14 Settembre
Il diritto può essere inteso come oggettivo (insieme di regole e norme giuridiche) o soggettivo (il mio
diritto/pretesa nei confronti di qualcuno).
Il diritto oggettivo non è tipico solo dell’ordinamento giuridico dello stato, ma anche dello statuto o
regolamento di una qualsiasi federazione sportiva, o di un comune o di una qualsiasi organizzazione sociale.
Ogni gruppo sociale, inteso come insieme di individui (es: condominio, associazione sportiva, comune, ecc.),
prestabilisce delle regole che disciplinano ciò che si può e non si può fare. L’insieme di regole ha lo scopo di
regolamentare e disciplinare una convivenza comune per renderla pacifica ed evitare contrasti tra gli individui
(evitando l’anarchia e il “tutti vs tutti”).
Esistono vari sistemi di regole, che diventano giuridiche quando producono effetti nella collettività, essendo a
favore di qualcuno e a sfavore di qualcun altro. In questo caso, vi è un organo che protegge e fa rispettare tale
regola (es: amministratore condominio), e quindi tali regole non assumono un valore unicamente etico.
Quando l’individuo non rispetta una regola e va in contro a effetti derivanti dall’esterno, allora la regola
assume una forza di natura giuridica. Coloro che non si adeguano a queste regole sono costretti con la forza a
rispettarle, rischiando infatti di finire davanti a un giudice (che condannerà o meno che infrange la regola).
REGOLA GIURIDICA = regola fatta rispettare dall’esterno, a differenza di una regola etica (a cui rispondiamo
solo noi stessi), garantendo anche un diritto (es: rapporto creditore-debitore. Il debitore è obbligato
giuridicamente a adempiere al suo debito, garantendo così al creditore il risarcimento del debito).
Caratteristiche del diritto oggettivo
Il diritto oggettivo (detto anche “ordinamento giuridico”) è definito come un insieme ordinato, completo e
coerente di norme. Le norme sono infatti ordinate (da qui “ordinamento”) poiché c’è una gerarchia fra esse,
che ci permette di capire quale ha valore superiore rispetto ad un’altra, nel caso si realizzi un conflitto tra
norme giuridiche (in questo caso si crea un disordine e un’incoerenza, ma esistono dei criteri che risolvono
questi conflitti, rendendo l’intero ordinamento nuovamente coerente e ordinato).
Potenzialmente l’insieme di norme è creato per disciplinare e risolvere tutti i casi che si possono verificare
nella realtà, esistono però delle lacune normative (ossia delle situazioni che non sono espressamente trattate
dalle norme). Infatti, soprattutto in ambito tecnologico, mancano spesso delle norme che stiano al passo con
le nuove tecnologie (es: monopattini elettrici = innovazione tecnologica non ancora regolamentata), poiché ci
vuole tempo per comprendere a fondo un fenomeno, anche da un punto di vista etico (biotecnologie,
intelligenza artificiale, ecc..). Nonostante ciò, l’ordinamento giuridico è definito COMPLETO, poiché qualsiasi
caso si verifichi nella realtà, il giudice DEVE risolverlo, deve fare giustizia, nonostante l’assenza di una specifica
norma (appellandosi a criteri esistenti che possono essere interpretati andando a colmare eventuali lacune).
Dibattito sulla nascita del diritto (Kelsen vs Santi Romano)
Sorge prima un gruppo sociale che si dà delle regole o esiste già un ordine normativo a cui il gruppo sociale si
adegua?
Kelsen sostiene che l’ordinamento normativo e giuridico già esiste in natura, e la società vi si adegua. Secondo
lui c’è una norma che sta sopra e governa gli individui (NORMATIVISMO KELSENIANO = c’è una norma, dei
valori fondamentali a cui la società si adegua), a cui poi seguono tutte le altre.
Secondo Santi Romano è il gruppo sociale a creare la norma e le regole: prima avvengono gli individui, e nel
momento in cui si aggregano socialmente creano delle regole di comportamento (ISTITUZIONISMO). Legato a
questa concezione si sviluppa il POSITIVISMO GIURIDICO. POSITIVISMO GIURIDICO: guarda alle norme
giuridiche imposte e positivizzate all’interno di una determinata organizzazione sociale, portando una
concezione secondo la quale è norma tutto ciò che l’ordinamento afferma che è norma (es: per noi è legge
tutto ciò che la Costituzione definisce come legge, identificando organi, poteri e processi giuridici). È legge
quindi tutto ciò che l’ordinamento stesso identifica come legge, è diritto tutto ciò che il diritto dice essere tale.
Il diritto è autoreferenziale, poiché si alimenta attraverso ciò che esso stesso dice di essere diritto. Ciò
contrasta il giusnaturalismo, secondo il quale le norme esistono spontaneamente già in natura.
Sovranità statale
Tra il XV e il XVII si passa dal Medioevo (caratterizzato da diversi ordinamenti politici, e quindi da un potere
frammentato: partendo dal feudatario, comuni, impero, chiesa; talvolta in contrasto tra loro) allo Stato
moderno: qui il potere inizia ad accentrarsi e concentrarsi, arrivando nelle mani del sovrano (es: Luigi XIV “lo
Stato sono io”). Anche i nobili che avevano poteri e diritti, li avevano per concessione del sovrano, il quale
concepiva lo stato come un suo possesso. Scompare quindi la dispersione del potere tra feudi e comuni, che
si concentra in una persona (si parla infatti di potere sovrano). È un potere originario, che domina tutti gli altri
e non ha nessuno al di sopra.
Questo processo di concentrazione di potere sovrano in un territorio esteso (Stato/nazione) prende il nome di
“formazione dello stato moderno”. Esso è collocabile cronologicamente nel XVII secolo, con il trattato di
Vestfalia che mette fine alla Guerra dei 30 anni e dà inizio al diritto internazionale, che disciplina i rapporti tra
le nazioni. Esso ha come caratteristiche che ciascuno stato si riconosce sovrano del proprio territorio, non
riconoscendo nessun altro al di sopra di sé stesso. Il diritto pubblico inizia quindi con l’esistenza di un
ordinamento giuridico sovrano.
La sovranità dello stato ad oggi non è però più assoluta (il cittadino non è più suddito, ma ha dei diritti), infatti
esistono norme europee che hanno effetti sul territorio italiano, a prescindere dalla volontà dello Stato stesso.
La sovranità statale esclusiva e assoluta ha subito un processo di perforazione, che ha portato brecce
all’interno di essa, dettate appunto dai diritti del cittadino e dalle norme dell’UE che lo Stato è costretto a
rispettare. Inoltre, in un mondo globalizzato, esistono dei rapporti per loro natura transnazionali, regolati
anche da privati che scelgono di non passare per lo Stato. Essenzialmente, la sovranità statale ha subito un
processo di erosione nel suo essere assoluta nel territorio; rimane tuttavia vero che il potere sovrano rimane
l’unico a detenere la forza e la coercizione (forze dell’ordine che agiscono su ordine statale) territoriale. Non
esiste infatti una forza coercitiva internazionale.
Diritto pubblico e privato
Il diritto pubblico guarda al potere pubblico, alla sua organizzazione ed esercizio e ai suoi limiti. Il diritto privato
guarda invece tra i rapporti tra soggetti privati. Cambiano anche i tribunali: i giudici amministrativi regolano il
diritto pubblico (rapporti tra privato e amministrazione), mentre i giudici ordinari si occupano delle dispute
private.
Il confine non è comunque troppo netto (ad oggi) a causa del fenomeno della privatizzazione: un tempo lo
stato aveva molti più compiti (era uno stato-imprenditore: c’erano molte aziende statali, come le Poste, l’Enel,
le linee telefoniche) per assicurare l’accessibilità a tutti a certi servizi ad un costo fisso e uniforme. L’UE, sulla
base del libero mercato e della concorrenza tra privati, ha voluto limitare il monopolio statale ad alcune attività
che sono infatti gestite ora da privati (PRIVATTIZZAZIONE = ridimensionamento delle funzioni e compiti dello
Stato soprattutto in ambito economico e in favore dei privati, e di conseguenza del diritto pubblico). Es: se c’è
una lite tra un dipendente pubblico e il datore di lavoro (es: dipendente statale vs comune), si va davanti al
giudice ordinario, poiché i rapporti di lavoro sono stati privatizzati.
15 Settembre
La norma giuridica è quindi la previsione astratta di una situazione chiamata fattispecie; infatti, essa viene
indicata spesso con un periodo ipotetico (ES: Se A fa *fattispecie*, allora succede B). In questo caso, B è la
sanzione, che può essere diretta (per raggiungere lo stesso risultato che si sarebbe ottenuto con il rispetto
della norma) o indiretta (quando non è in relazione con la violazione).
Conseguenza giuridiche degli atti normativi
− Iura novit curia: al sorgere di qualsiasi controversia, nel momento in cui si fa valere un diritto è
necessario trovare un fatto, ma non bisogna trovare o provare una norma giuridica, che DEVE già essere
conosciuta dal giudice.
− L’ignoranza della norma non scusa: nel momento in cui una norma entra in vigore, la scusante del non
conoscere tale norma non giustifica dal mancato adempimento di essa. Infatti, nel momento in cui una
norma (ad esempio statale) entra in vigore, esistono delle pubblicazioni su gazzette ufficiali rivolte alla
collettività che producono effetti Erga Omnes (“verso tutti”).
………….
Un provvedimento non conforme alle norme giuridiche è detto illegittimo: se lo Stato agisse contro la legge,
anch’esso risulterebbe illegittimo
………….
− Se la norma è chiara e non servono criteri interpretativi, si usa il criterio letterario (ES: il potere di
proporre leggi spetta al governo)
− Se la norma non è chiara serve capire il fine posto dal legislatore che ha scritto tale norma (ES: l’articolo
83 elenca i poteri del presidente della Repubblica, e può sembrare che abbia gli stessi poteri del
presidente USA). Per risolvere questa questione ci sono due criteri: il criterio teleologico (si cerca di
capire le finalità che si proponeva il legislatore) e il criterio sistematico (in coerenza con gli altri articoli,
si nota il carattere della carta, con la norma che si collega in modo sistematico a tutte le altre,
proponendo un’interpretazione diversa, evitando stonature di un articolo nei confronti del resto della
carta).
Inoltre, sempre nel rispetto della completezza, il giudice non può rifiutarsi di risolvere il caso nonostante le
lacune dovute al progresso tecnologico, attraverso il criterio analogico (basato sull’analogia nel cercare una
norma simile per una fattispecie non ancora prevista) che si divide in:
− Legis: segue il principio della ragionevolezza. Quando il giudice trova una norma che disciplina un caso
simile, la estende (ES: l’articolo 2 della Costituzione tutela i diritti inviolabili, ma protegge anche quelli
di nuova generazione).
− Iudex: segue il principio intuitivo. Se non vi è una norma che disciplina un caso simile, il giudice estrae
dei principi dall’?
L’ordinamento giuridico è sovrano perché il suo potere è originario e dotato di un apparato autoritario che si
pone in una posizione di supremazia, ma vi sono alcuni paradossi:
− TRANSTERRITORIALITÀ: Coinvolge atti compiuti trasversalmente tra diversi ordinamenti giuridici e non
si esauriscono nel territorio nazionale che hanno una portata extraterritoriale, che portano alla nascita
del diritto internazionale privato, cioè l’insieme delle regole e dei principi volti a disciplinare i apporti
giuridici tra privati che presentano elementi di estraneità rispetto ad un determinato ordinamento
statale, mentre se le parti sono enti pubblici di parla di diritto internazionale pubblico.
− EXTRATERRITORIALITÀ: Esistono situazioni in cui un ordinamento giuridico si “completa” con un
ordinamento giuridico straniero con il rinvio: ad esempio un contratto firmato in Francia che coinvolge
una parte italiana. In questo caso, l’ordinamento italiano porta a rimandare a quello francese. Esistono
2 tipi di rinvio:
• Rinvio mobile: quando si applica la norma prevista dall’ordinamento giuridico
straniero qualsiasi sia l’evoluzione della norma stessa
• Rinvio fisso: quando si rende fisso e si ingloba il contenuto della norma
dell’ordinamento giuridico straniero, qualsiasi possa essere la sua evoluzione.
Gli ordinamenti giuridici, a loro volta, si distinguono in originari, ovvero quelli dello stato sovrano, e derivati,
ossia quelli riconosciuti dall’ordinamento giuridico originario. Questi ultimi a loro volta si distinguono in:
ordinamento giuridico internazionale (che riguarda i rapporti tra stati), sovranazionale (UE, ad esempio) e infra-
nazionale (come le regioni).
Da una disposizione si possono ricavare più norme giuridiche: l’esempio è l’articolo 90 comma 1 della costituzione. Una norma è che il presidente della repubblica non è
responsabile, ma lo è in due frangenti (alto tradimento e attacco alla costituzione). Qui una disposizione genera due norme giuridiche.
Può essere anche che una disposizione abbia bisogno di essere unita con altre disposizioni per dare un’unica norma giuridica
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Diritti soggettivi
Sono così definiti perché spettano al soggetto: noi soggetti possiamo essere titolari di situazioni giuridiche (sono
le norme giuridiche che ce le attribuiscono). Noi per il nostro ordinamento siamo titolari di una posizione
giuridica perché fin dalla nascita ci appartengono delle norme. Questa posizione giuridica, che ci è cucita
addosso dal diritto, può essere di natura attiva o passiva.
noi siamo titolari di una situazione giuridica attiva quando siamo portatori di diritti soggettivi (che appartengono
al soggetto) oppure di interessi legittimi, poiché ci possiamo attivare per pretendere qualcosa, ovvero queste
situazioni di vntaggio per l’individuo che può far valere una pretesa. Gli interessi legittimi godono di una tutela
più tenue e affievolita ruspetto ai diritti soggettivi. Se sono titolare di diritto lo posso sempre far valere,
ottendendo la tutela davanti al giudice. Se invece sono portatore di un interesse legittimo, tale intresse è
protetto solo nei temrini in cui coincida con l’interesse pubblico (non ho una tutela completa della mia posizione
di vantaggio, a differenza dei diritti soggettivi). Questa condizione affievolisce la forza della mia posizione
giuridica attiva. (ES: quando io agisco pe ottenere un provvedimento a mio favore da una punbblica
amministrazione, io sono portatore di un interesse legittimo: se non ho tutti i requisiti previsti dalla legge, allora
il mio interesse non sarà soddisfatto poiché non è conforme alle norme giuridiche).
Quando si parla di diritti fondamentali si parla sempre di diritti soggetti, e alcuni tra questi sono riferiti al
cittadino dalla nostra costituzione, anche se appartengono all’uomo in quanto tale (diritti universali). L’esistenza
di diritti umani e non del cittadino, che spettano a noi in quanto individui (indipendentemente da cittadinanza
e nazionalità) è il valore fondamentale della dignità umana: sono essenziali per il rispetto della dignità dell’uomo
(pietra miliare del costituzionalismo moderno).
Le situazioni giuridiche possono però essere anche passive: in questo caso l’individuo è in una poszione di
svantaggio, poiché l’ordinamento giuridico mi imputa degli obblighi o dei doveri (che sono tenuto a rispettare).
I doveri sono quelli che legano il cittadino nel suo rapporto con il potere pubblico: la costituzione parla di “diritti
e doveri”. Quando l’ordinamento mette l’individuo in una situazione giuridica pasiva, si parla di “dovere”
(pagare le tasse, essere fedeli alla repubblica, dovere di voto). Gli obblighi riguardano più il rapporto tra privati:
l’obbligo di adempiere al proprio debito, di consegnare un bene, ecc.
21 Settembre
La caratteristica di un ordinamento giuridico imposto dallo Stato (e quindi statale) è la sovranità: tale
ordinamento si definisce originario, perché ha origine da sé stesso e non deriva da altri ordinamenti. La
sovranità si esprime in due direzioni:
• Sovranità interna: consiste nel potere di imporre i comandi e le regole scelti dallo Stato sul proprio
territorio attraverso la forza e la coercizione (entrambe legittimate).
• Sovranità esterna: consiste nel rispetto agli altri Stati. Tutti gli stati sono infatti sovrani, nessuno
prevale sull’altro. La caratteristica della sovranità consiste nell’esclusività del potere: lo Stato è
l’unico a potersi imporre con la forza sul proprio territorio, escludendo l’influenza di altri stati.
Questa esclusività ha origine teologica: “non avrai alcun Dio a di fuori di me”, “non adorare altri Dei
al di fuori di me”.
Le “forme di Stato”
I tre elementi sono quindi un governo (avente forza coercitiva), un territorio su cui governare e un popolo da
governare.
Nel tempo, i rapporti di potere tra governo e popolo, tra governanti e governati, si sono modificati. Questi
rapporti prendono il nome di “forme di stato”, ossia di forme che guardano al rapporto tra il potere pubblico,i
governanti, e il popolo, i governati (coloro sui quali si impongono le regole decise dai governanti).
Questo rapporto si esplica in diverse forme a seconda dei vari modi di atteggiarsi del potere verso il popolo.
A queste differenti forme seguono quindi differenti forme di stato:
• STATO ASSOLUTO: È la forma di Stato che si è imposta per prima, e ha come cui emblema Luigi XIV,
il “Re Sole”. Infatti, tutto il potere si concentra nelle sue mani. In questa tipologia di Stato, il territorio
e il popolo (composto da sudditi, e non da cittadini) sono tutti elementi di proprietà del sovrano, così
come lo Stato stesso.
Il sovrano esercita un potere arbitrario, non ha limiti esterni/interni al suo potere.
• STATO di DIRITTO: Tra fine ‘700 e inizio ‘800, a partire da Francia (con la Rivoluzione Francese) e Stati
Uniti (con la Dichiarazione d’Indipendenza e la successiva Costituzione), vi è un’evoluzione dello Stato
volta a porre dei limiti al potere del sovrano. Dallo Stato assoluto si passa infatti allo Stato di diritto.
Il sovrano si trova ora limitato dal riconoscimento ai cittadini (non più sudditi) di libertà e diritti che
non possono essere scavalcati. Egli si trova in primis sottoposto alla legge, ed è quindi vincolato ad
essa.
È qui che si crea una rottura nell’assolutezza del potere: infatti, se nello Stato assoluto era il sovrano
a creare la legge e a farla rispettare, nello Stato di diritto si introduce il principio di separazione dei
poteri (teorizzato da Montesquieu). Il potere legislativo non appartiene infatti più al sovrano, ma a
un’assemblea (parlamento) eletta direttamente dal popolo e quindi rappresentante di esso. Questo
è un principio democratico: coloro che decidono le leggi, sono rappresentati del popolo in quanto
eletti da esso (il sovrano non era eletto, ma governava per dinastia). Nonostante ciò, la democrazia
negli Stati di diritto è limitata: il diritto di voto era riconosciuto unicamente in base al genere e al
censo. Lo Stato di diritto era per questo definito “monoclasse” (privilegiava la borghesia).
Il sovrano, oltre al potere legislativo, “perde” anche il giudiziario e giurisdizionale (potere di “ius
dicere”, ossia di applicare la legge laddove sorgano controversie e conflitti). I giudici, a cui
appartengono tali poteri, dovrebbero comportarsi nelle controversie come “terzi” ed essere così
imparziali (“Il giudice è la bocca della legge” – Montesquieu), oltre che indipendenti dagli altri poteri.
In tutto questo, il sovrano rimane detentore unicamente del potere esecutivo, che consiste nel far
rispettare concretamente le leggi. Le leggi sono per natura generali ed astratte (guardano in modo
uguale a tutti), perciò hanno la necessità di essere attuate con norme e regole concrete. Tale potere
apparterà poi al governo, un organo collegiale.
Lo stato di diritto è, inoltre, uno stato liberale in quanto garantisce e protegge le libertà del cittadino
(tra cui quelle economiche attraverso il Laissez-faire), che prendono il nome di libertà negative. Esse
sono quelle libertà che trovano attuazione nei confronti dello Stato, che si astiene dall’incidere su
esse. Sono negative perché presuppongono un comportamento passivo dello Stato, non necessitano
infatti di nessun comportamento attivo da parte sua. Per realizzarsi, queste libertà hanno bisogno
solo del riconoscimento dello Stato.
− STATO COSTITUZIONALE: Nasce nel Secondo Dopoguerra. In questa forma di Stato, la prima garanzia
aggiuntiva che possiamo notare rispetto allo Stato di diritto è l’esistenza di una norma suprema
(costituzione) che viene detta “rigida” perché si impone allo stesso parlamento. Lo Statuto Albertino
del 1848 è, invece, una costituzione flessibile poiché il parlamento la può modificare semplicemente
adottando una legge. Lo Statuto Albertino inoltre era una costituzione ottriata (ossia “concessa dal
sovrano”), e non ha quindi un fondamento democratico vero e proprio. Le costituzioni del
Dopoguerra sono invece state approvate da assemblee (le Costituenti) elette democraticamente dal
popolo e, a differenza delle costituzioni flessibili, devono essere rispettate dal potere legislativo.
Se nello Stato diritto vigeva solo il principio di legalità a vincolare soprattutto il potere esecutivo, che
doveva infatti agire in conformità alle leggi promulgate dal potere legislativo che non aveva limiti,
nello Stato costituzionale non si parla solo del principio di legalità, ma anche del principio di
costituzionalità (tutela aggiuntiva): non sono più solo l’esecutivo e il giudiziario a dover muoversi nei
limiti della legge, ma anche il parlamento deve agire in conformità alla costituzione (infatti, se il
parlamento adottasse una legge in contrasto con la costituzione, tale legge sarebbe invalidata dalla
Corte Costituzionale).
Inoltre, nel passaggio tra Stato di diritto e Stato costituzionale, vi è un’ulteriore garanzia aggiuntiva:
se nello Stato di diritto sono garantite le libertà negative (chiamate anche libertà DALLO stato, poiché
non dipendono da esso), nello Stato costituzionale i diritti vengono incrementati, prendendo il nome
di “diritti positivi” poiché, per potersi realizzare appieno, necessitano di un intervento dello Stato, il
quale deve predisporre e organizzare tutte quelle strutture e quei servizi necessari affinché un diritto
divenga effettivo (non basta il “dover essere” garantito dalla legge, ma è necessario che lo Stato
rimuova gli ostacoli sociali che rendano quel “dover essere” effettivo, concretizzandolo in “essere”).
Questa categoria di diritti prende anche il nome di “diritti sociali”: sono quel plus che caratterizza lo
Stato costituzionale, che infatti è uno stato sociale. Il passaggio da Stato di diritto a Stato
costituzionale equivale al passaggio da uguaglianza formale a sostanziale.
Dietro a questo passaggio, a questo salto in avanti, c’è un motivo: l’Assemblea costituente che ha
approvato la costituzione è stata eletta a suffragio universale (senza alcuna discriminazione). Ciò ha
fatto sì che l’assemblea fosse rappresentativa di tutte le anime della società, facendosi portatrice di
tutti gli interessi (anche di quelli dei più svantaggiati). Lo stato costituzionale non è monoclasse, ma
pluralista. È una democrazia compiuta, perché all’interno delle assemblee trovano rappresentanza
tutti gli interessi di cui sono portatori i cittadini, a prescindere dalla classe a cui appartengono.
L’uguaglianza sostanziale implica una spesa da parte dello stato: la spesa sociale. Quest’ultima spesso
è vincolata dai tagli di bilancio, imposti dallo stato per mantenere equilibrio di bilancio (per evitare
che lo stato non sia più in grado di pagare il debito pubblico, venendo così penalizzato dai mercati).
Gli stati economicamente più forti, come quelli scandinavi, hanno infatti più garanzie sui diritti sociali.
Il filo rosso che lega tutte queste forme di stato è che nel passaggio tra una forma di stato all’altra, noi
assistiamo un crescendo delle garanzie a favore del cittadino. Se nello stato assoluto eravamo sudditi, in
quello liberale siamo cittadini possessori di diritti e libertà negative.
LE FORME DI GOVERNO
Se le Forme di stato guardano al rapporto tra potere pubblico e i cittadini, le forme di governo guardano al
modo in cui viene organizzato e distribuito il potere pubblico.
Verticale: La ripartizione verticale del potere politico avviene su livelli territoriali diversi, in particolare negli
stati federali, in cui una parte del potere appartiene alla federazione e l’altra parte alle singole federazioni
(come negli Stati Uniti. In Italia, stato regionale e non federale, il potere è comunque suddiviso su 2 livelli:
livello statale e regionale. In questi due casi si parla di “stati composti”. In uno Stato unitario (Francia, ad
esempio) c’è un decentramento amministrativo, che consiste nel dare a province e regioni attuazione ed
esecuzione a decisioni politiche prese a livello statale, ma il potere di decisione politica è notevolmente
accentrato a livello statale.
Orizzontale: La ripartizione orizzontale del potere politico riguarda poteri di decisione politica che si collocano
sullo stesso livello e guardano allo stesso territorio. Il potere deve chiaramente essere diviso tra più organi,
la forma di governo guarda al rapporto tra essi. Qui troviamo principalmente la forma di governo
presidenziale, semipresidenziale, parlamentare, direttoriale e neoparlamentare.
Forma di governo presidenziale
La forma di governo presidenziale è quella degli Stati Uniti, ed è costituita da due organi eletti direttamente
dal popolo: il Congresso (bicamerale: Camera dei Rappresentanti, composta dai rappresentanti dei cittadini
in carica due anni e Senato, composto da 2 senatori per ogni stato degli USA e in carica sei anni) che ha potere
legislativo e il Presidente che ha potere esecutivo e rimane in carica quattro anni. Avendo Congresso e
Presidente diverse durate del mandato, c’è la possibilità che essi si trovino in opposizione di partito
(repubblicani/democratici); in questo caso si parla di governo diviso. Tra questi due organi e il giudiziario si
instaura la logica dei checks and balances (un potere controlla e condiziona l’altro), ossia dei pesi e
contrappesi: il potere legislativo spetta al Congresso, ma il Presidente ha potere di veto (può bloccare una
legge approvata dal congresso) che può essere superato con una grande maggioranza del Congresso. Invece
il Presidente ha potere di nomina dei giudici della corte suprema e dei segretari di stato (fiduciari del
presidente, scelti e revocati da lui), che devono però ottenere il consenso del Senato. Inoltre, le leggi
approvate dal Congresso e gli atti del Presidente possono essere annullate dal potere giudiziario. Per questo
si parla di ripartizione orizzontale del potere politico. Un ulteriore elemento a differenziare la forma di
governo presidenziale da quella parlamentare è la durata fissa del mandato: il Congresso non può essere
sciolto dal Presidente per indire nuove elezioni, ma esso non può a sua volta rimuovere il Presidente dal suo
incarico per motivi politici, ma solo per motivi penali/giuridici (attraverso l’impeachment).
Forma di governo semipresidenziale
La forma di governo semipresidenziale (come quella della Francia) prende alcune caratteristiche dalla
formadi governo presidenziale e alcune da quella parlamentare. In Francia, infatti, il Capo di Stato e il
parlamento (diviso in Senato e Assemblea Nazionale) sono eletti direttamente dal popolo. Negli Stati Uniti
il potere esecutivo appartiene al presidente che lo esercita con i suoi segretari, mentre in Francia il Capo
di Stato è tenuto a nominare il Presidente del Consiglio che a sua volta nomina i suoi ministri. Il potere
esecutivo in Francia spetta al Capo di Stato ma anche al governo. Il governo, una volta ricevuta la nomina
dal Capo di Stato, non ha bisogno della fiducia per salire al potere, ma può essere sfiduciato durante
l’operato dall’Assemblea Nazionale, e in quel caso il Capo di Stato nominerà un altro primo ministro.
L’assemblea di stato non può comunque sfiduciare il presidente, che a sua volta non può sciogliere
l’assemblea.
Forma di governo direttoriale
La forma di governo direttoriale (come quella della Svizzera) è costituita da due elementi: il Direttorio,
ossiaun organo collegiale costituito da 7 membri rappresentativi dei vari cantoni che detiene il potere
esecutivo. Il secondo elemento che distingue la forma di governo direttoriale da quella presidenziale è
dato dal fatto che il Direttorio non è eletto direttamente dal popolo ma dal Parlamento svizzero (che è
l’unico organo elettodirettamente dal popolo svizzero). Entrambi questi organi (Direttorio e Parlamento)
hanno una durata prestabilita e non possono sciogliersi e sfiduciarsi l’un l’altro.
22 Settembre
Forma di governo parlamentare
È nata in Inghilterra con la Magna Carta (1215), documento volto a limitare i poteri del sovrano. Inizialmente
il Parlamento era riservato a clero e nobili, ma piano piano il suffragio si è allargato. Con il Bill of Rights
(1689) viene ufficialmente riconosciuto il Parlamento, a cui viene affiancato un terzo organo, ovvero il
Governo. Quest’ultimo, composto da primo ministro e i suoi ministri, si frapponeva tra sovrano e
parlamento. Una volta che il parlamento ha sfiduciato il governo, è nata la prassi secondo la quale il sovrano
non può liberamente nominare chiunque come primo ministro, ma deve rispettare la volontà politica del
parlamento. In caso contrario, il governo sarà appunto sfiduciato fino a che non ne verrà nominato uno
condiviso anche dal parlamento.
Possiamo quindi capire che l’elemento cardine di una forma di governo parlamentare non è il parlamento
(esso è semplicemente un’espressione del diritto democratico, ed è infatti presente anche nelle altre forme
di governo, tra cui anche quella presidenziale), ma il rapporto di fiducia che esiste tra potere esecutivo e
potere legislativo.
Il Parlamento è l’unico organo eletto direttamente dal popolo, mentre l’esecutivo e il Presidente della
Repubblica sono eletti dal Parlamento. C’è quindi una rappresentanza dei cittadini, seppur indiretta. In
Italia, esecutivo e Capo di Stato sono derivazioni del parlamento, poiché entrambe devono ottenere il voto
di fiducia da esso (inoltre, nel nostro sistema bicamerale, è necessaria la fiducia di entrambe le camere).
Forma di governo neoparlamentare
Questa forma di governo si trova a metà strada tra il governo presidenziale e quello parlamentare. Ha
trovato applicazione per un decennio (1992-2001) in Israele e attualmente trova applicazione nelle regioni
italiane a statuto ordinario (la costituzione configura per le regioni questa forma di governo, ma le lascia
comunque libere di scegliere una forma di governo diversa).
A differenza di quello parlamentare, il governo neoparlamentare è costituito da due organi eletti dal popolo.
Infatti, alle elezioni regionali noi votiamo il Consiglio Regionale (organo detentore del potere legislativo) e
il Presidente della giunta (ovvero il presidente della regione), con potere esecutivo. È il Presidente della
giunta a scegliere i suoi assessori che compongono la giunta (esattamente come negli Stati Uniti, nei quali
il Presidente nomina i suoi segretari di Stato). La giunta regionale scelta dal Presidente, investita quindi
direttamente da lui, può però essere sfiduciata dal consiglio regionale. In una forma di governo
parlamentare, il governo per entrare in carica deve ottenere il voto di fiducia iniziale dal parlamento, ma a
livello regionale (e quindi neoparlamentare) non è così: la giunta entra in funzione nel momento in cui è
nominata dal presidente, ma può comunque decadere se le viene votata la sfiducia dal consiglio regionale.
C’è un altro vincolo nella costituzione, posto a causa delle frequenti crisi politiche delle giunte, che facevano
cadere l’esecutivo: si tratta della clausola “SIMUL STABUNT SIMUL CADENT”, che significa che il potere
esecutivo e legislativo cadono insieme. Se il Consiglio regionale sfiducia la giunta, in automatico si scioglie
anche il Consiglio stesso e si torna a nuove elezioni (vale anche l’opposto: se il Presidente scioglie
anticipatamente il Consiglio regionale, anche lui cade e si va a nuove elezioni per entrambe le cariche).