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ISTITUZIONI DI DIRITTO

PRIVATO
CAPITOLO 1: SOCIETA’ E DIRITTO

SOCIETA’ E REGOLE DI CONDOTTA


Perché ci sia un'organizzazione sociale bisogna che ci siano delle regole che disciplinino i
comportamenti dei cittadini, cioè ciò che è permesso o vietato e ciò che va fatto
obbligatoriamente. L'individuo che deve rapportarsi con altri ha bisogno di una
regolamentazione. Il fenomeno del diritto si presenta come l'insieme delle regole di condotta
e di organizzazione di una collettività umana. Una regolamentazione dei rapporti tra gli
esseri umani da vita a una società e previene i conflitti. Deviante è il comportamento di chi
non si adegua alle norme di condotta, andando in contro a delle conseguenze negative.

REGOLE SOCIALI E REGOLE GIURIDICHE


Ci sono numerose regole che disciplinano i comportamenti umani, ma non sono giuridiche:
la religione, la morale e il costume. Costituiscono regole giuridiche soltanto i comportamenti
che ciascuna società, in modo variabile nel tempo e nello spazio, considera essenziali per il
proseguimento dei propri fini.

NOZIONE DI NORMA GIURIDICA


Non c'è omogeneità nel tipo di sanzioni previste:
• Riprovazione sociale (norme sociali)
• Condanna penale (norme giuridiche)
• Condanna civile (norme giuridiche)
La sanzione giuridica è predeterminata nel contenuto e verrà poi irrogata, quanto affidata ad
appositi organi che hanno il compito di farle rispettare. Le norme giuridiche sono un insieme
di regole di condotta garantite da un'organizzazione sociale. Il diritto è il complesso di norme
che formano l'ordinamento giuridico.
Si è in presenza di un ordinamento giuridico se:
• Ci sono norme fra loro coerenti e coordinate
• Ci sono sanzioni
• Ci sono organi che fanno rispettare le sanzioni e introducono o modificano le regole di
condotta

PLURALITA’ DEGLI ORDINAMENTI GIURIDICI


Il diritto statuale è in preminenza sugli altri.
Il diritto internazionale rivolge le proprie norme direttamente agli stati Il diritto canonico è
destinato ai fedeli cattolici. Degli esempi di ordinamenti di gruppi minori sono associazioni,
sindacati e partiti politici. L'ordinamento dello stato si presenta come il migliore organizzato,
più complesso per quantità di norme giuridiche e detiene il potere per l'osservanza coattiva
delle regole. Lo stato è una società politica a fini generali. I vari ordinamenti sono subordinati
all'ordinamento statuale. L'ordinamento statuale consente l'attuazione delle norme di altri
ordinamenti soltanto se risultano compatibili con le sue prescrizioni.

DIRITTO E GIUSTIZIA. IL DIRITTO NATURALE


Il diritto attua una equa ripartizione delle risorse e una giusta articolazione dei rapporti
umani. L'aspirazione alla giustizia del diritto ha accompagnato la riflessione filosofica e
politica che accanto al diritto positivo e'è bisogno del diritto naturale, legato alla natura e alla
ragione umana, per una convivenza basata sulla forza della ragione.

STORICISMO, POSITIVISMO E DOTTRINA PURA DEL DIRITTO


Lo storicismo respinge l'idea di una legge universale ed eterna. Il diritto muta con le
evoluzioni delle società ed è prodotto dalla cultura dei diversi popoli. Il positivismo studia il
diritto come è, non come si vorrebbe che fosse. La dottrina pura del diritto esclude il
problema della giustizia. Il diritto resta valido e vincolante pur se ingiusto, il giurista ha il
compito di occuparsi di tali problemi.

NEOGIUSNATURALISMO E PROBLEMI DI GIUSTIFICAZIONE DEL DIRITTO


Il positivismo e la dottrina pura del diritto si basano sulla certezza del diritto, che favorisce
l'ordine ed è essa stessa istanza di giustizia. Nel neogiusnaturalismo le impostazioni
positivistiche hanno fornito supporti teorici per legittimare le barbarie dei secoli passati.

CONSENSO, GIUSTIZIA E FORZA


I sistemi di democrazia rappresentativa fondano la loro legittimazione sul consenso
popolare. Gli aspetti di maggiore importanza dell'organizzazione sociale tengono conto delle
esigenze di tutti, assicurando indirettamente una ripartizione delle risorse ed una
complessiva giustizia del sistema. Il sistema democratico è il migliore finora escogitato. I
sistemi democratici non possono fare a meno dell'uso della forza per garantire l'osservanza
delle norme.

CAPITOLO 2: FONTI DEL DIRITTO POSITIVO

IL DIRITTO POSITIVO
Il diritto positivo è l’insieme delle norme che compongono l’ordinamento giuridico di una
data collettività in un certo momento storico.
La norma costituisce uno degli elementi-base da cui l'ordinamento è composto.

LA NORMA GIURIDICA
La norma giuridica è:
1. generale→ non è indirizzata ad un singolo individuo bensì a tutti;
2. astratta→ detta una regola destinata a disciplinare non rapporti specifici, ma tutti i rapporti
che rientrano nello schema:
3. imperativa→ impone un certo comportamento, pena l’irrogazione di una pena.

non sono caratteri necessari

FONTI DEL DIRITTO


Le fonti del diritto sono i fatti dai quali traggono origine le norme giuridiche e ogni
ordinamento ha regole apposite che le disciplinano.
Le fonti del diritto sono:
1. produzione → meccanismi attraverso cui si producono norme giuridiche, si innova o
modifica l’ordinamento giuridico.
Queste sono organizzate in senso gerarchico → gerarchia delle fonti
2. cognizione → testo scritto, documenti, giornali,...

GERARCHIA DELLE FONTI DI PRODUZIONE DEL DIRITTO


Le fonti di produzione si caratterizzano per la diversa efficacia o forza normativa, alcune di
esse hanno prevalenza su altre. In caso di contrasto prevalgono le norme di grado
superiore.

gerarchia delle fonti
1. COSTITUZIONE ITALIANA e LEGGI COSTITUZIONALI→ nasce dopo l’epoca fascista.
Entra in vigore l’1 gennaio 1948.
2. FONTI EUROPEE


Potremmo dire che la Costituzione prevalga sulle fonti europee, solo se per
Costituzione si intendono i principi fondamentali della Costituzione (dall’art.1 al 12 →
principi che caratterizzano la forma Repubblica).
Il resto della Costituzione soccombe alle fonti europee.
3. LEGGI ORDINARIE, DECRETI LEGISLATIVI, DECRETI-LEGGE e REFERENDUM
ABROGATI → solo la Corte Costituzionale può dichiararle incostituzionali.
4. REGOLAMENTI AMMINISTRATIVI → fonti emanate dal Governo, università, Presidente
del Consiglio dei Ministri,..
5. CONSUETUDINI o USI NORMATIVI → le consuetudini sono comportamenti.

Essere sotto significa che non può derogare. La fonte di grado inferiore non può prevedere
diversamente/derogare chi sta sopra.
La gerarchia delle fonti non può essere l’unico criterio di soluzione dei contrasti perché se
due fonti sono sullo stesso piano non sono risolvibili.
Un altro criterio è quello cronologico: la legge entrata in vigore successivamente prevale
su quella entrata in vigore prima. Il meccanismo di prevalenza è l'abrogazione. (dal oggi,
tutte le cose successe prima fanno riferimento alla legge in vigore prima dell’abrogazione)
Abrogazione significa elidere la norma dal momento in cui entra in vigore la norma
abrogante.
L’abrogazione può essere:
1. tacita (quando la nuova norma di legge è incompatibile con quella precedente o
quando la legge più recente regola l’intera materia regolata dalla precedente)
2. espressa (quando la fonte del diritto dichiara espressamente l’abrogazione della
legge) (art. 15 cc)
Un altro criterio è quello di specialità: esiste un rapporto tra due norme diverse in cui una è
generale e l’altra speciale.
Ogni legge contiene la previsione di certi elementi. La legge generale contiene una serie di
elementi (A,B,C), la legge speciale contiene tutti gli elementi della legge generale con
l’aggiunta di altri elementi.
La norma speciale specifica alcuni elementi e aggiunge che il specializzante deve essere un
produttore.
Il criterio di competenza si applica anche tra due norme di diverso grado. E’ un criterio
della soluzione delle antinomie.
Es. le leggi statali e regionali→ tra le due prevale quella regionale

LA COSTITUZIONE
La Costituzione è una legge approvata dall’apposito organo legislativo, l’Assemblea
Costituente, entrata in vigore il 1.1.1948.
Contiene le regole fondamentali sull’assetto politico e istituzionale dello Stato italiano.
Contiene le principali norme organizzative dei pubblici poteri e i principi fondamentali di
riconoscimento e garanzia dei diritti inviolabili della persona.
Essa è la Magna Charta. E’ chiara e rigida: può essere abrogata o modificata solo da
un’altra legge costituzionale.
Tutte le disposizioni di fonte diversa e le leggi ordinarie devono rispettarne le previsioni e le
scelte altrimenti saranno costituzionalmente illegittime.
Il compito di giudicare l’illegittimità Costituzionale delle leggi è affidato alla Corte
Costituzionale.
Le norme giudicate illegittime perdono efficacia il giorno successivo alla pubblicazione
della sentenza sulla Gazzetta Ufficiale.

I REGOLAMENTI COMUNITARI
I regolamenti comunitari sono atti normativi dell’Unione Europea, che hanno diretta
efficacia negli Stati Membri.
UNIONE EUROPEA→ enti e istituzioni sovranazionali costituiti in ambito europeo, al fine di
una progressiva integrazione economica e politica.
Il Consiglio, composto dai rappresentanti degli Stati membri, è il principale organo legislativo
della comunità e i suoi regolamenti costituiscono veri e propri atti normativi paragonabili a
leggi.
La loro efficacia è subordinata solo alla Costituzione e prevale sulle leggi ordinarie.

LE LEGGI ORDINARIE E IL CODICE CIVILE


Le leggi ordinarie sono le fonti del diritto più numerose e di contenuto più ampio. Sono atti
normativi emanati dal Parlamento.
Ad esse sono equiparati:
1. decreti legge→ sono atti aventi forza di legge emanati dal Governo in casi
straordinari di necessità e urgenza.
Essi devono essere convertiti in legge dal Parlamento entro 60 giorni, pena la loro
decadenza.
2. decreti legislativi→ sono emanati dal Governo in forza di un'apposita legge delega
delle Camere, che gli conferisce il potere legislativo su materie determinate
specificando i principi e i criteri direttivi a cui esso dovrà attenersi.
3. codice civile→ è un atto avente forza di legge che ricopre un ruolo centrale nel
quadro della unitarietà dell'ordinamento giuridico.

LE LEGGI REGIONALI
Le leggi regionali sono atti normativi emanati dalle Regioni nell’ambito della potestà
legislativa ed esse attribuita. Esse non possono emanare leggi di diritto privato.
Caratteristica di tali leggi, oltre alla limitazione territoriale regionale, è la loro subordinazione
alle leggi statali.

I REGOLAMENTI
I regolamenti sono atti normativi emanati da autorità amministrative per disciplinare in
pratica l’applicazione delle leggi.
La potestà normativa non compete all’organo dotato del potere legislativo (Parlamento) ma
al Governo ed altre autorità amministrative.
La fonte normativa è disciplinata dalla legge n. 400/1988 la quale prevede i seguenti tipi di
regolamenti:
1. regolamenti esecutivi→ essi disciplinano la pratica applicazione della legge,
determinandone le modalità di esecuzione e gli adempimenti. Tale potere
regolamentare compete al Governo.
2. regolamenti integrativi→ essi non sono diretti ad integrare la legge, completarla ed
eventualmente anche abrogando le precedenti disposizioni legislative.
Occorre però che essi siano autorizzati da un’apposita legge che ne fissi i limiti
nell’ambito operativo.
3. regolamenti indipendenti→ essi sono emanati in materie non disciplinate dalla legge,
ovvero disciplinate da una legge che viene appositamente abrogata per consentire
una nuova disciplina tramite tali regolamenti.
4. regolamenti organizzativi→ sono emanati da autorità diverse “nei limiti delle
competenze” e in conformità delle leggi particolari che li riguardano per disciplinare
l’organizzazione e il funzionamento degli uffici e l’esercizio delle funzioni. Tale potere
spetta ai prefetti, ai consigli comunali e provinciali.
I regolamenti non possono contenere norme contrarie alle disposizioni di legge.

LE FONTI NON SCRITTE. GLI USI


L’uso è quella norma o regola non scritta che nasce spontaneamente nel corpo sociale
perché è costantemente osservata nel tempo.
Affinché si abbia un uso normativo occorrono due requisiti:
● requisito oggettivo→ è l’uniforme e ripetuta osservanza di un comportamento
nell’ambito di un gruppo sociale.
● requisito soggettivo→ convinzione della obbligatorietà di quel comportamento,
Mancando tale convinzione si avrà soltanto un uso di fatto es. la mancia è solo un
uso sociale.
Gli usi hanno un rilievo limitato:
1. non è sempre agevole accertare il contenuto di una norma non scritta;
2. la loro formazione contrasta con la tendenza dello Stato moderno ad evocare a sè la
disciplina di ogni aspetto della vita sociale

LA GIURISPRUDENZA
Per giurisprudenza s’intende l’attività di interpretazione e applicazione delle norme
giuridiche svolta dai giudici.
La dottrina invece è l’attività di interpretazione e chiarimento del sistema svolta dagli
studiosi.
Entrambe le attività concorrono al medesimo risultato di chiarire il contenuto delle norme e
le si designa perciò globalmente come giurisprudenza.
La giurisprudenza non si trova compresa con le fonti del diritto.
La giurisprudenza è un importante fattore non solo di conoscenza e interpretazione delle
norme, ma anche di interpretazione del diritto.

L’EQUITA’
Un ruolo importante lo assume l’equità che si contrappone alla rigidità della norma,
esprimendo l’ideale di una giustizia perfettamente adeguata alle particolarità di ogni caso
concreto.
Autorizzare il giudice a decidere secondo equità significa autorizzarlo a derogare in alcuni
casi all’applicazione rigida della legge. Egli deve tener conto di tutte le circostanze del caso
concreto che appaiono rilevanti in base al comune sentimento di giustizia.

GLI ATTI DI AUTONOMIA PRIVATA


Gli atti di autonomia privata sono gli atti con cui ciascuno dispone dei propri interessi nella
vita di relazione.
Sono gli atti con i quali una persona si assicura di certi diritti e si assume certi obblighi.
D’accordo con un altro soggetto si stabiliscono delle regole che entrambi i soggetti sono
tenuti a rispettare, le regole vincolano soltanto coloro tra i quali è intervenuto l’accordo.
In tali accordi sono state stabilite delle regole giuridiche.

CAPITOLO 3: APPLICAZIONE DELLA LEGGE

APPLICAZIONE DELLA LEGGE IN GENERALE


L’applicazione della legge consiste nell’attività con cui si individua e assegna a un caso
concreto la disciplina che gli compete.
Si tratta di tradurre la previsione generale e astratta in una regola concreta riferita a un caso
singolo.
Il compito istituzionale di applicare e far rispettare la legge spetta alla Magistratura, ad essa
è affidata la soluzione delle controversie ovvero la garanzia sociale che è propria delle
norme giuridiche.
L’applicazione consta di due momenti:
1. individuazione→ della norma pertinente;
2. interpretazione→ precisazione del significato.
L’applicazione della legge si presenta come un sillogismo, un procedimento logico in cui,
date certe premesse, si ricava una determinata conseguenza.
L’interpretazione della legge però non è libera, è un’attività vincolata ai criteri fissati dalla
legge.

INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE. IL CRITERIO LETTERALE


L’interpretazione è l’attività svolta a chiarire il significato delle disposizioni normative.
La maggior parte di queste derivano da fonti scritte quindi l'interpretazione consinsterà nel
chiarire il senso delle parole scritte e dei segni linguistici,
All’interpretazione sono affidati tre compiti:
1. sciogliere le ambiguità del testo linguistico;
2. colmare le lacune del sistema;
3. rimediare all’invecchiamento delle disposizioni.
Tale attività è vincolata a specifici criteri legali di interpretazione:

Art. 12 delle preleggi→ sancisce Il criterio letterale disponendo che: alla legge non si può
attribuire un senso diverso da quello fatto noto dal significato proprio delle parole.
L’interpretazione inoltre deve essere globale cioè da intendersi secondo la
connessione delle parole e contestualmente in modo che nell’insieme abbia un
significato compiuto e razionale al contesto in cui si riferisce.
L’interpretazione deve essere sistematica poiché nessuna norma vive da sola ma
s’inserisce in un complesso sistema di norme con il quale occorre coordinarla.
DISPOSIZIONE NORMA

E’ il testo scritto, la formazione, l’articolo. E’ il significato che si attribuisce alla


E’ il testo che deve essere interpretato. disposizione. E’ risultato
dell’interpretazione, il punto di arrivo.

IL CRITERIO FUNZIONALE
L’art 12 delle preleggi dispone che il compito di interpretare la legge è del legislatore.
Occorre tenere riguardo agli interessi che la norma intende tutelare e su questa base
determinarne il significato.
Il contenuto di una legge può modificarsi nel tempo pur rimanendo stabile il testo di legge.
L’interpretazione pertanto è naturalmente evolutiva nel senso che tende ad evolvere a
modificare nel tempo il significato delle norme al modificarsi della società.
L'interpretazione può essere:
1. interpretazione estensiva→ quando si fanno rientrare nella norma ipotesi non previste
ma coerenti con alla sua ratio.
2. interpretazione restrittiva→ quando si escludono ipotesi che rientrerebbero nella norma
ma che in realtà si allontanano dall’intenzione della norma.
3. interpretazione dichiarativa→ quando si riconosce alla disposizione un significato
esattamente corrispondente al suo tenore letterale.
Esempio di interpretazione evolutiva:
Il mobbing non è contemplato dal Codice Civile, ma è attraverso questo che si è arrivato a
sanzionare o tutelare i lavoratori. Si è arrivati a ciò attraverso un’interpretazione evolutiva di
una disposizione emanata ma che aveva un contenuto lungimirante, i codici utilizzano anche
espressioni elastiche e flessibili che possono essere adattate a circostanze di luogo o di
tempo mutate.
La disposizione che si può invocare in tema di mobbing è l’articolo 2087 del cc.→ una disposizione
ha avuto una interpretazione che ha portato a poter sanzionare le condotte che provocano certi danni
psicologici.

L’ANALOGIA
Si possono verificare casi in cui una controversia non può essere decisa con una precisa
disposizione e infatti abbiamo le cosiddette lacune dell’ordinamento giuridico. Serve a
offrire una disciplina a casi non disciplinati.
Il giudice non può rifiutare di pronunciarsi al riguardo giustificandosi con una mancanza di
una disposizione di legge, facendo così si negherebbe la giustizia anche perché vige il
principio della completezza dell’ordinamento giuridico.
Ciò non vuol dire che ogni caso sia già previsto nel sistema, ma che l’interprete è tenuto
ad individuare le disposizioni che disciplinano casi simili o materie analoghe.
Se ci sono ancora dubbi si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello
Stato.
Si tratta di un procedimento delicato, ma in ogni caso l’applicazione in via analogica è
esclusa per le norme penali e quelle eccezionali→ art.14 delle preleggi
Le leggi penali sono quelle legge che prevedono sanzioni penali, che non possono essere
applicate per analogia.
L’analogia può essere:
● ANALOGIA LEGIS→ si ha quando il caso è disciplinato ricorrendo ad un'altra norma
che regola un caso simile.
● ANALOGIA IURIS→ vi si ricorre quando non si riesca a trovare una norma simile per
disciplinare il caso pratico che viene regolato ricorrendo ai principi generali
dell'ordinamento giuridico.

APPLICAZIONE DELLA LEGGE NEL TEMPO


L’art. 11 dispone che “la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto
retroattivo” → una legge modificata adesso ha effetti per il futuro e non per il passato.
Tale principio è importante in quanto una regola può rispettarsi quando essa è conosciuta.
Quindi tale regola evita che un comportamento oggi ammesso possa portare domani
conseguenze negative.
Le leggi e i regolamenti entrano in vigore a partire dal quindicesimo giorno successivo a
quello della loro pubblicazione, in modo da consentire ai destinatari di venire a conoscenza
della legge (vacatio legis) . Possono esserci delle eccezioni→ vocatio più lunga, immediata
entrata in vigore, efficacia retroattiva della legge (tranne che per i casi penali).
Una volta entrata in vigore la legge vincola i destinatari e non giustifica chi la ignora anche
senza colpa.

SUCCESSIONI DI LEGGI
Le norme cessano di avere efficacia a seguito di alcuni fatti: abrogazione, dichiarazione di
incostituzionalità, referendum abrogativo, scadenza del termine eventualmente previsto.
L’abrogazione di una legge può avvenire da un’altra disposizione normativa di pari grado o
superiore, successiva alla prima.
La desuetudine invece può abrogare un uso ma non può togliere efficacia a leggi e
regolamenti.
La successione delle norme pone il problema delle situazioni che perdurano nel tempo,
cioè situazioni che si sono verificate quando erano in vigore le norme precedenti e
prolungano quando c’è in vigore la nuova regolamentazione.
In tal caso interviene la stessa legge emanando norme di legge transitoria che
disciplinano il passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina.
In mancanza di norme di legge transitoria si tengono in considerazione i diritti quesiti, cioè
le nuove norme non toccano i diritti ormai acquisiti con le vecchie disposizioni.
Abbiamo poi la teoria del fatto compiuto cioè la nuova norma non riguarda gli eventi già
accaduti con la vecchia normativa, che rimangono validi ed efficaci.

APPLICAZIONE DELLA LEGGE NELLO SPAZIO


Le norme del nostro ordinamento giuridico sono destinate ad avere efficacia nei confronti
dei cittadini italiani.
C’è da distinguere i cittadini comunitari ed extracomunitari.
I cittadini comunitari sono coloro che hanno la cittadinanza di uno Stato membro dell’Unione
Europea in base al trattato di Maastricht, che assicura loro i diritti civili spettanti ai cittadini
dello Stato ospite e alcuni diritti politici come il voto nelle elezioni amministrative locali.
I cittadini extracomunitari sono gli stranieri, cioè le persone che provengono da paesi fuori
dall’UE.
In ogni caso la legge riconosce allo straniero regolarmente soggiornante il godimento dei
diritti che spettano a un cittadino italiano e assicurando parità di trattamento. Lo straniero
ha dunque piena capacità di diritto privato.

principio di reciprocità

CAPITOLO 4: IL DIRITTO PRIVATO

DIRITTO PRIVATO E DIRITTO PUBBLICO


Il diritto privato si divide in pubblico e privato.
Il diritto privato disciplina i rapporti tra i soggetti privati, cioè tra comuni cittadini, sulla base
di una reciproca posizione di eguaglianza dei soggetti. → rapporti famigliari, proprietà
Il diritto pubblico attribuisce a uno dei soggetti del rapporto una posizione di supremazia o
autorità sull’altro, costretto a “subire” le altrui determinazioni.→ interessi pubblici o collettivi
Per diritto pubblico si intende l’insieme delle norme che, regolando l’esercizio della sovranità
e della potestà di imperio, attribuiscono ad uno dei soggetti del rapporto poteri autoritativi
speciali. Potere autoritativo non significa arbitrio.
Il diritto privato si intende come diritto comune nel senso che ha carattere generale e si
applica a tutti i soggetti di diritto.
DIRITTO PUBBLICO DIRITTO PRIVATO

- diritto costituzionale - istituzioni di diritto privato


- diritto amministrativo - diritto commerciale
- diritto penale - diritto del lavoro
- diritti che regolano i processi - diritto civile
- diritto tributario - diritto della crisi d’impresa
- diritto della navigazione
- diritto cosmico

IL PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA E IL PRINCIPIO DI SOLIDARIETA’ SOCIALE


Principio di uguaglianza → art.3 della Costituzione sancisce che tutti i cittadini hanno pari
dignità sociale e sono eguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di
religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Si tratta di un principio fondamentale nel nostro ordinamento.Il principio di uguglianza si
divide in:
● formale→ 1° comma → sancisce il criterio di parità senza nessuna discriminazione.
S'intende lì uguaglianza di tutti davanti alla legge.
● sostanziale→ 2° comma → la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico
e fornire ai soggetti più deboli i mezzi per esercitare i propri diritti. Richiede di trattare in
modo diverso situazione diseguali.

ragionevolezza
rappresenta il limite, la coerenza alla ragione di diseguaglianza sostanziale e dalla
sua idoneità a porvi rimedio
Principio di solidarietà → deve essere politica, economica e sociale. Pone a salvaguardia i
diritti inviolabili della persona.

NORME DISPOSITIVE E NORME IMPERATIVE


Il diritto privato si fonda sulla regola della parità tra i soggetti del rapporto e sulla loro
autonomia.
Autonomia: significa essere liberi di dare regola a sé stessi.
L’autonomia nel decidere dei propri interessi non è assoluta e la legge ne determina i
limiti.
Nel diritto privato si distinguono due tipi di norme:
1. norme dispositive o derogabili→ si limitano a prevedere una disciplina nei casi in cui
gli interessati non hanno provveduto a dettare una regola specifica per il loro rapporto.
Possono essere modificate o derogate dai privati. Hanno una funzione utile, perché
i privati non sempre prevedono tutto e potrebbero soccombere alle lacune dei privati.
2. norme imperative o inderogabili→ s’impongono alla osservanza dei destinatari.
Non possono essere imposte dai privati, che soggiacciono a queste norme. Sono
inderogabili, non possono essere derogate o modificate dai privati.
Hanno come conseguenza l’inderogabilità.
Se una norma non può essere derogata dai privati, qualunque cosa che i privati stabiliscono
va contro la norma imperativa.
I privati possono derogare le norme dispositive, ma se non derogano, si ricorrerà alle norme
imperative.
L'interprete sulla base della ratio per arrivare a capire se la norma è imperativa o dispositiva.
La norma è imperativa quando questa tutela interessi che sono sovraordinati rispetto
a quelli destinatari della norma.
Quella norma tutela:
1. esigenza di certezza di rapporti giuridici
2. ragioni di politica economica
3. ragioni di tutela della persona umana nei suoi aspetti fondamentali
4. tutela ai soggetti più deboli
Esempio: nel libro V si disciplinano le società. Nella disciplina per spa ci sono gli articoli sulla
relazione del bilancio→ norme imperative (tutela interessi che fanno a capo a più persone).
Art.2105 il lavoratore non può fare concorrenza al datore di lavoro→ norma dispositiva
(tutela interessi che fanno capo solo al datore di lavoro)
Art.979 esiste una durata massima per l’usufrutto, che non può eccedere il termine della vita
dell’usufruttuario→ norma imperativa (tutela gli interessi del proprietario e dell’usufruttuario)
NB: bisogna tenere conto SOLO dei destinatari diretti

NORME DISPOSITIVE E FUNZIONE INTEGRATIVA


La distinzione tra le norme dispositive e norme imperative è complessa e un esempio
servirà a chiarire bene le norme del diritto privato.
Esempio: si può decidere liberamente se acquistare un bene o meno ma la legge sancisce
che il venditore è tenuto alla garanzia dei vizi ovvero risarcimento se la merce risulta
difettosa, anche se le parti non hanno stipulato un accordo al riguardo, quindi la legge
interviene in funzione suppletiva o integrativa, imponendo al venditore la garanzia per i vizi
della cosa.
Tale disposizione è peraltro una norma dispositiva cioè derogabile nel senso che le
parti possono accordarsi diversamente essendo in gioco interessi individuali.

PARTIZIONI DEL DIRITTO PRIVATO


Nell’ambito del diritto privato si distinguono alcune partizioni o materie:
1. diritto civile→ disciplina lo stato personale, i rapporti familiari, i beni, gli atti giuridici, le
obbligazioni.
2. diritto commerciale→ disciplina le attività di impresa, società, fallimento.
3. diritto del lavoro→ regola le prestazioni di lavoro subordinato, attività sindacale, la
tutela previdenziale del lavoratore.
4. diritto della navigazione→ disciplina i rapporti privati connessi all'esercizio della
navigazione marittima e aerea.

CAPITOLO 5: IL RAPPORTO GIURIDICO

IL RAPPORTO GIURIDICO
Il diritto privato disciplina i rapporti tra le persone, tale disciplina si articola in uno schema di
relazione definito come “rapporto giuridico".
Il rapporto giuridico è ogni relazione fra gli uomini disciplinata dal diritto. Questo è
caratterizzato dal risolversi di diritti e doveri reciproci.
Fanno parte del rapporto giuridico:
● soggetti
● situazioni giuridiche
● contenuto

I SOGGETTI DEL RAPPORTO GIURIDICO


Le persone fra le quali intercorre il rapporto giuridico sono soggetti essi sono i titolari
delle posizioni giuridiche.
Essi possono essere persone fisiche oppure enti e società, mentre non sono soggetti gli
animali pur tutelati dalla legge.
La nozione di soggetto non coincide con quella di essere umano.

LE SITUAZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE. IN PARTICOLARE, IL DIRITTO SOGGETTIVO


Le situazioni giuridiche dei soggetti del rapporto si dividono in due tipi: situazioni di
vantaggio e situazioni di svantaggio.
Alle situazioni giuridiche di vantaggio appartengono i diritti soggettivi, le potesta’,
la facolta’, le aspettative, gli interessi, a quelle di svantaggio invece appartengono i doveri,
gli obblighi, gli oneri.
→ diritto soggettivo
è un potere attribuito a un soggetto per la tutela di un suo interesse, cioè avere il potere di
esigere da altri l’osservanza di un dovere o di un obbligo, per la soddisfazione di un
interesse individuale.
Il diritto soggettivo attribuisce al titolare la facultas agendi, per la tutela di un proprio
interesse.
Non va confuso con il diritto (insieme di norme giuridiche), il diritto soggettivo fa riferimento
alla posizione di vantaggio o pretesa.
→ potestà
è un potere attribuito a un soggetto per la tutela di un interesse altrui è perciò sia un diritto
sia un dovere.
E’ un potere vincolato allo scopo per cui è attribuito.
→ interesse legittimo
è un potere attribuito a un soggetto al fine di tutelare insieme interessi individuali e interessi
della collettività.
Garantisce la posizione del singolo solo indirettamente, in quanto tale protezione garantisce
al contempo interessi che sono propri alla collettività.
→ aspettativa
è una situazione giuridica provvisoria e strumentale, tutelata contemporaneamente al fine di
garantire la possibilità del sorgere di un diritto.
→ facoltà
non sono autonome posizioni giuridiche, ma aspetti o manifestazioni del diritto soggettivo.
Sono cioè quegli specifici, concreti poteri in cui si intrinseca un diritto.
→ status
non si designa una distinta posizione giuridica e neppure specifici poteri, bensì la
complessiva posizione di un soggetto rispetto a un gruppo o a una collettività.

CATEGORIE DI DIRITTI SOGGETTIVI E SITUAZIONI PASSIVE CORRELATIVE


I diritti soggettivi si possono dividere in categorie. I diritti soggettivi possono essere esercitati
nei confronti di tutti e si dicono diritti soggettivi assoluti, che attribuiscono una pretesa nei
confronti di tutti i consociati, ovvero di tutti i membri di una società. Sono i diritti inviolabili
della persona come: il diritto alla vita, all’integrità fisica, al nome e all’onore, e i diritti reali
come per le proprietà.
I diritti soggettivi relativi possono essere esercitati nei confronti di una determinata
persona. I diritti relativi sono diritti di credito, cioè se ho un debito devo rendere
conto solo al mio creditore.
I diritti potestativi implicano potere autoritario, consiste nell’esercitare il potere su
un altro soggetto, che è tenuto a subire tali conseguenze. Ad esempio il diritto di dare le
dimissioni da un ufficio.
Le situazioni giuridiche passive sono il dovere, l’obbligo, l’obbligazione, la
soggezione.
Il dovere corrisponde a un diritto assoluto, l’obbligo a un diritto relativo personale o familiare,
l’obbligazione a un diritto relativo di carattere patrimoniale, la soggezione a un diritto
potestativo.

L'ESERCIZIO DEL DIRITTO SOGGETTIVO E LA QUESTIONE DEL SUO ABUSO


ll diritto soggettivo consiste in un potere attribuito a un soggetto per la soddisfazione di un
suo interesse. La soddisfazione di tale interesse consiste nell’esercizio del diritto, ma non
sempre i due momenti coincidono. L’esercizio del diritto consiste nell’esplicazione dei
poteri e delle facoltà che esso conferisce.
L’esercizio del diritto non è illimitato, bensì ha dei limiti infatti è vietato proprio un abuso di
questo diritto. Tipico caso marito e moglie separati, nella quale uno dei genitori si trasferisca
in un altro luogo, ma non per questione di lavoro o di salute, ma solo per rendere più difficile
gli incontri tra figlio e l’altro genitore.
Il divieto di abuso si deve tenere distinto dall’obbligo di comportarsi in buona fede.
Questo caratterizza un vero e proprio dovere positivo di comportamento sancito per
preservare interessi altrui.
L’abuso consiste in un esercizio anomalo delle prerogative attribuite al soggetto, che si
avvale dei suoi poteri in vista di uno scopo o interesse non tutelato dalla legge→ lede
interessi altrui.
L'OGGETTO DEL RAPPORTO GIURIDICO
L’oggetto del rapporto giuridico è il bene su cui cade l’interesse tutelato dalla legge.
Un bene è tutto ciò che è in grado di soddisfare un bisogno umano. Pertanto sono beni sia
le cose materiali sia immateriali e i servizi.
I servizi costituiscono oggetto di specifici diritti soggettivi e dei rapporti giuridici
corrispondenti.

NASCITA E VICENDE DEL RAPPORTO GIURIDICO


Il rapporto giuridico tra due soggetti nasce quando si verificano le condizioni previste
dalla legge.
Il rapporto nasce al verificarsi di determinate fattispecie, al verificarsi cioè di un fatto tipico
cui l’ordinamento ricollega la conseguenza della nascita di diritti e di corrispondenti obblighi.
I fatti giuridici possono definirsi come gli accadimenti al cui verificarsi la legge collega la
nascita, la modificazione o l’estinzione di un rapporto giuridico.

PUBBLICITÀ DEI FATTI GIURIDICI


La pubblicità dei fatti giuridici è quel sistema che è volto a garantire la conoscenza di fatti
e atti giuridici, promuovendo le condizioni di sicurezza del traffico giuridico.
La pubblicità è assicurata da diversi strumenti che hanno la funzione non solo di
informare, ma danno la conoscenza legale.
Si distinguono tre tipi di pubblicità:
→la pubblicità notificata
serve a dare una semplice notizia di fatti, ma la sua omissione non tocca né la validità né
l’efficacia dei fatti stessi. → obbligo
Tipici esempi sono le pubblicazioni matrimoniali.
→la pubblicita’ dichiarativa
serve a rendere opponibile a terzi determinati atti, la sua omissione non tocca la validità ma
l’efficacia dell’atto, impedisce che nei confronti di alcuni contro interessati possano farsi valere gli
atti. → onere
Esempio, le pubblicazioni matrimoniali.
→la pubblicita’ costitutiva
condiziona sia la validità sia l’efficacia dell’atto: in mancanza di essa l’atto non produrrà
effetti.
Esempio la società per azione non si costituisce se non quando è iscritta nel registro delle
società, art 2331.

ESTINZIONE DEL RAPPORTO GIURIDICO


Due modi di estinzione dei rapporti giuridici sono la prescrizione e la decadenza:
1. prescrizione→ è un istituto collegato al decorso (passare) del tempo e comporta
l’estinzione del diritto dove il titolare non lo esercita per un periodo di tempo stabilito
dalla legge.
Il termine di prescrizione è di dieci anni, sono necessari vent’anni per la prescrizione
dei diritti reali su cosa altrui e cinque anni per le azioni nascenti da atto illecito.
La prescrizione opera in maniera diversa, quando il titolare non possa esercitare un
diritto e successivamente compie un atto di esercizio del diritto si determina
l’interruzione della prescrizione: in tal caso, il tempo già trascorso non viene più
considerato e da quel momento inizia a decorrere un nuovo termine di prescrizione.
Invece si realizza la cosiddetta sospensione quando il titolare è in particolari
condizioni. Cessate che siano tali condizioni, la prescrizione riprende il suo
svolgimento sommandosi al tempo trascorso prima della sospensione.
Non vale per i diritti di proprietà e i diritti inviolabili.
2. decadenza→ consiste nella perdita di un diritto per il mancato compimento entro un
dato termine previsto dalla legge. Quindi non esistono né interruzioni, né
sospensioni, nè basta un qualsiasi atto di esercizio del diritto per impedire la
decadenza.
I termini sono brevi ma, ove si tratti di diritti disponibili possono essere modificati
dalle parti che hanno facoltà di introdurre contrattualmente nuove ipotesi.

CAPITOLO 6: I SOGGETTI DEL RAPPORTO GIURIDICO


A) LE PERSONE FISICHE
IL SOGGETTO
Con il termine soggetto si indica il titolare delle posizioni giuridiche soggettive. Il
soggetto non è solo il destinatario delle norme, ma anche il centro di imputazione delle
situazioni giuridiche soggettive.
L’essere umano è una persona con una serie di diritti e doveri, i cui interessi
costituiscono l’oggetto primo ed essenziale della tutela giuridica.
La soggettività è un dato essenzialmente formale, potrebbe non essere riconosciuta a tutti
gli esseri umani.

LA CAPACITA’ GIURIDICA
La capacità giuridica è l’attitudine a essere titolari di posizioni giuridiche soggettive,
perciò di diritti e doveri.
Essa esprime un aspetto quantitativo indicando la propria attitudine o idoneità di un soggetto
a essere titolare di diritti e di doveri. Esprime la misura in cui un soggetto è ammesso a
essere parte dei rapporti giuridici.
La capacità giuridica si distingue in:
1. generale→ è attribuita alle persone fisiche e alle persone giuridiche, cioè gli enti
giuridici dotati di personalità.
E’ la capacità giuridica.
2. parziale→ è attribuita ad altri enti giuridici e dipende dalla loro più ridotta attitudine,
secondo le scelte operate dall’ordinamento, a essere portatori di interessi
giuridicamente rilevanti.
E’ la personalità giuridica.

ACQUISTO DELLA CAPACITA’ GIURIDICA, IL CONCEPIMENTO


L’art.1 c.c. dispone che la capacità giuridica si acquista al momento della nascita, da tale
momento si acquistano una serie di diritti, al mantenimento al nome, allo stato familiare. Per
acquistare questi diritti il feto deve essere nato vivo.
La legge riconosce alcuni diritti anche a chi non è ancora nato.
Abbiamo due ipotesi:
1. il nascituro concepito→ acquisisce immediatamente al momento della nascita i diritti che
gli sono stati attribuiti
2. il nascituro non concepito→ colui che si prevede o si spera che nascerà
in futuro, esso può essere beneficiario di una donazione o di un testamento.

LIMITAZIONI DELLA CAPACITA’ GIURIDICA


La Costituzione vieta che la capacità giuridica possa essere limitata per motivi politici,
sono ammissibili solo quelle incapacità che sono giustificate da una esigenza di tutela del
soggetto stesso e da un interesse pubblico.
Le incapacità speciali sono determinate dall’età, divieto di lavoro prima di 16 anni, dall’ufficio
ricoperto, dallo Stato, divieto di matrimonio tra parenti, per chi è già sposato.

LA CAPACITA’ DI AGIRE
La capacità di agire consiste nell'idoneità di disporre della propria sfera giuridica, quindi
di esercitare tutti i diritti di cui si è titolari ed assumersene tutte le obbligazioni.
Essa si acquista al diciottesimo anno di età: un minore ha capacità giuridica (diritto alla
vita, al mantenimento) ma non capacità di agire, non può ad esempio decidere del suo
patrimonio, questo spetta ai genitori.
Al 18° anno di età si pensa che la persona abbia raggiunto un adeguato livello di maturità,
acquisendo la capacità legale di agire.
I minori di età sono incapaci di agire, mentre molte volte i maggiori d’età hanno incapacità di
agire per malattie mentali ad esempio.

L’INCAPACITA’ DI AGIRE E LE MISURE DI PROTEZIONE DELLE “PERSONE PRIVE DI


AUTONOMIA”
Prima la legge distingue eva:
1. incapacità assoluta→ il soggetto non poteva compiere nessun atto e al suo posto
agiva un altro soggetto il tutore
2. incapacità relativa→ il soggetto poteva compiere da solo atti di ordinaria
amministrazione, mentre per tutti gli altri atti doveva farsi assistere da un curatore.
Tale sistema ha ricevuto molte critiche per la sua rigidità.
Infatti la legge n. 6/2004 ha introdotto molte modifiche al codice civile con riguardo alle
persone maggiori di età che siano in tutto o in parte inidonee a provvedere autonomamente
ai propri interessi, costituendo un nuovo istituto: l’amministrazione di sostegno.
● l’amministrazione di sostegno diviene la figura generale tra le misure di protezione
degli incapaci maggiori di età;
● l’incapacità di agire vede tendenzialmente ridotta la sua estensione al minimo
indispensabile;
● si parla di incapacità generale per i casi di interdizione e minore età. di capacità
relativa per le ipotesi di amministrazione di sostegno, emancipazione e inabilitazione.
L’incapacità può essere quindi:
1. relativa di agire→ comporta preclusione dal compimento di alcuni atti, espressamente
indicati, salva restando la capacità di compiere tutti gli altri atti.
2. generale di agire→ comporta preclusione al compimento di tutti gli atti giuridici negoziali,
salvo quelli espressamente consentiti.

INCAPACITA’ RELATIVA DI AGIRE. L’AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO


L’istituto generale provvede a proteggere la persona che, per un’infermità o una
menomazione fisica o psichica, si trova nell’impossibilità di provvedere ai propri interessi. Si
tratta quindi malati di mente e tossicodipendenti che è opportuno siano assistiti da un
amministratore di sostegno.
Esso è nominato dal giudice tutelare.
L’amministratore vi è scelto tra gli stretti parenti del soggetto, o su sua indicazione. Esso
deve svolgere le sue funzioni tenendo conto dei bisogni dell’interessato e di informarlo prima
di compiere gli atti.

L’INABILITAZIONE E L’EMANCIPAZIONE
Se l’amministratore si riveli inidoneo ad assicurare gli interessi e la protezione del soggetto
si può dar luogo all’inabilitazione dell’incapace, ciò accade in particolare quando l’incapace è
in grado di provvedere ai propri interessi in ambito ordinario. In particolare possono essere
inabilitati:
1. le persone affette da una malattia mentale non grave da dar luogo all’interdizione,
cioè proibizione;
2. coloro che per abuso di bevande alcoliche o stupefacenti espongono sé stessi e la
propria famiglia a gravi pregiudizi economici;
3. il sordomuto o il cieco quando non hanno un’educazione sufficiente.
L’inabilitato può compiere da solo atti di ordinaria amministrazione mentre per gli atti
patrimoniali è necessaria l’assistenza di un curatore.
L’emancipato invece è il minore di età al quale viene data una parziale capacità di agire
in deroga alla regola generale.
Con l’emancipazione, il minore può conseguire il diritto al matrimonio (minore sedicenne), la
quale può compiere da solo atti di ordinaria amministrazione e, con l’assistenza di un
curatore, quelli di straordinaria amministrazione.
L’emancipato, inoltre può essere autorizzato ad esercitare un’impresa commerciale senza
l’esistenza di un curatore. Mentre l’inabilitato può essere autorizzato, solo se ne gestiva una
in precedenza, con l'assistenza di un curatore.

INCAPACITA’ DI AGIRE. MINORE ETA’


Il minore di età ha un’incapacità generale di agire, ovvero tutte le decisioni personali e
patrimoniali che lo riguardano e i relativi atti giuridici sono di competenza del suo legale
rappresentante. Quindi saranno altri a decidere dove esso deve abitare, quale scuola deve
frequentare, a dare in locazione un bene di sua proprietà e a riscuotere i canoni (ovvero il
genitore o il tutore).
Un’eccezione riguarda gli atti per i quali sia stabilita un’età diversa (es. il minore capace di
lavorare è capace di stipulare il contratto di incassare il salario, il sedicenne può riconoscere
il figlio).
Il minore se non ha capacità legale di agire ha comunque una capacità naturale di
intendere e di volere in base alla sua età.
Per alcuni atti personalissimi comunque il soggetto non può essere sostituito come ad es.
l’iscrizione ad un partito politico, l’esercizio della libertà religiosa e di pensiero.
Infatti, per le libertà civili, il minore può esercitare tali diritti (sempre se sussista la maturità)
con un controllo dei genitori se esso si espone in pericolo.
Per quanto riguarda gli atti negoziali ordinari (viaggi, piccoli acquisti) il minore agisca in
qualità di rappresentante volontario dei propri genitori.
Mentre per gli atti giuridici non negoziali, essi richiedono solo le capacità naturali di intendere
e di volere e pertanto l’atto non sarà annullabile e produrrà i suoi effetti.

INTERDIZIONE GIUDIZIALE
Una persona pur essendo maggiorenne, può essere del tutto incapace di provvedere ai
propri interessi (ad es. per grave infermità mentale), mancando perciò anche la capacità
naturale di intendere e di volere.
Tali soggetti, non sono idonei al provvedimento dell’amministrazione di sostegno.
L’interdizione segue un procedimento giudiziale di tipo contenzioso. L’interdetto deve essere
esaminato personalmente dal giudice. Il processo si chiude con la sentenza di interdizione o
di rigetto del ricorso, si tratta di una pubblica – notizia per rendere a conoscenza terzi.
All’interdetto prima erano vietati anche gli atti che il minore invece può stipulare (matrimonio,
lavoro) mentre oggi la legge prevede che il giudice possa stabilire che esso possa stipulare
atti di ordinaria amministrazione con o senza il tutore (ma in ogni caso non può contrarre
matrimonio), gli atti da esso compiuti possono essere annullati.

INTERDIZIONE LEGALE
E’ una pena accessoria, che discenda da una condanna penale all’ergastolo o alla
reclusione, cioè carcerazione per un tempo non inferiore a 5 anni. Tale pena è automatica
alla condanna e si prolungherà nel tempo fin quando duri la condanna.
Esso non può disporre e amministrare i beni, ma avendo comunque la capacità naturale,
egli può compiere atti che rientrano nella sfera personale, matrimonio, fare testamento, pur
se perde o rimane sospesa la potestà sui figli.

INTERDIZIONE NATURALE
L’incapacità naturale tratta colui che pur legalmente capace, momentaneamente sia di
fatto incapace di intendere e di volere per esempio chi è ubriaco o chi ha fatto uso di
stupefacenti.
La legge tutela il soggetto prevedendo la possibilità di annullare l’atto compiuto, ma in tal
caso occorrerà dare la prova dello stato di alterazione delle sue facoltà mentali.
Per altri atti, la legge distingue:
1. gli atti unilaterali→ i quali sono annullabili se né deriva un danno al soggetto (es.
donare il proprio patrimonio);
2. i contratti→ sono annullabili solo se si riesce a provare la malafede dell’altro
contraente, ovvero se si riesce a provare che l’altro contraente conosce l’alterata
condizione della controparte.

LA RAPPRESENTANZA LEGALE. LA TUTELA


Come abbiamo visto, nel caso di incapacità relativa, al soggetto viene affiancato un
curatore: nel caso di incapacità assoluta invece il soggetto è sostituito dal rappresentante
legale o tutore.
La rappresentanza legale è un potere di rappresentanza, ovvero di sostituzione del soggetto
nel decidere atti che lo riguardano e nel compimento degli atti giuridici. Viene denominato
legale in quanto è un potere conferito dalla legge e non dall’interessato, come invece
avviene nella rappresentanza volontaria.
Così il rappresentante legale potrà stipulare un contratto di locazione, riscuotere il pigione,
partecipare alle assemblee condominiali.
La legge dispone che atti più importanti debbano essere prima autorizzati dal giudice, infatti
il rappresentante può compiere da solo gli atti di ordinaria amministrazione e cioè quelli
attinenti alle spese correnti (come iscrizione a scuola o palestra), mentre quelli di
straordinaria amministrazione, i quali sono quelli che variano il valore del patrimonio, è
previsto che siano autorizzati dal giudice tutelare (per acquisto di beni, per accettare
un’eredità, o dal tribunale, per costituzione di ipoteche, transazioni).
Il rappresentante è scelto in base a regole rigorose ed esso deve redigere l’inventario, il
rendiconto, e nel caso vi sia un atto in cui vi sia un conflitto d’interessi con l’incapace verrà
nominato un altro rappresentante, curatore speciale o protutore.
Se il rappresentante compie atti senza un’autorizzazione o atti in conflitto di interessi
con il rappresentato essi saranno annullabili.
I rappresentanti legali dei minori sono i genitori, essi possono esercitare la potestà o se
sono morti viene nominato un tutore che assumerà la rappresentanza legale dei minori.
La tutela è prevista anche per l’interdetto legale o giudiziale perciò sarà rappresentato da un
tutore che lo sostituirà nel compimento di tutti gli atti che lo riguardano.

LA CURATELA
Quando si parla di capacità relativa di agire, ovvero quando il soggetto può compiere alcuni
atti, il rappresentante legale non può sostituirsi completamente all’incapace. Però, la
legge per gli atti che esso può compiere, prevede l’assistenza di un’altra persona:
1. l’amministratore per gli atti non riservati al rappresentante legale
nell’amministrazione di sostegno.
2. il curatore per gli atti di ordinaria amministrazione per l’inabilitato e l'emancipato.
Nella maggior parte dei casi nella curatela è necessaria l’autorizzazione del giudice
tutelare o del tribunale, la violazione di tali norme è analoga a quella prevista per la tutela.
All’infuori dei casi in cui la legge indica chi debba essere il curatore, essi è nominato dal
giudice tutelare art. 392 c.c..

SEDE DELLA PERSONA


Il domicilio è il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e
interessi, sia personali che patrimoniali.
La residenza è il luogo dove la persona vive abitualmente.
Il domicilio e la residenza possono coincidere nello stesso luogo o no.
Il domicilio si distingue in:
1. legale ovvero quello fissato dalla legge per i minori e gli interdetti domicilio nel luogo
di residenza della famiglia o tutore
2. elettivo il quale è frutto di una scelta particolare della persona ovvero perché
riguarda alcuni atti e affari.
Infine abbiamo la dimora che è il luogo dove la persona abita per un periodo limitato.

MORTE DELLA PERSONA


La persona fisica cessa di esistere giuridicamente con la morte in quanto viene meno la
capacità giuridica.
Diritti e obblighi patrimoniali quando non si estinguono con la morte della persona si
trasferiscono agli eredi secondo le norme. Con la persona si estinguono anche i diritti e gli
interessi di carattere morale.
L’accertamento della morte compete agli uffici dello Stato civile e risulta dal certificato di
morte in cui vanno indicati anche il luogo, la data e l’ora del decesso.

SCOMPARSA O ASSENZA
L’incertezza può riguardare il fatto stesso della morte o per mancanza del cadavere o per
mancanza di notizie sul suo conto.
→scomparsa
quando il soggetto si assenta dal suo domicilio e dalla sua residenza e non si hanno più
notizie. Il tribunale nomina un curatore che tutela i suoi interessi.
Si tratta di provvedimenti temporanei e provvisori che assumono funzioni conservative.
Trascorsi i due anni che non si hanno più notizie, il tribunale dichiara l’assenza.
→assenza
si presume che il soggetto sia morto e si apre il testamento e si può prendere possesso
temporaneo dei suoi beni che gli saranno restituiti nel caso torni.

MORTE PRESUNTA
Passati i 10 anni dalla scomparsa della persona si dichiara la morte presunta che è
emessa dal tribunale, su istanza dei presunti eredi quando si ha l’incertezza sulla sorte della
persona.
Prima di essa bisogna fare una dichiarazione di assenza, richiedendo che siano passati 10
anni dalla scomparsa o che la scomparsa sia avvenuta in particolari condizioni (infortunio,
prigionia, guerre) tali da far apparire probabile la morte (e passati 2/3 anni) .
In sostanza, la dichiarazione è un accertamento giudiziale della morte fondato su elementi
presuntivi.
Successivamente si apre la successione ereditaria, se la persona ritorna vengono meno
gli effetti della dichiarazione e l’interessato recupera i beni nello stato in cui si trovano (se il
coniuge si è risposato il secondo matrimonio è nullo, ma gli effetti civili ne restano salvi in
particolare i figli avranno lo stato di figli legittimi) (art 68).

CAPITOLO 7: GLI ENTI GIURIDICI


IL FENOMENO DELLE ORGANIZZAZIONI COLLETTIVE
Sono soggetti di diritto non solo le persone fisiche ma anche gli enti giuridici.
All’interno della società operano una serie di gruppi, organizzazioni sociali, istituzioni, che
hanno il compito di realizzare interessi umani di varia natura: famiglie e comunità di
volontariato, partiti politici e sindacati, fondazioni culturali.
Inoltre anche l’attività dei pubblici poteri viene svolta non soltanto direttamente dallo Stato
ma anche da enti autonomi come: regioni, province, comuni, e enti pubblici come: Inps, Inail.
La stessa società politica statuale non è che è una manifestazione del fenomeno che
include oggi un grandissimo numero di formazioni sociali ove si svolge la personalità
del singolo art. 3.
L’ordinamento giuridico prevede innanzitutto che i cittadini hanno diritto di associarsi
liberamente per i fini che non sono vietati dalla legge penale.
Si pensi che attraverso tale strumenti gli individui si riuniscono per realizzare interessi
religiosi, politici, culturali e anche attività economiche.
I partiti politici e il sindacato sono oggi il principale strumento attraverso il quale si realizza la
partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica economica e sociale del paese
art. 3 e si comprende pertanto come la stessa carta costituzionale si preoccupi di
garantire i diritti inviolabili dell’uomo non solo come singolo ma anche nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità art. 2.

LA SOGGETTIVTA’ DEGLI ENTI GIURIDICI


Gli enti giuridici sono diversi tra loro, infatti, ci sono enti che sono accomunati dagli stessi
interessi, per esempio gli studenti, e altri che non hanno gli stessi interessi.
Si tratta di realtà diverse quanto a consistenza, estensione, natura e contenuto dei compiti
svolti.
Esse sono accomunate dalla presenza di un’istituzione, di un’organizzazione che pur
perseguendo interessi umani, non si identifica con gli individui che fanno parte di
essa né con le persone alle quali si rivolge l’attività di tali enti. Es. un comune, un
partito politico, un’associazione culturale sono realtà distinte dai singoli membri, hanno una
propria individualità che permane nel variare dei suoi membri, e i beni di cui essi
dispongono, se pure servono alla soddisfazione dei bisogni delle persone, appartengono a
tali enti, non ai singoli membri.
La qualità di soggetti di diritto non si riferisce solo agli esseri umani, ma anche ad altre entità
prive di un sostrato fisico corporeo, ma non per questo prive di una realtà e consistenza che
si distinguono da quelle degli individui che ne fanno parte. Si parla in tal caso di enti morali o
giuridici, che possono definirsi come organizzazioni stabili, di persone o di beni, volte al
perseguimento di uno scopo. Sono perciò dotati di una autonoma e distinta soggettività
giuridica.

PERSONE GIURIDICHE ED ENTI NON PERSONIFICATI


Abbiamo due categorie di enti:
1. enti dotati di personalita’ giuridica: Stato, Regioni, Comuni, Enti Pubblici,
associazioni riconosciute, fondazioni, società di capitali, cooperative. Essi hanno una
piena capacità giuridica e sono dotate di autonomia patrimoniale perfetta ovvero vi è
una netta separazione fra il patrimonio dell’ente e quello dei suoi soci;
2. enti non personificati: associazioni non riconosciute, comitati, società di persone.
Essi hanno una capacità giuridica ridotta e una autonomia patrimoniale imperfetta e
quindi ai debiti dell'ente risponderanno anche alcuni soci.
La personalità giuridica si acquista solo con il riconoscimento che può derivare da:
a) Direttamente dalla legge: es. l’istituzione di un ente pubblico;
b) L’iscrizione in appositi registri, essa è automatica per le società di capitali (a volte
anche per le associazioni e le fondazioni)

CATEGORIE E TIPI DI ENTI GIURIDICI


Un’altra distinzione possiamo farla tra enti pubblici e enti privati
→gli enti pubblici
nascono per disposizione di un'apposita legge che li istituisce e si distinguono in territoriali
(stato, regioni, province, comuni) e non territoriali (inps, inail, asl, ecc). Essi sono
disciplinati da apposite norme di diritto pubblico che ne regolano la costituzione e il
funzionamento (art.11).
→gli enti privati
nascono per volontà privata e precisamente da un atto costitutivo che ha natura negoziale e
che può consistere in un vero e proprio contratto o in un atto unilaterale.
Occorre la distinzione tra enti associativi ed enti amministrativi:
1. negli enti associativi sono elementi caratterizzanti la pluralità di persone e lo scopo:
più persone si associano per dare vita a un’organizzazione che persegue un fine
particolare e lecito usufruendo della libertà riconosciuta dalla costituzione.
Gli scopi sono di lucro se si parla di societa’, scopi non lucrativi se si tratta della
categoria di associazioni.
2. gli enti amministrativi sono invece quelli caratterizzati dalla presenza di un patrimonio
vincolato a uno scopo. Appartengono a tale categoria le fondazioni e i comitati.

CAPACITA’ DELLE PERSONE GIURIDICHE


Gli enti sono vere e proprie persone giuridiche dunque sono forniti di personalita’.
Essa consiste nell’attribuzione della capacità giuridica generale e di un’autonomia
patrimoniale perfetta.
La personalità giuridica si acquista con l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche. Col
riconoscimento lente consegue la personalità giuridica e perciò la capacità giuridica
generale e una autonomia patrimoniale perfetta. La pienezza di capacità giuridica comporta
che l'ente è in grado di essere titolare di tutte le posizioni giuridiche che corrispondono
ai suoi interessi.
Quanto gli aspetti patrimoniali, la persona giuridica ha la libera disponibilità di un proprio
patrimonio.
L'autonomia patrimoniale dell'ente è perfetta, nel senso che vi è una completa separazione
tra il suo patrimonio e quello dei soci.

L’ATTIVITA’ E GLI ORGANI DELLE PERSONE GIURIDICHE


La vita dell’ente è regolata dallo statuto, che è il complesso delle norme regolamentari
interne.
Lo statuto deve contenere le determinazioni essenziali dell’ente: la denominazione,
l’indicazione dello scopo, del patrimonio, della sede, e le regole per l’amministrazione.
Eventuali modifiche dell’atto costitutivo e dello statuto devono essere approvate
dall’autorità amministrativa.
Tutti i dati appena detti il patrimonio, il nome, i poteri degli amministratori devono risultare
nel registro delle persone giuridiche, istituito in ogni prefettura. Si tratta di pubblicità
dichiarativa, perciò i fatti non iscritti non possono essere opposti a terzi.
L’ente opera attraverso organi, in altre parole, persone cui è affidata la funzione di
assumere o attuare le decisioni.
Si distinguono gli organi interni e gli organi esterni:
1. gli organi interni hanno il potere di prendere le decisioni
2. gli organi esterni hanno il potere di rappresentanza esterna.
Tali organi hanno la rappresentanza dell’ente, ma essi nello svolgere le proprie attività
agiscono in nome e per conto dell’ente stesso, per tanto quest’ultimo risponde alle azioni
intraprese dagli organi.
Di seguito, questo risponderà dell’operato dell’organo, anche se si tratta di fatti illeciti e gli
atti illeciti dannosi commessi dai suoi amministratori in applicazione del generale principio
della responsabilità dei “preponenti”.
LE DIVERSE TIPOLOGIE DI ENTI E LE LORO PECULIARI FINALITÀ
A parte la distinzione tra enti con personalità giuridica ed enti non personificati, una
fondamentale classificazione si attiene alle finalità complessive degli enti. Taluni si
propongono un fine lucrativo, essenzialmente le società. Altre istituzioni si propongono
invece un fine ideale e cioè culturale, ricreativo, spirituale, di assistenza o di beneficenza.
Sono essenzialmente gli enti associativi e amministrativi.

LE ASSOCIAZIONI RICONOSCIUTE
E’ un’organizzazione stabile di persone fornita di personalità giuridica che ha un fine
non di lucro.
Elementi fondamentali sono la pluralità di persone e il fine non di lucro, ovvero lo scopo deve
essere di tipo culturale, ricreativo, d’assistenza, e la sua attività può consistere
nell’organizzazione di conferenze, mostre, viaggi, erogazioni di sussidi, assistenza ai
bisognosi. Beneficiari dell’attività possono essere i terzi o gli stessi soci.
L’associazione nasce con l’atto costitutivo: esso consiste nell’accordo fra due o più persone.
Esso ha natura negoziale, richiede la forma dell’atto pubblico e terze persone né possono
aderire.
Lo statuto invece sono le regole interne dell’ente.
Gli organi dell’associazione sono:
1. assemblea dei soci→ è l’organo principale e deliberante. Gli spettano le scelte
fondamentali sull’attività da svolgere, che svolge attraverso il principio maggioritario.
Un socio può essere escluso solo per gravi motivi.
2. amministratori→ sono invece l’organo esecutivo. In altre parole rappresentano
l’ente all’esterno, lo gestiscono e curano l’esecuzione delle delibere dell'assemblea.
Essi sono nominati e revocati dall’assemblea che né determina anche i poteri di
rappresentanza.
L’associazione si può estinguere oltre alle cause private nello statuto e nell’atto costitutivo
per il venir meno della pluralità dei soci, per l’impossibilità dello scopo.

LE ASSOCIAZIONI NON RICONOSCIUTE


E’ un’organizzazione stabile di persone, prive di personalità giuridica diretta a uno
scopo non di lucro.
Come si vede, proprio perché non hanno la personalità giuridica e quindi hanno
un’autonomia patrimoniale imperfetta. Questo vuol dire che ai debiti sociali, infatti,
rispondono non solo l’associazione con il fondo comune, ma anche chi ha agito in
nome e per conto dell’associazione stessa. In tal caso la minor garanzia per i creditori,
derivante dalla mancanza di controlli amministrativi sulla congruità del patrimonio, è
compensata dalla responsabilità personale di chi contrae l’obbligazione sociale.
Le associazioni non riconosciute possono essere anche circoli culturali e ricreativi, club
sportivi, gruppi religiosi.
Non ci sono molte leggi sul suo funzionamento, ma il codice civile stabilisce che esse sono
rette da accordi interni (statuto).
Finché essa dura, gli associati non possono chiedere la divisione del patrimonio né
pretendere la propria quota in caso di recesso o esclusione.

LE FONDAZIONI
E’ un ente amministrativo dotato di personalità giuridica e con patrimonio vincolato ad
uno scopo.
Il patrimonio delle fondazioni è inteso come un insieme di beni destinati a uno scopo ideale
(d’assistenza, culturale ecc.). Lo scopo è di vincolare un insieme di beni a una finalità.
In essa non ci sono soci che indirizzano l’attività o che possono decidere la modificazione e
lo scioglimento dell’ente.
Il solo organo sono gli amministratori che sono vincolati dallo scopo stabilito dal
fondatore, le modificazioni possono essere decise solo dall’autorità governativa.
Nasce con l’atto costitutivo, sempre con atto pubblico, ma può essere anche sostenuto con
un testamento, che non può più essere revocato nel momento in cui sia avvenuto il
riconoscimento (art 15).
Secondo le regole generali, il riconoscimento attribuisce soltanto la personalità giuridica.
Tuttavia si dubita in dottrina che, prima di tale provvedimento, l’ente sussista giuridicamente

I COMITATI
Un comitato è un gruppo organizzato per la raccolta di fondi destinati a un fine
determinato.
La legge indica in via esemplificativa i comitati di soccorso e di beneficenza, i comitati
promotori di opere pubbliche, esposizioni, festeggiamenti, e simili (art. 39).
I comitati si caratterizzano per la presenza di più persone e di un patrimonio vincolato a un
fine determinato, sono simili alle fondazioni in quest’aspetto.
Se invece, alcuni si sono impegnati a dare un certo contributo sono tenuti solo a compiere le
oblazioni promesse (art 41).
I componenti del comitato sono dei semplici gestori dei fondi raccolti e non possono
decidere di mutarne la destinazione. Tutti gli organizzatori sono personalmente e
solidalmente responsabili della conservazione dei fondi e della loro destinazione allo scopo
annunziato.
È possibile che il comitato chieda il riconoscimento, ma si tratta di ipotesi non frequenti
perché il fenomeno si caratterizza generalmente per il carattere transitorio dell'iniziativa.

GLI ENTI DEL TERZO SETTORE E IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ


In seguito alla crisi evidenziatasi nello Stato sociale, impossibilitato a far fronte a tutte le
richieste d’intervento, l’attività degli enti cosiddetti no profit è apparsa di sempre maggiore
rilevanza per il perseguimento di fini di interesse generale.

Si parla di privato sociale e il suo ruolo è stato in qualche modo consacrato con l’ingresso
nella Costituzione del principio di sussidiarietà avvenuto nel 2001.
Tale principio, muove dal presupposto che i bisogni concreti delle persone e del
territorio sono meglio conosciuti dalle autorità e dai gruppi periferici che non da quelli
centrali, è senz’altro legittimato a provvedere senza essere ostacolato o intrecciato dalle
autorità sovraordinate.
Queste devono anzitutto astenersi dall’interferire nell’azione degli organi inferiori, esse sono
anche tenute a intervenire erogando sostegno o aiuto ove enti e autorità locali si dimostrino
inadeguati al compito.
Sono definiti enti del terzo settore quelle organizzazioni private create “per il perseguimento
di finalità civiche, solidaristiche o di utilità sociale”, finalità perseguite mediante lo
svolgimento di “attività di interesse generale” e senza scopo di lucro.
La legge prevede diverse possibili figure di enti del terzo settore e, tra le altre, le
Organizzazioni di volontariato, le Associazioni di promozione sociale, gli Enti filantropici.
→le organizzazioni di volontariato
sono associazioni che si caratterizzano per lo svolgimento di attività per lo più a favore di
terzi e avvalendosi in modo prevalente delle prestazioni dei volontari associati.
→le associazioni di promozione sociale
sono associazioni costituite per lo svolgimento di attività a favore di propri associati, di loro
familiari o di terzi, anche qui avvalendosi in modo prevalente dell’attività di volontariato dei
propri soci.
→gli enti filantropici
sono una figura di nuovo conio. Essi possono essere costituiti in forma associativa o di
fondazione e hanno la finalità di erogare denaro, beni o servizi a favore di categorie di
persone svantaggiate o al fine di promuovere attività di interesse generale.

LE ATTIVITÀ DI INTERESSE GENERALE, GLI STATUTI E IL REGISTRO NAZIONALE.


Quanto alle «attività di interesse generale» che gli ETS possono svolgere, esse sono
particolarmente numerose.
Le più rilevanti sono:
a) interventi e servizi sociali, in particolare per le persone affette da disabilità, nonché
prestazioni socio-sanitarie;
b) istruzione universitaria, formazione professionale e ricerca scientifica;
c) tutela dell'ambiente e del patrimonio culturale;
d) attività culturali e attività turistiche di interesse sociale o religioso;
e) cooperazione allo sviluppo e commercio equo e solidale;
f) beneficenza, alloggi sociali e accoglienza umanitaria;
g) attività sportive dilettantistiche;
h) promozione della cultura della legalità, della pace e dei diritti umani;
i) gestione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata.
L'accurata elencazione di tali attività, se pur non è da ritenersi tassativa, rende però
evidente l'intento del legislatore di esercitare alcune forme di controllo.

Non è sufficiente l'assenza dello scopo di lucro: è altresì necessario il perseguimento di


finalità sociali e lo svolgimento di una specifica «attività d'interesse generale». E sono poi
previste alcune disposizioni che hanno lo scopo di garantire la presenza, e il mantenimento
nel tempo, dei requisiti richiesti e degli scopi di utilità sociale.
L'elemento centrale dell'azione di questi enti è costituito dal volontariato, il volontario è la
persona che, per libera scelta, svolge attività in favore del bene comune e della comunità
mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità in modo personale,
spontaneo e gratuito, esclusivamente per fini di solidarietà.
È richiesto un numero minimo di volontari partecipanti.
Per lo svolgimento dell'attività non possono essere retribuiti in alcun modo; è ammesso
soltanto un modesto rimborso per le spese effettivamente sostenute e documentate.
È altresì vietata ogni forma di distribuzione, anche indiretta, di utili e avanzi di gestione
a fondatori e associati,
E’ previsto che l'ente può servirsi di lavoratori retribuiti soltanto entro limiti stringenti; in ogni
caso, il loro numero non può superare determinate soglie costitutive dell'ente.
Queste attività vanno redatte per atto pubblico e devono contenere alcune indicazioni: la
denominazione; l'assenza di scopo di lucro e l'attività di interesse generale che ne
costituisce l'oggetto sociale; le finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale perseguite; la
sede legale; il patrimonio iniziale ai fini dell'eventuale riconoscimento della personalità
giuridica.
E ancora, le norme sull'ordinamento, l'amministrazione e la rappresentanza dell'ente; i diritti
e gli obblighi degli associati e i requisiti per la loro ammissione; le norme sulla devoluzione
del patrimonio residuo in caso di scioglimento o destinazione, la durata dell'ente.
Per ottenere la qualifica di enti del terzo settore è condizione imprescindibile l'iscrizione
nel Registro unico nazionale del terzo settore
Il registro è nazionale ma gestito su base territoriale da ciascuna Regione o Provincia
autonoma, ed è pubblico, accessibile da ciascun cittadino. OgnI ente iscritto al registro sarà
sottoposto ad una revisione d'ufficio con cadenza triennale volta a verificare la permanenza
dei requisiti,
Le disposizioni:
- acquisto automatico della personalità giuridica con l'iscrizione nel registro unico
nazionale;
- previsione di un patrimonio minimo al pari di quanto stabilito per alcune figure
societarie;
- richiamo alle regole della responsabilità degli amministratori di società;
- nomina obbligatoria di un «organo di controllo» nonché di un «revisore legale dei
conti»;
- necessità che l'atto costitutivo contenga una serie di elementi e di regole puntuali
sulla convocazione, la costituzione e la competenza delle assemblee (artt. 16 ss.
c.t.s.); regole, che si applicano a tutti gli enti del terzo settore, purché non abbiano
personalità giuridica.
Al riconoscimento del ruolo svolto da questi enti si associa così un più intenso controllo e
più stringenti requisiti.

CAPITOLO 8: L'OGGETTO DEL RAPPORTO GIURIDICO

OGGETTO DEL RAPPORTO E POSIZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE


Oggetto del rapporto giuridico è il bene o l’utilità su cui cade l’interesse del soggetto.
Per bene s’intende tutto ciò che soddisfa un bisogno umano, economico o spirituale che sia,
sia esso materiale (un pezzo di pane, un libro, una macchina), immateriale (il nome, l’onore,
un brevetto industriale) o un servizio (un trasporto, un concerto, una lezione).
L’oggetto si differenzia in base ai diversi tipi di diritti:
1. diritti assoluti→ esso è costituito da beni, materiali o immateriali, che costituiscono il
punto di riferimento di ogni posizione giuridica: diritti della personalità, di proprietà e
di godimento ecc, ad esempio una moto è il possibile oggetto di un diritto di
proprietà.
2. diritti relativi (o di credito)→ l’oggetto è costituito dalla prestazione che il debitore è
tenuto, e dalla quale il creditore si aspetta la soddisfazione del proprio interesse, ad
esempio: un’operazione chirurgica, la dichiarazione di una compilazione dei redditi,
la custodia di un bene.
OGGETTO E CONTENUTO DEL RAPPORTO GIURIDICO
Una parte della dottrina distingue dall’oggetto una diversa nozione, quella di contenuto del
rapporto giuridico.
Il contenuto è l’attività, il comportamento destinato a soddisfare l’interesse del
soggetto. Nei diritti assoluti è costituito da tutto ciò che nelle diverse ipotesi il titolare può
fare, ovvero il contenuto è l’insieme dei poteri e delle facoltà che a ciascuno competono:
esempio la proprietà di un terreno è l’oggetto, mentre il contenuto è la facoltà di poter
decidere se coltivarlo o costruirvi un e edificio.

CAPITOLO 9: VICENDE DEL RAPPORTO GIURIDICO


FATTI, ATTI E NEGOZI GIURIDICI

FATTI GIURIDICI E ATTI UMANI


I fatti giuridici sono quell'insieme di fatti umani o naturali che producono effetti giuridici
e sono distinti in:
1. Meri fatti giuridici (o fatto giuridico)→ che possono consistere in un accadimento naturale
o in un’azione umana (es: la morte di una persona). La capacità di intere e di volere può
esserci o non esserci.
2. Atti giuridici→ hanno il presupposto che ci sia la capacità naturale di intendere e di volere.
Sono atti umani consapevoli e volontari. C’è la capacità naturale di intendere e di volere.
3. Negozi giuridici→ presupposto della capacità legale che non solo devono essere
consapevoli e volontari ma qui l’autore deve volere gli effetti. L’autore dell’atto deve avere
capacità di agire.
Dobbiamo considerare che nell’uomo si distinguono la coscienza, in altre parole la capacità
di intendere, e la volontà, in altre parole la capacità di volere e quindi di decidere
liberamente il comportamento verso uno scopo.
La categoria generale dei fatti giuridici viene distinta in sottocategorie a seconda della
rilevanza che in ciascuna di esse assumono la coscienza e la volontà dell’agente.

MERI FATTI GIURIDICI


La legge determina i requisiti perché gli eventi naturali e le azioni umane producono effetti
giuridici.
Nei meri fatti giuridici, si richiede solo la pura fenomenicità, che l’accadere di un evento sia
esso determinato dalle forze della natura o da un’azione umana a prescindere della
circostanza che li ha causati: la nascita o la morte di una persona, la scoperta del tesoro, la
costruzione e la piantagione.
I meri fatti giuridici accadono a prescindere dal fatto che siano stati compiuti con
coscienza e volontà o in modo del tutto irriflesso e involontario.

ATTI GIURIDICI IN SENSO STRETTO


A un secondo livello, l’ordinamento considera solo i comportamenti umani e, affinché
producono effetti, c’è bisogno della volontarietà dell’atto e della capacità di intendere
e di volere, cioè capacità naturale.
L’atto di chi paga un debito, di chi conosce una persona come proprio figlio naturale, di chi
danneggia la cosa altrui provocherà effetti sanciti dalla legge.
Se sussistono tali requisiti, l’atto è ricollegato al compimento volontario dell’atto, dove
non è rilevante che il soggetto non né abbia voluto le conseguenze materiali o
giuridiche. A es chi riconosce il figlio naturale non può protestare di non volerne gli
effetti giuridici (mantenimento, istruzione).
Infatti, un soggetto può sottrarsi a tali conseguenze solo provando la mancanza di
volontarietà dell’atto per quando riguarda gli atti illeciti anch’essi sono atti giuridici,
essi obbligano al risarcimento del danno quando siano volontari e compiuti da chi
abbia una naturale capacità di intendere e di volere.

NEGOZI GIURIDICI
I negozi giuridici sono azioni non solo volontarie ma anche intenzionali.
Per far si che ci sia un negozio giuridico occorre non solo la volontà, ma che sia compiuto da
chi ha capacità legale di agire e dall’intenzione.
Il negozio è la possibilità di decidere in piena autonomia ciò che è più conveniente ai
propri interessi, è poi tramite l’atto che s’inquadra la categoria del negozio che si porrà in
essere le scelte con gli effetti rilevanti.
È tramite l’autonomia privata,ad esempio, che ciascuno può decidere dove fissare il proprio
domicilio, se e con chi contrarre il matrimonio, se assumere un certo lavoro, prendere in
locazione un bene, o accettare un’eredità, esercitare o no un diritto che gli compete.
Il negozio giuridico produrrà degli effetti che gli sono propri in quanto sia voluto da un
soggetto che abbia la relativa capacità legale per compierlo.

ATTI GIURIDICI, DICHIARAZIONI E OPERAZIONI MATERIALI


Gli atti giuridici siano essi negoziali o non, sono azioni umane alle quali la legge ricollega
effetti giuridici (tutto questo per regolare i propri interessi). Tali azioni possono consistere
in
dichiarazioni ovvero in operazioni materiali, senza che ciò influisca sulla natura giuridica
degli atti e sui loro effetti.
Negli atti negoziali si avranno per lo più dichiarazioni di volontà, dove il soggetto dichiara
quali effetti intende perseguire e dispone così della propria sfera giuridica.
Questa manifestazione di volontà può essere una dichiarazione scritta o orale, ma anche
un'operazione materiale che ha lo scopo di produrre effetti giuridici ad esempio: salire su un
autobus, secondo la giurisprudenza, ho la volontà di stipulare un contratto di trasporto con
la ditta (essi vengono anche denominati negozi di attivazione).
Negli atti giuridici in senso stretto, l’atto umano può consistere in una operazione materiale
come il pagamento di un debito, ma può consistere altresì in una dichiarazione di scienza o
non dichiarazione di volontà.

CATEGORIE SISTEMATICHE E DISCIPLINA POSITIVA


La distinzione dei fatti giuridici in meri fatti, atti e negozi giuridici rispondono a rilevanti
esigenze di inquadramento sistematico degli istituti e a esigenze pratiche di
disciplina, là dove manchi un’espressa regolamentazione.
Ad esempio, il codice civile non dice nulla da parte di una rinuncia a un diritto, che sia frutto
di errore o di minaccia da terzi: l’inquadramento fra gli atti negoziali consente di applicare a
tale ipotesi la disciplina propria di tali atti. Dunque queste categorie accanto alle
classificazioni dell’esperienze, sono strumento della conoscenza umana.
Tali distinzioni dottrinali rispondono a due rilevanti esigenze:
1. teorico-conoscitiva→ di classificazione e inquadramento sistematico degli istituti.
2. pratico-applicativa→ di disciplina dei casi per i quali manchi una specifica
regolamentazione.

LA CATEGORIA DEL NEGOZIO GIURIDICO


Tale discorso vale, in particolare, per la categoria del negozio giuridico: una figura ignorata
dal diritto positivo e contestata da una parte della loro dottrina, ma che abita ormai
stabilmente le costruzioni giuridiche.
Il negozio non è un istituto che trovi riscontro nel codice, bensì una categoria
dogmatica enucleata dalla dottrina per via di astrazioni successive.
Sulla sua definizione non vi è un accordo unanime. La definizione classica lo vede come una
dichiarazione di volontà diretta a produrre effetti giuridici tutelati dalla legge, dando così
rilievo centrale alla volontà del soggetto.
Una più moderna impostazione lo definisce come l’atto di autoregolamento dei propri
interessi, il soggetto cioè emette una dichiarazione con la quale persegue effetti garantiti
dalla legge.
Oggi il negozio giuridico è la categoria dogmatica utile al fine di inquadrare in uno schema
unitario i diversi atti di autonomia privata, definendo al contempo, in modo unitario, i requisiti
generali che essi debbono avere.

ELEMENTI DEI NEGOZI GIURIDICI


Perché un negozio possa produrre un effetto, è necessario che vi siano alcuni elementi o
requisiti.
Gli elementi generali del negozio giuridico sono la dichiarazione di volontà e la causa
(quest’ultima intesa come scopo o funzione che l’atto stesso è diretto a realizzare).
Gli elementi particolari sono la forma e l’oggetto (modo come deve essere fatta la
dichiarazione: per iscritto, verbalmente). Essi sono requisiti fondamentali per la validità
dell’atto e la mancanza di uno di essi rende invalido l’atto stesso.
Gli elementi accidentali sono la condizione, il termine e il modo che le parti possono apporre
al negozio. Sarà valido anche senza questi elementi.
Non costituiscono invece elementi o requisiti in senso proprio del negozio alcune
circostanze esterne all’atto, come la capacità delle parti e la legittimazione.

CLASSIFICAZIONI DEI NEGOZI GIURIDICI


I negozi sono classificati in base alla struttura soggettiva e alla funzione.
In base alla struttura soggettiva si parla di negozio unilaterale, bilaterali (es contratti di
scambio) e plurilaterali (es. contratti di società).
Se la volontà si manifesta da una sola parte, si parla di negozio giuridico unilaterale ad
esempio un testamento, se invece viene da due parti, si parla di negozio bilaterale, un
contratto di compravendita, dove si trovano una parte venditrice e una parte compratrice.
Infine ci sono i contratti plurilaterali stipulati da più persone e sono detti anche contratti con
comunione di scopo.
Nell’ambito degli atti unilaterali si possono distinguere:
● atti collettivi→ le singole dichiarazioni non hanno autonomo rilievo, concorrendo a formare
la decisione di un gruppo.
● atti complessi→ ciascuna delle dichiarazioni ha autonomo e distinto rilievo, e perciò una
diretta incidenza sulla validità dell’atto.
ULTERIORI CLASSIFICAZIONI
In base alla funzione si distinguono negozi tra vivi e a causa di morte:
→ negozi a causa di morte
sono quelli destinati a produrre effetti solo dopo la morte della persona, tipico esempio è il
testamento.
→negozi tra i vivi
sono tutti gli altri atti, anche se tra gli effetti singoli è possibile che siano collegati alla morte
della persona.
→negozi familiari
sono quegli atti che trovano la causa nel perseguire un interesse connesso ai rapporti di
famiglia. Ad es. il matrimonio, adozione, convenzioni matrimoniali relative al cosiddetto
regime patrimoniale della famiglia.
→negozi patrimoniali
disciplinano interessi economici. Possono essere negozi di attribuzione quando mirano a
realizzare l’acquisto di un diritto, ad esempio la vendita, la locazione di un appartamento, o
negozi di accertamento quando fissano il contenuto di un rapporto giuridico preesistente,
vincolando le parti a quanto risulta dall’accertamento stesso.
Nei negozi patrimoniali si dicono a titolo oneroso quelli cui il vantaggio o diritto attribuito a un
soggetto che trova causa, o giustificazione in un sacrificio economico a suo carico.
Si dicono a titolo gratuito i negozi, dove un soggetto ha un suo diritto, o si impegna a
eseguire una prestazione, senza un correlativo sacrificio economico a carico del
beneficiario. Per esempio, la donazione e il testamento sono gratuiti, ma anche il comodato
e il contratto con obbligazioni del solo proponente.
Un tipico negozio gratuito è la rinunzia ovvero l’atto unilaterale con cui il titolare dismette
un diritto, a seguito della rinuncia il diritto si estingue senza trasferirsi ad altri anche se
indirettamente terzi né possono trovare vantaggio (l’abbandono di beni mobili o immobili da
parte del proprietario oppure su una quota dell’eredità uno rinuncia e quindi gli altri sono
avvantaggiati poiché aumenta la loro quota).
Inoltre, trattandosi di atto unilaterale, deve ammettersi in linea di principio, la possibilità di
revoca, ovvero di ritiro dell’atto, fin quando gli atti non hanno conseguito diritti in seguito alla
rinuncia.

CAPITOLO 10: LA TUTELA GIURISDIZIONALE

L’ATTUAZIONE DEL RAPPORTO GIURIDICO


Nella maggior parte dei casi l’attuazione del rapporto giuridico avviene spontaneamente, o
perché il titolare della posizione giuridica attiva soddisfa da sé il proprio interesse senza che
nessuno lo ostacoli, o perché l’obbligato a un certo comportamento adempie senza bisogno
di costrizioni (ad esempio, pagare 1000 euro, consegnare un pacco, non fare concorrenza
in un certo settore).
Se invece, la volontaria attuazione non avviene, si apre la possibilità di tutela
giurisdizionale dei diritti e delle posizioni giuridiche soggettive, tramite il ricorso a un organo,
l’autorità giudiziaria, che ha il compito di far applicare la legge. Ad esempio, se presto un
libro e non me lo restituiscono, non posso riprendermelo con la forza oppure se il debitore
non mi paga non posso trattenere un suo bene, ma devo rivolgermi a un’autorità giudiziaria.
Infatti, tale ricorso, è un obbligo giuridico, poiché la legge vieta di farsi giustizia da soli
tranne i casi di legittima difesa, l’eccezione di adempimento e il diritto di ritenzione.
L’autotutela è ammessa solo eccezionalmente ed è la possibilità di far valere in via di fatto le
proprie ragioni.

L’AZIONE IN GIUDIZIO
La tutela giurisdizionale è un diritto inviolabile del singolo, infatti, l’art. 24 della
Costituzione afferma che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e
interessi legittimi e prevede che ai non abbienti sia assicurati i mezzi per agire e difendersi
davanti ad ogni giurisdizione.
L’azione in giudizio può essere promossa da chiunque pretenda di avere un diritto o un
interesse tutelato, nei confronti di chi contesti tale diritto o appaia contro interessato (che
promuove l’azione, è chiamato attore, mentre chi è chiamato a difendersi viene chiamato
convenuto).
In base al contenuto della controversia distinguiamo:
→Processo di cognizione
è volto a conoscere, ad accertare una situazione giuridica, determinando la regola specifica
a essa applicabile. Tale tipologia può dar luogo a diverse sentenze:
1. sentenza di accertamento: per conoscere l’esistenza e il contenuto di un rapporto
giuridico. Se ad esempio Tizio sia figlio di Caio, stabilire i confini tra due fondi, ed
esista una servitù;
2. sentenza di condanna: contiene uno specifico comando alla parte soccombente, ad
esempio prestare il mantenimento al figlio, rilasciare il terreno occupato
abusivamente, consentire l’esercizio della servitù;
3. sentenza costitutiva: la quale non si limita ad accertare la situazione esistente o a
comandarne il rispetto, ma procede nei casi previsti dalla legge a costituire,
modificare, o estinguere rapporti giuridici, ad esempio la sentenza che annulla un
contratto invalido si ha una conseguenza giuridica cioè l’estinzione degli effetti del
contratto.
→Processo di esecuzione
assicura l’attuazione delle sentenze di condanna. Se la sentenza non è eseguita, si procede
all’esecuzione forzata, dove ad esempio nel caso d’inadempimento saranno espropriati i
beni del debitore, e il creditore si soddisferà sul ricavato;
→Processo cautelare
assicura il mantenimento dello stato di fatto in attesa della conclusione del processo di
cognizione.
Anche il convenuto ha diritto di prospettare in giudizio le sue ragioni, ciò è denominato
eccezione, in quanto il convenuto oppone al diritto fatto valere dall’attore.
Ad esempio, se il venditore chiede il pagamento di una merce, il compratore può eccepire
che ha già pagato la somma di denaro, oppure gli è stata concessa una dilazione, che la
merce non gli è stata consegnata.
Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il
fondamento, chi vuol resistere a tale pretesa eccependo altri fatti modificativi, deve
anch’esso mostrare i fatti su cui l’eccezione si fonda.

LA COSA GIUDICATA
La legge assicura la possibilità di riesame della decisione di un giudice da parte di un
altro giudice (il meccanismo di impugnazione e ricorsi).
Esauriti i vari gradi del giudizio, la decisione contenuta nella sentenza definitiva assume
autorità di cosa giudicata, ovvero la sentenza non può più essere giudicata.

TECNICHE ALTERNATIVE DI RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE


Esistono varie tecniche di risoluzione alternativa delle controversie che sono stabilite tra le
parti del conflitto, liberamente scelte tra le parti del conflitto o imposte dalla legge.
Per rendere più veloci i lenti processi giudiziali, è prevista una procedura di mediazione
che è fatta da organismi pubblici o privati che fanno si che il tentativo di conciliazione diventa
una condizione di procedibilità dell’azione in giudizio.
Se si raggiunge un accordo, si riesce ad avere un processo verbale (titolo esecutivo) , cioè
un atto che è uguale alle sentenze di condanne. Se invece non si riesce a conciliare le parti,
si deve per forza iniziare il processo civile, ma il giudice sanzionerà la parte che non ha
voluto mediare (non ha voluto mettersi d’accordo con l’altra parte in causa) e ha rifiutato la
proposta del mediatore.
Oltre alla tutela individuale, in cui uno agisce in giudizio, ed è legittimato a farlo a tutela dei
propri diritti, si vanno sperimentando tecniche di tutela collettiva d’interessi seriali, cioè di
intere categorie di soggetti, ad esempio sindacati e associazioni di consumatori.

CAPITOLO 11: I DIRITTI ASSOLUTI

Il diritto può essere soggettivo o oggettivo. Il diritto privato è basato su un insieme di diritti
che fanno capo a dei soggetti→ diritti soggettivi.
I diritti soggettivi sono situazioni giuridiche soggettive attive, che fanno capo a soggetti. Lo è
ad esempio l’interesse legittimo.
Ad ogni diritto soggettivo corrisponde la possibilità di agire in giudizio per la sua tutela. Se
non c’è questa possibilità, allora non si ha un diritto soggettivo.
Ogni diritto soggettivo crea un rapporto giuridico, ovvero una relazione interpersonale,
tra il soggetto attivo e il soggetto passivo nella quale i poteri dell’uno e gli obblighi dell’altro
sono determinati dall’ordinamento.
I diritti soggettivi si distinguono in assoluti e relativi. Tale distinzione risiede nella diversa
natura dell’interesse. Nei diritti assoluti l’interesse esige di poter essere fatto valere nei
confronti di chiunque, nei diritti relativi è l’interesse del creditore a pretendere una
prestazione da colui che è obbligato ad eseguirla.
Inoltre i diritti assoluti acquistano concretezza in uno spazio di libertà lasciato dal soggetto
senza bisogno dell’altrui collaborazione. Nei diritti relativi la pretesa alla prestazione non
può rivolgersi a uno qualunque dei consociati, ma solo a chi, per legge o per contratto, sia
obbligato.
I diritti soggettivi possono inoltre essere: patrimoniali o non patrimoniali, trasmissibili
(negozi inter vivos o per successione) o intrasmissibili.
I diritti soggettivi possono inoltre essere tutelati:
1. tutela reale o in forma specifica→ impedisce la prosecuzione del diritto ovvero per
tutelare un mio diritto non devo aspettare che mi si arrecano danni, (ad es. non devo
aspettare che i lavori del vicino mi provochino un danno) ma posso subito agire.
Tale tutela, una volta verificatasi la violazione, si può ottenere anche reintegrando il
soggetto leso nella stessa situazione giuridica cui ha diritto: un palazzo costruito a
distanza inferiore da quella prevista sarà demolito, chi passa su un fondo altrui sarà
vietato il passaggio.
Sono tutele di tipo preventivo e inibitorio, si possono ottenere in base al dato
oggettivo, ovvero anche se l’autore della violazione riteneva di esercitare un proprio
diritto o se era in buona fede.
Non sempre si può prevenire il danno, ad esempio, perché la cosa è ormai distrutta e
non può più essere restituita.
2. tutela risarcitoria per il pregiudizio subito→ essa non si tratta della violazione del
diritto o le conseguenze dannose, ma a differenza della tutela reale richiede quasi sempre la
colpa o il dolo del soggetto che ha agito, l’atto dannoso impone al soggetto che ha
cagionato il danno uno specifico obbligo ovvero un risarcimento pari al pregiudizio
arrecato, spostando la tutela sul piano dei rapporti obbligatori e perciò dei diritti di
credito.

SCHEMA DEI DIRITTI SOGGETTIVI


DIRITTI ASSOLUTI DIRITTI RELATIVI
erga omnes a tutela diretta

- diritti della personalità - diritti di credito


- diritti reali - diritti derivanti da “status”
- diritti (morali) sui beni immateriali - diritti potestativi

I DIRITTI SOGGETTIVI ASSOLUTI


Sono i diritti che possono essere fatti valere nei confronti di chiunque altro soggetto, i quali
devono astenersi da qualunque comportamento che possa impedire la realizzazione
dell’interesse del titolare di diritto.
Possono essere fatti valere in maniera diretta su tutti i consociati, attribuendo al titolare la
pretesa che gli altri si astengano dal violare tali posizioni giuridiche.
Chiunque è tenuto a rispettarli. Chi vanta un diritto assoluto può esercitate nei confronti di
chiunque e può esigere il rispetto da parte di chiunque.
Possono interessare sia interessi patrimoniali che non patrimoniali.
Nessuno può violarli.
Le categorie di diritti assoluti sono:
1. diritti della personalità→ lo è ad esempio il diritto al nome, diritto all’oblio dal web,...
Questi diritti hanno come storia non più di due secoli. Sono i diritti strettamente
inerenti alla persona e che tutelano interessi fondamentali che riguardano l'integrità
fisica e gli aspetti morali o di libertà.
Non si sa bene quanti e quali sono.
2. diritti reali→ hanno per oggetto una cosa. Sono i diritti assoluti su una cosa come: il
diritto di proprietà, diritto di usufrutto, diritto di servitù, diritto di superficie, diritto di
enfiteusi, diritto di uso, diritto di abitazione e diritti di pegno o d'ipoteca.
Sono diritti a numero chiuso, sono solo quelli espressamente previsti dal legislatore.
3. diritti sui beni immateriali→ sono ad esempio i software, i brevetti, i marchi,...
I diritti morali, che riconoscono l’autore o l’inventore di un’opera. sono diritti assoluti. I
diritti di sfruttamento dell’idea non sono diritti assoluti.

I DIRITTI SOGGETTIVI RELATIVI


Sono i diritti che possono essere fatti valere su qualcuno o alcuni, nei confronti di un
determinato soggetto.
Possono farsi valere in maniera diretta solo nei confronti di determinate persone.
Solo qualcuno può violarli.
Le categorie dei diritti relativi sono:
1. diritti di credito→ un creditore vanta un diritto di credito verso un debitore o più debitori.
Sono le obbligazioni, i rapporti di debito-credito.
2. diritti derivanti da “status”→ sono diritti derivanti da uno status e vengono fatti valere nei
confronti di determinate persone.
3. diritti potestativi→ sono quei diritti che se esercitati modificano la sfera giuridica di altri
senza che il soggetto che subisce l'esercizio di un diritto potestativo possa reagire.
Sono caratterizzati dal fatto che vengono esercitati nei confronti di qualcuno e questo
subisce senza imporsi in alcun modo.

CAPITOLO 12: I DIRITTI DELLA PERSONALITA’

I DIRITTI DELLA PEROSNALITA’ COME DIRITTI INVIOLABILI DELLA PERSONA


I diritti della personalità sono quei diritti che tutelano l’individuo nei suoi beni
fondamentali come la vita, l’integrità fisica e morale, il nome. Si acquistano
automaticamente, infatti nessuno è privo di questi diritti.
L’art. 2 della Costituzione evidenzia i diritti inviolabili, essi sono i principi fondamentali
dell’Ordinamento dello Stato. La Costituzione parla di riconoscimento di tali diritti sono
rivolte a tutte le persone.
Il riconoscimento e la garanzia dei diritti inviolabili riguardano l’uomo sia come singolo sia
nelle formazioni sociali, cioè famiglia, associazioni, impresa.

ESTENSIONE E CARATTERI DEI DIRITTI DELLA PERSONALITA’


Il principio fondamentale è il rispetto integrale della persona.
L'individuazione concreta dei diritti fondamentali e il loro carattere inviolabile, si Individua in
alcuni testi normativi di fonte internazionale o comunitaria:
1. la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;
2. la convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali;
3. il patto internazionale sui diritti civili e politici;
4. la carta dei diritti fondamentali dell'UE.
I caratteri dei diritti della personalità sono l’assolutezza, l’indisponibilità e
l’imprescrittibilità.
Sono diritti assoluti in quanto possono farsi valere verso tutti, sia verso lo Stato sia verso gli
altri consociati. Sono indisponibili o inalienabili (non trasferibili) in quanto il titolare può solo
goderne ma non può trasferirli ad altri, né rinunciarvi (si tratta di diritti personalissimi).
L’acquisto di tali diritti personali non deriva un trasferimento da altri ma avviene
automaticamente per ciascun essere umano.
Sono imprescrittibili nel senso che non si estinguono nel tempo per mancato esercizio
protratto nel tempo. Esempio diritto al risarcimento per la menomazione dell’integrità.

DIRITTO ALLA VITA


Il diritto alla vita tutela il bene dell’esistenza individuale, verso lo Stato e gli altri
consociati, essi, infatti, sono tenuti a non commettere comportamenti negativi che intacchino
tale diritto o che lo mettano in pericolo. Un comportamento positivo serve a salvaguardare
l’incolumità altrui.
La tutela del diritto alla vita è affidata essenzialmente alle sanzioni penali che puniscono
l’omicidio, art. 575 del c.p. Manca una tutela civile risarcitoria poiché essa è inattuabile,
infatti, con la morte viene meno il titolare del diritto leso e quindi non può avere alcun
risarcimento. Un diritto al risarcimento può competere ai congiunti del defunto, ma per la
lesione di un loro personale diritto, infatti, essi possono richiedere il risarcimento del danno
morale e anche patrimoniale.
Il diritto alla vita è assoluto e indefettibile, poiché la pena di morte è stata ormai abrogata
anche nel codice penale militare di guerra e non è escluso neppure dalla ricorrenza di
eccezionali circostanze.
Il diritto alla vita cede soltanto dinanzi alla potestà punitiva dello Stato.
Quanto al concepito la legge non gli riconosce il diritto alla vita se non dopo il novantesimo
giorno dal concepimento con il quale viene meno il diritto della gestante di abortire.

DIRITTO ALL’INTEGRITA’ PSICO-FISICA


Il diritto all’integrità fisica tutela l’incolumità personale intesa come stato di salute fisica
e psichica.
La garanzia opera sia verso i privati, che sono tenuti ad astenersi da ogni atto di lesione, sia
verso lo Stato, tenuto ad azioni positive di salvaguardia e promozione della salute, infatti la
Costituzione lo definisce diritto fondamentale dell’individuo e interesse della
collettività, art. 32 Cost.
La protezione è affidata alle norme penali che puniscono le lesioni alle percosse.
Tale diritto è indisponibile nel senso che il soggetto non può ledere la propria integrità né
può consentire che altri lo facciano.
Tuttavia c’è un certo rispetto della libertà individuale, infatti, non esiste un obbligo di
curare se stessi per forza.
Mentre un trattamento sanitario obbligatorio può essere imposto dalla legge quando per
esempio un individuo che non vuole curarsi metta in pericolo la salute di altre persone.
Tipico esempio il ricovero obbligatorio dei malati di mente oppure le vaccinazioni
obbligatorie.

DIRITTO ALLA SALUTE, CONSENSO INFORMATO E “DISPOSIZIONI ANTICIPATE DI


TRATTAMENTO”
Previsioni costituzionali sanciscono il diritto individuale alla tutela della salute e a ricevere
cure appropriate, ma escludono un generale dovere di curarsi. Un trattamento sanitario
obbligatorio può essere imposto solamente tramite legge.
Nessun trattamento sanitario può essere imposto o proseguito se manchi il “consenso libero
informato” della persona interessata. L’interessato ha il diritto a conoscere le proprie
condizioni di salute, fermo restando che l'interessato può rifiutare di essere informato e/o
preferire che siano informati i suoi familiari.
Ogni persona capace di agire ha il diritto di rifiutare accertamenti diagnostici e trattamenti
sanitari, il medico è tenuto a rispettare la volontà del paziente purché l’omissione di cure ne
metta in pericolo la vita.
E’ altresì vietato l'accanimento terapeutico.
Il malato incapace, perché minore d'età o interdetto, ha diritto alla valorizzazione delle
proprie capacità di comprensione e di decisione e di ricevere informazioni sulla propria
salute in modo consono alle sue particolari condizioni. Tuttavia, il consenso ai trattamenti
sanitari compete al rappresentante legale dell'incapace, che deciderà tenendo conto della
sua volontà.
La legge ha disciplinato la facoltà di dettare le cosiddette disposizioni anticipate di
trattamento: ogni persona maggiorenne è capace di intendere e di volere, in previsione di un
eventuale futura incapacità di autodeterminarsi può, attraverso le DAT, e manifestare la
propria volontà in materia di trattamenti sanitari.
Le DAT vanno redatte per atto pubblico o per scrittura privata autenticata ma, ove
necessario, possono essere documentate tramite videoregistrazione e sono revocabili in
ogni momento.

ATTI DI DISPOSIZIONE DEL PROPRIO CORPO


Per atti di disposizione del proprio corpo s’intendono sia atti di disposizione materiale ad es.
un’automutilazione, la sterilizzazione sia gli atti di disposizione giuridica come l’impegno di
donare un organo, di sottoporsi a una sperimentazione scientifica.
L’art. 5 c.c. vieta entrambi i tipi di atti nel momento in cui producono un danno permanente
dell’integrità o quando essi siano contrari all’ordine pubblico o al buon costume.
In quest’ultima ipotesi sono vietati i comportamenti che danneggiano la dignità umana,
l’etica sessuale, il pudore, per esempi la prostituzione, la pornografia.
Sotto tale ipotesi sono illeciti anche la maternità surrogata, in cui una donna accetta
l’impianto di un ovulo altrui per portare una gravidanza per conto di terzi, oppure l’impianto
di un ovulo altrui al fine di attribuire alla donna stessa il nascituro.
Ancora sono da ritenere vietati i prelievi di organi o di parti del corpo fuori dai casi
espressamente consentiti, la sterilizzazione permanente o la sperimentazione scientifica
che non hanno precisi fini terapeutici, le attività sportive che presentano gravi livelli di rischio
per i partecipanti.
Sono leciti, invece, gli atti che non ledono l’individuo, prelievo di sangue, di pelle, e in genere
atti su parti staccate del proprio corpo, e quegli atti che riducono l’integrità ma sono
giustificati da un interesse superiore es. hai un tumore, ti tagliano la gamba. In questi casi
richiesto solo il consenso del soggetto che sia stato informato sulle conseguenze
dell’intervento.
Ledere significa danneggiare.
Lecito è invece la donazione di organi per salvaguardare la vita di terzi ma solo per il rene
oppure come parti del fegato, rimane illecito se la donazione avviene dietro compenso.

INTEGRITA’ MENTALE
L’integrità morale riguarda il bene dell’onore e del decoro, infatti, essa è tutelata dal diritto
all’onore. La tutela è di tipo penale, cioè l’offesa fatta all’onore e al decoro di persona
presente, cioè l’offesa della reputazione altrui comunicando con altre persone, anche
attraverso la stampa, tale diritto viene leso, anche se ciò che viene detto costituisce verità.
Sanzioni civili sono il sequestro degli scritti, libri, giornali, film con cui è stata commessa la
violazione e il risarcimento dei danni, patrimoniali e no.

IDENTITA’ PERSONALE. DIRITTO AL NOME


l concetto d’identità personale si tratta di vari aspetti della personalità riconducibili
all’identità, il nome, il sesso, lo stato civile, che sono attribuiti per distinguere il singolo
individuo da altri soggetti. Il diritto al nome è un mezzo d’identificazione personale.
Il nome si compone del prenome, attribuito dal genitore, e del cognome che si acquista dal
padre o dalla madre, si possono acquistare anche entrambi i cognomi.
Il diritto al nome è garantito sia verso lo Stato, sia verso i privati, vietando che altri possano
appropriarsene, ad es. quando il nome di una persona sia attribuito a un prodotto
commerciale o al personaggio di un romanzo.
La tutela del nome termina con la richiesta, come ad esempio attraverso il sequestro degli
stampati o del film e il risarcimento dei danni. È nota inoltre, l’indisponibilità del nome, esso,
infatti, non può essere ceduto, non può essere modificato se non per specifici motivi e con
l’autorizzazione.

DIRITTO ALLA PERSONALITA’ MORALE. DIRITTO ALL’IDENTITA’ SESSUALE O DI GENERE.


Il diritto alla personalità morale garantisce l’interesse della persona, cioè ciascuno ha il diritto
di non vedersi attribuire a sé stessi azioni o modi di essere non vere.
La legge prevede che quando si tratta di notizie diffuse attraverso la stampa, l’interessato
possa pretendere la pubblicazione di una smentita e il risarcimento dei danni.
Abbiamo poi la tutela dell’identità personale, la quale si attua attraverso il diritto morale
d’autore e il diritto dell’identità sessuale.
Il diritto morale d’autore tutela l’interesse a essere riconosciuta la paternità intellettuale sulle
opere, sulle invenzioni industriali, contro chi la contesti o cerchi di appropriarsene, in questi
casi, si può chiedere all’autorità giudiziaria applicando provvedimenti e in alcuni casi il
risarcimento dei danni.
Il diritto all’identità sessuale, quando il sesso indicato nell’atto di nascita non corrisponde
alla realtà, per errore o per cambiamento dei caratteri sessuali.

TUTELA DELLA VITA PRIVATA. DIRITTO AL SEGRETO


Il diritto alla vita privata e familiare protegge l'interesse a mantenere riservate notizie e
immagini relative alla propria vita e dei propri familiari, disciplina della raccolta di tali dati e la
loro comunicazione a terzi. Si tratta di un’esigenza di tutela contro l'invadenza altrui da
tempo riconosciuta, ma che ha veduto crescere nel tempo la sua importanza in ragione del
moltiplicarsi degli strumenti di conoscenza e di intrusione nella vita altrui.
La tutela presenta oggi un ampio spettro d'azione che può articolarsi in tre aspetti
fondamentali:
1. diritto al segreto → Fa riferimento ad alcune specifiche ipotesi in cui è sancito un rigoroso
divieto di acquisire, e comunque di rivelare a terzi, informazioni e comunicazioni altrui che
siano destinate a rimanere segrete.
Si fa riferimento alla libertà e segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma
di comunicazione, telefonica, telegrafica, telematica. All'inviolabilità del domicilio e
divieto di acquisire notizie e immagini della vita privata altrui che si svolge all'interno
delle abitazioni. L'obbligo di mantenere il segreto sulle informazioni apprese per
ragioni professionali.
2. diritto alla riservatezza
3. diritto alla protezione dei dati personali

DIRITTO DI RISERVATEZZA
Il diritto alla riservatezza tutela l’interesse a mantenere in privato i fatti della vita personale
e familiare per evitare una diffusione pubblica delle informazioni attraverso mezzi di
comunicazione di massa.
Perciò il diritto alla riservatezza ha lo scopo di controllare la raccolta e l’utilizzazione di
notizie e informazioni riguardanti la persona, che devono uniformarsi a rigorose garanzie e
precisi criteri. Il criterio generale dice che queste attività devono svolgersi nel rispetto delle
libertà fondamentali della dignità e dei diritti delle persone con riguardo al diritto alla
riservatezza e all'identità personale.
Per quanto riguarda le garanzie specifiche, la legge fa riferimento a due strumenti: il
controllo pubblico e il consenso privato.
Il controllo (pubblico) è esercitato da una autorità amministrativa indipendente creata
appositamente, il Garante per il trattamento dei dati personali, al quale vigilano e possono
sanzionare nei confronti di chi procede al trattamento dei dati personali.
In secondo luogo, il trattamento dei dati personali è consentito solo tramite il consenso
(privato) dell’interessato e per scopi prima dichiarati.
Fanno parte del diritto alla riservatezza il diritto all'immagine e il diritto al riserbo sui fatti della
vita privata.
DIRITTO ALL’IMMAGINE→ tutela il proprio ritratto vietando che esso sia pubblicato senza il
consenso della persona o fuori dai casi consentiti dalla legge, poiché il ritratto della persona
costituisce un aspetto personale che appartiene solo alla persona.
E’ consentito esporre o pubblicare l’immagine altrui solo in alcuni casi:
1. quando vi è il consenso dell’interessato, anche dietro compenso
2. quando la persona svolga attività d’interesse pubblico, come uomini politici, artisti,
sportivi.
3. quando vi è un importante interesse sociale, scientifico o di giustizia, come
documentazione fotografica di riviste e libri scientifici, foto di scomparsi o di ricercati.
4. quando si tratta di immagini riprese in avvenimenti svolti in pubblico, comizi, cortei,
conferenze, convegni.
DIRITTO AL RISERBO SULLE VICENDE DELLA VITA PRIVATA→ tutela l'interesse a
mantenere riservate le notizie in proposito, vietando che esse vengano pubblicate senza il consenso
della persona o comunque fuori dai casi consentiti dalla legge.

DIRITTO ALLA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI


Oggi la protezione dei dati personali comprende le attività di raccolta, catalogazione, e
conservazione delle informazioni riguardanti le persone: un insieme di attività considerate
globalmente e che la legge nomina “trattamento dei dati personali”.
I testi di riferimento per la disciplina sono Reg.Ue 679/2016, i d.lgs 196/2003 e 101/2018 e il
codice privacy.
Questo diritto tutela l’interesse a un appropriato trattamento delle informazioni relative alle
persone fisiche.

LIBERTA’ CIVILI
La libertà civile o politica garantita dalla Costituzione è la libertà personale come diritto a
non subire costrizioni nella sfera personale, limitazioni nei movimenti, perquisizioni fuori dai
casi determinati dalla legge. Ne sono aspetti significativi la libertà sessuale e matrimoniale,
di circolazione e di residenza, la libertà religiosa, libertà di manifestazione
del pensiero con la stampa, lo scritto e ogni altro mezzo, diritto alla libera scelta del lavoro,
libertà di iniziativa economica e diritto alla proprietà privata.

CAPITOLO 13: I DIRITTI REALI, INTRODUZIONE

STRUTTURA E CARATTERI DEI DIRITTI REALI


Un’altra categoria di diritti assoluti è rappresentata dai diritti reali (reale deriva dal latino
res che significa cosa) , essi sono diritti su una cosa avente ad oggetto una porzione
materiale della realtà. Tipico diritto reale è la proprietà come diritto di godere e di disporre
liberamente di una cosa.
Si danno anche diritti reali su una cosa che appartiene ad altri ad esempio l’usufrutto,
uso e abitazione, servitù prediali, enfiteusi, superficie, pegno, ipoteca, essi limitano le facoltà
del proprietario e attribuiscono alcuni poteri sui beni ad altri soggetti. Dunque i diritti reali
attribuiscono un potere diretto su una cosa che consente una diretta soddisfazione
dell’interesse e può farsi valere verso tutti.
I caratteri salienti dei diritti reali sono l’immediatezza del potere, l’inerenza alle cose, la
facoltà di seguito o sequela, l’elasticità e la tipicità.
Con l’immediatezza s’intende che il rapporto tra l’uomo e la cosa è diretto, ovvero il diritto
si realizza direttamente e immediatamente ad opera del titolare che trae dal godimento della
cosa l’utilità. Ciò consente al titolare di realizzare il proprio interesse senza la collaborazione
di altri soggetti. Esempio, posso abitare nel mio appartamento senza che vi sia bisogno
dell’attività giuridica di terzi.
L’inerenza della cosa consiste nella relazione tra il diritto e il bene, e perciò nella possibilità
di farlo valere verso chiunque. È segnalato l’esclusività, nel senso che il proprietario escluda
altri dal godimento.
La facoltà di seguito o sequela prevede che tali diritti possono farsi valere non solo nei
confronti di tutti ma ad alcune condizioni anche a chi acquista uno specifico diritto sullo
stesso bene. Tale caratteristica si evidenzia in particolare nei diritti reali minori. Per esempio,
se sono titolare di una servitù, cioè ho il diritto di passaggio attraverso un fondo altrui,
conserverò tale diritto anche se il fondo cambia proprietà.
L’elasticità è l’idoneità del diritto ad espandersi su tutta la cosa quando essa si accresca o
quando vengono meno i diritti altrui su di essa. Se su un fondo mio è costruito un edificio
quest’ultimo diventa di proprietà mia, cioè la proprietà del suolo si estende all'edificio.
Per tipicità s’intende che i diritti reali sono solo quelli previsti dalla legge (cd. Numerus
clausus) , infatti i privati non possono crearne altre tipologie di diritti reali, è possibile creare
invece i diritti di credito e modificare il contenuto dei diritti reali tipici. Ad esempio ampliando
o restringendo i poteri dell’usufruttuario.

DIRITTI REALI E DIRITTI PERSONALI DI GODIMENTO


I diritti reali possiamo distinguerli dai diritti di credito che quest’ultimi hanno per oggetto una
prestazione o attività di altri soggetti ed attribuiscono al titolare (creditore) il potere di
pretendere che un altro soggetto determinato (debitore) tenga un certo comportamento, per
esempio pagare una somma, effettuare un trasporto. Va evidenziato che la distinzione si
attenua in alcune ipotesi o a particolari profili, infatti esigenze come la sicurezza nella
circolazione dei beni hanno portato da un lato a limitare l’opponibilità dei diritti reali e
dall’altro ad estendere ad alcuni diritti di credito, l’opponibilità dei diritti reali, ad esempio per
la locazione e l’affitto ci sono caratteri che li avvicinano ai diritti reali di godimento, infatti si
parla di diritti personali di godimento ovvero una fusione tra diritti di godimento e diritti di
credito, ciò per dire che alcuni diritti reali possono essere opponibili a terzi se si hanno
determinati requisiti come il possesso o la trascrizione, di conseguenza anche alcuni diritti
personali di godimento possono essere opposti a terzi acquirenti del bene se si hanno
determinati requisiti.

LE VARIE FIGURE DI DIRITTI REALI


La categoria di diritti reali si divide in due categorie: il diritto su cosa propria e i diritti su cosa
altrui.
Nei diritti su cosa propria né rientra la proprietà, è il diritto di contenuto più ampio e
attribuisce ad un soggetto il massimo dei poteri su un bene.
Abbiamo poi i diritti reali su cosa altrui, ovvero quei diritti minori o parziali che possono
spettare ad un soggetto su un bene di proprietà altrui. In tale categoria rientrano i diritti reali
di godimento: usufrutto, uso, abitazione. Essi limitano il godimento del proprietario
attribuendole ad un altro soggetto. Tra di essi rientrano anche i diritti reali di garanzia ovvero
il pegno, l’ipoteca e il privilegio sociale.

CAPITOLO 14: I BENI


LA NOZIONE DI BENE
L’art 810 afferma che per beni s’intendono le cose che possono formare oggetti di
diritti, si fa riferimento ad una cosa ovvero una porzione materiale della realtà che possa
essere oggetto di diritti in quanto assoggettabile al potere dell’uomo.
Mentre non vanno a formare beni in senso giuridico l’aria la luce del sole e il vento in quanto
è vero che possono essere sfruttate economicamente ma esistono in maniera illimitata e tra
l’altro non c'è né possiamo appropriare esclusivamente in quanto comuni a tutti (sono res
communes omnium) . Infatti una volta assoggettati al potere dell’uomo vanno a costituire un
vero e proprio bene come ad es quando l’aria viene racchiusa in bombole o l’energia
elettrica grazie ai pannelli solari.
Vanno a costituire beni anche le cose immateriali come l’onore, le creazioni intellettuali e il
marchio e prendono il nome di beni immateriali.
BENI MOBILI E IMMOBILI
L’art 812 definisce immobili il suolo (include le sorgenti e i corsi d’acqua) e tutto ciò che
naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo come gli alberi e le costruzioni. Tale
qualifica viene estesa anche ai mulini e agli altri edifici galleggianti che siano assicurati in
modo permanente alla riva. Pertanto va considerato bene immobile anche una casa
prefabbricata. Mentre sono mobili tutti gli altri beni (art.812).
Per gli immobili è necessaria la forma scritta per il trasferimento e bisognerà annotare tutte
le vicende che li riguardano in appositi registri in modo da permettere ai terzi di conoscere
le loro vicende. Per i mobili circolano in maniera molto semplice bastando la semplice
consegna del bene per trasferire, di regola, anche la proprietà su di esso.
Ancora distinguiamo i beni mobili registrati che sono alcune categorie di beni (autoveicoli,
navi e aerei) annotati in appositi registri sui quali va trascritto come per gli immobili.
UNIVERSALITA’ DI MOBILI
Il Codice Civile prevede all’art. 816 le universalità di mobili sono le pluralità di che
appartengono a una stessa persona e hanno una destinazione unitaria come ad es. la
collezione, la biblioteca, il gregge.
La circolazione e la difesa delle universalità sono soggette a particolari regole.
Il legame che unisce le varie cose dipende dalla volontà del proprietario il quale le destina
ad una funzione unitaria, infatti che l’insieme è chiamato universalità di fatto (universitas
facti).
Non va a costituire universalità il patrimonio ovvero l’insieme dei rapporti attivi e passivi
facenti capo ad uno stesso soggetto.

COMBINAZIONI DI BENI
Un’altra distinzione di beni è fatta in base al modo in cui le cose si rapportano una all’altra.
Bisogna distinguere la cosa semplice da quella composta. Cosa semplice è quel bene, i cui
elementi sono connessi tra di loro e dove una loro separazione va a distruggere la cosa ad
es. un tavolo o un animale. Cosa composta invece, è il risultato dell’unione materiale di più
cose, che vanno a cambiare la loro importanza economica e funzionale se vengono
separate ad es. una radio, un’automobile e una casa. Casa e garage.
Si dicono poi divisibili i beni che possono essere frazionati in parti omogenee tali da
conservare proporzionalmente il valore dell’intero come ad es. un fondo, un edificio con più
appartamenti, una partita di vino.

LE PERTINENZE
Esse sono le pertinenze ovvero le cose destinate in modo durevole a servizio o ad
ornamento di un’altra (art.817).
La destinazione di pertinenza può essere fatta dal proprietario della cosa principale o dal
titolare di un diritto reale su di essa. Ne sono esempio le aree destinate a parcheggio
rispetto
ad alcuni edifici.
Le pertinenze sono cose autonome ma va ad accrescere il valore e l’utilità della parte
principale.
La legge detta che gli atti e i rapporti giuridici che riguardano la cosa principale
comprendono anche le pertinenze se non è diversamente disposto, art. 818, quindi se
vendo l’edificio venderò automaticamente l’area di parcheggio.

I FRUTTI
I frutti sono beni che provengono da un altro bene direttamente o indirettamente.
Sono frutti naturali quelli che provengono direttamente dalla cosa con o senza l’opera
dell’uomo. Ne sono esempi i prodotti agricoli, i parti degli animali e i prodotti delle miniere
(art. 820).
Essi appartengono al proprietario della cosa fruttifera tranne se la proprietà sia attribuita ad
altri, ad esempio perché si è venduto il raccolto sugli alberi o perché il fondo è dato in affitto.
In tal caso la proprietà dei frutti si acquisisce dal distacco della cosa madre (821) . Fin a tale
momento essi sono una mera parte del bene (art. 820) e le vicende del bene comprendono
anche i frutti.
Sono invece frutti civili quelli che si traggono dalla cosa come corrispettivo del godimento
che altri né abbia come gli interessi o il canone (sono quelli che possono essere ricavati
dalla corrispondente utilizzazione del bene) . Sia acquistano giorno per giorno in base alla
durata del diritto.

BENI FUNGIBILI E INFUNGIBILI


I beni fungibili sono quei beni sostituibili con altri dello stesso genere ovvero quei beni che
si fanno apprezzare solo per la loro appartenenza ad un genere e non per caratteristiche
individuali. Per esempio, un quintale di grano equivale a una stessa quantità di frumento
dello stesso tipo, una lavatrice di una certa marca e modello è identica a un’altra della
stessa serie.
Sono invece beni infungibili quei beni che hanno caratteristiche proprie che li distinguono
da altri simili come ad es. i beni immobili e le opere d’arte, gli oggetti usati.
Un’ultima distinzione sono le cose consumabili e quelle deteriorabili. Le cose consumabili
sono quelle che possono essere utilizzate una sola volta, come per esempio un litro di
benzina, il cibo e il denaro. I beni deteriorabili ovvero quei beni che se non si consumano
in un lasso di tempo e si deteriorano a poco a poco per esempio un’automobile.

BENI PUBBLICI
Beni pubblici sono i beni appartenenti a un ente pubblico. In tal caso distinguiamo i beni
demaniali che possono appartenere solo allo stato alle regioni, alle province e ai comuni, e
i beni patrimoniali indisponibili che possono appartenere anche ad altri enti pubblici.
Sono beni del demanio necessario, ovvero beni che spettano solo allo stato come
la spiaggia, i porti, fiumi, le acque pubbliche e le opere destinate alla difesa nazionale.
Mentre fanno parte del demanio eventuale se appartengono a un ente pubblico
territoriale. Per esempio, strade, ferrovie, aeroporti, acquedotti, e immobili, i mercati,
i cimiteri, le raccolte archeologiche e artistiche.
Sono beni del patrimonio indisponibile le foreste, le miniere, le cose di interesse
storico e gli edifici sede di uffici pubblici con i relativi arredi (art. 826) .
Tutti gli altri beni pubblici rientrano nel patrimonio disponibile.
Lo stesso trattamento si ha per i beni degli enti ecclesiastici anche se le chiese possono
cambiare destinazione solo se sconsacrate.

CAPITOLO 15: LA PROPRIETA’


LA NOZIONE
La proprietà è il primo e fondamentale fra i diritti reali l’art.832 del Cod. civ. ne detta il
contenuto cioè il diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo,
entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico.
Il diritto di godere delle cose consiste nella facoltà di poter decidere come e quando
utilizzare la cosa se sfruttarla direttamente o di darla in godimento a terzi, trasformarla, non
utilizzarla o anche distruggerla.
Il diritto di disporre consiste nel poter vendere o donare il bene o costruire su di esso diritti
reali in favore di terzi, infatti il proprietario può vendere o donare costituire una servitù o un
ipoteca ecc.
Ancora la norma aggiunge che per pienezza si intende che, in linea di principio, il
proprietario può fare tutto ciò che non è espressamente vietato, questo è proprio la
caratteristica della proprietà, infatti tale carattere la differenzia rispetto agli altri diritti reali
minori o limitati su cosa altrui.
L’esclusività consiste nel poter escludere tutti coloro che non abbiamo un titolo per
esercitare poteri sulla cosa.
Per quanto riguarda limiti ed obblighi, essi sono molteplici, infatti non si parla più della
proprietà ma delle proprietà ovvero tanti istituiti quanti sono gli statuti delle singole categorie
di beni.

RUOLO SISTEMATICO DELLA PROPRIETÀ


La proprietà ha sempre avuto un ruolo fondamentale, lo statuto Albertino la definiva
inviolabile, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1789 la definiva sacra,
ancora fu definita assoluta.
Con la codificazione del 1865 si ebbe un ruolo costituzionale della proprietà, infatti il
codice civile italiano che si componeva di tre libri: il primo riguardava le persone, il secondo
era dedicato alla proprietà e il terzo il modo d’acquisto della proprietà. Dunque era appunto
la proprietà l’asse portante di tutta la disciplina civilistica.
Più tardi per le esigenze del commercio e per la nascita dell’industria si creò il codice del
commercio, da questo momento al codice civile competeva tutela e garanzia della proprietà
mentre al codice di commercio la regolamentazione del mercato e dello scambio. Con la
codificazione del 1942 la scena cambia, in un solo codice vediamo il diritto civile e quello
commerciale. L’agricoltura divenne fondamentale introducendo l’impresa agricola e si
sviluppò l’industria italiana, in tale contesto la proprietà perde il suo ruolo economico e il
concetto di impresa invece assume un ruolo di rilevante importanza.
Anche oggi vediamo un’ulteriore mutamento la stessa proprietà delle grandi imprese passa
attraverso strumenti come le azioni ovvero diritti di credito.

LA GARANZIA COSTITUZIONALE DELLA PROPRIETÀ PRIVATA E LA SUA FUNZIONE SOCIALE


La proprietà viene vista come un diritto soggettivo ovvero un potere di agire per soddisfare
un interesse proprio e come il dovere di tutelare anche altri interessi.
Oggi con lo stato sociale interventista avendo come principio la tutela della persona umana
vede nella proprietà e nella libertà economica solo strumenti a servizio dell’uomo e quindi
la funzione sociale. Tale funzione può essere vista come utilità collettiva o bene comune,
da un lato definisce i limiti e gli obblighi dall’altro invece viene visto come un criterio di
interpretazione della disciplina.

LIMITI ED OBBLIGHI DELLA PROPRIETÀ PRIVATA


In quanto al diritto di proprietà la legge prevede dei limiti della proprietà e degli obblighi
del proprietario.
Abbiamo già detto che la funzione sociale è uno strumento per l’interpretazione della
disciplina ma anche per al sua integrazione, per l’imposizione di nuovo limiti alle facoltà de
proprietario, in particolare quando non può essere utilizzata l’analogia. Ciò per mettere in
atto il principio di solidarietà sociale in modo da tutelare non solo l’interesse concreto del
soggetto. Tale principio viene attuato concretamente attraverso l’articolo 883 che vieta al
proprietario gli atti emulativi ovvero gli atti che hanno lo scopo di nuocere o creare molestie
ad altri.
E’ comunque difficile trovare un punto d’equilibrio tra funzione sociale e garanzia della
proprietà riconosciuta dalla costituzione. La Corte costituzionale ha precisato che limiti e
obblighi sono compatibili con la garanzia costituzionale quando:
I limiti sono generali ovvero riguardano tutti i beni di uno stesso tipo.

LA PROPRIETÀ FONDIARIA
Dopo le disposizioni generali sulla proprietà, il codice civile disciplina la proprietà fondiaria
distinguendo la proprietà agricola o rurale e la proprietà edilizia. Il codice premette norme
generali per entrambe. L'art. 840 riguarda l’estensione della proprietà in linea verticale e
afferma che essa si estende al sottosuolo, con tutto ciò che vi si contiene, tranne le acque
le miniere e i beni di interesse storico e artistico. La stessa norma afferma che il proprietario
non può opporsi ad attività di terzi svolte a tale altezza o a tale profondità se non ha
interesse
ad escluderle.
L’art 841 riguarda invece l'estensione orizzontale, ovvero la proprietà è delimitata dai confini
del fondo che il titolare può chiudere impedendo l’ingresso agli estranei, se la recinzione
manca, egli deve consentire l’accesso a chi voglia esercitarvi la caccia, raccogliere piante
o passeggiarvi. Ancora all’ingresso deve essere consentito al vicino che debba costruire o
riparare il proprio muro, riprendere la cosa o l’animale proprio, contro corrispettivo solo se
l’accesso provoca danno.

LE IMMISSIONI E I RAPPORTI DI VICINATO


I rapporti di vicinato sono i rapporti tra proprietà vicine per contemperare i diversi interessi
e consentirne la coesistenza.
Il codice civile detta limiti e obblighi per tali rapporti. Tali rapporti sono reciproci in quanto il
sacrificio di uno è compensato dal vantaggio dell’altro, sono automatici poiché nascono
direttamente dalla legge e gratuiti infatti si differenziano dalle servitù.
Le immissioni sono le propagazioni derivanti a un fondo dalla attività svolta in un altro come
le propagazioni di fumo calore ecc.
L’art. 844 afferma che il proprietario non può impedire le propagazioni del vicino se non
superano la normale tollerabilità. Affinchè tale articolo venga applicato le ripercussioni
devono essere indirette e involontarie. La normale tollerabilità dalla condizione dei luoghi e
dal tipo di propagazione.
L’art 844 afferma che le immissioni provocate da un’attività produttiva sono ammesse,
sempre se il giudice ha accertato che non possono essere ridotte attraverso accorgimenti
tecnici.

LA PROPRIETÀ AGRICOLA
L’art 44 della costituzione considera la proprietà agricola importante per la funzione
sociale,infatti esso prevede dei limiti per la sua estensione e per la bonifica delle terre,la
trasformazione del latifondo dando sostegno alla piccola e alla media proprietà. Pur
parlando di un articolo costituzionale non se ne ha una grande attuazione.
Il codice civile si limita a creare solo leggi teoriche. La vera disciplina inerente alla proprietà
agricola la troviamo nella leggi speciali,le quali si occupano per lo più della disciplina
contrattuale su di essa.
Le art 857 \865 affermano che è possibile istituire dei veri e propri consorzi tra i proprietari
al fine di bonificare i terreni e mettere in atto opere di miglioramento fondiario.
Gli art 866 \868 impongono vincoli sull’ utilizzazione dei boschi.
Si tratta di previsioni,in quanto molte volte la materia necessita di norme specifiche, e altre
volte invece riguardano il diritto pubblico.
Per quanto riguarda la disciplina per le acque private ,dobbiamo ricordare che con
l’emanazione del codice civile ,le acque che avessero attitudine ad usi di pubblico ,erano
state dichiarate “pubbliche”.
Oggi invece, con la legge 36 del 1934 sono state dichiarate pubbliche tutte le acque
superficiali e sotterranee,ancora non estratte dal sottosuolo.tali acque possono essere
utilizzate dal proprietario del fondo per usi domestici e per ridotti usi agricoli.
Gli articoli 909,910 affermano che le acque che si trovano in una proprietà privata devono
essere messe a disposizione di terzi, in quanto la funzione sociale e quindi l’interesse
generale prevale su quello privato.
L’art 912 dà il potere al giudice di ridurre o escludere il diritto di un soggetto in favore
dell’altro in relazione all’uso cui l’acqua è destinata o si vuole destinare, il giudice deve tener
conto dell'interesse in concreto che è rilevante sul piano collettivo e quindi sulla funzione
sociale della proprietà.

LA PROPRIETÀ EDILIZIA
La costituzione non parla espressamente di proprietà edilizia in quanto non si avvertì
l’esigenza di intervenire su tale piano.
Oggi invece l’edificazione del territorio costituisce un problema complesso e rilevante sul
piano economico e sociale.
La legge oggi limita la facoltà di edificare, infatti il proprietario del suolo può costruire solo
se e nei limiti in cui la pianificazione urbanistica preveda tale destinazione nella zona e solo
previo rilascio di un permesso di costruire, rilasciato dietro pagamento del cosiddetto
contributo di produzione dpr 380/2001.
L’interesse pubblico prevale sui diritti del proprietario infatti prevalgono gli assetti urbanistici
le necessità di infrastrutture e servizi sociali, l’esigenza di assicurare case di abitazioni a
prezzi accessibili, art 47 cost. tutte queste necessità hanno creato delle vere e proprie
divergenze tra i proprietari dei suoli assoggettati a tali vincoli e gli enti pubblici.
La costituzione prevede l’espropriazione per motivi di interesse generale e il suo indennizzo.
Tale limitazioni e vincoli che lasciano solo formalmente al privato la titolarità del bene sono
legittimi solo sé non svuotano di ogni contenuto il diritto di proprietà.
Se ci troviamo di fronte a categorie di beni definiti in base alle loro caratteristiche oggettive,
come ad es i beni di rilevante interesse architettonico, l’indennizzo non viene richiesto,
anche se, affinchè essi vengano individuati, c’è bisogno di atti amministrativi specifici, come
ad esempio la qualità di bene di interesse storico di un certo edificio.
Per quanto riguarda l’entità dell’indennizzo, la Corte ha vietato il pagamento dell’intero
valore venale del bene, in quanto l’indennizzo è visto come un risarcimento dovuto al privato
per il sacrificio che gli è stato imposto; infatti il dpr 380/2001 fissa l’indennità per le aree
edificabili in una somma pari a circa un terzo del loro valore nonostante i problemi giuridici
e politici sottostanti.

DISTANZA TRA EDIFICI


Il codice civile disciplina le distanze che bisogna osservare fra edifici allo scopo di
coordinare le facoltà di godimento nei rapporti di vicinato:
Distanza tra edifici l’art 873 stabilisce che le costruzioni sui fondi vicini devono
essere realizzate in aderenza o tenute a una distanza non inferiore ai tre metri.
La scelta tra le due alternative è dovuta alla prevenzione temporale ovvero chi
costruisce per primo può scegliere se edificare sul confine o ritirarsi alla distanza di
un metro e mezzo. Le alternative sono solo queste due infatti non è possibile
costruire a distanze inferiori, pena la facoltà del vicino di chiedere la demolizione
dell’edificio o la cessione coattiva della parte di suolo per estendervi la propria
costruzione. Per quanto riguarda il muro di cinta quello divisorio e quello sul confine
questo, può essere reso comune attraverso il pagamento della metà del valore di
esso, la cosiddetta comunione forzosa del muro.
Distanze per altri manufatti, pozzi, cisterne, fosse settiche e tubature, e per alberi. Il
cod. civ. afferma che i manufatti devono essere tenuti a una certa distanza dal
confine allo scopo di evitare ai fondi vicini danni.
Luci e vedute. L’art 900 disciplina l’apertura di finestre negli edifici, nel momento in
cui esse si affaccino o siano prossime sul fondo del vicino, allo scopo di limitare il
reciproco disturbo.
Le luci sono aperture che danno passaggio alla luce e all’aria ma non permettono di
affacciarsi sul fondo del vicino.
Le vedute sono aperture che permettono di affacciarsi e guardare di fronte e
secondo la legge devono tenere una certa distanza.
In caso di violazione, la legge prevede il risarcimento dei danni e se le norme che riguardano
le distanze non vengono osservate l’art 872 dà il diritto di ottenere la demolizione delle
opere.

MODI D’ACQUISTO DELLA PROPRIETÀ


Si distinguono due modi di acquisto della proprietà a titolo DERIVATIVO e ORIGINARIO:
A TITOLO DERIVATIVO che sono gli acquisti che si presuppone un precedente
titolare del diritto, da cui deriva l’acquisto stesso attraverso un titolo (compravendita,
successione a causa di morte ecc) che trasferisce il diritto.
A TITOLO ORIGINARIO, si tratta di un bene che non ha mai avuto un proprietario,
si basa sul principio che la proprietà si acquista libera da diritti altrui sulla cosa.

I SINGOLI MODO D’ACQUISTO


Oltre all’usucapione e al possesso titolato ci sono altri modi d’acquisto a titolo originario
come occupazione invenzione e accessione:
L’OCCUPAZIONE è il possesso di cose mobili che non appartengono a nessuno
come i pesci del mare e le cose abbandonate dal proprietario. Il requisito dell’acquisto
sono: il possesso materiale della cosa e di far propria la cosa. I beni di tutti e di
nessuno sono suscettibili di occupazione per esempio l’aria che viene racchiusa in bombole.
L’INVENZIONE è il ritrovamento di cose mobili smarrite ma non abbandonate dal
proprietario il ritrovatore né diventa proprietario se entro un anno dal ritrovamento
nessuno la reclama.
Un ipotesi particolare di invenzione è la scoperta del tesoro cioè una cosa mobile di
pregio nascosta o sotterrata di cui nessuno può provare d'essere proprietario, salvi
i diritti dello stato sulle cose storiche e archeologiche il tesoro scoperto spetta al
proprietario del fondo.
L’ACCESSIONE è l’acquisto della proprietà di un bene per effetto della sua unione
a un altro che è il principale. Quando una cosa (accessoria) si unisce ad un’altra cosa
(principale) la cosa nuova che si viene a creare è acquistata dal proprietario di
questa. Si distingue l’accessione di mobile a immobile, di mobile a mobile, di
immobile a immobile.
a) L’accessione di mobile a immobile o accessione al suolo si verifica per ogni
costruzione e opera realizzata sopra o sotto il suolo altrui art 934 essa
appartiene al proprietario di questo nonostante sia stato realizzato da altri.
L’acquisto immediato e automatico è indipendente dalla volontà del proprietario.
L’accessione di mobile a mobile prende il nome di unione cioè quando più cose
appartenenti a diversi proprietari sono state unite tali da formare un sol tutto. In
tal caso se le cose non sono economicamente separabili la proprietà diventa
comune. Se invece una delle cose è principale o di valore superiore, il proprietario
della principale acquista tutta la proprietà pagando il valore della cosa unita.
L’accessione di immobile a immobile si individua in una serie di ipotesi
denominate incrementi fluviali caratterizzate dal fatto che a seguito di
modificazioni nel corso delle acque si verificano mutamenti nell’assetto dei fondi
confinanti. L’alluvione è l’incremento che si forma nei fondi posti lungo le rive dei
fiumi, per effetto del ritirarsi dell’acqua da una riva e appartiene al proprietario del
fondo. L’avulsione è il distacco di una parte di un fondo che viene trasportato e
unito a un altro fondo. L’alveo abbandonato è il terreno abbandonato dal fiume.

LE AZIONI A DIFESA DELLA PROPRIETÀ


La legge cerca di tutelare la proprietà tramite alcune azioni. Le azioni a difesa della proprietà
disciplinate dagli art 948-951 hanno una natura reale in quanto attribuiscono una tutela
oggettiva e in forma specifica del diritto. Si può agire anche con azioni personali come il
risarcimento dei danni.
La rivendicazione è l’azione concessa al proprietario il quale secondo l’art. 948 può
rivendicare la cosa da chiunque la possiede o detiene. L’azione ha una duplice
funzione: di accertamento della titolarità del diritto e di restituzione del bene.
Il soggetto ha l’interesse a fare accertare il suo diritto.
Il LEGITTIMATO ATTIVO è colui che sostiene di essere proprietario ma dovrà
dimostrarlo provandone i fatti egli dovrà provare un titolo originario d’acquisto.
Il LEGITTIMATO PASSIVO è chi possiede o detiene la cosa e anche chi dopo la
domanda giudiziale per fatto proprio cessa di possedere o detenere la cosa, ad es.
perché l’ha alienata ad altri. Egli in tal caso è tenuto a recuperare la cosa a proprie
spese o il risarcimento dei danni.
Per quanto riguarda il detentore egli potrebbe non restituire la cosa, dovendo tenere
conto di chi gliel'ha consegnata, in tal caso dovrà indicare il soggetto per conto del
quale la detiene ad es. locatore del bene.
In qualunque caso l’onere della prova non grava sul convenuto in quanto egli non è
obbligato a dimostrare quale titolo abbia per disporre della cosa. Chi invece pretende
di aver un titolo sulla cosa deve dimostrare il suo diritto, se ciò non accade, la
domanda sarà rigettata.
L’AZIONE DI RIVENDICAZIONE non si prescrive, in quanto il proprietario può
anche non utilizzare la cosa.
l’AZIONE NEGATORIA è concessa al proprietario per far dichiarare l’inesistenza dei
diritti altrui sulla cosa e per far cessare le eventuali molestie allo scopo di mettere in
atto un accertamento negativo ed eventualmente ad una condanna alla cessazione
delle molestie e al risarcimento del danno.
Il LEGITTIMATO ATTIVO è il proprietario dell’immobile, nell’ azione negatoria non si
contesta la titolarità della cosa, infatti il proprietario non deve dare prova della
titolarità.
Mentre è il LEGITTIMATO PASSIVO ovvero chi pretende di avere diritti reali sul bene
che dovrà dare una prova rigorosa. L'azione è ammessa quando un altro soggetto
affermi di avere diritti sulla cosa o, addirittura, affermi di essere lui il proprietario.
L’AZIONE DI REGOLAMENTO DI CONFINI si può ricorrere quando il confine tra
due fondi sono incerti e hanno lo scopo di accertarlo.
Sono ammessi qualunque mezzo di prova e in mancanza il giudice farà riferimento
alle mappe catastali.
l’AZIONE PER L’APPOSIZIONE DEI TERMINI, presuppone la certezza del confine,
il suo scopo è quello di apporre o ristabilire a spese comuni i termini, come i segni di
pietra o altra materia che servono a rendere riconoscibili i confini.

CAPITOLO 16: I DIRITTI REALI DI GODIMENTO

I DIRITTI REALI DI GODIMENTO


I diritti reali di godimento attribuiscono un potere su una cosa altrui. Sono i cdd. Diritti
reali minori o parziali. Sono reali perché godono dei caratteri di assolutezza, inerenza alla
cosa, elasticità e tipicità.
Sono diritti su cosa altrui perché gravano su beni di proprietà di altri, limitando le
facoltà del proprietario e il contenuto del suo diritto. Su uno stesso bene possono
coesistere più diritti reali minori se di contenuto diverso (es. coesistenza di usufrutto
e servitù) . Se il proprietario e il titolare del diritto reale minore sono la stessa persona
il diritto minore si estingue (consolidazione).
Altro carattere importante è l’elasticità di tali diritti in quanto se sul fondo gravato da
usufrutto o enfiteusi viene effettuato una costruzione, l’enfiteusi e l’usufrutto si
estendono a quanto costruito (art. 9592 983).
La differenza fra la proprietà e i diritti reali minori è il tempo in quanto quest’ultimi si
estinguono dopo venti anni di non uso.
La tutela di tali diritti è ammessa “erga omnes” ovvero il titolare può agire
direttamente contro chiunque si trovi nel possesso del bene o contesti il suo diritto
per ottenere la restituzione (vindicatio ususfructus, vindicatio servitutis) o
l’accertamento del suo diritto; l’accertamento prende il nome di confessoria con la
quale è diretta a fare accertare l’esistenza e il contenuto di un diritto reale minore (art 1012
1079).
I diritti reali di godimento sono: la superficie, l’enfiteusi, l’usufrutto, l’uso, l’abitazione
e le servitù.

LA SUPERFICIE
La superficie consiste nel diritto di fare e mantenere una costruzione sopra o sotto il suolo
altrui (IUS AEDIFICANDI) oppure separare la proprietà di una costruzione già esistente
dalla proprietà del suolo (PROPRIETA’ SUPERFICIARIA, art 952 954) esse sono situazioni
giuridiche diverse ma entrambe sono una deroga al principio dell’art 934 per il quale ogni
opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario del suolo per accessione7.
Tuttavia la prima consiste nel mero diritto di costruire sul suolo altrui acquistando in
seguito la proprietà dell’opera (art. 9521) ma se la costruzione non viene realizzata
entro vent’anni il diritto reale si estingue come tutti i diritti reali minori.
La seconda consiste in un vero diritto di proprietà sulla costruzione, separato dalla
proprietà del suolo. Tale diritto ci si trova di fronte a una separazione tra proprietà del
suolo e proprietà delle opere fatte sul suolo.
La superficie generalmente non è molto frequente perché consente diverse
utilizzazioni edificatorie di uno stesso fondo dotate della tutela e della stabilità del
dominio.
La costituzione della superficie può avvenire:
1. per contratto, c’è quindi bisogno della forma scritta.
2. per legge per le opere su suolo altrui destinate all’esercizio delle servitù.
3. per usucapione.
Il superficiario può liberamente estinguere il suo diritto e costituire diritti reali a favore di
terzi ad es. usufrutto e servitù.
L’estinzione della superficie può avvenire:
Per scadenza del termine quando previsto o per le cause stabilite al momento della
costituzione,
Per consolidazione cioè quando il proprietario del suolo e di superficiario fanno
capo allo stesso soggetto;
Per prescrizione del diritto di costruire.
Comunque sia l’estinzione della superficie comporta l’acquisto della costruzione in capo al
dominus soli, senza necessità di accettazione.
poi possibile anche una concessione ad aedificandum con efficacia solo obbligatoria, in
questo caso il diritto di costruire non richiede forma scritta avrà un carattere personale e
non reale si parla quindi di un diritto personale di godimento.

L’ENFITEUSI
L’enfiteusi attribuisce al titolare enfiteuta, lo stesso potere di godimento che spetta al
proprietario, salvo l’obbligo di migliorare il fondo e di pagare un canone periodico (detto
censo, art 959) .
Oggi l’enfiteusi è scarsamente diffusa, la sua maggiore espansione rispondeva all’esigenza
di favorire la coltura e il miglioramento dei terreni abbandonati, assicurando allo stesso
tempo una rendita al proprietario.
L’enfiteuta trovava conveniente il diritto di godimento per la possibilità di acquistare la piena
proprietà tramite affrancazione.
Il codice vigente ha effettuato delle modifiche rafforzando la posizione dell’enfiteuta e
dedicando una intera disciplina alle: ENFITEUSI URBANE ED EDIFICATORIE.
Secondo la disciplina vigente: l’enfiteuta ha ampissimi poteri di godimento, potendo anche
modificare la destinazione economica del fondo, realizzare addizioni e costruzioni, tanto
che si parla di dominio utile per descrivere la sua posizione (art 959) .
Si tratta quindi di una vera e propria proprietà ma c’è da considerare che l’enfiteusi si
estingue per non uso (art. 970).
L’enfiteuta può disporre liberamente del suo diritto, per atto fra vivi o a causa di morte,
e può anche costituire diritti reali minori a favore di terzi (usufrutto, servitù art. 965,
968).
La durata non può essere inferiore ai vent’anni e il concedente ha diritto di ottenere
un atto di riconoscimento del suo diritto prima dello scadere dei vent’anni.
Gli obblighi riguardano il miglioramento del fondo e il pagamento di un canone il
quale non può superare l’ammontare del reddito dominicale.
L’enfiteuta può ottenere l’affrancazione del fondo e quindi diventarne proprietario
pagando una somma pari a quindici volte l’ammontare annuo del canone, è questo
un diritto potestativo.
Qualora l’enfiteuta non migliori il fondo o lo deteriori deve pagare al concedente due
annualità di canone: devoluzione (art. 975).
L’enfiteusi si estingue per affrancazione, devoluzione, decorso del termine (art. 958),
perimento del fondo (art.963) e per prescrizione ovvero non uso (art. 970).

L’USUFRUTTO
L’usufrutto è il diritto di godere di una cosa rispettando la sua destinazione economica,
art 981.
Si attribuisce al titolare un ampio potere di usare e godere una cosa altrui traendo
ogni utilità che una cosa può dare, si estende anche a tutte le accessioni ovvero
incrementi della cosa anche se realizzati da terzi dopo la costituzione dell’usufrutto.
La destinazione economica della cosa è un limite al potere di godimento, es un
appartamento non può diventare deposito.
La durata temporanea dell’usufrutto non può superare la vita dell'usufruttuario e se il
diritto è a favore di un ente giuridico non può durare più di trent’anni, art 979.
L’oggetto dell’usufrutto non riguarda solo i beni mobili e immobili ma anche i crediti
e i titoli di credito, le azioni e le aziende.
L’usufrutto può essere costituito su una cosa “consumabile” e quindi non può essere
restituita al termine dell’usufrutto, tal proposito l'usufruttuario deve pagare il valore di
stima convenuto o restituire cose dello stesso genere e qualità art 995.
In questo caso la proprietà delle cose passa all'usufruttuario e si parla di quasi
usufrutto,
Quando invece l’usufrutto è costituito su una cosa deteriorabile l'usufruttuario può
servirsene per il proprio uso al quale sono destinate, restituendole nello stato in cui
si trovano, art 996.

DIRITTI E OBBLIGHI DELL'USUFRUTTUARIO


I poteri di godimento dell'usufruttuario sono ampi, egli può trarre dalla cosa tutte le utilità
che essa può dare nel rispetto della sua destinazione economica.
L'usufruttuario può utilizzare la cosa direttamente o indirettamente e trarre i frutti naturali
(che si acquistano al momento della separazione) e civili (che si acquistano giorno per
giorno) i quali spettano ad egli per la durata del suo diritto; se l’usufrutto cessa nel corso
dell’anno i frutti devono essere ripartiti col proprietario. Pertanto, se l’usufrutto dura fino al 19
marzo, l'usufruttuario acquisterà gli animali nati entro quella data (oppure gli interessi
maturati) e i rimanenti spettano al proprietario.
L'usufruttuario può inoltre realizzare miglioramenti sulla cosa e addizioni ovvero un
incremento quantitativo che rimane distinto dalla cosa (una recinzione, un
acquedotto) . In entrambi i casi l'usufruttuario ha diritto a un'indennità che è pari alla
minor somma tra quanto speso e il migliorato al momento della cessazione
dell’usufrutto salvo che il proprietario preferisca non ritenerle, art 985 986.
L'usufruttuario inoltre è legittimato alla tutela del suo diritto sia in via possessoria
ovvero il diritto di conseguire il possesso della cosa ed esercitare azioni, sia in via
petitoria egli compete l’azione confessoria contro chi contesta il suo diritto.
Gli obblighi dell'usufruttuario sono connessi alla restituzione della cosa al termine
dell’usufrutto, egli deve impiegare la diligenza del buon padre di famiglia nel
godimento nella custodia e nella gestione, art.1001 e 1003. Quanto alla gestione le
spese di ordinaria manutenzione e le imposte sul reddito spettano all'usufruttuario,
mentre le spese per riparazioni straordinarie e le imposte dominicali spettano al
proprietario (art. 1004).

ACQUISTO ED ESTINZIONE DELL’USUFRUTTO


L’usufrutto può costituirsi:
1. per legge es. usufrutto legale dei genitori sui beni dei figli minori;
2. per volontà privata tramite testamento o contratto, oneroso o gratuito.
E’ frequente la donazione con riserva di usufrutto art 796 ovvero l’atto con cui una
persona (una madre) dona ad un’altra persona (un figlio) un bene riservandosene il
godimento. È però possibile che il proprietario riservandosi la proprietà estingua l’usufrutto
e quindi si parla di acquisto derivativo costitutivo ; sarà invece un acquisto derivativo
traslativo quello ottenuto per cessione da chi è già titolare dell’usufrutto, cioè l'usufruttuario
può cedere il proprio diritto per un periodo di tempo oppure per tutta la sua durata e la
cessione dev'essere notificata al proprietario; possibile infine un acquisto per
USUCAPIONE generalmente in forma abbreviata, art 1158.
L'usufruttuario ha ampio potere di disposizione del proprio diritto, lo può cedere a
terzi per atto tra vivi, può costituire a favore di terzi diritti di godimento e di garanzia
(per esempio uso e locazione). Tali diritti si estinguono alla cessazione dell’usufrutto,
anche se con alcune eccezioni art 999, 2814. Non è quindi ammesso l’usufrutto
successivo ovvero il passaggio dell’usufrutto da una persona ad un’altra nel
momento della morte; la successione ereditaria è ammessa solo quando l’usufrutto
sia stato ceduto ad altra persona e questa muoia prima della scadenza dell’usufrutto.
L’estinzione dell’usufrutto si verifica quindi:
● per scadenza del termine,
● alla morte dell'usufruttuario;
● per prescrizione ventennale;
● per perimento totale della cosa;
● per l’abuso che l'usufruttuario fa del suo diritto;
● per consolidazione ovvero quando il proprietario o l'usufruttuario sono la stessa
persona.

L’USO E L’ABITAZIONE
L’uso e l’abitazione sono sottospecie di usufrutto e quindi vi si applica la stessa disciplina
esse sono caratterizzate da una facoltà di godimento limitata ai bisogni del titolare e
della sua famiglia.
L’uso è il diritto di servirsi di una cosa e di raccoglierne i frutti limitatamente ai
bisogni personali e familiari.
L’abitazione è il diritto di abitare in una casa nei limiti dei bisogni della famiglia
compresi i figli adottivi naturali e le persone di servizio art. 1022.
Queste previsioni non hanno trovato riscontro nella pratica e una costituzione ex lege
di tali diritti è contenuta nell’art. 540 del codice civile il quale prevede a favore del coniuge
superstite il diritto di abitazione della casa familiare e il diritto di uso dei
mobili che la corredano.
LE SERVITU’
La servitù è un peso imposto sopra un fondo (fondo servente) per l’utilità di un altro fondo
(fondo dominante) , appartenente a diverso proprietario, art 1027.
un diritto reale di godimento ma si differenzia dagli altri perché consente una utilizzazione
specifica e circoscritta della cosa altrui, es. passare sul fondo, attingervi acqua o installare
una tubatura.
La servitù si caratterizza perché nasce e vive in una relazione tra due fondi, la
limitazione al primo fondo avvantaggia il secondo: predialità delle servitù. Per
esempio, il divieto di non piantare alberi sul fondo servente garantisce luce e
panorama a quello dominante, e può pertanto costituire contenuto di una servitù.
La servitù è legata alla proprietà di un immobile e si trasferisce automaticamente col
trasferimento della proprietà del bene, cioè se si vende il bene. Per esempio se il
proprietario di un edificio ha una servitù di passaggio su un fondo vicino, tale servitù
si trasferirà anche al nuovo proprietario dell’edificio. In altre parole si mantiene anche
se il proprietario dei due fondi cambiano.

ELEMENTI CARATTERIZZANTI DELLE SERVITU’


Gli elementi che caratterizzano la servitù sono il peso, l’utilità e la diversità dei
proprietari.
Il peso è una limitazione delle facoltà di godimento del fondo. Esso consiste nel
permettere, cioè passare sul fondo o attingere acqua, nel non permettere, cioè non
costruire e non far piantare alberi alti.
È possibile che il proprietario del fondo servente sia obbligato a fare qualcosa per
esempio spurgare l’acquedotto, anche se tale obbligo non fa parte del contenuto
della servitù, e quindi un obbligazione reale o propter rem.
Il peso non è disciplinato dalla legge e il suo contenuto può essere liberamente
determinato dalle parti.
L’utilità del fondo può consistere in qualsiasi vantaggio anche non economico, per il
miglior utilizzo del bene. In tal senso è vietato uno storno delle utilità a es. il titolare
di una servitù di presa d’acqua non può vendere acqua a terzi o usarla per altri fondi
propri ma solo a vantaggio del fondo dominante.
La diversità dei proprietari dei due fondi: servente e dominante è fondamentale ma è
ammesso che il proprietario del fondo servente sia comproprietario, insieme ad altri,
del fondo dominante e viceversa, ciò è ammesso perché vi è sempre un rapporto fra
persone diverse: servitù reciproche.
Le servitù si distinguono in base al modo di costituzione in:
● servitù negative che attribuiscono il potere di vietare qualcosa.
● servitù affermative che attribuiscono il potere di fare qualcosa, a loro volta esse
vengono distinte in continue e discontinue.

SERVITU’ COATTIVE
Le servitù coattive si costituiscono forzosamente generalmente con sentenza del giudice,
un es. è un fondo che non ha accesso alla pubblica via e i confinanti non consentono il
passaggio, a questo punto la proprietà sarebbe inutilizzabile proprio per questo motivo è
interesse generale assicurare una ottimale utilizzazione dei beni. In presenza di tali
motivazioni la legge attribuisce al proprietario di un fondo il DIRITTO POTESTATIVO di
ottenere, attraverso il pagamento di una indennità, una servitù a carico di un fondo vicino.
In mancanza di accordo tra le parti la servitù viene stabilita con sentenza del giudice per
soddisfare il bisogno del fondo dominante.
Le figure più importanti di servitù coattive sono:
1. Acquedotto coattivo che attribuisce il diritto di collocare sul fondo servente acquedotti
o canali, sono queste le servitù di scarico, di elettrodotto e di linee telefoniche art
1033 1056.
2. Il diritto di prelevare acqua dal fondo servente.
3. Passaggio coattivo attribuisce il diritto di passare sul fondo servente qualora il fondo
vicino non abbia accesso alla pubblica via, tali servitù non riguardano le case, i cortili
e i giardini, art.1051.
Queste servitù a differenza di quelle volontarie sono soggette alla clausola rebus sic
stantibus ovvero se l’acqua diviene insufficiente o il passaggio non sarà necessario,
la servitù sarà soppressa.

SERVITU’ VOLONTARIE
Si dicono volontarie le servitù che si costituiscono per fatto dell’uomo ovvero tramite un
atto negoziale, per usucapione e per destinazione del padre di famiglia art 1031.
Queste servitù dipendono dalla volontà privata e le parti sono libere di determinare il
contenuto.
In via negoziale le servitù possono costituirsi per testamento o per contratto, art
1058, è richiesta la forma scritta e si dà luogo ad un acquisto derivativo costitutivo.
La costituzione per usucapione delle servitù e la destinazione del padre di
famiglia danno luogo ad acquisti a titolo originario. La destinazione del padre di
famiglia è un modo d’acquisto delle servitù e ha luogo quando due fondi
appartengono a uno stesso proprietario e questi ha realizzato opere tali da
assoggettare un fondo all’atro, per esempio ha costruito una finestra che affaccia sul
cortile oppure ha fatto passare su un fondo una tubatura. Ma se tale proprietà si
divide, la servitù si estende attivamente e passivamente a favore e sopra ciascuno
dei fondi separati, la servitù si costituisce automaticamente.

ESERCIZIO E TUTELA DELLE SERVITU’


Afferma l’art 1063 del cod. civ. l’esercizio della servitù e la sua stessa estinzione sono
regolati dal titolo costitutivo, sentenza, contratto o testamento e in mancanza dalla legge.
Le opere necessarie per l’esercizio della servitù sono a carico del proprietario del fondo
dominante, salvo che sia diversamente stabilito dal titolo negoziale o dalla legge.
La tutela delle servitù può avvenire sia in via petitoria e quindi l’azione confessoria
consente al titolare della servitù di far riconoscere l’esistenza e di far cessare
impedimenti al suo esercizio art. 1079, sia in via possessoria.

ESTINZIONE DELLE SERVITU’


Le servitù si possono estinguere:
1. per rinuncia e qui è richiesto l’atto scritto;
2. er confusione ovvero quando il proprietario del fondo servente e quello del fondo
dominante sono la stessa persona nel principio nemini res sua servit art 1072; 6

Per prescrizione quando non si utilizzano per vent’anni art. 1073.


CAPITOLO 17: LA COMUNIONE

NOZIONE DI COMUNIONE
La comunione si ha quando la titolarità di un diritto spetta a più persone.
Quando i coniugi acquistano un appartamento, oppure due fratelli ereditano un fondo rustico
danno luogo ad una comproprietà, questi sono soggetti sono quindi contitolari
(comproprietari per ½) di uno stesso diritto sullo stesso bene.
Per la comunione non si ha una pluralità di diritti sulla cosa ma si ha uno stesso diritto
distribuito fra più persone messe in causa.
Il diritto di ciascuno viene limitato dal diritto degli altri. La quota che indica la misura della
partecipazione di ciascuno alla con titolarità.
L’unicità del diritto spiega che in caso in cui un titolare rinuncia la sua quota essa va ad
accrescere le quote degli altri.

INTERESSI INDIVIDUALI E INTERESSE COLLETTIVO


In questo caso l’interesse collettivo prevale su quello individuale, con l’adozione del principio
maggioritario, in quanto le decisioni di interesse comune sono adottate a maggioranza a
svantaggio di coloro che non sono d’accordo cioè i dissenzienti. La disciplina si propone di
creare un equilibrio tra le ragioni del singoli e quelli degli interessi collettivi.
Nella comunione l’interesse collettivo è risultato della somma degli interessi individuali.
Possiamo distinguere le comunioni in volontarie cioè create dalle parti, per esempio
acquistare insieme un bene; incidentali create dalla legge; quelle forzose ossia le
comunioni necessarie che non possono essere sciolte per volontà unilaterale.

LA COMUNIONE ORDINARIA
Il codice civile oltre a disciplinare vari tipi di comunione disciplina la comunione ordinaria
cioè la contitolarità della proprietà o di un altro diritto reale, per esempio se due fratelli
ereditano o comprano insieme un rustico.
La comunione ordinaria è segnata da una sola tendenziale prevalenza dell’interesse
collettivo su quello individuale. Alla base di tale comunione vige il principio del concorso
ossia ogni partecipante si serve della cosa comune senza alterarne la destinazione e senza
impedirne il parimenti uso degli altri contitolari.
La misura del diritto di ciascuno è dato dalla quota di contitolarità cioè la proporzionale
partecipazione. Tali quote sono fissate nel titolo cioè nel contratto d’acquisto, e in mancanza
di questo titolo le quote sono uguali.
L’uso spetta individualmente a ciascuno in proporzione alla sua quota e nei limiti
già indicati. Il coordinamento segue il criterio spaziale o quantitativo (per esempio un
posto macchina a ciascuno) o quello temporale (per esempio ciascuno può
parcheggiare per 3 mesi all’anno) .
L’amministrazione spetta collettivamente a tutti, secondo il principio maggioritario
per le decisioni di interesse comune. Mentre per gli atti di ordinaria amministrazione come la
manutenzione della cosa o i turni di godimento la maggioranza semplice
viene calcolata in base alle sole quote.
Per gli atti di straordinaria amministrazione per esempio miglioramenti e
innovazioni c’è una doppia maggioranza per capi e per quote cioè la maggioranza
I dati numerici dei partecipanti devono rappresentare da terzi del valore della cosa.
maggioranza non deve danneggiare il diritto individuale a godere della cosa
ovviamente né a portare innovazioni che non siano approvati anche da uno dei soli
partecipanti.
La disposizione spetta individualmente a ciascuno nei limiti della sua quota, cioè
ognuno può vendere la propria quota a terzi o chiedere lo scioglimento della comunione.

IL CONDOMINIO NEGLI EDIFICI


Il condominio è la comunione che s’instaura negli edifici, infatti ognuno è proprietario
esclusivo di un piano e comproprietario di alcune parti comuni come il suolo, tetti e scale
art. 1117.
In questo caso la comunione è forzosa poiché si tratta di cose di godimento di ogni
comproprietario, che non è soggetta a divisione e non si può rinunciarla.
L’assemblea dei condomini è quell’organo deliberativo che ha competenza generale sulla
gestione delle cose comuni. Le deliberazioni hanno validità con la convocazione preventiva
e con uno specifico ordine del giorno. Con l’intervento di un numero minimo di condomini,
cd quorum; l’approvazione a maggioranza semplice o qualificata.
Per gli atti di ordinaria amministrazione occorre l’approvazione di un terzo dei condomini
i quali devono essere titolari di un terzo del valore dell’edificio esempio riparazioni, bilancio
e uso dell’ascensore.
Per gli atti di straordinaria amministrazione occorre l’approvazione della maggioranza
numerica degli intervenuti, i quali devono essere titolari almeno della metà del valore
dell’edificio.
Per le innovazioni invece occorrono maggioranze più consistenti. I condomini assenti o
dissenzienti possono impugnare le delibere contrarie alla legge o al regolamento entro 30
giorni dalla notizia.
L’amministratore è quell’organo esecutivo che ha rappresentanza anche processuale del
condominio. La sua competenza è speciale, limitata, in quanto attua le delibere, disciplina
l’uso delle cose comuni, riscuote i contributi etc. Mentre la sua nomina è obbligatoria anche
quando i condomini sono più di quattro.
Il regolamento è lo statuto del condominio, esso contiene le norme sull’uso delle cose
comuni, la ripartizione delle spese, l’amministrazione. Tale regolamento è obbligatorio
quando i condomini sono più di dieci ed è approvato a maggioranza semplice.

NATURA GIURIDICA DELLE DELIBERAZIONI ASSEMBLEARI E DEL REGOLAMENTO DI


CONDOMINIO
Le deliberazioni dell’assemblea hanno una funzione deliberativa: servono cioè ad assumere
una decisione per gli affari d’interesse comune.
La delibera non ha natura negoziale e non è perciò vincolante verso l’esterno. Il vincolo nei
confronti dei terzi deriverà soltanto dall’atto con cui l’amministratore, che rappresenta il
condominio, manifesterà la vera a propria volontà negoziale.
Le delibere assembleari sono “atti collettivi”, concorrono a formare la decisione di un gruppo.
Nelle delibere vi è una sola parte, il gruppo, non i singoli individui.
Analogo discorso va fatto per il regolamento di condominio: di norma nasce da una delibera
assembleare, ha natura di atto collettivo e incontra i limiti già ricordati in ordine al suo
oggetto. Può accadere che il regolamento prenda vita da un atto negoziale o contrattuale.
La natura contrattuale della fonte da cui nasce non modifica la competenza del regolamento,
non muta il carattere regolamentare delle sue disposizioni.
Il regolamento di condominio rimane indifferente alla fonte da cui prende vita.

LA MULTIPROPRIETA’
La multiproprietà immobiliare è una comunione caratterizzata da una particolare modalità
di godimento su beni immobili. Essa riguarda la comproprietà di case di villeggiatura dove i
condomini possono godere in periodi temporali prefissati di unità immobiliare per esempio
uno o più settimane nell’anno.
La legge non regola la multiproprietà ma disciplina i contratti detti contratti di
multiproprietà attraverso i quali si attribuiscono i diritti di godimento su immobili per un
periodo determinato, garantendo l’acquirente tutelandolo da possibili abusi. Si prevedono
obblighi di informazione inerenti al bene, e diritti e obblighi delle parti, necessaria forma
scritta del contratto, diritto di recesso dell’acquirente entro un certo termine, garanzie per
l’adempimento del venditore, divieto di esigere un acconto per tutela di un ripensamento da
parte del consumatore acquirente.

CAPITOLO 18: IL POSSESSO

LE SITUAZIONI POSSESSORIE
Il possesso non è un diritto, ma è una situazione di fatto cioè nel fatto che un soggetto gode
di un bene a prescindere che abbia o non abbia il diritto di farlo. Quindi ciò che conta non
che esso sia proprietario o ladro o un abusivo ma che di fatto un soggetto esercita i poteri
che competono al titolare di un diritto reale sulla cosa.
Quindi Proprietà e diritti reali minori designano una situazione giuridica che consiste
nell’attribuire un legittimo potere sulla cosa.

RAGIONI DELLA TUTELA


Innanzitutto di regola il titolare del diritto è anche il possessore della cosa, per tanto la
tutela della situazione possessoria protegge proprio chi ha il diritto di possedere. Ma è
anche possibile che il possessore non sia titolare del diritto.
Il proprietario non può appropriarsi con forza del suo bene ma deve far valere il suo diritto
in giudizio.
Un’altra ragione della tutela del possesso a chi non ne ha diritto è l’intento di premiare chi
a differenza del proprietario utilizza il bene dando un vantaggio a tutta la collettività. I
vantaggi che il possesso assicura sono, cdd. Commoda possessionis:
La posizione di convenuto nell’azione di rivendica chi possiede non è tenuto a
dimostrare di avere un titolo (cioè un diritto, proprietà, usufrutto) a fondamento del
proprio possesso. Quindi se tale possesso viene messo in discussione chi pretende
tale diritto deve dimostrarlo.
La tutela giudiziaria tramite le azioni di reintegrazione nella situazione di fatto
contro chi ha sottratto o turbato il possesso.
Il diritto al rimborso di determinate spese sostenute per la cosa.

NOZIONE DI POSSESSO
L’art 1140 detta che il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività
corrispondente all’esercizio di altro diritto reale. Si può possedere direttamente o per mezzo
di un’altra persona, che ha la detenzione della cosa. È un semplice potere sulla cosa e non
un diritto.
Cioè secondo l’art 1140 si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona che ha
la detenzione della cosa. Per esempio quando il possessore lascia la cosa in custodia a un
terzo, la affida a un proprio dipendente oppure affitta il fondo. In tutte queste ipotesi il
possessore non perde il controllo sulla cosa ma continua a esercitare un potere su di essa
che ne ha la detenzione cioè la materiale disponibilità.
Si distinguono diverse situazioni possessorie:
1) il possesso vero e proprio consistente nell’esercizio diretto dei poteri sulla cosa
2) il possesso mediato che si ha quando i poteri sono esercitati per il tramite di un terzo che
ne ha.
3) la detenzione cioè la disponibilità materiale. Il possesso vero e proprio include anche
questo.

POSSESSO E DETENZIONE
La distinzione tra possesso e detenzione sta che nel caso del possesso, possiamo
distinguere due elementi: uno oggettivo e l’altro soggettivo. Quello oggettivo (corpus)
riguarda la materiale disposizione della cosa; mentre quello soggettivo (animus) riguarda
l’intenzione di avere la cosa per se. Nella detenzione si riscontra solo l’elemento oggettivo,
in quanto la detenzione implica l’obbligo di restituire la cosa e quindi di rendere conto al
possessore.
Tale impostazione non è accettata in quanto possesso e detenzione sono entrambe
situazioni di fatto che consistono nell’esercitare un potere su una cosa a prescindere dal
diritto di farlo o meno.
I poteri che il detentore può esercitare dipendono dallo scopo particolare per il quale il bene
è stato consegnato da un soggetto a questo. Per esempio, Tizio affida un bene al detentore
affinchè lo custodisca, lo amministra o lo affitta.
Se la detenzione è in capo al possessore, essa è solo una modalità di esercitare il potere,
in quanto vi è il diretto potere sulla cosa.
Se la detenzione è a capo ad un soggetto diverso. Il tal caso, il detentore può usufruire del
titolo, e questo può essere contemplato sia come un interesse del possessore mediato
(amministrazione, mandato e deposito), sia come un interesse proprio del detentore,
locazione e affitto.

RAPPORTI TRA DETENZIONE E POSSESSO


Si presume che il possesso è a capo di colui che esercita il potere di fatto, a meno che non
si provi che tale potere sia stato esercitato come detenzione, ovvero dimostrando che la
disponibilità del bene è stata conseguita in base ad un titolo (comodato, deposito,
locazione), il quale non comporta nessun diritto reale e nessun esercizio dei poteri,
qualificando così la detenzione come semplice disponibilità della cosa.
Ciò che è importante non è l’intenzione di tenere la cosa (animus) , ma il titolo che ha dato
inizio ad esercitare tale potere.
Inoltre è possibile che la detenzione si muti nel possesso. Il detentore non deve solo
mutare il suo animus ma deve avere tutte le intenzioni di diventarne padrone, e per tale
motivo il mutamento della detenzione avviene solo per cause provenienti da un terzo o
che il detentore si opponga al possessore.
Causa proveniente da un terzo il quale il possessore afferma di essere proprietario
e trasferisce il diritto di proprietà al detentore. Per esempio, Tizio proprietario del bene
dato a Caio in comodato, glie ne dona la proprietà.
Per quanto riguarda l’opposizione del detentore, si tratta di manifestare al
possessore in qualunque modo la sua volontà di acquisire il possesso del bene.
Acquisto del possesso.
La detenzione si può acquistare solo in modo derivativo, presupponendo un possessore
dal quale si riceve la cosa, mentre il possesso si può acquistare anche in modo originario:
Nelle ipotesi di acquisto della proprietà a titolo originario, si presuppone:
l’accessione, l’occupazione e l’invenzione;
Nelle ipotesi di mutamento della detenzione in possesso;
Quando il possesso sia conseguito direttamente con la materiale sottrazione del
bene altrui.
Il possesso non può essere trasmesso per atti di benevolenza e di tolleranza da parte del
possessore. Così non acquisterà il possesso il vicino che per mia tolleranza parcheggia
l’auto nel mio posto macchina o passa sul mio fondo.
Si ha invece un acquisto derivativo quando il possesso viene trasmesso dal precedente
possessore con la consegna della cosa materiale e simbolica (per esempio, la consegna
delle chiavi di un immobile) . Una consegna simbolica si ha anche nel cd. Traditio brevi
manu e prevede che il detentore diventi possessore del bene, ad esempio l’inquilino compra
la casa tenuta in locazione. Mentre viceversa il possessore diventa detentore, ad es. vendo
l’azienda ma vi rimango come affittuario, con ciò si nota che non è nessuna consegna del
bene, ma si ha solo un cambiamento del titolo.

QUALIFICAZIONI DEL POSSESSO


Ci sono varie circostanze che qualificano il possesso come medesimo:
Al momento dell’acquisto lo stato psicologico qualifica il possesso come di buona
fede o di mala fede: è possessore di buona fede chi possiede ignorando di ledere il diritto
altrui art. 1147.
Questa situazione può verificarsi, ad esempio, quando il possessore riceve il bene da un
soggetto che si spaccia per titolare del diritto; in questo caso il possessore è convinto di
agire in maniera corretta, credendo di ricevere il bene dal vero titolare del diritto ed è, quindi,
in buona fede.
Se il soggetto è in buona fede, non sarà pregiudicato dall’eventuale malafede dei possessori
precedenti. La buona fede spetterà a colui che cerca di provare la malafede altrui.
Le modalità d’acquisto qualificano il possesso come viziato se acquistato in modo
violento o clandestino cioè contro la volontà del proprietario o del possessore.
Si ha violenza quando viene usata la forza contro le persone e le cose per ricevere
il bene.
Si ha clandestinità quando l’acquisto viene fatto in modo tale da renderlo nascosto
agli altri. Per esempio il furto: mentre l’obiettiva notorietà del possesso lo qualifica
come pubblico.
Le modalità di esercizio del possesso, lo qualificano come continuo se non ci
sono interruzioni civili o naturali.
Le interruzioni civili si verificano quando il proprietario reclama in giudizio la cosa
sua o il possessore riconosce l’obbligo di restituirla.
Le interruzioni naturali si verifica quando si sia perduto il possesso per oltre un
anno.
SUCCESSIONI NEL POSSESSO E ACCESSIONE DEL POSSESSO
In caso di acquisto originario del possesso, il soggetto sarà in buona fede in relazione al
suo effettivo stato psicologico; in caso di acquisto derivativo del possesso occorre fare una
distinzione:
In caso di successione a titolo universale (eredità) è importante il subingresso
dell’erede nella stessa posizione del defunto. Il possesso continua nell’erede con gli
stessi caratteri e qualificazioni che aveva l’ereditando cioè se era in buona fede,tale
è anche il possesso dell’erede. Se il possesso era viziato, tale continua ad essere
anche in capo all’erede.
Nel caso di successione a titolo particolare (consegna del bene a seguito di
vendita o donazione) anche in questo caso, colui che subentra nel possesso in buona
o mala fede in dipendenza della sua effettiva condizione psicologica al momento
dell’acquisto, senza essere pregiudicato dall'eventuale malafede dell’altro soggetto.

DIRITTI DEL POSSESSORE NELLA RESTITUZIONE DELLA COSA


La tutela del possesso è soltanto provvisoria, infatti a seguito della rivendicazione da parte
del titolare, il possessore dovrà restituire la cosa. Inoltre, se è fruttifera, dovrà restituire
anche i frutti nel frattempo prodotti, poiché spettano al proprietario, art. 821.
stabilito che: Il possessore di buona fede, fa suoi, i frutti percepiti fino al giorno della
domanda giudiziaria, e da tale data egli conosce l’obbligo di restituire il bene. Quindi vanno
restituiti i frutti percepiti solo dopo tale data. Il possessore di mala fede deve invece
restituire insieme alla cosa del bene, anche i frutti percepiti sin dall’inizio del suo
possesso.
La regola sostiene che il possessore è tenuto alla restituzione del bene a fronte però
del diritto al rimborso delle spese necessarie che ha sostenuto per la produzione.
Per le altre spese erogate sulla cosa e per le riparazioni straordinarie, il possessore
in buona o in mala fede ha il diritto al rimborso.
Per quanto riguarda i miglioramenti, se il possessore è di buona fede, questi vanno
rimborsati nella misura dell’aumento di valore della cosa; se il possessore è di mala
fede, i miglioramenti vanno rimborsati nella minor somma tra lo speso e il migliorato.

LE AZIONI POSSESSORIE
per la tutela delle situazioni possessorie sono previste alcune
azioni,le quali cercano di mantenere o ripristinare lo stato di fatto
alterato dagli altri. In questo modo il possessore spogliato della cosa o molestato
nel godimento, può far ripristinare lo stato anteriore, ciò anche contro il legittimo proprietario
che abbia ripreso la cosa con forza.
Le azioni a difesa del possesso sono: l’azione di reintegrazione; di manutenzione; di
denunzia di nuova opera e di danno temuto.

L’AZIONE DI REINTEGRAZIONE
L’azione di reintegrazione o spoglio è concessa a chi sia stato spogliato violentemente
e mira ad ottenere la reintegrazione nella situazione possessoria art 1168.
Il legittimato attivo è sia il possessore che il detentore,di beni mobili o mobili,e quale
che sia il titolo da cui deriva il potere, servitù, proprietà, usufrutto, locazione. Mentre
è escluso il detentore disinteressato, cioè chi ha la detenzione della cosa per ragioni
di servizio o di ospitalità, l’operaio rispetto agli attrezzi di lavoro, l’amico cui ho prestato la
moto.
Il legittimato passivo è colui che ha commesso uno spoglio violento o clandestino.
L’azione è soggetta al termine di decadenza di un anno dal giorno dello spoglio, o se
clandestino dal giorno in cui si è scoperto l’autore dello spoglio.
La reintegrazione deve essere fatta con sentenza dal giudice cioè il giudice è l’unico a
decidere se la reintegrazione è possibile o meno.

L’AZIONE DI MANUTENZIONE
L’azione di manutenzione è concessa a colui che è stato molestato nel possesso di un
immobile o di una universalità di mobili art. 1170, e mira ad ottenere la manutenzione del
possesso medesimo.
Il legittimato attivo è solo il possessore di diritti reali su beni immobili o universalità di
mobili. Sono requisiti specifici per l’azione il possesso non viziato e deve essere
continuo e ininterrotto da oltre un anno.
Il legittimato passivo è colui che compie atti di turbativa o molestia,di fatto o di
diritto,del possesso altrui. Per esempio costruire senza il rispetto delle distanze legali,
ostruendo il passaggio con dei materiali, affermandosi come titolare della cosa altrui.
L’azione è soggetta alla decadenza di un anno.

LA DENUNZIA DI NUOVA OPERA E DI DANNO TEMUTO


La denunzia di nuova opera, può essere esercitata, quando si teme che una nuova opera
intrapresa da altri da non oltre un anno può provocare un danno. In questo caso il giudice
potrà vietare o permettere la prosecuzione delle opere però ordinando opportune cautele.
La denunzia di danno temuto, viene esercitata quando si teme un grave danno derivante
da un edificio, albero o da cose del vicino come un cornicione pericolante, un tendone
assicurato male al suolo, e in questo caso il giudice dispone cautele tecniche o giuridiche
per l’eventuale risarcimento.

CAPITOLO 19: L’ACQUISTO DEI DIRITTI REALI MEDIANTE IL POSSESSO

L’ACQUISTO DEI DIRITTI REALI MEDIANTE IL POSSESSO


La legge inserisce alcuni modi d’acquisto a titolo originario della proprietà e degli altri diritti
reali mediante il possesso. I casi sono il possesso titolato di beni mobili e l’usucapione.
Cioè il possesso attribuisce al possessore, a determinate condizioni, la titolarità del diritto
anche se manca un titolo d’acquisto.
Per quanto riguarda i modi d’acquisto derivativi, questi sono condizionati dagli alienanti, i
quali hanno titolarità del diritto di cui dispongono, cioè il successore subentra nello stesso
diritto del suo precedente titolare, con tutti i suoi limiti e pesi che gravano sul bene.
Questa regola vuole tutelare il titolare, il quale può far valere il suo diritto contro chi ne
dispone abusivamente. Ma allo stesso tempo tale regola presenta un lato negativo, in
quanto se essa viene applicata rigorosamente, rallenterebbe la circolazione dei bene,
perché l’acquirente per essere sicuro dell’acquisto metterebbe in atto delle indagini per
scoprire l’effettività del diritto. Per esempio se voglio acquistare un computer o un orologio
dovrei informarmi sul precedente proprietario, mettermi in contatto con lui, assumere
informazione ma rendendo più lunghi i tempi d’acquisto.
Per quanto riguarda i beni immobili, si cerca di rendere sicuro l’acquisto tramite un sistema
di pubblicità.
In sintesi la legge prevede alcuni istituti, collegati al possesso che assicurino la rapida e
sicura circolazione dei beni: sicura in quanto si cerca di realizzare un acquisto a titolo
originario; rapida in quanto la sicurezza evita di appesantire gli acquisti con lunghe indagini.

IL POSSESSO TITOLATO DI BENI MOBILI


Un particolare modo d’acquisto della proprietà di beni mobili è il possesso titolato, anche
denominato possesso vale titolo.
L’art 1153 sancisce, che colui che acquista beni mobili dal non proprietario, può divenire
proprietario, se si tratta di un titolo idoneo al trasferimento del diritto, o ci sia buona fede o
ancora il possesso.
Se in buona fede acquisto una bicicletta da un ladro, divento proprietario. In questo caso il
derubato dovrà rivolgersi al ladro e non a me.
Tale regola invece non viene applicata ai diritti sulle opere di ingegno. Inoltre la regola opera
solo in caso di valido acquisto dal non titolare del diritto; non opera invece in caso di
contratto nullo.
Affinché possa operare la regola del possesso vale titolo, c’è bisogno di alcuni elementi
requisiti:
1. un titolo idoneo al trasferimento del diritto. Per esempio, una vendita o una
donazione.
2. deve trattarsi di contratti astrattamente idonei dove idoneo sta per non nullo. Cioè
quelli che non sono idonei sono: i contratti che non hanno efficacia traslativa
immediata; i contratti che hanno solo efficacia dichiarativa; i contratti nulli, i quali
sono privi di effetti; i contratti stipulati col falso rappresentante, cioè colui che agisce
in nome e per conto del proprietario senza avete tale potere. Mentre idoneo un
contratto annullabile.
La buona fede al momento della consegna significa ignoranza dell’altruità della
cosa, cioè ignoranza che il venditore non è proprietario. La buona fede non giova se
dipende da colpa grave.
Il possesso della cosa che deriva dalla consegna materiale da parte del
disponente. Il possesso svolge la funzione di pubblicità, che per i beni mobili
registrati è svolta dalla trascrizione.
La regola del possesso vale titolo, non realizza un acquisto derivativo, in quanto chi vende
non è proprietario, ma si tratta di un acquisto a titolo originario cioè libero da diritti altrui sulla
cosa che non risultano nel titolo che ho acquistato. Così chi mi vende una cosa e non mi
avverte che su di essa grava un diritto a favore di un terzo, io l’acquisto come libera e i diritti
dei terzi si estingueranno.
La regola possesso vale titolo si applica anche quando il bene viene alienato a più
persone.

L’USUCAPIONE
L’usucapione è un modo d’acquisto della proprietà e degli altri diritti reali di godimento
derivante dal possesso continuato per un certo tempo.
L’acquisto è a titolo originario e la proprietà si acquista libera da pesi e diritti altrui, cioè che
nessun terzo abbia esercitato nessun diritto su di essa, in modo tale da acquistare tutti i
diritti reali di godimento, ma non quelli di garanzia.
Il ruolo centrale è dato dal possesso continuato per un certo tempo e d’altra parte,
l’usucapione semplifica la prova relativa della titolarità dei diritti reali, in modo tale da favorire
la tutela e la circolazione Per esempio se voglio acquistare un fondo rustico o un
appartamento e per essere certo che sono divenuto proprietario mi basterà accertare che il
venditore l’ha posseduto per venti anni.
In sintesi l’usucapione è il modo di acquisto della proprietà in due ipotesi:
Possesso senza alcun titolo o con titolo nullo
Possesso legittimato da titolo valido ma inefficace, poiché proviene da colui che non
è titolare del diritto alienato.
Abbiamo due tipi di usucapione, quella ordinaria e quella abbreviata.

L’USUCAPIONE ORDINARIA
L’usucapione ordinaria si compie in virtù del possesso continuato per venti anni art
1158. Con l’usucapione ordinaria ventennale si acquistano i diritti di proprietà e di godimento
su tutti i beni,mobili immobili,universalità di mobili e mobili registrati. Ma ai fini
dell’usucapione è necessario che il possesso presenti alcuni requisiti:
Possesso pacifico e pubblico,cioè acquistato non in modo violento e clandestino.
Il possesso viziato giova per l’usucapione, nel momento in cui la violenza o
clandestinità è cessata.
Non è necessaria la buona fede, perché anche il ladro può diventare proprietario se
possiede il bene almeno da venti anni.
Inoltre il possesso deve essere continuo e non interrotto, e non deve aver subito nessuna
interruzione, né civile e né naturale.

L’USUCAPIONE ABBREVIATA
L’usucapione abbreviata richiede, oltre al possesso continuato per un certo tempo,
ulteriori requisiti:
1. Il TITOLO deve essere astrattamente idoneo a trasferire il diritto.
2. La BUONA FEDE ovvero l’ignoranza non colposa.
La TRASCRIZIONE del titolo è richiesta solo per il bene mobili e immobili registrati.
Per quanto attiene al POSSESSO, deve essere non viziato e senza interruzione, e la sua
durata varia in relazione ai beni.
L’usucapione si compie:
1. in dieci anni per i beni immobili e mobili.
2. in cinque anni per la piccola proprietà rurale.
3. in tre anni per i mobili registrati art 1159-1162.
Anche per i beni mobili è prevista una usucapione di dieci anni. Essa avviene quando
l’acquirente, seppur di buona fede, manchi di un titolo valido art. 1161. Se questo vi fosse, il
Il diritto si acquisterebbe immediatamente in virtù della regola possesso vale titolo.

CAPITOLO 20: I DIRITTI RELATIVI

I DIRITTI RELATIVI
Come sappiamo i diritti soggettivi si dividono in assoluti e relativi.
I DIRITTI RELATIVI possono farsi valere in maniera diretta solo nei confronti di determinati
soggetti. Tra tali situazioni giuridiche rientrano i diritti di credito, i quali si caratterizzano come
una specifica pretesa verso un determinato soggetto attribuendo il diritto di pretendere un
certo comportamento. Per esempio consegnare un bene, stipulare un contratto, risarcire il
danno.
Nei confronti degli altri consociati la tutela dei diritti relativi si pone in maniera diversa: essa
non riguarda il contenuto specifico della prestazione, ma riguarda solo il debitore. La tutela
verso i terzi è perciò solo indiretta, infatti essi non rientrando in tale rapporto, non possono
violare gli obblighi previsti in esso, ma possono alterarli attraverso condizioni esterne, per
esempio si pensi a chi ha acquistato un bene già promesso ad altri. Avranno
diritto al risarcimento dei danni.

I DIRITTI DI CREDITO, OBBLIGHI E OBBLIGAZIONI


Nei diritti di credito si evidenzia il rapporto giuridico, della relazione fra due soggetti
creditore e debitore. I rapporto fra compratore e debitore è detto obbligazione o rapporto
obbligatorio.
Un credito si riscontra sia nei rapporti economici sia nei rapporti familiari. L’obbligo del
mantenimento dei figli, obbligo di rispettare i genitori.
Il codice disciplina specificamente i rapporti familiari secondo regole adeguate alle loro
caratteristiche; tuttavia, le situazioni giuridiche tutelate tra debitore e creditore si inquadrano
tra i diritti di credito; pertanto quelle non disciplinate saranno applicabili le norme dettate per
l’obbligazione. È importante distinguere tra obbligo e obbligazione, obbligazione si ha
quando la prestazione ha carattere patrimoniale; obbligo quando invece tale carattere viene
a mancare, per esempio, obbligo di fedeltà tra i coniugi e obbligo di mantenimento dei figli.

CAPITOLO 21: IL RAPPORTO OBBLIGATORIO

NOZIONE
Il rapporto obbligatorio è un vincolo tra due soggetti nel quale uno di essi, detto debitore,
è tenuto a eseguire una specifica prestazione a favore dell’altro, detto creditore. Una
posizione si denomina credito, e l’altra debito o obbligazione. L’interesse del creditore
sarà soddisfatto quando il debitore adempie alla prestazione. Per esempio Tizio deve
pagare 1000 euro a Caio, eseguire un lavoro, effettuare un trasporto. Quindi il debitore non
può soddisfare da sé direttamente l’interesse, ma ha bisogno della cooperazione altrui.
Inoltre l’obbligo non è verso chiunque ma solo nei confronti di determinati soggetti.

FONTI DELLE OBBLIGAZIONI


Secondo l’art. 1173 le fonti delle obbligazioni sono il contratto, il fatto illecito e ogni
altro atto o fatto idoneo a produrle. Essi sono i fatti giuridici a cui la legge attribuisce
idoneità a far sorgere un rapporto obbligatorio, per esempio contratto di compravendita
nasce l’obbligazione di pagare il prezzo.
Le obbligazioni nascono da fatti giuridici, infatti, al verificarsi di tali fatti nascerà un rapporto
obbligatorio. Così da un contratto di vendita nasce l’obbligazione di pagare il prezzo, da un
sinistro di risarcire il danno, l’obbligo di educare un figlio.
Il contratto è un accordo stipulato fra due o più persone.
Fatto illecito è il ferimento anche involontario di una persona con l’obbligo del
risarcimento.
Atti o fatti idonei a produrlo. Per esempio, arricchimento senza causa o ripetizione
di indebito.
Le obbligazioni hanno assunto un ruolo centrale sul piano giuridico, ciò è stato dovuto
dall’importanza, che già dagli anni passati ha assunto l’impresa, la quale si assicura la
disponibilità dei fattori della produzione prevalentemente con i diritti di credito e non più con
i diritti reali.
Il libro IV del c. civ. va a regolare le obbligazioni in generale, disciplinando sia le obbligazioni
commerciali che quelle civili.
Il contratto e l’illecito sono figure o schemi generali atipici, dalle quali derivano obbligazioni
in tutti i casi in cui vengono a considerazione interessi meritevoli di tutela, mentre gli altri atti
menzionati dall’art. 1173 sono fattispecie tipiche, che hanno lo scopo di generare
obbligazioni solo nei casi determinati dalla legge.

VINCOLATIVITÀ E COERCIBILITÀ
L’obbligazione appartiene alla cerchia delle situazioni giuridiche passive, caratteristica in
tale ambito è l’obbligatorietà (o vincolatività) del comportamento, caratteristica comune a
tutte le situazioni di dovere, e la coercibilità che è diversa in base al tipo di prestazione
dedotta in obbligazione.
Infatti, se il debitore non adempie spontaneamente, il creditore potrà agire in giudizio
chiedendo l’esecuzione forzata, cioè un’esecuzione in forma specifica o una per
equivalente.
Attraverso l’esecuzione in forma specifica, il creditore ottiene tutto ciò che si doveva
riscuotere dall’obbligazione. Essa può essere chiesta se la prestazione inadempiuta lo
consenta. Come:
Consegna di una cosa determinata (si può ottenere la consegna della cosa specifica).
Obbligazione di fare fungibile (si può richiede l’esecuzione a spese dell’obbligato).
Di concludere un contratto (può essere richiesta la sentenza che produce gli effetti
del contratto non concluso).
Di non fare (si può richiedere la distruzione di ciò che è stato fatto in violazione
dell’obbligo).
Se la legge non ammette l’esecuzione in forma specifica, si può richiedere l’esecuzione
per equivalente, consiste nella vendita forzata del bene del venditore e il soddisfo sul
ricavato di essa, art. 2910.
Tale forma è la più utilizzata, in quanto viene messa in atto per le ipotesi di debiti pecuniari,
sia che si tratti della somma dovuta del debitore, sia che si tratti del risarcimento dei danni
causati dall’inadempimento.
L’art 2740 afferma che il debitore risponde dell’inadempimento dell’obbligazione con tutti i
suoi beni presenti e futuri. Ciò crea una garanzia per il creditore, il quale può realizzare una
soddisfazione coattiva del suo diritto (ciò va a rappresentare la cosiddetta responsabilità
patrimoniale del debitore) .
Sia il debito che la responsabilità sono essenziali per l’obbligazione. Infatti, se manca il
debito, il creditore non potrà avere la garanzia del debito altrui. Se invece manca la
responsabilità, si avrà un’obbligazione naturale e non una vera e propria obbligazione civile.
L’obbligazione civile si caratterizza per la presenza di debito e responsabilità.
Per obbligazione naturale la legge intende quei doveri morali o sociali che si distinguono
dai doveri di cortesia, un esempio può essere il pagamento dei debiti di gioco, al
mantenimento reciproco di due coniugi.
CAPITOLO 22: GLI ELEMENTI DEL RAPPORTO GIURIDICO A) L’OGGETTO

LA PRESTAZIONE
L’Art 1174 afferma che l’oggetto del rapporto obbligatorio è costituito dalla prestazione del
debitore. Per prestazione s’intende il comportamento cui il debitore è tenuto, ovvero
all’attività che è obbligato a svolgere, per esempio curare un malato ovvero al risultato che
deve conseguire per soddisfare l’interesse del creditore per esempio eseguire un trasporto.
Un’ulteriore distinzione afferma che la prestazione può consistere in:
DARE, ovvero la consegna di un bene o il trasferimento di un diritto.
Si deve distinguere l’obbligazione generica che riguarda la consegna di una quantità di cose
che appartengono a un genere e non ancora individuate, per esempio una
somma di denaro, 100 litri di gasolio.
Dall’obbligazione specifica che riguardano una cosa determinata, per esempio un
appartamento, un quadro di un autore. Tale distinzione ha importanza quando si
realizza il trasferimento della proprietà e perciò il passaggio del rischio per il
perimento delle cose;
FARE, si tratta di eseguire un’attività, cioè un’attività materiale o giuridica. Come per
esempio curare un paziente o realizzare una costruzione. E qui è necessario
distinguere le obbligazioni di mezzo da quelle di risultato. Nelle obbligazioni di
mezzo il debitore non promette un risultato al creditore, ma s'impegna a tenere un
comportamento che soddisfi l'interesse del creditore, per esempio un medico deve
fare il suo lavoro indipendentemente dal risultato, se il paziente guarisce o no; mentre
nelle obbligazioni di risultato s’impegna a conseguire un certo risultato, per
esempio un vettore deve ottenere il risultato di trasportare una merce indipendentemente dal
mezzo che usa.
Tra le obbligazioni di fare rientra anche l’obbligo di contrarre un contratto, cioè stipulare un
contratto. Per esempio l’obbligazione che nasce dal contratto preliminare.
NON FARE, ovvero un comportamento omissivo, ne sono es l’obbligo di non fare
concorrenza o l’obbligo del lavoratore di non diffondere all’esterno le notizie relative
all’azienda stessa.

PATRIMONIALITÀ DELLA PRESTAZIONE E INTERESSE DEL CREDITORE


Carattere distintivo della prestazione è la patrimonialità.
Per esempio, gli abitanti di una zona si sono obbligati a non tenere animali, pensa il
pagamento di una penale.
La prestazione deve anche corrispondere a un interesse, anche non patrimoniale del
creditore, come a es l'interesse fosse soddisfatto da un concerto o una commedia teatrale. Il
carattere della prestazione e la natura dell’interesse non devono necessariamente
corrispondere, infatti, la natura dell’interesse può essere anche spirituale o culturale, mentre
la prestazione deve avere un contenuto valutabile economicamente.
Anche l’interesse è un elemento necessario del rapporto e ha lo scopo di garantire che i fini
perseguiti siano meritevoli dalla legge, infatti, se ciò non accadesse, l’obbligazione è nulla.

ALTRI CARATTERI DELLA PRESTAZIONE


La prestazione deve essere anche:
Possibile, essa lo è quando l’utilizzo della diligenza richiesta, per legge o per
contratto, consentirebbe a un qualsiasi debitore, di adempiere. Non vanno a
costituire una vera impossibilità, le semplici difficoltà di esecuzione, l’incapacità del
singolo debitore come a es la mancanza di denaro.
Lecita, e quindi non è contro le norme imperative, l’ordine pubblico e il buon costume.
È illecita per esempio la vendita di edifici costruiti senza concessione edilizia.
Determinata ovvero fissata negli estremi qualitativi e quantitativi.

PARTICOLARI TIPI DI OBBLIGAZIONI


Esistono tipi di obbligazioni che si distinguono dal loro specifico oggetto.
Si è già parlato delle obbligazioni:
● Obbligazioni specifiche;
● Obbligazioni generiche
Per quanto riguarda le obbligazioni di fare, a parte la distinzione fra obbligazioni di mezzi e
risultato si distingue:
Prestazioni fungibili, dove è indifferente che ad adempiere sia il debitore o un terzo;
Prestazioni infungibili, che tiene presente delle qualità personali del debitore, ed
infatti esso deve adempiere alla prestazione personalmente.
Altre obbligazioni particolari sono le obbligazioni pecuniarie e quelle alternative.

LE OBBLIGAZIONI PECUNIARIE. IL DENARO


Le obbligazioni pecuniarie sono quelle che hanno a oggetto una somma di denaro.
Esse svolgono un ruolo centrale nel sistema economico. Il denaro, non deve essere visto
come un bene in sé, ma come un mezzo con il quale un soggetto si procura i beni. Le
funzioni classiche svolte dal denaro sono:
● Costituisce un mezzo di scambio, per beni e servizi;
● È unità di misura dei valori;
● È una riserva di liquidità, la quale assicura una disponibilità di mezzi finanziari per
l’acquisto futuro di beni.
● Sono funzioni collegate ed interdipendenti dato che il denaro costituisce unità di
misura del valore dei beni accettato come mezzo di scambio e allo stesso tempo
costituisce uno strumento di riserva per i futuri impieghi.
Il denaro non viene materialmente scambiato fra debitore e creditore, ma opera attraverso
pagamenti contabili cioè con l’annotazione di trasferimenti negli appositi registri o con
accrediti presso gli istituti bancari, per tale motivo si parla di moneta scritturale e di moneta
elettronica.

DENARO E MONETA. IL NOMINALISMO VALUTARIO


Le funzioni del denaro sono condizionate dal potere di acquisto, cioè alla sua inalterata
idoneità ad acquistare quella stessa quantità di beni che con essa si poteva acquistare nel
momento in cui era sorta l’obbligazione. Il principio nominalistico invece afferma che la
variazione del potere d’acquisto della moneta tra il momento della nascita dell’obbligazione
e la sua scadenza non muta il valore dell’obbligazione. Per esempio, se 10 anni fa ho
ricevuto in prestito una certa somma di denaro, dovrò restituire la stessa somma di denaro
anche se il suo valore nominale è diminuito.
Il termine denaro viene usato in modo generico, mentre il temine moneta sta a significare il
tipo di valuta utilizzato.
Per quanto riguarda il principio nominalistico dobbiamo distinguere un nominalismo
valutario e un nominalismo del rapporto obbligatorio. Per quanto riguarda il nominalismo
valutario l’art.1277 sancisce che i debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso
legale nello Stato al tempo del pagamento, cioè si estinguono anche i debiti che non hanno
più corso legale al tempo del pagamento. È anche possibile che il debitore abbia facoltà di
pagare in moneta legale se contrae obbligazioni in valuta estera. I debiti devono essere
adempiuti tramite moneta contante, e solo dietro autorizzazione del creditore è possibile
adempiere con titoli di credito. Oggi è stata messa in atto una deroga che stabilisce i
pagamenti con importi superiori ai 12.500 euro, non possono essere effettuati né tramite
contanti, né con titoli al portatore.

SEGUE. L’ INTRODUZIONE DELL’EURO


Il 1°gennaio del 2002 la lira (£) è stata sostituita dall’euro, tale passaggio è stato regolato
dal decreto legislativo n°213/1998, ove la disciplina sintetizza che:
È stato stabilito un periodo transitorio retto dal principio nessun obbligo, nessun
divieto, in quanto le obbligazioni ed i contratti potevano essere espressi in lire ed in
euro ma i pagamenti dovevano essere effettuati in euro ma con moneta scritturale,
assegni,carte di credito.
Con l’introduzione dell’euro entrano subito in circolazione le banconote e le monete
metalliche in euro, quindi l’euro da subito diviene moneta avente corso legale. Le lire
residue potranno essere convertite in euro fino al 2011.
Con la sostituzione dell’euro non si possono modificare i contenuti dei contratti delle
obbligazioni se non per l’automatica conversione in euro degli importi in lire.

IL NOMINALISMO DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO


Il nominalismo del rapporto obbligatorio fa riferimento al potere d’acquisto della moneta (Es.
debito era fissato di 1000 euro deve essere ripagato con moneta di valore nominale pari a
1000 euro, anche se nel frattempo la moneta si è fortemente svalutata) .
Il principio nominalistico a volte è troppo oneroso per il creditore, infatti, se il tasso
d’inflazione diventa troppo alto il creditore riceverà una somma con un potere d’acquisto
troppo diverso dal momento in cui è stato contratto il debito.
La legge per attenuare l’effetto di tale principio distingue i debiti di valuta da quelli di valore.
Il debito di valuta si ha quando l’obbligazione è determinata sin dall’origine con riferimento
ad una certa quantità di denaro, per esempio 1000 euro 10 euro al kl.
Si ha debito di valore quando l’obbligazione è determinata con riferimento ad un valore
economico diverso dal denaro. In tal caso la somma di denaro non rappresenta l’oggetto
del debito, ma solo un equivalente economico. Per tale motivo il debito in questo caso viene
sottratto al principio nominalistico e il suo ammontare, se determinato alla nascita
dell’obbligazione, verrà rivalutato al momento della liquidazione.

GLI INTERESSI
Sono un’obbligazione pecuniaria accessoria a una principale, consistono a una somma
aggiuntiva, aggiunta al capitale, che viene determinata in percentuale e in base al tempo.
Il suo carattere accessorio, fa sì che essa venga trasferita con il trasferimento della
principale, venendo meno se invece l’obbligazione principale risulta nulla. Gli interessi
hanno due funzioni:
Funzione compensativa, che indica che gli interessi rappresentano il compenso
dovuto per il godimento del denaro, per esempio la banca mi fa un prestito ed io pago
gli interessi come compenso del godimento del denaro.
Funzione risarcitoria, che ha lo scopo di risarcire il danno per il ritardo
nell’adempimento, è il caso degli interessi moratori.

FONTE E SAGGIO DEGLI INTERESSI


Per quanto riguarda la fonte degli interessi distinguiamo:
1. gli interessi convenzionali sono quelli che nascono dall’accordo tra le parti;
2. gli interessi legali, riguardano i debiti pecuniari liquidi ed esigibili, i quali producono
interessi di pieno diritto. Sono liquidi i debiti determinati nel loro ammontare. Sono
esigibili i crediti già scaduti.
Quanto al saggio degli interessi la misura attuale è il 2,5% in ragione d’anno, sia per gli
interessi legali sia per quelli convenzionali, salvo che le parti non abbiano risposto
diversamente. In tal caso però se si utilizza un saggio superiore, bisogna adottare la forma
scritta, pena la nullità. La legge vieta gli interessi usurari. Infatti, con la legge 108 del 1996
vengono fissati i parametri per definire il tasso usurario, prendendo come riferimento i tassi
medi di interesse praticati dalle banche. Il saggio usurario degli interessi, oltre a creare
sanzioni penali, rende nulla la partizione.

L’ANATOCISMO
Consiste nella produzione d’interessi, da altri interessi, scaduti e non pagati.
Ovvero, venuta a scadenza l’obbligazione con gli interessi nel frattempo maturati, questi si
sommano al capitale e sull’ammontare totale così determinato si calcoleranno gli interessi
fino alla nuova scadenza, o almeno fino all’effettivo pagamento.
L’art. 1283 c.c. , stabilisce che tali interessi sono dovuti solo dal giorno in cui viene
presentata la domanda giudiziale o per effetto di una apposita convenzione fatta dopo la
scadenza dei primi interessi. In entrambi i casi, occorre che si tratti d’interessi dovuti per
almeno sei mesi.

LE OBBLIGAZIONI ALTERNATIVE
Sono quelle obbligazioni in cui ci sono due o più prestazioni, ma il debitore si libera
eseguendone una sola, esempio tipico è quello dei concorsi a premio, dove il vincitore può
scegliere ad es. tra un auto e una pelliccia.
Viene definita anche un’obbligazione a contenuto unico determinabile, la
determinazione avviene attraverso la scelta, che di norma, spetta al debitore.
Può essere anche impossibile scegliere una delle prestazioni, dove l’obbligazione si
considera semplice e il debitore deve eseguire quella che è rimasta possibile. Da essa si
distingue l’obbligazione facoltativa, dove la prestazione è una sola, ma il debitore può
eseguirne un’altra, per esempio quando il debitore deve pagare in valuta estera, e ha la
possibilità di pagare in valuta italiana oppure quando un soggetto attaccare un cartellone di
spettacoli teatrali ma può sostituire con un’altra rappresentanza. La differenza tra
l’obbligazione facoltativa e quell’alternativa è che, in quella facoltativa l’obbligazione è
semplice sin dall’inizio e la prestazione dovuta ne è una sola, quindi se essa è impossibile,
il debitore sarà liberato del tutto.

CAPITOLO 23: I SOGGETTI


I SOGGETTI DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO
Soggetti del rapporto obbligatorio sono il DEBITORE e il CREDITORE.
I soggetti devono essere almeno due, sono distinti in due situazioni, attiva e passiva, e non
possono confondersi l’una con l’altra, pena l’estinzione dell’obbligazione. Essi devono
inoltre essere determinati o determinabili al momento in cui sorge l’obbligazione; se non
sono specificati, vengono fissati criteri per la loro individuazione. Esempio è la promessa al
pubblico, promessa al primo classificato di una borsa di studio, si tratta solo di individuare
chi, tra i soggetti indicati, in questo caso il primo classificato, sarà il creditore. Fino a tale
individuazione nessuno può definirsi titolare del credito.
Una figura importante delle obbligazioni è costituita dalle OBBLIGAZIONI AMBULATORIE,
destinate alla circolazione. In questo caso vi è un’incertezza soggettiva sul titolare del
rapporto, ad esempio per i titoli di credito come le cambiali e gli assegni bancari che tramite
le girate si trasferisce il diritto di credito a un diverso soggetto.
Nelle OBBLIGAZIONI REALI l’obbligato s’individua in funzione della titolarità di un diritto
reale. Per esempio il comproprietario di un appartamento, in quanto titolare del diritto di
comproprietà, è tenuto a contribuire alle spese comuni. Ma trasferita la titolarità della cosa,
sarà trasferita automaticamente anche l'obbligazione (ambulatoria) essa accessoria.
Dunque se il comproprietario vende la sua parte, chi compra è tenuto alle spese comuni.

LE OBBLIGAZIONI CON PLURALITA’ DI SOGGETTI


possibile che si diano obbligazioni con pluralità di soggetti sia dal lato dell’attivo che dal lato
del passivo: obbligazioni plurisoggettive o soggettivamente complesse, quelle obbligazioni
in cui più debitori sono obbligati, o più creditori hanno diritto, alla medesima prestazione.
Quando i coniugi acquistano congiuntamente un fondo, quando un ingegnere e un
appaltatore s’impegnano insieme verso un committente a realizzare una costruzione,
quando un chirurgo e un anestesista operano un paziente, condebitori.
Viceversa se i committenti dell’appalto sono i due coniugi o se un credito si acquista per
successione ereditaria a più figli del defunto, ci sarà una pluralità di soggetti dal lato attivo,
con creditori.
Da questi rapporti scaturiscono diverse figure: obbligazioni solidali, parziarie e
invisibili, per loro la disciplina si articola diversamente in base al profilo centrale.

LE OBBLIGAZIONI SOLIDALI
Esse si dividono in obbligazioni plurisoggettive solidali passive e obbligazioni
plurisoggettive solidali attive.
Le obbligazioni solidali passive sono quelle obbligazioni in cui ciascuno dei condebitori è
obbligato a pagare l’intero e l’adempimento di uno libera anche gli altri,
art 1292. Ad esempio il coacquirente di un bene è tenuto a pagare l’intero importo.
Questo dunque rafforza la posizione del creditore che evita sia di dover chiedere a
ciascuno dei debitori la sua parte di debito, sia di subire il rischi di insolvenza da parte
di ciascuno di essi.
Le obbligazioni solidali attive sono quelle obbligazioni in cui ciascuno dei
concreditori può pretendere il pagamento dell’intero e l’adempimento conseguito da
uno di essi libera il debitore verso tutti i creditori, art 1292. Una cassetta di sicurezza
intestata a più persone può essere aperta da ciascuno degli intestatari.
I requisiti affinchè si abbia un’obbligazione solidale oltre alla pluralità dei soggetti
sono:
1. Unicità della prestazione. Per esempio, una costruzione di un edificio, pagare
una somma di denaro.
2. Unicità della causa o fonte dell’obbligazione. Per esempio un contratto di
compravendita o di appalto.
Alla presenza di tali presupposti si avrà automaticamente un’obbligazione solidale dal lato
del passivo.
Invece la solidarietà attiva non si presume automaticamente e necessita di una previsione.
Il vincolo solidale è quindi un fattore esterno tra i debitori e il creditore o i creditori e il
debitore; dal lato interno invece il peso o il vantaggio della prestazione deve essere
condiviso tra condebitori e concreditori.
Se l’interesse è comune l’obbligazione si divide in proporzione alle rispettive quote
o alla gravità della colpa e all’entità delle conseguenze.
Se l’obbligazione è contratta nell’interesse esclusivo di uno dei soggetti esso sarà
tenuto a rimborsare l’intera somma a colui che ha pagato.
Il codice civile detta una disciplina per l’obbligazione solidale e verte su due principi di
generali ma non sempre validi:
Inestensibilità delle vicende e delle eccezioni personali;
Estenzione degli effetti favorevoli e non estenzione degli effetti svantaggiosi per
gli atti compiuti dai singoli.

LE OBBLIGAZIONI PARZIARIE
Sono l’esatto contrario di quelle solidali ciascuno dei debitori deve, e ciascuno dei
creditori può, pretendere solo la propria parte di prestazione art 1314 es sono i debiti
e i crediti ereditari che si ripartiscono parzialmente fra gli eredi, questa è una regola che
vale per la parziarietà attiva, se in manca la previsione normativa mentre è sempre solidale
dal lato del passivo.
Quando l’obbligazione plurisoggettiva è parziaria, è possibile che essa sia
indivisibile, per esempio un animale vivo. L’indivisibilità deriva dalla natura della
prestazione, dove la cosa non sia materialmente o economicamente divisibile, per
esempio una barca, un televisore. In questo caso i debitori non possono liberarsi solo
attraverso la propria quota ma devono prestare l’intero.
Il codice civile ritiene tali obbligazioni che hanno per oggetto una cosa o un fatto non
suscettibile di divisione e ritiene che devono essere regolate dalle norme relative alle norme
solidali.

CAPITOLO 24: ADEMPIMENTO DELLE OBBLIGAZIONI

L’ESATTO ADEMPIMENTO
L’adempimento è la realizzazione della prestazione dovuta cioè l’esecuzione
dell’obbligazione, attraverso esso l’obbligazione si estingue e il debitore si libera dal
vincolo obbligatorio. Esso ha natura di atto giuridico in senso stretto e l’adempimento
deve essere esatto ovvero conforme ai criteri legali. I criteri sono:
● Diligenza e buona fede;
● Esattezza materiale regolarità giuridica della prestazione;
● Puntualità di tempo e di luogo;
● Idoneità di chi adempie e legittimazione di chi riceve il pagamento.
DILIGENZA E BUONA FEDE
Esse sono i criteri che definiscono il comportamento del debitore.
Nell’adempimento dell’obbligazione dall’art 1176 il debitore deve usare la diligenza
del buon padre di famiglia, per le obbligazioni inerenti all’esercizio di un’ attività
professionale l’art afferma che la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura
dell’attività esercitata. Cd. diligenza tecnica, con ciò si opera un riferimento alla
diligenza media ovvero a quel livelli di competenza che gli operatori di ogni settore
impiegano nell’adempiere le proprie obbligazioni.
la prestazione diligente implica perizia ovvero competenza, prudenza cioè attenzione nel
compito svolto e il rispetto di eventuali determinazioni legali inerenti al contenuto e alle
modalità della prestazione.
L’obbligo della buona fede è previsto dall’art.1175 che impone sia ai debitore che al
creditore di comportarsi con correttezza; la buona fede deve essere oggettiva ed è un’
obbligo che prevede di salvaguardare l’interesse altrui nei limiti in cui sia compatibile con il
proprio, per es non posso pagare 100 euro con monete da 10 cent.
La buona fede è quindi una clausola generale con un contenuto non predefinito nel
precisabile in astratto, essa non connota solo le obbligazioni ma solo la materia
contrattuale; la buona fede è inderogabile e sarebbe inammissibile una deroga
pattizia.
Viceversa l’obbligo di diligenza può essere parzialmente derogato vietando solo
l’esonero da responsabilità per dolo o colpa grave art. 1229.

ESATTEZZA MATERIALE E REGOLARITA’ GIURIDICA


Quando l’oggetto della prestazione è un bene è fondamentale per l’esatto adempimento la
sua esattezza materiale, qualitativa e quantitativa e la sua regolarità giuridica.
Per quanto riguarda l’esattezza materiale nelle obbligazioni è necessario che si
devono prestare cose di qualità non inferiore alla media art. 1178 e immuni da vizi
che diminuiscano il loro valore. Il creditore può rifiutare un’ adempimento parziale art
1181 salvo che la legge o gli usi non dispongono diversamente; egli può anche rifiutare una
prestazione diversa anche se di valore superiore.
Se il debitore in difficoltà vuole offrire in pagamento un bene diverso come un'automobile o
azioni di una società è necessario il consenso del creditore.
Per quanto riguarda la regolarità giuridica il debitore deve adempiere con cose di cui
dispone la piena disponibilità, non è quindi ammesso il pagamento eseguito con cose
altrui.

TEMPO E LUOGO DELL’ADEMPIMENTO


Per quanto riguarda il termine temporale dell’adempimento l’art 1183 dispone le seguenti
regole:
Se il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita non è determinato il
creditore può esigerla immediatamente;
Se è necessario un termine per la natura della prestazione come realizzare una
costruziond o pubblicare un libro se non vi è un’ accordo tra le parti tale termine è
stabilito dal giudice.
Spetta sempre al giudice, su instanza dell’ interessato, fissare il termine che sia
rimesso alla discrezionalità del debitore o del creditore, es pagherò quando potrò;
adempirò quando vorrai;
Se il termine è fissato si presume che sia a favore del debitore per consentirgli di
prepararsi all’adempimento; il creditore non può pretendere un pagamento anticipato
e se quest’ultimo paga in anticipo non può pretendere il rimborso. È però possibile
che il termine risulti fissato a favore del creditore.
Il debitore decade dal beneficio del termine quando diventa insolvente o non abbia
rispettato le garanzie promesse art. 1186. Essa è una tutela per il creditore: se un
soggetto non paga i propri debiti e il creditore è tenuto ad attendere la scadenza
dell’obbligazione si correrebbe il rischio che non venga pagato, per tali ragioni, potrà
anticipare la scadenza.
Il luogo dell’adempimento è determinato dal titolo, dagli usi o dalla natura della prestazione.
In mancanza di tali requisiti la consegna della cosa determinata và effettuata nel luogo in
cui la cosa stessa si trovava al momento in cui è sorta l’obbligazione;
L’obbligazione pecuniaria va pagata al domicilio del creditore, obbligazione
portable;
Le altre obbligazioni vanno adempiute al domicilio del debitore, obbligazione
querable.

LEGITTIMAZIONE AD ADEMPIERE
Obbligato ad adempiere è il debitore ovvero anche colui che effettuerà la prestazione, esso
però è anche legittimato ovvero autorizzato ad adempiere, è anche qualsiasi terzo ovvero
qualunque soggetto che ritenga di avere interesse;
Per esempio la moglie può pagare i debiti del marito per evitargli imbarazzo o un socio può
pagare il debito della società per evitare il fallimento.
Il creditore non può rifiutare tale adempimento. Solo nel caso di rifiuto di debitore e creditore
il terzo non potrà adempiere la prestazione.
Il pagamento del terzo è cosa diversa dell’adempimento per mezzo del terzo in
quanto il neo primo caso terzo agisce di propria iniziativa e paga in nome proprio; nel
secondo caso il debitore chiede al terzo di provvedere questi adempirà.
Anche se l’adempimento è effettuato da chi è incapace di agire è valido e non può
essere impugnato, mentre si può impugnare il momento in cui nasce l’obbligazione,
dunque essi non può firmare ma può pagare.

LEGITTIMAZIONE A RICEVERE
Legittimati a ricevere all’adempimento sono il creditore, la persona indicata dal
creditore o autorizzata dalla legge o dal giudice a riceverlo. Il creditore non è legittimato
a ricevere quando è legalmente incapace, l’eventuale pagamento non libera il debitore se
non prova che la prestazione sia a suo vantaggio. Il creditore è privo di legittimazione anche
quando perde la disponibilità del credito come il fallimento o quando né perda la titolarità in
seguito a cessione del credito.
Il debitore è comunque liberato se paga in buona fede al creditore apparente ovvero colui
che appare legittimato a riceverlo.

EFFETTI DEL PAGAMENTO


Il primo effetto dell’ esatto adempimento è l’estinzione dell'obbligazione e la liberazione del
debitore.
L’adempiente al momento del pagamento deve dichiarare il debito che vuole soddisfare
dove si presentano più debiti per lo stesso creditore, cd. imputazione di pagamento.
Nel momento in cui il debitore non dichiara tale cosa si attualizzano dei criteri quali il
pagamento che viene imputato prima al debito scaduto, poi a quello meno garantito cioè il
più oneroso.
Altri effetti dell’adempimento riguardano l’estinzione delle garanzie reali e personali a favore
dei crediti, e la liberazione degli altri obbligati di in solido o in via di regresso.

LA SURROGAZIONE NEL CREDITO PAGATO


La surrogazione nel credito è la sostituzione del creditore con l’entrata di un terzo
soggetto.
Si ha quando ci sono particolari circostanze, ad esempio Caio ha un credito di 1.000 € nei
confronti di Tizio e decide di cederlo a un'agenzia di recupero credito che dà 1.000 €. Il
debito di Tizio esiste ancora, ma non è più nei confronti di Caio, ma è ora nei confronti
dell'agenzia di recupero credito.
La surrogazione può avvenire:
1. per volontà del creditore che, ricevendo il pagamento da un terzo, lo surroga nei
propri diritti verso il debitore.
2. per volontà del debitore che, prendendo a mutuo una somma di denaro per pagare il
debito, surroga il mutuante nei diritti del creditore. Per quanto concerne i mutui
bancari, la surrogazione permette al debitore di sostituire la banca che ha erogato il
mutuo con una nuova banca.
Esempio per volontà del debitore, il signor W provoca un danno al signor Y e quindi ha
l'obbligazione di risarcire Y del danno da lui cagionato. Il signor W ha un'assicurazione che
lo copre per i danni da lui cagionati. Tramite la surrogazione, l'assicurazione risarcisce Y e
quindi il rapporto obbligazionario esiste ora solo tra W e l'assicurazione.
Per volontà della legge. Qui si parla di surrogazione legale, la quale si ha:
Il surrogato acquista il credito cioè chi sostituisce, comprese le garanzie legali e personali.

LA MORA DEL CREDITORE E LA LIBERAZIONE COATTIVA


Per effettuare l’adempimento c’è bisogno della cooperazione del creditore, il quale riceve la
prestazione, ad esempio deve consegnare l’auto in officina per le riparazioni.
In genere l'adempimento richiede la COOPERAZIONE DEL CREDITORE che riceve la
prestazione, questo vuol dire che il creditore deve fare quanto gli compete per mettere il
debitore in grado di adempiere ma questo non è un obbligo bensì un semplice onere. D’altro
canto, il debitore non può pretendere di adempiere nelle mani del creditore, ha però diritto
a non rimanere in definitivamente obbligato.
La legge, allora, prevede due istituti della mora del creditore e della liberazione coattiva del
debitore.
la mora del creditore che si verifica quando il creditore, senza motivo legittimo, rifiuta
l’offerta formale, ovvero l’offerta fatta dal debitore secondo le regolarità previste.
Esistono due tipi di offerta formale.
OFFERTA SOLENNE, che viene effettuata tramite pubblico ufficiale in modo reale, e
quindi portando con sé le cose da consegnare, ovvero invitando il creditore a ricevere
la prestazione. In tal caso il debitore non può essere considerato inadempiente, ma
l’obbligazione non è comunque stata adempiuta, infatti nell’offerta solenne il debitore
non è liberato e l’obbligazione non è estinta. Infatti in tal caso è prevista la cd.
Liberazione coattiva del debitore, attraverso la quale il debitore adempie nelle mani di un
terzo, estinguendo l’obbligazione definitivamente;
OFFERTA SECONDO GLI USI, che viene effettuata direttamente dal debitore che offre la
prestazione, come per esempio con l’invio di una raccomandata in cui si invita
a ricevere la prestazione;
effettua il deposito o il sequestro delle cose dovute.
Effettuata l’offerta formale, il creditore è costituito in mora, in tal modo viene trasferito su di
lui il rischio dell’impossibilità sopravvenuta dell’obbligazione ed è tenuto al risarcimento del
danno.

CAPITOLO 25: INADEMPIMENTO DELLE OBBLIGAZIONI

L’INADEMPIMENTO
E’ l’azione di non adempiere la prestazione dovuta. Pertanto, sarà inesatta la prestazione
che non abbia i requisiti di diligenza, buona fede esattezza quantitativa e qualitativa,
puntualità di tempo e di luogo.
L’inadempimento è assoluto quando la prestazione manca di tutti i requisiti e quindi non
ha avuto luogo, mentre è relativo quando la prestazione vi è stata ma non è come quella
stabilita, come ad esempio quando vi è ritardo nel pagamento.
Conseguenza dell’inadempimento è la responsabilità del debitore, il quale è tenuto a
risarcire i danni cagionati, se non prova che l’inadempimento o il ritardo sia stato causato
da impossibilità della prestazione, art. 1218.
In base all’art. 1176, si può dire che la prestazione è impossibile quando non può essere
eseguita con diligenza e buona fede richiesta per quel tipo di prestazione. Ma l'art 1218
sembra andare oltre, fino al limite delle possibilità umane, infatti se l'unica strada
esistente è franata e non posso consegnare un pacco, sono stato diligente secondo l'art
1176 ma non lo sono stato secondo l'art. 1218 perché avrei potuto inviare il pacco per via
aerea.
I due articoli non conformi tra loro fa sì che nel sistema venga individuato un doppio
regime di responsabilità:
Responsabilità per colpa, e quindi per non osservanza della diligenza media,
nelle obbligazioni di dare cose specifiche e nelle obbligazioni di mezzi.
Responsabilità oggettiva, e quindi fino al limite dell’impossibilità assoluta, per le
obbligazioni di dare cose generiche, per quelle di risultato, per quelle di non fare.

L’IMPOSSIBILITA’ LIBERATORIA
L’impossibilità liberatoria s’intende che la dimostrazione dell'impossibilità libera il debitore
da responsabilità.
Abbiamo già detto che la prestazione è impossibile quando non può essere eseguita con la
diligenza richiesta, per diligenza richiesta s’intende quella del buon padre di famiglia, cioè
una diligenza media secondo un canone di normalità.
La diligenza concretamente dovuta si configura in maniera diversa in relazione all’oggetto
(si pensi a una valigia depositata alla stazione e 100 kl di oro in una banca) e al titolo
dell’obbligazione (vendita) , che possono richiedere attenzione nei diversi casi. Se affido
a degli operai il compito di effettuare degli scavi, essi non saranno inadempienti se, trovando
della roccia, non possono svolgere il loro compito.
In conclusione, affinchè l’inadempimento della prestazione non causi la responsabilità del
debitore, c’è bisogno che l’impossibilità sia oggettiva, in modo che nessun debitore medio
potrebbe superarla; e relativa, dovendo essere valutata in base allo sforzo debitorio
richiesto.

LA PROVA DELLA IMPOSSIBILITA’ LIBERATORIA


L’art. 1218 non deroga l’art.1176, ma prevede l’obbligo di diligenza media per evitare la
responsabilità dell’inadempimento, ed un onere: quello di provare l’impossibilità per
inadempimento.
Il debitore deve provare la causa specifica che ha impedito la prestazione altrimenti sarà
responsabile, per esempio le cause di un incendio o dell’affondamento di una nave. Inoltre
deve provare che tale causa sia stata imprevedibile e inevitabile, cause tipiche sono: il caso
fortuito e la forza maggiore cioè frana, terremoto, il fatto dell’autorità ad esempio quando si
crea una legge che impedisce tale adempimenti, lo sciopero generale.

IL RITARDO E LA MORA DEL DEBITORE


Causa di inadempimento relativo più frequente è il ritardo.
L’art 1219 sancisce il principio per cui il ritardo semplice, ovvero quello tollerato dal creditore
ad esempio un ritardo di pochi giorni, non sempre costituisce inadempimento, ma quando
si prolunga in modo intollerabile, si ha la MORA DEL DEBITORE.
Tale circostanza può essere costituita, da un’ atto di costituzione in mora da parte del
creditore, ovvero una richiesta di adempimento fatta per iscritto, in modo che il creditore
constit l’intollerabilità del ritardo.
Quando invece ci troviamo di fronte a circostanze determinate in cui è implicita
l’intollerabilità del ritardo, la mora non richiede una iniziativa specifica del creditore, cioè
accade quando:
Il debito deriva da fatto illecito.
Il debitore ha dichiarato per iscritto di non voler adempiere.
È scaduto il termine e si tratti di prestazione da eseguire al domicilio del creditore.
Si tratti di obbligazioni di non fare. In tal caso il debitore è in mora e risulterà
inadempiente alla sua obbligazione.
Gli effetti della mora consistono nell’obbligo di risarcire il danno, e nell’aggravamento del
rischio se durante la mora, sopravviene l’impossibilità della prestazione essa sarà a carico
del venditore anche se deriva da una causa a lui non imputabile. Ciò perché se la
prestazione fosse stata adempiuta a suo tempo il creditore avrebbe evitato la perdita. Ad
esempio, se il venditore-creditore deve consegnare una moto e la moto viene rubata la
proprietà è già trasferita al creditore-compratore e sarà lui a sopportare il rischio. Invece se
esso deve consegnare 1000 l di gasolio e il deposito del carburante prende fuoco, il
venditore-compratore sopporterà il rischio della perdita.

LA RESPONSABILITA’ PER INADEMPIMENTO


L’inadempiente cioè chi non adempie la sua prestazione, è chiamato a rispondere delle
conseguenze del suo comportamento. Una delle conseguenze fondamentali per
inadempimento è l’obbligo di risarcire i danni subiti dal creditore.
Profilo essenziale dell’obbligazione è la responsabilità, infatti la legga vieta ogni patto che
va ad escludere o limitare la responsabilità del debitore per dolo o colpa grave, in quanto
facendo ciò verrebbe meno la giuridicità dell’impegno assunto. Ad ulteriore garanzia la legge
considera responsabile il debitore anche dell’operato degli ausiliari di cui avvale, cioè sia
dei propri dipendenti sia dei terzi che collaborano con essi.
Tale responsabilità viene detta contrattuale o per inadempimento, ciò non significa che essa
sia limitata alle violazioni di un contratto ma invece comprende tutte le ipotesi di
inadempimento delle obbligazioni a prescindere dall’atto o fatto utilizzato.

IL RISARCIMENTO DEL DANNO


L’inadempimento imputato al debitore non estingue l’obbligazione,comporta l’obbligo di
risarcire il danno.
L’obbligazione risarcitoria ha la funzione di far trovare il soggetto nella stessa situazione in
cui si sarebbe trovato se non vi fosse stato l’inadempimento, attraverso una prestazione
diversa. Consiste nel pagamento di una somma di denaro pari all’ammontare della
prestazione mancata RISARCIMENTO PER EQUIVALENTE.
L’art 1223 dispone che il risarcimento deve comprendere la perdita subita dal creditore e il
mancato guadagno. Il danno risarcibile si determina in base:
Alla perdita subita e il mancato guadagno che vengono visti come un danno
emergente e un lucro cessante. Il DANNO EMERGENTE consiste nel valore del
bene dovuto e non consegnato, e nelle spese sostenute per dall’inadempimento. Il
LUCRO CESSANTE invece è il guadagno che il creditore avrebbe potuto realizzare
utilizzando la prestazione.
Per le obbligazioni pecuniarie, il risarcimento si effettua tramite degli interessi
moratori.
IL NESSO DI CAUSALITÀ TRA INADEMPIMENTO E DANNI: occorre che l’uno sia una
conseguenza diretta dell’altro. Ad esempio, dopo la mancata fornitura del petrolio
grezzo, il creditore non ha potuto raffinare e consegnare la benzina, pagando una
penale ai propri clienti e sospendere la produzione. Trovandosi così a non poter far
fronte ad altri impieghi ed è stato dichiarato fallimento.
Per esempio in seguito a un incidente ferroviario Tizio viene ricoverato in ospedale e
quindi non può lavorare si tratta di una conseguenza che non si sarebbe verificata
senza l'inadempimento. Tizio in ospedale subisce un aggravamento dei danni.
Dunque una parte della dottrina fa riferimento alla REGOLARITÀ CAUSALE:
imputando all’inadempimento tutte le conseguenze che si possono ritenere
normali,con questo le ferrovie sono responsabili solo dell’incidente. Parte della
dottrina invece fa riferimento al CRITERIO DELLA CAUSALITÀ TIPICA dove il
debitore risponde delle conseguenze che portano un rischio connesso al
comportamento, anche se anormali, ad esempio se un viaggiatore ferito viene
ricoverato in ospedale, il vettore cioè colui responsabile dell’incidente è responsabile
anche dei danni subiti in ospedale.
LA PREVEDIBILITÀ DEL DANNO AL TEMPO IN CUI È SORTA L’OBBLIGAZIONE:
si vuole evitare di esporre il debitore per conseguenze che egli non poteva prevedere.
Cosi se il bene che il debitore doveva consegnare aumenta il proprio valore di
mercato, l’inadempiente non risponderà incrementando di valore. Tale criterio non
viene utilizzato quando l’inadempimento sia intenzionale e volontario.

IL CONCORSO DEL FATTO COLPOSO DEL CREDITORE


Si distinguono due ipotesi:
la prima è che il creditore abbia contribuito con il proprio comportamento a cagionare il
danno. Il risarcimento è ridotto in base alla gravità della colpa e delle conseguenze.
La seconda ipotesi prevede il caso di mancata cooperazione del creditore che non si
adopera, nei limiti della ordinaria diligenza per evitare o limitare il danno. In tal caso
il risarcimento non è doloso.

CAPITOLO 30: IL CONTRATTO

IL CONTRATTO COME FONTE DI OBBLIGAZIONI


Le SINGOLE FONTI DI OBBLIGAZIONE sono il contratto, il fatto illecito e ogni atto o
fatto idoneo a produrle. Il titolo II del libri IV regola i contratti in generale e il titolo II i
contratti particolari, come vendita, appalto, locazione.
Il contratto secondo l’art. 1321 è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o
estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale, con i relativi diritti e obblighi,
questi ultimi si configurano come obbligazioni.
Il contratto è anche lo strumento principale con cui si attua il trasferimento della
proprietà e degli altri diritti reali sui beni. Il contratto concorre, con altri atti o fatti
preveduti dalla legge, a disciplinare i rapporti giuridici privati.

CONTRATTO E RAPPORTO CONTRATTUALE


Il termine contratto viene usato sia per indicare l’atto vero e proprio posto dalle parti, sia
per indicare il rapporto giuridico, e perciò una serie di diritti e obblighi.
L’accordo deriva dalla volontà delle parti. Non esiste contratto con una sola parte, deve
essere come minimo bilaterale potendo anche coinvolgere un numero maggiore di parti,
cioè plurilaterale.

AUTONOMIA PRIVATA E AUTONOMIA CONTRATTUALE


Principio fondamentale è l’AUTONOMIA CONTRATTUALE, si tratta della libertà dei soggetti
di determinare il contenuto e di decidere liberamente delle clausole, come prezzo,
consegna, luogo e tempo dell’adempimento. Inoltre, stabilisce
La facoltà di concludere o no un contratto e di scegliere liberamente la controparte. Cd.
Libertà contrattuale in senso negativo.
In senso positivo l’autonomia contrattuale dà la facoltà di determinare liberamente il
contenuto del contratto, nei limiti imposti dalla legge.
La facoltà di stipulare contratti cd. Innominati o atipici, cioè i contratti non previsti e
dunque non regolati dalla legge. I contratti tipici sono i contratti previsti dalla legge.
Per esempio, il leasing, factoring, merchandising.

GLI ATTI UNILATERALI


Gli atti unilaterali sono ammessi sono quelli previsti dalla legge. Il trasferimento di una
proprietà può essere effettuato anche con un atto unilaterale, mediante una donazione o
una promessa di vendita. La legge però diffida degli atti unilaterali sia perché verrebbe meno
il principio secondo cui il singolo non può entrare nella sfera giuridica altrui, sia perché
verrebbe ad alterarsi la disciplina dei contratti che si fonda sullo scambio delle prestazioni.
Tizio vende un bene a Caio e Caio mi da un altro bene, o denaro o servizi. E pertanto se il
venditore non consegna il bene, il compratore può rifiutarsi di eseguire la sua prestazione.
Se dunque invece di stipulare un contratto Tizio e Caio promettessero, ciascuno
unilateralmente, una certa prestazione all’altro, queste prestazioni risulterebbero collegate
e l’inadempimento di uno non consentirebbe all’altro di chiedere dei rimedi.
RINUNZIA E RIFIUTO
RINUNZIA: tipico negozio unilaterale. E’ l’atto con cui il titolare dismettere un diritto,
restandone privo. A seguito della rinunzia il diritto si estingue, senza con questo trasferirsi ad
altri.
E’ un modo di disporre dei propri diritti: non è ammessa perciò per i diritti indisponibili,
richiede al generale capacità di agire e l’osservanza delle forme connesse al tipo di rapporto
di cui si dispone. Vi è la possibilità di revoca, in quanto atto unilaterale, fin quando altri non
abbiano conseguito diritti in seguito alla rinuncia stessa.
RIFIUTO: è la dichiarazione con cui si ricusa di acquisire un diritto nuovo. Si parla di rifiuto
eliminativo quando la legge consente che un effetto si produca provvisoriamente, ma fa
salva la facoltà del beneficiario di respingerlo facendolo venir meno. Il rifiuto eliminativo fa
cadere con effetto retroattivo l’effetto provvisoriamente prodottosi, e cioè il diritto acquisito.
Il rifiuto impeditivo, precludendo ogni acquisto, non si configura come atto di disposizione di
un diritto. Pertanto non potrà certo darsi un’azione revocatoria.

CONTRATTO E NEGOZIO
Il negozio giuridico è una dichiarazione di volontà con la quale s’intende produrre effetti
giuridici, ossia la costituzione, modificazione o estinzione di un rapporto giuridico, inoltre
riconosciuti e tutelati dall’ordinamento.

LE PARTI DEL CONTRATTO


Il contratto nasce da un accordo tra due o più soggetti. Le parti del contratto costituiscono
non un elemento dell’atto, bensì un termine di riferimento esterno.
Si parla di parti in senso formale per indicare soggetti che emettono dichiarazioni contrattuali
e formano un contratto-atto.
Sono parti in senso sostanziale coloro in capo ai quali si producono gli effetti del negozio, i
punti di riferimento soggettivo del rapporto instauratosi in base all’atto.
Parte sostanziale può essere qualsiasi persona fisica o ente giuridico che abbia capacità
giuridica. Parte formale può essere solo che abbia capacità di agire.
Le parti in senso formale sono individuate già al momento della dichiarazione contrattuale, è
possibile però che l’individuazione della parte sostanziale sia rinviata a un momento
successivo e sia affidata alla dichiarazione di uno dei contraenti.
La nozione di parte sostanziale non coincide con quella di persona, di singolo individuo cui si
riferisce il rapporto.

LA LEGITTIMAZIONE
In caso di incapacità giuridica il contratto sarà nullo. In capo alla parte formale è richiesta la
capacità di agire, in mancanza il contratto sarà annullabile.
Altro requisito della parte formale è la sua legittimazione al compimento dell’atto, e cioè il
potere di porre in essere l’atto e perciò di disporre degli interessi con esso regolati.
La legittimazione è il potere di disposizione in ordine a un diritto o a un interesse:
ordinariamente essa spessa al titolare della situazione giuridica, ma può spettare ad altri in
via esclusiva.
La legittimazione è necessaria per poter disporre del diritto, ma la sua carenza comporta
mera inefficacia dell’atto.
CATEGORIE DI CONTRATTI
I contratti si dicono bilaterali, quando sono stipulati da due soggetti. Rientrano tutti i
contratti di scambio, come vendita, agenzia, mutuo.
Si dicono plurilaterali quando sono stipulati da due o più parti. Per esempio i contratti di
società dove più parti hanno un interesse o uno scopo comune.
Contratti a titolo oneroso sono quelli in cui una parte (soggetto) offre una prestazione e
l’altra corrisponde un sacrificio economico. Per esempio una vendita, l’appalto e la
locazione.
A titolo gratuito corrisponde soltanto il sacrificio di una parte, come una donazione, il
comodato e il deposito.
Contratti si dicono commutativi o aleatori in cui una prestazione dipende da un evento
causale, come una grandinata. Mentre ci sono dei contratti che sono
necessariamente aleatori perché hanno proprio la funzione di garantire una parte
contro il rischio di eventi dannosi, per esempio l’assicurazione e la rendita vitalizia.
Tipico contratto aleatorio è l’assicurazione in cui una parte paga una somma di
denaro mentre l’altra assume il rischio di un determinato evento causale.

CAPITOLO 31: LA FORMAZIONE DEL CONTRATTO


I RAPPORTI GIURIDICI PREPARATORI

LE TRATTATIVE E LA RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE


Prima che il contratto venga stipulato c’è una fase delle trattative, in cui le parti tentano di
raggiungere un accordo. Finché non giungono a un accordo su tutti i punti del contratto,
esso non è ancora concluso. Per esempio, in una trattativa di compravendita si è raggiunto
un accordo su un certo bene per un certo prezzo, ma finché non si completa l’accordo la
trattativa potrebbe anche fallire.
Sebbene in tale fase le parti non hanno alcun obbligo tra loro, ciò non vuol dire che possano
comportarsi come vogliono. L’art. 1337 c.c. stabilisce infatti che esse devono comportarsi
secondo buona fede, che in questo caso significa correttezza.
La correttezza è un obbligo di tenere un certo comportamento e chi non è in buona fede
comporta una RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE, con l’obbligo di risarcire il danno
fatto.
Ipotesi tipica di violazione della buona fede è quella di rottura ingiustificata delle
trattative.
La correttezza impone obblighi d’informazione, in modo da comunicare l’altra parte sulle
circostanze che incidono sull’affare. Per esempio, su un macchinario è scorretto non
importare la controparte che a breve tempo entreranno in vigore nuove norme che di
sicuro imporranno a sostituire l’impianto.
Un obbligo d’informazione è previsto anche nei casi di stipulazione di un contratto
invalido o inefficace, e perciò nullo. È nei casi in cui il contraente stia ingannando
l’altra parte oppure spacciandosi per un terzo senza averne il potere.

SEGUE. INTERESSE NEGATIVO E RISARCIMENTO


La violazione dell’obbligo di correttezza, ovvero della buona fede, è fonte di responsabilità
precontrattuale e comporta l’obbligo di risarcire il danno. Nella responsabilità
precontrattuale dunque o manca il contratto, perché le trattative si sono interrotte, oppure
perché il contratto è inefficace.
Si risarciranno pertanto le perdite subite e inoltre il mancato guadagno per non aver stipulato
altri contratti.

I RAPPORTI GIURIDICI PREPARATORI


Un volta concluso le trattative con esito positivo, le parti possono anche rinviare la
stipulazione del contratto in un tempo successivo e non stipularlo subito. Ciò accade quando
vogliono verificare se il bene abbia le qualità promesse o perché hanno necessità di
procurarsi denaro, per es mutuo. Ma se vogliono essere sicuri che il contratto verrà stipulato
con le condizioni stabilite si potrà richiedere la sottoscrizione di vincoli particolari detti
RAPPORTI GIURIDICI PREPARATORI, come un contratto preliminare che bloccano così
l’affare ma rinviando in tempi successivi la stipulazione del contratto.

L’OBBLIGO DI CONTRARRE. A) GLI OBBLIGHI LEGALI


Un aspetto della libertà contrattuale consiste nella facoltà di decidere se stipulare o no un
contratto. In alcune ipotesi il soggetto è obbligato a stipulare un contratto e ciò avviene o
per adempimento di un obbligo assunto o per effetto di disposizioni di legge. Per effetto di
disposizioni di legge rientra il cd. Obbligo legale di contratte. Si ritrova nelle assunzioni
obbligatorie delle categorie protette, nei servizi di trasporto. Chi esercita un’impresa di
monopolio può stipulare contratti con chiunque ne faccia richiesta osservando la parità di
trattamento.

B) GLI OBBLIGHI NEGOZIALI. IL CONTRATTO PRELIMINARE


Gli OBBLIGHI NEGOZIALI DI CONTRARRE, consiste in un soggetto obbligato a stipulare
un contratto poiché per un obbligo precedentemente assunto, come quello nato da un
CONTRATTO PRELIMINARE. Il contratto preliminare è un contratto simile agli altri, ma ha
l’obbligo di stipulare un successivo contratto.
Il preliminare dunque crea dei diritti e degli obblighi tra le parti.
molto diffuso nel campo immobiliare, dove viene chiamato compromesso. Perché sia valido
è necessario che il preliminare abbia la stessa forma e gli stessi elementi essenziali del
contratto definitivo, precisando la causa, l’oggetto, il prezzo. Le parti sono tenute a
concludere il contratto definitivo, non possono rifiutarsi se si sono pentite dell’affare. Ma
esse possono sciogliersi solo per giusta causa, per esempio se si scopre che la casa è stata
costruita abusivamente. In caso di rifiuto di una delle parti di stipulare il contratto definitivo,
il giudice emanerà una sentenza che produrrà gli effetti del contratto non concluso.
Simile al contratto preliminare è il contratto normativo, con la quale le parti fissano il
contenuto di contratti che esse vorranno stipulare in futuro, ma con un’unica differenza
ovvero che le parti non sono obbligate alla stipulazione ma al suo contenuto. Dunque
possono anche non concluderlo.

L’OBBLIGO DI PREFERIRE. LA PRELAZIONE


La prelazione non comporta nessun obbligo di stipulare il contratto, ma l’obbligo di preferire
un certo soggetto rispetto a un altro, a parità di condizioni. Il soggetto obbligato a preferire
non è tenuto a stipulare un contratto, ma se deciderò di farlo dovrò attribuire la precedenza
al prelazionario, cioè quello che ha la preferenza. Ma ove questo rifiuti il soggetto sarà libero
di vendere ad altri.
La prelazione può derivare da un accordo delle parti, cd. PATTO DI PRELAZIONE si può
richiedere solo il risarcimento dei danni.

L’OBBLIGO DI NON DISCRIMINARE NELLA SCELTA DEL CONTRAENTE


I privati sono liberi di stipulare i contratti con chi vogliono, ma vi è il divieto di discriminazione
quando siano motivati dal’appartenenza di razza, etnica o religiosa, dal sesso dell’altro
contraente. Non è consentito rifiutare, per esempio, un contratto di lavoro o l’iscrizione a
una scuola privata per motivi di nazionalità, di razza, di religione.

CAPITOLO 32: LA STIPULAZIONE

I REQUISITI DEL CONTRATTO


Il contratto perché sia valido deve presentare dei requisiti, detti comunemente elementi
essenziali. Elementi essenziali del contratto sono l’accordo delle parti, la causa, l’oggetto,
la forma. In mancanza di tali elementi il contratto è nullo. Oltre ai requisiti ESSENZIALI,
abbiamo altri elementi detti ACCIDENTALI. Tali elementi possono inserirsi nel contratto o
possono mancare, ma esso non comporta la nullità del contratto stesso. Gli elementi
ACCIDENTALI sono la condizione, il temine, il modo o onere. Così in una donazione i
requisiti essenziali sono il consenso, la causa, l’oggetto, la forma dell’atto pubblico. Sono
invece gli elementi accidentali, per esempio l’onere di destinare una parte della somma
donata a un certo fine come soccorrere i bisognosi o dare una borsa di studio, o la
condizione del verificarsi di un certo evento, per esempio se supera un esame, consegue
la laurea.

LE PARTI DEL CONTRATTO


Le parti del contratto sono i soggetti. Si parla di PARTI IN SENSO FORMALE per
indicare i soggetti che emettono le dichiarazioni contrattuali e formano il contratto. Sono
invece le PARTI IN SENSO SOSTANZIALE i quelli su cui si producono gli effetti del
negozio. Parte sostanziale si indica qualsiasi persona che abbia la capacità giuridica, e
dunque anche chi non ha la capacità di agire. Parte formale soltanto chi ha la capacità di
agire. Per esempio un minorenne che abbia la capacità giuridica ma non la capacità di agire,
può essere PARTE SOSTANZIALE (può ricevere una donazione) ma non PARTE
FORMALE, poiché non ha la capacità di agire e dunque non può effettuare la
dichiarazione dell’accettazione della donazione, che verrà fatta dal suo rappresentante
legale cioè dai genitori.
Un’altra ipotesi di un contratto stipulato non direttamente dall’interessato, ma da un terzo. Il
terzo è la PARTE FORMALE, mentre la PARTE SOSTANZIALE è l’interessato, cioè colui
che acquisterà diritti e obblighi nascenti dall’atto.
Le parti in senso sostanziale vengono invidiate in coloro nel cui nome e interesse viene
stipulato. I contratti bilaterali non sono solo quelli stipulati tra due persone. È bilaterale anche
un contratto di vendita pur se i venditori o i compratori siano più di due, perché ci sono due
centri dì interesse uno di chi vende e l’altro di chi compra. Plurilaterali sono soltanto i
contratti di associazione e di società, in cui si evidenziano più centri d’interesse. Se manca
l’incapacità giuridica della parte sostanziale, o l’incapacità di agire della parte formare, il
contratto è nullo.

L’ACCORDO
L’ACCORDO DELLE PARTI. LE DICHIARAZIONI D VOLONTA’: DICHIARAZIONI
ESPRESSE E MANIFESTAZIONI TACITE
Il primo dei requisiti del contratto è l’accordo tra le parti. Per esempio, Tizio si obbliga a
pagare 400 euro al mese e Caio a far godere un appartamento.
L’accordo può raggiungersi in modo ESPRESSO e in modo TACITO.
La dichiarazione è ESPRESSA quando è fatta verbalmente, con uno scritto, con gesti.
Per esempio, alzare la mano in un’asta significa dichiarare la propria volontà, in un
negozio alimentare chiedendo il prodotto manifestiamo di voler concludere un
contratto acquistando quel determinato prodotto.
La dichiarazione è TACITA quando l’intenzione di stipulare il contratto è manifesta tata
dai comportamenti delle parti. Per esempio, salendo su un autobus si manifesta
l’intenzione di concludere un contratto di trasporto. Se si introduce una moneta in un
distributore di bevande si presume l’intendo di stipulare una compravendita. Il
silenzio non esprime un consenso, solo in caso previsto dalla legge o per un
precedente accordo tra le parti. Per esempio, stabilisco un accordo con la casa
editrice che mi invia i primi fascicoli di un’opera che se non li restituisco vuol dire che
accetto di acquistare l’intera opera.

MODI DI STIPULAZIONE DEL CONTRATTO. A) SCAMBIO DI PROPOSTA E ACCETTAZIONE


Ci sono diversi modi di stipulazione del contratto.
SCAMBIO DI PROPOSTA E ACCETTAZIONE. La proposta è l’atto con cui un soggetto
detto PROPONENTE sottopone a un altro detto OBLATO un programma
contrattuale. L’oblato può accettare o meno, e l’accettazione è l’atto con cui accetta
alla proposta, concludendo così il contratto. Tipico esempio è l’invio di preventivi che
costituiscono vere e proprie proposte contrattuali.
La proposta deve essere completa, cioè deve contenere gli elementi essenziali del
contratto.
L’accettazione deve essere conforme alla proposta, cioè accettare tutti i punti del
programma contrattuale.
L’accettazione deve essere tempestiva, deve giungere al proponente cioè colui che ha fatto
la proposta nei termini di tempo stabiliti o in tempi ragionevoli. Si vuole evitare che al
proponente gli arrivano accettazioni dopo un lasso di tempo.
Proposta e accettazione hanno in comune la forma.
Avendo un destinatario determinato, proposta e accettazione hanno carattere recettizio,
cioè la loro efficacia è subordinata alla conoscenza da parte del destinatario.

REVOCA DELLA PROPOSTA E DELL’ACCETTAZIONE


L’art.1328 stabilisce che proposta e accettazione possono essere revocate e cioè ritirate
fino a quando il contratto non è concluso. Pertanto, il proponente può revocare l’offerta
prima che l’oblato accetti, e al contrario l’accettazione può essere revocata purché la revoca
giunga al contratto prima della dichiarazione dell’accettazione.
Oltre alla revoca tolgono efficacia a proposta e accettazione anche la morte e l’incapacità
di una delle parti. In alcuni casi la revoca non è ammessa, proposta irrevocabile.

PROPOSTA IRREVOCABILE E OPZIONE


La proposta si dice irrevocabile quando un proponente si è obbligato a non ritirare per un
certo tempo la proposta stessa e dunque l’eventuale revoca rimane senza effetto.
Assicurando all’oblato il tempo di verificare con tranquillità la convenienza dell’affare. Oltre
con un atto unilaterale del proponente, quando sono le due parti a decidere con un contratto
di opzione, che ha per oggetto un futuro contratto. Il proponente propone il contratto e
l’oblato può accettare o meno ma la proposta formulata si considera irrevocabile.
Il contratto di opzione assomiglia al preliminare unilaterale, con la sola differenza che
nell’opzione c’è una proposta irrevocabile e il contratto si chiude con una sola dichiarazione
di volontà, mentre nel preliminare due dichiarazioni di volontà. In caso di inadempimento del
preliminare il giudice emetterà una sentenza costitutiva del contratto, cioè il contratto sarà
forzosamente fatto. In caso d’inadempimento dell'opzione il giudice emetterà una sentenza
dichiarativa che accerti che il contratto si è già concluso per effetto dell'accettazione.

OFFERTA AL PUBBLICO
Un’ipotesi di proposta contrattuale è quella offerta al pubblico, cioè un offerta rivolta a più
persone. Per esempio, l’esposizione in vetrina di un vestito con il cartellino del prezzo e
Tizio entrato nel negozio può accettare e concludere il contratto. Nell’offerta al pubblico,
mancando un destinatario, la proposta non ha carattere recettizio. Essa pertanto è efficace
non appena resa pubblica ed è valida anche nei confronti di chi non ne abbia avuto notizia.

ADESIONE AL CONTRATTO APERTO


I contratti plurilaterali aperti sono i contratti già conclusi e aperti all’adesione di altri soggetti.
Per esempio sono i contratti di società o di associazione, le adesioni vengono indirizzate ai
contraenti originari o a un organi costituito per l’attuazione del contratto, ciò concludendo il
contratto in quanto l’adesione equivale all’accettazione. Ma in alcuni casi, come nei partiti
politici, l’adesione non è un accettazione ma una proposta.

B) INIZIO DELL’ESECUZIONE
Il contratto si può concludere con l’INIZIO DELL’ESECUZIONE, da parte dell’oblato che
ha accettato.
Tale modo di conclusione è ammesso quando su richiesta del proponente non è necessaria
una risposta dell’accettante. Non c’è una proposta di accettazione da parte del compratore
in quanto ordini direttamente. Il contratto si conclude al momento in cui faccio l’ordine –
accettazione, cioè prima che il proponente abbia notizia dell’accettazione

C) CONTATTI CON OBBLIGAZIONI DEL SOLO PROPONENTE


Alcuni particolari tipi di contratti prevedono obbligazioni a carico di una sola parte. Tipico
esempio è la fideiussione con cui un soggetto garantisce il pagamento di un debito di un
altro. Anche qui siamo di fronte a un contratto che non ha bisogno di una espressa
accettazione da parte dell'oblato il quale può rifiutare la proposta stessa ma la mancanza di
questo rifiuto equivale ad accettazione.

D) CONTRATTI REALI
I contratti reali sono quelli che oltre al consenso delle parti, include anche la consegna della
cosa. Essi sono il deposito, il comodato, il mutuo, che richiedono anche la traditio della cosa.
Fin quando non avviene la consegna il contratto non si sarà concluso.

E) CONTRATTI STANDARD
I contratti standard o contratti di massa sono contratti senza la contrattazione del contenuto.
Per esempio, sono i contratti di trasporto, di assicurazione, di fornitura della luce e
dell’acqua. Essi sono dei contratti con la quale il cliente può soltanto accettare o rifiutare. Il
fatto che le condizioni sono poste da una sola delle parti, porta due tipi di problemi.
Il cliente stipula e firma il contratto senza conoscere le condizioni generali di contratto.
Per esempio, firma il contratto di assicurazione senza leggerne il testo, acquista un
biglietto ferroviario senza leggere le condizioni, che stabiliscono il numero e la
dimensione dei bagagli.
Per quanto riguarda al contenuto ci possono essere delle cd. CLAUSOLE VESSATORIE,
quelle clausole favorevoli o no al cliente. Dunque non basta che sia firmato il
contratto, ma le clausole che sono vessatorie devono essere specificamente
approvate per iscritto.

DISCIPLINA DEL CONTRATTO,...


Già in anni lontani dalla codificazione erano venute emergendo segnalate esigenze di
protezione di particolari categorie di persone, al fine di rendere effettivo il principio di
uguaglianza sostanziale, che hanno condotto all’emanazione di numerose discipline di
settore.
L’ottica complessiva guardava alla platea di contraenti come distinta per classi sociali e
mirava a correggere squilibri economici del rapporto, perseguendo così una difesa del
mercato delle classi sociali più deboli.
Con il declino dell’ideologia politica che più direttamente aveva ispirato tale assetto della
disciplina, è venuto emergendo per un verso che parte debole nei contratti sono in qualche
modo tutti coloro che contrattano con le grandi imprese, si tratta particolarmente dei piccoli
imprenditori.
Nell’attualità è andata via via introducendosi la difesa dei contraenti non dal mercato, ma nel
mercato.

LA TUTELA DEL CONTRAENTE DEBOLE E IL DIVIETO DI ABUSO DI POTERE


CONTRATTUALE
I contraenti deboli non sono solo i consumatori, e cioè le persone che acquistano beni o
servizi quotidianamente, ma anche gli imprenditori che forniscono beni o servizi a una
grande industria, e quindi dipendono totalmente da loro, che pertanto subiscono degli abusi
di poteri.
Tuttavia la legge ha introdotto a tutela dei contraenti deboli il divieto di abuso di potere
contrattuale, a carico di chi si trovi in posizione di forza.

A) I CONTRATTI TRA IMPRESE E IL DIVIETO DI ABUSO DI DIPENDENZA ECONOMICA


Quanto ai contratti tra imprese, la legge n. 192/1998 ha introdotto la tutela dell’imprenditore
debole, ossia del subfornitore che fornisce ad un’altra impresa prodotti e servizi. Si pensi a
una piccola impresa che produce componenti di un motore, e utilizzati poi da una grande
casa automobilistica, dunque qui si noti la dipendenza economica del subfornitore che non
potrebbe vendere a nessun altro quei componenti per cui potrebbe
essere soggetto di abusi dalla grande industria. Dunque la legge richiede la forma scritta
del contratto, le garanzie per i tempi di pagamento, la specifica determinazione del suo
contenuto, di nullità di clausole vessatorie.
La legge si occupa di ritardi di pagamento, di pubblicità ingannevole, di intese
anti correnziali, di abuso di posizione dominante. Quest’ultimo si realizza quando una o più
imprese impongono prezzi o condizioni che gravano altre imprese.

B) I CONTRATTI DEI CONSUMATORI. IL CODICE DI CONSUMO


Sono numerosi gli interventi legislativi a tutela dei consumatori e sono racchiusi nel
CODICE DI CONSUMO che detta regole specifiche su singoli aspetti del contratto ma
anche principi di correttezza, trasparenza ed equità.
Sono stati sanciti i DIRITTI FONDAMENTALI DEL CONSUMATORE, tra cui il diritto alla
salute, alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi, alla correttezza e alla
trasparenza dei rapporti contrattuali, a una informazione adeguata (informazioni sul
prodotto e sulla presenza di sostanze nocive, il nome del prodotto e del fabbricante,
la provenienza delle materie prime) e una corretta pubblicità.

SEGUE. CONTRATTI TRA CONSUMATORE E PROFESSIONISTA


La legge tutela anche i contratti tra consumatore e professionista. Il consumatore è chi
agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale, mentre il
professionista è chi agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale o
professionale, cioè un’impresa industriale, un commercialista, uno studio medico.
La legge sancisce la nullità di alcune clausole contrattuali, cioè quelle definite
VESSATORIE, e cioè le clausole che determinano condizioni sfavorevoli al
consumatore.

SEGUE. LE SPECIALI FORME DI TUTELA COLLETTIVA


Al fine di rendere effettiva la protezione dei consumatori si sono introdotte nuove e speciali
forme di tutela collettiva che prevedono da una parte la vigilanza e l’intervento di
AUTORITA’ AMMINISTRATIVE sulle condizioni generali del contratto, dall’altro il
coinvolgimento dei privati nell’attività di controllo di prassi contrattuali che coinvolgono i
consumatori.
L’AUTORITA’ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MARCATO può vietare a
singoli professionisti di stipulare contratti scorretti.

CAPITOLO 33: LA CAUSA, L’OGGETTO E LA FORMA

LA CAUSA DEL CONTRATTO


Requisiti del contratto sono la causa, l’oggetto e la forma. Per causa s’intende lo scopo che
ha il contratto, essa deve essere lecita e meritevole di tutela, ovvero il rapporto che si viene
a creare tra le parti deve essere diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela. Per
esempio, causa della compravendita è lo scambio di una cosa contro un prezzo. Causa
della locazione è lo scambio del godimento di un bene e il corrispettivo di un canone. Infatti
l’ordinamento giuridico controlla i privati soprattutto attraverso la valutazione della causa del
contratto.

I CONTRATTI TIPICI
I CONTRATTI TIPICI sono i contratti disciplinati dalla legge. Si parla di vendita, locazione,
mutuo, mandato, trasporto, appalto. Essi vengono chiamati anche contratti nominati.
Le parti potrebbero utilizzare il contratto tipico per perseguire obiettivi diversi da quelli del
negozio utilizzato, il cd. USO INDIRETTO DEL NEGOZIO, esso se è per scopi leciti, in linea
di principio può essere utilizzato.

I CONTRATTI ATIPICI O INNOMINATI


Sono quei contratti non previsti e quindi non espressamente regolati dalla legge. Sono validi
solo se hanno una causa lecita, giuridicamente ed economicamente apprezzabile. Esempi
ne sono i contratti di leasing e di factoring. Anche qui l’ordinamento effettua un controllo
attraverso la verifica della causa, pertanto esso sarà nullo non solo nel caso in cui sarà
illecito ma anche quando sarà futile, cioè per es pago una persona perché mi garantisca la
sua amicizia o il suo affetta.
Essi sono disciplinati dalla legislazione per i contratti in generale (art 1323), quella derivante
dagli accordi delle parti e dalle norme imperative di legge (art. 1322) , e ancora per analogia
dalle disposizioni che regolano casi simili (art. 12 disp. Prel.) ovvero contratti tipici analoghi
al caso in questione.
Ancora esistono i CONTRATTI MISTI, ovvero quei negozi che non rientrano in nessun caso
completamente, ma invece hanno caratteri comuni a più tipologie, molte volte è la legge a
decidere a quale disciplina essi devono sottostare. Ancora per decidere la disciplina può
essere utilizzato il cd. criterio della prevalenza quando vi sono somiglianze con un certo tipo
di contratto.

I NEGOZI ASTRATTI
Sia i negozi unilaterali che quelli bilaterali devono avere una causa lecita. Quando ci
troviamo di fronte ad un contratto formale, ovvero che richiede una certa forma, es. atto
pubblico, la causa deve emergere dal contratto. Non sono ammessi nel nostro ordinamento
negozi astratti di trasferimento della proprietà.
Infatti, in Italia, è ammesso un solo caso particolare di negozio astratto, ovvero un negozio
che produce i suoi effetti a prescindere dalla causa, il caso della cambiale, dove una volta
firmato il titolo non si può invocare il venir meno della causa. Se la merce non mi è stata
consegnata dovrò pagare e poi rivolgermi al venditore per la restituzione della somma di
denaro. Chi gira la cambiale opera come NEGOZIO ASTRATTO. La legge ha consentito tale
eccezione per garantire sicurezza e rapidità nella circolazione dei crediti.

I MOTIVI
La causa è uguale per entrambi i contraenti, mentre i MOTIVI riguardano le finalità
individuali che possono essere molteplici (es. acquisto un immobile per fare un investimento,
per rivenderlo, per utilizzarlo personalmente ecc.) . I MOTIVI ai fini giuridici sono irrilevanti.
Affinché acquistino rilevanza giuridica o devono essere iscritti nel contratto con una clausola
condizionale o ancora i motivi devono risultare illeciti, annullando così lo stesso contratto se i
motivi illeciti riguardano entrambi le parti.
Ancora esiste il motivo erroneo o errore sui motivi che riguarda le donazioni e i testamenti
ovvero l’atto viene annullato solo se chi dona o chi lascia in eredità si sia sbagliato ad
esempio nell’individuare la persona.
Un’altro caso rilevante, che non costituisce un semplice motivo, è la PRESUPPOSIZIONE
ovvero quando non si tratta di un motivo individuale, ad esempio se si prende in locazione
un balcone per assistere ad una manifestazione, se essa viene soppressa il contratto deve
essere sciolto perché si stipulava in base alla realizzazione della manifestazione e non solo
all’interesse di una delle due parti ma di entrambe, in tal caso si tratta di presupposto
oggettivo e comune.

L’OGGETTO DEL CONTRATTO


L’oggetto del contratto s’intende il contenuto del contratto ovvero l’insieme delle clausole e i
beni dovuti. Per esempio, il termine di pagamento.
Secondo l’art. 1346, l’oggetto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile:
POSSIBILITÀ DELL’OGGETTO SIGNIFICA
Possibilità di conseguire il risultato cui il contratto è diretto, effettuare un trasporto, curare un
malato, redigere un progetto.
Esistenza materiale del bene o possibilità di costruirlo, nei contratti possono essere dedotti
anche beni futuri, ad esempio le res nullius riguarda le cose che devono ancora venire ad
esistenza.
LICEITÀ DELL’OGGETTO SIGNIFICA
Che esso non deve essere contrario a norme imperative, all’ordine pubblico, al buon
costume.
DETERMINATEZZA SIGNIFICA
che l’oggetto deve essere specificato. Per esempio questa macchina, quella casa, mille litri
di gasolio o almeno che possa essere determinabile in base ai criteri fissati dalla legge o
dalle stessi parti.
In alcuni casi, è la legge a determinare l’oggetto del contratto. In tema di vendita bisogna
riferirsi al prezzo normalmente praticato dal venditore o ai prezzi di listino se le parti non lo
abbiano pattuito, analogamente in materia di lavoro autonomo se il corrispettivo non è stato
pattuito tra le parti, la legge rinvia alle tariffe professionali o alla determinazione del giudice.
Di norma però sono le stesse parti a determinare l’oggetto del contratto, essi si possono
riferire a elementi esterni.
Le parti possono anche affidare anche a un terzo per la creazione del contratto, in tal caso si
parla di ARBITRAGGIO ovvero il contratto creato da terzi dove l’ARBITRATORE È CHI LO
CREA.

LA FORMA
Essa è un elemento essenziale del contratto solo nei casi previsti dalla legge art.1325.
Affinché ci sia il requisito della forma il contratto deve essere comunicata all’esterno, infatti,
la forma è il modo con cui si manifesta la volontà negoziale. C’è comunque libertà di forma,
ovvero le parti possono adottare la forma che più ritengono opportuna purché manifesti la
volontà negoziale.
La forma può essere TACITA quando la volontà si desume da un comportamento, es. se
salgo sul bus concludo un contratto di trasporto; oppure ESPRESSA se la volontà è
manifestata con segni di linguaggio, parole o scritti, ma anche gesti come alzare una mano a
una vendita all’asta.
Tale principio della libertà di forma ha comunque dei limiti, infatti in alcuni casi essa deve
essere necessariamente espressa come nel caso della fideiussione.
La forma costituisce un elemento essenziale e in alcuni casi la forma è richiesta a pena di
nullità ciò accade per dare importanza al contratto in questione ovvero c’è la necessità di
stipulare un atto pubblico. È il documento redatto da un notaio o da un altro pubblico ufficiale
autorizzato ad attribuire pubblica fede.
L’atto pubblico è necessario in caso di donazione, di costituzione di società di capitali,
convenzioni matrimoniali, costituzione di fondazioni e altri casi.
La scrittura privata è qualsiasi documento sottoscritto dall’interessato e s’impegna a quanto
è in esso il contenuto, essa è necessaria per:
i contratti di alienazione di proprietà e degli altri diritti reali su beni immobili;
le locazioni abitative, quelle ultranovennali, i conferimenti in società del godimento
di immobili per un tempo superiore ai 9 anni;
i contratti per operazioni e ai servizi di banca, i contratti stipulati con i clienti dalle
SIM, e molti altri.

Le compravendite immobiliari sono valide con scrittura privata e l’esigenza di stipularle per
atto pubblico sta nella necessità di rendere l’immobile opponibile a terzi.

CONTRATTI FORMALI E CONTRATTI A PROVA FORMALE


Il principio della libertà di forma non è assolto e subisce delle limitazioni.
In alcuni casi non basta una manifestazione tacita e la legge prescrive che la dichiarazione
sia espressa o che avvenga tramite documento (negozi a forma vincolata).
Documento è qualsiasi mezzo materiale atto a rappresentare durevolmente atti e fatti, con
ciò assicurandone la conoscenza nel tempo. Il documento per eccellenza è il testo scritto,
che è la forma imposta dalla legge per la redazione di taluni contratti.
Devono farsi per atto pubblico: la donazione, la costituzione di società capitali, le
convenzioni matrimoniali e gli atti istitutivi di fondazioni. L’atto pubblico è il documento
redatto da un notaio o altro pubblico ufficiale. La volontà negoziale relativa agli atti indicati
deve essere espressa davanti ad un pubblico ufficiale.
Devono farsi per scrittura privata: i contratti di alienazione della proprietà e degli altri diritti
reali su beni immobili, le locazioni abitativi, ultranovennali e i conferimenti in società di
godimento di immobili per un tempo superiore ai nove anni, i contratti relativi ai servizi
bancari e finanziari.
La scrittura privata è un documento sottoscritto da un privato, che in tal modo fa proprie le
dichiarazioni in esso contenute e si impegna in quanto in esso si promette.

LA FORMA CONVENZIONALE. IL DOCUMENTO INFORMATICO E IL CONTRATTO TELEMATICO


La FORMA CONVENZIONALE si ha quando le parti, precedentemente si sono messe
d’accordo sulla forma da utilizzare. Abbiamo già visto quali sono i CONTRATTI FORMALI
sono quelli che hanno l’obbligo della forma scritta ma solo come mezzo di prova, eccezione
ne sono i contratti a prova formale, come l’assicurazione, la vendita di aziende.
Esistono oggi anche i DOCUMENTI INFORMATICI, i quali attraverso la firma digitale da
ampie garanzie sulla provenienza del documento. E i CONTRATTI TELEMATICI, ovvero
contratti che vengono conclusi tramite i siti dei fornitori, dando informazioni chiare e corrette
ai consumatori.

CAPITOLO 34: LE CLAUSOLE ACCIDENTALI DEL CONTRATTO

REQUISITI ESSENZIALI E CLAUSOLE ACCIDENTALI DEL CONTRATTO


Le cosiddette clausole accessorie dei negozi (o elementi accidentali, chiamate così perché
entrano a far parte del contratto solo se le parti lo vogliono) sono la condizione, il modo e il
termine. Anche con la mancanza degli elementi accidentali il contratto è valido.

LA CONDIZIONE
Secondo l’art.1353 la condizione volontaria condicio facti è la clausola che subordina gli
effetti del contratto ad un avvenimento futuro e incerto.
Essa è sospensiva se sospende l’efficacia del negozio fino a che l’evento non si sia
verificato.
Per esempio, Tizio dona il suo studio professionale a Caio a condizione che si scriva
all’albo,prima avviene l’iscrizione poi la donazione.
E’ risolutiva se al verificarsi dell’evento, essa far venir meno gli effetti già prodottisi.
Nei casi di divieto normativo esse non possono essere immesse, esempi ne sono le cambiali
e i negozi familiari.
Esiste ancora la condizione legale (condicio iuris) , ovvero quella posta dalla legge, un
esempio è la condizione legale per l’efficacia di una donazione a favore di un nascituro non
concepito è la sua nascita.

L’EVENTO DEDOTTO IN CONDIZIONE


Esso deve essere futuro e incerto, e questa incertezza può essere soggettiva ovvero che le
parti non sappiano se un avvenimento ci sia stato, per esempio se la nave è giusta a
destinazione, se la spedizione è andata a buon fine. Proprio per tale motivo si parla di
condizione impropria.
In base al tipo di evento, la condizione si distingue in CASUALE, se il suo avveramento
dipende dal caso, e POTESTATIVA, se invece il verificarsi dipende da una delle due parti.
Ancora quella potestativa si divide in SEMPLICE quando l’evento è collegato a un
comportamento volontario ad es. venderò la casa se mi trasferirò a Londra. E’
MERAMENTE POTESTATIVA quando dipende da una dichiarazione di volontà. L’EVENTO
DEVE ESSERE POSSIBILE E LECITO, infatti diversamente il contratto sarà nullo. La
condizione impossibile rende nullo il contratto se è sospensiva. Per esempio, se costruirai
un grattacielo in un giorno, se comprerai un bene demaniale.
La condizione è illecita quando è contro alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume.
Per esempio, ti do un bene se abbandoni la tua religione.

PENDENZA DELLA CONDIZIONE


In un contratto condizionato, fin quando le condizioni non si sono verificate le situazioni
giuridiche si trovano in uno stato di incertezza. Tale stato è denominato PENDENZA DELLA
CONDIZIONE ed è caratterizzato dal fatto che la parte il cui acquisto è condizionato a un
certo evento non ha un diritto pieno e completo, infatti è TITOLARE DI UNA ASPETTATIVA.
La legge prevede che esso può compiere atti conservativi ad esempio può chiedere il
sequestro del bene.
Secondo l’art. 1358 in pendenza della condizione ciascuna delle parti deve comportarsi
seconda buona fede di cui si tratta di salvaguardare l’interesse altrui. Sia l’alienante che
l’acquirente sotto condizione sono tenuti a conservare il bene e a non deteriorarlo, in vista
del possibile acquisto della controparte, pena il risarcimento dei danni.
Una sanzione è prevista dall’art. 1359, il quale prevede che la condizione si considera
avverata quando essa sia mancata a causa del comportamento di una delle parti la quale
era interessata al non avveramento delle condizioni.
Durante la pendenza della condizione, il titolare del diritto può compiere atti dispositivi, ma
gli effetti di tali atti sono subordinati alla sorte del primo contratto, cosicché chi ha comprato
sotto condizione risolutiva può vendere il bene a terzi, ma se l’evento si verifica la seconda
vendita sarà travolta dalla risoluzione del primo contratto.
AVVERAMENTO DELLA CONDIZIONE
Si ha AVVERAMENTO DELLA CONDIZIONE quando si verifica l’evento fissato.
L’avveramento risolve la situazione d’incertezza e rende il contratto definitivamente efficace
o no. Per esempio la licenza viene accettata o no. L’avveramento ha effetti retroattivi ovvero
il contratto produce i suoi effetti fin dal momento della sua stipulazione o non li produce.
Così se ho acquistato un edificio il 10 gennaio di quest'anno e la condizione sospensiva si
avvera il 10 marzo, la retroattività comporta che io sono considerato proprietario fin dalla
data di stipulazione del contratto.
La retroattività non è un carattere necessario della clausola contrattuale, infatti essa può
essere esclusa dalla volontà delle parti o dalla natura del rapporto.
La retroattività non vale per gli atti di ordinaria amministrazione e in genere di godimento
diretto del bene, i frutti percepiti, in particolare non vanno restituiti se non dal giorno in cui si
è avverata la condizione.

IL TERMINE
Esso è l’inizio o la fine degli effetti del contratto, il cd. TERMINE DI EFFICACIA.
Una sua caratteristica è di essere stabilito in relazione a un evento futuro e certo, può
consistere in una data prefissata o in un qualsiasi altro accadimento purchè esso sia certo.
Esso ha la funzione di adeguare gli effetti di un contratto agli specifici interessi delle parti, in
particolare in ordine alla durata del rapporto contrattuale, il giorno di Pasqua del 2015 o il 26
giugno di quest’anno.
Il termine a differenza della condizione si caratterizza per la certezza di un avvenimento,
anche se incerto quando si verificherà. Per esempio, il giorno delle prossime elezioni, il 1
maggio.
Non in tutti i negozi è possibile apporre un termine, un esempio tipico è il matrimonio.
Esiste il TERMINE POTESTATIVO, ovvero la clausola che determina il momento iniziale o
finale del rapporto. L’incertezza può essere eliminato se la controparte chiede al giudice la
fissazione di un termine.

IL MODO NEI NEGOZI GRATUITI


E’ una limitazione apposta a una attribuzione gratuita, è un obbligo giuridico che grava sul
beneficiario di una attribuzione gratuita. Per esempio, dono un edificio al Vescovo con
l’onere di destinarlo a centro di accoglienza per gli extracomunitari.
Il modo costituisce un peso, cioè onere, il quale riduce gli effetti dell’attribuzione.
Anche la clausola modale è un mezzo con il quale si attribuisce rilevanza a particolari motivi
o finalità di chi ha stipulato il negozio, la sua caratteristica in tal senso è che può essere
inserita solo nei negozi gratuiti, come donazione, testamento, comodato.
L’onere può consistere in un dare, in un fare, o non fare, in ogni caso, costituisce una vera e
propria obbligazione.
LA CLAUSOLA PENALE E LA CAPARRA
La CLAUSOLA PENALE è una determinazione anticipata del risarcimento per il caso di
inadempimento o ritardo, ad esempio, in un contratto di appalto si stabilisce che per ogni
giorno di ritardo nella consegna delle opere saranno dovuti 100 euro a titolo di penale.
La sua funzione è di precostituire un diritto al risarcimento senza che sia necessario fornire
la prova del danno. La penale può comunque essere ridotta dal giudice quando essa risulta
eccessiva. La caparra confirmatoria è la somma consegnata ad una parte, al momento della
conclusione del contratto, a garanzia dell’impegno contrattuale assunto. Al momento
dell’adempimento, la caparra sarà restituita e il tal caso sarà una garanzia del futuro
adempimento, che rafforza il vincolo contrattuale.
In caso di inadempimento di chi ha dato la caparra, l’altra parte può recedere dal contratto
ritenendo la caparra a titolo di risarcimento. Se invece l’inadempiente è colui che ha ricevuto
la somma, sarà la controparte a esigere il doppio della caparra.
Esiste anche la CAPARRA PENITENZIALE, che è la somma consegnata ad una parte, al
momento della conclusione del contratto, a titolo di corrispettivo per il futuro diritto di recesso
(ritirare).
E’ possibile cioè che le parti abbiano convenuto a favore di una di esse la facoltà di recedere
dal contratto, di sciogliersi con decisione unilaterale dal vincolo contrattuale. In tal caso la
caparra ha la funzione di compenso per la facoltà attribuita ad una o entrambe le parti. Il
recedente perde la caparra data o deve restituire il doppio di quella ricevuta.
La MULTA PENITENZIALE,è una somma di denaro cioè una multa quando la parte
deciderà di recedere il contratto. A differenza della caparra penitenziale, qui la somma è
versata nel momento del recesso. Il recesso produce effetto solo quando la prestazione è
eseguita.

CAPITOLO 35: INVALIDITA’ DEL CONTRATTO

VALIDITÀ E INVALIDITÀ DEL CONTRATTO


Il CONTRATTO È VALIDO quando l’atto è conforme ai requisiti previsti dalla legge;
viceversa, si parla di INVALIDITÀ DEL CONTRATTO quando esso non è stato regolarmente
formato, ovvero quando manca o è illecito uno dei suoi elementi. Per esempio, quando la
causa è illecita.
L’invalidità quindi è la sanzione che colpisce l’atto giuridicamente irregolare, ad esempio una
vendita nulla per mancanza della forma richiesta non produce il trasferimento della proprietà
del bene.
Si distinguono tre forme di invalidità: nullità, annullabilità e rescindibilità.

LA NULLITÀ
LA NULLITA’
la forma generale e più grave di invalidità del contratto che comporta l’inefficacia dell’atto.
La nullità è irrimediabile, i contraenti non possono rimediare il vizio, convalidare il negozio
nullo in modo da renderlo produttivo di effetti.
Il contratto è nullo quando manca o è illecito uno dei suoi requisiti essenziali.

MANCANZA DEI REQUISITI


Il contratto è nullo quando manca uno dei requisiti o elementi essenziali, cioè causa, forma
richiesta, oggetto, accordo delle parti.
Può mancare l’oggetto quando non esiste materialmente il bene ad es. perché è già
distrutto. Per esempio, ti dono tutti i beni di cui diventerò proprietario nel corso della mia vita.
Infine la forma può mancare perché non è conforme alla legge.

SEGUE. MANCANZA DELL’ACCORDO DELLE PARTI


Può mancare l’accordo delle parti. Il negozio è dichiarazione di volontà, quando la volontà
manca il negozio è nullo. Applicando tale principio l’attività giuridica è resa insicura poiché
chi riceve una dichiarazione non sempre può rendersi conto che dietro di essa manca
un’effettiva volontà.
La legge tutela coloro che abbiano fatto affidamento sulle dichiarazioni altrui e di coloro che
abbiano fatto una dichiarazione non voluta, proprio per tali motivi si distinguono due ipotesi:
La MANCANZA DI VOLONTÀ che si ha nei casi di dichiarazione non seria, per scherzo, per
scopi didattici, scambierei una Ferrari per un’aranciata. In tal caso la volontà manca, inoltre
c’è il caso della violenza fisica ovvero quando la volontà è del tutto inesistente. Per esempio,
in un’asta Tizio alza la mano di Caio per fargli fare un’offerta.
Il secondo caso si ha quando c’è DIVERGENZA TRA VOLONTÀ E DICHIARAZIONE nei
casi di errore ostativo. L’errore ostativo è l’errore commesso nell’emettere la dichiarazione,
es. voglio scrivere 1000 e scrivo 100, in tal caso la dichiarazione non rispecchia la volontà e
l’atto dovrebbe essere nullo. Un’altra ipotesi di divergenza tra dichiarazione e volontà è
quella della simulazione ad es. dichiaro di donare a Tizio ma invece intendo arricchire Caio.

SEGUE. INESISTENZA DEL CONTRATTO


Un contratto è inesistente quando all’interno di esso non solo manca l’accordo tra le parti ma
anche una traccia di accordo contrattuale.
Così, nel nostro ordinamento è inesistente un accordo di matrimonio tra persone dello
stesso sesso, un accordo di lavoro senza che il datore di lavoro ne sappia nulla.

ILLICEITA’ DEL CONTRATTO


Ancora il contratto è nullo quando è illecito, ovvero quando è contro alla legge norme
imperative, all’ordine pubblico e al buon costume. Le NORME IMPERATIVE significa la
violazione di norme.
Anche le ipotesi di mancanza di un requisito essenziale di un contratto sono casi di
contrarietà a norme imperative. L’ORDINE PUBBLICO è l’insieme dei principi fondamentali
dell’ordinamento giuridico ricavate da norme per lo più costituzionali, ad es. la libertà di
pensiero e di espressione, la libertà di culto e di associazione, l’eguaglianza di fronte alla
legge e la libertà d’iniziativa economica, ancora ci sono quelli non espressamente dettati
dalla legge come la libertà di sposarsi o non sposarsi, di avere figli o non averli, proprio per
questo un negozio che obbliga a non avere figli sarà nullo.
Il BUON COSTUME, invece, è l’insieme dei principi morali comunemente accolti nella
società, indica le regole e le esigenze etiche correnti, sia in ordine al pudore e alla sfera
sessuale sia alle regole di onestà e di correttezza, ne sono esempi i negozi immorali che
sono i contratti relativi alla prostituzione e alla pornografia.

RECUPERO DEL CONTRATTO NULLO


La nullità è una forma di invalidità insanabile, non si può rimediare al difetto dell’atto, in
particolare, non è ammessa la cd. CONVALIDA DELL’ATTO che, invece, è consentita per il
contratto annullabile.
Le parti, possono solo stipulare un nuovo negozio, evitando così il difetto che ha reso nullo il
precedente contratto.
Esistono alcune forme di RECUPERO che modificano legalmente l’atto viziato, si tratta dei
casi di NULLITÀ PARZIALE E DI CONVERSIONE. La NULLITÀ PARZIALE è quella che
riguarda solo una parte o una clausola del contratto. Dunque dipende dalla clausola
al’interno del contratto. Qui se la clausola è determinante nel senso che le parti non
avrebbero concluso il contratto senza quella clausola, il contratto diviene nullo. Se invece,
essa è solo una clausola accessoria, solo la parte viziate viene tolta.

LA CONVERSIONE
la trasformazione legale del contratto nullo in un contratto diverso e valido (art. 1424) ad es.
un assegno privo di data e come tale nullo, può valere come una come promessa di
pagamento.
La conversione opera di diritto sulla base di due requisiti:
1. la sussistenza dei requisiti di sostanza e di forma di un altro contratto;);)
2. la obiettiva congruità tra gli effetti del nuovo contratto e lo scopo perseguito dalle
parti. Infatti, ciò che conta è la corrispondenza sostanziale tra il nuovo contratto e
quello nullo, cioè il nuovo contratto deve perseguire lo stesso scopo del contratto
nullo, sia pure per vie diverse.
Proprio per tali motivazioni, la conversione non richiede nessuna dichiarazione di volontà.
Invece, la cd. Conversione legale o automatica, disposta dalla legge direttamente, viene
utilizzata in alcune specifiche ipotesi.

L’AZIONE DI NULLITÀ
La nullità avviene automaticamente quando il contratto è in contrasto con una disposizione
normativa, il contratto nullo è inefficace fin dall’origine. L’azione di nullità è l’azione con cui si
fa valere in giudizio l’irregolarità dell’atto, è un’azione di accertamento. Infatti, il giudice,
dovrà solo accertare che quel determinato contratto sia effettivamente nullo, la sentenza in
tal caso è denominata SENTENZA DICHIARATIVA. La nullità può essere fatta valere da
chiunque vi ha interesse, e quindi non solo le parti, per esempio gli eredi. Ancora può essere
rilevata d’ufficio dal giudice, anche se le parti non l’abbiano fatta valere, il giudice che sia
richiesto di una pronuncia su un contratto deve rilevare ex officio la nullità dell’atto, se ad
esempio il venditore chiama in giudizio il compratore per ottenere l’adempimento coattivo di
un contratto nullo, il giudice non potrà emettere la condanna, ma dichiarerà la nullità del
contratto.
Un altro caso è quello della NULLITÀ RELATIVA ovvero della nullità che può essere fatta
valere solo da uno di contraenti, il cd. contraente debole, rimettendo così alla sua
valutazione l’opportunità di far dichiarare l’invalidità, l’inefficacia.
L’azione di nullità è IMPRESCRITTIBILE, può essere fatta valere senza limiti di tempo. L’art.
1422 afferma che l’eccezione riguarda l’usucapione e la prescrizione delle azioni di
ripetizione. Può accadere che dopo una vendita nulla, l’acquirente possegga il bene per
tempo necessario per usucapione, in tal caso, il compratore non potrà chiedere
l’annullamento o non potrà farsi restituire il prezzo pagato se è ormai prescritta l’azione di
ripetizione.
L’ANNULLABILITA’
L’ANNULLABILITÀ
una forma di invalidità meno grave della nullità, infatti il negozio annullabile è
provvisoriamente efficace, la sua efficacia può venire meno dopo una sentenza di
annullamento su domanda della parte tutelata.
A differenza della nullità, che invece garantisce interessi generali, l’annullabilità tutela
interessi individuali, di uno dei contraenti, cui spetta la decisione se tenere fermo l'atto o
farlo cadere con l'impugnazione giudiziale, che intanto produce i suoi effetti. Causa di
annullabilità è per esempio la minore età del contraente, ma la decisione se farlo annullare o
meno spetta al minore o al suo rappresentante legale in relazione alla convenienza.
L’annullabilità è una FORMA SPECIALE di invalidità, ovvero è limitata ai soli casi specifici,
precisamente è prevista per i casi di incapacità di agire e di vizi della volontà, cioè errore,
violenza.

INCAPACITÀ DI AGIRE
Il negozio è annullabile, anzitutto, nel caso di incapacità di una delle parti, legale o naturale
art. 1425.
INCAPACITÀ LEGALE DI AGIRE è la condizione in cui si trova il minore di età e l’interdetto,
e per alcuni casi l’inabilitato, l’emancipato e il beneficiario dell’amministrazione di sostegno;
essi sono limitati nel compiere atti giuridici, facendo intervenire soggetti incaricati della loro
protezione.
La legge dispone che quando l’incapace sottoscrive contratti a lui vietati, il rappresentante o
lo stesso incapace può richiedere l’annullamento, a prescindere se l’altra parte conoscesse
o meno la condizione di incapacità legale.
INCAPACITÀ NATURALE è la condizione di chi sebbene non interdetto, sia stato incapace
di intendere e di volere, al momento in cui ha posto in essere un atto giuridico ad es. il
contraente era ubriaco. Per l’annullamento dei contratti occorre dimostrare la mala fede della
controparte. Per altri atti invece occorre che ne risulti un grave danno all’incapace, qui se si
ricorre l’atto sarà annullabile anche se l’altra parte era in buona fede.

I VIZI DEL CONSENSO


Sono ipotesi di alterazione della volontà negoziale che si forma in maniera distorta, se ad es.
fitto una casa a Bagnacavallo pensando che sia una località di mare, posso dire di aver
voluto locare quella casa solo sulla base di una convinzione erronea. In tal caso, l’errore,
non ha escluso la mia volontà, l’ha solo viziata. Vendo un’azienda a un organizzazione
criminale, posso dire di aver voluto effettivamente concludere il contratto, ma solo per
evitare il male che mi è stato minacciato. La volontà di stipulare il contratto c’era ma essa si
è formata in modo anomalo. Il consenso si dice viziato e i rimedi offerti dalla legge vanno a
tutelare la libertà del volere.
Il rimedio offerto dalla legge è l’annullabilità.
La legge CONSIDERA VIZI DEL CONSENSO L’ERRORE, LA VIOLENZA E IL DOLO.

L’ERRORE
Consiste in una falsa conoscenza della realtà determinata da una delle parti in un contratto,
che senza quell’errore, non avrebbe stipulato, ad es. acquisto un quadro ritenendo che sia
l’originale, mentre è solo una copia.
Affinché l’errore porti all’annullamento del contratto esso deve essere essenziale e
riconoscibile dall’altro contraente art.1428.
L’errore è riconoscibile quando una persona avrebbe potuto rilevarlo, tenuto conto del
contenuto del contratto.
L’errore è ESSENZIALE quando è DETERMINANTE del consenso ovvero che la parte non
avrebbe stipulato il contratto senza quell’errore. In mancanza di ciò il contratto non è
annullabile.
L’art. 1429 elenca alcuni casi tipici di errore essenziale e ciò che conta è che l’errore cada
su un elemento interno al contratto.
Secondo gli art. 1429 e 1430 l’errore è essenziale quando cade.
Sulla natura o sull’oggetto del contratto. Salgo su un autobus per andare a Palermo, ma è
diretto a Messina.
Sulla qualità della prestazione in concreto essenziale per il contraente
Sull’identità e sulla qualità dell’altro contraente es. contratto di cure mediche.
Sulla quantità delle prestazioni

L’ERRORE DI DIRITTO
S’intende l’errore che cade sull’esistenza o sul contenuto di una norma giuridica.
Si tratta del fatto che l’ignoranza di una norma giuridica m’induce a valutare per errore una
certa situazione e, sulla base di tale errore, mi induco a stipulare un contratto, ad es. compro
un quadro credendo che sia liberamente esportabile ignorando che ci sono norme che ne
vietano l’esportazione o la rivendita, perciò chiedendo l’annullamento del contratto intendo
rispettare le norme. L’ERRORE DI DIRITTO deve cadere su un elemento interno al
contratto, che deve riguardare la causa o il contenuto, l’oggetto o la persona dell’altra parte.

IL DOLO
un inganno che induce in errore l’altro contraente. Ad es. esibendo un falso certificato di
autenticità inganno l’acquirente di un quadro, fornendo un falso certificato medico traggo in
inganno colui che mi assume. Il dolo è determinante (dolus malus) quando i raggiri sono
stati tali che, senza di essi, l’altro contraente non avrebbe stipulato il contratto. In tal caso il
contratto viene annullato.
Se invece, il raggiro ha influito solo il contenuto del contratto detto dolo incidente, dolus
bonus, il contraente potrà chiedere il risarcimento del danno e non l’annullamento.
La tendenza del dolo si verifica soprattutto nei contratti di massa, vincolando la pubblicità
all’esigenza di una rigorosa informazione sulle reali caratteristiche del prodotto.
Il dolo è un vero e proprio inganno o raggiro, posto in essere proprio al fine di ingannare uno
dei contraenti. Le forme sono varie, si possono avere tramite artifici o raggiri per esempio
con false certificazioni ma anche con la semplice menzogna. Tale dolo è detto
COMMISSIVO, perché suppone un atto, la commissione di una qualche azione atta ad
ingannare. Ancora esiste il cd. Dolo omissivo e cioè si può ingannare una persona anche
tacendo, pur avendo l'obbligo di informazione.

RILEVANZA DEL DOLO


Il dolo implica la malizia o intenzione di ingannare, affinché esso implichi l’annullamento del
contratto l’errore prodotto deve essere determinante del consenso, quando ci sia tale
presupposto ciò che conta è che il dolo, di fatto, abbia determinato la stipula del contratto.
Ancora, il contratto è annullabile quando il dolo è stato creato da terzi, se essi era noti al
contraente che ne trae vantaggio.

LA VIOLENZA
la minaccia di un male ingiusto e notevole, alla persona o ai beni del contraente o di terzi,
con lo scopo di ottenere una dichiarazione negoziale dal minacciato.
La caratteristica della violenza è la PRESSIONE PSICOLOGICA esercitata sul soggetto, il
minacciato è posto nell’alternativa tra il resistere alla pressione, rischiando di subire il male,
e il cedere stipulando il contratto.
Nella violenza la volontà non manca del tutto e perciò la conseguenza è l’annullabilità del
contratto e non la nullità. Perché il soggetto minacciato vuole concludere il contratto per non
subire il male.
A differenza della violenza fisica, vi è la violenza morale, che agisce sulla sfera psichica e
morale della persona, che non lascia nessun spazio di libertà infatti, la sanzione è la nullità
del contratto.

CARATTERI DELLA VIOLENZA


La minaccia per dare luogo alla annullabilità deve essere seria. La minaccia deve riguardare
la persona o i beni del contraente a alle perone a lui vicine.
Infatti il timore reverenziale può influire sulla volontà di un soggetto, facendo sì che egli
compi atti che diversamente non avrebbe compiuto, costituendo una condizione psicologica
interna al soggetto. Se invece, tale soggezione è alimentata dall’esterno tramite pressioni
insistenti si può arrivare ad una vera e propria intimidazione, come nei casi delle
raccomandazioni mafiose, le quali vanno a costituire una VIOLENZA MORALE.
La violenza è rilevante anche se proviene da un terzo e il contraente che ne trae vantaggio
non ne era a conoscenza, qui la legge vede il contraente ignaro in buona fede garantendo la
libertà negoziale.

L’AZIONE DI ANNULLAMENTO
la domanda giudiziale diretta a far annullare il contratto, spetta alla parte nel cui interesse è
stabilita dalla legge. A differenza dall’azione di nullità, che può essere preposta da chiunque
vi ha interesse, essa spetta al soggetto tutelato, cioè all’incapace e al suo rappresentante
legale, e al contraente il cui consenso è viziato da errore, dolo o violenza.
Solo eccezionalmente sono previsti casi di annullabilità assoluta.
L’annullabilità è utilizzato come rimedio di un interesse particolare. L’azione si prescrive in
CINQUE ANNI, che decorrono dal momento in cui scoperto l’errore o il dolo o è cessata la
violenza. Trascorso tale periodo, non è più possibile un azione diretta a far annullare l’atto.
Rimane tuttavia la possibilità di richiedere l’annullamento in via d’eccezione, ove la parte
tutelata sia convenuta in giudizio per l’esecuzione del contratto.

EFFETTI DELL’ANNULLAMENTO
L’EFFETTO DELL’ANNULLAMENTO è l’eliminazione del contratto e la caducazione del
rapporto giuridico.
Il contratto annullabile è un contratto provvisoriamente produttivo di effetti, da esso nasce un
rapporto contrattuale che le parti sono tenute ad adempiere, se ad es. un minore di età ha
comprato una moto, ne è diventato proprietario ed è obbligato a pagarne il prezzo.
La sentenza di annullamento, ha effetto retroattivo, è come se il contratto non fosse mai
stato stipulato, non si è tenuto ad eseguirlo e le prestazioni eventualmente adempiute vanno
restituite.
Mentre rispetto a terzi la retroattività non è assoluta ad esempio se Tizio a seguito di
minacce ha venduto un fondo a Caio, e Caio abbia venduto successivamente il fondo a
Sempronio, annullata la prima vendita, e venuto meno il diritto di Caio, secondo la regola
generale anche la seconda vendita dovrebbe venir meno.
L’annullamento del contratto dà diritto al risarcimento dei danni, sempre che, ovviamente, vi
sia colpa dell’altro contraente.

CONVALIDA DEL CONTRATTO ANNULLABILE


A differenza del contratto nullo, il contratto annullabile può essere sanato, infatti,
l’annullamento può se vuole convalidare il contratto.
La CONVALIDA perciò è un atto di conferma del contratto annullabile proveniente dal
contraente al quale spetta l’azione di annullamento.
Requisito di essa è che il soggetto sia in condizione di stipulare un valido contratto, deve
essere cessata l’incapacità o la violenza, essere stato scoperto l’errore o il dolo. La
convalida è un atto negoziale e la relativa dichiarazione di volontà, può essere espressa o
tacita.
La CONVALIDA ESPRESSA è una esplicita dichiarazione di voler convalidare il contratto,
accompagnata dalla menzione dell’atto e della causa che lo invalida.
La CONVALIDA TACITA è un comportamento concludente, da cui si desume l’intento di
convalidare l’atto, ad es. la volontaria esecuzione del contratto. Quindi, chi ormai
maggiorenne consegna il bene venduto e ne riscuote il prezzo va a convalidare, ovvero
rendere fermi gli effetti di un contratto che aveva stipulato quando era ancora minore di età.
La convalida è uno strumento di carattere generale offerto al contraente nel cui interesse è
stabilita la causa di annullamento.

LA RESCINDIBILITA’
LA RESCINDIBILITÀ
una forma particolare di invalidità, simile alla annullabilità.
Il contratto può essere rescisso e attraverso quest’azione si permetta a un soggetto che ha
concluso un contratto a condizioni inique determinate dallo stato di bisogno o di pericolo in
cui si trovava uno dei contraenti. L’azione di rescissione sanziona l’abusivo approfitta mento
e compete solo alla parte che si sia trovata nello stato di pericolo o di bisogno, essa si
prescrive in un anno dalla conclusione del contratto e non è ammessa a convalida. È
ammissibile solo la rettifica che modifica il contratto per renderlo equo, ovvero il contraente
contro cui è domandata rescissione può evitarla offrendo un supplemento di prestazione che
ridia equilibrio al contratto.
Essa è pronunciata dal giudice e ha effetto retroattivo solo tra le parti e non verso terzi
anche se essi siano in malafede ad es. se Tizio rivende un bene acquistato con contratto
rescindibile, l’acquisto di costoro non viene travolto dalla successiva rescissione del primo
contratto.
Pensiamo al caso in cui una madre vede rischiare di annegare suo figlio e non è in grado di
prestargli soccorso; in tale situazione potrebbe promettere una grossa somma di denaro a
chi lo porterà in salvo.
RESCISSIONE PER STATO DI PERICOLO
Lo STATO DI PERICOLO è la particolare condizione del soggetto che stipula un contratto
per la necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona
art.1447 ad es. avendo subito un infarto, accetto le condizioni inique pretese da un autista
per trasportarmi in ospedale.
Requisiti fondamentali sono l’ATTUALITÀ DEL PERICOLO, il fatto che il pericolo sia
CONOSCIUTO dall’altra parte, la GRAVITÀ del pregiudizio temuto a beni personali, la vita,
l’onore.
Cosa che invece non è richiesto è che il pericolo sia reale, e neppure che esso non fosse
altrimenti evitabile e non volontariamente causato dal contraente.
Il contratto può essere rescisso, su domanda della parte lesa, se esso sia stato concluso a
CONDIZIONI INIQUE.

RESCISSIONE PER STATO DI BISOGNO


Lo STATO DI BISOGNO è la condizione di seria difficoltà economica o finanziaria in cui
versa una parte, ad es. impossibilitata a far fronte a pagamenti.
Oltre allo stato di bisogno sono requisiti per la rescissione del contratto la lesione e
l’approfittamento della controparte. Pensiamo ancora all'ipotesi di chi trovandosi in stato di
bisogno venda un bene prezioso al di sotto della metà del suo valore.
Per la rescissione del contratto occorrono la lesione e l’approfittamento della controparte.
La LESIONE è una sproporzione tra le due proposizioni fra l’entità delle due prestazioni
superiore alla metà, ovvero una prestazione deve valere più del doppio dell’altra, ad es.
vendo per 100 mentre il bene ne vale 200.
L’APPROFITTAMENTO DELLO STATO DI BISOGNO, invece, si realizza quando l’altro
contraente, consapevole dell’altrui difficoltà, trae vantaggio da tale situazione.

CAPITOLO 36: EFFETTI DEL CONTRATTO

GLI EFFETTI DEL CONTRATTO


L’art. 1372 descrive l’EFFICACIA DEL CONTRATTO affermando che il CONTRATTO HA
FORZA DI LEGGE TRA LE PARTI, infatti il rapporto contrattuale costituisce un vincolo tra le
parti e per questo non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse
dalla legge.
I soggetti, liberi di contrattare o no una volta che abbiano stipulato un contratto hanno
consumato la loro libertà e sono reciprocamente vincolati. Sono tenuti a subirne gli effetti
che come definisce l’art. 1321 consistono nel costituire, modificare, o estinguere un rapporto
giuridico.
Dal punto di vista tecnico con gli effetti si passa all’aspetto oggettivo del contratto, ovvero,
l’accordo contrattuale è perfezionato, è completo in quanto atto, e quindi è idoneo a produrre
quegli effetti di costituzione, modificazione o estinzione di rapporti giuridici in vista dei quali è
stato posto in essere.
Il CONTRATTO È PERFEZIONATO o CONCLUSO quando ci sono tutti i requisiti essenziali,
cioè forma, oggetto, causa e consenso, ed in linea di principio esso è EFFICACE cioè
produce i suoi effetti. Per esempio trasferisce la proprietà del bene, paga il prezzo.
Può accadere però, che alcuni effetti siano sospesi o rinviati a un tempo successivo. Per
esempio dilazione di pagamento. Si tratta in questo caso di una inefficacia provvisoria
destinata a risolversi quando si verifica la condizione o a divenire inefficace se invece la
condizione non si verifica.
Per quanto concerne la validità, un contratto nullo è definitivamente inefficace, mentre un
contratto annullabile o rescindibile è produttivo di effetti che verranno meno solo dopo la
sentenza di invalidazione.

EFFETTO FONDAMENTALE ED EFFETTI FINALI


Gli effetti vanno distinti in fondamentali e finali.
Abbiamo l’EFFETTO FONDAMENTALE del contratto, cioè sono i vincoli comuni a ogni
contratto che salvaguardano e garantiscono gli interessi di tutte le parti. Cioè significa che
c’è il divieto di sciogliersi unilateralmente dal rapporto (salvo specifiche previsioni) e l’obbligo
di conservare integre le ragioni della controparte che si ritrova nel contratto.
Gli EFFETTI FINALI o proprio tipici variano in base al tipo di contratto e hanno lo scopo di
soddisfare gli interessi specifici che le parti hanno regolato nel contratto, ad esempio effetto
finale della locazione è l’obbligo di far godere un bene, e dall’altro lato, l’obbligazione di
pagare il canone.
Si può osservare che mentre gli effetti finali possono essere modificati dalle parti per
esempio si possono rinviare nel tempo, per gli effetti fondamentali ciò non è possibile.

CONTRATTI A EFFETTI OBBLIGATORI E CONTRATTI A EFFETTI REALI


Si distinguono i contratti ad effetti obbligatori e ad effetti reali.
I CONTRATTI AD EFFETTI OBBLIGATORI obbligano una o entrambe le parti a una
qualche attività o risultato necessari per la realizzazione dell’interesse, per esempio
consegnare la merce, costruire un edificio, eseguire un trasporto.
I CONTRATTI AD EFFETTI REALI sono quelli che producono direttamente l’attribuzione del
diritto alla controparte. Esempio tipico è la vendita di cosa determinata, cioè questo quadro,
questo appartamento, qui il trasferimento della proprietà si produce per effetto del semplice
consenso, senza eseguire nessuna attività. In tali contratti si producono anche effetti
obbligatori, infatti pur sempre bisognerà consegnare la merce, pagare il prezzo ecc.
Secondo l’art. 1376 i contratti ad effetti reali sono quei contratti che hanno per oggetto il
trasferimento della proprietà di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un
diritto reale o di un altro diritto. Tale regola comporta che l’effetto del trasferimento del diritto
si produce immediatamente senza bisogno che la cosa sia consegnata, ad esempio se
acquisto una casa sarò responsabile dei danni per un eventuale crollo anche se non ho
ancora ricevuto la consegna dell’edificio. Tali effetti reali si potrebbero definire contratti ad
effetto traslativo immediato.

CONTRATTI AD EFFETTI TRASLATIVI DIFFERITI


L’art. 1376, il trasferimento di un diritto reale o altro diritto può operare solo se il suo oggetto
esista attualmente, sia sufficientemente individuato nella sua specificità, sia nella titolarità di
chi ne dispone. Infatti se la casa non è stata ancora costruita non vi è un oggetto attuale su
cui possa già acquistarsi al compratore.
Pertanto, secondo l’art. 1378 avremo soltanto gli effetti obbligatori che riguardano la vendita
di cose generiche, cose future, cose altrui. Se ad esempio chi vende un appartamento in
pianta la vendita non risulterà nulla, ma semplicemente la proprietà non verrà trasferita
immediatamente ma solo quando la casa sarà costruita. Dunque la legge in questi casi parla
di vendita con effetti obbligatori, nel senso che con il contratto l’acquirente si impegna a
comprare la casa e il costruttore a costruirla.

CONTRATTI CONSENSUALI E CONTRATTI REALI


Un’altra distinzione riguarda il MODO in cui si conclude un contratto. La distinzione tra
CONTRATTI CONSENSUALI e CONTRATTI REALI riguarda il momento della formazione e
il modo in cui il contratto si conclude. Secondo la regola generale il contratto si perfeziona
con il consenso tra le parti, cd. contratto consensuale. Mentre nei contratti reali per la
conclusione occorre la consegna della cosa oggetto del contratto. Così per il comodato non
basta solo il semplice consenso, ma occorre la consegna materiale del bene.
Pertanto se non mi consegna la cosa, io agirò in giudizio chiedendo l’adempimento coattivo.
INTEGRAZIONE DEL CONTRATTO
Secondo gli art. 1374 e 1375, il contratto obbliga le parti non soltanto quando è espresso in
esso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, gli usi, l’equità e
secondo buona fede eterointegrazione. Se esse vanno a modificare il contenuto pattuito tra
le parti, non ne mutano invece la natura negoziale.
Quanto alla LEGGE dobbiamo distinguere le NORME DISPOSITIVE che operano la CD.
INTEGRAZIONE SUPPLETIVA ovvero suppliscono a una mancata previsione del contratto.
Se le parti non hanno determinato il luogo o il tempo dell’adempimento si applicheranno le
regole dettate dalla legge.
Le NORME INDEROGABILI che operano la CD. INTEGRAZIONE COGENTE che va a
determinare il contenuto del rapporto anche contro una diversa volontà delle parti.
Gli USI che inseriscono gli effetti del contratto sono sia gli USI NORMATIVI sono vere e
proprie fonti di diritto e sono efficaci se richiamati da una norma di legge. Sia gli USI
NEGOZIALI che sono invece quelle clausole inserite in alcuni tipi di contratti che tendono a
diventare una consuetudine, ovvero ad essere applicate senza che le parti vi abbiano fatto
riferimento.
Tanto da essere per così dire sottintese almeno che non risulta che non sono state volute
dalle parti. Così è sottinteso che se compro un mobile mi venga portato a casa e montato.
L’EQUITÀ che è l’esigenza di un equilibrio dei sacrifici reciproci e più in generale,
nell’esigenza di adattare gli interessi delle parti. In particolare nei contratti di scambio, posto
un equilibrio tra le prestazioni.
Infine ad integrare il contratto è la BUONA FEDE ovvero salvaguardare gli interessi altrui
nei limiti in cui sia compatibile con il proprio. Così se nell’assicurazione, l’assicuratore
dovrà avvertire se il valore dell’oggetto assicurato è diminuito.
LO SCIOGLIMENTO DEL RAPPORTO CONTRATTUALE. IL RECESSO
Il rapporto contrattuale può sciogliersi solo per mutuo consenso o per cause ammesse dalla
legge art. 1372.
Lo scioglimento del rapporto ha effetti retroattivi, è come se il contratto non fosse mai stato
stipulato e le prestazioni già eseguite dovranno essere restituite, salvo in alcuni casi, ad
esempio in un contratto di fornitura elettrica.
L’accordo tra le parti per lo scioglimento del contratto, CD. MUTUO DISSENSO, consiste in
un vero e proprio contratto diretto a estinguere il precedente negozio e come tale è
necessaria la stessa forma del contratto che si vuole estinguere.
Il recesso è un atto unilaterale con il quale si esercita il diritto potestativo (di fonte negoziale
o legale) di determinare lo scioglimento del rapporto.
In alcuni casi il contratto può prevedere tale potere ad uno solo dei soggetti. Salvo diverso
accordo delle parti, il recesso non può essere esercitato dopo che il contratto è stato
eseguito anche solo in parte.
La legge, d’altra parte in alcuni casi consente di recedere liberamente dal contratto o in
presenza di alcuni presupposti, per esempio giusta causa per lo scioglimento da parte del
datore di lavoro di un contratto subordinato. Principio generale la regola che ammette il
recesso nei contratti a esecuzione continuata o periodica che siano a tempo indeterminato.

IL RECESSO DI PROTEZIONE NEI CONTRATTI DEI CONSUMATORI E LE DIVERSE


FUNZIONI DEL RECESSO
Un caso particolare di recesso riguarda i CONTRATTI STIPULATI FUORI DAI LOCALI
COMMERCIALI, ovvero i contratti stipulati presso il domicilio cioè la vendita porta a porta, o
il luogo di lavoro del consumatore, cioè i contratti a distanza.
La tutela in favore del consumatore si ha poiché non è il consumatore a recarsi nei luoghi
dove si svolge la vendita, cercando un bene di cui si avverte il bisogno, è invece l’operatore
a sollecitare l’acquisto e l’acquisto potrebbe essere compiuto impulsivamente.
L’operatore commerciale deve informare per iscritto il consumatore sull’esistenza del diritto
di recesso e sui modi per esercitarlo. Ancora il consumatore può esercitare il diritto di
recesso entro di 10 giorni lavorativi. Le funzioni nelle diverse ipotesi del recesso è consentire
un ripensamento dell’affare, cd. Recesso di pentimento. Tutelare una parte contro
l’inadempimento altrui. Tutelare il consumatore contro tecniche di vendita aggressive, cd.
Recesso di protezione, per esempio quelli stipulati fuori dai locali commerciali.

CAPITOLO 37: IL CONTRATTO E I TERZI

LA RELATIVITÀ DEGLI EFFETTI DEL CONTRATTO


Come s’è veduto, il contratto ha forza di legge tra le parti, ma rispetto ai terzi non produce
effetto che nei casi previsti dalla legge, art 1372.
L’art. 1372 esprime il PRINCIPIO DELLA RELATIVITÀ DEGLI EFFETTI DEL CONTRATTO,
cioè che in un contratto non si possono imporre ad altri, cioè a coloro estrai alla stipulazione
del contratto, obblighi che essi non abbiano liberamente assunto. Pertanto, se prometto che
un terzo assumerà un’obbligazione o terrà un certo comportamento, la promessa non
obbliga certo il terzo, che rimane libero di stipulare o no, obbliga invece colui che ha
promesso l’obbligazione ad adoperarsi per convincerlo.

EFFETTI DEL CONTRATTO RISPETTO AI TERZI. IL CONFLITTO TRA PIÙ ACQUIRENTI DI


UNO STESSO DIRITTO
Il contratto rispetto ai terzi produce effetti solo nei casi previsti dalla legge.
Può produrre un EFFETTO INDIRETTO o RIFLESSO cioè il contratto crea posizioni
giuridiche e perciò incide così sulla titolarità di diritti, reali o di credito, con i quali anche i terzi
possono venire in contatto o in conflitto. Se per esempio viene venduta la casa che ho in
locazione e che speravo di acquistare, dovrò fare i conti con il nuovo proprietario. In tal
senso il contratto anche se fra terze persone, provoca effetti indiretti anche nella mia sfera
giuridica, cioè a me.
Si possono verificare anche ipotesi di conflitto, se ad esempio lo stesso bene viene venduto
prima a Tizio e poi a Caio, Tizio sarà terzo rispetto al secondo contratto, ma a sua volta Caio
lo è rispetto al primo, tale problema riguarda il conflitto tra più acquirenti di uno stesso diritto.
La legge in riguardo afferma che:
Per l’acquisto di diritti reali su UNIVERSALITÀ DI MOBILI si applica la regola generale della
priorità dell’acquisto. Se Tizio vende prima a Caio poi a Sempronio la stessa biblioteca
prevale l'acquisto di Caio, in quanto effettuato anteriormente a quello di Sempronio.
Per l’acquisto di diritti reali su BENI MOBILI il conflitto si risolve in base alla regola sul
possesso titolato, o possesso vale titolo, cioè prevale colui che ha conseguito per primo il
possesso, purché era in buona fede al momento dell’acquisto ed ha un titolo valido anche se
di data posteriore art. 1153.
Per l’acquisto di diritti reali SU BENI IMMOBILI O MOBILI registrati prevale colui che per
primo ha effettuato la trascrizione del suo acquisto anche se di data posteriore.
Quando il contratto ha per oggetto UN CREDITO, prevale la cessione notificata o accettata
per prima dal debitore con atto di data certa.
Se si tratta di DIRITTI PERSONALI DI GODIMENTO su beni mobili o immobili prevale chi
per primo ha conseguito il godimento della cosa.

IL CONTRATTO A FAVORE DI TERZI


possibile anche un efficacia diretta del contratto a favore di terzi. Tale contratto i contraenti
prendono il nome rispettivamente di STIPULANTE e PROMITTENTE, cioè colui che deve
eseguire la prestazione a un terzo. In tale contratto un soggetto estraneo, acquista il diritto di
pretendere una prestazione dal promittente. Tale figura si trova spesso nell’accollo e nel
trasporto di cose.
Il terzo, cioè il beneficiario della prestazione, non è parte del contratto e né lo diviene in
seguito. Il terzo acquista il diritto per effetto della stipulazione a suo favore, quindi non è
necessaria una sua dichiarazione di accettazione.

AFFIDAMENTO, AUTORESPONSABILITÀ E APPARENZA CONTRATTUALE


Può accadere che una situazione giuridica appare all’esterno diversa da quella che essa è in
realtà, ad esempio Tizio dichiara di vendere a 30 ma in realtà voleva vendere a 300.
In termini generali non è comunque possibile una trattazione di tutte le ipotesi, poiché si
tratta di differenti criteri di soluzioni del conflitto.
Regola generale è quella dell’AUTORESPONSABILITÀ cioè chi pone in essere dichiarazioni
negoziali ne subisce le conseguenze in base al loro significato oggettivo, i terzi devono poter
contare sul significato oggettivo dell’altro, in tal modo sono tutelati poiché hanno fatto
affidamento in buona fede delle dichiarazioni altrui.
Esiste ancora il cosiddetto PRINCIPIO DELL’APPARENZA dove coloro che, senza colpa
hanno fatto affidamento su una situazione apparente mantengono i diritti acquisiti su tale
base. Un ipotesi di apparenza contrattuale è la SIMULAZIONE.

IL CONTRATTO SIMULATO
Si ha simulazione quando le parti fingono di stipulare un contratto ma in realtà non ne
vogliono gli effetti cd. SIMULAZIONE ASSOLUTA, oppure vogliono gli effetti di un contratto
diverso cd. SIMULAZIONE RELATIVA. Ciò accade affiancando al contratto una
controdichiarazione (contenuta in un documento distinto) nella quale si chiarisce la vera
volontà delle parti.
Un esempio di simulazione assoluta è quando, Tizio e Caio stipulano una compravendita,
ma in realtà il venditore non vuole vendere e il compratore non vuole realmente comprare e
pagarne il prezzo. Non vogliono cioè gli effetti del contratto. Dunque le parti oltre alla
dichiarazione di vendita, ne emettono un’altra in cui dichiarano la loro vera volontà.
Un esempio di simulazione relativa è quella per cui in un contratto di locazione dichiarano un
certo prezzo pattuito e in una controdichiarazione si specifica che il prezzo pattuito è un
altro. Le ragioni per cui viene messa in atto una simulazione possono essere lecite o no.

EFFETTI DELLA SIMULAZIONE TRA LE PARTI


Quando le ragioni sono lecite, la legge non vieta la SIMULAZIONE, viceversa, l’atto sarà
nullo.
Gli effetti del contratto simulato produce gli effetti realmente voluti tra le parti.
Secondo l’art. 1414 nella simulazione assoluta non si produce nessun effetto poiché in realtà
le parti non lo vogliono, mentre nel contratto dissimulato, cioè quello nascosto dietro il
contratto apparente, si producono gli effetti voluti, sempre se dalla dichiarazione e
controdichiarazione emergano gli effetti realmente voluti dalle parti.
Le parti possono agire in giudizio per far dichiarare la simulazione, senza limiti di tempo in
caso di simulazione assoluta, e entro 10 anni in caso di simulazione relativa. Ciò serve per
accertamento, infatti il giudice verificherà i reali effetti voluti dalle parti. Le parti devono
provare la simulazione per iscritto.

EFFETTI DELLA SIMULAZIONE RISPETTO AI TERZI


Per quanto concerne gli EFFETTI DELLA SIMULAZIONE RISPETTO AI TERZI bisogna
distinguere fra terzi in genere, terzi aventi causa dal simulato acquirente e terzi creditori.
L’art.1415 afferma che i terzi controinteressati possono far valere la simulazione quando
essa pregiudica i loro diritti, quindi chiunque vi abbia interesse è ammesso a far prevalere la
realtà sull’apparenza.
Il primo comma dell’art. 1415, invece, afferma che, la simulazione non può essere opposta
ai terzi che in buona fede hanno acquistato diritto dal titolare apparente, cioè dal simulato
acquirente. Si faccia l’ipotesi che Tizio abbia venduto simulatamente a Caio e che questi,
approfittando della situazione apparente, abbia donato a Sempronio. Se Sempronio ha
acquistato in buona fede, cioè non sapendo che si trattava di una vendita simulata, il suo
acquisto rimane salvo e Tizio potrà richiedere il risarcimento a Caio che ha illecitamente
venduto.

RAPPORTI CON I CREDITORI


Per quanto concerne i creditori, sia del simulato alienante sia del simulato acquirente,
anch’essi sono terzi rispetto all’atto simulato, e in linea di principio, vale anzitutto l’art. 1415
essi possono far valere la simulazione che pregiudichi i loro diritti, ad esempio si pensi ai
creditori di chi abbia simultaneamente venduto i suoi beni, facendo dichiarare dal giudice
che solo apparentemente i beni sono usciti dal patrimonio del loro debitore, potranno
soddisfarsi sul ricavato della loro vendita.
Un’altra regola riguarda il caso dei conflitti tra i creditori del simulato alienante e del simulato
alienato. Di fronte al contratto simulato, vi possono essere persone che hanno interessi in
conflitto, i creditori del primo hanno interessi a far dichiarare la simulazione per far
espropriare i beni, i creditori del secondo hanno interesse a mantenere ferma la situazione
apparente. L’art. 1416 afferma che i creditori del simulato alienante sono preferiti ai creditori
del simulato acquirente se il loro credito è di data anteriore alla simulazione.
IL CONTRATTO FIDUCIARIO
Il CONTRATTO FIDUCIARIO è un accordo in cui un soggetto trasferisce la proprietà di un
bene ad un altro con un vincolo a farne un determinato uso, dunque con uno scopo ulteriore
rispetto al contratto. Ad esempio, temendo una espropriazione dei miei beni li vendo ad un
amico con l’accordo che questi me li renderà una volta cessato il pericolo. Nel caso del
contratto fiduciario, a differenza del contratto simulato, l’effetto è realmente voluto.
La vendita fiduciaria può avvenire anche nel momento in cui io voglio far pervenire dei beni
ad una persona ma non voglio figurare nell’operazione, in tal caso, possono vendere il bene
ad un amico, il quale acquisterà effettivamente la proprietà del bene, con l’intesa che egli lo
ritrasferirà alla persona indicata in tal caso si parla di simulazione soggettiva o interposizione
reale di persona.
Il negozio fiduciario è lecito nei limiti in cui è lecito lo scopo finale di tutta l’operazione, infatti,
se esso risulta illecito tutta l’operazione risulterà illecita.
Caratteristica del contratto fiduciario e la sua tutela soltanto sul piano obbligatorio, ovvero se
il fiduciario non adempie l’impegno di ritrasferire il bene, il sfiduciante potrà solo chiedere il
risarcimento del danno.

CAPITOLO 38: LA RAPPRESENTANZA

IL FENOMENO DELLA SOSTITUZIONE NELL’ATTIVITÀ GIURIDICA


Per quanto concerne le parti del contratto dobbiamo distinguere la parte in senso formale,
cioè il soggetto che emette la dichiarazione negoziale, e la parte in senso sostanziale, cioè il
soggetto su cui cadono gli effetti. Tali soggetti di norma coincidono, ma in alcuni casi ciò non
accade, ad esempio l’amministrazione dei beni di un minore spetta ai suoi genitori.
Il fenomeno della non corrispondenza si ha in molti altri casi, dove è lo stesso titolare del
diritto ad attribuire ad altri il potere di disporre sulla sua sfera giuridica, ad esempio un
imprenditore non può stipulare personalmente tutti i contratti relativi alla sua impresa,
delegando così ad altri il potere di compiere atti giuridici che lo riguardano la cd. sostituzione
nell’altrui attività giuridica, si tratta di un fenomeno complesso che ha varie forme, la più
importante è la RAPPRESENTANZA.

LA RAPPRESENTANZA
il potere attribuito ad un soggetto, detto RAPPRESENTANTE, di compiere atti giuridici che
producono effetti direttamente nella sfera di un altro soggetto, chiamato RAPPRESENTATO.
Si hanno due forme di rappresentanza: diretta e indiretta.
La RAPPRESENTANZA DIRETTA è il potere di compiere atti giuridici in nome e
nell’interesse del rappresentato. Il rappresentante è parte del contratto solo in senso formale
in quanto in sostanza gli effetti sono destinati al rappresentato, perché agisce in suo nome.
Se Tizio, rappresentante di Caio, compra un bene a nome di costui, il bene si acquisterà
direttamente al rappresentato, che assumerò tutti i diritti e obblighi.
La rappresentanza è un istituto di carattere generale, è ammessa sia nei contratti sia negli
atti unilaterali, mentre è esclusa solo negli atti a carattere strettamente personale come il
matrimonio e il testamento.
Fonte della rappresentanza è la legge e la volontà privata.
La RAPPRESENTANZA LEGALE è conferita dalla legge, per esempio nelle ipotesi di
incapacità legale di agire dove il soggetto non può compiere nessun atto giuridico e viene
sostituito dai suoi rappresentanti legali.
Si parla di rappresentanza legale anche a riguardo degli organi degli enti giuridici, ciò
avviene in modo improprio, poiché l’organo non è un soggetto distinto dall’ente di cui ha la
rappresentanza, si tratta del presidente o gli amministratori.
In alcuni casi la rappresentanza è attribuita nell’interesse del rappresentante o di terzi e non
nell’interesse del rappresentato, per esempio l’art. 1977 disciplina la cessione dei beni ai
creditori, un contratto con cui un soggetto attribuisce ai creditori il potere di vendere i suoi
beni al fine di soddisfarsi sul ricavato.

LA RAPPRESENTANZA INDIRETTA O INTERPOSIZIONE GESTORIA


La rappresentanza indiretta è caratterizzata dall’agire di un soggetto nell’interesse altrui ma
IN NOME PROPRIO, per tanto il rappresentante è parte del contratto in senso formale e
sostanziale, poiché gli effetti si produrranno su di esso. Pertanto il rappresentante se
acquista a nome proprio poi CON UN ATTO DI RITRASFERIMENTO dovrà riversarli nella
sfera giuridica dell’interessato.
Per esempio, non voglio far sapere che sono interessato a un certo affare e incarico un’altra
persona, la quale stipulerà un contratto senza rilevare che è di mio interesse.

LA PROCURA
un atto unilaterale con il quale un soggetto conferisce ad un altro soggetto il potere di farsi
rappresentare. Lo scopo della procura è di far conoscere ai terzi che il delegato ha il potere
di compiere atti giuridici in nome del delegante.
La procura può essere speciale se conferita per singoli affari, o generale se conferita per
tutti gli affari del rappresentato, tranne per gli atti di straordinaria amministrazione. La
procura dunque riguarda il lato esterno, il rapporto tra rappresentante e i terzi, ma anche
interno cioè il rapporto tra rappresentante e rappresentato che è regolata dal cosiddetto
rapporto di gestione.
I terzi possono pretendere che il rappresentante giustifichi i suoi poteri e dia loro copia del
documento di delega, tale documento una volta cessato il potere dovrà essere restituito al
rappresentato.
La revoca della procura è sempre possibile in quanto si parla di atto unilaterale, salvo il caso
in cui il potere sia conferito anche nell’interesse del rappresentante. La revoca o la
modificazione della procura devono essere portate a conoscenza dei terzi con mezzi idonei.
Il potere di rappresentanza si estingue per cause attinenti sia alla procura sia al rapporto
interno.
L’estinzione del rapporto di gestione, comporta l’automatico venir meno del potere
rappresentativo.
Altre cause di estinzione sono la sopravvenuta incapacità del rappresentante o del
rappresentato, la scadenza del termine, la conclusione dell’affare per il quale il potere è
stato conferito.

VIZI DELLA VOLONTÀ E STATI SOGGETTIVI


Uno strumento di trasmissione della volontà dell’interessato, nella rappresentanza è il
procuratore, il quale decide e opera, impiegando le proprie capacità e facoltà, anche se nei
limiti delle istruzioni che gli sono state impartite. Dunque, è dalla volontà del rappresentante
che nasce il negozio ed è dalla volontà di tale soggetto che dovrà farsi riferimento per
valutare quegli elementi che incidono sul contratto e sui suoi effetti.
Nella rappresentanza legale è il rappresentante che deve essere capace di agire, in quella
volontaria è il rappresentato che deve avere la capacità legale di agire, infatti, diversamente,
non potrebbe valutare l’affare al momento di conferire il potere. Per contro, il rappresentante
volontario basti che abbia la capacità naturale di intendere e di volere.
Per quanto concerne, invece, i VIZI DELLA VOLONTÀ, ovvero quei vizi che incidono sulla
libertà negoziale del soggetto, e allo stato di buona o mala fede, devono essere del
rappresentante, poiché è la sua volontà che dà vita al negozio, salvo che ai vizi riguardino
elementi predeterminati dal rappresentato. Il rappresentante non può far abuso dello stato di
ignoranza o della buona fede
del rappresentante, se per esempio, Tizio, ritiene che un mobile sia antico, incarica un
antiquario di acquistarlo, l’errore è rilevante anche se l’antiquario non si era ingannato sulle
caratteristiche del bene. Se invece, il rappresentato era il mala fede, non potrà far salvo il
suo acquisto giovandosi della buona fede del rappresentante.

CONFLITTO D’INTERESSI
Nel momento in cui il rappresentante invece di perseguire l’interesse del rappresentato
tutela il proprio interesse o altrui l’atto si dirà compiuto in conflitto d’interessi col
rappresentato. La legge definisce illecito tale comportamento e prevede che se il conflitto
d’interessi è conosciuto o riconoscibile dall’altro contraente, il contratto è annullabile, art.
1394. Non occorre dimostrare che l’atto del rappresentante sia dannoso per il rappresentato,
basti che il rappresentante si trovi, oggettivamente, in una situazione di conflitto d’interessi,
ad es. se Tizio, amministratore della società venditrice è socio o parente di chi acquista,
anche se la vendita è fatta a giusto prezzo, sussiste il conflitto d’interessi, e il rappresentato
potrà chiedere l’annullamento.

RAPPRESENTANZA SENZA POTERE


L’art. 1398 afferma che la RAPPRESENTANZA SENZA POTERE è il caso di chi contratta
come procuratore di altri senza averne il potere o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli,
il cd. falso rappresentante, ad es. Tizio avendo il potere di locare un bene, lo vende.
Tale contratto risulterà inefficace, non produrrà effetti né in capo al preteso rappresentato,
né in capo al falso procurato, poiché il terzo non intendeva contrattare con lui.
Ma non sarà nullo perché la legittimazione al compimento dell’atto non costituisce un
elemento essenziale dell’atto stesso e tale potere o legittimazione potrà anche avvenire in
futuro. Infatti, è possibile che il rappresentato ratifichi, ovvero approvi l’atto, rendendolo così
efficace.
La ratifica è un negozio unilaterale con cui l’interessato si attribuisce gli effetti dell’atto e
viene comunemente intesa come procura successiva.

IL CONTRATTO PER PERSONA DA NOMINARE


Esso è un contratto nel quale una parte si riserva la facoltà di nominare successivamente il
soggetto su cui cadranno gli effetti del contratto stesso.
Se nel termine stabilito segue la dichiarazione di nomina, accompagnata dall’accettazione
del nominato, il contratto produrrà i suoi effetti in capo al designato fin dal momento in cui è
stato concluso, se invece, il designato non accetta, o la nomina non è fatta nel termine
stabilito, il contratto produce effetti in capo a colui che aveva stipulato.
LA CESSIONE DEL CONTRATTO
il negozio con cui una parte, con il consenso dell’altra, sostituisce a sé un terzo nei rapporti
derivanti da un contratto a prestazioni corrispettive.
Per esempio, cedo al nuovo inquilino il contratto di fornitura di gas.
La cessione del contratto, non ha una causa propria, si caratterizza per il suo oggetto,
rimanendo poi segnata dalla causa concreta per cui essa è fatta. Esso è un contratto
plurilaterale dove occorre per la sua validità il consenso del contraente ceduto e in tal caso
la cessione sarà immediatamente operativa, occorrendo solo la notifica al ceduto.
La cessione NON HA EFFETTO RETROATTIVO e restano ferme le prestazioni fatte. I
soggetti del negozio prendono il nome di CEDENTE, ovvero colui che cede la propria
posizione contrattuale ed esce dal contratto, e il CEDUTO, ovvero il contraente originario
che rimane vincolato, ed il CESSIONARIO, ovvero il nuovo soggetto.

IL SUBCONTRATTO
Con esso si dà vita ad un nuovo contratto, che deriva da quello precedente, che continua a
sussistere tra le parti originarie, ad es. l’inquilino subloca la casa a un altro.
Uno dei contraenti, utilizza la sua posizione contrattuale per stipulare un nuovo contratto con
un terzo. Per esempio, l’inquilino utilizza il diritto personale di godimento che gli deriva dal
contratto di locazione con il padrone di casa per attribuire a un altro un diritto di sub
godimento.
Rimangono fermi entrambi i contratti, e ciascuno risponde esclusivamente verso il proprio
contraente.

CAPITOLO 39: L’ESECUZIONE DEL CONTRATTO


LA RISOLUZIONE

L’ESECUZIONE DEL CONTRATTO


Il contratto efficace deve essere eseguito cioè devono essere adempiuti le obbligazioni in
esse previste. Così se il venditore deve consegnare una cosa, controllare che sia esente da
vizi, l’acquirente deve ricevere la cosa e pagarne il corrispettivo. Una volta che il contratto
sia stato eseguito, esso ha adempiuto la sua funzione.

ANOMALIE DEL SINALLAGMA CONTRATTUALE E STRUMENTI DI TUTELA


Nei contratti a prestazioni corrispettive, le prestazioni sono in rapporto di reciprocità, e tale
nesso che lega le controprestazioni è denominato SINALLAGMA CONTRATTUALE. La
mancanza o il difetto di una, toglie giustificazione all’altra, ciò si verifica sia quando una
prestazione è mancata perché uno dei contraenti non ha voluto adempiere, sia quando una
prestazione sia divenuta impossibile, la legge prevede alcuni istituti che garantiscono il
rapporto di reciprocità o sinallagma tra le prestazioni.
La cd. ECCEZIONE DI ADEMPIMENTO o exceptio inadimpleti contractus, prevede che
ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione se l’altro non adempie
e non offre di adempiere contemporaneamente la propria, salvo solo il caso che siano
previsti termini diversi per l’adempimento o che il rifiuto, comunque sia contrario a buona
fede. Tale eccezione è un mezzo di autotutela a disposizione di ciascuno.
possibile che le parti escludano la possibilità di inadempimento con la CLAUSOLA SOLVE
ET RÉPETE, e con effetto di tale clausola la parte non può evitare o ritardare la prestazione
dovuta, deve intanto pagare e, successivamente, far valere le sue ragioni.
La clausola è frequente nei contratti standard, per esempio Tizio non può rifiutare il
pagamento della bolletta telefonica, dicendo che vi è un errore di fatturazione, ma solo dopo
il pagamento si può far valere le proprie ragioni.
E’ prevista la SOSPENSIONE DELLA PRESTAZIONE e prevede che ciascun contraente
può sospendere l’esecuzione delle sua prestazione se le condizioni patrimoniali dell’altro,
per esempio se il compratore è sull’orlo del fallimento, sono divenute tali da porre in pericolo
il conseguimento della controprestazione.
Se l’inadempimento si protrae nel tempo il contraente fedele ha due possibilità di tutela, può
chiedere la manutenzione del contratto o la sua risoluzione art. 1453.
La MANUTENZIONE DEL CONTRATTO consiste nel chiedere al giudice di condannare il
contraente a eseguire il contratto e di disporne, eventualmente, l’esecuzione forzata in forma
specifica.

LA RISOLUZIONE
Nei contratti a prestazioni corrispettive, se viene meno il sinallagma contrattuale si parla di
difetto funzionale della causa, ovvero di anomalie successive alla conclusione del contratto.
La risoluzione del contratto è lo scioglimento del rapporto contrattuale per cause successive
alla sua stipulazione, a differenza dell’annullamento che consegue a causa sorte durante la
formazione del contratto.
La risoluzione è prevista nei contratti a prestazioni corrispettive, per causa di
inadempimento, impossibilità sopravvenuta, eccessiva onerosità.
La risoluzione può adoperarsi automaticamente quando si verificano determinati presupposti
o per effetto di sentenza costitutiva del giudice. Ha efficacia retroattiva tra le parti, ma
soltanto tra di esse, infatti, non pregiudica i diritti acquistati dai terzi.
Quando la risoluzione è determinata da fatti imputabili a uno dei contraenti, il contraente
fedele ha diritto inoltre al risarcimento del danno.

RISOLUZIONE PER INADEMPIMENTO


La risoluzione per inadempimento è lo scioglimento del rapporto contrattuale di fronte
dell’inadempimento della controparte, il contraente può chiedere l’esecuzione del contratto o
la sua risoluzione, cioè sciogliere il contratto stesso.
Chiesto l’adempimento, successivamente potrà scegliere per lo scioglimento del contratto,
ma una volta chiesta la risoluzione, non potrà più chiedere l’adempimento né, d’altra parte
l’altro contraente potrà più adempiere al contratto.
Per far sì che ci sia la risoluzione del contratto, occorre che l’inadempimento sia grave, per
esempio se colui che ha costruito la casa non ha montato tutte le porte non potrò mai
chiedere la risoluzione del contratto, potrò solo pretendere che il lavoro venga eseguito.
Posso avere due tipi di risoluzione per inadempimento:
RISOLUZIONE GIUDIZIALE, la quale si realizza con sentenza del giudice, a seguito di
domanda dell’interessato, il giudice potrà sciogliere il contratto dopo aver verificato se vi
sono i presupposti per la risoluzione la gravità dell’inadempimento.
RISOLUZIONE DI DIRITTO O AUTOMATICA. Si può avere in due casi:
DIFFIDA AD ADEMPIERE, è il caso in cui una parte intima per iscritto alla controparte di
adempiere entro un certo limite di tempo, non inferiore a 15 giorni. Con la diffida ad
adempiere, il contraente fedele evita il fastidio e le spese di una lite giudiziaria, ottenendo la
risoluzione immediata a seguito dell’inutile decorso del termine assegnato per
l’adempimento.
TERMINE ESSENZIALE è l’ipotesi in cui la risoluzione del contratto avviene
automaticamente poiché un adempimento che avviene tardi sarebbe del tutto inutile per la
controparte, a meno che essa non comunichi che è interessata ancora alla prestazione, art.
1457. Se il sarto non mi consegna in tempo il vestito per le nozze, una prestazione tardiva
non soddisfa l’interesse stipulato nel contratto.
CLAUSOLA RISOLUTIVA ESPRESSA, è la clausola con la quale in caso di
inadempimento di una obbligazione, il contratto si risolverà automaticamente art. 1456, basti
che la parte interessata emetta una dichiarazione con la quale comunica all’altra parte che
intende farsi valere della clausola risolutiva. Tale clausola, però, affinché sia valida deve
riferirsi ad una determinata obbligazione, cioè specifica per esempio la qualità della merce,
un determinato colore.

RISOLUZIONE PER IMPOSSIBILITÀ SOPRAVVENUTA


Nei contratti a prestazioni corrispettive l’impossibilità sopravvenuta della prestazione è causa
di risoluzione, automatica e immediata, del contratto. Infatti in caso di impossibilità, non c’è
colpa del contraente - debitore, il quale non può eseguire la prestazione, quindi non si avrà il
risarcimento dei danni. Pertanto, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità non può
chiedere la controprestazione e deve restituire quella che abbia già ricevuta. Dunque se il
complesso musicale non terrà il concerto, o perché l’aereo non è partito, o perché il questore
non ha dato l’autorizzazione, io ho diritto a farmi rimborsare il prezzo del biglietto. Se invece,
l’impossibilità è solo parziale c’è diritto ad una riduzione della controprestazione, sempre che
vi sia interesse a una prestazione ridotta. Cambio orario dell’aereo nello stesso giorno.

RISOLUZIONE PER ECCESSIVA ONEROSITÀ SOPRAVVENUTA


Si può risolvere il contratto quando una prestazione DIVIENE TROPPO ONEROSA per una
parte realizzando un’alterazione funzionale della causa art. 1467.
La risoluzione del contratto per eccessiva onerosità, può essere chiesta solo se ricorrono
alcune condizioni:
Deve trattarsi di contratti a esecuzione differita, o a esecuzione continuata o periodica e il
rimedio può operare solo per le prestazioni future e non anche per quelle già eseguite.
Ancora il rimedio non è ammesso se una delle parti ha eseguito anche solo in parte la
propria obbligazione.
L’onerosità deve essere eccessiva ovvero deve superare l’ordinario livello di rischio.
L’onerosità deve essere dovuta ad EVENTI STRAORDINARI E IMPREVEDIBILI al
momento della stipula.
Ricorrendo a tali requisiti la parte pregiudicata potrà chiedere la risoluzione, ma la
controparte potrà evitarla offrendo di modificare le condizioni del contratto.
L’obbligo di rinegoziazione, cioè è l’obbligo di discutere sulle condizioni già pattuire per un
nuovo accordo.

ESECUZIONE DEL CONTRATTO, ANOMALIE FUNZIONALI DELLA CAUSA E


SOPRAVVENIENZE CONTRATTUALI. LA RINEGOZIAZIONE
La risoluzione è un rimedio drastico, che elide in radice il rapporto, lascia inappagati gli
interessi sottostanti, determina un pregiudizio anche al sistema economico generale per le
risorse inutilmente spese nell’attività negoziale.
Si comprendono per un verso le cautele e i limiti della legge alla risoluzione e le disposizioni
che prevedono rimedi alternativi volti a conservare il contratto.
Quando il contratto viene stipulato presenta dei rischi dovute alle condizioni di mercato in cui
esso viene stipulato. Le parti possono convenire specifiche clausole con le quali regolare
l’incidenza dei rischi, facendoli gravare sull’uno o sull’altro dei contraenti.
E’ possibile anche pattuire che una delle parti abbia la facoltà di rideterminare
unilateralmente il prezzo o le altre condizioni contrattuali.
A garanzia della controparte tuttavia è necessario che siano predeterminati i criteri e i
parametri di riferimento, ovvero che sia consentito all’altro contraente di recedere dal
rapporto.
Esiste inoltre l’obbligo di rinegoziazione: l’obbligo delle parti di ridiscutere le condizioni già
pattuite.

DISCIPLINA CONTRATTUALE, FUNZIONAMENTO DEL MERCATO E SOPRAVVENIENZE


“EMERGENZIALI”
Eventuali inadempimenti possono sorgere da impossibilità sopravvenuta. Inadempimenti che
non possano configurarsi come semplici difficoltà di esecuzione imputabili al singolo debitore
e alla sua sfera.
Possono essere impedimenti riconducibili ad eventi eccezionali e imprevedibili, eventi di
forza maggiore.
I rimedi correnti, pensati per situazioni ordinarie, risultino inadeguati a fronte di crisi
sistemiche.

CAPITOLO 40: LE PROMESSE UNILATERALI

GLI ATTI UNILATERALI COME FONTE DI OBBLIGAZIONI


Il codice civile disciplina le altre fonti di obbligazioni e la prima di tali fonti è costituita dalle
PROMESSE UNILATERALI, titolo IV del quarto libro, art.1987 ss..
L’art. 1987 afferma che la promessa unilaterale di una prestazione non produce effetti
obbligatori fuori dei casi ammessi dalla legge.
Le PROMESSE UNILATERALI ammesse dal codice civile sono la promessa di pagamento,
la ricognizione del debito, la promessa al pubblico, i titoli di credito.

PROMESSA AL PUBBLICO
la promessa di una prestazione a favore di chi si trovi in una determinata situazione o
compia una determinata azione, ad es. premio per una tesi di laurea su un certo argomento,
una pelliccia alla millesima cliente.
Nella promessa al pubblico non si ha un destinatario determinato, ma è rivolto alla
generalità, ed è vincolante non appena sia resa pubblica, ha efficacia per un anno e può
essere revocata solo per giusta causa, per esempio ho ritrovato il cane.
Netta distinzione l’offerta al pubblico che invece, è una proposta contrattuale, è liberamente
revocabile e non vincola fin quando non è accettata. Mentre la promessa al pubblico è
immediatamente vincolante e non richiede accettazione.
PROMESSA DI PAGAMENTO E RICOGNIZIONE DEL DEBITO
La PROMESSA DI PAGAMENTO è l’impegno unilaterale di effettuare una prestazione a
favore di un determinato soggetto, per esempio ti pagherò 1000 euro il mese prossimo.
La RICOGNIZIONE DI DEBITO è la dichiarazione unilaterale con cui un soggetto riconosce
di essere il debitore di una certa somma, per esempio chiedo di concedermi una dilazione
per il pagamento della rata di aprile.
Per esempio ti restituirò il mese prossimo i 1000 euro che mi hai prestato oppure prometto di
pagarti la somma che ti deve Tizio. In entrambi i casi, tali dichiarazioni non sono idonee a far
nascere delle obbligazioni, infatti non basta che io mi impegni a pagare o che riconosca di
essere debitore, occorre anche una CAUSA che giustifichi giuridicamente il mio obbligo. In
tal senso, la promessa di pagamento e ricognizione di debito non sono fonte di obbligazioni
al pari del contratto o del fatto illecito.

LA PROMESSA CAMBIARIA E I TITOLI DI CREDITO


I titoli di credito sono documenti che contengono la promessa di una prestazione a favore di
chi risulti possessore del documento stesso, esempi tipici ne sono la cambiale e l’assegno.
Caratteristica importante è che la prestazione è incorporata nel documento e circola
secondo le norme dei beni mobili. Infatti il documento non ha solo una funzione probatoria,
ma serve a realizzare una rapida e sicura circolazione del credito portato sul titolo. Infatti
basta girare l’assegno, firmandolo sul retro, per consegnarlo ad un’altra persona
trasferendogli così il diritto di credito incorporato nello stesso assegno.
La circolazione del credito sarà rapida perché non occorre la notifica al debitore ceduto o la
sua accettazione.
Pertanto esistono diversi tipi di titoli di credito:
TITOLI AL PORTATORE, ad esempio buoni del tesoro, dove il trasferimento del titolo si ha
con la CONSEGNA, il possessore ha diritto di riscuotere con la semplice presentazione di
esso.
TITOLI ALL’ORDINE cioè cambiale e assegno, sono titoli intestati ad una persona, il cui
trasferimento si ha con la consegna e la girata del documento.
TITOLI NOMINATIVI, ad esempio obbligazioni di una società, sono intestati ad una persona
non solo sul documento ma anche nel registro dell’emittente. Il trasferimento si ha
con la consegna e con una doppia intestazione sia sul titolo sia sul registro dell’emittente
art. 1921.
Vi sono ancora i titoli rappresentativi di merci e i titoli di partecipazione.

LA “DEMATERIALIZZAZIONE” DEI TITOLI DI CREDITO E DEI MEZZI DI PAGAMENTO. LE


CARTE DI CREDITO
Tra i titoli di credito sono inclusi sia i titoli "individuali" emessi di volta in volta a favore di un
singolo soggetto e destinati a una circolazione limitata e ad estinguersi in tempi
relativamente brevi con il pagamento, sia titoli “di massa” sono titoli emessi in serie, di
contenuto standard e in grande quantità, destinanti a una circolazione sistematica e magri
privi di scandenza.
L’incorporazione del credito in un documento materiale comporta non pochi inconvenienti:
furti, falsificazioni,..
Ciò ha portato al fenomeno della dematerializzazione dei titoli di credito, ormai obbligatoria
per tutti gli strumenti finanziari destinati ai mercati regolamentari.
Esiste oggi anche la moneta elettronica, che va rimpiazzando il denaro nella sua
consistenza fisica, e dei pagamenti contabili che vanno sostituendo la consegna materiale
della cartamoneta.
Le carte di credito sono rilasciate dalle banche ai clienti che tengono presso di esse dei
fondi.
Le carte di debito sono carte di pagamento in tutto analoghe, che si differenziano per il fatto
che la spesa viene addebitata immediatamente sul conto e la spesa è perciò subito iscritta_
“a debito” del cliente.

CAPITOLO 41: LA RESPONSABILITA’ PER FATTO ILLECITO

IL FATTO ILLECITO COME FONTE DI OBBLIGAZIONI. LA RESPONSABILITÀ CIVILE


EXTRACONTRATTUALE
L’articolo 1163 afferma che accanto al contratto e alle promesse unilaterali, anche i fatti
illeciti sono fonte di obbligazioni. Precisamente i FATTI ILLECITI SONO FONTE DI
OBBLIGAZIONE RISARCITORIA, ovvero obbligano a risarcire, a riparare il danno causato
ad altri, tale istituto prende il nome di RESPONSABILITÀ EXTRACONTRATTUALI. Il
soggetto è chiamato a rispondere delle conseguenze delle sue azioni, mentre la qualifica
extracontrattuale va a sottolineare che si tratta di responsabilità che nasce al di fuori di un
rapporto obbligatorio tra le parti.
La responsabilità disciplinata dal diritto privato, contrattuale ed extracontrattuale viene
qualificata anche COME CIVILE, ciò per contrapporla a quella penale che deriva da un fatto
costituente reato, per i quali è prevista una sanzione detta pena.
L’ILLECITO CIVILE È ATIPICO, infatti non è necessario che la legge preveda nello specifico
il comportamento vietato, infatti è sufficiente che la violazione riguardi un interesse tutelato
dalla legge.

I REQUISITI DELLA RESPONSABILITÀ. A) IL FATTO


I requisiti della responsabilità sono:
IL FATTO, l’articolo 2043 del cod. civ. afferma che qualunque fatto doloso o colposo, che
cagiona ad altri un fatto ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a
risarcire il danno.
Il fatto può consistere sia in un fatto giuridico in senso stretto, ad esempio il crollo di un
edificio, sia in un atto giuridico illecito. Pertanto la legge parla di QUALUNQUE FATTO, e
saranno rilevanti sia FATTI COMMISSIVI ovvero una vera e propria azione o attività, ad
esempio urto un passante facendolo cadere, sia FATTI OMISSIVI purché ci sia un dovere
giuridici di agire, ad esempio il medico che non esegue i dovuti controlli sanitari sugli
alimenti.

B) IL DANNO INGIUSTO
Sempre secondo l’art. 2043 il danno deve essere ingiusto, ovvero deve ledere un diritto o un
interesse protetto dalla legge. Vi sono varie correnti di pensiero al riguardo, infatti
l’impostazione tradizionale affermava che si ha ingiustizia solo nella violazione di un diritto
assoluto, cioè diritti reali e della personalità, mentre con l’evoluzione del sistema si è visto
che l’ingiustizia si riscontra anche in caso di lesione di un interesse tutelato o di un diritto del
credito.
Per quanto concerne i diritti sul credito non viene presa in considerazione la lesione del
diritto che proviene dal debitore inadempiente, in quanto si avrà una pacifica responsabilità
contrattuale per inadempimento. Mentre viene presa in considerazione la lesione o la
violazione che proviene da terzi, i quali rendono impossibile l’adempimento o la prestazione
del debitore obbligato. Così avviene se un terzo istiga il debitore a non adempiere.

DANNO PATRIMONIALE E NON PATRIMONIALE


Il danno consiste nella lesione di un interesse tutelato dalla legge. Esso si dice
PATRIMONIALE quando riguarda un bene economico, cioè valutabile in denaro. Per
esempio, l’abusivo impossessamento del fondo altrui, violare le norme della concorrenza. Si
dice NON PATRIMONIALE quando riguarda un bene della personalità, ad esempio
l’integrità psicofisica, l’onore. Non è escluso che dalla lesione di un bene non patrimoniale
possa derivare anche un danno economico, cioè in seguito a una diffamazione, quale fatto
idoneo a pregiudicare l'immagine di una persona giuridica, l’avvocato ha perso la sua
clientela.
La legge per molti anni ha dato un netto sfavore verso la risarcibilità del danno non
patrimoniale.
L’articolo 2059 del cod. civ. afferma che il danno non patrimoniale È TIPICO e deve essere
risarcito solo nei casi determinati dalla legge.
Le ipotesi di risarcibilità di danno non patrimoniale sono aumentate notevolmente rispetto al
passato sia per ESPRESSA PREVISIONE TESTUALE, cioè per nuove leggi, sia PER VIA
INTERPRETATIVA, cioè interpretazione estensiva di leggi esistenti.

IL DANNO NON PATRIMONIALE RISARCIBILE


Tra i casi previsti dalla legge va ricordato l’ipotesi in cui il fatto illecito costituisca reato, come
la risarcibilità del danno che deriva dalla lesione dell’onere, il sequestro di persona.
Oggigiorno è risarcibile il danno non patrimoniale che deriva dalla violazione delle norme
relative a privazione della libertà personale, durata ragionevole del processo, trattamento dei
dati personali, divieto di discriminazioni razziali, etnici e religiosi, obblighi di
assistenza ai figli minori, diritto d’autore.
Invece in via interpretativa, il risarcimento riguarda la lesione dei DIRITTI FONDAMENTALI
DELLA PERSONA E IN PARTICOLARE DI QUELLI GARANTITI
COSTITUZIONALMENTE. Importante è ancora la risarcibilità del danno non patrimoniale,
ALLA PERSONA che la legge in tal caso distingue il DANNO BIOLOGICO inteso come
lesione permanente o temporanea dell’integrità psico-fisica della persona e il DANNO
MORALE inteso invece come dolore o sofferenza.

DANNO ALLA PERSONA


Il danno alla persona fa riferimento alla lesione dell’integrità psico-fisica, per la sua
importanza ha ricevuto da tempo attenzione privilegiata.
Nell’ambito della menomazione dell’integrità, si distinguono due tipi di pregiudizio risarcibile:
1. danno patrimoniale> concernente le spese di cura e la perdita della capacità
lavorativa
2. danno non patrimoniale> fa riferimento al giudizio della sfera personale, alle attività
di estricazione della personalità impedite o rese più difficoltose della menomazione
subita.
DANNO BIOLOGICO: inteso come lesione dell’integrità psicofisica della persona. Si tratta
cioè degli impedimenti che la menomazione comporta sull’esplicazione della personalità e
sulle attività della vita quotidiana. E’ riconosciuto da alcune leggi, che ne hanno sancito la
risarcibilità con riferimento a ipotesi specifiche.
DANNO MORALE: inteso come dolore o sofferenza soggettiva. Tale pregiudizio è oggi
risarcibile in tutte le ipotesi in cui sia rilevante il danno non patrimoniale, ma di fatto continua
a trovare il suo ambito elettivo per le conseguenze dei fatti costituenti reato.
DANNO PATRIMONIALE: consiste nelle spese di cura per la lesione subita e nella perdita, o
diminuzione, delle capacità lavorativa e perciò della capacità di produrre reddito della
vittima.

C) IL NESSO DI CAUSALITÀ
Secondo il principio del NESSO DI CAUSALITÀ l’evento dannoso deve essere una
conseguenza del fatto. Così se il chirurgo non avesse sbagliato l’operazione, il paziente non
avrebbe subito danni.
Se più persone hanno concorso a cagionare il danno, o debbono comunque rispondere di
esso, sono tutte obbligate al risarcimento con il vincolo di solidarietà, ciò anche se il
contributo di ciascuno è diverso. Così se Tizio lascia un arma in un luogo non sicuro e Caio
ferisce un terzo con quell’arma,
entrambi saranno responsabili verso il ferito per il danno prodotto.
Mentre nei RAPPORTI INTERNI FRA I CORRESPONSABILI la responsabilità si suddivide
in base alla gravità delle rispettive colpe in base alle conseguenze. Nel dubbio, le singole
colpe si presumono uguali.

D) IL DOLO O LA COLPA
Per importare responsabilità, il comportamento deve essere DOLOSO o COLPOSO.
Si ha DOLO quando l’evento è voluto come conseguenza dell’azione dall’agente art. 43 c.p.
e quindi è lo SCOPO CUI È DIRETTA L’AZIONE DEL SOGGETTO, ad es. per chi diffonde
notizie false sul conto altrui.
Si ha COLPA quando vi è negligenza, imprudenza o imperizia, cioè inosservanza di leggi,
regolamenti, ordini o discipline, art.43 c.p. , quindi non è lo scopo cui è diretta l’azione. Un
esempio può essere chi corre con l’automobile.

L’IMPUTABILITÀ E LE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE


L’atto dannoso deve essere IMPUTABILE al suo autore cioè deve essere commesso con
coscienza e volontà, ad esempio se il soggetto era drogato non per sua colpa, ma è sta
costretto sotto la minaccia di una pistola, l’atto non gli sarà imputato ed egli non né
risponderà.
L’imputabilità può mancare per difetto di coscienza e\o di libertà di agire nei seguenti casi:
chi non aveva capacità di intendere o di volere al momento in cui aveva commesso il fatto
non sarà responsabile. Manca nei minori d’età e viene a mancare anche nei maggiorenni.
L’incapacità di intendere o di volere esclude l’imputabilità del fatto, chiamando a rispondere
dei danni chi era tenuto alla sorveglianza dell’incapace, se il danneggiato non riesce ad
ottenere neanche il tal modo il risarcimento del danno, il giudice una volta verificato le
condizioni economiche delle parti, può condannare l’incapace al pagamento di una equa
indennità.
L’imputabilità è esclusa quando l’agente pur essendo capace, non aveva la piena libertà di
scelta le CD. CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE. Sono circostanze ch escludono la pena ed
essa si ha quando il comportamento è tenuto NELL’ESERCIZIO DI UN DIRITTO o
NELL’ADEMPIMENTO DI UN DOVERE, ad esempio non risponde del danno il poliziotto che
fa uso legittimo di armi nei casi previsti dalla legge.
Inoltre l’imputabilità è esclusa quando il danno è cagionato per legittima difesa di se o di altri,
purché la difesa sia proporzionata all’offesa temuta, la vittima reagisce con la forza a
un’aggressione a una persona o ai suoi beni.
L’imputabilità invece è meno nel CD. STATO DI NECESSITÀ, ovvero quando si è agito per
la necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona art.
2045. Tipico esempio è nel caso di un guidatore che, per evitare uno scontro, sterza
investendo altre automobili.

LA RESPONSABILITÀ INDIRETTA
Dal punto di vista civile la responsabilità, può ricadere non solo su chi ha commesso il fatto,
ma anche su altri e in tal caso si parla di RESPONSABILITA' INDIRETTA.
RESPONSABILITÀ DEI GENITORI, DEI TUTORI, DEI PRECETTORI, per il danno
cagionato dal fatto illecito dei figli minori, delle persone soggetto alla tutela ecc. art. 2048. Il
soggetto tutelato può essere incapace di intendere e volere, come minori immaturi, o capaci,
come apprendisti. Per tale motivazione il tutore, cioè genitore o insegnante, risponde in VIA
ESCLUSIVA solo nel momento in cui il soggetto a loro affidato sia incapace di intendere e di
volere. Mentre ne rispondono in VIA CONCORRENTE E SOLIDALE con le persone loro
affidate quando queste siano capaci. La legge prevede che i soggetti tutori, possono
provano di non aver potuto impedire il fatto. Per esempio, l’illecito è avvenuto in un momento
che non potevano vigilare i soggetti, perché allontanati per la necessità di accudire un altro
figlio.
RESPONSABILITÀ DEI DATORI DI LAVORO per i danni arrecati dai dipendenti
nell’esercizio delle loro incombenze, art. 2049, per esempio il titolare dell’impresa di trasporti
deve risarcire i danni causati dall’autista durante la guida degli automezzi.

LA RESPONSABILITÀ OGGETTIVA
una sottospecie di responsabilità extracontrattuale caratterizzata dal fatto che non è
richiesto, nel comportamento del danneggiante, il dolo o la colpa. Pertanto il risarcimento si
potrà ottenere sulla base del solo rapporto di causalità tra un fatto illecito e un danno, senza
necessità di provare la colpa dell’agente.
Oggigiorno, con l’utilizzo delle automobili, di elettrodomestici, impianti chimici ecc. i rischi di
danno si sono moltiplicati, per tali motivazioni non sempre si ha colpa nel comportamento di
chi utilizzando queste cose, reca un danno ad altri.
I danni, in tal caso sono in certa misura inevitabili e il relativo rischio è in buona sostanza
socialmente accettato. Dunque, al tempo stesso, non è giusto che chi ha subito un danno
non deve essere risarcito. Chi utilizza tali mezzi, accetta anche il rischio di dover risarcire i
danni prodotti anche senza una vera e propria colpa da parte sua.

LE SINGOLE FIGURE DI RESPONSABILITA’ OGGETTIVA


Le ipotesi di responsabilità oggettiva
ESERCIZIO DI ATTIVITÀ PERICOLOSA, per sua natura o per la natura dei mezzi
adoperati,
ad esempio industria chimica, produzione del gas. l’esercente sarà responsabile
dei danni cagionati a terzi salvo che dimostri di aver adottato tutte le misure idonee a
evitare il danno e per esercitare l’attività in assoluta sicurezza, art. 2050.
CIRCOLAZIONE DEI VEICOLI SENZA GUIDA DI ROTAIE, ovvero veicoli liberi di muoversi
sulla strada senza un percorso prestabilito come avviene per i treni e per i tram. Il
CONDUCENTE è responsabile dei danni prodotti dalla circolazione del veicolo se non prova
di aver fatto TUTTO IL POSSIBILE PER EVITARE IL DANNO. Responsabile con il
conducente è il proprietario del veicolo se non prova che la circolazione è avvenuta contro la
sua volontà, ma non basta provare il furto, occorre anche che il veicolo fosse chiuso e che
non vi fossero a bordo i documenti della circolazione.
COSE O ANIMALI IN CUSTODIA la responsabilità grava su chi utilizza o tiene comunque
presso di sé cose o animali, pur in sé non pericolosi, che cagionino danni ad altri. Per
esempio, il morso di un cane, l’esplosione di una bombola di gas, la rottura del tubo d’acqua,
qui la responsabilità è esclusa solo se si provi il caso fortuito.
ROVINA DI UN EDIFICIO o di una sua parte, a es. crollo di un balcone, il proprietario è
responsabile dei danni se non prova che la rovina è dovuta a causa diversa da difetto di
manutenzione o vizio di costruzione.
PRODOTTI DIFETTOSI, è una figura che è stata introdotta per superare le difficoltà
riscontrate
nel risarcimento dei danni derivanti ai consumatori da prodotti industriali, cibi o prodotti
agricoli. La responsabilità ricade sul produttore per il danno prodotto alle persone.

IL RISARCIMENTO
Consiste in una prestazione atta a riparare la perdita subita dal danneggiato. Il risarcimento
può avvenire PER EQUIVALENTE o in FORMA SPECIFICA.
La forma ordinaria è quella del risarcimento PER EQUIVALENTE, ovvero effettuata con la
prestazione di una somma di denaro pari al valore del danno subito. Per determinare la
somma si tiene conto del danno emergente e del lucro cessante, dell’eventuale concorso di
colpa del danneggiato, della necessità di valutare in via equitativa il danno che non sia
possibile provare nel suo preciso ammontare.
Quando si tratta di danno alle persone che abbia conseguenze permanenti, come invalidità
lavorativa, la liquidazione può avvenire anche sotto forma di rendita vitalizia, art. 2057, ma di
solito si preferisce liquidare il tutto in un’unica somma, per i prevedibili mancati guadagni
futuri.
Il risarcimento può avvenire anche in FORMA SPECIFICA, cioè tramite la rimozione del
danno, per esempio la riparazione del bene distrutto, il giudice tuttavia può disporre il
risarcimento per equivalente se l’utilizzo in forma specifica sia eccessivamente oneroso per
il debitore.

RESPONSABILITÀ CONTRATTUALE ED EXTRACONTRATTUALE


Sia la responsabilità contrattuale e sia quella extracontrattuale costituiscono un illecito
poiché violano un obbligo giuridico, quello nascente dalla preesistente obbligazione o quello
derivante dal divieto del neminem laedere.
Altre differenze riguardano in tema di onore della prova, danno risarcibile e prescrizione.
Nella responsabilità contrattuale è sufficiente che il creditore insoddisfatto provi il suo credito
e l’entità del danno, sarà il debitore, se vuole evitare la condanna, a dover provare che
l’inadempimento. Nella responsabilità extracontrattuale, viceversa, il danneggiato DEVE
PROVARE non solo l’illecito e l’entità del danno, ma anche la COLPA o il DOLO di chi l’ha
commesso.
Nella responsabilità per fatto illecito è soggetta a una PRESCRIZIONE, di regola 5 anni, più
breve di quella prevista per l’inadempimento, di regola 10 anni.

RESPONSABILITA’ DA CONTATTO SOCIALE


Sono nati negli ultimi tempi alcuni rapporti estranei all’ambito negoziale ma nascenti da una
contatto sociale. Fa riferimento a un contratto qualificato di specifiche regole di condotta
dirette a proteggere interessi altrui, e in particolare l’integrità psicofisica delle persone.
paziente-ospedale=rapporto diretto
paziente-medico curante=rapporto non diretto, ma responsabilità diretta verso i pazienti.

ATTO ILLECITO E ATTO DANNOSO. L’INIBITORIA


La moderna dottrina evidenzia che non è fonte di responsabilità il FATTO ILLECITO, cioè il
fatto vietato dalla legge, quanto piuttosto il FATTO DANNOSO, ovvero il fatto produttivo di
danno.
Le due figure, possono anche coincidere, infatti un furto è sia un atto illecito che un atto
dannoso.
Per quanto concerne l’atto illecito è la violazione di una norma e in quanto sono previsti
SPECIFICI MEZZI DI TUTELA volti a reagire contro tali violazioni della legge, tale tutela
prescinde se il danno si verifica o meno, dalla imputabilità del fatto, dalla colpa dell’agente.
Per esempio un’aggressione sarà illecita anche se l’aggressore è incapace di intendere e di
volere e l’aggressore può essere tutelato con la legittima difesa. Una pubblicazione di
informazioni personali su una persona è illecito e si potrà chiedere il sequestro delle
pubblicazioni.
La legge prevede mezzi di tutela PREVENTIVA e REINTEGRATIVA.
Le MISURE PREVENTIVE sono dirette a impedire il compimento, o l’ulteriore prosecuzione
dell’illecito. È la CD. AZIONE INIBITORIA, la quale vieta un certo comportamento, che
costituiscono alcune azioni a tutela dei diritti della personalità, dei diritti reali e del possesso,
della lealtà della concorrenza.
Le misure reintegrative hanno la funzione di reintegrare il soggetto leso nella situazione
giuridica alterata, a prescindere dall’imputabilità del fatto e dalla colpa dell’agente.

GLI ATTI LECITI DANNOSI


Gli atti dannosi leciti sono quegli atti che sono fonte di danno per gli altri. Essi sono
consentiti dalla legge.
Le ipotesi principali sono quelle di accesso al fondo altrui per riparare o recuperare la cosa
propria, inseguimento di animali sul fondo altrui, revoca della proposta contrattuale. In questi
casi la legge tiene presente degli interessi in conflitto consentendo l’attività dannosa, ma
comunque impone l’obbligo di pagare un’indennità al danneggiato. Essa si differenzia dal
risarcimento perché non comprende tutto il danno, ma costituire un solo equo compenso per
il pregiudizio.
Così se il vicino consente l’accesso sul suo fondo a un altro vicino che vuole riparare il muro
posto sul confine, l’atto è consentito e lecito, ma non è giusto che il primo soggetto sopporti il
danno che deriva dall’accesso e dunque si prevede una indennità.
GLI ATTI ILLECITI DOLOSI
Residua un’area in cui la responsabilità richiede sia l’estremo del danno, sia una specifica
illiceità condotta: sono le ipotesi in cui per l’imputazione del fatto non basta la colpa, ma
occorre il dolo.
La condotta può essere illecita quando sia diretta ad arrecare un pregiudizio ad altre
persone.

LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITA’ AQUILIANA


L’obbligazione risarcitoria si giustifica quale reazione alla violazione commessa con la
lesione dell’altrui sfera giuridica quando le misure di tipo preventivo e reintegrativo si rivelino
inadeguate, o comunque insufficienti, al fine di rimediare alla violazione.
La responsabilità aquiliana così, prevedendo l’obbligo risarcitorio, assolve a una funzione
riparatoria, rimettendo il danneggiato nella condizione originaria, rectius: in una condizione
per quanto è possibile uguale a quella che si sarebbe avuta se il danno non si fosse
verificato.
RESPONSABILITA’ SOGGETTIVA: o per colpa risponde a una concezione etica e ha
funzione insieme sanzionatoria o deterrente: sanzionatoria perché punisce chi
colpevolmente ha violato l'altrui sfera giuridica, deterrente perché dissuade dal tenere una
tale condotta.
RESPONSABILITA’ OGGETTIVA: risponde a una concezione tecnica dello strumento
risarcitorio e svolge una funzione in senso lato economico-assicurativa. Si parla di
concezione tecnica per sottolineare che essa è una mera tecnica di allocazione dei danni.
Si parla di concezione tecnica per sottolineare che essa è una mera tecnica di allocazione
dei danni.
CAPITOLO 42: ALTRI FATTI FONTE DI OBBLIGAZIONE
LE OBBLIGAZIONI NASCENTI DALLA LEGGE

GLI ALTRI “FATTI”, PREVISTI DALLA LEGGE, CHE SONO FONTE DI OBBLIGAZIONI
Secondo l’art. 1173 c.c. numerosi sono i dati che mettono capo a specifici obblighi alla
stregua di apposite previsioni normative.
La legge dedica una disciplina autonoma ad alcuni fatti, raggruppandoli in appositi titoli del
libro quarto del codice civile.
La denominazione tradizionale designa tali figure come "obbligazioni nascenti dalla legge”.
Ciò per sottolineare le caratteristiche di tali fattispecie, che non si inquadrano né in una
dichiarazione negoziale né in un fatto illecito.
La moderna dottrina negoziale rileva peraltro l’improprietà di tale riferimento; non è la legge
infatti a essere fonte diretta di vincoli: la disposizione che li prevede individua per sempre un
fatto al cui verificarsi è ricondotta la nascita dell’obbligo.
In tal senso, allora, è più corretto parlare di “altri fatti”, previsti dalla legge, che sono fonte di
obbligazioni. Le figure specificamente considerate, per la loro importanza, sono la gestione
d’affari altrui, il pagamento dell'indebito, l’arricchimento senza causa.

LA GESTIONE D’AFFARI ALTRUI


Con la gestione d’affari altrui la legge considera l’ipotesi in cui un soggetto gestisce un affare
altrui senza essere obbligato e senza averne il potere. Già sappiamo in mancanza di un
potere di rappresentanza, l’intromissione negli affari altrui è illecito. Ma si consideri tuttavia
il caso in cui l’interessato non è in grado di provvedere perché si trova ammalato o all’estero
e l’art. 2028 prevede che se qualcuno, senza esservi obbligato, assume spontaneamente
la gestione di un affare altrui sarà anzitutto obbligato a continuarla fino a quando
l’interessato non è in grado di provvedere da sé.
Il gestore è tenuto ad agire con la diligenza del buon padre di famiglia. L’interessato ha
diritto a rimborsare le spese necessarie che il gestore abbia assunto in suo nome e non
importa il risultato finale che potrebbe anche essere negativo, importa che all’inizio l’azione
del gestore si presentase vantaggiosa o necessaria. Questo istituto non si applica non si
applica per quegli atti di gestione compiuti con il divieto dell’interessato.

IL PAGAMENTO DELL’INDEBITO
Si ha pagamento di indebito quando una persona esegue una prestazione non dovuta. Ciò
può verificarsi per vari motivi, perché il contratto sia nullo oppure perché sia stato annullato
oppure che il debito sia stato estinto per remissione o perché sia già stato pagato.
Si parla di ripetizione dell’indebito e chi ha pagato ha diritto di riavere la prestazione
eseguita.
Occorre distinguere due ipotesi indebito soggettivo e indebito oggettivo.
L’indebito oggettivo è il caso di chi esegua un pagamento di un debito che non esiste né
per lui né per gli altri. Chi ha pagato ha diritto alla restituzione della somma e degli
interessi dovuti dal giorno del pagamento per chi era in mala fede e dal giorno della
domanda giudiziale per chi era in buona fede.
L’indebito soggettivo è il caso di chi paghi un debito altrui ritenendosi debitore in base a
un errore scusabile. Per esempio per errore pago la bolletta telefonica del
vicino che ho trovato nella mia cassetta delle lettere. Qui chi ha pagato il debito
altrui ha diritto alla restituzione solo se si tratta di un errore scusabile.
LA RIPETIZIONE NON È AMMESSA PER LE OBBLIGAZIONI NATURALI E PER I
CONTRATTI CONTRARI AL BUON COSTUME.

LE OBBLIGAZIONI NATURALI
Fanno eccezione alle regole sulla ripetizione dell’indebito le CD. OBBLIGAZIONI
NATURALI. Si tratta di quegli obblighi che nascono nell’ambito dei doveri morali e sociali,
per esempio pagare debiti di gioco. Precisamente la legge prevede che se vengono
spontaneamente adempiute non si può agire per ottenere la restituzione, salvo che la
prestazione sia stata eseguita da un incapace in quanto è un atto negoziale che è richiesta
la capacità di agire.

LE PRESTAZIONI CONTRARIE AL BUON COSTUME


La ripetizione non è ammessa per i contratti contrari al buon costume. Questi sono contratti
nulli e nessun adempimento è dovuto e le prestazioni già eseguite devono essere restituite.

L’ARRICCHIMENTO SENZA CAUSA


Si ha arricchimento senza causa quando un soggetto vede aumentare il proprio patrimonio
a danno del patrimonio di un altro soggetto senza che vi sia una giusta causa. Per esempio
mi consegnano per errore una cassa di champagne destinata al mio vicino e io in buona
fede la consumo e perciò ho arricchito il mio patrimonio in danno di un altro, senza avervi
diritto.
Come già sappiano gli spostamento patrimoniali devono avere una causa, per esempio un
contratto deve avere una causa. Pertanto chi ha conseguito un arricchimento ingiustificato
tenuto a restituire l’arricchimento.

SEGUE. L’AZIONE GENERALE DI ARRICCHIMENTO SENZA CAUSA


Precisamente, la legge ha sancito che chi, senza giusta causa, si è arricchito in danno di
un’altra persona è tenuto, nei limiti di arricchimento, a indennizzare quest’ultima della
correlativa diminuzione patrimoniale, art. 2041.
Quest’azione ha due caratteristiche è GENERALE e RESIDUALE.
Si dice generale perché è concessa a chiunque si trovi nelle condizioni di arricchimento.
È residuale perché è concessa nei casi in cui il danneggiato non può esercitare un’altra
azione per farsi pagare il danno, art. 2042.

SEGUE. LE FIGURE CONCRETE DI ARRICCHIMENTO SENZA CAUSA


Dunque le ipotesi più frequenti in cui può venire l’azione di arricchimento senza causa
sono quelle in cui l’arricchimento deriva da:
ATTO DELL’ARRICCHITO, per esempio Tizio consuma beni altrui senza che vi sia solo o
colpa nel suo comportamento. Se due studenti usano in comune un frigorifero e uno
consuma il vino dell’altro per errore, non avrà colpa ma dovrà soltanto pagare il collega.
ATTO DELL’IMPOVERITO, il quale esegue una prestazione non dovuta per la quale non
sia esercitabile la ripetizione dell’indebito. Per esempio, se ho locato una casa e il contratto
è stato annullato non posso chiedere la restituzione del godimento, ma posso agire per
farmi risarcire la diminuzione patrimoniale. Se ho pagato un debito altrui posso agire verso
il debitore con l’azione di arricchimento. L’azione generale di arricchimento prevede
l’arricchimento dell’uno e l’impoverimento dell’altro.

CAPITOLO 56: LA FAMIGLIA E IL DIRITTO

LA FAMIGLIA, TRA REALTA’ SOCIALE E REGOLE GIURIDICHE


La famiglia è la cellula fondamentale della società civile. La famiglia d’altra parte non è un
fatto privato, ma ha una fondamentale rilevanza pubblica per le funzioni che essa svolge
come assistenza e il mutuo tra i coniugi, l’educazione dei figli, la trasmissione dei valori
spirituali e culturali alle nuove generazioni.
Pertanto, l’ordinamento giuridico non crea la famiglia, come crea l’istituto della trascrizione,
ma la trova come realtà sociale. La famiglia non è riducibile al solo fatto di dimensione
affettiva, ma ha una essenziale dimensione giuridica sia perché consiste in una serie di
relazioni stabilite tra le persone, sia perché è proiettata sul piano della società esterna.

IL DIRITTO DELLA FAMIGLIA TRA COSTITUZIONE E CODICE CIVILE


L’art. 29 della Cost sancisce che la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società
naturale fondata sul matrimonio. Il disegno costituzionale sulla famiglia, così, prevede
L’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi.
La garanzia dell’unità familiare.
Il dovere dei genitori di mantenere, istruire, educare i figli, anche se nati fuori del
matrimonio.
La libertà educativa.
Il sostegno pubblico alle famiglie.
La famiglia deve essere lasciata libera di perseguire le sue funzioni e sostenuta in tale
adempimento, intervenendo solo dove si manifestino distorsioni o essa non sia in grado di
svolgere i suoi compiti.

LA FAMIGLIA LEGITTIMA E IL SUO FONDAMENTO


Punto di riferimento primario è la famiglia NUCLEARE, composta dai coniugi e dai loro figli.
I diritti riconosciuti dalla Cost si riferiscono alla famiglia legittima, fondata sul matrimonio,
con la quale i coniugi s’impegnano in modo reciproco a realizzare una comunione di vita,
una convivenza fondata su diritti e doveri reciprochi come fedeltà, educazione dei figli,
collaborazione.
LA FAMIGLIA DI FATTO
All’opposto della famiglia legittima vi è la famiglia di fatto, di recente diffusione, ossia quella
basata sulla convivenza di un uomo e una donna insieme agli eventuali figli, fuori del
matrimonio.
Per i rapporti personali e patrimoniali tra i conviventi in sintesi si può dire che non esistono
gli stessi diritti e doveri reciprochi dei coniugi. Essendo un’unione libera, si tratterebbe di
una obbligazione naturale e quindi se viene meno non è ammessa la ripetizione
dell’indebito.
Nella convivenza more uxorio si provvede a tutelare le persone in quanto singolo e non in
quanto familiari, riconosciuti dall’art. 2 della Cost. In altre parole, non è possibile applicare
le norme della famiglia legittima alla famiglia di fatto.
Al convivente, per effetto di una sentenza della Corte costituzionale, è attribuito il
subingresso nel contratto di locazione per morte e nel caso in cui, cessata la convivenza, vi
siano dei figli minori.
La giurisprudenza riconosce che il convivente ha diritto al risarcimento per causa della morte
del partner dovuta da fatto illecito commesso da un terzo.

LA FAMIGLIA ESTESA: PARENTELA E AFFINITA’


Accanto alla famiglia nucleare c’è anche la famiglia estesa o allargata di cui fanno parte i
nonni e gli zii, cugini e cognati. Il coniugio è il vincolo tra gli sposi che deriva dal matrimonio.
La parentela è il legame che intercorre tra persone che discendono una dall’altra. Per
esempio, padre e figlio, nonno e nipote. La parentela si misura per gradi che si misurano in
base al numero di generazioni. Padre e figlio sono parenti di primo grado, nonno e nipote
secondo grado, fratelli e sorelle secondo grado, zio e nipote di terzo grado. La parentela
non ha effetto oltre il sesto grado. L’affinità è invece il legame tra una persona sposata e i
parenti del coniuge. Non vi è lo stesso sangue come la parentela.

LA SOLIDARIETA’ FAMILIARE. GLI ALIMENTI


Il principio di SOLIDARIETA’ FAMILIARE consiste in un complesso di obblighi reciproci di
assistenza economica che derivano dai rapporti di coniugi, parentela e affinità.
Il principio di solidarietà familiare si manifesta con l’obbligo di prestare gli alimenti. Gli
alimenti sono dovuti al coniuge che si trovi in stato di bisogno. Così i figli, che abbiano
autonomia economia, sono tenuti a provvedere i mezzi necessari ai genitori che si trovino
in condizioni di bisogno. Per avere l’obbligazione alimentare è lo stato di bisogno e
l’impossibilità al mantenimento. Sono tenuti all’obbligo i donatari, i coniugi, i figli, i genitori, i
generi e le nuore, i suoceri, i fratelli e le sorelle. L’obbligazione è strettamente personale, e
non è cedibile.

CAPITOLO 64: LE SUCCESSIONI


PRINCIPI GENERALI

NOZIONE E FUNZIONI DELLA SUCCESSIONE A CAUSA DI MORTE

IL TITOLO DELLA SUCCESSIONE. I PATTI SUCCESSORI.

L’OGGETTO. SUCCESSIONI ORDINARIE E SUCCESSIONI ANOMALE.

SEGUE. EREDITA’ E LEGATO.

I SOGGETTI. LA CAPACITA’ SUCCESSORIA.

L’INDEGNITA’

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