Capitolo 1 La pubblica amministrazione e la sua evoluzione
1. Lunificazione amministrativa A seguito dellunificazione politica del Regno dItalia come Stato unitario si avvertita lesigenza di unificare le diverse organizzazioni preunitarie sotto il profilo delle strutture e delle funzioni tanto che le singole discipline amministrative allora vigenti hanno subito un processo di uniformazione al diritto vigente in Piemonte (c.d. piemontesizzazione). Dunque, con la prevalenza del sistema piemontese rispetto agli altro avvenuta la soppressione del vecchio ordinamento e la sua sostituzione nellambito del diritto amministrativo, in quanto il Regno sabaudo era il solo stato costituzionale al momento della formazione del Regno dItalia ed il Governo piemontese, a partire dalla legislazione del 1859, aveva provveduto ad emanare leggi fondamentali, quali quelle sullordinamento comunale e provinciale, sul Consiglio di Stato e sullordinamento giudiziario nonch erano stati pubblicati i codici penale, di procedura penale e di procedura civile tanto che lordinamento piemontese risultava il pi aggiornato anche se non in tutti i settori del diritto. Inoltre, con lannessione delle antiche province del Piemonte e le preoccupazioni legate alla politica interna, da cui lunificazione amministrativa del 1865, ed esterna relative alle Potenze europee, il processo di integrazione territoriale e di unificazione politica era oggetto di forte accelerazione al fine della unificazione giuridica ed organizzativa. Lunificazione amministrativa interna, infatti, fu definitivamente attuata con legge 20 marzo 1865, n. 2248, costituita da un solo articolo e da sei allegati, distinti con le lettere da A a F, ed in particolare lallegato E riportava labolizione del contenzioso amministrativo. In particolare, il 1859 ed il 1865 segnano la conformazione del sistema amministrativo dello Stato italiano al modello piemontese nonostante le resistenze dei rappresentanti lombardi, toscani napoletani e siciliani che rivendicavano una propria autonomia, mentre il Veneto nel 1866 ed il Lazio nel 1870 trovarono, al tempo della loro annessione, un sistema in vigore gi unificato rispetto al quale si estesero automaticamente e cos Trento e Trieste, a seguito della prima guerra mondiale.
2. La fisionomia originaria dellamministrazione pubblica italiana. Lamministrazione delineata dalla legge di unificazione del 1865 non si differenzia di molto da quella adottata nel Regno di Sardegna. In particolare, a partire dagli anni cinquanta del secolo XIX lamministrazione piemontese era stata oggetto di riforme semplificatrici e razionalizzatrici, per cui lavvento dellamministrazione unitaria, presentava caratteri di semplicit, uniformit, accentramento ed accentuata gerarchia. Tali caratteri furono trasmessi allorganizzazione amministrativa del Regno dItalia, per cui le strutture organizzative furono concentrate negli enti territoriali di Stato, Provincia e Comuni. Vi erano altri enti, diversi dagli enti territoriali, a struttura associativa, quali gli ordini professionali e le Camere di Commercio. In tale contesto, la qualificazione pubblica dellorganizzazione amministrativa veniva identificata con quella statale e viceversa lo Stato veniva a comprendere ogni amministrazione che poteva essere considerata pubblica, per cui le province ed i comuni veniva considerati enti dotati di personalit giuridica propria e definiti quali membra dello Stato. Lorganizzazione pubblica dello Stato si divideva in amministrazione facente capo alla persona giuridica Stato ed amministrazione indiretta, relativa agli enti territoriali minori. 2 Invero, lorganizzazione interna della Provincia e del Comune dominata da organi dello Stato ed al vertice della Provincia vi un organo collegiale, la Deputazione provinciale presieduta dal Prefetto, organo periferico dello Stato. Il Consiglio provinciale, elettivo, era convocato soltanto per brevi sessioni e la Deputazione provinciale era lautorit tutoria sui Comuni e sulle Opere pie. Al vertice del Comune, invece, vi era il Sindaco, nominato dal Governo, formalmente dal Re, tra i consiglieri comunali e gli veniva riconosciuta la qualifica di Ufficiale del Governo. Anche il Consiglio comunale, inoltre, era elettivo e si riuniva in via ordinaria soltanto due volte allanno. La struttura organizzativa dellamministrazione pubblica italiana rispondeva al criterio di assoluta uniformit, in quanto fortemente accentrata nelleffettiva unitariet dellordinamento e dellunit politica del Paese che anche propria dellamministrazione diretta dello Stato, la quale si struttura a livello centrale nei Ministeri, organizzati in direzioni e sezioni ed a livello periferico nelle Prefetture e nelle Sottoprefetture, da cui la rigidit delle relazioni gerarchiche che rendono lamministrazione un corpo compatto nelle sue strutture interne estremamente semplificate.
3. Evoluzione dei modelli organizzativi. A seguito dellaumento delle funzioni dellamministrazione pubblica, lorganizzazione della pubblica amministrazione italiana viene a subire una progressiva evoluzione. Si verifica, infatti, dapprima un processo di dilatazione e diversificazione delle strutture organizzative dello Stato e degli enti territoriali minori con massiccio incremento degli enti pubblici ausiliari e strumentali tanto che, in tempi recenti, si assiste allintroduzione di nuovi modelli organizzativi, quali dipartimenti, agenzie, autorit indipendenti, societ a partecipazione pubblica e organismi di diritto pubblico ognuna. Tali innovazioni hanno avuto una loro stagione di fioritura, come nel caso dellagenzia autonoma delle Ferrovie dello Stato istituita con la nazionalizzazione delle strade ferrate fin l gestite da societ private sulla base di concessioni e che si erano rilevate inadatte a svolgere compiti di carattere operativo aziendale e tale esigenza venne parimenti avvertita nel caso delle aziende municipalizzate di Comuni e Province nei servizi di illuminazione delle strade urbane, degli acquedotti, del trasporto pubblico fino ai forni comunali. Primi esempi di differenziazione del modello organizzativo sono stati lazienda autonoma dello Stato e lazienda municipalizzata in risposta allingresso degli enti pubblici nei settori economici e soprattutto in quello dei servizi. Negli ultimi anni del secolo XIX si assiste alla moltiplicazione degli enti funzionali, ossia strutture organizzative dotate di personalit giuridica pubblica destinate a svolgere funzioni specifiche e determinate. Durante il ventennio fascista furono istituiti enti pubblici nazionali, quali INPS, INAM, INAIL, IRI in risposta alle esigenze derivanti dallallargamento dei compiti dello Stato che ha visto altres la trasformazione di organismi privati, quali le Opere pie in I.p.a.b. e di organismi totalmente nuovi in numerosi settori che vanno dal credito allassistenza, alla previdenza, alle attivit culturali ed artistiche. Fu pubblicizzato lI.N.A. A partire dagli anni Cinquanta si assiste, invece, allabolizione degli enti c.d. inutili. In definitiva, i modelli di aziende autonome e di enti pubblici funzionali hanno avuto una intensa utilizzazione fino agli ultimi decenni del XIX secolo per poi essere progressivamente sostituiti dapprima in enti pubblici economici e poi in societ a partecipazione pubblica, ritenute pi agili ed efficienti nella propri struttura organizzativa.
4. Lorganizzazione regionale La Carta costituzionale, in vigore dal 1 gennaio 1948, ha arricchito il panorama degli enti pubblici territoriali inserendovi la Regione ex art. 114 Cost., designato quale ente dotato di potere legislativo, in determinate materie di cui allart. 117 Cost, nonch di potere statutario e con attribuzione di funzioni amministrative previa devoluzione alla sua competenza legislativa. La Regione, di fatto, esercitava le sue funzioni amministrative mediante delega alle Provincie, ai Comuni ed agli altri enti locali ovvero mediante propri uffici, rimanendo un centro di indirizzo, promozione e coordinamento di attivit operative demandate ad enti gi esistenti. 3 Istituite tardivamente nel 1970, le Regioni hanno sviluppato le loro strutture operative, invece di delegare le loro funzioni agli enti locali ovvero di avvalersi dei loro uffici, con leffetto di appesantire lorganizzazione pubblica complessiva al punto che numerosi organi vengono a decidere, fornire pareri, sviluppare intese in modi e forme diverse. Con la riforma del Titolo V della Costituzione, legge cost. 18 ottobre 2001, n.3, stato modificato lart. 114 Cost, per cui si delineata una nuova potest legislativa in capo alle Regioni che si estende ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato (art. 117, comma 4, Cost.), e cio si invertito il previgente sistema che lasciava allo Stato la competenza generale e residuale ed attribuiva alle Regioni la potest legislativa solo nelle materie tassativamente elencate. Il nuovo criterio generale di distribuzione delle funzioni amministrative tra enti di governo territoriali si basa sui principi di sussidiariet, differenziazione ed adeguatezza, per cui le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurare lesercizio unitario, siano conferiti a Province, Citt metropolitane, Regioni e Stato (art. 118, comma 1, Cost.). Tale nuovo criterio non stato ancora pienamente attuato, in quanto sono presenti forti resistenze nella ripartizione delle funzioni amministrative.
5. Le riforme dellultimo decennio del secolo scorso. A partire dagli anni Novanta sono stati aggiornati i vecchi modelli organizzativi e ne sono stati disegnati di nuovi. Le riforme si sono ispirate ai principi della separazione delle funzioni di indirizzo e controllo delle funzioni operative e di gestione, della razionalizzazione e della flessibilit organizzativa nonch della semplificazione amministrativa. In particolare, il principio della separazione delle funzioni politico amministrative da quelle prettamente amministrative stato affermato in sede di privatizzazione del rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, per cui gli organi di ogni amministrazione si distinguono in organi politico amministratici, c.d. organi di governo, ed in organi tecnico amministrativi, identificati nella dirigenza. E stata altres riordinata la Presidenza del Consiglio come struttura destinata ad assicurare lunit di indirizzo politico ed amministrativo del Governo, con compiti di impulso, indirizzo e coordinamento nonch lorganizzazione interna dei Ministeri con riduzione del relativo numero da 19 a 12, poi a 14 ed infine a 18, in attesa di successiva riduzione. La struttura organizzativa del Ministero trova strutture di primo livello, quali dipartimenti o direzioni generali. Viene disciplinata la figura del Segretario generale, ma solo per i Ministeri articolati in direzioni generali e sono previsti uffici di diretta collaborazione con il Ministro. Dato saliente lintroduzione delle Agenzie, strutture organizzative autonome, talvolta dotate di personalit giuridica, che svolgono attivit di carattere tecnico organizzativo di interesse nazionale operando al servizio della amministrazioni pubbliche comprese quelle regionali e locali e sottoposte ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministro. Ulteriori modificazioni sono state introdotte nel periodo 2002 2004. In particolare, stata disposta la trasformazione della Prefettura in Ufficio territoriale di Governo (UTG), con relativo ridimensionamento dei compiti di mero coordinamento con gli altri uffici periferici dello Stato. A partire dagli anni Novanta, agli enti territoriali minori, quali Province e Comuni, stata attribuita autonomia normativa, organizzativa e d amministrativa nonch impositiva e finanziaria nellambito dei propri statuti e regolamenti e leggi di coordinamento con la finanza pubblica. Il Sindaco ed il Presidente della Provincia sono eletti direttamente dal corpo elettorale e lassetto organizzativo interno degli enti territoriali minori disciplinato dalla legislazione nazionale che regola altres il sistema elettorale degli organi di governo e delle funzioni fondamentali ai sensi di cui allart. 117 Cost. In definitiva, alla luce delle ultime riforme del quadro amministrativo pubblico, questo si presenta assai diverso da quanto previsto originariamente, in quanto alla semplicit seguita la 4 complicazione, alla uniformit la differenziazione dei modelli, allaccentramento il decentramento e laffermazione delle autonomie, per cui il risultato non pu essere ritenuto soddisfacente in quanto levoluzione del sistema si rilevato affatto lineare per i molteplici ritardi e cambiamenti di indirizzo. Cos nel caso della riforma della distinzione tra funzioni politico amministrative e funzioni prettamente amministrative, laddove la finalit espressa era propriamente quella di garantire il ruolo di indirizzo e direzione da parte delle forze politicamente maggioritarie e limparzialit da sottrarre agli organi politici, per cui i dirigenti (organi tecnici) sono stati posti alle dipendenze degli organi politici.
6. Lo sviluppo delle autonomie Levoluzione del quadro organizzativo ha visto la modificazione delloriginario corpo amministrativo compatto e riferibile allo Stato in una serie di corpi separati, e ci a seguito del mutare dei rapporti tra Stato ed enti territoriali minori che da membra dello Stato si evolvono in enti autonomi, elevati ad enti equiordinati rispetto allo Stato. In tale processo evolutivo sindividuano due tappe, di cui la prima riguarda lo Stato in posizione dominante quale centro di indirizzo unitario del sistema complessivo e le strutture amministrative degli enti territoriali non sono pi considerate amministrazione indiretta dello Stato centralista; la seconda fase vede lamministrazione complessiva presentarsi come policentrica, ossia articolata in pi centri di elaborazione di indirizzi politico amministrativi facenti capo agli enti territoriali ai quali riconosciuta ampia autonomia. Tale tappa prende avvio con le riforme Crispine e sinterrompe nel ventennio fascista per poi concludersi nel 1948 con la Costituzione. La seconda fase, invece, si estende a tutto il periodo successivo e trova pieno riconoscimento con la legge n. 3 del 2001 di riforma costituzionale. Resta ferma lingerenza dello Stato nellamministrazione degli enti territoriali di Comuni e Province soprattutto nellambito dei controlli riconosciuti di competenza del Prefetto ed alla Giunta provinciale da lui presieduta al fine di indirizzare e dirigere le amministrazioni locali. Tale situazione non cambia granch fino allavvento del regime fascista, che sispira alla sostanziale unit dellamministrazione pubblica, per cui Sindaco, ora denominato Podest, torna ad essere organo nominato dallo Stato e alla Provincia preposto il Preside, carica governativa. Dopo la caduta del regime fascista, nel 1943 vengono ripristinati gli organi elettivi. La Costituzione, allart. 5, comma 1, stabilisce che la Repubblica, una ed indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali, e allart. 130 prevista la modifica del sistema dei controlli di merito da sanzionatorio a collaborativo ed affida alla Regione i controlli sugli enti territoriali minori. Negli anni Novanta del XX secolo la potest statutaria riconosciuta anche a Comuni e Province e sono ridotti i controlli statali sulle Regioni e quelli regionali sugli enti locali. Il punto darrivo la legge costituzionale n. 1 del 2003 di riforma del Titolo V della parte II della Costituzione che allart. 114, comma 2 ha sancito che i Comuni, le Province, le Citt metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione. Pertanto, il principio autonomistico non viene soltanto enunciato, ma disciplinato nelle sue linee essenziali realizzandosi in concreto mediante lattribuzione agli enti autonomi sia della potest statutaria che della potest regolamentare con conseguente riduzione dellambito riservato alla legge dello Stato e delle Regioni in ordine al disegno organizzativo di comuni e province. Le Regioni, infatti, hanno anche potest legislativa e non altri limiti nel disegnare la loro organizzazione, loro attribuzioni e modo di operare se non quelli previsti nella Costituzione e sono dotate di potest statutaria, di potest regolamentare in ordine alla loro organizzazione e svolgimento delle loro funzioni. Tale percorso non pu ritenersi compiutamente attuato, in quanto la trasformazione del sistema organizzativo ancora in fase di evoluzione.
5 7. La fisionomia attuale dellamministrazione pubblica. A seguito del passaggio dal tipo di amministrazione concentrata tutta nello Stato al sistema attuale caratterizzato dal principio autonomistico, il panorama dellamministrazione pubblica risulta fortemente caratterizzato intorno agli enti territoriali che, nel quadro di una eccessiva complessit, incidono negativamente sul frazionamento delle competenze degli uffici delle varie amministrazioni da cui i diversi tentativi di ridurre i medesimi enti territoriali mediante labolizione delle Province al fine di rendere pi semplice il quadro amministrativo generale e pi spedita lazione amministrativa. Infatti, intorno agli enti territoriali operano numerose strutture pubbliche e private, a volte ritenute inutili tanto che migliaia sono i soggetti che vanno a comporre il quadro dellorganizzazione amministrativa pubblica con relativo sovrappeso nella spesa per il mantenimento degli stessi. Negli ultimi anni si avviato un processo di privatizzazione che ha comportato la trasformazione di molti enti pubblici e di tutte le aziende autonome statali e della aziende municipalizzate in societ private in societ per azioni. Invero, non si avuta una completa privatizzazione in quanto tali societ restano disciplinate secondo il diritto pubblico ed il relativo controllo resta affidato alla Corte dei Conti. Si parla, infatti di pubblica amministrazione in senso sostanziale, in quanto la P.A. in senso formale costituita dai soli enti di natura pubblica. Inoltre, stato introdotto il modello delle Autorit indipendenti, ossia di strutture dirette da un organo collegiale, costituito da persone competenti e di moralit ineccepibile, che opera al riparo dallindirizzo politico di governo assicurando la massima imparzialit. Cos lAutorit per lenergia elettrica e il gas, lAutorit per le garanzie nelle comunicazioni, il Garante per la protezione dei dati personali, la Commissione nazionale per le societ e la borsa, lAutorit garante della concorrenza e del mercato. Lamministrazione pubblica, dunque, ha cambiato completamente la sua fisionomia originaria seguendo le tendenze razionalizzatrici nelleliminazione di strutture organizzative ritenute superflue e di quelle preesistenti si inteso modificare il loro modo di operare secondo lintegrazione europea, in quanto molte funzioni dellamministrazione interna sono state trasferite agli organi dellUnione europea e molte loro attivit sono state rimesse alla disciplina comunitaria. Pertanto, lUnione europea ha influito decisamente sullimpostazione della politica economica nazionale consentendo il superamento del precedente sistema c.d. di economia mista (pubblico. privata).
8. Sul modello costituzionale dellamministrazione pubblica Ulteriore problema quello di verificare se dalla Costituzione possa ricavarsi un modello di amministrazione pubblica nonostante le poche disposizioni ad essa dedicate nella Carta. La dottrina, in particolare Mario Nigro, ha sostenuto che i modelli di amministrazione emergenti dalla Costituzione sono tre e di natura disomogenei e tra loro perfino configgenti, in quanto lamministrazione si presenta come apparato servente del Governo ex art. 95 Cost., come complesso autocefalo regolato direttamente dalla legge ex. artt. 97 e 98 Cost. e ancora come modello autonomistico e comunitario ex artt. 5 e 114 e ss. Cost. Eppure, nonostante le critiche, un modello di amministrazione ricavabile dalla Costituzione individuabile seguendo altro insegnamento che prende in considerazione gli articoli 97 e 98 Cost per cui si distingue tra funzione di governo e funzione di amministrazione, laddove la prima sta nella determinazione dellindirizzo politico amministrativo e nellindividuazione degli obiettivi da raggiungere secondo il principio autonomistico presente in tutti gli enti territoriali; mentre la seconda consiste nella gestione concreta ispirata ai principi di buon andamento ed imparzialit secondo gli obiettivi fissati dal governo. Lamministrazione, dunque, dal punto di vista soggettivo risulta articolata in una struttura tecnica, autonoma rispetto alla funzione di governo ad essa collegata, laddove questultima ormai svolta a diversi livelli di governo mediante i molteplici enti territoriali. Pertanto, anche gli atti degli organi 6 di governo sono assimilati ai provvedimenti amministrativi anche sotto il regime delle impugnazioni. Di rilievo lintervento del legislatore del 90 che, nel rispetto del dettato costituzionale, ha delineato la chiara distinzione tra politica ed amministrazione. Purtroppo, tale tendenza si arrestata bruscamente in quanto gli organi amministrativi sono finiti per dipendere sostanzialmente dagli organi politici, cos nello spoils system, dichiarato costituzionalmente illegittimo ex artt. 97 e 98 Cost (Corte cost. sent. 23 marzo 2007, nn. 103 e 104).
Capitolo 2 Le amministrazioni come operatori giuridici.
1. Le amministrazioni come figure soggettive Fin qui abbiamo considerato le amministrazioni pubbliche come strutture organizzative, i cui modelli si sono evoluti nel tempo. Ora consideriamo le amministrazioni pubbliche come operatori giuridici, alle quali affidato il compito di curare gli interessi pubblici mediante strumenti giuridici, ossia con atti giuridici e ponendo in essere fattispecie giuridiche. Le amministrazioni pubbliche, pertanto, si presentano come figure soggettive, ossia centri di riferimento di situazioni giuridiche soggettive che consentono loro di operare giuridicamente. Invero la soggettivit giuridica riconosciuta sia a persone fisiche che giuridiche, da cui la distinzione tra centro di azione e centro di responsabilit nellagire giuridico che implica non soltanto la soggettivit giuridica, ma altres lavere, il riconoscimento della personalit giuridica. In particolare, M.S. Giannini indica la soggettivit giuridica immateriale allorch si pongono problemi di ordine patrimoniale ai fini della tutela della sicurezza dei traffici che deve avere una struttura giuridica di riferimento ai fini della tutela dei terzi. Le amministrazioni pubbliche, di fatto, possono anche non avere personalit giuridica ma restano pur sempre figure soggettive. Tuttavia, numerose sono le amministrazioni pubbliche aventi personalit giuridica, quali lo Stato e tutti gli enti pubblici, sia territoriali che funzionali. Le figure soggettive non personificate, invece, sono molto pi numerose nellambito del diritto pubblico, in quanto la legge attribuisce loro la personalit giuridica secondo i principi del diritto pubblico. Invero, lelemento che contraddistingue la persona giuridica lessere un centro di imputazione giuridica da cui derivano atti ed effetti giuridici, con la consequenziale responsabilit patrimoniale di cui essa risponde soprattutto nel campo degli affari economici. Nel settore pubblico, restando essenziale la nozione di soggetto giuridico, appare meno rilevante la nozione di persona giuridica, mentre ci che conta che vi siano centri di imputazione dellattivit diretta alla cura degli interessi pubblici tanto che il legislatore ha previsto che le amministrazioni acquistino o perdano la personalit giuridica senza conseguenze sul piano sistematico. Cos le aziende autonome dello Stato che nel tempo hanno acquistato personalit giuridica ovvero le USL che da articolazioni del Comune sono diventate Aziende dotate di personalit giuridica.
2. Nozione di imputazione giuridica Le figure soggettive sono tali in quanto agiscono, svolgono azione giuridica, ossia pongono in essere atti rilevanti per il diritto. Esse restano semplici organismi, apparati amministrativi che vengono inseriti nel loro quadro organizzativo secondo apposite norme di organizzazione ed a tali figure sono imputati gli atti che esse compiono. Il problema dellimputazione veniva originariamente risolto mediante il modello della rappresentazione necessaria, per cui latto giuridico compiuto da una persona fisica produce direttamente effetto nei confronti della persona giuridica ai sensi di cui allart. 1388 c.c. 7 Dunque, alla persona giuridica vengono imputati soltanto gli effetti giuridici prodotti dagli atti compiuti dal rappresentante, cos come accade nella rappresentanza delle persone fisiche incapaci. Nella seconda met del secolo scorso si posto anche il problema della capacit di agire della persona giuridica unitaria dello Stato, in quanto il previgente modello della rappresentanza apparso inadeguato per la struttura organizzativa della persona giuridica dello Stato che comporta un numero rilevante di rappresentanti e per le limitazioni proprie del modello della rappresentanza che riguarda soltanto gli atti volontari e quelli negoziali, per cui latto compiuto dal rappresentante resta come atto del rappresentante e non viene considerato come atto del rappresentato Viene allora elaborato un diverso modello di imputazione giuridica, la c.d. teoria organicistica dello Stato, per cui lo Stato viene inteso come organismo superiore, amplificazione dellorganismo umano, e come questo capace di volere ed agire attraverso i propri organi, per cui gli effetti dellatto compiuti dalla persona giuridica sono imputati allorgano che viene riconosciuto titolare dellazione compiuta. Con la figura dellorgano, infatti, si ha un rapporto di imputazione rispetto al quale leffetto giuridico dellatto non viene soltanto imputato alla persona giuridica, ma anche latto giuridico che lo produce, per cui si ha imputazione di effetti e di atti nei termini di imputazione formale. Tuttavia, la persona giuridica anche il soggetto titolare dellatto, in quanto autore del medesimo, per cui si delinea un rapporto di immedesimazione organica tra lorgano e la persona giuridica. Di immedesimazione organica si pu parlare a condizione che tale nozione sia intesa nel rapporto di imputazione svincolata dalla sua concezione originaria, in cui essa serviva ad attribuire la capacit di agire alle persone giuridiche che attraverso gli organi in esse immedesimati acquistavano esse stesse la capacit di agire La figura soggettiva, infatti, diventa titolare di atti giuridici ma per avere la capacit di compierli deve sussistere il rapporto organico tra gli atti ed i suoi organi. Di qui limputazione indiretta dellatto ad un soggetto diverso dal suo autore che dipende necessariamente dalla naturale inidoneit in cui il soggetto della imputazione si trova nel produrre fattispecie giuridiche. Nella teoria organicistica, infatti, lorgano inserito necessariamente nel quadro organizzativo della persona giuridica, per cui si presenta come ufficio ovvero come titolare dellufficio, con attribuzione e delimitazione dei relativi compiti. Lorgano, peraltro, necessariamente una o pi persone fisiche, in quanto la persona fisica termine essenziale per il rapporto di immedesimazione dal momento che la sola ad avere la idoneit naturale di agire, di compiere atti giuridici. Pertanto, la sola alla quale possibile imputare atti giuridici da essa materialmente compiuti. Nel rapporto di imputazione corre il termine attivo, ossia il centro di imputazione, ed il termine passivo, ossia il centro cui si imputa. Le figure soggettive diverse dalle persone fisiche sono i termini passivi del rapporto di immedesimazione e limputazione degli atti e degli effetti riguarda i loro organi, quali termini attivi del rapporto. Limputazione organica, fondata sullidea della immedesimazione dellorgano nella struttura organizzativa della persona giuridica, comporta che sia questultima titolare delle situazione giuridiche attive e passive nonch di poteri e doveri da cui ladozione di atti giuridici imputati alla persona giuridica.
3. Lorgano come strumento di imputazione. Imputazione organica corrisponde ad imputazione alla figura soggettiva di atti ed effetti giuridici, per cui limputazione dellatto compiuta in capo allorgano e con essa la tutela di coloro che entrano in rapporto con la figura soggettiva che non potr sottrarsi alla responsabilit degli atti viziati in quanto attribuiti allorgano e non a se medesima. 8 Di qui il problema della imputazione dei meri atti e, in particolare dei fatti illeciti, in quanto secondo alcuni limputazione giuridica concerne tutti i comportamenti giuridicamente rilevanti, sia leciti che illeciti, e perfino atti di conoscenza. Invece, secondo altri lorgano imputa alla persona soltanto atti e non fatti, dato che le imputazioni di fattispecie fattuali non richiedono che il fatto sia naturalisticamente riferibile allorgano. Tale ultima tesi sembra preferibile, in quanto propriamente alla figura soggettiva che il diritto riconosce la possibilit di curare i suoi interessi attraverso il compimento di atti rilevanti rispetto al soggetto e non gi di meri fatti. Inoltre, per i fatti illeciti civili limputazione segue regole generali di diritto privato mentre regole specifiche sono previste dal diritto pubblico per le persone giuridiche dellamministrazione pubblica. Dunque, per limputazione organica di atti illeciti preferibile parlare di ascrizione, lasciando il termine imputazione alla responsabilit. Limputazione di fatti illeciti si fonda sul nesso di causalit materiale, per cui essi non sono espressione della soggettivit giuridica ma significa che sono compiuti materialmente da un soggetto che ne riconosciuto autore.
4. Organo ed ufficio La nozione di organo rileva soltanto rispetto al tema delle imputazioni giuridiche, in quanto lorgano un centro operativo di imputazione di atti ed effetti della persona giuridica. Tale nozione di organo non attiene al tema della organizzazione in senso proprio, in quanto esso si qualifica come ufficio di imputazione. Infatti, lorgano quale strumento di imputazione deve essere riguardato come ufficio, e cio come entit organizzativa. Di qui il problema del rapporto di imputazione che si radica nellorgano oggettivamente considerato come ufficio ovvero nella persona fisica preposta a tale ufficio? In tale ottica, il rapporto di imputazione corre tra la persona fisica c.d. titolare dellorgano e la figura soggettiva, percui organo in senso proprio dovrebbe essere considerata la persona fisica indicata come titolare dellorgano, inteso come ufficio. Di fatto, lorgano parte integrante della complessa struttura organizzativa della figura soggettiva, per cui tale pu essere inteso come ufficio e costituisce una specie del pi ampio genere di uffici. Inoltre, dal punto di vista funzionale, lorgano strumento di imputazione, in quanto soltanto la persona fisica che titolare dellufficio ad essere indicata come titolare dellufficio, c.d. unit organizzativa. La persona fisica resta termine attivo del rapporto di imputazione che agisce anche come tale e per se stessa, per cui ogni organo pu imputare alla persona giuridica tutti e solo tutti gli atti ed i relativi effetti che egli compie nellambito della competenza che gli spetta secondo il disegno organizzativo della persona giuridica. Infine, con la riforma del 1992 1993 si distinguono le funzioni politico amministrative da quelle prettamente amministrative ed il numero degli organi si incrementato con lacquisizione di ruolo da parte di tutti i dirigenti, ai quali spetta adottare gli atti ed i provvedimenti amministrativi compre gli atti che impegnano lamministrazione allesterno (art. 4, comma 2, d. lgs. n. 165/ 2001).
Capitolo 3 Le strutture organizzative
1. Il disegno organizzativo delle strutture. Le strutture delle amministrazioni pubbliche sono il supporto necessario per lo svolgimento di attivit complesse a queste demandate in funzione del risultato finale. Secondo la scienza dellorganizzazione, il tema dellorganizzazione investe il problema della divisione, coordinamento e razionalizzazione del lavoro di pi persone. Problema avvertito da ogni 9 struttura operati e non soltanto nelle amministrazioni pubbliche, in quanto si pone la questione della distribuzione dei compiti differenziati su una pluralit di centri di lavoro secondo criteri e principi idonei ad assicurare il raggiungimento di propri scopi. Le strutture organizzative pubbliche, in particolare, sono organizzazioni formali, costituite per raggiungere scopi determinati sulla base di atti formali di costituzione, modificazione e di estinzione secondo il principio di legalit che le avvolge. Inoltre, queste sono burocratiche, in quanto lattivit lavorativa fondamentale regolata dal principio procedimentale costituita dalle fasi di iniziativa, acquisizione e valutazione dei dati di conoscenza, decisione ed esternazione degli atti giuridici finali nonch delle attivit a queste strumentali. Ciascuna di tali attivit costituisce una funzione in senso atecnico finalizzata al raggiungimento del risultato finale unitario. Invero, il disegno organizzativo di qualsiasi struttura organizzativa si articola in centri di lavoro che ne costituiscono le unit strutturali elementari tanto che il disegno organizzativo risulta composto dalla somma di uffici, quali centri di lavoro, e dai compiti ovvero ruolo ad essi assegnai nonch dalle relazioni esistenti tra essi. Lindicazione del numero, dimensione e ruolo degli uffici regolata secondo il principio di legalit.
2. La nozione di ufficio Gli uffici sono le unit elementari di base di qualsiasi struttura organizzativa, che investe il piano organizzativo, risultando estranei al tema della soggettivit e delle impugnazioni, laddove allinterno di essi ricondotta la figura dellorgano. La distinzione tra ufficio ed organo stata caricata di diversi significati tanto che lufficio stato considerato dalla dottrina come astratta sfera di competenze in quanto riferito allo svolgimento di funzioni ed esercizio di poteri. Considerato, poi, in termini di competenza, la dottrina successiva ha riguardato allufficio sul piano strettamente giuridico con riferimento alle persone fisiche ivi operanti, percui lufficio stato valorizzato come centro di lavoro, ossia servizio personale prefigurato, predeterminato di unattivit lavorativa coordinata con altri centri di lavoro che, nel loro insieme, consentono alla figura soggettiva di svolgere le loro funzioni. Ciascun ufficio, infatti, dotato di un proprio ruolo, per cui il soggetto ad esso preposto centro della dinamica giuridica ed il suo ruolo, assegnato secondo un disegno organizzativo, risulta modellato sulla base delle risorse umane e strumentali di cui si compone.
3. Rapporto dufficio. Rapporto di servizio. munus ed officium. Lufficio composto di servizi di persone fisiche che prestano ivi la propria attivit lavorativa e che fanno capo al titolare dellufficio, il quale la persona fisica che, assegnando compiti specifici agli addetti, dirige il lavoro dellufficio di cui responsabile anche nei rapporti con gli altri uffici. Allinterno dellufficio si determina una relazione organizzativa denominata gerarchia propria dal contenuto variabile secondo i modelli organizzativi e modulato secondo le diverse esigenze. Lattivit degli addetti giuridicamente dovuta ed assume il carattere di dovere dufficio, un quanto gli addetti devono prestare il loro lavoro nellambito dellorganizzazione di una figura operativa. Di qui la distinzione con il c.d. munus, ossia con lufficio in senso soggettivo, che rappresenta la figura attiva nel rapporto di imputazione costituito dalla figura soggettiva investita della cura dellinteresse altrui. Titolare del munus, infatti, il titolare della funzione sottoposta alle direttive ed ai controlli di altri soggetti anchessi investiti della cura del medesimo interesse alieno a quello del munus. Pertanto, il rapporto organizzativo in tale ambito pu essere assunto da un soggetto privato. Dal munus si distingue lofficium, ossia lufficio in senso oggettivo, che rappresenta lo strumento mediante il quale una data collettivit, priva di personalit giuridica (ente di fatto), riesce ad agire giuridicamente. Di conseguenza, mentre lofficium centro attivo di imputazione che gode di propria soggettivit in forza della quale titolare anche di legittimazione sostanziale e processuale per la cura di 10 interessi propri; il munus, invece, riguarda ad interessi alieni rispetti a quelli che sono insiti nella propria struttura organizzativa. Il titolare dellufficio, incardinata nellufficio, svolge unattivit lavorativa soltanto strumentale allo svolgimento della funzione che resta attribuita alla persona giuridica. Nello specifico il rapporto dufficio sembra estendersi a tutti i componenti dellufficio e, dunque, al titolare dellufficio e a tutti gli addetti che, tramite lufficio, sono legati alla persona giuridica soggettiva. Tale rapporto trova maggiore rilievo nei confronti del titolare dellufficio rispetto al quale si rivolge il dovere dufficio che gli addetti devono prestare durante la propria attivit lavorativa. Distinto dal rapporto dufficio il rapporto di servizio che investe il pubblico dipendente, ossia colui che svolge attivit lavorativa in modo professionale, continuativa, permanente ed esclusivo dietro corresponsione di una retribuzione da parte dellamministrazione pubblica. Sul piano della responsabilit amministrativa, il rapporto dufficio si radica nella giurisdizione della Corte dei Conti. Latto di investitura del titolare del rapporto dufficio deriva da procedimento di nomina o mediante elezione e la nomina pu anche derivare da fiducia sulla base di requisiti ritenuti idonei allo specifico ufficio. Quanto al procedimento elettorale, la nomina investe i rappresentanti del corpo elettorale. Per il conferimento degli incarichi dirigenziali, invece, latto di investitura dellufficio rientra nellambito degli atti di esercizio di poteri privati come ravvisato dalla giurisprudenza della Corte di cassazione di cui a seguito si tratter.
4. Uffici monopersonali e pluripersonali (collegiali). Se la titolarit assegnata ad una pluralit di persone fisiche, lufficio si caratterizza per la collegialit, la cui disciplina rimessa al suo ordinamento. In particolare, per la sostituzione del collegio necessaria la presenza fisica di un certo numero di componenti, c.d. quorum strutturale, stabilito dalla legge che, in assenza di previsioni specifiche, deve permanere per tutta la durata della seduta. Il collegio si qualifica perfetto se la normativa prevede la presenza di tutti i componenti del collegio ai fini della validit della riunione. La proposta di deliberazione acquista la dignit di deliberazione del collegio quando sono si espressi favorevolmente i componenti del collegio nel medesimo numero richiesto dalla norma ed il quorum funzionale a seconda il tipo di collegio ovvero del tipo di deliberazione e che corrisponde alla met dei membri votanti pi uno, c. d. maggioranza semplice sebbene siano previste maggioranze qualificate diverse. Durante la votazione pu accadere che uno dei componenti si astenga per ragioni di opportunit o perch obbligatovi, per cui lastenuto viene computato tra i votanti e risulta ininfluente ai fini del quorum funzionale, salto diversa indicazione normativa. I collegi sono costituito da un numero fisso di persone ma possono anche variare nella loro composizione. Il Presidente titolare di ulteriori poteri strumentali finalizzati al funzionamento del collegio. La deliberazione assunta dalla presenza dei soli membri del collegio si ritiene assunta nel momento in cui i componenti del collegio esprimono la loro volont e non gi quando approvato il verbale della relativa seduta. La verbalizzazione, infatti, integra unattivit successiva allapprovazione volta a tradurre per iscritto quanto discusso, per cui lattivit tradotta nel verbale attivit capace di produrre certezza giuridica. La dottrina distingue tra collegi di ponderazione, che si riuniscono in un unico corpo pi capacit professionali, e collegi di composizione, se la ragione quella di comporre in unica sede interessi molteplici e diversi tra loro. Inoltre, i primi riguardano ponderazioni di tipo tecnico e sono composti da persone capaci di tale attivit laddove i secondi valutano, e non ponderano, fatti e comportamenti 11 relativi a comportamenti differenziati. I primi funzionano soltanto con la partecipazione di tutti i componenti, mentre i secondo possono funzionare anche in assenza di alcuni componenti.
5. Le vicende del rapporto. Il funzionario di fatto. Lordinamento prevede che, qualora il titolare dellufficio si trovi in situazioni di temporanea incapacit di prestare la propria attivit lavorativa, sia assicurata la necessaria continuit nel servizio dei compiti dellufficio strumentale al conseguimento della funzione. Le due figure che assolvono a tale funzione sono quella della supplenza e della reggenza. Il supplente il titolare di un altro ufficio dellamministrazione che subentra automaticamente nella titolarit dellufficio al verificarsi della vacanza senza specifico atto di nomina. La reggenza, invece, ricorre nei casi di mancata previsione della supplenza, presuppone la nomina interinale del titolare di altro ufficio individuato secondo procedure stabilite. Lincaricato temporaneo conserva la medesima ampiezza di compiti dellincarico assegnato in origine anche se possono essere previste limitazioni. La cessazione del rapporto dufficio, invece, pu derivare da varie ragioni ed in passato si consentiva al titolare dellufficio di continuare ad esercitare il proprio ruolo anche dopo la scadenza dellinvestitura e fino allinsediamento del suo successore, come prevedono alcune leggi di settore. A livello generale, invece, le funzioni attribuite agli organi generali hanno un loro termine di durata previsto per ciascuno di essi entro il quale possono essere ricostituiti e in caso di mancata ricostituzione prevista la prorogatio2 per non pi di 45 giorni decorrenti dalla loro scadenza, in cui possono adottare soltanto atti di ordinaria amministrazione a pena di nullit. Tale sistema trova fondamento giuridico nellesigenza di continuit nellesercizio delle funzioni amministrative, per cui linvalidit di nomina dei membri del collegio vizia linvestitura dellintero collegio e la delibera adottata da collegi imperfetti risulta irrilevante ai fini della validit della delibera. Ulteriore figura quella del c.d. usurpatore dufficio, ossia colui che con coscienza e volont assume la titolarit dellufficio pubblico prescindendo da formale investitura. Tale figura trova limitazione nel funzionario di fatto laddove manchi la reale volont usurpatrice.
6. Lufficio del responsabile del procedimento. La figura del responsabile del procedimento rappresenta un esempio di aggregazione e concentrazione di pi ruoli allinterno di un unico ufficio o meglio dellunit organizzativa responsabile dellistruttoria e di ogni adempimento procedimentale nonch delladozione del provvedimento finale. Tale figura risponde alle esigenze di funzionalit e trasparenza dellazione amministrativa, per cui ciascuna amministrazione determina, in prima fase, per ciascun procedimento lunit organizzativa responsabile dello svolgimento procedimentale e delladozione del provvedimento finale. Fin qui vi distribuzione di ruoli secondo il principio di articolazione dellattivit amministrativa art. 97 Cost. In seguito, il dirigente dellunit organizzativa individua il responsabile del procedimento assegnando a s p ad altro dipendente addetto a tale unit la responsabilit dellistruttoria e di ogni altro adempimento relativo al procedimento nonch eventualmente delladozione del provvedimento finale, per cui fino a tale assegnazione il funzionario resta responsabile del singolo procedimento. Il ruolo assegnato allufficio individuato dalla legge n. 241 del 1990 e dalle norme regolamentari che nello specifico disciplinano la materia per ciascun tipo di procedimento. Il responsabile pu essere sia il titolare dellufficio che qualsiasi altro addetto scelto tra gli uffici interessati dallattivit procedimentale o anche fuori di essi. Quanto al dirigente dellunit organizzativa, ai sensi degli artt. 4, 5 e 6 della legge n. 241 del 1990, non richiesto che egli rivesta la qualifica di dirigente e neppure avere la competenza ad adottare il provvedimento finale che, invece, predeterminata dalla legge. Pertanto, il dirigente che omette di indicare, allavvio del procedimento, un diverso responsabile, assumer egli stesso il ruolo di tale 12 ufficio temporaneo nellambito di una responsabilit limitata alla fase procedimentale in senso stretto.
7. Le fonti e i criteri di organizzazione. Nelle organizzazioni complesse, in cui operano molteplici uffici al fine di raggiungere uno scopo comune, le strutture sono disciplinate e realizzate con leggi, regolamenti ed atti organizzativi soprattutto Statuti degli enti territoriali minori con la riforma del Titolo V della Costituzione. In particolare, gli atti organizzativi si distinguono tra atti di macrorganizzazione e microrganizzazione quanto alla loro natura giuridica pubblica o privata in virt dei principi costituzionali di imparzialit e buon andamento, mentre le unit organizzative (gli uffici) si aggregano in senso verticale secondo la rilevanza del ruolo assunto e in senso orizzontale secondo la differenza tipologica delle attivit svolte, tale da formare un relazione piramidale di autorit responsabilit allinterno del medesimo sistema organizzativo. La struttura organizzativa, infatti, si articola in una pluralit di uffici coinvolti nel perseguimento dellobiettivo comune dello svolgimento di attivit e scelte che ciascuno opera nel rispetto reciproco. A ciascun livello decisionale, infatti, sono ascritti profili di autorit e responsabilit differenti a seconda del grado della scelta effettuata e per agevolare il perseguimento dellobiettivo comune riconosciuta la piena attuazione del principio della trasparenza del responsabile del procedimento e della creazione di Uffici per le relazioni con il pubblico e dei servizi di comunicazione pubblica a favore dei cittadini. In relazione al tipo di attivit svolta si distingue tra amministrazioni burocratiche deputate allesercizio delle funzioni pubbliche, ed amministrazioni dal carattere aziendalistico per lesercizio di pubblici servizi. In relazione alla rilevanza dei compiti assegnati viene distribuito il lavoro tra i vari uffici allinterno delle strutture organizzative, per cui la cura degli interessi pubblici affidata a ciascuna amministrazione agli uffici centrali e quelli di minor rilievo agli uffici di base, i c.d. uffici periferici. Di qui si parla di accentramento nel primo tipo di struttura amministrativa e di decentramento per i sistemi globali del secondo tipo sovraindicato. In relazione agli interessi pubblici sono assegnati compiti alle strutture amministrative ed il coordinamento e controllo di tali funzioni e competenze avviene mediante raccordo di organi cui spetta elaborare indirizzi unitari ovvero attraverso il finanziamento unitario della attivit inerenti allamministrazione. Lo Stato rappresenta il modello di persona giuridica unitaria che si presenta, al suo interno, come aggregato di una pluralit di strutture organizzative, quali i ministeri, che esprimono ciascuno una propria attivit con propri organi senza poter risalire ad una struttura unificata. Si tratta di un modello disaggregato in cui sinstaurano rapporti intersoggettivi nei confronti dei terzi con imputazione delle fattispecie in capo alle singole strutture anzich direttamente allo Stato. Inoltre si rileva il trasferimento a livello comunitario di funzioni in precedenza spettanti in via esclusiva allo Stato, in quanto i soggetti chiamati a rappresentare lo Stato nei rapporti comunitari si sono moltiplicati e ci un ulteriore fattore di disaggregazione dellamministrazione pubblica.
8. LAmministrazione dello Stato: caratteri generali. Allinterno della struttura delle amministrazioni pubbliche si distingue tra amministrazioni pubbliche, quale concetto generale ed amministrazioni dello Stato, concetto specifico. Invero gli organi dello Stato sono stati considerati dalla dottrina come organi dalla personalit giuridica imperfetta, in quanto il carattere della soggettivit risultava inadeguata. Tuttavia, con la maturata consapevolezza che trattasi di centri di imputazione di situazioni soggettive seppure prive di personalit giuridica, le singole amministrazioni in cui si articola lo Stato, quale unico soggetto di diritto, hanno una propria consistenza separata sul piano organizzativo e non anche sul piano della soggettivit. Infatti, ciascun ministero ha organi dotati di 13 rappresentanza legale che agiscono nellambito delle fattispecie compiute dal ministero e non genericamente dallo Stato, per cui le amministrazioni dello Stato acquistano il carattere di figure soggettive laddove lo Stato persona giuridica unitaria. Il modello ministeriale, anche grazie ai rapporti con lUnione europea, venuto a frammentarsi in tanti altri uffici del ministero secondo diversi disegni organizzativi, fermo restando che lamministrazione dello Stato segue la disciplina specifica tipica delle amministrazioni pubbliche relativamente ai procedimenti contabili, finanziari, negoziali, processuali.
9. Le amministrazioni autonome Le amministrazioni, svolgendo attivit di produzione di beni e servizi nellambito di organizzazioni complesse di tipo burocratico, restano collegate agli organi di vertice cui coincidono i titolari della struttura di riferimento. Il grado di compiutezza del loro disegno organizzativo ne determina il riconoscimento come figure soggettive, per cui la legge in alcuni casi le istituisce come veri e propri enti pubblici. In particolare, il modello organizzativo dellamministrazione autonoma ricondotto a quello delle aziende autonome dello Stato e da quelli delle aziende municipalizzate degli enti locali. La dottrina, a riguardo, ne indica il carattere derogatorio della disciplina del modello organizzativo burocratico. Tale modello, in definitiva, stato pressoch abbandonato a seguito dei recenti processi di trasformazione delle amministrazioni pubbliche in societ pubbliche.
Capitolo 4 Le relazioni organizzative
1. Le relazioni organizzative e formule organizzative In relazione alle strutture compiute che fanno capo ad una organizzazione avente personalit giuridica, si pone unesigenza di razionalit del sistema che consiste nel raccordare tra loro tali strutture al fine di ricomporla a livello funzionale nellunitariet dellorganizzazione complessiva. Molteplici rapporti si pongono tra loro creando una trama che abbraccia lintera organizzazione amministrativa. Tali rapporti sono, appunto, le relazioni organizzative rispetto alle quali si struttura lorganizzazione formale disciplinata dal diritto, quali rapporti giuridici caratterizzati da situazioni giuridiche soggettive correlate e contrapposte di cui sono titolari le diverse strutture organizzative. Tali rapporti si articolano in potest ed interessi protetti e la consistenza delle relazioni organizzative risulta costante per le strutture dotate di personalit giuridica, viceversa non costante nelle strutture prive della personalit giuridica. Tale differenza si riflette nella struttura sottordinata che, nel primo caso, pu chiedere tutela dellinteresse protetto anche in sede giudiziale, laddove nel secondo caso essa deve accontentarsi dei soli rimedi amministrativi. Nel quadro generale delle relazioni organizzative si specificano due tipi di formule: un rapporto potest interesse protetto ed rapporto potest soggezione. In particolare, si parla di relazioni infrastrutturali o interne quanto alle relazioni tra uffici della medesima struttura e relazioni tra strutture o amministrazioni diverse per indicare le relazioni intersoggettive tra amministrazioni dotate di personalit giuridica. Queste ultime sono le relazioni organizzative che interessano maggiormente. Invero le relazioni tra strutture compiute sono rapporti giuridici aventi contenuti diversi, quali potest di direzione, indirizzo, controllo e cos via e linsieme di queste caratterizza la posizione nella quale le une si collocano rispetto alle altre. Tali posizioni relazionali danno luogo a modelli o formule organizzative raggruppabili nella posizione di autonomia o indipendenza ovvero in dipendenza nelle sue forme di ausiliariet, strumentalit, dipendenza in senso stretto. 14 La posizione di autonomia si caratterizza per la limitata consistenza delle relazioni organizzative, mentre quella di dipendenza si caratterizza per la forte consistenza delle relazioni organizzative. Quanto ai rapporti o relazioni organizzative dotate di stabilit, si rinviene la posizione in cui un ufficio, struttura compiuta, si trova rispettivamente nei confronti dellufficio parte della struttura amministrativa, da cui la posizione di ciascun ufficio nei confronti degli altri uffici nellambito della medesima struttura organizzativa. La dottrina ha ravvisato nelle organizzazioni equiordinate una relazione di reciproca indifferenza, in quanto si rinviene tra queste il coordinamento delle azioni rispettive, che invece escluso nelle relazioni tra uffici caratterizzate da sovra ordinazione subordinazione. Con il termine formula organizzativa, dunque, si fa riferimento ad un modello organizzativo complesso considerato sia rispetto alle strutture che lo compongono sia alle relazioni tra tali strutture. Pertanto, attraverso lo studio delle relazioni organizzative si considera il modo in cui le singole strutture interagiscono tra di loro. Occorre altres considerare che le relazioni organizzative infrastrutturali, ossia tra uffici della medesima struttura organizzativa, riguardano gli uffici di line di una struttura organizzativa e non gi gli uffici di staff, i quali sono collegati alla struttura compiuta per le funzioni di supporto che ad essa prestano, quali la programmazione, la consulenza, il controllo. Le posizioni relazionali, c.d. formule organizzatorie, si rinvengono anche negli enti territoriali per i quali si posto il rilievo del diverso grado di dipendenza rispetto allo Stato. In definitiva, esistono tante specifiche disposizioni organizzative quante sono le posizioni relazionali secondo le diverse discipline organizzative positive da cui la consistenza delle medesime relazioni organizzative.
2. La gerarchia La nozione di gerarchia ha subito negli anni una modificazione nella sua applicazione e nei suoi contenuti. Il primo modello di organizzazione amministrativa, infatti, era ispirato ad un modello fortemente accentrato, per cui la gerarchia era lunica formula organizzativa positivamente utilizzata. Successivamente, tale modello si andato riducendo nella sua applicazione, per cui si sono preferite soluzioni pluralistiche e decentrate tanto che oggi la gerarchia non attiene pi alle relazioni interstrutturali seppure con residua traccia nelle relazioni tra uffici della medesima amministrazione. In particolare, la gerarchia caratterizza oggi i rapporti tra organi ed uffici serventi e tra dirigenti di vario livello nellambito della distribuzione dei compiti, per cui allufficio inferiore viene fatta rientrare la competenza di specifici compiti secondo disposizioni generali in qualsiasi momento modificabili dallufficio sovraordinato. Di fatto, le competenze degli uffici inferiori si sono andate modificando nel tempo tanto da essere individuate in via formale e la gerarchia ha subito una prima evoluzione, dal momento che gli atti del primo vengono ad essere oggetti di controllo sotto il profilo della legittimit. La gerarchia formula organizzativa che contiene in s tutte le potest di sovra ordinazione, quali indirizzo, programmazione, controllo, per cui si pu affermare che le relazioni organizzative di sovra ordinazione riflettono lisolamento di potest contenute nella formula della gerarchia. Tipica della gerarchia la potest dordine, quale possibilit dellufficio sovraordinato di prescrivere le modalit di comportamento allufficio sottordinato mediante atti generali ovvero puntuali nonch potere di revoca e riforma degli atti emanati dallufficio inferiore. Tuttavia, a seguito della formazione dello Stato moderno si assiste alla spersonalizzazione degli uffici e del potere gerarchico, per cui la tendenza quella di valorizzare il rapporto tra uffici. Invero, sotto il profilo giuridico la relazione di sovra ordinazione subordinazione tra uffici fa riferimento al rapporto di poteri di ordine o di comando nei confronti dellufficio inferiore, per cui necessario che tra i vari uffici vi sia unidentit di competenza, quale presupposto necessario di ogni rapporto giuridico. 15 Considerata la competenza degli uffici gerarchicamente ordinati, infatti, si rinviene che la responsabilit del titolare di un ufficio presuppone la competenza dellufficio distinta da quella dellufficio sovraordinato, da cui la distinzione delle sfere di competenza che comporta determinazione nellesercizio pi o meno attenuato dei poteri. In proposito la riforma della dirigenza statale di cui al d. lsg. n. 29 del 1993 e d. lgs. 165 del 2001, ha attribuito competenze esclusive ai dirigenti ma ha altres attenuato i poteri di ingerenza del Ministro, il quale non ha pi potere dordine generale, bens potere di impartire direttive agli organi, centrali e periferici, dellAmministrazione. La gerarchia, infatti, tende oggi ad avvicinarsi al rapporto di direzione tanto che ormai sembra sia scomparsa dallordinamento amministrativo. A riprova di ci si consideri il rapporto di gerarchia tra dirigenti di uffici dirigenziali generali e dirigenti delle strutture di livello inferiore nelle quali questi sono articolati, per cui i primi definiscono i compiti dei secondi individuando obiettivi e delegando le specifiche competenze e possono sostituirsi ad essi in caso di interzia e decidono sui ricorsi gerarchici contro i loro atti e ne organizzano gli uffici, ex art. 16, comma 1, d. lgs. n. 165 del 2001 e art. 5, comma 5, d. lgs. n. 3 del 2004.
3. La direzione La relazione di direzione la relazione organizzativa tra uffici della medesima struttura ovvero tra strutture e persone giuridiche diverse. Tale relazione fa capo allufficio sovraordinato al quale spetta il potere di emanare atti con i quali, a differenza del potere di ordine, indica scopi concreti da perseguire, stabilisce ordini di priorit e lascia allufficio inferiore la scelta di raggiungere tali scopi. La relazione gerarchica si va trasformando in relazione di direzione che, nei rapporto intersoggettivi, rappresenta uno strumento organizzativo idoneo a raccordare le figure soggettive pubbliche diverse dallo Stato. La direzione, infatti, costituisce un rapporto di sovra ordinazione caratterizzato, a differenza della gerarchia, dal rispetto di una pi o meno ampia sfera di autonoma determinazione dellufficio o dellente subordinato, per cui al potere di ordine si sostituisce il potere di impartire direttive ovvero il potere di indirizzo con cui vengono fissati gli obiettivi da perseguire e lufficio o lente subordinato resta per libero di determinare i modi ed i tempi dellazione in uno spazio limitato positivamente. Parimenti, il controllo non pi controllo sugli atti, bens controllo sullattivit svolta dallufficio o ente soggetto alla direzione. Lelaborazione della nozione di direzione nellambito del diritto amministrativo risale agli inizi del Novecento, allorch il dirigente venne considerato non pi come un soggetto della supremazia o della subordinazione. La gerarchia, infatti, venne ridimensionata dalla dottrina successiva che offr della direzione una versione pi obiettiva riassunta in poteri, potest o atti giuridici di direttiva, specialmente quelli svolti dagli organi di governo nellesercizio di funzioni di indirizzo politico amministrativo. Di fatto, la direzione un rapporto di sovra ordinazione - subordinazione che, secondo la dottrina pi recente, riguarda soprattutto la disciplina giuridica dei rapporti tra Ministro dirigenti, titolari degli uffici dirigenziali, generali e tale relazione si fonda sul criterio della competenza con esclusione della configurabilit di una relazione di sovra ordinazione sottordinazione. Tale relazione, infatti, ruota attorno alla pi ampia funzione di indirizzo politico amministrativo che trova nei dirigenti generali lattivit di programmazione strategica che si attua sul piano operativo mediante lutilizzo razionale delle risorse e la fissazione delle strategie medesime. Tale processo interessa gli organi di governo e gli organi di gestione, nelle varie tappe, per cui il concetto di strategia, a differenza di quello di direzione, si precisa nella durevolezza e nella stabilit degli obiettivi assegnati.
16 4. Il coordinamento. Il coordinamento non di per s una relazione organizzativa, bens il risultato dellesercizio di poteri inerenti ai diversi tipi di rapporti organizzativi. La dottrina parla di rapporto di equiordinazione tra soggetti preposti ad attivit che, pur essendo distinte, sono destinate ad essere ordinate secondo un disegno unitario in vista di risultati di interesse comune. Esso risponde al fine di assicurare coerenza ed organicit allattivit amministrativa. In dottrina si ritenuto che il coordinamento sia un rapporto non precisato da norme ordinarie, per cui tutte le parti sarebbero vincolate a comportamenti conseguenti a quelle istanze equiordinate prefissate, in quanto esso realizza il risultato di raccordo tra figure soggettive che esprimono attivit di partecipazione ad uguale titolo in tutti gli uffici ovvero enti chiamati contestualmente alla valutazione degli interessi in gioco. Il coordinamento, dunque, non n un potere, n un tipo di relazione organizzativa, bens il risultato al quale si pu pervenire attraverso relazioni di sovra ordinazione ovvero di equiordinazione.
5. Il controllo Nel dibattito dottrinale, il controllo trova significato nel garantire la regolarit formale e sostanziale del processo di formazione delle decisioni amministrative, per cui esso risulta connaturato al modo di essere della organizzazione amministrativa e si fonda sullesigenza di verificare la rispondenza dellattivit di strutture pubbliche alle regole formali ovvero al vincolo funzionale. Sotto il profilo giuridico, i controlli possono essere interni, sia interorganici che intersoggettivi, e si distinguono in controlli interni, relativi alla medesima struttura, ovvero controlli esterni. Rispetto alloggetto, i controlli possono essere controlli sui singoli atti oppure sullattivit dellufficio o della struttura soggetta a controllo. Il controllo sugli atti pu essere preventivo o successivo, a seconda che sia esercitato prima o dopo che gli effetti siano diventati esecutivi. A seconda del parametro assunto per la verifica, i controlli possono essere di legittimit se il parametro la legge, ovvero controllo di merito se lopportunit dellattivit amministrativa, infine controllo di gestione e controllo strategico se i parametri sono leconomicit, lefficienza e la congruit dellattivit posta in essere o programmata rispetto ai risultati raggiunti o prefissati. Il sistema dei controlli disciplinato dalla legge generale di contabilit di Stato, r.d. n. 2330 del 1923 e dal testo unico della Corte dei conti, r.d. n. 1214 del 1834 e dal testo unico delle leggi comunali e provinciali, r.d. n. 383 del 1934 oltre a varie leggi di settore. Si tratta di un sistema incentrato soprattutto sul controllo esterno di competenza della Corte dei conti per gli atti amministrativi statali e su quelli dei Comuni e delle Province i controlli sono soprattutto quelli di legittimit e di merito. La Carta costituzionale ha ridotto il controllo di merito a semplice richiesta di riesame da parte degli enti di controllo affidandoli alla Commissione di controllo sugli atti delle regioni, ai Comitati regionali di controllo sugli atti degli enti locali. Tale assetto ha subito modificazioni a partire dagli anni 90 sia per gli atti delle Regioni sia per gli atti dei Comuni e delle Province. In linea generale, i controlli preventivi di legittimit si esercitano nei soli confronti degli atti del governo in virt dellart. 100, comma 2, Cost. di competenza della Corte dei conti. La tipologia dei controlli si arricchita con il d.lgs. n. 286 del 1999: - controllo di regolarit amministrativa e contabile, per la legittimit, regolarit e correttezza dellazione amministrativa, avente carattere preventivo nei soli casi espressamente previsti dalla legge; - controllo di gestione, per la verifica dellefficacia, efficienza, economicit dellazione amministrativa al fine di consentire ai dirigenti di ottimizzare il rapporto tra costi e risultati; 17 - valutazione dei dirigenti, quale presupposto per la responsabilit dirigenziale di cui allart. 21, commi 1 e 2, d. lgs. n. 165 del 2001; - valutazione e controllo strategico, per la verifica dellattivit degli organi di indirizzo politico amministrativo e valutare le scelte dei dirigenti rispetto agli obiettivi stabiliti dalle norme ed individuare eventuali fattori di ostacolo al raggiungimento di tali obiettivi;
6. Delegazione di funzioni ed utilizzazione degli uffici Le figure soggettive pubbliche possono risultare legate a vicende che implicano rapporti di collaborazione tra figure soggettive diverse. Tali vicende possono raggrupparsi in due modelli fondamentali, quali la delegazione di funzioni e lutilizzazione di uffici altrui. Nella delegazione la figura soggettiva titolare di un potere o funzione e ne trasferisce lesercizio ad altra figura soggettiva, per cui il delegante resta titolare dei poteri o delle funzioni e conserva il potere di indirizzo e controllo sullattivit del delegato. La delegazione pu aversi tra enti diversi, tra strutture compiute e tra organi della stessa struttura. La delegazione d luogo allesercizio indiretto della funzione amministrativa ovvero amministrazione indiretta e tale modello tipico delle amministrazioni c.d. aperte cos come previsto dallart. 118, ultimo comma, Cost. Lutilizzazione degli uffici, infatti, riguarda attivit istruttorie e preliminari e non gi le funzioni in senso proprio, da cui la fondamentale distinzione rispetto alla delegazione. Tuttavia, alla delegazione ed allutilizzazione degli uffici si pu fare ricorso soltanto in presenza di una espressa disposizione di legge.
Capitolo 5 Lorganizzazione amministrativa
1. Lorganizzazione amministrativa nellarchitettura costituzionale Lorganizzazione pubblica, sotto il profilo statico del complesso di soggetti che la compongono, presenta un dato di complessit relativo alla sua correlazione con il sostrato sociale sul quale va ad innestarsi, in quanto essa espressione della scelta politica del ruolo riconosciuto allo Stato in un determinato momento storico nellambito del suo intervento nel settore pubblico. Il sistema della pubbliche amministrazioni articolato in modo complesso composta da una pluralit di soggetti variamente collocati sul territorio nazionale essenzialmente per ragioni di competenza (per materia o per territorio) loro riconosciute dalle rispettive leggi istitutive. Il richiamo costituzionale alle singole figure soggettive delle pubbliche amministrazioni riguarda il modello ministeriale che pone una riserva di legge sotto il profilo istitutivo di cui allultimo comma dellart. 95 Cost. Tale riserva altres richiamata allart. 97 Cost in relazione allorganizzazione dei pubblici uffici. A livello costituzionale, infatti, si rinviene la determinazione dellindirizzo politico amministrativo, ossia lindividuazione degli obiettivi e delle finalit che la comunit statale intende perseguire in un determinato momento storico secondo la determinazione fissata a livello di politica generale. Significativo il riordino degli enti pubblici di cui alla legge. n. 404 del 1956, con la quale sono stati soppressi gli enti di diritto pubblico e gli altri enti in qualsiasi forma istituiti, soggetti alla vigilanza dello Stato e interessati comunque alla finanza statale i cui scopi risultavano cessati o non pi perseguibili o in condizioni economiche di dissesto o fossero nellincompatibilit di attuare i propri fini statutari. Negli anni Settanta, il tema della soppressione dei c.d. enti inutili torn nel dibattito parlamentare con lemanazione della legge sul parastato legge n. 70 del 1975 con la quale furono inseriti 18 strumenti per la soppressione dei c.d. enti inutili e, con d.p.r. n. 616 del 1977, venne disposta la soppressione o la trasformazione in enti di diritto privato di quasi tutti gli enti pubblici nazionali rimasti privi delle funzioni da svolgere in ragione del trasferimento o della delega delle medesime ragioni ordinarie. Venne riordinato il S.S.N. con leggi n. 386 del 1974 e n. 349 del 1977 e n. 833 del 1978. Negli Novanta viene riavviato il dibattito sulla privatizzazione degli enti pubblici e fu indicato il federalismo amministrativo a Costituzione invariata secondo il principio di sussidiariet, in quanto con le leggi Bassanini (legge n. 59 del 1997 e ss.) si inteso garantire la semplificazione dellazione amministrativa e realizzare una forma pi accentuata di federalismo amministrativo nel rispetto delle esigenze e delle spinte provenienti dalle sedi europee. Tale percorso ha trovato una puntuale definizione dei compiti, delle funzioni amministrative da dismettere e conferire agli enti territoriali con reciproca delimitazioni delle sfere di competenza delle Regioni, Province e Comuni riservando alle prime compiti di programmazione, regolamentazione ed indirizzo, mentre agli Enti locali sono state riconosciute funzioni di gestione. Il decentramento amministrativo di cui alla legge n. 59 del 1997 stato attuato con d.lgs. 112 del 1998 al fine di garantire una allocazione delle funzioni e dei compiti amministrativi ( c.d. federalismo amministrativo a Costituzione invariata) relativi alla cura ed alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunit nonch tutte le funzioni ed i compiti amministrativi localizzabili nei rispettivi territori in capo alle amministrazioni e agli Enti pi vicini ai cittadini. Allo Stato, dunque, sono rimaste affidate soltanto le funzioni che gli Enti locali e le Regioni non potevano svolgere rispettando in ci il principio di sussidiariet in senso verticale. Il decentramento amministrativo si rinviene: -nella clausola di apertura di cui allart. 128 Cost.; nellart. 5 Cost., che consacra il principio autonomistico; - 118 Cost., comma 1 e 2, Cost. che prevede la delega di funzioni amministrative da parte dello Stato alle Regioni in aggiunta a quelle elencate nellart. 117 Cost. e d.p.r. n. 616/ 1977 con esclusione di quelle di interesse locale attribuite con legge della Repubblica agli Enti locali. Federalismo che ha trovato richiamo nella riforma del Titolo V Cost. operata con legge cost. n. 3/ 2001. La scelta del costituente stata di non consacrare a livello di Carta costituzionale un modello rigido di organizzazione amministrativa, lasciando libero il legislatore di individuare la struttura organizzativa consona al perseguimento degli obiettivi che sintendono perseguire con quella organizzazione. La dottrina rinviene tre modelli costituzionale di organizzazione amministrativa: - il primo tipo di amministrazione quello ministeriale di matrice cavouriana, in quanto apparato servente il Governo dal quale dipende come richiamato allart. 95 Cost.; - il secondo tipo il modello di amministrazione c.d. autocefala secondo gli artt. 97 e 98 Cost., per cui non prevista alcuna indicazione sulla struttura dellamministrazione che, invece, affidata alla discrezionalit del legislatore; - il terzo tipo il modello c.d. autonomistico o comunitario riconducibile allart. 5 Cost, che consacra i principi di autonomia e decentramento amministrativo specificati dal Titolo V della Costituzione. In conclusione, nel corso degli anni il principio di imparzialit ha coinvolto non soltanto i soggetti operanti nellattivit amministrativa, ma anche le scelte politiche di Governo, per cui il dato strutturale viene a risultare il rispetto dei principi costituzionali disciplinati dalla funzione amministrativa secondo le disposizioni richiamate.
2. Il sistema delle pubbliche amministrazioni Un primo criterio per sistemare le diverse pubbliche stato individuato dalla dottrina nel criterio territoriale, per cui si distingue tra amministrazione statale a livello generale costituita dai Ministeri ed amministrazione regionale e locale rappresentata da Enti locali. 19 Un secondo criterio stato rinvenuto dalla dottrina nellambito di intervento distinguendo tra enti pubblici ed enti pubblici economici, laddove i primi sono competenti dellamministrazione diretta ed indiretta dello Stato, i secondo, invece, svolgono prettamente attivit di natura economica. La complessit del sistema delle pubbliche amministrazioni, seppure riordinato con delega al Governo di cui alla legge finanziaria per il 2007, ha impedito di addivenire ad una nozione unitaria di pubblica amministrazione, per cui la dottrina ha individuato ulteriori indici di riconoscimento della pubblicit dellente, quali: - il regime giuridico dei soggetti, da cui la costituzione ad iniziativa pubblica dellente secondo le disposizioni costituzionali; - il loro inserimento istituzionale allinterno dellorganizzazione amministrativa. Accanto a tali indici formali, la dottrina ha poi individuato ulteriori criteri di natura sostanziale che attengono al profilo funzionale, per cui un ente si considera pubblico se e nella misura in cui funzionale al perseguimento di determinati interessi della societ. Diversa interpretazione emerge dal diritto comunitario, in quanto il giudice comunitario ha sottolineato come la nozione di pubblica amministrazione deve essere limitata a quelle organizzazioni incaricate dellesercizio di pubblici poteri cui attribuito lo svolgimento di mansioni che hanno ad oggetto la tutela di interessi generali dello Stato o delle altre collettivit pubbliche.
3. Lorganizzazione ministeriale e le Agenzie Il modello principale dellorganizzazione dello Stato stato rappresentato, per lungo tempo, dal modello ministeriale risalente alla legge Cavour del 1853, con vertice nei Ministri, quale membri del corpo politico previsti espressamente a livello costituzionale. Le leggi istitutive disciplinavano i Ministeri e tale modello venne superato dalla legge n. 400 del 1988 in cui stata prevista la possibilit di nominare Ministri senza portafoglio, cio Ministeri privi di un proprio apparato organizzativo che si avvalgono della Presidenza del Consiglio dei Ministri per lesercizio delle funzioni loro attribuite. Successivamente, con d.lgs. n. 300 del 1999 si operata la riforma dellorganizzazione del governo in esecuzione della legge delega n. 59 del 1997, per cui stato ridotto il numero dei Ministeri a 12 e viene individuata dalla legge la missione e le aree funzionali di competenza di ciascun ministero. Con la riforma del 1999, inoltre, si disciplina la struttura interna delle pubbliche amministrazioni in base a: - dipartimenti, cui sono attribuiti compiti su grandi materie omogenee e compiti strumentali, ivi compreso quelli di indirizzo e coordinamento delle unit di gestione in cui si articolano i medesimi dipartimenti. Ogni dipartimento retto da un dirigente generale, nominato con decreto del Presidente della Repubblica su deliberazione del Consiglio dei Ministri e su proposta del Ministro competente. Il Capo del dipartimento opera a diretto contatto con il Ministro e risponde dei risultati raggiunti dagli uffici dipendenti sulla base degli obiettivi assegnati, coordina, controlla e dirige gli uffici di livello dirigenziale generale assicurando la continuit delle funzioni dellAmministrazione. In ottemperanza alla nuova configurazione dei rapporti tra vertice politico e vertice amministrativo, ispirata al principio di separazione, al Capo del dipartimento spettano anche poteri di allocazione delle risorse nonch la promozione ed il mantenimento delle relazioni con gli organi competenti dellUE per la trattazione degli affari di competenza del proprio Dipartimento
- direzioni generali, in cui il Segretario generale opera alle dirette dipendenze del Ministro e provvede alla elaborazione degli indirizzi e dei programmi di competenza del Ministro ponendo in essere unattivit svolta dai Capi di Gabinetto. Gli uffici dirigenziali generali trovano il loro vertice i Dirigenti generali, nominati dai dirigenti. 20 Al di fuori di tale struttura, la riforma ha previsto uffici di staff, che collaborano direttamente con Ministri, Vice-ministri e Sottosegretari ed uffici di line che non gestiscono direttamente affari amministrativi in quanto non appartengono alla struttura dellamministrazione del ministero. In particolare, i dette strutture rientrano soggetti dotati di particolare esperienza e specializzazione professionale, che possono essere scelti anche allesterno dellamministrazione. La struttura amministrativa si arricchisce delle Agenzie, quali strutture che svolgono attivit di carattere tecnico operativo a livello nazionale, esercitate da Ministeri ed Enti pubblici. Sono sottoposte al controllo della Corte dei Conti e sono soggette alla vigilanza del Ministro, pur essendo separate dal Ministero. Ad eccezione delle Agenzie fiscali e di quelle di protezione civile e della Agenzie industrie e difesa, che hanno personalit giuridica, risultano istituite lAgenzia per le normative ed i controlli tecnici, lAgenzia per la protezione dellambiente e per i servizi tecnici, lAgenzia dei trasporti terrestri e delle infrastrutture, lAgenzia per la formazione e listruzione professionale. Quanto alle Agenzie fiscali (Agenzia delle entrate, delle dogane, del territorio e del demanio) sono attribuite specifiche competenze nei rispettivi ambiti assegnati, LAgenzia per la formazione dei dirigenti e dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni (legge finanziaria per il 2007) risponde allobiettivo della formazione dei dirigenti e dipendenti nella pubblica amministrazione al fine di garantire un adeguato sostegno alle pubbliche amministrazioni nellammodernamento e miglioramento delle attivit formative. Tale struttura di governo e coordinamento al sistema di organizzazione pubblica si completa con la Scuola superiore della pubblica amministrazione assumendo il coordinamento dellattivit dellIstituto diplomatico, della Scuola superiore dellamministrazione dellinterno e della Scuola superiore delleconomia e delle finanze.
4. Lorganizzazione statale periferica. Sulla base delle funzioni loro assegnate, alcuni Ministeri presentano articolazioni territoriali rientranti nella c.d. amministrazione statale periferica e che determinano una forma di decentramento burocratico. Si distinguono, infatti, organi di competenza generale, quali lo Stato nella sua totalit ed organi a competenza speciale che svolgono funzioni statali inerenti, ad esempio, listruzione, la pubblica sicurezza, la gestione finanziaria. In particolare, lamministrazione pubblica periferica stata riformata con le leggi Bassanini che hanno portato ad una riduzione del numero di dette amministrazioni e accentramento presso le Prefetture Uffici territoriali di Governo della maggior parte delle funzioni statali. Ne sono esempio, lamministrazione statale finanziaria articolata a livello locale e dipendente dal Ministero delle Finanze ed incentrata sulle Direzioni Regionali delle entrate con sede nei capoluoghi di regione come da d. lsg. n. 300 del 1999.
5. Strutture di raccordo interne ed esterne allamministrazione A livello statale lamministrazione si presenta come struttura compiuta con una propria mission seppure disaggregata in diversi ministeri. Questi presentano elementi interni ed esterni alla loro struttura istituiti allo scopo di raccordare tra loro i Ministeri, gran tendone larticolazione organica. Strumento di raccordo interno alle singole amministrazioni rappresento dagli Uffici centrali di bilancio, ex Ragionerie, che, pur essendo estranei ai Ministeri presso i quali sono incardinati, dipendono dal Ministero delleconomia e delle finanze al fine di garantire unitariet sotto il profilo della spesa e controllano la regolarit economico finanziaria dellazione svolta presso i Ministeri, sotto la responsabilit dei dirigenti competenti. Accanto a tali Uffici vi sono strutture organizzative che coagulano le iniziative generali dellazione politico amministrativa quali il Consiglio dei Ministri, i Comitati interministeriali ed il Presidente del Consiglio dei Ministri, coadiuvate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. 21 Il Consiglio dei Ministri comporto dal Presidente del Consiglio e dai Ministri, art. 92, comma 1, Cost., con il compito di determinare la politica generale del Governo fissando lindirizzo politico amministrativo interno ed esterno del paese nonch la politica normativa e finanziaria del Governo e soluzione dei conflitti di attribuzione dei vari Ministeri (art. 2, legge n. 400/ 1988). Il Consiglio dei Ministri si avvale dellUfficio di segreteria diretto dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio che cura altres la verbalizzazione delle singole deliberazioni del Consiglio. I Comitati dei Ministri, composti esclusivamente da Ministri, sono designati dal Presidente del Consiglio allo scopo di coadiuvare questultimo. Tra i soggetti di raccordo esterno, invece, troviamo i Comitati interministeriali a composizione mista, tra cui i Ministri, gli esperti ed i rappresentanti delle amministrazioni interessate. Si tratta di organi collegiali non necessari del Governo istituiti per soddisfare esigenze particolari nei settori della P.A. operando un coordinamento dellattivit amministrativa. Con legge n. 537 del 1993 si operato il riordino dei comitati interministeriali nel CIPE, con il compito di programmazione e politica economia nazionale; CICR, con il compito di vigilanza per la tutela del risparmio e lesercizio del credito; e CESIS, che esercita la funzione di Autorit nazionale per la tutela propria del Presidente del Consiglio dei Ministri.
5.1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo, mantenendo lunit di indirizzo politico amministrativo, coordinando lattivit dei Ministri, ex art. 95, comma 1, Cost. Egli posto a capo della struttura organizzativa della Presidenza del Consiglio dei Ministri, centro motore dellazione di governo e che stata riordinata per la prima volta con legge n. 400/ 1988 al fine di garantire lunit di indirizzo gestionale di cui allespressa previsione costituzionale, Successivamente, con il d. lgs. n. 300/ 1999 si inteso rendere maggiormente funzionale lintera struttura mediante laccrescersi di compiti amministrativi attribuiti ai servizi tecnici e quelli di protezione civile, turismo e spettacolo. Tale assetto stato oggetto di revisione altres con legge n. 233/ 2006 di conversione del d.l. n. 181/ 2006. Il nuovo quadro normativo ha inteso offrire al Presidente del Consiglio un pi incisivo compito di impulso, indirizzo e coordinamento delle funzioni costituzionalmente attribuitegli secondo i principi di cui alla legge Bassanini 1, legge n. 59/ 1997, quali: - assicurare il coordinamento funzionale e operativo della Presidenza con le amministrazioni; - potenziare le funzioni autonome e tipiche; - trasferire a Ministeri o Enti o organismi autonomi i compiti operativi e gestionali, con il relativo personale; - garantire autonomia organizzativa, regolamentare e finanziaria; - trasferire alla Presidenza anche funzioni attribuite direttamente dalla legge ai Ministri senza portafoglio. Tali sono le funzioni proprie della Presidenza individuate dal legislatore delegato, tra cui risulta altres la progettazione delle politiche generali e lassunzione di decisioni di indirizzo politico generale. Nellambito della riforma stata prevista listituzione, con Decreto del Presidente del Consiglio, di una Unit tecnica per la semplificazione e la qualit della regolazione, con la relativa segreteria tecnica composta dal capo del dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri e da professori universitari, magistrati amministrativi, contabili ed ordinari, avvocati dello Stato, funzionari parlamentari, avvocati del libero foro con almeno quindici anni di iscrizione allalbo professionale, dirigenti delle amministrazioni pubbliche ed esperti di elevata professionalit. Secondo il disposto di cui allart. 7 del d. lgs. n. 303/1999 al Presidente del Consiglio spetta autonomia organizzativa e contabile, in quanto con propri decreti pu individuare aree funzionali omogenee cui affidare compiti e attivit. Inoltre, egli pu istituire strutture di missione con durata 22 temporanea e con cadenza triennale pu, anche attraverso strutture specializzate, procedere alla verifica della razionalit dellordinamento e dellorganizzazione della Presidenza. Distinto dagli uffici di staff del Presidente, il Segretario gode di una propria autonomia in quanto svolge funzioni di snodo tra Presidenza e strutture amministrative. Egli, infatti, indica i parametri organizzativi e funzionali nonch gli obiettivi di gestione e di risultato cui sono tenuti i dirigenti generali ad essi preposti impartendo direttive generali per lazione amministrativa di cui al d.p.c.m. 4 agosto 2000. Al personale della Presidenza, ai sensi di cui allart. 9, comma 1, del d. lgs. n. 3030/ 1999, sono attribuiti compiti di diretta collaborazione con i Ministri secondo la disciplina del t.u. sul pubblico impiego ed il rimanente personale di cui si avvale la Presidenza sono elencate al comma 2 della norma richiamata.
5.2. CNEL, Consiglio di Stato e Corte dei conti. Organi ausiliari che operano con funzioni consultive sugli atti e sulle attivit delle amministrazioni e che la dottrina indica come organi di rilevanza costituzionale: - il C.N.E.L., ex art. 99 Cost., stato istituito nel 1957 e riformato in ultimo con legge n. 383 del 2000 un organo collegiale, composto da 121 membri, ha funzione consultiva delle Camere e del Governo ed iniziativa legislativa limitata alle sole materie delleconomia e del lavoro, mentre la funzione consultiva obbligatoria nella richiesta del parere alla relazione previsionale e programmatica che il Ministro delleconomia e della finanze tenuto ad inviare al Parlamento. - il Consiglio di Stato organo di consulenza giuridico amministrativa e di tutela della giustizia amministrativa. Istituito nel Regno di Sardegna nel 1831, con la riforma del 1865 ha assunto la duplice funzione giurisdizionale e consultiva. Fa capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed dotato di un organo di autogoverno, il Consiglio di Presidenza, composto da Magistrati dei T.A.R. e del Consiglio di Stato, competente in materia di stato giuridico dei magistrati, provvedimenti disciplinari ed incarichi esterni dei magistrati. E articolato in sette sezioni, di cui le prime e la settima con funzioni consultive e le rimanenti tre con funzioni giurisdizionali, cui si aggiungono lAdunanza generale con funzioni consultive e lAdunanza plenaria con funzioni giurisdizionali. Lattivit consultiva ha carattere generale, in quanto riguarda la legittimit ed il merito dellazione amministrativa. Quanto alla richiesta del parere al Consiglio di Stato, questa trasmessa dal Segretario generale alla Sezione competente che, in assenza di contraddittorio delle parti interessate, esprime la volont del Consiglio di Stato mediante congrua motivazione sulla base della iniziativa spettante al Ministro o al Sottosegretario su proposta del dirigente del servizio della materia oggetto della relazione. - la Corte dei Conti coadiuva gli organi titolari di funzioni legislative, di controllo ed indirizzo politico, esecutive e di amministrazione attiva. E indipendente dal Governo e dal Parlamento ed composto da impiegati amministrativi e magistrati. Lart. 100 Cost. attribuisce alla Corte dei conti funzioni di controllo e funzioni giurisdizionali nella materie di contabilit pubblica e nelle altre specificate dalla legge, ex art. 103 Cost. Essa svolge funzioni amministrative, quali i provvedimenti che adotta sullo stato giuridico dei propri dipendenti. Inoltre, essa svolge un controllo preventivo di legittimit sugli atti del Governo onde accertarne la conformit alle norme di legge, in particolare sulla legge di bilancio ed un controllo successivo sulla gestione del bilancio dello Stato al fine di valutare la legittimit e regolarit delle gestioni tenute da ciascuna amministrazione. La Corte, infine, opera un controllo sulla gestione finanziaria degli Enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. Alla Corte sono altres riconosciute funzioni giurisdizionali in materia di giudizi di conto e di responsabilit contabile ed in materia pensionistica. - lAvvocatura di Stato, fa capo al Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha il compito di provvedere alla tutela legale, mediante patrocinio in giudizio delle 23 amministrazioni. E articolata in Avvocature distrettuali a livello regionale ed composta da Procuratori ed Avvocati dello Stato e da personale amministrativo con vertice nellAvvocato generale, nominato con D.P.R., previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.
6. Le Amministrazioni Indipendenti. Le Amministrazioni indipendenti o autorit di regolazione sono state istituite a partire dal 1974, con la Consob (d. lg. n. 95 del 1974) che, accanto alla Banca dItalia, era preposta al risparmio secondo la previsione di cui allart. 47 Cost. In generale, tutte le amministrazioni indipendenti sono espressione dellesigenza di garantire il corretto funzionamento di un settore di mercato nel quale operano soggetti pubblici e privati, per cui esse intendono garantire che un determinato servizio sia offerto a favore della collettivit nel corretto funzionamento dello stesso. A differenza dei Ministeri, non esiste un modello predeterminato di organizzazione di tali amministrazioni, in quanto i caratteri essenziali delle stesse sono lindipendenza sia nellattivit di regolazione sia nella previsione di scelta dei vertici riconosciuti in base a specifiche competenze di alta professionalit. Accanto al requisito dellindipendenza si pone la neutralit, per il fatto che tali amministrazioni non appartengono ad un determinato settore cui le stesse sono chiamate a predisporre la regolazione. Infine, si ricorda listituzione con legge n. 146 del 1990 della Commissione di garanzia della legge sullesercizio del diritto di sciopero al fine di contemperare lesercizio di tale diritto co il godimento dei diritti della persona costituzionalmente tutelati, nonch lAutorit delle telecomunicazioni do cui alla legge n. 249/1997 ed il Garante per la protezione dei dati personali di cui alla legge n. 675 del 1996 modificata da d. lgs. n. 123 del 1997 e successive modifiche.
7. Gli enti pubblici Con legge n. 70/ 1975 sono stati soppressi i c.d. enti inutili e sono stati individuati i rispettivi enti necessari, il c.d. parastato, quali INPS, Cassa per il Mezzogiorno, ENEA, enti lirici, ACI. Accanto a tali enti, sono stati individuati enti non soggetti alla legge sul parastato, quali enti pubblici economici, enti locali territoriali (Province, comuni, ed altri enti locali) e gli altri enti pubblici, considerati non necessari n a statuto di specie che continuano ad esistente come enti privati. In particolare, i c.d. enti inutili non sono stati ricompresi nelle categorie menzionate in quanto ritenuti non meritevoli di sopravvivere e, dunque, sono stati soppressi. Inoltre, con la legge. n. 59/ 1997 il Governo stato delegato ad operare il riordino degli enti pubblici nazionali. Pertanto, con legge n. 191/ 1998 si provveduto a riordinare e razionalizzare gli enti pubblici mediante fusione e soppressione di enti ed organi aventi finalit omologhe o complementari nonch mediante trasformazione in pubblica amministrazione di enti per i quali lautonomia non risultava necessaria ovvero mediante privatizzazione di enti che presentavano alto indice di autonomia finanziaria.
8. Gli enti pubblici economici e limpresa pubblica Gli enti pubblici economici sono presenti gi nel periodo fascista nel settore ferroviario, tanto che nel 1905 si assistette alla riassunzione di tali enti da parte dello Stato, in quanto essi rappresentano una figura cardine dellintervento pubblico in economia e con laffidamento della loro gestione alla direzione del Ministero dei lavori pubblici che, nel 1948, divenne parte del Ministero dei trasporti. Analoga sorte tocc al settore dei tabacchi, che pass allAmministrazione autonoma dei monopoli di Stato ed allAmministrazione delle poste e delle telecomunicazioni per il settore postale. Gli enti preposti in tali settori rientrarono nella categoria delle c.d. Aziende autonome, quali strutture organizzative autonome sotto il profilo strutturale ma non funzionale, in quanto organo di vertice delle stesse era individuato nel Ministro di settore. 24 Le Aziende autonome sono state interessate da un processo di privatizzazione che le ha viste trasformate in enti pubblici economici e poi in s.p.a. con loro graduale collocazione sul mercato. Cos lIRI che, a partire dagli anni Sessanta, divenuta una holding raggruppando imprese nella propria struttura societaria operante in ambito finanziario. Fuori dalle holding, invece, restano Alitalia, Rai, autostrade e banche di interesse nazionale. Occorre altres sottolineare che la direttiva 93/ 38/CEE ha riconosciuto che le autorit pubbliche possono esercitare, direttamente o indirettamente, uninfluenza dominante riguardo ad unimpresa, in quanto possono controllare la maggioranza dei voti cui danno diritto alle parti di essere ammesse allimpresa oppure il diritto di nominare pi della met dei membri del C.d.A., del Consiglio direttivo o del Consiglio di vigilanza. Pertanto, alla luce di tale richiamo normativo, si ritiene che gli elementi caratterizzanti limpresa pubblica vanno indipendentemente considerati dalla sua forma giuridica, in quanto si deve tener conto delle regole di mercato.
9. il processo di privatizzazione e le societ pubbliche. A partire dagli anni Novanta, la situazione descritta nel paragrafo precedente risulta cambiata, in quanto lo Stato inizia a rinunciare al proprio ruolo di imprenditore. Il primo settore interessato dal processo di privatizzazione fu quello bancario, in quanto con la legge Amato n. 218/ 1990 gli enti pubblici creditizi sono stati trasformati in s.p.a. controllati da enti pubblici conferenti, le c.d. Fondazioni bancarie, titolari dellazione bancaria. La successiva fase di trasformazione diretta dellente, la c.d. privatizzazione formale, era prevista successivamente con la dotazione del fondo capitale allente mediante attribuzione della titolarit delle azioni ai possessori del fondo di dotazione, come nel caso della B.N.L. Invero, in presenza di privatizzazione formale si assiste alla trasformazione della forma giuridica dellente pubblico con successiva soppressione del Ministero delle partecipazioni statali di cui al d.l. n. 41 del 1993. Sempre nel 1993 si provveduto, inoltre, alla dismissione di ENEL, INA, Banca commerciale italiana, Credito italiano, IMI, Stet e Agip. Con legge n. 474/ 1994 si provveduto ad accelerare le procedure di dismissione delle partecipazioni statali in s.p.a. e si sono create le Authorities di settore, al fine di regolare e controllare i servizi di pubblica utilit anche in un momento successivo alla privatizzazione sostanziale. Dottrina e giurisprudenza si sono mostrate in contrasto con la tesi privati stiva, in quanto dette societ sarebbero di diritto privato, anche in caso di detenzione della maggioranza del pacchetto azionario da parte di un soggetto pubblico laddove i sostenitori della tesi pubblicistica del pacchetto azionario di maggioranza da parte del soggetto pubblico avrebbero riconosciuto la permanenza della natura pubblicistica di tali enti. Invero, si tratta di un cambiamento della sola veste giuridica, in quanto, come ribadito dalla Corte costituzionale (sentenza n. 446 del 1993) lassoggettamento di tali societ al controllo della Corte dei conti dimostra linnegabile rilievo pubblicistico che tali societ manentengono. Pertanto, le procedure pubblicistiche di evidenza pubblica, evidenziano tale natura pubblicistica anche nella sottoposizione dei contratti stipulati dalle FF.SS.: s.p.a. Ulteriore figure compresa nei soggetti nazionali lorganismo pubblico, introdotto a partire dalla direttiva 89/440/CEE e che comprende soggetti nazionali, indipendentemente dalla loro natura giuridica, che presentano caratteristiche proprie operanti secondo logiche diverse da qualsiasi imprenditore da cui lapplicazione della disciplina sullevidenza pubblica. Invero, si tratta di una nozione ampia ma che pu essere riassunta in tre punti essenziali: - natura pubblica dei bisogni che lente intende soddisfare; - personalit giuridica di diritto pubblico o di diritto privato; - decisioni dellente assunte sotto linfluenza dominante dellente pubblico. In numerose sentenza del giudice comunitario si rinviene, nel caso dellEnte fiera di Milano che ha ad oggetto attivit volte allorganizzazione della fiera, non si svolgono attivit lucrative per cui non si rinviene il carattere della redditivit e pertanto esso non costituisce un organismo di diritto 25 pubblico, ma laddove lente svolge attivit di promozione dei beni degli espositori allora esso svolge attivit di offerta di servizi sul mercato che si qualifica come attivit economica.
10. Gli organismi di diritto pubblico A seguito dei cambiamenti occorsi nelle pubbliche amministrazioni degli stati membri le strutture amministrative organizzative si presentano differenziate e con lavanzare del sistema comunitario si giunti alla scelta di implementare un sistema concorrenziale in diversi settori. In particolare, nel settore degli appalti, il legislatore comunitario ha elaborato la figura di organismo di diritto pubblico, facendo leva sullazione dei soggetti privati o pubblici tesa a garantire la piena efficacia del principio di libera circolazione, di amministrazione aggiudicatrice secondo uninterpretazione funzionale. Introdotta dalla direttiva 89/ 440/ CEE, la figura di organismo di diritto pubblico comprende tutti i soggetti nazionali, indipendentemente dalla loro natura giuridica che presentano caratteristiche tali da operare secondo logiche diversa da qualsiasi imprenditore privato e che, sotto il profilo funzionale, giustificano lapplicazione della disciplina sullevidenza pubblica. La normativa comunitaria recepita dal d. lgs. n. 163/ 2006 definisce lorganismo di diritto pubblico come qualsiasi organismo dotati di personalit giuridica, la cui attivit finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questultimi, oppure il cui organi di amministrazione, direzione o vigilanza sia costituito da membri pi della met dei quali designata dallo Stato, dagli enti locali o da altri organismi di diritto pubblico. Invero, si tratta di una nozione ampia che si pu riassumere in tre punti essenziali: a) la natura dei bisogni alla cui soddisfazione il soggetto istituito, ossia per soddisfare interessi generali aventi carattere non industriale o commerciale; b) la personalit giuridica, di diritto pubblico o di diritto privato; c) la presenza di una serie di elementi che fanno presumere che le decisioni dellente siano sotto linfluenza determinante di un soggetto pubblico, che seguono logiche diverse da quelle dellimprenditore privato. Invero, la preoccupazione della giurisprudenza stata quella di evitare che lente pubblico, avvalendosi di societ o di enti privati, possa provocare distorsioni nella concorrenza del mercato, favorendo imprese che lo Stato membro possa favorire. Pertanto, si ritenuto legittimo escludere la circostanza che i bisogni siano soddisfatti da soggetti operanti sul mercato tali da assumere un ruolo determinante nella qualificazione dellaspetto funzionale. In tale ambito si spiega il caso dellEnte fiera di Milano, in quanto organismo di diritto pubblico competente per lorganizzazione di fiere, esposizioni ed altre iniziative analoghe che costituisce attivit economica nelloffrire servizi sul mercato e gli espositori, daltro lato, beneficiano della promozione dei beni e dei servizi che espongono. In generale, la giurisprudenza ha affermato che lattivit di organizzazione fiere ed esposizioni ancorch soddisfi bisogni di interesse generale, non presenta carattere industriale e commerciale per cui tale attivit va inquadrata nellambito di un ente rientrante nella categoria di organismo di diritto pubblico.
11. Soggetti privati esercenti pubbliche funzioni. Nellambito dei soggetti privati esercenti pubbliche funzioni rientrano le Fondazioni, presenti nel settore della ricerca ed in quello bancario, con prevalenza dellelemento patrimoniale vincolato allo scopo che altruistico, non di lucro e soprattutto di pubblica utilit, in quanto teso a soddisfare interessi diversi dal fondatore. La giurisprudenza ha introdotto precisi limiti sullammissibilit dello svolgimento di attivit imprenditoriale svolta dalle Fondazioni, quanto conseguano i propri fini ideali nellambito delle attivit imprenditoriali a condizione che tali attivit siano strumentali alla realizzazione degli scopi istituzionali della medesima Fondazione. 26 Vi rientrano le fondazioni bancarie, quali persone giuridiche private senza scopo di lucro dotate autonomia statutaria e gestionale laddove la giurisprudenza costituzionale, in ultimo, le ha riqualificato in termini privatistici. In tale categoria rientrano altres le S.O.A., societ organismi di attestazione, che certificano la qualit delle imprese contraenti della P.A: secondo il modello previgente di iscrizione allAlbo Nazionale dei Costruttori. Tali organismi hanno struttura giuridica privatistica con lo scopo di offrire un servizio di rilascio di attestazioni di qualit volte a garantire un determinato livello di qualit da parte degli imprenditori nellesecuzione dellappalto. Lo svolgimento di dette attivit da parte delle S.O.A. subordinato allautorizzazione dellAutorit di Vigilanza sui lavori pubblici, sentita la commissione consultiva cui fanno parte i rappresentanti dei Ministeri di lavori pubblici, beni culturali, lavoro, ambiente, trasporti e difesa. Lattestazione rilasciata ha valore di atto pubblico e lAutorit di Vigilanza pu sostituirsi alle S.O.A. nel caso di loro mancato adempimento allonere di indicare previamente latto da adottare, e cio in caso di inerzia della stessa S.O.A.
12 Gli enti territoriali minori. La riforma del Titolo V, Parte II, della Costituzione, operata con legge cost. n. 3 del 2001 rappresenta unimportante riforma per il sistema delle autonomie locali sancendo, ai sensi di cui allart. 5 Cost., un assetto policentrico della Repubblica. Il nuovo art. 114 Cost. ha riconosciuto pari dignit costituzionale a Comuni, Province, Citt metropolitane, Regioni e Stato e si confermata la scelta del legislatore di abrogare i Commissari di governo e gli organi regionali di controllo di cui agli artt. 124, 125, comma 1 e 130 Cost. La legge di riforma, infatti, ha rovesciato landamento dei pubblici poteri, facendo partire il nuovo sistema dalle istituzioni pi prossime ai cittadini, secondo il principio della sussidiariet orizzontale e risalendo a quello pi elevato secondo il principio della sussidiariet verticale. La complessit della riforma costituzionale pone un nuovo equilibrio tra Stato, Regioni e Autonomie locali in sintonia con lart. 128 Cost. che sancisce lautonomia dei Comuni e delle Province secondo i principi fissati dalle leggi della Repubblica, che ne determinano le funzioni. Di qui la legge n. 131 del 2003 di delega al Governo per la revisione delle disposizioni sugli Enti locali e la stessa ratio rinvenuta nellabrogazione dellart. 129 Cost che qualifica Province e Comuni come circoscrizioni di decentramento statale e regionale. Con la riforma del Titolo V, infatti, gli enti locali hanno funzioni proprie che trovano il loro fondamento direttamente nella Costituzione ovvero sono destinatari di un conferimento di funzioni da parte dello Stato o della Regione secondo il principio di sussidiariet.
12.1. Potest legislativa delle Regioni e potest normativa delle Autonomie locali. Regioni, Province e Comuni presentano un Consiglio, titolare della potest normativa, ed una Giunta, titolare della rappresentanza dellEnte. In particolare, il novellato art. 117 Cost. ha riconosciuto alle Regioni la potest legislativa esclusiva che si aggiunge a quella concorrente con lo Stato, per cui si determina un sistema ripartito di competenze secondo le materie rispettivamente attribuite ai sensi del comma 2 dellart. 117 Cost. Il comma 3, dellart. 117 Cost. suddivide le competenze tra Stato e Regione riservando al primo la determinazione, mediante leggi quadro o cornice, dei principi fondamentali ed alle seconde lemanazione della legislazione specifica di settore. Invero, il nuovo articolo 117 Cost riconosce in capo alle Regioni una potest legislativa piena in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato, per cui la Regione ha potest legislativa non solo nelle competenze trasversali, ma anche in base a quanto indicato nelle pronunce della Corte costituzionale secondo il principio della sussidiariet legislativa. Con la legge n. 142/1990 stata prevista la possibilit per i Comuni e le Province di adottare, mediante regolamento, uno statuto con il quale stabilire i limiti fissati dalla legge, le norme fondamentali dellorganizzazione e la determinazione delle attribuzioni degli organi, lordinamento 27 degli uffici e dei servizi pubblici, la partecipazione popolare, laccesso dei cittadini ai procedimenti amministrativi. La potest regolamentare riconosciuta agli enti locali, riconosciuta a livello costituzionale allart. 114 Cost. e concerne lorganizzazione dellente, la relativa disciplina e lo svolgimento della gestione delle funzioni attribuire ai Comuni ai sensi dellart. 118 Cost. al fine di assicurare uniformit del sistema Infine, lart. 4 della legge n. 131/ 2003, c.d. legge La Loggia, ha previsto che, fino alladozione dei regolamenti locali, continuano ad applicarsi le norme statali e regionali vigenti.
12.2. Le funzioni amministrative degli Enti locali Nelloriginaria previsione dellart. 118 Cost., le funzioni amministrative degli Enti locali erano attribuite alle Regioni in base al principio del parallelismo tra competenza legislativa e competenza amministrativa. Il nuovo sistema, delineato a partire dalla legge n. 59/1997, ha fornito una nuova chiave interpretativa prevedendo il conferimento alle Regioni ed agli enti locali di tutte le funzioni e compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi e promozione dello sviluppo delle rispettive comunit. Tale sistema segue il principio di sussidiariet in virt del quale le funzioni amministrative dovrebbero assegnarsi a quegli Enti che, in ragione della loro vicinanza ai luoghi o ai gruppi di soggetti, risultano meglio rispondere ai bisogni della collettivit organizzata. Lassetto delineato dalla legge Bassanini confluito nel contenuto del nuovo art. 118 Cost., le cui linee guida per la relativa attuazione sono state indicate dallart. 7 della legge n. 131/ 2003 che dispone che lo Stato e le Regioni, sulla base delle loro rispettive competenze, conferiscono le funzioni amministrative da loro esercitate alla data di entrata in vigore della legge sulla base dei principi di sussidiariet, differenziazione e adeguatezza. Quanto allindividuazione delle funzioni proprie dei Comuni e delle funzioni conferite alle Autonomie locali, la definizione riservata alla legislazione statale esclusiva, in quanto si tratta di funzioni la cui titolarit spetta allo Stato ed alle Regioni. Invero, dallattuale assetto costituzionale risulta che le autonomie locali siano dotate di funzioni amministrative a seconda delle loro rispettive competenze, funzioni che per i Comuni si presentano come proprie, mentre per Province e Citt metropolitane presentano la natura di funzioni conferite con legge dello Stato o della Regione.
12.3. Gli strumenti di raccordo tra i diversi livelli di governo: Stato Regioni; Regioni Autonomie locali. La legge n. 3 del 2001 ha delineato un nuovo assetto di governo prevedendo altres strumenti di raccordo, collaborazione e concertazione. In tale ottica va considerato lart. 11 della legge cost. n. 3 del 2001, concernente lintegrazione della Commissione parlamentare per le questioni regionali con rappresentanti delle Regioni, Province Autonome ed Enti Locali nelle ipore di leggi di determinazione dei principi fondamentali delle materie di legislazione concorrente nonch nella nuova formulazione di cui allart. 119 Cost. In tali ipotesi, infatti, la Commissione integrata partecipa al procedimento legislativo chiedendo alla Commissione parlamentare in sede referente di accogliere le modificazioni richieste, il cui accoglimento non obbligatorio. Ulteriori sedi di raccordo delle istanze dei diversi organi di governo sono le Conferenze: - la Conferenza Stato Regioni; - la Conferenza c.d. unificata, Stato Regioni e Stato citt ed autonomie locali. Nel sistema previgente, tali istituzioni avevano mantenuto la loro posizione soprattutto al momento della concertazione, venendo a rappresentare il luogo privilegiato per il momento della definizione dellindirizzo politico amministrativo del governo. 28 La riforma costituzionale, riconoscendo la pari dignit costituzionale delle Autonomie locali, ha provveduto a coinvolgere maggiormente tali enti in ottemperanza ai principi costituzionali di leale collaborazione e partecipazione degli stessi alle decisioni statali e regionali. Pertanto, in virt della legge n. 59/ 1997 e d. lgs. n. 112/ 1998 sono sorti organismi di raccordo, denominati Conferenze Regioni Autonomie locali e Consigli delle Autonomie locali. Si tratta di organismi con funzioni consultive, con competenza per materie riguardanti atti regionali e piani di sviluppo nonch compiti di proposta, studio e informazione. Scelta del legislatore, dunque, quella di preveder un coinvolgimento delle Autonomie locali nella vita della Regione mediante attivit consultiva che ben pu incidere sullindirizzo politico amministrativo della Regione.
Parte II Le situazioni giuridiche soggettive
Capitolo 1 Nozioni generali 1. Considerazioni introduttive Molti dibattiti sono stati affrontati in dottrina sul tema delle situazioni giuridiche soggettive tanto che alcuni autori parlano di posizione giuridica soggettiva, in quanto ogni societ un insieme di persone, fisiche e giuridiche, con i loro interessi e progetti che lordinamento giuridico intende qualificare nel realizzare lordine nella vita di relazione della comunit. Lordinamento giuridico, infatti, attribuisce ai soggetti giuridici il complesso di qualificazioni relative ai loro interessi ed al loro agire, tali sono le situazioni giuridiche soggettive. Per situazione giuridica soggettiva sintende la situazione o posizione in cui viene a trovarsi un soggetto, per effetto della applicazione di una o pi regole di diritto. Molteplici sono le classificazioni offerte dalla dottrina, ma si ritiene, in generale, che nellindividuazione del criterio giuridico di individuazione delle situazioni giuridiche soggettive si debba riguardare secondo alcuni allinteresse, secondo altri ai comportamenti umani. In generale, vi concordia nel ritenere che le situazioni giuridiche soggettive hanno un sostrato materiale che secondo alcuni sarebbe linteresse riconosciuto o qualificato, mentre per altri si riguarda ai comportamenti umani classificati come consentiti, doverosi, vietati. Di seguito si illustrano le classificazioni ritenute le pi convincenti nel diritto amministrativo in tema di situazioni giuridiche soggettive.
2. Distinzioni delle situazioni giuridiche soggettive. Le situazioni giuridiche soggettive si distinguono a seconda che siano valutate positivamente o negativamente con riferimento allinteresse del titolare ovvero secondo lentit materiale o metagiuridica che loggetto della qualificazione. Secondo il primo criterio, le situazioni si presentano come situazioni di vantaggio o di svantaggio a seconda che qualifichino utilit(interesse) o pesi (obbligo) per i loro titolari. Per il secondo criterio, le situazioni si distinguono in attive o dinamiche e situazioni inattive o statiche, in quanto le prime hanno come sostrati interessi, mentre le secondo riguardano comportamenti. Differenza fondamentale, oltre allelemento metagiuridico, il tipo di qualificazione di tutela nel primo caso per gli interessi, mentre nel secondo caso per i comportamenti che attengono atti giuridici. Infatti, le situazioni dinamiche elevano comportamenti umani relativi ad atti giuridici, per cui si distingue tra semplici fatti giuridici ed atti giuridici in senso stretto che esprimono, invece, situazioni giuridiche soggettive, a differenza dei meri fatti giuridici, 29 Invero, le modificazioni giuridiche sono collegate a fattispecie giuridiche, per cui si parla di qualificazioni dinamiche relative alle fattispecie di rilevanza giuridica che ne sono elementi costitutivi. Le situazioni statiche, invece, attengono assetti di interessi in quiete e consentono il godimento degli interessi riconosciuti ed attengono interessi irrilevanti per il diritto, quali interessi facoltativi ovvero meramente leciti; laddove le situazioni dinamiche consentono la trasformazione degli interessi e si esercitano in atti giuridici. Esempio di situazione statica o inattiva il diritto soggettivo, assoluto o relativo, in quanto interesse giuridicamente riconosciuto e protetto; esempio di situazione dinamica il potere, in quanto situazione giuridica soggettiva diversa dal diritto. Invero, nel diritto soggettivo gli interessi costituiscono il sostrato materiale o metagiuridico della rispettiva qualificazione giuridica, i quali possono essere interessi di conservazione o interessi di modificazione giuridica e che, in ogni caso, non possono essere confusi con i poteri, in quanto essi esprimono atti giuridici tesi a soddisfare i loro titolari, per cui hanno a contenuto pretese giuridicamente protette. Gli interessi di quiete, infatti, corrispondono a diritti reali o, in generale, a diritti assoluti, mentre gli interessi della seconda specie si riferiscono a diritti di obbligazione o, in genere, a diritti relativi, i quali presuppongono un rapporto giuridico con altri soggetti in quanto risultano dal collegamento tra la situazione statica ed il comportamento altrui rispetto alla situazione dinamica sottesa al comportamento atteso.
3. Il potere giuridico Il potere la situazione giuridica soggettiva dinamica per eccellenza, che nasce dal diritto soggettivo inteso come agere licere o meglio come facultas agendi, cio come situazione giuridica dinamica. Il problema dellidentificazione del potere come situazione soggettiva stato studiato dalla teoria generale inizialmente con riferimento a diritti reali e, in particolare, al diritto di propriet inteso come diritto di godere e disporre di cose ex art. 832 c.c. Tuttavia, dato che il godimento implica attivit di mero fatto e da assenza di modificazione dellassetto degli interessi, si ritenuto che la facolt di disporre di un diritto non mai contenuto di tale diritto, bens esso va considerato come potere giuridico, ossia come diritto potestativo. Nellambito del diritto amministrativo, infatti, il potere ha assunto nel tempo rilievo di una situazione di genus comprensiva di situazioni di species, quali il potere in senso stretto ed il diritto soggettivo, in quanto il potere inteso come energia giuridica che consente al titolare di porre in essere atti aventi rilievo giuridico e, come tale, capace di comprendere appieno situazioni giuridiche soggettive che consento allamministrazione di porre in essere atti giuridici unilaterali. Lamministrazione pubblica, infatti, titolare di diritti soggettivi reali e obbligatori e di poteri giuridici paritetici e autoritativi, ovvero di poteri ad esercizio consensuale e ad esercizio unilaterale. Tuttavia, nel caso di soddisfazione dellinteresse pubblico, i diritti soggettivi sono tutelati alla stregua di oggetti di poteri discrezionali, per cui non vi n libert di godimento n libert di disposizione, ma entrambi gli aspetti sono disciplinati dalla legge e gestiti mediante atti formali, quali provvedimenti autoritativi ovvero negozi giuridici privati, conclusi mediante procedimenti amministrativi.
4. Situazioni dinamiche e rapporto giuridico Le situazioni di svantaggio possono essere statiche o dinamiche a seconda che riguardino il dovere di conservazione di situazioni giuridiche altrui o si collochino in vicende di modificazione di precedenti assetti di interessi. Ad esempio lobbligazione di pati e di non fare relative alla prima categoria ed il dovere di provvedere e lobbligazione di fare o di dare che appartengono alla seconda. In particolare, il dovere di provvedere la situazione soggettiva tipica dellamministrazione mediante la quale non si da luogo ad un rapporto giuridico tra situazioni soggettive. Di fatto, il 30 dovere di provvedere una situazione autonoma che rende giuridicamente necessario lesercizio del potere. Le situazioni giuridiche soggettive dinamiche costituiscono un rapporto giuridico in senso stretto, in quanto pretese di comportamenti altrui, quali il diritto di credito che implica lobbligazione del debitore ovvero linteresse legittimo che implica il dovere ed il potere dellamministrazione di provvedere o di non provvedere. Rapporti giuridici sono ravvisabili anche tra amministrazione e cittadini allorch tra loro si stabiliscono reciproci diritti soggettivi ed obblighi, ma anche quando lamministrazione titolare di poteri autoritativi ed il cittadino titolare di interessi legittimi, per cui si genera una facolt di protezione che stimola il comportamento altrui. Il rapporto giuridico, che potremmo chiamare di diritto amministrativo, tra situazione soggettiva di potere (autoritativo), situazione dinamica e linteresse legittimo, situazione statica si rinviene essenzialmente nel procedimento amministrativo, quale spazio entro il quale tali situazioni soggettive si confrontano e dialogano tra loro. Lamministrazione pubblica, infatti, determina in concreto linteresse pubblico da curare e prosegue in tal senso nella scelta dei mezzi migliori per soddisfarlo, il privato partecipa a contribuire alla determinazione degli interessi, pubblici e privati, da soddisfare. Di conseguenza, entrambe gli interessi, pubblici e privati, convivono nel procedimento amministrativo, in quanto linteresse privato non estraneo allamministrazione in quanto esso pu funzionare come limite allinteresse pubblico da cui il potere discrezionale dellamministrazione.
5. Lautonomia privata dellamministrazione. Lamministrazione pu compiere negozi giuridici ovvero altri atti giuridici privati. Recentemente lart. 1 della legge n. 15 del 2005 ha stabilito che la pubblica amministrazione adotta atti di natura non autoritativa ed agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente. Pertanto, si ritiene che la pubblica amministrazione pu porre in essere atti di diritto privato. Invero fin dai tempi antichi si distinto tra atti che fossero esercizio di potest pubbliche ed atti sottoposti alla disciplina di diritto privato e tale distinzione serv a sottoporre a disciplina giuridica e controllo giurisdizionale buona parte degli atti del Potere esecutivo. A seguito dellavvento dello Stato di diritto, tale distinzione stata estesa agli atti di imperio, soggetti a disciplina pubblicistica, distinguendoli dagli atti di gestione, soggetti a disciplina privatistica. Tuttavia, alla fine degli anni Trenta, la dottrina ha chiarito che anche lattivit di diritto privato deve considerarsi attivit amministrativa, in quanto finalizzata alla cura dellinteresse pubblico, tanto da potersi parlare di autonomia privata dellamministrazione. Tale attivit, infatti, sostanzialmente amministrativa e formalmente privatistica, consente di riconoscere lamministrazione secondo lautonomia negoziale o privata negli stessi termini in cui riconosciuta ai privati. Negli ultimi decenni, peraltro, si fatta strada una diversa concezione secondo la quale gli atti negoziali compiuti dallamministrazione non presuppongono che lamministrazione abbia autonomia privata, in quanto lautonomia privata esprime un potere libero di soddisfare i propri interessi, per cui si viene a negare che tale regola possa essere applicata agli atti amministrativi. In definitiva, si desume che lautonomia privata, quale potere libero di regolamentare i propri interessi, non pu essere riconosciuta allamministrazione in quanto essa risulta vincolata a curare gli interesse che le sono affidati. Tuttavia, se per autonomia privata sintende la capacit di porre in essere atti di natura privatistica, allora si pu pienamente ritenere che lamministrazione ne sia dotata. In ogni caso, lamministrazione deve agire curando linteresse pubblico e seguire le procedure tipiche previste dalla legge, sia che agisca nella stipulazione di contratti per cui deve seguire il 31 procedimento di evidenza pubblica sia che deve agire mediante atti autoritativi ovvero atti consensuali e privatistici.
1. Precisazioni sul potere giuridico e caratteri essenziali del potere della pubblica amministrazione Il potere termine che designa oggetti diversi e che nel diritto amministrativo individua come pubblici poteri i soggetti dellapparato amministrativo in quanto potere che la pubblica amministrazione esercita quale autorit nellambito dellattivit regolata dal diritto amministrativo classificata con il concetto di potere giuridico, che ha rappresentato una diversa funzione in quanto volont del soggetto indirizzata ad ottenere determinati effetti giuridici consentiti dalla norma. Il concetto di potere giuridico ha raggiunto una sua autonomia misurandosi con il diritto soggettivo, in quanto ad oggi il potere si definisce come lattitudine a determinare uno o pi effetti giuridici previsti dallordinamento. Caratteri specifici del potere esercitato dalla pubblica amministrazione sono: a) sono titolari del potere soltanto soggetti individuati dalla norma; b) determina gli effetti giuridici previsti dallordinamento, senza che occorra il consenso del soggetto interessato; c) si esercita mediante ladozione di un atto tipico denominato provvedimento amministrativo; d) si confronta con la situazione giuridica soggettiva dellinteresse legittimo; e) sindacabile, di solito, dal giudice amministrativo e la giurisdizione del T.A.R. e del Consiglio di Stato riguarda la legittimit che si articola in vizi di violazione di legge, competenza ed eccesso di potere.
2. Distinzione del potere della pubblica amministrazione in relazione al contenuto Nella disciplina giuridica del potere della pubblica amministrazione rientra lassetto degli interessi stabilito con lesercizio del potere che si distingue sotto tre profili. a) Poteri di trasformazione e poteri di conservazione. Attengono agli effetti che possono derivare dallesercizio del potere, quali gli effetti di costituzione, modifica, estinzione di situazioni giuridiche soggettive e la sua esecuzione incide nel reale producendo effetti materiali. In particolare, leffetto di trasformazione si produce mediante la produzione dellatto amministrativo positivo, mentre quello di conservazione si produce con latto amministrativo negativo e cio con atto che non produce effetti sul piano materiale. Tali poteri, non trovando alcun approfondimento in dottrina ed in giurisprudenza operano esclusivamente sul piano delle previsioni in quanto stabiliscono che non si proceda ad alcuna modificazione e non incidono nel reale, per cui non vengono coinvolti interessi legittimi. b) Poteri di indirizzo e poteri di gestione. Tale distinzione risale agli anni Novanta allorch tra gli organi politici, elettivi ed amministrativi si distribuisce il potere che, in precedenza, spettava allorgano politico. Gli organi politici, infatti, pongono indirizzi e scopi che gli organi amministrativi devono seguire nellesercizio dei loro poteri di gestione, e ci ha determinato una rivoluzione nellapparato amministrativo della pubblica amministrazione. Peraltro, il modello della c.d. responsabilit ministeriale sono individuati nel rapporto di gerarchia tra dipendenti ed organo politico, laddove i primi possono esternare ai secondi la volont dellamministrazione, in quanto di dipendenti possono preparare listruttoria, redigono atti e danno 32 ad essi esecuzione, restando irresponsabili in quanto sono gli organi politici responsabili degli atti assunti sul piano civile, penale ed amministrativo e sul piano politico per i risultati dellazione amministrativa. La distinzione tra poteri di indirizzo e poteri di gestione riguarda altres leliminazione della concentrazione negli organi politici dellattivit di indirizzo, gestione e controllo con attribuzione ai dirigenti dei poteri di gestione ed agli organi politici il potere di indicare gli obiettivi da perseguire. Pertanto, i dirigenti divengono responsabili degli atti adottati sul piano amministrativo, civile e penale oltre che dellefficienza della gestione e del raggiungimento degli obiettivi. c) Discrezionalit amministrativa o pura, discrezionalit c.d. tecnica (valutazioni tecniche) e potere vincolato. Il potere della pubblica amministrazione si distingue in potere vincolato, discrezionale puro, discrezionale tecnico o valutazione tecnica. Invero, la pubblica amministrazione dovrebbe eseguire la legge come specchio della previsione normativa, ma cos non in quanto essa opera nel concreto del divenire dellesperienza in cui rileva linteresse pubblico specifico che la legge non pu prevedere in tutte le sue possibili evenienze. Lamministrazione, pertanto, deve scegliere la soluzione pi opportuna in quanto esercita un potere di scelta che consiste nella discrezionalit amministrativa che si contrappone al potere vincolato che si ha quando la norma risolve la valutazione degli interessi e stabilisce il contenuto del provvedimento da adottare. La discrezionalit c.d. tecnica, invece, frutto di un giudizio che la norma stabilisce di effettuare e che il giudice amministrativo assimila alla discrezionalit amministrativa. La dottrina, peraltro, ha inteso sottoporre a regole giuridiche il potere discrezionale, anche quello tecnico, a tutela delle situazioni giuridiche soggettive dei cittadini altrimenti rimesse allarbitrio della pubblica amministrazione.
3. Potere vincolato e potere discrezionale puro. La distinzione tra potere vincolato e potere discrezionale stata gi spiegata dalla dottrina sin dagli inizi, ma la questione che si venuta a profilare sta nella riflessione se la norma disciplina in modo compiuto lazione amministrativa ovvero se non vi siano ulteriori margini di scelta in presenza di potere vincolato per cui si di fronte ad un potere discrezionale. Non si pu ripercorrere la complessa indagine della scienza del diritto amministrativo sul tema, ma si pu considerare la tesi dominante della dottrina, per cui lamministrazione deve agire per il soddisfacimento dellinteresse pubblico specifico, quale interesse primario, in quanto imposto dalla norma ovvero che la scelta sia eseguita valutando comparativamente tutti gli interessi pubblici secondari, collettivi e privati, per poi decidere lassetto degli interessi a seconda dellinteresse prevalente per il singolo caso e che pu risultare diverso da quello pubblico primario. In tal senso si spiega lesercizio del potere discrezionale della pubblica amministrazione che ha portato alla previsione di nuovi istituti giuridici, come la conferenza di servizi. In generale, gli enti a fini generali non hanno attribuzione di uno specifico interesse pubblico, mentre lo Stato presenta unattribuzione di un ben determinato interesse pubblico che viene predeterminato dalla legge in capo ad ogni Ministero, invece per gli enti territoriali sono gli organi politici a fissare indirizzi e scopi da perseguire nellesercizio del loro potere discrezionale. Invero, quando in un procedimento amministrativo occorre effettuare un esame contestuale dei vari interessi pubblici, ex art. 14 della legge n. 241/ 1990, lamministrazione procedente indice una conferenza di servizi per arrivare ad una decisione che frutto dellinsieme dei titolari dei diversi interessi pubblici coinvolti che contestualmente esprimono il loro avviso nella comparazione degli interessi primari e secondari che ivi si presentano. Viene, dunque, in rilievo linteresse pubblico determinato in concreto nella specifica situazione valutata dalla diverse amministrazioni, per cui la soluzione opportuna pu essere pi di una un quanto si riguarda allassunzione degli interessi di tutti e la loro valutazione comparativa in ordine 33 allinteresse primario o secondario in concreto valutato nel procedimento di partecipazione alla conferenza medesima.
4. La disciplina del contenuto del potere discrezionale Secondo una parte della dottrina dallagire della pubblica amministrazione andrebbe escluso il merito della scelta amministrativa, in quanto sfera inviolabile dellagire libero dellamministrazione i cui criteri sarebbero, invece, rinvenibili nellambito delle scienze sociali presupposte dalla norma. Invero, la giurisprudenza amministrativa ha da sempre sostenuto limpossibilit di svolgere un sindacato sulla opportunit della scelta rimessa alla pubblica amministrazione, salvo che nelle materie espressamente indicate dalla legge in cui esercitata la pi ampia giurisdizione estesa al merito. In particolare, la giurisprudenza ha individuato i criteri che la discrezionalit deve rispettare, pur in assenza di espressa previsione normativa, e cio la non contraddittoriet, la consequenzialit logica di ogni processo decisionale sotto forma di illogicit manifesta, ecc. Il metro utilizzato dalla giurisprudenza per valutare il contenuto del potere discrezionale consiste nella griglia delle regole disciplinanti il potere discrezionale della pubblica amministrazione che si ritiene vincolata per evitare la sanzione di annullamento in caso di impugnativa e che lo stesso giudice assume come principi che causano lillegittimit del provvedimento. In definitiva, il giudice, in assenza di previsione normativa sullesercizio del potere discrezionale, ha costruito le proprie regole che costituiscono un reticolo di norme di origine giurisprudenziale tali da confinare in ambiti sempre pi ristretti lagire libero della pubblica amministrazione.
5. La discrezionalit tecnica. La discrezionalit tecnica, in assenza di previsioni normative, stata riferita alla norma c.d. imprecisa, ossia a quella regola non univoca mediante la quale vengono definiti fatti complessi rispetto a quelli semplici, presupposti dellapplicazione della norma. La dottrina ha rilevato che laccertamento del fatto ed il suo apprezzamento rappresentano unattivit svolta dalla pubblica amministrazione mediante la quale il fatto ricondotto alla norma precisa e tale da distinguersi dalla discrezionalit amministrativa, in quanto atti di volont di un precetto. Il trattamento giuridico della norma imprecisa linsindacabilit del potere discrezionale esercitato dalla pubblica amministrazione e tale fattispecie risulta ancora pi complessa laddove la norma stabilisce che si debbano operare valutazioni che trovano il loro parametro in scienza c.d. esatte o umanistiche, come la medicina. Ebbene in tutti questi casi si parla di discrezionalit tecnica, in quanto il giudice amministrativo la ritiene sindacabile soltanto in sede di legittimit attraverso le c.d. figure sintomatiche di eccesso di potere. La discrezionalit tecnica manifestazione di un giudizio conseguente ad un accertamento di fatto, in cui rileva lapplicazione di criteri e parametri scientifici e tecnici e da regole che sono presupposte dalla norma che incorpora la tecnica. Invero, il giudice ordinario, civile o penale, pu disporre consulenze tecniche per rivalutare le operazioni eseguite e se convenuta la pubblica amministrazione possibile un accertamento del rapporto con lattore, soggetto privato, anche in ordine agli accertamenti tecnici mediante consulenza tecnica. Il giudice amministrativo, invece, conosce gli interessi legittimi incisi dallatto della pubblica amministrazione per cui egli pu limitarsi a sindacare la correttezza dellaccertamento e delle valutazioni compiute da questa compiute senza peraltro sostituirsi ad essa. Del resto, per effetto della legge n. 205/ 2000 il giudice amministrativo ha oggi il potere di disporre consulenze tecniche in ambito di giurisdizione di legittimit ed esclusiva. 34 Il giudizio di legittimit, infatti, riguarda il rispetto che la pubblica amministrazione eserciti il potere secondo le regole stabilite dalla norma e se questa richiama valutazioni tecniche il giudice amministrativo sar legittimato a valutarle. In definitiva, il giudice amministrativo ha perso la sua posizione in ordine alla insindacabilit della discrezionalit tecnica, da cui la possibilit di un sindacato che affondi la sua indagine sino alla verifica diretta della attendibilit delle operazioni tecniche. Invero, di recente di distinto tra giudizi tecnici opinabili e quindi soggettivi, e giudizi tecnici su dati univoci e non opinabili. Il giudizio per i primi sarebbe un sindacato di tipo debole attraverso leccesso di potere e le sue figure c.d. sintomatiche e come tale rimesso allamministrazione nellambito del suo potere di provvedere. In tal modo si esclude il sindacato sulle prove concorsuali e sugli esami di abilitazione professionale. Invero, lamministrazione non fa altro che interpretare il dato normativo ed accertare di fatto e valutare , secondo parametri tecnici richiamati dalla norma, la posizione da assumere da cui resta escluso che il giudice possa esprimere un giudizio che, come tale, riservato al potere dellamministrazione. Infatti, il giudice se compie unindagine piena e diretta alla valutazione tecnica d esecuzione alla norma, la cui tutela, ex art. 24 e 113, comma 1, Cost., deve essere piena ed effettiva in quanto il sindacato giudiziario deve tutelare sia diritti che interessi legittimi.
Capitolo 3
Le situazioni giuridiche soggettive dei privati.
1. Diritti soggettivi dei privati nei confronti dellamministrazione. Seguendo lindagine relativa alle situazioni giuridiche di vantaggio si pu affermare che i soggetti privati sono titolari, nei confronti dellamministrazione, di diritti soggettivi assoluti, relativi, reali ed obbligatori - e di interessi legittimi. Al privato, proprietario di un bene immobile spetta il rispetto che lordinamento prevede per tutti i soggetti e se, per esigenze di pubblica utilit, il bene deve essere espropriato, lamministrazione deve agire nel rispetto del principio di legalit per lo svolgimento del procedimento di espropriazione. In tale ambito, infatti, i diritti soggettivi dei privati sono tali anche nei confronti dellamministrazione che ha il potere di limitarli o di estinguerli, in quanto tale potere viene in essere mediante liter procedimentale in cui vengono tutelati il diritto soggettivo ed il potere avente ad oggetto la limitazione o lestinzione di quel diritto. Invero, il privato, titolare del diritto soggettivo, non resta privo di tutela in quanto lordinamento attribuisce al titolare del diritto una diversa situazione giuridica soggettiva, e cio linteresse legittimo che gli consente di partecipare al procedimento al fine di evitare o ridimensionare lincidenza negativa sul suo diritto. Non pu, dunque, parlarsi di trasformazione (o affievolimento) del diritto in interesse legittimo, in quanto si tratta di due vicende separate dal momento che linteresse legittimo nasce con linizio del procedimento ed il diritto soggettivo si estingue solo al momento della conclusione di esso e solo nel caso di provvedimento favorevole per il privato. Il diritto soggettivo pu essere tutelato come tale solo se il potere autoritativo di limitarlo o estinguerlo non sussiste o non viene in considerazione, per cui il soggetto pubblico adotta provvedimenti ablatori di cui non ha la titolarit del relativo potere, da cui la nullit del provvedimento adottato in carenza di potere (difetto assoluto di attribuzione).
35 2. Il problema dei diritti c.d .resistenti. Alla fine degli anni Settanta la Corte di cassazione ha individuato diritti non limitabili n estinguibili ad opera dellamministrazione, tanto da creare la categoria dei diritti non degradabili, c.d. diritti resistenti alla quale venivano ricondotti quei diritti costituzionalmente riconosciuti. Primo tra tutti il diritto alla salute, esteso anche al diritto allambiente salubre. Invero, il carattere resistente del diritto deve comportare lassenza di poteri amministrativi che ne possano determinare lablazione, per cui lamministrazione risulta priva del potere di affievolire il diritto costituzionalmente garantito. Sul piano sostanziale, peraltro, la tutela degli interessi privati, in caso di collisione con gli interessi pubblici, comporta limpossibilit di soddisfare i secondo e viceversa la soddisfazione dei primi impedisce di costruire una categoria di diritti resistenti allesercizio del potere. La giurisprudenza ha ritenuto che le controversie relative resistenti siano di competenza del giudice ordinario e non in quella del giudice amministrativo. In pratica, per, questa ripartizione di competenza giurisdizionale non possibile in quanto il giudice ordinario non pu annullare i provvedimenti amministrativi che vengano riconosciuti illegittimi, ma pu soltanto condannare al risarcimento del danno ovvero applicare misure interdittive degli interventi pubblici. Il legislatore non ha mai riconosciuto tale categoria di diritti, ma si limitato a disciplinare i provvedimenti cautelari del giudice amministrativo in tema di interessi essenziali della persona, quali il diritto alla salute, allintegrit dellambiente, ovvero altri beni di primario rilievo costituzionale, affermando altres la giurisdizione del giudice amministrativo. La Cassazione, invece, ha mantenuto fermo il suo orientamento e la Corte costituzionale, di recente, ha affermato che non ravvisabile alcun principio o norma del nostro ordinamento giuridico che riservi esclusivamente al giudice ordinario la tutela dei diritti costituzionalmente protetti (sentenza n. 140 del 2007) e ci consente una migliore composizione tra diritti privati ed interessi pubblici.
3. Linteresse legittimo In tema di interesse legittimo si pone la tutela giuridica dei privati che si trovano di fronte allamministrazione dotata di poteri autoritativi dal cui esercizio possono derivargli vantaggi o svantaggi. Linteresse legittimo, infatti, consente al privato di difendere il suo patrimonio giuridico dallazione intrusiva dellamministrazione ovvero di sollecitare o sostenere lazione amministrativa diretta allampliamento del suo patrimonio. In particolare, linteresse legittimo si qualifica come oppositivo nel primo caso (ex. espropriazione) ; mentre nel secondo caso si parla di interesse legittimo pretensivo ( ex. richiesta di provvedimento favorevole, in caso di concessione in uso esclusivo di bene demaniale). Entrambe le due specie di interesse legittimo hanno la medesima struttura ed i medesimi mezzi di tutela, per cui esso sussiste in tutti gli ordinamenti moderni ove il potere autoritativo retto dal principio di legalit ed anche al riparo dal controllo giurisdizionale. Altri ordinamenti hanno risolto in maniera diversa il problema della tutela dei privati nei confronti dellazione amministrativa: come in Germania che si fa riferimento a diritti pubblici soggettivi, quali species della categoria del diritto soggettivo. In Italia, invece, la necessita di elaborare una figura diversa dal diritto soggettivo stata determinata dallevoluzione della tutela giurisdizionale prevista nei confronti dellamministrazione rendendo inevitabile il ricorso allinteresse legittimo. La tutela dei privati nei confronti dellamministrazione, infatti, gi nel periodo del Regno dItalia aveva carattere prettamente amministrativo in omaggio al principio della separazione dei poteri, per cui i Tribunali del contenzioso amministrativo erano gli organi che facevano capo al contenzioso amministrativo. In occasione della legge di unificazione amministrativa (legge n. 2248 del 1865) il principio della separazione dei poteri venne superato e la tutela dei diritti soggettivi venne affidata al giudice, che 36 allora era soltanto il giudice ordinario e gli interessi non riconosciuti come diritti soggettivi rimasero senza tutela, amministrativa contenziosa. In tale situazione venne istituita con la riforma del 1889 la IV Sezione del Consiglio di Stato, c.d. perla giustizia amministrativa, che venne ad assicurare la tutela contro atti e provvedimenti delle autorit amministrative o di corpi amministrativi deliberanti che abbiano ad oggetto un interesse di individui o di enti morali giuridici, ossia un interesse considerato dal legislatore quale elemento metagiuridico che non pu consistere di per s in una situazione giuridica soggettiva.
4. Linteresse legittimo come situazione giuridica soggettiva Linteresse ha dato luogo ad un intensa ricerca teorica che, per tappe successive, ha consentito di attribuire sostanza alla generica espressione utilizzata dal legislatore del 1889. I primi commentatori della legge, infatti, avevano escluso che si fosse creata una nuova situazione giuridica soggettiva, per cui ove di diritti si fosse parlato la tutela era quella offerta dal giudice in forza della legge del 1865. Al fine di giustificare la tutela giurisdizionale, affidata alla IV Sezione del Consiglio di Stato, si utilizzarono vari espedienti facendo ricorso alla tutela in modo diretto dellinteresse pubblico ed in modo occasionale a quello privato, ritenendo che linteresse privato ricorrente fosse in verit un diritto soggettivo, che veniva affievolito dagli atti e provvedimenti amministrativi contro i quali si era presentato ricorso. Da tale ricostruzione emerge, dunque, che linteresse legittimo non era concepito come una situazione giuridica soggettiva al pari del diritto soggettivo, per cui la tutela giurisdizionale era nel senso pieno del termine. Linteresse legittimo, allora, si distingue nelle due categorie di interessi pretensivi ed interessi oppositivi, da cui si tenta di rendere concepibile la tutela giurisdizionale anche ad interessi non riconosciuti come diritti soggettivi. Di qui la tesi di Giuseppe Chiovenda che, allinizio del secolo scorso, superando la distinzione tra diritto soggettivo ed interesse legittimo, port al riconoscimento di un bene, oggetto del diritto soggettivo sostanziale, al titolare dellazione, ossia del diritto di rivolgersi al giudice amministrativo in quanto qualificazione giuridica da cui si riconosce altres la tutela giurisdizionale. Secondo tale tesi, infatti, linteresse del privato si riduce ad un interesse di ordine processuale, in quanto il titolare legittimato a proporre ricorso al giudice amministrativo. Tuttavia, linteresse legittimo resta privo di qualsiasi rilevanza giuridica sul piano sostanziale, seppure assume rilievo sul piano processuale nei termini di potere di agire in giudizio. Di qui, linteresse legittimo assurge a dignit di situazione soggettiva sia pure sotto il solo diritto processuale.
5. Linteresse legittimo come situazione giuridica sostanziale. Inteso come situazione processuale, linteresse legittimo nasce a seguito delladozione del provvedimento se favorevole, per cui si tutela linteresse pubblico curato dallamministrazione e linteresse legittimo si pone come reazione contro il provvedimento sfavorevole e come tale non sussiste prima di questultimo. Ritenere sussistente una situazione soggettiva di diritto sostanziale richiede che essa trovi riconoscimento e tutela prima del processo, per cui linteresse del privato doveva trovare legittimazione gi nel momento dellazione amministrativa. Si cerc, allora, di individuare quel valore del diritto oggettivo che garantisse il privato nella titolarit dellinteresse legittimo e lo si individu nella legittimit dellazione amministrativa. Tuttavia, tale nozione di legittimit contrastava con il valore in concreto rimesso al soggetto, in quanto essa riguardava in generale lazione amministrativa che, invece, andava collegata ad un interesse proprio del soggetto privato. Abbandonata lidea dellinteresse legittimo ancorato alla legittimit dellazione amministrativa, la dottrina ha preso atto dei limiti della relativa tutela per cui, secondo una visione concreta e 37 realistica, si posto come oggetto dellinteresse legittimo la stessa azione dellamministrazione in quanto strumentale ad acquisire un bene della vita, ossia un interesse sostanziale rappresentato da tale comportamento. La Costituzione ha definitivamente sanzionato il carattere di diritto sostanziale dellinteresse legittimo con lart. 24 Cost collocando linteresse legittimo accanto ai diritti soggettivi e parimenti gli artt. 103, comma 1 e 113 Cost. Il contenuto dellinteresse legittimo risulta dalla giurisprudenza e dalle diverse disposizioni legislative e dalla legge sul procedimento amministrativo.
6. Linteresse legittimo come situazione giuridica risarcibile Riconosciuto il carattere sostanziale dellinteresse legittimo se ne ricavata la sua risarcibilit in caso di violazione da parte dellamministrazione sia per il mancato o ritardato esercizio del potere sia per lillegittimo esercizio del potere. La dottrina ha confermato la tutela risarcitoria avverso comportamenti dannosi dellamministrazione in caso di danno ingiusto per lesione di un interesse giuridicamente rilevante , ossia di lesione di interesse legittimo. Fino alla fine del secolo scorso, la giurisprudenza non riteneva possibile il risarcimento del danno soprattutto perch preoccupata di tutelare le finanze pubbliche contro esborsi da risarcimento. Successivamente, dopo circa 110 anni dalla sua introduzione nel nostro ordinamento, linteresse legittimo ha trovato riconoscimento sotto il profilo risarcitorio seppure con diversi problemi. Il primo problema attiene alla concezione di interesse legittimo, per cui se si assume che esso abbia ad oggetto il bene della vita a cui aspira il suo titolare, allora la misura del risarcimento deve parametrarsi a tale valore laddove tale valore sar prognostico in caso di interesse legittimo inteso come bene che il titolare teme di perdere. Viceversa, se linteresse legittimo ha ad oggetto il comportamento dellamministrazione, allora esso vive nel procedimento e la misura del danno risarcibile dato dal valore di tale interesse che pu derivare dalla determinazione per la lesione dellinteresse finale avente ad oggetto il bene illecitamente sottratto. In giurisprudenza si seguono entrambi gli indirizzi della dottrina sovra richiamati, ma la giurisprudenza amministrativa pi consolidata ritiene che lazione risarcitoria sia strettamente dipendente dal favore dellesito dellazione di annullamento del provvedimento lesivo, in quanto il risarcimento pu essere chiesto se il danneggiato non ne abbia tempestivamente chiesto e poi ottenuto lannullamento.
Parte 3 Capitolo 1
Lattivit amministrativa
1. Verso la costruzione di una disciplina speciale dellazione amministrativa. Con la formazione dello Stato unitario la dottrina e la giurisprudenza hanno messo in luce come la sola disciplina applicabile agli atti amministrativi fosse il diritto privato e che, pertanto gli atti che comportavano il consenso dei privati non potevano che essere costruiti come atti consensuali. Lo schema consensuale venne esteso alle convenzioni pubblicistiche e gli atti c.d. ablatori venero ritenuti validi pur in assenza della volont della parte privata in quanto compensata dalla volont di legge. In tale contesto, in assenza di una disciplina speciale, gli atti dello Stato venivano intesi come atti sovrani e laddove si richiedevano atti consensuali si applicava la disciplina di diritto privato. In particolare, lattivit di diritto privato svolta dallo Stato si caratterizzava per lo sdoppiamento tra Stato e Fisco, in quanto idoneo ad operare in posizione paritetica rispetto ai cittadini e, in secondo 38 tempo, ricomposta ad unit la personalit dello Stato in quanto dotato di una doppia capacit di diritto pubblico e di diritto privato da cui la distinzione tra atti di imperio e atti di gestione. Di qui, lamministrazione inizia ad essere pensata come titolare di poteri unilaterali, in quanto capace di esercitare il relativo potere pur in assenza del consenso dei destinatari dei provvedimenti e, parimenti, si affermato il principio di legalit, per cui lamministrazione veniva ritenuta idonea dei soli poteri unilaterali previsti dalla legge e che doveva esercitarli sempre e comunque nel rispetto della legge. Conseguentemente, la tutela dei privati nei confronti degli atti unilaterali dellamministrazione si spostava nellambito della tutela offerta dal principio di legalit e si riteneva che latto amministrativo, caratterizzato da esecutivit ed esecutoriet, poteva essere ritenuto viziato seppure atto legittimo in quanto oggetto di eventuale annullamento.
2. Lazione amministrativa tra disciplina privatistica e disciplina pubblicistica Nellultimo decennio del secolo XIX si forma il diritto amministrativo e, accanto agli atti unilaterali, si specificano insieme agli atti consensuali anche i contratti, disciplinati dalla leggi di contabilit di Stato. Lattivit amministrativa dallessere soggetta al diritto pubblico ed in parte al diritto privato, trova un doppio statuto giuridico, in quanto dottrina e giurisprudenza si concentrano per lattivit amministrativa di diritto pubblico nella nozione di provvedimento amministrativo e per quella di diritto privato nelle forme proprie di diritto privato, ossia nella stessa posizione assunta dal soggetto privato. Massimo Severio Giannini, in particolare, definisce ogni ente pubblico dotato di autonomia privata sol perch persona giuridica, in quanto le norme sulla plurisoggettivit non distinguono tra soggetti persone fisiche e soggetti persone giuridiche. La giurisprudenza, inoltre, ha evidenziato come le regole di diritto pubblico si estendano alla formazione del contratto in quanto tese a tutelare il perseguimento dellinteresse pubblico tanto che la dottrina ha ravvisato come lamministrazione non possa utilizzare poteri di autonomia privata ma debba pur sempre esercitare poteri amministrativi. Negli anni Ottanta, la dottrina afferma che lattivit amministrativa pu esprimersi con strumenti privatistici in quanto attivit funzionalizzata e soggetta a regole generali diverse dallattivit dei soggetti privati. Nellambito delle nuove riflessioni si pone lattenzione al contratto di diritto pubblico, in quanto si espressione del potere unilaterale del potere dellamministrazione anche in atti bilaterali in cui convergono poteri diversi ma coincidenti nel regolamento di interessi cui latto giuridico da vita. In definitiva, accanto ai contratti di diritto privato in cui lamministrazione si pone in fattispecie bilateriali, si riconosce in capo allamministrazione un potere unilaterale non privatistico in cui si delineano gli accordi pubblicistici, le convenzioni pubblicistiche.
3. Lattivit amministrativa tra autorit e consenso. Il valore precettivo del potere amministrativo. La concezione attuale della dottrina maggioritaria considera lattivit amministrativa sia autoritaria che consensuale. Sotto il primo profilo, si designa una nozione strettamente tecnico giuridica, in cui si spezza la nozione di sovranit, quale potere autoritativo nel disciplinare interessi altrui e si riguarda al potere precettivo dellamministrazione nellelaborazione di regolamentazione di interessi pubblici e privati rispetto al quale latto amministrativo si pone come imperativo. Il potere imperativo, infatti, si esprime mediante atti precettivi unilaterali ed anche in atti bilaterali consensuali, cos negli accordi previsti dalla legge sul procedimento, laddove per la prima tipologia di atti il consenso non necessario. Nel caso in cui latto consensuale indispensabile per il raggiungimento di un determinato regolamento di interessi, allora, il potere amministrativo non pu considerarsi autoritativo, in quanto il consenso del privato condiziona tale regolamento. 39 Al potere precettivo, dunque, si riconosce il c.d. vincolo di scopo, in quanto finalizzato al raggiungimento di un interesse pubblico rispetto a quello degli amministrati e tale principio si fonda sulle regole di imparzialit, proporzionalit e trasparenza dellazione amministrativa, in quanto lamministrazione agisce tendendo conto dellapplicazione dei suddetti principi nel perseguire linteresse pubblico e nella tutela delle situazioni giuridiche soggettive dei privati.
4. Segue. Lattivit consensuale dellamministrazione Tanto in dottrina quanto in giurisprudenza lattivit consensuale dellamministrazione riguarda la posizione del privato che assume nelle obbligazioni nei confronti dellamministrazione, per cui consensuali possono essere anche atti sfavorevoli al privato ed in tal caso si esercita un potere autoritativo. Lamministrazione ha facolt di scegliere tra accordi o per provvedimenti e si tratta di una scelta discrezionale che va operata secondo il criterio dellinteresse pubblico. Inoltre, non vi alcuna corrispondenza tra atti di autorit ed atti consensuali ed atti di diritto pubblico ed atti di diritto privato, in quanto entrambe le categorie possono essere configurate come atti consensuali di diritto pubblico e viceversa. Nellambito delle fattispecie consensuali, i contratti prevedono la necessit del consenso dei privati laddove gli accordi non lo richiedono. Nellattivit di programmazione e di pianificazione, invece, laccordo assume carattere centrale, in quanto si sostituisce agli atti autoritativi nella negoziabilit dellassetto degli interessi in gioco.
5. Segue. Distinzioni vecchie e nuove. Lattivit amministrativa stata oggetto di numerose operazioni di classificazione in senso oggettivo ed in senso soggettivo. Alcune di tali distinzioni sono state tradizionalmente tralasciate, in quanto lattenzione si spostata sugli atti e sui provvedimenti, mentre altre trovano ancora piena validit. Rileva, infatti, il criterio teleologico, in merito allinteresse pubblico perseguito, in quanto lattivit amministrativa, al di l delle sue denominazioni, attivit necessariamente razionale nel suo esplicarsi nelle fasi di ideazione, programmazione, progettazione, decisione, realizzazione, esecuzione e valutazione dei risultati. Pertanto, in linea astratta, va considerata lattivit amministrativa in quanto tale al di l delle sue specificazioni.
6. Attivit e funzione amministrativa. Lattivit amministrativa in senso stretto ha una sua configurazione materiale o pregiuridica, in quanto lordinamento giuridico attribuisce efficacia a determinati suoi atti e si specifica come attivit amministrativa diretta in quanto cura di interessi pubblici. Molteplici sono i modi in cui lattivit amministrativa viene presa in considerazione, ma evidente che linteresse pubblico si pone come interesse non appartenente allamministrazione, ossia al soggetto che pone in essere lattivit di cura, per cui occorre domandarsi chi ne sia il titolare. In modo pi aggiornato si ritiene che gli interessi pubblici sono interessi di cui sono titolari le collettivit di riferimento degli apparati amministrativi che li hanno in cura e, in ultima istanza, il popolo al quale viene riferita la sovranit.
7. Modi e forme della rilevanza giuridica dellattivit amministrativa Lattivit amministrativa consiste nel complesso di atti puntuali che assurge a fattispecie in quanto considerate dal diritto. Oggetto della valutazione giuridica, infatti, lattivit amministrativa di volta in volta considerata nel suo insieme ovvero in segmenti separati secondo criteri diversi. In definitiva, lattivit amministrativa assunta come tale pene il problema della consistenza del principio di legalit e della relativa riserva di amministrazione, in quanto attivit finalizzata 40 allemanazione del provvedimento in cui si racchiude il procedimento ed al quale fanno riferimento il controllo di gestione, il controllo strategico e la responsabilit dirigenziale e cos via. Tali sono alcuni dei modi in cui si esprime lattivit amministrativa rispetto alla quale, in ultimo, stato aggiunto un nuovo istituto, la conferenza dei servizi in cui convergono pi procedimenti connessi al fine di conseguire un determinato risultato concreto.
Capitolo 2 Principi e azione amministrativa
1. Principi generali dellazione amministrativa dalla legge b. 241/1990 alla legge n. 15/ 2005. Lart.1, comma 1, della legge 241/1990 enuncia i principi dellazione amministrativa in quanto determinati dalla legge ed retta da criteri di economicit, efficacia e pubblicit secondo le modalit previste dalla legge e dalle altre disposizioni che disciplinano i singoli procedimenti. La novella di cui alla legge n. 15/2005 ribadisce tali principi ed affianca a quelli nazionali i principi dellordinamento comunitario aggiungendo, in particolare, la trasparenza dellattivit amministrativa. Nulla di nuovo aggiunge il comma 1- bis edlla legge, in quanto lamministrazione adotta atti di natura non autoritativa secondo le norme di diritto privato, salvo che la legge disponga diversamente. Infine, il comma 1- ter prevede che i soggetti privati preposti allesercizio di attivit amministrative assicurino il rispetto dei principi di cui al comma 1, ed in tale disposizione si conferma lorientamento giurisprudenziale da tempo consolidato. Invero, dallart. 1 della legge emerge una crisi con il principio di legalit in quanto sotto il profilo del primato della legge formale e sotto il principio dellapplicazione del principio si rileva che il principio di legalit fortemente contraddetto dalla prevalenza delle fonti normative comunitarie e dallaccrescimento delle fonti secondarie nonch dalla elaborazione di principi da parte della giurisprudenza relativi allattivit amministrativa.
2 .Principi giuridici e principio di legalit. Dalla crisi del principio di legalit emerge il tentativo da parte della dottrina di estendere la portata del principio a tutte le disposizioni costituenti il diritto in senso tecnico, ossia la possibilit di estendervi la sua applicazione fino al merito dellattivit amministrativa. Di qui, la legittimit dellazione amministrativa viene a risolversi nella conformit del provvedimento secondo parametri normativi o meno assunti come precostituiti, per cui la stessa legittimit assume contenuto diverso e sostanziale contrapponendosi al concetto di autorit. Il principio di legalit si espande fino a comprendere i criteri e le regole proprie dellagire dellamministrazione e a colmare eventuali lacune dellordinamento giuridico anche grazie allopera della giurisprudenza che ha contribuito a formulare i principi relativi allazione.
3. Principi e norme non giuridiche: in dibattito antico Il problema dei criteri di esercizio dellazione amministrativa ha investito la riflessione sulla discrezionalit amministrativa, ma soprattutto allinizio del secolo scorso che lattenzione della dottrina si posta sulle regole sociali e sui valori di giustizia capaci di indirizzare lattivit discrezionale della pubblica amministrazione. Nella riflessione sui criteri extra- giuridici, il dibattito degli anni Venti ha riguardato al rispetto della legalit e al merito, un quanto attivit assolutamente vincolata oppure discrezionalmente libera e tale orientamento venne confermato successivamente da M.S. Giannini che classific dette regole in regole morali, regole sociali, regole di buona amministrazione, regole di correttezza amministrativa e principi di politica. Invero, tali regole venivano riconosciute come regole giuda delle concrete scelte operate dallamministrazione. 41
4. I principi alla ricerca della giuridicit. In Francia la riflessione stata diversa, in quanto i canoni di condotta dellazione amministrativa sono stati censurati in sede di sindacato di legittimit da parte del Conseil dEtat, che ha posto lesigenza di porre un limite a tali regole nella misura della stabilit che lazione amministrativa deve assicurare nella propria attivit e di cui il giudice tenuto a garantirne il legittimo esercizio. Anche la cultura anglosassone e statunitense ha mosso un approccio realistico allanalisi dei criteri guida dellazione amministrativa, rinvenendo regole di azione concrete e specifiche che offrono canoni capaci di controllo. In Italia, il Consiglio di Stato ha affermato che le regole tecniche o sociali sono necessaria per lapplicazione di norme giuridiche in quanto consentono un ampliamento della sfera della legittimit. Pertanto, per soddisfare tali esigenze di tutela la dottrina ha offerto una sistemazione teorica a tali regole e principi dando rilevanza alla legittimit piuttosto che al merito. Si afferma, infatti, che lultima fonte di tali criteri data dallesperienza, che deve ritenersi desumibile dalla media degli uomini secondo lelaborazione propria delle discipline sociali oggettivamente riconosciute capaci di produrre le singole fattispecie. In definitiva, si afferma che lesperienza a fornire elementi sufficienti perch lagente possa esternare una norma ovvero una regola capace di disciplinare il caso concreto suscettibile di accertamento oggettivo.
5. Principi e mutevolezza delle regole non giuridiche. La dottrina andata molto al di l dellesistenza di tali criteri che guidano lazione amministrativa e tra le varie soluzioni proposte si sostenuto la rilevanza giuridica che non sia nella norma extra legem, ma nellinosservanza di essa tanto da parlare di invalidit esclusivamente amministrativa, in quanto difformit dellazione amministrativa nel rendersi efficiente secondo il principio di opportunit. Riconosciuti come insuscettibili di identificazione, tali regole risultano flessibili nel loro continuo adattarsi alla realt mutevole, da cui si deve negare che i medesimi canoni possano essere considerati norme giuridiche o norme dotate di rilevanza giuridica. Invero, non si contesta che qualsiasi regola possa avere contenuto di norma, ma soltanto che tali criteri risultano di difficile inquadramento sistematico e, dunque, privi di stabilit e certezza giuridica. Tuttavia, le norme o regole sociali possono essere formulate anche in modo indefinito e secondo principi scientifici ed assurgere a rilievo giuridico in sede di controllo di legittimit in quanto riflesso di una disciplina pi ampia determinata da esigenze di ordine, correttezza che sono poste a fondamento dellinteresse pubblico perseguito dallamministrazione. Di qui, lampliamento operato dalla dottrina in riferimento al principio di legalit che si pone quale fonte di esigenza di certezza dellazione amministrativa in sede di controllo di legittimit.
6. I principi generali dellordinamento A tale esigenza offre risposta tutta la elaborazione teorica sui principi generali dellordinamento che hanno contribuito ad ampliare il principio di legalit nellindirizzare lazione amministrativa. Lo stesso Mortati, infatti, afferma che tali criteri non devono essere intesi come corpo di regole compiute nella loro formulazione, in quanto piuttosto criteri generali o direttive dazione da cui ogni persona dovrebbe ricavare elementi necessari per stabilire la relativa disciplina dazione. Parimenti, negli ordinamenti di common law sono proprio i principi generali ad essere il principale limite allazione amministrativa rispetto ai quali si pone lattenzione del giudice amministrativo. La nostra giurisprudenza, inoltre, ha da tempo riconosciuto che i principi generali costituiscono regole dellazione amministrativa tali da caratterizzare il diritto amministrativo in quanto tali principi sono stati elevati a valori guida generali dellazione amministrativa.
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7. Segue, I principi di buona amministrazione in particolare. Tra i principi generali dellordinamento meritano attenzione i c. d. principi di buona amministrazione, in relazione ai quali si esclude che possano essere considerati principi generali dellordinamento. Invero, si tratta di regole di esperienza di cui gi si parlato che non possono essere confusi con i principi generali dellordinamento. In tal senso si spiega il c.d. principio di buona amministrazione, che gi presente nellordinamento giuridico fascista, assolve allesigenza insita nellordinamento giuridico statale di regolare lattivit delle persone giuridiche pubbliche. Il principio stato assunto allart. 97 Cost. insieme a quello di buon andamento e di imparzialit, laddove il buon andamento concerne lordinazione dellamministrazione al suo fine primario, cio allinteresse pubblico specifico e si pone come canore di regolamentazione primaria; il secondo riguarda il rispetto degli interessi secondari e si atteggia criterio positivo. Anche limparzialit vige come principio positivo nellattuale ordinamento giuridico, in quanto essa imposta dallevoluzione dellordinamento. Meno agevole la conclusione per il buon andamento, in quanto si tratta di una nozione che si riferisce specificamente agli uffici pubblici, per cui esso si profila sotto il duplice profilo funzionale e strutturale negli elementi organizzativi dellamministrazione e che regge lazione amministrativa nella cura del pubblico interesse. In conclusione, lamministrazione trova un orientamento in regole precise e puntuali stabilite dallordinamento giuridico ed in altri criteri guida della sua azione che vincolano nel merito le proprie scelte e che fungono da misura di valore di quelle scelte.
Capitolo 3 Il procedimento amministrativo
1. La nozione di procedimento amministrativo Le amministrazioni perseguono fini pubblici previsti dalla legge ed il procedimento amministrativo definito come la serie di atti ed attivit funzionalizzate alladozione del provvedimento amministrativo, che rappresenta latto finale della sequenza e che consiste nella decisione volta a produrre un determinato assetto di interessi cui il medesimo procedimento predisposto nella cura dellinteresse pubblico. Procedimento amministrativo, dunque, rappresenta il processo decisionale formalizzato attraverso il quale le amministrazioni pubbliche esercitano i poteri e le potest ad esse attribuite dalla legge per la cura di un interesse pubblico il cui esercizio deve avvenire nel rispetto dei principi di imparzialit, ragionevolezza e proporzionalit.
2. La disciplina giuridica del procedimento amministrativo Con la legge n. 241/ 1990 sono state emanate norme che disciplinano il procedimento amministrativo e lazione amministrativa, in particolare il diritto daccesso ai documenti amministrativo. Successivamente il legislatore intervenuto con legge 15/2005 e con legge 80/ 2005.
2.1. Segue. La competenza legislativa e normativa in materia procedimentale. Le disposizioni contenute nella legge del 1990 e nella novella del 2005 si applicano esclusivamente ai procedimenti amministrativi che si svolgono tra amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali salvo quanto stabilito in materia di giustizia amministrativa. 43 In particolare, il legislatore costituente delle riforma del Titolo V della nostra Carta costituzionale ha ridefinito il riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni ed ha attribuito alla competenza esclusiva statale la sola materia dellordinamento e dellorganizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali, per cui in tale ambito deve ritenersi sussistente la competenza legislativa delle Regioni relativamente allordinamento e allorganizzazione amministrativa regionale e degli enti pubblici ed ha attribuito la titolarit delle funzioni amministrative proprie e la potest regolamentare a Comuni, Province e Citt metropolitane in ordine alla disciplina dellorganizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite (art. 117 e 118 Cost.). In generale, la legge n. 241/1990 ha trovato applicazione generalizzata a tutte le amministrazioni pubbliche.
3. Struttura e funzione del procedimento amministrativo. La struttura del procedimento amministrativo non definita dalla legge 241/1990. La dottrina e la giurisprudenza hanno suddiviso il procedimento amministrativo in fasi: la fase di iniziativa, la fase istruttoria e la fase decisoria. Invero, la decisione amministrativa si forma durante lo svolgimento del procedimento che termina con lemanazione del provvedimento finale, per cui durante liter decisionale si snoda un contiunuum di azioni e momenti che si presentano unitari tra loro. Quanto allatto interno al procedimento si rinviene la sua forza lesiva delle posizioni giuridiche dei destinatari, in quanto si richiede ladozione di un parere, obbligatorio ma non vincolante, al fine delladozione del provvedimento finale con effetto lesivo per il privato laddove detto parere non sia stato legittimamente richiesto ovvero rilasciato. Sotto il profilo funzionale, il procedimento amministrativo serve a rendere palese il fatto di realt da cui si ricava lesigenza di cura dellinteresse pubblico, c.d. interesse primario, verso cui indirizzare lintero processo decisionale che si conclude con il provvedimento ed acquisire agli altri interessi, pubblici e privati, presenti nel fatto, c.d. interessi secondari. Inoltre, il procedimento serve ad accertare lesistenza e le caratteristiche del fatto e a valutare correttamente la consistenza degli interessi coinvolti nonch individuare le norme che disciplinano lesercizio del potere rispetto al caso concreto.
4. Lapertura del procedimento e liniziativa procedimentale Il procedimento si apre con il primo atto, latto di iniziativa procedimentale. Dallart. 2 della legge 241/1990 si ricava che lavvio del procedimento pu avvenire ad istanza di parte ovvero dufficio, per cui nel primo caso lamministrazione sollecitata dal privato o da altra amministrazione, mentre nel secondo caso la stessa amministrazione a dare avvio al procedimento. Di regola, i procedimenti ad istanza di parte sono destinati a conclusione con provvedimento che amplia la sfera giuridica del privato (ex. concessione duso di bene demaniale). Tuttavia, nel caso di primo atto che lamministrazione pone in essere per il perseguimento di interesse pubblico, liniziativa procedimentale viene a coincidere con il primo atto posto dallamministrazione (ex. espropriazione di terreno privato per realizzare opera pubblica).
5. Listruttoria procedimentale e il responsabile del procedimento. Allatto di iniziativa procedimentale segue la fase dellistruttoria in cui si svolgono tutte le attivit necessarie a chiarire le questioni rilevanti per la decisione finale. 44 Durante la fase istruttoria lamministrazione accerta e valuta il fatto di realt e la sua rilevanza per linteresse pubblico, acquisisce ulteriori fatti significativi e tutti gli interessi, pubblici e privati, coinvolti nonch esercita potest discrezionali con valutazione comparativa degli interessi coinvolti. Un ruolo decisivo in tale fase svolto dal responsabile del procedimento che, ai sensi di cui allart. 4 della legge, ove non sia direttamente stabilito per legge o per regolamento, le amministrazioni sono tenute a determinare per ciascun procedimento relativo agli atti di propria competenza lunit organizzativa responsabile dellistruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale. Al responsabile del procedimento affidato il corretto ed efficace svolgimento della fase istruttorio ed linterlocutore con i privati nellesercizio dellazione amministrativa. In particolare, valuta i requisiti di legittimazione ed i presupposti rilevanti per lemanazione del provvedimento, accerta dufficio i fatti adottando ogni misura per lo svolgimento dellistruttoria, indice la conferenza dei servizi, cura le comunicazioni previste dalle leggi e dai regolamenti. E altres lorgano competente per ladozione del provvedimento finale, ove diverso dal responsabile del procedimento, non pu discostarsi dalle risultanze dellistruttoria condotta da questultimo se non indicandone i motivi nel provvedimento finale. Dunque, il responsabile del procedimento figura centrale sia nella fase dellistruttoria che in quella dellemanazione del provvedimento nonch nello svolgimento di tutti gli adempimenti procedimentali.
6. La partecipazione dei privati al procedimento amministrativo nella legge 241/ 1990. Con la legge 241/1990 muta radicalmente il ruolo dei privati nel procedimento amministrativo, in quanto nel sistema previgente era centrale la posizione assunta dallamministrazione. Con la legge sul procedimento, infatti, la partecipazione dei privati serve alla migliore cura dellinteresse pubblico, in quanto lamministrazione chiamata a valutare linteresse privato rispetto allinteresse pubblico di cui essa ha cura nellesercizio del potere amministrativo. Alla disciplina giuridica della partecipazione dei privati al procedimento dedicato il Capo III della legge del 1990 che esclude lapplicazione di tale istituto per i procedimenti diretti allemanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e programmazione nonch di quelli tributari, in quanto ivi prevalgono esigenze di segretezza su quelle di pubblicit. Il bilanciamento tra principi di trasparenza e di pubblicit ha portato la giurisprudenza ad ampliare le prescrizioni relative alla partecipazione dei privati al procedimento tanto da interpretare in via estensiva la relativa disciplina. Tuttavia, in presenza di discipline settoriali che si applicano a determinati procedimenti, la legge 241/1990 viene a riconoscere una portata pi ampia della garanzia procedimentale, in quanto al privato sono riconosciuti strumenti pi incisivi di interloquire con lamministrazione anche oralmente e non soltanto mediante presentazione di memorie scritte e documenti come previsto dallart. 10 della legge 241/1990, instaurando in tal modo un vero e proprio contraddittorio con lamministrazione procedente.
7. La comunicazione di avvio del procedimento. La partecipazione di avvio del procedimento richiede che i soggetti interessati siano messi in condizione di avere conoscenza dellavvio del procedimento e tale circostanza garantita dalla comunicazione di avvio del procedimento di cui allart. 7 della legge n. 241/1990. Si tratta di un obbligo posto a carico dellamministrazione procedente nei confronti dei soggetti che sono indicati al comma 1, dellart. 7 della legge, ossia a coloro nei confronti dei quali il provvedimento finale diretto a produrre effetti giuridici ovvero a quelli che per legge devono intervenirvi nonch a coloro nei confronti dei quali il provvedimento pu arrecare pregiudizio, Lavvio del procedimento va altres comunicato ai soggetti che debbono partecipare al procedimento in virt di previsione di legge. Deroghe a tale obbligo sono previste laddove lamministrazione non tenuta a comunicare lavvio del procedimento in quanto prevalgono esigenze di celerit nellurgenza di provvedere, comma 1, 45 art. 7 della legge (cos nel caso di ordinanze di necessit) ovvero in caso di provvedimenti cautelari, ossia di provvedimenti di sospensione di efficacia di precedenti provvedimenti (ex. la sospensione di autorizzazione a svolgere una determinata attivit). Il mancato adempimento dellobbligo di comunicazione dellavvio del procedimento costituisce una violazione di legge e pu essere sanzionato nei termini di responsabilit disciplinare del funzionario titolare dellufficio che incorso nella violazione. Nella comunicazione deve essere indicata lamministrazione competente, loggetto del procedimento, lufficio e la persona responsabile del procedimento, nonch lufficio in cui si possono prendere visione degli atti e, dopo la legge 15/ 2005, il temine di conclusione del procedimento e, nei procedimenti ad iniziativa di parte, il termini di presentazione dellistanza. Secondo la giurisprudenza, ove la comunicazione non giunga a buon fine in tempo utile, la pubblica amministrazione non perde il potere di svolgere il procedimento e di adottare il provvedimento finale, che va emanato entro un certo termine a pena di decadenza.
8. Linterventore procedimentale e le sue pretese partecipative. Elencati i soggetti che devono ricevere la comunicazione dellavvio del procedimento, ove questi decidono di intervenire assumono la qualifica di interventori e la legge 241/1990 garantisce la possibilit di partecipare al procedimento amministrativo ad un certo insieme di soggetti che hanno il diritto di ricevere la relativa comunicazione di avvio. Ai sensi dellart. 9, comma 1, della legge la facolt di intervenire nel procedimento assicurata anche a qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici e privati nonch di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati cui possa derivare pregiudizio dal provvedimento. Il novero degli interventori decisamente ampio in quanto vi rientrano anche associazioni e comitati portatori di interessi diffusi con relativa loro determinazione di legittimazione in sede processuale sempre che ne ricorra il presupposto di lesione dellinteresse legittimo. In ogni caso, soggetti legittimati ad intervenire nel procedimento sono quelli indicati allart. 7, comma 1 e allart. 9, comma 1, della legge. In virt dellart. 10 della legge tali soggetti hanno il diritto di prendere visione degli atti del procedimento e il diritto di presentare memorie scritte e documenti che lamministrazione ha lobbligo di valutare ove pertinenti alloggetto del procedimento. In particolare, il diritto daccesso agli atti del procedimento consente di acquisire informazioni necessarie per poter interloquire con lamministrazione e si pone come strumentale al diritto di presentare memorie e documenti. Il contenuto della memoria, infatti, deve indicare asserzioni su fatti rilevanti per lo svolgimento del procedimento in relazione alla posizione dellinterventore. La pertinenza della memoria rispetto alloggetto del procedimento valutata dallamministrazione in riferimento al fatto prospettato e dal punto di vista dellinteresse di cui il soggetto ne sostiene la titolarit. Con la presentazione di memorie e documenti si costituisce un contraddittorio scritto tra interventori e lamministrazione procedente, laddove le pretese partecipative si qualificano in termini di diritti sebbene parte della dottrina li qualifichi come interesse legittimo definibili come interessi procedimentali. Tale ultima definizione sembra preferibile in quanto non tutti i soggetti legittimati a partecipare al procedimento risultano titolari di un interesse legittimo, in quanto lo sono soltanto i diretti destinatari del provvedimento finale ed i controiteressati di cui allart.7, comma 1, mentre non lo sono i soggetti di cui allart.9 della legge.
9. Istruttoria procedimentale e attivit di consulenza di amministrazioni pubbliche diverse da quella procedente Nella fase istruttoria possono altres intervenire altre pubbliche amministrazioni, per cui si determina unattivit consultiva con atti che sono resi sotto forma di pareri. 46 Il ricorso alla consulenza amministrativa avviene quando necessario acquisire e valutare interessi pubblici coinvolti nel procedimento e quando si tratta di considerare fatti complessi rispetto ai quali lamministrazione procedente non possiede le necessarie conoscenze tecniche. Ai sensi dellart. 16, comma 1, della legge le pubbliche amministrazioni sono tenute a rendere pareri ad esse obbligatoriamente richiesti entro quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta e linfruttuosa decorrenza del termine, senza che lamministrazione consultata abbia rilasciato il parere, autorizza lamministrazione a procedere indipendentemente dal parere, salvo che questultimo non debba essere rilasciato da pubbliche amministrazioni preposte alla tutela dellambiente, del paesaggio, del territorio e della salute del cittadino. Inoltre, ai sensi dellart. 17, comma 1, ove per espressa previsione di legge o di regolamento sia previsto che ladozione di un provvedimento debba avvenire previa acquisizione delle valutazioni tecniche di altre pubbliche amministrazioni e queste ultime non provvedano in tal senso ovvero non manifestano esigenze istruttorie nei termini fissati, lamministrazione procedente, per il tramite del responsabile del procedimento, deve richiedere le suddette valutazioni tecniche ad altre pubbliche amministrazioni che siano dotate di capacit tecnica equipollente ovvero ad istituti universitari. Si ricava, pertanto, che i pareri vengono richiesti in quanto previsti da una disposizione normativa, c.d. pareri obbligatori; ovvero ritenuti utili dallamministrazione procedente, c.d. pareri facoltativi, al fine delladozione del provvedimento finale ed possibile richiedere lintervento di altre pubbliche amministrazione che diano garanzia di possedere conoscenze e competenze adeguate al fatto accertato. In ogni caso, viene meno la possibilit di prescindere da pareri obbligatori in caso di pareri aventi ad oggetto la tutela dellambiente, del paesaggio, del territorio, della salute del cittadino. Il termine per il rilascio del parere fissato da legge o da regolamento in un periodo massimo di novanta giorni. Come gi detto, i pareri possono essere obbligatori o facoltativi, i primi producono effetti vincolanti e non vincolanti a seconda che possono essere o meno disattesi dallamministrazione procedente nella decisione finale. In particolare, parere vincolante finisce per imprimere lindirizzo specifico alla decisione finale, mentre il parere non vincolante comporta per lamministrazione di dare specifica motivazione delle ragioni che giustificano una decisione contraria alle valutazioni espresse nel parere a pena di illegittimit del provvedimento stesso. Il parere, in definitiva, atto endoprocedimentale, che non possiede capacit lesiva della sfera giudica del destinatario del provvedimento finale, per cui lamministrazione pubblica pu sempre discostarsene (parere non vincolante) e leventuale vizio potr essere fatto valere soltanto mediante impugnazione del provvedimento finale.
10. La comunicazione dei motivi ostativi allaccoglimento dellistanza La legge n. 15/ 2005 ha introdotto lart. 10 bis nel corpo della legge n. 241/1990, per cui nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o lorgano competente, prima delladozione del provvedimento di diniego, comunica tempestivamente a coloro che hanno dato avvio al procedimento, i motivi che ostano allaccoglimento dellistanza. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della suddetta comunicazione i soggetti destinatari hanno diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni eventualmente corredate da documenti. Tali prescrizioni non si applicano alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia di previdenza ed assistenza. Il fatto che lamministrazione assuma una diversa decisione, comporta per il privato limpossibilit di ricevere alcuna utilit dal procedimento avviato, tanto che le osservazioni offerte risultano irrilevanti e non condivisibili, di modo che lamministrazione che sia indotta a modificare la decisione questultima risulterebbe illegittima ove non ritenga di poter accogliere le argomentazioni offerte dal privato. La pubblica amministrazione, pertanto, comunica al privato il preavviso di diniego, quale atto endoprocedimentale, privo di autonoma capacit lesiva della sfera giuridica del destinatario dal 47 momento che la pubblica amministrazione decide diversamente da quanto comunicato da questultimo.
11. La conclusione del procedimento attraverso ladozione del provvedimento Lamministrazione, completata listruttoria, tenuta a decidere mediante il provvedimento amministrativo espresso, di cui allart. 2 della legge Lo svolgimento del procedimento contenuto entro il termine previsto dalla legge o dai regolamenti statali e che sono individuati tenendo conto della loro sostenibilit in tema di organizzazione amministrativa ed in base alla natura degli interessi pubblici tutelati. In particolare, tali termini iniziano a decorrere dallinizio dufficio del procedimento o dal ricevimento dellistanza di parte. Tale termine pu essere sospeso una sola volta per acquisire informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualit non attestati in documenti gi in possesso dellamministrazione procedente. Lobbligo di procedere e di provvedere di cui allart. 2 della legge stato oggetto di riflessione da parte della giurisprudenza che ha ravvisato come la p.a. non sia tenuta a dare corso al procedimento ed adottare il provvedimento in presenza di reiterate richieste aventi il medesimo contenuto, qualora sia stata gi adottata una decisione rispetto al caso concreto in un precedente procedimento in oppugnato e non vi siano sopravvenuti mutamenti delle situazioni di fatto e di diritto. Infine, nellipotesi in cui il procedimento non si concluda nel termine prescritto con il provvedimento espresso si determina il c.d. silenzio inadempimento con conseguente possibilit per il privato, che ha avanzato istanza di avvio del procedimento, di ottenere il risarcimento dei danni nonch, nelle more della scadenza del termine, di ottenere sentenza dal g.a. al fine di indurre la p.a. ad adottare il provvedimento.
Capitolo 4 Laccesso alla documentazione amministrativa
1. Pubblicit, trasparenza e diritti di accesso. Lart. 1, comma 1, della legge 241/1990, modificato dallart. 1 della legge 15/2005 prevede che lattivit amministrativa persegue fini determinati dalla legge ed retta da criteri di economicit, efficacia, pubblicit e trasparenza secondo le modalit previste dalla presente legge e da altre disposizioni che disciplinano i singoli procedimenti nonch dai principi dellordinamento comunitario. Il testo previgente prevedeva soltanto il criterio di pubblicit e di trasparenza, in quanto lattivit amministrativa era intesa soprattutto nella sua conoscibilit allesterno degli atti da cui desumere le scelte operate. Invero, il concetto di trasparenza, che sia o meno tenuto distinto da quello di pubblicit, riveste carattere metagiuridico, in quanto indica una forma di reazione dellordinamento al concetto di segreto dufficio, elemento costitutivo dellamministrazione burocratica. Invero, la legge, recependo un consolidato orientamento giurisprudenziale, ha ritenuto lammissibilit delle istanze di accesso preordinate al controllo sulloperato dellamministrazione, per cui listituto dellaccesso viene ad assumere un significato pi ampio rispetto a quello della trasparenza.
2. Natura giuridica del diritto di accesso. Lart. 22, comma 1, lett. a) della legge n. 241/1990 definisce il diritto di accesso come diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi, per cui tale diritto riveste natura di diritto soggettivo perfetto. Invero la giurisprudenza ha qualificato il diritto daccesso come diritto vero e proprio, mentre un orientamento minoritario lo aveva qualificato come interesse legittimo presupposto che il giudizio proposto contro il diniego di accesso avesse natura impugnatoria. 48 Il Consiglio di Stato, nel 1999, ha privilegiato tale ultima tesi, ritenendo che il legislatore pur avendo qualificato come diritto tale posizione soggettiva, invero si tratterebbe di interesse legittimo la cui tutela riferita allimpugnazione di un provvedimento autoritativo ovvero allinerzia dellamministrazione. Successivamente, alcune decisioni hanno ribadito la natura di diritto soggettivo sia sulla base della sua formale definizione sia sotto il profilo della sua concreta disciplina ed in tali termini si espressa anche lAdunanza plenaria del Consiglio di Stato.
3. I soggetti attivi Lart. 22, comma 1, lett. b della legge 241/ 1990 individua i soggetti interessati allacceso definendoli come soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondete ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale chiesto laccesso. Listituto, dunque, consente laccesso indistintamente a tutti i privati al controllo generalizzato sulloperato dellamministrazione procedente, ma tale situazione non si riferisce indistintamente a tutti i cittadini nei termini di buon andamento della p.a., in quanto non uno strumento di ispezione popolare sulloperato dellamministrazione. Il riferimento al diritto comunitario, inoltre, richiama la direttiva 90/313/CEE che persegue il duplice scopi di garantire leffettiva libert di acceso a tutte le informazioni relative allambiente in possesso delle pubbliche autorit onde rendere disponibili tali informazioni a chiunque ne faccia richiesta. Inoltre, lacquisizione di documenti amministrativi da parte di soggetti pubblici, si informa al principio di leale collaborazione istituzionale tale da trovare giustificazione nella semplice richiesta di informazioni. Tra i soggetti legittimati allaccesso rientrano i portatori di interessi pubblici o diffusi ed anche qui la norma recepisce un orientamento giurisprudenziale che riconosce in capo ai portatori di interessi diffusi laccesso subordinato alla verifica della rappresentativit dellassociazione o dellente esponenziale e della pertinenza dei fini statutari rispetto alloggetto dellistanza. Tale principio altres confermato dalla legge n. 281 del 1998, i tema di diritti dei consumatori e degli utenti.
4. I soggetti passivi Lart. 23 della legge n. 241/ 1990 stabilisce che il diritto daccesso si esercita nei confronti delle pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi. Loriginaria formulazione della norma consentiva laccesso nei confronti dei concessionari dei pubblici servizi, ma tale tesi stata ampiamente criticata in dottrina in quanto dopo la modifica dellart. 23 introdotta nel 1999 tale figura stata modificata con quella dei gestori di pubblici servizi, per cui si riguardato agli atti emanati dai concessionari come veri e propri provvedimenti amministrativi. Il servizio pubblico, pertanto, risulta finalizzato al soddisfacimento di interessi pubblici cui si collegano funzionalmente i gestori dei pubblici servizi, ritenuti soggetti passivi nellambito del diritto di accesso come confermato dalla legge. n. 15/2005 di modifica alla legge n. 241/ 1990.
5. Oggetto del diritto di accesso Lart. 22, comma 3, della legge 241/ 1990 dispone che tutti i documenti amministrativi sono accessibili ad eccezione di quelli indicati dallart. 24, comma 1, 2, 3, 5 e 6. Il problema che si pone riguarda il diritto di visionare i documenti quale prerogativa partecipativa in quanto riconducibile allistituto dellaccesso. Sul punto la giurisprudenza, infatti, ha ritenuto che il diritto di prendere visione degli atti si configura come il medesimo diritto di accesso ai documenti amministrativi, in quanto forma di accesso partecipativo e accesso informativo. 49 La legge qualifica come documento amministrativo ogni rappresentazione grafica, foto cinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una p.a. e concernenti attivit di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privati stiva della loro disciplina sostanziale. Tuttavia, la giurisprudenza ha chiarito che i parerei forniti da consulenti esterni sono esclusi dallaccesso, in quanto il segreto professionale p tutelato dallordinamento, mentre gli scritti dellAvvocatura di Stato sono atti coperti dal segreto, per cui le amministrazioni possono esercitare il potere motivato di diniego o di differimento. Quanto allaccessibilit agli atti di diritto privato dellamministrazione pubblica, parte della giurisprudenza aveva affermato lostensibilit di tali atti, in quanto essi riguarderebbero unattivit di valutazione soggetta al principio di imparzialit; altro orientamento, invece, aveva affermato che il diritto daccesso rappresenta unesigenza di perequare la posizione dellamministrato rispetto a quella del potere pubblico, per cui ne sarebbe giustificabile lesercizio del diritto di accesso in favore del privato. LAdunanza plenaria del Consiglio di Stato ha privilegiato la prima soluzione, in quanto buon andamento ed imparzialit dellamministrazione attengono sia allattivit procedimentale che allattivit di natura privatistica.
6. Limiti al diritto di accesso. La legge 241/1990 contempla tre categorie di limiti allesercizio del diritto di accesso: 1) a) lart. 24, comma 1, della legge novellato nel 2005 esclude il diritto di accesso per i documenti coperti da segreto di Stato e nei casi di segreto o divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge; b) nei procedimenti tributari; c) nei confronti dellattivit della p.a. diretta allemanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione; d) nei procedimenti selettivi concernenti informazioni di carattere psicoattitudinale di terzi. 2) ai sensi dellart. 8 del d.p.r. n. 352 del 1992 possono essere esclusi dal diritto di accesso i documenti amministrativi: a) quanto dalla loro divulgazione possa derivare una lesione alla sicurezza ed alla difesa nazionale; b) quando possa arrecarsi pregiudizio ai processi di formazione, determinazione e di attuazione della politica monetaria e valutaria; c) quando i documenti riguardino strutture, mezzi, dotazioni, personale ed attivit strettamente strumentali alla tutela dellordine pubblico e della repressione della criminalit nonch alle attivit di polizia e di conduzione delle indagini; quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi o imprese ed associazioni, con riferimento ad interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale Deve essere garantita ai richiedenti la visione degli atti dei procedimenti amministrativi, la cui conoscenza necessaria per curare o difendere i loro interessi giuridici. Il principio guida linteresse alla riservatezza, tutelato mediante la limitazione del diritto di accesso che, per, recede quando laccesso stesso sia esercitato per la difesa di un interesse giuridico nei limiti in cui esso necessario alla difesa di quellinteresse, La Corte costituzionale, in particolare, ha affermato nella sentenza n. 425/ 2005 la legittimit dellesclusione di autorizzare ladottato allaccesso alle informazioni sulle sue origini nel caso in cui, ove la madre naturale abbia espresso la volont di non essere nominata, e tale possibilit non condiziona il divieto per ladottato di accedere alle informazioni sulle origini alla previa verifica, da parte del giudice, dellattuale persistenza di quella volont.
50 7. Esercizio del diritto di accesso. Con d.p.r. 184/ 2006 sono disciplinate le modalit di esercizio del diritto di accesso ai documenti amministrativi, materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti alla stessa data dallamministrazione. Tale diritto, infatti, si esercita nei confronti dellautorit competente a formare latto conclusivo o a detenerlo stabilmente e lamministrazione tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare la richiesta di accesso. Ricevuta listanza di accesso agli atti, lamministrazione, individuati i contro interessati, deve darne loro comunicazione mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento o per via telematica. Entro i dieci giorni successivi, i contro interessati possono presentare motivata opposizione, anche per via telematica, alla richiesta di accesso e decorso tale termine, lamministrazione provvede sulla richiesta previo accertamento della ricezione della comunicazione. Inoltre, tramite istanza scritta lamministrazione deve comunicare allinteressato, entro dieci giorni dalla richiesta, se questa sia irregolare o incompleta e ci con qualunque mezzo idoneo a comprovare linvio. Mentre lart. 7 detta le formalit per la consultazione dei documenti, lart. 9 individua le fattispecie di non accoglimento, quali il rifiuto, la limitazione o il differimento dellaccesso al fine di assicurare la temporanea tutela degli interessi di cui allart. 24, comma 6, della legge 241/1990.
Parte 4 Il provvedimento amministrativo
Capitolo 1 Nozione, elementi, classificazione
1. Nozione di provvedimento amministrativo Nellindirizzo originario dello studio degli atti amministrativi si utilizzavano i risultati raggiunti dalla dottrina privatistica, per cui si faceva riferimento agli atti giuridici privati. Successivamente, gli atti amministrativi vennero distinti in meri atti amministrativi e negozi di diritto pubblico in base allelemento psichico della volont, per cui i negozi di diritto pubblico venivano considerati come dichiarazioni di volont della p.a. diretta a conseguire fini determinati, riconosciuti e protetti dal diritto (teoria negoziale delle dichiarazioni di volont della p.a.). Invero, ponendo laccento sul carattere precettivo dellatto finalizzato a realizzare un nuovo assetto di interessi, latto amministrativo venne inteso come atto di autoregolamento. Inoltre, ponendo in evidenza il carattere autoritativo dellatto amministrativo se ne escludeva il carattere di negozio privato. Di qui la diversa disciplina relativa alla struttura, alla validit ed allefficacia del negozio privato rispetto a quella dellatto amministrativo precettivo, in quanto seppure entrambi sono atti a contenuto precettivo il secondo non pu essere considerato negozio sia pure di diritto pubblico. In particolare, latto precettivo dellamministrazione si qualifica come provvedimento, in quanto esprime lidea del provvedere al soddisfacimento di interessi collettivo e segue la diversa disciplina del provvedimento rispetto a quella del negozio privato. Lazione amministrativa, infatti, avviene per sequenza di atti procedimentali in cui si racchiude la diversa funzione dei singoli atti del procedimento che si conclude con latto del provvedimento, laddove i precedenti atti sono finalizzati alladozione del provvedimento finale. Secondo M.S. Giannini la nozione di provvedimento amministrativo si spiega come atto autoritativo, nel senso che idoneo a modificare situazioni giuridiche altrui, senza necessit dellaltrui consenso. Caratteri del provvedimento: 51 a) sotto il profilo strutturale un atto unilaterale in quanto esercizio del potere unilaterale ed autoritativo; b) sotto il profilo funzionale atto di cura di interessi pubblici; c) sotto il profilo della formazione latto di conclusione del procedimento; d) sotto il profilo della disciplina un atto la cui validit parametrata ai profili funzionali e la cui efficacia caratterizzata dalla sua esecutivit.
2. Approfondimenti sulla nozione di provvedimento La figura del provvedimento stata messa in discussione sotto pi profili. In senso proprio il provvedimento atto autoritativo che produce effetti favorevoli per il destinatario, come le concessioni, le autorizzazioni, i permessi e cos via. Si tratta di provvedimenti che richiedono la necessaria richiesta ed il consenso dellinteressato, per cui lamministrazione non pu imporre una concessione di uso di suolo demaniale ovvero un permesso da costruire senza che il destinatario non ne abbia fatto richiesta. Tuttavia, non si pu escludere qualsiasi profilo di autoritativit, in quanto anche il provvedimento favorevole pu essere sfavorevole nei confronti di soggetti diversi dal destinatario. Parimenti, se il provvedimento favorevole non viene rilasciato, colui che lo ha richiesto potr impugnare il provvedimento negativo al pari di un qualsiasi provvedimento autoritativo. Lautoritativit, dunque, sussisteva anche in caso di provvedimenti favorevoli e di provvedimenti negativo oltre che di silenzio su istanze dei privati. Viepi, nel caso di atti vincolati, lamministrazione non fa altro che attuare disposizioni di rango superiore che possono essere considerati provvedimenti, per cui necessario verificare se sussistono o meno i presupposti di fatto cui la disposizione vincolante collega ladozione del provvedimento o, se si preferisce, il compimento dellatto di adempimento. Tale verifica rimessa allamministrazione nellambito del procedimento, per cui se latto risulta atto necessario, leffetto sullatto sar di tipo vincolante in quanto il provvedimento assume carattere imperativo. Tuttavia, allamministrazione non riconosciuto un potere analogo a quello dei privati in ambito di diritti potestativi, per cui di fronte ad una diversa situazione giuridica al potere autoritativo dellamministrazione si contrappone linteresse legittimo, mentre al diritto potestativo di natura privatistica si rinviene la mera soggezione. Il carattere autoritativo, non attiene propriamente al provvedimento, ma al potere che si manifesta nel procedimento anche prima che il provvedimento venga adottato, per cui lautoritariet non coincide con la regolazione degli interessi sottesi al provvedimento.
3. La struttura del provvedimento. In assenza di una specifica indicazione normativa sugli elementi costitutivi del provvedimento, a differenza del contratto i cui elementi sono consacrati allart. 1325 c.c., la dottrina ha preferito fare riferimento ai profili funzionali piuttosto che a quelli strutturali nello studio della struttura del provvedimento. Gli elementi essenziali del provvedimento, pertanto, sono davvero limitati e la cui mancanza determina la relativa nullit. Essi sono: a) il soggetto ( va considerato lautore, per cui se il provvedimento non proviene dallorgano che ha il potere di adottarlo, esso nullo per difetto assoluto di attribuzione) b) loggetto (se manca o impossibile la sua individuazione o determinazione, il provvedimento nullo) c) il contenuto; d) la forma; e) i motivi
52 4. Sui motivi e sulla forma del provvedimento Quanto ai motivi, ossia al profilo funzionale del provvedimento, si ritenuto che la causa del provvedimento funzione (economico- sociale) dellatto, per cui esso un atto tipico e persegue interessi pubblici indicati dalla legge. Tuttavia, seppure la funzione del provvedimento predeterminata dalla legge, linteresse pubblico concretamente perseguito non direttamente indicato dalla legge, per cui si possono comporre pi interessi pubblici rispetto ai quali lamministrazione individua e persegue un interesse concretamente determinato. I motivi devono essere esternati nel provvedimento o desumibili da atti comunicati agli interessati nel provvedimento come si rileva nellindicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione. Pertanto, la mancanza dei motivi non d luogo a nullit. Per i provvedimenti amministrativi, salvo rare eccezioni, vige la regola della forma scritta. In definitiva, perch il provvedimento sia considerato esistente occorre che sia reso conoscibile o esternato nella sua regolazione di interessi (contenuto decisionale) e riferibile ad un organo legittimato al potere di adottarlo.
5. Tipologia di provvedimenti Secondo M.S. Giannini le classificazioni relative ai provvedimenti riguarderebbero i procedimenti nei quali essi sono inseriti, da cui se ne ricavano gli effetti ed il contenuto. I procedimenti, infatti, sono disciplinati in modo differente tra loro, per cui si distinguono provvedimenti costitutivi e dichiarativi, generali e particolari, normativi e precettivi, di primo e di secondo grado e cos via. Molte di queste classificazioni si intrecciano tra loro. In particolare: a) i provvedimenti costitutivi modificano precedenti assetti di interessi determinando la nascita, la modificazione o lestinzione di situazioni giuridiche soggettive; b) i provvedimenti dichiarativi verificano o certificano situazioni di fatto; c) i provvedimenti generali presentano un contenuto non specifico e particolare, come quelli in ambito territoriale; e) i provvedimenti particolari si riferiscono a situazioni singolari; f) i provvedimenti normativi contengono precetti astratti; g) i provvedimenti precettivi contengono precetti concreti (disposizioni); h) i provvedimenti di secondo grado sono quelli che hanno ad oggetto precedenti provvedimenti (annullamento dufficio) o situazioni precedentemente create (revoca); i) provvedimenti in autentici, che non sono provvedimenti ma sono trattati nel diritto positivo come se lo fossero (provvedimenti sanzionatori e provvedimenti di gestione di beni pubblici). In definitiva, il provvedimento figura di carattere generale e disciplinata in maniera unilaterale per la sua validit ed efficacia. Lamministrazione pu agire alternativamente mediante negozi (accordi, contratti) di diritto privato facendo salva, in ogni caso, la cura dellinteresse pubblico.
6. I provvedimenti costitutivi I provvedimenti costitutivi determinano modificazioni nelle situazioni giuridiche soggettive di tipo positivo, provvedimenti favorevoli, ovvero di tipo negativo, provvedimenti sfavorevoli per i destinatari. In particolare, i provvedimenti favorevoli comportano che il privato titolare di interessi pretensivi laddove per i provvedimenti sfavorevoli si presentano interessi oppositivi da parte del destinatario. Invero, i provvedimenti favorevoli sono iniziati ad istanza del privato, mentre i secondi dono iniziati con atti dellamministrazione. Inoltre, mentre i provvedimenti sfavorevoli sono inclusi nella categoria dei provvedimenti ablatori, quelli favorevoli si distinguono in autorizzazioni e concessioni. Di qui si riguarda al fatto che i provvedimenti favorevoli sono accumunati in una sola categoria ma suddivisi in due categorie diverse, per cui con le autorizzazione si rimuove un ostacolo che 53 impedisce lesercizio dei diritti da parte del privato, mentre con le concessioni si conferiscono al privato nuovi diritti. Invero, si deve ritenere che una determinata attivit nella disponibilit del privato in quanto titolare s di un diritto, ma anche di una libert che appartiene alla sua autonomia laddove i beni e le attivit siano nella disponibilit dellamministrazione. In altri termini, lautorizzazione serve a verificare se lattivit del privato sia nella sua disponibilit e se possa essere da lui legittimamente svolta per non contrastare gli interessi pubblici. La concessione, invece, serve ad attribuire diritti, qualit. qualifiche onorifiche ai privati, c.d. utilitates sia trasferendo diritti riservati allamministrazione sia costituendo ex novo diritti prima inesistenti. Nel caso del passaporto, ad esempio, il nostro ordinamento riconosce che prima del relativo rilascio il cittadino abbia la disponibilit di entrare ed uscire dal territorio nazionale, da cui il relativo provvedimento autorizzatorio. Parimenti, nel permesso di costruire (dapprima licenza edilizia) si presuppone il diritto di costruire che inerisce al diritto di propriet, per cui il relativo provvedimento ha natura autorizzatoria. Successivamente, il legislatore oltre a cambiare denominazione, ha ritenuto che il suddetto provvedimento abbia natura concessoria ed ha imposto la corresponsione di un contributo per il suo rilascio. La giurisprudenza, inoltre, ha ritenuto che tale modifica terminologia comportasse una rilevante modifica sostanziale, in quanto la concessione ad edificare viene a presupporre facolt preesistenti cosicch il relativo provvedimento ha carattere di autorizzazione che nella legislazione successiva ha preso la nuova dizione di permesso da costruire.
7. I provvedimenti autorizzatori Le autorizzazioni presuppongono la presenza, in capo al privato che le richiede, di diritti, facolt o possibilit di fatto per cui tali provvedimenti non sono uniformi tanto che vi sono autorizzazioni che servono a verificare che il richiedente sia nel possesso di requisiti tecnici, professionali o di moralit cui la legge condiziona il rilascio del provvedimento, mentre in altri casi la verifica riguarda le caratteristiche oggettive del bene sul quale il richiedente intende esercitare il suo diritto, per cui questa composta scelte di discrezionalit tecnica come nelle autorizzazioni paesaggistiche. Altre volte le autorizzazioni servono ad attuare programmi ovvero il rispetto di contingentamenti, come nellautorizzazione alla vendita di carburanti. Le diverse specie di autorizzazioni sono denominate in vario modo in licenze, permessi, dispense, abilitazioni, nulla osta, ma resta comune la valutazione tra linteresse privato e linteresse pubblico nel relativo rilascio delle stesse. In particolare, nella dichiarazione di inizio attivit, c.d. d.i.a., introdotta in generale dalla legge sul procedimento, la dichiarazione, corredata dalle relative certificazioni, pu essere utilizzata al posto di atti di autorizzazione nonch di domande per le iscrizioni in albi o ruoli sempre che siano richieste per lesercizio di attivit imprenditoriale, commerciale o artigianale. Condizione essenziale per il rilascio di tali atti che questo dipenda esclusivamente dallaccertamento dei requisiti e dei presupposti di legge o di atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale. Quanto al procedimento di rilascio, una volta ricevuta la dichiarazione, lamministrazione pu richiedere informazioni o certificazioni soltanto se i relativi dati gi disponibili da parte dellamministrazione non siano contenuti in documenti gi disponibili da parte dellamministrazione stessa o direttamente acquisibili presso altre amministrazioni pubbliche. Dopo trenta giorni dalla presentazione della d.i.a. ha inizio lattivit che ne costituisce loggetto e di cui data comunicazione. Nei successivi trenta giorni, ove vi sia carenza delle condizioni prescritte, lamministrazione vieta la prosecuzione dellattivit e provvede alla rimozioni dei suoi effetti. La natura della D.I.A. ha trovato due diverse tesi interpretative: per la prima si tratta di una dichiarazione al provvedimento autorizzatorio, mentre per altra considerazione si tratta di un atto privato con il quale si richiede un provvedimento amministrativo. 54 La legge devolve le relative controversie al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, per cui anche i terzi possono impugnarlo.
8. I provvedimenti concessori. Condizioni essenziali per lemanazione dei provvedimenti concessori sono determinati dal fatto che lamministrazione titolare di beni, attivit ovvero poteri esclusivi, ossia utilitates di cui il privato ha interesse ad acquisire. Diversamente dalle autorizzazioni, nelle concessioni linteresse pubblico al centro delle valutazioni da parte dellamministrazione sia rispetto ai beni coinvolti che rispetto alle attivit riservate allamministrazione. Effetto tipico della concessione lattribuzione al privato di utilit patrimoniali, quali utilizzazione di beni, esercizio di attivit o anche non patrimoniali, quali cittadinanza, cambiamento o aggiunta di cognomi e onorificenze. Il privato, infatti, titolare di interesse legittimo che nasce in conseguenza della presentazione della domanda di concessione. Tali atti sono disciplinati come provvedimenti e per la maggiore tutela dei privati si riconosce la tutela del privato in quanto titolare di interesse legittimo e, daltronde, anche il terzo, contrario al rilascio della concessione, ha anchesso titolo a partecipare al procedimento e ad impugnare la concessione rilasciata ad altri. Le concessioni si distinguono in costitutive, in quanto assegnano utilitas di nuova creazione, ed in traslative, in quanto trasferiscono una utilitas che nella disponibilit dellamministrazione. Nel primo caso rientrano la concessione di cittadinanza o di onorificenza, nel secondo caso le concessioni dei diritti di godimento esclusivo su beni demaniali.
9. I provvedimenti ablatori Laggettivo ablatario deriva dal latino auferre (togliere, asportare) ed indica il carattere di provvedimenti con i quali si priva il privato di una utilitas (bene della vita) per esigenze di interesse pubblico. In riferimento alloggetto, i provvedimenti ablatori si distinguono in ablatori personali, in quanto incidono sulla libert o diritti personali ed ablatori reali, se incidono su diritti reali. Carattere comune ad entrambi limposizione di una privazione strumentale alla cura degli interessi pubblici, per cui si tratta di provvedimenti autoritativi dal contenuto sfavorevole per il privato in quanto in essi si manifesta pienamente il potere dellamministrazione. In particolare, i provvedimenti ablatori personali comprendono gli ordini dellamministrazione nei confronti dei privati, quali comandi (ordini di fare) ovvero divieti (ordini di non fare) e ve ne sono di vario tipo, come gli ordini di polizia, gli ordini ed i divieti sanitari e cos via. I provvedimenti ablatori reali, invece, sono considerati linverso dei provvedimenti concessori su beni, in quanto essi estinguono o limitano diritti reali e ne determinano lacquisto da parte dellamministrazione. Esempio paradigmatico di provvedimento ablatorio reale lespropriazione per pubblica utilit, con la quale viene estinta il diritto di propriet del privato ed esso viene acquisito a titolo originario da beneficiari, pubblici o privati. In tale ambito rientra altres la requisizione che ha per presupposto situazioni di emergenza e riguarda beni mobili e beni immobili nonch sequestri e confische ed imposizioni di servit. I provvedimenti ablatori obbligatori producono leffetto di far nascere un rapporto obbligatorio tra amministrazione e privato in cui la prima ha il ruolo di creditore ed il secondo quello di debitore e la prestazione consiste in somme di denaro e talvolta in attivit personali. Esempio del primo tipo il tributo, mentre quello del secondo tipo il servizio militare obbligatorio, peraltro abolito. A tali provvedimenti si applica lart. 23 Cost. per cui tali prestazioni possono essere applicate soltanto se previste dalla legge, in quanto espressione del principio di legalit.
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Capitolo 2 Il regime dei provvedimenti: lefficacia
1. Nozioni di teoria generale in tema di efficacia degli atti giuridici Lefficacia dellatto giuridico esprime la sua idoneit a produrre effetti nellordinamento giuridico di tipo costitutivi, modificativi, estintivi o meramente dichiarativi. Presupposto delleffetto giuridico la sussistenza del rapporto causale tra il fatto ed il valore sotteso al fatto, per cui leffetto di un contratto, ad esempio, implica il dovere di pagare il corrispettivo pattuito laddove tale prestazione pu nella realt anche essere differita per diverse ragioni. In riferimento allefficacia, la dottrina distingue tra efficacia ed esecuzione dellatto, un quanto si ritenuto che ogni effetto giuridico consegue ad una conseguenza pratica dovuta, ma ci non di mento leffetto giuridico va tenuto distinto dalla conseguenza pratica. Quanto al perfezionamento dellefficacia dellatto necessario che sussistano gli elementi essenziali minimi che consento di ascriverlo al tipo normativo al quale si imputano gli effetti voluti. Invero, lefficacia viene considerata in termini concreti di effettiva capacit dellatto di produrre conseguenze pratiche in quanto coincide con lesecuzione o la realizzazione degli effetti dellatto. Dal punto di vista temporale, lefficacia di regola istantanea, ma pu essere retroattiva o differita ovvero sottoposta a condizioni sospensive senza pregiudizio per la validit dellatto. Differenza sostanziale tra inefficacia ed invalidit degli atti consiste nel fatto che mentre la prima il prodotto di taluni aspetti della volont del privato, la seconda il risultato di vizi intrinseci dellatto. Invero, se lefficacia di un atto presuppone la sua validit, non vero il contrario in quanto vi possono essere atti validi ma inefficaci. Lefficacia dellatto, infatti, non preclusa dalla presenza di vizi di annullabilit che, fin quando non sono fatti valere, non impediscono la produzione degli effetti giuridici previsti dallordinamento. Linefficacia, di regola, assoluta, ossia opponibile a tutti, ma vi sono ipotesi di inefficacia relativa, come nel caso di negozio efficace tra le parti stipulanti ma che non produce effetto verso i terzi. Talvolta lefficacia dellatto subordinata alladozione di un ulteriore atto preventivo (autorizzazione) o successivo ( approvazione, omologazione, ratifica), c.d. atti integrativi dellefficacia. Si distinguono tre tipi di efficacia: a) efficacia costitutiva, come nel caso di contratto di compravendita che determina la costituzione di un nuovo diritto di propriet con estinzione del precedente; b) efficacia dichiarativa, per cui i precedenti atti conservano intanto il proprio contenuto, ma vi rafforzamento del riconoscimento della situazione oggetto dellatto con relativa specificazione del suo contenuto; c) efficacia preclusiva che si produce allorch un atto rende incontestabile un fatto che si prodotto nellordinamento, per cui si previene qualsiasi tipo di contestazione.
2. Lefficacia degli atti amministrativi: imperativit, esecutivit, eseguibilit, inoppugnabilit. Nella teoria generale lefficacia degli atti amministrativi riguarda soprattutto i provvedimenti amministrativi, in quanto espressione del potere pubblico predefinito e tipizzato esercitato dagli organi della p.a. Il provvedimento amministrativo, infatti, ha la capacit di trasformare il proprio contenuto dispositivo in conseguenze pratiche reali anche a prescindere dalla volont del privato e, ad ogni modo, esso esprime lattitudine a produrre effetti giuridici in senso unilaterale nella sfera giuridica altrui. Invero, la legge 241/1990 ha imposto il ricorso al procedimento amministrativo solo laddove la tutela di finalit pubbliche determino la necessit di farvi ricorso in quanto non altrimenti conseguibili attraverso gli ordinari mezzi posti a disposizione del diritto privato. 56 La novella della legge 241/1990 riconosce lefficacia del provvedimento al pari di quanto previsto peri i contratti di diritto privato, in quanto latto amministrativo finisce, al pari di una sentenza passata in giudicato, con il fare stato tra le parti ad ogni effetto di legge (art. 2909 c.c.), fermo restando il potere di autotutela della p.a. Lautorit esprime la qualit tipica del provvedimento, quale prerogativa degli enti autarchici. Limperativit sinonimo di autorit ed indica la capacit del provvedimento di incidere in senso modificativo nelle situazioni soggettive. Lesecutivit consiste nella produzione di effetti da parte di un provvedimento efficace a prescindere dalla sua validit. Linoppugnabilit individua la caratteristica del provvedimento di cui sia preclusa limpugnazione innanzi al giudice amministrativo ovvero innanzi allautorit amministrativa. Inoppugnabilit che non preclude lesercizio di eventuali poteri di annullamento o revoca da parte dellamministrazione.
3. Lefficacia nello spazio. Lo spazio, che insieme al tempo, costituisce le coordinate incidenti sullefficacia dellatto amministrativo, si correla alla competenza amministrativa, delimitandola, Gli organi di enti territoriali, di articolazione di amministrazioni statali e di enti pubblici nazionali emanano atti i cui effetti sono di norma limitati al rispetto di un ambito territoriale di competenza. Cos lordine di demolizione di un manufatto abusivo dellufficio tecnico di un Comune efficace soltanto se la costruzione si trovi sul territorio di tale ente. Eccezioni a tale principio possono rilevarsi, ad esempio, nel caso di carta didentit rilasciata dal Comune e valida su tutto il territorio nazionale.
4. Lefficacia nel tempo Lefficacia temporale rileva sotto un duplice profilo, quello della decorrenza degli effetti e quello della loro durata sino alleventuale cessazione. Quanto alla durata, gli effetti dellatto possono distinguersi in atti ad effetto istantaneo, come nellordine di demolizione; ed atti ad effetto prolungato, come nella concessione duso di bene demaniale ovvero lautorizzazione allesercizio di attivit commerciale. Lefficacia nel tempo pu essere altres prolungata in presenza di determinati presupposti, mediante un atto che incida in senso modificativo sulla mera durata del rapporto, ovvero rinnovata con un atti che instauri un nuovo rapporto di durata del tutto uguale al precedente. La proroga, dunque, costituisce un provvedimento che va adottato prima della scadenza del rapporto, salvo proroga tacita. In caso di prorogatio, grazie alla quale il titolare di un organo competente nellesercizio delle sue funzioni ancorch sia scaduto il termine in carica e non sia stato nominato o eletto il sostituto, pu continuare nel mantenimento della titolarit delle sue funzioni, per cui lamministrazione, in prossimit della scadenza del rapporto, tenuta ad avvisare linteressato. Il provvedimento amministrativo inizia a produrre effetti al momento della sua comunicazione. In particolare, lart. 21 bis introdotto dalla novella legge 15/2005 prevede lobbligo di comunicazione del provvedimento quale condizione della sua efficacia al fine di evitare il ruolo unilaterale tradizionalmente assunto dallamministrazione, laddove nel sistema previgente tale comunicazione costituiva soltanto la condizione per la decorrenza del termine di impugnazione dellatto innanzi al g.a. La novella, invece, riconosce in tale obbligo da parte dellamministrazione la condizione di efficacia del provvedimento, ma non della sua validit, in quanto la mancata comunicazione agisce rispetto alla produzione degli effetti dellatto e di mancata decorrenza dei termini per limpugnazione. I terzi controinteressati, allora, sono tutelari rispetto al rilascio del provvedimento favorevole in quanto nei loro confronti previsto lobbligo di comunicazione dei provvedimenti amministrativi e tale comunicazione pu avvenire anche in via telematica o mediante usi di appropriati strumenti di 57 comunicazione, quale ad esempio la pubblicazione dei bandi di progettazione su riviste specializzate di ordini professionali. In caso di situazioni di conflitto tra effetti ampliativi ed effetti restrittivi prodotti dal provvedimento rispetto alla sfera giuridica del privato, la dottrina ritiene che lobbligo di comunicazione vada esteso anche ai provvedimenti di diniego di provvedimenti ampliativi nonch al preavviso di rigetto a fronte di provvedimenti comunque limitativi sia nei confronti di interessi oppositivi che pretensivi. In generale, si ritiene che tutti i provvedimenti amministrativi sono da considerarsi tutti recettizi in vi di principio, in quanto spiegano i loro effetti solo al momento in cui entrano nella sfera giuridica di conoscibilit degli interessati, per cui latto amministrativo va notificato a tutte le persone interessate. I provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente, salvo diversamente stabilito dalla legge o dal provvedimento medesimo. Tale principio, di cui allart. 21 quater del novellato testo della legge 241/1990, rileva come lefficacia giuridica del provvedimento e la sua esecuzione vanno considerato come effetti materiali conseguenti, seppure pu verificarsi che lefficacia dellatto sia sottoposta a condizione sospensiva o a termine iniziale, ossia a momento temporale futuro e certo dal quale gli effetti del provvedimento si producono (efficacia irretroattiva). In caso di provvedimento sottoposto a procedimento di controllo di legittimit si ritiene che in caso di esito positivo si determina lefficacia del medesimo, per cui il controllo opera come condizione sospensiva, ossia con effetti retroattivi. Lefficacia retroattiva tipica nei provvedimenti di secondo grado.
5. Lefficacia soggettiva Lefficacia spaziale si correla, oltre alla competenza oggettiva degli enti pubblici, allambito soggettivo passivo di riferimento. Sotto il primo profilo, il provvedimento amministrativo pu esprime la sua efficacia in ordine a figure soggettive individuali o collettive, private o pubbliche. Invero, levoluzione dellattivit amministrativa ha visto il proliferare di destinatari dei provvedimenti amministrativi determinando una rete di rapporti equiordinati tra soggetti istituzionalizzati di pari dignit posti a tutela di interessi pubblici a volte configgenti tra loro. Sotto il profilo soggettivo, i provvedimenti amministrativi possono rivolgersi ad una pluralit di soggetti, per cui si distingue tra: a) atto collettivo, che ha ad oggetto fatti relativi ad ordinamenti particolari e produce effetti giuridici nei confronti di ciascun appartenente alla categoria di riferimento; b) atto plurimo, in cui vi una sola dichiarazione in cui si raccolgono molteplici figure soggettive; c) atto generale che produce effetti plurisoggettivi in quanto si rivolge a gruppi indeterminati di figure soggettive. Lart. 21 bis della novellata legge 241/1990 prevede che, dal momento della comunicazione del provvedimento si determina lefficacia del medesimo, percui i soggetti destinatari dellatto vanno considerati come i soggetti nella cui sfera giuridica latto destinato direttamente a produrre effetti.
6. Lefficacia oggettiva Il provvedimento amministrativo, al pari di tutti gli atti giuridici, pu avere efficacia costitutiva, modificativa, estintiva o anche dichiarativa. Gli atti prodomici al provvedimento esercitano una funzione di supporto limitato a situazioni giuridiche soggettive meramente procedimentali che hanno luogo nella fase istruttoria del procedimento e dai quali il provvedimento finale pu motivatamente discostarsi. Il provvedimento pu produrre effetti reali (costituzione di nuova propriet a seguito di espropriazione) ed effetti obbligatori (determinazione di corresponsione di un contributo pubblico o allimposizione di un tributo). 58 I provvedimenti possono riguardare decisioni amministrative contenziose ovvero irrogare sanzioni amministrative ovvero ampliare la sfera giuridica dei privati mediante autorizzazioni e concessioni nonch attribuire qualit giuridiche mediante atti di certazione.
7. La sospensione dellefficacia Lart. 21 quater, comma 2, della novellata legge 241/1990 prevede che lefficacia o lesecuzione del provvedimento amministrativo pu essere sospesa per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario, dallo stesso organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La sospensione va accompagnata dallindicazione del termine prorogabile o differibile per una sola volta o riducibile per sopravvenute esigenze. Prima della novella, il termine di sospensione veniva considerato come potere implicito della p.a., in quanto insito nellesercizio della pubblica funzione. La novella, invece, ha ribadito che in tale ambito lorgano competente deve coincidere con lo stesso che ha emanato latto in questione oppure con altro organo espressamente previsto dalla legge, per cui si riconosciuto il progressivo dissolvimento del rapporto gerarchico della p.a. in quanto appare quanto meno dubbio che il ministro, cui spetta il potere di annullare gli atti del dirigente per motivi di legittimit di cui allart. 14, comma 3 del d.lgs. 165/2001, possa procedere alla loro sospensione in mancanza di disposizione normativa espressa che espressamente la legittimi. Il provvedimento di sospensione costituisce espressione del potere cautelare tale da innestarsi nellambito di un procedimento di secondo grado teso allannullamento ovvero alla revoca di un provvedimento. Pertanto, lamministrazione sar legittimata a porre in essere provvedimenti di sospensione atti ad evitare che si producano conseguenze irreversibili o comunque gravi tali da compromettere lefficacia del successivo potere di autotutela. Conseguentemente, se lamministrazione non ritenga di dar luogo allesercizio di autotutela mediante annullamento o revoca del provvedimento, la sospensione dovr cessare dal produrre i propri effetti e potr riprendersi lesecuzione dellatto gi sospeso in via cautelare. Invero, la sussistenza delle gravi ragioni alladozione del provvedimento di sospensione consentono allamministrazione di operare sia in situazioni di legittimit di un provvedimento, la cui efficacia pu essere sospesa istantaneamente, in quanto gli effetti non si sono gi prodotti, ovvero in senso durevole, per cui il provvedimento di sospensione assume carattere cautelare in quanto sospende le reciproche prestazioni.
8. Lesecutoriet del provvedimento amministrativo La novella della legge 241/ 1990 ha sottoposto al principio di legalit anche la fase esecutiva del provvedimento mediante apposita disciplina legislativa dellesecuzione. Lesecutoriet, infatti, indica lattitudine del provvedimento ad essere portato ad esecuzione anche contro la volont del soggetto obbligato senza necessit di una pronunzia del giudice. Fondamento della esecutoriet ora ricondotto alla stessa essenza del potere amministrativo di natura imperativa, in quanto espressione del principio di legalit in relazione al quale possibile ricondurre lesecutoriet del provvedimento allo specifico potere che la legge riconosce ai provvedimenti amministrativi nella loro capacit do regolamentare le molteplici fattispecie operative. Lart. 21 ter della novellata legge 241/1990 al comma 1 prevede che le pubbliche amministrazioni, nei casi e con le modalit stabiliti dalla legge, possano imporre coattivamente ladempimento degli obblighi nei loro confronti, indicando ai destinatari tempi e concrete modalit esecutive e al comma 2 si specifica che per le obbligazioni pecuniarie si applica la disciplina prevista per lesecuzione coattiva dei crediti dello Stato di cui al d. lgs. 146/1999. 59 La norma, dunque, conferma il carattere eccezionale del potere di coazione della p.a. che pu esercitarlo nei soli casi previsti dalla legge e questultima, ex art. 23 Cost., da intendersi in senso stretto con esclusione delle fonti secondarie. Pertanto, laddove la legge non disponga il potere di coazione dellamministrazione, essa dovr rivolgersi al giudice amministrativo per vedere soddisfatte le proprie pretese. Invero, il g.a. deve valutare tra attivit di tipo esecutivo cui si fonda lobbligo imposto al destinatario del provvedimento. In tale ambito rientrano: a) gli obblighi di fare infungibili che necessitano di azione dellobbligato e lamministrazione, nei casi previsti dalla legge, pu procedere mediante coercizione dirette (ex. espulsione di cittadino extracomunitario); b) gli obblighi di fare fungibili, per cui si procede mediante esecuzione dufficio (ex omessa demolizione di edificio abusivo da cui lamministrazione si sostituisce allamministrazione comunale a spese del proprietario); c) gli obblighi di consegna di una cosa, per cui si procede mediante apprensione coattiva del bene da parte della p.a.; d) gli obblighi di dare relativi a somme di denaro, lesecuzione forzata ha luogo mediante iscrizione in ruoli esattoriali. Lart. 21 ter della legge 241/1990 stabilisce altres che il provvedimento costitutivo di obblighi deve indicare tempi e modalit di esecuzione del medesimo, per cui in caso di inottemperanza lamministrazione agente pu procedere allesecuzione coattiva laddove espressamente previsto dalla legge, ma soltanto previa diffida.
Capitolo 3 Linvalidit del provvedimento amministrativo
1. Inquadramento teorico I termini validit ed invalidit sono polisemantici che indicano situazioni di vita quotidiana prima ancora che vicende giuridiche. Tuttavia i due concetti indicano qualit delloggetto che scaturiscono da un giudizio di conformit dello stesso con un modello di riferimento e se tale giudizio positivo si avr una fattispecie valida altrimenti la fattispecie risulter invalida. Entrambi concetti sono di tipo relazionale, in quanto il loro significato risulta condizionato dalla natura delloggetto interessato dal giudizio di conformit e dalla natura del modello di riferimento ivi adottato. Pertanto, a seconda che loggetto di valutazione sia una norma o meno, un atto pu risultare o meno caratterizzato da un contenuto precettivo di cui non necessario valutare il contenuto dispositivo per lassetto degli interessi che ne deriva. Oltre allaspetto causale, ossia alla relazione conformit difformit dellatto rispetto al modello, la considerazione giuridica della validit invalidit dellatto riguarda laspetto effettuale, ossia lindividuazione degli effetti giuridici propri che loggetto della valutazione idoneo a produrre a seconda che sia valido o invalido. In particolare, la teoria causale della invalidit ha comportato il superamento del rapporto antinomico tra validit ed invalidit, in quanto non pi considerate come correlato negativo luna dellaltra, bens qualificazioni dellatto giuridico e, dunque, semplicemente diverse tra loro. In tempi recenti, infatti, allinterno dellampia figura della invalidit il diritto amministrativo ha ritrovato ipotesi di nullit e di annullabilit ciascuna suscettibile di ulteriori specificazioni al proprio interno tali da rendere evanescente qualsivoglia distinzione.
60 2. Validit ed invalidit in diritto amministrativo. Nellambito del provvedimento amministrativo la legge sul procedimento ha avvolto di precise prescrizioni formali il tema della relativa validit ed invalidit. In particolare, nel diritto amministrativo linvalidit un tema antico formatosi in ambito giurisprudenziale in riferimento allart. 26 del t.u. Consiglio di Stato, che indica i tre vizi di incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, poi racchiusi dalla dottrina nella categoria della illegittimit. Poi, lart. 45 prevede lannullamento dellatto impugnato. Tali previsioni hanno trovato rilievo di diritto sostanziale, in quanto lannullamento dufficio e lannullamento su ricorso amministrativo hanno come presupposto tali vizi. Invero, lidoneit del provvedimento invalido a spiegare effetti giuridici si accompagna allidea dei sovranit. per cui prevale laspetto funzionale del provvedimento insieme alla natura pubblicistica curati dallamministrazione. Di conseguenza, il giudizio di validit del provvedimento venuto ad indicare la correttezza dellesercizio del potere della p.a., in quanto la condotta assunta da questultima viene valutata sotto il profilo funzionale che porta allesplicarsi dellattivit amministrativa conclusasi nel provvedimento. Invero, la giurisprudenza ha ritenuto che la nullit del provvedimento da ritenersi disarmonica rispetto al principio di stabilit ei rapporti giuridici, tanto che la recente novella del 2005 ha inserito il Capo IV bis allinterno della legge 241/1990 dedicato espressamente allefficacia ed invalidit del provvedimento amministrativo e con tale previsione sono state introdotto disposizioni sulla nullit del provvedimento e specificazione della relativa disciplina. Tuttavia, allinvalidit del provvedimento non stata dettata affatto una disciplina generale, per cui la riforma sembra prevedere soltanto alcuni frammenti normativi a riguardo, che per non hanno ostacolato la ridefinizione della relativa disciplina sul piano sistematico. In particolare, lart. 21 ostie prevede che annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza, da cui la perfetta corrispondenza con i vizi di legittimit ed annullabilit ad opera del g.a. Tra le cause di invalidit, infatti, vengono ridisegnati i confini della materia mediante lintroduzione di cause di nullit di cui allart. 21 seppie e di ipotesi di annullabilit di cui al comma 2 dellart. 21 octies.
3. I tre vizi: violazione di legge ed incompetenza Lannullabilit del provvedimento stata mantenuta costante dalla novellata legge nella tipologia ei vizi di legittimit. Violazione di legge ed incompetenza, infatti, indicano entrambe casi di difformit dellatto rispetto alla disciplina normativa. Lincompetenza deriva da violazione di disposizione di rango primario o secondario, e la giurisprudenza vi assegna altres i vizi relativi ai presupposti per il corretto esercizio in concreto del potere amministrativo quale difetto assoluto di attribuzione. La violazione di legge, invece, riguardala violazione delle norme giuridiche sul procedimento. Diversa la disciplina processuale relativa ai due vizi, in quanto in ogni caso si ammette lannullamento da parte del g.a. per motivi di incompetenza, la remissione dellaffare allautorit competente. Alcune violazioni, come quelle relative alla motivazione, hanno assunto rilevanza diretta grazie alla legge sul procedimento laddove in precedenza rientravano nelleccesso di potere da cui laccertamento c.d. sintomatico da parte del g.a.
4. Eccesso di potere Leccesso di potere ha assunto un ruolo centrale nella ricostruzione della illegittimit amministrativa e del sindacato sullesercizio della discrezionalit. 61 Attualmente, leccesso di potere si presenta come un vizio composto tra figure eterogenee emerse dalla elaborazione di dottrina e giurisprudenza. Nellidea del legislatore del 1889, infatti, leccesso di potere indicava lo straripamento del potere, per cui lamministrazione adottava un provvedimento superando i limiti del potere riconosciutogli dalla legge tanto che la giurisprudenza parlava di sviamento del potere, quale difformit tra scopo reale e scopo legale del provvedimento. Con listituzione della IV Sezione del Consiglio di Stato, leccesso di potere fu oggetto di ulteriori approfondimenti, per cui esso venne accostato al vizio della volont, in quanto aspetto patologico di formazione del volere dellamministrazione. Leccesso di potere, pertanto, si venne a caratterizzare quale vizio della funzione, ossia forma di invalidit correlata alluso non corretto del potere discrezionale. Nellesperienza recente, leccesso di potere viene ricavato non ex se, direttamente, ma soltanto mediante sintomi, c.d. figure sintomatiche data la difficolt teorica di controllare la legittimit del provvedimento rispetto alla quale il g.a. deve operare una cognizione indiretta o mediata attraverso tali figure. In tali figure sintomatiche rientrano lirragionevolezza dellagire amministrativo, la contraddittoriet tra gli atti del procedimento, lillogicit tra motivazione e dispositivo, la disparit di trattamento, il travisamento dei fatti, lincompletezza dellistruttoria e lingiustizia manifesta. Va sottolineato proprio il mutamento di natura delleccesso di potere che da vizio ad accertamento sintomatico si andato trasformando in violazione di principi generali di origine giurisprudenziale e, come tale, si afferma che vizio a cognizione indiretta.
5. Ipotesi di nullit Le fattispecie di nullit sono formalizzate nellambito della invalidit del provvedimento accanto alla figura della annullabilit, in quanto il legislatore della riforma ha recepito alcuni spunti giurisprudenziali nellaccoglimento dei tre vizi di illegittimit e dalla presenza del g.a. dotato di poteri di annullamento. In tema di provvedimenti nulli la giurisprudenza si posta la questione del riparto della giurisdizione, in quanto rileva la discriminazione processuale tra controversie relative allinesistenza o al cattivo esercizio del potere affermando che, sul piano sostanziale, si viene ad affermare una distinzione tra provvedimenti idonei a degradare il diritto soggettivo a interesse legittimo, con il relativo riconoscimento della competenza processuale in capo al g.a. e provvedimenti inidonei in tal senso di competenza del g.o. Sul versante normativo, invece, si preferito fare riferimento alle ipotesi di nullit come specificato dallart. 288 t.u. legge comunale per cui sono riconosciute nulle le deliberazioni prese in adunanze illegali, cui il legislatore del pubblico impiego vi ha fatto ricorso. Invero, si tratta di casi la cui violazione commessa comporta la nullit del provvedimento, in quanto la sua validit non risulta condizionata dallinteresse di parte. Tuttavia, illegittimit e nullit risultano il risultato di tecniche normative fondate su piani di interessi differenti, ispirate a logiche diverse, per cui le conseguenze della nullit sono limproduttivit di qualsiasi effetto giuridico del provvedimento in quanto tale, che dunque insanabile. La giurisprudenza ha riconosciuto le ipotesi di c.d. nullit virtuali derivanti da violazione di norme imperative assoggettate allart. 1418, comma1 c.c. Lart. 21 septies individua la nullit nelle ipotesi di nullit la mancanza degli elementi essenziali, nel difetto di attribuzione, nel provvedimento adottato in violazione o elusione di giudicato nonch negli altri casi previsti dalla legge. A partire dagli anni Novanta, i giudici amministrativi hanno enucleato ulteriori cause di nullit facendo riferimento agli schemi civilistici per la mancanza degli elementi essenziali del contratto di cui allart. 1325 c.c. con riferimento allaspetto funzionale del provvedimento. 62 Parimenti, ala funzionalit dellatto sono ricondotte ulteriori fattispecie di nullit del provvedimento, quali lindeterminatezza, limpossibilit o lilliceit del contenuto del provvedimento nonch della forma di cui allart. 1325 c.c. Il riferimento al difetto assoluto di attribuzione recepisce la carenza di potere, coniata dalla giurisprudenza, per risolvere il riparto di giurisdizione sollevando ulteriori questioni. In effetti, la prima questione ha riguardato se il difetto di attribuzione possa venire considerato cos netto e differenziato tale da risultare un vizio di mera incompetenza da meritare la disciplina della nullit. A riguardo si sostenuto che tale vizio rileva allorch il potere non sussiste, per cui si viene ad escludere il difetto assoluto di attribuzione quando lorgano ha adottato latto e svolge comunque alcune delle funzioni del settore oggetto del provvedimento. In secondo luogo, la carenza di potere dovrebbe risultare ridimensionata in ambito di provvedimenti ablatori coinvolgenti diritti soggettivi, per cui la regola della nullit risulta idonea ad inficiare qualsiasi provvedimento amministrativo anche se non riguardante diritti soggettivi. La regola della nullit del provvedimento adottato in violazione o elusione di un precedente giudicato avrebbero dovuto suggerire al legislatore un intervento sul piano dei presupposti del giudizio di ottemperanza senza peraltro incidere sulla validit dei provvedimenti amministrativi. Da qui, in assenza di una specifica disciplina processuale e sostanziale, linterprete costretto a trasportare nel diritto amministrativo regole privatistiche, come invece espressamente previsto in materia di accordi.
6. La non annullabilit del provvedimento Il comma 2 dellart. 21 octies prevede le ipotesi di non annullabilit del provvedimento. Secondo una prima ipotesi la norma in esame prevede la non annullabilit del provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Tale disposizione riguarda i soli provvedimenti vincolati. La seconda ipotesi che si estende anche ai provvedimenti discrezionali prevede la non annullabilit per mancata comunicazione dellavvio del procedimento qualora lamministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Invero, entrambe le violazioni attengono vizi procedimentali, per lungo tempo trascurati dalla dottrina e dalla giurisprudenza. La norma, infatti, sinquadra nellambito della maggiore incidenza del sindacato di legittimit sostanziale con ridimensionamento consequenziale della legittimit formale, per cui si afferma che i vizi formali e procedimentali possono non determinare la non annullabilit del provvedimento. Va poi evidenziato che la partecipazione del privato al procedimento svolge un ruolo importante nelliter decisionale dellamministrazione, da cui potrebbe fondarsi un giudizio prognostico tale da condizionare la legittimit della partecipazione al medesimo procedimento con riferimento allannullabilit del provvedimento e non gi allillegittimit del medesimo. Interessa pertanto verificare se, in assenza di espresso richiamo normativo, lillegittimit possa essere considerata come uno stato viziato del procedimento, in quanto i provvedimenti da considerarsi irregolari, ad esempio per mancata comunicazione di avvio del procedimento, ovvero illegittimi. Sul punto si sono confrontate diverse opinioni, ma favorevole la tesi della illegittimit del provvedimento per cui, ai sensi del comma 1 dellart. 21 octies, i provvedimenti vanno considerati annullabili in quanto illegittimi ed anche i provvedimenti non annullabili vanno altres considerati illegittimi. Parimenti, lart. 21 nonies in tema di annullamento dufficio stabilisce che il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dellart. 21 octies pu essere annullato dufficio se ricorrono determinate condizioni, per cui nella sua interezza rileva pur sempre lillegittimit del provvedimento. 63 Il meccanismo dellart. 21 octies richiede una valutazione in concreto, caso per caso e non in via generale, per cui la novit della riforma consiste nellaver introdotto ipotesi di dissociazione tra illegittimit ed annullabilit che impongono una verifica probatoria giustiziale tipica dei ricorsi amministrativi cos come nella valutazione dei procedimenti di riesame in caso di annullamento dufficio e convalida.
7. Forme di invalidit: successiva, derivata Linvalidit pu essere totale o parziale. Secondo la giurisprudenza linvalidit di una singola clausola di un provvedimento idonea ad invalidarlo nella sua interezza nel caso rivesta carattere di essenzialit. Linvalidit parziale si distingue dalla invalidit che colpisce atti formalmente unici ma sostanzialmente plurimi, come la graduatoria, per cui il vizio della singola porzione dellatto non inficia altre valutazioni. Tuttavia, se viene sollevata una questione procedimentale, ne consegue linvalidit dellintero provvedimento. Anche la validit dellatto va valutata con riferimento al modello normativo di riferimento vigente al momento delladozione del provvedimento e tale regola vige altres per gli atti endoprocedimentali in ossequio al principio tempus regit actum. Le sopravvenienze normative, dunque, non incidono sullinvalidit dellatto, per cui a seguito dellentrata in vigore di norme restrittive gli atti che risultano in contrasto con tale nuova disciplina saranno dichiarati invalidi soltanto se successivamente emanati rispetto alladozione del provvedimento. Sotto il profilo processuale, dottrina e giurisprudenza hanno distinto tra invalidit derivata ad effetto viziante e ad effetto caducante utile a fini processuali, in quanto linvalidit dellatto precedente, non risultando lesivo, non direttamente impugnabile per cui viene fatta valere con limpugnazione dellatto successivo. In tal caso, pertanto, ci si chiesti se latto precedente, dotato di carica lesiva, diventi o meno autonomamente impugnabile con le modalit ordinarie del ricorso giurisdizionale o amministrativo. Invero, si ritenuto che nel cado di invalidit caducante non necessario impugnare latto successivo in quanto questultimo risulter travolto dagli effetti di annullamento del precedente. In tutte le altre ipotesi, invece, il privato potr impugnare gli atti successivi al primo impugnato in quanto colpiti da invalidit.
8. Irregolarit Dottrina e giurisprudenza hanno isolato alcune ipotesi di mera irregolarit, ossia di una difformit che non comporta conseguenze sul regime giuridico dellatto, che resta valido ma determina altre conseguenze di tipo disciplinare e risarcitorio in capo agli autori materiali dello stesso. Si tratta di violazioni di regole formali sulla corretta redazione dellatto, come lintestazione dellatto ovvero la data desumibile in maniera certa da altri elementi ovvero la sottoscrizione che comunque renda possibile la riferibilit dellatto a chi ne appare lautore. Parimenti per lindicazione del responsabile del procedimento. Tale errori sono ascrivibili alla pubblica amministrazione.
9. Vizi di merito e principio di efficacia I c.d. vizi di merito ancora oggi non hanno ricevuto una sistemazione condivisa, per cui essi vengono collocati nellarea della legittimit o del merito. Tali dubbi interpretativi sono stati determinati dalla questione relativa allindividuazione dei parametri di riferimento, rinvenibili alternativamente in norme giuridiche ovvero in norme non giuridiche relative allazione amministrativa. Invero, si ritiene che lespressa previsione legislativa del criterio di efficacia, che deve necessariamente informare lazione amministrativa, riguarda il dovere di buona amministrazione 64 costituzionalizzato nel buon andamento che oggi ha assunto valore di parametro di riferimento nella valutazione della validit dellazione amministrativa. Pertanto, secondo un primo orientamento il legislatore avrebbe riconosciuto i c.d. vizi di merito nellambito dei vizi di legittimit, da cui lopportunit di considerare lefficacia quale requisito di validit di tutti i provvedimenti amministrativi in quanto tali perch conformi allinteresse pubblico. Secondo altra prospettazione, il criterio dellefficacia rientra nellambito della legittimit, che ne risulterebbe ampliata in quanto essa indica una relazione tra contenuto dellatto e risultati ottenuti che andrebbero adeguati al soddisfacimento in concreto dellinteresse pubblico. Di qui il controllo sulla buona amministrazione si presenta come controllo sulla scelta dellamministrazione secondo il principio di ragionevolezza mediante la figura delleccesso di potere. Il giudizio di adeguatezza, infatti, entra nel paradigma normativo di riferimento e lattuale assetto normativo considera lazione amministrativa come vincolata al perseguimento dei fini in quanto strumento di cura in concreto di interessi pubblici.
Capitolo 4 I provvedimenti amministrativi di secondo grado
1. Considerazioni introduttive a) i provvedimenti di secondo grado quali esplicazione del principio di buona amministrazione
I provvedimenti amministrativi di secondo grado sono provvedimenti che hanno ad oggetto un precedente provvedimento amministrativo ovvero il silenzio assenso, art. 20 legge 241/1990. Lart. 19 della legge, novellato dal d.l. 35/ 2005, ha ampliato lambito di operativit prevedendo poteri di revoca e di annullamento dufficio in capo allamministrazione anche in materia di d.i.a. Invero, mentre con la d.i.a. il privato sostituisce gli atti amministrativi di assenso, nella revoca e nellannullamento sussiste il provvedimento precedente, per cui si esclude che la revoca possa configurarsi come mero provvedimento discrezionale in quanto il termine dei trenta giorni fissato perch lamministrazione adotti il relativo provvedimento comporta, in ogni caso, la formazione di silenzio assenso. Pertanto, se la revoca si configura rispetto al potere discrezionale dellamministrazione, la d.i.a. pu avere ad oggetto soltanto atti amministrativi dal cui rilascio dipende laccertamento dei requisiti e presupposti di legge. La revoca, inoltre, ha natura provvedi mentale al pari del recesso, quale manifestazione unilaterale del potere autoritativo ed assicurato alladeguamento continuo dellazione amministrativa che si svolge attraverso moduli consensuali al trasformarsi dellinteresse pubblico secondo il principio dellefficacia. Invero, dopo la novella del 2005 si ritenuto che revoca e recesso condividano stessa natura provvedimentale, stessi presupposti, da cui anche il recesso costituisce un provvedimento di secondo grado. Nel nostro ordinamento sono presenti diversi tipi di provvedimenti di secondo grado. Quanto alla sospensione, la proroga e la revoca, tali provvedimenti incidono sul precedente provvedimento sospendono, prorogando ovvero eliminando i relativi effetti. In particolare, il precedente potere non deve essere esaurito, in quanto lamministrazione possa riesercitarlo quando il provvedimento ritenuto illegittimo rispetto alla cura dellinteresse pubblico in concreto perseguito. La legge 15/ 2005 ha previsto alcuni tra i pi significativi provvedimenti di secondo grado: lannullamento dufficio e la revoca Nella prospettiva dellefficacia dellazione amministrativa, il buon andamento e la corrispondenza dellassetto degli interessi realizzato nel precedente provvedimento per cui il relativo potere stato attribuito, comporta in caso del venir meno di tale adeguatezza un nuovo esercizio di tale potere per 65 cui saranno adottati provvedimenti di secondo grado, quali esplicazione del principio di buona amministrazione.
b) Il problema del fondamento giuridico Il richiamo allautotutela stato fin dal passato ritenuto inidoneo a spiegare il riesercizio del potere da parte dellamministrazione che adotta un provvedimento di secondo grado nella cura pur sempre dellinteresse pubblico. Il problema del fondamento giuridico dei poteri di secondo grado stato risolto facendo ricorso oltre al principio di autotutela, alla posizione di privilegio dellamministrazione nei confronti degli amministrati. Pertanto, tali poteri sono stati considerati compatibili con il principio di legalit in quanto espressione di quello stesso potere nel cui esercizio stato emanato latto oggetto del provvedimento di secondo grado. La legge 15/ 2005, e segnatamente per la revoca, la convalida e lannullamento dufficio di cui allart. 21 nonies, ha risolto il problema del loro fondamento giuridico riconoscendone la compatibilit con il principio di legalit.
c) La distinzione tra atti di riesame ed atti di revisione, tra atti ad esito eliminatorio ed atti ad esito conservativo Sotto il profilo funzionale parte della dottrina distingue i provvedimenti di secondo grado in atti di riesame ed atti di revisione. Tra i primi rientrano lannullamento, la convalida, la conferma e la ratifica ed hanno per oggetto il provvedimento sotto il profilo della validit. I secondi, invece, comprendono la revoca, il recesso, la proroga, la sospensione ed incidono sullefficacia durevole del precedente provvedimento ovvero dellaccorso nonch sul rapporto giuridico scaturito dal provvedimento di primo grado o dallaccordo. Tale orientamento trova conferma nella legge 15/ 2005 in quanto lart. 21 quinquies in tema di revoca e lart. 21 nonies, comma 1 e 2 in tema di annullamento dufficio e convalida sono collocati nel Capo IV bis che disciplina lefficacia e linvalidit del provvedimento, per cui subito dopo le norme sullefficacia e lesecutivit del provvedimento troviamo la disposizione sulla revoca e subito dopo quelle sulla nullit ed annullabilit si rinviene la disposizione sullannullamento dufficio. La dottrina oggi prevalente configura, invece tali atti come manifestazione del potere di riesame, distinguendoli in atti ad esito conservativo (la conferma, la convalida, la ratifica, la riforma, la conversione e la proroga) ed atti ad esito eliminatorio ( lannullamento, la revoca, il recesso) e tra questultimi fatta rientrare anche labrogazione dellefficacia o dellesecuzione di un precedente provvedimento. La sospensione, in particolare, ricondotta tra gli atti ad esito eliminatorio, in quanto strumentale allannullamento e alla revoca, mentre labrogazione considerata atto amministrativo con il quale si fa cessare lefficacia di un precedente atto per mutamento sopravvenuto delloriginaria situazione di fatto o per sopravvenute esigenze di pubblico interesse. Pertanto, labrogazione finisce per risolversi nella revoca per sopravvenienza e tale constatazione ha indotto la dottrina ad indicare con tale termine il provvedimento che elimina o rimuove ex nunc un precedente provvedimento, legittimo al momento della sua emanazione in quanto conforme al presupposto indicato dalla legge, ma la cui permanenza sarebbe contra ius in quanto in contrasto con le stesse norme che lo disciplinano.
d) Provvedimenti ad esito eliminatorio e tutela del legittimo affidamento Gli atti di secondo grado, in particolare quelli ad esito eliminatorio, e tra questi anche la convalida, hanno sempre posto il problema della tutela effettiva del cittadino e del suo affidamento nella certezza e stabilit delle determinazioni assunte in precedenza dallamministrazione nei suoi confronti. 66 Invero, nel momento in cui la dottrina e la giurisprudenza hanno escluso lintangibilit delle situazioni giuridiche soggettive favorevoli nate dallatto di primo grado, si posto il problema di ricavare ulteriori regole di bilanciamento che ne legittimassero lesercizio nella valutazione di tutti gli interessi in gioco, compresi anche gli interessi dei privati. Al pari del principio di legalit e del buon andamento, infatti, la certezza dei rapporti giuridici costituisce un principio fondante lordinamento, per cui le esigenze di certezza e stabilit assunte nellassetto degli interessi dato dal provvedimento costituisce espressione del principio di proporzionalit in cui si contemperano legalit ed efficacia dellazione amministrativa. La tutela delle situazioni favorevoli, diritti ed interessi legittimi, sorte dal provvedimento di primo grado stato risolto dalla legge 15/2005 in cui previsto che soltanto per la revoca si fa espresso riferimento ai principi dellordinamento comunitario, tra cui rientra il principio della tutela del legittimo affidamento nella certezza e stabilit dei rapporti giuridici e tra le possibili interpretazioni favorevoli per il privato rientrano lannullamento dufficio e la convalida. Invero, gi lart. 11, comma 4 della legge 241/1990 aveva riconosciuto in capo allamministrazione lobbligo di indennizzare il privato per il pregiudizio subito a causa del recesso unilaterale dagli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo, per cui il legislatore aveva inteso tutelare il privato con equivalente pecuniario e non gi nellassetto di interessi precedentemente cristallizzato nellaccordo.
e) provvedimenti di secondo grado e omessa comunicazione di avvio del relativo procedimento art. 21 octies, comma 2, legge 15/ 2005 Ai provvedimenti di secondo grado, e in particolare allannullamento, revoca, convalida e sospensione, non si applica la disposizione di cui al comma 2 dellart. 21 octies della legge 15/ 2005, in forza della quale lomessa comunicazione dellavvio del procedimento non produce lannullabilit del provvedimento qualora lamministrazione dimostri in giudizio che lapporto del privato sarebbe comunque ininfluente, in quanto il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. La partecipazione nei procedimenti di secondo grado, infatti, rispetto alla quale la comunicazione di avvio del procedimento risulta strumentale, pu rilevarsi in una fase di comparazione tra gli interessi in gioco, consentendo ai privati di manifestare i loro interessi e allamministrazione di ponderare tutti gli interessi coinvolti nel procedimento stesso. Di conseguenza, la giurisprudenza ha ritenuto, subito dopo lentrata in vigore della legge 241/1990, legittimo limitare loperativit della norma che prevede la comunicazione dellavvio del procedimenti di cui allart.7 in quanto ha richiesto per la sua legittimit la preventiva comunicazione dellavvio del relativo procedimento sia in materia di revoca che per lannullamento dufficio. Quanto detto trova conferma nella legge 15/ 2005, per cui, nonostante lobbligo dellamministrazione di considerare gli interessi dei destinatari del provvedimento e dei contro interessati, stato espressamente previsto per lannullamento dufficio, ex art. 21 nonies, che tale obbligo valga anche per la revoca, in quanto gli effetti dellatto favorevole per il privato vengono meno sulla base di un giudizio di adeguatezza del contenuto dellatto alla soddisfazione dellinteresse pubblico perseguito a prescindere dalla sussistenza di un vizio di legittimit da cui la previsione dellindennizzo nella revoca di cui allart. 21 quinquies, quale conseguenza dellobbligo per lamministrazione di comunicare lavvio del procedimento.
f) procedimento di riesame e istanza dellinteressato Nel considerare lobbligo di avviare un procedimento di riesame da parte dellamministrazione, il privato richiede lannullamento o la revoca del provvedimento a lui pregiudizievole. Secondo un orientamento giurisprudenziale, maggioritario anche in dottrina, va escluso lobbligo dellamministrazione di pronunciarsi sullistanza di revoca o di annullamento di un provvedimento 67 sfavorevole non impugnato e divenuto inoppugnabile per scadenza dei termini, da cui si esclude la formazione del silenzio rifiuto sullistanza medesima. Ove si ammettesse tale obbligo, invece, il privato potrebbe sollecitare, mediante proposizione di nuova istanza, il relativo esercizio di riesame, che resta un potere altamente discrezionale da parte dellamministrazione in quanto dovere morale. Invero, il rifiuto dellamministrazione di avviare un procedimento di riesame su richiesta del privato viene ricostruito come atto meramente conformativo di un precedente provvedimento, non impugnabile autonomamente. Linoppugnabilit, peraltro, comporta la preclusione per linteressato di esperire rimedi amministrativi e giurisdizionali avverso il provvedimento, una volta scaduti i rispettivi termini per la loro proposizione, ma non lintangibilit del provvedimento stesso, in quanto permangono le esigenze di tutela dellinteressato. Il principio di inoppugnabilit, pertanto, pu cedere al principio di efficacia, quale costante adeguatezza dellazione amministrativa allinteresse pubblico ma ci non comporta una diminuzione della tutela dellinteresse pubblico ma semplice estensione delle garanzie delle quali gode il privato interessato.
2. I provvedimenti ad esito eliminatorio. Lannullamento dufficio. Tra i provvedimenti ad esito eliminatorio si collocano lannullamento dufficio e la revoca, in quanto il primo comporta leliminazione del provvedimento illegittimo ed in contrasto con linteresse pubblico, la seconda la cessazione degli effetti del provvedimento che, pur essendo legittimo, non pi idoneo alla cura dellinteresse pubblico. A tale categoria stata ricondotto anche la sospensione, con la quale viene sospesa in via cautelare lefficacia di un provvedimento amministrativo ovvero il recesso dagli accordi, in quanto atto che incide su un precedente accordo. In riferimento a tali atti, annullamento dufficio e revoca, si tratti di istituti studiati in relazione luno allaltro, percui soltanto tra la fine del XIX e linizio del XX secolo questi incominciarono ad assumere autonoma conformazione. Invero, la recente legge 15/2005 ha attenuato la relativa distinzione disciplinando in generale lannullamento dufficio di cui allart. 21 nonies con accentuazione del carattere discrezionale laddove la revoca stata rafforzata nella sua funzione di cura dellinteresse pubblico. Lannullamento dufficio, infatti, come gi sostenuto da dottrina giurisprudenza, postula oltre alla illegittimit anche linopportunit dellatto ovvero che il suo contenuto non sia pi idoneo alla cura in concreto dellinteresse pubblico. Pertanto, lillegittimit dellatto non da sola sufficiente a giustificare lannullamento dufficio, diversamente da quanto avviene per lannullamento giurisdizionale o su ricorso amministrativo, ma occorre fare riferimento allinteresse pubblico, concreto ed attuale, in quanto latto illegittimo pu essere annullato soltanto quando linteresse pubblico attuale linteresse specifico considerato al momento delleliminazione del provvedimento illegittimo rispetto al quale va valutato il precedente assetto di interessi. Il principio, accolto dallart. 20 della legge 241/1990 con riferimento allannullamento del silenzio assenso, ancora il relativo potere allesistenza di ragioni di pubblico interesse ed stato codificato dallart. 21 nonies per cui latto illegittimo pu essere annullato sussistendone le ragioni di interesse pubblico. Linteresse pubblico deve essere attuale, cos come ribadito dalla giurisprudenza, in quanto esso deve essere diverso rispetto a quello del mero ripristino della legalit violata sotteso al provvedimento di primo grado. Da qui la natura di atto discrezionale, per cui lamministrazione conferisce un nuovo assetto di rapporti giuridici suscettibile di continui cambiamenti nellambito del riesercizio del potere rispetto allatto con conseguente inserimento nellarea dellamministrazione attiva. 68 Linteresse pubblico allannullamento va bilanciato con altri interessi pubblici e privati, coinvolti nella scelta amministrativa. Il potere di annullamento stato configurato dallart. 21 nonies della legge 15/ 2005 come potere altamente discrezionale in cui si considerano gli interessi pubblici secondari e gli interessi dei destinatari alla conservazione ovvero allannullamento dellatto sul quale hanno maturato un legittimo affidamento. Il legislatore del 2005 ha consacrato la natura discrezionale dellannullamento e la Corte costituzionale (sentenza 75 del 2000) ha previsto due fattispecie di auto annullamento, una di tipo discrezionale finalizzata alla cura dellinteresse pubblico e laltra di tipo vincolata finalizzata al ripristino della legalit. Tale orientamento trova conferma nellorientamento che considera lannullamento del provvedimento per violazione di norme comunitarie, in funzione del ripristino della legalit violata, per cui lItalia, con ladesione ai Trattati comunitari, si obbligata al rispetto del diritto comunitario da cui il potere dellamministrazione di valutare aspetti diversi dallesigenza del ripristino della legalit violata. Dal combinato disposta dellart. 21 nonies con lart. 21 octies emerge che lillegittimit esclusa per i c.d. vizi di merito e si estende a tutti i vizi di legittimit, compreso leccesso di potere. In particolare, il comma 2 dellart. 21 octies ha portato alleliminazione dal panorama giuridico dei vizi formali e procedimentali con lintroduzione, invece, di tecniche diretta a porre in luce il vizio denunciato nel dispositivo in ambito di giudizio di legittimit dellatto coinvolgendo il giudice sulla correttezza sostanziale dellatto stesso. Pertanto, latto pur essendo annullabile rimane illegittimo e, pertanto, annullabile dalla stessa amministrazione in sede di annullamento dufficio. Quanto alloggetto, qualunque tipo di provvedimento pu essere annullato, indipendentemente dalla sua efficacia. Il potere di annullamento non soggetto a prescrizione, ma deve essere esercitato entro termine ragionevole, salvo eccezioni previste dalla novella del 2005 esercitabili in ogni tempi. La ragionevolezza deve essere considerata caso per caso e soprattutto con riferimento allattualit dellinteresse pubblico alla caducazione del provvedimento. La decorrenza dei termini dellannullamento hanno efficacia retroattiva, salvo che tali effetti non siano stati completamente concretizzati prima della caducazione dellatto viziato. Invero, lart. 21 nonies non fa riferimento alleffetto retroattivo, per cui la dottrina ha ritenuto che sussistano ragioni tali da escludere la decorrenza temporale degli effetti di annullamento soltanto per il futuro con eventuale rimessione alla discrezionalit amministrativa della possibilit di limitare gli effetti retroattivi del provvedimento di annullamento a garanzia di un pi equilibrato rapporto tra istanze di tutela della legalit e dellinteresse pubblico ed esigenze di tutela dellaffidamento del privato. Secondo lart. 21 nonies, la competenza spetta allo stesso organo che ha emanato latto invalido, c.d. auto annullamento, ovvero ad altro organo espressamente indicato dalla legge. Pertanto, si esclude che in assenza di espressa previsione di legge detto potere possa essere esercitato dallorgano gerarchicamente superiore a quello che ha emanato latto o appartenente a differente ente territoriale. Ad esempio, il permesso edilizio pu essere annullato dalla competente autorit regionale entro dieci anni dalla sua emanazione in presenza di espressa disposizione di legge, ex art. 39 d.lgs. 380/ 2001. Nonostante la riforma costituzionale del 2001 abbia notevolmente valorizzato le autonomie locali, la dottrina orientata a conservare il potere governativo di annullamento degli atti illegittimi degli enti locali di cui allart. 138 del d.lgs. 267/ 2000, in quanto potere previsto a tutela dellunit dellordinamento. Invero, si tratta di un potere discrezionale esercitabile in ogni tempo anche in pendenza di ricorso giurisdizionale contro latto medesimo purch ricorrano gravi motivi di pubblico interesse e deve essere preceduto da una comunicazione allente locale dellavvio del procedimento. 69 La legge 400/1988 prevede altres che il Governo legittimato allesercizio del potere di annullamento degli atti illegittimi di qualunque amministrazione, salvo gli atti delle regioni e delle provincie autonome. Tale potere deve svolgersi secondo le forme e le garanzie del procedimento che ha portato allemanazione dellatto annullando. Lannullamento dufficio, dunque, a differenza della revoca, non d luogo ad indennizzo a favore del privato, salvo che tale annullamento sia disposto nei confronti di provvedimenti illegittimi incidenti su rapporti convenzionali o contrattuali con privati, di cui allart. 1, comma 136 legge finanziaria 2005.
2.1. Segue: la revoca Attraverso la revoca, lautorit amministrativa competente, con decisione unilaterale, elimina soltanto per il futuro efficacia ex nunc un rapporto considerato inopportuno perch inadeguato alla cura dellinteresse pubblico che precedentemente mirava a soddisfare. La revoca, quindi, prescinde dal vizio di legittimit dellatto e pu essere disposta allorch il rapporto nato da quellatto non pi opportuna da cui la funzionalizzazione del potere amministrativo al perseguimento del pubblico interesse. La revoca garantisce ladeguatezza costante della scelta amministrativa con linteresse pubblico in concreto perseguito attraverso leliminazione di un rapporto inopportuno, per cui essa costituisce espressione del principio di efficacia di cui allart. 1 della legge 241/1990. La revoca, pertanto, si colloca nellambito dellamministrazione attiva, in quanto atto sanzionatorio, di decadenza, rimozione il cui presupposto sta nel venir meno dei requisiti cui la legge subordina la continuazione del rapporto con obbligo da parte dellamministrazione di indennizzare il pregiudizio subito dal privato. Lart. 21 quinquies della legge 15/ 2005 ha aggiunto un comma 2 nella disciplina della revoca, per cui sono state aggiunte modifiche sotto il profilo strutturale e delle conseguenze patrimoniali. La revoca, infatti, disposta dallorgano che ha emanato latto o da altro indicato dalla legge e, come per lannullamento dufficio, sempre possibile considerare la legge in senso ampio tale da includervi anche le fonti normative di secondo grado. La revoca pu essere legittimamente disposta oltre che con atto amministrativo, anche con legge da cui la legge provvedimento n. 40 del 2007 con la quale sono state revocate alcune concessioni rilasciate dallEnte ferrovie dello Stato alla TAV Spa per realizzare la linea ad alta velocit. Il potere di revoca ammesso in tre ipotesi: a) per sopravvenuti motivi di pubblico interesse; b) per mutamento della situazione di fatto che rende incompatibile lassetto originario degli interessi considerati; c) per una diversa valutazione delle ragioni di pubblico interesse in base al quale lamministrazione ha adottato il provvedimento. Tali ipotesi sono ricondotte dalla dottrina alla revoca per sopravvenienza, fondata su situazione di fatto che la rende incompatibile con lassetto di interessi definito nel provvedimento; e revoca c.d. ius poenitendi, quale espressione di una diversa valutazione degli interessi in base ai quali lamministrazione aveva adottato il provvedimento. In altri termini, la revoca del primo tipo sarebbe comprensiva della revoca per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, laddove la revoca del secondo tipo si fonda su un ripensamento dellamministrazione di cui la stessa ne render conto in sede di motivazione e con liquidazione dellindennizzo. La revoca, ex art. 21 quinquies, pu avere ad oggetto soltanto provvedimenti ad efficacia durevole per cui sono irrevocabili gli atti i cui effetti si sono realizzati ed esauriti in quanto lamministrazione non ha pi la possibilit di provvedervi. Sotto il profilo temporale, il legislatore del 2005 conferma il consolidato orientamento della giurisprudenza che considera il potere di revoca esercitabile in ogni tempo con il solo limite dellattualit del pubblico interesse sotteso allesercizio di tale potere. 70 Lart. 21 quinquies riconosce che la revoca determina la inidoneit del provvedimento revocato a produrre effetti ulteriori, operando la revoca effetti ex nunc. Quanto alle situazioni giuridiche soggettive favorevoli al privato, previsto lindennizzo a tutela degli effetti pregiudizievoli conseguenti alla revoca del provvedimento in funzione compensativa del pregiudizio economico subito dal destinatario dellatto di revoca. La giurisdizione, in tale ambito, assegnata al g.a. in funzione di giudice unico nellambito della giurisdizione esclusiva sulle controversie relative allindennizzo. In riferimento alla misura dellindennizzo, si ritiene che esso vada commisurato alla perdita subita, c.d. danno emergente, con esclusione del mancato guadagno, c.d. lucro cessante, al fine di evitare che vi sia coincidenza tra indennizzo, presupposto nella revoca legittima, e risarcimento in caso di revoca illegittima. A riguardo, la legge 40 del 2007 di conversione del c.d. decreto Bersani ha aggiunto allart. 21 quinquies il comma 1-bis sulla disciplina della quantificazione dellindennizzo dei pregiudizi subiti dai privati in caso di revoca di provvedimento amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incidente su rapporti negoziali. Pertanto, si affermato, anche nel caso della revoca delle concessioni della TAV Spa, che lindennizzo deve essere parametrato al solo danno emergente con esclusione del lucro cessante, ossia senza collegamenti al provvedimento revocato, in quanto gli eventuali danni collegati a tale atto andranno risarciti e non gi indennizzati. Di fatto, il g.a. esclude la possibilit di cumulo di domande di indennizzo e di risarcimento del danno, in quanto con la prima si presuppone la legittimit della revoca, mentre con la seconda se ne presuppone la rispettiva illegittimit procedimentale.
3. I provvedimenti ad esito conservativo: proroga ed atti ad effetto sanante In tale categoria rientrano gli atti che mirano al mantenimento di un precedente atto o eliminando il relativo vizio che ne mina efficacia ex tunc e senza intaccarne il contenuto ovvero accertandone lefficacia. Tali provvedimenti si fondano sul principio di economicit, positivizzato dalla legge sul procedimento per cui lamministrazione prima di eliminare un atto illegittimo o inopportuno deve valutare la possibilit di mantenerlo in vita secondo la ponderazione degli interessi in gioco. In tale ambito rientrano la convalida, la rettifica, la ratifica, la conferma, la conversione e la riforma e la proroga. Quanto al suo fondamento giuridico, non vi unanimit di opinioni in dottrina, un quanto soprattutto la proroga ritenuta espressione di un potere generale mentre altra dottrina lammette nei soli casi previsti dalla legge. La giurisprudenza, invece, configura la proroga come avvenimento espressione dello stesso potere nel cui esercizio stato emanato il provvedimento prorogando, da cui la vigenza e lefficacia del primo atto al quale essa si salda a pena di illegittimit secondo il g.a. e a pena di inesistenza secondo il g.o. Alla scadenza del termine, se non consentita proroga, comunque ammessa la rinnovazione del provvedimento, che costituisce una tecnica volta alla prosecuzione delloriginario rapporto che, a differenza della proroga, non richiede rinnovata ponderazione degli interessi coinvolti. I c.d. atti ad effetto sanante, non rientrano nella competenza di autorit diversa da quella che ha emanato la decisione finale, per cui la conseguente sanatoria del vizio ha funzione meramente servente rispetto al provvedimento considerato dallamministrazione agente.
3.1. Segue. La convalida e la rettifica La convalida, come lannullamento dufficio, ha ad oggetto un provvedimento illegittimo ma, mentre lannullamento elimina latto, la convalida rimuove il vizio e consolida gli effetti dellatto rendendolo inattaccabile per il futuro. Tale volont di sanare latto illegittimo deve risultare da dichiarazione espressa della competente autorit. 71 Lart. 21 nonies, in particolare, dopo aver disciplinato al comma 1 lannullamento dufficio, fa salva la possibilit di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di pubblico interesse e ne circoscrive lesercizio entro un termine ragionevole. Quanto al primo presupposto si considera che linteresse pubblico pu rinvenirsi nel fatto stesso che con a convalida si evitano effetti negativi della illegittimit dellatto; mentre con il secondo presupposto si riguarda allincertezza dei fattori che vanno tenuti presenti nella valutazione della ragionevolezza. Invero, la norma conferma che la convalida pu avere ad oggetto soltanto provvedimenti annullabili, affetti cio da vizio di legittimit con esclusione di provvedimenti nulli o inopportuni. La competenza alleliminazione del vizio attraverso la convalida spetta allorgano che ha emanato latto viziato e linteresse alla convalida dellatto deve risultare prevalente su tutti gli interessi coinvolti nellesercizio del potere, trattandosi di provvedimento discrezionale. Quanto ai vizi oggetto di convalida,vi rientrano il vizio di incompetenza relativa, i vizi di tipo formale, come linsufficienza del quorum, ladozione di un sistema di votazione non previsto dalla legge. Con lemanazione dellart. 21 octies, comma 2 non si ritengono pi convalidabili, bens annullabili, i provvedimenti vincolati affetti da vizi formali ininfluenti sul loro contenuto, cos come non risultano convalidabili i provvedimenti viziati da eccesso di potere o per mancanza di presupposti cui, ad esempio, quello dellurgenza. Diversamente sono convalidabili gli atti affetti da vizi procedimentali, quali lomessa comunicazione di avvio del procedimento o del preavviso di rigetto del provvedimento ad istanza di parte. Quanto agli aspetti temporali, la convalida ha efficacia retroattiva, per cui il vizio viene sanato ex tunc fin dal momento dellemanazione dellatto stesso. La convalida, in ogni caso, deve intervenire in un termine ragionevole, per cui va considerato che il termine per impugnare non sia scaduto ovvero che il provvedimento non sia pi impugnabile per scadenza dei termini fissati per la sua impugnativa con conseguente consolidazione del pregiudizio relativo alla situazione giuridica soggettiva, rispetto alla quale si ritiene sempre ammissibile la convalida. Dalla convalida si distingue la rettifica che ha ad oggetto provvedimenti non viziati, ma perfettamente validi seppure irregolari. Con la rettifica viene eliminata, con efficacia retroattiva, lerrore materiale non invalidante, come nel caso di erronea indicazione del domicilio del destinatario dellatto ovvero di errata ubicazione del bene. La legge parla di rettifica soltanto per gli atti degli interessati nellambito del procedimento amministrativi, inclusa la possibilit di presentare domanda di rilascio di provvedimento di rettifica di dichiarazioni o istanze incomplete o erronee, ex art. 6, lett. b).
3.2. La ratifica La ratifica non va confusa con la convalida del vizio di incompetenza, in quanto istituti diretti alla conservazione dellatto. Tuttavia, mentre il primo sana latto eliminando un vizio di incompetenza, con il secondo lamministrazione fa proprio latto adottato da un organo incompetente al quale la legge ne riconosce la legittimazione straordinaria data la circostanza urgente nella sua adozione. La ratifica ha tradizionalmente operato nellambito degli enti locali per le delibere delle giunte comunali e provinciali adottate in via durgenza con i poteri dei rispettivi consigli. Lattuale ordinamento ha limitato la ratifica delle deliberazioni assunte in via durgenza dallorgano esecutivo degli enti locali limitandone lapplicazione alle sole deliberazioni attinenti alle variazioni di bilancio, mentre per gli atti del sindaco disposta la sua adesione ad un accordo di programma che deve essere ratificata dal consiglio comunale nel caso di variazioni degli strumenti urbanistici. Nel primo caso il termine di sessanta giorni, nel secondo di trenta giorni, a pena di decadenza.
72 3.3. Segue. Conferma e atto meramente confermativo. Un orientamento giurisprudenziale distingue tra conferma rispetto allatto meramente confermativo, in quanto, nel silenzio della legge, si ritiene che lautorit, a seguito di istanza di riesame di un precedente provvedimento negativo ritenuto inoppugnabile, possa ribadire la precedente decisione confermandone la validit. Diversamente, si in presenza di atto meramente confermativo in quanto la medesima conferma della precedente statuizione avviene senza nuova valutazione degli elementi di fatto e di diritto gi considerati. Invero, la c.d. conferma propria presuppone lapertura formale di un nuovo procedimento comprensivo di fase istruttoria e lemanazione di un provvedimento di secondo grado, la conferma, con il quale si afferma la legittimit o linopportunit del precedente provvedimento. La conferma ha natura di provvedimento discrezionale che sostituisce, con efficacia ex nunc, il precedente provvedimento ed autonomamente impugnabile per qualsiasi vizio proprio sia in sede giurisdizionale che amministrativo. Latto meramente confermativo, invece, non autonomamente impugnabile in quanto espressione di una scelta dellamministrazione di non riesaminare il proprio precedente provvedimento. Tale distinzione si spiega per esigenze processuali di evitare, mediante limpugnazione di un atto meramente confermativo, lelusione della norma sul regime di impugnazione degli atti amministrativi nel termine di decadenza. Invero, tale interpretazione non apparsa convincente soprattutto perch mina la tutela del privato con il sottrarre le garanzie di cui allart. 113 Cost. per gli atti meramente confermativi, dal momento che il cittadino risulta privato di dimostrare in giudizio il mutamento della situazione sottesa alloriginario provvedimento. Di qui la necessit di rivedere la nozione di atto meramente confermativo da cui far dipendere limpugnabilit dellatto di mera scelta dellamministrazione, per cui in presenza di un diverso apprezzamento da parte dellamministrazione sulle situazioni di fatto o di diritto sopravvenuto si aprirebbe in capo alla stessa lobbligo di avviare il procedimento di riesame della precedente decisione assunta.
3.4. Segue. La conversione. Diversa dalla sanatoria la conversione, che mira a sanare un vizio dellatto mediante conversione, appunto, dei suoi effetti. Listituto, positivizzato dallart. 1424 c.c., prevede che un negozio nullo possa essere convertito in altro valido in presenza di tutti i suoi elementi, per cui sussistendo tutti i requisiti di sostanza e di forma di un altro atto lamministrazione pu convertire latto in quanto ne ricorra lomogeneit altres con gli interessi pubblici in concreto perseguiti. Parte della dottrina ritiene che i casi di nullit o inesistenza dellatto vadano ricavati dalla suddetta disciplina privatistica, per cui il presupposto della conversione la nullit del contratto. Secondo altra dottrina, invece, la conversione si spiega con riferimento ai soli casi di annullabilit. La competenza spetta allorgano che ha emanato latto, ma si esclude che vi sia completa coincidenza tra lorgano che ha emanato latto e quello che procede alla conversione in caso di reinterpretazione del suo contenuto. Si esclude altres che la conversione possa avvenire in sede giurisdizionale, in quanto si finirebbe per ammettere interferenza del giudice nella scelta discrezionale dellamministrazione. La conversione ha efficacia ex tunc.
3.5. Segue. La riforma La riforma rientra tra i provvedimento di secondo grado ad effetti conservativi. Il procedimento di riesame, infatti, pu concludersi oltre che con la conferma o la rimozione degli effetti del precedente provvedimento, con la loro riforma o modifica. La riforma ha efficacia ex nunc, in quanto si colloca nellambito di procedimento di annullamento e di revoca dando luogo ad annullamento ovvero revoca parziali. 73 Il potere di riforma rappresenta espressione tipica della potest dordine, in quanto nucleo centrale della gerarchia in quanto si richiede allufficio superiore lannullamento o la riforma di un atto adottato da un ufficio subordinato. Lart. 14 del d.lgs. 165/ 2001 ha escluso espressamente anche il potere del ministro di riformare gli atti dei dirigenti.
Parte 5 Conferenza dei servizi
Capitolo 1 Conferenza dei servizi: natura giuridica
1. La conferenza dei servizi: genesi della figura La legge sul procedimento amministrativo include tra gli strumenti di semplificazione listituto della conferenza dei servizi, che ha assunto rilievo cresce negli interventi di riforma ad opera della legge 15/ 2005 che ne ha sottolineato la centralit sistematica nello svolgimento dellattivit amministrativa. Lespressione prescelta dal legislatore, conferenza di servizi, fa riferimento alla valutazione contestuale di pi interessi pubblici coinvolti nella soluzione del problema amministrativo attraverso una riunione di persone qualificate, ossia competenti a trattare e decidere il problema stesso, mentre il termine servizi si riferisce alle strutture organizzative di diversa dimensione e di diverso livello costituita da semplici uffici ovvero articolazioni interne di amministrazioni considerate nella loro unitaria complessit dal momento che la disciplina legislativa considera la conferenza di servizi sia tra uffici della stessa amministrazione sia tra organi di amministrazioni diverse. Invero, lart. 14 della legge 241/1990 fa riferimento soltanto a tali due tipologie di conferenze, ma sussistono almeno tre tipi di conferenza di servizi: a) la prima concerne lesame contestuale dei vari interessi pubblici coinvolti nel medesimo procedimento; b) la seconda concerne lacquisizione di intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche non altrimenti ottenuti dallamministrazione procedente; c) la terza concerne lesame contestuale di interessi coinvolti in pi procedimenti amministrativi connessi riguardanti medesimi attivit o risultati. Ulteriore ipotesi di conferenza di servizi disciplinata nellart. 14 bis, quale conferenza preliminare e secondo altri autori vi rientra altres la conferenza, convocata dallamministrazione, su richiesta dellinteressato. Risalendo alle origini della conferenza dei servizi si pu affermare che dapprima listituto si costitu nella prassi amministrativa in modo spontaneo per ovviare alle inefficienze dellattivit amministrativa soprattutto in ambito di procedimenti complessi nei quali era necessario ponderare una massa rilevante di interessi pubblici. Di qui si apr un intenso dibattito intorno al problema della natura giuridica della conferenza dei servizi tanto che da un lato la dottrina lo riconosceva come strumento avente rilevanza sotto il profilo strutturale dellorganizzazione amministrativa, in quanto riunione di organi che collaborano tra loro e dallaltro si venne a riconoscere la conferenza tra gli istituti di semplificazione, in quanto simbolo di modificazione dei paradigmi consueti del diritto amministrativo. Fin dalla prima met degli anni Ottanta, infatti, la dottrina si era limitata a prendere atto dellesistenza di tale istituto facendo riferimento a strumenti che si definivano come riunione di organi, chiamati a svolgere attivit e a porre in essere atti che restano formalmente e sostanzialmente distinti ed imputabili agli organi medesimi. 74 A partire dalla seconda met degli anni Ottanta, invece, muta lidea dellapplicazione della conferenza di servizi, in quanto si rende ragione della diversa prospettiva di ricostruzione dellistituto al punto tale che la conferenza dei servizi viene considerata uno strumento sostitutivo del procedimento amministrativo e di privilegi la sua qualificazione come istituto a rilevanza organizzativa. Di conseguenza, latto adottato in sede di conferenza dei servizi era imputabile alla conferenza medesima, intesa come organo unitario ed autonomo, cui andava riconosciuta legittimazione processuale passiva autonoma. Tuttavia, con lintroduzione della disciplina normativa della conferenza dei servizi di cui alla legge 241/1990, la conferenza ha assunto carattere di istituto generale dellattivit amministrativa, di cui il legislatore tenta di porre in rilievo i caratteri essenziali della suddetta figura. Invero, la disciplina originaria della legge 241/1990 recava una disciplina scarsa ed incompleta incentrata nel solo articolo 14 della legge, per cui si disegnava un modello puro di conferenza di servizi, quale modulo di collaborazione volontaria tra amministrazioni le cui decisioni potevano essere concordate soltanto allunanimit dei partecipanti. Successivamente, il legislatore inizia a prendere in considerazione la facolt delle amministrazioni di dissentire dalla proposta di decisione dellamministrazione procedente tale da riconoscere un vero e proprio potere di veto in capo a ciascuna delle amministrazioni partecipanti, per cui si apportano, a partire dal 1993, modifiche al testo originario della legge ed il modello dellunanimit per lassunzione della decisione risulta unipotesi soltanto eventuale e le disposizioni normative a riguardo si sono moltiplicate in modo esponenziale.
2. Levoluzione della disciplina giuridica Tali circostanze hanno ispirato le riforme del 1997 e del 2000 fino al 2005. La legge 127/1997, allart. 17, ha rappresentato il primo vero tentativo di riforma organica della disciplina generale della conferenza di servizi, in quanto ha eliminato il criterio dellunanimit ed ha disegnato i meccanismi di superamento del dissenso facendo leva sui poteri sostitutivi spettanti sia alle autorit di vertice dellapparato organizzativo statale, sia a quello regionale e locale nonch ha previsto la conferenza destinata a raccogliere procedimenti reciprocamente connessi riguardanti medesimi attivit o risultati, Tuttavia, la conferenza restava uno strumento facoltativo ed i poteri sostitutivi in caso di dissenso non risultavano regolati con precisione nonostante lindicazione legislativa intervenuta. Il nuovo assetto dellistituto, pertanto, venne delineato dalla novella 340/2000 con la quale vennero razionalmente ordinati i contenuti delle varie disposizioni normative e regolati con maggiore precisione i presupposti ed i limiti dei poteri sostitutivi attuabili in caso di dissenso, per cui la conferenza di servizi diveniva un modo originale di amministrare, una forma obbligata di esercizio delle pubbliche funzioni come applicato nei settori dei lavori pubblici, dei beni culturali ed ambientali, nelledilizia, nelle espropriazioni. I tre interventi riformatori del 1997, 2000 e 2005 trovano la medesima ratio nel tentativo di coniugare lattenzione della valutazione comparativa degli interessi con lesigenza di imprimere efficienza allazione amministrativa, per cui la conferenza di servizi risulta strumentale al conseguimento del risultato della valutazione comparativa degli interessi pubblici. Le amministrazioni pubbliche, infatti, si trovano a fronteggiare realt sociali ed istituzionali sempre pi complesse, per cui la conferenza di servizi consente allamministrazione di operare secondo la funzionalit del proprio sistema di riferimento. In particolare, il superamento dei dissensi delineato nellart. 14 quater, comma 2, riscritto dalla legge 340/ 2000 con il criterio maggioritario, venuto a statuire una regola generale di adozione delle decisioni assunte in sede di conferenza tale da trasformare la medesima in un organo collegiale. La giurisprudenza, tuttavia, non ha accolto tale tesi organica, ma ha riaffermato i propri convincimenti contrari alla configurazione della conferenza quale organo collegiale tanto che il 75 legislatore del 2005 ha riconosciuto espressamente la natura di modulo procedimentale della conferenza di servizi.
3. Natura giuridica e funzione dellistituto. La soluzione al problema della individuazione della natura giuridica della conferenza di servizi era la condizione necessaria per poter liberare in modo efficace le potenzialit dellistituto, per cui il problema della individuazione della natura giuridica dellistituto si riflettuto nella scelta tra atto collegiale, accordo tra amministrazioni da cui il differente regime giuridico dellimputazione degli effetti della decisione assunta nonch sul regime di autotutela della relativa determinazione conclusiva. In primo luogo va ricordato che il legislatore, a partire dagli anni Novanta, ha indicato la conferenza di servizi quale istituto sostitutivo di numerosi organi collegiali soppressi, per cui latto assunto dalla conferenza stato considerato quale atto unitario ed autonomo rispetto alle amministrazioni ivi coinvolte. In altri termini, la conferenza intesa quale modulo procedimentale e non gi collegiale, in quanto lorgano collegiale ha bisogno di una predeterminazione dei suoi componenti, laddove nella conferenza dei servizi non trova rilievo la natura collegiale n sul piano organizzativo che sostanziale dufficio. La conferenza, infatti, assume carattere procedimentale, in quanto funzionale alla conclusione di un accordo tra amministrazioni in quanto si riunisce in un unico luogo o sede di discussione uffici diversi o diverse amministrazioni, senza modificazione o trasferimento delle relative competenze, ma si concordano valutazioni dialettiche comuni su cui si fonda la decisione finale, quale conseguimento di un unico risultato. Questultima assunta mediante una ponderazione equilibrata ed effettiva di poteri discrezionali esercitati in sede di conferenza, per cui ciascuna amministrazione ivi coinvolta terr conto, oltre che del proprio, anche degli interessi pubblici in cura presso le altre amministrazioni allo scopo di conseguire una decisione che soddisfi nel modo migliore linsieme degli interessi pubblici. In tale prospettiva la valutazione contestuale operata in sede di conferenza determina unoperazione amministrativa, intesa quale insieme di attivit necessarie per conseguire un risultato giuridico unitario valutabile come nuovo assetto di interessi pubblici imputabili alla cure delle amministrazioni ivi coinvolte.
4. Conferenze endoprocedimentali e conferenze operazionali Nellambito delle diverse tipologie di conferenza, la legge 15/ 2005 non ha modificato i modelli di conferenza precedentemente considerati dalla legge sul procedimento, in quanto si considerano quattro ipotesi principali di conferenza, di cui tre nellart. 14, commi 1, 2, 3 ed una nellart. 14 bis. Le fattispecie di cui allart. 14 sono oggetto di varie classificazioni da parte della dottrina secondo criteri eterogenei. La classificazione pi esauriente quella tra conferenze di uffici e conferenze tra amministrazioni e sulla base della conferenza posta nel singolo procedimento si distingue tra conferenza endoprocedimentale e conferenze operazionali. Invero, la conferenza di servizi si rileva come collocata tra semplificazione e partecipazione, per cui lo snellimento dellazione amministrativa che ne consegue consente agli uffici di attuare una maggiore accelerazione nelliter procedimentale e consentire ai privati una pi efficace partecipazione di cui al Capo Terzo della stessa legge. Invero, la partecipazione dei privati al procedimento deve aver luogo prima dello svolgimento della conferenza, in quanto questa aperta alla partecipazione dei soli soggetti pubblici ed ha natura essenzialmente decisionale, quale luogo di comparazione degli interessi pubblici. 76 Inoltre, la disciplina della conferenza dei servizi va raccordata con le previsioni di partecipazione pubblica al procedimento, per cui la partecipazione dei privati al procedimento va raccordata anche con la disciplina di cui al Capo Terzo della legge. In altri termini, la conferenza endoprocedimentale si caratterizza per la sua stessa modalit alternativa rispetto a quella ordinaria, nel procedere allesame degli interessi coinvolti, in quanto in tale sede la vicenda decisoria della valutazione degli interessi si distingue dalla valutazione spettante allunica amministrazione decidente, in quanto essa la sola che nella conferenza endoprocedimentale pu determinare il contenuto del provvedimento finale. Le conferenze operazionali, invece, assolvono al fine di semplificazione del singolo procedimento, in quanto coinvolge una pluralit di procedimenti ed interessi rimessi alla cura della pluralit di centri di imputazione di pubblici interessi, ciascuno titolare di autonomo potere decisionale. Emerge, infatti, che la partecipazione delle amministrazioni pubbliche si spinge fino al punto di determinare lassetto degli interessi, per cui si realizza il fenomeno della codecisione da cui lart. 14, comma 2, della legge 241/1990. Alla luce di tale disposizione si viene ad indicare un metodo del procedere che pu essere sostituita mediante il ricorso alla conferenza di servizi che debba essere utilizzata nella durata di trenta giorni per la decisione in concreto congrua e ragionevole.
5. La c.d. conferenza sullistanza Lart. 14, comma 4, della legge 241/1990 prevede che la conferenza indetta su richiesta dellinteressato secondo una disciplina particolare che attiene a procedimenti disciplinati dal comma 3 della medesima disposizione normativa. Tale disposizione indica unulteriore modalit di indizione di conferenza di servizi, in presenza di richiesta del soggetto interessato.
6. La conferenza di servizi preliminare La conferenza di servizi pu essere indetta su istanze o progetti preliminari di cui allart. 14 bis della legge 241/ 1990, al fine di evitare inutili aggravi di risorse e di attivit che richiedano ingenti investimenti economici offrendo agli interessati la possibilit di consultare lamministrazione prima di presentare un progetto definitivo e rischiare di incorrere in un diniego formale. Tale conferenza si caratterizza per il fatto di avere ad oggetto uno schema preliminare di decisione definitiva, per cui tutte le amministrazioni ivi coinvolte devono rispettare le condizioni che consentono lo ro di ottenere lassenso definitivo alla realizzazione dellintervento. Uno degli aspetti pi significativi della disciplina in esame la previsione che impedisce alle amministrazioni di modificare le proprie precedenti determinazioni in assenza di fatti sopravvenuti alla conclusione della conferenza preliminare, in quanto i privati sono tutelati nel rispettivo affidamento e nei limiti riconosciuti al potere amministrativo di revisione sulle precedenti determinazioni illegittime. Invero, la riforma del 2005 ha esteso la disciplina della conferenza preliminare ai progetti di particolare complessit ed a quelli di insediamenti produttivi di beni e servizi di cui allart. 14 bis, comma 1. Il ricorso alla conferenza preliminare, infine, non pi subordinato alla presentazione del progetto preliminare, ma soltanto allo studio di fattibilit, per cui il ricorso ad essa diviene meno oneroso per il privato sotto il profilo economico ed anche pi agevole per lamministrazione.
77 Capitolo 2 La conferenza di servizi: funzionamento
1. La disciplina dei lavori della conferenza di servizi Lart. 14 ter della legge 241/ 1990 dedicato alla disciplina dei lavori della conferenza dei servizi, successivamente modificato dalla legge 15/ 2005. Lart. 14 ter stabilisce che le amministrazioni convocate alla conferenza di servizi hanno il dovere di parteciparvi in modo regolare, ossia a mezzo di soggetti, organi o delegati di organi, legittimati ad esprimere in modo vincolante la volont dellamministrazione rappresentata sulle decisioni di sua competenza. Prima della novella, la disciplina della conferenza non era assoggettata a specifiche previsioni normative, per cui non erano fornite indicazioni puntuali sulla composizione della conferenza e sul suo relativo funzionamento. La legge 340/ 2000 pur avendo portato chiarezza sui profili problematici sopraindicati, aveva tuttavia lasciato aperte alcune questioni sulle quali dovuto intervenire il legislatore del 2005. La riforma, infatti, ha inserito allart. 14 ter tutte le previsioni aventi ad oggetto lo svolgimento della conferenza di servizi dal momento della sua indizione fino a quello della costituzione del provvedimento produttivo di effetti giuridici determinati nellambito della medesima in correlazione a quanto disposto allart. 14 quater. In particolare, lart. 14 quater, comma 1, attiene ai lavori della conferenza laddove siano espressi motivati dissensi non qualificati, mentre dallart. 14 ter, comma 6 bis, si ricava la disciplina di superamento di tali dissensi qualificati, in quanto si rimette la decisione a sedi diverse dalla conferenza quali la Conferenza Stato Regioni, la Conferenza unificata e cos via. Lart. 14 ter indica tempi, modalit di indizione e di convocazione della conferenza con possibilit di concordare una data diversa per il suo svolgimento rispetto a quella prefissata onde favorire la partecipazione attiva di tutte le amministrazioni interessate. La legge 15/ 2005 ha modificato lart.14 ter imprimendo maggiore speditezza allo svolgimento della conferenza, in quanto sono stati abbreviati i termini fissati nella normativa previgente ed attraverso linserimento di nuovi termini volti ad una pi snella scansione dei lavori in sede di conferenza. Il nuovo comma 1 dellart. 14 ter, infatti, prevede che la prima riunione della conferenza di servizi convocata entro quindici giorni ovvero, in caso di particolare complessit dellistruttoria, entro trenta giorni dalla data di indizione. Il legislatore, pertanto, ha inteso stabilire il termine entro il quale, una volta convocata la conferenza, questa deve procedere allo svolgimento effettivo dei suoi lavori laddove la previgente disciplina normativa non fissava un termine massimo entro il quale si svolgeva tale procedimento. Lart. 14 ter, inoltre, considera il rapporto tra valutazione di impatto ambientale e disciplina di funzionamento e durata della conferenza di servizi, per cui il termine di conclusione dei lavori resta sospeso, per un periodo massimo di novanta giorni, nellipotesi in cui debba essere acquisita al procedimento la V.I.A. La riforma ha altres eliminato le previgenti disposizioni che consentivano alle amministrazioni convocate di manifestare il dissenso anche fuori dalla conferenza. Infatti, lart. 14 quater, comma 1, prevede che il dissenso deve essere manifestato nella conferenza di servizi a pena di inammissibilit. Alle amministrazioni dissenzienti, in ogni caso, riconosciuto il potere di impugnare la determinazione motivata di conclusione dei lavori della conferenza di servizi.
2. Modalit alternative di acquisizione degli assensi e disciplina dellassenza Ai sensi dellart. 14 ter, comma 7 lassenso dellamministrazione si considera acquisito in quanto il rappresentante non abbia espresso definitivamente la volont dellamministrazione rappresentata. 78 Si tratta di una fattispecie di assenso delle amministrazioni che considerato in via concludente, in quanto recepito nel provvedimento costitutivo degli effetti giuridici. Invero, la norma considera le sole amministrazioni convocate che nella conferenza siano rimaste silenti, ma non si riferisce, invece, alle amministrazioni convocate e rimaste assenti, per le quali la legge dedica lart. 14 quater, comma 9. La fattispecie dellassenza, infatti, ritenuta pi grave, in quanto le amministrazioni convocate in conferenza hanno violato in via assoluto il dovere di parteciparvi. Tale ipotesi non va confusa con la fattispecie in cui lamministrazione pretermessa, in quanto non invitata dallamministrazione procedente a prendere parte alla conferenza di servizi in considerazione dellinteresse pubblico affidato alla sua cura.
3. Soggetti legittimati a partecipare alla conferenza di servizi: i presupposto della partecipazione regolare. Lart. 14 ter, comma 6, prevede che ogni amministrazione convocata partecipa alla conferenza di servizi attraverso un unico rappresentante legittimato, dallorgano competente, ad esprimere in modo vincolante la volont dellamministrazione su tutte le decisioni di competenza della stessa. Tale disposizione, dunque, attiene al profilo del carattere generale dellindividuazione degli organi competenti a rappresentare lamministrazione in sede di conferenza di servizi nonch sulla precisazione dei limiti di ammissibilit di tale partecipazione. In passato, in caso di mancata partecipazione alla conferenza si riteneva sussistente lipotesi di partecipazione irregolare, in quanto lamministrazione era stata regolarmente convocata seppure la partecipazione effettiva era data tramite rappresentanti privi di competenza ad esprimere effettivamente la volont dellamministrazione convocata. Si riteneva, dunque, che le amministrazioni partecipassero alla conferenza per mezzo di persone fisiche, titolari di uffici c.d. di imputazione, come tali competenti di vincolare lamministrazione in ordine alla decisione assunta in sede di conferenza dal rappresentante seppure privo dei necessari poteri conferitigli da espresso provvedimento formale. La nuova formulazione dellart. 14 ter, comma 6, invece, ha fatto esplicito riferimento alle decisioni di competenza dellamministrazione che impone di formalizzare la decisione adottata in conferenza in un distinto e successivo provvedimento formale, costitutivo degli effetti. Da tali riflessioni emerge che il responsabile del procedimento diventa titolare in via autonoma del proprio ruolo in virt del quale la legge gli attribuisce la competenza di impegnare lamministrazione verso lesterno ed in sede di conferenza le amministrazioni, per mezzo di soggetti legittimati alladozione della decisione, hanno una competenza distinta da quella che positivizzata dalla legge in capo al dirigente titolare della cura dellistruttoria e di tutta la fase decisoria in senso stretto. Quanto ai limiti di ammissibilit della partecipazione dei soggetti muniti di apposita delega, va considerato che le amministrazioni possono delegare organi ovvero altre persone conferendo loro adeguati poteri. Lart. 14 ter, comma 6, prevede che la partecipazione alla conferenza possa avvenire mediante un unico rappresentante per tutte le decisioni di competenza dellamministrazione stessa al fine di costituire nella conferenza un unico soggetto che sia munito di tutte le deleghe necessarie per lesercizio della potest decisionale.
4. I meccanismi di superamento delle ragioni del dissenso. Il nuovo comma 6 bis, dellart. 14 ter della legge 241/ 1990 prevede che allesito dei lavori della conferenza, e in ogni cado scaduto il termine di cui al comma 3, lamministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in sede di conferenza di servizi. La nuova disciplina, come ravvisato dai commentatori, rappresenta uninnovazione ontologica, in quanto sancisce il passaggio dalla logica numerica e quantitativa, a quella fondata sul criterio della 79 prevalenza che, a differenza di quello maggioritario, si fonda sulle questioni oggettive rappresentate da ciascuna amministrazione. In particolare, il legislatore ha previsto un meccanismo che rende possibile il superamento dei motivati dissensi, in quanto ha previsto la sostituzione della determinazione dellamministrazione dissenziente con unaltra determinazione attribuita in via generale allamministrazione procedente, salva la possibilit di intervento dellautorit di vertice. I meccanismi di superamento del dissenso, infatti, fanno leva sullattivazione del potere sostitutivo, per cui lamministrazione sostituita da altra amministrazione a tutela degli interessi pubblici in cura alle amministrazioni dissenzienti. Con la conseguenza che laddove non siano superabili tali dissensi, non possibile addivenire alla determinazione conclusiva di segno positivo del procedimento. Al fine di evitare il potere di veto delle amministrazioni dissenzienti, il legislatore ha previsto al comma 1 dellart. 14 quater della legge 340/2000 leliminazione del potere di veto e lindividuazione del limite minimo di assensi richiesti per lattivazione dei poteri sostitutivi dellamministrazione procedente. Il legislatore, parimenti, nellart. 14 quater, comma 2, della legge 241/1990 ha chiarito che la presenza della maggioranza dei consenti rispetto ai dissensi risulta un mero fatto rilevante cui ricollegata lattivazione dei poteri sostitutivi dellamministrazione procedente. Di qui si auspica laccoglimento della lettura della disciplina di cui alla legge 340/2000, in cui si afferma il superamento dei motivati dissensi rispetto ai consensi che rileverebbero soltanto formalmente laddove i primi influenzerebbero, invece, sul contenuto della determinazione conclusiva. Il nuovo art. 14 ter, comma 6, introdotto dalla legge 15/2005 ha previsto espressamente che la determinazione di conclusione del procedimento deve essere motivata in relazione alle specifiche risultanze della conferenza ed alle posizioni prevalenti in essa espresse sancendo formalmente la inaccoglibilit del criterio della maggioranza richiesta per ladozione della decisione finale.
5. I meccanismi multilivello di composizione dei dissensi qualificati. Lart. 14 quater della legge 241/1990 disciplina il meccanismo di superamento dei c.d. dissensi qualificati, che sono quelli che non possono essere superati in sede di conferenza in quanto la legge vi ricollega leffetto di rimettere la decisione oggetto della conferenza ad altro e superiore livello di governo. In primo luogo, la riforma ha esteso la categoria agli interessi sensibili, quali la tutela ambientale, paesaggistico territoriale, tutela della salute, ed anche quelli espressi da amministrazioni preposte alla pubblica incolumit. Invero, la nozione di pubblica incolumit presenta un contenuto assai ampio tale da coinvolgere tutte le situazioni di pericolo in cui le persone possono trovarsi e la nozione di dissensi qualificati pu comportare il rischio di estendere notevolmente il loro ambito tanto che la giurisprudenza intervenuta a specificare ed integrare il dato normativo. In ambito di dissensi qualificati rientrano altres i dissensi regionali, laddove espressi a tutela di interessi sensibili su materie riservati alla propria competenza. La riforma del Titolo V della parte Seconda della Costituzione ha reso necessaria la revisione integrale della materia secondo i canoni di leale collaborazione tra i diversi livelli di governo valorizzati nella Carta costituzionale. Con la riforma costituzionale, infatti, si inteso offrire una lettura costituzionalmente orientata delle molteplici discipline su operazioni amministrative complesse coinvolgenti pluralit di poteri decisionali concorrenti nella medesima materia. Tale meccanismo, infatti, richiede la necessaria intesa con le regioni al fine di garantire una valutazione di primo livello sui dissensi qualificati, rispetto ai quali lo Stato potr sopperire in via sostitutiva ma soltanto in via eccezionale. 80 La nuova disciplina, infatti, ha introdotto un meccanismo di gestione dei dissensi qualificati che richiede mezzi e strumenti di raccordo delle istituzioni in leale collaborazione tra loro.
Parte 6 Fattispecie diverse dai provvedimenti
Capitolo 1 Gli accordi
1. Accordo amministrativo ed esercizio della funzione pubblica Con lintroduzione dellart. 11 della legge 241/1990 modificato dalla legge 15/ 2005, il legislatore ha disciplinato listituto degli accordi tra amministrazione e privati, consentendo alla parte pubblica di avvalersi di moduli consensuali per lesercizio della funzione amministrativa. Lutilizzo dei moduli convenzionali era gi previsto in ambito urbanistico dal t.u 327/ 2001 in tema di espropriazione, in quanto latto convenzionale veniva a sostituisci al provvedimento unilaterale di espropriazione. Tuttavia con lart. 11 della legge 241/ 1990 i moduli convenzionali dellagire amministrativo hanno assunto carattere generalizzato al modello tradizionale di amministrazione fondato sullesercizio unilaterale ed imperativo del potere amministrativo. Invero, secondo il principio del doppio binario, lamministrazione pu scegliere la linea autoritativa e la nuova linea convenzionale mediante lutilizzo di accordi che, secondo la prescrizione normativa, vengono a definire in senso totale o parziale la definizione stessa del procedimento amministrativo. La tipologia degli accordi, infatti, legata alla tipicit del potere di provvedere, in quanto senza un procedimento ed un presupposto potere autoritativo attribuito dallordinamento allamministrazione, non pu esservi accordo di cui allart. 11 della legge. Pertanto, dalla tipologia degli accordi in esame vanno esclusi quegli atti di diritto privato che lamministrazione assume nei rapporti contrattuali, ad esempio, nellacquistare beni, servizi o forniture. Gli accordi, infatti, trovano il loro presupposto legislativo e sistematico nel concreto esercizio del potere autoritativo, da cui la distinzione tra accordo e contratto di diritto privato, laddove i contratti ad evidenza pubblica sono veri e propri contratti soggetti alla disciplina privatistica, mentre gli accordi ex art. 11 della legge seguono soltanto i principi del codice civile relativi alle obbligazioni ed ai contratti in quanto compatibili, ex art. 11, comma 2 della legge. Negli accordi amministrativi, infatti, il potere amministrativo viene esercitato mediante atti bilaterali, per cui la volont del privato non requisito necessario per la sussistenza della fattispecie di regolamentazione degli interessi, in quanto essi nascono dalla fusione del potere amministrativo ed autonomia privata che ne caratterizza la natura. Quanto alla natura degli accordi, si discute se questi siano contratti di diritto privato ovvero contratti di diritto pubblico, ma si ritiene che la loro sostanza comporta in ogni caso lapplicazione della disciplina legislativa di cui allart.11, per cui lesercizio del potere pubblico a determinare il contenuto.
2. Tipologie ed ambito applicativo degli accordi. Lart. 11 prevede due tipologie di accordi tra amministrazione e privato: a) laccordo procedimentale, c.d. integrativo; b) laccordo sostitutivo del provvedimento. Quanto ai primi si applica in generale lart. 11 nella sua formulazione originaria, caratterizzando tale tipologia di accordi nellobbligo assunto dallamministrazione di esercitare il potere mediante emanazione di un provvedimento il cui contenuto determinato previo accordo con il privato. 81 Gli accordi sostitutivi, invece, come modificati dalla legge 15/ 2005, producono effetti giuridici per i quali sarebbe necessaria lemanazione del provvedimento unilaterale, senza ulteriore attivit relativa allesercizio del potere in capo allamministrazione. Latipicit riconosciuta a questultimi tuttavia parziale, in quanto essa riguarda la sostituibilit del provvedimento con laccordo senza la necessita di unespressa previsione legislativa. Pertanto, laccordo resta atto tipico ed assorbe, in quanto tale, il carattere di tipicit del provvedimento corrispondente. Laccordo procedimentale, invece, interviene nel procedimento ed allinterno di questo esaurisce i suoi effetti, sostituendo al suo interno latto che sar recepito nel provvedimento finale. Pertanto, nel primo caso vi definizione totale o parziale del procedimento, in quanto si viene a vincolare il provvedimento nel suo contenuto; nel secondo caso, invece, laccordo determina la chiusura del procedimento senza emanazione di alcun provvedimento.
3. La formazione degli accordi e il vincolo di non negoziabilit dellinteresse pubblico Una negazione sullammissibilit degli accordi si ravvisata nella negazione della possibilit per la p.a. di negoziare linteresse pubblico, in quanto essa non pu, in ogni caso, rinunciare al perseguimento del medesimo. La legge, infatti, prevede che laccordo pu essere concluso esclusivamente nel perseguimento del pubblico interesse, per cui la rinuncia allunilateralit non implica rinuncia alla produzione di effetti del provvedimento connessi allattribuzione del potere. Il perseguimento dellinteresse pubblico, infatti, caratterizza non soltanto la disciplina, ma costituisce anche il contenuto dellaccordo determinando il regime pubblicistico della sua disciplina. Laccordo, peraltro, si giustifica laddove le parti ottengano unutilit ulteriore rispetto a quella fornita dal mero provvedimento, tanto che essi vengono ad assumere il carattere di un istituto di partecipazione al procedimento, in quanto il privato pu incidere, mediante la manifestazione dei propri interessi, nella formazione della decisione assunta dallamministrazione. Listanza di accordo, in particolare, costituisce espressione di partecipazione al procedimento, in quanto lamministrazione deve valutare sullistanza medesima lassetto definitivo degli interessi coinvolti e dalla quale sarebbe determinata la rispettiva amministrazione competente per ladozione del provvedimento. Invero, la scelta dello strumento consensuale da parte dellamministrazione rientra nellesercizio di un potere discrezionale, per cui lamministrazione deve valutare e motivare la scelta di stipulare laccordo ovvero di rifiutare la proposta del privato tenuto conto dellinteresse pubblico rimesso alla sua cura. La posizione del privato giuridicamente protetta, in quanto partecipazione allesercizio del potere, per cui si delinea come interesse legittimo pretensivo tutelabile innanzi al g.a. in caso di rifiuto o silenzio.
4. Lesecuzione degli accordi A seguito della conclusione dellaccordo, si applica la disciplina prevista dal codice civile in tema di obbligazioni e contratti, per cui la tutela del pubblico interesse, anche nella fase esecutiva, comporta per lamministrazione la combinazione tra principi di diritto privato e principi di diritto pubblico. Quanto allo scioglimento unilaterale del vincolo da parte dellamministrazione, la legge 241/1990 prevede la regola di cui al comma 4 dellart. 11.
4.1. La disciplina del recesso dellamministrazione Il comma 4 dellart. 11 dispone che per sopravvenuti motivi di pubblico interesse lamministrazione recede unilateralmente dallaccordo, salvo lobbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatesi in danno al privato. 82 In relazione a tale norma, il recesso della p.a. si riconosce per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, confermando in tal senso il carattere vincolante dellaccordo quale vincolo funzionale al perseguimento dellinteresse pubblico. Lamministrazione, pertanto, pu sciogliere laccordo esercitando una potest pubblica che si concreta in un provvedimento unilaterale ed imperativo, che incontra limiti nella funzionalizzazione alla cura dellinteresse pubblico ovvero che detti motivi devono essere sopravvenuti, e cio che tali motivi non devono derivare da una diversa valutazione dellinteresse pubblico giustificativo del precedente impegno contrattuale, ma piuttosto dal maturare di nuovi elementi connessi ad interessi generali che determinano lincompatibilit della sopravvivenza del rapporto. Il recesso di cui allart. 11 sembra avvicinarsi alla revoca del provvedimento di cui allart. 21 quinquies della legge 15/ 2005, in quanto prevista per entrambe la liquidazione di un indennizzo connessa allesercizio legittimo del potere nonch il perseguimento dellinteresse pubblico e lefficacia ex nunc. Tuttavia, mentre il recesso legato a sopravvenuti motivi di pubblico interesse, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole pu essere revocato per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dellinteresse pubblico originario. Il recesso, dunque, rappresenta un istituto proprio degli accordi amministrativi procedimentali, che si differenzia dalla revoca e dal recesso civilistico, in quanto atto provvedi mentale, unilaterale ed imperativo, con efficacia ex nunc. Lindennizzo rappresenta la tutela minima prevista ex lege al fine di tutelare la situazione di affidamento che ha caratterizzato il rapporto con il privato, ex art. 11 comma 4 della legge.
4.2. Linadempimento dellamministrazione Il recesso illegittimo costituisce una fattispecie di inadempimento dellamministrazione, ma non lunica, per cui essa obbligata ad indennizzare il privato. Lamministrazione, infatti, nel corso del procedimento pu provvedere in senso difforme dallaccordo ovvero senza determinare alcun recesso espresso, per cui si viene a costituire una fattispecie di inadempimento dellamministrazione. Nel caso di mancata emanazione del provvedimento a seguito dellaccordo procedimentale, si ritenuto che il privato sia tutelato in virt della situazione di interesse legittimo riconosciutagli secondo lart. 21 bis della legge Tar in tema di ricorso amministrativo avvero il silenzio dellamministrazione. In tal senso la giurisprudenza ha ritenuto che gli accordi in questione sono pur sempre contratti ad oggetto pubblico, in quanto stipulato nellinteresse pubblico, per cui lemissione del provvedimento va tenuto distinto dalla conclusione del contratto definitivo ed il provvedimento implica pur sempre lesercizio di poteri autoritativi che non pu essere attribuito ad organi amministrativi e non gi allautorit giurisdizionale. In presenza di inerzia amministrativa successiva allaccordo, il privato potr agire con il ricorso avverso il silenzio ex art. 21 bis legge 205/ 2000 e la condanna ad un facere sar possibile in quanto ladempimento allaccordo riguardi non gi lesercizio di funzioni pubblicistiche, ma un facere avente contenuto negoziale o materiale. Il privato, peraltro, in caso di provvedimento difforme dal contenuto dellaccordo vanta un interesse legittimo allannullamento del provvedimento e potr poi agire per il risarcimento dei danni.
4.3. La patologia del rapporto Ritenuta la compatibilit delle norme del codice civile in materia di contratti anche la patologia dellaccordo riguarda tanti i vizi del contratto quanto quelli del provvedimento. Limpugnazione, infatti, non pu essere limitata ai soli vizi di validit dellaccordo secondo le regole civilistiche, ma vanno considerati tutti i vizi di legittimit previsti dalle leggi sui procedimenti. 83 Invero, vengono salvaguardati non soltanto i diritti dei terzi ma soprattutto gli interessi legittimi da cui lattribuzione della giurisdizione esclusiva del g.a. Certamente applicabile allaccordo la disciplina della nullit del contratto di cui allart. 1418 c.c. e ss in quanto contrario a norme imperative, e la mancanza dei requisiti ex art. 1325 c..c, lilliceit della causa, dei motivi nei limiti dellart. 1345 c.c. e la mancanza dei requisiti delloggetto. Il sindacato sullaccordo anche un sindacato sul potere, attribuito alla giurisdizione esclusiva del g.a.
5. La tutela del terzo Ulteriore problema riguarda se e quali terzi siano legittimati a ricorrere avverso un accordo che, non potendo creare effetti diversi, produca effetti pregiudizievoli nei loro confronti. E pacifico che un accordo non pu pregiudicare diritti dei terzi, che non prendono parte allaccordo stesso, come ribadito dallart. 1372, comma 2, c.d. Tuttavia la previsione di cui al comma 1 dellart. 11 della legge non va ritenuta una mera ripetizione del dettato civilistico, in quanto laccordo un possibile strumento di partecipazione al procedimento che pu produrre effetti pregiudizievoli anche nei confronti di terzi, come nel caso di autorizzazione o concessioni amministrative. Pertanto, nel caso in cui il terzo sia titolare di una situazione giuridicamente protetta che risulta illegittimamente lesa dalluso del potere da parte dellamministrazione, questi vanter una situazione di interesse legittimo avverso lesercizio del potere amministrativo. In definitiva, si ritiene che laccordo pu pregiudicare il terzo, per cui si giustifica la sua posizione processuale in virt dellart. 100 c.p.c. e dellart. 1372 c.c., in quanto il ricorrente deve avere un interesse a ricorrere personale ed attuale. In particolare, mentre laccordo sostitutivo produce effetti giuridici propri del provvedimento pu avere rilevanza esterna e sar suscettibile di impugnazione da parte del terzo; invece, laccordo preliminare produce effetto soltanto tra le parti che vi hanno aderito.
Capitolo 2 Lattivit contrattuale della p.a.
1. Diritto privato e diritto pubblico nellattivit contrattuale delle pubbliche amministrazioni Come ogni soggetto dellordinamento le amministrazioni godono della capacit giuridica generale di cui allart. 11 c.c., per cui possono stipulare contratti disciplinati dal c.c., nominati ed innominati, quali il leasing o il factoring ovvero contratti diversi come i contratti di appalti misti per lavori e servizi. Il diritto privato, al quale i contratti della p.a. sono assoggettati, risulta condizionato da elementi pubblicistici, da cui il problema di fondo dellattivit contrattuale dellamministrazione in quanto tale attivit si svolge nellosservanza de principi di imparzialit e buon andamento seppure i soggetti sono posti su un piano di tendenziale parit. A riguardo sono state consolidate una serie di regole sui contratti nei quali parte una p.a., che integrando o sostituiscono le regole privatistiche, come nel caso dellevidenza pubblica in cui alcuni momenti contrattuali sono specificamente disciplinati dalla normativa pubblicistica. I contratti pubblici, dunque, si formano dallincontro della volont delle parti mediante attivit di diritto pubblico espressione dellesercizio dei poteri pubblicistici volti a garantire la funzionalizzazione dellattivit amministrativa in coerenza con le scelte dellamministrazione secondo i principi costituzionali che presiedono a detta attivit. In particolare, levidenza pubblica si concreta in una complessa procedura in cui si ravvisa la difformit rispetto allattivit di diritto comune, in quanto linteresse pubblico rileva fin dal momento della formazione del contratto, che si colloca nella fase tipicamente negoziale di stipulazione del contratto, e si esprime in regole che derogano alla disciplina privatistica con 84 attribuzione in capo allamministrazione di poteri capaci di incidere unilateralmente sul rapporto contrattuale ascrivibili tanto al diritto privato quanto al diritto pubblico. Il contratto, al pari delle fattispecie negoziali, rappresenta un modulo alternativo allesercizio del potere nellattivit amministrativa sostanziale, per cui si progressivamente allargata la prospettiva della cura dellinteresse pubblico che tende a privilegiare laccordo con il privato rispetto allatto amministrativo unilaterale. Il contratto, infatti, costituisce lo strumento comune dellattivit amministrativa in molteplici scambi settoriali, come nellambito dei rapporti di pubblico impiego che, a partire dagli anni Novanta, ha visto la privatizzazione del rapporto di lavoro presso le p.a. con conseguente attribuzione della giurisdizione esclusiva in capo al g.a. Oggi, infatti, salvo alcune categorie di impiegati, il rapporto di pubblico impiego regolato da contratti collettivi ed individuali e tali contratti possono essere stipulati soltanto previa procedura concorsuale ex art. 97, comma 3, Cost. e che, dunque, si svolge secondo le regole dellevidenza pubblica con attribuzione della competenza alla giurisdizione esclusiva del g.a.
2. Il quadro normativo di riferimento Dal codice civile si rinviene lart. 11 sulla natura di persona giuridica del soggetto ente pubblico, con la relativa capacit giuridica di stipulare nei limiti imposti dalla legge, ex art. 1322 c.c., contratti per costituire, regolare o estinguere rapporti giuridici patrimoniali, ex art. 1321 c.c. I principi di buona fede, ex art. 1337 c.c., diligenza e correttezza, ex art. 1338 c.c., devono informare i comportamenti delle parti. Inoltre, si applica listituto della responsabilit precontrattuale, ex art. 1337 c.d. per violazione degli obblighi connessi. La disciplina di diritto privato si applica con riferimento agli elementi essenziali del contratto ex art. 1325 e 1343 c.c., per gli effetti ex art. 1372 e le cause di invalidit ex art. 1428 c.c., le clausole vessatorie ex art. 1341 c.c. e la fase di esecuzione ex artt. 1218, 1453 e 2910 c.c. In secondo luogo, la disciplina generale sui contratti della p.a. si ricava dalla legge sulla contabilit di Stato, r.d. 2440/ 1923 e del suo regolamento di attuazione, r.d. 827/ 1924. Da tale complesso normativo, emerge che le regole pubblicistiche sono poste alla base della formazione della volont contrattuale della p.a. , che consiste in un processo di procedure specifiche prende nome di procedura ad evidenza pubblica. Di recente il legislatore ha previsto, allart. 1, comma 1 bis della novellata legge 241/ 1990, che lamministrazione pubblica, nelladozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo regole e principi del diritto privato, salvo che la legge disponga diversamente. Pertanto, da tale disposizione si ricava la specialit dellattivit contrattuale dellamministrazione che si concretizza nelle regole dellevidenza pubblica limitata ai soli casi previsti dalla legge. Ulteriore intervento del legislatore si avuto con ladozione del codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. 163/ 2006 che ha fissato una speciale disciplina in materia di appalti e concessioni aventi ad oggetto lacquisizione di servizi o forniture ovvero lesecuzione di opere o lavori. Nellevoluzione normativa, si rinviene linfluenza del diritto comunitario, in quanto si riconosce alla pubblica amministrazione la finalit di conseguire il risultato economico favorevole allamministrazione stessa anche rispetto agli altri Stati membri riconoscendo altres la possibilit di allargare la platea delle imprese ammesse a partecipare alle gare di appalto. In particolare, con le direttive CE 2004/ 17 e 2004/ 18 sono state apportate ulteriori modifiche in tema di appalti, come recepito nel codice del 2006, secondo i principi comunitari di parit di trattamento, di non discriminazione, di riconoscimento reciproco, di proporzionalit e trasparenza. Discussa la natura dei capitolati, che vengono configurati come contratti seppure parte della dottrina li aveva considerati atti normativi, mentre la tesi prevalente ne mette in luce il contenuto di condizione generale dello specifico contratto ivi contenuto.
85 2.1. Segue. Il Codice dei contratti di appalto e di concessione di lavori, servizi e forniture. Il Codice dei contratti pubblici stato emanato in attuazione delle direttive CE del 2004 n. 17 e 18 e raccoglie in un unico testo normativo la disciplina, pi volte contenuta in diversi testi, dellintero comparto degli appalti pubblici. La ratio ispiratrice del Codice, al pari di quella che ispira la disciplina comunitaria, riguarda la prospettiva non soltanto della cura esclusiva del pubblico interesse, ma la cura di interessi generali, quali la tutela della concorrenza, la parit di trattamento degli operatori economici, la non discriminazione, la trasparenza e lapertura degli appalti pubblici nazionali agli imprenditori dei diversi Stati membri. Nuovi istituti sono stati introdotti dal Codice, quali il dialogo competitivo, le centrali di committenza, gli accordi quadro. In particolare, lart. 3, comma 3, del Codice prece che per contratti pubblici devono intendersi oltre ai contratti di appalto anche i contratti di concessione di lavori e servizi. La concessione di lavori pubblici un contratto a titolo oneroso per la cui conclusione richiesta la forma scritta e deve avere durata non superiore a trenta anni, salvo esigenze di equilibrio economico finanziario degli investimenti del concessionario. Lart. 144 del Codice disciplina le procedure di affidamento e pubblicazione del bando relative alle concessioni di lavori pubblici, mentre per la scelta del contraente sono ammesse procedure aperte e ristrette laddove il criterio dellaggiudicazione ammesso unicamente per lofferta economicamente pi vantaggiosa. La concessione di servizi pubblici un contratto che presenta analoghe caratteristiche dellappalto pubblico di servizi, ma se ne differenzia in quanto il compenso per la fornitura consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi per un determinato periodo di tempo che, in alcuni casi, si accompagna da un prezzo.
2.2. Segue. La definizione degli ambiti materiali di pertinenza statale e regionale nella giurisprudenza della Corte costituzionale Il Codice degli appalti ha superato il vaglio della Corte costituzionale che con le sentenze nn. 401 e 431 del 2007 ha confermato il complessivo impianto normativo affermandone la conformit al riparto giurisdizionale delle competenze tra Stato e Regioni. Tale riparto ha sicuramente privilegiato lo Stato per i contratti dinteresse regionale, in quanto stata sottratta la competenza regionale nella relativa disciplina e disposto che le regioni non possono in tale ambito prevedere una disciplina diversa da quella introdotta dal Codice. La Corte, dunque, nellaffermare la riserva allo Stato nella disciplina degli appalti ha fatto leva sulla tutela della concorrenza, sullordinamento civile, sulla tutela giurisdizionale, materie ascritte al nuovo art. 117 Cost. alla potest esclusiva del legislatore statale esercitata dal d.lgs.163/ 2006. Invero, le disposizioni del d.lgs. 163/ 2006 sono confermate dal Giudice costituzionale laddove la materia dei lavori pubblici resta tra le materie oggetto di competenza esclusiva dello Stato, per cui si esclude che le stesse siano oggetto di competenza residuale delle regioni in quanto si qualificano in relazione alla potest legislativa esclusiva dello Stato oppure a quella concorrente di cui allart. 117 Cost. In particolare, la Corte costituzionale ha affermato che gli istituti indicati che si collocano nella fase della procedura di evidenza pubblica e che concernono la scelta del contraente mirano a garantire la pi ampia apertura del mercato degli appalti a tutti gli operatori economici del settore nel rispetto dei diritti comunitari di parit di trattamento, di non discriminazione, di imparzialit e buon andamento posti alla base dellattivit amministrativa. Trattandosi di principi comunitari e costituzionali, questi sono riconosciuti dalla Corte nellambito della materia di competenza esclusiva dello Stato, in quanto viene consentito al legislatore statale di dettare norme di principio e norme di dettaglio, inderogabili dal legislatore regionale. Pertanto, si riconosciuta la legittimit costituzionale dellart.5, comma 2, del Codice che dispone che il regolamento di attuazione e di esecuzione del Codice vincola le regioni soltanto in presenza 86 di ambiti materiali rientranti nella sfera di potest legislativa esclusiva dello Stato secondo lapplicazione del comma 6 dellart. 117 Cost. per cui lo Stato pu esercitare la potest regolamentare soltanto nelle materie di propria legislazione esclusiva. La Corte, nelle questioni di legittimit sollevate dalle regioni, ha accolto la questione relativa allart. 84, commi 2, 3, 8 e 9 concernenti le funzioni, la composizione, le modalit di nomina della Commissione giudicatrice incaricata di esprimersi in caso di aggiudicazione mediante offerta economicamente pi vantaggiosa, percui tale ambito fatto rientrare nellambito della potest legislativa regionale in quanto attinente allorganizzazione amministrativa. Parimenti, per lapprovazione dei progetti definitivi da parte del consiglio comunale che costituisce una variante urbanistica a tutti gli effetti riconosciuta la competenza delle regioni di emanare la normativa di dettaglio in conformit dellart. 117, comma 3, Cost., mentre allo Stato il potere di fissare i principi fondamentali in materia.
2.3. Segue. La sfera soggettiva di applicazione. Le amministrazioni aggiudicatrici. Gli organismi di diritto pubblico. Rinvio Le regole contenute nel Codice riguardano i contratti stipulati dalle amministrazioni aggiudicatrici, in cui rientrano lo Stato, gli enti pubblici territoriali ed altri enti pubblici non economici, anche gli organismi di diritto pubblico, e cio qualsiasi organismo, istituito anche in forma societaria specificatamente per soddisfare interessi di carattere generale aventi carattere non industriale o commerciale, dotato di personalit giuridica e la cui attivit finanziata in modo maggioritario dallo Stato ovvero la cui gestione o vigilanza diretta da membri di cui pi della met designata dallo Stato, enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico. Facendo leva alla nozione di organismo di diritto pubblico si ampliata la categoria delle amministrazioni tenute ad aggiudicare gli appalti pubblici mediante procedure di gara, evitando il rischio di distorsioni negli assetti concorrenziali del mercato degli appalti. Invero, si riconosce dagli elementi dellorganismo di diritto pubblico offrano lo spunto a diverse questioni interpretative, per cui la Corte ha ritenuto, ad esempio, che tale organismo vada istituito specificatamente per il perseguimento di bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale. Secondo la giurisprudenza comunitaria, infatti, il carattere non industriale o commerciale del fine comporta che lorganismo di diritto pubblico soddisfi interessi generali connessi allinteresse generale dello Stato che, invece, provvede direttamente o rispetto ai quali detiene uninfluenza dominante. Sotto il profilo organizzativo, il finanziamento statale non pone problemi, in quanto si stabilisce un legame di dipendenza tra erogazioni dello Stato ed il soggetto. Rispetto al controllo, invece, si ritiene che lo Stato detenga la maggioranza o almeno la quota di capitale sociale tale da assicurare il controllo effettivo dellorganismo di diritto pubblico, per cui possibile altres un controllo successivo sullorganizzazione e sullattivit dellente. Vedere libro rinvio manca??? Manca 2.4
3. La formazione del contratto e le fasi del procedimento ad evidenza pubblica. Deliberazione a contrattare, progetto di contratto e bando di gara. I contratti in cui parte una p.a., a differenza dei contratti tra privati, si caratterizzano per lautonomia contrattuale della parte pubblica che non risulta piena, ma limitata sotto il profilo della libert di addivenire ad un contratto nella scelta del contraente, nella individuazioni delle condizioni contrattuali. La fase procedimentale si articola nella formazione della volont dellamministrazione e nella scelta del contraente privato, da cui inizia la deliberazione di contrarre di solito preceduta dallattivit di programmazione ex art. 11 del Codice dei contratti. La deliberazione, in particolare, latto di contrarre con il quale la p.a. esprime le ragioni di pubblico interesse che lhanno indotta a stipulare quel contratto e la scelta di quel contraente (art. 87 192 t.ue.l.).Per i contratti dello Stato, invece, la legge di contabilit del 1923 fa riferimento al progetto di contratto, ma la giurisprudenza e la dottrina parlano di deliberazione a contrarre. Entrambi gli atti, deliberazione a contrarre e progetto di contratto, sono atti amministrativi interni, di natura programmatica, irrilevanti per i terzi e, quindi, non impugnabili e revocabili in sede di autotutela. Tuttavia, la deliberazione non deve essere esternata allesterno in un atto formale, per cui i terzi sono tutelati allorch lamministrazione abbia illegittimamente deliberato il ricorso alla trattativa privata in luogo dellasta pubblica o della licitazione privata, riconoscendo agli imprenditori operanti nel settore. In linea di principio la separazione tra politica ed amministrazione comporta che ladozione della deliberazione a contrarre spetta a livello statale ai dirigenti generali e agli altri dirigenti, ex artt. 16 e 17 del d.lgs. 165/ 2001, mentre ai dirigenti amministrativi spetta la competenza per i contratti di comuni e province ex art. 107, comma 3 del .t.u.e.l. Pareri e controlli, in particolare, possono essere assoggettati alla determinazione a contrarre che il progetto di contratto si sono ridotti a seguito delle riforme degli anni Novanta laddove la legge 20/1994 ha soppresso il controllo preventivo di legittimit della Corte dei conti sul progetti di contratto, mentre la legge 127/1997 ha soppresso il parere preventivo obbligatorio del Consiglio di Stato sui progetti di contratto di competenza ministeriale, per cui oggi obbligatorio soltanto per gli schemi generali di contratto tipo, accordi e convenzioni di competenza ministeriale. Resta obbligatorio il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici per i progetti di lavori pubblici statali di importo superiore a 25 milioni di euro, ex art. 127 del Codice, mentre per i contratti degli enti locali la deliberazione a contrarre sottoposta a controlli ed autorizzazioni delle autorit indicate dalle varie norme. Il bando di gara o lavviso di gara, inoltre, di colloca in un momento successivo alladozione della deliberazione di contrarre, per cui oltre ad indicare i dati dellamministrazione contraente deve stabilire i requisiti di partecipazione ed i termini, in quanto tali prescrizioni costituiscono lex specialis della gara e vincolano oltre ai contraenti lamministrazione che, rispetto ad essi, non conserva alcun margine di discrezionalit nella loro concreta attuazione. Invero, le clausole del bando di gara vanno interpretate, secondo la giurisprudenza, non tanto nel significato attributo da ciascun imprenditore, bens secondo il linguaggio comune alla maggior parte degli imprenditori operanti nel settore al fine di garantire la buona fere nella relativa partecipazione. Quanto alla natura giuridica del bando, dottrina e giurisprudenza ritengono che la mancata indicazione del prezzo lo rende imperfetto, in quanto elemento essenziale del contratto medesimo. Pertanto, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica del bando, si ritiene legittima la previsione che esso consiste in un accordo tra partecipanti ed amministrazione con il quale si stabiliscono alcune regole dirette a garantire il corretto svolgimento della gara. Il bando di gara, infatti, in coerenza con i principi comunitari, soggetto a forme di pubblicit diffuse al fine di consentire la partecipazione alla gara anche alle imprese europee interessate. La giurisprudenza considera il bando di gara come lex specialis del procedimento di gara, in quanto i suoi contenuti vincolano lo svolgimento della stessa, per cui il bando pu essere annullato dufficio ovvero revocato per motivare ragioni di pubblico interesse e fino a quando sussista la disponibilit dei suoi effetti, Il bando illegittimo, infatti, impugnabile innanzi al g.a., di regola unitamente agli atti di sua applicazione, per cui anche le clausole ivi contenuto vengono a costituire presupposto per la legittimazione allimpugnazione del bando.
4. La scelta del contraente nella normativa di contabilit dello Stato e nel Codice dei contratti. Procedure aperte, procedure ristrette e aggiudicazione. (*)vedere libro La scelta del contraente affidata alla normativa di contabilit dello Stato e segnatamente allasta pubblica, alla licitazione privata, allappalto concorso. 88 In particolare, lasta pubblica, cd. pubblici incanti, originariamente obbligatoria per tutti i contratti dello Stato, stata ricondotta soltanto per i contratti attivi da cui deriva unentrata, mentre meramente facoltativa per i contratti da cui deriva una spesa, in quanto lamministrazione pu scegliere tra asta pubblica e licitazione privata. La differenza rispetto a tali modi di contrarre sta nel fatto che mentre lasta pubblica una procedura di gara aperta a tutti gli operatori economici interessati a presentare unofferta, la licitazione privata, invece, riguarda soltanto coloro che vi sono stati invitati mediante apposita lettere invito. Tale limitazione dei soggetti ammessi alla gara, rimessa alla discrezionalit dellamministrazione, venuta meno con listituto del preventivo avviso di gara di cui allart. 55 del Codice, per cui le imprese invitate possono chiedere di essere invitate e lamministrazione deve invitare tutti gli operatori che ne fanno richiesta. Quanto ai modi di svolgimento della gara prevista laggiudicazione dellasta secondo il metodo del pubblico banditore per i contratti attivi, mentre per i contratti passivi previsto il metodo dellestinzione della candela vergine ovvero delle offerte segrete da confrontarsi con il prezzo massimo o minimo prestabilito. Il Codice del 2006 prevede procedure aperte e ristrette secondo i due criteri del prezzo pi basso, art. 82, e dellofferta economicamente pi vantaggiosa, art. 83. Il primo consiste in regole matematiche, in quanto valutazione automatica del prezzo, invece il secondo indica un sub- procedimento in cui sinstaura un contraddittorio tra le parti e lamministrazione al fine di escludere le offerte in contrasto con linteresse pubblico e che siano poco vantaggiose. In ogni caso, lofferta deve essere affidabile, in quanto le gare devono rispondere al principio del buon andamento da cui laffidabilit delle offerte presentate dai concorrenti. In entrambi i criteri adottati, la scelta rimessa allamministrazione aggiudicatrice che valuta le offerte secondo obiettivit delle operazioni concorsuali. Allart. 85 del Codice, inoltre, prevista laggiudicazione dellappalto secondo sistema automatizzato di scelta del contraente, asta elettronica. Il ricorso alle- procuremente postula losservanza dei principi comunitari di parit di trattamento, di concorrenza, di trasparenza delle operazioni, di sicurezza e di riservatezza delle comunicazioni. In tale sistema la scelta del contraente ha come obiettivo quello di limitare la spesa attraverso la negoziazione telematica. Lappalto concorso rientra tra le procedure ristrette, in quanto sistema di gara su invito al quale lamministrazione pu ricorrere allorch necessita dellapporto di imprese ritenute idonee alla predisposizione di progetti di opere tecniche, artistiche e scientifiche particolarmente complesse. Per la scelta del contraente nominata apposita commissione, costituita da tecnici, che procede ad un giudizio discrezionale anche per lindividuazione dellofferta progettuale ritenuta la pi idonea a soddisfare le esigenze dellamministrazione. Per laggiudicazione si segue il criterio dellofferta economicamente pi vantaggiosa con i correttivi dati dai parametri tecnici ed economici oggetto di valutazione. Lambito di attuazione dellappalto concorso si notevolmente ridotto negli ultimi anni, prediligendo invece lappalto integrato tipico e lappalto integrato complesso. Il primo tipo di appalto, in particolare, ha ad oggetto la progettazione e lesecuzione di lavori e si caratterizza in un progetto definitivo predisposto dallamministrazione aggiudicatrice ed posto alla base della gara; nel secondo tipo di appalto, invece, allappaltatore spetta altres la progettazione definitiva che avviene al momento dellofferta sulla base del progetto preliminare dellamministrazione aggiudicatrice. In riferimento allaggiudicazione, la relativa disciplina la configura come sub-procedimento che avviene in due fasi, laggiudicazione provvisoria diretta alla verifica della correttezza della gara entro un termine stabilito, scaduto il quale si forma il silenzio assenso; e laggiudicazione definitiva che segue allesito positivo dellaggiudicazione provvisoria. 89 Invero, laggiudicazione non pi idonea a far sorgere il vincolo contrattuale, un quanto nellaggiudicazione definitiva viene preordinata la scelta del contraente, ma soltanto con la stipulazione che si costituisce il vincolo contrattuale. Laggiudicazione definitiva, pertanto, impugnabile anche se non era stata fatta in precedenza impugnazione di quella provvisoria, mentre limpugnazione di quella definitiva obbligatoria pena limprocedibilit del primo ricorso per sopravvenuta carenza di potere.. Lesercizio del potere di autotutela deve essere preceduto, a pena di illegittimit, dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento a tutela dellaggiudicatario definitivo, titolare di posizione giuridica qualificata nel contradditorio procedimentale. Mancano i punti 4.1, 4.2, 4.3 vedere libro
5. Trattativa privata, procedura negoziate e dialogo competitivo La trattativa privata costituisce un metodo negoziato di scelta del contraente in contrasto con il principio di concorrenza e limitato nei casi previsti dalla legge. Nella trattativa privata, infatti, lamministrazione negozia le condizioni del contratto con il soggetto scelto, senza vincolo allosservanza di regole procedimentali ed in ci listituto si differenzia dallasta pubblica e dalla licitazione privata che si attuano, invece, mediante procedimento di aggiudicazione. In particolare, nella trattativa privata lamministrazione deve tener conto dei motivi che lhanno indotta alladozione di tale metodo di contrattazione, impugnabile dagli imprenditori intervenuti. Tale metodo pu essere preceduto da una gara informale tra pi imprese in competizione tra loro, per cui lamministrazione stabilisce i criteri vincolanti per le parti da osservarsi nella trattativa. Il Codice ha stabilito la procedura negoziata in due metodi a seconda che siano o meno preceduta dalla pubblicazione del bando di gara, artt. 56 e 57. Nel primo caso, la procedura negoziata si allontana dalla tradizionale trattativa privata, in quanto assume il carattere di gara pubblica con pubblicazione del bando di gara e con operazioni che si concludono con laggiudicazione secondo il criterio del prezzo pi basso o dellofferta pi vantaggiosa. Nel secondo caso, invece, la procedura negoziata non preceduta dal bando di gara, per cui lente aggiudicatore negozia direttamente con il contraente economico al fine di accertare la sua idoneit sul mercato secondo i principi di concorrenza, trasparenza e correttezza. Un nuova procedura di scelta del contraente il dialogo competitivo, in cui lamministrazione avvia un dialogo con gli imprenditori economici al fine di individuare tra loro le soluzioni progettuali pi idonee a soddisfare le necessit rappresentate nel bando. Tale procedura si colloca tra le procedure ristrette e lappalto concorso, ma a differenza di queste il progetto definito gradualmente attraverso il dialogo continuo con le imprese ammesse e lappalto viene aggiudicato a fine della procedura.
6. Centrali di committenza, accordi quadro e sistemi dinamici di acquisizione e project financing (da aggiungere) I vincoli posti alla finanza pubblica nazionale discendenti dalladesione dellItalia al sistema monetario dellEuro hanno comportato lintroduzione di nuovi istituti nellambito dellattivit contrattuale dellamministrazione finalizzati al contenimento della spesa ed al rispetto dei parametri di indebitamento fissati a livello comunitario. E stato introdotto, infatti, nel nostro ordinamento un sistema unificato di acquisti delle amministrazioni sulla base di apposite convenzioni stipulate dalla CONSIP con le imprese individuate secondo le regole dellevidenza pubblica che simpegnano, per un tempo stabilito, ad accettare ordinativi di forniture di beni e servizi entro limiti quantitativi massimi ivi stabiliti. Il sistema stato reso facoltativo ed basta o su procedure comuni dacquisto che trova legittimazione in ambito comunitario e nazionale nel codice degli appalti. 90 In particolare, il meccanismo consente di ridurre i costi di gestione legati allo svolgimento delle gare, in quanto gli appaltanti possono stipulare contratti per lacquisto di lavori, servizi e forniture con limpresa scelta dalla centrale di committenza nel rispetto delle regole dellevidenza pubblica. Per i lavori di manutenzione e seriali sono previsti accordi quadro che vengono conclusi con uno o pi operatori economici, almeno tre e le cui aggiudicazioni successive possono avvenire sulla base di un confronto competitivo . Tale accordo un modulo contrattuale il cui scopo quello di semplificare le procedure contrattuale in caso di prestazioni ripetitive e consentire alle amministrazioni aggiudicatrici di stabilire in anticipo i costi del programma di investimento con garanzia del massimo della flessibilit Il sistema dinamico delle aggiudicazioni, invece, si applica mediante sistema elettronico ed ammesso per acquisti di beni e servizi tipizzati e standardizzati ad uso corrente, con applicazione delle regole dellevidenza pubblica applicabili in tale ambito. Il sistema dunque aperto a tutti gli operatori economici che soddisfano i criteri di selezione e che abbiano presentato unofferta conforme al capitolato di onere con eventuali documenti allegati.
7. Stipulazione, approvazione, controllo ed esecuzione del contratto. Il recesso della pubblica amministrazione. La giurisprudenza della Corte costituzionale e le Sezioni Unite della Cassazione hanno confermato che con la stipulazione del contratto inizia la fase negoziale dellesecuzione del contratto. Stipulazione che non richiesta nel caso di formazione del contratto conclusasi con il verbale di aggiudicazione che assume effetto legale di contratto. La stipulazione obbligatoria nella trattava privata e nei casi previsti dal bando di gara o nella lettera di invito o dalla legge, per cui la mancata stipulazione del contratto comporta il danno da responsabilit precontrattuale per culpa in contraendo in capo allamministrazione che abbia esercitato la facolt di recesso. Il Codice del 2006 rinvia al momento della stipulazione la conclusione del contratto, che non pu essere stipulato prima di trenta giorni dalla comunicazione dufficio ai contro interessati dellaggiudicazione definitiva , salvo ragioni di particolare urgenza. La stipulazione, oggi di competenza dei dirigenti pubblici, pu avvenire in tre forme: a) forma pubblica amministrativa, a mezzo ufficiale rogante; b) atto notarile e scrittura privata in caso di trattativa privata; c) forma elettronica Una volta stipulato, lesecuzione del contratto pu essere condizionata, salvo motivate esigenze di urgenza, dallapprovazione della competente autorit che deve essere diversa da quella che ha proceduto allaggiudicazione. Lapprovazione costituisce la fattispecie integrativa dellefficacia del contratto, in quanto condicio juris cui subordinata la produzione degli effetti del contratto. Pertanto, lapprovazione determina la linea di confine tra disciplina privatistica e pubblicistica del contratto, in quanto prima e dopo la sua adozione il contratto assoggettato alle rispettive discipline. In particolare, con lapprovazione del contratto si apre la fase del controllo, che ancora prevista nel nostro ordinamento sia per i contratti di Stato con il visto di registrazione della Corte dei conti, sia per i contratti degli enti locali, sia per i contratti di appalto di lavori, servizi e forniture. Invero, si tratta di un controllo preventivo di legittimit diretto allesecutivit del contratto, in quanto lamministrazione, in caso di diniego del visto di registrazione, pu insistere per la registrazione ovvero accogliere le eccezioni e procedere al ritiro dellatto non ancora efficace con motivazione delle ragioni che lhanno indotta ad aderire al diniego del visto di registrazione. Un ruolo importante svolto dallAutorit per la vigilanza sui contratti di lavori e forniture, cui spetta di garantire che lesecuzione del contratto avvenga nel rispetto dei principi di economicit ed efficienza. 91 A seguito dei prescritti controlli, il contratto diventa efficace e pu essere eseguito secondo la disciplina propria del diritto privato anche se allamministrazione spettano speciali poteri in funzione di tutela dellinteresse pubblico. In particolare, lart. 21 sexies della legge 241/1990 prevede il recesso dellamministrazione, in quanto essa pu rivedere le proprie scelte contrattuali secondo le norme del codice civile. Tuttavia, anche il recesso dellamministrazione deve essere subordinato ad esigenze di pubblico interesse, coerentemente alla funzionalizzazione delle attivit contrattuali poste dalla medesima. Pertanto, in caso di recesso lamministrazione deve corrispondere un indennizzo al contraente per la facolt riconosciuta al soggetto pubblico dalla legge o dal contratto. Da tale ambito restano esclusi i contratti di diritto privato di cui allart. 21 quinquies, comma 1 bis aggiunto dalla legge 40/ 2007, in quanto contratti di diritto pubblico, come le concessioni di beni e servizi. 8. manca 8. Annullamento degli atti amministrativi di evidenza pubblica e conseguenze sul contratto. Le sorti del contratto a seguito dellannullamento dellaggiudicazione.
Secondo la giurisprudenza costante del g.a. gli atti della formazione del contratto sono provvedimenti amministrativi assoggettabili al relativo regime, per cui possono essere annullati o revocati in autotutela alla luce del principio del buon andamento. Tale regola stata confermata dallart. 16, comma 4 del regolamento di contabilit. La giurisprudenza ha precisato che a tutela dellaffidamento dei partecipanti si pongono i poteri di autotutela dellamministrazione, in quanto si richiede adeguata motivazione sulle ragioni del sottostante interesse pubblico che va ad incidere nelle posizioni dei terzi. Gli atti del procedimento di formazione del consenso, infatti, possono essere sospesi o annullati dal g.a., innanzi al quale possono ricorrere i soggetti le cui posizioni risultano lese dalla loro emanazione, da cui la posizione di interessi legittimi in capo ai soggetti partecipanti alla gara informale che precede la trattativa privata. Anche gli atti diversi dallaggiudicazione, infatti, possono essere impugnati in quanto suscettibili di lesione immediata e autonomamente impugnabile il bando di gara allorch contenga clausole che impongono oneri tali da rendere impossibile la partecipazione alla gara o la presentazione dellofferta. Quanto allaggiudicazione, provvisoria o definitiva, va considerata la sua connessione con il relativo procedimento, per cui si ammette lannullamento ex tunc di ogni atto del procedimento di formazione del consenso in quanto esso incide sulla validit del contratto determinandone lannullabilit per vizio del consenso, per legale incapacit dellamministrazione di contrarre, per difetto di legittimazione negoziale che pu essere esperita innanzi al g.o. soltanto dalla parte interessata ex art. 1441 c.c., ossia dallamministrazione contraente. Tale orientamento stato criticato dalla dottrina in quanto stato rilevato come esso finisce per frustrare le aspettative dei soggetti interessati che hanno ottenuto lannullamento da parte del g.a., restando in concreto privi di risultati utili. Il g.a., infatti, offre diverse soluzioni, in quanto il contratto nullo per contrasto a norme imperative, come quelle sullevidenza pubblica, consente linidoneit dello stesso a produrre effetti giuridici nei confronti dellaltro contraente. Di conseguenza, lannullamento di un atto della procedura viene a determinare, oltre allannullamento per illegittimit derivata degli atti ulteriori del procedimento, la caducazione automatica del contratto stipulato, senza che venga promossa azione giurisdizionale. La deroga a tale orientamento comporta che lannullamento degli atti della procedura amministrativa, a monte del contratto, porta alla caducazione automatica di questo tanto da rendersi necessaria la previsione di apposita disposizione in senso contrario a tutela dellinteresse pubblico preminente. 92 Di diverso avviso , invece, quella dottrina che rimette la sorte del contratto alla disciplina generale del codice civile, per cui gli atti compiuti in sede di deliberazione restano validi insieme ai diritti acquisiti dai terzi in quanto il privato contraente venga riconosciuto in buona fede.
9. Responsabilit della p.a. e profili di tutela giurisdizionale Nellambito della procedura ad evidenza pubblica la p.a. risponde dei danni cagionati a titolo di responsabilit precontrattuale, contrattuale ed extracontrattuale. La responsabilit precontrattuale ricorre quando lamministrazione viola lart. 1337 c.c., in quanto tiene un comportamento contrario a buona fede e correttezza e tale fattispecie pu rinvenirsi nelle procedure c.d. negoziate tra cui la trattativa privata. Lamministrazione, tuttavia, risponde dei danni causati a titolo di responsabilit precontrattuale anche nelle procedure c.d. aperte, in cui i criteri di scelta del contraente sono stabiliti dalla legge, per cui lamministrazione, ad esempio, ha revocato laggiudicazione a favore di altra impresa. La responsabilit contrattuale, invece, si ha nel caso in cui lamministrazione non dia esecuzione al contratto gi concluso per cui risponde per inadempimento ex art. 1218 c.c. e tale fattispecie non deve essere sorretta da ragioni di pubblico interesse. La responsabilit extracontrattuale, infine, si ha nel caso in cui il danno subito dalla controparte privata non sia conseguenza degli obblighi contrattuale, ma derivi dalla violazione del principio del neminem laedere, per cui si verifica un illegittimo esercizio della funzione amministrativa. Sotto il profilo della individuazione del giudice competente, la dottrina e la giurisprudenza distinguono tra contratti in cui parte una p.a. in relazione allattivit ad evidenza pubblica ed attivit di diritto privato. Pertanto, lapprovazione ovvero la stipulazione segnano il confine tra le due giurisdizioni, in quanto le controversie relative alla fase di formazione della volont contrattuale sono devolute alla giurisdizione di legittimit del g.a., mentre quelle relative allesecuzione del contratto sono di competenza del g.o. Tale principio generale di riparto della giurisdizione ha subito deroghe nellaffidamento di lavori, servizi e forniture, che sono state devolute alla giurisdizione esclusiva del g.a., di cui agli artt. 244 e 245 del Codice dei contratti. Di conseguenza, il giudice competente a conoscere le questioni relative al risarcimento del danno da responsabilit precontrattuale il g.a. in sede di giurisdizione esclusiva, laddove lamministrazione incorre in responsabilit contrattuale la giurisdizione spetta al g.o in quanto ci si trova in una fase propria dellesecuzione del contratto.
Capitolo 3 Comportamenti non provvedi mentali produttivi di effetti giuridici
1. La dichiarazione di inizio di attivit. I precedenti normativi e levoluzione dellistituto. Manca aggiornamento alla legge del 2011 (SCIA) La d.i.a. contemplata allart. 19 della legge 241/ 1990, originariamente denominata denuncia, un istituto di semplificazione procedimentale disciplinato dalla legge sul procedimento e che trova come suo presupposto lattivit oggetto di denuncia, oggi dichiarazione, sia al rilascio di un titolo abilitativo sia in presenza di unattivit edilizia libera soggetta mero onere di informativa. Invero, il testo dellart. 19 era notevolmente diverso da quello elaborato dalla Commissione Nigro, in quanto si prevedeva che il governo individuasse i casi in cui lesercizio dellattivit privata, subordinato allautorizzazione, licenza o abilitazione, nulla osta, permesso o altro atto di consenso poteva essere intrapreso su denuncia di inizio dellattivit stessa da parte dellinteressato allamministrazione competente, che verificava dufficio la sussistenza dei presupposti di legge al 93 fine di predisporre, con provvedimento motivato, il divieto di prosecuzione dellattivit ovvero la rimozione dei suoi effetti. Lart. 2, comma 10, della legge 537/ 1993 ha sostituito lart. 19, per cui il rilascio del suddetto provvedimento viene fatto dipendere esclusivamente dallaccertamento dei requisiti di legge senza esperimento di prove a ci destinate che comportino valutazioni tecniche discrezionali, per cui latto di consenso sintende sostituito da una denuncia di inizio di attivit da pare dellinteressato allamministrazione competente che attesta la sussistenza dei presupposti e requisiti di legge eventualmente corredata da autocertificazione. Limpostazione originaria dellistituto, dunque, venne radicalmente modificata e per le attivit esercitabili veniva esclusa la previa valutazione tecnico- discrezionale dellamministrazione. A seguito di tale modifica vennero individuate in apposita tabella le attivit escluse dal regime di cui allart. 19, e tale tabella avrebbe dovuto essere aggiornata ogni sei mesi. La normativa rimasta invariata dono al d.l.35/ 2005 convertito in legge 80/2005 che ha riscritto lart. 19, prevedendo che ogni atti di autorizzazione, licenza, concessione non costituiva, permesso o nulla osta, comprese le domande per liscrizione in albi o ruoli richieste per lesercizio di attivit imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipende esclusivamente dallaccertamento dei requisiti e presupposti di legge o di atti amministrativi a contenuto generale, sostituito da una dichiarazione dellinteressato corredata delle certificazioni ed attestazioni richieste. Decorsi trenta giorni dalla presentazione di tale dichiarazione pu avere inizio lattivit con obbligo dellinteressato di notiziare allamministrazione contestualmente tale inizio. Lamministrazione pu esercitare a posteriori il controllo sullattivit iniziata limitatamente alleventuale carenza delle condizioni, modalit o fatti legittimanti e tale controllo va esercitato entro trenta giorni dalla comunicazione dellavvio dellattivit.
2. Il regime giuridico della dichiarazione di inizio attivit. Anche dopo la riforma del 2005 stata sostenuta lassenza di esercizio di discrezionalit amministrativa nella fattispecie di cui allart. 19 della legge. Invero, il rilascio di tale atto dipende esclusivamente dallaccertamento dei requisiti e presupposti di legge, per cui si riguardato ad una discrezionalit tecnica esercitata dallamministrazione nellapprezzamento dellattivit amministrativa. Lart. 19, infatti, dispone che lattivit oggetto della dichiarazione pu essere iniziata decorsi i trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione stessa allamministrazione competente, per cui decorso tale termine, si ha lavvio definitivo dellattivit. Di conseguenza, in caso di accertata carenza delle condizioni prescritte per lavvio dellattivit, lamministrazione pu adottare i provvedimenti motivati di divieto di prosecuzione dellattivit e di rimozione dei suoi effetti. A riguardo, la dottrina ha prospettato varie soluzioni interpretative, per cui si parlato di fattispecie a formazione complessa, in quanto tra il procedimento di avvio del procedimento e quello di verifica da parte dellamministrazione vi connessione legittimante il sorgere di un diritto soggettivo a regime amministrativo. La giurisprudenza, peraltro, ha escluso che con il decorso del termine perentorio stabilito per la verifica a posteriori della d.i.a. decade il relativo potere di controllo, residuando successivamente in capo allamministrazione un particolare potere di autotutela caratterizzato da unattivit di secondo grado su di un precedente provvedimento amministrativo.
3. Natura giuridica del c.d. effetto abilitativo della s.c.i.a. Ai sensi dellart. 21 quinquies e 21 nonies sul potere dellamministrazione di assumere determinazioni i via di autotutela, si riproposto il tema della tutela dei terzi pregiudicati dal c.d. effetto abilitativo della d.i.a. Prima della novella, si riteneva che il decorso del termine assegnato allamministrazione per la verifica di conformit della d.i.a. non determinasse la formazione di un sostanziale silenzio assenso 94 o di consenso tacito, per cui il terzo pregiudicato dalleventuale inadempimento dellamministrazione poteva ricorrere avverso tale silenzio sullistanza di inibizione alla prosecuzione dellattivit. Con la novella del 2005 tale orientamento ha trovato conforto nel potere di autotutela riconosciuto allamministrazione, per cui con la d.i.a. non sincide su di un atto amministrativo tacito, ma si riconosce per lamministrazione di adottare, successivamente alla scadenza del termine dei trenta giorni, provvedimenti di divieto di prosecuzione della stessa e di rimozione dei suoi effetti. Di conseguenza, come ribadito da altro orientamento, con il decorso del termine si viene a formare unautorizzazione implicita di natura provvedi mentale che pu essere contestata dal terzo entro lordinario termine di decadenza dei sessanta giorni, decorrenti dalla comunicazione al terzo del perfezionamento della d.i.a. A sostegno della diretta impugnabilit della d.i.a. a seguito della decorrenza del suddetto termine, il legislatore ha contemplato allart. 19 e 20 altrettante fattispecie di silenzio assenso.
4. Il silenzio assenso: profili generali. A differenza della d.i.a., il silenzio assenso, ex art. 20 della legge 241/ 1990, non un istituto nuovo, in quanto gi previsto dal decreto Nicolazzi n. 9 del 1982 convertito in legge 94 del 1982. In particolare, la giurisprudenza ha ritenuto che i principi fondamentali in materia di silenzio assenso siano recepito dalla disciplina generale di cui allart. 20 della legge 241/1990. Si riconosce, infatti, che la disciplina sul silenzio assenso derogatoria la regime ordinario di rilascio del titolo, per cui deve ritenersi eccezionale e che esso si forma con il decorso del tempo stabilito dalla legge a condizione che la domanda sia completa di tutta la documentazione prescritta nonch esso produce i suoi effetti giuridici soltanto in presenza di tutti i presupposto stabiliti dalla legge.
5. Il silenzio assenso nella legge generale sul procedimento amministrativo. Evoluzione dellistituto. Il testo originario dellart. 20 della legge 241/1990 prevedeva che un regolamento governativo (d.p.r. 300/1991) determinasse i caso in cui il rilascio di una dichiarazione, licenza, abilitazione, nulla osta, permesso od altro atto di consenso potesse considerarsi accolta in assenza di comunicazione allinteressato del provvedimento di diniego entro il termine fissato dal regolamento per categorie di atti in relazione alla complessit del rispettivo procedimento. Conformemente alle indicazioni di cui allart. 20, la giurisprudenza riteneva che lamministrazione competente potesse annullare latto di assenso illegittimamente formato, salva la sanatoria dei vizi da parte dellinteressato entro un termine prefissato dallamministrazione stessa. Si trattava di un regolamento di delegificazione per i casi tassativamente indicati di silenzio assenso. In particolare, lart. 20 come novellato ha disposto che, salvo il regime di cui allart. 19, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dellamministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento dellistanza, senza necessit di ulteriori domande o diffide se la medesima amministrazione non comunica allinteressato, entro il temine di cui allart. 2 commi 2 e 3, il provvedimento di diniego ovvero non indice, entro trenta giorni dalla presentazione dellistanza, una conferenza di servizi, in cui si tengano conto anche delle situazioni giuridiche dei contro interessati. In accoglimento dellorientamento giurisprudenziale, il regime del silenzio assenso stato esteso alle materie c.d. sensibili, quali il patrimonio culturale e paesaggistico, lambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, limmigrazione, la salute e la pubblica incolumit.
6. Regime giuridico del silenzio assenso. Dopo la riforma del 2005 il silenzio assenso divenuto da istituto di carattere eccezionale ad istituto di carattere generale. 95 Il regolamento governativo, infatti, ora chiamato ad individuare i csi in cui esso non trova applicazione analogamente a quanto previsto dalla Commissione Nigro. Perplessit sono state sollevate dalla dottrina in riferimento allart. 29, comma 1 della legge 241/ 1990 secondo cui le disposizioni della presente legge si applicano ai procedimenti amministrativi che si svolgono nellambito di amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali ed a tutte le amministrazioni pubbliche. Di difficile interpretazione, invece, risulta il comma 2 dellart. 29 della legge laddove dispone che le regioni e gli enti locali, nellambito delle rispettive competenze, regolano le materie disciplinate dalla presente legge nel rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dellazione amministrativa, cos come definite dai principi stabiliti dalla presente legge. Questultimo obbligo impone ai legislatori regionali il rispetto della sola Costituzione e dei vincoli derivanti dallordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali e non anche dei principi generali delle leggi ordinarie per cui sarebbe in palese contrasto con lart. 117, comma 1, Cost. Pertanto, v da chiedersi se la previsione dellistituto che legittima lamministrazione a restare inerte, ossia a sottrarsi al dovere dufficio, sia conforme o meno al principio costituzionale di buon andamento dellazione amministrativa di cui allart. 97 Cost.
7. La procedura di formazione del silenzio assenso Effetto legale tipico dellassenso si forma se lamministrazione non comunica il diniego nei termini prescritti dalla legge ovvero dal regolamento per le singole tipologie di provvedimento ovvero nel termine massimo di novanta giorni. Lalternativa alladozione del diniego lindizione della conferenza di servizi ai sensi del Capo IV in cui si tengono conto delle situazioni giuridiche dei contro interessati che consente allamministrazione di valutare contestualmente gli interessi pubblici coinvolti nel procedimento. Allamministrazione spetta lesercizio del potere di autotutela nei confronti del provvedimento tacito, ex art. 20, comma 2 della legge. Inoltre, il termine per la formazione delleffetto legale tipico dellassenso sospeso, ex art. 20, comma 5, ove leggi o regolamenti richiedano lacquisizione di valutazioni tecniche di organi o enti appositi con decorrenza dei termini di cui allart. 2, comma 4 della legge. Il termine sospeso altres per il tempo e nei limiti di cui allart. 10 bis ove lamministrazione riesca a condurre la procedura sino alla comunicazione allinteressato dei motivi ostativi allaccoglimento dellistanza nei termini di conclusione del procedimento.
Parte 7 Poteri pubblici ed economia
Capitolo 1 Le funzioni di regolazione del mercato
1. Ordine economico e funzione amministrativa Molteplici fattori, interni ed esterni, influenzano landamento dei rapporti tra potere pubblico ed economia ed assai significativo il riferimento alla costituzione economica, e cio alle norma costituzionali in materia economica onde valutare la scelta globale dellordine economico. Invero, il sistema giuridico, seppure neutrale rispetto a quello economico, ne condiziona necessariamente il funzionamento, per cui risulta evidente come in concreto un determinato modello di politica economica sarebbe lespressione in base al quale definire il ruolo dello Stato nelleconomia. Dunque, in un sistema democratico pluralista, in cui garantito il pluralismo dei valori ed interessi di politica economica, la costituzionalizzazione dei rapporti economici esprime lesigenza dellorganizzazione economica alla stregua di quella politica e sociale, da cui emerge il limite nella 96 determinazione del ruolo dello Stato nelleconomia, in quanto esso potrebbe pregiudicare la realizzazione dei primi. Tuttavia, per giustificare la presenza del pubblico in economia si distingue tra la c.d. costituzione economica formale, intesa come linsieme di norme costituzionali sui rapporti economici individuati soltanto a livello di dettato costituzionale e la c.d. costituzione economica materiale, e cio la determinazione di un dato momento storico di quei condizionamenti che provengono altres dal sistema comunitario. In generale, considerando le differenti opzioni che si riflettono sugli assetti organizzativi pubblici in economia, possiamo avere la posizione da un lato dello Stato imprenditore ovvero dello Stato regolatore.
2. Sulla disciplina costituzionale dei rapporti economici La disciplina costituzionale dei rapporti economici risulta dagli artt. 35 47 Cost., in cui si coglie il compromesso delle forze cattolico- liberali- socialiste presenti in Assemblea costituente, nellambito del quale si rileva da un lato il fondamento della garanzia della libert delliniziativa economica e dallaltro i correttivi pubblici a tutela della persona umana tali da giustificare la riserva in favore del pubblico in determinati settori di attivit, c.d. nazionalizzazione. Di qui, il modello proprio del sistema liberali di cui allart. 41 Costi in tema di libert delliniziativa economica, cui va ricondotto il quadro programmatorio in cui i soggetti pubblici possono condizionare orientare i privati nellesercizio di tale attivit, come nel caso di sovvenzioni a favore di determinate categorie di imprenditori, ovvero stabilire condizioni di monopolio di cui allart. 43 Cost, come nella nazionalizzazione dellenergia elettrica. Inoltre, il Titolo III, dedicato ai rapporti economici contempla altres le disposizioni sulla propriet privata, che riconosciuta e garantita dalla legge ex art. 42 Cost, per cui in base a disposizioni di legge vengono soddisfatte in modo diretto bisogni collettivi e fissati speciali vincoli che limitano il diritto di propriet dei privati. La propriet, dunque, nel quadro costituzionale non configurata in termini assoluti in ragione dei due interessi, individuale e collettivo, ove in contrasto con il primo, il secondo pu prevalere nei limiti di proporzionalit a beneficio dellintervento pubblico in ragione della funzione sociale, ex art. 42, comma 3, Cost. In particolare, la funzione sociale della propriet assicurata dal costituente anche attraverso il riconoscimento dellablazione di beni di propriet (espropriazione) per motivi di interesse generale e salvo indennizzo, ex art. 42, comma 3, Cost., nonch dalla previsioni di cui allart. 44 Cost, in cui prevista la possibilit di vincolare la propriet terriera al fine di consentire il razionale sfruttamento delle risorse del suolo sino allestremo di giungere allintegrale sacrificio dellinteresse proprietario in virt del principio di eguaglianza sostanziale.
3. Modelli di organizzazione del mercato Negli articoli 41, 43 e 45 Cost. delineato il nucleo centrale della disciplina costituzionale relativa ai rapporti tra Stato ed economia, da cui emergono tre modelli di organizzazione ispirati il primo al principio del libero mercato, il secondo a quello del monopolio pubblico, il terzo allautoproduzione. In particolare, lart. 41 Cost. risulta essere una disposizione complessa, in cui oscillano due diversi estremi di modelli di liberalismo economico, prevalente nel 1 comma ed un modello economico interventista di cui al comma 3 e ancora nel successivo art. 43 Cost. Invero, nel comma 1 dellart. 41 Cost. sancito che la libert di iniziativa economica privata libera, che non intesa come libert assoluta, in quanto risulta da un bilanciamento con la sicurezza, la libert e la dignit umana e con lutilit sociale di cui allart. 41, comma 2, Cost. Occorre sottolineare che liniziativa economica privata e pubblica, indirizzata e coordinata a fini sociali con legge, programmi e controlli opportuni ex art. 41, comma 3, Cost., per cui si esclude che quella pubblica possa godere di vantaggi rispetto a quella privata. 97 Pertanto, la libert di iniziativa economica privata viene qualificata in termini di libert e contemplata dal costituente nella possibilit per il legislatore di introdurre limitazioni rientranti nei commi 2 e 3 dellart. 41 Cost. A tale quadro costituzionale si aggiunge lart. 43 Cost. , che contempla la possibilit di una riserva originaria o di trasferimento, mediante espropriazione e salvo indennizzo in favore dello Stato, di enti pubblici e di comunit di lavoratori ed utenti, di determinate categorie di imprese che si riferiscono a fonti di energia o situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale ovvero a servizi pubblici essenziali. Lart. 43 Cost. contiene una deroga al principio generale di cui al comma 1, dellart. 41 Cost., in quanto specifica il contenuto del comma 2 dellart. 42 Cost. riferendosi a tali specifici servizi ed attivit sovraindicati previsti a tutela dellinteresse generale. Infine, lart. 45 Cost. riconosce e garantisce lartigianato e la coopera zone a carattere di mutualit senza fini di speculazione privata di cui viene riconosciuta la funzione sociale. Cooperazione che riguarda tanto lofferta di forza lavoro, quanto lacquisto di beni, per cui essa pu assumere carattere di funzione sociale soprattutto se acquisto di servizi sociali.
4. Sui principi comunitari A conferma dellelasticit delle previsioni costituzionali relative alla disciplina dei rapporti economici, lorganizzazione della politica economica ha subito variazioni nel tempo essendosi assistito ad una gradua evoluzione del ruolo dello Stato che da erogatore di servizi, quale imprenditore, si posto come regolatore del mercato positivizzando regole concernenti il corretto funzionamento dello specifico settore del mercato al quale il soggetto pubblico preposto. Un ruolo determinante nel passaggio dello Stato interventista allo Stato regolatore da attribuirsi allingresso nella Comunit europea, oggi UE. Lart. 3 del Trattato CE colloca il mercato tra gli strumenti cui vanno orientati gli obiettivi dellUnione. In particolare, la tutela della concorrenza costituisce un elemento indispensabile nel quadro sistematico del Trattato al fine di realizzare i fini economici e sociali del mercato e sul quale vigila la Commissione al fine di garantire lattuazione della politica economica secondo il principio di mercato aperto ed in libera concorrenza. Pilastri della politica della concorrenza sono le disposizioni contenute nel Capo 1, regole di concorrenza tra cui rientra il divieto di intese che pregiudicano la concorrenza, di abuso di posizione dominante nonch la disciplina delle imprese pubbliche. Allart. 81 TCE sono dichiarati incompatibili con il mercato comune, e quindi vietati, tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possono pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza allinterno del mercato comune. Il successivo articolo riguarda gli abusi di posizione dominante, che non sono sanzionati ex se, ma nella misura in cui il soggetto titolare pone in essere un comportamento che, grazie a tale posizione, pu pregiudicare il commercio tra gli Stati membri, c.d. sfruttamento abusivo. Lart. 86 TCE stabilisce la disciplina delle imprese pubbliche che sono equiparate a quelle private nella rispettiva soggezione alle norme del Trattato e si fa espresso divieto agli Stati membri di emanare o mantenere nei confronti di imprese pubbliche e delle imprese titolari di diritti speciali esclusivi misure che restringono la concorrenza, in contrasto con la normativa comunitaria. Unica eccezione prevista per le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale, la cui sottoposizione alle regole del Trattato pu essere esclusa qualora tale applicazione contrasti con ladempimento della loro specifica missione. Il secondo gruppo di norme riguarda le regole applicabili agli Stati ai quali fatto divieto di concedere aiuti, anche mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma, ad imprese o categorie di imprese che risulterebbero immotivatamente agevolate rispetto alle imprese concorrenti. 98 La Commissione e la Corte di giustizia hanno elaborato un sistema di analisi, c.d. v.i.s.t. valutazione, incidenza, selettivit, trasferimento al fine di verificare la sussistenza di un aiuto qualificato in termini di aiuto dello Stato nellerogazione di risorse a favore di un impresa il quale pu essere direttamente accordato dallo Stato anche mediante enti pubblici territoriali ovvero societ controllate dallo Stato. Alla disciplina contenuta nel Trattato si aggiungono le disposizioni del regolamento 4064/ 1989 sostituito dal regolamento 139/ 2004 sulle concentrazioni, che si hanno quando due o pi imprese procedono alla fusione oppure quando una o pi persone detengono il controllo di almeno unimpresa ovvero una o pi imprese detengono, direttamente o indirettamente, il controllo dellinsieme o di parti di una o pi imprese. Le concentrazioni devono essere autorizzate della Commissione alla quale compete laccertamento della loro compatibilit o meno con il mercato comune. Con il regolamento del 2004 stato introdotto il controllo preventivo su tutte le operazioni di concentrazione nelle quali il fatturato superi una determinata soglia, da cui il rispetto delle autorit nazionali allapplicazione della disciplina comunitaria perch intese ed abusi di posizione dominante non siano pregiudizievoli per il commercio tra gli Stati membri.
5. Evoluzione delle forme di intervento statale nelleconomia A partire dagli anni Novanta si assistito ad una progressiva valorizzazione delliniziativa economica privata con conseguente ripensamento delle modalit di intervento dei poteri pubblici nella sfera economica. Le origini di tale percorso risalgono alla grande crisi del 29 nel quale si assistito al massiccio intervento pubblico in settori industriali che perdurato anche nei primi anni Cinquanta dellesperienza repubblicana. In tale periodo, infatti, si assistito al marcato intervento dello Stato nelleconomia con conseguente innalzamento del debito pubblico tale da richiedere lemanazione di strumenti di regolamentazione delleconomia tesi a garantire un orientamento del mercato secondo gli obiettivi prefissati a livello statale, come si avuto con il CIPE. In tale quadro di evoluzione dei rapporti tra Stato ed economia, si assistito ad un arretramento del prima nellerogazione diretta di servizi a favore della collettivit confermato dalla regolamentazione del settore al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato. Pertanto, sotto il profilo dellorganizzazione e della regolazione del mercato, si assistito ad un graduale abbandono della formula dello Stato imprenditore con contestuale istituzione di autorit di regolazione del mercato connesse agli strumenti di pianificazione e programmazione dello sviluppo economico. Lincidenza del soggetto pubblico in economia venne altres limitata dallintervento regolatorio compatibile con il mercato concorrenziale, in quanto si contempl la predisposizione di disposizioni il cui contenuto veniva espresso in termini adesivi o correttivi dello stesso, con la conseguenza che leterorganizzazione pubblica viene a contrapporsi allo stesso mercato al fine di garantire il suo corretto funzionamento. In altri termini, la regolazione riferita ad attivit private tale che lo Stato pone regole di determinazione del funzionamento efficiente di dette attivit, per cui i relativi settori risultano garantiti dal rispetto di dette regole ed i soggetti operano nel rispetto del complesso dei poteri di controllo e di vigilanza nonch sanzionatori e di soluzione dei conflitti.
6. Intervento nelleconomia, regolamentazione e regolazione amministrativa. La regolazione sotto il profilo soggettivo va circoscritta nel quadro dellattivit amministrativa distinguendola dalla legislazione e dalla giurisdizione ed inquadrata come funzione amministrativa. Quanto al profilo teleologico si riguarda al tipo di incidenza che lintervento ha alle attivit dei privati, per cui sindirizzano gli operatori economici al punto da vincolarli agli obiettivi da raggiungere. 99 In questottica la regolazione si caratterizza per i contenuti della stessa e, quindi, per gli effetti che ne derivano. Di qui il passaggio della c.d. regulation alla re-gulation che esprimono un diverso ruolo dello Stato che si manifesta mediante modalit di intervento nel mercati teleologicamente e strumentalmente diverse. In particolare, la regolazione si distingue dalle altre forme di intervento dello Stato in quanto attivit amministrativa per il corretto funzionamento del mercato e garantire la concorrenzialit del medesimo. Pertanto, applicando il criterio teleologico, la regolazione diviene espressione di una scelta del legislatore volta ad improntare i rapporti tra Stato ed economia ad una logica diversa per la quale la etero regolazione statale diviene parte del mercato stesso. La scelta operata dal legislatore, infatti, deve partire dai beni ed interessi che sintendono tutelare rispetto ai quali si pongono le regole di condotta degli operatori economici. In tal senso la regolazione intesa come administrative regolation per cui i poteri politici attuano una scelta mediante i diversi poteri e la regolazione viene affidata alle amministrazioni indipendenti, finalizzate al corretto funzionamento del settore dellattivit privata. Invero, mentre nella regolamentazione emerge lattitudine della etero regolamentazione per cui si pone un principio esterno al mercato, nella regolazione, invece, la c.d. administrative regulation finalizzata a garantire il corretto funzionamento del settore di mercato. Di conseguenza, le regole poste nelle codificazioni di diritto privato che disciplinando i rapporti interprivati si distinguono dallapplicazione di regole proprie delladminastrive regulation, laddove lattuazione delle prime garantita dallautorit giurisdizionale mentre per le seconde si predilige lesercizio delle libert dei singoli seppure nei limiti prefissati dalla normativa di settore.
7. Regolazione, controlli pubblici e coordinamento amministrativo Il termine regolazione indica il diverso atteggiarsi dei rapporti tra diritto ed economia, per cui la dottrina italiana aveva individuato, gi nella met degli anni Cinquanta, un nucleo regolatorio coincidente con il controllo svolto da organi competenti sui soggetti esercenti attivit bancaria e sulle imprese di assicurazione. In tale ambito vennero individuate tre diverse tipologie di controllo: a) il controllo di vigilanza, in cui il controllo statale riguarda i soggetti, privati e pubblici, nellambito di unattivit di polizia economica finalizzata alla tutela del risparmio; b) il controllo direzione, per cui sintende tutelare il risparmiatore mediante la garanzia del rispetto delle regole pubblicistiche tese a garantire la stabilit del settore; c) il controllo regolazione, che conferisce allintervento statale il carattere di coordinamento amministrativo, in quanto ad esso viene espunta listanza dirigista nel settore. La natura e lintensit del controllo possono oscillare tra due diversi estremi, di cui il primo ritiene estranee le finalit di governo del settore, e laltro che vede il controllo come uno degli strumenti mediante il quale raggiungere lobiettivo predeterminato dallautorit. La scelta delluna o dellaltra forma di controllo dipende dal diverso modo di atteggiarsi dei rapporti tra poteri pubblici e soggetti operanti nel settore. In particolare, il controllo regolazione viene comparato al coordinamento amministrativo, in quanto appare possibile in tale sede fare richiamo ai rapporti interorganici, includendovi i soggetti privati, per cui si considerano tutti i soggetti operanti nel settore regolato, ivi comprese le amministrazioni di regolazione. Tale assimilazione giustificata altres dalla sua finalit di garantire lindirizzo unitario di un determinato settore la cui attivit svolta da soggetti pubblici e privati tra loro coordinati al fine del corretto funzionamento del sistema, e tale rappresenta lunico obiettivo individuato dalla regolazione medesima.
100 8. Neutralit e conformativit del precetto giuridico nella disciplina delleconomia Dal diverso atteggiarsi dei rapporti tra diritto ed economia, tra Stato e mercato, emerge il diverso atteggiarsi dellintervento statale. Secondo la dottrina si tratta di un rapporto che va ricostruito secondo la neutralit rispetto al mercato, in quanto la norma funge da mero presupposto fattuale al comportamento individuale. Di qui i limiti dellintervento statale, in quanto chiamato a predisporre la struttura giuridico istituzionale volta a garantire il funzionamento del mercato. Pertanto, la norma, astrattamente considerata, si pone in funzione neutrale rispetto al fatto economico, ma essa pu altres trasformarsi in strumento attraverso cui conformare la realt per messo di strumenti che vanno ad imporre al sistema norme e regole propri del sistema giuridico. Invero, al diritto va riconosciuta la funzione di predisporre le forme esteriori del processo economico, per cui si deve escludere che lo stesso possa orientare i comportamenti dei soggetti verso un ordine economico naturale, in quanto il diritto detta una disciplina giuridica che rispecchia la configurazione datagli dai principi delleconomia. Pertanto, nel momento cin cui vengono fissati i principi essenziali del mercato viene effettuata una scelta tra sistema politico e sotto-sistema giuridico e sistema sociale e sotto-sistema economico, per cui si pone la necessit di una loro integrazione sulla base delle istanze provenienti dal sociale. In tale ambito la norma giuridica diviene strumentale rispetto alleconomia, in quanto essa pone un sistema di regole determinate dalla costituzione economica ed al suo interno si pongono le scelte sociali. In altri termini, una volta scelta a livello politico una determinata forma di mercato, il sistema economico ha un suo ordine naturale e sar compito dellordinamento giuridico predisporre un apparato di norme ed istituzioni che garantisce la realizzazione del sistema economico nel suo reale funzionamento. Quanto al profilo istituzionale, la scelta del modello economico condiziona il ruolo dello Stato in quanto si determinano le competenze dellintervento pubblico in economia tanto da richiamare le amministrazioni indipendenti che rappresentano un elemento caratterizzante un diverso assetto organizzativo della dimensione statale. In tale quadro, dunque, la regolazione presuppone il riconoscimento della autoregolazione dei soggetti e trova la propria giustificazione nella necessit di garantire il corretto funzionamento di tali settori, in quanto la polarit Stato e societ civile viene ricondotta ad unit nel perseguimento di un interesse pubblico posto a garanzia del corretto funzionamento di quel settore del mercato.
9. Funzioni di direzione e garanzia nei servizi di pubblica utilit
9.1. Il settore dellenergia elettrica Il settore dellenergia elettrica, disciplinato in ultimo dalla legge 359/1992 che ha provveduto alla sua trasformazione da monopolio dellEnte nazionale per lenergia elettrica a societ per azioni, stato progressivamente aperto al mercato per effetto della normativa comunitaria. In particolare, il mercato elettrico pone in evidenza lattivit di produzione di energia elettrica che, in quanto tale, libera, da cui stata prevista una procedura di autorizzazione per la costruzione di nuovi impianti di produzione rilasciata dal Ministero per lo sviluppo economico, previa intesa con la regione interessata e previo parere, obbligatorio e non vincolante, degli enti locali interessati. Le attivit di trasmissione ad alta tensione dellenergia elettrica e quelle di dispacciamento, che consistono nellinsieme di funzioni di coordinamento del trasporto di energia, costituendo un monopolio naturale, sono affidate in regime di concessione ex lege al gestore della rete, che attualmente il proprietario della rete stessa, ossia la societ per azioni TERNA. Tale gestore ha lobbligo di connettere alla rete tutti i soggetti che ne facciano richiesta senza compromettere la continuit del servizio e deve assicurare il rispetto delle regole determinate dallAutorit per lenergia elettrica ed il gas. 101 Anche lattivit di distribuzione in media e bassa tensione dellenergia elettrica sottoposta al rilascio delle concessioni mediante gara, le cui modalit sono determinate con regolamento del Ministero dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata e lAutorit per lenergia elettrica ed il gas. Quanto allattivit di vendita dellenergia elettrica, si rileva che mentre la vendita tra clienti che consumano quantit di energia elettrica superiore ad una certa soglia determinata dalla legge, c.d. clienti idonei, invece tutti gli altri clienti, c.d. clienti vincolati, possono ricorrervi tramite apposita societ controllata dallo Stato, laddove i primi vi accedono mediante un meccanismo di asta. In tale assetto, il sistema elettrico regolato e garantito dai pubblici poteri, ossia dal Governo, che determina gli obiettivi generali della politica energetica; dal Ministero dello sviluppo economico, che provvede alla sicurezza e alleconomicit del sistema elettrico nazionale; infine, dallAutorit per lenergia elettrica ed il gas, che ha il compito di garantire la promozione della concorrenza e dellefficienza del settore.
9.2. Il settore dei trasporti Anche il settore dei trasporti stato oggetto di liberalizzazione imposta dallordinamento comunitario, in quanto previsto che gli operatori privati possano accedere ai mercati a condizioni non discriminatorie e di operarvi in regime di concorrenza e con limitazione dei pubblici poteri alle sole funzioni regolatorie dei mercati stessi. In particolare, il settore dei trasporti aerei disciplinato in ambito comunitario dai regolamenti CE n. 2407 del 1992, che subordina lo svolgimento dellattivit di vettore aereo allottenimento della licenza rilasciata dagli Stati membri allesito di procedure eque ed accessibili al fine dellaccertamento dei requisiti tecnici di sicurezza, professionalit e capacit finanziaria dei settori; dal regolamento n. 2048 del 1992, in virt del quale a partire dal 1 aprile 1997 saranno abbandonate dai vettori le rotte nazionali che risultano antieconomiche, in quanto tali rotte potranno essere affidate in esclusiva a vettori selezionati mediante procedure ad evidenza pubblica; dal regolamento n. 2049 del 1992, che introduce il principio di piena libert tariffaria. In tale settore assume rilevanza lEnte nazionale per laviazione civile, competente per la sicurezza ed i diritti dei passeggeri e dellambiente e lEnav s.p.a., responsabile del controllo del traffico aereo. Il settore dei trasporti ferroviari, attualmente disciplinato dalle direttive CE nn. 12, 13 e 14 del 2001, attuate dal d.lgs. n. 188/ 2003, disciplinato secondo la separazione tra soggetto gestore e soggetti erogatori del servizio di trasporto, i quali possono accedere allinfrastruttura mediante licenza rilasciata dal Ministero dei trasporti previo accertamento dei requisiti di capacit professionale e finanziaria stabiliti dalla legge. Per il settore trasporti ferroviari non stata istituita alcuna autorit di regolazione, per cui le relative funzioni sono esercitate dal Ministero dei trasporti, che determina, su proposta del gestore, il canone di utilizzo della infrastruttura ferroviaria e controlla le tariffe del servizio ferroviario. A seguito della liberalizzazione del marcato del trasporto ferroviario si imposta la riorganizzazione delle societ Ferrovie dello Stato s.p.a., gi ente pubblico economico e monopolista del settore. Pertanto, stata conferitala gestione della rete ferroviaria alla Rete Ferroviaria italiana s.p.a. e lo svolgimento dei servizi di trasporto alla Trenitalia s.p.a., le quali sono societ partecipate, per la totalit del capitale azionario, dalla stessa Ferrovie dello Stato s.p.a., a sua volta totalmente partecipata dallo Stato, che svolge autorit di regolazione del settore mediante il Ministero dei trasporti. Per il settore del trasporto marittimo, disciplinato dai regolamenti nn. 4055/ 1986 e 3577/ 1992, valgono i principi analoghi a quelli illustrati per il trasporto aereo e, a tutela della sicurezza e della concorrenza, stata istituita unapposita autorit di settore, lAgenzia europea per la sicurezza marittima.
102 9.3. Il settore delle telecomunicazioni Il settore delle telecomunicazioni, disciplinato dal d.lgs. 259/ 2003 ( Codice delle comunicazioni elettroniche) caratterizzato dal principio della libert di accesso al mercato e di tutela della concorrenza e dal principio di garanzia dei diritti degli utenti dei servizi. Il d. lgs. 259/ 2003 reca la disciplina di regolazione del settore rimettendola alle disposizioni del Ministero delle comunicazioni e dellAutorit per le garanzie nel settore delle comunicazioni, Agcom. Quanto alla libert di accesso al mercato, si richiede lottenimento di ununica autorizzazione generale, rilasciata dal Ministero delle comunicazioni, secondo una procedura modellata sullart. 19 della legge 241/1990 e la cui funzione di vigilanza sulladempimento degli obblighi rimessa al Ministero, mentre la funzione di regolazione del mercato rimessa allAgcom. In particolare, lAgcom divisa in due Commissioni, quella per le infrastrutture e le reti e laltra per i servizi ed i prodotti, e che sono composte da quattro commissari ciascuna, pi un unico Presidente, nominato con d.p.r. su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, mentre gli otto commissari sono nominati per met dalla Camera dei deputati e per met dal Senato. Per quanto riguarda le competenze dellAgcom, vi rientra il compito dellanalisi dei mercati, in quanto questa procede alla individuazione delle aree di mercato relative a prodotti o servizi le cui caratteristiche possono richiedere ladozione di regolamentazioni ex ante al fine di prevenire possibili distorsioni del mercato, stabilendo lapplicazione ovvero la modificazione di obblighi regolamentari idonei a ripristinare la concorrenza. Le controversie sono devolute alla giurisdizione esclusiva del g.a. ed in primo grado vi la competenza funzionale del TAR Lazio. Per quanto riguarda la garanzia del servizio nazionale, lAgcom dotata di penetranti poteri, in quanto individua gli operatori tenuti agli obblighi di servizio universale mediante procedure trasparenti e non discriminatorie ed istituito un fondo presso il Ministero delle comunicazioni mediante il quale lAgcom ripartisce i costi tra gli operatori del settore che risultano svantaggiati nei servizi offerti. Nel settore della radiotelevisione, lAgcom competente della vigilanza, con relativo potere sanzionatorio, sul rispetto della disciplina in tema di pubblicit, di par condicio e di tutela dei minori nonch sui piani di assegnazione delle frequenze. Infine, spetta alla Commissione parlamentare per lindirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi lesercizio dei poteri di indirizzo, di controllo, regolamentari e consultivi sulla RAI nonch la nomina di sette dei nove membri del consiglio di amministrazione della societ e del parere favorevole della nomina del presidente, rimessa al Ministero delleconomia e delle finanze.
10. Funzioni di vigilanza e garanzia nei mercati
10.1. La tutela della concorrenza E una funzione pubblica, rimessa allAutorit garante della concorrenza e del mercato, Agcm, istituita con legge 287/ 1990, un organo collegiale costituita dal Presidente e da quattro membri, nominati con determinazione di intesa dai Presidenti di Camera e Senato, tra persone che abbiano ricoperto incarichi istituzionali di grande rilievo. LAgcom delibera le norme sulla propria organizzazione e funzionamento ed ha piena autonomia di spesa nei limiti di un fondo stanziato nel bilancio dello Stato. Le funzioni di tutela della concorrenza e del mercato ad essa riconosciute riguardano le intese restrittive della libert di concorrenza, per cui lAgcom pu notificare lapertura del procedimento istruttorio alle imprese interessate laddove ne ravvisi una presunta violazione e queste hanno diritto di essere sentite entro un termine prestabilito, di presentare memorie, deduzioni e pareri e di essere sentire prima della chiusura dellistruttoria. Terminata listruttoria, ove accerti linfrazione, lAgcom fissa un termine alle imprese perch queste provvedano alleliminazione della stessa e, nei casi pi gravi, applica sanzioni amministrative. 103 Nel settore relativo alle operazioni di concentrazione tra imprese, lAgcm applica il medesimo procedimento istruttorio, con la differenza che in tale caso sono le imprese a dover dare la preventiva comunicazione allAgcm delle operazioni di concentrazioni che sintendono avviare. LAgcm, infine, ha il potere di segnalare al Parlamento ed al Governo lesistenza di provvedimenti legislativi, regolamentari ed amministrativi che determino distorsioni della concorrenza ed esprimere pareri sulle iniziative legislative e regolamentari inerenti la concorrenza del mercato. Quanto alla natura dellAutorit garante della con concorrenza e del mercato, si ritiene che si tratti di un soggetto pubblico, in quanto la legge che attribuisce ad essa la cura di una pluralit di interessi pubblici e, correlativamente, la titolarit del potere politico di ponderazione degli stessi a mezzo attivit discrezionale e poteri sanzionatori avverso atti anticoncorrenziali. Tale attivit, infatti, altro non che attivit amministrativa in senso proprio, che non pu essere ricondotta a poteri neutrali, per cui la natura giuridica dellAgcm amministrativa.
10.2. In particolare: il settore del credito e del risparmio Le funzioni di vigilanza e di garanzia in tale settore sono suddivise tra Circr, Banca dItalia, Ministero delleconomia e delle finanze, con ruolo principale della Banca dItalia. La Banca dItalia, infatti, un ente pubblico con capitale suddiviso in quote, che possono appartenere a societ bancarie e ad istituti di previdenza e di assicurazione. Si compone di cinque organi: a) lassemblea generale dei partecipanti, che approva il bilancio e nomina i membri del consiglio superiore; b) il consiglio superiore, che ha lamministrazione generale della Banca e nomina il governatore ed i quattro membri del comitato; c) il comitato, di cui fa parte il governatore, che esercita funzioni consultive e altre funzioni demandategli dal consiglio superiore; d) il direttorio, composto da governatore, direttore e due vice-direttori generali, al quale compete la direzione della banca; e) il governatore, la cui nomina compete al consiglio superiore ed approvata con d.p.r., su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro delleconomia e delle finanze, sentito il Consiglio dei ministri. Al Governo, salvo la partecipazione alla nomina del governatore, non riconosciuto alcun potere direttivo della Banca dItalia, per cui la si riconduce nellambito delle categorie delle Autorit indipendenti. Alla Banca dItalia compete, in via esclusiva, la funzione di vigilanza e controllo sulle banche, mediante poteri ispettivi e sanzionatori. Pi limitate appaiono le funzioni del Cicr, al quale compete lalta vigilanza in materia di credito e tutela del risparmio, e del Ministero delleconomia e delle finanze, al quale spettano poteri normativi ed amministrativi tra cui la determinazione, mediante regolamento, dei requisiti di onorabilit dei soci e di professionalit degli esponenti aziendali delle banche e le decisioni in ordine allapertura di procedimenti di amministrazione straordinaria e di liquidazione coatta delle banche.
10.3 Segue. I mercati finanziari Con lespressione mercati finanziari sintendono tre settori: a) intermediari finanziari (Sim, promotori finanziari); b) emittenti strumenti finanziari (societ di capitali, quotate e non quotate); c) societ di gestione dei mercati regolamentati (borse). La materia disciplinata dal d.lgs. 58/ 1998, T.u.f.- testo unico delle norme in materia di intermediazione finanziaria. 104 Le funzioni di vigilanza e garanzia di questi settori sono affidate alla Consob e alla Banca dItalia, la quale ha funzione altres di garanzia della stabilit del contenimento del rischio laddove la prima svolge la funzione di vigilanza sulla condotta e trasparenza degli operatori. I particolare, la funzione di vigilanza consta di vari poteri, quali lautorizzazione preventiva agli operatori, la regolamentazione, le ispezioni e lintervento diretto sugli organi degli operatori stessi. Il settore dei mercati regolamentati sono gestiti da societ per azioni private che devono ottenere una previa autorizzazione della Consob volta ad accertare i requisiti patrimoniali ed organizzativi delle societ di gestione e della loro onorabilit. In seguito, la Consob vigila sulla gestione del mercato da parte della societ. La Consob, infine, dotata di personalit giuridica e di piena autonomia, si compone di un collegio formato dal presidente e da quattro membri, nominati con d.p.r. su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e durano in carica cinque anni con possibilit di secondo mandato.
10.4. Il settore delle assicurazioni LIsvap svolge funzioni di vigilanza e controllo nel settore delle assicurazioni. Gi a partire dai primi anni Ottanta, lIsvap ha mantenuto i caratteri di ente organo di carattere tecnico del Ministero dellindustria, strumentale alle politiche governative di programmazione e di controllo nel settore delle assicurazioni non ancora liberalizzato. Pertanto, seppure lIsvap dotato di personalit giuridica, i suoi membri sono tutti di nomina governativa: il Presidente dura in carica cinque anni ed nominato dal Capo dello Stato su proposta del Governo ed i sei membri del Consiglio, che durano in carica quattro anni, sono direttamente nominati dal Governo. Listituto, inoltre, sottoposto al controllo della Corte dei conti. Successivamente, lIsvap ha trovato conforto dalla liberalizzazione del settore delle assicurazioni, in quanto le sono state assegnate funzioni proprie delle autorit indipendenti, quali la vigilanza nel settore e lesercizio di poteri di autorizzazione, di prescrizione, accertativi, cautelari e repressivi nonch la possibilit di adottare un regolamento necessario per la sana e prudente gestione delle imprese e la trasparenza e correttezza dei comportamenti degli operatori con promozione della attivit di collaborazione con le autorit degli altri Stati membri al fine di rendere organica, efficiente ed omogenea la vigilanza sullattivit assicurativa.
Capitolo 2 I servizi pubblici
1. Il servizio pubblico: le difficolt di una definizione. Il momento della definizione di servizio pubblico valida ai fini di una configurazione pi precisa possibile del fenomeno qui preso in considerazione si pone quale elemento preliminare indispensabile ai fini di una corretta applicazione della normativa, sia interna che comunitaria. Invero, la definizione di servizio pubblico non pu trascurare lanalisi del dato normativo, cos come descritto in ambito nazionale che comunitario, da cui lo studio del concetto stato oggetto di diverse discipline che a partire dallambito economico sono trasfuse in quello giuridico. Appare condivisibile, pertanto, lorientamento che nega lidea di una concezione di servizio pubblico mutuata da altri settori disciplinati e trasposta tout court nel diritto amministrativo, ignorando la disciplina scientifica originaria e le sue stesse finalit. La nozione di servizio pubblico, ricostruita sulla scorta delle norme penalistiche, in particolare dagli artt. 357 e 358 c.p., recanti la nozione di pubblico ufficiale ed incaricato di pubblico servizio, ha trovato avvio dallesame della c.d. concezione soggettiva propria della teoria nominalistica fino ad arrivare a tesi pi recenti e favorevoli al recupero di una ricostruzione in chiave soggettiva del fenomeno. 105 Successivamente, levoluzione dottrinale passata ad analizzare la c.d. concezione oggettiva, fondata sui tratti essenziali della teoria elaborata da Pototschnig fino ad arrivare alle teorie pi recenti che propongono una rielaborazione di servizio pubblico in termini oggettivi. Vero che allo stato attuale non pu esprimersi una preferenza per luna o laltra concezione, per cui in relazione agli aspetti di volta in volta presi in considerazione si riconosce una sorta di coesistenza di entrambe le nozioni.
2. Segue. La concezione c.d. soggettiva La dottrina italiana, a differenza dellordinamento francese, ha inteso offrire una connotazione precisa di attivit che fossero riconducibili alla p.a., per cui occorreva individuare una categoria comune sotto la quale ricondurre una parte dellattivit amministrativa, non autoritativa, che si andava diffondendo con lassunzione di nuovi compiti da parte dello Stato. Loccasione fu colta con la legge 103 del 1903 che allart. 1 qualificava i servizi pubblici in una serie di attivit eterogenee rispetto alle quali si poneva il problema di individuare il criterio per ascrivere la pubblicit del servizio affidato alla gestione del comune. Di qui matur la concezione nominalistica, per cui vennero considerati pubblici soltanto quei servizi assunti dallo Stato ovvero da altro ente pubblico che ne acquistava la titolarit e provvedeva, in alcuni casi, al loro stesso esercizio. In altri termini ogni attivit economica affidata alla p.a. veniva qualificata come servizio pubblico, mentre pi complesse restava la qualificazione delle attivit svolte dai privati nella categoria in esame. A seconda del servizio assunto dallamministrazione, infatti, la prospettiva di qualificazione del servizio diventava funzionale alla realizzazione degli interessi pubblici, da cui risultava determinante la scelta dellamministrazione di considerare come proprie attivit anche quelle connesse alle esigenze della collettivit seppure gestite da soggetti privati. Il servizio pubblico, infatti, si pone come modello organizzatorio garantistico secondo i modelli fissati dalla legge, in virt della quale viene indicata lamministrazione titolare del servizio e competente della sua organizzazione. Di conseguenza, linteresse pubblico viene inteso come conduzione dellattivit secondo le finalit per le quali fu decisa listituzione del servizio medesimo. Pertanto, la nozione attuale di servizio pubblico, in chiave soggettiva, viene a considerare qualsiasi attivit, diversa dalla funzione amministrativa, riconducibile ad un soggetto pubblico. Tuttavia, per poter cogliere appieno gli aspetti salienti della nozione di servizio pubblico occorre considerare la concezione oggettiva del medesimo, in quanto in aperto contrasto con loriginaria teoria nominalistica e orami centrale nel rinnovato quadro legislativo interno e comunitario.
3. Segue. Il servizio pubblico in senso oggettivo La concezione oggettiva di servizio pubblico risale allopera di U. Pototschnig che, nel riportare lattenzione del diritto amministrativo sul tema dei servizi pubblici, tent di superare quello iato esistente tra il crescente rilievo delle attivit amministrative, definite dalla dottrina come servizi pubblici. Secondo tale teoria, infatti, si adduceva linsufficienza della nozione ad isolare il fenomeno corrispondente entro sicuri confini, per cui la riflessione della dottrina criticava la teoria nominalistica richiamandosi agli artt. 43 e 41, comma 3, Cost., in quanto dal dettato costituzionale si ricavava che la legge pu riservare o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunit di lavoratori o di utenti, determinate imprese o categorie di imprese che si riferiscono a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale. Pertanto, si veniva a smentire il criterio nominalistico e si ammetteva che i privati potessero legittimamente gestire servizi pubblici essenziali. 106 Dunque, non soltanto il momento soggettivo diviene recessivo nella individuazione del servizio pubblico, ma lo stesso legislatore pu sottrarre allente pubblico unimpresa riferita a servizi pubblici essenziali per trasferirla a comunit di lavoratori o di utenti sempre per fini di utilit generale. Ad integrare tali conclusioni, interviene lart. 41, comma 3, Cost, per cui la legge pu indirizzare lattivit pubblica e quella privata a fini sociali determinando i programmi ed i controlli opportuni. Quindi, dal tramonto della concezione nominalistica emergono due principi essenziali, e cio che lattivit dimpresa nel servizio pubblico non necessariamente ascrivibile ad un soggetto pubblico e che, pur rimanendo privata, resta assoggettata comunque al medesimo regime previsto per lattivit economica pubblica. Di contro, considerando lesperienza delle privatizzazioni dei servizi pubblici a rete, la scelta statale stata quella di una forma di intervento indiretto di tipo regolatore affidata alle c.d. authorities e non sono mancate, in tal senso, prese di posizione a favore della concezione oggettiva del servizio pubblico da parte del nostro ordinamento anche sotto linfluenza del diritto comunitario. Invero, il fenomeno delle Authorities altro non che un fenomeno pi complesso allinterno del quale selezionare, con il criterio soggettivo, le attivit di servizi pubblici da altre che sono semplicemente attivit economiche contraddistinte dal fatto di svolgersi in un determinato settore retto da apposite autorit di regolazione con poteri normativi interni, di direzione ed ordine, controllo preventivo e/o repressivo.
4. Principi costituzionali in materia di servizi pubblici. Il tema dei servizi pubblici ricompreso nel pi ampio genus dellattivit amministrativa di cui al principio di buon andamento ex art. 97 Cost. e, a sua volta, dalla legge 241/ 1990. Attraverso il servizio pubblico, lo Stato si fa garante di quel principio di uguaglianza espresso allart. 3, comma 2, Cost. ravvisata dai sostenitori della tesi oggettiva a fondamento dellimmediato raccordo con lart. 43 Cost. nella parte in cui fa riferimento alle imprese che si riferiscono a servizi pubblici essenziali che possono essere trasferite o riservate ab origine a comunit di lavoratori sempre che sussistano fini di utilit generale contemplati nella disposizione in parola. Allinterno della categoria dei servizi pubblici vanno selezionati i c.d. servizi pubblici essenziali da sottoporre al regime di cui allart. 43 Cost, per cui lart. 41, comma 3, Cost, assume unautonoma connotazione in quanto consente di inserire anche i servizi pubblici nellambito di quellattivit di programmazione economica che la Costituzione affida alliniziativa del legislatore. Il sistema costituzionale, infatti, prevede che a gestire siffatti servizi possano essere tanto soggetti pubblici quanto soggetti privati in regime di concorrenza ovvero in situazioni di monopolio, trasferimento o riserva originaria di cui allart. 43 Cost. Il quadro costituzionale risulta completato dalla riforma del Titolo V della Costituzione nel riparto della potest normativa statale e regionale ex art. 117 Cost., per cui si riconosce la potest legislativa esclusiva in materia di servizi pubblici a favore dello Stato che determina a livello normativo i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e tale livello si presta ad incidere trasversalmente sulle materie rimesse alla potest legislativa regionale in quanto la dimensione del servizio pubblico rimessa agli standard di tutela uniformi assicurati dalla normativa statale. Invero, lart. 112 t.u.e.l affida agli enti locali, nellambito delle rispettive competenze, la gestione dei servizi che realizzano fini sociali secondo lidea della trasversabilit della competenza legislativa tra Stato e regioni, come confermato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 14 del 2004) che ha ritenuto di poter raggiungere lequilibrio tra distribuzione di energia e sviluppo dei sistemi di telecomunicazione in relazione alluso del territorio, in quanto siano tali da giustificare linsediamento degli stessi secondo il principio di sussidiariet dellazione statale nel settore dei servizi pubblici. Secondo la Consulta, infatti, la scelta del legislatore statale di attribuire a livello contrale peculiari funzioni amministrative e di disciplinarne lesercizio, seppure in difformit dellart. 117 Cost. , 107 consentirebbe di interpretare in senso dinamico il principio di sussidiariet, quale criterio regolatore dellassetto di competenze predeterminato capace di attrarre la funzione legislativa statale che deve essere oggetto di accordo con la regione interessata o comunque risultato di una procedura che assicuri la partecipazione dei diversi soggetti coinvolti nellottica della leale cooperazione tra soggetti paritari.
6. I servizi pubblici nellordinamento comunitario Il concetto di servizio pubblico sembra avere un significato ambiguo anche in ambito comunitario, in quanto la locuzione viene utilizzata per indicare il servizio offerto alla collettivit ovvero lo status dellente che presta il servizio. Nel diritto comunitario, dunque, si utilizza una diversa terminologia, partendo dal riferimento del Trattato di cui agli artt. 16 e 86, par.2 che fanno riferimento indistintamente ai servizi di interesse economico generale. La Commissione, in particolare, specifica tale nozione considerando i servizi forniti dalla grandi industrie di rete, quali telecomunicazioni, servizi postali, elettricit, gas e trasporti, e servizi della gestione dei rifiuti, lapproviggionamento idrico ed il servizio pubblico di radiodiffusione. Quanto a cultura, sanit, istruzione e servizi sociali, la collocazione dei medesimi risulta incerta, in quanto si precisato che spetta al giudice nazionale verificare in concreto se lattivit abbia o meno carattere economico. In relazione al problema definitorio si pongono conseguenze giuridiche diverse, in quanto la locuzione servizi di interesse generale individua situazioni giuridiche che devono essere garantite da operatori non economici e da operatori del mercato, entrambi tenuti a garantire laccesso degli utenti al sevizio secondo i principi di non discriminazione e di libert di circolazione delle persone. Pertanto, se lautorit decide di affidare a terzi o a societ miste diritti speciali o esclusici attinenti tali servizi di interesse generale, trover applicazione la normativa sugli appalti ed i principi comunitari in materia di concessione dei servizi. Nel caso in cui, invece, il servizio venga affidato in regime di concessione, la scelta del concessionario de essere conforme ai principi comunitari di non discriminazione, parit di trattamento e trasparenza, per cui egli deve rispettare non soltanto la normativa sugli appalti ma deve altres assicurare leffettiva partecipazione degli aspiranti alla procedura selettiva. Dunque, i servizi di interesse generale sono assorbiti nel pi ampio concetto di servizi, per quanto concerne gli appalti e non trova applicazione la clausola di cui allart. 3 della direttiva 2004/18/ CE in virt della quale il titolare di diritti speciali od esclusivi relativi ad un servizio pubblico tenuto a rispettare, negli appalti di forniture, il principio di non discriminazione in base alla nazionalit. La figura dei servizi di interesse economico generale richiamata dagli artt. 16 e 86, par. 2 del Trattato e sono soggetti alle regole sulla concorrenza ed in particolare al c.d. divieto di aiuti di stato, per cui gli operatori non agiscono in base al meccanismo della domanda e dellofferta, ma sono sottoposti agli obblighi del servizio universale che impongono alloperatore di agire al di fuori della concorrenzialit del mercato. Tali obblighi di servizio universale tendono ad assicurare talune prestazioni mediante un prezzo accessibile, come ad esempio lobbligo per i gestori dei servizi di telecomunicazione di assicurare un congruo numero di telefoni pubblici, laccessibilit delle tariffe e la tutela degli utenti e dei consumatori nonch la loro sicurezza. Nel caso Altmark il giudice comunitario ha specificato che i finanziamenti pubblici non rientrano nella disciplina comunitaria degli aiuti di stato, ma possono essere considerati compensazioni che rappresentano la contropartita delle imprese beneficiarie per adempiere gli obblighi di servizio pubblico e che non deve eccedere quanto necessario per coprire i costi originati dalladempimento di tale servizio pubblico, per cui limpresa scelta mediante appalto determinato sulla base dellanalisi dei costi che unimpresa media, gestita in modo efficiente, in grado di supportare per adempiere a tali obblighi.
108 Parte 8 RISORSE
Capitolo 1 Le risorse umane
1. La genesi dei rapporti di impiego pubblico Le amministrazioni pubbliche si sono sempre avvalse dellopera di persone fisiche che hanno caratterizzato gli apparati pubblici. Fino al XVIII secolo, per, la maggior parte degli uffici pubblici erano affidati a personale onorario e non professionale, in quanto si presupponeva lappartenenza dei funzionari ad un ristretto ceto sociale e la sussistenza di un rapporto fiduciario con il monarca. Solo con il regno di Luigi XIV (1660 1715) in Francia si avvi il processo di avvicendamento della c.d. noblesse de robe, per cui si afferm la burocrazia professionale che raggiunge il suo compimento con lavvento del XIX secolo e il suo radicamento in Europa con lo Stato di diritto della met Ottocento. Di qui si pu iniziare a parlare di rapporto di lavoro (o rapporto di impiego) alle dipendenze delle pp.aa.
2. Limpiego pubblico come rapporto di diritto civile speciale Sin dal loro sorgere, i rapporti di lavoro con le pp.aa. non sono stati mai interamente disciplinati dalle norme di diritto comune, tanto che vengono riconosciute specialit e privilegi a tutte le pp.aa. nei rapporti con i privati non potendo incidere pienamente nella disciplina del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pp.aa. Tali rapporti di lavoro, infatti, non potevano essere ricondotti al genus dei rapporti comuni di lavoro subordinato stipulati tra datori e prestatori di lavoro privati, per cui il legislatore and a prevedere una disciplina speciale e derogatoria rispetto a quella di diritto comune. Partendo dallunificazione del Regno dItalia, infatti, il rapporto di impiego con lo Stato e con gli enti pubblici era sostanzialmente considerato alla stregua degli ordinari rapporti di lavoro di diritto privato, ma lattenzione della dottrina dellepoca era concentrata per lo pi sulla distinzione tra rapporto dufficio e rapporto di servizio, per cui gli atti relativi al primo erano considerati provvedimenti amministrativi, mentre quelli di gestione del rapporto di servizio erano considerati atti di natura contrattuale.
3. Limpiego alle dipendenze di Amministrazioni pubbliche come rapporto di diritto pubblico Con lavvento del XX secolo, la qualificazione dei rapporti di impiego pubblico secondo i termini di rapporti di diritto civile speciale viene abbandonata, in quanto si assiste ad una sostanziale pubblicizzazione di tali rapporti. Il legislatore, infatti, viene a disciplinare i rapporti di lavoro di diritto pubblico mediante un complesso di norme che andarono a costituire il corpus di uno speciale Statuto dei dipendenti pubblici tali da costituire un presidio a garanzia dellimparzialit dei pubblici funzionari, ma anche uno strumento di riaffermazione dellautorit dello Stato. In ragione della preminenza della posizione della pubblica amministrazione, datore di lavoro, la dottrina amplific i tratti differenziali tra rapporti di diritto pubblico e quelli privati, come gi era emerso dai due progetti elaborati dalla Commissione guidata da Oreste Ranelletti recepiti nei disegni di legge 11 novembre 1923, n. 2395 e 30 dicembre 1923, n. 2960, il primo sullordinamento gerarchico delle Amministrazioni statali ed il secondo sullo stato giuridico degli impiegati dello Stato. In definitiva, tali disposizioni normative rappresentano il momento di definitiva pubblicizzazione dei rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni. 109 Del resto, a seguito della caduta del regime fascista, si andava modificando la stessa concezione di Stato e tale condizionamento politico ed ideologico and a supportare la ricostruzione del rapporto di impiego con le pp.aa. Sotto la spinta della giurisprudenza amministrativa, che aveva sottratto le controversi di lavoro pubblico alla cognizione dello stesso giudice che aveva la giurisdizione sulle controversie di lavoro privato, vennero emanati principi di diritto sostanziale profondamente diversi da quelli elaborati dalla giurisprudenza ordinaria come recepiti nel r.d.l. 3 novembre 1924, n. 1825, nel quale venivano dettate le generali Disposizioni relative al contratto di impiego pubblico. In definitiva, le controversie in materia di rapporto di lavoro venivano affidate a due serie distinte di norme e con due diversi ordini giuridici chiamati a dirimere le relative controversie.
4. Limpiego pubblico nella Costituzione e nella successiva evoluzione legislativa La Carta costituzionale si occupa indirettamente del tema in esame negli articoli 28 e 97 Cost. con riferimento ai funzionari, allart. 98 Cost. per gli impiegati, altre volte parla genericamente dei dipendenti ex art. 28 Cost. In effetti, manca una disciplina organica del rapporto di impiego pubblico, ma ci non significa che non siano previsti principi costituzionali di rilievo per limpiego pubblico. In primo luogo, alla stregua dellart. 51, comma 1, Cost., prescritta la modalit di accesso ai pubblici uffici che per tutti i cittadini deve avvenire in condizioni di eguaglianza, ex art. 97, comma 3, Cost., mediante concorso. Tali previsioni rappresentano una specificazione del principio di imparzialit, in quanto lassunzione del personale pubblico deve avvenire in maniera neutrale, e cio deve essere garantita la parit di trattamento, la professionalit ed il merito, e non gi per rapporti di fiducia personale o di affinit politica con i vertici delle rispettive amministrazioni. Lesigenza di separatezza tra politica ed amministrazione si rinviene altres nellart. 98 Costo, secondo cui gli impiegati pubblici sono al servizio esclusivo della Nazione nonch dallart. 28 Costo, che attiene alla responsabilit verso i terzi degli impiegati pubblici nei casi di condotta illecita nellesercizio del proprio ufficio. Infine, al pubblico impiego sono riconosciute tutte le garanzie previste a tutela dei lavoratori sia per il corretto svolgimento dei contratti collettivi sia per il libero svolgimento dellazione sindacale di cui agli articoli 35, 36 e 39 Cost. Dallincidenza dei principi costituzionali sulla disciplina dei rapporti di impiego pubblico si aperto il dibattito in dottrina sulla natura dei rapporti di pubblico impiego. Ebbene, le norme costituzionali che si sono considerate sembrano offrire una risposta sufficientemente chiara al problema della verifica della natura pubblicistica o privatistica dei rapporti di lavoro con le pp.aa. Infatti, se da un lato il Costituente non ha ignorato lesistenza di profili di specialit nei rapporti di impiego pubblico, non per questo si ritenuta necessaria la previsione di una disciplina speciale derogatoria rispetto a quella di diritto comune. La stessa Corte costituzionale, infatti, ha sottolineata come non vi sia alcuna esigenza di differenziare il regime di rapporto e che la scelta delluno o dellaltro regime rimessa alla discrezionalit del legislatore, per cui lapplicazione al rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti delle disposizioni del codice civile non pone alcun conflitto con i principi di imparzialit e di buon andamento. Invero, la materia dei pubblici uffici stata profondamente rivista dal legislatore in senso pubblicistica con il T.U. degli impiegati civili dello Stato n. 3 del 1957, secondo il quale il personale ordinato in quattro carriere (direttiva, di concetto, esecutiva ed ausiliaria) e si riduce il numero dei gradi. Tuttavia, a partire dagli anni Ottanta, si assiste ad un periodo di riforma degli assetti generali del disegno politico tanto che il baricentro dellattenzione del legislatore venne a spostarsi sui contenuti, oggetto, qualit della prestazione professionale richiesta al pubblico dipendente 110 attraverso la c.d. qualifica funzionale, con la quale si definitivamente superata la classificazione secondo le c.d. carriere. La legge n. 93 del 1983, dunque, ha ricostruito il quadro normativo dellimpiego pubblico in modo da affiancare alle previsioni di rango legislativo, uno spazio lasciato libero alla disciplina negoziale.
5. Segue. Il ritorno al diritto comune ed i margini di specialit Le riforme degli anni Ottanta hanno segnato lavvio di un nuovo periodo di riforme. Con il decreto legislativo n. 29 del 1993, ora confluito nel d.lgs. n.165 del 2001, si determinata: a) la prevalenza della disciplina dettata dalla contrattazione collettiva in tema di fonti del rapporto di pubblico impiego; b) la natura privatistica degli atti di costituzione, disciplina, modificazione ed estinzione del rapporto di lavoro; c) il riconoscimento alle amministrazioni di operare secondo i poteri del privato datore di lavoro; d) la non soggezione al controllo della Corte dei conti sugli atti relativi ai rapporti individuali di lavoro; e) la giurisdizione del giudice del lavoro. In effetti la c.d. privatizzazione del pubblico impiego non generalizzata, in quanto permangono anche dopo la riforma una serie di rapporti di impiego disciplinati dal diritto pubblico. In ogni caso la principale fonte di regolazione del rapporto da individuarsi nella contrattazione, collettiva ed individuale. Inoltre, la riserva di materia non costituisce un limite di competenza alla potest legislativa ordinaria, in quanto disposizioni di legge, regolamento o statuto possono introdurre discipline dei rapporti di lavoro in aree riservate alla contrattazione e successivi contratti o accordi collettivi possono altres derogare alle disposizioni applicabili, salvo che la legge non disponga diversamente. Infine, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, il nuovo articolo 117 Cost non fa menzione del pubblico impiego tra le materie di competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni, per cui riconosciuta allo Stato soltanto la determinazione dei principi fondamentali.
6. La contrattazione collettiva e i suoi autori: lAran ed i sindacati Il sistema di contrattazione collettiva si pone al vertice della gerarchia dei diversi livelli contrattuali in analogia a quanto avviene in ambito di contrattazione collettiva di diritto privato. Il legislatore, infatti, ha attribuito al contratto collettivo il carattere di fonte diretta e principale della regolamentazione del rapporto tra privato e pubblica amministrazione. La contrattazione collettiva vede come parti negoziali lAran per la rappresentanza negoziale delle pp.aa. e le organizzazioni sindacali dotate di personalit giuridica. In particolare, lAran un organismo dotato di personalit giuridica di diritto pubblico, autonomia organizzativa e contabile, potest regolamentare in ordine alla propria organizzazione e funzionamento e ad essa attribuita, oltre alla rappresentanza legale delle pp.aa. in sede di stipulazione dei contratti collettivi nazionali, ogni attivit relativa alle relazioni sindacali ed allassistenza delle pp.aa. per ogni aspetto relativo alla disciplina del rapporto di lavoro. LAran, durante lesercizio della rappresentanza negoziale, sottoposta al potere di indirizzo delle pp.aa., esercitato a mezzo dei Comitati di settore, quali organi di coordinamento delle pp.aa. raggruppate in comparti e ciascun Comitato regola autonomamente le proprie modalit di funzionamento e di deliberazione. Con le riforme degli anni Ottanta, in particolare con la legge quadro del 1983, gli accordi collettivi venivano recepiti in atti regolamentari con efficacia erga omnes, per cui lintera categoria dei pubblici dipendenti ne restava vincolata, indipendentemente dalliscrizione al sindacato stipulante. Con la privatizzazione dei rapporti di pubblico impiego, il contratto collettivo non pi recepito in un atto unilaterale, per cui esso resta valido ed efficace soltanto per gli iscritti al sindacato stipulante. 111 Il legislatore, pertanto, si preoccupa di assicurare la rappresentativit delle controparti sindacali attraverso le Rappresentanze sindacali unitarie, c.d. R.S.U., la cui costituzione regolata allart. 47 bis del d. lgs. 29/ \1993.
7. Segue, Il procedimento per la stipula dei contratti collettivi ed il problema della loro efficacia. La disciplina dei contratti collettivi nazionali oggi contemplata allart. 47 del d.lgs. 165/ 2001 di modifica allart. 51 del d.lgs. 29/1993. LAran formula lipotesi di accordo, dopo che sono state individuare le risorse finanziarie e acquisiti gli indirizzi del Comitato di settore per lo specifico settore. In seguito, si avvia la trattativa tra la delegazione dellAran e la delegazione della R.S.U. che siglano il c.d protocollo di intesa. Entro cinque giorni, lAran deve acquisire il parere favorevole del Comitato di settore sul testo contrattuale e sugli oneri finanziari diretti ed indiretti che laccordo comporta a carico delle amministrazioni interessate. Segue la trasmissione del prospetto della quantificazione dei costi alla Corte dei conti per la certificazione di compatibilit con gli atti di programmazione e dati di bilancio. Se la certificazione positiva, lAran procede alla stipula del contratto ed alla sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale. Se la certificazione non positiva, lAran assume le iniziative necessarie per adeguare tale quantificazione ai fini della valutazione positiva dei medesimi mediante riapertura delle trattative. Quanto allefficacia dei contratti collettivi, lart. 45, comma 5, del d. lgs. 29/ 1993, oggi art. 40 comma 4 del d. lgs. 165/ 2001 prevede che le pp.aa. adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali o integrativi dalla data della sottoscrizione definitiva e ne assicurano losservanza nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti. Lart. 49 del d. lgs. 29/1993, ora art. 45, comma 2, d.lgs. 165/ 2001 assicura che le Amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti parit di trattamento contrattuale o comunque trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi. In definitiva, tali norme continuano ad assicurare efficacia erga omnes ai contratti collettivi e tale efficacia pone problemi di compatibilit con il dettato costituzionale, in particolare con lart. 39 Cost, in quanto prevista una procedura di registrazione delle associazioni sindacali affinch la contrattazione collettiva le riconosca parti e spiegare tali effetti. La dottrina, a riguardo, ha ritenuto che la specialit della disciplina va spiegata nella garanzia offerta dal legislatore alla rappresentanza delle controparti sindacali nella contrattazione collettiva di pubblico impiego seppure diversamente disciplinata dal Costituente con lart. 39 Cost., che sostanzialmente sono rispettosi della medesima ratio. La Corte costituzionale, infatti, ha ribadito la legittimit costituzionale della disposizioni in questione, in quanto queste prevedono il dovere di osservanza degli impegni assunti con i contratti collettivi tale da assicurare il principio di parit di trattamento dei pubblici dipendenti e lapplicazione generalizzata della loro obbligatoriet ai sensi dellart. 39 Cost.
8. Gli atti organizzativi interni: le piante organiche ed i ruoli organici. Con il termine pianta organica si fa riferimento al complesso di posizioni lavorative previste a livello organizzativo dellente. La ridefinizione delle piante organiche risponde allattivit organizzativa di maggior rilievo di un ente pubblico. Il ruolo organico si riferisce allinsieme di posizioni di ruolo previste in pianta organica, che si sostanzia in una tabella distinta per funzioni e retribuzione nonch per numero di posti di cui dispone lamministrazione.
112 9. Le vicende ed i contenuti del rapporto: la costituzione Ai sensi dellart. 97 Cost. laccesso allimpiego pubblico avviene di regola mediante concorso, che pu essere per titoli, esami, titoli ed esami, per corso concorso. Il concorso non richiesto per lassunzione nelle qualifiche in cui richiesto il solo requisito della scuola dellobbligo, per cui si procede mediante avviamento al lavoro degli iscritti nelle categorie di collocamento mentre per gli appartenenti a categorie protette si procede mediante chiamata numerica degli iscritti nelle apposite liste di collocamento. A seguito del superamento del concorso e dellapprovazione della graduatoria ovvero a seguito dellatto di avviamento a lavoro o di chiamata numerica, la tradizione pubblicistica prevedeva lemanazione unilaterale di nomina, invece oggi, in virt dellart. 35, comma 1, del d. lgs. 165/ 2001 si precisa che lassunzione nelle amministrazioni pubbliche avvenga con contratto individuale di lavoro.
10. I diritti del pubblico dipendente: diritti patrimoniali Come nei rapporti di lavoro privato, in capo ai dipendenti pubblici sono riconosciuti diritti, patrimoniali e non, ed obblighi. Tra i primi rientra la retribuzione, quale corrispettivo dellattivit professionale prestata dal dipendente e che risponde allesigenza di assicurare allo stesso unesistenza libera e dignitosa, mentre il trattamento accessorio connesso alla quantit ed alla qualit del lavoro. Componenti fisse e continuative della retribuzione, oltre allo stipendio, altres la c.d. tredicesima mensilit e lassegno per il nucleo familiare. Componenti eventuali e variabili, invece, sono il c.d. compenso per il lavoro straordinario per lattivit svolta in aggiunta dal dipendente fuori dallorario di lavoro nonch le indennit ed il compenso incentivante. La retribuzione, infine, non sequestrabile, non pignorabile e non cedibile. IL diritto allo stipendio si prescrive in cinque anni.
11. Segue. I diritti non patrimoniali Rientrano tra i diritti non patrimoniali spettanti al pubblico dipendente il diritto a dover essere adibito alle mansioni per le quali stato assunto e alle mansioni considerati equivalenti nellambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto di sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive. Invero, labolizione delle qualifiche ha fatto s che il dipendente possa essere tenuto a svolgere mansioni equivalenti a quella della posizione organizzativa di appartenenza e che lamministrazione possa discrezionalmente attribuirgli mansioni per le quali lo ritiene pi idoneo in relazione alla posizione organizzativa ed al profilo attribuiti. Vige, comunque, il divieto di adibire limpiegato a funzioni inferiori rispetto alla sua posizione giuridica. Tra i diritti non patrimoniali dellimpiegato rientrano altres il riposo settimanale, il congedo ordinario (ferie), il congedo straordinario ( per gravi motivi, per contrarre matrimonio, per sostenere esami, per cure, per gravidanza, per malattia di breve durata) ed una serie di permessi retribuiti. Vi rientrano i c.d. diritti sindacali di cui alla legge 300/ 1970 applicabile ai pubblici dipendenti in virt dellart. 55, comma 2, del d.lgs. 20/1993.
12. I doveri del pubblico dipendente La gran parte dei doveri dellimpiegato, salvo alcuni doveri enunciati dal legislatore, sono disciplinati dalla fonte negoziale, per cui trovano una propria matrice contrattuale il dovere di obbedienza, il dovere di diligenza, mentre il dovere di esclusivit, ad esempio, di fonte legislativa.
113 13. Il potere disciplinare e le modalit del suo esercizio La responsabilit disciplinare conseguenza della violazione dei doveri dufficio, disciplinata ad oggi dallart. 55 del d.lgs. 165/ 2001. Come per i dipendenti privati, per i pubblici dipendenti previsto il rimprovero verbale, il rimprovero scritto, le sanzioni della multa fino a 4 ore di retribuzione, la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione fino a 10 giorni, il licenziamento con o senza preavviso. La titolarit del potere disciplinare spetta al Capo dellufficio per il rimprovero verbale e scritto, mentre per le altre sanzioni spetta al dirigente Capo del personale, su proposta dellapposito Ufficio per i procedimenti disciplinari, istituito presso ogni amministrazione. Il procedimento disciplinare si apre con la contestazione degli addebiti, cui segue laudizione personale dellincolpato. Decorsi quindici giorni senza che lincolpato si sia presentato, si procede allirrogazione della sanzione che deve essere adeguatamente motivata e previo consenso del dipendente pu essere ridotta. In assenza di patteggiamento, entro venti giorni dalla notifica del provvedimento, limpiegato pu impugnare tale ingiunzione innanzi al Collegio arbitrale di conciliazione avente sede presso lUfficio provinciale del Lavoro, da cui la sospensione della sanzione. Il tentativo di conciliazione obbligatorio, ma in caso di insuccesso consentita lordinaria azione giudiziaria che va promossa entro novanta giorni dal tentativo di conciliazione a pena di improcedibilit.
14. La modificazione e lestinzione del rapporto Le modificazione del rapporto di pubblico impiego sono varie e vanno dalla progressione di carriera, economica e giuridica. Vi rientra anche lestinzione del rapporto, in quanto il rapporto di pubblico impiego ha una durata tendenzialmente indeterminata, per cui la durata dello stesso viene a dipendere dalla capacit lavorativa del dipendente che determina in capo allamministrazione la scelta discrezionale di mantenere ovvero estinguere il rapporto medesimo. Si avranno cos le dimissioni volontarie, il collocamento a riposo dufficio, il collocamento a riposo anticipato su domanda, la dispensa per inidoneit psico-fisica, la decadenza per ingiustificato abbandono del servizio, il licenziamento disciplinare, il licenziamento per condanna penale ed il licenziamento dei dirigente per i casi pi gravi di mancato raggiungimento degli obiettivi ed inosservanza delle direttive.
15. La dirigenza ed il confine tra politica ed amministrazione Nellambito del p.i. la categoria dei dirigenti stata introdotta con richiamo a quella prevista nellart. 2095 c.c. come riconosciuta per la prima volta con la riforma del 1972. La dirigenza stata disciplinata successivamente con il d. lgs. 29/ 1993, oggi modificato dal d.lgs. 165/ 2001 ed in ultimo dalla legge 145/ 2002 che ha previsto la possibilit di mobilit tra settore pubblico e privato e lintroduzione del vice-dirigente. Ai sensi della vigente normativa, i dirigenti sono responsabili in via esclusiva dellattivit amministrativa, della gestione e dei relativi risultati, attribuzione derogabile soltanto su espressa previsione legislativa. Lattribuzione allorgano politico del potere di scelta nel conferimento e nella revoca degli incarichi dirigenziali di vertice ed il potere di verifica dei risultati da questi conseguiti, ha comportato da un lato la conservazione del potere di condizionamento molto forte in capo al potere politico e dallaltro lato ha visto il rafforzamento tra vertice politico e dirigenza di vertice, in quanto entro novanta giorni dal voto di fiducia al Governo, gli incarichi di Segretario generale di ministri, di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali vengono a cessare insieme alla facolt di confermare, revocare, modificare, rinnovare gli organi di vertice degli enti 114 pubblici nominati da Governo o da Ministri nei sei mesi antecedente alla scadenza della legislatura o nel mese antecedente allo scioglimento anticipato delle Camere.
16. Le diverse figure di dirigente La dirigenza suddivisa in due fasce, la dirigenza generale e la dirigenza non generale. Alla prima spetta la formulazione di proposte e parre al Ministro, nelle materie di competenza, la cura e lattuazione di piani, programmi e direttive generali definite dal Ministro. Ai dirigenti non generali spettano gli incarichi e le responsabilit negli specifici progetti, ladozione di atti relativi ai propri uffici, ladozione di atti amministrativi e lesercizio del potere di spesa. I dirigenti generali, inoltre, promuovono e resistono alle liti ed hanno il potere di conciliare e transigere, svolgono attivit di organizzazione e gestione del personale e curano i rapporti sindacali e di lavoro, decidono sui ricorsi gerarchici contro atti e provvedimenti amministrativi non definiti dai dirigenti, curano i rapporti con lUE. I dirigenti non generali, inoltre, formulano proposte ed esprimono pareri ai dirigenti generali, curano lattuazione dei programmi loro affidati da questultimi, adottano atti e provvedimenti amministrativi ed esercitano poteri di entrata e di spesa, dirigono e coordinano lattivit degli uffici, anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia, provvedono alla gestione del personale e delle risorse finanziarie e strumentali affidate ai propri uffici. Con la riforma del 1993 le due qualifiche dirigenziali davano luogo a due rapporti di lavoro di diversa natura, il dirigente era legato da un rapporto privatistico, il dirigente generale da un rapporto pubblicistico,. La diversificazione di regime venuta meno con la riforma del 1997, in quanto si esteso il regime di diritto privato al rapporto di lavoro anche per i dirigenti generali.
17. Cenni sulla disciplina della dirigenza Presupposto per lo svolgimento delle funzioni dirigenziali laccesso mediante concorso per esami ovvero mediante corso concorso. Con la soppressione del ruolo unico della dirigenza, di cui alla legge 145/ 2002, la dirigenza si specificata in apposite sezioni di ruoli distinti nellambito di ciascuna amministrazione. Nella prima fascia rientrano i dirigenti generali in servizio dalla data di entrata in vigore del ruolo unico ed i dirigenti di seconda fascia che per almeno cinque anni continuativi hanno ricoperto incarichi di livello generale. Nella seconda fascia sono compresi gli altri dirigenti. Gli uffici di livello dirigenziale si distinguono in: a) incarichi di Segretario generale di ministeri e di direzione di strutture articolate in uffici dirigenziali generali e quelli di livello equivalente, cui possono accedere i dirigenti di prima fascia; b) incarichi di funzione dirigenziale di livello generale, conferiti ai dirigenti di prima fascia, salvo una quota venga riservata ai dirigenti di seconda fascia; c) incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale, destinati ai dirigenti di seconda fascia. Gli incarichi sub a) e sub b) sono conferiti con d.p.r., previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente. Gli incarichi sub c) sono conferiti con d.p.c.m., su proposta del Ministro competente.
115 Capitolo 2 Le risorse finanziarie 1. Le fonti Il sistema finanziario italiano va inquadrato nellambito della finanza pubblica in contrapposizione alla finanza da patrimonio, in quanto lentrata si ricava dal prelievo dei tributi e assai poco dallutilizzo dei beni appartenenti al patrimonio pubblico. Il settore disciplinato dalla legge di contabilit n. 2440 del 1923 e dal regolamento di contabilit r.d. 827/ 1924. Successive modifiche sono date dalla legge 468/ 1978, legge 362/ 1988 e legge 97/ 1994 modificativa della struttura delle entrate e spese. Le fonti costituzionali di riferimento sono gli articoli 81, 119, 41, 23, 53 e 100 Cost. Tra i vincoli imposti alla finanza pubblica rientrano quelli derivanti dalla normativa comunitaria conseguenti al c.d. Patto di Stabilit e di Crescita. Quanto agli enti locali, a seguito del novellato art. 119 Cost., riconosciuta la possibilit di vincolare tali enti al solo perseguimento del coordinamento con la finanza pubblica, tra cui il raggiungimento degli obiettivi comunitari. Infine, lart. 81 Cost. prevede che le Camere approvano ogni anno i bilanci ed il rendiconto consuntivo presentati dal Governo, per cui la legge di bilancio oltre a costituire una legge di approvazione annuale di competenza del Parlamento, altres legge obbligatoria per la gestione della spesa e la sua mancanza implica lapprovazione di una legge sostitutiva che autorizzi lesercizio provvisorio per periodi non superiori a quattro mesi. La legge di bilancio ritenuta dalla dottrina legge formale, in quanto prevede entrate ed uscite per ogni genere, a carattere finanziario e per un solo esercizio e non pu stabilire nuovi tributi e nuove spese ex art. 81, comma 3, Cost. Lart. 11 ter della legge 362/ 1988 indica le modalit di copertura finanziaria delle nuove e maggiori spese facendo ricorso a fondi speciali, riduzioni di precedenti autorizzazioni legislative di spesa.
2. Il sistema di bilancio Si tratta di un sistema costituito da una pluralit di atti e documenti tra loro collegato che rapprendano, nel loro insieme, il fulcro della gestione finanziaria dello Stato. Tale sistema si esprime in una serie di procedure, temporalmente differenti, facenti parte di un unico procedimento di bilancio. Tale procedimento prende avvio con la presentazione del Documento di programmazione economica e finanziaria e termina con lapprovazione della legge finanziaria e del bilancio annuale di previsione, che avviene prima dellesercizio di riferimento. Il bilancio dello Stato un atto con forma di legge con il quale il Parlamento assume la decisione finanziaria autorizzando il Governo ad effettuare spese e ad acquisire entrate. Esso deve essere redatto secondo il principio dellannualit e dellintegrit delle entrate e delle spese considerate al lordo nonch deve rispettare la pubblicit, in quanto va reso noto ai soggetti coinvolti ed ai cittadini.
3. La struttura del bilancio Con la riforma di cui al d.lgs. 29/1993 avvenuta unimportante modifica del procedimento di bilancio, che ha trovato nella legge 94/ 1997 un importante sbocco in quanto sono state istituite le c.d. Unit previsionali di base, c.d. u.p.b., determinate per aree omogenee di attivit ed in modo da assicurare la piena rispondenza della gestione finanziaria agli obiettivi posti allazione amministrativa dello Stato. Tali unit, infatti, sono predisposte in modo tale che ciascuna di esse rappresenti un unico centro di responsabilit amministrativa tanto che consentono di distinguere tra bilancio amministrativo e bilancio politico 116 Il bilancio politico, in particolare, rappresenta il bilancio approvato dal Parlamento, distribuito in u.p.b. e che sviluppa il rapporto tra organi politici, Governo e Parlamento, per cui necessario il rapporto di fiducia sulla manovra finanziaria. Il bilancio amministrativo, invece, emanato con decreto del Ministro delleconomia e delle finanze e specifica la classificazione semplificata contenuta nel bilancio politico, per cui esso uno strumento politico amministrativo che sviluppa il rapporto tra Governo e dirigenza. In definitiva, con la legge 94/ 1997, il bilancio dello Stato risulta suddiviso in stati di previsione quanti sono i ministeri con il computo anche della Presidenza del Consiglio dei Ministri. E, allinterno degli stati di previsione, la parte entrata e la parte uscita sono suddivise nelle u.p.b. quante sono le risorse finanziarie affidare alla gestione di ciascun centro di responsabilit amministrativa.
4. Lesecuzione del bilancio Nellesecuzione del bilancio possibile individuare due distinti procedimenti amministrativi, e cio un procedimento di entrata ed un procedimento di uscita. Le entrate seguono il procedimento di accertamento, riscossione e versamento. Laccertamento consente allamministrazione di appurare la ragione del credito, il suo ammontare e la persona debitrice. La riscossione vede il debitore pagare la somma dovuta allo Stato agli agenti di riscossione. Il versamento conclude il ciclo delle entrate, per cui gli agenti di riscossione versano tali somme alle Tesorerie dello Stato. Il procedimento di spesa, invece, considerato strumentale al procedimento amministrativo, in quanto la spesa trova il suo presupposto nelle rispettive decisioni di bilancio. Esso si articola nelle fasi di impegno, liquidazione, ordinazione, pagamento. Limpegno la fase giuridica in cui sorge per lo Stato lobbligo di pagare una determinata somma, per cui sindividua la somma da pagare, il soggetto creditore, la ragione del credito. Tale impegno pu derivare da legge, da contratti, da sentenze di condanna passate in giudicato che ingiungono allo Stato di pagare una certa somma di denaro. Con la liquidazione viene stabilito lammontare esatto dellobbligazione di spesa ed individuata la persona del creditore. Lordinazione la fase in cui si d ordine alla Tesoreria di pagare la somma liquidata mediante titolo di spesa che dispone il relativo pagamento. Il pagamento conclude il procedimento di spesa ed eseguito dalla Tesoreria o da altri agenti pagatori, per cui si estingue lobbligazione pecuniaria.
Capitolo 3 I controlli di efficienza
1. Levoluzione del sistema dei controlli amministrativi verso lefficienza In generale il termine controllo indica linsieme di operazioni di riesame e di revisione degli atti e delle attivit di un soggetto da parte di un altro soggetto a ci espressamente autorizzato con lo scopo di verificarne la conformit a determinati parametri di raffronto. Invero, dai tradizionali controlli preventivi di legittimit, la dottrina ha enucleato diverse tipologie di controlli tra cui i c.d. controlli di efficienza. I primi, infatti, risultano governati da una prospettiva di statualit dellinteresse pubblico, per cui si giustificava limpronta gerarchica dellorganizzazione amministrativa nel loro rispettivo svolgimento. Successivamente, sotto la spinta ad un revisione profonda dellassetto tradizionale dei controlli, lattenzione della dottrina ha riguardato parametri ulteriori rispetto alla legittimit, per cui le soluzioni prospettabili erano quelle di prevedere controlli esterni che si aggiungessero al controllo 117 di legittimit e di efficienza ovvero articolare un sistema di controlli interni separati e distinti sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo nei parametri da applicare. La riforma dei sistemi di controllo si avuta con la legge 20/ 1994 che ha decretato il passaggio del sistema dei controlli secondo la prospettiva della previsione di legge, imparzialit ed efficienza, che viene chiamato controllo di gestione, i cui parametri sopraindicati sono definiti annualmente dalla Corte dei conti.
2. I controlli interni: il sistema generale Il d. lgs. 286/ 1999 scompone la figura unitaria di controllo interno prevista dallart. 20 del d.lgs. 29/1993 in controllo di regolarit amministrativa e contabile, controllo di gestione, valutazione del personale con incarico dirigenziale e attivit di valutazione e controllo strategico. Tale suddivisione assunta come progettazione dellinsieme di controlli interni sulla gestione delle pp.aa.
3. Segue. Il controllo di regolarit amministrativa e contabile Lart. 2 del d.lgs. 286/ 1999 prevede tale controllo nellambito di una prospettiva collaborativa tra organi di governo. Infatti, ogniqualvolta previsto un controllo preventivo in ordine alla regolarit amministrativa e contabile, mediante lemissione di un parere o di una formulazione di una proposta, questi non sono mai vincolanti per lorgano a cui vengono resi, anche se dovrebbero restare fermi lobbligo per tali organi di motivare le ragioni di scostamento dal parere o dalla proposta e la conseguente assunzione di responsabilit dellorgano o del funzionario che adotta tale provvedimento in assenza di parere o di proposta negativa.
4. Segue. Il controllo di gestione. In tale ambito viene considerata tutta la gestione amministrativa soprattutto in termini di risultati raggiunti, per cui il legislatore viene a rimettere a ciascuna amministrazione pubblica la definizione delle unit responsabili della progettazione e della gestione di tale forma di controllo e delle unit organizzative la cui azione sar oggetto di misurazione sotto il profilo della efficacia, efficienza ed economicit, in quanto vengono in tale sede determinate le modalit di rilevazione e ripartizione dei costi tra unit organizzative e sono individuati gli obiettivi per cui i costi sono sostenuti. La gestione, infatti, va intesa in unaccezione concreta di attivit amministrativa che si sviluppa in un arco di tempo prefissato. Il controllo demandato alla Corte dei conti riguarda la gestione di tutte le pp.aa., per cui nellindicare le misure correttive da attuare tale controllo viene a determinare un dovere ovvero un onere di riesame da parte delle amministrazioni pubbliche che devono comunicare ad essa le misure conseguenzialmente assunte.
5. Segue. Le attivit di valutazione e controllo strategico. Tale controllo rappresenta una novit introdotta con il d.lgs. 286/ 1999, in quanto esso considerato un supporto allattivit di programmazione strategica e di indirizzo politico amministrativo, che ne impone lattribuzione a strutture che rispondo direttamente agli organi di indirizzo politico amministrativo. La disciplina normativa assegna a tale forma di controllo il carattere direzionale e collaborativo ormai tipico della categoria dei controlli interni, per cui lattivit di valutazione e controllo strategico presentano un andamento circolare, laddove il controllo di gestione in continuo scambio tra informazioni ed elaborazioni di indirizzi e realizzazione degli stessi. In tale sede si assiste ad una stretta connessione tra attivit di valutazione e controllo strategico e dimensione politica, in quanto questultima demanda a servizi di controllo interno, compresi tra gli uffici di diretta collaborazione con il Ministro, lattivit di valutazione e controllo. 118 In altri termini, il servizio di controllo interno rende conto al Ministro dellattivit svolta attraverso una relazione annuale sui risultati della analisi effettuate, con proposte di miglioramento della funzionalit della stessa p.a. Quanto ai parametri di riferimento, nel silenzio della normativa, si sta affermando un approccio multidisciplinare che tiene conto anche dei processi di politcy marking secondo i quali vengono indicati i parametri di performance al fine di far funzionare al meglio lamministrazione anche con riferimento ai processi di benchamrking che consistono in ricerca ed analisi strutturata dellazione di organizzazioni omogenee.
6. La valutazione del personale con incarico dirigenziale Tale valutazione strettamente connessa allesito delle procedure di controllo di gestione e dellattivit di valutazione e controllo strategico. In particolare, lart. 5 del d. lgs. 286/ 1999 disciplina tale attivit di controllo sul presupposto dellapplicazione delle relative misure di responsabilit dirigenziale di cui allart. 21, comma 1, del d. lgs. 165/ 2001. In tale valutazione si tiene conto delle prestazioni dei dirigenti e le loro competenze, quali comportamenti relativi allo sviluppo delle risorse professionali, umane ed organizzative ad essi assegnate. Il sistema riflette pienamente la posizione dei dirigenti di cui al d. lgs. 300/ 1999, in quanto il procedimento di valutazione ispirato al principio della diretta conoscenza del soggetto valutato dal dirigente secondo le modalit di cui alla legge 241/1990. Pertanto, ciascun dirigente valutato dal dirigente preposto allufficio cui il soggetto valutato pertiene e la valutazione finale adottata dal dirigente titolare dellufficio dirigenziale generale interessato. Lattivit di questultimo, invece, valutata dal capo del dipartimento o comunque da un dirigente sovraordinato e, a loro volta, la valutazione di dirigenti preposti ai centri di responsabilit, rispondono direttamente allorgano medesimo per il conseguimento degli obiettivi assegnati. In tale sede la valutazione effettuata dal Ministro, sulla base delle risultanze fornite dallorgano preposto alla valutazione ed al controllo strategico.
Parte 9 Regime dei beni
Capitolo 1 I beni di propriet pubblica
1. Nozioni generali I beni pubblici vengono tradizionalmente definiti come beni appartenenti alle organizzazioni pubbliche (requisito soggettivo) e funzionalmente destinati alla cura in concreto di interessi pubblici (requisito oggettivo). La disciplina dei beni pubblici si rinviene a partire dalla Costituzione che allart. 42, comma 1, afferma che la propriet pubblica o privata e che i beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. In particolare, mentre i soggetti privati possono godere e disporre liberamente, nei limiti consentiti dallordinamento, dei beni di cui sono titolari; le organizzazioni pubbliche, invece, risultano titolari di beni affinch li utilizzino per il perseguimento dei propri fini istituzionali fissati dalla legge. Pertanto, il legislatore si preoccupato di dettare una serie di disposizioni speciali in materia di beni pubblici. Nei paragrafi successivi si considerer la disciplina prevista nel codice civile e quella che si prodotta negli anni tanto da rendere quella codicistica una disciplina quasi residuale dei beni pubblici.
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2. La disciplina del codice civile. I beni demaniali Dalle disposizioni del codice civile possibile distinguere tra beni demaniali e beni patrimoniali, i quali ultimi si distinguono in beni patrimoniali indisponibili e beni patrimoniali disponibili. Lart. 822 c.c. dispone al comma 1 che i beni, c.d. demanio pubblico, appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia; le opere destinate alla difesa nazionale. Al comma 2 stabilito che fanno parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi, gli acquedotti, gli immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte di musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche; ed infine gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico. Lart. 824 c.c., rubricato beni delle province e dei comuni soggetti al regime dei beni demaniali, dispone al comma 1 che i beni della specie di quelli indicati al comma 2 dellart. 822, se appartengono alle province o ai comuni, sono soggetti al regime del demanio pubblico. Il comma successivo aggiunge che allo stesso regime sono soggetti i cimiteri e i mercati comunali. Inoltre, lart. 11 della legge 281/ 1970, rubricato beni di demanio e patrimonio regionale, al comma 1 stabilisce che i beni della specie di quelli indicati dal comma 2 dellart. 822 c.c. se appartengono alle Regioni per acquisizione a qualsiasi titolo, costituiscono il demanio regionale e sono assoggettati al regime previsto dallo stesso codice per i beni del demanio pubblico. Ancora, al comma 3 stabilito che sono trasferiti alle Regioni e fanno parte del demanio regionale i porti lacuali e, se appartenenti allo Stato, gli acquedotti di interesse regionale. Dalle richiamate elencazioni emerge che: a) tutti i beni demaniali sono sempre beni immobili o universalit di mobili, e mai beni mobili; b) appartengono necessariamente ad enti pubblici territoriali. Va tenuta presente la distinzione tra: a) beni del demanio necessario, che sono beni demaniali di cui al comma 1 dellart. 822 c.c. b) beni del demanio eventuale o accidentale, che possono appartenere oltre che a soggetti pubblici territoriali, anche a soggetti diversi, pubblici o privati. Altra distinzione quella tra: a) beni del demanio naturale, come spiagge e fiumi e che acquistano o perdono la propria identit a seguito di fatti naturali; b) beni del demanio artificiale, come porti ed acquedotti, che sono determinati per opera delluomo. La condizione giuridica dei beni demaniali stabilita dallart. 823 c.c. che al comma 1 prevede che i beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti in favore dei terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano. Pertanto, i beni demaniali non possono essere trasferiti e usucapiti, non possono essere oggetti di procedure esecutive. Si tratta di beni incommerciabili e, seppure resta ferma la titolarit pubblica, possono formare oggetto di diritti a favore di terzi mediante provvedimenti concessori nei casi e limiti previsti dalla legge (ex. concessione delle spiagge in favore di gestori privati di stabilimenti balneari contro il pagamento di un canone). Al di fuori di tali ipotesi, qualsiasi atto di disposizione di beni demaniali si considera nullo per impossibilit delloggetto ex art. 1418, comma 2, c.c. Per quanto concerne la loro tutela, il comma 2 dellart. 823 c.c. prevede che lautorit amministrativa competente abbia la facolt di procedervi avvalendosi dei mezzi ordinari a difesa della propriet e del possesso previsti dal codice civile nonch, in senso alternativo, in via amministrativa nellipotesi di autotutela esecutiva nei casi e nei limiti previsti dalle discipline legislative di settore. Invero, occorre distinguere linizio e la cessazione del carattere demaniale dei beni pubblici, in quanto i beni del demanio necessario naturale acquistano tale qualit per il solo fatto di venire ad esistenza con le caratteristiche proprie descritte dalla legge; invece, i beni del demanio necessario artificiale acquistano tale qualit al verificarsi della loro venuta ad esistenza per opera delluomo e 120 perch risultano destinati al soddisfacimento delle esigenze di interesse pubblico previste dalla legge. Analogo meccanismo vale anche per lacquisto del carattere demaniale per i beni appartenenti al demanio eventuale. Quanto alla cessazione del carattere demaniale, per i beni naturali avviene per il solo fatto che essi abbiano perduto le caratteristiche fisiche loro proprie, mentre per i beni artificiali si riguarda alle ipotesi oggettive di perdita delle loro qualit stabilite dalla legge, che non possono consistere nel perimento fisico del bene e possono altres verificarsi nelle ipotesi in cui non risultino pi destinati al soddisfacimento delle esigenze di pubblico interesse previste dalla legge. In particolare, lart. 829 c.c. prevede il passaggio dei beni dal demanio pubblico al patrimonio dello Stato che deve essere dichiarato con atto dellautorit amministrativa competente, da pubblicarsi in Gazzetta Ufficiale, quale atto di natura dichiarativa e non costitutiva.
3. Segue. I beni patrimoniali La seconda categoria di beni pubblici costituita dai beni patrimoniali, che si distinguono in: a) beni patrimoniali indisponibili di cui allart. 826, commi 2 e 3, c.c. ed il cui regime giuridico disciplinato allart. 828 c.c. b) e beni patrimoniali disponibili, che sono individuati mediante un criterio di residualit, in quanto sono tali tutti i beni appartenenti a soggetti pubblici diversi dai beni demaniali e dai beni patrimoniali indisponibili. Nel r.d. 2440/ 1923 e r.d. 827/ 1924 stabilita la disciplina generale in ordine alla gestione ed amministrazione dei beni appartenenti allo Stato.
4. Uso dei beni pubblici Le modalit di uso dei beni pubblici variano a seconda della funzione di cura in concreto dellinteresse pubblico che gli stessi sono chiamati ad assolvere, per cui si distingue tra: a) uso diretto, in quanto i beni sono utilizzati direttamente dalle organizzazioni pubbliche proprietarie per lo svolgimento delle proprie attivit; b) uso promiscuo, in quanto i beni assolvono, oltre alla loro funzione principale, un utilizzo secondario da parte di altri soggetti, pubblici o privati, come il caso delle strade militari; c) uso generale, in quanto i beni posseggono una immediata ed intrinseca vocazione alla cura in concreto dellinteresse pubblico a favore del soddisfacimento degli interessi della collettivit; d) uso particolare, in quanto i beni, per la loro scarsit, sono oggetto di provvedimenti amministrativi concessori ed a fronte della corresponsione di un canone, vengono attribuiti a soggetti privati.
5. I diritti demaniali su beni altrui e gli usi civici Lart. 825 c.c. assoggetta allo stesso regime giuridico dei beni demaniali anche i diritti reali che spettano allo Stato, alle Province ed ai Comuni su beni appartenenti ad altri soggetti, quindi anche a soggetti privati, quando i diritti stessi: a) sono costituiti per lutilit di beni demaniali; b) sono costituiti per il perseguimento di fini di pubblico interesse corrispondenti a quelli che servono per i beni demaniali stessi Analoga previsione contenuta allart. 11, comma 2, della legge 281/ 1970 in riferimento alle Regioni. In particolare, nellipotesi sub a) si in presenza di diritti demaniali su beni altrui in senso stretto, per cui la costituzione di tali diritti su beni che sono tutti beni immobili considerata dalla dottrina come servit prediali pubbliche e come tali possono essere costituite per legge ovvero per provvedimento amministrativo. 121 Allipotesi sub b) corrispondono i diritti di uso pubblico, costituiti non per lutilit del bene demaniale, ma in favore di una determinata collettivit, i cui membri possono chiederne la tutela anche per uso personale. Un particolare modo di costituzione di diritti di uso pubblico la c.d. dicatio ad patriam, che ricorre qualora il proprietario di un bene privato metta volontariamente e continuativamente il bene stesso a favore della collettivit, assoggettandolo al relativo uso. Infine, gli usi civici sono diritti reali di antica origine e di natura civica, in quanto sono titolari determinate collettivit stanziate su un territorio ed hanno per oggetto il godimento di terreni di propriet degli enti territoriali o anche di soggetti privati. La loro disciplina contenuta nella legge 1766/ 1927 ed prevista la liquidazione degli usi civici gravanti su beni privati rimessa ad appositi organi statali, i Commissari regionali per la liquidazione degli usi civici le cui funzioni, amministrative e giurisdizionali, sono state delegate alle Regioni dal d.p.r. 616/ 1977. Tale procedimento consta di una prima fase di accertamento della sussistenza e dei caratteri delluso civico, una seconda fase di affrancazione dei fondi privati dagli usi civici mediante distacco di essi di una parte che viene ceduta in propriet ai Comuni ovvero in enfiteusi ai coltivatori diretti dei Comuni, mentre in caso di boschi o pascoli, tali terreni sono lasciati in godimento, con vincolo di indisponibilit, alle collettivit interessate. Ai Comuni spetta la vigilanza sullamministrazione dei beni gravati da usi civici.
6. Considerazioni conclusive La disciplina codicistica sui beni pubblici presenta taluni aspetti critici come evidenziato dalla giurisprudenza. Il primo aspetto critico riguarda lassenza di un criterio del tutto coerente in base al quale i beni pubblici vengono distinti in beni demaniali e benti patrimoniali indisponibili, in quanto tra le diverse vocazioni si dovrebbe riguardare ai beni nella cura in concreto degli interessi pubblici, da cui si ricavano scelte arbitrarie, come nella maggior parte dei beni del demanio eventuale che presentano un trattamento giuridico differenziato rispetto al patrimonio indisponibile seppure a fronte della cura in concreto dellinteresse pubblico. Il secondo aspetto critico riguarda il regime giuridico dei beni demaniali, per cui la giurisprudenza ha esteso la disciplina prevista per i beni demaniali anche ai beni patrimoniali indisponibili, in quanto si riguarda ad esigenze di garanzia per cui si finisce per sottoporre i suddetti beni ad un regime pubblicistico eccessivamente accentuato.
7. Evoluzione della categoria dei beni pubblici per effetto dei processi di privatizzazione (formale e sostanziale). Le disposizioni del codice civile non esauriscono la disciplina giuridica dei beni pubblici, in quanto vi sono altre normative speciali in materia il cui numero si accresciuto negli anni. Le legislazioni di settore sembrano principalmente orientate ad assicurare le giuste esigenze di tutela dei beni pubblici superando lappartenenza del bene al soggetto pubblico, in quanto si riguarda alla duplice forma di privatizzazione dei beni pubblici, da un lato attraverso la trasformazione dei soggetti cui essi gi appartenevano in societ per azioni e dallaltro lato mediante lapposita istituzione di nuovi soggetti, sempre regolati dal diritto privato, ai quali vengono trasferiti beni prima appartenenti a soggetti pubblici. Di qui la distinzione tra privatizzazione sostanziale, che consiste nella ritrazione della sfera di competenza pubblica da un dato settore, il cui funzionamento viene affidato completamente ai soggetti privati; e privatizzazione formale, per cui adottata la veste privatistica del soggetto proprietario del bene pubblico il quale viene a garantire una maggiore efficienza, efficacia ed economicit nella gestione. 122 Invero, il fenomeno della privatizzazione si snoda per due direttrici di fondo, una conseguente alla trasformazione di enti pubblici in societ per azioni e laltra relativa alla costituzione ex novo di organismi societari ai quali vengono conferiti beni pubblici.
8. Segue. La trasformazione di enti pubblici proprietari di beni pubblici in societ per azioni e le conseguenze sul regime giuridico dei beni Occorre considerare di taluni beni pubblici, ora appartenenti a soggetti privati, i quali risultato di fondamentale importanza per lerogazione di servizi pubblici essenziali, quali le reti ferroviaria, elettrica, telefonica e stradale. In particolare, lart. 822, comma 2, c.c. prevede che le strade ferrate di appartenenza dello Stato appartengono al demanio statale eventuale, il cui regime giuridico era regolato fino al 1985 dallAzienda autonoma delle Ferrovie dello Stato che, a seguito dellemanazione della legge 210/ 1985, venne trasformata in ente pubblico economico, denominato Ente Ferrovie dello Stato dotato di personalit giuridica, da cui la sdemanializzazione della rete ferroviaria e la sua riconduzione al regime dei beni patrimoniali indisponibili. Inoltre, lart. 15, comma 1, d. l. 16/1993 ha riferito alla neo istituita s.p.a. Ente Ferrovie il ruolo di Gestore dellinfrastruttura come poi ribadito dal d. lgs. 188/ 2003. Vicenda analoga si avuta con la rete di trasmissione elettrica nazionale, in origine classificata come bene patrimoniale indisponibile ed appartenente allente pubblico economico Enel e che, dopo la sua trasformazione in s.p.a., ha imposto al medesimo lo svolgimento di attivit di produzione di energia elettrica, distribuzione e vendita in maniera separata dallesercizio dei diritti di propriet della rete, da cui la costituzione della societ Terna s.p.a. alla quale stata conferita la rete di trasmissione elettrica nazionale. Gestore della rete la G.R.T.N. s.p.a. costituita anchessa da Enel s.p.a. e con d. l. 239/ 2003 stato stabilito che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sia disposta la unificazione della propriet e della gestione della rete elettrica nazionale di trasmissione nonch le modalit di gestione e privatizzazione sostanziale del soggetto risultante dalla unificazione. Quanto alla rete telefonica pubblica valgono le medesime considerazioni, in quanto la legge 58/ 1992 ha affidato in via esclusiva ad unapposita societ per azioni, costituita e partecipata interamente dallI.R.I., i servizi di telecomunicazioni ad uso pubblico nonch linstallazione e lesercizio dei relativi servizi sino ad allora gestiti dallAzienda di Stato per i servizi telefonici e dallamministrazione delle poste e telecomunicazioni, la Telecom Italia s.p.a. alla quale sono stati trasferiti tutti i beni appartenenti ai predetti enti pubblici. A far data dal 1997, Telecom Italia s.p.a. stata oggetto di un processo di privatizzazione sostanziale e di una regolamentazione amministrativa di cui al d.p.r. 318/ 1997 e d.lgs.259/ 1993. Il regime giuridico della rete stradale e autostradale nazionale proprio dei beni che fanno parte del demanio statale eventuale. Tali beni sono appartenuti allo Stato fino al 2002 e con d.l. 138/2002 stata sancita la trasformazione dellente pubblico economico, A.N.A.S., in societ per azioni con attribuzione ex lege delle competenze dellente trasformato. In particolare, sono di competenza di tale societ le entrate derivanti dallutilizzazione dei beni demaniali relativamente ai quali esercita i diritti ed i poteri dellente proprietario in virt della relativa concessione a favore dellorganismo societario in questione.
9. Segue. Listituzione di appositi organismi societari ai quali vengono conferiti beni pubblici Viene qui in considerazione il processo di vendita dei beni pubblici realizzato mediante cartolarizzazione dei medesimi di cui al d.l. 351/ 2001. LAgenzia del demanio procede, infatti, al riordino mediante gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico sulla base di una complessa individuazione dei beni immobiliari dello Stato e degli enti pubblici non territoriali, distinguendo beni demaniali, patrimoniale indisponibili e patrimoniali disponibili. 123 Il Ministero delleconomia e delle finanze autorizzato a costituire o a promuovere la costituzione di apposite societ a responsabilit limitata, c.d. s.c.i.p., aventi ad oggetto la realizzazione di operazioni di cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione degli stessi beni immobili individuati dallAgenzia del demanio. In una prima fase, gli immobili pubblici vengono trasferiti a tali societ mediante decreti di natura non regolamentare adottati dal Ministro delleconomia e delle finanze, in cui determinato il prezzo iniziale che deve essere corrisposto dalle s.c.i.p. allo Stato e agli altri enti pubblici e tali societ possono assumere finanziamento oppure emettere titoli obbligazionari sul mercato. Di seguito, si procede al rimborso del finanziamento o dei titoli emessi attraverso la rivendita sul mercato degli immobili gi acquistati, per cui le somme residue vengono versate allo Stato o agli altri enti pubblici ex proprietari. Si tratta di procedure di vendita indirette che hanno il pregio di consentire allo Stato e agli altri enti pubblici di incassare un prezzo per gli immobili oggetto di operazione in anticipo rispetto al momento in cui tali beni vengono effettivamente ceduti sul mercato. A riguardo la legge stabilisce che il prezzo di vendita degli immobili determinato in ogni caso sulla base di valutazioni correnti di mercato prendendo in riferimento i prezzi effettivi di compravendite di unit immobiliari aventi caratteristiche analoghe. Infine., la legge 289/ 2002 ha previsto il meccanismo di cartolarizzazione degli immobili pubblici anche per le Regioni e gli enti locali per cui il trasferimento degli immobili, che per i beni pubblici avviene mediante decreto ministeriale, previsto che le delibere delle Regioni e degli enti locali individuino i beni immobili da trasferire alle societ di cartolarizzazione al fine di procedere alla loro dismissione.
Capitolo 2 I beni soggetti a vincolo
1. La funzione sociale della propriet privata nella elaborazione della dottrina Lart. 42 Cost dispone al comma 2 che la propriet privata riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. In tale formula lAssemblea costituente ha inteso sintetizzare due concezioni tra loro contrapposte, per cui da un lato la propriet privata non avrebbe dovuto essere contemplata nel testo costituzionale e dallaltro lato, invece, se ne sanciva il riconoscimento in quanto si garantiva a tutti laccesso alla propriet. Invero, nella riflessione della dottrina la propriet stata definita come un potere delluomo sulluomo, regolato da norme che ne disciplinano laccesso, luso o il trasferimento. Dalla seconda met del XIX secolo si assiste allaccentuazione delle differenze di censo e di capacit di accesso al mercato tra piccoli e grandi proprietari. Di qui, la genesi del principio, sancito nella Costituzione, secondo cui la libert individuale insita nel diritto di propriet si giustifica nei limiti in cui non contrasti con gli interessi generali della societ, e cio della funzione sociale della propriet. La dottrina ha privilegiato un approccio che si pone tra due approcci estremi, di cui uno, assai risalente, riduce la funzione sociale allimpresa, mentre il secondo riconosce il proprietario che vive lo stato di libert sempre e comunque consapevole dei limiti derivanti dallambiente che lo circonda. Pertanto, il concetto di funzione sociale trova applicazione ogni volta che, in relazione ai beni economici in propriet, si ravvisi un rapporto che solleciti laltrui collaborazione. La dottrina ha altres evidenziato che la propriet trova unaccezione finalistica piuttosto che funzionale, in quanto la libert del singolo trova garanzia non tanto nellaccesso alla propriet quanto nella consapevolezza della possibilit dellintervento statale capace di impedire la trasformazione dellistituto in uno strumento di privilegio e di evitare distruzioni di ricchezza, per 124 cui la formula funzione sociale va intesa quale limitazione alla propriet dal contenuto multiforme il cui parametro di riferimento quello dellutilit sociale, intesa quale benessere economico e collettivo. La formula funzione sociale racchiude in s unimpostazione programmatica in vista di finalit da garantire in relazione alla propriet privata di interessi generali legati al godimento di beni e valori fondamentali che il nostro ordinamento individua nel pluralismo sociale. In senso difforme, la dottrina pubblicistica ha osservato che la funzione sociale, a differenza della dottrina privatistica che la riconduce allimportanza sociale nei termini di utilit sociale, ha un duplice scopo, e cio quello di qualificare il diritto di propriet e quello di garanzia di riconoscimento del diritto, in quanto la legge ordinaria pone un limite che viene a costituire un vincolo intrinseco al diritto soggettivo di propriet. Nella dottrina privatistica, pertanto, si riguardato alla funzione sociale quale criterio formale di legittimazione del potere legislativo atto a conformare la situazione dei privati proprietari sono al punto da consentire lapplicazione analogica delle singole norme altrimenti ritenute eccezionali. Di qui una diversit di vedute, in quanto ci chiesti perch mai la Costituzione avrebbe garantito la propriet individuale in termini di potere astratto e, daltro lato, avrebbe consentito al legislatore ordinario di determinarne i modi dacquisto, di godimento e i limiti per assicurarne la funzione sociale. In definitiva, il dibattito si circoscritto allindividuazione delloggetto del potere conformativo del legislatore, per cui la formula funzione sociale si risolve nellattribuzione al legislatore ordinario del potere di disciplinare i soli modi dacquisto ed il contenuto della propriet in guisa da assicurare la strumentalit del bene, oggetto del diritto, allo svolgimento delle attivit che fanno capo al proprietario ovvero ai terzi. Secondo lorientamento maggioritario, la funzione sociale funge da limite non soltanto interno ma anche alla stessa attivit legislativa, in quanto il legislatore pu conformare la propriet in modo da assicurare la funzione sociale, ma pu anche non conformarla a tale scopo e perseguire altri fini diversi dalla funzione sociale stessa, come in vista del perseguimento di interessi sopraindividuali, sintetizzati nella formula della funzione sociale:
2. La funzione sociale della propriet privata nella giurisprudenza della Corte costituzionale La Corte costituzionale, investita del vaglio di disposizioni di legge sospette di contrasto con lart. 42 Cost., ha affrontato il tema della funzione sociale dapprima in materia di agricoltura, per cui venne dichiarato illegittimo il decreto ministeriale che prevedeva limiti alla propriet privata allo scopo di assicurare la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti ex art. 42, comma 2, Cost. In seguito, la Corte mut orientamento ed afferm che fornire lavoro a persone disoccupate rispondeva altres a realizzare finalit sociali, da cui la proroga dei contratti agrari in quanto compatibile con la funzione sociale della propriet agraria. La prima sentenza della Corte sul tema la n. 55 del 1968, in cui viene dichiarata lillegittimit costituzionale dellart.7 della legge urbanistica, n. 1150 del 1942, e dellart. 40 della stessa legge nella parte in cui non prevedevano un indennizzo per limposizione di limitazioni sui diritti reali di carattere espropriativo. Secondo la Corte, il diritto di propriet, interpretato alla luce del concetto di solidariet sociale, deve essere inteso come dominio assoluto ed illimitato sui beni propri e che tale diritto risulta sottoposto ad un regime che la Costituzione lascia determinare al legislatore, il quale pu anche escludere la propriet privata di certi beni ovvero imporre talune limitazioni a titolo particolare nella facolt di godimento e di disposizione. Tra questi limiti, dunque, appare decisivo linteresse del privato che sia subordinato allinteresse generale della collettivit per quanto riguarda la sottoposizione a tali vincoli, da cui deve essere indennizzato. Della funzione sociale in tema di propriet privata agraria, la Corte dichiara lillegittimit della norma abrogatrice del regime di proroga dei contratti agrari per violazione dellart. 44 Cost, in 125 quanto si ravvisa che gli interventi legislativi in riferimento allart. 42 Cost. hanno determinato che le limitazioni che la legge pu introdurre non devono soddisfare soltanto finalit della funzione sociale della propriet, ma anche linstaurazione di equi rapporti sociali e la realizzazione di condizioni che consentano il razionale sfruttamento del suolo. La Corte ha riconosciuto altres che lo sport- caccia va interpretato secondo un interesse pubblico tale da richiederne la protezione da parte dello Stato, per cui lingresso nei fondi altrui ex art. 842 c.c. elemento essenziale per lesercizio di tale diritto, ma non lo per lo svolgimento di attivit artistico culturali. Quanto alle locazioni di cui alla legge 392/ 1978, la Corte ha dichiarato non conforme la funzione sociale attribuita alla propriet in quanto la norma prevede una identica indennit prevista per i casi di recesso finalizzati allesercizio di unattivit economica rispetto a quelli in rapporto di locazione a regime normale. Anche la legge 431 del 1985, c.d. legge Galasso, salvaguardia la funzione sociale nella previsione di piani urbanistico territoriali che hanno per oggetto il territorio e comportano limiti al diritto di propriet di cui al comma 2 dellart. 42 Cost. in virt del quale si riconosce la riserva alla legge di determinare i relativi modi di godimento, la privazione di procedere ad interventi di manutenzione da parte del proprietario, per cui una lesione al contenuto minimo della propriet si pone come limite alla funzione sociale della stessa che non pu trovare applicazione. Le limitazioni al diritto di propriet, dunque, in ossequio alla funzione sociale, sono determinate dai diritti reali di godimento attribuiti ai singoli come, ad esempio, la destinazione pubblica allutilizzazione come fattori produttivi dellambiente naturale in vista della loro utilizzazione come beni ecologici ex art. 9, comma 2, Cost.
3. La tipologia dei vincoli alla propriet privata secondo il diritto positivo. Vincoli ex lege. In generale, tutti i vincoli conformativi del diritto di propriet discendono da disposizioni di legge ordinaria, statale o regionale, in ossequio alla riserva di legge ex art. 42, comma 2, Cost. Nel nostro ordinamento, vi sono vincoli che limitano le facolt di godimento e trasferimento della propriet scaturenti immediatamente da disposizioni di legge ed altri che devono essere adottati dallamministrazione per produrre leffetto limitativo o conformativo della propriet. Tale distinzione si spiega alla luce dellinteresse pubblico tutelato da tali vincoli ravvisabile dalle norme costituzionali. Infatti, principalmente i vincoli ex lege sui beni di interesse paesaggistico sono elencati dallart. 142 del d.lgs. 42/ 2004 ed i vincoli sui beni culturali dallart. 10 del d. lgs. 42/ 2004. Ulteriori vincoli sono previsti per i cimiteri, in quanto la legge vieta di costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri del perimetro dellimpianto cimiteriale, salvo deroghe previste dalla legge. Altro vincolo legale di inedificabilit assoluta prevista dallart. 10 della legge 353/ 2000 sul divieto di mutare destinazione alle zone boscate ed ai pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco per almeno quindici anni. Il divieto di edificazione nelle aree boschive incendiate opera anche se le amministrazioni comunali interessate non abbiano ottemperato ai relativi obblighi amministrativi. Analogamente, il codice della navigazione vieta di costruire ostacoli nelle direzioni di atterraggio degli aeromobili a distanza inferiore ai trecento metri dal perimetro dellaeroporto. Il regolamento di attuazione del codice della strada prevede, a tutela della sicurezza stradale, fasce di rispetto per le nuove costruzioni, per le ricostruzioni conseguenti a demolizioni integrali e per gli ampliamenti fronteggianti le strade a seconda che le fabbriche siano situate allesterno o allinterno dei centri abitati. Inoltre, ai sensi della legge 1150 del 1942, previsto che fuori dal perimetro dei centri abitati devono osservarsi nelledificazione distanze minime a protezione del nastro stradale, stabilite con decreto concertato del Ministro per i lavori pubblici, ora delle infrastrutture, con i Ministri per i trasporti e per linterno. Analoghe limitazioni sono previste nella costruzione, ricostruzione ed 126 ampliamento di edifici o manufatti di qualsiasi specie a distanze minori di quelle stabilite dalle linee ferroviarie e tranviarie. A tutela della salute, il d. lgs. 152 del 2006 impone una zona di tutela assoluta costituita dallarea immediatamente circostante le captazioni o derivazioni di acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano. Infine, la legge 475 del 1968, modificata dalla legge 362 del 1991, prevede distanze minime tra le farmacie in previsione del pubblico interesse ad una loro corretta distribuzione sul territorio e la legge 36 del 2001 prevede che i comuni possono adottare una regolamentazione locale atta ad assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti di telecomunicazione e minimizzazione dellesposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.
4. Vincoli indennizzabili e non Di estremo rilievo la distinzione tra vincoli alla propriet privata che impongono la corresponsione di un indennizzo e quelli che la escludono. I vincoli posti ex lege a tutela di valori primari sono costituzionalmente garantiti e non sono mai considerati indennizzabili, salvo rare eccezioni di cui al comma 3, dellart. 42 Cost. Tali vincoli, infatti, costituiscono una categoria ab-orgine di interesse pubblico, per cui allorch lamministrazione impone un vincolo di particolare interesse storico o artistico su un immobile, non ne modifica la situazione preesistente, ma accerta la corrispondenza delle sue concrete qualit alla prescrizione normativa. Latto amministrativo che attua tale funzione correlata alla qualificazione di particolare interesse pubblico del bene non equiparabile ad un atto espropriativo, per cui non si applica la garanzia dellindennizzo di cui al comma 3 dellart. 42 Cost. in quanto proprio dalla funzione sociale intrinseca nella natura del bene che il legislatore determina i modi di acquisto, di godimento ed i limiti alla propriet privata. Viceversa, altri vincoli, soprattutto di natura urbanistica, sono imposti con atti amministrativi, come il piano generale o di riparto, la cui mancata previsione dellindennizzo si pone in contrasto con i principi costituzionali di cui allart. 42, comma 3, Cost. Invero, nella distinzione tra vincoli alla propriet privata immediatamente applicabili ex lege e quelli che necessitano di provvedimento amministrativo, si distingue, tra questi ultimi, i vincoli indennizzabili e vincoli non indennizzabili.
5. Vincoli diretti ed indiretti Nellambito dei beni culturali, artistici ed archeologici si distingue tra vincoli diretti e vincoli indiretti e questultimi sono funzionalmente connessi al vincolo gravante sui primi. Ad esempio, il vincolo archeologico c.d. diretto viene imposto su beni o aree nei quali sono stati ritrovati reperti archeologici o in relazione ai quali vi certezza dellesistenza, della localizzazione e dellimportanza del bene archeologico e tale ultimo vincolo c.d. indiretto, invece, viene imposto su beni ed aree circostanti quelli sottoposte a vincolo diretto per garantire una migliore visibilit e fruizione collettiva o migliori condizioni ambientali e di decoro. Secondo la giurisprudenza, la nozione di bene culturale passa da unaccezione di tipo materialistico ad una di tipo immateriale, in quanto il bene esprime una valore di ambiente storico e sociale, per cui esso assume un valore di civilt inerente allesigenza conservativa nonch proiezione del bene nellattivit di esecuzione di ricerche archeologiche inerenti ai beni sottoposti al vincolo diretto, per cui la funzione del vincolo indiretto consiste nel rapporto di complementariet tra le misure limitative ed il fine pubblico perseguito con le ragioni di adozione della misura limitativa.
127 6. I vincoli preordinanti a futuro esproprio: evoluzione normativa e giurisprudenziale. Lart. 9 del vigente d. lgs. 8 giugno 2001, n. 327, rubricato vincoli derivanti da piani urbanistici, frutto di una scelta consapevole del legislatore delegato che la disciplina delle limitazioni al diritto di propriet scaturenti dalla strumentazione urbanistica, per cui allamministrazione imposta la corresponsione di un indennizzo ex art. 42, comma 3, Cost in virt del c.d. Testo unico delledilizia di cui al d.lgs. 380/ 2001 nonch dalla normativa generale in materia di espropriazione per pubblica utilit. Secondo la legge urbanistica n. 1150 del 1942, il piano regolatore generale era concepito come strumento ad efficacia a tempo indeterminato, sia per le zonizzazioni che per le localizzazioni. Tuttavia, con la storica sentenza n. 55 del 1968 la corte costituzionale dichiar lillegittimit costituzionale dei numeri 2, 3 e 4 dellart. 7 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 che contemplavano le prescrizioni sulla zonizzazione del territorio comunale e dellart. 40 della stessa legge che espressamente escludeva la corresponsione dellindennit per i vincoli di zona e per le limitazioni e gli oneri relativi allallineamento edilizio delle nuove costruzioni. La Corte afferm che il piano regolatore generale trovava vigore a tempo indeterminato una volta approvato e che tali vincoli erano immediatamente operativi e validi a tempo indeterminato. In tale sistema, dunque, la Corte ribad la garanzia della propriet di cui allart. 42 Cost. per cui i singoli diritti, che si ricollegano alla propriet, vengono compressi o soppressi senza indennizzo, mediante atti di imposizione che conducono tanto ad una transazione totale o parziale del diritto quanto ad uno svuotamento rilevante del suo contenuto, pur rimanendo intatta lappartenenza del diritto e la sottoposizione di tutti gli oneri anche fiscali relativi alla propriet fondiaria. A seguito della sentenza sovraindicata, il legislatore intervenne con la legge 19 novembre 1968 n. 1187 di modifica della legge 1150 del 1942, per cui si venne a stabilire che i predetti vincoli avrebbero perso efficacia qualora, entro cinque anni dalla data di approvazione del piano regolatore generale, no fossero stati approvati i relativi piani particolareggiati od autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati. Successivamente, la legge n. 756 del 1973 stabil che i vincoli urbanistici sarebbero rimasti efficace sino allentrata in vigore della nuova legislazione sul regime dei suoli e, comunque, non oltre due anni dallentrata in vigore della legge e tale termine venne prorogato di un anno dal d.l. 562 del 1975 e poi di due mesi con d.l. 781 del 1976 convertito in legge 6 del 1977, sino allentrata in vigore della legge 10 del 1977, c.d. legge Bucalossi. Con la sentenza n. 92 del 1982, la Corte ha escluso che la legge 10 del 1977 avesse regolato la materia dei vincoli urbanistici affermando che andasse riconosciuto carattere permanente alla legge 1187 del 1968 che non aveva previsto alcun termine finale nella modifica alla legge urbanistica, per cui la materia continuava ad essere disciplinata da tale normativa. Dopo la scadenza del vincolo quinquennale si venne a porre il problema di individuare le facolt edificatorie del privato e se i comuni potessero ed in che termini reiterare il vincolo preordinato al futuro esproprio. Il Consiglio di Stato, nelladunanza plenaria afferm che, dopo la scadenza del termine quinquennale per i vincoli di in edificabilit previsti dal piano regolatore generale, le aree rimaste prive di destinazione venivano disciplinate secondo la disciplina di cui alla legge 10 del 1977 in tema delle c.d. zone bianche prevista dalla legge per i comuni privi di strumenti urbanistici generali. Invero, il Consiglio di Stato avvert la necessit di investire nuovamente la Consulta del problema della compatibilit con lart. 42, comma 3, Cost.della reiterazione dei vincoli urbanistici decaduti per effetto della scadenza del termine quinquennale di cui allart. 2 della legge 1187 del 1968. In considerazione del c.d. diritto vivente, la Corte costituzionale, con sentenza 179 del 1999, ha affermato che la reiterazione dei vincoli urbanistici decaduti per effetto del decorso del tempo pu ritenersi legittima sul piano amministrativo se corredata da congrua e specifica motivazione sullattualit della previsione con adeguata comparazione tra interessi pubblici e privati coinvolti. Tuttavia, se permane il vincolo urbanistico a seguito di reiterazione, la Corte ha dichiarato lillegittimit costituzionale non dellintero complesso normativo che consente tale reiterazione, ma 128 la mancata previsione dellindennizzo in tutti i casi di permanenza del vincolo urbanistico oltre i limiti di durata fissati dal legislatore. Invero, secondo una recente sentenza del Consiglio di Stato, il principio di spettanza dellindennizzo al proprietario nel caso di reiterazione del vincolo preordinato allesproprio, introdotto dalla sentenza 179 del 1999, non rileva per la verifica della legittimit del provvedimento che ha disposto la reiterazione, poich lamministrazione potrebbe non far seguire lapprovazione regionale del piano regolatore. Pertanto, i profili attinenti al pagamento dellindennizzo non attengono alla legittimit del procedimento, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale, come chiarito dallart. 39, comma 1, del t. u. n. 321 del 2001, per cui il proprietario pu attivare un procedimento amministrativo nel corso del quale egli ha lonere di provare lentit del danno effettivamente prodotto, quale presupposto processuale necessario per poter agire innanzi alla corte dappello.
7. Segue. La disciplina vigente. La misura di salvaguardia Lart. 58, comma 1, del t.u. 327/ 2001 ha abrogato espressamente lart. 2 della legge 1187/ 1968 e lart. 9, comma 3, del T.U. prevede che, se non tempestivamente dichiarata la pubblica utilit dellopera, il vincolo preordinato allesproprio decade e trova applicazione la disciplina dettata dallarticolo 9 del t.u. in materia edilizia di cui al d.p.r. 380 del 2001, ossia quella previgente sulle cd. zone bianche propria dei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici. Secondo lart. 9, comma 4, t.u. consentita la reiterazione del vincolo preordinato allesproprio, dopo la sua scadenza, con provvedimento motivato e solo a seguito dellefficacia dellatto di approvazione del piano urbanistico generale. Lart. 39 del t.u. prevede che in caso di reiterazione del vincolo dovuto al proprietario unindennit commisurata allentit del danno effettivamente prodotto e qualora non sia prevista alcuna corresponsione, lautorit amministrativa tenuta a liquidare lindennit entro il termine di due mesi dalla data in cui abbia ricevuto dallinteressato la domanda documentate di pagamento che va corrisposta entro i successivi trenta giorni, decorsi i quali spettano gli interessi legali. E prevista altres la c.d. misura di salvaguardia, per cui in caso di contrasto tra lintervento oggetto di domanda di permesso di costruire con gli strumenti urbanistici adottati, sospesa ogni determinazione in ordine alla domanda e la misura di salvaguardia perde efficacia decorsi tre anni dalla data di adozione dello strumento urbanistico ovvero dopo cinque anni nellipotesi in cui lo strumento urbanistico sia sottoposto allamministrazione competente allapprovazione entro un anno dalla conclusione della fase di pubblicazione. La giurisprudenza ha chiarito che lattuale sistema urbanistico, in cui risulta sconosciuta la sospensione di efficacia della concessione edilizia, oggi permesso di costruire, prevede che una volta rilasciato il titolo edificatorio, vi soltanto il potere di annullamento in presenza di determinati presupposti ovvero, prima del rilascio, ladozione della misura cautelare di salvaguardia a tutela del piano ancora in itinere e tale provvedimento impone al privato, che abbia presentato un progetto conforme alla pianificazione vigente, di attendere per un periodo di tempo da tre a cinque anni, il perfezionamento delle previsioni da adottare con lapprovazione del piano, salvo il limite legale per cui possono essere rilasciati soltanto permessi di costruire che non contrastino con le previsioni del piano adottato ed in attesa di approvazione. Pertanto, sar illegittimo non soltanto il diniego di permesso in luogo di sospensione della determinazione sullistanza del privato, ma altres il permesso che sia conforme alle previsioni adottate ma in contrasto con quelle previste dalla vigente normativa.
129 Capitolo 3 Beni culturali, beni paesaggistici e tutela dellambiente
1. Nozione di bene culturale dalla legge 1089/1939 al t.u. 490/ 1999 al Codice del 2004 I beni culturali sono stati definiti come una vera e propria categoria giuridica, in quanto risultano indissociabili dal concetto culturale che ne giustifica lunit funzionale del regime che viene attuata nella duplice funzione di cui agli articoli 9 e 42 Cost, quanto alla conservazione del bene ed alla accessibilit ed utilizzazione come strumento oggetto di cultura. Lart. 148 del d. lgs. 112 del 1998 definisce tale categoria in quanto beni che compongono il patrimonio storico, artistico, monumentale, demo-etno-antropoligico, archeologico, archivistico e librario e gli altri che costituiscono testimonianza avente valore di civilt cos individuati in base alla legge. Larticolo citato stato abrogato dallart. 184 del d.lgs. 42/ 2004, Codice dei beni culturale e del paesaggio, per cui, a decorrere dal 1 maggio 2004, i beni culturali sono costituiti dalle cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civilt. Il Codice del 2004, che ha sostituito il previgente t.u. 490/ 1999 in materia di beni culturali ed ambientali, ha seguito il criterio di individuazione tipologica fondata su definizioni di rango legislativo, attraverso cui individuare i beni oggetto di disposizioni particolari senza trascurare la nozione pi generale, Pertanto, la definizione vigente di bene culturale presenta un significato composito, in quanto esso sincentra da un lato sul richiamo alla res, cos come previsto dallabrogata legge 1089/ 1939 sulla tutela delle cose di interesse artistico e storico, mentre lart. 10 del Codice del 2004 specifica allart. 2, comma 5, i beni sottoposti al regime di tutela previsto nel testo normativo.
2. Beni culturali di appartenenza pubblica e privata Quanto al regime di appartenenza, se il bene appartiene ad enti pubblici o persone giuridiche private senza scopo di lucro vanno qualificati come pubblici; se i soggetti proprietari sono privati, il Codice impone che linteresse culturale sia dichiarato da un provvedimento amministrativo, per cui il bene resta di appartenenza privata ma soggetto ai limiti posti alle facolt dei privati proprietari, tanto che non possono essere apportate modificazioni in contrasto con linteresse culturale accertato. Lart. 822, comma 2, c.c. prevede che fanno parte del demanio pubblico, c.d. accidentale, gli immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico ed artistico a norma delle leggi in materia, le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche e degli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico. Lart. 10 del Codice del 2004 prevede al comma 1 che sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali nonch ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro che presentino interesse artistico, storico, archeologico e etnoantropologico. Il successivo comma 2 stabilisce che sono inoltre beni culturali: a) le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonch di ogni altro ente ed istituto pubblico; b) gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonch di ogni altro ente ed istituto pubblico; c) le raccolte librarie delle biblioteche dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonch di ogni altro ente e istituto pubblico ad eccezione delle raccolte delle biblioteche di cui allart. 47, comma 2, d.p.r. 616/ 1977 e di quelle ad esse assimilabili. Pertanto, mentre i beni di cui allart.10, comma 1, sono soggetti al regime del demanio pubblico solo se presentano linteresse culturale e quindi solo in caso di accertamento positivo da parte 130 dellamministrazione, i beni di cui al comma 2 e quelli di cui allart. 822, comma 2, c.c., appartengono di per s al demanio pubblico.
3. La verifica dellinteresse culturale Lart. 12 del Codice del 2004 prevede un procedimento di verifica dellesistenza dellinteresse storico, artistico, archeologico o etnoantropologico dei beni culturali di propriet pubblico o di persone giuridiche senza scopo di lucro. Invero, gli enti pubblici sono obbligati a predisporre elenchi descrittivi di cose in loro propriet da cui presumibile linteresse culturale e tale elenco va inviato al Ministero per i beni e le attivit culturali al fine di valutare la sussistenza dellinteresse culturale con relativa notifica del provvedimento al soggetto proprietario. Tale sistema non stato ancora attuato, per cui la giurisprudenza ha ritenuto necessario un provvedimento di accertamento costitutivo del pregio del bene da parte dellamministrazione dei beni culturali senza che lesito di tale accertamento potesse ritenersi influenzato dallinserzione o meno di detto bene negli elenchi predisposti dalle singole amministrazioni. Il codice, infatti, ha previsto che tutti i beni privati sono assoggettati alla valutazione per ladozione della eventuale dichiarazione di interesse culturale; per i beni di appartenenza pubblica le forme di individuazione sono: a) quella ope legis per i beni di cui allart. 10, comma 2; b) quella di cui alla dichiarazione ex art. 13 del Codice per i beni culturali di cui al comma 3 dellart. 10; c) quello di verifica di cui allart. 12, ritenuto residuale
4. La dichiarazione dellinteresse culturale Limposizione del vincolo di indisponibilit su un bene culturale, ai sensi dellart. 53, comma 1, del r.d. 363/ 1913, non richiedeva la formale dichiarazione di interesse pubblico alla conservazione dei beni stessi. Tale dichiarazione stata introdotta dalla legge 778/ 1922. Il procedimento di dichiarazione disciplinato dallart. 14 per cui la comunicazione dellavvio del procedimento implica ladozione di misure di vigilanza e di protezione, quali il divieto di alienazione, di modifiche, di demolizioni non autorizzate preventivamente, e si conclude con un atto di cui si discute in dottrina la natura, in quanto ci si chiede se tale dichiarazione configuri o meno laccertamento costitutivo di cui si detto.
5. La tutela dei beni culturali: vigilanza ed ispezione, conservazione e forme di protezione Al Ministro spetta, in via esclusiva, il potere di vigilanza sui beni culturali con temperamento per i beni di cui allart. 12, comma 1, appartenenti alle regioni ed agli altri enti pubblici territoriali, per cui il Ministero procede anche mediante forme di intesa e di coordinamento con le regioni ex art. 18 del Codice. Lart. 149, comma 3, lett. g) del d. lgs. 112/ 1998 attribuisce allo Stato la vigilanza sugli archivi degli enti pubblici e sugli archivi privati di notevole interesse storico nonch le competenze in materia di consultazione dei documenti archivistici con rinvio alle sovraintendenze archivistiche. I poteri ispettivi, dunque, spettano ai sopraintendenti che possono procedere in ogni tempo con preavviso non inferiore a cinque giorni ad ispezioni volte ad accertare lesistenza e lo stato di conservazione e custodia dei beni culturali.
6. Circolazione dei beni culturali Il Codice del 2004 fisa regole tassative sulla alienabilit dei beni culturali: a) i beni culturali appartenenti allo Stato, alle regioni ed agli altri enti pubblici territoriali di cui allart. 822 c.c. costituiscono demanio culturale e come tali non sono alienabili, n possono formare oggetto di diritti a favore di terzi se non nei modi previsti dal Codice (art. 53); 131 b) consentito il trasferimento tra Stato, regioni ed altri enti pubblici territoriali con utilizzo secondo le modalit e per i fini di cui al Titolo II del Codice esclusivamente per i beni inalienabili di cui allart. 54; c) sono consentite deroghe, salvo autorizzazione ministeriale, per i beni culturali immobili appartenenti al demanio culturale e non qualificabili extra commercium (artt. 55 e 56). Quanto alla c.d. prelazione culturale, la Corte costituzionale ha sancito lillegittimit dellistituto, in quanto il carattere del tutto peculiare del regime giuridico previsto per i beni culturali trova fondamento nellart. 9 Cost per cui la prelazione storico artistica, secondo la Corte, un istituto ben distinto dagli ordinari provvedimenti di natura espropriativa. In particolare, il Codice allart. 61 prevede che la prelazione va esercitata entro sessanta giorni dalla ricezione della denuncia obbligatoria di cui allart. 59 da parte del proprietario, termine perentorio. In caso di omissione di denuncia o tardiva o incompleta. la prelazione pu essere esercitata nel termine di centottanta giorni dal momento in cui il Ministero ha ricevuto la denuncia tardiva o ha comunque acquisito tutti gli elementi costitutivi della stessa.
7. Paesaggio ed ambiente La legge 1497 del 1939 sulla protezione delle bellezze naturali ha trovato correlazione nel t.u. 490 del 1999 a sua volta abrogato dal Codice del 2004, che non si limitava a tutelare il paesaggio naturale, ma anche quello modificato dalluomo. Con lapprovazione del t.u. del 1999 si superata la divisione tra le due discipline e numerosi interventi legislativi hanno contribuito ad attribuire allambiente un rilievo concettuale autonomo. Dopo la legge 5 del 1975, istitutiva del Ministero per i beni culturali e lambiente, con la legge 349 del 1986 venne istituito il Ministero dellambiente, al quale viene assegnato il compito di assicurare, in modo organico, la promozione, la conservazione ed il recupero delle condizioni ambientali conformi agli interessi fondamentali della collettivit ed alla qualit della vita nonch alla valorizzazione del patrimonio naturale nazionale e la difesa delle risorse naturali dallinquinamento. La Corte costituzionale defin lambiente come bene immateriale unitario, sebbene caratterizzato da varie componenti oggetto di cura e tutela. Lambiente, dunque, tutelato come elemento determinativo della qualit della vita, un quanto esprime lesigenze di un habitat naturale nel quale luomo vive ed agisce e che necessario alla collettivit e per essa ai cittadini secondo valori largamente sentiti ed imposta da precetti costituzionali di cu agli artt. 9 e 32 Cost. per cui esso assurge a valore primario ed assoluto. Anche la riforma del Titolo V della Costituzione ha contribuito a dare autonomia concettuale a tale nozione, in quanto ha attribuito alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia dellambiente. Quanto alla nozione di paesaggio, invece, la Corte costituzionale ha ritenuto che la c.d. legge Galasso 431 del 1985, prevedendo un trattamento riservato a chi compie opere di trasformazione non autorizzate in zona vincolata di cui alla legge 1497/ 1939, non comparabile tale sistema con il previgente regime di cui alla legge 1497/ 1985, in quanto prevista una tutela diretta alla preservazione di cose e localit di particolare pregio estetico isolatamente considerate, mentre la legge 431/ 1985 prevede una tutela del paesaggio introdotta a integrit e globalit implicante una riconsiderazione dellintero territorio nazionale alla luce ed in attuazione del valore estetico culturale. A tutela del paesaggio, dunque, emerge una tutela meramente conservativa e statica, laddove quella relativa allambiente si presenta dinamica come oggi compendiata dal Codice del 2004. Di qui lesigenza di cura dellinteresse di singoli beni e quindi dei valori storici, artistici, culturali ed estetici del territorio, la cui tutela rimessa alle competenze dello Stato, ora delegate alle regioni, salvo che lamministrazione introduca vincoli diretti alla tutela del paesaggio di cui alla legge 1497/1939 e ferma la tutela di cui allart. 9 Cost. che costituisce un valore primario ad ogni qualsiasi altra esigenze edilizia ed urbanistica.
132 8. I beni paesaggistici Lart. 134 del Codice individua i beni paesaggistici per relationem, e sono: a) gli immobili e le aree indicati allart. 136, ossia gli immobili ed aree di notevole interesse pubblico; b) le aree indicate allart. 142, ossia quelle tutelate ex lege; c) gli immobili e le aree tipizzati, individuati e sottoposti a tutela dei piani paesaggistici previsti agli articoli 143 e 156. La prima categoria riproduce lart. 139 del t.u. 490/1999 che riproduce lelenco di cui allart. 1 della legge abrogata 1497 del 1939, per cui si tratta di beni immobili dotati di bellezza naturale e singolarit geologica. La seconda categoria contempla le aree tutelate ex lege di cui allart. 142 del Codice del 2003, come ad esempio i territori costieri con fascia di 300 metri dalla linea di battaglia.
9. Lautorizzazione paesaggistica Anche per i beni paesaggistici, il Codice del 2004 prevede istituti di controllo e gestione dei beni soggetti a tutela tra cui la c.d. autorizzazione paesaggistica, per cui i proprietari degli stessi non possono distruggerli, n modificarli, salva la possibilit di sottoporre alla regione, allente locale al quale la regione ha delegato le funzioni ed i relativi progetti da eseguire, al fine di accertare la compatibilit paesaggistica con rilascio della necessaria autorizzazione. Lart. 146 prevede il procedimento di rilascio dellautorizzazione, che va trasmessa alla sopraintendenza che ha emesso il parere nel corso del relativo procedimento nonch alla regione ed agli enti locali nel cui territorio si trova limmobile. La sopraintendenza, se lo ritiene, pu dichiarare che lautorizzazione non conforme alle prescrizioni di tutela del paesaggio ovvero pu annullarla con provvedimento motivato, entro i sessanta giorni successivi alla ricezione della documentazione.
10. La tutela dellambiente nel sistema costituzionale del riparto di competenze legislative tra Stato e regioni. In riferimento allart. 117, comma 2, Cost., la Corte costituzionale ha precisato che le materie indicate nella norma non tutte sono di competenza del legislatore statale, in quanto dallevoluzione giurisprudenziale si pu escludere che una materia non sia qualificabile come sfera di competenza statale, in quanto essa viene ad investire ulteriori interessi. Di qui il concetto di ambiente venuto a rivestire carattere trasversale, tanto che la Corte ha tratto il convincimento che dal nuovo articolo 117, lett. s), Cost. lintento del legislatore stato quello di escludere la competenza regionale concorrente in tale settore, in quanto vi emergono interessi funzionalmente collegati a quelli ambientali. Infine, le funzioni amministrative sono attribuite alla competenza della legge statale nellesercizio della competenza legislativa esclusiva di cui allart. 117 Cost, comma 2, lett. s) ed in base ai criteri generali di cui allart. 118 Cost., comma 1, e cio ai principi di solidariet, differenziazione, adeguatezza.
11. La tutela dellambiente dallinquinamento Il carattere trasversale della materia ambiente affermata dalla Consulta spiega il motivo per il quale la disciplina della tutela dellambiente sia contenuta in disposizioni di legge statale e regionale che attribuiscono le relative funzioni amministrative allo Stato, alle regioni, alle province ed ai comuni. La tutela dellambiente si specifica nellapplicazione in tema di inquinamento di cui al d.lgs. 351 del 1999, in attuazione della direttiva 96/62/CE sulla valutazione e gestione della qualit dellaria e dellambiente. La materia oggi disciplinata dal d.lgs. 152/ 2006 in attuazione della legge delega 308 del 2004 per il riordino, coordinamento ed integrazione delle disposizioni legislative nei settori della gestione dei rifiuti e bonifica dei siti contaminati. 133 La Corte costituzionale, accogliendo la nozione di trasversalit della materia, ha affermato che la fissazione di standards di emissioni elettromagnetiche di cui alla legge 36 del 2001 spetta alla competenza legislativa statale in quanto essa viene a rappresentare un punto di equilibrio tra le composte esigenze di evitare al massimo emissioni elettromagnetiche e di realizzare impianti necessari al nostro Paese. La legge riserva, infine, alle regioni la potest normativa di fissare i criteri di localizzazione degli impianti di fonti di emissione elettromagnetiche, degli standards urbanistici, delle prescrizioni ed incentivazioni per limpiego delle migliori tecnologie disponibili.
Capitolo 4 Le espropriazioni 1. I diversi significati del termine espropriazione. Le espropriazioni in senso stretto. Il termine espropriazione indica la sottrazione al suo titolare del diritto di propriet ed esso viene utilizzato per indicare la sottrazione di tale diritto in forza di un intervento autoritativo. In uno Stato di diritto, il principio di legalit impone che la sottrazione del diritto di propriet al suo titolare possa prodursi soltanto per il perseguimento delle funzioni indicate dalla legge tanto che il medesimo principio di legalit e la riserva di legge in materia di ablazione del diritto di propriet integrano lo statuto anche comunitario della propriet in quanto sanciti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali di cui allart. 6 del Trattato di Maastricht. Invero, il potere di ablazione dellaltrui diritto di propriet viene riservato dal legislatore a se stesso in quanto ope legis ovvero viene dalla legge attribuito ad un soggetto pubblico per il perseguimento di funzioni eterogenee, come nella figura della confisca disciplinata dal codice penale al fine di colpire i beni connessi al reato ovvero in funzione satisfativa del creditore di cui allart. 2740 c.c. in tema di azione esecutiva nei rapporti obbligatori nonch in funzione del perseguimento di un interesse generale ricompresa nel diritto amministrativo deputato alla cura dellinteresse pubblico facente capo ad una p.a. nella sua funzione istituzionale. La legge denomina diversamente la disciplina dei provvedimenti espropriativi in senso stretto, da quelli che determinano lacquisizione al patrimonio comunale di opere realizzate in difetto del necessario titolo edilizio permissivo. Pertanto, la denominazione formale dei provvedimenti espropriativi attribuita dalla legge ai provvedimenti ad effetto ablatorio e traslativo di un diritto che sono direttamente funzionalizzati al perseguimento di fini di interesse generale di cui allart. 42, comma 3, Cost. La norma, infatti, delinea i tratti essenziali del potere espropriativo, in quanto il suo esercizio reso possibile solo nei casi previsti dalla legge, c.d. riserva di legge, solo per il perseguimento dellinteresse generale e lespropriato deve essere indennizzato dallablazione subita. Potere che si esprime in un provvedimento amministrativo e che attribuito dalla legge allamministrazione. Nel rispetto delle regole stabilite dalla legge si determina la legittimit del provvedimento espropriativo, che pu essere annullato dal g.a. ove ne accerti la violazione ex art. 42, comma 3, Cost. Viepi, lart. 43 Cost. prevede che la legge pu direttamente disporre lattribuzione ad un soggetto determinato, per fini di utilit generale, un diritto di cui era gi titolare un soggetto diverso, salvo indennizzo di questo (c.d. espropriazione ope legis). In tale ultima fattispecie si pongono limiti, funzionali in quanto lespropriazione pu essere disposta solo per fini di utilit generale, ma altres riconosciuto al giudice amministrativo di determinare la reale natura degli atti espropriativi, in quanto si ritiene possibile escludere che la loro denominazione formale possa essere vincolante tanto da assoggettare, invece, tali atti al sindacato del g.a. laddove si riguarda allaspetto sostanziale del provvedimento posto in violazione dei limiti funzionali e/o oggettivi stabiliti dalla Costituzione. 134
Dunque, seppure lespropriazione disposta con provvedimento avente qualificazione formale di atto legislativo, la Corte di cassazione ha statuito che il difetto assoluto di giurisdizione del g.a. a conoscere le c.d. leggi provvedimento tale che soltanto la Corte costituzionale, quale giudice delle leggi, ha la competenza a sindacare il rispetto dei limiti costituzionali e procedere alla declaratoria di incostituzionalit anche a causa di mancata valutazione da parte del legislatore degli interessi pubblici e privati coinvolti. La giurisprudenza e la dottrina hanno riconosciuto la possibilit di attribuire ad una p.a. il potere di procedere allablazione del diritto di propriet, per cui si procede alla trasformazione del bene di propriet privata in funzione del perseguimento di una utilit pubblica. Tale forma di espropriazione viene esclusa dalla figura generale dellistituto per fini di interesse generale, in quanto la c.d. espropriazione di fatto o indiretta disposta con provvedimento amministrativo laddove lespropriazione diretta disposta ope legis. In ogni caso, entrambe producono gli effetti di incidere sul diritto di propriet e comportano lacquisto di quel diritto in capo ad altro soggetto giuridico, nel rispetto del limite funzionale di cui allart. 42, comma 3, Cost.
2. La disciplina generale dellespropriazione disposta con provvedimento amministrativo: il t. u. La fonte della disciplina generale dellespropriazione data dal d.p.r. 327 del 2001, mediante il quale il legislatore ha inteso riordinare e semplificare la disciplina legislativa del settore. In particolare, lart. 1 del t.u. prevede i diritti suscettibili di espropriazione, quali il diritto di propriet e gli altri diritti reali relativi a beni immobili, previa indicazione delle opere pubbliche o di pubbliche utilit. Sono poi indicati i beni non espropriabili, e cio i beni demaniali ovvero quelli espropriabili condizionatamente in quanto appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato e degli altri enti pubblici. In virt dellart. 6 disposta la regola della concentrazione della competenza, per cui il soggetto pubblico competente alla realizzazione dellintervento di pubblica utilit competente anche allemanazione degli atti del procedimento espropriativo che si renda necessario per la sua realizzazione. La norma prevede altres che il potere espropriativo possa essere delegato a soggetti privati, quali il concessionario ovvero un contraente generale. Il beneficiario dellespropriazione pu anche non coincidere con il soggetto che dispone lespropriazione. Il provvedimento espropriativo suscettibile di essere emanato a seguito dello svolgimento di una serie articolata di procedimenti indicati al testo unico e che seguono i principi di economicit, efficienza, efficacia, pubblicit e semplificazione dellazione amministrativa. I procedimenti espropriativi sono tre: a) quello che si conclude con il provvedimento appositivo del vincolo di esproprio; b) quello che si conclude con il provvedimento che dichiara la pubblica utilit dellopera o dellinteresse generale da perseguire; c) quello che si conclude con la determinazione della indennit provvisoria di espropriazione. E dunque necessario premettere che il vincolo di esproprio non pu mai mancare, ma non necessario ai fini della legittimazione del procedimento, in quanto lespropriazione pu essere anteriore alla dichiarazione di pubblica utilit potendo intervenire successivamente a questa.
3. La cessione volontaria La sequenza dei procedimenti collegati e funzionalmente diretti allemanazione del decreto di esproprio non necessario ai fini della produzione degli effetti prodotti dal provvedimento di espropriazione. Invero, lart. 45 stabilisce che, una volta intervenuta la dichiarazione di pubblica utilit, il procedimento di esproprio non pu concludersi con atto diverso dal decreto di esproprio, e cio con la cessione volontaria con la quale lespropriando trasferisce la propriet del suo bene in capo al 135 beneficiario della disposta espropriazione che assume lobbligazione di pagare una somma di denaro entro un termine concordato tra le parti. E ovvio che se lespropriando si avvale di tale diritto di cessione volontaria subito dopo la dichiarazione di pubblica utilit e prima del procedimento volto alla determinazione della indennit provvisoria di espropriazione, allora vi sar soltanto applicazione della determinazione della somma da corrispondere al cedente. Tuttavia, lart. 45 stabilisce che latto di cessione volontaria pu essere stipulato anche dopo lemissione del decreto di esproprio, per cui questultimo pu stabilire il trasferimento del diritto di propriet e sotto condizione sospensiva che il decreto sia notificato al proprietario del bene ablato ed eseguito entro il termine perentorio indicato. Invero, la norma in esame stabilisce altres che la cessione volontaria produce i medesimi effetti del decreto di espropriazione, da cui la condizione sospensiva di efficacia dellimmissione in possesso entro il termine perentorio di due anni risulta quale condizione sospensiva specificatamente prevista dalla legge soltanto per il decreto di esproprio. Quanto alla natura dellatto di cessione, si ritiene che si tratti di un accordo sostitutivo del provvedimento, e non gi di un contratto a prestazioni corrispettive, in quanto esso incluso tra gli atti di cui allart. 11 della legge 241 del 1990 alla cui stipulazione si richiede da parte dellamministrazione la valutazione discrezionale della sussistenza di un interesse pubblico che giustifichi la scelta provvedimentale. A ci si aggiunga lart. 53 che attribuisce alla giurisdizione esclusiva del g.a. tutte le controversie in materia di accordi conseguenti allapplicazione delle disposizioni del t.u. inclusi gli accordi sostitutivi di provvedimento di cui allart. 11.
4. I procedimenti di apposizione del vincolo espropriativo Il vincolo espropriativo preordina il bene allespropriazione e pu derivare da previsioni urbanistiche generali, da provvedimenti che introducono varianti allo strumento urbanistico generale per la realizzazione di unopera pubblica o di pubblica utilit. Tale fase culmina con il provvedimento che conclude il procedimento di pianificazione generale del territorio, per cui in tale ambito si tratta di tracciare le linee della disciplina conformativa dellintero territorio considerato. Invero, il provvedimento conclusivo del procedimento pianificatorio, idoneo ad imporre ope legis vincoli preordinati allespropriazione, si giustifica alla luce del potere conformativo alluso dei suoli di cui titolare il Comune nella scelta delle aree del territorio da destinare alla realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilit, per cui viene apposto il vincolo che le preordina allespropriazione i cui effetti immediati sono quelli di escludere tale aree dalledificazione privata. Tale vincolo, ex art.9, non ha natura indeterminata, per cui in cinque anni, decorrenti dallapprovazione dello strumento urbanistico, deve intervenire la dichiarazione di pubblica utilit ex art. 9, comma 2. A seguito dellinefficacia del vincolo, lamministrazione lo pu reiterare, ma deve indennizzare il proprietario del suolo a fronte della diminuzione arrecata al suo diritto di propriet ex art. 39. Indennizzo che commisurato allentit del danno effettivamente prodotto e le relative contestazioni sono devolute alla giurisdizione del g.o. ed alla competenza funzionale della Corte dappello.
5. La dichiarazione di pubblica utilit La dichiarazione di pubblica utilit consegue allapprovazione del progetto definitivo dellopera pubblica o di pubblica utilit o dellapprovazione del piano urbanistico attuativo che abbia, ex lege, efficacia di dichiarazione di pubblica utilit ovvero da qualsiasi provvedimento cui la legge attribuisca detta efficacia (art. 12). Leffetto della dichiarazione consiste nel rendere possibile lemanazione del decreto di espropriazione, in quanto essa pu essere recata tanto da provvedimenti volti allapprovazione del 136 progetto definitivo di unopera puntuale, quanto da provvedimenti che rappresentano lesercizio di potest di governo del territorio e specificatamente di potest urbanistiche. Lapprovazione del progetto definitivo avente efficacia dichiarativa di p.u. pu intervenire laddove si tratti di opera conforme alle previsioni del piano urbanistico generale, per cui necessario che tale piano venga variato con linserzione del vincoli che preordini allespropriazione dellarea interessata. In particolare, lapposizione del vincolo espropriativo in variante al p.r.g. vigente possibile a seguito dellassunzione di uno degli atti emanati in funzione della realizzazione dellopera di interesse generale o di p.u. Pertanto, per le opere di competenza comunale assume efficacia di atto di adozione della variante urbanistica anche lapprovazione del progetto preliminare o definitivo da parte del consiglio comunale per la cui efficacia necessario che venga introdotta la relativa variante urbanistica di cui al comma 3, dellart. 19. I provvedimenti urbanistici relativi alla dichiarazione di p.u. sono i piani urbanistici attuativi di iniziativa privata ed i piani urbanistici dufficio. Si tratti di categorie diverse, che si distinguono in necessari e non necessari. Sono necessari i piani attuativi dufficio in quanto la legge riserva in via esclusiva allamministrazione la formazione, la determinazione del contenuto e lattuazione e rappresentano un numero chiuso con riserva di legge in vista dellinteresse pubblico cui essi sono destinati a perseguire. Non necessari, invece, sono i piani attuativi dufficio la cui funzione meramente urbanistica nel dare attuazione al piano urbanistico generale tanto che la scelta di procedere alla pianificazione attuativa dufficio o su iniziativa privata rimessa allinteresse pubblico che il soggetto ravvisa nella gestione delle scelte espresse nel p.r.g.
6. La determinazione dellindennit provvisoria di espropriazione Al fine della legittimazione del provvedimento espropriativo, necessario determinare lindennit provvisoria di espropriazione. Tale procedimento segue scansioni differenti in relazione alla particolare urgenza che lo riveste, per cui si distingue un procedimento ordinario ex art. 20 da un procedimento durgenza ex art. 22. Il procedimento ordinario ex art. 20 prende avvio con la compilazione dellelenco dei beni da espropriare e dei relativi proprietari, da notificare a ciascuno di questi. Valutati gli apporti procedimentali eventualmente pervenuti entro termine perentorio dalla notifica dei suddetti elenchi, lautorit espropriante determina lindennit provvisoria di espropriazione e notifica il relativo provvedimento al proprietario con le forme prescritte per gli atti processuali civile. Il proprietario espropriando tenuto allora ad effettuare, entro termine perentorio di trenta giorni dalla notificazione, una scelta tra il proseguire il procedimento oppure non dichiarare alcunch e se egli rimane inerte la determinazione dellindennit provvisoria si reputa conclusa e il procedimento espropriativo prosegue necessariamente, altrimenti lamministrazione tenuta entro trenta giorni al deposito della somma e ad emanare ed eseguire il decreto di esproprio. Il primo effetto prodotto dalla comunicazione dellindennit provvisoria sta nella sua accettazione, segue lobbligo per lespropriando di acconsentire allimmissione nel possesso del suo bene da parte dellamministrazione ed il terzo effetto sta nel fondare lobbligo di depositare, entro il termine stabilito dalla norma, gli atti comprovanti la sua piena e libera propriet del bene. Linadempimento del proprietario comporta il potere dellautorit espropriante di emettere ed eseguire il decreto di esproprio, mentre ladempimento puntuale degli obblighi da parte del proprietario comporta la necessaria stipula tra lui ed il beneficiario dellespropriazione dellatto di cessione volontaria. La manifestazione della volont di esercitare tale diritto, al fine di dichiarare la condivisione dellindennit provvisoria, non ritrattabile e la stipula del relativo atto di cessione volontaria 137 integra, per il dichiarante, lobbligo giuridico la cui violazione sanzionata con lesposizione alla responsabilit risarcitoria. Pertanto, nel caso di ingiustificato rifiuto del proprietario di stipulare la cessione volontaria, il decreto di esproprio pu essere emanato senzaltro, senza che lautorit espropriante possa essere considerata inadempiente allobbligo di addivenire alla stipula. Il comma 11 della norma in commento dispone che lamministrazione pu procedere allemanzione e allesecuzione del decreto di esproprio in via alternativa alla cessione volontaria, quandanche lespropriando abbia non soltanto manifestato la volont di esercitare il suo diritto di addivenire alla cessione volontaria, ma anche di integralmente eseguire gli obblighi e gli oneri posti a suo carico in funzione dellattuazione di quel diritto. Il procedimento urgente di determinazione dellindennit provvisoria disciplinato dallart. 22 e pu svolgersi soltanto nel caso di avvio dei lavori che rivesta particolare urgenza, per cui la determinazione della stessa effettuata in via durgenza, senza particolari indagini o formalit e lautorit espropriante pu, anche contestualmente, decretare lesproprio e darvi immediata esecuzione. Il procedimento urgente, in particolare, fonda il potere dellautorit espropriante di emanare anche contestualmente e di eseguire immediatamente il decreto di esproprio che pu essere eseguito per interventi di cui alla legge 443 del 2001 in tema di infrastrutture strategiche ed insediamenti produttivi nonch nei casi in cui i destinatari di tale procedura siano superiori al numero di cinquanta unit. In tale ambito, non sembra residuare alcun spazio allespropriando per il suo diritto alla cessione volontaria a causa della mancanza del presupposto procedimentale cui la legge prevede tale cessione, ossia la comunicazione dellindennit provvisoria disgiunta dal decreto di esproprio. Pertanto, se si deve ritenere che non possibile escludere lesercizio del diritto di cessione volontaria, allora il proprietario pu comunque vincolarsi nei confronti dellamministrazione anche indipendentemente dalla sussistenza del presupposto procedimentale cui lestrinsecazione della sua volont al riguardo normalmente legata. Di qui si dubita della ragionevolezza e dellequit sostanziale di tale disciplina, in quanto lamministrazione potrebbe determinarsi a non tralasciare alcuno spazio residuo allesproprio che gi sarebbe subito. Ne consegue che alla determinazione dellindennit definitiva di esproprio lautorit espropriante tenuta a procedere solo nei riguardi dei proprietari che non abbiano gi dichiarato di condividere lindennit provvisoria. Il relativo procedimento stabilito allart. 21 e pu svolgersi in due forme alternative, luna che rimette la scelta della determinazione dellindennit ad una commissione di tecnici entro un termine perentorio, altrimenti la scelta p effettuata, su richiesta dellautorit espropriante, dalla commissione provinciale di cui allart. 41.
7. Il decreto di espropriazione e la retrocessione Il decreto di espropriazione il provvedimento che conclude il procedimento espropriativo disponendo, a favore del beneficiario, il passaggio del diritto di propriet o di altro diritto soggetto ad espropriazione sotto la duplice condizione sospensiva che il decreto sia notificato ed eseguito. Il provvedimento risulta legittimo in quanto la sua emanazione sia efficace in relazione alla dichiarazione della p. utilit. nonch nello svolgimento dei relativi procedimenti contenuti nello stesso decreto di espropriazione. Invero, il decreto sottoposto a due condizioni sospensive, la notificazione al destinatario e lesecuzione che pu avvenire entro il termine perentorio di due ani dalla notificazione del decreto stesso e si realizza con la verbalizzazione del verbale di immissione in possesso. Invero, la legge differisce lefficacia traslativa del diritto alla sua esecuzione e stabilisce che questa pu avvenire entro un termine qualificato come perentorio che si deve concludere altrimenti lespropriazione inefficace laddove il termine perentorio decorra senza che lesecuzione sia avvenuta. 138 Il decreto di esproprio, infatti, oltre a produrre leffetto traslativo, produce ulteriori effetti di cui allart. 25 ed esso diventa definitivamente inefficace nei tre anni successivi, un quanto lamministrazione non abbia emanato un successivo provvedimento che dichiari la p. utilit, salvo che non si ritenga che la dichiarazione indirettamente individui una causa di inefficacia della dichiarazione stessa. Tuttavia, se entro dieci anni dallesecuzione del decreto di esproprio lopera non viene realizzata, lespropriato pu richiedere che venga dichiarata la decadenza della dichiarazione della p.u. e che il bene espropriato venga restituito e che gli sia corrisposta unindennit. La legge denomina tale istituto come retrocessione, in quanto al soggetto inutilmente espropriato viene riconosciuto un vero e proprio diritto. Tale diritto di retrocessione pu essere totale, come nel caso sopraindicato, ovvero parziale, nel caso in cui tale diritto riguarda soltanto porzioni di aree che risultino non utilizzate dopo la dichiarazione di p.u. Invero, la retrocessione totale si fonda sulla funzionalizzazione dellespropriazione alla realizzazione di unopera pubblica o di p.u., laddove la retrocessione parziale pu riguardare unarea espropriata di dimensioni eccessive rispetto a quella integralmente utilizzata.
8. Loccupazione durgenza preordinata allespropriazione Loccupazione durgenza, quale fase eventuale del procedimento di espropriazione, introdotta dallart. 22 bis. Si tratta di un provvedimento che consente limmissione nel possesso dei beni espropriandi prima dellemanazione del decreto di esproprio ed possibile senza particolari indagini o formalit diverse dalla sua notificazione al destinatario nelle forme degli atti processuali civili soltanto qualora lavvio dei lavori rivesta carattere di particolare urgenza tale da consentire lapplicazione dei commi 1 e 2 dellart. 20 (comma 1 dellart. 22 bis). Loccupazione durgenza disposta con decreto motivato nel quale indicata la determinazione provvisoria della indennit di espropriazione. In difetto di motivazione, il provvedimento si ritiene viziato. Il comma 2 dellart. 22 bis stabilisce che il decreto di occupazione durgenza di cui al comma 1 pu essere emanato ed eseguito in base alla determinazione urgente dellindennit di espropriazione anche per gli interventi di cui alla legge 443/ 2001 nonch quando il numero dei destinatari della procedura espropriativa sia superiore a cinquanta. Invero, la giurisprudenza orientata nel senso che nelle ipotesi di cui al comma 2 la motivazione non sia affatto necessaria, in quanto sarebbe il legislatore ad aver effettuato esso stesso relativamente ad esse la valutazione della sussistenza delle condizioni per procedere alloccupazione durgenza. Il Consiglio di Stato, infatti, ritiene che sia insita nella norma la valutazione che lespletamento del regolare procedimento di determinazione dellindennit di espropriazione in relazione ad un numero elevato di destinatari ritarderebbe eccessivamente leffettiva esecuzione dellesecuzione delle opere. E per vero che lelevato numero degli espropriandi potrebbe essere tale da ritardare leffettivo avvio dei lavori ove nei confronti di ciascuno dovesse seguirsi lordinario procedimento di determinazione dellindennit provvisoria di espropriazione. La valutazione al riguardo compiuta dalla legge in astratto, infatti, oggetto dellamministrazione nella sua valutazione in concreto, in relazione alla specifica situazione considerata, per cui lamministrazione, in relazione al numero di espropriandi, pu decidere di anticipare limmissione nel possesso dei beni espropriandi e rimettere ad una sua scelta tale facolt purch sorretta da adeguata motivazione.
9. La quantificazione dellindennit di espropriazione La disciplina legislativa della quantificazione della indennit di espropriazione stata oggetto di numerosi dibattiti, in quanto volta o meno a rappresentare un serio ristoro del sacrificio imposto al privato espropriato del suo bene, come riconosciuto dalla Corte costituzionale con sentenza n. 5 del 139 1980 ovvero per la sua determinazione con riferimento alle aree edificabili di cui allart. 5 bis del d.l. 333/1992. La Corte costituzionale con sentenza 283 del 1993 ha ritenuto che la disciplina dei criteri di quantificazione dellindennit introdotta dallart. 5 bis fosse rispettosa del canone di adeguatezza allindennit di cui allart. 42, comma 3, Cost., in quanto lindennizzo, pu essere serio, certo, e non pu essere sganciato dal valore venale del bene espropriato. Da ultimo, la Corte europea dei diritti delluomo ha ritenuto che lindennizzo rappresenta un serio ristoro in quanto venga determinato assumendo il riferimento al parametro non gi del mero valore venale, bens il valore effettivo che il singolo bene espropriato ha per il suo proprietario. In particolare, la Corte europea dei diritti delluomo, con la decisione della Grande Chambre 29 marzo 2006, c. Scordino c. Italia, ha condannato la Rep. Italiana per violazione del diritto di propriet garantito dalla Convenzione perch, con le sue leggi, non consentiva un serio ristoro allespropriazione subita, cos realizzando la sistematica violazione di un diritto garantito dalla Convenzione. A seguito di tale pronuncia, la Corte costituzionale, investita della questione di legittimit costituzionale dellart. 5 bis, ha dichiarato lillegittimit costituzionale della norma con la sentenza 348 del 2007, in quanto stata ravvisata la violazione dellart. 117, comma 1, Cost. nella parte in cui impone al legislatore il rispetto dei vincoli derivanti dallordinamento comunitario e degli obblighi internazionali. Inoltre, la Corte ha dichiarato lillegittimit costituzionale anche dellart. 37, comma 1 e 2 del t.u. degli espropri, in quanto vi si riproduceva il testo di cui allart. 5 bis. In particolare, lart. 37 prevedeva che lindennit fosse quantificata in un importo pari alla somma del valore venale e del reddito dominicale, diviso per due e con la decurtazione del 40% (comma 1) sia nel caso in cui lespropriando fosse addivenuto alla cessione volontaria sia nel caso in cui questa non fosse stipulata per fatto a lui non imputabile (comma 2). Invero, il nuovo articolo 37, comma 1, prevede che lindennit di esproprio per le aree edificabili determinata nella misura pari al valore venale e che ridotta del 20% quando lespropriazione finalizzata ad attuare interventi di riforma economico sociale. Tali disposizioni si applicano a tutti i procedimenti espropriativi in corso, salvo quelli in cui lindennit sia stata condivisa, accettata o comunque divenuta irrevocabile. Infine, se si tratta di aree non edificabili, lart. 40 dispone che lindennit vada quantificata in applicazione del criterio agricolo, tenuto conto delle colture praticate e dei manufatti legittimamente esistenti senza valutare le utilizzazioni diverse da quella agricola. Infine, lart. 53 prevede che tutte le controversie relative alla determinazione e corresponsione dellindennit rientrano nella giurisdizione del g.o., mentre quelle relative alla determinazione dellindennizzo sono devolute alla competenza funzionale della Corte dappello.
10. Lart. 43. Lart. 43 la norma di chiusura del sistema espropriativo delineato dal t.u. e detta la disciplina in cui un bene immobile sia stato trasformato e venga utilizzato per scopi di interesse pubblico in assenza di un decreto di esproprio valido ed efficace oppure in assenza di una valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilit (comma 1) e a tale fattispecie la norma equipara quella in cui sia stato annullato giudizialmente latto che ha impresso il vincolo preordinato allespropriazione in base al quale stata dichiarata la p. utilit, ed il decreto di espropriazione (comma 2, lett. a). Nel caso in cui ricorra una delle fattispecie indicate, allamministrazione che utilizza il bene possibile emanare il provvedimento che dispone lacquisizione al suo patrimonio indisponibile e che dispone al proprietario il risarcimento dei danni subiti. Tale provvedimento determina altres il passaggio del diritto di propriet (comma 2, lett. e) e rispettivamente si determina la posizione del titolare del diritto di propriet, un quanto va preclusa la possibilit di configurare lespropriazione c.d. di fatto o indiretta, in quanto lacquisto in capo allamministrazione che utilizza il bene e che lha irreversibilmente trasformato, ritenuta invalida 140 ed inefficace laddove non vi sia un provvedimento funzionalmente preordinato al vincolo impositivo di espropriazione. Invero, lespropriazione di fatto o indiretta, in contrasto con il principio di legalit, ha trovato riconoscimento giurisprudenziale, in quanto vera e propria prassi interna che ha dato luogo a molteplici condanne alla Repubblica italiana da parte della C.e.d.u. per violazione degli obblighi comunitari.??? Pertanto, lart. 43 sembra limitarsi a dettare la disciplina del provvedimento in forza del quale lamministrazione pu divenire proprietaria del bene indebitamente utilizzato e trasformato e, dunque, reca la regola implicita che, in difetto di questo, lamministrazione non ne sia proprietaria, in quanto lespropriazione pu avvenire soltanto nelle forme prescritte dalla legge che richiede lemanazione del provvedimento formale. Invero, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo ha riconosciuto i diritti che integrano i principi generali del diritto comunitario, tra cui lespropriazione che possibile soltanto nelle condizioni previste dalla legge, per cui lespropriazione di fatto o indiretta stata ritenuta in contrasto con il diritto comunitario e cedevoli rispetto ad esso, in quanto laccertamento con forza di giudicato dellaccertamento in capo al soggetto pubblico del diritto di propriet produce leffetto traslativo comunque anche nel caso di pronuncia che ne tenga conto ovvero ne produca gli effetti pratici. Dal comma 3 dellart. 43 emerge che linteresse pubblico allutilizzo del bene e della sua prevalenza rispetto al contrapposto interesse del proprietario ad ottenere la restituzione pu essere espresso dallamministrazione anche nel corso del giudizio instaurato dal proprietario al fine di travolgere il decreto di esproprio. Lamministrazione, infatti, pu richiedere al giudice, per il caso in cui accerti la fondatezza della domanda di annullamento, di disporre soltanto la sua condanna al risarcimento del danno escludendo il suo obbligo alla restituzione del bene senza limiti di tempo. Ove il giudice cos di determini, lamministrazione deve emanare il provvedimento che dispone lacquisizione del bene al suo patrimonio indisponibile, ma solo dopo che al proprietario sia stata corrisposta la somma a lui dovuta a titolo di risarcimento del danno. Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno inizia a decorrere, per il proprietario, dal momento in cui cessa la permanenza dellillecito.
(pagg 724)
Parte 10 Controlli e responsabilit
Capitolo 1 La responsabilit della p.a.
1. Dalla immunit alla responsabilit della p.a. In Italia, come in altri Paesi, ai poteri pubblici stata a lungo riservata una posizione di immunit sul piano della responsabilit. Tra Ottocento e Novecento si progressivamente affermata la responsabilit della p.a. per fatti illeciti, in dipendenza dellaffermazione dello Stato di diritto, mentre negli ordinamenti di Common law tale processo stato attuato prima da parte del legislatore e poi della giurisprudenza laddove, nei sistemi continentali, tale fase evolutiva stata gestita soprattutto dalla giurisprudenza che ha per ritardato il riconoscimento dei mezzi di tutela, soprattutto risarcitoria, a favore dei privati al fine di evitare esborsi monetari da parte dello Stato. In mancanza di una norma di carattere generale relativa alla responsabilit della p.a., la dottrina e la giurisprudenza, risalenti agli anni Settanta del XIX secolo, hanno negato lassoggettabilit dellamministrazione alla responsabilit civile. 141 Invero, si ammetteva la responsabilit dello Stato limitatamente agli atti di gestione privata in cui agiva iure privato rum e, viceversa, quando lo Stato poneva atti c.d. di imperio, godeva di sosta stanziale irresponsabilit. Lostacolo principale al riconoscimento della responsabilit civile della p.a. era rappresentato dalla oggettiva problematicit dei tentativi di applicare la medesima disciplina civilistica incentrata sulla colpa umana alla p.a. Sicch, per superare tale limite, parte della dottrina propose di costruire unautonoma fattispecie di responsabilit di diritto pubblico, disancorata dallelemento soggettivo del dolo e della colpa, prospettandosi come responsabilit obiettiva, fondata sullelemento oggettivo di illegittimit della condotta. La giurisprudenza prevalente ribad, invece, la natura civilistica della responsabilit della p.a., che veniva circoscritta ai danni provocati da attivit materiali non supportate da provvedimenti efficaci. Il dibattito, pertanto, sincentr sul carattere diretto ovvero indiretto della responsabilit della p.a., che per alcuni andava qualificata come diretta in quanto sottoposta alle regole del codice civile relative alla responsabilit per fatto altrui riconosciuta in capo allente pubblico. Con laffermarsi della teoria della immedesimazione organica, alla fine dellOttocento, si cominci a considerare lente pubblico in virt del rapporto organico intercorrente tra dipendente ed amministrazione e, conseguentemente, capace di integrare esso stesso la fattispecie di illecito civile. Di qui il passaggio dalla responsabilit dellamministrazione che viene ritenuta diretta o per fatto proprio, con possibilit per il danneggiato di agire senza difficolt di dover individuare in modo puntuale lagente responsabile allinterno della persona giuridica. Il soggetto agente, pertanto, non ha responsabilit verso lesterno ed chiamato a rispondere soltanto verso lamministrazione attraverso lazione di regresso esperita da questultima.
2. La responsabilit dei funzionari e dei dipendenti pubblici nellart. 28 Cost. Nel 1948, con lart. 28 Cost., ci dettata una norma in tema di responsabilit dellamministrazione e dei suoi agenti. La disposizione costituzionale, infatti, nel suo impreciso tenore letterale, appare chiara nella sua affermazione della natura diretta della responsabilit del funzionario e del dipendente dellamministrazione, per cui soltanto in via sussidiaria o solidale sembrerebbe doversi qualificare come responsabilit indiretta o per fatto altrui. Il collegamento tra responsabilit del funzionario con quella dellente pubblico stabilito dal secondo periodo dellart. 28 Cost con lespressione in tali casi, per cui la responsabilit dellente sussiste soltanto quando vi sia una responsabilit del funzionario in quanto lesclusione della prima impedisce che si verifichi la responsabilit dellente ex art. 28 Cost. Parte della dottrina, considerato il tenore della norma costituzionale, ha fatto riferimento al principio della responsabilit diretta dello Stato e degli enti pubblici di cui agli articoli 113, 103, comma 1, Cost. Lamministrazione ha continuato a ritenersi responsabile verso i terzi, per cui con lintroduzione dellart. 28 Cost. si consentito al terzo danneggiato di citare in giudizio anche lamministrazione pubblica per il risarcimento del danno la cui condanna ovviamente preferita a quella del suo funzionario. Tuttavia, come ha osservato illustre dottrina del tutto evidente che non vantaggioso convenire in giudizio il funzionario, da solo ovvero insieme allamministrazione, perch lazione molto laboriosa e pi incerta di quella che si potrebbe contro lamministrazione, percui il funzionario pu servire solo i casi dominati da movimenti metagiuridici. Del resto, il legislatore ha escluso la possibilit di chiamare in giudizio lagente pubblico, come nel caso della responsabilit dei magistrati ovvero del persona scolastico, per cui lazione proposta contro lo Stato. In caso di condanna della p.a., la giusta riparazione dellidem debitum nei rapporti interni tra agente e soggetto pubblico garantita dallesercizio dellazione di regresso che lente pubblico pu 142 effettuare nei confronti del soggetto agente, non a titolo di responsabilit solidale, bens a titolo di responsabilit amministrativa.
3. La responsabilit delle pubbliche amministrazioni per i danni cagionati dallillegittimo esercizio (o non esercizio) del potere. In particolare: la responsabilit per i danni da lesione dellinteresse legittimo. Una volta riconosciuta la sottoposizione dellamministrazione pubblica al principio di responsabilit, si pone il problema della irrisarcibilit dei danni derivanti dalla lesione degli interessi legittimi. Gi negli anni Sessanta del secolo scorso si posto il problema della individuazione degli esatti confini da attribuire ex art. 2043 c.c. allelemento costitutivo del c.d. danno ingiusto. I punti controversi riguardavano il significato di danno ingiusto, in quanto in dottrina era diffusa lopinione secondo la quale il danno era da considerare ingiusto solo qualora andasse ad incidere su una situazione giuridica soggettiva qualificabile come diritto soggettivo, per cui lazione ed il potere di condanna dellamministrazione al risarcimento del danno era offerta esclusivamente a tutela dei diritti soggettivi. Per linteresse legittimo, invece, si riteneva adeguata la tutela offerta dallannullamento dellatto amministrativo impugnato. Pertanto, mentre il titolare del diritto soggettivo danneggiato da un provvedimento amministrativo aveva due mezzi di tutela,e cio lazione di annullamento del provvedimento e lazione di risarcimento del danno sofferto con lesione del diritto soggettivo. Pertanto, il titolare dellinteresse legittimo aveva a disposizione soltanto lazione di annullamento del provvedimento illegittimo. A partire dagli 60 in dottrina si affermata la tesi secondo cui ingiusto tanto il danno cagionato con lesione dei diritti soggettivi quanto con lesione di interessi legittimi. Tuttavia, a fondo della tesi della irrisarcibilit dei danni derivanti da lesione di interessi legittimi, riposano ragioni di ordine pratico che hanno certamente influenzato le scelte della giurisprudenza nel tradizionale orientamento delle S.U. della Suprema Corte. Alla base di tale orientamento, infatti, ritroviamo la ragione sostanziale relativa alla configurazione dellinteresse legittimo, ricostruito quale situazione di natura puramente processuale quale mero potere di reazione nei confronti del provvedimento illegittimo idoneo a legittimare la preposizione del ricorso giurisdizionale da parte del privato. Anche sotto tale profilo, il problema della risarcibilit del danno da lesione di interesse legittimo viene ritenuta quale situazione giuridica soggettiva avente natura sostanziale e soltanto se a detta situazione sono riconosciuti caratteri che la rendono tale da poter effettivamente soffrire, in caso di lesione, un pregiudizio economico concreto di natura patrimoniale. A seguito dellemanazione della legge 241/ 1990, la giurisprudenza amministrativa ha rafforzato la natura sostanziale dellinteresse legittimo tanto che le lorientamento della Corte di Cassazione si mantenuto contrario alla risarcibilit dei danni da lesione di interessi legittimi in quanto condizionato dallincertezza relativa alla natura ed ai caratteri dellinteresse medesimo. Invero, la ragione sostanziale sulla quale si fondava il tradizionale orientamento della Corte di Cassazione fondava in modo espresso la non risarcibilit dei danni da lesione di interessi legittimi. Infatti, dallart. 2043 c.c. in tema di danno ingiusto si pone a carico di chiunque abbia cagionato ad altri, con dolo o colpa, un danno ingiusto lobbligo di risarcire il danno medesimo, da cui la Cassazione riteneva che per danno ingiusto andava inteso soltanto quello derivante da lesione di un diritto soggettivo. Pertanto, gli eventuali danni patrimoniali derivanti dalla lesione allinteresse legittimo da parte della p.a. non erano considerati idonei a configurare una responsabilit extracontrattuale in tema di danno ingiusto, per cui non si veniva a determinare alcuna obbligazione risarcitoria in capo alla p.a. ed i danni subiti dai privati per effetto di tale lesione erano da considerarsi meri pregiudizi patrimoniali giuridicamente irrilevanti. Sotto il profilo processuale, si riteneva che ingiusto fosse il danno da lesione di interesse legittimo rispetto al quale non vi era alcun giudice fornito di giurisdizione e poteri processuali necessari per 143 pronunciarsi in merito a tale categoria di danno. Il g.a., infatti, non poteva pronunciarsi sulla controversia risarcitoria in quanto privo del potere processuale di condanna della p.a. al risarcimento del danno. Sfuggivano a tale sistema gli interessi legittimi oppositivi, ossia quegli interessi che avevano alla base un interesse sostanziale pre-qualificato dallordinamento come diritto soggettivo, da cui lapplicazione delle teorie dellaffievolimento quale trasformazione del diritto in diritto affievolito e allespansione dei diritti, per cui lannullamento dellatto illegittimo da parte del g.a. faceva riemergere il diritto sostanziale originariamente qualificato. Di qui si aprivano le porte per il risarcimento del danno davanti al giudice ordinario. Il risarcimento, in tal caso, derivava non gi dallinteresse legittimo, bens dal diritto, tanto che il provato era tenuto a svolgere due procedimenti giurisdizionali, uno di fronte al g.a. e laltro di fronte al g.o. Senza alcuna tutela risarcitoria restavano i danni derivanti da lesione degli interessi legittimi pretensivi, mentre erano ritenuti risarcibili le ipotesi recepite dalla direttive in materia di appalti pubblici che rendeva il sistema quanto mai paradossale in quanto i medesimi interessi legittimi risarcibili in materia di appalti pubblici, restavano non risarcibili in altri settori. Il sistema, dunque, si mostrava carente sotto il profilo della pienezza e delleffettivit delle tutele.
4. Levoluzione del dato normativo Il legislatore ha tentato di dare effettivit alla tutela risarcitoria a partire dallart. 35 del d. lgs. 80/ 1998 con il quale disposto che il g.a. nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva disponga anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto. In altri termini, la norma ha inteso innovare il potere di condanna posto a tutela dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi abrogando il comma 5, dellart. 15 della legge 142/ 1992 che prevedeva la devoluzione al giudice ordinario delle controversie relative al risarcimento del danno derivante dallannullamento di atti amministrativi. Con tale norma, dunque, si conferito al g.a. il potere esteso non soltanto alla condanna dellamministrazione al pagamento di somme di denaro di cui risulti debitrice, ma anche alla possibilit di condannare lamministrazione al risarcimento di qualsiasi danno ingiusto anche attraverso la reintegrazione in forma specifica.
5. Levoluzione giurisprudenziale Il d.lgs. 80/ 1998 ed il dato comunitario hanno probabilmente avuto anche il merito di accelerare la svolta che la giurisprudenza stava meditando da tempo e dopo molti decenni la giurisprudenza ha ammesso, con due sentenze del 22 luglio 1999, nn. 500 e 501, la risarcibilit dei danni che derivano dalla lesione di situazioni giuridicamente rilevanti e, quindi, anche di quelle da lesione di interesse legittimo ove ricorrano: a) un concreto ed effettivo pregiudizio per il ricorrente; b) la ingiustizia del danno; c) lelemento soggettivo della colpa e del dolo, non del funzionario bens dellamministrazione intesa come apparato; d) il nesso di causalit tra il danno cagionato e la condotta dellamministrazione. La Suprema Corte ha in tal modo compiuto un percorso evolutivo che, a partire dallart. 2043 c.c. in tema di risarcibilit dei danni ai soli diritti soggettivi, ha ritenuto ingiusto anche il danno conseguente alla lesione di interesse legittimo. In sintesi, nella sentenza 500/ 1999 la Suprema Corte ha attribuito valore di norma primaria allart. 2043 c.c., affermando che il danno ingiusto ove sia leso un interesse giuridicamente rilevante e tale linteresse legittimo il cui danno , dunque, ingiusto in quanto arrecato in assenza di una causa di giustificazione. Successivamente, la Cassazione ha precisato che il danno ingiusto va inteso quello derivante dalla lesione di interessi meritevoli di tutela, per cui occorre riguardare alla condizione necessaria per il 144 risarcimento del danno ex art. 2043 c.c. in quanto lattivit della p.a. determini la lesione dellinteresse al bene della vita al quale linteresse legittimo effettivamente collegato. Pertanto, la lesione dellinteresse legittimo data dalla contemporanea lesione di un diverso bene della vita, che deve meritare tutela e, dunque, questultimo che va risarcito e non gi linteresse legittimo, la cui contemporanea lesione rileva ai fini del risarcimento del danno. Linteresse legittimo , quindi, una situazione sostanziale la cui lesione, secondo la Corte, deve essere sempre risarcibile in quanto essa sia accompagnata da un danno. La Cassazione, allora, ritiene che se linteresse legittimo situazione giuridica soggettiva avente ad oggetto diretto linteresse a un bene della vita che fatto oggetto di esercizio di potere amministrativo, se tale situazione non garantisce in modo costante la realizzazione dellinteresse al bene, allora la lesione a tale interesse potr portare in evidenza soltanto danno risarcibili in quanto si dimostri che al privato spettasse in concreto la realizzazione dellinteresse al bene della vita protetto come interesse legittimo. Di qui la distinzione tra interessi legittimi incondizionatamente risarcibili e quelli risarcibili in presenza di altre circostanze. In particolare, la lesione di interesse legittimo oppositivo ritenuta condizione necessaria e sufficiente per il riconoscimento della risarcibilit del danno ingiusto, che la Cassazione individua in tali ipotesi nel sacrificio dellinteresse alla conservazione del bene. Tali interessi, infatti, fronteggiano alla potest amministrativa che pu legittimamente sacrificare un interesse ad un bene della vita gi rientrante nella sfera giuridica del destinatario, per cui laccertamento di una lesione ad un tal tipo di interesse comporta la spettanza effettiva dellinteresse al bene in capo al privato. Diverso trattamento previsto per gli interessi legittimi pretensivi, in quanto linteresse al bene della vita in tali casi non un mero interesse di protezione della sfera giuridica bens linteresse del soggetto che aspira al rilascio di un provvedimento ampliativo da cui dipende lesercizio del potere amministrativo e dal modo in cui tale potere esercitato deriva laccertamento della illegittimit del provvedimento di diniego che abbia impedito la realizzazione dellinteresse al bene dalla vita. In relazione allaccertamento della spettanza di tale interesse in capo al privato, la Cassazione conclude che la lesione di esso condizione necessaria ma non sufficiente ai fini del risarcimento del danno in quanto occorre accertare la illegittimit del provvedimento di diniego dellatto ampliativo nonch la fondatezza dellistanza presentata dal privato e non accolta dallamministrazione. La Cassazione, dunque, riconosce la risarcibilit dei danni derivanti da lesione degli interessi legittimi pretensivi soltanto nelle ipotesi di attivit amministrative integralmente vincolate, rispetto alle quali consentito al giudice effettuare un giudizio prognostico.
6. Profili processuali La sentenza 500 del 1999 della Corte di Cassazione ha affrontato anche i problemi processuali stabilendo che la controversia relativa alla tutela risarcitoria anche del danno da lesione di interesse legittimo, ove non rientrante nella giurisdizione esclusiva del g.a., rientra in quella del g.o., il quale pu pronunciarsi sulla domanda di risarcimento dei danni da lesione di interesse legittimo senza dover attendere lesito del giudizio di annullamento dellatto, eventualmente instaurato in sede di giurisdizione amministrativa di legittimit. Invero, la legge 205/ 2000 ha successivamente attribuito al g.a. la cognizione delle questioni risarcitorie non solo nelle materie di giurisdizione esclusiva, ma anche nellambito della giurisdizione generale di legittimit. In tal modo il legislatore ha riconosciuto al g.a., nellambito della giurisdizione generale di legittimit, il potere di condannare lamministrazione al risarcimento del danno, e con ci ha adottato unottica di concentrazione innanzi ad un solo giudice dellazione demolitoria con quella risarcitoria. La legittimit costituzionale delle norme che hanno attribuito il potere di disporre il risarcimento al g.a. stata affermata dalla Consulta con la sentenza 204 del 2004, in cui la Corte costituzionale ha 145 precisato che il potere riconosciuto al g.a. di disporre, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto non costituisce una nuova materia attribuita alla sua giurisdizione, bens uno strumento di tutela ulteriore rispetto a quello demolitorio e/o conformativo da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei confronti della p.a. Con tale sentenza, che si riferiva soltanto allart. 7 della legge 205/ 2000 nella parte in cui si sostituisce lart. 35 del d. lgs. 80/ 1998, e dunque soltanto nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva, la Corte ha deciso: a) che lazione risarcitoria affidata dalla legge al g.a. non costituisce una nuova materia ma la risposta adeguata allesigenza di concentrazione; b) che essa rappresenta uno strumento di tutela ulteriore che si aggiunge ai rimedi classici di tipo demolitorio o conformativo; c) che le azioni risarcitorie non sono prese in considerazione dalla norma come nuova materia di giurisdizione esclusiva del g.a. Invero, tale concentrazione consente ad un unico giudice, il g.a., di conoscere sia lillegittimit dellatto sia lilliceit del comportamento. Tale orientamento stato criticato dal g.o. , il quale ha affermato che allorch la controversia non attenga alla legittimit dellesercizio del potere amministrativo, lazione risarcitoria rientra nella giurisdizione generale del giudice civile.. Successivamente, vi stato un nuovo intervento della Corte costituzionale con la sentenza 191/ 2006 che ha confermato che il potere di disporre il risarcimento del danno, riconosciuto al g.a., non d vita ad una nuova materia di giurisdizione esclusiva, per cui la giurisdizione compete al g.o., in quanto il nuovo articolo 35 del d. lgs. 80/ 1998 ha chiarito che lordinamento riconosce anche il potere di risarcire, sia in equivalente che in forma specifica, il danno sofferto per lillegittimo esercizio della funzione. Le S.U. della Cassazione in ben tre ordinane del 2006, infatti, hanno riconosciuto che al g.a. spetta il potere di determinare le forme di tutela per le situazioni soggettive e tra queste il risarcimento del danno. Quanto alla questione del rapporto di autonomia tra azione di annullamento e quella di risarcimento, la legge 205/ 200 ha introdotto una disciplina che sembra ribaltare la sentenza 500/ 1999 della Cassazione, in quanto il nuovo art. 7, comma 3, della legge TAR ha accomunato le questioni risarcitorie agli altri diritti patrimoniali consequenziali, tanto da voler qualificare il diritto al risarcimento del danno quale diritto patrimoniale consequenziale allannullamento del provvedimento ed in ci, appunto, si discosta dalla soluzione processuale proposta nella sentenza del 1999 dalla Cassazione in quanto si reintroduce un rapporto di pregiudizialit tra azione di annullamento ed azione risarcitoria. Il Consiglio di Stato, nel periodo 1998 2000, ha sostenuto che la domanda risarcitoria per lesione di interessi legittimi poteva essere proposta soltanto se latto sia stato tempestivamente impugnato entro in termini decadenziali e che essa poteva essere accolta soltanto se tale provvedimento era stato annullato. La tutela risarcitoria, dunque, si propone in modo autonomo rispetto allannullamento dellatto. Muovendo dalla pregiudiziale amministrativa, dunque, la Suprema Corte intervenuta con tre ordinanze del 2006 con le quali ha riconosciuto lautonomia dellazione risarcitoria rispetto a quella demolitoria, confutando la regola della stessa pregiudiziale amministrativa, in quanto per ammettere il risarcimento del danno occorre verificare soltanto la illegittimit del comportamento dellamministrazione e non necessario annullare latto illegittimo e dannoso, in quanto ci significherebbe restringere la portata della tutela risarcitoria che spetta al privato di fronte alla p.a. Tuttavia, la dibattuta questione della pregiudiziale amministrativa sembra perdurare nel tempo, in quanto il g.a. non pi tenuto a disapplicare gli atti amministrativi non regolamentari e la regola della pregiudizialit troverebbe fondamento: a) nella esigenza di rispettare il principio della certezza delle situazioni giuridiche soggettive di diritto pubblico; 146 b) nella disciplina del termine breve di durata di decadenza per lesercizio dellazione di annullamento ed inoppugnabilit del provvedimento amministrativo che non sia stato tempestivamente impugnato; c) nel divieto di disapplicazione dei provvedimenti amministrativi nei confronti del g.a. Tuttavia, non sempre il provvedimento esiste ovvero rilevante ai fini del risarcimento, per cui la responsabilit del comportamento illegittimo dannoso e lesivo di interesse legittimo pu sorgere anche quando manca il provvedimento e si riguarda al comportamento inerte della p.a. ovvero quando il provvedimento finale venga adottato oltre i termini procedimentali previsti.
7. Colpa della p.a. ed onere della prova La sentenza 500 del 1999 ha portato rilevanti innovazioni anche sotto il profilo soggettivo della responsabilit della p.a., in quanto si ravvisata la necessit di un accertamento della colpa della p.a. non coincidente con lillegittimit del provvedimento n con la colpa individuale del singolo funzionario agente. In particolare, va considerata la violazione delle regole di imparzialit, correttezza e buona fede, il riferimento dalla colpa della p.a. come apparato e la questione dellonere della prova. In realt, le regole di imparzialit, correttezza e buona fede sono poste dalla Cassazione in relazione alla discrezionalit della p.a., in quanto la loro violazione rientra nellambito delleccesso di potere e si traduce in vizio di legittimit. La circostanza, inoltre, che il vizio dellatto sia particolarmente grave determina la configurazione della responsabilit civile della p.a. con funzione sanzionatoria e riparatoria del danno ingiusto. Pertanto, si preferisce riguardare in tale ipotesi al limite sterno della diligenza, in quanto limite estremo della colpa oggettiva della p.a. Tale il riferimento adottato dalla giurisprudenza nel distinguere tra attivit amministrativa illegittima ed attivit illegittima colposa, da cui insieme allannullamento si richiede il risarcimento dei danni. In relazione alla p.a. intesa come apparato si pone il riferimento alla sentenza 500 del 1999 in quanto la sua dimensione soggettiva trova riferimento nellagire in violazione dei principi sopra imputabili od imputabili ad altro ente, per cui si tratta di stabilire se per apparato si intende soltanto lente competente ad adottare il provvedimento ovvero organismi amministrativi che abbiano concorso ad adottare il provvedimento. Con riguardo alla questione dellonere della prova dellelemento soggettivo, la Cassazione ha affermato che lillecito della p.a. segue le regole generali di cui allart. 2043 c.c., per cui grava sul danneggiato la prova degli elementi costitutivi della fattispecie illecita ex art. 2697 c.c. Tale onere pu essere assolto dal privato allegando vizi di legittimit, quali prove indiziarie della colpa della p.a., salva la possibilit per la p.a. stessa di dimostrare lesistenza di un errore scusabile.
8. La natura della responsabilit della p.a. Uno dei limiti attualmente dibattuti in tema di responsabilit della p.a. lindividuazione della natura della responsabilit da lesione di interessi legittimi. La responsabilit per danni arrecati dalla attivit provvedimentale illegittima della p.a. stata inquadrata nellambito dellillecito extracontrattuale. In relazione alla disciplina della responsabilit civile della p.a. derivante da lesione di interessi legittimi, sono da ascriversi tale responsabilit in quanto rientranti nellambito della responsabilit extracontrattuale. In ogni caso, lo schema dellillecito aquiliano non appare del tutto adeguato, in quanto la responsabilit extracontrattuale si caratterizza per lestraneit tra soggetto danneggiante e soggetto danneggiato, che rispetto al provvedimento amministrativo, sono entrambi parti del procedimento amministrativo rispetto al quale sorgono precisi doveri in capo alla p.a. ed interessi legittimi in capo ai privati. 147 Invero il rapporto che sinstaura tra p.a. e privati nellambito del procedimento pi stretto di quello tra le parti di un contratto, in quanto viene in considerazione linsieme dei principi cui la p.a. tenuta a rispettare nella sua attivit. Numerose sono le tesi di recente affacciate in dottrina e giurisprudenza sulla natura della responsabilit, contrattuale ovvero precontrattuale di cui allart. 1337 c.c. Ulteriore dottrina distingue la responsabilit in relazione agli interessi legittimi pretensivi ovvero oppositivi considerati.
9. La quantificazione del danno Breve cenno alla modalit legislativa per la quantificazione del danno da lesione di interessi legittimi. La norma di riferimento lart. 35, comma 2, del d. lgs 80/ 1998 non modificato dalla legge 205/ 2000, che recita nei casi previsti dal comma 1, il g.a. pu stabilire i criteri in base ai quali lamministrazione pubblica o il gestore del pubblico servizio devono proporre a favore dellavente titolo il pagamento di una somma entro un congruo termine. Se le parti non giungono ad un accordo, con il ricorso previsto dallart. 27, comma 1, n. 4), del t. u. approvato con r.d. 1054 del 1924, pu essere chiesta la determinazione della somma dovuta. Dunque, la norma seppure limitata allapplicazione delle controversie rimesse alla giurisdizione esclusiva del g.a., viene estesa dalla dottrina e dalla giurisprudenza anche alle questioni risarcitorie proposte in sede di giudizio generale di legittimit. Pertanto, il g.a. lasciato libero di non quantificare il danno ma di stabilire soltanto i criteri in base ai quali lamministrazione pubblica dovr proporre al danneggiato il pagamento della somma entro un certo termine. Tale interpretazione non convince, in quanto appare difficile che le parti realizzino una composizione amichevole della lite ed appare oscuro altres il ricorso al giudizio di ottemperanza, in quanto la proposta venga formulata dallamministrazione ma non venga ritenuta adeguata o soddisfacente al privato.
Capitolo 2 La responsabilit dei funzionari e dei dirigenti
1. Inquadramento della materia Fin dalla legislazione unitaria si affermata la responsabilit contabile dei soli agenti contabili e non di tutti i dipendenti pubblici. Successivamente, con la legge del 1869 di contabilit di Stato si introdotta la responsabilit amministrativa per tutti i dipendenti dello Stato, per i danni da essi cagionati alle amministrazioni statali di appartenenza. Levoluzione successiva ha allargato tale ambito di soggetti tenuti a rispondere, tra cui i dipendenti e gli amministratori degli enti c.d. parastatali, delle regioni, delle aziende sanitarie e degli altri enti territoriali minori. Pertanto, il presupposto per essere sottoposti a responsabilit amministrativa consiste ad oggi semplicemente nel loro status di amministratori o di dipendenti, mentre per soggetti esterni occorre un legame con lamministrazione che viene denominato rapporto di servizio, ossia una relazione caratterizzata dal tratto di investire un soggetto del compito di porre in essere in vece della p.a. unattivit senza che rilevi la natura giuridica dellatto di investitura. 148 Il giudice della responsabilit amministrativa la Corte dei conti, per cui la delimitazione soggettiva sostanziale della responsabilit amministrativa viene a coincidere con quella processuale. Quanto agli enti pubblici economici, fino al 2003 i loro dipendenti erano sottratti alla giurisdizione della Corte dei conti, ma la Cassazione ha successivamente modificato tale orientamento. Invero, il criterio fondante la giurisdizione della Corte dei conti si spostato dalla qualit del soggetto alla natura del danno e degli scopi perseguiti, per cui risponde di responsabilit amministrativa anche un privato che abbia ottenuto un contributo da un ente pubblico per uno scopo di interesse pubblico.
2. La disciplina della responsabilit amministrativa I vecchi testi normativi si limitavano ad affermare la responsabilit dei dipendenti dello Stato, nellesercizio delle loro funzioni, cagionassero danno allo Stato, per cui si stabiliva il carattere parziario della responsabilit in capo a ciascun dipendente per il fatto dellillecito compiuto da pi persone rispondeva per la parte che vi aveva preso e si attribuiva al giudice il potere di condannare ad una somma inferiore alla misura del danno. Fu obbligato, pertanto, il ricorso alla disciplina della responsabilit civile, in quanto la Corte dei conti si orient dapprima verso il modello di responsabilit contrattuale, valorizzando il rapporto dimpiego corrente tra il danneggiante ed il danneggiato e si configur nel modello della responsabilit contrattuale di perseguire i dipendenti d unamministrazione che avessero cagionato danni a diversa amministrazione, per cui di pubblici dipendenti venivano a rispondere a titolo di responsabilit civile extracontrattuale innanzi al g.o. A met degli anni Novanta il legislatore detta la disciplina della responsabilit amministrativa secondo il modello della responsabilit civile, che si specifica nel comportamento illecito per elemento soggettivo, danno e nesso di causalit- Elementi differenziali riguardano linsindacabilit nel merito delle scelte discrezionali, la responsabilit che viene limitata al dolo ed alla colpa grave nonch al danno che deve essere quantificato tenendo conto dei vantaggi comunque conseguiti dallamministrazione o dalla comunit amministrata ed il danno diventa risarcibile anche se provocato ad amministrazioni diverse da quelle di appartenenza. Della previgente disciplina resta il carattere personale della responsabilit, in quanto ciascuno risponde per la parte che vi presta nei comportamenti dannosi. Inoltre stato conservato il potere riduttivo derivante dalla condotta illecita rispetto alla misura del danno cagionato ed stato chiarito che il diritto al risarcimento del danno si prescrive in cinque anni. Quanto alla insindacabilit nel merito delle scelte discrezionali, la Corte costituzionale ha chiarito che il danno subito dallamministrazione determinato con la relativa sentenza di condanna che diventa costitutiva del debito risarcitorio. Recentemente, la giurisprudenza ha affermato che le scelte discrezionali possono essere valutate sotto i profili di legittimit utilizzando le figure sintomatiche di eccesso di potere e valutando la condotta dannosa alla luce dei principi di cui allart. 1 della legge 241/1990. Tre sono, in astratto, le funzioni che caratterizzano qualsiasi tipi di responsabilit, e cio la sanzione dellillecito, il risarcimento del danno, la dissuasione o prevenzione dal commettere ulteriori illeciti. Nella responsabilit amministrativa prevale il terzo profilo funzionale, in quanto essa serve a scoraggiare coloro che impiegano risorse pubbliche dal commettere illeciti. Alla luce della nuova disciplina emerge ormai una sola disciplina sia per gli agenti contabili sia per tutti gli altri soggetti che danneggiano lamministrazione, in quanto soggetti legati per il loro status di amministratori o dipendenti ovvero per rapporto di servizio.
3. Il c.d. condono erariale Con la legge finanziaria del 2006 stato introdotto listituto del c.d. condono erariale, per cui coloro che sono stati condannati con sentenza da parte della Sezione regionale della Corte dei conti possono chiedere durante il processo di appello che la controversia sia definita mediante pagamento 149 di una somma non inferiore al 10% e non superiore al 20% del danno quantificato nella sentenza impugnata. La Sezione centrale di appello, dopo aver sentito il P.M., delibera con decreto assunto in camera di consiglio sulla richiesta di condono e, in caso di accoglimento, determina la somma dovuta in misura non superiore al 30% del danno quantificato nella sentenza di primo grado, stabilendo il termine per il versamento. Il giudizio di appello viene concluso dopo il deposito della ricevuta di versamento della somma stabilita presso la Segreteria della sezione della Sezione di appello. Il condono pu essere richiesto soltanto se la condotta illecita antecedente allentrata in vigore della legge, e cio al 1 gennaio 2006. In riferimento a tale istituto, la Corte costituzionale ha rigettato le sollevate questioni di legittimit costituzionale affermando che le disposizioni sul condono erariale richiedono che il giudice camerale valuti tutti gli elementi desumibili dallaccertamento dei fatti gi compiuti in sede di sentenza di primo grado, per cui al giudice contabile viene riconosciuto un potere pi ampio nel valutare se rigettare o meno la richiesta di condono. Inoltre, la Corte costituzionale ha ribadito che il condono erariale non comporta alcuna deroga al sistema della responsabilit amministrativa e non produce alcun effetto premiale, in quanto dovuto dai responsabili in base alle norme proprie del sistema di responsabilit amministrativa. Pertanto, dalle affermazioni della Corte emerge il proprium della responsabilit amministrativa, in quanto lintero danno subito dallamministrazione non di per s risarcibile e costituisce soltanto il presupposto per il promuovimento da parte del P.M. dellazione di responsabilit. Il danno risarcibile, infatti, dipende soltanto dalla valutazione discrezionale ed equitativa del giudice contabile. In relazione al danno provocato ed al danno risarcibile si distingue tra responsabilit amministrativa e responsabilit civile, per cui il condono erariale non modifica il sistema della responsabilit amministrativa in quanto per richiedere il condono si richiede che la condotta illecita sia antecedente alla entrata in vigore della legge che disciplina listituto. La Corte dei conti, a sua volta, ritiene che tale istituto sia finalizzato allo snellimento del processo di accertamento della responsabilit amministrativa con eliminazione della fase di appello e nel reperimento immediato delle risorse finanziarie. Di qui risulta il profondo contrasto tra orientamento della Corte costituzionale e quello della Corte dei conti, in quanto si riguarda in modo differente alla responsabilit amministrativa.
4. La responsabilit dirigenziale Ai sensi dellart. 5 del d. lgs. 286/ 1999, gli esiti dei controlli interni sulla gestione amministrativa costituiscono la necessaria premessa per lattivit di valutazione dei dirigenti, per cui si prevede che lesito negativo della valutazione costituisce presupposto per lapplicazione delle misure di cui allart. 21, commi 1 e 2 del decreto 29 in materia di responsabilit dirigenziale. Lart. 21 del d. lgs. 165/ 2002, modificato dalla legge 145/ 2002, prevede ora che il mancato raggiungimento degli obiettivi ovvero linosservanza delle direttive imputabili al dirigente determina limpossibilit di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale, fatta salva la possibilit, a seconda della gravit dei casi, della revoca dallincarico del dirigente incorso in responsabilit ovvero del recesso dal rapporto di lavoro, nei casi di maggiore gravit, secondo le disposizioni del contratto collettivo di lavoro. Tuttavia, mentre la responsabilit per mancato raggiungimento degli obiettivi considerata fattispecie tipica della responsabilit dirigenziale, dubbia la ricostruzione della responsabilit dirigenziale per inosservanza delle direttiva, la quale si avvicina alla responsabilit disciplinare. Invero, la responsabilit dirigenziale non sorge dalla violazione di canoni normativi di comportamento, ma dalla verifica dei risultati prodotti nel settore organizzativo cui il dirigente preposto. 150 Pertanto, laccertamento dellavvenuta integrazione della fattispecie di responsabilit dirigenziale deve scaturite da procedure di valutazione precedentemente descritte, da cui dipender la decisione di responsabilit dirigenziale in quanto espressa sulla base di valutazioni oggettive formulare da organismi tecnici. Infine, appare condivisibile la tesi che riconduce la responsabilit dirigenziale nellambito della responsabilit contrattuale, per cui, salvo verificare se lavente diritto alla prestazione possa considerarsi lorgano politico ovvero altra figura soggettiva, certamente le obbligazioni assunte dal dirigente sono delimitate dalle direttive imposte dallorgano di governo ed alle condizioni stabilite dalla legge e specificate dai contratti. Pertanto, la valutazione dei dirigenti un momento logicamente distinto dallattivazione del meccanismo di responsabilit sulloperato degli stessi. Tale sistema di responsabilit incide sul rapporto dufficio che lega il titolare dellufficio e la figura soggettiva titolare del diritto alle prestazioni lavorative della persona fisica. Tale fattispecie non appare facilmente riconducibile nellambito della responsabilit oggettiva, in quanto il dirigente non ha i mezzi per far fronte al rischio dellesercizio dellazione amministrativa n dispone di tutti i mezzi necessari per prevederlo e prevenirlo.