contratto.
Promessa di mutuo: è possibile, anche se il mutuo è un contratto reale che si perfezione con la traditio.

Contratti aleatori
Rendita

Nel diritto italiano, per rendita si intende qualsiasi prestazione periodica avente per oggetto denaro o una
certa quantità di cose fungibili (grano, vino, ecc.).
Il codice civile distingue due tipi di rendita: quella perpetua e quella vitalizia.

Rendita perpetua: ex 1861, col contratto di rendita perpetua una parte conferisce all'altra (e da questa ai
suoi eredi) il diritto di esigere in perpetuo la prestazione periodica di una somma di danaro o di una certa
quantità di altre cose fungibili, quale corrispettivo dell'alienazione di un immobile o della cessione di un
capitale. La rendita perpetua può essere costituita anche quale onere dell'alienazione gratuita di un
immobile o della cessione gratuita di un capitale.
• Rendita fondiaria: se costituita mediante alienazione di un immobile
• Rendita semplice: se costituita mediante cessione di un capitale
A seconda che l’alienazione dell’immobile o del capitale avvenga a titolo oneroso o gratuito si applicano le
regole sulla vendita o sulla donazione.

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Riscatto: un’obbligazione che non finisce mai è guardata con sfavore da parte del legislatore, perciò viene
attribuita al debitore la facoltà (che ha natura di diritto potestativo) di sciogliersi dal vincolo mediante una
dichiarazione unilaterale di volontà, accompagnata dal pagamento della somma che risulta dalla
capitalizzazione della rendita annua sulla base dell’interesse legale.
• Riscatto forzoso: il debitore può essere costretto al riscatto se in mora o non ha concesso le
garanzie promesse.

Rendita vitalizia: Si costituisce mediante alienazione di un bene mobile o immobile o cessione di un


capitale, e consiste in una prestazione periodica da corrispondersi ad uno o più soggetti (beneficiari) per
tutta la durata della vita di una certa persona (che può essere uno dei beneficiari oppure un terzo).
• Costituzione: oltre che per contratto, anche tramite donazione o testamento, nel rispetto delle
specifiche regole dettate per tali istituti.
• Aleatorietà: A differenza della rendita perpetua, la rendita vitalizia ha quindi natura tipicamente
aleatoria. L'alea è un requisito essenziale, senza il quale il contratto è nullo (ad esempio è stata
dichiarata la nullità del contratto con cui si era costituito un usufrutto su un fondo in corrispettivo
di una rendita inferiore al valore dei frutti del fondo).
Salvo patto contrario, il debitore non può liberarsi dall'obbligo del pagamento della rendita
offrendo il rimborso del capitale, ed è tenuto a pagare per tutto il tempo stabilito, per quanto
gravosa possa divenire con il tempo la prestazione da lui assunta (art. 1879 c.c.)
• Inadempimento: se il debitore non paga le rate di rendita scadute, il creditore non può domandare
la risoluzione del contratto, ma può solo chiedere il sequestro e la vendita dei beni del debitore.
La risoluzione può essere tuttavia chiesta quando il debitore non presta o diminuisce le garanzie
(art. 1877 c.c.). Se è a titolo gratuito, la rendita non è pignorabile nei limiti dei bisogni alimentari
del creditore ex 1881
• Riscatto: è ammesso solo se espressamente pattuito

Assicurazione
Art.1882: L'assicurazione è il contratto col quale l'assicuratore, verso pagamento di un premio, si obbliga
a rivalere l'assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro (assicurazione
contro i danni), ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita
umana (assicurazione sulla vita).

Causa: trasferimento di un’alea economica (es. un incendio danneggerebbe moltissimo il proprietario di


una casa, perciò egli stipula un contratto di assicurazione, morte di un famigliare). Perciò a seguito della
conclusione del contratto, il seguito dello sfortunato evento sarà il pagamento di una somma di denaro a
titolo di indennizzo a fronte es. distruzione della casa, morte di un famigliare.
Aleatorietà: la caratteristica del rischio è un elemento essenziale del contratto di assicurazione, in assenza
di esso il contratto è nullo, la stessa cessazione del rischio dà luogo allo scioglimento del contratto.
Esercizio dell’attività: non è consentito a tutti i soggetti far stipulare contratti di assicurazione, proprio per
l’importanza della natura e finalità economico-sociale di far fronte agli eventi sfortunati della vita; perciò
solo istituti di diritto pubblico, società per azioni e mutue assicuratrici possono esercitare l’attività.
Forma: il contratto richiede la forma scritta ad probationem. L’assicuratore è obbligato a rilasciare al
contraente un documento, la polizza che può essere all’ordine o al portatore.
Dichiarazioni inesatte o reticenti dell’assicurato: danno luogo all’annullabilità del contratto soltanto
nell’ipotesi di dolo o colpa grave. Altrimenti, l’assicuratore ha facoltà di recedere il contratto e l’indennità è
ridotta in proporzione mediante rettifica del contratto.
Durata: L'assicurazione ha effetto dalle ore ventiquattro del giorno della conclusione del contratto alle ore
ventiquattro dell'ultimo giorno della durata stabilita nel contratto stesso. L'assicuratore, in
alternativa ad una copertura di durata annuale, può proporre una copertura di durata
poliennale a fronte di una riduzione del premio rispetto a quello previsto per la stessa copertura
dal contratto annuale. In questo caso, se il contratto supera i cinque anni, l'assicurato, trascorso

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il quinquennio, ha facoltà di recedere dal contratto con preavviso di sessanta giorni e con effetto
dalla fine dell’annualità nel corso della quale la facoltà di recesso è stata esercitata.
Il contratto può essere tacitamente prorogato una o più volte, ma ciascuna proroga tacita non può
avere una durata superiore a due anni.
Le norme del presente articolo non si applicano alle assicurazioni sulla vita

Assicurazione contro i danni: nell'assicurazione contro i danni l'assicuratore, verso pagamento di un


premio, si obbliga a rivalere l'assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro.
• Validità: Vi deve essere un interesse, anche futuro, dell'assicurato al risarcimento del danno; in
mancanza il contratto è nullo (art. 1904 c.c.)
• Principio indennitario: l'assicuratore deve pagare il danno realmente sofferto e non una somma
superiore. Può però pagare il lucro cessante se si è espressamente obbligato (art. 1905 c.c.)
1. l'assicuratore deve pagare il valore delle cose che avevano al tempo del sinistro, anche se è
stato convenuto un premio superiore al momento della stipula del contratto ex 1908
2. in caso di soprassicurazione il contratto è nullo se vi stato dolo dell'assicurato, valido in
mancanza di dolo ma solo nei limiti del valore reale della cosa (art. 1909 c.c.)

Assicurazione della responsabilità civile: ex 1917 l'assicuratore è obbligato a tenere indenne l'assicurato di
quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione, deve pagare a un
terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto esclusi i danni derivanti da fatti dolosi.
Come si vede dalla definizione, l'assicuratore non indennizza l'assicurato per un danno che ha subito, ma
indennizza un terzo per un danno cagionatogli dall'assicurato.
• Massimale: l’obbligo dell’assicuratore non è illimitato, ma contenuto nei limiti di un importo
stabilito dal contratto, il massimale, che è a sua volta calcolato in base al rischio e al premio pagato
• Assicurazione obbligatorie: poiché l’assicurazione è un atto di cautela per chi decide di assicurarsi,
che pone in salvo il proprio patrimonio da future eventuali responsabilità, ed è indirettamente
vantaggioso anche per il danneggiato. Infatti se il danneggiante fosse nullatenente, il danneggiato
non troverebbe un patrimonio su cui rifarsi per il risarcimento. Per questo motivo la legge impone
in tantissimi casi, l’obbligo di assicurarsi.
• Azione diretta: ex 1917 il danneggiato può rivolgersi per il risarcimento direttamente contro
l’assicuratore. Di regola invece, l’assicurato dovrebbe rivolgersi solo contro il danneggiante.

Assicurazione sulla vita: l'assicuratore, verso pagamento di un premio si obbliga a pagare all'assicurato un
capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana.
Il pagamento della rendita è condizionato al verificarsi di un determinato evento che può essere:
• Assicurazioni per caso di morte: in caso di morte dell'assicurato o di un terzo
• Assicurazioni per il caso di vita: in caso di sopravvivenza dell'assicurato o del terzo ad una età
determinata nel contratto
• Assicurazioni miste: l'assicuratore pagherà la rendita o il capitale alla morte o in un termine
prestabilito se l'assicurato sarà ancora in vita
A differenza dell'assicurazione per danni, non vige in questo caso il principio indennitario poiché non si è
ritenuto di dover quantificare a priori il valore della vita umana. Di conseguenza l'assicurazione potrà essere
stipulata per qualsiasi cifra.

Assicurazione sulla vita di un terzo: ex 1919, la somma verrà pagata alla morte o raggiungimento dell'età
del terzo. Per rendere ciò possibile il terzo deve dare per iscritto il suo consenso
Assicurazione a favore del terzo: ex 1920, è la somma pagata al terzo beneficiario in seguito alla morte o al
raggiungimento dell'età dell'assicurato. La designazione può essere fatta anche per testamento, e
revocabile con la stessa forma.

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Riassicurazione: contratto con il quale l’assicuratore assicura presso un’altra impresa i rischi che ha
assunto. Non costituisce una forma di cessione del contratto perché mentre nella cessione un terzo si
sostituisce al contraente originario; invece nella riassicurazione non si vanno a creare rapporti tra
assicurato ed assicuratore.

Gioco e scommessa
Contratti aleatori per eccellenza.
Se il gioco o la scommessa sono proibiti come il gioco d’azzardo, il negozio è illecito e nessun diritto sorge a
favore del vincitore, il quale è tenuto restituire l’eventuale somma versata dal perdente.
Se il gioco è lecito il vincitore non ha azione, ma il perdente non può ripetere quanto abbia
spontaneamente pagato poiché si tratta di obbligazione naturale. L’azione è permessa in caso di lotterie o
scommesse sportive.

Contratti diretti a costituire una garanzia


Fideiussione

Art. 1936: È fideiussore colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce
l'adempimento di un'obbligazione altrui.
La fideiussione è efficace anche se il debitore non ne ha conoscenza.

Con il contratto di fideiussione è un contratto che si costituisce a favore del creditore la garanzia personale
di un terzo; infatti, il terzo aggiunge la sua responsabilità a quella del debitore garantendo l'adempimento
della obbligazione; perciò, la posizione del creditore si rafforza perché avrà due debitori al posto di uno.
• Fideiussore: colui che presta la garanzia
• Debitore principale: persona a cui viene prestata garanzia

Differenza con l’accollo: la fideiussione se ne differenzia per la diversa struttura, perché nell'accollo
l'accordo intercorre tra debitore e terzo che si accolla il debito, mentre nella fideiussione si ha accordo tra il
terzo che intende garantire il credito ed il creditore.
• Differenza funzionale: nella fideiussione la garanzia è di regola costituita contemporaneamente al
debito proprio per spingere il creditore a far nascere un rapporto obbligatorio con il debitore,
mentre l'accollo di solito si costituisce dopo la nascita dell'obbligazione.

Garanzia personale: la fideiussione garantisce una garanzia di tipo personale, poiché il creditore può
soddisfarsi sopra il patrimonio di una persona diversa dal debitore, e non dà luogo ad alcun diritto reale.
Differenza con pegno ed ipoteca: il fideiussore ex 2740 risponde con tutti i suoi beni, mentre il terzo datore
di pegno/ipoteca risponde soltanto con la cosa data in pegno od ipoteca (garanzia reale).
• La fideiussione non garantisce il diritto di sequela: la garanzia sussiste finché e se esistano beni nel
patrimonio del fideiussore, perciò se i beni escono il creditore non potrà rivolgersi contro il terzo
acquirente, ma potrà solo esperire un’azione revocatoria

Bilateralità: il rapporto di fideiussione non è un rapporto trilaterale poiché si stringe solo fra creditore e
fideiussore, solitamente è preceduto da un’intesa fra debitore e fideiussore; tuttavia, ex 1936 comma 2,
essa non è essenziale. L’accessorietà del consenso del debitore principale è ulteriormente spiegata dal fatto
che ex 1333 la fideiussione comporta obbligazioni a carico di una sola parte e quindi si perfeziona senza
bisogno dell’accettazione da parte della persona garantita.
Accessorietà: come per i rapporti di garanzia reale, la fideiussione sussiste in quanto esiste l’obbligazione
principale, dal carattere di accessorietà ne deriva il fatto che la fideiussione non può eccedere ciò che è
dovuto dal debitore, né può essere prestata a condizione più onerose.

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Forma espressa: data la gravità delle conseguenze che la fideiussione comporta è assolutamente necessaria
una dichiarazione espressa di volontà per la sua efficacia.
Solidarietà: in virtù del principio generale della solidarietà fra debitori ex 1294, il fideiussore è legato in
solido con il debitore principale.
Surrogazione: il fideiussore che ha pagato il debito è surrogato nei diritti che il creditore aveva con il
debitore, potendo quindi avvalersi contro il debitore od eventuali condebitori con tutti i mezzi di garanzia
(es. pegno, ipoteca, fideiussione) che erano a disposizione del creditore originario.
Azione di regresso: Il fideiussore oltre alla surrogazione nei diritti può esperire l’azione di regresso contro il
debitore anche se questo fosse ignoro della prestata fideiussione.
Estinzione: se per fatto del creditore la surrogazione è impossibile, la fideiussione si estingue

Mandato di credito: contratto con cui A si obbliga con B a far credito a C


B che ha chiesto ad A di far credito risponde come fideiussore di un debito futuro, che sarà assunto da C.

Lettera di patronage

Atipicità del negozio: Il patrocinio è strumento negoziale atipico elaborato nella pratica degli affari.
Le lettere di patronage consistono in una dichiarazione rilasciata da un soggetto nei confronti di una
banca, e concernente i rapporti tra il soggetto dichiarante patronnant e una terza società patrocinata che
abbia o intenda avere rapporti finanziari con la banca destinataria del patronage.
Contenuto: il contenuto delle dichiarazioni può essere vario, come i gli effetti che ne derivano
• Lettere di patronage deboli: Il patronnant può limitarsi a comunicare alla banca di avere una
partecipazione nella società finanziata, impegnandosi ad informare la banca nel caso in cui
dismetta la partecipazione in futuro.
• Lettere di patronage forti: il patronnant può rilasciare una dichiartazione dal contenuto non
soltanto informativo, ma anche impegnativo nei confronti della società controllata tramite es.
l’esercizio della propria influenza sulla società finanziata per controllarne la corretta gestione.

Efficacia giuridica: il patronange non è una fideiussione, perché non contiene la manifestazione di volontà
espressa di costituirsi debitore a garanzia del debito altrui, e neppure un mandato di credito. Tuttavia non
si tratta di un atto privo di effetti in quanto per la giurisprudenza un patronage forte comporta l’assunzione
di un’obbligazione di facere, di cui l’inadempimento comporta una responsabilità del dichiarante ex 1218
nei confronti della banca danneggiata.

Fideiussione omnibus
Nozione: si parla di fideiussione omnibus per indicare l’impegno assunto da un soggetto verso una banca,
con cui si garantisce l’adempimento di tutti i debiti, compresi quelli che potranno sorgere successivamente
al rilascio della fideiussione, che un terzo (che è il beneficiario della garanzia, debitore principale della
banca) risulterà avere verso la banca nel momento della scadenza pattuita, quando cioè la banca deciderà
di recedere dal rapporto e di domandare il saldo dei crediti.

Problema della determinatezza: principale questione riferita alla fideiussione omnibus era se la garanzia
fosse valida o meno, in quanto il fideiussore poteva incappare nel rischio di ignorare l’entità e l’espansione
del debito finale del garantito verso la banca creditrice, prospettandosi la nullità per difetto di
determinatezza dell’oggetto. Tuttavia la cassazione ha respinto questa ipotesi in quanto l’entità dei debiti
finali possano essere determinati per relationem, in quanto il garante dovrebbe sapere quantificare l’entità
del debito e le conseguenze che derivano dall’accollarsi tutti i debiti del soggetto garantito.
• Introduzione del nuovo art.1938: il legislatore rendendosi conto dell’elevato rischio in cui il
fideiussore sarebbe potuto capitare, dispose nella legge del n 154 del 1992 che la validità della
fideiussione omnibus sarebbe subordinata ad un espresso e specificato importo massimo
garantito, oltre il quale il fideiussore non è più tenuto a coprire il debito.

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Fideiussione per obbligazioni future: la legge 154 introdusse l’ammissibilità della prestazione di
fideiussione per obbligazione futura, occorre però evitare che il creditore, garantito dall’impegno del
fideiussore conceda ampio credito al debitore garantito, sapendo che sarà il fideiussore a risponderne.
Perciò ex 1956 Il fideiussore per un'obbligazione futura è liberato se il creditore, senza speciale
autorizzazione del fideiussore, ha fatto credito al terzo, pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di
questo erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito.
Inoltre è punita con nullità la preventiva rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione.

Garanzia a prima richiesta

La parte che in contratto come vendita o appalto, che si trova ad essere titolare di crediti pecuniari, ha
l’esigenza di avere sicurezza di incassare prontamente il proprio credito e dunque tutelarsi contro i rischi
che il debitore si rifiuti di pagare sollevando eccezioni, oppure che questi si dimostri insolvente.
Per far fronte a questi rischi, la prassi ha elaborato uno strumento di garanzia particolarmente efficace

Fattispecie: il garante, che di regola è una banca o una compagnia di assicurazione, operando su ordine del
debitore della prestazione principale, si impegna a versare al creditore garantito beneficiario l’importo
stabilito alla sola condizione che costui gliene faccia richiesta, essendo pattuito che il garante rinuncia
formalmente e preventivamente ad opporgli qualsiasi tipo di eccezione.
• Elemento caratterizzante dell’accordo è l’autonomia dell’obbligazione assunta dal garante

Autonomia dell’impegno del garante: la garanzia a prima richiesta si differenzia nettamente dalla
fideiussione così come regolata dagli articoli del Codice Civile. Per la legge italiana la fideiussione è una
obbligazione accessoria prestata da un terzo per garantire una obbligazione principale. Quindi l'efficacia
della fideiussione si esplica soltanto dopo che l'obbligazione principale è riconosciuta valida ed esigibile. Al
contrario la garanzia a prima richiesta è una obbligazione autonoma del garante e la sua efficacia si esplica
con la semplice richiesta da parte del beneficiario, indipendentemente dall'esistenza di una inadempienza o
irregolarità di un eventuale rapporto contrattuale collegato. Occorre tuttavia notare che molte legislazioni
nazionali impongono limiti a questo "sganciamento" della garanzia a prima richiesta dal contratto
commerciale sottostante, riconoscendo in particolare al garante la possibilità di legittimamente opporsi
("exceptio doli") a una richiesta di pagamento (escussione) la cui natura fraudolenta risulti di evidente e
immediata prova.

L'accordo tipicamente impegna una parte a pagare incondizionatamente e senza riserva, alla prima
richiesta scritta ed entro un termine perentorio dalla stessa ("non oltre") fino all'importo massimo
stipulato, senza eccezioni o possibilità di opposizione del fornitore o di terzi, e senza la necessità di
preavviso o di procedimenti legali o giudiziari di qualunque natura.
La dichiarazione di inadempienza contrattuale è ritenuta prova ammissibile e conclusiva del diritto al
pagamento dietro la garanzia del bond. L'accordo indica in genere la legislazione applicabile e il foro
competente in caso di controversie.

Anticresi

L'anticresi è il contratto col quale il debitore o un terzo si obbliga a consegnare un immobile al


creditore a garanzia del credito, affinché' il creditore ne percepisca i frutti, imputandoli agli
interessi, se dovuti, e quindi al capitale.

Contratti diretti a dirimere una controversia


Transazione

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Art.1965: La transazione è il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a
una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro.
Con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da
quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti.

Attraverso il contratto di transazione, strumento di agile e informale e meno oneroso rispetto ad un


processo di cognizione; di composizione delle liti attuali o future, si vuole in qualche modo superare il reale
accertamento della ragione o del torto delle singole parti: ciascuna parte, infatti, modifica, in tutto o in
parte, le proprie pretese in cambio di una reciproca concessione dell'altra; in sostanza, entrambe,
dispongono liberamente dei propri interessi secondo il caratteristico principio dell'autonomia privata.

Reciprocità: la reciprocità delle concessioni fra le parti è un elemento essenziale del contratto
Transazione novativa: ex 1965 comma 2, mediante la transazione e le reciproche concessioni può capitare
che si vengano a creare, modificare o estinguere rapporti diversi da quello che ha formato l’oggetto della
contestazione
Diritti indisponibili: la transazione non può avere per oggetto diritti indisponibili (es. non si può transigere
una lite relativa alla paternità di un figlio) e deve essere stipulata da chi abbia la capacità di disporre dei
propri diritti (es. la transazione per un minore deve essere autorizzata dai genitori)
Transazione a titolo nullo: se la transazione ha per oggetto un contratto illecito, essa è nulla. Tuttavia, la
transazione relativa a rapporti derivanti da un contratto nullo ma non illecito è annullabile, solo per
iniziativa della parte che ignorava la causa.
Forma: è richiesta la forma scritta ad probationem, mentre se il contratto ha per oggetto controversie
relative a diritti reali su immobili deve essere fatta per iscritto ad substantiam

Impugnazione: La transazione nei giudizi civili di falso non produce alcun effetto, se non è stata omologata
dal tribunale, sentito il pubblico ministero. La transazione non può essere annullata per errore di diritto
relativo alle questioni che sono state oggetto di controversia tra le parti. La transazione non può essere
impugnata per causa di lesione, vista la natura del contratto che mira a sostituirsi ad un giudizio di
accertamento. Se una delle parti era consapevole della temerarietà della sua pretesa, l'altra può chiedere
l'annullamento della transazione.

Cessione dei beni ai creditori


Art. 1977: La cessione dei beni ai creditori è il contratto col quale il debitore incarica i suoi creditori o
alcuni di essi di liquidare tutte o alcune sue attività e di ripartirne tra loro il ricavato in soddisfacimento
dei loro crediti.

La dottrina considera la cessione come un mandato in rem propriam, cioè concluso anche nell’interesse dei
creditori mandatari.
Effetti: la cessione, salvo contrario, si considera pro solvendo e quindi il debitore è liberato verso i creditori
solo dopo che abbia adempiuto alla prestazione.
Per effetto della cessione il debitore perde la disponibilità dei beni ceduti, ma ha diritto di esercitare il
controllo sulla gestione e di ottenere un eventuale residuo della liquidazione.
Impugnazione per dolo: ai creditori è concessa l’azione di annullamento per dolo, la cessione può essere
annullata se il debitore, avendo dichiarato di cedere tutti i suoi beni, ha dissimulato parte notevole di essi,
ovvero se ha occultato passività o ha simulato passività inesistenti.
Forma: la forma deve essere scritta ad substantiam

Obbligazioni nascenti dalla legge


Le fonti legali nominate di obbligazioni sono ex 1173:

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• Gestione di affari: 2028-2032


• Ripetizione di indebito: 2033.2040
• Arricchimento senza causa: 2041-2042

Gestione di affari

Si ha gestioni di affari altrui nell’ipotesi in cui un soggetto, senza esservi obbligato, si occupi degli affari di
un altro soggetto che non si in grado di provvedervi (es. ristrutturare la casa di ponzanelli distrutta
dall’incendio, mentre lui è in giro per il mondo)

La gestione nasce da un facere del gestore che si esplica nel compimento di atti giuridici (es. stipulazione di
contratti) o materiali (es. riparazione della casa) obbiettivamente utili all’interessato, chiamato dominus.
Presupposti perché si applichi la disciplina sono:
1. Impedimento del dominus nel provvedere dei suoi affari
2. Consapevolezza del gestore di curare interessi altrui
3. Utilità iniziale della gestione nell’interesse del dominus

Disciplina: il gestore è tenuto a completare l’opera, oppure fino al momento in cui il dominus possa
provvederci autonomamente.
• in capo al gestore sorgono le obbligazioni che deriverebbero da un mandato (es. applicare la
diligenza del buon padre di famiglia)
• in capo al dominus, sorge l’obbligo di adempiere alle obbligazioni che il gestore abbia assunto in
suo nome e tenere indenne il gestore dalle obbligazioni che questi abbia assunto per conto di lui,
ma in nome proprio
• il dominus è tenuto a rimborsare le spese sostenute dal gestore

Capacità del gestore: poiché la gestione d’affari implica il sorgere di obbligazioni a capo del gestore, ne è
richiesta la capacità legale.
Ratifica: se la gestione viene posta in essere da un soggetto che credeva di gestire un affare proprio, e
quindi mancando uno dei requisiti per l’applicazione della disciplina in materia di gestione; il dominus può
comunque ratificare la gestione: da ciò discendono gli effetti che sarebbero derivati da un mandato

Ripetizione dell’indebito

Se un soggetto effettua un adempimento senza che preesista un debito, chi ha eseguita la prestazione ha
diritto alla restituzione della prestazione non dovuta, cioè alla ripetizione dell’indebito.

Indebito oggettivo: si ha quando viene effettuato un pagamento benché non esista alcun debito, per
mancanza di causa, per risoluzione del contratto ecc.
Indebito soggettivo: si ha quando viene effettuata la prestazione ad un soggetto che non è l’accipiens, si ha
indebito solo nel caso in cui chi paga il debito altrui è in errore

Differenza fra indebito soggettivo e adempimento del terzo: in quest’ultimo caso l’adempimento è
consapevole, mentre nell’indebito soggettivo è caratterizzato dal vizio di errore.
• Non si è tenuti alla restituzione in caso di obbligazione naturale o prestazione in offesa al buon
costume (es. pagamento del cliente alla prostituita)

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Alienazione della cosa ricevuta indebitamente: l’azione di ripetizione è un’azione personale, il solvens non
può chiedere la restituzione del bene al terzo, ma soltanto richiedere o il pagamento del corrispettivo o un
indennizzo nei limiti dell’arricchimento conseguito.

Ingiustificato arricchimento

art. 2041: si ha ingiustificato arricchimento quando una persona vede aumentare il valore del suo
patrimonio a danno del patrimonio di un altro soggetto senza che vi sia una giusta causa

Carattere sussidiario: L'azione di arricchimento costituisce un rimedio generale previsto dalla legge ed ha
carattere sussidiario proprio perché si può esperire solo quando non sia possibile nessuna altra azione

I presupposti per l'azione di arricchimento sono:


• Arricchimento di un soggetto e la diminuzione patrimoniale a carico di un altro soggetto
• Un unico fatto costitutivo deve aver provocato lo spostamento patrimoniale
• mancanza di una causa giustificatrice nell'arricchimento dell'uno e nella perdita patrimoniale subita
dall'altro
• Inesistenza di altra azione per ottenere l'indennizzo del pregiudizio subito (art. 2042)

Effetti: Secondo l'art. 2041 c.c. spetterà un'indennità per la perdita subita. Questa è calcolata tenendo
conto dei valori di mercato dell'arricchimento e dell'impoverimento e procedendo alla liquidazione della
minore somma tra queste due entità. Se, invece, l'arricchimento ha per oggetto una cosa determinata
sorgerà, invece, l'obbligo della restituzione, sempre che sia ancora esistente al tempo della domanda.

Chiudiamo l'argomento osservando che questa azione è esperibile sempre in seguito ad attività lecita, è ciò
lo capiamo anche dal fatto che si prevede una indennità e non un risarcimento; osserviamo, ancora, che
nonostante si parli di "danno" nella sua liquidazione indennitaria non deve essere calcolato il lucro
cessante.
Obbligazioni nascenti da atti unilaterali
Le promesse unilaterali
Art.1987: La promessa unilaterale di una prestazione non produce effetti obbligatori fuori dei casi
ammessi dalla legge

Una promessa unilaterale del tipo “prometto di darti 100 a Natale” è sufficiente per far sorgere un vincolo
giuridico a carico del promittente, azionabile in giudizio?
Efficacia: La promessa è vincolante se inserita in un contratto, a condizione che questo abbia valida causa.
Oppure dove sia volta a realizzare una pura liberalità, sia rivestita dalla forma solenne richiesta per la
donazione. La nuda promessa è ritenuta insufficiente per la creazione di un vincolo giuridico.
Tipicità delle promesse unilaterali: ex 1987, le promesse unilaterali non producono effetto, salvo nei casi
ammessi dalla legge.
• Differenza rispetto alla disciplina contrattuale: mentre ex 1322, anche i contratti atipici purché
siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela, possono essere vincolanti; ciò non vale per
quanto riguarda le promesse unilaterali che sono espressamente tipizzate.

Promessa di pagamento e ricognizione di debito

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Art.1988: La promessa di pagamento o la ricognizione di un debito dispensa colui a favore del quale è
fatta dall'onere di provare il rapporto fondamentale. L'esistenza di questo si presume fino a prova
contraria.

Differenza con la promessa unilaterale: nelle promesse unilaterali, il promittente intende assumersi un
debito prima inesistente; con la promessa di pagamento, il promittente intende manifestare la
consapevolezza di dover adempire un debito già esistente.
• Promessa di pagamento: es. prometto di restituirti i 100 euro che ti devo entro Natale
• Ricognizione di debito: es. riconosco di doverti 100 euro che ti devo entro Natale

Struttura: promessa di pagamento e ricognizione del debito costituiscono dichiarazioni unilaterali


recettizie, aventi contenuto sfavorevoli al loro autore e favorevoli al destinatario.
Effetti processuali: promessa e ricognizione producono effetti solo sul piano processuale, in quanto esse
non hanno l’effetto sostanziale di far sorgere il debito. La presenza di una promessa o ricognizione deroga
la regola generale secondo la quale sia il creditore ad avere l’onere della prova, e la fa ricadere sul debitore
promittente che sarà lui convenuto a dimostrare l’inesistenza del debito. La prova contraria può essere
fornita facendo ricorso a tutti i mezzi consentiti dall’ordinamento.

Ricognizione di debito e promessa di pagamento possono in concreto presentarsi in:


• Forma pura: intendendo una dichiarazione che ha per oggetto solo l’asseverazione del debito,
senza far nessun riferimento alla causa debendi (es. sono tuo debitore di 100)
• Forma titolata: dichiarazione di asseverazione con riferimento alla causa debendi (es. riconosco di
esserti debitore di 100 a titolo di mutuo)

Promessa al pubblico

Art.1989: Colui che, rivolgendosi al pubblico, promette una prestazione a favore di chi si trovi in una
determinata situazione o compia una determinata azione, è vincolato dalla promessa non appena
questa è resa pubblica.
Se alla promessa non è apposto un termine, o questo non risulta dalla natura o dallo scopo della
medesima, il vincolo del promittente cessa, qualora entro l'anno dalla promessa non gli sia stato
comunicato l'avveramento della situazione o il compimento dell'azione prevista nella promessa
Ipotesi tipica di promessa unilaterale vincolante.
Consiste in una dichiarazione fatta rivolgendosi al pubblico, a favore di chi si trovi in una determinata
situazione (es. promessa di ricompensa al primo acquirente di un prodotto) o a favore di chi abbai
compiuto una determinata azione (es. catturare un bandito nel far west)

Vincolatività: appena l’atto unilaterale viene resa pubblica attraverso i mezzi di pubblicità (es. manifesti,
radio, internet) acquista efficacia vincolante.
Differenza fra offerta e promessa al pubblico: l’offerta ex 1336 è una proposta di contratto, che per avere
efficacia deve essere accettata dall’altra parte; quindi è revocabile finché l’altra parte non ne sia a
conoscenza. La promessa è vincolante di per sé, indipendentemente dall’accettazione; e quindi è revocabile
solo per giusta causa.

Titoli di credito

Titoli di credito
Sono fonte di obbligazione e forme di ricchezza per esigenze di rapidità. Materialmente il titolo è un
documento che esprime l'obbligo, carico del soggetto che lo ha formato, di eseguire la prestazione in esso
indicata. Sono mezzi attraverso i quali si trasferiscono i crediti come beni mobili senza seguire le regole della
cessione del credito

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Circolazione: Il documento circola come bene mobile, quindi è consentito applicare la disciplina in materia
di beni mobili anche ai diritti in esso incorporati come la regola di possesso vale titolo, infatti ex 1994 non è
opponibile il difetto di titolarità del suo dante causa.

Disciplina: costituiscono una categoria disciplinata dagli art.1992 ss., caratterizzate dal rilievo attribuito ad
un documento contenente una promessa unilaterale di pagamento o un ordine di pagamento.
Sono titoli di crediti assegno, cambiale, titoli di stato, le obbligazioni emesse da società per azioni ecc.

Funzione: con i titoli di credito si rende veloce e sicura la circolazione della ricchezza permettendo il
trasferimento del credito relativo ad una somma di denaro (o ad altri beni) senza incorrere nei rischi e nelle
lentezze che si avrebbero usando il contratto di cessione del credito.

Caratteri fondamentali: nei titoli di credito il documento chartula non costituisce soltanto una prova del
rapporto, in quanto esso è addirittura necessario per poter far valere il diritto documentato dal titolo.
Basta solo essere possessori del titolo per pretendere la prestazione, quindi può pretendere la prestazione
anche chi non sia l’effettivo titolare del diritto; infatti, il debitore che senza dolo o colpa grave che adempia
alla prestazione nei confronti del possessore del titolo è liberato, anche se questi non è titolare del diritto.
1. Incorporazione. il titolo rappresenta giuridicamente il credito: il diritto non può essere esercitato
senza il legittimo possesso del documento.
2. Letteralità. È la presentazione e condizione a cui il titolo dev'essere fornito sono quelli che risultano
nel titolo. La funzione della letteralità è quella di proteggere il terzo di buona fede che ha fatto
affidamento sul tenore testuale del documento
3. Autonomia. Ad ogni passaggio di titolare, il titolo si presenta come nuovo, originario e autonomo e
non può così presentare vizi. È autonomo rispetto all'ultimo acquirente, quindi non si possono
opporre le eccezioni che il debitore avrebbe potuto opporre al primo prenditore.
4. Legittimazione del possessore. È possessore legittimato colui che ha per le mani il documento
anche se non è il titolare.

Titoli di credito causali: es. le azioni. I titoli nei quali l’adempimento della prestazione promessa è
subordinato, anche di fronte ai terzi, alla sorte ed allo svolgimento del rapporto indicato sul documento
Titoli di credito astratti: es. cambiale. Titoli nei quali il rapporto fondamentale non è enunciato nel titolo ed
è irrilevante nei confronti del terzo possessore in buona fede, il quale ha diritto alla prestazione anche se il
rapporto fondamentale non sussista.

Non sono titoli di credito i documenti di legittimazione (es. biglietti per una partita) ed i titoli impropri (es.
polizza di assicurazione) poiché non si verifica il fenomeno di incorporazione del diritto nel documento,
infatti in caso di smarrimento poiché il titolo non è necessario il titolare potrà ugualmente pretendere la
prestazione dovutagli, offrendo prova della sua titolarità senza dover ricorrere alla procedura di
ammortamento

Il requisito di possesso del titolo è indispensabile per l’esercizio del diritto, talora però sono richiesti
ulteriori requisiti. Sotto questo profilo i titoli di credito si dividono in tre categorie.
1. Titoli al portatore: es. obbligazioni di società. Non indicano il nome del titolare e si trasferiscono
con la semplice consegna. Per essere legittimato all’esercizio del diritto nascente dal titolo basta
solo esibirlo al debitore ex 2003. Solo alcuni titoli possono essere al portatore
2. Titoli all'ordine: es. cambiale, assegno. Si trasferiscono mediante girata all'acquirente seguita dalla
consegna. Il titolo nella sua originaria formulazione è intestato ad una persona. La girata consiste
nell’ordine che l’intestatario dà al debitore di eseguire la prestazione a favore di una persona

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diversa. Può essere piena, se contiene indicazioni della persona a favore della quale è fatta; o è
anche possibile effettuare una girata in bianco: cioè se consiste soltanto nella dichiarazione
sottoscritta dal girante senza indicare il giratario.
3. Titoli nominativi: es. azioni societarie. L'esistenza e il nome del titolare è iscritta anche sul registro
dell'emittente. Quindi il trasferimento di proprietà deve essere trascritto sul registro e sul titolo
stesso. Il trasferimento può avvenire anche per girata ma con limiti: può essere soltanto una girata
piena e la firma deve essere autenticata dal notaio.

Eccezioni opponibile dal debitore


Date le caratteristiche dei titoli di credito, ex 1993 vi possono essere delle eccezioni che il debitore può
opporre al possessore del titolo, sulla base delle quali il debitore può cercare di evitare il pagamento.
• Eccezioni reali/assolute: Si possono opporre a qualunque titolare
1. Di forma: se manca qualche requisito formale;
2. Sul contesto letterale del titolo: se il titolo prevede una prestazione diversa da quella
eseguita.
3. Non riferibilità del titolo al debitore: se la firma è falsa, se il debitore è incapace, se falso
procuratore…
4. Mancanza delle condizioni necessario per l’esercizio dell’azione: es. il titolo non è stato
esibito, è intervenuta la prescrizione ecc.

• Eccezioni personali/relative: opponibili solo a determinati possessori


1. Difetto di legittimazione del possessore
2. Illegittimo possesso del titolo
3. Presenza di vizi nel rapporto fondamentale, motivazione dell'emissione del titolo.

Ammortamento

Cosa avviene se un titolo all’ordine o nominativo venga smarrito, sottratto o distrutto? Per il principio
dell’incorporazione ciò dovrebbe comportare l’impossibilità per chi abbia perso il possesso del titolo, di
esercitare il diritto cartolare, ma una tale soluzione sarebbe ingiustamente punitiva. Tuttavia, la legge deve
tener conto che il titolo di cui si afferma la distruzione o smarrimento possa essere ancora in circolazione,
ingenerando nei terzi l’affidamento in ordine alla sua validità.

Funzione: la legge prevede la procedura di ammortamento, con il quale si mira a distruggere l’efficacia del
titolo smarrito, sottratto o distrutto ed a procurare a chi ha perduto il possesso del titolo un documento
che ne faccia le veci tramite la ricostituzione della legittimazione

Il proprietario del titolo che non ne ha più il possesso può ricorrere al meccanismo dell'ammortamento, con
doppio effetto:
• Togli efficacia al titolo smarrito o rubato;
• Ricostituisce la legittimazione del titolare per esercitare il diritto anche senza possesso del titolo.

Procedimento di ammortamento: con la procedura di ammortamento il titolare di un diritto di credito


rappresentato in un titolo all'ordine o nominativo smarrito, sottratto o distrutto, riacquista la
legittimazione a poter esercitare quel diritto
La procedura di ammortamento è prevista per i titoli all'ordine (art. 2016 c.c.), ma si applica anche per i
titoli nominativi (art. 2027 c.c.).

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Con questa procedura si può riacquistare la legittimazione perduta, ma abbiamo anche visto che il
detentore del titolo (e non il debitore) può opporsi all'ammortamento, in tal caso:

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In mancanza di opposizione, il titolo originario non ha più efficacia e il ricorrente che ha ottenuto
l'ammortamento può esigere il pagamento dal debitore presentandogli un certificato del tribunale dove
risulta che non è stata proposta opposizione. Se il titolo non era ancora scaduto o in bianco, può ottenere
un duplicato dietro presentazione al debitore dei suddetti documenti

Smarrimento, sottrazione, distruzione di titoli al portatore: l’ammortamento non è previsto per i titoli al
portatore. Denunciando all’emittente lo smarrimento e fornendone prova, chi lo ha smarrito può ottenere
la prestazione solo se nessuno si presenta a chiedere il pagamento entro il termine stabilito per la
prescrizione del titolo

La cambiale
Definizione: è un titolo di credito all'ordine ed astratto che attribuisce al possessore legittimo il diritto di
farsi pagare dall'autore del titolo o da colui che ha ricevuto l'ordine dall'autore del titolo una somma
determinata alla scadenza e nel luogo indicati

Fonti: la cambiale è prevista e regolata nel r.d. del 14 dicembre 1933 n. 1669, detta "legge cambiaria".

Caratteristiche fondamentali:
1. titolo astratto: nella cambiale non risulta il rapporto tra autore del titolo (emittente) e primo
prenditore della cambiale, non risulta "il perché" dell'emissione
2. titolo formale: la cambiale per valere come tale deve rispondere a determinati requisiti previsti
dalla legge
3. titolo all'ordine: circola secondo le regole previste per i titoli all'ordine, cioè tramite girata
4. titolo esecutivo: se regolarmente bollato sin dall'origine può far iniziare un processo esecutivo

Esistono due figure di cambiali:

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• Pagherò Cambiario. Più semplice. Contiene la promessa formulata dall'emittente di pagare una
somma di denaro a un altro soggetto (detto prenditore).
• Cambiale tratta. Implica tre soggetti. Contiene l'ordine che un soggetto (detto traente) rivolge ad
un altro soggetto (detto trattario) di pagare una somma al prenditore.

Figure particolari di cambiali:


1. Cambiale ipotecaria: il cui pagamento è garantito da un’ipoteca
2. Cambiale agraria: garantisce il finanziamento destinato alle attività agricole e zootecniche
3. Cambiale finanziaria: particolare tipo di titolo di credito all’ordine emesso in serie da società di
capitali, ha scadenza non inferiore a un mese e superiore a 36. Può essere girata solo se specificata
come cambiale finanziaria e con clausola senza garanzia

Caratteristiche del rapporto cambiario


La cambiale ha le caratteristiche comuni agli altri titoli di credito:
• Letteralità
• Autonomia: il cui principio è particolarmente importante in materia cambiaria in quanto il
trasferimento del titolo di credito definisce un rapporto obbligatorio nuovo e diverso da quelli
precedenti. Infatti se una cambiale contiene accanto a firme autentiche, firme false o di incapaci,
sono invalide le obbligazioni di quest’ultimi, ma sono valide le obbligazioni degli altri firmatari.

La cambiale presenta però anche caratteristiche tipiche, come:


• L’astrattezza: secondo l’opinione prevalente la cambiale è un negozio astratto, infatti il rapporto
che dà luogo all’emissione della cambiale (rapporto fondamentale) può essere di varia natura
oppure anche mancare del tutto, senza che ciò abbia importanza.
Se il pagamento mi viene chiesto dal terzo giratario, una volta che ho sottoscritto la cambiale non
posso sollevare nessuna eccezione riferente al rapporto fondamentale per sottrarmi al pagamento
richiesto. Per esperire l’azione di ripetizione a causa di mancanza di causa debbo rivolgermi dalla
controparte del terzo portatore di titolo. L’astrattezza funziona soltanto nei confronti dei terzi.
• Efficacia esecutiva del titolo cambiario: non vi è bisogno di una sentenza per far pagare il debitore,
basta il titolo del documento per ottenere la prestazione.

Requisiti del negozio cambiario

Forma: Deve essere redatta per iscritto su appositi moduli filigranati.

Contenuto: deve contenere delle indicazioni:


• Denominazione di cambiale: es. per questa mia cambiale pagherò …
• Promessa se è un vaglia cambiario o l'ordine di pagare se è una cambiale tratta: è vietata
l’apposizione di condizioni
• Nome e dati del prenditore
• Scadenza
• Data
• Firma del traente

Capacità d’agire: Chi sottoscrive una cambiale deve avere capacità d'agire, in quanto la cambiale è definito
come un atto di straordinario amministrazione. Se l'emittente è incapace può essere assistito da un
curatore.

Cambiale di favore: quella che l'emittente rilascia al prenditore senza avere alcun debito ma solo per
consentirgli di monetizzare la cambiale nei rapporti con qualche terzo.

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Cambiale in bianco: I requisiti cambiari devono essere tutti presenti al momento in cui viene presentata per
il pagamento. È quindi possibile emettere una cambiale in bianco, ma deve essere riempita entro 3 anni
dall'emissione a pena di decadenza.
La cambiale in bianco può essere completata in conformità degli accordi intercorsi tra i soggetti del negozio
cambiario, attraverso il negozio di riempimento.

Accettazione della tratta

Rapporto di valuta: è quello che intercorre tra traente (emittente) e primo prenditore della cambiale che
giustifica l'emissione della cambiale (es. mutuo)
Rapporto di provvista: è quello che intercorre tra traente e trattario che permette al traente di ordinare al
trattario il pagamento della somma al prenditore (es. il trattario è debitore del traente)

Qualunque sia il rapporto di provvista tra traente e trattario, questi non assume alcun obbligo cambiario se
no quando provveda ad apporre una dichiarazione scritta sulla cambiale di adesione all’ordine impartitogli
dal traente, cioè la c.d. accettazione.

La Girata
Un ordine che il girante rivolge al debitore di pagare la somma indicata al nuovo creditore (giratario) a cui
ha trasferito il possesso

Essendo la cambiale un titolo all'ordine, questa circola mediante girata, a meno che il traente abbia inserito
nella cambiale le parole "non all'ordine" o un'espressione equivalente. In tal caso il titolo è trasferibile solo
nella forma e con gli effetti di una cessione ordinaria del credito.

Funzioni della girata: è duplice:


• Funzione di trasferimento: con la girata si trasferisce il diritto di credito contenuto nel titolo
• Funzione di garanzia: il girante diviene obbligato cambiario di regresso

Girata propria: Quando la girata produce i suddetti effetti, può essere distinta in:
• Girata piena: la girata è espressa con la formula" per me pagate a ...", segue la firma del girante
• Girata in bianco: sul titolo c'è solo la firma del girante
Secondo l'art. 20 della legge cambiaria:"Il detentore della cambiale è considerato portatore legittimo se
giustifica il suo diritto con una serie continua di girate" escluso il caso della girata in bianco.

Contenuto della girata: la girata deve essere incondizionata. Qualsiasi condizione alla quale sia subordinata
si ha per non scritta. La girata parziale è nulla. La girata al portatore vale come girata in bianco

Forma: la girata deve essere scritta sulla cambiale o su un foglio ad essa attaccato (allungamento)
• deve essere sottoscritta dal girante
• può essere apposta sulla faccia anteriore o a tergo del titolo, ma se è in bianco deve essere scritta a
tergo o sull'allungamento
Anche in questo caso vale il principio dell'autonomia, ulteriormente puntualizzato nell'art. 21 l.c.

Girata impropria: girata che non produce tutti gli effetti suoi tipici e contiene le seguenti clausole:

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• per procura, per incasso o espressione equivalente: in tal caso il giratario non acquista la proprietà
del titolo, ma incassa la cambiale in nome e per conto del girante. Non può girarla.
• valuta in garanzia, valuta in pegno: il giratario diviene creditore pignoratizio sulla cambiale; non
può girarla (salvo che per procura) ma può esercitare tutti i diritti relativi al titolo ed a lui non
possono essere opposte eccezioni fondate sui rapporti degli obbligati con il girante

Simulazione: essendo la girata un atto unilaterale non recettizio, la simulazione non è concepibile anche se
può essere simulato il rapporto sottostante alla girata, ossia quello in cui dal girante viene trasmesso il
titolo cambiario. La simulazione non può essere opposta a coloro che hanno partecipato all’accordo
simulatorio, non hai terzi.

L’avallo

è una dichiarazione apposta sulla cambiale con la quale un soggetto (avallante) si assume la garanzia del
pagamento del titolo di uno degli obbligati cambiari (avallato)
Anche l'avallante diviene obbligato cambiario e, di conseguenza, anche la sua obbligazione sarà autonoma
da quelli degli altri obbligati, compresa quella dell'avallato.

L'avallante affianca la sua posizione a quella del garantito ed assume gli stessi obblighi cambiari di
quest'ultimo.

Nell'ordine cambiario, invece, l'avallante si pone nella posizione immediatamente successiva al suo
garantito (art. 37 l.c.) e risponde in solido con lui del pagamento.
Una situazione particolare si verifica nel caso in cui più persone hanno dato avallo per uno degli obbligati
cambiari. In questo caso, detto coavallo, abbiamo la seguente situazione:

Coavallo: quando più obbligati hanno assunto una posizione di pari grado nella cambiale non ha luogo tra
loro l'azione cambiaria e il rapporto è regolato con le norme relative alle obbligazioni solidali (art. 62 l.c.)
Vediamo, ora, la forma dell'avallo:

Forma dello avallo: è apposto sulla cambiale o sull'allungamento. è espresso con le parole "per avallo" o
con ogni altra formula equivalente si deve indicare per chi è dato. In mancanza di questa indicazione si
intende dato per il traente dopo la dichiarazione è necessaria la firma dell'avallante; può bastare la sola
firma dell'avallante apposta sulla faccia anteriore della cambiale

Il pagamento

Le persone obbligate al pagamento della cambiale si distinguono in due categorie:


• Obbligati principali: emittente del vaglia-cambiario e l’accettante della cambiale tratta
• Obbligati in via di regresso: ossia nel caso di rifiuto dell’obbligato principale, giranti di vaglia e
traente e giranti nella tratta.

L’avallante assume la posizione di obbligato principale, se l’avallo è dato per un obbligato principale,
altrimenti quella di obbligato in via di regresso.

Estinzione della cambiale: solo il pagamento dell’obbligato principale estingue la cambiale, in quanto se
obbligati a pagare gli obbligati di regresso vengono surrogati nel diritto del portatore e possono a loro volta
agire contro gli obbligati principali
Solidarietà: tutti gli obbligati cambiari sono tenuti in solido
Luogo ed indirizzo: il pagamento deve essere svolto nel luogo indicato nel titolo
Pagamento parziale: in deroga all’art.1181 il portatore non può rifiutare un pagamento parziale, perché
un’obbligazione parziale libererebbe, sia pure parzialmente gli obbligati di regresso.

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Diligenza del debitore: il debitore è tenuto ad accettare la regolare continuità delle girate, ma non a
verificare l’autenticità delle firme. Egli perciò paga chi esteriormente ritiene essere il creditore

La responsabilità extracontrattuale
Art.2043: “Qualunque fatto doloso o colposo che cagioni ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha
compiuto il fatto a risarcire il danno”

Responsabilità contrattuale: stabilisce se il creditore insoddisfatto possa ottenere o meno dal debitore
inadempiente il risarcimento del danno subito
Responsabilità extracontrattuale: stabilisce se a prescindere dall’esistenza di un precedente rapporto
obbligatorio fra le parti interessato, un soggetto venga a subire un danno in conseguenza della condotta
tenuta da un altro consociato

Presupposti della responsabilità extracontrattuale:


1. Il fatto
2. L’illiceità del fatto
3. L’imputabilità del fatto al danneggiante
4. Il dolo o la colpa del danneggiante
5. Il nesso causale fra il fatto e l’evento dannoso (danno evento)
6. Il danno (danno-conseguenza)

La responsabilità che grava sul danneggiante, ove concorrano questi presupposti, viene definita:
• Extracontrattuale: in contrapposizione con la responsabilità contrattuale, la quale consegue solo
all’inadempimento di un’obbligazione
• Civile: in contrapposizione con la responsabilità penale
• Aquiliana: in riferimento alla romana lex aquilia

Il fatto

Nozione: per fatto si intende ciò che cagiona il danno, ciò può essere dovuto o ad un comportamento
dell’uomo o ad un mero fatto materiale.

Condotta dell’uomo: Solitamente il fatto si tratta di un comportamento dell’uomo, in tal caso si parla più
propriamente di atto (es. condotta di guida del conducente che investe il pedone sulle strisce)
• Condotta commissiva: quando consiste in un facere (es. lasciare aperta l’acqua causando
l’allagamento dell’appartamento)
• Condotta omissiva: quando consiste in un non facere.
Non tutte le condotte omissive sono punite, per essere sanzionata la condotta omissiva deve essere
posta in essere in violazione di un obbligo giuridico (es. non fermarsi per prestare soccorso a
seguito di un’incidente) o in violazione delle regole di diligenza e correttezza.
Fatto materiale: evento naturale spontaneo (es. smottamento del terreno che travolge una casa) o fatto
naturale che la legge imputa ad un soggetto o perché quest’ultimo è gravato dall’obbligo di evitarlo (es.
crollo di un cornicione per difetto di manutenzione del proprietario)

Illiceità del fatto

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La legge spesso indica espressamente che un determinato fatto è illecito, e quindi obbliga chi lo pone in
essere a risarcire il danno che ne sia derivato a terzi

Tipicità dell’illecito penale: caratteristica dell’illecito penale è la sua assoluta natura tipica, in quanto per
principio di legalità non si può punire un fatto che non sia definito come reato dalla legge.
Atipicità dell’illecito civile: oltre alle ipotesi previste dal codice, l’art.2043 definisce la clausola generale
secondo cui qualunque fatto doloso o colposo che cagioni un danno ingiusto sia risarcibile.

Danno ingiusto: le caratteristiche di generalità ed astrattezza del 2043 hanno posto il problema di definire
quando il danno sia ingiusto, si è giunto alla conclusione che vi sia illecito civile quando concorrano:
• Non iure: vi sia un danno causato da un comportamento non giustificato dall’ordinamento
• Contra ius: cioè una conseguente lesione di un interesse giuridicamente apprezzabile e tutelato
dall’ordinamento

Tutela dei diritti: Tradizionalmente il danno risarcibile era solo quello consistente nella lesione di un diritto
assoluto: infatti, solo i diritti assoluti si fanno valere erga omnes, per cui chiunque è in condizione di violarli.
A lungo la giurisprudenza ha negato la risarcibilità della lesione dei diritti di credito, poiché essendo diritti
relativi, possono essere violati solo dal debitore che non esegue la prestazione e non da terzi.
A partire dagli anni 70, a seguito del caso Meroni, si è iniziato ad affermare il diritto del creditore ad essere
risarcito dal terzo che abbia cagionato l’estinzione del suo diritto di credito, da ciò si osserva come si sia
evoluta la concezione del creditore come situazione giuridica soggettiva protetta dell’ordinamento.
Tutela delle situazioni di fatto: la giurisprudenza è giunta ad ammettere la risarcibilità non solo di diritti,
ma anche di situazioni di fatto, a condizioni che risultino meritevoli di tutela giuridica (es. risarcibilità del
danno da spoglio violento o clandestino del possesso o detenzione)
Interesse di interessi giuridicamente tutelati: le corti sono ormai orientate a ritenere ingiusto non solo il
danno che si traduce nella lesione di un diritto soggettivo, ma anche quando il danno si traduce in una
lesione di un interesse che seppur non tutelato come diritto soggettivo merita comunque protezione
dall’ordinamento giuridico.

Danno evento: l’illecita lesione di interessi tutelati dall’ordinamento giuridico viene indicato come evento
lesivo, evento dannoso o danno-evento.

Cause di giustificazione: perché un danno possa qualificarsi come ingiusto deve essere cagionato da non
iure, e quindi andare contro l’ordinamento.
I seguenti istituti escludono l’ingiustizia del danno e l’antigiuridicità della condotta, giustificando un
comportamento pregiudizievole, che altrimenti sarebbe fonte di responsabilità per il suo autore.
Non sarà risarcibile il danno causato per:
1. Esercizio di un diritto: es. diffusione della notizia dell’arresto di una persona per pedofilia
2. Adempimento di un dovere: il danno cagionato dal carabiniere che priva il consociato della sua
libertà personale, eseguendo un ordine di arresto.
3. Legittima difesa: devono però concorrere i presupposti di illegittima aggressione alla propria
persona o patrimonio; attualità, inevitabilità e non imputabilità della situazione di pericolo;
strumentalità dell’offesa diretta esclusivamente a neutralizzare l’aggressione; proporzionalità tra
difesa ed offesa; la difesa deve essere esercitata solo nei confronti dell’aggressore.
4. Consenso dell’avente diritto: es. pregiudizio sofferto dal paziente che presta al chirurgo il proprio
consenso informato all’esecuzione dell’intervento che ne comporterà menomazione fisica
5. Partecipazione ad un’attività pericolosa lecita: sempre che il pregiudizio non sia arrecato per dolo
o colpa grave (es. infortunio durante una partita da un fallo antisportivo)
6. Stato di necessità: ex 2045 il codice prevede l’ipotesi del danno arrecato a terzi innocenti, dovuto
alla necessità si salvare sé o altri da un pericolo di grave danno della persona (es. naufrago che
respinge gli altri che vorrebbero aggrapparsi all’unico salvagente a disposizione, mi schianto contro
una macchina parcheggiata per evitare che un pirata della strada mi venga addosso guidando in
contromano).

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a. Affinché si abbia stato di necessità devono concorrere pericolo di vita; serietà, attualità,
imprevedibilità ed inevitabilità della situazione di pericolo; involontarietà della situazione di
pericolo che non deve essere causata dal danneggiante.
b. Indennità: a differenza della legittima difesa, in cui il soggetto è esonerato da qualsiasi
obbligo riparatorio, in stato di necessità il danneggiante arreca il danno ad un terzo
innocente, al quale spetta un’indennità rimessa all’equo apprezzamento del giudice.

Imputabilità del fatto


Art.2046: Non risponde delle conseguenze dal fatto dannoso chi non aveva la capacità d'intendere o di
volere al momento in cui lo ha commesso, a meno che lo stato d’incapacità derivi da sua colpa.

Capacità negoziale e delittuale: ai fini della responsabilità extracontrattuale non ha nessuna rilevanza la
capacità d’agire, che riguarda esclusivamente la capacità negoziale della persona; ma dipende solo dalla
capacità di intendere e di volere del danneggiante nel momento in cui ha commesso il fatto.
Perciò, anche il minore, l’interdetto, l’inabilitato ecc. hanno la capacità di obbligarsi ex delicto, se fossero in
condizione di effettuare un’adeguata valutazione di tutte le circostanze e conseguenze delle loro azioni.
Valutazione della capacità delittuale: l’accertamento della capacità del danneggiante andrà effettuata dal
giudice in concreto, valutando cioè caso per caso per età, capacità volitive ed intellettive, ecc.
Actiones liberae in causa: la sussistenza di incapacità naturale al momento della commissione del fatto non
vale ad escludere l’imputabilità del danneggiante se l’incapacità stessa risulta determinata da fatto doloso o
colposo del danneggiante (es. uno si ubriaca, si mette al volante ed investe qualcuno)
Danno cagionato dall’incapace: il legislatore stabilisce che il danneggiato può pretendere il risarcimento
dal soggetto tenuto alla sorveglianza dell’incapace (es. il tutore, amministratore di sostegno, genitori).
Nel caso in cui non vi sia una persona tenuta alla sorveglianza, oppure il tutore abbia dato prova di non aver
potuto impedire il fatto ex 2047, il danneggiato può chiedere la condanna dell’incapace al pagamento di
un’equa indennità che verrà stabilita tenendo conto delle condizioni economiche delle parti.

Dolo e colpa del danneggiante

Dolo: intenzionalità della condotta, nella consapevolezza che la stessa può determinare l’evento dannoso
• Dolo diretto: condotta il cui fine è produrre l’evento dannoso (es. condotta del sicario, che intende
proprio provocare la morte della vittima)
• Dolo eventuale: condotta il cui fine non era produrre direttamente l’evento dannoso (es. il
rapinatore che spara in direzione del commesso per intimidirlo, ma lo uccide)
Affinché vi sia responsabilità non è richiesto il dolo diretto, ma basta anche solo quelle eventuale.
Tuttavia il dolo non è essenziale perché l’autore dell’illecito ricorra in responsabilità extracontrattuale,
essendo normalmente sufficiente la colpa ex 2043.
Illeciti essenzialmente dolosi: fatti in cui il responsabile risponde della responsabilità extracontrattuale solo
se vi sia anche la condotta dolosa (es. atti emulativi)
Differenza fra dolo vizio e dolo presupposto: il dolo vizio consiste nella condotta tenuta dal soggetto per
raggirare l’altra parte, mentre il dolo extracontrattuale indica l’elemento psicologico (volontarietà) che
caratterizza la volontà dell’agente.

Colpa: non rispondenza della condotta allo standard richiesto dall’ordinamento giuridico, mediante difetto
di diligenza, prudenza e perizia richieste, oppure inosservanza di leggi e regolamenti.
• Parametro di valutazione: diligenza, prudenza e perizia si valuta alla luce del parametro oggettivo
quale è il metro del buon padre di famiglia.
L’infrangimento della legge o dei regolamenti implica di per sé colpa, anche se sussistano diligenza,
perizia e prudenza.
• Prova: ex 2967 l’onere della prova grava sul danneggiato

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Elemento soggettivo dell’illecito: colpa e dolo attengono all’elemento soggettivo dell’illecito civile, in
quanto implicano una valutazione della condotta del soggetto agente.

Responsabilità oggettiva: ipotesi previste dal codice in cui il soggetto risponde dell’evento dannoso anche
in assenza di dolo o colpa (es. l’esercente di un impianto nucleare è responsabile di ogni danno alle persone
e cose causato da un’incidente nucleare avvenuto nel suo impianto)
• Ratio: il legislatore constata che determinate attività presentano una loro intrinseca potenzialità
dannosa, che non può essere eliminata neppure adottando ragionevoli misure preventive o
cautelari. Di qui la scelta di tutelare chi è esposto a rischi dell’attività, accollandoli al soggetto che
detti rischi immette nella società.

Responsabilità aggravata: ulteriore ipotesi in cui la responsabilità risarcitoria viene accollata a prescinderne
al danneggiante senza che ricorrano colpa o dolo.
Nel caso ricorra, il regime ordinario della responsabilità civile viene derogato in quanto:
• L’onere della prova grava sul danneggiante
• La prova liberatoria non consiste solo nel dimostrare la mancanza di colpa, ma varia a seconda
dei casi previsti dall’ordinamento
1. Responsabilità del sorvegliante dell’incapace: ex 2047 la prova liberatoria consiste nel
dimostrare di non aver potuto impedire il fatto e di aver adottato tutte le cautele
necessarie in relazione allo stato e alle condizioni dell’incapace.
2. Esercizio di attività pericolose: l’esercente può liberarsi da responsabilità solo dimostrando
di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno e la prova positiva della causa
esterna (es. fatto naturale, fatto di terzi o del danneggiato) che per imprevedibilità,
eccezionalità ed inevitabilità sfugge alla sfera di controllo dell’esercente dell’attività
3. Danno cagionato alle cose in custodia: il custode per liberarsi oltre al caso fortuito deve
dimostrare anche la prova positiva della causa esterna.
4. Responsabilità del conducente: deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il
danno, oltre a dimostrare la causa esterna improvvisa ed eccezionale che non abbia
consentito di attuare alcuna manovra per evitare la collisione.

Nesso di causalità
Il nesso di causalità è il rapporto tra l'evento dannoso e il comportamento del soggetto, per addossare
l’obbligo risarcitorio è infatti necessario verificare che proprio quella condotta sia la causa dell’evento.

Tra atto e danno deve esserci un legame di causa ed effetto, un nesso di causalità giuridicamente rilevante

Il problema relativo al nesso di causalità non è tanto dal fisico ma giuridico.


Un atto può causare una serie indefinita di eventi: causalità materiale e condicio sine qua non
Nel caso di un sinistro stradale, il comportamento colposo dell'automobilista può provocare il
danneggiamento di un altro veicolo, ma anche, in seguito a questo, un ingorgo stradale, e magari, a causa
di questo ingorgo, una autoambulanza che trasportava un malato grave giunge troppo tardi all'ospedale.
Dal punto di vista del rapporto causa-effetto la morte dell'ammalato è stata provocata dal sinistro stradale
e l'automobilista è responsabile anche di questo decesso.
A noi interessa, tuttavia, il concetto giuridico di nesso di causalità, al fine di non estendere la responsabilità
a tutti gli eventi possibili.
Ci viene in soccorso l'art. 2056 c.c. che nella valutazione dei danni richiama l'art. 1223 c.c. secondo cui sono
risarcibili i danni che siano conseguenze "immediate e dirette" dell'atto.

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In dottrina, però, si tende ad interpretare l'art. 1223 nell'ottica della teoria della causalità adeguata che
prende in considerazione come causa di un certo fatto solo quella che appare normalmente idonea a
produrlo, escludendo, quindi, quegli eventi sopravvenuti che possono considerarsi eccezionali.

Danno cagionato da più soggetti: al fine di agevolare la posizione del danneggiato le legge ex 2055 gli
consente di rivolgersi ad uno dei più danneggianti pe richiedere il risarcimento in quanto questi ultimi sono
tenuti in solidi per il risarcimento del danno.
• Concorso di cause umane e naturali: in caso l’evento naturale sia sufficiente per determinare
l’evento dannoso indipendentemente dalla condotta dell’agente, quest’ultimo non risponde del
danno. In caso l’evento naturale che abbia cagionato il danno fosse conseguenza della condotta
dell’uomo, l’agente deve accollarsi per intero l’obbligo di risarcimento.

Responsabilità per fatto altrui

Di regola l’obbligo di risarcire il danno grava su chi lo ha commesso, ma il codice per tutelare maggiormente
il danneggiato prevede delle ipotesi in cui l’obbligo del risarcimento del danno non gravi su chi ha cagionato
il danno ma su altri soggetti. Solitamente la responsabilità indiretta del terzo si aggiunge a quella diretta
dell’autore dell’illecito, ciò al fine di garantire al danneggiato maggiori garanzie al suo credito risarcitorio.

Danno cagionato da incapace naturale: la responsabilità del fatto grava su chi era tenuto alla sua
sorveglianza ex 2047. In questo caso risponde solo il sorvegliante a garanzia del danneggiato, poiché l’altro
soggetto era incapace di intendere e di volere.
• Presupposto: esistenza di un soggetto incapace che non risponde del fatto appunto perché
incapace, e di un soggetto tenuto a sorveglianza dell’incapace

Danno cagionato dal fatto illecito del figlio minore o delle persone sottoposte a tutela: rispondono in
solido i genitori ed il tutore ex 2048 comma 1 solo i danneggianti siano capaci di intendere e di volere, se no
si ricade nell’ipotesi dell’art.2047.
In questo caso le responsabilità si sommano, i genitori/tutore concorrono con il danneggiante. Essendo
un’obbligazione solidale spetta al danneggiato scegliere a chi chiedere il risarcimento
• Presupposto: convivenza dei genitori/tutore con l’autore dell’illecito

Danni cagionati a terzi da fatto illecito commesso da allievi/apprendisti: tenuto conto della capacità
naturale dei soggetti danneggianti, alla responsabilità di questi si somma anche la responsabilità dei
precettori/maestri d’arte che rispondono solidalmente solo se il danno viene fatto durante il periodo in cui
il danneggiante si trovi sotto la loro sorveglianza. In caso l’allievo sia minore rispondo anche i
genitori/tutore ove il fatto sia conseguenza dell’inadeguatezza dell’educazione da loro impartita.
• Danni cagionati da alunni di scuole statali: il danneggiato in ipotesi di omessa o scarsa vigilanza da
parte del personale della scuola per il risarcimento non può rivolgersi al sorvegliante ma solo allo
Stato, poiché la responsabilità personale dello staff scolastico è solo nei confronti dello stato, che
potrà farla valer in rivalsa solo in caso di dolo/colpa grave

Danno cagionato a terzi da fatto illecito commesso da domestici e commessi: ex 2049 rispondono i
rispettivi padrone/committenti.
• Rapporto di preposizione: Le antiquate espressioni fanno riferimento al rapporto di preposizione
che intercorre fra due soggetti, cioè quello in cui il preponente si appropria a qualsiasi titolo delle
utilità derivanti dalle attività del proposto, che però non opera con autonomia organizzativa e
gestionale autonoma, ma bensì sotto il potere di direzione e sorveglianza del preponente.
(es. datore di lavoro e subordinato; società e l’amministratore; emittente tv e conduttore ecc.)
• Presupposti: affinché il preponente risponda dell’illecito è necessario che

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1. Il preposto che abbia compiuto l’illecito abbia cagionato un danno a terzi: il preponente
risponderà in via indiretta solo dei danni di cui il preposto deve rispondere in via diretta
2. Compimento dell’illecito nell’esercizio delle incombenze cui il preposto fosse adibito:
essenziale è che la connessione fra esercizio ed illecito non sia del tutto anomale e casuale
(es. caso in cui il dipendente di un idraulico, inviato al domicilio del cliente per le riparazioni
abusi e violenti la padrona di casa)
• Responsabilità oggettiva: il preponente non è ammesso a fornire una prova liberatoria, egli
risponde sempre in qualunque caso nonostante egli non sia responsabile delle azioni del preposto.
Il preponente viene ritenuto responsabile solo per il fatto di avvantaggiarsi dell’attività del preposto
• Solidarietà: la responsabilità del proponente si aggiunge a quella del preposto, aumentando le
garanzie del danneggiato. Rispondendo solidalmente, il danneggiato a diritto a richiedere l’intera
prestazione a uno o all’altro soggetto, chi paga l’intera prestazione ha diritto di regresso della parte
pagata in eccesso.

Danni cagionati da rovina di edifici imputabili a vizio di costruzione: risponde chi è proprietario al
momento della rovina ex 2053. Anche in questo caso il proprietario risponde di responsabilità oggettiva.
Danni derivanti da vizi di costruzione di veicoli senza guida di rotaie: si tratta anche in questo caso di
responsabilità oggettiva, rispondo sia il conducente che il proprietario/usufruttuario del veicolo, vi risponde
in solido anche il costruttore come dalle disposizioni di responsabilità del produttore nel c. del consumo.
• Il conducente o il proprietario del veicolo che abbiano risarcito per intero il danno alla vittima,
hanno diritto di regresso verso il costruttore.

Danni cagionati dalla circolazione di veicoli senza guida di rotaie: rispondono in solido il conducente
(responsabilità personale), il proprietario del veicolo (responsabilità indiretta)
• Presupposto: responsabilità del conducente (es. se si dimostra che il sinistro è dovuto per caso
fortuito o malore del conducente non risponderanno né il conducente né il proprietario)
• Prova liberatoria: il proprietario per esonerarsi da responsabilità non dovrà solo provare l’avvenuta
circolazione del veicolo senza il suo permesso (es. figlio che ruba le chiavi della macchina del padre)
e dimostrare che la circolazione egli l’avesse espressamente vietata, ma è necessario anche provare
che erano state adottate tutte le misure idonee ad impedire la circolazione del veicolo
1. Furto: neanche il furto esonera il proprietario del veicolo, egli deve dimostrare sempre che
avesse fatto tutto ciò che fosse possibile per ostacolare il furto e la successiva circolazione
del veicolo.

Il danno

Elemento essenziale della responsabilità civile, senza di esso non vi sarebbe motivo di esserci.

Danno evento: lesione non iure di un interesse tutelato dall’ordinamento, è un connotato dell’illiceità del
fatto (es. lesione dell’integrità morale di un soggetto dovuto alla pubblicazione di un articolo diffamatorio)
Danno conseguenza: alterazione negativa della situazione del soggetto rispetto a quella che si sarebbe
avuta senza il verificarsi del fatto illecito, è l’oggetto del risarcimento. (es. perdita del lavoro dovuta
all’infamia subita e conseguente perdita reddituale)

L’ordinamento italiano è un sistema bipolare, in quanto il danno si divide in:


• Danno patrimoniale: che si concretizza nella lesione di interessi economici del danneggiato
• Danno non patrimoniale: intendendosi quello che si concretizza nella lesione di interessi non
economici (es. lesione dei diritti della personalità)

Danno riflesso: unico fatto illecito che danneggia più soggetti (es. la morte del capo famiglia a conseguenze
anche sulla moglie e sui figli). Risarcibili saranno solo i danni che siano conseguenza immediata e diretta del
fatto illecito, secondo il principio di causalità giuridica

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Risarcimento del danno: ove ricorrano tutti i presupposti della responsabilità extracontrattuale, in capo al
danneggiante nasce l’obbligo del risarcimento del danno, nelle forme di:
• Risarcimento per equivalente: dazione al danneggiato di una somma di denaro tale da
compensarlo del danno subito, è la forma tipica di ristoro del pregiudizio subito dal creditore per
effetto dell’inadempimento del debitore
• Risarcimento in forma specifica: rimozione diretta del pregiudizio verificatosi.
Tende a realizzare una forma più ampia di ristoro del pregiudizio dallo stesso arrecato, dato che
l’oggetto della pretesa azionata non è costituito da una somma di danaro, ma dal conseguimento di
una prestazione del tutto analoga, nella sua specificità ed integrità, a quella cui il debitore era
tenuto in base al vincolo contrattuale (es. consegnare la cosa pattuita, riparare la cosa che è stata
rotta, reintegrare l’onore della persona pubblicando un articolo in cui si spiega che l’articolo
precedente fosse diffamatorio ecc.).
Il giudice può negare il risarcimento in forma specifica se esso risulti impossibile o eccessivamente
oneroso per il debitore, pattuendo solo un risarcimento per equivalente.
1. Tutela ripristinatoria: essa mira solo ad eliminare la situazione antigiuridica determinatasi
con l’illecito, a prescindere si vi sia danno o meno. In caso di danno, il soggetto oltre alla
tutela ripristinatoria può richiedere il risarcimento del danno.

Il danno deve essere riparato integralmente, la vittima non deve ricevere né più né meno di quanto
necessario a reintegrare la sua situazione prima del fatto illecito.
Danno punitivo: nell’ordinamento italiano non è previsto l’ipotesi di danno punitivo, non è consentito che il
danneggiante debba effettuare una prestazione superiore a quella strettamente necessario alla riparazione.

Prescrizione: l’illecito extracontrattuale si prescrive in 5 anni; 2 anni per il danno da circolazione di veicoli; a
differenza dei 10 previsti per quello contrattuale.
La decorrenza del termine prescrizionale inizia in caso di:
• Illecito istantaneo: dal momento in cui è oggettivamente percepibile il danno
• Danno lungo latente: dal momento in cui la vittima ha percepito, o avrebbe dovuto percepire
usando la normale diligenza, che il danno sofferto è causato da un comportamento colposo o
doloso di terzi (es. il caso dei malati di HIV)
• Illecito permanete: decorre ogni giorno successivo a quello in cui il danno si manifesta, solo che
può essere risarcito solo il danno prodotto nei 5 anni anteriori all’esercizio del diritto (es.
immissioni di polveri velenose da un impianto industriale)
• Danno da illecito costituente reato: all’azione civile si applica la stessa prescrizione di quella penale

Danno patrimoniale: alterazione negativa della situazione patrimoniale del soggetto leso, rispetto a quella
che si sarebbe avuta in assenza del fatto illecito, ex 2056 e 1223 consiste in:
• Danno emergente: cioè la diminuzione del patrimonio del danneggiato
• Lucro cessante: mancato guadagno della vittima dell’illecito a causa del fatto subito.
Il risarcimento ha ad oggetto sia il danno già sofferto dalla vittima al momento della liquidazione, sia il
danno futuro (es. il risarcimento comprende sia la liquidazione del danno, oltre alla ipotetica somma che si
dovrà spendere per le spese mediche dovute all’incidente).
Il calcolo del lucro cessante è valutato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso.

Danno non patrimoniale

Qualsiasi danno da lesione di valori inerenti la persona non connotati da rilevanza economica.

Alla figura del danno non patrimoniale si possono ricondurre le nozioni di:
• Danno morale: patema d’animo, sofferenza emotiva e lesione della dignità della persona

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• Danno biologico: lesione temporanea o permanente dell’integrità psico-fisica della persona


suscettibile di accertamento medico legale che si esplica con una ripercussione negative sulla
quotidianità della vita del soggetto
• Danno esistenziale: compromissione della dimensione esistenziale della persona, che deriva dalla
necessità di adottare abitudini o stili di vita diversi e peggiori rispetto al passato (es. al genitore il
cui figlio reso disabile da un’incidente stradale venga a trovarsi in condizioni di non autosufficienza
poiché per curare il figlio abbia dovuto rinunciare a lavorare)

Interpretazione: ex 2059 deve essere risarcito solo nei casi previsti dalla legge.
L’interpretazione della norma era tradizionalmente molto rigida in quanto il danno non patrimoniale veniva
risarcito nella pratica solo come integrazione all’art.185 del codice penale, cioè solo quando il fatto illecito
integrasse gli estremi del reato; oppure era tendenza far coincidere il danno non patrimoniale con il danno
morale soggettivo, cioè le sofferenze ed i disagi patiti a causa dell’illecito.

L’interpretazione corrente della norma prevede numerose ipotesi di risarcibilità, dovute alla fioritura di
legislazioni speciali, anche in assenza di illecito penale (es. violazione della privacy, diritti d’autore ecc.)
La recente giurisprudenza è giunta in forza di una lettura costituzionalmente orientata del 2059 ad
estendere la risarcibilità del danno non patrimoniale a tutti i casi di violazione dei diritti inviolabili della
persona ex art.2 della Costituzione, i quali non sono solo quelli espressamente riconosciuti nel presente
periodo storico; secondo questa interpretazione a rango costituzionale vengono garantiti diritti quali quello
alla salute ed integrità fisica; alla libera espressione dell’orientamento sessuale; diritto all’istruzione ecc.

Tipicità del danno non patrimoniale: ex 2043 il danno patrimoniale è caratterizzato dall’atipicità,
caratterizzato dalla possibilità di risarcimento per ogni lesione non iure di qualsiasi interesse giuridicamente
tutelato, anche se non protetto come diritto soggettivo.
La risarcibilità del danno non patrimoniale ex 2059 è possibile solo nei casi determinati dalla legge, oltre ai
quali vanno inserite le lesioni non iure di interessi inviolabili della persona costituzionalmente tutelati (es.
non sarà risarcibile l’errato taglio di capelli o l’attesa in fila perché non sono diritti inviolabili della persona).

Prova del danno non patrimoniale: per essere risarcito il soggetto deve provare con qualsiasi mezzo il fatto
illecito, inoltre per essere risarcibile al danno non patrimoniale devono concorrere:
• Gravità della lesione/danno-evento
• Importanza dei pregiudizi arrecati dal danno-conseguenza: le conseguenze non devono consistere
i meri disagi o fastidi (danno bagatellari)

Liquidazione: poiché la natura stessa del danno non patrimoniale consiste in valori non suscettibili di
valutazione economica, la liquidazione in termini monetari risulta molti difficile.
Ex 1226 e 2056 la liquidazione viene rimessa alla valutazione equitativa del giudice, questa misura
nonostante garantisca una certa flessibilità del giudizio ed una maggiore adeguatezza sul caso concreto,
non garantisce però un’uniformità di trattamento in tutti i tribunali della repubblica.
Per questo motivo per quel che riguarda la liquidazione del danno biologico sono state emanate delle
tabelle, in base alle quali basarsi per la definizione della somma del risarcimento.

Responsabilità per danno ambientale

Qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità
assicurata da quest'ultima rispetto alla condizione originarie se non si fosse verificato il danno

Il danno ambientale è qualcosa di diverso dal danno arrecato ad es. da un incendio o dal naufragio di una
petroliera a singoli beni di proprietà pubblica/privata o posizioni soggettive individuali.

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Per danno ambientale si intende un danno arrecato all’interesse collettivo, quello all’ambiente in sé
considerato, distinto dai singoli beni che lo compongono.
Legittimazione: unico soggetto legittimato all’azione è il ministero dell’ambiente
Risarcimento in forma specifica: chiunque cagioni un danno ambientale con dolo o colpa è obbligato
all’adozione delle necessarie misure di riparazione

Responsabilità per danno da prodotto difettoso

Prodotto: bene mobile, anche se incorporato in altro bene mobile/immobile purché messo in commercio
Difettoso: prodotto che non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere

Legittimazione: legittimato attivamente è la persona fisica, non importa che sia consumatore o produttore,
basta solo che sia venuta a contatto con il prodotto difettoso
Onere della prova: grava sulla vittima del danno, che deve provare danno sofferto e difetto del prodotto
Del danno è chiamato a rispondere il produttore, cioè il fabbricante del prodotto finito; in caso il
produttore non fosse individuato la responsabilità cade sul fornitore (es. di responsabilità per fatto altrui)
che abbia distribuito il prodotto nell’esercizio di un’attività commerciale.
Quando il produttore opera al di fuori dell’UE la responsabilità cade sull’importatore.
Prova liberatoria: il produttore può esonerarsi da responsabilità solo fornendo la prova che o che non sia
stato lui ad inserire il prodotto difettoso in commercio; o che il difetto non esisteva al momento della mesa
in circolazione del prodotto ecc.
La responsabilità qui prescinde dalla colpa, si tratta di una responsabilità oggettiva poiché dipende dal fatto
oggettivo della lesione derivante dal prodotto difettoso.

Concorso di colpa del danneggiato: non è dovuto il risarcimento in caso il consumatore fosse stato al
corrente del pericolo. In ogni altro caso di concorso ex 1227 il risarcimento diminuisce a seconda della
gravità del danno subito.
Se il danno è imputabile a più persone, tutte queste sono obbligate in solido al risarcimento
Danno risarcibile: la vittima non può chiedere il risarcimento di qualsiasi danno abbia sofferto ma solo del:
• Danno alla persona, cagionato da morte o lesioni gravi
• Danno a cose diverse dal prodotto difettoso per una cifra superiore i 390 euro
Prescrizione: 3 anni, dal giorno in cui il danneggiato abbia o avrebbe dovuto avere conoscenza del danno
Decadenza: la persona deve esercitare il diritto entro 10 anni dall’immissione del prodotto in circolazione

Responsabilità medica

Responsabilità di strutture sanitarie, medici e personale infermieristico per i danni derivanti da episodi di
malasanità
Le corti hanno incominciato a ricondurre la responsabilità medica dall’ambito extra a quello contrattuale
con il conseguente:
1. Aumento del termine di prescrizione da 5 a 10 anni
2. Esonero del paziente dall’onere di fornire la prova della specifica condotta dannosa del medico

La giurisprudenza inoltre si è mossa per:


1. Alleggerire l’onere della prova gravante sul paziente di dimostrare il nesso di causalità fra condotta
del medico ed effettivi effetti sulla salute
2. Ampliare il novero delle condotte esigibili dall’esercente, in mancanza di cade in responsabilità
3. Obbligo del consenso informato
4. Innalzamento dei livelli di diligenza e perizia richieste al medico
5. Ridimensionamento delle possibilità applicative del regime di favore del professionista, secondo cui
egli rispondesse solo in caso di dolo o colpa grave.

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Le conseguenze di queste disposizioni hanno però determinato l’esplosione del contenzioso in materia,
creando molto disagio nella classe medica la quale per evitare ripercussione hanno iniziato a prescrivere
farmaci, visite e check-up spesso inutili e molto gravose per la spesa pubblica.

Per arginare il fenomeno è intervenuta la legge del marzo 2017, in cui si definisce:
1. La sicurezza delle cure è parte fondamentale del diritto alla salute, non si condannano i
medici per l’errore, poiché siamo tutti umani e può capitare di sbagliare, ma spesso l’errore
è dovuto ad una cattiva organizzazione strutturale di fondo della struttura sanitaria; perciò
si invita a porvi rimedio per evitare ulteriori problemi.
2. La struttura sanitaria risponde nei confronti dell’assistito a titolo contrattuale, sia per le
condotte proprie che le condotte dolose/colpose del personale.
Il paziente potrà rivolgersi contro il personale a titolo extracontrattuale, salvo previo
contratto di prestazione d’opera professionale.
3. L’esecuzione delle cure e la condotta del personale e della struttura, devono seguire le
linee guida dettate dal ministero della salute.
4. Il risarcimento in deroga al principio generale per essere integrale dovrà tenere conto
anche dell’operato o meno secondo le linee guida del ministero
5. La quantificazione della liquidazione sarà assegnata secondo i criteri standardizzati
6. A tutela del paziente e dell’operatore sanitario va guardato l’obbligo della struttura
ospedaliera a munirsi di assicurazione
7. La vittima di un episodio di malasanità può per il risarcimento del danno sofferto esperire
un’azione diretta
8. In caso di malasanità la struttura ha diritto di rivalsa verso l’operatore sanitario, solo però
nel caso di dolo o colpa grave
L’obbiettivo della nuova legge perciò, oltre alla tutela del paziente, è quello di incentivare il danneggiato
non tanto a fare causa contro il medico ma contro la struttura ospedaliera o la compagnia d’assicurazione
della stessa, la quale potrà poi esperire un’azione di rivalsa in caso di dolo o colpa grave dell’esercente.

Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale

Responsabilità contrattuale: sanziona l’inadempimento di un’obbligazione, qualunque sia la fonte.


• Disciplina: non presuppone la capacità di intendere e di volere della parte obbligata; interessa
soltanto la risarcibilità del danno prevedibile; prescrizione decennale; l’onere della prova ricade sul
creditore
Responsabilità extracontrattuale: sanziona un fatto illecito dannoso, dando vita ad un’obbligazione che
trova fonte proprio in quel fatto illecito.
• Disciplina: richiede la capacità di intendere e di volere; interessa la risarcibilità dei danni prevedibili
ed imprevedibili; prescrizione breve di 5 anni; l’onere della prova grava sul danneggiato, il quale
oltre al danno deve anche provare il nesso causale fra danno ed illecito, e l’esistenza dell’illecito.

Casi discussi:
1. Obblighi di protezione: natura contrattuale
2. Responsabilità precontrattuale: si è passato da una concezione extracontrattuale ad una
contrattuale nella recente giurisprudenza
3. Rapporti di cortesia: natura extracontrattuale
4. Rapporti contrattuali di fatto (es. danno subito dall’alunno a scuola): responsabilità contrattuale

Concorso di responsabilità: un medesimo fatto può costituire allo stesso tempo inadempimento di
un’obbligazione, sia un atto illecito dannoso (es. un atto chirurgico sbagliato: non adempie all’obbligazione

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assunta con il paziente di fargli un’operazione fatta con perizia, oltre a procurare un atto lesivo
dell’integrità fisica del paziente).
Nel nostro ordinamento è permesso il cumulo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale,
lasciando al danneggiato la possibilità di agire o in via contrattuale o in via aquiliana; una via non esclude
l’altra, infatti si può agire prima in via extracontrattuale e poi contrattuale, basta che non vi sia un
mutamento del titolo della domanda risarcitoria nell’ambito del medesimo procedimento.

DIRITTO DI FAMIGLIA
Si riconosce generalmente che la famiglia soddisfa bisogni fondamentali dell’individuo, l’assetto sociale e
normativo della famiglia non è tuttavia universale ed immutabile;
infatti non c’è da stupirsi se nel codice civile non vi è una definizione di famiglia e che la costituzione
nell’art.29 non attribuisce, ma riconosce i diritti della famiglia come società naturale: norma che va intesa
come presa d’atto del valore originario e pre-giuridico del consorzio familiare e della sua struttura
fondamentale e dell’impegno della repubblica nel rispettare l’autonomia delle singole famiglie, salva la
necessità di difendere i figli in caso di incapacità dei genitori

Il diritto di famiglia codificato nel 1942 concepiva una famiglia fondata sulla subordinazione della moglie al
marito, sia nei rapporti personali sia in quelli patrimoniali, sia nelle relazioni di coppia sia nei riguardi dei
figli; e fondata sulla discriminazione dei figli nati fuori del matrimonio (figlio naturale), che ricevevano un
trattamento giuridico deteriore rispetto ai figli legittimi.
Il primo libro del codice venne riformato dalla legge 19 maggio 1975, n. 151 ("Riforma del diritto di
famiglia"), che apportò modifiche tese a uniformare le norme ai principi costituzionali. Con questa legge
venne riconosciuta la parità giuridica dei coniugi, venne abrogato l'istituto della dote, venne riconosciuta ai
figli naturali la stessa tutela prevista per i figli legittimi, venne istituita la comunione dei beni come regime
patrimoniale legale della famiglia (in mancanza di diversa convenzione), la patria potestà venne sostituita
dalla potestà di entrambi i genitori (ora, "potestà genitoriale" impropriamente alle volte è chiamata
"responsabilità genitoriale"), in particolare nella tutela dei figli. Il coniuge superstite nella successione
ereditaria diventa erede, mentre prima, legalmente, non ereditava nulla.

Riforma del diritto di famiglia 1975: Tra le modifiche sostanziali apportate, vi furono:
• il passaggio dalla potestà del marito alla potestà genitoriale condivisa dei coniugi;
• l'eguaglianza tra coniugi (si passa dalla potestà maritale all'eguaglianza fra coniugi;
• Il regime patrimoniale della famiglia (separazione dei beni o comunione legale/convenzionale);
• la revisione delle norme sulla separazione personale dei coniugi (dalla separazione per colpa alla
separazione per intollerabilità della prosecuzione della convivenza);
• l'abbassamento dell'acquisizione della maggiore età da 21 a 18 anni.
Famiglia legittima: famiglia fondata sul matrimonio
Famiglia di fatto: famiglia costituita da persone che non sono legato da vincolo matrimoniale, ma che
vivono come se lo fossero (more uxorio) insieme agli eventuali figli nati dalla loro unione

Matrimonio
l'atto con il quale due persone si impegnano a realizzare una comunione di vita spirituale e materiale

Il codice disciplina minuziosamente il matrimonio sia come atto, sia nei suoi effetti, ma non ne dà una
definizione. Come si vede dalla nozione il matrimonio è il mezzo attraverso il quale i coniugi intendono
realizzare una comunione di vita spirituale e materiale che si attua attraverso la convivenza, l'assistenza, il
rispetto reciproco e la ricerca di un indirizzo di vita unitario.

Tradizionalmente si distingue il matrimonio come atto dal matrimonio come rapporto;

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1. Matrimonio come atto: ha una struttura complessa che vede l'intervento di diversi soggetti, oltre
ai nubendi, e si forma attraverso una procedura che inizia con le pubblicazioni e culmina nella
celebrazione dell'atto. Nel nostro ordinamento abbiamo due tipi di atto matrimoniale:
• Matrimonio civile: celebrato innanzi all'ufficiale di stato civile
• Matrimonio concordatario: celebrato innanzi ad un ministro del culto cattolico.
2. Matrimonio come rapporto: è inteso come i diritti e gli obblighi che i coniugi devono
necessariamente osservare. In questo caso non si può fare alcuna distinzione tra matrimonio civile
e matrimonio concordatario, poiché i rapporti che ne scaturiscono sono in ogni caso identici.
• Caratteri: esclusivo monogamico, indisponibile, di durata indeterminata e dissolubile,
dall’introduzione del divorzio nel 1970

È facile immaginare come la procedura sia abbastanza diversa.


Si riconosce, inoltre, la possibilità di celebrare matrimonio con effetti civili davanti a ministri di culto diverso
da quello cattolico; in quest'ultimo caso si seguirà la procedura prevista per il matrimonio civile, ma
differirà la forma di celebrazione.

Cessazione: ex 149 il matrimonio finisce con la morte di uno dei coniugi o altre cause di legge (es. divorzio)

Promessa di matrimonio

l'atto attraverso il quale i fidanzati si impegnano reciprocamente a contrarre matrimonio

Prevista dall'articoli 79 e 80 e ss. del codice civile, viene di solito scambiata dai fidanzati prima matrimonio.
Principio fondamentale in materia matrimoniale è la libertà delle parti fino alla celebrazione delle nozze, e
perciò infatti ex art. 79 dispone che la promessa non obbliga né a contrarre matrimonio né ad eseguire ciò
che si fosse convenuto in caso di inadempimento.
In altre parole non si potrebbe adire un giudice per ottenere il pagamento di una penale precedentemente
convenuta in caso d'inadempimento dell'obbligo matrimoniale, oppure chiedere di far rispettare l'obbligo
matrimoniale.

Funzione: ex art.80 e 81, per tutelare il coniuge che aveva creduto nella celebrazione del matrimonio, è
stabilito che il mancato rispetto della promessa obbliga il promittente che senza giusto motivo rifiuti di
eseguirla, al risarcimento dei danni, che sono però limitati alle spese fatte e alle obbligazioni contratte a
causa della promessa.
Si stabilisce, inoltre, all'articolo 80, che il promittente può domandare la restituzione dei doni quando il
matrimonio non è stato poi contratto, entro un anno pena decadenza.
Ci si riferisce in questo caso alle cosiddette donazioni manuali, ossia ai regali d'uso che normalmente si
fanno tra fidanzati proprio in vista del matrimonio. Tali donazioni non richiedono forme particolari e si
perfezionano con la consegna. Si distinguono, quindi, dalle donazioni obnuziali (articolo 785 c.c.) che
richiedono l'atto pubblico e non producono alcun effetto sino alla celebrazione del matrimonio.

Capacità ed impedimenti
Per contrarre il matrimonio occorre che ciascuno dei nubendi abbia la pena capacità di sposarsi e non
sussistano ostacoli/impedimenti relativi alla coppia, riguardanti l’idoneità dei due nubendi di contrarre
nozze tra loro

Requisiti di capacità degli sposi sono:


1. Maggior età: ex 84 per contrarre matrimonio è necessario aver compiuto 18 anni, è possibile anche
contrarre matrimonio a 16 anni in caso di gravi motivi.

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2. Capacità di intendere e di volere: ex 85 non può contrarre matrimonio l’interdetto per infermità
mentale o la persona temporaneamente incapace di intendere e di volere
3. Libertà di stato: ex 86 un soggetto non può convolare a nozze se ancora legato ad un vincolo
matrimoniale precedente. Il vincolo non sussiste se le nozze precedenti siano state annullate o
fossero nulle o inefficaci dall’origine
4. Assenza di rischio di commixtio sanguinis: il requisito riguarda esclusivamente la donna che sia già
stata sposata, la quale non può contrarre nuove nozze se non dopo che siano trascorsi 300 giorni
dallo scioglimento. Il divieto è stato introdotto per evitare incertezze sulla paternità di un eventuale
figlio nato dopo il matrimonio.
La violazione del divieto non comporta l’annullamento del matrimonio, ma solo una sanzione.

Impedimenti: ostacoli che impediscono il matrimonio solo tra particolare soggetti


1. Rapporto di parentela, affinità, adozione e filiazione: l’art.87 del codice illustra ed elenca tutti i
casi in cui non ci si può sposare es. tra fratello e sorella, tra ascendenti in linea diretta ecc.
2. Delitto: ex 88 non si può contrarre matrimonio ove uno dei nubendi sia stato condannato per
omicidio o tentato omicidio del coniuge.

Pubblicazione e celebrazione

Art.93: Il matrimonio dev'essere preceduto dalla pubblicazione, che consiste dell'affissione alla porta
della casa comunale del luogo di residenza di uno dei coniugi, di un atto dove sono contenuti tutti gli
elementi necessari ad identificare gli sposi ed il luogo di celebrazione

La pubblicazione deve essere richiesta da ambedue gli sposi o da persona da loro incaricata.

Scopo: la pubblicazione è quello di rendere di pubblico dominio la futura celebrazione del matrimonio, è un
esempio di pubblicità notizia; in tal modo, chiunque vi abbia interesse potrà fare opposizione al matrimonio
ove sussistano impedimenti.

Il matrimonio non può essere celebrato prima del quarto giorno dopo che sia compiuta la pubblicazione.
In alcuni casi si può evitare la pubblicazione o ridurre il termine; l'articolo 100 del codice civile si riferisce
espressamente all'esistenza di gravi motivi che possono portare alla riduzione o addirittura alla
soppressione della pubblicazione; ancora l'articolo 101 stabilisce che nel caso in cui uno dei coniugi versi in
imminente pericolo di vita, l'ufficiale di stato civile procedere alla celebrazione del matrimonio omettendo
la pubblicazione.

Art.106: la celebrazione matrimonio avviene nella casa comunale dove fu fatta richiesta di pubblicazione
davanti all'ufficiale di stato civile ed in forma pubblica

Celebrazione: ex 107 nel giorno indicato dalle parti l'ufficiale dello stato civile, alla presenza di due
testimoni, anche se parenti, dà lettura agli sposi degli articoli 143, 144 e 147; riceve da ciascuna delle parti
personalmente, l'una dopo l'altra, la dichiarazione che esse si vogliono prendere rispettivamente
in marito e in moglie, e di seguito dichiara che esse sono unite in matrimonio.
L'ufficiale dello stato civile alla presenza di due testimoni riceve le dichiarazioni delle parti che si vogliono
sposare, e in seguito le dichiara unite in matrimonio.
• Inopponibilità di termine o condizione: L'atto di matrimonio non può essere sottoposto a
termine o a condizione, è quindi un actus legitimus, ma nel caso in cui queste vengano
comunque inserite si hanno per non apposte.

Matrimonio per procura: è possibile il matrimonio per procura ex 111 del codice civile in condizioni
particolari come per partner residenti all’estero o per i militari in servizio. La " procura " di cui all'articolo
111 non ha nulla a che vedere con la procura intesa come atto attraverso il quale si conferisce il potere di

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rappresentanza. In questo caso il procuratore riveste la figura di nuncius, cioè di semplice portatore della
volontà della parte senza che con quest'ultima vi possa interferire.
Rifiuto dell’ufficiale di stato civile: L'ufficiale di stato civile non può rifiutarsi di celebrare matrimonio in
presenza delle condizioni previste dalla legge. Secondo l'articolo 112 del codice civile il rifiuto può
legittimamente aversi solo quando vi sia una causa ammessa alla legge, come, ad esempio, il rapporto di
parentela tra le parti
Matrimonio davanti al falso ufficiale civile: ex 113 il matrimonio è valido anche se celebrato davanti a un
apparente ufficiale dello stato civile, la validità è però subordinata a due condizioni:
• Requisito soggettivo: buona fede degli sposi al momento della celebrazione del
matrimonio.
• Requisito oggettivo: l’esercizio delle funzioni deve avvenire pubblicamente, ossia in modo
palese a tutti

Natura giuridica: secondo l’opinione più accreditata, la celebrazione è una fattispecie complessa.
Nel matrimonio viene innanzitutto in considerazione un negozio bilaterale in cui i nubendi dichiarano di
volersi sposare. Questo negozio non ha natura contrattuale perché il contratto ha per oggetto un rapporto
giuridico patrimoniale.
Il matrimonio non è concluso solo per effetto della dichiarazione ma è necessario anche un atto
amministrativo, quale è la dichiarazione dell’ufficiale civile che i nubendi si siano uniti in matrimonio.
È discussa se la natura della dichiarazione dell’ufficiale sia di natura costitutiva, come ella concezione più
tradizionale, o se sia invece dichiarativa e di certificazione della volontà degli sposi.

Invalidità del matrimonio

Il codice civile agli articoli 117 e seguenti prevede numerosi casi di invalidità del matrimonio, tutti
considerati come ipotesi di nullità.

Non viene fatta quindi, alcuna distinzione tra annullabilità, nullità ed inesistenza, anche se le ipotesi
contemplate sono sicuramente diverse in quanto a gravità e conseguenze.
Il problema, però, riveste un'importanza puramente teorica poiché la legge disciplina puntualmente le
conseguenze delle diverse ipotesi.

Inesistenza: in caso di mancata celebrazione del matrimonio il matrimonio è certificato come inesistente,
un altro esempio di matrimonio inesistente era quello tra persone dello stesso sesso

Invalidità assoluta: cause di invalidità che possono essere fatte valere da chiunque
Invalidità relativa: possono essere fatte valere solo dal coniuge o dal pubblico ministero
invalidità insanabile e imprescrittibile: cause di invalidità che possono essere fatte valere in qualsiasi
momento, alcune invece sono suscettibili di rapida sanatoria.

Matrimonio contratto in violazione dell'art. 86: il matrimonio contratto da chi era già precedentemente
sposato può essere impugnato non solo dai coniugi e dagli ascendenti legittimi ma anche da chiunque abbia
interesse legittimo ed attuale ad impugnarlo.
Sino a quando non viene pronunziata la sentenza di divorzio non si potrà contrarre un nuovo matrimonio.
Se però il matrimonio è stato contratto dal coniuge dell'assente, non può essere impugnato sino a quando
durerà l'assenza. Si ritiene questa un'ipotesi di nullità del secondo matrimonio
Matrimonio contratto in violazione dei rapporti di parentela, affinità: tipo di invalidità assoluta, insanabile
ed imprescrittibile. Anche qui abbiamo l'ipotesi di nullità, con la particolarità, però, che se fosse possibile
un’autorizzazione al matrimonio si dovrebbe parlare di annullabilità
Violazione ex 88 dell’Impedimentum criminis: invalidità assoluta. Il matrimonio contratto in violazione di
questo divieto è nullo

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Matrimonio contratto dal minore: invalidità relativa opponibile solo dai coniugi, i genitori e il pubblico
ministero. Il vizio, inoltre, è sanato quando il coniuge minorenne al momento della celebrazione, dopo un
anno dal raggiungimento della maggiore età non abbia impugnato il matrimonio.
Matrimonio celebrato con un interdetto per infermità: legittimati all' impugnazione sono il tutore, il
pubblico ministero, e tutti coloro che abbiano un interesse legittimo e sempre che al tempo della
celebrazione matrimonio vi era già stata una sentenza di interdizione. Si tratterebbe di un caso di
annullabilità relativa. Si decade dall'azione si vi è stata coabitazione della durata di un anno dalla revoca
della sentenza di interdizione.
Incapacità naturale di uno dei coniugi: se uno dei coniugi prova di essere stato incapace di intendere e di
volere al momento della celebrazione matrimonio può impugnarlo nel termine di un anno dal recupero
delle facoltà mentali.
Si tratta di un caso di annullabilità relativa poiché l'impugnazione spetta al solo coniuge ed è sottoposta al
breve termine di decadenza di un anno

Vizi del consenso: il matrimonio può essere impugnato dal coniuge il cui consenso sia stato estorto con
violenza, determinato timore di eccezionale gravità, da errore sulla identità del coniuge o da errore
essenziale sulle sue qualità personali.
1. Violenza: è il caso in cui consenso del coniuge sia stato estorto con le minacce; si tratta quindi di
violenza morale, ipotesi è identica a quella già studiata in relazione all'annullabilità dei contratti
2. Timore di eccezionale gravità derivato da cause esterne allo sposo: i casi in cui può verificarsi
questa ipotesi sono molteplici; chiariamo subito che questo timore prescinde da una minaccia e
non deve essere ispirato dallo sposo. Potremmo pensare, ad esempio, al matrimonio contratto per
sfuggire a persecuzioni razziali o politiche. È comunque irrilevante il timore putativo, cioè quello
che non trova giustificazione in ragioni obiettive
3. Errore sull'identità della persona dell'altro coniuge: ipotesi più di scuola che reale. È il caso, ad
esempio, di chi commette un vero e proprio sbaglio sulla persona che ha sposato, magari perché
sotto il velo non aveva visto trattarsi di un'altra donna. Non ricorre questa ipotesi nel caso di
matrimonio contratto sotto falso nome, poiché qui non vi è alcun errore sull'identità della persona.
Basterà semplicemente rettificare l'atto
4. Errore sulle qualità personali dell'altro coniuge: in questo caso l'errore verte sulla qualità del
coniuge che sia essenziale alla prestazione del consenso al matrimonio. L'articolo 122 elenca cinque
ipotesi tassative di errore essenziale:
• Esistenza di una malattia fisica o psichica o di una anomalia o deviazione sessuale, tali da
impedire lo svolgimento della vita coniugale;
• Esistenza di una sentenza di condanna per delitto non colposo alla reclusione non inferiore
a cinque anni, salvo il caso di intervenuta riabilitazione prima della celebrazione del
matrimonio. L'azione di annullamento non può essere proposta prima che la sentenza sia
divenuta irrevocabile;
• Dichiarazione di delinquenza abituale o professionale;
• Circostanza che l'altro coniuge sia stato condannato per delitti concernenti la prostituzione
a pena non inferiore a due anni. L'azione di annullamento non può essere proposta prima
che la condanna sia divenuta irrevocabile;
• Stato di gravidanza causato da persona diversa dal soggetto caduto in errore, purché vi sia
stato disconoscimento ai sensi dell'art. 233, se la gravidanza è stata portata a termine.

Decadenza: In tutti questi casi si decade dall'impugnazione se vi è stata coabitazione per un anno dopo che
sia cessata la violenza o le cause che hanno determinato il timore, oppure sia stato scoperto l'errore. Si
tratta di ipotesi di annullabilità relativa, poiché la legittimazione ad impugnare spetta solo al coniuge

Simulazione: è l'ipotesi in cui i coniugi contraggono matrimonio con l'accordo di non adempiere agli
obblighi e di non esercitare diritti presso discendenti (art. 123 c.c.).

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È divenuta abbastanza frequente alla pratica. Capita, infatti, che cittadini stranieri residenti al di fuori della
Unione Europea per acquisire la cittadinanza italiana combinino matrimoni simulati con cittadini italiani. Si
tratta quindi di una ipotesi di simulazione (secondo parte della dottrina) relativa, poiché devono
necessariamente esistere precedenti accordi. A differenza dei casi ordinari simulazione si ritiene
ammissibile la prova per testi. Si decade dalla azione dopo un anno dalla celebrazione del matrimonio o nel
caso in cui i contraenti abbiano convissuto come coniugi dopo la celebrazione

Azione di impugnazione di nullità del matrimonio: è personale ed intrasmissibile, tanto è vero che il
pubblico ministero, che spesso è anche legittimato, non può proporla dopo la morte del coniuge.
Secondo l'articolo 126 del codice civile durante la pendenza del giudizio nullità il tribunale può ordinare la
separazione temporanea dei coniugi

Matrimonio putativo

Art.128: il matrimonio putativo si ha quando questo è invalido, ma è stato comunque contratto in buona
fede da almeno uno dei coniugi

Abbiamo appena visto che il codice considera tutte le ipotesi di invalidità del matrimonio come casi di
nullità. Applicando i principi già visti in tema di nullità, l'annullamento del matrimonio, inteso come
dichiarazione di nullità, dovrebbe avere efficacia retroattiva.
Non sfuggono, però, le conseguenze dell'applicazione di tale principio, soprattutto per i figli, e proprio per
evitare queste e altre conseguenze che l'articolo 128, disciplina le conseguenze dell’invalidità del
matrimonio, attenuandole o aggravandole secondo lo stato di buona o mala fede di uno o entrambi i
coniugi.

Efficacia fra le parti: se i coniugi sono in buona fede, il matrimonio si considera pienamente produttivo di
effetti tra i coniugi fino alla pronuncia della sentenza che opera ex nunc
Efficacia nei confronti dei figli: ora in via generale il matrimonio dichiarato nulla ha gli effetti de
matrimonio valido rispetto ai figli.
Mala fede dei coniugi: il matrimonio produce ugualmente effetto sui figli, a patto che la causa di invalidità
sia incesto o bigamia

Presunzione di buona fede: la buona fede si presume e deve sussistere nel momento della creazione del
vincolo matrimoniale

Matrimonio concordatario

Matrimonio celebrato secondo i riti della religione cattolica, che in base agli accordi tra Chiesa e Stato
italiano ha anche effetti di natura civile

Fonti: un tempo il matrimonio era considerato materia esclusiva della chiesa e del diritto canonico.
A seguito dell’unificazione del 1865, lo stato introdusse l’istituto del matrimonio civile comportando l’onere
dei cattolici di sposarsi due volte per rendere valido l’atto. Con il Concordato del 1929 lo stato accettò che il
matrimonio eseguito secondo i riti cattolici abbia anche effetti civili.
L’attuale legge che disciplina la materia è quella del 1985.

Validità del matrimonio canonico: le questioni relative a validità e costituzione del vincolo riguardano il
diritto canonico e i tribunali ecclesiastici, mentre tutto ciò che riguarda il rapporto e il procedimento
giurisdizionale relativo all’esecutorietà delle sentenze di nullità rientra nelle competenze dello Stato.
Pubblicazione: la celebrazione deve essere preceduta dalle pubblicazioni eseguite a cura del parroco con
affissione di avviso dinanzi alla porta della chiesa e del comune con le generalità degli sposi.

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Trascorsi i termini di legge, l’ufficiale di stato ove non rilevi opposizioni rilascia un certificato dove si
dichiara che non esistono cause che si oppongono alla celebrazione del matrimonio valido di effetti civili.
Celebrazione: avviene secondo il rito religioso, alla fine di esso però il parroco deve spiegare agli sposi gli
effetti civili del matrimonio leggendo gli articoli del codice civile riguardando diritti e doveri dei coniugi.
Trascrizione: il matrimonio deve essere trascritto nei registri dello stato civile per avere effetti, se no
rimane esclusivamente un atto puramente religioso. Il documento è una formalità di carattere costitutivo.
La trascrizione ha efficacia retroattiva, in quanto gli effetti non si producono dal giorno della trascrizione
ma bensì da quello della celebrazione.
• Trascrizione tardiva: se la trascrizione del matrimonio canonico sia stata omessa, per qualsiasi
causa, può essere richiesta dai coniugi la trascrizione tardiva che ha sempre effetto retroattivo.
È necessario il consenso o la non opposizione di entrambi i coniugi, non è valida la trascrizione post
mortem, i figli nati dopo la celebrazione ma prima della trascrizione diventano figli legittimi a tutti
gli effetti. La trascrizione tardiva non pregiudica i diritti acquisiti da terzi.

Diritti e doveri personali dei coniugi

Art.143: dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla
collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione.

Principio di eguaglianza nella famiglia: i coniugi sono in posizione di perfetta eguaglianza morale e giuridica
ai sensi dell’art.29 della costituzione e 143 del codice civile.
Regola dell’accordo: le decisioni sulla vita familiare sono prese in accordo tra i coniugi ex 144 e in caso di
disaccordo l'articolo 145 del codice civile permette l'intervento del giudice per risolvere le controversie,
intervento richiesto da uno dei coniugi senza particolari formalità.
Obbligo reciproco di fedeltà: la fedeltà va qui intesa non solo come astensione dei rapporti sessuali con
persone diverse dal coniuge, ma anche come dedizione spirituale che deve essere riservata principalmente
al coniuge. In altre parole sarà violato l'obbligo di fedeltà non solo in caso di adulterio, ma anche nel caso in
cui si preferisca avere rapporti personali privilegiati con persone diverse dal coniuge.
Comunque sia l’adulterio non è più ritenuto causa autonoma di separazione per colpa.
Obbligo di assistenza morale, materiale e di collaborazione: nel rispetto di questi obblighi si coglie forse
uno degli aspetti essenziali del matrimonio; i membri della coppia, infatti, non decidono solo di vivere
insieme per soddisfare esigenze personali, ma anche per venire l'uno incontro alle necessità dell'altro, e per
decidere di indirizzare in maniera unitaria il cammino della loro vita. L'obbligo di assistenza, infatti, deve
essere osservato ogni qual volta uno dei coniugi si trovi in difficoltà, difficoltà sia di natura morale sia di
natura materiale. Non sfugge che tale obbligo ha contenuto sicuramente più ampio rispetto a quello che
incombe sul coniuge nel prestare gli alimenti (art. 443 c.c.). Il diritto all'assistenza morale e materiale cessa
con allontanamento senza giusta causa dalla residenza familiare (art. 146 c.c.). Per giusta causa si può
intendere esistenza di fatti tali da rendere intollerabile la convivenza in presenza dei quali il diritto
all'assistenza morale e materiale viene meno. L'articolo 146, inoltre, considera giusta causa di
allontanamento la proposizione della domanda di separazione, annullamento del matrimonio o di divorzio.
Obbligo di coabitazione e di contribuzione: i coniugi devono risiedere" sotto lo stesso tetto", luogo dove
fissano la residenza familiare; sono inoltre obbligati a contribuire ai bisogni della famiglia in proporzione
alle proprie capacità di lavoro e professionale.
• Differenza con l’obbligo di assistenza: in questo caso, infatti, ogni coniuge deve dare il suo
contributo per le necessità della famiglia, mentre il dovere di assistenza materiale viene alla luce
solo nei confronti dell'altro coniuge e quando questi si trovi in difficoltà. L'obbligo di contribuzione
permane anche dopo la separazione trasformandosi in dovere di mantenimento.

Separazione personale dei coniugi

Cessazione legalmente sanzionata dell’obbligo di convivenza dei coniugi.

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Mezzo attraverso il quale si sospendono alcuni effetti del matrimonio. La separazione non acquista efficacia
senza l'intervento del giudice. Può essere di due tipi consensuale e giudiziale

Effetti sospesi: cessazione dell’obbligo di convivenza, assistenza collaborazione e sostegno economico, ma


non di quello si sostegno alimentare
Differenza con il divorzio: la separazione non permette ai soggetti di convolare a nuove nozze e non fa
cessare gli effetti giuridici del matrimonio
Sanatoria: la separazione è vista dall’ordinamento come una situazione transitoria e precaria, perciò può
essere fatta cessare in qualsiasi momento, senza bisogno di formalità alcuna con una riconciliazione, che
può manifestarsi anche in via di mero fatto, attraverso la ripresa della convivenza.

La separazione può essere di due tipi:


• Giudiziale: ex 150 è pronunciata dal tribunale su ricorso di uno dei coniugi quando avvengono fatti
tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio
all'educazione dei figli
• Consensuale: avviene d'accordo tra le parti. Acquista efficacia solo con l'omologazione da parte del
tribunale. Il tribunale può rifiutare l'omologazione della separazione quando l'accordo dei coniugi
relativamente all'affidamento e al mantenimento dei figli sia in contrasto con i loro interessi

Addebito della separazione: In aggiunta alla richiesta di separazione giudiziale si può chiedere
l'addebitabilità della separazione all' altro coniuge poiché ha tenuto un comportamento contrario ai doveri
che nascono dal matrimonio.
L'accoglimento della richiesta da parte del tribunale comporterà una serie di conseguenze sfavorevoli nei
confronti del coniuge che sia venuto meno ai suoi doveri. Accade, infatti, che il coniuge " colpevole " dovrà
garantire il mantenimento all'altro coniuge quando questi non abbia adeguati redditi propri (art. 156 c.c.).
Precisiamo, ancora, che " i redditi adeguati " capaci di far venir meno il diritto al mantenimento non sono
solo quelli sufficienti a soddisfare i bisogni del coniuge, ma anche quelli che permettono di mantenere in
tenore di vita simile a quello tenuto durante la convivenza.
• Effetti: gravi limitazioni successorie per il coniuge che responsabile dell’avvenuta separazione

Negoziazione assistita:
Separazione consensuale innanzi all’ufficiale di stato:

Scioglimento del matrimonio

Art.149: Il matrimonio si scioglie con la morte di uno dei coniugi e negli altri casi previsti dalla legge.

Morte di uno dei coniugi: con la morte si scioglie il matrimonio, ma non ne cessano tutti gli effetti. Il
coniuge superstite conserva una serie di diritti e obblighi, come quelli ereditari, la pensione di reversibilità,
il divieto temporaneo di contrarre nuove nozze (art 89 c.c.) etc.
Dichiarazione di morte presunta: è equiparata alla morte, ma se il presunto morto ritorna il matrimonio
contratto è nullo
Divorzio: con il divorzio si scioglie il matrimonio civile o cessano gli effetti del matrimonio concordatario
• Fonti: la legge del 1970 con cui è stato introdotto l’istituto del divorzio.
• Cause: Il divorzio si atteggia nell’ordinamento italiano quale rimedio al fallimento coniugale ed è
quindi ammissibile solo in caso di impossibilità di mantenere o ricostituire il vincolo matrimoniale.
Atre cause sono es. condanna penale per reati contro coniuge/figli, mancata consumazione del
matrimonio, condanna penale passata in giudicato per reati particolarmente gravi ecc.
• Tentativo di riconciliazione: il giudice deve sempre esperire pregiudizialmente un tentativo di
riconciliazione, in caso di una mancata conciliazione provvederà a vedere se vi sono le effettive
cause, elencate nell’art.3 della legge 1970, che possono dar via al divorzio.

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• Corresponsione dell’assegno divorzile: secondo l’opinione tradizionale l’assegno post


matrimoniale doveva essere idoneo a consentire al coniuge beneficiario di conservare un tenore di
vita analogo a quello tenuto durante il matrimonio. Le ultime sentenze della Cassazione hanno
invece definito che l’assegno divorzile vada erogato solo in caso di mancanza di autosufficienza
economica dell’ex coniuge, in virtù della natura assistenziale dell’assegno, escludendo così il diritto
alla conservazione del tenore di vita goduto durante il matrimonio.
• Cessazione del diritto all’assegno: una volta che l’ex coniuge abbia costruito una nuova famiglia
perde il diritto all’assegno divorzile.

Divorzio breve: prima della legge del 2015, la separazione personale dei coniugi doveva durare almeno per
3 anni. A seguito della riforma la durata è stata ridotta a 12 mesi dalla prima comparizione dei coniugi
innanzi al presidente del tribunale e 6 mesi in caso di separazione consensuale.

Provvedimenti riguardo ai figli nella crisi di coppia

L'articolo 147 c.c. impone ad entrambi i coniugi di mantenere e istruire ed educare i propri figli tenendo
conto della loro personalità secondo le regole già viste in tema di responsabilità genitoriale. Ricordiamoli
brevemente riportando l’art. 315 bis:
1. Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel
rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.
2. Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti.
3. Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di
discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.
4. Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie
sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa”.

Secondo l'articolo 155 del codice civile il giudice di pronunciare la separazione addotta una serie di
provvedimenti relativi ai figli indipendentemente dalla eventuale richiesta di addebitabilità

In particolare il giudice:
• verifica se è possibile affidare i figli ad entrambi i genitori, e se ciò non è possibile, stabilisce a quale
di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun
genitore
• stabilisce la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura,
all'istruzione e all'educazione dei figli
• prende atto, se non contrari all'interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni
altro provvedimento relativo alla prole
• stabilisce la misura dell'assegno periodico secondo i parametri stabiliti dallo stesso art. 155.

Affidamento congiunto: Mentre per il vecchio articolo 155 c.c. l''esercizio della patria potestà spettava al
coniuge affidatario (anche se le decisioni di maggiore interesse erano adottate da entrambi i coniugi), il
nuovo testo dell'art. 155 c.c. introdotto nel 2006 ha previsto il c.d. "affidamento congiunto".
Si è quindi stabilito che la potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori, e le decisioni di maggiore
interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione e alla salute sono assunte di comune accordo, ma
tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli, i quali hanno diritto di
conservare un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno genitore.
In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice seguendo la procedura ex art. 709 ter c.p.c.
Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori
esercitino la potestà separatamente.

Regime patrimoniale della famiglia

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Il legislatore ha concepito la famiglia come luogo dove tutti i suoi membri sono obbligati a collaborare per
l'interesse comune.
I coniugi, in particolar modo, decidono concordemente della vita familiare ed il legislatore, in armonia con
questi scopi, è intervenuto per regolare anche i rapporti economici che la famiglia intrattiene con i terzi.

Si potrebbe prevedere che per le obbligazioni assunte dai coniugi e per gli acquisiti da loro effettuati, il
singolo coniuge sia singolarmente responsabile per le obbligazioni assunte e solo a lui debbano essere
riferiti gli acquisiti.

In tal modo, però, si minerebbe quella unità familiare che il legislatore ha voluto creare, anteponendo
l'interesse personale del coniuge a quello della famiglia nel suo complesso, e, in considerazione di ciò, il
legislatore ha scelto come regime patrimoniale privilegiato nei rapporti tra i coniugi quello della comunione
legale dei beni, prevista negli artt. 177 e ss. del codice civile.

Il regime di comunione legale è quindi "automatico" nel senso che viene adottato in mancanza di una
diversa dichiarazione di volontà (art. 159 c.c.).

Comunione legale

Art.159: Il regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di diversa convenzione stipulata a
norma dell'articolo 162, è costituito dalla comunione dei beni

Diritto transitorio: la comunione dei beni è il regime patrimoniale ordinario della famiglia che si adotta solo
se non diversamente stabilito. Per le coppie sposate prima dell’entrata in vigore della legge nel 1975, una
norma transitoria prevedeva la possibilità tramite dichiarazione unilaterale di uno dei coniugi ad un
pubblico ufficiale di voler rimanere nel precedente regime di separazione dei beni.
Scelta del regime patrimoniale: per le coppie sposatesi dopo il 1975, la scelta di modificare il regime
patrimoniale della coppia deve essere convenuto mediante accordo stipulato per atto pubblico o risultante
dall’atto di celebrazione del matrimonio. Mediante atto pubblico i coniugi possono anche accordarsi per la
costituzione di un fondo patrimoniale o per dar luogo ad una comunione convenzionale, nessun’altra
convenzione è consentita (es. divieto di costituzione di dote, o deroga dei diritti/doveri matrimoniali)
Opponibilità ai terzi delle convenzioni matrimoniali: le convenzioni possono essere stipulate anche dopo il
matrimonio, sono opponibili ai terzi solo se annotate a margine dell’atto matrimoniale.

Differenze rispetto alla comunione ordinaria: la comunione legale non è una comunione universale perchè
ha per oggetto gli acquisti compiuti durante il matrimonio e non tutti i beni del patrimonio.
Essa è sottoposta ad un regime speciale previsto dagli articoli 177 e ss. del codice civile che disciplinano non
solo il modo del godimento, ma anche il modo di acquisto di nuovi beni e crediti. Le norme sulla comunione
ordinaria si applicano solo in via residuale; ne possono far parte anche crediti.
Nell’ambito del regime di comunione si possono distinguere tre categorie di beni:
• Beni di comunione immediata: divengono oggetto di contitolarità dei coniugi fin dal loro acquisto
• Beni di comunione de residuo: cadono in comunione soltanto al momento dello scioglimento della
comunione stessa
• Beni personali: beni che rimangono di titolarità esclusiva del singolo coniuge

Costituiscono oggetto della comunione:


1. gli acquisti compiuti dai due coniugi, insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione
dei beni personali
2. le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio
3. i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della
comunione (es. redditi personali dei coniugi, i risparmi)

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4. i proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non
siano stati consumati (es. redditi personali dei coniugi, i risparmi)

Vediamo che non tutti i beni oggetto della comunione hanno lo stesso regime giuridico.
I primi due, infatti, vi rientrano sempre e comunque; mentre gli ultimi, due fanno parte della comunione
solo al momento del suo scioglimento (comunione de residuo).
• Es. uno dei coniugi abbia ricevuto il canone di locazione del mese di aprile di un suo immobile e che
tale somma di denaro non sia stata ancora spesa. Nel caso di scioglimento della comunione proprio
ad aprile, il coniuge proprietario dovrà dividere con l'altro tale somma di denaro, ma non le
successive che percepirà come canone di locazione per i mesi successivi.

Beni personali: ex 179, sono beni personali


1. i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un
diritto reale di godimento
2. i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando
nell'atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla comunione
3. i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori (cioè di beni che non si
prestano ad un uso comune, come vestiti, ma anche gioielli, pellicce, etc.)
4. i beni che servono all'esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione
di un'azienda facente parte della comunione
5. i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale
o totale della capacità lavorativa
6. i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio,
purché ciò sia espressamente dichiarato all'atto dell'acquisto

Sono, quindi, beni personali quelli acquistati prima del matrimonio, mentre per gli acquisti avvenuti
successivamente l'art. 179 distingue due categorie e cioè:
• beni che appartengono in ogni caso ad uno dei coniugi;
• beni che possono essere convenzionalmente escludi dalla comunione.

Nel secondo gruppo rientrano i beni acquistati con il prezzo ricevuto dalla vendita di beni personali o con il
loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato nell'atto di acquisto.
• Es. il marito vende un appartamento di sua proprietà esclusiva e con il ricavato acquista un nuovo
immobile durante il matrimonio, tale acquisto non rientrerà nella comunione solo se il marito
dichiari, all'atto dell'acquisto, che l'immobile è acquistato con il prezzo della vendita del suo
appartamento.

Beni immobili: L'articolo 179 dispone, infine che:" L'acquisto di beni immobili, o di beni mobili elencati
nell'articolo 2683, effettuato dopo il matrimonio, è escluso dalla comunione, ai sensi delle lettere c), d) ed f
quando tale esclusione risulti dall'atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l'altro coniuge".
Crediti: la Cassazione ha decretato che se il diritto di credito assume un valore di scambio (es. titoli
obbligazionari) esso cadrebbe nella comunione legale, in caso contrario il credito ne sarebbe escluso

Amministrazione della comunione


Atti di ordinaria amministrazione e rappresentanza processuale: ex 180 in virtù del principio di
eguaglianza, l’amministrazione della comunione immediata spetta disgiuntamente ad entrambi coniugi.
Atti di straordinaria amministrazione, contratti di acquisto di diritti personali di godimento: spettano
congiuntamente ad entrambi i coniugi

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Rifiuto di uno dei coniugi al compimento di atti di straordinaria amministrazione: ex 181 Se uno dei
coniugi rifiuta il consenso per la stipulazione di un atto di straordinaria amministrazione o per gli altri atti
per cui il consenso è richiesto, l'altro coniuge può rivolgersi al giudice per ottenere l'autorizzazione nel caso
in cui la stipulazione dell'atto è necessaria nell'interesse della famiglia o dell'azienda
Atti compiuti senza il consenso del coniuge: sono annullabili se riguardano beni immobili o mobili
registrati, se gli atti riguardano beni mobili il coniuge che li ha compiuti senza il consenso dell'altro è
obbligato a ricostituire la comunione nello stato in cui era in precedenza, se ciò non fosse possibile deve
pagare alla comunione l’equivalente.

Obblighi gravanti sulla comunione: I beni in comunione costituiscono la garanzia principale per le
obbligazioni contratte dai coniugi e rispondono in via sussidiaria anche dei debiti assunti dal coniuge nei
confronti di creditori particolari
• Sulla comunione rispondo tutti i carichi dell’amministrazione, di ogni obbligazione contratta dai
coniugi e dagli stessi anche disgiuntamente nell’interesse della famiglia.
• Responsabilità delle obbligazioni contratte dai coniugi: i creditori possono soddisfarsi sui beni della
comunione e solo in via sussidiaria sui beni personali dei coniugi, ma solo nella misura della metà
del credito per coniuge
• Responsabilità del singolo coniuge: i creditori del singolo coniuge possono soddisfarsi sui beni in
comunione solo quando quelli del singolo coniuge non fossero sufficienti, questo fino al valore della
quota sulla comunione del coniuge: cioè metà.
Creditori privilegiati: sono preferiti i creditori della comunione a quelli del singolo coniuge.

Scioglimento della comunione

La comunione legale si scioglie per


1. Morte di un coniuge
2. Sentenza di divorzio
3. Dichiarazione di assenza o di morte presunta di un coniuge
4. Annullamento del matrimonio: la sentenza ha valore ex nunc e perciò non elimina
retroattivamente l’efficacia della comunione, ma vale solo per il futuro
5. Separazione personale: è necessaria prima la sentenza del giudice, non basta quella di fatto
6. Separazione giudiziale dei beni: può essere richiesta da un coniuge, qualora ricorra una delle
ipotesi previste ex 193 (es. interdizione, inabilitazione, mancata contribuzione del coniuge ecc.)
7. Convenzione tra i coniugi nella quale si stabilisca di abbandonare il regime di comunione legale per
sostituirlo con un altro consentito dalla legge
8. Fallimento di un coniuge

Verificatasi una causa di scioglimento della comunione, sarà necessario procedere alla divisione dei beni
comuni da farsi in parti uguali tra moglie e marito (art 194 c.c.) e ciò perché, come già si è visto, la
comunione legale dei beni si svolge sempre "alla pari ".
Non sono ammissibili accordi tra i coniugi che stabiliscano quote diverse. Il procedimento da seguire sarà
quello ordinario previsto per la divisione dei beni comuni. Si presume che i beni mobili facciano parte della
comunione, (art. 195 c.c.) ma i coniugi stessi ed i loro eredi hanno diritto a prelevare dalla comunione i beni
mobili personali e quelli che vi sono entrati per successione o donazione purché riescano a fornire la prova
circa la proprietà o provenienza di detti beni.

Comunione convenzionale

Il regime patrimoniale della famiglia alternativo a quello della comunione legale che si ottiene modificando
il regime della comunione legale (art. 210 c.c.).

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La comunione convenzionale è l'unico regime di comunione dei beni alternativo a quello legale, quindi i
coniugi possono scegliere solo tra il regime di comunione legale e quello di comunione convenzionale;
diversamente dovranno abbandonare l'idea della comunione e scegliere il regime patrimoniale della
separazione dei beni.

Uguaglianza: l'articolo 210 del codice civile stabilisce, inoltre, che la comunione dev'essere stipulata
sempre "alla pari"; non sarebbe valido, quindi, il patto con il quale uno dei coniugi abbia diritto ad una
quota superiore a quella dell'altro.
Amministrazione: i beni in comunione convenzionale devono essere regolati dalle norme relative alla
comunione legale.
Limiti all’autonomia dei privati: La comunione convenzionale lascia, in definitiva, ben poco spazio
all'autonomia dei coniugi che potrebbero farvi rientrare quei beni personali ricevuti prima del matrimonio o
quelli ricevuti successivamente per donazione o successione.
Obbligazioni: l'articolo 211 del codice civile dispone che per le obbligazioni contratte da uno dei coniugi
prima del matrimonio, la comunione risponde solo nei limiti del valore di detti beni. Se, quindi, avevo prima
del matrimonio un appartamento che vale 100 e decido di farlo rientrare nella comunione convenzionale, i
miei vecchi creditori saranno per sempre garantiti dai beni della comunione, ma solo per il valore di 100.
Forma: la comunione convenzionale può essere stipulata solo per atto pubblico o nelle forme previste
dall'articolo 162 c.c. a pena di nullità.

Separazione dei beni


Art. 215: con il regime di separazione dei beni i coniugi convengono che ciascuno di essi conservi la
titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio

Il regime patrimoniale privilegiato del matrimonio è quello della comunione legale dei beni, ma iconiugi
possono decidere di optare per la comunione convenzionale o per la separazione dei beni.
Validità: Ex 162 i coniugi se vorranno optare per la separazione dei beni dovranno espressamente
dichiararlo nell'atto di matrimonio oppure successivamente per atto pubblico.

Analogie e differenze con il regime patrimoniale delle persone non sposate: il regime di separazione dei
beni pone i coniugi in una situazione analoga a quella delle persone non sposate, ma vi sono delle
differenze. È stabilito, infatti, che:
• Godimento esclusivo: Ciascun coniuge ha il godimento e l'amministrazione dei beni di cui è titolare
esclusivo ma il coniuge può ricevere procura per amministrare i beni dell'altro.
• Uso dei beni del coniuge: il coniuge che gode dei beni dell'altro coniuge è soggetto a tutte le
obbligazioni dell'usufruttuario

Prova di proprietà: Per quanto riguarda i beni acquistati durante il matrimonio, si presume che siano di
entrambi i coniugi secondo le norme della comunione ordinaria, ma ogni coniuge può provare, nei
confronti dell'altro, la proprietà esclusiva (art. 219 c.c.).

Fondo patrimoniale

La riforma del 1975 prevede la possibilità che venga istituito il fondo patrimoniale, fondo in cui i coniugi
vincolano determinati beni per i bisogni della famiglia.
Tali beni sono assoggettati ad un regime di amministrazione particolare e possono essere espropriati dai
creditori solo alla presenza di particolari condizioni.

Costituzione: il fondo può essere costituito da uno o entrambi i coniugi, ma anche da un terzo (es. il
suocero). La costituzione deve avvenire per atto pubblico o testamento.
Oggetto: beni immobili, mobili registrati o titoli di credito.

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Titolarità dei beni: salva diversa disposizione, appartiene ad entrambi i coniugi


Amministrazione: il fondo risponde alle norme previste per la comunione legale.
Alienazione dei beni: i beni del fondo non possono essere alienati, ipotecati o dati in pegno senza il
consenso di entrambi i coniugi, in presenza di figli minori è necessario il permesso del tribunale
Limiti all’espropriabilità dei beni: solo i creditori che erano a conoscenza del fatto che i debiti erano stati
contratti per i bisogni della famiglia potranno soddisfarsi su tale fondo.
Cessazione: la destinazione del fondo cessa con l’annullamento del matrimonio o il divorzio.

Impresa familiare

Art.230 bis: impresa in cui collaborano in maniera continuativa il coniuge, i parenti entro il terzo grado,
gli affini entro il secondo dell'imprenditore

Questa figura di impresa è stata introdotta con la riforma del diritto di famiglia per tutelare le posizioni di
coloro che, legati da vincoli di parentela o di affinità con l'imprenditore, prestano la loro attività lavorativa a
favore dell'impresa.
Funzione di tutela: Può succedere, infatti, che a causa di detti rapporti di parentela l'imprenditore (di solito
anche "capo famiglia") possa abusare di questa sua posizione nei confronti dei suoi parenti.
Se, quindi, il familiare non lavora nell'impresa ad altro titolo, magari con un regolare contratto di lavoro
subordinato, la legge gli garantisce comunque una tutela.

Diritti dei familiari dell’imprenditore:


1. Mantenimento: diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia
2. Partecipazione agli utili: partecipare agli utili dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con essi
nonché agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, in proporzione alla quantità e
qualità del lavoro prestato
3. Partecipazione alla gestione dell'impresa: le decisioni concernenti l'impiego degli utili e degli
incrementi nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla
cessazione dell'impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano alla impresa
stessa
4. Trasferimento dei diritti di partecipazione: i diritti che scaturiscono dalla partecipazione
all'impresa familiare sono intrasferibili, a meno che il trasferimento non sia a favore di altro
familiare che possa far parte di detta impresa e con il consenso di tutti gli altri. La liquidazione dei
diritti di partecipazione, per qualsiasi causa avvenga, può avvenire anche in denaro
5. Diritto di prelazione: in caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell'azienda i familiari
partecipi hanno diritto di prelazione sulla azienda

La filiazione
In passato si distingueva tra figli legittimi (nati nel matrimonio) e figli naturali (nati fuori dal matrimonio),
ma con una serie di decreti legislativi culminati con il decreto legislativo del 2013 ogni distinzione è stata
abolita, di conseguenza non vi è più differenza di status giuridico fra figli legittimi e naturali è considerato
dalla legge la stessa, indipendentemente dalle condizioni dei suoi genitori.

Originaria differenza fra figli: il figlio legittimo la parentela si estendeva a tutti i parenti dei genitori e
comportava l’instaurazione del rapporto di affinità, mentre per il figlio naturale era limitato esclusivamente
al rapporto con il genitore che lo aveva riconosciuto.
I figli naturali inoltre erano ex lege successori solo del genitore che lo aveva riconosciuto e non aveva
nessun diritto legale rispetto alla successione degli altri consanguinei (es. gli zii)

Presunzioni di paternità: mentre l’accertamento di maternità si basa sul “mater semper certa” per quanto
riguarda la paternità del figlio nato in costanza di matrimonio si vanno a creare due presupposizioni:

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• Il marito è padre del figlio concepito o nato durante il matrimonio ex 231, salvo azioni per
disconoscere il figlio
• Si ritiene concepito durante il matrimonio il bambino che nasca quando non siano passati più di 300
giorni dalla fine del matrimonio

Prova della filiazione


Art. 236: Lo status di figlio si prova con l’atto di nascita, iscritto nei registri dello stato civile

Azione di reclamo dello stato di figlio: se manca l’atto di nascita è necessario il possesso di stato di figlio
• Fatti costitutivi del possesso di stato: Il possesso di stato risulta da una serie di fatti che nel loro
complesso valgano a dimostrare le relazioni di filiazione e di parentela fra una persona e la famiglia
a cui essa pretende di appartenere.
In ogni caso devono concorrere i seguenti fatti:
1. Il genitore abbia trattato la persona come figlio ed abbia provveduto in questa qualità al
mantenimento, all'educazione e al collocamento di essa.
2. La persona sia stata costantemente considerata come figlio nei rapporti sociali.
3. Sia riconosciuto come figlio dalla famiglia.
Prova: in mancanza di atto di nascita e possesso di stato la prova della filiazione può darsi nell’ambito
dell’azione di reclamo dello stato di figlio con ogni mezzo.

Azione di contestazione di stato: dall’atto di nascita o in virtù del possesso di stato un soggetto può
risultare figlio di genitori che potrebbero non esserlo. L’azione è imprescrittibile ed esperibile da chiunque
vi abbia interesse, senza limite ai mezzi di prova.

Azione di disconoscimento della paternità

La presunzione di paternità può essere superata mediante l’azione di disconoscimento di paternità

Legittimati attivi: l'azione di disconoscimento di paternità del figlio nato nel matrimonio può essere
esercitata dal marito, dalla madre e dal figlio medesimo.
Legittimati passivi: ex 247 il presunto padre, la madre ed il figlio sono litisconsorti necessari nel giudizio di
disconoscimento.

Ammissibilità: l’azione di disconoscimento è ora sempre ammessa ex 243 bis


Libertà della prova: la prova non paternità può essere fornita con ogni mezzo
Termini: i termini temporali di decadenza variano a seconda dei casi descritti nell’art.244, il termine varia
da un anno dalla nascita per il marito ai 5 anni dalla nascita in caso di adulterio o impotenza.
• L’azione proposta dal figlio maggiorenne è imprescrittibile

Incapacità d’agire dei legittimati: il termine è sospeso nei confronti di chi si trovi in stato di interdizione per
infermità mentale o incapacità di provvedere ai propri affari; l’azione è esperibile per conto del figlio da un
curatore speciale nominato dal pubblico ministero, dal tutore legale o da un altro curatore speciale.
• Se il figlio titolare dell'azione di disconoscimento di paternità è morto senza averla promossa sono
ammessi ad esercitarla in sua vece il coniuge o i discendenti nel termine di un anno che decorre
dalla morte del figlio o dal raggiungimento della maggiore età da parte di ciascuno dei discendenti.

Riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio

Il riconoscimento è l'atto con il quale uno od entrambi i genitori si attribuiscono la paternità o maternità di
una data persona

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Validità: Il riconoscimento non è vicenda che si verifica automaticamente, ma si produce solo alle
condizioni previste dal codice civile agli articoli 250 e seguenti, perciò può avvenire:
• Nell'atto di nascita (art. 254 c.c.)
• Successivamente alla nascita o dal concepimento con una successiva apposita dichiarazione resa:
1. all'ufficiale dello stato civile;
2. al giudice tutelare;
3. In un atto pubblico;
4. in un testamento (in tal caso avrà effetto dal momento della morte del testatore anche se il
testamento è stato revocato);
• è nulla ogni clausola diretta a limitarne gli effetti (art. 257 c.c.), e una volta compiuto, il
riconoscimento è irrevocabile.

Forma: atto solenne da fare o tramite atto pubblico o nell’atto di nascita ab substantiam
Capacità: la capacità di effettuare il riconoscimento di un figlio naturale si acquista a 16 anni
• se la persona riconosciuta è ha più di 14 anni è necessario il suo consenso

Riconoscimento dei figli incestuosi: prima della novella erano categoricamente vietato il riconoscimento di
figli nati da rapporti incestuosi, salvo la buona fede dei genitori che ignorassero il vincolo di parentela che li
unisse; ora con la nuova disciplina può esser riconosciuto previa autorizzazione giudiziale, che va condotta
nella sola prospettiva della tutela dell’interesse del figlio
Cognome del figlio nato fuori dal matrimonio: prende il cognome del genitore che lo ha riconosciuto per
primo, se è riconosciuto da entrambi i coniugi prende quello del padre

Impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità: Il riconoscimento è irrevocabile ex 256, ma


questo non vuol dire che non possa mai essere contestato dallo stesso autore dell'atto, dal riconosciuto o
da chiunque vi abbia interesse, quando si pensi che non corrisponda a verità.
L'art. 263 del codice civile prevede una specifica azione che permette d'impugnare il riconoscimento,
l’impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità, legittimati sono:
• L’autore del riconoscimento: l'azione deve essere proposta nel termine di un anno che decorre dal
giorno dell'annotazione del riconoscimento sull'atto di nascita, ma se riconoscimento è stato
ottenuto con violenza, il termine per effettuare l'impugnazione è di un anno dal giorno in cui la
violenza è cessata ai sensi dell’art.265
• l’autore del riconoscimento se prova di aver ignorato la propria impotenza al tempo del
concepimento, il termine di un anno decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza; nello stesso
termine di un anno la madre che ha effettuato il riconoscimento è ammessa a provare di aver
ignorato l'impotenza del presunto padre.
• Decadenza: in tutti i casi appena citati, l'azione non può essere proposta oltre cinque anni
dall'annotazione del riconoscimento.
• per tutti gli altri legittimati l’azione deve essere proposta nel termine di cinque anni che decorrono
dal giorno dall'annotazione del riconoscimento sull'atto di nascita. Si applica l’art. 245 sulla
sospensione dei termini.
• Legittimazione del figlio: l’azione è imprescrittibile.
• Prova: il difetto di veridicità può essere provato con tutti i mezzi possibili.
• Trasmissibilità dell’azione: l’azione di impugnazione è trasmissibile ai discendenti ed ascendenti di
colui che ha effettuato il riconoscimento. La morte dell’autore o del figlio non precludono
l’esercizio dell’azione da parte di chi ne abbia interesse

Dichiarazione giudiziale della paternità o maternità

Se i genitori non hanno provveduto al riconoscimento, il figlio può promuovere un procedimento giudiziario
per ottenere l’accertamento del rapporto di filiazione e l’attribuzione dello status che gli spetta.

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Legittimazione: possono proporre l'azione il figlio oppure, in caso di morte di quest'ultimo prima di avere
iniziato l'azione, i suoi discendenti entro due anni dalla morte (art. 270 ), si applica la sospensione dei
termini ex art. 245, ma per il figlio l’azione è imprescrittibile; può anche essere intentata dal genitore che
esercita la responsabilità genitoriale oppure dal tutore previa autorizzazione del tribunale (art. 273);
l'azione è proposta nei confronti del presunto genitore o dei suoi eredi; se mancano tali soggetti la
domanda deve essere proposta nei confronti di un curatore nominato dal giudice
Ammissibilità dell'azione: secondo l'articolo 274 l'azione deve essere ammessa in via preliminare dal
tribunale solo quando concorrono specifiche circostanze tali da farla apparire giustificata; in altre parole il
tribunale dovrà accertare preliminarmente la probabilità di successo dell'azione (fumus boni iuris) prima
dell'inizio del procedimento vero e proprio. Non è in ogni caso ammissibile l'azione richiesta al di fuori dei
casi in cui riconoscimento è ammesso (art. 269 c.c.).
Prova del rapporto di filiazione: la prova della maternità e della paternità può essere data con ogni mezzo,
In ogni caso non costituisce prova la dichiarazione della madre con la quale indichi il presunto padre.
Effetti della sentenza che dichiara la filiazione: ha gli stessi effetti del riconoscimento (art. 277).

Responsabilità genitoriale
Insieme dei diritti e dei doveri, di volta in volta indicati dalla legge, che spettano e gravano su entrambi i
genitori verso figli.
In casi particolari la responsabilità è esercitata da un solo genitore.

La responsabilità genitoriale è stata introdotta dal d.lgs. 154\2013 che ha riscritto gli articoli art. 315 e ss.
del codice civile. Da un lato ha meglio individuato i doveri dei genitori verso i figli, e dall’altro ha
puntualizzato i doveri dei figli verso i loro genitori.
Notiamo che la responsabilità genitoriale si ha in tutti i casi in cui vi siano dei figli, prescindendo dal fatto
che questi siano nati all’interno o al di fuori del matrimonio.

La responsabilità genitoriale ha quindi sostituito la vecchia potestà dei genitori.


Il codice non definisce tale potere-dovere, per una precisa scelta legislativa, poiché il concetto potrà
evolvere in relazione all’evoluzione sociale e giuridica della società. È esercitata di comune accordo da
entrambi i genitori; sempre di comune accordo i genitori stabiliscono la residenza abituale del minore.
In merito alla durata della responsabilità, questa non cessa a seguito di separazione, scioglimento,
cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio; il suo esercizio, in questi casi è
determinato dagli articoli 337 bis e seguenti del codice.
Può darsi che uno dei genitori sia impossibilitato all’esercizio della responsabilità (art. 317) per lontananza,
incapacità o altro impedimento. In tal caso la responsabilità è esercitata in modo esclusivo dall’altro.

Attualmente, quindi, i reciproci diritti e doveri dei figli e dei genitori sono disciplinati in due pari diverse del
codice civile, e cioè dall’art. 315 all’art. 337 octies, e dall’art. 143 al 148, che disciplinano in generale i diritti
e doveri che nascono dal matrimonio, tra i quali spiccano quelli verso i figli.
In primo luogo, essendo cessata ogni disparità di trattamento tra figli nati nel matrimonio e figli nati al di
fuori del matrimonio, l’art. 315 dispone che:” Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”

Diritti e doveri del figlio: sono elencati dall’art.315 bis


• Il figlio deve rispettare i genitori
• Il figlio deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio
reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa.
• Il figlio ha l’obbligo di risiedere presso la casa dei genitori.
• Il figlio ha diritto ad essere mantenuto, educato, istruito ed essere assistito dai genitori
• Il figlio ha diritto a crescere con la famiglia
• Il figlio ha diritto a mantenere rapporti significativi con i parenti

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Diritto d’ascolto: Se il figlio minore ha compiuto i 12 anni, o se ha meno di quell’età, ma ha raggiunto una
capacità di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni/procedure che lo riguardano.
Mancanza di accordo fra i coniugi: In tal caso l’art. 316 al secondo comma, dispone che in caso di contrasto
sull’esercizio della responsabilità, ma solo su questioni di particolare importanza (es. gli studi del figlio), i
genitori possono ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei.
Concorso negli oneri: i genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle
rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non
hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai
genitori stessi i mezzi necessari affinché' possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli
Amministrazione dei beni del minore: per gli atti di ordinaria amministrazione possono essere compiuti
disgiuntamente da ciascun genitore, per quelli si straordinaria amministrazione possono essere compiuti
solo per necessità o utilità del figlio, previa autorizzazione del giudice
Annullabilità: gli atti compiuti senza l’osservanza delle norme possono essere annullate su istanza dei
genitori, del figlio, dei suoi eredi o aventi causa
Usufrutto legale: i genitori non possono in nessun caso acquistare beni o diritti dei minori soggetti alla loro
responsabilità genitoriale, peno l’annullabilità. Ai genitori spetta l’usufrutto legale sui beni del figlio, il quale
differisce dall’usufrutto normale perché non è alienabile, né costituibili in garanzia o a titolo di credito.
Decadenza dalla responsabilità: il giudice può pronunciare la decadenza quando il genitore viola o trascura
i suoi doveri o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio. Il giudice può ulteriormente indire
l’allontanamento del genitore dal figlio abusato.
• Reintegro: il genitore può essere reintegrato nella responsabilità genitoriale qualora venissero
meno o cessassero i motivi della decadenza
Controllo giudiziale dell’amministrazione: qualora il patrimonio del minore fosse mal amministrato il
giudice può nominare un curatore, sostituendo uno o entrambi i genitori, o privarli dell’usufrutto legale.

Tutela del minore: si apre nel caso i genitori muoiano o non possono più esercitare la responsabilità
• Organi: sono il giudice tutelare ed il protutore.
• Nomina del tutore: il giudice nomina quale tutore la persona designata dal genitore, in difetto di
designazione il giudice sceglie tra i parenti/affini più prossimi al minore.
• Ufficio del tutore: il tutore ha cura della persona del minore, lo rappresenta in tutti gli atti e ne
amministra i beni. Come la responsabilità genitoriale è un insieme di poteri, ma a differenza di
questa più limitata per la minor fiducia che ispira il legame fra tutore e minore, rispetto a quello
con i genitori. Il tutore deve procedere con l’inventario dei beni del minore, provvedere alla sua
educazione e mantenimento ecc. Il tutore non può compiere atti di straordinaria amministrazione
senza l’autorizzazione del tribunale.
• Prescrizioni: le azioni del minore contro il tutore si prescrivono in 5 anni dalla fine della tutela

L’adozione
Questo istituto nato originariamente per dare ad una persona che non avesse avuto figli la possibilità di
averne uno con un atto legale, ha subito nel corso degli anni una radicale trasformazione, poiché si è avuto
sempre più riguardo all'interesse del minore in stato di abbandono, cercando di inserirlo in una famiglia che
gli permetta di provvedere ai suoi bisogni e di sviluppare la propria personalità.
Per questo motivo la materia dell'adozione è regolata dalla legge n. 184 del 1983 che ha disciplinato in
maniera organica l'adozione dei minori ed ha abrogato tutte le norme del codice civile, e delle precedenti
leggi speciali, in materia.
La situazione attuale, quindi, è regolata dalla succitata legge per quanto riguarda l'adozione dei minori, e
dal codice civile limitatamente ai casi, invero molto rari, dell'adozione delle persone maggiori di età.

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Legge sulla adozione di minori, inoltre, ha previsto la figura dell'affidamento dei minori cui si ricorre in via
temporanea quando determinate circostanze impediscono al minore di vivere nella propria famiglia.

Adozione di minore
istituto previsto per il minore in situazione di abbandono perché privo di assistenza morale e materiale da
parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi e volta a fornirgli una famiglia che sia idonea ad
educarlo, istruirlo e mantenerlo

Con l'adozione si vuole quindi fornire un ambiente familiare al minore che ne è privo.
Fonti: La materia è regolata dalla legge n. 184 del 1983 che ne stabilisce le condizioni essenziali.

Condizioni relative ai minori da adottare


1. Situazione di abbandono: si realizza riguardo ai minori privi di assistenza morale e materiale da
parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia
dovuta a forza maggiore di carattere transitorio
2. Consenso del minore di anni 14: il minore il quale ha compiuto gli anni 14, non può essere adottato
se non presta personalmente il proprio consenso, che deve essere manifestato anche quando il
minore compia l'età sopraindicata nel corso del procedimento. Il consenso dato può comunque
essere revocato sino alla pronuncia definitiva dell'adozione
3. Audizione del minore di anni 12: se l'adottando ha compiuto gli anni 12 deve essere
personalmente sentito; se ha una età inferiore può, se opportuno, essere sentito, salvo che
l'audizione non comporti pregiudizio per il minore.
4. Minori di età inferiore ai 12 anni: se il minore ha una età inferiore ai 12 anni se opportuno può
essere sentito, salvo che l'audizione non comporti pregiudizio per il minore

Condizioni relative agli adottanti


1. L’adozione è permessa ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni tra i quali non sussista
separazione personale neppure di fatto
2. Idoneità ad educare, istruire ed in grado di mantenere i minori che intendono adottare
3. L'età degli adottanti deve superare di almeno 18 e di non più di 40 l'età dell'adottando

Un minore in situazione di abbandono può, quindi, essere adottato; ma l'adozione non può aver luogo
senza che il tribunale dei minorenni abbia dichiarato lo stato di adottabilità.

Dichiarazione di adottabilità: la competenza a dichiarare lo stato di adottabilità è attribuito al tribunale per


i minorenni, il quale dopo aver ricevuto la segnalazione dello stato di abbandono del minore deve
intervenire con urgenza ed al termine di una complessa procedura delineata dagli art. 8-21 della legge 184
del 1983, compiuti gli opportuni accertamenti, dichiara in seguito l’adottabilità o meno.
Affidamento preadottivo: dichiarato lo stato di adottabilità, il minore viene collocato in affidamento
preadottivo alla coppia ritenuta idonea per almeno un anno.
Sentenza di adozione: in caso di esito favorevole della prova, i cui risultati devono essere accertati dagli
interessati e dal minore, il tribunale pronuncia la sentenza, la quale è impugnabile.
• Effetti: l'adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti, assume e trasmette il cognome
degli adottanti; cessano i rapporti dell'adottato verso la famiglia d'origine, salvi i divieti
matrimoniali
Diritto dell’adottato di conoscere le proprie origini: l’art.28 della legge di riforma del 2001 sancisce il
diritto dell’adottato a conoscere la propria condizione, i genitori devono farlo nei modi e termini che
ritengono opportuni. Assicurata la riservatezza nei confronti dei terzi.

Adozione in casi particolari: Si tratta di ipotesi particolari dove prevale, in ogni caso, l'interesse del minore.

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In questi casi il soggetto non acquista lo status di figlio dell’adottante, ma acquista i diritti della filiazione
cioè mantenimento, educazione, istruzione ecc.
Comunque sia, i minori possono essere adottati al di fuori delle ipotesi ordinarie
• da persone unite al minore, orfano di padre e di madre, da vincolo di parentela fino al sesto grado o
da rapporto stabile e duraturo preesistente alla perdita dei genitori
• dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell'altro coniuge
• quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo

Adozione internazionale: essa è consentita solo quando si riveli impossibile l’adozione locale.
L’adottabilità del minore deve essere dichiarata dall’autorità del paese di origine, che deve accertarne la
corrispondenza all’interesse del bambino. L’organo che in Italia si occupa della materia la commissione per
le adozioni internazionali.
• Idoneità all’adozione: le coppie italiane interessate devono presentare una dichiarazione di
disponibilità al tribunale dei minori, il quale farà gli opportuni accertamenti per emettere il decreto
di idoneità all’adozione. Gli aspiranti genitori, una volta ottenuto il decreto devono conferire
l’incarico ad enti autorizzati a curare la procedura di adozione, l’incontro con il minore e le
formalità per l’ingresso del minore in Italia.
• Effetti: Il minore straniero acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti, dei quali assume e
trasmette il cognome. Diviene cittadino italiano per effetto della trascrizione del provvedimento di
adozione nei registri dello stato civile.

Affidamento di minori
Istituto di natura assistenziale con il quale si vuole ricostruire un adeguato ambiente familiare
al minore che ne sia temporaneamente privo

Differenza con lo stato di abbandono: Il carattere di temporaneità lo distingue dallo stato di abbandono,
presupposto dell’adozione, in quanto la situazione non è irrimediabile e definitiva, il minore viene dato in
custodia a qualcuno che deve prendersi cura di lui, provvedendo alle sue necessità materiali e morali
Fonti: legge 184 del 1983, legge 49 del 2001
Soggetti affidatari: il minore viene affidato ad una famiglia preferibilmente con figli minori, ma anche a
persone singole (cosa vietata per l’adozione)
• Diritti: esercizio della potestà dei genitori in quanto compatibile con la sua qualità di affidatario;
facoltà di ricevere, previo provvedimento del giudice, gli assegni familiari e le prestazioni
previdenziali relative al minore
• Doveri: l'affidatario deve accogliere presso di sé il minore, provvedere al suo mantenimento e alla
sua educazione e istruzione

Procedura: se i genitori/tutore del minore abbiano dato l’ok all’affidamento questo viene disposto dal
servizio sociale locale, sentito il minore che abbia almeno 12 anni, e se opportuno anche di età inferiore.
L’affidamento viene poi reso esecutivo dal giudice tutelare.
Se i genitori/tutore non abbiano dato l’assenso all’affidamento, questo può essere disposto dal tribunale
dei minori.
Durata: non può essere superiore ai 2 anni, è prorogabile dal tribunale per i minorenni
Cessazione: l’affidamento cessa con provvedimento dell’autorità che lo ha emesso quando la situazione
temporanea di difficoltà della famiglia sia venuta meno o quando la prosecuzione dell’affidamento possa
recare pregiudizio al minore
• Se la situazione di bisogno persiste è si trasforma in stato di abbandono si procede all’adozione

Adozione di maggiorenni

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serve a creare un rapporto di parentela civile quando l'adottato non sia figlio naturale o legittimo
dell'adottante

Funzione originaria: L'adozione delle persone maggiori di età ha perso l'originale funzione di creare un
rapporto di parentela tra adottato e adottante quando questi era privo di discendenza naturale o legittima.
La sentenza della Corte Costituzionale del 19 maggio 1988 numero 431 ha dichiarato illegittimo l'articolo
291 del codice civile nella parte in cui" non consente l'adozione a persone che abbiano discendenti legittimi
o legittimati maggiorenni e consenzienti ".

Funzione attuale: Allo stato attuale, quindi, le finalità di questo tipo di adozione rispondono più ad esigenze
di solidarietà sociale, come quelle di fornire assistenza a persone che si trovino in situazioni debolezza
economica o sociale, che ad esigenze di altro tipo.

Condizioni e presupposti
1. l'adottato deve essere maggiorenne
2. l'adottante deve superare di almeno 18 anni l'età dell'adottato
3. non è consentita nei confronti dei figli naturali anche se non siano stati riconosciuti
4. per l'adozione è necessario l'assenso dei genitori dell'adottando e l'assenso del coniuge
dell'adottante e dell'adottando
5. se l'adottante ha figli legittimi o naturali maggiorenni non si può procedere all'adozione senza il
loro consenso

L'adozione è consentita nei confronti di chiunque, con l'unica eccezione dei figli naturali. È addirittura
consentita l'adozione di più persone, anche con un unico atto (art. 294 c.c.), mentre non si può essere
adottati da più di una persona, salvo che gli adottanti siano coniugi.

Effetti dell’adozione:
1. produce i suoi effetti dalla data del decreto del tribunale che la pronunzia (art. 298 c.c.)
2. l'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio, se è stato adottato da coniugi
assume il cognome del marito (art. 299 c.c.), ma non si crea nessun rapporto di parentela tra
adottato e parenti dell'adottante
3. l'adottato conserva tutti i diritti e i doveri verso la sua famiglia di origine (art. 300 c.c.)
4. l'adottato acquisita i diritti di successione che spettano ai figli legittimi dell'adottante, ma
quest'ultimo non acquisita alcun diritto di successione nei confronti dell'adottato (art. 304 c.c.)

Revoca: L'adozione può, infine, essere revocata per:


1. Indegnità dell'adottante: quando l'adottato abbia attentato alla vita di lui o del suo coniuge, dei
suoi discendenti o ascendenti, ovvero si sia reso colpevole verso loro di delitto punibile con pena
restrittiva della libertà personale non inferiore nel minimo a tre anni
2. Indegnità dell'adottato: per gli stessi motivi di cui sopra, quando, però l'attentato o i reati siano
stati compiuti dall'adottante contro l'adottato/il coniuge/discendenti/ascendenti di lui.

Obbligazioni degli alimenti


Funzione etico sociale: l’obbligo alimentare del donatario si basa sul presupposto che l’appartenenza al
gruppo famigliare crea dovere di reciproca assistenza e della solidarietà in relazione ai bisogni essenziali per
la vita, per questo motivo l’ordinamento ha dato rilievo al sentimento di gratitudine che deve o dovrebbe
animare chi ha ricevuto un beneficio.

Carattere dell’obbligazione: l’assegno alimentare è una prestazione di ordine patrimoniale, per sua finalità
e presupposti, di carattere strettamente personale; cessa con la morte di uno dei soggetti, è incedibile ed
impignorabile

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Vi sono quindi due condizioni per ottenere gli alimenti:


• Lo stato di bisogno: che non è solo la mancanza del necessario per alimentarsi, ma anche la
mancanza del necessario per vestirsi, per l'abitazione etc. cioè la mancanza o l'insufficienza dei
mezzi per venire incontro alle necessità primarie della vita
• Non essere in grado di provvedere al proprio mantenimento e ciò per diverse cause, come la
malattia, da accertarsi caso per caso considerando, però, anche la posizione sociale
dell'alimentando, le sue condizioni psicofisiche e le sue capacità intellettuali.

Misura degli alimenti: secondo l'art. 438 c.c. gli alimenti sono dovuti in proporzione del bisogno di chi li
domanda ed in proporzione delle condizioni economiche di chi li somministra; sono, inoltre dovuti dal
giorno della proposizione della domanda giudiziale o dalla costituzione in mora dell'obbligato.
• Limite: l’assegno alimentare non deve superare le esigenze della vita dell’alimentando, sempre
avendo riguardo della sua posizione sociale.
Il donatario che abbia ricevuto in precedenza donazioni dal soggetto che ora si trova in stato di
difficoltà non è tenuto a ripagarlo oltre il valore della donazione ricevuta.

Variabilità dell’obbligazione: proprio perché gli alimenti devono adeguarsi al bisogno dell’alimentando e
alle condizioni economiche dell’alimentante, l’obbligazione non ha durata ne misura stabilita.
Cessazione: l’obbligazione alimentare cessa una volta venuto meno la situazione di bisogno o siano mutate
le condizioni economiche dei soggetti.

Ordine tra gli obbligati: Gli obbligati agli alimenti sono determinati in via decrescente secondo il grado di
parentela. In altre parole sono obbligati per primi i parenti di grado più vicino (il coniuge ed i figli), poi via
via tutti gli altri sino giungere ai suoceri (art. 433 c.c.) anche se fra i coniugi esiste un più ben ampio obbligo
all'assistenza morale e materiale (art. 143 c.c.).
Particolare è la posizione del donatario che è tenuto agli alimenti con precedenza su ogni altro obbligato, a
prestare gli alimenti al donante (art. 437 c.c.), non oltre, però, il valore della cosa donata.
Concorso di più obbligati: se vi sono più obbligati nello stesso grado, tutti devono concorrere in
proporzione delle proprie condizioni economiche (art. 441 c.c.)

Unioni civile e convivenze


Fonti: Le unioni civili e le convivenze di fatto sono state introdotte con la legge 76 del 2016

Unione civile: a differenza del matrimonio, viene qualificata come formazione sociale tutelata dell’art.2
della Costituzione. La disciplina in materia si rifà ed è plasmata sulla disciplina stabilita per il matrimonio.
• Costituzione: l’unione civile si costituisce di fronte all’ufficiale di stato civile in presenza di due
testimoni e viene registrata nell’archivio di stato civile.
• Differenze con il matrimonio: la costituzione di unione civile non deve essere preceduta da
pubblicazione; non vi è obbligo di fedeltà; la coppia deve decidere quale cognome adottare e poi
eventualmente aggiungerlo al proprio mentre nel matrimonio la moglie prendere quello del marito.
• Analogie con il matrimonio: per quanto riguarda impedimenti, cause di invalidità, diritti e doveri e
regime patrimoniale l’unione civile non si discosta dalla disciplina del matrimonio.
• Adozione: l’adozione per le coppie gay è espressamente vietata, anche se è ritenuta in certi casi
ammissibile la stepchild adoption del figlio del partner, questo però non crea vincoli di filiazioni.
• Successione: al superstite spettano i diritti che la legge attribuisce al coniuge del defunto con
riferimento sia alla successione ab intestato, sia alla quota di riserva; viene così introdotta una
nuova categoria di legittimari. si applicano le norme su collazione, patto di famiglia ed indegnità.

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• Scioglimento: per le unioni civili non è previsto l’istituto della separazione personale, ma solo
quello dello scioglimento, che può avvenire per morte di una parte o per causa di divorzio.

Convivenze: il problema di fondo della convivenza attiene alla descrizione della fattispecie e alla sua
riconoscibilità, proprio perché si tratta di una situazione di fatto, poiché non trae origine da un atto formale
ma da una condotta di vita degli interessati.
• Definizione: ex 36 della legge 76 del 2016, sono conviventi due persone maggiorenni uniti
stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza, non vincolate da rapporti di
parentela, affinità o adozione, matrimonio o unione civile.
• Effetti: la convivenza non determina obblighi di coabitazione e reciproca assistenza morale e
materiale. La convivenza assume valore giuridico quando anche senza i doveri del vincolo
coniugale, la coppia sia unito da un legame affettivo e si presti vicendevolmente aiuto.
• Successione: il convivente superstite non ha diritti successori ex lege, pertanto il convivente che
vorrà assicurare diritti successori al proprio partner dovrà provvedere con testamento, nel rispetto
dei diritti riservati ex lege ai legittimari.
• Effetti patrimoniali: la legge 76 del 2016 assicura al convivente diritti patrimoniali simili a quelli del
coniuge. In caso di morte per fatto illecito del partner, il convivente ha diritto al risarcimento.
• Contratto di convivenza: figura cardine per disciplinare i rapporti patrimoniali fra i conviventi, esso
deve essere stipulato tramite atto pubblico o scrittura autenticata dal notaio/avvocato, i quali
devono attestare la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico; il contratto viene
successivamente iscritto all’anagrafe del comune di residenza ai fini di opponibilità a terzi.
Non vi si possono apporre termine, né condizioni; le parti possono decidere se assoggettarsi al
regime di comunione legale o no, in qualunque caso in contratto è modificabile.
a) Invalidità: il contratto è colpito da nullità insanabile qualora fosse stato perfezionato in
presenza di un vincolo matrimoniale; in violazione dell’art.36 della legge 76 del 2016; se
fatto da persone minorenni o interdette; violazione del impedimentum criminis
b) Scioglimento del contratto: automatico in caso di morte di uno dei conviventi, può essere
risolto consensualmente o per recesso fatto secondo le regole della stipulazione.
c) Alimenti: il giudicie può stabilare il versamento di assegni alimentari per l’ex convivente
che viva in condizioni di stato di bisogno e non sia in grado di mantenersi da solo.

Successione per causa di morte


Il codice civile italiano regola le successioni dall'articolo 456 all'articolo 767.
All'argomento è dedicato quasi per intero il secondo libro del codice sino al titolo IV;

La tecnica seguita dal legislatore è stata quella prevedere una disciplina generale per tutti i tipi di
successioni (legittime e testamentarie) contenuta nel titolo I e dedicare i successivi titoli alle successioni
legittime e testamentarie; di conseguenza avremo una disciplina generale e una disciplina particolare per i
diversi tipi di successione, disciplina che si applica in aggiunta o in deroga a quanto stabilito in via generale;

Successione: fenomeno per cui un soggetto subentra ad un altro nella titolarità di uno o più diritti, rapporti
giuridici attivi e passivi (es. debiti)

Successione mortis causa: Con la morte non viene meno solo persona fisica, ma vengono anche meno i
rapporti giuridici che facevano capo a quella persona. Sappiamo, infatti, che la morte provoca la fine della
capacità giuridica e sorge il problema circa la sorte dei rapporti giuridici che facevano capo al defunto.
Esigenza di destinare il patrimonio del defunto: La morte di un individuo determina il sorgere di quella che
è stata definita “l’esigenza negativa che un patrimonio non resti privo di titolare”, onde evitare una
pericolosa precarietà nella titolarità e gestioni dei beni del defunto e un’incertezza sulle sorti dei suoi
rapporti obbligatori

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Non si potrebbe certo tollerare che tali diritti divenissero oggetto di appropriazione da parte di chiunque,
pena un continuo conflitto sociale; d'altra parte il nostro tipo di società non ammetterebbe che i beni del
defunto divengano automaticamente proprietà dello Stato.

Essendo queste le premesse, si è pensato di far trasferire i diritti del de cuius (cioè del defunto) ad altre
persone, persone scelte nell'ambito della sua famiglia, privilegiando i parenti più vicini rispetto a quelli più
lontani. Questi soggetti saranno, se vorranno, gli eredi del defunto e ne continueranno la sua personalità;
saranno loro, quindi, i titolari delle sue posizioni giuridiche, sia attive che passive; se, ad esempio, il defunto
era proprietario di un appartamento, proprietari diverranno i suoi eredi. Se, all'opposto, era debitore di una
somma di denaro, nuovi debitori saranno, in solido, i suoi eredi.

Libertà testamentaria: la sorte del patrimonio è lascata alle decisioni discrezionali dell’ereditando, che può
disporre dei propri beni mediante testamento,

Quota indisponibile: qualora al de cuius sopravvivano stretti congiunti (es. coniuge, figli, ascendenti) il
legislatore limita la libertà del testatore, in quanto riserva a favore di costoro una quota del patrimonio del
defunto

Tutela dei creditori: l’interesse dei creditori del de cuius è protetto da vari strumenti, quali:
1. La trasmissione in capo all’erede della responsabilità per i debiti ereditari
2. Diritto di separazione: i creditori hanno il diritto di chiedere la separazione dei beni del defunto da
quelli dell’erede
3. Possibilità di richiesta di procedure formali di liquidazione del patrimonio ereditario

Eredità e legato

Patrimonio ereditario: complesso dei rapporti patrimoniali trasmissibili, attivi e passivi, facenti capo al de
cuius al momento della sua morte costituisce l’eredità oggettiva del defunto

Eredità = Successione a titolo universale: si verifica quando una persona acquista tutti diritti ed obblighi del
defunto o subentra in una quota degli stessi. Vi sarà, quindi un erede.
Per quanto riguarda invece i soggetti, nell'ambito la successione a titolo universale, distinguiamo ancora
due tipi di successione:
• La successione ex lege: interamente regolata da norme di legge. Si applica quando manca un
testamento o quando questo abbia disposto solo parzialmente del patrimonio del de cuius.
• La successione testamentaria: in questo caso il de cuius ha già stabilito a chi saranno trasferiti i
suoi rapporti giuridici redigendo un apposito atto, il testamento

Legato = Successione a titolo particolare: si verifica quando una persona acquista solo uno o più diritti od
obblighi determinati. Vi sarà quindi un legatario istituito in un testamento.

Differenze fra eredità e legato: la contrapposizione si basa sul titolo con cui opera la chiamata alla
successione, il legatario è chiamato a succedere solo in determinati rapporti mentre l’erede in tutti i
rapporti trasmissibili del de cuius.
• L’erede succede nel possesso del defunto, mentre per il legatario vi è solo il fenomeno dell’accessio
possesionis
• L’erede è tenuto ipso iure al pagamento dei debiti e pesi ereditari, il legatario no
• Solo all’erede è concessa la hereditas petitio per ottenere la restituzione dei beni ereditari; solo
l’erede suentra in ogni rapporto come se fosse ab initio; solo l’erede subentra nel processo cui era
parte il de cuius

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Accertamento del titolo: per definire se vi sia successione a titolo universale o particolare sarà necessaria
l’interpretazione della dichiarazione del testatore
Istituzione ex lege dei coeredi: quando la successione in assenza di testamento si devolve interamente ex
lege, il problema non si pone perché la vocazione configurata è quella a titolo universale.
Esistono ipotesi tipizzate di legato (es. coniuge superstite ha per legato il diritto di abitazione nella casa).
Nel caso di pluralità di successibili ex lege, la chiamata è a titolo universale per ciascun coerede, ma pro
quota in base a frazione aritmetica.
• Regime patrimoniale: la situazione dei coeredi si configura un regime di comunione di tutti gli
elementi che compongono l’asse ereditario e cessa solo con la divisione.

Rapporti di diritto familiare: le situazioni giuridiche non patrimoniali sono solitamente intrasmissibili e non
si verifica successione, ma la legge prevede casi di trasmissibilità di legittimazione attiva/passiva (es. azioni
relative allo status filiationis)
Diritto d’autore: è intrasmissibile, trasmissibile però agli eredi sono i diritti di utilizzazione economica
Rapporti patrimoniali intrasmissibili: sono quelli strettamente personali come l’usufrutto, l’uso, il diritto
alimentare, rendita vitalizia ecc.
Intuitus personae: la morte è causa di scioglimento dei contratti nei quali si ritengono di particolare
rilevanza le qualità personali dei soggetti contraenti. Tali contratti, in quanto basati sulla fiducia personale,
sono intrasmissibili e, solitamente, si ritengono estinti con la morte di uno dei contraenti.
Diritti potestativi: l’erede subentra nei diritti potestativi spettanti al de cuius (es. diritto di riscatto, recesso,
ratifica, impugnazione ecc.)

Apertura della successione

La morte della persona determina l’apertura della successione, ex 456 la successione si apre al momento
della morte, nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto.

La legge attribuisce importanza alla determinazione di tempo e luogo poiché può essere rilevante in caso di
successioni transfrontaliere, sia in caso di ipotesi di successioni di leggi nel tempo.
Morte presunta e assenza: la giurisprudenza equipara gli effetti della morte e della morte presunta per
quanto riguarda i successori; in caso di assenza i possibili eredi possono solo domandare l’immissione nel
possesso temporaneo dei beni.

Patti successori

Vocazione ereditaria: indicazione di colui che è chiamato all’eredità


Delazione dell’eredità: situazione preferita dall’ordinamento, è l’offerta dell’eredità ad un soggetto, che
può anche rifiutare

La designazione del successibile viene definita o ex lege o per testamento.


La successione per contratto è esclusa dal nostro ordinamento.

Divieto di patti successori: il codice civile vieta esplicitamente varie tipologie di patti successori
• Patti confermativi: tizio conviene con caio di lasciargli la propria eredità. Vietati perché
limiterebbero la libertà testamentaria del de cuius
• Patti dispositivi: vendo a caio i beni che dovrebbero pervenirmi dall’eredità di tizio. Il divieto è
spiegato dal fatto che il legislatore abbia voluto impedire che un soggetto possa disporre con
leggerezza di sostanza non ancora sue
• Patti rinunciativi: convengo con caio di rinunciare all’eredità di tizio non ancora devoluta. Il divieto
è spiegato dal fatto che il legislatore abbia voluto impedire che un soggetto possa disporre con
leggerezza di sostanza non ancora sue

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Divieto di donazioni mortis causa: è vietata la donazione in cui la morte del donante funziona come causa
di attribuzione patrimoniale, poiché in contrasto con il principio di revocabilità. È invece valida la donazione
fatta sotto condizioni di sospensiva di premorienza “se il donante morirà prima del donatario” perché la
condizione retroagendo al momento della conclusione, l’attribuzione dipende da un atto inter vivos e non
mortis causa.

Giacenza dell’eredità

Con la morte del de cuius colui che è chiamato all’eredità, ex lege o ex testamenta, non acquista
automaticamente la qualità di erede, né la titolarità di beni e diritti. Affinché ciò avvenga è necessaria
l’accettazione o adizione dell’eredità.
Effetti: gli effetti dell’accettazione retroagiscono dal momento dell’apertura della successione

Eredità giacente: può darsi che l’erede non si decida immediatamente di accettare l’eredità, nell’intervallo
tra la morte dell’ereditando e l’accettazione del chiamato il patrimonio dell’ereditando rimane senza un
titolare, perciò per assicurare la gestione di questo patrimonio è previsto l’istituto dell’eredità giacente.

Secondo l'articolo 528 del codice civile per aversi eredità giacente sono necessarie tre condizioni
• Mancata accettazione dell'eredità
• Il chiamato non deve essere in possesso dei beni ereditari
• È stato nominato un curatore dell'eredità

Funzioni del curatore: il curatore è un amministratore di un patrimonio, con finalità prevalentemente


conservative, ma non sono esclusi anche poteri dispositivi.
• Poteri e doveri: conservazione e amministrazione dell’eredità; legittimazione attiva o passiva in
giudizio; può provvedere al pagamento dei debiti ereditari e dei legati, previa autorizzazione del
tribunale. I poteri del curatore cesseranno con l'accettazione della eredità.
Poteri del chiamato: in caso non fosse nominato un curatore, l’eredità rimane in stato di vacanza da un
dominus, perciò l’ordinamento rilascia dei poteri, seppur limitati al chiamato. Egli può esperire azioni
possessorie in funzione della conservazione del patrimonio ereditario.
Accettazione: Dopo l'accettazione si confonde con patrimonio dell'erede o resta comunque separato in
caso di accettazione con beneficio di inventario.
Prescrizione: l’accettazione all’eredità si prescrive in 10 anni

Dal punto di vista giuridico il chiamato dispone, non di un diritto ma di una aspettativa diritto e ha interesse
che il patrimonio del defunto rimanga inalterato fino all'eventuale esercizio del suo diritto di accettazione.
In ogni caso se il chiamato all'eredità è in possesso dei beni ereditari deve fare l'inventario entro tre mesi
dal giorno dell'apertura della successione e ciò a garanzia dei terzi.

Capacità nel succedere


Ex 462 qualunque persona fisica, che al momento dell’apertura della successione, sia già nata e sia ancora
viva è senz’altro capace di succedere

Capacità del nascituro e del concepito: ex 462 comma 2 e 3 sono capaci di succedere anche coloro che al
momento dell’apertura della successione erano soltanto concepiti, la chiamata all’eredità è naturalmente
subordinata alla nascita. Quando anche il soggetto non venga ad esistenza, si determina una situazione di
pendenza, che regola l’amministrazione dell’eredità in quel periodo.
Nascituri non concepiti: sono capaci di succedere solo mediante testamento.
Persone giuridiche: possono succedere al de cuius, ma per farlo un tempo era richiesta l’autorizzazione
governativa; l’autorizzazione non era richiesta per le società.

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• Enti non riconosciuti: potevano succedere solo per testamento. Con la riforma della legge 22 del
2000 è stato uniformato il regime di capacità di succedere di tutti gli enti, i quali possono senza
distinzione conseguire eredità o legati, senza necessità di autorizzazione.

L’indegnità
La situazione descritta dall’art.463 di chi avendo compiuto gravi atti contro il de cuius quando questi era in
vita rimane escluso dalla successione

l'indegnità non è una forma di incapacità in quando l'indegno può acquistare ma deve restituire quanto
ricevuto (potest capere sed non retinere).
L'indegnità non si verifica automaticamente all'avverarsi dei casi previsti dall'articolo 463, ma è necessaria
la domanda di parte ed una sentenza, costitutiva, che la accerti.

Differenza con l’incapacità: l’indegnità funziona come causa di esclusione che opera in forza di una
pronuncia del giudice, la cui sentenza a carattere costitutivo; l’azione si prescrive nel termine ordinario di
10 anni; l’indegnità può essere rimossa tramite riabilitazione. L’incapacità comporta la mancanza di
idoneità del soggetto all’acquisto dei diritti ereditari, l’accettazione dell’eredità da parte dell’incapace
porterebbe nullità insanabile; l’azione è imprescrittibile.

Cause di indegnità: sono descritte dall’art.463


1. Atti compiuti contro la persona fisica: omicidio o tentato omicidio commessi contro la persona
della cui successione si tratta, o il coniuge, un discendente o un ascendente della medesima.
2. Atti compiuti contro l’onore del de cuius: Calunnie, falsa testimonianza
3. Atti diretti con dolo o violenza contro la libertà di testare del de cuius: es. aver indotto con
violenza il soggetto a redigere un testamento.
4. Soppressione, alterazione, falsificazione, occultamento del testamento.
5. Decadenza dalla responsabilità genitoriale: è escluso della successione del figlio il genitore che sia
stato dichiarato decaduto dalla potestà genitoriale

Effetti: La sentenza che pronuncia l'indegnità ha efficacia retroattiva; ciò comporta che l'indegno dovrà
restituire i frutti che gli sono pervenuti dal momento dell'apertura da successione (art. 464 c.c.), ma
essendo questa una pena, non si comunica ai figli dell'indegno; tuttavia per evitare che l'indegno possa
comunque trarre vantaggio dalla suo status di genitore l'articolo 465 del codice civile dispone che l'indegno
non ha diritto all'usufrutto o alla amministrazione dei beni che la legge accorda ai genitori.
Riabilitazione: l’indegno può essere riabilitato dal de cuius, in due forme differenti
• Riabilitazione totale: riabilitazione in forza dii una specifica dichiarazione espressa in un atto
pubblico o testamento
• Riabilitazione parziale: si verifica quando l’indegno viene contemplato in un testamento come
destinatario di una certa disposizione a cui può succedere, ma non può ricevere niente come
successore legittimo ne può agire per lesione legittima.

Differenza fra diseredazione ed indegnità: l’istituto dell’indegnità non va confuso con la diseredazione che
è una clausola testamentaria con cui il de cuius dichiara di non volere che un soggetto possa partecipare
alla sua successione, il quale in base alle norme sulla successione legittima avrebbe potuto farne parte.
• Ipotesi tipica di diseredazione: art.448 bis, il figlio possono escludere i genitori decaduti dalla
responsabilità genitoriale dalla successione

La rappresentazione

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Istituto in forza del quale i discendenti senza alcuna distinzione (c.d. rappresentanti) subentrano nel diritto
di esercitare il diritto di accettare un lascito qualora il chiamato (c.d. rappresentato) non possa (es. per
premorienza) o non voglia (per rinuncia) accettare l’eredità o il legato

È un istituto abbastanza semplice, perché si riferisce al caso in cui soggetto, chiamato all’eredità, si trovi
nella condizione di non potere o non volere accettare l’eredità (o il legato). Non vuole perché rinuncia, non
può perché, magari, è indegno o anche è morto prima di aver accettato l’eredità.
Cosa accade, o meglio, cosa dovrebbe accadere in questi casi?
In teoria dovrebbero applicarsi una serie di regole specifiche, come gli articoli 522 e 523, o anche l’art. 479,
ma invece si applica la regola prevista dall’art. 467: al posto del chiamato che non può o non vuole
accettare l’eredità, subentrano i suoi discendenti, ma non vi subentrano semplicemente, ma nel luogo e nel
grado del loro ascendente, insomma si sostituiscono in tutto e per tutto al loro ascendente.

Possibili rappresentanti: la rappresentazione può avere luogo soltanto quando il chiamato che non può o
non vuole accettare l’eredità sia un figlio o un fratello/sorella del defunto. La rappresentazione è esclusa
per tutti gli altri soggetti che siano estranei o parenti.
Esclusione per sostituzione: la rappresentazione è escluso in caso di successione testamentaria, quando il
testatore abbia già provveduto con una sostituzione del destinatario del lascito (es. nel testamento il
testatore scriva: " istituisco mio erede Tizio, ma nel caso in cui rinunzi all'eredità, istituisco mio erede
Sempronio ". In queste ipotesi non si avrà rappresentazione e i figli di Tizio non subentreranno nella
posizione del loro genitore).
Esclusione dei diritti personali: la rappresentazione è esclusa in caso di diritti personali es. usufrutto

Divisione per stirpi: quando si applica la rappresentazione i discendenti subentrano tutti in luogo del
capostipite, indipendentemente dal loro numero e anche se da più rami.
• Es. se i due figli del de cuius muoiono prima del padre, i loro figli subentrano a loro in successione. Il
de cuius ha tre nipoti, uno figlio del figlio A e due fratelli, figli del figlio B; L’eredità del de cuius però
non verrà divisa in tre parti uguali, ma bensì in due di cui una parte andrà al figlio di A, mentre
l’altra verrà divisa a metà fra i due figli di B.
Unicità della stirpe: la rappresentazione si attua anche in caso di unicità della stirpe. Se il de cuius ha un
solo figlio, i discendenti di quest’ultimo non succedono iure proprio ma come rappresentanti, questo a
conseguenze riguardo la quota di riserva e l’imputazione di donazioni.

L’accrescimento

L’istituto comporta che la quota dovuta al chiamato che non abbia potuto/voluto accettare si devolve a
favore degli altri beneficiari di una chiamata congiuntiva con la conseguenza che la quota spettante a questi
ultimi si accresce

Il fenomeno si verifica in presenza di presupposti negativi e positivi.


Non si fa luogo ad accrescimento quando ricorrano le condizioni per l’operare della rappresentazione o che
il testatore abbia disposto una sostituzione. In tali ipotesi l’eredità, o la quota di essa, devoluta al chiamato
non accettante verrà attribuita al rappresentante o sostituto.

Requisito negativo: Come già accennato per aversi accrescimento non vi devono essere le condizioni per la
sostituzione o la rappresentazione; di conseguenza quando il chiamato non può o non vuole accettare non
si applica automaticamente l'accrescimento, ma si seguirà il seguente ordine:
1. sostituzione, in mancanza
2. rappresentazione, in mancanza
3. accrescimento.
Requisito positivo: chiamato congiuntiva (es. se il de cuius ha lasciato l’asse ereditario a tre chiamati
congiuntamente, qualora uno lasciasse la propria quota e non abbia discendenti ai quali possano succedere

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come rappresentanti, la quota a lui spettante si divide fra i due coeredi rimasti. La loro quota si accresce da
1/3 a metà.

Ratio: fondamento dell’istituto sta nella presunta volontà del de cuius, il quale avendo distribuito quote
identiche tra i chiamati, in caso di mancanza di uno di questi avrebbe quasi sicuramente ripartito l’eredità
sugli altri soggetti.

Effetti: l’accrescimento opera di diritto, senza bisogno di accettazione


Vocazione/chiamata congiuntiva nella successione legittima: questa si verifica nella successione legittima
quando più persone sono chiamate nello stesso grado (art. 522 c.c.)
Vocazione/chiamata congiuntiva nella successione testamentaria: sono necessarie in questo caso tre
condizioni:
1. Coniunctio verbis: tutti gli eredi devono essere stati chiamati con un solo testamento
2. Coniunctio re: le parti di ogni coerede non devono essere state determinate o devono essere state
determinate in parti uguali, in caso di legato basta questa.
3. non vi deve essere una diversa volontà del testatore

Sostituzione

Sostituzione ordinaria: ex 688, clausola prevista dal testatore nel caso in cui il chiamato non voglia o non
possa accettare; in questo caso il testatore può istituire un‘altra persona che sostituisca il primo chiamato
In questo caso prevale così come sul diritto di rappresentazione e accrescimento, la volontà del testatore.
Sostituzione plurima e reciproca: ex 689, Possono sostituirsi più persone a una sola e una sola a più.
La sostituzione può anche essere reciproca tra i coeredi istituiti. Se essi sono stati istituiti in parti
disuguali, la proporzione fra le quote fissate nella prima istituzione si presume ripetuta anche nella
sostituzione. Se nella sostituzione insieme con gli istituiti è chiamata un'altra persona, la quota
vacante viene divisa in parti uguali tra tutti i sostituiti.
Obblighi dei sostituiti: I sostituiti devono adempiere gli obblighi imposti agli istituiti, a meno che una
diversa volontà sia stata espressa dal testatore o si tratti di obblighi di carattere personale.

Sostituzione fedecommissaria: è un istituto con funzione assistenziale ex 692


Abbiamo tre protagonisti:
1. un genitore, un ascendente o coniuge
2. un interdetto, figlio, discendente o coniuge delle persone di cui sopra
3. persone o enti che si prendono cura dell'interdetto.

Il genitore vorrebbe istituire erede suo figlio interdetto, ma si preoccupa anche che questi sia ben trattato
dall'ente o delle persone (da non confondersi con il tutore) che hanno cura di lui.
Per raggiungere efficacemente questo scopo, istituisce erede suo figlio che, con la rappresentanza legale
del tutore, diverrà erede. Stabilisce, però, che alla morte del figlio eredi del suo patrimonio diverranno gli
enti o le persone che hanno avuto cura di lui; in tal modo questi ultimi agiranno nei confronti
dell'interdetto nella maniera migliore possibile, ben sapendo che la violazione degli obblighi di assistenza
farà venir meno la sostituzione.

L'articolo 692 sottopone a rigidi vincoli la sostituzione fedecommissaria al di fuori dei quali questa è nulla.
Vediamoli nella sottostante tabella:
• Presupposti: l'istituito può essere solo un interdetto (o un minore che si trovi in condizioni di
abituale infermità mentale tale da far presumere al raggiungimento la maggiore età la sua
interdizione) figlio discendente/coniuge del testatore
• Soggetti sostituiti: i sostituiti possono essere solo le persone, la persona, o gli enti che sotto la
vigilanza del tutore hanno avuto cura dell'interdetto istituito

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• Inefficacia della sostituzione: la sostituzione è inefficace quando sia stata revocata o negata
l'interdizione; è inefficace rispetto le persone o agli enti che hanno violato gli obblighi di assistenza

Validità: Questo tipo è l’unica ammessa dal codice civile, ed è chiamata "fedecommesso assistenziale”, ogni
altro tipo di sostituzione che non abbia le finalità assistenziali che abbiamo visto è nulla.
Sarebbe quindi nulla una sostituzione che con una doppia vocazione obbliga un chiamato a conservare i
beni ereditari per restituirli al secondo chiamato
Usufrutto successivo: ex 698, la disposizione con la quale è lasciato a più persone successivamente
l'usufrutto ha valore soltanto per quelli che alla morte del testatore si trovano primi chiamati a goderne
Clausola sine liberis decesserit: (es. istituisco erede tizio, se egli morirà senza figli l’eredità passerà a Caio),
la clausola viene ritenuta valida perché manca la doppia istituzione tipica della sostituzione
fedecommissaria infatti tizio viene istituito sotto condizione risolutiva che all’avverarsi di questa, per
effetto della retroattività della condizione è come se egli non fosse mai stato chiamato.

Acquisto dell’eredità e la rinuncia


L’accettazione dell’eredità

Atto unilaterale e non recettizio attraverso il quale il chiamato all'eredità esercita il suo diritto di acquistare
l'eredità

Secondo l'art. 459 c.c. l'eredità si acquista con l'accettazione che, se esercitata, produce i suoi effetti sin dal
momento in cui si è aperta la successione; dalla lettura di questo articolo si comprende come sia necessario
distinguere il diritto di accettare l'eredità dal negozio di accettazione.
È chiaro che l'uno presuppone l'altro e che tale diritto sorge in testa al chiamato all'eredità dal momento
della apertura della successione.

Natura: dir. potestativo che sorge in testa al chiamato all'eredità dall’inizio della apertura della successione
Prescrizione: il diritto di accettare l'eredità si prescrive in dieci anni dal giorno dell'apertura della
successione e, in caso d'istituzione condizionale (artt. 633 e ss. c.c.), dal giorno in cui si verifica la condizione
(art. 480 c.c. ma ricordiamo l'ipotesi dell'art. 485 c.c.); in caso di accertamento giudiziale della filiazione il
termine decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che accerta la filiazione stessa.
Il termine non è suscettibile di interruzione.
Trasmissione del diritto: se il chiamato all'eredità muore senza aver esercitato il suo diritto, questo si
trasmette ai suoi eredi (art. 479 c.c.); la regola si spiega considerando che il diritto di accettazione, avendo
prevalente natura patrimoniale, si trasmette agli eredi insieme al patrimonio del de cuius
Actio interrogatoria: è l'ipotesi dell'art. 481 c.c. dove, per porre fine ad una situazione di incertezza, si
consente a chiunque abbia interesse di chiedere che l'autorità giudiziaria fissi un termine entro il quale il
chiamato dichiari se accetta o rinunzia all'eredità. Trascorso questo termine senza che abbia fatto la
dichiarazione, il chiamato perde il diritto di accettare, decade dal potere di accettare l'eredità
Actus legitimus: l’accettazione non ammette l'apposizione di termini o condizioni, pena la nullità dell’atto.
Lo stesso si avrebbe nel caso di accettazione parziale (art. 475 c.c.). La nullità non fa perdere al chiamato il
diritto di accettare (o di rinunziare) che potrà sempre esercitare in un secondo momento.
Revoca: Una volta esercitata l'accettazione, non sarà più possibile revocarla: semel heres semper heres.

Tipi di accettazione: l'art. 470 c.c. distingue, in merito alle modalità di accettazione, due ipotesi.
• Accettazione pura e semplice: in questo caso l'erede accetta provocando la confusione del suo
patrimonio con quello del de cuius; di conseguenza sarà responsabile per i debiti che gravano
sull'eredità anche se sono superiori all'attivo ereditario
• Accettazione con beneficio di inventario: in questo caso l'erede, per evitare la confusione del suo
patrimonio con quello dell'erede, accetta con beneficio di inventario. In tal modo risponderà dei
debiti che gravano sull'eredità solo nei limiti del valore dell'attivo dell'eredità.

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Tipi di accettazione in merito alla forma dell'accettazione: ex 474, distinguiamo tra:


• Accettazione espressa: (art. 475 c.c.) si ha quando, in un atto pubblico o in una scrittura privata, il
chiamato all'eredità ha dichiarato espressamente la volontà di accettarla, oppure ha assunto il
titolo di erede. Per la sua validità è necessaria la forma scritta.
1. Obbligo di accettazione beneficiata: l’accettazione delle eredità dovute alle persone
giuridiche, enti non riconosciuti, minorenni ed incapaci devono farsi con l’obbligo del
beneficio dell’inventario. La regola non vale per le società.
2. Natura: l’accettazione espressa costituisce un negozio giuridico
• Accettazione tacita: (art. 476 c.c.) si verifica questa ipotesi quando il chiamato all'eredità compie
degli atti concludenti e dal significato univoco dal quale si desume la sua volontà di accettare. Il
comportamento del chiamato deve essere valutato oggettivamente, nel senso che da questo deve
emergere la volontà di accettare, indipendentemente dall'accertamento della sua effettiva volontà;
questa ipotesi si verifica, ad esempio, nel caso di pagamento dei debiti ereditari con denaro
prelevato dall'eredità o, all'opposto, nella riscossione dei crediti scaturenti dall'eredità
• Accettazione tacita qualificata: gli articoli 477 e 478 c.c. prevedono due ipotesi espressamente
previste dalla legge di accettazione legale:
1. Donazione, vendita e cessione dei diritti di successione: se il chiamato all' eredità dona,
vende o cede i suoi diritti di successione, tale comportamento vale come accettazione
(tacita qualificata) dell'eredità
2. Rinunzia ai diritti di successione fatta verso corrispettivo o a favore di alcuni dei chiamati:
importa accettazione (tacita qualificata) dell'eredità

Impugnazione: l’accettazione si può impugnare solo per violenza o dolo, ma non per errore ex 482.
L’azione si prescrive in 5 anni
Vendita dell’eredità: l’erede si trasmette per effetto dell’acquisto dell’eredità il potere di disporre dei beni
ereditari e quindi alienarli. Questa figura di vendita è disciplinata dagli art.1542-1547.
• Oggetto della vendita: il complesso di beni ereditati
• Accollo: l’erede continua in ogni caso a rispondere dei debiti ereditari, perciò si viene a creare un
accollo cumulativo tra erede ed acquirente in forza del quale quest’ultimo è obbligato in solido con
il venditore a pagare i debiti ereditari. Poiché la vendita avviene in blocco l’erede non è tenuto alla
garanzia di evizione, ma solo a dimostrare il suo titolo di erede. Forma scritta ab substantiam

Accettazione con beneficio d’inventario

Dichiarazione resa con atto pubblico attraverso cui l'erede dichiara di accettare con beneficio di inventario
evitando, in tal modo, la confusione del suo patrimonio con quello del defunto (art.490)

Effetti: Con l'accettazione pura e semplice l'erede confonde il suo patrimonio con quello del defunto che
divengono, in tal modo, un unico patrimonio; questa conseguenza può non sempre essere conveniente per
l'erede, perché se nel patrimonio del de cuius i debiti superano i crediti, l'erede sarà tenuto comunque ad
onorarli. Per questo motivo potrebbe convenire accettare l'eredità, non puramente e semplicemente, ma
con beneficio di inventario in modo da non dover rispondere con il proprio patrimonio per i debiti che
erano del defunto.
Carattere personale della scelta: la facoltà di accettare con beneficio d’inventario ha carattere personale
ed è una scelta del chiamato all’eredità se valutare più o meno conveniente.
Esclusione dell’azione surrogatoria: l’azione che consente ai creditori di esercitare i diritti del proprio
debitore è in questa materia esclusa, visto che si parla di un diritto che per sua natura può essere esercitato
solo dal suo titolare.

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Rilevabilità d’ufficio: il carattere personale non impedisce che l’accettazione beneficiata fatta da uno dei più
coeredi lo escluda da eventuali pagamenti di debiti ereditari, in favore del creditore e degli altri coobbligati
il giudice può rilevare l’eccezione d’ufficio.

Soggetti obbligati all’accettazione beneficiata:


1. i minori o gli interdetti (art. 471 c.c.);
2. i minori emancipati o gli inabilitati (art. 472 c.c.)
3. le persone giuridiche, le associazioni, fondazioni e gli enti non riconosciuti, escluse, però, le società
commerciali (art. 473 c.c.).

Forma: è necessario l'atto pubblico a pena di nullità; la dichiarazione deve essere ricevuta da un notaio o
dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, e inserita nel registro delle
successioni conservato nello stesso tribunale entro un mese dall'inserzione, la dichiarazione deve essere
trascritta, a cura del cancelliere, presso l'ufficio dei registri immobiliari del luogo in cui si è aperta la
successione.
La trascrizione consente all'erede di pagare regolarmente i creditori o i legatari (art. 495 c.c.)
la dichiarazione di accettazione deve preceduta o seguita dall'inventario

Termini per l’accettazione:


• Se l’erede è nel possesso dei beni ereditari: ex 485, deve fare l'inventario entro tre mesi dal giorno
dell'apertura della successione o della notizia della devoluta eredità. Se non fa l'inventario entro i
tre mesi, si considera che abbia accettato puramente e semplicemente; ugualmente accade se
compiuto l'inventario, entro di quaranta giorni dal compimento medesimo non dichiara se accetta
o rinuncia all'eredità
• Se l’erede non è in possesso dei beni ereditari: ex 487, può fare la dichiarazione di accettare col
beneficio di inventario fino a che il diritto di accettare non è prescritto

Amministrazione: l'erede con l’accettazione beneficiata diviene l'amministratore del patrimonio del de
cuius, patrimonio che amministra nel suo interesse e in quello dei creditori e dei legatari; proprio perché
l'erede amministra pur sempre delle cose sue, l'art. 491 c.c. prevede la sua responsabilità per
l'amministrazione solo per colpa grave.
Inventario: operazione dal carattere prevalentemente contabile (artt. 769 e ss. c.p.c.) che serve a
determinare l'attivo e il passivo del patrimonio ereditario; l'art. 775 c.p.c. indicando analiticamente il
contenuto del processo verbale dell'inventario, ci fa capire in maniera precisa in cosa consiste l'inventario

Pagamento dei debiti ereditari:


1. L’erede paga i creditori/legatari nella misura in cui si presentano. Esaurito l’asse ereditario
i creditori rimasti insoddisfatti possono rivolgersi conto i legatari.
L’erede può pagare i creditori solo dopo 3 mesi dopo il completamento delle procedure
previste per l’inventario, entro questo termini i creditori possono presentare opposizioni
2. Se vi è opposizione dei creditori, o su decisione dell’erede si può procedere alla
liquidazione dei beni ereditari. Si tratta di una procedura concorsuale poiché sono
chiamati a concorrervi tutti i creditori, i beni vengono alienati ed il ricavato viene distribuito
ai creditori per graduazione, verranno infatti prima soddisfatti i creditori privilegiati.
L’eredi che paghi i debiti, senza tener conto delle opposizioni dei creditori decade dal
beneficio di inventario
3. L’erede può anche rilasciare i beni ereditari a favore dei creditori e dei legati

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Separazione del patrimonio del defunto


Istituto i creditori e i legatari del de cuius acquistano un titolo di preferenza sui beni del suo patrimonio
rispetto ai creditori dell'erede (art. 512 c.c.)

Differenza con l’accettazione beneficiata: l’istituto non separa i due patrimoni, ma fa preferire il creditore
separatista rispetto ai creditori dell'erede. La conferma a quanto abbiamo appena affermato la ritroviamo
nell'ultimo comma dell'art. 512 secondo cui la separazione non impedisce ai creditori e ai legatari che
l'hanno esercitata, di soddisfarsi anche sui beni propri dell'erede, cosa che non sarebbe stata possibile se vi
fosse stata separazione dei patrimoni.
Effetti dell’istituto: esclusione dei creditori dell’erede dalle rivalse sul patrimonio ereditato
Legittimati: creditori del defunto e legatari.
Carattere particolare: l’istituto della separazione non ha valore universale, ma solo particolare. Ciò vale a
dire che essa opera non sull’intera massa del patrimonio ereditario, ma solo sui singoli beni su cui si sia
fatta valere specificamente.
Rapporti fra creditori e legatari separatisti: i creditori sono preferiti ai legatari
Termini: il diritto di separazione deve essere esercitato entro 3 mesi dall’apertura della successione
Modi di esecuzione:
• Forma della domanda per i beni mobili: si esercita mediante domanda giudiziale da presentarsi al
tribunale del luogo dell'aperta successione (art. 517 c.c.)
• Forma della domanda per i beni immobili: la separazione si esercita mediante l'iscrizione del
credito o del legato sopra ciascuno dei beni stessi, come nel caso dell’ipoteche (art. 518 c.c.)
Cessazione della separazione: l'erede può impedire o far cessare la separazione pagando i creditori e i
legatari (art. 515 c.c.)

L’azione di petizione ereditaria

Art. 533: L'erede può chiedere il riconoscimento della sua qualità ereditaria contro chiunque possiede
tutti o parte dei beni ereditari a titolo di erede o senza titolo alcuno, allo scopo di ottenere la restituzione
dei beni medesimi.
L'azione è imprescrittibile, salvi gli effetti della usucapione rispetto ai singoli beni.

Onere della prova: chi esperisce l’azione deve prima dimostrare di essere l’erede, tramite testamento o
successione legittima; inoltre deve dimostrare che i beni reclamati facciano parte dell’asse ereditario.
Legittimazione passiva: l’azione può essere proposta solo contro colui possiede tutti o parte dei beni
ereditari e che si afferma di essere l’erede. Per tutti gli altri soggetti bisognerà agire con le normali azioni di
tutela es. azione di rivendicazione, o di nullità ecc.
Imprescrittibilità dell’azione: l’azione è imprescrittibile perché acquistato il titolo di erede non si perde più
Effetti: il convenuto è condannato ha restituire le cose possedute, le conseguenze sono le stesse del
possessore soccombente. Chi vince viene riconosciuto come erede e ciò non può essere obbiettato.
• Possessore in buona fede: colui che ha acquistato il possesso dei beni ereditari per errore, che non
dipenda da colpa grave, che abbia alienato un bene ereditario del vero erede è tenuto a risarcirlo
mediante la consegna della somma corrispettiva dall’avvenuta vendita.
La buona fede basta che sussista nel momento dell’acquisto dei beni ereditari.
• Possessore in mala fede: risponde come il possessore in mala fede soccombente.

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Acquisti dell’erede apparente


Ex 534, l'erede può agire anche contro gli aventi causa di chi possiede a titolo di erede o senza alcun titolo.
L'azione è consentita anche nei confronti degli aventi causa dall'erede apparente che non era nel possesso
dei beni ereditari

L'azione può svolgersi nei confronti di qualsiasi avente causa che abbia ricevuto i beni ereditari dall'erede
apparente o da chi non vantava alcun titolo, ma l'erede può non raggiungere il suo scopo quando ricorrano
queste due condizioni:
• l'acquisto del terzo dall'erede apparente è avvenuto a titolo oneroso
• l'acquisto è avvenuto in buona fede, buone fede che però non è presunta, dovendo essere provata
dal terzo. Diversamente il terzo non sarà in buona fede e non vedrà fatto salvo il suo acquisto

Sono però fatte salve le regole sulla trascrizione e pubblicità dei beni immobili e beni mobili registrati

Rinuncia all’eredità

Art. 519: dichiarazione che dà luogo ad un negozio unilaterale e non recettizio


attraverso cui il chiamato dichiara di non volere accettare l'eredità

Forma e pubblicità: deve essere fatta con dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal cancelliere del
tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, e inserita nel registro delle successioni; è quindi
necessario l'atto pubblico.
Actus legitimus: la rinuncia non sopporta termini condizioni e non è possibile la rinunzia parziale, pena la
nullità della rinunzia
Revoca: la rinuncia è revocabile, a differenza dell’accettazione, finché non vi siano altri chiamati che
abbiano ancora accettato l’eredità. Ciò è subordinato al termine di prescrizione di 10 anni e alla mancata
accettazione dell’asse ereditario
Effetti: la rinuncia ha efficacia retroattiva, nel senso che chi rinunzia all'eredità è considerato come se non
fosse mai stato chiamato (art. 521 c.c.). Gli effetti variano a seconda che sia:
• Successioni legittime: se non ha luogo rappresentazione, la parte di colui che rinuncia va a favore
di coloro che avrebbero preso il posto del rinunciante (es. il de cuius ha più figli, se uno di loro
rinuncia, la quota si divide fra i fratelli). Se il rinunciante è solo nel grado, l’eredità si devolve ai
chiamati di grado ulteriore (es. il figlio rinuncia, l’eredità passa agli ascendenti)
• Successioni testamentarie: se il testatore non ha disposto una sostituzione e non c'è
rappresentazione, vi sarà accrescimento o devoluzione agli eredi legittimi

Impugnazione: il rinunziante può impugnare la rinunzia solo se è l'effetto di violenza o di dolo. Il termine di
prescrizione è di cinque anni dal giorno in cui è cessata la violenza o è stato scoperto il dolo (art. 526 c.c.).
Si ammette la possibilità di impugnazione per errore ostativo, mentre, al pari dell'accettazione, si esclude
che abbia rilevanza l'errore vizio
Tutela dei creditori: i creditori del rinunziante, se danneggiati dalla rinunzia, possono farsi autorizzare ad
accettare l'eredità in nome e luogo del rinunziante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla
concorrenza dei loro crediti. Il loro diritto si prescrive in cinque anni

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La successione legittima
La successione che avviene per volontà di legge quando non vi sia testamento

Fondamenti dell’istituto: la solidarietà famigliare, legami affettivi del de cuius.


Ai sensi dell’art.457, se il de cuius è morto senza lasciare testamento (successione ab intestato), la
successione è interamente regolata da norme di legge, norme che tendono a privilegiare le persone che
hanno avuto un rapporto di parentela più stretto con il defunto, rispetto a coloro che hanno un grado di
parentela più lontano. Se, poi, esisteva un rapporto di coniugio anche il coniuge del defunto concorrerà con
i parenti nella successione ereditaria.

Presupposti: Insomma la mancanza di testamento o di una valida o completa volontà del testatore in
merito alla individuazione degli eredi che subentreranno nel suo patrimonio, si ha successione legittima per
1. mancanza di testamento;
2. Invalidità o annullamento successivo del testamento
3. Eventuale mancanza di disposizioni patrimoniali
4. Il testamento prevede solo legati oppure
5. Il testamento dispone solo per alcuni beni.

Categorie di successibili: ex 565 in successione legittima l'eredità si devolve al coniuge, ai discendenti, agli
ascendenti, ai collaterali, agli altri parenti e allo Stato, nell'ordine e secondo le regole stabilite dalla legge.

Diritti del coniuge: prima della riforma il coniuge non poteva ereditare, ma il legislatore gli assicurava una
quota in usufrutto. Ciò per evitare che il patrimonio del defunto si spostasse dalla famiglia di appartenenza,
il coniuge quindi era considerato legatario ex lege.
• Ordinamento odierno: il coniuge invece ha diritto ad una quota dell’asse ereditario, a lui
spetta metà del patrimonio se in concorso con un figlio, un terzo se vi sono più figli, due
terzi se vi concorre con fratelli o ascendenti. In mancanza di tali soggetti tutto passa a lui,
mentre prima doveva dividere l’eredità con i parenti fino al quarto grado.
• Diritto di abitazione: oltre alla qualità di erede ora il coniuge gode anche del diritto di
abitazione nella casa adibita a residenza e all’uso dei mobili che la corredano

Diritti del coniuge separato: conserva tutti i diritti ereditari, salvo che la separazione non sia a lui
addebitata. In tal caso avrebbe diritto solo ad un assegno vitalizio, se al momento dell’apertura della
successione godeva del diritto alimentare. L’assegno non deve superare la cifra prevista dell’assegno
alimentare e deve tener conto dell’entità dell’eredità e della presenza di altri eredi legittimi.
Diritti del coniuge divorziato: a seguito del divorzio l’ex coniuge non ha titolo per partecipare alla
successione, comunque sia se l’ex coniuge stesse godendo dell’assegno divorzile, qualora versasse in stato
di bisogno il giudice può assegnarli un assegno periodico a carico dell’eredità.

Diritti dei figli: I figli succedono, quindi, in parti uguali, la loro esistenza esclude tutti gli altri parenti, ma i
figli concorrono con il coniuge superstite.
• Figli non riconoscibili: spetta un assegno vitalizia pari all’ammontare della rendita della quota di
eredità alla quale avrebbero diritto se la filiazione fosse stata riconosciuto o dichiarata.

Diritti del convivente more uxorio: la legge non prevede che questi possano succedere ex lege

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Diritti dei fratelli, genitori, ascendenti: ex 568-570, se mancano discendenti legittimi o naturali, e sempre
nell'ipotesi i cui non vi sia il coniuge, il codice detta le regole sull'ordine di successione degli altri parenti;
ribadiamo la regola secondo cui i parenti più vicini escludono quelli di grado più lontano.
• non vi sono discendenti né fratelli o sorelle né loro discendenti: ex 568 succedono il padre e la
madre in eguali porzioni, o il genitore che sopravvive, ma sono esclusi gli adottanti delle persone
maggiori di età (art. 304 c.c.)
• non vi sono discendenti, né genitori né fratelli o sorelle né loro discendenti: ex 569, succedono
per una metà gli ascendenti della linea paterna e per l'altra metà gli ascendenti della linea materna,
cioè i nonni
• non vi sono discendenti, né genitori né altri ascendenti: succedono i fratelli e le sorelle in parti
uguali, ma i fratelli e le sorelle unilaterali conseguono però la metà della quota che conseguono i
germani
• non vi sono discendenti, né genitori, né altri ascendenti, né fratelli o sorelle o loro discendenti: la
successione si apre a favore del parente o dei parenti prossimi, senza distinzione di linea, ma non
ha luogo la successione oltre il sesto grado
• non vi sono successibili: l'eredità è devoluta allo Stato. L'acquisto si opera di diritto senza bisogno
di accettazione e non può farsi luogo a rinunzia. Lo Stato, erede necessario, non risponde dei debiti
ereditari e dei legati oltre il valore dei beni acquistati

Successione necessaria
Complesso degli istituti che riguarda la determinazione delle categorie dei legittimari, le quote ad essi
spettanti, i mezzi dalla legge concessi perché i limiti da essa siano osservati.

La successione necessaria si verifica di regola quando c'è un testamento, ma in cui il testatore ha leso la
quota di legittima di coloro che avevano diritto a una parte dell'eredità, i legittimari.
Questa può verificarsi anche quando non ci sia stato testamento, quando, cioè, il defunto ha con delle
donazioni, effettuate in vita, leso i diritti dei legittimari.

Carattere delle norme di successione necessaria: poiché il fondamento dell’istituto è la tutela dei vincoli
famigliari, queste norme hanno carattere inderogabile.

Legittimari: categoria di persone a cui spetta una quota di riserva, sono il coniuge, i figli e gli ascendenti.
1. Quota dei figli: varia a seconda del loro numero e a seconda della presenza del coniuge. In assenza
di esso la loro quota spettante è pari se uno a metà patrimonio, 2/3 in caso di più figli.
2. Quota degli ascendenti: opera soltanto in assenza di figli, è pari ad 1/3; in presenza di coniuge ¼
3. Quota del coniuge: gode del diritto di abitazione e di metà patrimonio in assenza di figli o
ascendenti in caso contrario varia a seconda del numero e qualità dei soggetti con cui concorre
• Coniuge ed un figlio: a ciascuno spetta 1/3, il residuo è liberamente disponibile
• Coniuge e più figli: al coniuge spetta ¼, metà ai figli e il restante quarto è disponibile
• Coniuge e ascendenti: al coniuge va metà patrimonio, ¼ agli ascendenti e ¼ è libero

Diritti del coniuge separato e dei figli non riconoscibili: situazione uguale al caso di successione legittima

Quote di legittima

All’apertura vi sono i legittimari, perciò il patrimonio ereditato si distingue in:


• Patrimonio disponibile: del quale il testatore è libero di fare quel che vuole
• Patrimonio di legittima: il testatore è vincolato perché spettante per legge ai legittimari

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Intangibilità della legittima: il testatore non può disporre della quota riservata ai legittimari. Il diritto alla
legittima è quindi intangibile. Tuttavia il testatore può disporre il soddisfacimento della legittima mediante
denaro o beni corrispondenti al valore della legittima (es. un padre a due figli, per la loro quota può
disporre per uno dell’azienda di famiglia, per l’altro una cifra in denaro del valore della legittima)

Cautela sociniana: il principio secondo cui il testatore non può imporre pesi sulla legittima incontra un
temperamento nella cosiddetta cautela sociniana. Quando il testatore lascia ai legittimari:
• la nuda proprietà anche della quota disponibile o di parte di essa
• dispone a favore di altri di un usufrutto/ una rendita il cui provento eccede quello della disponibile
• una rendita e dispone della nuda proprietà a favore d'altri
I legittimari possono scegliere o di accettare la disposizione del testatore e rinunziano al loro diritto sulla
quota di legittima; oppure esercitano il diritto che loro spetta sulla legittima e abbandonano il resto agli
altri chiamati.

Legato in sostituzione di legittima: il testatore intende escludere il legittimario da ogni partecipazione alla
divisione dell’eredità. Il testatore attribuisce al legittimario un legato di somma/beni determinati per un
valore pari/superiore alla legittima. Al legittimario starà poi decidere se accettare il legato in sostituzione o
la legittima. Nel caso decidesse di conseguire il legato, il legittimario perde ogni diritto di chiedere un
supplemento e non acquista il titolo di erede.
Il legato si acquista automaticamente al momento dell’apertura della successione, per la rinuncia deve fare
un atto scritto in quanto egli rinuncia ad un diritto entrato ormai nella sua sfera.
Il lascito a favore del legittimario può ritenersi fatto in sostituzione solo se espressamente manifestato dal
testatore, in difetto della volontà del testatore si dispone un legato in conto di legittima.

Legato in conto di legittima: il testatore fa al legittimario un’attribuzione che deve essere calcata ai fini
della legittima, e che non si sostituisce ad essa, con la conseguenza che il legittimario può quindi chiedere il
supplemento fino a che i beni non raggiungono la quantità di legittima.
• Es. un padre lascia un patrimonio di 100 e attribuisce al figlio, a titolo di legato, beni per valore di
45. Se il legato è fatto in sostituzione di legittima, il figlio può rinunciare al legato e chiedere la
legittima, pari a 50, oppure può accontentarsi del legato (es. un’azienda, che pur avendo valore
inferiore alla legittima, può essere di maggior interesse per il legatario poiché ci può investire).
Se invece il legato è fatto in conto di legittima, il legatario può chiedere l’integrazione della
legittima stessa tenendo conto di quanto già ricevuto (es. azienda da 45 + 5 che rimangono per
pareggiare il valore della legittima). Lo stesso principio si applica alle donazioni fatte in conto di
legittima.

Effetti della rinuncia del legittimario: ex 522 il legittimario che decidesse di rinunciare all’eredità, in caso
non operi la rappresentazione per mancanza di discendenti, può decidere di trattenere legati e donazioni
che siano stati imputati sulla quota disponibile.
Tuttavia può capitare che per reintegrare la legittima spettante agli eredi accettanti, può accadere che le
donazioni e le disposizioni testamentarie vengano ridotte: in tal caso rimangono salve le assegnazioni fatte
dal testatore sulla disponibile che non sarebbero suscettibili di riduzione se il legittimario accettasse
l’eredità, e si riducono le disposizioni a favore di quest’ultimo.
• Ciò perché se il legittimario accettasse, le attribuzioni a suo favore graverebbero sulla quota di
riserva, sicché si vuole evitare che le attribuzioni fatte dal de cuius sulla disponibilità vengano
travolte per effetto della scelta del legittimario di rinunciare all’eredità

Riunione fittizia
Operazione contabile attraverso la quale si tenta di ricomporre idealmente l'asse ereditario

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Calcolo: al valore dei beni del defunto al tempo dell'apertura della successione, diminuito dei debiti
ereditari (relictum), si somma il valore delle donazioni (donatum), attualizzato alla morte del de cuius.
Sull'asse così formata si calcola la quota di cui il defunto poteva disporre e si evidenzia l'eventuale lesione
sulla quota di riserva (art. 556 c.c). Si parla di riunione fittizia in quanto la somma del relictum con il
donatum avviene attraverso il calcolo dei valori nominali, senza la riunione materiale dei beni.

Funzione: La riunione fittizia serve a verificare se il de cuius, attraverso donazioni o disposizioni


testamentarie, abbia arrecato pregiudizio alla quota riservata ai legittimari, occorre anzitutto individuare
l'ammontare del suo patrimonio al momento dell'apertura della successione e calcolare la quota di cui
poteva disporre senza arrecare pregiudizio a quest'ultimi

L’azione di riduzione

Azione concessa al legittimario che ha visto ledere, in tutto o in parte, la sua quota di legittima a causa delle
disposizioni testamentarie o delle donazioni effettuate dal defunto. Con questa azione si tende ad ottenere
la riduzione delle disposizioni testamentarie o delle donazioni allo scopo di reintegrare la quota di legittima

Se mediante i calcoli di riunione fittizia risulta che le disposizioni testamentarie/donazioni eccedono la


quota disponibile, ciascun legittimario può agire per la riduzione di queste con l’azione di riduzione.
Irrinunciabilità: l’azione è irrinunciabile dai legittimari finché il donante è in vita, ma la rinuncia può
avvenire dopo la morte del donante.
Simulazione: in caso il de cuius abbia posto in essere delle vendite simulate per evitare l'azione di
riduzione, il legittimario converrà prima dimostrare la simulazione e per poi agire in riduzione.
Il legittimario agisce come terzo, quindi può usare ogni mezzo di prova per dimostrare la simulazione
Legittimati attivi: i legittimari lesi in tutto o in parte nella loro quota di legittima, i loro eredi o aventi causa
Legittimati passivi: eredi/legatari/donatario che sono stati beneficiari della disposizione lesiva
Prescrizione: L'azione di riduzione è soggetta alla prescrizione ordinaria decennale.

Onere di accettazione beneficiata: se il legittimario voglia agire contro estranei (non coeredi) per la
riduzione di donazioni/legati la legge stabilisce come presupposto l’accettazione del beneficio d’inventario
• Da ciò ne consegue che chi fosse stato escluso dalla successione non può esperire l’azione

Ordine di riduzione: la riduzione opera riducendo nell’ordine


1. Disposizioni testamentarie: diminuzione proporzionale dell’istituzione di eredi e legati
2. Donazioni: se la riduzione delle disposizioni non bastassero per reintegrare la legittima si procede
ala riduzioni delle donazioni, dall’ultima che ha provocato la lesione fino alle più vecchie

Effetti: se l’azione di riduzione fosse accolta, il donatario o il beneficiario delle disposizioni testamentarie
deve restituire tutto o in parte il bene, che deve essere libero da ogni peso o ipoteca.
Natura dell’azione di riduzione: Secondo l’opinione prevalente essa determina la risoluzione
totale/parziale dell’acquisto compiuto dai beneficiari; ha carattere personale ed efficacia erga omnes; le
conseguenze lesive della legittima sono impugnabili e non comportano nullità automatica, infatti finché la
riduzione non sia fatta valere le disposizioni lesive restano pienamente efficaci.
Trascrizione: se ha per oggetto beni immobili la domanda di riduzione è soggetta a trascrizione
Effetti della rinuncia di uno dei legittimari: poiché la quota di riserva è mobile, qualora uno dei legittimari
non esercitasse l’azione di riduzione, potrebbe far indurre a pensare che ciò possa modificare la quota
spettante agli altri. Tuttavia la riduzione non avrebbe effetto sulla definizione delle quote perché il calcolo
delle legittime vengono definite al momento dell’apertura della successione.
Azione di restituzione

I beneficiari possono restituire spontaneamente i beni al legittimario, ma nel caso in cui ciò non avvenga, si
potrà ancora agire con l'azione di restituzione (artt. 561 c.c. e ss.).

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Funzione: scopo dell'azione di restituzione è quello di far conseguire il pieno possesso dei beni al
legittimario, ed è esperibile sia contro i beneficiari sia contro gli aventi causa da questi.

Nel caso dei donatari, l'art. 562 c.c. contempla espressamente l'ipotesi della mancata restituzione della
cosa per causa a loro imputabile, come ad es. nel caso in cui sia perita. Sorgerà un diritto di credito nei
confronti del donatario, ma se questo risulterà insolvente saranno gli eredi e gli altri donatari anteriori a
sopportare le conseguenze di questa insolvenza.
Nel caso in cui l'azione sia esperita contro gli acquirenti aventi causa dai beneficiari (art. 563 c.c.), si
provvederà ad agire contro i terzi, agendo dall'ultima alienazione e, se necessario, procedendo a ritroso alla
precedenti. È però necessario, prima di agire contro i terzi acquirenti, escutere prima il donatario.
È consentito al terzo acquirente di liberarsi dall'obbligo di restituire in natura le cose donate pagando
l'equivalente in danaro.
A parte quest'ultima ipotesi, i terzi acquirenti di beni immobili ben difficilmente potranno sottrarsi alla
restituzione; esiste tuttavia una salvezza prevista dall'art. 2652 n. 8, ma è comunque legata al trascorrere di
un lungo periodo di tempo (dieci anni); per i beni mobili, invece, vale il principio secondo cui il possesso in
buona fede vale titolo, espressamente richiamato dall'art. 563 comma 3.

Patto di famiglia
Art.768 bis: contratto con il quale, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e
nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda o
le partecipazioni delle quali è titolare ad uno o più discendenti.

Funzione: istituto che si propone di consentire ad un imprenditore, ancora vivo, titolare di un’azienda di
dare una destinazione stabile all’impresa in favore dei propri discendenti, prevenendo così eventuali
dispute successorie che condurrebbero ad una frammentazione e successiva crisi dell’impresa.

Problemi della trasmissione: le norme in tema di successioni sono ispirate dal principio della modificabilità
delle disposizioni mortis causa fino al momento della morte del testatore e della indisponibilità dei diritti
successori prima dell’apertura della successione.
Ciò costituiva un ostacolo alla trasmissione delle aziende fra una generazione ad un’altra, poiché il de cuius
avrebbe potuto lasciare l’azienda al figlio più valido e riservare agli altri somme di denaro o altri cespiti in
compensazione, questo però non risolveva la questioni delle liti fra successori che si potevano sentire
indispettiti dalle volontà del defunto e spesso questi contrasti portavano alla frammentazione dell’azienda
che l’imprenditore tanto teneva alla salvaguardia della sua interezza.

Assegnatari: solo i discendenti dell’imprenditore


Forma: il contratto deve essere fatto per atto pubblico, a pena di nullità

Partecipanti al contratto: la stabilità del trasferimento dipende dalla neutralizzazione delle pretese degli
altri legittimari, perciò sono tenuti a partecipare il coniuge/partner e tutti coloro che sarebbero legittimari.
Potrebbe accadere che all'atto stesso non partecipino tutti coloro che ne hanno diritto ex art. 768 quater;
vediamo le conseguenze.
• Mancata partecipazione alla stipula del contratto del coniuge e\o dei legittimari: se gli
assegnatari non liquidano loro le somme che gli spettano il patto è annullabile entro un anno
dall'apertura della successione.
Il termine per chiedere l'annullamento del patto è di un solo anno, e non di cinque, come accade di
regola, ma ciò che più conta è che la mancata partecipazione del coniuge e dei legittimari non
comporta la nullità del patto, ma la conseguenza meno grave della annullabilità, conseguenza
comunque evitabile con la corresponsione a tali soggetti di quanto gli spetta.

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Vizi del consenso: è possibile chiedere l'annullamento del patto entro un anno dalla sua stipula
Rinuncia o liquidazione: i partecipanti al patto non assegnatari ai fini delle funzioni pratiche dell’istituto,
pur mantenendo il diritto all’azione di riduzione converrebbe che rinunciassero ai loro diritti/partecipazione
dell’azienda, ma comunque sia hanno il diritto di essere liquidati dagli assegnatari con il pagamento di una
somma corrispondente, o in natura pari al valore delle quote previste.
Scioglimento del patto: ex 768 septies
1. Per mutuo dissenso: mediante un nuovo contratto
2. Per recesso: solo se previsto nel patto e certificato da un notaio

Successione testamentaria
Art.587: Il testamento è un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di
vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse.
Le disposizioni di carattere non patrimoniale, che la legge consente siano contenute in un
testamento, hanno efficacia, se contenute in un atto che ha la forma del testamento, anche se
manchino disposizioni di carattere patrimoniale

Nozione: Il testamento è un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di
vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse
Revocabilità: il testatore può sempre togliere valore al testamento già fatto o modificarlo. Il principio di
revocabilità è inderogabile, perché l’ordinamento vuole garantire la libertà di disposizione dei beni del
soggetto una volta morto, come manifestazione della libertà individuale.
Divieti: nullità di ogni clausola che concerne la modifica o la revoca delle disposizioni testamentarie; patti
successori e donazione mortis causa.
Contenuto patrimoniale: è la caratteristica fondamentale dell’istituto
Disposizioni a carattere non patrimoniale: il testamento può contenere anche disposizioni di carattere non
patrimoniali come la designazione del tutore o il riconoscimento dei figli (atto irrevocabile)
Forma: il testamento è negozio solenne scritto ab substantiam
Natura giuridica: tipico negozio unilaterale non recettizio che è l’espressione della volontà del solo
testatore, non ha bisogno dell’adesione di alcuno.
• Personalità dell’atto: il testamento è un atto strettamente personale, quindi non è ammessa la
rappresentanza (es. non può aversi testamento di un incapace ad opera del tutore/genitore)
• Divieto di testamento congiuntivo: per il suo carattere strettamente personale non è consentito un
testamento fatto da due o più persone, perché per la revoca sarebbe necessario il consenso
dell’altro (es. due genitori dispongono nello stesso atto a favore di un figlio).
• Divieto di testamento reciproco: es. due coniugi dispongono nello stesso atto che se uno di loro
sopravvivrà sarà lui a succedergli.
• Testamento simultaneo: due atti distinti, ciascuno sottoscritto da una persona sola, ma sono scritti
sullo stesso foglio (es. due genitori che dispongono per il figlio)

Condizione di reciprocità: Qualora un soggetto sia indotto a fare testamento a favore di un altro affinché
questi a sua volta lo benefici nel suo, verrebbe meno la spontaneità che deve caratterizzare la volontà
testamentaria, perciò l’atto viene annullato.
Nulla però vieta a due persone di disporre in atti distinti, l’uno a favore dell’altro; salvo che non ci sia stato
un patto successorio.

Testamento come negozio giuridico

Incapacità di testare: non è ammessa alcun tipo di rappresentanza per la natura personale dell’atto. Il
testamento fatto da un incapace è annullabile, non sono capaci di fare testamento ex 591:
• I minorenni
• Interdetti per infermità mentale

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• Incapaci naturali

Interpretazione: l’interpretazione del testo deve essere guidata dal fine di ricostruire la voluntas testantis.
Nell’interpretazione del testo si concede perciò rilievo ai criteri di interpretazione soggettiva e non a quelli
di interpretazione oggettiva. I valori che guidano l’interpretazione del testamento sono:
• La ricerca della volontà autentica del testatore: mediante anche all’uso di elementi extra testuali
• Il principio di conservazione: che si impone per l’impossibilità di rinnovazione dell’atto.

Vizi della volontà: sono causa di impugnabilità del testamento


• Dolo: in materia testamentaria si parla di captazione. Non sono sufficienti i motivi di influenza
psicologica ma sono necessari anche altri mezzi di inganno, che tenendo conto dell’età, condizione,
salute del soggetto; abbiano indotto la vittima a modificare il testamento.
• Errore: per l’unilateralità del negozio non è applicabile il principio di subordinazione alla
riconoscibilità dell’errore. L’errore di fatto/diritto sul motivo è causa di annullamento delle
disposizioni testamentarie, a differenza del regime previsto per atti unilaterali recettizi e contratti
L’impugnabilità dell’errore è possibile però solo se:
1. Il motivo erroneo risulti scritto nel testamento: es. nomino mio erede tizio perché mi ha
salvato la vita, ma in realtà è stato Caio
2. Il motivo erroneo sia il solo che ha determinato il testatore a disporre: non è imputabile la
disposizione a favore di tizio se motivata oltre dal fatto erroneo di aver salvato la vita al
testatore, anche dal fatto che egli sia sempre stato legato al testatore.

Motivo illecito: ex 626 il motivo illecito risulta causa di annullamento solo quando risulta nel testamento ed
abbia indotto il testatore a disporre.
Erronea indicazione dell’erede: Se la persona dell'erede o del legatario è stata erroneamente indicata, la
disposizione ha effetto, quando dal contesto del testamento o altrimenti risulta in modo non equivoco
quale persona il testatore voleva nominare.
La disposizione ha effetto anche quando la cosa che forma oggetto della disposizione è stata
erroneamente indicata o descritta, ma è certo a quale cosa il testatore intendeva riferirsi.
Simulazione: la simulazione del testamento è generalmente rigettata per la difficoltà che si avrebbe nel
desumere l’avvenuta simulazione. Tuttavia parte della dottrina ammette la possibilità del testamento
simulato, come nel caso scolastico di un testamento pubblico contenente un legato a favore di un soggetto,
infatti fra testatore e beneficiario vi è intesa della mancanza di effetti dell’atto.

Incapacità di ricevere: non possono essere istituiti come eredi/legatari oltre i soggetti già descritti, quelli
che potrebbero abusare della funzione esercitata (es. tutore, protutore, testimone, interprete ecc.)
Le disposizioni a favore degli incapaci di succedere sono nulle, senza che vi sia bisogno di prova.
Interposizioni di persona: vietata dall’ordinamento per evitare i negozi in frode di legge, essa presume iuris
et de iure l’interposizione quando la disposizione sia fatta a favore di congiunti strettissimi della persona
che ex lege sia incapace di ricevere e la dichiara nulla.
Disposizione fiduciaria: se il testatore, rimettendosi alla coscienza della persona in cui avesse riposto
fiducia, abbia disposto una quota a favore di quella persona dandole incarico di trasmettere ad un terzo (es.
una donna con il de cuius abbia avuto una relazione, che dalla quale sia nata un figlio non riconosciuto) tutti
o parte dei beni lasciategli. La persona che il testatore ha voluto effettivamente beneficiare non potrà agire
in giudizio né far nulla per ottenere i beni; può solo sperare che la persona istituita dal de cuius esegua il
suo dovere di disposizione fiduciaria. Si tratta di un’obbligazione naturale.
Incertezza del beneficiario: l’art.628 sentenzia la nullità per le disposizioni testamentarie a favore di
persona incerta, ossia indicata in modo tale da non essere determinata.
Disposizioni rimesse ad un terzo: le disposizioni testamentarie rimesse all’arbitrio di un terzo sono nulle ex
631. Mentre è valida la clausola di un contratto che attribuisce ad un terzo la determinazione della
prestazione dedotta dal contratto medesimo.

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Il divieto di rimessione ad un terzo è assoluto per l’istituzione dell’erede, ma è possibile quella del legatario

Elementi accidentali del testamento


Condizione sospensiva o risolutiva: ex 633 è possibile apporre tali condizioni, sia all'intero testamento sia a
singole disposizioni. È ammessa anche la condizione sospensiva potestativa; in tal caso l'acquisto della
qualità di erede o del legato dipendono dalla volontà di questi ultimi. Tuttavia non si potrà aspettare
all'infinito che tali soggetti facciano avverare, o meno, la condizione, e se il testatore non ha dato loro un
termine, gli interessati potranno rivolgersi al giudice affinché fissi loro detto termine (art. 645 c.c.)

Condizioni illecite o impossibili: si considerano come non apposte ( vitiatur sed non vitiat) a meno che non
siano state l'unico motivo che hanno spinto il testatore a disporre; in tal caso sarà nulla l'intera disposizione
testamentaria ( art. 634 c.c.). Caso specifico di condizione illecita è quello previsto dall'art. 636. Secondo
questo articolo è illecita la condizione che impedisce le prime o le nuove nozze, anche se si riconosce
validità a questa condizione per il legatario di usufrutto o di uso, di abitazione o di pensione, o di altra
prestazione periodica

Termine: nella disposizione a titolo universale il termine si considera non apposto, sia esso finale (perché
non è consentito che sia abbiano eredi a termine, semel heres semper heres) o iniziale perché
interromperebbe la continuità della titolarità art. 637 c.c.); è possibile il legato a termine.

Onere/modus: elemento accidentale che può essere apposto ai negozi gratuiti e consiste in un’imposizione
dell’obbligo di eseguire una determinata prestazione. L’onere non condiziona gli effetti del testamento,
l’erede gravato di onere è erede solo perché ha accettato l’eredità, indipendentemente dall’adempimento
dell’onere. Qualsiasi soggetto può agire per l’adempimento dell’onere, la risoluzione dell’atto vi è solo se
l’onere/modus sia stato il motivo determinante che abbia indotto il de cuius a stipulare la disposizione.

Forme del testamento

Il testamento è un atto solenne che richiede una particolare forma scritta ad substantiam
• Forme ordinarie: testamento olografo e per atto di notaio
1. Testamento per atto di notaio: pubblico o segreto
• Forme speciali

Testamento olografo: ex 602 è la forma testamento più semplice e immediata poiché è redatto
personalmente dal testatore con scrittura privata
Valore probatorio: disciplina della scrittura privata
Caratteristiche: L'art. 602 ci indica i requisiti del testamento olografo, ma la caratteristica fondamentale
dell'atto sta nel fatto che deve essere interamente redatto dalla mano del testatore

Requisiti del testamento olografo


• Autografia: deve essere scritto per intero di pugno del testatore
• Data: l'indicazione del giorno, mese e anno o indicazione equivalente (es. natale 2008)
• Sottoscrizione: deve essere posta alla fine delle disposizioni. Se anche non è fatta indicando nome
e cognome, è tuttavia valida quando designa con certezza la persona del testatore

Non tutti i requisiti sono richiesti a pena di nullità; secondo l'art. 606 c.c. infatti, il testamento olografo è
nullo solo quando manca l'autografia o la sottoscrizione, mentre la mancanza degli altri elementi formali è
causa di annullabilità (assoluta) dell'atto.

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Testamento pubblico: è il testamento redatto dal notaio secondo la volontà espressa dal testatore
con le formalità previste dalla legge
Valore probatorio: essendo un atto pubblico fa piena prova di quanto si è svolto davanti al notaio sino a
querela di falso.
Requisiti del testamento pubblico:
1. dichiarazione del testatore resa al notaio alla presenza di due testimoni
2. Redazione scritta del notaio delle dichiarazioni del testatore
3. Lettura del testamento al testatore in presenza dei testimoni. Anche di queste formalità è
fatta menzione nel testamento
4. Indicazione del luogo, della data del ricevimento e dell'ora della sottoscrizione
5. Sottoscrizione del testatore, dei testimoni e del notaio: può darsi che il testatore non sia in
grado di sottoscrivere o possa farlo solo con grave difficoltà; anche di questa eventualità
deve essere fatta menzione nel testamento, mentre se il testatore non sa leggere i
testimoni dovranno essere quattro al posto di due.

Annullabilità e nullità: Anche in questo caso non tutti i requisiti formali sono richiesti a pena di nullità; per
l'art. 606 c.c. il testamento pubblico è nullo quando manca la redazione per iscritto da parte del notaio
delle dichiarazioni del testatore, oltre alla sottoscrizione dello stesso notaio e del testatore.
Negli altri casi vi sarà annullabilità assoluta dell'atto.
Prescrizione: L'azione si prescrive nell'ordinario termine di cinque anni, da calcolarsi dalla data di
esecuzione delle disposizioni testamentarie.

Testamenti speciali: le forme del testamento ordinario non possono spesso essere osservati in
particolari circostanze nelle quali risulta difficile ricorrere al notaio, come nel caso di malattie contagiose,
calamità pubbliche o infortuni oppure se si è in servizio militare.
Questi testamenti speciali perdono la loro efficacia dopo tre mesi dalla cessazione della causa che ha
impedito al testatore di eseguire le formule previste dal testamento ordinario.

Testamento segreto: è redatto dal testatore ed è consegnato con l'osservanza di particolari formalità
al notaio che lo riceve in presenza di testimoni

Questo tipo di atto è una forma intermedia tra il testamento pubblico e il testamento olografo.
• Del testamento olografo conserva la caratterista della segretezza
• l'intervento del notaio dà la certezza che l'atto non sarà alterato o distrutto da estranei, come
accade nel testamento pubblico.

Elementi necessari:
• Scheda testamentaria: contiene le disposizioni testamentarie; a differenza di quanto accade per il
testamento olografo, questa scheda può essere redatta anche da un terzo o con mezzi meccanici;
deve, però, essere sottoscritta dal testatore che poi consegna al notaio.
• l'atto di ricevimento: questo è sottoscritto dal notaio, dal testatore e dai due testimoni.
Redatta la scheda il testatore la consegna sigillata al notaio in presenza dei testimoni.

Data: la data del testamento segreto è quella dell’atto di ricevimento.


Il testamento segreto può essere ritirato in qualsiasi momento dal suo autore; in tal caso il notaio redige un
verbale di restituzione (art. 608 c.c.).
Annullabilità e nullità: Anche in questo caso non tutti i requisiti formali sono richiesti a pena di nullità; per
l'art. 606 c.c. il testamento segreto è nullo quando manca la redazione per iscritto da parte del notaio delle
dichiarazioni dell'atto di ricevimento, oltre alla sottoscrizione dello stesso notaio e del testatore.

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Negli altri casi vi sarà annullabilità assoluta dell'atto. L'azione si prescrive nell'ordinario termine di cinque
anni, da calcolarsi dalla data di esecuzione delle disposizioni testamentarie. Il testamento segreto non può
essere redatto da chi non sa leggere.
Invalidità del testamento per vizio di forma
Nullità del testamento o delle singole disposizioni
1. Mancanza delle forme previste dalla legge: è nullo l'intero testamento (art. 606 c.c.)
2. Testamento congiuntivo o reciproco: è nullo l'intero testamento
3. Violenza fisica: è nullo l'intero testamento
4. Incapacità a ricevere del notaio, del tutore (artt. 596, 597, 598 c.c.)
5. Motivo illecito se è stato l'unico che ha determinato il testatore a disporre (art. 626 c.c.)
6. indeterminatezza assoluta del beneficiario (art. 628)
7. condizione illecita/impossibile solo se è stata l'unico motivo che ha spinto il testatore a disporre

Casi di annullabilità dell'intero testamento o delle singole disposizioni


• errore, violenza e dolo (art. 624 c.c.)
• difetto di forma quando non è prevista la nullità (art. 606 c.c.); è annullabile l'intero testamento
• incapacità a disporre per testamento (art. 591 c.c.); è annullabile l'intero testamento

Sanatoria del testamento nullo: l’art.590 stabilisce una particolare deroga alla regola secondo cui la nullità
è insanabile. Il legislatore ispirato dal principio del rispetto favor testamenti prevede che la disposizione
nulla per qualsiasi causa è sanata se, conoscendo la causa della nullità, si è confermata la disposizione o gli
si è data volontaria esecuzione dopo la morte del testatore.
Nonostante che l'art. 590 disponga che la disposizione nulla può essere sanata qualunque sia la causa di
nullità, si tende a restringere le ipotesi di sanatoria ai soli vizi formali, e non a quelli sostanziali, come, ad
esempio, la mancanza di capacità a ricevere, escludendo, altresì, anche i casi in cui la disposizione sia nulla
per contrarietà all'ordine pubblico.

Revoca del testamento

Il testamento è revocabile fino all’ultimo momento della vita del testatore


La revoca del testamento può essere:
• Espressa: può farsi in due modi con un nuovo testamento o con un atto ricevuto da notaio in
presenza di due testimoni, in cui il testatore personalmente dichiara di revocare, in tutto o in parte,
la disposizione anteriore. Con la revoca espressa, il testatore elimina in tutto o in parte le
precedenti disposizioni testamentarie in maniera esplicita.
• Tacita: si effettua in due modi o con un testamento posteriore nel quale siano contenute
disposizioni incompatibili con le precedenti; nel caso in cui le disposizioni successive siano
compatibili con le precedenti si integreranno con queste ultime; oppure con ritiro del testamento
segreto dalle mani del depositario. In questo caso, però, la scheda testamentaria può valere come
testamento olografo
• Presunta: sia ha con la distruzione o lacerazione del testamento olografo (art. 684 c.c.) o
l’alienazione o trasformazione della cosa legata

Revoca della revoca: Nel caso ci ripensasse, il testatore potrà sempre nelle stesse forme revocare la revoca
già effettuata; in tal caso rivivranno le disposizioni revocate ex 681
Revoca di diritto: In questo caso la revoca avviene per sopravvenienze che consistono nella sopravvenienza
di figli, circostanze che se conosciute dal testatore, per presunzione iure et de iure gli avrebbero fatto
redigere un diverso testamento. Anche in questi casi, però, il testamento non cade se il suo autore aveva
provveduto al caso che esistessero o sopravvenissero figli o discendenti di essi.

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Pubblicazione del testamento


Abbiamo visto che il testamento diviene efficace dopo la morte del testatore, ed è valido
indipendentemente dalla conoscenza dell'atto da parte dei suoi destinatari.
È anche vero, però, che se nessuno è a conoscenza dell'esistenza del testamento si aprirà la strada alla
successione legittima.

Funzione: La pubblicazione del testamento serve a far conoscere il contenuto del testamento, ma non ne è
un requisito di validità o di efficacia dell'atto, ma, semmai, un presupposto per la sua eseguibilità nei modi
che vedremo in seguito. La pubblicazione, in senso tecnico, si ha per il testamento olografo e segreto, visto
che il testamento pubblico è immediatamente eseguibile proprio per la sua natura di atto pubblico.

Il testamento olografo e segreto si pubblicano in forme simili, con la sola differenza dovuta al fatto che
mentre il testamento segreto è già in possesso del notaio, quello olografo è sempre rimasto presso il
testatore e, per avventura, potrebbe non essere mai scoperto.
Stando così le cose è chiaro che il testamento segreto è pubblicato dallo stesso notaio, appena riceve la
notizia della morte del testatore (art. 621 c.c.), mentre quello olografo è sempre pubblicato dal notaio, ma
solo quando gli venga portato da chi l'abbia avuto in possesso (art. 620 c.c.).

Dopo questi eventi, la pubblicazione avviene nella stessa maniera, e cioè:


• Il notaio si assicura la presenza di due testimoni;
• davanti a detti testimoni redige, nella forma degli atti pubblici, un verbale nel quale descrive lo
stato del testamento, ne riproduce il contenuto e fa menzione della sua apertura, se è stato
presentato chiuso con sigillo;
• il verbale è sottoscritto dalla persona che presenta il testamento, dai testimoni e dal notaio;
• successivamente il notaio deve trasmettere alla cancelleria del tribunale, nella cui giurisdizione si è
aperta la successione, copia in carta libera dei verbali e del testamento pubblico (art. 622 c.c.)
• infine il notaio comunica agli eredi e legatari l'esistenza del testamento (art. 623 c.c.).

Notiamo, in primo luogo, che la legge non pone un termine per la pubblicazione, tanto che è prevista una
specifica actio interrogatoria (art. 620 comma 2, art. 621 comma 2) per ottenerne la pubblicazione.
Entrambi i testamenti sono poi eseguibili indipendentemente dalla pubblicazione, tanto che gli eredi
possono spontaneamente dare esecuzione alle disposizioni testamentarie, senza che vi sia alcuna invalidità
o inefficacia, anche se tale ipotesi è verosimile solo nel caso di testamento olografo.
Sembra allora che la pubblicazione sia inutile, ma non è così, perché solo con questa attività si potrà agire in
giudizio per la esecuzione delle disposizioni testamentarie.

Esecuzione del testamento

Il testatore può nominare uno o più esecutori testamentari ex 700


Può essere esecutore l’erede o un legatario, è richiesta la capacità d’obbligarsi, ossia la capacità d’agire

Funzioni: l’esecutore ha l’incarico di far sì che le ultime volontà del defunto vengano rispettate
Accettazione: l’accettazione dell’incarico deve avvenire con la dichiarazione fatta nella cancelleria del
tribunale del luogo dove si è aperta la successione
Responsabilità: l’esecutore ha il possesso per non oltre un anno dei beni ereditari e deve amministrarli
come un buon padre di famiglia. Può alienare i beni se necessario, previa autorizzazione del tribunale.
In caso di cattiva amministrazione può essere esonerato dall’incarico su istanza di chiunque.

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Divisione operato dall’esecutore: Il testatore può attribuire all’esecutore, salvo sia erede/legatario,
l’incarico di procedere alla divisione dell’eredità
Rendiconto: l’esecutore alla fine deve rendere conto della gestione e consegnare i beni all’erede
Natura giuridica: ufficio di diritto privato, solitamente gratuito. Le spese sono a carico dell’eredità
Legato
Disposizione testamentaria a titolo particolare in base alla quale ad un soggetto succede in uno o più
rapporti determinati. L’essenza del legato consiste in un’attribuzione patrimoniale relativa a beni
determinati che normalmente importano un beneficio economico al legatario.

Fonti: il legato si costituisce per testamento, ma anche per legge (es. diritto del coniuge superstite
all’abitazione della casa familiare)
Effetti: il legatario/onorato succede a titolo particolare al de cuius e non risponde per i debiti ereditari. Il
diritto di sequela conferito da un’ipoteca su un immobile potrebbe far espropriare il legatario. Il testatore
può imporre oneri o modi al legatario entro i limiti della cosa legata e può mettere a suo carico il
pagamento di debiti particolari.
Onerato: è la persona che è tenuta alla prestazione oggetto del legato, può essere l’erede o un altro
legatario, che viene chiamato sub legato.
Differenza fra prelegato e sub legato: il prelegato è il legato a favore del coerede ed a carico dell’eredità

Oggetto del legato: si ne distinguono in merito all'oggetto due fondamentali tipi di legato:
• Legato di specie: quando ha ad oggetto la proprietà o altro diritto reale su un bene o su una quota
di bene determinato appartenente al testatore; il diritto si trasmette al legatario al momento della
morte del testatore e il possesso del bene può essere domandato all'onerato anche se ne sia stato
dispensato dal testatore;
• Legato di quantità: il legato di una cosa individuata solo nel genere (es. denaro, grano); in tal caso
l'onerato dovrà fornire al legatario cose di qualità non inferiore alla media; a lui, inoltre, spetta di
eseguire la specificazione, se il testatore non abbia incaricato lo stesso legatario o un terzo

Acquisto del legato: avviene ipso iure senza che sia necessaria accettazione. Proprio perché il legato di
solito si risolve in un vantaggio, non è previsto che debba essere accettato, come invece accade per
l'eredità, ma è fatta salva, però, la facoltà di rinunciare.
Rinuncia: visto che per la rinuncia non è previsto un termine, l'art. 650 c.c. permette di agire innanzi alla
autorità giudiziaria affinché questa fissi un termine al legatario per la rinuncia. La particolarità di questa
specie di actio interrogatoria sta nel fatto che se il legatario lascia trascorrere il termine senza che abbia
espresso alcuna dichiarazione, la conseguenza non sarà la rinunzia implicita, ma, al contrario, la perdita
della facoltà di rinunziare.
Il legatario, inoltre, non potrà più rinunziare quando abbia esercitato il diritto oggetto del legato.
La rinunzia, a differenza della rinunzia dell'eredità, è un negozio abdicativo unilaterale, proprio perché si
perde un diritto di cui si è già titolare. Se il legato ha per oggetto beni immobili, la rinuncia va fatta per atto
scritto.

Tipi particolari di legati

Legato di cosa altrui: ex art.651 c.c. il legato di cosa non appartenente al testatore è di regola nullo.
La legge ritiene tuttavia valido il legato di cosa altrui a condizione che dal testamento o da altro scritto
risulti che il testatore fosse a conoscenza che la cosa legata apparteneva all’onerato o ad un terzo. In
questo caso l’onerato è obbligato ad acquistare la proprietà della cosa dal terzo e a trasferirla al legatario,
ma è in sua facoltà pagarne al legatario il giusto prezzo.
• Es. “lascio erede delle mie sostanze mio figlio Gino. Lascio in legato al signor Luca Rossi 2 vasi di
maiolica giapponese, che sono di proprietà di mio fratello Dante”.

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In questo caso, l’erede (il figlio Gino) sarà tenuto ad acquistare i vasi per darli al legatario, oppure a
corrisponderne il giusto prezzo, da stabilirsi secondo il valore di mercato o con una perizia.

Legato di genere: comporta la nascita di un’obbligazioni in capo all’onerato avente per oggetto una
quantità di cose di genere stabilito dal testatore. In tal caso l'onerato dovrà fornire al legatario cose di
qualità non inferiore alla media; a lui, inoltre, spetta di eseguire la specificazione, se il testatore non abbia
incaricato lo stesso legatario o un terzo
Legato alternativo: es. lascio a tizio l’automobile oppure un camion. Si applica il regime delle obbligazioni
alternative, la scelta spetta all’onerato, salva diversa disposizione del testatore
Legato di credito: es. tizio ha un credito verso caio e lo lascia in legato a sempronio. Alla morte di tizio si
verifica una successione particolare del credito analoga alla cessione del credito per atto inter vivos.
Legato di liberazione: se tizio ha un credito verso sempronio, se gli lega il debito compie nei confronti del
debitore una remissione del debito
Legato a favore del creditore: se il debito è menzionato lo si considera fatto a titolo di pagamento del
debito, se, invece, non è menzionato si presume che sia stato fatto titolo di liberalità.
Legato alimentare: in tal caso l’onerato è tenuto alle prestazioni alimentari.

Divisione dell’eredità
Comunione ereditaria: se l’eredità è acquistata da più persone, si forma sui beni ereditari tra i coeredi
medesimi una comunione, che investe tutti i beni derelitti. Valgono le regole generali in materia (art.1100)

Prelazione del coerede: mentre nella comunione ordinaria ciascun partecipante può liberamente alienare
la propria quota, in quella ereditaria l’ordinamento cerca di arginare questo fenomeno dispersivo e
speculativo sull’eredità stabilisce che i coeredi hanno diritto di prelazione rispetto agli estranei per
l’acquisto della quota. Perciò l’alienazione che deve essere notificata agli altri coeredi, i quali entro un
breve tempo debbono decidere se acquistarla o meno, altrimenti chi ha notificato la proposta può vendere
liberamente la quota a chiunque.

Retratto successorio: in caso di omissione della notifica e successiva vendita della quota ad un estraneo, gli
altri eredi possono riscattare la quota per il prezzo pagato dal terzo. Si tratta di un diritto potestativo
concesso dall’ordinamento all’esecuzione coattiva in forma specifica del diritto di prelazione violato.
Poiché il retratto si può esercitare nei confronti di terzi, esso ha carattere reale.
Il retratto può essere esercitato finché non si sia sciolta la comunione.

Divisione

Modalità di divisone: essa può essere disposta dal testore, dai coeredi (divisione contrattuale) o dal giudice
Effetto: con la divisione cessa la comunione, l’atto sostituisce lo stato di comunione con uno stato in cui
ogni soggetto possiede la titolarità di specifici beni che prima appartenevano alla comunione,
corrispondente al valore della quota spettante nello stato di indivisione.
Domanda di divisione: come nella comunione ordinaria qualsiasi partecipante ha diritto a chiedere lo
scioglimento della comunione. Le parti possono anche decidere di rimanere vincolati per massimo 10 anni
oppure attendere il compimento della maggior età di uno degli istituiti.
Nel caso che l’immediato scioglimento della comunione pregiudicasse uno dei partecipanti, questo può
chiedere al giudice la fissazione di un periodo di congrua dilazione che può durare massimo 5 anni.
• Diritto d’autore: la legge stabilisce che il diritto di utilizzazione dell’opera debba rimanere indiviso
tra gli eredi per almeno 3 anni, salvo diversa disposizione.

Natura dell’istituto: dichiarativa con effetto retroattivo (es. se dopo la divisione a tizio viene assegnato un
bar, ed a Caio un ristorante, essi si considerano come se fossero stati proprietari dei due beni da sempre)

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• Non corrispettività: se ad un coerede viene assegnato l’unico immobile indivisibile su cui cadeva la
comunione ereditaria, e per gli altri eredi è attribuito un conguaglio in denaro, l’acquisto della
proprietà della casa del primo erede non è subordinato al pagamento del conguaglio dei coeredi.
Poiché non si tratta di un contratto a prestazioni corrispettive non sono applicabili le norme di
risoluzione per inadempimento ed exceptio inadimplenti contractus.

Ipoteca su beni indivisi: l’ipoteca costituita da uno dei partecipanti sulla propria quota produce
direttamente effetto sui beni a lui assegnati in sede di divisione.
• Trasporto d’ipoteca: in deroga al principio della specialità dell’ipoteca, Se invece il coerede abbia
iscritto l’ipoteca non sulla quota ma su un singolo e specifico bene ereditario e poi in sede di
divisione, questo non gli sia stato assegnato, l’ipoteca si trasferisce sui beni al coerede assegnati
con il grado dell’originaria iscrizione e nei limiti del valore del bene in precedenza ipotecato.
• I creditori che possono vantare un’ipoteca già trascritta, per far valere le loro ragioni devono essere
chiamati ad intervenire al momento della divisione.

Divisone contrattuale
Forma e pubblicità: se riguarda beni immobili è richiesto ad substantiam l’atto scritto e la trascrizione
Causa di invalidità: violenza, dolo ma non errore; il quale è impugnabile solo se cada sui presupposti della
divisione (es. esistenza di testamento, numero di eredi), inoltre se si è proceduto alla divisione per legge ma
ci fosse un testamento non scoperto, questo sarebbe un errore insanabile che dà luogo a nullità assoluta.
La divisione è altresì nulla quando non vi abbiano partecipato tutti i coeredi.

Supplemento di divisione: rimedio concesso dall’ordinamento nel caso in cui siano stati omessi dei beni
Rescissione per lesione: se vi è stato errore nella stima dei beni è possibile esperire l’azione di rescissione
per lesione, la quale si distingue dalla rescissione general prevista per i contratti perché:
• È escluso il profilo soggettivo: non importa se una parte abbia deciso di approfittare dello stato di
bisogno di un’altra, basta il fatto che la quota sia inferiore a quanto debba essere.
• Il valore della parte assegnata deve essere inferiore di oltre un quarto del valore della quota
• L’azione si prescrive in 2, anziché 1 anno.
Divisone giudiziale

Litisconsorzio necessario: il giudizio di divisione può essere promosso da ciascuno dei coeredi, per lo
scioglimento della comunione ereditaria devono essere presenti tutti i condividenti.
Calcolo della quota: ai fini della divisione si procede alla stima dei beni della comunione, poi si procede alla
formazione delle porzioni spettanti a ciascun soggetto.
• Beni indivisibili: se nessun coerede vuole continuare la condivisione questi vengono venduti all’asta
e successivamente il ricavato viene suddiviso fra i condividenti.
Conguaglio: se le porzioni che vengono formate non corrispondono esattamente con il valore delle quote
ereditarie, chi ha avuto le porzioni di valore eccedente è tenuto a pagare agli altri la differenza in denaro.
Stima dei beni: va fatta in riferimento al loro stato e al valore di mercato al momento della divisione

Divisione fatta dal testatore: il codice attribuisce la facoltà al testatore di dettare norme e criteri per la
formazione delle quote e della loro assegnazione, ma è nulla se non abbia compreso qualcuno dei
legittimari

Debiti e crediti ereditari

Responsabilità pro quota: ex 752 i debiti e i pesi ereditari devono essere sopportati da ciascun coerede in
proporzione alla propria quota di eredità, salvo diversa disposizione del de cuius.
In altre parole c'è di solito proporzionalità tra quanto ricevuto e la responsabilità per debiti e pesi ereditari.

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La regola non vale solo nei rapporti interni tra i coeredi, ma pure in quelli esterni di fronte ai creditori
• Ex 754 ciascun creditore del de cuius non può pretendere dal singolo coerede più di quanto egli
debba in proporzione alla sua quota, salvo obbligazione invisibile; e in caso di insolvenza questa
inadempienza non può essere invocata nei confronti degli altri, poiché manca il vincolo di
solidarietà tra i coeredi.

Debiti ipotecari: il creditore che vanti un’ipoteca su un cespite ereditario può pretendere l’intero dal
singolo coerede cui il bene sia assegnato, per il principio per cui l’ipoteca è opponibile anche ai terzi.
In caso di debiti ipotecari, la quota di debito del coerede insolvente viene ripartita in proporzione con gli
altri, come garanzia del creditore.
• Regresso: il coerede che abbia pagato l’intero potrà agire in regresso contro gli altri coeredi solo in
misura a quanto dovessero pagare gli altri eredi pro quota, così che resterà a suo carico l’eventuale
insolvenza di qualche coerede.

Legatario di bene ipotecato: il legatario non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari, ma se il legato ad
esso assegnato fosse gravato da ipoteca egli è comunque tenuto a pagarlo, e perciò egli subentra nelle
ragioni del creditore contro gli eredi.
Crediti ereditari: non si dividono automaticamente tra i coeredi pro quota, ma subentrano nella comunione
ereditaria; poiché l’art.752 è applicabile solo ai debiti. Ne consegue che tutti i coeredi possano agire
individualmente per valere il credito, per intero o anche solo in relazione alla sua quota.

Garanzia per evizione: è ripartita fra i coeredi.


Infatti se un terzo desumesse che il bene facente parte della quota di un coerede non fosse di proprietà del
de cuius, ma bensì sua e se la facesse restituire, il danno subito dal coerede deve essere risarcito a carico
dell’eredità e quindi a carico delle quote dei restanti coeredi.

Collazione

Art.737: rimedio previsto dalla legge per aumentare la massa ereditaria grazie al quale i figli, i loro
discendenti, e il coniuge che hanno accettato l’eredità devono restituire alla massa ereditaria tutti i beni
che sono stati loro donati in vita dal defunto, in maniera tale da dividerli con gli altri coeredi.
• Es. se il de cuius aveva due figlio, ha lasciato un patrimonio di 10 e al figlio tizio ha donato in vita 2,
mentre per testamento ha disposto che a tizio spetta 1/3 ed al figlio caio 2/3 del patrimonio.
Occorre poi aggiungere il relictum lasciato al momento della morte al donatum donato, quindi
(10+2=12) poi si potrà procedere con il calcolo delle porzioni: tizio 1/3 di 12=4 e caio=8.

Ratio: la funzione della collazione consiste nel mantenere i discendenti e il coniuge/partner del de cuius
chiamati a succedergli la proporzione stabilita nel testamento o nella legge.
Carattere: la disciplina legislativa della collazione, visto che il fondamento dell’istituto è la volontà del
donante, ha carattere dispositivo.

Attribuzioni soggette a collazione: es. ciò che il defunto abbia speso a favore dei discendenti per
assegnazioni fatte a causa di matrimonio, per avviarli all’esercizio di un’attività ecc.
• Non sono soggette a collazione le donazioni di modico valore fatte al coniuge, le spese ordinarie
fatte dal padre a favore del figlio (es. spese per l’educazione, perché rappresentano l’adempimento
di un obbligo e non una liberalità)
Frutti: i frutti sulle cose donate e gli interessi delle somme soggette a collazione sono dovuti con
decorrenza dal giorno dell’apertura della successione ex 745.
Collazione dell’usufrutto e della rendita: ciò che ha formato oggetto di godimento prima della morte del
donante non deve essere conferito, perciò non deve essere conferito l’usufrutto che si sia estinto prima
della morte del de cuius (es. cessione al discendente dell’usufrutto costituito sulla vita dell’ascendente)

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Soggetti: i soggetti obbligati a conferire sono il coniuge, i figli o altri discendenti


Oggetto dell’istituto sono le donazioni dirette ed indirette

Differenza con la riduzione: la collazione serve a mantenere tra gli aventi diritto la proporzione stabilita nel
testamento o dalla legge, mentre la funzione della riduzione è la salvaguardia della legittima.
Differenza con la riunione fittizia: nella collazione la riunione delle donazioni con il patrimonio esistente
alla morte del de cuius è reale e serve a formare la massa da dividere tra i coeredi; mentre nella riunione,
se non risulta lesa la legittima, l’operazione si riduce ad un calcolo su carta e non produce conseguenze.
In caso di lesione della legittima le donazioni non rientrerebbero nella massa ereditari, ma sarebbero
soltanto esposte all’azione di riduzione.

Collazione di immobili: si fa per


• Collazione di natura: cedendo alla massa ereditaria il bene ricevuto in donazione
• Collazione per imputazione del valore: prendendo dalla massa tanti beni in meno, quanto è il
valore di quelli donati (es. tizio invece di conferire 2 e ricevere 4, può prendere soltanto 2 dal
patrimonio ereditario, poiché 4 – 2 = 2)
Collazione per beni mobili: si fa soltanto per imputazione

Donazioni indirette di immobili: se risulta che il genitore ha messo a dispsizione una somma di denaro per
comprare un immobile, oggetto della donazione sarà la somma di denaro; se invece si accerta che il
genitore avesse inteso di donare direttamente l’immobile, pagando di tasca propria, l’oggetto della
donazione sarà l’immobile e perciò sarà soggetto a collazione.

La donazione
Art. 769: La donazione è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra,
disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione

Parti contrattuali
1. Donante: è colui che compie l'atto di liberalità. Per poter compiere l'atto deve essere capace di
agire e di disporre del diritto, perciò non possono donare il minorenne, l’interdetto, l’inabilitato e
incapace naturale; si ritiene che donante possa essere anche una persona giuridica
2. Donatario: è colui che riceve l'attribuzione patrimoniale. Possono ricevere persone fisiche, persone
giuridiche e non, il nascituro ed anche il concepito (ma è tutto subordinato alla nascita). Non
possono ricevere donazioni il tutore o il protutore di minori o incapaci, per evitare abusi.

Cause della donazione:


1. Arricchimento: volontà di arricchire l'altra parte con il conseguente proprio impoverimento;
2. Spirito di liberalità: elemento essenziale della causa della donazione è l'animus donandi, un
intento diverso darebbe vita ad un altro tipo di negozio giuridico

Forma del contratto: è necessaria la stipulazione per atto pubblico alla presenza di due testimoni, in
mancanza l'atto è nullo; questa regola non applica per le donazioni di modico valore, dove per la validità
dell'atto è sufficiente la traditio del bene, per questo sono annoverate fra i contratti reali.
Categoria contrattuale: contratto tipico a scopo di liberalità e negozio essenzialmente gratuito come il
comodato
Oggetto del contratto: tutti i beni presenti nel patrimonio del donante; se ha ad oggetto beni futuri o altrui
è nulla (art. 771 c.c.); se però, nella donazione sono compresi beni presenti e futuri la nullità non colpirà
tutto l'atto, ma solo la parte relativa ai beni futuri.
Motivi della donazione: sono di regola irrilevanti, anche se la legge li prende in considerazione nel caso di
donazione rimuneratoria (art. 770 c.c.); è tuttavia rilevante e può portare alla annullabilità dell'atto l'errore

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sul motivo, quando il motivo risulta dall’atto ed è il solo che ha determinato il donante a compiere la
liberalità; alle stesse condizioni è nulla la donazione determinata da un motivo illecito (artt. 787 e 788 c.c.)

Elementi accidentali
• Condizione di reversibilità: l'unico caso espressamente previsto è quello dell'art. 791 c.c. che si
riferisce all'ipotesi in cui il donatario (e eventualmente i suoi discendenti) muoiano prima del
donante; in questo casi i beni tornano al donante (art. 792 c.c.) si tratta, quindi, di una condizione
risolutiva apposta dal donante; oltre questo caso si ritiene comunque applicabile la normale
disciplina della condizione prevista in tema di negozi giuridici
• Termine: si applica l'ordinaria disciplina in tema di contratti
• Modo: è possibile la donazione modale, gravata, cioè, da un onere a carico del donatario che, però,
non è tenuto al suo adempimento oltre i limiti del valore della cosa donata (art. 793 c.c.)

Effetti della donazione: sono quelli abituali dei contratti, ma con alcune differenze giustificate dalla
particolare causa dell'attribuzione patrimoniale; la garanzia per l'evizione a carico donante è infatti prevista
solo nei casi indicati dall'art. 797 c.c., e la garanzia per i vizi della cosa donata è dovuta solo se il donante
era in dolo (art. 798 c.c.)

Nullità: la donazione è nulla quando non si è rispettata la forma prevista dalla legge, quando è effettuata a
favore del tutore o protutore del donante, quando ha per oggetto cose future, per motivo illecito, e negli
atri casi ordinariamente previsti per la nullità dei negozi giuridici, ma secondo l'art. 799 c.c. la nullità della
donazione da qualunque causa dipenda, non può essere fatta valere dagli eredi o aventi causa dal donante
che, conoscendo la causa della nullità, hanno, dopo la morte di lui, confermato la donazione o vi hanno
dato volontaria esecuzione. Nonostante il tenore della norma però, non sono confermabili le donazioni
nulle perché contrarie a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume

Differenza con le obbligazioni naturali: queste ultime non sono caratterizzate da un intento di liberalità,
ma bensì dal dover di adempimento di un dovere morale o sociale
Donazioni obnuziali: particolare tipo di donazione sottoposta a condizione sospensiva mista, è la donazione
fatta in riguardo di un futuro matrimonio, sia dagli sposi tra loro, sia da altri soggetti (es. i genitori di uno
sposo) a favore di uno od entrambi gli sposi o dei figli nascituri.
La donazione si perfeziona senza l’accettazione dell’altra parte, ma non produce effetto finché non viene
celebrato il matrimonio ed inoltre l’annullamento del matrimonio comporta la nullità delle donazioni.
Divieto di sostituzione: le sostituzioni sono consentite solo nei casi e limiti previsti dalla legge (es. art.795)
Donazione con riserva di usufrutto: la donazione può avere per oggetto la nuda proprietà con riserva di
usufrutto a favore del donante, questi piò anche stabilire che dopo di lui sia riservato ad una o più persona
congiuntamente, ma non successivamente. Le stesse ragioni che escludono l’usufrutto successivo rispetto
ai legati, valgono per le donazioni.

Donazione indiretta
Si ha donazione indiretta quando le parti per raggiungere l’intento di liberalità anziché utilizzare lo schema
negoziale previsto dalla legge, ne abbiano adottato un altro con causa diversa.

Lo scopo liberale di arricchire un’altra persona si più raggiungere o mediante via diretta del contratto di
donazione o in molti altri modi indiretti, avvalendosi di negozi che hanno causa diversa da quella liberale

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• Es. aiutare uno studente povero e meritevole pagandogli le tasse universitarie, il negozio compiuto
consiste nell’estinzione di un debito, ma che avvantaggia lo studente come se gli avessi donato la
somma di denaro richiesta.

Negotium mixtum cum donatione: è necessaria la presenza dei caratteri strutturali di entrambi i negozi
• Es. vendita con prezzo inferiore a quello di mercato: se vendo un bene a 100, anziché al suo valore
di 200, nell’intento di avvantaggiare l’acquirente, il contratto stipulato è un negozio misto in quanto
ha sia la struttura esteriore e sostanziale della vendita, in quanto vi è sempre un effettivo scambio
di prestazioni anche se a un minor prezzo; mentre l’elemento di liberalità della donazione è
ravvisato alla parte di valore di scambio del bene non remunerato al prezzo pattuito, ma pertanto
donato dall’alienante all’acquirente.
• Differenza dalla vendita nummo uno: in caso di vendita ad un prezzo simbolico anche se
esternamente vi è la struttura di vendita, manca l’elemento essenziale del prezzo in quanto nella
vendita simbolica esso non è essenziale; perciò si tratta di un caso di donazione.
• Differenza dalla simulazione relativa: il negozio misto con donazione non ha nulla a che fare con la
simulazione o la vendita dissimulante una donazione, perché le parti non manifestano alcuna
volontà fittizia, né esistono patti occulti/riservati diversi da quelli che sono ostentati al pubblico.

Disciplina: non essendo una vera e propria donazione, la donazione indiretta è soggetta alle norme che
regolano le figure negoziali adottate a fini indiretti (es. vendita, accollo ecc.)
• Forma: a differenza donazione diretta essa è valida anche senza atto pubblico, purché rispetti la
forma negoziale prevista dal tipo di negozio adottato.
• Disciplina successoria: poiché tramite questo istituto si può ledere la quota dei legittimari, o la
proporzionalità di trattamento tra gli eredi essa è soggetta a riduzione e collazione.
Inoltre è sottoposta per revocazioni per ingratitudine o sopravvenienza di figli.

Invalidità della donazione


La disciplina si allontana per quanto riguarda le regole dei contratti e si avvicina a quelli disposte per il
testamento, in virtù della natura gratuita dei due istituti, nei quali viene attribuita rilevanza al motivo a
differenza degli altri casi trattati dal diritto privato.

Cause di invalidità:
• Errore sul motivo: rende la donazione annullabile, come per il testamento; solo se il motivo risulti
scritto nell’atto e sia il solo che abbia determinato l’animus donandi del donante.
• Motivo illecito: il motivo deve aver avuta efficacia determinante, ma basta che sia risultante
nell’atto e non che sia comune ad entrambe le parti
Sanatoria: la nullità della donazione non è sanabile e non è suscettibile della conferma disposta dal’art.590
per il testamento.

Revoca della donazione

Come tutti i contratti la donazione non si può sciogliere se non nei casi previsti dalla legge.
Tuttavia in presenza di due gravi ragioni la donazione può essere revocata:
1. Ingratitudine del donatario: ex 801 manifestata ad esempio da gravi ingiurie nei confronti del
donante e il rifiuto di pagare gli alimenti al donante
2. Sopravvenienza di figli

La revoca di donazioni obnuziali e rimuneratorie sono vietate: poiché le prime sono dettate dal
sentimento di riconoscenza, mentre le seconde sono effettuate per il futuro benessere della nuova famiglia

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Natura e caratteristiche dell’istituto: diritto potestativo che nasce da una decisione unilaterale del
donante, non è richiesta la notifica al donatario. A differenza del testamento la revoca non agisce di diritto
ma occorre l’iniziativa del donante.
• Carattere personale: la revoca della donazione non è esperibile dai creditori del donante in
sostituzione del donante stesso per la natura personale dell’istituto che si distingue dall’azione
revocatoria. La sentenza che pronuncia la revocazione condanno il donatario alla restituzione dei
beni, questa però non pregiudica i diritti dei terzi acquistati prima della domanda stessa, salvo
avvenuta trascrizione.

La trascrizione
La trascrizione è lo strumento di pubblicità predisposto dall'ordinamento per rendere certi i fatti che
riguadagno i beni immobili (artt. 2643 c.c.) e i beni mobili registrati (artt. 2683 e ss. c.c.)

Utilità sociale: La trascrizione è strumento per la soluzione di conflitti tra più soggetti acquirenti di diritti
reali su beni, poiché un diritto reale acquistato su un immobile diventa opponibile ai terzi solo per
trascrizione.
Oggetto della trascrizione: atti che comportino costituzione, modificazione o estinzione di diritti reali su
beni immobili
Effetti della trascrizione: sono disciplinati dall'art. 2644 c.c. secondo cui:
• Gli atti enunciati nell'articolo precedente (2643) non hanno effetto riguardo ai terzi che a
qualunque titolo hanno acquistato diritti sugli immobili in base a un atto trascritto o iscritto
anteriormente alla trascrizione degli atti medesimi.
• Seguita la trascrizione, non può avere effetto contro colui che ha trascritto alcuna trascrizione o
iscrizione di diritti acquistati verso il suo autore, quantunque l'acquisto risalga a data anteriore. In
altre parole si sancisce l'opponibilità dell'atto nei confronti di altri che l'hanno trascritto
successivamente.
Criteri di soluzione al conflitto fra più acquirenti:
• Beni immobili: prevale il soggetto che ha trascritto per primo il bene nei registri
• Beni mobili: prevale il soggetto che al momento dell’acquisto era in buona fede
• Diritti personali di godimenti: prevale colui che ha materialmente conseguito il godimento della
cosa. Solo nel caso in cui nessuno dei plurimi contraenti sia tato immesso nella disponibilità del
bene prevale colui che possa vantare il titolo di data certa anteriore.
Ordinamento consensualistico: la trascrizione è presupposto dell’opponibilità ai terzi dei diritti acquistati in
forza di atti trascritti. Essa è strumento importantissimo in quanto per il principio del consenso traslativo ex
1376, l’acquirente del bene/diritto ne diventa il titolare nell’immediato momento del perfezionamento ma
il diritto soccombe rispetto ai diritti incompatibili con esso che dovessero essere acquistati da altri soggetti
in forza di atti trascritti precedentemente ex 2644 comma 2.
• Irrilevanza della buona fede: per quanto riguarda la circolazione dei diritti reali immobiliari i
conflitti fra acquirenti vengono regolati esclusivamente in base alle formalità pubblicitarie,
prescindendo completamente dalla buona fede delle parti.

Doppia alienazione: l’ordinamento non abbandona del tutto l’acquirente che abbia acquistato un bene ma
che si vede sacrificato a vantaggio di un secondo soggetto per effetto dei principi della trascrizione. Costui
può rivolgersi contro il venditore per aver alienato il bene due volte, arrecandogli pregiudizio e può ricevere
il risarcimento del danno. Inoltre il primo acquirente può chiedere il risarcimento anche al secondo
acquirente, ma solo se questo fosse in mala fede, essendo a conoscenza che il bene fosse già stato alienato.

Efficacia dichiarativa: la trascrizione non essendo elemento integrante della fattispecie negoziale, essa
attua solo una forma di pubblicità dichiarativa dalla quale dipende l’opponibilità ai terzi.
• Pubblicità costituiva: la pubblicità è elemento costituivo solo per l’ipoteca

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Usucapione abbreviata: la trascrizione concorre come elemento ad un effetto costituivo di un diritto, tra i
quali il più importante è l’usucapione breve di 10 anni per immobili e 3 per mobili registrati.
Pubblicità notizia: la trascrizione può avere funzione di mera pubblicità notizia (es. accettazione
dell’eredità con beneficio di inventario)

Trascrizione ed impugnative negoziali: la trascrizione non ha alcuna efficacia nel rimuovere o superare
eventuali vizi da cui il negozio sia affetto (es. se la vendita è nulla o annullabile, non basterà la sola
trascrizione a rendere valido il negozio)
• Efficacia sanante: casi in cui la trascrizione possa rendere inopponibile a terzi sub acquirenti
l’invalidità o l’inefficacia di un atto con il passare del tempo.
1. Nullità e annullamento per incapacità legale: l’azione per accertamento di nullità è
imprescrittibile; ma l’annullamento per incapacità legale, sebbene la relativa azione sia
prescrittibile, è anch’essa suscettibile di pregiudicare i diritti dei terzi aventi causa. Tuttavia
ex 2652 comma 6 se la domanda introduttiva del giudizio è trascritta dopo 5 anni dalla data
di impugnazione, la relativa sentenza non travolge i diritti acquistati dei terzi in buona fede
in base ad un atto trascritto anteriormente alla trascrizione della domanda.
2. Annullabilità per cause diverse dall’incapacità legale: l’acquisto del diritto del terzo di
buona fede è fatto salvo, purché esso sia avvenuto a titolo oneroso.
3. Acquisto dall’erede o legatario apparente: se la domanda giudiziale volta a contestare il
fondamento di acquisto per causa di morte (es. validità del testamento) è trascritta da
almeno 5 anni, questa non pregiudica i diritti dei terzi acquistati in buona fede
dall’erede/legatario apparente che abbiano trascritto l’atto d’acquisto anteriormente alla
trascrizione della domanda giudiziale.
4. Riduzioni delle donazioni/disposizioni lesive della legittima: se la domanda dei legittimari
è trascritta da almeno 10 anni dall’apertura della successione, i diritti dei terzi sono fatti
salvi se acquistati a titolo oneroso e trascritti prima della trascrizione della domanda

Trascrizione come onere: nessuno obbliga un soggetto a trascrivere l’atto d’acquisto, trascrivere va solo
nell’interesse del soggetto visto che in caso contrario il diritto potrebbe essere messo in discussione da terzi
che trascrivano prima l’atto.
Trascrizione come obbligo: la trascrizione risulta un obbligo per alcuni pubblici ufficiali, come il notaio.
Questo deve curare che la trascrizione venga eseguita nel più breve tempo possibile, in caso di ritardo egli è
tenuto al risarcimento del danno.

Efficacia della trascrizione come strumento di pubblicità è duplice:


• Efficacia negativa: gli atti non trascritti si presumono ignoti, quindi non opponibili
• Efficacia positiva: gli atti trascritti si presumono conosciuti, quindi opponibili a chiunque.
Perciò l’efficacia della trascrizione opera indipendentemente dall’effettiva conoscenza dell’atto da
parte del terzo, per presunzione iuris et de iure.

Nozione di terzo nella trascrizione: ex 2644 i terzi sono solo i soggetti, rispetto agli atti soggetti a
trascrizione, che abbiano a loro volta acquistato diritti sull’immobile oggetto di quei atti, determinando una
situazione di conflitto fra diritti incompatibili.

Cancellazione: La trascrizione può essere cancellata quando è consentita dalle parti interessate oppure è
ordinata giudizialmente con sentenza passata in giudicato

Impostazione dei registri immobiliari nel codice

Impostazione personale dei registri immobiliari: Il sistema italiano dei registri immobiliari si basa sul
criterio personale, su base soggettivo e non reale, con partite intestate al nome della singola persona

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interessata. Non abbiamo dunque una diretta rilevazione delle vicende relative al bene, ma solo un sistema
di conoscibilità degli atti compiuti dai singoli soggetti. Dall’esame dei registri si può perciò venire a sapere
quali trascrizioni o iscrizioni risultino effettuate a carico (contro) di un soggetto, a favore di un altro.
• Es. tizio vende a caio una casa. Nei registri si troverà al nome di tizio la trascrizione della vendita
contro di lui, e al nome di Caio la trascrizione della vendita a favore dello stesso.

Impostazione reale dei registri fondiari: L’iscrizione nei libri fondiari (intavolazione) ha in base a questo
diverso sistema di pubblicità, funzione costitutiva, in quanto è necessaria nei casi in cui è richiesta affinché
l’atto abbia efficacia anche fra le parti.

Principio di continuità della trascrizione


Continuità della trascrizione: le trascrizioni per avere effetto devono essere " continue", cioè trovarsi di
seguito e collegate con i precedenti atti di acquisto ex 2650 comma 1
Perciò è essenziale che vi sia la continuità della trascrizione, per l'opponibilità ai terzi.
Secondo l'art. 2650 c.c. se un atto di acquisto è soggetto a trascrizione, le successive trascrizioni o iscrizioni
a carico dell'acquirente non producono effetto, se non è stato trascritto l'atto anteriore di acquisto.

Effetto prenotativo: Quando l'atto anteriore di acquisto è stato trascritto, le successive trascrizioni o
iscrizioni producono effetto secondo il loro ordine rispettivo.
Quindi la trascrizione di un atto, che a monte avesse una lacuna, e quindi in difetto di continuità, non è
priva di valore giuridico ma produce un effetto prenotativo, poiché nel momento in cui verrà ripristinata la
continuità con la trascrizione dell’atto anteriore la cui pubblicità era stata omessa, l’atto a valle tornerà ad
acquisire efficacia. Tutto ciò salvo quanto disposto ex 2644, cioè che se prima che venga ripristinata la falla
un terzo trascrivesse il proprio acquisto, questo sarebbe inopponibile.

Atti soggetti a trascrizione

Tassatività: L'art. 2643 stabilisce quali sono gli atti che devono essere assolutamente trascritti;
1. i contratti che costituiscono, modificano o estinguono diritti reali su beni immobili/mobili registrati
2. i contratti di locazione di beni immobili che hanno durata superiore a nove anni.
3. Transazioni: quando queste abbiano per oggetto controversie sui diritti costituiti
4. Sentenze costitutive

Trascrizione di usucapione, acquisti a titolo originario e prescrizione: ex 2651 sono suscettibili le


trascrizioni delle sentenze cui risulta acquistato un diritto per usucapione, per qualsiasi altro modo di
acquisto a titolo originario, quelle da cui risulta estinto per prescrizione un diritto reale e anche gli accordi
di mediazioni che accertino l’usucapione. Queste trascrizioni hanno funzione di sola pubblicità-notizia.

Non sono solo gli atti dell'art. 2643 a dover essere trascritti, ma il codice civile ne elenca numerosi altri.
• Ricordiamo la trascrizione di contratti preliminari ex art. 2645 bis, dove è previsto che la
trascrizione del contratto definitivo o di altro atto che costituisca comunque esecuzione dei
contratti preliminari oppure della sentenza che accoglie la domanda diretta ad ottenere
l'esecuzione in forma specifica dei contratti preliminari predetti, prevale su analoghi atti effettuati
successivamente da altri.
• Ancora devono essere trascritte le divisioni ( art. 2646 c.c.); la trascrizione dell'eredità e del legato
se ha ad oggetto beni immobili ( art. 2648 c.c.); le sentenze e (art. 2651 c.c.) e le domande giudiziali
( art. 2652 c.c.) sempre relative a detti beni anche quando si dichiari la invalidità o inefficacia degli
atti relativi a beni immobili( art. 2655 c.c. in tal caso v'è annotazione), e da ultimo, la trascrizione di
atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con
disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ( art. 2645 ter c.c.),
trascrizione che secondo alcuni avrebbe introdotto in Italia l'istituto del trust.

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Funzione della trascrizione degli acquisti mortis causa: la trascrizione assicura la continuità delle
trascrizioni, poiché infatti nel caso di acquisti mortis causa non si applica la regola dell’art.2644 perché gli
eventuali conflitti tra i più pretendenti non possono essere risolti in base a questa norma, essendo decisivo
l’accertamento del titolo della delazione ereditaria o della disposizione del legato.
Da ciò ne deriva che l’erede/legatario non è tenuto a trascrivere il proprio acquisto per renderlo opponibile

La trascrizione dell’acquisto mortis causa non risponde direttamente ad un interesse dell’erede, ma bensì è
funzionale alla tutela, attraverso la regola della continuità, degli interessi degli aventi causa del successore.

Trascrizione delle domande giudiziali


Funzione ed effetti: la trascrizione serve per mettere i terzi in grado di conoscere che in ordine a un bene
pende una controversia il cui esito, a seguito di trascrizione diventa opponibile pure contro gli aventi causa
del convenuto. In questi casi la trascrizione esplica una funzione di prenotazione poiché se la domanda
trascritta verrà accolta, la stessa sentenza di accoglimento verrà considerata opponibile ai terzi che abbiano
acquistato diritti da colui che era stato convenuto in giudizio.
L’attore pertanto se non vuole correre il rischio che durante la pendenza del processo il convenuto compia
atti di disposizione sul bene oggetto della lite, in forza dei quali gli acquirenti sfuggano agli effetti
dell’eventuale sentenza favorevole all’attore, deve trascrivere già la domanda giudiziale.
In tal modo la sentenza di accoglimento della domanda proposta dall’attore farà perdere ogni efficacia dei
diritti acquistati dai terzi in virtù di atti trascritti successivamente alla trascrizione della domanda giudiziale.

La trascrizione delle domandi giudiziali riguarda ex 2652:


1. La domanda di risoluzione/rescissione di contratti relativi ai diritti elencati ex 2643 ove proposta
dall’alienante: la trascrizione rende opponibile l’effetto restitutorio conseguente l’accoglimento
della domanda stessa ex 1458
2. La domanda volta ad ottenere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre
3. La domanda volta ad ottenere l’accertamento giudiziale della sottoscrizione di una scrittura privato
relativa ad un atto soggetto a trascrizione: così da far rendere opponibile l’atto erga omnes
4. La domanda di accertamento della simulazione
5. Domande di revoca di atti pregiudizievoli per i creditori di atti soggetti a trascrizione
6. Domande di nullità/annullamento
7. Domande di contestazione di acquisto mortis causa ecc…..

Trascrizione del contratto preliminare

Si è sempre ritenuto che un contratto preliminare di compravendita immobiliare non fosse assoggettabile a
trascrizione, al fine di renderlo opponibile a terzi nel periodo durante la stipulazione del preliminare e
quello del contratto definitivo. Il problema era dovuto per ragioni testuali (poiché l’art.2643 non
menzionava il contratto preliminare come atto suscettibile di trascrizione) e concettuali (il contratto
preliminare infatti produce soltanto effetti obbligatori, non reali).

Ciò determinava problemi di insufficienza di tutela del promissario, in quanto l’alienante avrebbe potuto
vendere il bene ad un altro soggetto che trascrivendo l’atto avrebbe reso inutile ogni impugnazione del
primo acquirente, l’unica tutela ci cui il promissario poteva munirsi era trascrivere al più presto la domanda
giudiziale volta ad ottenere una sentenza costitutiva del trasferimento non operato spontaneamente, che
ex 2643 è un atto trascrivibile.

Per rimediare a questi inconvenienti è stato introdotto nell’ordinamento con la legge n°20 del 28/2/97 è
stato introdotto l’art.2645 bis, dove nel quale è stata introdotto la possibilità di trascrizione dei contratti
preliminari immobiliari.

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• Forma: il contratto che si vuole trascrivere deve essere fatto per atto pubblico/scrittura autenticata
• Effetti: gli effetti acquisitivi derivanti dal contratto definito, o dalla sentenza costituiva pronunciata
ex 2932 sono opponibili ai terzi, così l’aspettativa del promissario acquirente riceve una tutela reale
erga omnes
• Effetto prenotativo: la trascrizione del preliminare svolge la sua funzione in stretto contatto con la
trascrizione del contratto definitivo, il quale produrrà gli effetti reali una volta perfezionato.
L’effetto prenotativo degli effetti del futuro contratto definitivo descritto ex 2645 comma 2,
dispone infatti che gli effetti del definitivo sono opponibili contro coloro che abbiano acquistato
diritti nei confronti dell’alienante nel periodo successivo alla trascrizione del preliminare.
Il preliminare trascritto quindi non produce il trasferimento del diritto reale, ma anticipa
l’opponibilità ai terzi degli effetti traslativi del definitivo.
• Prescrizione degli effetti: l’opponibilità del preliminare termina se le parti non riescano a
perfezionare il definitivo entro un anno dalla data convenuta e in ogni caso da 3 anni dalla
trascrizione

Annotazione

Inserzione nei pubblici registri di atti, domande e sentenze a fini di pubblicità. Viene effettuata a margine
della trascrizione degli atti indicati e viene definita trascrizione di secondo grado proprio perché è una
trascrizione che si fa a margine di un'altra trascrizione già esistente.
• Es. se in caso di vendita immobiliare regolarmente trascritta, una delle parti chiedesse
giudizialmente la risoluzione oltre alla trascrizione della domanda, occorre provvedere
all’annotazione della trascrizione della domanda a margine della trascrizione della vendita.

Atti da annotare: sentenze che dichiarino nullità, annullamento, risoluzione, rescissione e revoca
Mancata annotazione: per il principio della continuità delle trascrizioni la conseguenza di una mancata
annotazione è la mancanza di effetto delle successive trascrizioni/iscrizione a carico di colui che ha ottenuto
la dichiarazione di nullità, annullamento ecc.

Modalità di trascrizione

Per la procedura di trascrizione è necessario, secondo l'art. 2657 c.c. possedere una sentenza o una
scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente, oppure un atto pubblico.

Possedendo uno di questi titoli ci si può recare dal conservatore che si trova presso l'ufficio dei registri
immobiliari dove si trova l'immobile, e presentate una copia autenticata degli stessi e una nota di
trascrizione, con il contenuto richiesto dall'art. 2659 c.c., e il pubblico ufficiale provvederà alla trascrizione
procedendo ad una numerazione progressiva degli atti relativi al bene in questione.

Trascrizione di acquisto mortis causa: bisogna presentare l’atto d’accettazione di eredità/estratto


autentico del testamento in caso di legato; il certificato di morte; una copia del testamento e una nota in
doppio originale con le indicazioni elencate ex 2660

Nullità: ex 2665 se nelle note vi sono omissioni o inesattezze, queste determinano la nullità delle
trascrizioni soltanto se esse sono tali da indurre incertezza sulle persone o sul rapporto giuridico a cui l’atto
si riferisce.

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