Sei sulla pagina 1di 18

Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna

ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE


“Alberto Marvelli”

Il recupero del complesso


di San Domenico a Forlì

Esercitazione scritta in Metodologia per la Valorizzazione


dei Beni Culturali ed Ecclesiastici

Master Universitario di I livello in


Valorizzazione dell’Arte sacra e del Turismo religioso

Studente Docente
Loris Dott. Derni
matricola n.11029 Prof. Jonny Farabegoli

Anno Accademico 2016-2017


Il Complesso di San Domenico a Forlì

Breve presentazione
I musei di San Domenico sono situati a Forlì, all’interno di un complesso
ristrutturato, dove un tempo si trovava il convento dei domenicani, risalente
al XIII secolo1.

All’interno del complesso, possiamo trovare il refettorio del convento, con


affreschi cinquecenteschi attribuiti a Girolamo Ugolini.

1
https://it.wikipedia.org/wiki/Musei_di_San_Domenico
2
Il complesso è formato da cinque edifici: Palazzo Pasquali, la Chiesa di
San Giacomo Apostolo, il Convento dei Domenicani, il Convento degli
Agostiniani e la Sala Santa Caterina. Al suo interno è ospitata la Pinacoteca
Civica di Forlì ed il Complesso di San Domenico, esso è inoltre sede di
esposizioni temporanee.

La superficie della sola Chiesa di San Giacomo Apostolo, è di oltre 1400


mq, mentre la superficie del convento è di oltre 5.900 mq.

La chiesa originaria del XIIIsec., era più piccola dell’esistente e la fase


successiva di ampliamento rinascimentale, ha prolungato l’aula con il graduale
avanzamento della facciata e l’aggiunta di cappelle, sino ad arrivare alla
situazione attuale che riflette la ristrutturazione completata nel 1704. Durante
il periodo napoleonico, la chiesa venne espropriata per usi militari e quindi
acquisita definitivamente dallo Stato, nel 1866-67.

3
Da quel momento iniziò un fenomeno di declino e di degrado dell’intero
complesso, che culminò nel 1978, con il crollo di una parte della copertura e
della facciata meridionale.

Ottimo esempio di ristrutturazione e di nuova destinazione d’uso, è


dunque l’attuale funzione dell’intero complesso ristrutturato, che è
rispettivamente quello della Pinacoteca e dei Musei Civici all’interno dell’ex
Convento. Di spazio assembleare multifunzionale, invece, all’interno della
Chiesa di San Giacomo, che mantiene la biblioteca civica nel Palazzo della
Merenda, in collegamento con il Campus Universitario.

4
Tra le opere più famose contenute nella Pinacoteca, vi sono
l’Annunciazione di Marco Palmezzano (a sinistra) e dal 2009, l’Ebe di Canova
(a destra).

La riqualificazione del Complesso Monumentale di San Domenico, come


vedremo meglio nel prossimo paragrafo, comprende dunque Palazzo Pasquali,
la Chiesa di San Giacomo Apostolo, il Convento dei Domenicani, il Convento
degli Agostiniani e la Sala Caterina.

5
Il recupero del complesso di San Domenico
Il complesso dei Musei di San Domenico, è attualmente composto dalla
chiesa, ora parzialmente sprovvista del tetto e della facciata meridionale, da un
primo chiostro ad essa limitrofa totalmente chiuso e da un secondo chiostro,
aperto su un lato. La chiesa originaria databile al XIII sec., era più piccola
dell’attuale ed in una fase consecutiva di ampliamento rinascimentale, allungò
l’aula con il graduale avanzamento della facciata e l’aggiunta di cappelle, fino
a giungere alla situazione odierna, che riflette il rifacimento completato nel
1704.
Come già accennato precedentemente, nel periodo napoleonico la chiesa
venne espropriata per usi militari, e definitivamente acquisita al patrimonio
dello Stato, nel periodo compreso tra il 1866-67. Da quel momento cominciò
il fenomeno di incuria ed abbandono, che terminò nel 1978 con il crollo di una
parte della copertura e della facciata meridionale.
Iniziò allora il recupero dell’intero complesso monumentale, tentando al
contempo non solo di integrarlo con un adeguato programma di
riqualificazione del centro storico della città di Forlì, ma costituendo un vero
e proprio «progetto guida», rispetto alle strategie di restauro diffuso e di
riorganizzazione del sistema museale dell’intera città forlivese.
La funzione che venne assegnata al complesso monumentale, fu appunto
quella rispettivamente di sede della Pinacoteca e dei Musei Civici all’interno
del precedente convento, e di spazio assembleare multifunzionale all’interno
della chiesa di San Giacomo.
Il primo problema progettuale che venne riscontrato, fu quello della grande
lacuna della chiesa. A livello di progetto preliminare, si affermò dunque
un’idea di ripristino della facciata rispettivamente all’interno ed all’esterno,
senza nessuna aggiunta ornamentale, con la mera riproposizione delle pure
masse murarie.
Si riedificò, al di sopra della chiesa e della volta, il rivestimento in legno
originario. Non venne fatto lo stesso, invece, per quanto riguarda la volta
crollata, che viene soltanto accennata nello spazio, mediante l’inserzione di
centine lignee. Altre importanti lacune, sono rappresentate dalla mancanza di
uno dei corpi di fabbrica del convento, oggetto di prossimo rifacimento.
La determinazione funzionale e distributiva dell’intera architettura, si
fonde tuttavia con le matrici urbane, esistenti o di progetto.
Ad esempio, uno degli accessi esterni della struttura, proviene da un
percorso pedonale che si origina dalla Via Caterina Sforza, attraversa il
complesso, ed esce sul sagrato della chiesa.

6
L’auditorium, invece, non concepito come un semplice spazio teatrale, è
stato progettato come un unico volume assembleare attrezzato, che permette
di rispettare la tipologia originaria della chiesa.

Tranne il primo stralcio, peraltro di modesta entità, l’intera opera di


restauro del convento è stata realizzata interamente mediante accordi di
programma, che hanno visto rispettivamente il coinvolgimento del Ministero
per i Beni e le Attività Culturali, la Regione Emilia-Romagna ed il Comune di
Forlì.
Per quanto riguarda il convento, invece, la stazione appaltante è stata la
Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Ravenna,
mentre per quanto riguarda la Chiesa, il cui grande cantiere di restauro è stato
avviato nel gennaio 2007, l’opera è stata appaltata dal Comune di Forlì.
L’allestimento, invece, è stato realizzato con il contributo della Fondazione
Cassa dei Risparmi di Forlì.

7
L'intervento archeologico
L’indagine archeologica, propagata a tutto il complesso di San Domenico
e diretta dalla Soprintendenza Archeologica dell’Emilia Romagna, ha
consentito di identificare la primitiva chiesa, databile al XIII secolo. Essa, si
trattava di una struttura di circa 36 metri di lunghezza, dotata di abside
semicircolare lesenata, al cui fianco sorgeva il campanile.
Lo spazio interno dell’antico edificio, era a tre navate scandite da una serie
di pilastri. Un angusto porticato, era invece costruito a poca distanza dal fianco
meridionale della chiesa, lungo i cui muri perimetrali sono venute alla luce
anche alcune antiche sepolture, alla «cappuccina».
Tra il XV e l’inizio del XVI secolo si assistette ad un ampliamento del
complesso con un allungamento della chiesa (m 57,50 x 17) che venne
trasformata a navata unica. In seguito, vennero innalzate una serie di cappelle,
che ospitarono tombe a camera di differenti dimensioni, talora per sepolture
plurime. Nella superficie absidale, adiacente al campanile, venne innalzata la
sagrestia, a fianco della quale vennero eretti il primo chiostro e l’ala orientale
del secondo chiostro, portato successivamente a termine, in tempi successivi.
Ulteriori recenti ricerche in quest’ultima zona, hanno permesso di scoprire
alcune strutture artigianali connesse alla vita quotidiana, all’interno del
convento medesimo.
Nel XVIII secolo, la chiesa subì un ulteriore ingrandimento raggiungendo
le dimensioni attuali di metri 68 x 22,80: l’asse venne spostato verso nord,
l’abside ampliata ed allungata, vennero altresì spostati i muri perimetrali
dell’unica navata e gli allineamenti delle arcate delle cappelle, infine la
facciata fu arretrata rispetto alla precedente in ragione delle nuove proporzioni.
Furono trasformate anche le volumetrie delle cappelle e venne innalzata
una vasta piattaforma per accogliere l’altare maggiore. All’interno della
chiesa, vennero inoltre realizzate molteplici tombe a camera, di elevate
dimensioni, talune con gradinata d’accesso.
I materiali archeologici recuperati con l’indagine, hanno consentito di
delineare la vita nel convento, durante quattro secoli: si tratta soprattutto di
ceramiche e vetri utilizzati per la mensa e per la cucina.
Le numerosissime medagliette devozionali che accompagnavano i defunti,
hanno inoltre delineato alcuni aspetti della religiosità forlivese, finora inedita,
ancora oggetto di studio.
Infine l’analisi dei resti scheletrici e degli oggetti di corredo provenienti
dalle numerose sepolture, ci ha permesso di determinare le caratteristiche e le
principali patologie, di cui soffrivano le persone sepolte nella chiesa.

8
Gli affreschi del refettorio
Il bellissimo ornamento pittorico del refettorio, individuato nel corso delle
prime esplorazioni effettuate nel 1996, è ad oggi integralmente restaurato.
Sulla parete nord-est è collocato un affresco ripartito in tre scene, da elementi
architettonici.

La scena centrale degli affreschi, ci illustrala la Crocifissione alla presenza


della Madonna, di Maria Maddalena, di San Giovanni Evangelista e del
committente.

9
Le due scene laterali, invece, ci narrano due episodi particolarmente
significativi della vita di San Domenico: a sinistra, troviamo l’apparizione dei
santi Pietro e Paolo che consegnano a San Domenico il bastone e il libro dei
Vangeli, mentre egli vede i suoi confratelli che vanno ad evangelizzare il
mondo.

Sulla destra, San Domenico resuscita invece il giovane Napoleone Orsini,


caduto da cavallo.

Un documento del 1520, ne attribuisce l’esecuzione a Girolamo Ugolini,


figlio di Marco Antonio Argentiere.

10
Sulla parete sud-ovest, invece, è stato riportato alla luce un altro dipinto
murale, che si mostrava rivestito da diversi strati d’intonaco.
Un’architettura tripartita, inoltre, fa da sfondo ad un fatto miracoloso della
vita di San Domenico: il miracolo dei pani, tema preferito dai Domenicani per
decorare ed abbellire i loro refettori, in alternativa al tema raffigurante
l’Ultima Cena.
L’eterogenea tavolozza, la propensione per i toni vivaci e cangianti, oltre
che alle scelte iconografiche ed alle soluzioni adottate, ci testimoniano la
cultura artistica policentrica tipica del territorio forlivese, che nel ‘500 ruotava
fra «arcaismi neo-quattrocenteschi ed innovazioni desunte dalla grande
maniera consolidata a Roma da Michelangelo e Raffaello».2

2
http://www.cultura.comune.forli.fc.it/servizi/menu/dinamica.aspx?idArea=17262&idCat=16347&
ID=16347&TipoElemento=categoria
11
Il Museo Archeologico
Un lungo ed ampio corridoio dell’ ala sud del primo chiostro, conduce alle
scale che portano alla Pinacoteca, e su di esso si aprono le prime sale destinate
al Museo Archeologico.
Il Museo, attualmente occupa gli ambienti che si affacciano sugli ampi
corridoi al piano terra del complesso ed i fabbricati di servizio recuperati o
ripristinati, che vengono a costituire quasi un terzo chiostro e coprono un arco
cronologico molto ampio, che spazia dagli 800.000 anni del sito di Ca’
Belvedere di Montepoggiolo, agli inizi del XVI secolo, quando con la
selciatura dei borghi nel 1502, si definisce la «forma urbis».

I criteri espositivi del Museo Archeologico, pur restando legati alla


distribuzione topografica dei ritrovamenti e mantenendo l’unità dei contesti,
segue il criterio espositivo cronologico.
Le linee guida di tali esposizioni, sono le trasformazioni dell’ambiente per
cause naturali: dal mare padano alla pianura; oppure umane, come ad esempio
la centuriazione e la tecnologia antica, l’industria litica, la fusione dei metalli,
la foggiatura della ceramica.

12
La pinacoteca di Forlì

La Pinacoteca civica di Forlì, venne istituita nel 1838, per dare dignità
istituzionale ed organicità, all’insieme di opere rimaste al Comune dopo le
soppressioni napoleoniche, oppure alle opere giunte in seguito al rifacimento
di edifici pubblici e ad importanti donazioni, rispettivamente da parte di
antiche famiglie nobili forlivesi e da parte di privati.

Dalla sede originaria nel Palazzo della Missione, nel 1922, la Pinacoteca
venne dislocata negli ampi saloni al primo piano del palazzo progettato nel
1720 da Giuseppe Merenda, come sede dell’Ospedale della Casa di Dio per gli
Infermi.

Dopo il cambio di destinazione d’uso nel 1996 del complesso conventuale


di San Giacomo Apostolo in San Domenico, divenuto sede della Pinacoteca e
dei Musei civici, con la realizzazione dei progetti di restauro conservativo e di
allestimento dello stesso, vennero trasferite dal Palazzo del Merenda, alla sede
attuale, le opere che coprono un arco temporale compreso tra il XII ed il XVIII
secolo.

Il progetto espositivo tiene conto, compatibilmente con la ripartizione


degli spazi utilizzabili, della sequenza cronologica, superando ogni
segmentazione per generi, ed associando coerentemente ai dipinti su tavola e
su tela, i dipinti ad affresco, le sculture e gli arazzi.

13
Itinerario espositivo

L’itinerario espositivo, contempla di visitare prima l’ala di destra, con le


sale che espongono le opere più antiche della Pinacoteca: dal Trittico con
Storie della Vergine e Santi del cd. «Maestro di Forlì», al Corteo dei Magi del
misterioso «Augustinus», all’affresco col Pestapepe, alle tavole del Beato
Angelico e di Lorenzo di Credi, al monumento sepolcrale del Beato Marcolino
di Antonio Rossellino, alla grande Crocefissione di Marco Palmezzano.

Il percorso prosegue poi nell’ala di sinistra, con le opere di Marco


Palmezzano, Baldassarre Carrari, Nicolò Rondinelli, Francesco Zaganelli, la
pittura del cinquecento romagnolo e di ambiti culturali contigui, fino al
manierismo di Francesco Menzocchi, Livio Agresti e Livio Modigliani.

14
Le rimanenti sale e la galleria, esibiscono in costante dialogo, una ricca
documentazione di opere del tardo manierismo e del primo Seicento emiliano
e romagnolo.

L’ultima sala, invece, ci regala l’esposizione della «Fiasca con fiori», una
delle nature morte più significative nel panorama italiano del Seicento, ascritta
ora al catalogo di Tommaso Salini, ed i dipinti di Carlo Magini e di Nicola
Bertuzzi, già nel pieno secolo successivo.

Inoltre vi si trovano allocate, la quadreria Piancastelli, punto di raccordo e


di richiamo fra le diverse scuole regionali e quella pittorica locale, i quadroni
seicenteschi ed i marmi neoclassici.

La sala ovale, infine, ospita l’Ebe, celebre opera dello scultore Antonio
Canova, massimo esponente del neoclassicismo3.

3
FABBRI M.P., Antonio Canova, Società Editrice “Ponte Vecchio”, Cesena, 2009

15
La chiesa di San Giacomo Apostolo
Come abbiamo già anticipato, la chiesa di san Giacomo Apostolo, fa parte
del complesso conventuale fondato dall’Ordine dei Domenicani a Forlì, nella
prima metà del XIII secolo4.

I reperti recuperati, sono attualmente visibili attraverso le vetrate a


pavimento, che ne documentano le fasi evolutive.

Come già ricordato, l’insediamento originario, era composto da una chiesa


piccola e semplice, con aula a tre navate e tre campate, oltre a due cappelle
absidali con adiacente il convento, sul lato meridionale. Il campanile, invece,
è sempre stato nella posizione attuale, come comprovato da alcuni elementi
architettonici gotici.

Dopo la morte del beato Salomoni, venne aggiunta l’omonima cappella,


posta in prossimità alla facciata nord dell’aula. Tra il XIII e il XV secolo,
l’aula venne ampliata e rinnovata, con l’aggiunta di quattro campate.

L’originario spazio tripartito, venne dunque trasformato in un’unica


grande navata, indicativa del crescente ruolo dei domenicani e più funzionale
alla predicazione degli stessi.

In epoca rinascimentale e barocca, invece, la chiesa venne interessata da


rilevanti opere di abbellimento, decorazioni ed arredi, che trasformano
l’aspetto interno, pur senza alterarne la struttura.

4
http://www.cultura.comune.forli.fc.it/servizi/menu/dinamica.aspx?ID=23517
16
Risale a questo periodo, la ricca decorazione della cappella Albicini.

Agli inizi del XVIII secolo, prese il via il cantiere della grande
ristrutturazione, secondo una impostazione neoclassica, determinante ed
assolutamente moderna, di ampio respiro e proiettata nel futuro. L’aula venne
ampliata in larghezza, venne arretrata la facciata, vennero rese omogenee le
cappelle laterali, e ricostruito un abside più ampio e monumentale.

Gli allestimenti decorativi a stucco, di considerevole qualità e dimensione,


furono affidati al luganese Antonio Martinetti, mente lo stato attuale, è in
gran parte l’esito dell’intervento settecentesco.

In età napoleonica, la chiesa rimase aperta al culto e fondamentalmente


conservata.

Con la restaurazione, rientrano i domenicani, tuttavia nel 1867, con la


definitiva soppressione da parte dello Stato Italiano, la chiesa venne chiusa,
depredata e convertita in maneggio militare.

Iniziò dunque per la chiesa, una fase di progressivo degrado, che culminò
con l’abbandono ed il conseguente crollo nel 1978, di parte del rivestimento
e della facciata meridionale.

Infine, a partire dagli anni ‘90, come abbiamo visto, il Comune di Forlì
intraprese il processo di progressivo recupero, che portò al completo restauro
della struttura, ottimo e munifico esempio di ristrutturazione e di nuova
destinazione d’uso, dell’intero complesso di San Domenico.

17
Bibliografia consultata

Monografie

BALZANI R., La Romagna. Storia di un’identità, Il Mulino, Bologna


2012.

COBELLI L., Cronache forlivesi, Book digitized by Google from the


library of Columbia University, Bologna 1874.

FABBRI M.P., Antonio Canova, Società Editrice “Ponte Vecchio”,


Cesena, 2009.

GHETTI P., MEZZOMONACO V., Le trenta chiese cittadine, Edizioni


SPI-CGIL, Forlì, 2005.

MAZZATINTI G., Forolivienses, ab origine urbis ad annum 1473,


RRIISS t.XXII, parte II, Città di Castello 1903-1909.

MEZZOMONACO V., Forlì. La storia, la cultura, i monumenti, Campo


grafico, Imola, 2003.

MISSIRINI G., Guida raccontata di Forlì, Forlì, 1971; ultima ristampa


Ed., La Mandragora, Imola, 2013.

TAPPARI E., VERSARI G., CAVALIERI W., CHICCO R., MERONI


D., MONTI L., Forlì – Editoriale Ambrosiana – Milano 1984.

TRAMONTI U., e Prati L., La città progettata, Casma, Bologna, 1999.

VARNI A., Storia di Forlì, vol 4. L’Età Contemporanea, Cassa dei


Risparmi di Forlì, Nuova Alfa Editoriale, Bologna, 1992.

VIROLI G., Chiese di Forlì, Cassa dei Risparmi di Forlì, Forlì, 1995.

Siti internet

http://www.cultura.comune.forli.fc.it/servizi/menu/dinamica.aspx?idArea
=17262&idCat=16347&ID=16347&TipoElemento=categoria
http://www.fondazionecariforli.it/it/mostre_musei_san_domenico1/
http://www.forlitoday.it/eventi/location/musei-san-domenico/
http://www.turismoforlivese.it/servizi/menu/dinamica.aspx?ID=27609
https://it.wikipedia.org/wiki/Musei_di_San_Domenico

18

Potrebbero piacerti anche