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Diritto

il diritto è un insieme di regole che rimandano ad un ordinamento giuridico che da ordine e coerenza al dritto stesso.
L'ordinamento giuridico è unico ma prende vita da varie fonti che variano da un livello interno, privato fino alle massime
organizzazioni statali, le fonti si organizzano orizzontalmente.
Le norme si ricavano da 2 elementi:
il testo scritto→ l'enunciato della regola
l'interpretazione del testo→ è sempre presente e necessaria e viene effettuata dal giudice che in alcuni casi può sbagliare (in
buona o cattiva fede). Interpretare può voler dire adeguare il testo ma non manipolarlo ed essa deve sempre riferirsi alle
fonti e alla loro gerarchia art. 12 “(1) Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese
dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore. (2) Se una
controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o
materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell'ordinamento giuridico dello
Stato”. Si preferisce solitamente un'interpretazione letterale che però ha dei limiti legati all'evoluzione del linguaggio, i
criteri da seguire sono: quello dell'interpretazione finalistica (privilegia gli obiettivi) e assiologica (privilegia i valori
contenuti nella costituzione).
Il secondo comma parla di analogia, vi sono 2 meccanismi, analogia legis (si applica per identità di ratio ad una norma
simile con finalità uguali) e analogia iuris (si ricorre ai principi generali dell'ordinamento giuridico ovvero valori
costituzionali fonti straordinarie e principi imprescindibili).
Nel caso esista una lacuna nella legge il principio da seguire è la sussunzione ovvero un meccanismo logico ai fini
dell'interpretazione letterale in cui si riconduce una fattispecie concreta a delle regole.
Fonti:
una delle prime è il codice civile (realizzato nel 1942 durante il regime e nel tempo modificato) esso è stratificato a causa
della sua complessità, è introdotto dalle preleggi. L'art. 1 di queste elenca le fonti:
art. 1 “sono fonti del diritto 1) le leggi 2) i regolamenti 3) le norme 4) gli usi” questa divisione è ormai del tutto superata, al
vertice della piramide le leggi sono state sostituite dalla costituzione italiana, in fondo invece gli usi hanno acquisito un
ambito marginale poiché le leggi sono solitamente scritte mentre gli usi si dividono in prassi e opinio iuris.
Con l'entrata in vigore della costituzione nel 1948 le fonti del diritto devono integrarsi ad essa.
Costituzione 1948→ è rigida non può essere modificata, per rimuovere le norme considerate incostituzionali
↓ esiste un organo: la corte costituzionale.
fonti europee 1957→ si rifanno all'unione economica monetaria e l'attuazione di politiche comuni con lo
scopo di attuare una politica sostenibile, essa però cede se in contrasto con la costituzione.
↓ Il trattato sull'UE ha ampliato le competenze dell'UE. Esistono anche regolamenti e
direttive e hanno portata generale in ogni paese membro e prevalgono sulle leggi
ordinarie interne, l'integrazione ha prodotto la nascita di un sistema italo-europeo.
fonti primarie (leggi ordinarie) 1970→ il governo ha potere di normazione sia per le fonti primarie sia
↓ secondarie, questa è rappresentata dal codice civile, dalle leggi regionali
fonti secondarie (regolamenti)→

fonti terziarie (consuetudini)→ è una fonte-fatto e risulta da un comportamento costante e del quale si riconosce la
doverosità ma è inammissibile una consuetudine che vada contro la legge e deve rispondere ai principi fondamentali.
Le fonti internazionali si dividono in consuetudini internazionali (sono a volte superiori alle fonti primarie) e norme
internazionali pattizie. Il sistema che protegge i diritti umani garantito dall'UE è la convenzione europea per la salvaguardia
dei diritti dell'uomo o C.E.D.U. Firmata a Roma nel 1950 (art. 10).
esistono infine le fonti extra ordinem ovvero generalmente la disciplina che riguarda i contratti.
La gerarchia delle fonti indica la forza attiva e passiva della fonte in cui il livello inferiore si piega a quello superiore, a
questa si affianca una gerarchia orizzontale tra poteri privati e pubblici, in alcuni casi il privato può prevalere sul pubblico
in base all'art. 5 che afferma l'autonomia dei privati.
“La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il
più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia
e del decentramento”.
La distinzione tra diritto pubblico e privato è teoricamente chiara ma concretamente molto più complessa, il diritto pubblico
è un sistema di regole che disciplina i rapporti tra stato e cittadino e tra le istituzioni dello stato, e nasce con il passaggio del
cittadino da suddito a titolare di diritti, mentre il diritto privato (o civile) vede lo stato porsi sullo stesso piano del cittadino
secondo una regola comune.
Per identificare le fonti del diritto esiste un criterio formale e uno sostanziale (le norme sono generali [il comando della
norma non si rivolge al singolo ma alla collettività] e astratte [ perché si ripropone ogni volta che si ripresenta uno stato di
fatto specifico]), vi sono però norme individuali o applicabili ad una sola persona o una sola volta che rendono insostenibile
questa definizione.
Rapporto giuridico:
è una relazione tra situazioni giuridiche tra attivo e passivo, secondo alcuni la relazione non p tra situazioni ma tra
soggetti poiché ci sono delle situazioni in cui il soggetto è sia titolare della situazione attiva sia di quella passiva (es:
accettazione dell'eredità con beneficio di inventario).
Situazioni giuridiche soggettive (attive e passive):
La relazione tra due situazioni soggettive si definisce rapporto giuridico, la situazione del soggetto rispetto alla norma può
essere di potere (attiva) o di dovere (passiva “dovere di astensione dal recare danno ad altri”). In un rapporto giuridico, vi è
un soggetto attivo titolare di una posizione di vantaggio che può essere un diritto soggettivo, diritto potestativo o interesse
legittimo, e quello passivo titolare di una situazione soggettiva passiva come ad esempio un obbligo, dovere, onere,
soggezione. Le posizioni che un soggetto assume all'interno di un rapporto giuridico sono le situazioni giuridiche
soggettive.
Quando ad un soggetto qualificato è attribuito un potere che deve esercitare non per il suo soddisfacimento ma per
soddisfare interessi altrui egli diventa potestà (es: genitori e figli minorenni).
Il concetto di “onere” invece indica la necessità di tenere un comportamento specifico che soddisfi il bisogno di un soggetto
onerato.
Le situazioni possono riguardare diritti assoluti (responsabilità civile o aquiliana da fatto illecito) o relativi (responsabilità
da inadempimento o contrattuale).
Il rapporto tra soggetto e situazione si chiama titolarità: un soggetto è titolare di un diritto, essa può essere attuale o
potenziale, occasionale o istituzionale.
Il nostro ordinamento non dà una definizione delle posizioni o situazioni giuridiche soggettive, la cui nozione è da
rinvenirsi nella teoria generale, che le struttura in attive (poteri, facoltà, qualifiche, pretese, interessi e aspettative) o
passive (doveri, obblighi, soggezioni e oneri) le prime concesse ad un soggetto, le seconde gravanti su un soggetto.
I diritti soggettivi si possono classificare in:
diritti assoluti o relativi, diritti patrimoniali e non patrimoniali, diritti trasmissibili o intrasmissibili, diritti reali e reali di
godimento o diritti di obbligazione/di credito.
Persone fisiche vs giuridiche:
Essere una personalità significa essere soggetto di attitudine e diventare titolare di situazioni giuridiche sia attive sia
passive. I soggetti aventi diritti possono avere capacità giuridica o no ad esempio i neonati non ce l'hanno, sono comunque
possessori di diritti fondamentali come quelli della persona, la capacità giuridica si acquista con la nascita e termina con la
morte in cui alcuni diritti si trasferiscono a terzi mentre alcuni diritti come quelli di autoregolazione si acquisiscono con la
maggiore età. Lo status definisce la distinzione giuridica tra le persone e non ammette compromessi poiché i diritti
fondamentali sono inalienabili e inviolabili. Il mancato esercizio della situazione soggettiva ne prevede la decadenza mentre
l'uso difforme dalla norma è abuso, abuso si ha quando nell'esercizio del diritto si lede un diritto altrui.
Persone fisiche Vs Persone giuridiche (enti)
Il soggetto con diritti riconosciuto nella sua individualità, Si riferisce generalmente agli enti e non possono essere
secondo la teoria organica è composto da un organismo per questo poste sullo stesso piano delle persone fisiche.
psicofisico e la nascita che porta un riconoscimento Può essere richiesta per scopi generali o interessi esterni,
giuridico, invece secondo la teoria atomistica il soggetto per società associazioni, consorzi ecc...
di compone di una serie di comportamenti quante sono le per averla occorre poter disporre di un patrimonio e che
norme che li prevedono. La personalità giuridica esiste questo sia staccato dal patrimonio di un persona fisica,
anche prima della nascita o quando non vi è capacità esso infine deve essere destinato allo scopo dell'ente se
giuridica. Questa si acquisisce con la nascita e si perde in vita.
con la morte ma ci sono alcuni casi particolari come la Gli enti possono distinguersi tra privati e pubblici, a loro
scomparsa (c'è la possibilità di nominare un curatore per volta quelli privati possono distinguersi tra enti con
lo scomparso) o l'assenza (dopo 2 anni dall'ultima notizia finalità lucrative, miste o ideali (queste acquisiscono
dell'assente gli eredi subentrano nei diritti della persona, l'acronimo Es.).
sentenza patrimoniale. Se torna il soggetto c'è una Gli enti sono caratterizzati da una autonomia
restituzione parziale) o morte presunta (scomparsa da patrimoniale che può essere perfetta negli enti che hanno
almeno 10 anni, solo se non si può accertare la morte del personalità giuridica. Non vi è autonomia in caso di
soggetto, in alcuni casi si può dichiarare dopo 2 o 3 anni comunione patrimoniale mentre si parla di autonomia
e si paragona alla morte naturale, se il soggetto torna imperfetta quando non hanno la personalità giuridica
deve riavere i suoi beni). questa non si attribuisce alla società ma si acquisisce a
In caso di morte esiste l'accertamento diretto o indiretto e seconda del tipo di ente e delle sue finalità (se sono lecite
determina la fine della persona fisica se 2 o più persone o meno o possibili e se presentano un patrimonio
muoiono contemporaneamente si parla di commorienza. adeguato.
La capacità giuridica si distingue dalla capacità di agire, È opportuni distinguere anche tra enti (collettivi e hanno
essa infatti è la possibilità di compiere attività negoziali e sempre uno scopo) e organi (corrispondono a quelli della
giuridiche che possono modificare la propria sfera persona fisica e si dividono in assemblea e
patrimoniale e comprende i maggiorenni e coloro che amministratori, nella prima i soci deliberano per l'ente e
posseggono la capacità di intendere e di volere, esistono determinano ogni attività, gli amministratori invece si
infine i casi di incapacità per perdita permanente o meno occupano di gestire il patrimonio con l'unico scopo di
di questa abilità. Per perdere la capacità di agire si agisce perseguire l'obbiettivo dell'ente).
per interdizione
(è un provvedimento più grave e di solito giudiziale e si attua quando un soggetto è afflitto da infermità mentale
abituale e dichiarato incapace, può essere chiesta dai soggetti che hanno aspettative sul patrimonio della persona)
o inabilitazione (si può chiedere se il soggetto si trova in una condizione di malattia che non intacca la sua
capacità di interpretare la realtà oppure se è afflitto da prodigalità [la mancata percezione del valore del patrimonio
che lo fa disperdere] in alcuni casi successiva all'uso di alcolici o stupefacenti).
Nel caso dell'inabilitazione esiste la figura del curatore e affianca la volontà dell'incapace, mentre nel caso
dell'interdizione si parla di tutore che sostituisce la volontà dell'interdetto ma agisce nel suo interesse. Ogni atto
perpetrato dall'incapace senza supervisione è annullabile sia se vi è danno nel caso dell'inabilitazione e in caso di
pregiudizio o no nel caso dell'interdizione.
Per quanto riguarda la richiesta di nullità del contratto essa è imprescrittibile quindi si può richiedere anche dopo
anni ed è esistono 3 sentenze: dichiarativa (il giudice conferma una realtà esistente, anche detta di accertamento)
costitutiva (modifica la realtà e le sfere giuridiche dei soggetti coinvolti) e di condanna (accerta una responsabilità
a cui segue una condanna di colui ritenuto colpevole).
Per quanto riguarda i minori il discorso è altrettanto complesso, si è passati da patria potestà a istituto della
responsabilità genitoriale il cui unico limite è l'abuso o nella condotta che crei pregiudizio per il figlio, è composta
quindi da doveri e diritti, con la procreazione non ci si può alienare da questi doveri essendo il minore una persona
e quindi avente diritti. In assenza delle figure genitoriali il minore è sotto il controllo/responsabilità di un tutore o
curatore che agisce nell'interesse del minore
Diritti assoluti:
anche detti reali o quella della persona “diritti della personalità”: dell'uomo in quanto tale esistenti indipendentemente dalle
situazioni soggettive e dal contesto in cui vive la persona. Il diritto alla vita, all'integrità fisica, alla salute, al nome,
all'onore, alla libertà personale, all'espressione del pensiero... sono tutti diritti che presentano un carattere di inviolabilità da
parte dello stato e degli altri uomini e per questo in alcuni casi coinvolge anche il diritto pubblico. Alcuni dei principi
inviolabili sono contenuti nei primi articoli della costituzione 5, 7, 9, 10... la lesione di uno di questi diritti sancisce un
danno ingiusto risarcibile sia dal punto di vista morale sia patrimoniale, sentenza decisa da un giudice che utilizza dei
parametri che tengono conto della fattispecie, se il danno è economico è più facile da quantificare rispetto al danno morale.
Alcuni diritti assoluti sono “indisponibili” come quello alla vita e sono quei diritti che il titolare non può utilizzare in favore
di altri, inoltre sono inalienabili e non sono prescrittibili.
Art.2 “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove
si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
Uno dei diritti assoluti è il diritto alla riservatezza che si distingue dal diritto al segreto: il primo fa si che la divulgazione di
un dato sia controllata dal titolare del dato stesso (nasce come diritto ad essere lasciati soli), il secondo invece è l'interesse
che nessuno preda conoscenza di dati o fatti considerati privati. Il diritto alla riservatezza è riconosciuto alle persone fisiche
ma non alle persone giuridiche e in ogni caso il titolare è sempre tenuto ad adottare le precauzioni minime per evitare la
diffusione dei dati (ovvero qualsiasi informazione relativa a persone fisiche che siano identificate o identificabili). Quando
si parla di trattamento del dato personale invece si parla della raccolta conservazione, modifica elaborazione selezione
utilizzo e comunicazione all'esterno dei dati in questione, art 5 comma 2 del codice della privacy “Il presente codice si
applica anche al trattamento di dati personali effettuato da chiunque è stabilito nel territorio di un Paese non appartenente
all'Unione europea e impiega, per il trattamento, strumenti situati nel territorio dello Stato anche diversi da quelli
elettronici, salvo che essi siano utilizzati solo ai fini di transito nel territorio dell'Unione europea.”
Questo diritto protegge sia i pubblici sia i privati perché i dati possono essere raccolti solo con alcune finalità e solo se
pertinenti al trattamento**** lezione del 16.03 Commentato [ludovica1]: Privacy e trattamento dei
Diritti reali: dati
Identificano il rapporto tra uomo e cose, si parla di beni in senso giuridico, oggetti prodotti dall'uomo o ottenuti
trasformando i prodotti derivanti dalla natura, oggetti che soddisfano direttamente (beni di consumo) o indirettamente (beni
produttivi o mezzi di produzione) l'uomo. In conclusione non sono beni cose dalle quali l'uomo non può trarre utilità.
Possono esistere beni materiali o immateriali, pubblici o privati, mobili o immobili, divisibili o indivisibili, fungibili o
infungibili, fruttiferi o infruttiferi, produttivi o improduttivi, consumabili o inconsumabili.
Il bene ha un corso storico, un oggetto può essere prima bene e poi non esserlo più o viceversa e lo stesso vale per i bisogni
umani che sono di vari tipi: bisogni primari, bisogni indotti dalla società e bisogni dello spirito. Ci sono dei beni che
vengono forniti dalla natura in misura superiore a soddisfare i bisogni e tutti possono fruirne ad esempio le energie che sono
beni che hanno un valore economico derivanti però dal sole o dal vento. I beni pubblici sono sottratti da ogni tipo di
appropriazione da parte di singoli e appartengono alla società, allo stato o ad enti pubblici che li amministra o controlla che
ne sia fatto un uso corretto.
Ogni diritto consiste in una o più facoltà che il titolare può esercitare sulla cosa e queste facoltà compongono il contenuto
del diritto di cui si parla.
Nel nostro sistema giuridico i diritti reali significano diritti sulle cose e sono 7:
1) diritto di proprietà: sul quale si costruiscono tutti i diritti reali, ha una sfera di facoltà potenzialmente
illimitata. Art 832 del codice civile “Il proprietario ha diritto di godere* e disporre** delle cose in modo pieno ed
esclusivo***, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico”, *facoltà che spetta al
proprietario di utilizzare la cosa nel modo in cui vuole lui, di trasformarla o distruggerla, farne propri i frutti naturali o
civili. **Decidere di vendere o donare o lasciarla nel testamento o no. ***Il proprietario può escludere chiunque dal
godimento della cosa. I limiti del diritto di proprietà si trovano nell'art 833 “Il proprietario non può fare atti i quali non
abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri”. L'art 42 della costituzione garantisce la proprietà
privata ma le attribuisce una funzione: “La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi
di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti” ciò:
sancisce la libertà di accesso alla proprietà privata quando non sono riservati alla proprietà pubblica (enti pubblici) e implica
che i privati possono opporsi all'arbitrio dei pubblici poteri, lo stato può far valere la sua autorità su quei beni in caso di
espropriazione e requisizione. Le modalità con le quali si può venire in possesso di un bene sono: a titolo originario
(occupazione, invenzione, accessione, specificazione, unione, commistione, usucapione) e a titolo derivativo (per effetto di
contratto o per successione a causa di morte), nel primo caso il bene è indipendente da un possessore precedente, caso della
“cosa di nessuno” o il caso in cui il diritto del vecchio proprietario soccombe a quello del nuovo. Il secondo caso invece
prevede un diritto che proviene da un precedente proprietario e prevede un dante causa e un avente causa rispettivamente
chi trasferisce il diritto e chi lo acquista.
T occupazione Art 923 “le cose mobili che non sono proprietà di alcuno si acquistano con l'occupazione, tali sono le
i cose abbandonate e gli animali che formano oggetto di caccia o pesca”, è il materiale
t impossessamento di un oggetto mobile che non sia proprietà di altri (per abbandono o perché non lo
o sono mai state)
l
invenzione Art 927 “Chi trova una cosa mobile deve restituirla al proprietario, e, se non lo conosce, deve
o
consegnarla senza ritardo al sindaco del luogo in cui l'ha trovata, indicando le circostanze del
ritrovamento” diverso è il caso dello smarrimento, chi trova l'oggetto ha diritto ad un compenso di
o
1/10 del valore dell'oggetto, dopo un anno dalla pubblicazione di smarrimento il ritrovatore diventa
r
proprietario della cosa
i
g Art 932 “Tesoro è qualunque cosa mobile di pregio, nascosta o sotterrata, di cui nessuno può provare
i di essere proprietario. Il tesoro appartiene al proprietario del fondo in cui si trova. Se il tesoro è
n trovato nel fondo altrui, purché sia stato scoperto per solo effetto del caso, spetta per metà al
a proprietario del fondo e per metà al ritrovatore. La stessa disposizione si applica se il tesoro è
r scoperto in una cosa mobile altrui”
i accessione L'acquisizione di una cosa principale fa acquisire anche le cose accessorie di questa, in 3 forme:
o accessione di cosa mobile a cosa immobile (si manifesta la preminenza della proprietà immobile),
accessione di cosa immobile a cosa immobile (molto raro) e accessione di cosa mobile a cosa mobile
(ad esempio l'unione la commistione o la fusione).

Unione e 2 cose mobili sono unite e sono di 2 possessori diversi o sono accomunate da alcuni elementi
commistione
specificazione L'acquisto della proprietà di una cosa creata con materiale altrui e risolve un conflitto tra proprietà e
lavoro finalizzato alla creazione di una nuova cosa.
usucapione La possibilità di acquisire un bene se ne si ha un possesso prolungato nel tempo, ciò permette la
circolazione dei beni. Il termine di tempo ordinario è di 20 anni, ma se il possesso è iniziato in modo
violento o clandestino il termine decorre dalla fine della violenza.
Proprietà ≠ possesso→ è una situazione di fatto art 1140 “il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta
↓ in una attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto
situazione di diritto sulla cosa, reale, si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona che ha la
il proprietario è possessore ma detenzione della cosa” si potere su di una cosa sulla
non può succedere diversamente quale non si ha diritto, la condizione che permette questa situazione può
(eccetto furto o vendita nulla). Essere la noncuranza dell'oggetto da parte del proprietario, il possessore
ha una protezione giuridica autonoma. È importante distinguere il possesso dalla
detenzione perché nel primo caso il possessore ha intenzione di comportarsi nei confronti dell'oggetto come il proprietario
avrebbe fatto mentre nel secondo caso si parla solo di avere la cosa in modo materiale. Un oggetto si può possedere
direttamente (detenendo la cosa) o indirettamente (per mezzo di altri). Di azioni possessorie ce ne sono di 2 tipi: azione di
reintegrazione o di spoglio (spetta al possessore spossessato della cosa in modo occulto o violento e prevede la restituzione
entro un anno a meno che non si dimostri di essere proprietario) e azione di manutenzione (riguarda i beni immobili e
universalità di mobili e prevede il caso del possessore molestato nel godimento della cosa o il possessore che ha subito un
spoglio non violento, si può richiedere un intervento entro un anno ma si deve dimostrare la proprietà) in entrambi i casi il
possesso precedente prevale su quello successivo.
Il passaggio da proprietario a possessore è indipendente dalla buona o cattiva fede del possessore, al massimo influisce sulla
durata dell'usucapione, si parla di prescrizione acquisitiva e dura massimo 10 anni, se la fede è buona dura di meno e
viceversa con l'usucapione cadono i diritti sulla cosa del proprietario ma anche i suoi debiti.
Art 1141 “si presume il possesso in colui che esercita il potere di fatto, quando non si prova che ha cominciato a esercitarlo
semplicemente come detenzione” si parla di animus possidendi e vale per le cose mobili. L'art 1147 invece parla del
possessore in buona fede ovvero chi possiede una cosa ignorando che abbia proprietà altrui, fino a prova contraria si
presume sempre la buona fede.
Diritti reali su cosa altrui:
1) diritto di superficie: il potere di edificare o di mantenere sul suolo altrui una propria costruzione, art
952 “il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di altri, che
ne acquista la proprietà” il proprietario del suolo e della costruzione sono quindi 2 soggetti diversi. Questo diritto si può
costituire in perpetuo o a tempo determinato (una volta scaduto il termine il diritto di superficie si estingue). Per quanto
riguarda il sottosuolo (es: autorimesse) la situazione è analoga, ma può riguardare anche la costruzione di sopraelevazioni
su edifici preesistenti. Esiste anche il diritto di superficie temporaneo ma raramente utilizzato in Italia ed evita la
speculazione sul territorio e sulla costruzione ma agevola la costruzione di strutture scadenti.
2) diritto di enfiteusi: art 958 “L'enfiteusi può essere perpetua o a tempo. L'enfiteusi temporanea non può
essere costituita per una durata inferiore ai venti anni” si trova nell'ambito dei diritti di godimento di cosa altrui e
attribuisce all'enfiteuta il godimento spettante al proprietario, prima era molto diffuso oggi non più ed è un diritto perpetuo o
comunque che non ha durata inferiore ai 20 anni e si può cedere o trasmettere in via ereditaria. Gli oggetti comuni di questo
diritto sono proprietà agrarie o fondi urbani in cui l'enfiteuta ha 2 obblighi: migliorare il fondo e corrispondere al
proprietario un canone periodico. L'affrancazione da parte dell'enfiteuta della cosa equivale all'appropriazione totale
dell'oggetto e si ottiene pagando una somma moltiplicata per il canone annuo dovuto al proprietario. L'estinzione del diritto
di enfiteusi avviene se l'enfiteuta non adempie agli obblighi imposti permettendo al proprietario la nuova acquisizione della
piena autorità.
3) diritto di usufrutto:comprende la facoltà di godere (l'usufruttuario può fare propri i frutti naturali e
civili della cosa) ma nel rispetto del fine economico della cosa deciso dal proprietario, all'usufruttuario competono le spese
per la manutenzione ordinaria della cosa ma le spese straordinarie competono al proprietario, art 1014 “l'usufrutto si
estingue: 1) per prescrizione per effetto del non uso durato per venti anni; 2) per la riunione dell'usufrutto e della proprietà
nella stessa persona; 3) per il totale perimento della cosa su cui e' costituito”. La durata dell'usufrutto non può eccedere la
vita dell'usufruttuario, L'usufrutto costituito a favore di una persona giuridica non può durare più di trent'anni, questo diritto
infatti non si può cedere in modo ereditario. L'usufrutto può essere volontario (costituito per contratto o testamento) o legale
(costituto dalla legge indipendentemente dalla volontà dei partecipanti). L'acquisizione di questo diritto può avvenire anche
per usucapione e si deve occupare della cosa con la diligenza di un “buon padre di famiglia”.
4) diritto di uso e abitazione: l'uso si differenzia dall'usufrutto per le sue minori possibilità di godimento
dell'oggetto, l'usuario può infatti godere dei frutti dell'oggetto limitatamente ai suoi bisogni dovendo consegnare l'eccesso al
proprietario. Il diritto di abitazione ha per oggetto tendenzialmente una casa che può essere abitata limitatamente ai bisogni
del titolare del diritto. In sostanza entrambi non concedono di dare in locazione o vendere o cedere questo diritto.
5) diritto di servitù: art 1027 “La servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l'utilità di un
altro fondo appartenente a diverso proprietario” nasce con riferimento alla proprietà fondiaria, prevede una limitazione
della facoltà di godimento dell'immobile, i presupposti per la servitù sono la contiguità dei due fondi, l'appartenenza di essi
a titolari distinti e dalla previsione di un peso a carico di uno dei due fondi.
Ci sono vari modi di classificare la servitù, secondo il loro modo di manifestarsi:
Positiva Permettono al proprietario del Continue Quelle che presuppongono una precedente opera
fondo dominante forme di
utilizzazione diretta del fondo
servente Discontinue Quelle che prescindono da eventuali costruzioni

Negativa Sono imposti degli obblighi di “non fare” al proprietario del fondo servente
Apparenti Non apparenti
Se esistono sul fondo servente delle opere Manca un'opera visibile
naturali o artificiali visibili o permanenti
Volontarie Coattive
Si costituiscono per volontà di singoli Si costituiscono per legge
Contitolarità dei diritti reali:
di regola questi diritti appartengono ad una persona sola, la comunione di proprietà in cui più persone condividono dei
diritti reali allo stesso tempo su una stessa cosa, (art 1100) si esprime secondo 3 possibilità: volontaria (più persone
aderiscono ad essere comproprietarie di un bene) incidentale (indipendente dalla volontà ma dalla quale ci si può liberare
volontariamente es: eredità) e forzosa (dalla quale non ci si può sottrarre es: condominio). Facoltà di godimento della cosa:
Art 1102 “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli
altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni
necessarie per il miglior godimento della cosa” la cosa si scompone in una pluralità di quote determinate in modo
aritmetico, ciò distingue la proporzione con la quale una persona concorre nei benefici e nei pesi della cosa, possono esserci
quote disuguali.
L'amministrazione della cosa comune spetta collettivamente a tutti i partecipanti che deliberano a maggioranza di quote.
Disposizione della propria quota: art 1103 “Ciascun partecipante può disporre del suo diritto e cedere ad altri il godimento
della cosa nei limiti della sua quota”, questa situazione però ostacola la circolazione dei beni quindi ogni partecipante può
in qualsiasi momento chiedere al giudice di dividere la comunione facendo diventare le quote reali in utilità materiali salvo
che si tratti di una cosa che divisa non adempierebbe al fine per cui è destinata. Il patto di comunione non può superare i 10
anni, allo scadere del tempo se si può la divisione si fa in natura sennò si procede o all'assegnazione di proprietà ad uno dei
partecipanti che versa il valore in denaro della quota agli altri o si vende a terzi con la ripartizione del ricavato.
Il condominio rimane un esempio particolare, ci possono essere due situazioni
– comunione forzosa→ gli appartamenti sono di singole proprietà soggettive dei partecipanti ma Sono
oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio: 1) tutte le parti dell'edificio
necessarie all'uso comune; 2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria; 3) le
opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori.
– Comproprietà tra tutti i proprietari degli appartamenti, ma se ci sono più di 8 condomini deve essere
stabilito un amministratore e se ci sono più di 10 condomini deve essere istituito un regolamento delle cose comuni. Le parti
comuni sono indivisibili a meno che non ci sia l'accordo di tutti i condomini e che ciò non rechi pregiudizio a nessuno.
Obbligazione:
è un vincolo che si instaura tra 2 soggetti per l'esecuzione di una trattazione, in cui vi è un creditore (soggetto attivo) e un
debitore (soggetto passivo) sul quale grava l'obbligo di condotta finalizzato a soddisfare l'interesse del creditore, la
prestazione è l'oggetto della contrattazione. I soggetti possono essere anche di più da entrambi le parti ma nel momento in
cui sorge l'obbligazione diventano soggetti determinati o determinabili. La prestazione deve essere suscettibile del carattere
di patrimonialità ovvero deve essere possibile effettuare una valutazione economica, infatti questa fa parte dei diritti
patrimoniali e deve consistere o nel pagamento di una somma di denaro o in un altro modo traducibile in una somma di
denaro.
Art 1173 “Le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito, o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in
conformità dell'ordinamento giuridico” art 1174 “La prestazione che forma oggetto dell'obbligazione deve essere
suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere a un interesse, anche non patrimoniale, del creditore”
Esistono vari tipi di prestazione: di restituire (, può generare obbligazioni di specie o di genere)
Obbligazione di dare Obbligazione di Obbligazione di restituire
consegnare
pagamento di una la consegna di un chi ha ricevuto in prestito una somma o un bene e deve restituirlo
somma di denaro bene Obbligazione di specie Obbligazione di genere
La consegna di una cosa La consegna di una cosa nel genere,
determinata nella sua nella categoria, non si può infatti
identità restituire beni con qualità inferiori al
bene originale
Obbligazione di fare Le prestazioni per l'esecuzione delle quali sono richiesti comportamenti attivi del
debitore diversi dal dare o dal consegnare, quindi ad esempio che producano qualcosa
Obbligazioni di non fare Sono quelle che hanno ad oggetto prestazioni che si attuano attraverso una astensione
es: patto di non concorrenza
Obbligazione di mezzi Il debitore è obbligato a svolgere un'attività senza garantire il risultato atteso
Obbligazione di risultato Il debitore è obbligato a raggiungere il risultato prestabilito
Obbligazione di Art 2597 “Chi esercita un'impresa in condizione di monopolio legale ha l'obbligo di
contratto contrattare con chiunque richieda le prestazioni che formano oggetto dell'impresa,
osservando la parità di trattamento”
Obbligazione solidale attiva quando, essendoci più di un creditore, ciascuno ha diritto a pretendere la
prestazione per l'intero. La prestazione ottenuta da uno dei creditori libera il debitore
verso tutti.
Obbligazione parziale Il creditore può rifiutare un adempimento parziale anche se la prestazione e' divisibile,
salvo che la legge o gli usi dispongano diversamente.
Il creditore può esigere uno sforzo del debitore che si rifà al concetto di diligenza art 1176 “Nell'adempiere l'obbligazione il
debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia, Nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di
un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata”.
Le prestazioni si dividono in principale e accessorie (un esempio è quello di comportarsi secondo le regole della
correttezza) entrambi devono impegnarsi per far si che la prestazione si estingua.
Ci sono 3 tipi di fonti dell'obbligazione, 2 specifiche (contratto e illecito) e una generica (ogni atto che l'ordinamento
consideri idoneo a produrre obbligazioni).
Contratto→ è accolto tra 2 o più parti e costituisce un rapporto giuridico
illecito→patto che cagiona ad altri un fatto ingiusto e fa nascere l'obbligazione di contratto
adempimento delle obbligazioni→ l'esatta esecuzione da parte del debitore della prestazione che forma oggetto della
prestazione, secondo:
modalità Seguendo sempre il principio di diligenza, può essere normale o particolare
tempo Art 1183 “Se non e' determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, il creditore può
esigerla immediatamente. Qualora tuttavia, in virtù degli usi o per la natura della prestazione ovvero per
il modo o il luogo dell'esecuzione, sia necessario un termine, questo, in mancanza di accordo delle parti,
e' stabilito dal giudice”.
luogo La prestazione deve essere eseguita nel luogo prestabilito dalle parti, se non è stato stabilito si seguono 3
criteri: 1) se l'obbligazione è di dare (consegna) l'oggetto va consegnato nel luogo in cui si trova quando è
sorta l'obbligazione, 2) se l'obbligazione consiste nel pagamento di denaro si adempie al domicilio del
creditore, 3) ogni altra obbligazione si adempie al domicilio del debitore.
Persona che Art 1180 adempimento di un terzo “L'obbligazione può essere adempiuta da un terzo, anche contro la
esegue volontà del creditore, se questi non ha interesse a che il debitore esegua personalmente la prestazione
Tuttavia il creditore può rifiutare l'adempimento offertogli dal terzo, se il debitore gli ha manifestato la
sua opposizione. ” per adempiere non è necessaria la capacità di intendere o di volere.
Persona che Il creditore deve necessariamente essere dotato della capacità di intendere e di volere e chi adempie con
riceve l'incapace e non con il suo rappresentante deve dimostrare di averlo fatto in buona fede. L'adempimento
deve essere rivolto a chi è autorizzato a riceverlo.
Identità della Il debitore è liberato solo se esegue la prestazione che deve e non una diversa, il debitore che adempie ad
prestazione una obbligazione di dare in denaro ha diritto alla quietanza ovvero una “confessione” che afferma
l'avvenuto adempimento. Art 1193 “Chi ha più debiti della medesima specie verso la stessa persona può
dichiarare, quando paga, quale debito intende soddisfare. In mancanza di tale dichiarazione, il
pagamento deve essere imputato al debito scaduto; tra più debiti scaduti, a quello meno garantito; tra
più debiti ugualmente garantiti, al più oneroso per il debitore; tra più debiti ugualmente onerosi, al più
antico. Se tali criteri non soccorrono, l'imputazione e' fatta proporzionalmente ai vari debiti”
Obbligazioni pecuniarie→ hanno per oggetto il pagamento di denaro
inadempimento della prestazione→ il debitore è inadempiente se non esegue la prestazione o se non lo fa in modo esatto,
la responsabilità del debitore che deve ristorare il creditore per il pregiudizio che gli è stato cagionato dall'inadempimento
secondo delle regole: concorre il principio dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione che derivi da una causa non
imputabile al debitore e lo esoneri dalla responsabilità (concetto di fatalità o caso fortuito) il fatto che ha causato
l'inadempimento quindi non doveva essere prevedibile da nessuno.
Mora:
spesso coincide con il concetto di inadempimento, è il ritardo qualificato o semplice che non produce conseguenze
giuridiche, nonostante in seguito la prestazione venga conclusa rimane inadempimento a causa del ritardo.
La costituzione in mora è un atto formale di richiesta da parte del creditore nei confronti del debitore di adempiere alla
prestazione, in alcuni casi è superflua, ad esempio se il debitore dichiara per iscritto di non voler adempiere, se una
prestazione sottoposta a un termine scaduto da eseguirsi al domicilio del creditore, se l'obbligazione deriva da un fatto
illecito, se si tratta di un'obbligazione di non fare e se il debitore è considerato immeritevole di tolleranza.
Effetti della mora→ 1) l'aggravamento del rischio del debitore (il debitore non può più invocare l'esimente della
responsabilità di una impossibilità anche se oggettiva della prestazione, a meno che non provi il perimento dell'oggetto nelle
mani del creditore) 2) responsabilità contrattuale (obbligo di risarcimento dei danni, vale per qualunque tipo di
inadempimento art 1223 “Il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere cosi' la perdita
subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta” gli elementi del
danno sono il danno emergente (la perdita subita dal creditore) e il lucro cessante (il mancato guadagno). Tra
inadempimento e danno deve esserci un rapporto di causalità, non sono risarcibili i danni che si relazionano
all'inadempimento secondo un rapporto di causa effetto, ma solo i danni immediatamente conseguenti all'inadempimento e
prevedibili dal debitore. Se l'inadempimento è consapevole o volontario prevede che il debitore risarcisca il creditore anche
dei danni indiretti, se invece il creditore ha concorso nella realizzazione del danno allora il debitore è tutelato.
Mora del creditore→ l'ingiustificato rifiuto di ricevere la prestazione dal debitore, ha la facoltà di farlo ma non se pregiudica
il debitore, inoltre il creditore è sempre tenuto a non ostacolare il debitore nel suo adempimento, ci sono 3 effetti alla mora
del creditore: 1) il rischio del perimento supportato dal creditore, il debitore conserva il diritto alla controprestazione 2) non
sono più dovuti dal debitore interessi sulle somme di denaro 3) sono dovute il rimborso delle spese della cosa e il
risarcimento dei danni subiti dal debitore.
Il debitore può conseguire un altro effetto: la propria liberazione dal debito depositando (nel caso di una prestazione
pecuniaria) la somma dovuta n una banca o (nel caso di oggetti mobili) la consegna degli stessi nel luogo indicato dal
giudice o infine (nel caso di immobili) consegnandole ad un sequestratario nominato da un giudice.
Estinzione della prestazione che non sia attraverso l'adempimento:
Prestazione oggettivamente Se le cause non sono dipendenti dal debitore, se invece si parla di impossibilità temporanea
impossibile allora il debito non si estingue ma il debitore non è ritenuto responsabile del ritardo.

Impossibilità parziale La parte possibile dell'obbligazione dovrà comunque essere adempiuta


Novazione L'estinzione dell'obbligazione a seguito della costituzione di una nuova obbligazione (per volere
delle parti)
Remissione Rinuncia volontaria del creditore al proprio diritto attraverso una dichiarazione, a ciò si può
opporre il debitore ma solo in un tempo consono, ragionevole
Compensazione Richiede l'esistenza di un creditore e di un debitore che si devono delle prestazioni a vicenda, può
essere effettuata in modo totale o parziale, i debiti si estinguono per le quantità corrispondenti.
Deve essere volontaria e stabilita per accordo delle parti sennò può essere anche decisa dal
giudice.
Confusione Quando la qualità di creditore e debitore si incontrano nella stessa persona, ad esempio quando il
creditore eredita la situazione di debitore o viceversa.
Principio di responsabilità patrimoniale art 2740 “Il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi
beni presenti e futuri. Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge” essa
comporta la soggezione attuale o potenziale dei beni presenti e futuri del debitore all'azione esecutiva del creditore
insoddisfatto, inoltre richiede necessariamente come oggetto una somma di denaro.
Le obbligazioni si dividono in debito (una determinata somma) e responsabilità (l'intero patrimonio del debitore più la
somma stabilita nel debito), la responsabilità è potenzialmente illimitata e le eccezioni devono essere previste dalla legge.
Art 2741 “I creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione.
Sono cause legittime di prelazione i privilegi, il pegno e le ipoteche” mentre/ entrambe garantiscono il diritto di seguito e il
diritto di prestazione.
Pegno In questo caso si ha il potere immediato del creditore sul bene poiché il debitore è Assolvono la
temporaneamente spossessato del bene a garanzia dell'adempimento. Esso si stabilisce per funzione di
accordo delle parti e la garanzia trova origine da un contratto reale, si può anche costituire costituire una
però con un accordo unilaterale, il pegno sussiste soltanto in presenza di un debito da garanzia reale
garantire, per questo è considerata accessoria. l'indivisibilità del pegno permette di garantire specifica che
il pagamento intero del bene fino alla sua totale realizzazione. Il pegno ha come oggetto cose consente al
mobili o universalità di mobili. Per spossessamento si intende il passaggio di possesso del creditore
bene nelle mani del creditore che può poi farci quello che vuole ma a patto che il concedente insoddisfatto di
approvi il passaggio e le scelte del creditore. procedere alla
vendita del bene,
Ipoteca In questo caso il bene resta nel godimento del concedente, l'ipoteca ha come oggetto i beni
le caratteristiche
immobili, i diritti reali su beni immobili o i beni mobili registrati. Essa si distingue in: legale
comuni sono la
(se deriva da una previsione legislativa), giudiziale (se deriva da una sentenza di condanna al
realità ,
pagamento di una somma di denaro) e volontaria (se deriva da un atto di autonomia
l'accessorietà e
negoziale). Se l'ipoteca e' concessa da chi non e' proprietario della cosa, l'iscrizione può
l'indivisibilità.
essere validamente presa solo quando la cosa e' acquistata dal concedente. L'ipoteca su cosa
Entrambi sono
futura può essere validamente iscritta solo quando la cosa e' venuta a esistenza. L'ipoteca si
opponibili erga
può estinguere per cause che riguardano il rapporto o il credito garantito, se il debitore viene
omnes.
meno a questi nasce l'estinzione della garanzia, Il rapporto ipotecario invece si estingue per
scadenza del termine, per il perimento del bene, per il verificarsi della condizione risolutiva,
per rinunzia del creditore, per mancata rinnovazione del termine temporale...
Circolazione del credito:
il credito costituisce un'unità economica e per questo è assoggettata al regime dei beni, essi possono circolare sostituendo al
creditore originale un altro creditore fino all'adempimento nelle mani del titolare del diritto, questa pratica si chiama
cessione del credito, e non richiede il consenso del debitore che deve adempiere in modo uguale a prescindere da chi
riceverà la prestazione (creditore originale= cedente, destinatario della cessione= cessionario e debitore=debitore ceduto) (≠
dal trasferimento dei beni). La cessione del creditore può avvenire a titolo oneroso (dietro al pagamento di un corrispettivo)
o a titolo gratuito (es: donazione del credito), art 1470 “La vendita e' il contratto che ha per oggetto il trasferimento della
proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo”. Ci sono però dei crediti non
cedibili ad esempio quelli a carattere personale che richiedono una autorizzazione da parte del debitore e diviene effettiva
quindi solo nel momento dell'accettazione e se il debitore realizza la prestazione prima dell'effettività del passaggio è
considerato libero nel caso in cui non ne fosse stato a conoscenza. La comunicazione formale dell'avvenuta cessione ha un
effetto analogo a quello della consegna quando l'oggetto è un bene, nel caso in cui un credito venga ceduto a più persone si
procede con la verifica e cessazione notificata per prima. Con la cessazione si acquista il credito a titolo derivativo (il
destinatario non può acquisire diritti maggiori di quelli del dante causa). Nel caso in cui:
-il debitore non adempie→ il cedente non può garantire il pagamento del debitore ceduto, l'inadempimento è un rischio
addossato al cessionario, ma si può pattuire la clausola del “salvo buon fine” con cui il cedente garantisce la solvenza del
debitore ceduto e nel caso dell'inadempimento il cessionario può rivolgersi al cedente per ricevere l'adempimento.
-Il credito è inesistente→”evizione nel trasferimento di cose” se a titolo oneroso il cedente deve garantire l'esistenza del
credito e il venditore deve garantire dall'evizione ovvero dalla possibilità che il bene sia sottratto alla circolazione per
qualsiasi motivo, se invece a titolo gratuito la garanzia è dovuta solo se pattuita espressamente.
Esistono due modalità di cessione: 1) prosoluta (nella quale il cedente non risponde dell'inadempimento, 2) prosolvente (il
cedente garantisce nei confronti del cessionario).
Le modificazioni nel lato passivo del rapporto obbligatorio non sempre richiedono la partecipazione del creditore, si
possono presentare 3 ipotesi:
Delegazione Si verifica quando il debitore (delegante) affida ad un soggetto (delegato) l'incarico di assumere il debito
nei confronti del creditore originario: prima fase (o invito) “la prego di obbligare nei confronti di tizio a
pagare a lui la somma...” , seconda fase (o dichiarazione) il delegato si obbliga ad adempiere verso il
creditore “su invito di Caio mi obbligo...” terza fase (o accettazione) sia tacita sia espressa ovvero
delegazione privativa (dichiarazione espressa di sostituzione del debitore) e infine egli esegue la delega.
Gli scopi si rinvengono nel rapporto con il delegante, un rapporto cd. di provvista e sono relegati tra i
motivi (delegazione pura o astratta) o penetrano nella causa del contratto di assunzione (delegazione
causale o titolata). Questa distinzione è utile prevalentemente per quanto riguarda le eccezioni, se le parti
non richiamano il rapporto di valuta tra debitore e creditore originario il contratto delegatorio svolge la
funzione di far valere la prestazione con effetto sul patrimonio del delegante come se fosse stata eseguita
da quest'ultimo. La delegazione è cumulativa e liberatoria.
Espromissione Art 1272 “Il terzo che, senza delegazione del debitore, ne assume verso il creditore il debito, è obbligato
in solido col debitore originario, se il creditore non dichiara espressamente di liberare quest'ultimo. Se
non si è convenuto diversamente, il terzo non può opporre al creditore le eccezioni relative ai suoi
rapporti col debitore originario. Può opporgli invece le eccezioni che al creditore avrebbe potuto
opporre il debitore originario, se non sono personali a quest'ultimo e non derivano da fatti successivi
all'espromissione. Non può opporgli la compensazione che avrebbe potuto opporre il debitore originario,
quantunque si sia verificata prima dell'espromissione”. Si ha espromissione ogni qualvolta un terzo
(espromittente), estraneo al rapporto obbligatorio, assuma spontaneamente verso il creditore
(espromissario) l'obbligazione del debitore (espromesso), come la delegazione può essere sia cumulativa
e liberatoria.
Accollo Art 1273 “Se il debitore e un terzo convengono che questi assuma il debito dell'altro, il creditore può
aderire alla convenzione, rendendo irrevocabile la stipulazione a suo favore.
L'adesione del creditore importa liberazione del debitore originario solo se ciò costituisce condizione
espressa della stipulazione o se il creditore dichiara espressamente di liberarlo.
Se non vi e' liberazione del debitore, questi rimane obbligato in solido col terzo.
In ogni caso il terzo e' obbligato verso il creditore che ha aderito alla stipulazione nei limiti in cui ha
assunto il debito, e può opporre al creditore le eccezioni fondate sul contratto in base al quale
l'assunzione e' avvenuta”. L'accollo si produce qualora un terzo (nuovo debitore) pattuisca con il debitore
originario (accollato) l'assunzione del debito che costui ha nei confronti del creditore (accollatario). Il
creditore accollatario acquista quindi il diritto di ottenere la prestazione dell'accollante, la fonte
dell'accollo infatti è sia la volontà delle parte sia la legge, non è un contratto autonomo e anche questo
può essere cumulativo o liberatorio.
Contratto:
art 1321 “Il contratto e' l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico
patrimoniale” esso non è mai unilaterale ma sempre almeno bilaterale e le parti possono esprimere una volontà comune, un
accordo finalizzato a intervenire su di un rapporto giuridico patrimoniale (sono esclusi gli atti unilaterali e gli atti che non
intervengono su un contenuto patrimoniale).
si iscrivono nella categoria dei fatti naturali e una sotto-categoria in cui ci sono i fatti naturali di provenienza umana, il cui
protagonista è l'uomo e a cui partecipa la sua volontà ad esempio fanno parte di questa categoria gli atti giuridici che
possono essere di due tipi:
atti giuridici in senso stretto→ comportamenti umani rispetto ai quali la volontà dell'uomo ha rilevanza nella scelta di porre/
non porre in essere un comportamento (gli effetti della scelta sfuggono al controllo della volontà, li determina la legge)
negozi giuridici→ in cui la volontà opera sia nel momento della scelta (se porre in essere un comportamento o no) sia nella
selezione degli effetti che si vuole conseguire o escludere. Il contratto è la manifestazione di questo negozio
Tra questi due tipi ci sono delle figure di confine che creano dibattito intorno alla loro natura.
Art 1322 “Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge e dalle norme
corporative. Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare,
purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico” il contratto evoca l'idea di
libertà (principio del libero scambio e del libero mercato) difatti esso è lo strumento tipico per il conseguimento di un
obbiettivo tipico dell'economia libera, esso si manifesta a più livelli:
1) la possibilità concessa ad ognuno di decidere se contrarre o no in modo arbitrario (fatta eccezione per l'obbligo di
contrarre di chi esercita una attività in regime di monopolio)
2) la libertà di scegliere con chi contrarre fatta eccezione per i casi di tutela di altri valori (ad esempio le prelazioni
legali o le prelazioni del coerede in cui è necessaria una consulta prima della conclusione del contratto)
3) libertà di scelta su quando determinare un contratto e il contenuto degli accordi, ci sono limitazioni imposte dalle
norme inderogabili dalla volontà privata (o imperative)
4) la libertà di porre in essere strumenti contrattuali non previsti dalla legge ove gli scopi siamo meritevoli di tutela,
ciò distingue i contratti tipici da quelli atipici
contratti tipici: schemi precostituiti di azioni economiche direttamente giustificati dalla legge, un concetto astratto ma
nell'aspetto della concreta realizzabilità dello schema si pone il tema della meritevolezza della causa ad esempio non è
possibile acquistare una cosa già di propria proprietà.
Concetti atipici: in cui il giudice deve accertare se sono diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela o meno, nel caso
della donazione deve essere esplicito nella sua funzione sennò viene annullato.
art 1325 “I requisiti del contratto sono: 1) l'accordo delle parti; 2) la causa; 3) l'oggetto; 4) la forma, quando risulta che è
prescritta dalla legge sotto pena di nullità”
l'accordo delle parti è un requisito necessario ma non sufficiente se solo. La causa è la funzione dell'atto di volontà, è la
funzione economica e sociale dell'atto di volontà, è la giustificazione dell'autonomia privata ed è l'esito del giudizio di
compatibilità tra la volontà privata e la volontà della legge. È l'elemento del contratto che più segna il problema sul rapporto
della libertà tra le parti e l'autorità della legge, perché sorga un'obbligazione ci deve essere una causa ovvero una
giustificazione dell'atto (vale per i contratti di scambio, per quelli economici o valutativi).
Intorno al concetto di oggetto ci sono alcune imprecisioni, è quindi necessario distinguere l'oggetto del negozio (ovvero un
elemento dell'atto) dall'oggetto dell'obbligazione ( ovvero un elemento del rapporto che scaturisce dall'atto), l'oggetto del
contratto deve essere possibile, per impossibile si intende un bene mai esistito o un oggetto che non può essere realizzato
con le competenze umane attualmente conosciute, impossibilità fisica (i contratti assurdi o aberranti) e impossibilità
giuridica. Infine l'oggetto deve essere lecito, l'oggetto è illecito quando il bene dovuto risulta contrario a norme imperative,
all'ordine pubblico o al buon costume. I requisiti dell'oggetto del contratto sono: il contenuto, la porzione, il diritto su cui il
contratto produce effetti... un contratto ha diversi oggetti mentre nei contratti unilaterali o a titolo gratuito l'oggetto è uno
solo,
Art 1346 Possibile la possibilità materiale deve esistere ed essere materialmente eseguibile, nel caso di
“L'oggetto del oggetti futuri vale lo stesso concetto ma non si possono donare cose future, inoltre è
contratto deve impossibile se l'oggetto non può essere oggetto di diritti per legge.
essere possibile,
Lecito L'ordine pubblico, il buon costume e le norme imperative stabiliscono se un oggetto è
lecito,
lecito o meno
determinato o
determinabile” Determinato o La vendita che non permetta una identificazione della cosa è nulla
Determinabile
art 1348 “La prestazione di cose future può essere dedotta in contratto, salvi i particolari divieti della legge” .
Il concetto di forma indica il veicolo mediante il quale l'assetto di interessi composto dalle parti risulta oggettivamente
riconoscibile, esso si riscontra nel documento dove è espressa la manifestazione di volontà. Il nostro ordinamento è
governato dal principio di libertà delle forme, questo afferma che in mancanza di una forma determinata le parti sono libere
di adottare qualsiasi vestimentum per negoziare. I contratti possono essere taciti o espressi (orali, verbali o scritti, ma in ogni
caso è necessaria la manifestazione delle parti) si parla di libertà della forma fatta eccezione per i contratti immobiliari che
costituiscono, modificano o estinguono i diritti reali su questi beni, esigono perciò la forma scritta. La forma scritta si
esprime tramite l'atto pubblico (redatto da un pubblico ufficiale che attesta le volontà dichiarate dalle parti alla presenza del
notaio) e dalla scrittura privata (redatta dalle parti stesse e può essere autenticata dal notaio). Entrambe sono mezzi di prova,
la prima fa fede a quanto il notaio attesta (a meno che non ci sia una querela per falso) e la seconda fa prova dell'autenticità
delle firme del contratto e impedisce che una delle parti possa disconoscere la firma. Nella forma solenne l'atto pubblico è
richiesto a pena di nullità del contratto, in questo caso il principio di libertà della forma richiama il principio di circolazione
dei beni ma ha carattere generale e viene richiesta solo in condizioni molto particolari. La prova documentale quindi attesta
la validità del contratto ed è richiesta dall'assicurazione, il contratto è valido anche se non scritto ma poi in caso di
disaccordo delle parti non vi sono prove a favore dell'uno o dell'altro. Infine se il contratto è concluso elettronicamente il
codice della certificazione digitale stabilisce che le scritture private se fatte con un documento informativo devono essere
sottoscritte a pena di nullità.
Con la forma non va conclusa la trascrizione nei registri pubblici che serve per rendere pubblico il contratto e farlo
conoscere a terzi.
Contratti collegati→ una pluralità di contratti collegati tra loro, che conservano una causa autonoma e che nel loro insieme
mirano a completare un'operazione economica complessa e unitaria. Questi contratti seguono il criterio di unità/pluralità
delle cause in cui locazione e lavoro si combinano per dare vita ad una causa atipica. Le vicende che investono un contratto
possono ripercuotersi sull'altro, la promessa di pagamento o il riconoscimento del debito sono dichiarazioni unilaterali e
astratte quindi hanno un valore limitato.
La causa del contratto è diversa dalle motivazioni del contratto, la prima è la funzione oggettiva unica e comune ai
contraenti e prevede in caso di illiceità l'annullamento del contratto: art 1343 “La causa e' illecita quando e' contraria a
norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume”,(il primo caso va analizzato in modo penale e permette la difesa
di valori individuali e oggettivi, nel secondo caso si parla di un complesso di principi e norme che salvaguardano valori
fondamentali non necessariamente espliciti e nel terzo caso si parla delle norme e dei principi impliciti che regolano il
comportamento dei singoli in termini di onestà e moralità riguardanti anche la sfera sessuale Se si parla di nullità virtuale il
giudice rileva i profili di contrasto con queste 3 categorie e se lo sono non è necessaria la norma espressa per annullare il
contratto). I motivi invece sono le ragioni soggettive che inducono le parti a contrarre, sono varie e irrilevanti per il diritto,
fatta eccezione per due casi: il motivo illecito o il motivo comune che rendono il contratto nullo. Art 1345 “Il contratto è
illecito quando le parti si sono determinate a concluderlo esclusivamente per un motivo illecito comune ad entrambe”.
Nel caso del contratto nullo perché in contrasto con il buon costume non si è tenuti ad eseguire la prestazione ma se si è già
eseguita non si può ottenere la restituzione del compenso maturato in modo illecito.
Il contratto non segue un percorso unico e lineare ci sono alcuni tipi di accordi precontrattuali come: la stipulazione di un
contratto preliminare con il quale le parti si obbligano a concludere il contratto e determina il contenuto essenziale del
contratto definitivo, le ragione che inducono a stipulare questo contratto sono ad esempio se non è ancora possibile
concludere il contratto perché il compratore non ha a disposizione l'intera somma di denaro o è necessario precisare qualche
aspetto accessorio del contratto o è necessario attendere il controllo di validità di alcuni presupposti del contratto... se in
seguito a questo contratto una delle parti non adempie ci si può direttamente rivolgere al giudice. In sostituzione di questo
contratto si può stipulare un atto traslativo che corrisponde ad un contratto preliminare già definito ma mancante dei
requisiti per la trascrizione, le parti quindi compiono lo scambio ma si devono poi rincontrare per concludere il contratto, o
sennò si può stipulare la minuta contrattuale ovvero un accordo in cui le parti concordano sul alcuni elementi del contratto
ma non tutti, se non si trova un compromesso per queste si dovrà ritenere di essere in presenza di un contratto non
determinato e perciò nullo. Infine c'è la possibilità di contrarre attraverso un programma di contratto in cui le parti si
impegnano a costruire trattative per un futuro contratto del quale non hanno concordato però nessun punto essenziale.
Validità del contratto:
Art 1418 comma 1“Il contratto e' nullo quando e' contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente”
il contratto è invalido se in contrasto con una norma imperativa di legge ed è di 2 specie: nullo (è di portata generale basta
che sia violata una norma imperativa per attivare la nullità virtuale) o annullabile (ha carattere speciale ricorre quando è
prevista in conseguenza alla violazione di una norma imperativa). Le norme imperative sono norme non derogabili dalla
volontà dei privati e non contengono l'inciso “salvo patto contrario”, si distinguono dalle norme dispositive (derogabili) e
che possono contenere l'inciso “salvo patto contrario).
Art 1418 comma 2 “Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall'art. 1325, l'illiceità della
causa, l'illiceità dei motivi nel caso indicato dall'art. 1345 e la mancanza nell'oggetto dei requisiti stabiliti dall'art. 1346 Il
contratto e' altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge” in mancanza di uno dei requisiti del contratto e quindi di errore
il contratto è annullabile ma è necessario il riconoscimento dell'errore a parte di entrambi i contraenti.
Esiste anche il caso del contratto inesistente che non produce alcun tipo di effetto mentre anche solo il contratto nullo
produce degli effetti.
Annullabilità del contratto→ un contratto è annullabile solo se la conseguenza è espressa dalla legge stessa, valgono come
motivazioni ad esempio l'incapacità di uno dei contraenti, questo genera un vizio del consenso e ciò può portare a tre
ipotesi: errore (errore vizio o motivo e errore ostativo), dolo o violenza
L'errore è Errore vizio: incide sul processo formativo della realtà, sorge prima che venga dichiarata all'esterno la
una falsa volontà, una falsa rappresentazione della realtà che induce il soggetto a dichiarare una volontà che in
rappresentazi altri casi non avrebbe dichiarato, art 1429 “L'errore e' essenziale: 1) quando cade sulla natura o
E one della sull'oggetto del contratto; 2) quando cade sull'identità dell'oggetto della prestazione ovvero sopra una
r realtà che si qualità dello stesso che, secondo il comune apprezzamento o in relazione alle circostanze, deve ritenersi
r determina determinante del consenso; 3) quando cade sull'identità o sulle qualità della persona dell'altro
o senza il contraente, sempre che l'una o le altre siano state determinanti del consenso; 4) quando, trattandosi di
r concorso di errore di diritto, e' stato la ragione unica o principale del contratto” nel caso della donazione si può
e altri soggetti. richiedere l'annullamento anche nel caso di un errore di fatto anche se entrambi i contraenti devono
Producono riconoscere l'errore.
gli stessi
Errore ostativo: incide sullo strumento adoperato per la manifestazione del pensiero, non incide sulla
effetti
volontà ma cade sulla dichiarazione
Sinonimo di Dolo determinante: se in altre condizioni non si sarebbe giunti alla conclusione del contratto perciò
inganno, conduce alla annullabilità
differisce Dolo incidente: il contratto è valido ma il raggirato deve essere risarcito dal raggirante
D dall'errore
o solo per la Dolo omissivo: quando vengono omessi degli aspetti della realtà che però sono rilevanti per la
l causa per cui conclusione del contratto, in questo caso si tiene conto del principio di buona fede, se non è presente si
o si forma, può richiedere l'annullamento
ovvero i Dolo bonus: un dolo innocuo che si caratterizza per una esagerazione delle qualità dell'oggetto del
raggiri. Ci contratto, ipotesi frequente ma di solito caratterizza la comunicazione commerciale (la pubblicità) e in
sono vari tipi questo caso non si può chiedere l'annullamento del contratto.
di dolo
V Morale: ad esempio una minaccia che riguarda la persona, o i suoi beni o i familiari, è ovviamente ingiusta e contraria
i al diritto ma non tutte le minacce sono contrarie al diritto ad esempio quella di far valere i propri diritti. La minaccia
o deve essere anche notevole quindi superiore al danno che il contratto esercita al contraente oppure ciò che non spaventa
l un “uomo medio” e in questi casi il contratto è annullabile.
e La minaccia può essere sia esplicita sia implicita per far valere il suo carattere di annullabilità.
n Non è considerata minaccia il timore reverenziale ossia lo stato di soggezione psicologica dovuto da una idea personale
z di uno dei contraenti.
a Fisica: in questo caso il contratto è sempre nullo
Nullità e annullabilità
Tutti possono richiederla, anche i terzi La può richiedere solo la parte a favore della quale sia
l'annullamento
Può essere rilevata dal giudice Non può essere rilevata d'ufficio
È imprescrittibile (si può far valere sempre) È soggetta ad un termine di prescrizione di 5 anni e decorre
dalla scoperta del dolo o dell'errore oppure dalla cessazione
della violenza o dello stato di interdizione/incapacità
È una sentenza dichiarativa che opera in modo retroattivo Opera retroattivamente tra le parti ed è costitutiva ma opera
eliminando ogni possibile attività del bene successivo al solo su terzi con malafede che hanno contratto dopo quello
contratto nullo annullabile
Non può essere convalidato Può essere convalidato (a favore non della vittima ma dell'altro
Può essere convertito: quando un contratto nullo presenta contraente), le parti hanno l'effetto di sanarlo, si può fare in 2
i requisiti di un altro tipo contrattuale art 1424 “Il modi: o con una dichiarazione espressa di convalida
proveniente da colui che deve richiedere l'annullamento o in
contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto
diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di modo tacito (la vittima da esecuzione al contratto pur sapendo
forma, qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito della possibilità di annullare il contratto) [art 1444]
dalle parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero voluto
se avessero conosciuto la nullità”.
Principio di conservazione del contratto: la legge attribuisce affetti ad una dichiarazione di volontà e favorisce la
conclusione degli affari piuttosto che la non conclusione, questo principio ispira molte norme, le cause di nullità che
investono singole clausole del contratto comportano la nullità di quelle clausole ma non la nullità dell'intero contratto
(purché non fossero clausole essenziali e che vengano poi sostituite da norme imperative di legge).
Si ha anche nei contratti plurilaterali.
Ripetizione, art 1443 “Se il contratto e' annullato per incapacità di uno dei contraenti, questi non e' tenuto a restituire
all'altro la prestazione ricevuta se non nei limiti in cui e' stata rivolta a suo vantaggio”.
L'efficacia del contratto è diversa dall'invalidità
contratto invalido= inefficace→ se pronunciato da una sentenza
contratto valido= efficace→ nel momento in cui si perfeziona
contratto valido= inefficace→ non produttivo di effetti per varie cause e in varie forme.
Le cause dell'inefficacia possono essere sopraggiunta (cause che tolgono effetti ad un contratto efficace con una clausola
con un termine finale del contratto oppure la condizione ovvero un avvenimento futuro certo o incerto che al verificarsi
subordina l'efficacia del contratto) o iniziale (ritardano l'efficacia del contratto o ne rendono possibile una iniziale
inefficacia subordinata dalle parti con una clausola al raggiungimento del termine iniziale). La condizione dell'inefficacia
sopraggiunta differisce dal termine perché non si riferisce ad un avvenimento certo ma ad uno incerto e futuro (oppure un
avvenimento già accaduto ma del quale non sia ha notizia e indipendente dalla volontà delle parti), esistono vari tipi di
condizione: condizione meramente potestativa (rende nullo il contratto), condizione illecita (sia sospensiva sia risolutiva
rende nullo il contratto), condizione impossibile (se è irrealizzabile in assoluto o in concreto), condizione sospensiva,
condizione risoluta.
Se la condizione non si avvera a causa di una delle parti allora la condizione è volontaria ma ci sono casi di condizione
legale quando il contratto deve essere controllato in cui non ha effetto retroattivo.
Simulazione:
causa di inefficacia del contratto, istituto in cui i contraenti creano apparentemente un contratto di cui non vogliono gli
effetti o diverso dal contratto che vogliono davvero mettere in atto. Ci sono 3 forme:
Simulazione assoluta Simulazione relativa Interposizione fittizia di persona
Quando le parti concludono un Quando le parti creano l'apparenza di Una specie della simulazione relativa e
contratto e con un patto segreto un contratto diverso da quello effettivo, riguarda l'identità di una delle parti, un
dichiarano di non volerne gli effetti, un contratto simulato e un dissimulato soggetto interposto appare nel contratto
quindi creano l'apparenza di un (realmente dovuto) che possono essere ma non è il vero contraente, deve però
trasferimento di un diritto o della molto diversi tra loro, per tipo o per risultare da una controdichiarazione.
stipulazione di una obbligazione per contenuto e di solito attuato per motivi
terzi, i motivi sono vari. fiscali.
Art 1414 “Il contratto simulato non produce effetto tra le parti. Se le parti hanno voluto concludere un contratto diverso da
quello apparente, ha effetto tra esse il contratto dissimulato, purché ne sussistano i requisiti di sostanza e di forma”. I
contratti simulati sono inefficaci tra i contraenti ma nel caso dei terzi il contratto è efficace (per i terzi che in buona fede
hanno fatto affidamento sull'apparenza del contratto simulato) o inefficace (se i terzi sono pregiudicati nei diritti del
contratto simulato).
Contratto fiduciario→ a differenza del contratto simulato mira a realizzare effetti ulteriori voluti dalle parti, in casi di
inadempimento si può agire in giudizio, ha efficacia obbligatoria e acquisisce possesso totale del bene mentre si definisce
nullo quando costituisce il mezzo per eludere una norma imperativa.
Contratto indiretto→ quando il contratto è utilizzato per una funzione diversa dalla sua causa tipica e ha gli stessi limiti del
contratto fiduciario (se è frode è nullo), si caratterizza per l'antitesi tra dichiarazione e controdichiarazione.
Contratti per consumatori→ un contratto la cui disciplina è ripartita da un punto di vista soggettivo dello status dei
contraenti, le parti sono: il professionista (la persona che conclude contratti per la cessazione di beni o la protezione di
servizi) un imprenditore che (non in modo occasionale) svolga una attività volta alla produzione e distribuzione di beni e il
consumatore (la persona fisica che per contratto si appropria dei beni forniti dal professionista per scopi personali), in
questo caso la nullità relativa opera a favore solo del consumatore e non colpisce l'intero contratto ma solo una clausola.
Rappresentanza:
si suppone che le parti del contratto siano le parti che lo stipulano e che poi regolano e estinguono il contratto, ma può
accadere che le parti del contratto siano diverse dalle parti del rapporto, un rappresentante partecipa con una propria
dichiarazione di volontà e il rappresentato subisce gli effetti giuridici di quella dichiarazione di volontà. Il potere di
rappresentanza può essere conferito dall'interessato (rappresentanza volontaria) oppure può derivare dalla legge
(rappresentanza legale), la prima è manifestazione autonoma del soggetto mentre nella seconda manca un atto di autonomia
del rappresentato. Il contratto concluso produce effetti sul rappresentatoci sono 3 condizioni necessarie: innanzitutto il
contratto deve essere concluso nei limiti delle facoltà contrattuali, poi deve essere concluso nell'interesse del rappresentato e
nel nome del rappresentato.
Se il rappresentante durante la stipulazione del contratto supera i limiti stabiliti si parla di procuratore falso perché ha agito
in nome altrui e il contratto non può avere effetti sul rappresentato. Nel caso di contratto inefficace il rappresentante può
ratificare il contratto per sanare il difetto iniziale e ciò ha effetto retroattivo sanando tutto e diventando efficace dall'iniziale
data di stipulazione. Il contratto ratificato protegge il rappresentato ma non il terzo contraente che vede sacrificare il suo
interesse e può solo chiedere un risarcimento del danno se non ha colpa di negligenza, inoltre il rappresentato può revocare
il contratto attraverso un atto unilaterale ma deve rendere partecipe il terzo.
Il contratto concluso dal rappresentante in conflitto con gli interessi del rappresentato è viziato e quindi annullabile a
seguito di richiesta, un contratto tipico in questo caso è quello con se stesso in cui chi ha la procura di vendere lo fa a se
stesso, ciò rende il contratto annullabile per domanda del rappresentato a meno che non ci sia una autorizzazione espressa e
la predeterminazione del contratto.
In nome e per conto di un altro soggetto, “spendita del nome” necessaria nel caso scritto, deve infatti essere esplicitato il
nome del rappresentato se agisce per proprio interesse mentre può essere omesso se il contratto avrà effetto sul
rappresentante, in questo caso il rappresentante è tale solo se lo è diventato tramite procura (speciale o generale, la prima
conferisce il potere di porre in essere uno specifico atto la seconda ha per oggetto categorie di atti) o in via legale.
Contratto tipico→ mandato con rappresentanza in cui una fonte può essere un contratto di lavoro, di agenzia o di mandato
semplice e il mandatario si obbliga nei confronti del mandante a compiere uno o più atti giuridici per conto del mandante. Si
presume che ciò avvenga a titolo oneroso e che ci sia un compenso per il lavoro svolto.
Il mandatario agisce per conto del mandante, il mandato senza rappresentanza comporta il trasferimento al mandante dei
diritti acquisiti dal contratto.
Effetti del contratto:
il contratto inteso come rapporto instaurato tra parti e fonte di diritti e obbligazioni si divide in attuazione ed esecuzione del
contratto (in caso di inadempimento manca l'esecuzione), entrambe possono essere immediate ad esempio le prestazioni
istantanee oppure possono protrarsi nel tempo come le prestazioni di lunga durata o di esecuzione differita, continuata o
periodica.
Attuazione Esecuzione istantanea: compimento di un fatto simultaneo alla clausola stabilita nel contratto ma può
immediata esaurirsi in una unica soluzione o in una pluralità di fatti ad esempio la vendita rateizzata
Esecuzione continuata o periodica: contratti che obbligano le parti ad una prestazione che deve essere
ripetuta periodicamente nel tempo
Contratti di durata: le parti instaurano un vincolo che si protrae nel tempo e pone problemi di protezione
del contraente più deboli, infatti il codice civile lo sfavorisce perché considera ciò una rinuncia della
Attuazione
protratta nel libertà contrattuale. Per tutelare questa situazione vengono perciò utilizzai il termine di durata massimo (in
tempo alcuni casi stabilito dalla legge) e il recesso (le parti devono avere questa facoltà), il recesso può avere due
forme: quello puro e semplice (o ingiustificato) e quello per giusta causa (o giustificato) il primo è
unilaterale e il secondo si riserva solitamente al datore di lavoro.
la legge protegge il contraente più debole, perché lo sviluppo economico dipende dal più proficuo impiego
delle risorse materiali umane e i vincoli contrattuali perpetui, che impediscono il mutamento della
destinazione delle risorse, sono un ostacolo all’impiego più proficuo di esse.
Per soddisfare queste esigenze la legge utilizza due figure: il termine finale massimo e il recesso.
Per estinguere un contratto, occorre il mutuo dissenso, nuovo accordo fra le parti volto ad estinguere il rapporto contrattuale
già costituito all’atto della prima stipulazione. Ma il contratto può anche consentire ad una delle parti il recesso, atto
unilaterale (quindi non richiede l’accettazione dell’altra parte, ma basta che egli ne venga a conoscenza) e produce l’effetto
di sciogliere il contratto nel momento in cui viene comunicato. Nei contratti ad esecuzione istantanea/differita, la facoltà di
recesso può essere esercitata solo prima che il contratto abbia avuto un principio di esecuzione, perché se la parte ha già
iniziato ad eseguire la sua prestazione, non può più pretendere la restituzione di ciò che ha dato/ricevuto.
Mentre nei contratti ad esecuzione continuata/periodica è possibile richiedere il recesso durante l’esecuzione ma non ha
effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione. Nei contratti plurilaterale vale per il recesso una regola
(analoga all’invalidità del contratto): il recesso di una parte non comporta lo scioglimento dell’intero contratto, a meno che
tale parte è essenziale per lo svolgimento del contratto stesso. Talvolta la clausola prevede per il recesso un corrispettivo per
esso: il recesso è valido solo quando questo corrispettivo (di solito una somma di denaro) viene pagato.
Il contratto può essere anche estinto per le “cause ammesse dalla legge” che sono di 2 ordini: alcune riguardano i contratti a
titolo oneroso (risoluzione e recisione) altre invece concernono i contratti di durata.
Gli effetti del contratto sono:
effetti obbligatori: si fa riferimento alle obbligazioni che derivano dal contratto (es. obbligazione del venditore di
consegnare la cosa venduta e quella del compratore di pagarla)
effetti reali: si fa riferimento agli effetti prodotti direttamente dal consenso, dal contratto inteso come atto di accordo tra le
parti, al momento stesso della formazione di questo accordo. (es. il trasferimento della proprietà dal venditore al
compratore). Il nostro sistema è retto in materia di contratti con effetti reali dal principio consensualistico (per i beni mobili,
la cosa è nostra quando stringiamo l’accordo, non quando la paghiamo, per i beni immobili, manca una regola analoga e
garanzia per il venditore però le parti possono adottare le forme della vendita con riserva della proprietà, per le quali il
compratore acquista la proprietà della cosa solo con l’ultimo pagamento della rata del prezzo). Rischio del perimento del
bene: del venditore se ne è ancora proprietario o del compratore se lo è appena divenuto. “Il bene perisce presso il
proprietario” quindi è importante stabilire in quel momento chi è il suo proprietario. Se è del compratore e la cosa perisce
prima della sua consegna, per causa non imputabile al venditore, allora il compratore dovrà ugualmente pagare il suo
prezzo.
Vi è poi l’ipotesi del patto di non alienazione il contenuto in un contratto: es. Tizio vende a Caio il quale si obbliga a non
rivendere a sua volta. Al patto di non alienazione, l’art.1379 attribuisce effetti limitati nel tempo: esso ha effetto solo tra le
parti, poi il patto è valido solo se il divieto di alienare è convenuto entro convenienti limiti di tempo (che varia da caso a
caso) e se risponde ad un apprezzabile interesse di una delle due parti. Ma tale patto non può essere di lunga durata perché
andrebbe contro la fondamentale esigenza economica della libera circolazione della ricchezza. Altro limite contrattuale alla
facoltà di disporre, connesso all’alienazione della cosa, è il patto di prelazione: è un contratto in forza del quale un
soggetto (promittente) si obbliga a dare la preferenza, nella stipulazione di un futuro ed eventuale contratto, a un altro
soggetto (promissario) rispetto a terzi, in genere a parità di condizioni.
Il rapporto di corrispettività tra prestazioni è tradizionalmente detto sinallagma, espressione che da l’idea di una
interdipendenza (vuol dire “essere legati insieme”). Il sinallagma deve risultare dal contratto e ne costituisce la causa,
connaturato nella stessa nascita del contratto, ma si realizza poi nella fase di esecuzione quando ciascuna delle parti esegue
la sua prestazione, la funzione economico-sociale si attua.
Risoluzione del contratto→ un contratto può essere oneroso (ci sono parti obbligate una nei confronti dell'altra, o c'è uno
scambio di prestazioni) o gratuito (una parte sola è obbligata tipo la donazione). Risoluzione vale a dire scioglimento del
contratto la disfunzione che non permette la risoluzione del contratto può avvenire per vari motivi, le ipotesi sono 3: per
inadempimento, per impossibilità sopravvenuta o per eccessiva onerosità.
Di fronte all'inadempimento l'altra parte ha la facoltà di chiedere la condanna della controparte ad eseguire la prestazione
(domanda di adempimento) oppure si può richiedere la risoluzione del contratto, però una volta chiesta la risoluzione non
si può più chiedere l'adempimento, infine l'inadempiente non può bloccare la richiesta di risoluzione con l'adempimento
(art 1453). in ogni caso il contraente non inadempiente può richiedere il risarcimento del danno, questo tipo di risoluzione
anche detta giudiziale (in quanto pronunciata da un giudice) ha natura costitutiva. La risoluzione del diritto che non
richiede la sentenza di un giudice ha tre forme: 1) la diffida ad adempiere, 2) la clausola risolutiva espressa 3) la scadenza
del termine essenziale. si può intimare alla parte di adempiere entro il termine non inferiore a 15 giorni e al termine del
quale il contratto è risolto senza necessità del giudice. I contraenti possono convenire che il contratto si risolva qualora non
sia adempiuta la prestazione ma è necessario che la parte non inadempiente dichiari all'altra di volersi avvalere di quella
clausola. Il contratto si risolve qualora sia fissato per la prestazione un termine essenziale (se la prestazione non ha più
utilità superato quel termine) il caso tipico è il sarto che deve consegnare un vestito da sposa entro il matrimonio, in questo
caso la scadenza del termine indica la risoluzione automatica del contratto e non ha bisogno di alcuna dichiarazione. Il
contraente può sospendere l'esecuzione della propria prestazione se le condizioni patrimoniali dell'altro sono divenute tali
da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione.
È uno dei modi di estinzione dell'obbligazione diversi dall'inadempimento, essa comporta l'estinzione anche dell'altra parte
dell'obbligazione risolve l'intero rapporto contrattuale. La parte libera deve però restituire quella ricevuta, la risoluzione
opera di diritto e ha natura dichiarativa. Nel caso di impossibilità parziale il debitore si può liberare eseguendo la
prestazione per la parte ancora possibile ed è prevista l'attribuzione all'altra parte di un diritto ad una corrispondente
riduzione della prestazione dovuta.
Questa opera rispetto ai contratti l'esecuzione dei quali è destinata a protrarsi nel tempo, ad esecuzione continuata o
periodica, può accadere che tra la conclusione del contratto e la sua esecuzione l'equilibrio tra le due prestazioni subisca
una alterazione divenendo l'una eccessivamente onerosa rispetto all'altra, in questo caso la parte può domandare la
risoluzione, lo squilibrio deve essere significante (il giudice compie questa valutazione), e deve essere causata da
avvenimenti straordinari e imprevedibili sopravvenuti. La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla
offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto, questo caso non sussiste però nei contratti aleatori (contratti
in cui le parti si obbligano ad una prestazione se la controprestazione gli sarà dovuta e si accetta il rischio di non ricevere
nulla).
Rescissione del contratto→ uno squilibrio sopravvenuto (che si crea successivamente alla contrazione) e rilevante porta alla
rescissione se invece lo squilibrio è irrilevante o originario si parla di asimmetria del contratto in cui c'è un contraente
debole e uno forte, è valido perché si ha la libertà di contrarre con chi si vuole. Alla rescissione ci possono essere due cause:
1) contratto concluso in stato di pericolo: chi firma un contratto iniquo per salvare se o altri da un pericolo attuale di
un danno grave e per questo può chiedere poi la rescissione al giudice.
2) Rescissione generale di lesione: chi firma un contratto in uno stato di bisogno economico (non di pericolo), esiste
un criterio stabile per misurare la lesione, deve andare oltre la metà del valore dell'altra prestazione e deve perdurare
come sproporzione, questo caso non è valido per i contratti aleatorie non è ammessa la convalida del contratto
rescisso ma è ammessa la riconduzione ad equità.
Gli effetti della rescissione rispetto ai terzi sono regolati in modo corrispondente a quelli della risoluzione, sono soggetti ad
un termine di un anno.
Ci sono delle regole di condotta da seguire per i contraenti ad esempio la buona fede (regola ricorrente in tutte le fasi del
contratto, vale anche come criterio di interpretazione del contratto) si parla di correttezza e lealtà oggettiva e ha la funzione
di colmare le lacune del diritto che non può prevedere tutte le sfumature che esistono nella realtà. La buona fede opera nelle
trattative e nella formazione del contratto, vuol dire che esiste il dovere di informazione tra le parti che devono essere a
conoscenza di ogni aspetto che potrebbe essere determinante per la scelta di contrarre o no. La buona fede durante
l'esecuzione del contratto si esprime attraverso l'obbligo di comportarsi in buona fede per conservare integre le condizioni
della controparte e il divieto di rifiutare la propria prestazione se non in buona fede.
Regole di costume: non sono scritte e corrispondono a ciò che un contraente si dovrebbe sentire in dovere di fare in una
situazione media di lealtà e correttezza, spetta al giudice decidere secondo l'art 2 della costituzione e il principio del
solidarismo.
La rottura delle trattative precontrattuali interviene quando una parte ha un motivo di fare affidamento sulla successiva
stipulazione di un contratto, chi cagiona un danno lo deve risarcire. Art 1338 “La parte che, conoscendo o dovendo
conoscere l'esistenza di una causa d'invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all'altra parte e' tenuta a risarcire il
danno da questa risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto”. Si parla di abuso del diritto
quando un contraente esercita i diritti che gli derivano per realizzare scopi diversi da quelli originali e le conseguenze a ciò
dipendono dal giudice, ciò se il fine è ingiustificato e quindi non in buona fede.
Interpretazione del contratto:
i criteri vincolanti che la regolano si trovano tra gli articoli 1362-67 e devono essere utilizzati dal giudice in un duplice
ordine: criteri soggettivi (ricercano la comune volontà dei contraenti) e oggettivi (si rifanno alla buona fede contrattuale).
Art 1362 “Nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al
senso letterale delle parole. Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento
complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto” i criteri soggettivi non si devono limitare al senso delle parole
utilizzate, è per questo necessario osservare il comportamento complessivo delle parti, è anche necessario interpretare le
singole clausole le une per mezzo delle altre (interpretazione sistematica). Art 1366 “Il contratto deve essere interpretato
secondo buona fede”, I criteri oggettivi invece si basano in primis sulla buona fede , al contatto deve essere dato il
significato che gli darebbero dei contraenti corretti (anche se non lo sono o se si cambia il significato testuale del contratto),
poi ci sono altri criteri per le clausole ambigue alle quali si possono attribuire più significati, art 1369 “Le espressioni che
possono avere più sensi devono, nel dubbio, essere intese nel senso più conveniente alla natura e all'oggetto del contratto”.
Principio di conservazione del contratto: Art 1367 “Nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel
senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno” la clausola ambigua è
considerata valida secondo ciò che generalmente si tratta nel luogo il cui il contratto viene concluso, è però diverso se uno
dei contraenti è un imprenditore. Art 1370 “Le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in moduli o
formulari predisposti da uno dei contraenti s'interpretano, nel dubbio, a favore dell'altro” ovvero contro colui che le ha
proposte.
Ci sono alcuni criteri di chiusura: 1) il contratto a titolo oneroso (si interpreta per raggiungere equità tra prestazione e
controprestazione) 2) contratto a titolo gratuito (si interpreta nel senso meno gravoso per il contraente che si obbliga).
Tendenze generali: l'esaltazione della volontà, si tende ad oggettivare lo scambio contrattuale, ciò si manifesta nello
scambio tra imprenditori e utenti dell'impresa, per supposizione del contratto ci sono dei contratti che hanno un momento
della conclusione ma che non hanno menzionato espressamente nel contratto.
Contratti dei consumatori:
art 1469 bis “Le disposizioni del presente titolo si applicano ai contratti del consumatore, ove non derogate dal codice del
consumo o da altre disposizioni più favorevoli per il consumatore” esistono 2 definizioni normative di consumatore e di
professionista contenute nell'art 3 del codice del consumo “Ai fini del presente codice ove non diversamente previsto, si
intende per: a) consumatore o utente: la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale,
commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta; c) professionista: la persona fisica o giuridica che agisce
nell'esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario”
queste definizioni valgono per le discipline inserite nel codice del consumo e che riguardano i rapporti contrattuali, e
valgono anche per il codice civile. Il consumatore è una figura che si lega alla natura del soggetto che stipula il contratto e
agli scopi che persegue, da un lato dell'accordo il consumatore (parte debole) e dall'altro il professionista (parte forte). Il
codice del consumo contiene le regole che caratterizzano i rapporti tra queste due figure e li suddivide in 3 gruppi:
Le norme che si applicano a qualsiasi Le norme trasversali a una pluralità di Norme dettate per singole determinate
rapporto contrattuale instaurato tra fattispecie ma non suscettibili di essere tipologie contrattuali che prescindono
professionisti e consumatori considerate valevoli per tutte le dal luogo e dal mezzo di
tipologie contrattuali comunicazione
Disposizioni che riguardano le clausole Art 49- 59-66
vessatorie e le incorrettezze nelle
pratiche commerciali
Discipline di natura mista (condividono norme privatistiche e norme di natura pubblicistica).
Art 18 lettera d “"pratiche commerciali tra professionisti e consumatori" (di seguito denominate: "pratiche commerciali"):
qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la
commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di
un prodotto ai consumatori” è irrilevante il contenuto la causa e l'oggetto del contratto, è indispensabile invece la relazione
tra la condotta tenuta dal professionista e la promozione di beni o servizi destinati a consumatori e l'instaurazione (e
esecuzione) di rapporti contrattuali tra professionisti e consumatori. La condotta si esprime con tutti i comportamenti posti
in essere nel rapporto con il consumatore, l'art 20 esprime il divieto di utilizzare pratiche commerciali scorrette nei confronti
dei consumatori e nel secondo comma definisce pratiche scorrette “Una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla
diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al
prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la
pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori”. La definizione di diligenza professionale si trova
nell'art 18 lettera h “"diligenza professionale": il normale grado della specifica competenza ed attenzione che
ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei loro confronti rispetto ai principi generali di correttezza
e di buona fede nel settore di attività del professionista” le pratiche da evitare sono quelle ingannevoli e quelle aggressive
sulle quali agisce l'autorità garante della concorrenza e del mercato nei confronti del professionista scorretto e può eliminare
la pratica o imporre delle sanzioni pecuniarie.
Le clausole che risultano vessatorie sono nulle e rimangono valide le altre parti del contratto, la clausola è vessatoria se
determina un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto a carico del consumatore, c'è un
elenco delle clausole che si presumono vessatorie secondo comma dell'art 33 (cerca), se una clausola presente tra queste
limitazioni si trova in un contratto il consumatore è sufficiente allargare in giudizio la vessatorietà per vederla nulla, poi il
professionista può dimostrare che in quel caso la clausola non sia vessatoria.
Non possono essere considerate vessatorie le clausole sul prezzo del prodotto, o quelle che riproducono disposizioni legge,
o quelle inserite a seguito di una trattativa individuale ovvero la negoziazione contratta in una situazione di equilibrio (non
vale per alcune categorie di clausole che sono sempre nulle).
È necessario che le clausole siano comprensibili e chiare quando vengono redatte per iscritto (principio di trasparenza).
L'art 37 parla dell'azione inibitoria ovvero un rimedio preventivo che protegge i consumatori, si fa per chiedere all'autorità
giudiziaria di vietare ai professionisti di avvalersi di clausole vessatorie o di continuare a farne uso per regolare i rapporti.
Sharing economy:
“modelli imprenditoriali in cui le attività sono facilitate da piattaforme di collaborazione che creano un mercato aperto per
l'uso temporaneo di beni o servizi forniti da privati” questa non è l'unica definizione di sharing economy, ce ne sono molte,
si può chiamare anche economia peer to peer o gig economy o collaboratory economy. L'utente non è più solo destinatario
ma un attore attivo nel mercato grazie al web che ha permesso agli utenti di ottenere autonomamente le informazioni
relative ai prodotti svincolandosi dai professionisti intermediari. Questo tipo di economia si distingue dalle altre per la
possibilità di acquisire beni a costi contenuti e di accedere temporaneamente al bene stesso, ci sono varie categorie di beni
facenti parte della sharing economy, ad esempio i beni accessibili (di uso comune e aventi una capacità eccedente rispetto
all'utilizzo che ne fa il proprietario, ovvero presenti sul mercato in blocchi di capacità acquistabili in toto), i beni devono
anche essere delle risorse a decadimento rapido come il posto in auto condiviso durante il ride sharing.
Inoltre questa economia crea attriti con il commercio tradizionale (caso taxi uber) a causa spesso della competitività dei
prezzi. La gig economy è tutt'ora molto dibattuta perché consiste nella prestazione di una persona.
I gestori informatici sono le piattaforme online e sono tutte riconducibili ad una base unitaria, ma sono contraddittorie e
non sono definibili in modo unitario (con una definizione chiara): in Francia la piattaforma digitale comprende “ogni
piattaforma che offre un servizio di comunicazione elettronica a titolo professionale nei confronti del pubblico, in modo
remunerativo o meno” ma questa è una definizione molto generale, la direttiva 2031 della comunità europea o 2015-35
afferma un'idea più ristretta di piattaforma in cui esse si definiscono come color le quali attività sono inquadrabili come
servizi della società dell'informazione.
Secondo il regolamento 2019 1150 dell'unione europea all'art 2 si parla della tutela degli operatori professionali dei servizi
di intermediazione online definiti come servizi che consentono agli utenti commerciali di offrire beni o servizi ai
consumatori con l'obbiettivo di facilitare l'avvio di transazioni dirette tra utenti commerciali e consumatori. Questa
definizione non permette l'inclusione delle piattaforme di sharing economy, la commissione europea ha distinto perciò le
piattaforme in funzione delle loro caratteristiche prendendo atto della difficoltà nel catalogare (approccio basato sui
problemi), ci sono quindi:
-piattaforme che perseguono un obbiettivo solidale ad esempio la condivisione di beni o servizi per la collettività
-piattaforme che svolgono un ruolo attivo nello scambio tra utenti e offrono un ampliamento della visibilità dei prodotti
(sulle quali non si può ancora attivare la sharing economy
-piattaforme ibride: che permettono ai privati di accedere ad un bene di cui non hanno il permesso contattando privati (peer
to peer) che sono proprietari di quel bene e sono disposti a concedere un godimento temporaneo del bene.
Le relazioni che si instaurano tra gli attori sono di vario tipo:
Buisness to costumer Relazioni che si instaurano direttamente con la piattaforma (piattaforma-prestatore NON
professionale o piattaforma-utente)e sono regolate dalla disciplina del codice del consumo.
Buisness to buisness Relazioni piattaforma-prestatore di servizi in cui la piattaforma può abusare della situazione se
non è solo una finestra di accesso al mercato ma se offre un prodotto entrando quindi in conflitto
di interessi con un utente che offre lo stesso prodotto
Per queste caratteristiche non vi è una disciplina unitaria e organica. L'attività professionale deve essere professionale
oneroso, deve svolgere la sua attività con frequenza e il fatturato deve essere alto ma limitato.
Prosamer→ contrazione di produttore e consumatore, termine coniato negli anni 80 e rappresenta colui che su una
piattaforma investe entrambi i ruoli ed è perciò difficile da regolare, nel nostro ordinamento esiste nel settore di
rifornimento di gas naturale ed energia elettrica. Al contempo egli è produttore e consumatore finale ma non produce per
privato e non c'è una disciplina apposita per questa figura e quindi vanno adattate altre discipline.
Ci sono ancora oggi molte incertezze intorno alla sharing economy ad esempio sulla possibilità di feedback, ovvero le
opinioni dei clienti il cui obbiettivo è quello di creare una trusted comunity, queste infatti se non vengono regolate possono
essere utilizzate in modo scorretto e controllate quindi dagli intermediari informatici.
Credito ai consumatore:
si parla della categoria di contratti in cui il finanziatore concede un credito > 200 € e <75000 € ad un consumatore sotto
forma di dilazione di pagamento, finanziamento ecc... fatta eccezione per alcuni contratti come quelli con cui si concede un
finanziamento a titolo gratuito o i contratti ultra-quinquennali.
Le operazioni di credito finalizzato sono quelle in cui viene adoperato un finanziamento destinato a consentire al
consumatore di acquistare un bene mobile o un servizio ben determinato, mentre le operazioni di credito sono quelle in cui
il finanziamento non è assoggettato ad alcun vincolo di scopo e utilizzabile per qualsiasi finalità estranea alla personalità
fisica con cui il finanziatore conclude il contratto.
Questi contratti sono assoggettati ad un regime legislativo particolare composto dal testo unico bancario e legislazioni
contenute in altre fonti. Esiste un elenco delle informazioni di base obbligatoriamente fornite i forma chiara e evidenziata in
ogni documento che riguardi questo contratto:
-l'ammontare del tasso delle spese comprese nel costo totale del credito
-l'importo totale del credito
-il tasso annuo effettivo globale (o TAEG) espresso in percentuale.
Ci sono inoltre degli obblighi informativi precontrattuali:
• obbligo di fornire al consumatore le informazioni necessarie per consentirgli si assumere una decisione consapevole
(deve essere cartaceo)
• obbligo di consegnare una copia della bozza del contratto di credito se il consumatore lo richiede
• obbligo di fornire chiarimenti adeguati
• obbligo del finanziatore di valutare, prima della firma del contratto, il merito creditizio del consumatore
ovviamente ci sono anche dei vincoli formali infatti devono essere redatti su supporto cartaceo o comunque durevole e se ne
deve fare una copia.
I contenuti del contratto sono tutte le informazioni e le condizioni individuate (con il regolamento della banca d'Italia del
2011 “trasparenza delle operazioni e dei servizi bancarie finanziari”. Sono nuove le clausole che pongono a carico del
consumatore costi che non siano stati inclusi nel tasso annuale globale.
La nullità parziale è la lacuna che si crea e si risolve con l'applicazione dei criteri legali, alcune vicende però portano ad una
nullità integrale ad esempio la mancanza delle informazioni essenziali, inoltre il finanziatore ha un diritto di recesso
ordinario (valido in tutti i contratti di credito a tempo indeterminato e in cui il consumatore può sciogliere sempre in modo
unilaterale il contratto senza nessuna penalità o spesa) o un diritto di recesso straordinario o ripensamento (valido in
qualsiasi contratto di credito e in cui il consumatore può scegliere se comunicare l'intenzione al finanziatore entro 14
giorni).
Art 125 quinquies del testo unico bancario “ Nei contratti di credito collegati, in caso di inadempimento da parte del
fornitore dei beni o dei servizi il consumatore ha diritto alla risoluzione del contratto di credito” il contratto stipulato
risulta collegato con un contratto stipulato dal consumatore con un professionista per l'acquisto di un bene o la fornitura di
un servizio (è un'ipotesi frequente), spesso per sostenere l'acquisto di un bene o la fornitura di un servizio si mette a
disposizione del consumatore lo strumento finanziario per poterlo fare, questo accade a condizione che il consumatore si sia
avvalso del contratto di credito (del bene o del servizio) per promuovere o concludere il contratto di credito. In caso di
inadempimento (non di scarsa importanza) il consumatore si vede attribuire la risoluzione del contratto di fornitura e di
quello di credito secondo l'art 1460 del codice civile. Art 126 sexis “Il consumatore può rimborsare anticipatamente in
qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore. In tal caso il consumatore ha diritto a una riduzione
del costo totale del credito, pari all’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto”. La tutela del
consumatore contraente prevede due provvedimenti: consumatore come turista o consumatore che acquista beni immobili
in time sharing, nel primo caso si prevede che egli all'interno della comunità europea sia a rischio di abusi e la legislazione
italiana si è preoccupata di creare una legislazione a posta per tutelarlo, il professionista ha l'obbligo di informare il turista
(prima della conclusione del contratto) sugli elementi rilevanti del contratto elencandole in modo scritto con la consegna di
un opuscolo chiaro ed esauriente, inoltre (e ciò vale per entrambi i provvedimenti) il contratto deve essere scritto e il
consumatore deve averne una copia in italiano che deve essere chiara a pena di nullità.
Art 79 il consumatore o turista ha il diritto di recedere dal contratto e anche dal contratto di multiproprietà, in caso di
inadempimento del contratto deve esserci una garanzia bancaria o assicurativa che non permetta di far perdere somme di
denaro al consumatore, le sanzioni sono molto pesanti vale a dire l'integrale nullità.
Ci sono anche dei diritti fondamentali del consumatore come il diritto alla correttezza (nella buona fede della condotta del
professionista), il diritto alla trasparenza (quando vengono imposti precisi obblighi di informazione e forme che la tutelano)
e l'equità sostanziale nei rapporti contrattuali.
Azione di classe→ forma di tutela che consente aggregazione di classi analoghe per le quali ciascun componente di esse è
legittimato ad agire o ad aderire all'azione, uno strumento di tutela restitutoria e risarcitoria alternativa o complementare
rispetto alle azioni sussidiarie delle azioni esperibili ad ognuno in forma separata. L'ordinamento tende a tutelare i soggetti
deboli, questa cosa si conferma nei rapporti tra imprenditori nel caso in cui ci sia una asimmetria di potere. La legge 192
sulla subfornitura “È vietato l'abuso da parte di una o più imprese dello stato di dipendenza economica nel quale si trova,
nei suoi o nei loro riguardi, una impresa cliente o fornitrice”, si vieta l'abuso da parte delle imprese dello stato di dipendenza
economica nel quale si trova l'impresa cliente/fornitrice, ci sono vari tipi di abusi che possono essere attuati
dall'imprenditore più forte e rende il patto nullo in caso di attuazione.
Il decreto legislativo sui ritardati pagamenti delle transizioni commerciali (con lo scopo di arginare i ritardi) è applicabile ai
contratti tra imprese e pubbliche amministrazioni (come oggetto hanno la consegna di merci o la prestazione di servizi), in
questo caso in modo automatico decorrono interessi di mora dal giorno successivo alla scadenza del termine previsto per il
pagamento.
Commercio elettronico:
regolamentato dalla definizione europea del '97 che la paragona ad ogni altra attività, riguardava vari aspetti commerciali, il
tratto caratterizzante riguarda come venivano compite le azioni e non cosa riguardasse il commercio, nel 2000 si è
ricondotto il commercio elettronico ai servizi della società dell'informazione: direttiva 31 del 2000 “la classe di servizi
prestati dietro retribuzione a distanza per via elettronica mediante apparecchiature elettroniche di elaborazione e
memorizzazione di dati, a richiesta individuale di un destinatario di servizi”
si distingue dalle altre forme di commercio (anche quelli a distanza) il commercio online può: ridurre le asimmetrie
informatiche, disporre di un numero illimitato di beni e raccogliere e analizzare enormi quantità di dati (raccolta regolata in
modo giuridico), inoltre esso non ha gli stessi costi di un negozio fisico normale.
Il concetto di Dematerializzazione delle relazioni commerciali nell'e-commerce, permette la distinzione (a seconda di cosa
riguarda) di due tipi di commercio online:
1 e-commerce indiretto: cessione di beni materiali visionabili su cataloghi online trasportati al cliente tramite canali
tradizionali, la dematerializzazione si verifica nella conclusione del contratto
2 e-commerce diretto: la cessione di beni immateriali e servizi informatici forniti tramite internet la cui natura rende la
prestazione automatizzata e con un intervento umano minimo, la dematerializzazione si verifica sia nella conclusione del
contratto sia nella sua esecuzione.
La dematerializzazione è il problema centrale di questa disciplina, si teme infatti che i contratti online possano essere
permeabili a furti d'identità o che possano essere simulati o manipolati, per ovviare questo problema i contratti sono
sottoposti ad un complesso sistema di crittografia.
Nell'art 7 del decreto legislativo 70 del 2003 si richiede alle piattaforme di fornire i dati informativi e prima ancora deve
esplicare in modo chiaro alcune informazioni: le fasi tecniche da seguire per la conclusione del contratto, il modo con cui il
contratto concluso sarà archiviato, le modalità di accesso all'archivio, i mezzi tecnici a disposizione del contraente per
individuare e correggere gli errori di inserimento dei dati, i codici di condotta a cui aderisce il venditore e come accedervi in
modo telematico, le lingue a disposizione per la conclusione del contratto e l'indicazione degli strumenti di composizione
delle controversie. Se una piattaforma non adempie a queste richieste è sanzionabile in modo pecuniario (art 21).
offerte delle piattaforme sono uguali alle offerte al pubblico→ integra gli estremi di una proposta contrattuale
↓ quando contiene gli elementi essenziali del contratto alla
proposte contrattuali vincolanti per le cui conclusione è diretta (basta una adesione per
piattaforme indipendentemente dall'identità considerare concluso un contratto).
Del soggetto che le accolga.
Il contratto è concluso a norma del combinato di questi due articoli (1326-1335) quando la piattaforma viene a conoscenza
dell'accettazione del consumatore.
Art 13 “Salvo differente accordo tra patti diverse dai consumatori, il prestatore deve, senza ingiustificato ritardo e per via
telematica, accusare ricevuta dell'ordine del destinatario” ciò allo scopo di riequilibrare l'asimmetria informativa tra
impresa e consumatore e quindi per tutelare il contraente debole, alcune condotte delle persone che distribuiscono i propri
beni tramite e-commerce devono essere specificate.
Diritto antitrust contemporaneo: le regole dell'antitrust impediscono alle imprese di esercitare un potere di mercato atto ad
alterare l'incontro tra offerta e domanda, ci sono 3 profili:
1 i soggetti e le condotte che formano oggetto dei divieti antitrust i profili che permettono
2 in cosa consiste il corretto funzionamento del mercato di capire
3 in cosa consiste il potere del mercato i decreti antitrust
i decreti antitrust si applicano solo alle imprese e non alle decisioni dei governi (a cui sono destinate altre regole), si
definisce impresa tutti coloro che operano secondo la logica del mercato (e quindi non contano le persone fisiche o
giuridiche se controllate o finanziate da un'entità pubblica o privata), l'unico dato che conta è che per un agente razionale
l'attività svolta dal soggetto sia economicamente sostenibile. È necessaria quindi una combinazione minima di persone
giuridiche o fisiche che hanno autonomamente e indipendentemente deciso di svolgere l'attività.
Per stabilire se il comportamento delle imprese peggiori il meccanismo di mercato è utile studiare gli effetti che produce
sulla base di 5 variabili: prezzo, quantità di mercato, qualità, varietà dell'offerta e tasso d'innovazione.
Per l'antitrust sono anti competitive le pratiche di una o più imprese che siano capaci nel breve periodo di aumentare i prezzi
e diminuire le quantità di beni disponibili sul mercato e che nel lungo periodo peggiorino la qualità la varietà e il grado di
innovazione senza che si rifletta sul prezzo.
Intesa anti concorrenziale (offline):
una qualsiasi forma di collaborazione tra imprese, nell'antitrust si identificano gli imprenditori che non determinano in
modo autonomo le proprie condotte di mercato ma si accordano con i propri concorrenti.
Esistono 3 tipi di imprese:
Accordi veri e propri Decisioni di associazioni di imprese Le pratiche concordate
Quando le imprese sono coinvolte in Quando una struttura che riunisce due o Quando le imprese convengono di
uno scambio di informazioni più imprese (ovvero una associazione di limitare il loro comportamento
strategiche, capaci di influenzare la loro imprese) esprime una volontà collettiva commerciale individuale definendo le
condotta di mercato e che saranno di queste imprese linee guida della loro azione o inerzia
utilizzate per coordinarne le scelte (non azione)
commerciali
L'antitrust si occupa delle situazioni in cui le volontà di più imprese concorrono, a prescindere da come si manifesta, nel
caso della volontà comune che si evolve in accordo il concorso si spiega nella scelta di comportarsi sul mercato in un modo
determinato con processi decisionali congiunti o impegni per un obbiettivo comune (una pratica non concordata è una
collaborazione consapevole a danno della concorrenza e un contatto tra gli operatore.
Non costituiscono un'impresa i comportamenti paralleli delle imprese in uno scenario di interdipendenza oligopolistica
ovvero quando due o più imprese hanno lo stesso comportamento perché la struttura del mercato glielo chiede, allora la
disciplina dell'antitrust non può chiamata in causa.
È intesa invece quando si constata un concorso di volontà tra imprese senza necessità di prestare attenzione alle modalità
secondo le quali questo concorso si manifesta.
Le intese possono essere restrittive per oggetto o per effetto (l'antitrust vieta le intese che hanno per oggetto l'effetto di
impedire restringere o falsare la concorrenza)
intesa restrittiva per oggetto→
può riconoscersi valutando se nel contesto economico giuridico considerato sia possibile giustificarla in modo pro
concorrenziale:
se non lo è l'intesa è anti se invece lo è lo scopo dell'intesa non è anti competitiva e ci sono due alternative:
competitiva per l'oggetto e il L'intesa non può produrre effetti anti competitivi e L'intesa è capace di produrre effetti
suo scopo è quello di alternare non ricade nell'ambito di applicazione del divieto anti competitivi e le disposizioni
il funzionamento del mercato,
della normativa antitrust possono essere applicati
Ci sono delle condizioni che rendono un'intesa competitiva:
1) deve contribuire a migliorare la produzione e distribuzione dei prodotti, o Questi requisiti sono soddisfatti quando
promuovere il progresso tecnologico ed economico l'intesa consente di ridurre i prezzi di
mercato o migliorare l'offerta in termini di
2) deve riservare ai consumatori una congrua parte del vantaggio che deriva
qualità, varietà...
dal miglioramento
3) (condizione della indispensabilità) non deve imporre Questa condizione è soddisfatta quando le restrizioni imposte
alle imprese interessate restrizioni non indispensabili per il alla concorrenza dall'intesa non sono necessarie al
raggiungimento degli obbiettivi perseguimento dei vantaggi
4) non deve dare alle imprese la possibilità di eliminare la concorrenza per è generalmente soddisfatta quando esiste
una parte sostanziale dei prodotti, Riguarda l'impossibilità di eliminare la una concorrenza efficace sul mercato,
concorrenza mentre è disattesa se si concentra
sull'offerta
Alcune intese competitive soddisfano questi criteri: le imprese verticali ovvero quelle che coinvolgono imprese tra loro
distinte che operano a diversi livelli della filiera produttiva e distributiva (un accordo per il quale un'impresa X distribuisce i
prodotti realizzati da un'impresa Y), questo tipo di impresa per l'antitrust produce vari benefici ad esempio riduce i costi di
transizione tra le parti o favorisce gli investimenti di medio lungo periodo. Il regolamento 330 del 2010 afferma che le
norme antitrust non si applicano alle intese che coinvolgono imprese che detengono nei propri mercati quote inferiori al
30%. queste imprese si presumono lecite e non dannose, l'art 4 elenca le restrizioni per cui la presunzione non si avveri: le
eccezioni sono vere se l'intesa ammette al suo interno delle restrizioni fondamentali per la concorrenza, se le intese verticali
in cui il produttore limita le vendite passive del distributore (ovvero le vendite concluse rispondendo ad ordini non
sollecitati da singoli clienti). Il produttore però può limitare anche le vendite attive definendo un sistema di distribuzione
esclusiva attraverso la specificazione di territori nei quali il distributore può operare in via esclusiva o individuando un
sistema di distribuzione selettiva
art 4 comma c “la restrizione delle vendite attive o passive agli utenti finali da parte dei membri di un sistema di
distribuzione selettiva operanti nel commercio al dettaglio, fatta salva la possibilità di proibire ad un membro di tale
sistema di svolgere la propria attività in un luogo di stabilimento non autorizzato” il sistema esclusivo non si può
combinare con quello esclusivo.
Intesa anti concorrenziale (online):
un'impresa produttrice X vuole distribuire i propri prodotti tramite una piattaforma online gestita da un imprenditore
indipendente Y. X non può interferire con la libertà di Y di prefissare i prezzi finali da imporre ai clienti quindi le clausole
contrattuali impediscono a qualsiasi intesa verticale di potersi considerare lecita.
Gli interventi sui prezzi da parte dei produttori hanno limitato l'effettiva concorrenza tra rivenditori, hanno portato a prezzi
di mercato più elevati con un effetto negativo per i consumatori. Nel mondo online si considerano vendite attive quelle che
seguono l'utilizzo di forme di pubblicità comportamentale o l'uso di banner mentre sono considerate passive le vendite che
si consumano dopo che il consumatore contatta automaticamente la piattaforma, non sono lecite le intese per effetto delle
quali i produttori limitano le vendite passive perché nasce dalla volontà di favorire un mercato unico.
L'unione europea ha imposto 3 divieti per le piattaforme:
1 accessi→ divieto di discriminazione basate sulla nazionalità del cliente
2 condizioni di vendita→ di applicare diverse condizioni di accesso per motivi legati alla nazionalità a meno che non
sussistano ragioni oggettive
3 condizioni di pagamento→ nell'ambito dei mezzi di pagamento accettati c'è il divieto di applicare condizioni diverse per
motivi connessi alla nazionalità del cliente.
Per quanto riguarda le vendite passive gli imprenditori possono stabilire prezzi massimi, raccomandare o imporre un prezzo
massimo al venditore non impedisce all'intesa verticale di essere lecita sempre che queste condotte non equivalgano alla
raccomandazione di un prezzo minimo o l'imposizione di un prezzo fisso.
Distribuzione selettiva→ tema affrontato dalla corte di giustizia nel caso “metro” (una impresa che opera nel mercato
europeo) i casi metro sono vari:
Metro 1→ la corte ha riconosciuto che la concorrenza di prezzo non rappresenta l'esclusivo fattore nei sistemi di
distribuzione selettiva, la concorrenza di prezzo può essere limitata dove sia essenziale al perseguimento di altri obbiettivi,
gli accordi di distribuzione selettiva sono compatibili con la legislazione dell'antitrust se soddisfatto, a 3 condizioni
(necessariamente tutte presenti):
1 le caratteristiche del prodotto richiedono questo tipo di modalità di distribuzione al fine di preservare la qualità del
prodotto stesso o di assicurare il corretto utilizzo.
2 (modalità di selezione dei rivenditori) i rivenditori devono essere selezionati secondo criteri qualitativi in riferimento alle
qualifiche tecniche che gli vengono richieste, e applicati in modo uniforme per tutti gli aspiranti distributori.
3 i criteri di selezione non si devono spingere oltre il necessario in ossequio al principio di proporzionalità.
Metro 2→ in cui viene dettata una 4 condizione integrata laddove il numero di sistemi di distribuzione selettiva sul
mercato non debba essere tale da precludere la possibilità di implementare altre forme di distribuzione, o favorire una
struttura ripida del prezzo.
Nei casi metro si riconosce la funzione pro competitiva e viene recepito nel regolamento 330 del 2010 che contiene
l'esenzione del blocco delle intese verticali, il distributore può decidere di non vendere in alcuni casi specifici, è una
condizione più rigida se offline.
I casi importanti della corte di giustizia sono:
Caso “pierre fabre” Caso coty prestige
(fabbrica dermocosmetica) è un'azienda che L'occasione per risolvere i dubbi che concernono la distribuzione
commercia prodotti cosmetici e di igiene online.
personale, e dispone di varie società controllate. Alla corte di giustizia è stato chiesto in quale misura i sistemi di
I prodotti sono venduti sul mercato europeo con distribuzione selettiva relativi a prodotti di lusso costituisca un elemento
un sistema di distribuzione selettiva, la vendita di concorrenza conforme al trattato. Questa domanda è nata da una
deve essere effettuata esclusivamente in uno controversia tra Coty Germania e un'altra azienda distributrice
spazio fisico con la presenza di un laureato, in autorizzata degli stessi prodotti, Coty ha previsto (modificando un
farmacia e viene quindi impedita online. contratto già esistente) che il distributore potesse vendere solo a
L'antitrust francese ha considerato la clausola condizione che questa attività di vendita online sia realizzata con una
incompatibile con il divieto dell'art 4 del vetrina elettronica, ma il distributore si è rifiutato. A seguito del rifiuto
regolamento di esenzione. La corte riconosce che la Coty si è rimessa nelle mani di un giudice.
i sistemi di distribuzione selettiva hanno Il divieto imposto da un fornitore di prodotti di lusso ai suoi distributori
costituito un fattore di concorrenza conforme autorizzati di avvalersi di piattaforme terze per la vendita tramite
all'art 101 ma afferma anche che l'obbiettivo di internet è considerato adeguato a salvaguardare l'immagine di lusso di
preservare l'immagine di prestigio non può quei prodotti.
rappresentare un obbiettivo legittimo per Nel caso Coty il divieto non è assoluto (l'importante è che non metta in
restringere la concorrenza e non può giustificare discussione l'aura di lusso del prodotto), la corte di giustizia infine
che una clausola contrattuale non ricada nel afferma che il divieto posto da Coty non costituisce una restrizione dei
divieto dell'art 101. consumatori, della clientela o delle vendite passive.
In conclusione si devono considerar incompatibili con la disciplina antitrust solo i divieti di vendita online che non siano
un divieto assoluto di utilizzare marketplace digitali e che non siano una restrizione dell'effettivo utilizzo di internet come
un canale di distribuzione.
La distinzione tra questi due casi sta anche però nel tipo di prodotto trattato, distinzione tuttavia criticata perché non si può
escludere totalmente la categoria di prodotti di igiene dai prodotti di lusso.
Caso Guess→ la commissione ha stabilito che deve considerarsi incompatibile con l'art 101 del trattato la limitazione posta
alla pubblicità online nell'ambito di un network di distribuzione selettiva, il cui venditore impedisce ai distributori
autorizzati di utilizzare i propri marchi come chiave d'accesso per promuovere le vendite attraverso un motore di ricerca, le
restrizioni alla pubblicità erano finalizzate a restringere la concorrenza nel marchio e ciò costituisce un ridimensionamento
delle vendite passive rendendo questa condotta anti concorrenziale. Secondo le clausole di parità del trattamento una
piattaforma X spinge per inserire in un contratto con un'impresa Y una clausola che vieta a Y di praticare sul suo sito prezzi
più bassi di quelli offerti dal sito X, questa clausola può risultare sia pro competitiva sia anti competitiva.
Caso COPAD:
la vendita al rivenditore di partite in saldo che non fanno parte della rete di distribuzione stabilita dal contratto di licenza
può costituire un danno al lusso: il titolare del marchio può invocare i diritti nei confronti del licenziatario che viola una
clausola del contratto di licenza.
Abuso di posizione dominante:
si limita in modo ingiustificato l'attività dei concorrenti rafforzando situazioni di mercato che consentono la pratica di
condizioni contrattuali particolari che vanno a danno dei contraenti. La finalità delle norme antitrust sono difficili da
individuare ma di sicuro ci sono tra queste la tutela della struttura concorrenziale del mercato, l'efficienza economica e il
benessere sociale. Per perseguire questi obbiettivi ci sono varie modalità variate per via delle diverse dottrine economiche e
politiche.
La tutela delle piccole medio imprese, la correttezza nei rapporti tra imprese e consumatori, l'integrazione nei mercati, tutte
queste sono le finalità perseguite e correlate alla finalità della tutela della concorrenza.
La concorrenza permette di: razionalizzare la locazione delle risorse, di favorire l'accesso ai mercati di nuovi operatori, di
evitare le concentrazioni permanenti di potere economico e spinge anche ad un continuo aumento delle
quantità/varietà/qualità dei prodotti affiancato da un progressivo abbassamento dei prezzi. La concorrenza diventa quindi
uno strumento di democrazia economica e salvaguardia degli interessi della collettività. L'abuso di posizione dominante è
una figura che appare concettualmente non allineata alle altre fattispecie considerate dell'antitrust, l'obbiettivo comune è
quello di impedire che le imprese si sottraggano ai condizionamenti della libera concorrenza. L'abuso di posizione
dominante da per scontato il fallimento di questo obbiettivo, poiché presuppone un'impresa che tenga comportamenti
indipendenti da quelli dei concorrenti. È vietato l'abuso di posizione dominante non la posizione di potere in se o la capacità
di trarne vantaggi.
Un'impresa di potere è un'impresa che supera delle soglie o dei parametri fisici fissi determinati dalla legge, il legislatore
italiano non definisce i termini per questa fattispecie (la posizione dominante) ma la sua definizione si può trarre dai trattati
che istituiscono il nucleo della comunità europea in origine: “quella che sottrae l'impresa che la detiene ad una concorrenza
effettiva” con la differenza che l'impresa può agire senza dover tenere conto delle reazioni dei suoi concorrenti mentre loro
devono tenerne conto perché li subiscono.
La definizione di posizione dominante che invece offre la corte di giustizia: “concerne una posizione di potere economico
detenuta da un'impresa che conferisce a quest'ultima il potere di ostacolare il mantenimento di una concorrenza effettiva nel
mercato di cui trattasi, fornendogli la possibilità di comportamenti indipendenti in misura apprezzabile nei confronti dei
suoi concorrenti, clienti e consumatori”.
I criteri su cui questa definizione si basa sono:
1) il criterio economico: una formula consolidata che ravvisa la posizione dominante nella potenza
economica senza stabilire le condizioni secondo le quali la potenza economica incide sull'indipendenza dei comportamenti,
la prassi interpretativa concede molto spazio alle metodologie quantitative elaborate dalle scienze economiche.
2) Il criterio di carattere strutturale: come ad esempio la quota di mercato detenuta (non valutabile come
parametro esclusivo, è importante il tempo poiché la quota deve essere durevole) e il grado dell'integrazione verticale (che
abbatte i costi della produzione).
3) I criteri comportamentali: sono gli strumenti di azione dei quali un'impresa dispone, il potere che ha di
esercitare una forte influenza del mercato a caratterizzare il dominio, più degli elementi strutturali.
Secondo la corte di giustizia c'è abuso ogni volta che l'impresa sia attui ad influire sulle strutture del mercato, ogni volta che
risulti improprio ovvero sia messo in atto con mezzi difformi da quelli su cui si basa la normale concorrenza, o comunque
ogni volta che non sia motivato da motivazioni obbiettive, o ostacola il mantenimento o la crescita della concorrenza.
(questi sono parametri esclusivamente mercantili)
in ogni caso sono giustificate le condotte motivate da criteri di efficienza (efficiente=non abusivo), ovviamente però non è
tutto lecito, la clausola abuso deve essere espressa con contenuti concreti.
Legge 192 del 1998 sulla subfornitura art 1: “Con il contratto di subfornitura un imprenditore si impegna a effettuare per
conto di una impresa committente lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime forniti dalla committente
medesima, o si impegna a fornire all'impresa prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o comunque ad essere
utilizzati nell'ambito dell'attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso, in conformità a
progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall'impresa committente. ” questa legge
trascende la sfera di rapporti tra professionisti e consumatori per utilizzare dei mezzi di valutazione ed estenderli ai rapporti
tra imprese (l'Italia è stata la prima ad introdurla). L'art 1 da un'ampia definizione di subfornitura in cui il contratto con il
quale un imprenditore si impegna ad effettuare per conto di un'impresa committente lavorazioni su prodotti semilavorati o
su materie prime fornite dal committente medesimo, si impegna a fornire all'impresa prodotti o servizi destinati ad essere
incorporati nell'ambito dell'attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso.
Il committente conserva la proprietà industriale dei progetti e delle prescrizioni di carattere tecnico comunicate al suo
fornitore e supporta i rischi ad esso relativi mentre il subfornitore è tenuto alla riservatezza su questi progetti e risponde
della realizzazione di quanto richiesto.
Il legislatore disciplina la forma, il contenuto, i termini di pagamento, il divieto di alcune clausole e l'abuso di dipendenza
economica:
Forma La subfornitura deve essere realizzata in forma scritta perché si vuole attribuire certezza a relazioni che erano
affidate a intese verbali e favorivano l'abuso.
contenuto Inspirata all'esigenza di un equilibrio nel rapporto tra committente e subfornitore, i requisiti del bene devono
essere indicati mediante precise indicazioni delle caratteristiche costruttive funzionali o attraverso il richiamo
a norme tecniche che devono essere allegate al contratto se non sono di uso comune o contenute in norme
leggi.
prezzo Deve essere indicato e determinato in modo preciso
era diffuso l'inadempimento della parte forte, ora invece si prevede che il contratto debba fissare i termini di pagamento
decorrenti dal momento della consegna del bene e deve essere specificato un eventuale sconto in caso di pagamento
anticipato, inoltre il pagamento non deve superare il 60 giorni (in caso di non rispetto della data il committente deve
restituire interessi pari a quelli del decreto 231 del 2002).
art 9 “È vietato l'abuso da parte di una o più imprese dello stato di dipendenza economica nel quale si trova, nei suoi o nei
loro riguardi, una impresa cliente o fornitrice. Si considera dipendenza economica la situazione in cui un'impresa sia in
grado di determinare, nei rapporti commerciali con un'altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi. La
dipendenza economica è valutata tenendo conto anche della reale possibilità per la parte che abbia subito l'abuso di
reperire sul mercato alternative soddisfacenti” vieta l'abuso da parte di un'impresa dello stato di dipendenza economica nel
quale si trova un'impresa cliente o fornitrice, per dipendenza economica si intende il legame che corre tra 2 parti una delle
quali è partner obbligatorio dell'altra, è un legame che risulta da varie circostanze alcune esterne ai comportamenti delle
parti. Un'impresa si considera vittima dell'altra a causa di un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi (abuso).
Art 9 comma 2 “L'abuso può anche consistere nel rifiuto di vendere o nel rifiuto di comprare, nella imposizione di
condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie, nella interruzione arbitraria delle relazioni
commerciali in atto” enuncia alcune specifiche ipotesi di abuso, secondo il 3° comma un abuso rende nullo il patto ma la
legge n 57 del 2001 ha aggiunto un comma 3bis che afferma che l'autorità garante della concorrenza e del mercato qualora
ravvisi che un abuso di dipendenza economico abbia rilevanza per la tutela della concorrenza e del mercato può procedere
alla diffida e alle sanzioni previste dall'art 15 della legge dell'antitrust.
L'impresa forte non commette illeciti se non esercita pressioni sull'impresa debole e se adotta contratti equi o ottiene
clausole favorevoli ma non in misura eccessiva.
Responsabilità da fatto illecito:
per fatto illecito si intende qualsiasi fatto doloso o colposo che cagioni un danno ingiusto, si ritrova anche nelle fonti delle
obbligazioni di dare , è una responsabilità di risarcimento da contratto ma anche da inadempimento.
Responsabilità civile≠ responsabilità penale
gli elementi oggettivi sono il fatto, il danno ingiusto e il mentre gli elementi soggettivi sono i criteri di imputazione ovvero
dolo e colpa.
Elementi Fatto→ un comportamento umano che può essere commissivo (chi uccide o ferisce un altro) o omissivo (non
oggettivi occuparsi di un oggetto pericoloso per gli altri) ovvero fare o non fare. Nel caso del fatto omissivo si parla di
danno solo se la persona aveva l'obbligo giuridico di evitarlo.
Danno ingiusto→ la lesione di un interesse altrui meritevole di protezione secondo l'ordinamento giuridico,
non basta la lesione di un interesse altrui per essere considerato tale, è necessaria la valutazione di un giudice
(principio di atipicità del sistema giuridico). Il danno ingiusto è anche detto danno contra ius se è attivato
nell'esercizio di un diritto però non è valido, in questo caso invece si chiama iurem datum.
Rapporto di causalità tra fatto e danno→ occorre che l'evento dannoso appaia come conseguenza immediata
e diretta del fatto commesso (ad esempio Tizio fa un incidente con Caio e rimane ferito, poi però muore
durante il tragitto in ambulanza per cause esterne al primo incidente, Caio sarà responsabile solo delle ferite
e non della morte di Tizio).
Elementi Dolo→ l'intenzione di provocare l'evento dannoso, il In entrambi i casi il risarcimento è dovuto
soggettivi danneggiato deve provare l'intenzionalità del soggetto doloso da chi commette il danno tranne nel caso in
cui la responsabilità sia indiretta o
Colpa→ la mancanza di diligenza, prudenza o perizia che
provoca l'evento dannoso non voluto. comunque ci siano committenti o datori di
lavoro
Il fatto illecito è generalmente colposo o doloso ma ci sono delle eccezioni ovvero delle ipotesi di responsabilità oggettiva
ovvero senza dolo né colpa e sono talmente tante che superano queste due ipotesi in numero.
La responsabilità oggettiva si basa sull'esistenza di un rapporto di causalità tra il fatto e l'evento dannoso, se il danno appare
come conseguenza immediata e diretta del fatto allora si è responsabili di esso, ci si libera della responsabilità se manca
questo rapporto di causalità e ne si ha la prova. Chi subisce il danno deve ricevere un risarcimento anche se colposo e il cui
rischio ricade sull'assicurazione.
Responsabilità indiretta→ ci sono alcuni casi speciali:
Responsabilità per È necessario il risarcimento se non si prova di aver adottato tutte le misure necessarie ad evitare il
l'esercizio di attività danno, anche in caso di cause ignote. Pericolose sono le attività che una rilevante probabilità di
pericolose danno ed è necessario che ci sia un nesso di causalità tra attività e danno. Il giudizio di pericolosità
deve essere dato prima dell'avvenimento del danno.
Responsabilità per i In questo caso risponde del danno il proprietario dell'animale, salva la prova liberatoria del caso
danni recati agli fortuito.
animali
Responsabilità per i La responsabilità è quella del custode dell'oggetto ed è necessario che il danno sia stato prodotto
danni recati alle dalla cosa per un suo connaturale dinamismo o per la sua intrinseca natura. Il soggetto risponde del
cose in custodia danno anche se la causa è ignota
Responsabilità per È quella che causa più eventi dannosi, il conducente di veicoli (senza rotaie) è responsabile anche se
danni da non è in colpa, ci si libera dalla colpa con la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno,
circolazione dei ma è una prova difficile da ottenere (soprattutto se è coinvolto un pedone). L'automobilista non si
veicoli libera dalla colpa neanche nel caso di un difetto di fabbrica, mentre nello scontro tra veicoli si
presume fino a prova contraria che entrambi i conducenti abbiano concorso ugualmente a cagionare
il danno subito (presunzione di concorso di colpa), la responsabilità del proprietario del veicolo vale
solo in termini civili e non penali.
La disciplina della responsabilità da inadempimento si trova nell'art 1223 “Il risarcimento del danno per l'inadempimento o
per il ritardo deve comprendere cosi' la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano
conseguenza immediata e diretta” e rinvia all'art 2056 che però non si applica in caso di responsabilità extracontrattuale.
Il risarcimento del danno si basa sulla lesione di un interesse patrimoniale, essa indica il pregiudizio subito o arrecato ed è
indifferente la sua natura, art 2056 “Il risarcimento dovuto al danneggiato si deve determinare secondo le disposizioni degli
articoli 1223, 1226 e 1227. Il lucro cessante e' valutato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso” e
rinvia al risarcimento per la responsabilità da inadempimento, art 1227 “Se il fatto colposo del creditore ha concorso a
cagionare il danno, il risarcimento e' diminuito secondo la gravita' della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono
derivate Il risarcimento non e' dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza” in
materia di fatti illeciti invece si risponde di tutti i danni cagionati.
Per quanto riguarda i danni non patrimoniali quindi sofferenze fisiche o psichiche sono risarcibili solo nei casi espressi dalla
legge. Per quanto riguarda invece la responsabilità dei danni prodotti da oggetti difettosi esiste una propria disciplina nel
codice del consumo, il responsabile è il produttore, vengono distinti i difetti di fabbricazione dai difetti di progettazione o di
informazione. Sul produttore grava l'onere di di dimostrare l'inesistenza del nesso eziologico che lo escluda quindi dalla
responsabilità.
Diritto della comunicazione
Si trova in mezzo alle discipline di diritto pubblico e diritto privato
art 21 “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di
diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto
motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso
di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta
urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere
eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia
all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo
d’ogni effetto. La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della
stampa periodica. Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon
costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni”
i confini a questo articolo sono complessi e incerti, nonostante ciò il diritto a manifestare il proprio pensiero è irrinunciabile,
inviolabile e fondamentale, questo diritto ha uno stretto legame con il concetto di democrazia.
La libertà di espressione è legata anche all'innovazione tecnologica poiché essa permette una continua ricerca e
attualizzazione delle regole della comunicazione. Uno stato democratico deve comprendere la libertà di espressione deve
quindi abolire la censura che è il risultato fondamentale dello stato liberale, già nello statuto albertino era inserito all'art 28
“La Stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi. Tuttavia le bibbie, i catechismi, i libri liturgici e di preghiere
non potranno essere stampati senza il preventivo permesso del Vescovo”
la libertà di espressione è compresa tra i diritti soggettivi inviolabili e non può essere rivisto in nessun caso, le interferenze
dei pubblici poteri sono delimitate e devono essere previsti dalla legge e volti alla tutela di altri beni costituzionalmente
rilevanti. I reati d'opinione comprendono varie fattispecie e sanzionano svariati comportamenti (anche se nel tempo sono
sempre meno), la libertà di pensiero include il diritto d'informare e quello di cronaca ma ha una natura privilegiata e anche
un profilo passivo di trasparenza che è il diritto ad essere informati.
Con lo sviluppo dei media si è capito che l'informazione è un potere e che il suo abuso deve essere sanzionato, oggi si parla
di pluralismo informativo ovvero della diffusione di ogni tecnologia, che rappresenta un momento fondamentale nello stato
democratico e per questo è necessario che non sia repressa nessuna opinione, nemmeno quelle che inquietano, ciò è scritto
nelle carte internazionali che tutelano i diritti umani (molti dei quali nascono dalla libertà di pensiero). L'art 21 si può
dividere in 2 parti: il primo e l'ultimo comma→ a carattere generale sanciscono il riconoscimento del diritto di manifestare
il proprio pensiero con ogni mezzo salvo il limite del buon costume. Offre vari elementi che specificano chi siano i titolari
della libertà di pensiero, quale sia il contenuto di questo diritto e quali siano gli strumenti. Il secondo comma→ che parla
del divieto di autorizzazioni o censure per evitare il rischio di un controllo sulla stampa (evitare la dittatura). Il quinto
comma→ consente al legislatore di stabilire che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa.
Art 15 “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro
limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge” questo
articolo esprime un diritto diverso da quello della libertà di espressione e quindi non si applica il limite del buon costume.
Sul piano soggettivo tutti hanno il diritto di espressione (cittadini, stranieri, persone fisiche e giuridiche...) ma il diritto di
informare invece appartiene ai giornalisti o ai professionisti dell'informazione, la garanzia costituzionale si estende a tutte le
forme di libera espressione (immagini, opere...) ed è destinato a un indeterminato numero di persone a prescindere dal
contenuto. L'art 21 offre anche protezione alle manifestazioni false o che non corrispondono alle persuasioni interiori
dell'autore mentre le fake news o le menzogne non sono tutelate da questo diritto. L'informazione pubblicitaria non si può
ricondurre all'art 21 ma gode della tutela dell'art 41 “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto
con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i
programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini
sociali”. La libertà di espressione è molto legata al mezzo che utilizza, ciò non vuol dire che ognuno deve possedere ogni
mezzo di comunicazione esistente, ma implica che si debba intervenire in modo diverso a seconda delle modalità in
questione.
Ogni intervento preventivo è assolutamente vietato dall'art 21 (tipo le censure o le autorizzazioni), la sentenza n 1 del 1956
vietava quindi l'art 113 e lo riteneva incostituzionale poiché vietava la distribuzione di scritti o disegni se non fossero stati
controllati precedentemente. Il principio democratico pluralista afferma il parametro per sindacare la legittimità della
disciplina legislativa dell'emittenza radio televisiva pubblica o privata, si è ravvisata una divisione dei poteri in questo
campo, sono aumentati i soggetti pubblici. L'art 10 della convenzione europea parla della libertà di espressione “Ogni
persona ha diritto alla libertà d'espressione. Tale diritto include la libertà d'opinione e la libertà di ricevere
o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza
considerazione di frontiera”.
Diritto di cronaca:
è un diritto complesso al quale si è faticato per trovare dei limiti a causa della libertà di espressione, riguarda i diritti della
personalità (dignità, oblio...) la libertà di stampa è un diritto fondamentale ma va bilanciato con gli altri diritti ovvero il
diritto alla cronaca contro il diritto di preservare onore e reputazione, nonostante nessuno dei due sia menzionato nella
costituzione, si ritrovano nella carta costituzionale, l'art 21 ammette la possibilità di informare ma solo se l'informazione è
ampia libera e solida mentre l'onore alla reputazione parla di beni rilevanti che vanno quindi incontro al reato di ingiuria
(abrogato nel 2016, l'offesa deve essere volta ad una persona presente o comunque deve essere detta in modo diretto e
prevede un'azione civile) e diffamazione (la reputazione di una persona è lesa quando è assente ed è comunicata a 2 o più
soggetti ma è un reato poco frequente e prevede l'azione civile). La diffamazione aggravata è quella che prevede il mezzo
della stampa o il mezzo pubblicitario e può prevedere anche la reclusione, anche se la pena detentiva è incompatibile con la
libertà di espressione e quindi poco utilizzata.
La diffamazione che attribuisce ad un soggetto la paternità di un'azione che non ha commesso prevede una pena ancora
maggiore ma solo se utilizza il mezzo stampa. Il reato di diffamazione si rifà alla decisione del giudice la quale si rifà alla
sentenza “decalogo del giornalista” del 1984 sono stati stabiliti 3 criteri secondo i quali la libertà di espressione prevale sul
diritto alla riservatezza:
– l'informazione ha utilità sociale
– la verità oggettiva o putativa
– la forma civile (che non superi lo scopo formativo e non sia denigratoria) dei fatti e della loro valutazione
questi criteri sono considerati limiti al diritto di cronaca e hanno il merito di orientare le pronunce sul diritto vigente.
Il requisito della verità nella sentenza decalogo afferma che l'informazione deve essere vera e trovata a seguito di
un'accurata ricerca, la verità putativa è la convinzione (anche erronea) che l'informazione pubblicata sia vera e non è
perseguibile se è stata trovata a seguito di una ricerca approfondita, l'art 59 del codice penale afferma che l'errore non sia
punibile nel caso in cui è stato utilizzato un grado di diligenza minimo.
La cassazione ha individuato un caso emblematico in un ricorso contro una sentenza della corte di appello di Napoli che per
la pubblicazione di un'intervista lesiva della reputazione del presidente di un'associazione di imprenditori, definito
nell'intervista “opportunista e faccendiere” aveva condannato per diffamazione sia l'intervistato (il presidente
dell'associazione) sia la giornalista di un quotidiano locale che ne aveva raccolto le offese, negando a quest'ultima
l'applicazione della scriminante dell'esercizio del diritto di cronaca.
La diffamazione che emerge a seguito di un'intervista presenta peculiarità poiché la fonte ovvero l'intervistato si prende la
responsabilità, ma se vengono pubblicate informazioni diffamanti ci sono delle conseguenze, prevale l'interesse pubblico di
ricevere informazioni in modo chiaro e pulito sulla tutela del oggetto leso (anche perché il divieto di pubblicare un'intervista
sarebbe una forma di censura).
Queste tematiche differiscono nella legislazione italiana da quelle estere, Se si guarda la giurisprudenza della corte di
Strasburgo, l'impressione che si trae è quella che è in questa materia ci sia una valorizzazione del ruolo dell'informazione
come mezzo fondamentale per conoscere e valutare gli eventi di interesse generale, le idee e le attitudini delle classi
dirigenti, assicurando il diritto del pubblico di essere informato (sancito nell’art.10 della convenzione). Questo ci porta ad
osservare il caso lingens Vs Austria che ci riassume il pensiero della corte di Strasburgo: la libertà della stampa fornisce
all’opinione pubblica uno dei migliori mezzi per conoscere e valutare le idee e orientamenti della classe dirigente, il libero
gioco del dibattito politico si colloca al cuore stesso della nozione di società democratica che domina l'intera convenzione.
Pertanto, gli ambiti della critica ammissibili nei confronti degli uomini politici sono più ampi di quelli relativi ai semplici
privati, la corte di Strasburgo ha ripetuto che anche notizie relative alla sfera privata delle persone pubbliche che scelgono di
sottoporsi a un controllo rigoroso da parte della collettività e della stampa possono essere ritenute socialmente rilevanti.
Diverso è il caso degli stati uniti, in cui i giudici sono ancora più decisi a tutelare le libertà di espressione, soprattutto
quando la parte diffamata è una figura di rilievo pubblico o di pubblico interesse. Qui non c'è dovere di moderazione del
linguaggio o di oggettività se si parla di fatti di interesse pubblico, inoltre viene ristretto anche il requisito della libertà, il
giornalista è sotto accusa solo se ha agito consapevolmente nella pubblicazione di notizie false o in spregio della ricerca
della verità.
Diritto di critica:
a differenza del diritto di cronaca esso aggiunge in modo inevitabile l'espressione di un giudizio, di un'opinione e non la
mera narrazione di un fatto, le opinioni in quanto tali non possono essere quindi obbiettive. Non è ancora chiaro se debba
rispondere al criterio di veridicità, ma sicuramente è necessario il criterio della forma civile nonostante sia un interpretato
diversamente a seconda del luogo. Nel 2014 la prima sezione penale della nostra corte di cassazione ha stabilito che la
critica ad un uomo pubblico ha margini molto ampi, consentendo il ricorso ad una dose di esagerazione o di provocazione
purché il fatto da cui si prende spunto sia vero. Si distingue però tra polemica aspra (ammessa) e una aggressione gratuita
(non ammessa), in ogni caso maggiore è il potere rivestito dalla persona che critica maggiore è il controllo dell'opinione
pubblica e quindi minori sono le limitazioni alle modalità di espressione della notizia. Quindi il linguaggio può essere aspro
fintanto che non trascende dai fatti e diventa una aggressione, dopotutto è necessario il dibattito tra tesi antitesi per fare in
modo che il pubblico possa giungere ad una sintesi esaustiva.
Diritto di satira:
La satira ha origini molto antiche, già nel mondo romano ve ne era il suo uso, utilizzando la satira si può esprimere qualsiasi
tipo di opinione, è figlia di una concezione relativistica della realtà e della verità, è un modo in cui si può discutere
provocatoriamente di ogni argomento, è figlia del principio della “casa di vetro”. L’art.21 riconosce il diritto di critica anche
attraverso la satira: la satira è libertà di criticare attraverso la dissacrazione. Svolge la non trascurabile funzione di moderare
i potenti, di smitizzare, di umanizzare i famosi, di umiliare gli arroganti, vale a dire svolge una funzione fondamentale di
controllo sociale e di protezione contro gli eccessi del potere.
Si capisce che si parla di satira a seconda della direzione in cui volge il messaggio, si deve dirigere dal basso verso l'alto,
mentre il potente prende in giro il debole diventa propaganda. È necessario capire chi può essere legittimamente dissacrato e
irriso: Chi incarna il potere, in ogni forma (politica/economica/religiosa/culturale) e costoro non possono reclamare zone
franche, assicurate un tempo dai reati di vilipendio oppure di blasfemia.
Nonostante ciò anche la critica incontra delle restrizioni, innanzitutto è rilevante la notorietà del soggetto o del fatto, poi la
coerenza tra la dimensione pubblica del personaggio e il contenuto satirico, il requisito della verità oggettiva (che non esiste
nella satira considerando il suo carattere di caricatura e surrealismo) e il requisito della forma civile (la satira è incontinente
per definizione ma c'è un confine ovvero l'offesa gratuita alla dignità della persona). Nel 1998 c'è stata una sentenza
riguardante l'attuale presidente del senato (Casellati) e il vignettista satirico Vauro, perché in occasione della votazione sulla
fiducia al primo governo Berlusconi nel 1994 la senatrice (appena eletta per la prima volta) ha pronunciato un discorso ricco
di elogi nei confronti del presidente del consiglio. Dopo veniva pubblicata una vignetta di Vauro che raffigurava una donna
in atteggiamento ambiguo e con un microfono vicino alla bocca e ricava questa dicitura “Mostriciattoli, la senatrice A.C
(Alberti Casellati) esprime il suo apprezzamento per la relazione B, spompinando direttamente il microfono”. La senatrice
ha presentato una denuncia. La corte di cassazione che ha ritenuto inapplicabile la scriminante del diritto di satira, proprio
per violazione del canone della forma civile.
Diritto alla privacy:
anche detto diritto al corretto trattamento dei dati personali, la sua storia si adegua alle sollecitazioni provocate
dall'evoluzione tecnologica, infatti in alcuni casi è più precisa la privacy su internet che nella stampa poiché internet mette
in comunicazione moltissimi utenti e in uno spazio molto più ampio della stampa, ha perciò moltiplicato la libertà di
espressione ma anche il contrasto con gli altri diritti. Questa disciplina si sa sulla protezione dei dati personali e quindi la
tutela dell'identità di ogni persona, la storia del concetto di privacy è lunga, innanzitutto non ha alcun riferimento a livello
costituzionale, tuttavia è un tema trattato nel CEDU all'art 8 “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e
familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza” e nella carta dei diritti fondamentali dell'unione Europea
agli art 7 e 8 “Ogni individuo ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che lo riguardano. Tali dati devono
essere trattati secondo il principio di lealtà, per finalità determinate e in base al consenso della persona interessata o a un
altro fondamento legittimo previsto dalla legge. Ogni individuo ha il diritto di accedere ai dati raccolti che lo riguardano e
di ottenerne la rettifica”. Originariamente il concetto di privacy aveva un'accezione negativa, indicava il diritto ad essere
lasciati soli, di esclusione dalle interferenze esterne all'interno della vita privata delle persone, oggi invece è un diritto
fondamentale, il percorso però è stato tortuoso. Il concetto di privacy nasce negli stati uniti, inizialmente si intendeva con
esso l'idea di estromissione dalla sfera privata delle persone (diritto alla riservatezza), Warren e Brandeis descrissero nel
1890 in un celebre articolo The right to privacy questo “right to be let alone”. È proprio il diritto alla privacy a gettare le
fondamenta per la tutela della sfera personale ed esistenziale; nella ricostruzione dei due giuristi, tale diritto non vanta una
protezione assoluta, ma è soggetto a una serie di possibili eccezioni fra cui rientra l’esigenza di tutela dei diritti
fondamentali (come la libertà di espressione), ma la stessa costituzione degli Stati Uniti non offre riconoscimento esplicito e
conferma questa considerazione indiretta del diritto alla riservatezza: il 4° emendamento, infatti, si limita a proteggere i
cittadini da atti dell'autorità, perquisizioni e sequestri ingiustificati. L'assenza di un chiaro riferimento normativo e
costituzionale ha permesso alla giurisprudenza della corte suprema statunitense di esercitarsi in modo vario per individuare
il principio più adeguato di volta in volta a tutelare la privacy degli interessati. Si è così sviluppata un’ampia casistica.
Raggiunta una certa maturazione nel contesto nordamericano, il diritto alla privacy ha poi conosciuto un processo di
esportazione in Europa, che sia avvalso anche della sua consacrazione in documenti internazionali, come la dichiarazione
universale dei diritti dell'uomo, adottata dall'assemblea generale delle nazioni unite nel 1948.
Questa dichiarazione all’art.12 sancisce che nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita
privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza né a lesioni del suo onore e della sua reputazione, perché
ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o tali lesioni. Successivamente, si aggiungerà
la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici del 1966, che tutela proprio il diritto alla vita privata all’art.17
secondo formule direi del tutto analoghe.
nel 1950 però il diritto alla privacy diventa fondamentale, con la creazione dell'art 8 del CEDU che ingloba una posizione
positiva del concetto di privacy (data protection) poi aiutata dallo sviluppo tecnologico, [per quanto riguarda il caso italiano
è fondamentale il caso caruso del 1956 in cui è chiaro che l'ordinamento italiano non possiede norme sulla riservatezza ma
possiede norme che si occupano dei diritti soggettivi del singolo]. Nel 1981 si tiene conto di dover tutelare la gestione
automatica dei dati personali dovuta a internet. La carta dei diritti fondamentali dell'unione europea ha dedicato in tempi più
recenti 2 disposizioni distinte. La transizione dalla dimensione puramente negativa della riservatezza verso un contenuto
positivo ha trovato una prima manifestazione grazie alla convenzione sulla protezione delle persone rispetto al trattamento
automatizzato di dati a carattere personale (convenzione n.108 dell’81 o convenzione di Strasburgo). Nel 1985 la direttiva
95-46 relativa alla tutela delle persone fisiche e il trattamento dei dati personali e della loro libera circolazione permette di
accoppiare i dati ai termini valori e utilità.
Nel 2009 entra in vigore la carta di Nizza e rappresenta il fondamento del diritto europeo, art 7 “Ogni persona ha diritto al
rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni”, con questa carta e la
rivoluzione digitale di questi anni la direttiva del 1985 diventa inadeguata. La codificazione della privacy nella sua
declinazione quale protezione dei dati, non ha esaurito il percorso evolutivo; si è rivelata piuttosto inadeguata a fronte della
rivoluzione digitale a cui si è assistito proprio negli ultimi due decenni.
Internet ha reso necessario rimediare subito in primo luogo in via interpretativa, poi riformando proprio i testi normativi. È
parso subito come questo processo sia precario, in quanto destinato a consultarsi con tecnologie sempre più evolute in grado
di sollevare progressivamente sfide del tutto inimmaginabili.
È stato avviato così un processo di revisione di tutta la normativa vigente, che aveva lo scopo di elevare il livello di
armonizzazione tra le legislazioni degli stati membri. Esso è terminato con l'approvazione del Regolamento UE 679 del
2016 (regolamento generale sulla protezione dei dati personali, GDPR), esso è divenuto efficace in Italia a partire dal 25
maggio 2018, quindi dopo due anni dalla sua entrata in vigore. La si è coordinata con la normativa previgente (il nostro
codice della privacy) che aveva bisogno proprio di essere armonizzato con il regolamento.
Art 4 del GDPR “«dato personale»: qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile
(«interessato»); si considera identificabile la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con
particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all'ubicazione, un
identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica,
culturale o sociale. «trattamento»: qualsiasi operazione o insieme di operazioni, compiute con o senza l'ausilio di processi
automatizzati e applicate a dati personali o insiemi di dati personali, come la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la
strutturazione, la conservazione, l'adattamento o la modifica, l'estrazione, la consultazione, l'uso, la comunicazione
mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o l'interconnessione, la
limitazione, la cancellazione o la distruzione «titolare del trattamento»: la persona fisica o giuridica, l'autorità pubblica, il
servizio o altro organismo che, singolarmente o insieme ad altri, determina le finalità e i mezzi del trattamento di dati
personali; quando le finalità e i mezzi di tale trattamento sono determinati dal diritto dell'Unione o degli Stati membri, il
titolare del trattamento o i criteri specifici applicabili alla sua designazione possono essere stabiliti dal diritto dell'Unione
o degli Stati membri; «responsabile del trattamento»: la persona fisica o giuridica, l'autorità pubblica, il servizio o altro
organismo che tratta dati personali per conto del titolare del trattamento”.
Il GDPR individua delle sottocategorie dei dati personali: comprendono i dati personali che rivelino l’origine razziale o
etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose/filosofiche o l'appartenenza sindacale oppure dati genetici/biometrici
intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute/vita sessuale/orientamento sessuale della
persona ed è così invalso l’uso della denominazione di dati comuni, per identificare i dati personali che non rientra nei “dati
sensibili”; il nome deriva dal trattamento di queste particolari categorie di dati è sottoposto a cautele aggiuntive e a requisiti
più stringenti
L'art 5 paragrafo 1 invece elenca i principi ai quali deve essere volto il trattamento dei dati:
1) principio di liceità correttezza e trasparenza
2) principio di limitazione della finalità (i dati devono essere raccolti per finalità determinate esplicite e legittime
3) principio di minimizzazione dei dati (adeguati, permanenti, limitati e necessari)
4) principio di esattezza (corretti e aggiornati)
5) principio di limitazione della conservazione
6) principio di integrità e riservatezza
tutti questi principi si rifanno a quello di accountability, art 5 paragrafo 2 “ Il titolare del trattamento è competente per il
rispetto del paragrafo 1 e in grado di comprovarlo («responsabilizzazione»)”, è il titolare del trattamento ad essere
competente per il rispetto dei principi del primo paragrafo, sono quindi introdotti nuovi obblighi. Le condizioni di liceità
individuano i fondamenti di un trattamento corretto dei dati personali.: quella più nota e diffusa è il consenso
dell'interessato: il consenso libero e informato e specifico dovrà essere fornito sulla base di informazioni adeguate ed
esaustive
Art 6 “Il trattamento è lecito solo se e nella misura in cui ricorre almeno una delle seguenti condizioni:
a) l'interessato ha espresso il consenso al trattamento dei propri dati personali per una o più specifiche finalità; b) il
trattamento è necessario all'esecuzione di un contratto di cui l'interessato è parte o all'esecuzione di misure precontrattuali
adottate su richiesta dello stesso; c) il trattamento è necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare
del trattamento; d) il trattamento è necessario per la salvaguardia degli interessi vitali dell'interessato o di un'altra persona
fisica; e) il trattamento è necessario per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all'esercizio di pubblici
poteri di cui è investito il titolare del trattamento; f) il trattamento è necessario per il perseguimento del legittimo interesse
del titolare del trattamento o di terzi, a condizione che non prevalgano gli interessi o i diritti e le libertà fondamentali
dell'interessato che richiedono la protezione dei dati personali, in particolare se l'interessato è un minore”.
Il GDPR stabilisce obblighi sia ai titolari sia ai responsabili del trattamento, l'art 32 si concentra sulle misure di sicurezza
che è necessario mettere in atto, “Tenendo conto dello stato dell'arte e dei costi di attuazione, nonché della natura,
dell'oggetto, del contesto e delle finalità del trattamento, come anche del rischio di varia probabilità e gravità per i diritti e
le libertà delle persone fisiche, il titolare del trattamento e il responsabile del trattamento mettono in atto misure tecniche e
organizzative adeguate per garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio, che comprendono”. Esiste infatti l'obbligo
di mettere in atto misure tecniche e organizzative adeguate per garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio. Queste
misure possono comprendere per es. la cifratura, la copertura attraverso pseudonimo di dati, la capacità di assicurare in
modo permanente la riservatezza/integrità/disponibilità dei sistemi e la resistenza dei sistemi e dei servizi di trattamento, la
capacità di ripristinare tempestivamente la disponibilità/accesso dei dati personali in caso l'incidente tecnico o fisico e che le
procedure volte a mettere alla prova a testare/verificare/valutare l'efficacia delle misure tecniche ed organizzative che si
sono adottate.
Con data breach si intendono le violazioni di dati, da comunicare immediatamente (entro 72 ore) a meno che non siano
pericolosi per i diritti. L’GDPR esprime anche un precetto sintetizzato nelle formule:
“privacy by design”→ si richiede al titolare di mettere in “privacy by default”→ il titolare deve impostare in modo
atto misure tecniche/organizzative adeguate ad attuare i predefinito misure tecniche finalizzate a garantire che siano
principi sulla protezione dei dati, deve applicare misure trattati solo i dati necessari alla finalità del trattamento,inoltre
adeguate sia per determinare i mezzi del trattamento sia deve assicurarsi che i dati non siano resi accessibili a un
durante il trattamento stesso. numero indefinito di soggetti
Infine, la tenuta dei registri delle attività di trattamento costituisce un ulteriore obbligo sia per il titolare che per il
responsabile e mira a costruire una sorta di mappatura dei trattamenti. A questa categoria di adempimenti si iscrivono 3
particolari obblighi: 1) la notifica agli interessati in caso di data breach; 2) lo svolgimento del data protection impact
assessment (cioè la valutazione del rischio connesso alla protezione dei dati); 3) la designazione di un responsabile per la
protezione dei dati (data protection officer).
Art 34 Comunicazione di una violazione dei dati personali all'interessato “Quando la violazione dei dati personali è
suscettibile di presentare un rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone fisiche, il titolare del trattamento
comunica la violazione all'interessato senza ingiustificato ritardo”. Regola la comunicazione agli interessati in modo
semplice e chiaro per identificare la natura della violazione, ma ci sono alcune eccezioni:
a) il titolare del trattamento ha messo in atto le misure tecniche e organizzative adeguate di protezione e tali misure erano
state applicate ai dati personali oggetto della violazione, in particolare quelle destinate a rendere i dati personali
incomprensibili a chiunque non sia autorizzato ad accedervi, quali (es:) la cifratura;
b) il titolare del trattamento ha successivamente adottato misure atte a scongiurare il sopraggiungere di un rischio elevato
per i diritti e le libertà degli interessati;
c) detta comunicazione richiederebbe sforzi sproporzionati. In tal caso, si procede invece a una comunicazione pubblica o
a una misura simile, tramite la quale gli interessati sono informati con analoga efficacia.
Un secondo obbligo che incombe sui titolari in caso di rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone coincide con lo
svolgimento di una valutazione dell'impatto delle attività di trattamento sulla protezione dei dati personali (data protection
impact assessment). Il GDPR tipizza 3 ipotesi: 1) valutazione sistematica e globale di aspetti personali relativi a persone
fisiche basata su un trattamento automatizzato su cui si fondano decisioni che hanno effetti giuridici o incidono in maniera
significativa sulle persone fisiche; 2) il trattamento su larga scala di categorie particolari di dati personali o quelli relativi
per es. a situazioni particolari (condanne penali o i reati); 3) la sorveglianza sistematica su larga scala di una zona
accessibile al pubblico.
Un terzo obbligo che è la designazione del responsabile per la protezione dei dati (data protection officer, DPO), diverso
dalla figura del data processor. È poi possibile designare una persona giuridica tramite un contratto di servizi e la
designazione del DPO è obbligatoria in 3 ipotesi: 1) se il trattamento è effettuato da un’autorità/organo pubblico 2) se le
attività principali del titolare/responsabile consistono in trattamenti che richiedono il monitoraggio regolare e sistematico
degli interessati su larga scala 3) se le attività principali del titolare/responsabile consistono nel trattamento su larga scala di
categorie particolari di dati (tra queste, dati relativi a condanne penali e reati).
Diverse sono state le sentenze che affrontavano il tema del rapporto tra privacy e libertà d’espressione, prima dell’entrata in
vigore della carta, nota è la sentenza linguist che si occupa della pubblicazione di un sito internet svedese delle generalità di
alcuni parrocchiano senza aver ricevuto il loro consenso, fu la prima sentenza in cui la corte di giustizia ebbe modo di
confrontarsi con le nuove tecnologie. La divulgazione via internet di generalità e dettagli privati di individui senza consenso
integra il trattamento dei dati personali. La sentenza ha escluso che la previsione di queste restrizioni alla diffusione dei dati
personali da parte della direttiva 45/96 potesse integrare una limitazione incompatibile con la libertà d’espressione.
Caso la causa traeva origine dall’attivazione di un servizio di SMS volto a diffondere le info riportate da una
Satamedia testata che possedeva accesso ai dati di natura fiscale dei contribuenti finlandesi, tramite una società
del 2018 collegata. Si domandava la corte di giustizia se le operazioni di cui si componeva il servizio potessero
configurare un trattamento di dati personali effettuato a scopi giornalistici e, come tale, sottratto all’obbligo
di previa acquisizione del consenso da parte dell’interessato.
La sentenza della corte sottolinea che questo diritto deve conciliarsi con la libertà d’espressione in un
rapporto equilibrato.
Pronuncia La corte di giustizia ha annullato per contrasto con gli art.7/8 della carta dei diritti fondamentali la direttiva
Digital Data Retention (2006/24), relativa alla conservazione dei dati generati/trattati nell’ambito della fornitura di
Rights servizi di comunicazione elettronica. La corte ha ritenuto che le limitazioni previste da questo atto, non
Ireland del fossero conformi al criterio di proporzionalità; inoltre, non ha ritenuto inciso il contenuto essenziale dei diritti
2014 sanciti agli art.7/8 perché i dati (oggetto di conservazione) non riguardavano contenuti di comunicazione ma i
“metadati”. Quindi la corte ha individuato diversi profili in grado di denotare mancato rispetto del requisito
di proporzionalità.
Sentenza Riguardava il trasferimento di dati personali di cittadini degli stati membri e ha annullato la decisione di
Schrems adeguatezza con la quale la commissione europea aveva validato il meccanismo previsto dall’ordinamento
americano, permettendo così ai soggetti in Europa di effettuare trasferimenti di dati personali negli Stati
Uniti. L’art.25 della direttiva 95/46 secondo un meccanismo ripreso dal GDPR subordinava la legittimità di
questi trasferimenti negli Stati Uniti alla condizione che l’ordinamento dei paesi terzi offrisse un livello di
tutela adeguato; il grado di adeguatezza è affidato proprio alla commissione.
Nel 2015 tale sentenza fu annullata dalla corte di giustizia in quanto, compiendo una verifica sui meccanismi
predisposti dall’ordinamento statunitense per la tutela dei dati, ha accertato che il livello di adeguatezza
riconosciuto dalla commissione non fosse effettivo. Annullò questo provvedimento costringendo Europa e
Stati Uniti ad un nuovo accordo (Privacy Shield) per consentire, soprattutto per i grandi player dell’economia
digitale, di continuare a trattare i dati di cittadini europei negli Stati Uniti.
La libera disponibilità sul web di notizie ha generato un effetto di rimbalzo che ha proiettato nel presente accadimenti che
gli interessati avrebbero voluto relegare nel passato. Per eliminare questi contenuti la legislatura ha creato un diritto nuovo,
diritto all'oblio. È emblematico per questo tema il caso Google spain del 2014:
La corte di giustizia ha segnato un punto di non ritorno tra il rapporto tra libertà di espressione e diritti della personalità sul
web e viene ricordata per aver introdotto anche il diritto all’oblio.
NON ha sancito l’esistenza di un diritto a cancellare la memoria del web, bensì il diritto di ottenere la rimozione delle
notizie dai risultati generati dai motori di ricerca. Inoltre, non ha creato un diritto all’oblio ma ha fornito un’interpretazione
delle disposizioni che erano vigenti della direttiva 95/46 e che tutelavano già in via generale l’interessato.
La vicenda ha riguardato l’informazione giornalistica con l’avvento delle tecnologie digitali, perché la diffusione di internet
su larga scala ha comportato una migrazione in rete anche dei tradizionali mezzi di informazione (ciascun giornale ha una
versione online) e molti di essi hanno scelto di costituire degli archivi nei quali fosse possibile per gli utenti risalire alle
notizie del passato. Così facendo, pensavano di assolvere non soltanto una funzione informativa ma anche storico-
archivistica. Hanno ottenuto un effetto di rimbalzo che ha finito di proiettare nel presente accadimenti che gli interessati
avrebbero preferito (e avrebbero forse avuto diritto) relegare al passato. Si tratta di notizie non aggiornate, parziali,
riferimenti che non offrono una rappresentazione attuale della personalità e la cui riproposizione da parte dei motori di
ricerca potrebbe mostrare un immagine non fedele della persona. È nato così il dibattito intorno al diritto di ottenere la
deindicizzazione o la rimozione di questi contenuti. Gli interessati lamentavano proprio la visualizzazione ripetuta dei
risultati non graditi perché ritenuti di nocumento al proprio diritto all'identità, A loro volta i motori di ricerca e i gestori dei
siti, si rimbalzavano le responsabilità perché i primi affermavano di limitarsi a prestare un servizio tecnico, estraneo ad
attività editoriale, perché indirizzavano automaticamente i contenuti di pagine che erano sotto la responsabilità di terzi (cioè
dei siti dei giornali) e quindi invitavano gli interessati a dolersi con i giornali e non con internet.
il caso Google Spain, vicenda nella quale è scaturito il rinvio pregiudiziale avanti alla corte di giustizia, perché vedeva
opposti davanti alla autorità per la protezione dei dati spagnoli un certo signor Gonzalez e Google: questo signore
domandava che fosse ordinato il motore di ricerca di cancellare alcuni link diretti a pagine web di una pubblicazione dal
titolo “L’avanguardia” che riportava i dettagli di un procedimento di esecuzione subito da lui anni prima. Google sosteneva
che la richiesta dovesse essere indirizzata gestore del sito sorgente.
L’autorità spagnola per la protezione dei dati ordinò la rimozione e Google contestò; il giudice investito del caso ha, a sua
volta, rimesso la questione alla corte di giustizia al fine di comprendere, per esempio, se il diritto dell'unione offrisse un
fondamento alla presenza dell’interessato ad ottenere la rimozione dei propri dati dai risultati del motore di ricerca, in
assenza di una previa notifica al titolare del sito sorgente.
Le domande che la corte si è posta per risolvere il caso sono 3: L’attività di un motore di ricerca come Google costituisce un
trattamento dei dati personali? (risposta affermativa) - Può un motore di ricerca considerarsi un titolare del trattamento?
(risposta affermativa) - Esiste un diritto degli interessati a ottenere la rimozione di risultati?.
Mentre la tutela del diritto all'oblio prima era affidata a una richiesta individualizzata al sito internet affinché sottraesse dai
motori di ricerca alcune pagine, viene ora aperta la strada un rapporto diretto col motore di ricerca, senza che sia necessario
un intervento dell'autorità.
Secondo la corte Strasburgo, non è compito dei giudici riscrivere la storia ordinando la rimozione dal web di pubblicazioni
relative ad un’epoca ormai passata, piuttosto gli stati devono offrire soluzioni adeguate ad un bilanciamento dei diritti,
ispirate ad un corretto equilibrio. Quindi la rimozione della notizia per tutelare la reputazione dei singoli ricorrenti può
andar bene ma può anche comportare un eccessiva compressione della libertà di espressione.
Nel 2017 c'è stato un intervento della corte Strasburgo nel caso Fuchsmann contro Germania, nel quale nuovamente, a
fronte di una richiesta di rimozione di una notizia dagli archivi respinta dalle autorità locali, si è confermata una forte
presunzione a favore dell'art.10 della CEDU che si può vincere soltanto in presenza di argomenti adeguati. È importante
l'orientamento di fondo della corte di Strasburgo che è molto più incline ad un bilanciamento a favore della libertà di
espressione che non della riservatezza individuale, la corte di Strasburgo sottolinea la funzione democratica e di interesse
pubblico che gli archivi online assolvono, che implica una particolare resistenza rispetto ogni interferenza tesa alla tutela dei
diritti individuali (come la privacy).
Informazione pubblicitaria:
“ogni forma di messaggio trasmesso con qualsiasi mezzo di comunicazione da un'impresa pubblica o privata a pagamento o
dietro altro consenso allo scopo di promuovere beni prodotti o servizi forniti”, la prima nozione di pubblicità è stata fornita
dal decreto legislativo 74/1992
O informazione commerciale, è coperta costituzionalmente e assai discussa nella sua relazione con l'art 21 perché ne è
legato solo in parte ( la libertà dei rapporti civili) mentre l'altra parte si lega all'art 41 (per la libertà economica). Ci sono due
definizioni rilevanti di pubblicità:
1) art 2 comma 1 lettera a del decreto legislativo 145/07 “pubblicità: qualsiasi forma di messaggio che e'
diffuso, in qualsiasi modo, nell'esercizio di un'attività commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di
promuovere il trasferimento di beni mobili o immobili, la prestazione di opere o di servizi oppure la costituzione o il
trasferimento di diritti ed obblighi su di essi”
2) art 18 comma 1 lettera d del codice del consumo “pratiche commerciali tra professionisti e consumatori:
qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la
commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di
un prodotto ai consumatori”.
In ogni caso deve essere letta nel rapporto tra consumatore e professionista e fa parte delle attività commerciali.
La prima definizione del decreto 145/07 si fonda su alcuni elementi: l'indifferenza delle modalità espressive, l'ambito di
diffusione e la finalità di promuovere “qualcosa”, quindi i requisiti dell'informazione pubblicitaria sono: un elemento
oggettivo (il messaggio), un elemento soggettivo (la qualità professionale dell'inserzionista) e un elemento teleologico (lo
scopo promozionale).
L'informazione pubblicitaria presenta delle analogie con l'esercizio del diritto della libertà di pensiero, nel suo legame con
l'art 41 si fa leva sulla strumentalità della pubblicità, ne segue che essa sia soggetta a limitazioni stringenti, infatti non può
svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno, vengono tutelati sia i consumatori sia i concorrenti.
Sono note due sentenze che hanno modellato questo campo dal punto di vista legislativo:
– sentenza 68 del 1965: la corte doveva legittimare l'approvazione preventiva dell'ente per il turismo dei
messaggi pubblicitari relativi alle tariffe alberghiere, un controllo che non avrebbe inciso nelle garanzie costituzionali
dell'art 21.
– sentenza 231 del 1985: la costituzionalità del divieto di divulgazione di messaggi pubblicitari trasmessi da
televisioni estere la cui trasmissione era consentita ne territorio nazionale, questo caso fu dichiarato incostituzionale perché
incompatibile con l'art 41.
nonostante questi precedenti fossero fondamentali al giorno d'oggi sono trascurabili, il riconoscimento nella comunicazione
commerciale di una componente creativa, artistica unisce gli art 21 e 41 nell'opera pubblicitaria. Ad accostare la pubblicità e
l'art 21 sono alcune sue caratteristiche: la pubblicità commerciale include un contenuto informativo e denota un parallelismo
con l'esercizio dell'informazione (persuasione), Il messaggio pubblicitario potrebbe costituire una specie del più ampio
genere della comunicazione propagandistica e quindi le finalità promozionali del saggio non potrebbero sottrarlo comunque
all'ambito di applicazione dell’art 21.
l'informazione pubblicitaria ha una natura ambivalente e tocca sia i confini dell'iniziativa economica sia quelli della
manifestazione del pensiero, infatti copre due articoli costituzionali, questa lettura però non risolve il problema dei limiti,
perché rimane il dubbio se siano da applicare i limiti più stringenti (a cui soggiace la libertà di iniziativa economica) o quelli
meno rigorosi (applicabili invece alla libertà di manifestazione del pensiero).
L'inserimento delle informazioni pubblicitarie nella libertà di iniziativa economica, si pone tuttavia in collisione con la
giurisprudenza della corte europea dei diritti dell'uomo, che si è sviluppata sulla interpretazione dell'art.10 “Ogni persona
ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare
informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. Il
presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione,
cinematografiche o televisive” la tutela della libertà di espressione da parte della CEDU si estende alla pubblicità
commerciale, questo perché l'art 10 è insensibile rispetto alle finalità del messaggio pubblicitario ma la corte ha attribuito
un grande rilievo al contenuto della comunicazione. La corte di Strasburgo ha distinto political speech (favorito) e
commercial speech: fondamentale in questo contesto è il caso Market Intel Verlag contro Germania: la tutela accordata
dall’art.10 CEDU si estende anche alle comunicazioni effettuate per perseguire interessi particolari, come sono proprio
quelli di natura economica, ma questo tema si ritrova anche in altre sentenze come la sentenza 94 sul caso Coca contro
Spagna, in cui la corte ha dichiarato compatibili con l’art.10 le limitazioni alla diffusione di annunci pubblicitari previsti
dall'ordine professionale degli avvocati, perché queste misure operano un corretto bilanciamento tra la tutela del decoro
della professione e il buon andamento della giustizia. La corte europea non ha mancato di condannare gli stati contraenti nei
casi in cui ha riscontrato il superamento del pur ampio margine di apprezzamento che ad essi viene riconosciuto dalla stessa
corte. È quanto si è verificato nel 2018 nel caso Sekmadienis contro Lituania, in cui i giudici di Strasburgo hanno
dichiarato violato l’art.10, ritenendo che le autorità nazionali della Lituania non avessero adeguatamente motivato la lesione
della morale pubblica derivante da una campagna pubblicitaria raffigurante figure e simboli religiosi. Si osserva un
approccio più aperto ed eclettico da parte di Strasburgo, più incline a tutelare una moltitudine di forme espressive, tra cui
anche quelle più orientate verso scopi commerciali.
Le regole della legislazione italiana in materia sono diverse da quelle della CEDU, la pubblicità deve seguire il principio di
liceità e trasparenza stabiliti dall'art 1 e 5 del decreto legislativo 145/07: art 1 “Le disposizioni del presente decreto
legislativo hanno lo scopo di tutelare i professionisti dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali, nonché' di
stabilire le condizioni di liceità della pubblicità comparativa. La pubblicità deve essere palese, veritiera e corretta” e art 5
“La pubblicità deve essere chiaramente riconoscibile come tale. La pubblicità a mezzo di stampa deve essere distinguibile
dalle altre forme di comunicazione al pubblico, con modalità grafiche di evidente percezione” la pubblicità non può quindi
essere occulta falsa o scorretta, non può mirare a ledere gli interessi dei consumatori.
Essendo la pubblicità una pratica commerciale si basa su di un decreto nel codice del consumo, art 20 comma 2: indica i
requisiti per indicare una pubblicità come scorretta “Una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza
professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto,
del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica
commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori”.
Esistono pratiche commerciali:
Ingannevoli→ Ogni pratica commerciale che contiene informazioni non rispondenti al vero o comunque idonea ad
indurre in errore il consumatore medio, i comportamenti omissivi o le presentazioni occulte. È sempre
ingannevole usare un marchio di un'ente senza il suo permesso, per evitarlo ci sono vari rimedi e tutele.
Aggressive→ Ogni circostanza che mediante molestie, coercizione o indebito condizionamento limitino o siano idonei a
limitare la libertà di scelta e di comportamento del consumatore medio, inducendolo ad assumere una
decisione commerciale che non avrebbe altrimenti preso. Ogni circostanza che mediante molestie limita
la libertà di scelta del consumatore medio.
Diritto d'autore:
ha la stessa ambivalenza della pubblicità, ha i presupposti di creatività e originalità della tutela di un'opera e quindi si
collega alla manifestazione del pensiero, ma i meccanismi di protezione di questo diritto si rifanno all'ambito dei rapporti
economici. Manca un parametro costituzionale diretto, questa ambiguità però si ritrova anche negli ordinamenti
anglosassoni nel termine copyright ovvero”motore della libertà di espressione”.
La storia del diritto d'autore è lunga, emblematico è il caso Harper & Row dove il copyright viene descritto come il motore
della libertà di espressione, costituendo (in quanto fonte di remunerazione) il principale incentivo allo sviluppo
dell'industria culturale, rendendo conveniente la loro attività creativa.
La normativa italiana appare con la sentenza del 1973 secondo la quale alcuni provvedimenti del diritto d'autore erano in
contrasto con l'art 21, sentenza 108/95 in cui la corte ha esaminato nuovamente il tema dell'esclusività riconosciuta agli
autori.
Storia del copyright→ il diritto d'autore è stato approcciato in modo vago ed è tornato in scena solo grazie all'avvento delle
nuove tecnologie, le origini di questo diritto sono rintracciabili fino all'epoca romana ma ufficialmente se ne inizia a parlare
nel 700 in Inghilterra, si parla di diritti patrimoniali d'autore all'interno dello statuto di Anna (o copyright act) del 1709 il cui
obbiettivo era l'incoraggiamento degli uomini istruiti a comporre libri utili, si pensava che sarebbe stata la chiave per
ottenere originalità. Nel 1790 negli USA con un secondo copyright act si rafforzano le garanzie del primo modello inglese.
Nel frattempo in Francia si sviluppa una legislatura sul diritti d'autore leggermente diversa da quella anglosassone e poi
succede lo stesso in Germania e in Italia. Quello italiano tutela soltanto il diritto patrimoniale (e non anche quello morale); il
modello del diritto d'autore d'ispirazione franco-tedesca che, diversamente dagli angloamericani, ha tutelato l’opera a
prescindere dall’adempimento di molte formalità, per il solo fatto della creazione, poi concepisce limitazioni tassative e poi
ancora tutela sia il diritto patrimoniale quello morale.
I trattati più importanti sono la convenzione di Berna del 1876, la convenzione universale sul diritto d'autore del 1952 a
Ginevra, la convenzione di Stoccolma del 1967, che ha istituito l'organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, la
quale ha successivamente adottato due trattati (noti anche come “trattati internet”) che hanno reagito alle sfide delle nuove
tecnologie digitali. Fonte principale, è il Digital Millennium Copyright Act (DMCA) del 1998 e poi la direttiva 29/2001
(UE).
Recentemente la direttiva 29/2001 è stata oggetto di un contrastato disegno di riforma, nell'ambito del pacchetto di misure
sul digital single market.
Combattuto perché le misure previste dal testo in discussione perseguono l'obiettivo di adeguare questa direttiva
all’evoluzione delle tecnologie digitali e i 2 punti su cui si è concentrato maggiormente il dibattito hanno a che vedere col
problema di una distribuzione non simmetrica dei guadagni derivanti dallo sfruttamento dei diritti d'autore su opere protette,
per effetto della loro diffusione sul web:
Il primo motivo per cui il problema è evidente è quello del rapporto tra le piattaforme e gli editori, dove questi ultimi
lamentano una progressiva erosione dei guadagni.
Il secondo riguarda la responsabilità delle piattaforme digitali per i contenuti in violazione del diritto d'autore; per questo il
testo mira a imporre misure in capo ai prestatori di servizi (internet service provider) che memorizzano e danno accesso a
grandi quantità di contenuti, che tuttavia devono avere un contenuto coerente con la cornice normativa (stabilita dalla
direttiva 31/2000 sulla responsabilità degli internet service provider).
Quindi, nonostante l’ampia copertura che il diritto internazionale ed europeo offrono al diritto d’autore, la costituzione
italiana non prevede in modo espresso alcun riconoscimento di questo diritto.
Inoltre per quanto riguarda la tutela della “cultura” la costituzione italiana dispone di vari articoli ad esempio gli art 2 e 3
che proteggono il pieno sviluppo della persona o l'art 9 che promuove lo sviluppo della cultura, art 33 che promuove la
libertà dell'arte e della scienza, art 35 tutela il lavoro, art 42 tutela la proprietà, art 41 tutela la libertà dell'iniziativa
economica...
la legge sul diritto d'autore però nella normativa italiana si rifà agli art 2575- 2583 del codice civile
Art 2575, oggetto del “Formano oggetto del diritto di autore le opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono
diritto alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro e alla
cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”
Art 2576, acquisto “Il titolo originario dell'acquisto del diritto di autore e' costituito dalla creazione dell'opera, quale
del diritto particolare espressione del lavoro intellettuale”
Art 2577 contenuto “L'autore ha il diritto esclusivo di pubblicare l'opera e di utilizzarla economicamente in ogni forma
del diritto e modo, nei limiti e per gli effetti fissati dalla legge”
Art 2580, soggetto “Il diritto di autore spetta all'autore ed ai suoi aventi causa nei limiti e per gli effetti fissati dalle
del diritto leggi speciali”
È chiaro che l’emersione di nuovi modelli di circolazione delle opere in ambito digitale, ha reso sempre più rilevante anche
il complesso di norme che ha recepito in Italia il contenuto della direttiva 31/2000 sul commercio elettronico, regolando il
ruolo e la responsabilità delle piattaforme digitali, poi affidato al d.lgs.70 del 2003 (decreto sull’e-commerce). Il ruolo delle
piattaforme digitali nell'ambito della circolazione di opere protette rappresenta oggetto di un dibattito sugli hosting provider,
che comprende sia piattaforme di condivisione dei contenuti pubblicati da terzi, essi non esercitano alcuna attività
editoriale sui contenuti (hanno un funzionamento a carattere tecnico e neutrale/passivo) e così si difendono rispetto alle
contestazioni che vengono loro mosse.
Parte della giurisprudenza si è interrogata se il ruolo di queste piattaforme sia davvero del tutto insensibile ai contenuti
trasmessi al punto di escludere la sussistenza di una responsabilità editoriale:
La corte di giustizia si è soffermata sulla rilevanza del ruolo delle piattaforme in quanto esercenti attività editoriale, così la
responsabilità delle piattaforme digitali per la violazione del diritto d'autore rappresenta un primo tema di discussione
registrato. In caso di diffusione non autorizzata di un'opera protetta, gli hosting provider non potrebbero più considerarsi
immuni da un'attività editoriale e rischiano di essere considerati responsabili per le violazioni commesse dagli utenti.
Un altro tema riguarda l'assenza di un obbligo generale di sorveglianza, Proprio perché i fornitori di servizi non agiscono
come editori, non potranno essere richiesti di selezionare previa singola verifica i contenuti immessi dagli utenti sulla rete.
Ma il filone giurisprudenziale che è più racconta la vicinanza delle piattaforme digitali al diritto d'autore riguarda la
qualificazione delle attività svolte dalle piattaforme digitali come atto di comunicazione al pubblico. Tale comunicazione
rientra nel novero dei diritti di utilizzazione economica delle opere protette e riceve definizione dall’art.3 della direttiva Info
Sock: “gli stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al
pubblico delle loro opere, compresa la messa a disposizione in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e
nel momento individualmente scelto”. Caso Svensson: la corte di giustizia ha dichiarato che la fornitura su un sito internet
di collegamenti cliccabili verso opere protette, disponibili lecitamente su un altro sito internet dove sono liberamente
accessibili, non costituisce un atto di comunicazione al pubblico. La corte ha affermato che, in assenza di novità del
pubblico, non occorre alcuna autorizzazione da parte del titolare dei diritti. Di recente, però ci ha ripensato nel caso GS
Media, dove tornando ad occuparsi del linking ha dichiarato che esso costituisce in realtà un atto di comunicazione al
pubblico, quando la comunicazione originaria non sia stato autorizzato dal titolare di diritti, perché la sentenza richiama la
necessità di una valutazione individualizzata di ciascuna fattispecie che deve tenere conto di svariati criteri.
L'avvento dei nuovi modelli di circolazione delle opere protette (conseguenza della digitalizzazione) ha comportato anche
una maggiore esposizione dei contenuti al rischio di utilizzazioni non autorizzate dei titolari di diritti (pirateria), che ha
conosciuto dimensioni sempre più significative man mano che sono andate diffondendosi nuove modalità di veicolazione
delle opere: da un lato i sistemi di condivisione peer to peer che consentono la condivisione di contenuti (compresi opere
protette dal diritto d'autore) dall'altro le piattaforme di condivisione cosiddette user generated content che traggono alimento
dalla partecipazione degli utenti.
Si è mosso così, sempre l'autorità per le garanzie nelle comunicazioni che dopo un iniziale fallito tentativo del 2011, ha
approvato nel 2013 un regolamento per la protezione del diritto d'autore sulle reti di comunicazione elettronica piuttosto
innovativo, in quanto volto a favorire un enforcement pubblico del diritto d’autore (più efficace di quello privato),
permettendo ai titolari dei diritti di attivare una procedura amministrata dalla stessa AGCOM (Autorità per le Garanzie nella
Comunicazione) per la rimozione selettiva di contenuti o la disabilitazione dell’accesso dei siti in violazione del diritto
d'autore. Il regolamento è divenuto efficace nel 2014.
Le opere digitali sono tutelate nell'ambito della loro condivisione illegittima attraverso reti di comunicazione elettronica ma
fanno eccezione le fruizioni mediante download/in streaming o reti peer to peer.
L'AGCOM opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione, ha una composizione articolata, è
composta da 4 organi ognuno con competenze specifiche: il presidente, il consiglio, la commissione per le infrastrutture e le
reti e la commissione per i servizi e per i prodotti. L'attività dell'AGCOM è quella di promuovere la concorrenza e di dettare
una regolazione del mercato in modo da garantire elevati e sicuri standard qualitativi dei servizi.
Regolamentazione delle reti telematiche:
la società dell'informazione post-industriale o moderna vede i dati come nuovo punto cardine che sfrutta un canale di
comunicazione globale ovvero internet (si è passati da analogico a digitale). La rete si sviluppa attorno al progetto ARPNET
(Advanced research projects agency network) nel corso degli anni '90 quando viene creato il world wide web. Internet è la
rete di reti, reso possibile grazie all’uso dei protocolli che permettono di identificare tutti i dispositivi connessi in maniera
univoca utilizzando un numero (IP, internet protocol). Lo scambio di informazioni avviene tramite pacchetti di dati, che
costituiscono unità a sé stanti, capaci di viaggiare in modo autonomo ed essere scambiati convenzionalmente attraverso il
protocollo TCP-IP.
Mentre, le risorse che si trovano sulla rete sono invece individuate da una stringa di caratteri (dominio), la prima è
l'acronimo a tutti noto www (word wide web). La terza parola corrisponde ad un area geografica/tematica definita (top level
domain). Quella centrale (second level domain name) viene scelta liberamente da chi registra il nome a dominio; l'insieme
di essi è organizzato in un sistema DNS (domain name system).
Lo sviluppo di questa nuova dimensione digitale ha condotto ad interrogarsi sul ruolo che giocano i soggetti pubblici/privati
nella cosiddetta governance di internet. Se da un lato gli stati hanno provato a mantenere il loro potere sovrano all’interno di
questo nuovo spazio digitale, dall'altro soggetti privati (in particolare organizzazioni sovranazionali/multinazionali) hanno
steso la loro area di influenza ben oltre i confini della propria sede.
Il cyberspazio andrebbe considerato come un’entità autonoma ed indipendente dalla sovranità dello stato, e lo spazio
digitale costituirebbe quindi un altro territorio sul quale il potere è esercitato direttamente dagli utenti della rete.
Lawrence Lessig: ha fatto emergere il ruolo privilegiato delle misure che regolano l'architettura della rete. L’elemento
fondamentale che gli stati devono prendere in considerazione al fine di imporre il proprio potere sovrano sullo spazio
digitale consisterebbe nel guardare alla struttura della rete nel suo senso tecnico. Internet non risulta una realtà slegata dal
mondo fisico, perché necessità di una infrastruttura per funzionare.
La transizione dal mondo degli atomi e quello dei bit ha permesso ad alcuni operatori (over the top, gli ott, i grandi players
di internet) di sfruttare le nuove tecnologie digitali per proporre prodotti e servizi in rete.
OTT→ (over the top) gli operatori digitali che sono in grado di offrire una serie di servizi al di sopra di una struttura
preesistente fornita dai tradizionali operatori di rete, sono anche detti provider ad esempio nell'e-commerce e hanno
provocato la diminuzione dei profitti dei canali tradizionali. Il vantaggio è che non hanno a proprio carico i costi relativi alla
trasmissione/gestione della rete che gli altri broadcaster sono tenuti tipicamente a sostenere. Mentre da un lato si sono
ampliati in modo esponenziale i servizi forniti dagli OTT, dall'altra i tradizionali operatori di telecomunicazioni hanno visto
diminuire i loro profitti per via della progressiva liberalizzazione del settore. Tra i soggetti che operano in rete è sicuramente
fondamentale la figura dell'internet service provider (ISP) ovvero l'intermediario online che permette a terzi di utilizzare la
rete, vanno però distinti dai content provider ovvero coloro che forniscono i contenuti, a differenza dei service provider, i
fornitori di contenuti provvedono a trasmettere e rendere disponibili contenuti digitali online attraverso i servizi che offrono
i service provider.
Esistono 3 tipi di prestatori di servizi la cui natura è poi declinata anche secondo le rispettive responsabilità:
Di semplice Offrono un servizio per trasmettere informazioni o un accesso alla comunicazione online, include
trasporto anche la memorizzazione automatica, intermedia e transitoria delle informazioni trasmesse, la cui
(mere conduct) durata non ecceda il tempo ragionevolmente necessario per questa finalità.
art 12
Di Il prestatore non è responsabile della memorizzazione di queste informazioni, effettuata per lo scopo di
memorizzazione rendere più efficace il successivo inoltro ad altri destinatari, a loro richiesta, e sempre a condizione che:
temporanea - Non modifichi le informazioni
(Catching, per -Si conforme alle condizioni di accesso alle informazioni
l’ospitalità dei -Si conforme alle norme di aggiornamento delle informazioni indicate in modo riconosciuto e utilizzato
dati) dalle imprese di settore
art 13 -Non interferisca con l'uso lecito di tecnologia riconosciuto e utilizzato nel settore per ottenere dati
sull'impiego delle informazioni
-Agisca prontamente per rimuovere le informazioni che ha memorizzato, per disabilitare l'accesso non
[direttiva appena venga a conoscenza del fatto 1) che le informazioni sono state rimosse dal luogo dove si
31/2000] trovavano inizialmente sulla rete 2) che l'accesso alle informazioni è stato disabilitato 3) un organo
giurisdizionale/autorità amministrativa ne ha disposto la rimozione o la disabilitazione.
Hosting provider Devono informare l'autorità pubblica in caso di presenza di contenuti illeciti e rimuoverli dopo che
(hosting) l'autorità ha emesso l'ordine, ed è responsabile dei danni subiti da terzi con quelle informazioni se non
art 14 segue la procedura standard.
I provider hanno subito un mutamento e sono sempre meno passivi o neutrali a causa di questa evoluzione.
Art 15 comma 2 direttiva 31/2000 clausola di chiusura “Gli Stati membri possono stabilire che i prestatori di servizi della
società dell'informazione siano tenuti ad informare senza indugio la pubblica autorità competente di presunte attività o
informazioni illecite dei destinatari dei loro servizi o a comunicare alle autorità competenti, a loro richiesta, informazioni
che consentano l'identificazione dei destinatari dei loro servizi con cui hanno accordi di memorizzazione dei dati.”.
la formulazione del decreto sembrerebbe più protettiva nei confronti dei fornitori di servizi di hosting rispetto alla direttiva
e-commerce.
Il decreto, però, non chiarisce quale autorità pubblica è ritenuta competente ad emettere ordini di rimozione o blocco dei
contenuti illeciti, l’AGCOM ha adottato il regolamento in materia di tutela del diritto d'autore sulle reti di comunicazione
elettronica, il quale promuove uno sviluppo di un'offerta legale di opere digitali e la loro corretta fruizione, e definisce le
procedure per l'accertamento da parte dell'autorità delle violazioni commesse sulle reti di comunicazione elettronica.
Uno sviluppo importante si è avuto nel 2010 con la sentenza della corte di giustizia europea in relazione al caso Google
France in cui Google era stata convenuta in giudizio in Francia dai titolari di “segni distintivi” che lamentavano il fatto che,
selezionando quelle parole chiave, gli utenti poi visualizzassero, a fianco dei risultati delle ricerche, dei messaggi
pubblicitari relativi a prodotti contraffatti o imitazioni.
La corte di Lussemburgo ha richiamato la ratio sottesa alle recensioni di responsabilità previste dalla direttiva sul
commercio ricordando che questi previsioni operano con esclusivo riferimento al prestatore la cui attività sia di ordine
meramente tecnico automatico e passivo e il quale non è a conoscenza dei contenuti.
Nel caso L’Oréal del 2011, la corte di Lussemburgo ha fornito ulteriori elementi interpretati, chiarendo che i provider
esercitano un controllo sui contenuti online quando conducono di loro iniziativa una ricerca atta a rilevare la presenza di
contenuti illeciti o dopo la ricezione di una notifica da parte del titolare dei diritti pertinenti. Questa segnalazione da parte
dei titolari ha indotto la corte a precisare che la semplice ricezione della notifica, non implica necessariamente che il
fornitore sia effettivamente a conoscenza della legittimità delle informazioni. La notifica deve essere precisa e motivata, in
modo da permettere al provider di agire.
La corte è tornata su alcuni punti (già affrontati in Google France) chiarendo che l'attività di assistenza non può essere
considerata passiva con la conseguenza che in questo caso non è possibile ritenere che il fornitore di servizi possa avvalersi
dell’eccezione di responsabilità prevista dalla direttiva sull’e-commerce.
Con riferimento alla distinzione tra service provider e content provider, nel caso Papasavvas, il ricorrente lamentava un
danno subito a seguito della pubblicazione di alcuni articoli ritenuti diffamatori, sul sito internet di un quotidiano nazionale.
Una delle domande del giudice nazionale era rivolta a comprendere se i limiti alla responsabilità previsti dalla direttiva
fossero applicabili ad una casa editrice che disponeva di un sito internet dove veniva pubblicata la versione online di un
giornale.
Nei casi Scarlet | Netlog queste ingiunzioni richiedevano ai provider di adottare un sistema preventivo di filtraggio, che
permettesse di individuare i contenuti diffusi in modo non autorizzato e quindi in violazione del diritto d’autore, perché si
poneva agli occhi dei giudici nazionali in contrasto con il divieto generale di sorveglianza sui contenuti memorizzati che
avrebbe trasformato i 2 internet service provider in content provider.
Le misure adottate dalle autorità/giudice nazionale devono essere in equilibrio corretto tra la tutela del diritto d'autore e di
altri diritti fondamentali, altrimenti potrebbero condurre ad una lesione della libertà di impresa ai provider; e poi ha dato
rilievo alla libertà di ricevere e comunicare informazioni e al diritto alla tutela dei dati personali (tutelati entrambi dalla
carta dei diritti fondamentali).
Il ruolo dei diritti fondamentali in relazione alle attività degli internet service provider risulta predominante anche nella
giurisprudenza della CEDU e più volte è stato affrontato il tema della pubblicazione di commenti diffamatori su piattaforme
online.
Il primo fu il caso Delfi del 2015, la cui vicenda atteneva la pubblicazione di commenti anonimi in un articolo pubblicato su
un portale di informazione online, che i giudici nazionali avevano ritenuto diffamatorio, i giudici di Strasburgo hanno
ritenuto che l'imposizione di una somma a titolo di risarcimento in capo alla piattaforma risultasse conforme ai criteri
enunciati all’art.10 della CEDU.
A conferma della peculiarità di questa questione, nell’analogo caso Mte la corte di Strasburgo ha ritenuto che la decisione
delle autorità nazionali costituisse un’interferenza con la libertà di espressione alla piattaforma, considerato il fatto che i
gestori dei siti web non sarebbero tenuti ad un obbligo di sorveglianza per i commenti pubblicati dagli utenti.
Distinzione tra:
hosting attivo/passivo hosting
consapevole
L’hosting passivo conserva quelle caratteristiche di neutralità ed imparzialità (Google France) mentre
dei contenuti
l’hosting attivo si avvicina più alla figura del gestore di contenuti, condividendone anche la sorte in tema di
responsabilità.
Questi argomenti sono serviti ai giudici nazionali per tracciare il canale della responsabilità e possono essere quindi
sintetizzati in questo modo:
− il primo argomento: ’inserimento tra i termini e le condizioni di servizio di clausole che potrebbero presupporre
l'esercizio di una forma di controllo sulle informazioni fornite agli utenti . nell'ambito delle possibili violazioni, soprattutto
del diritto d'autore la previsione di una licenza non esclusiva per lo sfruttamento dei contenuti pubblicati dagli utenti sui
social network, è stata ritenuta condizione sufficiente a qualificare il provider come hosting attivo.
− secondo argomento: l'attività di organizzazione e di selezione delle informazioni che vengono fornite dagli utenti
consente al provider di massimizzare i propri guadagni, quindi l'inserimento di messaggi promozionali, pubblicitari
associati ai contenuti pubblicati è stato ritenuto generare una responsabilità da intendersi come la hosting attivo. In molti
casi le corti nazionali hanno escluso l’applicabilità delle esenzioni di responsabilità nei confronti del provider, quando
ricorrono alcune condizioni: quali la predisposizione di un motore di ricerca che permetta agli utenti di inserire delle parole
chiave, l'indicizzazione e selezione dei contenuti audiovisivi e la visualizzazione dei contenuti correlati, ancora, la
rimozione di una procedura selettiva per la segnalazione dei contenuti ritenuti illeciti dagli utenti e il caricamento effettuato
direttamente da parte del provider di alcuni contenuti.
I giudici italiani e hanno argomentato che queste attività contribuiscono a definire una figura diversa di prestatore di servizi,
non completamente passivo e non neutro rispetto all’organizzazione nella gestione dei contenuti immessi dagli utenti,
organizzazione da cui trae anche sostegno finanziario, in ragione dello sfruttamento pubblicitario connesso alla
presentazione. Più di recente la giurisprudenza ha proprio cercato di abbandonare questa distinzione tra attivo e passivo
ritenendola fuorviante e da evitare in quanto mal si addice ai servizi di ospitalità in rete in cui il prestatore interviene e può
non intervenire sui contenuti caricati dagli utenti, ma li sfrutta commercialmente.
Altre funzioni del GDPR→Il GDPR non ha soltanto rivisitato il quadro giuridico della disciplina dell'unione sulla privacy e
la protezione dei dati personali garantendo un alto grado di uniformità tra le legislazioni degli Stati membri, ma anche
messo in discussione la separazione tradizionale tra il sistema della direttiva sull’e- commerce e la direttiva 95 46 in materia
di protezione dei dati personali. Il GDPR ha chiarito che l'applicazione di questo nuovo regolamento non dovrebbe
pregiudicare le norme previste dalla direttiva e-commerce in particolare quelle relative alla responsabilità degli internet
service provider. In termini di responsabilità degli intermediari online, la possibilità di applicare il regime previsto dalla
direttiva sull’e-commerce consentirebbe alle piattaforme di fare affidamento sul cosiddetto safe harbour per i contenuti
online e pubblicate da terze parti in violazione delle regole sulla privacy e sui data protection. Quindi i due regimi
potrebbero sovrapporsi, mentre fino all'adozione del GDPR erano stati concepiti con rigida separazione.
Se consideriamo questi due regimi in modo separato è possibile individuare alcune situazioni per esempio:
• quando l'utente commette una violazione delle regole diverse da quelle dettate in materia di privacy dei dati
personali attraverso la rete degli intermediari online, si applica la direttiva e-commerce
• quando invece l'utente commette una violazione delle regole in materia di privacy e di dati personali si applica la
direttiva sulla protezione dei dati personali
• quando un utente commetta una violazione delle regole diverse da quelle in materia di privacy o dati personali, e
l'intermediario online è chiamato a fornire dettagli dell'utente in questione o a predisporre sistemi di filtraggio, si
applicano sia la direttiva e- commerce, sia quella sulla protezione dei dati.
Analizziamo a questo proposito la sentenza Google Spain, anche in questo caso, è possibile cogliere il profilo di
responsabilità del provider che coinvolge sia il regime della protezione dei dati personali, sia quello previsto dalla direttiva
sul commercio elettronico. Sebbene nel caso di specie la corte di giustizia non abbia applicato il regime di responsabilità
degli intermediari online, tuttavia, il ruolo del provider nella gestione dei contenuti emerge in modo predominante. I
principali passaggi della sentenza di cui stiamo parlando sono tre:
1. la rilevanza della disciplina europea
2. l’identificazione del motore di ricerca quale controller, cioè il titolare del trattamento e dunque responsabile dello
stesso trattamento
3. l’applicazione a questo caso di quanto previsto da una parte dell'articolo 12 lettera B della direttiva che disciplina
modalità e ipotesi del diritto di ottenere la cancellazione, la rettifica o il congelamento dei dati, dall'altra dell'articolo
9 della stessa direttiva in materia di deroghe alla disciplina generale in caso di trattamento di dati relativi all'attività
giornalistica.
Diritto all'oblio nel digitale:
questo diritto ha ricevuto una tutela occasionale, è un diritto che deve essere contemplato con altri interessi della collettività
e spesso si scontra con il diritto all'informazione, ai sensi della direttiva in materia di dati personali, il titolare del
trattamento identifica la persona fisica o giuridica che determina le finalità e gli strumenti del trattamento dei dati personali,
e qualificare in questo senso il gestore di un motore di ricerca produce implicazioni di grande importanza, perché significa
costituire in capo al provider una serie di obblighi che sono tutt'altro che irrilevanti. Se da un lato la corte di giustizia non
applica le regole previste dalla direttiva sul commercio elettronico permettendo al gestore di un motore di ricerca di
beneficiare del regime di safe harbour, dall'altro questo ruolo passivo non lo esonera, quale titolare del trattamento dei dati
personali, a rispondere degli obblighi che a quest'ultimo.
Per quanto riguarda il giudice italiano possiamo ricordare alcuni casi. Vi è un caso nel quale tre dirigenti di Google
venivano condannati in primo grado per trattamento illecito di dati ai sensi della normativa italiana sulla protezione dei dati
prevista dal cosiddetto codice della privacy, in quanto avevano diffuso sulla piattaforma video di Google, un contenuto che
mostrava un ragazzo autistico vittima di bullismo da parte dei suoi compagni di classe. Investita della questione la Corte
d'appello di Milano ribaltava la sentenza del tribunale affermando che ai dirigenti condannati dal giudice di primo grado
non poteva essere attribuito il reato di trattamento illecito dei dati ai sensi del codice della privacy, e la Corte d'appello
fondava questa sua decisione sull’assenza proprio dell’obbligo di monitoraggio in capo ai fornitori di servizi che sarebbero
stati del tutto estranei in relazione alle informazioni memorizzate. Riguardo ai contenuti caricati dagli utenti, Google infatti,
non ha il dovere di monitorarli. mentre il tribunale affrontava la questione dal punto di vista della tutela dei dati personali, la
Corte d'appello considerava il ruolo di Google come hosting provider. La vicenda si è conclusa con una sentenza di
Cassazione che ha ribadito l'orientamento della Corte d'appello ritenendo che il fornitore di servizi non è a conoscenza dei
contenuti e quindi non può essere considerato responsabile. L’illecito penale riguardante il trattamento dei dati che può
essere solo ascritto al cosiddetto uploader, ma non può essere esteso a l’hosting provider.
Se ci spostiamo nuovamente a livello sovranazionale possiamo poi osservare che il regime delineato in questi termini
sembra destinato ad essere soggetto, peraltro, ad ulteriori sviluppi. Per quanto riguarda la proposta di direttiva sul diritto
d'autore il Parlamento europeo ha adottato una prima versione di testo nel settembre 2018 al fine di trovare una soluzione
per risolvere il problema del cosiddetto value gap; l'ultima versione dell'articolo 13 della proposta di direttiva istituisce un
sistema di licenze che coinvolge i fornitori dei servizi di condivisione di contenuti online e i titolari dei diritti. In particolare
questa norma obbliga i fornitori d dati a procurarsi una licenza appropriata, ancora in assenza di un accordo tra i titolari dei
diritti e il fornitore dei servizi di condivisione questi ultimi dovrebbero cooperare con il primo in buona fede al fine di
evitare la diffusione di opere protette non autorizzate attraverso i loro servizi.
Questo assetto normativo sembra riconoscere un ruolo più attivo dei fornitori di servizi di condivisione di contenuti. Ciò
viene confermato anche dal considerando 37 della proposta di direttiva che ha introdotto un’eccezione proprio in regime di
safe harbour per i fornitori di servizi di condivisione dei contenuti.
La direttiva smav è stata approvata definitivamente nel novembre 2018 ,anche in questo caso, il percorso verso la revisione
di quest’ambito è stato finalizzato a modernizzare la politica dell'unione europea per far fronte alle nuove sfide poste in
particolare dai fornitori di servizi online.
Quanto agli Stati membri, essi devono garantire ai fornitori di piattaforme introducono misure appropriate al fine di
proteggere per esempio i minori dai contenuti che possono nuocere al loro sviluppo e il pubblico in generale dai contenuti
che incitano all’odio per esempio contro determinate categorie in linea con l'articolo 21 della carta dei diritti fondamentali
dell'unione europea, o possono integrare specifiche figure di reato. Queste misure appropriate dovrebbero riguardare anche
le comunicazioni commerciali audiovisive che non sono commercializzate, vendute e organizzati in modo da implicare la
partecipazione di questi fornitori di piattaforme per la condivisione dei video.
Ci sono poi due ulteriori obblighi introdotti per gli internet service provider da recenti disposizioni di regolamento
comunitario, specifiche in materia di terrorismo online e di produzione e conservazione dei prove elettroniche in materia
penale. Per quanto riguarda la prima proposta di regolamento, cioè sul terrorismo online, il progetto della commissione si
aggiunge ad una direttiva già in vigore dal 2017 sul contrasto al terrorismo e che prevede misure per gestire i contenuti
online compresa la pubblica provocazione alla commissioni di reati di terrorismo, adottando anche misure di blocco e di
rimozione di questi contenuti. La proposta di regolamento ,in particolare, mira ad introdurre l'obbligo per gli hosting
provider di agire preventivamente contro i contenuti terroristici, in particolare, al fine di contrastare i contenuti finalizzati
per esempio al reclutamento e alla formazione di terroristi . L'articolo 1 definisce che il regolamento si applica ai fornitori
di servizi di hosting nei confronti dei cosiddetti contenuti terroristici e questi sono definiti come un'informazione che
incita, e difende anche glorificando, la commissione di reati terroristici provocando così il pericolo che questi atti vengano
commessi, oppure che incoraggia ai reati di terrorismo, promuove le attività di un gruppo terroristico in particolare
incoraggiando la partecipazione o il sostegno al gruppo medesimo, istruisce sui metodi con le tecniche allo scopo di
commettere reati di terrorismo. Secondo l'articolo 3 di questo progetto di regolamento i fornitori di hosting sono obbligati
ad introdurre divieti riguardo alla pubblicazione di questi contenuti nei loro termini di servizio, nonché ad intraprendere
azioni appropriate e proporzionate contro la diffusione di contenuti terroristici internamente nel rispetto sempre dei diritti
fondamentali. L'articolo 6 prevede delle misure di carattere proattivo per impedire la diffusione dei contenuti la cui
implementazione dovrà essere poi riferita alle autorità competenti, e queste ultime ai sensi dell'articolo quattro, potranno
emanare ordini la cui esecuzione deve essere eseguita entro un'ora dalla ricezione dell'ordine.
Per quanto riguarda invece la proposta di regolamento sulle prove elettroniche l'obiettivo è quello di stabilire le norme in
base alle quali un autorità giudiziaria competente dell’Unione può ingiungere ad un prestatore di servizi che opera
nell’Unione di produrre o conservare delle prove elettroniche.
Rientrano nell'ambito di applicazione di questa ipotesi di regolamento questi prestatori di servizi:
• i prestatori di servizi di comunicazione elettronica
• i prestatori dei servizi della società dell'informazione per i quali la conservazione dei dati è una componente
proprio del servizio fornito all’utente compresi i social network,
• i mercati online che agevolano le operazioni tra utenti consumatori e imprese e altri prestatori di servizi di hosting
• i prestatori di servizi di nomi di dominio internet di numerazione.
Ovviamente l'abito territoriale è all'interno dell'unione, quindi a tutti i prestatori dei servizi che offrono i loro servizi
nell'unione anche se non hanno sede nell’Unione europea. Gli strumenti che vengono individuati a questo scopo sono due:
• l’ordine europeo di produzione da un lato
• l’ordine europeo di conservazione dall'altro.
Questi ordini sono diretti ad ottenere da un prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro l'acquisizione o la
conservazione dei dati in previsione della relativa produzione come prove nell'ambito di un'indagine o di un processo penale
in corso nel paese di emissione. Gli ordini di produzione e conservazione sono adottati dalle autorità del cosiddetto stato di
emissione e si risolvono appunto ai prestatori di servizi tramite la figura del rispettivo legale rappresentante designato per
ogni Stato membro.
non solo l’ esperienza pratica l'innovazione tecnologica attribuiscono ai provider una nuova veste, ma anche tutta la
normativa che sta sopravvenendo riconosce a questi soggetti( ISP) un compito nuovo che è quello di verificare che
meccanismi di produzione e conservazione dei dati che passano per le loro piattaforme, non implichino conflitti con i diritti
fondamentali e gli interessi dei paesi membri con sto e un tempo veniva considerato eccessivamente oneroso comunque
difficilmente praticabile dagli internazionali di provare oggi sappiamo e lo constatiamo anche usciamo dalla ovvia sarebbe il
meccanismo di associazione ai contenuti di pubblicità targhettizzate e evidentemente sappiamo che esistono degli algoritmi
e che ci sono dei software che sono capaci in modo non particolarmente oneroso per i enter service provider di identificare
soprattutto in caso di appropriata segnalazione perché non ci come ti chiamo che la legge la direttiva sul commercio in
particolare subordina il controllo contenutistico alla denuncia da parte del soggetto interessato in caso di rinuncia per
esistono degli strumenti tecnici per individuare i contenuti e sulla base di questa Di questa considerazione non potranno più
degli Oscar Bing provider o in generale esigere una sorta di esenzione Vorrei la responsabilità tutte le volte che vengono lesi
attraverso le loro piattaforme diritti della persona e diritti fondamentali .
La funzione dei dati e del trattamento dei dati personali nelle attività di marketing:
dobbiamo osservare che l'analisi dei dati è un prassi comune nel marketing per la sua capacità di instaurare relazioni più
durature con i clienti, in tutte le imprese le attività di costumer relationship management comportano la creazione di un
archivio di clienti o di potenziali clienti profilati attraverso l'analisi delle transazioni o delle informazioni conoscibili su di
loro che permette la formazione di cluster o portafogli clienti sulla base del valore che queste informazioni hanno per
l'impresa.
Un primo elemento dell'attività di marketing è la raccolta e l'analisi dei dati dei clienti, attività svolta direttamente dalle
imprese, poi ci sono le operazioni di acquisizione di dati finalizzate ad integrare e ad incrociare quanto raccolto con quello
che proviene da fonti terze, per migliorare i profili degli utenti.
Con la tecnologia digitale e i big data si può avere accesso ad un numero sempre maggiore di dati e ciò ha amplificato
l'importanza di questa raccolta, il loro patrimonio di conoscenza ora è enorme.
L'attività di marketing assume quindi una connotazione sempre più complicata, arriva a personalizzare le proposte sulle
singole preferenze, e a prevedere i comportamenti futuri dei clienti, tramite l'adozione di strumenti di analisi dei dati; si
parla di data driven marketing per indicare quell'insieme di operazioni strategiche, costituite su intuizioni ricavate
dall'analisi dei big data, raccolti attraverso le interazioni e il coinvolgimento dei consumatori per formulare previsioni sui
possibili comportamenti futuri.
La raccolta di dati per fini predittivi non si limita al mondo digitale e ampliano il bacino di dati utilizzabili, grazie
all'interazione degli smartphone tra loro e con la rete internet la quantità di informazioni dettagliate prodotte è enorme, tanto
da permettere alle imprese di adattare la propria attività ad esso.
Le apparecchiature per le smarthome sono un esempio emblematico, peraltro i dati sono sia direttamente monetizzabili nel
momento in cui vengono trasferiti a fronte del pagamento di un prezzo sia oggetto di monetizzazione indiretta mediante la
vendita di prodotti e servizi risultato dell'analisi dei clienti.
È necessario quindi individuare quale sia la base giuridica che regola le imprese che hanno a disposizione questi dati e come
siano regolati i fini per i quali poi vengono utilizzati, se i dati sono un patrimonio inestimabile per il successo delle imprese
nel mercato moderno, ci si chiede quali siano i presupposti giuridici che li regolano.
La giurisprudenza si rivolge alla proprietà intellettuale ovvero al diritto d'autore, ma ci sono percorsi complessi e spesso
ostacolati dalla giurisprudenza stessa, si è proposto di concedere la proprietà dei dati alle imprese produttrici di dati per
scavallare una serie di ostacoli, ma la proposta non è ancora stata accettata.
Titolarità dei dati in capo alle imprese→ gli strumenti proposti si sono rivelati inefficaci, il tema della titolarità si presenta
per alcuni tipi di dati e in termini specifici, bisogna distinguere:
Dati personali Nome, indirizzo, coordinate bancarie, foto, like, dati che ci profilano come appartenenti a determinati
gruppi... anche quelli che permettono l'identificazione di una persona fisica in via indiretta tramite
l'associazione di più elementi, e sono regolate tramite il GDPR (in Italia prima c'era il codice della
privacy). La disciplina è tale che l'impresa che raccoglie e conserva e utilizza a fini di marketing i
dati personali, è legittimata ad operare con essi nei limiti con cui è autorizzata a ciò dagli interessati,
a meno che non siano casi che non richiedono un consenso. Sono provvisti di un apposito quadro di
protezione.
Dati non personali Non sono provvisti di un quadro di protezione perché sono quei dati generati da macchine e sono il
risultato di processi, applicazioni operazioni informatiche che avvengono senza l'intervento diretto
dell'uomo. Sebbene a volte i dati provenienti dalle macchine possano essere personali (casi in cui si
applicano le regole del GDPR) nella maggior parte dei casi non lo sono.
Da questa distinzione nasce il dibattito sulla proprietà dei dati (non personali) poiché non è possibile parlare di proprietà dei
dati personali che rientrano sempre nella sfera di controllo dell'interessato, l'avvento dei big data consente di profilare utenti
e consumatori (sempre più facilmente) a partire dall'analisi di categorie di dati in apparenza non personali,
la compresenza di dati di diversa natura nello stesso data set aziendale rende difficile la distinzione nella pratica e solleva la
questione della titolarità dei dati all'interno dell'intero database detenuto dalle imprese, quando si trattano strumenti presi in
considerazione per dati solo non personali si fa riferimento solo a questi e si parla di titolarità dei dati.
I dati sono stati individuati fin dall'inizio nella “proprietà individuale” perché i dati possono essere assimilati a beni
immateriali frutto della creatività dell'ingegno umano, poi possono essere analizzati come un incentivo alla produzione di
opere, possiamo distinguere 2 grandi categorie: 1) quella dei diritti di proprietà intellettuale per esempio sul modello di
brevetti, marchi, modelli che tutelano le invenzioni e l'avviamento di un'impresa e poi 2) diritto d'autore, quello che tutela le
creazioni, nello specifico brevetto e diritto d'autore sembrano idonei alla tutele del bene “dato”.
Brevetto→ il sistema brevettuale è l'istituto generalmente associato alla tutela di prodotti tecnici quali macchinari o
dispositivi elettronici, questa sua inclinazione tecnica fa sembrare il brevetto lo strumento più idoneo a proteggere i machine
generated data, che sono dati estrapolati e prodotti da macchine in grado di rilevare e raccogliere dati grazie alla loro
configurazione tecnologica.
Prima tra tutte a regolare a regolare la tutela brevettuale è la convenzione di Parigi del 1883 sulla proprietà intellettuale, ha
alcuni principi generali come il trattato di Washington del 1870 volto a instaurare un meccanismo di collaborazione tra i
diversi paesi. A livello europeo manca una regolamentazione unitaria, in Italia la tutela del brevetto trova sede nel decreto
legislativo n 30/2005 il codice della proprietà industriale, oggetto del brevetto può essere un'invenzione che può essere tanto
un processo quanto un prodotto, una macchina, uno strumento o un composto ed è ritenuta brevettabile in quanto
rappresenti una soluzione nuova ed originale ad un problema tecnico mai risolto prima, sono 3 i requisiti richiesti per
ottenere la tutela:
Novità Originalità Industrialità
Non deve essere compresa nello stato attuale della Richiede che l'invenzione non Deve avere una applicazione
tecnica al momento del deposito della domanda, tutti sia considerata scontata da un industriale, deve poter essere
gli elementi dell'invenzione non devono essere resi tecnico esperto del settore, è prodotta e deve ricomprendere
pubblici a terzi neppure in forma orale, è onere di chi necessario che non sia deducibile ogni settore appartenente al
vuole conseguire il brevetto di tenere segreta la in modo ovvio. mondo della tecnica
propria invenzione.
Il brevetto limita la sua sfera di tutela alle invenzioni destinate ad una applicazione concreta, non sono tutelate le scoperte, o
le teorie scientifiche. Chi ottiene il brevetto gode dell'esclusivo utilizzo del brevetto per 20 anni che decorrono dalla data di
registrazione del brevetto, la durata della tutela brevettuale è inferiore a quella concessa per il diritto d'autore. A differenza
del diritto d'autore che protegge la forma espressiva dell'idea e non l'idea in quanto tale, si ritiene che il brevetto tuteli anche
l'idea, infatti il brevetto è il mezzo di tutela preferito.
Sono tuttavia proprio le caratteristiche tecniche richieste dal sistema ad impedire che il brevetto possa trovare applicazione
con riferimento a semplici raccolte di dati aggregati, perché questa attività in quanto tale non riesce a soddisfare i requisiti
necessari richiesti dal regime brevettuale (↑). Da un punto di vista teorico potrebbe ricomprendere alcune tipologie di dati
come quelli generati da alcuni processi industriali, nella pratica però la tutela brevettuale non è riuscita a contrastare le
pretese di soggetti terzi sui dati prodotti o generati all'interno di processi brevettati, nel caso bund gentest(?) ad esempio la
corte distrettuale di Düsseldorf ha negato che i risultati di un test genetico per cani potessero essere equiparati al prodotto di
un brevetto e non ha concesso la tutela. La questione riguardava la legittimità dell’esportazione dei dati, ottenuti
dall’esecuzione del test genetico dalla Slovacchia (paesi dove il test non era coperto dal brevetto) alla Germania (paese in
cui il test era tutelato da diritti di esclusiva). Queste conclusioni della corte dimostrano la difficoltà per i patrimoni
informativi di trovare spazio di protezione nell’ambito della disciplina della tutela preventuale.
Per quanto il diritto d'autore non presenti un elenco chiuso delle opere che possono essere oggetto di protezione, ma le
diverse elencazioni rinvenibili a livello nazionale/europee sono solo esemplificazioni, in nessuno di questi elenchi è
contenuto un esplicito riferimento ai dati. Non è tuttavia particolarmente significativo in quanto la presenza o non su tali
elenchi non rappresenta un requisito per il diritto d’autore. Quello che è necessario è unicamente il possesso dei requisiti
richiesti anche dalla disciplina sulla tutela del brevetto.
I dati in se per se non sono in grado di soddisfare i requisiti (soprattutto quello della creatività) richiesti nella normativa sul
diritto d'autore, i dati personali per alcuni studiosi possono essere assimilati ad un'opera dell'intelletto ma non è stata accolta
come tesi.
I dati generati da macchine allo stesso modo, essendo informazioni tecniche non sembrano essere il risultato di una attività
creativa e diventa anche difficile individuare l'autore.
Nonostante sia un istituto dotato di flessibilità il diritto d'autore non è adeguato a tutelare i dati, sia generati dalle macchine
sia non personali, i dati organizzati rendono più complesso il discorso, poiché non sono considerati come bit di informazioni
separate ma come un insieme di informazioni organizzate e raccolte in compilazioni o in banche dati.
Le raccolte di opere trovano tutela nel diritto internazionale e nel diritto europeo, la convenzione di Berna protegge le opere
di carattere letterario come le enciclopedie e non menziona i dati tra gli oggetti tutelati, al contrario la convenzione nega che
possano essere tutelate con il diritto d'autore le notizie del giorno i fatti di cronaca che abbiamo carattere di semplici notizie
di stampa.
Si affianca a questa lettura rigida una più elastica, secondo la quale la nozione di opere letterarie e artistica si può riferire a
qualsiasi produzione nel campo letterario scientifico e artistico, in qualunque modalità o forma di espressione, quindi
compresi i dati a patto che siano creativi.
Ci sono anche fonti che supportano questa posizione, ad esempio la direttiva n 9 del 96 art 1 “Ai fini della presente direttiva
per "banca di dati" si intende una raccolta di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente
disposti ed individualmente accessibili grazie a mezzi elettronici o in altro modo”.
Anche le raccolte non sufficientemente creative devono essere tutelate, al punto di poter essere considerate suscettibili di
tutela ai sensi del diritto d'autore con la direttiva 96/9 dell'UE in cui si rinviene un sistema a due livelli, un primo livello di
tutela per le banche dati anche quelle non originali ma che sono il risultato di un investimento e un secondo che fa ricorso
ad uno strumento del diritto d'autore esclusivamente rivolto ai database originali.
Nella direttiva 96/9 l'oggetto della tutela non è più la creatività ma l'investimento ovvero l'impiego di risorse, per essere
meritevole di tutela l'investimento deve rispondere a determinate caratteristiche: deve essere un investimento in fattore
umano tecnico o finanziario e l'apporto delle risorse deve essere stato rilevante per la creazione dell'archivio elettronico. Si
richiede quindi la sostanzialità dell'investimento e che l'investimento ricada in una delle tipologie elencate nella normativa.
La rilevanza dell'apporto va intesa sia in termini qualitativi sia in termini quantitativi, e deve essere finalizzata al
conseguimento (comprende tutte le attività di raccolta e acquisizione di dati che comporranno il database), alla verifica
(aggiornamento o analisi dei dati presenti nella banca dati) o alla presentazione (le operazioni di digitalizzazione della banca
dati medesima) di questi dati.
Alla luce di questa classificazione, una decisione della corte federale tedesca ha suggerito che lo standard di investimento
sostanziale non debba essere in realtà particolarmente elevato, perché qualsiasi investimento in banca dati che
(oggettivamente considerato significante e facilmente effettuabile da chiunque) sembrerebbe sufficiente per accedere a
questa tutela.
Questo diritto sui generis ha fatto pensare (non è così) che si potesse ricomprendere nella tutela anche l'investimento
effettuato per le attività di produzione e di generazione dei dati, ma con 4 sentenze storiche riguardanti l'utilizzo non
autorizzato da parte di società di scommesse e di calendari di eventi sportivi, la corte di giustizia dell'unione ha precisato
che il diritto sulle banche dati non protegge mai gli investimenti effettuati nella generazione dei dati.
Secondo alcuni, proprio per questo aspetto, tale diritto si rivela un'arma inefficace, perché l'accesso a questo tipo di tutela
dipende dalla definizione che si attribuisce al concetto di protezione dei dati, perché anche i dati raccolti dai sensori si
configurano come un'ipotesi di dati osservati e non semplicemente prodotti e che gli investimenti impiegati per la loro
rilevazione potrebbero essere fatti valere ai fini dell'applicazione di questo diritto.
Questo diritto sui generis garantisce al costitutore della banca dati un diritto di esclusiva, che impedisce a terzi l'estrazione o
la riutilizzazione dell'intera banca dati o di parte sostanziale di essa, senza l'autorizzazione, a differenza della privativa
garantita dal diritto d'autore questo diritto non prevede la stessa estesa serie di libere utilizzazioni (garantite dalla tutela del
diritto d'autore) come l'eccezione della citazione, della divulgazione a fini informativi e dell’utilizzo delle informazioni
pubbliche, nel diritto sui generis la durata di protezione cessa dopo 15 anni che decorrono alla definitiva costituzione del
database.
Per gli investimenti meritevoli di protezione, la tutela delle banche dati (costituite da dati macchina) ripropone le medesime
problematiche e criticità riscontrate alla tutela delle banche dati mediante il diritto d'autore, i big data sono raccolti in modo
disorganizzato.
Un'altra forma di protezione dei dati è quella offerta dal segreto commerciale, informazioni acquisite nel corso del tempo da
un'impresa e che entrano a far parte del know-how dell'azienda rappresenta uno degli asset competitivi di cui un'impresa
dispone.
La normativa sul segreto commerciale è stata recentemente ritornata da una direttiva 940/3/2016 europea che protegge il
know-how riservato e le informazioni commerciali riservate. Questa direttiva però non tutela qualsiasi tipo di informazione
posseduta da un'impresa ma solo le informazioni che soddisfano una serie di caratteristiche: devono essere segrete, devono
avere un valore commerciale (che dipende dalla modalità con cui l'informazione è raccolta e conservata), la segretezza deve
essere attivamente mantenuta da chi ne ha il controllo attraverso adeguate misure di sicurezza.
Anche questa tutela nel concreto incontra vari ostacoli.
si rende evidente l'attuale carenza dal punto di vista di chi li genera/raccoglie/archivia/usa di uno strumento che risponde
realmente alle esigenze di un'attività imprenditoriale, perché:
– I caratteri di attività inventiva ed industriali richiesti dalla tutela brevettuale impediscono di tutelare i dati anche se
prodotti da macchine o da processi brevettati
– La tutela mediante il diritto di autore, per quanto presenti maggiori margini di inclusione, richiede che siano
rispettati i requisiti di originalità che difficilmente si incontrano nelle moderne caratteristiche dei big data
– La tutela sui generis che dispensa dal requisito di originalità e richiede unicamente la prova di un sostanziale
investimento, non riesce ad assicurare la protezione sperata
– La tutela autoriale che quella sui generis non hanno mai ad oggetto i dati (in quanto tali), ma sempre la struttura
entro quali i dati sono aggregati (la banca dati)
– La tutela del segreto commerciale, sebbene sia tra le poche forme di tutela a considerare il dato come informazione
a sé stante, pone delle condizioni che difficilmente si conciliano con le modalità di produzione e di conservazione
dei dati macchina.
Nasce da queste considerazioni la proposta di introdurre uno strumento che istituisca una tutela per i produttori di dati,
proposta avanzata dalla commissione europea che ha avanzato l'idea dell’introduzione di un diritto proprietario, su dati non
personali e anonimati generati da macchine, che fosse indipendente dal possesso dei requisiti di originalità e di investimento
sostanziale e tutela sui generis (Una tutela riservata ai dati machine generated).
Titolare del diritto sarebbe il proprietario o l'utilizzatore a lungo termine del dispositivo. Al produttore sarebbe garantito il
diritto di utilizzo esclusivo sui dati generati, nonché il diritto di concludere licenze d'uso per il loro utilizzo, dietro il
corrispettivo di un prezzo. Il diritto inoltre sarebbe trasferibile eventualmente dietro corrispettivo in capo ad altro soggetto.
La commissione sottolinea, tuttavia, la necessità che siano individuate chiaramente le eccezioni a questo diritto di esclusiva,
in particolare con riferimento all'accesso non esclusivo ai dati, la certezza giuridica sulla titolarità del dato che verrebbe
assicurata da tale proposta, ne incentiverebbe quasi certamente l'utilizzo dello scambio, dando nuova linfa al mercato e alla
produzione dei dati.
Inoltre, l’introduzione del diritto di esclusiva porterebbe con sé numerose criticità: 1) la velocità a cui oggi vengono
generati e consumati i dati, li renderebbe oggetto di una protezione instabile e di conseguenza sarebbe incerto l'ambito di
applicazione di questa nuova materia (invece di fornire certezza di operatori questo contribuirebbe ad aumentare le
perplessità) 2) la titolarità del dato rimarrebbe in fondo incerta, per quanto la proposta individui il produttore nel
proprietario/utilizzatore rimane tuttavia non chiaro quale dei 2 soggetti (proprietari o utilizzatori) prevalga qualora esistano
entrambi e 3) avrebbe davvero senso considerare come produttore un soggetto o un'impresa se i dati vengono in realtà
generati da macchine in maniera autonoma. 4)Rischiosa sovrapposizione di questo diritto e i diritti già esistenti d'autore e
sui generis. Il risultato sarebbe una stratificazione di vari livelli di protezione per le creazioni, generate da macchine, e
potrebbe pregiudicare la piena applicazione delle eccezioni e delle libere utilizzazioni, previste dalla legge sul diritto
d'autore (in particolare per data mining), nonché più in generale potrebbe rallentare lo sviluppo e il progresso scientifico.
Alcune categorie di dati possono già vantare una tutela certa, sono quei dati che per loro natura sono state soggetto di una
regolamentazione specifica, queste forme settoriali di protezione, proprio per la peculiarità dei dati che tutelano, però non
permettono di essere interpretate in maniera estensiva, fino ad includere tutto il patrimonio informativo acquisito da
un’impresa.
Sulla base del possesso, è indifferente chi sia il titolare giuridico della macchina o del dispositivo che genera/rivela dati,
perché il proprietario del dato diventa il soggetto che ne ha la disponibilità, quello che riesce a mantenerne il controllo, Si
tratta di una forma di tutela fattuale, che il più delle volte è rafforzata anche da soluzioni giuridiche; a differenza della
proprietà intellettuale, affidano ai privati la regolamentazione totale dei propri interessi in via contrattuale; ciò avviene
attraverso la sottoscrizione dei contratti di licenza, per l'utilizzo in esclusiva o non esclusiva dei dati.
Sennonché, l’efficacia limitata dell’accordo che dispiega i suoi effetti tendenzialmente solo tra le parti impedirebbe al
licenziatario di usufruire di una protezione erga omnes contro eventuali soggetti terzi, ma oltre al possesso materiale
l'ordinamento può offrire allora altre forme di protezione, che tuttavia vanno ad applicarsi ad una casistica estremamente
circoscritta.
Le tutele rimediali, ovvero quelle che si azionano soltanto a seguito dell'avvenimento di un evento dannoso e offrono un
ristoro economico al danneggiato ma non realizzano a pieno il contenuto del proprio interesse.
I dati possono considerarsi un bene giuridico? È ancora oggetto di dibattito.
C’è poi uno strumento alternativo che potrebbe essere impiegato per salvaguardare il patrimonio informativo dalle
appropriazioni indebite di terzi ed è costituito dalle norme sulla concorrenza sleale; in alcuni casi, quando il proprietario dei
dati è un'impresa, l'atto di appropriazione indebita potrebbe infatti configurare un atto di concorrenza sleale.
L’art.624 del Codice penale individua il furto nel caso in cui un soggetto si impossessi della cosa mobile altrui, sottraendola
a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri. Anche qui sorgerebbero difficoltà non solo in relazione
all'inquadramento dei dati all’interno della categoria dei beni mobili, ma anche nella prova delle finalità di profitto che
conseguono all'impossessamento dei dati.

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