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Parte prima
Giurisprudenza: scienza del diritto, sensibile alle modificazioni della realtà sociale.
Non esiste una norma giusta o sbagliata, la norma è da ritenersi tale e deve essere applicata
tramite sanzioni positive o negative.
questo sia stato perseguito violando determinate regole). La sanzione positiva è una
conseguenza favorevole derivante dall’osservanza di alcune regole.
Diritto e morale La morale è tutto ciò che riguarda la nostra coscienza, mentre il diritto è un
sistema di regole per la soluzione di conflitti tra gli uomini, dunque applica la legge così com’è
senza chiedersi se sia giusta o sbagliata. Tuttavia diritto e morale sono complementari tra loro.
Disposizione, articolo, norma Ogni enunciato che faccia parte di un testo che è fonte del
diritto è una disposizione. Ogni disposizione ha almeno un’interpretazione, e l’interpretazione
della disposizione costituisce la norma.
La legge è una serie di articoli correlati dal punto di vista strutturale e finalizzati a
regolamentare una determinata materia. (es. codice civile: è un’unica legge, formata da 2969
articoli).
L’articolo è la partizione interna di una legge e serve per indicare a quale enunciato la
disposizione si riferisce.
Il principio è una norma che impone la realizzazione di un valore (es. diritto alla salute, al
lavoro…).
Inoltre possiamo fare una distinzione tra norme inderogabili, norme eccezionali e norme
speciali.
La norma inderogabile è quella ritenuta dall’ordinamento giuridico come l’unica modalità di
attuazione del principio.
La norma eccezionale è una norma applicata a certi casi, considerata eccezionale dalla
situazione. La norma speciale è una norma che disciplina materie particolari (es. codice
stradale).
Una norma è derogabile se la sua applicazione può essere evitata mediante un accordo tra le
parti
(iniziativa privata).
Invece una norma è suppletiva se trova applicazione soltanto in assenza di una disciplina
prevista dai soggetti interessati.
Sistema giuridico è l’insieme delle relazioni ordinate tra principi e regole. È un sistema aperto
perché è sempre in movimento, cambia, si trasforma e il tutto dipende dalla realtà dei fatti.
La capacità del sistema di adeguarsi alla realtà dipende dalla rapidità con cui vengono emanate
le leggi, e dalla qualità delle leggi emanate. Ogni norma che entra a far parte del sistema può
mutarne l’aspetto: l’unico limite è dato dalla rigidità della Costituzione.
Quando due o più regole sono applicabili alla medesima fattispecie concreta, vi è concorso di
regole. Quando l’applicazione di due o più regole concorrenti genera una contraddizione, vi è
conflitto di regole. Per risolvere il conflitto tra due o più regole ci sono tre criteri:
- Gerarchico: prevale quella posta da una fonte di livello superiore (legge costituzionale
prevale su quella ordinaria).
- Di specialità: prevale quella che disciplina una ipotesi particolare, rispetto a quella che
disciplina l’ipotesi generale;
- Cronologico: prevale quella emanata per ultima.
Principi e clausole generali Il principio può essere inteso sia come una norma di particolare
importanza, sia come una costante pluralità di norme. Si ripartiscono in:
Non devono essere confusi con le clausole generali: sono vaghe frammentazioni di una
disposizione normativa (es. ordine pubblico, buon costume, buona fede).
Legalità e legittimità
La legalità è la fedeltà alla legge rispetto alla norma e all’ordinamento giuridico che la
comprende. La legittimità implica l’autorità dello Stato: una fattispecie è legittima se
emanata dallo Stato, cioè con autorità ed è applicata secondo il diritto.
Lo Stato sociale di diritto rappresenta il tentativo di coniugare legalità e giustizia sociale. Non è
sufficiente che lo Stato si astenga da comportamenti invasivi della libertà individuale (Libertà
dallo Stato), ma si richiede che lo Stato assicuri mediante le proprie azioni l’effettivo esercizio
delle libertà (Libertà attraverso lo Stato).
Inoltre lo Stato sociale di diritto, mantiene la garanzia di separazione dei poteri legislativo,
esecutivo e giudiziario.
3) Fonti primarie: leggi ordinarie, decreti legislativi e decreti legge, leggi regionali,
regolamenti parlamentari;
4) Fonti secondarie: regolamenti amministrativi 5) Fonti terziarie: usi e consuetudini.
La Costituzione vigente è rigida, non può essere modificata da leggi ordinarie del
Parlamento. Una norma in contrasto con la Costituzione è costituzionalmente
illegittima.
La gerarchia indica:
La competenza indica la materia sulla quale la fonte è abilitata a porre norme: non vi è
rapporto gerarchico. L’unica fonte a competenza generale è la legge ordinaria dello Stato.
Costituzione Alla base dell’ordinamento giuridico. Entrata in vigore il 1° Gennaio 1948, scritta
dai Padri
Costituenti (ha sostituito lo Statuto Albertino). È formata da 12 principi fondamentali (non
modificabili), 139 articoli, e 11 disposizioni transitorie e finali. È rigida, può essere modificata
soltanto con una maggioranza qualificata del Parlamento (2/3), tuttavia la forma repubblicana
non è modificabile da nessuna maggioranza.
Codice civile Legge formata da 2969 articoli. 16 articoli precedono il codice e sono delle
disposizioni sulla legge in generale, viene indicato quali sono le fonti del diritto, con riferimento
alla nascita e a come deve essere applicato. È formato da 5 libri.
1)Persone e famiglia (rapporti tra persone fisiche e parenti di una famiglia)
2)Successioni (regolamenta i rapporti dopo la morte)
3)Proprietà (beni materiali e immateriali)
4)Obbligazioni (rapporti dare-avere)
5)Lavoro
Prima edizione 1865, quello attualmente in vigore fu emanato nel 1942. Il codice civile pone al
centro dell’attenzione l’impresa e l’attività produttiva.
Esse prevalgono sulla legge ordinaria e le altre fonti primarie, purché esse siano rispettose dei
principi fondamentali della Costituzione e dei diritti inalienabili della persona umana. Il
contrasto tra una normativa dell’Unione e i principi fondamentali e i diritti costituzionali è
controllato dalla Corte Costituzionale, la quale in tal caso deve dichiarare l’incostituzionalità
della legge.
Inoltre, in forza del principio di sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza
esclusiva, l’UE interviene solo quando gli obiettivi non possono essere eseguiti in misura
sufficiente dagli Stati membri.
Leggi regionali e Consuetudini Fanno parte delle fonti primarie anche le leggi regionali,
competenti per le materie non espressamente riservate dalla Costituzione alla legislazione
dello Stato.
C. PRINCIPI
Diritto pubblico: insieme delle regole che disciplinano il funzionamento interno della
Repubblica, e i rapporti tra Stato e cittadini.
Diritto privato: insieme delle regole che disciplinano i rapporti tra i singoli individui.
Principio della divisione dei poteri e di legalità: L’opera di regolamentazione del potere nella
prevenzione dell’abuso è garantita dalla separazione delle funzioni tipiche dello Stato, ciascuna
attribuita ad una specifica istituzione, che rappresenta un potere separato: potere legislativo,
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Principio di eguaglianza: L’uguaglianza è garantita dalla Costituzione, la quale afferma che tutti
i cittadini sono uguali dinanzi alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione,
opinioni politiche, condizioni personali e sociali. (uguaglianza formale) Inoltre la Repubblica
rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale che di fatto limitano la libertà e
l’uguaglianza. (uguaglianza sostanziale).
Irretroattività: Nessuno può essere punito per non aver rispettato una legge entrata in vigore
successivamente al fatto commesso.
Riserva di legge: è la previsione nella Costituzione di materie che devono essere disciplinate
soltanto con legge. È vietato al Parlamento rinunziare alla funzione legislativa e rimettere la
disciplina a fonti secondarie, quali i regolamenti del potere esecutivo. Le riserve possono
essere assolute o relative.
Il fatto è l’evento pratico valutato dalla norma dal quale deriva una conseguenza giuridica,
ovvero l’effetto giuridico. Questo può essere costitutivo, modificativo, estintivo. Ciò che si
costituisce, modifica o estingue è la situazione soggettiva.
Rilevanza ed efficacia del fatto giuridico Il fatto è giuridico quando l’ordinamento gli
attribuisce una rilevanza giuridica. È rilevante il fatto valutato da norme giuridiche.
Il negozio è una categoria ampia: rientrano nel suo ambito il contratto, il testamento, il
matrimonio, l’atto costitutivo di una società …
Esso è definito tipico se corrisponde ad una fattispecie astratta disciplinata dalla legge (es.
contratto di locazione), mentre è atipico se non è previsto da norma di legge (es. leasing).
L’atto che richiede la dichiarazione di una sola parte ha struttura unilaterale, se invece esige la
dichiarazione di 2 parti è bilaterale.
- Costitutivi
- Modificativi
- Estintivi
• Effetto di accertamento
• Effetto dichiarativo
• Effetto preclusivo
• Effetto regolamentare
• Effetto normativo
• Effetto eliminativo
• Effetto impeditivo
• Effetto di qualificazione
• Effetto attributivo di uno status.
Effetto di accertamento: è un negozio con il quale le parti accertano i termini del rapporto del
quale sono titolari, rimuovendo qualunque incertezza. La certezza prodotta è vicenda
modificativa.
Effetto impeditivo: ha effetto impeditivo il fatto che opera impedendo a priori che un
determinato effetto si verifichi.
Effetto di qualificazione: esistono degli atti o fatti aventi effetto di qualificare persone, cose o
fatti.
La qualità di una persona può essere uno status: l’effetto attributivo di uno status è un effetto
costitutivo.
Lo status consiste nella posizione di un soggetto rispetto all’appartenenza a determinati gruppi
sociali.
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I diritti reali sono assoluti, cioè opponibili verso tutti (es. diritto di proprietà).
I diritti di credito sono relativi, poiché il titolare della situazione attiva (creditore) può
esercitare il suo potere, non verso tutti, ma solo verso un soggetto determinato, obbligato ad
un comportamento (debitore).
Ad essi si affiancano diritti soggettivi non patrimoniali (i diritti della personalità o il diritto di
famiglia).
Sono situazioni giuridiche attive Sono situazioni giuridiche
passive
• il diritto soggettivo;
• il potere giuridico; • il dovere;
• la potestà; • l'obbligo;
• di fatto (come quella del parente di qualcuno speranzoso di divenire suo erede, e al quale
non resta che attendere senza avere possibilità di compiere atti conservativi su quel
patrimonio).
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La potestà è una situazione soggettiva nella quale il titolare ha un potere per la cura di un
interesse altrui ed è contemporaneamente obbligato ad esercitare tale dovere. È una
situazione di potere-dovere. Es: potestà del genitore su un figlio. Il genitore esercita la
potestà non nel suo interesse, ma u quello del minore.
La situazione soggettiva correlata alla potestà assume il nome di interesse legittimo. Alla
potestà corrisponde l’interesse legittimo di uno o più soffetti.
L’obbligo è la situazione correlata caratterizzata dalla non patrimonialità della prestazione (es.
l’obbligo di fedeltà coniugale). È detta obbligo anche la situazione correlata ai diritti reali: tutti
sono obbligati a non interferire con il godimento del proprietario.
Si definisce onere la situazione passiva nella quale il titolare deve tenere un comportamento
nell’interesse non altrui ma proprio. L’onere è un “obbligo potestativo”, nel senso che il suo
titolare può adempierlo o no: ma è strumentale per il raggiungimento di un risultato utile per il
titolare. Es: trascrizione con efficacia dichiarativa; se si vuole poter opporre il proprio acquisto a
terzi acquirenti, si deve trascrivere.
Occasionale è la titolarità che riguarda le ipotesi nelle quali una situazione può appartenere o
spettare ad un qualsiasi soggetto là dove il soggetto è fungibile.
Istituzionale è quella titolarità che riguarda le ipotesi nelle quali, per la funzione della
situazione soggettiva, essa deve avere necessariamente un determinato titolare (ad esempio,
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Tizio si rivolge ad un chirurgo per essere operato in base alla fiducia o alla qualità del
professionista).
- l’abuso
- l’eccesso.
L’abuso è l’esercizio contrario, o comunque estraneo alla funzione della situazione soggettiva
(es.
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proprietario che pianta sul proprio terreno pali altissimi allo scopo di privare di luce il fondo del
vicino non realizza una utilità in favore della situazione proprietaria).
Si ha abuso soggettivo dunque ogni volta che un comportamento costituisce una deviazione del
diritto.
L’eccesso di potere, consiste nell’esercizio di un potere che non si ha. Il potere può mancare
del tutto (es. falso rappresentante), o superare i limiti imposti (il rappresentante ha una
procura a dare in locazione la casa del rappresentante, invece la vende). Fattispecie di eccesso
è la vendita della proprietà da parte dell’usufruttuario.
Contratti corrispettivi Un sistema economico fondato sul mercato identifica i beni in base al
loro valore di scambio. I beni sono prodotti per essere scambiati, per questo nascono i contratti
corrispettivi.
Sono corrispettivi i contratti nei quali ciascuna delle due (o più) parti effettua una prestazione
che è ragione dell’altra.
La corrispettività è una cooperazione regolata tramite contratto, con un risultato finale
vantaggioso per entrambe le parti.
La corrispettività si instaura tra le prestazioni, cioè tra i risultati che il contratto assicura alle
parti. L’onerosità è una qualità dell’acquisto; la corrispettività è una qualità della prestazione.
Contratto unilaterale Il contratto unilaterale è un contratto con prestazioni a carico di una sola
parte. Esso è concluso con la partecipazione di due parti, ma “unilaterale” è l’effetto, ovvero il
contratto ha un effetto favorevole solo per una delle due parti.
Scambio e circolazione
Il trasferimento delle situazioni soggettive è studiato dal punto di vista dell’acquisto. Chi
trasferisce una situazione soggettiva ne perde la titolarità ed è detto “alienante” o “dante
causa”, chi in seguito al trasferimento diviene titolare è detto “acquirente” o “avente causa”.
Il trasferimento è anche definito successione: questa si può verificare nel lato attivo del
rapporto (ad esempio, cessione del credito, surrogazione) o nel lato passivo (delegazione,
espromissione e accollo).
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- è a titolo universale la successione che trasferisce la titolarità delle situazioni delle quali
era titolare un unico soggetto (unica ipotesi è quella mortis causa, nella quale il defunto
subentra l’erede nelle sue situazioni attive o passive).
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Parte Seconda
A. PERSONE FISICHE
Persona umana e soggetto
Persona fisica è l’uomo considerato dal diritto nella sua individualità e nei rapporti con gli altri
(ogni essere umano nato vivo anche se non vitale).
Soggetto giuridico è il titolare di situazioni soggettive, centro di imputazione giuridica.
Capacità giuridica
La capacità giuridica è l’idoneità di un soggetto ad essere titolare di diritti e doveri, e più in
generale di situazioni soggettive. Si acquista con la nascita (momento che viene fatto coincidere
con l’inizio della respirazione polmonare) e perdura fino al momento della morte (momento
che viene fatto coincidere con la cessazione di tutte le attività celebrali).
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Assenza: trascorsi due anni dal giorno cui risale l’ultima notizia del soggetto scomparso, il
tribunale può dichiarare l’assenza, su istanza dei presunti eredi legittimi o di chi
ragionevolmente creda di vantare diritti sui beni dello scomparso a seguito della sua morte.
La sentenza opera sul piano patrimoniale, senza riflesso sui profili personali: non produce lo
scioglimento del matrimonio, che quindi resta valido.
Dunque la conseguenza più rilevante della dichiarazione di assenza è costituita dall’immissione
nel possesso temporaneo dei beni. Colui che li possiede temporaneamente, può esercitare sui
beni poteri di ordinaria amministrazione, senza la possibilità di alienarli, ipotecarli o darli in
pegno, se non a determinate condizioni. Altro effetto dell’assenza è l’inesigibilità dei crediti.
Morte presunta: trascorsi dieci anni dal giorno cui risale l’ultima notizia del soggetto
scomparso, si dichiara la morte presunta, sia o no intervenuta la dichiarazione di assenza. Si
ricorre a questa pratica, nel caso in cui non si possa accertare l’effettiva morte del soggetto.
L’istanza al tribunale può provenire dalle stesse persone legittimate a chiedere la dichiarazione
di assenza. In talune ipotesi (operazioni belliche, terremoti, inondazioni, naufragi) la morte
presunta può essere dichiarata dopo che siano trascorsi due o tre anni da tali eventi.
La dichiarazione di morte presunta si può equiparare, quanto agli effetti, alla morte naturale.
Coloro i quali hanno ottenuto il possesso temporaneo dei beni possono liberamente disporne,
chi è stato esonerato dall’adempimento di un’obbligazione è effettivamente liberato. Sul piano
familiare, il coniuge del presunto morto può contrarre nuovo matrimonio (il secondo
matrimonio ha validità sospesa: qualora il presunto morto torni il nuovo matrimonio sarà
annullato, ma non gli effetti che esso produce – i figli – ).
Il ritorno del presunto morto determina, sul piano patrimoniale, il recupero dei beni o il
conseguimento del prezzo di quelli alienati e può anche pretendere l’adempimento delle
obbligazioni considerate estinte. Se invece, si accerta la morte, si applicano le norme sulla
successione ereditaria.
Morte e commorienza
Morte La morte produce l’estinzione della persona fisica e la cessazione della sua capacità.
L’accertamento della morte si distingue in diretto e indiretto secondo che sia possibile o no
rinvenire e/o riconoscere il cadavere della persona estinta.
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Commorienza La morte simultanea di due o più persone si qualifica commorienza: qualora non
sia possibile accertare la sopravvivenza di una rispetto all’altra, la legge le considera morte
nello stesso momento.
Capacità di agire
La capacità di agire è l’idoneità di un soggetto di compiere atti giuridicamente validi, dunque di
acquistare ed esercitare diritti o ad assumere obblighi.
L’ordinamento fissa il tempo dell’acquisto della capacità di agire al raggiungimento della
maggiore età, in quanto si ritiene che il soggetto abbia raggiunto una determinata maturità
psichica, tale da consentirgli di valutare adeguatamente la convenienza degli atti che pone in
essere e di provvedere alla cura dei propri interessi.
Se la legge consente ad un soggetto di porre in essere un atto giuridico ad un’età inferiore, la
capacità di agire è speciale.
Quanto ai casi in cui la capacità di agire risulta esclusa o limitata, può essere distinta un'
incapacità assoluta o piena da un'incapacità relativa o attenuata.
- Nel primo caso occorre un soggetto che sostituisca in tutto e per tutto l'incapace che, in
quanto tale, non esprime alcuna partecipazione all'atto.
- Nel secondo caso invece la volontà di colui che è relativamente incapace deve, per
quanto attiene agli atti di straordinaria amministrazione, essere integrata da quella di un
curatore. L'espressione della volontà della parte assume le caratteristiche dell'atto
complesso , formato cioè dalla concorrente ed univoca volontà di due soggetti, volontà
che si integra reciprocamente.
Minore età e potestà dei genitori La potestà dei genitori costituisce un istituto derivante
dall’inidoneità del minore alla cura dei propri interessi; ne consegue la necessaria “soggezione”
alle scelte e alle decisioni del titolare della potestà: il minore ha il dovere di lasciarsi educare.
Il dovere primario è la cura e assistenza del figlio nel rispetto delle sue peculiarità, cooperando
alla sua formazione ed al suo equilibrio affettivo e caratteriale, e senza forzarne la libertà e la
personalità.
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Tuttavia la legge considera il minore come “soggetto” di diritto e non come “oggetto” della
potestà dei genitori. Dunque merita la tutela dei suoi diritti fondamentali e inviolabili.
Considerarlo soggetto di diritto significa consentire al minore di effettuare in autonomia le
scelte che concernono la sua persona. Dunque bisogna verificare di volta in volta la sua
capacità di discernimento, ossia la sua idoneità e maturità per assumere una decisione con
adeguata consapevolezza.
Tutela e curatela dei minori La potestà genitoriale si differenzia dalla potestà tutoria, in
quanto essa ha carattere surrogatorio: subentra solo nel caso in cui la prima manchi o non sia
esercitabile, ed ha una sfera di competenza più limitata.
Il presupposto per l’apertura della tutela è l’ipotesi in cui sia venuto meno l’esercizio della
potestà (morte, scomparsa legalmente accertata, dichiarazione assenza o morte presunta,
sospensione, impedimento).
Competente alla nomina del tutore è il giudice tutelare presso il tribunale del domicilio del
minore, anche qualora questi abbia altrove la propria residenza. Il giudice, prima della nomina
del tutore, deve sentire il minore ultrasedicenne (con facoltà di audizione per quello
infrasedicenne): è il diritto all’ascolto. Questi con l’audizione esprime il diritto di manifestare la
propria opinione su ogni questione che lo riguardi; il giudice di tutela ha il dovere di
considerare l’opinione espressa, tenuto conto dell’età e del grado di maturità del minore.
Minore emancipato L’unica forma di emancipazione è quella legale e riguarda soggetti che
abbiano compiuto sedici anni e che contraggono il matrimonio prima della maggiore età. Con
la celebrazione del matrimonio, i genitori perdono anche la rappresentanza legale del minore.
Il minore emancipato può anche esercitare un’impresa commerciale, senza l’assistenza del
curatore, purché a ciò sia stato autorizzato dal tribunale, con parere del giudice tutelare e
sentito il curatore. In tale ipotesi il minore può compiere da solo gli atti di straordinaria
amministrazione.
Protezione delle persone prive di autonomia La persona che, a causa di un’infermità mentale
o anche di una menomazione fisica o psichica (anziano non autosufficiente, malato grave ma
non psichico) si trovi nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri
interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno.
Nel provvedimento di nomina dell’amministratore (disposto dal giudice tutelare con decreto)
sono indicati gli atti che il beneficiario può compiere soltanto con l’assistenza
dell’amministratore di sostegno.
Per gli atti non indicati il beneficiario conserva una piena capacità di agire (l’istituto
dell’amministrazione di sostegno tutela le persone prive di autonomia limitando il meno
possibile la capacità di agire).
Il ricorso per la nomina dell’amministratore può essere proposto dallo stesso beneficiario,
anche se minore, dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente e dagli altri espressamente
indicati dalla legge.
L’amministratore deve tener conto dei bisogni e delle esigenze del beneficiario e deve
informarlo prima del compimento di qualunque atto. Nell’ipotesi di dissenso interviene il
giudice tutelare. Gli atti compiuti dall’amministratore in violazione della legge sono annullabili.
Interdizione giudiziale Causa impeditiva dell’acquisto della capacità di agire (per i minori) o
causa estintiva della capacità di agire acquisita (se il soggetto è già maggiorenne) dovuta ad
uno stato di “abituale infermità mentale”, tale da rendere il soggetto incapace di provvedere ai
propri interessi.
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Annullabilità degli atti Una disposizione di carattere generale sancisce l’annullabilità degli atti
compiuti dall’interdetto senza rappresentanza del tutore e degli atti eccedenti l’ordinaria
amministrazione compiuti dall’inabilitato senza assistenza del curatore e la relativa
autorizzazione giudiziale.
Cause di incapacità naturale: vera e propria alterazione patologica della psiche, ma anche
qualsiasi situazione che concorre a turbare la sfera affettiva dell’individuo così da privarlo della
capacità naturale. È sufficiente che l’intelligenza e la volontà siano perturbate in modo da
impedire una seria valutazione dei propri atti e la formazione di una volontà cosciente.
B. PERSONE GIURIDICHE
Enti Per il perseguimento di finalità che in forma collettiva possono essere realizzate con
maggiore efficacia, oppure per destinare un patrimonio in funzione di una determinata attività
(es. fondazione che favorisce la ricerca scientifica) , gli individui possono costituire delle
organizzazioni alle quali l’ordinamento giuridico riconosce la qualità di soggetti di diritto distinti
dai membri che le compongono.
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Tali organizzazioni sono denominate enti o persone giuridiche e, oltre ad essere titolari di
situazioni soggettive, possono anche esercitarle mediante i loro organi, cioè per mezzo delle
persone fisiche.
Tradizionalmente si distinguono:
Gli enti sono caratterizzati inoltre dalla cosiddetta AUTONOMIA PATRIMONIALE, cioè
una separazione del patrimonio dell’ente da quello di coloro che fanno parte
dell’organizzazione, separazione che si ripercuote sulla responsabilità patrimoniale per
le obbligazioni assunte.
• PERFETTA: per gli enti che hanno personalità giuridica e si sostanzia nella netta
separazione dei patrimoni; sicché per le obbligazioni assunte in nome dell’ente
risponde esclusivamente il patrimonio dell’ente, e, nei confronti di questo, i
creditori (personali) dei soci non possono avanzare alcuna pretesa. (es.
associazioni riconosciute, fondazioni, società di capitali)
• IMPERFETTA: per gli enti che non hanno personalità giuridica, che determina una
separazione dei patrimoni in senso relativo. Infatti, per le obbligazioni assunte da
coloro che rappresentano l’ente rispondono anche personalmente e solidalmente
le persone che hanno agito in nome e per conto dell’ente stesso. (es. associazioni
e comitati non riconosciuti, società di persone).
La personalità giuridica di acquista con diverse modalità secondo che l’ente persegua finalità
lucrative o ideali.
Le società di capitali (Srl, Sapa, Spa) la conseguono in maniera automatica con l’iscrizione al
registro delle imprese (sistema normativo).
Le associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni di carattere privato la acquistano mediante il
riconoscimento, determinato dall’iscrizione (forma di pubblicità costitutiva) nel registro delle
persone giuridiche.
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Per ottenere la registrazione, e quindi il riconoscimento, è necessario che lo scopo sia possibile
e lecito, che il patrimonio risulti adeguato, e che siano state soddisfatte le condizioni previste
da norme di legge.
Fenomeno associativo e costituzione Oltre agli enti con finalità lucrative, è importante il
fenomeno associativo, in quanto soddisfa la tendenza degli individui a riunirsi in organizzazioni.
Dunque la Costituzione riconosce e garantisce i diritti dell’uomo sia come singolo, sia nelle
formazioni sociali. Con riferimento a queste ultime è sancito il diritto di associarsi liberamente
per fini che non sono vietati dalla legge penale, proibendo le associazioni segrete e quelle che
perseguono scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.
L’associazione si costituisce con le manifestazioni di volontà dei partecipanti di voler dare vita a
un ente, inserite in un atto costitutivo che non necessita di specifiche forme (a meno che non
implichi il conferimento di beni immobili per un periodo eccedente i nove anni, in quel caso
occorre la scrittura privata).
All’atto costitutivo è allegato uno statuto, cioè un insieme di regole, risultato dell’accordo degli
associati, che individuano lo scopo, l’ordinamento interno e l’amministrazione
dell’associazione.
Si reputa che gli organi necessari nelle associazioni non riconosciute siano gli stessi previsti per
le associazioni riconosciute: l’assemblea e gli amministratori.
L’assemblea, costituita dai partecipanti all’organizzazione, è l’organo sovrano e ad essa
spettano le decisioni più importanti sulla vita dell’ente.
Gli amministratori provvedono alla gestione dell’associazione e hanno la funzione di agire in
nome e per conto dell’ente.
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Finché dura l’associazione, i singoli associati non possono chiedere la divisione del fondo
comune, pretendere la liquidazione della quota in ipotesi di recesso e ripetere i contributi
versati. Questo fondo è destinato a soddisfare i creditori: anche qui vi è autonomia
patrimoniale, ma questa è imperfetta. Inoltre per le obbligazioni dell’ente, rispondono anche
personalmente (ciascuno con il proprio patrimonio personale) e solidalmente (ciascuno è
tenuto ad adempiere l’intera prestazione) le persone che hanno agito in nome e per conto
dell’associazione (non tutti gli associati).
Comitati Se un insieme di persone si accorda per effettuare una raccolta di fondi, mediante
pubblica sottoscrizione, con l’intento di perseguire un fine di interesse generale e comunque
non egoistico, esse danno vita a un comitato, entità soggettiva distinta dai soggetti che ne
fanno parte.
Come per l’associazione non riconosciuta, anche per la costituzione del comitato non sono
richieste specifiche formalità; sufficiente è l’accordo verbale.
Rilevante è la dichiarazione all’esterno dell’esistenza dell’organizzazione e della finalità che si
vuole perseguire con le risorse raccolte. Lo scopo esternato imprime ai fondi un vincolo di
destinazione.
Quanto alla responsabilità per le obbligazioni assunte, qualora non sia stata ottenuta
personalità giuridica, opera la c.d. autonomia patrimoniale imperfetta, che si traduce nella
responsabilità personale e solidale di tutti i componenti del comitato e delle persone che
abbiano agito in nome e per conto dell’ente.
ORGANI
Gli organi essenziali dell’associazione riconosciuta sono: l’assemblea e gli amministratori.
L’assemblea è l’organo che riunisce gli associati, i quali possono prendervi parte anche
mediante delega di altri associati. Essa è convocata dagli amministratori quando ne ravvisano la
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necessità, e comunque almeno una volta all’anno per l’approvazione del bilancio. Deve essere
convocata quando ne è fatta richiesta motivata da almeno 1/10 degli associati. Le competenze
sono determinate dall’atto costitutivo e dallo statuto (competenze esclusive sono:
approvazione bilancio, nomina e revoca amministratori, esclusione associati, modifiche atto
costitutivo, scioglimento associazione …).
L’assemblea delibera a maggioranza di voti. Maggioranze qualificate sono richieste per
modificare l’atto costitutivo e lo statuto e per lo scioglimento dell’associazione e la
devoluzione del patrimonio. Le deliberazioni contrarie alla legge sono annullabili.
Gli amministratori sono l’organo di gestione delle associazioni, e sono eletti dall’assemblea. Lo
statuto determina la composizione e i poteri.
Poiché con il riconoscimento l’associazione acquista autonomia patrimoniale perfetta, gli
amministratori rispondono in prima persona delle obbligazioni, ma solo con il patrimonio
conferito per l’organizzazione. Essi non rispondono in prima persona delle obbligazioni assunte,
ma sono responsabili verso i terzi per la violazione degli obblighi inerenti alle loro funzioni.
ESCLUSIONE
L’esclusione di un associato non può essere deliberata che per gravi motivi.
ESTINZIONE
L’associazione riconosciuta si estingue, oltre che per le cause previste nell’atto costitutivo o
nello statuto, quando lo scopo è stato raggiunto o è divenuto impossibile, quando gli associati
vengono a mancare o vi è una delibera assembleare di scioglimento.
L’estinzione è accertata dall’autorità amministrativa su istanza di qualunque interessato.
La fondazione diviene soggetto di diritto con l’acquisto della personalità giuridica, cioè con la
registrazione, la quale assume funzione costitutiva. Prima dell’iscrizione non esiste nemmeno
la fondazione di fatto.
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Parte Terza
A. SITUAZIONI ESISTENZIALI
Diritti patrimoniali
Diritti suscettibili di essere valutati secondo una stima economica. Sono disponibili (alienabili,
trasmissibili, rinunciabili) e prescrittibili (la prescrizione determina l’impossibilità di far valere
un diritto a causa del suo mancato esercizio per un determinato arco di tempo).
Tuttavia vi sono anche diritti patrimoniali che possono essere indisponibili (es. l’usufrutto legale
dei genitori sui beni del figlio minore).
Tra le situazioni non patrimoniali assumono rilievo i DIRITTI DELLA PERSONALITÀ, che sono
situazioni soggettive di un uomo in quanto tale: ne costituiscono gli attributi fondamentali
ed immancabili. Per la loro assoluta preminenza essi sono definiti “diritti inviolabili”.
Si tratta di diritti imprescrittibili, assoluti, non patrimoniali e indisponibili.
Diritto alla vita Il diritto alla vita, sebbene non espressamente contemplato dalla
Costituzione, ha un valore assoluto. Tale diritto impone a tutti i consociati l’obbligo di
astenersi dall’attentare la vita altrui. Per ciò che attiene il momento in cui si acquista il
diritto alla vita, esso compete anche al nascituro in quanto il “diritto di nascere” rientra nel
diritto alla vita.
Diritto al nome
Il nome (costituito da prenome e cognome) svolge la funzione di identificazione sociale
della persona. Esso è tendenzialmente immodificabile, salvo casi particolari.
Diritto alla salute Il diritto alla salute è sancito dall’art 32 Cost. come fondamentale diritto
dell’individuo, e implica per tutti i consociati l’obbligo di astenersi da condotte che possano
cagionare ad altri malattie, infermità o menomazioni. Anche il diritto alla salute compete al
nascituro.
La dignità umana costituisce un’essenziale condizione, una qualità che spetta all’uomo in
quanto tale, indipendentemente dalla sua posizione sociale o dall’appartenenza a
determinate comunità.
Diritto all’identità personale Si tratta del diritto di ciascuno di vedersi rappresentato con i
propri caratteri reali, senza travisamenti della propria storia, delle proprie idee, della
propria condotta, del proprio stile di vita, della propria etica e delle proprie ideologie.
Diritto all’informazione Tale diritto, seppur non espressamente menzionato dalla carta
costituzionale repubblicana, è strettamente legato alla libertà di manifestazione del
pensiero e dall'art. 21 della Costituzione italiana. È necessario "garantire il massimo di
pluralismo esterno, al fine di soddisfare, attraverso una pluralità di voci concorrenti, il
diritto del cittadino all'informazione".
28
Il termine “diritto” va inteso non come diritto soggettivo, ma come situazione soggettiva: sono
beni le cose che possono formare oggetto di situazioni soggettive, e quindi di un rapporto.
Dunque il bene è idoneo a soddisfare un bisogno meritevole di tutela dall’ordinamento.
- Beni materiali, ovvero le cose corporali, quelle percepibili mediante l’uso dei sensi;
- Beni immateriali ovvero le cose non corporali, prive di fisicità (es. opere di ingegno).
- Beni divisibili: sono le cose suscettibili di essere ridotte in parti omogenee senza che se
ne alteri la destinazione economica.
- Beni indivisibili: l’indivisibilità può derivare dalla natura del bene o dalla volontà delle
parti, che possono considerare non suscettibile di divisione un bene che è comunemente
29
ritenuto divisibile (se il bene è indivisibile, verrà ripartito tra gli aventi diritto il ricavato
che si ottiene mediante la vendita del bene stesso).
- Beni fungibili: sono i beni che possono essere indifferentemente sostituiti da altri
identici per quantità e qualità.
- Beni infungibili: sono i beni che non possono essere indifferentemente sostituiti perché
presentano specifiche caratteristiche individuali (prodotti in esemplare unico).
- Beni generici: appartengono a un determinato genere e hanno rilevanza per il loro peso,
numero e misura (es. la stoffa rapportata ai metri).
- Beni specifici: presi in considerazione per la loro individualità.
Un’altra distinzione che con il tempo sta assumendo sempre maggiore importanza è quella fra:
Il bene produttivo va distinto dal bene fruttifero che si caratterizza per la sua capacità di
produrre altri beni qualificati frutti.
Il bene produttivo è bene fruttifero, ma i frutti possono essere naturali e civili: solo quelli
naturali sono i beni produttivi.
- Beni consumabili: con l’uso, destinati a trasformarsi sì da non adempiere più la funzione
originaria.
- Beni inconsumabili: sono i beni non destinati a trasformarsi e l’uso dei quali è ripetibile,
pur potendosi deteriorare.
30
Combinazione di cose Il bene può anche risultare dalla particolare connessione che può
instaurarsi tra più cose: si discorre di combinazione di cose e, in particolare, di “cose
composte” e di “universalità di mobili”.
Le universalità di mobili sono costituite dalla relazione di più cose appartenenti allo
stesso proprietario, destinate a una funzione unitaria (es. libri di una biblioteca). I
singoli beni, se considerati da soli, possono formare oggetto di separati atti e rapporti.
Sotto vari aspetti, l’ordinamento giuridico stabilisce per le universalità un regime
proprio e diverso da quello che disciplina le singole cose: ad esempio la regola
“possesso vale titolo” è applicabile ai beni mobili ma non alle universalità di mobili
(infatti per diventare proprietario per effetto della trasmissione del possesso, occorre
che si abbia avuto il possesso dell’universalità per dieci anni).
Le cose composte sono costituite dalla connessione di più cose, ciascuna delle quali
potrebbe essere staccata del tutto e avere autonoma rilevanza giuridica ed economica
(si pensi a un’automobile composta da una pluralità di cose diverse tra loro che
separatamente svolgono una funzione particolare ma nell’insieme hanno una funzione
diversa).
La cosa composta si distingue dall’universalità perché in quest’ultima non v’è coesione fisica fra
i vari elementi. Infatti nella cosa composta i singoli elementi diventano parti di un tutto, e la
cosa non può esistere senza uno di essi.
Il rapporto pertinenziale si può instaurare sia tra due beni immobili (garage destinato al servizio
di una casa); sia tra un bene mobile ed uno immobile (impianto termico e la casa); sia tra due
beni mobili (climatizzatore e l’automobile).
31
Godimento e disponibilità sono pieni ed esclusivi: pieni, nel senso che della cosa o sulla cosa il
proprietario potrebbe fare ciò che vuole; esclusivi, nel senso che sarebbe vietata ogni
intromissione altrui sulle scelte del proprietario.
I limiti imposti dalla legge, che comprimono le facoltà che costituiscono il contenuto del diritto,
possono essere:
Collegate alla problematica dei limiti sono le limitazioni assolute o relative, totali o parziali della
proprietà conseguenti all’esercizio del potere di espropriazione (834) riconosciuto dalla
Pubblica Amministrazione. Con l’espropriazione si sottrae o si condiziona coattivamente la
proprietà ad un soggetto allo scopo di destinare il bene espropriato ad una finalità reputata di
“interesse generale”.
L’espropriazione per motivi di interesse generale è disciplinata da numerose leggi speciali.
Con la requisizione (835) viene sottratto il godimento della cosa, la quale resta di proprietà del
privato.
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I rapporti di vicinato e atti emulativi La legge regola i rapporti fra proprietari vicini
contemperando il diritto al libero esercizio con il diritto altrui a non vedersi leso nella propria
situazione di godimento. Per cui c’è il divieto per il proprietario di porre in essere atti che non
hanno altro scopo di nuocere o recare molestia ad altri, i cosiddetti atti emulativi (833) , come
la costruzione di un muro che serve solo per togliere la visuale al proprietario vicino.
Proprietà fondiaria: edilizia e rurale Le diverse forme nelle quali si manifesta la proprietà
sono specificate sia dal codice, sia dalle leggi speciali.
Il codice per la “proprietà fondiaria” (840) considera la proprietà rurale, la proprietà edilizia e i
diritti sulle acque.
- A titolo derivativo: l’acquisto avviene mediante atti di autonomia negoziale (ad esempio
contratto). Un soggetto trasferisce il diritto di proprietà ad un altro soggetto; ma chi
trasferisce (dante causa) non può cedere un diritto più ampio di quello del quale è
titolare. Il nuovo proprietario (avente causa), acquista pertanto un diritto del quale era
titolare il suo dante causa.
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- A titolo originario: quando il diritto di proprietà nasce in capo al soggetto, senza che
questo gli sia stato trasferito da altri. Le modalità di acquisto a titolo originario sono
stabilite dal cc all’articolo 922 e sono molteplici:
Occupazione
Invenzione
Accessione
Unione e commistione
Specificazione
Usucapione (verrà trattato in seguito).
OCCUPAZIONE
Le cose mobili che non sono proprietà di alcuno si acquistano con l’occupazione (923).
Tali sono, oltre alle cose abbandonate, gli animali che formano oggetto di caccia o di
pesca. Tuttavia ciò non vale per le cose immobili le quali “spettano al patrimonio dello
Stato”.
INVENZIONE
ACCESSIONE
opposizione entro tre mesi dal giorno in cui ha avuto inizio la costruzione, l'autorità
giudiziaria può
attribuire al costruttore la proprietà dell'edificio e del suolo occupato .
Il costruttore, però, è tenuto a pagare al proprietario del suolo il doppio del valore della
superficie
occupata, oltre il risarcimento dei danni.
UNIONE E COMMISTIONE
(939) Quando più cose appartenenti a diversi proprietari sono state unite o mescolate in
guisa da formare un solo tutto, ma sono separabili senza notevole deterioramento,
ciascuno conserva la proprietà della cosa sua e ha diritto di ottenerne la separazione.
In caso diverso, la proprietà diventa comune in proporzione del valore delle cose
spettanti a ciascuno.
Quando però una delle cose si può riguardare come principale o è di molto superiore per
valore, il proprietario della cosa principale acquista la proprietà del tutto.
Egli ha l'obbligo di pagare all'altro il valore della cosa che vi è unita o mescolata; ma se
l'unione o la mescolanza è avvenuta senza il suo consenso ad opera del proprietario della
cosa accessoria, egli dovrà pagare una somma minore.
SPECIFICAZIONE
(940) si verifica quando si crea, mediante il lavoro, una nuova cosa con materia
appartenente ad altri, pertanto la proprietà della cosa così ottenuta spetta di regola a colui
che ha compiuto il lavoro, previo pagamento del valore della materia; spetta invece al
proprietario della materia, solo se il valore di essa è molto superiore al valore della
manodopera.
Il diritto di superficie si costituisce per contratto, per testamento o per usucapione, e può
essere previsto a tempo determinato o indeterminato.
Se lo si costituisce a tempo determinato, allo scadere del termine il diritto si estingue e vale il
principio dell’accessione: la costruzione accederà al suolo ed il proprietario di quest’ultimo
diverrà proprietario anche dell’opera costruita.
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Oltre che per scadenza del termine, la superficie si estingue per rinuncia del superficiario e per
consolidazione cioè per la riunione delle qualità di proprietario e di superficiario.
Se si è acquistato un diritto di edificare e non lo si esercita per venti anni, il diritto stesso si
estingue per prescrizione.
Enfiteusi
E’ un diritto reale di godimento su cosa altrui, che attribuisce al titolare (l’enfiteuta), lo stesso
potere di godimento del fondo che spetta al proprietario, previo pagamento di un canone e
con l’obbligo di migliorare il fondo oggetto del diritto (960).
Il canone può consistere in denaro o in una quantità fissa di prodotti naturali, ma che non può
superare i limiti massimi fissati dalla legge.
A differenza dell’usufruttuario, l’enfiteuta può anche mutare la destinazione del fondo, purché
non lo deteriori; questo potere di godimento che spetta all’enfiteuta è detto “dominio utile”,
mentre il potere del proprietario (o concedente) viene denominato “dominio diretto” e si
riduce al diritto di canone.
L’enfiteusi può essere costituita mediante titolo, ovvero per contratto o per testamento,
oppure per usucapione,e, per quanto riguarda la durata, può essere perpetua (a differenza dei
diritti di usufrutto, uso e abitazione che hanno sempre durata temporanea) o a tempo
determinato (in questo caso non può avere una durata inferiore ai 20 anni).
L’enfiteusi si estingue:
- A seguito del non uso protratto per 20 anni (prescrizione estintiva)
- Per scadenza del termine
- Per rinunzia
- Per consolidazione (cioè unione tra la situazione di proprietà e di enfiteusi)
- Per perimento totale del fondo
- Per espropriazione per pubblico interesse.
Accanto a questi il legislatore prevede due modi di estinzione del diritto: l’affrancazione e la
devoluzione.
36
Rimborso La legge, allo scopo di incoraggiare l’enfiteuta a praticare migliorie al fondo, gli
accorda il diritto di ottenere dal concedente il rimborso dell’aumento di valore
conseguito dal fondo nei casi in cui, come ad esempio la devoluzione, il fondo ritorna
nella piena proprietà del concedente. Inoltre l’articolo 975 distingue tra :
- I miglioramenti veri e propri, che sono quelle trasformazioni del fondo che
aumentano il reddito senza assumere carattere di opere aventi una individualità;
- Le addizioni, opere fatte sul fondo dall’enfiteuta che invece conservano la propria
individualità.
Diritti di godimento su cosa altrui Accanto alla proprietà sono previste altre situazioni di
godimento che sono definite “situazioni limitate di godimento su cosa altrui”.
- L’usufrutto
- L’uso - L’abitazione - Le servitù.
USUFRUTTO
L’usufrutto è il diritto di godere di un bene altrui e dei suoi frutti con l’obbligo di
conservare la destinazione economica del bene e di restituirlo alla scadenza (981).
Diritti dell’usufruttuario:
L’usufrutto si costituisce:
- Per legge
- Volontariamente: per contratto, per negozio unilaterale, per testamento - Per
usucapione.
USO E ABITAZIONE
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L’uso è diritto personalissimo che attribuisce al suo titolare il potere di servirsi della cosa
e di raccoglierne eventuali frutti limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia.
Quando l’uso ha per oggetto una abitazione, la situazione si qualifica diritto di
abitazione.
- Per legge
- Volontariamente: per contratto o per testamento - Per
usucapione.
Essi si estinguono con la morte del titolare in quanto (essendo diritti personalissimi)
hanno carattere temporaneo e non possono essere ceduti o dati in locazione, né
possono formare oggetto di disposizione testamentaria.
SERVITÙ
La servitù è un diritto reale di godimento che consiste nel peso imposto sopra un fondo
(detto fondo servente), per l’utilità di un altro fondo (detto fondo dominante),
appartenente a diverso proprietario (1027). È essenziale questa relazione (rapporto di
servizio) tra i due fondi, per cui il fondo dominante ha un vantaggio che deriva dalla
limitazione che subisce quello servente.
L’utilità può consistere nella maggiore comodità o amenità del fondo dominante; si può
costituire perciò una servitù che impedisce di costruire o di elevare la costruzione sul
fondo vicino per assicurare l’amenità di un parco.
Il comportamento cui è tenuto il titolare del fondo servente consiste in un sopportare, in
un comportamento negativo di non fare.
- negative, caratterizzate dalla proibizione a carico del proprietario del fondo servente
di compiere atti o comportamenti (divieto di sopraelevare la costruzione, servitù di
aria e di luce).
- Servitù volontarie, costituite per volontà dei singoli (per contratto o per testamento)
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I modi di costituzione delle servitù sono il contratto e la sentenza costitutiva del giudice
per le servitù coattive; mentre per le servitù volontarie sono il contratto e il
testamento. Inoltre la legge prevede che le servitù apparenti possano essere costituite
per usucapione e per destinazione del padre di famiglia.
- Volontaria (se nasce dall’accordo dei soggetti: es. amici che comprano insieme una barca)
- Legale (o forzosa, nasce dalla legge)
- Incidentale (se nasce da un evento casuale: es. comunione fra più eredi).
- Cose divisibili, ciascun partecipante può chiedere lo scioglimento della comunione, purché
questa non sia forzosa o purché non vi sia una durata prestabilita (comunque non
superiore a dieci anni). La divisione può essere fatta d’accordo fra i partecipanti, o tramite
l’intervento del giudice.
- Cose indivisibili, la comunione non può essere sciolta, ma i contitolari possono alienare il
bene e dividere il ricavato in proporzione alle rispettive quote.
41
'c
a
v
còOm
Condominio negli edifici E’ la coesistenza in un edificio di più diritti di proprietà: quando gli
appartamenti di un edificio non appartengono alla stessa persona ma a più persone diverse,
ciascuna delle quali è proprietaria esclusiva del proprio appartamento; alcune parti
dell’edificio, però, appartengono in comune ai vari condomini.
Si tratta di una comunione che non è soggetta a scioglimento: comunione forzosa e perpetua.
Il diritto di ciascuno dei condomini e l’obbligo di partecipare alle spese per la manutenzione
delle parti comuni, sono stabiliti nel titolo; in mancanza essi corrispondono al valore del piano
o della porzione di piano.
Per ciò che concerne l’uso e l’amministrazione delle cose sono previsti due organi:
l’assemblea dei condomini, che è un organo deliberativo e l’amministratore che è un
organo esecutivo.
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Il rapporto si regge sulla base di un regolamento predisposto dal promotore e accettato con gli
atti di acquisto delle singole quote di multiproprietà (poteri di godimento esclusivo). Con il
regolamento si disciplina l’uso delle parti e dei servizi comuni, nonché la partecipazione alle
relative spese.
- L’azione di rivendicazione
- L’azione negatoria
- L’azione di regolamento dei confini - L’azione di apposizione di termini.
L’azione di rivendicazione è imprescrittibile, salvo l’acquisto della proprietà da parte di altri per
usucapione.
Anch’essa è imprescrittibile, e può assolvere a una funzione inibitoria (per cui il proprietario
potrà ottenere la cessazione del diritto vantato da altri ) e risarcitoria.
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O
PDue sono i casi in cui normalmente l'azione è proposta: in uno il giudice è chiamato ad apporre
R precisamente il limite che separa due fondi, perché sussiste incertezza anche tra le parti;
nell'altro esiste una zona dai limiti definiti, ma è controverso a quale dei fondi appartenga.
F
Per quanto riguarda le dimostrazioni da effettuare, ogni mezzo di prova è ammesso. Se
nessuna delle
O
parti riesca a dimostrare il fondamento della propria pretesa, il giudice dovrà apporre i
limiti
N
D servendosi delle mappe catastali.
I
A
L’azione di apposizione di termini
R
E’ un’altra azione di confine: poiché esso è certo, presuppone la semplice irriconoscibilità o la
I
mancanza di segni che li delimitano. Con essa l’attore mira ad ottenere dal giudice un
provvedimento
A
che obblighi il convenuto confinante a concorrere alle spese necessarie all’apposizione dei
segni di confine (termini).
44
L’azione di danno temuto tende a prevenire, da parte di chi lo tema, il pericolo di un danno
grave ed imminente al godimento del proprio diritto da parte di una qualsiasi cosa già
esistente sul fondo vicino (es. un tetto pericolante).
45
L’articolo 1140 del codice civile definisce il possesso come il potere sulla cosa che si manifesta
in un’attività corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà o di altro diritto reale.
Perdita del possesso: si verifica con il venir meno di uno dei due elementi.
nella prima ipotesi il detentore esercita il suo potere sulla cosa sotto il controllo diretto del
possessore (ad esempio, un prestatore d’opera che debba riparare l’automobile altrui, o il
custode di un edificio); nella seconda il detentore è titolare di un vero e proprio diritto
personale di godimento sul bene o comunque di un potere di gestione (ad esempio,
l’appaltatore ha la detenzione dell’opera realizzata fino alla consegna al committente).
Il detentore qualificato è ammesso ad esercitare l’azione di reintegrazione.
Per mutare la detenzione in possesso, però, non basta che subentri l’elemento soggettivo
(ovvero la sola intenzione di usare la cosa in qualità di proprietario), ma a tal fine sono
46
necessari atti giuridici o comportamenti materiali, accertabili in modo soggettivo, tali da far
mutare il titolo. Il detentore diventerà possessore per il verificarsi delle seguenti cause:
Per causa proveniente da un terzo, il quale afferma di essere proprietario del bene e
trasferisce il diritto di proprietà al detentore (rendendolo possessore);
Per opposizione del detentore, il quale rende nota al proprietario la propria intenzione di
continuare a tenere il bene, non più come detentore ma come vero possessore, e quindi
in nome e per conto proprio e non più in nome del proprietario.
Tipi di possesso:
- Possesso pieno: corrispondente ad un diritto di proprietà
2) A titolo derivativo,
- Per successione.
La legge prevede due modi:
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Presunzione di possesso Le regole per la determinazione della durata del possesso sono le
seguenti:
c) Se il possessore ha un titolo a fondamento del suo possesso, si presume che possieda dalla
data del titolo, salvo prova contraria.
- Possesso di buona fede: chi possiede ignorando l’altruità della cosa (art. 1147).
La buona fede non giova se l’ignoranza dipende da colpa grave (non può godere degli
effetti del possesso di buona fede chi, pur ignorando l’altruità della cosa, poteva venirne
a conoscenza usando un minimo di diligenza).
- Possesso di mala fede: chi possiede è consapevole di ledere l’altrui diritto (ladro).
a) Il diritto di far propri i frutti prodotti dalla cosa fino al giorno della domanda di
rivendicazione;
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b) Il diritto a una indennità per le riparazioni, i miglioramenti, le addizioni portate alla cosa;
d) Con riguardo esclusivo ai beni mobili, il legislatore ha previsto all'art. 1153 c.c. che ne
acquista la proprietà tramite il possesso colui al quale sono stati alienati beni mobili da chi
non ne era proprietario, purché sussista la buona fede del possessore al momento della
consegna e ci sia un titolo idoneo al trasferimento della proprietà.
La norma presuppone un atto di alienazione (per esempio, una compravendita) di un
bene mobile da parte di chi non ne è proprietario.
La proprietà si acquista dunque a due condizioni: che l’acquirente sia in buona fede al
momento della consegna, ossia ignori che l’alienante non è proprietario del bene; che
esiste un titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprietà.
È questo il principio “possesso vale titolo”.
Presupposti: l’oggetto deve essere un bene mobile e non registrato e il titolo deve
essere valido. Il proprietario del bene perde il suo diritto e non può rivendicarlo,
l’acquirente acquista il bene libero da vincoli.
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Usucapione
Il possesso continuato nel tempo per il numero di anni previsto dalla legge determina
l’acquisto della proprietà dei beni immobili, delle universalità di mobili, dei beni mobili
registrati e dei beni mobili non registrati (qualora non si verifichino i presupposti del “possesso
vale titolo”).
Si possono verificare anche casi di acquisto per usucapione abbreviata: purché si verifichi è
necessaria, oltre al possesso non vizioso e senza interruzione, la buona fede, un titolo
astrattamente idoneo al trasferimento, la trascrizione del titolo dalla quale decorre il
tempo necessario per usucapire. Perché si verifichi l’usucapione abbreviata, occorre
distinguere:
- Le azioni possessorie
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L’azione deve essere effettuata entro un anno dallo spoglio ed è ordinata dal giudice.
L’azione di manutenzione (1170) può essere chiesta, entro un anno dall’evento, dal
possessore di beni immobili che sia stato molestato nel suo possesso. Essa è diretta ad
ottenere la cessazione delle turbative.
L’azione può essere esperita anche da colui che ha subito uno spoglio non violento o
clandestino, al fine di essere rimesso nel possesso del bene (azione di manutenzione
recuperatoria).
Le situazioni reali (ricondotte all’ambito dei diritti assoluti), sono caratterizzate dalla
assolutezza: ovvero possono essere fatte valere nei confronti di tutti i consociati.
Le situazioni di credito, invece, (ricondotte all’ambito dei diritti relativi) si caratterizzano invece
per la relatività, in quanto esercitabili nei confronti di una persona determinata: il debitore.
Al diritto reale è correlato un dovere di astensione che grava sugli altri cittadini.
Al diritto di credito, invece, corrisponde un dovere specifico imposto ad un soggetto
determinato (debitore).
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Ulteriore caratteristica dei diritti reali è l’inerenza, la quale esprime lo stretto legame della
situazione soggettiva con il bene che ne costituisce oggetto. Questa caratteristica si
specificherebbe ulteriormente nel diritto di séguito e nell’opponibilità ai terzi della situazione
reale.
I diritti reali hanno anche la caratteristica dell’immediatezza: il titolare gode del suo diritto
senza necessità della cooperazione di alcuno.
Per i diritti di credito, invece, il creditore necessita della cooperazione del debitore.
2) Il vincolo giuridico.
3) La prestazione, ovvero l’oggetto del rapporto giuridico, alla quale è tenuto il debitore.
L’attuazione del rapporto obbligatorio, oltre all’interesse del creditore, può realizzare anche gli
interessi giuridicamente rilevanti del debitore (liberazione dal vincolo).
Entrambi devono comportarsi in maniera corretta (precetto normativo).
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I rapporti obbligatori sono classificati in base alla tipologia delle prestazioni che ne
costituiscono l’oggetto. Si individuano così le obbligazioni di:
Obbligazioni naturali
Le obbligazioni naturali sono dei rapporti che sorgono da semplici doveri morali o sociali, a
differenza delle obbligazioni civili, che si fondano su norme di legge.
La costituzione: LE FONTI
Le fonti delle obbligazioni sono: (1173)
- Il
contratt
- Ilo fatto
illecito
-. Ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità
dell'ordinamento giuridico
La norma fa
riferimento al
contratto nella sua accezione più ampia, ovvero come l’accordo tra due o più
parti, comprendente tanto le fattispecie tipiche che quelle atipiche purché meritevoli di tutela.
Tra gli atti o fatti idonei a produrre obbligazioni si possono richiamare gli alimenti, le promesse
unilaterali, i
titoli di credito, la gestione di affari, il pagamento dell'indebito e l'arricchimento senza causa.
Tali tipi di fonti sono accomunate dal fatto di produrre l'obbligazione in assenza di un accordo
tra due o più parti, come invece avviene nel contratto.
Adempimento
Si definisce adempimento l’esatta esecuzione della prestazione. La prestazione è eseguita
correttamente qualora rispetti modalità, tempi e luoghi preordinati.
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I soggetti obbligati sono il debitore e i suoi eredi a titolo universale, però qualsiasi terzo può
adempiere, anche contro la volontà del creditore. L’intervento del terzo è atto libero, non
dovuto: ma se esso attua un preventivo accordo con il creditore (espromissione) o con il
debitore (delegazione), costituisce atto dovuto.
Per stabilire se è possibile l’adempimento da parte del terzo, occorre vedere la natura della
prestazione. (Ad esempio, uno scultore non può far eseguire la prestazione ad un terzo, in
quanto egli era stato specificatamente scelto perché ritenuto portatore di determinate qualità
e requisiti).
Il debitore può anche adempiere con cose altrui, purché il creditore ne abbia avuto
conoscenza.
Non produce effetto liberatorio l’esecuzione di una prestazione diversa da quella dovuta,
anche se di valore uguale o maggiore. Se tuttavia il creditore vi consente, l’obbligazione si
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Si ha mora del creditore, quando, senza motivo legittimo, egli rifiuta la prestazione offertagli e
non compie l’attività necessaria affinché il debitore possa adempiere.
Quando il creditore è in mora, è a suo carico l’impossibilità della prestazione sopravvenuta per
causa non imputabile al debitore. Egli è altresì tenuto a risarcire i danni derivati dalla sua mora
e a sostenere le spese per la custodia e la conservazione della cosa dovuta.
La mora costituisce solo un impedimento temporaneo all’attuazione del vincolo, il quale resta
in vita fin quando non sopraggiunga un’impossibilità definitiva della prestazione o non sia
compiuto il termine di prescrizione.
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Il debitore è ancora obbligato ad eseguire la prestazione e, al rifiuto del creditore, può ottenere
unilateralmente la liberazione dal vincolo mediante il deposito liberatorio.
- La novazione
- La remissione
- La compensazione
- La confusione
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LA NOVAZIONE
Si realizza quando le parti sostituiscono all’obbligazione originaria, una nuova obbligazione
con oggetto e titolo diversi. L’estinzione dell’obbligazione sostituita avviene senza
adempimento.
Può essere una:
- Novazione soggettiva, quando viene sostituito uno dei soggetti del rapporto.
- Novazione oggettiva, quando tra gli stessi soggetti si costituisce un rapporto diverso dal
precedente.
Affinché si verifichi tale funzione estintivo - costitutiva si reputano necessari tre elementi:
LA REMISSIONE
La remissione è la rinuncia totale o parziale del creditore al suo diritto, per cui
l’obbligazione si estingue e il debitore è liberato.
Il creditore deve effettuare una dichiarazione, e la remissione produce effetti quando la
dichiarazione è comunicata al debitore, il quale può però opporsi.
Affinché sia valida è necessaria l’accettazione del debitore.
LA COMPENSAZIONE
Si ha compensazione quando creditore e debitore si accordano per estinguere i loro debiti
reciprocamente. Essi sono al contempo creditore e debitore l’uno dell’altro.
Ai fini della compensazione non è necessario che i crediti reciproci si equivalgano
quantitativamente: là dove tale equivalenza non vi sia, i debiti si estinguono per le quantità
corrispondenti (1241). La legge distingue tre tipi di compensazione:
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Sono omogenei i crediti aventi come oggetto somme di denaro o altre quantità di
cose fungibili dello stesso genere.
Sono liquidi i crediti esistenti, il cui ammontare è già determinato.
Sono esigibili i crediti non sottoposti a condizione sospensiva o a termine iniziale.
- Volontaria: si verifica quando i debiti reciproci non presentano i requisiti per dar
luogo alla compensazione legale o giudiziale.
L’estinzione si verifica per effetto di un contratto con cui le parti rinunziano
reciprocamente ai rispettivi crediti.
LA CONFUSIONE
Si configura quando il patrimonio del creditore e quello del debitore si “confondono” tra di
loro in una massa indistinguibile. Dunque l’obbligazione si estingue perché qualità di
creditore e di debitore vengono a coincidere nella stessa persona.
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Il principio della libera trasferibilità implica che il destinatario della prestazione possa mutare
senza che il debitore possa impedirlo.
Qualora il credito sia assistito da garanzie personali o reali, o da altri accessori, il cessionario
subentra anche in questi (il credito però può anche essere ceduto con l’esclusione della
garanzia).
In genere oltre ai crediti civili si possono trasferire i diritti potestativi, i crediti naturali, i diritti
personali di godimento. Tuttavia vi sono dei crediti incedibili o per legge, o perché
strettamente personali (inerenti a determinate persone, crediti che vantano creditori con
particolare qualità).
60
Inoltre è possibile che il mutamento del creditore sia reso impossibile da un accordo tra le
parti.
Taluni soggetti non possono rendersi cessionari di alcuni crediti: magistrati, ufficiali giudiziari,
avvocati, notai, funzionari delle segreterie giudiziarie … ).
Cessione a scopo di garanzia Il credito può essere ceduto anche per garantire
l’adempimento di un’obbligazione del cedente nei confronti del cessionario. Se alla
scadenza dell’obbligazione, il cedente adempie, il cessionario deve sostituire il credito
ceduto; diversamente il cessionario si può soddisfare sul credito ceduto.
Il creditore può compiere più atti dispositivi di cessione a favore di soggetti diversi (conflitto tra
più cessionari). Di norma dovrebbe essere valido l’atto compiuto prima.
Nel caso di cessione a titolo oneroso, il cedente è tenuto a garantire al cessionario l’esistenza
del credito. Nel caso di cessione a titolo gratuito, la garanzia dell’esistenza è dovuta solo per
alcuni casi stabiliti dalla legge.
Di norma, invece, il cedente non garantisce la solvibilità del debitore ceduto, sì che il rischio
dell’inadempimento di quesiti è a carico del cessionario. Tuttavia il cessionario può ottenere
che il cedente, se il patrimonio del debitore ceduto non è sufficiente per la realizzazione del
credito, assuma la garanzia della solvenza.
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- Legale
La legge autorizza il terzo che paga, a surrogarsi nei diritti del creditore,
indipendentemente dalla volontà di quest’ultimo. Si verifica nelle situazioni stabilite
dalla legge.
La surrogazione per pagamento configura una successione (a titolo particolare) nel credito:
colui che si surroga acquista i diritti spettanti al creditore cui subentra e anche le eventuali
garanzie del credito. Inoltre subisce, d’altra parte, ogni limitazione, prescrizione o decadenza
che avrebbe potuto pesare sul creditore.
Si può configurare anche una surrogazione parziale.
- Delegazione
- Espromissione
- Accollo
Delegazione passiva
La delegazione di debito (o delegazione a promettere) è un negozio con cui il debitore
(delegante) affida a un soggetto (il nuovo debitore, o delegato) l’incarico di assumere il debito
nei confronti del creditore originario (delegatario).
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Disciplina delle eccezioni Il delegato non può opporre al delegatario le eccezioni relative
al rapporto di provvista.
Il delegante infine, può revocare la delegazione fino a quando il delegato non abbia assunto
l’obbligazione nei confronti del delegatario o non abbia eseguito il pagamento a favore di
questo.
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Espromissione (1272)
L’espromissione è il contratto con il quale un terzo (espromittente), estraneo al rapporto
obbligatorio, assuma spontaneamente verso il creditore (espromissario) l’obbligazione del
debitore (espromesso) (ad esempio: un padre che si obbliga verso il creditore a pagare i
debiti del figlio).
Al pari della delegazione può essere cumulativa (se il terzo è obbligato in solido con il debitore
originario) o liberatoria (se il creditore dichiara di liberare il debitore originario; rimarrà
obbligato solo il terzo).
Accollo (1273)
E’ un contratto che si produce qualora un terzo (nuovo debitore o accollante) pattuisca con il
debitore originario (accollato) l’assunzione del debito, che costui ha nei confronti del
creditore (accollatario). Non occorre il consenso del creditore (struttura bilaterale), ma la sua
eventuale adesione ha la funzione di rendere irrevocabile la dichiarazione di accollo.
Anch’esso può essere cumulativo o originario.
Fonte di accollo può essere non soltanto la volontà delle parti, ma anche la legge (c.d. accollo
ex lege).
- quando senza che sia necessaria alcuna intimazione (mora ex re). Ciò avviene se:
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La mora del debitore produce effetti autonomi rispetto a quelli che conseguono
all’inadempimento definitivo: il debitore deve risarcire i danni derivanti dal ritardo o, più
correttamente, dalla mora; sopporta inoltre il rischio dell’impossibilità sopravvenuta della
prestazione derivante da causa a lui non imputabile (dovrà risarcire il creditore anche se la
prestazione diventa impossibile per forza maggiore).
Inadempimento
L’inattuazione definitiva del rapporto obbligatorio costituisce l’inadempimento. Esso si verifica
quando la prestazione è divenuta impossibile, ovvero il debitore non può o non vuole
adempiere o, infine, quando il creditore non ha più interesse a ricevere un adempimento
tardivo.
L’inadempimento può essere conseguenza di una precisa scelta del debitore, quindi di una sua
incapacità tecnica o finanziaria, oppure della sua stessa negligenza. In tutti questi casi si dice
che l’inadempimento è imputabile al debitore, che risponde con l’obbligo di risarcire i danni
che la mancata esecuzione della prestazione provoca al creditore.
Il debitore può evitare la responsabilità che l’inadempimento fa sorgere a suo carico, solo
quando sia in grado di dare prova che l’inadempimento sia determinato da causa a lui esterna,
inevitabile (forza maggiore) o imprevedibile (caso fortuito). Si deve trattare di caso specifico e
determinato.
Il risarcimento del danno da inadempimento o da ritardo, implica per il debitore una nuova
obbligazione (appunto risarcitoria), che ha per oggetto una prestazione pecuniaria. Questa
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comprende sia la perdita effettivamente subita (danno emergente), sia il mancato guadagno
(lucro cessante).
Il risarcimento è limitato al danno prevedibile al tempo nel quale è sorta l’obbligazione;
tuttavia se l’inadempimento o il ritardo sono dolosi il risarcimento comprende anche i danni
imprevedibili.
Le parti possono convenire l’esecuzione di una prestazione (somma di denaro) per l’ipotesi di
inadempimento o di ritardo, con l’effetto di limitare il risarcimento della prestazione promessa:
si configura la clausola penale.
La caparra è una somma di denaro o una quantità d'altre cose fungibili versata a titolo di
reciproca garanzia contro l'inadempimento nel contratto oppure come corrispettivo per il
caso di recesso dal contratto. La sua funzione è infatti quella di prevedere una sorta di
risarcimento immediato nel caso di inadempienza contrattuale e in caso di adempimento
deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta.
La caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.) è la più frequente e corrisponde alla consuetudine di
consegnare all'altra parte una somma di denaro (o altre cose fungibili) a conferma del vincolo
assunto.
Se la parte che ha concesso la caparra si rende inadempiente, l'altra parte può recedere dal
contratto e trattenere la caparra.
Se inadempiente è la parte che ha ricevuto la caparra, l'altra parte può sempre recedere e
richiedere il doppio di quanto versato.
Diversa è invece la funzione della caparra penitenziale (art. 1386 c.c.) che rappresenta il
corrispettivo del diritto di recesso, stabilito convenzionalmente. Chi decide di recedere deve
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dare all'altra parte quanto pattuito a titolo di caparra penitenziale e l'altra parte non potrà
chiedere altro.
Obbligazioni pecuniarie
Le obbligazioni pecuniarie costituiscono la più diffusa specie di obbligazioni, e sono quelle
che riguardano una somma di denaro (il rapporto debitorio si fonda sul denaro).
Nel nostro ordinamento vale il principio nominalistico, ovvero il principio per il quale il
debitore si libera pagando, alla scadenza, la medesima quantità di moneta inizialmente
fissata, indipendentemente dal fatto che il potere d’acquisto del denaro (valore reale) sia o
meno diminuito.
Chi è tenuto a restituire una somma di denaro, dovrà restituire la SORTE (stessa somma,
quota capitale) e gli ACCESSORI (costituiti dagli interessi che maturano come corrispettivo del
godimento della somma dovuta).
Gli interessi dunque formano oggetto di un’obbligazione pecuniaria
accessoria. Essi possono essere: legali, convenzionali, moratori, usurari.
È proibito l’ anatocismo: gli interessi scaduti, che pur danno luogo ad un debito di denaro,
non producono a loro volta nuovi interessi.
Gli interessi scaduti, possono produrre altri interessi solo in due casi specifici: dal giorno della
domanda giudiziale (diretta ad ottenere il pagamento degli interessi scaduti), o se esistono
usi che espressamente li prevedono.
OBBLIGAZIONI ALTERNATIVE: Un unico rapporto può avere ad oggetto due o più prestazioni
e il debitore è obbligato a eseguire una delle prestazioni in alternativa tra di loro. Il debitore
si libera eseguendo una sola delle prestazioni dedotte nel rapporto, ma non può eseguire
parte dell’una o dell’altra.
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La solidarietà, però, è esclusa nel caso in cui si configura la sussidiarietà: in tale ipotesi, il
creditore deve preventivamente “escutere” il patrimonio di uno dei coobbligati.
La solidarietà passiva rafforza la posizione del creditore, in quanto egli avrà più
debitori da cui pretendere l’adempimento della prestazione.
Inoltre:
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- Il debitore che ha pagato l’intera prestazione può agire nei confronti degli altri
condebitori per ottenere da ciascuno le rispettive quote di debito: è questa l’azione di
regresso.
L’obbligazione è divisibile se ha per oggetto una cosa che per natura è suscettibile di
frazionamento in parti omogenee di valore proporzionale all’interno (es. somma di denaro).
È fungibile anche l’obbligazione che può essere svolta da chiunque, mentre è infungibile
l’obbligazione che deve essere svolta da determinati soggetti.
D. SITUAZIONI DI GARANZIA
A) Situazioni di garanzia patrimoniale
L’art. 2740, disponendo che il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i
suoi beni presenti e futuri, delinea l’istituto della responsabilità patrimoniale, mediante il quale
il creditore insoddisfatto (a causa dell’inadempimento) può realizzare il suo interesse
aggredendo, in via esecutiva, i beni del debitore.
Per il creditore il patrimonio del debitore costituisce una garanzia generica del suo diritto di
credito.
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- i privilegi generali hanno per oggetto tutti i beni mobili del debitore; sono
caratterizzati dalla peculiarità della causa giustificativa, il più delle volte espressione di
esigenze primarie delle persone.
I privilegi ineriscono al rapporto di credito e risentono delle vicende che questo subisce;
seguono poi il credito nei suoi trasferimenti sia a titolo particolare sia a titolo universale
(inerenza al credito).
I privilegi speciali risentono anche degli eventi che interessano la cosa sulla quale gravano
(inerenza alla res).
Questi strumenti svolgono una funzione conservativa della garanzia patrimoniale perché
consentono di evitare la diminuzione della sua consistenza (sequestro conservativo); o, quando
tale diminuzione vi è stata, di impedire che questa possa operare a danno del creditore (azione
revocatoria); o addirittura di incrementarla realmente (azione surrogatoria).
Azione revocatoria
L’azione revocatoria ha funzione di “neutralizzare” gli atti di disposizione compiuti dal debitore
i quali, diminuendo la garanzia patrimoniale, possono recare pregiudizio al creditore.
Per essere pregiudizievoli, questi atti devono comportare una diminuzione del patrimonio tale
da renderlo insufficiente a soddisfare i creditori o da rendere difficoltosa l’esecuzione coattiva.
Il creditore può chiedere cioè che gli atti di disposizione del debitore “siano dichiarati inefficaci
nei suoi confronti”: nei confronti delle parti (debitore e terzo; debitore e altri creditori) infatti
gli atti risultano pienamente efficaci.
Gli “atti di disposizione” ai fini dell’azione revocatoria devono essere assunti in una accezione
ampia. Soggetti a revocatoria sono non soltanto le alienazioni di beni o la costituzione su di essi
di diritti reali (di godimento o di garanzia), ma anche atti che determinano la nascita di
obbligazioni eccedenti l’ordinaria amministrazione (contratto di locazione o affitto
ultranovennale; pagamento di debiti non ancora scaduti.
1) La verifica del pregiudizio va condotta tenendo presente sia l’entità del debito sia la
consistenza patrimoniale del debitore;
2) è richiesta la consapevolezza del debitore di ledere la garanzia patrimoniale del
creditore;
3) il creditore può aggredire il bene oggetto dell’atto di disposizione anche presso il terzo
che ne è a tutti gli effetti divenuto proprietario. Se l’atto di disposizione è a titolo
oneroso, occorre la consapevolezza del terzo di arrecare pregiudizio al creditore; se a
titolo gratuito non è necessaria (è sufficiente la consapevolezza del debitore).
Azione surrogatoria
Mentre con l’azione revocatoria il creditore reagisce a comportamenti attivi del debitore (che
determinano un decremento della garanzia patrimoniale), con l’azione surrogatoria (2900) il
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creditore evita il pregiudizio conseguente all’inerzia del debitore che, trascurando l’esercizio di
diritti dei quali è titolare, impedisce l’incremento della garanzia patrimoniale.
L’azione surrogatoria differisce da quella revocatoria anche sul piano degli effetti.
Infatti quella revocatoria opera soltanto a favore del creditore che l’abbia esperita, mentre
quella surrogatoria determina un incremento del patrimonio del debitore che va a vantaggio di
tutti i creditori.
Sequestro conservativo
Sottrae al debitore, sia materialmente sia giuridicamente, la disponibilità dei beni, realizzando
una forma di tutela preventiva della garanzia patrimoniale. Si attua mediante processo
cautelare.
La carenza di uno solo dei requisiti impedisce la concessione del provvedimento cautelare.
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Caratteristiche comuni:
PEGNO
È un diritto reale di garanzia su beni mobili, università di mobili, crediti e altri diritti aventi a
loro volta per oggetto beni mobili.
Normalmente si costituisce per accordo delle parti seguito dalla consegna della cosa o dei
documenti; quindi la garanzia trova origine in un contratto reale.
Il bene gravato da pegno passa nel possesso del creditore, attraverso l’azione di
spossessamento.
A seguito dello spossessamento, la cosa generalmente passa al creditore, ma è possibile che la
stessa possa essere consegnata a un terzo o custodita congiuntamente dal concedente e dal
creditore.
Se è data in pegno una cosa fruttifera, il creditore, salvo patto contrario, può far propri i frutti;
inoltre, senza il consenso del concedente, il creditore non può godere del bene oggetto del
pegno, né può concederlo a sua volta in godimento o in pegno (sub-pegno).
Il pegno si estingue, di regola, oltre che per la rinunzia alla garanzia, con l’estinzione del credito
garantito, con il perimento della cosa o dell’estinzione del diritto gravato dalla garanzia.
IPOTECA
È un diritto reale di garanzia che riguarda, principalmente, beni immobili o beni
mobili registrati. Nasce con l’iscrizione ai pubblici registri immobiliari (2808)
(iscrizione costitutiva). Si distinguono:
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Una volta costituita, l’ipoteca attribuisce al creditore il diritto di espropriare i beni vincolati e
di soddisfarsi, con diritto di prelazione, sul ricavato della loro vendita. Poiché sullo stesso bene
possono sussistere molteplici ipoteche, la prelazione è regolata dal grado dell’ipoteca,
costituita da un numero dell’iscrizione tenuto in ordine cronologico: se più persone chiedono
contemporaneamente la nota per ottenere l’iscrizione contro la stessa persona e sopra gli
stessi beni, le iscrizioni vengono prese con parità di grado. La somma ricavata dall’esecuzione
è utilizzata in primo luogo per soddisfare il creditore con ipoteca di primo grado, e poi in
ordine decrescente quelli con grado successivo.
Anche un terzo può essere datore di ipoteca; egli non può pretendere che sia escusso
preventivamente il patrimonio del debitore principale (2868); tuttavia può evitare la vendita
pagando i crediti iscritti: in tal caso e in caso di espropriazione del bene ipotecato, il terzo
datore si surroga nei diritti del creditore soddisfatto.
Se il bene ipotecato è stato acquistato da un terzo, il diritto del creditore iscritto prevale nei
confronti degli acquisti trascritti successivamente all’iscrizione.
L’ipoteca, su richiesta degli interessati, può anche essere ridotta diminuendo il credito per il
quale è stata iscritta, oppure restringendola su alcuni dei beni inizialmente gravati.
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FIDEIUSSIONE
Fideiussore è “colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce
l’adempimento dell’obbligazione altrui” (1936).
Fideiussione omnibus: si tratta di una garanzia che un terzo si assume nei confronti di una
banca con la quale si impegna a garantire tutte le obbligazioni anche future che il debitore
assumerà nei confronti dell'istituto di credito
Il fideiussore che ha pagato il debito può rivalersi nei confronti del debitore, mediante la
surrogazione nei diritti che il creditore aveva nei confronti del debitore, e può esercitare il
regresso contro il debitore principale (1950,1951).
Il fideiussore gode di una particolare tutela: può avvalersi del c.d. rilievo, che gli permette in
ipotesi specificamente indicate dal legislatore di liberarsi dal vincolo obbligatorio nei confronti
del debitore.
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Particolari sono le ipotesi di estinzione della garanzia; accanto, infatti, a quella tipica
consistente nella estinzione dell'obbligazione principale, vi sono le ipotesi previste dagli artt.
1955 e ss.
Nell'art. 1955, ad esempio, si prevede l'estinzione della fideiussione quando il creditore con il
suo comportamento impedisce la surrogazione del fideiussore nei diritti di prelazione che lo
stesso creditore vantava nei confronti del debitore.
Il promittente promette che un terzo si obbliga a compiere un fatto a favore del promissario:
da questa promessa deriva (a favore del destinatario della promessa) una situazione creditoria
di garanzia.
Il promittente si assume il rischio derivante dalla circostanza che il terzo non compia il fatto
promesso o rifiuti di obbligarsi, con la conseguenza che in tale eventualità egli è tenuto a
pagare una somma di denaro a titolo di indennizzo per il danno subito dal promissario.
La promessa del fatto altrui, come qualsiasi altra promessa di fare, dare ecc. non può di per sé
obbligare il dichiarante senza essere giustificata da un adeguato rapporto causale (clausola
negoziale). (es. una società controllante promette che una controllata pagherà la banca per la
concessione di un credito).
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E. PRESCRIZIONE E DECADENZA
Il decorso di un dato periodo di tempo, combinato con altri elementi, può dar luogo
all’acquisto
(usucapione o prescrizione acquisitiva) o all’estinzione di una situazione soggettiva
(prescrizione estintiva e di decadenza).
Prescrizione (estintiva)
La prescrizione produce l’estinzione della situazione soggettiva per effetto dell’inerzia del suo
titolare, che non la “esercita” o non la “usa” per il tempo determinato dalla legge.
Trova fondamento in un interesse generale di ordine pubblico, nell’esigenza cioè di certezza dei
rapporti giuridici e nella necessità di paralizzare l’esercizio di diritti dopo anni di inerzia.
Per la sua importanza non può che essere disciplina inderogabile: per cui nullo è ogni patto di
modifica o di rinuncia alla prescrizione. La rinuncia è esercitabile solo dopo che la prescrizione
è compiuta; essa può essere espressa o tacita.
Una volta decorso il termine di prescrizione il soggetto avvantaggiato può liberamente disporre
del vantaggio da essa derivato; egli può rinunciare alla prescrizione già compiuta, oppure può
farla valere giudizialmente in via di azione o di eccezione. Infatti la prescrizione non opera
automaticamente (con il semplice decorso del tempo), bensì in virtù dell’eccezione sollevata
dal soggetto interessato.
L’efficacia della prescrizione non è propriamente estintiva del diritto (in tal caso infatti al
debitore spetterebbe l’azione di ripetizione di quanto pagato in precedenza); essa è piuttosto
un’efficacia “modificativa”. Sicché, scaduto il termine di prescrizione il rapporto non si
estinguerebbe, ma subirebbe una semplice modificazione della disciplina.
- I diritti indisponibili: se il titolare non può disporne, non può perderli per inerzia
(ad esempio i diritti della personalità e i diritti attinenti a rapporti o situazioni
familiari).
- La qualità di erede;
- L’azione di nullità del contratto;
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- Le facoltà che formano il contenuto della situazione giuridica (la loro estinzione è
conseguente all’estinzione della situazione di appartenenza); - Gli altri diritti
indicati dalla legge.
Si prescrivono invece:
- i diritti di credito
- i diritti reali su cosa altrui.
La prescrizione inizia a decorrere anche se il titolare della situazione, senza colpa, ignori di
essere tale o ignori l’identità del soggetto passivo (se questo ha però commesso dolo
occultandosi, il termine di prescrizione inizia invece dal giorno della scoperta del dolo).
Alcune norme disciplinano diversamente l’inizio del decorso della prescrizione: ad esempio il
termine di prescrizione del diritto di far valere l’annullabilità del contratto decorre dal giorno
della sua conclusione.
Computo dei termini: Il termine di prescrizione va effettuato secondo il calendario comune che
è quello gregoriano (2963), senza tenere conto del giorno iniziale, tenendo invece conto di
quello finale. Se il giorno finale è festivo, il termine è automaticamente prorogato a quello
successivo non festivo. Se la prescrizione è a mesi, il termine scade nel giorno corrispondente a
quello del mese iniziale.
Il termine ordinario di prescrizione, che vale quando non sia diversamente stabilito, è di dieci
anni (2946); di venti anni invece per i diritti reali di godimento (superficie, enfiteusi, servitù,
usufrutto) e per l’ipoteca. Vi sono anche termini minori di quello ordinario, giustificati per la
peculiarità dei casi, previsti per altri tipi di rapporto e danno luogo alle “prescrizioni brevi”,
come nel caso del risarcimento dei danni.
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Sospensione e interruzione
Se l’inerzia è il presupposto della prescrizione, questa non opera nel caso in cui:
- sopraggiunga una causa che, rendendo impossibile l’esercizio del diritto, giustifichi
l’inerzia (sospensione); - l’inerzia cessi in quanto il diritto viene esercitato (o riconosciuto
dalla controparte) (interruzione).
Sospensione è dovuta alla condizione del titolare del diritto, il quale, per causa
sopraggiunta, vede estremamente difficile se non impossibile l’esercizio del proprio diritto
(il che è causa di inerzia forzata: es. militare in servizio in tempo di guerra). La sospensione
ha luogo soltanto nelle ipotesi tassative previste dalla legge:
l’impedimento di mero fatto (es. calamità naturale) è irrilevante. Il periodo di tempo durante il
quale perdura la causa che giustifica l’inerzia non è calcolato al fine del computo del tempo di
prescrizione.
Interruzione si ha quando il titolare esercita il diritto mediante notifica dell’atto con il quale si
inizia il giudizio o mediante atto di costituzione in mora del debitore (per i diritti di credito).
L’interruzione si realizza anche quando il soggetto passivo riconosce il diritto, espressamente
o tacitamente. Accanto a queste cause di interruzione, nelle quali assume rilievo il
compimento di atti giuridici, vi sono le cause naturali di interruzione, consistenti in atti
materiali che in genere riguardano i soli diritti reali su cosa altrui (passaggio sul fondo altrui
gravato da servitù di passaggio). Dal momento dell’interruzione, il periodo già trascorso perde
effetto e inizia a decorrere un nuovo periodo di prescrizione.
Prescrizioni presuntive
Nella prescrizione presuntiva il decorso del termine produce non l’effetto estintivo, ma la
presunzione di estinzione per adempimento dell’obbligazione.
La prescrizione presuntiva esonera il debitore dal fornire la prova dell’estinzione
dell’obbligazione, come invece dovrebbe.
Il creditore ha invece una possibilità di dimostrare il proprio diritto, ovvero quella di fare
giurare il debitore per accertare se si è verificata l’estinzione del debito: se il debitore giura che
l’estinzione si è verificata e la prova contraria non si è avuta il creditore soccombe.
Questo mezzo di prova è palesemente incerto e pericoloso (può giurare il falso nonostante le
sanzioni penali che rischia).
Tra i diritti soggetti a prescrizione presuntiva si ricordano: il diritto degli albergatori e degli osti
per l’alloggio e il vitto (prescrizione di sei mesi): ovvero se io vado in un albergo e l’albergo mi
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richiede un pagamento dopo i 6 mesi, io non devo provare di avere già pagato, ma devo solo
giurare in giudizio di averlo fatto o meno.
Decadenza
La decadenza comporta l’estinzione di un diritto che non sia stato esercitato entro un dato
termine (detto termine perentorio, che non ammette proroga); l’inerzia del titolare e il
decorso del tempo fanno sì che il diritto si estingue.
Quanto al fondamento, a base della decadenza vi è una esigenza di certezza assoluta delle
situazioni giuridiche a differenza della certezza combinata con le ragioni dell’inerzia
(sospensione) tipica della prescrizione.
Per quanto concerne la disciplina la differenza tra i due istituti è limpida. Alla decadenza non si
applicano le norme relative all’interruzione e alla sospensione: essa può essere impedita
soltanto dal compimento dell’atto previsto, non anche dal compimento degli atti interruttivi o
di sospensione.
In linea di principio, i termini della decadenza sono più brevi di quelli della prescrizione.
Inoltre, mentre la prescrizione è istituto di valenza generale, non tutti i diritti sono soggetti a
decadenza, ma solo quelli individuati dal legislatore.
Parte quarta
Le discriminazioni che derivano dalla posizione di supremazia di una delle parti del
contratto “derogano” il principio di eguaglianza sostanziale (3 Cost.).
In tale contesto si colloca il principio di proporzionalità che ha valenza quantitativa,
quale giusta proporzione tra elementi omogenei, comparabili e quantificabili: sì che
conseguenza naturale della sua applicazione è la riduzione del contratto ad equità.
Là dove per la presenza di interessi non patrimoniali, gli elementi non siano omogenei, si
impone un loro bilanciamento in base ad una valutazione qualitativa; quindi è necessario
il concorso del parametro quantitativo della proporzionalità e di quello qualitativo della
ragionevolezza.
alle "convenzioni" è estensibile la disciplina del contratto in virtù della sua "forza espansiva",
compatibilmente con la natura dei rapporti sui quali essi sono destinati ad operare.
CONTRATTO
Il contratto secondo l'art. 1321 del codice civile italiano, è l'accordo di due o più parti per
costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale.
Si distinguono:
• contratti tipici e contratti atipici, a seconda che le parti abbiano deciso di utilizzare uno
schema negoziale già previsto dal legislatore o se, invece, abbiano deciso di costruire uno
schema negoziale nuovo, purché sia diretto a realizzare "interessi meritevoli di tutela"
secondo l'ordinamento giuridico.
• contratti ad efficacia reale e contratti ad efficacia obbligatoria; i primi sono quelli che
trasferiscono la titolarità di un bene per effetto del consenso delle parti (è il c.d. principio
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consensualistico, per il quale i diritti si trasmettono e si acquistano per il solo effetto del
consenso delle parti); i secondi sono quelli che determinano il sorgere di un’obbligazione.
• contratti unilaterali e contratti a prestazioni corrispettive; i primi prevedono che solo una
delle parti del rapporto debba dare, fare o non fare qualcosa, laddove i secondi prevedono
uno scambio di prestazioni (questi ultimi vengono anche detti "sinallagmatici", dal nome
dello scambio corrispettivo, il cosiddetto sinallagma).
• contratti a titolo oneroso, contratti a titolo gratuito; nei primi, ciascuna parte ricava un
vantaggio e sopporta un sacrificio (es. compravendita); nei secondi una parte ricava un
vantaggio, l’altra sopporta
• contratti associativi e contratti di scambio; i primi vedono tutte le parti del contratto
concordi al fine di realizzare un interesse comune (ad es. contratto di società), i secondi
vedono le parti in conflitto di interessi, volendo ciascuna di esse massimizzare la propria
utilità ritraibile dalla pattuizione (ad es. compravendita).
• contratti solenni o formali e contratti a forma libera, a seconda che sia stata
espressamente prevista una forma specifica per la loro stipulazione o meno.
• contratti aleatori e contratti commutativi a seconda che il valore della prestazione dipenda
da un fattore di incertezza (ad es. scommessa, o contratto di assicurazione e risarcimento) o
che non implichi l'assunzione di un rischio in quanto le parti sanno, fin dal momento in cui
concludono il contratto quale sarà l'entità della prestazione. Quelli commutativi possono
essere soggetti a risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, mentre quelli aleatori
no, in quanto il rischio è l’essenza stessa del contratto.
• contratti di durata e contratti istantanei, a seconda che essi regolino un rapporto destinato
a durare nel tempo, con una pluralità di prestazioni e controprestazioni (ad es. contratto di
utenza telefonica) o se, invece, regolino un rapporto che si svolge in un solo momento (ad
es. compravendita)
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• contratti recettizi e contratti non recettizi, i primi sono quelli in cui la produzione degli
effetti si verifica quando sono portati a conoscenza dell'altra parte come, ad esempio, la
disdetta; i secondi sono quelli i cui effetti si producono in seguito alla semplice
manifestazione di volontà, come, ad esempio, la rinuncia all'eredità
• contratti traslativi e contratti abdicativi, i primi sono quelli che attuano il trasferimento del
diritto a favore di altri; i secondi sono rappresentati da atti unilaterali mediante i quali il
soggetto dichiara di dismettere il diritto stesso senza trasmetterlo ad altri (rinunzia).
- L’accordo
L’accordo
(elemento volontaristico, essenza stessa del contratto) Si ha un accordo quando due o più
persone manifestano reciprocamente le proprie volontà, e queste sono dirette allo stesso
scopo.
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L'accordo, visto come unione di volontà può non essere stabile, ciò accade quando una delle
volontà era affetta da vizi. La volontà, quale elemento essenziale dell’atto, si deve tradurre in
una manifestazione che abbia carattere di impegno sul piano sociale e che sia riconoscibile da
parte di terzi. Il legislatore dispone che è possibile chiedere l’annullamento dell’atto negoziale
in presenza di circostanze che alterino tale processo. Queste circostanze sono definite “vizi
della volontà” (se ne parlerà in seguito).
I modi in cui si può formare l'accordo sono molteplici, ma tutti riconducibili a questo schema
semplice: vi è una proposta, da parte di una persona e diretta a un'altra (c.d. oblato), seguita
poi da un'accettazione, da parte del destinatario della proposta e diretta al proponente.
L’efficacia della proposta deve essere temporalmente limitata. Se non è stato stabilito un
termine, l’accettazione deve pervenire al proponente “ in quello ordinariamente necessario
secondo la natura degli affari o secondo gli usi”.
La proposta può essere realizzata dal destinatario prima che egli ne abbia dichiarato
l’accettazione formale. In questo caso l’esecuzione del contratto è avvenuta prima
dell’accettazione.
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revoca, il proponente è tenuto a indennizzarlo delle spese e delle perdite subìte per
l'iniziata esecuzione del contratto.
Può accadere che il proponente si sia obbligato a mantenere ferma la proposta per un
certo tempo: in questo caso si parla di proposta irrevocabile e l’eventuale revoca sarebbe
inefficacie (inefficacia: mancanza di produzione di effetti). È un negozio unilaterale con
effetti esclusivamente strumentali rispetto alla conclusione del contratto.
Un istituto simile alla proposta irrevocabile è quello del patto di opzione, in quanto è un
accordo in base al quale le parti stabiliscono che una delle due mantenga fermo quanto è
stato dichiarato, e che l’altra parte abbia la possibilità di accettare o meno. Il termine entro
il quale il proponente si obbliga a mantenere ferma la proposta deve essere fissato da lui
stesso.
Essa, tuttavia, si differenzia dalla proposta irrevocabile in quanto quest’ultima è un negozio
unilaterale che acquista efficacia quando viene a conoscenza del destinatario; mentre
l’opzione è un contratto bilaterale.
L’opzione è, normalmente, onerosa: chi vuole beneficiare della possibilità di mantenere
ferma la proposta deve pagare una somma di denaro.
L’opzione, però, non va confusa con la prelazione, in quanto presenta alcune differenze
con essa: la prelazione è il contratto con il quale una parte attribuisce all'altra il diritto di
essere preferito rispetto ad altri a parità di condizioni. Con la prelazione vi è la stipula di un
nuovo contratto tra il soggetto obbligato e il titolare del diritto di preferenza.
L’accordo, quale incontro della volontà delle parti, costituisce un elemento imprescindibile: la
mancanza di esso determina la nullità del contratto.
Ai fini dell’esistenza dell’accordo, si rileva non la volontà interiore delle parti, bensì quella
manifestata mediante una dichiarazione. Nel’ipotesi di errore nella dichiarazione o nella
trasmissione della dichiarazione, il contratto è annullabile soltanto se l’errore è essenziale e
riconoscibile dalla controparte.
87
Quando la causa è illecita, e il contratto viene utilizzato per raggiungere una finalità diversa da
quella per il quale esso era stato precedentemente stipulato, si ha un contratto in frode alla
legge.
L’oggetto è rappresentato dalla cosa o dal bene che il contratto intende trasferire, o dalla
prestazione che una parte si obbliga ad eseguire a favore dell’altra. Può essere materiale o
immateriale (come un impegno futuro). Esso deve essere:
- Possibile: per quanto riguarda le cose materiali, queste devono esistere o poter
esistere; per quanto riguarda le cose immateriali (ad esempio un comportamento
umano), queste devono essere compatibili con le capacità fisiche e intellettuali del
soggetto.
- Determinato: è indicato dalle parti nella qualità e nella quantità in modo esauriente.
La forma è il mezzo con cui viene espressa la volontà delle parti e può essere
una dichiarazione o un comportamento concludente.
88
In alcuni casi i contratti si concludono anche attraverso modalità prestabilite es. moduli
prestampati, formulari, solo da sottoscrivere: con la sottoscrizione vi è l’accettazione. La
proposta in questo caso può essere modificata o integrata (cancellatura per depennare, postilla
per aggiungere).
89
- La condizione
- Il termine
- Il modo.
Gli elementi accidentali del contratto incidono sull’efficacia dello stesso, e non sulla nullità.
• Sospensiva: gli effetti tipici del contratto sono sospesi, finché la condizione non si
avvera (es. se ti laurei ti dono la mia biblioteca).
• Risolutiva: gli effetti prodotti dal contratto vengono meno all’avverarsi della
condizione (es. ti vendo la mia casa, ma il contratto si risolverà se entro un mese
l’inquilino non se ne va).
La pendenza della condizione è il periodo durante il quale la condizione può verificarsi, dando
efficacia al contratto (se sospensiva) o cessandone gli effetti (se risolutiva).
Durante questo periodo, esiste una situazione a favore di colui che avrebbe avvantaggiato
dell’avveramento della condizione, situazione che corrisponde ad un’aspettativa di diritto.
Durante questo periodo, il titolare in attesa di avveramento della condizione:
- Può compiere atti conservativi (potrebbe ad esempio chiedere che si provveda alla
custodia dei beni);
L’evento dedotto in condizione deve essere possibile e lecito. La mancanza di tali requisiti
genera:
La condizione illecita, contraria a norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume, la
quale rende nullo il contratto.
Tipi di condizione:
- condizione mista: se il fatto dipende dalla volontà di una delle parti e dal caso.
Di regola la condizione è retroattiva, salvo che, per volontà delle parti o per la natura del
rapporto, gli effetti del contratto o della risoluzione debbano essere riportati ad un momento
successivo.
Pertanto, se la condizione è sospensiva, gli effetti negoziali si producono dal momento in cui si
sarebbero prodotti se non vi fosse stata la clausola condizionale.
Se la condizione è risolutiva, gli effetti vengono meno dal momento nel quale il contratto è
stato concluso.
Presupposizione
Collegata alla condizione è la presupposizione. Essa è un evento, non dichiarato, ma risultante
dalle circostanze, e senza il quale non si sarebbe concluso il contratto.
Ad esempio: Tizio loca a Caio un balcone per il 15 agosto a pomeriggio in Piazza del Campo a
Siena (senza fare riferimento esplicitamente al palio). Il 13 agosto, però, il palio viene sospeso.
Tizio pretende ugualmente il pagamento.
91
In questo caso il contratto perde efficacia se ciò che è stato presupposto da entrambe le parti
come fondamento del contratto non si verifica, anche se esso non è stato espresso.
Il termine
Il termine consiste in un avvenimento futuro e certo dal quale (*iniziale) o fino al quale
(*finale) si fanno dipendere gli effetti del contratto: esso non ha efficacia retroattiva perché gli
effetti del negozio si verificano o cessano nel momento della sua scadenza.
Il modo (o onere)
È un peso imposto ad un soggetto, in quanto esso è obbligato all’esecuzione di una
determinata attività per beneficiare degli effetti del contratto. Può essere imposto soltanto ai
negozi giuridici a titolo gratuito (testamento, donazioni).
Non bisogna però confondere in modo con la condizione; il donante, infatti, non dice: "ti darò
la mia casa a condizione che mi erigerai la statua" ma dice: "ti ho donato la casa, e se la accetti
dovrai costruire una statua nel giardino". Di conseguenza il modo obbliga semplicemente il
beneficiario, ma non sospende l'efficacia dell'atto di liberalità.
Se, infine, il beneficiario non adempie l'onere, chiunque ha interesse può agire per il suo
adempimento. In ogni caso, però, l’inadempimento dell'onere non comporta la risoluzione del
negozio.
Alla violazione degli obblighi di correttezza e buona fede nelle trattative e nella conclusione del
contratto segue la responsabilità precontrattuale.
Tale responsabilità grava, ad esempio, sulla parte che tace all’altra di cause di sua conoscenza
di invalidità del contratto in presenza di tre elementi:
b) La colpa di una parte nell’aver dato seguito al contratto invalido, senza comunicare il
vizio di cui era a conoscenza o che doveva conoscere
c) La circostanza che l’altra parte abbia senza colpa confidato nella validità dell’atto.
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La Rappresentanza
Rappresentanza: Nella rappresentanza un soggetto (rappresentante), allo scopo di curare un
interesse altrui, compie un atto (rappresentativo) destinato a produrre effetti nella sfera
giuridica patrimoniale di un altro soggetto (rappresentato).
Il potere rappresentativo può concernere tanto l’adozione (rappresentanza attiva), quanto la
ricezione (rappresentanza passiva) di atti giuridici o di prestazioni. Sono esclusi gli atti
personalissimi.
Contrato con se stesso: ipotesi tipica di contratto concluso dal rappresentante in conflitto di
interessi con il rappresentato è quella del contratto che il rappresentante conclude con se
stesso (contratto annullabile).
94
Responsabilità del falsus procurator: colui che ha contratto senza potere o eccedendo i limiti
delle facoltà conferitegli è responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per aver
confidato nella validità del contratto.
Contratto per persona da nominare: al momento della conclusione del contratto una delle
parti può riservarsi la facoltà di nominare successivamente la persona che acquisterà i diritti e
assumerà le obbligazioni derivanti dal contratto. La nomina del contraente deve essere fatta
nel termine stabilito nel contratto o entro 3 giorni e ci deve essere l’accettazione del terzo. In
mancanza di nomina o di accettazione, il contratto produce effetti tra i contraenti originari.
Contratto preliminare
Contratto mediante il quale le parti (o anche una sola di esse) si obbligano a concludere un
successivo contratto: esso configura un vincolo di natura convenzionale.
Pur avendo una funzione preparatoria rispetto al contratto definitivo, è un contratto (si
distingue dalle trattative) con effetti obbligatori, che determina il contenuto essenziale del
definitivo.
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Qualora una delle parti non adempia all’obbligo contrattuale, e quindi non dia il consenso per
stipulare il contratto definitivo, si ha l’esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre (la parte
interessata può chiedere al giudice una sentenza che produca gli effetti del contratto non
concluso) e non soltanto il risarcimento del danno.
Il contratto preliminare deve avere la stessa forma del contratto definitivo, in quanto possibile
titolo per ottenere la sentenza costitutiva.
Sono soggetti a trascrizione i preliminari dei contratti che trasferiscono la proprietà di beni
immobili, i contratti che costituiscono, modificano o trasferiscono il diritto di usufrutto su beni
immobili, i contratti che costituiscono o modificano servitù prediali, il diritto d’uso sui beni
immobili e il diritto di abitazione.
Negozio fiduciario
Con il negozio fiduciario, il fiduciante trasferisce al fiduciario la proprietà di un bene,
imponendogli, con apposito patto l’obbligo di trasferirgli un futuro diritto o di trasferirlo ad un
terzo o di farne uso secondo le direttive impartite.
Se il fiduciario non ottempera l’obbligo assunto, il fiduciante può agire giudizialmente: il rifiuto
del fiduciario di ritrasferire il bene al fiduciante consente di ottenere una sentenza costitutiva,
oltre il risarcimento del danno.
Se il fiduciario trasferisce il bene a terzi, il fiduciante non può recuperare il bene, in quanto il
patto ha valore obbligatorio ed è in opponibile ai terzi; può soltanto ottenere il risarcimento.
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Vincoli alla libertà di scelta del contraente: prelazioni legali e convenzionali (già visto)
Il vincolo alla libertà contrattuale può prevedere anche l’opportunità di concludere o no il
contratto con un determinato soggetto. Ciò si verifica in presenza di un diritto di prelazione,
che può avere la sua fonte in una convenzione o nella legge.
Con il patto di prelazione (prelazione volontaria) il promittente si obbliga a dare nei confronti di
un soggetto (prelazionario) la preferenza rispetto ad altri, a parità di condizioni. Il patto ha
efficacia obbligatoria, vincola soltanto le parti e non è opponibile a terzi. Nell’ipotesi di sua
violazione, il prelazionario può agire soltanto per il risarcimento del danno da inadempimento.
Contratti normativi
Sono contratti concordati dalle parti per regolare i loro futuri rapporti. Le parti fissano il
contenuto dei futuri contratti con l’obbligo di inserirvi quel predeterminato contenuto.
L’esempio emblematico è rappresentato dai contratti collettivi di lavoro fra associazioni dei
datori di lavoro e lavoratori.
L’art. 1469 bis stabilisce che sono abusive, in quanto vessatorie, tutte le clausole che
determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi
derivanti dal contratto.
La nuova disciplina, improntata all’esigenza di equilibrare le posizioni contrattuali per evitare
abusi, introduce un controllo alla conclusione del contrato sulle singole clausole; le clausole
giudicate abusive sono dichiarate inefficaci (il contratto rimane efficace), l’efficacia opera solo a
vantaggio del consumatore.
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È vietato l’abuso da parte di una o più imprese dello Stato di dipendenza economica di altre
imprese. Ipotesi particolare è quella della subfornitura, risolta con l’affidamento, mediante
contratto, ad imprese esterne subfornitrici che possono operare nella lavorazione di materiali
forniti e nella realizzazione di prodotti o prestazioni di servizi.
Il contratto di subfornitura deve essere concluso per iscritto. Il termine del pagamento dovuto
dal committente che formula la proposta è di 60 giorni.
La nullità
La nullità è la conseguenza voluta dall'ordinamento in seguito ad un vizio particolarmente
grave che colpisce un negozio giuridico; tale vizio può consistere nella mancanza di un
elemento essenziale, nella illiceità del negozio, della causa o dei motivi o infine per
mancanza dei requisiti relativi all'oggetto. La nullità può essere anche prevista in altri casi
previsti dalla legge. Conseguenza della nullità sarà l’inefficacia del negozio giuridico.
Come si vede, la nullità è la patologia più grave che può colpire un negozio giuridico in quanto
ne provoca l'assoluta mancanza di efficacia: è come se non fosse mai esistito e non produce
effetti.
La nullità è totale quando investe l'intero negozio, mentre è parziale quando investe parti o
clausole del negozio, dunque il contratto è dichiarato nullo solo per quelle clausole (se però la
clausola è rilevante o caratterizza il contratto, può incidere fortemente sulla validità dello
stesso).
98
- Illiceità dei motivi (a condizione che siano illeciti per entrambe le parti)
L'azione volta a far dichiarare la nullità di negozio giuridico presenta alcune caratteristiche
peculiari che il codice civile ci illustra agli articoli 1421 e 1422. Vediamole analiticamente:
Legittimazione all'azione di nullità : La nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia
interesse. In alcuni casi in cui la legge limita la legittimazione a far valere la nullità del negozio;
si parla di nullità relativa.
Natura dell'azione volta a far valere la nullità : L'azione è di accertamento in quanto il giudice
non fa altro che dichiarare una situazione già esistente.
Rilevabilità d'ufficio della nullità: La nullità del negozio giuridico può esser fatta valere in
giudizio non solo dalle parti ma anche dal giudice anche se non vi sia stata specifica richiesta
proveniente da una delle parti.
Impossibilità di sanatoria : Il contratto nullo non può essere convalidato, se la legge non
dispone diversamente. I contraenti che vogliono recuperare l’affare regolato mediante
contratto nullo devono ristipularlo (rinnovazione) ex novo. Vi sono però alcune eccezioni, fra le
quali rientrano la conferma del testamento e della donazione.
L’azione di nullità dell’atto è imprescrittibile: anche con il decorso del tempo, l’azione per
dichiarare la nullità è sempre esercitabile.
99
Conseguenze della nullità Il negozio giuridico nullo, di regola, non produce alcun effetto ma
talvolta la legge apporta alcune deroghe. Occorre distinguere: per quanto concerne gli effetti
tra le parti, il negozio nullo non produce effetti, ma se è stato eseguito, le prestazioni già
effettuate devono essere restituite; per quanto riguarda gli effetti rispetto ai terzi, invece, la
dichiarazione di nullità ha rilievo anche nei loro confronti. Se infatti un terzo ha acquistato un
diritto da colui al quale il diritto stesso è stato trasferito in base ad un negozio nullo, la
sentenza che ha dichiarato la nullità del negozio travolge anche il diritto del terzo.
L’annullabilità
L'annullabilità è una forma meno grave di invalidità rispetto alla nullità grazie alla quale si
permette al soggetto che è stato danneggiato da un negozio giuridico viziato, di impugnarlo e
di farne cessare l'efficacia. Come si vede dalla definizione l'annullabilità si distingue
profondamente dalla nullità. Sappiamo infatti che il negozio nullo è come se non fosse mai
nato. Conseguenza di ciò sarà la totale mancanza di effetti del negozio affetto da nullità. La
situazione giuridica è invece completamente diversa nel caso dell'annullabilità; il negozio
annullabile non è " nato morto " ma è " nato malato " nel senso che è comunque fornito di
vitalità e potrà sia guarire dalla malattia che lo affligge sia morire in seguito ad essa.
Il contratto annullabile produce effetti, ma questi saranno validi fino a quando non viene
dichiarata l’annullabilità.
L'annullabilità, a differenza della nullità, non è prevista in via generale dal codice ma è stabilita
di volta in volta in norme specifiche. Cause di annullabilità sono:
- I vizi della volontà (errore, violenza e dolo), ovvero se la volontà è stata espressa
liberamente o se è stata condizionata.
100
Attraverso la convalida il contraente cui spetta l'azione annullamento può porre in essere un
nuovo negozio attraverso il quale dichiari di voler convalidare il negozio annullabile
(rendendolo efficace).
Può essere espressa e tacita: è espressa quando il legittimato all’azione di annullamento pone
in essere un atto che contiene la menzione del contratto, il motivo di annullabilità, e la
dichiarazione di convalida. La convalida è negozio unilaterale non recettizio; si ha convalida
tacita quando il contraente, al quale spettava l’azione di annullamento, compie la prestazione
conoscendo il motivo di annullabilità: in questo caso l’adempimento della prestazione ha
carattere convalidante.
In ogni caso essendo la convalida un negozio giuridico dovrà essere posta in essere solo da chi
è in condizione di concludere validamente il negozio di cui si tratta. Il minore, quindi, non
potrebbe convalidare un negozio annullabile proprio a causa della sua minore età.
Per quanto concerne infine gli effetti dell’annullamento, esso ha effetto retroattivo e il negozio
si considera come se non avesse prodotto alcun effetto. Ciò significa che deve essere restituita
la prestazione eventualmente eseguita in virtù del contratto annullabile (ripetizione).
L’annullabilità è posta a tutela dell’incapace, sicché essa può essere invocata dall’interessato,
quando abbia recuperato la capacità, dalle persone preposte alla sua cura (genitori,
amministratore di sostegno, curatore, tutore), dai suoi eredi o aventi causa, ma non dalla
controparte.
Per l’interdetto legale invece, la limitazione della capacità non costituisce una protezione ma
una sanzione, per questo può essere invocata da chiunque.
Analoga esigenza sussiste per l’incapace naturale (purché legalmente capace di agire, incapace
temporaneamente di intendere e di volere), ad esempio per aver abusato di alcool o sostanze
stupefacenti, o per un’infermità mentale non troppo grave da dare vita all’interdizione: anche
in tali casi il contratto è annullabile.
L’azione di annullamento si prescrive in 5 anni a partire dal momento del recupero della
capacità di agire per l’incapace legale, dalla conclusione del contratto per l’incapace naturale.
Vizi della volontà ingannata non avrebbe
I vizi della volontà sono: l’errore, il dolo e la violenza. diritto della controparte al
compiuto il negozio;
risarcimento del danno se la
Errore Dolo
causa
d’invalidità abbia ritardato
L’errore è una falsa Il dolo consiste in un rappresentazione l’esecuzione del contratto.
della realtà che comportamento ingannatorio che concorre a - dolo incidente
determinare la volontà si sostanzia in artifizi e raggiri da di un quando la parte ingannata
soggetto: produce una parte di uno dei contraenti o di un avrebbe comunque
divergenza fra voluto e dichiarato e terzo a danno dell’altro Concludiamo il discorso
contraente determina l’annullabilità del (ad esempio, Tizio ricordando compiuto il
induce Caio ad contratto. acquistare la proprietà del negozio anche senza il
fondo, l'errore di calcolo. Questo
Esso deve essere dimostrato. facendogli credere tramite non è un comportamento
Inoltre deve essere: certificati falsi che esso è doloso, ma, in errore che
edificabile). porta all'annullabilità del
- essenziale: quando cade sulla Può consistere in negozio ma solo a
comportamenti natura o sull’oggetto del contratto, sia rettifica. Vi è errore di
commissivi, sia omissivi (false mancanza di
e sulla quantità e qualità della comunicazioni; omissioni o questo, l'avrebbe
prestazione.menzogne). calcolo, ad esempio,
- riconoscibile: dalla parte interessata a stipulare il contratto. quando nel calcolare
Il dolo, se proveniente da una Si intende una media concluso a
capacità di parte: comporta l’annullabilità del riconoscibilità condizioni più il peso
(normale diligenza). contratto; se proveniente da un della merce, per
La rettifica terzo comporta l’annullabilità solo un'errata favorevoli.
Per rendere stabili gli effetti del se i raggiri erano a operazione aritmetica, risulta
conoscenza del contratto annullabile per errore contraente un peso
che ne ha tratto accanto alla convalida si pone la vantaggio. superiore o inferiore a quello
rettifica. reale (10 kg
Essa è negozio accessorio unilaterale recettizio, mediante il al posto di 100).
Il codice civile distingue due tipi di quale il contraente incidente, a differenza di
non in errore dolo: In questo caso una semplice
offre di eseguire la prestazione nel rettifica qu
modo in cui era stato concordato - dolo determinante: non
quando se non vi fosse stato errore. senza il comportamento servirà a rimediare allo
doloso la La rettifica tuttavia non estingue il parte sbaglio, ma se
102
l'errore di calcolo provoca un errore sulla comporta valutazione sulla serietà della
l’annullabilità del minaccia, però, non sarà solo
Violenza oggettiva, ma anche
soggettiva essendo
necessario valutare anche le
La violenza si ha quando un contraente costringe la volontà
condizioni personali di chi la
dell’altro stipulante (ad esempio, se non mi vendi quel bene
riceve.
ammazzerò tuo figlio); qualora venga esercitata da un terzo,
non è necessario che sia nota alla parte che ne trae beneficio, Il male minacciato deve
come richiesto invece per il dolo. essere contrario a norme di
legge.
Essa può essere una violenza:
Timore reverenziale Non
- fisica: costrizione con la forza; in questo caso il contratto costituisce violenza e quindi
è nullo, in quanto la volontà manca totalmente. non è causa di annullamento
- morale: costrizione psicologica, con minacce e ricatti; in del contratto; esso è lo stato
questo caso il contratto è annullabile, in quanto la volontà è di soggezione psicologica
viziata. dovuto alla posizione
superiore della controparte
La minaccia deve essere vera o comunque apparire seria in nel contesto sociale,
modo da far impressione su di una persona normale; la
L’inefficacia
Il negozio, pur essendo valido, può non produrre i suoi effetti per varie ragioni. Si distingue tra
inefficacia:
103
Se la vera intenzione non viene in alcun modo comunicata né a terzi né alla controparte vi è
una riserva mentale (semplice, se di uno solo, o duplice, se di entrambi); essa è
giuridicamente irrilevante, in quanto la legge prende in considerazione solo la volontà
manifestata espressamente o tacitamente attraverso un comportamento.
Vi è invece simulazione qualora le parti, di comune accordo, dichiarino una volontà destinata
ad apparire ai terzi (negozio simulato), che non corrisponde alla reale volontà (la quale
rimane nascosta in un accordo segreto, accordo simulatorio).
L’accordo simulatorio è un negozio fittizio e può essere dichiarato invalido, risolto per mutuo
dissenso o, a sua volta, simulato.
La simulazione relativa, a sua volta, può essere oggettiva se riguarda l’oggetto, la causa o il
titolo del contratto, mentre è soggettiva se fa riferimento ai soggetti.
Esempio di simulazione relativa soggettiva è l’interposizione fittizia di persona, la quale ricorre
quando l’accordo simulatorio ha ad oggetto l’attribuzione di qualità di “parte del contratto”
ad un soggetto, che però resta estraneo al contratto e presta soltanto il nome.
L’art. 123 prevede espressamente la simulazione del matrimonio; mentre è esclusa per gli atti
giuridici in senso stretto.
In ogni simulazione l’intento perseguito dalle parti è quello di creare di fronte ai terzi
l’apparenza (totale o parziale) del trasferimento di un diritto o dell’assunzione di
un’obbligazione. Di solito, l’accordo interno tra le parti, che si contrappone all’atto ufficiale, è
documentato da una controdichiarazione scritta. Essa è rilevante solo ai fini della prova.
104
Particolare rilevanza assume il piano della prova. Tra le parti vale ciò che esse hanno voluto
veramente (nessun effetto nella simulazione assoluta; gli effetti del negozio dissimulato nella
simulazione relativa) ma tutto dipenderà dal controllo di liceità, legalità e meritevolezza, e
dalla prova della avvenuta simulazione. Mentre rispetto ai terzi la prova della simulazione è
libera (può essere data in tutti i modi, ad esempio indizi, prove testimoniali … ), nei rapporti
fra le parti non può essere utilizzata né la prova testimoniale, né la prova per presunzioni. La
prova principale per le parti resta la controdichiarazione.
1. acquisto dei terzi avvenuto in buona fede: in questo caso la simulazione non può essere
opposta né dalle parti, né dagli aventi causa, né dai creditori del simulato alienante;
2. acquisto dei terzi avvenuto in mala fede: in tal caso i terzi sapevano della simulazione ed
il loro acquisto non può essere opposto a coloro che intendono far valere la realtà
sull'apparenza del contratto simulato.
Per quanto riguarda i termini di prescrizione, la legge distingue tra simulazione assoluta e
relativa.
Nella prima l’azione sarebbe imprescrittibile. Nella seconda l’azione si prescrive nel termine
ordinario di 10 anni.
- mutuo dissenso
105
- ipotesi di recesso
- rescissione
- risoluzione.
Mutuo dissenso
Il mutuo dissenso (o mutuo consenso), non comporta l’eliminazione del precedente contratto
che ha prodotto il suo effetto, ma il venir meno dell’effetto stesso a causa della
manifestazione di una volontà contraria rispetto a quella precedente. Il mutuo dissenso
consiste in un nuovo contratto, l’effetto del quale non è retroattivo, perché con esso le parti
perseguono una finalità opposta a quella raggiunta con il precedente negozio, finalità che si
concretizza dal momento in cui il mutuo dissenso produce il proprio effetto.
Gli effetti di un contratto possono venire meno per mutuo dissenso soltanto se non si sono
esauriti e ciò è possibile per i contratti ad effetti obbligatori non ancora totalmente eseguiti, e
per quelli ad effetti reali se non si sono ancora prodotti (perché ad esempio a condizione
sospensiva).
La forma dovrà essere la stessa del contratto del contratto originario, e dovrà essere
sottoposta alle medesime forme di pubblicità.
Ipotesi di recesso
È possibile che una parte si liberi unilateralmente dal vincolo assunto, esercitando il diritto di
recesso: tale potere è ammesso solamente se è disposto per legge ( recesso ex - lege) o se le
parti lo hanno previsto, ed è possibile che sia attribuito a una o a tutte le parti. A seguito del
recesso, gli effetti del contratto possono venire meno soltanto se non vi è stato un principio
di esecuzione dello stesso.
Per l’attribuzione del potere di recesso può essere pattuito un corrispettivo denominato
caparra penitenziale, se versata al momento della conclusione del contratto e multa
penitenziale, se pagata per
Casi di recesso “a tutela del consumatore”:
-contratti conclusi fuori dai locali commerciali (porta a porta)
-contratti a distanza (telefono, TV, internet)
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esercitare il diritto di recesso. La caparra penitenziale può essere convenzionale e deve essere
espressamente prevista; in difetto la caparra avrà natura confirmatoria.
Rescissione
La rescissione del contratto è una modalità di scioglimento del vincolo contrattuale e
presuppone uno squilibrio: essa è ammessa in ipotesi ben definite e in presenza di
determinate condizioni ed è coeva alla nascita del contratto.
In caso di rescissione il giudice potrà assegnare un equo compenso all'altra parte per l'opera
prestata.
contratti non presumendo situazioni che presentano la stessa gravità dello stato di pericolo,
sono regolati dalla legge secondo un’azione “generale” di rescissione per lesione: è necessario
che sussistano:
- approfittamento dell’altra parte: l'altra parte deve essere conoscenza dello stato di
bisogno e se ne è servito per trarne vantaggio.
I contratti aleatori non possono essere rescissi in quanto il valore di una delle prestazioni è, al
momento della conclusione del contratto, incerto e la loro natura non consente di configurare
la presenza della lesione (oltre la metà).
Il contratto rescindibile non può essere convalidato per evitare che attraverso la convalida si
ponga nel nulla la tutela accordata attraverso l'azione di rescissione.
Tuttavia, in caso di iniquità, è possibile evitare la rescissione del contratto. Infatti, il
contraente contro il quale è domandata la rescissione può evitarla offrendo una
modificazione del contratto sufficiente a ricondurlo a equità (offerta di riconduzione ad
equità).
La rescissione non pregiudica i diritti dei terzi, anche se questi erano in mala fede (art. 1452
c.c.) ; sono fatti salvi, però, gli effetti della trascrizione la domanda di rescissione; in altre
parole se la domanda di rescissione è stata trascritta prima del contratto impugnato, la
pronuncia sulla rescissione avrà effetto anche nei confronti dei terzi .
Risoluzione
Risoluzione significa scioglimento, ovvero far venire meno il vincolo e gli effetti prodotti
dal contratto. La risoluzione opera in presenza di contratti a prestazioni corrispettive
(sinallagmatici): c’è uno sbilanciamento, una causa di scioglimento del rapporto
108
- impossibilità sopravvenuta;
- ma qualora questo interesse non sussista può agire per la risoluzione del contratto.
Queste due situazioni sono disciplinate diversamente dal codice, ma l’attuazione di una
preclude l’altra. Se la parte chiede l’adempimento, non si preclude però la possibilità di
cambiare idea e chiedere successivamente la risoluzione; non è ammessa, invece, la
possibilità inversa (chiesta la risoluzione, non si può richiedere l’adempimento).
In ogni caso il contraente non inadempiente può chiedere il risarcimento dei danni da
commisurare o al ritardo con il quale si ottiene la prestazione (nel caso di adempimento
tardivo), o al fatto di non aver ottenuto la prestazione (nel caso di risoluzione).
Il contratto si può risolvere anche senza l’intervento del giudice: in questo caso si ha una
risoluzione di diritto. Essa si prospetta in tre casi:
1) La diffida ad adempiere
109
La parte non inadempiente può intimare per iscritto all’altra di adempiere entro
un congruo termine, che di regola non può essere inferiore ai 15 giorni. Con una
semplice raccomandata o comunicazione PEC (posta elettronica certificata) può
avere la certezza che la diffida sia giunta a destinazione.
Nonostante la risoluzione di diritto operi senza l’intervento del giudice, esso può essere
successivamente chiamato a intervenire.
Nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può assumere un
atteggiamento passivo e di attesa rifiutandosi di adempiere la prestazione se l’altro non
adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria: è questo il caso
dell’eccezione di adempimento.
Nel caso di impossibilità parziale il contratto deve essere adempiuto per la parte
residua rimasta possibile.
La risoluzione per eccessiva onerosità non si può applicare ai contratti aleatori: essi
sono caratterizzati dal rischio dello squilibrio tra le prestazioni.
111
La caparra è la somma di denaro o di altre cose fungibili che una parte versa all'altra come
anticipo della prestazione finale (caparra confirmatoria) o come corrispettivo del diritto di
recesso (caparra penitenziale).
Penitenziale: le parti stabiliscono già nel contratto quanto dovrà essere corrisposto in caso di
recesso di una delle due parti.
Nel contratto a favore del terzo abbiamo, quindi, tre soggetti fondamentali:
- lo stipulante, che è colui che designa il terzo come destinatario della prestazione; deve
avere un interesse, anche morale o affettivo, alla stipula del contratto;
- il terzo, beneficiario della prestazione, non è parte del contratto né lo diviene in seguito.
Il terzo:
- deve dichiarare di voler profittare della stipulazione fatta a suo favore, ma questa non è
accettazione del contratto di cui non è parte
- acquista il diritto alla prestazione da parte del promittente per effetto della stipulazione; in
altre parole il suo diritto non nasce dalla sua dichiarazione di voler profittare
- il terzo può anche rifiutare il beneficio, dichiarando di non voler profittare della
stipulazione in suo favore
Lo stipulante:
- per la validità del contratto deve avere interesse alla stipulazione
- può revocare o modificare la stipulazione sino a quando il terzo abbia dichiarato di volerne
profittare
- può divenire beneficiario della prestazione in caso di rifiuto del terzo o di revoca, ma il
contratto può escludere questa eventualità.
112
Il promittente:
- deve eseguire la prestazione a favore del terzo o del promittente in caso di rifiuto del terzo
o di revoca della stipulazione
- può opporre al terzo solo le eccezioni fondate sul contratto che avrebbe potuto opporre
allo stipulante, ma non quelle basate su altri rapporti con lo stipulante.
d) Se vi sono degli esempi, bisogna presumere che siano inclusi nel contratto altri casi non
espressi.
c) La clausola standard si interpreta in maniera contraria a quella del suo autore (per
favorire la parte debole, interpretazione contro chi l’ha scritta).
3° stadio: se i criteri precedenti non sono stati utili all’interpretazione si applica il criterio
finale, il quale distingue:
113
- Contratti a titolo gratuito: l’interpretazione deve avvenire nel senso meno gravoso
per l’obbligato.
Integrazione
Si ricorre all’integrazione quando vi sono delle lacune nel contratto che sono colmate
ricorrendo:
- Alla legge
- Agli usi
- All’equità.
Il consenso del contraente ceduto è considerato elemento costitutivo. Esso può essere
manifestato sia contestualmente sia successivamente o preventivamente all’accordo cedente-
cessionario.
Per aversi la successione del cessionario nella posizione contrattuale del cedente, è necessario
che l’oggetto della cessione rimanga immutato: a cessione avvenuta il cessionario ed il ceduto
possono accordarsi tra di loro per apportare delle modifiche (nuovo accordo cessionario-
ceduto).
La cessione del contratto è ammissibile solo nell’ipotesi di effetto reale differito e non ancora
prodotto, mentre è esclusa se l’effetto reale si è già verificato. Tuttavia la legge ammette
l’applicabilità della cessione anche dei contratti unilaterali e dei contratti sinallagmatici
parzialmente eseguiti.
Limiti alla cedibilità dei contratti possono discendere dalla loro disciplina (ad esempio la legge
prescrive particolari qualità per i contraenti per la salvaguardia di interessi generali), oppure
possono essere stabiliti dalla volontà delle parti (mediante ad esempio la previsione di un
divieto negoziale di alienazione).
Non appena la cessione diventa efficace nei confronti del ceduto, il cedente è liberato dai
debiti contrattuali e l’unico obbligato resta il cessionario.
114
La liberazione del cedente può anche essere esclusa dalle parti: la responsabilità del cedente
non liberato è configurata come responsabilità sussidiaria.
Il contraente ceduto può opporre al cessionario ceduto solo le eccezioni derivanti dal
contratto originario, ma non quelle derivanti da altri rapporti con il cedente, a meno che non
se ne sia riservato il diritto al momento della sostituzione.
Essa è espressione del principio di cooperazione nel rapporto obbligatorio e dà vita ad una
serie di doveri di comportamento non previsti nel regolamento contrattuale, come ad
esempio obblighi di avviso, tolleranza di inesattezze della prestazione, ecc.
Nei contratti di scambio si tratta principalmente di adeguamento del prezzo, mutato al mutare
del potere di acquisto della moneta.
115
La dottrina ha dato scarsa importanza agli atti a contenuto non patrimoniale, concentrandosi
sugli atti con regolamentazione patrimoniale.
Esempi di atti a contenuto non patrimoniale li ritroviamo nel diritto di famiglia (es. accordi
coniugali), nel diritto della personalità (es. atti di disposizione del corpo) e nel fenomeno
associativo; in quest’ultimo caso è molto discusso il contratto costitutivo dell’associazione,
perché tale contratto non può non avere ruolo economico e quindi patrimoniale.
b) Atti di disposizione del corpo Fondamento e limiti degli atti di disposizione dell’integrità
psicofisica
L’articolo 5 del codice civile vieta gli atti di disposizione del corpo quando comportano una
diminuzione permanente dell’integrità fisica o quando sono contrari alla legge, all’ordine
pubblico e al buon costume. Tale norma è molto controversa e venne introdotta nel cc per
eliminare i dubbi della configurabilità di un diritto sul proprio corpo e per conservare
l’integrità fisica al fine di eseguire i doveri verso lo Stato e verso la famiglia.
In seguito tale visione fu rivista e all’uomo venne riconosciuta una certa libertà di disporre del
proprio corpo entro il limite di assicurare la tutela dell’interesse individuale e collettivo alla
salute.
Trattamenti sanitari
Problemi e discussioni riguardano i trattamenti sanitari:
116
Il principio di libertà di autodeterminarsi afferma che ogni soggetto è libero di disporre del
proprio corpo senza alcun limite dettato dall’integrità fisica o dalla salute; a tale principio si
oppongono molti dottrinari che affermano che la salute è non solo un diritto, ma un dovere,
cioè l’uomo ha il dovere inderogabile di provvedere alla conservazione della propria salute.
Disposizione del rene al fine di trapianto terapeutico: tale atto è consentito ai genitori, ai
figli, ai fratelli del paziente e in assenza di questi, a donatori esterni, inoltre deve essere a
titolo gratuito. Affinché si possa procedere al trapianto è necessaria l’autorizzazione del
giudice, che constata se il disponente è legalmente e naturalmente capace di agire e se è
consapevole delle conseguenze personali.
Prelievi di organi o tessuti da cadaveri: disciplinata con il principio del consenso espresso
dal soggetto, e tale dichiarazione nega ai familiari di opporsi all’espianto. Il consenso può
essere espresso o palesemente in vita, oppure con dichiarazione all’ASL.
117
Maternità surrogata: la legge dichiara la nullità del contratto con il quale una donna si
obbliga, dietro corrispettivo, a lasciarsi impiantare un embrione e a portare a termine la
gravidanza, rinunziando ai suoi diritti di madre.
Inseminazione artificiale omologa: è tale quando il seme viene dal marito o dal convivente; è
consentita alle coppie maggiorenni di sesso diverso, in età potenzialmente fertile ed entrambi
viventi, solo qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di
sterilità o di infertilità. È vietata la fecondazione eterologa.
118
È “il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà o il trasferimento di un altro
diritto verso corrispettivo di un prezzo”(1470). È dunque ad effetti reali o traslativo, giacché
realizza il trasferimento del diritto, e consensuale.
Vendita di cosa futura: in questa la cosa non esiste affatto o è in via di formazione. L’effetto
traslativo si realizza soltanto quando la “cosa viene ad esistenza”. Si tratta di un contratto ad
effetti tipici parzialmente sospesi, che produce effetti preliminari strumentali a quelli finali.
La vendita di cosa futura può assumere funzione sia commutativa (il compratore corre il
rischio della normale alea, ad es. per variazioni stagionali di quantità e qualità del raccolto, ma
nel caso sia il raccolto non ci sia il contratto è nullo) sia aleatoria (anche nel caso in cui il
raccolto sia inesistente, genera comunque per il compratore l’obbligo di pagare il prezzo).
Vendita di cosa altrui: produce a carico del venditore l’obbligo di acquistare la cosa dal
proprietario per trasmetterla al compratore. La trasmissione del diritto avviene
automaticamente, appena il venditore acquisti, senza che sia necessaria l’ulteriore
dichiarazione di volontà, come invece nel contratto preliminare.
Vendita di cosa altrui ma dichiarata propria: il compratore ignaro dell’altruità della cosa può
chiedere la risoluzione del contratto, oltre al risarcimento del danno, la restituzione del prezzo
e il rimborso delle spese.
- l’evizione: può essere totale quando al compratore viene sottratta la proprietà da terzi
(in questo caso si ha facoltà di domanda di risoluzione, risarcimento del danno, spese ed
oneri sostenuti da parte del compratore); o minore, quando la cosa è gravata da oneri o da
diritti di godimento di terzi, non apparenti né dichiarati, che ne diminuiscono il libero
godimento (in questo caso il compratore ha facoltà di chiedere diminuzione del prezzo o
risoluzione a seconda che tali oneri sarebbero stati non incisivi o incisivi sulla stipulazione
effettiva del contratto); evizione parziale, in cui solo una parte è acquistata da terzi.
Il compratore è tutelato anche quando la cosa acquistata non ha le qualità promesse dal
venditore o quelle essenziali per l’uso cui il bene è destinato (si ha risoluzione per
inadempimento o riduzione del prezzo). Termine di decadenza (8gg); termine di prescrizione
(1anno).
120
Vendita a prova: è sottoposta alla condizione sospensiva che la cosa abbia le qualità pattuite
o sia idonea all’uso cui era destinata.
Vendita con riserva di gradimento: si perfeziona con la comunicazione al venditore del
gradimento del compratore.
Vendita su campione: è sottoposta alla condizione risolutiva che la merce consegnata sia
perfettamente uguale al campione assunto dai contraenti.
Vendita su documenti: ha per oggetto documenti, i quali attribuiscono a chi li possiede il
diritto di ottenere la consegna delle cose dal detentore e il potere di disporre delle stesse.
Vendita con patto di riscatto: il venditore si riserva il diritto di riavere la cosa venduta
mediante restituzione del prezzo e i rimborsi stabiliti dalla legge. Termine di decadenza: 2
anni beni mobili; 5 anni immobili.
Vendita a rate e con riserva di proprietà: il pagamento del prezzo è dilazionato in più rate ed
è espressamente pattuito che la proprietà della cosa passi, in deroga al “principio” del
passaggio immediato, soltanto con il pagamento dell’ultima rata di prezzo. L’acquisto della
proprietà è condizionato sospensivamente al pagamento dell’ultima rata, sì che il compratore,
pur avendone ricevuto la consegna e il godimento, non può nel frattempo disporre della cosa
(alienare ad esempio).
Vendita a distanza: il consumatore ha il diritto di essere informato dettagliatamente sugli
aspetti significativi del regolamento contrattuale e alla successiva conferma per iscritto di tali
informazioni. È altresì riconosciuto il diritto di recedere dal contratto entro dieci giorni o tre
mesi, se il fornitore non abbia adempiuto agli obblighi di formazione.
Permuta
Si differenzia dalla vendita perché lo scambio non è tra cosa e prezzo, ma tra cosa e cosa(o
meglio tra diritto e diritto). È contratto a titolo oneroso e consensuale. Se una cosa è
scambiata con un’altra insieme a un supplemento di prezzo si ha contratto misto.
Somministrazione
“È il contratto con il quale una parte (somministrante) si obbliga a fornire periodicamente o
continuativamente le cose convenute verso il pagamento di un determinato prezzo” che, nella
somministrazione periodica, va pagato al termine della singola fornitura e in proporzione ad
essa; in quella continuativa, invece, va pagato secondo le “scadenze d’uso”.
Le parti possono prevedere una clausola di esclusiva a favore del somministrante (che obbliga
il somministrato a non fornirsi da altri) o del somministrato (che obbliga il somministrante a
non fornire altri).
Differenze tra:
Somministrazione - appalto: essa ha ad oggetto un dare, non un fare.
121
La durata è parte integrante del contratto, dal che ne discende che per l’inadempimento, il
ritardo, oltre che di notevole importanza, deve essere tale da menomare la fiducia
nell’esattezza dei successivi adempimenti. Anche la regola dell’eccezione d’inadempimento è
attenuata, sì che l’inadempimento di lieve entità non può permettere la sospensione
dell’esecuzione senza preavviso.
Concessione di vendita
Regola i rapporti tra produttori e rivenditori al dettaglio. Una parte (concessionaria)
s’impegna ad acquistare e rivendere (a prezzi dettati dal concedente) i prodotti di una data
impresa, che a sua volta si impegna a fornirli. Essenziale al contratto è che il concessionario
sia al tempo stesso autorizzato dal concedente e obbligato a usare nella propria impresa
(sempre autonoma) il marchio e l’insegna del produttore.
Mutuo
È il contratto mediante il quale una parte (mutuante) consegna all’altra (mutuatario) una
determinata quantità di denaro o di altre cose fungibili e questa si obbliga a restituire cose
della stessa specie e qualità. Realizza una funzione di prestito di consumo (non di uso come nel
comodato). Il mutuo è contratto reale, in quanto la consegna della cosa è elemento
costitutivo della fattispecie e consente al mutuatario l’immediata disponibilità delle cose.
122
Mutuo di scopo: la legge o le parti possono convenire che le somme mutuate siano impiegate
per una specifica destinazione. Nel caso di inadempimento di tale obbligazione il contratto si
considera nullo per difetto originario della causa.
Factoring
L’impresa produttrice di beni o servizi cede, dietro corrispettivo, i propri crediti presenti e
futuri ad una società di factoring iscritta all’albo delle aziende. Il factor assume vari compiti
rispetto ai crediti dell’imprenditore. Può curarne la riscossione quale mandatario all’incasso
e gestire sino alla scadenza ogni aspetto del rapporto creditorio; può rendersi cessionario
soltanto di alcuni crediti, lasciando al cedente il rischio della solvenza del debitore ceduto, o
assumendo tale rischio e liberando il cedente dall’obbligo di garantire il soddisfacimento del
credito ceduto. In cambio della titolarità dei crediti il factor deve pagare un prezzo che,
normalmente, non corrisponde all’entità dei crediti, ed il cui pagamento è di norma
dilazionato.
Per il factor l’accordo concluso è vincolante, ma a sua tutela è prevista la facoltà di recessione
in particolari ipotesi.
Il conflitto tra più cessionari oltre al factor si risolve con riguardo alla data della notifica, o
dell’accettazione, o dell’effettuato pagamento.
Locazione
È contratto di scambio con il quale si attribuisce il godimento di una cosa mobile o immobile
per un tempo determinato e contro un corrispettivo, denominato variamente a seconda della
natura della cosa (canone, affitto, pigione, nolo ecc).
Forma: è libera a meno che non tratti di immobili ad uso abitativo o con durata
ultranovennale.
È contratto di durata, determinata (non più di 30 anni) o indeterminata (la durata è stabilita
dalla legge secondo il suo oggetto; cessa soltanto se una parte comunica all’altra disdetta).
Sottotipi:
123
- Consegna della cosa in buono stato: rimedi per il conduttore sono risoluzione, riduzione del
canone e risarcimento del danno.
- Manutenzione del buono stato locativo: importa le riparazioni che sono necessarie nel
corso della locazione, eccetto quelle di piccola manutenzione, che gravano sul conduttore -
Garanzia del pacifico godimento Obbligazioni del conduttore:
- Prendere in consegna la cosa: deve usare diligenza del buon padre di famiglia.
- Pagare il corrispettivo
- Usare la cosa secondo quanto previsto nel contratto: deve custodire inoltre la cosa.
- Restituire la cosa al termine della locazione: se il conduttore non riconsegna la cosa è
considerato in mora e deve continuare a pagare il canone fino alla riconsegna, salvo il
risarcimento del maggior danno.
Leasing
Contratto atipico; nel leasing finanziario il concedente si obbliga ad acquistare, su indicazione
dell’utilizzatore, un determinato bene; lo mette a sua esclusiva disposizione alla scadenza
prefissata e gli offre la possibilità di acquisirlo, restituirlo o rinnovarne, a condizioni più
favorevoli, l’utilizzazione. In corrispettivo delle prestazioni ricevute l’utilizzatore versa al
concedente un canone in rate (comprensivo di prezzo iniziale del bene, interessi, costi e utili
dell’impresa concedente) e assume i rischi inerenti al bene.
Comodato
È contratto col quale il comodante dando al comodatario una cosa inconsumabile, mobile o
immobile, affinché se ne serva per un tempo e per un uso predeterminati, acquista il credito
alla restituzione della cosa data alla fine del rapporto (vd prestito di un libro per consentirne
la lettura).
Il comodatario non può concedere a terzi il bene senza il consenso del comodante.
124
I vizi della cosa prestata non dichiarati al comodatario comportano l’obbligo al risarcimento
del danno per il comodante (vd freni rotti in un’auto prestata).
Gratuità: incide sulla disciplina del rapporto, non sulla sua funzione. Essa non comporta come
la liberalità un (seppur temporaneo) impoverimento del disponete, come la liberalità.
Donazione
È contratto a carattere personale, con il quale, per spirito di liberalità, il donante arricchisce il
donatario, disponendo a favore di questo di un suo diritto (donazione a effetti reali) o
assumendo verso lo stesso un’obbligazione (donazione a effetti obbligatori).
Motivo: la liberalità non si identifica col motivo personale e contingente, che ha tra l’altro
eccezionale rilevanza nell’ipotesi di motivo illecito o di errore sul motivo.
Le liberalità c.d. d’uso (vd regalo di compleanno) non sono soggette alle norme materiali della
donazione né a quelle della collazione.
Forma: deve, sotto pena di nullità, essere stipulata per atto pubblico, in presenza di due
testimoni. Anche l’accettazione stessa deve essere fatta con atto pubblico posteriore
125
Normalmente per la futilità della causa cui il guadagno della vincita è subordinato, non sono
idonei a costituire un rapporto obbligatorio, ma sono qualificati come fonti di obbligazioni
naturali (2034).
La parte vincitrice è infatti sprovvista di azione contro il debitore inadempiente; per contro il
perdente, adempiuta spontaneamente la propria prestazione, non può ripeterla. In fattispecie
tassativamente indicate con lotterie legalmente autorizzate, il vincitore può agire in giudizio
per ottenere l’adempimento della prestazione (in queste ipotesi gioco e scommessa sono veri
e propri contratti aleatori). Talvolta essi sono proibiti e sanzionati penalmente.
Assicurazione
Il contratto di assicurazione obbliga l’assicuratore, verso pagamento di un premio, “a rivalere
l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro (assicurazione
contro danni - funzione indennitaria), o a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un
evento attinente alla vita umana (assicurazione sulla vita - funzione previdenziale)”.
A causa delle difficoltà di gestione in ambito assicurativo, tale attività deve essere esercitata
da un istituto di diritto pubblico, o da una società per azioni, e con l’osservanza delle norme
stabilite dalle leggi speciali. Tali imprese si avvalgono di agenti autorizzati a concludere
contratti di assicurazione in nome e per conto delle compagnie, che hanno anche la
rappresentanza processuale.
126
Rendita perpetua: scarsa applicazione; una parte conferisce all’altra il diritto di esigere in
perpetuo, a titolo di corrispettivo per l’alienazione di un bene immobile (rendita fondiaria) o
per la cessione di un capitale (rendita semplice), la periodica prestazione di una somma di
denaro o di altre cose fungibili. È ammesso il riscatto dietro pagamento di una somma pari
alla capitalizzazione della rendita annua.
Rendita vitalizia: se onerosa, è contratto aleatorio (dipende dalla durata della vita del
vitaliziante).
La disciplina per la fideiussione prescinde dalla sua fonte e dall’onerosità o gratuità dell’atto.
Ad ogni modo, l’esistenza di un corrispettivo è ricavabile o all’interno dello stesso negozio
fideiussorio, o in un negozio ad esso funzionalmente legato.
Tutela del fideiussore: la volontà di prestare fideiussione “deve essere espressa”in forma
scritta.
Tutela del creditore (clausola solve et repete): a volte al negozio fideiussorio si appone la
clausola secondo la quale “ogni eccezione al negozio fideiussorio (in via di ripetizione) potrà
essere fatta valere soltanto dopo l’integrale soddisfacimento della richiesta” da parte del
creditore.
È il contratto con il quale le parti, con reciproche concessioni, pongono fine a una lite tra loro
già sorta o prevengono una lite che sta per sorgere.
127
Ciascuno con le reciproche concessioni sacrifica parte delle proprie pretese in favore
dell’altro.
Oggetto: i diritti oggetto della lite devono avere natura patrimoniale ed essere disponibili,
pena la nullità.
Effetto: la transazione preclude alle parti la possibilità di adire l’autorità giudiziaria per
rimettere in discussione il rapporto transatto.
Compromesso arbitrale
Le parti possono compromettere la controversia purché avente ad oggetto diritti disponibili,
affidandone la decisione agli arbitri, ovvero ai giudici in numero dispari.
D. TITOLI DI CREDITO
Notifica cessione
Pagamento
Caio creditore
(creditore cedente)
Cessione del credito
Mevio cessionario
(nuovo creditore)
TITOLI DI CREDITO
La circolazione dei crediti presenta inefficienze ed inconvenienti come ad esempio:
- Il debitore ceduto può opporre al cessionario tutte le eccezioni che avrebbe potuto
opporre al cedente;
128
- Se un credito ceduto ha più cessionari, prevale il cessionario che per primo notifichi
la cessione al debitore ceduto (finché non vi è la notifica, chi acquista il credito non è
sicuro della ricevuta cessione).
Tutte queste inefficienze sono eliminate grazie all’utilizzo dei titoli di credito, i quali hanno la
funzione di
Neutralizzare i rischi e gli inconvenienti derivanti dalla disciplina ordinaria della cessione
dei crediti.
Il titolo di credito è un documento contenente una dichiarazione che ha una duplice facoltà:
I titoli di credito sono strumenti che hanno la funzione di “mobilitare la ricchezza” in quanto
ne agevolano il trasferimento. Questo è possibile in quanto il credito è incorporato in un
documento, che è una cosa mobile e tale incorporazione fa sì che la titolarità del diritto
dipenda dalla proprietà del documento, sicché l’acquisto del documento determina l’acquisto
del diritto.
Il diritto incorporato nel titolo si trasferisce secondo le regole delle cose mobili, e non della
cessione.
2. Autonomia: chi acquista la proprietà del documento diventa titolare autonomo del
diritto cartolare purché l’acquisto avvenga in buona fede. Dopo di che il possessore del
documento avrà il diritto di richiedere al debitore l’adempimento della prestazione.
3. Letteralità: chi acquista la proprietà del titolo di credito acquista un diritto che deriva
direttamente e letteralmente dal titolo; questo principio tutela il debitore, in quanto gli
consente di rifiutare l’adempimento di prestazioni estranee.
129
Le eccezioni reali sono tutte le eccezioni che il debitore può sollevare nei confronti di
chiunque e concernono:
Sono personali anche le eccezioni relative ai vizi della volontà. Esse sono opponibili solo al
terzo che ne sia a conoscenza e non al terzo in buona fede.
Rapporto cartolare
Il titolo di credito nasce con la sua redazione e con la sottoscrizione da parte del debitore, il
quale deve apporre materialmente la firma. Una volta creato, si avrà l’emissione: il titolo
viene consegnato al creditore che prende il nome di primo prenditore (la consegna è
rapporto che sta alla base del titolo (es. compravendita); - Il rapporto cartolare, ovvero
Il titolare del diritto cartolare sarà colui che acquista il titolo di credito.
Il legittimato all’esercizio del diritto cartolare sarà il possessore del titolo di credito.
Titolarità del diritto e legittimazione al suo esercizio non sono sempre corrispondenti:
potrebbe esservi titolarità senza legittimazione (in quanto non si ha il possesso del
documento) e viceversa (in quanto il possessore è in mala fede).
130
Il possesso qualificato del titolo fa presumere la proprietà dello stesso e dunque la titolarità
del diritto (per regola possesso di buona fede vale titolo) e conferisce la qualità di soggetto
legittimato ad esercitare il diritto cartolare. Questa è la c.d. legittimazione attiva.
Ammortamento
Per i titoli di credito deteriorati o distrutti è possibile ottenere il rilascio di un duplicato o di un
titolo equivalente. Qualora la prova della distruzione non sia certa, si osserva la normativa
che riguarda lo smarrimento e la sottrazione, la quale è diversa a seconda che si tratti di titoli
al portatore, all’ordine o nominativi.
Per i titoli all’ordine e nominativi (poiché intestati ad un determinato soggetto) è prevista una
procedura, detta di ammortamento, diretta ad ottenere una dichiarazione giudiziale di non
legittimità del titolo originario. Si applica in caso di:
- Perdita -
Smarrimento -
Sottrazione.
131
Si apre con la denuncia da parte del possessore, della perdita del titolo e il giudice procede
quindi con gli opportuni accertamenti sulla veridicità dei fatti. Compiute tali operazioni,
pronuncia con decreto l’ammortamento del titolo. Il decreto deve essere pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale e deve essere notificato al debitore, ed entro 30 giorni l'eventuale terzo
detentore del titolo può opporsi all'ammortamento depositando il titolo presso il tribunale. Se
l'opposizione è accolta, si procede alla revoca del decreto e la proprietà spetta al terzo; se
invece l'opposizione viene respinta, il decreto diventa definitivo e il titolo consegnato al
ricorrente.
132
5.In base alla legge di circolazione, infine, possiamo distinguere tre tipi di titoli:
Altri documenti
La disciplina dei titoli di credito non è applicabile ai documenti che servono ad identificare
l’avente diritto alla prestazione o a consentire il trasferimento del diritto senza l’osservanza
delle forme proprie della cessione.
I titoli impropri (ad esempio la polizza di assicurazione) consentono una circolazione ristretta,
attuata con le forme dei titoli di credito ma con gli effetti della cessione.
134
TITOLI CAMBIARI
La cambiale configura un ordine incondizionato (nel caso di cambiale tratta) o promessa
incondizionata (nel caso del pagherò) di un soggetto di pagare una data somma ad una certa
scadenza.
Nella cambiale tratta va ravvisata una delega di pagamento: l’emittente (traente) ordina al
trattario di pagare una somma ad un altro soggetto (del quale l’emittente è debitore). Il
pagamento del trattario estingue sia il rapporto fra traente e trattario (rapporto di provvista)
sia quello fra traente e destinatario (rapporto di valuta).
La tratta può incorporare le dichiarazioni di più soggetti, alcuni dei quali sono obbligati diretti
(trattario che ha accettato e i suoi avallanti), tenuti al pagamento in via principale, altri sono
obbligati in via di regresso (ad esempio, traente, giranti, e avallanti di costoro): il portatore
deve richiedere l’adempimento in primo luogo agli obbligati principali.
La cambiale presenta i seguenti requisiti:
La cambiale è titolo formale perché deve essere redatto per iscritto con le indicazioni
prescritte:
135
La mancanza di uno degli elementi nel momento della presentazione per il pagamento rende
inesistente la cambiale: questa tuttavia vale come promessa di pagamento.
La mancanza di uno di tali elementi nel momento dell’emissione configura il fenomeno della
cambiale in bianco.
Capacità cambiaria: La capacità richiesta per assumere obbligazioni cambiarie è quella legale:
in mancanza la dichiarazione cambiaria è invalida. I soggetti relativamente incapaci (minore
emancipato non autorizzato all’esercizio di impresa e inabilitato) possono sottoscrivere una
cambiale tratta purché la loro firma sia affiancata da quella del curatore autorizzato.
Gli incapaci assoluti (minori non emancipati e interdetti) non possono assumere alcuna
obbligazione cambiaria.
Avallo: La tipica garanzia cambiaria è l’avallo che è una dichiarazione unilaterale recettizia con
la quale l’avallante garantisce il pagamento della cambiale per conto di uno degli obbligati
cartolari, obbligandosi allo stesso modo di costui. La firma dell’avallante, apposta sulla
cambiale o sul fogli di allungamento, deve essere accompagnata dalla formula “per avallo” o
altra simile.
L’avallo può essere dato da più persone congiuntamente (coavallo) e la posizione cambiaria
da essi assunta è identica, sicché il coavallante può esercitare il diritto di regresso non verso
gli altri, bensì soltanto verso l’avallato.
Circolazione. La cambiale circola secondo le forme dei titoli di credito all’ordine, quindi
mediante girata. Questa costituisce una dichiarazione con la quale il girante ordina al debitore
di effettuare la prestazione al giratario. La girata, oltre al trasferimento della legittimazione
all’esercizio dei diritti cambiari, può avere un effetto di garanzia del pagamento del credito
cambiario nei confronti del giratario.
La girata va scritta sul retro della cambiale o sul foglio di allungamento, e non tollera
apposizioni di condizioni. Può non contenere il nome del giratario (girata in bianco).
Sono consentiti il pagamento parziale e il pagamento anticipato (prima del termine della
scadenza).
Cambiale finanziaria: strumento utilizzato dalle imprese per procurarsi credito. Sono titoli
emessi in serie di importo superiore a 50 000 €. Il sottoscrittore dà materialmente alla banca
la somma, e alla scadenza la banca restituirà l’importo maggiorato degli interessi sorti fino a
quel momento (massimo 36 mesi).
Può essere emessa solo da società di capitali.
Processo cambiario
Il rifiuto del trattario di effettuare il pagamento abilita il portatore ad esperire l’azione diretta
nei confronti degli obbligati principali o quella di regresso nei confronti degli altri obbligati.
137
Il protesto non è necessario qualora il traente, il girante, o i loro avallanti abbiano apposto
la clausola “senza spese” o “senza protesto”, qualora sia fallito il trattario o sia stata
sottoscritta una dichiarazione di rifiuto a pagare, in ipotesi di forza maggiore.
Oltre le azioni cambiarie, che costituiscono il processo cambiario, il portatore può effettuare
anche delle azioni extracambiarie, che sono l’azione causale e l’azione di arricchimento.
L’azione causale, pena la decadenza, deve essere esperita con l’osservanza delle condizioni
indicate. Occorre che il protesto abbia accertato l’avvenuto mancato pagamento (o la
mancata accettazione) e che il portatore del titolo abbia restituito la cambiale,
depositandola nella cancelleria del tribunale (per evitare che in pendenza del processo
essa possa tornare in circolazione).
L’azione di arricchimento può essere esercitata soltanto qualora non esista più alcun
rimedio (se ad esempio, sia intervenuta la prescrizione o la decadenza dell’azione
cambiaria e non sia più esperibile l’azione causale). In tale eventualità il portatore non
chiede il rimborso della somma cambiaria, bensì vuole essere in qualche modo
compensato per un omesso pagamento.
TITOLI BANCARI
Assegno bancario
L’assegno bancario presenta la struttura della tratta dalla quale si differenzia per la diversa
funzione di strumento di pagamento. Esso è titolo di credito contenente l’ordine da parte del
traente alla banca di pagare a vista al portatore legittimato, l’importo menzionato sul
documento.
La banca assume responsabilità per il pagamento soltanto nei confronti del traente per il
quale svolge il servizio di cassa. Il visto non costituisce accettazione bensì ha soltanto l’effetto
di accertare l’esistenza dei fonti e di impedirne il ritiro da parte del traente prima della
scadenza del termine di presentazione al pagamento.
L’assegno bancario, diversamente dalla tratta, è pagabile a vista e non tollera l’apposizione di
una scadenza per il pagamento (la legge stabilisce termini brevi per la presentazione al
pagamento; 8 giorni se l’assegno è pagabile nello stesso Comune dove è stato emesso, 15 se è
pagabile in Comune diverso).
138
I requisiti di validità per l’assegno sono quelli già esaminati per la tratta; a differenza di
quest’ultima, tra i requisiti non figura il nome del portatore (dunque l’assegno può essere
emesso e circolare al portatore).
La circolazione può essere limitata mediante una clausola non trasferibile (obbligatoria se la
somma eguaglia o supera i 1000€) la quale comporta che il pagamento possa esse effettuato
soltanto al prenditore e che questi non possa girare ulteriormente il titolo se non alla banca
per l’incasso.
Assegno circolare
L’assegno circolare è titolo di credito all’ordine pagabile a vista, emesso da un istituto di
credito autorizzato dalla Banca d’Italia. L’emissione presuppone l’esistenza presso la banca
(promittente) di somme disponibili da parte del richiedente: la provvista è costituita dal
versamento in contanti della somma per la quale l’assegno è emesso.
- denominazione di a/c
- promessa incondizionata (da parte della banca) del pagamento della somma
- indicazione del beneficiario
- indicazione della data e luogo di emissione - istituto emittente.
Non può essere emesso al portatore e può essere girato, tranne in caso di non trasferibilità.
La girata a favore della banca emittente estingue l’assegno.
E. PUBBLICITÀ E TRASCRIZIONE
Pubblicità dei fatti giuridici in generale
È il procedimento predisposto dalla legge per rendere conoscibili ai terzi atti o fatti
particolarmente rilevanti (funzione).
Strumenti attuativi: Archivi informatici (rendono conoscibili situazioni che influiscono sullo
status dei soggetti mediante l’iscrizione, l’annotazione e la trascrizione di alcune vicende di
particolare importanza; Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
139
Pubblicità di fatto: è basata sulla semplice conoscenza che il terzo abbia avuto del fatto o su
altro fatto che fa presumere l’esistenza della corrispondente situazione giuridica.
Pubblicità sanante: ha anche la funzione di eliminare, dopo un certo tempo, taluni vizi
dell’atto.
Trascrizione immobiliare
Concerne gli atti che incidono sulla titolarità dei beni immobili e dei mobili registrati, e
consiste nella riproduzione del loro contenuto in appositi registri di pubblica consultazione.
Essa ha natura dichiarativa e base personale (immobile-persona titolare). Il contratto
stipulato per primo ma trascritto per secondo è destinato a soccombere nel conflitto tra più
aventi causa.
Continuità delle trascrizioni: il sistema delle trascrizioni immobiliari si fonda sul principio della
continuità: “nei casi in cui un atto di acquisto è soggetto a trascrizione, le successive
trascrizioni o iscrizioni a carico dell’acquirente sono (temporaneamente) inefficaci (non nulle),
se non è stato trascritto l’atto anteriore di acquisto”.
Un esempio: Caio, che ha acquistato un immobile da Tizio che a sua volta l’ha acquistato da
Sempronio, per rendere opponibile ai terzi il suo acquisto, deve trascriverlo contro Tizio (suo
dante causa), ma deve anche accertarsi che sia stata curata la trascrizione a favore di Tizio e
contro Sempronio, provvedendo alla stessa se Tizio non lo ha fatto.
140
Effetti: ha lo scopo di rendere opponibile la sentenza (futura) ai terzi che abbiano acquistato il
diritto durante lo svolgimento del processo.
Al conservatore dei registri la parte che domanda la trascrizione deve presentare una copia
autentica del titolo e una nota in doppio originale contenente le indicazioni dell’art 2659.
Il conservatore è tenuto a tenere un Registro generale d’ordine, nel quale deve annotare
giornalmente secondo l’ordine di presentazione ogni titolo che gli è rimesso per essere
trascritto, iscritto o annotato, per risolvere il problema dell’anteriorità.
Iscrizione: a differenza della trascrizione ha sempre efficacia costitutiva (vd diritto di ipoteca).
Parte quinta
141
Alcuni di essi concernono l’imputazione materiale (o oggettiva) del fatto al suo autore, altri la
sua imputazione morale (o soggettiva).
All’elemento della colpa si aggiunge la necessità che l’autore del fatto, per poterne
rispondere, sia capace di intendere e di volere al momento che lo ha posto in essere. Se tale
capacità manca per causa a lui imputabile, tale assenza è irrilevante e l’autore risponde
comunque del fatto.
142
Si definisce fatto proprio quello immediatamente riferibile alla persona, ma anche quello che
è reputato tale in virtù di fattispecie particolari disciplinate dalla legge: ad esempio, è
considerato fatto proprio del genitore il fatto illecito del figlio minore che abita con lui.
Lo stesso vale per il custode di una cosa, la quale cagiona a terzi un danno: ad esempio è fatto
proprio del proprietario il fatto illecito posto in essere da un animale.
Cause di giustificazione
La responsabilità dell’autore del fatto è esclusa o limitata quando ricorrono talune
circostanze soggettive o oggettive, generalmente indicate come “cause di giustificazione”. Tra
queste rientrano:
- lo stato di necessità
- la legittima difesa
- l’esercizio di un diritto
- il consenso dell’avente diritto.
1) Per stato di necessità si intende quando chi ha compiuto il fatto dannoso è stato
costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo di un danno grave alla persona : si
pensi a chi provoca un sinistro stradale per aver superato i limiti di velocità al fine di
trasportare un malato all’ospedale con la massima urgenza.
In questi casi, se il pericolo non è stato da lui volontariamente causato né era
altrimenti evitabile, al danneggiato è dovuta un’indennità, la cui misura è rimessa
all’equo apprezzamento del giudice. Per l’applicazione di questa fattispecie devono
sussistere due elementi:
2) Non è punibile chi ha commesso il fatto per legittima difesa, ovvero per esservi stato
costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo di un’offesa
ingiusta (se lede interessi patrimoniali o personali), sempre che la difesa sia proporzionale
all’offesa.
Se nell’atto di legittima difesa si va al di là dell’attività necessaria per paralizzare l’aggressione
altrui si configura l’eccesso colposo.
143
La non risarcibilità del danno causato per legittima difesa funge da mezzo di prevenzione
dell’illecito.
- nel caso di sorveglianti, genitori, custodi ecc. il danneggiato deve provare il fatto lesivo
del sorvegliato, minore, custodito ecc. non però deve provare contro quelli che ne rispondono
(sorvegliante ecc.)
A seconda delle situazioni la legge stabilisce prove liberatorie più o meno gravose per il
danneggiante, che consistono nel dimostrare di “non aver potuto impedire il fatto” o di “aver
fatto tutto il possibile per impedire il danno” o nel fatto che l’evento dannoso è imputabile al
caso fortuito.
Qualora il danneggiato non riesca a conseguire il risarcimento da parte del sorvegliante, egli
può comunque ottenere un’equa indennità dallo stesso incapace, autore materiale del danno
(responsabilità sussidiaria dell’incapace).
Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori, dei maestri d’arte
Per il fatto illecito dei minori di età non emancipati, ma capaci di intendere e di volere, sono
responsabili i genitori o il tutore con essi coabitanti, i quali, fino a prova contraria, si presume
non abbiano fatto quanto necessario per impedire il fatto. È questa l’ipotesi di responsabilità
per fatto altrui.
Lo stesso vale per gli adottanti, i precettori e “coloro che insegnano un mestiere o un’arte”,
per i danni cagionati dai loro allievi durante il tempo nel quale sono sottoposti alla loro
sorveglianza.
Nella nozione di precettore rientrano gli insegnanti di scuole, gli istruttori sportivi e coloro che
svolgono funzioni di vigilanza accessorie all’insegnamento.
Prova liberatoria:
- genitori: si richiede una prova positiva, ovvero che il genitore provi di aver svolto
una sorveglianza adeguata all’età e all’indole del figlio, e allo stesso tempo di
avergli dato in precedenza una corretta educazione.
Presupposti:
145
Prova liberatoria: deve provare non la mancanza di colpa propria per l’illecito del dipendente,
ma l’interruzione del nesso tra le mansioni e l’illecito (ovvero la difformità tra comportamento
previsto nella mansione affidata al dipendente e comportamento tenuto dal dipendente).
Il committente che abbia risarcito il danno cagionato dal commesso, può esperire azione di
rivalsa contro il dipendente per l’intera somma pagata al terzo danneggiato, escludendosi la
possibilità di attribuire al committente una qualsiasi parte dell’onere risarcitorio.
Tra l’attività pericolosa e il danno deve esistere un nesso di causalità adeguata (cosi il
produttore di bombole di gas è responsabile anche dopo la consegna di questa all’utente, ove
i danni abbiano la loro diretta derivazione causale in attività in precedenza svolte dallo stesso
produttore).
Onere della prova: l’ha il danneggiato, che deve provare l’esistenza di un potere fisico sulla
cosa e che il danno si è verificato nell’ambito del dinamismo connaturato alla cosa stessa,
oltre al nesso causale tra danno e cosa in custodia.
146
Prova liberatoria: il custode deve provare il caso fortuito (forza maggiore, fatto del
danneggiato e fatto del terzo).
Prova liberatoria: il proprietario è responsabile dei danni cagionati dalla rovina, “salvo che
provi che questa non è dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione”: il caso
fortuito, forza maggiore, altri fatti posti da un terzo o dallo stesso danneggiato aventi
un’autonoma efficienza causale sono dunque idonei alla liberazione del proprietario.
Onere della prova: lo ha lo stesso conducente, in deroga alla regola generale, il quale deve
dimostrare di avere fatto tutto il possibile per evitare il fatto.
Prova liberatoria: il conducente deve dimostrare di avere usato la massima diligenza nella
guida; tuttavia l’aver tenuto un simile comportamento non sempre libera il conducente dalla
responsabilità: se l’incidente è dipeso da un vizio di costruzione o difetto di manutenzione del
veicolo, anche se non a lui imputabili e non da lui conosciuti, egli risponde del fatto dannoso
nonostante la diligenza utilizzata nella guida.
Scontro tra veicoli: in questo caso la presunzione di colpa non vale, in quanto si presume la
pari colpevolezza a carico di entrambi i conducenti.
147
Conducente: colui che nel momento nel quale si produce il sinistro sia in grado di azionare i
comandi che consentono la manovra del mezzo.
Il conducente risponde in solido dei danni cagionati, insieme al proprietario stesso o, in sua
vece, l’usufruttuario.
Qualora non sia individuato il produttore (neanche da marchi identificativi del prodotto
stesso), a tale responsabilità è sottoposto il fornitore.
Onere della prova: il danneggiato deve provare il danno, il difetto e il nesso causale tra l’uno e
l’altro: non dunque la colpa del produttore.
Prova liberatoria: il produttore deve dimostrare l’inesistenza del nesso causale (la non
difettosità del prodotto) e di circostanze eterogenee previste: una di queste è quella relativa
ai c.d. rischi da sviluppo tecnico, in base alla quale la responsabilità è esclusa se lo stato delle
conoscenze scientifiche e tecniche, al momento della messa in circolazione del prodotto, non
permetteva di considerare il prodotto come difettoso.
Danno risarcibile: è quello cagionato dalla morte o da lesioni personali, nonché dalla
distruzione o dal deterioramento di una cosa diversa dal prodotto difettoso, purché di tipo
normalmente destinato all’uso o al consumo privato. Il danno a cose è risarcibile soltanto per
la parte eccedente la somma di 387,34 euro.
148
Misura del risarcimento: il risarcimento, ove non sia possibile una sua quantificazione, è
determinato in via equitativa; si tiene cioè conto della gravità della colpa individuale, sul
costo necessario al ripristino e sul profitto conseguito dal trasgressore.
Illecito e danno
La legge prevede a favore della persona offesa un’azione generale per il risarcimento. Oggetto
della riparazione è l’effetto negativo prodotto dall’illecito. Tale effetto può riguardare le cose
o i beni in sé o le ulteriori conseguenze negative prodotte dall’illecito (ad esempio le spese per
curare le ferite).
Con l’azione per il risarcimento, il danneggiato ottiene la prestazione di una somma di denaro
da parte del responsabile, che lo compensa per gli effetti negativi subiti. L’esperimento di
questo mezzo di tutela crea una situazione equivalente (ma non uguale) a quella preesistente,
mediante una misura compensativa.
Il danneggiato può richiedere anche, qualora sia in tutto o in parte possibile, il risarcimento in
forma specifica, il quale ha lo scopo di ripristinare la situazione lesa. Tuttavia, questo rimedio
149
b) non patrimoniale: o danno morale, inteso in senso stretto come dolore, sofferenza,
fisica o spirituale, che la persona subisce per effetto dell’evento lesivo; in senso lato
come situazioni negative di natura non economica dell’evento lesivo.
Sia danno patrimoniale che danno non patrimoniale sono risarcibili per equivalente, dal
momento che la legge considera possibile la conversione del non patrimoniale in
patrimoniale. Entrambe poi sono riparabili in forma specifica.
La legittimazione ad agire per il risarcimento morale da reato del danno spetta al danneggiato,
ma anche ai massimi congiunti, purché sia accertato un particolare legame affettivo con la
vittima.
150
Al contrario del passato il danno biologico, inteso come lesione del benessere psichico o
fisico, è risarcibile anche nel caso in cui non comporti una diminuzione della capacità
produttiva della persona. Questo cambiamento della dottrina è avvenuto in tutela del bene
“salute”, dalla importanza costituzionale. È così che ora si può parlare tra i danni risarcibili
anche di danno da stress, danno estetico, danno alla sfera sessuale ecc.
Il risarcimento del danno si riduce nell’ipotesi di concorso del fatto colposo del danneggiato e
si esclude là dove il danneggiato avrebbe potuto evitare il danno ulteriore usando l’ordinaria
diligenza.
In materia di fatti illeciti si risponde di tutti i danni cagionati, indipendentemente dalla loro
prevedibilità o imprevedibilità.
Liquidazione del danno: vige il principio, con qualche eccezione, secondo il quale il danno va
risarcito per intero. Il giudice liquida il danno secondo equità qualora esista la prova del
danno, ma manchi la prova del suo preciso ammontare. Questa regola trova applicazione nel
danno non patrimoniale (dove è impossibile trovare il preciso ammontare dell’effetto
negativo dell’illecito).
L’erogazione del risarcimento del danno può avvenire sotto forma di rendita vitalizia, qualora
il danno alla persona abbia carattere permanente, tenuto conto della natura del danno e delle
condizioni delle parti.
151
Assicurazione contro i danni: indennizza il danneggiato a prescindere dal fatto che la lesione
subita sia imputabile ad altri o al caso; può essere a tutela propria o a tutela di terzi da sé
(automobile).
L’assicurazione può essere imposta dalla legge per l’esercizio di determinate attività: ad
esempio quelle per lo sfruttamento pacifico dell’energia atomica, per la circolazione dei
veicoli a motore, per la navigazione aerea, per l’attività lavorativa svolta in ambiente
domestico.
Parte sesta
IMPRESA E SOCIETÀ
L’imprenditore
E’ imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della
produzione o dello scambio di beni e servizi (art. 2082 c.c.).
Criteri di distinzione:
- Oggetto dell’attività:
- Dimensione dell’impresa:
1) Piccolo imprenditore
2) Imprenditore che esercita un’impresa di medie e
grandi dimensioni
L’imprenditore commerciale
E’ imprenditore commerciale l’imprenditore che esercita le seguenti categorie di attività
elencate dall’articolo 2195 c.c.:
3) Attività di trasporto
4) Attività bancaria o assicurativa
5) Altre attività ausiliarie alle precedenti.
L’imprenditore agricolo
E’ colui che esercita un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura,
all’allevamento del bestiame e alle attività connesse (art. 2135 c.c.).
Il piccolo imprenditore
Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e
coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro
proprio e dei componenti della famiglia (art. 2083 cc).
Per aversi piccola impresa è perciò necessario che:
L’artigiano
L’artigiano è la figura tipica dell’attività di produzione di beni. Dal punto di vista economico,
l’artigianato ha un posto di riguardo nell’ambito della produzione nazionale.
La disciplina comprende, oltre alle norme del codice civile, la “legge quadro per l’artigianato”
emanata l’8/8/1985, n. 433. Scopo dichiarato ed esclusivo della legge quadro è quello di
fissare i principi direttivi che dovranno essere osservati dalle regioni nell’emanazione di una
serie di provvidenze a favore dell’artigianato.
153
Successivamente due modifiche intervengono nel sistema normativo: abrogazione del criterio
del reddito e abrogazione del criterio del capitale.
La riforma del diritto fallimentare del 2006, a sua volta modificata dal decreto correttivo del
2007, ha reintrodotto un sistema basato su criteri esclusivamente quantitativi e monetari.
La nuova disciplina non definisce più chi è piccolo imprenditore, ma semplicemente individua
alcuni parametri, al di sotto dei quali l’imprenditore commerciale non fallisce.
- Aver avuto nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento
un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore a € 300.000;
L’impresa familiare
E’ impresa familiare, l’impresa nella quale collaborano il coniuge, i parenti entro il 3° grado e
gli affini entro il 2° grado dell’imprenditore (art. 230 bis cod. civ.).
154
Il contratto di società
Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in
comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili (art. 2247 c.c.)
Tipi di società
Le società formano un sistema composto da una pluralità di tipi:
Società di persone :
- Società semplice
- Società in nome collettivo
- Società in accomandita semplice
Società di capitali:
Società cooperative
Mutue assicuratrici
Società semplice
La società semplice è un tipo di società che può esercitare solo attività non commerciale.
Il contratto di società semplice non è soggetto a forme speciali, salvo quelle richieste dalla
natura dei beni conferiti (art. 2251 c.c.).
L’iscrizione nel registro delle imprese avviene in una sezione speciale.
155
Nelle società irregolari, invece, la mancanza della redazione del contratto di società in una
forma scritta richiesta ai fini dell’iscrizione nel registro delle imprese, impedisce detta
iscrizione, la quale, permette solamente di rendere conoscibile e opponibile ai terzi il
contratto di società.
L’accomandita semplice è il solo tipo di società di persone che consente l’esercizio in comune
di un’impresa commerciale con limitazione del rischio e non esposizione a fallimento
personale per alcuni soci (gli accomandanti).
Per la costituzione della società in accomandita semplice valgono le regole esposte per la
s.n.c.
Caratteri essenziali:
Un organo di gestione
Un organo di controllo
156
La costituzione della società per azioni si articola attualmente in due fasi essenziali:
L’atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico a pena di nullità della
società. L’atto costitutivo deve indicare:
- Le generalità dei soci e degli eventuali promotori, nonché il numero delle azioni
assegnate a ciascuna di esse;
- La denominazione e il comune ove sono poste la sede della società e le eventuali
sedi secondarie;
- L’oggetto sociale;
- L’ammontare del capitale sottoscritto e versato;
- Il numero e l’eventuale valore nominale delle azioni;
- Il valore attribuito ai crediti e ai beni conferiti in natura;
- Le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti;
- I benefici eventualmente accordati ai promotori o ai soci fondatori;
- Il sistema di amministrazione adottato, il numero degli amministratori e i loro poteri,
indicando quali tra essi hanno la rappresentanza della società;
- Il numero dei componenti del collegio sindacale;
- La nomina dei primi amministratori e sindaci e, quando previsto, del soggetto che
dovrà esercitare il controllo contabile;
- L’importo globale delle spese per la costituzione poste a carico della società; -
La natura della società.
Per procedere alla costituzione della Spa è necessario che ricorrano le seguenti condizioni:
L’assemblea
E’ l’organo composto dai soci, la cui funzione è quella di formare la volontà della società nelle
materie riservate alla sua competenza. A seconda dell’oggetto delle deliberazioni si distingue
in:
157
La convocazione dell’assemblea deve essere poi disposta dal collegio sindacale ogni qualvolta
la convocazione sia obbligatoria e gli amministratori non vi abbiano già provveduto.
L’assemblea è convocata nel comune dove ha la sede la società, se lo statuto non dispone
diversamente. Le delibere assembleari devono constatare da verbale, sottoscritto dal
presidente e dal segretario o dal notaio (assemblea straordinaria).
Si definisce quorum costitutivo la parte del capitale sociale che deve essere rappresentata in
assemblea perché questa sia regolarmente eseguita.
Si definisce quorum deliberativo la parte del capitale sociale che si deve esprimere a favore di
una determinata deliberazione perché questa sia approvata.
Quorum costitutivo
158
Quorum deliberativo
Gli azionisti possono partecipare all’assemblea sia personalmente sia per mezzo di
rappresentante. La delega deve essere conferita per iscritto e deve contenere il nome
del rappresentante che può farsi rappresentare solo dall’altra persona indicata nella
delega stessa. La delega è sempre revocabile.
Gli amministratori
Sono l’organo a cui è affidata in via esclusiva la gestione dell’impresa sociale e ad essi
spettano tutte le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale.
Il collegio sindacale
Il collegio sindacale è l’organo di controllo interno della società per azioni, con funzioni di
vigilanza sull’amministrazione della società.
Le decisioni che non sono prese in conformità della legge o dell’atto costitutivo possono
essere impugnate entro 90 giorni dalla loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci.
La principale novità per l’Srl contenuta nel decreto legislativo del 2014 riguarda la nomina
dell’organo di controllo. Il D.L. esime alcune Srl dall’obbligo di nomina dell’organo di
controllo, obbligo che rimane in vigore solo per alcune ipotesi per le quali “La sopravvenuta
insussistenza dell’obbligo di nomina dell’organo di controllo o del revisore costituisce giusta
causa di revoca”.
Srl semplificata
Le condizioni per la costituzione della Srl semplificata sono le seguenti:
L’atto costitutivo della Srl semplificata deve essere redatto, a pena di nullità, mediante atto
pubblico secondo uno schema conforme al modello standard.
È previsto l’obbligo di indicare negli atti, nella corrispondenza e nel sito internet della società:
162
2. I soci accomandanti, che sono obbligati verso la società nei limiti della quota di capitale
sottoscritto.
163
L’AZIENDA
L’azienda è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa
(art. 2555 cc).
Il codice tiene in considerazione l’azienda in vista della sua circolazione, ossia nel caso in cui
l’imprenditore venda, o dia in usufrutto o in affitto la propria azienda.
I segni distintivi
La ditta, l’insegna e il marchio formano la categoria dei segni distintivi:
Svolgono nel rapporto tra imprenditore e clientela una funzione di “collettori della clientela”.
La ditta
E’ il nome sotto il quale l’imprenditore esercita l’attività d’impresa. Può non corrispondere al
nome civile dell’imprenditore, soddisfacendo l’esigenza di quest’ultimo di essere
contraddistinto da un segno distintivo che meglio si presti alla diffusione o alla pubblicità, ma
deve contenere almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore che ha originariamente
formano la ditta.
Può essere trasferita e la legge dispensa l’acquirente della ditta dall’aggiungere a questa il
proprio cognome o la propria sigla.
Inoltre, l’imprenditore ha diritto all’uso esclusivo della ditta da lui prescelta: chi ha fatto uso
per primo di una determinata ditta può pretendere che nessun altro imprenditore utilizzi una
ditta uguale o simile che possa creare confusione per oggetto e luogo.
Il marchio
E’ un segno distintivo che gli imprenditori possono apporre sui prodotti che mettono in
commercio con la funzione di differenziarli da quelli dei concorrenti. Può essere apposto:
164
L’insegna
L’insegna contraddistingue i locali dell’impresa (stabilimento industriale, negozio di vendita).
Quando è uguale o simile a quella usata da altri e può creare confusione per quanto riguarda
l’oggetto e il luogo, deve essere modificata.
Trasferimento dell’insegna
Il diritto sull’insegna può essere trasferito.
Circolazione d’azienda
Per le imprese soggette a registrazione, i contratti che hanno per oggetto il trasferimento o il
godimento dell’azienda devono essere provati per iscritto, salva osservanza delle forme
stabilite per il trasferimento dei singoli beni o la particolare natura del contratto.
Forma: la forma scritta è richiesta per la prova del contratto, non per la sua validità.
165
L’azienda non ha giuridicamente una sua forma di circolazione, circola secondo le forme di
circolazione dei singoli beni che la compongono.
Effetti: non occorre indicare specificatamente i beni che compongono l’azienda, essi sono
identificabili come “beni aziendali”.
L’oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato e determinabile.
Limiti: ci sono dei limiti per quanto concerne l’esclusione di beni dal trasferimento d’azienda.
Il trasferimento di un’insieme di beni può essere considerato trasferimento d’azienda se
l’insieme dei beni trasferiti è idoneo ad un esercizio d’impresa.
L’avviamento ha un valore che corrisponde alla capitalizzazione del profitto, chi acquista paga
oltre al cosiddetto “valore netto patrimoniale” una somma ulteriore a titolo di avviamento.
IL DIVIETO DI CONCORRENZA limita il diritto dell’alienante alla libera iniziativa economica per
questo la durata massima è di 5 anni.
Il patto di astenersi dalla concorrenza in limiti più ampi (superiori ai 5 anni) è valido purché
non impedisca ogni attività professionale dell’alienante.
Usufrutto e affitto
166
Il potere-dovere di gestione dell’usufruttuario comporta che lo stesso non solo può godere
dei beni aziendali, ma ha anche il potere di disporne nei limiti segnati dalle esigenze della
gestione.
Trasformazione
La trasformazione si può definire come una modificazione del regime del patrimonio e/o
dell’attività atta a incidere sulla qualificazione giuridica di riferimento.
- Trasformazione da società di
capitali - Trasformazione in
società di capitali.
Una società di capitali può trasformarsi in consorzi, società consortili, società cooperative,
comunioni di azienda, associazioni non riconosciute e fondazioni.
167
Fusione
La fusione è l’unificazione di due o più società in una sola. Essa può essere realizzata in due
diversi modi:
- Con la costituzione di una nuova società, che prende il posto di tutte le altre che
si fondono (fusione in senso stretto);
1. Progetto di fusione, nel quale sono fissate, sulla base delle trattative intercorse, le
condizioni e le modalità dell’operazione da sottoporre all’approvazione dell’assemblea.
2. Delibera di fusione: Per l’approvazione del progetto vanno rispettate le norme dettate
per le modificazioni dell’atto costitutivo.
Scissione
Con la scissione il patrimonio di una società è scomposto ed assegnato in tutto o in parte ad
altre società, preesistenti (scissione per incorporazione), o di nuova costituzione (scissione in
senso stretto).
Alla scissione non possono partecipare società in liquidazione che abbiano iniziato la
distribuzione dell’attivo. Il procedimento della scissione ricalca quello dettato per la fusione.
168
Liquidazione
La società per azioni si scioglie ed entra in liquidazione con il verificarsi di una delle seguenti
cause:
L’attività dei liquidatori deve essere diretta al pagamento dei creditori sociali.
I liquidatori devono redigere ogni anno il bilancio e sottoporlo all’approvazione
dell’assemblea.
Completata la liquidazione, i liquidatori devono redigere il bilancio finale di liquidazione.
Approvato il bilancio di liquidazione, devono chiedere la cancellazione della società dal
registro delle imprese.
169
La situazione è mutata con la riforma della L.F. che prevede i parametri in base ai quali può
essere dichiarato il fallimento di un imprenditore (o di una società).
Nella nuova disciplina è scomparso ogni riferimento al piccolo imprenditore, si può quindi
affermare che se si supera uno dei parametri previsti dall’articolo 1 della L.F. si può fallire, se
all’opposto nessuno di questi parametri è superato, non sarà possibile ottenere il fallimento
dell’imprenditore, piccolo o commerciale che sia.
I parametri previsti dall’art. 1 L.F., in base ai quali anche chi svolge un’attività commerciale
non può fallire sono:
Occorre il possesso congiunto di questi requisiti per non essere assoggettato a fallimento.
Si trova in uno stato di insolvenza l’imprenditore che non è più in grado di soddisfare
regolarmente le proprie obbligazioni.
Lo stato di crisi è, invece, un concetto più ampio dello stato di insolvenza: comprende anche
situazioni “prodromiche o finitime”, ma che non sono ancora insolvenza.
- Fuga o latitanza;
- Chiusura dei locali dell’impresa;
- Trafugamento, sostituzione o diminuzione fraudolenta dell’attivo.
-L’imprenditore agricolo;
-Gli altri enti e imprese che, in base a leggi speciali, non possono essere sottoposti a tali
procedure.
170
2. La morte dell’imprenditore
La legge fallimentare prevede che, entro un anno dall’evento, possa essere dichiarato il
fallimento anche di un imprenditore defunto, quando l’insolvenza si sia manifestata
anteriormente alla morte o entro l’anno successivo (art. 11 L.F.).
I soggetti legittimati
I soggetti legittimati sono, ai sensi dell’art. 6 L.F.:
- Il creditore
- Il debitore
- Il pubblico ministero.
Posizione a parte è assegnata dalla legge all’iniziativa del pubblico ministero. Il pubblico
ministero presenta la richiesta in due casi:
1. In sede penale, quando l’insolvenza risulti dalla fuga, dalla irreperibilità, dalla latitanza,
o da tutti gli altri fatti indicati dall’art. 7 L.F.;
2. In sede civile, quando l’insolvenza gli viene riferita da un giudice che abbia avuto
occasione di rilevarla nel corso di un procedimento civile.
1. Tribunale
171
2. Giudice delegato
3. Curatore
4. Comitato dei creditori.
La riforma tende, con il nuovo assetto dei poteri e il rapporto esistente fra gli organi, ad una
privatizzazione della procedura.
Il tribunale Il
tribunale:
I provvedimenti del tribunale sono pronunciati con decreto, reclamabili davanti alla corte
d’appello.
Il giudice delegato
La riforma ha ridimensionato il ruolo di centralità che esso ricopriva.
Il giudice delegato non è più l’organo motore della procedura, essendo stata sostituita
l’attività di direzione, con quella di vigilanza e controllo sulla regolarità della procedura.
La scelta trova riscontro, da un lato, nella maggiore sfera d’autonomia concessa al curatore, e,
dall’altro, nel potenziamento dei compiti attribuiti al comitato dei creditori.
1. Riferire al tribunale, su ogni affare per il quale sia richiesto un provvedimento del
collegio;
2. Emettere i provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio del fallito;
3. Convocare il curatore ed il comitato dei creditori nei casi previsti dalla legge o se lo
ritiene opportuno per il corretto svolgimento della procedura;
172
7. Nomina gli arbitri nei giudizi arbitrali di cui sia parte il fallimento;
8. Procede all’accertamento dei crediti e dei diritti reali e personali vantati dai terzi.
Il curatore
Successivamente alla riforma, il ruolo del curatore risulta decisamente valorizzato.
Ai sensi dell’art. 34, a tutela di una gestione trasparente delle sue attività, entro 10 giorni dalla
corresponsione, deve depositare su un conto corrente, intestato alla procedura, tutte le
somme riscosse.
Ai sensi dell’art. 37 il tribunale può in ogni tempo, su proposta del giudice delegato, su
richiesta del comitato dei creditori o d’ufficio, revocare il curatore.
3. Funzioni consultive: il comitato è chiamato a dare pareri che possono essere facoltativi,
obbligatori o vincolanti.
La sentenza dichiarativa
La sentenza dichiarativa di fallimento è pronunciata in camera di consiglio. Con la sentenza il
tribunale:
174
Gli istituti destinati alla soluzione della crisi di un imprenditore commerciale il quale superi le
soglie di fallibilità sono:
- Il concordato preventivo
- Gli accordi di ristrutturazione dei debiti
- Il piano di risanamento delle esposizioni debitorie.
Ove raggiungono l’auspicato obiettivo del risanamento, impediscono di fatto l’apertura del
procedimento fallimentare.
Il concordato preventivo
Il concordato si presenta come un accordo fra privati, in cui il debitore propone ai creditori un
programma per la sistemazione della propria esposizione debitoria.
La volontà dei creditori assume una posizione centrale nell’iter formativo del procedimento
che dovrà portare all’omologazione del concordato.
Il tribunale svolge una funzione di garanzia che si concretizza nel potere di controllare la
regolarità formale e la legalità del procedimento.
Riguardo al secondo punto occorre esprimersi in merito al rapporto tra stato di crisi ed
insolvenza, osservando che i due fenomeni non sono necessariamente legati fra loro.
Se pure, normalmente, la crisi precede l’insolvenza, “può accadere che la manifestazione dello
stato di insolvenza non sia preannunciata da alcun sintomo di crisi”. Lo stato di insolvenza si
manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori, i quali dimostrano che il debitore non è più
in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.
Soffermandoci sulla definizione di crisi di impresa essa può essere ravvisata in una situazione
di instabilità, derivante da squilibri sia economici che finanziari, sia interni che esterni
all’impresa, che possono indurre ad una difficoltà temporanea di adempiere ma che possono
anche non apparire all’esterno e che, può trasformarsi anche in insolvenza.
175
Nel ricorso per l’ammissione devono essere indicate le condizioni e le modalità di attuazione
dell’accordo. Il programma può prevedere:
Per quanto riguarda gli allegati alla domanda di ammissione è richiesto che il debitore depositi
unitamente al ricordo:
Dopo la discussione si apre la fase in cui i creditori sono chiamati ad esprimere o meno il
consenso alla proposta. Il concordato è approvato se riporta il voto favorevole dei creditori
che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi.
Il concordato omologato può essere annullato dal tribunale, su istanza del curatore o di
qualunque creditore, in contradditorio con il debitore, quando si scopre che è stato
dolosamente esagerato il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante
dell’attivo.
I presupposti
I presupposti coincidono con quelli previsti per il concordato preventivo.
177
Dopo aver stipulato con i creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti un accordo di
ristrutturazione dei debiti, il debitore può presentare al tribunale competente una richiesta di
omologazione dell’accordo concluso.
L’accordo è pubblicato nel registro delle imprese e acquista efficacia dal giorno della sua
pubblicazione.
Entro 30 giorni dalla pubblicazione i creditori e ogni altro interessato possono proporre
opposizione.
Decorso il termine per la presentazione delle opposizione il tribunale procede nel seguente
modo:
Ai fini di una sua responsabilizzazione l’art. 236 bis prevede sanzioni penali per il
professionista nel caso in cui esponga informazioni false, ovvero ometta di riferire
informazioni rilevanti. Un aumento di pena è previsto per i casi in cui il professionista adotti
tali condotte per conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri.
178
Parte settima
La famiglia
Struttura e funzioni della famiglia variano al variare dell’organizzazione sociale.
Alla famiglia sono dedicate norme costituzionali (29ss Cost.) e varie leggi speciali. Queste leggi
non presentano una definizione generale di famiglia, in quanto l’articolo 29 si riferisce
esclusivamente alla famiglia fondata sul matrimonio, e le leggi speciali la presentano ogni
volta sotto diverse accezioni. Tuttavia l’individuazione di una nozione di famiglia è
indispensabile; va così desunta da un esame sistematico di tali norme.
Famiglia nucleare (art. 29 Costituzione): è la comunità fondata sul matrimonio e costituita dai
coniugi e dalla (eventuale) prole. I diritti del coniuge e dei figli, quali membri della famiglia
legittima, prevalgono sui diritti dei figli nati fuori del matrimonio, benché la tutela accordata a
questi ultimi si uniformi a quella riservata ai figli nati nel matrimonio. Analoga nozione di
famiglia è recepita anche dal codice civile.
Parentela e affinità realizzano generalmente finalità estranee alla famiglia. Solo ai fini
dell’impresa familiare i parenti e gli affini sono assimilati ai membri della famiglia nucleare
(230).
L’ordinamento garantisce l’unità familiare che sia frutto dell’uguaglianza morale e giuridica
dei coniugi, riconoscendo loro il potere di regolamentare le modalità di esercizio dei propri
diritti personali.
L’attuazione degli interessi dei componenti della famiglia non può essere del tutto rimessa
all’autonomia dei singoli. In quanto volti a tutelare interessi esistenziali, i diritti familiari, pur
quando abbiano un contenuto economicamente valutabile, sono incommerciabili,
strettamente personali e quindi irrinunciabili e imprescrittibili. Non sono neanche trasmissibili,
salvo deroghe.
179
Parentela e affinità
La parentela è il vincolo tra più persone che discendono da uno stesso capostipite. Si
distingue la linea retta da quella collaterale. Nella prima le persone discendono l’una dall’altra
(padre – figlio; nonno – nipote), nell’altra le persone non discendono l’una dall’altra, pur
avendo un capostipite comune (fratelli, cugini, zio – nipote).
La parentela si misura per gradi e, in genere, non è rilevante oltre il sesto grado.
I fratelli si distinguono in bilaterali (o germani), se discendono dagli stessi genitori, e
unilaterali quando hanno lo stesso padre (consanguinei) o la stessa madre (uterini). La
posizione dei fratelli germani ha un trattamento differenziato rispetto agli altri in materia
successoria.
L’affinità è effetto legale del matrimonio, designa il rapporto che sussiste tra un coniuge e i
parenti dell’altro (suocero – nuora; suocera – genero; cognati). Le linee e i gradi dell’affinità
sono gli stessi della parentela. Si estingue in seguito all’annullamento, non per effetto dello
scioglimento del matrimonio dovuto alla morte del coniuge.
Qualora l’assistenza economica sia dovuta fuori del rapporto di convivenza, l’obbligo si
definisce di mantenimento (obbligo di mantenimento a favore del coniuge separato a cui non
è addebitabile la separazione, sempre che sia sprovvisto di adeguati redditi propri).
Al mantenimento ha diritto anche l’ex coniuge divorziato, il quale sia privo di mezzi economici
tali da consentirgli di conservare un tenore di vita analogo a quello di cui godeva durante il
matrimonio.
La persona in stato di bisogno economico e che non sia in condizione di provvedere al proprio
sostentamento non avendo capacità di lavoro, ha diritto di ottenere gli alimenti dalla serie di
congiunti (obbligazione alimentare).
Stato di bisogno è l’incapacità di provvedere alle più elementari necessità di vita (quanto
occorre per condurre una vita dignitosa). La determinazione degli alimenti deve essere
proporzionale alle condizioni economiche dell’alimentante.
180
I congiunti tenuti agli alimenti sono indicati in un preciso ordine e l’alimentando deve seguire
quell’ordine. L’obbligo alimentare può essere adempiuto o provvedendo a mantenere
l’alimentando nella propria abitazione, o corrispondendogli un assegno periodico anticipato.
La sua corresponsione decorre dal giorno della domanda giudiziale.
L’obbligazione alimentare, in quanto commisurata alle esigenze dell’alimentando e alle
condizioni economiche dell’alimentante, è per sua natura variabile nel tempo. L’obbligo cessa
con la morte dell’obbligato.
Questa obbligazione si definisce legale. Tuttavia può essere costituita anche con contratto (ad
es. rendita vitalizia) o con disposizione testamentaria (legato di alimenti); in questo caso è
volontaria.
1)il coniuge;
2)i figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi;
3)i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti;
4)i generi e le nuore;
5)il suocero e la suocera;
6)i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali.
Famiglia di fatto
È una famiglia basata sulla convivenza.
La famiglia di fatto, a differenza di quella legittima, è costituita da persone che, pur non
essendo legate tra loro da alcun vincolo matrimoniale, convivono insieme agli eventuali figli
nati dalla loro unione. In essa manca un atto formale (il matrimonio) a cui ricollegare il
rapporto per qualificarlo giuridicamente e viene, pertanto, ricompresa in quelle "formazioni
sociali nelle quali si svolge la personalità individuale" tutelate dall'art. 2 della Costituzione.
Il nostro ordinamento attribuisce una formale superiorità ed una maggiore dignità alla
famiglia fondata sul matrimonio.
Anche la stabile convivenza delle coppie non coniugate, pur non avendo una disciplina
autonoma, negli ultimi anni ed a seguito del mutamento dei costumi sociali, ha acquistato una
maggiore rilevanza giuridica cui è conseguita una maggiore tutela. Vi sono infatti delle
sentenze assunte (non leggi specifiche) che la tutelano.
Gli elementi costitutivi della convivenza sono:
181
1. la diversità di sesso dei membri della coppia: nel nostro ordinamento, ad oggi, non si può
parlare di famiglia di fatto con riferimento alle coppie omosessuali nonostante il principio
di non discriminazione che è stato affermato dal Parlamento Europeo;
3. la coabitazione qualificata: la coppia, pur non essendo sposata e non avendo doveri
reciproci, coabita sotto uno stesso tetto, individuato come “casa familiare” e la
coabitazione deve essere
“qualificata” vale a dire diretta a realizzare una comunanza di vita materiale e spirituale,
simile a quella matrimoniale;
In passato vi era difficoltà nel distinguere fra convivenza (comunione di tipo spirituale) e
coabitazione (rapporto di utilizzo dello stesso stabile che comporta obblighi e dover per le
parti).
Tra i conviventi di fatto non esistono, come esistono fra coniugi, diritti e doveri reciproci.
Il carattere di “unione libera” fa sì che, in ogni momento e secondo la libera volontà, la coppia
possa interrompere il rapporto.
In altre parole, ha assoluta prevalenza l’autonomia delle parti dal momento che la scelta per
l’unione paraconiugale esprime la volontà della coppia di non legarsi in matrimonio.
b) Matrimonio
Nozione di matrimonio e sistema matrimoniale italiano
Il matrimonio è un istituto che assume grande rilievo, sia dal punto di vista religioso, dal
momento che per la Chiesa è un sacramento, sia dal punto di vista dell’ordinamento
giuridico dello Stato (c.d. matrimonio civile).
Esso indica:
- l’atto posto a fondamento della famiglia come società naturale (matrimonio come atto
giuridico);
- il rapporto ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, che nell’atto ha la sua
fonte (matrimonio come rapporto giuridico).
182
La distinzione del matrimonio come atto e come rapporto acquista un rilievo nel sistema
matrimoniale italiano in presenza del matrimonio concordatario. A seguito del Concordato tra
Stato e Chiesa convivono due modelli: il matrimonio civile e il matrimonio concordatario. A
quest’ultimo sono riconosciuti gli effetti civili ma l’atto è assoggettato alla disciplina canonica.
A differenza degli altri Stati, nel nostro ordinamento il matrimonio non è considerato un
contratto ma un negozio giuridico (definizione più ampia del contratto).
Promessa di matrimonio
Non essendo un contratto, il matrimonio, o meglio la promessa di matrimonio, non obbliga
chi l’ha fatta a contrarre matrimonio né ad eseguire ciò che si fosse convenuto per caso di non
adempimento: si parla di “incoercibilità della promessa del matrimonio” e di natura non
vincolante della stessa.
- attribuisce la facoltà di ottenere (entro un anno dal giorno nel quale si è avuto il
rifiuto di celebrare il matrimonio o dal giorno della morte di uno dei promittenti)
la restituzione dei doni fatti a causa della promessa;
Queste due azioni (restituzione e risanamento) devono essere proposte entro e non oltre un
anno dal rifiuto di celebrare il matrimonio (termine di decadenza), altrimenti non hanno alcun
effetto.
- La minore età
- L’interdizione per infermità mentale - La mancanza di libertà di stato.
Il primo impedimento, costituito dalla minore età, non è regola assoluta. Il tribunale per i
minorenni, su istanza dell’interessato, può concedere l’autorizzazione a contrarre matrimonio
183
al minore che abbia compiuto sedici anni e che abbia una certa maturità psico-fisica, e solo
per gravi motivi.
Anche l’interdetto giudiziale non può contrarre matrimonio a causa dell’infermità mentale.
Non può contrarlo neppure la persona incapace di intendere e di volere, sebbene non
interdetta, per qualsiasi causa, anche transitoria.
Per quanto riguarda la libertà di stato, non può contrarre matrimonio chi è già legato dal
vincolo delle nozze, a meno che queste non siano state annullate o risultino nulle, oppure vi
sia stato scioglimento del vincolo per divorzio o per morte di uno dei due coniugi
(responsabilità penale).
Il codice determina poi, taluni impedimenti, rappresentati da circostanze relative alla coppia,
e concernenti, in particolare, l’idoneità dei nubendi a contrarre nozze tra loro. Alcuni
impedimenti, se non osservati, producono l’invalidità del matrimonio (dirimenti), altri
determinano soltanto una sanzione pecuniaria (impedienti).
Al secondo gruppo appartiene il divieto temporaneo di nuove nozze (lutto vedovile); che è un
impedimento soggetto a dispensa; la sua eventuale violazione dà luogo soltanto ad una
sanzione pecuniaria. L’articolo 89 del codice civile prevede che la donna non può contrarre un
nuovo matrimonio se non dopo trecento giorni dallo scioglimento, dall’annullamento o dalla
cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio.
La pubblicazione, su istanza delle parti, è curata dall’ufficiale dello stato civile mediante
affissione alla porta del comune di un atto contenente i dati di identificazione degli sposi, il
luogo dove intendono celebrare il matrimonio e la data. L’atto resta affisso per almeno 8
giorni. È previsto sia per il matrimonio civile che per quello religioso.
ARTICOLO 102
Persone che possono fare opposizione:
184
I genitori e, in mancanza loro, gli altri ascendenti e i collaterali entro il terzo grado possono
fare opposizione al matrimonio dei loro parenti per qualunque causa che osti alla sua
celebrazione.
Se uno degli sposi è soggetto a tutela o a cura, il diritto di fare opposizione compete anche al
tutore o al curatore.
Il diritto di opposizione compete anche al coniuge della persona che vuole contrarre un altro
matrimonio.
Quando si tratta di matrimonio in contravvenzione all'art. 89, il diritto di opposizione spetta
anche, se il precedente matrimonio fu sciolto , ai parenti del precedente marito e, se il
matrimonio fu dichiarato nullo , a colui col quale il matrimonio era stato contratto e ai parenti
di lui.
Il pubblico ministero deve sempre fare opposizione al matrimonio, se sa che vi osta un
impedimento o se gli consta l'infermità di mente di uno degli sposi, nei confronti del quale, a
causa dell'età, non possa essere promossa l'interdizione.
1) Dà lettura agli sposi di alcuni articoli (143, 144, 147) relativi ai diritti e ai doveri
reciproci dei coniugi, all’indirizzo della vita familiare e alla residenza della famiglia, ai
Immediatamente dopo la celebrazione deve essere compilato l’atto di matrimonio che verrà
poi iscritto nell’apposito registro dello stato civile.
L’atto di matrimonio assume rilievo determinante poiché nessuno può reclamare il titolo di
coniuge e gli effetti del matrimonio, se non presenta l’atto di celebrazione estratto dai registri
dello stato civile.
La celebrazione può essere fatta anche per procura, ma solo per i militari in di guerra e per i
residenti all’estero, ex art.111. Tale procura, che può essere revocata, deve contenere
185
l’indicazione della persona con la quale il matrimonio si deve contrarre e perde ogni effetto
centottanta giorni dopo il suo rilascio.
Il primo è costituito dalle “previe pubblicazioni nella casa comunale”. Oltre alla funzione
diretta a dare notizia del futuro matrimonio, esse configurano la prima formale richiesta di
attribuire ad esso rilevanza civile.
L’attività del parroco si conclude con la richiesta scritta di trascrizione, da inoltrare entro 5
giorni dalla celebrazione. Nelle 24 ore successive al ricevimento dell’atto di matrimonio con
la relativa richiesta scritta dal parroco, l’ufficiale di stato civile deve effettuare la trascrizione
(trascrizione tempestiva immediata). Le ventiquattro ore non costituiscono un termine
perentorio: vi possono essere motivi per i quali l’ufficiale di stato civile può ritardare la
trascrizione (trascrizione tempestiva ritardata).
Gli impedimenti alla trascrizione si prefiggono di vietare il riconoscimento degli effetti civili, in
presenza di condizioni preclusive della celebrazione del matrimonio civile. Essi sono:
- La minore età
- L’interdizione
- La mancanza di libero stato
- Gli impedimenti derivanti dal delitto
non possono contrarre matrimonio tra loro le persone delle quali l'una è stata
condannata per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell'altra. Poiché la
norma è diretta ad evitare che una persona commetta omicidio di un'altra, allo
scopo di sposarne il coniuge, l'impedimento sorge solo in caso di omicidio volontario
e non in caso di omicidio preterintenzionale (involontario) o colposo. - Gli
impedimenti derivanti da affinità in linea retta.
186
Affinché il ministro del culto possa legittimamente celebrare il matrimonio occorre che la sua
nomina sia approvata dall’autorità governativa; in mancanza il matrimonio è nullo.
L’approvazione non è però sufficiente: occorre l’autorizzazione da richiedere all’ufficiale di
stato civile in riferimento al singolo matrimonio.
Le diverse confessioni religiose hanno attuato con l’autorità governativa una serie di intese:
ognuna di esse presenta delle peculiarità, ma per ciascuna, a differenza che nel matrimonio
concordatario, i requisiti di validità del matrimonio sono accertati in base alla disciplina del
matrimonio civile.
La disciplina dell’impugnazione
La legittimazione all’impugnazione del matrimonio è dei coniugi, degli ascendenti prossimi,
del pubblico ministero e di tutti coloro “che abbiano per impugnarlo un interesse legittimo e
attuale”
- Se entrambi i coniugi erano in buona fede, o il loro consenso è stato estorto con violenza
o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne agli sposi, il
matrimonio si considera valido fino la pronuncia la sentenza di annullamento che, quindi,
in questo caso non avrà efficacia retroattiva.
- Se solo un coniuge era in buona fede, o solo per lui il consenso è stato estorto con
violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne agli
sposi gli effetti del matrimonio putativo si producono solo riguardo a lui e ai figli.
- Se entrambi i coniugi erano in mala fede, gli effetti del matrimonio valido si producono
solo rispetto ai figli salvo che nullità sia dovuta a incesto (art. 128 comma 4).
La buona fede si presume e basta che sussista al momento della celebrazione del matrimonio.
Il coniuge in buona fede può avere anche diritto a somme periodiche di denaro a carico
dell’altro per un periodo di tre anni (art. 129). Oltre a tale onere, il coniuge in mala fede sarà
188
tenuto a corrispondere un’indennità all'altro, obbligo cui sarà tenuto anche il terzo cui sia
imputabile la nullità del matrimonio (art. 129 bis). c) Rapporti personali tra coniugi
Principio di uguaglianza dei coniugi e diritti e doveri reciproci
Per l’articolo 29 della Costituzione, “il matrimonio è ordinato sull’uguaglianza morale e
giuridica dei coniugi”, a differenza di quanto accadeva per il codice del ’42, che stabiliva una
organizzazione autoritaria e gerarchica della famiglia, in quanto poneva il marito “a capo”
della stessa e la moglie “a lui subordinata”, dovendo seguirne la condizione civile, assumerne
il cognome e accompagnarlo ovunque decidesse di fissare la propria residenza. La superiorità
del marito era ribadita anche a proposito dei rapporti con i figli, poiché la patria potestà
poteva essere esercitata dalla madre soltanto nell’ipotesi di impedimento o di morte del
padre. Il potere del marito comportava l’obbligo di proteggere e sostenere economicamente
la moglie.
La riforma del 1975 ha travolto tutte queste disposizioni sostituendo integralmente gli articoli
143 e 148 del codice civile, dedicati ora ai diritti e ai doveri che nascono dal matrimonio,
affermando, come primo criterio dei rapporti coniugali, che “con il matrimonio, il marito e la
moglie acquistano gli stessi diritti e assumono gli stessi doveri”.
Pertanto, la famiglia non ha più oggi un capo e una struttura gerarchica, ma impegna i coniugi
a concordare l’indirizzo della vita familiare e la residenza della famiglia che va fissata secondo
le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa.
Secondo il modello promosso dal legislatore, la comunione di vita tipica del rapporto
matrimoniale implica l’attuazione degli obblighi reciproci della fedeltà, assistenza,
coabitazione e collaborazione.
Non possono essere derogati, ma le modalità della loro attuazione possono essere concordate
dai coniugi; in quanto impegnano i coniugi alla realizzazione di finalità comuni, essi
comportano limiti all’autonomia individuale.
Tuttavia, ciò non può compromettere le libertà e i diritti fondamentali: ciascun coniuge è
libero di compiere le proprie scelte di vita (politiche, culturali, religiose, professionali …) ,
purché rispetti l’altro coniuge e le esigenze dei figli.
189
L’obbligo di coabitazione va inteso in funzione della comunione coniugale, come obbligo non
solo di vivere sotto uno stesso tetto, ma di attuare il modello tipico di convivenza tra moglie e
marito; esso presuppone che i coniugi abbiano fissato di comune accordo la residenza della
famiglia.
L’obbligo non si considera violato da assenze, che per il loro carattere temporaneo, siano
compatibili con il modello di convivenza richiesto ai coniugi, e viene meno per giusta causa,
cioè per ragioni che rendono intollerabile la convivenza.
Quando la condotta del coniuge è causa di grave pregiudizio all’integrità morale o fisica
ovvero alla libertà dell’altro coniuge, il giudice può ordinare al primo di cessare la condotta o
di allontanarsi dalla casa familiare.
Un decreto del presidente della Repubblica emanato nel 2012 ha consentito però una
semplificazione delle procedure per ottenere il cambiamento del cognome.
L’uso del cognome del marito, per la moglie, costituisce un diritto e non un obbligo. In caso di
separazione la moglie può chiedere al giudice l’autorizzazione a non usare il cognome del
marito se tale uso può arrecarle un grave pregiudizio. Inoltre conserva il diritto anche durante
lo stato vedovile, finché non passi a nuove nozze.
190
Lo perde, invece, in conseguenza del divorzio, salvo autorizzazione del tribunale qualora
sussista un interesse meritevole di tutela.
Il disaccordo dei coniugi produce la paralisi delle decisioni; in ragione dell’importanza del
valore della famiglia, la soluzione della crisi coniugale non è affidata solo ai coniugi. Qualora
essi non riescano a superare da soli il dissenso, possono (senza formalità, anche
disgiuntamente) richiedere l’intervento del giudice: esso è strumentale all’emersione della
comune volontà dei coniugi.
Soltanto qualora il contrasto permanga e riguardi la fissazione della residenza o altri affari
essenziali, al giudice è consentito intervenire in modo “autoritativo”, assumendo una propria
decisione. Anche in questa ipotesi, tuttavia, non può essere coartata l’autonomia dei coniugi, i
quali devono richiedere espressamente e congiuntamente al giudice di adottare la soluzione
che ritiene più adeguata alle esigenze dell’unità e della vita della famiglia.
I doveri a contenuto personale non possono essere attuati in forma specifica, e il loro
inadempimento ha una generale forma di sanzione nell’addebito della separazione. Soltanto
per la violazione del dovere di coabitazione è prevista una sanzione specifica.
191
Il rapporto coniugale non attenua affatto l’esigenza di rispetto reciproco dei diritti
fondamentali della persona, si ché, in aggiunta o in alternativa ai rimedi indicati, può essere
esercitata la generale azione di responsabilità da atto illecito da parte del coniuge che abbia
subito un danno ingiusto a causa del comportamento dell’altro.
Tende a valorizzare il profilo unitario della vita coniugale anche la previsione della comunione
dei beni quale regime patrimoniale legale, operante in mancanza di una diversa scelta. I
modelli di deroga a tale regime sono quelli della separazione dei beni e della comunione
convenzionale: il primo esclude la comunione legale e può essere adottato ancor prima della
celebrazione del matrimonio o nel momento stesso; la sostituzione del regime di comunione
con quello di separazione, mediante convenzione, può intervenire anche successivamente alla
celebrazione del matrimonio.
Convenzioni matrimoniali
Le convenzioni matrimoniali sono dirette a costituire un regime patrimoniale della famiglia e
sono regolate dalle norme in materia di contratto. La forma richiesta per la loro validità è
quella dell’atto pubblico e con la necessaria presenza di due testimoni a pena di nullità. Esse
possono essere stipulate anche per procura o mediante rappresentante legale (nell’ipotesi di
interdizione); possono essere modificate, con atto pubblico, purché vi sia il consenso delle
parti.
Il singolo coniuge non può sciogliere unilateralmente la comunione legale, né può disporre
della propria quota di beni.
I beni della comunione non hanno autonomia rispetto al patrimonio personale dei coniugi
(non configurano un distinto soggetto di diritto), né sono destinati al perseguimento di un
interesse diverso da quello individuale.
192
Non è un regime universale: essa concerne non tutti i beni dei coniugi, ma quelli acquistati
successivamente al matrimonio ad esclusione dei beni personali.
a) I beni dei quali il coniuge era titolare prima del matrimonio (o comunque prima
dell’instaurarsi del regime di comunione legale);
b) I beni acquisiti (dal coniuge in regime di comunione) per effetto di donazione o
successione, salvo che siano espressamente attribuiti alla comunione;
c) I beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge e i relativi accessori;
d) I beni strumentali all’esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati
all’azienda facente parte della comunione;
e) I beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno e le pensioni attinenti alla perdita della
capacità lavorativa;
f) I beni acquisiti con il prezzo del trasferimento di altri beni personali o con il loro
scambio, purché sia espressamente dichiarato nell’atto di acquisto.
L’acquisto di beni immobili o mobili registrati è escluso dalla comunione quando tale
esclusione risulti dall’atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l’altro coniuge.
La dichiarazione di voler escludere il bene dalla comunione è condizione necessaria per far
valere il carattere personale del bene, presumendosi in sua assenza l’intento del coniuge di
destinare il bene alla comunione.
Per i beni mobili non registrati, per superare la presunzione di appartenenza del bene alla
comunione, oltre alla dichiarazione occorre atto avente data certa.
193
L’esclusione del coniuge dall’amministrazione può essere disposta dal giudice, su richiesta
dell’altro, nell’ipotesi di minore età, impossibilità di amministrare o di cattiva
amministrazione.
Il patrimonio in comunione risponde in via diretta e illimitata di tutti i pesi o oneri gravanti sui
beni al momento del loro acquisto.
I beni della comunione rispondono in via sussidiaria nei confronti dei creditori particolari di
ciascun coniuge; il creditore personale non ha l’obbligo di escutere preventivamente il
patrimonio del coniuge obbligato: spetterà all’altro coniuge l’onere di indicargli l’esistenza di
beni personali da assoggettare all’esecuzione forzata, con precedenza rispetto a quelli in
comunione.
Lo scioglimento della comunione può avvenire soltanto per una delle cause previste.
Sciolta la comunione, i coniugi possono procedere alla divisione del patrimonio, ripartendo in
parti uguali l’attivo e il passivo, dopo aver provveduto ai rimborsi e alle restituzioni. Qualora
non si possa stabilire una divisione consensuale, questa può essere ottenuta giudizialmente.
Comunione convenzionale
Il regime di comunione legale può essere modificato dai coniugi mediante convenzione.
Non sono però derogabili le norme relative all’amministrazione dei beni della comunione, né
possono essere ricompresi nella comunione quei beni che per legge sono esclusi (es. uso
strettamente personale, destinati all’esercizio della professione ecc.).
Nel rispetto dei limiti indicati, è possibile ampliare l’oggetto della comunione, rispetto a quella
legale, facendovi rientrare beni considerati personali.
Quanto alla possibilità per i coniugi di stipulare convenzioni atipiche, pur nel rispetto dei
principi
inderogabili, la legge consente la stipulazione di convenzioni in conformità degli usi o di leggi
straordinarie (i coniugi potrebbero, ad esempio, scegliere di utilizzare la legge inglese per
regolare il loro regime patrimoniale mediante un trust).
Fondo patrimoniale
Il fondo patrimoniale costituisce un patrimonio destinato a far fronte ai bisogni della famiglia
ed è formato da beni determinati. La sua costituzione può avvenire, prima o durante il
matrimonio, per opera di
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“ciascuno o ambedue i coniugi per atto pubblico”, o di un terzo “anche per testamento”. La
costituzione del fondo effettuata dal terzo per atto tra vivi si perfeziona con l’accettazione dei
coniugi.
Il fondo patrimoniale è pur sempre una convenzione matrimoniale che comporta, sia pure
limitatamente a determinati beni, la modifica di un regime patrimoniale della famiglia.
Nell’amministrazione dei beni del fondo i coniugi devono tener conto degli interessi familiari
che il fondo è destinato a realizzare; mentre in assenza di figli minori è sufficiente il consenso
dei coniugi per alienare, ipotecare, dare in pegno, o comunque vincolare i beni del fondo, in
presenza di figli minori occorre l’autorizzazione del giudice.
Il fondo cessa in seguito all’annullamento o allo scioglimento o alla cessazione degli effetti
civili del matrimonio.
Il regime di separazione può essere instaurato con una semplice dichiarazione resa
all’ufficiale di stato civile all’atto del matrimonio o con una convenzione matrimoniale
anteriore o successiva al matrimonio, la quale deve rivestire la forma dell’atto pubblico e, ai
fini dell’opponibilità a terzi, essere annotata a margine dell’atto di matrimonio.
Il regime di separazione si instaura inoltre allo scioglimento della comunione che si verifichi in
seguito a cause che non comportano la fine del rapporto coniugale (dichiarazione di
fallimento di uno dei coniugi o entrambi, separazione legale).
La separazione e il divorzio sono i rimedi per far fronte alla crisi determinatasi nel rapporto
coniugale.
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A differenza del divorzio, la separazione non scioglie il vincolo coniugale, ponendo in stato di
quiescenza (sospensione) i diritti e i doveri incompatibili con l’assenza della convivenza.
È fase necessaria all’eventuale successivo divorzio: devono trascorrere almeno tre anni prima
della richiesta di divorzio.
Separazione giudiziale
Il fondamento della separazione giudiziale è individuato nel verificarsi di fatti tali da rendere
intollerabile la convivenza o da recare grave pregiudizio all’educazione della prole. Quindi è
possibile la pronuncia della separazione anche su domanda del coniuge il cui comportamento
abbia prodotto l’intollerabilità della convivenza, la quale deve comunque risultare da
circostanze valutabili.
Separazione consensuale
Alla separazione personale i coniugi possono pervenire consensualmente. Il consenso,
tuttavia, non è sufficiente alla produzione degli effetti: occorre l’omologazione del giudice,
provvedimento di volontaria giurisdizione emesso in forma di decreto dal tribunale, su
richiesta di entrambi o di uno di essi. Anche qui il Presidente del tribunale deve sentire
preliminarmente i coniugi ed esperire il tentativo di conciliazione.
L’accordo di separazione regola le modalità del mantenimento dei coniugi e dei figli, e dispone
il trasferimento di beni e l’attribuzione di diritti a contenuto patrimoniale.
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Inoltre i coniugi possono integrare l’accordo di separazione con qualsiasi altra determinazione
si reputi necessaria ed opportuna ai fini di una serena vita post-coniugale (c.d. condizioni
della separazione).
Separazione temporanea
La separazione temporanea può essere disposta dal tribunale chiamato a decidere della causa
di invalidità del matrimonio (126) nonché, nell’ambito dei provvedimenti urgenti di
competenza, dal Presidente del tribunale in corso di causa di separazione e di divorzio.
Separazione di fatto
La separazione di fatto si concretizza nella stabile interruzione della convivenza attuata al di
fuori delle ipotesi previste dalla legge.
Occorre la comune volontà dei coniugi, o, almeno, la decisione di un coniuge manifestata
all’altro e da questi tollerata, trattandosi altrimenti di una mera interruzione della convivenza.
I doveri coniugali sono sospesi solo in seguito della separazione legale, quindi, se i coniugi
ponessero termine alla separazione di fatto, potrebbero esigerli in ogni momento.
Questo evento non comporta alcun effetto giuridico, in quanto il codice civile non la
disciplina, ha invece delle conseguenze negative:
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cioè qualora si protragga ininterrottamente da prima del 18 dicembre 1968. Sicché la norma
ha ormai sostanzialmente perduto importanza.
Inoltre questa forma di separazione non costituisce un valido presupposto per far iniziare a
decorrere il termine di tre anni per ottenere il divorzio.
Indirettamente può provocare anche delle conseguenze sul piano giuridico in quanto può
essere utilizzata come elemento di addebito ai danni del coniuge che ha volutamente violato
gli obblighi di assistenza morale e materiale e/o di fedeltà.
Effetti della separazione per i coniugi. Mutamento del titolo della separazione
La separazione legale sancisce l’interruzione della convivenza coniugale senza comportare lo
scioglimento del matrimonio, sospendendo soltanto gli obblighi che presuppongono la
convivenza.
I doveri matrimoniali rimangono, e la loro permanenza è assicurata dalla vincolatività del
matrimonio.
La separazione non priva la moglie del diritto di continuare ad usare il cognome del marito,
aggiungendolo al proprio.
Altri effetti di carattere personale sono previsti da specifiche disposizioni (la cessazione della
presunzione di paternità).
Al coniuge che non abbia redditi sufficienti, va assicurato lo stesso tenore di vita al quale
avrebbe avuto diritto in costanza di convivenza (diritto al mantenimento tramite un assegno).
Questo si esclude qualora il matrimonio sia stato estremamente breve (c.d. matrimonio
effimero). Se si teme che il coniuge obbligato si sottragga all’adempimento, il giudice può
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Il coniuge al quale sia stata addebitata la separazione, pur escluso dal diritto al
mantenimento, conserva il diritto agli alimenti.
Prima del 2006, l’affidamento dei figli nelle ipotesi di divorzio e di separazione poteva essere o
“esclusivo” in favore di un coniuge, o “congiunto” con attribuzione di eguali poteri ai genitori,
o “alternato” mediante un criterio temporale di permanenza presso ciascuno di essi.
La legge 8 febbraio 2006, n. 54 relativa all'affidamento condiviso ha modificato l'Art. 155 del
Codice civile il quale recita:
«Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere
un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e
istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti
di ciascun ramo genitoriale».
La responsabilità genitoriale dunque, spetta parimente ad entrambi i genitori, in caso di
separazione sia giudiziale sia consensuale, salvo diverso accordo dei genitori.
Il diritto al mantenimento del figlio è garantito dall’obbligo dei genitori di concorrere
proporzionalmente al proprio reddito sì da consentirgli di godere di un tenore di vita eguale a
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Riconciliazione
La riconciliazione può avvenire mediante una dichiarazione espressa (senza vincoli formali) o
tacitamente (tenendo un comportamento incompatibile con lo stato di separazione).
Presuppone ristabilita la comunione di vita affettiva e spirituale propria del rapporto
matrimoniale, non essendo sufficiente l’instaurazione di sporadici rapporti tra i coniugi, o la
coabitazione ripresa nel tentativo di superare i motivi di crisi.
Poiché la separazione dei coniugi scioglie il regime patrimoniale della comunione dei beni, per
il suo ripristino è necessaria la stipula di un’apposita convenzione.
Anche nel matrimonio civile il divorzio produce lo scioglimento del rapporto coniugale per
ragioni sopravvenute alla formazione dell’atto che si presume valido. Netta è la distinzione
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con la sentenza di annullamento o di nullità del matrimonio, in quanto con queste ultime si
mira ad accertare una causa di invalidità del matrimonio e, conseguentemente, la sua
originaria inidoneità a produrre effetti giuridici.
Il divorzio è un rimedio alla irreparabile rottura del matrimonio e non una reazione alla
violazione di gravi doveri coniugali: esso può derivare da fatti incolpevoli.
Cause
Tra le cause che legittimano la proposizione della domanda di divorzio viene in rilievo la
condanna per alcuni reati (particolarmente gravi) subita da un coniuge. Deve trattarsi di
condanna che comporti la pena dell’ergastolo o una detenzione superiore a quindici anni.
Viene poi in rilievo la condanna a qualsiasi pena detentiva per alcuni delitti contro la libertà
sessuale, la moralità e il buon costume (incesto, violenza carnale, induzione e sfruttamento
della prostituzione) nonché per omicidio volontario di un figlio o per un tentato omicidio di un
figlio o del coniuge.
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Sono indicate come causa di divorzio due o più condanne per lesioni personali aggravate,
violazione degli obblighi di assistenza, maltrattamenti.
Coniuge legittimato: La domanda di divorzio su una delle cause esaminate può essere
proposta soltanto dal coniuge che non sia stato condannato per concorso nel reato e che non
abbia ripreso la convivenza successivamente alla condanna.
La causa più importante del divorzio è la separazione legale dei coniugi: quanto alla
separazione giudiziale, la sentenza deve essere passata in giudicato, mentre la separazione
consensuale deve essere omologata. La separazione deve comunque protrarsi
ininterrottamente da almeno 3 anni. L’imposizione di questo termine minimo ha la funzione
di consentire ai coniugi un adeguato periodo di riflessione prima di prendere la decisione di
troncare definitivamente il loro rapporto. Legittimati a proporre la domanda di divorzio sono
entrambi i coniugi.
Procedimento
La domanda di divorzio si propone al tribunale del luogo nel quale il coniuge convenuto ha la
sua residenza o domicilio. Qualora il coniuge sia irreperibile o residente all’estero, la domanda
si propone al tribunale del luogo di residenza o domicilio del ricorrente e, se anche
quest’ultimo è residente all’estero, a qualunque tribunale della Repubblica. Legittimati
all’azione sono soltanto i coniugi: trattandosi di azione personale, non possono farsi sostituire
da rappresentanti.
Il procedimento si apre con una fase preliminare nella quale il Presidente del tribunale sente i
coniugi tentando la conciliazione.
Se questa non riesce il Presidente emette, anche di ufficio, con ordinanza, i provvedimenti
temporanei ed urgenti opportuni nell’interesse della prole e dei coniugi, nomina il giudice
istruttore e fissa l’udienza di comparizione delle parti (fase istruttoria).
Al termine dell’istruzione, la causa è rimessa alla decisione del collegio (fase collegiale).
La sentenza che accoglie la domanda è impugnabile da ciascuna delle parti, mentre il p.m. può
impugnare soltanto nell’interesse dei figli minori.
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Divenuta definitiva, la sentenza deve essere trasmessa dall’ufficiale dello stato civile del luogo
ove venne trascritto il matrimonio per essere annotata: l’annotazione è necessaria per
l’opponibilità del divorzio ai terzi, mentre gli effetti per le parti si producono fin dal passaggio
in giudicato della sentenza.
Nonostante l’estinzione di tutti i rapporti connessi allo stato coniugale, la legge garantisce
misure protettive a favore del coniuge svantaggiato come l’assegno di divorzio. Esso ha
funzione assistenziale ed è dovuto soltanto quando il beneficiario non abbia adeguati mezzi
propri e non possa procurarseli per ragioni oggettive.
La quantificazione dell’assegno è determinata sulla base di una serie di elementi da valutare
complessivamente alla luce della durata del matrimonio: le condizioni dei coniugi, le ragioni
della decisione, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione
familiare e alla formazione del patrimonio, il reddito dei coniugi.
Il divorzio lascia inalterati i doveri dei genitori nei confronti dei figli. I doveri a riguardo sono
quelli che derivano dalla separazione personale dei coniugi (vedi separazione).
Gli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione dei figli nati o adottati durante il
genitori. g) Filiazione
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terminologico mediante la sostituzione delle parole “figli legittimi” e “figli naturali” con la
parola figli. Nel dare attuazione alla legge, il d. leg. n. 154/2013 disciplina le modalità di
esercizio del diritto all’ascolto del minore. La disposizione prevede che all’ascolto del minore
che abbia compiuto dodici anni e anche di età inferiore, se capace di discernimento, provveda
il Presidente del tribunale o un giudice da questi delegato nell’ambito dei procedimenti che lo
riguardano.
L’art. 315 bis (c.c.) sancisce in maniera organica i diritti del figlio: accanto al diritto ad essere
mantenuto, educato, istruito, viene, per la prima volta enunciato il diritto ad essere assistito
moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità e delle sue inclinazioni naturali.
Il nuovo art. 316, modificato da decreto legislativo, disciplina la responsabilità genitoriale, per
la quale non viene formulata una nozione, quindi rimane suscettibile di essere riempita di
contenuti che riflettano l’evoluzione socio-culturale dei rapporti genitori-figli.
La responsabilità genitoriale vincola i genitori al mantenimento dei figli ben oltre il
raggiungimento della maggiore età, fino cioè al raggiungimento della indipendenza
economica. Inoltre, nella nuova formulazione del 316, non vi è più la soggezione del figlio ad
un potere-dovere dei genitori, ma l’assunzione di un obbligo da parte dei genitori che
dovranno esercitare la responsabilità genitoriale di comune accordo tenendo conto delle
capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio.
Particolare attenzione è stata riservata alla decisione dei genitori di stabilire la residenza
abituale del minore di comune accordo.
Il nome del bambino è dato dal dichiarante (cioè, in linea di principio, il padre). Tale scelta,
tuttavia, connessa all’esercizio della responsabilità genitoriale, deve essere assunta di comune
accordo. Secondo una radicata consuetudine figli nati nel matrimonio acquisiscono il solo
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cognome del padre. Tuttavia, la più recente giurisprudenza ha reputato rilevante la questione
di costituzionalità, con riguardo al principio di eguaglianza tra i coniugi, delle norme che
presuppongono che il figlio nato nel matrimonio acquisti automaticamente il cognome del
padre, anche quando vi sia una diversa volontà dei coniugi intesa ad assegnargli il cognome
materno o il doppio cognome.
I figli nati fori del matrimonio, invece, assumono il cognome del genitore che per primo li ha
riconosciuti.
La prima stabilisce che il marito della madre è padre del figlio concepito o nato durante il
matrimonio; la seconda presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando non
siano ancora trascorsi 180 giorni dalla celebrazione del matrimonio e non siano ancora
trascorsi 300 giorni dalla data dell’annullamento, dello scioglimento o della cessazione degli
effetti civili di esso. Dunque, se la nascita è avvenuta dopo i 300 giorni dall’annullamento del
matrimonio, dal divorzio o dalla separazione personale dei coniugi, ecc. il figlio non si
presume nato nel matrimonio, salvo prova contraria, che può essere fornita con ogni mezzo.
Per il figlio nato dopo i 300 giorni, non opera la presunzione di concepimento. Deve, dunque,
essere denunciato come figlio nato fuori dal matrimonio.
La filiazione nel matrimonio, che normalmente si prova con l’atto di nascita iscritto negli
Archivi informatici dello stato civile, può essere provata con il possesso continuo di stato.
Questo deve risultare da una serie di fatti utili a dimostrare le relazioni di filiazione e di
parentela tra una persona e la famiglia alla quale pretende di appartenere. È comunque
richiesto il concorso di specifici elementi, quali: - Nomen: la persona deve aver sempre
portato il cognome del padre che pretende di avere;
- Tractatus: deve essere stata trattata da costui come figlio e, come tale, mantenuto, educato
e istruito;
- Fama: deve essere costantemente considerata come figlio nei rapporti sociali e nell’ambito
della famiglia.Per il possesso di stato di figlio nato fuori dal matrimonio non vi è necessità
che ricorra l’uso del cognome del genitore, mentre la fama può essere circoscritta al solo
ambito familiare del genitore.
205
Una volta accertato in giudizio, il possesso di stato ha valore probatorio analogo a quello
dell’atto di nascita mancante perché omesso, distrutto, smarrito.
Quanto alla filiazione nel matrimonio l’ordinamento prevede tre azioni giudiziali civili, le azioni
di stato:
- il disconoscimento della paternità, - la contestazione dello stato di figlio, - il reclamo dello
stato di figlio.
Disconoscimento di paternità
Scopo dell’azione di disconoscimento della paternità è l’accertamento negativo dello stato di
legittimità di un figlio, come risultante dall’atto di nascita. Il presunto padre esercita l’azione
per far accertare e dichiarare che il soggetto che risulta dai registri di nascita essere suo figlio,
in realtà non lo è dal punto di vista biologico. Il disconoscimento di paternità assicura, da un
lato, la verità intesa come conoscenza della genitorialità biologica e tutela, dall’atro, la
famiglia legittima.
Prima della riforma del 1975 i fondamento dell’azione di disconoscimento, che spettava
soltanto al marito, era individuato nella violazione del dovere di fedeltà coniugale. Oggi
l’azione spetta anche alla moglie e al figlio che abbia raggiunto la maggior età e il
disconoscimento non è più inteso come sanzione della infedeltà coniugale.
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La prova della filiazione può essere data anche con testimoni, purché vi sia un principio di
prova per iscritto o la presenza di gravi indizi o presunzioni.
L’azione di reclamo spetta al figlio. Legittimati passivi sono entrambi i genitori o, in loro
mancanza, i rispettivi eredi. L’azione è imprescrittibile.
La funzione del riconoscimento è quella di rendere certo, nei confronti del suo autore, il
rapporto di filiazione con una determinata persona. Lo stato di filiazione è semplicemente
accertato dal riconoscimento e non attribuito. L’efficacia del riconoscimento retroagisce fino
al momento della nascita del figlio. Gli effetti consistono nel rendere azionabili i diritti e i
doveri inerenti al rapporto di filiazione fuori del matrimonio, in termini analoghi a quanto
previsto per la filiazione nel matrimonio.
L’impugnazione per difetto di veridicità è proponibile ogni volta che l’accertamento del
rapporto di filiazione non risponda a verità. La non veridicità del riconoscimento può essere
provata con ogni mezzo né, ai fini dell’accoglimento dell’impugnativa, è necessario dimostrare
chi sia il vero genitore.
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L’impugnativa per violenza può essere proposta dall’autore del riconoscimento entro un anno
dalla cessazione della violenza. Quanto ai caratteri che la violenza deve rivestire per
determinare l’invalidità del riconoscimento, è applicabile la disciplina della violenza come
rischio contrattuale.
Accertamento giudiziale della paternità e della maternità del figlio nato fuori dal
matrimonio
Mediante l’esercizio dell’azione giudiziale di paternità o di maternità il figlio nato fuori del
matrimonio può ottenere l’accertamento formale del proprio stato anche contro la volontà
dei genitori. La sentenza che accoglie la domanda produce gli stessi effetti del riconoscimento.
Legittimato ad agire è il figlio e, nei suoi riguardi, l’azione è imprescrittibile. Legittimato
passivo è il presunto genitore o, in mancanza, i suoi eredi.
La competenza è del tribunale ordinario del luogo di residenza del genitore convenuto in
giudizio, qualora il figlio sia maggiorenne; altrimenti è competente il tribunale per i
minorenni.
La maternità può essere dimostrata provando l’identità di chi si pretende essere figlio e di chi
fu partorito dalla donna, che si assume essere madre. Più problematica è la prova della
paternità che in molte ipotesi può essere fornita soltanto in via presuntiva. Maggiore
sicurezza nell’accertamento del rapporto di paternità è offerta dalle prove ematologiche e
genetiche.
Responsabilità genitoriale
I genitori hanno una eguale responsabilità nei confronti della filiazione anche se generata
fuori del matrimonio. Quando i genitori sono conviventi, di regola, spetta ad entrambi di
comune accordo. Non è tuttavia necessario che ogni decisione sia assunta congiuntamente: i
genitori possono compiere disgiuntamente gli atti di ordinaria amministrazione.
Nell’ipotesi di contrasto su questioni di particolare importanza, ciascun genitore può rivolgersi
senza formalità al giudice, il quale, sentiti i genitori e il figlio (se maggiore di 12 anni), indica le
soluzioni utili nell’interesse del figlio e dell’unità familiare.
Il genitore che non esercita la responsabilità deve concorrere alle decisioni di maggiore
interesse per i figli, ha il diritto e il dovere di vigilare sulla loro istruzione, educazione e
condizioni di vita.
Le regole di gestione del patrimonio dei figli minori sono diverse secondo che si tratti di atti di
amministrazione ordinaria o straordinaria. I primi (esclusi i contratti con i quali si concedono o
si acquistano diritti personali di godimento) pur dovendo essere decisi dai genitori di comune
accordo, possono essere compiuti disgiuntamente. Gli atti di straordinaria amministrazione
(come l’alienazione di beni, la concessione di pegno o ipoteca, l’accettazione o la rinunzia a
eredità), invece, devono essere compiuti congiuntamente e richiedono la preventiva
autorizzazione del giudice tutelare.
I genitori esercenti al responsabilità hanno l’usufrutto sui beni del figlio fino alla maggiore età.
L’usufrutto legale concerne tutti i beni ad esclusione di quelli acquistati dal figlio con i propri
redditi da lavoro, dei beni lasciati o donati al figlio allo scopo di assicurargli una determinata
carriera, arte o professione. L’usufrutto è un vincolo di destinazione: i frutti sono destinati al
mantenimento della famiglia e all’istruzione e all’educazione dei figli.
L’usufrutto legale non può formare oggetto di alienazione, pegno o ipoteca, né di esecuzione
da parte dei creditori. L’indisponibilità dell’usufrutto legale prevede anche che il diritto non è
soggetto a rinunzia o prescrizione, né può essere limitato dall’apposizione di termini di durata
o di condizioni.
La responsabilità genitoriale si estingue con il compimento della maggior età del figlio o con la
sua emancipazione; essa viene inoltre meno per la morte del figlio o del genitore e per effetto
della pronuncia giudiziale di decadenza.
Decade dalla responsabilità genitoriale il genitore che violi o trascuri i doveri ad essa inerenti
o abusi dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio.
Qualora la condotta del genitore sia inidonea a determinare decadenza, ma appaia comunque
dannosa per il figlio, il giudice può adottare ogni provvedimento che giudichi conveniente,
fino a disporre l’allontanamento del genitore dalla residenza familiare.
h) Adozioni e affidamenti
Affidamento familiare
Qualora la famiglia non sia in grado di provvedere alla crescita e all’educazione del minore e
quat’ultimo risulti temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, è disposto
l’affidamento ad un’altra famiglia, o ad una persona singola, in grado di assicurare il
mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive delle quali il minore ha
bisogno.
L’affidamento familiare è disposta dal servizio sociale locale con un provvedimento, reso
esecutivo dal giudice tutelare previo consenso dei genitori esercenti la responsabilità o del
tutore, e sentito il minore che abbia compiuto i 12 anni. In mancanza del consenso del
genitore o del tutore il provvedimento è adottato dal tribunale dei minorenni. Nel
provvedimento devono essere indicati i motivi, i tempi di durata dell’affidamento, i modi di
esercizio dei poteri dell’affidatario, il programma di assistenza e recupero della famiglia di
origine.
L’affidamento familiare – il quale ha una durata massima (salvo proroga) di due anni –
termina con un provvedimento di una stessa autorità che l’ha disposto, qualora sia venuta
meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia di origine.
Adozione legittimante
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L’adozione costituisce tra l’adottato e i genitori adottivi rapporti sia personali che patrimoniali,
i quali si identificano giuridicamente con il rapporto di filiazione di sangue. Il minore adottato
assume e trasmette il cognome della famiglia adottiva; contestualmente si estinguono diritti
ed obblighi verso la famiglia di provenienza.
I coniugi che intendono adottare un minore devono presentare domanda al tribunale per i
minorenni.
Quest’ultimo, accertati i requisiti e le capacità educative, al fine di verificare l’idoneità della
famiglia adottiva prescelta, dispone l’affidamento preadottivo. Se decorre con esito positivo 1
anno dall’affidamento preadottivo il tribunale provvede sull’adozione, con sentenza
impugnabile.
L’adottato avrà diritto di conoscere le proprie origini mediante l’accesso alle informazioni
relative alla sua provenienza e all’identità dei genitori biologici, nelle modalità e tempi
determinati dai genitori adottivi.
211
b) ad opera del singolo coniuge qualora sia figlio anche adottivo dell’altro coniuge;
Parte ottava
212
Essa si realizza a titolo particolare nei rapporti inter vivos; mentre la successione mortis causa
è universale e si applica per evitare che situazioni giuridiche patrimoniali diventino
all’improvviso prive di titolare. Ecco perché il subentro del titolare retroagisce al tempo della
morte del de cuius (persona defunta che ha lasciato un’eredità), in maniera tale che i beni non
possano divenire res nullius (cosa di nessuno) o dello stato.
La funzione sociale della successione mortis causa è rappresentata dalla necessità della
continuazione delle situazioni giuridiche del defunto, ma soprattutto dall’esigenza di
realizzare la solidarietà familiare.
- Le situazioni reali di godimento legate alla vita del titolare (uso, abitazione ed usufrutto);
Non possono essere trasmesse le attribuzioni aventi occasione e non cagione nella morte del
de cuius. Diversamente possono essere trasmessi gli atti precontrattuali irrevocabili e quelli
compiuti dall’imprenditore nell’esercizio dell’impresa.
213
e dei parenti del defunto, ovvero dello Stato e, in ipotesi eccezionali, una successione a titolo
particolare.
Successioni anomale
Secondo il principio di unità della successione, l’intero patrimonio trasmissibile del defunto
sarebbe soggetto alla medesima disciplina. Costituirebbero eccezioni le ipotesi di successione
anomala quanto all’oggetto o al soggetto: nella prima ipotesi l’anomalia consisterebbe nella
circostanza che i beni sono indivisibili; quanto ai soggetti, l’anomalia sarebbe determinata dal
fatto che i beneficiari sono individuati non soltanto tra i chiamati all’eredità del de cuius, ma
anche tra gli affini, qualora siano conviventi abituali o viventi a carico del defunto.
214
Le clausole di continuazione della società di persone con gli eredi del socio defunto sono
valide se costituiscono un obbligo o una facoltà, ma nulle se sono concepite come clausole
automatiche di successione.
È nullo anche il mandato mortis causa, con il quale, mediante il mandatario, il mandante
effettua un’attribuzione patrimoniale mortis causa a favore del mandatario o di terzi: esso
contrasta anche con il testamento quale unico negozio mortis causa. Per le stesse ragioni è
nullo il mandato post mortem, con i quale si conferisce a taluno l’incarico di trasmettere ad
altri, dopo la morte del mandante, beni di costui.
215
b. Procedimento successorio
Il procedimento, che ha inizio con la morte, determina l’acquisto dell’eredità o del legato ed è
costituito da alcune fasi distinte: vocazione, delazione e acquisto. Esse possono coincidere
temporalmente, come nel legato di specie: questo ha per oggetto un bene determinato
appartenente al testatore al momento della redazione del testamento, che ininterrottamente
resto in possesso del testatore fino alla sua morte e che è acquistato dal legatario a titolo
particolare all’apertura della successione, salvo rifiuto.
Nella successione a titolo universale, invece, i momenti del procedimento successorio sono
identificabili, perché non coincidono temporalmente: all’apertura della successione si ha
necessariamente la vacanza o la giacenza dell’eredità; ciò si verifica perché vi è incertezza
sull’acquisto a favore del chiamato, o perché questi non ha ancora accettato l’eredità o
perché la vocazione è condizionata, indiretta o differita.
Tra i vocati si distingue il chiamato di primo grado dai chiamati di grado ulteriore: soltanto il
primo ha il diritto concreto e immediato all’acquisto successorio.
La delazione è la concreta attribuzione al primo vocato del diritto alla successione, avente ad
oggetto l’acquisto dell’eredità o del legato, cioè il diritto di succedere al de cuius a titolo
universale (con l’accettazione dell’eredità) o a titolo particolare ( con l’acquisto del legato e il
mancato rifiuto).
La terza e ultima fase del procedimento successorio consiste nell’ acquisto dell’eredità da
parte del successore. L’efficacia retroattiva o istantanea dell’acquisto fa subentrare il
successore al defunto senza che si verifichi la mancanza, seppur momentanea del titolare dei
beni.
Occorre che in tale momento il successore non sia a sua volta morto. La necessità della
sopravvivenza del successore al de cuius esclude la successione anche nelle ipotesi di
commorienza e di scomparsa del chiamato.
L’impossibilità di provare la sopravvivenza del successore al defunto (o perché più soggetti –
uno dei quali sia designato a succedere all’altro – siano morti nello stesso contesto temporale
senza che si possa stabilire chi sia morto prima, o perché manchi la certezza sull’esistenza del
successibile in quanto scomparso) determina incapacità a succedere.
Rappresentazione
Consiste nel diritto spettante ai discendenti dell’erede che non può o non vuole succedere di
subentrare nella successione nel luogo e nel grado del loro ascendente; la rappresentazione
ha luogo, nella linea retta, a favore dei discendenti dei figli del defunto, nella linea collaterale,
a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto stesso. La rappresentazione
presuppone la mancanza del testamento o la mancata previsione, in esso, di sostituzione
ordinarie.
Accrescimento
È quel meccanismo per cui la quota di chi non può o non vuole succedere si aggiunge alle
quote o alle porzioni di coloro che sono chiamate alla stessa eredità o nominati legatari dello
stesso bene.
L’accrescimento, che presuppone il mancato ricorso, agli istituti della sostituzione e della
rappresentazione, opera di diritto, senza che sia necessaria una specifica accettazione da
parte del beneficiario.
Accettazione dell’eredità
Il procedimento successorio si conclude con l’acquisto dell’eredità e del legato. L’acquisto
dell’eredità richiede l’accettazione espressa, tacita o presunta.
L’accettazione espressa o tacita ha natura di negozio irrevocabile, unilaterale e non recettizio.
È espressa quando il delato assuma il titolo di erede o dichiari di accettare l’eredità: per
l’accettazione pura e semplice è richiesta la dichiarazione in atto pubblico o in scrittura
privata; per l’accettazione con il beneficio di inventario occorre, invece, la dichiarazione
davanti al notaio o al cancelliere. Si ha accettazione tacita quando il delato pone in essere un
atto (o una dichiarazione, anche negoziale) che presuppone necessariamente l’accettazione, e
che non si poteva effettuare se non nella qualità di erede.
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L’accettazione può essere posta in essere anche dal rappresentante legale o volontario
(munito di autorizzazione o di procura); dal curatore fallimentare o dal gestore di affari altrui.
In particolari ipotesi previste dalla legge, il delato può acquistare l’eredità senza accettarla:
queste ipotesi vengono denominate accettazioni legalmente determinate (ex lege).
A seguito dell’accettazione, il delato diventa erede, cioè successore mortis causa a titolo
universale. L’accettazione pura e semplice (espressa, tacita o presunta) comporta la
confusione del patrimonio ereditario con quello dell’erede e l’illimitata responsabilità di
questi per i debiti e i pesi ereditari.
L’accettazione con il beneficio di inventario (necessariamente espressa) esclude, invece, la
confusione dei patrimoni e limita la responsabilità dell’erede al valore di quanto egli abbia
ereditato.
Per accettare l’eredità occorre la piena capacità (capacità di agire e capacità naturale): i
soggetti non pienamente capaci dovranno essere rappresentati o assistiti dai loro
rappresentanti legali o curatori, autorizzati a porre in essere l’accettazione.
L’accettazione viziata da violenza morale o dolo può essere annullata, purché l’istanza sia
proposta entro 5 anni dal giorno nel quale la violenza sia cessata o il dolo sia stato scoperto.
L’errore, invece rende invalida l’accettazione quando sia ostativo (impedimento), ma non
anche quando sia errore – vizio e concerna la consistenza dell’eredità.
Rinunzia all’eredità
Il diritto all’eredità che spetta al chiamato – delato può essere esercitato in senso negativo
con la rinunzia. La rinunzia, quale negozio unilaterale, non recettizio, necessariamente
espresso e formale, comporta la dismissione abdicativa, e senza corrispettivo del diritto di
accettare l’eredità. È inammissibile la rinunzia tacita o per comportamento concludente.
La pubblicità della rinunzia si attua con l’iscrizione nel registro delle successioni e condiziona
la sua efficacia nei confronti dei terzi. È da escludere la trascrizione della rinunzia.
I legittimari
La libertà del testatore di disporre del proprio patrimonio per il tempo in cui avrà cessato di
vivere non è illimitata: le disposizioni testamentarie, infatti, non possono pregiudicare i diritti
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successori degli stretti congiunti del de cuius – c.d. legittimari – ai quali, necessariamente,
deve pervenire una quota del patrimonio ereditario (quota di riserva o legittima), ancorché il
testatore li abbia esclusi dalla successione (cosiddetta diseredazione).
I legittimari sono: il coniuge, i figli e gli ascendenti legittimi. Essi non vanno confusi con gli
eredi legittimi: questi ultimi sono coloro che succedono al de cuius ove questi non abbia
disposto del proprio patrimonio o ne abbia disposto solo in parte. Inoltre, la categoria degli
eredi legittimi è più ampia, in quanto comprende i parenti fino al sesto grado e persino lo
Stato.
La quota riservata ai legittimari non è fissa, ma è destinata a variare sia con riferimento alla
categoria alla quale essi appartengono, sia con riferimento al numero dei concorrenti si che,
ad esempio, il coniuge avrà diritto alla metà del patrimonio ereditario solo se il de cuius non
lascia figli; se, invece, il coniuge concorre con un figlio, ad ognuno spetterà 1/3 del
patrimonio.
L’azione di riduzione
Ove le disposizioni testamentarie assegnino a un legittimario una quota inferiore a quella che
la legge gli riserva, questi può agire con l’azione di riduzione, attraverso la quale può ottenere
la riduzione delle altre quote degli eredi e dei legatari, fino a raggiungere la quota alla quale
ha diritto.
Può però accadere che l’azione di riduzione esercitata contro le disposizioni testamentarie
non sia sufficiente al raggiungimento della quota di legittima: in tal caso, la legge ammette la
riduzione delle donazioni fatte in vita dal de cuius, cominciando dall’ultima e risalendo via via
a quelle anteriori, fino a raggiungere la quota di legittima.
e. Successione legittima
La legge fissa le quote spettanti agli eredi legittimi e l’ordine delle chiamate. Per quanto
riguarda questo ultimo aspetto valgono le seguenti regole. Ai fini della determinazione dei
successibili, vengono in considerazione:
a) In primo luogo, i figli, che escludono tutti gli altri successibili, eccezion fatta per il
coniuge;
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b) Il coniuge, se non vi sono figli, concorre soltanto con gli ascendenti e con i fratelli e le
sorelle del de cuius, fermo restando, in ogni caso, il suo diritto all’abitazione della casa
coniugale e all’uso dei mobili in essa contenuti;
c) Infine, vengono tutti gli altri parenti, a cominciare dal grado più prossimo e fino al sesto
grado.
Si tenga presente che con l’istituto della successione legittima può concorrere l’istituto della
rappresentazione quindi, se, ad esempio, un fratello del de cuius non può o non vuole
succedere, succederanno i figli di lui, eventualmente in concorso con gli altri successibili (gli
altri fratelli del de cuius, i genitori ecc.).
d. Successione testamentaria
Il testamento
La successione testamentaria è quella che ha titolo nel testamento, cioè in quell’atto
negoziale unilaterale revocabile, con il quale taluno dispone, per il tempo in cui ha cessato di
vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse. La legge conosce diversi tipi di
testamento:
b) Il testamento pubblico: è quello ricevuto dal notaio, il quale , alla presenza di due
testimoni, provvede a trasfondere in un atto pubblico la volontà del testatore, quindi dà
lettura dell’atto, lo sottoscrive e lo fa sottoscrivere dal testatore e dai testimoni;
c) Il testamento segreto: è quello formato a cura del testatore e da lui consegnato, alla
presenza dei due testimoni, in un plico già sigillato, a un notaio.
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La validità del testamento è legata, oltre che alla sussistenza dei requisiti di forma richiesti
dalla legge per i singoli tipi di testamento, alla capacità di disporre del testatore. Sono
incapaci di disporre per testamento:
- I minori d’età;
naturali.
Parte nona
La tutela giurisdizionale ha come principio la tutela dei diritti e degli interessi dei consociati,
applicando imparzialmente le norme vigenti durante il processo; il suo esercizio è svolto dalla
magistratura.
Il processo è una sequenza di atti rivolti all’attuazione delle norme sostanziali. Il diritto
processuale è un insieme di norme che disciplina l’attività del giudice e delle parti nel
processo; il diritto processuale è:
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Il processo civile è un mezzo di tutela degli interessi privati e si sviluppa solo su impulso della
parte, cioè il giudice può procedere solo su domanda dell’attore, attenendosi a quanto gli è
chiesto; tuttavia, solo in ipotesi eccezionali, l’autorità giudiziaria può agire d’ufficio. In ipotesi
previste dalla legge, legittimato ad agire e ad intervenire è anche il pubblico ministero (p.m.),
quale organo che opera nell’interesse della collettività. Il giudice non può decidere sulla
domanda dell’attore, se il soggetto passivo (convenuto) non ha avuto la possibilità di
presentare le proprie ragioni (contraddittorio).
La competenza
La competenza giurisdizionale è l’idoneità di un organo giudiziario di decidere una specifica
controversia.
La ripartizione della competenza tra i diversi tipi di giudice può essere fatta:
Per quanto riguarda le Corti, per decidere a quale corte spetta la decisione della specifica
controversia, è utilizzato il criterio territoriale.
Tutela cognitiva
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La sentenza di condanna ha come effetto il comando fatto dal giudice, alla parte
soccombente, di tenere un determinato comportamento per l’attuazione di un diritto
dell’altra parte vincente; il comportamento comandato può avere ad oggetto un dare, un fare
o un non fare. La sentenza di condanna è esecutiva e costituisce titolo per l’esecuzione forzata
sia in forma generica che in forma specifica.
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- proporre una domanda riconvenzionale esercitando a sua volta azione; questa nuova
azione deve essere inerente all’azione originaria proposta dall’attore e può essere sia
autonoma che inserita nel processo precedente.
Impugnazione
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Per quanto riguarda il procedimento per convalida di sfratto, esso è chiesto dal locatore o
affittante i quali, senza ricorrere al procedimento ordinario di cognizione, possono ottenere il
titolo esecutivo per la consegna o il rilascio della cosa mediante intimazione al conduttore.
Nel caso l’intimato non si oppone o non compare, il titolo acquista efficacia esecutiva; se vi è
opposizione, si verifica risoluzione del rapporto e il rilascio della cosa.
L’opposizione è ammessa anche dopo la convalida del titolo nel caso l’intimato dimostri di
non essere venuto a conoscenza dell’intimazione o non ha potuto comparire all’udienza.
Tutela esecutiva
Nel caso in cui il comando contenuto in una sentenza non è rispettato dal convenuto, l’attore
può esercitare l’azione esecutiva.
L’esecuzione forzata è l’impiego effettivo o potenziale della forza dello Stato nei confronti del
convenuto che non ha rispettato l’ordine; la sua funzione è quella di soddisfare l’interesse
dell’attore. Infatti, se Tizio, anche se obbligato, si rifiuta di consegnare una cosa a Caio, con
l’esecuzione forzata lo Stato prende materialmente il bene da Tizio e lo consegna a Caio; si ha
quindi una sostituzione dello Stato nella posizione dell’obbligato, affinché venga soddisfatto
l’interesse dell’attore.
Nel caso di prestazioni infungibili, l’attore non può chiedere l’esecuzione coattiva, ma può
pretendere il risarcimento del danno.
Titolo esecutivo
Per procedere all’esecuzione forzata è necessario un titolo esecutivo accertato da sentenza;
sono titoli esecutivi: le cambiali, gli assegni, le condanne e i decreti ingiuntivi passati in
giudicato.
Il titolo esecutivo deve essere notificato al debitore insieme al precetto, che è un'intimazione
ad adempiere entro il termine stabilito, pena l’esecuzione coattiva.
Il soggetto contro il quale è stato promosso il processo esecutivo può opporsi all’esecuzione
con un processo di cognizione, indicando l’inesistenza del titolo o la non pignorabilità del
bene.
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Se il convenuto si oppone agli atti esecutivi, egli contesta la regolarità del precetto, della
notificazione del titolo esecutivo.
Anche il terzo che vanta un diritto verso i beni oggetto del pignoramento forzato può opporsi
all’esecuzione dinanzi al giudice.
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I beni espropriati al debitore sono quelli che formano la garanzia patrimoniale generica; essi
sono venduti mediante asta pubblica ed il ricavato va a soddisfare non solo il titolo esecutivo
del creditore, ma anche gli interessi e le spese processuali.
L’espropriazione si realizza in 3 fasi:
2. vendita forzata; il pignoramento è seguito dalla vendita forzata dei beni e, sul ricavato, il
creditore si soddisfa del credito vantato. Si ha quindi una trasformazione in denaro
(liquidazione) dei beni del debitore inadempiente. L’acquirente dei beni sottoposti a
pignoramento è scelto mediante pubblico incanto (vendita al miglior offerente).
Tutela cautelare
Tra la promozione della domanda di cognizione (processo di cognizione), o dalla domanda di
esecuzione e l’emanazione del provvedimento richiesto trascorre un periodo di tempo nel
quale possono accadere eventi o fatti che possono ledere l’azione promossa dall’attore. Per
scongiurare tale pericolo l’attore può richiedere un provvedimento provvisorio cautelare che
tuteli l’azione promossa.
I presupposti affinché il giudice emetta il provvedimento cautelare sono: l’esistenza di un
diritto e il possibile verificarsi di un danno durante lo svolgimento del processo.
Questo provvedimento ha natura provvisoria, perché perde efficacia con l’emanazione o la
negazione del provvedimento richiesto.
L’emanazione del provvedimento provvisorio cautelare si svolge in tre fasi:
• prima fase: il giudice, previo accertamento dei presupposti richiesti, autorizza o nega il
provvedimento;
Tutte le fasi si svolgono in contraddittorio, cioè il giudice sente le ragioni del convenuto; la
pronunzia con decreto senza contraddittorio ha natura eccezionale.
Esempi di provvedimenti provvisori cautelari sono:
• sequestro giudiziario: custodia della cosa della cui proprietà o possesso è controversa
la titolarità;
• sequestro conservativo: custodia dei beni del debitore che fanno parte della garanzia
generica, contro il pericolo di sottrazione o alienazione;
• provvedimenti d’urgenza: impediscono che la durata del processo leda l’attore che ha
ragione e assicurano provvisoriamente gli effetti della successiva decisione sul merito;
Giurisdizione volontaria
La giurisdizione volontaria è costituita da un insieme di provvedimenti che hanno ad oggetto
rapporti di diritto privato e che sono affidati ad organi giurisdizionali.
La giurisdizione volontaria si differenzia dalla giurisdizione contenziosa, perché la prima non
risolve controversie, ma integra, assiste e controlla l’attività dei privati nei loro interessi e
nell’interesse generale. Questi provvedimenti sul piano strutturale hanno caratteri comuni;
difatti, l’atto deve avere la forma del ricorso, la decisione è fatta in camera di collegio.
Esempi sono la dichiarazione di assenza o morte presunta, l’interdizione o l’inabilitazione.
Tutela arbitrale
Le parti possono rimettere ad arbitri privati la decisione delle loro controversie sottraendole
alla cognizione dei giudici statali.
L’arbitrato presuppone un accordo negoziale che può essere di due tipi:
1. compromesso: è un atto negoziale con cui le parti decidono di far risolvere una
controversia già sorta tra di loro ad arbitri;
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I soggetti legittimati alla stipula dell’accordo arbitrale sono le parti del contratto; essi
vincolano che la decisione della controversia sia rimessa ad un arbitro e non possono, quindi,
proporre domanda dinanzi a un giudice naturale (statale).
Gli arbitri possono giudicare sia secondo diritto che secondo equità; essi possono rilevare
d’ufficio la nullità del contratto, ma tale nullità non colpisce la clausola compromissoria che è
autonoma.
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b. Prove
Nel caso di interessi disponibili, le parti possono decidere anche l’inversione della prova,
ossia l’onere della prova spetta non più al convenuto ma all’attore; tale inversione può essere
disposta anche per legge.
Nozione e caratteri
Le prove sono gli strumenti mediante il quale il giudice accerta la validità dei fatti allegati dalle
parti. I mezzi di prova sono solo quelli previsti dall’ordinamento e sono l’esibizione di cose e di
documenti e l’interrogazione delle parti e dei terzi.
Le prove si distinguono in:
• prove documentali; sono prove formate prima del processo e, quindi, precostituite;
• atto pubblico, è l’atto redatto dal notaio o da altro pubblico ufficiale. Esso vincola il
giudice nella valutazione dello stesso in quanto l’atto pubblico fa piena prova, salvo
querela di falso, cioè se viene dimostrata la falsità del documento;
• scrittura privata, è l’atto redatto per iscritto e sottoscritto dalle parti con firma
autografa. Essa a differenza dell’atto pubblico non fa piena prova, perché è necessario
che il sottoscrittore riconosca la sottoscrizione;
• riproduzioni meccaniche (fotografie), la legge afferma che sono valide solo se colui che
le utilizza non ne disconosce la conformità.
● se non è stata apposta sul documento, essa può essere provata dalle parti con
presunzioni; ● se, invece, è stata apposta, la data vale fino a prova contraria.
Se la data risulta da atto pubblico, o da scrittura privata autenticata, essa è opponibile senza
riserve; se, invece, essa risulta da scrittura privata non autenticata, è opponibile solo se è
certa, ossia se c’è l’autorizzazione della scrittura e la sua registrazione.
Per quanto riguarda le copie degli atti pubblici e delle scritture private depositate, esse
valgono ai fini probatori, se la loro conformità all’originale è attestata da un pubblico ufficiale.
• giudiziale (o confessione resa in giudizio); fa piena prova contro colui che l’ha fatta;
• stragiudiziale (o confessione resa fuori dal giudizio); fa piena prova solo se dimostrata o se
contenuta in un testamento.
La confessione è ritenuta un atto giuridico in senso stretto. A volte può accadere che nella
confessione sono menzionati altri fatti che possono inficiare l’efficacia del fatto confessato, o
che possono confessarlo: questi fatti fanno piena prova se l’altra non li contesta; se, invece,
l’altra parte li contesta, il giudice può decidere o meno la loro validità.
Segue. Giuramento
Il giuramento è una dichiarazione compiuta da una delle parti circa la verità dei fatti dedotti in
causa ed ha efficacia solo se reso in giudizio.
Quando una parte non ha prove sufficienti per confermare le proprie dichiarazioni, può
deferire (rimettere in giudizio) l’altra parte e dal giuramento di quest’altra parte dipende la
decisione della causa. L’altra parte se giura vince; se rigira il giuramento alla prima parte e
questa giura, l’altra parte perde. Nel caso una parte si rifiuta di giurare o non si presenta
senza giustificato motivo, la sua versione del fatto non è considerata vera.
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Il giuramento attesta la veridicità della versione dei fatti e non ammette prova contraria; chi fa
falso giuramento è tenuto al risarcimento del danno.
Il giuramento non è deferito per la decisione di cause relative ai diritti indisponibili.
Il giuramento è suppletorio quando è il giudice ad invitare la parte a giurare.
Segue. Testimonianza
La testimonianza è una prova orale, ossia è la narrazione dei fatti della causa compiuta
davanti ai giudici e sotto giuramento da parte di soggetti che sono estranei agli interessi in
conflitto; tale prova non è particolarmente significativa, in quanto è difficile determinare se un
terzo sia o meno estraneo all’interesse in conflitto e di conseguenza la sua ammissibilità è
rimessa al giudice.
La testimonianza non è ammessa:
• quando per quel dato fatto è richiesta la forma scritta non bastando una prova orale;
• quando il valore dell’oggetto del contratto è superiore a lire 5000;
• quando ha per oggetto patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento.
La testimonianza è ammessa:
Segue. Presunzioni
La presunzione è un metodo logico che permette al giudice di risalire da un fatto noto ad uno
ignoto, quando è sprovvisto di una prova diretta; esse sono:
• presunzioni semplici, quando il giudice reputa provato un fatto del quale mancano
prove dirette;
• presunzioni legali; quando è la legge che ritiene presunto un fatto, cioè che ha valore
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