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Il presente manuale fa parte della Collana di Studi Giuridici, nella Sezione di Manualistica,
pubblicata da Edicusano s.r.l. e si propone quale strumento di studio aggiornato e completo, di
taglio pratico, teso a fornire un supporto indispensabile per gli studenti, per i professionisti di
settore e per coloro che intendono affrontare prove di concorso.
Il Manuale di Diritto Ecclesiastico costituisce un indispensabile strumento di studio per
comprendere il fenomeno religioso all'interno della società italiana, sempre più multietnica e
multireligiosa. Sono analizzati i rapporti tra lo Stato ed il fattore religioso, l’Ordinamento dello
Stato della Città del Vaticano, la Chiesa nel Diritto Italiano, il matrimonio canonico con effetti civili
ed il fattore religioso nell’ordinamento giuridico italiano.
Per come concepito, questo volume costituisce uno strumento indispensabile che, consente
all’utilizzatore una preparazione ampia ed esaustiva della materia e l’apprendimento di un
metodo di studio che garantisca capacità critica ed analitica; la capacità di comprendere e di
utilizzare consapevolmente il linguaggio giuridico; la capacità di impiegare gli strumenti giuridici
per un sicuro dominio delle competenze richieste nelle tradizionali professioni giuridiche:
notariato, magistratura e avvocatura.
Studi Giuridici
manuali
Scuola Specialistica degli Studi Giuridici, Economici e Sociali
Manuale
di Diritto Ecclesiastico
Collana
Studi Giuridici - Manuali
Il presente volume fa parte della Collana di Studi Giuridici, nella Sezione di Manualistica, pubblicata da Edicusano s.r.l. e costitui-
sce un'opera di taglio pratico tesa a fornire un supporto indispensabile per gli studenti, per i professionisti di settore e per coloro
che intendono affrontare prove di concorso.
Alla prospettiva scientifica di stampo universitario si unisce pertanto una prospettiva di carattere operativo che, da una parte,
mette in evidenza i tratti salienti dell'argomento così come sono stati elaborati nel nostro ordinamento, e dell'altra si proietta
verso i vari sviluppi interpretativi offerti dagli studiosi della materia trattata.
Tutti i volumi della Collana mantengono oltremodo una freschezza ed una attualità indiscutibile proprio per l'impostazione
che si è voluta dare al lavoro, che parte sempre dai fondamenti della disciplina e dell'istituto e si sofferma sulle problematiche
essenziali sottese ai diversi argomenti.
Coordinatore Scientifico della Sezione dei Manuali di Scienze Giuridiche: prof. Bruno Cucchi
Coordinatore Didattico della Sezione dei Manuali di Scienze Giuridiche: prof. Federica Simonelli
È vietata la riproduzione, anche parziale, non autorizzata in forma scritta dall’editore, realizzata con qualsiasi mezzo, compresa
fotocopia, anche ad uso interno o didattico.
ISBN: 978-88-98948-77-2
Stampa e allestimento:
Marzo 2019 • Pioda Imaging s.r.l. • Viale Ippocrate 154 • 00161 Roma
Immagine di copertina
"La Giustizia" - Paolo veronese - 1551- affresco del Duomo di Castelfranco Veneto
Indice
Indice
Capitolo 1
Il Diritto Ecclesiastico .........................................................................7
1. Definizione di diritto Ecclesiastico...................................................7
2. Modelli e atteggiamenti dello Stato nei confronti del fenomeno reli-
gioso.................................................................................................. 8
3. Le fasi del diritto Ecclesiastico in Italia.............................................9
Capitolo 2
Le fonti..............................................................................................15
1. Le fonti del diritto ecclesiastico......................................................15
2. I conflitti tra norme........................................................................16
Capitolo 3
Lo Stato ed il fattore religioso.............................................................19
1. Il diritto Ecclesiastico e la Costituzione italiana..............................19
2. La competenza degli organi statuali in materia di culto...................21
Capitolo 4
L’ordinamento dello Stato della Città del Vaticano.............................23
1. Lo Stato della Città del Vaticano e i suoi rapporti con lo Stato
italiano.........................................................................................23
2. Garanzie di carattere personale e reale.............................................27
3. I rapporti fiscali tra l’Italia e la Santa Sede .....................................30
Capitolo 5
La chiesa nel diritto italiano...............................................................31
1. Premessa.........................................................................................31
2. L’organizzazione territoriale della Chiesa in Italia ...........................32
Capitolo 6
Le persone fisiche nel diritto ecclesiastico ..........................................35
1. Premessa ........................................................................................35
2. L’Ecclesiastico.................................................................................35
3. Il ministro di culto.........................................................................35
4. I religiosi........................................................................................38
5. La previdenza sociale del clero........................................................39
Capitolo 7
Gli enti ecclesiastici ...........................................................................41
1. La nozione e le fonti.......................................................................41
2. Il riconoscimento della personalità giuridica ..................................43
3. I singoli enti ecclesiastici ................................................................45
Capitolo 8
Il patrimonio ecclesiastico e le entrate degli enti ecclesiastici...............49
1. Definizione....................................................................................49
2. Le fonti del patrimonio ecclesiastico...............................................49
4. Il regime tributario del patrimonio ecclesiastico. Cenni..................55
5. I beni culturali religiosi...................................................................58
Capitolo 9
Il matrimonio canonico con effetti civili.............................................61
1. Premessa storica .............................................................................61
2. Il riconoscimento degli effetti civili del matrimonio canonico ........62
3. La celebrazione del matrimonio canonico.......................................64
4. La trascrizione del matrimonio ......................................................64
5. La giurisdizione ecclesiastica in materia matrimoniale....................65
6. La delibazione delle sentenze ecclesiastiche di nullità......................66
7. Il matrimonio rato e non consumato..............................................68
8. Il matrimonio celebrato dagli appartenenti alle confessioni acat-
toliche..........................................................................................69
9. Il matrimonio dello straniero in Italia.............................................70
Capitolo 10
La disciplina dei culti acattolici...........................................................71
1. Caratteri generali dei culti acattolici...............................................71
2. Il finanziamento delle confessioni acattoliche.................................73
3. Caratteristiche delle intese. Cenni..................................................73
Capitolo 11
Il fattore religioso nell’ordinamento giuridico italiano........................79
1. L’assistenza spirituale nelle strutture obbliganti...............................79
2. L’insegnamento della religione cattolica..........................................80
3. Le scuole confessionali....................................................................82
4. Il Diritto Penale nel fenomeno religioso.........................................83
5. Esposizione di simboli religiosi in luoghi pubblici..........................89
6. La tutela dei dati personali .............................................................92
7. L’uso di vestiario simbolico.............................................................93
Appendice Normativa........................................................................95
Capitolo 1
Il Diritto Ecclesiastico
Può accadere che sorga contrasto tra una norma pattizia ed un’altra
dell’ordinamento statale. Se tale contrasto coinvolge una norma statale,
Le fonti 17
quindi anche i non cittadini. L’unico limite previsto dalla norma è rap-
presentato dal divieto di riti contrari al buon costume, ossia quei riti che
offendono il pudore sessuale, la libertà sessuale (Finocchiaro). Si tratta
ovviamente di un concetto elastico caratterizzato dal principio di relati-
vità storica. Oltre a questo limite, ne sussiste un altro, un limite implici-
to, volto a tutelare altri diritti o interessi aventi rilevanza costituzionale
(si veda Legge n.7/2006 che ha introdotto il reato di mutilazione degli
organi genitali femminili pratica che trovava in fini religiosi il suo fon-
damento).
Con l’art. 20 Cost. invece, il quale prevede che “Il carattere eccle-
siastico e il fine di religione o di culto d’una associazione od istituzione non
possono essere causa di speciali limitazioni legislative, ne´ di speciali gravami
fiscali per la sua costituzione, capacita` giuridica e ogni forma di attivita”,
viene garantita la facoltà di creare associazioni o istituzioni aventi carat-
tere ecclesiastico o finalità religiosa senza che lo Stato possa introdurre
speciali limitazioni sfavorevoli o discriminatorie a loro carico e senza che
possano introdursi politiche fiscali oppressive per limitarne l’istituzione
ed il funzionamento.
Il principio di eguaglianza trae origine dall’art. 3 della Carta Costi-
tuzionale, il quale prescrive di considerare la pari dignità sociale di tutti
i soggetti, prescindendo dalla loro adesione ad una qualche confessione
religiosa. A tal fine è compito dello Stato porre in essere attività atte ad
impedire che la realizzazione di tale principio sia messa in pericolo da
differenze economiche e sociali. Dovranno pertanto essere rimossi tutti
quegli ostacoli che potrebbero impedire il pluralismo confessionale.
Il principio di laicità dello Stato ed il principio di separazione dei
due ordinamenti è sancito dall’art. 7 della Carta Costituzionale; è infatti
previsto che “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine,
indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei
Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione
costituzionale”.
Analizzando il primo comma della norma sopra citata, si compren-
de come il legislatore costituzionale abbia voluto prevedere l’esistenza di
due istituzioni indipendenti e sovrane che esercitano, autonomamente
nel proprio ordine, le loro potestà di regolamento giuridico delle materie
proprie di ciascuna (c.d. ordinamenti giuridici primari). Molti autori (Je-
molo, Giacchi) sul punto, hanno evidenziato come lo Stato abbia voluto
dichiarare l’esistenza di un ordine in cui la Chiesa è sovrana potendo
organizzarsi come vuole senza ingerenza dello Stato italiano.
L’art. 7 Cost. al suo comma secondo, invece, sancisce che la regola-
mentazione delle materie mixtae, vada fatta in base ai Patti Lateranensi in
Lo Stato ed il fattore religioso
21
degli artt. 80, 87 Cost. ed art. 12 comma 4 del Trattato del ’29,
accredita l’ambasciatore italiano presso la Santa Sede e riceve il
Nunzio pontificio presso l’Italia, nomina i plenipotenziari desi-
gnati dal Governo, per le trattative concordatarie e promulga le
leggi di esecuzione della revisione concordataria e delle intese con
i culti diversi dalla religione cattolica, ratifica i trattati internazio-
nali compresi quelli con la Santa Sede.
-- Il Presidente del Consiglio Dei Ministri, dirige e coordina l’o-
pera dei singoli Ministri anche in materia ecclesiastica; ex art. 2
comma 2 lett.e) del D.Lgs. 303/1999, si avvale della Presiden-
za per l’esercizio delle funzioni attinenti i rapporti del Governo
con le confessioni religiose, ai sensi degli articoli 7 e 8, ultimo
comma, della Costituzione; inoltre alla Presidenza del Consiglio
spetta definire le politiche e gli indirizzi generali concernenti la
elaborazione delle leggi e degli atti pattizi in materia religiosa.
Presso la Presidenza sono istituite svariate Commissioni con com-
petenza in materia ecclesiastica tra cui ricordiamo, tra le altre, la
Commissione consultiva per la libertà religiosa, la Commissione
governativa per l’attuazione delle disposizioni dell’Accordo tra
Italia e Santa Sede, la Commissione interministeriale per le intese
con le confessioni religiose.
-- Il Ministro dell’Interno esercita le competenze generali in ma-
teria di Culti; svolge i compiti in materia di confessioni religiose
attraverso il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione
ossia attraverso la Direzione centrale degli affari dei culti e la Di-
rezione centrale per l’amministrazione del Fondo edifici di culto,
organo dotato di personalità giuridica che a partire dal 1° gennaio
1987 riunisce i patrimoni delle soppresse Aziende di Culto ed ha
il compito di provvedere alla conservazione, al restauro, tutela e
valorizzazione degli edifici di culto appartenenti al fondo stesso.
-- Il Prefetto ha visto ridursi notevolmente le proprie competenze
in ambito ecclesiastico a seguito dell’entrata in vigore delle norme
del nuovo Concordato. Ai sensi dell’art. 37 della L.222/1985,
l’Istituto per il sostentamento del clero che intende vendere, a de-
terminati soggetti, un immobile per un prezzo superiore ai vecchi
1.500 milioni di lire, deve darne, con atto notificato, comunica-
zione al Prefetto della provincia nella quale è ubicato l’immobile,
dichiarando il prezzo e specificando le modalità di pagamento e
le altre condizioni essenziali alle quali la vendita dovrebbe essere
conclusa.
Capitolo 4
L’ordinamento dello Stato della Città del Vaticano
1. Lo Stato della Città del Vaticano e i suoi rapporti con lo Stato italiano
Molti termini usati relativamente alla religione cattolica (ad es. Chiesa,
Santa sede, ecc.) vengo sovente confusi tra loro. Per comprendere meglio
la materia di cui ci stiamo occupando è indispensabile comprendere che
tra gli stessi esiste una profonda differenza.
Pertanto è bene capire che la Chiesa, ossia la società dei battezzati
che professano la stessa fede, partecipando ai soliti sacramenti e tendendo
alla realizzazione degli stessi fini spirituali sotto la potestà del Romano
Pontefice e dei Vescovi, si differenzia dalla Santa Sede, con la quale, in
base al can. 361 del Codice di diritto Canonico, si intende “non solo il
Romano Pontefice, ma anche, se non risulta diversamente dalla natura della
questione o dal contesto, la Segreteria di Stato, il Consiglio per gli affari pub-
blici della Chiesa e gli altri Organismi della Curia Romana”.
La Curia, invece, in base all’art.360 can. Dir. Can. mediante la quale
il Sommo Pontefice è solito trattare le questioni della Chiesa universale,
“è composta dalla Segreteria di Stato o Papale, dal Consiglio per gli af-
fari pubblici della Chiesa, dalle Congregazioni, dai Tribunali, e da altri
organismi” .
Da ultimo è bene comprendere che lo Stato della Città del Vaticano
(S.C.V.) è quel territorio sul quale la Santa sede è sovrana.
Lo Stato della città del Vaticano è sorto in virtù del Trattato del Late-
rano del 1929, ed ha iniziato ad esistere il 7 giugno del medesimo anno.
Con il Trattato summenzionato, l’Italia riconobbe alla Santa Sede,
ex art. 3, la piena proprietà e l’esclusiva ed assoluta potestà e giurisdi-
zione sovrana sul Vaticano, (com’è attualmente costituito, ossia in base
alla Legge 214/1871 la c.d. legge delle Guarentigie), con tutte le sue
pertinenze e dotazioni e con qualche piccola aggiunta. (I confini della
Città del Vaticano sono indicati nella Pianta che costituisce l’Allegato I°
del Trattato).
In tale Città, tale riconoscimento di sovranità esclusiva della Santa
Sede, importava che non potesse esplicarsi alcuna ingerenza da parte del
governo italiano e che non vi fosse altra autorità che quella della Santa
Sede. L’Italia inoltre si impegnò a garantire un’adeguata dotazione di ac-
24 MANUALE DI DIRITTO ECCLESIASTICO
Data la posizione di enclave dello S.C.V. rispetto allo Stato italiano, im-
portantissime sono le norme che disciplinano i rapporti tra i due, sia
in relazione al territorio che alle prerogative degli organi centrali della
Chiesa cattolica.
Oltre alle già citate norme del Trattato sui servizi essenziali che l’Ita-
lia deve garantire allo S.C.V., si ricordano:
• ex art. 12 comma 3 del Trattato: libertà di corrispondenza da
tutti gli Stati compresi i belligeranti, alla Santa Sede e viceversa,
nonché il libero accesso dei Vescovi di tutto il mondo alla Sede
Apostolica;
• ex art. 19 del Trattato: i diplomatici e gli inviati della Santa Sede,
i diplomatici e gli inviati dei Governi esteri presso la Santa Sede
e i dignitari della Chiesa provenienti dall’estero diretti alla Città
del Vaticano e muniti di passaporti degli Stati di provenienza,
vistati dai rappresentanti pontifici all’estero, potranno senz’altra
formalità accedere alla medesima attraverso il territorio italiano;
• ex art. 20 del Trattato: Le merci provenienti dall’estero e dirette
alla Città del Vaticano, o, fuori della medesima, ad istituzioni od
uffici della Santa Sede, saranno sempre ammesse da qualunque
punto del confine italiano al transito per il territorio italiano con
piena esenzione dai diritti doganali e daziari;
• ex art. 21 comma 2 e 4 del Trattato: libero transito ed accesso dei
Cardinali attraverso il territorio italiano al Vaticano.
Per converso lo S.C.V. si obbliga a lasciare Piazza S. Pietro aperta al
pubblico e soggetta ai poteri di polizia delle autorità italiane, almeno
28 MANUALE DI DIRITTO ECCLESIASTICO
fino ai piedi della scalinata della basilica, nella quale le autorità potranno
accedere solo se richiesto dalle competenti autorità vaticane.
Le ulteriori c.d. guarentigie reali riconosciute dal Trattato del 1929
attengono oltre che alla piena proprietà delle Basiliche patriarcali di San
Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e San Paolo, del Palazzo
Pontificio e della Villa Barberini di Castel Gandolfo, al riconoscimento
a tali immobili delle immunità previste dal diritto internazionale. Tali
immunità si applicano anche alle Chiese, in qualsiasi parte del territorio
italiano, quando vi sono celebrate funzioni con l’intervento del Papa,
purché non siano aperte al pubblico (per Finocchiaro, questo non signi-
fica che le funzioni devono essere celebrate a porte chiuse, ma importa
solo che ciascuno degli intervenuti abbia ricevuto un biglietto d’invito
personale).
Dai Patti Lateranensi derivano anche le c.d. guarentigie personali,
le quali riguardano in primo luogo la figura del Pontefice. L’art. 8 del
Trattato infatti considera sacra ed inviolabile la persona del Sommo Pon-
tefice e ne parifica la tutela al Presidente della Repubblica. Egli non può
rispondere di alcun atto penalmente rilevante nei confronti della giustizia
italiana sia che si tratti di atti compiuti nell’esercizio delle funzioni sia che
si tratti di atti o fatti privati. E’ previsto inoltre che l’attentato alla sua
persona, così come la provocazione a commetterlo è punibile con le stesse
pene previste per l’attentato e la provocazione a commetterlo effettuato
contro la persona del Presidente della Repubblica.
Vi sono anche prerogative riconosciute ai Cardinali, ai quali godono
in Italia degli onori dovuti ai “Principi del sangue”; ove testimoni in cau-
se civili o penali possono essere ascoltati nel proprio domicilio, possono
dispensarsi dall’assumere l’ufficio di tutore, e se stranieri, non sono sog-
getti alle disposizioni sull’ingresso e soggiorno così come da T.U. immi-
grazione. È previsto inoltre dall’art. 21 comma 2 del Trattato che durante
la vacanza della Sede Pontificia, l’Italia provvederà in modo speciale a che
non sia ostacolato il libero transito ed accesso dei Cardinali attraverso il
territorio italiano al Vaticano, e che non si ponga impedimento o limita-
zione alla libertà personale dei medesimi.
Attraverso l’art. 10 è stabilita l’esenzione dal servizio militare, dalla
giuria e da ogni prestazione di carattere personale per i dignitari della
Chiesa e le persone appartenenti alla Corte Pontificia, degli Ufficiali di
curia e dei funzionari di ruolo indispensabili agli uffici della Santa Sede
che verranno indicati in un elenco da concordarsi fra le Alte Parti contra-
enti, anche quando non fossero cittadini del Vaticano .
Esistono inoltre un complesso di norma volte a garantire alla Chiesa
il libero esercizio ella sua potestà di governo. Ricordiamo che l’art. 11 del
Trattato esclude ogni ingerenza da parte dello Stato italiano nei confronti
L’ordinamento dello Stato della Città del Vaticano
29
degli enti centrali della Chiesa cattolica. Per dare concreta applicazione a
tale norma è necessario comprendere che per “enti centrali”, si intendono
quegli enti che sono in collegamento diretto con la Santa Sede, la quale li
utilizza per il perseguimento dei propri fini. Aderendo all’interpretazione
fornita da Ricciardi Celsi occorre distinguere tra gli “enti centrali della
Chiesa” e gli “enti ecclesiastici civilmente riconosciuti”. I primi, essendo
direttamente collegati alla Santa Sede sfuggono dalla giurisdizione ita-
liana, mentre i secondi, pur perseguendo fini istituzionali ecclesiastici,
sono disciplinati da norme italiane e sottoposti alla giurisdizione del giu-
dice italiano (ad esempio era stato individuato quale ente centrale della
Chiesa lo IOR, mentre in senso diametralmente opposto si era espressa
la Corte di Cassazione in relazione alla questione di Radio Vaticana af-
fermando che i c.d. enti centrali sarebbero solamente quelli facenti parte
della Curia Romana).
Inoltre, per obbligo di non ingerenza deve intendersi il dovere di non
esercitare le funzioni pubbliche della sovranità in detti enti centrali della
Chiesa, fra i quali la giurisdizione. In quest’ultimo ambito, la norma pro-
pone il tradizionale principio internazionalistico della esenzione giurisdi-
zionale civile e penale degli Stati esteri nell’ambito delle attività compiute
nell’esercizio del proprio potere statale (iure imperii), con l’esclusione di
quelli aventi natura di puri negozi giuridici (iure gestionis).
Tra le garanzie relative al libero esercizio del potere di governo della
Santa Sede si annovera, ai sensi dell’art. 2 comma 2 del Nuovo Concor-
dato, il diritto di pubblicare liberamente e fare affiggere, nell’interno e
alle porte esterne delle Chiese, gli atti riguardanti il governo spirituale
dei fedeli.
L’art. 12 del Trattato, prevedendo che “L’Italia riconosce alla Santa
Sede il diritto di legazione attivo e passivo secondo le regole generali del dirit-
to internazionale” ha riconosciuto che i rappresentanti diplomatici presso
la Santa Sede, quando si trovano in Italia, sono coperti da inviolabilità
personale e sono esentati dalla giurisdizione penale e civile, così come le
sedi della rappresentanza diplomatica risultano coperte da immunità re-
ali quindi sottratte da controlli e ispezioni da parte delle autorità italiane
salvo consenso dell’agente diplomatico.
I rapporti diplomatici tra Santa Sede e l’Italia sono concretizzati at-
traverso la nomina di Ambasciatore italiano presso la Santa Sede il quale
risiede nello Stato e di un Nunzio pontificio presso l’Italia il quale è il
decano del corpo diplomatico. I diplomatici della Santa Sede ed i corrie-
ri spediti in nome del Sommo Pontefice godono nel territorio italiano,
anche in tempo di guerra, dello stesso trattamento dovuto ai diplomatici
ed ai corrieri di gabinetto degli altri Governi esteri, secondo le norme del
diritto internazionale.
30 MANUALE DI DIRITTO ECCLESIASTICO
1. Premessa
Per effetto dell’art. 7 della Costituzione sopra citato e dei Patti Late-
ranensi, l’ordinamento italiano ha riconosciuto alla Chiesa un ventaglio
di competenze e diritti, maggiori rispetto a qualsiasi altra confessione
religiosa o altro ente privato.
Alla Chiesa è infatti riconosciuto un ampio potere esecutivo, in
quanto gli atti delle competenti autorità ecclesiastiche, in alcuni casi,
riverberano effetti anche nel diritto italiano, così come ad esempio accade
per il conferimento degli uffici ecclesiastici, per gli atti di certificazione
rilasciate dai parroci per lo stato delle persone, anteriormente alla istitu-
zione dei registri di stato civile, e per la erezione canonica di nuovi enti.
Alla Chiesa è riconosciuto anche un importante potere giudiziario
per alcune controversie concernenti la nullità del matrimonio canonico
trascritto agli effetti civili.
Questo potere della Chiesa però talvolta risulta limitato, in quanto
alcuni provvedimenti emanati dall’autorità ecclesiastica, per essere effi-
caci agli effetti civili hanno bisogno di un atto di registrazione da parte
delle autorità civili, mentre altri costituiscono un mero presupposto per
l’emanazione di un provvedimento discrezionale dell’autorità italiana.
1. Premessa
2. L’Ecclesiastico
3. Il ministro di culto
cordato, sia dalle varie intese stipulate con le diverse confessioni, sia dalle
fonti di origine unilaterale statale. Comun denominatore è quello della
libertà delle singole confessioni religiose di nominare i propri ministri
senza ingerenza alcuna da parte dello Stato.
Per i culti che non hanno ancora stipulato intese con lo Stato, invece,
ai sensi dell’art. 3 L.1159/1929 (c.d. legge sui culti ammessi), la nomi-
na dei ministri di culto deve essere approvata dal Governo secondo un
procedimento amministrativo ad hoc. (la differenziazione, sostiene Dalla
Torre, deriverebbe dal fatto che la legge sui culti ammessi è stata emana-
ta in epoca fascista e rispondeva a principi politici e giuridici del tutto
diversi da quelli sottesi all’odierna Costituzione. L’unico motivo per non
ritenere del tutto illegittima costituzionalmente tale procedura potreb-
be essere individuato nel fatto che in mancanza di un accordo, lo Stato
potrebbe essere impossibilitato a conoscere preventivamente gli ordina-
menti confessionali e a verificare la loro contrarietà con l’ordinamento
giuridico italiano)
Vi sono poi alcune disposizione particolari previste per i ministri di
culto.
L’art. 4 del nuovo Concordato prevede che i sacerdoti, i diaconi ed
i religiosi che hanno preso i voti possono ottenere l’esonero dal servizio
militare ed essere assegnati al servizio civile sostitutivo (norma al momen-
to inoperante in considerazione della sospensione del servizio militare
obbligatorio).
Sono previste altresì alcune ipotesi di incompatibilità (dall’ufficio di
giudice popolare, notaio, avvocato ecc.) e ineleggibilità nel territorio nel
quale esercitano il loro ufficio (Sindaco, Consigliere comunale e regiona-
le ecc.).
Inoltre, ai sensi dell’art. 609 c.c., quando il testatore non può valersi
delle forme ordinarie di testamento, perché si trova in luogo dove domi-
na una malattia reputata contagiosa, o per causa di pubblica calamità o
d’infortunio , il testamento è valido se ricevuto da un ministro di culto,
in presenza di due testimoni di età non inferiore a sedici anni.
Anche sotto il profilo patrimoniale sono previste alcune norme par-
ticolari riguardanti i ministri di culto. Il concordato del 1929 prevedeva
all’art. 30 che lo Stato italiano assumeva l’impegno di continuare a ga-
rantire ai titolari degli uffici ecclesiastici un reddito minimo, facendo
integrare dal Fondo culto i redditi beneficiari risultati inadeguati (c.d.
supplemento di congrua).
Tale norma fu abrogata con l’entrata in vigore della L. 222/1985
“Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento
del clero cattolico in servizio nelle diocesi”.
In base a tale Legge, che ha introdotto un sistema volto ad assicurare
Le persone fisiche nel diritto ecclesiastico
37
L’art. 200 c.p.p. prevede infatti che “Non possono essere obbligati a deporre
su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o profes-
sione, salvi i casi in cui hanno l’obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria:
a) i ministri di confessioni religiose, i cui statuti non contrastino con l’ordi-
namento giuridico italiano […]”.
La violazione della norma comporta l’inutilizzabilità della prova
raccolta ma, tuttavia, il giudice può disporre accertamenti per valutare
la fondatezza delle ragioni addotte dal ministro di culto nell’invocare il
principio della tutela del segreto. Illustre dottrina (Dalla Torre), sostiene
che “tali disposizioni non sono poste a tutela della persona del ministro di
culto, ma della sua funzione e quindi della libertà religiosa del fedele che
acceda al suo ministero”. Letta in questa prospettiva si comprende ancor
meglio il disposto dell’art. 622 c.p. in base al quale “Chiunque, avendo
notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o
arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio
o altrui profitto, è punito, se dal fatto può derivare nocumento, con la reclu-
sione fino a un anno o con la multa da euro 30 a euro 516”.
Sul medesimo tema si segnala l’art. 4, comma 4 del Concordato il
quale dispone che “Gli ecclesiastici non sono tenuti a dare a magistrati o
ad altra autorità informazioni su persone o materie di cui siano venuti a
conoscenza per ragione del loro ministero”. (norme analoghe sono previste
anche per altre confessioni).
La norma appena citata amplia quanto previsto dal diritto comune
in quanto prevede l’opponibilità del segreto non solo all’autorità giudizia-
ria, ma anche ad ogni altra autorità. Inoltre la disposizione ha una portata
generale in quanto non riguarda solamente quanto appreso nell’ammini-
strazione del sacramento della penitenza (o confessione) ma tutto quanto
appreso nell’esercizio del suo ministero, anche fuori del sacramento della
penitenza. Per contro, sostiene Finocchiaro, non è garantito dal segreto
d’ufficio quanto tali persone abbiano appreso in qualità di comuni citta-
dini o amici.
4. I religiosi
Il nostro ordinamento non riconosce gli effetti dei voti stabiliti dal
diritto canonico e pertanto i religiosi conservano nel diritto italiano la
loro capacità patrimoniale.
Questo rileva soprattutto in merito a quanto disposto dal diritto
canonico, in base al quale il novizio deve cedere l’amministrazione dei
propri beni a chi preferisce e, se le costituzioni non stabiliscono altrimen-
ti, deve liberamente disporre del loro uso e usufrutto. Essi devono poi,
almeno prima della professione perpetua, redigere il testamento.
Per modificare queste disposizioni per giusta causa, come anche per
porre qualunque atto relativo ai beni temporali, devono avere la licenza
del Superiore competente a norma del diritto proprio.
Viene altresì disposto che tutto ciò che un religioso acquista con la
propria industriosità o a motivo dell’istituto, lo acquista per l’istituto
stesso. Ciò che riceve come pensione, sussidio o assicurazione, a qualun-
que titolo, è acquisito per l’istituto, a meno che non sia disposto altri-
menti nel diritto proprio.
Inoltre è previsto che chi, per la natura dell’istituto deve compiere
la rinuncia radicale ai propri beni, deve redigerla in forma valida anche
secondo il diritto civile, prima della professione perpetua.
Tutto ciò, seppur effettuato secondo la forma valida per il diritto
civile, potrà essere riconosciuto sempre che non vengano violate le dipo-
sizioni di cui agli art. 679 c.c. e 771 c.c. in base alle quali non si può in
alcun modo rinunziare alla facoltà di revocare o mutare le disposizioni
testamentarie, e la donazione non può comprendere che i beni presenti
del donante. Se comprende beni futuri è nulla rispetto a questi.
Per tale motivo, autorevole dottrina (Jemolo), ritiene che ogni bene
che venga al religioso, dopo la professione, è per la il diritto civile, di sua
libera disponibilità.
1. La nozione e le fonti
1. Definizione
Secondo una parte della dottrina (Del Giudice), per patrimonio ecclesia-
stico si intende il patrimonio dei singoli istituti ecclesiastici riconosciuti
nel diritto italiano come persone giuridiche.
Altri autori, invece, ritengono che per determinare la sostanza del
patrimonio ecclesiastico occorra guardare allo scopo cui i beni sono de-
stinati, nel senso che sarebbe rinvenibile proprio nel diritto canonico una
distinzione fra beni ecclesiastici, considerati tali in ragione dell’apparte-
nenza e patrimonio ecclesiastico comprensivo anche dei beni, ad esempio
cose sacre, che sono vincolati alla loro destinazione anche nel caso in cui
fossero di proprietà di privati.
Una terza teoria individua il patrimonio ecclesiastico in tutti quei
beni sui quali il diritto statale riconosce un qualche potere all’autorità
ecclesiastica. (Petroncelli).
Concludendo, si può affermare che il patrimonio ecclesiastico è quel
complesso di beni mobili ed immobili che l’ordinamento statuale rico-
nosce come sottoposto al potere dell’autorità ecclesiastica, per il raggiun-
gimento dei propri fini.
Restano pertanto esclusi quei beni destinati dalla volontà dei privati
a scopo di culto ed i beni che lo Stato, senza riconoscimento della Chiesa,
volesse dedicare a scopo di culto.
tante rivestono gli immobili definiti sacri dal cod. canonico (can 1205,
“Sono luoghi sacri quelli che vengono destinati al culto divino o alla sepoltura
dei fedeli mediante la dedicazione o la benedizione, a ciò prescritte dai libri
liturgici”) e tra questi le Chiese (can 1214, “Con il nome di Chiesa si in-
tende un edificio sacro destinato al culto divino, ove i fedeli abbiano il diritto
di entrare per esercitare soprattutto pubblicamente tale culto”).
Il nuovo Concordato del 1984, all’art. 5 stabilisce in merito che “Gli
edifici aperti al culto non possono essere requisiti, occupati, espropriati o de-
moliti se non per gravi ragioni e previo accordo con la competente autorità
ecclesiastica”, mentre l’art. 831, comma 2, c.c. stabilisce che “Gli edifici
destinati all’esercizio pubblico del culto cattolico, anche se appartengono a
privati, non possono essere sottratti alla loro destinazione neppure per effetto
di alienazione, fino a che la destinazione stessa non sia cessata in conformità
delle leggi che li riguardano”.
Con la succitata norma, applicabile unicamente agli edifici destinati
all’esercizio pubblico del culto cattolico, si è creato un vincolo di desti-
nazione, valido fino a che questa non sia cessata in base alle leggi che
riguardano detti edifici.
Mentre il nuovo Concordato parla semplicemente di “edifici aperti al
culto”, il codice civile parla di “destinazione all’esercizio pubblico del culto”
volendo così dimostrare di non voler tutelare il vincolo di destinazione
ove esso non abbia per scopo l’esercizio pubblico del culto nell’edificio
(nel senso di possibilità di accesso di tutti i fedeli senza discriminazioni
di sorta), ma solo l’uso privato di culto.
La condizione giuridica di cui sopra, si estende anche alle pertinenze
dell’edificio (ricordiamo che non è necessaria la materiale unicità di co-
struzione bensì la loro destinazione durevole al servizio dell’edificio prin-
cipale). Si è ritenuta pacifica in dottrina la condizione di pertinenza della
sacrestia e del campanile rispetto alla Chiesa mentre qualche divergenza è
sorta per la casa canonica o episcopio (casa del Vescovo).
Costituiscono luoghi sacri anche i cimiteri e i sepolcri, ossia quei
luoghi destinati alla sepoltura dei fedeli. I cimiteri possono essere di pro-
prietà dei Comuni, delle persone giuridiche ecclesiastiche o di privati. Il
loro uso, oltre a dover sempre rispettare le leggi di polizia mortuaria, nel
caso sia di proprietà ecclesiastica è sottoposto anche alle norme del diritto
canonico.
Tra le cose mobili sacre destinate per l’esercizio del culto e per l’am-
ministrazione dei sacramenti si ricordano gli altari, confessionali, cande-
labri ecc. Tutti questi oggetti, devono essere considerati quali pertinenze
mobili della cosa immobile principale, con conseguente estensione ad
esse del regime della cosa principale (Chiesa).
Anche il codice di procedura civile si occupa delle cose sacre in
Il patrimonio ecclesiastico e le entrate degli enti ecclesiastici
51
quanto all’art. 514 comma 1 n.1 c.p.c., rubricato “Cose mobili as-
solutamente impignorabili” dispone che “Oltre alle cose dichiarate
impignorabili da speciali disposizioni di legge, non si possono pignorare:
1) le cose sacre e quelle che servono all’esercizio del culto”.
[…]
Un cenno particolare merita l’altra cosa mobile destinata al culto, so-
vente oggetto di molte discussioni, ossia la campana. Le problematiche,
in merito a tale oggetto, si verificano circa il diritto d’uso ed intollerabi-
lità del rumore. È bene distinguere tra suono delle campane al di fuori
delle esigenze liturgiche e uso delle campane collegato con la liturgia; è
necessario, in entrambi i casi, fare riferimento al concetto di NORMA-
LE TOLLERABILITÀ per verificare l’avverarsi dell’illecito di cui all’art.
659, c. 1, c.p.
Per l’impiego NON LITURGICO “l’uso delle campane non differi-
sce dall’uso di qualsiasi altro strumento sonoro” e non gode di particolare
tutela: pertanto “non può invocarsi l’applicazione dell’art. 2 dell’Accordo
tra Stato e Santa Sede, né l’applicazione di regolamenti ecclesiastici locali,
qualora le campane siano utilizzate in tempi e con modalità non attinenti
l’esercizio del culto”. In particolare “l’uso di un OROLOGIO CAMPA-
NARIO di una Chiesa, che scandisca regolarmente l’ora, non costitui-
sce esercizio del culto ed è perciò estraneo alla tutela assicurata al libero
esercizio del culto” mentre la regolamentazione del suono delle campane,
se collegato a funzioni liturgiche, in quanto esplicazione della libertà di
esercizio del culto cattolico, tutelata dall’art. 2 dell’Accordo di revisio-
ne del Concordato, è, invece, di competenza dell’autorità ecclesiastica
(e non di altre autorità, compresi i comuni): “lo Stato ha riconosciuto
all’Autorità ecclesiastica il potere di regolamentare l’uso delle campane”;
tale riconoscimento, però, “non significa che l’uso delle campane possa
essere indiscriminato e non incontri dei limiti”. In particolare lo Sta-
to non può rinunciare alla tutela, anche penale, dei beni fondamentali,
quali la salute dei cittadini, con riferimento al concetto di normale tolle-
rabilità. Tale concetto, però, deve essere identificato con riferimento alle
specifiche disposizioni emanate dall’autorità ecclesiastica intese a recepire
tradizioni e consuetudini atte a meglio identificare, in relazione alla non
continuità del suono e al suo collegamento con particolari ‘momenti for-
ti’ della vita della Chiesa, il limite della normale tollerabilità.
A differenza dei beni sacri sopra ricordati, i beni patrimoniali comu-
ni del patrimonio ecclesiastico, costituiscono quella parte del patrimo-
nio destinata al mantenimento del Clero, all’acquisto dei mezzi necessari
all’ufficiatura delle Chiese ecc.
Tali beni possono essere mobili (denaro ecc.) o immobili (terreni).
L’appartenenza di un bene immobile ad un ente ecclesiastico, oltre a
52 MANUALE DI DIRITTO ECCLESIASTICO
38. Gli atti e i negozi che comportino violazione del vincolo sono nulli.”
Con tale disposizione si è dato luogo ad un ulteriore vincolo di desti-
nazione rispetto a quello contemplato dall’art. 831 c.c.
Le Regioni, in attuazione del potere di finanziamento, hanno adot-
tato criteri differenti per l’individuazione delle confessioni beneficiarie,
in quanto, alcune di esse hanno ammesso al finanziamento tutte le con-
fessioni religiose, mentre altre hanno richiesto, quale requisito di ammis-
sibilità al finanziamento, la stipulazione di un’Intesa con lo Stato Italia-
no. (differenziazione considerata illegittima dalla Corte Costituzionale,
la quale ha affermato che la stipulazione o meno di un’intesa non può
costituire elemento di discriminazione. La Corte ha affermato altresì che
l’unica distinzione legittima che può essere operata attiene alla effettiva
incidenza sociale della confessione richiedente).
Le entrate di diritto privato invece sono riconducibili ad oblazioni
volontarie, donazioni, eredità lasciti ecc., che vengono ad incrementare
il patrimonio ecclesiastico. Quest’ultime sono rette principalmente dalla
comune disciplina civilistica; basti considerare che in alcuni casi, il legi-
slatore statale ha previsto disposizioni specifiche in materia, ad esempio
l’art. 629 c.c. “Disposizioni a favore dell’anima”: riguarda le disposizioni
testamentarie con cui il testatore destina una parte almeno delle sue so-
stanze per la celebrazione di messe in suo suffragio, ovvero ad apparte-
nenti alla sua famiglia. Poiché siano valide, l’art. 629 c.c. richiede che sia
determinato o determinabile il loro oggetto, inoltre si considerano come
un onere a carico dell’erede o del legatario. Se il beneficiario è determina-
to, per l’adempimento di tale onere può agire qualunque interessato ed in
caso di inadempimento l’onerato perderà il diritto al lascito testamenta-
rio. Se in beneficiario è invece indeterminato, l’adempimento dell’onere
è lasciato alla volontà dell’onerato. Il testatore può designare una persona
che curi l’esecuzione della disposizione. Tale lascito può essere effettua-
to o direttamente, istituendo un legato a favore dell’ente ecclesiastico o
creando una fondazione di culto ovvero come onere a carico di eredi o
dei legatari.
In rari casi la materia è disciplinata da norme concordatarie: ad
esempio l’art. 7 comma 5 dell’Accordo di Villa Madama prevede che
“le collette effettuate nei predetti edifici, continueranno ad essere soggetti al
regime vigente” (ossia possibilità di svolgere collette, senza ingerenza delle
autorità civili, all’interno ed all’ingresso delle Chiese nonché degli edifici
di loro proprietà).
Sul punto si discute se alle entrate di diritto privato (e non quindi
di diritto pubblico) possano essere ricondotte le ragioni di credito che la
Chiesa può vantare verso i fedeli in forza di un titolo che non ha indole
privatistica, in quanto rapporti di imperio connessi al potere di governare
54 MANUALE DI DIRITTO ECCLESIASTICO
i fedeli nella vita sociale della Chiesa (ad esempio il potere impositivo
della Chiesa suddiviso in tributi, prestazioni dovute a titolo di apparte-
nenza ad una Chiesa ovvero tasse, prestazioni dovute in relazione ad atti
della potestà esecutiva della Chiesa a vantaggio dei singoli fedeli come ad
esempio certificazioni, autorizzazioni ecc.)
Secondo un orientamento dottrinale (Jemolo) questi rapporti devo-
no essere considerati di diritto privato e non di diritto pubblico in quanto
l’art. 23 Cost. dispone che “nessuna prestazione personale o patrimoniale
può essere imposta se non in base alla legge”. Però si potrebbe obbiettare
che lo Stato italiano attraverso l’art. 7 primo comma Cost. nonché artt.
1 e 2 dell’Accordo di Villa Madama si è impegnato a riconoscere l’indi-
pendenza e la sovranità della Chiesa, ossia si è impegnato a riconoscere
agli effetti civili le funzioni e gli atti che costituiscono dimostrazione della
sovranità fra cui va annoverato il potere impositivo.
Al di là di tutto quanto sopra, si pone un problema pratico di esa-
zione di dette somme in quanto mancano nell’ordinamento canonico
meccanismi di riscossione di detti tributi e nella disciplina concordataria
non vi è traccia di previsione in merito alla possibilità che eventuali titoli
esecutivi canonici possano essere considerati tali nel diritto dello Stato
(sul punto la sentenza della Corte di Cassazione n.7449/2007 ha accolto
la tesi della natura contrattuale del rapporto intercorrente tra il parroco e
il fedele in merito alla celebrazione della messa in suffragio dell’anima del
defunto, anziché quella della mera obbligazione naturale).
Pertanto, il dovere gravante sul fedele nell’ordinamento canonico, ri-
sulta irrilevante nell’ordinamento italiano cosicché una volta effettuato il
pagamento, non potrà più essere richiesta la ripetizione ex art. 2034 c.c.
Tra le entrate di diritto privato devono annoverarsi altresì le eroga-
zioni liberali in denaro a favore dell’Istituto Centrale per il sostentamen-
to del clero ex art. 46 L.222/1985, in quanto trattasi di veri e propri atti
di liberalità dei fedeli, ed a nulla ostando il fatto che tali liberalità siano
agevolate dallo Stato (G. Dalla Torre).
Il Concordato tra la Santa Sede e l’Italia, all’art. 29, lett. h), sancisce
invece che, ferme restando le agevolazioni tributarie già stabilite per gli
enti ecclesiastici, il fine di religione o di culto è equiparato, a tutti gli
effetti tributari, ai fini di beneficenza e di istruzione.
Questi principi sono stati precisati e codificati dall’art. 7 dell’Accor-
do modificativo del Concordato del 18 febbraio 1984 (L. n. 121/1985),
in base al quale il fine di religione o di culto non può essere causa di
speciali limitazioni legislative né di speciali gravami fiscali per la costitu-
zione, la capacità giuridica ed ogni forma di attività dell’ente.
Sono stati equiparati agli effetti tributari, il fine di religione o di cul-
to al fine di beneficenza o di istruzione, anche se con una portata diversa
rispetto al Concordato: da un lato precisa che l’equiparazione è limitata
ai soli enti ecclesiastici aventi fine di religione o di culto, mentre l’art.
29 lett. h) del Concordato si riferiva in generale agli enti ecclesiastici e
dall’altro lato amplia la portata della norma concordataria, comprenden-
do, nel fine di religione o di culto, anche le attività dirette a tali scopi,
quindi, in altri termini, le attività strumentali.
L’art. 7, comma 3° della Legge n. 121/1985 precisa, inoltre, che le
attività degli enti ecclesiastici diverse da quelle di religione o di culto
siano soggette, nel rispetto della struttura e della finalità di tali enti, alle
leggi dello Stato concernenti tali attività e al regime tributario previsto
per le medesime. I principi sopra citati sono stati confermati dal legisla-
tore anche con riferimento agli enti ecclesiastici di culto acattolico. Vi é,
tuttavia, anche qualche eccezione al riguardo, così come previsto dall’art.
12, ultimo comma della Legge n.449/1984 (Norme per la regolazione
dei rapporti tra lo Stato e le Chiese rappresentate dalla Tavola Valdese)
il quale stabilisce che gli enti da esso disciplinati “sono soggetti al regime
tributario previsto dalle leggi dello Stato” oppure come nel caso dell’art.
17 della Legge n.517/1988 (Norme per la regolazione dei rapporti tra lo
Stato e le Assemblee di Dio in Italia). Secondo parte della dottrina, l’e-
quiparazione agli effetti fiscali del fine di religione e di culto ai fini di be-
neficenza e di istruzione opera soltanto per gli enti ecclesiastici che siano
regolamentati in base a leggi negoziate tra Stato e confessioni religiose o
che abbiano almeno ottenuto il riconoscimento agli effetti civili; secondo
un diverso orientamento, invece, la suddetta equiparazione ai fini fiscali
opera per tutti gli enti religiosi, anche se privi del riconoscimento dello
Stato. Infine, l’art. 8 D.P.R. 13 febbraio 1987, n. 33 stabilisce che l’ente
ecclesiastico che svolga attività per le quali le leggi tributarie prescrivano
la tenuta di scritture contabili, sia obbligato ad adeguarsi al dettato della
normativa.
In merito alle principali agevolazioni fiscali concernenti gli enti ec-
clesiastici si evidenzia che:
Il patrimonio ecclesiastico e le entrate degli enti ecclesiastici
57
L’imposta comunale sulle affissioni è ridotta del 50% per la pubblicità re-
lativa a manifestazioni religiose, da chiunque realizzate con il patrocinio
degli enti pubblici territoriali e per la pubblicità relativa a festeggiamenti
religiosi. Sono esenti invece gli avvisi e le pubblicazioni riguardanti il
governo dei fedeli esposti sulle porte ovvero sulle facciate esterne degli
edifici destinati al culto;
L’imposta sulle successioni e donazioni non si applica ai trasferimen-
ti a favore di fondazioni ed associazioni legalmente riconosciute che ab-
biano come scopo esclusivo l’assistenza, lo studio, la ricerca, l’istruzione
58 MANUALE DI DIRITTO ECCLESIASTICO
L’art. 12 comma 1 del nuovo concordato dispone che “La Santa Sede e
la Repubblica italiana, nel rispettivo ordine, collaborano per la tutela del
patrimonio storico ed artistico”.
Con tale norma viene introdotto un principio di collaborazione nella
tutela del patrimonio artistico, senza limiti di appartenenza proprietaria,
fondato sulla considerazione che in Italia il patrimonio artistico cattolico
qualifica in modo preponderante l’identità nazionale.
I commi successivi della citata norma, invece, attengono al piano
della attuazione amministrativa; in effetti sulla base della citata diposi-
zione sono state stipulate intese sia a livello nazionale che regionale (ri-
cordiamo quelle del 18 aprile del 2000 relativamente alla conservazione e
consultazione degli archivi di interesse storico e delle biblioteche ed isti-
tuzioni ecclesiastiche e quella del 26 gennaio 2005 riguardante la tutela
dei beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti ed istituzioni
ecclesiastiche).
Anche il Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. 42/2004),
al suo art. 9, prende in considerazione i “Beni culturali di interesse re-
ligioso” estendendone però la portata applicativa anche a quei beni ap-
partenenti ad altre confessioni. La norma dispone che il Ministero e, per
quanto di competenza, le Regioni provvedono, relativamente alle esigen-
ze di culto in accordo con le rispettive autorità ed osservate le disposizio-
ni stabilite dalle intese concluse ai sensi dell’articolo 12 dell’Accordo di
modificazione del Concordato ovvero dalle leggi emanate sulla base delle
Il patrimonio ecclesiastico e le entrate degli enti ecclesiastici
59
1. Premessa storica
Il matrimonio, prima dell’entrata in vigore del codice civile del 1865, era
regolato unicamente dalle norme del diritto della Chiesa, nel senso che,
era soggetto alla competenza ecclesiastica quando concluso tra battezzati.
Con l’introduzione del codice, il matrimonio civile rappresentò l’u-
nica forma di celebrazione avente effetti sul piano dell’ordinamento in-
terno. In Italia, infatti, fino al 1929, vigeva il regime del matrimonio
civile obbligatorio, ossia l’unica forma di matrimonio valida per il nostro
ordinamento era quella del matrimonio civile regolato interamente dal-
le leggi dello Stato; il matrimonio canonico era pertanto irrilevante per
l’ordinamento giuridico italiano e dunque i cittadini italiani professanti
la fede cattolica erano obbligati ad effettuare una doppia celebrazione.
L’unificazione dei due riti (cattolico e civile) avvenne solamente a
seguito della stipulazione dei Patti Lateranensi del 1929; in base all’art.
34 infatti, il matrimonio canonico divenne rilevante anche agli effetti
civili, purché trascritto nei registri dello Stato civile. Inoltre, il matrimo-
nio civile, da obbligatorio divenne facoltativo, potendo i cittadini italiani
scegliere se sposarsi con il rito civile ovvero religioso con effetti civili. Lo
Stato mantenne una propria presenza all’interno dell’istituito del ma-
trimonio, prevedendo il regime delle pubblicazioni e della lettura degli
articoli del codice civile durante la celebrazione del matrimonio.
Contemporaneamente alla stipulazione dei Patti Lateranensi, fu
introdotto nella nostra legislazione un nuovo tipo di matrimonio c.d.
acattolico, affinché i fedeli degli altri culti ammessi nello Stato potessero
celebrare il proprio matrimonio davanti ai ministri dei rispettivi culti,
osservando però le formalità delle leggi statali. (L. n.1159 del 24/6/1929
artt. 7-12).
Per le confessioni acattoliche che hanno stipulato intese con lo Sta-
to, vige invece un particolare tipo di matrimonio molto affine a quello
concordatario.
Con l’Accordo di Villa Madama, i rapporti tra Stato e Chiesa, in ma-
teria matrimoniale, sono stati rivisti e quindi regolamentati in maniera
diversa. Questo cambiamento è derivato dal fatto che, con l’introduzione
62 MANUALE DI DIRITTO ECCLESIASTICO
La questione nasce dal fatto che l’art. 34 del Concordato del 1929
enunciava una riserva esclusiva di giurisdizione in materia matrimoniale
a favore dell’autorità ecclesiastica, mentre l’art. 8 n. 2 del nuovo concor-
dato del 1984 pare configurare una giurisdizione concorrente, nel senso
che competenti a giudicare della nullità del matrimonio canonico, al fine
di provocare la cessazione degli effetti civili prodotti dalla trascrizione del
matrimonio stesso dichiarato nullo, siano sia il giudice ecclesiastico che
quello civile (G. Della Torre).
Parte della dottrina sostiene infatti che nel nuovo testo non vi sareb-
be più la riserva a favore della giurisdizione ecclesiastica per le cause di
nullità, ma vi sarebbe soltanto il riconoscimento delle sentenze emanate
dai tribunali ecclesiastici con l’adattamento al caso delle norme previste
dal c.p.c. per la delibazione delle sentenze straniere.
Altra parte della dottrina invece, ritiene che nel nuovo testo si sia
mantenuta la riserva giurisdizione a favore dei tribunali ecclesiastici, la
cui legittimità costituzionale era stata più volte ribadita dalla Corte Co-
stituzionale nel regime precedente. In base a questa corrente, con l’Ac-
cordo del 1984, il sistema matrimoniale concordatario definito nel 1929
è stato soltanto aggiornato alle nuove esigenze fattuali e di diritto, fermi
restando i capisaldi, tra i quali non può rientrare la riserva di giurisdizio-
ne a favore dei tribunali ecclesiastici.
Su tale dibattuto tema, si sono pronunciate le Sezioni Unite del-
la Corte di Cassazione (sent. n.1824/1993), le quali hanno affermato
che con l’Accordo del 1984, nella specie con l’art. 13, deve considerarsi
abrogata implicitamente la disposizione contenuta nell’art. 34 del Con-
cordato del 1929. L’art. 8 n.2 dell’Accordo di revisione, infatti, riproduce
le disposizioni dell’art. 34 relative alla delibazione, ma non anche quelle
contenenti la riserva di giurisdizione ai tribunali ecclesiastici delle cause
concernenti la nullità del matrimonio. Per tali motivi, l’eventuale con-
corso tra giurisdizione italiana ed ecclesiastica andrà risolto mediante il
criterio della PREVENZIONE, che dà prevalenza al giudizio che abbia
avuto inizio per primo.
3. Le scuole confessionali
L’art. 33 della Costituzione stabilisce che gli enti e i privati hanno il di-
ritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
Stabilisce altresì che la legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole
non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai
loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni
di scuole statali.
L’art. 9 n.1 del nuovo concordato in aderenza a quanto sopra, stabi-
lisce che “La Repubblica italiana, in conformità al principio della liber-
tà della scuola e dell’insegnamento e nei termini previsti dalla propria
Costituzione, garantisce alla Chiesa cattolica il diritto di istituire libe-
ramente scuole di ogni ordine e grado e istituti di educazione” e all’art.
10 che “Gli istituti universitari, i seminari, le accademie, i collegi e gli
altri istituti per ecclesiastici e religiosi o per la formazione nelle discipline
ecclesiastiche, istituiti secondo il diritto canonico, continueranno a di-
pendere unicamente dall’autorità ecclesiastica”.
Disposizioni analoghe sono contenute anche nelle leggi che recepi-
scono le intese con le confessioni acattoliche.
Il fattore religioso nell’ordinamento giuridico italiano
83
bono essere ridimensionati alla luce di quanto segue: tale presenza non è as-
sociata a un insegnamento obbligatorio del cristianesimo; secondo il Governo
lo spazio scolastico è aperto ad altre religioni (il fatto di portare simboli e di
indossare tenute a connotazione religiosa non è proibito agli alunni, le pra-
tiche relative alle religioni non maggioritarie sono prese in considerazione, è
possibile organizzare l’insegnamento religioso facoltativo per tutte le religioni
riconosciute, la fine del Ramadan è spesso festeggiata nelle scuole…); non
sussistono elementi tali da indicare che le autorità siano intolleranti rispetto
ad alunni appartenenti ad altre religioni, non credenti o detentori di convin-
zioni filosofiche che non si riferiscano a una religione. La Corte nota inoltre
che i ricorrenti non si lamentano del fatto che la presenza del crocifisso in
classe abbia implicato delle pratiche di insegnamento volte al proselitismo o
che i figli della ricorrente siano stati confrontati a un insegnamento condi-
zionato da tale presenza. Infine la Corte osserva che il diritto della ricorrente,
in quanto genitrice, di spiegare e consigliare i suoi figli e di orientarli verso
una direzione conforme alle proprie convinzioni filosofiche è rimasto intatto.
La Corte conclude dunque che, decidendo di mantenere il crocifisso nelle
aule delle scuole pubbliche frequentate dai figli della ricorrente, le autorità
hanno agito entro i limiti dei poteri di cui dispone l’Italia nel quadro del suo
obbligo di rispettare, nell’esercizio delle proprie funzioni in materia di edu-
cazione e d’insegnamento, il diritto dei genitori di garantire tale istruzione
secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche; di conseguenza, non c’è stata
violazione dell’articolo 2 del Protocollo no 1 quanto alla ricorrente. La Corte
considera inoltre che nessuna questione distinta sussiste per quanto riguarda
l’articolo 9.”
-- sempre nel 2011 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con
sentenza n.5924 del 14 marzo, hanno affermato che sul piano
teorico, il principio di laicità è compatibile sia con un modello di
equiparazione verso l’alto (laicità per addizione) che consenta ad
ogni soggetto di vedere rappresentati nei luoghi pubblici i simboli
della propria religione, sia con un modello di equiparazione verso
il basso (laicità per sottrazione). Tale scelta legislativa, però, pre-
suppone che siano valutati una pluralità di profili, primi tra tutti
la praticabilità concreta ed il bilanciamento tra l’esercizio della
libertà religiosa da parte degli utenti di un luogo pubblico e l’a-
nalogo esercizio della libertà religiosa negativa da parte dell’ateo o
del non credente, nonché il bilanciamento tra garanzia del plura-
lismo e possibili conflitti tra una pluralità di identità religiose tra
loro incompatibili.
92 MANUALE DI DIRITTO ECCLESIASTICO
La libertà religiosa abbraccia molti aspetti della vita quotidiana del singo-
lo, tra cui il diritto di manifestare liberamente la propria identità religiosa
attraverso l’uso di simboli nel vestiario.
In base a quanto stabilito dall’art. 5, Legge 152/1975 “E’ vietato l’uso
di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficolto-
so il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico,
senza giustificato motivo. E’ in ogni caso vietato l’uso predetto in occasione
di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico,
tranne quelle di carattere sportivo che tale uso comportino. Il contravventore
e’ punito con l’arresto da uno a due anni e con l’ammenda da 1.000 a 2.000
euro. Per la contravvenzione di cui al presente articolo e’ facoltativo l’arresto
in flagranza.”
La ratio della norma è di evitare che l’utilizzo di caschi o di altri
mezzi di travisamento del volto, possano evitare il riconoscimento in oc-
casione di manifestazioni che si svolgano in luoghi pubblici o aperti al
pubblico, tranne quelle che tale usanza comportino (es. carnevale).
Il velo islamico ha creato una molteplicità di problemi in alcuni paesi
europei, ma in linea di principio il suo uso può farsi rientrare nell’ambito
del multiculturalismo compatibile.
L’uso del velo che copre il volto, in particolare il burqa, non è diretto
ad evitare il riconoscimento ma costituisce attuazione di una tradizione
di determinate popolazioni e culture. In tale tema il Consiglio di Stato
con sentenza n.3076/2008, circa l’uso del burqa ha rilevato che “non si è
in presenza di un mezzo finalizzato a impedire senza giustificato motivo il
riconoscimento. Il citato art. 5 consente nel nostro ordinamento che una per-
sona indossi il velo per motivi religiosi o culturali; le esigenze di pubblica si-
curezza sono soddisfatte dal divieto di utilizzo in occasione di manifestazioni
e dall’obbligo per tali persone di sottoporsi all’identificazione e alla rimozione
del velo, ove necessario a tal fine. Resta fermo che tale interpretazione non
esclude che in determinati luoghi o da parte di specifici ordinamenti possano
essere previste, anche in via amministrativa, regole comportamentali diverse
incompatibili con il suddetto utilizzo, purché ovviamente trovino una ragio-
nevole e legittima giustificazione sulla base di specifiche e settoriali esigenze.
Tale ultima questione non costituisce comunque oggetto del presente giudizio,
in cui ci si deve limitare e rilevare che il Prefetto ha fatto applicazione dei
sopra menzionati principi e, conseguentemente, ha annullato la citata ordi-
nanza sindacale”.
Soltanto in Francia e in Turchia è fatto divieto di portare il velo nelle
scuole e negli uffici pubblici, mentre nel resto del continente esso viene
94 MANUALE DI DIRITTO ECCLESIASTICO
ultimi decenni e degli sviluppi promossi nella Chiesa dal Concilio Va-
ticano II; avendo presenti, da parte della Repubblica italiana, i principi
sanciti dalla sua Costituzione, e, da parte della Santa Sede, le dichiara-
zioni del Concilio Ecumenico Vaticano II circa la libertà religiosa e i rap-
porti fra la Chiesa e la comunità politica, nonché la nuova codificazione
del diritto canonico; considerato inoltre che, in forza del secondo comma
dell’art. 7 della Costituzione della Repubblica italiana, i rapporti tra lo
Stato e la Chiesa cattolica sono regolati dai Patti Lateranensi, i quali per
altro possono essere modificati di comune accordo dalle due Parti senza
che ciò richieda procedimenti di revisione costituzionale; hanno ricono-
sciuto l’opportunità di addivenire alle seguenti modificazioni consensuali
del Concordato lateranense:
ART. 1
La Repubblica italiana e la Santa Sede riaffermano che lo Stato e la
Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovra-
ni, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti ed
alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del
Paese.
ART. 2
1. La Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena li-
bertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evan-
gelizzazione e di santificazione. In particolare è assicurata alla Chiesa la
libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del
magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia
ecclesiastica.
2. È ugualmente assicurata la reciproca libertà di comunicazione e
di corrispondenza fra la Santa Sede, la Conferenza Episcopale Italiana, le
Conferenze Episcopali regionali, i Vescovi, il clero e i fedeli, cosi come
la libertà di pubblicazione e diffusione degli atti e documenti relativi alla
missione della Chiesa.
3. È garantita ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la
piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola,
lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
4. La Repubblica italiana riconosce il particolare significato che
Roma, sede vescovile del Sommo Pontefice, ha per la cattolicità.
ART. 3
1. La circoscrizione delle diocesi e delle parrocchie è liberamente
determinata dall’autorità ecclesiastica. La Santa Sede si impegna a non
includere alcuna parte del territorio italiano in una diocesi la cui sede
Appendice Normativa 97
ART. 4
1. I sacerdoti, i diaconi ed i religiosi che hanno emesso i voti hanno
facoltà di ottenere, a loro richiesta, di essere esonerati dal servizio militare
oppure assegnati al servizio civile sostitutivo.
2. In caso di mobilitazione generale gli ecclesiastici non assegnati
alla cura d’anime sono chiamati ad esercitare il ministero religioso fra le
truppe, oppure, subordinatamente, assegnati ai servizi sanitari.
3. Gli studenti di teologia, quelli degli ultimi due anni di propedeu-
tica alla teologia ed i novizi degli istituti di vita consacrata e delle società
di vita apostolica possono usufruire degli stessi rinvii dal servizio militare
accordati agli studenti delle università italiane.
4. Gli ecclesiastici non sono tenuti a dare a magistrati o ad altra au-
torità informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza
per ragione del loro ministero.
ART. 5
1. Gli edifici aperti al culto non possono essere requisiti, occupati,
espropriati o demoliti se non per gravi ragioni e previo accordo con la
competente autorità ecclesiastica.
2. Salvo i casi di urgente necessità, la forza pubblica non potrà en-
trare, per l’esercizio delle sue funzioni, negli edifici aperti al culto, senza
averne dato previo avviso all’autorità ecclesiastica.
3. L’autorità civile terrà conto delle esigenze religiose delle popola-
zioni, fatte presenti dalla competente autorità ecclesiastica, per quanto
concerne la costruzione di nuovi edifici di culto cattolico e delle perti-
nenti opere parrocchiali.
ART. 6
La Repubblica italiana riconosce come giorni festivi tutte le domeni-
che e le altre festività religiose determinate d’intesa tra le Parti.
98 MANUALE DI DIRITTO ECCLESIASTICO
ART. 7
1. La Repubblica italiana, richiamandosi al principio enunciato
dall’art. 20 della Costituzione, riafferma che il carattere ecclesiastico e il
fine di religione o di culto di una associazione o istituzione non possono
essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali
per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.
2. Ferma restando la personalità giuridica degli enti ecclesiastici
che ne sono attualmente provvisti, la Repubblica italiana, su domanda
dell’autorità ecclesiastica o con il suo assenso, continuerà a riconoscere la
personalità giuridica degli enti ecclesiastici aventi sede in Italia, eretti o
approvati secondo le norme del diritto canonico, i quali abbiano finalità
di religione o di culto. Analogamente si procederà per il riconoscimento
agli effetti civili di ogni mutamento sostanziale degli enti medesimi.
3. Agli effetti tributari gli enti ecclesiastici aventi fine di religione o
di culto, come pure le attività dirette a tali scopi, sono equiparati a quelli
aventi fine di beneficenza o di istruzione.
4. Le attività diverse da quelle di religione o di culto, svolte dagli enti
ecclesiastici, sono soggette, nel rispetto della struttura e della finalità di
tali enti, alle leggi dello Stato concernenti tali attività e al regime tributa-
rio previsto per le medesime.
5. Gli edifici aperti al culto, le pubblicazioni di atti, le affissioni
all’interno o all’ingresso degli edifici di culto o ecclesiastici, e le collette
effettuate nei predetti edifici, continueranno ad essere soggetti al regime
vigente.
6. L’amministrazione dei beni appartenenti agli enti ecclesiastici è
soggetta ai controlli previsti dal diritto canonico. Gli acquisti di questi
enti sono però soggetti anche ai controlli previsti dalle leggi italiane per
gli acquisti delle persone giuridiche.
7. All’atto della firma del presente Accordo, le Parti istituiscono una
Commissione paritetica per la formulazione delle norme da sottoporre
alla loro approvazione per la disciplina di tutta la materia degli enti e
beni ecclesiastici e per la revisione degli impegni finanziari dello Stato
italiano e degli interventi del medesimo nella gestione patrimoniale degli
enti ecclesiastici.
In via transitoria e fino all’entrata in vigore della nuova disciplina
restano applicabili gli articoli 17, comma terzo, 18, 27, 29 e 30 del pre-
cedente testo concordatario.
ART. 8
1. Sono riconosciuti gli effetti civili ai matrimoni contratti secondo
le norme del diritto canonico, a condizione che l’atto relativo sia trascrit-
to nei registri dello stato civile, previe pubblicazioni nella casa comunale.
Appendice Normativa 99
ART. 9
1. La Repubblica italiana, in conformità al principio della libertà
della, scuola e dell’insegnamento e nei termini previsti dalla propria Co-
stituzione, garantisce alla Chiesa cattolica il diritto di istituire liberamen-
te scuole di ogni ordine e grado e istituti di educazione.
A tali scuole che ottengano la parità è assicurata piena libertà, ed ai
loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni
delle scuole dello Stato e degli altri enti territoriali, anche per quanto
concerne l’esame di Stato.
2. La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura reli-
giosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del pa-
trimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro
delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle
scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado.
Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa
dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non
avvalersi di detto insegnamento.
All’atto dell’iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale
diritto, su richiesta dell’autorità scolastica, senza che la loro scelta possa
dar luogo ad alcuna forma di discriminazione.
ART. 10
1. Gli istituti universitari, i seminari, le accademie, i collegi e gli
altri istituti per ecclesiastici e religiosi o per la formazione nelle discipline
ecclesiastiche, istituiti secondo il diritto canonico, continueranno a di-
pendere unicamente dall’autorità ecclesiastica.
2. I titoli accademici in teologia e nelle altre discipline ecclesiastiche,
determinate d’accordo tra le Parti, conferiti dalle Facoltà approvate dalla
Santa Sede, sono riconosciuti dallo Stato.
Sono parimenti riconosciuti i diplomi conseguiti nelle Scuole vatica-
ne di paleografia, diplomatica e archivistica e di biblioteconomia.
3. Le nomine dei docenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
e dei dipendenti istituti sono subordinate al gradimento, sotto il profilo
religioso, della competente autorità ecclesiastica.
ART. 11
Appendice Normativa 101
ART. 12
1. La Santa Sede e la Repubblica italiana, nel rispettivo ordine, colla-
borano per la tutela del patrimonio storico ed artistico.
Al fine di armonizzare l’applicazione della legge italiana con le esi-
genze di carattere religioso, gli organi competenti delle due Parti concor-
deranno opportune disposizioni per la salvaguardia, la valorizzazione e il
godimento dei beni culturali d’interesse religioso appartenenti ad enti e
istituzioni ecclesiastiche.
La conservazione e la consultazione degli archivi d’interesse storico e
delle biblioteche dei medesimi enti e istituzioni saranno favorite e agevo-
late sulla base di intese tra i competenti organi delle due Parti.
2. La Santa Sede conserva la disponibilità delle catacombe cristiane
esistenti nel suolo di Roma e nelle altre parti del territorio italiano con
l’onere conseguente della custodia, della manutenzione e della conserva-
zione, rinunciando alla disponibilità delle altre catacombe.
Con l’osservanza delle leggi dello Stato e fatti salvi gli eventuali dirit-
ti di terzi, la Santa Sede può procedere agli scavi occorrenti ed al trasferi-
mento delle sacre reliquie.
ART. 13
1. Le disposizioni precedenti costituiscono modificazioni del Con-
cordato lateranense accettate dalle due Parti, ed entreranno in vigore
alla data dello scambio degli strumenti di ratifica. Salvo quanto previsto
dall’art. 7, n. 6, le disposizioni del Concordato stesso non riprodotte nel
presente testo sono abrogate.
2. Ulteriori materie per le quali si manifesti l’esigenza di collabora-
zione tra la Chiesa cattolica e lo Stato potranno essere regolate sia con
nuovi accordi tra le due Parti sia con intese tra le competenti autorità
dello Stato e la Conferenza Episcopale Italiana.
ART. 14
Se in avvenire sorgessero difficoltà di interpretazione o di applica-
102 MANUALE DI DIRITTO ECCLESIASTICO
PROTOCOLLO ADDIZIONALE
Al momento della firma dell’Accordo che apporta modificazioni al
Concordato lateranense la Santa Sede e la Repubblica italiana, desiderose
di assicurare con opportune precisazioni la migliore applicazione dei Pat-
ti Lateranensi e delle convenute modificazioni, e di evitare ogni difficoltà
di interpretazione, dichiarano di comune intesa:
1. In relazione all’Art. 1
Si considera non più in vigore il principio, originariamente richia-
mato dai Patti Lateranensi, della religione cattolica come sola religione
dello Stato italiano.
2. In relazione all’Art. 4
a) Con riferimento al n. 2, si considerano in cura d’anime gli Or-
dinari, i parroci, i vicari parrocchiali, i rettori di Chiese aperte al culto
ed i sacerdoti stabilmente addetti ai servizi di assistenza spirituale di cui
all’art. 11.
b) La Repubblica italiana assicura che l’autorità giudiziaria darà co-
municazione all’autorità ecclesiastica competente per territorio dei pro-
cedimenti penali promossi a carico di ecclesiastici.
c) La Santa Sede prende occasione dalla modificazione del Concor-
dato lateranense per dichiararsi d’accordo, senza pregiudizio dell’ordina-
mento canonico, con l’interpretazione che lo Stato italiano dà dell’art.
23, secondo comma, del Trattato lateranense, secondo la quale gli effetti
civili delle sentenze e dei provvedimenti emanati da autorità ecclesiasti-
che, previsti da tale disposizione, vanno intesi in armonia con i diritti
costituzionalmente garantiti ai cittadini italiani.
3. In relazione all’Art. 7
a) La Repubblica italiana assicura che resterà escluso l’obbligo per
gli enti ecclesiastici di procedere alla conversione di beni immobili, salvo
accordi presi di volta in volta tra le competenti autorità governative ed
ecclesiastiche, qualora ricorrano particolari ragioni.
b) La Commissione paritetica, di cui al n. 6, dovrà terminare i suoi
lavori entro e non oltre sei mesi dalla firma del presente Accordo.
4. In relazione all’Art. 8
a) Ai fini dell’applicazione del n. 1, lett. b), si intendono come impe-
dimenti inderogabili della legge civile:
1) l’essere uno dei contraenti interdetto per infermità di mente;
2) la sussistenza tra gli sposi di altro matrimonio valido agli effetti
civili;
Appendice Normativa 103