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Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna

Teologia del laicato


Riflessioni e considerazioni alla luce
dell’esortazione apostolica post-sinodale
Christifideles laici sulla vocazione e la missione dei
laici nella Chiesa e nel mondo

Elaborato scritto per l’esame LT19a04

Licenza in Teologia dell’Evangelizzazione - LTE

Studente Docente
Loris Derni Massimo Nardello

Anno Accademico 2019-2020

1
Premessa

Illustrare oggi il tema del laicato, ad oltre cinquant’anni dalla conclusione del concilio
Vaticano II, dopo la costituzione Lumen Gentium, il decreto Apostolicam Actuositatem,
l’esortazione di Paolo VI Evangelii Nuntiandi, quella di Giovanni Paolo II Christifideles
laici e quella di Papa Francesco Evangelii Gaudium, è una significativa opportunità.
Già alcuni teologi della Nouvelle Théologie come Congar1, laici come Guitton2, altri
teologi come Philips3 e il medesimo magistero pontificio con Pio XI4, avevano riposto
l’attenzione sulla necessità, da parte dei Pastori, di far crescere e maturare la consapevolezza
del fedele-cristiano laico, circa la sua vocazione e la sua missione.
L’insegnamento di Giovanni Paolo II nella Christifideles laici, operò una sintesi
individuando nel binomio vocazione – missione, la chiave per trattenere i fattori decisivi
propri dello sviluppo storico della teologia del laicato5.
Sia la cosiddetta tappa della «maturità delle aggregazioni laicali» che la necessità di una
nuova comprensione della laicità, cioè le due prospettive identificate come caratterizzanti il
nostro tempo, mettono in campo una questione di fondo che potremmo formulare in questa
maniera: «oggi la domanda fondamentale non riguarda tanto l’identità del fedele laico o
della sua missione nel mondo, ma l’identità della Chiesa e della sua missione»6. Non si può
infatti non essere d’accordo con chi afferma che «non è possibile rispondere alla domanda
“chi è il laico” senza prima rispondere alla domanda “chi è la Chiesa”»7.
L’intento di questo mio breve elaborato, sarà quello di offrire alcuni spunti ed alcune
riflessioni di tipo teologico, pastorale e spirituale, in merito alla tematica della teologia del
laicato, alla luce dell’esortazione apostolica post-sinodale di Giovanni Paolo II,
Christifideles laici, sulla vocazione e la missione dei fedeli laici nella Chiesa e nel mondo.
Vorrei articolare queste mie riflessioni, utilizzando tre contributi che seppur non
recentissimi, ci possono aiutare meglio a comprendere e a sviluppare questa tematica.

1
Cfr. Y.CONGAR, Per una teologia del laicato, Morcelliniana, Brescia, 1967.
2
Cfr. J.GUITTNON, I laici nella Chiesa da Newman al Vaticano II, ed. Ancora, Milano, 1964.
3
Cfr. G.PHILIPS, I laici nella Chiesa, Vita e pensiero, Milano, 1961,
4
PIO XI, in AAS 20,1928, 171s.
5
A.SCOLA, La teologia del laicato alla luce dell’ecclesiologia di comunione: l’identità del fedele laico,
Pontificio Consiglio per i laici, XXIII Assemblea Plenaria, Città del Vaticano, 2008, 1.
6
Ivi, 2.
7
E.CASTELLUCCI, Il punto sulla teologia del laicato oggi: prospettive, in Orientamenti pastorali 51, 2003,
nn.6/7, 42-84, qui 42.

2
In primo luogo, cercherò di mettere a fuoco alcuni aspetti fondamentali della teologia del
laicato alla luce dell’ecclesiologia di comunione, rifacendomi alla relazione del card. Angelo
Scola, all’epoca Patriarca di Venezia, attualmente arcivescovo emerito di Milano, che egli
fece durante la XXIII Assemblea plenaria del Pontificio consiglio per i laici, tenutasi a Roma
tra il 13 ed il 15 novembre 2008, dal titolo: «La teologia del laicato alla luce
dell’ecclesiologia di comunione: l’identità del fedele laico».
In secondo luogo vorrei soffermarmi sul contributo dato dalla Chritifideles laici,
proponendo una riflessione sul mistero della Chiesa universale vista nella prospettiva della
missione dei laici, a partire dal contributo offerto a queste tematiche dal card. Stanislaw
Rylko, all’epoca presidente del Pontificio consiglio per i laici, nel suo intervento tenutosi
sempre a Roma nella XXIII assemblea plenaria del Pontificio Consiglio nel novembre del
2008 per i laici, (prima che questo organismo confluisce nel dicastero per i laici, la famiglia
e la vita), dal titolo: «La Christifideles laici, magna charta del laicato cattolico del nostro
tempo».
In conclusione riprenderei il commento all’esortazione apostolica «Christifideles laici»
pubblicato in Giovanni Paolo II l’uomo, il Papa, il suo messaggio8, allo scopo di recuperare,
per quanto possibile, alcuni degli insegnamenti di san Giovanni Paolo II, con le sue peculiari
caratteristiche, sia per quanto riguarda i temi che lo stile e le «angolazioni» che gli sono
proprie, in merito a questa tematica della Teologia del laicato, alla luce dell’esortazione
apostolica post-sinodale Christifideles laici sulla vocazione e sulla missione dei fedeli laici
nella Chiesa e nel mondo.

8
GIOVANNI PAOLO II, l’uomo, il Papa, il suo messaggio, Fabbri, Milano, 1992, suppl., 3-12.

3
«Chi è la chiesa»? Identità del fedele laico ed ecclesiologia di
comunione
Nel suo contributo, dal titolo: «La teologia del laicato alla luce dell’ecclesiologia di
comunione: l’identità del fedele laico», il card. Angelo Scola ci permette di individuare la
realtà della Chiesa-comunione, come parte integrante del disegno divino di salvezza.
Per Scola, l’indole pastorale o storico-salvifica del concilio Vaticano II, ricavata a partire
da un’adeguata «“ermeneutica della riforma”, del rinnovamento nella continuità dell'unico
soggetto-Chiesa, che il Signore ci ha donato»9, ci consente infatti di identificare
nell’ecclesiologia di comunione:

l’idea centrale che di se stessa la Chiesa ha riproposto nel concilio Vaticano II, come ci ha ricordato il
Sinodo straordinario del 1985 […]. La realtà della Chiesa-Comunione è, allora, parte integrante, anzi
rappresenta il contenuto centrale del “mistero”, ossia del disegno divino della salvezza dell'umanità 10.

L’ecclesiologia di comunione, evidenzia due importantissimi chiavi di lettura per


rispondere alla domanda, formulata per la prima volta, alcuni decenni fa, da Balthasar: «Chi
è la Chiesa?»11. La Chiesa è communio in quanto generata dalla communio eucaristica
radicata nel mistero trinitario.
Così, prima di ogni questione organizzativa, per parlare della Chiesa occorre volgere il
proprio sguardo sul mistero di Dio e dell’uomo in Cristo12. «La permanete origine
sacramentale della Chiesa e quindi la centralità del Mistero Pasquale celebrato
nell’Eucarestia e al quale il fedele ha accesso in forza del santo Battesimo, costituisce in
questo modo l’ambito proprio per ogni riflessione sull’identità di ogni fedele, compreso il
fedele laico»13. A tal proposito giova ricordare la chiarificazione dottrinale offertaci da
Benedetto XVI nel n.14 dell’Esortazione Apostolica Sacramentum Caritatis, quando
afferma che:

l’Eucarestia è Cristo che si dona a noi, edificandoci continuamente come suo corpo. Pertanto, nella
suggestiva circolarità tra Eucarestia che edifica la Chiesa e Chiesa stessa che fa l’Eucarestia, la causalità
primaria è quella espressa nella prima formula: la Chiesa può celebrare e adorare il mistero di Cristo
presente nell’Eucarestia proprio perché Cristo stesso si è donato per primo ad essa nel sacrificio della Croce.
La possibilità per la Chiesa di «fare» l’Eucaristia è tutta radicata nella donazione che Cristo le ha fatto di
se stesso. Anche qui scopriamo un aspetto convincente della formula di san Giovanni: «Egli ci ha amati
per primo» (1 Gv 4,19). Così anche noi in ogni celebrazione confessiamo il primato del dono di Cristo.
L’influsso causale dell'Eucaristia all’origine della Chiesa rivela in definitiva la precedenza non solo
cronologica ma anche ontologica del suo averci amati «per primo». Egli è per l’eternità colui che ci ama
per primo14.

9
BENEDETTO XVI, Discorso alla Curia Romana in occasione della presentazione degli auguri natalizi, 22 dicembre 2005.
10
GIOVANNI PAOLO II, Christefideles Laici 19.
11
H.U. von BATHASSAR, Chi è la Chiesa?, in Id. Sponsa Verbi. Saggi Teologici 2, Morcelliniana, Brescia, 1972, 139-187.
12
J.RATZINGER, La comunione della Chiesa, San Paolo, Cinisello Balsamo 2004, 132.
13
A.SCOLA, La teologia del laicato alla luce dell’ecclesiologia di comunione: l’identità del fedele laico, 3.
14
http://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/apost_exhortations/documents/hf_ben-
xvi_exh_20070222_sacramentum-caritatis.html

4
In secondo luogo, sempre seguendo le indicazioni dateci dal card. Angelo Scola,
scopriamo una prospettiva antropologica della presenza del laico nella Chiesa, dal momento
che «la Chiesa è communio in quanto communio personarum (sanctorum)15. Inoltre,
menzionando von Balthasar, chi è nella Chiesa si svela «nell’unità di coloro che, schieratisi
intorno al Sì immacolato di Maria […] e in questo Sì formati, sono disposti e pronti a fare
in modo che abbia a realizzarsi la volontà di salvezza di Dio su loro stessi e su tutti i
fratelli»16.
Da queste brevi premesse, emerge allora in primo piano la missione dei cristiani: essa
infatti non costituisce un’opera di una Chiesa già in sé costituita, ma appartiene all’essenza
stessa della Chiesa, al suo stesso farsi. Infatti:

la comunione genera comunione, e si configura essenzialmente come comunione missionaria […] La


comunione e la missione sono profondamente congiunte tra loro, si compenetrano e si implicano
mutuamente, al punto che la comunione rappresenta la sorgente e insieme il frutto della missione: la
comunione è missionaria e la missione è per la comunione17.

La prospettiva dell’ecclesiologia di comunione, secondo il card. Scola, trova secondo


alcuni autorevoli commentatori, la sua massima espressione a partire dal noto passaggio
della Prima Lettera di Giovanni 1,3-4: «Quello che abbiamo veduto e udito noi lo
annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra
comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché
la nostra gioia sia piena»18. Le parole con cui l’Apostolo Giovanni inizia la sua Prima
Lettera sono state individuate dalla Christifideles laici 32 come riferimento essenziale per
pensare la comunione missionaria della Chiesa. In queste parole si vede come tale
ecclesiologia possiede un carattere teologico, cristologico, storico-salvifico ed
ecclesiologico.

Riprendiamo l’immagine biblica della vite e dei tralci. Essa ci apre, in modo immediato e naturale, alla
considerazione della fecondità e della vita. Radicati e vivificati dalla vite, i tralci sono chiamati a portare
frutto: «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui fa molto frutto» (Gv 15, 5). Portare frutto è
un’esigenza essenziale della vita cristiana ed ecclesiale. Chi non porta frutto non rimane nella comunione:
«Ogni tralcio che in me non porta frutto, (il Padre mio) lo toglie» (Gv 15, 2). La comunione con Gesù, dalla
quale deriva la comunione dei cristiani tra loro, è condizione assolutamente indispensabile per portare
frutto: «Senza di me non potete far nulla» (Gv 15, 5).

15
A.SCOLA, La teologia del laicato alla luce dell’ecclesiologia di comunione: l’identità del fedele laico, 3.
16
H.U. von BALTHASAR, La mia opera ed Epigolo, Jaka Book, Milano, 1994, 57.
17
GIOVANNI PAOLO II, Christifideles laici, 32.
18
1GV 1,3-4.

5
E la comunione con gli altri è il frutto più bello che i tralci possono dare: essa, infatti, è dono di Cristo e
del suo Spirito. Ora la comunione genera comunione, e si configura essenzialmente come comunione
missionaria. Gesù, infatti, dice ai suoi discepoli: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho
costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (Gv 15, 16). La comunione e la missione
sono profondamente congiunte tra loro, si compenetrano e si implicano mutuamente, al punto che la
comunione rappresenta la sorgente e insieme il frutto della missione: la comunione è missionaria e la
missione è per la comunione. E’ sempre l'unico e identico Spirito colui che convoca e unisce la Chiesa e
colui che la manda a predicare il Vangelo «fino agli estremi confini della terra» (At 1, 8). Da parte sua, la
Chiesa sa che la comunione, ricevuta in dono, ha una destinazione universale19.

In questo modo, la Chiesa si sente «debitrice all’umanità intera e a ciascun uomo del
dono ricevuto dallo Spirito che effonde nei cuori dei credenti la carità di Gesù Cristo»20,
prodigiosa e sovrannaturale forza di coesione interna ed insieme di espansione esterna.

La missione della Chiesa deriva dalla sua stessa natura, così come Cristo l’ha voluta: quella di «segno e
strumento (...) di unità di tutto il genere umano»(120). Tale missione ha lo scopo di far conoscere e di far
vivere a tutti la «nuova» comunione che nel Figlio di Dio fatto uomo è entrata nella storia del mondo. In
tal senso la testimonianza dell'evangelista Giovanni definisce oramai in modo irrevocabile il termine
beatificante al quale punta l’intera missione della Chiesa: «Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo
annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e
col Figlio suo Gesù Cristo» (1 Gv 1, 3). Ora nel contesto della missione della Chiesa il Signore affida ai
fedeli laici, in comunione con tutti gli altri membri del Popolo di Dio, una grande parte di responsabilità.
Ne erano pienamente consapevoli i Padri del concilio Vaticano II: «I sacri Pastori, infatti, sanno benissimo
quanto contribuiscano i laici al bene di tutta la Chiesa. Sanno di non essere stati istituiti da Cristo per
assumersi da soli tutta la missione della salvezza che la Chiesa ha ricevuto nei confronti del mondo, ma
che il loro magnifico incarico è di pascere i fedeli e di riconoscere i loro servizi e i loro carismi, in modo
che tutti concordemente cooperino, nella loro misura, all'opera comune». La loro consapevolezza è
ritornata poi, con rinnovata chiarezza e con vigore accresciuto, in tutti i lavori del Sinodo21.

Alla luce dell’ecclesiologia di comunione missionaria, è dunque possibile pensare


l’identità del fedele laico in termini di vocazione-missione22.

Andate anche voi. La chiamata non riguarda soltanto i Pastori, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, ma si
estende a tutti: anche i fedeli laici sono personalmente chiamati dal Signore, dal quale ricevono una
missione per la Chiesa e per il mondo. Lo ricorda S. Gregorio Magno che, predicando al popolo, così
commenta la parabola degli operai della vigna: «Guardate al vostro modo di vivere, fratelli carissimi, e
verificate se siete già operai del Signore. Ciascuno valuti quello che fa e consideri se lavora nella vigna del
Signore»23.

19
GIOVANNI PAOLO II, Christefidelis laici, 32.
20
Ibidem.
21
Ibidem.
22
GIOVANNI PAOLO II, Christefidelis laici 2, 8-9.
23
Ivi, 2.

6
Il fedele laico, infatti, riceve la propria identità nel battessimo ordinato all’Eucarestia che
lo costituisce membro del Corpo di Cristo e quindi lo radica essenzialmente ed
esistenzialmente nell’appartenenza ecclesiale, inviandolo al mondo quale testimone24.

Secondo l’immagine biblica della vigna, i fedeli laici, come tutti quanti i membri della Chiesa, sono tralci
radicati in Cristo, la vera vite, da Lui resi vivi e vivificanti. L’inserimento in Cristo per mezzo della fede e
dei sacramenti dell’iniziazione cristiana è la radice prima che origina la nuova condizione del cristiano nel
mistero della Chiesa, che costituisce la sua più profonda «fisionomia», che sta alla base di tutte le vocazioni
e del dinamismo della vita cristiana dei fedeli laici: in Gesù Cristo, morto e risorto, il battezzato diventa
una «creatura nuova» (Gal 6, 15; 2 Cor 5, 17), una creatura purificata dal peccato e vivificata dalla grazia.
In tal modo, solo cogliendo la misteriosa ricchezza che Dio dona al cristiano nel santo Battesimo è possibile
delineare la «figura» del fedele laico25.

In questo modo possiamo sostenere, «che l’identità del fedele laico è quella del testimone
nel mondo: questa affermazione se ben intesa rivela il contenuto proprio dell’indole secolare
caratteristica del fedele laico»26.

La novità cristiana è il fondamento e il titolo dell’eguaglianza di tutti i battezzati in Cristo, di tutti i membri
del Popolo di Dio: «comune è la dignità dei membri per la loro rigenerazione in Cristo, comune la grazia
dei figli, comune la vocazione alla perfezione, una sola salvezza, una sola speranza e indivisa carità». In
forza della comune dignità battesimale il fedele laico è corresponsabile, insieme con i ministri ordinati e
con i religiosi e le religiose, della missione della Chiesa. Ma la comune dignità battesimale assume nel
fedele laico una modalità che lo distingue, senza però separarlo, dal presbitero, dal religioso e dalla
religiosa. Il concilio Vaticano II ha indicato questa modalità nell’indole secolare: «L’indole secolare è
propria e peculiare dei laici».27

Proprio in questa prospettiva i Padri sinodali hanno detto: «L’indole secolare del fedele
laico non è quindi da definirsi soltanto in senso sociologico, ma soprattutto in senso
teologico. La caratteristica secolare va intesa alla luce dell’atto creativo e redentivo di Dio,
che ha affidato il mondo agli uomini e alle donne, perché essi partecipino all’opera della
creazione, liberino la creazione stessa dall’influsso del peccato e santifichino se stessi nel
matrimonio o nella vita celibe, nella famiglia, nella professione e nelle varie attività
sociali».28

24
A.SCOLA, La teologia del laicato alla luce dell’ecclesiologia di comunione: l’identità del fedele laico, 4.
25
GIOVANNI PAOLO II, Christefidelis laici, 9.
26
GIOVANNI PAOLO II, Christefidelis laici, 15.
27
Ibidem.
28
Ibidem.

7
Il «mondo» diventa così l’ambito e il mezzo della vocazione cristiana dei fedeli laici, perché esso stesso è
destinato a glorificare Dio Padre in Cristo. Il Concilio può allora indicare il senso proprio e peculiare della
vocazione divina rivolta ai fedeli laici. Non sono chiamati ad abbandonare la posizione ch’essi hanno nel
mondo. Il Battesimo non li toglie affatto dal mondo, come rileva l’apostolo Paolo: «Ciascuno, fratelli,
rimanga davanti a Dio in quella condizione in cui era quando è stato chiamato» (1 Cor 7, 24); ma affida
loro una vocazione che riguarda proprio la situazione intramondana: i fedeli laici, infatti, «sono da Dio
chiamati a contribuire, quasi dall’interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante
l’esercizio della loro funzione propria e sotto la guida dello spirito evangelico, e in questo modo a rendere
visibile Cristo agli altri, principalmente con la testimonianza della loro vita e con il fulgore della fede, della
speranza e della carità»29.

Così l’essere e l’agire nel mondo «sono per i fedeli laici una realtà non solo antropologica
e sociologica, ma anche e specificamente teologica ed ecclesiale»30. Nella loro situazione
intramondana, infatti, Dio manifesta il suo disegno e comunica la particolare vocazione di
«cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio»31.
L’indole secolare del fedele laico, dunque, che emerge da questa prospettiva
ecclesiologica, corrisponde pienamente alla natura pastorale del concilio Vaticano II. E
questo proprio perché: «il Vaticano II raccomanda il superamento del modello
ecclesiologico dualistico (dentro/fuori); infatti, come non esiste la Chiesa in opposizione al
mondo, neppure esiste una Chiesa di fronte al mondo. La Chiesa vive il suo mistero dentro
la storia, per cui ogni vocazione cristiana è di necessità ecclesiale e insieme storica»32.
L’indole del fedele laico, rispecchia dunque la natura ellittica della Chiesa. Essa può
infatti essere definita sempre e soltanto a partire dalla considerazione di almeno due fuochi:
quello in relazione a Cristo e quello relativo alla Sua missione nel mondo, nel quale è
immersa e a cui è continuamente inviata. Questa riflessione è di primaria importanza perché
«permette di evitare il rischio che, storicamente, ha comportato gravi malintesi di pensare la
Chiesa come una realtà a sé stante, definibile a priori quasi fosse costituita in sé prima di
ogni rapporto ad “altro”. Il soggetto ecclesiale, invece, è strutturalmente intrecciato alle
indeducibili vicende della storia».33
Parlando di natura ellittica della Chiesa, si vuole mettere in evidenza l’impossibilità di
definire in astratto chi è la Chiesa a prescindere dal suo costitutivo rapporto con il mondo,
cioè dalla sua dimensione secolare. Per Scola, proprio in forza di questa sua natura ellittica
è necessario affermare l’inscindibilità dei due fuochi costitutivi della Chiesa: «il suo
rapporto con Cristo e la sua relazione al mondo.
Questa insuperabile polarità, non altera l’unità e l’identità del mistero della Chiesa. Si
tratta di una unità-duale, non di una dualità unificata. L’unità precede pertanto la dualità. Il
soggetto Chiesa vive la sua caratteristica dimensione secolare senza venir meno alla sua
identità fondamentale»34.

29
GIOVANNI PAOLO II, Christefidelis laici, 15.
30
Ibidem.
31
Ibidem.
32
M. VERGOTTINI, Il cristiano testimone. Congedo dalla teologia del laicato, EDB, Bologna, 2017, 76.
33
A.SCOLA, La teologia del laicato alla luce dell’ecclesiologia di comunione: l’identità del fedele laico, 5.
34
Ibidem.

8
La Christifideles laici, magna charta del laicato cattolico del nostro
tempo

Il card. Stanislaw Rylko, in questo suo contributo, ci propone invece un’interessantissima


riflessione in merito al mistero della Chiesa universale, vista nella prospettiva della missione
dei fedeli laici, a partire dall’esortazione apostolica post-sinodale di san Giovanni Paolo II
Christifideles laici, firmata a Roma il 30 dicembre 1988, che raccoglie e riassume i frutti del
lavoro del Sinodo dei vescovi del 1987 sul tema della vocazione e missione dei fedeli laici
nella chiesa e nel mondo. Sinodo che mirava soprattutto a sollecitare i fedeli laici «a prendere
parte viva, consapevole e responsabile alla missione della Chiesa […] nell’imminenza del
terzo millennio»35.
La pubblicazione dell’Esortazione apostolica Christifideles laici, secondo il card. Rylko,
ebbe forte risonanza allora, in tutta la Chiesa. «Delineatasi da subito come vera magna
charta del laicato cattolico, pietra miliare del cammino dei fedeli laici nella Chiesa, essa
provava che l’ora del laicato, scoccata con il concilio Vaticano II, non si era fermata»36.
Dichiarava infatti l’allora segretario generale del Sinodo, mons. Jan Schotte, presentando
l’esortazione apostolica nella Sala stampa vaticana: «la Christifideles laici costituisce […]
un vero vademecum per tutta la Chiesa e specialmente per i laici, uomini e donne, chiamati
ad andare nella vigna del Signore […] che può diventare il fedele compagno, di ogni giorno,
per tutti i laici».37
In occasione della pubblicazione della Christifideles laici, inoltre, il cardinal Eduardo
F.Pironio, all’epoca presidente del Pontificio consiglio per i laici, rilevava che la sua «vera
e più profonda novità è […] l’inquadramento del tema del laicato in un’autentica
ecclesiologia di comunione; i fedeli laici non vengono considerati “a sé”, isolati o separati,
ma nel conteso globale di una Chiesa che è essenzialmente “comunione in Cristo”38 e allo
stesso tempo “sacramento universale di salvezza”39».40
Questa è dunque, secondo il card. Rylko, la chiave ermeneutica fondamentale della
teologia del laicato del concilio Vaticano II. La Christifideles laici, ci richiama ad una
sempre rinnovata meraviglia dinanzi al mistero della Chiesa, che è comunione missionaria.
«Ed è una comunione organica caratterizzata dalla diversità e complementarità delle vocazioni
e condizioni di vita dei ministri, dei carismi e delle responsabilità»41.

35
GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici, 2.
36
S.RYLKO, La Christifideles laici, magna charta del laicato cattolico del nostro tempo, XXIII Assemblea
plenaria del Pontificio Consiglio dei Laici, Roma, 13-15 novembre 2008, 3.
37
AA.VV., Presentazione del documento Christifideles laici, «L’Osservatore Romano», 30-31 gennaio 1989,
Inserto tabloid, 3.
38
LG 1.
39
LG 48.
40
AA.VV., Presentazione del documento Christifideles laici «L’Osservatore Romano», 30-31 gennaio 1989,
Inserto tabloid, 3.
41
Ibidem.

9
Nella Chiesa, ogni membro ha infatti il proprio ruolo da compiere, esso è necessario ed
indispensabile, non gli è consentito di isolarsi spiritualmente né tantomeno di rimanere passivo.
Di qui, l’appello incessante alla corresponsabilità e alla partecipazione attiva dei fedeli laici nella
vita e nella missione della Chiesa.
Nella Christifideles laici, le parole di Cristo: «Andate anche voi nella mia vigna»42, risuonano
come un vero e proprio ritornello. La vocazione missionaria del laico si distingue infatti per la
dimensione secolare che gli è propria: l’indole secolare. Egli vive nel mondo, «sulle frontiere della
storia»: la famiglia, la cultura, il mondo del lavoro, l’economia, la politica, le scienze, la tecnica,
le comunicazioni sociali. «Proprio lì il Signore lo chiama a essere testimone e costruttore del regno
di Dio»43.
Fondamentale nella Christifideles laici, è secondo il card. Rylko, la questione dell’identità del
fedele laico, sintetizzata e riassunta in due parole: vocazione e missione.
Scaturita dal Battesimo, quella dei fedeli laici è una vera e propria vocazione. Scrive a tal
proposito Giovanni Paolo II: «Non è esagerato dire che l’intera esistenza del fedele laico ha lo
scopo di portarlo a conoscere la radicale novità cristiana che deriva dal Battesimo, sacramento
delle fede, perché possa viverne gli impegni secondo la vocazione ricevuta da Dio»44.

La missione salvifica della Chiesa nel mondo è attuata non solo dai ministri in virtù del sacramento dell'Ordine ma
anche da tutti i fedeli laici: questi, infatti, in virtù della loro condizione battesimale e della loro specifica vocazione,
nella misura a ciascuno propria, partecipano all'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo. I pastori, pertanto,
devono riconoscere e promuovere i ministeri, gli uffici e le funzioni dei fedeli laici, che hanno il loro fondamento
sacramentale nel Battesimo e nella Confermazione, nonché, per molti di loro, nel Matrimonio45.

Anticipando in certo modo quest’affermazione nell’omelia della celebrazione eucaristica di


chiusura del Sinodo, sempre Giovanni Paolo II diceva: «Il fedele laico è, innanzitutto, un vero
“cristiano”! [E] dovrà pensare sempre che, per essere tale, è stato sepolto nel Cristo con il
Battesimo e che allora per lui – come ha detto l’Apostolo – il vivere è Cristo giacchè in Cristo egli
ricupera in pienezza ogni valore umano»46. San Giovanni Paolo II, sottolinea inoltre fortemente il
carattere cristocentrico della vocazione laicale, sottolineando che assieme a tutti i battezzati il laico
è «figlio di Dio», «membro del Corpo di Cristo», «tempio vivo dello Spirito», «creatura nuova».
Il laico, inoltre, partecipa all’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo ed è chiamato alla
santità, immerso nella realtà del mondo in cui vive. Dunque per dirla con le parole di Giovanni
Paolo II, «tutto ciò che lo distingue, non è un di più di dignità, ma una speciale e complementare
abilitazione al servizio»47.

42
Mt 20,3-4.
43
S.RYLKO, La Christifideles laici, magna charta del laicato cattolico del nostro tempo, 4.
44
GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici, n.23.
45
Ibidem.
46
GIOVANNI PAOLO II, Omelia alla celebrazione conclusiva del Sinodo dei Vescovi, “Insegnamenti” X, 3,
1987, 959.
47
Ivi, 959-960.

10
Commento all’Esortazione Apostolica Christifideles laici in
Giovanni Paolo II

Vorrei terminare questa breve riflessione sulla teologia del laicato, alla luce
dell’esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici sulla vocazione e la missione
dei fedeli laici nella Chiesa e nel mondo, rifacendomi al significativo contributo di san
Giovanni Paolo II48, che non si limita a riproporre soltanto gli insegnamenti del Concilio in
modo pressoché completo, ma che li sviluppa, li interpreta autenticamente e li applica con
fedeltà, conferendo e trasmettendo alla Christifideles laici, una singolare importanza ed un
considerevole valore storico e dottrinale. Quest’ultimo aspetto, l’applicazione del Concilio
alle circostanze attuali, è stato reso in gran parte possibile, come abbiamo già accennato, dai
lavori del Sinodo dei Vescovi del 1987, che ha offerto al Pontefice, soprattutto attraverso le
propositiones conclusive, un abbondante materiale, frutto dell’esperienza maturata dai
Vescovi di tutto il mondo circa le necessità nuove e i problemi reali relativi alla vita dei laici
nelle più svariate circostanze dei nostri tempi. Questo spiega il carattere onnicomprensivo
della Christifideles laici che possiamo definire, come abbiamo già accennato, una vera e
propria magna carta della vocazione e della missione dei fedeli laici nella Chiesa e nel
mondo.
In una cultura intimorita e minacciata dalla tenaglia dell’individualismo da una parte e
dal collettivismo dall’altra, emerge infatti per Giovanni Paolo II in tutta la sua forza
liberatrice, la visione cristiana che annuncia e proclama il valore e la dignità della persona
umana, dell’uomo necessariamente aperto a Dio e agli altri, che trova sempre in Giovanni
Paolo II, uno strenuo sostenitore e difensore. Quando si parla poi dei fedeli all’interno della
Chiesa, questa preoccupazione per l’uomo «trova espressione nella sensibilità per la positiva
difesa dei diritti e il richiamo ai doveri di ogni singolo fedele, e quindi nell’attenzione a tutto
ciò che riguarda la vocazione e missione dei laici. Si potrebbe parlare qui di un’altra tenaglia,
non meno minacciosa, che cerca di togliere ogni respiro alla vita dei fedeli laici con le
ganasce del clericalismo e del laicismo»49.

Ebbene, possiamo dire che gli insegnamenti di Giovanni Paolo II nell’esortazione Apostolica Christifideles
laici riescono a spezzare queste due morse, e a sprigionare un enorme potenziale di energie latenti nella
Chiesa, che è presagio di una nuova fioritura di santità e di apostolato con conseguenze formidabili per la
stessa Chiesa e per il mondo.

48
Commento all’esortazione Apostolica «Christifideles laici», pubblicato in Giovanni Paolo II, l’uomo, il
Papa, il suo messaggio, Fabbri, Milano, 1992, suppl.3-12, 359.
49
Ivi, 360.

11
Tuttavia, secondo un’accezione comune, ancora presente sia nel linguaggio che in quello
teologico, il laico si caratterizza soprattutto per ciò che non è: non è un sacerdote né un
religioso, nel senso della non appartenenza ad alcun ordine religioso. Questo è vero, ma non
è sufficiente. Bisogna infatti offrire una definizione positiva che indichi anzitutto ciò che è
un laico, ed è questo che fa san Giovanni Paolo II. «Nel dare risposta all’interrogativo “Chi
sono i fedeli laici?”», egli scrive: «il Concilio, superando precedenti interpretazioni
prevalentemente negative, si è aperto ad una visione decisamente positiva e ha manifestato
il suo fondamentale intento nell’asserire la piena appartenenza dei fedeli laici alla Chiesa e
al suo mistero e il carattere peculiare della loro vocazione, che ha in modo speciale lo scopo
di “cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio” (Lumen
gentium, 31)50.

Nel dare risposta all'interrogativo «chi sono i fedeli laici», il Concilio, superando precedenti interpretazioni
prevalentemente negative, si è aperto ad una visione decisamente positiva e ha manifestato il suo
fondamentale intento nell'asserire la piena appartenenza dei fedeli laici alla Chiesa e al suo mistero e il
carattere peculiare della loro vocazione, che ha in modo speciale lo scopo di «cercare il Regno di Dio
trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio»(14). «Col nome di laici - così la Costituzione
Lumen gentium li descrive - si intendono qui tutti i fedeli ad esclusione dei membri dell'ordine sacro e dello
stato religioso sancito dalla Chiesa, i fedeli cioè, che, dopo essere stati incorporati a Cristo col Battesimo e
costituiti Popolo di Dio e, a loro modo, resi partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo,
per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano 51.

50
GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici, 9.
51
Ibidem.

12
Conclusioni

Il percorso proposto in questa breve riflessione, in merito alla teologia del laicato alla
luce dell’esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici sulla vocazione e la
missione dei laici nella Chiesa e nel mondo, ci porta a concludere intravvedendo almeno tre
tratti fondamentali dell’identità laicale.

1) La piena appartenenza dei fedeli laici alla Chiesa


Come i sacerdoti e i religiosi, i laici sono a pieno titolo dei fedeli cattolici perché sono
dei battezzati, con tutto ciò che questo comporta: in primo luogo, il fatto che «tutti nella
Chiesa, proprio perché ne sono membri, ricevono e quindi condividono la comune vocazione
alla santità. A pieno titolo, senz’alcuna differenza dagli altri membri della Chiesa, ad essa
sono chiamati i fedeli laici […]. La vocazione alla santità affonda le sue radici nel
Battesimo».52

Sull’universale vocazione alla santità ha avuto parole luminosissime il concilio Vaticano II. Si può dire che
proprio questa sia stata la consegna primaria affidata a tutti i figli e le figlie della Chiesa da un Concilio
voluto per il rinnovamento evangelico della vita cristiana. Questa consegna non è una semplice esortazione
morale, bensì un’insopprimibile esigenza del mistero della Chiesa: essa è la Vigna scelta, per mezzo della
quale i tralci vivono e crescono con la stessa linfa santa e santificante di Cristo; è il Corpo mistico, le cui
membra partecipano della stessa vita di santità del Capo che è Cristo; è la Sposa amata dal Signore Gesù,
che ha consegnato se stesso per santificarla (cf. Ef 5, 25 ss.). Lo Spirito che santificò la natura umana di
Gesù nel seno verginale di Maria (cf. Lc 1, 35) è lo stesso Spirito che è dimorante e operante nella Chiesa
al fine di comunicarle la santità del Figlio di Dio fatto uomo53.

Inoltre, e di conseguenza, altrettanto si deve affermare di ciò che riguarda la


partecipazione dei fedeli laici alla missione della Chiesa: «In forza della comune dignità
battesimale il fedele laico è corresponsabile, insieme con i ministri ordinati e con i religiosi
e le religiose, della missione della Chiesa»54.

52
Ivi, 16.
53
Ibidem.
54
Ivi, 15.

13
2) La specifica vocazione dei fedeli laici
Per dirla con le parole di san Giovanni Paolo II, «la comune dignità battesimale assume
nel fedele laico una modalità che lo distingue, senza però separarlo dal presbitero, dal
religioso e dalla religiosa. Il concilio Vaticano II ha indicato questa modalità nell’indole
secolare: “L’indole secolare è propria e peculiare dei laici”»55.

Certamente tutti i membri della Chiesa sono partecipi della sua dimensione secolare; ma lo sono in forme
diverse. In particolare la partecipazione dei fedeli laici ha una sua modalità di attuazione e di funzione che,
secondo il Concilio, è loro «propria e peculiare»: tale modalità viene designata con l'espressione «indole
secolare»56.

Esiste quindi nella Chiesa una vocazione laicale. Non si è laico per il fatto che non si ha
vocazione al sacerdozio ministeriale o allo stato religioso, ma perchè si è ricevuta una
chiamata di Dio a cercare la santità in un modo specifico. Concretamente, i fedeli laici «sono
persone che vivono la vita normale nel mondo, studiano, lavorano, stabiliscono rapporti
amicali, sociali, professionali, culturali, etc. […] Il “mondo” diventa così l’ambito e il mezzo
della vocazione cristiana dei fedeli laici […]. Non sono chiamati ad abbandonare la
posizione ch’essi hanno nel mondo. Il Battesimo non li toglie affatto dal mondo […] ma
affida loro una vocazione che riguarda proprio la situazione intramondana […]. Così l’essere
e l’agire nel mondo sono per i fedeli laici una realtà non solo antropologica e sociologica,
ma anche specificamente teologica ed ecclesiale».57

Il Concilio considera la loro condizione non semplicemente come un dato esteriore e ambientale, bensì
come una realtà destinata a trovare in Gesù Cristo la pienezza del suo significato. Anzi afferma che «lo
stesso Verbo incarnato volle essere partecipe della convivenza umana [...]. Santificò le relazioni umane,
innanzitutto quelle familiari, dalle quali traggono origine i rapporti sociali, volontariamente
sottomettendosi alle leggi della sua patria. Volle condurre la vita di un lavoratore del suo tempo e della sua
regione […]. Proprio in questa prospettiva i Padri sinodali hanno detto: «L’indole secolare del fedele laico
non è quindi da definirsi soltanto in senso sociologico, ma soprattutto in senso teologico. La caratteristica
secolare va intesa alla luce dell’atto creativo e redentivo di Dio, che ha affidato il mondo agli uomini e alle
donne, perché essi partecipino all’opera della creazione, liberino la creazione stessa dall’influsso del
peccato e santifichino se stessi nel matrimonio o nella vita celibe, nella famiglia, nella professione e nelle
varie attività sociali».58

55
GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici, 15.
56
Ibidem.
57
Ibidem.
58
Ibidem.

14
3) La missione specifica dei fedeli laici
Con parole del Concilio riprese da san Giovanni Paolo II nella Christifideles laici, i fedeli
laici sono da Dio chiamati a contribuire, quasi dall’interno a modo di fermento, «alla
santificazione del mondo mediante l’esercizio della loro funzione propria e sotto la guida
dello spirito evangelico, e in questo modo a rendere visibile Cristo agli altri, principalmente
con la testimonianza della loro vita e con il fulgore della fede, della speranza e della carità».59

L’apostolato dei laici è quindi partecipazione alla missione salvifica stessa della Chiesa; a questo apostolato
sono tutti destinati dal Signore stesso per mezzo del battesimo e della confermazione. Dai sacramenti poi,
e specialmente dalla sacra eucaristia, viene comunicata e alimentata quella carità verso Dio e gli uomini
che è l’anima di tutto l'apostolato. Ma i laici sono soprattutto chiamati a rendere presente e operosa la
Chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze, in cui essa non può diventare sale della terra se non per loro
mezzo. Così ogni laico, in virtù dei doni che gli sono stati fatti, è testimonio e insieme vivo strumento della
stessa missione della Chiesa «secondo la misura del dono del Cristo» (Ef 4,7) 60.

Per avere un’idea precisa della portata di questa missione si legga con attenzione il terzo
capitolo dell’Esortazione apostolica Christifideles laici. Ai fedeli laici viene infatti affidato
il compito di informare l’intera società umana con la dottrina e l’esempio di Cristo.

I fedeli laici, proprio perché membri della Chiesa, hanno la vocazione e la missione di essere annunciatori
del Vangelo: per quest’opera sono abilitati e impegnati dai sacramenti dell’iniziazione cristiana e dai doni
dello Spirito Santo […]. Ora i fedeli laici, in forza della loro partecipazione all’ufficio profetico di Cristo,
sono pienamente coinvolti in questo compito della Chiesa. Ad essi tocca, in particolare, testimoniare come
la fede cristiana costituisca l’unica risposta pienamente valida, più o meno coscientemente da tutti percepita
e invocata, dei problemi e delle speranze che la vita pone ad ogni uomo e ad ogni società. Ciò sarà possibile
se i fedeli laici sapranno superare in se stessi la frattura tra il Vangelo e la vita, ricomponendo nella loro
quotidiana attività in famiglia, sul lavoro e nella società, l’unità d'una vita che nel Vangelo trova ispirazione
e forza per realizzarsi in pienezza. […] Spalancare le porte a Cristo, accoglierlo nello spazio della propria
umanità non è affatto una minaccia per l'uomo, bensì è l’unica strada da percorrere se si vuole riconoscere
l'uomo nell’intera sua verità ed esaltarlo nei suoi valori. Sarà la sintesi vitale che i fedeli laici sapranno
operare tra il Vangelo e i doveri quotidiani della vita la più splendida e convincente testimonianza che, non
la paura, ma la ricerca e l’adesione a Cristo sono il fattore determinante perché l’uomo viva e cresca, e
perché si costituiscano nuovi modi di vivere più conformi alla dignità umana. […] Questa nuova
evangelizzazione, rivolta non solo alle singole persone ma anche ad intere fasce di popolazioni nelle loro
varie situazioni, ambienti e culture, è destinata alla formazione di comunità ecclesiali mature, nelle quali
cioè la fede sprigioni e realizzi tutto il suo originario significato di adesione alla persona di Cristo e al suo
Vangelo, di incontro e di comunione sacramentale con Lui, di esistenza vissuta nella carità e nel servizio.
I fedeli laici hanno la loro parte da compiere nella formazione di simili comunità ecclesiali, non solo con
una partecipazione attiva e responsabile nella vita comunitaria, e pertanto con la loro insostituibile
testimonianza, ma anche con lo slancio e l’azione missionaria verso quanti ancora non credono o non
vivono più la fede ricevuta con il Battesimo 61.

59
PAOLO VI, concilio Vaticano II, Cost. Lumen Gentium, 31.
60
PAOLO VI, concilio Vaticano II, Cost. Lumen Gentium, 33.
61
GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici, 33,34.

15
Tuttavia, si badi bene, i fedeli laici sono chiamati a realizzare tutto questo all’interno
della società civile, attraverso la loro esistenza normale nel mondo, il lavoro professionale e
le ordinarie condizioni di vita familiare e sociale «di cui la loro esistenza è come intessuta»62.
I fedeli laici dunque, sono chiamati da Dio a contribuire in forza della loro partecipazione
all’ufficio profetico di Cristo e soprattutto a testimoniare come la fede cristiana costituisca
l’unica risposta pienamente valida, più o meno coscientemente da tutti percepita e invocata,
dei problemi e delle speranze che la vita pone ad ogni uomo e ad ogni società. «Ciò sarà
possibile se i fedeli laici sapranno superare in sé stessi la frattura tra il Vangelo e la vita,
ricomponendo nella loro quotidiana attività in famiglia, sul lavoro e nella società, l’unità di
una vita che nel Vangelo trova ispirazione e forza per realizzarsi in pienezza»63.
I fedeli laici hanno inoltre per la Christifideles laici, la loro parte da compiere nella
formazione di «comunità ecclesiali, non solo con una partecipazione attiva e responsabile
nella vita comunitaria, e pertanto con la loro insostituibile testimonianza, ma anche con lo
slancio e l’azione missionaria verso quanti ancora non credono o non vivono più la fede
ricevuta con il Battesimo»64.
Ai fedeli laici quindi, spetta particolarmente di illuminare e di ordinare tutte le cose
temporali, alle quali essi sono strettamente legati, in modo che siano fatte e crescano
costantemente secondo il Cristo, e siano di lode al Creatore e Redentore.
In conclusione, questi tratti salienti dell’Esortazione apostolica Christifideles laici,
rilevati in questo nostro breve elaborato fra i tanti che meriterebbero un’attenta meditazione,
possono servire da stimolo e da invito per intraprendere una rinnovata lettura integrale del
documento, allo scopo di poter mettere poi maggiormente in pratica i suoi insegnamenti,
anche e soprattutto alla luce della cd.«nuova evangelizzazione».
Nuova evangelizzazione, che unitamente alla vocazione e alla missione dei fedeli laici
nella Chiesa e nel mondo, così come ben delineato ed esplicitato nell’Esortazione apostolica
Christifideles laici di Giovanni Paolo II, possa schiudere un orizzonte immenso di speranza
per la Chiesa e per il mondo, all’alba di questo terzo millennio della cristianità.

62
PAOLO VI, concilio Vaticano II, Cost. Lumen Gentium, 31.
63
GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici, 34.
64
Ibidem.

16
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