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CHE COS’E’ LA REALTA’

La realtà è quella dimensione fisica o virtuale dove ognuno di noi svolge la sua
esistenza. Ogni individuo è calato in una realtà, una realtà sociale, dove deve
accettare una serie di regole. Quando una serie di persone decide di essere
organizzate da regole giuridiche nasce la realtà giuridica.
QUAL E’ LA FUNZIONE DEL DIRITTO?
Il diritto è un insieme di regole che nasce per garantire la pacifica convivenza tra i
consociati sulla base di regole prestabilite (decise prima che il fatto accada).
Nel momento in cui una società si libera dallo stato di natura (basato dalla legge del
più forte) ed entra nello stato di diritto, essa progredisce. L’ essere umano ha bisogno
della pacifica convivenza per poter progredire. Lo stato di diritto rasserena ciascuno
di noi affinché la nostra vita venga regolata secondo giustizia e non la forza.
CHI STABILISCE LE REGOLE?
A stabilire le regole vi deve essere un soggetto, non un qualcosa di astratto o esterno.
Il diritto è un insieme di regole ed il soggetto legittimato a creare le regole dipende
da 3 teorie:
TEORIA ASSOLUTA: un soggetto al di sopra delle regole stabilisce le regole che valgono
per tutti, abbiamo un Sovrano Assoluto. Il Sovrano Assoluto non si preoccupa di chi
dovrà rispettare le regole ma gli interessano le regole.
TEORIA DELLA SOVRANITA’ DELLA NAZIONE: l’élite di una comunità scrive le regole
secondo i loro valori e i loro punti di vista e queste regole valgono per tutti.
Ricordiamo l’oligarchia (poche persone che prendono le decisioni).
TEORIA DELLA SOVRANITA’ POLPOLARE: le regole vengono scritte dall’intera
comunità. L’osmosi tra diritto e comunità è un’osmosi piena.
ORDINAMENTO GIURIDICO= l’insieme degli elementi normativi che sono espressione
di una determinata organizzazione sociale.
Lo Stato è il più importante ordinamento giuridico, ogni tanto subisce uno scossone,
in quanto gli Stati nascono, si sviluppano e talvolta si estinguono (così come gli
ordinamenti giuridici).
Un ordinamento giuridico varia quando avviene un fatto normativo che consente di
cambiare uno degli elementi che costituiscono l’ordinamento giuridico. I fatti
normativi sono cose che avvengono al di fuori della legge se invece avvengono
all’interno della legge sono atti normativi.
Gli ordinamenti giuridici si classificano:
1)In base alla natura del vincolo: l’individuo può decidere se far parte
dell’ordinamento giuridico o meno. Lo Stato è l’unico ordinamento giuridico
necessario. (Tranne gli apolidi che decidono di non far parte di nessun ordinamento
giuridico).
2)Ci sono ordinamenti giuridici territoriali (stati, regioni, UE) e ci sono ordinamenti
giuridici non territoriali (federazione calcio, religione cattolica).
3)In base alla finalità, l’ordinamento giuridico di uno stato si può occupare di ciò che
vuole, tutti gli altri ordinamenti giuridici si possono occupare solo di ciò che lo Stato
consente loro di potersi occupare.
Es. lo Stato si può occupare di qualsiasi materia voglia, l’UE solo delle materie che sono
state delegate dagli Stati.
4)Lo Stato è un ordinamento giuridico sovrano, tutti gli altri ordinamenti giuridici
dipendono da esso.
NORMA GIURIDICA
La norma giuridica è una regola che la comunità si dà per garantire la pacifica
convivenza. La norma giuridica è la singola regola che unita insieme alle altre ci darà
il diritto, che unita alla comunità ci darà l’ordinamento giuridico.
Le norme giuridiche vengono suddivise in: norme di relazione (che servono a regolare
i rapporti tra i consociati) e norme di organizzazione (che sono intese a disciplinare la
struttura dello Stato).
Ci troviamo difronte ad una norma giuridica se la regola presenta queste 4
caratteristiche:
-Generalità: la norma giuridica deve essere generale cioè deve potersi applicare ad un
numero indeterminato di persone. Persone che hanno interesse nella regola. Es. il
diritto allo studio si rivolge a tutte le persone che intendono studiare.
-Astrattezza: la regola deve potersi applicare a persone e situazioni un numero
indeterminato di volte. La combinazione tra generalità e astrattezza dà alla vita alla
ripetibilità della regola.
-Novità: la norma giuridica deve disciplinare per la prima volta qualcosa che non è mai
stato disciplinato o deve disciplinare in modo nuovo qualcosa che prima era
disciplinato ma in modo diverso.
-Imperatività: la capacità della regola di farsi rispettare in virtù dell’autorità del
soggetto che ha prodotto la regola stessa. Noi riconosciamo a questi soggetti la
legittimità di produrre norme giuridiche. E’ la caratteristica che più distingue la norma
giuridica da un'altra regola. Quando noi rispettiamo una regola la rispettiamo perché
riteniamo questa regola legittima e legittimata (anche se non la condividiamo).
LA SANZIONE
La sanzione non è un elemento della norma giuridica ma è una norma giuridica
generale astratta nova e imperativa. (l’imperatività della sanzione si annida nella
forza).
Noi rispettiamo le norme giuridiche anche se non le condividiamo perché le troviamo
necessarie ai fini della pacifica convivenza.
Non tutte le norme prevedono una sanzione, nessuna norma di organizzazione
prevede una sanzione; la sanzione è spesso presente nelle norme di relazione.
La sanzione può avere un carattere civilistico, amministrativo o penale (di tipo
pecuniario o detentivo).
DISPOSIZIONE e NORMA
La disposizione è il testo scritto dal quale ricaviamo la norma. Es. (è vietato rubare)
La norma è la regola che noi ricaviamo dal testo scritto. Es. (non si può rubare).
Spesso si scrivono disposizioni complesse che riflettono il linguaggio contemporaneo
e alla base vi è un ragionamento contorto.
I giudici e l’amministrazione si trovano a cercare di interpretare quello che chi ha
scritto la disposizione voleva dire. Entra in gioco la funzione dell’interpretazione.
L’interpretazione è quell’attività di ricavare da una disposizione la norma da applicare.
Per il diritto l’interpretazione più frequente è quella del giudice (nell’ambito del civile,
penale, tributario). L’interpretazione più importante è quella del legislatore
(interpretazione autentica). Ci sono delle volte dove il legislatore si accorge di aver
scritto così male la disposizione che ad un certo punto fa una nuova disposizione che
serve per interpretare la precedente. Un altro tipo di interpretazione è quella
dottrinale, degli studiosi come quella di un professore.
LE REGOLE DA SEGUIRE PER L’INTERPRETAZIONE:
-Letterale: l’interpretazione letterale è la prima regola che dobbiamo seguire quando
interpretiamo. Dobbiamo cercare di far dire alle parole quello che vogliono dire. Se il
legislatore è stato chiaro basta fermarsi alla prima regola di interpretazione.
-Logica: nell’interpretazione logica si guarda alla connessione tra le parole della
disposizione. Con questo criterio di interpretazione abbiamo più discrezionalità.
-Sistematica: con questo criterio noi dobbiamo cercare di capire che cosa il legislatore
voleva dire andando a vedere la disposizione dove è collocata.
-Teleologico: dobbiamo cercare di capire qual è l’idea che aveva il legislatore nel
momento in cui ha scritto la legge. La discrezione è totale.
L’ordinamento giuridico non ammette le lacune. La lacuna è un vuoto normativo,
qualcosa che non è disciplinato dal diritto. Per evitare le lacune noi ricorriamo alla
REGOLA DELLA ANALOGIA. (Analogia: è quel principio in base al quale noi applichiamo
a quella situazione che non è disciplinata una disposizione che è stata pensata per
disciplinare qualcosa di simile).
L’analogia non la possiamo applicare in ambito penale, secondo un principio
costituzionale superiore per cui se non c’è la norma non c’è reato.
LO STATO
L’era moderna nasce nel momento in cui 3 grandi monarchie: spagnolo, inglese e
francese decidono di superare il sistema feudale in cui di fatto non erano sovrani
poiché dividevano il poter con il papa, conti, marchesi, principi, vassalli e diventare
Stati. L’articolo 1 sottolinea il fatto che le società ora hanno come organizzazione lo
Stato, ma in futuro lo Stato potrà essere superato da un'altra forma di organizzazione.
Lo Stato è una forma di organizzazione del potere politico, che esercita il monopolio
della forza legittima in un determinato territorio e si avvale di un apparato
amministrativo. Lo Stato presenta queste caratteristiche:
-Lo Stato ha il monopolio della forza - uno Stato ha l’indipendenza nei confronti degli
altri Stati. Uno Stato è tale se ha la capacità di difendere i propri confini. - Lo Stato è
l’unico soggetto al quale noi riconosciamo il diritto di limitare la nostra libertà, anche
con la forza (imperatività della norma).
-Lo Stato ha una propria organizzazione. I tre grandi stati (Inghilterra, Spagna e
Francia) compresero che dovevano avere una burocrazia che controllava e
amministrava tutto il territorio.
ELEMENTI COSTITUTIVI DI UNO STATO:
-Popolo.
-Territorio.
-Sovranità.
Non ci può essere Stato senza questi 3 elementi.
IL TERRITORIO
Il territorio è un elemento volontario (frutto di accordi, talvolta pacifici come
l’attribuzione dell’Istria alla Jugoslavia o altre volte per mezzo di trattati di pace). Il
territorio ha quindi confini politici ma una caratteristica fisica. Lo Stato è sovrano della
TERRA FERMA dove noi camminiamo il MARE TERRITORIALE (12 miglia).
Lo Stato è sovrano sullo SPAZIO AEREO che si trova al di sopra del suo territorio mare
territoriale compreso. Lo Stato è sovrano fin dove possono sorvolare gli aerei.
Lo Stato è sovrano del SOTTOSUOLO fino al centro della terra; non è proprietario
invece delle sacche liquide o gassose che trova nel sottosuolo. Se una sacca si trova
tra 2 paesi, ne ha lo sfruttamento economico il paese che lo trova per primo; ciò vale
anche per le sacche che si trovano nel mare internazionale.
Il territorio è lo spazio dove lo Stato esercita la propria sovranità, è lo spazio nel quale
ha il diritto di decidere chi può entrare e chi non può entrare, ha il diritto di imporre
le proprie norme giuridiche, ha il diritto di prendere scelte in totale indipendenza
rispetto agli altri Stati. Chiunque entri nel territorio di uno Stato è tenuto ad
osservarne le leggi.
Il concetto di territorio al giorno d’oggi è quello più in crisi, è difficile fermare le
persone che migrano e si vogliono spostare da un territorio all’altro.
IL POPOLO
E’ importante distinguere bene il concetto di popolo, popolazione e nazione. La
popolazione è l’insieme delle persone che in un certo momento storico vive sul
territorio di un paese ed è indifferente quale cittadinanza abbia. E’ un concetto
amministrativo.
La nazione è un concetto totalmente astratto. Con nazione si intende quell’insieme di
persone del passato, presente e futuro che condividono la stessa storia, lingua,
religione, cultura. Oggi la nazione si può definire come l’insieme delle persone che
condividono gli stessi valori costituzionali.
Il popolo è un concetto giuridico. Il popolo è l’insieme delle persone che hanno la
stessa cittadinanza indipendentemente da dove vivono. Avere la cittadinanza è
importante per avere la protezione diplomatica all’estero. L’essere cittadini consente
di poter esercitare diritti che sono riservati solo ai cittadini come il diritto di voto e il
diritto di accesso alle cariche pubbliche. L’impiego pubblico è riservato
esclusivamente a coloro che hanno la cittadinanza poiché impegna la persona ad un
obbligo di fedeltà nei confronti della Repubblica.
COME SI DIVENTA CITTADINI (in generale)
Le leggi sulla cittadinanza si basano su 2 criteri fondamentali e sono le leggi più
politiche:
-IUS SANGUINIS: è cittadino il figlio di genitori cittadini. Abbiamo molte varianti, ad
esempio solo la madre, come in Israele, solo il padre come in Italia nello statuto
albertino, tutti e due.
-IUS SOLI: è cittadino chi nasce sul territorio indipendentemente dalla cittadinanza dei
genitori.
E’ apolide colui che non ha nessuna cittadinanza, può essere per scelta ma può
avvenire per incastro non perfetto di leggi che devono disciplinare la nascita.
QUAL E’ LA LEGGE ITALIANA SULLA CITTADINANZA?
In Italia il moderno concetto di cittadinanza nasce al momento della Costituzione dello
Stato unitario ed è attualmente disciplinata dalla legge 5 febbraio 1992, n. 91.
Il primo criterio che noi applichiamo è lo IUS SANGUINIS, è cittadino il figlio di almeno
un genitore cittadino italiano.
Il secondo criterio è lo IUS SOLI, diamo la cittadinanza italiana a chi nasce nel nostro
paese solo se i genitori sono ignoti, se i genitori sono apolidi o se i genitori non
possono trasmettere la cittadinanza ai figli.
In Italia vi è un terzo criterio per l’attribuzione della cittadinanza ed è la cittadinanza
per concessione. (concessione: attribuire qualcosa che non si ha il diritto di avere.) La
si può ottenere per: 1)Matrimonio 2)Residenza di lungo periodo 3)Meriti speciali. La
cittadinanza italiana per residenza di lungo termine si può richiedere dopo 10 anni se
non si fa parte dell’UE, altrimenti dopo 3 anni. Spetta sempre al ministero degli interni
stabilire se una persona manifesta sentimenti di appartenenza al nostro Paese.
La legge Martelli del 1990 disciplina alcuni aspetti dell’immigrazione in Italia.
CITTADINANZA EUROPEA
Ogni cittadino di uno dei 27 paesi dell’Unione Europea è anche cittadino europeo. Il
cittadino europeo ha il diritto di circolare e soggiornare liberamente su tutto il
territorio dell’Unione Europea.
SOVRANITA’
La sovranità è la fonte di legittimazione di ogni potere.
La sovranità la guardiamo da un duplice punto di vista:
-Sovranità esterna: ogni Stato è sovrano perché indipendente da altri Stati.
-Sovranità interna: intesa come fonte di legittimazione di ogni potere in un dato
territorio. Abbiamo 3 teorie:
-La sovranità dello Stato: è la sovranità del soggetto che si trova al di sopra delle
regole. I sovrani assoluti sono la fonte di legittimazione di ogni potere. Negli Stati
autoritari la fonte di legittimazione del potere è lo Stato che non si identifica con la
persona che detiene il potere ma che nei fatti si identifica in una persona o in un
partito che detiene il potere. La sovranità dello Stato è una sovranità non
democratica.
-La sovranità della nazione: è in realtà una sovranità oligarchica; la legittimazione del
potere è nelle mani di un ristretto numero di persone.
-La sovranità popolare: la fonte di legittimazione del potere è il popolo. Il potere
esecutivo, legislativo, giudiziario vengono esercitati in nome del popolo.
ARTICOLO 1 la sovranità popolare nella costituzione italiana.
Art.1 Costituzione al primo comma leggiamo che l'Italia è una Repubblica democratica
fondata sul lavoro. L’articolo 1 al secondo comma stabilisce che la sovranità
appartiene al popolo, il quale la esercita ‘’nelle forme e nei limiti della Costituzione’’.
Ad essere effettivamente sovrana nel nostro paese è la Costituzione, in particolare
l’insieme di quei principi e valori espressi nei primi 12 articoli della Costituzione. Il
popolo non è un sovrano costituente ma un sovrano costituito, limitato dalla
Costituzione. Quindi il popolo nel nostro paese ha esercitato la sovranità soltanto il 2
giugno del 1946 quando ha scelto tra monarchia e repubblica e quando ha eletto
l'assemblea costituente. Nel momento in cui hai eletto l'assemblea costituente il
popolo ha attribuito a questa assemblea costituente il compito di scrivere la
Costituzione e questa Costituzione oggi vincola lo stesso popolo. Una volta che è stata
scritta la costituzione non è stata sottoposta al referendum e popolare, mentre in altri
Stati si fa così. Le forme in cui il popolo esercita la sovranità sono attraverso il voto,
petizioni e referendum. Il popolo esercita la propria sovranità attraverso i
rappresentanti e questo è il suo limite.
MULTILEVEL GOVERNANCE
Gli Stati per continuare ad essere ancora sovrani hanno imparato che devono cedere
una parte della propria sovranità ad un organismo sovranazionale al quale delegano
la gestione di alcune questioni.
Quello che intendiamo con Multilevel Governance è la gestione dell’interesse
generale suddivisa in più livelli politici. Quando si hanno più livelli di governo è più
garantita la democraticità dei processi. Con un unico livello di governo c’è il pericolo
che si possano non rispettare gli ideali democratici che sono alla base della nostra
Costituzione.
DIFFERENZA CONFEDERAZIONE E FEDERAZIONE
Confederazione: la confederazione è un insieme di stati sovrani che decidono
liberamente di delegare ad un soggetto territorialmente più grande una parte delle
loro sovranità. Es. L’Europa è una confederazione. La Brexit è il diritto di recesso da
parte della Gran Bretagna.
Federazione: la federazione è un insieme di Stati che decidono liberamente di
conferire ad entità territorialmente più grandi quasi tutta la loro sovranità. Es. Gli Stati
Uniti sono una Federazione.
La differenza più importante tra Federazione e Confederazione è il diritto di recesso.
Nella Confederazione gli Stati hanno il diritto di recesso; nella Federazione gli Stati
non hanno il diritto di uscire dalla Federazione.
Gli Stati regionali e gli Stati federali vengono detti Stati decentrati. Gli Stati regionali
italiani non possono staccarsi dall’Italia perché sono all’interno di uno Stato unico.
Allo stesso modo gli Stati Uniti d’America e la Germania sono uno stato unico solo che
noi le chiamiamo regioni e loro li chiamano Stati. L’unico soggetto giuridico di diritto
internazionale è lo Stato. Gli Stati Uniti d’America, l’Italia, il Vaticano hanno ciascuno
un solo seggio all’Onu. All‘ interno delle Nazioni Unite hanno un solo seggio perché
uno è lo Stato.
FINALITA’ DELL’UNIONE EUROPEA
L’Unione Europea è stata dal punto di vista politico una grande intuizione.
La prima motivazione della nascita dell’Unione Europea sta nell’esigenza di garantire
un’area di libero scambio (motivazione di carattere economico). La seconda era il
bisogno di ricostruire la pacifica convivenza e per garantire ciò avevamo bisogno di
avere una sede dove si potevano risolvere pacificamente i conflitti economici e politici
(motivazione di carattere politico).
Al giorno d’oggi, non facendosi più guerre fisiche, quando due stati vogliono dire che
non si sopportano fanno guerre commerciali. (Es. Vedi gli Stati Uniti con la Cina).
Quali sono le regole che l’Unione Europea si è dato dal primo momento?
Gli Stati che volevano far parte dell’Unione Europea dovevano essere una democrazia.
Es. la Turchia da anni non riesce ad entrare in Europa a causa proprio di questa regola.
Gli Stati appartenenti all’Unione Europea cedendo una parte della loro sovranità
hanno ottenuto la libertà di circolazione di persone ma soprattutto di capitali.
L’Unione Europea è nata e si è consolidata sulle 4 libertà: merci, capitali, servizi,
persone.
L’Italia alla fine del 1947 decide di diventare uno Stato regionale con una Multilevel
Governance verso il basso e non essere più uno Stato unitario. Perché decide di
diventare uno Stato regionale? Ragioni economiche e ragioni politiche.
Il primo motivo è quello economico, non si possono avere regole uguali su tutto il
territorio nazionale perché ogni realtà economica è diversa dalle altre. Il livello
politicamente più vicino ai cittadini è quello regionale.
Un' altra importante ragione che ha spinto l’Italia a diventare uno Stato regionale è di
tipo politico, bisognava cercare di evitare la possibile formazione di un regime
autoritario.
Inizialmente l’Italia era uno Stato con un basso decentramento (c’erano 5 regioni a
statuto speciale e 15 ragioni a statuto ordinario). Al giorno d’oggi conosciamo 3 tipi di
regione:
-Le regioni a statuto speciale: sono 5 e ne fanno parte: le grandi isole, la Sicilia si dà
l’autonomia ancor prima della nascita della Costituzione, e le tre regioni di confine
(Val d’Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia) le cui popolazioni si trovano in
Italia per il trattato di pace. Per convincere queste persone che potevano far parte
dell’Italia senza perdere le loro radici e la loro identità è stata assegnato lo statuto
speciale a queste regioni. Ogni autonomia speciale è diversa dall’altra.
-Regioni ordinarie: le regioni ordinarie nascono nel 1948 ed inizialmente hanno un
basso decentramento, effettivamente solo nel 1970 iniziano realmente a funzionare
e nel 2001 c’è la ‘’riforma costituzionale del titolo quinto’’ in cui si decide finalmente
che le regioni sono diverse l’una dall’altra e devono avere una forte autonomia. Le
regioni possono chiedere più materie nelle quali hanno competenza legislativa. La
riforma del 2001 prevedeva che ogni regione deve darsi proprie regole che possono
essere diverse da quelle di altre regioni. Principio di leale collaborazione è che ogni
ente territoriale del governo deve fare in modo che gli altri svolgino le sue funzioni.
Ogni regione deve basarsi sul principio di differenziazione.
-Le regioni differenziate: regioni con ancora più autonomia (richiesta da Lombardia e
Veneto nel 2019).
LE FONTI DEL DIRITTO
La parola fonte del diritto significa che noi andiamo ad indagare sull’origine delle
norme giuridiche. Il testo scritto è la fonte. La fonte deve essere una fonte qualificata
per essere considerata norma giuridica.
Def. Sono fonti del diritto tutti quegli atti e tutti quei fatti ai quali l’ordinamento
giuridico conferisce la capacità di produrre norme giuridiche.
Nelle società contemporanee il diritto scritto prevale sul diritto non scritto per la
‘’certezza del diritto’’. La grande eccezione è la Gran Bretagna che non ha una
costituzione scritta ma ha tutta una serie di leggi costituzionali e tante altre leggi,
quindi il diritto inglese scritto inglese è tantissimo.
CARATTERISTICHE DEL SISTEMA DELLE FONTI DEL DIRITTO
-Principio di tipicità delle fonti: fanno parte del sistema delle fonti solo quelle fonti
sono espressamente previste. In Italia le fonti tipiche vengono enunciate nella
Costituzione. (direttamente o indirettamente).
-La fonte sulle fonti è la Costituzione. La Costituzione non riconosce nulla al di sopra
di sè.
-Le fonti non sono tutte della stessa importanza. Le diverse fonti sono collocate in un
ordine di tipo gerarchico.
IL SISTEMA DELLE FONTI DEL DIRITTO:
Le fonti sono ordinate su più livelli, il livello più alto è il livello costituzionale.
Fonti di livello costituzionale:
-Costituzione
-Leggi costituzionali e di revisione costituzionale (esiste una gerarchia tra il nucleo
essenziale degli articoli della costituzione che sono immodificabili e le legge
costituzionali e di revisione).
Fonti sub-costituzionali (questo livello è stato formalizzato solo con la riforma del
2001). Queste fonti sono inferiori alle fonti di livello costituzionale ma superiori alla
Legge.
-Statuti regionali -Trattati UE.
Livello delle fonti primarie: è un livello di legge molto dinamico perché è il livello
chiamato a disciplinare la vita quotidiana delle persone e dato che la società cambia,
il diritto si deve adeguare a questi cambiamenti. Ne fanno parte:
-legge statale e regionale - decreti legge e decreti legislativi - referendum abrogativi -
regolamenti europei - regolamenti parlamentari. Leggi statali e leggi regionali non si
toccano tra loro, vale il principio delle competenze.
Anche in queste fonti troviamo la presenza di tutti e 3 gli enti che fanno parte della
Multilevel Governance.
Livello delle fonti secondarie: sono le fonti di attuazione delle leggi (a livello statale
sono approvate dal governo) (a livello regionale sono approvate dal consiglio
regionale).
LA CONSUETUDINE
Nel diritto pubblico la consuetudine non va automaticamente all’ultimo posto della
gerarchia delle fonti.
La consuetudine è un comportamento che si ripete constante e invariato nel tempo
e deve essere associato alla convinzione generale che quel comportamento sia
giuridicamente obbligatorio.
Un tempo la stretta di mano come accordo era una consuetudine ma al giorno
d’oggi le consuetudini sono sempre di meno.
Noi conosciamo 3 tipi di consuetudini. Ogni tipo di consuetudine occuperà un posto
diverso nella gerarchia delle fonti.
-SECONDUM LEGEM. Le consuetudini secondo legge, sono quelle consuetudini che
vanno a completare una fonte scritta. Occupano nel sistema delle fonti lo stesso
livello della fonte scritta che va ad integrare.
-PRETEM LEGEM. Consuetudine al di là della legge, serve a disciplinare una materia
che non è disciplinata da una fonte scritta. La consuetudine PRETEM LEGEM è una
consuetudine debole ed occupa l’ultimo posto nella gerarchia delle fonti. Il motivo è
quello della ‘‘certezza del diritto’’, noi preferiamo le fonti scritte e la fonte scritta
prevale sulla fonte non scritta.
-CONTRA LEGEM. Consuetudine contro legge. Detta anche desuetudine. E’ quel
comportamento contrario ad una legge che sostituisce la legge stessa. Nel nostro
ordinamento giuridico non è ammesso. Un comportamento che si afferma in modo
contrario ad una forma scritta è un comportamento illecito per il ‘’principio della
prevalenza delle fonti scritte’’.
ESEMPIO DI CONSUETUDINE COSTITUZIONALE La costituzione non dice in base a
quali criteri il Presidente della Repubblica sceglie il Presidente del consiglio. Dal 1948
in poi il PdR assume sempre lo stesso comportamento, è una consuetudine.
L’ANTINOMIA
Una caratteristica della norma giuridica è la novità, nel senso che non si dovrebbe mai
ripetere una regola che è già presente in un'altra disposizione perché può creare
confusione/antinomia. L’antinomia è un contrasto tra fonti, avviene quando due fonti
disciplinano in modo non concorde uno stesso oggetto. Es. Nella costituzione si
afferma il principio di uguaglianza e poi in una legge non si applica l’uguaglianza ma si
fa una discriminazione, abbiamo un’antinomia. L’ordinamento giuridico prevede 4
criteri per la risoluzione delle antinomie:
-Primo criterio: Gerarchico, la fonte di grado superiore prevale sulla fonte di grado
inferiore. Se una fonte di grado inferiore (la legge) è in contrasto con una fonte di
grado superiore (la Costituzione) la prima può essere annullata, l’annullamento è la
perdita degli effetti della fonte per il passato, il presente ed il futuro. Il legislatore è il
soggetto che più viola la Costituzione (l’articolo più violato è quello riguardante
l’uguaglianza, articolo 3). Tutta via, per il principio della certezza del diritto, non
possono essere messe in discussione quelle situazioni che sono già concluse. Es.
durante il periodo liberale esisteva una legge che diceva che le donne non potevano
rivestire nessuno dei ruoli della pubblica amministrazione che fosse un ruolo apicale
(magistrato, poliziotto ecc..). Nonostante l’entrata in vigore della Costituzione fino al
57’ questa legge non è stata annullata (quindi tutte le persone che avevano preso
servizio in quegli anni sono rimaste al loro posto e tutte le donne alle quali era stata
rifiutata la domanda non sono state immesse direttamente alla magistratura).
L’illegittimità in Italia è solo limitatamente retroattiva, a differenza della Germania.
-Secondo criterio, criterio cronologico, la fonte successiva ABROGA quella
precedente. Le fonti devono però necessariamente essere dello stesso livello e le due
fonti devono appartenere allo stesso legislatore (legge statale e legge statale ma NON
legge regionale con legge statale). Questo criterio esiste perché la società cambia e
quindi il diritto si deve evolvere di pari passo con la società. Abrogazione significa che
la fonte precedente smette di avere effetto per il futuro. A ciò che appartiene al
passato e ciò che appartiene al presente ma non si è ancora concluso applichiamo la
legge precedente.
Esistono tre varianti di abrogazione: esplicita, implicita e tacita.
L’abrogazione più corretta è quella esplicita: quando la fonte nova ci dice
esplicitamente quali sono le fonti precedenti che non sono più valide.
L’abrogazione tacita: il legislatore emana una nuova norma giuridica incompatibile
con la precedente.
L’abrogazione implicita: il legislatore emana una nuova legge con cui regola
interamente una materia già disciplinata dalla legge precedente.
-Terzo criterio, criterio della competenza, quando due fonti che si trovano sullo stesso
piano ma vengono da due legislatori diversi, disciplinano lo stesso oggetto noi
dobbiamo cercare di capire di chi è la competenza. (Es. Questo problema può avvenire
tra: legge statale, legge regionale, regolamento europeo). Noi dobbiamo capire quale
di questi due soggetti è competente a disciplinare quel determinato oggetto. Bisogna
vedere la Costituzione a quale fonte ha dato la competenza di disciplinare
quell’oggetto. (ci dirà se quella materia è di competenza delle regioni, dello stato o
dell’Unione Europea). La conseguenza della violazione del criterio della competenza
è che la fonte non competente è nulla (nullità). Vengono cancellati gli effetti passati
presenti e futuri. Questo perché una fonte incompetente non può aver disciplinato
neanche retroattivamente una certa materia.
Criterio della specialità, quando due fonti che appartengono allo stesso livello, allo
stesso legislatore, disciplinano la stessa materia ma uno in modo generale e l’altra in
modo speciale, le due fonti restano valide tutte e due. Le due fonti convivono in
un’ottica sistematica (all’interno dell’insieme generale vi è l’insieme speciale). Ogni
legge speciale deve essere motivata. Il problema delle fonti speciali è che devono
differenziare senza discriminare, perché se una regola generale ha moltissime
eccezioni va a minare il principio fondamentale dell’uguaglianza, per questo motivo
le leggi speciali devono essere motivate. (Es. il professore universitario va in pensione
a 70 anni perché inizia la sua vita lavorativa più tardi, i lavoratori precoci vanno in
pensione più giovani.)
LA COSTITUZIONE: la fonte delle fonti, la fonte suprema.
Qual è la differenza tra la Costituzione e un qualsiasi altro atto come uno statuto. Cosa
ha la costituzione che uno statuto non ha?
La Costituzione ha come caratteristica fondamentale il fatto di essere un documento
nel quale si cristallizzano i valori di una comunità, quindi non si limita ad elencare
diritti o ad organizzare uno stato, ma è una cristallizzazione di valori condivisi dalla
comunità. Con la nostra Costituzione chiaramente non è possibile un ritorno ad uno
stato autoritario o liberale.
Il diritto ha una tendenza alla classificazione. Classificazioni del diritto:
-Un primo tipo di classificazione che noi facciamo è tra Costituzione scritta e
Costituzione non scritta. Il fatto che non sia scritta (come in Gran Bretagna) non
significa che non ci sia una Costituzione.
-Un altro tipo di classificazione che noi facciamo è tra Costituzione rigida e
Costituzione flessibile. La costituzione rigida (come quella italiana) è quella
costituzione che non ammette cambiamenti da fonti di grado inferiore. La
Costituzione italiana è rigida ma elastica, nel senso che ammette che ci siano alcuni
cambiamenti che vanno a completare la Costituzione. L’elasticità della nostra
costituzione regge fin quando non si ritiene necessaria una modifica costituzionale,
che non può mai essere una modifica sui valori, perché questi ultimi sono intoccabili.
-Costituzione lunga e Costituzione breve. Le Costituzione lunghe sono quelle che
decidono di cristallizzare/formalizzare tutti e tre gli elementi che si possono inserire
nella Costituzione: valori, diritti, organizzazione. Quella italiana è una Costituzione
lunga. Le Costituzioni brevi sono quelle che contengono soltanto due elementi: valori
e diritti/valori e organizzazione. (Es. la Costituzione francese contiene solo valori e
organizzazione).
La Costituzione italiana entra in vigore il primo gennaio del 1948 ed è una costituzione
frutto della sovranità popolare, per il fatto che l’assemblea costituente fu votata dagli
stessi cittadini.
-La Costituzione italiana è democratica e pluralista (che è l’opposto della democrazia
liberale). La regola della democrazia è la regola della maggioranza; nelle democrazie
liberali abbiamo la dittatura della maggioranza, la maggioranza può sopprimere le
minoranze. Nelle democrazie pluraliste noi riteniamo che la maggioranza vince ma
non può sopprimere le minoranze, vi è quindi la tutela delle minoranze. La
maggioranza vince e prende le decisioni ma non può sopprimere nessuna diversità.
-La Costituzione italiana è decentrata, ossia prevede le regioni.
-La Costituzione ha una parte fortemente concentrata sull’economia. Significa che lo
stato ha il diritto di essere un imprenditore. Avere una Costituzione economica
significa anche che noi abbiamo introdotto alcuni diritti economici che tuttavia sono
diritti più limitati rispetto ai diritti civili. (Es. un datore di lavoro non può interessarsi
della vita privati dei suoi dipendenti). Essere una Costituzione economica significa che
l’organizzazione del lavoro è limitata dai diritti civili (dal 13 al 28).
COME È ORGANIZZATA LA NOSTRA COSTITUZIONE?
Abbiamo i primi dodici articoli che noi chiamiamo ‘’i principi fondamentali’’ ai quali
aggiungiamo il principio della separazione dei poteri, il quale non è scritto da nessuna
parte ma che noi ricaviamo da tre articoli che ci dicono che il potere legislativo,
esecutivo e giudiziario sono esercitati in nome del popolo.
Poi abbiamo gli articoli che riguardano diritti e doveri dei cittadini, che vanno dal 13
al 54, che definiamo come la prima parte della Costituzione, questi articoli possono
essere modificati ma solo per migliorare il contenuto del diritto, ossia per rendere
possibile un diverso bilanciamento tra i diritti.
La seconda parte della Costituzione va dall’articolo 55 al 138 che è modificabile
tenendo però presente 2 garanzie. La prima è quella di tenere ben presente la rigidità
della Costituzione, la seconda è quella che dobbiamo garantire la separazione dei
poteri.
ARTICOLO 2
L’articolo 2 è la matrice dei diritti, è la ‘‘porta’’ attraverso la quale entrano nella nostra
Costituzione anche quei diritti che la nostra Costituzione non ha espressamente
previsto (ad esempio possono entrare nella nostra Costituzione tutti quei diritti che
sono compatibili con altri, ma che sono scritti ad esempio in carte internazionali,
perché il nostro costituente non li ha scritti tutti, ha scritto quelli che riteneva più
importanti ma si è reso aperto).
Articolo 2: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come
singolo, sia nelle formazioni sociali dove esplica la propria personalità, e richiede
l’adempimento dei doveri di solidarietà economica politica e sociale.
Viene utilizzato il termine Repubblica e non Stato perché l’obbligo di tutelare i diritti
appartiene a qualsiasi comunità che si trova all’interno del nostro ordinamento
giuridico (stato, regioni, comuni, università ecc.)
Nell’articolo 2 vengono utilizzati due verbi: riconosce e garantisce. Questi due verbi
riflettono due teorie giuridiche ben precise, la teoria giusnaturalistica secondo cui
l’individuo nasce titolare di diritti ed è compito della Repubblica di garantire questi
diritti. I diritti che devono essere tutelati sono quelli inviolabili, ovvero quelli
universalmente riconosciuti. L’individuo deve adempiere ai doveri inviolabili di
solidarietà economica politica e sociale. La parola solidarietà la Costituzione la utilizza
nel senso giuridico di appartenenza alla comunità. I tre ambiti nei quali la Costituzione
chiede la solidarietà:
-la solidarietà politica: Nell'articolo 48 si afferma che il voto è un dovere civico. Non
abbiamo il dovere giuridico di andare a votare ma abbiamo il dovere di solidarietà di
andare a votare ovvero il sentirci parte della comunità. Se ad un certo punto fossimo
una società nella quale nessuno va a votare significa che il senso di appartenenza
politica si è perso.
-solidarietà economica: quella che viene maggiormente perseguita.
Economicamente le condizioni delle persone che appartengono alla comunità sono
diverse e quindi a differenza del mondo liberale nelle democrazie pluraliste chi ha di
più paga di più e non paga proporzionalmente di più ma progressivamente di più.
Chi ha meno non paga oppure paga poco e in cambio riceve più servizi, più
interventi di chi paga proporzionalmente.
-solidarietà sociale: dovere di solidarietà sociale è il rispetto di regole che sono fatte
a beneficio pressoché esclusivo di altri.
L'art.2 viene considerato come l'articolo più romantico della Costituzione perché
confida sul l'esistenza di un senso di appartenenza.

ARTICOLO 3 PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA


Articolo 3 primo comma principio di uguaglianza formale: tutti i cittadini hanno pari
dignità sociale e sono eguali davanti la legge senza distinzione di sesso, di razza, di
lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Questa è quella che noi chiamiamo uguaglianza formale, o uguaglianza dinanzi alla
legge. La nostra Costituzione ha utilizzato il termine ‘’cittadini’’ ma al primo intervento
della corte costituzionale ci ha detto che l’articolo 3 va letto come tutte le persone
sono uguali davanti alla legge indipendentemente dal fatto che abbiano o meno la
cittadinanza. Questo perché l’uguaglianza è un diritto di comunità e non di
cittadinanza.
Ogni cittadino è ‘’uguale davanti alla legge’’ significa che non sono ammesse
differenziazioni da parte di un giudice (quando siamo chiamati a difendere o
discolparci per un nostro comportamento).
Viene utilizzato il termine ‘’razza’’ richiamare le leggi razziali.
La prima parte ‘’dignità sociale’’ tutela il diritto di ognuno di noi ad avere una
reputazione sociale, sono quindi evitati i comportamenti di altri volti a screditare la
mia persona e a ledere la mia reputazione sociale.
In realtà sappiamo che ognuno nasce in condizioni familiari, sociali, locali, personali
ecc. diverse, quindi immaginare l’uguaglianza dinanzi alla legge deve essere l’obiettivo
ma non può essere il punto di partenza.
Per cercare di avere l’eguaglianza dei punti di partenza bisogna differenziare,
differenziare senza discriminare. L’articolo 3 primo comma è l’articolo che vieta le
discriminazioni, l’articolo 3 secondo comma è l’articolo che chiede le differenziazioni,
dobbiamo differenziare senza discriminare (uguaglianza sostanziale). Es. differenziare
due studenti che non hanno motivo di essere differenziati significa discriminare,
differenziare due studenti che hanno motivo di essere differenziati significa garantire
loro l’uguaglianza dei punti di partenza.
Il SECONDO COMMA DELL’ARTICOLO 4 ci dice che è compito della Repubblica
impedire gli ostali sociali e economici che impediscono la reale partecipazione
dell’individuo alla vita della comunità. (ostacoli sociali= accettare l’idea che una
persona nasce svantaggiata deve avere una condizione di vantaggio che serve
unicamente a riequilibrare i punti di partenza). Questo fa di noi uno stato sociale, non
socialista, perché gli stati socialisti pareggiano i punti di partenza ma anche i punti di
arrivo.
FORMA DI STATO
Per confrontare due stati andiamo a mettere in relazione (due alla volta) i 3 elementi
costitutivi di uno stato: popolo, sovranità, territorio.
Con il termine forma di Stato noi intendiamo il rapporto che si viene a formare tra la
sovranità e il popolo. Andiamo a studiare in che rapporto si pone il popolo sovrano
con chi esercita la sovranità, quindi tra il titolare della sovranità e colui che la esercita.
Stato democratico: lo Stato democratico si basa sul principio di sovranità popolare e
quindi si basa sul suffragio universale, senza il quale non ci sarebbe la democrazia.
-il secondo punto della democrazia è la consapevolezza che le persone sono
socialmente diverse l’una dall’altra, lo Stato Democratico è consapevole che esistono
classi sociali, che per il diritto sono indifferenti ma che nella realtà sono presenti.
-un altro elemento fortemente caratterizzante delle democrazie è l’aggregazione dei
cittadini in partiti politici. I cittadini votano i loro rappresentanti in Parlamento sulla
base della propria appartenenza ad un partito politico. Attualmente abbiamo il partito
del leader: si vota il carisma del leader di un partito, quindi la fiducia che si dà al leader
di fare le cose che dice.
-la Democrazia si basa sull’uguaglianza sostanziale e, a seconda che sia una
democrazia liberare o pluralista, si basa o meno sulla tutela delle minoranze.
L’Italia è una Democrazia pluralista (con rispetto delle minoranze), è uno stato laico
(che non ricava proprie regole dall’ordinamento religioso). E’ uno stato sociale perché
riconosce il principio di uguaglianza sostanziale quindi ci obblighiamo a quei doveri di
solidarietà politica economica e sociale. La Costituzione cerca di favorire in tutti i modi
la presenza dell’individuo all’interno di formazioni sociali (famiglia, università,
formazioni sportive ecc.). La nostra Democrazia si basa su una Costituzione che è la
vera sovrana del nostro ordinamento (Stato Costituzionale).
FORME DI GOVERNO
La forma di governo analizza il rapporto tra gli organi costituzionali che partecipano
all’esercizio del potere politico.
Def. Si intende il modo in cui in un determinato ordinamento viene organizzato il
potere politico.
E’ il modo mediante il quale all’interno di un ordinamento giuridico viene suddiviso il
potere tra gli organi che hanno il potere di prendere decisioni politiche. Il potere
politico viene esercitato da organi costituzionali. (L’organo è un qualcosa di vitale che
fa parte di un ‘’tutto’’ e che svolge una funzione). Al vertice di questi organi ci sono gli
organi costituzionali che presentano 3 caratteristiche fondamentali:
-Gli organi costituzionali sono necessari: la sovranità non può fare a meno di quel
organo.
-Gli organi costituzionali sono insopprimibili, un organo costituzionale non può essere
soppresso con una fonte di grado inferiore alla Costituzione.
-Gli organi costituzionali sono indefettibili, per il principio di mai un giorno senza un
organo costituzionale, il titolare della carica termina il proprio mandato solo quando
è stato scelto il suo successore.
Negli Stati che si basano sulla rigidità della Costituzione è sempre previsto un giudice
costituzionale (la corte costituzionale), la quale fa parte degli organi costituzionale ma
non fa parte della forma di governo.
FORMA DI GOVERNO PRESIDENZIONALE, PARLAMENTARE, SEMIPRESIDENZIALE
Nel mondo occidentale le forme di governo più ricorrenti sono: la forma di governo
PRESIDENZIALE, la forma di governo PARLAMENTARE e la forma di governo
SEMIPRESIDENZIALE.
La forma di Governo più efficiente è la forma di Governo presidenziale. In questa
forma di governo vi è una netta separazione tra potere legislativo e potere esecutivo.
Gli organi costituzionali che si dividono il potere sono 2: il PRESIDENTE, che è
espressione del potere esecutivo e il PARLAMENTO, che esercita il potere legislativo.
Entrambi gli organi sono di regola eletti dai cittadini. I due organi non possono
interferire l’uno con l’altro, quindi il Presidente non può sciogliere il Parlamento ed il
Parlamento non può sfiduciare il Presidente. Il Presidente nomina i ministri e con loro
costituisce il Governo. Il potere giudiziario è detenuto dai giudici ed è solitamente
presente una Corte Suprema indipendente da tutti. In tutte le forme di Governo
presidenziali è presente un istituto chiamato IMPICHMENT= la richiesta di decadenza
del presidente per ragioni diverse dalla politica. (Nelle forme di Governo presidenziali
il Presidente è molto forte-la forma di Governo presidenziale si usa negli Stati federali,
quindi ad alto decentramento perché in queste forme di stato le regioni/stati
sottraggono potere al presidente e quindi non arriverà ad una forma di Governo
autoritaria).
Forma di Governo parlamentare (es. Inghilterra) presenta 3 caratteristiche:
1-Si basa su 3 organi: CAPO DI STATO (anche un re), PARLAMENTO E GOVERNO. Il
capo di stato può essere di natura elettiva o per successione).
2-Si basa sul rapporto di fiducia giuridica e politica tra Parlamento e Governo.
3-Il terzo elemento è la neutralità del Capo dello Stato. Il Presidente della Repubblica
non partecipa attivamente ai rapporti tra Parlamento e Governo ma ha il ruolo di
arbitro.
E’ una forma di Governo che ogni Stato declina a modo suo. E’ molto lenta perché il
Governo per poter esercitare le proprie funzioni ha bisogno dell’appoggio costante
del Parlamento.
Forma di Governo semipresidenziale: è una forma di governo che cerca equilibrio tra
le altre due, prende alcuni elementi della forma di governo parlamentare ed altri dalla
forma di governo Presidenziale. La forma di governo semipresidenziale è quella
francese, che è stata inventata nel 58’ per volontà del generale De Goul. E’ presente
anche in Russia. Gli organi costituzionali sono 3: Governo, Parlamento e Presidente
della Repubblica, gli ultimi due sono eletti dai cittadini. Il Presidente della Repubblica
nomina il Governo, il quale deve godere della fiducia del Parlamento. La differenza
dalla forma presidenziale è che il Presidente della Repubblica sceglie il primo ministro
in modo autonomo, ma se i rapporti tra il Presidente e il Parlamento peggiorano,
allora il Parlamento non sfiducerà il Presidente ma il primo ministro. Quindi il primo
ministro (chiamato anche cuscinetto) ha la funzione di far funzionare tutto il sistema
quando i rapporti tra presidente e parlamento iniziano a sfiduciarsi. Il presidente può
revocare il primo ministro. Le decisioni più importanti vengono prese PdR.
FORMA DI GOVERNO ITALIANA
L’Italia ha una forma di Governo parlamentare. E’ stata una scelta obbligata perché
dopo la seconda guerra mondiale tutte le principale democrazie europee erano
parlamentari. La paura di un ritorno alla dittatura ha portato il nostro costituente ad
immaginare una forma di Governo molto rallentata, molto riflessiva.
Forma di Governo parlamentare significa che esiste un rapporto di fiducia tra
Parlamento e Governo. L’Italia è l’unico Stato al mondo dove la fiducia deve essere
data da entrambe le camere, ossia la Camera dei Deputati e il Senato (la sfiducia la
può dare anche una sola delle due camere). Il Governo deve sempre mantenere buoni
rapporti politici sia con la Camera dei Deputati sia con il Senato per essere certo che
una delle due camere non decida di sfiduciarlo.
Il Presidente del Consiglio non è il superiore gerarchico dei suoi ministri, i quali eletti
diventano intoccabili, e quindi non possono essere revocati né dal Presidente del
Consiglio né il Presidente della Repubblica. Il Presidente del Consiglio ha un ruolo di
presidenza ma non ha un ruolo di gerarchia.
Nella nostra forma di governo parlamentare le camere si sciolgono anticipatamente
solo in caso di crisi, non in decisione del Governo ma del Presidente della Repubblica.
In Italia quando si determina una crisi di governo, quindi quando i partiti che
appoggiano il governo entrano in conflitto, la Costituzione affida al Presidente della
Repubblica il compito di valutare se si può formare una nuova maggioranza o se
invece si deve andare al voto. (Mentre invece in Gran Bretagna è il Governo a decidere
lo scioglimento delle camere in caso di conflitto tra Parlamento e Governo). Il PdR è il
soggetto che, in caso di crisi, è chiamato a decidere se la legislatura è
irrimediabilmente compromessa oppure se è possibile formare un nuovo Governo.
Per questi motivi la forma di Governo parlamentare italiana è detta debole. Tuttavia
non tutti i governi che abbiamo avuto fino ad oggi sono stati tutti governi deboli. Un
governo è debole o forte in base alla forza del Presidente del Consiglio, essa si misura
in base a due elementi:
-1 La forza carismatica del Presidente, quindi la sua capacità di essere un leader (può
consentire al governo di durare nel medio periodo, ma non per l’intera legislatura di
5 anni).
-2 (più importante) Il ruolo di leader del Presidente del Consiglio. I governi più forti
sono stati quelli in cui il presidente del Consiglio era anche il leader del partito di
maggioranza del Governo. Il primo Governo forte avuto nel nostro paese è stato il
governo Craxi negli anni 80’.
RAPPRESENTANZA POLITICA
La forma della sovranità è la rappresentanza politica. Il popolo è sovrano quando vota
per eleggere o per un referendum, ma dopo il voto, l’individuo torna alle sue
occupazioni normali e a decidere per la comunità sono i rappresentanti. Il nostro è un
sistema rappresentativo, ciò significa che tutti gli organi costituzionali agiscono in
rappresentanza del popolo, ma soltanto uno del nostro sistema è eletto direttamente
dai cittadini (Parlamento).
La rappresentanza è lo strumento contemporaneo di organizzazione del potere
politico, (ma non è l’unico modo di organizzare il potere). La rappresentanza, oltre ad
essere un concetto politico, è un concetto di organizzazione del potere, che si usa sia
nel diritto pubblico che privato. Viene chiesto ai rappresentanti di prendere decisioni
nell’interesse generale della comunità. La rappresentanza è un concetto giuridico che
si basa su due binomi:
1 Il binomio rappresentate/rappresentato. Se non c’è rappresento c’è la dittatura, il
rappresentante rappresenta sé stesso. Nella rappresentanza abbiamo bisogno di dare
dignità giuridica ad entrambe le figure. Il rappresentato è il presente assente, è il
soggetto che vive soltanto nell’azione del rappresentante. Il popolo sovrano agisce
soltanto attraverso i propri rappresentanti, è sovrano solo nel momento in cui vota,
dopodichè torna assente. (Noi abbiamo meno questa sensazione di essere un popolo
assente perché ci è data la possibilità di abrogare leggi tramite il referendum).
Accettare di essere l’assente presuppone una grande fiducia, ed è per questo che in
democrazia la durata dei parlamenti è una durata medio-breve ed il suffragio è
universale. La figura più importante della rappresentanza è il rappresentante. Esso
rappresenta una intera comunità e non le persone che l’hanno eletto. Egli agisce
nell’interesse generale di tutti i rappresentati.
2 Rapporto rappresentativo-situazione rappresentativa. Il rapporto rappresentativo è
un elemento della rappresentanza democratica. Il rapporto rappresentativo è il
legame politico che lega il rappresentante con il rappresentato (con il voto). La
democrazia vuole che con il rapporto rappresentativo i rappresentanti portino in
parlamento il punto di vista del popolo. Giuridicamente è concesso selezionare i
rappresentanti in modo diverso dal voto, ma in questo caso non si sta più parlando di
rappresentanza democratica.
Il nucleo della rappresentanza è la situazione rappresentativa, ossia la capacità dei
rappresentanti di agire nell’interesse dei rappresentati e in loro nome (quindi
nell’interesse generale, che non è la sommatoria dei singoli interessi individuali, ma
l’interesse della comunità, che dura più di una generazione). FLY HIGHT
SISTEMA ELETTORALI
I rappresentanti devono agire nell’interesse del popolo, ma in una democrazia la
rappresentanza ha bisogno di attivarsi grazie alle elezioni che rappresentano il
momento nel quale il popolo dimostra il proprio orientamento…le proprie
aspettative…
Il tema dei sistemi elettorali è molto tecnico perché si tratta di qualcosa di matematico
che ha però dietro una scelta politica.
Def. Un sistema elettorale è uno strumento non neutrale di trasformazione dei voti in
seggi.
E’ uno strumento del quale abbiamo bisogno poiché in Italia abbiamo quasi 48 milioni
di elettori e di potenziali voti e soli 630 seggi alla Camera dei Deputati.
Bisogna decidere che meccanismo elettorale e che ragionamento usare per
trasformare questi voti in seggi. Non è uno strumento neutrale poiché il sistema
elettorale viene scritto in base al risultato che si spera di ottenere.
I risultati che si vogliono ottenere sono due:
-Massima rappresentatività dell’organo eletto: posso disegnare un sistema che vada
a rendere l’organo rappresentativo il più rappresentativo possibile. (Sistema
proporzionale). In questo caso immagino un unico collegio elettorale, divido 48
milioni (numero di possibili voti) per 630 ed ogni volta che un partito raggiunge il
quoziente elettorale prende un seggio. In questo modo si portano in parlamento
anche i partiti più piccoli, ma che riescono comunque a raggiungere un certo
quoziente elettorale.
-L’altro obiettivo che si può perseguire è la governabilità, ossia cercare di portare
nell’assemblea il minor numero di partiti possibili in modo da consentire la nascita di
solide maggioranze di appoggio al governo, politiche più chiare, azioni di governo più
spedite.
SISTEMA MAGGIORITARIO
Il sistema maggioritario attribuisce il seggio al candidato che ottiene più voti nel
collegio elettorale. (Il collegio è una porzione di territorio dove si assegna un solo
seggio). Garantisce governabilità ad un sistema perché si tratta di sistemi che tendono
a convogliare la rappresentanza su pochi partiti che diventano quindi grandi partiti.
Il sistema maggioritario si divide in due sottotipi:
-Sistema plurality: vince il seggio chi ha ottenuto anche un solo voto in più rispetto
agli altri candidati. Il voto della maggioranza degli elettori va perso perché vince solo
un candidato e quindi il voto di chi ha votato chi non ha vinto vale 0. E’ un sistema
che, in presenza di molte liste, crea un problema di democraticità e rappresentanza
perché il vincitore rappresenta solitamente la metà degli elettori.
-Sistema majority: vince il seggio chi ottiene il 50% +1 dei voti di coloro che sono
andati a votare. E’ un sistema elettorale difficile che attualmente viene usato solo nel
ballottaggio.
Il sistema maggioritario è un sistema che ha la forza manipolativa di concentrare i voti
sui partiti più grandi, nei sistemi politici come quello italiano ha creato le cosiddette
coalizioni perché siamo in un’ambiente disomogeneo e non diviso da due categorie a
livello ideologico. Non consente una soddisfacente rappresentatività del Parlamento.
Convergenza al centro del sistema politico: il maggioritario vuole un sistema bipolare,
se c’è il centro questo sistema si blocca. Le due coalizioni che si sono formate
tendevano a candidare persone di centro e non di destra o sinistra perché chi vota al
centro vota per il candidato e non per la destra o sinistra. Chi sta al centro ha il
vantaggio di poter andare da una parte o dall’altra.
SISTEMA PROPORZIONALE
Nel sistema proporzionale ottiene il seggio ogni partito che ha ottenuto il quoziente
elettorale, che è una divisione tra il numero degli elettori (potenziali o che
effettivamente sono andati a votare) e il numero dei seggi da distribuire. Posso
dunque avere risultati diversi. Posso fare un unico collegio territoriale dell’Italia
oppure dividere il territorio in zone e quindi il quoziente si alza. Abbiamo l’impiego
della matematica per il perseguimento di un obiettivo politico.
Caratteristiche del sistema proporzionale:
-Consente una grande rappresentatività (in quei paesi dove ci sono grandi
circoscrizioni la rappresentatività è totale perché non viene sprecato neppure un
voto).
-Ha la capacità di portare in parlamento tutte le idee politiche presenti del paese.
Questo è un grande vantaggio ma allo stesso tempo un elemento problematico,
perché se tanti partiti arrivano in parlamento si avrà difficoltà a creare una
maggioranza stabile a sostegno del governo con il rischio di creare instabilità
governativa.
In un sistema elettorale proporzionale l'obiettivo principale è quello di garantire la
rappresentatività dell'assemblea elettiva (Parlamento, Consiglio regionale, Consiglio
comunale, Parlamento europeo).
In questa formula proporzionale sono applicati 4 correttivi, dei limiti, delle correzioni
al sistema per cercare di evitare la frammentazione senza ridimensionare il
pluralismo.
-Aumento delle soglie di sbarramento: in questo modo si cerca di selezionare i partiti
più rappresentativi ed evitare di portare in parlamento forze politiche che non hanno
un indice di rappresentatività significativo; generalmente la soglia per un partito a
lista singola è del 3%.
-Premio di maggioranza: il premio di maggioranza attribuisce al partito di
maggioranza relativa un numero bonus di sedi ed accresce così le chances di
governabilità di quel partito.
-Liste bloccate: l’elettore non può esprimere preferenze per la lista ma si va in ordine.
-Circoscrizione elettorale o collegio elettorale: più è grande una circoscrizione più il
sistema è rappresentativo, più piccola è meno il sistema è rappresentativo.
SISTEMA ELETTORALE IN ITALIA
In Italia siamo al quarto sistema elettorale: abbiamo avuto un sistema proporzionale
puro nel 48’ (perché avevamo bisogno di portare all’interno del parlamento tutti i
partiti), un sistema misto a prevalenza maggioritaria nel 93’, il famoso ‘’porcellum’’
nel 2005 ovvero un sistema elettorale che voleva dare ai partiti la possibilità di
riacquisire una loro fisionomia all’interno delle coalizioni ed infine abbiamo quello
attuale. Nel 2017 in Italia venne approvato il ‘’rosatellum’’ (l’anno successivo al
fallimento del referendum costituzionale, una riforma elettorale del senato. Il
parlamento incominciò a scrivere una legge elettorale per le elezioni del 2018).
Questa legge elettorale ha prevalenza proporzionale e ha prodotto una
tripolarizzazione del sistema politico: una coalizione di centro destra, una di centro
sinistra ed un terzo partito (che in campagna elettorale aveva affermato che non si
sarebbe affermato con nessuno) e che invece, dopo due mesi di consultazione con il
Presidente della Repubblica, si coalizzò nel 2018 con un partito di centro destra e nel
2019 con uno di centro sinistra. Il rosatellum ha il privilegio dell’aspetto
rappresentativo.
Vediamo ora com’è strutturato questo sistema elettorale (che è per ⅔ proporzionale
e per ⅓ maggioritario):
Camera dei deputati- 630 seggi tutti elettivi:
-232 deputati eletti con sistema maggioritario, di questi alcune regioni hanno i
cosiddetti seggi predefiniti: 6 al Trentino, 1 alla Valle d’Aosta e 2 al Molise.
-386 deputati eletti con sistema proporzionale suddivisi in 65 collegi elettorali.
-12 deputati eletti nella circoscrizione estero.
Senato della Repubblica:
-116 in collegi uninominali (sistema maggioritario)
-193 collegi plurinominali. (sistema proporzionale)
-6 nella circoscrizione estero.
Due soglie di sbarramento: viene fatta una distinzione tra i partiti che si presentano
da soli e partiti che si presentano in coalizione. Questa legge sembra favorire le liste
singole, difatti se una lista si presenta da sola la sua soglia di sbarramento è del 3%,
se più liste si presentano in coalizione la soglia di sbarramento è del 10% (e all’interno
del 10% almeno una lista deve aver superato il 3%). Il primo obiettivo è stato evitare
che i piccoli partiti si unissero per ragioni unicamente elettorali (i piccoli partiti
possono unirsi ma rischiano che tutta la coalizione non ottenga seggi), il secondo
obiettivo è di far accodare i piccoli partiti ai grandi partiti. Durante la presentazione
delle liste i partiti più piccoli per essere sicuri di entrare in Parlamento hanno scelto
di affiancarsi ai più grandi, in questo modo i partiti più piccoli hanno la sicurezza di
accesso al Parlamento.
Meccanismo della lista corta e bloccata:
-ogni circoscrizione non può eleggere più di 8 deputati o 4 senatorie e quindi le liste
non possono essere più numeroso di questo numero massimo.
-Non si fanno preferenze, ma si procede in ordine di lista.
Quota rosa
La quota rosa prevede che ciascuno dei generi non possa superare più del 60% dei
candidati di un listino bloccato e ciascuno dei due sessi non può rappresentare più del
60% dei capilista nei listini di un singolo partito. In questa legge elettorale è prevista
una scheda per la Camera dei Deputati e una per il Senato. Non è possibile il voto
disgiunto (uno per la scelta del partito e l’altro per la scelta del candidato). Si
equilibrano sistema maggioritario e proporzionale.

ARTICOLO 48 DIRITTO DI VOTO


Sono elettori tutti i cittadini uomini e donne che hanno raggiunto la maggiore età
(suffragio universale). Il voto è personale e uguale, libero e segreto.
Quindi è un diritto politico e di cittadinanza, possono votare solo i cittadini, solo nel
momento in cui possiamo votare vediamo la differenza tra chi è cittadino e chi no.
Il voto è un dovere civico: siamo obbligati ai doveri inderogabili della vita politica. Non
ci sono conseguenze se non si va a votare, è un diritto, ma è un dovere quando
appartiene ad una comunità. Non è un dovere giuridico ma civico.
Il voto è personale e uguale: in Italia non è ammesso il voto per procura, per
corrispondenza o elettronico, bisogna recarsi personalmente per avere la certezza
della personalità del diritto. Ogni voto vale uno, non esiste il voto plurimo o la
possibilità di dare due voti però ci sono sempre più leggi elettorali per garantire la
parità di genere.
Il voto è libero e segreto: per garantire la libertà del voto dobbiamo garantire anche
la segretezza infatti vi è una normativa che ne tutela la segretezza (cabine riservate
e divieto di fotografare la scheda elettorale con il nostro voto).

Parlamento
Il primo degli organi costituzionali che ci sono all’interno del nostro paese è il
parlamento. Nella forma di governo parlamentare il parlamento rappresenta il centro
del sistema istituzionale. E’ l’unico organo ad essere eletto direttamente dai cittadini
(a legittimazione democratica diretta). Esso non è un’invenzione democratica, deriva
dal medioevo (parlamentum), i primi parlamentari nascono con l’idea che chi sedeva
in parlamento non erano libere di decidere come vogliono ma hanno un mandato,
dovevano rendere conto a chi lo aveva disegnato ad andare (i nobili). Questi
parlamenti finiscono con le tre rivoluzioni borghesi, vi è la fine degli Stati Generali e
l’affermazione del parlamento. La presenza di un parlamento ci garantisce la pluralità
delle opinioni e dei punti di vista. Un parlamento funziona se c’è dibattito, se le
persone si confrontano con il fine di arrivare alla soluzione migliore.
PARLAMENTO ITALIANO
La costituzione dedica al parlamento un numero considerevole di articoli (dal 55
all’82), poiché viene riconosciuta la centralità di questo organo. Il parlamento è un
organo trasparente, tutta l’attività parlamentare è direttamente resa nota ai cittadini,
i cittadini che hanno eletto i rappresentati hanno il diritto di sapere ogni singola parola
pronunciata dai rappresentanti (i parlamentari).
CARATTERISTICHE DEL PARLAMENTO:
-E’ un organo costituzionale necessario e continuo.
-E’ direttamente rappresentativo.
-Svolge 2 funzioni fondamentali:
La prima funzione è quella legislativa e di revisione costituzionale (è l’organo al quale
abbiamo dato il compito di approvare le leggi).
La seconda funzione è quella di dare e togliere la fiducia al governo, essendo la nostra
una forma parlamentare.
-Il nostro parlamento prevede 2 camere che sono assolutamente indipendenti l’una
dall’altra: Camera dei Deputati e Senato della Repubblica.
Le due camere costituiscono un bicameralismo eguale paritario e indifferenziato.
-INDIFFERENZIATO: perché le due camere svolgono esattamente le stesse funzioni.
-EGUALI: perché le funzioni che svolgono possono essere svolte in modo
indifferenziato da parte di ciascuna di esse.
-PARITARIO: le due camere sono pari, non c’è né una che prevale sull’altra. Se si crea
un conflitto tra le due camere, il compito di risolvere tale conflitto spetta al Presidente
della Repubblica. Non c’è un rapporto di gerarchia, sono assolutamente indipendenti
e pari, hanno quindi la capacità di limitarsi a vicenda.
Abbiamo due camere invece che una per fare in modo che ogni camera controlli
l’altra. Nel mondo liberale le due camere si giustificavano con il fatto che da un lato
c’era il clero e dall’altra parte la borghesia. Nei sistemi decentrati (specialmente quelli
federali) una camera rappresenta il popolo e l’altra camera gli Stati.
In Italia una camera è chiamata a controllare l’altra, per questo nel 48’ fu scelto il
bicameralismo. Un governo non potrà mai nascere se le due camere non trovano un
accordo, un governo può anche cadere se una camera controllando l’altra decidesse
di far cadere il governo.
Le uniche differenze tra le due camere sono strutturali
La camera dei deputati ha 630 componenti, tutti elettivi (che dalla prossima
legislatura diventeranno 400).
Il senato della Repubblica ha 315 senatori elettivi più i senatori a vita (che
diventeranno 200 senatori elettivi e resteranno i senatori a vita che non potranno
essere più di cinque, oltre gli ex presidenti della Repubblica. I senatori a vita sono
componenti del senato non elettivi che provengono da 2 fonti diverse: gli ex
presidenti della Repubblica e i cittadini che hanno illustrato l’Italia per altissimi meriti.
Non sono elettivi per sottolineare che la rappresentanza non è il solo rapporto
rappresentativo ma anche la situazione rappresentativa, cioè i parlamentari devono
agire non perché hanno un mandato ma perché devono agire nell’interesse della
comunità intera.
Un’altra differenza tra camera e senato è che la prima si vota a 18 anni e la seconda a
25.
Un’altra differenza è la basa anagrafica degli eletti, bisogna avere almeno 25 anni per
essere eletti alla camera e almeno 40 per essere eletti al senato, ma non tutti possono
essere eletti. LIBRO (
Incandidabilità: è incandidabile il soggetto che non ha i requisiti per essere eletto (ad
esempio chi non ha la cittadinanza italiana o chi non ha l’età necessaria). Lo stesso
vale per chi ha subito una condanna penale che gli impedisce di ricoprire un incarico
pubblico.
Ineleggibilità: colui che è già titolare di una carica non può assumerne un’altra, è
ineleggibile (un parlamentare europeo non può assumere una carica al parlamento
italiano se prima non rinuncia alla sua carica) LIBRO)
DURATA
Le camere durano 5 anni, questo periodo prende il nome legislatura. Dal 48’ ad oggi
sono passati 72 anni, dovremmo quindi essere alla quindicesima legislatura, tuttavia
siamo alla diciottesima, questo significa che non tutte le legislature sono durate 5 anni
e quindi più di una volta è stato deciso lo scioglimento anticipato delle camere. Per il
principio in base al quale non vi deve essere neppure un giorno senza un organo
costituzionale, dal giorno in cui le camere vengono sciolte fino al giorno in cui si
insediano le nuove camere, le vecchie camere vanno in PROROGATIO (quel periodo
in cui le vecchie camere anche se sono sciolte continuano ad essere attive fino
all’insediamento delle nuove camere. Quindi la prorogatio è quel periodo di tempo
che va dallo scioglimento delle camere precedenti fino all’insediamento delle camere
nuove. In questo periodo le camere sono sciolte ma vengono convocate per situazioni
straordinarie.
Diversa dalla prorogatio è la PROLOGA, questa si attiva solo se viene dichiarato lo
stato di guerra, la costituzione ci dice che in caso di guerra il parlamento conserva
tutti i suoi poteri, viene prorogato. La proroga dura per tutta la durata della guerra.
SCIOGLIMENTO ANTICIPATO
Le camere vengono sciolte anticipatamente se il Presidente della Repubblica ritiene
che non siano più in grado di funzionare, non sono più in grado di esprimere una
maggioranza di governo a causa di un conflitto tra loro. Lo scioglimento anticipato è
possibile solo se il Presidente del Consiglio è d’accordo poiché dovrà rinunciare alla
sua attività di governo per qualche mese. Lo scioglimento anticipato è qualcosa che
limita l’attività del governo.
CARATTERISTICHE CAMERE
Ogni camera è indipendente, quindi ha una propria organizzazione che è differente
dall’altra, ma ci sono punti di contatto:
-Ogni camera elegge il suo presidente: ogni camera elegge il suo presidente e lo fa
appena la camera si insedia. Il senato ha ‘’fretta’’ di eleggere il suo presidente (a
differenza della camera dei deputati) poiché il presidente del senato ha anche il ruolo
di supplente del Presidente della Repubblica; è quella carica che prende il posto del
PdR qualora dovesse essere inibito. Il presidente della camera dei deputati ha come
secondo ruolo quello di Presidente del parlamento in seduta comune.
-Ogni camera deve avere un ufficio di presidenza: l’Ufficio di Presidenza di ciascuna
Camera viene costituito subito dopo l’elezione del Presidente e i suoi componenti
sono eletti dall’assemblea. Il regolamento prevede che vi siano 4 vicepresidenti, un
numero di segretari variabile e tre questori. I compiti dell’Ufficio di Presidenza sono
diversi. Sul piano amministrativo, esso adotta le norme relative all’amministrazione,
alla contabilità interna, alla carriera dei dipendenti; nomina il segretario generale.
Sul piano dell’attività politica, autorizza la costituzione di gruppi in deroga ai requisiti
numerici previsti dal parlamento; irroga (infligge) le sanzioni disciplinari più gravi,
proposte dal Presidente, nei confronti dei singoli parlamentari; giudica sulle
controversie sulla composizione delle commissioni. FORSE APPROFONDIRE LIBRO
-Ogni camera dei gruppi parlamentari, i partiti politici del nostro paese sono
organizzazioni giuridicamente non riconosciute, quindi non sono organi dello stato,
sono un soggetto che si muove solo nella società. Ogni leader di partito crea la
propria fondazione (poiché hanno bisogni di soldi per fare politica). Le fondazioni
sono le casseforti dei partiti, soggetti che non hanno niente a che vedere con i
partiti. Il rischio che ogni partito politico corre è che ogni leader politico personalizzi
la fondazione e quindi il partito possa ritrovarsi in caso di cambio di leadership a non
avere la cassaforte. I gruppi parlamentari sono la proiezione dei partiti in
parlamento, hanno lo stesso nome ma giuridicamente sono due soggetti diversi. Il
partito politico non è riconosciuto giuridicamente mentre i gruppi parlamentari sono
organi della camera o del senato (quindi i gruppi parlamentari sono organi del
parlamento).
La costituzione disciplina come devono essere questi gruppi parlamentari:
-Ogni deputato ed ogni senatore deve appartenere ad un gruppo.
-Per formare un gruppo alla camera dei deputati bisogna essere in 20 e al senato in
10.
-Chi non vuole far parte di un gruppo, o non ha i numeri per far parte di un gruppo,
entra in un gruppo che c’è sempre, il gruppo misto.
Appena si insediano le camere noi troviamo in parlamento tanti gruppi quanti sono i
partiti presenti alle elezioni. Inizialmente i gruppi parlamentari ci danno la fotografia
del risultato delle elezioni ma con il passare dei giorni i parlamentari passano da un
gruppo parlamentare all’altro. I parlamentari più corretti sono quelli che quando
escono da un gruppo parlamentare vanno in un gruppo misto, quelli meno corretti
escono da un gruppo parlamentare e vanno in un altro gruppo parlamentare. Noi
diciamo che sono più o meno corretti dal punto di vista della rappresentanza. I
parlamentari vengono eletti perché inseriti nelle liste di un partito e il fenomeno per
cui un parlamentare cambia gruppo per fare opposizione o maggioranza viene
chiamato TRANSFUGISMO. Per evitare ciò altre costituzioni (si spera anche in quella
italiana) hanno disciplinato il fenomeno prevedendo che un parlamentare che lascia
il suo gruppo di appartenenza può andare solo in un gruppo misto.
-Ogni camera deve avere delle commissioni parlamentari. Per la costituzione le
commissioni parlamentari si formano in base alla numerosità dei gruppi. Le
commissioni parlamentari sono delle piccole assemblee.
In questo momento in parlamento (camera e senato) ci sono 14 commissioni
permanenti. Ogni deputato fa parte di una commissione. Le commissioni vengono
formate rispettando le proporzioni dei gruppi parlamentari. Ogni commissione è una
mini assemblea nella quale ci sono le stesse proporzioni che ci sono nell’assemblea
principale. Il vero lavoro dei parlamentari, quello legislativo, si svolge in commissione,
in assemblea invece si svolge solo la parte politica.
GIUNTE PARLAMENTARI
Come per le Commissioni, anche le giunte parlamentari sono composte in
proporzione della numerosità dei gruppi parlamentari. Di solito nelle giunte sono
presenti i parlamentari più rappresentativi di ogni partito. Svolgono 3 funzioni:
-Giunta per il regolamento: la giunta per il regolamento è più tecnica, è la giunta che
lavora per modificare o dare interpretazioni ai regolamenti parlamentari.
-Giunta delle elezioni: la giunta per le elezioni è una giunta importante perché accerta
la regolarità delle operazioni elettorali.
-Giunta delle autorizzazioni: è la giunta che decide le autorizzazioni. Ex 68 cost.
PARLAMENTO IN SEDUTA COMUNE
L’unico organo interno al parlamento è il parlamento a seduta comune. Questo
organo numericamente è dato dalla somma di tutti i deputati e tutti i senatori ma è
un organo autonomo con il proprio presidente (il presidente della Camera dei
Deputati) e il parlamento in seduta comune utilizza il regolamento della Camera dei
Deputati.
Il Parlamento in seduta comune è un organo intermittente, è un organo che viene
convocato dal Presidente della Camera dei Deputati solo per specifiche funzioni:
-Elezione del Presidente della Repubblica.
-Elezione di 1/3, (5) dei giudici della Corte Costituzionale.
-Elezioni di 1/3, (8) componenti del Consiglio Superiore della Magistratura.
-La messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica.
Questo organo svolge soprattutto una funzione elettiva, tutte le elezioni che è
chiamato a svolgere sono tutte elezioni senza candidati. (Non ci si candida a
presidente della Repubblica, non ci si candida a giudice costituzionale, non ci si
candida a componente del Consiglio Superiore della Magistratura). Il parlamento in
seduta comune deve avere la possibilità di eleggere chi vuole, chi ritiene più
opportuno. E’ un organo imperfetto perché non ha il diritto di stabilire il proprio
ordine del giorno, quello che può fare lo decide la costituzione, non discute e non si
presentano candidature.
STATUS DEL PARLAMENTARE
I parlamentari sono cittadini italiani e, come tutti i cittadini italiani, hanno una serie
di diritti e doveri; alcuni di questi diritti ma anche uno di questi doveri viene rafforzato
dalla costituzione per garantire il buon funzionamento del parlamento.
Lo status del parlamentare mira a garantire che il rapporto tra maggioranza e
opposizione non possa essere alterato dall’intervento della magistratura.
ARTICOLO 69 INDENNITA’
I parlamentari ricevono un’indennità (che non è uno stipendio). I parlamentari
ricevono un’indennità perché il parlamentare può provenire da diverse categorie, sia
quelle più agiate ma può provenire anche da categorie che non hanno altro
sostentamento oltre il proprio reddito. L’indennità del parlamentare corrisponde allo
stipendio che prende il primo presidente della corte di cassazione. (circa 120k l’anno).
I nostri costituenti hanno pensato, in maniera ingenua, che se veniva dato ad un
parlamentare un’indennità che gli permettesse di vivere in maniera più che decorosa,
allora sarebbe stato immune dalla tentazione di non ragionare nell’interesse generale
ma nell’interesse di chi lo avvicinava.
In Italia, come in 22 su 28 paesi dell’UE, non è stata mai approvata una legge che
disciplini le lobby e non vi è trasparenza negli incontri tra gruppi istituzionali e gruppi
di persone. Le lobby sono gruppi di persone che avvicinano i parlamentari cercando
di influenzarli nella approvazione o nella non approvazione di un disegno di legge.
Es. Fece scalpore quando l’industria dolciaria della Ferrero aprì un proprio ufficio di
lobby a Bruxells. Questo ufficio in questi anni ha fatto il proprio lavoro poiché non è
mai stata approvata dall’Unione Europea una qualsiasi legge che potesse avere
ripercussioni negative sulla industria Ferrero.
ARTICOLO 68 1’comma INSIDACABILITA’
Nessun parlamentare può essere chiamato a rispondere può essere chiamato a
rispondere dei voti dati e nelle opinioni espresse nell’esercizio delle loro funzioni.
Non può essere chiamato a rispondere significa che non può essere chiamato in
giudizio per come ha votato in Parlamento e per quello che dice nell’esercizio delle
sue funzioni. Ma quando un parlamentare è nell’esercizio delle sue funzioni? Il
parlamentare è insindacabile quando parla in aula e quando ripete fuori dall’aula
qualcosa che ha detto personalmente in aula.
ARTICOLO 68 2’,3’comma INVIOLABILITA’
Il parlamentare non può:
- essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare.
-essere arrestato o privato della libertà personale.
-essere sottoposto ad intercettazione, in qualsiasi forma, di conversazioni o
comunicazioni e a sequestro della corrispondenza
Il parlamentare è esattamente come un normale cittadino quando dobbiamo
indagare su di lui, rinviarlo al giudizio e processarlo. Gode invece di una tutela
rafforzata quando lo dobbiamo arrestare, perquisire o intercettare.
(Es. Se c’è una denuncia nei confronti di una persona normale, questa persona
durante le indagini può essere intercettata, può essere perquisita, può anche essere
arrestata in maniera preventiva se c’è il rischio di commettere nuovamente il reato;
questo per il parlamentare non è possibile, senza l’autorizzazione della camera di
appartenenza). Un parlamentare non può essere intercettato se prima non gli viene
chiesta l’autorizzazione. Può essere chiesto al parlamentare l’autorizzazione per poter
intercettare delle telefonate già avvenute. Il parlamentare non passa sotto al metal
detector perché considerata perquisizione personale.
ECCEZIONE: in Turchia un parlamentare può essere arrestato preventivamente.
Quando un parlamentare può essere arrestato?
-Viene colpito da una sentenza definitiva di condanna (previa delibera di decadenza
dalla carica).
-Sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto
obbligatorio di frequenza.
NB. L’inviolabilità non comporta l’impossibilità per il magistrato di iniziare un
procedimento penale, ma solo quello di chiedere l’autorizzazione a procedere in caso
debba provvedere a una limitazione della libertà personale del parlamentare.
ARTICOLO 67 DIVIETO DI MANDATO IMPERATIVO
Ogni parlamentare rappresenta la Nazione ed esercita la sua funzione senza vincolo
di mandato.
Cosa significa che il parlamentare ha il divieto di mandato imperativo? Significa che il
parlamentare non è giuridicamente, ma politicamente responsabile verso gli elettori,
i quali non possono imporgli vincoli o revocare il suo mandato, ma solo
eventualmente non rieleggerlo allo scadere del mandato stesso.
Es. Se durante la campagna elettorale il parlamentare ha assunto degli impegni
formali, questo impegno è giuridicamente nullo perché assunto in contrasto con un
articolo della costituzione.
Il parlamentare non ha impegni né nei confronti degli elettori né nei confronti del
partito che lo ha eletto. Le dimissioni in parlamento sono molto lente, devono essere
calendarizzate e devono essere accettate dalla camera di appartenenza del
parlamentare che si vuole dimettere.
Ciò che dice durante la campagna elettorale sono promesse elettorali senza un valore
giuridico.
Cosa significa che i parlamentari rappresentano la Nazione?
Nel mondo liberale il concetto di Nazione richiamava l’élite, l’oligarchia e quindi è
contrastante con l’idea di sovranità popolare. Si è lasciata l’idea che i parlamentari
rappresentano la Nazione perché sono chiamate a prendere decisioni che non
valgono solo per l’oggi ma per il medio/lungo periodo; devono prendere decisioni che
valgono anche per le future generazioni. (la capacità di volare alto).

FUNZIONI DEL PALAMENTO


Le funzioni del Parlamento sono molteplici, esso svolge una pluralità di funzioni. Una
delle più importanti è l’approvazione delle leggi, ma abbiamo anche la funzione di
indirizzo e la funzione di informazione.
Le camere danno e tolgono fiducia al governo attraverso la mozione, ciò significa che
le camere hanno un ruolo di indirizzo nei confronti del governo attraverso la nozione
e hanno un ruolo di informazione nei confronti dell’opinione pubblica, ossia il popolo.
A svolgere un ruolo di informazione parlamentare viene svolto dall’opposizione
attraverso due atti:
-Interrogazioni
-Interpellanze
A questi due atti si associano le inchieste. Il parlamentare ha esigenza e dovere di
informare il popolo su determinati fatti che accadono alla società, si parla di
trasparenza del parlamentare. Il parlamento ha la possibilità di avviare inchieste con
gli stessi poteri dell’attività giudiziaria. Le commissioni di inchiesta danno la possibilità
ai cittadini di venire a conoscenza di episodi molto importanti che riguardano la vita
del paese.
L’interrogazione è una domanda fatta da un parlamentare a un membro del governo
per conoscere qualcosa che il parlamentare non sa. E’ una domanda che può essere
fatta sia da un parlamentare di maggioranza e sia da un parlamentare
dell’opposizione e pensa sia di interesse dell’opinione pubblica.
L’interpellanza è una domanda ‘’cattiva’’, il parlamentare già conosce la risposta e
vuole costringere il governo a renderla nota all’opinione pubblica. Il parlamentare fa
la domanda solo per mettere in difficoltà il governo, costringendo a rendere pubblica
la risposta che non è gradito dal governo stesso.
LE LEGGI DELLO STATO
La funzione più importante del parlamento è la funzione legislativa, il parlamento ha
il compito di approvare le leggi, che prendono il nome di LEGGI ORDINARIE DELLO
STATO e sono collocate nel livello delle fonti private (disciplinate dall’art.70al74). La
legge ordinaria dello stato:
-E’ un atto normativo, è una fonte primaria del diritto scritta.
-Può essere approvata solo dal Parlamento.
-Può essere promulgata solo dal presidente della Repubblica o dal suo supplente.
-Deve essere pubblicata sulla Gazzetta ufficiale.
-Entra in vigore 15 giorni dopo la sua pubblicazione, come previsto dalla Costituzione.
La Costituzione disciplina la funzione legislativa dagli articoli 70 a 74 della
Costituzione.
ARTICOLO 70
L’articolo 70 ci dice che la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due
camere.
Si parla di esercizio e non di titolarità della funzione legislative perché il titolare di tutti
i poteri è il popolo; gli organi costituzionali esercitano la sovranità ma non ne sono
titolari. La funzione legislativa è quindi esercitata, nello statuto albertino si diceva che
ne era titolare.
E’ esercitata collettivamente dalla due camere significa che fino a quando non
cambierà l’articolo 70, le leggi devono sempre approvate con lo stesso testo per
entrambe le camere. Quindi l’articolo 70 è la matrice del bicameralismo perfetto nella
funzione legislativa.
Il procedimento legislativo si compone di 4 fasi:
-1) Iniziativa
-2) Approvazione
-3) Promulgazione
-4) Pubblicazione
ARTICOLO 71 1)INIZIATIVA
Il disegno di legge non può essere presentato da chiunque ma solo da soggetti
espressamente previsti dalla Costituzione: governo, popolo, ogni parlamentare, ogni
consiglio regionale, il CNEL (consiglio nazionale economia e lavoro).
L’iniziativa legislativa più importante è quella del governo ed ha una corsia
preferenziale nella presentazione nei disegni di legge.
L’iniziativa popolare è un’iniziativa nella quale 50000 cittadini presentano un disegno
di legge. I disegni di legge popolari che effettivamente sono diventati legge sono
molto pochi.
I parlamentari sono al terzo posto nella presentazione di proposte di leggi, ne
presentano tantissime. Spesso i parlamentari presentano leggi mettendosi insieme in
maniera trasversale trasversale o mettendosi insieme come maggioranza o come
opposizione. Presentare un disegno di legge è qualcosa di complesso perché significa
presentare un testo, che abbia un titolo, che sia articolato in articoli e in ognuno di
questi articoli deve essere scritto nelle forme della norma giuridica (generale,
astratto, novo, imperativo). Ogni futura legge che comporti spese deve anche indicare
il modo per finanziare i costi dell’approvazione della legge stessa.
A gestire il bilancio di uno Stato è il Governo ed è per questo avvantaggiato nella
presentazione dei disegni di legge perché è l’unico organo che, gestendo il bilancio,
sa esattamente dove trovare i fondi per finanziare la nuova legge. (bollinatura della
ragioneria di stato: la ragioneria dello stato prima che una legge venga approvata dice
se quella legge è sostenibile oppure no).
Il disegno di legge viene presentato indifferentemente alle due camere. Il governo di
solito presentava il disegno di legge nella Camera dove aveva una maggioranza più
forte, in modo da mettere l’altra Camera in ‘’soggezione’’ nel momento in cui doveva
approvarla. Negli ultimi anni però, il Governo ha presentato il disegno di legge alla
Camera in cui è meno forte la maggioranza, in modo da effettuare in quella Camera
le modifiche e poi presentarla all’altra.
Le camere non sono obbligate a prendere in considerazione un disegno di legge che
viene presentato, ad eccezione dei disegni di legge del governo. Se un disegno di legge
non viene approvato durante la legislatura decade, e deve essere ripresentato da
capo per dare alle camere nuove la possibilità di ricominciare da capo. L’unica
eccezione sono i disegni di legge popolari che durano due legislature.
ARTICOLO 72 2)APPROVAZIONE
Ogni disegno di legge presentato da una camera deve essere esaminato da una
commissione permanente e successivamente approvato dall’assemblea.
Vi sono 14 commissioni permanenti per Camera, ogni Commissione è specializzata su
una determinata materia (commissione affari costituzionali, commissione trasporti,
commissione giustizia, commissione istruzione, commissione salute, ecc.). Poiché nel
nostro parlamento sono rappresentate non solo le idee politiche ma anche le
competenze del nostro paese. Le 14 commissioni formate dagli stessi 630 che stanno
in assemblea hanno il compito di analizzare il disegno di legge, correggerne eventuali
errori e preparare una relazione da presentare ai colleghi in assemblea che permetta
loro di capire cosa il loro gruppo parlamentare intende fare. I tempi del lavoro di
commissione non sono disciplinati dalla Costituzione. La prima fase tecnico politica
per l’approvazione di un disegno di legge viene fatta dalla Commissione.
Una volta che la commissione ha finito il suo lavoro, il disegno di legge viene mandato
in aula insieme alla relazione, dove un relatore illustrerà il disegno di legge a tutti. Da
qui partono le 3 letture: la prima lettura è la discussione, in questa fase ogni
componente dell’assemblea può prendere parola (di solito tutti prendono parola
quando questo disegno non vuole essere approvato, così viene rimandato di un
mese). La seconda lettura è l’approvazione articolo per articolo, in questa fase, ogni
parlamentare può presentare il proprio EMENDAMENTO. (L’emendamento è un testo
alternativo al testo base). Nella seconda lettura si parte ad esaminare l’emendamento
più diverso dal testo base. La terza lettura è l’approvazione del disegno di legge nel
suo complesso, è un’approvazione semplice in cui i parlamentari possono votare SI o
NO. Se sono stati approvati troppi emendamenti che hanno snaturato il testo di base
la maggioranza potrebbe non avere più interesse nel far approvare quel disegno di
legge.
In parlamento dal 1988 si vota quasi sempre a scrutinio palese perché i parlamentari
devono rendere conto al popolo di come votano, sino ad allora la regola era quella
dello scrutino segreto. Il voto è palese ed è anche nominale solo in caso della mozione
di fiducia o sfiducia al governo. Normalmente i parlamentari votano stando seduti al
loro banco, senza che nessuno controlli se sono effettivamente loro a votare. Ma
siccome le regole parlamentari sono regole fiduciare (cioè sono regole scritte
confidando nei parlamentari la massima lealtà) nel tempo si sono sviluppate alcune
pratiche che consentono ad un parlamentare di votare per più persone. Si vota quindi
a scrutinio palese ma non per appello nominale, è possibile però la verifica del numero
legale.
La seduta è valida se è presente la metà +1 degli aventi diritto (numero legale 50%+1).
Si vota a scrutinio segreto solo quando si vota su persone (Es. PdR) e anche quando
qualcuno lo chiede e la maggioranza è d’accordo, in questo modo si lascia ai
parlamentari la possibilità di votare secondo coscienza e non secondo la loro
appartenenza al partito (Es. Quando si vota per l’eutanasia).
In sostanza abbiamo 3 modalità di voto: palese, palese nominale, segreto e 3 tipi di
maggioranza:
Di regola le Camere lavorano con la maggioranza semplice, è valida la votazione con
la metà favorevole +1 dei presenti. (316:2 + 1)=159 voti
Per alcune deliberazione serve la maggioranza assoluta ovvero si necessita della metà
più 1 degli aventi diritto. Servono quindi almeno 630:2=316 voti
Ci sono anche occasioni per cui si necessita della maggioranza qualificata, oltre i 2/3
degli aventi diritto. 412 voti almeno.
Le fasi di iniziativa e promulgazione sono fasi attive e senza un tempo stabilito.
Una volta approvato in una camera il disegno di legge viene mandato all’altra e si
ricomincia da capo. Da un punto di vista giuridico l’altra camera può fare tutte le
modifiche che vuole. Se la camera non è d’accordo con le modifiche viene rimandato
all’altra camera e così via finché le due camere non approvano lo stesso testo.
Procedimento legislativo ordinario (o per commissione referente)
Altri procedimenti vedere dal libro

ARTICOLI 73-74 3) PROMULGAZIONE


La promulgazione è una fase di controllo che prevede tempi prestabiliti, essa spetta
al Presidente della Repubblica. Il Presidente della Repubblica deve verificare che le
camere non abbiano approvato una futura legge in contrasto con la Costituzione,
deve quindi fare un macro-controllo di legittimità costituzionale. Ha il compito di
evitare che una legge macroscopicamente incostituzionale entri in vigore. La
promulgazione dal punto di vista della legge è una firma, ma è un’attività di controllo
che il PdR deve svolgere in 30 giorni. Se decide di non promulgarla la deve rinviare
alle Camere con un messaggio motivato, in cui spiega il motivo per cui ha deciso di
non promulgare una legge. A questo punto le Camere hanno diverse opzioni:
La prima è che le Camere riapprovano lo stesso testo, in questo caso il PdR DEVE
promulgare la legge.
La seconda opzione è che le Camere non approvano più il disegno di legge, rendendosi
conto che il testo era macroscopicamente incosituzionale.
La terza opzione è che il parlamento riapprova il disegno di legge con le modifiche
suggerite dal Presidente della Repubblica, ciò significa che il Parlamento non si era
reso conto di aver approvato una legge incostituzionale.
STUDIARE DA SOLO IL PROCEDIMENTO PER COMMISSIONE LEGISLATIVA E
COMMISSIONE REDIGENTE. Per commissione redigente intendiamo quando la
commissione si fa anche le prime due letture che di solito si fanno in aula, non
corregge solo gli errori tecnici del disegno di legge, ma discute anche il disegno di
legge e lo approva articolo per articolo. L’assemblea fa soltanto la terza lettura. Nel
procedimento per commissione legislativa la commissione fa tutto, anche le 3 letture
che normalmente dovrebbe fare l’assemblea. Questi due procedimenti abbreviati
sono due procedimenti molto delicati perché sono due procedimenti in cui tutti l’iter
legislativo si svolge difronte ad una commissione di 45 persone che lavora con
rapporti di maggioranza e opposizione molto più semplici. CONSOCIATIVISMO:
maggioranza e minoranza lavorano insieme, è un termine negativo.
PUBBLICAZIONE
Dopo la promulgazione si apre la quarta fase che è quella della pubblicazione. Entro
30 giorni dalla promulgazione il testo deve andare in gazzetta ufficiale. Noi
consideriamo la gazzetta ufficiale e raccolta ufficiale delle leggi fonti di cognizione,
ovvero dei documenti che non producono norme giuridiche ma ne consentono la
conoscenza. Una legge promulgata dal PdR non produce effetti fino a quando non
viene pubblicata sulla gazzetta ufficiale. Entra in vigore 15 giorni dopo la
pubblicazione sulla gazzetta ufficiale. E’ lo strumento mediante il quale tutta la
comunità viene a conoscenza del nuovo atto normativo. Con la pubblicazione scatta
il principio ‘’la legge non ammette ignoranza’’ che è l’equivalente popolare del
principio della pubblicazione: una volta che una legge è stata approvata nessuno
potrà dire di non esserne venuto a conoscenza. Ognuno di noi è tenuto a conoscere
tutte le leggi vigenti nel paese in cui si trova e soprattutto conoscere tutte le regole
che disciplinano il proprio status. (Es. se siamo guidatori dobbiamo per forza
conoscere il codice della strada, chi non è guidatore conosce solo quello che interessa
dal punto di vista suo, del pedone). La vacatio legis (15gg circa) è quel periodo che va
dalla pubblicazione all’entrata in vigore della norma e serve a ciascuno di noi per
prendere conoscenza della norma. Tutti noi dobbiamo essere a conoscenza delle
norme penali del paese in cui ci troviamo. Ci sono leggi che entrano in vigore in tempi
brevi, in tempi più lunghi e altre sempre lo stesso giorno (la legge di bilancio entra in
vigore sempre il primo gennaio). Le leggi non possono produrre effetti per il passato
ma valgono solo per il futuro, non sono retroattive. Tuttavia se una legge vuole può
produrre effetti per il passato (le leggi penali non possono valere per il passato, quelle
economiche si). L’unico caso in cui le leggi penali producono effetto per il passato è
quando sono favorevoli al condannato.
LIMITI DELLA LEGGE
Nel mondo liberale la legge sostanzialmente non aveva limiti. Al giorno d’oggi la legge
incontra tutta una serie di limiti:
-La legge non può essere in contrasto con la Costituzione
-Il secondo limite è dato dai trattati internazionali. Quando l’Italia firma un trattato
internazionale e questo trattato entra nel nostro ordinamento giuridico con una
legge. Una legge in contrasto con un trattato internazionale resta in vigore finché la
Corte Costituzionale non la annullerà. E’ un limite blando
-Il terzo limite è un limite forte ed è il limite della normativa europea. La legge non
può essere in contrasto con la normativa europea. La legge non può essere in
contrasto con un trattato europeo (il trattato si trova al di sopra). La legge non può
essere in contrasto con il regolamento europeo, si creerebbero antinomie che
dovranno essere risolte con il criterio della competenza. Se una legge italiana è in
contrasto con un regolamento europeo deve essere immediatamente DISAPPLICATA
dal giudice o da chiunque altro la debba applicare, fino a quando non verrà dichiarata
incostituzionale davanti alla Corte. La legge italiana trova il limite dei regolamenti
europei perché deve essere disapplicata ogni volta che lo stesso oggetto è disciplinato
da un regolamento europeo.
-Le leggi regionali, la legge statale non può disciplinare materie che sono di
competenza delle regioni. Le due restano entrambe in vigore fino a quando la Corte
Costituzionale annulla una delle due. Quando una delle due leggi verrà dichiarata
incostituzionale verranno annullati tutti gli effetti che la legge ha prodotto a causa del
vizio dell’incompetenza.
REVISIONE COSTITUZIONALE
La nostra costituzione è una Costituzione rigida, ovvero che la nostra Costituzione non
può essere modificata da una fonte di grado inferiore. Essa però deve essere nel
tempo aggiornata, per questo ha una parte che è immodificabile, una parte che è
parzialmente modificabile e una parte che è liberamente modificabile.
-L’ARTICOLO 139 ci dice che la forma repubblicana non può essere oggetto di
revisione costituzionale. (Noi siamo una repubblica e non potremmo mai tornare a
una monarchia, referendum 2 giugno del 1946.) L’articolo 139 deve essere letto
insieme all’articolo 1 primo comma (l’Italia è una repubblica democratica fondata sul
lavoro) quindi la forma repubblica è la democrazia. Oltre l’articolo 139 sono
immodificabili i primi 12 articoli della costituzione dove viene definita la forma della
nostra repubblica democratica e anche il principio della separazione dei poteri, che è
un insieme di 3 articoli.
-Gli articoli che vanno dal 13 al 54 stabiliscono i diritti e i doveri dei cittadini e possono
essere modificati solo nella misura in cui si vuole migliorare il bilanciamento dei diritti
o il godimento di un diritto. Nessun diritto può essere soppresso ma si può solo
limitatamente modificare un diritto.
-Gli articoli che vanno dal 55 al 138 possono essere modificati più liberamente
tenendo sempre conto del principio della separazione dei poteri. Possiamo modificare
la forma di governo o i rapporti tra stati e regioni.
Qual è l’organo competente a fare una modifica costituzionale?
Il compito di modificare la Costituzione spetta al parlamento. Aver scelto un organo
che già è presente è vantaggioso nel caso in cui si voglia fare una piccola modifica
costituzionale perché la modifica può avvenire tempestivamente.
Quando il parlamento viene impiegato in una riforma molto più ampia non riesce a
fare da legislatore ordinario e delega tutto al governo e si concentra sulla riforma
costituzionale.
Il procedimento che noi utilizziamo per modificare la costituzione è disciplinato
dall’articolo 138 della Costituzione ed è un procedimento che noi definiamo
aggravato. Lo definiamo un procedimento aggravato perché è un procedimento che
si compone di 4 fasi:
1)La prima fase è uguale al procedimento legislativo ordinario
2)Dopo che le due camere hanno approvato lo stesso testo, il procedimento si ferma
per 3 mesi. Oggi i 3 mesi servono alle forze politiche in parlamento che vogliono la
riforma, per capire se dalla maggioranza semplice si riesce a passare alla maggioranza
assoluta. (La seconda deliberazione a maggioranza assoluta). E’ una fase politica.
3)Nella terza fase il disegno di legge costituzionale viene riapprovato da entrambe le
camere senza possibilità di modiche. (il testo deve essere approvato con la
maggioranza assoluta in entrambe le camere o maggioranza dei 2/3 in entrambe le
camere).
4)Entrata in vigore. Se si è avuta la maggioranza dei 2/3 in entrambe le camere la
riforma è definitiva, viene promulgata dal PdR e pubblicata sulla gazzetta ufficiale ed
entra in vigore. Se le Camere hanno approvato la riforma a maggioranza assoluta il
pdr pubblica il risultato sulla gazzetta ufficiale e da qual momento ci sono 3 mesi per
chiedere il referendum. (Referendum confermativo: il popolo è chiamato a dire SI o
NO alla riforma). Il referendum può chiederlo: 500 000 elettori, 5 consigli regionali,
1/5 dei componenti di ciascuna camera (ovvero l’opposizione).
ARTICOLO 75 REFERENDUM ABROGATIVO
La nostra Costituzione colloca all’articolo 75 il referendum abrogativo, non è un fatto
casuale ma un fatto voluto, il referendum è uno strumento di democrazia diretta che
si prefigge di abrogare una legge del parlamento. Ha la funzione di eliminare
dall’ordinamento quelle leggi che seppur approvate dal parlamento il popolo non
vuole, è un bilanciamento tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta molto
importante (perché il parlamento è consapevole che qualsiasi legge può essere
abrogata con un referendum).
La parola referendum indica un istituto di democrazia diretta mediante il quale il
popolo si esprime con un Si o un No e la decisione del popolo ha un effetto giuridico.
La parola abrogazione indica la perdita di efficacia di un atto perché ne è stato
applicato un altro, in questo caso l’atto è la decisione popolare ( il Si o il No che il
corpo elettorale ha espresso).
E’ l’istituto mediante il quale il corpo elettorale si pronuncia in modo diretto e
immediato su di una specifica questione giuridicamente rilevante operando una
scelta tra soluzione alternative a prescindere dai particolari effetti che l’ordinamento
colleghi a tale scelta. Nel caso del referendum abrogativo e costituzionale la domanda
fatta al popolo ha un effetto giuridico immediato.
Le caratteristiche del referendum abrogativo
-La costituzione disciplina il referendum abrogativo all’articolo 75
-Questo tipo di attività del popolo assume la forma di legislazione negativa (significa
che con il referendum il popolo toglie qualcosa dall’ordinamento giuridico ma non
sostituisce quello che viene tolto con qualcos’altro).

Bisogna fare la distinzione tra le leggi necessarie delle quali non si può fare a meno da
quelle leggi che il parlamento approva ma che non sono necessarie e fondamentali
per la pacifica convivenza (quindi che abrogate non impediranno il buon
funzionamento del paese)
-E’ un istituto di democrazia diretto. Si può sottoporre a referendum sia un’intera
legge, sia alcuni articoli di una legge (anche sparsi) ma solo la legge ordinaria dello
stato e i decreti leggi e legislativi. Non possiamo sottoporre a referendum abrogativo
una legge regionale (può essere sottoposto a referendum abrogativo solo nella sua
regione), non possiamo sottoporre a referendum abrogativo un articolo della
costituzione. Quindi il referendum abrogativo può colpire solo la legge e gli atti aventi
forza di legge.
Le leggi che non possono essere sottoposte a referendum (come ci dice l’articolo 75)
sono:
-Le leggi tributarie (il costituente ha immaginato che il popolo avrebbe abrogato
volentieri qualsiasi legge che riguardava tasse e imposte).
-Le leggi di bilancio (la legge di bilancio dura un solo anno e il procedimento
referendario dura più di un anno)
-Non si può chiedere referendum sulle leggi di amnistia e di indulto, sono due
provvedimenti generali che riguardano le persone sottoposte a detenzione. Con
l’amnistia si decide di cancellare la pena e anche il reato. Con l’indulto si va a
cancellare la pena del detenuto ma i reati rimangono tali. Sono due leggi molto
politiche, se il popolo deicide di abrogare una legge di indulto o amnistia dovrebbero
essere imprigionate nuovamente tutte le persone a cui era stata cancellata la pena.
-Le leggi di ratifica di trattati internazionali (perché sono il frutto di un accordo con un
altro o con altri stati, e si dovrebbe rinnegare l’accordo internazionale e ciò non si può
fare).
Le materie sulle quali non si può chiedere referendum sono molto poche.
La corte costituzionale ha introdotto altri divieti:
-Non si può chiedere referendum su leggi costituzionali e di revisione costituzionale,
perché si violerebbe l’articolo 138 della Costituzione, ovvero il procedimento che
disciplina come si approva una legge costituzionale. Non si può chiedere referendum
sulle leggi rinforzate (tutte quelle leggi che presuppongono un accordo). Non si può
chiedere referendum su leggi a contenuto costituzionalmente vincolato, sono quelle
leggi delle quali non possiamo fare a meno perché indispensabili e il popolo non può
esprimersi su queste leggi. Non possiamo avere una legislazione negativa, deve essere
un’abrogazione attiva, vi deve essere una nuova legge che sostituisce la precedente.
ES. Non possiamo ad esempio abrogare una legge sull’ordinamento penitenziario,
perché a quel punto non avremmo più una disciplina delle carceri.
PROCEDIMENTO REFERENDARIO
Come il procedimento legislativo anche il procedimento referendario si articola di 4
parti:
INIZIATIVA: il referendum può essere richiesto tramite:
Richiesta popolare: almeno 10 cittadini promotori possono presentare alla cancelleria
della Corte di Cassazione il quesito sul quale verranno poi raccolte 500 000 firme di
elettori. Il quesito deve essere chiaro, deve essere poter compreso da tutti i cittadini,
anche da chi ha difficoltà di apprendimento o che non ha studiato. La fase di raccolta
delle firme avviene tra settembre e novembre poiché a dicembre i devono presentare
queste firme all’ufficio centrale del referendum che si trova alla Corte di Cassazione.
Consigli regionali: 5 consigli regionali approvano a maggioranza assoluta una richiesta
di referendum
GIUDIZIO DI AMMISSIBILITA’: La Corte di Cassazione deve controllare che siano state
raccolte effettivamente almeno 500 000 firme (controlla che alle firme corrisponda
veramente una persona identificata con quel documento di riconoscimento perché
può capitare che vengano inseriti nomi fasulli).
La Corte Costituzionale verifica poi la compatibilità con la Costituzione .
INDIZIONE: il Presidente della Repubblica deve fissare il giorno della votazione tra il
15 aprile e il 15 giugno. (La data è scelta dal governo, se il governo è favorevole al
referendum allora sceglierà una data ad aprile, se è contrario sceglierà una data a
giugno).
VOTAZIONE: il costituente ha ragionato ponendo dei limiti al referendum, per poter
abrogare la legge serve che a partecipare al referendum sia almeno la metà degli
elettori. Devono andare a votare la metà +1 degli aventi diritto al voto. L’elettore ha
dinanzi a se 3 possibilità: votare si, votare no, non votare.
Esiti possibili della consultazione referendaria:
-se non si reca a votare il 50% + 1 degli aventi diritto, il referendum è come se non si
fosse mai tenuto e la legge resta in vigore (ma l’anno successivo si può riproporre).
-se i No superano i Si la legge resta in vigore e lo stesso quesito non potrà essere
riproposto per 5 anni.
-se i Si superano i No, il PdR dichiara l’avvenuta abrogazione della legge con decreto
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

Se il parlamento interviene modificando in maniera sostanziale la legge sottoposta a


al referendum allora il referendum non serve più, se invece il Parlamento fa delle
piccole modifiche soltanto per evitare il referendum senza cambiare la legge allora il
referendum si farà sul nuovo testo della legge. (C’è un rapporto alla pari tra
parlamento e corpo elettorale per quello che riguarda il referendum).
Può il legislatore riapprovare una legge che il popolo ha abrogato? Non si può
riapprovare la legge stessa negli stessi 5 anni in cui non si potrebbe riproporre il
referendum ma il parlamento può riproporre la stessa legge nel momento in cui si
convince che il corpo elettorale ha cambiato idea sulla questione (se si è cambiato il
parlamento).
In che rapporto sta il referendum con il sistema politico? In molti casi è stato
antagonista, quando vengono proposti tanti referendum allora nel corpo elettorale
c’è una posizione di antagonismo nei confronti del ceto politico. Quando invece una
volta ogni tanto viene proposto un referendum, il ceto politico usa il referendum per
far decidere al corpo elettorale quello che le forze politiche non vogliono decidere.
(Ad esempio su questioni etiche, come quella di qualche anno fa sulla fecondazione
eterologa).
IL GOVERNO
Il Governo è un organo non eletto dai cittadini ma che deve avere la fiducia del
Parlamento. Che cos’è la fiducia? Da un punto di vista formale la fiducia è un atto
parlamentare, che prende il nome di mozione, sul quale ciascuna Camera vota. Da un
punto di vista politico invece la fiducia è un rapporto che intercorre tra Governo e
Parlamento in base al quale il Governo è legittimato ad esercitare i suoi poteri. Quindi
in una forma di Governo parlamentare il Governo non può esercitare le proprie
funzioni senza la fiducia del Parlamento. La Costituzione dedica al Governo 4 articoli,
dal 92 al 95, quindi a differenza del Parlamento la Costituzione per ciò che riguarda il
Governo è molto generica. La Costituzione dedica così pochi articoli al Governo,
perché essendo un organo esecutivo, deve avere un forte margine di discrezionalità
della sua organizzazione quindi deve avere la possibilità di organizzarsi con grande
flessibilità. Il Parlamento è un organo molto statico perché disciplinato interamente
dalla Costituzione mentre invece il Governo negli anni è cambiato in base al
cambiamento dei processi decisionali. E’ l’organo che decide, è formato solo da una
maggioranza (non ha l’opposizione, se l’avesse finirebbe). E’ un organo compatto
politicamente e deve avere la capacità di prendere decisioni rapide, lavora 7 giorni su
7. Il Governo quindi deve avere una capacità decisionale compatta e rapida perché
devono dare soluzione rapida a problemi imprevisti.
Se noi andiamo a leggere la Costituzione non troviamo la durata del Governo, noi
sappiamo che le Camere durano in carica 5 anni, il Presidente della Repubblica dura
in carica 7 anni e i membri della Corte Costituzionale 9,ma se noi andiamo a leggere
la Costituzione non troviamo la durata del Governo. E infatti noi diciamo che il
Governo è un Organo a tempo indeterminato, ciò significa che la durata del Governo
è una durata che noi esprimiamo in avvenimenti ovvero che un Governo inizia nel
momento in cui viene nominato dal Presidente della Repubblica e termina nel
momento in cui il Presidente del Consiglio si dimette. Quindi il Governo non è legato
ad una durata ma a delle date, la data di avvio del Governo è il giorno in cui il
Presidente della Repubblica lo nomina e quindi il Governo presta giuramento (e si fa
questa famosa cerimonia della campanella) e termina nel giorno in cui il Presidente
del Consiglio dà le dimissioni. Questo ci dice una cosa importante ossia che la vita del
Governo è legata alla volontà del Presidente del Consiglio, almeno da un punto di vista
formale, e questo significa che il Presidente del Consiglio non è il superiore gerarchico
dei ministri, il Presidente del Consiglio ha però nelle sue mani uno strumento molto
forte, e cioè di minacciare le dimissioni. Un Presidente del Consiglio che vede una
forte agitazione all’interno del suo Governo può sempre dire che se la situazione non
si risolve, si dimette perché tutti i componenti del Governi sanno che se il Presidente
del Consiglio si dimette il Governo cade. Noi dobbiamo collegare la durata del
Governo al concetto di crisi, cioè significa che un Governo potenzialmente è in grado
di durare quanto tempo vuole o meglio dura fino a quando non entra in crisi, cioè fino
a quando non si apre una crisi di Governo.
La crisi di Governo può essere di 2 tipi:
-Può essere di tipo parlamentare (l’unica prevista dalla Costituzione italiana).
-Può essere di tipo extraparlamentare.
Nella crisi di Governo di tipo parlamentare il Presidente del Consiglio si dimette
perché una delle due camere ha votato la sfiducia, quindi la crisi di governo
parlamentare è quella crisi che nasce quando il presidente del Consiglio è costretto a
dimettersi perché un delle due camere ha votato la sfiducia. La Costituzione ha
immaginato che un Presidente del Consiglio non si sarebbe mai dimesso per ragioni
personali ma si sarebbe sempre dimesse solo esclusivamente perché il suo Governo
veniva colpito da una mozione di sfiducia da parte di una delle due Camere. Quanti
Governi già nati sono stati colpiti da mozioni di sfiducia?
Qui dobbiamo distinguere 2 ipotesi: la mancata fiducia iniziale e la sfiducia. E’ capitato
qualche volta in Italia che il Presidente del Consiglio nominasse un Governo e questo
Governo poi non ottenesse la fiducia da parte di una delle 2 Camere, questi Governi
tecnicamente prendono il nome di Governi ‘’balneari’’; la situazione più importante è
la situazione della sfiducia che colpisce un Governo già in carica, cioè un Governo che
già sta esercitando da qualche mese o addirittura da qualche anno le sue funzioni.
In Italia abbiamo avuto soltanto una mozione di sfiducia di questo tipo, quindi in tutti
i 72 di storia repubblicana soltanto una volta un Governo è stato colpito da una
mozione di sfiducia dopo che già stava lavorando da più di un anno. Allora se non
abbiamo avuto crisi di Governo determinate da una mozione di sfiducia, da che cosa
sono state determinate queste crisi? Sono state determinate da quelle che noi
chiamiamo crisi extraparlamentari, cioè crisi che sono state determinate da dimissioni
spontanee del Presidente del Consiglio, sono crisi in cui il Presidente del Consiglio si
decide di dimettere per ragioni personali. Le crisi extraparlamentari sono crisi
politiche (quelle parlamentari sono crisi giuridiche) che nascono dalla percezione da
parte del Presidente del Consiglio di non avere più la fiducia della sua maggioranza, e
quindi dalla volontà di non entrare in conflitto con la sua maggioranza ma di rendere
ossequio al Parlamento e percependo un motivo di crisi si dimette. Il Presidente del
Consiglio per non andare a scontrarsi con il Parlamento e con le forze politiche che lo
appoggiano, rassegna le dimissioni (poiché spera che possa continuare ad avere un
futuro politico). Noi abbiamo avuto nella nostra storia repubblicana quasi sempre una
crisi di Governo extraparlamentare, cioè una crisi di Governo in cui il Presidente del
Consiglio si è dimesso perché si è reso conto che la sua maggioranza di Governo aveva
bisogno di riflettere oppure non c’era più. Nella crisi extraparlamentare il Parlamento
non viene coinvolto, perché non c’è una mozione di sfiducia. Qualche volta abbiamo
avuto Presidenti della Repubblica che hanno chiesto ai Presidenti del Consiglio che si
erano dimessi di andare in Parlamento di spiegare le loro ragioni, ma nella maggior
parte dei casi i Presidenti del Consiglio non lo hanno fatto.
GLI ORGANI DEL GOVERNO
La Costituzione al primo comma dell’articolo 92 ci dice che il Governo è formato da 3
organi necessari: Presidente del Consiglio e dai Ministri che insieme formano il
Consiglio dei Ministri. Questi organi li chiamiamo necessari perché sono
espressamente previsti dalla Costituzione. I ministri devono essere almeno 2, perché
la Costituzione parla al plurale, che insieme al Presidente del Consiglio formano
l’organo più importante del governo: il Consiglio dei Ministri. La Costituzione non ci
dice da quanti Ministri deve essere composto il Governo, nella nostra esperienza
repubblicana il numero dei Ministri è sempre stato molto variabile. Ci sono ministri
con portafoglio (ministri che hanno la responsabilità di un ministero e di regola sono
14) e un numero indeterminato di Ministri senza portafoglio (sono un organo non
necessario del governo, che siedono nel Consiglio dei Ministri ma che non hanno la
responsabilità di nessun Ministero e hanno il solo compito di occuparsi della
Presidenza del Consiglio). I Ministri senza portafoglio esistono per stabilire una
corretta corrispondenza tra forza di partiti di maggioranza e presenza di quegli stessi
partiti in Consiglio dei Ministri. I Ministri senza portafoglio vengono scelti dal PdC in
base alla fedeltà che hanno nei suoi confronti. Il Ministro con portafoglio ha un potere
che gli viene dal suo Ministero del quale è il vertice assoluto ed ha l’esclusiva
competenza.
Ci sono dei Ministri che servono a tenere in piedi la maggioranza.
PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE DEL GOVERNO
Il momento in cui si inizia a formare un Governo è quello in cui il PdC si dimette. (Va
dal Presidente della Repubblica e presenta le dimissioni). Se la crisi è di tipo
extraparlamentare il PdR deve cercare di capire il motivo delle dimissioni del PdC. (Ad
Es. perché non è più d’accordo con la propria maggioranza, perché c’è un partito
all’interno della maggioranza che crea problemi, perché si vuole liberare di qualche
ministro ovvero vuole un rimpasto). Se il PdR si rende conto che effettivamente la crisi
c’è, accetta le dimissioni e da inizio alle consultazioni (la prima fase di formazione del
governo). Le consultazioni sono una consuetudine costituzionale (un comportamento
che si ripete costante nel tempo e che va ad integrare una norma costituzionale),
perché le consuetudini non sono espressamente previste nella Costituzione. La prima
fase (la più importante) del processo di formazione di un Governo sono le
consultazioni costituzionali.
Chi consulta? Consulta per garbo gli ex Presidenti della Repubblica; consulta per
cercare di capire come vanno le cose in Parlamento i Presidenti delle 2 Camere; ma
soprattutto incontra quelle che noi chiamiamo le delegazioni dei gruppi parlamentari.
Vengono ricevute le delegazioni dei partiti, composte sia dei Presidenti dei
capigruppo di quei partiti alla Camera e al Senato ma anche il segretario del partito e
comunque tutte quelle personalità che secondo quel partito è opportuno che vadano
a parlare dal Presidente della Repubblica, cioè se vogliono allearsi con qualcuno per
fare una maggioranza; se vogliono che gli altri si alleino tra di loro perché loro vogliono
rimanere all'opposizione oppure vogliono lo scioglimento delle Camere. Se durante le
consultazioni il Presidente della Repubblica rileva che la maggior parte delle forze
politiche vuole lo scioglimento anticipato delle Camere, il Presidente della Repubblica
scioglierà. Ma se in questo primo giro di consultazioni il Presidente della Repubblica
si accorge che la maggioranza delle forze politiche non vuole lo scioglimento
anticipato delle Camere, allora farà altri giri di consultazioni per cercare di capire se è
possibile raggiungere una maggioranza.
Dopo che questa fase delle consultazioni finisce e che può durare poco o molto (nel
2019 sono stati fatti 4 giri di consultazione), e finalmente il Presidente della
Repubblica decide. Il PdR decide di sciogliere anticipatamente solo quando non si è
aperto nessuno spiraglio di formazione della maggioranza.
NELLA SECONDA FASE: il PdR l’incarico di formare il Governo, questa persona prende
il titolo di Presidente del Consiglio incaricato (ovvero che non ha ancora accettato,
accetta l’incarico con riserva poiché verifica prima che i partiti che gli hanno promesso
l’appoggio lo appoggeranno davvero, di riuscire a scrivere una lista dei ministri, di
scrivere un programma di Governo.
TERZA FASE-ACCETTAZIONE DELL’INCARICO E NOMINA CON IL GIURAMENTO: Se il
Presidente del Consiglio incaricato riesce a fare queste 3 cose, torna dal PdR e accetta
l’incarico, a questo punto abbiamo la nomina. La nomina sia del Presidente del
Consiglio e dei Ministri. Il PdR nomina il PdC che su proposta di questo nomina i
ministri; ciò significa che il PdR può rifiutarsi di nominare un Ministro prposto dal PdC,
non può invece proporre un Ministro. La terza fase culmina con il giuramento e quindi
da quel momento ‘’cerimonia della campanella’’ il vecchio Governo passa tutte le
funzioni al nuovo Governo, e quindi il nuovo Governo è in carica. La data di nascita
del Governo è la data in cui avviene la nomina. La Costituzione prevede che il Governo
entro 10 giorni dalla nomina si deve presentare alle Camere per ottenere la fiducia.
In questi 10 giorni il governo può fare le nomine, può fare un decreto legge di estrema
necessità, ma non può presentare disegni di legge in parlamento. Quindi non può
cominciare ad impegnare il programma di Governo perché non ha ancora ottenuto la
fiducia, può compiere solo atti di straordinaria amministrazione.
ULTIMA FASE-LA FIDUCIA DA PARTE DELLE CAMERE
La fiducia è una mozione (un atto parlamentare) che ha come contenuto il
programma che il governo intende svolgere durante il suo mandato. Ogni Camera
concede la fiducia al Governo con maggioranza semplice ed è un vantaggio per il
Governo che nasce e un rischio per il Governo in carica .
La mozione di sfiducia deve essere data dalla maggioranza assoluta. Ci sono Governi
nella nostra storia che appena sono nati sono stati colpiti da una mozione di sfiducia
e sono stati chiamati governi elettorali perché sono durati pochi mesi.
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
Il Presidente del Consiglio in Italia non è il superiore gerarchico dei suoi ministri ma è
un presidente, ha il potere di far nascere e di far concluder un Governo poiché nasce
solo se il Presidente del Consiglio accetta di farlo nascere e termina quando il PdC si
dimette. Ha un potere nei confronti dei partiti che lo appoggiano perché può sempre
minacciare le dimissioni. Né il PdC, né il PdR hanno il potere di revocare i Ministri, solo
il Parlamento può revocarli. Come può fare il PdC a liberarsi di un ministro con il quale
non va più d’accordo? Ci sono due strade, la prima è di natura politica: il PdC lo prega
di dare le dimissioni e il Ministro accetterà tale richiesta nel caso in cui voglia
continuare la carriera politica. La seconda strada è tramite il Parlamento, significa che
solo il Parlamento (votando la sfiducia individuale) può costringere un Ministro alle
dimissioni.
Tutto questo ci fa capire come il Presidente del Consiglio non abbia un potere sui
propri Ministri, quindi sia sostanzialmente un ‘’primus inter pares’’, ed infatti se
vediamo le competenze del Presidente del Consiglio vediamo subito che queste
competenze non sono competenze di particolare rilevanza, cioè non sono
competenze che fanno del Presidente del Consiglio un Primo Ministro,un Premier,egli
è un Presidente del Consiglio cioè colui che presiede il Consiglio e che deve cercare di
indirizzare la politica del suo Governo ma non imponendola, ma concordandola con
l’intero Consiglio dei Ministri. Il PdC promuove e coordina, mantiene l’unità
dell’indirizzo politico. Quindi impartisce ai Ministri direttive in attuazione delle
deliberazioni del Consiglio dei Ministri.
Il vero cuore del Governo è il Consiglio dei Ministri, il Consiglio dei Ministri approva i
decreti legge, approva i decreti legislativi, approva i regolamenti. Quindi il Presidente
del Consiglio ha un ruolo di guida ma non ha la possibilità giuridica di imporsi sul
Consiglio dei Ministri, è vero però anche il contrario cioè il Consiglio dei Ministri non
può prendere decisioni sulle quali il Presidente del Consiglio non sia d’accordo. Questa
cosa la capiamo da una particolare competenza, ossia che: ’’Il Presidente del Consiglio
controfirma qualsiasi atto deliberato dal Consiglio dei Ministri’’. Il Presidente del
Consiglio ha di fatto la possibilità di bloccare una decisione che il Consiglio dei Ministri
prende in disaccordo con lui. Poi promuove e coordina l’attività dei Ministri, ossia può
sospendere l’adozione di un atto da parte di un Ministro, ma non per decidere lui al
suo posto, ma per far decidere il Consiglio dei Ministri.
Il PdC ha il potere di disporre il segreto di Stato. Il segreto di stato è un aspetto molto
importante che nella storia del nostro Paese rivela anche un aspetto doloso, nel
nostro paese l’utilizzo del segreto di stato ha talvolta impedito il corretto esercizio
della giustizia nel nostro Paese. (Es. strage di Ustica)
Un governo è debole o forte in base alla forza del presidente del consiglio, essa si
misura in base a due elementi:
-1 La forza carismatica del presidente, quindi la sua capacità di essere un leader (può
consentire al governo di durare nel medio periodo, ma non per l’intera legislatura di
5 anni).
-2 (più importante) Il ruolo di leader del Presidente del Consiglio. I governi più forti
sono stati quelli in cui il presidente del Consiglio era anche il leader del partito di
maggioranza del governo. Il primo governo forte avuto nel nostro paese è stato il
governo Craxi negli anni 80’.

CONSIGLIO DEI MINISTRI


L’organo giuridicamente più importante del governo è il Consiglio dei Ministri. E’ un
organo collegiale ed è formato dal Presidente del Consiglio e da tutti i Ministri (sia
Ministri con portafoglio, sia senza portafoglio). Il consiglio dei Ministri, a differenza
del Parlamento, non è un organo trasparente, il Consiglio dei Ministri si riunisce a
porte chiuse e i verbali del Consiglio dei Ministri sono disponibili solo 50 anni dopo la
seduta in cui sono stati scritti. Es. noi oggi ad ottobre 2020 possiamo leggere i verbali
scritti di ottobre 1970, i verbali che andremmo a leggere avranno solo un interesse
storico e nessun interesse politico e giuridicamente gli atti che sono stati presi 50 anni
fa hanno prodotto effetti che non è più possibile mettere in discussione.
Il perché di questa segretezza è che le decisioni che si prendono all’interno del
governo sono decisioni di interesse nazionale, dove in alcuni casi il riservo sul dibatto
che c’è stato all’interno del Governo è necessario per consentire al governo di
discutere ma per dare all’esterno che il Governo è compatto. (Noi dobbiamo partire
dal presupposto che all’interno del Consiglio dei Ministri si litiga e nel consiglio dei
Ministri si vota a maggioranza ma giuridicamente le decisioni sono prese
all’unanimità. Questo significa che chi si è astenuto o ha votato contro, se la delibera
viene presa, giuridicamente è come se avesse votato a favore. All’interno del Consiglio
dei ministri la lotta politica è una lotta politica molto aspra ma all’esterno è necessario
che avvenga l’unanimità dei consensi sul provvedimento che vengono adottati.
Un ministro o un PdC può non essere presente al Consiglio dei Ministri se in quel
consiglio c’è all’ordine del giorno un argomento con il quale ha un conflitto di
interesse.
Il Consiglio dei Ministri è l’organo nel quale si prendono le decisioni che hanno un
effetto giuridico immediato.
-Delibera sulla presentazione dei disegni di legge e su tutti gli atti normativi. E’ in
Consiglio dei Ministri che si decide l’approvazione di un decreto legge, l’approvazione
di un decreto legislativo.
-Decide le linee di indirizzo in tema di politica internazionale e comunitaria. Il CdM
sceglie la politica europea e internazionale del nostro Paese. Non è il ministro degli
esteri che prende le decisioni sulla politica europea o internazionale da seguire. Es. la
decisione di mandare truppe in Libano o in Siria per missioni di pace è una decisione
che viene presa dal Governo nel Consiglio dei Ministri.
-Decide sulla proposta del Presidente del Consiglio di porre la questione di fiducia. La
questione di fiducia è un atto di Governo non previsto dalla Costituzione che è stato
introdotto nel nostro ordinamento dalla legge numero 400 del 1988. Questione di
fiducia significa che quando il Governo porta in approvazione in parlamento un
decreto legge o un disegno di legge al quale tiene particolarmente per il suo
programma di Governo, appoggia su questo atto normativo in approvazione in
Parlamento, la richiesta al Parlamento di confermargli la fiducia. (se mi dai fiducia
approva questo atto). Con la questione di fiducia il governo mette alla prova la propria
maggioranza. Due governi sono caduti per mancata approvazione di questione di
fiducia, un governo Prodi e un Governo Berlusconi. La questione di fiducia è il modo
mediante il quale il Governo cerca di mantenere insieme una maggioranza che mostra
segni di cedimento.
-Decide le nomine al vertice di enti, istituti e aziende di carattere nazionale di
competenza dell’amministrazione dello Stato. Nomina tutti i vertici della pubblica
amministrazione e nomina tutti i manager pubblici. I ruoli apicali non sono ruoli di
carriera ma sono ruoli fiduciari. Quando cambia un Governo, si ha il ‘’valzer degli
elettori generali’’ perché ogni ministro vuole portare all’interno del ministero che
dovrà dirigere le persone di sua fiducia.
-delibera se inviare alla corte costituzionale una legge regionale o se sollevare
conflitto di attribuzione contro un altro potere dello Stato o contro una Regione.
GLI ORGANI NON NECESSARI
-Vice-presidente del Consiglio dei Ministri
-Consiglio di Gabinetto
-Comitati interministeriali
-Ministri senza portafoglio
-Sottosegretari di Stato
-Viceministri
-Commissari straordinari del Governo
Diciamo che sono organi non necessari tutti quegli organi che non sono previsti
espressamente dalla Costituzione e possono esserci o anche non esserci all’interno
del governo. Il vice-presidente del consiglio è quella personalità di spicco di un partito
che appoggia il Governo e che, o non vuole essere ministro o vuole essere presente
all’interno del Consiglio dei Ministri con un ruolo rafforzato. Il ruolo di vice-presidente
del Consiglio è stato immaginato per consentire ai leader di partito che non volevano
assumere un incarico ministeriale di essere presenti comunque al Consiglio dei
Ministri. Se il vice-presidente del Consiglio non è anche ministro non può sostituire il
Presidente del Consiglio in caso di assenza perché non sono organi necessari del
Governo.
Il Consiglio di Gabinetto è una riunione solo di alcuni ministri con il Presidente del
Consiglio. E’ il Consiglio dei Ministri più importanti di un Governo, ovvero quelli che
svolgevano le 5 funzioni più importanti. Sono il Ministro dell’economia, esterni,
interni, giustizia e difesa; queste sono le 5 funzioni alle quali uno stato non può mai
rinunciare. Questi 5 ministeri sono presenti nel Governo di un qualsiasi Stato al
mondo e corrispondo alle 5 funzioni essenziali di uno Stato.
Uno Stato deve battere moneta e riscuotere le imposte (ministero dell’economia).
Uno Stato deve avere relazione con l’estero (ministero degli esteri).
Uno Stato deve controllare il territorio (ministero degli interni).
Uno Stato deve difendere il territorio (ministero della difesa).
Uno Stato deve amministrare la giustizia (ministero della giustizia).
Tutti gli altri ministeri che noi abbiamo e tutti i ministri senza portafoglio li troviamo
in Italia ma non in altri paesi e possono non essere voluti dal Governo successivo.
I ministri senza portafoglio non hanno un ministero ma votano in consiglio dei
ministri. I viceministri hanno la responsabilità di una parte del ministero ma non
vanno in Consiglio de Ministri.
Cosa accade quando un presidente del Consiglio di dimette? Quando un PdC si
dimette c’è tutta una fase in cui il PdR deve cercare di formare un nuovo Governo e
questa fase si chiama prorogratio. La prorogratio è quel periodo di tempo che va da
quando un PdC si dimette al momento in cui viene nominato un nuovo Governo. In
tutto questo periodo in cui il Presidente della Repubblica lavora per cercare un nuovo
Presidente del Consiglio e quindi un nuovo Governo, resta in carica il Governo
precedente, che non è più un Governo con tutte le sue funzioni. Il Governo si potrà
occupare solo del disbrigo degli affari correnti (deve gestire solo la quotidianità).
RESPONSABILITA’ DEI MINISTRI
Il ministro è responsabile di ciò che fa nell’esercizio delle sue funzioni e quindi ogni
ministro che ha un ministero ha una responsabilità civile, amministrative e contabile.
Ha la responsabilità individuale per le decisioni prese quale vertice del Ministero. Chi
sta al vertice è sempre responsabile di ciò che accade all’interno dell’organizzazione.
Ogni ministro è responsabile nei confronti del Parlamento sulla politica del suo
ministero. Tutti i ministri sono responsabili giuridicamente e politicamente per le
decisioni nel Consiglio dei Ministri.
Ha la responsabilità penale per gli atti commessi nell’esercizio delle funzioni
ministeriali ex art.96 della Cost. (Tribunale dei Ministri dopo autorizzazione
parlamentare) e atti commessi come privato cittadino. Il Tribunale dei Ministri è un
giudice ordinario di un altro tribunale che ha il compito di verificare che il Pubblico
Ministero che vuole indagare un ministro ha degli elementi concreti in mano, se questi
elementi ci sono si può cominciare l’indagine.
DECRETI LEGGE E DECRETI LEGISLATIVI
Pur rimanendo l’Italia una forma di governo parlamentare che riconosce centralità al
Parlamento, nel tempo abbiamo registrato una crescente importanza del Governo,
che è il vero motore del sistema istituzionale. Questo è possibile anche grazie al fatto
che la nostra Costituzione al Governo di approvare due atti normativi che vanno a
collocarsi tra le fonti primarie.
Nel periodo liberale il Governo aveva la possibilità solo di fare i regolamenti, che sono
fonti secondarie. Il Governo aveva iniziato a immaginare la possibilità di utilizzare
delle fonti nuove che avessero la stessa forza della legge (ossia che nella gerarchia
delle fonti si collocano allo stesso livello della legge). Ed è così che sono nati gli atti
aventi forza di legge, decreti legge e decreti legislativi.
Questi due atti non sono nati con la Costituzione, nascono prima, il decreto legge
nasce nel 1908 con il terremoto di Messina e il decreto legislativo nasce durante il
periodo fascista.
Cosa significa che questi due atti hanno forza di legge?
Significa che nella gerarchia delle fonti si collocano allo stesso livello della legge e
hanno la forza attiva e passiva della legge.
Forza attiva: significa che hanno la capacità di abrogare una legge precedente. Un
decreto legge o legislativo può abrogare una legge statale.
Forza passiva: significa che hanno la capacità di non farsi abrogare da una fonte di
grado inferiore. Es. non si fanno abrogare da un regolamento anche se è sempre un
atto del Governo.
Dire che hanno forza di legge significa che come la legge hanno la capacità di abrogare
fonti dello stesso livello ma precedenti.
I decreti legge nascono dalle ordinanze. Il presidente della Regione, così come il
Presidente del Consiglio con i suoi dpcm, interviene in una situazione urgente. I
decreti legge intervengono in situazioni di urgenza. I decreti legge nascono dalla
normativizzazione di regole (far diventare norme) regole che prime erano contenuto
in un atto amministrativo. L’ordinanza del Presidente della Regione è un atto
amministrativo, che si può impugnare al TAR, il giudice che deve giudicare la
legittimità degli atti amministrativi. Un decreto legge non si può portare al TAR perché
i decreti legge sono fonti primarie e possono solo andare alla Corte Costituzionale.
Il Governo agli inizi del XX secolo ha trasformato le ordinanze in decreti legge. (lo
stesso per i decreti legislativi).
Il Governo ha sempre avuto il diritto di fare testi unici (una raccolta di atti normativi
esistenti, che non aggiunge nulla, è una fonte di cognizione). Durante il periodo
fascista questi testi unici sono diventanti quello che oggi si chiamano decreti
legislativi. Questo poiché ci sono delle materie così articolate, che hanno bisogno di
una disciplina così ampia, che il Parlamento non può approvarla perché ci metterebbe
troppo tempo. Es. (Il Codice Civile, che è stato approvato in Italia nel 1942, è un
decreto legislativo, tutti i codici sono approvati con decreto legislativo poiché la
materia è così ampia che il Parlamento non potrebbe neanche per l’intera durata della
legislatura approvarli tutti).
Quindi il decreto legge e il decreto legislativo nascono da due esigenze concrete,
disciplinare situazioni urgenti (decreto legge) e disciplinare materie complesse
(decreto legislativo).
Il Parlamento tuttavia non è completamente escluso dagli atti normativi del Governo.
La presenza del Parlamento è prima o dopo l’approvazione da parte del Governo. Nel
decreto legge è dopo, nel decreto legislativo è prima. Ciò significa che il titolare
dell’esercizio della funzione legislativa resta in Parlamento, ma la Costituzione
riconosce il potere al Governo di produrre Fonti primarie o se viene autorizzato dal
Parlamento o se la situazione è urgente, e dopo il Parlamento confermerà.
DECRETI LEGISLATIVI ARTICOLO 76
I decreti legislativi sono previsti dall’ articolo 76 della nostra Costituzione, (76 e 77 la
professoressa invita a leggerli poiché entrambi gli articoli contengono una doppia
negazione. Utilizzano questa forma lessicale per sottolineare che non è la regola ma
è l’eccezione. Nell’utilizzare la doppia negazione il Costituente ha voluto sottolineare
che c’è una regola che ammette l’eccezione. Es. Con il decreto legislativo il
Costituente non ha voluto affermare il potere del Governo come una regola, quindi il
Governo non può, se non su delega del Parlamento, approvare un atto normativo con
valore di legge.
Quando vengono utilizzati spesso i decreti legislativi significa che si fida molto del suo
governo, questo significa però che l’opposizione viene esclusa poiché l’atto normativo
lo fa il governo, ma l'opposizione non è presente nel governo, quindi viene esclusa
dall’approvazione di tutti gli atti normativi più importanti.
La Costituzione ci dice che se il Parlamento vuole può delegare la disciplina di un certo
oggetto al Governo. Es. Il Parlamento è perfettamente funzionante ma decide che non
ha nessuna intenzione di mettersi a scrivere per il codice dell’ambiente, perché è una
materia tecnica e molto ampia e approva, con la procedura prevista dall’articolo 72
quarto comma (importante), delega la materia al Governo. Non ci può essere un
decreto legislativo se prima il Parlamento non approva una legge delega, con la quale
delega il Governo a scrivere un decreto legislativo. La Costituzione ci dice anche quale
deve essere il contenuto della legge delega, devono necessariamente presenti questi
3 elementi:
1) Deve contenere un termine: la delega non è a tempo indeterminato, o in termini di
mesi, o in termini di data (entro 5 mesi o entro una data di scadenza precisa). La
scadenza è tassativa, non si può adottare il decreto legislativo dopo la scadenza,
senno è incostituzionale.
2) L’oggetto (non la materia): non si può delegare l’intera materia, ogni delega deve
contenere un solo oggetto, ovvero deve contenere solo una parte della materia.
Questo per evitare il trasferimento di una materia dal Parlamento al Governo. Il
Governo deve lavorare su un oggetto specifico, la stessa delega non può avere più
oggetti. Una Delega---Un Oggetto.
3) I principi e i criteri direttivi: la legge delega deve dire al Governo quali obiettivi si
devono raggiungere e come si devono disciplinare, quindi sostanzialmente il
Parlamento dice al Governo che cosa deve scrivere, da la traccia e da i punti. Se
mancano i principi e i criteri direttivi la legge sarà incostituzionale. I principi e i criteri
direttivi sono il punto più importante perché sono politicamente l’indicazione al
Governo del contenuto. Se un Parlamento con una maggioranza di centro-destra
affida al proprio Governo che è di centro-destra il compito di regolare una
determinata materia, quella maggioranza si aspetta che il Governo disciplini quella
materia secondo quei criteri e quei principi direttivi che sono di centro destra. Si
possono scrivere leggi che nel rispetto della Costituzione siano espressione
dell’orientamento politico di chi le ha scritte. Quindi nell’articolo 76 quando leggiamo
che ‘’il Parlamento deve indicare al Governo i criteri e i principi direttivi’’ ha voluto
dire che la maggioranza ha il diritto di far scrivere al Governo un atto normativo
uguale a quello che avrebbe scritto il Parlamento.
I principi e criteri sono la parte più importante della delega, esse ci spiegano perché
alcune deleghe vengono date ma poi non vengono scritte, perchè o cambia la
maggioranza, o la maggioranza si indebolisce, o il governo cambia opinione.
Il decreto legislativo è il figlio della legge delega, sono due atti normativi separati, il
secondo però può esistere se non c’è il primo.
Il decreto legislativo viene di solito scritto da un ministro, quindi viene scritto
all’interno di un ministero e poi viene portato in approvazione al Consiglio dei Ministri.
Tutti gli atti normativi del governo vengono approvati in Consiglio dei Ministri. Dopo
l’approvazione viene inviato al Presidenze della Repubblica per quelle che viene
chiamata emanazione, un atto di controllo del PdR che verifica in modo macro la
legittimità costituzionale del decreto che il Governo ha approvato.
Prima fase: scrittura da parte del ministero.
Seconda fase: approvazione da parte del Consiglio dei Ministri.
Terza fase: emanazione.
Anche la terza fase di emanazione deve avvenire entro il termine. Almeno 20 giorni
prima della scadenza del termine il Governo invia la legge al PdR per l’emanazione. Il
governo può mandare il testo un giorno prima della scadenza ma è chiaramente un
rischio grandissimo, poiché il presidente potrebbe far scadere la delega. Il PdR non è
obbligato all’emanazione, se individua elementi di incostituzionalità nel testo, lo invia
al Governo con le indicazioni delle parti che secondo lui vanno modificate.
Mentre con la promulgazione se il Parlamento approva per la seconda volta la stessa
legge il Presidente è obbligato a promulgare, in questo caso invece il PdR può opporsi
all’emanazione del decreto fin quando il Governo non accetta i cambi proposti dal
PdR al testo. In questo caso il Governo è quindi più debole del Parlamento.
La legge delega è fondamentale, perché quando il PdR va a verificare la leggittimità
del decreto legislativo, non controlla soltanto tutta la Costituzione, ma controlla nello
specifico anche l’articolo 76, questo significa che se il Governo nel dare attuazione
alla delega si è discostato dai criteri e principi direttivi, si è discostato dall’oggetto o
ha fatto scadere il termine, il Presidente non l’emanerà. La legge delega è norma
interposta, rispettando la legge delega, il Governo rispetta l’articolo 76 della
Costituzione. Un decreto legislativo può essere bloccato dal PdR o in futuro dichiarato
incostituzionale dalla Corte Costituzionale per un vizio specifico che si chiama eccesso
di delega.
2 Punti importanti: 1 Il Governo non è obbligato ad esercitare la delega, qualora
ritenga non condivisibili i principi e i criteri direttivi o se perde interesse a disciplinare
una determinata materia o se cambia maggioranza di Governo. 2 Il Parlamento può
ritirare la delega, lo fa approvando una legge che abroga la delega precedente. Si
abroga la delega con la stessa procedura con la quale è stata approvata (con l’articolo
72 quarto comma).
DECRETO LEGGE atto normativo più utilizzato ARTICOLO 77
Negli ultimi 10 anni abbiamo registrato una diminuzione dei decreti legislativi, mentre
il numero dei decreti legge è rimasto sempre molto elevato.
Primo motivo: le società oggi vanno molto velocemente e i tempi di approvazione di
una legge sono tempi che mal si conciliano con la dinamicità delle società
Il secondo motivo è la crescente rilevanza del governo, che ha un ruolo strategico nel
sistema istituzionale, e quindi ha la forza di mettere il Parlamento dinanzi al fatto
compiuto (ossia l’emanazione del decreto legge).
I decreti leggi quindi negli ultimi decenni hanno avuto grande fortuna perchè
rispondono ad un'esigenza e testimoniano la centralità del Governo che oggi ha un
rapporto di forza nei confronti della sua maggioranza parlamentare. Il Governo fa un
decreto legge, quando il Parlamento lo deve convertire ci appoggia la questione di
fiducia sopra (quindi di fatto è come se dicesse al Parlamento: o mi converti il decreto
legge oppure ci sarà, una crisi di governo, e i Parlamenti deboli come quello attuale
temono una crisi di Governo.
L’articolo 77 secondo comma ci dice che il Governo può adottare atti con forza di
legge, che noi chiamiamo decreti legge, se ricorrono queste 3 situazioni: casi
straordinari, di necessità e di urgenza.
Con casi straordinari la Costituzione intende cose che non possiamo prevedere (una
calamità naturale, l’andamento di un’epidemia). I casi straordinari sono nella lingua
italiana e nel diritto qualcosa che non è prevedibile. Questi casi straordinari devono
essere necessari, la situazione degenererebbe se noi non interveniamo, e di urgenza,
la degenerazione è suscettibile di avvenire in tempi rapidissimi. Vengono fatti decreti
legge quando la situazione non può aspettare i tempi parlamentari, quando i tempi
del Parlamento sarebbero troppo lunghi per prendere decisioni in quel campo.
Effettivamente sono tante le situazioni nelle quali c’è bisogno di prendere scelte
rapide (non è il caso ad esempio delle scelte etiche).
Come si adotta un decreto legge? Il decreto legge compare all’improvviso, se
l’obbiettivo del decreto legge è prendere di sorpresa i cittadini, allora noi del decreto
legge non dobbiamo sapere nulla fino al momento in cui non viene approvato dal
Consiglio dei Ministri. Il decreto legge è un atto normativo che viene scritto nel
silenzio, in segreto. Il decreto legge dopo essere stato approvato dal Consiglio dei
Ministri viene emanato dal PdR (anche in questo caso il PdR può non emanarlo). Si
dice che il decreto legge è stato approvato salve intese, ovvero si è d’accordo su quello
che si deve scrivere ma viene scritto con calma, per decidere come scriverlo
giuridicamente. Il giorno dopo il decreto entra immediatamente in vigore, non c’è
vacatio regis (entra subito in vigore, non ci sono i 15 giorni della vacatio legis) e il testo
viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e in Parlamento va il disegno di legge di
conversione, questo perché il decreto legge è un atto provvisorio, un atto normativo
che il decreto ha approvato senza avere l’autorizzazione del Parlamento. Il decreto
legge vale solo per 60 giorni dal momento della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Il disegno di legge di conversione è composto da 2 articoli, all’articolo 1 c’è scritto è
convertito in legge il decreto legge numero …TOT… , il secondo comma dice che la
presente legge entra in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
In 60 giorni deve essere approvato dal Parlamento, e durante l’iter parlamentare si
arricchisce, perché il Parlamento ha il diritto di migliorare il testo del decreto legge
come vuole. Il Parlamento approva quindi una legge che sarà composta da molti più
articoli. Successivamente ci sono 30 giorni per la promulgazione, ma deve essere
convertito in legge in 60 giorni altrimenti il decreto legge decade ed è come se non
fosse mai esistito.
LA LEGGE RISANATORIA DAL LIBRO

Con un emendamento il Parlamento può aggiungere qualcosa che nel decreto legge
non c’era, un articolo in più, che entra in vigore quando entra in vigore la legge di
conversione, perché è una volontà del Parlamento che non aveva espresso il Governo.
Se invece il Governo con un emendamento sopprime un articolo che era presente nel
decreto legge, questa soppressione entra in vigore retroattivamente, perché
l’emendamento che sopprime un articolo corrisponde a mancata conversione di
quell’articolo, quindi è retroattiva (quell'articolo è come se non fosse mai esistito).
Nel caso di un emendamento che modifica un articolo che era contenuto nel decreto
legge, il testo modificato entra in vigore con la legge di conversione. Quindi le
modifiche che il parlamento produce se sono aggiunte o sono modifiche entrano in
vigore con la legge di conversione, perché volontà del Parlamento.
La reiterazione consiste nella prassi per cui, trascorsi 60 gg, senza che il parlamento
abbia proceduto alla conversione, il governo emana un nuovo decreto legge che
riproduce in sostanza quello precedente, ‘’sanandone’’ gli effetti.
-La Corte costituzionale dal 96 ci dice che la reiterazione è vietata, perché’ trascorsi
60 giorni se non ci sono più gli straordinari motivi di necessità ed urgenza bisogna
scegliere la via ordinaria (è molto improbabile che dopo 60 giorni la situazione di
estrema necessità e urgenza sia ancora in atto).
-Non si possono fare decreti legge che disciplinano cose eterogenee tra loro. Un
decreto legge-Un’ oggetto. Il parlamento in sede di conversione on può introdurre
norme giuridiche che non hanno niente a che fare con l’oggetto del decreto legge (la
Corte Costituzionale lo chiama divieto di norme incluse).
E’ giusto che il governo metta la questione di fiducia su un decreto legge perchè esso
è adottato dal governo sotto la propria responsabilità, come dice la costituzione. l
governo ha il diritto che il parlamento non gli stravolga completamente il testo, di
poter chiedere alla maggioranza parlamentare il rispetto del progetto che era alla
base di quel decreto.
IL PRESIDEDENTE DELLA REPUBBLICA
Il Presidente della Repubblica è l’organo più interessante al quale i nostri costituenti
volevano attribuire meno poteri possibile, è un organo che nella previsione
costituzionale doveva essere un organo con pochissimi poterei, per lo più di tipo
rappresentativo ma che invece negli anni si è trasformato in un arbitro del
funzionamento del sistema costituzionale. Il Presidente della Repubblica era stato
pensato dai costituenti come un organo che non parlava, ma scriveva ed era stato
pensato ad un Capo di Stato con pochissimi poterei, con un ruolo essenzialmente
rappresentativo; ma l’evoluzione in questi 70 anni ha consentito al PdR di utilizzare
quanto è previsto in Costituzione in modo sempre più forte, non per accrescere il
proprio potere ma per garantire la continuità degli organi costituzionali e per
garantire che il Parlamento e Governo abbiano un interlocutore che li controlli
durante la loro attività. Questo vuol dire che se il Parlamento approva una legge e
questa legge è incostituzionale, non possiamo aspettare le sentenze solo della Corte
Costituzionale perché potrebbero arrivare dopo anni, questo compito spetta anche al
PdR.
Fino ad oggi non abbiamo cambiato un solo articolo che riguarda il PdR.
I primi elementi che riguardano il PdR:
Inanzitutto il PdR è un organo costituzionale che noi definiamo superpartes, la Corte
Costituzionale ci dice che il PdR è titolare di un potere proprio, è un potere a se stante,
è un quarto potere, autonomo con competenze proprie, che possono essere
esercitate soltanto dal PdR (non esercita il potere esecutivo, legislativo, giudiziario). Il
PdR è sia il Capo di Stato che Presidente della Repubblica, ma sappiamo che Stato e
Repubblica non sono sinonimi, quindi il PdR svolge due funzioni: da un lato è il Capo
dello Stato (lo Stato inteso come lo forma di organizzazione del potere politico
formato da Popolo, Territorio e Sovranità), quindi da un lato è capo di uno degli enti
territoriali che forma la Repubblica, ma è anche il presidente della Repubblica, ovvero
il rappresentante dell’unità nazionale che vede al suo interno comuni, città
metropolitane, regioni, stato ecc.. Il PdR svolge quindi due ruoli, da un lato quello
all’interno di uno Stato (di cui è il capo) e dall’altro quello di rappresentante dell’unità
nazionale in quanto è Presidente della Repubblica, è il soggetto chiamato a ridurre ad
unità tanti enti territoriali ognuno con le proprie competenze.
In Francia, Germania e Gran Bretagna solo la Francia è uno stato unitario ( quindi
quello che dice lo stato centrale vale), in Germania e Gran Bretagna non è così
(nonostante ciò quando lo stato centrale ha deciso il lockdown si è fatto, questo non
perché il governo centrale prevale ma perché in caso di emergenza decide l'ente
territoriale più grande).
Il PdR è il supremo garante della Costituzione, questo ruolo lo condivide con la Corte
Costituzionale, PdR e Corte Costituzionale sono due organi costituzionali di controllo,
esercitano quello che noi chiamiamo indirizzo politico costituzionale, hanno il ruolo
di garantire il rispetto della Costituzione. Il Pdr fa un controllo su i comportamenti, la
Corte fa un controllo su gli atti. Il Pdr è quello che interviene subito, quando la
decisione non è ancora presa o quando c’è un problema da risolvere, la Corte
Costituzionale interverrà poi dopo su gli atti.
Il PdR è un arbitro, svolge un ruolo di intermediazione. Il ruolo del presidente come
arbitro cambia a seconda della situazione, se il sistema politico funziona
correttamente da solo, il PdR ha un ruolo marginale, se maggioranza e Governo
funzionano è meglio non alterare il buon funzionamento. Un buon arbitro è quello
che se vede che il sistema non funziona deve assumere un ruolo forte, e prendervi la
responsabilità delle decisioni. Il ruolo di mediazione politica è un ruolo fondamentale
del PdR, è colui che deve risolvere una crisi se c’è una crisi, ma non deve scatenarne
una se questa crisi non c’è.
Al PdR chiediamo di dimenticarsi della parte politica della quale in passato è stato
rappresentante, ma di fare ciò che è giusto, e non quello che la sua parte politica
vorrebbe.
CHI PUO’ DIVENTARE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA?
La nostra Costituzione prevede 3 requisiti per potere diventare PdR ( a questi 3 noi
aggiungiamo un quarto):
1 L’età: la nostra Costituzione prevede che il PdR debba avere almeno 50 anni, in Italia
non abbiamo mai avuto presidenti che avessero meno di 70 anni.
2 Il PdR deve essere cittadino italiano (la cittadinanza è richiesta per qualsiasi funzione
pubblica, tranne per i professori universitari che possono essere anche cittadini di un
altro paese.
3 Il PdR deve godere di diritti civili e politici, quindi non deve avere subito condanne
che comportano l’iscrizione nel casellario giudiziario, deve avere una fedina penale
immacolata
A questi 3 requisiti previsti dalla costituzione ne aggiungiamo un quarto, esso è il più
importante: il PdR deve aver rivestito almeno un incarico costituzionale, ad esempio
deve essere stato alemno ministro, almeno Presidente di una delle due Camere,
almeno Governatore della banca d’Italia, commissari europei (Mario Monti). Il PdR
deve conoscere dall’interno il funzionamento del sistema istituzionale, è un requisito
fondamentale.
CHI ELEGGE IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA?
Il PdR è eletto dal Parlamento in Seduta Comune, al quale noi aggiungiamo tre
delegati per regione (la Val d’Aosta ne manda solo uno per rappresentanza avendo
una popolazione bassissima). 54 delegati regionali erano poca cosa in confronto ai
630 deputati e 315 senatori. Con la riduzione del numero dei parlamentari i 54
delegati regionali assumono un peso più significativo, non sono più 54 su 1000 ma 54
su 605, quindi il loro peso e la loro percentuale aumenta. Ciò non è un danno poiché
essendo il Presidente della Repubblica non c’è nessun male se le regioni hanno più
importanza nella sua elezione, bisogna però ricordare anche che egli è Capo dello
Stato.
La Costituzione auspica che il Presidente sia un Presidente scelto da maggioranza e
opposizione e quindi prevede che nei primi 3 scrutini venga eletto a maggioranza dei
due terzi, quindi in questa maggioranza deve confluire almeno una parte
dell'opposizione, dopo questi 3 scrutini la maggioranza scende alla maggioranza
assoluta (la metà +1 degli aventi diritto). . Si faranno quindi infiniti tentativi finche non
si troverà la maggioranza assoluta.
Un Presidente eletto nei primi 3 scrutini è un presidente forte, perché è un presidente
che è stato scelto da maggioranza e da una parte dell’opposizione, è un presidente
libero da subito (ringrazia tutti perché non deve la sua elezione a un partito essendo
stato eletto con i due terzi, quando ringraziano tutti in realtà non si ringrazia nessuno).
Un PdR eletto a maggioranza assoluta è un presidente che sa benissimo che quella
carica la va a ricoprire perché ha avuto l’appoggio determinate di determinati partiti.
L’esperienza ci dice che nei primi anni questo presidente è un po’ legato nelle
decisioni, nel senso che non vuole scontentare quei partiti politici che lo hanno eletto.
QUANTO DURA IL MANDATO DEL PDR?
Il mandato del PdR dura 7 anni, è la seconda carica più lunga dopo quella del
Parlamento e non è esclusa la rielezione. La Costituzione non esclude la rielezione,
anzi cerca di disciplinarla prevedendo quello che noi chiamiamo semestre bianco
(sono gli ultimi 6 mesi del mandato del PdR, negli ultimi 6 mesi del suo mandato il PdR
non può scogliere anticipatamente le camere. La Costituzione cerca di evitare un
possibile accordo tra PdR e Governo utile a favorire uno scioglimento anticipato che
favorisca il Governo e che sia ottenuto in cambio della promessa di una rielezione del
PdR.
Es. Parlamento in carica da 3 anni, il Governo e la sua maggioranza vanno benissimo,
il PdC va dal PdR e chiede lo scioglimento e il PdR dice di no perché il Governo gode
di una buona maggioranza. Parlamento in carica da 4 anni, il PdC va dal PdR, il
Governo sta andando bene in quel momento e il quarto anno della legislatura coincide
con gli ultimi 6 mesi del mandato del PdR, e il PdC promette la rielezione al PdR in
cambio dello scioglimento delle Camere anticipato, invece di lasciare lo scioglimento
al tuo successore. Per evitare ciò la Costituzione dice che nei 6 mesi che precedono la
fine del mandato del PdR , il PdR non ha il potere dello scioglimento anticipato delle
Camere. L’unica eccezione, introdotta negli anni 90’ è quando il PdR e Parlamento
scadono negli stessi 6 mesi, viene detto ingorgo Costituzionale.
Lo scioglimento si può fare solo se in quei sei mesi finisce il mandato del presidente e
allo stesso tempo termina quello della legislatura. (in modo da eleggere prima le
nuove camere e poi convocare il parlamento in seduta comune, questo per la
motivazione riportata qui sotto).
Se il PdR scade ad aprile, a marzo dobbiamo convocare il parlamento in seduta
comune, quello che stiamo convocando è un parlamento un po’stantio, non fresco.
Quando un parlamento nasce è la fotografia della volontà popolare, ma dopo 4/5 anni
difficilmente il parlamento rappresenta ancora il punto di vista degli elettori.
Nel caso del Presidente Napolitano, il presidente aveva sciolto anticipatamente le
camere proprio per consentire la nascita di un nuovo Parlamento, e quindi la
possibilità di un Parlamento nuovo che eleggesse il PdR. Dopo quelle elezioni si
verificò una situazione particolare, in cui in una camera vi era una maggioranza e in
nell’altra Camera c’era un’altra maggioranza. Per circa un mese il Parlamento in
Seduta Comune provò ad eleggere un PdR, ma alla fine fu chiesta la rielezione a
Napolitano, il quale chiese di essere rieletto a maggioranza dei due terzi.
Nonostante il PdR viene eletto a scrutinio segreto, questo significa che in parlamento
si controllano i voti, i partiti si danno dei segnali, ad es. il partito A votò Giorgio
Napolitano, il patito B votò Napolitano Giorgio, il partito C votò G. Napolitano. Questo
perché i partiti, avendo preso l’impegno con il Presidente Napolitano a garantirgli il
superamento della maggioranza dei 2/3 si erano dati un segnale. Quindi il partito A
doveva votare Giorgio Napolitano, il Partito B doveva votare Napolitano Giorgio, il
partito C doveva votare G. Napolitano…
QUANDO TERMINA IL MANDATO IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA?
Il mandato del Presidente della Repubblica termina quando il PdR conclude i 7 anni e
questo è l’unico caso in cui il PdR va in prorogatio (continua a svolgere le sue funzioni
fino a quando non viene eletto il suo successore). Nel caso in cui invece viene
sostituito o si dimette prima prende il suo posto il presidente del Senato. I PdR hanno
quasi sempre completato il loro mandato, non abbiamo mai avuto un PdR deceduto
durante il mandato. 3 PdR in Italia si sono dimessi, le dimissioni sono un atto
personale, il Pdr ha sempre il diritto di dimettersi.
Abbiamo avuto 3 dimissioni diverse. Il Presidente Napolitano si è dimesso perché era
il suo secondo mandato e aveva avvisato che si sarebbe dimesso prima. Il Presidente
Giovanni Leoni si è dimesso perché fu coinvolto in uno scandalo, e per evitare di
bloccare la giustizia durante tutto il suo mandato decise di dimettersi. Il presidente
Segni si dimise poiché durante il suo mandato fu colpito da un ictus che lo fece andare
in coma. A quel punto l’Italia si accorse che la nostra Costituzione non ha un modo
per risolvere la questione dell’impedimento permanente del PdR. Il presidente Segni
si svegliò improvvisamente dal coma, firmò le dimissioni e dopo tornò in coma (questa
è la versione ufficiale, non si sa se sia attendibile al 100%).
Un PdR non decade, la decadenza è la perdita di un requisito necessario all’elezione,
si può avere solo se il pdr rinuncia alla cittadinanza italiana, il che è quasi impossibile.
Destituzione, è la conseguenza della condanna del Presidente della Repubblica per
attentato alla Costituzione o per alto tradimento, non è mai capitato in Italia.
Dopo la fine del mandato diventa automaticamente senatore a vita, ma può
rinunciare a questo incarico.
Il PdR è in servizio 24 ore al giorno, 365 giorni l’anno e per tradizione non esce mai
dall’Italia per motivi personali, il PdR è sempre nell’esercizio delle sue funzioni.
Ci sono due situazioni in poi potrebbe non essere disponibili: la malattia, o il viaggio
di stato all’estero, il pdr lascia l'Italia per fare un viaggio di stato ( 3/4 giorni, ma ci
sono stati anche casi di viaggi durati più settimane, ad esempio Napolitano in Cina).
Questi due casi così diversi sono entrambi casi di IMPEDIMENTO TEMPORANEO, il
Presidente non può esercitare tutte le funzioni che normalmente svolge, quindi non
può firmare una nomina, non può fare una promulgazione, non può risolvere una crisi
di governo.
Tutte le sue funzioni passano al Presidente del Senato? Bisogna fare una distinzione,
se l’impedimento è causato da motivi di salute, il Presidente del Senato sostituisce
interamente il PdR, se invece il PdR sta rappresentando l’Italia all’estero allora il
Presidente del Senato può svolgere solo le funzioni che non possono essere ritardate
(la nomina di un questore, la nomina di un prefetto o di un ambasciatore).
Abbiamo avuto con il presidente Napolitano un chiarimento molto forte, il Presidente
del Senato non può promulgare una legge quando il PdR è in viaggio all’estero se non
concorda la promulgazione con il PdR, questa non è una regola scritta ma deriva da
un fatto avvenuto. Mentre era in viaggio napolitano chiese di non approvare una
legge fino al suo ritorno in Italia, in caso contrario sarebbe stato costretto ad
interrompere il suo viaggio di Stato per tornare in Italia e controllarla (alla fine la legge
non è stata approvata).
POTERI DEL PdR NEI CONFRONTI DEL PARLAMENTO
Il PdR è un soggetto che ha poteri propri, in parte ha poteri che ha ereditato dal re
(poteri di tipo rappresentativo), in parte ha poteri che derivano dal proprio ruolo di
garante della Costituzione, essendo un quarto potere deve controllare gli altri 3:
legislativo, esecutivo, giudiziario. Se leggiamo gli articoli 87-88 leggiamo molti poteri
del PdR. Troviamo scritto che il PdR controlla tutto. Il potere del PdR non è superiore,
ma ha un potere di controllo degli altri 3 poteri.
In primo luogo il PdR esercita dei poteri nei confronti del Parlamento:
- La Costituzione ci dice che il PdR può sciogliere una o entrambe le camere. Non ne
può sciogliere una sola perché il nostro bicameralismo è perfettamente unitario e non
le può sciogliere negli ultimi 6 mesi del suo mandato a meno che non ci sia l’ingorgo
costituzionale. Il primo potere quindi è un potere di scioglimento
- Ha il potere di promulgare le leggi, che comprende in sé anche il potere di non
promulgarle. Non si può parlare di veto ostativo perché è un istituto nord americano
dove il PdR può porre il veto all’attuazione di una legge. Nel nostro sistema il PdR non
ha un potere di veto, ma ha solo un potere di rinvio, ovvero se il Parlamento riapprova
la stessa legge il PdR deve promulgarla. Negli Stati Uniti, così come nello statuto
albertino, il presidente può non promulgare la legge se politicamente non è d’accordo
con la legge, nel nostro Paese invece può rinviarla solo per motivi si incostituzionalità.
- Il terzo potere è un potere formale, a differenza dei primi due che erano poteri
sostanziali, questo terzo potere è più formale perché è logico se si sciolgono le camere
indire le nuove elezioni. A decidere la data delle elezioni è il Governo.
- L’ultimo potere del PdR nei conforti del Parlamento è la nomina dei 5 senatori a vita,
in Senato sono presenti degli ex senatori a vita che sono degli ex presidenti della
repubblica e che sono poi 5 senatori nominati dal presidente per altissimi meriti. I
senatori a vita di nomina presidenziale possono essere massimo 5.
Quindi nei confronti del Parlamento il PdR ha poteri importanti, scioglimento e
promulgazione, e poteri più formali, ossia l’induzione delle elezioni e la nomina dei
senatori a vita ( i senatori a vita svolgono le stesse funzioni di tutti gli altri senatori,
vanno nel gruppo misto per tradizione ma potrebbero anche rompere questa
tradizione ed andare in un gruppo politico e un tempo non votavano, o meglio
votavano sulle leggi etiche ma non votavano sulle leggi di carattere politico e non
votavano la fiducia, ora invece non è così; abbiamo avuto senatori a vita che hanno
votato la fiducia, mai nessuno la sfiducia, abbiamo avuto senatori a vita che hanno
votato su leggi di indirizzo politico.
POTERI DEL PDR NEI CONFRONTI DEL GOVERNO
La Costituzione gli affida un ruolo più incisivo nei confronti del Governo.
Il PdR innanzitutto lo nomina, il PdR è il responsabile di tutta la fase di formazione del
Governo, è il Presidente che decide se la crisi è risolvibile o meno (non lo decide da
solo, ma lo decide parlando con i partiti che gli danno le indicazioni).
Nomina anche il PdC e i Ministri. Tuttavia non può sceglierli da solo, non può scegliere
i ministri, ma può non nominare un ministro in questo caso ha il potere di veto sulla
nomina di un ministro.
Ha il compito di emanare gli atti normativi del governo (decreti legge e decreti
legislativi). Ha un potere forte in questo caso perché non può essere obbligato
all’emanazione. È un potere molto più forte rispetto la promulgazione.
C’è poi un quarto potere che il Presidente non esercita quasi mai: il disegno di legge
deve essere autorizzato dal PdR rima di essere presentato in Parlamento. Il PdR può
non autorizzare il disegno di legge? Ci sono due correnti di pensiero. Una linea di
pensiero dice NO, non può rifiutare l’autorizzazione. Secondo la maggior parte degli
studiosi il Presidente ha un potere di non autorizzare ma solo qualora il disegno di
legge, qualora venisse approvato violasse uno dei principi fondamentali (primi 12
articoli, articoli 139 e separazione dei poteri). Cosa fa il Governo se il PdR rifiuta
l’autorizzazione? Può far presentare il disegno di legge dagli stessi parlamentari della
maggioranza, aggirando così il divieto, perché i parlamentari non hanno limiti nella
presentazione di un disegno di legge.
POTERI DEL PDR NEI CONFRONTI DELLA MAGISTRATURA
Il PdR presiede il Consiglio superiore della magistratura, che è l’organo di autogoverno
dei magistrati, per ricordare ai magistrati che essi sono un potere autonomo ma non
indipendente.
Quindi il PdR interviene su tutti e gli altri 3 poteri, ma accanto a questi ha anche altri
poteri:
- E’ il Capo dello Stato.
- indice il referendum (abrogativo, costituzionale o confermativo). L’induzione del
referendum è un potere formale, perché la data del referendum la decide il Governo.
- Nomina i funzionari di Stato: è un potere solo formale che deriva dal fatto che il re
faceva così, ma in realtà li decide il Governo.
- Nomina 5 giudici della Corte Costituzionale: è un potere sostanziale, è un potere
sostanzialmente presidenziale.
- Ratifica i trattati internazionali: è un potere formale, in realtà è il Parlamento che
decide i rapporti con altri Stati.
- Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici: potere formale, in realtà appartiene
al Governo.
- Ha il comando delle forze armate: è un potere formale, non è il PdR che decide la
politica militare del nostro Paese. L’unica eccezione fu Napolitano che doveva
decidere l’intervento militare in Libia, il quale aderì a questa missione.
-Può concedere la grazia e commutare le pene. Commutare una pena significa
trasformare una pena detentiva in una pena pecuniaria, è una cosa abbastanza
frequente nel nostro paese. Per quanto riguarda la grazia è una questione ben più
complicata. L’amnistia cancellata il reato e l’indulto cancella la pena. L’amnistia
pulisce la fedina penale, l’indulto no però cancella la pena, la grazia è un
provvedimento individuale, con il quale il PdR cancella la pena nei confronti di una
persona che sta scontando la detenzione per aver commesso un reato. Prima del 1999
il Ministero si chiamava Ministero della Grazia e della Giustizia; oggi si chiama
solamente della giustizia perché una sentenza della Corte Costituzionale, sollecitata
da un ricorso del presidente Ciampi ha stabilito negli anni 90’ che la grazia è un potere
del PdR e non è un potere del governo, quindi noi fino agli anni 90’ eravamo convinti
che la grazia fosse un potere Governativo e quindi il potere del PdR fosse un potere
soltanto formale, invece, negli anni 90’ si venne a creare un problema tra il presidente
Ciampi e il ministro della giustizia. Perché venne chiesto al PdR di concedere la grazia
ad un ex terrorista. Il PdR voleva concederla, il Ministro della Giustizia non voleva
concederla. La Corte Costituzionale decise che questa decisione spettava al PdR
perché si tratta di un atto individuale di clemenza che non può avere nessuna
valutazione politica ma ha posto anche dei paletti per dare la grazia: la persona in
primo luogo si deve proclamare colpevole, si dà la grazia solo a chi ha accettato la
condanna e si è considerata colpevole; il secondo paletto è che la persona deve aver
scontato buona parte della pena, quindi almeno metà della pena che gli è stata
inflitta. Terzo paletto: ci deve essere un motivo umanitario per concedere la grazia,
una malattia ad esempio.
Nel caso la terrorista la persona era solo malata, ma si era proclamata innocente, fu
infatti una decisione molto contestata. In ogni caso attualmente è il PdR a decidere
personalmente se dare o non dare la grazia.
Nel momento in cui si concede ad un organo costituzionale un potere si possono
mettere tutti i paletti che si vogliono ma il potere di quell’organo rimane un potere
pieno.
ARTICOLO 89
L’articolo 89 della costituzione ci dice che tutti gli atti presidenziali non sono validi se
sotto la firma del presidente non c’è anche una controfirma del ministro proponente
(controfirma ministeriale). Proponente significa che il PdR firmava solo cose che gli
venivano proposte, la Costituzione aveva pensato ad un Presidente che firmava e
basta, ora invece che molti atti che il PdR firma non gli vengono solo proposti, non
vengono fatti dal governo, ma scelti dallo stesso Presidente.
Noi parliamo di 3 diversi tipi di atti presidenziali:
1 Atti formalmente presidenziali, ma sostanzialmente governativi (firma un qualcosa
scritto dal governo, non da lui) Il Governo scrive, PdR prima legge, controlla e poi
firma, il ministro controfirma e si prende la responsabilità, ad esempio con l’induzione
delle elezioni.
2 Atti formalmente e sostanzialmente presidenziali (scritti e firmati dal presidente,
ovviamente con la controfirma del ministro, come la grazia). Il presidente scrive,
firma, e il ministro dopo aver controllato controfirma e si prende la responsabilità di
aver controllato bene. È una responsabilità giuridica, chi sbaglia a controllare fa lo
stesso errore di chi ha scritto.
3 Atti complessi uguali: sono solo 2, lo scioglimento anticipato delle Camere e la
nomina del Presidente del Consiglio. Questi atti non vengono controfirmati da un
Ministro ma direttamente dal Presidente del Consiglio. Il potere è del PdR, ma questi
due atti non si possono fare se non è d’accordo anche il PdC. Lo scioglimento delle
Camere è un potere del PdR ma la Costituzione non vuole che il PdR possa sciogliere
le camere quando non c’è motivo per sciogliere, quindi il PdC deve essere d’accordo
con il PdR per sciogliere.
6/11
La controfirma ministeriale, prevista dall’articolo 89 della Costituzione, da un lato la
controfirma limita il potere dal presidente, dall’altro esonera il presidente da ogni
responsabilità. Quindi Una volta che il ministro ha controfirmato la responsabilità
giuridica passa dal presidente al ministro. I ministri nell'esercizio delle loro funzioni
hanno una responsabilità amministrativa, civile e contabile, il PdR invece non ha
queste responsabilità per ciò che firma nell’esercizio delle sue funzioni. Il Presidente
della Repubblica nell’esercizio delle sue funzioni non ha responsabilità giuridica, ce
l’ha invece il ministro che ha controfirmato. Per quanto riguarda la responsabilità
politica, bisogna tenere del conto del fatto che essendo rieleggibile, fa si che il PdR ha
una responsabilità politica nei confronti del Parlamento. I parlamentari hanno una
responsabilità politica nei confronti dei cittadini perché si ricandidano. La
responsabilità politica è la responsabilità che un soggetto ha nei confronti di chi lo
elegge, e la responsabilità di agire nell'interesse di chi l’ha eletto il parlamento nei
confronti del popolo, i ministri e il PdR nei confronti del parlamento). Tuttavia i PdR
non si sono mai ricandidati, quindi la responsabilità politica è marginale.
La responsabilità penale è personale, ognuno è responsabile delle azioni che compie,
se queste azioni sono contrarie alla pacifica convivenza.
Il PdR è un organo che noi definiamo monocratico (ossia che la persona coincide con
l’organo. Persona e carica coincidono.
Il PdR non può neppure essere sospettato di aver commesso un reato, durante il suo
mandato non può essere processato o indagato. Questa è detta inprocidibilità: il PdR
come persona non può essere sottoposto a nessun procedimento giudiziario. Verrà
indagato quando terminerà il suo mandato. Perché non possiamo sopportare che il
rappresentante del nostro paese del mondo abbia una macchia sulla fedina penale. Il
primo PdR Italiano ad essere stato indagato è stato Giovanni leone, il quale fu
coinvolto nello scandalo lockheed. cioè l’ipotesi che alcuni politici e ministri negli anni
60 abbiano ottenuto tangenti dalla lockheed (agenzia aerea attualmente non
esistente) per comprare aeroplani che poi cadevano. Giovanni Leone avrebbe potuto
terminare il proprio mandato e poi dopo consentire di essere indagato e quindi si
dimise e fu indagato ma non c’era nessun elemento a suo carico e non fu processato.
Il secondo è stato il presidente Corsiga, il quale fu accusato da alcune persone di aver
fatto parte negli anni che vanno dal 43 al 46’ di un’associazione paramilitare di destra
(gladio), che andava a ‘’cercare’’ i partigiani per regolare i conti. Corsiga non si dimise.
L’improcedibilità è necessaria per evitare che per liberarsi di un PdR scomodo si possa
mettere in campo una notizia di reato senza nessun fondamento.
La possibilità che il PdR commetta reato è quasi possibile perché non ha responsabilità
penali se non per due reati gravissimi: l’alto tradimento e attentato alla Costituzione.
Due accuse gravissime, per le quali viene indagato dal Parlamento e processato dalla
Corte Costituzionale.
Il PdR è una personalità che diviene PdR al termine di una carriera istituzionale molto
intensa, al quale il sistema istituzionale assegna il ruolo di essere risolutore di conflitti.
Proprio per questo suo ruolo molto complicato, il sistema istituzionale protegge il PdR
da qualsiasi ipotesi di reato che possa essere commessa durante il mandato, non può
essere indagato come persona durante il suo mandato. La sua sede ufficiale è il
Quirinale, è importante che vivi in questo luogo, ma viverci significa non avere
riservatezza. Alla rielezione del PdR Napolitano, la moglie non la prese bene poiché
essendo ottantenne come il marito voleva vivere una vita più privata, e chiese di
vivere in un'ala del quirinale molto riservata. Non esiste l’appartamento
presidenziale, il presidente ha la sua intimità solo nella camera da letto e in bagno,
non pranza e non cena da solo. Questo ci fa capire che la possibilità che commetta
un reato è molto remota, anche perché non ha un telefono realmente personale,
tutte le telefonate sono filtrate e controllate.
CORTE COSTITUZIONALE
È l'organo più complesso del nostro sistema istituzionale. Bisogna ricordare che la
nostra costituzione è una costituzione rigida, ovvero che non può essere modificata
da fonti di grado inferiore, che può essere modificata solo da un procedimento
aggravato e che c’è un organo costituzionale che ne garantisce la rigidità. L’Italia, così
come altri stati in Europa, ha scelto di far garantire la rigidità della Costituzione a un
organo (la Corte Costituzionale in Italia, in Inghilterra la Camera dei Lord).
Negli stati uniti, e in tutti gli altri paesi che hanno un modello di sindacato di
costituzionalità diffuso, il compito di garantire la rigidità della costituzione appartiene
ad ogni giudice, il che significa che ogni giudice ha il diritto di non applicare una legge
che considera incostituzionale, se non la applica però la legge non scompare, al
contrario rimane, soltanto che quel giudice la considera incostituzionale. Questo
sistema di sindacato di costituzionalità diffuso è comprensibile soltanto in un sistema
in cui è presente una integra fiducia nella capacità dei giudici di valutare se una legge
è costituzionale o meno.
In Italia invece abbiano un sistema di costituzionalità accentrato, il compito spetta ad
un solo organo, un'unica Corte chiamata a decidere se una legge è costituzionale
oppure no. Lo svantaggio principale di questo sistema è la lentezza, possono passare
anni prima che una legge venga definita incostituzionale, e durante il corso di questi
anni la legge verrà comunque applicata. Il vantaggio è che una volta che la legge viene
dichiarata incostituzionale scompare definitivamente dall’ordinamento giuridico.
(Cosa che non accade negli stati uniti, dove c’è una differenza di interpretazione).
L’Italia ha aderito al sistema di costituzionalità accentrato, affidando questa
competenza alla corte costituzionale.
La Corte è un giudice, è composta da giuristi. Mentre chiunque può diventare ad
esempio parlamentare, possono diventare giudici della corte soltanto i magistrati e
giudici con una certa anzianità e professori di materie giuridiche (come Anna Papa).
Il giudice costituzionale ha una formazione tecnica, è una persona che guarda il diritto
da 3 punti di vista; il che significa che la Corte non può essere composta solo da
Magistrati, non solo da avvocati e non può essere composta solo da professori
universitari. Ci devono essere tutte e 3 le componenti. Servono gli avvocati per
guardare la legge con l’occhio di chi deve difendere qualcuno, servono gli occhi del
magistrato che deve decidere cosa è giusto e cosa non lo è, servono gli occhi del
professore, ovvero chi studia se la legge è compatibile o meno con la nostra
Costituzione.
La corte è composta da 15 giudici, che vengono scelti da 3 soggetti diversi, 5 giudici
sono eletti dal parlamento in seduta comune con la maggioranza dei ⅗ (È una
maggioranza così alta per evitare che la maggioranza di governo possa scegliersi da
sola i giudici costituzionali).
5 giudici sono eletti dalle supreme magistrature (Corte di cassazione, Consiglio di
Stato, Corte dei conti), abbiamo magistrati che eleggono magistrati. Quindi 5 sono
sicuramente magistrati.
5 vengono nominati dal Presidente della Repubblica, questa è una nomina molto
importante, perché il PdR deve cercare di bilanciare quello che non hanno fatto gli
altri due soggetti che scelgono. (I magistrati scelgono magistrati, il Parlamento
soprattutto avvocati o professori, se ad esempio sceglie avvocati allora il PdR sceglierà
professori, in modo da equilibrare la composizione della Corte Costituzionale. Il PdR
infatti elegge principalmente donne, perché generalmente non vengono scelte dagli
altri due soggetti).
I giudici della Corte Costituzionale restano in carica esattamente 9 anni, è la carica più
lunga. Il singolo giudice resta in carica 9 anni perché la Corte non scade mai, perché
la CC è un organo permanente e quindi non va in prorogatio. Un giudice può mancare
o si può dimettere, se viene a mancare un giudice eletto dal parlamento in seduta
comune allora il parlamento in seduta comune ne deve eleggere un altro. Se si
dimette un giudice eletto dalla Corte di Cassazione allora la corte di cassazione ne
eleggerà un altro. Se si dimette un giudice nominato dal PdR allora il PdR ne nomina
immediatamente un altro. L’orano che ha più difficoltà ad eleggere i giudici è il
parlamento in seduta comune non è sempre tempestivo nell’elezione, per questo è
previsto che la corte possa funzionare anche con un minimo di 11 giudici; questo
numero poiché vale a dire che c’è almeno un giudice eletto da ognuno dei tre soggetti
che li scelgono. I giudici della corte godono della stessa immunità dei parlamentari.
Non godono invece dell'insindacabilità perché hanno l’obbligo del segreto d’ufficio,
non sono rieleggibili, terminati i 9 anni smettono definitivamente di essere membri
della corte. In Italia non si applica il principio della dissenting opinion, cioè significa
che le decisioni della Corte sono prese formalmente all’unanimità come per il
Governo. La Corte costituzionale decide a maggioranza, il voto è segreto, i giudici
hanno il divieto di parlare delle sentenze della quale la Corte si è occupata. Non vi è
un’età minima.
LE COMPETENZE DELLA CORTE COSTITUZIONALE. La corte ha 4 competenze:
1 L’ammissibilità del referendum abrogativo, la corte è chiamata a verificare che il
quesito non sia in contrasto con nessun articolo della costituzione.
2 Il giudizio sul Presidente della Repubblica: il PdR non è perseguibile se non per alto
tradimento e attentato alla costituzione. La norma sull’alto tradimento è scritta nel
codice penale militare. Con alto tradimento si intende il comportamento di un
cittadino che si mette d’accordo con un soggetto, anche straniero, a danno del
proprio paese. Il reato è più grave se commesso da un soggetto che ricopre una carica
pubblica. I soggetti istituzionali che giurano sono solamente due, l PdR e i Ministri,
giurano sotto forma di atto formale e hanno un dovere di fedeltà alla repubblica più
forte di ogni altro cittadino del nostro paese perché sono i soggetti che più potrebbero
danneggiare il loro paese con un comportamento infedele. Come potrebbe il PdR
commettere altro tradimento? In tantissimi modi come prendere accordi con una
potenza straniera o prendere tangenti.
Molto più complessa è l’ipotesi di attentato alla Costituzione. Perché in questo caso
non esiste nessuna norma che ci indichi la fattispecie, non esiste la fattispecie
dell’attentato alla Costituzione. La fattispecie è la disposizione che ci dice qual è
l’esempio a cui noi dobbiamo fare riferimento. Nel caso dell’attentato alla
Costituzione noi non abbiamo la fattispecie, abbiamo una fattispecie in bianco.
ESEMPIO Se un PdR cominciasse a non promulgare più leggi porterebbe alla
conseguenza di un totale ingolfamento dei lavori parlamentari e l’impossibilità del
Parlamento di approvare le leggi. Un PdR he sceglie a ‘’caso’’ il PdC potrà essere
portato davanti alla Corte Costituzionale per attentato alla Costituzione.
Chi può indagare il PdR? Il Parlamento in seduta comune, si dice che il Parlamento in
seduta comune ha il potere di mettere in stato di accusa il PdR. Nel Parlamento in
seduta comune la decisione di mettere in stato di accusa è una decisione che viene
presa dai soli parlamentari, senza il Presidente, perché deve sentirsi libero di valutare
la relazione della giunta che ha predisposto l’istruttoria e voterà se mettere in stato
di accusa il presidente o meno. Se il Parlamento in seduta comune decide di mettere
in stato di accusa allora il PdR allora inizia il processo davanti alla Corte Costituzionale.
La sua composizione viene integrata da 16 cittadini, che vengono sorteggiati da un
elenco di 40, che viene votato ogni 9 anni dal Parlamento in Seduta Comune. Nel
valutare il comportamento del PdR abbiamo bisogno anche di un occhio politico,
questa componente politica è in maggioranza, 16 a 15.
Cosa accade se il PdR viene condannato?
Innanzitutto la pena è quella prevista dal codice penale più 1/3. (ergastolo + 1/3) e
viene dichiaro destituito, con la destituzione il presidente perde il diritto di diventare
senatore a vita, perde i diritti politici e soprattutto viene immediatamente rimosso
dalla carica di Presidente. La destituzione dall’incarico è la perdita dell’incarico per
indennità. Anche un funzionario pubblico può essere destituito, e se un funzionario
pubblico viene destituito non potrà mai assumere un impiego pubblico nella sua vita
perché significa che è stato cacciato con indennità. Le due fattispecie di reato che
vanno davanti alla Corte Costituzionale sono due fattispecie molo difficili della quale
abbiamo bisogno della competenza di un giudice che è il giudice delle leggi (o Corte
Costituzionale).
Ma se il PdR si dimette prima della messa in stato di accusa? Il PdR che si dimette
prima dell’avvio del procedimento della messa in accusa sarà processato come un
normale cittadino. Ma se invece il procedimento di stato di accusa viene avviato allora
il procedimento non si può più fermare, non si può impedire al PdR di dimettersi ma
verrà comunque processato dalla Corte Costituzionale come se fosse ancora in carica.
Le altre due competenze della Corte Costituzionale sono le più importanti e sono:
3 Conflitto di attribuzioni o conflitto di competenza. La terza competenza della Corte
Costituzionale è giudicare i conflitti di attribuzione: significa che due organi o due enti
si dichiarano entrambi competenti o entrambi incompetenti a fare una cosa. Il
principio della competenza è un principio complicato, quando c’ solo il criterio di
gerarchia è tutto più semplice, fonte di grado più alto prevale, ma oggi tutto è sempre
più organizzato in modo più orizzontale, quindi si deve capire chi è competente a fare
una determinata cosa. La Corte C. è chiamata a decidere quelle situazioni in cui due
soggetti si dichiarano entrambi competenti o incompetenti. Si occupa dei conflitti di
competenza tra stato e regioni, e conflitto di competenza tra poteri dello stato.
Conflitti di competenza tra stato e regioni: c’è quando sia uno stato che la regione si
dichiarano competenti (o incompetenti) ad adottare un regolamento, una ordinanza
o una delibera, ovvero tutto ciò che non è legge. Esempio: Cosa può fare una regione
che ritiene che debba essere uno stato a dichiarare una provincia una zona rossa?
Deve andare dalla Corte Costituzionale e chiedere se questa competenza appartiene
alla regione o allo stato (Attualmente lo stato dichiara rosse le regioni e lo stato
dichiara rosse le province).
Conflitto di competenza tra poteri dello stato: ma quali sono i poteri dello Stato? Ogni
camera del parlamento è un potere, ogni ministro è un potere, ogni magistrato è un
potere, tutto il governo è un potere, il presidente della repubblica è un potere e da
quest’anno anche ogni parlamentare è un potere. Possono presentare ricorso davanti
alla Corte Costituzionale tutti questi poteri. Un potere dello Stato alla corte chiede di
capire se la cosa che ha fatto un altro potere sia lesiva delle sue competenze, può
chiedere alla corte chi deve fare cosa, lamentando che un altro potere gli ha tolto una
competenza. Quando la Corte decide a quale potere appartiene una competenza,
quella competenza è PER SEMPRE.
ESEMPIO:Quando Sgarbi ottenne dalla sua camera di appartenenza una non
autorizzazione a procedere per una diffamazione (un giovane artista fu diffamato da
sgarbi in una trasmissione televisiva, querelò Sgarbi e chiese a un giudice di
condannarlo, la camera negò la condanna affermando che un parlamentare è sempre
insindacabile, il giudice a quel punto chiese alla Corte Costituzionale poteva davvero
rifiutare l’autorizzazione per una diffamazione). La corte stabilì che le camere non
possono negare l'autorizzazione a procedere quando l'oggetto della diffamazione non
è un qualcosa che il parlamentare ha detto nella Camera.
4 È la competenza più importante, è il motivo per cui esiste la Corte Costituzionale. Il
compito principale della Corte Costituzionale è garantire la rigidità della Costituzione.
Nel nostro paese a decidere cosa viola e cosa non viola la Costituzione è la corte
costituzionale.
La Corte Costituzionale controlla la costituzionalità delle fonti primarie : legge statale,
legge regionale. decreto legge e decreto legislativo (3 fonti statali e 1 regionale). Non
si occupa né dei trattati dell’unione europea, né degli statuti regionali, né delle leggi
di revisione costituzionale. Questo perché sono le 4 fonti che possono
immediatamente violare la Costituzione.
I motivi per i quali possiamo portare una legge davanti alla corte sono di due tipi:
-in primo luogo il vizio può essere di tipo formale, ossia che c’è stato un errore nel
procedimento di approvazione di un atto, non si è seguita la procedura prevista dalla
Costituzione o dagli statuti regionali per quell’atto (ad esempio con l’eccesso di delega
del decreto legislativo, quando l’approvazione avviene dopo la scadenza della delega).
-i vizi più frequenti sono quelli sostanziali: ovvero che una fonte, o un solo articolo di
quella fonte, ha violato il contenuto di un articolo della Costituzione, è una cosa molto
grave, perché significa che il Parlamento/Consiglio regionale non ha compreso cosa la
costituzione gli consente o meno di fare. L’articolo sul quale le regioni e il parlamento
sono più in difficoltà è il terzo, il legislatore ha difficoltà a bilanciare il primo ed il
secondo comma, l’uguaglianza formale e sostanziale, il legislatore ha difficoltà a
differenziare senza discriminare.

Nel nostro paese c’è una percentuale altissima di controversie civili. Il Costituente ha
stabilito che i soggetti che possono presentarsi davanti alla corte sono questi due:

- Enti territoriali (stato o regione). Uno Stato fa ricorso contro una legge della regione
e una regione fa ricorso contro una legge dello Stato.
- Un giudice, l’altro soggetto che può ricorre davanti alla corte è un giudice. (ma non
un qualsiasi magistrato, ma solo un giudice che deve giudicare un processo).
A seconda del soggetto che fa ricorso abbiano due tipi di procedimento:
Procedimento in via principale: quando una regione ritiene che lo stato abbia violato
SOLO una sua competenza (articolo 117-118-119 della Costituzione) ha 60 giorni di
tempo dall’entrata in vigore della legge per fare ricorso davanti alla Corte
Costituzionale.
Lo stato se ritiene che la legge regionale viola un QUALSIASI articolo della costituzione
lo stato può fare ricorso davanti alla corte Costituzionale.
Procedimento in via incidentale: è il procedimento che interessa più noi cittadini. Il
procedimento in via incidentale viene promosso da un giudice che deve decidere un
processo. Questo processo può essere di tipo penale, civile, amministrativo,
contabile, militare. Può presentare ricorso alla Corte Costituzionale il giudice civile,
penale, amministrativo, contabile, militare; quindi un qualsiasi giudice che sta
decidendo un processo. L’importante è che si tratta di un giudice giudicante, ovvero
il giudice che pronuncerà la sentenza. (non può essere l’avvocato né il pubblico
ministero). Quindi il giudice può sospendere il processo e sollevare attraverso
un’ordinanza di rimessione una questione di costituzionalità della Corte, dopo aver
verificato la rilevanza e la non manifesta infondatezza… quindi… qual è la valutazione
che deve fare il giudice prima di fare ricorso alla Corte? Deve pronunciare due giudizi:
-la rilevanza della questione. Il giudice non si può occupare del bene del mondo. Il
giudizio non può proseguire se non viene risolta la questione di costituzionalità. Il
giudice può fare ricorso alla Corte Costituzionale solo se la norma che deve applicare
sia fondamentale per il suo processo.
-la non manifesta infondatezza della questione: deve sussistere un dubbio reale di
incostituzionalità della disposizione impugnata.
PRONUNCE DELLA CORTE COSTITUZIONALE
Il giudice che presenta ricorso davanti alla Corte Costituzionale prende il nome di
giudice ‘’apuo’’? È obbligato a sospendere il suo processo, ma nel momento in cui
anche altri giudici che stanno applicando la stessa legge condividono il ricorso,
possono sospendere il loro processo aspettando la sentenza della Corte.
Davanti alla Corte Costituzionale si fa un vero e proprio processo, c’è il soggetto che
ha sollevato la questione che ha presentato il proprio ricorso e c’è l’avvocatura dello
stato che funge un po’ da avvocato difensore della legge.
Alla fine di questo processo, la Corte Costituzionale si riunisce in Camera di Consiglio,
affida il compito di scrivere la sentenza a uno dei 15 giudici e alla fine si arriva alla
sentenza.
Le sentenze della Corte sono diverse, in alcuni casi la Corte non fa neppure una
sentenza ma fa un’ordinanza: la parola ordinanza in materia giudiziaria è un atto che
chiude la questione senza deciderla, in realtà la decide ma si limita a dire che la
questione non c’è, la regione o lo Stato che hanno presentato la questione non
l’hanno motivata sufficientemente. Quindi abbiamo un’ordinanza quando la Corte
dichiara inammissibile la questione per irrilevanza o manifesta infondatezza stessa,
senza passare a valutare la questione di merito.
La Corte Costituzionale è chiamata a giudicare la legittimità di una legge prendendo
in considerazione soltanto quegli articoli che sono stati espressamente indicati da chi
ha fatto ricorso.
Se si va a processo, alla fine la Corte pronuncia una sentenza:
-Di rigetto: con una sentenza di rigetto la corte dice che la disposizione non è
incostituzionale, quindi rimane in vigore (difficilmente si porta davanti alla Corte
un’intera legge, spesso singole disposizioni di una legge). La Corte non fa uno
screening su tutti i 139 articoli della Costituzione ma a uno screening solo sugli articoli
che gli sono stati proposti come parametro, per questo motivo in futuro si potrà
nuovamente fare ricorso alla corte per la stessa legge rispetto però ad un altro
parametro, la quale quindi non ottiene un ‘patentino di costituzionalità’.
Esempio: nel codice penale era presente una disposizione che condannava l’adulterio
femminile e la cosa particolare che non veniva condannato l’adulterio in generale ma
veniva condannato soltanto l’adulterio della moglie. Con l’entrata in vigore della
Costituzione uno dei primi ricorsi che viene presentato davanti alla Corte
Costituzionale è proprio il ricorso contro questa disposizione del codice penale che
puniva solo l’adulterio femminile. La C.C fa una sentenza di rigetto, perché dice che il
tradimento della moglie mina l’integrità della famiglia più del tradimento del marito.
Questo perché fino al 1970 non esisteva il divorzio, quindi una coppia rimaneva
sposata anche se sposata non era e la moglie poteva fare un figlio con un’altra
persona, ecco allora l’unico modo per salvaguardare il marito era accusare la moglie
di adulterio, salvandosi dal fatto di accettare questo figlio come proprio. Con la legge
del divorzio 70’, la Corte la dicherò incostituzionale.
-Di accoglimento: Con la sentenza di accoglimento la Corte Costituzionale ci dice che
la legge è dichiarata costituzionalmente illegittima, è incostituzionale, quindi deve
sparire dall’ordinamento giuridico. È la sentenza più semplice perché ci dice che la
legge è incostituzionale e deve sparire dall’ordinamento giuridico. Travolge solo quei
rapporti iniziati nel passato e ancora non conclusi, senza coinvolgere i rapporti già
conclusi (per il principio di certezza del diritto). Se la corte funzionasse bene
basterebbero questi due tipi di sentenze, ma negli ultimi decenni la corte si è accorta
che una sua sentenza di accoglimento produce una lacuna che il legislatore non colma
immediatamente (non sa come riscriverla per renderla costituzionale), con le
prossime due sentenze la corte cerca di togliere o mettere parti a quella legge per
renderla costituzionale. Queste 3 sentenze sono 3 sentenze di rigetto parziale dove la
Corte cerca di togliere o mettere parti a quella legge per renderla costituzionale.
-Sentenze ad incostituzionalità differita: significa che la Corte si rende conto che la
legge sulla quale si è fatto ricorso non è proprio costituzionale, ma come corte non
voglio prendermi la responsabilità di cancellare questa legge dall’ordinamento poiché
necessaria, quindi la corte da del tempo al legislatore per approvare una nuova legge,
indicando nella sentenza al legislatore quale deve essere il contenuto di questa nuova
legge. L’abrogazione è sempre meglio dell’annullamento, sostituire una legge con il
passaggio parlamentare è meglio che annullarla definitivamente. Se il legislatore non
interviene entro il tempo concesso la corte farà una sentenza di accoglimento. Con la
sentenza ad incostituzionalità differita la corte ha il compito di avvisare il legislatore
di avvisare la legge.
-Sentenze manipolative: è la sentenza più usata e più problematica perché rende la
Corte Costituzionale come una sorta di legislatore. La Corte ha davanti a se una
disposizione e leggendola si rende conto che togliendo qualche parola,
aggiungendone qualcuna o sostituendone qualcuna si accorge che è possibile
trasformare la legge da incostituzionale a costituzionale, quindi il testo scritto viene
manipolato dalla Corte.
Quando la Corte aggiunge delle parole alla disposizione rendendo il testo
costituzionale allora la sentenza si chiamerà additiva. ESEMPIO Borse di studio per
merito e per reddito, non si possono essere borse di studio solo per merito.
Quando la Corte toglie delle parole per rendere la disposizione costituzionale allora
la sentenza sarà una sentenza caducativa.
Il tipo di sentenza più problematica è una sentenza manipolativa di tipo sostitutivo, è
una sentenza con la quale la corte sostituisce delle parole scritte dal legislatore con
altre parole rendendo la disposizione legittima. Quindi le sentenze manipolative sono
di 3 tipi: sentenze additive, sentenza caducativa e sentenza sostitutiva.
Una volta che la corte ha dichiarato incostituzionale una legge non potrà il legislatore
riapprovare una legge uguale o una legge che si basa sugli stessi principi. Il legislatore
è un legislatore lento perché non sono chiare le idee qu quello che si vuole scrivere
nelle leggi. La corte deve essere un qualcosa di più alto delle forze politiche. E’
l’organo giuridicamente più potente del nostro perché le sentenze della corte non
sono appellabili quindi non c’è possibilità di ricorso su quello che la Corte decide.
POTERE GIUDIZIARIO
È il terzo potere dello Stato, è il potere con il quale ogni persona rischia di entrare in
contatto e la decisone di questo potere ha ricadute sulla vita di quel individuo senza
che quest ultimo si possa sottrarre. Tutti noi entriamo in contatto con la giustizia nella
nostra vita. Con la giustizia civile, amministrativa e contabile con altissima probabilità
entreremo in contatto durante la nostra vita. Sulla giustizia vale una presunzione che
serve ad ognuno di noi per affrontare le situazioni con tranquillità. Con la parola
giustizia noi ci immaginiamo qualcosa di giusto. Il potere giudiziario agisce secondo
principi di correttezza legalità e equità. L’idea di trovarsi di fronte a una giustizia non
giusta è il maggiore terrore di ciascuno di noi. Quindi la giustizia a cui noi facciamo
riferimento non è quella del re salomone cioè una giustizia basata sulla saggezza ma
in un ordinamento giuridico moderno noi non ci affidiamo alla saggezza del giudice
ma noi ci affidiamo al fatto che il giudice applichi le leggi.
PRINCIPI COSTITUZIONALI
Per la capacità del potere giudiziario di incidere sulla vita di ogni individuo la nostra
costituzione individuo due tipi di principi:
I primi sono contenuti all’interno del titolo dedicato ai diritti e doveri dei cittadini e
sono alcuni articoli che garantiscono i diritti del cittadino nel suo rapporto con la
giustizia, altri invece sono principi di materia di organizzazione della giustizia che
vanno dall’articolo 101 in poi. Quindi la nostra Costituzione si occupa della giustizia in
due parti diverse, se ne occupa nella parte dedicata ai diritti e ai doveri dei cittadini e
questa parte introduce quelli che sono i diritti del cittadino nei confronti della giustizia
e in una seconda parte, quindi dagli articoli 101 in poi si occupa della organizzazione
della giustizia. Cominciamo dall’articolo 24.
ARTICOLO 24
Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La
difesa è un diritto inviolabile.
Cominciamo da questo primo principio che è contenuto nell’articolo 24 della
Costituzione. Tutti possono agire in giudizio: vuol dire che nessuno, neanche
l’interessato stesso può decidere di non rivolgersi al giudice per tutelare un proprio
diritto. Qui la costituzione utilizza l’aggettivo sostantivato TUTTI, quindi la giustizia
non è una prerogativa dei cittadini ma di qualsiasi individuo che vive nel nostro paese.
Viene utilizzato il termine ‘’possono’’ ciò vuol dire che attaccare in giudizio non è un
obbligo.
Esempio 1: (se qualcuno costruisce a due metri dal mio confine, io possono anche non
fare nulla ma devo sapere che posso agire in giudizio, che ho il diritto ma non il dovere
di agire in giudizio). Esempio 2: (Se all’interno di un contratto di lavoro o un qualsiasi
contratto ci dovesse essere una clausola con la quale noi ci impegniamo a non
ricorrere in giudizio per una qualunque controversia, questa clausola sarebbe NULLA.
Se c’è un problema con quel contratto l’individuo può andare in giudizio, l'individuo
può rivolgersi a un giudice per richiedere il rispetto di quel contratto.)
L’articolo 24 contiene un qualcosa che abbiamo solo in Italia e Francia, che è la
distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi. LA PROF HA DETTO CHE CI DA
SOLO LA DEFINIZIONE PERCHE’ NON POSSIAMO APPROFONDIRE QUEST ASPETTO,
FORSE GUARDALO DAL LIBRO. Un diritto soggettivo è quel diritto individuale tutelato
in modo diretto dalla costituzione o da una legge. Quel diritto che l'ordinamento
tutela in modo diretto (diritto al lavoro, alla libera circolazione, alla privacy ecc.).
L'interesse legittimo è quel diritto individuale tutelato dall'ordinamento giuridico solo
di riflesso perché in modo diretto viene tutelato l’interesse generale.
Esempio: noi partecipiamo ad un concorso pubblico, ma ad un certo punto ci viene il
dubbio che questo concorso non si sia svolto in maniera corretta. Noi faremo ricorso
perché pensiamo di non essere stati valutati correttamente, questo è un interesse
legittimo, si tutela la norma della scelta dei migliori.
Esempio: ogni città dovrebbe avere un piano urbanistico, e in questo piano c’è scritto
che in alcune zone si può costruire, in altre zone ci deve essere un parco, in altre zone
delle scuole… . Se io abito in un palazzo che ha di fronte un’aerea che per il piano
regolatore deve essere un parco pubblico e ad un certo punto vanno a costruire un
palazzo ho un interesse legittimo, non un diritto soggettivo. Perché l’interesse
generale è che si rispetti il piano regolatore.
ARTICOLO 25 primo comma ‘’il principio del giudice naturale’’
Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.
Anche in questo caso la norma è generale, (nessuno) non facciamo distinzione tra
cittadini e non cittadino, perché davanti alla giustizia siamo tutti quanti uguali
indipendentemente dalla cittadinanza, sesso, lingua religione, opinioni politiche e
identità personali e sociali (articolo 3).
Il principio del giudice naturale vuol dire che l’ordinamento giuridico deve stabilire a
monte quale giudice si occuperà di fatti che accadranno in futuro, precostituito.
Proprio per garantire l’imparzialità della giustizia noi non possiamo scegliere il giudice
dopo che è stato commesso il fatto ma questo giudice deve essere precostituito.
Quando parliamo di giudice non dobbiamo pensare alla persona ma all’ufficio giudice
cioè il tribunale. E questa pre-costituzione è di due tipi:
1) Pre-costituzione per materia.
2) Pre-costituzione per territorio.
Esempio: se io ho un problema di separazione coniugale e sono residente a Caserta,
io so che ad occuparsi della mia situazione sarà il tribunale di Santa Maria Capua
Vetere (precostituito per territorio) e che sarà il giudice civile sezione separazioni. In
questo modo evitiamo che un individuo si possa scegliere il proprio giudice (inteso
sempre come ufficio, tribunale), garantiamo quindi l’imparzialità.
Esempio: tuttavia l’elemento soggettivo non è del tutto assente, in materia giuridica
i giudici che si occupano di separazioni e tutela dei figli sono maggiormente donne.
Dire che abbiamo un giudice naturale pre-costituito per legge vuol dire che se io
commetto un reato a Roma, anche se sono residente a Caserta il mio giudice naturale
sarà il tribunale di Roma.
Il principio di territorialità è un principio che dipende innanzitutto dalla materia,
materia civile è di solito la residenza, ma ad esempio in materia di eredità è il luogo
dove si trova il bene, anche in materia di compravendita; se il bene si trova a Milano
non importa che la compravendita l’ho stipulata a Caserta, il tribunale sarà quello di
Milano.
Esempio: qualche anno fa è stato istituito il tribunale civile e penale di Napoli nord, è
nato per alleggerire il tribunale di Napoli. Questo nuovo tribunale ha cominciato da
zero per il principio del giudice naturale precostituito per legge, è sorto con pratiche
zero, non ha ereditato pratiche dal tribunale di Napoli. Ha potuto occuparsi soltanto
delle cause civili e penali che si sono presentate dal giorno del suo insediamento,
sempre per il principio del giudice naturale pre-costituito.
ARTICOLO 25 secondo comma
Il secondo principio fondamentale contenuto nell’articolo 25: nessuno può essere
punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.
Questo è il principio della irretroattività della legge penale.
(se oggi entra in vigore una legge che obbliga all’uso della mascherina, questa non si
può applicare ad uno che non l’ha indossata ieri ma potrà riguardare solo coloro che
da oggi in poi non la utilizzino).
Questo primo principio è legato al secondo: Nulla pena sine lege (nessuna pena senza
legge). Tutto ciò che non è previsto dalla legge come reato non è reato. E’ un princpio
di certezza del diritto.
ARTICOLO 27 primo comma
La responsabilità penale è personale.
Questo principio fondamentale ci dice che nessuna persona può scaricare su altri la
responsabilità per un fatto che ha commesso. Ciò significa che il genitore di un minore
che commette un reato non è responsabile per il reato del figlio, ma è responsabile
per omesso controllo.
ARTICOLO 27 secondo comma
L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
Nel sistema giudiziario italiano esistono 3 gradi di giudizio: tribunale di primo grado,
corte d’appello, cassazione; che poi diventano 4 se consideriamo anche i giudici di
pace. In presenza di 3 gradi di giudizio dire che l’imputato non è colpevole sino alla
sentenza definitiva significa che se una persona viene condannata in primo grado e fa
ricorso torna innocente. Lo stesso vale per il secondo grado. La persona diviene
colpevole quando la sentenza diviene definitiva. Nella maggior parte dei casi gli
avvocati arrivano sempre in cassazione, quindi dobbiamo aspettare la corte di
cassazione per poter dire che una persona è colpevole.
La sentenza non è la prova provata che quella persona sia colpevole. Noi parliamo di
verità giudiziaria, la sentenza ci da come risultato una verità giudiziaria, 'innocenza o
la colpevolezza di una persona dipende dagli atti, dalle prove, dai testimoni che
abbiamo portato in processo. Noi confidiamo nel fatto che la giustizia sia imparziale
legale ed equa, partiamo dal presupposto che le sentenze siano giuste, che si siano
basate sulla verità dei fatti, ed è così nella maggior parte dei casi. Quando c’è un
errore giudiziario si può chiedere una revisione del processo. (un errore giudiziario
può essere il mancato ascolto di un testimone, un inquinamento delle prove, perché
un testimone a mentito, una mancata presa in considerazione di una prova...).
L’ultimo punto di quest articolo è che nel nostro paese non è ammessa la pena di
morte, anche il codice militare di guerra non può prevedere il suo utilizzo in caso di
diserzione o altro.
Questi sono i principi che si trovano nella parte della Costituzione dedicata alla tutela
dei diritti dei cittadini, ora invece di soffermiamo su due principi che la nostra
Costituzione mette nella parte dedicata all’organizzazione della giustizia. Il primo
principio è contenuto nell’articolo 101 secondo comma:
ARTICOLO 101 secondo comma
Il giudice è soggetto soltanto alla legge.
Ciò significa che il nostro sistema giudiziario non si basa sulla cosiddetta regola del
precedente, e non si basa su una organizzazione gerarchica della giustizia.
Quindi si basa sul diritto dovere di ogni giudice di interpretare la legge. Ogni giudice
ha questo diritto dovere, e quindi di applicare la legge al caso concreto. Es. se il giudice
del tribunale di Napoli davanti a un caso di separazione decide di voler affidare i figli
al padre e non alla madre e liberissimo di farlo, anche se in quel tribunale tutti gli altri
giudici, in casi simili, hanno sempre affidato i figli alla madre. Se valesse la regola del
precedente il giudice dovrebbe affidarli alla madre, o dire perché non agisce come
hanno agito i suoi precedenti. Il giudice deve motivare perché ha deciso in un certo
modo, ma non è obbligato a agire come i giudici che lo hanno preceduto. Se la madre
fa ricorso saranno i giudici di secondo o terzo grado a dover motivare perché non
hanno preso la stessa decisione del primo giudice (se questo accade).
La regola del precedente è presente in America, in California è presente il giudice
robot, nella memoria del giudice robot vengono inseriti tutti i giudizi precedenti. Il
giudice robot si è scoperto essere un po’ discriminatorio, perché i giudici che avevano
scelto su quelle questioni erano stati tutti un po’ discriminato, nei confronti delle
donne, nei confronti di alcune etnie, nei confronti dei giovani, nei confronti dei vecchi,
nei confronti di padri e madri con bambini… . Quindi quando la decisione è una
decisione robotica, da un certo punto di vista potrebbe sembrare una regola del
precedente, allora rischia di rafforzare la discriminazione se discriminazione in
passato c’è stata. Rischiamo inoltre di incancrenire della situazione di disuguaglianza
eventualmente corrette dai giudici di grado superiore, e rischiamo di introdurre la
regola del superiore gerarchico perché se noi diamo un valore di 1 alla sentenze della
cassazione, un valore di 0.5 alle sentenze delle corti di appello e uno 0.1 alle sentenze
di tribunali, alla fine basta una sentenza della cassazione che il robot la prende come
la migliore e la applica.
Divieto di istituzione di giudici straordinari e giudici speciali. Tutti i giudici che noi
abbiamo sono magistrati che dividiamo in 2 categorie:
-Giudice ordinario: si occupa del diritto civile e del diritto penale. E’ il giudice penale
e civile.
-Giudice speciale: esistono solo perché esistevano già prima dell'entrata in vigore
della costituzione. Cosa significa? Abbiamo il giudice amministrativo, giudice
contabile, giudice militare. Sono 3 giudici speciali che esistono solo e soltanto perché
esistevano già al momento dell’entrata in vigore della Costituzione ma dopo l’entrata
in vigore della costituzione non se ne possono istituire di nuovi. Es. noi non possiamo
istituire il giudice di internet come giudice speciale, perché la Costituzione vieta la
nascita di giudici speciali. Giudice speciale vuol dire giudice che si occupa solo di una
determinata materia.
Non possiamo istituire un giudice straordinario perché è quel giudice che viene
istituito dopo che è stato commesso il fatto. In questo caso si violerebbe l’articolo 25
sul giudice naturale pre-costituito per legge.
Può essere presente invece un arbitro, perché non impedisce alle persone di andare
a un giudice per risolvere la loro controversia, è un rimedio extragiudiziario.
ORGANIZZAZIONE DELLA GIUSTIZIA NEL NOSTRO PAESE
La giustizia in Italia si suddivide in:
-Penale (giustizia ordinaria).
-Civile (giustizia ordinaria).
-Speciale. La più importante tra le giustizie speciali è la giustizia amministrativa.
Quindi quando noi parliamo di organizzazione della giustizia andiamo a vedere come
vengono divise le materie nell’ambito del potere giudiziario.
GIUSTIZIA CIVILE
Giustizia civile è la più diffusa, rispetto a tutti gli altri paesi europei abbiamo un
numero molto più alto di controversie civili. La giustizia civile è una giustizia che nel
nostro paese presenta delle difficoltà e che ha portato 30 anni fa alla nascita dei
Giudici di Pace. La giustizia civile è organizzata, in primo luogo, con un giudice
chiamato a risolvere, decidere una controversia tra 2 parti, entrambe private quindi
entrambe civili e si basa sull’applicazione del codice civile e leggi collaterali. Il processo
civile è quel processo nel quale noi troviamo un giudice che è chiamato a risolvere
una controversia tra due parti che sono entrambi civile, delle due parti abbiamo quella
che promuove la causa e quella che ‘’resiste’’. Il giudice è al di sopra delle due parti
che applica la legge civile e deve decidere chi ha ragione e chi ha torto.
La giustizia civile prevede 3 livelli di giudizio:
1 Tribunale. È il primo livello di giustizio
2 Giudice di Appello (Corte di Appello). I giudici di primo e secondo grado sono giudici
di merito. Essere giudice di merito significa avere il compito di decidere chi ha ragione
e chi ha torto, che entrano in merito alla questione.
3 La Corte di Cassazione: è il terzo livello di giudizio, è un giudice di legittimità, ha il
compito di valutare se un processo è stato fatto bene oppure no. Cassazione significa
‘’dal verbo cassare’’ cancellare. La corte di cassazione ha il ruolo di cancellare una
sentenza che non è stata fatta correttamente. Se il giudice di cassazione dice che il
processo si è svolto correttamente allora quella sentenza sarà definitiva. Se la
cassazione dice che il processo non è stato fatto bene si torna indietro e il processo
deve essere rifatto da capo.
Giudice di pace
Il giudice di pace si colloca prima del tribunale di primo grado ed è un giudice onorario
che si può occupare di tutte quelle cause civili che hanno un contenuto economico
inferiore ai 5000 euro. Per cercare di ridurre il numero di cause al tribunale è stato
istituito la figura del giudice di pace. Possono diventare giudici di pace ex avvocati, ex
professori di diritto, ex funzionari pubblici laureati in giurisprudenza che quando
vanno in pensione possono chiedere di fare il giudice di pace.
Se io vado davanti al giudice di pace, il mio giudice di appello è il tribunale e non la
Corte d’Appello. La caratteristica del giudice di pace è quella di essere chiamato a
decidere non soltanto secondo legge ma anche secondo equità. Il giudice
normalmente deve decidere secondo giustizia, quindi secondo legge. Il giudice di Pace
può decidere utilizzando il comune buon senso del padre di famiglia.
ESEMPIO Noi siamo pieni di autovelox, fino a 10 anni fa i comuni nascondevano gli
autovelox, perché era diventato un modo per fare cassa. Adesso gli autovelox sono
ben segnalati perché i giudici di pace hanno iniziato ad accogliere tutti i ricorsi degli
automobilisti che lamentavano il fatto che gli autovelox venivano nascosti e non
avevano quindi una funzione di prevenzione dell’infrazione ma che avevano solo una
funzione di punizione dell’infrazione. Il codice della strada non ci vuole punire ma
vuole farci sapere che ci sono delle regole da rispettare. I giudici di pace ragionando
con il buon senso del padre di famiglia (quindi con la diligenza ordinaria) hanno
iniziato a fare sentenze nella quali si leggeva che il comune non può prendere
l’automobilista alla sprovvista ma lo deve avvisare. Quindi adesso i comuni sono
costretti a segnalare l’autovelox.
ESEMPIO L’altra questione decisa dai giudici di pace riguarda le strisce blu della città,
perché i comuni riempivano la città di strisce blu con la conseguenza che: o
parcheggiavi a pagamento o non parcheggiavi. I giudici di pace hanno cominciato a
dire che non ci possono essere le strisce blu se non ci sono anche le strisce bianche
(almeno il 25% di un’area pareggiabile deve essere con le strisce bianche).
I giudici di pace hanno il compito di leggere ragionevole l’applicazione della legge.
GIUSTIZIA PENALE
Il diritto penale è la reazione dell’ordinamento giuridico contro chi viola le regole di
pacifica convivenza. Non siamo di fronte a due persone che pensano di avere
entrambe regione, ma siamo di fronte a una o più persone che hanno violato le regole
di pacifica convivenza. Tutto ciò che viola la pacifica convivenza toglie serenità alla
comunità.
La giustizia penale ha un giudice che dovrà decidere se un imputato è colpevole o
innocente. Avremo poi un imputato, colui che al termine delle indagini viene
sospettato di aver commesso il reato. E poi abbiamo il pubblico ministero che è
sempre un magistrato che svolge la funzione di la pubblica accusa. Notiamo che dei 3
soggetti del processo penale, due sono lo Stato e uno è l’imputato. Nel processo civile
avevamo due soggetti civili e uno che era lo Stato.
Il processo si fa anche senza la partecipazione della parte lesa, la parte lesa può
esporre al giudice il proprio punto di vista ma non ha nessun ruolo. La giustizia può
condannare i colpevoli indipendentemente dalla parte lesa.
Esempio: vicenda del ponte di Genova, il giudice deve decidere se gli amministratori
di autostrade è colpevole o no, le famiglie delle vittime hanno costituito un comitato
che sarà parte lesa al processo. Questo per evitare che per mancanza di denuncia un
delitto non venga punito.
La giustizia penale è organizzata in maniera simile alla giustizia civile.
-Giudice di pace (ha competenze molto limitate, ad esempio si occupa dei reati di
diffamazione, un reato minore molto importante per la persona ma poco importante
per la pacifica convivenza).
-Tribunale (è primo grado del processo penale, nel caso di omicidio volontario il
giudice di primo grado è affiancato dalla giuria popolare e prende il nome di Corte
d’Assise. La Corte d’assise è il giudice + la giuria popolare.
-Corte d’Appello o Corte d’Assise d’Appello: è il giudice di secondo grado in maniera
penale (in caso di omicidio volontario è la Corte d’Assise d’Appello). Per un imputato
la giuria popolare è sempre peggio, perché le regole etiche sono più severe delle
regole giuridiche.
-Corte di Cassazione. Anche nel giudizio penale c’è la Corte di Cassazione nell’ipotesi
in cui il processo non sia stato svolto correttamente, in materia penale è molto più
frequente.
SALTA IL PROCESSO AMMINISTRATIVO? SI FA DAL LIBRO?
I MAGISTRATI, IL LORO STATUS
Secondo la Costituzione i magistrati possono essere assunti soltanto per pubblico
concorso. Il titolo di giudice si dà anche ai giudici di pace, ma il titolo di magistrati si
dà solo ai vincitori di pubblico concorso. Il magistrato è un pubblico dipendente al
quale la Costituzione ha voluto garantire la maggiore tranquillità possibile. Significa
che da un punto di vista della carriera e da un punto di vista economico il magistrato
da benissimo che economicamente e in termini di carriera basterà lo scorrere del
tempo per fare carriera e per vedersi aumentato lo stipendio. Il magistrato è un
pubblico dipendete che non verrà più sottoposto a concorsi per tutta la sua corriera
ma che farà carriera e vedrà aumentato il suo stipendio per il semplice decorso del
tempo. Questo perché abbiamo bisogno che un magistrato sia una persona più serena
possibile, perché dalla sua serenità dipende la corretta applicazione della legge. Un
magistrato non sereno è una persona che rischia di prendere una decisione sbagliata
in materia di giustizia e quindi di incidere pesantemente sulla vita di una persona. La
Costituzione quindi ha voluto che i magistrati fossero economicamente sereni e ha
voluto che non fossero soggetti ad alcun tipo di tentazioni e ha voluto evitare che al
momento del concorso il magistrato potesse subire pressioni, soprattutto da parte
del governo, portandolo a prendere decisioni su alcune questioni in un modo
piuttosto che in un altro.
La Costituzione ci dice che la magistratura è un ordine autonomo e indipendente da
ogni altro potere. Notiamo le parole utilizzate dalla Costituzione. Ad essere potere è
il potere giudiziario, ma non la magistratura. La magistratura è l’insieme dei
magistrati, l’insieme delle persone che esercitano il potere giudiziario. I magistrati
sono un ordine, non sono un potere. Sono un ordine autonomo perché in una
democrazia basata sulla sovranità popolare nessun potere è indipendente rispetto
agli altri. DA CONFERMARE SE LA MAGISTRATURA E’AUTONOMA
La Costituzione ci dice che ogni singolo magistrato è indipendente (principio della
soggezione del giudice solo alla legge soltanto alla legge e non ha un superiore
gerarchico, così come per il
parlamentare indipendente dagli altri parlamentari, il magistrato è indipendente dagli
altri magistrati). Noi garantiamo l’autonomia della magistratura attraverso il Consiglio
Superiore della Magistratura, si occupa di garantire l’indipendenza dei magistrati. Il
singolo magistrato è indipendente dagli altri magistrati e tutti i magistrati sono
autonomi rispetto agli altri due poteri perché esiste il Consiglio Superiore della
Magistratura che li garantisce. Li garantisce sull’inamovibilità: un magistrato può
essere trasferito o dimesso solo dal consiglio superiore della magistratura. Per evitare
che il Ministero della Giustizia che è potere esecutivo, possa decidere di trasferire i
magistrati o di dimetterli per ragioni politiche e non giuridiche, i magistrati sono
inamovibili, nel senso che possono essere trasferiti o licenziati soltanto dal Consiglio
Superiore della Magistratura.
CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA
È un organo di autogoverno dei magistrati. È un organo amministrativo, non si occupa
delle sentenze dei giudici (per quello c’è la Cassazione) ma si occupa della vita
lavorativa dei giudici, si occupa di bandire i concorsi, si occupa della presa di servizio
dei magistrati, si occupa della carriera dei magistrati, si occupa dei trasferimenti dei
magistrati, si occupa dei procedimenti disciplinari dei magistrati. Un magistrato è
tranquillo perché la sua vita lavorativa non dipende dal governo ma dipende dal CSM
che tra le tante funzioni ha anche quella del processo disciplinare. Noi non mandiamo
un giudice ad un processo disciplinare perché ha scritto una brutta sentenza, ma lo
mandiamo perché litiga con i suoi colleghi di lavoro, perché fa una sentenza all’anno
e tutto il resto del tempo non fa nulla, perché esce a cena con gli avvocati e non lo
può fare. Il CSM ha un compito prevalentemente amministrativo ma che serve a dare
tranquillità alla vita del giudice.
Composizione del Consiglio Superiore della Magistratura
Il CSM è presieduto dal PdR, per garantire che la magistratura sia consapevole del
fatto che è un ordine autonomo ma non indipendente, la Costituzione ha posto come
Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura il Presidente della Repubblica
(che non ci va quasi mai ma quando ci va significa che c’è un problema nel CSM e ci
va per ricordare ai magistrati che sono autonomi ma non indipendenti).
Poi abbiamo altri 2 componenti di diritto, che sono le due cariche più alte della
magistratura, il primo presidente (figura più elevata dei giudici) e il procuratore
generale della cassazione (è come se fosse il vertice dei pubblici ministeri). Nel CSM
abbiamo quindi 3 componenti di diritto: PdR, primo presidente e procuratore
generale della corte di cassazione.
Abbiamo poi altri 24 membri che consideriamo membri elettivi e dividiamo in due
categorie: i membri togati e i membri non togati. 16 componenti sono componenti
togati e vengono eletti da tutti i magistrati, quindi la componente principale del CSM
è composta da magistrati. Gli altri 8 sono eletti dal Parlamento in seduta comune e
possono essere o avvocati o professori universitari e li chiamiamo membri non togati
perché effettivamente non sono magistrati. Il fatto che ci siano 8 componenti non
magistrati nel CSM sottolinea come la magistratura è autonoma ma non
indipendente. magistrati(togati). E quindi anche sulle questioni amministrative che
riguardano i magistrati il punto di vista non deve essere solo quello dei magistrati ma
anche quello di tutti gli operatori del diritto per evitare che i magistrati da ordine
diventino casta, perché per il principio di sovranità popolare, non è tollerata la
presenza di soggetti che abbiano uno status privilegiato ingiustamente privilegiato
rispetto agli altri. Quindi i magistrati hanno uno status privilegiato ma solo ed
esclusivamente per metterlo a servizio dell’intera comunità.
REGIONI (appunti vecchi)
L’Italia alla fine del 1947 decide di diventare uno Stato regionale con una Multilevel
Governance verso il basso e non essere più uno Stato unitario. Perché decide di
diventare uno Stato regionale? Ragioni economiche e ragioni politiche.
Il primo motivo è quello economico, non si possono avere regole uguali su tutto il
territorio nazionale perché ogni realtà economica è diversa dalle altre. Il livello
politicamente più vicino ai cittadini è quello regionale.
Un' altra importante ragione che ha spinto l’Italia a diventare uno Stato regionale è di
tipo politico, bisognava cercare di evitare la possibile formazione di un regime
autoritario.
Inizialmente l’Italia era uno Stato con un basso decentramento (c’erano 5 regioni a
statuto speciale e 15 ragioni a statuto ordinario). Al giorno d’oggi conosciamo 3 tipi di
regione:
-Le regioni a statuto speciale: sono 5 e ne fanno parte: le grandi isole, la Sicilia si dà
l’autonomia ancor prima della nascita della Costituzione, e le tre regioni di confine
(Val d’Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia) le cui popolazioni si trovano in
Italia per il trattato di pace. Per convincere queste persone che potevano far parte
dell’Italia senza perdere le loro radici e la loro identità è stata assegnato lo statuto
speciale a queste regioni. Ogni autonomia speciale è diversa dall’altra.
-Regioni ordinarie: le regioni ordinarie nascono nel 1948 ed inizialmente hanno un
basso decentramento, effettivamente solo nel 1970 iniziano realmente a funzionare
e nel 2001 c’è la ‘’riforma costituzionale del titolo quinto’’ in cui si decide finalmente
che le regioni sono diverse l’una dall’altra e devono avere una forte autonomia. Le
regioni possono chiedere più materie nelle quali hanno competenza legislativa. La
riforma del 2001 prevedeva che ogni regione deve darsi proprie regole che possono
essere diverse da quelle di altre regioni. Principio di leale collaborazione è che ogni
ente territoriale del governo deve fare in modo che gli altri svolgino le sue funzioni.
Ogni regione deve basarsi sul principio di differenziazione.
-Le regioni differenziate: regioni con ancora più autonomia (richiesta da Lombardia e
Veneto nel 2019).
16/11/20 REGIONI
Regioni, Stato ed Unione Europea sono tre dimensioni fondamentali perché ciascuno
di questi enti ha la possibilità di approvare atti normativi che hanno il valore di legge.
Questi tre enti sono tre enti legislatori, mentre il comune non può fare leggi (può fare
al massimo atti amministrativi), gli altri 3 enti hanno un'autonomia molto più
importante, hanno la possibilità di approvare atti normativi che sono leggi o che
hanno la forza e il valore di legge.
Nel nostro Paese abbiamo 2 tipi di regioni, ma la Costituzione prevede 3 forme di
regione, quindi una terza forma di regione che potrebbe realizzarsi a partire dal
prossimo anno (regioni differenziate). Le regioni speciali sono 5, la specialità è stata
dichiarata subito prima e subito dopo della seconda guerra mondiale. Abbiamo poi 15
regioni ordinarie, ossia regioni che hanno poteri previsti in modo uniforme dalla
Costituzione. L’ uniformità tra le regioni oggi sembra un concetto superato, poiché
ogni regione è diversa dall’altra, ogni regione ha potenzialità economiche e questioni
sociali diverse dalle altre, per questo motivo con la riforma costituzionale del 2001 è
stato introdotto un comma, il terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione, che
prevede la possibilità da parte delle regioni di chiedere ulteriori forme di autonomia,
quindi le regioni possono chiedere più materie nelle quali hanno una competenza
legislativa.
La riforma costituzionale del 2001 che ha trasformato l’Italia da un paese a basso
decentramento ad un paese ad alto decentramento si è basato su alcuni principi
importanti: come il principio di sussidiarietà (se un ente inferiore è capace di svolgere
bene un compito, l'ente superiore non deve intervenire, ma può eventualmente
sostenerne l'azione) , il principio di adeguatezza e differenziazione (ogni regione deve
fare ciò che è in grado di fare e ogni regione è diversa dall’altra) ed il principio di leale
collaborazione (ogni ente territoriale di governo deve fare in modo che gli altri
possano svolgere le proprie funzioni).
Le regioni hanno 3 autonomie fondamentali:
- Quella statutaria: ogni regione può approvare il proprio statuto.
- Hanno un’autonomia legislativa.
- Hanno un'autonomia organizzativa e regolamentare.
La differenza tra uno statuto e una Costituzione la identifichiamo nella mancanza,
nello statuto, di quelli che noi definiamo valori. Mentre una Costituzione è
innanzitutto la cristallizzazione dei valori di una comunità, lo statuto non può avere
questa cristallizzazione, soprattutto quando parliamo di statuti regionali, le regioni
non possono avere valori propri diversi da quelli dello Stato, e in realtà non possono
neppure avere gli stessi. Se in un atto normativo riscriviamo una norma questa non
sarà una norma giuridica, perché non ha il criterio fondamentale della novità della
norma, quindi la disposizione regionale non avrà alcun valore.
ESEMPIO: Quando in uno statuto viene scritto che la regione ripudia la guerra, ciò che
è stato scritto non ha nessun valore perché la stessa disposizione è stata scritta nella
Costituzione. Ma se la regione in questione invece di scrivere che la regione ripudia la
guerra, copiando la Costituzione, scrive che la regione promuove la pace, allora
avrebbe scritto una norma, perché promuove la pace non ha lo stesso significato di
promuove la guerra, ma non potrebbe farlo. Infatti la Corte Costituzionale ha
confermato che le regioni non possono inserire valori nei loro statuti e qualora la
regione scriva un qualcosa che ha contenuto non necessario, allora non sarà una
norma giuridica.
Le regioni non possono inserire nei loro statuti quelli che vengono detti valori e
principi.
Le regioni nei loro statuti possono solo disciplinare la forma di governo, disciplinare
l’organizzazione degli uffici più importanti della regione, disciplinano il procedimento
di approvazione della legge e degli altri atti normativi regionali, disciplinano il
referendum regionale e le varie forme di partecipazione democratica a livello
regionale.
Come si approva uno statuto?
Fino al 2001 (quando l’Italia aveva un basso decentramento) gli statuti regionali
venivano approvati dal consiglio regionale e successivamente riapprovati dal
parlamento, quindi avevano la forma della legge ordinaria dello Stato.
Con la riforma della costituzione nel 2001 l’articolo 123 stabilisce che gli statuti
regionali vengano approvati in tutte le loro fasi dalla singola regione, con un
procedimento che noi definiamo aggravato, che somiglia tantissimo al procedimento
di approvazione di una legge costituzionale. L’articolo 123 nel disciplinare come si
approva uno statuto regionale, ha pensato al procedimento di approvazione di una
legge costituzionale.
Questo significa che abbiamo una prima approvazione da parte del consiglio
regionale, che deve approvarla con maggioranza assoluta, dopodiché vi è una pausa
riflessiva di almeno 2 mesi, dopodiché abbiamo una seconda approvazione da parte
del consiglio regionale anche questa volta a maggioranza assoluta. (Nel procedimento
di approvazione o revisione la maggioranza deve essere più alta nella seconda
approvazione).
Anche per gli statuti regionali è possibile chiedere referendum, l’articolo 123 ci dice
che lo statuto è sottoposto a referendum popolare qualora entro 3 mesi dalla sua
pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della regione o 1/5
del consiglio regionale. L’articolo 123 ci dice anche che lo statuto sottoposto a
referendum non è promulgato se non è approvato dalla maggioranza dei voti validi.
(serve solo il quorum deliberativo, devono prevalere i sì ma non importa quante
persone vadano a votare).
A livello regionale la situazione per quanto riguarda l'approvazione degli atti normativi
è un po’ particolare. Il consiglio regionale che è monocamerale (ha una sola
maggioranza) approva una legge, che viene poi promulgata dal Presidente della
regione, che è espressione della maggioranza politica nella regione. Manca quindi
quell’ organo di controllo che è importante per evitare che entrino in vigore degli atti
che sono macroscopicamente anticostituzionali.
L’articolo 123 prevede che entro 30 giorni dalla pubblicazione dello statuto sulla
gazzetta ufficiale della regione, il Governo, che rappresenta lo Stato, può impugnare
lo statuto regionale, e se lo Stato impugna lo statuto regionale questo non entra in
vigore fino alla decisione della Corte Costituzionale. Il governo può impugnare lo
statuto per contrasto alla Costituzione, qualora ritenga che lo statuto regionale violi
la Costituzione.
(ESEMPIO: se uno statuto che ha il suo interno scritto che la regione Campania è
indipendente, ha un proprio sistema giudiziario, non partecipa agli organi dello Stato
come conferenza stato regioni ecc.) allora sarebbe in contrasto con la Costituzione,
perché violerebbe l’articolo 5 che dice che l’Italia una e indivisibile promuove il
decentramento. Le regioni sono autonome non possono essere indipendenti.
Possiamo dire che il governo assume un po’ la funzione del PdR, ossia cercare di
evitare che entri in vigore uno statuto incostituzionale. Il governo ha sempre
impugnano gli statuti regionali, in modo che la Corte potesse fare un controllo sullo
statuto.
Ricapitolando… Ogni regione ordinaria ha un proprio statuto. (Parliamo sempre di
statuti di regioni ordinarie perché gli statuti delle regioni speciali sono approvati con
legge Costituzionale). Questo statuto si colloca in un livello intermedio nella gerarchia
delle fonti, tra la Costituzione e le fonti primarie. Gli statuti hanno dei contenuti
necessari (come ad esempio la forma di governo, i procedimenti di approvazione degli
atti normativi regionali. Nel tempo alcune regioni hanno introdotto anche contenuti
NON necessari, ma secondo la Corte questi non sono norme, non hanno alcun valore
giuridico). Il procedimento di approvazione assomiglia molto al procedimento di
approvazione di una legge Costituzionale. Non si può promulgare uno statuto se non
sono trascorsi 3 mesi che il popolo può chiedere il referendum.
Lo statuto è il vertice del sistema delle fonti regionali. Potendo approvare il proprio
statuto ogni regione ha un proprio piccolo sistema delle fonti inserito nel più generale
sistema delle fonti dell'ordinamento giuridico italiano. All'interno di questo sistema
lo statuto rappresenta il vertice, al di sotto ci sono le leggi regionali e al di sotto ancora
i regolamenti regionali. Con la riforma del titolo quinto del 2001 oggi noi parliamo non
solo di un sistema delle fonti del diritto nell’ordinamento italiano, ma anche di piccoli
sistemi delle fonti regionali.
Dopo aver visto la potestà statutaria passiamo alla potestà legislativa regionale.
POTESTÀ LEGISLATIVA REGIONALE- ARTICOLO 117 DELLA COSTITUZIONE
L’articolo 117 disciplina la potestà normativa dello Stato e delle regioni. Quindi
mentre fino al 2001 la Costituzione sentiva solo il bisogno di disciplinare la potestà
legislativa regionale, perché lo stato poteva fare tutto il resto, adesso invece l'articolo
117 disciplina sia la potestà normativa dello stato che quello delle regioni.
Attenendoci strettamente alla Costituzione diciamo che l’articolo 117 secondo
comma elenca in modo ordinato tutte le materie che sono di competenza esclusiva
dello Stato, ciò significa che solo lo Stato può approvare leggi e regolamenti (quindi
atti normativi) in queste materie.
Il secondo comma è un elenco molto ordinato, e se andiamo a vedere il contenuto di
queste materie siamo di fronte alle materie più importanti che disciplinano il ruolo
dello Stato:
-politica estera e rapporti internazionali
-immigrazioni
-rapporti con le confessioni religiose
-difesa e forza armate
-moneta
-tutela del risparmio
-dogane
-protezione dei confini nazionali
-tutela dell’ambiente e dei beni culturali
-ecc.
Questo elenco lo definiamo tassativo, poiché (almeno nella visione dell’articolo 117)
lo stato disciplina in modo esclusivo solo queste materie. In queste materie le regioni
non possono intervenire, ma è vero anche che queste materie sono così ampie che
per alcune materie alcune competenze vanno alla regione e altre allo Stato. (ad
esempio per quanto riguarda la determinazione dei livelli essenziali, una delle materie
nell’elenco, bisogna dire che alcune competenze riguardanti la salute appartengono
alla regione ed altre allo stato, anche se la costituzione fa una separazione netta).
Il regionalismo migliore, che non è ancora quello che abbiamo noi, è il cosiddetto
regionalismo cooperativo, in cui si lavora insieme in base al principio di leale
collaborazione.
Al terzo comma sono disciplinate le materie di legislazione concorrente, la parola
concorrente indica il concorso, il lavorare insieme (non la concorrenza nel senso di
competizione). Vuol dire che lo Stato scrive i principi generali di queste materie e
devono essere uguali su tutto il territorio e la regione fa una legge di personalizzazione
riguardo la materia.
Il terzo comma chiama lo Stato e le regioni a collaborare nella disciplina di una
determinata materia. Queste sono:
Tutela e sicurezza del lavoro, istruzione, professione, ricerca scientifica e tecnologica,
protezione civile, governo del territorio, salute.
Esse si differenziano da quelle della potestà esclusiva dello Stato poiché disciplinano
la vita quotidiana dei cittadini, che hanno bisogno che la normativa venga adattata
alla realtà regionale della regione in cui vivono. Ad esempio ogni regione ha
‘personalizzato’ la propria sanità (e oggi ne stiamo vedendo le conseguenze). La
regione fa una legge di personalizzazione di una disciplina.
Per quanto riguarda queste materie le regioni hanno anche potere regolamentare, in
materia di tutela salute i regolamenti non li può scrivere lo stato ma soltanto la singola
regione.
Quarto comma dell’articolo 117: spetta alle regioni la potestà legislativa in
riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Il quarto comma introduce quella che si chiama clausola residuale (tipica degli stati
federali). È quella clausola in base alla quale tutto ciò che non è espressamente
attribuito allo Stato è di competenza della regione, quindi tutte quelle materie non
contenute né nel comma 2 né nel comma 3 dell’articolo 117 sono di competenza
esclusiva delle regioni. ESEMPIO: Se noi scorriamo i due cataloghi, quello del secondo
e quello del terzo comma, non leggeremo la parola turismo, non troveremo la parola
turismo né la materia lavori pubblici, cosa ne ricaviamo, chi può fare leggi in materia
di turismo o di lavori pubblici? Solo ed esclusivamente le regioni, quindi la clausola
residuale significa che nelle materie che non sono nominate nell’articolo 117, la
competenza è una competenza esclusiva delle regioni. Questo è quello che dice la
Costituzione, ma ciò non è avvenuto dopo il 2001. Questo perché le regioni hanno
sperato di poter avere questa competenza esclusiva, ma non appena entrata in vigore
il nuovo titolo quinto, lo Stato si è reso conto che l’articolo 117 aveva delle lacune e
si è quindi rivolto alla Corte Costituzionale nella speranza di poterle colmare
attraverso il lavoro della Corte Costituzionale. Quindi quando, ad esempio, le regioni
approvavano una legge in materia di professioni turistiche, le regioni dicevano che il
turismo era competenza esclusiva regionale, allora la corte costituzionale ci diceva di
no perché le professioni sono materie di competenza concorrente. Le regioni poi
hanno iniziato leggi in materia di lavori pubblici, e lo Stato ha pensato che non andasse
bene che in regioni diverse ci fossero regole diverse per i lavori pubblici, si è allora
rivolto alla Corte Costituzionale la quale ha detto che i lavori pubblici sono una non-
materia,(SUL LIBRO TROVEREMO QUESTO PUNTO, LE COSI’ DETTE MATERIE
TRASVERSALI) ciò significa che non è esiste un unico tipo di lavoro pubblico, ma ci
sono lavori pubblici di sanità, e in questo caso competenza delle regioni, ci sono i
lavori pubblici in materia di infrastrutture, e in questo caso la competenza è dello
Stato. I lavori pubblici quindi non sono una materia ma sono un’attività e quindi la
legge che disciplina i lavori pubblici dipende da ciò che vogliamo costruire. La clausola
residuale è quindi molto elastica.
Abbiamo 3 tipi di potestà legislativa:
-Esclusiva dello stato
-Concorrente
- Esclusiva delle regioni
Sia lo stato che le regioni sono sottoposti agli stessi limiti contenuti nell'articolo 117
primo comma, il quale ci dice che la potestà legislativa è esercitata dallo stato e dalle
regioni nel rispetto della Costituzione e degli obblighi internazionali.
Prima del 2001 le regioni erano soggette all’interesse nazionale, ossia non potevano
scrivere leggi in contrasto con l’interesse nazionale. Con questo nuovo articolo 117,
la legge statale ha gli stessi limiti della legge regionale. Non esiste quindi una gerarchia
tra le due, esse sono sullo stesso piano, l'importante è che ognuna delle due fonti
disciplina una materia di propria competenza. Quali sono questi limiti che incontrano
leggi dello stato e regionali? Innanzitutto il rispetto della Costituzione, il principio di
gerarchia delle fonti. Vincoli derivanti dall’ ordinamento comunitario e dagli obblighi
interazionali. Da un lato legge statale e legge regionale devono rispettare i trattati
internazionali. Sia la legge statale che regionale vengono disapplicate se sono in
contrasto con un regolamento europeo. Perché in base all’articolo 117 primo comma
la legge statale viene disapplicata se in contrasto con un regolamento europeo, non
perché il regolamento europeo occupa un posto più alto nella gerarchia delle fonti,
semplicemente perché per il principio di competenza si ritiene che l'Unione Europea
non possa sbagliare, quindi non possa occuparsi di una materia che non sia sua, quindi
in automatico disapplichiamo la legge statale o regionale e applichiamo il
regolamento europeo.
Come si approva una legge regionale?
Ogni regione approva la legge regionale come ritiene meglio ma la procedura è
pressoché la stessa. In alcuni casi l’iniziativa è di competenza della giunta regionale,
in altri l’iniziativa viene presa direttamente dal popolo, c’è l’approvazione in consiglio
regionale (che sono tutti monocamerali, quindi il procedimento legislativo è più
veloce), dopodiché la legge viene promulgata dal Presidente della regione e
pubblicata sulla gazzetta ufficiale. Dopo la pubblicazione lo Stato ha 60 giorni per
impugnare la legge regionale, chiedendo alla Corte di effettuare quel controllo di
costituzionalità (le regioni possono fare lo stesso con le leggi statali, ma mentre le
regioni possono impugnare la legge dello Stato soltanto per la violazione dell'articolo
117, lo stato può impugnare quella regionale per la violazione di un qualsiasi articolo
della Costituzione). C’è quindi la fase dell’iniziativa, poi l’approvazione in consiglio
regionale (più semplice poiché monocamerale), poi la promulgazione da parte del
Presidente e infine la pubblicazione.
La forma di governo regionale
Un altro aspetto importantissimo degli statuti regionali riguarda la forma di governo
regionale. La forma di governo è il modo in cui viene ripartito il potere tra gli organi
costituzionali. Fino al 2001 le regioni avevano tutte la stessa forma di governo che
veniva decisa direttamente dalla Costituzione. Con la riforma del 2001 si afferma un
principio diverso: ci si rende conto che le regioni sono diverse, che la regione più
grande e popolata ha bisogno di una forma di governo più dinamica, mentre quelle
più piccole possono avere anche una forma di governo meno dinamica. In ogni caso è
giusto che ogni regione possa decidere la propria forma di governo.
Proprio per sottolineare che l’Italia ha una forma di stato unitario, seppur decentrato,
quindi le regioni sono una parte dello Stato ma non sono indipendenti, l’articolo 121
della Costituzione ha stabilito dei paletti, cioè ha stabilito da un lato il diritto di ogni
regione di scrivere la propria forma di governo, ma ha anche stabilito degli elementi
della forma di governo che debbano necessariamente esserci. L’articolo 121 della
Costituzione ci dice che sono organi della regione il consiglio regionale, la giunta ed il
suo presidente.
-La Costituzione ci ha quindi detto che gli organi della regione devono essere
necessariamente 3. Questo esclude a priori la possibilità che venga scelta la forma di
governo presidenziale.
-Subito dopo l’articolo introduce un secondo vincolo, e cioè la cosiddetta regola del
simul stabunt, simul cadent, regola per la quale se il consiglio sfiducia il presidente o
se il presidente si dimette, contemporaneamente cade anche il consiglio. Per evitare
che il consiglio regionale potesse fare come accadeva in passato, che ogni ‘’2e3’’
sfiduciava il presidente e ne eleggeva uno nuovo, la Costituzione ha previsto che
qualora il presidente sia eletto direttamente dai cittadini, allora se il consiglio sfiducia
il presidente allora anche il consiglio viene immediatamente sciolto. La Costituzione è
stata molto attenta nel risolvere un problema che era molto frequente prima del
2001. C’erano frequentissime crisi di governo regionale, perché’ continuamente
veniva cambiata la giunta per aprire spazi per nuove persone che volevano entrare in
giunta o che volevano diventare presidente della giunta. Attualmente invece i consigli
regionali durano il tempo che devono durare, in questo modo viene garantita
stabilità. Quindi non può esserci neppure la forma di governo semipresidenziale
perché è presente la possibilità di sfiduciare il presidente (ciò non è possibile nella
forma di governo semipresidenziale, ma se il presidente viene sfiduciato allora anche
il consiglio regionale cessa le sue funzioni.
- Abbiamo quindi una forma di governo parlamentare, anche detta neo parlamentare,
il che significa che ha presidente forte, forte poiché è il presidente che nomina di
regola i suoi assessori, e soprattutto, anche se non li ha nominati lui, (alcuni assessori
vengono eletti dal consiglio) li può revocare. (articolo 122)
ARTICOLO 122
L’articolo 122 stabilisce che il Presidente della regione (quindi della giunta regionale),
salvo che lo statuto regionale disponga diversamente, è eletto a suffragio universale
e diretto, il presidente eletto nomina e revoca i componenti della giunta. Quindi la
Costituzione ci da quella che vuole sia la regola, e dice allo statuto che se il presidente
viene eletto, questo ha il diritto di nominare e revocare la giunta, come in un sistema
semi presidenziale, tuttavia a differenza del semi presidenziale non c’è la possibilità
del consiglio regionale di sfiduciare la giunta senza sfiduciare il presidente, perché la
costituzione prevede il principio del simul stabunt simul cadent.
I TRE ORGANI PRINCIPALI
Primo punto: Il consiglio regionale è l'assemblea eletta direttamente dai cittadini a
suffragio universale e diretto (tutti coloro che hanno raggiunto i 18 anni, non è
possibile fare diversamente) secondo il principio della residenza, ossia tutti i cittadini
che risiedono in quella regione, per poter votare bisogna trovarsi all’interno della
regione.
Il consiglio regionale è un organo monocamerale ed ha un numero variabile di
consiglieri, che dipende dal numero di abitanti della regione. Ogni regione può
scegliere il proprio sistema elettorale, quello consigliato dalla costituzione è un
sistema misto, ma ogni regione ha scelto il proprio sistema elettorale (la Campania è
stata la prima ad introdurre il doppio voto, la possibilità di votare due candidati di
genere diverso). Attualmente solo in una regione si può andare al ballottaggio (ma
altre stanno pensando di introdurlo), la maggior parte delle regioni elegge il
presidente al primo turno con la cosiddetta maggioranza relativa.
Il consiglio regionale è l'organo legislativo della regione, le leggi e i regolamenti della
regione vengono approvati dal consiglio regionale. Il Presidente per portare avanti la
sua politica deve godere di una maggioranza forte all’interno del consiglio regionale.
Il consiglio regionale è l’organo normativo della regione perché ha il compito di
approvare statuto leggi e regolamenti.
Il Presidente invece è innanzitutto il presidente della giunta, è l’organo che
rappresenta, è l’organo che promulga, è il capo del potere esecutivo, di regola quasi
tutte le regioni hanno l'elezione diretta del presidente della regione, ha il potere di
nomina e revoca degli assessori e può essere sfiduciato dal consiglio.
La giunta regionale è l'organo meno importante a livello regionale (ma comunque
necessario).
I cosiddetti assessorati non sono come i ministeri, quindi non sono già definiti, a livello
regionale gli assessorati non sono definiti nello statuto. Lo statuto indica il numero
massimo degli assessori ma non dice quali sono gli assessorati. Quindi sarà il
presidente volta per volta a ritagliare la delega, a decidere ad esempio se il bilancio
deve andare insieme alle politiche dello sviluppo ecc.. ovvero a seconda di come il
Presidente della Regione vuole portare avanti la politica della regione, effettuerà il
ritaglio delle competenze che effettuerà agli assessori. (così come il PdC anche il
Presidente della Regione può trattenere a se alcune materie, anche se per definizione
può essere una scelta soltanto temporanea).
La giunta regionale non ha un potere deliberativo degli atti normativi, li propone al
consiglio ma non ha alcun potere normativo, perché leggi e regolamenti vengono
approvati dal consiglio regionale e l'ordinanza e un potere esclusivamente del
Presidente della regione.
La regione Campania ha uno schema che è proprio lo schema classico: un consiglio
regionale eletto, un presidente regionale eletto ed una giunta regionale che viene
nominata e revocata dal presidente.
Le regioni sono l’ente politico più piccolo tra i 3 ma sono anche l’ente più vicino ai
cittadini e ha il compito di applicare le leggi (previste dall’articolo 117 terzo comma)
che sono quelle che maggiormente impattano sulla vita dei cittadini. La riforma del
2001 ha evidenziato un aspetto importante: le regioni hanno livelli di efficienza diversi
e questo determina un meccanismo di responsabilità politica molto più forte rispetto
a quello statale. Ciò significa che a livello regionale abbiamo assistito ad una maggiore
polarizzazione dell’attività politica. Quindi quel centrodestra e centrosinistra che a
livello statale si nota meno è molto più evidente a livello regionale.
La consigliatura dura 5 anni come la legislatura, i consiglieri durano in carica 5 anni, lo
stesso vale anche per il presidente. Dal 2001 sono pochi i consigli regionali che
vengono sciolti anticipatamente. Di solito vengono sciolti perché si dimette il
presidente della regione, il quale si è dimesso più per motivi giudiziari che perché sono
stati sfiduciati. La forma di governo regionale ha dato prova di grande stabilità ed è
un modello che molti chiedono di utilizzare a livello statale.
Se il presidente si dimette non arriva il commissario di governo, perché la regione è
un ente politico a tutti gli effetti, sarà il presidente che si è dimesso a stabilire la data
in cui si andrà a votare, rimanendo sostanzialmente in carica.
UNIONE EUROPEA
Le regioni sono il primo livello della multilevel governance nella quale ciascun
individuo è inserito.
Ora vediamo l’Unione Europea, il terzo livello della multilevel governance.
L'Unione Europea non è una federazione ma è una confederazione, ciò significa che
ogni Stato conserva buona parte della propria sovranità, quindi conserva la propria
forma di stato, quindi il proprio regime politico, e la forma di governo e ha il diritto di
recesso. Le confederazioni sono un soggetto di diritto interazionale.
Per entrare nell’Unione Europea bisogna essere una democrazia.
Attualmente c’è in discussione il recovery found, la pandemia ha messo gli stati in
grandissima difficoltà e quindi c’è bisogno di solidi, e gli stati non vogliono questi soldi
in prestito, ma in parte li vogliono a fondo perduto. Chi presta soldi può dare delle
condizioni, delle garanzie (ad esempio gli interessi delle banche), quando si fa un
ragionamento tra stati quando si ricevono i soldi in prestito le garanzie sono di tipo
politico.
Esempio: quando l’Italia negli anni 60/70 si andava ad indebitare con gli Stati esteri e
soprattutto con gli Stati Uniti in cambio dava un appoggio politico importante, difatti
l’Italia ha una posizione strategicamente importante, è al centro del mediterraneo.
Ogni volta che l’Italia andava a chiedere prestiti agli Stati Uniti tornava con patti di
fedeltà e con l'impegno a mettere nel nostro territorio le testate nucleari, queste
testate non sono di proprietà dell’Italia, poiché questa ripudia la guerra e soprattutto
perché l’ha persa.
Quindi in questo momento in Europa si sta giocando una battaglia politica importante,
perché l'Unione Europea vuole mettere come condizione per accedere ai fondi della
recovery found l’obbligo per lo Stato che chiede i fondi di garantire quello che viene
chiamato lo stato di diritto. Stato di diritto significa che nessuno è al di sopra della
legge, significa che c’è la tripartizione dei poteri, significa che c’è il principio della
certezza del diritto, la quale si garantisce anche con l'autonomia della magistratura.
Ci sono alcuni paesi europei che in questo momento stanno riducendo tutte le
garanzie della magistratura (In Polonia e Ucraina l’estrema destra ha reso la
magistratura non indipendente ma è controllata dal Governo), e questo è contrario
allo stato di diritto. Il recovery fund va approvato all'unanimità ma alcuni paesi non
vogliono accettare l'idea che si debba accettare il principio dello stato di diritto.
L'Unione Europea non ha un proprio regime politico ufficiale, ma questo può
comunque essere ricavato dalle decisioni che ha preso durante il corso degli anni.
Quindi possiamo dire che se l’UE avesse un proprio regime politico avrebbe un regime
politico democratico ma di liberal democrazia e non di democrazia sociale. La
differenza è che la democrazia liberale è basata sul principio dell'uguaglianza formale,
mentre la democrazia sociale sul principio dell'uguaglianza sostanziale.
Nel trascorso dell’UE infatti non troviamo grandi politiche a favore di chi ha meno (ci
sono comunque state politiche sugli stati obiettivo, ad esempio il mezzogiorno
d’Italia, poiché considerata una regione da far sviluppare economicamente).
La maggior parte degli Stati europei sono invece democrazie sociali, che si basano
sull’uguaglianza sostanziale.
Possiamo parlare di forma di governo dell’UE?
L'Unione Europea ha una propria organizzazione, se fosse uno Stato diremo che ha i
suoi organi costituzionali. Gli studiosi non chiamano le istituzioni europee organi
europei, poiché dal punto di vista giuridico, se l’UE non è uno Stato, gli organi dell’UE
non sono organi ma sono istituzioni. (ma nella sostanza sempre organi sono).
L’Unione Europea può essere immaginata come un super Stato che viene governato
da una serie di organi, i quali sono di più degli organi costituzionali che normalmente
troviamo nei vari stati.
-Uno di questi è la Corte di Giustizia, che viene paragonata alla nostra Corte
Costituzionale poiché una parte dei compiti sono simili.
-il secondo è il Parlamento europeo, abbastanza simile al nostro Parlamento.
-Consiglio dei Ministri (i cui compiti sono abbastanza diversi rispetto al consiglio dei
ministri italiano).
-Commissione europea.
-Consiglio europeo
A prima lettura è difficile individuare una forma di governo dell’Unione Europea.

CONSIGLIO EUROPEO
Il Consiglio Europeo è un organo inter-governativo, il che significa che è un organo
che risponde alle regole del diritto internazionale (dobbiamo sempre ricordare che
siamo di fronte ad una confederazione, le quali sono in primo luogo un soggetto di
diritto internazionale). L'unione europea giuridicamente ha fatto grandi passi avanti,
ha affiancato delle regole di diritto internazionale a delle regole statali, infatti noi
diciamo che l’unione Europa è un ente SOVRANAZIONALE (perché ha elementi del
diritto internazionale ed altri del diritto statale).
-Il consiglio europeo è formato dai capi di stato e di governo dei paesi dell'unione
europea, in più partecipano il Presidente del consiglio europeo ed il Presidente della
commissione europea. Bisogna però sottolineare che quelli che contano di più sono i
capi di stato e i capi di governo. Con capo di stato noi intendiamo il PdR o il Re, capo
di governo il Presidente dei ministri. Per l’Italia partecipa al consiglio europeo solo
Conte (capo di governo/presidente del consiglio), mentre per la Francia partecipa il
PdR.
Con capo di stato e di governo significa che vanno al consiglio europeo quei soggetti
istituzionali che possono prendere le decisioni in nome e per conto dello stato che
rappresentano. In Italia è il governo che prende le decisioni all’estero per quanto
riguarda il nostro paese, per questo motivo Conte, presidente del consiglio, è colui
che va al consiglio europeo a Bruxelles. Prima di recarsi al consiglio europeo il
presidente del consiglio si reca in parlamento per dire cosa dirà al consiglio europeo,
perché la nostra non è una forma di governo presidenziale ma parlamentare, il
governo non può prendere decisioni in autonomia perché queste si trasformeranno
in leggi, ed è appunto il parlamento ad approvare le leggi.
-I capi di stato e di governo sono affiancati dal presidente del consiglio europeo ed il
presidente della commissione europea. Attualmente il presidente del consiglio
europeo, quindi il presidente dell’unione europea, che non è un capo di stato o di
governo, attualmente è Charles Michel. (eletto ogni 30 mesi).
-Per quanto riguarda il presidente della commissione europea, egli partecipa senza
diritto di voto poiché questo consiglio è un organo politico in cui gli Stati decidono
quale debba essere l’orientamento futuro dell’UE e quali priorità deve avere (le
priorità dei prossimi mesi o dell’anno successivo, non le priorità a lungo termine, ad
esempio a 10 anni). Essendo una confederazione gli Stati conservano gran parte della
sovranità. Questo è il suo ruolo.
-Il consiglio europeo non nasce nel 57’ con l’unione europea, ha iniziato a costituirsi
nel 74’. Questo poiché inizialmente gli Stati erano pochi, i capi di stato e di governo
prendevano le decisioni principalmente a telefono. Nasce nel 74’, nel 92’ viene
formalizzato la prima volta con il trattato di Maastricht e dal 2009 è diventato
istituzione ufficiale del UE, si è stabilizzato, ed ha avuto finalmente una sede; prima
del 2009 si riuniva in modo itinerante, ogni 6 mesi si cambiava il paese di presidenza
del UE. Anche ai giorni nostri ogni 6 mesi uno stato assume la presidenza dell’UE, ma
fino al 2009 i consigli europei si organizzavano proprio fisicamente nel paese che
aveva la presidenza. Nel 2009 ha avuto una sede fissa ed un presidente ‘stabile’ che
viene eletto ogni 30 mesi.
Cosa fa il Consiglio Europeo?
Il Consiglio Europeo innanzitutto stabilisce le priorità politiche dell’UE, ma non
approva nessun atto normativo, è un organo politico ma non è un organo legislativo.
Dire che il Consiglio Europeo è un organo inter-governativo significa che decide
secondo le regole del diritto internazionale, significa in questo organo sono presenti
gli Stati.
In questo momento stabilisce cosa l’unione europea dovrà fare il prossimo anno, in
questo momento si sta occupando solo di come sopravvivere al covid, le sue priorità
dipendono dall’economia o da come si muove la globalizzazione. L’anno scorso si
occupava di immigrazione, due anni fa si occupava di stabilità dell’Euro.
Il Consiglio Europeo gestisce questioni complesse che non possono essere decise dal
consiglio dei ministri o dalla commissione europea. Sono questioni molto importanti,
ad esempio l'immigrazione, che è un fatto che non può essere gestito solamente dagli
stati dove le persone arrivano.
Attualmente sul vaccino anti covid non si stanno muovendo i singoli stati ma l'unione
europea, perché è un impegno economico e sanitario così importante che il singolo
stato non può reggere da solo, e anche perché non deve esserci concorrenza tra gli
stati dell’UE, e anche perché i singoli stati non possono competere con potenze come
quella americana e cinese.
-Definisce la politica comune estera e di sicurezza dell’unione europea. Uno dei punti
che si è cercato subito di mettere in comune fra tutti gli stati europei è la politica
estera e di sicurezza. Nella politica estera rientrano anche le politiche commerciali
(l’anno scorso l’Italia ha stretto con la Cina un patto per la via della seta e tutti gli altri
stati hanno mostrato disappunto, ma il paese resta comunque sovrano, non tutte le
sue questioni passano attraverso l’UE).
-nomina ed elegge i candidati a ruoli di particolare importanza dell’unione europea,
nomina il presidente della banca centrale europea (Lagarde) e nomina il presidente
della commissione europea.
-il consiglio europeo è presieduto e convocato dal presidente che però non ha diritto
di voto non essendo né capo di stato ne capo di governo. Di solito il consiglio europeo
si riunisce di regola ogni 3 mesi, 4 volte l'anno, ma sono tante le riunioni straordinarie.
Come vota il Consiglio Europeo? Il consiglio vota per consenso, ciò significa che non si
mette ai voti la delibera, è come se si approvasse per acclamazione (ad esempio dice
siamo tutti d’accordo? se nessuno parla vi è l'approvazione per consenso),
formalmente non c e nessuno che possa astenersi o votare contro. Quando invece
bisogna prendere decisioni più formali allora si vota, e le due possibili maggioranze
sono l'unanimità o la maggioranza qualificata, (⅔, su 27 paesi almeno 19 devono
essere d’accordo) (non c’è la maggioranza semplice o assoluta), c’è il bisogno
dell'unanimità o comunque di una maggioranza molto alta.
Nel consiglio europeo ogni stato vale 1, esattamente come tutti gli altri, gli stati più
importanti devono in un certo senso un po’ subire le pressioni dei paesi più piccoli,
ovvero quei paesi che se si va in Parlamento Europeo valgono poco perché hanno
pochi deputati, se si va al Consiglio dei Ministri hanno poca voce in capitolo.
Quindi nel caso di voto formale o si deve raggiungere l’unanimità o a maggioranza dei
2/3.
Nel caso del recovery found si dovrà raggiungere l'unanimità.
Quindi il consiglio non fa leggi, non regolamenti, ma è l’organo politicamente più
importante, l'organo che politicamente decide le strategie.
CONSIGLIO/I DEI MINISTRI
L’Unione Europea non ha un solo consiglio dei ministri, l'Unione Europea ha deciso di
avere tanti consigli dei ministri quante sono le materie di maggiore competenza
dell’Unione Europea.
L’Unione Europea si può occupare solo di specifiche materie, quelle materie
contenute nei trattati, l’UE non si può occupare di altro perché gli stati sovrani hanno
ceduto queste materie all’unione europea affinché potesse disciplinare in modo
comune per tutti.
Il Consiglio dei Ministri ha il compito non solo di approvare gli atti normativi nelle
materie di competenza dell'Unione ma anche di stabilire quali sono le strategie di
sviluppo delle materie. Ogni consiglio dei ministri è composto dai ministri di ciascun
governo nazionale che nel proprio paese si occupa di quello. Esempio: Nel nostro
paese fu soppresso il ministero dell'agricoltura, siccome si decise che l'agricoltura era
materia di competenza regionale, ma a livello di unione europea l'agricoltura è una
materia molto importante perché è una materia molto importante per Francia e
Germania. Il consiglio dei ministri dell'agricoltura dell’UE è sempre stato molto
importante ed ha gestito tanti fondi del bilancio dell’UE e l’Italia per molti anni non
ha avuto un ministro da mandare, inviava ad esempio un dirigente del ministero, e
per questo motivo per molti anni nel nostro paese fondi sullo sviluppo e
l'ammodernamento della coltura non sono arrivati.
Quindi uno stato quando realizza il proprio consiglio dei ministri deve avere anche
ben chiaro quali saranno i propri ministri che andranno nell’UE. Il ministro
dell’economia è attualmente il più importante in Italia perché partecipa ad incontri
dell’UE ai quali il presidente del consiglio non può partecipare.
Ogni consiglio dei ministri ha funzioni legislative e di politiche economiche, approva i
regolamenti europei e decide anche come devono essere spesi i soldi in quella
materia.
FUNZIONI DI OGNI SINGOLO CONSIGLIO DEI MINISTRI
-adotta i regolamenti e le direttive dell’UE, assieme al Parlamento europeo basandosi
sulle proposte della commissione europea. Ogni consiglio dei ministri coordina le
politiche dell'Unione Europea in quella materia, ad esempio tutte le politiche in
materia dell’agricoltura dei singoli stati membri vengono decise e coordinate dal
Consiglio dei Ministri dell’agricoltura dell’UE.
-Il consiglio dei ministri degli esteri ha anche l'ulteriore ruolo di elaborare la politica
estera e di sicurezza.
-Il consiglio dei ministri firma gli accordi con gli altri stati. Ad esempio l'accordo per il
commercio, l'accordo sui dazi. Quindi quando si deve fare un accordo commerciale
ma anche quando si devono decidere delle sanzioni, quindi decidere quali prodotti
sanzionare o quali prodotti far entrare in un trattato commerciale, questa decisione
spetta all’UE.
Quando diciamo che il Consiglio dei Ministri coordina le politiche dei diversi paesi
dell'Unione Europea e che firma gli accordi internazionali in nome e per conto dell’UE
e quindi degli stati del UE diciamo un qualcosa molto importante, perché se uno stato
non è in grado di negoziare bene rischia di fare un favore agli altri stati e di essere
penalizzato (accusa che in passato è stata spesso rivolta all’Italia). Es. l’UE decise che
per mantenere un certo livello di reddito adeguato per coloro che producevano latte
non si poteva produrre, in un paese, più di un certo numero di litri di latte al giorno,
e quando si è andata a fare la ripartizione dei litri che ogni paese doveva produrre
ogni giorno, l’Italia si è dimenticata quanti animali da latte aveva nel paese e quindi ci
è stata assegnata una quota di litri di latte da produrre ogni giorno abbastanza bassa.
Il latte in eccesso veniva buttato o si prendono multe per aver prodotto troppo latte.
Questo è un esempio di coordinamento delle politiche dei paesi dell’unione europea
(di tipo negativo).
Esempio di coordinamento delle politiche dei paesi dell’UE di tipo positivo: noi
abbiamo una data di scadenza sui prodotti lo dobbiamo all’UE, fino a più di 20 anni fa
sui prodotti al supermercato non vi era la data di scadenza. Il venditore poteva
vendere del latte scaduto senza informare il compratore. Oggi non è possibile grazie
ad un coordinamento che l’UE ha fatto sul territorio nazionale.
-Approva il bilancio annuale dell’UE assieme al Parlamento europeo: quindi come si
spenderanno i fondi dell’UE viene deciso dai Consigli dei ministri dell’UE insieme al
Parlamento europeo.
-I consigli dei ministri dell’UE non hanno membri permanenti, si riuniscono in 10
diversi consigli dei ministri (10 diverse configurazioni), e se all'interno di uno stato
cambia un ministro allora automaticamente cambierà anche il ministro che
parteciperà al consiglio dei ministri competente. Ma non è detto che ci debba andare
il ministro, il ministro può anche decidere di delegare qualcuno: in primo luogo può
delegare il sottosegretario ma può anche delegare un direttore generale del ministero
particolarmente competente sulla questione che si dovrà discutere.
Il consiglio dei ministri si riunisce in seduta pubblica quando discutono di progetti ed
atti legislativi: quando il consiglio dei ministri fa il legislatore allora si comporta da
legislatore. Come si vota nel consiglio dei ministri?
La regola è che si voti a maggioranza qualificata (55% dei paesi, quindi 15 stati
membri, oppure tanti paesi quanti ne servono per avere il 65% della popolazione
totale dell’UE. La conseguenza è che per bloccare una decisione dell’UE bastano 4
paesi grandi, questa scelta è stata voluta da Italia Spagna Germania e Francia per
evitare che una coalizione di paesi piccoli (più di 15 paesi) possa prendere decisioni
che in fin dei conti rappresentano un numero di abitanti dell’UE marginali. Quindi i
grandi paesi si sono dati un potere di veto: 23 paesi dell’UE non potranno mai
prendere una decisione sulla quale non sono d'accordo i 4 paesi più popolosi dell’UE.
Per alcune decisioni molto semplici (decisioni burocratiche, quando si deve chiedere
alla commissione di fare cose di routine) basta la maggioranza semplice ma quando si
parla di politica estera o di economia serve l’unanimità.
Il consiglio dei ministri che e composto dai ministri degli esteri stati e quello composto
dai ministri dell'economia degli stati decidono all’unanimità.
PARLAMENTO EUROPEO
Il parlamento europeo è un organo al quale associamo i parlamenti nazionali. Il
parlamento europeo rappresenta il popolo europeo.
Ogni Stato dell’unione europea ha diritto ad un certo numero di parlamentari che
dipende dalla popolazione, dal numero di elettori che ci sono in ogni stato membro.
Il parlamento europeo ha un numero di parlamentari variabile, nel senso che il
trattato di Lisbona ha fissato in 751 componenti il parlamento europeo ma il numero
di componenti che spetta a ciascuno stato varia. L’anno scorso per il parlamento
europeo hanno votato anche i cittadini del regno unito, i parlamentari a gennaio
quando la Gran Bretagna è uscita dall’UE hanno dovuto lasciare il parlamento, e i loro
seggi sono stati distribuiti tra tutti gli altri stati 27 stati dell’UE. Se entra un nuovo
paese questo non avrà rappresentanti in parlamento fino alle prossime elezioni per il
parlamento europeo che avvengono ogni 5 anni.
Il parlamento europeo è monocamerale, si è deciso che fosse composto da una sola
camera.
FUNZIONI PARLAMENTO EUROPEO
Il parlamento europeo è nato nel 78’ ed aveva poche funzioni, le funzioni col passare
del tempo sono aumentate:
-Il parlamento è un co-legislatore (inizialmente non lo era), ciò significa che non ci
sono atti dell’UE che vengono approvati solo dal parlamento europeo, oggi il
parlamento approva quasi tutti gli atti insieme al consiglio dei ministri. Vi è quindi un
meccanismo co-legislazione. Quindi il Parlamento europeo non è il legislatore unico
ma divide questo compito con il consiglio dei ministri. A chi spetta l’ultima parola? Se
il parlamento non approva un atto normativo che è già stato approvato da un
consiglio dei ministri, il consiglio dei ministri apre la trattativa per capire cosa vuole
cambiare, ma se si va a scontro e il consiglio riapprova all’unanimità quell'atto allora
quell’atto vale.
-Un’altra competenza molto importante che il parlamento ha dal 2009 è quella di dare
la fiducia alla commissione europea, ma non deve darla a tutta la commissione, bensì
ad ognuno dei componenti della commissione. Se un componente non riceve la
fiducia allora il paese dovrà proporne un altro. Viene sfiduciato per varie motivazioni,
ad esempio se ha ideali antieuropeisti.
Ogni Stato elegge i propri parlamentari, non esiste una lista unica e quindi l’elettore
italiano vota i parlamentari europei italiani e l’elettore tedesco voti i parlamentari
europei tedeschi…
Ogni Stato sceglie il proprio sistema elettorale, non abbiamo un unico sistema
elettorale che si applica in tutti e 27 gli stati europei, l’unione europea ha però dato
l’indicazione di utilizzare il sistema elettorale proporzionale. Quindi in quasi tutti gli
stati dell’unione europea per eleggere i parlamentari europei si utilizza il sistema
proporzionale.
I parlamentari europei devono appartenere ad un gruppo e questi gruppi non sono
gruppi nazionali, quindi sin dal primo momento i parlamentari europei non si sono
uniti per paese ma si sono uniti per visione politica. Quindi noi oggi all’interno del
parlamento europeo troviamo dei gruppi parlamentari che corrispondono non a dei
partiti perché non c’è corrispondenza tra un partito e l’altro tra diversi paesi ma che
corrispondono a delle idee politiche di tipo macro. Es. (può capire che parlamentari
che in Italia sono stati eletti nella Lega non si trovano a livello europeo nello stesso
gruppo parlamentare dove si trova Forza Italia o Fratelli d’Italia.
COMMISSIONE EUROPEA
La commissione europea è l’organo europeo più interessante perché non ha nessuna
corrispondenza a livello statale. È un’istituzione inventata dall’Unione Europea. È la
pubblica amministrazione dell’UE, è il motore dell’UE ed è il garante dei trattati, ciò
significa che la commissione europea rappresenta l’interfaccia con gli altri stati.
Quando un ministro partecipa al Consiglio dei Ministri europeo non partecipa
mettendosi nell’ottica dell’interessa dell’unione ma nell’interesse del proprio stato
nell’unione. Se ogni ministro partecipa ai lavori dell’UE facendo attenzione più al
proprio paese che all’UE, allora c’era bisogno di un organo che rappresentasse solo
ed esclusivamente una visione europea. Questa istituzione è la commissione europea.
I commissari europei principali sono 27, e vengono scelti uno per ogni stato, l’Italia ad
esempio ha designato Gentiloni. Gentiloni prima di diventare commissario europeo
era un politico, quando è diventato commissario europeo si è dovuto dimenticare di
essere stato designato dall’Italia e deve ragionare solo esclusivamente con la testa
della UE. Questo commissario europeo deve avere il gradimento del parlamento
europeo, deve essere profondamente europeista, una volta avuta la fiducia dal
parlamento europeo e comincia ad esercitare le sue funzioni, deve ragionare solo ed
esclusivamente nell’interesse dell’unione.
La commissione europea nasce subito dopo l’elezione del Parlamento Europeo (dura
5 anni) e quindi anche la commissione europea dura in carica 5 anni.
Questi 27 commissari hanno poi un presidente, questo presidente viene scelto dal
Consiglio Europeo e in questo momento abbiamo come presidente Ursola Von Der
Leyner.
La commissione nasce con l’Unione Europea, è un’istituzione iniziale (1958) perché
sin dal primo momento è apparso chiaro che l’unione europea non doveva essere
un’organizzazione internazionale, ma doveva essere un’organizzazione
sovranazionale, quindi un’organizzazione nel quale c’era un interesse proprio di
questa organizzazione. ESEMPIO Se prendiamo in considerazione l’Onu, dobbiamo
sapere che è un’organizzazione internazionale, quindi ogni stato mando all’Onu il
proprio rappresentante. Il delegato italiano quando va all’Onu va lì per portare la
posizione italiana su quella questione, ogni Stato rimane Stato all’interno dell’Onu.
Invece la commissione europea è l’UE, la commissione europea è l’istituzione che
garantisce l’identità dell’UE indipendentemente da quello che pensa ogni singolo
Stato.
E’ designata dai governi con l’assenso del parlamento Europeo.
Sede della commissione europea è a Bruxelles (Belgio)
La Commissione Europea è il braccio esecutivo politicamente indipendente dell’UE. È
l’unico organo che ha il potere di iniziativa legislativa. Possiamo dire che la
Commissione europea ha il compito di ‘’botton up’’ e di ‘’botton down’’, perché è la
Commissione l’unico soggetto che prepara i disegni di regolamento e i disegni di
direttiva ed è solo la commissione europea che scrive il bilancio. (che dovranno essere
poi approvate. Ha poi tutta la fase di botton down, la Commissione deve gestire i
fondi, scrivere un bando. APPROFONDOSCI BOTTON UP E BOTTON DOWN NON CHIAR
Ha il compito di tutelare gli interessi dell’UE e dei suoi cittadini anche contro il volere
degli Stati, quindi la commissione europea ad esempio apre procedure di infrazione
su tempi più vari come ad esempio il riciclo dei rifiuti. Noi sappiamo che l’idea del
riciclo dei rifiuti non è un’idea nazionale, nata da un paese, nessun paese dell’UE
aveva fatto una riflessione sul riciclo dei rifiuti ma, proprio per il principio di
contaminazione che esiste nell’UE, ad un certo punto l’UE su proposta della
Commissione Europea ha approvato una direttiva sul riciclo dei rifiuti. Quando l’UE ha
approvato la direttiva, l’Italia non ha cominciato a capire come mettere in atto questo
processo e allora la Commissione Europea (a tutela degli interessi dell’UE e dei
cittadini italiani) ha aperto nei confronti del Governo italiano una procedura di
infrazione che ha portato il nostro Paese a essere condannato dalla Corte di Giustizia
al pagamento di una multa che è giornaliera; il che significa che ci sono stati dati dei
limiti di raccolta differenziata che dobbiamo raccogliere ogni anno, se quell’anno non
lo raggiungiamo, nell’anno successivo paghiamo una multa giornaliera per ogni giorno
in cui non facciamo nulla per cercare di arrivare a quel limite. Adesso la situazione
sulla raccolta differenziata nel nostro paese è molto migliorata (probabilmente grazie
anche a queste multe).
La Commissione Europea gestisce il bilancio: prepara il progetto di bilancio e lo
sottopone al Parlamento e al Consiglio Europeo??. Il parlamento europeo è molto
importante perché è colui che dovrà approvare il bilancio. La Commissione prepara il
progetto di bilancio e dopo lo attua, controlla come vengono utilizzati i fondi. I
progetti sono il frutto di una strategia pensata dalla Commissione Europea e
approvata dal Consiglio europeo e dal Parlamento Europeo.
La Commissione europea è il garante dei trattati. Es. L’UE fa un regolamento che entra
in vigore su tutto il territorio dell’unione, l’Italia fa una legge in contrasto con questo
regolamento, sappiamo che per il principio di competenza la legge italiana va
disapplicata e contemporaneamente viene aperta una procedura di infrazione da
parte della Commissione per condannare l’Italia per non aver rispettato il diritto
dell’UE.
Rappresenta gli Stati sulla scena internazionale. Sempre più spesso i singoli stati non
vanno più a negoziare con gli Stati Uniti, con la Cina o con gli altri Paesi. Ormai i
negoziati vengono svolti direttamente dalla Commissione Europea. Fa da portavoce
per tutti i paesi dell’UE specialmente nei settori della politica commerciale e degli aiuti
umanitari.
Dopo la fiducia iniziale dei commissari, la Commissione è completamente
indipendente e non risponde a nessuno.
A prima vista non si riesce ad individuare una forma di governo europea.
CORTE DI GIUSTIZIA
La Corte di Giustizia assomiglia alla Corte Costituzionale degli Stati membri, in realtà
la Corte di Giustizia ha un duplice ruolo. All’inizio noi avevamo solo la Corte di
Giustizia, adesso invece abbiamo 2 livelli di giustizia in Europa: un tribunale di primo
grado e la Corte di Giustizia in senso stretto. Anche la composizione della giustizia
europea è di derivazione nazionale. Alla Corte di Giustizia partecipa un giudice per
ogni paese, quindi abbiamo 27 giudici mentre a livello del tribunale abbiamo 2 giudici
per ciascun paese.
La Corte di Giustizia viene istituito nel 1952, è precedente rispetto alla nascita dell’UE.
A livello europeo sono nate in pochi anni 3 comunità: la Ceca comunità europea
dell’acciaio e del carbone e…………e la CEE Comunità europea ed europea.
La Corte di Giustizia è nata insieme a queste due comunità e quando poi è nata anche
la comunità economica europea si è deciso di avere un unico giudice che risolvesse le
controversie di tutte e 3 le comunità.
Una di queste comunità al giorno d’oggi non esiste più perché ha esaurito i propri
compiti, l’UE teoricamente non finirà mai il proprio ruolo perché garantire uno spazio
di libero mercato e la pace tra i paesi europei è un ruolo ‘’infinito’’, però se tutti gli
Stati esercitassero il diritto di recesso allora a quel punto l’UE non avrebbe più ragione
di esistere.
NON CI SARANNO DOMANDE SULLA CORTE DI GIUSTIZIA PERCHE’ MOLTO TECNICNO
E IMPEGNATIVO.
La prima competenza della Corte di Giustizia è l’interpretazione del diritto (pronunce
pregiudiziali), cosa vuol dire? Se un giudice italiano, che deve applicare due norme,
una europea e una italiana ha il dubbio che quella europea non sia corretta o ritiene
che l’interpretazione non sia corretta allora fa ricorso alla Corte di Giustizia chiedendo
come deve interpretare il diritto europeo. Quindi quando un giudice italiano,
francese, tedesco, ha un dubbio su quale sia l’esatta interpretazione di una regola
europea allora tocca alla Corte di Giustizia dare una risposta. Il rinvio pregiudiziale è
un compito importantissimo della Corte di Giustizia ed è anche il compito che la Corte
di Giustizia svolge più di frequente perché serve proprio ad interpretare il diritto
scritto dal Parlamento e dal Consiglio dei Ministri.
Il secondo compito molto importante della Corte di Giustizia è quello di assicurare il
rispetto della legge. La commissione può aprire procedure di infrazione e tocca alla
Corte di Giustizia stabilire se davvero uno Stato ha violato il diritto europeo. La Corte
di Giustizia poiché sta giudicando uno Stato, non lo può condannare a una pena
detentiva o condannarlo a un risarcimento del danno. Lo condanna a una pena
pecuniaria, quindi a una multa. La prima volta viene detto allo Stato che deve
eliminare il problema, qualora lo Stato non elimini il problema (come accadde all’Italia
con il riciclo dei rifiuti) dovrà pagare una multa.
Terza competenza della Corte di Giustizia. Noi partiamo dal presupposto che l’UE non
sbagli, quindi che l’UE quando scrive un regolamento, quando scrive una direttiva, le
scrive sempre rispettando le proprie competenze. (Noi ci ricordiamo che a livello
statale questa certezza non l’abbiamo, abbiamo la Corte Costituzionale apposta per
dichiarare l’illegittimità costituzionale delle leggi). All’inizio a livello europeo c’era la
presunzione che il Parlamento europeo, il Consiglio dei ministri e la Commissione
europea quando scriveva un disegno di regolamento o un disegno di direttiva, non
potesse andare in contrasto con il trattato cioè che fossero in grado come scrivere
l’atto normativo europeo. Poi ci sono stati dei casi in cui è apparso evidente che il
regolamento o la direttiva non erano conformi al diritto europeo e allora la Corte di
Giustizia si è assunto anche il compito di giudicare i regolamenti e le direttive. Se ci si
rende conto che una direttiva o un regolamento europeo che erano stati approvati in
passato non sono conformi ai trattati allora può essere chiesto alla Corte di Giustizia
di verificare la legittimità dell’atto secondario rispetto al trattato. Questo compito
viene svolto molto raramente dall’UE perché l’UE è a sua volta controllata dagli stati,
quindi difficilmente gli Stati consentono all’UE di approvare un atto normativo dove
le competenze dell’UE vanno ad eccedere.
L’ultima competenza è quella di sanzionare le istituzioni europee qualora abbiano
leso il diritto di un cittadino. Difficilmente un singolo cittadino si rivolge alla Corte di
Giustizia per avere appunto giustizia, molto spesso sono le imprese che si rivolgono
alla Corte di Giustizia perché ad esempio un bando emanato dalla Commissione
europea li ha esclusi o altro… . Capita sempre più spesso che la Corte di Giustizia tuteli
i diritti anche nei confronti delle istituzioni europee. Quindi anche quando
un’istituzione europea abbia sbagliato nei confronti di un singolo cittadino.
Sentenza Google Spain, il diritto all’oblio è il diritto di essere dimenticati. Quando
esistevano soltanto la stampa e la televisione ogni notizia praticamente veniva
dimenticata il giorno dopo, con internet invece una notizia non viene mai dimenticata
perché rimane in rete. Nel 2013 noi abbiamo avuto una sentenza della Corte di
giustizia molto importante proprio sul diritto all’oblio, che ha portato a quella che si
chiama ‘’deicindizzazione’’. Se noi andiamo su Google e facciamo una ricerca alla fine
leggiamo 2/3 righe che dicono ‘’alcuni risultati di ricerca potrebbero non essere
visualizzati per il diritto alla privacy e per il diritto all’ oblio degli interessati. Ciò
significa che Google ti avvisa del fatto che tu potresti trovare attraverso il motore di
ricerca, delle informazioni che tu potresti trovare direttamente su un sito. Perché il
motore di ricerca non riesce a catturarle? Perché l’interessato ha chiesto a Google di
non rendere rintracciabile quella notizia dai motori di ricerca. Esiste un modulo con il
quale si chiede a Google di non rendere catturabile dal motore di ricerca determinati
risultati e che poi una commissione valuterà. Poiché il diritto all’oblio e alla privacy
sono stati regolamentati per la prima volta a livello europeo, il giudice chiamato a
tutelare questi diritto è il giudice europeo.
A prima vista non si riesce ad individuare una forma di governo europea, una forma
di governo europea potrebbe essere parlamentare. Nel 2006 si provò a diventare una
federazione ma non si riuscì; ancora oggi si parla di diventare una federazione. Nelle
federazioni le forme di governo sono principalmente presidenziali o semi
presidenziali, invece l’UE non sta sviluppando questi modelli ma si sta orientando
verso un modello molto simile a quello tedesco (il cancellierato tedesco che è una
forma d governo parlamentare).
LE FONTI DEL DIRITTO UE
Le fonti del diritto dell’UE sono molto particolari perché nel caso dei trattati sono fonti
che noi definiamo di diritto internazionale, mentre per quello che riguarda
regolamenti e direttive sono fonti di diritto interno. In uno Stato l’ordinamento
giuridico è unico è quindi tutto di diritto interno, con le regioni abbiamo un po’una
particolarità perché il sistema delle fonti regionali ha comunque al vertice la
Costituzione e sotto lo statuto regionale ma la costituzione è una fonte del diritto
dello stato e quindi è una fonte ‘’esterna’’ rispetto alle fonti del diritto regionale. Nell’
UE la fonte del diritto più importante è esterna, perché ha la forma del diritto
internazionale, tutte le altre fonti, cosiddette derivate, sono di diritto interno ovvero
di diritto dell’UE.
La fonte più importante: trattati dell’UE: l’UE ha modificato continuamente, dal 1957
ad oggi, la propria norma fondamentale per adattarla all’evoluzione dell’unione
stessa. I trattati dell’UE oggi sono 2.
Il primo nasce nel 1957 ed è il Trattato di Roma che dava all’UE una certa
organizzazione, poche materie da trattare.
Con il successivo trattato, l’Atto unico europeo le competenze dell’unione si sono
allargate.
Con il trattato di Maastricht sono cadute le frontiere, nel 1992 cadono le frontiere
interne dell’UE.
Il trattato di Amsterdam da nuove competenze.
Il trattato di Nizza approva nuovi diritti.
Quello di Lisbona del 2009 cerca di riparare la sconfitta del 2006 quando si era provato
a far diventare l’Italia una confederazione.
Tra questi trattati mancano quei trattati che sono sempre considerati trattati europei,
ma non sono trattati dell’Unione. Oggi ci sono tante unioni, alcuni trattati non sono
dell’Unione perché non li hanno approvati tutti e 27 gli stati membri. I trattati sopra
menzionati sono trattati dell’Unione perché sono trattati che sono stati accettati da
tutti gli stati membri.
Quando si vuole scrivere un trattato nuovo, o che modifica il precedente, la prima
cosa che si fa è che si indice una conferenza. Si indice una conferenza significa che si
chiede a ogni Stato di preparare una delegazione che avrà il compito di mettersi a
scrivere il nuovo trattato. Queste delegazioni lavorano e alla fine di questa conferenza
si scrive il testo del nuovo trattato. Questo trattato a quel punto viene approvato dalla
Conferenza e a questo punto il trattato esiste ma non è valido, per essere convalidato
deve essere ratificato da tutti gli Stati membri dell’Unione. I trattati dell’Ue, non i
trattati europei, non possono esistere se non sono stati ratificati da tutti gli stati
membri dell’UE. Quindi possono essere scritti solo dagli Stati membri, devono essere
ratificati da tutti gli stati membri e non entrano in vigore fino a quando non sono stati
ratificati da tutti gli stati membri. I trattati dell’UE hanno una natura chiusa perché
non entrano in vigore finché non vengono approvati da tutti gli stati membri.
Quindi da un lato abbiamo i trattati dell’UE che prevedono i diritti dei cittadini (le
famose 4 libertà), l’organizzazione dell’Unione europea, le fonti dell’Unione europea,
le materie di competenza dell’UE. In questi 4 punti mancano i principi, mancano quei
valori che rappresentano la linea di demarcazione tra una Costituzione e qualcos altro.
Senza i valori una comunità non esiste e quello è il motivo per cui noi parliamo di
popoli dell’Unione e non di popolo dell’Unione. Attualmente non si riescono ad
individuare in Europa dei valori condivisi da tutti i popoli che ne fanno parte pèerchè
le differenze ci sono; abbiamo in comune una storia di guerre ma non abbiamo in
comune una lingua, tradizioni, religione, l’idea di uguaglianza quindi non abbiamo in
comune nessuno di quegli elementi che tradizionalmente danno vita ad una
comunità. Non abbiamo in comune neanche il concetto di democrazia. I trattati sono
atti di diritto internazionale, ma sono validi soltanto per gli Stati membri che hanno
scritto il trattato.
24/11/2020
L’UE è stata capace di coniugare elementi del diritto internazionale con elementi del
diritto statale e la parte più significativa del diritto dell’UE è data proprio da questo
diritto di ispirazione statale. Questo perché il diritto internazionale ha un grande
problema, non ha gli strumenti per essere ‘’cogente?’’, non ha la forza di obbligare gli
stati a rispettarlo, se ci ricordiamo i 4 elementi della norma giuridica (generale-
astratta-nova-imperativa), nel diritto internazionale l’imperatività si basa sulla
convinzione di tutti gli Stati che rispettare quel trattato sia giuridicamente
obbligatorio, ma mentre i cittadini questa convinzione ce l’hanno perché siamo essere
sociali, gli stati sono soggetti politici, e quindi anche quando sanno che quello che
stanno facendo non è proprio corretto, ritengono di avere la ragione politica di averlo
fare. Tutti gli Stati sono consapevoli che fare la guerra non è una cosa giusta, o che
non è una cosa giusta prendersi i territori di un altro stato, noi riconosciamo allo Stato
qualsiasi azione (anche non giusta) perché ha la forza di poterlo fare.
Se l’UE fosse stata un’organizzazione internazionale non avrebbe avuto quel futuro e
quella storia che sta avendo. Il punto di forza dell’UE dal punto di vista giuridico è il
fatto di aver realizzato due fonti: i regolamenti europei e le direttive europee che sono
due fonti interne dell’UE e gli stati sono obbligati a rispettarle.
L’altro punto importante che ci riconduce a quel concetto di multilevel governance è
che gli stati hanno definito e poi ampliato le materie di competenza dell’UE. Lo Stato
nell’800 era il titolare di tutta la competenza legislativa possibile, al giorno d’oggi
abbiamo 3 legislatori dove lo Stato resta il perno centrale perché è lo Stato che
modificando la Costituzione decide che materie dare e che materie togliere alla
regione, è lo Stato insieme agli altri Stati scrive il trattato e da materie all’UE;
mantiene quindi la sua centralità ma una volta che ha lasciato andare una materia o
modifica i trattati o esce dall’UE, o cambia la Costituzione. Sin dal trattato del 1957 e
poi via via sempre di più nei trattati successivi fino a quello di Lisbona del 2009, gli
Stati hanno deciso di dare alla competenza normativa dell’UE delle materie.
Questo processo di attribuzione delle materie all’UE si è molto evoluto. Oggi la
competenza normativa dell’Ue si divide in 3 tipologie:
-Abbiamo materie di competenza esclusiva dell’UE (es. la libera circolazione)
-Ci sono materie di competenza concorrente
-Ci sono materie nelle quali l’UE ha una funzione normativa di sostengo,
coordinamento e completamento. (articoli da 2 a 6 sul trattato sul funzionamento
dell’UE).
Le materie di competenza esclusiva dell’UE. Ovvero quelle materie in cui solo l’UE può
fare leggi, quindi tutti gli Stati membri devono chiedere l’autorizzazione all’UE per
poter fare una propria legge in materia. Oppure la possono fare se serve a specificare
meglio l’atto normativo europeo.
NELLE MATERIE DI COMPETENZA ESLUSIVA generalmente l’UE fa regolamenti. Sono
materie di competenza esclusiva dell’UE tutte le norme in materia di funzionamento
del mercato interno. (noi sappiamo bene che l’UE nasce specialmente per la creazione
di un mercato unico europeo, un mercato nel quale è possibile la libera circolazione
di merci, persone, capitali e servizi). Tutte le regole che servono per garantire questa
libera circolazione e quindi la creazione di un mercato interno concorrenziale sono di
competenza esclusiva dell’UE.
L’UE ha competenza esclusiva in materia di politica monetaria. Ciò significa che la
moneta è sempre stato uno strumento economico perché se aumenta la quantità di
monete in circolazione noi produciamo l’inflazione. Se mettiamo in circolazione più
ricchezza di quella che il paese ha prodotto stiamo semplicemente il sistema ad alzare
i prezzi. Se noi facciamo una politica restrittiva e quindi mettiamo in circolazione
meno moneta, il sistema economico si contrae. La moneta è sempre Stato uno
Strumento che lo Stato ha utilizzato per poter influire sul sistema economico. Aver
dato la competenza monetaria all’UE significa che gli Stati sono si privati della
possibilità di battere moneta.
L’UE ha competenza esclusiva sulla conservazione delle risorse biologiche del mare
nel quadro della politica comune della pesca e anche l’agricoltura.
L’UE ha competenza esclusiva sulla politica commerciale. Gli Stati dell’UE hanno
deciso da tempo di avere una politica commerciale in comune.
MATERIE DI COMPETENZA CONCORRENTE
Sono materie nelle quali gli Stati e l’UE entrano in concorrenza, ciò significa che se
l’UE disciplina per prima questa materia (come è accaduto per la pesca, l’agricoltura
e la protezione dei consumatori) allora gli Stati non possono più avere una normativa
configgente, fino a quando invece l’UE non disciplina, gli Stati sono totalmente liberi
di disciplinare la materia così come vogliono
I principali settori nei quali l’UE ha una competenza concorrente con quella degli Stati
membri sono: mercato interno, politica sociale, coesione economica, sociale e
territoriale; agricoltura e pesca, ambiente, protezione dei consumatori, trasporti,
energia, spazio di libertà, sicurezza e giustizia, problemi comuni di sicurezza in materia
di sanità pubblica.
Nel punto di ‘’problemi comuni di sicurezza in sanità pubblica’’ vediamo in maniera
chiara la competenza concorrente. Fino ad oggi l’UE non ha mai voluto affrontare il
tema della sanità, non ha mai voluto affrontare il tema della tutela della salute in
ambito europeo. Ha fatto qualche piccolo intervento per garantire la libera
circolazione dei servizi sanitari: da un lato il riconoscimento di lauree in medicina,
dall’altro il fatto che un paziente possa decidere di andare a curarsi in qualsiasi centro
europeo a carico del proprio sistema sanitario nazionale. Ma a parte questi interventi
che potremmo definire marginali, l’UE non ha mai voluto affrontare il tema della
sanità, anche perché ogni stato ha un proprio diverso sistema concorrente. Questo
comporta che fare una politica europea in materia di sanità è praticamente
impossibile, poiché questa materia e oggi ocsi occupata dalle normative nazionale che
l'idea di ridefinire interamente il quadro sulla base di una normativa europea è
sostanzialmente irrealizzabile. Quindi se l’UE disciplina per prima un a materia
concorrente allora gli stati si dovranno adeguare, ma se l’UE cerca di intervenire su
una materia concorrente sulla quale però gli stati già hanno una propria disciplina
allora la possibilità di regolarla da parte dell’UE diventa remota.
L’ULTIMA COMPETENZA è LA COMPETENZA DI SOSTEGNO, COMPLETAMENTO E
COORDINAMENTO
In materia di beni culturali ogni stato ha una propria disciplina e i beni culturali non
sono una materia di competenza del UE. L UE nel 1998 ha fatto un regolamento che
disciplina la licenza di esportazione: ciò significa che se un bene culturale deve uscire
dall’Italia per andare negli stati uniti deve avere una licenza di esportazione che e
uguale alla licenza di esportazione che darebbero tutti gli altri stati dell’UE, questo
perché si e voluto, per garantire i patrimoni culturali di tutti gli stati dell’UE, evitare
che un bene culturale che si trova in Italia viaggia e va in Francia, a quel punto dalla
Francia va in qualsiasi stato del mondo perché la Francia ha una normativa diversa. In
QUESTO caso la tutela dei beni culturali e una materia di competenza deli stati, a l’UE
con un regolamento ha svolto un'attività di completamento e coordinamento, ha
introdotto una licenza uguale in tutti gli stati membri dell’UE ed evitare che ci siano
illegali trasferimenti all'estero di beni culturali. E una competenza importante, che
colma le lacune che si creano tra una normativa statale e un'altra, è una competenza
che l’UE esercita spesso.

I DUE ATTI NORMATIVI DELL'UE SONO IL REGLAMENTO EUROPEO E LA DIRETTIVA


Nelle fonti primarie troviamo tutti e tre i legislatori della multilevel governance: il
legislatore statale con decreto legge e decreto legislativo, i l legislatore regionale con
la legge regionale e l’UE con il regolamento europeo. Il regolamento Si colloca in una
posizione di fonti primarie per il quale si applica il criterio della competenza, quindi se
c’è un conflitto tra regolamento europeo e legge statale si deve andare a vedere di
chi era la competenza, ma nel dubbio si disapplica a prescindere la legge statale,
questo poiché partiamo dal presupposto che l’UE fa atti normativi solo ed
esclusivamente quando ne ha la competenza. Proprio perché i regolamenti e le
direttive sono approvate dal parlamento europeo e dal consiglio dei ministri
(all’interno del quale ci sono gli stessi stati), quindi è difficile che gli stati europei
approvino un atto normativo europeo che violi le competenze degli stati. Per questo
motivo si parte dal presupposto che i regolamenti europei vengono sempre fatti in
materie che sono di competenza dell’UE.
Nel caso in cui si è sbagliato la corte di giustizia annullerà il regolamento o la direttiva
europea
Il regolamento europeo è una fonte del diritto europeo che però entra direttamente
negli ordinamenti giuridici degli stati membri.
Quindi mentre il trattato dell’UE entra negli ordinamenti giuridici degli stati membri
attraverso la legge di ratifica del trattato, il regolamento europeo non ha bisogno di
nessun atto statale per entrare nell'ordinamento giuridico degli stati membri. Questo
è il punto cruciale che ha reso possibile il successo normativo dell’UE da un punto di
vista giuridico. Il successo dell’UE è il frutto in primo luogo dei regolamenti. Il trattato
viene scritto da tutti gli stati e deve essere ratificato da tutti gli stati, in Italia la ratifica
viene fatta con legge, quindi da un punto di vista giuridico il trattato dell’UE entra in
vigore in Italia soltanto se il parlamento italiano ha approvato la legge di
autorizzazione alla ratifica del trattato (chiaramente l’Italia ha sempre ratificato
facendo parte dell’UE). Dal punto di vista giuridico il trattato non può entrare in vigore
nel nostro paese se non viene ratificato con una legge, quindi c'è sempre bisogno di
una fonte del diritto italiano. Nel caso del regolamento europeo invece non e cosi,
questo una volta che e stato approvato dall’UE e viene pubblicato sulla gazzetta
ufficiale entra AUTOMATICAMENTE in vigore in tutti i 27 stati membri. Non c e
bisogno che il parlamento o governo italiano dicano se sono d’accordo o meno, una
volta approvato dal consiglio dei ministri e parlamento e pubblicato sulla gazzetta
ufficiale, entra in vigore in tutti gli stati membri dell’UE
Un esempio è il regolamento europeo sulla privacy.
Il regolamento europeo quindi è contemporaneamente fonte del diritto dell’UE, e
fonte del diritto degli stati membri, Infatti nell'elenco delle fonti primarie troviamo
direttamente i regolamenti europei (e non la legge che recepisce i regolamenti
europei).
Non vengono fatti molti regolamenti dall’UE, li fa sicuramente nelle materie di
competenza esclusiva, poiché la normativa deve essere uguale su tutto il territorio
dell'unione, li fa nelle ipotesi di coordinamento e completamento delle normative
nazionali. Ma è un atto normativo che in genere l’UE non fa, poiché consapevole del
fatto che davanti a se ha 27 sistemi giuridici diversi fra loro, anche le fonti e il ritaglio
di competenze sono diversi (la Francia è uno stato unitario, la Germania è federale).
L'UE quindi fa il regolamento solo quando sa di poter dare regole uguali su tutti i 27
paesi dell’unione.
DIRETTIVA
DEFINIZIONE: una direttiva è un atto legislativo che stabilisce un obiettivo che tutti i
paesi dell’UE devono realizzare. Tuttavia, spetta ai singoli paesi definire attraverso
disposizioni nazionali come tali obiettivi vadano raggiunti. La direttiva è un atto
normativo che non trova corrispondenza in nessun ordinamento giuridico degli stati.
Il regolamento europeo è un po’ come una legge, avrebbero potuto chiamarla legge
ma per non fare confusione l’hanno chiamato regolamento europeo. Il regolamento
europeo è una fonte primaria. La direttiva, invece, è un atto normativo dell’UE che
l’UE ha inventato. Nel linguaggio comune la parola direttiva significa dare
un’indicazione, non un ordine “devi fare questo”, ma un “bisogna fare questo” ma
come farlo lo decidi tu. Quindi nel momento in cui si da una direttiva, e non una
regola, si da un’indicazione di massima, un obiettivo da raggiungere ma la persona
può decidere il modo migliore per raggiungere quell’obiettivo.
ESEMPIO
La direttiva sul divieto di fumo nei locali pubblici è una direttiva che ha dato
l’obiettivo: evitare il fumo passivo nei locali pubblici, ma il modo in cui si realizza
questo obiettivo ogni stato lo ha potuto declinare nei tempi e nei modi che ha voluto.
Vi sono due cose importanti per una direttiva:
1) l’obiettivo da raggiungere
2) Il termine entro il quale l’obiettivo deve essere raggiunto.
Quindi quando l’UE scrive una direttiva, che per l’UE è un atto normativo poiché la
direttiva nel diritto dell’UE è un atto normativo, questo atto normativo però non
contiene regole, non contiene norme ma contiene obiettivi, o meglio contiene norme
che contengono obiettivi. Ma tali norme che contengono obiettivi non sono norme
degli ordinamenti giuridici degli stati membri, non sono norma dell’ordinamento
giuridico statale italiano, ma sono obiettivi e questi obiettivi devono trasformarsi in
una legge italiana che viene detta Legge di recepimento della direttiva, che stabilisce
in che modo si deve raggiungere l’obiettivo e con quali tempi. Quindi la direttiva
europea è un atto normativo dell’unione europea che però non entra negli
ordinamenti giuridici degli stati membri, per entrare negli ordinamenti giuridici degli
stati membri deve essere recepita, NON ratificato, solo i trattati si ratificano. La
direttiva deve essere quindi recepita con un atto normativo del singolo stato, che in
Italia è chiamato legge europea o legge di delegazione europea.
Con tale atto normativo ogni singolo stato stabilisce come desidera raggiungere
l’obiettivo e in che tempi vuole raggiungere l’obiettivo. Quindi quando lo stato italiano
deve recepire una direttiva europea approva una legge europea o una legge di
delegazione europea (VEDI LIBRO) nella quale stabilisce come raggiungere
quell’obiettivo e entro quale tempo (che deve essere entro quello previsto dall’UE)
raggiungere l’obiettivo stesso. Quindi quando l’UE ha stabilito che noi dovevamo
eliminare il fumo passivo nei locali pubblici (bar, cinema) e nei luoghi aperti al
pubblico (piazza), sono state fatte varie leggi in Italia sul divieto di fumo, con la
particolarità che le prime leggi erano più severe di quelle che sono venute dopo
poiché all’inizio l’obiettivo andava raggiunto velocemente e quindi è stato messo un
divieto di fumo generalizzato, poi è stato detto alle imprese, ristoranti ecc che se
volevano potevano fare stanze con aspiratori, che avevano regole specifiche e dove
le persone avevano la possibilità di mangiare e fumare contemporaneamente, in
questo modo era possibile evitare il fumo passivo. Questo perché l’obiettivo non era
il divieto di fumo, ma il divieto di fumo passivo. Quindi in questo caso la direttiva ha
dato l’obiettivo e poi ha lasciato i singoli stati liberi di decidere come raggiungere
l’obiettivo.
Altra direttiva è quella relativa ai rifiuti: bisogna fare il riciclo dei rifiuti ma ogni stato
stabilisce se vuole fare l’inceneritore, vuole fare centri di riutilizzo, ecc.
Quindi mentre il regolamento europeo è standard, la direttiva consente ad ogni stato
di personalizzare la normativa, poiché in comune vi è l’obiettivo da raggiungere e il
tempo entro il quale quell’obiettivo deve essere raggiunto. In Italia, come abbiamo
detto precedentemente, vi sono due modi per recepire la direttiva. Questo perché
quando la direttiva è molto specifica allora lo stato italiano deve scrivere poche regole
per recepirla ed in questo caso fa tutto il Parlamento, il quale approva una legge
europea cioè una legge di recepimento della direttiva. In alcuni casi la direttiva per
essere recepita ha bisogno di un nostro atto normativo molto complesso,
specialmente in materia finanziaria, poiché il vero problema dell’unione europea è
che vi sono sistemi finanziari diversi. Quindi soprattutto nelle materie più economico-
finanziarie quando l’unione europea fa una direttiva vi è bisogno di un forte
intervento dello stato per il recepimento e in questo caso il Parlamento fa una legge
di delegazione dell’Unione Europea (che è in pratica una legge delega) cioè affida al
governo il compito di recepire la direttiva e di farlo attraverso un decreto legislativo,
quindi in questo caso si fa una legge di delegazione europea nel senso che il
Parlamento recepisce la direttiva è contemporaneamente affida il compito al governo
di scrivere il testo normativo che poi realizzerà gli obiettivi contenuti nella direttiva.
Quindi ricapitolando nel momento in cui noi diciamo che la direttiva è un atto solo
dell’UE che deve essere recepito da ogni stato, noi diciamo che ogni stato decide
come fare questo recepimento, in Italia si recepisce con legge e quindi per ogni
direttiva abbiamo una legge con la quale si stabilisce in che modo si vuole raggiungere
l’obiettivo contenuto nella direttiva. Da alcuni anni noi abbiamo sistematizzato, con
l’ultima legge del 2011, questo procedimento di recepimento delle direttive.
L’Italia è tra i paesi che recepisce con più attenzione le direttive, siamo passati
dall’essere lo Stato che recepiva con più ritardo le direttive, allo stato che recepisce
con più attenzione le direttive, proprio poiché nel 2011 abbiamo sistematizzato il
procedimento.
Come recepiamo queste direttive?
Le recepiamo:
1) Con una legge che viene chiamata legge europea, ovvero una legge con la quale il
Parlamento scrive direttamente quali sono le regole che servono per realizzare
l’obiettivo della direttiva.
2) Con una legge di delegazione europea, legge con la quale il Parlamento recepisce
la direttiva e quindi risolve il problema con l’UE e contemporaneamente affida al
governo il compito di scrivere la normativa necessaria per raggiungere l’obiettivo.
Quindi da un punto di vista formale dobbiamo:
Recepire la direttiva e quindi fare nostro l’obiettivo e contemporaneamente dire
come vogliamo raggiungere l’obiettivo. Nei casi più semplici come raggiungere
l’obiettivo lo scrive direttamente il parlamento, mentre nei casi più complessi il
parlamento delega al Governo il compito di scrivere come raggiungeremo l’obiettivo
(è quest’ultimo caso quello relativo ai rifiuti).
RIVEDI
Lucido sulle tante unioni.
Nell’ue abbiamo:
L’ue
L’area euro
L’area Shengen
L’area Mes
L’area Fiscal compact.
Mes e fiscal compact sono necessari per capire il momento attuale, poiché quando
parliamo di Mes semplificato, sappiamo che esiste un trattato Mes che abbiamo
applicato alla Grecia (in modo forte) e a Spagna e Portogallo (in modo più leggero). In
tal modo Spagna, Grecia e Portogallo si sono ripresi e quindi sono state dure ma
hanno consentito a questi paesi di uscire da una crisi enorme, una crisi che nel loro
caso era solo interna. Ma in questo momento in cui nessuno degli stati è responsabile
di quello che sta accadendo, mentre nel caso della Grecia, la Grecia era un po’
responsabile di quello che stava accadendo. Ma nel momento in cui nessuno stato
membro dell’ue è responsabile di questo periodo che stiamo vivendo, è evidente che
nessuno stato potrebbe mai accettare un controllo penetrante dell’UE sull’utilizzo dei
fondi per la ripresa e quindi parliamo di mes semplificato, ma non possiamo
comprenderlo se non conosciamo il mes. Legge sullo scostamento di bilancio in Italia
Art 81 Cost, modificato dopo il trattato fiscal compact, prevede che non si possa avere
un rapporto deficit- pil superiore al 3%, secondo il fiscal compact 0,5% (calcolato in
modo diverso però). L’art 81 dice che se il parlamento approva una legge a
maggioranza assoluta che decide lo scostamento di bilancio per questioni anti-cicliche
(come quella attuale), allora lo scostamento si può fare. È necessaria la maggioranza
assoluta (metà + 1 degli aventi diritto).

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