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CAPITOLO 1: SOCIETA’ E DIRITTO
IL DIRITTO POSITIVO
Il diritto positivo è l’insieme delle norme che compongono l’ordinamento giuridico di una
data collettività in un certo momento storico.
La norma costituisce uno degli elementi-base da cui l'ordinamento è composto.
LA NORMA GIURIDICA
La norma giuridica è:
1. generale→ non è indirizzata ad un singolo individuo bensì a tutti;
2. astratta→ detta una regola destinata a disciplinare non rapporti specifici, ma tutti i rapporti
che rientrano nello schema:
3. imperativa→ impone un certo comportamento, pena l’irrogazione di una pena.
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non sono caratteri necessari
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Potremmo dire che la Costituzione prevalga sulle fonti europee, solo se per
Costituzione si intendono i principi fondamentali della Costituzione (dall’art.1 al 12 →
principi che caratterizzano la forma Repubblica).
Il resto della Costituzione soccombe alle fonti europee.
3. LEGGI ORDINARIE, DECRETI LEGISLATIVI, DECRETI-LEGGE e REFERENDUM
ABROGATI → solo la Corte Costituzionale può dichiararle incostituzionali.
4. REGOLAMENTI AMMINISTRATIVI → fonti emanate dal Governo, università, Presidente
del Consiglio dei Ministri,..
5. CONSUETUDINI o USI NORMATIVI → le consuetudini sono comportamenti.
Essere sotto significa che non può derogare. La fonte di grado inferiore non può prevedere
diversamente/derogare chi sta sopra.
La gerarchia delle fonti non può essere l’unico criterio di soluzione dei contrasti perché se
due fonti sono sullo stesso piano non sono risolvibili.
Un altro criterio è quello cronologico: la legge entrata in vigore successivamente prevale
su quella entrata in vigore prima. Il meccanismo di prevalenza è l'abrogazione. (dal oggi,
tutte le cose successe prima fanno riferimento alla legge in vigore prima dell’abrogazione)
Abrogazione significa elidere la norma dal momento in cui entra in vigore la norma
abrogante.
L’abrogazione può essere:
1. tacita (quando la nuova norma di legge è incompatibile con quella precedente o
quando la legge più recente regola l’intera materia regolata dalla precedente)
2. espressa (quando la fonte del diritto dichiara espressamente l’abrogazione della
legge) (art. 15 cc)
Un altro criterio è quello di specialità: esiste un rapporto tra due norme diverse in cui una è
generale e l’altra speciale.
Ogni legge contiene la previsione di certi elementi. La legge generale contiene una serie di
elementi (A,B,C), la legge speciale contiene tutti gli elementi della legge generale con
l’aggiunta di altri elementi.
La norma speciale specifica alcuni elementi e aggiunge che il specializzante deve essere un
produttore.
Il criterio di competenza si applica anche tra due norme di diverso grado. E’ un criterio
della soluzione delle antinomie.
Es. le leggi statali e regionali→ tra le due prevale quella regionale
LA COSTITUZIONE
La Costituzione è una legge approvata dall’apposito organo legislativo, l’Assemblea
Costituente, entrata in vigore il 1.1.1948.
Contiene le regole fondamentali sull’assetto politico e istituzionale dello Stato italiano.
Contiene le principali norme organizzative dei pubblici poteri e i principi fondamentali di
riconoscimento e garanzia dei diritti inviolabili della persona.
Essa è la Magna Charta. E’ chiara e rigida: può essere abrogata o modificata solo da
un’altra legge costituzionale.
Tutte le disposizioni di fonte diversa e le leggi ordinarie devono rispettarne le previsioni e le
scelte altrimenti saranno costituzionalmente illegittime.
Il compito di giudicare l’illegittimità Costituzionale delle leggi è affidato alla Corte
Costituzionale.
Le norme giudicate illegittime perdono efficacia il giorno successivo alla pubblicazione
della sentenza sulla Gazzetta Ufficiale.
I REGOLAMENTI COMUNITARI
I regolamenti comunitari sono atti normativi dell’Unione Europea, che hanno diretta
efficacia negli Stati Membri.
UNIONE EUROPEA→ enti e istituzioni sovranazionali costituiti in ambito europeo, al fine di
una progressiva integrazione economica e politica.
Il Consiglio, composto dai rappresentanti degli Stati membri, è il principale organo legislativo
della comunità e i suoi regolamenti costituiscono veri e propri atti normativi paragonabili a
leggi.
La loro efficacia è subordinata solo alla Costituzione e prevale sulle leggi ordinarie.
LE LEGGI REGIONALI
Le leggi regionali sono atti normativi emanati dalle Regioni nell’ambito della potestà
legislativa ed esse attribuita. Esse non possono emanare leggi di diritto privato.
Caratteristica di tali leggi, oltre alla limitazione territoriale regionale, è la loro subordinazione
alle leggi statali.
I REGOLAMENTI
I regolamenti sono atti normativi emanati da autorità amministrative per disciplinare in
pratica l’applicazione delle leggi.
La potestà normativa non compete all’organo dotato del potere legislativo (Parlamento) ma
al Governo ed altre autorità amministrative.
La fonte normativa è disciplinata dalla legge n. 400/1988 la quale prevede i seguenti tipi di
regolamenti:
1. regolamenti esecutivi→ essi disciplinano la pratica applicazione della legge,
determinandone le modalità di esecuzione e gli adempimenti. Tale potere
regolamentare compete al Governo.
2. regolamenti integrativi→ essi non sono diretti ad integrare la legge, completarla ed
eventualmente anche abrogando le precedenti disposizioni legislative.
Occorre però che essi siano autorizzati da un’apposita legge che ne fissi i limiti
nell’ambito operativo.
3. regolamenti indipendenti→ essi sono emanati in materie non disciplinate dalla legge,
ovvero disciplinate da una legge che viene appositamente abrogata per consentire
una nuova disciplina tramite tali regolamenti.
4. regolamenti organizzativi→ sono emanati da autorità diverse “nei limiti delle
competenze” e in conformità delle leggi particolari che li riguardano per disciplinare
l’organizzazione e il funzionamento degli uffici e l’esercizio delle funzioni. Tale potere
spetta ai prefetti, ai consigli comunali e provinciali.
I regolamenti non possono contenere norme contrarie alle disposizioni di legge.
LA GIURISPRUDENZA
Per giurisprudenza s’intende l’attività di interpretazione e applicazione delle norme
giuridiche svolta dai giudici.
La dottrina invece è l’attività di interpretazione e chiarimento del sistema svolta dagli
studiosi.
Entrambe le attività concorrono al medesimo risultato di chiarire il contenuto delle norme e
le si designa perciò globalmente come giurisprudenza.
La giurisprudenza non si trova compresa con le fonti del diritto.
La giurisprudenza è un importante fattore non solo di conoscenza e interpretazione delle
norme, ma anche di interpretazione del diritto.
L’EQUITA’
Un ruolo importante lo assume l’equità che si contrappone alla rigidità della norma,
esprimendo l’ideale di una giustizia perfettamente adeguata alle particolarità di ogni caso
concreto.
Autorizzare il giudice a decidere secondo equità significa autorizzarlo a derogare in alcuni
casi all’applicazione rigida della legge. Egli deve tener conto di tutte le circostanze del caso
concreto che appaiono rilevanti in base al comune sentimento di giustizia.
IL CRITERIO FUNZIONALE
L’art 12 delle preleggi dispone che il compito di interpretare la legge è del legislatore.
Occorre tenere riguardo agli interessi che la norma intende tutelare e su questa base
determinarne il significato.
Il contenuto di una legge può modificarsi nel tempo pur rimanendo stabile il testo di legge.
L’interpretazione pertanto è naturalmente evolutiva nel senso che tende ad evolvere a
modificare nel tempo il significato delle norme al modificarsi della società.
L'interpretazione può essere:
1. interpretazione estensiva→ quando si fanno rientrare nella norma ipotesi non previste
ma coerenti con alla sua ratio.
2. interpretazione restrittiva→ quando si escludono ipotesi che rientrerebbero nella norma
ma che in realtà si allontanano dall’intenzione della norma.
3. interpretazione dichiarativa→ quando si riconosce alla disposizione un significato
esattamente corrispondente al suo tenore letterale.
Esempio di interpretazione evolutiva:
Il mobbing non è contemplato dal Codice Civile, ma è attraverso questo che si è arrivato a
sanzionare o tutelare i lavoratori. Si è arrivati a ciò attraverso un’interpretazione evolutiva di
una disposizione emanata ma che aveva un contenuto lungimirante, i codici utilizzano anche
espressioni elastiche e flessibili che possono essere adattate a circostanze di luogo o di
tempo mutate.
La disposizione che si può invocare in tema di mobbing è l’articolo 2087 del cc.→ una disposizione
ha avuto una interpretazione che ha portato a poter sanzionare le condotte che provocano certi danni
psicologici.
L’ANALOGIA
Si possono verificare casi in cui una controversia non può essere decisa con una precisa
disposizione e infatti abbiamo le cosiddette lacune dell’ordinamento giuridico. Serve a
offrire una disciplina a casi non disciplinati.
Il giudice non può rifiutare di pronunciarsi al riguardo giustificandosi con una mancanza di
una disposizione di legge, facendo così si negherebbe la giustizia anche perché vige il
principio della completezza dell’ordinamento giuridico.
Ciò non vuol dire che ogni caso sia già previsto nel sistema, ma che l’interprete è tenuto
ad individuare le disposizioni che disciplinano casi simili o materie analoghe.
Se ci sono ancora dubbi si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello
Stato.
Si tratta di un procedimento delicato, ma in ogni caso l’applicazione in via analogica è
esclusa per le norme penali e quelle eccezionali→ art.14 delle preleggi
Le leggi penali sono quelle legge che prevedono sanzioni penali, che non possono essere
applicate per analogia.
L’analogia può essere:
● ANALOGIA LEGIS→ si ha quando il caso è disciplinato ricorrendo ad un'altra norma
che regola un caso simile.
● ANALOGIA IURIS→ vi si ricorre quando non si riesca a trovare una norma simile per
disciplinare il caso pratico che viene regolato ricorrendo ai principi generali
dell'ordinamento giuridico.
SUCCESSIONI DI LEGGI
Le norme cessano di avere efficacia a seguito di alcuni fatti: abrogazione, dichiarazione di
incostituzionalità, referendum abrogativo, scadenza del termine eventualmente previsto.
L’abrogazione di una legge può avvenire da un’altra disposizione normativa di pari grado o
superiore, successiva alla prima.
La desuetudine invece può abrogare un uso ma non può togliere efficacia a leggi e
regolamenti.
La successione delle norme pone il problema delle situazioni che perdurano nel tempo,
cioè situazioni che si sono verificate quando erano in vigore le norme precedenti e
prolungano quando c’è in vigore la nuova regolamentazione.
In tal caso interviene la stessa legge emanando norme di legge transitoria che
disciplinano il passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina.
In mancanza di norme di legge transitoria si tengono in considerazione i diritti quesiti, cioè
le nuove norme non toccano i diritti ormai acquisiti con le vecchie disposizioni.
Abbiamo poi la teoria del fatto compiuto cioè la nuova norma non riguarda gli eventi già
accaduti con la vecchia normativa, che rimangono validi ed efficaci.
IL RAPPORTO GIURIDICO
Il diritto privato disciplina i rapporti tra le persone, tale disciplina si articola in uno schema di
relazione definito come “rapporto giuridico".
Il rapporto giuridico è ogni relazione fra gli uomini disciplinata dal diritto. Questo è
caratterizzato dal risolversi di diritti e doveri reciproci.
Fanno parte del rapporto giuridico:
● soggetti
● situazioni giuridiche
● contenuto
LA CAPACITA’ GIURIDICA
La capacità giuridica è l’attitudine a essere titolari di posizioni giuridiche soggettive,
perciò di diritti e doveri.
Essa esprime un aspetto quantitativo indicando la propria attitudine o idoneità di un soggetto
a essere titolare di diritti e di doveri. Esprime la misura in cui un soggetto è ammesso a
essere parte dei rapporti giuridici.
La capacità giuridica si distingue in:
1. generale→ è attribuita alle persone fisiche e alle persone giuridiche, cioè gli enti
giuridici dotati di personalità.
E’ la capacità giuridica.
2. parziale→ è attribuita ad altri enti giuridici e dipende dalla loro più ridotta attitudine,
secondo le scelte operate dall’ordinamento, a essere portatori di interessi
giuridicamente rilevanti.
E’ la personalità giuridica.
LA CAPACITA’ DI AGIRE
La capacità di agire consiste nell'idoneità di disporre della propria sfera giuridica, quindi
di esercitare tutti i diritti di cui si è titolari ed assumersene tutte le obbligazioni.
Essa si acquista al diciottesimo anno di età: un minore ha capacità giuridica (diritto alla
vita, al mantenimento) ma non capacità di agire, non può ad esempio decidere del suo
patrimonio, questo spetta ai genitori.
Al 18° anno di età si pensa che la persona abbia raggiunto un adeguato livello di maturità,
acquisendo la capacità legale di agire.
I minori di età sono incapaci di agire, mentre molte volte i maggiori d’età hanno incapacità di
agire per malattie mentali ad esempio.
L’INABILITAZIONE E L’EMANCIPAZIONE
Se l’amministratore si riveli inidoneo ad assicurare gli interessi e la protezione del soggetto
si può dar luogo all’inabilitazione dell’incapace, ciò accade in particolare quando l’incapace è
in grado di provvedere ai propri interessi in ambito ordinario. In particolare possono essere
inabilitati:
1. le persone affette da una malattia mentale non grave da dar luogo all’interdizione,
cioè proibizione;
2. coloro che per abuso di bevande alcoliche o stupefacenti espongono sé stessi e la
propria famiglia a gravi pregiudizi economici;
3. il sordomuto o il cieco quando non hanno un’educazione sufficiente.
L’inabilitato può compiere da solo atti di ordinaria amministrazione mentre per gli atti
patrimoniali è necessaria l’assistenza di un curatore.
L’emancipato invece è il minore di età al quale viene data una parziale capacità di agire
in deroga alla regola generale.
Con l’emancipazione, il minore può conseguire il diritto al matrimonio (minore sedicenne), la
quale può compiere da solo atti di ordinaria amministrazione e, con l’assistenza di un
curatore, quelli di straordinaria amministrazione.
L’emancipato, inoltre può essere autorizzato ad esercitare un’impresa commerciale senza
l’esistenza di un curatore. Mentre l’inabilitato può essere autorizzato, solo se ne gestiva una
in precedenza, con l'assistenza di un curatore.
INTERDIZIONE GIUDIZIALE
Una persona pur essendo maggiorenne, può essere del tutto incapace di provvedere ai
propri interessi (ad es. per grave infermità mentale), mancando perciò anche la capacità
naturale di intendere e di volere.
Tali soggetti, non sono idonei al provvedimento dell’amministrazione di sostegno.
L’interdizione segue un procedimento giudiziale di tipo contenzioso. L’interdetto deve essere
esaminato personalmente dal giudice. Il processo si chiude con la sentenza di interdizione o
di rigetto del ricorso, si tratta di una pubblica – notizia per rendere a conoscenza terzi.
All’interdetto prima erano vietati anche gli atti che il minore invece può stipulare (matrimonio,
lavoro) mentre oggi la legge prevede che il giudice possa stabilire che esso possa stipulare
atti di ordinaria amministrazione con o senza il tutore (ma in ogni caso non può contrarre
matrimonio), gli atti da esso compiuti possono essere annullati.
INTERDIZIONE LEGALE
E’ una pena accessoria, che discenda da una condanna penale all’ergastolo o alla
reclusione, cioè carcerazione per un tempo non inferiore a 5 anni. Tale pena è automatica
alla condanna e si prolungherà nel tempo fin quando duri la condanna.
Esso non può disporre e amministrare i beni, ma avendo comunque la capacità naturale,
egli può compiere atti che rientrano nella sfera personale, matrimonio, fare testamento, pur
se perde o rimane sospesa la potestà sui figli.
INTERDIZIONE NATURALE
L’incapacità naturale tratta colui che pur legalmente capace, momentaneamente sia di
fatto incapace di intendere e di volere per esempio chi è ubriaco o chi ha fatto uso di
stupefacenti.
La legge tutela il soggetto prevedendo la possibilità di annullare l’atto compiuto, ma in tal
caso occorrerà dare la prova dello stato di alterazione delle sue facoltà mentali.
Per altri atti, la legge distingue:
1. gli atti unilaterali→ i quali sono annullabili se né deriva un danno al soggetto (es.
donare il proprio patrimonio);
2. i contratti→ sono annullabili solo se si riesce a provare la malafede dell’altro
contraente, ovvero se si riesce a provare che l’altro contraente conosce l’alterata
condizione della controparte.
LA CURATELA
Quando si parla di capacità relativa di agire, ovvero quando il soggetto può compiere alcuni
atti, il rappresentante legale non può sostituirsi completamente all’incapace. Però, la
legge per gli atti che esso può compiere, prevede l’assistenza di un’altra persona:
1. l’amministratore per gli atti non riservati al rappresentante legale
nell’amministrazione di sostegno.
2. il curatore per gli atti di ordinaria amministrazione per l’inabilitato e l'emancipato.
Nella maggior parte dei casi nella curatela è necessaria l’autorizzazione del giudice
tutelare o del tribunale, la violazione di tali norme è analoga a quella prevista per la tutela.
All’infuori dei casi in cui la legge indica chi debba essere il curatore, essi è nominato dal
giudice tutelare art. 392 c.c..
SCOMPARSA O ASSENZA
L’incertezza può riguardare il fatto stesso della morte o per mancanza del cadavere o per
mancanza di notizie sul suo conto.
→scomparsa
quando il soggetto si assenta dal suo domicilio e dalla sua residenza e non si hanno più
notizie. Il tribunale nomina un curatore che tutela i suoi interessi.
Si tratta di provvedimenti temporanei e provvisori che assumono funzioni conservative.
Trascorsi i due anni che non si hanno più notizie, il tribunale dichiara l’assenza.
→assenza
si presume che il soggetto sia morto e si apre il testamento e si può prendere possesso
temporaneo dei suoi beni che gli saranno restituiti nel caso torni.
MORTE PRESUNTA
Passati i 10 anni dalla scomparsa della persona si dichiara la morte presunta che è
emessa dal tribunale, su istanza dei presunti eredi quando si ha l’incertezza sulla sorte della
persona.
Prima di essa bisogna fare una dichiarazione di assenza, richiedendo che siano passati 10
anni dalla scomparsa o che la scomparsa sia avvenuta in particolari condizioni (infortunio,
prigionia, guerre) tali da far apparire probabile la morte (e passati 2/3 anni) .
In sostanza, la dichiarazione è un accertamento giudiziale della morte fondato su elementi
presuntivi.
Successivamente si apre la successione ereditaria, se la persona ritorna vengono meno
gli effetti della dichiarazione e l’interessato recupera i beni nello stato in cui si trovano (se il
coniuge si è risposato il secondo matrimonio è nullo, ma gli effetti civili ne restano salvi in
particolare i figli avranno lo stato di figli legittimi) (art 68).
LE ASSOCIAZIONI RICONOSCIUTE
E’ un’organizzazione stabile di persone fornita di personalità giuridica che ha un fine
non di lucro.
Elementi fondamentali sono la pluralità di persone e il fine non di lucro, ovvero lo scopo deve
essere di tipo culturale, ricreativo, d’assistenza, e la sua attività può consistere
nell’organizzazione di conferenze, mostre, viaggi, erogazioni di sussidi, assistenza ai
bisognosi. Beneficiari dell’attività possono essere i terzi o gli stessi soci.
L’associazione nasce con l’atto costitutivo: esso consiste nell’accordo fra due o più persone.
Esso ha natura negoziale, richiede la forma dell’atto pubblico e terze persone né possono
aderire.
Lo statuto invece sono le regole interne dell’ente.
Gli organi dell’associazione sono:
1. assemblea dei soci→ è l’organo principale e deliberante. Gli spettano le scelte
fondamentali sull’attività da svolgere, che svolge attraverso il principio maggioritario.
Un socio può essere escluso solo per gravi motivi.
2. amministratori→ sono invece l’organo esecutivo. In altre parole rappresentano
l’ente all’esterno, lo gestiscono e curano l’esecuzione delle delibere dell'assemblea.
Essi sono nominati e revocati dall’assemblea che né determina anche i poteri di
rappresentanza.
L’associazione si può estinguere oltre alle cause private nello statuto e nell’atto costitutivo
per il venir meno della pluralità dei soci, per l’impossibilità dello scopo.
LE FONDAZIONI
E’ un ente amministrativo dotato di personalità giuridica e con patrimonio vincolato ad
uno scopo.
Il patrimonio delle fondazioni è inteso come un insieme di beni destinati a uno scopo ideale
(d’assistenza, culturale ecc.). Lo scopo è di vincolare un insieme di beni a una finalità.
In essa non ci sono soci che indirizzano l’attività o che possono decidere la modificazione e
lo scioglimento dell’ente.
Il solo organo sono gli amministratori che sono vincolati dallo scopo stabilito dal
fondatore, le modificazioni possono essere decise solo dall’autorità governativa.
Nasce con l’atto costitutivo, sempre con atto pubblico, ma può essere anche sostenuto con
un testamento, che non può più essere revocato nel momento in cui sia avvenuto il
riconoscimento (art 15).
Secondo le regole generali, il riconoscimento attribuisce soltanto la personalità giuridica.
Tuttavia si dubita in dottrina che, prima di tale provvedimento, l’ente sussista giuridicamente
I COMITATI
Un comitato è un gruppo organizzato per la raccolta di fondi destinati a un fine
determinato.
La legge indica in via esemplificativa i comitati di soccorso e di beneficenza, i comitati
promotori di opere pubbliche, esposizioni, festeggiamenti, e simili (art. 39).
I comitati si caratterizzano per la presenza di più persone e di un patrimonio vincolato a un
fine determinato, sono simili alle fondazioni in quest’aspetto.
Se invece, alcuni si sono impegnati a dare un certo contributo sono tenuti solo a compiere le
oblazioni promesse (art 41).
I componenti del comitato sono dei semplici gestori dei fondi raccolti e non possono
decidere di mutarne la destinazione. Tutti gli organizzatori sono personalmente e
solidalmente responsabili della conservazione dei fondi e della loro destinazione allo scopo
annunziato.
È possibile che il comitato chieda il riconoscimento, ma si tratta di ipotesi non frequenti
perché il fenomeno si caratterizza generalmente per il carattere transitorio dell'iniziativa.
NEGOZI GIURIDICI
I negozi giuridici sono azioni non solo volontarie ma anche intenzionali.
Per far si che ci sia un negozio giuridico occorre non solo la volontà, ma che sia compiuto da
chi ha capacità legale di agire e dall’intenzione.
Il negozio è la possibilità di decidere in piena autonomia ciò che è più conveniente ai
propri interessi, è poi tramite l’atto che s’inquadra la categoria del negozio che si porrà in
essere le scelte con gli effetti rilevanti.
È tramite l’autonomia privata,ad esempio, che ciascuno può decidere dove fissare il proprio
domicilio, se e con chi contrarre il matrimonio, se assumere un certo lavoro, prendere in
locazione un bene, o accettare un’eredità, esercitare o no un diritto che gli compete.
Il negozio giuridico produrrà degli effetti che gli sono propri in quanto sia voluto da un
soggetto che abbia la relativa capacità legale per compierlo.
L’AZIONE IN GIUDIZIO
La tutela giurisdizionale è un diritto inviolabile del singolo, infatti, l’art. 24 della
Costituzione afferma che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e
interessi legittimi e prevede che ai non abbienti sia assicurati i mezzi per agire e difendersi
davanti ad ogni giurisdizione.
L’azione in giudizio può essere promossa da chiunque pretenda di avere un diritto o un
interesse tutelato, nei confronti di chi contesti tale diritto o appaia contro interessato (che
promuove l’azione, è chiamato attore, mentre chi è chiamato a difendersi viene chiamato
convenuto).
In base al contenuto della controversia distinguiamo:
→Processo di cognizione
è volto a conoscere, ad accertare una situazione giuridica, determinando la regola specifica
a essa applicabile. Tale tipologia può dar luogo a diverse sentenze:
1. sentenza di accertamento: per conoscere l’esistenza e il contenuto di un rapporto
giuridico. Se ad esempio Tizio sia figlio di Caio, stabilire i confini tra due fondi, ed
esista una servitù;
2. sentenza di condanna: contiene uno specifico comando alla parte soccombente, ad
esempio prestare il mantenimento al figlio, rilasciare il terreno occupato
abusivamente, consentire l’esercizio della servitù;
3. sentenza costitutiva: la quale non si limita ad accertare la situazione esistente o a
comandarne il rispetto, ma procede nei casi previsti dalla legge a costituire,
modificare, o estinguere rapporti giuridici, ad esempio la sentenza che annulla un
contratto invalido si ha una conseguenza giuridica cioè l’estinzione degli effetti del
contratto.
→Processo di esecuzione
assicura l’attuazione delle sentenze di condanna. Se la sentenza non è eseguita, si procede
all’esecuzione forzata, dove ad esempio nel caso d’inadempimento saranno espropriati i
beni del debitore, e il creditore si soddisferà sul ricavato;
→Processo cautelare
assicura il mantenimento dello stato di fatto in attesa della conclusione del processo di
cognizione.
Anche il convenuto ha diritto di prospettare in giudizio le sue ragioni, ciò è denominato
eccezione, in quanto il convenuto oppone al diritto fatto valere dall’attore.
Ad esempio, se il venditore chiede il pagamento di una merce, il compratore può eccepire
che ha già pagato la somma di denaro, oppure gli è stata concessa una dilazione, che la
merce non gli è stata consegnata.
Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il
fondamento, chi vuol resistere a tale pretesa eccependo altri fatti modificativi, deve
anch’esso mostrare i fatti su cui l’eccezione si fonda.
LA COSA GIUDICATA
La legge assicura la possibilità di riesame della decisione di un giudice da parte di un
altro giudice (il meccanismo di impugnazione e ricorsi).
Esauriti i vari gradi del giudizio, la decisione contenuta nella sentenza definitiva assume
autorità di cosa giudicata, ovvero la sentenza non può più essere giudicata.
Il diritto può essere soggettivo o oggettivo. Il diritto privato è basato su un insieme di diritti
che fanno capo a dei soggetti→ diritti soggettivi.
I diritti soggettivi sono situazioni giuridiche soggettive attive, che fanno capo a soggetti. Lo è
ad esempio l’interesse legittimo.
Ad ogni diritto soggettivo corrisponde la possibilità di agire in giudizio per la sua tutela. Se
non c’è questa possibilità, allora non si ha un diritto soggettivo.
Ogni diritto soggettivo crea un rapporto giuridico, ovvero una relazione interpersonale,
tra il soggetto attivo e il soggetto passivo nella quale i poteri dell’uno e gli obblighi dell’altro
sono determinati dall’ordinamento.
I diritti soggettivi si distinguono in assoluti e relativi. Tale distinzione risiede nella diversa
natura dell’interesse. Nei diritti assoluti l’interesse esige di poter essere fatto valere nei
confronti di chiunque, nei diritti relativi è l’interesse del creditore a pretendere una
prestazione da colui che è obbligato ad eseguirla.
Inoltre i diritti assoluti acquistano concretezza in uno spazio di libertà lasciato dal soggetto
senza bisogno dell’altrui collaborazione. Nei diritti relativi la pretesa alla prestazione non
può rivolgersi a uno qualunque dei consociati, ma solo a chi, per legge o per contratto, sia
obbligato.
I diritti soggettivi possono inoltre essere: patrimoniali o non patrimoniali, trasmissibili
(negozi inter vivos o per successione) o intrasmissibili.
I diritti soggettivi possono inoltre essere tutelati:
1. tutela reale o in forma specifica→ impedisce la prosecuzione del diritto ovvero per
tutelare un mio diritto non devo aspettare che mi si arrecano danni, (ad es. non devo
aspettare che i lavori del vicino mi provochino un danno) ma posso subito agire.
Tale tutela, una volta verificatasi la violazione, si può ottenere anche reintegrando il
soggetto leso nella stessa situazione giuridica cui ha diritto: un palazzo costruito a
distanza inferiore da quella prevista sarà demolito, chi passa su un fondo altrui sarà
vietato il passaggio.
Sono tutele di tipo preventivo e inibitorio, si possono ottenere in base al dato
oggettivo, ovvero anche se l’autore della violazione riteneva di esercitare un proprio
diritto o se era in buona fede.
Non sempre si può prevenire il danno, ad esempio, perché la cosa è ormai distrutta e
non può più essere restituita.
2. tutela risarcitoria per il pregiudizio subito→ essa non si tratta della violazione del
diritto o le conseguenze dannose, ma a differenza della tutela reale richiede quasi sempre la
colpa o il dolo del soggetto che ha agito, l’atto dannoso impone al soggetto che ha
cagionato il danno uno specifico obbligo ovvero un risarcimento pari al pregiudizio
arrecato, spostando la tutela sul piano dei rapporti obbligatori e perciò dei diritti di
credito.
INTEGRITA’ MENTALE
L’integrità morale riguarda il bene dell’onore e del decoro, infatti, essa è tutelata dal diritto
all’onore. La tutela è di tipo penale, cioè l’offesa fatta all’onore e al decoro di persona
presente, cioè l’offesa della reputazione altrui comunicando con altre persone, anche
attraverso la stampa, tale diritto viene leso, anche se ciò che viene detto costituisce verità.
Sanzioni civili sono il sequestro degli scritti, libri, giornali, film con cui è stata commessa la
violazione e il risarcimento dei danni, patrimoniali e no.
DIRITTO DI RISERVATEZZA
Il diritto alla riservatezza tutela l’interesse a mantenere in privato i fatti della vita personale
e familiare per evitare una diffusione pubblica delle informazioni attraverso mezzi di
comunicazione di massa.
Perciò il diritto alla riservatezza ha lo scopo di controllare la raccolta e l’utilizzazione di
notizie e informazioni riguardanti la persona, che devono uniformarsi a rigorose garanzie e
precisi criteri. Il criterio generale dice che queste attività devono svolgersi nel rispetto delle
libertà fondamentali della dignità e dei diritti delle persone con riguardo al diritto alla
riservatezza e all'identità personale.
Per quanto riguarda le garanzie specifiche, la legge fa riferimento a due strumenti: il
controllo pubblico e il consenso privato.
Il controllo (pubblico) è esercitato da una autorità amministrativa indipendente creata
appositamente, il Garante per il trattamento dei dati personali, al quale vigilano e possono
sanzionare nei confronti di chi procede al trattamento dei dati personali.
In secondo luogo, il trattamento dei dati personali è consentito solo tramite il consenso
(privato) dell’interessato e per scopi prima dichiarati.
Fanno parte del diritto alla riservatezza il diritto all'immagine e il diritto al riserbo sui fatti della
vita privata.
DIRITTO ALL’IMMAGINE→ tutela il proprio ritratto vietando che esso sia pubblicato senza il
consenso della persona o fuori dai casi consentiti dalla legge, poiché il ritratto della persona
costituisce un aspetto personale che appartiene solo alla persona.
E’ consentito esporre o pubblicare l’immagine altrui solo in alcuni casi:
1. quando vi è il consenso dell’interessato, anche dietro compenso
2. quando la persona svolga attività d’interesse pubblico, come uomini politici, artisti,
sportivi.
3. quando vi è un importante interesse sociale, scientifico o di giustizia, come
documentazione fotografica di riviste e libri scientifici, foto di scomparsi o di ricercati.
4. quando si tratta di immagini riprese in avvenimenti svolti in pubblico, comizi, cortei,
conferenze, convegni.
DIRITTO AL RISERBO SULLE VICENDE DELLA VITA PRIVATA→ tutela l'interesse a
mantenere riservate le notizie in proposito, vietando che esse vengano pubblicate senza il consenso
della persona o comunque fuori dai casi consentiti dalla legge.
LIBERTA’ CIVILI
La libertà civile o politica garantita dalla Costituzione è la libertà personale come diritto a
non subire costrizioni nella sfera personale, limitazioni nei movimenti, perquisizioni fuori dai
casi determinati dalla legge. Ne sono aspetti significativi la libertà sessuale e matrimoniale,
di circolazione e di residenza, la libertà religiosa, libertà di manifestazione
del pensiero con la stampa, lo scritto e ogni altro mezzo, diritto alla libera scelta del lavoro,
libertà di iniziativa economica e diritto alla proprietà privata.
COMBINAZIONI DI BENI
Un’altra distinzione di beni è fatta in base al modo in cui le cose si rapportano una all’altra.
Bisogna distinguere la cosa semplice da quella composta. Cosa semplice è quel bene, i cui
elementi sono connessi tra di loro e dove una loro separazione va a distruggere la cosa ad
es. un tavolo o un animale. Cosa composta invece, è il risultato dell’unione materiale di più
cose, che vanno a cambiare la loro importanza economica e funzionale se vengono
separate ad es. una radio, un’automobile e una casa. Casa e garage.
Si dicono poi divisibili i beni che possono essere frazionati in parti omogenee tali da
conservare proporzionalmente il valore dell’intero come ad es. un fondo, un edificio con più
appartamenti, una partita di vino.
LE PERTINENZE
Esse sono le pertinenze ovvero le cose destinate in modo durevole a servizio o ad
ornamento di un’altra (art.817).
La destinazione di pertinenza può essere fatta dal proprietario della cosa principale o dal
titolare di un diritto reale su di essa. Ne sono esempio le aree destinate a parcheggio
rispetto
ad alcuni edifici.
Le pertinenze sono cose autonome ma va ad accrescere il valore e l’utilità della parte
principale.
La legge detta che gli atti e i rapporti giuridici che riguardano la cosa principale
comprendono anche le pertinenze se non è diversamente disposto, art. 818, quindi se
vendo l’edificio venderò automaticamente l’area di parcheggio.
I FRUTTI
I frutti sono beni che provengono da un altro bene direttamente o indirettamente.
Sono frutti naturali quelli che provengono direttamente dalla cosa con o senza l’opera
dell’uomo. Ne sono esempi i prodotti agricoli, i parti degli animali e i prodotti delle miniere
(art. 820).
Essi appartengono al proprietario della cosa fruttifera tranne se la proprietà sia attribuita ad
altri, ad esempio perché si è venduto il raccolto sugli alberi o perché il fondo è dato in affitto.
In tal caso la proprietà dei frutti si acquisisce dal distacco della cosa madre (821) . Fin a tale
momento essi sono una mera parte del bene (art. 820) e le vicende del bene comprendono
anche i frutti.
Sono invece frutti civili quelli che si traggono dalla cosa come corrispettivo del godimento
che altri né abbia come gli interessi o il canone (sono quelli che possono essere ricavati
dalla corrispondente utilizzazione del bene) . Sia acquistano giorno per giorno in base alla
durata del diritto.
BENI PUBBLICI
Beni pubblici sono i beni appartenenti a un ente pubblico. In tal caso distinguiamo i beni
demaniali che possono appartenere solo allo stato alle regioni, alle province e ai comuni, e
i beni patrimoniali indisponibili che possono appartenere anche ad altri enti pubblici.
Sono beni del demanio necessario, ovvero beni che spettano solo allo stato come
la spiaggia, i porti, fiumi, le acque pubbliche e le opere destinate alla difesa nazionale.
Mentre fanno parte del demanio eventuale se appartengono a un ente pubblico
territoriale. Per esempio, strade, ferrovie, aeroporti, acquedotti, e immobili, i mercati,
i cimiteri, le raccolte archeologiche e artistiche.
Sono beni del patrimonio indisponibile le foreste, le miniere, le cose di interesse
storico e gli edifici sede di uffici pubblici con i relativi arredi (art. 826) .
Tutti gli altri beni pubblici rientrano nel patrimonio disponibile.
Lo stesso trattamento si ha per i beni degli enti ecclesiastici anche se le chiese possono
cambiare destinazione solo se sconsacrate.
LA PROPRIETÀ FONDIARIA
Dopo le disposizioni generali sulla proprietà, il codice civile disciplina la proprietà fondiaria
distinguendo la proprietà agricola o rurale e la proprietà edilizia. Il codice premette norme
generali per entrambe. L'art. 840 riguarda l’estensione della proprietà in linea verticale e
afferma che essa si estende al sottosuolo, con tutto ciò che vi si contiene, tranne le acque
le miniere e i beni di interesse storico e artistico. La stessa norma afferma che il proprietario
non può opporsi ad attività di terzi svolte a tale altezza o a tale profondità se non ha
interesse
ad escluderle.
L’art 841 riguarda invece l'estensione orizzontale, ovvero la proprietà è delimitata dai confini
del fondo che il titolare può chiudere impedendo l’ingresso agli estranei, se la recinzione
manca, egli deve consentire l’accesso a chi voglia esercitarvi la caccia, raccogliere piante
o passeggiarvi. Ancora all’ingresso deve essere consentito al vicino che debba costruire o
riparare il proprio muro, riprendere la cosa o l’animale proprio, contro corrispettivo solo se
l’accesso provoca danno.
LA PROPRIETÀ AGRICOLA
L’art 44 della costituzione considera la proprietà agricola importante per la funzione
sociale,infatti esso prevede dei limiti per la sua estensione e per la bonifica delle terre,la
trasformazione del latifondo dando sostegno alla piccola e alla media proprietà. Pur
parlando di un articolo costituzionale non se ne ha una grande attuazione.
Il codice civile si limita a creare solo leggi teoriche. La vera disciplina inerente alla proprietà
agricola la troviamo nella leggi speciali,le quali si occupano per lo più della disciplina
contrattuale su di essa.
Le art 857 \865 affermano che è possibile istituire dei veri e propri consorzi tra i proprietari
al fine di bonificare i terreni e mettere in atto opere di miglioramento fondiario.
Gli art 866 \868 impongono vincoli sull’ utilizzazione dei boschi.
Si tratta di previsioni,in quanto molte volte la materia necessita di norme specifiche, e altre
volte invece riguardano il diritto pubblico.
Per quanto riguarda la disciplina per le acque private ,dobbiamo ricordare che con
l’emanazione del codice civile ,le acque che avessero attitudine ad usi di pubblico ,erano
state dichiarate “pubbliche”.
Oggi invece, con la legge 36 del 1934 sono state dichiarate pubbliche tutte le acque
superficiali e sotterranee,ancora non estratte dal sottosuolo.tali acque possono essere
utilizzate dal proprietario del fondo per usi domestici e per ridotti usi agricoli.
Gli articoli 909,910 affermano che le acque che si trovano in una proprietà privata devono
essere messe a disposizione di terzi, in quanto la funzione sociale e quindi l’interesse
generale prevale su quello privato.
L’art 912 dà il potere al giudice di ridurre o escludere il diritto di un soggetto in favore
dell’altro in relazione all’uso cui l’acqua è destinata o si vuole destinare, il giudice deve tener
conto dell'interesse in concreto che è rilevante sul piano collettivo e quindi sulla funzione
sociale della proprietà.
LA PROPRIETÀ EDILIZIA
La costituzione non parla espressamente di proprietà edilizia in quanto non si avvertì
l’esigenza di intervenire su tale piano.
Oggi invece l’edificazione del territorio costituisce un problema complesso e rilevante sul
piano economico e sociale.
La legge oggi limita la facoltà di edificare, infatti il proprietario del suolo può costruire solo
se e nei limiti in cui la pianificazione urbanistica preveda tale destinazione nella zona e solo
previo rilascio di un permesso di costruire, rilasciato dietro pagamento del cosiddetto
contributo di produzione dpr 380/2001.
L’interesse pubblico prevale sui diritti del proprietario infatti prevalgono gli assetti urbanistici
le necessità di infrastrutture e servizi sociali, l’esigenza di assicurare case di abitazioni a
prezzi accessibili, art 47 cost. tutte queste necessità hanno creato delle vere e proprie
divergenze tra i proprietari dei suoli assoggettati a tali vincoli e gli enti pubblici.
La costituzione prevede l’espropriazione per motivi di interesse generale e il suo indennizzo.
Tale limitazioni e vincoli che lasciano solo formalmente al privato la titolarità del bene sono
legittimi solo sé non svuotano di ogni contenuto il diritto di proprietà.
Se ci troviamo di fronte a categorie di beni definiti in base alle loro caratteristiche oggettive,
come ad es i beni di rilevante interesse architettonico, l’indennizzo non viene richiesto,
anche se, affinchè essi vengano individuati, c’è bisogno di atti amministrativi specifici, come
ad esempio la qualità di bene di interesse storico di un certo edificio.
Per quanto riguarda l’entità dell’indennizzo, la Corte ha vietato il pagamento dell’intero
valore venale del bene, in quanto l’indennizzo è visto come un risarcimento dovuto al privato
per il sacrificio che gli è stato imposto; infatti il dpr 380/2001 fissa l’indennità per le aree
edificabili in una somma pari a circa un terzo del loro valore nonostante i problemi giuridici
e politici sottostanti.
LA SUPERFICIE
La superficie consiste nel diritto di fare e mantenere una costruzione sopra o sotto il suolo
altrui (IUS AEDIFICANDI) oppure separare la proprietà di una costruzione già esistente
dalla proprietà del suolo (PROPRIETA’ SUPERFICIARIA, art 952 954) esse sono situazioni
giuridiche diverse ma entrambe sono una deroga al principio dell’art 934 per il quale ogni
opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario del suolo per accessione7.
Tuttavia la prima consiste nel mero diritto di costruire sul suolo altrui acquistando in
seguito la proprietà dell’opera (art. 9521) ma se la costruzione non viene realizzata
entro vent’anni il diritto reale si estingue come tutti i diritti reali minori.
La seconda consiste in un vero diritto di proprietà sulla costruzione, separato dalla
proprietà del suolo. Tale diritto ci si trova di fronte a una separazione tra proprietà del
suolo e proprietà delle opere fatte sul suolo.
La superficie generalmente non è molto frequente perché consente diverse
utilizzazioni edificatorie di uno stesso fondo dotate della tutela e della stabilità del
dominio.
La costituzione della superficie può avvenire:
1. per contratto, c’è quindi bisogno della forma scritta.
2. per legge per le opere su suolo altrui destinate all’esercizio delle servitù.
3. per usucapione.
Il superficiario può liberamente estinguere il suo diritto e costituire diritti reali a favore di
terzi ad es. usufrutto e servitù.
L’estinzione della superficie può avvenire:
Per scadenza del termine quando previsto o per le cause stabilite al momento della
costituzione,
Per consolidazione cioè quando il proprietario del suolo e di superficiario fanno
capo allo stesso soggetto;
Per prescrizione del diritto di costruire.
Comunque sia l’estinzione della superficie comporta l’acquisto della costruzione in capo al
dominus soli, senza necessità di accettazione.
poi possibile anche una concessione ad aedificandum con efficacia solo obbligatoria, in
questo caso il diritto di costruire non richiede forma scritta avrà un carattere personale e
non reale si parla quindi di un diritto personale di godimento.
L’ENFITEUSI
L’enfiteusi attribuisce al titolare enfiteuta, lo stesso potere di godimento che spetta al
proprietario, salvo l’obbligo di migliorare il fondo e di pagare un canone periodico (detto
censo, art 959) .
Oggi l’enfiteusi è scarsamente diffusa, la sua maggiore espansione rispondeva all’esigenza
di favorire la coltura e il miglioramento dei terreni abbandonati, assicurando allo stesso
tempo una rendita al proprietario.
L’enfiteuta trovava conveniente il diritto di godimento per la possibilità di acquistare la piena
proprietà tramite affrancazione.
Il codice vigente ha effettuato delle modifiche rafforzando la posizione dell’enfiteuta e
dedicando una intera disciplina alle: ENFITEUSI URBANE ED EDIFICATORIE.
Secondo la disciplina vigente: l’enfiteuta ha ampissimi poteri di godimento, potendo anche
modificare la destinazione economica del fondo, realizzare addizioni e costruzioni, tanto
che si parla di dominio utile per descrivere la sua posizione (art 959) .
Si tratta quindi di una vera e propria proprietà ma c’è da considerare che l’enfiteusi si
estingue per non uso (art. 970).
L’enfiteuta può disporre liberamente del suo diritto, per atto fra vivi o a causa di morte,
e può anche costituire diritti reali minori a favore di terzi (usufrutto, servitù art. 965,
968).
La durata non può essere inferiore ai vent’anni e il concedente ha diritto di ottenere
un atto di riconoscimento del suo diritto prima dello scadere dei vent’anni.
Gli obblighi riguardano il miglioramento del fondo e il pagamento di un canone il
quale non può superare l’ammontare del reddito dominicale.
L’enfiteuta può ottenere l’affrancazione del fondo e quindi diventarne proprietario
pagando una somma pari a quindici volte l’ammontare annuo del canone, è questo
un diritto potestativo.
Qualora l’enfiteuta non migliori il fondo o lo deteriori deve pagare al concedente due
annualità di canone: devoluzione (art. 975).
L’enfiteusi si estingue per affrancazione, devoluzione, decorso del termine (art. 958),
perimento del fondo (art.963) e per prescrizione ovvero non uso (art. 970).
L’USUFRUTTO
L’usufrutto è il diritto di godere di una cosa rispettando la sua destinazione economica,
art 981.
Si attribuisce al titolare un ampio potere di usare e godere una cosa altrui traendo
ogni utilità che una cosa può dare, si estende anche a tutte le accessioni ovvero
incrementi della cosa anche se realizzati da terzi dopo la costituzione dell’usufrutto.
La destinazione economica della cosa è un limite al potere di godimento, es un
appartamento non può diventare deposito.
La durata temporanea dell’usufrutto non può superare la vita dell'usufruttuario e se il
diritto è a favore di un ente giuridico non può durare più di trent’anni, art 979.
L’oggetto dell’usufrutto non riguarda solo i beni mobili e immobili ma anche i crediti
e i titoli di credito, le azioni e le aziende.
L’usufrutto può essere costituito su una cosa “consumabile” e quindi non può essere
restituita al termine dell’usufrutto, tal proposito l'usufruttuario deve pagare il valore di
stima convenuto o restituire cose dello stesso genere e qualità art 995.
In questo caso la proprietà delle cose passa all'usufruttuario e si parla di quasi
usufrutto,
Quando invece l’usufrutto è costituito su una cosa deteriorabile l'usufruttuario può
servirsene per il proprio uso al quale sono destinate, restituendole nello stato in cui
si trovano, art 996.
L’USO E L’ABITAZIONE
L’uso e l’abitazione sono sottospecie di usufrutto e quindi vi si applica la stessa disciplina
esse sono caratterizzate da una facoltà di godimento limitata ai bisogni del titolare e
della sua famiglia.
L’uso è il diritto di servirsi di una cosa e di raccoglierne i frutti limitatamente ai
bisogni personali e familiari.
L’abitazione è il diritto di abitare in una casa nei limiti dei bisogni della famiglia
compresi i figli adottivi naturali e le persone di servizio art. 1022.
Queste previsioni non hanno trovato riscontro nella pratica e una costituzione ex lege
di tali diritti è contenuta nell’art. 540 del codice civile il quale prevede a favore del coniuge
superstite il diritto di abitazione della casa familiare e il diritto di uso dei
mobili che la corredano.
LE SERVITU’
La servitù è un peso imposto sopra un fondo (fondo servente) per l’utilità di un altro fondo
(fondo dominante) , appartenente a diverso proprietario, art 1027.
un diritto reale di godimento ma si differenzia dagli altri perché consente una utilizzazione
specifica e circoscritta della cosa altrui, es. passare sul fondo, attingervi acqua o installare
una tubatura.
La servitù si caratterizza perché nasce e vive in una relazione tra due fondi, la
limitazione al primo fondo avvantaggia il secondo: predialità delle servitù. Per
esempio, il divieto di non piantare alberi sul fondo servente garantisce luce e
panorama a quello dominante, e può pertanto costituire contenuto di una servitù.
La servitù è legata alla proprietà di un immobile e si trasferisce automaticamente col
trasferimento della proprietà del bene, cioè se si vende il bene. Per esempio se il
proprietario di un edificio ha una servitù di passaggio su un fondo vicino, tale servitù
si trasferirà anche al nuovo proprietario dell’edificio. In altre parole si mantiene anche
se il proprietario dei due fondi cambiano.
SERVITU’ COATTIVE
Le servitù coattive si costituiscono forzosamente generalmente con sentenza del giudice,
un es. è un fondo che non ha accesso alla pubblica via e i confinanti non consentono il
passaggio, a questo punto la proprietà sarebbe inutilizzabile proprio per questo motivo è
interesse generale assicurare una ottimale utilizzazione dei beni. In presenza di tali
motivazioni la legge attribuisce al proprietario di un fondo il DIRITTO POTESTATIVO di
ottenere, attraverso il pagamento di una indennità, una servitù a carico di un fondo vicino.
In mancanza di accordo tra le parti la servitù viene stabilita con sentenza del giudice per
soddisfare il bisogno del fondo dominante.
Le figure più importanti di servitù coattive sono:
1. Acquedotto coattivo che attribuisce il diritto di collocare sul fondo servente acquedotti
o canali, sono queste le servitù di scarico, di elettrodotto e di linee telefoniche art
1033 1056.
2. Il diritto di prelevare acqua dal fondo servente.
3. Passaggio coattivo attribuisce il diritto di passare sul fondo servente qualora il fondo
vicino non abbia accesso alla pubblica via, tali servitù non riguardano le case, i cortili
e i giardini, art.1051.
Queste servitù a differenza di quelle volontarie sono soggette alla clausola rebus sic
stantibus ovvero se l’acqua diviene insufficiente o il passaggio non sarà necessario,
la servitù sarà soppressa.
SERVITU’ VOLONTARIE
Si dicono volontarie le servitù che si costituiscono per fatto dell’uomo ovvero tramite un
atto negoziale, per usucapione e per destinazione del padre di famiglia art 1031.
Queste servitù dipendono dalla volontà privata e le parti sono libere di determinare il
contenuto.
In via negoziale le servitù possono costituirsi per testamento o per contratto, art
1058, è richiesta la forma scritta e si dà luogo ad un acquisto derivativo costitutivo.
La costituzione per usucapione delle servitù e la destinazione del padre di
famiglia danno luogo ad acquisti a titolo originario. La destinazione del padre di
famiglia è un modo d’acquisto delle servitù e ha luogo quando due fondi
appartengono a uno stesso proprietario e questi ha realizzato opere tali da
assoggettare un fondo all’atro, per esempio ha costruito una finestra che affaccia sul
cortile oppure ha fatto passare su un fondo una tubatura. Ma se tale proprietà si
divide, la servitù si estende attivamente e passivamente a favore e sopra ciascuno
dei fondi separati, la servitù si costituisce automaticamente.
NOZIONE DI COMUNIONE
La comunione si ha quando la titolarità di un diritto spetta a più persone.
Quando i coniugi acquistano un appartamento, oppure due fratelli ereditano un fondo rustico
danno luogo ad una comproprietà, questi sono soggetti sono quindi contitolari
(comproprietari per ½) di uno stesso diritto sullo stesso bene.
Per la comunione non si ha una pluralità di diritti sulla cosa ma si ha uno stesso diritto
distribuito fra più persone messe in causa.
Il diritto di ciascuno viene limitato dal diritto degli altri. La quota che indica la misura della
partecipazione di ciascuno alla con titolarità.
L’unicità del diritto spiega che in caso in cui un titolare rinuncia la sua quota essa va ad
accrescere le quote degli altri.
LA COMUNIONE ORDINARIA
Il codice civile oltre a disciplinare vari tipi di comunione disciplina la comunione ordinaria
cioè la contitolarità della proprietà o di un altro diritto reale, per esempio se due fratelli
ereditano o comprano insieme un rustico.
La comunione ordinaria è segnata da una sola tendenziale prevalenza dell’interesse
collettivo su quello individuale. Alla base di tale comunione vige il principio del concorso
ossia ogni partecipante si serve della cosa comune senza alterarne la destinazione e senza
impedirne il parimenti uso degli altri contitolari.
La misura del diritto di ciascuno è dato dalla quota di contitolarità cioè la proporzionale
partecipazione. Tali quote sono fissate nel titolo cioè nel contratto d’acquisto, e in mancanza
di questo titolo le quote sono uguali.
L’uso spetta individualmente a ciascuno in proporzione alla sua quota e nei limiti
già indicati. Il coordinamento segue il criterio spaziale o quantitativo (per esempio un
posto macchina a ciascuno) o quello temporale (per esempio ciascuno può
parcheggiare per 3 mesi all’anno) .
L’amministrazione spetta collettivamente a tutti, secondo il principio maggioritario
per le decisioni di interesse comune. Mentre per gli atti di ordinaria amministrazione come la
manutenzione della cosa o i turni di godimento la maggioranza semplice
viene calcolata in base alle sole quote.
Per gli atti di straordinaria amministrazione per esempio miglioramenti e
innovazioni c’è una doppia maggioranza per capi e per quote cioè la maggioranza
I dati numerici dei partecipanti devono rappresentare da terzi del valore della cosa.
maggioranza non deve danneggiare il diritto individuale a godere della cosa
ovviamente né a portare innovazioni che non siano approvati anche da uno dei soli
partecipanti.
La disposizione spetta individualmente a ciascuno nei limiti della sua quota, cioè
ognuno può vendere la propria quota a terzi o chiedere lo scioglimento della comunione.
LA MULTIPROPRIETA’
La multiproprietà immobiliare è una comunione caratterizzata da una particolare modalità
di godimento su beni immobili. Essa riguarda la comproprietà di case di villeggiatura dove i
condomini possono godere in periodi temporali prefissati di unità immobiliare per esempio
uno o più settimane nell’anno.
La legge non regola la multiproprietà ma disciplina i contratti detti contratti di
multiproprietà attraverso i quali si attribuiscono i diritti di godimento su immobili per un
periodo determinato, garantendo l’acquirente tutelandolo da possibili abusi. Si prevedono
obblighi di informazione inerenti al bene, e diritti e obblighi delle parti, necessaria forma
scritta del contratto, diritto di recesso dell’acquirente entro un certo termine, garanzie per
l’adempimento del venditore, divieto di esigere un acconto per tutela di un ripensamento da
parte del consumatore acquirente.
LE SITUAZIONI POSSESSORIE
Il possesso non è un diritto, ma è una situazione di fatto cioè nel fatto che un soggetto gode
di un bene a prescindere che abbia o non abbia il diritto di farlo. Quindi ciò che conta non
che esso sia proprietario o ladro o un abusivo ma che di fatto un soggetto esercita i poteri
che competono al titolare di un diritto reale sulla cosa.
Quindi Proprietà e diritti reali minori designano una situazione giuridica che consiste
nell’attribuire un legittimo potere sulla cosa.
NOZIONE DI POSSESSO
L’art 1140 detta che il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività
corrispondente all’esercizio di altro diritto reale. Si può possedere direttamente o per mezzo
di un’altra persona, che ha la detenzione della cosa. È un semplice potere sulla cosa e non
un diritto.
Cioè secondo l’art 1140 si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona che ha
la detenzione della cosa. Per esempio quando il possessore lascia la cosa in custodia a un
terzo, la affida a un proprio dipendente oppure affitta il fondo. In tutte queste ipotesi il
possessore non perde il controllo sulla cosa ma continua a esercitare un potere su di essa
che ne ha la detenzione cioè la materiale disponibilità.
Si distinguono diverse situazioni possessorie:
1) il possesso vero e proprio consistente nell’esercizio diretto dei poteri sulla cosa
2) il possesso mediato che si ha quando i poteri sono esercitati per il tramite di un terzo che
ne ha.
3) la detenzione cioè la disponibilità materiale. Il possesso vero e proprio include anche
questo.
POSSESSO E DETENZIONE
La distinzione tra possesso e detenzione sta che nel caso del possesso, possiamo
distinguere due elementi: uno oggettivo e l’altro soggettivo. Quello oggettivo (corpus)
riguarda la materiale disposizione della cosa; mentre quello soggettivo (animus) riguarda
l’intenzione di avere la cosa per se. Nella detenzione si riscontra solo l’elemento oggettivo,
in quanto la detenzione implica l’obbligo di restituire la cosa e quindi di rendere conto al
possessore.
Tale impostazione non è accettata in quanto possesso e detenzione sono entrambe
situazioni di fatto che consistono nell’esercitare un potere su una cosa a prescindere dal
diritto di farlo o meno.
I poteri che il detentore può esercitare dipendono dallo scopo particolare per il quale il bene
è stato consegnato da un soggetto a questo. Per esempio, Tizio affida un bene al detentore
affinchè lo custodisca, lo amministra o lo affitta.
Se la detenzione è in capo al possessore, essa è solo una modalità di esercitare il potere,
in quanto vi è il diretto potere sulla cosa.
Se la detenzione è a capo ad un soggetto diverso. Il tal caso, il detentore può usufruire del
titolo, e questo può essere contemplato sia come un interesse del possessore mediato
(amministrazione, mandato e deposito), sia come un interesse proprio del detentore,
locazione e affitto.
LE AZIONI POSSESSORIE
per la tutela delle situazioni possessorie sono previste alcune
azioni,le quali cercano di mantenere o ripristinare lo stato di fatto
alterato dagli altri. In questo modo il possessore spogliato della cosa o molestato
nel godimento, può far ripristinare lo stato anteriore, ciò anche contro il legittimo proprietario
che abbia ripreso la cosa con forza.
Le azioni a difesa del possesso sono: l’azione di reintegrazione; di manutenzione; di
denunzia di nuova opera e di danno temuto.
L’AZIONE DI REINTEGRAZIONE
L’azione di reintegrazione o spoglio è concessa a chi sia stato spogliato violentemente
e mira ad ottenere la reintegrazione nella situazione possessoria art 1168.
Il legittimato attivo è sia il possessore che il detentore,di beni mobili o mobili,e quale
che sia il titolo da cui deriva il potere, servitù, proprietà, usufrutto, locazione. Mentre
è escluso il detentore disinteressato, cioè chi ha la detenzione della cosa per ragioni
di servizio o di ospitalità, l’operaio rispetto agli attrezzi di lavoro, l’amico cui ho prestato la
moto.
Il legittimato passivo è colui che ha commesso uno spoglio violento o clandestino.
L’azione è soggetta al termine di decadenza di un anno dal giorno dello spoglio, o se
clandestino dal giorno in cui si è scoperto l’autore dello spoglio.
La reintegrazione deve essere fatta con sentenza dal giudice cioè il giudice è l’unico a
decidere se la reintegrazione è possibile o meno.
L’AZIONE DI MANUTENZIONE
L’azione di manutenzione è concessa a colui che è stato molestato nel possesso di un
immobile o di una universalità di mobili art. 1170, e mira ad ottenere la manutenzione del
possesso medesimo.
Il legittimato attivo è solo il possessore di diritti reali su beni immobili o universalità di
mobili. Sono requisiti specifici per l’azione il possesso non viziato e deve essere
continuo e ininterrotto da oltre un anno.
Il legittimato passivo è colui che compie atti di turbativa o molestia,di fatto o di
diritto,del possesso altrui. Per esempio costruire senza il rispetto delle distanze legali,
ostruendo il passaggio con dei materiali, affermandosi come titolare della cosa altrui.
L’azione è soggetta alla decadenza di un anno.
L’USUCAPIONE
L’usucapione è un modo d’acquisto della proprietà e degli altri diritti reali di godimento
derivante dal possesso continuato per un certo tempo.
L’acquisto è a titolo originario e la proprietà si acquista libera da pesi e diritti altrui, cioè che
nessun terzo abbia esercitato nessun diritto su di essa, in modo tale da acquistare tutti i
diritti reali di godimento, ma non quelli di garanzia.
Il ruolo centrale è dato dal possesso continuato per un certo tempo e d’altra parte,
l’usucapione semplifica la prova relativa della titolarità dei diritti reali, in modo tale da favorire
la tutela e la circolazione Per esempio se voglio acquistare un fondo rustico o un
appartamento e per essere certo che sono divenuto proprietario mi basterà accertare che il
venditore l’ha posseduto per venti anni.
In sintesi l’usucapione è il modo di acquisto della proprietà in due ipotesi:
Possesso senza alcun titolo o con titolo nullo
Possesso legittimato da titolo valido ma inefficace, poiché proviene da colui che non
è titolare del diritto alienato.
Abbiamo due tipi di usucapione, quella ordinaria e quella abbreviata.
L’USUCAPIONE ORDINARIA
L’usucapione ordinaria si compie in virtù del possesso continuato per venti anni art
1158. Con l’usucapione ordinaria ventennale si acquistano i diritti di proprietà e di godimento
su tutti i beni,mobili immobili,universalità di mobili e mobili registrati. Ma ai fini
dell’usucapione è necessario che il possesso presenti alcuni requisiti:
Possesso pacifico e pubblico,cioè acquistato non in modo violento e clandestino.
Il possesso viziato giova per l’usucapione, nel momento in cui la violenza o
clandestinità è cessata.
Non è necessaria la buona fede, perché anche il ladro può diventare proprietario se
possiede il bene almeno da venti anni.
Inoltre il possesso deve essere continuo e non interrotto, e non deve aver subito nessuna
interruzione, né civile e né naturale.
L’USUCAPIONE ABBREVIATA
L’usucapione abbreviata richiede, oltre al possesso continuato per un certo tempo,
ulteriori requisiti:
1. Il TITOLO deve essere astrattamente idoneo a trasferire il diritto.
2. La BUONA FEDE ovvero l’ignoranza non colposa.
La TRASCRIZIONE del titolo è richiesta solo per il bene mobili e immobili registrati.
Per quanto attiene al POSSESSO, deve essere non viziato e senza interruzione, e la sua
durata varia in relazione ai beni.
L’usucapione si compie:
1. in dieci anni per i beni immobili e mobili.
2. in cinque anni per la piccola proprietà rurale.
3. in tre anni per i mobili registrati art 1159-1162.
Anche per i beni mobili è prevista una usucapione di dieci anni. Essa avviene quando
l’acquirente, seppur di buona fede, manchi di un titolo valido art. 1161. Se questo vi fosse, il
Il diritto si acquisterebbe immediatamente in virtù della regola possesso vale titolo.
I DIRITTI RELATIVI
Come sappiamo i diritti soggettivi si dividono in assoluti e relativi.
I DIRITTI RELATIVI possono farsi valere in maniera diretta solo nei confronti di determinati
soggetti. Tra tali situazioni giuridiche rientrano i diritti di credito, i quali si caratterizzano come
una specifica pretesa verso un determinato soggetto attribuendo il diritto di pretendere un
certo comportamento. Per esempio consegnare un bene, stipulare un contratto, risarcire il
danno.
Nei confronti degli altri consociati la tutela dei diritti relativi si pone in maniera diversa: essa
non riguarda il contenuto specifico della prestazione, ma riguarda solo il debitore. La tutela
verso i terzi è perciò solo indiretta, infatti essi non rientrando in tale rapporto, non possono
violare gli obblighi previsti in esso, ma possono alterarli attraverso condizioni esterne, per
esempio si pensi a chi ha acquistato un bene già promesso ad altri. Avranno
diritto al risarcimento dei danni.
NOZIONE
Il rapporto obbligatorio è un vincolo tra due soggetti nel quale uno di essi, detto debitore,
è tenuto a eseguire una specifica prestazione a favore dell’altro, detto creditore. Una
posizione si denomina credito, e l’altra debito o obbligazione. L’interesse del creditore
sarà soddisfatto quando il debitore adempie alla prestazione. Per esempio Tizio deve
pagare 1000 euro a Caio, eseguire un lavoro, effettuare un trasporto. Quindi il debitore non
può soddisfare da sé direttamente l’interesse, ma ha bisogno della cooperazione altrui.
Inoltre l’obbligo non è verso chiunque ma solo nei confronti di determinati soggetti.
VINCOLATIVITÀ E COERCIBILITÀ
L’obbligazione appartiene alla cerchia delle situazioni giuridiche passive, caratteristica in
tale ambito è l’obbligatorietà (o vincolatività) del comportamento, caratteristica comune a
tutte le situazioni di dovere, e la coercibilità che è diversa in base al tipo di prestazione
dedotta in obbligazione.
Infatti, se il debitore non adempie spontaneamente, il creditore potrà agire in giudizio
chiedendo l’esecuzione forzata, cioè un’esecuzione in forma specifica o una per
equivalente.
Attraverso l’esecuzione in forma specifica, il creditore ottiene tutto ciò che si doveva
riscuotere dall’obbligazione. Essa può essere chiesta se la prestazione inadempiuta lo
consenta. Come:
Consegna di una cosa determinata (si può ottenere la consegna della cosa specifica).
Obbligazione di fare fungibile (si può richiede l’esecuzione a spese dell’obbligato).
Di concludere un contratto (può essere richiesta la sentenza che produce gli effetti
del contratto non concluso).
Di non fare (si può richiedere la distruzione di ciò che è stato fatto in violazione
dell’obbligo).
Se la legge non ammette l’esecuzione in forma specifica, si può richiedere l’esecuzione
per equivalente, consiste nella vendita forzata del bene del venditore e il soddisfo sul
ricavato di essa, art. 2910.
Tale forma è la più utilizzata, in quanto viene messa in atto per le ipotesi di debiti pecuniari,
sia che si tratti della somma dovuta del debitore, sia che si tratti del risarcimento dei danni
causati dall’inadempimento.
L’art 2740 afferma che il debitore risponde dell’inadempimento dell’obbligazione con tutti i
suoi beni presenti e futuri. Ciò crea una garanzia per il creditore, il quale può realizzare una
soddisfazione coattiva del suo diritto (ciò va a rappresentare la cosiddetta responsabilità
patrimoniale del debitore) .
Sia il debito che la responsabilità sono essenziali per l’obbligazione. Infatti, se manca il
debito, il creditore non potrà avere la garanzia del debito altrui. Se invece manca la
responsabilità, si avrà un’obbligazione naturale e non una vera e propria obbligazione civile.
L’obbligazione civile si caratterizza per la presenza di debito e responsabilità.
Per obbligazione naturale la legge intende quei doveri morali o sociali che si distinguono
dai doveri di cortesia, un esempio può essere il pagamento dei debiti di gioco, al
mantenimento reciproco di due coniugi.
CAPITOLO 22: GLI ELEMENTI DEL RAPPORTO GIURIDICO A) L’OGGETTO
LA PRESTAZIONE
L’Art 1174 afferma che l’oggetto del rapporto obbligatorio è costituito dalla prestazione del
debitore. Per prestazione s’intende il comportamento cui il debitore è tenuto, ovvero
all’attività che è obbligato a svolgere, per esempio curare un malato ovvero al risultato che
deve conseguire per soddisfare l’interesse del creditore per esempio eseguire un trasporto.
Un’ulteriore distinzione afferma che la prestazione può consistere in:
DARE, ovvero la consegna di un bene o il trasferimento di un diritto.
Si deve distinguere l’obbligazione generica che riguarda la consegna di una quantità di cose
che appartengono a un genere e non ancora individuate, per esempio una
somma di denaro, 100 litri di gasolio.
Dall’obbligazione specifica che riguardano una cosa determinata, per esempio un
appartamento, un quadro di un autore. Tale distinzione ha importanza quando si
realizza il trasferimento della proprietà e perciò il passaggio del rischio per il
perimento delle cose;
FARE, si tratta di eseguire un’attività, cioè un’attività materiale o giuridica. Come per
esempio curare un paziente o realizzare una costruzione. E qui è necessario
distinguere le obbligazioni di mezzo da quelle di risultato. Nelle obbligazioni di
mezzo il debitore non promette un risultato al creditore, ma s'impegna a tenere un
comportamento che soddisfi l'interesse del creditore, per esempio un medico deve
fare il suo lavoro indipendentemente dal risultato, se il paziente guarisce o no; mentre
nelle obbligazioni di risultato s’impegna a conseguire un certo risultato, per
esempio un vettore deve ottenere il risultato di trasportare una merce indipendentemente dal
mezzo che usa.
Tra le obbligazioni di fare rientra anche l’obbligo di contrarre un contratto, cioè stipulare un
contratto. Per esempio l’obbligazione che nasce dal contratto preliminare.
NON FARE, ovvero un comportamento omissivo, ne sono es l’obbligo di non fare
concorrenza o l’obbligo del lavoratore di non diffondere all’esterno le notizie relative
all’azienda stessa.
GLI INTERESSI
Sono un’obbligazione pecuniaria accessoria a una principale, consistono a una somma
aggiuntiva, aggiunta al capitale, che viene determinata in percentuale e in base al tempo.
Il suo carattere accessorio, fa sì che essa venga trasferita con il trasferimento della
principale, venendo meno se invece l’obbligazione principale risulta nulla. Gli interessi
hanno due funzioni:
Funzione compensativa, che indica che gli interessi rappresentano il compenso
dovuto per il godimento del denaro, per esempio la banca mi fa un prestito ed io pago
gli interessi come compenso del godimento del denaro.
Funzione risarcitoria, che ha lo scopo di risarcire il danno per il ritardo
nell’adempimento, è il caso degli interessi moratori.
L’ANATOCISMO
Consiste nella produzione d’interessi, da altri interessi, scaduti e non pagati.
Ovvero, venuta a scadenza l’obbligazione con gli interessi nel frattempo maturati, questi si
sommano al capitale e sull’ammontare totale così determinato si calcoleranno gli interessi
fino alla nuova scadenza, o almeno fino all’effettivo pagamento.
L’art. 1283 c.c. , stabilisce che tali interessi sono dovuti solo dal giorno in cui viene
presentata la domanda giudiziale o per effetto di una apposita convenzione fatta dopo la
scadenza dei primi interessi. In entrambi i casi, occorre che si tratti d’interessi dovuti per
almeno sei mesi.
LE OBBLIGAZIONI ALTERNATIVE
Sono quelle obbligazioni in cui ci sono due o più prestazioni, ma il debitore si libera
eseguendone una sola, esempio tipico è quello dei concorsi a premio, dove il vincitore può
scegliere ad es. tra un auto e una pelliccia.
Viene definita anche un’obbligazione a contenuto unico determinabile, la
determinazione avviene attraverso la scelta, che di norma, spetta al debitore.
Può essere anche impossibile scegliere una delle prestazioni, dove l’obbligazione si
considera semplice e il debitore deve eseguire quella che è rimasta possibile. Da essa si
distingue l’obbligazione facoltativa, dove la prestazione è una sola, ma il debitore può
eseguirne un’altra, per esempio quando il debitore deve pagare in valuta estera, e ha la
possibilità di pagare in valuta italiana oppure quando un soggetto attaccare un cartellone di
spettacoli teatrali ma può sostituire con un’altra rappresentanza. La differenza tra
l’obbligazione facoltativa e quell’alternativa è che, in quella facoltativa l’obbligazione è
semplice sin dall’inizio e la prestazione dovuta ne è una sola, quindi se essa è impossibile,
il debitore sarà liberato del tutto.
LE OBBLIGAZIONI SOLIDALI
Esse si dividono in obbligazioni plurisoggettive solidali passive e obbligazioni
plurisoggettive solidali attive.
Le obbligazioni solidali passive sono quelle obbligazioni in cui ciascuno dei condebitori è
obbligato a pagare l’intero e l’adempimento di uno libera anche gli altri,
art 1292. Ad esempio il coacquirente di un bene è tenuto a pagare l’intero importo.
Questo dunque rafforza la posizione del creditore che evita sia di dover chiedere a
ciascuno dei debitori la sua parte di debito, sia di subire il rischi di insolvenza da parte
di ciascuno di essi.
Le obbligazioni solidali attive sono quelle obbligazioni in cui ciascuno dei
concreditori può pretendere il pagamento dell’intero e l’adempimento conseguito da
uno di essi libera il debitore verso tutti i creditori, art 1292. Una cassetta di sicurezza
intestata a più persone può essere aperta da ciascuno degli intestatari.
I requisiti affinchè si abbia un’obbligazione solidale oltre alla pluralità dei soggetti
sono:
1. Unicità della prestazione. Per esempio, una costruzione di un edificio, pagare
una somma di denaro.
2. Unicità della causa o fonte dell’obbligazione. Per esempio un contratto di
compravendita o di appalto.
Alla presenza di tali presupposti si avrà automaticamente un’obbligazione solidale dal lato
del passivo.
Invece la solidarietà attiva non si presume automaticamente e necessita di una previsione.
Il vincolo solidale è quindi un fattore esterno tra i debitori e il creditore o i creditori e il
debitore; dal lato interno invece il peso o il vantaggio della prestazione deve essere
condiviso tra condebitori e concreditori.
Se l’interesse è comune l’obbligazione si divide in proporzione alle rispettive quote
o alla gravità della colpa e all’entità delle conseguenze.
Se l’obbligazione è contratta nell’interesse esclusivo di uno dei soggetti esso sarà
tenuto a rimborsare l’intera somma a colui che ha pagato.
Il codice civile detta una disciplina per l’obbligazione solidale e verte su due principi di
generali ma non sempre validi:
Inestensibilità delle vicende e delle eccezioni personali;
Estenzione degli effetti favorevoli e non estenzione degli effetti svantaggiosi per
gli atti compiuti dai singoli.
LE OBBLIGAZIONI PARZIARIE
Sono l’esatto contrario di quelle solidali ciascuno dei debitori deve, e ciascuno dei
creditori può, pretendere solo la propria parte di prestazione art 1314 es sono i debiti
e i crediti ereditari che si ripartiscono parzialmente fra gli eredi, questa è una regola che
vale per la parziarietà attiva, se in manca la previsione normativa mentre è sempre solidale
dal lato del passivo.
Quando l’obbligazione plurisoggettiva è parziaria, è possibile che essa sia
indivisibile, per esempio un animale vivo. L’indivisibilità deriva dalla natura della
prestazione, dove la cosa non sia materialmente o economicamente divisibile, per
esempio una barca, un televisore. In questo caso i debitori non possono liberarsi solo
attraverso la propria quota ma devono prestare l’intero.
Il codice civile ritiene tali obbligazioni che hanno per oggetto una cosa o un fatto non
suscettibile di divisione e ritiene che devono essere regolate dalle norme relative alle norme
solidali.
L’ESATTO ADEMPIMENTO
L’adempimento è la realizzazione della prestazione dovuta cioè l’esecuzione
dell’obbligazione, attraverso esso l’obbligazione si estingue e il debitore si libera dal
vincolo obbligatorio. Esso ha natura di atto giuridico in senso stretto e l’adempimento
deve essere esatto ovvero conforme ai criteri legali. I criteri sono:
● Diligenza e buona fede;
● Esattezza materiale regolarità giuridica della prestazione;
● Puntualità di tempo e di luogo;
● Idoneità di chi adempie e legittimazione di chi riceve il pagamento.
DILIGENZA E BUONA FEDE
Esse sono i criteri che definiscono il comportamento del debitore.
Nell’adempimento dell’obbligazione dall’art 1176 il debitore deve usare la diligenza
del buon padre di famiglia, per le obbligazioni inerenti all’esercizio di un’ attività
professionale l’art afferma che la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura
dell’attività esercitata. Cd. diligenza tecnica, con ciò si opera un riferimento alla
diligenza media ovvero a quel livelli di competenza che gli operatori di ogni settore
impiegano nell’adempiere le proprie obbligazioni.
la prestazione diligente implica perizia ovvero competenza, prudenza cioè attenzione nel
compito svolto e il rispetto di eventuali determinazioni legali inerenti al contenuto e alle
modalità della prestazione.
L’obbligo della buona fede è previsto dall’art.1175 che impone sia ai debitore che al
creditore di comportarsi con correttezza; la buona fede deve essere oggettiva ed è un’
obbligo che prevede di salvaguardare l’interesse altrui nei limiti in cui sia compatibile con il
proprio, per es non posso pagare 100 euro con monete da 10 cent.
La buona fede è quindi una clausola generale con un contenuto non predefinito nel
precisabile in astratto, essa non connota solo le obbligazioni ma solo la materia
contrattuale; la buona fede è inderogabile e sarebbe inammissibile una deroga
pattizia.
Viceversa l’obbligo di diligenza può essere parzialmente derogato vietando solo
l’esonero da responsabilità per dolo o colpa grave art. 1229.
LEGITTIMAZIONE AD ADEMPIERE
Obbligato ad adempiere è il debitore ovvero anche colui che effettuerà la prestazione, esso
però è anche legittimato ovvero autorizzato ad adempiere, è anche qualsiasi terzo ovvero
qualunque soggetto che ritenga di avere interesse;
Per esempio la moglie può pagare i debiti del marito per evitargli imbarazzo o un socio può
pagare il debito della società per evitare il fallimento.
Il creditore non può rifiutare tale adempimento. Solo nel caso di rifiuto di debitore e creditore
il terzo non potrà adempiere la prestazione.
Il pagamento del terzo è cosa diversa dell’adempimento per mezzo del terzo in
quanto il neo primo caso terzo agisce di propria iniziativa e paga in nome proprio; nel
secondo caso il debitore chiede al terzo di provvedere questi adempirà.
Anche se l’adempimento è effettuato da chi è incapace di agire è valido e non può
essere impugnato, mentre si può impugnare il momento in cui nasce l’obbligazione,
dunque essi non può firmare ma può pagare.
LEGITTIMAZIONE A RICEVERE
Legittimati a ricevere all’adempimento sono il creditore, la persona indicata dal
creditore o autorizzata dalla legge o dal giudice a riceverlo. Il creditore non è legittimato
a ricevere quando è legalmente incapace, l’eventuale pagamento non libera il debitore se
non prova che la prestazione sia a suo vantaggio. Il creditore è privo di legittimazione anche
quando perde la disponibilità del credito come il fallimento o quando né perda la titolarità in
seguito a cessione del credito.
Il debitore è comunque liberato se paga in buona fede al creditore apparente ovvero colui
che appare legittimato a riceverlo.
L’INADEMPIMENTO
E’ l’azione di non adempiere la prestazione dovuta. Pertanto, sarà inesatta la prestazione
che non abbia i requisiti di diligenza, buona fede esattezza quantitativa e qualitativa,
puntualità di tempo e di luogo.
L’inadempimento è assoluto quando la prestazione manca di tutti i requisiti e quindi non
ha avuto luogo, mentre è relativo quando la prestazione vi è stata ma non è come quella
stabilita, come ad esempio quando vi è ritardo nel pagamento.
Conseguenza dell’inadempimento è la responsabilità del debitore, il quale è tenuto a
risarcire i danni cagionati, se non prova che l’inadempimento o il ritardo sia stato causato
da impossibilità della prestazione, art. 1218.
In base all’art. 1176, si può dire che la prestazione è impossibile quando non può essere
eseguita con diligenza e buona fede richiesta per quel tipo di prestazione. Ma l'art 1218
sembra andare oltre, fino al limite delle possibilità umane, infatti se l'unica strada
esistente è franata e non posso consegnare un pacco, sono stato diligente secondo l'art
1176 ma non lo sono stato secondo l'art. 1218 perché avrei potuto inviare il pacco per via
aerea.
I due articoli non conformi tra loro fa sì che nel sistema venga individuato un doppio
regime di responsabilità:
Responsabilità per colpa, e quindi per non osservanza della diligenza media,
nelle obbligazioni di dare cose specifiche e nelle obbligazioni di mezzi.
Responsabilità oggettiva, e quindi fino al limite dell’impossibilità assoluta, per le
obbligazioni di dare cose generiche, per quelle di risultato, per quelle di non fare.
L’IMPOSSIBILITA’ LIBERATORIA
L’impossibilità liberatoria s’intende che la dimostrazione dell'impossibilità libera il debitore
da responsabilità.
Abbiamo già detto che la prestazione è impossibile quando non può essere eseguita con la
diligenza richiesta, per diligenza richiesta s’intende quella del buon padre di famiglia, cioè
una diligenza media secondo un canone di normalità.
La diligenza concretamente dovuta si configura in maniera diversa in relazione all’oggetto
(si pensi a una valigia depositata alla stazione e 100 kl di oro in una banca) e al titolo
dell’obbligazione (vendita) , che possono richiedere attenzione nei diversi casi. Se affido
a degli operai il compito di effettuare degli scavi, essi non saranno inadempienti se, trovando
della roccia, non possono svolgere il loro compito.
In conclusione, affinchè l’inadempimento della prestazione non causi la responsabilità del
debitore, c’è bisogno che l’impossibilità sia oggettiva, in modo che nessun debitore medio
potrebbe superarla; e relativa, dovendo essere valutata in base allo sforzo debitorio
richiesto.
CONTRATTO E NEGOZIO
Il negozio giuridico è una dichiarazione di volontà con la quale s’intende produrre effetti
giuridici, ossia la costituzione, modificazione o estinzione di un rapporto giuridico, inoltre
riconosciuti e tutelati dall’ordinamento.
LA LEGITTIMAZIONE
In caso di incapacità giuridica il contratto sarà nullo. In capo alla parte formale è richiesta la
capacità di agire, in mancanza il contratto sarà annullabile.
Altro requisito della parte formale è la sua legittimazione al compimento dell’atto, e cioè il
potere di porre in essere l’atto e perciò di disporre degli interessi con esso regolati.
La legittimazione è il potere di disposizione in ordine a un diritto o a un interesse:
ordinariamente essa spessa al titolare della situazione giuridica, ma può spettare ad altri in
via esclusiva.
La legittimazione è necessaria per poter disporre del diritto, ma la sua carenza comporta
mera inefficacia dell’atto.
CATEGORIE DI CONTRATTI
I contratti si dicono bilaterali, quando sono stipulati da due soggetti. Rientrano tutti i
contratti di scambio, come vendita, agenzia, mutuo.
Si dicono plurilaterali quando sono stipulati da due o più parti. Per esempio i contratti di
società dove più parti hanno un interesse o uno scopo comune.
Contratti a titolo oneroso sono quelli in cui una parte (soggetto) offre una prestazione e
l’altra corrisponde un sacrificio economico. Per esempio una vendita, l’appalto e la
locazione.
A titolo gratuito corrisponde soltanto il sacrificio di una parte, come una donazione, il
comodato e il deposito.
Contratti si dicono commutativi o aleatori in cui una prestazione dipende da un evento
causale, come una grandinata. Mentre ci sono dei contratti che sono
necessariamente aleatori perché hanno proprio la funzione di garantire una parte
contro il rischio di eventi dannosi, per esempio l’assicurazione e la rendita vitalizia.
Tipico contratto aleatorio è l’assicurazione in cui una parte paga una somma di
denaro mentre l’altra assume il rischio di un determinato evento causale.
L’ACCORDO
L’ACCORDO DELLE PARTI. LE DICHIARAZIONI D VOLONTA’: DICHIARAZIONI
ESPRESSE E MANIFESTAZIONI TACITE
Il primo dei requisiti del contratto è l’accordo tra le parti. Per esempio, Tizio si obbliga a
pagare 400 euro al mese e Caio a far godere un appartamento.
L’accordo può raggiungersi in modo ESPRESSO e in modo TACITO.
La dichiarazione è ESPRESSA quando è fatta verbalmente, con uno scritto, con gesti.
Per esempio, alzare la mano in un’asta significa dichiarare la propria volontà, in un
negozio alimentare chiedendo il prodotto manifestiamo di voler concludere un
contratto acquistando quel determinato prodotto.
La dichiarazione è TACITA quando l’intenzione di stipulare il contratto è manifesta tata
dai comportamenti delle parti. Per esempio, salendo su un autobus si manifesta
l’intenzione di concludere un contratto di trasporto. Se si introduce una moneta in un
distributore di bevande si presume l’intendo di stipulare una compravendita. Il
silenzio non esprime un consenso, solo in caso previsto dalla legge o per un
precedente accordo tra le parti. Per esempio, stabilisco un accordo con la casa
editrice che mi invia i primi fascicoli di un’opera che se non li restituisco vuol dire che
accetto di acquistare l’intera opera.
OFFERTA AL PUBBLICO
Un’ipotesi di proposta contrattuale è quella offerta al pubblico, cioè un offerta rivolta a più
persone. Per esempio, l’esposizione in vetrina di un vestito con il cartellino del prezzo e
Tizio entrato nel negozio può accettare e concludere il contratto. Nell’offerta al pubblico,
mancando un destinatario, la proposta non ha carattere recettizio. Essa pertanto è efficace
non appena resa pubblica ed è valida anche nei confronti di chi non ne abbia avuto notizia.
B) INIZIO DELL’ESECUZIONE
Il contratto si può concludere con l’INIZIO DELL’ESECUZIONE, da parte dell’oblato che
ha accettato.
Tale modo di conclusione è ammesso quando su richiesta del proponente non è necessaria
una risposta dell’accettante. Non c’è una proposta di accettazione da parte del compratore
in quanto ordini direttamente. Il contratto si conclude al momento in cui faccio l’ordine –
accettazione, cioè prima che il proponente abbia notizia dell’accettazione
D) CONTRATTI REALI
I contratti reali sono quelli che oltre al consenso delle parti, include anche la consegna della
cosa. Essi sono il deposito, il comodato, il mutuo, che richiedono anche la traditio della cosa.
Fin quando non avviene la consegna il contratto non si sarà concluso.
E) CONTRATTI STANDARD
I contratti standard o contratti di massa sono contratti senza la contrattazione del contenuto.
Per esempio, sono i contratti di trasporto, di assicurazione, di fornitura della luce e
dell’acqua. Essi sono dei contratti con la quale il cliente può soltanto accettare o rifiutare. Il
fatto che le condizioni sono poste da una sola delle parti, porta due tipi di problemi.
Il cliente stipula e firma il contratto senza conoscere le condizioni generali di contratto.
Per esempio, firma il contratto di assicurazione senza leggerne il testo, acquista un
biglietto ferroviario senza leggere le condizioni, che stabiliscono il numero e la
dimensione dei bagagli.
Per quanto riguarda al contenuto ci possono essere delle cd. CLAUSOLE VESSATORIE,
quelle clausole favorevoli o no al cliente. Dunque non basta che sia firmato il
contratto, ma le clausole che sono vessatorie devono essere specificamente
approvate per iscritto.
I CONTRATTI TIPICI
I CONTRATTI TIPICI sono i contratti disciplinati dalla legge. Si parla di vendita, locazione,
mutuo, mandato, trasporto, appalto. Essi vengono chiamati anche contratti nominati.
Le parti potrebbero utilizzare il contratto tipico per perseguire obiettivi diversi da quelli del
negozio utilizzato, il cd. USO INDIRETTO DEL NEGOZIO, esso se è per scopi leciti, in linea
di principio può essere utilizzato.
I NEGOZI ASTRATTI
Sia i negozi unilaterali che quelli bilaterali devono avere una causa lecita. Quando ci
troviamo di fronte ad un contratto formale, ovvero che richiede una certa forma, es. atto
pubblico, la causa deve emergere dal contratto. Non sono ammessi nel nostro ordinamento
negozi astratti di trasferimento della proprietà.
Infatti, in Italia, è ammesso un solo caso particolare di negozio astratto, ovvero un negozio
che produce i suoi effetti a prescindere dalla causa, il caso della cambiale, dove una volta
firmato il titolo non si può invocare il venir meno della causa. Se la merce non mi è stata
consegnata dovrò pagare e poi rivolgermi al venditore per la restituzione della somma di
denaro. Chi gira la cambiale opera come NEGOZIO ASTRATTO. La legge ha consentito tale
eccezione per garantire sicurezza e rapidità nella circolazione dei crediti.
I MOTIVI
La causa è uguale per entrambi i contraenti, mentre i MOTIVI riguardano le finalità
individuali che possono essere molteplici (es. acquisto un immobile per fare un investimento,
per rivenderlo, per utilizzarlo personalmente ecc.) . I MOTIVI ai fini giuridici sono irrilevanti.
Affinché acquistino rilevanza giuridica o devono essere iscritti nel contratto con una clausola
condizionale o ancora i motivi devono risultare illeciti, annullando così lo stesso contratto se i
motivi illeciti riguardano entrambi le parti.
Ancora esiste il motivo erroneo o errore sui motivi che riguarda le donazioni e i testamenti
ovvero l’atto viene annullato solo se chi dona o chi lascia in eredità si sia sbagliato ad
esempio nell’individuare la persona.
Un’altro caso rilevante, che non costituisce un semplice motivo, è la PRESUPPOSIZIONE
ovvero quando non si tratta di un motivo individuale, ad esempio se si prende in locazione
un balcone per assistere ad una manifestazione, se essa viene soppressa il contratto deve
essere sciolto perché si stipulava in base alla realizzazione della manifestazione e non solo
all’interesse di una delle due parti ma di entrambe, in tal caso si tratta di presupposto
oggettivo e comune.
LA FORMA
Essa è un elemento essenziale del contratto solo nei casi previsti dalla legge art.1325.
Affinché ci sia il requisito della forma il contratto deve essere comunicata all’esterno, infatti,
la forma è il modo con cui si manifesta la volontà negoziale. C’è comunque libertà di forma,
ovvero le parti possono adottare la forma che più ritengono opportuna purché manifesti la
volontà negoziale.
La forma può essere TACITA quando la volontà si desume da un comportamento, es. se
salgo sul bus concludo un contratto di trasporto; oppure ESPRESSA se la volontà è
manifestata con segni di linguaggio, parole o scritti, ma anche gesti come alzare una mano a
una vendita all’asta.
Tale principio della libertà di forma ha comunque dei limiti, infatti in alcuni casi essa deve
essere necessariamente espressa come nel caso della fideiussione.
La forma costituisce un elemento essenziale e in alcuni casi la forma è richiesta a pena di
nullità ciò accade per dare importanza al contratto in questione ovvero c’è la necessità di
stipulare un atto pubblico. È il documento redatto da un notaio o da un altro pubblico ufficiale
autorizzato ad attribuire pubblica fede.
L’atto pubblico è necessario in caso di donazione, di costituzione di società di capitali,
convenzioni matrimoniali, costituzione di fondazioni e altri casi.
La scrittura privata è qualsiasi documento sottoscritto dall’interessato e s’impegna a quanto
è in esso il contenuto, essa è necessaria per:
i contratti di alienazione di proprietà e degli altri diritti reali su beni immobili;
le locazioni abitative, quelle ultranovennali, i conferimenti in società del godimento
di immobili per un tempo superiore ai 9 anni;
i contratti per operazioni e ai servizi di banca, i contratti stipulati con i clienti dalle
SIM, e molti altri.
Le compravendite immobiliari sono valide con scrittura privata e l’esigenza di stipularle per
atto pubblico sta nella necessità di rendere l’immobile opponibile a terzi.
LA CONDIZIONE
Secondo l’art.1353 la condizione volontaria condicio facti è la clausola che subordina gli
effetti del contratto ad un avvenimento futuro e incerto.
Essa è sospensiva se sospende l’efficacia del negozio fino a che l’evento non si sia
verificato.
Per esempio, Tizio dona il suo studio professionale a Caio a condizione che si scriva
all’albo,prima avviene l’iscrizione poi la donazione.
E’ risolutiva se al verificarsi dell’evento, essa far venir meno gli effetti già prodottisi.
Nei casi di divieto normativo esse non possono essere immesse, esempi ne sono le cambiali
e i negozi familiari.
Esiste ancora la condizione legale (condicio iuris) , ovvero quella posta dalla legge, un
esempio è la condizione legale per l’efficacia di una donazione a favore di un nascituro non
concepito è la sua nascita.
IL TERMINE
Esso è l’inizio o la fine degli effetti del contratto, il cd. TERMINE DI EFFICACIA.
Una sua caratteristica è di essere stabilito in relazione a un evento futuro e certo, può
consistere in una data prefissata o in un qualsiasi altro accadimento purchè esso sia certo.
Esso ha la funzione di adeguare gli effetti di un contratto agli specifici interessi delle parti, in
particolare in ordine alla durata del rapporto contrattuale, il giorno di Pasqua del 2015 o il 26
giugno di quest’anno.
Il termine a differenza della condizione si caratterizza per la certezza di un avvenimento,
anche se incerto quando si verificherà. Per esempio, il giorno delle prossime elezioni, il 1
maggio.
Non in tutti i negozi è possibile apporre un termine, un esempio tipico è il matrimonio.
Esiste il TERMINE POTESTATIVO, ovvero la clausola che determina il momento iniziale o
finale del rapporto. L’incertezza può essere eliminato se la controparte chiede al giudice la
fissazione di un termine.
LA NULLITÀ
LA NULLITA’
la forma generale e più grave di invalidità del contratto che comporta l’inefficacia dell’atto.
La nullità è irrimediabile, i contraenti non possono rimediare il vizio, convalidare il negozio
nullo in modo da renderlo produttivo di effetti.
Il contratto è nullo quando manca o è illecito uno dei suoi requisiti essenziali.
LA CONVERSIONE
la trasformazione legale del contratto nullo in un contratto diverso e valido (art. 1424) ad es.
un assegno privo di data e come tale nullo, può valere come una come promessa di
pagamento.
La conversione opera di diritto sulla base di due requisiti:
1. la sussistenza dei requisiti di sostanza e di forma di un altro contratto;);)
2. la obiettiva congruità tra gli effetti del nuovo contratto e lo scopo perseguito dalle
parti. Infatti, ciò che conta è la corrispondenza sostanziale tra il nuovo contratto e
quello nullo, cioè il nuovo contratto deve perseguire lo stesso scopo del contratto
nullo, sia pure per vie diverse.
Proprio per tali motivazioni, la conversione non richiede nessuna dichiarazione di volontà.
Invece, la cd. Conversione legale o automatica, disposta dalla legge direttamente, viene
utilizzata in alcune specifiche ipotesi.
L’AZIONE DI NULLITÀ
La nullità avviene automaticamente quando il contratto è in contrasto con una disposizione
normativa, il contratto nullo è inefficace fin dall’origine. L’azione di nullità è l’azione con cui si
fa valere in giudizio l’irregolarità dell’atto, è un’azione di accertamento. Infatti, il giudice,
dovrà solo accertare che quel determinato contratto sia effettivamente nullo, la sentenza in
tal caso è denominata SENTENZA DICHIARATIVA. La nullità può essere fatta valere da
chiunque vi ha interesse, e quindi non solo le parti, per esempio gli eredi. Ancora può essere
rilevata d’ufficio dal giudice, anche se le parti non l’abbiano fatta valere, il giudice che sia
richiesto di una pronuncia su un contratto deve rilevare ex officio la nullità dell’atto, se ad
esempio il venditore chiama in giudizio il compratore per ottenere l’adempimento coattivo di
un contratto nullo, il giudice non potrà emettere la condanna, ma dichiarerà la nullità del
contratto.
Un altro caso è quello della NULLITÀ RELATIVA ovvero della nullità che può essere fatta
valere solo da uno di contraenti, il cd. contraente debole, rimettendo così alla sua
valutazione l’opportunità di far dichiarare l’invalidità, l’inefficacia.
L’azione di nullità è IMPRESCRITTIBILE, può essere fatta valere senza limiti di tempo. L’art.
1422 afferma che l’eccezione riguarda l’usucapione e la prescrizione delle azioni di
ripetizione. Può accadere che dopo una vendita nulla, l’acquirente possegga il bene per
tempo necessario per usucapione, in tal caso, il compratore non potrà chiedere
l’annullamento o non potrà farsi restituire il prezzo pagato se è ormai prescritta l’azione di
ripetizione.
L’ANNULLABILITA’
L’ANNULLABILITÀ
una forma di invalidità meno grave della nullità, infatti il negozio annullabile è
provvisoriamente efficace, la sua efficacia può venire meno dopo una sentenza di
annullamento su domanda della parte tutelata.
A differenza della nullità, che invece garantisce interessi generali, l’annullabilità tutela
interessi individuali, di uno dei contraenti, cui spetta la decisione se tenere fermo l'atto o
farlo cadere con l'impugnazione giudiziale, che intanto produce i suoi effetti. Causa di
annullabilità è per esempio la minore età del contraente, ma la decisione se farlo annullare o
meno spetta al minore o al suo rappresentante legale in relazione alla convenienza.
L’annullabilità è una FORMA SPECIALE di invalidità, ovvero è limitata ai soli casi specifici,
precisamente è prevista per i casi di incapacità di agire e di vizi della volontà, cioè errore,
violenza.
INCAPACITÀ DI AGIRE
Il negozio è annullabile, anzitutto, nel caso di incapacità di una delle parti, legale o naturale
art. 1425.
INCAPACITÀ LEGALE DI AGIRE è la condizione in cui si trova il minore di età e l’interdetto,
e per alcuni casi l’inabilitato, l’emancipato e il beneficiario dell’amministrazione di sostegno;
essi sono limitati nel compiere atti giuridici, facendo intervenire soggetti incaricati della loro
protezione.
La legge dispone che quando l’incapace sottoscrive contratti a lui vietati, il rappresentante o
lo stesso incapace può richiedere l’annullamento, a prescindere se l’altra parte conoscesse
o meno la condizione di incapacità legale.
INCAPACITÀ NATURALE è la condizione di chi sebbene non interdetto, sia stato incapace
di intendere e di volere, al momento in cui ha posto in essere un atto giuridico ad es. il
contraente era ubriaco. Per l’annullamento dei contratti occorre dimostrare la mala fede della
controparte. Per altri atti invece occorre che ne risulti un grave danno all’incapace, qui se si
ricorre l’atto sarà annullabile anche se l’altra parte era in buona fede.
L’ERRORE
Consiste in una falsa conoscenza della realtà determinata da una delle parti in un contratto,
che senza quell’errore, non avrebbe stipulato, ad es. acquisto un quadro ritenendo che sia
l’originale, mentre è solo una copia.
Affinché l’errore porti all’annullamento del contratto esso deve essere essenziale e
riconoscibile dall’altro contraente art.1428.
L’errore è riconoscibile quando una persona avrebbe potuto rilevarlo, tenuto conto del
contenuto del contratto.
L’errore è ESSENZIALE quando è DETERMINANTE del consenso ovvero che la parte non
avrebbe stipulato il contratto senza quell’errore. In mancanza di ciò il contratto non è
annullabile.
L’art. 1429 elenca alcuni casi tipici di errore essenziale e ciò che conta è che l’errore cada
su un elemento interno al contratto.
Secondo gli art. 1429 e 1430 l’errore è essenziale quando cade.
Sulla natura o sull’oggetto del contratto. Salgo su un autobus per andare a Palermo, ma è
diretto a Messina.
Sulla qualità della prestazione in concreto essenziale per il contraente
Sull’identità e sulla qualità dell’altro contraente es. contratto di cure mediche.
Sulla quantità delle prestazioni
L’ERRORE DI DIRITTO
S’intende l’errore che cade sull’esistenza o sul contenuto di una norma giuridica.
Si tratta del fatto che l’ignoranza di una norma giuridica m’induce a valutare per errore una
certa situazione e, sulla base di tale errore, mi induco a stipulare un contratto, ad es. compro
un quadro credendo che sia liberamente esportabile ignorando che ci sono norme che ne
vietano l’esportazione o la rivendita, perciò chiedendo l’annullamento del contratto intendo
rispettare le norme. L’ERRORE DI DIRITTO deve cadere su un elemento interno al
contratto, che deve riguardare la causa o il contenuto, l’oggetto o la persona dell’altra parte.
IL DOLO
un inganno che induce in errore l’altro contraente. Ad es. esibendo un falso certificato di
autenticità inganno l’acquirente di un quadro, fornendo un falso certificato medico traggo in
inganno colui che mi assume. Il dolo è determinante (dolus malus) quando i raggiri sono
stati tali che, senza di essi, l’altro contraente non avrebbe stipulato il contratto. In tal caso il
contratto viene annullato.
Se invece, il raggiro ha influito solo il contenuto del contratto detto dolo incidente, dolus
bonus, il contraente potrà chiedere il risarcimento del danno e non l’annullamento.
La tendenza del dolo si verifica soprattutto nei contratti di massa, vincolando la pubblicità
all’esigenza di una rigorosa informazione sulle reali caratteristiche del prodotto.
Il dolo è un vero e proprio inganno o raggiro, posto in essere proprio al fine di ingannare uno
dei contraenti. Le forme sono varie, si possono avere tramite artifici o raggiri per esempio
con false certificazioni ma anche con la semplice menzogna. Tale dolo è detto
COMMISSIVO, perché suppone un atto, la commissione di una qualche azione atta ad
ingannare. Ancora esiste il cd. Dolo omissivo e cioè si può ingannare una persona anche
tacendo, pur avendo l'obbligo di informazione.
LA VIOLENZA
la minaccia di un male ingiusto e notevole, alla persona o ai beni del contraente o di terzi,
con lo scopo di ottenere una dichiarazione negoziale dal minacciato.
La caratteristica della violenza è la PRESSIONE PSICOLOGICA esercitata sul soggetto, il
minacciato è posto nell’alternativa tra il resistere alla pressione, rischiando di subire il male,
e il cedere stipulando il contratto.
Nella violenza la volontà non manca del tutto e perciò la conseguenza è l’annullabilità del
contratto e non la nullità. Perché il soggetto minacciato vuole concludere il contratto per non
subire il male.
A differenza della violenza fisica, vi è la violenza morale, che agisce sulla sfera psichica e
morale della persona, che non lascia nessun spazio di libertà infatti, la sanzione è la nullità
del contratto.
L’AZIONE DI ANNULLAMENTO
la domanda giudiziale diretta a far annullare il contratto, spetta alla parte nel cui interesse è
stabilita dalla legge. A differenza dall’azione di nullità, che può essere preposta da chiunque
vi ha interesse, essa spetta al soggetto tutelato, cioè all’incapace e al suo rappresentante
legale, e al contraente il cui consenso è viziato da errore, dolo o violenza.
Solo eccezionalmente sono previsti casi di annullabilità assoluta.
L’annullabilità è utilizzato come rimedio di un interesse particolare. L’azione si prescrive in
CINQUE ANNI, che decorrono dal momento in cui scoperto l’errore o il dolo o è cessata la
violenza. Trascorso tale periodo, non è più possibile un azione diretta a far annullare l’atto.
Rimane tuttavia la possibilità di richiedere l’annullamento in via d’eccezione, ove la parte
tutelata sia convenuta in giudizio per l’esecuzione del contratto.
EFFETTI DELL’ANNULLAMENTO
L’EFFETTO DELL’ANNULLAMENTO è l’eliminazione del contratto e la caducazione del
rapporto giuridico.
Il contratto annullabile è un contratto provvisoriamente produttivo di effetti, da esso nasce un
rapporto contrattuale che le parti sono tenute ad adempiere, se ad es. un minore di età ha
comprato una moto, ne è diventato proprietario ed è obbligato a pagarne il prezzo.
La sentenza di annullamento, ha effetto retroattivo, è come se il contratto non fosse mai
stato stipulato, non si è tenuto ad eseguirlo e le prestazioni eventualmente adempiute vanno
restituite.
Mentre rispetto a terzi la retroattività non è assoluta ad esempio se Tizio a seguito di
minacce ha venduto un fondo a Caio, e Caio abbia venduto successivamente il fondo a
Sempronio, annullata la prima vendita, e venuto meno il diritto di Caio, secondo la regola
generale anche la seconda vendita dovrebbe venir meno.
L’annullamento del contratto dà diritto al risarcimento dei danni, sempre che, ovviamente, vi
sia colpa dell’altro contraente.
LA RESCINDIBILITA’
LA RESCINDIBILITÀ
una forma particolare di invalidità, simile alla annullabilità.
Il contratto può essere rescisso e attraverso quest’azione si permetta a un soggetto che ha
concluso un contratto a condizioni inique determinate dallo stato di bisogno o di pericolo in
cui si trovava uno dei contraenti. L’azione di rescissione sanziona l’abusivo approfitta mento
e compete solo alla parte che si sia trovata nello stato di pericolo o di bisogno, essa si
prescrive in un anno dalla conclusione del contratto e non è ammessa a convalida. È
ammissibile solo la rettifica che modifica il contratto per renderlo equo, ovvero il contraente
contro cui è domandata rescissione può evitarla offrendo un supplemento di prestazione che
ridia equilibrio al contratto.
Essa è pronunciata dal giudice e ha effetto retroattivo solo tra le parti e non verso terzi
anche se essi siano in malafede ad es. se Tizio rivende un bene acquistato con contratto
rescindibile, l’acquisto di costoro non viene travolto dalla successiva rescissione del primo
contratto.
Pensiamo al caso in cui una madre vede rischiare di annegare suo figlio e non è in grado di
prestargli soccorso; in tale situazione potrebbe promettere una grossa somma di denaro a
chi lo porterà in salvo.
RESCISSIONE PER STATO DI PERICOLO
Lo STATO DI PERICOLO è la particolare condizione del soggetto che stipula un contratto
per la necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona
art.1447 ad es. avendo subito un infarto, accetto le condizioni inique pretese da un autista
per trasportarmi in ospedale.
Requisiti fondamentali sono l’ATTUALITÀ DEL PERICOLO, il fatto che il pericolo sia
CONOSCIUTO dall’altra parte, la GRAVITÀ del pregiudizio temuto a beni personali, la vita,
l’onore.
Cosa che invece non è richiesto è che il pericolo sia reale, e neppure che esso non fosse
altrimenti evitabile e non volontariamente causato dal contraente.
Il contratto può essere rescisso, su domanda della parte lesa, se esso sia stato concluso a
CONDIZIONI INIQUE.
IL CONTRATTO SIMULATO
Si ha simulazione quando le parti fingono di stipulare un contratto ma in realtà non ne
vogliono gli effetti cd. SIMULAZIONE ASSOLUTA, oppure vogliono gli effetti di un contratto
diverso cd. SIMULAZIONE RELATIVA. Ciò accade affiancando al contratto una
controdichiarazione (contenuta in un documento distinto) nella quale si chiarisce la vera
volontà delle parti.
Un esempio di simulazione assoluta è quando, Tizio e Caio stipulano una compravendita,
ma in realtà il venditore non vuole vendere e il compratore non vuole realmente comprare e
pagarne il prezzo. Non vogliono cioè gli effetti del contratto. Dunque le parti oltre alla
dichiarazione di vendita, ne emettono un’altra in cui dichiarano la loro vera volontà.
Un esempio di simulazione relativa è quella per cui in un contratto di locazione dichiarano un
certo prezzo pattuito e in una controdichiarazione si specifica che il prezzo pattuito è un
altro. Le ragioni per cui viene messa in atto una simulazione possono essere lecite o no.
LA RAPPRESENTANZA
il potere attribuito ad un soggetto, detto RAPPRESENTANTE, di compiere atti giuridici che
producono effetti direttamente nella sfera di un altro soggetto, chiamato RAPPRESENTATO.
Si hanno due forme di rappresentanza: diretta e indiretta.
La RAPPRESENTANZA DIRETTA è il potere di compiere atti giuridici in nome e
nell’interesse del rappresentato. Il rappresentante è parte del contratto solo in senso formale
in quanto in sostanza gli effetti sono destinati al rappresentato, perché agisce in suo nome.
Se Tizio, rappresentante di Caio, compra un bene a nome di costui, il bene si acquisterà
direttamente al rappresentato, che assumerò tutti i diritti e obblighi.
La rappresentanza è un istituto di carattere generale, è ammessa sia nei contratti sia negli
atti unilaterali, mentre è esclusa solo negli atti a carattere strettamente personale come il
matrimonio e il testamento.
Fonte della rappresentanza è la legge e la volontà privata.
La RAPPRESENTANZA LEGALE è conferita dalla legge, per esempio nelle ipotesi di
incapacità legale di agire dove il soggetto non può compiere nessun atto giuridico e viene
sostituito dai suoi rappresentanti legali.
Si parla di rappresentanza legale anche a riguardo degli organi degli enti giuridici, ciò
avviene in modo improprio, poiché l’organo non è un soggetto distinto dall’ente di cui ha la
rappresentanza, si tratta del presidente o gli amministratori.
In alcuni casi la rappresentanza è attribuita nell’interesse del rappresentante o di terzi e non
nell’interesse del rappresentato, per esempio l’art. 1977 disciplina la cessione dei beni ai
creditori, un contratto con cui un soggetto attribuisce ai creditori il potere di vendere i suoi
beni al fine di soddisfarsi sul ricavato.
LA PROCURA
un atto unilaterale con il quale un soggetto conferisce ad un altro soggetto il potere di farsi
rappresentare. Lo scopo della procura è di far conoscere ai terzi che il delegato ha il potere
di compiere atti giuridici in nome del delegante.
La procura può essere speciale se conferita per singoli affari, o generale se conferita per
tutti gli affari del rappresentato, tranne per gli atti di straordinaria amministrazione. La
procura dunque riguarda il lato esterno, il rapporto tra rappresentante e i terzi, ma anche
interno cioè il rapporto tra rappresentante e rappresentato che è regolata dal cosiddetto
rapporto di gestione.
I terzi possono pretendere che il rappresentante giustifichi i suoi poteri e dia loro copia del
documento di delega, tale documento una volta cessato il potere dovrà essere restituito al
rappresentato.
La revoca della procura è sempre possibile in quanto si parla di atto unilaterale, salvo il caso
in cui il potere sia conferito anche nell’interesse del rappresentante. La revoca o la
modificazione della procura devono essere portate a conoscenza dei terzi con mezzi idonei.
Il potere di rappresentanza si estingue per cause attinenti sia alla procura sia al rapporto
interno.
L’estinzione del rapporto di gestione, comporta l’automatico venir meno del potere
rappresentativo.
Altre cause di estinzione sono la sopravvenuta incapacità del rappresentante o del
rappresentato, la scadenza del termine, la conclusione dell’affare per il quale il potere è
stato conferito.
CONFLITTO D’INTERESSI
Nel momento in cui il rappresentante invece di perseguire l’interesse del rappresentato
tutela il proprio interesse o altrui l’atto si dirà compiuto in conflitto d’interessi col
rappresentato. La legge definisce illecito tale comportamento e prevede che se il conflitto
d’interessi è conosciuto o riconoscibile dall’altro contraente, il contratto è annullabile, art.
1394. Non occorre dimostrare che l’atto del rappresentante sia dannoso per il rappresentato,
basti che il rappresentante si trovi, oggettivamente, in una situazione di conflitto d’interessi,
ad es. se Tizio, amministratore della società venditrice è socio o parente di chi acquista,
anche se la vendita è fatta a giusto prezzo, sussiste il conflitto d’interessi, e il rappresentato
potrà chiedere l’annullamento.
IL SUBCONTRATTO
Con esso si dà vita ad un nuovo contratto, che deriva da quello precedente, che continua a
sussistere tra le parti originarie, ad es. l’inquilino subloca la casa a un altro.
Uno dei contraenti, utilizza la sua posizione contrattuale per stipulare un nuovo contratto con
un terzo. Per esempio, l’inquilino utilizza il diritto personale di godimento che gli deriva dal
contratto di locazione con il padrone di casa per attribuire a un altro un diritto di sub
godimento.
Rimangono fermi entrambi i contratti, e ciascuno risponde esclusivamente verso il proprio
contraente.
LA RISOLUZIONE
Nei contratti a prestazioni corrispettive, se viene meno il sinallagma contrattuale si parla di
difetto funzionale della causa, ovvero di anomalie successive alla conclusione del contratto.
La risoluzione del contratto è lo scioglimento del rapporto contrattuale per cause successive
alla sua stipulazione, a differenza dell’annullamento che consegue a causa sorte durante la
formazione del contratto.
La risoluzione è prevista nei contratti a prestazioni corrispettive, per causa di
inadempimento, impossibilità sopravvenuta, eccessiva onerosità.
La risoluzione può adoperarsi automaticamente quando si verificano determinati presupposti
o per effetto di sentenza costitutiva del giudice. Ha efficacia retroattiva tra le parti, ma
soltanto tra di esse, infatti, non pregiudica i diritti acquistati dai terzi.
Quando la risoluzione è determinata da fatti imputabili a uno dei contraenti, il contraente
fedele ha diritto inoltre al risarcimento del danno.
PROMESSA AL PUBBLICO
la promessa di una prestazione a favore di chi si trovi in una determinata situazione o
compia una determinata azione, ad es. premio per una tesi di laurea su un certo argomento,
una pelliccia alla millesima cliente.
Nella promessa al pubblico non si ha un destinatario determinato, ma è rivolto alla
generalità, ed è vincolante non appena sia resa pubblica, ha efficacia per un anno e può
essere revocata solo per giusta causa, per esempio ho ritrovato il cane.
Netta distinzione l’offerta al pubblico che invece, è una proposta contrattuale, è liberamente
revocabile e non vincola fin quando non è accettata. Mentre la promessa al pubblico è
immediatamente vincolante e non richiede accettazione.
PROMESSA DI PAGAMENTO E RICOGNIZIONE DEL DEBITO
La PROMESSA DI PAGAMENTO è l’impegno unilaterale di effettuare una prestazione a
favore di un determinato soggetto, per esempio ti pagherò 1000 euro il mese prossimo.
La RICOGNIZIONE DI DEBITO è la dichiarazione unilaterale con cui un soggetto riconosce
di essere il debitore di una certa somma, per esempio chiedo di concedermi una dilazione
per il pagamento della rata di aprile.
Per esempio ti restituirò il mese prossimo i 1000 euro che mi hai prestato oppure prometto di
pagarti la somma che ti deve Tizio. In entrambi i casi, tali dichiarazioni non sono idonee a far
nascere delle obbligazioni, infatti non basta che io mi impegni a pagare o che riconosca di
essere debitore, occorre anche una CAUSA che giustifichi giuridicamente il mio obbligo. In
tal senso, la promessa di pagamento e ricognizione di debito non sono fonte di obbligazioni
al pari del contratto o del fatto illecito.
B) IL DANNO INGIUSTO
Sempre secondo l’art. 2043 il danno deve essere ingiusto, ovvero deve ledere un diritto o un
interesse protetto dalla legge. Vi sono varie correnti di pensiero al riguardo, infatti
l’impostazione tradizionale affermava che si ha ingiustizia solo nella violazione di un diritto
assoluto, cioè diritti reali e della personalità, mentre con l’evoluzione del sistema si è visto
che l’ingiustizia si riscontra anche in caso di lesione di un interesse tutelato o di un diritto del
credito.
Per quanto concerne i diritti sul credito non viene presa in considerazione la lesione del
diritto che proviene dal debitore inadempiente, in quanto si avrà una pacifica responsabilità
contrattuale per inadempimento. Mentre viene presa in considerazione la lesione o la
violazione che proviene da terzi, i quali rendono impossibile l’adempimento o la prestazione
del debitore obbligato. Così avviene se un terzo istiga il debitore a non adempiere.
C) IL NESSO DI CAUSALITÀ
Secondo il principio del NESSO DI CAUSALITÀ l’evento dannoso deve essere una
conseguenza del fatto. Così se il chirurgo non avesse sbagliato l’operazione, il paziente non
avrebbe subito danni.
Se più persone hanno concorso a cagionare il danno, o debbono comunque rispondere di
esso, sono tutte obbligate al risarcimento con il vincolo di solidarietà, ciò anche se il
contributo di ciascuno è diverso. Così se Tizio lascia un arma in un luogo non sicuro e Caio
ferisce un terzo con quell’arma,
entrambi saranno responsabili verso il ferito per il danno prodotto.
Mentre nei RAPPORTI INTERNI FRA I CORRESPONSABILI la responsabilità si suddivide
in base alla gravità delle rispettive colpe in base alle conseguenze. Nel dubbio, le singole
colpe si presumono uguali.
D) IL DOLO O LA COLPA
Per importare responsabilità, il comportamento deve essere DOLOSO o COLPOSO.
Si ha DOLO quando l’evento è voluto come conseguenza dell’azione dall’agente art. 43 c.p.
e quindi è lo SCOPO CUI È DIRETTA L’AZIONE DEL SOGGETTO, ad es. per chi diffonde
notizie false sul conto altrui.
Si ha COLPA quando vi è negligenza, imprudenza o imperizia, cioè inosservanza di leggi,
regolamenti, ordini o discipline, art.43 c.p. , quindi non è lo scopo cui è diretta l’azione. Un
esempio può essere chi corre con l’automobile.
LA RESPONSABILITÀ INDIRETTA
Dal punto di vista civile la responsabilità, può ricadere non solo su chi ha commesso il fatto,
ma anche su altri e in tal caso si parla di RESPONSABILITA' INDIRETTA.
RESPONSABILITÀ DEI GENITORI, DEI TUTORI, DEI PRECETTORI, per il danno
cagionato dal fatto illecito dei figli minori, delle persone soggetto alla tutela ecc. art. 2048. Il
soggetto tutelato può essere incapace di intendere e volere, come minori immaturi, o capaci,
come apprendisti. Per tale motivazione il tutore, cioè genitore o insegnante, risponde in VIA
ESCLUSIVA solo nel momento in cui il soggetto a loro affidato sia incapace di intendere e di
volere. Mentre ne rispondono in VIA CONCORRENTE E SOLIDALE con le persone loro
affidate quando queste siano capaci. La legge prevede che i soggetti tutori, possono
provano di non aver potuto impedire il fatto. Per esempio, l’illecito è avvenuto in un momento
che non potevano vigilare i soggetti, perché allontanati per la necessità di accudire un altro
figlio.
RESPONSABILITÀ DEI DATORI DI LAVORO per i danni arrecati dai dipendenti
nell’esercizio delle loro incombenze, art. 2049, per esempio il titolare dell’impresa di trasporti
deve risarcire i danni causati dall’autista durante la guida degli automezzi.
LA RESPONSABILITÀ OGGETTIVA
una sottospecie di responsabilità extracontrattuale caratterizzata dal fatto che non è
richiesto, nel comportamento del danneggiante, il dolo o la colpa. Pertanto il risarcimento si
potrà ottenere sulla base del solo rapporto di causalità tra un fatto illecito e un danno, senza
necessità di provare la colpa dell’agente.
Oggigiorno, con l’utilizzo delle automobili, di elettrodomestici, impianti chimici ecc. i rischi di
danno si sono moltiplicati, per tali motivazioni non sempre si ha colpa nel comportamento di
chi utilizzando queste cose, reca un danno ad altri.
I danni, in tal caso sono in certa misura inevitabili e il relativo rischio è in buona sostanza
socialmente accettato. Dunque, al tempo stesso, non è giusto che chi ha subito un danno
non deve essere risarcito. Chi utilizza tali mezzi, accetta anche il rischio di dover risarcire i
danni prodotti anche senza una vera e propria colpa da parte sua.
IL RISARCIMENTO
Consiste in una prestazione atta a riparare la perdita subita dal danneggiato. Il risarcimento
può avvenire PER EQUIVALENTE o in FORMA SPECIFICA.
La forma ordinaria è quella del risarcimento PER EQUIVALENTE, ovvero effettuata con la
prestazione di una somma di denaro pari al valore del danno subito. Per determinare la
somma si tiene conto del danno emergente e del lucro cessante, dell’eventuale concorso di
colpa del danneggiato, della necessità di valutare in via equitativa il danno che non sia
possibile provare nel suo preciso ammontare.
Quando si tratta di danno alle persone che abbia conseguenze permanenti, come invalidità
lavorativa, la liquidazione può avvenire anche sotto forma di rendita vitalizia, art. 2057, ma di
solito si preferisce liquidare il tutto in un’unica somma, per i prevedibili mancati guadagni
futuri.
Il risarcimento può avvenire anche in FORMA SPECIFICA, cioè tramite la rimozione del
danno, per esempio la riparazione del bene distrutto, il giudice tuttavia può disporre il
risarcimento per equivalente se l’utilizzo in forma specifica sia eccessivamente oneroso per
il debitore.
GLI ALTRI “FATTI”, PREVISTI DALLA LEGGE, CHE SONO FONTE DI OBBLIGAZIONI
Secondo l’art. 1173 c.c. numerosi sono i dati che mettono capo a specifici obblighi alla
stregua di apposite previsioni normative.
La legge dedica una disciplina autonoma ad alcuni fatti, raggruppandoli in appositi titoli del
libro quarto del codice civile.
La denominazione tradizionale designa tali figure come "obbligazioni nascenti dalla legge”.
Ciò per sottolineare le caratteristiche di tali fattispecie, che non si inquadrano né in una
dichiarazione negoziale né in un fatto illecito.
La moderna dottrina negoziale rileva peraltro l’improprietà di tale riferimento; non è la legge
infatti a essere fonte diretta di vincoli: la disposizione che li prevede individua per sempre un
fatto al cui verificarsi è ricondotta la nascita dell’obbligo.
In tal senso, allora, è più corretto parlare di “altri fatti”, previsti dalla legge, che sono fonte di
obbligazioni. Le figure specificamente considerate, per la loro importanza, sono la gestione
d’affari altrui, il pagamento dell'indebito, l’arricchimento senza causa.
IL PAGAMENTO DELL’INDEBITO
Si ha pagamento di indebito quando una persona esegue una prestazione non dovuta. Ciò
può verificarsi per vari motivi, perché il contratto sia nullo oppure perché sia stato annullato
oppure che il debito sia stato estinto per remissione o perché sia già stato pagato.
Si parla di ripetizione dell’indebito e chi ha pagato ha diritto di riavere la prestazione
eseguita.
Occorre distinguere due ipotesi indebito soggettivo e indebito oggettivo.
L’indebito oggettivo è il caso di chi esegua un pagamento di un debito che non esiste né
per lui né per gli altri. Chi ha pagato ha diritto alla restituzione della somma e degli
interessi dovuti dal giorno del pagamento per chi era in mala fede e dal giorno della
domanda giudiziale per chi era in buona fede.
L’indebito soggettivo è il caso di chi paghi un debito altrui ritenendosi debitore in base a
un errore scusabile. Per esempio per errore pago la bolletta telefonica del
vicino che ho trovato nella mia cassetta delle lettere. Qui chi ha pagato il debito
altrui ha diritto alla restituzione solo se si tratta di un errore scusabile.
LA RIPETIZIONE NON È AMMESSA PER LE OBBLIGAZIONI NATURALI E PER I
CONTRATTI CONTRARI AL BUON COSTUME.
LE OBBLIGAZIONI NATURALI
Fanno eccezione alle regole sulla ripetizione dell’indebito le CD. OBBLIGAZIONI
NATURALI. Si tratta di quegli obblighi che nascono nell’ambito dei doveri morali e sociali,
per esempio pagare debiti di gioco. Precisamente la legge prevede che se vengono
spontaneamente adempiute non si può agire per ottenere la restituzione, salvo che la
prestazione sia stata eseguita da un incapace in quanto è un atto negoziale che è richiesta
la capacità di agire.
L’INDEGNITA’