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SCOCA DIRITTO AMMINISTRATIVO


PARTE 1
Organizzazione amministrativa

Capitolo 1
La pubblica amministrazione e la sua evoluzione

1. Lunificazione amministrativa
A seguito dellunificazione politica del Regno dItalia come Stato unitario si avvertita lesigenza
di unificare le diverse organizzazioni preunitarie sotto il profilo delle strutture e delle funzioni tanto
che le singole discipline amministrative allora vigenti hanno subito un processo di uniformazione al
diritto vigente in Piemonte (c.d. piemontesizzazione).
Dunque, con la prevalenza del sistema piemontese rispetto agli altro avvenuta la soppressione del
vecchio ordinamento e la sua sostituzione nellambito del diritto amministrativo,
in quanto il Regno sabaudo era il solo stato costituzionale al momento della formazione del Regno
dItalia ed il Governo piemontese, a partire dalla legislazione del 1859, aveva provveduto ad
emanare leggi fondamentali, quali quelle sullordinamento comunale e provinciale, sul Consiglio di
Stato e sullordinamento giudiziario nonch erano stati pubblicati i codici penale, di procedura
penale e di procedura civile tanto che lordinamento piemontese risultava il pi aggiornato anche se
non in tutti i settori del diritto.
Inoltre, con lannessione delle antiche province del Piemonte e le preoccupazioni legate alla politica
interna, da cui lunificazione amministrativa del 1865, ed esterna relative alle Potenze europee, il
processo di integrazione territoriale e di unificazione politica era oggetto di forte accelerazione al
fine della unificazione giuridica ed organizzativa.
Lunificazione amministrativa interna, infatti, fu definitivamente attuata con legge 20 marzo 1865,
n. 2248, costituita da un solo articolo e da sei allegati, distinti con le lettere da A a F, ed in
particolare lallegato E riportava labolizione del contenzioso amministrativo.
In particolare, il 1859 ed il 1865 segnano la conformazione del sistema amministrativo dello Stato
italiano al modello piemontese nonostante le resistenze dei rappresentanti lombardi, toscani
napoletani e siciliani che rivendicavano una propria autonomia, mentre il Veneto nel 1866 ed il
Lazio nel 1870 trovarono, al tempo della loro annessione, un sistema in vigore gi unificato rispetto
al quale si estesero automaticamente e cos Trento e Trieste, a seguito della prima guerra mondiale.

2. La fisionomia originaria dellamministrazione pubblica italiana.
Lamministrazione delineata dalla legge di unificazione del 1865 non si differenzia di molto da
quella adottata nel Regno di Sardegna.
In particolare, a partire dagli anni cinquanta del secolo XIX lamministrazione piemontese era stata
oggetto di riforme semplificatrici e razionalizzatrici, per cui lavvento dellamministrazione
unitaria, presentava caratteri di semplicit, uniformit, accentramento ed accentuata gerarchia.
Tali caratteri furono trasmessi allorganizzazione amministrativa del Regno dItalia, per cui le
strutture organizzative furono concentrate negli enti territoriali di Stato, Provincia e Comuni. Vi
erano altri enti, diversi dagli enti territoriali, a struttura associativa, quali gli ordini professionali e le
Camere di Commercio.
In tale contesto, la qualificazione pubblica dellorganizzazione amministrativa veniva identificata
con quella statale e viceversa lo Stato veniva a comprendere ogni amministrazione che poteva
essere considerata pubblica, per cui le province ed i comuni veniva considerati enti dotati di
personalit giuridica propria e definiti quali membra dello Stato. Lorganizzazione pubblica dello
Stato si divideva in amministrazione facente capo alla persona giuridica Stato ed amministrazione
indiretta, relativa agli enti territoriali minori.
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Invero, lorganizzazione interna della Provincia e del Comune dominata da organi dello Stato ed
al vertice della Provincia vi un organo collegiale, la Deputazione provinciale presieduta dal
Prefetto, organo periferico dello Stato. Il Consiglio provinciale, elettivo, era convocato soltanto per
brevi sessioni e la Deputazione provinciale era lautorit tutoria sui Comuni e sulle Opere pie. Al
vertice del Comune, invece, vi era il Sindaco, nominato dal Governo, formalmente dal Re, tra i
consiglieri comunali e gli veniva riconosciuta la qualifica di Ufficiale del Governo. Anche il
Consiglio comunale, inoltre, era elettivo e si riuniva in via ordinaria soltanto due volte allanno.
La struttura organizzativa dellamministrazione pubblica italiana rispondeva al criterio di assoluta
uniformit, in quanto fortemente accentrata nelleffettiva unitariet dellordinamento e dellunit
politica del Paese che anche propria dellamministrazione diretta dello Stato, la quale si struttura a
livello centrale nei Ministeri, organizzati in direzioni e sezioni ed a livello periferico nelle Prefetture
e nelle Sottoprefetture, da cui la rigidit delle relazioni gerarchiche che rendono lamministrazione
un corpo compatto nelle sue strutture interne estremamente semplificate.

3. Evoluzione dei modelli organizzativi.
A seguito dellaumento delle funzioni dellamministrazione pubblica, lorganizzazione della
pubblica amministrazione italiana viene a subire una progressiva evoluzione.
Si verifica, infatti, dapprima un processo di dilatazione e diversificazione delle strutture
organizzative dello Stato e degli enti territoriali minori con massiccio incremento degli enti pubblici
ausiliari e strumentali tanto che, in tempi recenti, si assiste allintroduzione di nuovi modelli
organizzativi, quali dipartimenti, agenzie, autorit indipendenti, societ a partecipazione pubblica e
organismi di diritto pubblico ognuna. Tali innovazioni hanno avuto una loro stagione di fioritura,
come nel caso dellagenzia autonoma delle Ferrovie dello Stato istituita con la nazionalizzazione
delle strade ferrate fin l gestite da societ private sulla base di concessioni e che si erano rilevate
inadatte a svolgere compiti di carattere operativo aziendale e tale esigenza venne parimenti
avvertita nel caso delle aziende municipalizzate di Comuni e Province nei servizi di illuminazione
delle strade urbane, degli acquedotti, del trasporto pubblico fino ai forni comunali.
Primi esempi di differenziazione del modello organizzativo sono stati lazienda autonoma dello
Stato e lazienda municipalizzata in risposta allingresso degli enti pubblici nei settori economici e
soprattutto in quello dei servizi.
Negli ultimi anni del secolo XIX si assiste alla moltiplicazione degli enti funzionali, ossia strutture
organizzative dotate di personalit giuridica pubblica destinate a svolgere funzioni specifiche e
determinate. Durante il ventennio fascista furono istituiti enti pubblici nazionali, quali INPS,
INAM, INAIL, IRI in risposta alle esigenze derivanti dallallargamento dei compiti dello Stato che
ha visto altres la trasformazione di organismi privati, quali le Opere pie in I.p.a.b. e di organismi
totalmente nuovi in numerosi settori che vanno dal credito allassistenza, alla previdenza, alle
attivit culturali ed artistiche. Fu pubblicizzato lI.N.A.
A partire dagli anni Cinquanta si assiste, invece, allabolizione degli enti c.d. inutili.
In definitiva, i modelli di aziende autonome e di enti pubblici funzionali hanno avuto una intensa
utilizzazione fino agli ultimi decenni del XIX secolo per poi essere progressivamente sostituiti
dapprima in enti pubblici economici e poi in societ a partecipazione pubblica, ritenute pi agili ed
efficienti nella propri struttura organizzativa.

4. Lorganizzazione regionale
La Carta costituzionale, in vigore dal 1 gennaio 1948, ha arricchito il panorama degli enti pubblici
territoriali inserendovi la Regione ex art. 114 Cost., designato quale ente dotato di potere
legislativo, in determinate materie di cui allart. 117 Cost, nonch di potere statutario e con
attribuzione di funzioni amministrative previa devoluzione alla sua competenza legislativa. La
Regione, di fatto, esercitava le sue funzioni amministrative mediante delega alle Provincie, ai
Comuni ed agli altri enti locali ovvero mediante propri uffici, rimanendo un centro di indirizzo,
promozione e coordinamento di attivit operative demandate ad enti gi esistenti.
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Istituite tardivamente nel 1970, le Regioni hanno sviluppato le loro strutture operative, invece di
delegare le loro funzioni agli enti locali ovvero di avvalersi dei loro uffici, con leffetto di
appesantire lorganizzazione pubblica complessiva al punto che numerosi organi vengono a
decidere, fornire pareri, sviluppare intese in modi e forme diverse.
Con la riforma del Titolo V della Costituzione, legge cost. 18 ottobre 2001, n.3, stato modificato
lart. 114 Cost, per cui si delineata una nuova potest legislativa in capo alle Regioni che si
estende ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato (art. 117, comma
4, Cost.), e cio si invertito il previgente sistema che lasciava allo Stato la competenza generale e
residuale ed attribuiva alle Regioni la potest legislativa solo nelle materie tassativamente elencate.
Il nuovo criterio generale di distribuzione delle funzioni amministrative tra enti di governo
territoriali si basa sui principi di sussidiariet, differenziazione ed adeguatezza, per cui le funzioni
amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurare lesercizio unitario, siano
conferiti a Province, Citt metropolitane, Regioni e Stato (art. 118, comma 1, Cost.).
Tale nuovo criterio non stato ancora pienamente attuato, in quanto sono presenti forti resistenze
nella ripartizione delle funzioni amministrative.

5. Le riforme dellultimo decennio del secolo scorso.
A partire dagli anni Novanta sono stati aggiornati i vecchi modelli organizzativi e ne sono stati
disegnati di nuovi.
Le riforme si sono ispirate ai principi della separazione delle funzioni di indirizzo e controllo delle
funzioni operative e di gestione, della razionalizzazione e della flessibilit organizzativa nonch
della semplificazione amministrativa.
In particolare, il principio della separazione delle funzioni politico amministrative da quelle
prettamente amministrative stato affermato in sede di privatizzazione del rapporto di lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche, per cui gli organi di ogni amministrazione si
distinguono in organi politico amministratici, c.d. organi di governo, ed in organi tecnico
amministrativi, identificati nella dirigenza.
E stata altres riordinata la Presidenza del Consiglio come struttura destinata ad assicurare lunit di
indirizzo politico ed amministrativo del Governo, con compiti di impulso, indirizzo e
coordinamento nonch lorganizzazione interna dei Ministeri con riduzione del relativo numero da
19 a 12, poi a 14 ed infine a 18, in attesa di successiva riduzione.
La struttura organizzativa del Ministero trova strutture di primo livello, quali dipartimenti o
direzioni generali. Viene disciplinata la figura del Segretario generale, ma solo per i Ministeri
articolati in direzioni generali e sono previsti uffici di diretta collaborazione con il Ministro.
Dato saliente lintroduzione delle Agenzie, strutture organizzative autonome, talvolta dotate di
personalit giuridica, che svolgono attivit di carattere tecnico organizzativo di interesse
nazionale operando al servizio della amministrazioni pubbliche comprese quelle regionali e locali e
sottoposte ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministro.
Ulteriori modificazioni sono state introdotte nel periodo 2002 2004.
In particolare, stata disposta la trasformazione della Prefettura in Ufficio territoriale di Governo
(UTG), con relativo ridimensionamento dei compiti di mero coordinamento con gli altri uffici
periferici dello Stato.
A partire dagli anni Novanta, agli enti territoriali minori, quali Province e Comuni, stata attribuita
autonomia normativa, organizzativa e d amministrativa nonch impositiva e finanziaria nellambito
dei propri statuti e regolamenti e leggi di coordinamento con la finanza pubblica.
Il Sindaco ed il Presidente della Provincia sono eletti direttamente dal corpo elettorale e lassetto
organizzativo interno degli enti territoriali minori disciplinato dalla legislazione nazionale che
regola altres il sistema elettorale degli organi di governo e delle funzioni fondamentali ai sensi di
cui allart. 117 Cost.
In definitiva, alla luce delle ultime riforme del quadro amministrativo pubblico, questo si presenta
assai diverso da quanto previsto originariamente, in quanto alla semplicit seguita la
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complicazione, alla uniformit la differenziazione dei modelli, allaccentramento il decentramento e
laffermazione delle autonomie, per cui il risultato non pu essere ritenuto soddisfacente in quanto
levoluzione del sistema si rilevato affatto lineare per i molteplici ritardi e cambiamenti di
indirizzo. Cos nel caso della riforma della distinzione tra funzioni politico amministrative e
funzioni prettamente amministrative, laddove la finalit espressa era propriamente quella di
garantire il ruolo di indirizzo e direzione da parte delle forze politicamente maggioritarie e
limparzialit da sottrarre agli organi politici, per cui i dirigenti (organi tecnici) sono stati posti alle
dipendenze degli organi politici.

6. Lo sviluppo delle autonomie
Levoluzione del quadro organizzativo ha visto la modificazione delloriginario corpo
amministrativo compatto e riferibile allo Stato in una serie di corpi separati, e ci a seguito del
mutare dei rapporti tra Stato ed enti territoriali minori che da membra dello Stato si evolvono in
enti autonomi, elevati ad enti equiordinati rispetto allo Stato.
In tale processo evolutivo sindividuano due tappe, di cui la prima riguarda lo Stato in posizione
dominante quale centro di indirizzo unitario del sistema complessivo e le strutture amministrative
degli enti territoriali non sono pi considerate amministrazione indiretta dello Stato centralista; la
seconda fase vede lamministrazione complessiva presentarsi come policentrica, ossia articolata
in pi centri di elaborazione di indirizzi politico amministrativi facenti capo agli enti territoriali ai
quali riconosciuta ampia autonomia.
Tale tappa prende avvio con le riforme Crispine e sinterrompe nel ventennio fascista per poi
concludersi nel 1948 con la Costituzione. La seconda fase, invece, si estende a tutto il periodo
successivo e trova pieno riconoscimento con la legge n. 3 del 2001 di riforma costituzionale.
Resta ferma lingerenza dello Stato nellamministrazione degli enti territoriali di Comuni e Province
soprattutto nellambito dei controlli riconosciuti di competenza del Prefetto ed alla Giunta
provinciale da lui presieduta al fine di indirizzare e dirigere le amministrazioni locali.
Tale situazione non cambia granch fino allavvento del regime fascista, che sispira alla sostanziale
unit dellamministrazione pubblica, per cui Sindaco, ora denominato Podest, torna ad essere
organo nominato dallo Stato e alla Provincia preposto il Preside, carica governativa.
Dopo la caduta del regime fascista, nel 1943 vengono ripristinati gli organi elettivi.
La Costituzione, allart. 5, comma 1, stabilisce che la Repubblica, una ed indivisibile, riconosce e
promuove le autonomie locali, e allart. 130 prevista la modifica del sistema dei controlli di
merito da sanzionatorio a collaborativo ed affida alla Regione i controlli sugli enti territoriali
minori.
Negli anni Novanta del XX secolo la potest statutaria riconosciuta anche a Comuni e Province e
sono ridotti i controlli statali sulle Regioni e quelli regionali sugli enti locali.
Il punto darrivo la legge costituzionale n. 1 del 2003 di riforma del Titolo V della parte II della
Costituzione che allart. 114, comma 2 ha sancito che i Comuni, le Province, le Citt metropolitane
e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla
Costituzione. Pertanto, il principio autonomistico non viene soltanto enunciato, ma disciplinato
nelle sue linee essenziali realizzandosi in concreto mediante lattribuzione agli enti autonomi sia
della potest statutaria che della potest regolamentare con conseguente riduzione dellambito
riservato alla legge dello Stato e delle Regioni in ordine al disegno organizzativo di comuni e
province.
Le Regioni, infatti, hanno anche potest legislativa e non altri limiti nel disegnare la loro
organizzazione, loro attribuzioni e modo di operare se non quelli previsti nella Costituzione e sono
dotate di potest statutaria, di potest regolamentare in ordine alla loro organizzazione e
svolgimento delle loro funzioni.
Tale percorso non pu ritenersi compiutamente attuato, in quanto la trasformazione del sistema
organizzativo ancora in fase di evoluzione.

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7. La fisionomia attuale dellamministrazione pubblica.
A seguito del passaggio dal tipo di amministrazione concentrata tutta nello Stato al sistema attuale
caratterizzato dal principio autonomistico, il panorama dellamministrazione pubblica risulta
fortemente caratterizzato intorno agli enti territoriali che, nel quadro di una eccessiva complessit,
incidono negativamente sul frazionamento delle competenze degli uffici delle varie amministrazioni
da cui i diversi tentativi di ridurre i medesimi enti territoriali mediante labolizione delle Province al
fine di rendere pi semplice il quadro amministrativo generale e pi spedita lazione
amministrativa.
Infatti, intorno agli enti territoriali operano numerose strutture pubbliche e private, a volte ritenute
inutili tanto che migliaia sono i soggetti che vanno a comporre il quadro dellorganizzazione
amministrativa pubblica con relativo sovrappeso nella spesa per il mantenimento degli stessi.
Negli ultimi anni si avviato un processo di privatizzazione che ha comportato la trasformazione di
molti enti pubblici e di tutte le aziende autonome statali e della aziende municipalizzate in societ
private in societ per azioni. Invero, non si avuta una completa privatizzazione in quanto tali
societ restano disciplinate secondo il diritto pubblico ed il relativo controllo resta affidato alla
Corte dei Conti.
Si parla, infatti di pubblica amministrazione in senso sostanziale, in quanto la P.A. in senso formale
costituita dai soli enti di natura pubblica.
Inoltre, stato introdotto il modello delle Autorit indipendenti, ossia di strutture dirette da un
organo collegiale, costituito da persone competenti e di moralit ineccepibile, che opera al riparo
dallindirizzo politico di governo assicurando la massima imparzialit. Cos lAutorit per lenergia
elettrica e il gas, lAutorit per le garanzie nelle comunicazioni, il Garante per la protezione dei dati
personali, la Commissione nazionale per le societ e la borsa, lAutorit garante della concorrenza e
del mercato.
Lamministrazione pubblica, dunque, ha cambiato completamente la sua fisionomia originaria
seguendo le tendenze razionalizzatrici nelleliminazione di strutture organizzative ritenute superflue
e di quelle preesistenti si inteso modificare il loro modo di operare secondo lintegrazione
europea, in quanto molte funzioni dellamministrazione interna sono state trasferite agli organi
dellUnione europea e molte loro attivit sono state rimesse alla disciplina comunitaria.
Pertanto, lUnione europea ha influito decisamente sullimpostazione della politica economica
nazionale consentendo il superamento del precedente sistema c.d. di economia mista (pubblico.
privata).

8. Sul modello costituzionale dellamministrazione pubblica
Ulteriore problema quello di verificare se dalla Costituzione possa ricavarsi un modello di
amministrazione pubblica nonostante le poche disposizioni ad essa dedicate nella Carta.
La dottrina, in particolare Mario Nigro, ha sostenuto che i modelli di amministrazione emergenti
dalla Costituzione sono tre e di natura disomogenei e tra loro perfino configgenti, in quanto
lamministrazione si presenta come apparato servente del Governo ex art. 95 Cost., come complesso
autocefalo regolato direttamente dalla legge ex. artt. 97 e 98 Cost. e ancora come modello
autonomistico e comunitario ex artt. 5 e 114 e ss. Cost.
Eppure, nonostante le critiche, un modello di amministrazione ricavabile dalla Costituzione
individuabile seguendo altro insegnamento che prende in considerazione gli articoli 97 e 98 Cost
per cui si distingue tra funzione di governo e funzione di amministrazione, laddove la prima sta
nella determinazione dellindirizzo politico amministrativo e nellindividuazione degli obiettivi da
raggiungere secondo il principio autonomistico presente in tutti gli enti territoriali; mentre la
seconda consiste nella gestione concreta ispirata ai principi di buon andamento ed imparzialit
secondo gli obiettivi fissati dal governo.
Lamministrazione, dunque, dal punto di vista soggettivo risulta articolata in una struttura tecnica,
autonoma rispetto alla funzione di governo ad essa collegata, laddove questultima ormai svolta a
diversi livelli di governo mediante i molteplici enti territoriali. Pertanto, anche gli atti degli organi
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di governo sono assimilati ai provvedimenti amministrativi anche sotto il regime delle
impugnazioni.
Di rilievo lintervento del legislatore del 90 che, nel rispetto del dettato costituzionale, ha
delineato la chiara distinzione tra politica ed amministrazione. Purtroppo, tale tendenza si arrestata
bruscamente in quanto gli organi amministrativi sono finiti per dipendere sostanzialmente dagli
organi politici, cos nello spoils system, dichiarato costituzionalmente illegittimo ex artt. 97 e 98
Cost (Corte cost. sent. 23 marzo 2007, nn. 103 e 104).



Capitolo 2
Le amministrazioni come operatori giuridici.

1. Le amministrazioni come figure soggettive
Fin qui abbiamo considerato le amministrazioni pubbliche come strutture organizzative, i cui
modelli si sono evoluti nel tempo. Ora consideriamo le amministrazioni pubbliche come operatori
giuridici, alle quali affidato il compito di curare gli interessi pubblici mediante strumenti giuridici,
ossia con atti giuridici e ponendo in essere fattispecie giuridiche.
Le amministrazioni pubbliche, pertanto, si presentano come figure soggettive, ossia centri di
riferimento di situazioni giuridiche soggettive che consentono loro di operare giuridicamente.
Invero la soggettivit giuridica riconosciuta sia a persone fisiche che giuridiche, da cui la
distinzione tra centro di azione e centro di responsabilit nellagire giuridico che implica non
soltanto la soggettivit giuridica, ma altres lavere, il riconoscimento della personalit giuridica.
In particolare, M.S. Giannini indica la soggettivit giuridica immateriale allorch si pongono
problemi di ordine patrimoniale ai fini della tutela della sicurezza dei traffici che deve avere una
struttura giuridica di riferimento ai fini della tutela dei terzi.
Le amministrazioni pubbliche, di fatto, possono anche non avere personalit giuridica ma restano
pur sempre figure soggettive.
Tuttavia, numerose sono le amministrazioni pubbliche aventi personalit giuridica, quali lo Stato e
tutti gli enti pubblici, sia territoriali che funzionali.
Le figure soggettive non personificate, invece, sono molto pi numerose nellambito del diritto
pubblico, in quanto la legge attribuisce loro la personalit giuridica secondo i principi del diritto
pubblico.
Invero, lelemento che contraddistingue la persona giuridica lessere un centro di imputazione
giuridica da cui derivano atti ed effetti giuridici, con la consequenziale responsabilit patrimoniale
di cui essa risponde soprattutto nel campo degli affari economici.
Nel settore pubblico, restando essenziale la nozione di soggetto giuridico, appare meno rilevante la
nozione di persona giuridica, mentre ci che conta che vi siano centri di imputazione dellattivit
diretta alla cura degli interessi pubblici tanto che il legislatore ha previsto che le amministrazioni
acquistino o perdano la personalit giuridica senza conseguenze sul piano sistematico. Cos le
aziende autonome dello Stato che nel tempo hanno acquistato personalit giuridica ovvero le USL
che da articolazioni del Comune sono diventate Aziende dotate di personalit giuridica.

2. Nozione di imputazione giuridica
Le figure soggettive sono tali in quanto agiscono, svolgono azione giuridica, ossia pongono in
essere atti rilevanti per il diritto. Esse restano semplici organismi, apparati amministrativi che
vengono inseriti nel loro quadro organizzativo secondo apposite norme di organizzazione ed a tali
figure sono imputati gli atti che esse compiono.
Il problema dellimputazione veniva originariamente risolto mediante il modello della
rappresentazione necessaria, per cui latto giuridico compiuto da una persona fisica produce
direttamente effetto nei confronti della persona giuridica ai sensi di cui allart. 1388 c.c.
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Dunque, alla persona giuridica vengono imputati soltanto gli effetti giuridici prodotti dagli atti
compiuti dal rappresentante, cos come accade nella rappresentanza delle persone fisiche incapaci.
Nella seconda met del secolo scorso si posto anche il problema della capacit di agire della
persona giuridica unitaria dello Stato, in quanto il previgente modello della rappresentanza
apparso inadeguato per la struttura organizzativa della persona giuridica dello Stato che comporta
un numero rilevante di rappresentanti e per le limitazioni proprie del modello della rappresentanza
che riguarda soltanto gli atti volontari e quelli negoziali, per cui latto compiuto dal rappresentante
resta come atto del rappresentante e non viene considerato come atto del rappresentato
Viene allora elaborato un diverso modello di imputazione giuridica, la c.d. teoria organicistica dello
Stato, per cui lo Stato viene inteso come organismo superiore, amplificazione dellorganismo
umano, e come questo capace di volere ed agire attraverso i propri organi, per cui gli effetti dellatto
compiuti dalla persona giuridica sono imputati allorgano che viene riconosciuto titolare dellazione
compiuta.
Con la figura dellorgano, infatti, si ha un rapporto di imputazione rispetto al quale leffetto
giuridico dellatto non viene soltanto imputato alla persona giuridica, ma anche latto giuridico che
lo produce, per cui si ha imputazione di effetti e di atti nei termini di imputazione formale.
Tuttavia, la persona giuridica anche il soggetto titolare dellatto, in quanto autore del medesimo,
per cui si delinea un rapporto di immedesimazione organica tra lorgano e la persona giuridica.
Di immedesimazione organica si pu parlare a condizione che tale nozione sia intesa nel rapporto di
imputazione svincolata dalla sua concezione originaria, in cui essa serviva ad attribuire la capacit
di agire alle persone giuridiche che attraverso gli organi in esse immedesimati acquistavano esse
stesse la capacit di agire
La figura soggettiva, infatti, diventa titolare di atti giuridici ma per avere la capacit di compierli
deve sussistere il rapporto organico tra gli atti ed i suoi organi.
Di qui limputazione indiretta dellatto ad un soggetto diverso dal suo autore che dipende
necessariamente dalla naturale inidoneit in cui il soggetto della imputazione si trova nel produrre
fattispecie giuridiche.
Nella teoria organicistica, infatti, lorgano inserito necessariamente nel quadro organizzativo della
persona giuridica, per cui si presenta come ufficio ovvero come titolare dellufficio, con
attribuzione e delimitazione dei relativi compiti.
Lorgano, peraltro, necessariamente una o pi persone fisiche, in quanto la persona fisica
termine essenziale per il rapporto di immedesimazione dal momento che la sola ad avere la
idoneit naturale di agire, di compiere atti giuridici. Pertanto, la sola alla quale possibile
imputare atti giuridici da essa materialmente compiuti.
Nel rapporto di imputazione corre il termine attivo, ossia il centro di imputazione, ed il termine
passivo, ossia il centro cui si imputa.
Le figure soggettive diverse dalle persone fisiche sono i termini passivi del rapporto di
immedesimazione e limputazione degli atti e degli effetti riguarda i loro organi, quali termini attivi
del rapporto.
Limputazione organica, fondata sullidea della immedesimazione dellorgano nella struttura
organizzativa della persona giuridica, comporta che sia questultima titolare delle situazione
giuridiche attive e passive nonch di poteri e doveri da cui ladozione di atti giuridici imputati alla
persona giuridica.


3. Lorgano come strumento di imputazione.
Imputazione organica corrisponde ad imputazione alla figura soggettiva di atti ed effetti giuridici,
per cui limputazione dellatto compiuta in capo allorgano e con essa la tutela di coloro che
entrano in rapporto con la figura soggettiva che non potr sottrarsi alla responsabilit degli atti
viziati in quanto attribuiti allorgano e non a se medesima.
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Di qui il problema della imputazione dei meri atti e, in particolare dei fatti illeciti, in quanto
secondo alcuni limputazione giuridica concerne tutti i comportamenti giuridicamente rilevanti, sia
leciti che illeciti, e perfino atti di conoscenza. Invece, secondo altri lorgano imputa alla persona
soltanto atti e non fatti, dato che le imputazioni di fattispecie fattuali non richiedono che il fatto sia
naturalisticamente riferibile allorgano.
Tale ultima tesi sembra preferibile, in quanto propriamente alla figura soggettiva che il diritto
riconosce la possibilit di curare i suoi interessi attraverso il compimento di atti rilevanti rispetto al
soggetto e non gi di meri fatti. Inoltre, per i fatti illeciti civili limputazione segue regole generali
di diritto privato mentre regole specifiche sono previste dal diritto pubblico per le persone
giuridiche dellamministrazione pubblica.
Dunque, per limputazione organica di atti illeciti preferibile parlare di ascrizione, lasciando il
termine imputazione alla responsabilit. Limputazione di fatti illeciti si fonda sul nesso di causalit
materiale, per cui essi non sono espressione della soggettivit giuridica ma significa che sono
compiuti materialmente da un soggetto che ne riconosciuto autore.




4. Organo ed ufficio
La nozione di organo rileva soltanto rispetto al tema delle imputazioni giuridiche, in quanto
lorgano un centro operativo di imputazione di atti ed effetti della persona giuridica.
Tale nozione di organo non attiene al tema della organizzazione in senso proprio, in quanto esso si
qualifica come ufficio di imputazione.
Infatti, lorgano quale strumento di imputazione deve essere riguardato come ufficio, e cio come
entit organizzativa. Di qui il problema del rapporto di imputazione che si radica nellorgano
oggettivamente considerato come ufficio ovvero nella persona fisica preposta a tale ufficio?
In tale ottica, il rapporto di imputazione corre tra la persona fisica c.d. titolare dellorgano e la
figura soggettiva, percui organo in senso proprio dovrebbe essere considerata la persona fisica
indicata come titolare dellorgano, inteso come ufficio.
Di fatto, lorgano parte integrante della complessa struttura organizzativa della figura soggettiva,
per cui tale pu essere inteso come ufficio e costituisce una specie del pi ampio genere di uffici.
Inoltre, dal punto di vista funzionale, lorgano strumento di imputazione, in quanto soltanto la
persona fisica che titolare dellufficio ad essere indicata come titolare dellufficio, c.d. unit
organizzativa.
La persona fisica resta termine attivo del rapporto di imputazione che agisce anche come tale e per
se stessa, per cui ogni organo pu imputare alla persona giuridica tutti e solo tutti gli atti ed i relativi
effetti che egli compie nellambito della competenza che gli spetta secondo il disegno organizzativo
della persona giuridica.
Infine, con la riforma del 1992 1993 si distinguono le funzioni politico amministrative da quelle
prettamente amministrative ed il numero degli organi si incrementato con lacquisizione di ruolo
da parte di tutti i dirigenti, ai quali spetta adottare gli atti ed i provvedimenti amministrativi compre
gli atti che impegnano lamministrazione allesterno (art. 4, comma 2, d. lgs. n. 165/ 2001).

Capitolo 3
Le strutture organizzative

1. Il disegno organizzativo delle strutture.
Le strutture delle amministrazioni pubbliche sono il supporto necessario per lo svolgimento di
attivit complesse a queste demandate in funzione del risultato finale.
Secondo la scienza dellorganizzazione, il tema dellorganizzazione investe il problema della
divisione, coordinamento e razionalizzazione del lavoro di pi persone. Problema avvertito da ogni
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struttura operati e non soltanto nelle amministrazioni pubbliche, in quanto si pone la questione della
distribuzione dei compiti differenziati su una pluralit di centri di lavoro secondo criteri e principi
idonei ad assicurare il raggiungimento di propri scopi.
Le strutture organizzative pubbliche, in particolare, sono organizzazioni formali, costituite per
raggiungere scopi determinati sulla base di atti formali di costituzione, modificazione e di
estinzione secondo il principio di legalit che le avvolge. Inoltre, queste sono burocratiche, in
quanto lattivit lavorativa fondamentale regolata dal principio procedimentale costituita dalle fasi
di iniziativa, acquisizione e valutazione dei dati di conoscenza, decisione ed esternazione degli atti
giuridici finali nonch delle attivit a queste strumentali.
Ciascuna di tali attivit costituisce una funzione in senso atecnico finalizzata al raggiungimento del
risultato finale unitario.
Invero, il disegno organizzativo di qualsiasi struttura organizzativa si articola in centri di lavoro che
ne costituiscono le unit strutturali elementari tanto che il disegno organizzativo risulta composto
dalla somma di uffici, quali centri di lavoro, e dai compiti ovvero ruolo ad essi assegnai nonch
dalle relazioni esistenti tra essi.
Lindicazione del numero, dimensione e ruolo degli uffici regolata secondo il principio di legalit.

2. La nozione di ufficio
Gli uffici sono le unit elementari di base di qualsiasi struttura organizzativa, che investe il piano
organizzativo, risultando estranei al tema della soggettivit e delle impugnazioni, laddove
allinterno di essi ricondotta la figura dellorgano.
La distinzione tra ufficio ed organo stata caricata di diversi significati tanto che lufficio stato
considerato dalla dottrina come astratta sfera di competenze in quanto riferito allo svolgimento di
funzioni ed esercizio di poteri. Considerato, poi, in termini di competenza, la dottrina successiva ha
riguardato allufficio sul piano strettamente giuridico con riferimento alle persone fisiche ivi
operanti, percui lufficio stato valorizzato come centro di lavoro, ossia servizio personale
prefigurato, predeterminato di unattivit lavorativa coordinata con altri centri di lavoro che, nel
loro insieme, consentono alla figura soggettiva di svolgere le loro funzioni.
Ciascun ufficio, infatti, dotato di un proprio ruolo, per cui il soggetto ad esso preposto centro
della dinamica giuridica ed il suo ruolo, assegnato secondo un disegno organizzativo, risulta
modellato sulla base delle risorse umane e strumentali di cui si compone.

3. Rapporto dufficio. Rapporto di servizio. munus ed officium.
Lufficio composto di servizi di persone fisiche che prestano ivi la propria attivit lavorativa e che
fanno capo al titolare dellufficio, il quale la persona fisica che, assegnando compiti specifici agli
addetti, dirige il lavoro dellufficio di cui responsabile anche nei rapporti con gli altri uffici.
Allinterno dellufficio si determina una relazione organizzativa denominata gerarchia propria dal
contenuto variabile secondo i modelli organizzativi e modulato secondo le diverse esigenze.
Lattivit degli addetti giuridicamente dovuta ed assume il carattere di dovere dufficio, un quanto
gli addetti devono prestare il loro lavoro nellambito dellorganizzazione di una figura operativa.
Di qui la distinzione con il c.d. munus, ossia con lufficio in senso soggettivo, che rappresenta la
figura attiva nel rapporto di imputazione costituito dalla figura soggettiva investita della cura
dellinteresse altrui. Titolare del munus, infatti, il titolare della funzione sottoposta alle direttive
ed ai controlli di altri soggetti anchessi investiti della cura del medesimo interesse alieno a quello
del munus. Pertanto, il rapporto organizzativo in tale ambito pu essere assunto da un soggetto
privato.
Dal munus si distingue lofficium, ossia lufficio in senso oggettivo, che rappresenta lo
strumento mediante il quale una data collettivit, priva di personalit giuridica (ente di fatto), riesce
ad agire giuridicamente.
Di conseguenza, mentre lofficium centro attivo di imputazione che gode di propria soggettivit
in forza della quale titolare anche di legittimazione sostanziale e processuale per la cura di
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interessi propri; il munus, invece, riguarda ad interessi alieni rispetti a quelli che sono insiti nella
propria struttura organizzativa.
Il titolare dellufficio, incardinata nellufficio, svolge unattivit lavorativa soltanto strumentale allo
svolgimento della funzione che resta attribuita alla persona giuridica.
Nello specifico il rapporto dufficio sembra estendersi a tutti i componenti dellufficio e, dunque, al
titolare dellufficio e a tutti gli addetti che, tramite lufficio, sono legati alla persona giuridica
soggettiva. Tale rapporto trova maggiore rilievo nei confronti del titolare dellufficio rispetto al
quale si rivolge il dovere dufficio che gli addetti devono prestare durante la propria attivit
lavorativa.
Distinto dal rapporto dufficio il rapporto di servizio che investe il pubblico dipendente, ossia
colui che svolge attivit lavorativa in modo professionale, continuativa, permanente ed esclusivo
dietro corresponsione di una retribuzione da parte dellamministrazione pubblica.
Sul piano della responsabilit amministrativa, il rapporto dufficio si radica nella giurisdizione della
Corte dei Conti.
Latto di investitura del titolare del rapporto dufficio deriva da procedimento di nomina o mediante
elezione e la nomina pu anche derivare da fiducia sulla base di requisiti ritenuti idonei allo
specifico ufficio.
Quanto al procedimento elettorale, la nomina investe i rappresentanti del corpo elettorale.
Per il conferimento degli incarichi dirigenziali, invece, latto di investitura dellufficio rientra
nellambito degli atti di esercizio di poteri privati come ravvisato dalla giurisprudenza della Corte di
cassazione di cui a seguito si tratter.

4. Uffici monopersonali e pluripersonali (collegiali).
Se la titolarit assegnata ad una pluralit di persone fisiche, lufficio si caratterizza per la
collegialit, la cui disciplina rimessa al suo ordinamento.
In particolare, per la sostituzione del collegio necessaria la presenza fisica di un certo numero di
componenti, c.d. quorum strutturale, stabilito dalla legge che, in assenza di previsioni specifiche,
deve permanere per tutta la durata della seduta.
Il collegio si qualifica perfetto se la normativa prevede la presenza di tutti i componenti del collegio
ai fini della validit della riunione.
La proposta di deliberazione acquista la dignit di deliberazione del collegio quando sono si
espressi favorevolmente i componenti del collegio nel medesimo numero richiesto dalla norma ed il
quorum funzionale a seconda il tipo di collegio ovvero del tipo di deliberazione e che corrisponde
alla met dei membri votanti pi uno, c. d. maggioranza semplice sebbene siano previste
maggioranze qualificate diverse.
Durante la votazione pu accadere che uno dei componenti si astenga per ragioni di opportunit o
perch obbligatovi, per cui lastenuto viene computato tra i votanti e risulta ininfluente ai fini del
quorum funzionale, salto diversa indicazione normativa.
I collegi sono costituito da un numero fisso di persone ma possono anche variare nella loro
composizione. Il Presidente titolare di ulteriori poteri strumentali finalizzati al funzionamento del
collegio. La deliberazione assunta dalla presenza dei soli membri del collegio si ritiene assunta nel
momento in cui i componenti del collegio esprimono la loro volont e non gi quando approvato il
verbale della relativa seduta.
La verbalizzazione, infatti, integra unattivit successiva allapprovazione volta a tradurre per
iscritto quanto discusso, per cui lattivit tradotta nel verbale attivit capace di produrre certezza
giuridica.
La dottrina distingue tra collegi di ponderazione, che si riuniscono in un unico corpo pi capacit
professionali, e collegi di composizione, se la ragione quella di comporre in unica sede interessi
molteplici e diversi tra loro. Inoltre, i primi riguardano ponderazioni di tipo tecnico e sono composti
da persone capaci di tale attivit laddove i secondi valutano, e non ponderano, fatti e comportamenti
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relativi a comportamenti differenziati. I primi funzionano soltanto con la partecipazione di tutti i
componenti, mentre i secondo possono funzionare anche in assenza di alcuni componenti.

5. Le vicende del rapporto. Il funzionario di fatto.
Lordinamento prevede che, qualora il titolare dellufficio si trovi in situazioni di temporanea
incapacit di prestare la propria attivit lavorativa, sia assicurata la necessaria continuit nel servizio
dei compiti dellufficio strumentale al conseguimento della funzione.
Le due figure che assolvono a tale funzione sono quella della supplenza e della reggenza.
Il supplente il titolare di un altro ufficio dellamministrazione che subentra automaticamente nella
titolarit dellufficio al verificarsi della vacanza senza specifico atto di nomina.
La reggenza, invece, ricorre nei casi di mancata previsione della supplenza, presuppone la nomina
interinale del titolare di altro ufficio individuato secondo procedure stabilite.
Lincaricato temporaneo conserva la medesima ampiezza di compiti dellincarico assegnato in
origine anche se possono essere previste limitazioni. La cessazione del rapporto dufficio, invece,
pu derivare da varie ragioni ed in passato si consentiva al titolare dellufficio di continuare ad
esercitare il proprio ruolo anche dopo la scadenza dellinvestitura e fino allinsediamento del suo
successore, come prevedono alcune leggi di settore. A livello generale, invece, le funzioni attribuite
agli organi generali hanno un loro termine di durata previsto per ciascuno di essi entro il quale
possono essere ricostituiti e in caso di mancata ricostituzione prevista la prorogatio2 per non pi
di 45 giorni decorrenti dalla loro scadenza, in cui possono adottare soltanto atti di ordinaria
amministrazione a pena di nullit.
Tale sistema trova fondamento giuridico nellesigenza di continuit nellesercizio delle funzioni
amministrative, per cui linvalidit di nomina dei membri del collegio vizia linvestitura dellintero
collegio e la delibera adottata da collegi imperfetti risulta irrilevante ai fini della validit della
delibera.
Ulteriore figura quella del c.d. usurpatore dufficio, ossia colui che con coscienza e volont
assume la titolarit dellufficio pubblico prescindendo da formale investitura. Tale figura trova
limitazione nel funzionario di fatto laddove manchi la reale volont usurpatrice.

6. Lufficio del responsabile del procedimento.
La figura del responsabile del procedimento rappresenta un esempio di aggregazione e
concentrazione di pi ruoli allinterno di un unico ufficio o meglio dellunit organizzativa
responsabile dellistruttoria e di ogni adempimento procedimentale nonch delladozione del
provvedimento finale.
Tale figura risponde alle esigenze di funzionalit e trasparenza dellazione amministrativa, per cui
ciascuna amministrazione determina, in prima fase, per ciascun procedimento lunit organizzativa
responsabile dello svolgimento procedimentale e delladozione del provvedimento finale. Fin qui vi
distribuzione di ruoli secondo il principio di articolazione dellattivit amministrativa art. 97 Cost.
In seguito, il dirigente dellunit organizzativa individua il responsabile del procedimento
assegnando a s p ad altro dipendente addetto a tale unit la responsabilit dellistruttoria e di ogni
altro adempimento relativo al procedimento nonch eventualmente delladozione del
provvedimento finale, per cui fino a tale assegnazione il funzionario resta responsabile del singolo
procedimento.
Il ruolo assegnato allufficio individuato dalla legge n. 241 del 1990 e dalle norme regolamentari
che nello specifico disciplinano la materia per ciascun tipo di procedimento.
Il responsabile pu essere sia il titolare dellufficio che qualsiasi altro addetto scelto tra gli uffici
interessati dallattivit procedimentale o anche fuori di essi.
Quanto al dirigente dellunit organizzativa, ai sensi degli artt. 4, 5 e 6 della legge n. 241 del 1990,
non richiesto che egli rivesta la qualifica di dirigente e neppure avere la competenza ad adottare il
provvedimento finale che, invece, predeterminata dalla legge. Pertanto, il dirigente che omette di
indicare, allavvio del procedimento, un diverso responsabile, assumer egli stesso il ruolo di tale
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ufficio temporaneo nellambito di una responsabilit limitata alla fase procedimentale in senso
stretto.

7. Le fonti e i criteri di organizzazione.
Nelle organizzazioni complesse, in cui operano molteplici uffici al fine di raggiungere uno scopo
comune, le strutture sono disciplinate e realizzate con leggi, regolamenti ed atti organizzativi
soprattutto Statuti degli enti territoriali minori con la riforma del Titolo V della Costituzione.
In particolare, gli atti organizzativi si distinguono tra atti di macrorganizzazione e
microrganizzazione quanto alla loro natura giuridica pubblica o privata in virt dei principi
costituzionali di imparzialit e buon andamento, mentre le unit organizzative (gli uffici) si
aggregano in senso verticale secondo la rilevanza del ruolo assunto e in senso orizzontale secondo
la differenza tipologica delle attivit svolte, tale da formare un relazione piramidale di autorit
responsabilit allinterno del medesimo sistema organizzativo.
La struttura organizzativa, infatti, si articola in una pluralit di uffici coinvolti nel perseguimento
dellobiettivo comune dello svolgimento di attivit e scelte che ciascuno opera nel rispetto
reciproco.
A ciascun livello decisionale, infatti, sono ascritti profili di autorit e responsabilit differenti a
seconda del grado della scelta effettuata e per agevolare il perseguimento dellobiettivo comune
riconosciuta la piena attuazione del principio della trasparenza del responsabile del procedimento e
della creazione di Uffici per le relazioni con il pubblico e dei servizi di comunicazione pubblica a
favore dei cittadini.
In relazione al tipo di attivit svolta si distingue tra amministrazioni burocratiche deputate
allesercizio delle funzioni pubbliche, ed amministrazioni dal carattere aziendalistico per lesercizio
di pubblici servizi.
In relazione alla rilevanza dei compiti assegnati viene distribuito il lavoro tra i vari uffici allinterno
delle strutture organizzative, per cui la cura degli interessi pubblici affidata a ciascuna
amministrazione agli uffici centrali e quelli di minor rilievo agli uffici di base, i c.d. uffici periferici.
Di qui si parla di accentramento nel primo tipo di struttura amministrativa e di decentramento per i
sistemi globali del secondo tipo sovraindicato.
In relazione agli interessi pubblici sono assegnati compiti alle strutture amministrative ed il
coordinamento e controllo di tali funzioni e competenze avviene mediante raccordo di organi cui
spetta elaborare indirizzi unitari ovvero attraverso il finanziamento unitario della attivit inerenti
allamministrazione.
Lo Stato rappresenta il modello di persona giuridica unitaria che si presenta, al suo interno, come
aggregato di una pluralit di strutture organizzative, quali i ministeri, che esprimono ciascuno una
propria attivit con propri organi senza poter risalire ad una struttura unificata. Si tratta di un
modello disaggregato in cui sinstaurano rapporti intersoggettivi nei confronti dei terzi con
imputazione delle fattispecie in capo alle singole strutture anzich direttamente allo Stato.
Inoltre si rileva il trasferimento a livello comunitario di funzioni in precedenza spettanti in via
esclusiva allo Stato, in quanto i soggetti chiamati a rappresentare lo Stato nei rapporti comunitari si
sono moltiplicati e ci un ulteriore fattore di disaggregazione dellamministrazione pubblica.

8. LAmministrazione dello Stato: caratteri generali.
Allinterno della struttura delle amministrazioni pubbliche si distingue tra amministrazioni
pubbliche, quale concetto generale ed amministrazioni dello Stato, concetto specifico.
Invero gli organi dello Stato sono stati considerati dalla dottrina come organi dalla personalit
giuridica imperfetta, in quanto il carattere della soggettivit risultava inadeguata.
Tuttavia, con la maturata consapevolezza che trattasi di centri di imputazione di situazioni
soggettive seppure prive di personalit giuridica, le singole amministrazioni in cui si articola lo
Stato, quale unico soggetto di diritto, hanno una propria consistenza separata sul piano
organizzativo e non anche sul piano della soggettivit. Infatti, ciascun ministero ha organi dotati di
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rappresentanza legale che agiscono nellambito delle fattispecie compiute dal ministero e non
genericamente dallo Stato, per cui le amministrazioni dello Stato acquistano il carattere di figure
soggettive laddove lo Stato persona giuridica unitaria.
Il modello ministeriale, anche grazie ai rapporti con lUnione europea, venuto a frammentarsi in
tanti altri uffici del ministero secondo diversi disegni organizzativi, fermo restando che
lamministrazione dello Stato segue la disciplina specifica tipica delle amministrazioni pubbliche
relativamente ai procedimenti contabili, finanziari, negoziali, processuali.

9. Le amministrazioni autonome
Le amministrazioni, svolgendo attivit di produzione di beni e servizi nellambito di organizzazioni
complesse di tipo burocratico, restano collegate agli organi di vertice cui coincidono i titolari della
struttura di riferimento.
Il grado di compiutezza del loro disegno organizzativo ne determina il riconoscimento come figure
soggettive, per cui la legge in alcuni casi le istituisce come veri e propri enti pubblici.
In particolare, il modello organizzativo dellamministrazione autonoma ricondotto a quello delle
aziende autonome dello Stato e da quelli delle aziende municipalizzate degli enti locali.
La dottrina, a riguardo, ne indica il carattere derogatorio della disciplina del modello organizzativo
burocratico.
Tale modello, in definitiva, stato pressoch abbandonato a seguito dei recenti processi di
trasformazione delle amministrazioni pubbliche in societ pubbliche.

Capitolo 4
Le relazioni organizzative

1. Le relazioni organizzative e formule organizzative
In relazione alle strutture compiute che fanno capo ad una organizzazione avente personalit
giuridica, si pone unesigenza di razionalit del sistema che consiste nel raccordare tra loro tali
strutture al fine di ricomporla a livello funzionale nellunitariet dellorganizzazione complessiva.
Molteplici rapporti si pongono tra loro creando una trama che abbraccia lintera organizzazione
amministrativa.
Tali rapporti sono, appunto, le relazioni organizzative rispetto alle quali si struttura lorganizzazione
formale disciplinata dal diritto, quali rapporti giuridici caratterizzati da situazioni giuridiche
soggettive correlate e contrapposte di cui sono titolari le diverse strutture organizzative.
Tali rapporti si articolano in potest ed interessi protetti e la consistenza delle relazioni
organizzative risulta costante per le strutture dotate di personalit giuridica, viceversa non costante
nelle strutture prive della personalit giuridica.
Tale differenza si riflette nella struttura sottordinata che, nel primo caso, pu chiedere tutela
dellinteresse protetto anche in sede giudiziale, laddove nel secondo caso essa deve accontentarsi
dei soli rimedi amministrativi.
Nel quadro generale delle relazioni organizzative si specificano due tipi di formule: un rapporto
potest interesse protetto ed rapporto potest soggezione.
In particolare, si parla di relazioni infrastrutturali o interne quanto alle relazioni tra uffici della
medesima struttura e relazioni tra strutture o amministrazioni diverse per indicare le relazioni
intersoggettive tra amministrazioni dotate di personalit giuridica. Queste ultime sono le relazioni
organizzative che interessano maggiormente.
Invero le relazioni tra strutture compiute sono rapporti giuridici aventi contenuti diversi, quali
potest di direzione, indirizzo, controllo e cos via e linsieme di queste caratterizza la posizione
nella quale le une si collocano rispetto alle altre.
Tali posizioni relazionali danno luogo a modelli o formule organizzative raggruppabili nella
posizione di autonomia o indipendenza ovvero in dipendenza nelle sue forme di ausiliariet,
strumentalit, dipendenza in senso stretto.
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La posizione di autonomia si caratterizza per la limitata consistenza delle relazioni organizzative,
mentre quella di dipendenza si caratterizza per la forte consistenza delle relazioni organizzative.
Quanto ai rapporti o relazioni organizzative dotate di stabilit, si rinviene la posizione in cui un
ufficio, struttura compiuta, si trova rispettivamente nei confronti dellufficio parte della struttura
amministrativa, da cui la posizione di ciascun ufficio nei confronti degli altri uffici nellambito della
medesima struttura organizzativa.
La dottrina ha ravvisato nelle organizzazioni equiordinate una relazione di reciproca indifferenza, in
quanto si rinviene tra queste il coordinamento delle azioni rispettive, che invece escluso nelle
relazioni tra uffici caratterizzate da sovra ordinazione subordinazione.
Con il termine formula organizzativa, dunque, si fa riferimento ad un modello organizzativo
complesso considerato sia rispetto alle strutture che lo compongono sia alle relazioni tra tali
strutture. Pertanto, attraverso lo studio delle relazioni organizzative si considera il modo in cui le
singole strutture interagiscono tra di loro.
Occorre altres considerare che le relazioni organizzative infrastrutturali, ossia tra uffici della
medesima struttura organizzativa, riguardano gli uffici di line di una struttura organizzativa e non
gi gli uffici di staff, i quali sono collegati alla struttura compiuta per le funzioni di supporto che
ad essa prestano, quali la programmazione, la consulenza, il controllo.
Le posizioni relazionali, c.d. formule organizzatorie, si rinvengono anche negli enti territoriali per i
quali si posto il rilievo del diverso grado di dipendenza rispetto allo Stato.
In definitiva, esistono tante specifiche disposizioni organizzative quante sono le posizioni
relazionali secondo le diverse discipline organizzative positive da cui la consistenza delle medesime
relazioni organizzative.

2. La gerarchia
La nozione di gerarchia ha subito negli anni una modificazione nella sua applicazione e nei suoi
contenuti. Il primo modello di organizzazione amministrativa, infatti, era ispirato ad un modello
fortemente accentrato, per cui la gerarchia era lunica formula organizzativa positivamente
utilizzata. Successivamente, tale modello si andato riducendo nella sua applicazione, per cui si
sono preferite soluzioni pluralistiche e decentrate tanto che oggi la gerarchia non attiene pi alle
relazioni interstrutturali seppure con residua traccia nelle relazioni tra uffici della medesima
amministrazione.
In particolare, la gerarchia caratterizza oggi i rapporti tra organi ed uffici serventi e tra dirigenti di
vario livello nellambito della distribuzione dei compiti, per cui allufficio inferiore viene fatta
rientrare la competenza di specifici compiti secondo disposizioni generali in qualsiasi momento
modificabili dallufficio sovraordinato.
Di fatto, le competenze degli uffici inferiori si sono andate modificando nel tempo tanto da essere
individuate in via formale e la gerarchia ha subito una prima evoluzione, dal momento che gli atti
del primo vengono ad essere oggetti di controllo sotto il profilo della legittimit.
La gerarchia formula organizzativa che contiene in s tutte le potest di sovra ordinazione, quali
indirizzo, programmazione, controllo, per cui si pu affermare che le relazioni organizzative di
sovra ordinazione riflettono lisolamento di potest contenute nella formula della gerarchia.
Tipica della gerarchia la potest dordine, quale possibilit dellufficio sovraordinato di
prescrivere le modalit di comportamento allufficio sottordinato mediante atti generali ovvero
puntuali nonch potere di revoca e riforma degli atti emanati dallufficio inferiore.
Tuttavia, a seguito della formazione dello Stato moderno si assiste alla spersonalizzazione degli
uffici e del potere gerarchico, per cui la tendenza quella di valorizzare il rapporto tra uffici.
Invero, sotto il profilo giuridico la relazione di sovra ordinazione subordinazione tra uffici fa
riferimento al rapporto di poteri di ordine o di comando nei confronti dellufficio inferiore, per cui
necessario che tra i vari uffici vi sia unidentit di competenza, quale presupposto necessario di ogni
rapporto giuridico.
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Considerata la competenza degli uffici gerarchicamente ordinati, infatti, si rinviene che la
responsabilit del titolare di un ufficio presuppone la competenza dellufficio distinta da quella
dellufficio sovraordinato, da cui la distinzione delle sfere di competenza che comporta
determinazione nellesercizio pi o meno attenuato dei poteri.
In proposito la riforma della dirigenza statale di cui al d. lsg. n. 29 del 1993 e d. lgs. 165 del 2001,
ha attribuito competenze esclusive ai dirigenti ma ha altres attenuato i poteri di ingerenza del
Ministro, il quale non ha pi potere dordine generale, bens potere di impartire direttive agli organi,
centrali e periferici, dellAmministrazione.
La gerarchia, infatti, tende oggi ad avvicinarsi al rapporto di direzione tanto che ormai sembra sia
scomparsa dallordinamento amministrativo. A riprova di ci si consideri il rapporto di gerarchia tra
dirigenti di uffici dirigenziali generali e dirigenti delle strutture di livello inferiore nelle quali questi
sono articolati, per cui i primi definiscono i compiti dei secondi individuando obiettivi e delegando
le specifiche competenze e possono sostituirsi ad essi in caso di interzia e decidono sui ricorsi
gerarchici contro i loro atti e ne organizzano gli uffici, ex art. 16, comma 1, d. lgs. n. 165 del 2001 e
art. 5, comma 5, d. lgs. n. 3 del 2004.

3. La direzione
La relazione di direzione la relazione organizzativa tra uffici della medesima struttura ovvero tra
strutture e persone giuridiche diverse.
Tale relazione fa capo allufficio sovraordinato al quale spetta il potere di emanare atti con i quali, a
differenza del potere di ordine, indica scopi concreti da perseguire, stabilisce ordini di priorit e
lascia allufficio inferiore la scelta di raggiungere tali scopi.
La relazione gerarchica si va trasformando in relazione di direzione che, nei rapporto
intersoggettivi, rappresenta uno strumento organizzativo idoneo a raccordare le figure soggettive
pubbliche diverse dallo Stato.
La direzione, infatti, costituisce un rapporto di sovra ordinazione caratterizzato, a differenza della
gerarchia, dal rispetto di una pi o meno ampia sfera di autonoma determinazione dellufficio o
dellente subordinato, per cui al potere di ordine si sostituisce il potere di impartire direttive ovvero
il potere di indirizzo con cui vengono fissati gli obiettivi da perseguire e lufficio o lente
subordinato resta per libero di determinare i modi ed i tempi dellazione in uno spazio limitato
positivamente. Parimenti, il controllo non pi controllo sugli atti, bens controllo sullattivit
svolta dallufficio o ente soggetto alla direzione.
Lelaborazione della nozione di direzione nellambito del diritto amministrativo risale agli inizi del
Novecento, allorch il dirigente venne considerato non pi come un soggetto della supremazia o
della subordinazione. La gerarchia, infatti, venne ridimensionata dalla dottrina successiva che offr
della direzione una versione pi obiettiva riassunta in poteri, potest o atti giuridici di direttiva,
specialmente quelli svolti dagli organi di governo nellesercizio di funzioni di indirizzo politico
amministrativo.
Di fatto, la direzione un rapporto di sovra ordinazione - subordinazione che, secondo la dottrina
pi recente, riguarda soprattutto la disciplina giuridica dei rapporti tra Ministro dirigenti, titolari
degli uffici dirigenziali, generali e tale relazione si fonda sul criterio della competenza con
esclusione della configurabilit di una relazione di sovra ordinazione sottordinazione.
Tale relazione, infatti, ruota attorno alla pi ampia funzione di indirizzo politico amministrativo
che trova nei dirigenti generali lattivit di programmazione strategica che si attua sul piano
operativo mediante lutilizzo razionale delle risorse e la fissazione delle strategie medesime. Tale
processo interessa gli organi di governo e gli organi di gestione, nelle varie tappe, per cui il concetto
di strategia, a differenza di quello di direzione, si precisa nella durevolezza e nella stabilit degli
obiettivi assegnati.



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4. Il coordinamento.
Il coordinamento non di per s una relazione organizzativa, bens il risultato dellesercizio di
poteri inerenti ai diversi tipi di rapporti organizzativi.
La dottrina parla di rapporto di equiordinazione tra soggetti preposti ad attivit che, pur essendo
distinte, sono destinate ad essere ordinate secondo un disegno unitario in vista di risultati di
interesse comune. Esso risponde al fine di assicurare coerenza ed organicit allattivit
amministrativa.
In dottrina si ritenuto che il coordinamento sia un rapporto non precisato da norme ordinarie, per
cui tutte le parti sarebbero vincolate a comportamenti conseguenti a quelle istanze equiordinate
prefissate, in quanto esso realizza il risultato di raccordo tra figure soggettive che esprimono attivit
di partecipazione ad uguale titolo in tutti gli uffici ovvero enti chiamati contestualmente alla
valutazione degli interessi in gioco.
Il coordinamento, dunque, non n un potere, n un tipo di relazione organizzativa, bens il
risultato al quale si pu pervenire attraverso relazioni di sovra ordinazione ovvero di
equiordinazione.

5. Il controllo
Nel dibattito dottrinale, il controllo trova significato nel garantire la regolarit formale e sostanziale
del processo di formazione delle decisioni amministrative, per cui esso risulta connaturato al modo
di essere della organizzazione amministrativa e si fonda sullesigenza di verificare la rispondenza
dellattivit di strutture pubbliche alle regole formali ovvero al vincolo funzionale.
Sotto il profilo giuridico, i controlli possono essere interni, sia interorganici che intersoggettivi, e si
distinguono in controlli interni, relativi alla medesima struttura, ovvero controlli esterni. Rispetto
alloggetto, i controlli possono essere controlli sui singoli atti oppure sullattivit dellufficio o della
struttura soggetta a controllo.
Il controllo sugli atti pu essere preventivo o successivo, a seconda che sia esercitato prima o dopo
che gli effetti siano diventati esecutivi.
A seconda del parametro assunto per la verifica, i controlli possono essere di legittimit se il
parametro la legge, ovvero controllo di merito se lopportunit dellattivit amministrativa,
infine controllo di gestione e controllo strategico se i parametri sono leconomicit, lefficienza e la
congruit dellattivit posta in essere o programmata rispetto ai risultati raggiunti o prefissati.
Il sistema dei controlli disciplinato dalla legge generale di contabilit di Stato, r.d. n. 2330 del
1923 e dal testo unico della Corte dei conti, r.d. n. 1214 del 1834 e dal testo unico delle leggi
comunali e provinciali, r.d. n. 383 del 1934 oltre a varie leggi di settore. Si tratta di un sistema
incentrato soprattutto sul controllo esterno di competenza della Corte dei conti per gli atti
amministrativi statali e su quelli dei Comuni e delle Province i controlli sono soprattutto quelli di
legittimit e di merito.
La Carta costituzionale ha ridotto il controllo di merito a semplice richiesta di riesame da parte degli
enti di controllo affidandoli alla Commissione di controllo sugli atti delle regioni, ai Comitati
regionali di controllo sugli atti degli enti locali.
Tale assetto ha subito modificazioni a partire dagli anni 90 sia per gli atti delle Regioni sia per gli
atti dei Comuni e delle Province.
In linea generale, i controlli preventivi di legittimit si esercitano nei soli confronti degli atti del
governo in virt dellart. 100, comma 2, Cost. di competenza della Corte dei conti.
La tipologia dei controlli si arricchita con il d.lgs. n. 286 del 1999:
- controllo di regolarit amministrativa e contabile, per la legittimit, regolarit e correttezza
dellazione amministrativa, avente carattere preventivo nei soli casi espressamente previsti
dalla legge;
- controllo di gestione, per la verifica dellefficacia, efficienza, economicit dellazione
amministrativa al fine di consentire ai dirigenti di ottimizzare il rapporto tra costi e risultati;
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- valutazione dei dirigenti, quale presupposto per la responsabilit dirigenziale di cui allart.
21, commi 1 e 2, d. lgs. n. 165 del 2001;
- valutazione e controllo strategico, per la verifica dellattivit degli organi di indirizzo
politico amministrativo e valutare le scelte dei dirigenti rispetto agli obiettivi stabiliti dalle
norme ed individuare eventuali fattori di ostacolo al raggiungimento di tali obiettivi;

6. Delegazione di funzioni ed utilizzazione degli uffici
Le figure soggettive pubbliche possono risultare legate a vicende che implicano rapporti di
collaborazione tra figure soggettive diverse.
Tali vicende possono raggrupparsi in due modelli fondamentali, quali la delegazione di funzioni
e lutilizzazione di uffici altrui.
Nella delegazione la figura soggettiva titolare di un potere o funzione e ne trasferisce
lesercizio ad altra figura soggettiva, per cui il delegante resta titolare dei poteri o delle funzioni
e conserva il potere di indirizzo e controllo sullattivit del delegato.
La delegazione pu aversi tra enti diversi, tra strutture compiute e tra organi della stessa
struttura.
La delegazione d luogo allesercizio indiretto della funzione amministrativa ovvero
amministrazione indiretta e tale modello tipico delle amministrazioni c.d. aperte cos come
previsto dallart. 118, ultimo comma, Cost.
Lutilizzazione degli uffici, infatti, riguarda attivit istruttorie e preliminari e non gi le funzioni
in senso proprio, da cui la fondamentale distinzione rispetto alla delegazione.
Tuttavia, alla delegazione ed allutilizzazione degli uffici si pu fare ricorso soltanto in presenza
di una espressa disposizione di legge.



Capitolo 5
Lorganizzazione amministrativa

1. Lorganizzazione amministrativa nellarchitettura costituzionale
Lorganizzazione pubblica, sotto il profilo statico del complesso di soggetti che la compongono,
presenta un dato di complessit relativo alla sua correlazione con il sostrato sociale sul quale va ad
innestarsi, in quanto essa espressione della scelta politica del ruolo riconosciuto allo Stato in un
determinato momento storico nellambito del suo intervento nel settore pubblico.
Il sistema della pubbliche amministrazioni articolato in modo complesso composta da una
pluralit di soggetti variamente collocati sul territorio nazionale essenzialmente per ragioni di
competenza (per materia o per territorio) loro riconosciute dalle rispettive leggi istitutive.
Il richiamo costituzionale alle singole figure soggettive delle pubbliche amministrazioni riguarda il
modello ministeriale che pone una riserva di legge sotto il profilo istitutivo di cui allultimo comma
dellart. 95 Cost. Tale riserva altres richiamata allart. 97 Cost in relazione allorganizzazione dei
pubblici uffici.
A livello costituzionale, infatti, si rinviene la determinazione dellindirizzo politico amministrativo,
ossia lindividuazione degli obiettivi e delle finalit che la comunit statale intende perseguire in un
determinato momento storico secondo la determinazione fissata a livello di politica generale.
Significativo il riordino degli enti pubblici di cui alla legge. n. 404 del 1956, con la quale sono
stati soppressi gli enti di diritto pubblico e gli altri enti in qualsiasi forma istituiti, soggetti alla
vigilanza dello Stato e interessati comunque alla finanza statale i cui scopi risultavano cessati o
non pi perseguibili o in condizioni economiche di dissesto o fossero nellincompatibilit di
attuare i propri fini statutari.
Negli anni Settanta, il tema della soppressione dei c.d. enti inutili torn nel dibattito parlamentare
con lemanazione della legge sul parastato legge n. 70 del 1975 con la quale furono inseriti
18
strumenti per la soppressione dei c.d. enti inutili e, con d.p.r. n. 616 del 1977, venne disposta la
soppressione o la trasformazione in enti di diritto privato di quasi tutti gli enti pubblici nazionali
rimasti privi delle funzioni da svolgere in ragione del trasferimento o della delega delle medesime
ragioni ordinarie. Venne riordinato il S.S.N. con leggi n. 386 del 1974 e n. 349 del 1977 e n. 833 del
1978.
Negli Novanta viene riavviato il dibattito sulla privatizzazione degli enti pubblici e fu indicato il
federalismo amministrativo a Costituzione invariata secondo il principio di sussidiariet, in quanto
con le leggi Bassanini (legge n. 59 del 1997 e ss.) si inteso garantire la semplificazione dellazione
amministrativa e realizzare una forma pi accentuata di federalismo amministrativo nel rispetto
delle esigenze e delle spinte provenienti dalle sedi europee. Tale percorso ha trovato una puntuale
definizione dei compiti, delle funzioni amministrative da dismettere e conferire agli enti territoriali
con reciproca delimitazioni delle sfere di competenza delle Regioni, Province e Comuni riservando
alle prime compiti di programmazione, regolamentazione ed indirizzo, mentre agli Enti locali sono
state riconosciute funzioni di gestione.
Il decentramento amministrativo di cui alla legge n. 59 del 1997 stato attuato con d.lgs. 112 del
1998 al fine di garantire una allocazione delle funzioni e dei compiti amministrativi ( c.d.
federalismo amministrativo a Costituzione invariata) relativi alla cura ed alla promozione dello
sviluppo delle rispettive comunit nonch tutte le funzioni ed i compiti amministrativi localizzabili
nei rispettivi territori in capo alle amministrazioni e agli Enti pi vicini ai cittadini. Allo Stato,
dunque, sono rimaste affidate soltanto le funzioni che gli Enti locali e le Regioni non potevano
svolgere rispettando in ci il principio di sussidiariet in senso verticale.
Il decentramento amministrativo si rinviene:
-nella clausola di apertura di cui allart. 128 Cost.;
nellart. 5 Cost., che consacra il principio autonomistico;
- 118 Cost., comma 1 e 2, Cost. che prevede la delega di funzioni amministrative da parte dello
Stato alle Regioni in aggiunta a quelle elencate nellart. 117 Cost. e d.p.r. n. 616/ 1977 con
esclusione di quelle di interesse locale attribuite con legge della Repubblica agli Enti locali.
Federalismo che ha trovato richiamo nella riforma del Titolo V Cost. operata con legge cost. n. 3/
2001.
La scelta del costituente stata di non consacrare a livello di Carta costituzionale un modello rigido
di organizzazione amministrativa, lasciando libero il legislatore di individuare la struttura
organizzativa consona al perseguimento degli obiettivi che sintendono perseguire con quella
organizzazione.
La dottrina rinviene tre modelli costituzionale di organizzazione amministrativa:
- il primo tipo di amministrazione quello ministeriale di matrice cavouriana, in quanto
apparato servente il Governo dal quale dipende come richiamato allart. 95 Cost.;
- il secondo tipo il modello di amministrazione c.d. autocefala secondo gli artt. 97 e 98
Cost., per cui non prevista alcuna indicazione sulla struttura dellamministrazione che,
invece, affidata alla discrezionalit del legislatore;
- il terzo tipo il modello c.d. autonomistico o comunitario riconducibile allart. 5 Cost, che
consacra i principi di autonomia e decentramento amministrativo specificati dal Titolo V
della Costituzione.
In conclusione, nel corso degli anni il principio di imparzialit ha coinvolto non soltanto i soggetti
operanti nellattivit amministrativa, ma anche le scelte politiche di Governo, per cui il dato
strutturale viene a risultare il rispetto dei principi costituzionali disciplinati dalla funzione
amministrativa secondo le disposizioni richiamate.

2. Il sistema delle pubbliche amministrazioni
Un primo criterio per sistemare le diverse pubbliche stato individuato dalla dottrina nel criterio
territoriale, per cui si distingue tra amministrazione statale a livello generale costituita dai Ministeri
ed amministrazione regionale e locale rappresentata da Enti locali.
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Un secondo criterio stato rinvenuto dalla dottrina nellambito di intervento distinguendo tra enti
pubblici ed enti pubblici economici, laddove i primi sono competenti dellamministrazione diretta
ed indiretta dello Stato, i secondo, invece, svolgono prettamente attivit di natura economica.
La complessit del sistema delle pubbliche amministrazioni, seppure riordinato con delega al
Governo di cui alla legge finanziaria per il 2007, ha impedito di addivenire ad una nozione unitaria
di pubblica amministrazione, per cui la dottrina ha individuato ulteriori indici di riconoscimento
della pubblicit dellente, quali:
- il regime giuridico dei soggetti, da cui la costituzione ad iniziativa pubblica dellente
secondo le disposizioni costituzionali;
- il loro inserimento istituzionale allinterno dellorganizzazione amministrativa.
Accanto a tali indici formali, la dottrina ha poi individuato ulteriori criteri di natura sostanziale che
attengono al profilo funzionale, per cui un ente si considera pubblico se e nella misura in cui
funzionale al perseguimento di determinati interessi della societ.
Diversa interpretazione emerge dal diritto comunitario, in quanto il giudice comunitario ha
sottolineato come la nozione di pubblica amministrazione deve essere limitata a quelle
organizzazioni incaricate dellesercizio di pubblici poteri cui attribuito lo svolgimento di mansioni
che hanno ad oggetto la tutela di interessi generali dello Stato o delle altre collettivit pubbliche.

3. Lorganizzazione ministeriale e le Agenzie
Il modello principale dellorganizzazione dello Stato stato rappresentato, per lungo tempo, dal
modello ministeriale risalente alla legge Cavour del 1853, con vertice nei Ministri, quale membri
del corpo politico previsti espressamente a livello costituzionale.
Le leggi istitutive disciplinavano i Ministeri e tale modello venne superato dalla legge n. 400 del
1988 in cui stata prevista la possibilit di nominare Ministri senza portafoglio, cio Ministeri privi
di un proprio apparato organizzativo che si avvalgono della Presidenza del Consiglio dei Ministri
per lesercizio delle funzioni loro attribuite.
Successivamente, con d.lgs. n. 300 del 1999 si operata la riforma dellorganizzazione del governo
in esecuzione della legge delega n. 59 del 1997, per cui stato ridotto il numero dei Ministeri a 12 e
viene individuata dalla legge la missione e le aree funzionali di competenza di ciascun ministero.
Con la riforma del 1999, inoltre, si disciplina la struttura interna delle pubbliche amministrazioni in
base a:
- dipartimenti, cui sono attribuiti compiti su grandi materie omogenee e compiti strumentali,
ivi compreso quelli di indirizzo e coordinamento delle unit di gestione in cui si articolano i
medesimi dipartimenti. Ogni dipartimento retto da un dirigente generale, nominato con
decreto del Presidente della Repubblica su deliberazione del Consiglio dei Ministri e su
proposta del Ministro competente. Il Capo del dipartimento opera a diretto contatto con il
Ministro e risponde dei risultati raggiunti dagli uffici dipendenti sulla base degli obiettivi
assegnati, coordina, controlla e dirige gli uffici di livello dirigenziale generale assicurando la
continuit delle funzioni dellAmministrazione.
In ottemperanza alla nuova configurazione dei rapporti tra vertice politico e vertice
amministrativo, ispirata al principio di separazione, al Capo del dipartimento spettano anche
poteri di allocazione delle risorse nonch la promozione ed il mantenimento delle relazioni
con gli organi competenti dellUE per la trattazione degli affari di competenza del proprio
Dipartimento

- direzioni generali, in cui il Segretario generale opera alle dirette dipendenze del Ministro e
provvede alla elaborazione degli indirizzi e dei programmi di competenza del Ministro
ponendo in essere unattivit svolta dai Capi di Gabinetto. Gli uffici dirigenziali generali
trovano il loro vertice i Dirigenti generali, nominati dai dirigenti.
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Al di fuori di tale struttura, la riforma ha previsto uffici di staff, che collaborano direttamente con
Ministri, Vice-ministri e Sottosegretari ed uffici di line che non gestiscono direttamente affari
amministrativi in quanto non appartengono alla struttura dellamministrazione del ministero.
In particolare, i dette strutture rientrano soggetti dotati di particolare esperienza e specializzazione
professionale, che possono essere scelti anche allesterno dellamministrazione.
La struttura amministrativa si arricchisce delle Agenzie, quali strutture che svolgono attivit di
carattere tecnico operativo a livello nazionale, esercitate da Ministeri ed Enti pubblici. Sono
sottoposte al controllo della Corte dei Conti e sono soggette alla vigilanza del Ministro, pur essendo
separate dal Ministero.
Ad eccezione delle Agenzie fiscali e di quelle di protezione civile e della Agenzie industrie e difesa,
che hanno personalit giuridica, risultano istituite lAgenzia per le normative ed i controlli tecnici,
lAgenzia per la protezione dellambiente e per i servizi tecnici, lAgenzia dei trasporti terrestri e
delle infrastrutture, lAgenzia per la formazione e listruzione professionale.
Quanto alle Agenzie fiscali (Agenzia delle entrate, delle dogane, del territorio e del demanio) sono
attribuite specifiche competenze nei rispettivi ambiti assegnati,
LAgenzia per la formazione dei dirigenti e dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni (legge
finanziaria per il 2007) risponde allobiettivo della formazione dei dirigenti e dipendenti nella
pubblica amministrazione al fine di garantire un adeguato sostegno alle pubbliche amministrazioni
nellammodernamento e miglioramento delle attivit formative.
Tale struttura di governo e coordinamento al sistema di organizzazione pubblica si completa con la
Scuola superiore della pubblica amministrazione assumendo il coordinamento dellattivit
dellIstituto diplomatico, della Scuola superiore dellamministrazione dellinterno e della Scuola
superiore delleconomia e delle finanze.


4. Lorganizzazione statale periferica.
Sulla base delle funzioni loro assegnate, alcuni Ministeri presentano articolazioni territoriali
rientranti nella c.d. amministrazione statale periferica e che determinano una forma di
decentramento burocratico.
Si distinguono, infatti, organi di competenza generale, quali lo Stato nella sua totalit ed organi a
competenza speciale che svolgono funzioni statali inerenti, ad esempio, listruzione, la pubblica
sicurezza, la gestione finanziaria.
In particolare, lamministrazione pubblica periferica stata riformata con le leggi Bassanini che
hanno portato ad una riduzione del numero di dette amministrazioni e accentramento presso le
Prefetture Uffici territoriali di Governo della maggior parte delle funzioni statali. Ne sono
esempio, lamministrazione statale finanziaria articolata a livello locale e dipendente dal Ministero
delle Finanze ed incentrata sulle Direzioni Regionali delle entrate con sede nei capoluoghi di
regione come da d. lsg. n. 300 del 1999.

5. Strutture di raccordo interne ed esterne allamministrazione
A livello statale lamministrazione si presenta come struttura compiuta con una propria mission
seppure disaggregata in diversi ministeri. Questi presentano elementi interni ed esterni alla loro
struttura istituiti allo scopo di raccordare tra loro i Ministeri, gran tendone larticolazione organica.
Strumento di raccordo interno alle singole amministrazioni rappresento dagli Uffici centrali di
bilancio, ex Ragionerie, che, pur essendo estranei ai Ministeri presso i quali sono incardinati,
dipendono dal Ministero delleconomia e delle finanze al fine di garantire unitariet sotto il profilo
della spesa e controllano la regolarit economico finanziaria dellazione svolta presso i Ministeri,
sotto la responsabilit dei dirigenti competenti.
Accanto a tali Uffici vi sono strutture organizzative che coagulano le iniziative generali dellazione
politico amministrativa quali il Consiglio dei Ministri, i Comitati interministeriali ed il Presidente
del Consiglio dei Ministri, coadiuvate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
21
Il Consiglio dei Ministri comporto dal Presidente del Consiglio e dai Ministri, art. 92, comma 1,
Cost., con il compito di determinare la politica generale del Governo fissando lindirizzo politico
amministrativo interno ed esterno del paese nonch la politica normativa e finanziaria del
Governo e soluzione dei conflitti di attribuzione dei vari Ministeri (art. 2, legge n. 400/ 1988).
Il Consiglio dei Ministri si avvale dellUfficio di segreteria diretto dal Sottosegretario di Stato alla
Presidenza del Consiglio che cura altres la verbalizzazione delle singole deliberazioni del
Consiglio.
I Comitati dei Ministri, composti esclusivamente da Ministri, sono designati dal Presidente del
Consiglio allo scopo di coadiuvare questultimo.
Tra i soggetti di raccordo esterno, invece, troviamo i Comitati interministeriali a composizione
mista, tra cui i Ministri, gli esperti ed i rappresentanti delle amministrazioni interessate. Si tratta di
organi collegiali non necessari del Governo istituiti per soddisfare esigenze particolari nei settori
della P.A. operando un coordinamento dellattivit amministrativa. Con legge n. 537 del 1993 si
operato il riordino dei comitati interministeriali nel CIPE, con il compito di programmazione e
politica economia nazionale; CICR, con il compito di vigilanza per la tutela del risparmio e
lesercizio del credito; e CESIS, che esercita la funzione di Autorit nazionale per la tutela propria
del Presidente del Consiglio dei Ministri.

5.1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri
Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo, mantenendo lunit
di indirizzo politico amministrativo, coordinando lattivit dei Ministri, ex art. 95, comma 1, Cost.
Egli posto a capo della struttura organizzativa della Presidenza del Consiglio dei Ministri, centro
motore dellazione di governo e che stata riordinata per la prima volta con legge n. 400/ 1988 al
fine di garantire lunit di indirizzo gestionale di cui allespressa previsione costituzionale,
Successivamente, con il d. lgs. n. 300/ 1999 si inteso rendere maggiormente funzionale lintera
struttura mediante laccrescersi di compiti amministrativi attribuiti ai servizi tecnici e quelli di
protezione civile, turismo e spettacolo. Tale assetto stato oggetto di revisione altres con legge n.
233/ 2006 di conversione del d.l. n. 181/ 2006.
Il nuovo quadro normativo ha inteso offrire al Presidente del Consiglio un pi incisivo compito di
impulso, indirizzo e coordinamento delle funzioni costituzionalmente attribuitegli secondo i principi
di cui alla legge Bassanini 1, legge n. 59/ 1997, quali:
- assicurare il coordinamento funzionale e operativo della Presidenza con le amministrazioni;
- potenziare le funzioni autonome e tipiche;
- trasferire a Ministeri o Enti o organismi autonomi i compiti operativi e gestionali, con il relativo
personale;
- garantire autonomia organizzativa, regolamentare e finanziaria;
- trasferire alla Presidenza anche funzioni attribuite direttamente dalla legge ai Ministri senza
portafoglio.
Tali sono le funzioni proprie della Presidenza individuate dal legislatore delegato, tra cui risulta
altres la progettazione delle politiche generali e lassunzione di decisioni di indirizzo politico
generale.
Nellambito della riforma stata prevista listituzione, con Decreto del Presidente del Consiglio, di
una Unit tecnica per la semplificazione e la qualit della regolazione, con la relativa segreteria
tecnica composta dal capo del dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del
Consiglio dei Ministri e da professori universitari, magistrati amministrativi, contabili ed ordinari,
avvocati dello Stato, funzionari parlamentari, avvocati del libero foro con almeno quindici anni di
iscrizione allalbo professionale, dirigenti delle amministrazioni pubbliche ed esperti di elevata
professionalit.
Secondo il disposto di cui allart. 7 del d. lgs. n. 303/1999 al Presidente del Consiglio spetta
autonomia organizzativa e contabile, in quanto con propri decreti pu individuare aree funzionali
omogenee cui affidare compiti e attivit. Inoltre, egli pu istituire strutture di missione con durata
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temporanea e con cadenza triennale pu, anche attraverso strutture specializzate, procedere alla
verifica della razionalit dellordinamento e dellorganizzazione della Presidenza.
Distinto dagli uffici di staff del Presidente, il Segretario gode di una propria autonomia in quanto
svolge funzioni di snodo tra Presidenza e strutture amministrative. Egli, infatti, indica i parametri
organizzativi e funzionali nonch gli obiettivi di gestione e di risultato cui sono tenuti i dirigenti
generali ad essi preposti impartendo direttive generali per lazione amministrativa di cui al d.p.c.m.
4 agosto 2000.
Al personale della Presidenza, ai sensi di cui allart. 9, comma 1, del d. lgs. n. 3030/ 1999, sono
attribuiti compiti di diretta collaborazione con i Ministri secondo la disciplina del t.u. sul pubblico
impiego ed il rimanente personale di cui si avvale la Presidenza sono elencate al comma 2 della
norma richiamata.

5.2. CNEL, Consiglio di Stato e Corte dei conti.
Organi ausiliari che operano con funzioni consultive sugli atti e sulle attivit delle amministrazioni
e che la dottrina indica come organi di rilevanza costituzionale:
- il C.N.E.L., ex art. 99 Cost., stato istituito nel 1957 e riformato in ultimo con legge n. 383
del 2000 un organo collegiale, composto da 121 membri, ha funzione consultiva delle
Camere e del Governo ed iniziativa legislativa limitata alle sole materie delleconomia e del
lavoro, mentre la funzione consultiva obbligatoria nella richiesta del parere alla relazione
previsionale e programmatica che il Ministro delleconomia e della finanze tenuto ad
inviare al Parlamento.
- il Consiglio di Stato organo di consulenza giuridico amministrativa e di tutela della
giustizia amministrativa. Istituito nel Regno di Sardegna nel 1831, con la riforma del 1865
ha assunto la duplice funzione giurisdizionale e consultiva. Fa capo alla Presidenza del
Consiglio dei Ministri ed dotato di un organo di autogoverno, il Consiglio di Presidenza,
composto da Magistrati dei T.A.R. e del Consiglio di Stato, competente in materia di stato
giuridico dei magistrati, provvedimenti disciplinari ed incarichi esterni dei magistrati. E
articolato in sette sezioni, di cui le prime e la settima con funzioni consultive e le rimanenti
tre con funzioni giurisdizionali, cui si aggiungono lAdunanza generale con funzioni
consultive e lAdunanza plenaria con funzioni giurisdizionali. Lattivit consultiva ha
carattere generale, in quanto riguarda la legittimit ed il merito dellazione amministrativa.
Quanto alla richiesta del parere al Consiglio di Stato, questa trasmessa dal Segretario
generale alla Sezione competente che, in assenza di contraddittorio delle parti interessate,
esprime la volont del Consiglio di Stato mediante congrua motivazione sulla base della
iniziativa spettante al Ministro o al Sottosegretario su proposta del dirigente del servizio
della materia oggetto della relazione.
- la Corte dei Conti coadiuva gli organi titolari di funzioni legislative, di controllo ed indirizzo
politico, esecutive e di amministrazione attiva. E indipendente dal Governo e dal
Parlamento ed composto da impiegati amministrativi e magistrati. Lart. 100 Cost.
attribuisce alla Corte dei conti funzioni di controllo e funzioni giurisdizionali nella materie
di contabilit pubblica e nelle altre specificate dalla legge, ex art. 103 Cost. Essa svolge
funzioni amministrative, quali i provvedimenti che adotta sullo stato giuridico dei propri
dipendenti. Inoltre, essa svolge un controllo preventivo di legittimit sugli atti del Governo
onde accertarne la conformit alle norme di legge, in particolare sulla legge di bilancio ed un
controllo successivo sulla gestione del bilancio dello Stato al fine di valutare la legittimit e
regolarit delle gestioni tenute da ciascuna amministrazione. La Corte, infine, opera un
controllo sulla gestione finanziaria degli Enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. Alla
Corte sono altres riconosciute funzioni giurisdizionali in materia di giudizi di conto e di
responsabilit contabile ed in materia pensionistica.
- lAvvocatura di Stato, fa capo al Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei
Ministri, ha il compito di provvedere alla tutela legale, mediante patrocinio in giudizio delle
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amministrazioni. E articolata in Avvocature distrettuali a livello regionale ed composta da
Procuratori ed Avvocati dello Stato e da personale amministrativo con vertice nellAvvocato
generale, nominato con D.P.R., previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.

6. Le Amministrazioni Indipendenti.
Le Amministrazioni indipendenti o autorit di regolazione sono state istituite a partire dal 1974, con
la Consob (d. lg. n. 95 del 1974) che, accanto alla Banca dItalia, era preposta al risparmio secondo
la previsione di cui allart. 47 Cost.
In generale, tutte le amministrazioni indipendenti sono espressione dellesigenza di garantire il
corretto funzionamento di un settore di mercato nel quale operano soggetti pubblici e privati, per cui
esse intendono garantire che un determinato servizio sia offerto a favore della collettivit nel
corretto funzionamento dello stesso.
A differenza dei Ministeri, non esiste un modello predeterminato di organizzazione di tali
amministrazioni, in quanto i caratteri essenziali delle stesse sono lindipendenza sia nellattivit di
regolazione sia nella previsione di scelta dei vertici riconosciuti in base a specifiche competenze di
alta professionalit.
Accanto al requisito dellindipendenza si pone la neutralit, per il fatto che tali amministrazioni non
appartengono ad un determinato settore cui le stesse sono chiamate a predisporre la regolazione.
Infine, si ricorda listituzione con legge n. 146 del 1990 della Commissione di garanzia della legge
sullesercizio del diritto di sciopero al fine di contemperare lesercizio di tale diritto co il godimento
dei diritti della persona costituzionalmente tutelati, nonch lAutorit delle telecomunicazioni do cui
alla legge n. 249/1997 ed il Garante per la protezione dei dati personali di cui alla legge n. 675 del
1996 modificata da d. lgs. n. 123 del 1997 e successive modifiche.

7. Gli enti pubblici
Con legge n. 70/ 1975 sono stati soppressi i c.d. enti inutili e sono stati individuati i rispettivi enti
necessari, il c.d. parastato, quali INPS, Cassa per il Mezzogiorno, ENEA, enti lirici, ACI.
Accanto a tali enti, sono stati individuati enti non soggetti alla legge sul parastato, quali enti
pubblici economici, enti locali territoriali (Province, comuni, ed altri enti locali) e gli altri enti
pubblici, considerati non necessari n a statuto di specie che continuano ad esistente come enti
privati.
In particolare, i c.d. enti inutili non sono stati ricompresi nelle categorie menzionate in quanto
ritenuti non meritevoli di sopravvivere e, dunque, sono stati soppressi.
Inoltre, con la legge. n. 59/ 1997 il Governo stato delegato ad operare il riordino degli enti
pubblici nazionali. Pertanto, con legge n. 191/ 1998 si provveduto a riordinare e razionalizzare gli
enti pubblici mediante fusione e soppressione di enti ed organi aventi finalit omologhe o
complementari nonch mediante trasformazione in pubblica amministrazione di enti per i quali
lautonomia non risultava necessaria ovvero mediante privatizzazione di enti che presentavano alto
indice di autonomia finanziaria.

8. Gli enti pubblici economici e limpresa pubblica
Gli enti pubblici economici sono presenti gi nel periodo fascista nel settore ferroviario, tanto che
nel 1905 si assistette alla riassunzione di tali enti da parte dello Stato, in quanto essi rappresentano
una figura cardine dellintervento pubblico in economia e con laffidamento della loro gestione alla
direzione del Ministero dei lavori pubblici che, nel 1948, divenne parte del Ministero dei trasporti.
Analoga sorte tocc al settore dei tabacchi, che pass allAmministrazione autonoma dei monopoli
di Stato ed allAmministrazione delle poste e delle telecomunicazioni per il settore postale.
Gli enti preposti in tali settori rientrarono nella categoria delle c.d. Aziende autonome, quali
strutture organizzative autonome sotto il profilo strutturale ma non funzionale, in quanto organo di
vertice delle stesse era individuato nel Ministro di settore.
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Le Aziende autonome sono state interessate da un processo di privatizzazione che le ha viste
trasformate in enti pubblici economici e poi in s.p.a. con loro graduale collocazione sul mercato.
Cos lIRI che, a partire dagli anni Sessanta, divenuta una holding raggruppando imprese nella
propria struttura societaria operante in ambito finanziario. Fuori dalle holding, invece, restano
Alitalia, Rai, autostrade e banche di interesse nazionale.
Occorre altres sottolineare che la direttiva 93/ 38/CEE ha riconosciuto che le autorit pubbliche
possono esercitare, direttamente o indirettamente, uninfluenza dominante riguardo ad unimpresa,
in quanto possono controllare la maggioranza dei voti cui danno diritto alle parti di essere ammesse
allimpresa oppure il diritto di nominare pi della met dei membri del C.d.A., del Consiglio
direttivo o del Consiglio di vigilanza. Pertanto, alla luce di tale richiamo normativo, si ritiene che
gli elementi caratterizzanti limpresa pubblica vanno indipendentemente considerati dalla sua forma
giuridica, in quanto si deve tener conto delle regole di mercato.

9. il processo di privatizzazione e le societ pubbliche.
A partire dagli anni Novanta, la situazione descritta nel paragrafo precedente risulta cambiata, in
quanto lo Stato inizia a rinunciare al proprio ruolo di imprenditore.
Il primo settore interessato dal processo di privatizzazione fu quello bancario, in quanto con la legge
Amato n. 218/ 1990 gli enti pubblici creditizi sono stati trasformati in s.p.a. controllati da enti
pubblici conferenti, le c.d. Fondazioni bancarie, titolari dellazione bancaria. La successiva fase di
trasformazione diretta dellente, la c.d. privatizzazione formale, era prevista successivamente con la
dotazione del fondo capitale allente mediante attribuzione della titolarit delle azioni ai possessori
del fondo di dotazione, come nel caso della B.N.L.
Invero, in presenza di privatizzazione formale si assiste alla trasformazione della forma giuridica
dellente pubblico con successiva soppressione del Ministero delle partecipazioni statali di cui al
d.l. n. 41 del 1993. Sempre nel 1993 si provveduto, inoltre, alla dismissione di ENEL, INA, Banca
commerciale italiana, Credito italiano, IMI, Stet e Agip.
Con legge n. 474/ 1994 si provveduto ad accelerare le procedure di dismissione delle
partecipazioni statali in s.p.a. e si sono create le Authorities di settore, al fine di regolare e
controllare i servizi di pubblica utilit anche in un momento successivo alla privatizzazione
sostanziale.
Dottrina e giurisprudenza si sono mostrate in contrasto con la tesi privati stiva, in quanto dette
societ sarebbero di diritto privato, anche in caso di detenzione della maggioranza del pacchetto
azionario da parte di un soggetto pubblico laddove i sostenitori della tesi pubblicistica del pacchetto
azionario di maggioranza da parte del soggetto pubblico avrebbero riconosciuto la permanenza della
natura pubblicistica di tali enti.
Invero, si tratta di un cambiamento della sola veste giuridica, in quanto, come ribadito dalla Corte
costituzionale (sentenza n. 446 del 1993) lassoggettamento di tali societ al controllo della Corte
dei conti dimostra linnegabile rilievo pubblicistico che tali societ manentengono.
Pertanto, le procedure pubblicistiche di evidenza pubblica, evidenziano tale natura pubblicistica
anche nella sottoposizione dei contratti stipulati dalle FF.SS.: s.p.a.
Ulteriore figure compresa nei soggetti nazionali lorganismo pubblico, introdotto a partire dalla
direttiva 89/440/CEE e che comprende soggetti nazionali, indipendentemente dalla loro natura
giuridica, che presentano caratteristiche proprie operanti secondo logiche diverse da qualsiasi
imprenditore da cui lapplicazione della disciplina sullevidenza pubblica.
Invero, si tratta di una nozione ampia ma che pu essere riassunta in tre punti essenziali:
- natura pubblica dei bisogni che lente intende soddisfare;
- personalit giuridica di diritto pubblico o di diritto privato;
- decisioni dellente assunte sotto linfluenza dominante dellente pubblico.
In numerose sentenza del giudice comunitario si rinviene, nel caso dellEnte fiera di Milano che ha
ad oggetto attivit volte allorganizzazione della fiera, non si svolgono attivit lucrative per cui non
si rinviene il carattere della redditivit e pertanto esso non costituisce un organismo di diritto
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pubblico, ma laddove lente svolge attivit di promozione dei beni degli espositori allora esso
svolge attivit di offerta di servizi sul mercato che si qualifica come attivit economica.

10. Gli organismi di diritto pubblico
A seguito dei cambiamenti occorsi nelle pubbliche amministrazioni degli stati membri le strutture
amministrative organizzative si presentano differenziate e con lavanzare del sistema comunitario si
giunti alla scelta di implementare un sistema concorrenziale in diversi settori. In particolare, nel
settore degli appalti, il legislatore comunitario ha elaborato la figura di organismo di diritto
pubblico, facendo leva sullazione dei soggetti privati o pubblici tesa a garantire la piena efficacia
del principio di libera circolazione, di amministrazione aggiudicatrice secondo uninterpretazione
funzionale.
Introdotta dalla direttiva 89/ 440/ CEE, la figura di organismo di diritto pubblico comprende tutti i
soggetti nazionali, indipendentemente dalla loro natura giuridica che presentano caratteristiche tali
da operare secondo logiche diversa da qualsiasi imprenditore privato e che, sotto il profilo
funzionale, giustificano lapplicazione della disciplina sullevidenza pubblica.
La normativa comunitaria recepita dal d. lgs. n. 163/ 2006 definisce lorganismo di diritto pubblico
come qualsiasi organismo dotati di personalit giuridica, la cui attivit finanziata in modo
maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da organismi di diritto pubblico oppure la
cui gestione sia soggetta al controllo di questultimi, oppure il cui organi di amministrazione,
direzione o vigilanza sia costituito da membri pi della met dei quali designata dallo Stato, dagli
enti locali o da altri organismi di diritto pubblico.
Invero, si tratta di una nozione ampia che si pu riassumere in tre punti essenziali:
a) la natura dei bisogni alla cui soddisfazione il soggetto istituito, ossia per soddisfare
interessi generali aventi carattere non industriale o commerciale;
b) la personalit giuridica, di diritto pubblico o di diritto privato;
c) la presenza di una serie di elementi che fanno presumere che le decisioni dellente siano
sotto linfluenza determinante di un soggetto pubblico, che seguono logiche diverse da
quelle dellimprenditore privato.
Invero, la preoccupazione della giurisprudenza stata quella di evitare che lente pubblico,
avvalendosi di societ o di enti privati, possa provocare distorsioni nella concorrenza del mercato,
favorendo imprese che lo Stato membro possa favorire. Pertanto, si ritenuto legittimo escludere la
circostanza che i bisogni siano soddisfatti da soggetti operanti sul mercato tali da assumere un ruolo
determinante nella qualificazione dellaspetto funzionale.
In tale ambito si spiega il caso dellEnte fiera di Milano, in quanto organismo di diritto pubblico
competente per lorganizzazione di fiere, esposizioni ed altre iniziative analoghe che costituisce
attivit economica nelloffrire servizi sul mercato e gli espositori, daltro lato, beneficiano della
promozione dei beni e dei servizi che espongono. In generale, la giurisprudenza ha affermato che
lattivit di organizzazione fiere ed esposizioni ancorch soddisfi bisogni di interesse generale, non
presenta carattere industriale e commerciale per cui tale attivit va inquadrata nellambito di un
ente rientrante nella categoria di organismo di diritto pubblico.


11. Soggetti privati esercenti pubbliche funzioni.
Nellambito dei soggetti privati esercenti pubbliche funzioni rientrano le Fondazioni, presenti nel
settore della ricerca ed in quello bancario, con prevalenza dellelemento patrimoniale vincolato allo
scopo che altruistico, non di lucro e soprattutto di pubblica utilit, in quanto teso a soddisfare
interessi diversi dal fondatore.
La giurisprudenza ha introdotto precisi limiti sullammissibilit dello svolgimento di attivit
imprenditoriale svolta dalle Fondazioni, quanto conseguano i propri fini ideali nellambito delle
attivit imprenditoriali a condizione che tali attivit siano strumentali alla realizzazione degli scopi
istituzionali della medesima Fondazione.
26
Vi rientrano le fondazioni bancarie, quali persone giuridiche private senza scopo di lucro dotate
autonomia statutaria e gestionale laddove la giurisprudenza costituzionale, in ultimo, le ha
riqualificato in termini privatistici.
In tale categoria rientrano altres le S.O.A., societ organismi di attestazione, che certificano la
qualit delle imprese contraenti della P.A: secondo il modello previgente di iscrizione allAlbo
Nazionale dei Costruttori. Tali organismi hanno struttura giuridica privatistica con lo scopo di
offrire un servizio di rilascio di attestazioni di qualit volte a garantire un determinato livello di
qualit da parte degli imprenditori nellesecuzione dellappalto.
Lo svolgimento di dette attivit da parte delle S.O.A. subordinato allautorizzazione dellAutorit
di Vigilanza sui lavori pubblici, sentita la commissione consultiva cui fanno parte i rappresentanti
dei Ministeri di lavori pubblici, beni culturali, lavoro, ambiente, trasporti e difesa.
Lattestazione rilasciata ha valore di atto pubblico e lAutorit di Vigilanza pu sostituirsi alle
S.O.A. nel caso di loro mancato adempimento allonere di indicare previamente latto da adottare, e
cio in caso di inerzia della stessa S.O.A.

12 Gli enti territoriali minori.
La riforma del Titolo V, Parte II, della Costituzione, operata con legge cost. n. 3 del 2001
rappresenta unimportante riforma per il sistema delle autonomie locali sancendo, ai sensi di cui
allart. 5 Cost., un assetto policentrico della Repubblica.
Il nuovo art. 114 Cost. ha riconosciuto pari dignit costituzionale a Comuni, Province, Citt
metropolitane, Regioni e Stato e si confermata la scelta del legislatore di abrogare i Commissari di
governo e gli organi regionali di controllo di cui agli artt. 124, 125, comma 1 e 130 Cost.
La legge di riforma, infatti, ha rovesciato landamento dei pubblici poteri, facendo partire il nuovo
sistema dalle istituzioni pi prossime ai cittadini, secondo il principio della sussidiariet orizzontale
e risalendo a quello pi elevato secondo il principio della sussidiariet verticale.
La complessit della riforma costituzionale pone un nuovo equilibrio tra Stato, Regioni e
Autonomie locali in sintonia con lart. 128 Cost. che sancisce lautonomia dei Comuni e delle
Province secondo i principi fissati dalle leggi della Repubblica, che ne determinano le funzioni.
Di qui la legge n. 131 del 2003 di delega al Governo per la revisione delle disposizioni sugli Enti
locali e la stessa ratio rinvenuta nellabrogazione dellart. 129 Cost che qualifica Province e
Comuni come circoscrizioni di decentramento statale e regionale.
Con la riforma del Titolo V, infatti, gli enti locali hanno funzioni proprie che trovano il loro
fondamento direttamente nella Costituzione ovvero sono destinatari di un conferimento di funzioni
da parte dello Stato o della Regione secondo il principio di sussidiariet.

12.1. Potest legislativa delle Regioni e potest normativa delle Autonomie locali.
Regioni, Province e Comuni presentano un Consiglio, titolare della potest normativa, ed una
Giunta, titolare della rappresentanza dellEnte.
In particolare, il novellato art. 117 Cost. ha riconosciuto alle Regioni la potest legislativa esclusiva
che si aggiunge a quella concorrente con lo Stato, per cui si determina un sistema ripartito di
competenze secondo le materie rispettivamente attribuite ai sensi del comma 2 dellart. 117 Cost.
Il comma 3, dellart. 117 Cost. suddivide le competenze tra Stato e Regione riservando al primo la
determinazione, mediante leggi quadro o cornice, dei principi fondamentali ed alle seconde
lemanazione della legislazione specifica di settore.
Invero, il nuovo articolo 117 Cost riconosce in capo alle Regioni una potest legislativa piena in
riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato, per cui la
Regione ha potest legislativa non solo nelle competenze trasversali, ma anche in base a quanto
indicato nelle pronunce della Corte costituzionale secondo il principio della sussidiariet legislativa.
Con la legge n. 142/1990 stata prevista la possibilit per i Comuni e le Province di adottare,
mediante regolamento, uno statuto con il quale stabilire i limiti fissati dalla legge, le norme
fondamentali dellorganizzazione e la determinazione delle attribuzioni degli organi, lordinamento
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degli uffici e dei servizi pubblici, la partecipazione popolare, laccesso dei cittadini ai procedimenti
amministrativi.
La potest regolamentare riconosciuta agli enti locali, riconosciuta a livello costituzionale allart.
114 Cost. e concerne lorganizzazione dellente, la relativa disciplina e lo svolgimento della
gestione delle funzioni attribuire ai Comuni ai sensi dellart. 118 Cost. al fine di assicurare
uniformit del sistema
Infine, lart. 4 della legge n. 131/ 2003, c.d. legge La Loggia, ha previsto che, fino alladozione dei
regolamenti locali, continuano ad applicarsi le norme statali e regionali vigenti.

12.2. Le funzioni amministrative degli Enti locali
Nelloriginaria previsione dellart. 118 Cost., le funzioni amministrative degli Enti locali erano
attribuite alle Regioni in base al principio del parallelismo tra competenza legislativa e competenza
amministrativa.
Il nuovo sistema, delineato a partire dalla legge n. 59/1997, ha fornito una nuova chiave
interpretativa prevedendo il conferimento alle Regioni ed agli enti locali di tutte le funzioni e
compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi e promozione dello sviluppo delle rispettive
comunit.
Tale sistema segue il principio di sussidiariet in virt del quale le funzioni amministrative
dovrebbero assegnarsi a quegli Enti che, in ragione della loro vicinanza ai luoghi o ai gruppi di
soggetti, risultano meglio rispondere ai bisogni della collettivit organizzata.
Lassetto delineato dalla legge Bassanini confluito nel contenuto del nuovo art. 118 Cost., le cui
linee guida per la relativa attuazione sono state indicate dallart. 7 della legge n. 131/ 2003 che
dispone che lo Stato e le Regioni, sulla base delle loro rispettive competenze, conferiscono le
funzioni amministrative da loro esercitate alla data di entrata in vigore della legge sulla base dei
principi di sussidiariet, differenziazione e adeguatezza.
Quanto allindividuazione delle funzioni proprie dei Comuni e delle funzioni conferite alle
Autonomie locali, la definizione riservata alla legislazione statale esclusiva, in quanto si tratta di
funzioni la cui titolarit spetta allo Stato ed alle Regioni.
Invero, dallattuale assetto costituzionale risulta che le autonomie locali siano dotate di funzioni
amministrative a seconda delle loro rispettive competenze, funzioni che per i Comuni si presentano
come proprie, mentre per Province e Citt metropolitane presentano la natura di funzioni conferite
con legge dello Stato o della Regione.

12.3. Gli strumenti di raccordo tra i diversi livelli di governo: Stato Regioni; Regioni
Autonomie locali.
La legge n. 3 del 2001 ha delineato un nuovo assetto di governo prevedendo altres strumenti di
raccordo, collaborazione e concertazione.
In tale ottica va considerato lart. 11 della legge cost. n. 3 del 2001, concernente lintegrazione della
Commissione parlamentare per le questioni regionali con rappresentanti delle Regioni, Province
Autonome ed Enti Locali nelle ipore di leggi di determinazione dei principi fondamentali delle
materie di legislazione concorrente nonch nella nuova formulazione di cui allart. 119 Cost.
In tali ipotesi, infatti, la Commissione integrata partecipa al procedimento legislativo chiedendo alla
Commissione parlamentare in sede referente di accogliere le modificazioni richieste, il cui
accoglimento non obbligatorio.
Ulteriori sedi di raccordo delle istanze dei diversi organi di governo sono le Conferenze:
- la Conferenza Stato Regioni;
- la Conferenza c.d. unificata, Stato Regioni e Stato citt ed autonomie locali.
Nel sistema previgente, tali istituzioni avevano mantenuto la loro posizione soprattutto al momento
della concertazione, venendo a rappresentare il luogo privilegiato per il momento della definizione
dellindirizzo politico amministrativo del governo.
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La riforma costituzionale, riconoscendo la pari dignit costituzionale delle Autonomie locali, ha
provveduto a coinvolgere maggiormente tali enti in ottemperanza ai principi costituzionali di leale
collaborazione e partecipazione degli stessi alle decisioni statali e regionali.
Pertanto, in virt della legge n. 59/ 1997 e d. lgs. n. 112/ 1998 sono sorti organismi di raccordo,
denominati Conferenze Regioni Autonomie locali e Consigli delle Autonomie locali.
Si tratta di organismi con funzioni consultive, con competenza per materie riguardanti atti regionali
e piani di sviluppo nonch compiti di proposta, studio e informazione.
Scelta del legislatore, dunque, quella di preveder un coinvolgimento delle Autonomie locali nella
vita della Regione mediante attivit consultiva che ben pu incidere sullindirizzo politico
amministrativo della Regione.



Parte II
Le situazioni giuridiche soggettive

Capitolo 1
Nozioni generali
1. Considerazioni introduttive
Molti dibattiti sono stati affrontati in dottrina sul tema delle situazioni giuridiche soggettive tanto
che alcuni autori parlano di posizione giuridica soggettiva, in quanto ogni societ un insieme di
persone, fisiche e giuridiche, con i loro interessi e progetti che lordinamento giuridico intende
qualificare nel realizzare lordine nella vita di relazione della comunit.
Lordinamento giuridico, infatti, attribuisce ai soggetti giuridici il complesso di qualificazioni
relative ai loro interessi ed al loro agire, tali sono le situazioni giuridiche soggettive.
Per situazione giuridica soggettiva sintende la situazione o posizione in cui viene a trovarsi un
soggetto, per effetto della applicazione di una o pi regole di diritto.
Molteplici sono le classificazioni offerte dalla dottrina, ma si ritiene, in generale, che
nellindividuazione del criterio giuridico di individuazione delle situazioni giuridiche soggettive si
debba riguardare secondo alcuni allinteresse, secondo altri ai comportamenti umani.
In generale, vi concordia nel ritenere che le situazioni giuridiche soggettive hanno un sostrato
materiale che secondo alcuni sarebbe linteresse riconosciuto o qualificato, mentre per altri si
riguarda ai comportamenti umani classificati come consentiti, doverosi, vietati.
Di seguito si illustrano le classificazioni ritenute le pi convincenti nel diritto amministrativo in
tema di situazioni giuridiche soggettive.

2. Distinzioni delle situazioni giuridiche soggettive.
Le situazioni giuridiche soggettive si distinguono a seconda che siano valutate positivamente o
negativamente con riferimento allinteresse del titolare ovvero secondo lentit materiale o
metagiuridica che loggetto della qualificazione.
Secondo il primo criterio, le situazioni si presentano come situazioni di vantaggio o di svantaggio a
seconda che qualifichino utilit(interesse) o pesi (obbligo) per i loro titolari.
Per il secondo criterio, le situazioni si distinguono in attive o dinamiche e situazioni inattive o
statiche, in quanto le prime hanno come sostrati interessi, mentre le secondo riguardano
comportamenti.
Differenza fondamentale, oltre allelemento metagiuridico, il tipo di qualificazione di tutela nel
primo caso per gli interessi, mentre nel secondo caso per i comportamenti che attengono atti
giuridici. Infatti, le situazioni dinamiche elevano comportamenti umani relativi ad atti giuridici, per
cui si distingue tra semplici fatti giuridici ed atti giuridici in senso stretto che esprimono, invece,
situazioni giuridiche soggettive, a differenza dei meri fatti giuridici,
29
Invero, le modificazioni giuridiche sono collegate a fattispecie giuridiche, per cui si parla di
qualificazioni dinamiche relative alle fattispecie di rilevanza giuridica che ne sono elementi
costitutivi. Le situazioni statiche, invece, attengono assetti di interessi in quiete e consentono il
godimento degli interessi riconosciuti ed attengono interessi irrilevanti per il diritto, quali interessi
facoltativi ovvero meramente leciti; laddove le situazioni dinamiche consentono la trasformazione
degli interessi e si esercitano in atti giuridici.
Esempio di situazione statica o inattiva il diritto soggettivo, assoluto o relativo, in quanto interesse
giuridicamente riconosciuto e protetto; esempio di situazione dinamica il potere, in quanto
situazione giuridica soggettiva diversa dal diritto.
Invero, nel diritto soggettivo gli interessi costituiscono il sostrato materiale o metagiuridico della
rispettiva qualificazione giuridica, i quali possono essere interessi di conservazione o interessi di
modificazione giuridica e che, in ogni caso, non possono essere confusi con i poteri, in quanto essi
esprimono atti giuridici tesi a soddisfare i loro titolari, per cui hanno a contenuto pretese
giuridicamente protette.
Gli interessi di quiete, infatti, corrispondono a diritti reali o, in generale, a diritti assoluti, mentre
gli interessi della seconda specie si riferiscono a diritti di obbligazione o, in genere, a diritti relativi,
i quali presuppongono un rapporto giuridico con altri soggetti in quanto risultano dal collegamento
tra la situazione statica ed il comportamento altrui rispetto alla situazione dinamica sottesa al
comportamento atteso.

3. Il potere giuridico
Il potere la situazione giuridica soggettiva dinamica per eccellenza, che nasce dal diritto
soggettivo inteso come agere licere o meglio come facultas agendi, cio come situazione
giuridica dinamica.
Il problema dellidentificazione del potere come situazione soggettiva stato studiato dalla teoria
generale inizialmente con riferimento a diritti reali e, in particolare, al diritto di propriet inteso
come diritto di godere e disporre di cose ex art. 832 c.c. Tuttavia, dato che il godimento implica
attivit di mero fatto e da assenza di modificazione dellassetto degli interessi, si ritenuto che la
facolt di disporre di un diritto non mai contenuto di tale diritto, bens esso va considerato come
potere giuridico, ossia come diritto potestativo.
Nellambito del diritto amministrativo, infatti, il potere ha assunto nel tempo rilievo di una
situazione di genus comprensiva di situazioni di species, quali il potere in senso stretto ed il diritto
soggettivo, in quanto il potere inteso come energia giuridica che consente al titolare di porre in
essere atti aventi rilievo giuridico e, come tale, capace di comprendere appieno situazioni giuridiche
soggettive che consento allamministrazione di porre in essere atti giuridici unilaterali.
Lamministrazione pubblica, infatti, titolare di diritti soggettivi reali e obbligatori e di poteri
giuridici paritetici e autoritativi, ovvero di poteri ad esercizio consensuale e ad esercizio
unilaterale. Tuttavia, nel caso di soddisfazione dellinteresse pubblico, i diritti soggettivi sono
tutelati alla stregua di oggetti di poteri discrezionali, per cui non vi n libert di godimento n
libert di disposizione, ma entrambi gli aspetti sono disciplinati dalla legge e gestiti mediante atti
formali, quali provvedimenti autoritativi ovvero negozi giuridici privati, conclusi mediante
procedimenti amministrativi.

4. Situazioni dinamiche e rapporto giuridico
Le situazioni di svantaggio possono essere statiche o dinamiche a seconda che riguardino il dovere
di conservazione di situazioni giuridiche altrui o si collochino in vicende di modificazione di
precedenti assetti di interessi. Ad esempio lobbligazione di pati e di non fare relative alla prima
categoria ed il dovere di provvedere e lobbligazione di fare o di dare che appartengono alla
seconda.
In particolare, il dovere di provvedere la situazione soggettiva tipica dellamministrazione
mediante la quale non si da luogo ad un rapporto giuridico tra situazioni soggettive. Di fatto, il
30
dovere di provvedere una situazione autonoma che rende giuridicamente necessario lesercizio del
potere.
Le situazioni giuridiche soggettive dinamiche costituiscono un rapporto giuridico in senso stretto, in
quanto pretese di comportamenti altrui, quali il diritto di credito che implica lobbligazione del
debitore ovvero linteresse legittimo che implica il dovere ed il potere dellamministrazione di
provvedere o di non provvedere.
Rapporti giuridici sono ravvisabili anche tra amministrazione e cittadini allorch tra loro si
stabiliscono reciproci diritti soggettivi ed obblighi, ma anche quando lamministrazione titolare di
poteri autoritativi ed il cittadino titolare di interessi legittimi, per cui si genera una facolt di
protezione che stimola il comportamento altrui.
Il rapporto giuridico, che potremmo chiamare di diritto amministrativo, tra situazione soggettiva di
potere (autoritativo), situazione dinamica e linteresse legittimo, situazione statica si rinviene
essenzialmente nel procedimento amministrativo, quale spazio entro il quale tali situazioni
soggettive si confrontano e dialogano tra loro.
Lamministrazione pubblica, infatti, determina in concreto linteresse pubblico da curare e prosegue
in tal senso nella scelta dei mezzi migliori per soddisfarlo, il privato partecipa a contribuire alla
determinazione degli interessi, pubblici e privati, da soddisfare.
Di conseguenza, entrambe gli interessi, pubblici e privati, convivono nel procedimento
amministrativo, in quanto linteresse privato non estraneo allamministrazione in quanto esso pu
funzionare come limite allinteresse pubblico da cui il potere discrezionale dellamministrazione.

5. Lautonomia privata dellamministrazione.
Lamministrazione pu compiere negozi giuridici ovvero altri atti giuridici privati.
Recentemente lart. 1 della legge n. 15 del 2005 ha stabilito che la pubblica amministrazione adotta
atti di natura non autoritativa ed agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge
disponga diversamente. Pertanto, si ritiene che la pubblica amministrazione pu porre in essere atti
di diritto privato.
Invero fin dai tempi antichi si distinto tra atti che fossero esercizio di potest pubbliche ed atti
sottoposti alla disciplina di diritto privato e tale distinzione serv a sottoporre a disciplina giuridica e
controllo giurisdizionale buona parte degli atti del Potere esecutivo.
A seguito dellavvento dello Stato di diritto, tale distinzione stata estesa agli atti di imperio,
soggetti a disciplina pubblicistica, distinguendoli dagli atti di gestione, soggetti a disciplina
privatistica.
Tuttavia, alla fine degli anni Trenta, la dottrina ha chiarito che anche lattivit di diritto privato deve
considerarsi attivit amministrativa, in quanto finalizzata alla cura dellinteresse pubblico, tanto da
potersi parlare di autonomia privata dellamministrazione.
Tale attivit, infatti, sostanzialmente amministrativa e formalmente privatistica, consente di
riconoscere lamministrazione secondo lautonomia negoziale o privata negli stessi termini in cui
riconosciuta ai privati.
Negli ultimi decenni, peraltro, si fatta strada una diversa concezione secondo la quale gli atti
negoziali compiuti dallamministrazione non presuppongono che lamministrazione abbia
autonomia privata, in quanto lautonomia privata esprime un potere libero di soddisfare i propri
interessi, per cui si viene a negare che tale regola possa essere applicata agli atti amministrativi.
In definitiva, si desume che lautonomia privata, quale potere libero di regolamentare i propri
interessi, non pu essere riconosciuta allamministrazione in quanto essa risulta vincolata a curare
gli interesse che le sono affidati. Tuttavia, se per autonomia privata sintende la capacit di porre in
essere atti di natura privatistica, allora si pu pienamente ritenere che lamministrazione ne sia
dotata.
In ogni caso, lamministrazione deve agire curando linteresse pubblico e seguire le procedure
tipiche previste dalla legge, sia che agisca nella stipulazione di contratti per cui deve seguire il
31
procedimento di evidenza pubblica sia che deve agire mediante atti autoritativi ovvero atti
consensuali e privatistici.




Capitolo 2
Situazioni giuridiche soggettive dellamministrazione

1. Precisazioni sul potere giuridico e caratteri essenziali del potere della pubblica amministrazione
Il potere termine che designa oggetti diversi e che nel diritto amministrativo individua come
pubblici poteri i soggetti dellapparato amministrativo in quanto potere che la pubblica
amministrazione esercita quale autorit nellambito dellattivit regolata dal diritto amministrativo
classificata con il concetto di potere giuridico, che ha rappresentato una diversa funzione in
quanto volont del soggetto indirizzata ad ottenere determinati effetti giuridici consentiti dalla
norma.
Il concetto di potere giuridico ha raggiunto una sua autonomia misurandosi con il diritto soggettivo,
in quanto ad oggi il potere si definisce come lattitudine a determinare uno o pi effetti giuridici
previsti dallordinamento.
Caratteri specifici del potere esercitato dalla pubblica amministrazione sono:
a) sono titolari del potere soltanto soggetti individuati dalla norma;
b) determina gli effetti giuridici previsti dallordinamento, senza che occorra il consenso del
soggetto interessato;
c) si esercita mediante ladozione di un atto tipico denominato provvedimento amministrativo;
d) si confronta con la situazione giuridica soggettiva dellinteresse legittimo;
e) sindacabile, di solito, dal giudice amministrativo e la giurisdizione del T.A.R. e del
Consiglio di Stato riguarda la legittimit che si articola in vizi di violazione di legge,
competenza ed eccesso di potere.

2. Distinzione del potere della pubblica amministrazione in relazione al contenuto
Nella disciplina giuridica del potere della pubblica amministrazione rientra lassetto degli interessi
stabilito con lesercizio del potere che si distingue sotto tre profili.
a) Poteri di trasformazione e poteri di conservazione.
Attengono agli effetti che possono derivare dallesercizio del potere, quali gli effetti di costituzione,
modifica, estinzione di situazioni giuridiche soggettive e la sua esecuzione incide nel reale
producendo effetti materiali.
In particolare, leffetto di trasformazione si produce mediante la produzione dellatto
amministrativo positivo, mentre quello di conservazione si produce con latto amministrativo
negativo e cio con atto che non produce effetti sul piano materiale. Tali poteri, non trovando alcun
approfondimento in dottrina ed in giurisprudenza operano esclusivamente sul piano delle previsioni
in quanto stabiliscono che non si proceda ad alcuna modificazione e non incidono nel reale, per cui
non vengono coinvolti interessi legittimi.
b) Poteri di indirizzo e poteri di gestione.
Tale distinzione risale agli anni Novanta allorch tra gli organi politici, elettivi ed amministrativi si
distribuisce il potere che, in precedenza, spettava allorgano politico.
Gli organi politici, infatti, pongono indirizzi e scopi che gli organi amministrativi devono seguire
nellesercizio dei loro poteri di gestione, e ci ha determinato una rivoluzione nellapparato
amministrativo della pubblica amministrazione.
Peraltro, il modello della c.d. responsabilit ministeriale sono individuati nel rapporto di gerarchia
tra dipendenti ed organo politico, laddove i primi possono esternare ai secondi la volont
dellamministrazione, in quanto di dipendenti possono preparare listruttoria, redigono atti e danno
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ad essi esecuzione, restando irresponsabili in quanto sono gli organi politici responsabili degli atti
assunti sul piano civile, penale ed amministrativo e sul piano politico per i risultati dellazione
amministrativa.
La distinzione tra poteri di indirizzo e poteri di gestione riguarda altres leliminazione della
concentrazione negli organi politici dellattivit di indirizzo, gestione e controllo con attribuzione ai
dirigenti dei poteri di gestione ed agli organi politici il potere di indicare gli obiettivi da perseguire.
Pertanto, i dirigenti divengono responsabili degli atti adottati sul piano amministrativo, civile e
penale oltre che dellefficienza della gestione e del raggiungimento degli obiettivi.
c) Discrezionalit amministrativa o pura, discrezionalit c.d. tecnica (valutazioni tecniche) e
potere vincolato.
Il potere della pubblica amministrazione si distingue in potere vincolato, discrezionale puro,
discrezionale tecnico o valutazione tecnica.
Invero, la pubblica amministrazione dovrebbe eseguire la legge come specchio della previsione
normativa, ma cos non in quanto essa opera nel concreto del divenire dellesperienza in cui rileva
linteresse pubblico specifico che la legge non pu prevedere in tutte le sue possibili evenienze.
Lamministrazione, pertanto, deve scegliere la soluzione pi opportuna in quanto esercita un potere
di scelta che consiste nella discrezionalit amministrativa che si contrappone al potere vincolato che
si ha quando la norma risolve la valutazione degli interessi e stabilisce il contenuto del
provvedimento da adottare.
La discrezionalit c.d. tecnica, invece, frutto di un giudizio che la norma stabilisce di effettuare e
che il giudice amministrativo assimila alla discrezionalit amministrativa.
La dottrina, peraltro, ha inteso sottoporre a regole giuridiche il potere discrezionale, anche quello
tecnico, a tutela delle situazioni giuridiche soggettive dei cittadini altrimenti rimesse allarbitrio
della pubblica amministrazione.

3. Potere vincolato e potere discrezionale puro.
La distinzione tra potere vincolato e potere discrezionale stata gi spiegata dalla dottrina sin dagli
inizi, ma la questione che si venuta a profilare sta nella riflessione se la norma disciplina in modo
compiuto lazione amministrativa ovvero se non vi siano ulteriori margini di scelta in presenza di
potere vincolato per cui si di fronte ad un potere discrezionale.
Non si pu ripercorrere la complessa indagine della scienza del diritto amministrativo sul tema, ma
si pu considerare la tesi dominante della dottrina, per cui lamministrazione deve agire per il
soddisfacimento dellinteresse pubblico specifico, quale interesse primario, in quanto imposto dalla
norma ovvero che la scelta sia eseguita valutando comparativamente tutti gli interessi pubblici
secondari, collettivi e privati, per poi decidere lassetto degli interessi a seconda dellinteresse
prevalente per il singolo caso e che pu risultare diverso da quello pubblico primario.
In tal senso si spiega lesercizio del potere discrezionale della pubblica amministrazione che ha
portato alla previsione di nuovi istituti giuridici, come la conferenza di servizi.
In generale, gli enti a fini generali non hanno attribuzione di uno specifico interesse pubblico,
mentre lo Stato presenta unattribuzione di un ben determinato interesse pubblico che viene
predeterminato dalla legge in capo ad ogni Ministero, invece per gli enti territoriali sono gli organi
politici a fissare indirizzi e scopi da perseguire nellesercizio del loro potere discrezionale.
Invero, quando in un procedimento amministrativo occorre effettuare un esame contestuale dei vari
interessi pubblici, ex art. 14 della legge n. 241/ 1990, lamministrazione procedente indice una
conferenza di servizi per arrivare ad una decisione che frutto dellinsieme dei titolari dei diversi
interessi pubblici coinvolti che contestualmente esprimono il loro avviso nella comparazione degli
interessi primari e secondari che ivi si presentano.
Viene, dunque, in rilievo linteresse pubblico determinato in concreto nella specifica situazione
valutata dalla diverse amministrazioni, per cui la soluzione opportuna pu essere pi di una un
quanto si riguarda allassunzione degli interessi di tutti e la loro valutazione comparativa in ordine
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allinteresse primario o secondario in concreto valutato nel procedimento di partecipazione alla
conferenza medesima.

4. La disciplina del contenuto del potere discrezionale
Secondo una parte della dottrina dallagire della pubblica amministrazione andrebbe escluso il
merito della scelta amministrativa, in quanto sfera inviolabile dellagire libero dellamministrazione
i cui criteri sarebbero, invece, rinvenibili nellambito delle scienze sociali presupposte dalla norma.
Invero, la giurisprudenza amministrativa ha da sempre sostenuto limpossibilit di svolgere un
sindacato sulla opportunit della scelta rimessa alla pubblica amministrazione, salvo che nelle
materie espressamente indicate dalla legge in cui esercitata la pi ampia giurisdizione estesa al
merito.
In particolare, la giurisprudenza ha individuato i criteri che la discrezionalit deve rispettare, pur in
assenza di espressa previsione normativa, e cio la non contraddittoriet, la consequenzialit logica
di ogni processo decisionale sotto forma di illogicit manifesta, ecc. Il metro utilizzato dalla
giurisprudenza per valutare il contenuto del potere discrezionale consiste nella griglia delle regole
disciplinanti il potere discrezionale della pubblica amministrazione che si ritiene vincolata per
evitare la sanzione di annullamento in caso di impugnativa e che lo stesso giudice assume come
principi che causano lillegittimit del provvedimento.
In definitiva, il giudice, in assenza di previsione normativa sullesercizio del potere discrezionale,
ha costruito le proprie regole che costituiscono un reticolo di norme di origine giurisprudenziale tali
da confinare in ambiti sempre pi ristretti lagire libero della pubblica amministrazione.

5. La discrezionalit tecnica.
La discrezionalit tecnica, in assenza di previsioni normative, stata riferita alla norma c.d.
imprecisa, ossia a quella regola non univoca mediante la quale vengono definiti fatti complessi
rispetto a quelli semplici, presupposti dellapplicazione della norma.
La dottrina ha rilevato che laccertamento del fatto ed il suo apprezzamento rappresentano
unattivit svolta dalla pubblica amministrazione mediante la quale il fatto ricondotto alla norma
precisa e tale da distinguersi dalla discrezionalit amministrativa, in quanto atti di volont di un
precetto.
Il trattamento giuridico della norma imprecisa linsindacabilit del potere discrezionale esercitato
dalla pubblica amministrazione e tale fattispecie risulta ancora pi complessa laddove la norma
stabilisce che si debbano operare valutazioni che trovano il loro parametro in scienza c.d. esatte o
umanistiche, come la medicina.
Ebbene in tutti questi casi si parla di discrezionalit tecnica, in quanto il giudice amministrativo la
ritiene sindacabile soltanto in sede di legittimit attraverso le c.d. figure sintomatiche di eccesso di
potere.
La discrezionalit tecnica manifestazione di un giudizio conseguente ad un accertamento di fatto,
in cui rileva lapplicazione di criteri e parametri scientifici e tecnici e da regole che sono
presupposte dalla norma che incorpora la tecnica.
Invero, il giudice ordinario, civile o penale, pu disporre consulenze tecniche per rivalutare le
operazioni eseguite e se convenuta la pubblica amministrazione possibile un accertamento del
rapporto con lattore, soggetto privato, anche in ordine agli accertamenti tecnici mediante
consulenza tecnica.
Il giudice amministrativo, invece, conosce gli interessi legittimi incisi dallatto della pubblica
amministrazione per cui egli pu limitarsi a sindacare la correttezza dellaccertamento e delle
valutazioni compiute da questa compiute senza peraltro sostituirsi ad essa. Del resto, per effetto
della legge n. 205/ 2000 il giudice amministrativo ha oggi il potere di disporre consulenze tecniche
in ambito di giurisdizione di legittimit ed esclusiva.
34
Il giudizio di legittimit, infatti, riguarda il rispetto che la pubblica amministrazione eserciti il
potere secondo le regole stabilite dalla norma e se questa richiama valutazioni tecniche il giudice
amministrativo sar legittimato a valutarle.
In definitiva, il giudice amministrativo ha perso la sua posizione in ordine alla insindacabilit della
discrezionalit tecnica, da cui la possibilit di un sindacato che affondi la sua indagine sino alla
verifica diretta della attendibilit delle operazioni tecniche.
Invero, di recente di distinto tra giudizi tecnici opinabili e quindi soggettivi, e giudizi tecnici su
dati univoci e non opinabili. Il giudizio per i primi sarebbe un sindacato di tipo debole attraverso
leccesso di potere e le sue figure c.d. sintomatiche e come tale rimesso allamministrazione
nellambito del suo potere di provvedere.
In tal modo si esclude il sindacato sulle prove concorsuali e sugli esami di abilitazione
professionale.
Invero, lamministrazione non fa altro che interpretare il dato normativo ed accertare di fatto e
valutare , secondo parametri tecnici richiamati dalla norma, la posizione da assumere da cui resta
escluso che il giudice possa esprimere un giudizio che, come tale, riservato al potere
dellamministrazione.
Infatti, il giudice se compie unindagine piena e diretta alla valutazione tecnica d esecuzione alla
norma, la cui tutela, ex art. 24 e 113, comma 1, Cost., deve essere piena ed effettiva in quanto il
sindacato giudiziario deve tutelare sia diritti che interessi legittimi.


Capitolo 3

Le situazioni giuridiche soggettive dei privati.

1. Diritti soggettivi dei privati nei confronti dellamministrazione.
Seguendo lindagine relativa alle situazioni giuridiche di vantaggio si pu affermare che i soggetti
privati sono titolari, nei confronti dellamministrazione, di diritti soggettivi assoluti, relativi, reali
ed obbligatori - e di interessi legittimi.
Al privato, proprietario di un bene immobile spetta il rispetto che lordinamento prevede per tutti i
soggetti e se, per esigenze di pubblica utilit, il bene deve essere espropriato, lamministrazione
deve agire nel rispetto del principio di legalit per lo svolgimento del procedimento di
espropriazione.
In tale ambito, infatti, i diritti soggettivi dei privati sono tali anche nei confronti
dellamministrazione che ha il potere di limitarli o di estinguerli, in quanto tale potere viene in
essere mediante liter procedimentale in cui vengono tutelati il diritto soggettivo ed il potere avente
ad oggetto la limitazione o lestinzione di quel diritto.
Invero, il privato, titolare del diritto soggettivo, non resta privo di tutela in quanto lordinamento
attribuisce al titolare del diritto una diversa situazione giuridica soggettiva, e cio linteresse
legittimo che gli consente di partecipare al procedimento al fine di evitare o ridimensionare
lincidenza negativa sul suo diritto.
Non pu, dunque, parlarsi di trasformazione (o affievolimento) del diritto in interesse legittimo, in
quanto si tratta di due vicende separate dal momento che linteresse legittimo nasce con linizio del
procedimento ed il diritto soggettivo si estingue solo al momento della conclusione di esso e solo
nel caso di provvedimento favorevole per il privato.
Il diritto soggettivo pu essere tutelato come tale solo se il potere autoritativo di limitarlo o
estinguerlo non sussiste o non viene in considerazione, per cui il soggetto pubblico adotta
provvedimenti ablatori di cui non ha la titolarit del relativo potere, da cui la nullit del
provvedimento adottato in carenza di potere (difetto assoluto di attribuzione).


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2. Il problema dei diritti c.d .resistenti.
Alla fine degli anni Settanta la Corte di cassazione ha individuato diritti non limitabili n
estinguibili ad opera dellamministrazione, tanto da creare la categoria dei diritti non degradabili,
c.d. diritti resistenti alla quale venivano ricondotti quei diritti costituzionalmente riconosciuti.
Primo tra tutti il diritto alla salute, esteso anche al diritto allambiente salubre.
Invero, il carattere resistente del diritto deve comportare lassenza di poteri amministrativi che ne
possano determinare lablazione, per cui lamministrazione risulta priva del potere di affievolire il
diritto costituzionalmente garantito.
Sul piano sostanziale, peraltro, la tutela degli interessi privati, in caso di collisione con gli interessi
pubblici, comporta limpossibilit di soddisfare i secondo e viceversa la soddisfazione dei primi
impedisce di costruire una categoria di diritti resistenti allesercizio del potere.
La giurisprudenza ha ritenuto che le controversie relative resistenti siano di competenza del giudice
ordinario e non in quella del giudice amministrativo. In pratica, per, questa ripartizione di
competenza giurisdizionale non possibile in quanto il giudice ordinario non pu annullare i
provvedimenti amministrativi che vengano riconosciuti illegittimi, ma pu soltanto condannare al
risarcimento del danno ovvero applicare misure interdittive degli interventi pubblici.
Il legislatore non ha mai riconosciuto tale categoria di diritti, ma si limitato a disciplinare i
provvedimenti cautelari del giudice amministrativo in tema di interessi essenziali della persona,
quali il diritto alla salute, allintegrit dellambiente, ovvero altri beni di primario rilievo
costituzionale, affermando altres la giurisdizione del giudice amministrativo.
La Cassazione, invece, ha mantenuto fermo il suo orientamento e la Corte costituzionale, di recente,
ha affermato che non ravvisabile alcun principio o norma del nostro ordinamento giuridico che
riservi esclusivamente al giudice ordinario la tutela dei diritti costituzionalmente protetti (sentenza
n. 140 del 2007) e ci consente una migliore composizione tra diritti privati ed interessi pubblici.

3. Linteresse legittimo
In tema di interesse legittimo si pone la tutela giuridica dei privati che si trovano di fronte
allamministrazione dotata di poteri autoritativi dal cui esercizio possono derivargli vantaggi o
svantaggi.
Linteresse legittimo, infatti, consente al privato di difendere il suo patrimonio giuridico
dallazione intrusiva dellamministrazione ovvero di sollecitare o sostenere lazione amministrativa
diretta allampliamento del suo patrimonio.
In particolare, linteresse legittimo si qualifica come oppositivo nel primo caso (ex. espropriazione)
; mentre nel secondo caso si parla di interesse legittimo pretensivo ( ex. richiesta di provvedimento
favorevole, in caso di concessione in uso esclusivo di bene demaniale).
Entrambe le due specie di interesse legittimo hanno la medesima struttura ed i medesimi mezzi di
tutela, per cui esso sussiste in tutti gli ordinamenti moderni ove il potere autoritativo retto dal
principio di legalit ed anche al riparo dal controllo giurisdizionale.
Altri ordinamenti hanno risolto in maniera diversa il problema della tutela dei privati nei confronti
dellazione amministrativa: come in Germania che si fa riferimento a diritti pubblici soggettivi,
quali species della categoria del diritto soggettivo.
In Italia, invece, la necessita di elaborare una figura diversa dal diritto soggettivo stata determinata
dallevoluzione della tutela giurisdizionale prevista nei confronti dellamministrazione rendendo
inevitabile il ricorso allinteresse legittimo.
La tutela dei privati nei confronti dellamministrazione, infatti, gi nel periodo del Regno dItalia
aveva carattere prettamente amministrativo in omaggio al principio della separazione dei poteri, per
cui i Tribunali del contenzioso amministrativo erano gli organi che facevano capo al contenzioso
amministrativo.
In occasione della legge di unificazione amministrativa (legge n. 2248 del 1865) il principio della
separazione dei poteri venne superato e la tutela dei diritti soggettivi venne affidata al giudice, che
36
allora era soltanto il giudice ordinario e gli interessi non riconosciuti come diritti soggettivi
rimasero senza tutela, amministrativa contenziosa.
In tale situazione venne istituita con la riforma del 1889 la IV Sezione del Consiglio di Stato, c.d.
perla giustizia amministrativa, che venne ad assicurare la tutela contro atti e provvedimenti delle
autorit amministrative o di corpi amministrativi deliberanti che abbiano ad oggetto un interesse di
individui o di enti morali giuridici, ossia un interesse considerato dal legislatore quale elemento
metagiuridico che non pu consistere di per s in una situazione giuridica soggettiva.

4. Linteresse legittimo come situazione giuridica soggettiva
Linteresse ha dato luogo ad un intensa ricerca teorica che, per tappe successive, ha consentito di
attribuire sostanza alla generica espressione utilizzata dal legislatore del 1889.
I primi commentatori della legge, infatti, avevano escluso che si fosse creata una nuova situazione
giuridica soggettiva, per cui ove di diritti si fosse parlato la tutela era quella offerta dal giudice in
forza della legge del 1865.
Al fine di giustificare la tutela giurisdizionale, affidata alla IV Sezione del Consiglio di Stato, si
utilizzarono vari espedienti facendo ricorso alla tutela in modo diretto dellinteresse pubblico ed in
modo occasionale a quello privato, ritenendo che linteresse privato ricorrente fosse in verit un
diritto soggettivo, che veniva affievolito dagli atti e provvedimenti amministrativi contro i quali si
era presentato ricorso.
Da tale ricostruzione emerge, dunque, che linteresse legittimo non era concepito come una
situazione giuridica soggettiva al pari del diritto soggettivo, per cui la tutela giurisdizionale era nel
senso pieno del termine.
Linteresse legittimo, allora, si distingue nelle due categorie di interessi pretensivi ed interessi
oppositivi, da cui si tenta di rendere concepibile la tutela giurisdizionale anche ad interessi non
riconosciuti come diritti soggettivi.
Di qui la tesi di Giuseppe Chiovenda che, allinizio del secolo scorso, superando la distinzione tra
diritto soggettivo ed interesse legittimo, port al riconoscimento di un bene, oggetto del diritto
soggettivo sostanziale, al titolare dellazione, ossia del diritto di rivolgersi al giudice amministrativo
in quanto qualificazione giuridica da cui si riconosce altres la tutela giurisdizionale.
Secondo tale tesi, infatti, linteresse del privato si riduce ad un interesse di ordine processuale, in
quanto il titolare legittimato a proporre ricorso al giudice amministrativo.
Tuttavia, linteresse legittimo resta privo di qualsiasi rilevanza giuridica sul piano sostanziale,
seppure assume rilievo sul piano processuale nei termini di potere di agire in giudizio.
Di qui, linteresse legittimo assurge a dignit di situazione soggettiva sia pure sotto il solo diritto
processuale.

5. Linteresse legittimo come situazione giuridica sostanziale.
Inteso come situazione processuale, linteresse legittimo nasce a seguito delladozione del
provvedimento se favorevole, per cui si tutela linteresse pubblico curato dallamministrazione e
linteresse legittimo si pone come reazione contro il provvedimento sfavorevole e come tale non
sussiste prima di questultimo.
Ritenere sussistente una situazione soggettiva di diritto sostanziale richiede che essa trovi
riconoscimento e tutela prima del processo, per cui linteresse del privato doveva trovare
legittimazione gi nel momento dellazione amministrativa.
Si cerc, allora, di individuare quel valore del diritto oggettivo che garantisse il privato nella
titolarit dellinteresse legittimo e lo si individu nella legittimit dellazione amministrativa.
Tuttavia, tale nozione di legittimit contrastava con il valore in concreto rimesso al soggetto, in
quanto essa riguardava in generale lazione amministrativa che, invece, andava collegata ad un
interesse proprio del soggetto privato.
Abbandonata lidea dellinteresse legittimo ancorato alla legittimit dellazione amministrativa, la
dottrina ha preso atto dei limiti della relativa tutela per cui, secondo una visione concreta e
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realistica, si posto come oggetto dellinteresse legittimo la stessa azione dellamministrazione in
quanto strumentale ad acquisire un bene della vita, ossia un interesse sostanziale rappresentato da
tale comportamento.
La Costituzione ha definitivamente sanzionato il carattere di diritto sostanziale dellinteresse
legittimo con lart. 24 Cost collocando linteresse legittimo accanto ai diritti soggettivi e parimenti
gli artt. 103, comma 1 e 113 Cost.
Il contenuto dellinteresse legittimo risulta dalla giurisprudenza e dalle diverse disposizioni
legislative e dalla legge sul procedimento amministrativo.

6. Linteresse legittimo come situazione giuridica risarcibile
Riconosciuto il carattere sostanziale dellinteresse legittimo se ne
ricavata la sua risarcibilit in caso di violazione da parte dellamministrazione sia per il mancato o
ritardato esercizio del potere sia per lillegittimo esercizio del potere.
La dottrina ha confermato la tutela risarcitoria avverso comportamenti dannosi
dellamministrazione in caso di danno ingiusto per lesione di un interesse giuridicamente rilevante ,
ossia di lesione di interesse legittimo.
Fino alla fine del secolo scorso, la giurisprudenza non riteneva possibile il risarcimento del danno
soprattutto perch preoccupata di tutelare le finanze pubbliche contro esborsi da risarcimento.
Successivamente, dopo circa 110 anni dalla sua introduzione nel nostro ordinamento, linteresse
legittimo ha trovato riconoscimento sotto il profilo risarcitorio seppure con diversi problemi.
Il primo problema attiene alla concezione di interesse legittimo, per cui se si assume che esso abbia
ad oggetto il bene della vita a cui aspira il suo titolare, allora la misura del risarcimento deve
parametrarsi a tale valore laddove tale valore sar prognostico in caso di interesse legittimo inteso
come bene che il titolare teme di perdere.
Viceversa, se linteresse legittimo ha ad oggetto il comportamento dellamministrazione, allora esso
vive nel procedimento e la misura del danno risarcibile dato dal valore di tale interesse che pu
derivare dalla determinazione per la lesione dellinteresse finale avente ad oggetto il bene
illecitamente sottratto.
In giurisprudenza si seguono entrambi gli indirizzi della dottrina sovra richiamati, ma la
giurisprudenza amministrativa pi consolidata ritiene che lazione risarcitoria sia strettamente
dipendente dal favore dellesito dellazione di annullamento del provvedimento lesivo, in quanto il
risarcimento pu essere chiesto se il danneggiato non ne abbia tempestivamente chiesto e poi
ottenuto lannullamento.


Parte 3
Capitolo 1

Lattivit amministrativa

1. Verso la costruzione di una disciplina speciale dellazione amministrativa.
Con la formazione dello Stato unitario la dottrina e la giurisprudenza hanno messo in luce come la
sola disciplina applicabile agli atti amministrativi fosse il diritto privato e che, pertanto gli atti che
comportavano il consenso dei privati non potevano che essere costruiti come atti consensuali.
Lo schema consensuale venne esteso alle convenzioni pubblicistiche e gli atti c.d. ablatori venero
ritenuti validi pur in assenza della volont della parte privata in quanto compensata dalla volont di
legge.
In tale contesto, in assenza di una disciplina speciale, gli atti dello Stato venivano intesi come atti
sovrani e laddove si richiedevano atti consensuali si applicava la disciplina di diritto privato.
In particolare, lattivit di diritto privato svolta dallo Stato si caratterizzava per lo sdoppiamento tra
Stato e Fisco, in quanto idoneo ad operare in posizione paritetica rispetto ai cittadini e, in secondo
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tempo, ricomposta ad unit la personalit dello Stato in quanto dotato di una doppia capacit di
diritto pubblico e di diritto privato da cui la distinzione tra atti di imperio e atti di gestione.
Di qui, lamministrazione inizia ad essere pensata come titolare di poteri unilaterali, in quanto
capace di esercitare il relativo potere pur in assenza del consenso dei destinatari dei provvedimenti
e, parimenti, si affermato il principio di legalit, per cui lamministrazione veniva ritenuta idonea
dei soli poteri unilaterali previsti dalla legge e che doveva esercitarli sempre e comunque nel
rispetto della legge.
Conseguentemente, la tutela dei privati nei confronti degli atti unilaterali dellamministrazione si
spostava nellambito della tutela offerta dal principio di legalit e si riteneva che latto
amministrativo, caratterizzato da esecutivit ed esecutoriet, poteva essere ritenuto viziato seppure
atto legittimo in quanto oggetto di eventuale annullamento.

2. Lazione amministrativa tra disciplina privatistica e disciplina pubblicistica
Nellultimo decennio del secolo XIX si forma il diritto amministrativo e, accanto agli atti
unilaterali, si specificano insieme agli atti consensuali anche i contratti, disciplinati dalla leggi di
contabilit di Stato.
Lattivit amministrativa dallessere soggetta al diritto pubblico ed in parte al diritto privato, trova
un doppio statuto giuridico, in quanto dottrina e giurisprudenza si concentrano per lattivit
amministrativa di diritto pubblico nella nozione di provvedimento amministrativo e per quella di
diritto privato nelle forme proprie di diritto privato, ossia nella stessa posizione assunta dal soggetto
privato.
Massimo Severio Giannini, in particolare, definisce ogni ente pubblico dotato di autonomia privata
sol perch persona giuridica, in quanto le norme sulla plurisoggettivit non distinguono tra
soggetti persone fisiche e soggetti persone giuridiche.
La giurisprudenza, inoltre, ha evidenziato come le regole di diritto pubblico si estendano alla
formazione del contratto in quanto tese a tutelare il perseguimento dellinteresse pubblico tanto che
la dottrina ha ravvisato come lamministrazione non possa utilizzare poteri di autonomia privata ma
debba pur sempre esercitare poteri amministrativi.
Negli anni Ottanta, la dottrina afferma che lattivit amministrativa pu esprimersi con strumenti
privatistici in quanto attivit funzionalizzata e soggetta a regole generali diverse dallattivit dei
soggetti privati.
Nellambito delle nuove riflessioni si pone lattenzione al contratto di diritto pubblico, in quanto si
espressione del potere unilaterale del potere dellamministrazione anche in atti bilaterali in cui
convergono poteri diversi ma coincidenti nel regolamento di interessi cui latto giuridico da vita.
In definitiva, accanto ai contratti di diritto privato in cui lamministrazione si pone in fattispecie
bilateriali, si riconosce in capo allamministrazione un potere unilaterale non privatistico in cui si
delineano gli accordi pubblicistici, le convenzioni pubblicistiche.

3. Lattivit amministrativa tra autorit e consenso. Il valore precettivo del potere amministrativo.
La concezione attuale della dottrina maggioritaria considera lattivit amministrativa sia autoritaria
che consensuale.
Sotto il primo profilo, si designa una nozione strettamente tecnico giuridica, in cui si spezza la
nozione di sovranit, quale potere autoritativo nel disciplinare interessi altrui e si riguarda al potere
precettivo dellamministrazione nellelaborazione di regolamentazione di interessi pubblici e privati
rispetto al quale latto amministrativo si pone come imperativo.
Il potere imperativo, infatti, si esprime mediante atti precettivi unilaterali ed anche in atti bilaterali
consensuali, cos negli accordi previsti dalla legge sul procedimento, laddove per la prima tipologia
di atti il consenso non necessario.
Nel caso in cui latto consensuale indispensabile per il raggiungimento di un determinato
regolamento di interessi, allora, il potere amministrativo non pu considerarsi autoritativo, in
quanto il consenso del privato condiziona tale regolamento.
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Al potere precettivo, dunque, si riconosce il c.d. vincolo di scopo, in quanto finalizzato al
raggiungimento di un interesse pubblico rispetto a quello degli amministrati e tale principio si fonda
sulle regole di imparzialit, proporzionalit e trasparenza dellazione amministrativa, in quanto
lamministrazione agisce tendendo conto dellapplicazione dei suddetti principi nel perseguire
linteresse pubblico e nella tutela delle situazioni giuridiche soggettive dei privati.

4. Segue. Lattivit consensuale dellamministrazione
Tanto in dottrina quanto in giurisprudenza lattivit consensuale dellamministrazione riguarda la
posizione del privato che assume nelle obbligazioni nei confronti dellamministrazione, per cui
consensuali possono essere anche atti sfavorevoli al privato ed in tal caso si esercita un potere
autoritativo.
Lamministrazione ha facolt di scegliere tra accordi o per provvedimenti e si tratta di una scelta
discrezionale che va operata secondo il criterio dellinteresse pubblico.
Inoltre, non vi alcuna corrispondenza tra atti di autorit ed atti consensuali ed atti di diritto
pubblico ed atti di diritto privato, in quanto entrambe le categorie possono essere configurate come
atti consensuali di diritto pubblico e viceversa.
Nellambito delle fattispecie consensuali, i contratti prevedono la necessit del consenso dei privati
laddove gli accordi non lo richiedono. Nellattivit di programmazione e di pianificazione, invece,
laccordo assume carattere centrale, in quanto si sostituisce agli atti autoritativi nella negoziabilit
dellassetto degli interessi in gioco.

5. Segue. Distinzioni vecchie e nuove.
Lattivit amministrativa stata oggetto di numerose operazioni di classificazione in senso
oggettivo ed in senso soggettivo. Alcune di tali distinzioni sono state tradizionalmente tralasciate, in
quanto lattenzione si spostata sugli atti e sui provvedimenti, mentre altre trovano ancora piena
validit.
Rileva, infatti, il criterio teleologico, in merito allinteresse pubblico perseguito, in quanto lattivit
amministrativa, al di l delle sue denominazioni, attivit necessariamente razionale nel suo
esplicarsi nelle fasi di ideazione, programmazione, progettazione, decisione, realizzazione,
esecuzione e valutazione dei risultati. Pertanto, in linea astratta, va considerata lattivit
amministrativa in quanto tale al di l delle sue specificazioni.

6. Attivit e funzione amministrativa.
Lattivit amministrativa in senso stretto ha una sua configurazione materiale o pregiuridica, in
quanto lordinamento giuridico attribuisce efficacia a determinati suoi atti e si specifica come
attivit amministrativa diretta in quanto cura di interessi pubblici.
Molteplici sono i modi in cui lattivit amministrativa viene presa in considerazione, ma evidente
che linteresse pubblico si pone come interesse non appartenente allamministrazione, ossia al
soggetto che pone in essere lattivit di cura, per cui occorre domandarsi chi ne sia il titolare.
In modo pi aggiornato si ritiene che gli interessi pubblici sono interessi di cui sono titolari le
collettivit di riferimento degli apparati amministrativi che li hanno in cura e, in ultima istanza, il
popolo al quale viene riferita la sovranit.

7. Modi e forme della rilevanza giuridica dellattivit amministrativa
Lattivit amministrativa consiste nel complesso di atti puntuali che assurge a fattispecie in quanto
considerate dal diritto.
Oggetto della valutazione giuridica, infatti, lattivit amministrativa di volta in volta considerata
nel suo insieme ovvero in segmenti separati secondo criteri diversi.
In definitiva, lattivit amministrativa assunta come tale pene il problema della consistenza del
principio di legalit e della relativa riserva di amministrazione, in quanto attivit finalizzata
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allemanazione del provvedimento in cui si racchiude il procedimento ed al quale fanno riferimento
il controllo di gestione, il controllo strategico e la responsabilit dirigenziale e cos via.
Tali sono alcuni dei modi in cui si esprime lattivit amministrativa rispetto alla quale, in ultimo,
stato aggiunto un nuovo istituto, la conferenza dei servizi in cui convergono pi procedimenti
connessi al fine di conseguire un determinato risultato concreto.


Capitolo 2
Principi e azione amministrativa

1. Principi generali dellazione amministrativa dalla legge b. 241/1990 alla legge n. 15/ 2005.
Lart.1, comma 1, della legge 241/1990 enuncia i principi dellazione amministrativa in quanto
determinati dalla legge ed retta da criteri di economicit, efficacia e pubblicit secondo le
modalit previste dalla legge e dalle altre disposizioni che disciplinano i singoli procedimenti.
La novella di cui alla legge n. 15/2005 ribadisce tali principi ed affianca a quelli nazionali i principi
dellordinamento comunitario aggiungendo, in particolare, la trasparenza dellattivit
amministrativa.
Nulla di nuovo aggiunge il comma 1- bis edlla legge, in quanto lamministrazione adotta atti di
natura non autoritativa secondo le norme di diritto privato, salvo che la legge disponga
diversamente.
Infine, il comma 1- ter prevede che i soggetti privati preposti allesercizio di attivit amministrative
assicurino il rispetto dei principi di cui al comma 1, ed in tale disposizione si conferma
lorientamento giurisprudenziale da tempo consolidato.
Invero, dallart. 1 della legge emerge una crisi con il principio di legalit in quanto sotto il profilo
del primato della legge formale e sotto il principio dellapplicazione del principio si rileva che il
principio di legalit fortemente contraddetto dalla prevalenza delle fonti normative comunitarie e
dallaccrescimento delle fonti secondarie nonch dalla elaborazione di principi da parte della
giurisprudenza relativi allattivit amministrativa.

2 .Principi giuridici e principio di legalit.
Dalla crisi del principio di legalit emerge il tentativo da parte della dottrina di estendere la portata
del principio a tutte le disposizioni costituenti il diritto in senso tecnico, ossia la possibilit di
estendervi la sua applicazione fino al merito dellattivit amministrativa.
Di qui, la legittimit dellazione amministrativa viene a risolversi nella conformit del
provvedimento secondo parametri normativi o meno assunti come precostituiti, per cui la stessa
legittimit assume contenuto diverso e sostanziale contrapponendosi al concetto di autorit.
Il principio di legalit si espande fino a comprendere i criteri e le regole proprie dellagire
dellamministrazione e a colmare eventuali lacune dellordinamento giuridico anche grazie
allopera della giurisprudenza che ha contribuito a formulare i principi relativi allazione.

3. Principi e norme non giuridiche: in dibattito antico
Il problema dei criteri di esercizio dellazione amministrativa ha investito la riflessione sulla
discrezionalit amministrativa, ma soprattutto allinizio del secolo scorso che lattenzione della
dottrina si posta sulle regole sociali e sui valori di giustizia capaci di indirizzare lattivit
discrezionale della pubblica amministrazione.
Nella riflessione sui criteri extra- giuridici, il dibattito degli anni Venti ha riguardato al rispetto della
legalit e al merito, un quanto attivit assolutamente vincolata oppure discrezionalmente libera e
tale orientamento venne confermato successivamente da M.S. Giannini che classific dette regole in
regole morali, regole sociali, regole di buona amministrazione, regole di correttezza amministrativa
e principi di politica. Invero, tali regole venivano riconosciute come regole giuda delle concrete
scelte operate dallamministrazione.
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4. I principi alla ricerca della giuridicit.
In Francia la riflessione stata diversa, in quanto i canoni di condotta dellazione amministrativa
sono stati censurati in sede di sindacato di legittimit da parte del Conseil dEtat, che ha posto
lesigenza di porre un limite a tali regole nella misura della stabilit che lazione amministrativa
deve assicurare nella propria attivit e di cui il giudice tenuto a garantirne il legittimo esercizio.
Anche la cultura anglosassone e statunitense ha mosso un approccio realistico allanalisi dei criteri
guida dellazione amministrativa, rinvenendo regole di azione concrete e specifiche che offrono
canoni capaci di controllo.
In Italia, il Consiglio di Stato ha affermato che le regole tecniche o sociali sono necessaria per
lapplicazione di norme giuridiche in quanto consentono un ampliamento della sfera della
legittimit. Pertanto, per soddisfare tali esigenze di tutela la dottrina ha offerto una sistemazione
teorica a tali regole e principi dando rilevanza alla legittimit piuttosto che al merito.
Si afferma, infatti, che lultima fonte di tali criteri data dallesperienza, che deve ritenersi
desumibile dalla media degli uomini secondo lelaborazione propria delle discipline sociali
oggettivamente riconosciute capaci di produrre le singole fattispecie.
In definitiva, si afferma che lesperienza a fornire elementi sufficienti perch lagente possa
esternare una norma ovvero una regola capace di disciplinare il caso concreto suscettibile di
accertamento oggettivo.

5. Principi e mutevolezza delle regole non giuridiche.
La dottrina andata molto al di l dellesistenza di tali criteri che guidano lazione amministrativa e
tra le varie soluzioni proposte si sostenuto la rilevanza giuridica che non sia nella norma extra
legem, ma nellinosservanza di essa tanto da parlare di invalidit esclusivamente amministrativa, in
quanto difformit dellazione amministrativa nel rendersi efficiente secondo il principio di
opportunit.
Riconosciuti come insuscettibili di identificazione, tali regole risultano flessibili nel loro continuo
adattarsi alla realt mutevole, da cui si deve negare che i medesimi canoni possano essere
considerati norme giuridiche o norme dotate di rilevanza giuridica.
Invero, non si contesta che qualsiasi regola possa avere contenuto di norma, ma soltanto che tali
criteri risultano di difficile inquadramento sistematico e, dunque, privi di stabilit e certezza
giuridica.
Tuttavia, le norme o regole sociali possono essere formulate anche in modo indefinito e secondo
principi scientifici ed assurgere a rilievo giuridico in sede di controllo di legittimit in quanto
riflesso di una disciplina pi ampia determinata da esigenze di ordine, correttezza che sono poste a
fondamento dellinteresse pubblico perseguito dallamministrazione.
Di qui, lampliamento operato dalla dottrina in riferimento al principio di legalit che si pone quale
fonte di esigenza di certezza dellazione amministrativa in sede di controllo di legittimit.

6. I principi generali dellordinamento
A tale esigenza offre risposta tutta la elaborazione teorica sui principi generali dellordinamento che
hanno contribuito ad ampliare il principio di legalit nellindirizzare lazione amministrativa.
Lo stesso Mortati, infatti, afferma che tali criteri non devono essere intesi come corpo di regole
compiute nella loro formulazione, in quanto piuttosto criteri generali o direttive dazione da cui
ogni persona dovrebbe ricavare elementi necessari per stabilire la relativa disciplina dazione.
Parimenti, negli ordinamenti di common law sono proprio i principi generali ad essere il principale
limite allazione amministrativa rispetto ai quali si pone lattenzione del giudice amministrativo.
La nostra giurisprudenza, inoltre, ha da tempo riconosciuto che i principi generali costituiscono
regole dellazione amministrativa tali da caratterizzare il diritto amministrativo in quanto tali
principi sono stati elevati a valori guida generali dellazione amministrativa.

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7. Segue, I principi di buona amministrazione in particolare.
Tra i principi generali dellordinamento meritano attenzione i c. d. principi di buona
amministrazione, in relazione ai quali si esclude che possano essere considerati principi generali
dellordinamento.
Invero, si tratta di regole di esperienza di cui gi si parlato che non possono essere confusi con i
principi generali dellordinamento.
In tal senso si spiega il c.d. principio di buona amministrazione, che gi presente nellordinamento
giuridico fascista, assolve allesigenza insita nellordinamento giuridico statale di regolare lattivit
delle persone giuridiche pubbliche.
Il principio stato assunto allart. 97 Cost. insieme a quello di buon andamento e di imparzialit,
laddove il buon andamento concerne lordinazione dellamministrazione al suo fine primario, cio
allinteresse pubblico specifico e si pone come canore di regolamentazione primaria; il secondo
riguarda il rispetto degli interessi secondari e si atteggia criterio positivo.
Anche limparzialit vige come principio positivo nellattuale ordinamento giuridico, in quanto essa
imposta dallevoluzione dellordinamento.
Meno agevole la conclusione per il buon andamento, in quanto si tratta di una nozione che si
riferisce specificamente agli uffici pubblici, per cui esso si profila sotto il duplice profilo funzionale
e strutturale negli elementi organizzativi dellamministrazione e che regge lazione amministrativa
nella cura del pubblico interesse.
In conclusione, lamministrazione trova un orientamento in regole precise e puntuali stabilite
dallordinamento giuridico ed in altri criteri guida della sua azione che vincolano nel merito le
proprie scelte e che fungono da misura di valore di quelle scelte.


Capitolo 3
Il procedimento amministrativo

1. La nozione di procedimento amministrativo
Le amministrazioni perseguono fini pubblici previsti dalla legge ed il procedimento amministrativo
definito come la serie di atti ed attivit funzionalizzate alladozione del provvedimento
amministrativo, che rappresenta latto finale della sequenza e che consiste nella decisione volta a
produrre un determinato assetto di interessi cui il medesimo procedimento predisposto nella cura
dellinteresse pubblico.
Procedimento amministrativo, dunque, rappresenta il processo decisionale formalizzato attraverso il
quale le amministrazioni pubbliche esercitano i poteri e le potest ad esse attribuite dalla legge per
la cura di un interesse pubblico il cui esercizio deve avvenire nel rispetto dei principi di
imparzialit, ragionevolezza e proporzionalit.

2. La disciplina giuridica del procedimento amministrativo
Con la legge n. 241/ 1990 sono state emanate norme che disciplinano il procedimento
amministrativo e lazione amministrativa, in particolare il diritto daccesso ai documenti
amministrativo. Successivamente il legislatore intervenuto con legge 15/2005 e con legge 80/
2005.

2.1. Segue. La competenza legislativa e normativa in materia procedimentale.
Le disposizioni contenute nella legge del 1990 e nella novella del 2005 si applicano esclusivamente
ai procedimenti amministrativi che si svolgono tra amministrazioni statali e degli enti pubblici
nazionali salvo quanto stabilito in materia di giustizia amministrativa.
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In particolare, il legislatore costituente delle riforma del Titolo V della nostra Carta costituzionale
ha ridefinito il riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni ed ha attribuito alla
competenza esclusiva statale la sola materia dellordinamento e dellorganizzazione amministrativa
dello Stato e degli enti pubblici nazionali, per cui in tale ambito deve ritenersi sussistente la
competenza legislativa delle Regioni relativamente allordinamento e allorganizzazione
amministrativa regionale e degli enti pubblici ed ha attribuito la titolarit delle funzioni
amministrative proprie e la potest regolamentare a Comuni, Province e Citt metropolitane in
ordine alla disciplina dellorganizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite (art. 117
e 118 Cost.).
In generale, la legge n. 241/1990 ha trovato applicazione generalizzata a tutte le amministrazioni
pubbliche.

3. Struttura e funzione del procedimento amministrativo.
La struttura del procedimento amministrativo non definita dalla legge 241/1990.
La dottrina e la giurisprudenza hanno suddiviso il procedimento amministrativo in fasi: la fase di
iniziativa, la fase istruttoria e la fase decisoria.
Invero, la decisione amministrativa si forma durante lo svolgimento del procedimento che termina
con lemanazione del provvedimento finale, per cui durante liter decisionale si snoda un
contiunuum di azioni e momenti che si presentano unitari tra loro.
Quanto allatto interno al procedimento si rinviene la sua forza lesiva delle posizioni giuridiche dei
destinatari, in quanto si richiede ladozione di un parere, obbligatorio ma non vincolante, al fine
delladozione del provvedimento finale con effetto lesivo per il privato laddove detto parere non sia
stato legittimamente richiesto ovvero rilasciato.
Sotto il profilo funzionale, il procedimento amministrativo serve a rendere palese il fatto di realt da
cui si ricava lesigenza di cura dellinteresse pubblico, c.d. interesse primario, verso cui indirizzare
lintero processo decisionale che si conclude con il provvedimento ed acquisire agli altri interessi,
pubblici e privati, presenti nel fatto, c.d. interessi secondari. Inoltre, il procedimento serve ad
accertare lesistenza e le caratteristiche del fatto e a valutare correttamente la consistenza degli
interessi coinvolti nonch individuare le norme che disciplinano lesercizio del potere rispetto al
caso concreto.


4. Lapertura del procedimento e liniziativa procedimentale
Il procedimento si apre con il primo atto, latto di iniziativa procedimentale.
Dallart. 2 della legge 241/1990 si ricava che lavvio del procedimento pu avvenire ad istanza di
parte ovvero dufficio, per cui nel primo caso lamministrazione sollecitata dal privato o da altra
amministrazione, mentre nel secondo caso la stessa amministrazione a dare avvio al
procedimento.
Di regola, i procedimenti ad istanza di parte sono destinati a conclusione con provvedimento che
amplia la sfera giuridica del privato (ex. concessione duso di bene demaniale). Tuttavia, nel caso di
primo atto che lamministrazione pone in essere per il perseguimento di interesse pubblico,
liniziativa procedimentale viene a coincidere con il primo atto posto dallamministrazione (ex.
espropriazione di terreno privato per realizzare opera pubblica).



5. Listruttoria procedimentale e il responsabile del procedimento.
Allatto di iniziativa procedimentale segue la fase dellistruttoria in cui si svolgono tutte le attivit
necessarie a chiarire le questioni rilevanti per la decisione finale.
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Durante la fase istruttoria lamministrazione accerta e valuta il fatto di realt e la sua rilevanza per
linteresse pubblico, acquisisce ulteriori fatti significativi e tutti gli interessi, pubblici e privati,
coinvolti nonch esercita potest discrezionali con valutazione comparativa degli interessi coinvolti.
Un ruolo decisivo in tale fase svolto dal responsabile del procedimento che, ai sensi di cui allart.
4 della legge, ove non sia direttamente stabilito per legge o per regolamento, le amministrazioni
sono tenute a determinare per ciascun procedimento relativo agli atti di propria competenza lunit
organizzativa responsabile dellistruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale.
Al responsabile del procedimento affidato il corretto ed efficace svolgimento della fase istruttorio
ed linterlocutore con i privati nellesercizio dellazione amministrativa.
In particolare, valuta i requisiti di legittimazione ed i presupposti rilevanti per lemanazione del
provvedimento, accerta dufficio i fatti adottando ogni misura per lo svolgimento dellistruttoria,
indice la conferenza dei servizi, cura le comunicazioni previste dalle leggi e dai regolamenti.
E altres lorgano competente per ladozione del provvedimento finale, ove diverso dal
responsabile del procedimento, non pu discostarsi dalle risultanze dellistruttoria condotta da
questultimo se non indicandone i motivi nel provvedimento finale.
Dunque, il responsabile del procedimento figura centrale sia nella fase dellistruttoria che in
quella dellemanazione del provvedimento nonch nello svolgimento di tutti gli adempimenti
procedimentali.

6. La partecipazione dei privati al procedimento amministrativo nella legge 241/ 1990.
Con la legge 241/1990 muta radicalmente il ruolo dei privati nel procedimento amministrativo, in
quanto nel sistema previgente era centrale la posizione assunta dallamministrazione.
Con la legge sul procedimento, infatti, la partecipazione dei privati serve alla migliore cura
dellinteresse pubblico, in quanto lamministrazione chiamata a valutare linteresse privato
rispetto allinteresse pubblico di cui essa ha cura nellesercizio del potere amministrativo.
Alla disciplina giuridica della partecipazione dei privati al procedimento dedicato il Capo III della
legge del 1990 che esclude lapplicazione di tale istituto per i procedimenti diretti allemanazione di
atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e programmazione nonch di quelli
tributari, in quanto ivi prevalgono esigenze di segretezza su quelle di pubblicit.
Il bilanciamento tra principi di trasparenza e di pubblicit ha portato la giurisprudenza ad ampliare
le prescrizioni relative alla partecipazione dei privati al procedimento tanto da interpretare in via
estensiva la relativa disciplina.
Tuttavia, in presenza di discipline settoriali che si applicano a determinati procedimenti, la legge
241/1990 viene a riconoscere una portata pi ampia della garanzia procedimentale, in quanto al
privato sono riconosciuti strumenti pi incisivi di interloquire con lamministrazione anche
oralmente e non soltanto mediante presentazione di memorie scritte e documenti come previsto
dallart. 10 della legge 241/1990, instaurando in tal modo un vero e proprio contraddittorio con
lamministrazione procedente.

7. La comunicazione di avvio del procedimento.
La partecipazione di avvio del procedimento richiede che i soggetti interessati siano messi in
condizione di avere conoscenza dellavvio del procedimento e tale circostanza garantita dalla
comunicazione di avvio del procedimento di cui allart. 7 della legge n. 241/1990.
Si tratta di un obbligo posto a carico dellamministrazione procedente nei confronti dei soggetti che
sono indicati al comma 1, dellart. 7 della legge, ossia a coloro nei confronti dei quali il
provvedimento finale diretto a produrre effetti giuridici ovvero a quelli che per legge devono
intervenirvi nonch a coloro nei confronti dei quali il provvedimento pu arrecare pregiudizio,
Lavvio del procedimento va altres comunicato ai soggetti che debbono partecipare al
procedimento in virt di previsione di legge.
Deroghe a tale obbligo sono previste laddove lamministrazione non tenuta a comunicare lavvio
del procedimento in quanto prevalgono esigenze di celerit nellurgenza di provvedere, comma 1,
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art. 7 della legge (cos nel caso di ordinanze di necessit) ovvero in caso di provvedimenti cautelari,
ossia di provvedimenti di sospensione di efficacia di precedenti provvedimenti (ex. la sospensione
di autorizzazione a svolgere una determinata attivit).
Il mancato adempimento dellobbligo di comunicazione dellavvio del procedimento costituisce una
violazione di legge e pu essere sanzionato nei termini di responsabilit disciplinare del funzionario
titolare dellufficio che incorso nella violazione.
Nella comunicazione deve essere indicata lamministrazione competente, loggetto del
procedimento, lufficio e la persona responsabile del procedimento, nonch lufficio in cui si
possono prendere visione degli atti e, dopo la legge 15/ 2005, il temine di conclusione del
procedimento e, nei procedimenti ad iniziativa di parte, il termini di presentazione dellistanza.
Secondo la giurisprudenza, ove la comunicazione non giunga a buon fine in tempo utile, la pubblica
amministrazione non perde il potere di svolgere il procedimento e di adottare il provvedimento
finale, che va emanato entro un certo termine a pena di decadenza.

8. Linterventore procedimentale e le sue pretese partecipative.
Elencati i soggetti che devono ricevere la comunicazione dellavvio del procedimento, ove questi
decidono di intervenire assumono la qualifica di interventori e la legge 241/1990 garantisce la
possibilit di partecipare al procedimento amministrativo ad un certo insieme di soggetti che hanno
il diritto di ricevere la relativa comunicazione di avvio.
Ai sensi dellart. 9, comma 1, della legge la facolt di intervenire nel procedimento assicurata
anche a qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici e privati nonch di interessi diffusi
costituiti in associazioni o comitati cui possa derivare pregiudizio dal provvedimento.
Il novero degli interventori decisamente ampio in quanto vi rientrano anche associazioni e
comitati portatori di interessi diffusi con relativa loro determinazione di legittimazione in sede
processuale sempre che ne ricorra il presupposto di lesione dellinteresse legittimo.
In ogni caso, soggetti legittimati ad intervenire nel procedimento sono quelli indicati allart. 7,
comma 1 e allart. 9, comma 1, della legge.
In virt dellart. 10 della legge tali soggetti hanno il diritto di prendere visione degli atti del
procedimento e il diritto di presentare memorie scritte e documenti che lamministrazione ha
lobbligo di valutare ove pertinenti alloggetto del procedimento.
In particolare, il diritto daccesso agli atti del procedimento consente di acquisire informazioni
necessarie per poter interloquire con lamministrazione e si pone come strumentale al diritto di
presentare memorie e documenti.
Il contenuto della memoria, infatti, deve indicare asserzioni su fatti rilevanti per lo svolgimento del
procedimento in relazione alla posizione dellinterventore.
La pertinenza della memoria rispetto alloggetto del procedimento valutata dallamministrazione
in riferimento al fatto prospettato e dal punto di vista dellinteresse di cui il soggetto ne sostiene la
titolarit.
Con la presentazione di memorie e documenti si costituisce un contraddittorio scritto tra
interventori e lamministrazione procedente, laddove le pretese partecipative si qualificano in
termini di diritti sebbene parte della dottrina li qualifichi come interesse legittimo definibili come
interessi procedimentali.
Tale ultima definizione sembra preferibile in quanto non tutti i soggetti legittimati a partecipare al
procedimento risultano titolari di un interesse legittimo, in quanto lo sono soltanto i diretti
destinatari del provvedimento finale ed i controiteressati di cui allart.7, comma 1, mentre non lo
sono i soggetti di cui allart.9 della legge.

9. Istruttoria procedimentale e attivit di consulenza di amministrazioni pubbliche diverse da quella
procedente
Nella fase istruttoria possono altres intervenire altre pubbliche amministrazioni, per cui si
determina unattivit consultiva con atti che sono resi sotto forma di pareri.
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Il ricorso alla consulenza amministrativa avviene quando necessario acquisire e valutare interessi
pubblici coinvolti nel procedimento e quando si tratta di considerare fatti complessi rispetto ai quali
lamministrazione procedente non possiede le necessarie conoscenze tecniche.
Ai sensi dellart. 16, comma 1, della legge le pubbliche amministrazioni sono tenute a rendere
pareri ad esse obbligatoriamente richiesti entro quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta
e linfruttuosa decorrenza del termine, senza che lamministrazione consultata abbia rilasciato il
parere, autorizza lamministrazione a procedere indipendentemente dal parere, salvo che
questultimo non debba essere rilasciato da pubbliche amministrazioni preposte alla tutela
dellambiente, del paesaggio, del territorio e della salute del cittadino.
Inoltre, ai sensi dellart. 17, comma 1, ove per espressa previsione di legge o di regolamento sia
previsto che ladozione di un provvedimento debba avvenire previa acquisizione delle valutazioni
tecniche di altre pubbliche amministrazioni e queste ultime non provvedano in tal senso ovvero non
manifestano esigenze istruttorie nei termini fissati, lamministrazione procedente, per il tramite del
responsabile del procedimento, deve richiedere le suddette valutazioni tecniche ad altre pubbliche
amministrazioni che siano dotate di capacit tecnica equipollente ovvero ad istituti universitari.
Si ricava, pertanto, che i pareri vengono richiesti in quanto previsti da una disposizione normativa,
c.d. pareri obbligatori; ovvero ritenuti utili dallamministrazione procedente, c.d. pareri facoltativi,
al fine delladozione del provvedimento finale ed possibile richiedere lintervento di altre
pubbliche amministrazione che diano garanzia di possedere conoscenze e competenze adeguate al
fatto accertato. In ogni caso, viene meno la possibilit di prescindere da pareri obbligatori in caso di
pareri aventi ad oggetto la tutela dellambiente, del paesaggio, del territorio, della salute del
cittadino.
Il termine per il rilascio del parere fissato da legge o da regolamento in un periodo massimo di
novanta giorni.
Come gi detto, i pareri possono essere obbligatori o facoltativi, i primi producono effetti vincolanti
e non vincolanti a seconda che possono essere o meno disattesi dallamministrazione procedente
nella decisione finale.
In particolare, parere vincolante finisce per imprimere lindirizzo specifico alla decisione finale,
mentre il parere non vincolante comporta per lamministrazione di dare specifica motivazione delle
ragioni che giustificano una decisione contraria alle valutazioni espresse nel parere a pena di
illegittimit del provvedimento stesso.
Il parere, in definitiva, atto endoprocedimentale, che non possiede capacit lesiva della sfera
giudica del destinatario del provvedimento finale, per cui lamministrazione pubblica pu sempre
discostarsene (parere non vincolante) e leventuale vizio potr essere fatto valere soltanto mediante
impugnazione del provvedimento finale.

10. La comunicazione dei motivi ostativi allaccoglimento dellistanza
La legge n. 15/ 2005 ha introdotto lart. 10 bis nel corpo della legge n. 241/1990, per cui nei
procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o lorgano competente, prima
delladozione del provvedimento di diniego, comunica tempestivamente a coloro che hanno dato
avvio al procedimento, i motivi che ostano allaccoglimento dellistanza. Entro il termine di dieci
giorni dal ricevimento della suddetta comunicazione i soggetti destinatari hanno diritto di presentare
per iscritto le loro osservazioni eventualmente corredate da documenti. Tali prescrizioni non si
applicano alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia di previdenza ed assistenza.
Il fatto che lamministrazione assuma una diversa decisione, comporta per il privato limpossibilit
di ricevere alcuna utilit dal procedimento avviato, tanto che le osservazioni offerte risultano
irrilevanti e non condivisibili, di modo che lamministrazione che sia indotta a modificare la
decisione questultima risulterebbe illegittima ove non ritenga di poter accogliere le argomentazioni
offerte dal privato.
La pubblica amministrazione, pertanto, comunica al privato il preavviso di diniego, quale atto
endoprocedimentale, privo di autonoma capacit lesiva della sfera giuridica del destinatario dal
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momento che la pubblica amministrazione decide diversamente da quanto comunicato da
questultimo.

11. La conclusione del procedimento attraverso ladozione del provvedimento
Lamministrazione, completata listruttoria, tenuta a decidere mediante il provvedimento
amministrativo espresso, di cui allart. 2 della legge
Lo svolgimento del procedimento contenuto entro il termine previsto dalla legge o dai regolamenti
statali e che sono individuati tenendo conto della loro sostenibilit in tema di organizzazione
amministrativa ed in base alla natura degli interessi pubblici tutelati.
In particolare, tali termini iniziano a decorrere dallinizio dufficio del procedimento o dal
ricevimento dellistanza di parte. Tale termine pu essere sospeso una sola volta per acquisire
informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualit non attestati in documenti gi in possesso
dellamministrazione procedente.
Lobbligo di procedere e di provvedere di cui allart. 2 della legge stato oggetto di riflessione da
parte della giurisprudenza che ha ravvisato come la p.a. non sia tenuta a dare corso al procedimento
ed adottare il provvedimento in presenza di reiterate richieste aventi il medesimo contenuto, qualora
sia stata gi adottata una decisione rispetto al caso concreto in un precedente procedimento in
oppugnato e non vi siano sopravvenuti mutamenti delle situazioni di fatto e di diritto.
Infine, nellipotesi in cui il procedimento non si concluda nel termine prescritto con il
provvedimento espresso si determina il c.d. silenzio inadempimento con conseguente possibilit per
il privato, che ha avanzato istanza di avvio del procedimento, di ottenere il risarcimento dei danni
nonch, nelle more della scadenza del termine, di ottenere sentenza dal g.a. al fine di indurre la p.a.
ad adottare il provvedimento.

Capitolo 4
Laccesso alla documentazione amministrativa

1. Pubblicit, trasparenza e diritti di accesso.
Lart. 1, comma 1, della legge 241/1990, modificato dallart. 1 della legge 15/2005 prevede che
lattivit amministrativa persegue fini determinati dalla legge ed retta da criteri di economicit,
efficacia, pubblicit e trasparenza secondo le modalit previste dalla presente legge e da altre
disposizioni che disciplinano i singoli procedimenti nonch dai principi dellordinamento
comunitario.
Il testo previgente prevedeva soltanto il criterio di pubblicit e di trasparenza, in quanto lattivit
amministrativa era intesa soprattutto nella sua conoscibilit allesterno degli atti da cui desumere le
scelte operate. Invero, il concetto di trasparenza, che sia o meno tenuto distinto da quello di
pubblicit, riveste carattere metagiuridico, in quanto indica una forma di reazione dellordinamento
al concetto di segreto dufficio, elemento costitutivo dellamministrazione burocratica.
Invero, la legge, recependo un consolidato orientamento giurisprudenziale, ha ritenuto
lammissibilit delle istanze di accesso preordinate al controllo sulloperato dellamministrazione,
per cui listituto dellaccesso viene ad assumere un significato pi ampio rispetto a quello della
trasparenza.

2. Natura giuridica del diritto di accesso.
Lart. 22, comma 1, lett. a) della legge n. 241/1990 definisce il diritto di accesso come diritto degli
interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi, per cui tale diritto
riveste natura di diritto soggettivo perfetto.
Invero la giurisprudenza ha qualificato il diritto daccesso come diritto vero e proprio, mentre un
orientamento minoritario lo aveva qualificato come interesse legittimo presupposto che il giudizio
proposto contro il diniego di accesso avesse natura impugnatoria.
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Il Consiglio di Stato, nel 1999, ha privilegiato tale ultima tesi, ritenendo che il legislatore pur
avendo qualificato come diritto tale posizione soggettiva, invero si tratterebbe di interesse legittimo
la cui tutela riferita allimpugnazione di un provvedimento autoritativo ovvero allinerzia
dellamministrazione.
Successivamente, alcune decisioni hanno ribadito la natura di diritto soggettivo sia sulla base della
sua formale definizione sia sotto il profilo della sua concreta disciplina ed in tali termini si
espressa anche lAdunanza plenaria del Consiglio di Stato.

3. I soggetti attivi
Lart. 22, comma 1, lett. b della legge 241/ 1990 individua i soggetti interessati allacceso
definendoli come soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che
abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondete ad una situazione giuridicamente
tutelata e collegata al documento al quale chiesto laccesso.
Listituto, dunque, consente laccesso indistintamente a tutti i privati al controllo generalizzato
sulloperato dellamministrazione procedente, ma tale situazione non si riferisce indistintamente a
tutti i cittadini nei termini di buon andamento della p.a., in quanto non uno strumento di ispezione
popolare sulloperato dellamministrazione.
Il riferimento al diritto comunitario, inoltre, richiama la direttiva 90/313/CEE che persegue il
duplice scopi di garantire leffettiva libert di acceso a tutte le informazioni relative allambiente in
possesso delle pubbliche autorit onde rendere disponibili tali informazioni a chiunque ne faccia
richiesta.
Inoltre, lacquisizione di documenti amministrativi da parte di soggetti pubblici, si informa al
principio di leale collaborazione istituzionale tale da trovare giustificazione nella semplice richiesta
di informazioni.
Tra i soggetti legittimati allaccesso rientrano i portatori di interessi pubblici o diffusi ed anche qui
la norma recepisce un orientamento giurisprudenziale che riconosce in capo ai portatori di interessi
diffusi laccesso subordinato alla verifica della rappresentativit dellassociazione o dellente
esponenziale e della pertinenza dei fini statutari rispetto alloggetto dellistanza.
Tale principio altres confermato dalla legge n. 281 del 1998, i tema di diritti dei consumatori e
degli utenti.

4. I soggetti passivi
Lart. 23 della legge n. 241/ 1990 stabilisce che il diritto daccesso si esercita nei confronti delle
pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di
pubblici servizi.
Loriginaria formulazione della norma consentiva laccesso nei confronti dei concessionari dei
pubblici servizi, ma tale tesi stata ampiamente criticata in dottrina in quanto dopo la modifica
dellart. 23 introdotta nel 1999 tale figura stata modificata con quella dei gestori di pubblici
servizi, per cui si riguardato agli atti emanati dai concessionari come veri e propri provvedimenti
amministrativi.
Il servizio pubblico, pertanto, risulta finalizzato al soddisfacimento di interessi pubblici cui si
collegano funzionalmente i gestori dei pubblici servizi, ritenuti soggetti passivi nellambito del
diritto di accesso come confermato dalla legge. n. 15/2005 di modifica alla legge n. 241/ 1990.

5. Oggetto del diritto di accesso
Lart. 22, comma 3, della legge 241/ 1990 dispone che tutti i documenti amministrativi sono
accessibili ad eccezione di quelli indicati dallart. 24, comma 1, 2, 3, 5 e 6.
Il problema che si pone riguarda il diritto di visionare i documenti quale prerogativa partecipativa in
quanto riconducibile allistituto dellaccesso. Sul punto la giurisprudenza, infatti, ha ritenuto che il
diritto di prendere visione degli atti si configura come il medesimo diritto di accesso ai documenti
amministrativi, in quanto forma di accesso partecipativo e accesso informativo.
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La legge qualifica come documento amministrativo ogni rappresentazione grafica, foto
cinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o
non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una p.a. e concernenti attivit di pubblico
interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privati stiva della loro disciplina
sostanziale.
Tuttavia, la giurisprudenza ha chiarito che i parerei forniti da consulenti esterni sono esclusi
dallaccesso, in quanto il segreto professionale p tutelato dallordinamento, mentre gli scritti
dellAvvocatura di Stato sono atti coperti dal segreto, per cui le amministrazioni possono esercitare
il potere motivato di diniego o di differimento.
Quanto allaccessibilit agli atti di diritto privato dellamministrazione pubblica, parte della
giurisprudenza aveva affermato lostensibilit di tali atti, in quanto essi riguarderebbero unattivit
di valutazione soggetta al principio di imparzialit; altro orientamento, invece, aveva affermato che
il diritto daccesso rappresenta unesigenza di perequare la posizione dellamministrato rispetto a
quella del potere pubblico, per cui ne sarebbe giustificabile lesercizio del diritto di accesso in
favore del privato. LAdunanza plenaria del Consiglio di Stato ha privilegiato la prima soluzione, in
quanto buon andamento ed imparzialit dellamministrazione attengono sia allattivit
procedimentale che allattivit di natura privatistica.

6. Limiti al diritto di accesso.
La legge 241/1990 contempla tre categorie di limiti allesercizio del diritto di accesso:
1) a) lart. 24, comma 1, della legge novellato nel 2005 esclude il diritto di accesso per i
documenti coperti da segreto di Stato e nei casi di segreto o divieto di divulgazione
espressamente previsti dalla legge;
b) nei procedimenti tributari;
c) nei confronti dellattivit della p.a. diretta allemanazione di atti normativi, amministrativi
generali, di pianificazione e di programmazione;
d) nei procedimenti selettivi concernenti informazioni di carattere psicoattitudinale di terzi.
2) ai sensi dellart. 8 del d.p.r. n. 352 del 1992 possono essere esclusi dal diritto di accesso i
documenti amministrativi:
a) quanto dalla loro divulgazione possa derivare una lesione alla sicurezza ed alla difesa
nazionale;
b) quando possa arrecarsi pregiudizio ai processi di formazione, determinazione e di
attuazione della politica monetaria e valutaria;
c) quando i documenti riguardino strutture, mezzi, dotazioni, personale ed attivit
strettamente strumentali alla tutela dellordine pubblico e della repressione della criminalit
nonch alle attivit di polizia e di conduzione delle indagini;
quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone
giuridiche, gruppi o imprese ed associazioni, con riferimento ad interessi epistolare,
sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale
Deve essere garantita ai richiedenti la visione degli atti dei procedimenti amministrativi, la cui
conoscenza necessaria per curare o difendere i loro interessi giuridici.
Il principio guida linteresse alla riservatezza, tutelato mediante la limitazione del diritto di
accesso che, per, recede quando laccesso stesso sia esercitato per la difesa di un interesse
giuridico nei limiti in cui esso necessario alla difesa di quellinteresse,
La Corte costituzionale, in particolare, ha affermato nella sentenza n. 425/ 2005 la legittimit
dellesclusione di autorizzare ladottato allaccesso alle informazioni sulle sue origini nel caso in
cui, ove la madre naturale abbia espresso la volont di non essere nominata, e tale possibilit non
condiziona il divieto per ladottato di accedere alle informazioni sulle origini alla previa verifica, da
parte del giudice, dellattuale persistenza di quella volont.


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7. Esercizio del diritto di accesso.
Con d.p.r. 184/ 2006 sono disciplinate le modalit di esercizio del diritto di accesso ai documenti
amministrativi, materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti alla stessa data
dallamministrazione. Tale diritto, infatti, si esercita nei confronti dellautorit competente a
formare latto conclusivo o a detenerlo stabilmente e lamministrazione tenuta ad elaborare dati in
suo possesso al fine di soddisfare la richiesta di accesso.
Ricevuta listanza di accesso agli atti, lamministrazione, individuati i contro interessati, deve darne
loro comunicazione mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento o per via
telematica. Entro i dieci giorni successivi, i contro interessati possono presentare motivata
opposizione, anche per via telematica, alla richiesta di accesso e decorso tale termine,
lamministrazione provvede sulla richiesta previo accertamento della ricezione della
comunicazione.
Inoltre, tramite istanza scritta lamministrazione deve comunicare allinteressato, entro dieci giorni
dalla richiesta, se questa sia irregolare o incompleta e ci con qualunque mezzo idoneo a
comprovare linvio.
Mentre lart. 7 detta le formalit per la consultazione dei documenti, lart. 9 individua le fattispecie
di non accoglimento, quali il rifiuto, la limitazione o il differimento dellaccesso al fine di
assicurare la temporanea tutela degli interessi di cui allart. 24, comma 6, della legge 241/1990.



Parte 4
Il provvedimento amministrativo

Capitolo 1
Nozione, elementi, classificazione

1. Nozione di provvedimento amministrativo
Nellindirizzo originario dello studio degli atti amministrativi si utilizzavano i risultati raggiunti
dalla dottrina privatistica, per cui si faceva riferimento agli atti giuridici privati.
Successivamente, gli atti amministrativi vennero distinti in meri atti amministrativi e negozi di
diritto pubblico in base allelemento psichico della volont, per cui i negozi di diritto pubblico
venivano considerati come dichiarazioni di volont della p.a. diretta a conseguire fini determinati,
riconosciuti e protetti dal diritto (teoria negoziale delle dichiarazioni di volont della p.a.).
Invero, ponendo laccento sul carattere precettivo dellatto finalizzato a realizzare un nuovo assetto
di interessi, latto amministrativo venne inteso come atto di autoregolamento.
Inoltre, ponendo in evidenza il carattere autoritativo dellatto amministrativo se ne escludeva il
carattere di negozio privato.
Di qui la diversa disciplina relativa alla struttura, alla validit ed allefficacia del negozio privato
rispetto a quella dellatto amministrativo precettivo, in quanto seppure entrambi sono atti a
contenuto precettivo il secondo non pu essere considerato negozio sia pure di diritto pubblico.
In particolare, latto precettivo dellamministrazione si qualifica come provvedimento, in quanto
esprime lidea del provvedere al soddisfacimento di interessi collettivo e segue la diversa disciplina
del provvedimento rispetto a quella del negozio privato.
Lazione amministrativa, infatti, avviene per sequenza di atti procedimentali in cui si racchiude la
diversa funzione dei singoli atti del procedimento che si conclude con latto del provvedimento,
laddove i precedenti atti sono finalizzati alladozione del provvedimento finale.
Secondo M.S. Giannini la nozione di provvedimento amministrativo si spiega come atto
autoritativo, nel senso che idoneo a modificare situazioni giuridiche altrui, senza necessit
dellaltrui consenso.
Caratteri del provvedimento:
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a) sotto il profilo strutturale un atto unilaterale in quanto esercizio del potere unilaterale ed
autoritativo;
b) sotto il profilo funzionale atto di cura di interessi pubblici;
c) sotto il profilo della formazione latto di conclusione del procedimento;
d) sotto il profilo della disciplina un atto la cui validit parametrata ai profili funzionali e la
cui efficacia caratterizzata dalla sua esecutivit.

2. Approfondimenti sulla nozione di provvedimento
La figura del provvedimento stata messa in discussione sotto pi profili.
In senso proprio il provvedimento atto autoritativo che produce effetti favorevoli per il
destinatario, come le concessioni, le autorizzazioni, i permessi e cos via.
Si tratta di provvedimenti che richiedono la necessaria richiesta ed il consenso dellinteressato, per
cui lamministrazione non pu imporre una concessione di uso di suolo demaniale ovvero un
permesso da costruire senza che il destinatario non ne abbia fatto richiesta.
Tuttavia, non si pu escludere qualsiasi profilo di autoritativit, in quanto anche il provvedimento
favorevole pu essere sfavorevole nei confronti di soggetti diversi dal destinatario. Parimenti, se il
provvedimento favorevole non viene rilasciato, colui che lo ha richiesto potr impugnare il
provvedimento negativo al pari di un qualsiasi provvedimento autoritativo.
Lautoritativit, dunque, sussisteva anche in caso di provvedimenti favorevoli e di provvedimenti
negativo oltre che di silenzio su istanze dei privati.
Viepi, nel caso di atti vincolati, lamministrazione non fa altro che attuare disposizioni di rango
superiore che possono essere considerati provvedimenti, per cui necessario verificare se
sussistono o meno i presupposti di fatto cui la disposizione vincolante collega ladozione del
provvedimento o, se si preferisce, il compimento dellatto di adempimento. Tale verifica rimessa
allamministrazione nellambito del procedimento, per cui se latto risulta atto necessario, leffetto
sullatto sar di tipo vincolante in quanto il provvedimento assume carattere imperativo.
Tuttavia, allamministrazione non riconosciuto un potere analogo a quello dei privati in ambito di
diritti potestativi, per cui di fronte ad una diversa situazione giuridica al potere autoritativo
dellamministrazione si contrappone linteresse legittimo, mentre al diritto potestativo di natura
privatistica si rinviene la mera soggezione.
Il carattere autoritativo, non attiene propriamente al provvedimento, ma al potere che si manifesta
nel procedimento anche prima che il provvedimento venga adottato, per cui lautoritariet non
coincide con la regolazione degli interessi sottesi al provvedimento.

3. La struttura del provvedimento.
In assenza di una specifica indicazione normativa sugli elementi costitutivi del provvedimento, a
differenza del contratto i cui elementi sono consacrati allart. 1325 c.c., la dottrina ha preferito fare
riferimento ai profili funzionali piuttosto che a quelli strutturali nello studio della struttura del
provvedimento.
Gli elementi essenziali del provvedimento, pertanto, sono davvero limitati e la cui mancanza
determina la relativa nullit. Essi sono:
a) il soggetto ( va considerato lautore, per cui se il provvedimento non proviene dallorgano
che ha il potere di adottarlo, esso nullo per difetto assoluto di attribuzione)
b) loggetto (se manca o impossibile la sua individuazione o determinazione, il
provvedimento nullo)
c) il contenuto;
d) la forma;
e) i motivi



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4. Sui motivi e sulla forma del provvedimento
Quanto ai motivi, ossia al profilo funzionale del provvedimento, si ritenuto che la causa del
provvedimento funzione (economico- sociale) dellatto, per cui esso un atto tipico e persegue
interessi pubblici indicati dalla legge.
Tuttavia, seppure la funzione del provvedimento predeterminata dalla legge, linteresse pubblico
concretamente perseguito non direttamente indicato dalla legge, per cui si possono comporre pi
interessi pubblici rispetto ai quali lamministrazione individua e persegue un interesse
concretamente determinato.
I motivi devono essere esternati nel provvedimento o desumibili da atti comunicati agli interessati
nel provvedimento come si rileva nellindicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche
che hanno determinato la decisione. Pertanto, la mancanza dei motivi non d luogo a nullit.
Per i provvedimenti amministrativi, salvo rare eccezioni, vige la regola della forma scritta.
In definitiva, perch il provvedimento sia considerato esistente occorre che sia reso conoscibile o
esternato nella sua regolazione di interessi (contenuto decisionale) e riferibile ad un organo
legittimato al potere di adottarlo.

5. Tipologia di provvedimenti
Secondo M.S. Giannini le classificazioni relative ai provvedimenti riguarderebbero i procedimenti
nei quali essi sono inseriti, da cui se ne ricavano gli effetti ed il contenuto.
I procedimenti, infatti, sono disciplinati in modo differente tra loro, per cui si distinguono
provvedimenti costitutivi e dichiarativi, generali e particolari, normativi e precettivi, di primo e di
secondo grado e cos via. Molte di queste classificazioni si intrecciano tra loro.
In particolare:
a) i provvedimenti costitutivi modificano precedenti assetti di interessi determinando la nascita, la
modificazione o lestinzione di situazioni giuridiche soggettive;
b) i provvedimenti dichiarativi verificano o certificano situazioni di fatto;
c) i provvedimenti generali presentano un contenuto non specifico e particolare, come quelli in
ambito territoriale;
e) i provvedimenti particolari si riferiscono a situazioni singolari;
f) i provvedimenti normativi contengono precetti astratti;
g) i provvedimenti precettivi contengono precetti concreti (disposizioni);
h) i provvedimenti di secondo grado sono quelli che hanno ad oggetto precedenti provvedimenti
(annullamento dufficio) o situazioni precedentemente create (revoca);
i) provvedimenti in autentici, che non sono provvedimenti ma sono trattati nel diritto positivo come
se lo fossero (provvedimenti sanzionatori e provvedimenti di gestione di beni pubblici).
In definitiva, il provvedimento figura di carattere generale e disciplinata in maniera unilaterale per
la sua validit ed efficacia. Lamministrazione pu agire alternativamente mediante negozi (accordi,
contratti) di diritto privato facendo salva, in ogni caso, la cura dellinteresse pubblico.

6. I provvedimenti costitutivi
I provvedimenti costitutivi determinano modificazioni nelle situazioni giuridiche soggettive di tipo
positivo, provvedimenti favorevoli, ovvero di tipo negativo, provvedimenti sfavorevoli per i
destinatari.
In particolare, i provvedimenti favorevoli comportano che il privato titolare di interessi pretensivi
laddove per i provvedimenti sfavorevoli si presentano interessi oppositivi da parte del destinatario.
Invero, i provvedimenti favorevoli sono iniziati ad istanza del privato, mentre i secondi dono iniziati
con atti dellamministrazione.
Inoltre, mentre i provvedimenti sfavorevoli sono inclusi nella categoria dei provvedimenti ablatori,
quelli favorevoli si distinguono in autorizzazioni e concessioni.
Di qui si riguarda al fatto che i provvedimenti favorevoli sono accumunati in una sola categoria ma
suddivisi in due categorie diverse, per cui con le autorizzazione si rimuove un ostacolo che
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impedisce lesercizio dei diritti da parte del privato, mentre con le concessioni si conferiscono al
privato nuovi diritti.
Invero, si deve ritenere che una determinata attivit nella disponibilit del privato in quanto
titolare s di un diritto, ma anche di una libert che appartiene alla sua autonomia laddove i beni e le
attivit siano nella disponibilit dellamministrazione.
In altri termini, lautorizzazione serve a verificare se lattivit del privato sia nella sua disponibilit
e se possa essere da lui legittimamente svolta per non contrastare gli interessi pubblici.
La concessione, invece, serve ad attribuire diritti, qualit. qualifiche onorifiche ai privati, c.d.
utilitates sia trasferendo diritti riservati allamministrazione sia costituendo ex novo diritti prima
inesistenti.
Nel caso del passaporto, ad esempio, il nostro ordinamento riconosce che prima del relativo rilascio
il cittadino abbia la disponibilit di entrare ed uscire dal territorio nazionale, da cui il relativo
provvedimento autorizzatorio.
Parimenti, nel permesso di costruire (dapprima licenza edilizia) si presuppone il diritto di costruire
che inerisce al diritto di propriet, per cui il relativo provvedimento ha natura autorizzatoria.
Successivamente, il legislatore oltre a cambiare denominazione, ha ritenuto che il suddetto
provvedimento abbia natura concessoria ed ha imposto la corresponsione di un contributo per il suo
rilascio. La giurisprudenza, inoltre, ha ritenuto che tale modifica terminologia comportasse una
rilevante modifica sostanziale, in quanto la concessione ad edificare viene a presupporre facolt
preesistenti cosicch il relativo provvedimento ha carattere di autorizzazione che nella legislazione
successiva ha preso la nuova dizione di permesso da costruire.

7. I provvedimenti autorizzatori
Le autorizzazioni presuppongono la presenza, in capo al privato che le richiede, di diritti, facolt o
possibilit di fatto per cui tali provvedimenti non sono uniformi tanto che vi sono autorizzazioni che
servono a verificare che il richiedente sia nel possesso di requisiti tecnici, professionali o di moralit
cui la legge condiziona il rilascio del provvedimento, mentre in altri casi la verifica riguarda le
caratteristiche oggettive del bene sul quale il richiedente intende esercitare il suo diritto, per cui
questa composta scelte di discrezionalit tecnica come nelle autorizzazioni paesaggistiche.
Altre volte le autorizzazioni servono ad attuare programmi ovvero il rispetto di contingentamenti,
come nellautorizzazione alla vendita di carburanti.
Le diverse specie di autorizzazioni sono denominate in vario modo in licenze, permessi, dispense,
abilitazioni, nulla osta, ma resta comune la valutazione tra linteresse privato e linteresse
pubblico nel relativo rilascio delle stesse.
In particolare, nella dichiarazione di inizio attivit, c.d. d.i.a., introdotta in generale dalla legge sul
procedimento, la dichiarazione, corredata dalle relative certificazioni, pu essere utilizzata al posto
di atti di autorizzazione nonch di domande per le iscrizioni in albi o ruoli sempre che siano
richieste per lesercizio di attivit imprenditoriale, commerciale o artigianale. Condizione essenziale
per il rilascio di tali atti che questo dipenda esclusivamente dallaccertamento dei requisiti e dei
presupposti di legge o di atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o
contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale.
Quanto al procedimento di rilascio, una volta ricevuta la dichiarazione, lamministrazione pu
richiedere informazioni o certificazioni soltanto se i relativi dati gi disponibili da parte
dellamministrazione non siano contenuti in documenti gi disponibili da parte
dellamministrazione stessa o direttamente acquisibili presso altre amministrazioni pubbliche.
Dopo trenta giorni dalla presentazione della d.i.a. ha inizio lattivit che ne costituisce loggetto e di
cui data comunicazione. Nei successivi trenta giorni, ove vi sia carenza delle condizioni prescritte,
lamministrazione vieta la prosecuzione dellattivit e provvede alla rimozioni dei suoi effetti.
La natura della D.I.A. ha trovato due diverse tesi interpretative: per la prima si tratta di una
dichiarazione al provvedimento autorizzatorio, mentre per altra considerazione si tratta di un atto
privato con il quale si richiede un provvedimento amministrativo.
54
La legge devolve le relative controversie al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione
esclusiva, per cui anche i terzi possono impugnarlo.

8. I provvedimenti concessori.
Condizioni essenziali per lemanazione dei provvedimenti concessori sono determinati dal fatto che
lamministrazione titolare di beni, attivit ovvero poteri esclusivi, ossia utilitates di cui il privato
ha interesse ad acquisire.
Diversamente dalle autorizzazioni, nelle concessioni linteresse pubblico al centro delle
valutazioni da parte dellamministrazione sia rispetto ai beni coinvolti che rispetto alle attivit
riservate allamministrazione.
Effetto tipico della concessione lattribuzione al privato di utilit patrimoniali, quali utilizzazione
di beni, esercizio di attivit o anche non patrimoniali, quali cittadinanza, cambiamento o aggiunta di
cognomi e onorificenze. Il privato, infatti, titolare di interesse legittimo che nasce in conseguenza
della presentazione della domanda di concessione.
Tali atti sono disciplinati come provvedimenti e per la maggiore tutela dei privati si riconosce la
tutela del privato in quanto titolare di interesse legittimo e, daltronde, anche il terzo, contrario al
rilascio della concessione, ha anchesso titolo a partecipare al procedimento e ad impugnare la
concessione rilasciata ad altri.
Le concessioni si distinguono in costitutive, in quanto assegnano utilitas di nuova creazione, ed in
traslative, in quanto trasferiscono una utilitas che nella disponibilit dellamministrazione. Nel
primo caso rientrano la concessione di cittadinanza o di onorificenza, nel secondo caso le
concessioni dei diritti di godimento esclusivo su beni demaniali.

9. I provvedimenti ablatori
Laggettivo ablatario deriva dal latino auferre (togliere, asportare) ed indica il carattere di
provvedimenti con i quali si priva il privato di una utilitas (bene della vita) per esigenze di interesse
pubblico.
In riferimento alloggetto, i provvedimenti ablatori si distinguono in ablatori personali, in quanto
incidono sulla libert o diritti personali ed ablatori reali, se incidono su diritti reali.
Carattere comune ad entrambi limposizione di una privazione strumentale alla cura degli interessi
pubblici, per cui si tratta di provvedimenti autoritativi dal contenuto sfavorevole per il privato in
quanto in essi si manifesta pienamente il potere dellamministrazione.
In particolare, i provvedimenti ablatori personali comprendono gli ordini dellamministrazione nei
confronti dei privati, quali comandi (ordini di fare) ovvero divieti (ordini di non fare) e ve ne sono
di vario tipo, come gli ordini di polizia, gli ordini ed i divieti sanitari e cos via.
I provvedimenti ablatori reali, invece, sono considerati linverso dei provvedimenti concessori su
beni, in quanto essi estinguono o limitano diritti reali e ne determinano lacquisto da parte
dellamministrazione.
Esempio paradigmatico di provvedimento ablatorio reale lespropriazione per pubblica utilit, con
la quale viene estinta il diritto di propriet del privato ed esso viene acquisito a titolo originario da
beneficiari, pubblici o privati.
In tale ambito rientra altres la requisizione che ha per presupposto situazioni di emergenza e
riguarda beni mobili e beni immobili nonch sequestri e confische ed imposizioni di servit.
I provvedimenti ablatori obbligatori producono leffetto di far nascere un rapporto obbligatorio tra
amministrazione e privato in cui la prima ha il ruolo di creditore ed il secondo quello di debitore e
la prestazione consiste in somme di denaro e talvolta in attivit personali. Esempio del primo tipo
il tributo, mentre quello del secondo tipo il servizio militare obbligatorio, peraltro abolito.
A tali provvedimenti si applica lart. 23 Cost. per cui tali prestazioni possono essere applicate
soltanto se previste dalla legge, in quanto espressione del principio di legalit.


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Capitolo 2
Il regime dei provvedimenti: lefficacia

1. Nozioni di teoria generale in tema di efficacia degli atti giuridici
Lefficacia dellatto giuridico esprime la sua idoneit a produrre effetti nellordinamento giuridico
di tipo costitutivi, modificativi, estintivi o meramente dichiarativi.
Presupposto delleffetto giuridico la sussistenza del rapporto causale tra il fatto ed il valore sotteso
al fatto, per cui leffetto di un contratto, ad esempio, implica il dovere di pagare il corrispettivo
pattuito laddove tale prestazione pu nella realt anche essere differita per diverse ragioni.
In riferimento allefficacia, la dottrina distingue tra efficacia ed esecuzione dellatto, un quanto si
ritenuto che ogni effetto giuridico consegue ad una conseguenza pratica dovuta, ma ci non di
mento leffetto giuridico va tenuto distinto dalla conseguenza pratica.
Quanto al perfezionamento dellefficacia dellatto necessario che sussistano gli elementi
essenziali minimi che consento di ascriverlo al tipo normativo al quale si imputano gli effetti voluti.
Invero, lefficacia viene considerata in termini concreti di effettiva capacit dellatto di produrre
conseguenze pratiche in quanto coincide con lesecuzione o la realizzazione degli effetti dellatto.
Dal punto di vista temporale, lefficacia di regola istantanea, ma pu essere retroattiva o differita
ovvero sottoposta a condizioni sospensive senza pregiudizio per la validit dellatto.
Differenza sostanziale tra inefficacia ed invalidit degli atti consiste nel fatto che mentre la prima
il prodotto di taluni aspetti della volont del privato, la seconda il risultato di vizi intrinseci
dellatto.
Invero, se lefficacia di un atto presuppone la sua validit, non vero il contrario in quanto vi
possono essere atti validi ma inefficaci. Lefficacia dellatto, infatti, non preclusa dalla presenza di
vizi di annullabilit che, fin quando non sono fatti valere, non impediscono la produzione degli
effetti giuridici previsti dallordinamento.
Linefficacia, di regola, assoluta, ossia opponibile a tutti, ma vi sono ipotesi di inefficacia relativa,
come nel caso di negozio efficace tra le parti stipulanti ma che non produce effetto verso i terzi.
Talvolta lefficacia dellatto subordinata alladozione di un ulteriore atto preventivo
(autorizzazione) o successivo ( approvazione, omologazione, ratifica), c.d. atti integrativi
dellefficacia.
Si distinguono tre tipi di efficacia:
a) efficacia costitutiva, come nel caso di contratto di compravendita che determina la
costituzione di un nuovo diritto di propriet con estinzione del precedente;
b) efficacia dichiarativa, per cui i precedenti atti conservano intanto il proprio contenuto, ma vi
rafforzamento del riconoscimento della situazione oggetto dellatto con relativa
specificazione del suo contenuto;
c) efficacia preclusiva che si produce allorch un atto rende incontestabile un fatto che si
prodotto nellordinamento, per cui si previene qualsiasi tipo di contestazione.


2. Lefficacia degli atti amministrativi: imperativit, esecutivit, eseguibilit, inoppugnabilit.
Nella teoria generale lefficacia degli atti amministrativi riguarda soprattutto i provvedimenti
amministrativi, in quanto espressione del potere pubblico predefinito e tipizzato esercitato dagli
organi della p.a. Il provvedimento amministrativo, infatti, ha la capacit di trasformare il proprio
contenuto dispositivo in conseguenze pratiche reali anche a prescindere dalla volont del privato e,
ad ogni modo, esso esprime lattitudine a produrre effetti giuridici in senso unilaterale nella sfera
giuridica altrui.
Invero, la legge 241/1990 ha imposto il ricorso al procedimento amministrativo solo laddove la
tutela di finalit pubbliche determino la necessit di farvi ricorso in quanto non altrimenti
conseguibili attraverso gli ordinari mezzi posti a disposizione del diritto privato.
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La novella della legge 241/1990 riconosce lefficacia del provvedimento al pari di quanto previsto
peri i contratti di diritto privato, in quanto latto amministrativo finisce, al pari di una sentenza
passata in giudicato, con il fare stato tra le parti ad ogni effetto di legge (art. 2909 c.c.), fermo
restando il potere di autotutela della p.a.
Lautorit esprime la qualit tipica del provvedimento, quale prerogativa degli enti autarchici.
Limperativit sinonimo di autorit ed indica la capacit del provvedimento di incidere in senso
modificativo nelle situazioni soggettive.
Lesecutivit consiste nella produzione di effetti da parte di un provvedimento efficace a
prescindere dalla sua validit.
Linoppugnabilit individua la caratteristica del provvedimento di cui sia preclusa limpugnazione
innanzi al giudice amministrativo ovvero innanzi allautorit amministrativa. Inoppugnabilit che
non preclude lesercizio di eventuali poteri di annullamento o revoca da parte dellamministrazione.

3. Lefficacia nello spazio.
Lo spazio, che insieme al tempo, costituisce le coordinate incidenti sullefficacia dellatto
amministrativo, si correla alla competenza amministrativa, delimitandola,
Gli organi di enti territoriali, di articolazione di amministrazioni statali e di enti pubblici nazionali
emanano atti i cui effetti sono di norma limitati al rispetto di un ambito territoriale di competenza.
Cos lordine di demolizione di un manufatto abusivo dellufficio tecnico di un Comune efficace
soltanto se la costruzione si trovi sul territorio di tale ente.
Eccezioni a tale principio possono rilevarsi, ad esempio, nel caso di carta didentit rilasciata dal
Comune e valida su tutto il territorio nazionale.

4. Lefficacia nel tempo
Lefficacia temporale rileva sotto un duplice profilo, quello della decorrenza degli effetti e quello
della loro durata sino alleventuale cessazione.
Quanto alla durata, gli effetti dellatto possono distinguersi in atti ad effetto istantaneo, come
nellordine di demolizione; ed atti ad effetto prolungato, come nella concessione duso di bene
demaniale ovvero lautorizzazione allesercizio di attivit commerciale.
Lefficacia nel tempo pu essere altres prolungata in presenza di determinati presupposti, mediante
un atto che incida in senso modificativo sulla mera durata del rapporto, ovvero rinnovata con un atti
che instauri un nuovo rapporto di durata del tutto uguale al precedente.
La proroga, dunque, costituisce un provvedimento che va adottato prima della scadenza del
rapporto, salvo proroga tacita.
In caso di prorogatio, grazie alla quale il titolare di un organo competente nellesercizio delle sue
funzioni ancorch sia scaduto il termine in carica e non sia stato nominato o eletto il sostituto, pu
continuare nel mantenimento della titolarit delle sue funzioni, per cui lamministrazione, in
prossimit della scadenza del rapporto, tenuta ad avvisare linteressato.
Il provvedimento amministrativo inizia a produrre effetti al momento della sua comunicazione.
In particolare, lart. 21 bis introdotto dalla novella legge 15/2005 prevede lobbligo di
comunicazione del provvedimento quale condizione della sua efficacia al fine di evitare il ruolo
unilaterale tradizionalmente assunto dallamministrazione, laddove nel sistema previgente tale
comunicazione costituiva soltanto la condizione per la decorrenza del termine di impugnazione
dellatto innanzi al g.a.
La novella, invece, riconosce in tale obbligo da parte dellamministrazione la condizione di
efficacia del provvedimento, ma non della sua validit, in quanto la mancata comunicazione agisce
rispetto alla produzione degli effetti dellatto e di mancata decorrenza dei termini per
limpugnazione.
I terzi controinteressati, allora, sono tutelari rispetto al rilascio del provvedimento favorevole in
quanto nei loro confronti previsto lobbligo di comunicazione dei provvedimenti amministrativi e
tale comunicazione pu avvenire anche in via telematica o mediante usi di appropriati strumenti di
57
comunicazione, quale ad esempio la pubblicazione dei bandi di progettazione su riviste
specializzate di ordini professionali.
In caso di situazioni di conflitto tra effetti ampliativi ed effetti restrittivi prodotti dal provvedimento
rispetto alla sfera giuridica del privato, la dottrina ritiene che lobbligo di comunicazione vada
esteso anche ai provvedimenti di diniego di provvedimenti ampliativi nonch al preavviso di rigetto
a fronte di provvedimenti comunque limitativi sia nei confronti di interessi oppositivi che
pretensivi.
In generale, si ritiene che tutti i provvedimenti amministrativi sono da considerarsi tutti recettizi in
vi di principio, in quanto spiegano i loro effetti solo al momento in cui entrano nella sfera giuridica
di conoscibilit degli interessati, per cui latto amministrativo va notificato a tutte le persone
interessate.
I provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente, salvo diversamente stabilito
dalla legge o dal provvedimento medesimo. Tale principio, di cui allart. 21 quater del novellato
testo della legge 241/1990, rileva come lefficacia giuridica del provvedimento e la sua esecuzione
vanno considerato come effetti materiali conseguenti, seppure pu verificarsi che lefficacia
dellatto sia sottoposta a condizione sospensiva o a termine iniziale, ossia a momento temporale
futuro e certo dal quale gli effetti del provvedimento si producono (efficacia irretroattiva).
In caso di provvedimento sottoposto a procedimento di controllo di legittimit si ritiene che in caso
di esito positivo si determina lefficacia del medesimo, per cui il controllo opera come condizione
sospensiva, ossia con effetti retroattivi.
Lefficacia retroattiva tipica nei provvedimenti di secondo grado.

5. Lefficacia soggettiva
Lefficacia spaziale si correla, oltre alla competenza oggettiva degli enti pubblici, allambito
soggettivo passivo di riferimento.
Sotto il primo profilo, il provvedimento amministrativo pu esprime la sua efficacia in ordine a
figure soggettive individuali o collettive, private o pubbliche.
Invero, levoluzione dellattivit amministrativa ha visto il proliferare di destinatari dei
provvedimenti amministrativi determinando una rete di rapporti equiordinati tra soggetti
istituzionalizzati di pari dignit posti a tutela di interessi pubblici a volte configgenti tra loro.
Sotto il profilo soggettivo, i provvedimenti amministrativi possono rivolgersi ad una pluralit di
soggetti, per cui si distingue tra:
a) atto collettivo, che ha ad oggetto fatti relativi ad ordinamenti particolari e produce effetti
giuridici nei confronti di ciascun appartenente alla categoria di riferimento;
b) atto plurimo, in cui vi una sola dichiarazione in cui si raccolgono molteplici figure
soggettive;
c) atto generale che produce effetti plurisoggettivi in quanto si rivolge a gruppi indeterminati di
figure soggettive.
Lart. 21 bis della novellata legge 241/1990 prevede che, dal momento della comunicazione del
provvedimento si determina lefficacia del medesimo, percui i soggetti destinatari dellatto vanno
considerati come i soggetti nella cui sfera giuridica latto destinato direttamente a produrre effetti.

6. Lefficacia oggettiva
Il provvedimento amministrativo, al pari di tutti gli atti giuridici, pu avere efficacia costitutiva,
modificativa, estintiva o anche dichiarativa.
Gli atti prodomici al provvedimento esercitano una funzione di supporto limitato a situazioni
giuridiche soggettive meramente procedimentali che hanno luogo nella fase istruttoria del
procedimento e dai quali il provvedimento finale pu motivatamente discostarsi.
Il provvedimento pu produrre effetti reali (costituzione di nuova propriet a seguito di
espropriazione) ed effetti obbligatori (determinazione di corresponsione di un contributo pubblico o
allimposizione di un tributo).
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I provvedimenti possono riguardare decisioni amministrative contenziose ovvero irrogare sanzioni
amministrative ovvero ampliare la sfera giuridica dei privati mediante autorizzazioni e concessioni
nonch attribuire qualit giuridiche mediante atti di certazione.

7. La sospensione dellefficacia
Lart. 21 quater, comma 2, della novellata legge 241/1990 prevede che lefficacia o lesecuzione
del provvedimento amministrativo pu essere sospesa per gravi ragioni e per il tempo strettamente
necessario, dallo stesso organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La
sospensione va accompagnata dallindicazione del termine prorogabile o differibile per una sola
volta o riducibile per sopravvenute esigenze.
Prima della novella, il termine di sospensione veniva considerato come potere implicito della p.a.,
in quanto insito nellesercizio della pubblica funzione.
La novella, invece, ha ribadito che in tale ambito lorgano competente deve coincidere con lo
stesso che ha emanato latto in questione oppure con altro organo espressamente previsto dalla
legge, per cui si riconosciuto il progressivo dissolvimento del rapporto gerarchico della p.a. in
quanto appare quanto meno dubbio che il ministro, cui spetta il potere di annullare gli atti del
dirigente per motivi di legittimit di cui allart. 14, comma 3 del d.lgs. 165/2001, possa procedere
alla loro sospensione in mancanza di disposizione normativa espressa che espressamente la
legittimi.
Il provvedimento di sospensione costituisce espressione del potere cautelare tale da innestarsi
nellambito di un procedimento di secondo grado teso allannullamento ovvero alla revoca di un
provvedimento.
Pertanto, lamministrazione sar legittimata a porre in essere provvedimenti di sospensione atti ad
evitare che si producano conseguenze irreversibili o comunque gravi tali da compromettere
lefficacia del successivo potere di autotutela.
Conseguentemente, se lamministrazione non ritenga di dar luogo allesercizio di autotutela
mediante annullamento o revoca del provvedimento, la sospensione dovr cessare dal produrre i
propri effetti e potr riprendersi lesecuzione dellatto gi sospeso in via cautelare.
Invero, la sussistenza delle gravi ragioni alladozione del provvedimento di sospensione
consentono allamministrazione di operare sia in situazioni di legittimit di un provvedimento, la
cui efficacia pu essere sospesa istantaneamente, in quanto gli effetti non si sono gi prodotti,
ovvero in senso durevole, per cui il provvedimento di sospensione assume carattere cautelare in
quanto sospende le reciproche prestazioni.

8. Lesecutoriet del provvedimento amministrativo
La novella della legge 241/ 1990 ha sottoposto al principio di legalit anche la fase esecutiva del
provvedimento mediante apposita disciplina legislativa dellesecuzione.
Lesecutoriet, infatti, indica lattitudine del provvedimento ad essere portato ad esecuzione anche
contro la volont del soggetto obbligato senza necessit di una pronunzia del giudice.
Fondamento della esecutoriet ora ricondotto alla stessa essenza del potere amministrativo di
natura imperativa, in quanto espressione del principio di legalit in relazione al quale possibile
ricondurre lesecutoriet del provvedimento allo specifico potere che la legge riconosce ai
provvedimenti amministrativi nella loro capacit do regolamentare le molteplici fattispecie
operative.
Lart. 21 ter della novellata legge 241/1990 al comma 1 prevede che le pubbliche
amministrazioni, nei casi e con le modalit stabiliti dalla legge, possano imporre coattivamente
ladempimento degli obblighi nei loro confronti, indicando ai destinatari tempi e concrete modalit
esecutive e al comma 2 si specifica che per le obbligazioni pecuniarie si applica la disciplina
prevista per lesecuzione coattiva dei crediti dello Stato di cui al d. lgs. 146/1999.
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La norma, dunque, conferma il carattere eccezionale del potere di coazione della p.a. che pu
esercitarlo nei soli casi previsti dalla legge e questultima, ex art. 23 Cost., da intendersi in senso
stretto con esclusione delle fonti secondarie.
Pertanto, laddove la legge non disponga il potere di coazione dellamministrazione, essa dovr
rivolgersi al giudice amministrativo per vedere soddisfatte le proprie pretese.
Invero, il g.a. deve valutare tra attivit di tipo esecutivo cui si fonda lobbligo imposto al
destinatario del provvedimento. In tale ambito rientrano:
a) gli obblighi di fare infungibili che necessitano di azione dellobbligato e lamministrazione,
nei casi previsti dalla legge, pu procedere mediante coercizione dirette (ex. espulsione di
cittadino extracomunitario);
b) gli obblighi di fare fungibili, per cui si procede mediante esecuzione dufficio (ex omessa
demolizione di edificio abusivo da cui lamministrazione si sostituisce allamministrazione
comunale a spese del proprietario);
c) gli obblighi di consegna di una cosa, per cui si procede mediante apprensione coattiva del
bene da parte della p.a.;
d) gli obblighi di dare relativi a somme di denaro, lesecuzione forzata ha luogo mediante
iscrizione in ruoli esattoriali.
Lart. 21 ter della legge 241/1990 stabilisce altres che il provvedimento costitutivo di obblighi
deve indicare tempi e modalit di esecuzione del medesimo, per cui in caso di inottemperanza
lamministrazione agente pu procedere allesecuzione coattiva laddove espressamente previsto
dalla legge, ma soltanto previa diffida.



Capitolo 3
Linvalidit del provvedimento amministrativo

1. Inquadramento teorico
I termini validit ed invalidit sono polisemantici che indicano situazioni di vita quotidiana prima
ancora che vicende giuridiche.
Tuttavia i due concetti indicano qualit delloggetto che scaturiscono da un giudizio di conformit
dello stesso con un modello di riferimento e se tale giudizio positivo si avr una fattispecie valida
altrimenti la fattispecie risulter invalida.
Entrambi concetti sono di tipo relazionale, in quanto il loro significato risulta condizionato dalla
natura delloggetto interessato dal giudizio di conformit e dalla natura del modello di riferimento
ivi adottato.
Pertanto, a seconda che loggetto di valutazione sia una norma o meno, un atto pu risultare o meno
caratterizzato da un contenuto precettivo di cui non necessario valutare il contenuto dispositivo
per lassetto degli interessi che ne deriva.
Oltre allaspetto causale, ossia alla relazione conformit difformit dellatto rispetto al modello, la
considerazione giuridica della validit invalidit dellatto riguarda laspetto effettuale, ossia
lindividuazione degli effetti giuridici propri che loggetto della valutazione idoneo a produrre a
seconda che sia valido o invalido.
In particolare, la teoria causale della invalidit ha comportato il superamento del rapporto
antinomico tra validit ed invalidit, in quanto non pi considerate come correlato negativo luna
dellaltra, bens qualificazioni dellatto giuridico e, dunque, semplicemente diverse tra loro.
In tempi recenti, infatti, allinterno dellampia figura della invalidit il diritto amministrativo ha
ritrovato ipotesi di nullit e di annullabilit ciascuna suscettibile di ulteriori specificazioni al proprio
interno tali da rendere evanescente qualsivoglia distinzione.


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2. Validit ed invalidit in diritto amministrativo.
Nellambito del provvedimento amministrativo la legge sul procedimento ha avvolto di precise
prescrizioni formali il tema della relativa validit ed invalidit.
In particolare, nel diritto amministrativo linvalidit un tema antico formatosi in ambito
giurisprudenziale in riferimento allart. 26 del t.u. Consiglio di Stato, che indica i tre vizi di
incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, poi racchiusi dalla dottrina nella categoria
della illegittimit. Poi, lart. 45 prevede lannullamento dellatto impugnato.
Tali previsioni hanno trovato rilievo di diritto sostanziale, in quanto lannullamento dufficio e
lannullamento su ricorso amministrativo hanno come presupposto tali vizi.
Invero, lidoneit del provvedimento invalido a spiegare effetti giuridici si accompagna allidea dei
sovranit. per cui prevale laspetto funzionale del provvedimento insieme alla natura pubblicistica
curati dallamministrazione.
Di conseguenza, il giudizio di validit del provvedimento venuto ad indicare la correttezza
dellesercizio del potere della p.a., in quanto la condotta assunta da questultima viene valutata sotto
il profilo funzionale che porta allesplicarsi dellattivit amministrativa conclusasi nel
provvedimento.
Invero, la giurisprudenza ha ritenuto che la nullit del provvedimento da ritenersi disarmonica
rispetto al principio di stabilit ei rapporti giuridici, tanto che la recente novella del 2005 ha inserito
il Capo IV bis allinterno della legge 241/1990 dedicato espressamente allefficacia ed invalidit del
provvedimento amministrativo e con tale previsione sono state introdotto disposizioni sulla nullit
del provvedimento e specificazione della relativa disciplina.
Tuttavia, allinvalidit del provvedimento non stata dettata affatto una disciplina generale, per cui
la riforma sembra prevedere soltanto alcuni frammenti normativi a riguardo, che per non hanno
ostacolato la ridefinizione della relativa disciplina sul piano sistematico.
In particolare, lart. 21 ostie prevede che annullabile il provvedimento amministrativo adottato
in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza, da cui la perfetta
corrispondenza con i vizi di legittimit ed annullabilit ad opera del g.a.
Tra le cause di invalidit, infatti, vengono ridisegnati i confini della materia mediante lintroduzione
di cause di nullit di cui allart. 21 seppie e di ipotesi di annullabilit di cui al comma 2 dellart.
21 octies.

3. I tre vizi: violazione di legge ed incompetenza
Lannullabilit del provvedimento stata mantenuta costante dalla novellata legge nella tipologia ei
vizi di legittimit.
Violazione di legge ed incompetenza, infatti, indicano entrambe casi di difformit dellatto rispetto
alla disciplina normativa.
Lincompetenza deriva da violazione di disposizione di rango primario o secondario, e la
giurisprudenza vi assegna altres i vizi relativi ai presupposti per il corretto esercizio in concreto del
potere amministrativo quale difetto assoluto di attribuzione.
La violazione di legge, invece, riguardala violazione delle norme giuridiche sul procedimento.
Diversa la disciplina processuale relativa ai due vizi, in quanto in ogni caso si ammette
lannullamento da parte del g.a. per motivi di incompetenza, la remissione dellaffare allautorit
competente.
Alcune violazioni, come quelle relative alla motivazione, hanno assunto rilevanza diretta grazie alla
legge sul procedimento laddove in precedenza rientravano nelleccesso di potere da cui
laccertamento c.d. sintomatico da parte del g.a.

4. Eccesso di potere
Leccesso di potere ha assunto un ruolo centrale nella ricostruzione della illegittimit
amministrativa e del sindacato sullesercizio della discrezionalit.
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Attualmente, leccesso di potere si presenta come un vizio composto tra figure eterogenee emerse
dalla elaborazione di dottrina e giurisprudenza.
Nellidea del legislatore del 1889, infatti, leccesso di potere indicava lo straripamento del potere,
per cui lamministrazione adottava un provvedimento superando i limiti del potere riconosciutogli
dalla legge tanto che la giurisprudenza parlava di sviamento del potere, quale difformit tra scopo
reale e scopo legale del provvedimento.
Con listituzione della IV Sezione del Consiglio di Stato, leccesso di potere fu oggetto di ulteriori
approfondimenti, per cui esso venne accostato al vizio della volont, in quanto aspetto patologico di
formazione del volere dellamministrazione.
Leccesso di potere, pertanto, si venne a caratterizzare quale vizio della funzione, ossia forma di
invalidit correlata alluso non corretto del potere discrezionale.
Nellesperienza recente, leccesso di potere viene ricavato non ex se, direttamente, ma soltanto
mediante sintomi, c.d. figure sintomatiche data la difficolt teorica di controllare la legittimit del
provvedimento rispetto alla quale il g.a. deve operare una cognizione indiretta o mediata attraverso
tali figure.
In tali figure sintomatiche rientrano lirragionevolezza dellagire amministrativo, la
contraddittoriet tra gli atti del procedimento, lillogicit tra motivazione e dispositivo, la disparit
di trattamento, il travisamento dei fatti, lincompletezza dellistruttoria e lingiustizia manifesta.
Va sottolineato proprio il mutamento di natura delleccesso di potere che da vizio ad accertamento
sintomatico si andato trasformando in violazione di principi generali di origine giurisprudenziale
e, come tale, si afferma che vizio a cognizione indiretta.

5. Ipotesi di nullit
Le fattispecie di nullit sono formalizzate nellambito della invalidit del provvedimento accanto
alla figura della annullabilit, in quanto il legislatore della riforma ha recepito alcuni spunti
giurisprudenziali nellaccoglimento dei tre vizi di illegittimit e dalla presenza del g.a. dotato di
poteri di annullamento.
In tema di provvedimenti nulli la giurisprudenza si posta la questione del riparto della
giurisdizione, in quanto rileva la discriminazione processuale tra controversie relative
allinesistenza o al cattivo esercizio del potere affermando che, sul piano sostanziale, si viene ad
affermare una distinzione tra provvedimenti idonei a degradare il diritto soggettivo a interesse
legittimo, con il relativo riconoscimento della competenza processuale in capo al g.a. e
provvedimenti inidonei in tal senso di competenza del g.o.
Sul versante normativo, invece, si preferito fare riferimento alle ipotesi di nullit come specificato
dallart. 288 t.u. legge comunale per cui sono riconosciute nulle le deliberazioni prese in adunanze
illegali, cui il legislatore del pubblico impiego vi ha fatto ricorso.
Invero, si tratta di casi la cui violazione commessa comporta la nullit del provvedimento, in quanto
la sua validit non risulta condizionata dallinteresse di parte.
Tuttavia, illegittimit e nullit risultano il risultato di tecniche normative fondate su piani di
interessi differenti, ispirate a logiche diverse, per cui le conseguenze della nullit sono
limproduttivit di qualsiasi effetto giuridico del provvedimento in quanto tale, che dunque
insanabile.
La giurisprudenza ha riconosciuto le ipotesi di c.d. nullit virtuali derivanti da violazione di norme
imperative assoggettate allart. 1418, comma1 c.c.
Lart. 21 septies individua la nullit nelle ipotesi di nullit la mancanza degli elementi essenziali,
nel difetto di attribuzione, nel provvedimento adottato in violazione o elusione di giudicato nonch
negli altri casi previsti dalla legge.
A partire dagli anni Novanta, i giudici amministrativi hanno enucleato ulteriori cause di nullit
facendo riferimento agli schemi civilistici per la mancanza degli elementi essenziali del contratto di
cui allart. 1325 c.c. con riferimento allaspetto funzionale del provvedimento.
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Parimenti, ala funzionalit dellatto sono ricondotte ulteriori fattispecie di nullit del
provvedimento, quali lindeterminatezza, limpossibilit o lilliceit del contenuto del
provvedimento nonch della forma di cui allart. 1325 c.c.
Il riferimento al difetto assoluto di attribuzione recepisce la carenza di potere, coniata dalla
giurisprudenza, per risolvere il riparto di giurisdizione sollevando ulteriori questioni.
In effetti, la prima questione ha riguardato se il difetto di attribuzione possa venire considerato cos
netto e differenziato tale da risultare un vizio di mera incompetenza da meritare la disciplina della
nullit. A riguardo si sostenuto che tale vizio rileva allorch il potere non sussiste, per cui si viene
ad escludere il difetto assoluto di attribuzione quando lorgano ha adottato latto e svolge comunque
alcune delle funzioni del settore oggetto del provvedimento.
In secondo luogo, la carenza di potere dovrebbe risultare ridimensionata in ambito di provvedimenti
ablatori coinvolgenti diritti soggettivi, per cui la regola della nullit risulta idonea ad inficiare
qualsiasi provvedimento amministrativo anche se non riguardante diritti soggettivi.
La regola della nullit del provvedimento adottato in violazione o elusione di un precedente
giudicato avrebbero dovuto suggerire al legislatore un intervento sul piano dei presupposti del
giudizio di ottemperanza senza peraltro incidere sulla validit dei provvedimenti amministrativi.
Da qui, in assenza di una specifica disciplina processuale e sostanziale, linterprete costretto a
trasportare nel diritto amministrativo regole privatistiche, come invece espressamente previsto in
materia di accordi.

6. La non annullabilit del provvedimento
Il comma 2 dellart. 21 octies prevede le ipotesi di non annullabilit del provvedimento.
Secondo una prima ipotesi la norma in esame prevede la non annullabilit del provvedimento
adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura
vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere
diverso da quello in concreto adottato. Tale disposizione riguarda i soli provvedimenti vincolati.
La seconda ipotesi che si estende anche ai provvedimenti discrezionali prevede la non annullabilit
per mancata comunicazione dellavvio del procedimento qualora lamministrazione dimostri in
giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in
concreto adottato.
Invero, entrambe le violazioni attengono vizi procedimentali, per lungo tempo trascurati dalla
dottrina e dalla giurisprudenza.
La norma, infatti, sinquadra nellambito della maggiore incidenza del sindacato di legittimit
sostanziale con ridimensionamento consequenziale della legittimit formale, per cui si afferma che i
vizi formali e procedimentali possono non determinare la non annullabilit del provvedimento.
Va poi evidenziato che la partecipazione del privato al procedimento svolge un ruolo importante
nelliter decisionale dellamministrazione, da cui potrebbe fondarsi un giudizio prognostico tale da
condizionare la legittimit della partecipazione al medesimo procedimento con riferimento
allannullabilit del provvedimento e non gi allillegittimit del medesimo.
Interessa pertanto verificare se, in assenza di espresso richiamo normativo, lillegittimit possa
essere considerata come uno stato viziato del procedimento, in quanto i provvedimenti da
considerarsi irregolari, ad esempio per mancata comunicazione di avvio del procedimento, ovvero
illegittimi.
Sul punto si sono confrontate diverse opinioni, ma favorevole la tesi della illegittimit del
provvedimento per cui, ai sensi del comma 1 dellart. 21 octies, i provvedimenti vanno considerati
annullabili in quanto illegittimi ed anche i provvedimenti non annullabili vanno altres considerati
illegittimi.
Parimenti, lart. 21 nonies in tema di annullamento dufficio stabilisce che il provvedimento
amministrativo illegittimo ai sensi dellart. 21 octies pu essere annullato dufficio se ricorrono
determinate condizioni, per cui nella sua interezza rileva pur sempre lillegittimit del
provvedimento.
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Il meccanismo dellart. 21 octies richiede una valutazione in concreto, caso per caso e non in via
generale, per cui la novit della riforma consiste nellaver introdotto ipotesi di dissociazione tra
illegittimit ed annullabilit che impongono una verifica probatoria giustiziale tipica dei ricorsi
amministrativi cos come nella valutazione dei procedimenti di riesame in caso di annullamento
dufficio e convalida.

7. Forme di invalidit: successiva, derivata
Linvalidit pu essere totale o parziale.
Secondo la giurisprudenza linvalidit di una singola clausola di un provvedimento idonea ad
invalidarlo nella sua interezza nel caso rivesta carattere di essenzialit.
Linvalidit parziale si distingue dalla invalidit che colpisce atti formalmente unici ma
sostanzialmente plurimi, come la graduatoria, per cui il vizio della singola porzione dellatto non
inficia altre valutazioni. Tuttavia, se viene sollevata una questione procedimentale, ne consegue
linvalidit dellintero provvedimento.
Anche la validit dellatto va valutata con riferimento al modello normativo di riferimento vigente
al momento delladozione del provvedimento e tale regola vige altres per gli atti
endoprocedimentali in ossequio al principio tempus regit actum.
Le sopravvenienze normative, dunque, non incidono sullinvalidit dellatto, per cui a seguito
dellentrata in vigore di norme restrittive gli atti che risultano in contrasto con tale nuova disciplina
saranno dichiarati invalidi soltanto se successivamente emanati rispetto alladozione del
provvedimento.
Sotto il profilo processuale, dottrina e giurisprudenza hanno distinto tra invalidit derivata ad effetto
viziante e ad effetto caducante utile a fini processuali, in quanto linvalidit dellatto precedente,
non risultando lesivo, non direttamente impugnabile per cui viene fatta valere con limpugnazione
dellatto successivo.
In tal caso, pertanto, ci si chiesti se latto precedente, dotato di carica lesiva, diventi o meno
autonomamente impugnabile con le modalit ordinarie del ricorso giurisdizionale o amministrativo.
Invero, si ritenuto che nel cado di invalidit caducante non necessario impugnare latto
successivo in quanto questultimo risulter travolto dagli effetti di annullamento del precedente.
In tutte le altre ipotesi, invece, il privato potr impugnare gli atti successivi al primo impugnato in
quanto colpiti da invalidit.

8. Irregolarit
Dottrina e giurisprudenza hanno isolato alcune ipotesi di mera irregolarit, ossia di una difformit
che non comporta conseguenze sul regime giuridico dellatto, che resta valido ma determina altre
conseguenze di tipo disciplinare e risarcitorio in capo agli autori materiali dello stesso.
Si tratta di violazioni di regole formali sulla corretta redazione dellatto, come lintestazione
dellatto ovvero la data desumibile in maniera certa da altri elementi ovvero la sottoscrizione che
comunque renda possibile la riferibilit dellatto a chi ne appare lautore. Parimenti per
lindicazione del responsabile del procedimento.
Tale errori sono ascrivibili alla pubblica amministrazione.

9. Vizi di merito e principio di efficacia
I c.d. vizi di merito ancora oggi non hanno ricevuto una sistemazione condivisa, per cui essi
vengono collocati nellarea della legittimit o del merito.
Tali dubbi interpretativi sono stati determinati dalla questione relativa allindividuazione dei
parametri di riferimento, rinvenibili alternativamente in norme giuridiche ovvero in norme non
giuridiche relative allazione amministrativa.
Invero, si ritiene che lespressa previsione legislativa del criterio di efficacia, che deve
necessariamente informare lazione amministrativa, riguarda il dovere di buona amministrazione
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costituzionalizzato nel buon andamento che oggi ha assunto valore di parametro di riferimento nella
valutazione della validit dellazione amministrativa.
Pertanto, secondo un primo orientamento il legislatore avrebbe riconosciuto i c.d. vizi di merito
nellambito dei vizi di legittimit, da cui lopportunit di considerare lefficacia quale requisito di
validit di tutti i provvedimenti amministrativi in quanto tali perch conformi allinteresse pubblico.
Secondo altra prospettazione, il criterio dellefficacia rientra nellambito della legittimit, che ne
risulterebbe ampliata in quanto essa indica una relazione tra contenuto dellatto e risultati ottenuti
che andrebbero adeguati al soddisfacimento in concreto dellinteresse pubblico. Di qui il controllo
sulla buona amministrazione si presenta come controllo sulla scelta dellamministrazione secondo il
principio di ragionevolezza mediante la figura delleccesso di potere.
Il giudizio di adeguatezza, infatti, entra nel paradigma normativo di riferimento e lattuale assetto
normativo considera lazione amministrativa come vincolata al perseguimento dei fini in quanto
strumento di cura in concreto di interessi pubblici.

Capitolo 4
I provvedimenti amministrativi di secondo grado

1. Considerazioni introduttive
a) i provvedimenti di secondo grado quali esplicazione del principio di buona amministrazione

I provvedimenti amministrativi di secondo grado sono provvedimenti che hanno ad oggetto un
precedente provvedimento amministrativo ovvero il silenzio assenso, art. 20 legge 241/1990.
Lart. 19 della legge, novellato dal d.l. 35/ 2005, ha ampliato lambito di operativit prevedendo
poteri di revoca e di annullamento dufficio in capo allamministrazione anche in materia di d.i.a.
Invero, mentre con la d.i.a. il privato sostituisce gli atti amministrativi di assenso, nella revoca e
nellannullamento sussiste il provvedimento precedente, per cui si esclude che la revoca possa
configurarsi come mero provvedimento discrezionale in quanto il termine dei trenta giorni fissato
perch lamministrazione adotti il relativo provvedimento comporta, in ogni caso, la formazione di
silenzio assenso.
Pertanto, se la revoca si configura rispetto al potere discrezionale dellamministrazione, la d.i.a. pu
avere ad oggetto soltanto atti amministrativi dal cui rilascio dipende laccertamento dei requisiti e
presupposti di legge.
La revoca, inoltre, ha natura provvedi mentale al pari del recesso, quale manifestazione unilaterale
del potere autoritativo ed assicurato alladeguamento continuo dellazione amministrativa che si
svolge attraverso moduli consensuali al trasformarsi dellinteresse pubblico secondo il principio
dellefficacia.
Invero, dopo la novella del 2005 si ritenuto che revoca e recesso condividano stessa natura
provvedimentale, stessi presupposti, da cui anche il recesso costituisce un provvedimento di
secondo grado.
Nel nostro ordinamento sono presenti diversi tipi di provvedimenti di secondo grado.
Quanto alla sospensione, la proroga e la revoca, tali provvedimenti incidono sul precedente
provvedimento sospendono, prorogando ovvero eliminando i relativi effetti.
In particolare, il precedente potere non deve essere esaurito, in quanto lamministrazione possa
riesercitarlo quando il provvedimento ritenuto illegittimo rispetto alla cura dellinteresse pubblico
in concreto perseguito.
La legge 15/ 2005 ha previsto alcuni tra i pi significativi provvedimenti di secondo grado:
lannullamento dufficio e la revoca
Nella prospettiva dellefficacia dellazione amministrativa, il buon andamento e la corrispondenza
dellassetto degli interessi realizzato nel precedente provvedimento per cui il relativo potere stato
attribuito, comporta in caso del venir meno di tale adeguatezza un nuovo esercizio di tale potere per
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cui saranno adottati provvedimenti di secondo grado, quali esplicazione del principio di buona
amministrazione.

b) Il problema del fondamento giuridico
Il richiamo allautotutela stato fin dal passato ritenuto inidoneo a spiegare il riesercizio del potere
da parte dellamministrazione che adotta un provvedimento di secondo grado nella cura pur sempre
dellinteresse pubblico.
Il problema del fondamento giuridico dei poteri di secondo grado stato risolto facendo ricorso
oltre al principio di autotutela, alla posizione di privilegio dellamministrazione nei confronti degli
amministrati.
Pertanto, tali poteri sono stati considerati compatibili con il principio di legalit in quanto
espressione di quello stesso potere nel cui esercizio stato emanato latto oggetto del
provvedimento di secondo grado.
La legge 15/ 2005, e segnatamente per la revoca, la convalida e lannullamento dufficio di cui
allart. 21 nonies, ha risolto il problema del loro fondamento giuridico riconoscendone la
compatibilit con il principio di legalit.

c) La distinzione tra atti di riesame ed atti di revisione, tra atti ad esito eliminatorio ed atti ad
esito conservativo
Sotto il profilo funzionale parte della dottrina distingue i provvedimenti di secondo grado in atti di
riesame ed atti di revisione. Tra i primi rientrano lannullamento, la convalida, la conferma e la
ratifica ed hanno per oggetto il provvedimento sotto il profilo della validit. I secondi, invece,
comprendono la revoca, il recesso, la proroga, la sospensione ed incidono sullefficacia durevole del
precedente provvedimento ovvero dellaccorso nonch sul rapporto giuridico scaturito dal
provvedimento di primo grado o dallaccordo.
Tale orientamento trova conferma nella legge 15/ 2005 in quanto lart. 21 quinquies in tema di
revoca e lart. 21 nonies, comma 1 e 2 in tema di annullamento dufficio e convalida sono collocati
nel Capo IV bis che disciplina lefficacia e linvalidit del provvedimento, per cui subito dopo le
norme sullefficacia e lesecutivit del provvedimento troviamo la disposizione sulla revoca e subito
dopo quelle sulla nullit ed annullabilit si rinviene la disposizione sullannullamento dufficio.
La dottrina oggi prevalente configura, invece tali atti come manifestazione del potere di riesame,
distinguendoli in atti ad esito conservativo (la conferma, la convalida, la ratifica, la riforma, la
conversione e la proroga) ed atti ad esito eliminatorio ( lannullamento, la revoca, il recesso) e tra
questultimi fatta rientrare anche labrogazione dellefficacia o dellesecuzione di un precedente
provvedimento.
La sospensione, in particolare, ricondotta tra gli atti ad esito eliminatorio, in quanto strumentale
allannullamento e alla revoca, mentre labrogazione considerata atto amministrativo con il quale
si fa cessare lefficacia di un precedente atto per mutamento sopravvenuto delloriginaria situazione
di fatto o per sopravvenute esigenze di pubblico interesse.
Pertanto, labrogazione finisce per risolversi nella revoca per sopravvenienza e tale constatazione ha
indotto la dottrina ad indicare con tale termine il provvedimento che elimina o rimuove ex nunc un
precedente provvedimento, legittimo al momento della sua emanazione in quanto conforme al
presupposto indicato dalla legge, ma la cui permanenza sarebbe contra ius in quanto in contrasto
con le stesse norme che lo disciplinano.

d) Provvedimenti ad esito eliminatorio e tutela del legittimo affidamento
Gli atti di secondo grado, in particolare quelli ad esito eliminatorio, e tra questi anche la convalida,
hanno sempre posto il problema della tutela effettiva del cittadino e del suo affidamento nella
certezza e stabilit delle determinazioni assunte in precedenza dallamministrazione nei suoi
confronti.
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Invero, nel momento in cui la dottrina e la giurisprudenza hanno escluso lintangibilit delle
situazioni giuridiche soggettive favorevoli nate dallatto di primo grado, si posto il problema di
ricavare ulteriori regole di bilanciamento che ne legittimassero lesercizio nella valutazione di tutti
gli interessi in gioco, compresi anche gli interessi dei privati.
Al pari del principio di legalit e del buon andamento, infatti, la certezza dei rapporti giuridici
costituisce un principio fondante lordinamento, per cui le esigenze di certezza e stabilit assunte
nellassetto degli interessi dato dal provvedimento costituisce espressione del principio di
proporzionalit in cui si contemperano legalit ed efficacia dellazione amministrativa.
La tutela delle situazioni favorevoli, diritti ed interessi legittimi, sorte dal provvedimento di primo
grado stato risolto dalla legge 15/2005 in cui previsto che soltanto per la revoca si fa espresso
riferimento ai principi dellordinamento comunitario, tra cui rientra il principio della tutela del
legittimo affidamento nella certezza e stabilit dei rapporti giuridici e tra le possibili interpretazioni
favorevoli per il privato rientrano lannullamento dufficio e la convalida.
Invero, gi lart. 11, comma 4 della legge 241/1990 aveva riconosciuto in capo allamministrazione
lobbligo di indennizzare il privato per il pregiudizio subito a causa del recesso unilaterale dagli
accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo, per cui il legislatore aveva inteso
tutelare il privato con equivalente pecuniario e non gi nellassetto di interessi precedentemente
cristallizzato nellaccordo.

e) provvedimenti di secondo grado e omessa comunicazione di avvio del relativo procedimento
art. 21 octies, comma 2, legge 15/ 2005
Ai provvedimenti di secondo grado, e in particolare allannullamento, revoca, convalida e
sospensione, non si applica la disposizione di cui al comma 2 dellart. 21 octies della legge 15/
2005, in forza della quale lomessa comunicazione dellavvio del procedimento non produce
lannullabilit del provvedimento qualora lamministrazione dimostri in giudizio che lapporto del
privato sarebbe comunque ininfluente, in quanto il contenuto dispositivo del provvedimento non
avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
La partecipazione nei procedimenti di secondo grado, infatti, rispetto alla quale la comunicazione di
avvio del procedimento risulta strumentale, pu rilevarsi in una fase di comparazione tra gli
interessi in gioco, consentendo ai privati di manifestare i loro interessi e allamministrazione di
ponderare tutti gli interessi coinvolti nel procedimento stesso.
Di conseguenza, la giurisprudenza ha ritenuto, subito dopo lentrata in vigore della legge 241/1990,
legittimo limitare loperativit della norma che prevede la comunicazione dellavvio del
procedimenti di cui allart.7 in quanto ha richiesto per la sua legittimit la preventiva
comunicazione dellavvio del relativo procedimento sia in materia di revoca che per lannullamento
dufficio.
Quanto detto trova conferma nella legge 15/ 2005, per cui, nonostante lobbligo
dellamministrazione di considerare gli interessi dei destinatari del provvedimento e dei contro
interessati, stato espressamente previsto per lannullamento dufficio, ex art. 21 nonies, che tale
obbligo valga anche per la revoca, in quanto gli effetti dellatto favorevole per il privato vengono
meno sulla base di un giudizio di adeguatezza del contenuto dellatto alla soddisfazione
dellinteresse pubblico perseguito a prescindere dalla sussistenza di un vizio di legittimit da cui la
previsione dellindennizzo nella revoca di cui allart. 21 quinquies, quale conseguenza dellobbligo
per lamministrazione di comunicare lavvio del procedimento.

f) procedimento di riesame e istanza dellinteressato
Nel considerare lobbligo di avviare un procedimento di riesame da parte dellamministrazione, il
privato richiede lannullamento o la revoca del provvedimento a lui pregiudizievole.
Secondo un orientamento giurisprudenziale, maggioritario anche in dottrina, va escluso lobbligo
dellamministrazione di pronunciarsi sullistanza di revoca o di annullamento di un provvedimento
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sfavorevole non impugnato e divenuto inoppugnabile per scadenza dei termini, da cui si esclude la
formazione del silenzio rifiuto sullistanza medesima.
Ove si ammettesse tale obbligo, invece, il privato potrebbe sollecitare, mediante proposizione di
nuova istanza, il relativo esercizio di riesame, che resta un potere altamente discrezionale da parte
dellamministrazione in quanto dovere morale.
Invero, il rifiuto dellamministrazione di avviare un procedimento di riesame su richiesta del privato
viene ricostruito come atto meramente conformativo di un precedente provvedimento, non
impugnabile autonomamente.
Linoppugnabilit, peraltro, comporta la preclusione per linteressato di esperire rimedi
amministrativi e giurisdizionali avverso il provvedimento, una volta scaduti i rispettivi termini per
la loro proposizione, ma non lintangibilit del provvedimento stesso, in quanto permangono le
esigenze di tutela dellinteressato.
Il principio di inoppugnabilit, pertanto, pu cedere al principio di efficacia, quale costante
adeguatezza dellazione amministrativa allinteresse pubblico ma ci non comporta una
diminuzione della tutela dellinteresse pubblico ma semplice estensione delle garanzie delle quali
gode il privato interessato.

2. I provvedimenti ad esito eliminatorio. Lannullamento dufficio.
Tra i provvedimenti ad esito eliminatorio si collocano lannullamento dufficio e la revoca, in
quanto il primo comporta leliminazione del provvedimento illegittimo ed in contrasto con
linteresse pubblico, la seconda la cessazione degli effetti del provvedimento che, pur essendo
legittimo, non pi idoneo alla cura dellinteresse pubblico.
A tale categoria stata ricondotto anche la sospensione, con la quale viene sospesa in via cautelare
lefficacia di un provvedimento amministrativo ovvero il recesso dagli accordi, in quanto atto che
incide su un precedente accordo.
In riferimento a tali atti, annullamento dufficio e revoca, si tratti di istituti studiati in relazione
luno allaltro, percui soltanto tra la fine del XIX e linizio del XX secolo questi incominciarono ad
assumere autonoma conformazione.
Invero, la recente legge 15/2005 ha attenuato la relativa distinzione disciplinando in generale
lannullamento dufficio di cui allart. 21 nonies con accentuazione del carattere discrezionale
laddove la revoca stata rafforzata nella sua funzione di cura dellinteresse pubblico.
Lannullamento dufficio, infatti, come gi sostenuto da dottrina giurisprudenza, postula oltre alla
illegittimit anche linopportunit dellatto ovvero che il suo contenuto non sia pi idoneo alla cura
in concreto dellinteresse pubblico.
Pertanto, lillegittimit dellatto non da sola sufficiente a giustificare lannullamento dufficio,
diversamente da quanto avviene per lannullamento giurisdizionale o su ricorso amministrativo, ma
occorre fare riferimento allinteresse pubblico, concreto ed attuale, in quanto latto illegittimo pu
essere annullato soltanto quando linteresse pubblico attuale linteresse specifico considerato al
momento delleliminazione del provvedimento illegittimo rispetto al quale va valutato il precedente
assetto di interessi.
Il principio, accolto dallart. 20 della legge 241/1990 con riferimento allannullamento del silenzio
assenso, ancora il relativo potere allesistenza di ragioni di pubblico interesse ed stato codificato
dallart. 21 nonies per cui latto illegittimo pu essere annullato sussistendone le ragioni di interesse
pubblico.
Linteresse pubblico deve essere attuale, cos come ribadito dalla giurisprudenza, in quanto esso
deve essere diverso rispetto a quello del mero ripristino della legalit violata sotteso al
provvedimento di primo grado.
Da qui la natura di atto discrezionale, per cui lamministrazione conferisce un nuovo assetto di
rapporti giuridici suscettibile di continui cambiamenti nellambito del riesercizio del potere rispetto
allatto con conseguente inserimento nellarea dellamministrazione attiva.
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Linteresse pubblico allannullamento va bilanciato con altri interessi pubblici e privati, coinvolti
nella scelta amministrativa.
Il potere di annullamento stato configurato dallart. 21 nonies della legge 15/ 2005 come potere
altamente discrezionale in cui si considerano gli interessi pubblici secondari e gli interessi dei
destinatari alla conservazione ovvero allannullamento dellatto sul quale hanno maturato un
legittimo affidamento.
Il legislatore del 2005 ha consacrato la natura discrezionale dellannullamento e la Corte
costituzionale (sentenza 75 del 2000) ha previsto due fattispecie di auto annullamento, una di tipo
discrezionale finalizzata alla cura dellinteresse pubblico e laltra di tipo vincolata finalizzata al
ripristino della legalit.
Tale orientamento trova conferma nellorientamento che considera lannullamento del
provvedimento per violazione di norme comunitarie, in funzione del ripristino della legalit violata,
per cui lItalia, con ladesione ai Trattati comunitari, si obbligata al rispetto del diritto comunitario
da cui il potere dellamministrazione di valutare aspetti diversi dallesigenza del ripristino della
legalit violata.
Dal combinato disposta dellart. 21 nonies con lart. 21 octies emerge che lillegittimit esclusa
per i c.d. vizi di merito e si estende a tutti i vizi di legittimit, compreso leccesso di potere.
In particolare, il comma 2 dellart. 21 octies ha portato alleliminazione dal panorama giuridico dei
vizi formali e procedimentali con lintroduzione, invece, di tecniche diretta a porre in luce il vizio
denunciato nel dispositivo in ambito di giudizio di legittimit dellatto coinvolgendo il giudice sulla
correttezza sostanziale dellatto stesso. Pertanto, latto pur essendo annullabile rimane illegittimo e,
pertanto, annullabile dalla stessa amministrazione in sede di annullamento dufficio.
Quanto alloggetto, qualunque tipo di provvedimento pu essere annullato, indipendentemente dalla
sua efficacia.
Il potere di annullamento non soggetto a prescrizione, ma deve essere esercitato entro termine
ragionevole, salvo eccezioni previste dalla novella del 2005 esercitabili in ogni tempi.
La ragionevolezza deve essere considerata caso per caso e soprattutto con riferimento allattualit
dellinteresse pubblico alla caducazione del provvedimento.
La decorrenza dei termini dellannullamento hanno efficacia retroattiva, salvo che tali effetti non
siano stati completamente concretizzati prima della caducazione dellatto viziato.
Invero, lart. 21 nonies non fa riferimento alleffetto retroattivo, per cui la dottrina ha ritenuto che
sussistano ragioni tali da escludere la decorrenza temporale degli effetti di annullamento soltanto
per il futuro con eventuale rimessione alla discrezionalit amministrativa della possibilit di limitare
gli effetti retroattivi del provvedimento di annullamento a garanzia di un pi equilibrato rapporto tra
istanze di tutela della legalit e dellinteresse pubblico ed esigenze di tutela dellaffidamento del
privato.
Secondo lart. 21 nonies, la competenza spetta allo stesso organo che ha emanato latto invalido,
c.d. auto annullamento, ovvero ad altro organo espressamente indicato dalla legge.
Pertanto, si esclude che in assenza di espressa previsione di legge detto potere possa essere
esercitato dallorgano gerarchicamente superiore a quello che ha emanato latto o appartenente a
differente ente territoriale. Ad esempio, il permesso edilizio pu essere annullato dalla competente
autorit regionale entro dieci anni dalla sua emanazione in presenza di espressa disposizione di
legge, ex art. 39 d.lgs. 380/ 2001.
Nonostante la riforma costituzionale del 2001 abbia notevolmente valorizzato le autonomie locali,
la dottrina orientata a conservare il potere governativo di annullamento degli atti illegittimi degli
enti locali di cui allart. 138 del d.lgs. 267/ 2000, in quanto potere previsto a tutela dellunit
dellordinamento.
Invero, si tratta di un potere discrezionale esercitabile in ogni tempo anche in pendenza di ricorso
giurisdizionale contro latto medesimo purch ricorrano gravi motivi di pubblico interesse e deve
essere preceduto da una comunicazione allente locale dellavvio del procedimento.
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La legge 400/1988 prevede altres che il Governo legittimato allesercizio del potere di
annullamento degli atti illegittimi di qualunque amministrazione, salvo gli atti delle regioni e delle
provincie autonome. Tale potere deve svolgersi secondo le forme e le garanzie del procedimento
che ha portato allemanazione dellatto annullando.
Lannullamento dufficio, dunque, a differenza della revoca, non d luogo ad indennizzo a favore
del privato, salvo che tale annullamento sia disposto nei confronti di provvedimenti illegittimi
incidenti su rapporti convenzionali o contrattuali con privati, di cui allart. 1, comma 136 legge
finanziaria 2005.

2.1. Segue: la revoca
Attraverso la revoca, lautorit amministrativa competente, con decisione unilaterale, elimina
soltanto per il futuro efficacia ex nunc un rapporto considerato inopportuno perch inadeguato
alla cura dellinteresse pubblico che precedentemente mirava a soddisfare.
La revoca, quindi, prescinde dal vizio di legittimit dellatto e pu essere disposta allorch il
rapporto nato da quellatto non pi opportuna da cui la funzionalizzazione del potere
amministrativo al perseguimento del pubblico interesse.
La revoca garantisce ladeguatezza costante della scelta amministrativa con linteresse pubblico in
concreto perseguito attraverso leliminazione di un rapporto inopportuno, per cui essa costituisce
espressione del principio di efficacia di cui allart. 1 della legge 241/1990.
La revoca, pertanto, si colloca nellambito dellamministrazione attiva, in quanto atto sanzionatorio,
di decadenza, rimozione il cui presupposto sta nel venir meno dei requisiti cui la legge subordina la
continuazione del rapporto con obbligo da parte dellamministrazione di indennizzare il pregiudizio
subito dal privato.
Lart. 21 quinquies della legge 15/ 2005 ha aggiunto un comma 2 nella disciplina della revoca, per
cui sono state aggiunte modifiche sotto il profilo strutturale e delle conseguenze patrimoniali.
La revoca, infatti, disposta dallorgano che ha emanato latto o da altro indicato dalla legge e,
come per lannullamento dufficio, sempre possibile considerare la legge in senso ampio tale da
includervi anche le fonti normative di secondo grado.
La revoca pu essere legittimamente disposta oltre che con atto amministrativo, anche con legge da
cui la legge provvedimento n. 40 del 2007 con la quale sono state revocate alcune concessioni
rilasciate dallEnte ferrovie dello Stato alla TAV Spa per realizzare la linea ad alta velocit.
Il potere di revoca ammesso in tre ipotesi:
a) per sopravvenuti motivi di pubblico interesse;
b) per mutamento della situazione di fatto che rende incompatibile lassetto originario degli
interessi considerati;
c) per una diversa valutazione delle ragioni di pubblico interesse in base al quale
lamministrazione ha adottato il provvedimento.
Tali ipotesi sono ricondotte dalla dottrina alla revoca per sopravvenienza, fondata su situazione di
fatto che la rende incompatibile con lassetto di interessi definito nel provvedimento; e revoca c.d.
ius poenitendi, quale espressione di una diversa valutazione degli interessi in base ai quali
lamministrazione aveva adottato il provvedimento.
In altri termini, la revoca del primo tipo sarebbe comprensiva della revoca per sopravvenuti motivi
di pubblico interesse, laddove la revoca del secondo tipo si fonda su un ripensamento
dellamministrazione di cui la stessa ne render conto in sede di motivazione e con liquidazione
dellindennizzo.
La revoca, ex art. 21 quinquies, pu avere ad oggetto soltanto provvedimenti ad efficacia durevole
per cui sono irrevocabili gli atti i cui effetti si sono realizzati ed esauriti in quanto lamministrazione
non ha pi la possibilit di provvedervi.
Sotto il profilo temporale, il legislatore del 2005 conferma il consolidato orientamento della
giurisprudenza che considera il potere di revoca esercitabile in ogni tempo con il solo limite
dellattualit del pubblico interesse sotteso allesercizio di tale potere.
70
Lart. 21 quinquies riconosce che la revoca determina la inidoneit del provvedimento revocato a
produrre effetti ulteriori, operando la revoca effetti ex nunc.
Quanto alle situazioni giuridiche soggettive favorevoli al privato, previsto lindennizzo a tutela
degli effetti pregiudizievoli conseguenti alla revoca del provvedimento in funzione compensativa
del pregiudizio economico subito dal destinatario dellatto di revoca. La giurisdizione, in tale
ambito, assegnata al g.a. in funzione di giudice unico nellambito della giurisdizione esclusiva
sulle controversie relative allindennizzo.
In riferimento alla misura dellindennizzo, si ritiene che esso vada commisurato alla perdita subita,
c.d. danno emergente, con esclusione del mancato guadagno, c.d. lucro cessante, al fine di evitare
che vi sia coincidenza tra indennizzo, presupposto nella revoca legittima, e risarcimento in caso di
revoca illegittima.
A riguardo, la legge 40 del 2007 di conversione del c.d. decreto Bersani ha aggiunto allart. 21
quinquies il comma 1-bis sulla disciplina della quantificazione dellindennizzo dei pregiudizi subiti
dai privati in caso di revoca di provvedimento amministrativo ad efficacia durevole o istantanea
incidente su rapporti negoziali. Pertanto, si affermato, anche nel caso della revoca delle
concessioni della TAV Spa, che lindennizzo deve essere parametrato al solo danno emergente con
esclusione del lucro cessante, ossia senza collegamenti al provvedimento revocato, in quanto gli
eventuali danni collegati a tale atto andranno risarciti e non gi indennizzati.
Di fatto, il g.a. esclude la possibilit di cumulo di domande di indennizzo e di risarcimento del
danno, in quanto con la prima si presuppone la legittimit della revoca, mentre con la seconda se ne
presuppone la rispettiva illegittimit procedimentale.

3. I provvedimenti ad esito conservativo: proroga ed atti ad effetto sanante
In tale categoria rientrano gli atti che mirano al mantenimento di un precedente atto o eliminando il
relativo vizio che ne mina efficacia ex tunc e senza intaccarne il contenuto ovvero accertandone
lefficacia.
Tali provvedimenti si fondano sul principio di economicit, positivizzato dalla legge sul
procedimento per cui lamministrazione prima di eliminare un atto illegittimo o inopportuno deve
valutare la possibilit di mantenerlo in vita secondo la ponderazione degli interessi in gioco. In tale
ambito rientrano la convalida, la rettifica, la ratifica, la conferma, la conversione e la riforma e la
proroga.
Quanto al suo fondamento giuridico, non vi unanimit di opinioni in dottrina, un quanto
soprattutto la proroga ritenuta espressione di un potere generale mentre altra dottrina lammette
nei soli casi previsti dalla legge.
La giurisprudenza, invece, configura la proroga come avvenimento espressione dello stesso potere
nel cui esercizio stato emanato il provvedimento prorogando, da cui la vigenza e lefficacia del
primo atto al quale essa si salda a pena di illegittimit secondo il g.a. e a pena di inesistenza
secondo il g.o.
Alla scadenza del termine, se non consentita proroga, comunque ammessa la rinnovazione del
provvedimento, che costituisce una tecnica volta alla prosecuzione delloriginario rapporto che, a
differenza della proroga, non richiede rinnovata ponderazione degli interessi coinvolti.
I c.d. atti ad effetto sanante, non rientrano nella competenza di autorit diversa da quella che ha
emanato la decisione finale, per cui la conseguente sanatoria del vizio ha funzione meramente
servente rispetto al provvedimento considerato dallamministrazione agente.

3.1. Segue. La convalida e la rettifica
La convalida, come lannullamento dufficio, ha ad oggetto un provvedimento illegittimo ma,
mentre lannullamento elimina latto, la convalida rimuove il vizio e consolida gli effetti dellatto
rendendolo inattaccabile per il futuro.
Tale volont di sanare latto illegittimo deve risultare da dichiarazione espressa della competente
autorit.
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Lart. 21 nonies, in particolare, dopo aver disciplinato al comma 1 lannullamento dufficio, fa salva
la possibilit di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di pubblico
interesse e ne circoscrive lesercizio entro un termine ragionevole.
Quanto al primo presupposto si considera che linteresse pubblico pu rinvenirsi nel fatto stesso che
con a convalida si evitano effetti negativi della illegittimit dellatto; mentre con il secondo
presupposto si riguarda allincertezza dei fattori che vanno tenuti presenti nella valutazione della
ragionevolezza.
Invero, la norma conferma che la convalida pu avere ad oggetto soltanto provvedimenti
annullabili, affetti cio da vizio di legittimit con esclusione di provvedimenti nulli o inopportuni.
La competenza alleliminazione del vizio attraverso la convalida spetta allorgano che ha emanato
latto viziato e linteresse alla convalida dellatto deve risultare prevalente su tutti gli interessi
coinvolti nellesercizio del potere, trattandosi di provvedimento discrezionale.
Quanto ai vizi oggetto di convalida,vi rientrano il vizio di incompetenza relativa, i vizi di tipo
formale, come linsufficienza del quorum, ladozione di un sistema di votazione non previsto dalla
legge.
Con lemanazione dellart. 21 octies, comma 2 non si ritengono pi convalidabili, bens annullabili,
i provvedimenti vincolati affetti da vizi formali ininfluenti sul loro contenuto, cos come non
risultano convalidabili i provvedimenti viziati da eccesso di potere o per mancanza di presupposti
cui, ad esempio, quello dellurgenza.
Diversamente sono convalidabili gli atti affetti da vizi procedimentali, quali lomessa
comunicazione di avvio del procedimento o del preavviso di rigetto del provvedimento ad istanza di
parte.
Quanto agli aspetti temporali, la convalida ha efficacia retroattiva, per cui il vizio viene sanato ex
tunc fin dal momento dellemanazione dellatto stesso.
La convalida, in ogni caso, deve intervenire in un termine ragionevole, per cui va considerato che il
termine per impugnare non sia scaduto ovvero che il provvedimento non sia pi impugnabile per
scadenza dei termini fissati per la sua impugnativa con conseguente consolidazione del pregiudizio
relativo alla situazione giuridica soggettiva, rispetto alla quale si ritiene sempre ammissibile la
convalida.
Dalla convalida si distingue la rettifica che ha ad oggetto provvedimenti non viziati, ma
perfettamente validi seppure irregolari.
Con la rettifica viene eliminata, con efficacia retroattiva, lerrore materiale non invalidante, come
nel caso di erronea indicazione del domicilio del destinatario dellatto ovvero di errata ubicazione
del bene.
La legge parla di rettifica soltanto per gli atti degli interessati nellambito del procedimento
amministrativi, inclusa la possibilit di presentare domanda di rilascio di provvedimento di rettifica
di dichiarazioni o istanze incomplete o erronee, ex art. 6, lett. b).

3.2. La ratifica
La ratifica non va confusa con la convalida del vizio di incompetenza, in quanto istituti diretti alla
conservazione dellatto. Tuttavia, mentre il primo sana latto eliminando un vizio di incompetenza,
con il secondo lamministrazione fa proprio latto adottato da un organo incompetente al quale la
legge ne riconosce la legittimazione straordinaria data la circostanza urgente nella sua adozione.
La ratifica ha tradizionalmente operato nellambito degli enti locali per le delibere delle giunte
comunali e provinciali adottate in via durgenza con i poteri dei rispettivi consigli.
Lattuale ordinamento ha limitato la ratifica delle deliberazioni assunte in via durgenza dallorgano
esecutivo degli enti locali limitandone lapplicazione alle sole deliberazioni attinenti alle variazioni
di bilancio, mentre per gli atti del sindaco disposta la sua adesione ad un accordo di programma
che deve essere ratificata dal consiglio comunale nel caso di variazioni degli strumenti urbanistici.
Nel primo caso il termine di sessanta giorni, nel secondo di trenta giorni, a pena di decadenza.

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3.3. Segue. Conferma e atto meramente confermativo.
Un orientamento giurisprudenziale distingue tra conferma rispetto allatto meramente confermativo,
in quanto, nel silenzio della legge, si ritiene che lautorit, a seguito di istanza di riesame di un
precedente provvedimento negativo ritenuto inoppugnabile, possa ribadire la precedente decisione
confermandone la validit. Diversamente, si in presenza di atto meramente confermativo in
quanto la medesima conferma della precedente statuizione avviene senza nuova valutazione degli
elementi di fatto e di diritto gi considerati.
Invero, la c.d. conferma propria presuppone lapertura formale di un nuovo procedimento
comprensivo di fase istruttoria e lemanazione di un provvedimento di secondo grado, la conferma,
con il quale si afferma la legittimit o linopportunit del precedente provvedimento.
La conferma ha natura di provvedimento discrezionale che sostituisce, con efficacia ex nunc, il
precedente provvedimento ed autonomamente impugnabile per qualsiasi vizio proprio sia in sede
giurisdizionale che amministrativo.
Latto meramente confermativo, invece, non autonomamente impugnabile in quanto espressione
di una scelta dellamministrazione di non riesaminare il proprio precedente provvedimento.
Tale distinzione si spiega per esigenze processuali di evitare, mediante limpugnazione di un atto
meramente confermativo, lelusione della norma sul regime di impugnazione degli atti
amministrativi nel termine di decadenza.
Invero, tale interpretazione non apparsa convincente soprattutto perch mina la tutela del privato
con il sottrarre le garanzie di cui allart. 113 Cost. per gli atti meramente confermativi, dal momento
che il cittadino risulta privato di dimostrare in giudizio il mutamento della situazione sottesa
alloriginario provvedimento.
Di qui la necessit di rivedere la nozione di atto meramente confermativo da cui far dipendere
limpugnabilit dellatto di mera scelta dellamministrazione, per cui in presenza di un diverso
apprezzamento da parte dellamministrazione sulle situazioni di fatto o di diritto sopravvenuto si
aprirebbe in capo alla stessa lobbligo di avviare il procedimento di riesame della precedente
decisione assunta.

3.4. Segue. La conversione.
Diversa dalla sanatoria la conversione, che mira a sanare un vizio dellatto mediante conversione,
appunto, dei suoi effetti.
Listituto, positivizzato dallart. 1424 c.c., prevede che un negozio nullo possa essere convertito in
altro valido in presenza di tutti i suoi elementi, per cui sussistendo tutti i requisiti di sostanza e di
forma di un altro atto lamministrazione pu convertire latto in quanto ne ricorra lomogeneit
altres con gli interessi pubblici in concreto perseguiti.
Parte della dottrina ritiene che i casi di nullit o inesistenza dellatto vadano ricavati dalla suddetta
disciplina privatistica, per cui il presupposto della conversione la nullit del contratto.
Secondo altra dottrina, invece, la conversione si spiega con riferimento ai soli casi di annullabilit.
La competenza spetta allorgano che ha emanato latto, ma si esclude che vi sia completa
coincidenza tra lorgano che ha emanato latto e quello che procede alla conversione in caso di
reinterpretazione del suo contenuto.
Si esclude altres che la conversione possa avvenire in sede giurisdizionale, in quanto si finirebbe
per ammettere interferenza del giudice nella scelta discrezionale dellamministrazione.
La conversione ha efficacia ex tunc.

3.5. Segue. La riforma
La riforma rientra tra i provvedimento di secondo grado ad effetti conservativi.
Il procedimento di riesame, infatti, pu concludersi oltre che con la conferma o la rimozione degli
effetti del precedente provvedimento, con la loro riforma o modifica.
La riforma ha efficacia ex nunc, in quanto si colloca nellambito di procedimento di annullamento e
di revoca dando luogo ad annullamento ovvero revoca parziali.
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Il potere di riforma rappresenta espressione tipica della potest dordine, in quanto nucleo centrale
della gerarchia in quanto si richiede allufficio superiore lannullamento o la riforma di un atto
adottato da un ufficio subordinato.
Lart. 14 del d.lgs. 165/ 2001 ha escluso espressamente anche il potere del ministro di riformare gli
atti dei dirigenti.

Parte 5
Conferenza dei servizi

Capitolo 1
Conferenza dei servizi: natura giuridica

1. La conferenza dei servizi: genesi della figura
La legge sul procedimento amministrativo include tra gli strumenti di semplificazione listituto
della conferenza dei servizi, che ha assunto rilievo cresce negli interventi di riforma ad opera della
legge 15/ 2005 che ne ha sottolineato la centralit sistematica nello svolgimento dellattivit
amministrativa.
Lespressione prescelta dal legislatore, conferenza di servizi, fa riferimento alla valutazione
contestuale di pi interessi pubblici coinvolti nella soluzione del problema amministrativo
attraverso una riunione di persone qualificate, ossia competenti a trattare e decidere il problema
stesso, mentre il termine servizi si riferisce alle strutture organizzative di diversa dimensione e di
diverso livello costituita da semplici uffici ovvero articolazioni interne di amministrazioni
considerate nella loro unitaria complessit dal momento che la disciplina legislativa considera la
conferenza di servizi sia tra uffici della stessa amministrazione sia tra organi di amministrazioni
diverse.
Invero, lart. 14 della legge 241/1990 fa riferimento soltanto a tali due tipologie di conferenze, ma
sussistono almeno tre tipi di conferenza di servizi:
a) la prima concerne lesame contestuale dei vari interessi pubblici coinvolti nel medesimo
procedimento;
b) la seconda concerne lacquisizione di intese, concerti, nulla osta o assensi comunque
denominati di altre amministrazioni pubbliche non altrimenti ottenuti dallamministrazione
procedente;
c) la terza concerne lesame contestuale di interessi coinvolti in pi procedimenti
amministrativi connessi riguardanti medesimi attivit o risultati.
Ulteriore ipotesi di conferenza di servizi disciplinata nellart. 14 bis, quale conferenza
preliminare e secondo altri autori vi rientra altres la conferenza, convocata dallamministrazione,
su richiesta dellinteressato.
Risalendo alle origini della conferenza dei servizi si pu affermare che dapprima listituto si costitu
nella prassi amministrativa in modo spontaneo per ovviare alle inefficienze dellattivit
amministrativa soprattutto in ambito di procedimenti complessi nei quali era necessario ponderare
una massa rilevante di interessi pubblici.
Di qui si apr un intenso dibattito intorno al problema della natura giuridica della conferenza dei
servizi tanto che da un lato la dottrina lo riconosceva come strumento avente rilevanza sotto il
profilo strutturale dellorganizzazione amministrativa, in quanto riunione di organi che collaborano
tra loro e dallaltro si venne a riconoscere la conferenza tra gli istituti di semplificazione, in quanto
simbolo di modificazione dei paradigmi consueti del diritto amministrativo.
Fin dalla prima met degli anni Ottanta, infatti, la dottrina si era limitata a prendere atto
dellesistenza di tale istituto facendo riferimento a strumenti che si definivano come riunione di
organi, chiamati a svolgere attivit e a porre in essere atti che restano formalmente e
sostanzialmente distinti ed imputabili agli organi medesimi.
74
A partire dalla seconda met degli anni Ottanta, invece, muta lidea dellapplicazione della
conferenza di servizi, in quanto si rende ragione della diversa prospettiva di ricostruzione
dellistituto al punto tale che la conferenza dei servizi viene considerata uno strumento sostitutivo
del procedimento amministrativo e di privilegi la sua qualificazione come istituto a rilevanza
organizzativa.
Di conseguenza, latto adottato in sede di conferenza dei servizi era imputabile alla conferenza
medesima, intesa come organo unitario ed autonomo, cui andava riconosciuta legittimazione
processuale passiva autonoma.
Tuttavia, con lintroduzione della disciplina normativa della conferenza dei servizi di cui alla legge
241/1990, la conferenza ha assunto carattere di istituto generale dellattivit amministrativa, di cui il
legislatore tenta di porre in rilievo i caratteri essenziali della suddetta figura.
Invero, la disciplina originaria della legge 241/1990 recava una disciplina scarsa ed incompleta
incentrata nel solo articolo 14 della legge, per cui si disegnava un modello puro di conferenza di
servizi, quale modulo di collaborazione volontaria tra amministrazioni le cui decisioni potevano
essere concordate soltanto allunanimit dei partecipanti.
Successivamente, il legislatore inizia a prendere in considerazione la facolt delle amministrazioni
di dissentire dalla proposta di decisione dellamministrazione procedente tale da riconoscere un
vero e proprio potere di veto in capo a ciascuna delle amministrazioni partecipanti, per cui si
apportano, a partire dal 1993, modifiche al testo originario della legge ed il modello dellunanimit
per lassunzione della decisione risulta unipotesi soltanto eventuale e le disposizioni normative a
riguardo si sono moltiplicate in modo esponenziale.

2. Levoluzione della disciplina giuridica
Tali circostanze hanno ispirato le riforme del 1997 e del 2000 fino al 2005.
La legge 127/1997, allart. 17, ha rappresentato il primo vero tentativo di riforma organica della
disciplina generale della conferenza di servizi, in quanto ha eliminato il criterio dellunanimit ed
ha disegnato i meccanismi di superamento del dissenso facendo leva sui poteri sostitutivi spettanti
sia alle autorit di vertice dellapparato organizzativo statale, sia a quello regionale e locale nonch
ha previsto la conferenza destinata a raccogliere procedimenti reciprocamente connessi riguardanti
medesimi attivit o risultati,
Tuttavia, la conferenza restava uno strumento facoltativo ed i poteri sostitutivi in caso di dissenso
non risultavano regolati con precisione nonostante lindicazione legislativa intervenuta.
Il nuovo assetto dellistituto, pertanto, venne delineato dalla novella 340/2000 con la quale vennero
razionalmente ordinati i contenuti delle varie disposizioni normative e regolati con maggiore
precisione i presupposti ed i limiti dei poteri sostitutivi attuabili in caso di dissenso, per cui la
conferenza di servizi diveniva un modo originale di amministrare, una forma obbligata di esercizio
delle pubbliche funzioni come applicato nei settori dei lavori pubblici, dei beni culturali ed
ambientali, nelledilizia, nelle espropriazioni.
I tre interventi riformatori del 1997, 2000 e 2005 trovano la medesima ratio nel tentativo di
coniugare lattenzione della valutazione comparativa degli interessi con lesigenza di imprimere
efficienza allazione amministrativa, per cui la conferenza di servizi risulta strumentale al
conseguimento del risultato della valutazione comparativa degli interessi pubblici.
Le amministrazioni pubbliche, infatti, si trovano a fronteggiare realt sociali ed istituzionali sempre
pi complesse, per cui la conferenza di servizi consente allamministrazione di operare secondo la
funzionalit del proprio sistema di riferimento.
In particolare, il superamento dei dissensi delineato nellart. 14 quater, comma 2, riscritto dalla
legge 340/ 2000 con il criterio maggioritario, venuto a statuire una regola generale di adozione
delle decisioni assunte in sede di conferenza tale da trasformare la medesima in un organo
collegiale.
La giurisprudenza, tuttavia, non ha accolto tale tesi organica, ma ha riaffermato i propri
convincimenti contrari alla configurazione della conferenza quale organo collegiale tanto che il
75
legislatore del 2005 ha riconosciuto espressamente la natura di modulo procedimentale della
conferenza di servizi.

3. Natura giuridica e funzione dellistituto.
La soluzione al problema della individuazione della natura giuridica della conferenza di servizi era
la condizione necessaria per poter liberare in modo efficace le potenzialit dellistituto, per cui il
problema della individuazione della natura giuridica dellistituto si riflettuto nella scelta tra atto
collegiale, accordo tra amministrazioni da cui il differente regime giuridico dellimputazione degli
effetti della decisione assunta nonch sul regime di autotutela della relativa determinazione
conclusiva.
In primo luogo va ricordato che il legislatore, a partire dagli anni Novanta, ha indicato la conferenza
di servizi quale istituto sostitutivo di numerosi organi collegiali soppressi, per cui latto assunto
dalla conferenza stato considerato quale atto unitario ed autonomo rispetto alle amministrazioni
ivi coinvolte.
In altri termini, la conferenza intesa quale modulo procedimentale e non gi collegiale, in quanto
lorgano collegiale ha bisogno di una predeterminazione dei suoi componenti, laddove nella
conferenza dei servizi non trova rilievo la natura collegiale n sul piano organizzativo che
sostanziale dufficio.
La conferenza, infatti, assume carattere procedimentale, in quanto funzionale alla conclusione di un
accordo tra amministrazioni in quanto si riunisce in un unico luogo o sede di discussione uffici
diversi o diverse amministrazioni, senza modificazione o trasferimento delle relative competenze,
ma si concordano valutazioni dialettiche comuni su cui si fonda la decisione finale, quale
conseguimento di un unico risultato.
Questultima assunta mediante una ponderazione equilibrata ed effettiva di poteri discrezionali
esercitati in sede di conferenza, per cui ciascuna amministrazione ivi coinvolta terr conto, oltre che
del proprio, anche degli interessi pubblici in cura presso le altre amministrazioni allo scopo di
conseguire una decisione che soddisfi nel modo migliore linsieme degli interessi pubblici. In tale
prospettiva la valutazione contestuale operata in sede di conferenza determina unoperazione
amministrativa, intesa quale insieme di attivit necessarie per conseguire un risultato giuridico
unitario valutabile come nuovo assetto di interessi pubblici imputabili alla cure delle
amministrazioni ivi coinvolte.


4. Conferenze endoprocedimentali e conferenze operazionali
Nellambito delle diverse tipologie di conferenza, la legge 15/ 2005 non ha modificato i modelli di
conferenza precedentemente considerati dalla legge sul procedimento, in quanto si considerano
quattro ipotesi principali di conferenza, di cui tre nellart. 14, commi 1, 2, 3 ed una nellart. 14 bis.
Le fattispecie di cui allart. 14 sono oggetto di varie classificazioni da parte della dottrina secondo
criteri eterogenei.
La classificazione pi esauriente quella tra conferenze di uffici e conferenze tra amministrazioni e
sulla base della conferenza posta nel singolo procedimento si distingue tra conferenza
endoprocedimentale e conferenze operazionali.
Invero, la conferenza di servizi si rileva come collocata tra semplificazione e partecipazione, per cui
lo snellimento dellazione amministrativa che ne consegue consente agli uffici di attuare una
maggiore accelerazione nelliter procedimentale e consentire ai privati una pi efficace
partecipazione di cui al Capo Terzo della stessa legge.
Invero, la partecipazione dei privati al procedimento deve aver luogo prima dello svolgimento della
conferenza, in quanto questa aperta alla partecipazione dei soli soggetti pubblici ed ha natura
essenzialmente decisionale, quale luogo di comparazione degli interessi pubblici.
76
Inoltre, la disciplina della conferenza dei servizi va raccordata con le previsioni di partecipazione
pubblica al procedimento, per cui la partecipazione dei privati al procedimento va raccordata anche
con la disciplina di cui al Capo Terzo della legge.
In altri termini, la conferenza endoprocedimentale si caratterizza per la sua stessa modalit
alternativa rispetto a quella ordinaria, nel procedere allesame degli interessi coinvolti, in quanto in
tale sede la vicenda decisoria della valutazione degli interessi si distingue dalla valutazione
spettante allunica amministrazione decidente, in quanto essa la sola che nella conferenza
endoprocedimentale pu determinare il contenuto del provvedimento finale.
Le conferenze operazionali, invece, assolvono al fine di semplificazione del singolo procedimento,
in quanto coinvolge una pluralit di procedimenti ed interessi rimessi alla cura della pluralit di
centri di imputazione di pubblici interessi, ciascuno titolare di autonomo potere decisionale.
Emerge, infatti, che la partecipazione delle amministrazioni pubbliche si spinge fino al punto di
determinare lassetto degli interessi, per cui si realizza il fenomeno della codecisione da cui lart.
14, comma 2, della legge 241/1990.
Alla luce di tale disposizione si viene ad indicare un metodo del procedere che pu essere sostituita
mediante il ricorso alla conferenza di servizi che debba essere utilizzata nella durata di trenta giorni
per la decisione in concreto congrua e ragionevole.

5. La c.d. conferenza sullistanza
Lart. 14, comma 4, della legge 241/1990 prevede che la conferenza indetta su richiesta
dellinteressato secondo una disciplina particolare che attiene a procedimenti disciplinati dal comma
3 della medesima disposizione normativa.
Tale disposizione indica unulteriore modalit di indizione di conferenza di servizi, in presenza di
richiesta del soggetto interessato.

6. La conferenza di servizi preliminare
La conferenza di servizi pu essere indetta su istanze o progetti preliminari di cui allart. 14 bis
della legge 241/ 1990, al fine di evitare inutili aggravi di risorse e di attivit che richiedano ingenti
investimenti economici offrendo agli interessati la possibilit di consultare lamministrazione prima
di presentare un progetto definitivo e rischiare di incorrere in un diniego formale.
Tale conferenza si caratterizza per il fatto di avere ad oggetto uno schema preliminare di decisione
definitiva, per cui tutte le amministrazioni ivi coinvolte devono rispettare le condizioni che
consentono lo ro di ottenere lassenso definitivo alla realizzazione dellintervento.
Uno degli aspetti pi significativi della disciplina in esame la previsione che impedisce alle
amministrazioni di modificare le proprie precedenti determinazioni in assenza di fatti sopravvenuti
alla conclusione della conferenza preliminare, in quanto i privati sono tutelati nel rispettivo
affidamento e nei limiti riconosciuti al potere amministrativo di revisione sulle precedenti
determinazioni illegittime.
Invero, la riforma del 2005 ha esteso la disciplina della conferenza preliminare ai progetti di
particolare complessit ed a quelli di insediamenti produttivi di beni e servizi di cui allart. 14 bis,
comma 1.
Il ricorso alla conferenza preliminare, infine, non pi subordinato alla presentazione del progetto
preliminare, ma soltanto allo studio di fattibilit, per cui il ricorso ad essa diviene meno oneroso per
il privato sotto il profilo economico ed anche pi agevole per lamministrazione.







77
Capitolo 2
La conferenza di servizi: funzionamento

1. La disciplina dei lavori della conferenza di servizi
Lart. 14 ter della legge 241/ 1990 dedicato alla disciplina dei lavori della conferenza dei servizi,
successivamente modificato dalla legge 15/ 2005.
Lart. 14 ter stabilisce che le amministrazioni convocate alla conferenza di servizi hanno il dovere
di parteciparvi in modo regolare, ossia a mezzo di soggetti, organi o delegati di organi, legittimati
ad esprimere in modo vincolante la volont dellamministrazione rappresentata sulle decisioni di
sua competenza.
Prima della novella, la disciplina della conferenza non era assoggettata a specifiche previsioni
normative, per cui non erano fornite indicazioni puntuali sulla composizione della conferenza e sul
suo relativo funzionamento.
La legge 340/ 2000 pur avendo portato chiarezza sui profili problematici sopraindicati, aveva
tuttavia lasciato aperte alcune questioni sulle quali dovuto intervenire il legislatore del 2005.
La riforma, infatti, ha inserito allart. 14 ter tutte le previsioni aventi ad oggetto lo svolgimento della
conferenza di servizi dal momento della sua indizione fino a quello della costituzione del
provvedimento produttivo di effetti giuridici determinati nellambito della medesima in correlazione
a quanto disposto allart. 14 quater.
In particolare, lart. 14 quater, comma 1, attiene ai lavori della conferenza laddove siano espressi
motivati dissensi non qualificati, mentre dallart. 14 ter, comma 6 bis, si ricava la disciplina di
superamento di tali dissensi qualificati, in quanto si rimette la decisione a sedi diverse dalla
conferenza quali la Conferenza Stato Regioni, la Conferenza unificata e cos via.
Lart. 14 ter indica tempi, modalit di indizione e di convocazione della conferenza con possibilit
di concordare una data diversa per il suo svolgimento rispetto a quella prefissata onde favorire la
partecipazione attiva di tutte le amministrazioni interessate.
La legge 15/ 2005 ha modificato lart.14 ter imprimendo maggiore speditezza allo svolgimento
della conferenza, in quanto sono stati abbreviati i termini fissati nella normativa previgente ed
attraverso linserimento di nuovi termini volti ad una pi snella scansione dei lavori in sede di
conferenza.
Il nuovo comma 1 dellart. 14 ter, infatti, prevede che la prima riunione della conferenza di servizi
convocata entro quindici giorni ovvero, in caso di particolare complessit dellistruttoria, entro
trenta giorni dalla data di indizione.
Il legislatore, pertanto, ha inteso stabilire il termine entro il quale, una volta convocata la
conferenza, questa deve procedere allo svolgimento effettivo dei suoi lavori laddove la previgente
disciplina normativa non fissava un termine massimo entro il quale si svolgeva tale procedimento.
Lart. 14 ter, inoltre, considera il rapporto tra valutazione di impatto ambientale e disciplina di
funzionamento e durata della conferenza di servizi, per cui il termine di conclusione dei lavori resta
sospeso, per un periodo massimo di novanta giorni, nellipotesi in cui debba essere acquisita al
procedimento la V.I.A.
La riforma ha altres eliminato le previgenti disposizioni che consentivano alle amministrazioni
convocate di manifestare il dissenso anche fuori dalla conferenza. Infatti, lart. 14 quater, comma 1,
prevede che il dissenso deve essere manifestato nella conferenza di servizi a pena di
inammissibilit.
Alle amministrazioni dissenzienti, in ogni caso, riconosciuto il potere di impugnare la
determinazione motivata di conclusione dei lavori della conferenza di servizi.

2. Modalit alternative di acquisizione degli assensi e disciplina dellassenza
Ai sensi dellart. 14 ter, comma 7 lassenso dellamministrazione si considera acquisito in quanto il
rappresentante non abbia espresso definitivamente la volont dellamministrazione rappresentata.
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Si tratta di una fattispecie di assenso delle amministrazioni che considerato in via concludente, in
quanto recepito nel provvedimento costitutivo degli effetti giuridici.
Invero, la norma considera le sole amministrazioni convocate che nella conferenza siano rimaste
silenti, ma non si riferisce, invece, alle amministrazioni convocate e rimaste assenti, per le quali la
legge dedica lart. 14 quater, comma 9.
La fattispecie dellassenza, infatti, ritenuta pi grave, in quanto le amministrazioni convocate in
conferenza hanno violato in via assoluto il dovere di parteciparvi. Tale ipotesi non va confusa con la
fattispecie in cui lamministrazione pretermessa, in quanto non invitata dallamministrazione
procedente a prendere parte alla conferenza di servizi in considerazione dellinteresse pubblico
affidato alla sua cura.

3. Soggetti legittimati a partecipare alla conferenza di servizi: i presupposto della partecipazione
regolare.
Lart. 14 ter, comma 6, prevede che ogni amministrazione convocata partecipa alla conferenza di
servizi attraverso un unico rappresentante legittimato, dallorgano competente, ad esprimere in
modo vincolante la volont dellamministrazione su tutte le decisioni di competenza della stessa.
Tale disposizione, dunque, attiene al profilo del carattere generale dellindividuazione degli organi
competenti a rappresentare lamministrazione in sede di conferenza di servizi nonch sulla
precisazione dei limiti di ammissibilit di tale partecipazione.
In passato, in caso di mancata partecipazione alla conferenza si riteneva sussistente lipotesi di
partecipazione irregolare, in quanto lamministrazione era stata regolarmente convocata seppure la
partecipazione effettiva era data tramite rappresentanti privi di competenza ad esprimere
effettivamente la volont dellamministrazione convocata.
Si riteneva, dunque, che le amministrazioni partecipassero alla conferenza per mezzo di persone
fisiche, titolari di uffici c.d. di imputazione, come tali competenti di vincolare lamministrazione in
ordine alla decisione assunta in sede di conferenza dal rappresentante seppure privo dei necessari
poteri conferitigli da espresso provvedimento formale.
La nuova formulazione dellart. 14 ter, comma 6, invece, ha fatto esplicito riferimento alle decisioni
di competenza dellamministrazione che impone di formalizzare la decisione adottata in conferenza
in un distinto e successivo provvedimento formale, costitutivo degli effetti.
Da tali riflessioni emerge che il responsabile del procedimento diventa titolare in via autonoma del
proprio ruolo in virt del quale la legge gli attribuisce la competenza di impegnare
lamministrazione verso lesterno ed in sede di conferenza le amministrazioni, per mezzo di soggetti
legittimati alladozione della decisione, hanno una competenza distinta da quella che positivizzata
dalla legge in capo al dirigente titolare della cura dellistruttoria e di tutta la fase decisoria in senso
stretto.
Quanto ai limiti di ammissibilit della partecipazione dei soggetti muniti di apposita delega, va
considerato che le amministrazioni possono delegare organi ovvero altre persone conferendo loro
adeguati poteri.
Lart. 14 ter, comma 6, prevede che la partecipazione alla conferenza possa avvenire mediante un
unico rappresentante per tutte le decisioni di competenza dellamministrazione stessa al fine di
costituire nella conferenza un unico soggetto che sia munito di tutte le deleghe necessarie per
lesercizio della potest decisionale.

4. I meccanismi di superamento delle ragioni del dissenso.
Il nuovo comma 6 bis, dellart. 14 ter della legge 241/ 1990 prevede che allesito dei lavori della
conferenza, e in ogni cado scaduto il termine di cui al comma 3, lamministrazione procedente
adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze
della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in sede di conferenza di servizi.
La nuova disciplina, come ravvisato dai commentatori, rappresenta uninnovazione ontologica, in
quanto sancisce il passaggio dalla logica numerica e quantitativa, a quella fondata sul criterio della
79
prevalenza che, a differenza di quello maggioritario, si fonda sulle questioni oggettive rappresentate
da ciascuna amministrazione.
In particolare, il legislatore ha previsto un meccanismo che rende possibile il superamento dei
motivati dissensi, in quanto ha previsto la sostituzione della determinazione dellamministrazione
dissenziente con unaltra determinazione attribuita in via generale allamministrazione procedente,
salva la possibilit di intervento dellautorit di vertice.
I meccanismi di superamento del dissenso, infatti, fanno leva sullattivazione del potere sostitutivo,
per cui lamministrazione sostituita da altra amministrazione a tutela degli interessi pubblici in
cura alle amministrazioni dissenzienti. Con la conseguenza che laddove non siano superabili tali
dissensi, non possibile addivenire alla determinazione conclusiva di segno positivo del
procedimento.
Al fine di evitare il potere di veto delle amministrazioni dissenzienti, il legislatore ha previsto al
comma 1 dellart. 14 quater della legge 340/2000 leliminazione del potere di veto e
lindividuazione del limite minimo di assensi richiesti per lattivazione dei poteri sostitutivi
dellamministrazione procedente.
Il legislatore, parimenti, nellart. 14 quater, comma 2, della legge 241/1990 ha chiarito che la
presenza della maggioranza dei consenti rispetto ai dissensi risulta un mero fatto rilevante cui
ricollegata lattivazione dei poteri sostitutivi dellamministrazione procedente.
Di qui si auspica laccoglimento della lettura della disciplina di cui alla legge 340/2000, in cui si
afferma il superamento dei motivati dissensi rispetto ai consensi che rileverebbero soltanto
formalmente laddove i primi influenzerebbero, invece, sul contenuto della determinazione
conclusiva.
Il nuovo art. 14 ter, comma 6, introdotto dalla legge 15/2005 ha previsto espressamente che la
determinazione di conclusione del procedimento deve essere motivata in relazione alle specifiche
risultanze della conferenza ed alle posizioni prevalenti in essa espresse sancendo formalmente la
inaccoglibilit del criterio della maggioranza richiesta per ladozione della decisione finale.

5. I meccanismi multilivello di composizione dei dissensi qualificati.
Lart. 14 quater della legge 241/1990 disciplina il meccanismo di superamento dei c.d. dissensi
qualificati, che sono quelli che non possono essere superati in sede di conferenza in quanto la legge
vi ricollega leffetto di rimettere la decisione oggetto della conferenza ad altro e superiore livello di
governo.
In primo luogo, la riforma ha esteso la categoria agli interessi sensibili, quali la tutela ambientale,
paesaggistico territoriale, tutela della salute, ed anche quelli espressi da amministrazioni preposte
alla pubblica incolumit.
Invero, la nozione di pubblica incolumit presenta un contenuto assai ampio tale da coinvolgere
tutte le situazioni di pericolo in cui le persone possono trovarsi e la nozione di dissensi qualificati
pu comportare il rischio di estendere notevolmente il loro ambito tanto che la giurisprudenza
intervenuta a specificare ed integrare il dato normativo.
In ambito di dissensi qualificati rientrano altres i dissensi regionali, laddove espressi a tutela di
interessi sensibili su materie riservati alla propria competenza.
La riforma del Titolo V della parte Seconda della Costituzione ha reso necessaria la revisione
integrale della materia secondo i canoni di leale collaborazione tra i diversi livelli di governo
valorizzati nella Carta costituzionale.
Con la riforma costituzionale, infatti, si inteso offrire una lettura costituzionalmente orientata delle
molteplici discipline su operazioni amministrative complesse coinvolgenti pluralit di poteri
decisionali concorrenti nella medesima materia.
Tale meccanismo, infatti, richiede la necessaria intesa con le regioni al fine di garantire una
valutazione di primo livello sui dissensi qualificati, rispetto ai quali lo Stato potr sopperire in via
sostitutiva ma soltanto in via eccezionale.
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La nuova disciplina, infatti, ha introdotto un meccanismo di gestione dei dissensi qualificati che
richiede mezzi e strumenti di raccordo delle istituzioni in leale collaborazione tra loro.


Parte 6
Fattispecie diverse dai provvedimenti

Capitolo 1
Gli accordi

1. Accordo amministrativo ed esercizio della funzione pubblica
Con lintroduzione dellart. 11 della legge 241/1990 modificato dalla legge 15/ 2005, il legislatore
ha disciplinato listituto degli accordi tra amministrazione e privati, consentendo alla parte pubblica
di avvalersi di moduli consensuali per lesercizio della funzione amministrativa.
Lutilizzo dei moduli convenzionali era gi previsto in ambito urbanistico dal t.u 327/ 2001 in tema
di espropriazione, in quanto latto convenzionale veniva a sostituisci al provvedimento unilaterale
di espropriazione.
Tuttavia con lart. 11 della legge 241/ 1990 i moduli convenzionali dellagire amministrativo hanno
assunto carattere generalizzato al modello tradizionale di amministrazione fondato sullesercizio
unilaterale ed imperativo del potere amministrativo.
Invero, secondo il principio del doppio binario, lamministrazione pu scegliere la linea autoritativa
e la nuova linea convenzionale mediante lutilizzo di accordi che, secondo la prescrizione
normativa, vengono a definire in senso totale o parziale la definizione stessa del procedimento
amministrativo.
La tipologia degli accordi, infatti, legata alla tipicit del potere di provvedere, in quanto senza un
procedimento ed un presupposto potere autoritativo attribuito dallordinamento
allamministrazione, non pu esservi accordo di cui allart. 11 della legge.
Pertanto, dalla tipologia degli accordi in esame vanno esclusi quegli atti di diritto privato che
lamministrazione assume nei rapporti contrattuali, ad esempio, nellacquistare beni, servizi o
forniture.
Gli accordi, infatti, trovano il loro presupposto legislativo e sistematico nel concreto esercizio del
potere autoritativo, da cui la distinzione tra accordo e contratto di diritto privato, laddove i contratti
ad evidenza pubblica sono veri e propri contratti soggetti alla disciplina privatistica, mentre gli
accordi ex art. 11 della legge seguono soltanto i principi del codice civile relativi alle obbligazioni
ed ai contratti in quanto compatibili, ex art. 11, comma 2 della legge.
Negli accordi amministrativi, infatti, il potere amministrativo viene esercitato mediante atti
bilaterali, per cui la volont del privato non requisito necessario per la sussistenza della fattispecie
di regolamentazione degli interessi, in quanto essi nascono dalla fusione del potere amministrativo
ed autonomia privata che ne caratterizza la natura.
Quanto alla natura degli accordi, si discute se questi siano contratti di diritto privato ovvero contratti
di diritto pubblico, ma si ritiene che la loro sostanza comporta in ogni caso lapplicazione della
disciplina legislativa di cui allart.11, per cui lesercizio del potere pubblico a determinare il
contenuto.

2. Tipologie ed ambito applicativo degli accordi.
Lart. 11 prevede due tipologie di accordi tra amministrazione e privato:
a) laccordo procedimentale, c.d. integrativo;
b) laccordo sostitutivo del provvedimento.
Quanto ai primi si applica in generale lart. 11 nella sua formulazione originaria, caratterizzando
tale tipologia di accordi nellobbligo assunto dallamministrazione di esercitare il potere mediante
emanazione di un provvedimento il cui contenuto determinato previo accordo con il privato.
81
Gli accordi sostitutivi, invece, come modificati dalla legge 15/ 2005, producono effetti giuridici per
i quali sarebbe necessaria lemanazione del provvedimento unilaterale, senza ulteriore attivit
relativa allesercizio del potere in capo allamministrazione.
Latipicit riconosciuta a questultimi tuttavia parziale, in quanto essa riguarda la sostituibilit del
provvedimento con laccordo senza la necessita di unespressa previsione legislativa. Pertanto,
laccordo resta atto tipico ed assorbe, in quanto tale, il carattere di tipicit del provvedimento
corrispondente.
Laccordo procedimentale, invece, interviene nel procedimento ed allinterno di questo esaurisce i
suoi effetti, sostituendo al suo interno latto che sar recepito nel provvedimento finale.
Pertanto, nel primo caso vi definizione totale o parziale del procedimento, in quanto si viene a
vincolare il provvedimento nel suo contenuto; nel secondo caso, invece, laccordo determina la
chiusura del procedimento senza emanazione di alcun provvedimento.

3. La formazione degli accordi e il vincolo di non negoziabilit dellinteresse pubblico
Una negazione sullammissibilit degli accordi si ravvisata nella negazione della possibilit per la
p.a. di negoziare linteresse pubblico, in quanto essa non pu, in ogni caso, rinunciare al
perseguimento del medesimo.
La legge, infatti, prevede che laccordo pu essere concluso esclusivamente nel perseguimento del
pubblico interesse, per cui la rinuncia allunilateralit non implica rinuncia alla produzione di effetti
del provvedimento connessi allattribuzione del potere.
Il perseguimento dellinteresse pubblico, infatti, caratterizza non soltanto la disciplina, ma
costituisce anche il contenuto dellaccordo determinando il regime pubblicistico della sua
disciplina.
Laccordo, peraltro, si giustifica laddove le parti ottengano unutilit ulteriore rispetto a quella
fornita dal mero provvedimento, tanto che essi vengono ad assumere il carattere di un istituto di
partecipazione al procedimento, in quanto il privato pu incidere, mediante la manifestazione dei
propri interessi, nella formazione della decisione assunta dallamministrazione.
Listanza di accordo, in particolare, costituisce espressione di partecipazione al procedimento, in
quanto lamministrazione deve valutare sullistanza medesima lassetto definitivo degli interessi
coinvolti e dalla quale sarebbe determinata la rispettiva amministrazione competente per ladozione
del provvedimento.
Invero, la scelta dello strumento consensuale da parte dellamministrazione rientra nellesercizio di
un potere discrezionale, per cui lamministrazione deve valutare e motivare la scelta di stipulare
laccordo ovvero di rifiutare la proposta del privato tenuto conto dellinteresse pubblico rimesso alla
sua cura.
La posizione del privato giuridicamente protetta, in quanto partecipazione allesercizio del potere,
per cui si delinea come interesse legittimo pretensivo tutelabile innanzi al g.a. in caso di rifiuto o
silenzio.

4. Lesecuzione degli accordi
A seguito della conclusione dellaccordo, si applica la disciplina prevista dal codice civile in tema
di obbligazioni e contratti, per cui la tutela del pubblico interesse, anche nella fase esecutiva,
comporta per lamministrazione la combinazione tra principi di diritto privato e principi di diritto
pubblico.
Quanto allo scioglimento unilaterale del vincolo da parte dellamministrazione, la legge 241/1990
prevede la regola di cui al comma 4 dellart. 11.

4.1. La disciplina del recesso dellamministrazione
Il comma 4 dellart. 11 dispone che per sopravvenuti motivi di pubblico interesse lamministrazione
recede unilateralmente dallaccordo, salvo lobbligo di provvedere alla liquidazione di un
indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatesi in danno al privato.
82
In relazione a tale norma, il recesso della p.a. si riconosce per sopravvenuti motivi di pubblico
interesse, confermando in tal senso il carattere vincolante dellaccordo quale vincolo funzionale al
perseguimento dellinteresse pubblico.
Lamministrazione, pertanto, pu sciogliere laccordo esercitando una potest pubblica che si
concreta in un provvedimento unilaterale ed imperativo, che incontra limiti nella funzionalizzazione
alla cura dellinteresse pubblico ovvero che detti motivi devono essere sopravvenuti, e cio che tali
motivi non devono derivare da una diversa valutazione dellinteresse pubblico giustificativo del
precedente impegno contrattuale, ma piuttosto dal maturare di nuovi elementi connessi ad interessi
generali che determinano lincompatibilit della sopravvivenza del rapporto.
Il recesso di cui allart. 11 sembra avvicinarsi alla revoca del provvedimento di cui allart. 21
quinquies della legge 15/ 2005, in quanto prevista per entrambe la liquidazione di un indennizzo
connessa allesercizio legittimo del potere nonch il perseguimento dellinteresse pubblico e
lefficacia ex nunc.
Tuttavia, mentre il recesso legato a sopravvenuti motivi di pubblico interesse, il provvedimento
amministrativo ad efficacia durevole pu essere revocato per sopravvenuti motivi di pubblico
interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione
dellinteresse pubblico originario.
Il recesso, dunque, rappresenta un istituto proprio degli accordi amministrativi procedimentali, che
si differenzia dalla revoca e dal recesso civilistico, in quanto atto provvedi mentale, unilaterale ed
imperativo, con efficacia ex nunc.
Lindennizzo rappresenta la tutela minima prevista ex lege al fine di tutelare la situazione di
affidamento che ha caratterizzato il rapporto con il privato, ex art. 11 comma 4 della legge.

4.2. Linadempimento dellamministrazione
Il recesso illegittimo costituisce una fattispecie di inadempimento dellamministrazione, ma non
lunica, per cui essa obbligata ad indennizzare il privato.
Lamministrazione, infatti, nel corso del procedimento pu provvedere in senso difforme
dallaccordo ovvero senza determinare alcun recesso espresso, per cui si viene a costituire una
fattispecie di inadempimento dellamministrazione.
Nel caso di mancata emanazione del provvedimento a seguito dellaccordo procedimentale, si
ritenuto che il privato sia tutelato in virt della situazione di interesse legittimo riconosciutagli
secondo lart. 21 bis della legge Tar in tema di ricorso amministrativo avvero il silenzio
dellamministrazione.
In tal senso la giurisprudenza ha ritenuto che gli accordi in questione sono pur sempre contratti ad
oggetto pubblico, in quanto stipulato nellinteresse pubblico, per cui lemissione del provvedimento
va tenuto distinto dalla conclusione del contratto definitivo ed il provvedimento implica pur sempre
lesercizio di poteri autoritativi che non pu essere attribuito ad organi amministrativi e non gi
allautorit giurisdizionale.
In presenza di inerzia amministrativa successiva allaccordo, il privato potr agire con il ricorso
avverso il silenzio ex art. 21 bis legge 205/ 2000 e la condanna ad un facere sar possibile in quanto
ladempimento allaccordo riguardi non gi lesercizio di funzioni pubblicistiche, ma un facere
avente contenuto negoziale o materiale.
Il privato, peraltro, in caso di provvedimento difforme dal contenuto dellaccordo vanta un interesse
legittimo allannullamento del provvedimento e potr poi agire per il risarcimento dei danni.

4.3. La patologia del rapporto
Ritenuta la compatibilit delle norme del codice civile in materia di contratti anche la patologia
dellaccordo riguarda tanti i vizi del contratto quanto quelli del provvedimento.
Limpugnazione, infatti, non pu essere limitata ai soli vizi di validit dellaccordo secondo le
regole civilistiche, ma vanno considerati tutti i vizi di legittimit previsti dalle leggi sui
procedimenti.
83
Invero, vengono salvaguardati non soltanto i diritti dei terzi ma soprattutto gli interessi legittimi da
cui lattribuzione della giurisdizione esclusiva del g.a.
Certamente applicabile allaccordo la disciplina della nullit del contratto di cui allart. 1418 c.c. e
ss in quanto contrario a norme imperative, e la mancanza dei requisiti ex art. 1325 c..c, lilliceit
della causa, dei motivi nei limiti dellart. 1345 c.c. e la mancanza dei requisiti delloggetto.
Il sindacato sullaccordo anche un sindacato sul potere, attribuito alla giurisdizione esclusiva del
g.a.

5. La tutela del terzo
Ulteriore problema riguarda se e quali terzi siano legittimati a ricorrere avverso un accordo che, non
potendo creare effetti diversi, produca effetti pregiudizievoli nei loro confronti.
E pacifico che un accordo non pu pregiudicare diritti dei terzi, che non prendono parte allaccordo
stesso, come ribadito dallart. 1372, comma 2, c.d.
Tuttavia la previsione di cui al comma 1 dellart. 11 della legge non va ritenuta una mera ripetizione
del dettato civilistico, in quanto laccordo un possibile strumento di partecipazione al
procedimento che pu produrre effetti pregiudizievoli anche nei confronti di terzi, come nel caso di
autorizzazione o concessioni amministrative.
Pertanto, nel caso in cui il terzo sia titolare di una situazione giuridicamente protetta che risulta
illegittimamente lesa dalluso del potere da parte dellamministrazione, questi vanter una
situazione di interesse legittimo avverso lesercizio del potere amministrativo.
In definitiva, si ritiene che laccordo pu pregiudicare il terzo, per cui si giustifica la sua posizione
processuale in virt dellart. 100 c.p.c. e dellart. 1372 c.c., in quanto il ricorrente deve avere un
interesse a ricorrere personale ed attuale.
In particolare, mentre laccordo sostitutivo produce effetti giuridici propri del provvedimento pu
avere rilevanza esterna e sar suscettibile di impugnazione da parte del terzo; invece, laccordo
preliminare produce effetto soltanto tra le parti che vi hanno aderito.


Capitolo 2
Lattivit contrattuale della p.a.

1. Diritto privato e diritto pubblico nellattivit contrattuale delle pubbliche amministrazioni
Come ogni soggetto dellordinamento le amministrazioni godono della capacit giuridica generale
di cui allart. 11 c.c., per cui possono stipulare contratti disciplinati dal c.c., nominati ed innominati,
quali il leasing o il factoring ovvero contratti diversi come i contratti di appalti misti per lavori e
servizi.
Il diritto privato, al quale i contratti della p.a. sono assoggettati, risulta condizionato da elementi
pubblicistici, da cui il problema di fondo dellattivit contrattuale dellamministrazione in quanto
tale attivit si svolge nellosservanza de principi di imparzialit e buon andamento seppure i
soggetti sono posti su un piano di tendenziale parit.
A riguardo sono state consolidate una serie di regole sui contratti nei quali parte una p.a., che
integrando o sostituiscono le regole privatistiche, come nel caso dellevidenza pubblica in cui alcuni
momenti contrattuali sono specificamente disciplinati dalla normativa pubblicistica.
I contratti pubblici, dunque, si formano dallincontro della volont delle parti mediante attivit di
diritto pubblico espressione dellesercizio dei poteri pubblicistici volti a garantire la
funzionalizzazione dellattivit amministrativa in coerenza con le scelte dellamministrazione
secondo i principi costituzionali che presiedono a detta attivit.
In particolare, levidenza pubblica si concreta in una complessa procedura in cui si ravvisa la
difformit rispetto allattivit di diritto comune, in quanto linteresse pubblico rileva fin dal
momento della formazione del contratto, che si colloca nella fase tipicamente negoziale di
stipulazione del contratto, e si esprime in regole che derogano alla disciplina privatistica con
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attribuzione in capo allamministrazione di poteri capaci di incidere unilateralmente sul rapporto
contrattuale ascrivibili tanto al diritto privato quanto al diritto pubblico.
Il contratto, al pari delle fattispecie negoziali, rappresenta un modulo alternativo allesercizio del
potere nellattivit amministrativa sostanziale, per cui si progressivamente allargata la prospettiva
della cura dellinteresse pubblico che tende a privilegiare laccordo con il privato rispetto allatto
amministrativo unilaterale.
Il contratto, infatti, costituisce lo strumento comune dellattivit amministrativa in molteplici
scambi settoriali, come nellambito dei rapporti di pubblico impiego che, a partire dagli anni
Novanta, ha visto la privatizzazione del rapporto di lavoro presso le p.a. con conseguente
attribuzione della giurisdizione esclusiva in capo al g.a. Oggi, infatti, salvo alcune categorie di
impiegati, il rapporto di pubblico impiego regolato da contratti collettivi ed individuali e tali
contratti possono essere stipulati soltanto previa procedura concorsuale ex art. 97, comma 3, Cost. e
che, dunque, si svolge secondo le regole dellevidenza pubblica con attribuzione della competenza
alla giurisdizione esclusiva del g.a.

2. Il quadro normativo di riferimento
Dal codice civile si rinviene lart. 11 sulla natura di persona giuridica del soggetto ente pubblico,
con la relativa capacit giuridica di stipulare nei limiti imposti dalla legge, ex art. 1322 c.c.,
contratti per costituire, regolare o estinguere rapporti giuridici patrimoniali, ex art. 1321 c.c.
I principi di buona fede, ex art. 1337 c.c., diligenza e correttezza, ex art. 1338 c.c., devono
informare i comportamenti delle parti.
Inoltre, si applica listituto della responsabilit precontrattuale, ex art. 1337 c.d. per violazione degli
obblighi connessi.
La disciplina di diritto privato si applica con riferimento agli elementi essenziali del contratto ex art.
1325 e 1343 c.c., per gli effetti ex art. 1372 e le cause di invalidit ex art. 1428 c.c., le clausole
vessatorie ex art. 1341 c.c. e la fase di esecuzione ex artt. 1218, 1453 e 2910 c.c.
In secondo luogo, la disciplina generale sui contratti della p.a. si ricava dalla legge sulla contabilit
di Stato, r.d. 2440/ 1923 e del suo regolamento di attuazione, r.d. 827/ 1924.
Da tale complesso normativo, emerge che le regole pubblicistiche sono poste alla base della
formazione della volont contrattuale della p.a. , che consiste in un processo di procedure specifiche
prende nome di procedura ad evidenza pubblica.
Di recente il legislatore ha previsto, allart. 1, comma 1 bis della novellata legge 241/ 1990, che
lamministrazione pubblica, nelladozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo regole e
principi del diritto privato, salvo che la legge disponga diversamente. Pertanto, da tale disposizione
si ricava la specialit dellattivit contrattuale dellamministrazione che si concretizza nelle regole
dellevidenza pubblica limitata ai soli casi previsti dalla legge.
Ulteriore intervento del legislatore si avuto con ladozione del codice dei contratti pubblici, di cui
al d.lgs. 163/ 2006 che ha fissato una speciale disciplina in materia di appalti e concessioni aventi
ad oggetto lacquisizione di servizi o forniture ovvero lesecuzione di opere o lavori.
Nellevoluzione normativa, si rinviene linfluenza del diritto comunitario, in quanto si riconosce
alla pubblica amministrazione la finalit di conseguire il risultato economico favorevole
allamministrazione stessa anche rispetto agli altri Stati membri riconoscendo altres la possibilit di
allargare la platea delle imprese ammesse a partecipare alle gare di appalto.
In particolare, con le direttive CE 2004/ 17 e 2004/ 18 sono state apportate ulteriori modifiche in
tema di appalti, come recepito nel codice del 2006, secondo i principi comunitari di parit di
trattamento, di non discriminazione, di riconoscimento reciproco, di proporzionalit e trasparenza.
Discussa la natura dei capitolati, che vengono configurati come contratti seppure parte della
dottrina li aveva considerati atti normativi, mentre la tesi prevalente ne mette in luce il contenuto di
condizione generale dello specifico contratto ivi contenuto.


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2.1. Segue. Il Codice dei contratti di appalto e di concessione di lavori, servizi e forniture.
Il Codice dei contratti pubblici stato emanato in attuazione delle direttive CE del 2004 n. 17 e 18 e
raccoglie in un unico testo normativo la disciplina, pi volte contenuta in diversi testi, dellintero
comparto degli appalti pubblici.
La ratio ispiratrice del Codice, al pari di quella che ispira la disciplina comunitaria, riguarda la
prospettiva non soltanto della cura esclusiva del pubblico interesse, ma la cura di interessi generali,
quali la tutela della concorrenza, la parit di trattamento degli operatori economici, la non
discriminazione, la trasparenza e lapertura degli appalti pubblici nazionali agli imprenditori dei
diversi Stati membri.
Nuovi istituti sono stati introdotti dal Codice, quali il dialogo competitivo, le centrali di
committenza, gli accordi quadro.
In particolare, lart. 3, comma 3, del Codice prece che per contratti pubblici devono intendersi oltre
ai contratti di appalto anche i contratti di concessione di lavori e servizi.
La concessione di lavori pubblici un contratto a titolo oneroso per la cui conclusione richiesta la
forma scritta e deve avere durata non superiore a trenta anni, salvo esigenze di equilibrio economico
finanziario degli investimenti del concessionario.
Lart. 144 del Codice disciplina le procedure di affidamento e pubblicazione del bando relative alle
concessioni di lavori pubblici, mentre per la scelta del contraente sono ammesse procedure aperte e
ristrette laddove il criterio dellaggiudicazione ammesso unicamente per lofferta economicamente
pi vantaggiosa.
La concessione di servizi pubblici un contratto che presenta analoghe caratteristiche dellappalto
pubblico di servizi, ma se ne differenzia in quanto il compenso per la fornitura consiste unicamente
nel diritto di gestire i servizi per un determinato periodo di tempo che, in alcuni casi, si accompagna
da un prezzo.

2.2. Segue. La definizione degli ambiti materiali di pertinenza statale e regionale nella
giurisprudenza della Corte costituzionale
Il Codice degli appalti ha superato il vaglio della Corte costituzionale che con le sentenze nn. 401 e
431 del 2007 ha confermato il complessivo impianto normativo affermandone la conformit al
riparto giurisdizionale delle competenze tra Stato e Regioni.
Tale riparto ha sicuramente privilegiato lo Stato per i contratti dinteresse regionale, in quanto
stata sottratta la competenza regionale nella relativa disciplina e disposto che le regioni non possono
in tale ambito prevedere una disciplina diversa da quella introdotta dal Codice.
La Corte, dunque, nellaffermare la riserva allo Stato nella disciplina degli appalti ha fatto leva sulla
tutela della concorrenza, sullordinamento civile, sulla tutela giurisdizionale, materie ascritte al
nuovo art. 117 Cost. alla potest esclusiva del legislatore statale esercitata dal d.lgs.163/ 2006.
Invero, le disposizioni del d.lgs. 163/ 2006 sono confermate dal Giudice costituzionale laddove la
materia dei lavori pubblici resta tra le materie oggetto di competenza esclusiva dello Stato, per cui
si esclude che le stesse siano oggetto di competenza residuale delle regioni in quanto si qualificano
in relazione alla potest legislativa esclusiva dello Stato oppure a quella concorrente di cui allart.
117 Cost.
In particolare, la Corte costituzionale ha affermato che gli istituti indicati che si collocano nella fase
della procedura di evidenza pubblica e che concernono la scelta del contraente mirano a garantire la
pi ampia apertura del mercato degli appalti a tutti gli operatori economici del settore nel rispetto
dei diritti comunitari di parit di trattamento, di non discriminazione, di imparzialit e buon
andamento posti alla base dellattivit amministrativa.
Trattandosi di principi comunitari e costituzionali, questi sono riconosciuti dalla Corte nellambito
della materia di competenza esclusiva dello Stato, in quanto viene consentito al legislatore statale di
dettare norme di principio e norme di dettaglio, inderogabili dal legislatore regionale.
Pertanto, si riconosciuta la legittimit costituzionale dellart.5, comma 2, del Codice che dispone
che il regolamento di attuazione e di esecuzione del Codice vincola le regioni soltanto in presenza
86
di ambiti materiali rientranti nella sfera di potest legislativa esclusiva dello Stato secondo
lapplicazione del comma 6 dellart. 117 Cost. per cui lo Stato pu esercitare la potest
regolamentare soltanto nelle materie di propria legislazione esclusiva.
La Corte, nelle questioni di legittimit sollevate dalle regioni, ha accolto la questione relativa allart.
84, commi 2, 3, 8 e 9 concernenti le funzioni, la composizione, le modalit di nomina della
Commissione giudicatrice incaricata di esprimersi in caso di aggiudicazione mediante offerta
economicamente pi vantaggiosa, percui tale ambito fatto rientrare nellambito della potest
legislativa regionale in quanto attinente allorganizzazione amministrativa.
Parimenti, per lapprovazione dei progetti definitivi da parte del consiglio comunale che costituisce
una variante urbanistica a tutti gli effetti riconosciuta la competenza delle regioni di emanare la
normativa di dettaglio in conformit dellart. 117, comma 3, Cost., mentre allo Stato il potere di
fissare i principi fondamentali in materia.

2.3. Segue. La sfera soggettiva di applicazione. Le amministrazioni aggiudicatrici. Gli organismi di
diritto pubblico. Rinvio
Le regole contenute nel Codice riguardano i contratti stipulati dalle amministrazioni aggiudicatrici,
in cui rientrano lo Stato, gli enti pubblici territoriali ed altri enti pubblici non economici, anche gli
organismi di diritto pubblico, e cio qualsiasi organismo, istituito anche in forma societaria
specificatamente per soddisfare interessi di carattere generale aventi carattere non industriale o
commerciale, dotato di personalit giuridica e la cui attivit finanziata in modo maggioritario
dallo Stato ovvero la cui gestione o vigilanza diretta da membri di cui pi della met designata
dallo Stato, enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.
Facendo leva alla nozione di organismo di diritto pubblico si ampliata la categoria delle
amministrazioni tenute ad aggiudicare gli appalti pubblici mediante procedure di gara, evitando il
rischio di distorsioni negli assetti concorrenziali del mercato degli appalti.
Invero, si riconosce dagli elementi dellorganismo di diritto pubblico offrano lo spunto a diverse
questioni interpretative, per cui la Corte ha ritenuto, ad esempio, che tale organismo vada istituito
specificatamente per il perseguimento di bisogni di interesse generale non aventi carattere
industriale o commerciale.
Secondo la giurisprudenza comunitaria, infatti, il carattere non industriale o commerciale del fine
comporta che lorganismo di diritto pubblico soddisfi interessi generali connessi allinteresse
generale dello Stato che, invece, provvede direttamente o rispetto ai quali detiene uninfluenza
dominante.
Sotto il profilo organizzativo, il finanziamento statale non pone problemi, in quanto si stabilisce un
legame di dipendenza tra erogazioni dello Stato ed il soggetto. Rispetto al controllo, invece, si
ritiene che lo Stato detenga la maggioranza o almeno la quota di capitale sociale tale da assicurare il
controllo effettivo dellorganismo di diritto pubblico, per cui possibile altres un controllo
successivo sullorganizzazione e sullattivit dellente.
Vedere libro rinvio manca??? Manca 2.4

3. La formazione del contratto e le fasi del procedimento ad evidenza pubblica. Deliberazione a
contrattare, progetto di contratto e bando di gara.
I contratti in cui parte una p.a., a differenza dei contratti tra privati, si caratterizzano per
lautonomia contrattuale della parte pubblica che non risulta piena, ma limitata sotto il profilo
della libert di addivenire ad un contratto nella scelta del contraente, nella individuazioni delle
condizioni contrattuali.
La fase procedimentale si articola nella formazione della volont dellamministrazione e nella scelta
del contraente privato, da cui inizia la deliberazione di contrarre di solito preceduta dallattivit di
programmazione ex art. 11 del Codice dei contratti.
La deliberazione, in particolare, latto di contrarre con il quale la p.a. esprime le ragioni di
pubblico interesse che lhanno indotta a stipulare quel contratto e la scelta di quel contraente (art.
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192 t.ue.l.).Per i contratti dello Stato, invece, la legge di contabilit del 1923 fa riferimento al
progetto di contratto, ma la giurisprudenza e la dottrina parlano di deliberazione a contrarre.
Entrambi gli atti, deliberazione a contrarre e progetto di contratto, sono atti amministrativi interni,
di natura programmatica, irrilevanti per i terzi e, quindi, non impugnabili e revocabili in sede di
autotutela.
Tuttavia, la deliberazione non deve essere esternata allesterno in un atto formale, per cui i terzi
sono tutelati allorch lamministrazione abbia illegittimamente deliberato il ricorso alla trattativa
privata in luogo dellasta pubblica o della licitazione privata, riconoscendo agli imprenditori
operanti nel settore.
In linea di principio la separazione tra politica ed amministrazione comporta che ladozione della
deliberazione a contrarre spetta a livello statale ai dirigenti generali e agli altri dirigenti, ex artt. 16 e
17 del d.lgs. 165/ 2001, mentre ai dirigenti amministrativi spetta la competenza per i contratti di
comuni e province ex art. 107, comma 3 del .t.u.e.l.
Pareri e controlli, in particolare, possono essere assoggettati alla determinazione a contrarre che il
progetto di contratto si sono ridotti a seguito delle riforme degli anni Novanta laddove la legge
20/1994 ha soppresso il controllo preventivo di legittimit della Corte dei conti sul progetti di
contratto, mentre la legge 127/1997 ha soppresso il parere preventivo obbligatorio del Consiglio di
Stato sui progetti di contratto di competenza ministeriale, per cui oggi obbligatorio soltanto per gli
schemi generali di contratto tipo, accordi e convenzioni di competenza ministeriale. Resta
obbligatorio il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici per i progetti di lavori pubblici
statali di importo superiore a 25 milioni di euro, ex art. 127 del Codice, mentre per i contratti degli
enti locali la deliberazione a contrarre sottoposta a controlli ed autorizzazioni delle autorit
indicate dalle varie norme.
Il bando di gara o lavviso di gara, inoltre, di colloca in un momento successivo alladozione della
deliberazione di contrarre, per cui oltre ad indicare i dati dellamministrazione contraente deve
stabilire i requisiti di partecipazione ed i termini, in quanto tali prescrizioni costituiscono lex
specialis della gara e vincolano oltre ai contraenti lamministrazione che, rispetto ad essi, non
conserva alcun margine di discrezionalit nella loro concreta attuazione.
Invero, le clausole del bando di gara vanno interpretate, secondo la giurisprudenza, non tanto nel
significato attributo da ciascun imprenditore, bens secondo il linguaggio comune alla maggior parte
degli imprenditori operanti nel settore al fine di garantire la buona fere nella relativa partecipazione.
Quanto alla natura giuridica del bando, dottrina e giurisprudenza ritengono che la mancata
indicazione del prezzo lo rende imperfetto, in quanto elemento essenziale del contratto medesimo.
Pertanto, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica del bando, si ritiene legittima la
previsione che esso consiste in un accordo tra partecipanti ed amministrazione con il quale si
stabiliscono alcune regole dirette a garantire il corretto svolgimento della gara.
Il bando di gara, infatti, in coerenza con i principi comunitari, soggetto a forme di pubblicit
diffuse al fine di consentire la partecipazione alla gara anche alle imprese europee interessate.
La giurisprudenza considera il bando di gara come lex specialis del procedimento di gara, in quanto
i suoi contenuti vincolano lo svolgimento della stessa, per cui il bando pu essere annullato
dufficio ovvero revocato per motivare ragioni di pubblico interesse e fino a quando sussista la
disponibilit dei suoi effetti,
Il bando illegittimo, infatti, impugnabile innanzi al g.a., di regola unitamente agli atti di sua
applicazione, per cui anche le clausole ivi contenuto vengono a costituire presupposto per la
legittimazione allimpugnazione del bando.

4. La scelta del contraente nella normativa di contabilit dello Stato e nel Codice dei contratti.
Procedure aperte, procedure ristrette e aggiudicazione. (*)vedere libro
La scelta del contraente affidata alla normativa di contabilit dello Stato e segnatamente allasta
pubblica, alla licitazione privata, allappalto concorso.
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In particolare, lasta pubblica, cd. pubblici incanti, originariamente obbligatoria per tutti i contratti
dello Stato, stata ricondotta soltanto per i contratti attivi da cui deriva unentrata, mentre
meramente facoltativa per i contratti da cui deriva una spesa, in quanto lamministrazione pu
scegliere tra asta pubblica e licitazione privata.
La differenza rispetto a tali modi di contrarre sta nel fatto che mentre lasta pubblica una
procedura di gara aperta a tutti gli operatori economici interessati a presentare unofferta, la
licitazione privata, invece, riguarda soltanto coloro che vi sono stati invitati mediante apposita
lettere invito.
Tale limitazione dei soggetti ammessi alla gara, rimessa alla discrezionalit dellamministrazione,
venuta meno con listituto del preventivo avviso di gara di cui allart. 55 del Codice, per cui le
imprese invitate possono chiedere di essere invitate e lamministrazione deve invitare tutti gli
operatori che ne fanno richiesta.
Quanto ai modi di svolgimento della gara prevista laggiudicazione dellasta secondo il metodo
del pubblico banditore per i contratti attivi, mentre per i contratti passivi previsto il metodo
dellestinzione della candela vergine ovvero delle offerte segrete da confrontarsi con il prezzo
massimo o minimo prestabilito.
Il Codice del 2006 prevede procedure aperte e ristrette secondo i due criteri del prezzo pi basso,
art. 82, e dellofferta economicamente pi vantaggiosa, art. 83.
Il primo consiste in regole matematiche, in quanto valutazione automatica del prezzo, invece il
secondo indica un sub- procedimento in cui sinstaura un contraddittorio tra le parti e
lamministrazione al fine di escludere le offerte in contrasto con linteresse pubblico e che siano
poco vantaggiose.
In ogni caso, lofferta deve essere affidabile, in quanto le gare devono rispondere al principio del
buon andamento da cui laffidabilit delle offerte presentate dai concorrenti.
In entrambi i criteri adottati, la scelta rimessa allamministrazione aggiudicatrice che valuta le
offerte secondo obiettivit delle operazioni concorsuali.
Allart. 85 del Codice, inoltre, prevista laggiudicazione dellappalto secondo sistema
automatizzato di scelta del contraente, asta elettronica.
Il ricorso alle- procuremente postula losservanza dei principi comunitari di parit di trattamento,
di concorrenza, di trasparenza delle operazioni, di sicurezza e di riservatezza delle comunicazioni.
In tale sistema la scelta del contraente ha come obiettivo quello di limitare la spesa attraverso la
negoziazione telematica.
Lappalto concorso rientra tra le procedure ristrette, in quanto sistema di gara su invito al quale
lamministrazione pu ricorrere allorch necessita dellapporto di imprese ritenute idonee alla
predisposizione di progetti di opere tecniche, artistiche e scientifiche particolarmente complesse.
Per la scelta del contraente nominata apposita commissione, costituita da tecnici, che procede ad
un giudizio discrezionale anche per lindividuazione dellofferta progettuale ritenuta la pi idonea a
soddisfare le esigenze dellamministrazione.
Per laggiudicazione si segue il criterio dellofferta economicamente pi vantaggiosa con i correttivi
dati dai parametri tecnici ed economici oggetto di valutazione.
Lambito di attuazione dellappalto concorso si notevolmente ridotto negli ultimi anni,
prediligendo invece lappalto integrato tipico e lappalto integrato complesso.
Il primo tipo di appalto, in particolare, ha ad oggetto la progettazione e lesecuzione di lavori e si
caratterizza in un progetto definitivo predisposto dallamministrazione aggiudicatrice ed posto alla
base della gara; nel secondo tipo di appalto, invece, allappaltatore spetta altres la progettazione
definitiva che avviene al momento dellofferta sulla base del progetto preliminare
dellamministrazione aggiudicatrice.
In riferimento allaggiudicazione, la relativa disciplina la configura come sub-procedimento che
avviene in due fasi, laggiudicazione provvisoria diretta alla verifica della correttezza della gara
entro un termine stabilito, scaduto il quale si forma il silenzio assenso; e laggiudicazione
definitiva che segue allesito positivo dellaggiudicazione provvisoria.
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Invero, laggiudicazione non pi idonea a far sorgere il vincolo contrattuale, un quanto
nellaggiudicazione definitiva viene preordinata la scelta del contraente, ma soltanto con la
stipulazione che si costituisce il vincolo contrattuale.
Laggiudicazione definitiva, pertanto, impugnabile anche se non era stata fatta in precedenza
impugnazione di quella provvisoria, mentre limpugnazione di quella definitiva obbligatoria pena
limprocedibilit del primo ricorso per sopravvenuta carenza di potere..
Lesercizio del potere di autotutela deve essere preceduto, a pena di illegittimit, dalla
comunicazione di avvio del relativo procedimento a tutela dellaggiudicatario definitivo, titolare di
posizione giuridica qualificata nel contradditorio procedimentale.
Mancano i punti 4.1, 4.2, 4.3 vedere libro

5. Trattativa privata, procedura negoziate e dialogo competitivo
La trattativa privata costituisce un metodo negoziato di scelta del contraente in contrasto con il
principio di concorrenza e limitato nei casi previsti dalla legge.
Nella trattativa privata, infatti, lamministrazione negozia le condizioni del contratto con il soggetto
scelto, senza vincolo allosservanza di regole procedimentali ed in ci listituto si differenzia
dallasta pubblica e dalla licitazione privata che si attuano, invece, mediante procedimento di
aggiudicazione.
In particolare, nella trattativa privata lamministrazione deve tener conto dei motivi che lhanno
indotta alladozione di tale metodo di contrattazione, impugnabile dagli imprenditori intervenuti.
Tale metodo pu essere preceduto da una gara informale tra pi imprese in competizione tra loro,
per cui lamministrazione stabilisce i criteri vincolanti per le parti da osservarsi nella trattativa.
Il Codice ha stabilito la procedura negoziata in due metodi a seconda che siano o meno preceduta
dalla pubblicazione del bando di gara, artt. 56 e 57.
Nel primo caso, la procedura negoziata si allontana dalla tradizionale trattativa privata, in quanto
assume il carattere di gara pubblica con pubblicazione del bando di gara e con operazioni che si
concludono con laggiudicazione secondo il criterio del prezzo pi basso o dellofferta pi
vantaggiosa.
Nel secondo caso, invece, la procedura negoziata non preceduta dal bando di gara, per cui lente
aggiudicatore negozia direttamente con il contraente economico al fine di accertare la sua idoneit
sul mercato secondo i principi di concorrenza, trasparenza e correttezza.
Un nuova procedura di scelta del contraente il dialogo competitivo, in cui lamministrazione avvia
un dialogo con gli imprenditori economici al fine di individuare tra loro le soluzioni progettuali pi
idonee a soddisfare le necessit rappresentate nel bando.
Tale procedura si colloca tra le procedure ristrette e lappalto concorso, ma a differenza di queste il
progetto definito gradualmente attraverso il dialogo continuo con le imprese ammesse e lappalto
viene aggiudicato a fine della procedura.

6. Centrali di committenza, accordi quadro e sistemi dinamici di acquisizione e project financing
(da aggiungere)
I vincoli posti alla finanza pubblica nazionale discendenti dalladesione dellItalia al sistema
monetario dellEuro hanno comportato lintroduzione di nuovi istituti nellambito dellattivit
contrattuale dellamministrazione finalizzati al contenimento della spesa ed al rispetto dei parametri
di indebitamento fissati a livello comunitario.
E stato introdotto, infatti, nel nostro ordinamento un sistema unificato di acquisti delle
amministrazioni sulla base di apposite convenzioni stipulate dalla CONSIP con le imprese
individuate secondo le regole dellevidenza pubblica che simpegnano, per un tempo stabilito, ad
accettare ordinativi di forniture di beni e servizi entro limiti quantitativi massimi ivi stabiliti.
Il sistema stato reso facoltativo ed basta o su procedure comuni dacquisto che trova
legittimazione in ambito comunitario e nazionale nel codice degli appalti.
90
In particolare, il meccanismo consente di ridurre i costi di gestione legati allo svolgimento delle
gare, in quanto gli appaltanti possono stipulare contratti per lacquisto di lavori, servizi e forniture
con limpresa scelta dalla centrale di committenza nel rispetto delle regole dellevidenza pubblica.
Per i lavori di manutenzione e seriali sono previsti accordi quadro che vengono conclusi con uno o
pi operatori economici, almeno tre e le cui aggiudicazioni successive possono avvenire sulla base
di un confronto competitivo .
Tale accordo un modulo contrattuale il cui scopo quello di semplificare le procedure contrattuale
in caso di prestazioni ripetitive e consentire alle amministrazioni aggiudicatrici di stabilire in
anticipo i costi del programma di investimento con garanzia del massimo della flessibilit
Il sistema dinamico delle aggiudicazioni, invece, si applica mediante sistema elettronico ed
ammesso per acquisti di beni e servizi tipizzati e standardizzati ad uso corrente, con applicazione
delle regole dellevidenza pubblica applicabili in tale ambito.
Il sistema dunque aperto a tutti gli operatori economici che soddisfano i criteri di selezione e che
abbiano presentato unofferta conforme al capitolato di onere con eventuali documenti allegati.

7. Stipulazione, approvazione, controllo ed esecuzione del contratto. Il recesso della pubblica
amministrazione.
La giurisprudenza della Corte costituzionale e le Sezioni Unite della Cassazione hanno confermato
che con la stipulazione del contratto inizia la fase negoziale dellesecuzione del contratto.
Stipulazione che non richiesta nel caso di formazione del contratto conclusasi con il verbale di
aggiudicazione che assume effetto legale di contratto.
La stipulazione obbligatoria nella trattava privata e nei casi previsti dal bando di gara o nella
lettera di invito o dalla legge, per cui la mancata stipulazione del contratto comporta il danno da
responsabilit precontrattuale per culpa in contraendo in capo allamministrazione che abbia
esercitato la facolt di recesso.
Il Codice del 2006 rinvia al momento della stipulazione la conclusione del contratto, che non pu
essere stipulato prima di trenta giorni dalla comunicazione dufficio ai contro interessati
dellaggiudicazione definitiva , salvo ragioni di particolare urgenza.
La stipulazione, oggi di competenza dei dirigenti pubblici, pu avvenire in tre forme:
a) forma pubblica amministrativa, a mezzo ufficiale rogante;
b) atto notarile e scrittura privata in caso di trattativa privata;
c) forma elettronica
Una volta stipulato, lesecuzione del contratto pu essere condizionata, salvo motivate esigenze di
urgenza, dallapprovazione della competente autorit che deve essere diversa da quella che ha
proceduto allaggiudicazione.
Lapprovazione costituisce la fattispecie integrativa dellefficacia del contratto, in quanto condicio
juris cui subordinata la produzione degli effetti del contratto.
Pertanto, lapprovazione determina la linea di confine tra disciplina privatistica e pubblicistica del
contratto, in quanto prima e dopo la sua adozione il contratto assoggettato alle rispettive
discipline.
In particolare, con lapprovazione del contratto si apre la fase del controllo, che ancora prevista
nel nostro ordinamento sia per i contratti di Stato con il visto di registrazione della Corte dei conti,
sia per i contratti degli enti locali, sia per i contratti di appalto di lavori, servizi e forniture.
Invero, si tratta di un controllo preventivo di legittimit diretto allesecutivit del contratto, in
quanto lamministrazione, in caso di diniego del visto di registrazione, pu insistere per la
registrazione ovvero accogliere le eccezioni e procedere al ritiro dellatto non ancora efficace con
motivazione delle ragioni che lhanno indotta ad aderire al diniego del visto di registrazione.
Un ruolo importante svolto dallAutorit per la vigilanza sui contratti di lavori e forniture, cui
spetta di garantire che lesecuzione del contratto avvenga nel rispetto dei principi di economicit ed
efficienza.
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A seguito dei prescritti controlli, il contratto diventa efficace e pu essere eseguito secondo la
disciplina propria del diritto privato anche se allamministrazione spettano speciali poteri in
funzione di tutela dellinteresse pubblico.
In particolare, lart. 21 sexies della legge 241/1990 prevede il recesso dellamministrazione, in
quanto essa pu rivedere le proprie scelte contrattuali secondo le norme del codice civile.
Tuttavia, anche il recesso dellamministrazione deve essere subordinato ad esigenze di pubblico
interesse, coerentemente alla funzionalizzazione delle attivit contrattuali poste dalla medesima.
Pertanto, in caso di recesso lamministrazione deve corrispondere un indennizzo al contraente per la
facolt riconosciuta al soggetto pubblico dalla legge o dal contratto.
Da tale ambito restano esclusi i contratti di diritto privato di cui allart. 21 quinquies, comma 1 bis
aggiunto dalla legge 40/ 2007, in quanto contratti di diritto pubblico, come le concessioni di beni e
servizi.
8. manca
8. Annullamento degli atti amministrativi di evidenza pubblica e conseguenze sul contratto. Le sorti
del contratto a seguito dellannullamento dellaggiudicazione.

Secondo la giurisprudenza costante del g.a. gli atti della formazione del contratto sono
provvedimenti amministrativi assoggettabili al relativo regime, per cui possono essere annullati o
revocati in autotutela alla luce del principio del buon andamento.
Tale regola stata confermata dallart. 16, comma 4 del regolamento di contabilit.
La giurisprudenza ha precisato che a tutela dellaffidamento dei partecipanti si pongono i poteri di
autotutela dellamministrazione, in quanto si richiede adeguata motivazione sulle ragioni del
sottostante interesse pubblico che va ad incidere nelle posizioni dei terzi.
Gli atti del procedimento di formazione del consenso, infatti, possono essere sospesi o annullati dal
g.a., innanzi al quale possono ricorrere i soggetti le cui posizioni risultano lese dalla loro
emanazione, da cui la posizione di interessi legittimi in capo ai soggetti partecipanti alla gara
informale che precede la trattativa privata.
Anche gli atti diversi dallaggiudicazione, infatti, possono essere impugnati in quanto suscettibili di
lesione immediata e autonomamente impugnabile il bando di gara allorch contenga clausole che
impongono oneri tali da rendere impossibile la partecipazione alla gara o la presentazione
dellofferta.
Quanto allaggiudicazione, provvisoria o definitiva, va considerata la sua connessione con il
relativo procedimento, per cui si ammette lannullamento ex tunc di ogni atto del procedimento di
formazione del consenso in quanto esso incide sulla validit del contratto determinandone
lannullabilit per vizio del consenso, per legale incapacit dellamministrazione di contrarre, per
difetto di legittimazione negoziale che pu essere esperita innanzi al g.o. soltanto dalla parte
interessata ex art. 1441 c.c., ossia dallamministrazione contraente.
Tale orientamento stato criticato dalla dottrina in quanto stato rilevato come esso finisce per
frustrare le aspettative dei soggetti interessati che hanno ottenuto lannullamento da parte del g.a.,
restando in concreto privi di risultati utili.
Il g.a., infatti, offre diverse soluzioni, in quanto il contratto nullo per contrasto a norme imperative,
come quelle sullevidenza pubblica, consente linidoneit dello stesso a produrre effetti giuridici nei
confronti dellaltro contraente.
Di conseguenza, lannullamento di un atto della procedura viene a determinare, oltre
allannullamento per illegittimit derivata degli atti ulteriori del procedimento, la caducazione
automatica del contratto stipulato, senza che venga promossa azione giurisdizionale.
La deroga a tale orientamento comporta che lannullamento degli atti della procedura
amministrativa, a monte del contratto, porta alla caducazione automatica di questo tanto da rendersi
necessaria la previsione di apposita disposizione in senso contrario a tutela dellinteresse pubblico
preminente.
92
Di diverso avviso , invece, quella dottrina che rimette la sorte del contratto alla disciplina generale
del codice civile, per cui gli atti compiuti in sede di deliberazione restano validi insieme ai diritti
acquisiti dai terzi in quanto il privato contraente venga riconosciuto in buona fede.

9. Responsabilit della p.a. e profili di tutela giurisdizionale
Nellambito della procedura ad evidenza pubblica la p.a. risponde dei danni cagionati a titolo di
responsabilit precontrattuale, contrattuale ed extracontrattuale.
La responsabilit precontrattuale ricorre quando lamministrazione viola lart. 1337 c.c., in quanto
tiene un comportamento contrario a buona fede e correttezza e tale fattispecie pu rinvenirsi nelle
procedure c.d. negoziate tra cui la trattativa privata.
Lamministrazione, tuttavia, risponde dei danni causati a titolo di responsabilit precontrattuale
anche nelle procedure c.d. aperte, in cui i criteri di scelta del contraente sono stabiliti dalla legge,
per cui lamministrazione, ad esempio, ha revocato laggiudicazione a favore di altra impresa.
La responsabilit contrattuale, invece, si ha nel caso in cui lamministrazione non dia esecuzione al
contratto gi concluso per cui risponde per inadempimento ex art. 1218 c.c. e tale fattispecie non
deve essere sorretta da ragioni di pubblico interesse.
La responsabilit extracontrattuale, infine, si ha nel caso in cui il danno subito dalla controparte
privata non sia conseguenza degli obblighi contrattuale, ma derivi dalla violazione del principio del
neminem laedere, per cui si verifica un illegittimo esercizio della funzione amministrativa.
Sotto il profilo della individuazione del giudice competente, la dottrina e la giurisprudenza
distinguono tra contratti in cui parte una p.a. in relazione allattivit ad evidenza pubblica ed
attivit di diritto privato.
Pertanto, lapprovazione ovvero la stipulazione segnano il confine tra le due giurisdizioni, in quanto
le controversie relative alla fase di formazione della volont contrattuale sono devolute alla
giurisdizione di legittimit del g.a., mentre quelle relative allesecuzione del contratto sono di
competenza del g.o.
Tale principio generale di riparto della giurisdizione ha subito deroghe nellaffidamento di lavori,
servizi e forniture, che sono state devolute alla giurisdizione esclusiva del g.a., di cui agli artt. 244 e
245 del Codice dei contratti.
Di conseguenza, il giudice competente a conoscere le questioni relative al risarcimento del danno da
responsabilit precontrattuale il g.a. in sede di giurisdizione esclusiva, laddove lamministrazione
incorre in responsabilit contrattuale la giurisdizione spetta al g.o in quanto ci si trova in una fase
propria dellesecuzione del contratto.



Capitolo 3
Comportamenti non provvedi mentali produttivi di effetti giuridici

1. La dichiarazione di inizio di attivit. I precedenti normativi e levoluzione dellistituto. Manca
aggiornamento alla legge del 2011 (SCIA)
La d.i.a. contemplata allart. 19 della legge 241/ 1990, originariamente denominata denuncia, un
istituto di semplificazione procedimentale disciplinato dalla legge sul procedimento e che trova
come suo presupposto lattivit oggetto di denuncia, oggi dichiarazione, sia al rilascio di un titolo
abilitativo sia in presenza di unattivit edilizia libera soggetta mero onere di informativa.
Invero, il testo dellart. 19 era notevolmente diverso da quello elaborato dalla Commissione Nigro,
in quanto si prevedeva che il governo individuasse i casi in cui lesercizio dellattivit privata,
subordinato allautorizzazione, licenza o abilitazione, nulla osta, permesso o altro atto di consenso
poteva essere intrapreso su denuncia di inizio dellattivit stessa da parte dellinteressato
allamministrazione competente, che verificava dufficio la sussistenza dei presupposti di legge al
93
fine di predisporre, con provvedimento motivato, il divieto di prosecuzione dellattivit ovvero la
rimozione dei suoi effetti.
Lart. 2, comma 10, della legge 537/ 1993 ha sostituito lart. 19, per cui il rilascio del suddetto
provvedimento viene fatto dipendere esclusivamente dallaccertamento dei requisiti di legge senza
esperimento di prove a ci destinate che comportino valutazioni tecniche discrezionali, per cui latto
di consenso sintende sostituito da una denuncia di inizio di attivit da pare dellinteressato
allamministrazione competente che attesta la sussistenza dei presupposti e requisiti di legge
eventualmente corredata da autocertificazione.
Limpostazione originaria dellistituto, dunque, venne radicalmente modificata e per le attivit
esercitabili veniva esclusa la previa valutazione tecnico- discrezionale dellamministrazione.
A seguito di tale modifica vennero individuate in apposita tabella le attivit escluse dal regime di
cui allart. 19, e tale tabella avrebbe dovuto essere aggiornata ogni sei mesi.
La normativa rimasta invariata dono al d.l.35/ 2005 convertito in legge 80/2005 che ha riscritto
lart. 19, prevedendo che ogni atti di autorizzazione, licenza, concessione non costituiva, permesso
o nulla osta, comprese le domande per liscrizione in albi o ruoli richieste per lesercizio di attivit
imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipende esclusivamente dallaccertamento
dei requisiti e presupposti di legge o di atti amministrativi a contenuto generale, sostituito da una
dichiarazione dellinteressato corredata delle certificazioni ed attestazioni richieste.
Decorsi trenta giorni dalla presentazione di tale dichiarazione pu avere inizio lattivit con obbligo
dellinteressato di notiziare allamministrazione contestualmente tale inizio.
Lamministrazione pu esercitare a posteriori il controllo sullattivit iniziata limitatamente
alleventuale carenza delle condizioni, modalit o fatti legittimanti e tale controllo va esercitato
entro trenta giorni dalla comunicazione dellavvio dellattivit.

2. Il regime giuridico della dichiarazione di inizio attivit.
Anche dopo la riforma del 2005 stata sostenuta lassenza di esercizio di discrezionalit
amministrativa nella fattispecie di cui allart. 19 della legge.
Invero, il rilascio di tale atto dipende esclusivamente dallaccertamento dei requisiti e presupposti di
legge, per cui si riguardato ad una discrezionalit tecnica esercitata dallamministrazione
nellapprezzamento dellattivit amministrativa.
Lart. 19, infatti, dispone che lattivit oggetto della dichiarazione pu essere iniziata decorsi i
trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione stessa allamministrazione competente, per cui
decorso tale termine, si ha lavvio definitivo dellattivit.
Di conseguenza, in caso di accertata carenza delle condizioni prescritte per lavvio dellattivit,
lamministrazione pu adottare i provvedimenti motivati di divieto di prosecuzione dellattivit e di
rimozione dei suoi effetti.
A riguardo, la dottrina ha prospettato varie soluzioni interpretative, per cui si parlato di fattispecie
a formazione complessa, in quanto tra il procedimento di avvio del procedimento e quello di
verifica da parte dellamministrazione vi connessione legittimante il sorgere di un diritto
soggettivo a regime amministrativo.
La giurisprudenza, peraltro, ha escluso che con il decorso del termine perentorio stabilito per la
verifica a posteriori della d.i.a. decade il relativo potere di controllo, residuando successivamente in
capo allamministrazione un particolare potere di autotutela caratterizzato da unattivit di secondo
grado su di un precedente provvedimento amministrativo.

3. Natura giuridica del c.d. effetto abilitativo della s.c.i.a.
Ai sensi dellart. 21 quinquies e 21 nonies sul potere dellamministrazione di assumere
determinazioni i via di autotutela, si riproposto il tema della tutela dei terzi pregiudicati dal c.d.
effetto abilitativo della d.i.a.
Prima della novella, si riteneva che il decorso del termine assegnato allamministrazione per la
verifica di conformit della d.i.a. non determinasse la formazione di un sostanziale silenzio assenso
94
o di consenso tacito, per cui il terzo pregiudicato dalleventuale inadempimento
dellamministrazione poteva ricorrere avverso tale silenzio sullistanza di inibizione alla
prosecuzione dellattivit.
Con la novella del 2005 tale orientamento ha trovato conforto nel potere di autotutela riconosciuto
allamministrazione, per cui con la d.i.a. non sincide su di un atto amministrativo tacito, ma si
riconosce per lamministrazione di adottare, successivamente alla scadenza del termine dei trenta
giorni, provvedimenti di divieto di prosecuzione della stessa e di rimozione dei suoi effetti.
Di conseguenza, come ribadito da altro orientamento, con il decorso del termine si viene a formare
unautorizzazione implicita di natura provvedi mentale che pu essere contestata dal terzo entro
lordinario termine di decadenza dei sessanta giorni, decorrenti dalla comunicazione al terzo del
perfezionamento della d.i.a.
A sostegno della diretta impugnabilit della d.i.a. a seguito della decorrenza del suddetto termine, il
legislatore ha contemplato allart. 19 e 20 altrettante fattispecie di silenzio assenso.

4. Il silenzio assenso: profili generali.
A differenza della d.i.a., il silenzio assenso, ex art. 20 della legge 241/ 1990, non un istituto
nuovo, in quanto gi previsto dal decreto Nicolazzi n. 9 del 1982 convertito in legge 94 del 1982.
In particolare, la giurisprudenza ha ritenuto che i principi fondamentali in materia di silenzio
assenso siano recepito dalla disciplina generale di cui allart. 20 della legge 241/1990.
Si riconosce, infatti, che la disciplina sul silenzio assenso derogatoria la regime ordinario di
rilascio del titolo, per cui deve ritenersi eccezionale e che esso si forma con il decorso del tempo
stabilito dalla legge a condizione che la domanda sia completa di tutta la documentazione prescritta
nonch esso produce i suoi effetti giuridici soltanto in presenza di tutti i presupposto stabiliti dalla
legge.

5. Il silenzio assenso nella legge generale sul procedimento amministrativo. Evoluzione dellistituto.
Il testo originario dellart. 20 della legge 241/1990 prevedeva che un regolamento governativo
(d.p.r. 300/1991) determinasse i caso in cui il rilascio di una dichiarazione, licenza, abilitazione,
nulla osta, permesso od altro atto di consenso potesse considerarsi accolta in assenza di
comunicazione allinteressato del provvedimento di diniego entro il termine fissato dal regolamento
per categorie di atti in relazione alla complessit del rispettivo procedimento.
Conformemente alle indicazioni di cui allart. 20, la giurisprudenza riteneva che lamministrazione
competente potesse annullare latto di assenso illegittimamente formato, salva la sanatoria dei vizi
da parte dellinteressato entro un termine prefissato dallamministrazione stessa.
Si trattava di un regolamento di delegificazione per i casi tassativamente indicati di silenzio
assenso.
In particolare, lart. 20 come novellato ha disposto che, salvo il regime di cui allart. 19, nei
procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio
dellamministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento dellistanza, senza
necessit di ulteriori domande o diffide se la medesima amministrazione non comunica
allinteressato, entro il temine di cui allart. 2 commi 2 e 3, il provvedimento di diniego ovvero non
indice, entro trenta giorni dalla presentazione dellistanza, una conferenza di servizi, in cui si
tengano conto anche delle situazioni giuridiche dei contro interessati.
In accoglimento dellorientamento giurisprudenziale, il regime del silenzio assenso stato esteso
alle materie c.d. sensibili, quali il patrimonio culturale e paesaggistico, lambiente, la difesa
nazionale, la pubblica sicurezza, limmigrazione, la salute e la pubblica incolumit.

6. Regime giuridico del silenzio assenso.
Dopo la riforma del 2005 il silenzio assenso divenuto da istituto di carattere eccezionale ad istituto
di carattere generale.
95
Il regolamento governativo, infatti, ora chiamato ad individuare i csi in cui esso non trova
applicazione analogamente a quanto previsto dalla Commissione Nigro.
Perplessit sono state sollevate dalla dottrina in riferimento allart. 29, comma 1 della legge 241/
1990 secondo cui le disposizioni della presente legge si applicano ai procedimenti amministrativi
che si svolgono nellambito di amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali ed a tutte le
amministrazioni pubbliche.
Di difficile interpretazione, invece, risulta il comma 2 dellart. 29 della legge laddove dispone che le
regioni e gli enti locali, nellambito delle rispettive competenze, regolano le materie disciplinate
dalla presente legge nel rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi
dellazione amministrativa, cos come definite dai principi stabiliti dalla presente legge.
Questultimo obbligo impone ai legislatori regionali il rispetto della sola Costituzione e dei vincoli
derivanti dallordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali e non anche dei principi
generali delle leggi ordinarie per cui sarebbe in palese contrasto con lart. 117, comma 1, Cost.
Pertanto, v da chiedersi se la previsione dellistituto che legittima lamministrazione a restare
inerte, ossia a sottrarsi al dovere dufficio, sia conforme o meno al principio costituzionale di buon
andamento dellazione amministrativa di cui allart. 97 Cost.

7. La procedura di formazione del silenzio assenso
Effetto legale tipico dellassenso si forma se lamministrazione non comunica il diniego nei termini
prescritti dalla legge ovvero dal regolamento per le singole tipologie di provvedimento ovvero nel
termine massimo di novanta giorni.
Lalternativa alladozione del diniego lindizione della conferenza di servizi ai sensi del Capo IV
in cui si tengono conto delle situazioni giuridiche dei contro interessati che consente
allamministrazione di valutare contestualmente gli interessi pubblici coinvolti nel procedimento.
Allamministrazione spetta lesercizio del potere di autotutela nei confronti del provvedimento
tacito, ex art. 20, comma 2 della legge.
Inoltre, il termine per la formazione delleffetto legale tipico dellassenso sospeso, ex art. 20,
comma 5, ove leggi o regolamenti richiedano lacquisizione di valutazioni tecniche di organi o enti
appositi con decorrenza dei termini di cui allart. 2, comma 4 della legge.
Il termine sospeso altres per il tempo e nei limiti di cui allart. 10 bis ove lamministrazione
riesca a condurre la procedura sino alla comunicazione allinteressato dei motivi ostativi
allaccoglimento dellistanza nei termini di conclusione del procedimento.


Parte 7
Poteri pubblici ed economia

Capitolo 1
Le funzioni di regolazione del mercato

1. Ordine economico e funzione amministrativa
Molteplici fattori, interni ed esterni, influenzano landamento dei rapporti tra potere pubblico ed
economia ed assai significativo il riferimento alla costituzione economica, e cio alle norma
costituzionali in materia economica onde valutare la scelta globale dellordine economico.
Invero, il sistema giuridico, seppure neutrale rispetto a quello economico, ne condiziona
necessariamente il funzionamento, per cui risulta evidente come in concreto un determinato
modello di politica economica sarebbe lespressione in base al quale definire il ruolo dello Stato
nelleconomia.
Dunque, in un sistema democratico pluralista, in cui garantito il pluralismo dei valori ed
interessi di politica economica, la costituzionalizzazione dei rapporti economici esprime lesigenza
dellorganizzazione economica alla stregua di quella politica e sociale, da cui emerge il limite nella
96
determinazione del ruolo dello Stato nelleconomia, in quanto esso potrebbe pregiudicare la
realizzazione dei primi.
Tuttavia, per giustificare la presenza del pubblico in economia si distingue tra la c.d. costituzione
economica formale, intesa come linsieme di norme costituzionali sui rapporti economici
individuati soltanto a livello di dettato costituzionale e la c.d. costituzione economica materiale, e
cio la determinazione di un dato momento storico di quei condizionamenti che provengono altres
dal sistema comunitario.
In generale, considerando le differenti opzioni che si riflettono sugli assetti organizzativi pubblici in
economia, possiamo avere la posizione da un lato dello Stato imprenditore ovvero dello Stato
regolatore.

2. Sulla disciplina costituzionale dei rapporti economici
La disciplina costituzionale dei rapporti economici risulta dagli artt. 35 47 Cost., in cui si coglie il
compromesso delle forze cattolico- liberali- socialiste presenti in Assemblea costituente,
nellambito del quale si rileva da un lato il fondamento della garanzia della libert delliniziativa
economica e dallaltro i correttivi pubblici a tutela della persona umana tali da giustificare la riserva
in favore del pubblico in determinati settori di attivit, c.d. nazionalizzazione.
Di qui, il modello proprio del sistema liberali di cui allart. 41 Costi in tema di libert delliniziativa
economica, cui va ricondotto il quadro programmatorio in cui i soggetti pubblici possono
condizionare orientare i privati nellesercizio di tale attivit, come nel caso di sovvenzioni a
favore di determinate categorie di imprenditori, ovvero stabilire condizioni di monopolio di cui
allart. 43 Cost, come nella nazionalizzazione dellenergia elettrica.
Inoltre, il Titolo III, dedicato ai rapporti economici contempla altres le disposizioni sulla propriet
privata, che riconosciuta e garantita dalla legge ex art. 42 Cost, per cui in base a disposizioni di
legge vengono soddisfatte in modo diretto bisogni collettivi e fissati speciali vincoli che limitano il
diritto di propriet dei privati.
La propriet, dunque, nel quadro costituzionale non configurata in termini assoluti in ragione dei
due interessi, individuale e collettivo, ove in contrasto con il primo, il secondo pu prevalere nei
limiti di proporzionalit a beneficio dellintervento pubblico in ragione della funzione sociale, ex
art. 42, comma 3, Cost.
In particolare, la funzione sociale della propriet assicurata dal costituente anche attraverso il
riconoscimento dellablazione di beni di propriet (espropriazione) per motivi di interesse generale
e salvo indennizzo, ex art. 42, comma 3, Cost., nonch dalla previsioni di cui allart. 44 Cost, in cui
prevista la possibilit di vincolare la propriet terriera al fine di consentire il razionale
sfruttamento delle risorse del suolo sino allestremo di giungere allintegrale sacrificio dellinteresse
proprietario in virt del principio di eguaglianza sostanziale.

3. Modelli di organizzazione del mercato
Negli articoli 41, 43 e 45 Cost. delineato il nucleo centrale della disciplina costituzionale relativa
ai rapporti tra Stato ed economia, da cui emergono tre modelli di organizzazione ispirati il primo al
principio del libero mercato, il secondo a quello del monopolio pubblico, il terzo
allautoproduzione.
In particolare, lart. 41 Cost. risulta essere una disposizione complessa, in cui oscillano due diversi
estremi di modelli di liberalismo economico, prevalente nel 1 comma ed un modello economico
interventista di cui al comma 3 e ancora nel successivo art. 43 Cost.
Invero, nel comma 1 dellart. 41 Cost. sancito che la libert di iniziativa economica privata
libera, che non intesa come libert assoluta, in quanto risulta da un bilanciamento con la sicurezza,
la libert e la dignit umana e con lutilit sociale di cui allart. 41, comma 2, Cost.
Occorre sottolineare che liniziativa economica privata e pubblica, indirizzata e coordinata a fini
sociali con legge, programmi e controlli opportuni ex art. 41, comma 3, Cost., per cui si esclude che
quella pubblica possa godere di vantaggi rispetto a quella privata.
97
Pertanto, la libert di iniziativa economica privata viene qualificata in termini di libert e
contemplata dal costituente nella possibilit per il legislatore di introdurre limitazioni rientranti nei
commi 2 e 3 dellart. 41 Cost.
A tale quadro costituzionale si aggiunge lart. 43 Cost. , che contempla la possibilit di una riserva
originaria o di trasferimento, mediante espropriazione e salvo indennizzo in favore dello Stato, di
enti pubblici e di comunit di lavoratori ed utenti, di determinate categorie di imprese che si
riferiscono a fonti di energia o situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse
generale ovvero a servizi pubblici essenziali.
Lart. 43 Cost. contiene una deroga al principio generale di cui al comma 1, dellart. 41 Cost., in
quanto specifica il contenuto del comma 2 dellart. 42 Cost. riferendosi a tali specifici servizi ed
attivit sovraindicati previsti a tutela dellinteresse generale.
Infine, lart. 45 Cost. riconosce e garantisce lartigianato e la coopera zone a carattere di mutualit
senza fini di speculazione privata di cui viene riconosciuta la funzione sociale.
Cooperazione che riguarda tanto lofferta di forza lavoro, quanto lacquisto di beni, per cui essa pu
assumere carattere di funzione sociale soprattutto se acquisto di servizi sociali.

4. Sui principi comunitari
A conferma dellelasticit delle previsioni costituzionali relative alla disciplina dei rapporti
economici, lorganizzazione della politica economica ha subito variazioni nel tempo essendosi
assistito ad una gradua evoluzione del ruolo dello Stato che da erogatore di servizi, quale
imprenditore, si posto come regolatore del mercato positivizzando regole concernenti il corretto
funzionamento dello specifico settore del mercato al quale il soggetto pubblico preposto.
Un ruolo determinante nel passaggio dello Stato interventista allo Stato regolatore da attribuirsi
allingresso nella Comunit europea, oggi UE.
Lart. 3 del Trattato CE colloca il mercato tra gli strumenti cui vanno orientati gli obiettivi
dellUnione.
In particolare, la tutela della concorrenza costituisce un elemento indispensabile nel quadro
sistematico del Trattato al fine di realizzare i fini economici e sociali del mercato e sul quale vigila
la Commissione al fine di garantire lattuazione della politica economica secondo il principio di
mercato aperto ed in libera concorrenza.
Pilastri della politica della concorrenza sono le disposizioni contenute nel Capo 1, regole di
concorrenza tra cui rientra il divieto di intese che pregiudicano la concorrenza, di abuso di posizione
dominante nonch la disciplina delle imprese pubbliche.
Allart. 81 TCE sono dichiarati incompatibili con il mercato comune, e quindi vietati, tutti gli
accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che
possono pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di
impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza allinterno del mercato comune.
Il successivo articolo riguarda gli abusi di posizione dominante, che non sono sanzionati ex se, ma
nella misura in cui il soggetto titolare pone in essere un comportamento che, grazie a tale posizione,
pu pregiudicare il commercio tra gli Stati membri, c.d. sfruttamento abusivo.
Lart. 86 TCE stabilisce la disciplina delle imprese pubbliche che sono equiparate a quelle private
nella rispettiva soggezione alle norme del Trattato e si fa espresso divieto agli Stati membri di
emanare o mantenere nei confronti di imprese pubbliche e delle imprese titolari di diritti speciali
esclusivi misure che restringono la concorrenza, in contrasto con la normativa comunitaria. Unica
eccezione prevista per le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico
generale o aventi carattere di monopolio fiscale, la cui sottoposizione alle regole del Trattato pu
essere esclusa qualora tale applicazione contrasti con ladempimento della loro specifica missione.
Il secondo gruppo di norme riguarda le regole applicabili agli Stati ai quali fatto divieto di
concedere aiuti, anche mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma, ad imprese o categorie di
imprese che risulterebbero immotivatamente agevolate rispetto alle imprese concorrenti.
98
La Commissione e la Corte di giustizia hanno elaborato un sistema di analisi, c.d. v.i.s.t.
valutazione, incidenza, selettivit, trasferimento al fine di verificare la sussistenza di un aiuto
qualificato in termini di aiuto dello Stato nellerogazione di risorse a favore di un impresa il quale
pu essere direttamente accordato dallo Stato anche mediante enti pubblici territoriali ovvero
societ controllate dallo Stato.
Alla disciplina contenuta nel Trattato si aggiungono le disposizioni del regolamento 4064/ 1989
sostituito dal regolamento 139/ 2004 sulle concentrazioni, che si hanno quando due o pi imprese
procedono alla fusione oppure quando una o pi persone detengono il controllo di almeno
unimpresa ovvero una o pi imprese detengono, direttamente o indirettamente, il controllo
dellinsieme o di parti di una o pi imprese. Le concentrazioni devono essere autorizzate della
Commissione alla quale compete laccertamento della loro compatibilit o meno con il mercato
comune.
Con il regolamento del 2004 stato introdotto il controllo preventivo su tutte le operazioni di
concentrazione nelle quali il fatturato superi una determinata soglia, da cui il rispetto delle autorit
nazionali allapplicazione della disciplina comunitaria perch intese ed abusi di posizione
dominante non siano pregiudizievoli per il commercio tra gli Stati membri.

5. Evoluzione delle forme di intervento statale nelleconomia
A partire dagli anni Novanta si assistito ad una progressiva valorizzazione delliniziativa
economica privata con conseguente ripensamento delle modalit di intervento dei poteri pubblici
nella sfera economica.
Le origini di tale percorso risalgono alla grande crisi del 29 nel quale si assistito al massiccio
intervento pubblico in settori industriali che perdurato anche nei primi anni Cinquanta
dellesperienza repubblicana.
In tale periodo, infatti, si assistito al marcato intervento dello Stato nelleconomia con
conseguente innalzamento del debito pubblico tale da richiedere lemanazione di strumenti di
regolamentazione delleconomia tesi a garantire un orientamento del mercato secondo gli obiettivi
prefissati a livello statale, come si avuto con il CIPE.
In tale quadro di evoluzione dei rapporti tra Stato ed economia, si assistito ad un arretramento del
prima nellerogazione diretta di servizi a favore della collettivit confermato dalla regolamentazione
del settore al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato.
Pertanto, sotto il profilo dellorganizzazione e della regolazione del mercato, si assistito ad un
graduale abbandono della formula dello Stato imprenditore con contestuale istituzione di autorit di
regolazione del mercato connesse agli strumenti di pianificazione e programmazione dello sviluppo
economico.
Lincidenza del soggetto pubblico in economia venne altres limitata dallintervento regolatorio
compatibile con il mercato concorrenziale, in quanto si contempl la predisposizione di disposizioni
il cui contenuto veniva espresso in termini adesivi o correttivi dello stesso, con la conseguenza che
leterorganizzazione pubblica viene a contrapporsi allo stesso mercato al fine di garantire il suo
corretto funzionamento.
In altri termini, la regolazione riferita ad attivit private tale che lo Stato pone regole di
determinazione del funzionamento efficiente di dette attivit, per cui i relativi settori risultano
garantiti dal rispetto di dette regole ed i soggetti operano nel rispetto del complesso dei poteri di
controllo e di vigilanza nonch sanzionatori e di soluzione dei conflitti.

6. Intervento nelleconomia, regolamentazione e regolazione amministrativa.
La regolazione sotto il profilo soggettivo va circoscritta nel quadro dellattivit amministrativa
distinguendola dalla legislazione e dalla giurisdizione ed inquadrata come funzione amministrativa.
Quanto al profilo teleologico si riguarda al tipo di incidenza che lintervento ha alle attivit dei
privati, per cui sindirizzano gli operatori economici al punto da vincolarli agli obiettivi da
raggiungere.
99
In questottica la regolazione si caratterizza per i contenuti della stessa e, quindi, per gli effetti che
ne derivano.
Di qui il passaggio della c.d. regulation alla re-gulation che esprimono un diverso ruolo dello Stato
che si manifesta mediante modalit di intervento nel mercati teleologicamente e strumentalmente
diverse.
In particolare, la regolazione si distingue dalle altre forme di intervento dello Stato in quanto attivit
amministrativa per il corretto funzionamento del mercato e garantire la concorrenzialit del
medesimo.
Pertanto, applicando il criterio teleologico, la regolazione diviene espressione di una scelta del
legislatore volta ad improntare i rapporti tra Stato ed economia ad una logica diversa per la quale la
etero regolazione statale diviene parte del mercato stesso.
La scelta operata dal legislatore, infatti, deve partire dai beni ed interessi che sintendono tutelare
rispetto ai quali si pongono le regole di condotta degli operatori economici. In tal senso la
regolazione intesa come administrative regolation per cui i poteri politici attuano una scelta
mediante i diversi poteri e la regolazione viene affidata alle amministrazioni indipendenti,
finalizzate al corretto funzionamento del settore dellattivit privata.
Invero, mentre nella regolamentazione emerge lattitudine della etero regolamentazione per cui si
pone un principio esterno al mercato, nella regolazione, invece, la c.d. administrative regulation
finalizzata a garantire il corretto funzionamento del settore di mercato.
Di conseguenza, le regole poste nelle codificazioni di diritto privato che disciplinando i rapporti
interprivati si distinguono dallapplicazione di regole proprie delladminastrive regulation, laddove
lattuazione delle prime garantita dallautorit giurisdizionale mentre per le seconde si predilige
lesercizio delle libert dei singoli seppure nei limiti prefissati dalla normativa di settore.

7. Regolazione, controlli pubblici e coordinamento amministrativo
Il termine regolazione indica il diverso atteggiarsi dei rapporti tra diritto ed economia, per cui la
dottrina italiana aveva individuato, gi nella met degli anni Cinquanta, un nucleo regolatorio
coincidente con il controllo svolto da organi competenti sui soggetti esercenti attivit bancaria e
sulle imprese di assicurazione.
In tale ambito vennero individuate tre diverse tipologie di controllo:
a) il controllo di vigilanza, in cui il controllo statale riguarda i soggetti, privati e pubblici,
nellambito di unattivit di polizia economica finalizzata alla tutela del risparmio;
b) il controllo direzione, per cui sintende tutelare il risparmiatore mediante la garanzia del
rispetto delle regole pubblicistiche tese a garantire la stabilit del settore;
c) il controllo regolazione, che conferisce allintervento statale il carattere di coordinamento
amministrativo, in quanto ad esso viene espunta listanza dirigista nel settore.
La natura e lintensit del controllo possono oscillare tra due diversi estremi, di cui il primo ritiene
estranee le finalit di governo del settore, e laltro che vede il controllo come uno degli strumenti
mediante il quale raggiungere lobiettivo predeterminato dallautorit.
La scelta delluna o dellaltra forma di controllo dipende dal diverso modo di atteggiarsi dei
rapporti tra poteri pubblici e soggetti operanti nel settore.
In particolare, il controllo regolazione viene comparato al coordinamento amministrativo, in
quanto appare possibile in tale sede fare richiamo ai rapporti interorganici, includendovi i soggetti
privati, per cui si considerano tutti i soggetti operanti nel settore regolato, ivi comprese le
amministrazioni di regolazione.
Tale assimilazione giustificata altres dalla sua finalit di garantire lindirizzo unitario di un
determinato settore la cui attivit svolta da soggetti pubblici e privati tra loro coordinati al fine del
corretto funzionamento del sistema, e tale rappresenta lunico obiettivo individuato dalla
regolazione medesima.


100
8. Neutralit e conformativit del precetto giuridico nella disciplina delleconomia
Dal diverso atteggiarsi dei rapporti tra diritto ed economia, tra Stato e mercato, emerge il diverso
atteggiarsi dellintervento statale.
Secondo la dottrina si tratta di un rapporto che va ricostruito secondo la neutralit rispetto al
mercato, in quanto la norma funge da mero presupposto fattuale al comportamento individuale.
Di qui i limiti dellintervento statale, in quanto chiamato a predisporre la struttura giuridico
istituzionale volta a garantire il funzionamento del mercato.
Pertanto, la norma, astrattamente considerata, si pone in funzione neutrale rispetto al fatto
economico, ma essa pu altres trasformarsi in strumento attraverso cui conformare la realt per
messo di strumenti che vanno ad imporre al sistema norme e regole propri del sistema giuridico.
Invero, al diritto va riconosciuta la funzione di predisporre le forme esteriori del processo
economico, per cui si deve escludere che lo stesso possa orientare i comportamenti dei soggetti
verso un ordine economico naturale, in quanto il diritto detta una disciplina giuridica che rispecchia
la configurazione datagli dai principi delleconomia.
Pertanto, nel momento cin cui vengono fissati i principi essenziali del mercato viene effettuata una
scelta tra sistema politico e sotto-sistema giuridico e sistema sociale e sotto-sistema economico, per
cui si pone la necessit di una loro integrazione sulla base delle istanze provenienti dal sociale.
In tale ambito la norma giuridica diviene strumentale rispetto alleconomia, in quanto essa pone un
sistema di regole determinate dalla costituzione economica ed al suo interno si pongono le scelte
sociali.
In altri termini, una volta scelta a livello politico una determinata forma di mercato, il sistema
economico ha un suo ordine naturale e sar compito dellordinamento giuridico predisporre un
apparato di norme ed istituzioni che garantisce la realizzazione del sistema economico nel suo reale
funzionamento.
Quanto al profilo istituzionale, la scelta del modello economico condiziona il ruolo dello Stato in
quanto si determinano le competenze dellintervento pubblico in economia tanto da richiamare le
amministrazioni indipendenti che rappresentano un elemento caratterizzante un diverso assetto
organizzativo della dimensione statale.
In tale quadro, dunque, la regolazione presuppone il riconoscimento della autoregolazione dei
soggetti e trova la propria giustificazione nella necessit di garantire il corretto funzionamento di
tali settori, in quanto la polarit Stato e societ civile viene ricondotta ad unit nel perseguimento di
un interesse pubblico posto a garanzia del corretto funzionamento di quel settore del mercato.

9. Funzioni di direzione e garanzia nei servizi di pubblica utilit

9.1. Il settore dellenergia elettrica
Il settore dellenergia elettrica, disciplinato in ultimo dalla legge 359/1992 che ha provveduto alla
sua trasformazione da monopolio dellEnte nazionale per lenergia elettrica a societ per azioni,
stato progressivamente aperto al mercato per effetto della normativa comunitaria.
In particolare, il mercato elettrico pone in evidenza lattivit di produzione di energia elettrica che,
in quanto tale, libera, da cui stata prevista una procedura di autorizzazione per la costruzione di
nuovi impianti di produzione rilasciata dal Ministero per lo sviluppo economico, previa intesa con
la regione interessata e previo parere, obbligatorio e non vincolante, degli enti locali interessati.
Le attivit di trasmissione ad alta tensione dellenergia elettrica e quelle di dispacciamento, che
consistono nellinsieme di funzioni di coordinamento del trasporto di energia, costituendo un
monopolio naturale, sono affidate in regime di concessione ex lege al gestore della rete, che
attualmente il proprietario della rete stessa, ossia la societ per azioni TERNA. Tale gestore ha
lobbligo di connettere alla rete tutti i soggetti che ne facciano richiesta senza compromettere la
continuit del servizio e deve assicurare il rispetto delle regole determinate dallAutorit per
lenergia elettrica ed il gas.
101
Anche lattivit di distribuzione in media e bassa tensione dellenergia elettrica sottoposta al
rilascio delle concessioni mediante gara, le cui modalit sono determinate con regolamento del
Ministero dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata e lAutorit per lenergia
elettrica ed il gas.
Quanto allattivit di vendita dellenergia elettrica, si rileva che mentre la vendita tra clienti che
consumano quantit di energia elettrica superiore ad una certa soglia determinata dalla legge, c.d.
clienti idonei, invece tutti gli altri clienti, c.d. clienti vincolati, possono ricorrervi tramite apposita
societ controllata dallo Stato, laddove i primi vi accedono mediante un meccanismo di asta.
In tale assetto, il sistema elettrico regolato e garantito dai pubblici poteri, ossia dal Governo, che
determina gli obiettivi generali della politica energetica; dal Ministero dello sviluppo economico,
che provvede alla sicurezza e alleconomicit del sistema elettrico nazionale; infine, dallAutorit
per lenergia elettrica ed il gas, che ha il compito di garantire la promozione della concorrenza e
dellefficienza del settore.

9.2. Il settore dei trasporti
Anche il settore dei trasporti stato oggetto di liberalizzazione imposta dallordinamento
comunitario, in quanto previsto che gli operatori privati possano accedere ai mercati a condizioni
non discriminatorie e di operarvi in regime di concorrenza e con limitazione dei pubblici poteri alle
sole funzioni regolatorie dei mercati stessi.
In particolare, il settore dei trasporti aerei disciplinato in ambito comunitario dai regolamenti CE
n. 2407 del 1992, che subordina lo svolgimento dellattivit di vettore aereo allottenimento della
licenza rilasciata dagli Stati membri allesito di procedure eque ed accessibili al fine
dellaccertamento dei requisiti tecnici di sicurezza, professionalit e capacit finanziaria dei settori;
dal regolamento n. 2048 del 1992, in virt del quale a partire dal 1 aprile 1997 saranno abbandonate
dai vettori le rotte nazionali che risultano antieconomiche, in quanto tali rotte potranno essere
affidate in esclusiva a vettori selezionati mediante procedure ad evidenza pubblica;
dal regolamento n. 2049 del 1992, che introduce il principio di piena libert tariffaria.
In tale settore assume rilevanza lEnte nazionale per laviazione civile, competente per la sicurezza
ed i diritti dei passeggeri e dellambiente e lEnav s.p.a., responsabile del controllo del traffico
aereo.
Il settore dei trasporti ferroviari, attualmente disciplinato dalle direttive CE nn. 12, 13 e 14 del 2001,
attuate dal d.lgs. n. 188/ 2003, disciplinato secondo la separazione tra soggetto gestore e soggetti
erogatori del servizio di trasporto, i quali possono accedere allinfrastruttura mediante licenza
rilasciata dal Ministero dei trasporti previo accertamento dei requisiti di capacit professionale e
finanziaria stabiliti dalla legge.
Per il settore trasporti ferroviari non stata istituita alcuna autorit di regolazione, per cui le relative
funzioni sono esercitate dal Ministero dei trasporti, che determina, su proposta del gestore, il canone
di utilizzo della infrastruttura ferroviaria e controlla le tariffe del servizio ferroviario.
A seguito della liberalizzazione del marcato del trasporto ferroviario si imposta la
riorganizzazione delle societ Ferrovie dello Stato s.p.a., gi ente pubblico economico e
monopolista del settore.
Pertanto, stata conferitala gestione della rete ferroviaria alla Rete Ferroviaria italiana s.p.a. e lo
svolgimento dei servizi di trasporto alla Trenitalia s.p.a., le quali sono societ partecipate, per la
totalit del capitale azionario, dalla stessa Ferrovie dello Stato s.p.a., a sua volta totalmente
partecipata dallo Stato, che svolge autorit di regolazione del settore mediante il Ministero dei
trasporti.
Per il settore del trasporto marittimo, disciplinato dai regolamenti nn. 4055/ 1986 e 3577/ 1992,
valgono i principi analoghi a quelli illustrati per il trasporto aereo e, a tutela della sicurezza e della
concorrenza, stata istituita unapposita autorit di settore, lAgenzia europea per la sicurezza
marittima.

102
9.3. Il settore delle telecomunicazioni
Il settore delle telecomunicazioni, disciplinato dal d.lgs. 259/ 2003 ( Codice delle comunicazioni
elettroniche) caratterizzato dal principio della libert di accesso al mercato e di tutela della
concorrenza e dal principio di garanzia dei diritti degli utenti dei servizi.
Il d. lgs. 259/ 2003 reca la disciplina di regolazione del settore rimettendola alle disposizioni del
Ministero delle comunicazioni e dellAutorit per le garanzie nel settore delle comunicazioni,
Agcom.
Quanto alla libert di accesso al mercato, si richiede lottenimento di ununica autorizzazione
generale, rilasciata dal Ministero delle comunicazioni, secondo una procedura modellata sullart. 19
della legge 241/1990 e la cui funzione di vigilanza sulladempimento degli obblighi rimessa al
Ministero, mentre la funzione di regolazione del mercato rimessa allAgcom.
In particolare, lAgcom divisa in due Commissioni, quella per le infrastrutture e le reti e laltra per
i servizi ed i prodotti, e che sono composte da quattro commissari ciascuna, pi un unico Presidente,
nominato con d.p.r. su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, mentre gli otto
commissari sono nominati per met dalla Camera dei deputati e per met dal Senato.
Per quanto riguarda le competenze dellAgcom, vi rientra il compito dellanalisi dei mercati, in
quanto questa procede alla individuazione delle aree di mercato relative a prodotti o servizi le cui
caratteristiche possono richiedere ladozione di regolamentazioni ex ante al fine di prevenire
possibili distorsioni del mercato, stabilendo lapplicazione ovvero la modificazione di obblighi
regolamentari idonei a ripristinare la concorrenza. Le controversie sono devolute alla giurisdizione
esclusiva del g.a. ed in primo grado vi la competenza funzionale del TAR Lazio.
Per quanto riguarda la garanzia del servizio nazionale, lAgcom dotata di penetranti poteri, in
quanto individua gli operatori tenuti agli obblighi di servizio universale mediante procedure
trasparenti e non discriminatorie ed istituito un fondo presso il Ministero delle comunicazioni
mediante il quale lAgcom ripartisce i costi tra gli operatori del settore che risultano svantaggiati nei
servizi offerti.
Nel settore della radiotelevisione, lAgcom competente della vigilanza, con relativo potere
sanzionatorio, sul rispetto della disciplina in tema di pubblicit, di par condicio e di tutela dei
minori nonch sui piani di assegnazione delle frequenze.
Infine, spetta alla Commissione parlamentare per lindirizzo generale e la vigilanza dei servizi
radiotelevisivi lesercizio dei poteri di indirizzo, di controllo, regolamentari e consultivi sulla RAI
nonch la nomina di sette dei nove membri del consiglio di amministrazione della societ e del
parere favorevole della nomina del presidente, rimessa al Ministero delleconomia e delle finanze.

10. Funzioni di vigilanza e garanzia nei mercati

10.1. La tutela della concorrenza
E una funzione pubblica, rimessa allAutorit garante della concorrenza e del mercato, Agcm,
istituita con legge 287/ 1990, un organo collegiale costituita dal Presidente e da quattro membri,
nominati con determinazione di intesa dai Presidenti di Camera e Senato, tra persone che abbiano
ricoperto incarichi istituzionali di grande rilievo.
LAgcom delibera le norme sulla propria organizzazione e funzionamento ed ha piena autonomia di
spesa nei limiti di un fondo stanziato nel bilancio dello Stato.
Le funzioni di tutela della concorrenza e del mercato ad essa riconosciute riguardano le intese
restrittive della libert di concorrenza, per cui lAgcom pu notificare lapertura del procedimento
istruttorio alle imprese interessate laddove ne ravvisi una presunta violazione e queste hanno diritto
di essere sentite entro un termine prestabilito, di presentare memorie, deduzioni e pareri e di essere
sentire prima della chiusura dellistruttoria. Terminata listruttoria, ove accerti linfrazione,
lAgcom fissa un termine alle imprese perch queste provvedano alleliminazione della stessa e, nei
casi pi gravi, applica sanzioni amministrative.
103
Nel settore relativo alle operazioni di concentrazione tra imprese, lAgcm applica il medesimo
procedimento istruttorio, con la differenza che in tale caso sono le imprese a dover dare la
preventiva comunicazione allAgcm delle operazioni di concentrazioni che sintendono avviare.
LAgcm, infine, ha il potere di segnalare al Parlamento ed al Governo lesistenza di provvedimenti
legislativi, regolamentari ed amministrativi che determino distorsioni della concorrenza ed
esprimere pareri sulle iniziative legislative e regolamentari inerenti la concorrenza del mercato.
Quanto alla natura dellAutorit garante della con concorrenza e del mercato, si ritiene che si tratti
di un soggetto pubblico, in quanto la legge che attribuisce ad essa la cura di una pluralit di
interessi pubblici e, correlativamente, la titolarit del potere politico di ponderazione degli stessi a
mezzo attivit discrezionale e poteri sanzionatori avverso atti anticoncorrenziali.
Tale attivit, infatti, altro non che attivit amministrativa in senso proprio, che non pu essere
ricondotta a poteri neutrali, per cui la natura giuridica dellAgcm amministrativa.

10.2. In particolare: il settore del credito e del risparmio
Le funzioni di vigilanza e di garanzia in tale settore sono suddivise tra Circr, Banca dItalia,
Ministero delleconomia e delle finanze, con ruolo principale della Banca dItalia.
La Banca dItalia, infatti, un ente pubblico con capitale suddiviso in quote, che possono
appartenere a societ bancarie e ad istituti di previdenza e di assicurazione. Si compone di cinque
organi:
a) lassemblea generale dei partecipanti, che approva il bilancio e nomina i membri del
consiglio superiore;
b) il consiglio superiore, che ha lamministrazione generale della Banca e nomina il
governatore ed i quattro membri del comitato;
c) il comitato, di cui fa parte il governatore, che esercita funzioni consultive e altre funzioni
demandategli dal consiglio superiore;
d) il direttorio, composto da governatore, direttore e due vice-direttori generali, al quale
compete la direzione della banca;
e) il governatore, la cui nomina compete al consiglio superiore ed approvata con d.p.r., su
proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro delleconomia
e delle finanze, sentito il Consiglio dei ministri.
Al Governo, salvo la partecipazione alla nomina del governatore, non riconosciuto alcun potere
direttivo della Banca dItalia, per cui la si riconduce nellambito delle categorie delle Autorit
indipendenti.
Alla Banca dItalia compete, in via esclusiva, la funzione di vigilanza e controllo sulle banche,
mediante poteri ispettivi e sanzionatori.
Pi limitate appaiono le funzioni del Cicr, al quale compete lalta vigilanza in materia di credito e
tutela del risparmio, e del Ministero delleconomia e delle finanze, al quale spettano poteri
normativi ed amministrativi tra cui la determinazione, mediante regolamento, dei requisiti di
onorabilit dei soci e di professionalit degli esponenti aziendali delle banche e le decisioni in
ordine allapertura di procedimenti di amministrazione straordinaria e di liquidazione coatta delle
banche.

10.3 Segue. I mercati finanziari
Con lespressione mercati finanziari sintendono tre settori:
a) intermediari finanziari (Sim, promotori finanziari);
b) emittenti strumenti finanziari (societ di capitali, quotate e non quotate);
c) societ di gestione dei mercati regolamentati (borse).
La materia disciplinata dal d.lgs. 58/ 1998, T.u.f.- testo unico delle norme in materia di
intermediazione finanziaria.
104
Le funzioni di vigilanza e garanzia di questi settori sono affidate alla Consob e alla Banca dItalia,
la quale ha funzione altres di garanzia della stabilit del contenimento del rischio laddove la prima
svolge la funzione di vigilanza sulla condotta e trasparenza degli operatori.
I particolare, la funzione di vigilanza consta di vari poteri, quali lautorizzazione preventiva agli
operatori, la regolamentazione, le ispezioni e lintervento diretto sugli organi degli operatori stessi.
Il settore dei mercati regolamentati sono gestiti da societ per azioni private che devono ottenere
una previa autorizzazione della Consob volta ad accertare i requisiti patrimoniali ed organizzativi
delle societ di gestione e della loro onorabilit. In seguito, la Consob vigila sulla gestione del
mercato da parte della societ.
La Consob, infine, dotata di personalit giuridica e di piena autonomia, si compone di un collegio
formato dal presidente e da quattro membri, nominati con d.p.r. su proposta del Presidente del
Consiglio dei ministri e durano in carica cinque anni con possibilit di secondo mandato.

10.4. Il settore delle assicurazioni
LIsvap svolge funzioni di vigilanza e controllo nel settore delle assicurazioni.
Gi a partire dai primi anni Ottanta, lIsvap ha mantenuto i caratteri di ente organo di carattere
tecnico del Ministero dellindustria, strumentale alle politiche governative di programmazione e di
controllo nel settore delle assicurazioni non ancora liberalizzato.
Pertanto, seppure lIsvap dotato di personalit giuridica, i suoi membri sono tutti di nomina
governativa: il Presidente dura in carica cinque anni ed nominato dal Capo dello Stato su proposta
del Governo ed i sei membri del Consiglio, che durano in carica quattro anni, sono direttamente
nominati dal Governo. Listituto, inoltre, sottoposto al controllo della Corte dei conti.
Successivamente, lIsvap ha trovato conforto dalla liberalizzazione del settore delle assicurazioni, in
quanto le sono state assegnate funzioni proprie delle autorit indipendenti, quali la vigilanza nel
settore e lesercizio di poteri di autorizzazione, di prescrizione, accertativi, cautelari e repressivi
nonch la possibilit di adottare un regolamento necessario per la sana e prudente gestione delle
imprese e la trasparenza e correttezza dei comportamenti degli operatori con promozione della
attivit di collaborazione con le autorit degli altri Stati membri al fine di rendere organica,
efficiente ed omogenea la vigilanza sullattivit assicurativa.


Capitolo 2
I servizi pubblici

1. Il servizio pubblico: le difficolt di una definizione.
Il momento della definizione di servizio pubblico valida ai fini di una configurazione pi precisa
possibile del fenomeno qui preso in considerazione si pone quale elemento preliminare
indispensabile ai fini di una corretta applicazione della normativa, sia interna che comunitaria.
Invero, la definizione di servizio pubblico non pu trascurare lanalisi del dato normativo, cos
come descritto in ambito nazionale che comunitario, da cui lo studio del concetto stato oggetto di
diverse discipline che a partire dallambito economico sono trasfuse in quello giuridico.
Appare condivisibile, pertanto, lorientamento che nega lidea di una concezione di servizio
pubblico mutuata da altri settori disciplinati e trasposta tout court nel diritto amministrativo,
ignorando la disciplina scientifica originaria e le sue stesse finalit.
La nozione di servizio pubblico, ricostruita sulla scorta delle norme penalistiche, in particolare dagli
artt. 357 e 358 c.p., recanti la nozione di pubblico ufficiale ed incaricato di pubblico servizio, ha
trovato avvio dallesame della c.d. concezione soggettiva propria della teoria nominalistica fino ad
arrivare a tesi pi recenti e favorevoli al recupero di una ricostruzione in chiave soggettiva del
fenomeno.
105
Successivamente, levoluzione dottrinale passata ad analizzare la c.d. concezione oggettiva,
fondata sui tratti essenziali della teoria elaborata da Pototschnig fino ad arrivare alle teorie pi
recenti che propongono una rielaborazione di servizio pubblico in termini oggettivi.
Vero che allo stato attuale non pu esprimersi una preferenza per luna o laltra concezione, per
cui in relazione agli aspetti di volta in volta presi in considerazione si riconosce una sorta di
coesistenza di entrambe le nozioni.

2. Segue. La concezione c.d. soggettiva
La dottrina italiana, a differenza dellordinamento francese, ha inteso offrire una connotazione
precisa di attivit che fossero riconducibili alla p.a., per cui occorreva individuare una categoria
comune sotto la quale ricondurre una parte dellattivit amministrativa, non autoritativa, che si
andava diffondendo con lassunzione di nuovi compiti da parte dello Stato.
Loccasione fu colta con la legge 103 del 1903 che allart. 1 qualificava i servizi pubblici in una
serie di attivit eterogenee rispetto alle quali si poneva il problema di individuare il criterio per
ascrivere la pubblicit del servizio affidato alla gestione del comune.
Di qui matur la concezione nominalistica, per cui vennero considerati pubblici soltanto quei servizi
assunti dallo Stato ovvero da altro ente pubblico che ne acquistava la titolarit e provvedeva, in
alcuni casi, al loro stesso esercizio.
In altri termini ogni attivit economica affidata alla p.a. veniva qualificata come servizio pubblico,
mentre pi complesse restava la qualificazione delle attivit svolte dai privati nella categoria in
esame.
A seconda del servizio assunto dallamministrazione, infatti, la prospettiva di qualificazione del
servizio diventava funzionale alla realizzazione degli interessi pubblici, da cui risultava
determinante la scelta dellamministrazione di considerare come proprie attivit anche quelle
connesse alle esigenze della collettivit seppure gestite da soggetti privati.
Il servizio pubblico, infatti, si pone come modello organizzatorio garantistico secondo i modelli
fissati dalla legge, in virt della quale viene indicata lamministrazione titolare del servizio e
competente della sua organizzazione.
Di conseguenza, linteresse pubblico viene inteso come conduzione dellattivit secondo le finalit
per le quali fu decisa listituzione del servizio medesimo.
Pertanto, la nozione attuale di servizio pubblico, in chiave soggettiva, viene a considerare qualsiasi
attivit, diversa dalla funzione amministrativa, riconducibile ad un soggetto pubblico.
Tuttavia, per poter cogliere appieno gli aspetti salienti della nozione di servizio pubblico occorre
considerare la concezione oggettiva del medesimo, in quanto in aperto contrasto con loriginaria
teoria nominalistica e orami centrale nel rinnovato quadro legislativo interno e comunitario.

3. Segue. Il servizio pubblico in senso oggettivo
La concezione oggettiva di servizio pubblico risale allopera di U. Pototschnig che, nel riportare
lattenzione del diritto amministrativo sul tema dei servizi pubblici, tent di superare quello iato
esistente tra il crescente rilievo delle attivit amministrative, definite dalla dottrina come servizi
pubblici.
Secondo tale teoria, infatti, si adduceva linsufficienza della nozione ad isolare il fenomeno
corrispondente entro sicuri confini, per cui la riflessione della dottrina criticava la teoria
nominalistica richiamandosi agli artt. 43 e 41, comma 3, Cost., in quanto dal dettato costituzionale
si ricavava che la legge pu riservare o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo
Stato, ad enti pubblici o a comunit di lavoratori o di utenti, determinate imprese o categorie di
imprese che si riferiscono a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o situazioni di monopolio
ed abbiano carattere di preminente interesse generale.
Pertanto, si veniva a smentire il criterio nominalistico e si ammetteva che i privati potessero
legittimamente gestire servizi pubblici essenziali.
106
Dunque, non soltanto il momento soggettivo diviene recessivo nella individuazione del servizio
pubblico, ma lo stesso legislatore pu sottrarre allente pubblico unimpresa riferita a servizi
pubblici essenziali per trasferirla a comunit di lavoratori o di utenti sempre per fini di utilit
generale.
Ad integrare tali conclusioni, interviene lart. 41, comma 3, Cost, per cui la legge pu indirizzare
lattivit pubblica e quella privata a fini sociali determinando i programmi ed i controlli opportuni.
Quindi, dal tramonto della concezione nominalistica emergono due principi essenziali, e cio che
lattivit dimpresa nel servizio pubblico non necessariamente ascrivibile ad un soggetto pubblico
e che, pur rimanendo privata, resta assoggettata comunque al medesimo regime previsto per
lattivit economica pubblica.
Di contro, considerando lesperienza delle privatizzazioni dei servizi pubblici a rete, la scelta statale
stata quella di una forma di intervento indiretto di tipo regolatore affidata alle c.d. authorities e
non sono mancate, in tal senso, prese di posizione a favore della concezione oggettiva del servizio
pubblico da parte del nostro ordinamento anche sotto linfluenza del diritto comunitario.
Invero, il fenomeno delle Authorities altro non che un fenomeno pi complesso allinterno del
quale selezionare, con il criterio soggettivo, le attivit di servizi pubblici da altre che sono
semplicemente attivit economiche contraddistinte dal fatto di svolgersi in un determinato settore
retto da apposite autorit di regolazione con poteri normativi interni, di direzione ed ordine,
controllo preventivo e/o repressivo.

4. Principi costituzionali in materia di servizi pubblici.
Il tema dei servizi pubblici ricompreso nel pi ampio genus dellattivit amministrativa di cui al
principio di buon andamento ex art. 97 Cost. e, a sua volta, dalla legge 241/ 1990.
Attraverso il servizio pubblico, lo Stato si fa garante di quel principio di uguaglianza espresso
allart. 3, comma 2, Cost. ravvisata dai sostenitori della tesi oggettiva a fondamento dellimmediato
raccordo con lart. 43 Cost. nella parte in cui fa riferimento alle imprese che si riferiscono a servizi
pubblici essenziali che possono essere trasferite o riservate ab origine a comunit di lavoratori
sempre che sussistano fini di utilit generale contemplati nella disposizione in parola.
Allinterno della categoria dei servizi pubblici vanno selezionati i c.d. servizi pubblici essenziali da
sottoporre al regime di cui allart. 43 Cost, per cui lart. 41, comma 3, Cost, assume unautonoma
connotazione in quanto consente di inserire anche i servizi pubblici nellambito di quellattivit di
programmazione economica che la Costituzione affida alliniziativa del legislatore.
Il sistema costituzionale, infatti, prevede che a gestire siffatti servizi possano essere tanto soggetti
pubblici quanto soggetti privati in regime di concorrenza ovvero in situazioni di monopolio,
trasferimento o riserva originaria di cui allart. 43 Cost.
Il quadro costituzionale risulta completato dalla riforma del Titolo V della Costituzione nel riparto
della potest normativa statale e regionale ex art. 117 Cost., per cui si riconosce la potest
legislativa esclusiva in materia di servizi pubblici a favore dello Stato che determina a livello
normativo i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere
garantiti su tutto il territorio nazionale e tale livello si presta ad incidere trasversalmente sulle
materie rimesse alla potest legislativa regionale in quanto la dimensione del servizio pubblico
rimessa agli standard di tutela uniformi assicurati dalla normativa statale.
Invero, lart. 112 t.u.e.l affida agli enti locali, nellambito delle rispettive competenze, la gestione
dei servizi che realizzano fini sociali secondo lidea della trasversabilit della competenza
legislativa tra Stato e regioni, come confermato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 14 del 2004)
che ha ritenuto di poter raggiungere lequilibrio tra distribuzione di energia e sviluppo dei sistemi di
telecomunicazione in relazione alluso del territorio, in quanto siano tali da giustificare
linsediamento degli stessi secondo il principio di sussidiariet dellazione statale nel settore dei
servizi pubblici.
Secondo la Consulta, infatti, la scelta del legislatore statale di attribuire a livello contrale peculiari
funzioni amministrative e di disciplinarne lesercizio, seppure in difformit dellart. 117 Cost. ,
107
consentirebbe di interpretare in senso dinamico il principio di sussidiariet, quale criterio regolatore
dellassetto di competenze predeterminato capace di attrarre la funzione legislativa statale che deve
essere oggetto di accordo con la regione interessata o comunque risultato di una procedura che
assicuri la partecipazione dei diversi soggetti coinvolti nellottica della leale cooperazione tra
soggetti paritari.

6. I servizi pubblici nellordinamento comunitario
Il concetto di servizio pubblico sembra avere un significato ambiguo anche in ambito comunitario,
in quanto la locuzione viene utilizzata per indicare il servizio offerto alla collettivit ovvero lo
status dellente che presta il servizio.
Nel diritto comunitario, dunque, si utilizza una diversa terminologia, partendo dal riferimento del
Trattato di cui agli artt. 16 e 86, par.2 che fanno riferimento indistintamente ai servizi di interesse
economico generale.
La Commissione, in particolare, specifica tale nozione considerando i servizi forniti dalla grandi
industrie di rete, quali telecomunicazioni, servizi postali, elettricit, gas e trasporti, e servizi della
gestione dei rifiuti, lapproviggionamento idrico ed il servizio pubblico di radiodiffusione.
Quanto a cultura, sanit, istruzione e servizi sociali, la collocazione dei medesimi risulta incerta, in
quanto si precisato che spetta al giudice nazionale verificare in concreto se lattivit abbia o meno
carattere economico.
In relazione al problema definitorio si pongono conseguenze giuridiche diverse, in quanto la
locuzione servizi di interesse generale individua situazioni giuridiche che devono essere garantite da
operatori non economici e da operatori del mercato, entrambi tenuti a garantire laccesso degli
utenti al sevizio secondo i principi di non discriminazione e di libert di circolazione delle persone.
Pertanto, se lautorit decide di affidare a terzi o a societ miste diritti speciali o esclusici attinenti
tali servizi di interesse generale, trover applicazione la normativa sugli appalti ed i principi
comunitari in materia di concessione dei servizi.
Nel caso in cui, invece, il servizio venga affidato in regime di concessione, la scelta del
concessionario de essere conforme ai principi comunitari di non discriminazione, parit di
trattamento e trasparenza, per cui egli deve rispettare non soltanto la normativa sugli appalti ma
deve altres assicurare leffettiva partecipazione degli aspiranti alla procedura selettiva.
Dunque, i servizi di interesse generale sono assorbiti nel pi ampio concetto di servizi, per quanto
concerne gli appalti e non trova applicazione la clausola di cui allart. 3 della direttiva 2004/18/ CE
in virt della quale il titolare di diritti speciali od esclusivi relativi ad un servizio pubblico tenuto a
rispettare, negli appalti di forniture, il principio di non discriminazione in base alla nazionalit.
La figura dei servizi di interesse economico generale richiamata dagli artt. 16 e 86, par. 2 del
Trattato e sono soggetti alle regole sulla concorrenza ed in particolare al c.d. divieto di aiuti di stato,
per cui gli operatori non agiscono in base al meccanismo della domanda e dellofferta, ma sono
sottoposti agli obblighi del servizio universale che impongono alloperatore di agire al di fuori della
concorrenzialit del mercato.
Tali obblighi di servizio universale tendono ad assicurare talune prestazioni mediante un prezzo
accessibile, come ad esempio lobbligo per i gestori dei servizi di telecomunicazione di assicurare
un congruo numero di telefoni pubblici, laccessibilit delle tariffe e la tutela degli utenti e dei
consumatori nonch la loro sicurezza.
Nel caso Altmark il giudice comunitario ha specificato che i finanziamenti pubblici non rientrano
nella disciplina comunitaria degli aiuti di stato, ma possono essere considerati compensazioni che
rappresentano la contropartita delle imprese beneficiarie per adempiere gli obblighi di servizio
pubblico e che non deve eccedere quanto necessario per coprire i costi originati dalladempimento
di tale servizio pubblico, per cui limpresa scelta mediante appalto determinato sulla base
dellanalisi dei costi che unimpresa media, gestita in modo efficiente, in grado di supportare per
adempiere a tali obblighi.

108
Parte 8
RISORSE

Capitolo 1
Le risorse umane

1. La genesi dei rapporti di impiego pubblico
Le amministrazioni pubbliche si sono sempre avvalse dellopera di persone fisiche che hanno
caratterizzato gli apparati pubblici.
Fino al XVIII secolo, per, la maggior parte degli uffici pubblici erano affidati a personale onorario
e non professionale, in quanto si presupponeva lappartenenza dei funzionari ad un ristretto ceto
sociale e la sussistenza di un rapporto fiduciario con il monarca.
Solo con il regno di Luigi XIV (1660 1715) in Francia si avvi il processo di avvicendamento
della c.d. noblesse de robe, per cui si afferm la burocrazia professionale che raggiunge il suo
compimento con lavvento del XIX secolo e il suo radicamento in Europa con lo Stato di diritto
della met Ottocento.
Di qui si pu iniziare a parlare di rapporto di lavoro (o rapporto di impiego) alle dipendenze delle
pp.aa.

2. Limpiego pubblico come rapporto di diritto civile speciale
Sin dal loro sorgere, i rapporti di lavoro con le pp.aa. non sono stati mai interamente disciplinati
dalle norme di diritto comune, tanto che vengono riconosciute specialit e privilegi a tutte le pp.aa.
nei rapporti con i privati non potendo incidere pienamente nella disciplina del rapporto di lavoro
alle dipendenze delle pp.aa. Tali rapporti di lavoro, infatti, non potevano essere ricondotti al genus
dei rapporti comuni di lavoro subordinato stipulati tra datori e prestatori di lavoro privati, per cui il
legislatore and a prevedere una disciplina speciale e derogatoria rispetto a quella di diritto comune.
Partendo dallunificazione del Regno dItalia, infatti, il rapporto di impiego con lo Stato e con gli
enti pubblici era sostanzialmente considerato alla stregua degli ordinari rapporti di lavoro di diritto
privato, ma lattenzione della dottrina dellepoca era concentrata per lo pi sulla distinzione tra
rapporto dufficio e rapporto di servizio, per cui gli atti relativi al primo erano considerati
provvedimenti amministrativi, mentre quelli di gestione del rapporto di servizio erano considerati
atti di natura contrattuale.

3. Limpiego alle dipendenze di Amministrazioni pubbliche come rapporto di diritto pubblico
Con lavvento del XX secolo, la qualificazione dei rapporti di impiego pubblico secondo i termini
di rapporti di diritto civile speciale viene abbandonata, in quanto si assiste ad una sostanziale
pubblicizzazione di tali rapporti.
Il legislatore, infatti, viene a disciplinare i rapporti di lavoro di diritto pubblico mediante un
complesso di norme che andarono a costituire il corpus di uno speciale Statuto dei dipendenti
pubblici tali da costituire un presidio a garanzia dellimparzialit dei pubblici funzionari, ma anche
uno strumento di riaffermazione dellautorit dello Stato.
In ragione della preminenza della posizione della pubblica amministrazione, datore di lavoro, la
dottrina amplific i tratti differenziali tra rapporti di diritto pubblico e quelli privati, come gi era
emerso dai due progetti elaborati dalla Commissione guidata da Oreste Ranelletti recepiti nei
disegni di legge 11 novembre 1923, n. 2395 e 30 dicembre 1923, n. 2960, il primo sullordinamento
gerarchico delle Amministrazioni statali ed il secondo sullo stato giuridico degli impiegati dello
Stato.
In definitiva, tali disposizioni normative rappresentano il momento di definitiva pubblicizzazione
dei rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni.
109
Del resto, a seguito della caduta del regime fascista, si andava modificando la stessa concezione di
Stato e tale condizionamento politico ed ideologico and a supportare la ricostruzione del rapporto
di impiego con le pp.aa.
Sotto la spinta della giurisprudenza amministrativa, che aveva sottratto le controversi di lavoro
pubblico alla cognizione dello stesso giudice che aveva la giurisdizione sulle controversie di lavoro
privato, vennero emanati principi di diritto sostanziale profondamente diversi da quelli elaborati
dalla giurisprudenza ordinaria come recepiti nel r.d.l. 3 novembre 1924, n. 1825, nel quale venivano
dettate le generali Disposizioni relative al contratto di impiego pubblico.
In definitiva, le controversie in materia di rapporto di lavoro venivano affidate a due serie distinte di
norme e con due diversi ordini giuridici chiamati a dirimere le relative controversie.

4. Limpiego pubblico nella Costituzione e nella successiva evoluzione legislativa
La Carta costituzionale si occupa indirettamente del tema in esame negli articoli 28 e 97 Cost. con
riferimento ai funzionari, allart. 98 Cost. per gli impiegati, altre volte parla genericamente dei
dipendenti ex art. 28 Cost.
In effetti, manca una disciplina organica del rapporto di impiego pubblico, ma ci non significa che
non siano previsti principi costituzionali di rilievo per limpiego pubblico.
In primo luogo, alla stregua dellart. 51, comma 1, Cost., prescritta la modalit di accesso ai
pubblici uffici che per tutti i cittadini deve avvenire in condizioni di eguaglianza, ex art. 97, comma
3, Cost., mediante concorso. Tali previsioni rappresentano una specificazione del principio di
imparzialit, in quanto lassunzione del personale pubblico deve avvenire in maniera neutrale, e
cio deve essere garantita la parit di trattamento, la professionalit ed il merito, e non gi per
rapporti di fiducia personale o di affinit politica con i vertici delle rispettive amministrazioni.
Lesigenza di separatezza tra politica ed amministrazione si rinviene altres nellart. 98 Costo,
secondo cui gli impiegati pubblici sono al servizio esclusivo della Nazione nonch dallart. 28
Costo, che attiene alla responsabilit verso i terzi degli impiegati pubblici nei casi di condotta
illecita nellesercizio del proprio ufficio.
Infine, al pubblico impiego sono riconosciute tutte le garanzie previste a tutela dei lavoratori sia per
il corretto svolgimento dei contratti collettivi sia per il libero svolgimento dellazione sindacale di
cui agli articoli 35, 36 e 39 Cost.
Dallincidenza dei principi costituzionali sulla disciplina dei rapporti di impiego pubblico si
aperto il dibattito in dottrina sulla natura dei rapporti di pubblico impiego.
Ebbene, le norme costituzionali che si sono considerate sembrano offrire una risposta
sufficientemente chiara al problema della verifica della natura pubblicistica o privatistica dei
rapporti di lavoro con le pp.aa.
Infatti, se da un lato il Costituente non ha ignorato lesistenza di profili di specialit nei rapporti di
impiego pubblico, non per questo si ritenuta necessaria la previsione di una disciplina speciale
derogatoria rispetto a quella di diritto comune.
La stessa Corte costituzionale, infatti, ha sottolineata come non vi sia alcuna esigenza di
differenziare il regime di rapporto e che la scelta delluno o dellaltro regime rimessa alla
discrezionalit del legislatore, per cui lapplicazione al rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti
delle disposizioni del codice civile non pone alcun conflitto con i principi di imparzialit e di buon
andamento.
Invero, la materia dei pubblici uffici stata profondamente rivista dal legislatore in senso
pubblicistica con il T.U. degli impiegati civili dello Stato n. 3 del 1957, secondo il quale il
personale ordinato in quattro carriere (direttiva, di concetto, esecutiva ed ausiliaria) e si riduce il
numero dei gradi.
Tuttavia, a partire dagli anni Ottanta, si assiste ad un periodo di riforma degli assetti generali del
disegno politico tanto che il baricentro dellattenzione del legislatore venne a spostarsi sui
contenuti, oggetto, qualit della prestazione professionale richiesta al pubblico dipendente
110
attraverso la c.d. qualifica funzionale, con la quale si definitivamente superata la classificazione
secondo le c.d. carriere.
La legge n. 93 del 1983, dunque, ha ricostruito il quadro normativo dellimpiego pubblico in modo
da affiancare alle previsioni di rango legislativo, uno spazio lasciato libero alla disciplina negoziale.

5. Segue. Il ritorno al diritto comune ed i margini di specialit
Le riforme degli anni Ottanta hanno segnato lavvio di un nuovo periodo di riforme.
Con il decreto legislativo n. 29 del 1993, ora confluito nel d.lgs. n.165 del 2001, si determinata:
a) la prevalenza della disciplina dettata dalla contrattazione collettiva in tema di fonti del
rapporto di pubblico impiego;
b) la natura privatistica degli atti di costituzione, disciplina, modificazione ed estinzione del
rapporto di lavoro;
c) il riconoscimento alle amministrazioni di operare secondo i poteri del privato datore di
lavoro;
d) la non soggezione al controllo della Corte dei conti sugli atti relativi ai rapporti
individuali di lavoro;
e) la giurisdizione del giudice del lavoro.
In effetti la c.d. privatizzazione del pubblico impiego non generalizzata, in quanto permangono
anche dopo la riforma una serie di rapporti di impiego disciplinati dal diritto pubblico.
In ogni caso la principale fonte di regolazione del rapporto da individuarsi nella contrattazione,
collettiva ed individuale.
Inoltre, la riserva di materia non costituisce un limite di competenza alla potest legislativa
ordinaria, in quanto disposizioni di legge, regolamento o statuto possono introdurre discipline dei
rapporti di lavoro in aree riservate alla contrattazione e successivi contratti o accordi collettivi
possono altres derogare alle disposizioni applicabili, salvo che la legge non disponga diversamente.
Infine, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, il nuovo articolo 117 Cost non fa
menzione del pubblico impiego tra le materie di competenza legislativa concorrente tra Stato e
Regioni, per cui riconosciuta allo Stato soltanto la determinazione dei principi fondamentali.

6. La contrattazione collettiva e i suoi autori: lAran ed i sindacati
Il sistema di contrattazione collettiva si pone al vertice della gerarchia dei diversi livelli contrattuali
in analogia a quanto avviene in ambito di contrattazione collettiva di diritto privato.
Il legislatore, infatti, ha attribuito al contratto collettivo il carattere di fonte diretta e principale della
regolamentazione del rapporto tra privato e pubblica amministrazione.
La contrattazione collettiva vede come parti negoziali lAran per la rappresentanza negoziale delle
pp.aa. e le organizzazioni sindacali dotate di personalit giuridica.
In particolare, lAran un organismo dotato di personalit giuridica di diritto pubblico, autonomia
organizzativa e contabile, potest regolamentare in ordine alla propria organizzazione e
funzionamento e ad essa attribuita, oltre alla rappresentanza legale delle pp.aa. in sede di
stipulazione dei contratti collettivi nazionali, ogni attivit relativa alle relazioni sindacali ed
allassistenza delle pp.aa. per ogni aspetto relativo alla disciplina del rapporto di lavoro.
LAran, durante lesercizio della rappresentanza negoziale, sottoposta al potere di indirizzo delle
pp.aa., esercitato a mezzo dei Comitati di settore, quali organi di coordinamento delle pp.aa.
raggruppate in comparti e ciascun Comitato regola autonomamente le proprie modalit di
funzionamento e di deliberazione.
Con le riforme degli anni Ottanta, in particolare con la legge quadro del 1983, gli accordi collettivi
venivano recepiti in atti regolamentari con efficacia erga omnes, per cui lintera categoria dei
pubblici dipendenti ne restava vincolata, indipendentemente dalliscrizione al sindacato stipulante.
Con la privatizzazione dei rapporti di pubblico impiego, il contratto collettivo non pi recepito in
un atto unilaterale, per cui esso resta valido ed efficace soltanto per gli iscritti al sindacato
stipulante.
111
Il legislatore, pertanto, si preoccupa di assicurare la rappresentativit delle controparti sindacali
attraverso le Rappresentanze sindacali unitarie, c.d. R.S.U., la cui costituzione regolata allart. 47
bis del d. lgs. 29/ \1993.

7. Segue, Il procedimento per la stipula dei contratti collettivi ed il problema della loro efficacia.
La disciplina dei contratti collettivi nazionali oggi contemplata allart. 47 del d.lgs. 165/ 2001 di
modifica allart. 51 del d.lgs. 29/1993.
LAran formula lipotesi di accordo, dopo che sono state individuare le risorse finanziarie e
acquisiti gli indirizzi del Comitato di settore per lo specifico settore.
In seguito, si avvia la trattativa tra la delegazione dellAran e la delegazione della R.S.U. che
siglano il c.d protocollo di intesa.
Entro cinque giorni, lAran deve acquisire il parere favorevole del Comitato di settore sul testo
contrattuale e sugli oneri finanziari diretti ed indiretti che laccordo comporta a carico delle
amministrazioni interessate.
Segue la trasmissione del prospetto della quantificazione dei costi alla Corte dei conti per la
certificazione di compatibilit con gli atti di programmazione e dati di bilancio.
Se la certificazione positiva, lAran procede alla stipula del contratto ed alla sua pubblicazione
sulla Gazzetta ufficiale.
Se la certificazione non positiva, lAran assume le iniziative necessarie per adeguare tale
quantificazione ai fini della valutazione positiva dei medesimi mediante riapertura delle trattative.
Quanto allefficacia dei contratti collettivi, lart. 45, comma 5, del d. lgs. 29/ 1993, oggi art. 40
comma 4 del d. lgs. 165/ 2001 prevede che le pp.aa. adempiono agli obblighi assunti con i contratti
collettivi nazionali o integrativi dalla data della sottoscrizione definitiva e ne assicurano
losservanza nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti. Lart. 49 del d. lgs. 29/1993, ora art. 45,
comma 2, d.lgs. 165/ 2001 assicura che le Amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri
dipendenti parit di trattamento contrattuale o comunque trattamenti non inferiori a quelli previsti
dai rispettivi contratti collettivi.
In definitiva, tali norme continuano ad assicurare efficacia erga omnes ai contratti collettivi e tale
efficacia pone problemi di compatibilit con il dettato costituzionale, in particolare con lart. 39
Cost, in quanto prevista una procedura di registrazione delle associazioni sindacali affinch la
contrattazione collettiva le riconosca parti e spiegare tali effetti.
La dottrina, a riguardo, ha ritenuto che la specialit della disciplina va spiegata nella garanzia
offerta dal legislatore alla rappresentanza delle controparti sindacali nella contrattazione collettiva
di pubblico impiego seppure diversamente disciplinata dal Costituente con lart. 39 Cost., che
sostanzialmente sono rispettosi della medesima ratio.
La Corte costituzionale, infatti, ha ribadito la legittimit costituzionale della disposizioni in
questione, in quanto queste prevedono il dovere di osservanza degli impegni assunti con i contratti
collettivi tale da assicurare il principio di parit di trattamento dei pubblici dipendenti e
lapplicazione generalizzata della loro obbligatoriet ai sensi dellart. 39 Cost.

8. Gli atti organizzativi interni: le piante organiche ed i ruoli organici.
Con il termine pianta organica si fa riferimento al complesso di posizioni lavorative previste a
livello organizzativo dellente.
La ridefinizione delle piante organiche risponde allattivit organizzativa di maggior rilievo di un
ente pubblico.
Il ruolo organico si riferisce allinsieme di posizioni di ruolo previste in pianta organica, che si
sostanzia in una tabella distinta per funzioni e retribuzione nonch per numero di posti di cui
dispone lamministrazione.



112
9. Le vicende ed i contenuti del rapporto: la costituzione
Ai sensi dellart. 97 Cost. laccesso allimpiego pubblico avviene di regola mediante concorso, che
pu essere per titoli, esami, titoli ed esami, per corso concorso.
Il concorso non richiesto per lassunzione nelle qualifiche in cui richiesto il solo requisito della
scuola dellobbligo, per cui si procede mediante avviamento al lavoro degli iscritti nelle categorie di
collocamento mentre per gli appartenenti a categorie protette si procede mediante chiamata
numerica degli iscritti nelle apposite liste di collocamento.
A seguito del superamento del concorso e dellapprovazione della graduatoria ovvero a seguito
dellatto di avviamento a lavoro o di chiamata numerica, la tradizione pubblicistica prevedeva
lemanazione unilaterale di nomina, invece oggi, in virt dellart. 35, comma 1, del d. lgs. 165/
2001 si precisa che lassunzione nelle amministrazioni pubbliche avvenga con contratto individuale
di lavoro.

10. I diritti del pubblico dipendente: diritti patrimoniali
Come nei rapporti di lavoro privato, in capo ai dipendenti pubblici sono riconosciuti diritti,
patrimoniali e non, ed obblighi.
Tra i primi rientra la retribuzione, quale corrispettivo dellattivit professionale prestata dal
dipendente e che risponde allesigenza di assicurare allo stesso unesistenza libera e dignitosa,
mentre il trattamento accessorio connesso alla quantit ed alla qualit del lavoro.
Componenti fisse e continuative della retribuzione, oltre allo stipendio, altres la c.d. tredicesima
mensilit e lassegno per il nucleo familiare.
Componenti eventuali e variabili, invece, sono il c.d. compenso per il lavoro straordinario per
lattivit svolta in aggiunta dal dipendente fuori dallorario di lavoro nonch le indennit ed il
compenso incentivante.
La retribuzione, infine, non sequestrabile, non pignorabile e non cedibile.
IL diritto allo stipendio si prescrive in cinque anni.

11. Segue. I diritti non patrimoniali
Rientrano tra i diritti non patrimoniali spettanti al pubblico dipendente il diritto a dover essere
adibito alle mansioni per le quali stato assunto e alle mansioni considerati equivalenti nellambito
della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi ovvero a quelle corrispondenti alla
qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto di sviluppo professionale o di
procedure concorsuali o selettive.
Invero, labolizione delle qualifiche ha fatto s che il dipendente possa essere tenuto a svolgere
mansioni equivalenti a quella della posizione organizzativa di appartenenza e che lamministrazione
possa discrezionalmente attribuirgli mansioni per le quali lo ritiene pi idoneo in relazione alla
posizione organizzativa ed al profilo attribuiti.
Vige, comunque, il divieto di adibire limpiegato a funzioni inferiori rispetto alla sua posizione
giuridica.
Tra i diritti non patrimoniali dellimpiegato rientrano altres il riposo settimanale, il congedo
ordinario (ferie), il congedo straordinario ( per gravi motivi, per contrarre matrimonio, per sostenere
esami, per cure, per gravidanza, per malattia di breve durata) ed una serie di permessi retribuiti.
Vi rientrano i c.d. diritti sindacali di cui alla legge 300/ 1970 applicabile ai pubblici dipendenti in
virt dellart. 55, comma 2, del d.lgs. 20/1993.

12. I doveri del pubblico dipendente
La gran parte dei doveri dellimpiegato, salvo alcuni doveri enunciati dal legislatore, sono
disciplinati dalla fonte negoziale, per cui trovano una propria matrice contrattuale il dovere di
obbedienza, il dovere di diligenza, mentre il dovere di esclusivit, ad esempio, di fonte legislativa.


113
13. Il potere disciplinare e le modalit del suo esercizio
La responsabilit disciplinare conseguenza della violazione dei doveri dufficio, disciplinata ad
oggi dallart. 55 del d.lgs. 165/ 2001.
Come per i dipendenti privati, per i pubblici dipendenti previsto il rimprovero verbale, il
rimprovero scritto, le sanzioni della multa fino a 4 ore di retribuzione, la sospensione dal lavoro e
dalla retribuzione fino a 10 giorni, il licenziamento con o senza preavviso.
La titolarit del potere disciplinare spetta al Capo dellufficio per il rimprovero verbale e scritto,
mentre per le altre sanzioni spetta al dirigente Capo del personale, su proposta dellapposito Ufficio
per i procedimenti disciplinari, istituito presso ogni amministrazione.
Il procedimento disciplinare si apre con la contestazione degli addebiti, cui segue laudizione
personale dellincolpato.
Decorsi quindici giorni senza che lincolpato si sia presentato, si procede allirrogazione della
sanzione che deve essere adeguatamente motivata e previo consenso del dipendente pu essere
ridotta.
In assenza di patteggiamento, entro venti giorni dalla notifica del provvedimento, limpiegato pu
impugnare tale ingiunzione innanzi al Collegio arbitrale di conciliazione avente sede presso
lUfficio provinciale del Lavoro, da cui la sospensione della sanzione.
Il tentativo di conciliazione obbligatorio, ma in caso di insuccesso consentita lordinaria azione
giudiziaria che va promossa entro novanta giorni dal tentativo di conciliazione a pena di
improcedibilit.

14. La modificazione e lestinzione del rapporto
Le modificazione del rapporto di pubblico impiego sono varie e vanno dalla progressione di
carriera, economica e giuridica.
Vi rientra anche lestinzione del rapporto, in quanto il rapporto di pubblico impiego ha una durata
tendenzialmente indeterminata, per cui la durata dello stesso viene a dipendere dalla capacit
lavorativa del dipendente che determina in capo allamministrazione la scelta discrezionale di
mantenere ovvero estinguere il rapporto medesimo.
Si avranno cos le dimissioni volontarie, il collocamento a riposo dufficio, il collocamento a riposo
anticipato su domanda, la dispensa per inidoneit psico-fisica, la decadenza per ingiustificato
abbandono del servizio, il licenziamento disciplinare, il licenziamento per condanna penale ed il
licenziamento dei dirigente per i casi pi gravi di mancato raggiungimento degli obiettivi ed
inosservanza delle direttive.

15. La dirigenza ed il confine tra politica ed amministrazione
Nellambito del p.i. la categoria dei dirigenti stata introdotta con richiamo a quella prevista
nellart. 2095 c.c. come riconosciuta per la prima volta con la riforma del 1972.
La dirigenza stata disciplinata successivamente con il d. lgs. 29/ 1993, oggi modificato dal d.lgs.
165/ 2001 ed in ultimo dalla legge 145/ 2002 che ha previsto la possibilit di mobilit tra settore
pubblico e privato e lintroduzione del vice-dirigente.
Ai sensi della vigente normativa, i dirigenti sono responsabili in via esclusiva dellattivit
amministrativa, della gestione e dei relativi risultati, attribuzione derogabile soltanto su espressa
previsione legislativa.
Lattribuzione allorgano politico del potere di scelta nel conferimento e nella revoca degli incarichi
dirigenziali di vertice ed il potere di verifica dei risultati da questi conseguiti, ha comportato da un
lato la conservazione del potere di condizionamento molto forte in capo al potere politico e
dallaltro lato ha visto il rafforzamento tra vertice politico e dirigenza di vertice, in quanto entro
novanta giorni dal voto di fiducia al Governo, gli incarichi di Segretario generale di ministri, di
direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali vengono a cessare
insieme alla facolt di confermare, revocare, modificare, rinnovare gli organi di vertice degli enti
114
pubblici nominati da Governo o da Ministri nei sei mesi antecedente alla scadenza della legislatura
o nel mese antecedente allo scioglimento anticipato delle Camere.

16. Le diverse figure di dirigente
La dirigenza suddivisa in due fasce, la dirigenza generale e la dirigenza non generale.
Alla prima spetta la formulazione di proposte e parre al Ministro, nelle materie di competenza, la
cura e lattuazione di piani, programmi e direttive generali definite dal Ministro.
Ai dirigenti non generali spettano gli incarichi e le responsabilit negli specifici progetti, ladozione
di atti relativi ai propri uffici, ladozione di atti amministrativi e lesercizio del potere di spesa.
I dirigenti generali, inoltre, promuovono e resistono alle liti ed hanno il potere di conciliare e
transigere, svolgono attivit di organizzazione e gestione del personale e curano i rapporti sindacali
e di lavoro, decidono sui ricorsi gerarchici contro atti e provvedimenti amministrativi non definiti
dai dirigenti, curano i rapporti con lUE.
I dirigenti non generali, inoltre, formulano proposte ed esprimono pareri ai dirigenti generali,
curano lattuazione dei programmi loro affidati da questultimi, adottano atti e provvedimenti
amministrativi ed esercitano poteri di entrata e di spesa, dirigono e coordinano lattivit degli uffici,
anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia, provvedono alla gestione del personale e delle risorse
finanziarie e strumentali affidate ai propri uffici.
Con la riforma del 1993 le due qualifiche dirigenziali davano luogo a due rapporti di lavoro di
diversa natura, il dirigente era legato da un rapporto privatistico, il dirigente generale da un rapporto
pubblicistico,.
La diversificazione di regime venuta meno con la riforma del 1997, in quanto si esteso il regime
di diritto privato al rapporto di lavoro anche per i dirigenti generali.

17. Cenni sulla disciplina della dirigenza
Presupposto per lo svolgimento delle funzioni dirigenziali laccesso mediante concorso per esami
ovvero mediante corso concorso.
Con la soppressione del ruolo unico della dirigenza, di cui alla legge 145/ 2002, la dirigenza si
specificata in apposite sezioni di ruoli distinti nellambito di ciascuna amministrazione.
Nella prima fascia rientrano i dirigenti generali in servizio dalla data di entrata in vigore del ruolo
unico ed i dirigenti di seconda fascia che per almeno cinque anni continuativi hanno ricoperto
incarichi di livello generale.
Nella seconda fascia sono compresi gli altri dirigenti.
Gli uffici di livello dirigenziale si distinguono in:
a) incarichi di Segretario generale di ministeri e di direzione di strutture articolate in uffici
dirigenziali generali e quelli di livello equivalente, cui possono accedere i dirigenti di
prima fascia;
b) incarichi di funzione dirigenziale di livello generale, conferiti ai dirigenti di prima fascia,
salvo una quota venga riservata ai dirigenti di seconda fascia;
c) incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale, destinati ai dirigenti di seconda
fascia.
Gli incarichi sub a) e sub b) sono conferiti con d.p.r., previa deliberazione del Consiglio dei
Ministri, su proposta del Ministro competente. Gli incarichi sub c) sono conferiti con d.p.c.m., su
proposta del Ministro competente.







115
Capitolo 2
Le risorse finanziarie
1. Le fonti
Il sistema finanziario italiano va inquadrato nellambito della finanza pubblica in contrapposizione
alla finanza da patrimonio, in quanto lentrata si ricava dal prelievo dei tributi e assai poco
dallutilizzo dei beni appartenenti al patrimonio pubblico.
Il settore disciplinato dalla legge di contabilit n. 2440 del 1923 e dal regolamento di contabilit
r.d. 827/ 1924.
Successive modifiche sono date dalla legge 468/ 1978, legge 362/ 1988 e legge 97/ 1994
modificativa della struttura delle entrate e spese.
Le fonti costituzionali di riferimento sono gli articoli 81, 119, 41, 23, 53 e 100 Cost.
Tra i vincoli imposti alla finanza pubblica rientrano quelli derivanti dalla normativa comunitaria
conseguenti al c.d. Patto di Stabilit e di Crescita.
Quanto agli enti locali, a seguito del novellato art. 119 Cost., riconosciuta la possibilit di
vincolare tali enti al solo perseguimento del coordinamento con la finanza pubblica, tra cui il
raggiungimento degli obiettivi comunitari.
Infine, lart. 81 Cost. prevede che le Camere approvano ogni anno i bilanci ed il rendiconto
consuntivo presentati dal Governo, per cui la legge di bilancio oltre a costituire una legge di
approvazione annuale di competenza del Parlamento, altres legge obbligatoria per la gestione
della spesa e la sua mancanza implica lapprovazione di una legge sostitutiva che autorizzi
lesercizio provvisorio per periodi non superiori a quattro mesi.
La legge di bilancio ritenuta dalla dottrina legge formale, in quanto prevede entrate ed uscite per
ogni genere, a carattere finanziario e per un solo esercizio e non pu stabilire nuovi tributi e nuove
spese ex art. 81, comma 3, Cost.
Lart. 11 ter della legge 362/ 1988 indica le modalit di copertura finanziaria delle nuove e maggiori
spese facendo ricorso a fondi speciali, riduzioni di precedenti autorizzazioni legislative di spesa.

2. Il sistema di bilancio
Si tratta di un sistema costituito da una pluralit di atti e documenti tra loro collegato che
rapprendano, nel loro insieme, il fulcro della gestione finanziaria dello Stato.
Tale sistema si esprime in una serie di procedure, temporalmente differenti, facenti parte di un
unico procedimento di bilancio.
Tale procedimento prende avvio con la presentazione del Documento di programmazione
economica e finanziaria e termina con lapprovazione della legge finanziaria e del bilancio annuale
di previsione, che avviene prima dellesercizio di riferimento.
Il bilancio dello Stato un atto con forma di legge con il quale il Parlamento assume la decisione
finanziaria autorizzando il Governo ad effettuare spese e ad acquisire entrate. Esso deve essere
redatto secondo il principio dellannualit e dellintegrit delle entrate e delle spese considerate al
lordo nonch deve rispettare la pubblicit, in quanto va reso noto ai soggetti coinvolti ed ai cittadini.

3. La struttura del bilancio
Con la riforma di cui al d.lgs. 29/1993 avvenuta unimportante modifica del procedimento di
bilancio, che ha trovato nella legge 94/ 1997 un importante sbocco in quanto sono state istituite le
c.d. Unit previsionali di base, c.d. u.p.b., determinate per aree omogenee di attivit ed in modo da
assicurare la piena rispondenza della gestione finanziaria agli obiettivi posti allazione
amministrativa dello Stato.
Tali unit, infatti, sono predisposte in modo tale che ciascuna di esse rappresenti un unico centro di
responsabilit amministrativa tanto che consentono di distinguere tra bilancio amministrativo e
bilancio politico
116
Il bilancio politico, in particolare, rappresenta il bilancio approvato dal Parlamento, distribuito in
u.p.b. e che sviluppa il rapporto tra organi politici, Governo e Parlamento, per cui necessario il
rapporto di fiducia sulla manovra finanziaria.
Il bilancio amministrativo, invece, emanato con decreto del Ministro delleconomia e delle
finanze e specifica la classificazione semplificata contenuta nel bilancio politico, per cui esso uno
strumento politico amministrativo che sviluppa il rapporto tra Governo e dirigenza.
In definitiva, con la legge 94/ 1997, il bilancio dello Stato risulta suddiviso in stati di previsione
quanti sono i ministeri con il computo anche della Presidenza del Consiglio dei Ministri. E,
allinterno degli stati di previsione, la parte entrata e la parte uscita sono suddivise nelle u.p.b.
quante sono le risorse finanziarie affidare alla gestione di ciascun centro di responsabilit
amministrativa.

4. Lesecuzione del bilancio
Nellesecuzione del bilancio possibile individuare due distinti procedimenti amministrativi, e cio
un procedimento di entrata ed un procedimento di uscita.
Le entrate seguono il procedimento di accertamento, riscossione e versamento.
Laccertamento consente allamministrazione di appurare la ragione del credito, il suo ammontare e
la persona debitrice.
La riscossione vede il debitore pagare la somma dovuta allo Stato agli agenti di riscossione.
Il versamento conclude il ciclo delle entrate, per cui gli agenti di riscossione versano tali somme
alle Tesorerie dello Stato.
Il procedimento di spesa, invece, considerato strumentale al procedimento amministrativo, in
quanto la spesa trova il suo presupposto nelle rispettive decisioni di bilancio. Esso si articola nelle
fasi di impegno, liquidazione, ordinazione, pagamento.
Limpegno la fase giuridica in cui sorge per lo Stato lobbligo di pagare una determinata somma,
per cui sindividua la somma da pagare, il soggetto creditore, la ragione del credito. Tale impegno
pu derivare da legge, da contratti, da sentenze di condanna passate in giudicato che ingiungono
allo Stato di pagare una certa somma di denaro.
Con la liquidazione viene stabilito lammontare esatto dellobbligazione di spesa ed individuata la
persona del creditore.
Lordinazione la fase in cui si d ordine alla Tesoreria di pagare la somma liquidata mediante
titolo di spesa che dispone il relativo pagamento.
Il pagamento conclude il procedimento di spesa ed eseguito dalla Tesoreria o da altri agenti
pagatori, per cui si estingue lobbligazione pecuniaria.


Capitolo 3
I controlli di efficienza

1. Levoluzione del sistema dei controlli amministrativi verso lefficienza
In generale il termine controllo indica linsieme di operazioni di riesame e di revisione degli atti e
delle attivit di un soggetto da parte di un altro soggetto a ci espressamente autorizzato con lo
scopo di verificarne la conformit a determinati parametri di raffronto.
Invero, dai tradizionali controlli preventivi di legittimit, la dottrina ha enucleato diverse tipologie
di controlli tra cui i c.d. controlli di efficienza.
I primi, infatti, risultano governati da una prospettiva di statualit dellinteresse pubblico, per cui si
giustificava limpronta gerarchica dellorganizzazione amministrativa nel loro rispettivo
svolgimento.
Successivamente, sotto la spinta ad un revisione profonda dellassetto tradizionale dei controlli,
lattenzione della dottrina ha riguardato parametri ulteriori rispetto alla legittimit, per cui le
soluzioni prospettabili erano quelle di prevedere controlli esterni che si aggiungessero al controllo
117
di legittimit e di efficienza ovvero articolare un sistema di controlli interni separati e distinti sia
sotto il profilo soggettivo che oggettivo nei parametri da applicare.
La riforma dei sistemi di controllo si avuta con la legge 20/ 1994 che ha decretato il passaggio del
sistema dei controlli secondo la prospettiva della previsione di legge, imparzialit ed efficienza, che
viene chiamato controllo di gestione, i cui parametri sopraindicati sono definiti annualmente dalla
Corte dei conti.

2. I controlli interni: il sistema generale
Il d. lgs. 286/ 1999 scompone la figura unitaria di controllo interno prevista dallart. 20 del d.lgs.
29/1993 in controllo di regolarit amministrativa e contabile, controllo di gestione, valutazione del
personale con incarico dirigenziale e attivit di valutazione e controllo strategico.
Tale suddivisione assunta come progettazione dellinsieme di controlli interni sulla gestione delle
pp.aa.

3. Segue. Il controllo di regolarit amministrativa e contabile
Lart. 2 del d.lgs. 286/ 1999 prevede tale controllo nellambito di una prospettiva collaborativa tra
organi di governo.
Infatti, ogniqualvolta previsto un controllo preventivo in ordine alla regolarit amministrativa e
contabile, mediante lemissione di un parere o di una formulazione di una proposta, questi non sono
mai vincolanti per lorgano a cui vengono resi, anche se dovrebbero restare fermi lobbligo per tali
organi di motivare le ragioni di scostamento dal parere o dalla proposta e la conseguente assunzione
di responsabilit dellorgano o del funzionario che adotta tale provvedimento in assenza di parere o
di proposta negativa.

4. Segue. Il controllo di gestione.
In tale ambito viene considerata tutta la gestione amministrativa soprattutto in termini di risultati
raggiunti, per cui il legislatore viene a rimettere a ciascuna amministrazione pubblica la definizione
delle unit responsabili della progettazione e della gestione di tale forma di controllo e delle unit
organizzative la cui azione sar oggetto di misurazione sotto il profilo della efficacia, efficienza ed
economicit, in quanto vengono in tale sede determinate le modalit di rilevazione e ripartizione dei
costi tra unit organizzative e sono individuati gli obiettivi per cui i costi sono sostenuti.
La gestione, infatti, va intesa in unaccezione concreta di attivit amministrativa che si sviluppa in
un arco di tempo prefissato.
Il controllo demandato alla Corte dei conti riguarda la gestione di tutte le pp.aa., per cui
nellindicare le misure correttive da attuare tale controllo viene a determinare un dovere ovvero un
onere di riesame da parte delle amministrazioni pubbliche che devono comunicare ad essa le misure
conseguenzialmente assunte.


5. Segue. Le attivit di valutazione e controllo strategico.
Tale controllo rappresenta una novit introdotta con il d.lgs. 286/ 1999, in quanto esso considerato
un supporto allattivit di programmazione strategica e di indirizzo politico amministrativo, che
ne impone lattribuzione a strutture che rispondo direttamente agli organi di indirizzo politico
amministrativo.
La disciplina normativa assegna a tale forma di controllo il carattere direzionale e collaborativo
ormai tipico della categoria dei controlli interni, per cui lattivit di valutazione e controllo
strategico presentano un andamento circolare, laddove il controllo di gestione in continuo scambio
tra informazioni ed elaborazioni di indirizzi e realizzazione degli stessi.
In tale sede si assiste ad una stretta connessione tra attivit di valutazione e controllo strategico e
dimensione politica, in quanto questultima demanda a servizi di controllo interno, compresi tra gli
uffici di diretta collaborazione con il Ministro, lattivit di valutazione e controllo.
118
In altri termini, il servizio di controllo interno rende conto al Ministro dellattivit svolta attraverso
una relazione annuale sui risultati della analisi effettuate, con proposte di miglioramento della
funzionalit della stessa p.a.
Quanto ai parametri di riferimento, nel silenzio della normativa, si sta affermando un approccio
multidisciplinare che tiene conto anche dei processi di politcy marking secondo i quali vengono
indicati i parametri di performance al fine di far funzionare al meglio lamministrazione anche con
riferimento ai processi di benchamrking che consistono in ricerca ed analisi strutturata dellazione
di organizzazioni omogenee.

6. La valutazione del personale con incarico dirigenziale
Tale valutazione strettamente connessa allesito delle procedure di controllo di gestione e
dellattivit di valutazione e controllo strategico.
In particolare, lart. 5 del d. lgs. 286/ 1999 disciplina tale attivit di controllo sul presupposto
dellapplicazione delle relative misure di responsabilit dirigenziale di cui allart. 21, comma 1, del
d. lgs. 165/ 2001.
In tale valutazione si tiene conto delle prestazioni dei dirigenti e le loro competenze, quali
comportamenti relativi allo sviluppo delle risorse professionali, umane ed organizzative ad essi
assegnate.
Il sistema riflette pienamente la posizione dei dirigenti di cui al d. lgs. 300/ 1999, in quanto il
procedimento di valutazione ispirato al principio della diretta conoscenza del soggetto valutato dal
dirigente secondo le modalit di cui alla legge 241/1990.
Pertanto, ciascun dirigente valutato dal dirigente preposto allufficio cui il soggetto valutato
pertiene e la valutazione finale adottata dal dirigente titolare dellufficio dirigenziale generale
interessato.
Lattivit di questultimo, invece, valutata dal capo del dipartimento o comunque da un dirigente
sovraordinato e, a loro volta, la valutazione di dirigenti preposti ai centri di responsabilit,
rispondono direttamente allorgano medesimo per il conseguimento degli obiettivi assegnati.
In tale sede la valutazione effettuata dal Ministro, sulla base delle risultanze fornite dallorgano
preposto alla valutazione ed al controllo strategico.

Parte 9
Regime dei beni

Capitolo 1
I beni di propriet pubblica

1. Nozioni generali
I beni pubblici vengono tradizionalmente definiti come beni appartenenti alle organizzazioni
pubbliche (requisito soggettivo) e funzionalmente destinati alla cura in concreto di interessi pubblici
(requisito oggettivo).
La disciplina dei beni pubblici si rinviene a partire dalla Costituzione che allart. 42, comma 1,
afferma che la propriet pubblica o privata e che i beni economici appartengono allo Stato, ad enti
o a privati.
In particolare, mentre i soggetti privati possono godere e disporre liberamente, nei limiti consentiti
dallordinamento, dei beni di cui sono titolari; le organizzazioni pubbliche, invece, risultano titolari
di beni affinch li utilizzino per il perseguimento dei propri fini istituzionali fissati dalla legge.
Pertanto, il legislatore si preoccupato di dettare una serie di disposizioni speciali in materia di beni
pubblici. Nei paragrafi successivi si considerer la disciplina prevista nel codice civile e quella che
si prodotta negli anni tanto da rendere quella codicistica una disciplina quasi residuale dei beni
pubblici.

119

2. La disciplina del codice civile. I beni demaniali
Dalle disposizioni del codice civile possibile distinguere tra beni demaniali e beni patrimoniali, i
quali ultimi si distinguono in beni patrimoniali indisponibili e beni patrimoniali disponibili.
Lart. 822 c.c. dispone al comma 1 che i beni, c.d. demanio pubblico, appartengono allo Stato e
fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i
laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia; le opere destinate alla difesa
nazionale. Al comma 2 stabilito che fanno parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato,
le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi, gli acquedotti, gli immobili riconosciuti di
interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte di musei, delle
pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche; ed infine gli altri beni che sono dalla legge assoggettati
al regime proprio del demanio pubblico.
Lart. 824 c.c., rubricato beni delle province e dei comuni soggetti al regime dei beni demaniali,
dispone al comma 1 che i beni della specie di quelli indicati al comma 2 dellart. 822, se
appartengono alle province o ai comuni, sono soggetti al regime del demanio pubblico. Il comma
successivo aggiunge che allo stesso regime sono soggetti i cimiteri e i mercati comunali.
Inoltre, lart. 11 della legge 281/ 1970, rubricato beni di demanio e patrimonio regionale, al
comma 1 stabilisce che i beni della specie di quelli indicati dal comma 2 dellart. 822 c.c. se
appartengono alle Regioni per acquisizione a qualsiasi titolo, costituiscono il demanio regionale e
sono assoggettati al regime previsto dallo stesso codice per i beni del demanio pubblico. Ancora, al
comma 3 stabilito che sono trasferiti alle Regioni e fanno parte del demanio regionale i porti
lacuali e, se appartenenti allo Stato, gli acquedotti di interesse regionale.
Dalle richiamate elencazioni emerge che:
a) tutti i beni demaniali sono sempre beni immobili o universalit di mobili, e mai beni mobili;
b) appartengono necessariamente ad enti pubblici territoriali.
Va tenuta presente la distinzione tra:
a) beni del demanio necessario, che sono beni demaniali di cui al comma 1 dellart. 822 c.c.
b) beni del demanio eventuale o accidentale, che possono appartenere oltre che a soggetti
pubblici territoriali, anche a soggetti diversi, pubblici o privati.
Altra distinzione quella tra:
a) beni del demanio naturale, come spiagge e fiumi e che acquistano o perdono la propria identit a
seguito di fatti naturali;
b) beni del demanio artificiale, come porti ed acquedotti, che sono determinati per opera delluomo.
La condizione giuridica dei beni demaniali stabilita dallart. 823 c.c. che al comma 1 prevede che i
beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti
in favore dei terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano.
Pertanto, i beni demaniali non possono essere trasferiti e usucapiti, non possono essere oggetti di
procedure esecutive. Si tratta di beni incommerciabili e, seppure resta ferma la titolarit pubblica,
possono formare oggetto di diritti a favore di terzi mediante provvedimenti concessori nei casi e
limiti previsti dalla legge (ex. concessione delle spiagge in favore di gestori privati di stabilimenti
balneari contro il pagamento di un canone). Al di fuori di tali ipotesi, qualsiasi atto di disposizione
di beni demaniali si considera nullo per impossibilit delloggetto ex art. 1418, comma 2, c.c.
Per quanto concerne la loro tutela, il comma 2 dellart. 823 c.c. prevede che lautorit
amministrativa competente abbia la facolt di procedervi avvalendosi dei mezzi ordinari a difesa
della propriet e del possesso previsti dal codice civile nonch, in senso alternativo, in via
amministrativa nellipotesi di autotutela esecutiva nei casi e nei limiti previsti dalle discipline
legislative di settore.
Invero, occorre distinguere linizio e la cessazione del carattere demaniale dei beni pubblici, in
quanto i beni del demanio necessario naturale acquistano tale qualit per il solo fatto di venire ad
esistenza con le caratteristiche proprie descritte dalla legge; invece, i beni del demanio necessario
artificiale acquistano tale qualit al verificarsi della loro venuta ad esistenza per opera delluomo e
120
perch risultano destinati al soddisfacimento delle esigenze di interesse pubblico previste dalla
legge. Analogo meccanismo vale anche per lacquisto del carattere demaniale per i beni
appartenenti al demanio eventuale.
Quanto alla cessazione del carattere demaniale, per i beni naturali avviene per il solo fatto che essi
abbiano perduto le caratteristiche fisiche loro proprie, mentre per i beni artificiali si riguarda alle
ipotesi oggettive di perdita delle loro qualit stabilite dalla legge, che non possono consistere nel
perimento fisico del bene e possono altres verificarsi nelle ipotesi in cui non risultino pi destinati
al soddisfacimento delle esigenze di pubblico interesse previste dalla legge.
In particolare, lart. 829 c.c. prevede il passaggio dei beni dal demanio pubblico al patrimonio dello
Stato che deve essere dichiarato con atto dellautorit amministrativa competente, da pubblicarsi in
Gazzetta Ufficiale, quale atto di natura dichiarativa e non costitutiva.

3. Segue. I beni patrimoniali
La seconda categoria di beni pubblici costituita dai beni patrimoniali, che si distinguono in:
a) beni patrimoniali indisponibili di cui allart. 826, commi 2 e 3, c.c. ed il cui regime giuridico
disciplinato allart. 828 c.c.
b) e beni patrimoniali disponibili, che sono individuati mediante un criterio di residualit, in quanto
sono tali tutti i beni appartenenti a soggetti pubblici diversi dai beni demaniali e dai beni
patrimoniali indisponibili.
Nel r.d. 2440/ 1923 e r.d. 827/ 1924 stabilita la disciplina generale in ordine alla gestione ed
amministrazione dei beni appartenenti allo Stato.

4. Uso dei beni pubblici
Le modalit di uso dei beni pubblici variano a seconda della funzione di cura in concreto
dellinteresse pubblico che gli stessi sono chiamati ad assolvere, per cui si distingue tra:
a) uso diretto, in quanto i beni sono utilizzati direttamente dalle organizzazioni pubbliche
proprietarie per lo svolgimento delle proprie attivit;
b) uso promiscuo, in quanto i beni assolvono, oltre alla loro funzione principale, un utilizzo
secondario da parte di altri soggetti, pubblici o privati, come il caso delle strade militari;
c) uso generale, in quanto i beni posseggono una immediata ed intrinseca vocazione alla cura
in concreto dellinteresse pubblico a favore del soddisfacimento degli interessi della
collettivit;
d) uso particolare, in quanto i beni, per la loro scarsit, sono oggetto di provvedimenti
amministrativi concessori ed a fronte della corresponsione di un canone, vengono attribuiti a
soggetti privati.

5. I diritti demaniali su beni altrui e gli usi civici
Lart. 825 c.c. assoggetta allo stesso regime giuridico dei beni demaniali anche i diritti reali che
spettano allo Stato, alle Province ed ai Comuni su beni appartenenti ad altri soggetti, quindi anche a
soggetti privati, quando i diritti stessi:
a) sono costituiti per lutilit di beni demaniali;
b) sono costituiti per il perseguimento di fini di pubblico interesse corrispondenti a quelli che
servono per i beni demaniali stessi
Analoga previsione contenuta allart. 11, comma 2, della legge 281/ 1970 in riferimento alle
Regioni.
In particolare, nellipotesi sub a) si in presenza di diritti demaniali su beni altrui in senso stretto,
per cui la costituzione di tali diritti su beni che sono tutti beni immobili considerata dalla dottrina
come servit prediali pubbliche e come tali possono essere costituite per legge ovvero per
provvedimento amministrativo.
121
Allipotesi sub b) corrispondono i diritti di uso pubblico, costituiti non per lutilit del bene
demaniale, ma in favore di una determinata collettivit, i cui membri possono chiederne la tutela
anche per uso personale.
Un particolare modo di costituzione di diritti di uso pubblico la c.d. dicatio ad patriam, che ricorre
qualora il proprietario di un bene privato metta volontariamente e continuativamente il bene stesso a
favore della collettivit, assoggettandolo al relativo uso.
Infine, gli usi civici sono diritti reali di antica origine e di natura civica, in quanto sono titolari
determinate collettivit stanziate su un territorio ed hanno per oggetto il godimento di terreni di
propriet degli enti territoriali o anche di soggetti privati. La loro disciplina contenuta nella legge
1766/ 1927 ed prevista la liquidazione degli usi civici gravanti su beni privati rimessa ad appositi
organi statali, i Commissari regionali per la liquidazione degli usi civici le cui funzioni,
amministrative e giurisdizionali, sono state delegate alle Regioni dal d.p.r. 616/ 1977. Tale
procedimento consta di una prima fase di accertamento della sussistenza e dei caratteri delluso
civico, una seconda fase di affrancazione dei fondi privati dagli usi civici mediante distacco di essi
di una parte che viene ceduta in propriet ai Comuni ovvero in enfiteusi ai coltivatori diretti dei
Comuni, mentre in caso di boschi o pascoli, tali terreni sono lasciati in godimento, con vincolo di
indisponibilit, alle collettivit interessate. Ai Comuni spetta la vigilanza sullamministrazione dei
beni gravati da usi civici.

6. Considerazioni conclusive
La disciplina codicistica sui beni pubblici presenta taluni aspetti critici come evidenziato dalla
giurisprudenza.
Il primo aspetto critico riguarda lassenza di un criterio del tutto coerente in base al quale i beni
pubblici vengono distinti in beni demaniali e benti patrimoniali indisponibili, in quanto tra le
diverse vocazioni si dovrebbe riguardare ai beni nella cura in concreto degli interessi pubblici, da
cui si ricavano scelte arbitrarie, come nella maggior parte dei beni del demanio eventuale che
presentano un trattamento giuridico differenziato rispetto al patrimonio indisponibile seppure a
fronte della cura in concreto dellinteresse pubblico.
Il secondo aspetto critico riguarda il regime giuridico dei beni demaniali, per cui la giurisprudenza
ha esteso la disciplina prevista per i beni demaniali anche ai beni patrimoniali indisponibili, in
quanto si riguarda ad esigenze di garanzia per cui si finisce per sottoporre i suddetti beni ad un
regime pubblicistico eccessivamente accentuato.


7. Evoluzione della categoria dei beni pubblici per effetto dei processi di privatizzazione (formale e
sostanziale).
Le disposizioni del codice civile non esauriscono la disciplina giuridica dei beni pubblici, in quanto
vi sono altre normative speciali in materia il cui numero si accresciuto negli anni.
Le legislazioni di settore sembrano principalmente orientate ad assicurare le giuste esigenze di
tutela dei beni pubblici superando lappartenenza del bene al soggetto pubblico, in quanto si
riguarda alla duplice forma di privatizzazione dei beni pubblici, da un lato attraverso la
trasformazione dei soggetti cui essi gi appartenevano in societ per azioni e dallaltro lato
mediante lapposita istituzione di nuovi soggetti, sempre regolati dal diritto privato, ai quali
vengono trasferiti beni prima appartenenti a soggetti pubblici.
Di qui la distinzione tra privatizzazione sostanziale, che consiste nella ritrazione della sfera di
competenza pubblica da un dato settore, il cui funzionamento viene affidato completamente ai
soggetti privati; e privatizzazione formale, per cui adottata la veste privatistica del soggetto
proprietario del bene pubblico il quale viene a garantire una maggiore efficienza, efficacia ed
economicit nella gestione.
122
Invero, il fenomeno della privatizzazione si snoda per due direttrici di fondo, una conseguente alla
trasformazione di enti pubblici in societ per azioni e laltra relativa alla costituzione ex novo di
organismi societari ai quali vengono conferiti beni pubblici.

8. Segue. La trasformazione di enti pubblici proprietari di beni pubblici in societ per azioni e le
conseguenze sul regime giuridico dei beni
Occorre considerare di taluni beni pubblici, ora appartenenti a soggetti privati, i quali risultato di
fondamentale importanza per lerogazione di servizi pubblici essenziali, quali le reti ferroviaria,
elettrica, telefonica e stradale.
In particolare, lart. 822, comma 2, c.c. prevede che le strade ferrate di appartenenza dello Stato
appartengono al demanio statale eventuale, il cui regime giuridico era regolato fino al 1985
dallAzienda autonoma delle Ferrovie dello Stato che, a seguito dellemanazione della legge 210/
1985, venne trasformata in ente pubblico economico, denominato Ente Ferrovie dello Stato dotato
di personalit giuridica, da cui la sdemanializzazione della rete ferroviaria e la sua riconduzione al
regime dei beni patrimoniali indisponibili. Inoltre, lart. 15, comma 1, d. l. 16/1993 ha riferito alla
neo istituita s.p.a. Ente Ferrovie il ruolo di Gestore dellinfrastruttura come poi ribadito dal d. lgs.
188/ 2003.
Vicenda analoga si avuta con la rete di trasmissione elettrica nazionale, in origine classificata
come bene patrimoniale indisponibile ed appartenente allente pubblico economico Enel e che,
dopo la sua trasformazione in s.p.a., ha imposto al medesimo lo svolgimento di attivit di
produzione di energia elettrica, distribuzione e vendita in maniera separata dallesercizio dei diritti
di propriet della rete, da cui la costituzione della societ Terna s.p.a. alla quale stata conferita la
rete di trasmissione elettrica nazionale. Gestore della rete la G.R.T.N. s.p.a. costituita anchessa da
Enel s.p.a. e con d. l. 239/ 2003 stato stabilito che con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri sia disposta la unificazione della propriet e della gestione della rete elettrica nazionale di
trasmissione nonch le modalit di gestione e privatizzazione sostanziale del soggetto risultante
dalla unificazione.
Quanto alla rete telefonica pubblica valgono le medesime considerazioni, in quanto la legge 58/
1992 ha affidato in via esclusiva ad unapposita societ per azioni, costituita e partecipata
interamente dallI.R.I., i servizi di telecomunicazioni ad uso pubblico nonch linstallazione e
lesercizio dei relativi servizi sino ad allora gestiti dallAzienda di Stato per i servizi telefonici e
dallamministrazione delle poste e telecomunicazioni, la Telecom Italia s.p.a. alla quale sono stati
trasferiti tutti i beni appartenenti ai predetti enti pubblici.
A far data dal 1997, Telecom Italia s.p.a. stata oggetto di un processo di privatizzazione
sostanziale e di una regolamentazione amministrativa di cui al d.p.r. 318/ 1997 e d.lgs.259/ 1993.
Il regime giuridico della rete stradale e autostradale nazionale proprio dei beni che fanno parte del
demanio statale eventuale. Tali beni sono appartenuti allo Stato fino al 2002 e con d.l. 138/2002
stata sancita la trasformazione dellente pubblico economico, A.N.A.S., in societ per azioni con
attribuzione ex lege delle competenze dellente trasformato. In particolare, sono di competenza di
tale societ le entrate derivanti dallutilizzazione dei beni demaniali relativamente ai quali esercita i
diritti ed i poteri dellente proprietario in virt della relativa concessione a favore dellorganismo
societario in questione.

9. Segue. Listituzione di appositi organismi societari ai quali vengono conferiti beni pubblici
Viene qui in considerazione il processo di vendita dei beni pubblici realizzato mediante
cartolarizzazione dei medesimi di cui al d.l. 351/ 2001.
LAgenzia del demanio procede, infatti, al riordino mediante gestione e valorizzazione del
patrimonio immobiliare pubblico sulla base di una complessa individuazione dei beni immobiliari
dello Stato e degli enti pubblici non territoriali, distinguendo beni demaniali, patrimoniale
indisponibili e patrimoniali disponibili.
123
Il Ministero delleconomia e delle finanze autorizzato a costituire o a promuovere la costituzione
di apposite societ a responsabilit limitata, c.d. s.c.i.p., aventi ad oggetto la realizzazione di
operazioni di cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione degli stessi beni immobili
individuati dallAgenzia del demanio.
In una prima fase, gli immobili pubblici vengono trasferiti a tali societ mediante decreti di natura
non regolamentare adottati dal Ministro delleconomia e delle finanze, in cui determinato il prezzo
iniziale che deve essere corrisposto dalle s.c.i.p. allo Stato e agli altri enti pubblici e tali societ
possono assumere finanziamento oppure emettere titoli obbligazionari sul mercato.
Di seguito, si procede al rimborso del finanziamento o dei titoli emessi attraverso la rivendita sul
mercato degli immobili gi acquistati, per cui le somme residue vengono versate allo Stato o agli
altri enti pubblici ex proprietari.
Si tratta di procedure di vendita indirette che hanno il pregio di consentire allo Stato e agli altri enti
pubblici di incassare un prezzo per gli immobili oggetto di operazione in anticipo rispetto al
momento in cui tali beni vengono effettivamente ceduti sul mercato.
A riguardo la legge stabilisce che il prezzo di vendita degli immobili determinato in ogni caso
sulla base di valutazioni correnti di mercato prendendo in riferimento i prezzi effettivi di
compravendite di unit immobiliari aventi caratteristiche analoghe.
Infine., la legge 289/ 2002 ha previsto il meccanismo di cartolarizzazione degli immobili pubblici
anche per le Regioni e gli enti locali per cui il trasferimento degli immobili, che per i beni pubblici
avviene mediante decreto ministeriale, previsto che le delibere delle Regioni e degli enti locali
individuino i beni immobili da trasferire alle societ di cartolarizzazione al fine di procedere alla
loro dismissione.


Capitolo 2
I beni soggetti a vincolo

1. La funzione sociale della propriet privata nella elaborazione della dottrina
Lart. 42 Cost dispone al comma 2 che la propriet privata riconosciuta e garantita dalla legge, che
ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale
e di renderla accessibile a tutti.
In tale formula lAssemblea costituente ha inteso sintetizzare due concezioni tra loro contrapposte,
per cui da un lato la propriet privata non avrebbe dovuto essere contemplata nel testo
costituzionale e dallaltro lato, invece, se ne sanciva il riconoscimento in quanto si garantiva a tutti
laccesso alla propriet.
Invero, nella riflessione della dottrina la propriet stata definita come un potere delluomo
sulluomo, regolato da norme che ne disciplinano laccesso, luso o il trasferimento. Dalla seconda
met del XIX secolo si assiste allaccentuazione delle differenze di censo e di capacit di accesso al
mercato tra piccoli e grandi proprietari. Di qui, la genesi del principio, sancito nella Costituzione,
secondo cui la libert individuale insita nel diritto di propriet si giustifica nei limiti in cui non
contrasti con gli interessi generali della societ, e cio della funzione sociale della propriet.
La dottrina ha privilegiato un approccio che si pone tra due approcci estremi, di cui uno, assai
risalente, riduce la funzione sociale allimpresa, mentre il secondo riconosce il proprietario che vive
lo stato di libert sempre e comunque consapevole dei limiti derivanti dallambiente che lo
circonda.
Pertanto, il concetto di funzione sociale trova applicazione ogni volta che, in relazione ai beni
economici in propriet, si ravvisi un rapporto che solleciti laltrui collaborazione.
La dottrina ha altres evidenziato che la propriet trova unaccezione finalistica piuttosto che
funzionale, in quanto la libert del singolo trova garanzia non tanto nellaccesso alla propriet
quanto nella consapevolezza della possibilit dellintervento statale capace di impedire la
trasformazione dellistituto in uno strumento di privilegio e di evitare distruzioni di ricchezza, per
124
cui la formula funzione sociale va intesa quale limitazione alla propriet dal contenuto
multiforme il cui parametro di riferimento quello dellutilit sociale, intesa quale benessere
economico e collettivo.
La formula funzione sociale racchiude in s unimpostazione programmatica in vista di finalit da
garantire in relazione alla propriet privata di interessi generali legati al godimento di beni e valori
fondamentali che il nostro ordinamento individua nel pluralismo sociale.
In senso difforme, la dottrina pubblicistica ha osservato che la funzione sociale, a differenza della
dottrina privatistica che la riconduce allimportanza sociale nei termini di utilit sociale, ha un
duplice scopo, e cio quello di qualificare il diritto di propriet e quello di garanzia di
riconoscimento del diritto, in quanto la legge ordinaria pone un limite che viene a costituire un
vincolo intrinseco al diritto soggettivo di propriet.
Nella dottrina privatistica, pertanto, si riguardato alla funzione sociale quale criterio formale di
legittimazione del potere legislativo atto a conformare la situazione dei privati proprietari sono al
punto da consentire lapplicazione analogica delle singole norme altrimenti ritenute eccezionali.
Di qui una diversit di vedute, in quanto ci chiesti perch mai la Costituzione avrebbe garantito la
propriet individuale in termini di potere astratto e, daltro lato, avrebbe consentito al legislatore
ordinario di determinarne i modi dacquisto, di godimento e i limiti per assicurarne la funzione
sociale.
In definitiva, il dibattito si circoscritto allindividuazione delloggetto del potere conformativo del
legislatore, per cui la formula funzione sociale si risolve nellattribuzione al legislatore ordinario
del potere di disciplinare i soli modi dacquisto ed il contenuto della propriet in guisa da assicurare
la strumentalit del bene, oggetto del diritto, allo svolgimento delle attivit che fanno capo al
proprietario ovvero ai terzi.
Secondo lorientamento maggioritario, la funzione sociale funge da limite non soltanto interno ma
anche alla stessa attivit legislativa, in quanto il legislatore pu conformare la propriet in modo da
assicurare la funzione sociale, ma pu anche non conformarla a tale scopo e perseguire altri fini
diversi dalla funzione sociale stessa, come in vista del perseguimento di interessi sopraindividuali,
sintetizzati nella formula della funzione sociale:

2. La funzione sociale della propriet privata nella giurisprudenza della Corte costituzionale
La Corte costituzionale, investita del vaglio di disposizioni di legge sospette di contrasto con lart.
42 Cost., ha affrontato il tema della funzione sociale dapprima in materia di agricoltura, per cui
venne dichiarato illegittimo il decreto ministeriale che prevedeva limiti alla propriet privata allo
scopo di assicurare la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti ex art. 42, comma 2, Cost.
In seguito, la Corte mut orientamento ed afferm che fornire lavoro a persone disoccupate
rispondeva altres a realizzare finalit sociali, da cui la proroga dei contratti agrari in quanto
compatibile con la funzione sociale della propriet agraria.
La prima sentenza della Corte sul tema la n. 55 del 1968, in cui viene dichiarata lillegittimit
costituzionale dellart.7 della legge urbanistica, n. 1150 del 1942, e dellart. 40 della stessa legge
nella parte in cui non prevedevano un indennizzo per limposizione di limitazioni sui diritti reali di
carattere espropriativo.
Secondo la Corte, il diritto di propriet, interpretato alla luce del concetto di solidariet sociale,
deve essere inteso come dominio assoluto ed illimitato sui beni propri e che tale diritto risulta
sottoposto ad un regime che la Costituzione lascia determinare al legislatore, il quale pu anche
escludere la propriet privata di certi beni ovvero imporre talune limitazioni a titolo particolare nella
facolt di godimento e di disposizione.
Tra questi limiti, dunque, appare decisivo linteresse del privato che sia subordinato allinteresse
generale della collettivit per quanto riguarda la sottoposizione a tali vincoli, da cui deve essere
indennizzato.
Della funzione sociale in tema di propriet privata agraria, la Corte dichiara lillegittimit della
norma abrogatrice del regime di proroga dei contratti agrari per violazione dellart. 44 Cost, in
125
quanto si ravvisa che gli interventi legislativi in riferimento allart. 42 Cost. hanno determinato che
le limitazioni che la legge pu introdurre non devono soddisfare soltanto finalit della funzione
sociale della propriet, ma anche linstaurazione di equi rapporti sociali e la realizzazione di
condizioni che consentano il razionale sfruttamento del suolo.
La Corte ha riconosciuto altres che lo sport- caccia va interpretato secondo un interesse pubblico
tale da richiederne la protezione da parte dello Stato, per cui lingresso nei fondi altrui ex art. 842
c.c. elemento essenziale per lesercizio di tale diritto, ma non lo per lo svolgimento di attivit
artistico culturali.
Quanto alle locazioni di cui alla legge 392/ 1978, la Corte ha dichiarato non conforme la funzione
sociale attribuita alla propriet in quanto la norma prevede una identica indennit prevista per i casi
di recesso finalizzati allesercizio di unattivit economica rispetto a quelli in rapporto di locazione
a regime normale.
Anche la legge 431 del 1985, c.d. legge Galasso, salvaguardia la funzione sociale nella previsione
di piani urbanistico territoriali che hanno per oggetto il territorio e comportano limiti al diritto di
propriet di cui al comma 2 dellart. 42 Cost. in virt del quale si riconosce la riserva alla legge di
determinare i relativi modi di godimento, la privazione di procedere ad interventi di manutenzione
da parte del proprietario, per cui una lesione al contenuto minimo della propriet si pone come
limite alla funzione sociale della stessa che non pu trovare applicazione.
Le limitazioni al diritto di propriet, dunque, in ossequio alla funzione sociale, sono determinate dai
diritti reali di godimento attribuiti ai singoli come, ad esempio, la destinazione pubblica
allutilizzazione come fattori produttivi dellambiente naturale in vista della loro utilizzazione come
beni ecologici ex art. 9, comma 2, Cost.

3. La tipologia dei vincoli alla propriet privata secondo il diritto positivo. Vincoli ex lege.
In generale, tutti i vincoli conformativi del diritto di propriet discendono da disposizioni di legge
ordinaria, statale o regionale, in ossequio alla riserva di legge ex art. 42, comma 2, Cost.
Nel nostro ordinamento, vi sono vincoli che limitano le facolt di godimento e trasferimento della
propriet scaturenti immediatamente da disposizioni di legge ed altri che devono essere adottati
dallamministrazione per produrre leffetto limitativo o conformativo della propriet. Tale
distinzione si spiega alla luce dellinteresse pubblico tutelato da tali vincoli ravvisabile dalle norme
costituzionali.
Infatti, principalmente i vincoli ex lege sui beni di interesse paesaggistico sono elencati dallart. 142
del d.lgs. 42/ 2004 ed i vincoli sui beni culturali dallart. 10 del d. lgs. 42/ 2004.
Ulteriori vincoli sono previsti per i cimiteri, in quanto la legge vieta di costruire intorno ai cimiteri
nuovi edifici entro il raggio di 200 metri del perimetro dellimpianto cimiteriale, salvo deroghe
previste dalla legge. Altro vincolo legale di inedificabilit assoluta prevista dallart. 10 della legge
353/ 2000 sul divieto di mutare destinazione alle zone boscate ed ai pascoli i cui soprassuoli siano
stati percorsi dal fuoco per almeno quindici anni. Il divieto di edificazione nelle aree boschive
incendiate opera anche se le amministrazioni comunali interessate non abbiano ottemperato ai
relativi obblighi amministrativi.
Analogamente, il codice della navigazione vieta di costruire ostacoli nelle direzioni di atterraggio
degli aeromobili a distanza inferiore ai trecento metri dal perimetro dellaeroporto. Il regolamento
di attuazione del codice della strada prevede, a tutela della sicurezza stradale, fasce di rispetto per le
nuove costruzioni, per le ricostruzioni conseguenti a demolizioni integrali e per gli ampliamenti
fronteggianti le strade a seconda che le fabbriche siano situate allesterno o allinterno dei centri
abitati.
Inoltre, ai sensi della legge 1150 del 1942, previsto che fuori dal perimetro dei centri abitati
devono osservarsi nelledificazione distanze minime a protezione del nastro stradale, stabilite con
decreto concertato del Ministro per i lavori pubblici, ora delle infrastrutture, con i Ministri per i
trasporti e per linterno. Analoghe limitazioni sono previste nella costruzione, ricostruzione ed
126
ampliamento di edifici o manufatti di qualsiasi specie a distanze minori di quelle stabilite dalle linee
ferroviarie e tranviarie.
A tutela della salute, il d. lgs. 152 del 2006 impone una zona di tutela assoluta costituita dallarea
immediatamente circostante le captazioni o derivazioni di acque superficiali e sotterranee destinate
al consumo umano.
Infine, la legge 475 del 1968, modificata dalla legge 362 del 1991, prevede distanze minime tra le
farmacie in previsione del pubblico interesse ad una loro corretta distribuzione sul territorio e la
legge 36 del 2001 prevede che i comuni possono adottare una regolamentazione locale atta ad
assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti di telecomunicazione e
minimizzazione dellesposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.


4. Vincoli indennizzabili e non
Di estremo rilievo la distinzione tra vincoli alla propriet privata che impongono la
corresponsione di un indennizzo e quelli che la escludono.
I vincoli posti ex lege a tutela di valori primari sono costituzionalmente garantiti e non sono mai
considerati indennizzabili, salvo rare eccezioni di cui al comma 3, dellart. 42 Cost. Tali vincoli,
infatti, costituiscono una categoria ab-orgine di interesse pubblico, per cui allorch
lamministrazione impone un vincolo di particolare interesse storico o artistico su un immobile, non
ne modifica la situazione preesistente, ma accerta la corrispondenza delle sue concrete qualit alla
prescrizione normativa.
Latto amministrativo che attua tale funzione correlata alla qualificazione di particolare interesse
pubblico del bene non equiparabile ad un atto espropriativo, per cui non si applica la garanzia
dellindennizzo di cui al comma 3 dellart. 42 Cost. in quanto proprio dalla funzione sociale
intrinseca nella natura del bene che il legislatore determina i modi di acquisto, di godimento ed i
limiti alla propriet privata.
Viceversa, altri vincoli, soprattutto di natura urbanistica, sono imposti con atti amministrativi, come
il piano generale o di riparto, la cui mancata previsione dellindennizzo si pone in contrasto con i
principi costituzionali di cui allart. 42, comma 3, Cost.
Invero, nella distinzione tra vincoli alla propriet privata immediatamente applicabili ex lege e
quelli che necessitano di provvedimento amministrativo, si distingue, tra questi ultimi, i vincoli
indennizzabili e vincoli non indennizzabili.


5. Vincoli diretti ed indiretti
Nellambito dei beni culturali, artistici ed archeologici si distingue tra vincoli diretti e vincoli
indiretti e questultimi sono funzionalmente connessi al vincolo gravante sui primi. Ad esempio, il
vincolo archeologico c.d. diretto viene imposto su beni o aree nei quali sono stati ritrovati reperti
archeologici o in relazione ai quali vi certezza dellesistenza, della localizzazione e
dellimportanza del bene archeologico e tale ultimo vincolo c.d. indiretto, invece, viene imposto su
beni ed aree circostanti quelli sottoposte a vincolo diretto per garantire una migliore visibilit e
fruizione collettiva o migliori condizioni ambientali e di decoro.
Secondo la giurisprudenza, la nozione di bene culturale passa da unaccezione di tipo materialistico
ad una di tipo immateriale, in quanto il bene esprime una valore di ambiente storico e sociale, per
cui esso assume un valore di civilt inerente allesigenza conservativa nonch proiezione del bene
nellattivit di esecuzione di ricerche archeologiche inerenti ai beni sottoposti al vincolo diretto, per
cui la funzione del vincolo indiretto consiste nel rapporto di complementariet tra le misure
limitative ed il fine pubblico perseguito con le ragioni di adozione della misura limitativa.



127
6. I vincoli preordinanti a futuro esproprio: evoluzione normativa e giurisprudenziale.
Lart. 9 del vigente d. lgs. 8 giugno 2001, n. 327, rubricato vincoli derivanti da piani urbanistici,
frutto di una scelta consapevole del legislatore delegato che la disciplina delle limitazioni al diritto
di propriet scaturenti dalla strumentazione urbanistica, per cui allamministrazione imposta la
corresponsione di un indennizzo ex art. 42, comma 3, Cost in virt del c.d. Testo unico delledilizia
di cui al d.lgs. 380/ 2001 nonch dalla normativa generale in materia di espropriazione per pubblica
utilit.
Secondo la legge urbanistica n. 1150 del 1942, il piano regolatore generale era concepito come
strumento ad efficacia a tempo indeterminato, sia per le zonizzazioni che per le localizzazioni.
Tuttavia, con la storica sentenza n. 55 del 1968 la corte costituzionale dichiar lillegittimit
costituzionale dei numeri 2, 3 e 4 dellart. 7 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 che contemplavano
le prescrizioni sulla zonizzazione del territorio comunale e dellart. 40 della stessa legge che
espressamente escludeva la corresponsione dellindennit per i vincoli di zona e per le limitazioni e
gli oneri relativi allallineamento edilizio delle nuove costruzioni. La Corte afferm che il piano
regolatore generale trovava vigore a tempo indeterminato una volta approvato e che tali vincoli
erano immediatamente operativi e validi a tempo indeterminato.
In tale sistema, dunque, la Corte ribad la garanzia della propriet di cui allart. 42 Cost. per cui i
singoli diritti, che si ricollegano alla propriet, vengono compressi o soppressi senza indennizzo,
mediante atti di imposizione che conducono tanto ad una transazione totale o parziale del diritto
quanto ad uno svuotamento rilevante del suo contenuto, pur rimanendo intatta lappartenenza del
diritto e la sottoposizione di tutti gli oneri anche fiscali relativi alla propriet fondiaria.
A seguito della sentenza sovraindicata, il legislatore intervenne con la legge 19 novembre 1968 n.
1187 di modifica della legge 1150 del 1942, per cui si venne a stabilire che i predetti vincoli
avrebbero perso efficacia qualora, entro cinque anni dalla data di approvazione del piano regolatore
generale, no fossero stati approvati i relativi piani particolareggiati od autorizzati i piani di
lottizzazione convenzionati.
Successivamente, la legge n. 756 del 1973 stabil che i vincoli urbanistici sarebbero rimasti efficace
sino allentrata in vigore della nuova legislazione sul regime dei suoli e, comunque, non oltre due
anni dallentrata in vigore della legge e tale termine venne prorogato di un anno dal d.l. 562 del
1975 e poi di due mesi con d.l. 781 del 1976 convertito in legge 6 del 1977, sino allentrata in
vigore della legge 10 del 1977, c.d. legge Bucalossi.
Con la sentenza n. 92 del 1982, la Corte ha escluso che la legge 10 del 1977 avesse regolato la
materia dei vincoli urbanistici affermando che andasse riconosciuto carattere permanente alla legge
1187 del 1968 che non aveva previsto alcun termine finale nella modifica alla legge urbanistica, per
cui la materia continuava ad essere disciplinata da tale normativa.
Dopo la scadenza del vincolo quinquennale si venne a porre il problema di individuare le facolt
edificatorie del privato e se i comuni potessero ed in che termini reiterare il vincolo preordinato al
futuro esproprio.
Il Consiglio di Stato, nelladunanza plenaria afferm che, dopo la scadenza del termine
quinquennale per i vincoli di in edificabilit previsti dal piano regolatore generale, le aree rimaste
prive di destinazione venivano disciplinate secondo la disciplina di cui alla legge 10 del 1977 in
tema delle c.d. zone bianche prevista dalla legge per i comuni privi di strumenti urbanistici generali.
Invero, il Consiglio di Stato avvert la necessit di investire nuovamente la Consulta del problema
della compatibilit con lart. 42, comma 3, Cost.della reiterazione dei vincoli urbanistici decaduti
per effetto della scadenza del termine quinquennale di cui allart. 2 della legge 1187 del 1968.
In considerazione del c.d. diritto vivente, la Corte costituzionale, con sentenza 179 del 1999, ha
affermato che la reiterazione dei vincoli urbanistici decaduti per effetto del decorso del tempo pu
ritenersi legittima sul piano amministrativo se corredata da congrua e specifica motivazione
sullattualit della previsione con adeguata comparazione tra interessi pubblici e privati coinvolti.
Tuttavia, se permane il vincolo urbanistico a seguito di reiterazione, la Corte ha dichiarato
lillegittimit costituzionale non dellintero complesso normativo che consente tale reiterazione, ma
128
la mancata previsione dellindennizzo in tutti i casi di permanenza del vincolo urbanistico oltre i
limiti di durata fissati dal legislatore.
Invero, secondo una recente sentenza del Consiglio di Stato, il principio di spettanza
dellindennizzo al proprietario nel caso di reiterazione del vincolo preordinato allesproprio,
introdotto dalla sentenza 179 del 1999, non rileva per la verifica della legittimit del provvedimento
che ha disposto la reiterazione, poich lamministrazione potrebbe non far seguire lapprovazione
regionale del piano regolatore. Pertanto, i profili attinenti al pagamento dellindennizzo non
attengono alla legittimit del procedimento, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale, come
chiarito dallart. 39, comma 1, del t. u. n. 321 del 2001, per cui il proprietario pu attivare un
procedimento amministrativo nel corso del quale egli ha lonere di provare lentit del danno
effettivamente prodotto, quale presupposto processuale necessario per poter agire innanzi alla corte
dappello.

7. Segue. La disciplina vigente. La misura di salvaguardia
Lart. 58, comma 1, del t.u. 327/ 2001 ha abrogato espressamente lart. 2 della legge 1187/ 1968 e
lart. 9, comma 3, del T.U. prevede che, se non tempestivamente dichiarata la pubblica utilit
dellopera, il vincolo preordinato allesproprio decade e trova applicazione la disciplina dettata
dallarticolo 9 del t.u. in materia edilizia di cui al d.p.r. 380 del 2001, ossia quella previgente sulle
cd. zone bianche propria dei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici.
Secondo lart. 9, comma 4, t.u. consentita la reiterazione del vincolo preordinato allesproprio,
dopo la sua scadenza, con provvedimento motivato e solo a seguito dellefficacia dellatto di
approvazione del piano urbanistico generale.
Lart. 39 del t.u. prevede che in caso di reiterazione del vincolo dovuto al proprietario
unindennit commisurata allentit del danno effettivamente prodotto e qualora non sia prevista
alcuna corresponsione, lautorit amministrativa tenuta a liquidare lindennit entro il termine di
due mesi dalla data in cui abbia ricevuto dallinteressato la domanda documentate di pagamento che
va corrisposta entro i successivi trenta giorni, decorsi i quali spettano gli interessi legali.
E prevista altres la c.d. misura di salvaguardia, per cui in caso di contrasto tra lintervento oggetto
di domanda di permesso di costruire con gli strumenti urbanistici adottati, sospesa ogni
determinazione in ordine alla domanda e la misura di salvaguardia perde efficacia decorsi tre anni
dalla data di adozione dello strumento urbanistico ovvero dopo cinque anni nellipotesi in cui lo
strumento urbanistico sia sottoposto allamministrazione competente allapprovazione entro un
anno dalla conclusione della fase di pubblicazione.
La giurisprudenza ha chiarito che lattuale sistema urbanistico, in cui risulta sconosciuta la
sospensione di efficacia della concessione edilizia, oggi permesso di costruire, prevede che una
volta rilasciato il titolo edificatorio, vi soltanto il potere di annullamento in presenza di
determinati presupposti ovvero, prima del rilascio, ladozione della misura cautelare di salvaguardia
a tutela del piano ancora in itinere e tale provvedimento impone al privato, che abbia presentato un
progetto conforme alla pianificazione vigente, di attendere per un periodo di tempo da tre a cinque
anni, il perfezionamento delle previsioni da adottare con lapprovazione del piano, salvo il limite
legale per cui possono essere rilasciati soltanto permessi di costruire che non contrastino con le
previsioni del piano adottato ed in attesa di approvazione.
Pertanto, sar illegittimo non soltanto il diniego di permesso in luogo di sospensione della
determinazione sullistanza del privato, ma altres il permesso che sia conforme alle previsioni
adottate ma in contrasto con quelle previste dalla vigente normativa.






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Capitolo 3
Beni culturali, beni paesaggistici e tutela dellambiente

1. Nozione di bene culturale dalla legge 1089/1939 al t.u. 490/ 1999 al Codice del 2004
I beni culturali sono stati definiti come una vera e propria categoria giuridica, in quanto risultano
indissociabili dal concetto culturale che ne giustifica lunit funzionale del regime che viene attuata
nella duplice funzione di cui agli articoli 9 e 42 Cost, quanto alla conservazione del bene ed alla
accessibilit ed utilizzazione come strumento oggetto di cultura.
Lart. 148 del d. lgs. 112 del 1998 definisce tale categoria in quanto beni che compongono il
patrimonio storico, artistico, monumentale, demo-etno-antropoligico, archeologico, archivistico e
librario e gli altri che costituiscono testimonianza avente valore di civilt cos individuati in base
alla legge.
Larticolo citato stato abrogato dallart. 184 del d.lgs. 42/ 2004, Codice dei beni culturale e del
paesaggio, per cui, a decorrere dal 1 maggio 2004, i beni culturali sono costituiti dalle cose
immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico,
archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali
testimonianze aventi valore di civilt.
Il Codice del 2004, che ha sostituito il previgente t.u. 490/ 1999 in materia di beni culturali ed
ambientali, ha seguito il criterio di individuazione tipologica fondata su definizioni di rango
legislativo, attraverso cui individuare i beni oggetto di disposizioni particolari senza trascurare la
nozione pi generale,
Pertanto, la definizione vigente di bene culturale presenta un significato composito, in quanto esso
sincentra da un lato sul richiamo alla res, cos come previsto dallabrogata legge 1089/ 1939 sulla
tutela delle cose di interesse artistico e storico, mentre lart. 10 del Codice del 2004 specifica allart.
2, comma 5, i beni sottoposti al regime di tutela previsto nel testo normativo.

2. Beni culturali di appartenenza pubblica e privata
Quanto al regime di appartenenza, se il bene appartiene ad enti pubblici o persone giuridiche private
senza scopo di lucro vanno qualificati come pubblici; se i soggetti proprietari sono privati, il Codice
impone che linteresse culturale sia dichiarato da un provvedimento amministrativo, per cui il bene
resta di appartenenza privata ma soggetto ai limiti posti alle facolt dei privati proprietari, tanto
che non possono essere apportate modificazioni in contrasto con linteresse culturale accertato.
Lart. 822, comma 2, c.c. prevede che fanno parte del demanio pubblico, c.d. accidentale, gli
immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico ed artistico a norma delle leggi in materia, le
raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche e degli altri beni che sono dalla
legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico.
Lart. 10 del Codice del 2004 prevede al comma 1 che sono beni culturali le cose immobili e mobili
appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali nonch ad ogni altro ente ed
istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro che presentino interesse artistico,
storico, archeologico e etnoantropologico.
Il successivo comma 2 stabilisce che sono inoltre beni culturali:
a) le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni,
degli altri enti pubblici territoriali, nonch di ogni altro ente ed istituto pubblico;
b) gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali,
nonch di ogni altro ente ed istituto pubblico;
c) le raccolte librarie delle biblioteche dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici
territoriali, nonch di ogni altro ente e istituto pubblico ad eccezione delle raccolte delle
biblioteche di cui allart. 47, comma 2, d.p.r. 616/ 1977 e di quelle ad esse assimilabili.
Pertanto, mentre i beni di cui allart.10, comma 1, sono soggetti al regime del demanio pubblico
solo se presentano linteresse culturale e quindi solo in caso di accertamento positivo da parte
130
dellamministrazione, i beni di cui al comma 2 e quelli di cui allart. 822, comma 2, c.c.,
appartengono di per s al demanio pubblico.

3. La verifica dellinteresse culturale
Lart. 12 del Codice del 2004 prevede un procedimento di verifica dellesistenza dellinteresse
storico, artistico, archeologico o etnoantropologico dei beni culturali di propriet pubblico o di
persone giuridiche senza scopo di lucro.
Invero, gli enti pubblici sono obbligati a predisporre elenchi descrittivi di cose in loro propriet da
cui presumibile linteresse culturale e tale elenco va inviato al Ministero per i beni e le attivit
culturali al fine di valutare la sussistenza dellinteresse culturale con relativa notifica del
provvedimento al soggetto proprietario.
Tale sistema non stato ancora attuato, per cui la giurisprudenza ha ritenuto necessario un
provvedimento di accertamento costitutivo del pregio del bene da parte dellamministrazione dei
beni culturali senza che lesito di tale accertamento potesse ritenersi influenzato dallinserzione o
meno di detto bene negli elenchi predisposti dalle singole amministrazioni.
Il codice, infatti, ha previsto che tutti i beni privati sono assoggettati alla valutazione per ladozione
della eventuale dichiarazione di interesse culturale; per i beni di appartenenza pubblica le forme di
individuazione sono:
a) quella ope legis per i beni di cui allart. 10, comma 2;
b) quella di cui alla dichiarazione ex art. 13 del Codice per i beni culturali di cui al comma 3
dellart. 10;
c) quello di verifica di cui allart. 12, ritenuto residuale

4. La dichiarazione dellinteresse culturale
Limposizione del vincolo di indisponibilit su un bene culturale, ai sensi dellart. 53, comma 1, del
r.d. 363/ 1913, non richiedeva la formale dichiarazione di interesse pubblico alla conservazione dei
beni stessi.
Tale dichiarazione stata introdotta dalla legge 778/ 1922.
Il procedimento di dichiarazione disciplinato dallart. 14 per cui la comunicazione dellavvio del
procedimento implica ladozione di misure di vigilanza e di protezione, quali il divieto di
alienazione, di modifiche, di demolizioni non autorizzate preventivamente, e si conclude con un atto
di cui si discute in dottrina la natura, in quanto ci si chiede se tale dichiarazione configuri o meno
laccertamento costitutivo di cui si detto.

5. La tutela dei beni culturali: vigilanza ed ispezione, conservazione e forme di protezione
Al Ministro spetta, in via esclusiva, il potere di vigilanza sui beni culturali con temperamento per i
beni di cui allart. 12, comma 1, appartenenti alle regioni ed agli altri enti pubblici territoriali, per
cui il Ministero procede anche mediante forme di intesa e di coordinamento con le regioni ex art. 18
del Codice.
Lart. 149, comma 3, lett. g) del d. lgs. 112/ 1998 attribuisce allo Stato la vigilanza sugli archivi
degli enti pubblici e sugli archivi privati di notevole interesse storico nonch le competenze in
materia di consultazione dei documenti archivistici con rinvio alle sovraintendenze archivistiche.
I poteri ispettivi, dunque, spettano ai sopraintendenti che possono procedere in ogni tempo con
preavviso non inferiore a cinque giorni ad ispezioni volte ad accertare lesistenza e lo stato di
conservazione e custodia dei beni culturali.

6. Circolazione dei beni culturali
Il Codice del 2004 fisa regole tassative sulla alienabilit dei beni culturali:
a) i beni culturali appartenenti allo Stato, alle regioni ed agli altri enti pubblici territoriali di cui
allart. 822 c.c. costituiscono demanio culturale e come tali non sono alienabili, n possono
formare oggetto di diritti a favore di terzi se non nei modi previsti dal Codice (art. 53);
131
b) consentito il trasferimento tra Stato, regioni ed altri enti pubblici territoriali con utilizzo
secondo le modalit e per i fini di cui al Titolo II del Codice esclusivamente per i beni
inalienabili di cui allart. 54;
c) sono consentite deroghe, salvo autorizzazione ministeriale, per i beni culturali immobili
appartenenti al demanio culturale e non qualificabili extra commercium (artt. 55 e 56).
Quanto alla c.d. prelazione culturale, la Corte costituzionale ha sancito lillegittimit dellistituto, in
quanto il carattere del tutto peculiare del regime giuridico previsto per i beni culturali trova
fondamento nellart. 9 Cost per cui la prelazione storico artistica, secondo la Corte, un istituto
ben distinto dagli ordinari provvedimenti di natura espropriativa.
In particolare, il Codice allart. 61 prevede che la prelazione va esercitata entro sessanta giorni dalla
ricezione della denuncia obbligatoria di cui allart. 59 da parte del proprietario, termine perentorio.
In caso di omissione di denuncia o tardiva o incompleta. la prelazione pu essere esercitata nel
termine di centottanta giorni dal momento in cui il Ministero ha ricevuto la denuncia tardiva o ha
comunque acquisito tutti gli elementi costitutivi della stessa.

7. Paesaggio ed ambiente
La legge 1497 del 1939 sulla protezione delle bellezze naturali ha trovato correlazione nel t.u. 490
del 1999 a sua volta abrogato dal Codice del 2004, che non si limitava a tutelare il paesaggio
naturale, ma anche quello modificato dalluomo.
Con lapprovazione del t.u. del 1999 si superata la divisione tra le due discipline e numerosi
interventi legislativi hanno contribuito ad attribuire allambiente un rilievo concettuale autonomo.
Dopo la legge 5 del 1975, istitutiva del Ministero per i beni culturali e lambiente, con la legge 349
del 1986 venne istituito il Ministero dellambiente, al quale viene assegnato il compito di assicurare,
in modo organico, la promozione, la conservazione ed il recupero delle condizioni ambientali
conformi agli interessi fondamentali della collettivit ed alla qualit della vita nonch alla
valorizzazione del patrimonio naturale nazionale e la difesa delle risorse naturali dallinquinamento.
La Corte costituzionale defin lambiente come bene immateriale unitario, sebbene caratterizzato da
varie componenti oggetto di cura e tutela.
Lambiente, dunque, tutelato come elemento determinativo della qualit della vita, un quanto
esprime lesigenze di un habitat naturale nel quale luomo vive ed agisce e che necessario alla
collettivit e per essa ai cittadini secondo valori largamente sentiti ed imposta da precetti
costituzionali di cu agli artt. 9 e 32 Cost. per cui esso assurge a valore primario ed assoluto.
Anche la riforma del Titolo V della Costituzione ha contribuito a dare autonomia concettuale a tale
nozione, in quanto ha attribuito alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia
dellambiente.
Quanto alla nozione di paesaggio, invece, la Corte costituzionale ha ritenuto che la c.d. legge
Galasso 431 del 1985, prevedendo un trattamento riservato a chi compie opere di trasformazione
non autorizzate in zona vincolata di cui alla legge 1497/ 1939, non comparabile tale sistema con il
previgente regime di cui alla legge 1497/ 1985, in quanto prevista una tutela diretta alla
preservazione di cose e localit di particolare pregio estetico isolatamente considerate, mentre la
legge 431/ 1985 prevede una tutela del paesaggio introdotta a integrit e globalit implicante una
riconsiderazione dellintero territorio nazionale alla luce ed in attuazione del valore estetico
culturale.
A tutela del paesaggio, dunque, emerge una tutela meramente conservativa e statica, laddove quella
relativa allambiente si presenta dinamica come oggi compendiata dal Codice del 2004.
Di qui lesigenza di cura dellinteresse di singoli beni e quindi dei valori storici, artistici, culturali
ed estetici del territorio, la cui tutela rimessa alle competenze dello Stato, ora delegate alle regioni,
salvo che lamministrazione introduca vincoli diretti alla tutela del paesaggio di cui alla legge
1497/1939 e ferma la tutela di cui allart. 9 Cost. che costituisce un valore primario ad ogni
qualsiasi altra esigenze edilizia ed urbanistica.

132
8. I beni paesaggistici
Lart. 134 del Codice individua i beni paesaggistici per relationem, e sono:
a) gli immobili e le aree indicati allart. 136, ossia gli immobili ed aree di notevole interesse
pubblico;
b) le aree indicate allart. 142, ossia quelle tutelate ex lege;
c) gli immobili e le aree tipizzati, individuati e sottoposti a tutela dei piani paesaggistici
previsti agli articoli 143 e 156.
La prima categoria riproduce lart. 139 del t.u. 490/1999 che riproduce lelenco di cui allart. 1 della
legge abrogata 1497 del 1939, per cui si tratta di beni immobili dotati di bellezza naturale e
singolarit geologica.
La seconda categoria contempla le aree tutelate ex lege di cui allart. 142 del Codice del 2003, come
ad esempio i territori costieri con fascia di 300 metri dalla linea di battaglia.

9. Lautorizzazione paesaggistica
Anche per i beni paesaggistici, il Codice del 2004 prevede istituti di controllo e gestione dei beni
soggetti a tutela tra cui la c.d. autorizzazione paesaggistica, per cui i proprietari degli stessi non
possono distruggerli, n modificarli, salva la possibilit di sottoporre alla regione, allente locale al
quale la regione ha delegato le funzioni ed i relativi progetti da eseguire, al fine di accertare la
compatibilit paesaggistica con rilascio della necessaria autorizzazione.
Lart. 146 prevede il procedimento di rilascio dellautorizzazione, che va trasmessa alla
sopraintendenza che ha emesso il parere nel corso del relativo procedimento nonch alla regione ed
agli enti locali nel cui territorio si trova limmobile. La sopraintendenza, se lo ritiene, pu dichiarare
che lautorizzazione non conforme alle prescrizioni di tutela del paesaggio ovvero pu annullarla
con provvedimento motivato, entro i sessanta giorni successivi alla ricezione della documentazione.

10. La tutela dellambiente nel sistema costituzionale del riparto di competenze legislative tra Stato
e regioni.
In riferimento allart. 117, comma 2, Cost., la Corte costituzionale ha precisato che le materie
indicate nella norma non tutte sono di competenza del legislatore statale, in quanto dallevoluzione
giurisprudenziale si pu escludere che una materia non sia qualificabile come sfera di competenza
statale, in quanto essa viene ad investire ulteriori interessi.
Di qui il concetto di ambiente venuto a rivestire carattere trasversale, tanto che la Corte ha tratto il
convincimento che dal nuovo articolo 117, lett. s), Cost. lintento del legislatore stato quello di
escludere la competenza regionale concorrente in tale settore, in quanto vi emergono interessi
funzionalmente collegati a quelli ambientali.
Infine, le funzioni amministrative sono attribuite alla competenza della legge statale nellesercizio
della competenza legislativa esclusiva di cui allart. 117 Cost, comma 2, lett. s) ed in base ai criteri
generali di cui allart. 118 Cost., comma 1, e cio ai principi di solidariet, differenziazione,
adeguatezza.

11. La tutela dellambiente dallinquinamento
Il carattere trasversale della materia ambiente affermata dalla Consulta spiega il motivo per il quale
la disciplina della tutela dellambiente sia contenuta in disposizioni di legge statale e regionale che
attribuiscono le relative funzioni amministrative allo Stato, alle regioni, alle province ed ai comuni.
La tutela dellambiente si specifica nellapplicazione in tema di inquinamento di cui al d.lgs. 351
del 1999, in attuazione della direttiva 96/62/CE sulla valutazione e gestione della qualit dellaria e
dellambiente.
La materia oggi disciplinata dal d.lgs. 152/ 2006 in attuazione della legge delega 308 del 2004 per
il riordino, coordinamento ed integrazione delle disposizioni legislative nei settori della gestione dei
rifiuti e bonifica dei siti contaminati.
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La Corte costituzionale, accogliendo la nozione di trasversalit della materia, ha affermato che la
fissazione di standards di emissioni elettromagnetiche di cui alla legge 36 del 2001 spetta alla
competenza legislativa statale in quanto essa viene a rappresentare un punto di equilibrio tra le
composte esigenze di evitare al massimo emissioni elettromagnetiche e di realizzare impianti
necessari al nostro Paese.
La legge riserva, infine, alle regioni la potest normativa di fissare i criteri di localizzazione degli
impianti di fonti di emissione elettromagnetiche, degli standards urbanistici, delle prescrizioni ed
incentivazioni per limpiego delle migliori tecnologie disponibili.



Capitolo 4
Le espropriazioni
1. I diversi significati del termine espropriazione. Le espropriazioni in senso stretto.
Il termine espropriazione indica la sottrazione al suo titolare del diritto di propriet ed esso viene
utilizzato per indicare la sottrazione di tale diritto in forza di un intervento autoritativo.
In uno Stato di diritto, il principio di legalit impone che la sottrazione del diritto di propriet al suo
titolare possa prodursi soltanto per il perseguimento delle funzioni indicate dalla legge tanto che il
medesimo principio di legalit e la riserva di legge in materia di ablazione del diritto di propriet
integrano lo statuto anche comunitario della propriet in quanto sanciti dalla Convenzione europea
per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali di cui allart. 6 del Trattato di
Maastricht.
Invero, il potere di ablazione dellaltrui diritto di propriet viene riservato dal legislatore a se stesso
in quanto ope legis ovvero viene dalla legge attribuito ad un soggetto pubblico per il perseguimento
di funzioni eterogenee, come nella figura della confisca disciplinata dal codice penale al fine di
colpire i beni connessi al reato ovvero in funzione satisfativa del creditore di cui allart. 2740 c.c. in
tema di azione esecutiva nei rapporti obbligatori nonch in funzione del perseguimento di un
interesse generale ricompresa nel diritto amministrativo deputato alla cura dellinteresse pubblico
facente capo ad una p.a. nella sua funzione istituzionale.
La legge denomina diversamente la disciplina dei provvedimenti espropriativi in senso stretto, da
quelli che determinano lacquisizione al patrimonio comunale di opere realizzate in difetto del
necessario titolo edilizio permissivo.
Pertanto, la denominazione formale dei provvedimenti espropriativi attribuita dalla legge ai
provvedimenti ad effetto ablatorio e traslativo di un diritto che sono direttamente funzionalizzati al
perseguimento di fini di interesse generale di cui allart. 42, comma 3, Cost.
La norma, infatti, delinea i tratti essenziali del potere espropriativo, in quanto il suo esercizio reso
possibile solo nei casi previsti dalla legge, c.d. riserva di legge, solo per il perseguimento
dellinteresse generale e lespropriato deve essere indennizzato dallablazione subita. Potere che si
esprime in un provvedimento amministrativo e che attribuito dalla legge allamministrazione.
Nel rispetto delle regole stabilite dalla legge si determina la legittimit del provvedimento
espropriativo, che pu essere annullato dal g.a. ove ne accerti la violazione ex art. 42, comma 3,
Cost.
Viepi, lart. 43 Cost. prevede che la legge pu direttamente disporre lattribuzione ad un soggetto
determinato, per fini di utilit generale, un diritto di cui era gi titolare un soggetto diverso, salvo
indennizzo di questo (c.d. espropriazione ope legis).
In tale ultima fattispecie si pongono limiti, funzionali in quanto lespropriazione pu essere disposta
solo per fini di utilit generale, ma altres riconosciuto al giudice amministrativo di determinare la
reale natura degli atti espropriativi, in quanto si ritiene possibile escludere che la loro
denominazione formale possa essere vincolante tanto da assoggettare, invece, tali atti al sindacato
del g.a. laddove si riguarda allaspetto sostanziale del provvedimento posto in violazione dei limiti
funzionali e/o oggettivi stabiliti dalla Costituzione.
134

Dunque, seppure lespropriazione disposta con provvedimento avente qualificazione formale di
atto legislativo, la Corte di cassazione ha statuito che il difetto assoluto di giurisdizione del g.a. a
conoscere le c.d. leggi provvedimento tale che soltanto la Corte costituzionale, quale giudice delle
leggi, ha la competenza a sindacare il rispetto dei limiti costituzionali e procedere alla declaratoria
di incostituzionalit anche a causa di mancata valutazione da parte del legislatore degli interessi
pubblici e privati coinvolti.
La giurisprudenza e la dottrina hanno riconosciuto la possibilit di attribuire ad una p.a. il potere di
procedere allablazione del diritto di propriet, per cui si procede alla trasformazione del bene di
propriet privata in funzione del perseguimento di una utilit pubblica.
Tale forma di espropriazione viene esclusa dalla figura generale dellistituto per fini di interesse
generale, in quanto la c.d. espropriazione di fatto o indiretta disposta con provvedimento
amministrativo laddove lespropriazione diretta disposta ope legis. In ogni caso, entrambe
producono gli effetti di incidere sul diritto di propriet e comportano lacquisto di quel diritto in
capo ad altro soggetto giuridico, nel rispetto del limite funzionale di cui allart. 42, comma 3, Cost.

2. La disciplina generale dellespropriazione disposta con provvedimento amministrativo: il t. u.
La fonte della disciplina generale dellespropriazione data dal d.p.r. 327 del 2001, mediante il
quale il legislatore ha inteso riordinare e semplificare la disciplina legislativa del settore.
In particolare, lart. 1 del t.u. prevede i diritti suscettibili di espropriazione, quali il diritto di
propriet e gli altri diritti reali relativi a beni immobili, previa indicazione delle opere pubbliche o di
pubbliche utilit.
Sono poi indicati i beni non espropriabili, e cio i beni demaniali ovvero quelli espropriabili
condizionatamente in quanto appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato e degli altri enti
pubblici.
In virt dellart. 6 disposta la regola della concentrazione della competenza, per cui il soggetto
pubblico competente alla realizzazione dellintervento di pubblica utilit competente anche
allemanazione degli atti del procedimento espropriativo che si renda necessario per la sua
realizzazione. La norma prevede altres che il potere espropriativo possa essere delegato a soggetti
privati, quali il concessionario ovvero un contraente generale.
Il beneficiario dellespropriazione pu anche non coincidere con il soggetto che dispone
lespropriazione.
Il provvedimento espropriativo suscettibile di essere emanato a seguito dello svolgimento di una
serie articolata di procedimenti indicati al testo unico e che seguono i principi di economicit,
efficienza, efficacia, pubblicit e semplificazione dellazione amministrativa.
I procedimenti espropriativi sono tre:
a) quello che si conclude con il provvedimento appositivo del vincolo di esproprio;
b) quello che si conclude con il provvedimento che dichiara la pubblica utilit dellopera o
dellinteresse generale da perseguire;
c) quello che si conclude con la determinazione della indennit provvisoria di espropriazione.
E dunque necessario premettere che il vincolo di esproprio non pu mai mancare, ma non
necessario ai fini della legittimazione del procedimento, in quanto lespropriazione pu essere
anteriore alla dichiarazione di pubblica utilit potendo intervenire successivamente a questa.

3. La cessione volontaria
La sequenza dei procedimenti collegati e funzionalmente diretti allemanazione del decreto di
esproprio non necessario ai fini della produzione degli effetti prodotti dal provvedimento di
espropriazione.
Invero, lart. 45 stabilisce che, una volta intervenuta la dichiarazione di pubblica utilit, il
procedimento di esproprio non pu concludersi con atto diverso dal decreto di esproprio, e cio con
la cessione volontaria con la quale lespropriando trasferisce la propriet del suo bene in capo al
135
beneficiario della disposta espropriazione che assume lobbligazione di pagare una somma di
denaro entro un termine concordato tra le parti.
E ovvio che se lespropriando si avvale di tale diritto di cessione volontaria subito dopo la
dichiarazione di pubblica utilit e prima del procedimento volto alla determinazione della indennit
provvisoria di espropriazione, allora vi sar soltanto applicazione della determinazione della somma
da corrispondere al cedente.
Tuttavia, lart. 45 stabilisce che latto di cessione volontaria pu essere stipulato anche dopo
lemissione del decreto di esproprio, per cui questultimo pu stabilire il trasferimento del diritto di
propriet e sotto condizione sospensiva che il decreto sia notificato al proprietario del bene ablato
ed eseguito entro il termine perentorio indicato.
Invero, la norma in esame stabilisce altres che la cessione volontaria produce i medesimi effetti del
decreto di espropriazione, da cui la condizione sospensiva di efficacia dellimmissione in possesso
entro il termine perentorio di due anni risulta quale condizione sospensiva specificatamente prevista
dalla legge soltanto per il decreto di esproprio.
Quanto alla natura dellatto di cessione, si ritiene che si tratti di un accordo sostitutivo del
provvedimento, e non gi di un contratto a prestazioni corrispettive, in quanto esso incluso tra gli
atti di cui allart. 11 della legge 241 del 1990 alla cui stipulazione si richiede da parte
dellamministrazione la valutazione discrezionale della sussistenza di un interesse pubblico che
giustifichi la scelta provvedimentale.
A ci si aggiunga lart. 53 che attribuisce alla giurisdizione esclusiva del g.a. tutte le controversie in
materia di accordi conseguenti allapplicazione delle disposizioni del t.u. inclusi gli accordi
sostitutivi di provvedimento di cui allart. 11.

4. I procedimenti di apposizione del vincolo espropriativo
Il vincolo espropriativo preordina il bene allespropriazione e pu derivare da previsioni
urbanistiche generali, da provvedimenti che introducono varianti allo strumento urbanistico
generale per la realizzazione di unopera pubblica o di pubblica utilit.
Tale fase culmina con il provvedimento che conclude il procedimento di pianificazione generale del
territorio, per cui in tale ambito si tratta di tracciare le linee della disciplina conformativa dellintero
territorio considerato.
Invero, il provvedimento conclusivo del procedimento pianificatorio, idoneo ad imporre ope legis
vincoli preordinati allespropriazione, si giustifica alla luce del potere conformativo alluso dei suoli
di cui titolare il Comune nella scelta delle aree del territorio da destinare alla realizzazione di
opere pubbliche o di pubblica utilit, per cui viene apposto il vincolo che le preordina
allespropriazione i cui effetti immediati sono quelli di escludere tale aree dalledificazione privata.
Tale vincolo, ex art.9, non ha natura indeterminata, per cui in cinque anni, decorrenti
dallapprovazione dello strumento urbanistico, deve intervenire la dichiarazione di pubblica utilit
ex art. 9, comma 2.
A seguito dellinefficacia del vincolo, lamministrazione lo pu reiterare, ma deve indennizzare il
proprietario del suolo a fronte della diminuzione arrecata al suo diritto di propriet ex art. 39.
Indennizzo che commisurato allentit del danno effettivamente prodotto e le relative
contestazioni sono devolute alla giurisdizione del g.o. ed alla competenza funzionale della Corte
dappello.

5. La dichiarazione di pubblica utilit
La dichiarazione di pubblica utilit consegue allapprovazione del progetto definitivo dellopera
pubblica o di pubblica utilit o dellapprovazione del piano urbanistico attuativo che abbia, ex lege,
efficacia di dichiarazione di pubblica utilit ovvero da qualsiasi provvedimento cui la legge
attribuisca detta efficacia (art. 12).
Leffetto della dichiarazione consiste nel rendere possibile lemanazione del decreto di
espropriazione, in quanto essa pu essere recata tanto da provvedimenti volti allapprovazione del
136
progetto definitivo di unopera puntuale, quanto da provvedimenti che rappresentano lesercizio di
potest di governo del territorio e specificatamente di potest urbanistiche.
Lapprovazione del progetto definitivo avente efficacia dichiarativa di p.u. pu intervenire laddove
si tratti di opera conforme alle previsioni del piano urbanistico generale, per cui necessario che
tale piano venga variato con linserzione del vincoli che preordini allespropriazione dellarea
interessata.
In particolare, lapposizione del vincolo espropriativo in variante al p.r.g. vigente possibile a
seguito dellassunzione di uno degli atti emanati in funzione della realizzazione dellopera di
interesse generale o di p.u.
Pertanto, per le opere di competenza comunale assume efficacia di atto di adozione della variante
urbanistica anche lapprovazione del progetto preliminare o definitivo da parte del consiglio
comunale per la cui efficacia necessario che venga introdotta la relativa variante urbanistica di cui
al comma 3, dellart. 19.
I provvedimenti urbanistici relativi alla dichiarazione di p.u. sono i piani urbanistici attuativi di
iniziativa privata ed i piani urbanistici dufficio. Si tratti di categorie diverse, che si distinguono in
necessari e non necessari.
Sono necessari i piani attuativi dufficio in quanto la legge riserva in via esclusiva
allamministrazione la formazione, la determinazione del contenuto e lattuazione e rappresentano
un numero chiuso con riserva di legge in vista dellinteresse pubblico cui essi sono destinati a
perseguire.
Non necessari, invece, sono i piani attuativi dufficio la cui funzione meramente urbanistica nel
dare attuazione al piano urbanistico generale tanto che la scelta di procedere alla pianificazione
attuativa dufficio o su iniziativa privata rimessa allinteresse pubblico che il soggetto ravvisa
nella gestione delle scelte espresse nel p.r.g.

6. La determinazione dellindennit provvisoria di espropriazione
Al fine della legittimazione del provvedimento espropriativo, necessario determinare lindennit
provvisoria di espropriazione.
Tale procedimento segue scansioni differenti in relazione alla particolare urgenza che lo riveste, per
cui si distingue un procedimento ordinario ex art. 20 da un procedimento durgenza ex art. 22.
Il procedimento ordinario ex art. 20 prende avvio con la compilazione dellelenco dei beni da
espropriare e dei relativi proprietari, da notificare a ciascuno di questi.
Valutati gli apporti procedimentali eventualmente pervenuti entro termine perentorio dalla notifica
dei suddetti elenchi, lautorit espropriante determina lindennit provvisoria di espropriazione e
notifica il relativo provvedimento al proprietario con le forme prescritte per gli atti processuali
civile.
Il proprietario espropriando tenuto allora ad effettuare, entro termine perentorio di trenta giorni
dalla notificazione, una scelta tra il proseguire il procedimento oppure non dichiarare alcunch e se
egli rimane inerte la determinazione dellindennit provvisoria si reputa conclusa e il procedimento
espropriativo prosegue necessariamente, altrimenti lamministrazione tenuta entro trenta giorni al
deposito della somma e ad emanare ed eseguire il decreto di esproprio.
Il primo effetto prodotto dalla comunicazione dellindennit provvisoria sta nella sua accettazione,
segue lobbligo per lespropriando di acconsentire allimmissione nel possesso del suo bene da
parte dellamministrazione ed il terzo effetto sta nel fondare lobbligo di depositare, entro il termine
stabilito dalla norma, gli atti comprovanti la sua piena e libera propriet del bene.
Linadempimento del proprietario comporta il potere dellautorit espropriante di emettere ed
eseguire il decreto di esproprio, mentre ladempimento puntuale degli obblighi da parte del
proprietario comporta la necessaria stipula tra lui ed il beneficiario dellespropriazione dellatto di
cessione volontaria.
La manifestazione della volont di esercitare tale diritto, al fine di dichiarare la condivisione
dellindennit provvisoria, non ritrattabile e la stipula del relativo atto di cessione volontaria
137
integra, per il dichiarante, lobbligo giuridico la cui violazione sanzionata con lesposizione alla
responsabilit risarcitoria. Pertanto, nel caso di ingiustificato rifiuto del proprietario di stipulare la
cessione volontaria, il decreto di esproprio pu essere emanato senzaltro, senza che lautorit
espropriante possa essere considerata inadempiente allobbligo di addivenire alla stipula.
Il comma 11 della norma in commento dispone che lamministrazione pu procedere allemanzione
e allesecuzione del decreto di esproprio in via alternativa alla cessione volontaria, quandanche
lespropriando abbia non soltanto manifestato la volont di esercitare il suo diritto di addivenire alla
cessione volontaria, ma anche di integralmente eseguire gli obblighi e gli oneri posti a suo carico in
funzione dellattuazione di quel diritto.
Il procedimento urgente di determinazione dellindennit provvisoria disciplinato dallart. 22 e
pu svolgersi soltanto nel caso di avvio dei lavori che rivesta particolare urgenza, per cui la
determinazione della stessa effettuata in via durgenza, senza particolari indagini o formalit e
lautorit espropriante pu, anche contestualmente, decretare lesproprio e darvi immediata
esecuzione.
Il procedimento urgente, in particolare, fonda il potere dellautorit espropriante di emanare anche
contestualmente e di eseguire immediatamente il decreto di esproprio che pu essere eseguito per
interventi di cui alla legge 443 del 2001 in tema di infrastrutture strategiche ed insediamenti
produttivi nonch nei casi in cui i destinatari di tale procedura siano superiori al numero di
cinquanta unit.
In tale ambito, non sembra residuare alcun spazio allespropriando per il suo diritto alla cessione
volontaria a causa della mancanza del presupposto procedimentale cui la legge prevede tale
cessione, ossia la comunicazione dellindennit provvisoria disgiunta dal decreto di esproprio.
Pertanto, se si deve ritenere che non possibile escludere lesercizio del diritto di cessione
volontaria, allora il proprietario pu comunque vincolarsi nei confronti dellamministrazione anche
indipendentemente dalla sussistenza del presupposto procedimentale cui lestrinsecazione della sua
volont al riguardo normalmente legata.
Di qui si dubita della ragionevolezza e dellequit sostanziale di tale disciplina, in quanto
lamministrazione potrebbe determinarsi a non tralasciare alcuno spazio residuo allesproprio che
gi sarebbe subito.
Ne consegue che alla determinazione dellindennit definitiva di esproprio lautorit espropriante
tenuta a procedere solo nei riguardi dei proprietari che non abbiano gi dichiarato di condividere
lindennit provvisoria. Il relativo procedimento stabilito allart. 21 e pu svolgersi in due forme
alternative, luna che rimette la scelta della determinazione dellindennit ad una commissione di
tecnici entro un termine perentorio, altrimenti la scelta p effettuata, su richiesta dellautorit
espropriante, dalla commissione provinciale di cui allart. 41.

7. Il decreto di espropriazione e la retrocessione
Il decreto di espropriazione il provvedimento che conclude il procedimento espropriativo
disponendo, a favore del beneficiario, il passaggio del diritto di propriet o di altro diritto soggetto
ad espropriazione sotto la duplice condizione sospensiva che il decreto sia notificato ed eseguito.
Il provvedimento risulta legittimo in quanto la sua emanazione sia efficace in relazione alla
dichiarazione della p. utilit. nonch nello svolgimento dei relativi procedimenti contenuti nello
stesso decreto di espropriazione.
Invero, il decreto sottoposto a due condizioni sospensive, la notificazione al destinatario e
lesecuzione che pu avvenire entro il termine perentorio di due ani dalla notificazione del decreto
stesso e si realizza con la verbalizzazione del verbale di immissione in possesso.
Invero, la legge differisce lefficacia traslativa del diritto alla sua esecuzione e stabilisce che questa
pu avvenire entro un termine qualificato come perentorio che si deve concludere altrimenti
lespropriazione inefficace laddove il termine perentorio decorra senza che lesecuzione sia
avvenuta.
138
Il decreto di esproprio, infatti, oltre a produrre leffetto traslativo, produce ulteriori effetti di cui
allart. 25 ed esso diventa definitivamente inefficace nei tre anni successivi, un quanto
lamministrazione non abbia emanato un successivo provvedimento che dichiari la p. utilit, salvo
che non si ritenga che la dichiarazione indirettamente individui una causa di inefficacia della
dichiarazione stessa.
Tuttavia, se entro dieci anni dallesecuzione del decreto di esproprio lopera non viene realizzata,
lespropriato pu richiedere che venga dichiarata la decadenza della dichiarazione della p.u. e che il
bene espropriato venga restituito e che gli sia corrisposta unindennit. La legge denomina tale
istituto come retrocessione, in quanto al soggetto inutilmente espropriato viene riconosciuto un vero
e proprio diritto.
Tale diritto di retrocessione pu essere totale, come nel caso sopraindicato, ovvero parziale, nel
caso in cui tale diritto riguarda soltanto porzioni di aree che risultino non utilizzate dopo la
dichiarazione di p.u.
Invero, la retrocessione totale si fonda sulla funzionalizzazione dellespropriazione alla
realizzazione di unopera pubblica o di p.u., laddove la retrocessione parziale pu riguardare
unarea espropriata di dimensioni eccessive rispetto a quella integralmente utilizzata.

8. Loccupazione durgenza preordinata allespropriazione
Loccupazione durgenza, quale fase eventuale del procedimento di espropriazione, introdotta
dallart. 22 bis. Si tratta di un provvedimento che consente limmissione nel possesso dei beni
espropriandi prima dellemanazione del decreto di esproprio ed possibile senza particolari
indagini o formalit diverse dalla sua notificazione al destinatario nelle forme degli atti processuali
civili soltanto qualora lavvio dei lavori rivesta carattere di particolare urgenza tale da consentire
lapplicazione dei commi 1 e 2 dellart. 20 (comma 1 dellart. 22 bis).
Loccupazione durgenza disposta con decreto motivato nel quale indicata la determinazione
provvisoria della indennit di espropriazione. In difetto di motivazione, il provvedimento si ritiene
viziato.
Il comma 2 dellart. 22 bis stabilisce che il decreto di occupazione durgenza di cui al comma 1 pu
essere emanato ed eseguito in base alla determinazione urgente dellindennit di espropriazione
anche per gli interventi di cui alla legge 443/ 2001 nonch quando il numero dei destinatari della
procedura espropriativa sia superiore a cinquanta.
Invero, la giurisprudenza orientata nel senso che nelle ipotesi di cui al comma 2 la motivazione
non sia affatto necessaria, in quanto sarebbe il legislatore ad aver effettuato esso stesso
relativamente ad esse la valutazione della sussistenza delle condizioni per procedere
alloccupazione durgenza. Il Consiglio di Stato, infatti, ritiene che sia insita nella norma la
valutazione che lespletamento del regolare procedimento di determinazione dellindennit di
espropriazione in relazione ad un numero elevato di destinatari ritarderebbe eccessivamente
leffettiva esecuzione dellesecuzione delle opere.
E per vero che lelevato numero degli espropriandi potrebbe essere tale da ritardare leffettivo
avvio dei lavori ove nei confronti di ciascuno dovesse seguirsi lordinario procedimento di
determinazione dellindennit provvisoria di espropriazione.
La valutazione al riguardo compiuta dalla legge in astratto, infatti, oggetto dellamministrazione
nella sua valutazione in concreto, in relazione alla specifica situazione considerata, per cui
lamministrazione, in relazione al numero di espropriandi, pu decidere di anticipare limmissione
nel possesso dei beni espropriandi e rimettere ad una sua scelta tale facolt purch sorretta da
adeguata motivazione.

9. La quantificazione dellindennit di espropriazione
La disciplina legislativa della quantificazione della indennit di espropriazione stata oggetto di
numerosi dibattiti, in quanto volta o meno a rappresentare un serio ristoro del sacrificio imposto al
privato espropriato del suo bene, come riconosciuto dalla Corte costituzionale con sentenza n. 5 del
139
1980 ovvero per la sua determinazione con riferimento alle aree edificabili di cui allart. 5 bis del
d.l. 333/1992.
La Corte costituzionale con sentenza 283 del 1993 ha ritenuto che la disciplina dei criteri di
quantificazione dellindennit introdotta dallart. 5 bis fosse rispettosa del canone di adeguatezza
allindennit di cui allart. 42, comma 3, Cost., in quanto lindennizzo, pu essere serio, certo, e non
pu essere sganciato dal valore venale del bene espropriato.
Da ultimo, la Corte europea dei diritti delluomo ha ritenuto che lindennizzo rappresenta un serio
ristoro in quanto venga determinato assumendo il riferimento al parametro non gi del mero valore
venale, bens il valore effettivo che il singolo bene espropriato ha per il suo proprietario.
In particolare, la Corte europea dei diritti delluomo, con la decisione della Grande Chambre 29
marzo 2006, c. Scordino c. Italia, ha condannato la Rep. Italiana per violazione del diritto di
propriet garantito dalla Convenzione perch, con le sue leggi, non consentiva un serio ristoro
allespropriazione subita, cos realizzando la sistematica violazione di un diritto garantito dalla
Convenzione.
A seguito di tale pronuncia, la Corte costituzionale, investita della questione di legittimit
costituzionale dellart. 5 bis, ha dichiarato lillegittimit costituzionale della norma con la sentenza
348 del 2007, in quanto stata ravvisata la violazione dellart. 117, comma 1, Cost. nella parte in
cui impone al legislatore il rispetto dei vincoli derivanti dallordinamento comunitario e degli
obblighi internazionali.
Inoltre, la Corte ha dichiarato lillegittimit costituzionale anche dellart. 37, comma 1 e 2 del t.u.
degli espropri, in quanto vi si riproduceva il testo di cui allart. 5 bis. In particolare, lart. 37
prevedeva che lindennit fosse quantificata in un importo pari alla somma del valore venale e del
reddito dominicale, diviso per due e con la decurtazione del 40% (comma 1) sia nel caso in cui
lespropriando fosse addivenuto alla cessione volontaria sia nel caso in cui questa non fosse
stipulata per fatto a lui non imputabile (comma 2).
Invero, il nuovo articolo 37, comma 1, prevede che lindennit di esproprio per le aree edificabili
determinata nella misura pari al valore venale e che ridotta del 20% quando lespropriazione
finalizzata ad attuare interventi di riforma economico sociale. Tali disposizioni si applicano a tutti
i procedimenti espropriativi in corso, salvo quelli in cui lindennit sia stata condivisa, accettata o
comunque divenuta irrevocabile.
Infine, se si tratta di aree non edificabili, lart. 40 dispone che lindennit vada quantificata in
applicazione del criterio agricolo, tenuto conto delle colture praticate e dei manufatti legittimamente
esistenti senza valutare le utilizzazioni diverse da quella agricola.
Infine, lart. 53 prevede che tutte le controversie relative alla determinazione e corresponsione
dellindennit rientrano nella giurisdizione del g.o., mentre quelle relative alla determinazione
dellindennizzo sono devolute alla competenza funzionale della Corte dappello.

10. Lart. 43.
Lart. 43 la norma di chiusura del sistema espropriativo delineato dal t.u. e detta la disciplina in
cui un bene immobile sia stato trasformato e venga utilizzato per scopi di interesse pubblico in
assenza di un decreto di esproprio valido ed efficace oppure in assenza di una valida ed efficace
dichiarazione di pubblica utilit (comma 1) e a tale fattispecie la norma equipara quella in cui sia
stato annullato giudizialmente latto che ha impresso il vincolo preordinato allespropriazione in
base al quale stata dichiarata la p. utilit, ed il decreto di espropriazione (comma 2, lett. a).
Nel caso in cui ricorra una delle fattispecie indicate, allamministrazione che utilizza il bene
possibile emanare il provvedimento che dispone lacquisizione al suo patrimonio indisponibile e
che dispone al proprietario il risarcimento dei danni subiti.
Tale provvedimento determina altres il passaggio del diritto di propriet (comma 2, lett. e) e
rispettivamente si determina la posizione del titolare del diritto di propriet, un quanto va preclusa
la possibilit di configurare lespropriazione c.d. di fatto o indiretta, in quanto lacquisto in capo
allamministrazione che utilizza il bene e che lha irreversibilmente trasformato, ritenuta invalida
140
ed inefficace laddove non vi sia un provvedimento funzionalmente preordinato al vincolo
impositivo di espropriazione.
Invero, lespropriazione di fatto o indiretta, in contrasto con il principio di legalit, ha trovato
riconoscimento giurisprudenziale, in quanto vera e propria prassi interna che ha dato luogo a
molteplici condanne alla Repubblica italiana da parte della C.e.d.u. per violazione degli obblighi
comunitari.???
Pertanto, lart. 43 sembra limitarsi a dettare la disciplina del provvedimento in forza del quale
lamministrazione pu divenire proprietaria del bene indebitamente utilizzato e trasformato e,
dunque, reca la regola implicita che, in difetto di questo, lamministrazione non ne sia proprietaria,
in quanto lespropriazione pu avvenire soltanto nelle forme prescritte dalla legge che richiede
lemanazione del provvedimento formale.
Invero, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo ha riconosciuto i diritti che
integrano i principi generali del diritto comunitario, tra cui lespropriazione che possibile soltanto
nelle condizioni previste dalla legge, per cui lespropriazione di fatto o indiretta stata ritenuta in
contrasto con il diritto comunitario e cedevoli rispetto ad esso, in quanto laccertamento con forza di
giudicato dellaccertamento in capo al soggetto pubblico del diritto di propriet produce leffetto
traslativo comunque anche nel caso di pronuncia che ne tenga conto ovvero ne produca gli effetti
pratici.
Dal comma 3 dellart. 43 emerge che linteresse pubblico allutilizzo del bene e della sua
prevalenza rispetto al contrapposto interesse del proprietario ad ottenere la restituzione pu essere
espresso dallamministrazione anche nel corso del giudizio instaurato dal proprietario al fine di
travolgere il decreto di esproprio.
Lamministrazione, infatti, pu richiedere al giudice, per il caso in cui accerti la fondatezza della
domanda di annullamento, di disporre soltanto la sua condanna al risarcimento del danno
escludendo il suo obbligo alla restituzione del bene senza limiti di tempo. Ove il giudice cos di
determini, lamministrazione deve emanare il provvedimento che dispone lacquisizione del bene al
suo patrimonio indisponibile, ma solo dopo che al proprietario sia stata corrisposta la somma a lui
dovuta a titolo di risarcimento del danno.
Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno inizia a decorrere, per il proprietario,
dal momento in cui cessa la permanenza dellillecito.

(pagg 724)

Parte 10
Controlli e responsabilit

Capitolo 1
La responsabilit della p.a.

1. Dalla immunit alla responsabilit della p.a.
In Italia, come in altri Paesi, ai poteri pubblici stata a lungo riservata una posizione di immunit
sul piano della responsabilit.
Tra Ottocento e Novecento si progressivamente affermata la responsabilit della p.a. per fatti
illeciti, in dipendenza dellaffermazione dello Stato di diritto, mentre negli ordinamenti di Common
law tale processo stato attuato prima da parte del legislatore e poi della giurisprudenza laddove,
nei sistemi continentali, tale fase evolutiva stata gestita soprattutto dalla giurisprudenza che ha
per ritardato il riconoscimento dei mezzi di tutela, soprattutto risarcitoria, a favore dei privati al
fine di evitare esborsi monetari da parte dello Stato.
In mancanza di una norma di carattere generale relativa alla responsabilit della p.a., la dottrina e la
giurisprudenza, risalenti agli anni Settanta del XIX secolo, hanno negato lassoggettabilit
dellamministrazione alla responsabilit civile.
141
Invero, si ammetteva la responsabilit dello Stato limitatamente agli atti di gestione privata in cui
agiva iure privato rum e, viceversa, quando lo Stato poneva atti c.d. di imperio, godeva di sosta
stanziale irresponsabilit.
Lostacolo principale al riconoscimento della responsabilit civile della p.a. era rappresentato dalla
oggettiva problematicit dei tentativi di applicare la medesima disciplina civilistica incentrata sulla
colpa umana alla p.a.
Sicch, per superare tale limite, parte della dottrina propose di costruire unautonoma fattispecie di
responsabilit di diritto pubblico, disancorata dallelemento soggettivo del dolo e della colpa,
prospettandosi come responsabilit obiettiva, fondata sullelemento oggettivo di illegittimit della
condotta.
La giurisprudenza prevalente ribad, invece, la natura civilistica della responsabilit della p.a., che
veniva circoscritta ai danni provocati da attivit materiali non supportate da provvedimenti efficaci.
Il dibattito, pertanto, sincentr sul carattere diretto ovvero indiretto della responsabilit della p.a.,
che per alcuni andava qualificata come diretta in quanto sottoposta alle regole del codice civile
relative alla responsabilit per fatto altrui riconosciuta in capo allente pubblico.
Con laffermarsi della teoria della immedesimazione organica, alla fine dellOttocento, si cominci
a considerare lente pubblico in virt del rapporto organico intercorrente tra dipendente ed
amministrazione e, conseguentemente, capace di integrare esso stesso la fattispecie di illecito civile.
Di qui il passaggio dalla responsabilit dellamministrazione che viene ritenuta diretta o per fatto
proprio, con possibilit per il danneggiato di agire senza difficolt di dover individuare in modo
puntuale lagente responsabile allinterno della persona giuridica.
Il soggetto agente, pertanto, non ha responsabilit verso lesterno ed chiamato a rispondere
soltanto verso lamministrazione attraverso lazione di regresso esperita da questultima.

2. La responsabilit dei funzionari e dei dipendenti pubblici nellart. 28 Cost.
Nel 1948, con lart. 28 Cost., ci dettata una norma in tema di responsabilit dellamministrazione
e dei suoi agenti.
La disposizione costituzionale, infatti, nel suo impreciso tenore letterale, appare chiara nella sua
affermazione della natura diretta della responsabilit del funzionario e del dipendente
dellamministrazione, per cui soltanto in via sussidiaria o solidale sembrerebbe doversi qualificare
come responsabilit indiretta o per fatto altrui.
Il collegamento tra responsabilit del funzionario con quella dellente pubblico stabilito dal
secondo periodo dellart. 28 Cost con lespressione in tali casi, per cui la responsabilit dellente
sussiste soltanto quando vi sia una responsabilit del funzionario in quanto lesclusione della prima
impedisce che si verifichi la responsabilit dellente ex art. 28 Cost.
Parte della dottrina, considerato il tenore della norma costituzionale, ha fatto riferimento al
principio della responsabilit diretta dello Stato e degli enti pubblici di cui agli articoli 113, 103,
comma 1, Cost.
Lamministrazione ha continuato a ritenersi responsabile verso i terzi, per cui con lintroduzione
dellart. 28 Cost. si consentito al terzo danneggiato di citare in giudizio anche lamministrazione
pubblica per il risarcimento del danno la cui condanna ovviamente preferita a quella del suo
funzionario.
Tuttavia, come ha osservato illustre dottrina del tutto evidente che non vantaggioso convenire in
giudizio il funzionario, da solo ovvero insieme allamministrazione, perch lazione molto
laboriosa e pi incerta di quella che si potrebbe contro lamministrazione, percui il funzionario pu
servire solo i casi dominati da movimenti metagiuridici.
Del resto, il legislatore ha escluso la possibilit di chiamare in giudizio lagente pubblico, come nel
caso della responsabilit dei magistrati ovvero del persona scolastico, per cui lazione proposta
contro lo Stato.
In caso di condanna della p.a., la giusta riparazione dellidem debitum nei rapporti interni tra agente
e soggetto pubblico garantita dallesercizio dellazione di regresso che lente pubblico pu
142
effettuare nei confronti del soggetto agente, non a titolo di responsabilit solidale, bens a titolo di
responsabilit amministrativa.

3. La responsabilit delle pubbliche amministrazioni per i danni cagionati dallillegittimo esercizio
(o non esercizio) del potere. In particolare: la responsabilit per i danni da lesione dellinteresse
legittimo.
Una volta riconosciuta la sottoposizione dellamministrazione pubblica al principio di
responsabilit, si pone il problema della irrisarcibilit dei danni derivanti dalla lesione degli
interessi legittimi.
Gi negli anni Sessanta del secolo scorso si posto il problema della individuazione degli esatti
confini da attribuire ex art. 2043 c.c. allelemento costitutivo del c.d. danno ingiusto.
I punti controversi riguardavano il significato di danno ingiusto, in quanto in dottrina era diffusa
lopinione secondo la quale il danno era da considerare ingiusto solo qualora andasse ad incidere su
una situazione giuridica soggettiva qualificabile come diritto soggettivo, per cui lazione ed il potere
di condanna dellamministrazione al risarcimento del danno era offerta esclusivamente a tutela dei
diritti soggettivi.
Per linteresse legittimo, invece, si riteneva adeguata la tutela offerta dallannullamento dellatto
amministrativo impugnato.
Pertanto, mentre il titolare del diritto soggettivo danneggiato da un provvedimento amministrativo
aveva due mezzi di tutela,e cio lazione di annullamento del provvedimento e lazione di
risarcimento del danno sofferto con lesione del diritto soggettivo. Pertanto, il titolare dellinteresse
legittimo aveva a disposizione soltanto lazione di annullamento del provvedimento illegittimo.
A partire dagli 60 in dottrina si affermata la tesi secondo cui ingiusto tanto il danno cagionato
con lesione dei diritti soggettivi quanto con lesione di interessi legittimi.
Tuttavia, a fondo della tesi della irrisarcibilit dei danni derivanti da lesione di interessi legittimi,
riposano ragioni di ordine pratico che hanno certamente influenzato le scelte della giurisprudenza
nel tradizionale orientamento delle S.U. della Suprema Corte.
Alla base di tale orientamento, infatti, ritroviamo la ragione sostanziale relativa alla configurazione
dellinteresse legittimo, ricostruito quale situazione di natura puramente processuale quale mero
potere di reazione nei confronti del provvedimento illegittimo idoneo a legittimare la preposizione
del ricorso giurisdizionale da parte del privato. Anche sotto tale profilo, il problema della
risarcibilit del danno da lesione di interesse legittimo viene ritenuta quale situazione giuridica
soggettiva avente natura sostanziale e soltanto se a detta situazione sono riconosciuti caratteri che la
rendono tale da poter effettivamente soffrire, in caso di lesione, un pregiudizio economico concreto
di natura patrimoniale.
A seguito dellemanazione della legge 241/ 1990, la giurisprudenza amministrativa ha rafforzato la
natura sostanziale dellinteresse legittimo tanto che le lorientamento della Corte di Cassazione si
mantenuto contrario alla risarcibilit dei danni da lesione di interessi legittimi in quanto
condizionato dallincertezza relativa alla natura ed ai caratteri dellinteresse medesimo.
Invero, la ragione sostanziale sulla quale si fondava il tradizionale orientamento della Corte di
Cassazione fondava in modo espresso la non risarcibilit dei danni da lesione di interessi legittimi.
Infatti, dallart. 2043 c.c. in tema di danno ingiusto si pone a carico di chiunque abbia cagionato ad
altri, con dolo o colpa, un danno ingiusto lobbligo di risarcire il danno medesimo, da cui la
Cassazione riteneva che per danno ingiusto andava inteso soltanto quello derivante da lesione di un
diritto soggettivo. Pertanto, gli eventuali danni patrimoniali derivanti dalla lesione allinteresse
legittimo da parte della p.a. non erano considerati idonei a configurare una responsabilit
extracontrattuale in tema di danno ingiusto, per cui non si veniva a determinare alcuna obbligazione
risarcitoria in capo alla p.a. ed i danni subiti dai privati per effetto di tale lesione erano da
considerarsi meri pregiudizi patrimoniali giuridicamente irrilevanti.
Sotto il profilo processuale, si riteneva che ingiusto fosse il danno da lesione di interesse legittimo
rispetto al quale non vi era alcun giudice fornito di giurisdizione e poteri processuali necessari per
143
pronunciarsi in merito a tale categoria di danno. Il g.a., infatti, non poteva pronunciarsi sulla
controversia risarcitoria in quanto privo del potere processuale di condanna della p.a. al
risarcimento del danno.
Sfuggivano a tale sistema gli interessi legittimi oppositivi, ossia quegli interessi che avevano alla
base un interesse sostanziale pre-qualificato dallordinamento come diritto soggettivo, da cui
lapplicazione delle teorie dellaffievolimento quale trasformazione del diritto in diritto affievolito e
allespansione dei diritti, per cui lannullamento dellatto illegittimo da parte del g.a. faceva
riemergere il diritto sostanziale originariamente qualificato. Di qui si aprivano le porte per il
risarcimento del danno davanti al giudice ordinario.
Il risarcimento, in tal caso, derivava non gi dallinteresse legittimo, bens dal diritto, tanto che il
provato era tenuto a svolgere due procedimenti giurisdizionali, uno di fronte al g.a. e laltro di
fronte al g.o.
Senza alcuna tutela risarcitoria restavano i danni derivanti da lesione degli interessi legittimi
pretensivi, mentre erano ritenuti risarcibili le ipotesi recepite dalla direttive in materia di appalti
pubblici che rendeva il sistema quanto mai paradossale in quanto i medesimi interessi legittimi
risarcibili in materia di appalti pubblici, restavano non risarcibili in altri settori.
Il sistema, dunque, si mostrava carente sotto il profilo della pienezza e delleffettivit delle tutele.

4. Levoluzione del dato normativo
Il legislatore ha tentato di dare effettivit alla tutela risarcitoria a partire dallart. 35 del d. lgs. 80/
1998 con il quale disposto che il g.a. nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva
disponga anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto.
In altri termini, la norma ha inteso innovare il potere di condanna posto a tutela dei diritti soggettivi
e degli interessi legittimi abrogando il comma 5, dellart. 15 della legge 142/ 1992 che prevedeva la
devoluzione al giudice ordinario delle controversie relative al risarcimento del danno derivante
dallannullamento di atti amministrativi.
Con tale norma, dunque, si conferito al g.a. il potere esteso non soltanto alla condanna
dellamministrazione al pagamento di somme di denaro di cui risulti debitrice, ma anche alla
possibilit di condannare lamministrazione al risarcimento di qualsiasi danno ingiusto anche
attraverso la reintegrazione in forma specifica.

5. Levoluzione giurisprudenziale
Il d.lgs. 80/ 1998 ed il dato comunitario hanno probabilmente avuto anche il merito di accelerare la
svolta che la giurisprudenza stava meditando da tempo e dopo molti decenni la giurisprudenza ha
ammesso, con due sentenze del 22 luglio 1999, nn. 500 e 501, la risarcibilit dei danni che derivano
dalla lesione di situazioni giuridicamente rilevanti e, quindi, anche di quelle da lesione di interesse
legittimo ove ricorrano:
a) un concreto ed effettivo pregiudizio per il ricorrente;
b) la ingiustizia del danno;
c) lelemento soggettivo della colpa e del dolo, non del funzionario bens dellamministrazione
intesa come apparato;
d) il nesso di causalit tra il danno cagionato e la condotta dellamministrazione.
La Suprema Corte ha in tal modo compiuto un percorso evolutivo che, a partire dallart. 2043 c.c. in
tema di risarcibilit dei danni ai soli diritti soggettivi, ha ritenuto ingiusto anche il danno
conseguente alla lesione di interesse legittimo.
In sintesi, nella sentenza 500/ 1999 la Suprema Corte ha attribuito valore di norma primaria allart.
2043 c.c., affermando che il danno ingiusto ove sia leso un interesse giuridicamente rilevante e
tale linteresse legittimo il cui danno , dunque, ingiusto in quanto arrecato in assenza di una
causa di giustificazione.
Successivamente, la Cassazione ha precisato che il danno ingiusto va inteso quello derivante dalla
lesione di interessi meritevoli di tutela, per cui occorre riguardare alla condizione necessaria per il
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risarcimento del danno ex art. 2043 c.c. in quanto lattivit della p.a. determini la lesione
dellinteresse al bene della vita al quale linteresse legittimo effettivamente collegato.
Pertanto, la lesione dellinteresse legittimo data dalla contemporanea lesione di un diverso bene
della vita, che deve meritare tutela e, dunque, questultimo che va risarcito e non gi linteresse
legittimo, la cui contemporanea lesione rileva ai fini del risarcimento del danno.
Linteresse legittimo , quindi, una situazione sostanziale la cui lesione, secondo la Corte, deve
essere sempre risarcibile in quanto essa sia accompagnata da un danno.
La Cassazione, allora, ritiene che se linteresse legittimo situazione giuridica soggettiva avente ad
oggetto diretto linteresse a un bene della vita che fatto oggetto di esercizio di potere
amministrativo, se tale situazione non garantisce in modo costante la realizzazione dellinteresse al
bene, allora la lesione a tale interesse potr portare in evidenza soltanto danno risarcibili in quanto
si dimostri che al privato spettasse in concreto la realizzazione dellinteresse al bene della vita
protetto come interesse legittimo.
Di qui la distinzione tra interessi legittimi incondizionatamente risarcibili e quelli risarcibili in
presenza di altre circostanze.
In particolare, la lesione di interesse legittimo oppositivo ritenuta condizione necessaria e
sufficiente per il riconoscimento della risarcibilit del danno ingiusto, che la Cassazione individua
in tali ipotesi nel sacrificio dellinteresse alla conservazione del bene. Tali interessi, infatti,
fronteggiano alla potest amministrativa che pu legittimamente sacrificare un interesse ad un bene
della vita gi rientrante nella sfera giuridica del destinatario, per cui laccertamento di una lesione
ad un tal tipo di interesse comporta la spettanza effettiva dellinteresse al bene in capo al privato.
Diverso trattamento previsto per gli interessi legittimi pretensivi, in quanto linteresse al bene
della vita in tali casi non un mero interesse di protezione della sfera giuridica bens linteresse
del soggetto che aspira al rilascio di un provvedimento ampliativo da cui dipende lesercizio del
potere amministrativo e dal modo in cui tale potere esercitato deriva laccertamento della
illegittimit del provvedimento di diniego che abbia impedito la realizzazione dellinteresse al bene
dalla vita. In relazione allaccertamento della spettanza di tale interesse in capo al privato, la
Cassazione conclude che la lesione di esso condizione necessaria ma non sufficiente ai fini del
risarcimento del danno in quanto occorre accertare la illegittimit del provvedimento di diniego
dellatto ampliativo nonch la fondatezza dellistanza presentata dal privato e non accolta
dallamministrazione.
La Cassazione, dunque, riconosce la risarcibilit dei danni derivanti da lesione degli interessi
legittimi pretensivi soltanto nelle ipotesi di attivit amministrative integralmente vincolate, rispetto
alle quali consentito al giudice effettuare un giudizio prognostico.

6. Profili processuali
La sentenza 500 del 1999 della Corte di Cassazione ha affrontato anche i problemi processuali
stabilendo che la controversia relativa alla tutela risarcitoria anche del danno da lesione di interesse
legittimo, ove non rientrante nella giurisdizione esclusiva del g.a., rientra in quella del g.o., il quale
pu pronunciarsi sulla domanda di risarcimento dei danni da lesione di interesse legittimo senza
dover attendere lesito del giudizio di annullamento dellatto, eventualmente instaurato in sede di
giurisdizione amministrativa di legittimit.
Invero, la legge 205/ 2000 ha successivamente attribuito al g.a. la cognizione delle questioni
risarcitorie non solo nelle materie di giurisdizione esclusiva, ma anche nellambito della
giurisdizione generale di legittimit.
In tal modo il legislatore ha riconosciuto al g.a., nellambito della giurisdizione generale di
legittimit, il potere di condannare lamministrazione al risarcimento del danno, e con ci ha
adottato unottica di concentrazione innanzi ad un solo giudice dellazione demolitoria con quella
risarcitoria.
La legittimit costituzionale delle norme che hanno attribuito il potere di disporre il risarcimento al
g.a. stata affermata dalla Consulta con la sentenza 204 del 2004, in cui la Corte costituzionale ha
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precisato che il potere riconosciuto al g.a. di disporre, anche attraverso la reintegrazione in forma
specifica, il risarcimento del danno ingiusto non costituisce una nuova materia attribuita alla sua
giurisdizione, bens uno strumento di tutela ulteriore rispetto a quello demolitorio e/o conformativo
da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei confronti della p.a.
Con tale sentenza, che si riferiva soltanto allart. 7 della legge 205/ 2000 nella parte in cui si
sostituisce lart. 35 del d. lgs. 80/ 1998, e dunque soltanto nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva, la
Corte ha deciso:
a) che lazione risarcitoria affidata dalla legge al g.a. non costituisce una nuova materia ma la
risposta adeguata allesigenza di concentrazione;
b) che essa rappresenta uno strumento di tutela ulteriore che si aggiunge ai rimedi classici di
tipo demolitorio o conformativo;
c) che le azioni risarcitorie non sono prese in considerazione dalla norma come nuova materia
di giurisdizione esclusiva del g.a.
Invero, tale concentrazione consente ad un unico giudice, il g.a., di conoscere sia lillegittimit
dellatto sia lilliceit del comportamento.
Tale orientamento stato criticato dal g.o. , il quale ha affermato che allorch la controversia non
attenga alla legittimit dellesercizio del potere amministrativo, lazione risarcitoria rientra nella
giurisdizione generale del giudice civile..
Successivamente, vi stato un nuovo intervento della Corte costituzionale con la sentenza 191/
2006 che ha confermato che il potere di disporre il risarcimento del danno, riconosciuto al g.a., non
d vita ad una nuova materia di giurisdizione esclusiva, per cui la giurisdizione compete al g.o., in
quanto il nuovo articolo 35 del d. lgs. 80/ 1998 ha chiarito che lordinamento riconosce anche il
potere di risarcire, sia in equivalente che in forma specifica, il danno sofferto per lillegittimo
esercizio della funzione.
Le S.U. della Cassazione in ben tre ordinane del 2006, infatti, hanno riconosciuto che al g.a. spetta
il potere di determinare le forme di tutela per le situazioni soggettive e tra queste il risarcimento del
danno.
Quanto alla questione del rapporto di autonomia tra azione di annullamento e quella di risarcimento,
la legge 205/ 200 ha introdotto una disciplina che sembra ribaltare la sentenza 500/ 1999 della
Cassazione, in quanto il nuovo art. 7, comma 3, della legge TAR ha accomunato le questioni
risarcitorie agli altri diritti patrimoniali consequenziali, tanto da voler qualificare il diritto al
risarcimento del danno quale diritto patrimoniale consequenziale allannullamento del
provvedimento ed in ci, appunto, si discosta dalla soluzione processuale proposta nella sentenza
del 1999 dalla Cassazione in quanto si reintroduce un rapporto di pregiudizialit tra azione di
annullamento ed azione risarcitoria.
Il Consiglio di Stato, nel periodo 1998 2000, ha sostenuto che la domanda risarcitoria per lesione
di interessi legittimi poteva essere proposta soltanto se latto sia stato tempestivamente impugnato
entro in termini decadenziali e che essa poteva essere accolta soltanto se tale provvedimento era
stato annullato. La tutela risarcitoria, dunque, si propone in modo autonomo rispetto
allannullamento dellatto.
Muovendo dalla pregiudiziale amministrativa, dunque, la Suprema Corte intervenuta con tre
ordinanze del 2006 con le quali ha riconosciuto lautonomia dellazione risarcitoria rispetto a quella
demolitoria, confutando la regola della stessa pregiudiziale amministrativa, in quanto per ammettere
il risarcimento del danno occorre verificare soltanto la illegittimit del comportamento
dellamministrazione e non necessario annullare latto illegittimo e dannoso, in quanto ci
significherebbe restringere la portata della tutela risarcitoria che spetta al privato di fronte alla p.a.
Tuttavia, la dibattuta questione della pregiudiziale amministrativa sembra perdurare nel tempo, in
quanto il g.a. non pi tenuto a disapplicare gli atti amministrativi non regolamentari e la regola
della pregiudizialit troverebbe fondamento:
a) nella esigenza di rispettare il principio della certezza delle situazioni giuridiche soggettive di
diritto pubblico;
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b) nella disciplina del termine breve di durata di decadenza per lesercizio dellazione di
annullamento ed inoppugnabilit del provvedimento amministrativo che non sia stato
tempestivamente impugnato;
c) nel divieto di disapplicazione dei provvedimenti amministrativi nei confronti del g.a.
Tuttavia, non sempre il provvedimento esiste ovvero rilevante ai fini del risarcimento, per cui la
responsabilit del comportamento illegittimo dannoso e lesivo di interesse legittimo pu sorgere
anche quando manca il provvedimento e si riguarda al comportamento inerte della p.a. ovvero
quando il provvedimento finale venga adottato oltre i termini procedimentali previsti.

7. Colpa della p.a. ed onere della prova
La sentenza 500 del 1999 ha portato rilevanti innovazioni anche sotto il profilo soggettivo della
responsabilit della p.a., in quanto si ravvisata la necessit di un accertamento della colpa della
p.a. non coincidente con lillegittimit del provvedimento n con la colpa individuale del singolo
funzionario agente.
In particolare, va considerata la violazione delle regole di imparzialit, correttezza e buona fede, il
riferimento dalla colpa della p.a. come apparato e la questione dellonere della prova.
In realt, le regole di imparzialit, correttezza e buona fede sono poste dalla Cassazione in relazione
alla discrezionalit della p.a., in quanto la loro violazione rientra nellambito delleccesso di potere
e si traduce in vizio di legittimit. La circostanza, inoltre, che il vizio dellatto sia particolarmente
grave determina la configurazione della responsabilit civile della p.a. con funzione sanzionatoria e
riparatoria del danno ingiusto. Pertanto, si preferisce riguardare in tale ipotesi al limite sterno della
diligenza, in quanto limite estremo della colpa oggettiva della p.a.
Tale il riferimento adottato dalla giurisprudenza nel distinguere tra attivit amministrativa
illegittima ed attivit illegittima colposa, da cui insieme allannullamento si richiede il risarcimento
dei danni.
In relazione alla p.a. intesa come apparato si pone il riferimento alla sentenza 500 del 1999 in
quanto la sua dimensione soggettiva trova riferimento nellagire in violazione dei principi sopra
imputabili od imputabili ad altro ente, per cui si tratta di stabilire se per apparato si intende soltanto
lente competente ad adottare il provvedimento ovvero organismi amministrativi che abbiano
concorso ad adottare il provvedimento.
Con riguardo alla questione dellonere della prova dellelemento soggettivo, la Cassazione ha
affermato che lillecito della p.a. segue le regole generali di cui allart. 2043 c.c., per cui grava sul
danneggiato la prova degli elementi costitutivi della fattispecie illecita ex art. 2697 c.c. Tale onere
pu essere assolto dal privato allegando vizi di legittimit, quali prove indiziarie della colpa della
p.a., salva la possibilit per la p.a. stessa di dimostrare lesistenza di un errore scusabile.

8. La natura della responsabilit della p.a.
Uno dei limiti attualmente dibattuti in tema di responsabilit della p.a. lindividuazione della
natura della responsabilit da lesione di interessi legittimi.
La responsabilit per danni arrecati dalla attivit provvedimentale illegittima della p.a. stata
inquadrata nellambito dellillecito extracontrattuale.
In relazione alla disciplina della responsabilit civile della p.a. derivante da lesione di interessi
legittimi, sono da ascriversi tale responsabilit in quanto rientranti nellambito della responsabilit
extracontrattuale.
In ogni caso, lo schema dellillecito aquiliano non appare del tutto adeguato, in quanto la
responsabilit extracontrattuale si caratterizza per lestraneit tra soggetto danneggiante e soggetto
danneggiato, che rispetto al provvedimento amministrativo, sono entrambi parti del procedimento
amministrativo rispetto al quale sorgono precisi doveri in capo alla p.a. ed interessi legittimi in capo
ai privati.
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Invero il rapporto che sinstaura tra p.a. e privati nellambito del procedimento pi stretto di
quello tra le parti di un contratto, in quanto viene in considerazione linsieme dei principi cui la p.a.
tenuta a rispettare nella sua attivit.
Numerose sono le tesi di recente affacciate in dottrina e giurisprudenza sulla natura della
responsabilit, contrattuale ovvero precontrattuale di cui allart. 1337 c.c.
Ulteriore dottrina distingue la responsabilit in relazione agli interessi legittimi pretensivi ovvero
oppositivi considerati.

9. La quantificazione del danno
Breve cenno alla modalit legislativa per la quantificazione del danno da lesione di interessi
legittimi.
La norma di riferimento lart. 35, comma 2, del d. lgs 80/ 1998 non modificato dalla legge 205/
2000, che recita nei casi previsti dal comma 1, il g.a. pu stabilire i criteri in base ai quali
lamministrazione pubblica o il gestore del pubblico servizio devono proporre a favore dellavente
titolo il pagamento di una somma entro un congruo termine. Se le parti non giungono ad un
accordo, con il ricorso previsto dallart. 27, comma 1, n. 4), del t. u. approvato con r.d. 1054 del
1924, pu essere chiesta la determinazione della somma dovuta.
Dunque, la norma seppure limitata allapplicazione delle controversie rimesse alla giurisdizione
esclusiva del g.a., viene estesa dalla dottrina e dalla giurisprudenza anche alle questioni risarcitorie
proposte in sede di giudizio generale di legittimit.
Pertanto, il g.a. lasciato libero di non quantificare il danno ma di stabilire soltanto i criteri in base
ai quali lamministrazione pubblica dovr proporre al danneggiato il pagamento della somma entro
un certo termine. Tale interpretazione non convince, in quanto appare difficile che le parti realizzino
una composizione amichevole della lite ed appare oscuro altres il ricorso al giudizio di
ottemperanza, in quanto la proposta venga formulata dallamministrazione ma non venga ritenuta
adeguata o soddisfacente al privato.





Capitolo 2
La responsabilit dei funzionari e dei dirigenti



1. Inquadramento della materia
Fin dalla legislazione unitaria si affermata la responsabilit contabile dei soli agenti contabili e
non di tutti i dipendenti pubblici.
Successivamente, con la legge del 1869 di contabilit di Stato si introdotta la responsabilit
amministrativa per tutti i dipendenti dello Stato, per i danni da essi cagionati alle amministrazioni
statali di appartenenza.
Levoluzione successiva ha allargato tale ambito di soggetti tenuti a rispondere, tra cui i dipendenti
e gli amministratori degli enti c.d. parastatali, delle regioni, delle aziende sanitarie e degli altri enti
territoriali minori.
Pertanto, il presupposto per essere sottoposti a responsabilit amministrativa consiste ad oggi
semplicemente nel loro status di amministratori o di dipendenti, mentre per soggetti esterni occorre
un legame con lamministrazione che viene denominato rapporto di servizio, ossia una relazione
caratterizzata dal tratto di investire un soggetto del compito di porre in essere in vece della p.a.
unattivit senza che rilevi la natura giuridica dellatto di investitura.
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Il giudice della responsabilit amministrativa la Corte dei conti, per cui la delimitazione
soggettiva sostanziale della responsabilit amministrativa viene a coincidere con quella processuale.
Quanto agli enti pubblici economici, fino al 2003 i loro dipendenti erano sottratti alla giurisdizione
della Corte dei conti, ma la Cassazione ha successivamente modificato tale orientamento.
Invero, il criterio fondante la giurisdizione della Corte dei conti si spostato dalla qualit del
soggetto alla natura del danno e degli scopi perseguiti, per cui risponde di responsabilit
amministrativa anche un privato che abbia ottenuto un contributo da un ente pubblico per uno scopo
di interesse pubblico.

2. La disciplina della responsabilit amministrativa
I vecchi testi normativi si limitavano ad affermare la responsabilit dei dipendenti dello Stato,
nellesercizio delle loro funzioni, cagionassero danno allo Stato, per cui si stabiliva il carattere
parziario della responsabilit in capo a ciascun dipendente per il fatto dellillecito compiuto da pi
persone rispondeva per la parte che vi aveva preso e si attribuiva al giudice il potere di condannare
ad una somma inferiore alla misura del danno.
Fu obbligato, pertanto, il ricorso alla disciplina della responsabilit civile, in quanto la Corte dei
conti si orient dapprima verso il modello di responsabilit contrattuale, valorizzando il rapporto
dimpiego corrente tra il danneggiante ed il danneggiato e si configur nel modello della
responsabilit contrattuale di perseguire i dipendenti d unamministrazione che avessero cagionato
danni a diversa amministrazione, per cui di pubblici dipendenti venivano a rispondere a titolo di
responsabilit civile extracontrattuale innanzi al g.o.
A met degli anni Novanta il legislatore detta la disciplina della responsabilit amministrativa
secondo il modello della responsabilit civile, che si specifica nel comportamento illecito per
elemento soggettivo, danno e nesso di causalit- Elementi differenziali riguardano linsindacabilit
nel merito delle scelte discrezionali, la responsabilit che viene limitata al dolo ed alla colpa grave
nonch al danno che deve essere quantificato tenendo conto dei vantaggi comunque conseguiti
dallamministrazione o dalla comunit amministrata ed il danno diventa risarcibile anche se
provocato ad amministrazioni diverse da quelle di appartenenza.
Della previgente disciplina resta il carattere personale della responsabilit, in quanto ciascuno
risponde per la parte che vi presta nei comportamenti dannosi.
Inoltre stato conservato il potere riduttivo derivante dalla condotta illecita rispetto alla misura del
danno cagionato ed stato chiarito che il diritto al risarcimento del danno si prescrive in cinque
anni.
Quanto alla insindacabilit nel merito delle scelte discrezionali, la Corte costituzionale ha chiarito
che il danno subito dallamministrazione determinato con la relativa sentenza di condanna che
diventa costitutiva del debito risarcitorio.
Recentemente, la giurisprudenza ha affermato che le scelte discrezionali possono essere valutate
sotto i profili di legittimit utilizzando le figure sintomatiche di eccesso di potere e valutando la
condotta dannosa alla luce dei principi di cui allart. 1 della legge 241/1990.
Tre sono, in astratto, le funzioni che caratterizzano qualsiasi tipi di responsabilit, e cio la sanzione
dellillecito, il risarcimento del danno, la dissuasione o prevenzione dal commettere ulteriori illeciti.
Nella responsabilit amministrativa prevale il terzo profilo funzionale, in quanto essa serve a
scoraggiare coloro che impiegano risorse pubbliche dal commettere illeciti.
Alla luce della nuova disciplina emerge ormai una sola disciplina sia per gli agenti contabili sia per
tutti gli altri soggetti che danneggiano lamministrazione, in quanto soggetti legati per il loro status
di amministratori o dipendenti ovvero per rapporto di servizio.

3. Il c.d. condono erariale
Con la legge finanziaria del 2006 stato introdotto listituto del c.d. condono erariale, per cui coloro
che sono stati condannati con sentenza da parte della Sezione regionale della Corte dei conti
possono chiedere durante il processo di appello che la controversia sia definita mediante pagamento
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di una somma non inferiore al 10% e non superiore al 20% del danno quantificato nella sentenza
impugnata.
La Sezione centrale di appello, dopo aver sentito il P.M., delibera con decreto assunto in camera di
consiglio sulla richiesta di condono e, in caso di accoglimento, determina la somma dovuta in
misura non superiore al 30% del danno quantificato nella sentenza di primo grado, stabilendo il
termine per il versamento.
Il giudizio di appello viene concluso dopo il deposito della ricevuta di versamento della somma
stabilita presso la Segreteria della sezione della Sezione di appello.
Il condono pu essere richiesto soltanto se la condotta illecita antecedente allentrata in vigore
della legge, e cio al 1 gennaio 2006.
In riferimento a tale istituto, la Corte costituzionale ha rigettato le sollevate questioni di legittimit
costituzionale affermando che le disposizioni sul condono erariale richiedono che il giudice
camerale valuti tutti gli elementi desumibili dallaccertamento dei fatti gi compiuti in sede di
sentenza di primo grado, per cui al giudice contabile viene riconosciuto un potere pi ampio nel
valutare se rigettare o meno la richiesta di condono.
Inoltre, la Corte costituzionale ha ribadito che il condono erariale non comporta alcuna deroga al
sistema della responsabilit amministrativa e non produce alcun effetto premiale, in quanto dovuto
dai responsabili in base alle norme proprie del sistema di responsabilit amministrativa.
Pertanto, dalle affermazioni della Corte emerge il proprium della responsabilit amministrativa,
in quanto lintero danno subito dallamministrazione non di per s risarcibile e costituisce soltanto
il presupposto per il promuovimento da parte del P.M. dellazione di responsabilit. Il danno
risarcibile, infatti, dipende soltanto dalla valutazione discrezionale ed equitativa del giudice
contabile.
In relazione al danno provocato ed al danno risarcibile si distingue tra responsabilit amministrativa
e responsabilit civile, per cui il condono erariale non modifica il sistema della responsabilit
amministrativa in quanto per richiedere il condono si richiede che la condotta illecita sia
antecedente alla entrata in vigore della legge che disciplina listituto.
La Corte dei conti, a sua volta, ritiene che tale istituto sia finalizzato allo snellimento del processo
di accertamento della responsabilit amministrativa con eliminazione della fase di appello e nel
reperimento immediato delle risorse finanziarie.
Di qui risulta il profondo contrasto tra orientamento della Corte costituzionale e quello della Corte
dei conti, in quanto si riguarda in modo differente alla responsabilit amministrativa.

4. La responsabilit dirigenziale
Ai sensi dellart. 5 del d. lgs. 286/ 1999, gli esiti dei controlli interni sulla gestione amministrativa
costituiscono la necessaria premessa per lattivit di valutazione dei dirigenti, per cui si prevede che
lesito negativo della valutazione costituisce presupposto per lapplicazione delle misure di cui
allart. 21, commi 1 e 2 del decreto 29 in materia di responsabilit dirigenziale.
Lart. 21 del d. lgs. 165/ 2002, modificato dalla legge 145/ 2002, prevede ora che il mancato
raggiungimento degli obiettivi ovvero linosservanza delle direttive imputabili al dirigente
determina limpossibilit di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale, fatta salva la possibilit, a
seconda della gravit dei casi, della revoca dallincarico del dirigente incorso in responsabilit
ovvero del recesso dal rapporto di lavoro, nei casi di maggiore gravit, secondo le disposizioni del
contratto collettivo di lavoro.
Tuttavia, mentre la responsabilit per mancato raggiungimento degli obiettivi considerata
fattispecie tipica della responsabilit dirigenziale, dubbia la ricostruzione della responsabilit
dirigenziale per inosservanza delle direttiva, la quale si avvicina alla responsabilit disciplinare.
Invero, la responsabilit dirigenziale non sorge dalla violazione di canoni normativi di
comportamento, ma dalla verifica dei risultati prodotti nel settore organizzativo cui il dirigente
preposto.
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Pertanto, laccertamento dellavvenuta integrazione della fattispecie di responsabilit dirigenziale
deve scaturite da procedure di valutazione precedentemente descritte, da cui dipender la decisione
di responsabilit dirigenziale in quanto espressa sulla base di valutazioni oggettive formulare da
organismi tecnici.
Infine, appare condivisibile la tesi che riconduce la responsabilit dirigenziale nellambito della
responsabilit contrattuale, per cui, salvo verificare se lavente diritto alla prestazione possa
considerarsi lorgano politico ovvero altra figura soggettiva, certamente le obbligazioni assunte dal
dirigente sono delimitate dalle direttive imposte dallorgano di governo ed alle condizioni stabilite
dalla legge e specificate dai contratti.
Pertanto, la valutazione dei dirigenti un momento logicamente distinto dallattivazione del
meccanismo di responsabilit sulloperato degli stessi. Tale sistema di responsabilit incide sul
rapporto dufficio che lega il titolare dellufficio e la figura soggettiva titolare del diritto alle
prestazioni lavorative della persona fisica.
Tale fattispecie non appare facilmente riconducibile nellambito della responsabilit oggettiva, in
quanto il dirigente non ha i mezzi per far fronte al rischio dellesercizio dellazione amministrativa
n dispone di tutti i mezzi necessari per prevederlo e prevenirlo.

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