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Non sempre diritto e società vanno d’accordo e questo ha indotto gli studiosi a porsi un
interrogativo importante: “NELLE ORGANIZZAZIONI UMANE COMPLESSE, COMPOSTE
DA UN NUMERO PARTICOLARMENTE ELEVATO DI INDIVIDUI, VIENE PRIMA IL
DIRITTO O LA SOCIETA’?”. A questa domanda ci sono determinate teorie:
● ISTITUZIONALISMO: la società viene prima delle regole giuridiche, quindi gli
esseri umani interagiscono dando vita a strutture umane più o meno complesse,
intrattengono una serie di relazioni non necessariamente economiche.
● NORMATIVISMO: viene prima la norma giuridica e per effetto si sviluppa un
determinato assetto sociale caratterizzato da un ragionevole equilibrio.
Questa è una contrapposizione radicale, è una contrapposizione che nella realtà dei fatti non
trova riscontro, in realtà entrambe le teorie hanno punti di ragione e punti di torto;
bisognerebbe coniugarle e riconoscere che in realtà un fenomeno sociale complesso nasce
dall’incontro da diritto e rapporti sociale.
c’è una corrente di pensiero “L’ANARCHISMO” che ha come nozione fondamentale
l’avversione nei confronti del potere, che i rapporti individuali debbano essere regolati da
corpi, meccanismi di cooperazione tra individui e non per effetto di un potere che dall’alto
stabilisce le norme da rispettare nello svolgimento di queste relazioni.
Se una società non è in grado di autoregolarsi attraverso dei modelli di comportamento che
nascono sulla base di accordi tra i consociati anche in base a rapporti di solidarietà tra le
persone allora bisogna concedere più o meno spazio al diritto oggettivo = norme giuridiche.
La nostra categoria di riferimento è il diritto positivo però in qualche modo anche il diritto
naturale, soprattutto a livello internazionale, aiuta i singoli Stati ad avvicinarsi a sistemi
normativi un po’ più democratici e rispettosi dell’autonomia e della dignità delle persone.
Per capire se il diritto positivo, deve rispettare la Costituzione, quindi occorre interrogare la
costituzione per capire se tutte le norme che si sono formate in questo periodo.
Quindi in un ordinamento caratterizzato da una Costituzione che è la FONTE SUPREMA,
L’ATTO NORMATIVO FONDAMENTALE DI QUELLO STATO più che porci una domanda di
giustizia o meno di una norma giuridica ci si deve interrogare sulla legittimità di queste.
Diritto oggettivo= insieme di norme giuridiche;
Diritto positivo= insieme di norme giuridiche vigenti all’interno di un determinato Stato.
All’interno della società si è detto che operano tante regole e non solo regole giuridiche.
La regola è quella cosa che definisce un modello di comportamento, pone in correlazione
quindi un rapporto di causalità tra causa ed effetto.
Oltre alle regole giuridiche, ci sono anche:
● Regole sociali in senso lato: regole non scritte ma sono piccoli gesti che servono
per rendere pacifico i rapporti
● Regole morali che hanno fondamentalmente una dimensione interiore che ci
pongono davanti alla nostra coscienza che ci permettono di vivere pacificamente
all’interno della società.
● Regole di matrice religiosa che però vengono rispettate da chi si riconosce come
appartenete ad una certa comunità religiosa e che per questa ragione sono tenuti a
uniformarsi a determinati modelli di comportamento.
In questo insieme ampio di regole sociali che vengono rispettate e violate all’interno della
società se ne distinguono alcune che vengono definite REGOLE GIURIDICHE o NORME
GIURIDICHE.
La norma giuridica al pari di qualsiasi regola mette in correlazione di causa ed effetto, quindi
può essere definita come uno schema di qualificazione che descrive un rapporto di causalità
con Il fine di prescrivere un certo modello di comportamento perché in caso di deviazione di
questo si subiscono determinate conseguenze.
Queste regole vengono distinte dalle altre per TRE caratteristiche:
● ESTERIORITA’: essa si applica nei rapporti tra persone, quindi il diritto ha natura
relazionale, la norma giuridica investe rapporti/relazioni tra più persone. Mentre una
norma morale impegna ognuno di noi a livello di coscienza.
● GENERALITA’ E ASTRATTEZZA: la norma descrive nei suoi elementi costitutivi
quel comportamento la cui inosservanza comporta determinate conseguenze (se A
allora B). Il comportamento viene descritto in modo generale e astratto, non si fa
riferimento ad una specifica persona così da rispettare un principio fondamentale in
tutte le società che vogliono vivere in pace: PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA. Tale
principio permette il pari trattamento giuridico di situazioni omogenee, tutti noi siamo
eguali davanti alla legge e per essere tali è necessario che la norma sia generale
astratta.
eccezioni = LEGGI PROVVEDIMENTO
Due esempi di norme generali e astratte:
● Art 2043 del Codice Civile: “Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona
ad altri un danno ingiusto obbliga colui che lo ha commesso a risarcire il
danno”.
NESSO EZIOLOGICO: bisogna dimostrare che davvero quell’azione dolosa o
colposa abbia causato quel danno.
● Art 624 del codice penale: “chiunque si impossessa del bene mobile altrui
sottraendolo a chi lo detiene al fine di trarne profitto per sé o per altri viene
punito con…”. Il giudice e i pubblici funzionari con la norma generale astratta
fanno la cosiddetta SUSSUNZIONE: confrontano il caso concreto della vita
con la norma generale e astratta.
● COATTIVITA’: la violazione di una norma giuridica è assistita da una sanzione, ma
non una sanzione qualsiasi ma da una sanzione coattiva cioè sanzione quale
conseguenza negativa che colpisce il singolo trasgressore nella sfera patrimoniale o
personale anche contro la sua volontà.
Esistono anche norme giuridiche prive di sanzione, prendiamo l’articolo 1 “la capacità
giuridica si acquista al momento della nascita”.
Laddove non c’è sanzione allora c’è una NORMA GIURIDICA CHE QUALIFICA IN TERMINI
GIURIDICI UN DETERMINATO COMPORTAMENTO O UNA CERTA SITUAZIONE.
Ci sono anche norme promozionali che incoraggiano ad assumere certi comportamenti per
ottenere determinati comportamenti.
In una società non tutte le regole sono norme giuridiche e non tutte le norme giuridiche sono
norme di diritto penale, cioè non tutte le norme che si applicano all’interno della società
prevedono il carcere, una multa…
La presenza del diritto oggettivo all’interno di una società è variabile a seconda di una serie
di elementi, sicuramente nelle società dove c’è una maggiore consapevolezza dei principi di
convivenza civile c’è meno bisogno di diritto. La società ricorre ad una massiccia presenza
del diritto positivo quando si constata che le persone spontaneamente non si uniformano alle
regole di comportamento.
LEZIONE 2: Fonti del Diritto
MODALITA’ DI PRODUZIONE DELLE NORME GIURIDICHE: quando si parla di produzione
di norme giuridiche si parla di FONTI DI PRODUZIONE DEL DIRITTO, invece quando si
parla di nascita, produzione di norme giuridiche si parla di qualcosa che viene identificato
come FONTE DI PRODUZIONE DEL DIRITTO OGGETTIVO.
La scelta delle parole non è casuale:
● La fonte è qualcosa da cui promana qualcos’altro: le norme giuridiche prodotte dalla
Legge, la Legge fonte di produzione del diritto. Definizione: LE FONTI DI
PRODUZIONE DEL DIRITTO SONO QUEI FATTI O ATTI AI QUALI
L’ORDINAMENTO RICONOSCE L’ATTITUDINE A PRODURRE NORME
GIURIDICHE per evitare che ci sia il caos, per evitare che qualcuno si vada ad
arrogare il potere di produrre norme giuridiche. Il termine fonte viene usato anche in
altri due casi per denotare qualcosa di diverso rispetto alle fonti di produzione su cui
ci soffermeremo:
● Fonti SULLA produzione del diritto: sono atti che identificano soggetti e procedure
per la produzione di regole giuridiche. Infatti, Non sono fonti quindi che producono
norme giuridiche destinate a trovare applicazione nei rapporti tra i privati, sono fonti
che regolano i meccanismi di produzione del diritto.
● Fonti di COGNIZIONE del diritto: bisogna conoscere il diritto oggettivo per
rispettarlo, è uno dei pilastri dello Stato liberale di diritto e si ricollega al valore
fondamentale della certezza del diritto. La norma giuridica abbina una conseguenza
giuridica ad un certo comportamento. Quindi un soggetto sa’ che se si comporta in
un determinato modo subirà determinate conseguenze, perciò ognuno di noi
quando decide di porre in essere determinati comportamenti fa una valutazione
anche sulle implicazioni di queste condotte, infatti il soggetto deve anche sapere che
cosa perderà.
Noi abbiamo uno stato che produce norme giuridiche perché ci siamo resi conto che senza
un’autorità che produca diritto oggettivo ci sarebbe il caos, ci sarebbe la guerra di tutti contro
tutti e alla fine troverebbe applicazione la regola del più forte a danno non solo dei più deboli
ma della sopravvivenza della stessa società; quindi ognuno di noi rinuncia a quote più o
meno significative delle proprie libertà per consentire ad un soggetto provvisto di potere di
regolare i comportamenti individuali e le relazioni intersoggettive. Noi tutti accettiamo queste
limitazioni non solo per esse trovano applicazione egualmente per tutti; principio di
eguaglianza davanti alla legge, ma anche perché veniamo messi nelle condizioni di
conoscere quelle regole.
In uno Stato di Diritto in cui l’autorità non può abusare del proprio potere e per mantenere il
patto tra autorità e libertà, tra Stato e consociati, è necessario che il valore della certezza del
diritto sia garantito attraverso le FONTI DI COGNIZIONE, le quali permettono alle persone di
essere a conoscenza delle norme giuridiche CHE LE RIGUARDANO.
Gli strumenti che permettono a ognuno di noi di conoscere il diritto oggettivo:
● LA GAZZETTA UFFICIALE della Repubblica italiana è un periodico all’interno del
quale vengono riportate le leggi e tutti gli altri atti normativi della Repubblica italiana.
La pubblicazione sulla gazzetta ufficiale è necessaria affinchè una legge entri in
vigore. La Gazzetta ufficiale serve a farci conoscere la norma giuridica, quindi lo
Stato può pretendere dai suoi consociati la conoscenza del diritto solo nel momento
in cui i vari atti normativi vengono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale.
● BOLLETTINI UFFICIALI propri di ogni regione, questi sono le fonti di cognizione
delle leggi regionali. Si ha contezza delle leggi regionali accedendo ai bollettini
ufficiali.
Perchè è così importante la conoscenza del Diritto? Non ci si può sottrarre dalla
responsabilità giuridica ignorando la presenza della norma giuridicama con l’unica
eccezione: “L’IGNORANZA DELLA LEGGE NON SCUSA SALVO CASO DI ERRORE
SCUSABILE”. Questo esempio ci porta concludere che noi dobbiamo diligentemente
conoscere il diritto ogni volta che decidiamo di intraprendere una certa attività complessa o
semplice.
L’atto è un foglio di carta che attesta la volontà di un soggetto di produrre norme giuridiche,
la Costituzione è un atto che produce norme giuridiche in quanto volontà dell’assemblea
costituente di fissare proprio quelle norme giuridiche. Una legge del Parlamento è un atto,
un foglio di carta che contiene delle frasi che sono norme giuridiche in quanto espressione
della volontà del parlamento di produrre diritto oggettivo ed è autorizzata dalla
Costituzione a produrre norme giuridiche.
Però anche i fatti a certe condizioni possono portare a costituire norme giuridiche; i fatti
sono situazioni/circostanze oggettive che se soddisfano determinati requisiti possono
produrre norme giuridiche rilevanti obbligatorie/cogenti/coattive.
La più nota fonte/fatto del diritto è la cosiddetta CONSUETUDINE, la quale per essere fonte
del diritto deve possedere due elementi costitutivi:
● ELEMENTO MATERIALE: ripetizione costante e uniforme nel tempo dello stesso
comportamento da parte della stragrande maggioranza dei consociati
● ELEMENTO PSICOLOGICO/MORALE: convincimento interiore dell’obbligatorietà
giuridica di quella condotta. Quando quel comportamento viene ripetuto nel tempo
dalla stragrande maggioranza delle persone, quelle persone devono essere convinte
di agire così perché lo impone il diritto oggettivo
Le varie fonti del diritto quindi NON SONO STATE COLLOCATE IN MANIERA
ARBITRARIA NELLA STRUTTURA PIRAMIDALE, il regolamento del governo sta sotto la
legge del parlamento proprio per quei due parametri che si sono indicati in precedenza.
Torniamo ora alle CONSUETUDINI: la differenza tra la consuetudine e le altre fonti del diritto
è che la consuetudine è una FONTE FATTO, è un comportamento replicato in maniera
omogenea nel tempo e sorretto dal convincimento interiore dell’obbligatorietà giuridica di
quei modelli di comportamento.
Le altre sono tutte fonti atto rispetto alle quali il popolo può esercitare un controllo. Nel caso
della consuetudine queste garanzie non ci sono.
l’Italia come la Francia, la Germania, la Svizzera, la Spagna appartiene alla famiglia degli
ordinamenti di CIVIL LAW che risentono in maniera massiccia dell’ordinamento romano e
una delle conseguenze è appunto atti che producono norme giuridiche rispetto ai quali il
giudice esercita esclusivamente una funzione interpretativa e mai creativa.
Nel Regno Unito siamo in presenza di un ordinamento di Common law dove la
consuetudine ha un ruolo fondamentale/primario; gli stessi giudici attraverso le loro sentenze
producono diritto, ciò non significa che la certezza del diritto non sia considerata. Le
consuetudini nel Codice Civile si trovano indicate come USI LOCALI, altro sono le
consuetudini costituzionali che servono a colmare delle lacune del testo costituzionale.
Riassumendo: nell’ordinamento italiano le fonti del diritto sono ordinate a sistema, c’è una
struttura piramidale che determina una serie di relazioni tra le diverse fonti.
LEZIONE 3: Fonti del Diritto -> Antinomie
Si è visto che una delle criticità associata al pluralismo delle fonti deriva dal fatto che lo
stesso caso della vita sia disciplinato in modo opposto da due distinte fonti e questa
contraddizione tra fonti del diritto viene definita come ANTINOMIA TRA LE FONTI DEL
DIRITTO.
Le antinomie tra fonti sono la conseguenza quasi inevitabile di un ordinamento che accetta il
pluralismo delle fonti. Il fatto che ci siano delle antinomie non impedisce al diritto oggettivo di
svolgere la propria funzione di ordine, di pace all’interno della società perché nel sistema
delle fonti del diritto esistono delle regole o criteri che permettono di risolvere queste
antinomie.
Le antinomie ci sono e affinchè il diritto possa funzionare in modo efficiente è necessario che
vi siano delle regole che a loro volta decidono quale delle due fonti in contrasto prevalga
rispetto all’altra.
I criteri di risoluzione/composizione delle antinomie sono 3:
● ANTINOMIA VERTICALE: Più ci si avvicina al vertice e più ci si avvicina a fonti di
rango più elevato, più forti quindi in un’eventuale contrapposizione con altre fonti;
quindi la struttura piramidale si basa sulla gerarchia, sul fatto che ci siano fonti di
rango diverso. Questo ci porta ad intuire il primo criterio di composizione delle
antinomie: quando c’è UN’ANTINOMIA VERTICALE, quando la contrapposizione è
tra fonti collocate su ripiani diversi, allora si applica il CRITERIO GERARCHICO:
QUESTA ANTINOMIA QUINDI SI RISOLVE SECONDO LA FONTE
GERARCHICAMENTE SOVRAORDINATA.
● ANTINOMIA ORIZZONTALE: In un ordinamento caratterizzato da una pluralità di
fonti, considerato che sullo stesso gradino ci possono essere anche più fonti di
natura diversa allora un’antinomia potrebbe anche essere orizzontale. Si parla di
ANTINOMIA ORIZZONTALE quando le fonti sono dislocate sullo stesso piano. In
questi casi si applica il CRITERIO CRONOLOGICO O DELLA SUCCESSIONE
DELLA LEGGE NEL TEMPO: tra due fonti collocate sullo stesso piano DI REGOLA
prevale la fonte più recente. Questo accade per due ragioni:
○ La società cambia, i rapporti sociali/economici/culturali mutano nel tempo così
come anche la tecnologia e la scienza e quindi la legge tende ad
assecondare queste trasformazioni per cui per poter dare una risposta
adeguata ai problemi che si possono materializzare in una società in continua
evoluzione è indispensabile che chi produce norme giuridiche possa produrre
norme applicabili a quella situazione che è mutata rispetto al passato.
○ IL CRITERIO CRONOLOGICO CONSENTE ALLA NUOVA MAGGIORANZA
DI POTER REALIZZARE IL PROPRIO PROGRAMMA DI GOVERNO. Se il
criterio cronologico non esistesse o se fosse rovesciato a favore della legge
più vecchia: io vinco le elezioni, ma so’ che se faccio delle leggi prevalgono le
leggi della vecchia maggioranza… non avrebbe senso.
● CRITERIO DI SEPARAZIONE DELLE COMPETENZE. La Costituzione in alcuni casi
riserva a determinate fonti del diritto la disciplina di una certa materia, e quando
agisce in questo modo va a creare una sorta di monopolio per quella fonte. La
Costituzione quindi dice che quella materia può essere disciplinata esclusivamente
da quella fonte perché si ritiene che quella fonte sia competente a regolare quella
materia.
Una volta che però ci si trova difronte ad una antinomia tecnicamente come si procede?
CRITERIO GERARCHICO: nei rapporti tra la Costituzione e le fonti primarie il criterio
gerarchico prende il nome di PRINCIPIO DI COSTITUZIONALITA’ nella quale avviene
l’annullamento della fonte primaria mantenendo il predominio la costituzione; nei rapporti
tra le fonti primarie e le fonti secondarie il criterio gerarchico prende il nome di PRINCIPIO
DI LEGALITA’.
- PRINCIPIO DI COSTITUZIONALITÀ in quale indica a che in quegli ordinamenti in
cui esiste un sistema di giustizia costituzionale la fonte primaria può essere annullata
da un apposito giudice; quindi negli ordinamenti in cui esiste un custode della
costituzione e quindi un organo che garantisce la supremazia della Costituzione
rispetto alle altre fonti del diritto allora il rimedio all’antinomia verticale quindi alla
violazione del principio di costituzionalità, è L’ANNULLAMENTO da parte di questo
giudice della fonte primaria.
- IL PRINCIPIO DI LEGALITÀ viene violato quando una fonte secondaria è in
contrasto con una fonte primaria, In questi casi il giudice amministrativo può
ANNULLARE il regolamento in contrasto con la fonte primaria.
- CRITERIO CRONOLOGICO: si dice che quando una legge nuova subentra una
legge vecchia e quindi l’antinomia viene risolta a favore della legge nuova si ha il
cosiddetto fenomeno della ABROGAZIONE: e c sono 3:
- ESPRESSA o ESPLICITA quando la nuova norma indica esattamente la
vecchia norma che si intende abrogata
- TACITA che si ha quando vi è incompatibilità tra la nuova norma e la vecchia;
incompatibilità non significa che la nuova norma dice espressamente che il
vecchio articolo è stato abrogato però l’operatore del diritto confrontando le
due norme individua una antinomia che viene risolta a favore della norma più
vicina a noi dal punto di vista temporale.
- IMPLICITA che si ha quando una nuova disciplina organica sostituisce una
vecchia disciplina (entra in vigore un nuovo testo unico in materia di lavoro
che va a sostituire il vecchio).
È importante sapere quindi che l’ABROGAZIONE è la sanzione che colpisce la vecchia
legge per dare spazio alla nuova legge; quando UNA NORMA VIENE ABROGATA NON È
CHE È IN CONTRASTO CON LA COSTITUZIONE perché infatti l’incostituzionalità è un
vizio che affligge una fonte primaria in contrasto con la costituzione.
Il fenomeno della successione delle leggi nel tempo ci interessa di più dal punto di vista della
RETROATTIVITA’ DELLA LEGGE: la legge disciplina anche casi che si sono verificati
anche prima della sua entrata in vigore, una legge (fonte) è retroattiva quando si occupa
anche di situazioni che si sono consumati prima della sua entrata in vigore.
Perché la retroattività della legge può essere un problema?
Le cosiddette PRELEGGI che sono le disposizioni sulla legge in generale e che furono
approvate contestualmente al Codice Civile nel 1942 sanciscono un principio di civiltà
giuridica: “LE LEGGI SI APPLICANO SOLTANTO PER IL FUTURO”. Quindi la retroattività
delle leggi è un fenomeno che contraddice questo principio di civiltà giuridica.
NELL’ORDINAMENTO ITALIANO SONO AMMISSIBILI LEGGI RETROATTIVE?
abbiamo prima citato le preleggi che sono state adottate con un decreto legislativo, le quali
come abbiamo detto indicano che le leggi possono disciplinare solo il futuro. Quindi le
preleggi impongono un divieto di retroattività delle leggi. Cerchiamo di collocare le leggi e le
preleggi nel sistema piramidale: le leggi come abbiamo detto sono fonti primarie e le
PRELEGGI che sono state adottate con un atto avete forza di legge da parte del Governo?
TRA LE FONTI PRIMARIE, perché il decreto legislativo è una fonte primaria.
PRELEGGI NON SONO FONTI A COMPETENZA RISERVATA, NON HANNO UN
MONOPOLIO NEL DISCIPLINARE LE FONTI DEL DIRITTO, quindi quel divieto di
retroattività stabilito dalle preleggi non si può applicare a tutti gli atti legislativi successivi al
1942, perché quegli atti prevarrebbero in virtù del criterio cronologico. ((Quale può essere la
conclusione di questo ragionamento? Tutte le leggi possono essere retroattive se le cose
stanno così. )) Facciamo un ulteriore passo in avanti: quale fonte allora alla luce delle cose
che abbiamo già detto avrebbe la forza di vietare il fenomeno della retroattività delle leggi?
LA COSTITUZIONE, perché la costituzione è fonte di rango gerarchicamente sovraordinato
alla legge e quindi può vietare leggi retroattive. Allora se l’irretroattività delle leggi è un
principio di civiltà giuridica noi ci aspetteremmo di trovare in costituzione il recepimento di
questo principio, ma di fatto così non è. LA PRIMA CONCLUSIONE ANCHE SE PARZIALE
È CHE LA COSTITUZIONE ITALIANA NON STABILISCE UN DIVIETO GENERALE
VERSO LE LEGGI RETROATTIVE. L’ARTICOLO 25 della Costituzione afferma qualcosa di
molto importante “Nessuno può essere punito se non in forza di una Legge che sia entrata in
vigore prima del fatto commesso”. L’articolo 25 si riferisce al diritto penale e ci dice qualcosa
di semplice: io posso essere condannato per un reato (illecito penale) solo se quando ho
posto in essere quel comportamento, quel comportamento era qualificato dalla legge come
reato altrimenti vado assolto.
In pratica la Costituzione ci sta dicendo che le leggi retroattive sono ammesse in Italia ma
mai in materia penale e mai per le norme penali incriminatrici. LE NORME PENALI
INCRIMINATRICI NON POSSONO MAI ESSERE RETROATTIVE mentre LE NORME
PENALI DI FAVORE SI APPLICANO SEMPRE RETROATTIVAMENTE.
I regolamenti dell’UE, cioè quegli atti che pongono norme giuridiche immediatamente
applicabili negli ordinamenti tendono a prevalere addirittura sulle norme costituzionali fatti
salvi i principi supremi, che sono detti CONTROLIMITI ALL’INGERENZA del diritto dell’UE
nel nostro stato.
LEZIONE 4: Costituzione
Quando si parla di diritto oggettivo si fa riferimento allo Stato, che ha una serie di potere tra
cui quella di produrre norme giuridiche.
Quando una entità/una organizzazione può essere qualificata come Stato? LO STATO E’
UNA ORGANIZZAZIONE GIURIDICA COMPLESSA, COSTITUITA DA TRE ELEMENTI
COSTITUTIVI:
● TERRITORIO: è una porzione del Pianeta Terra delimitato da confini all’interno del
quale il popolo instaura una serie di relazioni e soprattutto è subordinato al diritto
oggettivo definito da un apparato pubblico che governa quello Stato. Non c’è scritto
da nessuna parte il minimo di superficie di territorio e non necessariamente deve
essere tutto insieme; per territorio si intende anche il mare territoriale quindi quella
parte di mare che si prolunga dalla costa entro le 12 miglia marine. È importante che
ci siano dei CONFINI POLITICI.
● POPOLO: insieme dei cittadini dello Stato. A volte la parola popolo viene sostituita
dal termine Nazione, ma in realtà non è così in quanto LA NAZIONE È una realtà
comunitaria che evoca le stesse tradizioni, stessa lingua, stessa storia, stesse
abitudini. POPOLO E NAZIONE NON SONO LA STESSA COSA! Ulteriore
precisazione: POPOLO E POPOLAZIONE NON SI RIFERISCONO ALLO STESSO
CONCETTO. La popolazione descrive l’insieme di coloro che in un determinato
momento storico dimorano all’interno di uno Stato, indipendentemente dalla
cittadinanza. La popolazione si calcola con il censimento e quindi anche gli stranieri
che dimorano in quel momento nello Stato vengono conteggiati.
● GOVERNO: per governo non si intende l’organo esecutivo ma si fa riferimento al
complesso apparato istituzionale che fa funzionare lo Stato; se pensiamo
all’esperienza italiana per governo si intende il parlamento, il governo, il presidente
della repubblica, le regioni, i comuni.
Se manca anche solo uno di questi tre elementi costitutivi allora quella organizzazione
giuridica complessa non può essere qualificata come Stato.
La cittadinanza è quella qualità che lega una persona ad uno Stato, lo status civitatis,
quella condizione che permette al soggetto di esercitare una serie di diritti soprattutto di
natura politica. Mentre tutti indipendentemente dalla cittadinanza sono egualmente titolari
dei diritti fondamentali della tradizione liberale ad eccezione di uno (la libertà di circolazione).
CASO ITALIANO: secondo la legge italiana la regola è lo ius sanguinis, quindi è cittadino
italiano per nascita colui che se anche è nato al di fuori del territorio italiano abbia almeno
uno dei genitori italiano. Si prescinde quindi dal luogo in cui si è nati.
Ma la legge italiana introduce tre eccezioni in cui si applica lo ius soli. Tre eccezioni che si
applicano quando nasce in territorio italiano ma non ha nessun genitore italiano:
● Primo caso: genitori ignoti
● Secondo caso: genitori apologhi, l’apologia è la condizione propria di coloro che
sono privi di cittadinanza. È un fenomeno rarissimo.
● Terzo caso: bambino nato in Italia con genitori il cui stato di appartenenza non
consente la cittadinanza per chi nasce al di fuori del territorio.
La cittadinanza italiana si può acquistare anche in altro modo:
● Al compimento del 18esimo anno la persona entro l’anno possa chiedere la
cittadinanza italiana purché dimostrino di aver dimorato in territorio italiano per
questo lasso di tempo facciamo
● Lo straniero dopo 10 anni di residenza in Italia anche se non nato in territorio italiano
può chiederla
● La si può inoltre acquistare tramite il matrimonio.
La cittadinanza la si può anche perdere
In alcuni manuali si dice che elemento costitutivo di uno Stato è la sovranità, in realtà la
sovranità non è un elemento costitutivo dello Stato ma è una qualità giuridica.
La sovranità può essere interpretata in due significati:
● ALL’INTERNO DELLO STATO LA SOVRANITÀ È LA MATRICE DI TUTTI I
POTERI DELLO STATO; è la fonte/l’origine dei tre classici poteri (legislativo,
esecutivo, giudiziario) dello Stato e anche di altri poteri che in alcuni ordinamenti
hanno affiancato quelli classici. Si dice che la sovranità è una qualità monolitica,
unitaria, che appartiene soltanto allo Stato e le altre istituzioni territoriali sono prive di
questo attributo. Nella sua accezione interna, se pensiamo al caso italiano l’articolo 1
secondo comma dice che “la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle
forme e nei limiti della Costituzione”.
● NELLA DIMENSIONE ESTERNA LA SOVRANITÀ È PERSONALITÀ GIURIDICA
DI DIRITTO INTERNAZIONALE CHE CONSENTE AGLI STATI DI ISTAURARE
RAPPORTI GIURIDICI DI DIRITTO INTERNAZIONALE CON GLI ALTRI STATI. La
comunità internazionale è un insieme di stati sovrani indipendenti, il diritto
internazionale è l’insieme delle norme che disciplinano i rapporti tra stati sovrano
indipendenti. Il diritto internazionale ha fondamentalmente due fonti:
○ Le consuetudini: comportamenti omogenei ripetuti nel tempo dalla stra
grande maggioranza delle persone e sorretti dal convincimento
dell’obbligatorietà giuridica di quei comportamenti
○ I trattati: contratti/accordi tra più stati indipendenti.
Quindi le norme di diritto non derivano da leggi, non c’è un parlamento internazionale ma
come ordinamento primitivo il diritto internazionale si affida a queste due fonti.
L’articolo 16 ci aiuta a capire cosa sia una Costituzione: “Ogni società che non tutela i
diritti fondamentali e non ha la separazione dei poteri non ha una Costituzione”.
La Costituzione serve a tutelare i diritti fondamentali attraverso un apparato di governo retto
dal principio della separazione dei poteri.
L’articolo 16 parla di DIRITTI FONDAMENTALI, cosa rende un diritto soggettivo un diritto
fondamentale? Un diritto soggettivo è anche un diritto fondamentale quando è TUTELATO
INNANZITUTTO NEI RAPPORTI CON LO STATO, NEI RAPPORTI CON L’AUTORITA’;
Cosa vuol dire che un diritto è tutelato nei confronti dello Stato e non solo nei rapporti tra
privati? Prendiamo in considerazione il diritto fondamentale per eccellenza, il DIRITTO
FONDAMENTALE ALLA LIBERTA’ PERSONALE, il diritto quindi alla propria integrità
psico-fisica; in che modo lo Stato può violare questo diritto? Attraverso l’arresto, quando una
persona viene arrestata subisce una privazione della libertà personale e un soggetto non è
tutelato nel diritto alla libertà personale quando non può in alcun modo reagire, quando una
persona viene arrestata senza sapere l’accusa, senza aver diritto ad un giudice, senza aver
un processo… Nel momento in cui una Costituzione pone allo Stato vincoli/limitazioni e
divieti per violare la libertà personale ecco che sta tutelando la libertà personale; l’articolo
13 della Costituzione afferma che nessuno può subire provvedimenti restrittivi della libertà
personale se non nei casi e modi previsti dalla Legge e con atto motivato dall’autorità
giudiziaria.
Quindi uno stato che ha una Costituzione è uno Stato che deve rispettare determinati limiti e
condizioni per violare i diritti fondamentali, perché i diritti fondamentali possono essere
violati, in nome dell’ordine pubblico, ma solo se vengono rispettate le condizioni stabilite
dalla Costituzione (riserva di legge e riserva di giurisdizione).
QUANDO SI HA UN DIRITTO FONDAMENTALE? Quando la libertà personale, la libertà di
domicilio, la libertà di circolazione, la libertà di riunione… possono essere limitate ma nella
misura in cui la Costituzione lo permette.
CASO ITALIANO: la Costituzione italiana è nata il 2 giugno 1946 gli elettori e le elettrici
italiane furono chiamati a:
● Scegliere tra monarchia e repubblica;
● Eleggere un’assemblea costituente con il compito di scrivere la nuova
Costituzione italiana.
Ha vinto la Repubblica e contestualmente con sistema proporzionale fu eletta una
assemblea composta da più di 500 deputati che nell’arco di un anno e mezzo lavorarono e
scrissero la costituzione della repubblica italiana.
Con la caduta del regime di Mussolini si ripristinò il pluralismo democratico e quindi partiti
che erano già nati e soppressi ripresero vigore, recuperarono il consenso popolare e
trovarono il modo di esprimersi per queste scelte costituzionali in assemblea costituente.
Stiamo parlando di forze politiche profondamente diverse, democrazia cristiana e partito
comunista, radicalizzarono lo scontro tra il centro e la sinistra; così come la compatibilità tra
socialisti e liberali all’interno dell’assemblea costituente avevano ideologie profondamente
diverse.
Le campagne elettorali che ci furono infatti dopo il varo della Costituzione furono molto
agguerrite, dimostrarono le profonde lacerazioni all’interno del quadro politico italiano;
nonostante queste profonde divergenze ideologiche la Costituzione italiana fu approvata
il 2 dicembre del 1947 con una maggioranza del’'88%, questo ci fa capire il grande sforzo
e equilibrio dimostrato dai nostri costituenti che chiamati a definire un patrimonio condiviso di
valori-principi lasciò da parte queste distinzioni ideologiche per il bene comune della nuova
società italiana che aveva bisogno di unità per risorgere dal regime fascista e da una Guerra
che aveva fatto milioni di vittime.
Questo fa capire l’altissimo valore della Costituzione italiana, possiamo infatti ricollegarci al
motivo per cui la costituzione si trova al vertice della struttura piramidale proprio perché
rappresenta il più alto livello di democrazia in quanto è riuscita a mettere d’accordo forze
politiche che la pensavano in maniera radicalmente diversa su moltissimi aspetti.
COSA È UN PRINCIPIO?
La regola giuridica si applica al caso concreto, quindi il diritto oggettivo si esprime
attraverso norme giuridiche che presentano questa caratteristica “se a allora b”. La norma
giuridica è una regola che il giudice applica direttamente nel processo, il diritto si compone di
norme giuridiche che i funzionari della pubblica amministrazione applicano al caso concreto.
Il diritto oggettivo mette quindi a disposizione dei giudici, dei pubblici funzionari ma anche
di noi privati le regole da applicare al caso concreto, perché le norme giuridiche si applicano
anche da noi privati che non ricopriamo cariche particolari.
IL PRINCIPIO È UNA DIRETTIVA, È L’INDICAZIONE DI UN PRINCIPIO DA
RAGGIUNGERE, È QUALCOSA CHE RIFLETTE UNA CONCEZIONE IDEALE DEI
RAPPORTI SOCIALI-ECONOMICI-POLITICI, DEFINISCE IN QUALCHE MODO
L’INTELAIATURA DI UNA STRUTTURA NORMATIVA CHE VERRÀ POI EDIFICATA DA
ALTRI SOGGETTI-ORGANI.
I principi nel mondo del diritto servono a orientare la futura attività normativa devoluta ad altri
organi in modo tale da evitare che chi produce norme giuridiche sia assolutamente libero di
fare quello che vuole; la Costituzione è piena di Principi infatti l’ordinamento italiano è stato
costruito attorno ad un NUCLEO FORTE DI PRINCIPI SUPREMI DELL’ORDINAMENTO;
un nucleo è la combinazione di alcuni elementi che non possono essere modificati, perché
sono talmente forti che se uno di questi elementi viene tolto crolla l’intera struttura.
l’Italia è uno Stato liberale di diritto perchè combina i vecchi principi della tradizione liberale
e i nuovi principi di ispirazione social-democratica. Questi principi sono
● PRINCIPIO DI LEGALITA’: per cui tutti i poteri dello Stato sono subordinati al diritto
oggettivo e più precisamente alla Costituzione. Quindi un giudice applica la legge al
caso concreto e un pubblico funzionario è tenuto a rispettare la legge quando
esercita i propri poteri;
● PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA FORMALE: tutti sono eguali davanti alla Legge
● PRINCIPIO DELLA SEPARAZIONE DEI POTERI: regola i rapporti tra parlamento,
governo e potere giudiziario.
● PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA SOSTANZIALE che troviamo nel secondo comma
dell’articolo 3. Mentre l’eguaglianza formale fa sia che tutti noi si sia astrattamente
titolari dei diritti fondamentali l’eguaglianza sostanziale fa si che tutti noi si sia messi
nelle condizioni di godere effettivamente di quei diritti fondamentali, perché
l’esperienza insegna che se mancano determinati beni non possono essere
esercitati.
Ma questo non vuol dire che chi ha i mezzi non può usarli, infatti questo principio
permette di partire per entrambe le parti allo stesso livello, ma poi spetta a ognuno di
loro usarli nella maniera più efficace in base alle loro possibilità.
Ci sono poi dei principi fondamentali che risentono in maniera evidente sia della cultura
cattolica che delle teorie liberali che in assemblea costituente hanno trovato modo di
esprimersi e trovare una qualche forma di riconoscimento nella Costituzione e quindi tra i
principi supremi:
● PRINCIPIO PERSONALISTA:“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili
dell’uomo sia come singolo che nelle formazioni sociali in cui si sviluppa la propria
personalità”: Il principio personalista significa che la persona è al centro
dell’ordinamento, che lo Stato è al servizio della persona, la persona non può essere
strumentalizzata per raggiungere fini propri dello Stato. Questo principio valorizza la
dimensione individuale che è intimamente connessa al concetto di dignità; la
dignità che rende ogni persona unica, infungibile.
● PRINCIPIO PLURALISTA: Nello Stato liberale il rapporto è tra lo Stato e l’individuo
perché il pensiero liberale fa ruotare tutto intorno al concetto di liberà,
autorealizzazione, la persona artefice del proprio destino, che asseconda il proprio
talento, che coltiva le proprie aspirazioni e quindi non ci sono aspirazioni tra lo Stato
e l’individuo.
All’interno della società si creano quelle formazioni sociali che permettono
all’individuo di emanciparsi dalla sua dimensione individuale per operare appunto
come consociato, come colui che condivide con altri un comune destino esistenziale;
questo non vuol dire annullare la propria individualità però tutto ciò non sarebbe
possibile del tutto se non coltivando interazioni all’interno di gruppi che formano
anch’esse il tessuto sociale.
● PRINCIPIO PLURALISTA indica che non solo le diversità individuali sono sacre e
inviolabili, lo stato non può omologare i singoli consociati, ma pluralismo significa
anche riconoscere il valore delle differenze che ci sono tra formazioni sociali e tutte
hanno pari dignità costituzionali
● PRINCIPIO SOLIDARISTA: solidarietà significa prendersi cura di qualcun altro,
condividere il peso della vita quotidiana che di persone che versano in condizioni di
difficoltà, significare accettare delle limitazioni alle proprie libertà, alle proprie
ambizioni nell’interesse generale e in particolare dei soggetti deboli.
● PRINCIPIO LAVORISTA: l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro
(l’articolo 3 secondo comma fa riferimento al lavoro, l’articolo 4 configura il lavoro sia
come un diritto sia come un dovere da adempiere per concorrere al progresso
materiale della società, questo pone il lavoro come elemento qualificante
dell’ordinamento repubblicano rendendo questa dimensione qualificante e
imprescindibile.
● PRINCIPIO AUTONOMISTICO (articolo 5: “la Repubblica, una e indivisibile,
riconosce e promuove le autonomie locali”): lo Stato italiano non è uno stato
accentrato ma uno Stato che riconosce il decentramento politico, quindi le scelte
politiche che si traducono in leggi non sono fatte esclusivamente dallo Stato ma
anche a livello decentrato e quindi dalle regioni, dai comuni e altri enti locali.
● PRINCIPIO INTERNAZIONALISTA (articolo 11 della Costituzione: “L’Italia consente
in condizioni di parità con gli altri Stati a ordinamenti che assicurino la pace e la
giustizia tra le nazioni” ): l’Italia si predispone come principio supremo a istaurare
relazioni con altri Stati anche a costo di rinunciare a segmenti della propria sovranità.
● PRINCIPIO DI LAICITA’: non esiste una religione di Stato.
La democrazia è un metodo che permette di correggere possibili errori, non è la cura per
combattere qualsiasi male, anche la democrazia può sbagliare e commettere errori così
come il parlamento e il governo quindi gli organi democratici possono commettere errori, la
democrazia non è infallibile ma il bello ed il valore della democrazia è poter correggere
questi errori e quindi poter fare un passo indietro; democrazia è poter abrogare una legge
che non ha funzionato
La democrazia è atteggiamento critico, è rispetto dell’avversario, è consapevolezza di
poter agire affrontando rischi e quindi anche il rischio di sbagliare, è disponibilità a cambiare
idea attraverso un confronto, principi da rispettare ma al tempo stesso capacità di trovare
soluzioni.
Democrazia significa:
● PLURALISMO ovvero più forze politiche che si contendono il potere
● VOTO PERSONALE, EGUALE, LIBERO E SEGRETO
● RISPETTO DELL’OPPOSIZIONE DELLE MINORANZE nel senso che in un organo
democraticamente rappresentativo sarà la maggioranza a decidere purché però
questa decisone sia preceduta da un dibattito in cui anche l’opposizione può far
valere le proprie ragioni, discutendo, presentando emendamenti, votando contro.
● OPINIONE PUBBLICA
● CORRETTA COMUNICAZIONE POLITICA
● LIBERA E PLURALE MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO in modo tale chi è in
maggioranza possa pensare di mantenere il potere nel tempo, dimostrando agli
elettori le proprie virtù.
● POSSIBILITÀ PER L’OPPOSIZIONE DI METTERE IN IMBARAZZO LA
MAGGIORANZA in modo tale da conquistare consenso presso gli elettori.
Se mancano tutti questi elementi la democrazia è finita e rischia di degenerare non solo il
demagogia e populismo che possono essere contenuti entro i limiti di fenomeni culturali e
politici ma la democrazia può anche degenerare e trasformarsi in totalitarismo.
CHE COSA AVREBBE AIUTATO LA DEMOCRAZIA A SOPRAVVIVERE IN QUEGLI STATI?
Un sistema di giustizia costituzionale.
Un legislatore che punti sulla governabilità e stabilità delle istituzioni avrà una tendenza a
privilegiare il SISTEMA MAGGIORITARIO.
Un legislatore elettorale che voglia favori la maggior apertura possibile del parlamento a
tutte o molte delle forze politiche che operano nella società civile ha una tendenza a
prediligere il SISTEMA PROPORZIONALE e accettare quindi i rischi della governabilità.
Piccoli elementi da considerare per poter comprendere l’evoluzione del sistema elettorale in
Italia: in Italia c’è una forma di governo parlamentare, cosa vuol dire?
Vuol dire che tra il potere legislativo e il potere esecutivo (tra parlamento e governo) ci deve
essere un RAPPORTO DI FIDUCIA cioè che il governo per poter svolgere appieno le
proprie attribuzioni come organo esecutivo deve godere della fiducia di entrambe le camere.
se l’atto passa in entrambe le camere allora il governo entra pienamente in carica e può
governare se invece non passa il presidente del consiglio è costretto a dimettersi e quindi si
apre una crisi di governo.
Per ottenere la fiducia è necessaria la maggioranza + uno dei cotanti (50%+1) non è
necessaria la maggioranza assoluta di camera e senato. Il governo non può governare se
non c’è una maggioranza alla base di camera e senato che lo sostenga. Non c’è una
votazione del parlamento in seduta comune ma camera e senato votano separatamente la
fiducia al governo quindi può accadere che una camera dia la fiducia e l’altra la neghi.
In Italia non c’è l’elezione DIRETTA dell’organo esecutivo che è un organo complesso
formato da presidente del consiglio e singoli ministri che insieme formano il consiglio dei
ministri. Il presidente del consiglio non viene eletto direttamente dal popolo ma viene
nominato dal presidente della repubblica il quale nomina anche i singoli ministri su proposte
del presidente del consiglio, e questo perché il compito del capo dello stato è quello di
trovare una personalità che sia in grado di mettere insieme una maggioranza in parlamento
disposta a sostenere in parlamento quella compagine di governo.
LEZIONE 8
La storia dei sistemi elettorali in Italia può essere suddivisa in una serie di periodi: Il primo
periodo è quello che va dal 1948 al 1994: il primo gennaio 1948 entra in vigore la
Costituzione e si trattava di definire il sistema elettorale per il primo parlamento della
Repubblica italiana. La scelta fu quella per un SISTEMA PROPORZIONALE, senza
correttivi perché si veniva da un’esperienza ventennale di dittatura
Alle prime lezioni si presentarono in fatti numerosi partiti, e il partito principale fu la
Democrazia Cristiana: un partito di centro, di ispirazione cattolica che riuscì a raccogliere
un consenso molto ampio (superiore al 30%dei voti) ma non sufficiente da solo a consentire
alla Democrazia Cristiana di governare da sola il Paese.
Questo costrinse alla Democrazia cristiana a dar vita dei governi con il sostegno di altre
forze politiche, inizialmente forze politiche di CENTRO DESTRA.
Negli anni ’60 l’attenzione della Democrazia Cristiana si rivolge a formazioni politiche di
CENTRO SINISTRA, si creano delle vere e proprie coalizioni di governo, quindi più partiti si
alleano per dar vita ad un organo esecutivo; il presidente è sempre esponente della
Democrazia cristiana e i ministri vengono distribuiti in base alle forze politiche alleate in
funzione del loro peso numerico all’interno del Parlamento, si tratta però di alleanze fragili
per cui ci vuole poco per determinare una crisi di governo.
A partire dai primi anni ’80 si andrò a costituire il cosiddetto PENTAPARTITO (costituito da 5
partiti):
● Democrazia Cristiana
● Formazioni centro/centro-sinistra: partito liberale,
● partito social democratico
● i repubblicani
● il partito socialista
Il partito socialista che aveva sempre una maggior visibilità all’interno del parlamento, nei
primi anni ’80 abbiamo per la prima volta un presidente del consiglio che non è un
esponente della democrazia cristiana, Giovanni Spadolini (esponente del partito
repubblicano). Qualche anno dopo nasce il governo Craxi che all’epoca fu il governo più
longevo della Storia italiana, e Bettino Craxi era leader del partito socialista e quindi del
secondo partito della maggioranza.
Si parlava comunque di alleanze fragili che non riuscivano a tenere in piedi governo e
parlamento per tutta la durata della legislatura, quindi le crisi erano ricorrenti e anche gli
scioglimenti anticipati da parte del capo dello Stato. Tutto questo ha portato ad un evento
storico di portata straordinaria che si è verificato nei primi anni ’90: TANGENTOPOLI,
indagini mani pulite.
NELLA PRIMA FASE DEI SISTEMI ELETTORALI LE COALIZIONI SI FORMAVANO
DOPO L’ESITO DELLE VOTAZIONI.
La procura della Repubblica di Milano indaga su alcuni partiti politici, scoprendo una serie di
attività illecite che vedevano protagonisti i principali partiti che fino ad allora avevano retto le
sorti della Repubblica Italiana; un vero e proprio terremoto che determinò la fine della prima
Repubblica.
I vecchi partiti quindi furono spazzati via (la democrazia cristiana, i repubblicani, il partito
socialista) perché i rispettivi leader furono sottoposti a processo e Bettino Craxi fu
condannato in via definitiva e costretto a riparare all’estero per non scontare il carcere.
Fragilità del quadro politico più malaffare e corruzione e screditamento della classe politica
indussero le istituzioni parlamentari ad una svolta anche nel sistema elettorale e quindi nel
1993 si abbandona il sistema elettorale. Si apre quindi una seconda fase che va dal 1994 al
2006.
Nel 1993 il Parlamento approva una nuova legge elettorale nota con il nome di:
Mattarellum, dal nome Sergio Mattarella. Il Mattarellum era un sistema misto, tre quarti
maggioritario e un quarto proporzionale.
Quindi ¾ di deputati e senatori venivano eletti con collegio uninominale e sistema
maggioritario e poi il restante 25% venivano distribuiti in proporzione ai voti ottenuti. Quindi
Con questo sistema emergevano le coalizioni e l’elettore sa quale sarà la maggioranza che
in caso di vittoria occuperà Palazzo Chigi ed eserciterà il potere esecutivo e controllerà le
istituzioni parlamentari. Perché ci furono queste coalizioni? Perché in un collegio
uninominale, uno vince e gli altri perdono, non ha senso presentarsi in ordine sparso ma è
molto meglio creare delle alleanze e all’interno di queste alleanze viene espresso il
candidato che in quel collegio uninominale si ritiene di dover mandare al confronto con gli
altri candidati.
Dal ’96 al 2001 i ebbero tre presidenti del consiglio. Nel 2001 con le nuove elezioni secondo
sempre il sistema elettorale “mattarellum” stravince Berlusconi, centro destra. Berlusconi
dura in carica per 5 anni.
Cosa accede nel 2005, un anno prima della fine della legislatura? Berlusconi e i suoi tramite
sondaggi scoprono che se si andasse a votare con il “mattarellum” perderebbero le elezioni
e allora abrogò il mattarellum e introdusse un nuovo sistema elettorale che gli permise di
ottenere maggiori possibilità di successo. Nel 2005 fu superato il mattarellum e iniziò una
terza fase dei sistemi elettorali, con l’approvazione di quel sistema che è stato definito con
un termine grottesco come “PORCELLUM”.
Fu chiamato così perché si trattava di un sistema elettorale che era stato pensato con l’unico
scopo di vincere le elezioni facendo fuori il nemico. Quale fu la novità del porcellum?
Reintroduzione del proporzionale, CON DUE CORRETTIVI: PREMIO DI MAGGIORANZA E
SOGLIE DI SBARRAMENTO. Quindi la quota maggioritaria fu spazzata via e fu
reintrodotto il sistema proporzionale ma con due correttivi in qualche modo volti a
garantire un minimo di governabilità:
● PREMIO DI MAGGIORANZA: è una sorta di spintarella in modo tale che tu abbia un
numero di parlamentari tali da poter governare e non serve raggiungere la
maggioranza assoluta per vincere
● LA SOGLIA DI SBARRAMENTO: indica che le liste/coalizioni che non raggiungo un
minimo di risultato elettorale stabilito dalla Legge non entrano in Parlamento. Soglia
del 5% indica che se una lista non arriva al 5% allora non avrà rappresentati in
Parlamento; quindi la soglia di sbarramento serve a mantenere lontane dal
Parlamento le formazioni politiche minori che danno fastidio e che possono mettere
sotto ricatto le forze politiche maggiori.
Quindi nel 2006 si arrivò alle elezioni politiche con il “porcellum” e contrariamente a quanto
aveva immaginato Berlusconi le elezioni furono vinte da Prodi, scattò il premio di
maggioranza e si creò una maggioranza di centro sinistra. Dopo vari scontri tra partiti, si
arriva alla fine di questa fare, tramite due episodi decisivi:
● Nel 2014 la Corte costituzionale dichiara L’INCOSTITUZIONALITÀ DEL
PORCELLUM in relazione a due profili che ci interessano:
○ la corte dichiara incostituzionale le cosiddette liste bloccate. Lista bloccata
vuol dire che l’elettore non può esprimere alcuna preferenza sui candidati,
cioè il porcellum era caratterizzato dal fatto che ogni lista si presentava con i
candidati in ordine (1,2,3...) e coloro che andavano in parlamento venivano
scelti a partire dal numero 1; quindi se quella lista aveva conquistato 3 seggi,
i primi tre andavano in parlamento. Quindi l’elettore non poteva scegliere il
numero 14, l’elettore era vincolato alle scelte delle segreterie dei partiti che a
tavolino avevano scelte l’ordine dei candidati nelle diverse liste.
○ La Corte dichiara l’incostituzionalità del porcellum nella parte in cui prevede il
premio di maggioranza ma non una soglia minima da raggiungere perché
scatti il premio di maggioranza. Soglia minima che non viene definita dalla
Corte ma dal legislatore. Il premio di maggioranza che nasce con la volontà di
correggere in termini di governabilità il sistema proporzionale permettendo a
chi superava il 30% di essere considerato, altrimenti no, Il porcellum questa
soglia non la prevedeva.
● Si fa avanti all’interno del partito democratico Matteo Renzi, sindaco del comune di
Firenze. Egli garantisce a Letta il suo appoggio incondizionato e nei giorni successivi
convince i suoi a ritirare l’appoggio a Letta; Letta è costretto a dimettersi e il
Presidente della Repubblica nomina presidente del consiglio Matteo Renzi. Nel 2014
inizia l’esperienza del governo Renzi. Il governo Renzi fa due cose che in questa
sede ci interessano:
○ Promuove una riforma costituzionale come non si era mai vista in Italia,
cioè una modifica radicale alla seconda parte della Costituzione con
particolare riferimento alla forma di governo, quindi abbandono del
bicameralismo paritario, rivisitazione del processo legislativo, rivisitazione
del rapporto fiduciario con il governo
○ NUOVO SISTEMA ELETTORALE DENOMINATO “ITALICUM” ed è una
legge elettorale prevista esclusivamente per la camera. Le caratteristiche
principali sono il premio di maggioranza ma per venire in contro alla
pronuncia della corte costituzionale del 2014 fu introdotta una soglia minima
del 40%, solo la lista che ottiene la soglia minima del 40% può contare sul
premio di maggioranza.
Nel frattempo entra in vigore una nuova legge elettorale che apre una nuova fase, la quarta.
Nel 2017 entra in vigore il ROSATELLUM il quale prevedeva:
● 2/3 deputati e senatori eletti con sistema proporzionale
● 1/3 con il maggioritario;
Di nuovo un sistema misto ma c’è stato un rovesciamento rispetto al mattarellum.
Una volta avvenute le elezioni e una volta che ciascuna Camera ha effettuato una verifica
dei poteri, quindi ha verificato il regolare svolgimento delle elezioni e abbia appurato che
ogni singolo parlamentare non versa in condizioni di ineleggibilità, incompatibilità o
incandidabilità allora l’eletto assume la pienezza delle proprie funzioni ed è assistito da una
serie di garanzie, le cosiddette GUARENTIGIE PARLAMENTARI che conferiscono tutte
insieme nello status del parlamentare. Queste guarentigie sono 4:
● DIVIETO DI MANDATO IMPERATIVO, articolo 67
● INSINDACABILITA’, articolo 68 primo comma
● INVIOLABILITA’, articolo 68 commi 2 e 3
● INDENNITA’, articolo 69.
Per poter essere considerato nelle candidature devi partecipare alle liste e avere tot firme.
Ci sono liste civiche che non si riconoscono in maniera puntuale e diretta e poi ci sono liste
che sono più identificate.
Ma per entrare in una lista e per poter aspirare alla carica di candidato senatore si deve aver
a che fare con il partito, si deve persuadere la segreteria di quel partito a puntare su di noi e
non su altri. Questo crea già un legame con un certo partito, allora come si traduce il divieto
di mandato operativo tra il parlamentare
Tu eletto non sei vincolato a quel partito, se non ti ritrovi nelle loro idee puoi benissimo
cambiare → TRANSFUGHISMO
Ma questo comportamento non è visto bene dagli altri, significa che sei un opportunista e
magari la prossima volta non ti votano, infatti tale garanzie è a discapito dell’eletto.
C’è una disciplina di partito, in virtù della quale, se una persona eletta grazie a quel partito e
appartiene a quel gruppo parlamentare ha l’obbligo politico alle istruzioni e alle direttive
impartire dagli organi al vertice di quel partito e se non lo FA IL PARTITO PUÒ ASSUMERE
DEI PROVVEDIMENTI. Il provvedimento più drastico è quello della espulsione dal partito.
Se un partito espelle il proprio parlamentare, questo provvedimento ha ripercussioni sulla
carica parlamentare? NO.
C’è una cosa che però complica l’insindacabilità, prendiamo l’articolo 68 1°comma della
Costituzione lì c’è scritto “opinioni nell’esercizio delle funzioni”; quando si può dire che un
parlamentare esercita le proprie funzioni?
La Corte Costituzionale ha elaborato la TEORIA DEL NESSO FUNZIONALE che può
essere descritta in questi termini: un parlamentare può invocare utilmente l’insindacabilità
anche quando è al di fuori delle sedi parlamentari purché ci si un rapporto diretto tra quello
che dichiara al di fuori del parlamento e ciò che ha fatto all’interno del parlamento.
Se lui esprime le sue opinioni che sono fuori dal contesto politico, allora risponderà come un
cittadino normale considerando la diffamazione e il risarcimento danni
ULTIMA GARANZIA:
Il pubblico ministero con l’ausilio della polizia giudiziaria intraprende una serie di indagini, se
trovano una persona su cui gravano determinati sospetti viene iscritta nel registro degli
indagati e assume la qualità di persona sottoposta a indagini preliminari. La persona
sottoposta a indagini preliminari beneficia della presunzione di non colpevolezza, è
semplicemente un persona che viene considerata da quella procura della Repubblica come
responsabile del reato che gli viene contesto ma non è detto che sia colpevole. Le indagini
preliminari servono alla procura per raccogliere elementi di conoscenza che diventeranno
prove nel corso del processo.
Se il giudice delle indagini preliminari accoglie la richiesta dell’invio a giudizio allora inizia il
processo e quella persona da indagato diventa imputato del processo.
Per un parlamentare che sia iscritto nel registro degli indagati in quanto sospettato di aver
commesso un certo reato subisce una serie di provvedimenti investigativi all’esito dei quali il
PM deciderà se chiedere il processo oppure no.
Se una persona aggravano grazi indizi di colpevolezza e c’è il pericolo che scappi o che
inquini le provi o che commetta altri reati si può disporre la custodia cautelare, viene chiusa
in carcere in attesa che la vicenda giudiziaria si concluda definitivamente. L’arresto è
preliminare alla custodia cautelare, esso si può trasformare in arresti domiciliare, custodia
cautelare a seconda delle circostanze di fatto.
La garanzia che prevede l’art. 68 commi 2°-3°: senza l’autorizzazione della Camera di
appartenenza un parlamentare non può essere arrestato.
L’autorizzazione della Camera non è necessaria in 2 casi:
● In caso di FLAGRANZA DI REATO, ciò quando il parlamentare venga colto nell’atto
di commettere quel reato ad esempio una telecamera immortala il deputato.
● In caso di ESEGUIRE UNA SENTENZA DEFINITIVA DI CONDANNA, presunzione
di non colpevolezza.
Quindi il giudice:
● Chiede l’autorizzazione per procedere all’arresto, perquisizione, ispezione,
sequestro, intercettazione
● Non chiede più l’autorizzazione per sottoporre a processo penale il parlamentare
● FASE COSTITUTIVA: è quel momento del procedimento al termine del quale si avrà
una legge perfetta ma non ancora efficace, cioè con un atto che ha tutti gli
elementi della Legge (può essere riconosciuto come Legge) ma che non ha ancora
acquisito la capacità di assumere i suoi effetti giuridici tipici, ossia quello di vincolare i
destinatari delle norme giuridiche, di porre diritti e obblighi, limitazioni, vincoli. Nella
fase costitutiva quindi si costruisce la Legge, arriva in parlamento una proposta e le
camere devono lavorare su quei testi; il Parlamento è composto da 630 deputati e
più di 315 senatori che essendo investiti della funzione legislativa vorrebbero fare
qualcosa di più rispetto a dire si o no ad una proposta di legge, vorrebbero proporla
discutere dando il loro contributo producendo emendamenti (modifiche). un elemento
che dobbiamo considerare è che nella fase costitutiva il Parlamento si riappropria
pienamente della funzione legislativa e intende costruire quella legge. Le
commissioni parlamentari competenti per materia entrano qua in gioco. Ci sono 3
DIVERSI MODI DI PROCEDERE DI CAMERA E SENATO PER FARE LE LEGGI a
cui corrispondono TRE DIVERSI MODI DI PROCEDERE DELLA COMMISSIONE
COMPETENTE PER MATERIA.
IMPORTANTE ESAME. Per distinguere i tre procedimenti per fare leggi bisogna partire dalla
distinzione tra commissione e aula, abbiamo detto che ci sono molteplici commissioni ma
una sola aula. Ogni parlamentare lavora sia nell’aula sia nella commissione di competenza.
Quindi i parlamentari lavorano sia in commissione che in aula e a seconda di quello che fa la
commissione e di quello che fa l’aula si hanno i tre tipi di procedimenti, quindi si deve tenere
ben presente che AL PROCEDIMENTO LEGISLATIVO LAVORANO SIA LE
COMMISSIONI CHE L’AULA e inoltre si deve precisare cosa si fa di un testo. Arriva una
proposta di legge alla camera e al senato, e quali sono i momenti essenziali grazie ai quali si
arriva ad una creazione della legge? CI SI ARRIVA ATTRAVERSO DUE MOMENTI
FONDAMENTALMENTALI: LA DISCUSSIONE E IL VOTO, quindi il testo viene sottoposto
ad un dibattito, ad un confronto.
3 DIVERSI MODI DI PROCEDERE DI CAMERA E SENATO PER FARE LE LEGGI A CUI
CORRISPONDONO 3 DIVERSI MODI DI AGIRE DELLA COMMISSIONE COMPETENTE
PER MATERIA:
● Commissione e aula fanno la stessa cosa, la commissione discute e vota e l’aula
poi discute nuovamente il testo e poi vota. Il testo viene discusso e votato dalla
commissione per poi essere presentato all’aula assieme ad una relazione di
accompagnamento; quindi il relatore di accompagnamento della commissione
presenta il testo e a questo punto l’aula fa la stessa cosa della commissione. Questo
primo procedimento si chiama: PROCEDIMENTO ORDINARIO. Ordinario perché è
quello normale, è quello che anche logicamente intende valorizzare il ruolo di
rappresentanza politica dei parlamentari perché tutti sono posti sullo stesso piano è
solo che la Commissione essendo più qualificata dal punto di vista tecnico è giusto
che in prima battuta faccia un’istruttoria adeguata ed elabori ulteriormente la
proposta di legge prima di sottoporla ad una discussione aperta a tutti senatori e
deputati in aula. La commissione viene definita REFERENTE proprio perché dopo
aver discusso e votato sul testo riferisce all’aula, sull’esito della propria discussione,
in modo tale da permettere a deputati e senatori di dare il loro contributo. DIFETTO:
è lenta, macchinosa, è inefficiente per il fatto che commissione e aula fanno la stessa
cosa.
● La seconda soluzione prevista indica che tutto il procedimento si esaurisca nella
commissione e l’aula non interviene mai: la commissione discute e vota articolo
per articolo il testo finale, dopodiché quel testo passa all’altra camera (senato)
perché si proceda allo stesso modo. Questo è il modo più rapido e efficiente. La
commissione è composta da un numero ridotto di deputati e senatori e quindi è più
facile tirar fuori un testo che poi dovrà essere posto sotto l’approvazione dell’altro
ramo del parlamento. Sicuramente questo procedimento è più efficiente ma cosa
fanno gli altri deputati e senatori che non fanno parte della commissione competente
per materia? viene considerata la regola che disciplina la composizione delle
commissioni competenti per materia: ogni commissione rispecchia in maniera fedele
gli equilibri tra i gruppi parlamentari, quindi la loro consistenza in aula. Questo
procedimento che è la soluzione più rapida viene definito: PROCEDIMENTO
DECENTRATO. Decentrato perché non lo fa l’aula, commissione in sede deliberante
perché non si limita a riferire ma decide senza che interviene l’aula.
● La commissione che è competente per materia discute, e l’aula vota senza
discussione, dice sì o no al testo licenziato dalla commissione competente per
materia. Questo procedimento è definito: PROCEDIMENTO MISTO. La commissione
discute e poi l’aula vota articolo per articolo e poi il testo finale, così il momento
decisionale si concentra nell’aula che è il luogo dove si trovano tutti i deputati e i
senatori. Definito procedimento “misto” proprio perché è una via di mezzo tra
l’ordinario e il decentrato.
C’è anche un altro aspetto un po’ più sottile da evidenziare: una legge quando viene
licenziata dal Parlamento è ancora una legge astratta, nel senso che non ha ancora trovato
applicazione nei casi concreti, non è ancora diritto vivente; capita spesso che
l’incostituzionalità di una Legge si scopra proprio per effetto della sua applicazione a casi
concreti, proprio attraverso la sua vitalità.
Si è detto che se le camere dovessero riapprovare il testo così come era in origine,
nonostante i rilievi del Capo della Repubblica, quest’ultimo è poi obbligato a promulgare. E
se il capo dello Stato si ostina e continua a non promulgare la legge allora le camere
potrebbero sollevare un CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE TRA POTERI DELLO STATO
DAVANTI ALLA CORTE, per far valere l’illegittimità dell’omissione del Presidente della
Repubblica, ma se continua a non promulgare avviene la MESSA IN STO D’ACCUSA e la
PRONUNCIA DI CONDANNA che comporta la rimozione dell’incarico da Presidente della
Repubblica, ma per farlo deve avere delle ottime ragioni, altrimenti è un pirla.
Una volta avvenuta la promulgazione la fase integrativa dell’efficacia si conclude attraverso
la PUBBLICAZIONE DELLA LEGGE NELLA GAZZETTA UFFICIALE E POI L’ENTRATA
IN VIGORE DOPO IL COSIDDETTO TERMINE DI “VACATIO LEGIS” che normalmente è
di 15 giorni. La gazzetta Ufficiale è una fonte di cognizione, è quel documento che attesta in
modo ufficiale l’ingresso nell’ordinamento giuridico di una nuova disciplina e che permette a
questa di produrre i suoi effetti di legge. Produce i suo effetti dopo il tempo di vacatio legis, i
15 giorni servono per i destinatari che hanno il tempo conoscere quella norma e attrezzarsi
per evitare di incorrere in eventuali sanzioni.
LEZIONE 10: Revisione Costituzionale
La REVISIONE COSTITUZIONALE è il processo attraverso il quale la Costituzione può
essere modificata. La Costituzione Italiana è una costituzione RIGIDA questo per sancirne
in maniera tangibile e reale la propria supremazia non solo a tutte le fonti del diritto ma
rispetto a tutti i poteri costituti all’interno dell’ordinamento. È necessario presidiare la
costituzione da modifiche approvate da maggioranze risicate all’interno del Parlamento
perché la Costituzione presenta il più alto tasso di stabilità e il più alto tasso di democraticità.
Un atto normativo, scritto e pensato per durare nel tempo al di là della fisiologica evoluzione
dei rapporti politici all’interno del Paese.
La Costituzione non è però un dogma infallibile e come tale intangibile nel tempo, si
presta a mutamenti, adattamenti, trasformazioni; presta comunque un significativo tasso di
elasticità, diciamo “comunque” perché si tratta di disposizioni che sono state pensate e
scritte nel 1946/1947 quindi in un epoca storica diversa da ciò che poi è accaduto nei
decenni successivi
Insieme a questi limiti, si identificato una serie di limiti sostanziali TACITI O IMPLICI cioè che
non sono espressamente indicati dalla Costituzione come limiti ma che lo sono comunque in
virtù di una interpretazione complessiva dell’ordinamento costituzionale.
Sono 2 i limiti sostanziali IMPLICITI: 1.
● PRINCIPI SUPREMI DELL’ORDINAMENTO COSTITUZIONALE: questi principi
sono supremi in quanto collegati tra di loro in maniera talmente stretta all’interno di
questo nucleo che anche la sola eliminazione di 1 elemento determinerebbe una
reazione a catena e quindi comporterebbe una disgregazione dello Stato
costituzionale italiano.
● CONTENUTO ESSENZIALE DEI DIRITTI FONDAMENTALI: abbiamo visto che la
funzione essenziale in una Costituzione è la TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI
(ovvero quei diritti soggettivi che vengono tutelati e protetti innanzitutto nei confronti
dello Stato, dell’autorità che potrebbe abusare dei propri poteri) che sono previsti
negli art. 13 e seguenti della Costituzione, la Corte Costituzionale ha introdotto in via
interpretativa altri diritti fondamentali. Si ritiene che il nucleo duro delle norme che
tutelano questi diritti fondamentali quindi il contenuto essenziale dei diritti
fondamentali non può mai essere oggetto di revisione costituzionale.
LEZIONE 11: Referendum Abrogativo
Il referendum abrogativo è disciplinato dall’articolo 75 della Costituzione, è considerato
come uno strumento di democrazia diretta cioè un meccanismo attraverso il quale il popolo
manifesta direttamente la volontà dello Stato.
Quindi la volontà dello Stato che è sempre dietro ogni decisione da parte delle istituzioni,
anziché essere manifestata in modo mediato indiretto dai rappresentanti politici viene
manifestata direttamente dal popolo sia pure in termini di abrogazione quindi di
ELIMINAZIONE, SOPPRESSIONE, CANCELLAZIONE di una o più norme giuridiche.
Esiste una RISERVA DI LEGGE COSTITUZIONALE SUL REFERENDUM cioè gli elettori
italiani possono essere chiamati con un referendum solo nei casi e modi stabiliti dalla
costituzione o da altre leggi costituzionali.
Quindi il Parlamento con una legge ordinaria non potrebbe introdurre un nuovo tipo di
consultazione popolare, il referendum sono solo quelli previsti tra la Costituzione o da
altre leggi costituzionali.
Il potere esecutivo è quello di applicare le norme generali e astratte a casi concreti al fine
di tutelare interessi generali, si parla di CURA CONCRETA DEGLI INTERESSI GENERALI.
In pratica dal potere esecutivo dipendono LE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI, LE QUALI
SVOLGONO ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA E QUESTA È L’APPLICAZIONE A CASI
CONCRETI DI NORME GENERALI E ASTRATTE PER TUTELARE GLI INTERESSI
GENERALI ma a differenza del potere giudiziario non serve a risolvere controversie o a
ripristinare la legalità violata
La Costituzione degli Stati Uniti affida il compito di garantire la supremazia della Costituzione
a GIUDICI NOMINATI PERÒ DALL’ORGANO ESECUTIVO, CHE È IL MASSIMO DELLA
POLITICITÀ.
QUINDI L’DEA DI AFFIDARE LA SCELTA DEI VERTICI DELL’APPARATO GIUDIZIARIO
ALL’ORGANO ESECUTIVO PUÒ APPARIRE ANOMALO E PERICOLOSO. Teniamo
comunque presente che le nomine del presidente devono essere approvate dal Senato
Quindi se ci venisse sottoposta una domanda su quale sia il rapporto tra presidente del
consiglio e i ministri si potrebbe rispondere in due modi:
● Citando l’articolo della Costituzione che afferma chi è il Presidente del Consiglio e
cosa fa, con una formula che abbiamo visto però essere decisamente elastica e
flessibile;
● Partendo da questo dato costituzionale si possono sviluppare riflessioni che non
possono prescindere però dalla storia repubblicana, e quindi dalla considerazione di
variabili non strettamente giuridiche o istituzionali che condizionano la figura del
Presidente del Consiglio
COME VIENE SCELTO UN GOVERNO. Soprattutto negli anni passati attraverso un’abile
strategia comunicativa, una parte non indifferente dell’opinione pubblica è stata convinta del
fatto che il presidente del consiglio sia scelto da popolo; ma non è così, non lo è
formalmente ma nemmeno sostanzialmente.
Si è detto che la Costituzione sul punto è volutamente generica ed elastica e sul
procedimento di formazione del governo dice le seguenti cose:
● IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NOMINA IL PRESIDENTE DEL
CONSIGLIO;
● IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NOMINA I MINISTRI SU PROPOSTA DEL
PRESIDENTE DEL CONSIGLIO;
● DOPO LA NOMINA I MEMBRI DEL GOVERNO PRESTANO GIURAMENTO
NELLE MANI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA; ENTRO 10 GIORNI DAL
GIURAMENTO IL GOVERNO SI PRESENTA ALLE CAMERE DISGIUNTAMENTE
PER OTTENERE LA FIDUCIA.
I passaggi essenziali del procedimento di formazione del governo sono quelli appena
abbozzati dalla Costituzione, ma sono già elementi significativi.
Il Presidente è NOMINATO dal presidente della repubblica e allo stesso capo dello stato la
Costituzione attribuisce il potere di nominare i ministri però su proposta del presidente del
consiglio.
COME SI ARRIVA ALLA NOMINA? La costituzione è stata integrata sul punto delle
CONSUETUDINI COSTITUZIONALI, cioè comportamenti reiterati nel tempo in maniera
uniforme e sorretti dall’obbligatorietà giuridica di quella condotta. Queste consuetudini hanno
fatto si che il Presidente della Repubblica prima di nominare il Presidente del Consiglio
svolga le cosiddette CONSULTAZIONI, attraverso queste il Presidente della Repubblica
chiama al Quirinale alcuni soggetti in modo tale da farsi un’idea sulla persona da nominare
come Presidente del Consiglio.
CHI CONSULTA? Per ragioni di correttezza si consultano gli ex presidenti della repubblica, i
presidenti di Camera e Senato (vuol dire che non può governare se non c’è sia alla Camera
che al Senato una maggioranza che lo sostenga) ma le consultazioni quelle più rilevanti dal
punto di vista politico sono quelle che coinvolgono i leader dei partiti; e siccome questi sono
anche in Parlamento il Presidente della Repubblica definisce un calendario di incontri grazie
ai quali dialoga con i presidenti dei gruppi parlamentari sia alla Camera che Senato.
Quindi una volta che il Presidente del consiglio ha sciolto la Riserva e ha presentato una
lista dei ministri e questi sono stati nominati si arriva al giuramento grazie al quale il Governo
assume le proprie funzioni seppure non in modo completo, perché per poter svolgere in
modo completo le funzioni previste dalla Costituzione e dalle Leggi il Governo ha bisogno di
ottenere la fiducia di entrambe le Camere.
il Capo dello Stato affida ad una personalità di spicco (presidente del senato) il compito di
tentare una mediazione tra le forze politiche, infatti Il COMPITO ESSENZIALE del
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA come Capo dello Stato è quello di far funzionare le
istituzioni Repubblicane e quindi quello di trovare un governo che sia in grado di funzionare
perché sorretto da una maggioranza parlamentare.
La Costituzione dice che entro 10 giorni dalla sua formazione il governo deve presentarsi
alle Camere per ottenere la fiducia ma prima dovrà affrontare un confronto dialettico tra le
varie forze politiche
Dopo le varie discussioni, al termine del dibattito ciascuna camera vota la cosiddetta
MOZIONE DI FIDUCIA: la mozione è un tipico atto parlamentare “di fiducia” e deve essere:
● MOTIVATA, quindi deve essere sorretta da argomenti a favore di quella compagine
governativa e di quel programma;
● VOTATA PER APPELLO NOMINALE;
● OTTENERE LA MAGGIORANZA DEI PRESENTI, quindi la maggioranza semplice e
non la maggioranza assoluta.
Appello nominale cosa vuol dire? Durante le votazioni il Presidente della Camera e del
Senato procedono all’appello e ogni parlamentare chiamato dichiara il proprio voto, questo
perchè si è visto che il governo non è eletto direttamente dal popolo, il governo è nominato
dal presidente della repubblica ma deve godere della fiducia di entrambe le camere.
L’appello nominale rimette in gioco il popolo, o comunque il complesso degli elettori in
quanto attraverso l’appello nominale È POSSIBILE IDENTIFICARE LA POSIZIONE
ASSUNTA DA CIASCUN PARLAMENTARE RISPETTO A QUELLA MOZIONE DI
FIDUCIA, quindi il popolo viene reso edotto dei voti espressi da ogni singolo parlamentare in
modo tale da potersi formare un giudizio;
MAGGIORANZA SEMPLICE
Se nel quorum si tiene conto anche degli astenuti, quindi se nel calcolare la maggioranza
dei presenti si tiene conto degli astenuti questi finiscono per contare come voti contrari,
questo è quanto accade al Senato.
Alla Camera dei deputati si ritiene che gli astenuti non siano conteggiati tra i presenti in
aula e quindi la sfida è tra favorevoli e contrari, ecco perchè si deve stare molto attenti dato
che al Senato essere astenuti in aula significa votare contro quella mozione di fiducia.
Quindi ecco che il senatore che decide di astenersi, deve allontanarsi dall’aula e quindi
risultare assente anche fisicamente in occasione di quel voto.
Maggioranza semplice vuol dire che se su 630 deputati in aula ce ne sono 400, il numero
legale per votare c’è in quanto la Costituzione e i regolamenti dicono che Camera e senato
deliberano liberamente se è presente la maggioranza.
L’IMPORTANTE è RICORDARE CHE LA MOZIONE DI FIDUCIA PER PASSARE HA
BISOGNO DELLA MAGGIORANZA SEMPLICE, non della maggioranza assoluta. È chiaro
che maggiore è la maggioranza e più si è sicuri in quanto può capitare che alcuni
parlamentari siano poi assenti per vari motivi e quindi in occasione di una certa votazione
non c’è la maggioranza che sostiene il governo. Quindi l’atto iniziale di investitura del
governo è la votazione, con le modalità descritte, della mozione di fiducia sia alla Camera
che a Senato.
La fiducia è una relazione va continuamente alimentata nel corso della legislatura, quindi ci
sono rapporti di forza tra l’esecutivo e la maggioranza parlamentare in modo tale che non si
arrivi ad una crisi formale di governo; non è semplice soprattutto quando un governo è
sostenuto da una maggioranza eterogenea e quindi caratterizzata dalla compresenza di più
forze politiche che magari possono anche essere omogenee ma poi le differenze alla fine
vengono fuori.
C’è una NORMA COSTITUZIONALE IMPORTANTE CHE AFFERMA CHE IL VOTO
CONTRARIO DI UNA O ENTRAMBE LE CAMERE SU UNA PROPOSTA DEL GOVERNO
NON IMPONE L’OBBLIGO DI DIMISSIONI DEL GOVERNO STESSO: la costituzione dice
che se camera o senato votano contro la proposta di governo, il governo non deve andare
difronte al Capo dello Stato a rassegnare le dimissioni ma rimane libero di scegliere se
ricorrere alle dimissioni o no. L’OBBLIGO GIURIDICO DI DIMISSIONI NASCE QUANDO
UNA DELLE DUE CAMERE VOTA LA COSIDDETTA DI MOZIONE DI SFIDUCIA: è l’atto
parlamentare con il quale una delle due camere ritira la fiducia un tempo accordata a quel
governo, è l’atto formale di revoca della fiducia a quel governo. La mozione di sfiducia deve
essere sottoscritta da almeno 1/10 dei membri di una camera, quindi non basta un singolo
parlamentare. C’è anche un’altra regola importante codificata dai padri costituenti ossia: LA
MOZIONE DI SFIDUCIA NON PUO’ ESSERE MESSA IN DISCUSSIONE PRIMA CHE
SIANO PASSATI 3 GIORNI DALLA SUA PRESENTAZIONE. Non basta quindi la
sottoscrizione da parte di 1/10 dei membri ma devono passare tre giorni prima che venga
discussa e votata così si ha il tempo di radunare tutti e avere una votazione accurata senza
essere svolta incorrettamente per colpa della fretta (si apre una crisi di governo). PERCHE’?
Anche la mozione di sfiducia oltre a essere motivata deve essere votata per appello
nominale e soprattutto a maggioranza semplice, quindi per far cadere un governo basta la
stessa maggioranza che è prescritta per far nascere un governo.
C’è poi un terzo istituto che alimenta la relazione fiduciaria tra organo legislativo ed
esecutivo, è la cosiddetta QUESTIONE DI FIDUCIA. La questione di fiducia è l’atto che il
Governo pone su una votazione della Camera o del Senato; e alla camera o al Senato
attraverso la questione di fiducia il Governo dice “o votate in quel modo oppure, siccome
io Governo ho messo la questione di fiducia, mi dimetto”.
Secondo i regolamenti ogni emendamento deve essere discusso e votato, e ciò porta ad un
allungamento dei tempi enorme tale da mettere in difficoltà la maggioranza e lo stesso
governo. Se si abusa della questione di fiducia si dimostra che tra Governo e maggioranza
qualcosa non funziona. Se il governo continua a mettere questioni di fiducia vuol dire che il
governo non si fida della maggioranza, e questa ha dato modo al governo di credere questo.
Ricapitolando: gli istituti che alimentano il rapporto fiduciario tra Governo e ciascuna delle
due Camere sono:
● La MOZIONE DI FIDUCIA: che si pone all’inizio;
● La MOZIONE DI SFIDUCIA: che si può porre durante la legislatura ma che in
concreto fino ad oggi non ha mai funzionato;
● La QUESTIONE DI FIDUCIA: dove è il Governo che prende l’iniziativa e che espone
l’esecutivo stesso al rischio di dimettersi nel caso il voto delle camere dovesse
dimostrarsi sfavorevole.
LEZIONE 14: Responsabilità dei membri del governo
LA RESPONSABILITÀ DEI MEMBRI DEL GOVERNO PUÒ ESSERE POLITICA O
GIURIDICA. Si ha responsabilità politica quando un membro del Governo subisce
conseguenze negative sulla sua carica per ragioni di carattere politico, quindi per ragioni di
opportunità, per questioni di calcolo politico perché si ritiene che quella persona pur non
avendo commesso nessun illecito e quindi non essendosi resa responsabile di reati o illeciti
politicamente non è più adeguata a coprire quell’incarico. Si ha responsabilità giuridica, al
contrario, quando effettivamente un membro del governo ha violato una norma giuridica e si
espone al rischio di subire una sanzione, tipicamente penale ma non necessariamente
RESPONSABILITA’ POLITICA
Il Governo nel suo complesso risponde politicamente delle proprie decisioni innanzitutto nei
confronti delle due Camere.
Il Capo dello Stato non è mai politicamente responsabile dei suoi atti, la responsabilità
politica dei suoi atti viene assunta dal Governo tramite la CONTROFIRMA. Abbiamo però
parlato di responsabilità politica dell’intero Governo, quindi se va male una questione di
fiducia il presidente del Consiglio rassegna le dimissioni e con lui tutti i Ministri smettono di
esercitare tutte le funzioni (non è che si dimette il Presidente del Consiglio e rimangono i
Ministri).
Quindi allo stato attuale abbiamo uno scenario particolare per cui: o il ministro si dimette o
muore; il Presidente della Repubblica non può revocarlo e neanche il Presidente del
Consiglio. Quindi se un ministro non vuole dimettersi, nel nostro ordinamento è stato
introdotto in via CONSUETUDINARIA l’istituto della MOZIONE DI SFIDUCIA INDIVIDUALE:
cioè CIASCUNA CAMERA VOTANDO LA MOZIONE DI SFIDUCIA CONTRO IL SINGOLO
MINISTRO PUÒ COSTRINGERLO A RASSEGNARE LE DIMISSIONI.
PRIMA SINGOLARITA’: della disciplina speciale prevista per i reati ministeriali è chi giudica
il ministro; a giudicare il ministro è il TRIBUNALE DEI MINISTRI. Il tribunale dei ministri è un
organo giudiziario che è composto per sorteggio da tre magistrati che lavorano nel distretto
di corte d’appello nel territorio in cui si ritiene sia stato commesso il reato.
SECONDA SINGOLARITÀ: per poter processare un ministro il presidente del consiglio per
un reato ministeriale è necessaria l’autorizzazione a procedere della Camera di
appartenenza oppure del Senato se si tratta di un ministro o presidente del consiglio che
non è nè deputato né senatore. Questa autorizzazione può essere negata a maggioranza
assoluta dei membri di ciascuna Camera per le seguenti ragioni: perché il membro del
Governo ha agito per un interesse costituzionalmente rilevante o per un preminente
interesse pubblico nell’esercizio delle sue funzioni. Quindi per un reato ministeriale si può
sottoporre a processo il singolo ministro o il presidente del consiglio solo se ha ottenuto
l’autorizzazione a procedere della Camera o del Senato a seconda dei casi;
AUTORIZZAZIONE CHE PUÒ ESSERE NEGATA A MAGGIORANZA ASSOLUTA (50%
+1) DEI MEMBRI DELLA CAMERA INTERESSATA QUANDO LA CAMERA DICHIARA
CHE QUEL MEMBRO ABBIA AGITO PER UN INTERESSE COSTITUZIONALMENTE
RILEVANTE O PER UN PREMINENTE INTERESSE PUBBLICO NELL’ESERCIZIO DELLE
SUE FUNZIONI. Questa è una GARANZIA notevole perchè la Camera di appartenenza può
inibire l’esercizio dell’azione penale nei confronti del membro del Governo anche se
accusato di aver commesso un reato, per le ragioni previste dalla legge.
CHI DECIDE SE UN REATO È MINISTERIALE OPPURE NO
Questa legge prevede che tutti i processi penali a carico delle massime cariche dello Stato:
Presidente della Repubblica, Presidente della Camera, Presidente del Senato, Presidente
del Consiglio dei ministri, Presidente della Corte Costituzionale vanno sospesi fin tanto che
dura la permanenza in carica. L’idea è che siccome si tratta di personalità che ricoprono
incarichi strategici a livello istituzionale e un processo penale potrebbe avere ripercussioni
negative su queste persone, allora in virtù di un ragionevole bilanciamento si introduce
questa garanzia della sospensione del processo, ciò non vuol dire che queste persone
non possono essere giudicate ed eventualmente condannate ma significa che finchè
rimangono in carica non possono essere poste in essere attività processuali, quindi il
processo viene congelato per poi riprendere quando quella persona avrà smesso. Quindi il
termine di prescrizione viene interrotto e riprenderà a decorrere quando ricomincerà il
processo, la prescrizione è quell’istituto che permette ad un imputato di essere assolto
quando entro un certo numero di anni non si arriva di una sentenza definitiva di condanna.
Cosa può accadere secondo la legge del legittimo impedimento? Che se l’imputato è il
presidente del consiglio dice “mi spiace ma io quel giorno ho un’importante riunione e
Bruxelles con il mio partito…” e quindi adduco legittimo impedimento il giudice per quella
legge deve per forza rinviare l’udienza. La legge sul legittimo impedimento prevede si la
sospensione del termine di prescrizione però più è lungo un processo e più si diluisce
l’attenzione pubblica e meno pesante è la posizione processuale dell’imputato.
Sentenza 23 del 2011 la Corte Costituzionale dichiara l’incostituzionalità anche della legge
sul legittimo impedimento per una serie di ragioni, la principale per cui sottrae
all’apprezzamento discrezionalità del giudice la sussistenza o meno del legittimo
impedimento.; sbilanciando la posizione dell’imputato che è anche membro del governo.
LEZIONE 15: L’attività Normativa del Governo
All’interno del Governo, i ministri con portafoglio hanno un vertice politico e da quella
posizione sovraintende al corretto funzionamento dei vari apparati ministeriali attraverso un
corpo amministrativo composito che è strutturato secondo un’impostazione quasi gerarchica,
anche se non del tutto dove ci sono dei direttori generali, dirigenti, funzionari….
Quindi in questa posizione il ministro, coadiuvato da sottosegretari impartisce direttive,
adotta una serie di atti per far funzionare la macchina amministrativa e poi tutti insieme nel
Consiglio dei Ministri i singoli ministri adottano una serie di atti e provvedimenti che mirano
a far funzionare la complessa macchina burocratica che è lo Stato; il governo è protagonista
della Manovra di Bilancio e quindi è l’organo a cui la costituzione attribuisce il compito di
redigere ogni anno il bilancio preventivo, compilare il rendiconto consuntivo per poi passare
al Parlamento per la conseguente approvazione con legge. Il governo poi compie anche una
serie di atti di nomina che riguardano le strutture apicali dei vari enti partecipati allo Stato
Questi compiti per ora mettiamoli da parte e occupiamoci dell’attività normativa del governo,
ossia di quel complesso di atti e decisioni attraverso i quali il Governo riesce a produrre
norme giuridiche costitutive dell’ordinamento; il che può sembrare un’anomalia perché
secondo il principio della separazione dei poteri le norme giuridiche dovrebbero essere
protette solo dal potere legislativo mentre al potere esecutivo dovrebbe spettare soltanto la
cura concreta degli interessi generali attraverso l’applicazione del diritto oggettivo a casi
concreti, quindi il potere esecutivo secondo il principio della separazione dei poteri
dovrebbe occuparsi soltanto di attività amministrativa come cura concreta di interessi
generali. Come però si è anticipato però nella nostra forma di governo parlamentare il
principio della separazione dei poteri è stato introdotto in modo TENDENZIALE, nel senso
che esso è la regola che subisce una serie di eccezioni; quindi il nostro ordinamento
attribuisce anche al governo il potere di costituire norme giuridiche che confluiscono nel
diritto oggetti, quindi diritto positivo vigente nel nostro Stato. Tipicamente il potere esecutivo
è chiamato a produrre norme giuridiche di rango secondario, quindi l’atto normativo per
antonomasia del potere esecutivo è il REGOLAMENTO DEL GOVERNO.
Questo perché, mente la fonte primaria è caratterizzata da un rilevante tasso di
democraticità nel senso che la fonte primaria garantisce sempre un confronto dialettico tra
maggioranza e opposizione, il regolamento invece è adottato esclusivamente dal Governo
(espressione della sola maggioranza e l’opposizione non partecipa mai al procedimento di
formazione del regolamento) e perciò il suo contenuto è sempre frutto di un processo
decisionale che vede esclusa l’opposizione e per questa ragione presentando un tasso di
democraticità inferiore rispetto alla Legge viene collocato tra le fonti secondarie.
Normalmente il regolamento serve a regolare gli aspetti più capillari e più minuti delle varie
discipline, inoltre è uno strumento snello di produzione normativa, nel senso che anche dal
punto di vista della tempistica richiede un minor dispendio di energie rispetto alle fonti
primarie.
La nostra Costituzione, più precisamente, accanto alla Legge del Parlamento prevede due
fonti primarie del diritto che sono invece poste in essere dal governo (decreto legislativo e
decreto legge). Questo è una spetto particolarmente singolare perché attribuire la funzione
legislativa al potere esecutivo, che è espressione della maggioranza potrebbe in qualche
modo mettere in crisi il principio democratico che è uno dei principi supremi del nostro
ordinamento; questo perché il potere legislativo è la capacità di produrre norme giuridiche
immediatamente ed esclusivamente subordinate alla Costituzione.
Si ha una Costituzione quindi che mira a garantire la stabilità al nostro ordinamento,
fissa una serie di principi fondamentali intorno ai quali si è aggregato il consenso della
stragrande maggioranza degli attori politici presenti in assemblea costituente, permettendo
di regolare i loro rapporti.
Quindi la Costituzione resta ferma, salvo la possibilità di essere modificata tramite la
procedura aggravata, però poi la concreta vita politica si alimenta attraverso la vitalità delle
istituzioni (parlamentari e governative), attraverso quindi una serie di decisioni che gli attori
politici assumono all’interno degli organi in cui sono incardinati.
PRECISAZIONE IMPORTANTE: la nostra Costituzione non vincola politicamente le scelte
delle maggioranze parlamentari, non ci sono vincoli/indirizzi politici in senso proprio, cioè
non abbiamo una Costituzione liberista che impone di adottare esclusivamente leggi
favorevoli al mercato, ma che definisce una tavola di valori, una serie di principi che
riflettono le concezioni ideali di una società condivisa dalla stragrande maggioranza della
comunità stessa, ma poi lascia aperte diverse soluzioni all’attuazione di questi principi.
La POLITICA NON è PARTITI CHE LITIGANO TRA DI LORO per una poltrona piuttosto
che un un’altra, la politica non è difesa ad oltranza di posizioni di privilegio per ottenere certi
risultati ma la POLITICA E’ ASSUMERE DELLE DECISIONI, OPERANDO DELLE SCELTE
SECONDO CERTI VALORI CHE IO MI OSTINO A DEFINIRE VALORI IDEOLOGICI; se è
vero che oggi è diffuso il convincimento che le ideologie non ci siano più, che la differenza
tra destra e sinistra si considera superata il professore resta fermamente convinto invece
che ci sia un pensiero liberale, un indirizzo liberale, un pensiero social democratico, un
pensiero conservatore, ci siano ideali comunisti, una visione sovranista… il professore
ritiene che i valori ideali ci siano, che poi non siano più la destra e la sinistra degli anni ’70
può essere vero però è in dubbio che ci siano ancora questi valori a guidare i vari attori
politici.
FARE POLITICA È PRENDERE DECISIONI COERENTEMENTE CON UN DISEGNO
POLITICO. La Costituzione permette di fare queste scelte politiche soprattutto attraverso la
Legge, è la Legge l’atto politico per eccellenza che consente ad una maggioranza di
realizzare il proprio programma politico, con il quale si è presentato alle elezioni, in vista di
certi obiettivi.
Quindi il potere legislativo ha un ruolo centrale all’interno di un sistema democratico in
quanto consente alle forze politiche che hanno vinto democraticamente le elezioni di attuare
i principi costituzionali secondo una propria visione politica
Questa è DEMOCRAZIA: CONFRONTO TRA POSIZIONI POLITICHE, confronto tra
ideologie. Fare una scelta giusta o sbagliata, non dipende dal buonsenso ma dall’ideale che
si intende perseguire, ma ideologie non troppo rigide ma al tempo stesso qualificanti l’azione
politica dei vari soggetti, e la legge è lo strumento politico che permette alle forze politiche di
perseguire questi valori politici. Ecco perché il potere legislativo è così importante ed ecco
perché il potere legislativo è di regola attribuito al PARLAMENTO IL QUALE È LA SEDE
PIÙ CONGENIALE IN UN SISTEMA DEMOCRATICO PER L’ESERCIZIO DELLA
FUNZIONA LEGISLATIVA, PERCHÉ IL PARLAMENTO È IL LUOGO DEL CONFRONTO
DIALETTICO TRA FORZE POLITICHE, è il luogo dove i rappresentati democraticamente
eletti compiono le loro scelte politiche confrontandosi non solo all’interno della stessa
maggioranza ma anche attraverso il confronto con l’opposizione che può immettere elementi
critici per poter influenzare l’opinione pubblica nel giudizio da formulare nei confronti di
quella maggioranza che sta governando in virtù di un mandato elettorale.
LA LEGGE È LO STRUMENTO PRIVILEGIATO DI ATTUAZIONE DEI PRINCIPI
COSTITUZIONALI ATTRIBUITO AD UN PARLAMENTO, LUOGO DELLA
RAPPRESENTANZA POLITICA CHE È IL CONTESTO DOVE SI CONFRONTANO
DIALETTICAMENTE MAGGIORANZA E OPPOSIZIONE IN PIENO SPIRITO
DEMOCRATICO. Ecco perché in un modello basato sulla separazione dei poteri la funzione
legislativa è attribuita al parlamento. Capiamo che quando la Costituzione, come la nostra
ma anche altre, introduce delle eccezioni al monopolio parlamentare della funzione
legislativa allora sorge il sospetto che ci sia qualcosa che non va dal punto di vista della
democrazia, e ciò lo rende ancora più evidente se si pensa che decreti legge e decreti
legislativi sono collocati sullo stesso piano della legge ordinaria del parlamento. Il governo,
organo esecutivo, esponenziale della sola maggioranza è autorizzato dalla Costituzione a
porre in essere fonti primarie subordinate alla sola costituzione e di pari grado della legge
ordinaria, apparentemente c’è qualcosa che non va perché ci si chiede dove si trova la
democrazia nei decreti legge e decreti legislativi se questi sono atti adottati su decisione
esclusivamente della maggioranza. Apparentemente queste due fonti primarie del diritto
sembrerebbero disattendere il potere democratico, alterando la struttura democratica delle
nostre istituzioni. Si vedrà che in realtà il principio democratico è rispettato sia nel decreto
legislativo che nel decreto legge sia pure in un modo diverso rispetto a come il principio
democratico si manifesta attraverso la legge ordinaria del parlamento.
Perché il decreto legge e il decreto legislativo sono fonti primarie del diritto benché siano atti
decisi esclusivamente del Governo attraverso decisioni del Consiglio dei Ministri?
PRIMA PATOLOGIA - REITERAZIONE DEI DECRETI LEGGE: Reiterare vuol dire ripetere
uno stesso atto più volte nel tempo. IL GOVERNO REITERA QUEL DECRETO LEGGE PER
DISCIPLINARE QUEI RAPPORTI, RIBADENDO LE PROPRIE SCELTE NONOSTANTE LA
CHIARA EVIDENTE POSIZIONE DI CHIUSURA DEL PARLAMENTO.
LEZIONE 17
L’attività normativa del Governo non si risolve soltanto nell’applicazione di Decreto-legge e
Decreti Legislativi; la tipica attività normativa del governo è quella che si sostanzia nella
produzione di regolamenti. I REGOLAMENTI GOVERNATIVI sono fonti SECONDARIE del
diritto, perché il tasso di democraticità è relativamente basso dal momento che questi
regolamenti sono deliberati dal consiglio dei ministri e questo a sua volta è espressione della
sola maggioranza. Anche per quanto riguarda il tasso di stabilità i regolamenti governativi
sono strumenti snelli, rapidi di normazione perché vengono fatti in un arco di tempo limitato,
possono essere modificati anche in maniera rapida e quindi permettono al governo di
intervenire tempestivamente per affrontare situazioni che richiedono appunto una disciplina
regolamentare differente rispetto al passato.
DISAPPLICAZIONE vuol dire che il regolamento rimane, ma non può trovare applicazione
nel processo e quindi non può produrre i suoi effetti tipici. L’annullamento comporta invece
la rimozione definitiva di quell’atto dall’ordinamento giuridico.
PRINCIPIO DI LEGALITA’: rapporto tra fonti primarie e fonti secondarie. Questo è un
aspetto molto IMPORTANTE, quando si deve chiarire in maniera molto precisa cosa sia
davvero il rapporto con le fonti primarie (legge del parlamento, decreti-legge e decreti
legislativi). Il regolamento deve rispettare le fonti primarie altrimenti subisce la sanzione
appena indicata; come è strutturato questo rapporto tra la fonte primaria e il regolamento? È
strutturato secondo l’istituto della RISERVA DI LEGGE: la Costituzione stabilisce che
determinate materie/situazioni/rapporti siano regolati dalla Legge. Queste riserve di legge si
trovano nella Costituzione e le individuiamo tutte le volte che la Costituzione contiene
espressioni del dito “nel casi e nei modi previsti dalla Legge…”; “secondo la Legge…” “nei
casi previsti dalla Legge…”. La Costituzione quindi ha deciso che alcuni rapporti debbano
per forza regolati dalla fonte primaria perché si tratta di materie/ambiti costituzionalmente
sensibili, e quindi così importanti da richiedere una regolamentazione che provenga da
quelle fonti primarie che come si è detto più volte garantisce il confronto dialettico tra
maggioranza e opposizione.
Le riserve di legge sono sostanzialmente di due tipi:
● RISERVE ASSOLUTE: è tipica della tutela costituzionale dei diritti fondamentali.
L’articolo 13 dice che la libertà personale può essere limitata nei soli casi e modi
previsti dalla legge; l’articolo 14 sulla libertà di domicilio si riferisce alla libertà
personale così anche le altre disposizioni in materia di diritti fondamentali fanno
riferimento più o meno esplicito ad una riserva assoluta di legge. (custodia
cautelare significa che una persona viene materialmente condotta in un carcere,
viene rinchiusa in una cella e non può avere contatti con l’esterno benché nessun
giudice ne abbia ancora accertato la responsabilità penale in via definitiva)
I Gravi indizi di colpevolezza NON SONO PROVE, le prove secondo il nostro
processo si formano nel dibattimento/ nel contradditorio tra difesa e accusa; prima
del processo ci sono degli indizi che sono elementi di fatto che se presentano
determinate caratteristiche, anche combinandosi tra loro, possono formare una prova
nel processo. Gli indizi possono essere lievi (sospetto fragile); oppure possono
essere gravi e quindi tali da lasciar immaginare che nel processo il pubblico ministero
riuscirà a provare la responsabilità penale dell’imputato.
Quindi riserva di legge significa che tutte le limitazioni alla libertà personale possono
avvenire nei soli casi e modi stabiliti da una legge primaria che dice al pubblico
ministero, alla forza di polizia se quando e come una persona possa subire questi
provvedimenti; questo è un elemento di GARANZIA tipico dello Stato liberale
● RISERVA RELATIVA DI LEGGE: le prestazioni patrimoniali o personali previste
dall’articolo 23 della Costituzione. La tassa è la tipica prestazione patrimoniale che
grava su una persona la quale deve attingere al proprio patrimonio e rinunciare ad
una parte di esso a favore dello Stato. La riserva di legge prevista dall’articolo 23
viene considerata come un RISERVA REGLATIVA di legge. Quindi c’è sempre
bisogno di una fonte primaria ma non con tutte quelle garanzie che caratterizzano la
riserva assoluta.
LE NORME DI PRINCIPIO: sono le norme che fissano le linee generali della disciplina, gli
obiettivi da raggiungere, le direttive, però non possono applicarsi direttamente ai casi
concreti per la loro vaghezza e c’è bisogno delle NORME DI ATTUAZIONE. Le norme di
attuazione SVILUPPANO le norme di principio: scegliere tra le varie possibilità di attuazione
del principio quella che si predilige. Essa stabilisce quale modalità di inveramento di
attuazione del principio va preferita.
In ultimo si hanno le NORME DI ESECUZIONE le quali sono norme che disciplinano gli
aspetti più particolari di quella materia, cioè come si compilano i moduli per una richiesta,
quali sono i precisi passaggi procedurali in un iter burocratico, quale è l’ufficio esattamente
competente…
I DPCM (decreti del presidente del consiglio dei ministri): periodicamente adottati che
comportano discipline anche particolarmente rigorose nei confronti delle nostre libertà;
perché un dpcm che ci obbliga a indossare la mascherina va a limitare le nostre libertà. Il
dpcm è una fonte secondaria del diritto, è un atto di natura regolamentare subordinato
alla Legge mentre le libertà sono assistite dalla riserva assoluta di legge. Allora come si
concilia il fatto che i dpcm possano intervenire in maniera così drastica a limitare le libertà
individuali se c’è una riserva assoluta di legge e i dpcm sono fonti secondarie? queste
decisioni che richiedono rapidità di intervento.
PERCHÉ SONO LEGITTIMI QUESTI DPCM? Perché ALLA BASE C’È COMUNQUE UNA
FONTE PRIMARIA che attuando l’articolo 16 della Costituzione autorizza il presidente del
consiglio dei ministri a utilizzare questi decreti per stabilire le misure concrete per ridurre il
rischio da contagio per COVID-19. In particolare, QUESTA FONTE PRIMARIA È UN
DECRETO-LEGGE, da quando è scoppiata la pandemia il governo è intervenuto più volte
con decreti-legge che poi sono stati convertiti dal parlamento (con emendamenti); e questo
decreto-legge che è fonte primaria e quindi può soddisfare la riserva di legge di cui
all’articolo 16 della costituzione ha ammesso che fonti del diritto più rapide, snelle e veloci
possano intervenire in materia. Un dpcm più affidabile dal punto di vista temporale rispetto
ad una legge o decreto-legge che stabilisca le medesime limitazioni. I DPCM SONO QUINDI
FONTI SECONDARIE, GERARCHICAMENTE SUBORDINATE ALLA LEGGE E CHE
POSSONO INTERVENIRE IN MATERIE COPERTE DA RISERVA ASSOLUTA DI LEGGE
PERCHÉ C’È UNA FONTE PRIMARIA CHE LE AUTORIZZA (fonte primaria che in questo
periodo è un decreto legge).
LEZIONE 18: Il Ciclo di Bilancio
Il Ciclo di Bilancio: lo Stato in quanto organizzazione giuridica complessa ha esso stesso
un bilancio, si compone di un BILANCIO DI PREVISIONE che è un documento contabile
che indica le spese che lo Stato intende effettuare l’anno solare successivo e le entrate che
lo Stato ha programmato di riscuotere nello stesso periodo temporale.
Esiste anche il RENDICONTO CONSUNTIVO, che è quel documento contabile con cui lo
Stato da conto delle spese effettivamente effettuate e delle entrate riscosse, ma noi non ce
ne occuperemo. Secondo la Costituzione i protagonisti del Ciclo di bilancio sono il
Parlamento e il Governo: il Governo scrive il bilancio e il parlamento approva il bilancio con
legge. Vedremo però come questo confronto tra Parlamento e governo si sia arricchito di
altri strumenti oltre al bilancio e alla legge di approvazione del bilancio, ma anche di altri
attori istituzionali sovranazionali e cioè l’Unione Europea.
Un aspetto fondamentale, che si deve chiarire e assimilare molto bene è che OGNI SPESA
E OGNI ENTRATA DEVE ESSERE PREVISTA DALLA LEGGE. Quindi ogni spesa che lo
Stato attraverso la sua articolazione organizzativa pone in essere deve avere un
fondamento legislativo, cioè ci deve essere una legge che preveda e quantifichi quella
spesa. Lo stesso vale per le entrate, ogni somma riscossa dalle istituzioni statali deve avere
una base legislativa. LO STATO COME FINANZIA LE PROPRIE ATTIVITÀ? Innanzitutto,
attraverso la LEVA FISCALE e quindi attraverso le tasse, tributi e imposte (hanno tre
significati diversi). Quindi una prima fonte di entrata per lo Stato è rappresentata dalle tasse.
Poi c’è il RICORSO AL DEBITO PUBBLICO: lo Stato immette nel mercato immobiliare
obbligazioni per chiedere prestito di denaro agli investitori sotto forma di buoni ordinari del
tesori, certificati di credito del tesoro… lo Stato emette quindi periodicamente questi titoli di
Stato, in questo modo raccoglie risparmi o investimenti da parte di privati (non
necessariamente nazionali) e lo Stato si impegna a restituire il capitale versato con un
interesse, ed è proprio la variazione di questo tasso si interesse sul debito sovrano che è
una delle variabili più importanti nella analisi del bilancio di uno Stato, anche dal punto di
vista della politica complessiva.
Come terza forma di entrata ci sono le ALIENAZIONI: lo Stato vende beni di propria
proprietà quando questi non servono più, non sono più utilizzabili per lo svolgimento delle
attività istituzionali dello Stato (pensiamo alla vendita di vecchie caserme; oppure beni
immobili come le auto blu che raggiunge un certo kilometraggio non potevano più essere
usate).
Capiamo che in una situazione del genere, in cui i ministri sono vincolati a rispettare le leggi
che sono in vigore nel momento in cui egli si trova a compilare la manovra di bilancio si può
creare una certa difficoltà. Infatti, la costituzione ha definito la legge di bilancio come una
LEGGE MERAMENTE FORMALE: cioè una legge che ha solo il nome della legge ma che
in realtà serve al parlamento esclusivamente per approvare o respingere il bilancio
Questo sistema, congeniato dai padri costituenti, è un sistema molto rigido che crea degli
ostacoli notevoli al Governo che per far fronte ad un certo programma politico avrebbe
bisogno di cambiare i numeri relativi alle leggi in vigore nel momento in cui quel bilancio
viene scritto;
Questo assetto allora rischia di rendere difficile se non impossibile attuare il proprio
programma, allora dalla metà degli anni ’70 è stata inventata dal parlamento la cosiddetta
LEGGE FINANZIARIA. In questo modo si sarebbero apportate tutte le modifiche alle leggi di
spesa e di entrata vigenti in quel momento così da permettere al governo di realizzare i
propri obiettivi programmatici. Quindi in sede di bilancio prima ancora di redigere il bilancio il
parlamento presentava al governo un disegno di legge finanziaria, in questo disegno erano
indicate tutte le modifiche/integrazioni/abrogazioni di leggi precedenti in modo congeniale
rispetto agli obiettivi programmatici; il parlamento approvava la nuova legge finanziaria e con
la nuova legge ogni singolo ministro aveva difronte un quadro normativo diverso rispetto al
passato e quindi avrebbe potuto predisporre un bilancio coerente rispetto agli obiettivi
programmati.
Quindi la successione era: redazione della legge finanziaria, redazione del bilancio,
approvazione del bilancio.
In questo modo la legge finanziaria ha funzionato per rendere meno rigido il rapporto tra
governo e parlamento nel ciclo di bilancio. All’inizio questa legge funziona benissimo ma ad
un certo punto questa legge finanziaria è diventata lo strumento per aumentare in maniera
esponenziale e vertiginosa il bilancio dello Stato, in quanto questa legge finanziaria è stata
originariamente pensata per consentire al governo di avere gli strumenti normativi adeguati
per realizzare il proprio programma ma poi ogni singolo parlamentare ne ha approfittato.
Si è andati incontro ad una IMPENNATA DEL DEBITO PUBBLICO perché tutti i
parlamentari ne hanno approfittato per introdurre nuove spese
Si è quindi arrivati al punto in cui lo Stato è costretto a emettere titoli di Stato non per
finanziare i propri servizi ma per pagare il pregresso debito pubblico, per pagare gli interessi
sui titoli che erano stati emessi
Poi a seguito del PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA sempre più forte i conti
pubblici vengono sottoposti ad un controllo da parte delle istituzioni europee, l’Italia al pari
degli altri paesi membri dell’Unione Europea ha concluso una serie di accordi, tra cui il
FISCAL COMPACT, in virtù dei quali si è impegnato a ridurre il debito pubblico. Allora ad un
certo punto anche le istituzioni italiane si sono rese conto che la legge finanziaria, nata per
ragioni serie è degenerata ed è diventata un nemico per il contenimento della spesa
pubblica. Una delle conseguenze è stata la RISCRITTURA DELL’ARTICOLO 81 DELLA
COSTITUZIONE (2012), dove si è detto che lo Stato deve garantire IL PAREGGIO DI
BILANCIO e il ricorso all’indebitamento può avvenire solo in casi assolutamente eccezioni
con una determinata procedura. È chiaro che nel momento in cui l’interazione con le
istituzioni europee è diventata sempre più fitta, i conti pubblici dello Stato sono stati messi
sotto il controllo dell’unione europea la legge finanziaria non poteva più funzionare, infatti ad
un certo punto la legge finanziaria viene soppressa e vie introdotta la LEGGE DI
STABILITA’. La legge di stabilità svolge una funzione analoga alla legge finanziaria ma con
dei vincoli molto più stringenti rispetto alla legge finanziaria, contestualmente nel ciclo
di bilancio che un tempo era prerogativa esclusiva del parlamento e del governo italiano si
INSINUANO ANCHE LE ISTITUZIONI EUROPEE TRA CUI LA COMMISSIONE
EUROPEA. Quindi ogni anno il governo presenta in parlamento il cosiddetto documento di
economia e finanza, il quale descrive gli obiettivi che il governo intende realizzare negli anni
successivi, poi trasmesso al consiglio dell’Unione Europea e alla commissione europea in
modo che possa esprimere valutazioni.
OGGI NON C’È PIÙ LA LEGGE DI STABILITÀ, C’È UNA LEGGE DI BILANCIO CHE SI
ARTICOLA IN DUE SEZIONI: la prima sezione corrisponde grosso modo alla vecchia legge
di stabilità e quindi alla vecchia legge finanziaria (modifiche alla legge vigente affinchè il
governo possa realizzare i propri obiettivi), la seconda parte è invece il bilancio vero e
proprio.
CICLO DI BILANCIO: Ogni anno c’è questo ciclo di bilancio che parte il 10 aprile, ed
ENTRO IL 10 APRILE il governo predispone il DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA.
Questo documento contiene un programma di stabilità e quindi indica tutti gli interventi che
mirano a garantire un contenimento della spesa pubblica e poi c’è un programma nazionale
di riforma che indica gli obiettivi macroeconomici che lo Stato si prefigge di realizzare e che
risentono di più del programma politici di quella maggioranza.
Quindi il DEF viene predisposto dal governo e poi approvato dal parlamento con un’apposita
risoluzione dopodiché il DEF, che è il punto di partenza della manovra annuale di bilancio,
passa agli organi dell’UE, in particolare Commissione e Consiglio i quali formano una serie
di raccomandazioni. Entro la fine di settembre il Governo predispone una NOTA DI
AGGIORNAMENTO DEL DEF, seguendo le leggi europee. ENTRO IL 20 OTTOBRE IL
GOVERNO, alla luce del documento programmatico di bilancio predispone e presenta al
parlamento il disegno di legge di bilancio. Il DISEGNO DI LEGGE DI BILANCIO SI
COMPONE DI DUE SEZIONI:
● La prima sezione grosso modo ricorda la vecchia legge finanziaria e cioè la prima
sezione contiene le previsioni di carattere macroeconomico che sono intimamente
connessi con il tipo di interventi che il governo vuole realizzare per seguire un certo
programma.
● La seconda sezione che è il vero e proprio bilancio e quindi c’è l’approvazione del
bilancio predisposto dal Governo. Questo disegno di legge passa poi alla
Commissione europea che esprime un parere, e di questo parare il parlamento deve
tenerne conto per poi arrivare alla APPROVAZIONE DEFINITA DEL BILANCIO
ENTRO IL 31 DICEMBRE.
E in tutto questo l’UE svolge un ruolo dominante in quanto le raccomandazioni e i pareri
predisposti dalla commissione e dal consiglio non sono semplici inviti ma sono indicazioni
particolarmente dettagliate su ciò che lo Stato italiano dovrebbe fare per controllare in
maniera adeguata i conti.
Un fatto da considerare ce la dice l’articolo 81: “il ricorso all’indebitamento (cioè la
possibilità di rivolgersi al mercato immobiliare emettendo obbligazioni) è consentito solo al
fine di considerare gli effetti del ciclo economico e con una legge approvata a maggioranza
assoluta al verificarsi di eventi eccezionali”. Quindi mentre in passato l’indebitamento era la
regola, quindi la strada più battuta per sfondare il tetto della spesa pubblica per poter
realizzare tutti quegli interventi che lo stato si prefiggeva di attuare; oggi il ricorso
all’indebitamento può essere effettuato solo con una legge particolare per cui è richiesta
una maggioranza parlamentare, tenuto conto degli effetti del ciclo economico e in
presenza di eventi eccezionali.
LEZIONE 20: Presidente della Repubblica
Per qualificare la figura del presidente della Repubblica si devono combinare sia elementi
normativi, cioè elementi tratti dal testo costituzionale sia elementi fattuali cioè ricavati dalla
prassi repubblicana. Attraverso la combinazione di questi elementi e in virtù anche di
un’interpretazione sistematica di queste disposizioni costituzionali si cercherà di costruire
l’identikit del Presidente della Repubblica.
Negli Stati uniti il presidente della repubblica è l’organo esecutivo: quindi è
sicuramente un organo politico scelto attraverso un meccanismo politico, esponente di un
partito e abilitato dall’ordinamento ad assumere decisioni di carattere politico.
In Italia si ha un organo politico, il parlamento, luogo in cui si confrontano maggioranza e
opposizione; il parlamento assume decisioni politiche, la legge ordinaria riflette un indirizzo
politico ed è quindi un atto politico. Il governo, anch’esso è un organo politico perché
rappresenta la sola maggioranza e un indirizzo politico del quale è responsabile il
presidente del consiglio.
POTERE LEGISLATIVO
Parlamento-legge; Governo-decreto-legge e decreti legislativi. Si è visto che il presidente
della repubblica promulga le leggi, l’atto di promulgazione certifica che quella Legge sia
stata davvero approvata sia dalla camera che dal senato nello stesso identico testo; e inoltre
in sede di promulgazione il capo svolge una funzione di controllo sulla non palese
incostituzionalità della legge o di alcune sue parti. Il fatto che il Presidente della
Repubblica accerti come un notaio la provenienza di quell’atto, dichiarandone l’autenticità e
che si possa opporre solo per ragioni di costituzionalità, per lo più manifesta, vuol dire che il
Presidente sia contitolare della funzione legislativa? Sicuramente se si ostina a non
promulgare la legge impedisce al parlamento di esercitare in modo pieno le proprie
attribuzioni; però abbiamo visto che quando anche le camere dovessero riapprovare la legge
così come era (nonostante il rinvio presidenziale) il Capo dello Stato è obbligato a
promulgare e se non la interviene la Corte Costituzionale, sancendo l’obbligo per il
presidente di promulgare.
Quindi in realtà il capo dello Stato NON PUÒ CONSIDERARSI CONTITOLARE DELLA
FUNZIONE LEGISLATIVA attribuita dalla Costituzione al parlamento; E LO STESSO VALE
NEL CASO DEI DECRETI LEGGE E DECRETI LEGISLATIVI perché si è visto che il
Presidente della Repubblica emana questi atti, e il potere di emanazione è simile (per certi
versi) al potere di promulgazione da al Presidente la possibilità di bloccare l’atto avente forza
di legge del governo solo quando esso risulti palesemente affetto da vizi di incostituzionalità.
Altri rapporti con l’organo legislativo:
● IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PUÒ MANDARE MESSAGGI MOTIVATI
ALLE CAMERE E CIOÈ PUÒ SOLLECITARE IL PARLAMENTO AD ASSUMERE
DELLE DECISIONI, non necessariamente tramite legge, per fronteggiare questioni
rispetto alle quali il Capo dello stato, rappresentante dell’Unità nazionale ritiene
improcrastinabile un intervento da parte del Parlamento stesso.
● Il presidente AUTORIZZA IL GOVERNO A PRESENTARE I DISEGNI DI LEGGE ma
questo non lo rende soggetto titolare della funzione di iniziativa legislativa, perché il
suo potere di autorizzazione
● IL CAPO DELLO STATO PUÒ SCIOGLIERE ANTICIPATAMENTE UNA O
ENTRAMBE LE CAMERE
Sciogliere anticipatamente le camere significa prendere atto che in Parlamento non c’è una
maggioranza governate e quindi nonostante i tanti tentativi fatti di trovare la quadratura del
cerchio il presidente ritiene di coinvolgere l’elettorato nel reinsediamento di un nuovo
Parlamento. Anche questo potere comunque non lo rende organo legislativo, perché il
presidente non può sciogliere il Parlamento solo perché fa leggi che non gli piacciono ma lo
può sciogliere se non c’è la maggioranza governante
Quindi possiamo dire che NON ci sono elementi in costituzione per poter qualificare il
Presidente della repubblica come organo legislativo.
Chiedere al presidente della repubblica di diventare una persona assolutamente neutrale dal
punto di vista politico (apolitico) sarebbe un errore, ciò che si chiede al Presidente della
Repubblica è di non favorire un partito solo perchè si ha quel orientamento politico, ma
scegliere senza essere influenzato da esso, infatti lui ha il pieno diritto di avere un
orientazione politica.
COSA VUOL DIRE GIUDIZIO DI MERITO? Tanto il giudice di primo grado quanto il giudice
di appello ricostruiscono la vicenda giudiziaria al fine di appurare l’eventuale responsabilità
penale dell’imputato. Quindi il giudice di merito acquisisce prove portate dall’accusa, per
dimostrare la colpevolezza dell’imputato, e prove fornite dalla difesa per confutare la tesi
accusatoria del pubblico ministero. Il giudice alla luce delle prove decide che tipo di
sentenza pronunciare, se di condanna o se di assoluzione o proscioglimento, a seconda dei
casi.
Alla corte di cassazione si ricorre quando si ritiene che i giudici di merito abbiano
commesso errori nell’interpretazione dell’interpretazione e applicazione del diritto al caso
concreto, ecco perché la Corte di Cassazione è definita giudice di legittimità in quanto
deve identificare la corretta applicazione del diritto oggettivo al caso concreto e verificare
che tutto sia stato eseguito correttamente.
IL GIUDICE DI LEGITTIMITÀ (la corte di cassazione) stabilisce/ verifica se quelle norme
sono state correttamente interpretate e applicate dai giudici di merito. Che poi in corte di
cassazione ci siano i magistrati con maggiore anzianità di servizio è un dato statistico ma
non sta ad indicare che loro sono più importanti dei magistrati di tribunale.
SECONDO PRINCIPIO: “I giudici sono soggetti soltanto alla legge”. I giudici applicano la
legge ai casi concreti, applicano il diritto oggettivo per risolvere le controversie o per
verificare se l’imputato sia colpevole oppure no. Questa precisazione viene fatta perché
l’ordinamento italiano appartiene alla famiglia degli ordinamenti di civil law, cioè quegli
ordinamenti che affondano le loro radici nell’esperienza del diritto romano. Il giudice è
semplicemente la bocca della legge (Montesquieu). Il giudice ha um margine di
discrezionalità nel affrontare i vari, ma questo non significa che il giudice fa quello che vuole
ma deve applicare il diritto al caso concreto, ma già nell’attività interpretativa il giudice può
muoversi in modo da trovare soluzioni differenziate. Il dato importante è che un conto è
interpretare il diritto anche in senso evolutivo, quindi trovare nella disposizione una norma
nuova rispetto a come quella disposizione veniva applicata fino a poco tempo fa, altro è
svolgere una funzione creativa. INTERPRETARE IL DIRITTO infatti SIGNIFICA rispettare il
diritto e cercare il significato normativo secondo una serie di regole che presiedono l’attività
interpretativa. Creare il diritto significa invece produrre una norma giuridica dal nulla,
NEGLI ORDINAMENTI DI CIVIL LAW LA GIURISPRUDENZA NON E’ GIURIDICAMENTE
VINCOLANTE PER IL GIUDICE. Per GIURISPUDENZA si intende LE PRONUNCE RESE
DA ALTRI GIUDICI NEGLI STESSI CASI. Quindi i giudici sono soggetti soltanto alla legge
negli ordinamenti di civil law: che i precedenti non sono giuridicamente rilevanti.
C’è poi un principio strettamente connesso alla separazione dei poteri, che mira a garantire
un’esigenza fondamentale relativa all’esercizio della funzione giurisdizionale in uno Stato
liberale di diritto. DA UN MAGISTRATO CHE AMMINISTRA LA GIUSTIZIA COSA CI SI
ASPETTA? NEUTRALITA’, IMPARZIALITA’, INDIPENDENZA e per far si che vengano
rispettati si enuncia in maniera esplicita il PRINCIPIO DELL’AUTONOMIA E
INDIPENDENZA DELLA MAGISTRATURA RISPETTO AL POTERE POLITICO.
Considerando un caso in aula tribunale e ci sono dei problemi in cui una minoranza protesta
per motivi leciti, la maggioranza potrebbe creare delle leggi che vietano il loro rinnegare o
accusarsi di aver fatto cose illecite, ma QUESTO È ACCETTABILE IN UNO STATO DI
DIRITTO? NO, confligge con qualsiasi elemento di democrazia; quindi si scontra con i
pilastri dello stato di diritto: eguaglianza, legalità, rispetto di un giusto processo. QUALE è
L’ANTIDOTO A QUESTO MALE CHE POTREBBE AFFLIGGERE UNA DEMOCRAZIA?
SANCIRE A LIVELLO COSTITUZIONALE L’AUTONOMIA E L’INDIPENDENZA DELLA
MAGISTRATURA RISPETTO AL POTERE POLITICO, quindi rispetto agli altri poteri dello
Stato (parlamento e governo). Occorre erigere una barriera invalicabile tra questi due ambiti:
da una parte il potere politico incarnato da un Parlamento e governo e dall’altra parte uno
spazio in cui si amministra la giustizia ad opera di funzionari di uno Stato che non hanno
nessun legame di dipendenza al potere politico, e quindi sono messi nella condizione si
svolgere in maniera imparziale, neutrale il proprio ruolo nelle aule in cui si amministra la
giustizia. Tutto questo per evitare un uso strumentale della funzione giurisdizionale per
abbattere il nemico in modo antidemocratico ricorrendo all’illegalità.
IN CHE MODO L’INDIPENDENZA E L’AUTONOMIA DELLA MAGISTRATURA VENGONO
PRESIDIATI? Attraverso una serie di principi, che troveremo a proposito dello status
costituzionale del magistrato, ma ATTRAVERSO SOPRATTUTTO UN PARTICOLARE
ORGANO, quindi un’istituzione che in passato non esisteva e alla quale l’ordinamento
italiano a partire dalla Costituzione attribuisce una serie di funzioni per garantire
indipendenza, autonomia dei magistrati. Questo organo è chiamato: CONSIGLIO
SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA (CSM). Impropriamente il CSM viene definito
organo di autogoverno della magistratura, impropriamente perché sembra quasi che il CSM
faccia si che la magistratura sia un corpo separato da tutto il resto delle istituzioni
repubblicane e quindi possa fare quello che vuole senza dover dar conto a nessuno. In
realtà il CSM è un organo di rilievo costituzionale che amministra lo Status del magistrato,
quindi la condizione giuridica del magistrato. È l’organo che si occupa dal magistrato,
dall’inizio della carriera fino al pensionamento o comunque fino a quando il magistrato esce
dall’ordine giudiziario. Quindi noi abbiamo particolari funzionari dello Stato chiamati
magistrati, e abbiamo un soggetto (organo) il CSM che esercita una serie di funzioni
amministrative relative ai singoli magistrati in modo tale da garantire l’indipendenza e
l’autonomia rispetto al potere politico.
Ci sono poi i membri elettivi, scelti quindi tramite elezioni: la Costituzione non dice il
numero esatto ma dice che 2/3 dei membri elettivi sono eletti dai magistrati, 1/3 dei membri
elettivi sono scelti dal parlamento in seduta comune. Quindi si hanno 2/3 dei membri togati,
quindi magistrati scelti dai magistrati; e poi membri laici cioè che non sono magistrati, sono o
professori ordinari di università o avvocati con almeno 15 anni di esercizio che vengono
eletti dal parlamento in seduta comune. Sono laici perché non esercitano la professione di
magistrato. La legge prevede attualmente che 16 siano i membri togati e 8 i membri laici.
L’IMPORTANTE È RAGIONARE PERCHÉ QUESTA COMPOSIZIONE.
il CSM serve a tutelare indipendenza e autonomia rispetto al potere politica e poi nel CSM
troviamo 8 membri su 27 (24+3) che sono scelti dal potere politico e provengono da
categorie professionali diverse rispetto a quelle dei magistrati. PERCHE’ QUESTA SCELTA?
Uno dei rischi associati al riconoscimento dell’autonomia e indipendenza di un potere
rispetto agli altri poteri dello Stato è che quel potere autonomo diventi un POTERE
AUTOREFERENZIALE, cioè un potere che non accetta critica, che non vuole subire
osservazioni e contestazioni rispetto ad altri poteri, un potere che si chiude in sé stesso e
non ammette alcuna forma di giudizio rispetto ad altri poteri dello Stato: questo è il rischio.
Nel momento in cui un insieme di funzionari si garantisce dietro il principio di autonomia e
indipendenza, c’è il rischio che questa autonomia e indipendenza vengano spinte alle
estreme conseguenze così da rendere i magistrati giudici di loro stessi (autoreferenzialità).
I magistrati si distinguono tra di loro non per maggiore importanza, autorevolezza, prestigio
ma assolvono solo funzioni diverse. Quindi la carriera dei magistrati avviene
fondamentalmente secondo il principio dell’anzianità, nel senso che periodicamente sono
previste delle verifiche di professionalità dei magistrati e una volta superato questo controllo
di professionalità c’è lo scatto di anzianità, c’è l’attribuzione di una qualifica che
corrisponde all’anzianità di servizio.
I controlli delle competenze non sono dure perchè se così fosse tutti studierebbero solo per
il controllo e cadrebbe la qualità dei magistrati, infatti sono più lievi ma pur sempre tosti
Un altro PRINCIPIO è QUELLO DELLA INAMOVIBILITA’: cioè i magistrati non possono
essere rimossi o spostati dal loro ufficio ad un altro ufficio se non con tutte le garanzie
previste dalla legge per assicurare il contradditorio con il magistrato assicurato oppure con il
consenso del magistrato stesso.
La legge prevede che il magistrato sia chiamato a rispondere per dolo o colpa grave in
relazione ad attività commesse in relazione all’esplicazione delle proprie funzioni. ma LA
SUA RESPONSABILITÀ VERRÀ RICONOSCIUTA SOLO IN CASI IN CUI QUEL DANNO
IN GIUSTO SIA STATO COMMESSO INTENZIONALMENTE DAL MAGISTRATO OPPURE
PER COLPA GRAVE (negligenza, impudenza, imperizia grave però non lieve o moderata).
Il magistrato che commette reati o pone in essere illeciti civili è sottoposto alla giurisdizione
come qualsiasi altro cittadino, l’unico elemento di favore è la colpa grave.
La produzione di norme generali e astratte è solo il primo passo che si fa per tutelare
l’interesse generale, non è sufficiente infatti solo una norma generale e astratta ma c’è
bisogno di una pubblica amministrazione. La CURA DEGLI INTERESSI GENERALI esige
che un primo momento, definito ASTRATTO, che si risolve nella produzione di norme
giuridiche, e un secondo momento successivo definito CONCRETO che si risolve nello
svolgimento dell’attività amministrativa.
Quindi mentre l’attività normativa si può considerare la cura astratta degli interessi
generali; l’attività amministrativa è la cura concreta degli interessi generali, affrontando
caso per caso.
Si tratta di situazioni reali ai quali si applica la norma generale e astratta, e viene applicata la
norma dalla pubblica amministrazione; quindi le pubbliche amministrazioni sono quelle
istituzioni che svolgono attività di cura concreta degli interessi generali. Quando si parla di
cura concreta degli interessi generali per descrivere l’attività amministrativa si fa riferimento
a tutte quelle situazioni in cui un privato aspira ad ottenere qualcosa ma deve confrontarsi
con un interesse generale.
Il potere che serve alla cura concreta di un interesse generale e che ha queste
caratteristiche è uno strumento molto forte nelle mani dell’autorità rispetto alla quale il
privato può contrapporsi. Allora quando la PUBBLICA AMMINSTRAZIONE ESERCITA UN
POTERE SI ISTAURA UN RAPPORTO GIURIDICO TRA LA PUBBLICA
AMMINISTRAZIONE E IL PRIVATO.
Quindi vi è una combinazione di principi che definiscono il regime giuridico del potere, cioè
che definiscono questo potere come uno strumento che non è illimitato/assoluto/privo di
vincoli/requisiti ma che è soggetto al rispetto di questi principi che poi vengono declinati nel
dettaglio attraverso una serie di norme giuridiche (leggi o regolamenti) che contribuiscono a
rendere corretto l’esercizio del potere; un potere non può esercitarsi correttamente se non ci
fossero dei paletti, vincoli.
LEZIONE 30: Rapporto tra Legge e Funzione Amministrativa
L’attività amministrativa è dunque l’attività di cura concreta degli interessi generali, una
cura concreta che viene perseguita attraverso l’esercizio di un potere amministrativo che
presenta le caratteristiche che sono state indicate in precedenza; a fronte del potere della
PA c’è un interesse legittimo del privato che è una posizione giuridica soggettiva, quindi un
interesse tutelato dall’ordinamento affinchè il potere sia esercitato legittimamente. Un potere
è esercitato legittimamente quando rispetta innanzitutto i principi fondamentali che
sovraintendono l’azione amministrativa, tra questi soprattutto il PRINCIPIO DI LEGALITA’.
Legalità significa che anche il potere amministrativo, al pari del potere giudiziario, è soggetto
al rispetto della legge, è subordinato alla norma giuridica, quindi la norma giuridica
condiziona, vincola, limita, il potere amministrativo a cominciare dall’interesse generale cioè
ogni potere amministrativo è FUNZIONALE ALLA CURA CONCRETA DI UN INTERESSE
GENERALE. Ad ogni potere amministrativo corrisponde UNO E UNO SOLO INTERESSE
GENERALE DA TUTELARE, quindi può succedere che un potere amministrativo sia
esercitato per in interesse generale diverso rispetto a quello previsto dalla legge, e si
avrebbe uno sviamento del potere e l’atto finale sarebbe illegittimo.
Si è detto che l’attività amministrativa rientra nello spazio del potere esecutivo, e questo
spesso è indicato come il potere di dare esecuzione alla legge ma si è visto che una
definizione del genere non può considerarsi appagante perché dire ciò non significa nulla.
Potere esecutivo, dare esecuzione alla legge, significa curare concretamente l’interesse
generale applicando la norma generale e astratta al caso concreto, varia da caso a
caso. Pertanto, si può operare una CLASSIFICAZIONE TRA TRE TIPOLOGIE DI ATTIVITÀ
AMMINISTRATIVA CHE SI DIFFERENZIANO TRA DI LORO PROPRIO PER IL
DIFFERENTE GRADO DI COLLEGAMENTO, RELAZIONE CON LA LEGGE. Teniamo
presente che quando parliamo di “legge” parliamo di fonte primaria ma anche di fonte
secondaria, quindi anche i regolamenti governativi nel rispetto delle riserve di legge
vincolano l’attività amministrativa.
RICAPITOLANDO: a seconda del rapporto tra il potere e la legge si hanno tre diversi tipi di
attività amministrativa:
● VINCOLATA dove il rapporto è molto forte e l’amministrazione deve rispettare i
requisiti stabiliti dalla legge attraverso accertamenti semplici, così che il giudice
possa sostituirsi all’amministrazione per verificare quei requisiti;
● DISCREZIONALITÀ AMMINISTRATIVA che si ha quando la legge si limita ad
individuare gli obiettivi da raggiungere mentre i mezzi vengono stabiliti dalle
pubbliche amministrazioni, quindi ci sono dei margini di scelta che però devono
essere sfruttati dall’amministrazione in maniera legittima e questa scelta diventa il
merito amministrativo che non può mai essere messo in discussione da un giudice,
altrimenti ci sarebbe violazione della separazione dei poteri.
● DISCREZIONALITÀ TECNICA che nasce come l’attività vincolata ma rispetto a
questa si caratterizza per un accertamento di requisiti che richiedono valutazioni
tecnico specialistiche di un certo livello; il giudice in questo caso può giudicare
l’operato della pubblica amministrazione senza però sostituirsi all’apprezzamento
tecnicamente discrezionale della PA ma solo basandosi su dati esterni come
possono essere un’illegittima composizione della commissione esaminatrice, tempo
non idonea alle correzioni delle prove…
Quando il privato chiede di diventare avvocato, quando si chiede la concessione per
sfruttare una spiaggia…tutti questi soggetti sono portatori di INTERESSI LEGITTIMI AL
CORRETTO ESERCIZIO DEL POTERE AMMINISTRATIVO e di fronte a questi interessi
legittimi la forza del giudice di fronte all’atto impugnato è diversa a seconda dell’attività
vincolata, discrezionalità amministrativa, discrezionalità tecnica. (in particolare, abbiamo
visto che è decrescente).
LEZIONE 32: Pubblica Amministrazione
Il potere amministrativo è lo strumento che le pubbliche amministrazioni utilizzano per la
cura concreta degli interessi generali, difronte al potere amministrativo il privato vanta una
posizione di interesse legittimo che può essere soddisfatto solo se non è in contrasto con
l’interesse generale.
Questa partecipazione è un fattore di garanzia del corretto esercizio del potere, l’alternativa
rispetto al procedimento amministrativo sarebbe un esercizio istantaneo: la pubblica
amministrazione decide di espropriare un terreno e lo espropria immediatamente. Un
esercizio istantaneo, senza procedimento del potere amministrativo impedirebbe al titolare
dell’interesse legittimo di interloquire con la pubblica amministrazione. Quindi ogni volta che
si attua una misura, come quella dell’espropriazione per pubblica utilità, viene azionato un
procedimento all’interno del quale i soggetti interessati possono partecipare, ma non
significa negare l’espropriazione ma invenire cercando di ridurre il pregiudizio che il privato
deve subire.
Quindi procedimento come elemento di garanzia, buon andamento della pubblica
amministrazione, imparzialità dell’azione amministrativa. Il procedimento si articola in
diverse fasi:
● FASE DELLA INIZIATIVA: consiste nell’atto di impulso affinchè il procedimento
prenda vigore e conduca ad una determinata decisione. L’iniziativa può essere
assunta da un privato: iniziativa di parte, oppure la stessa pubblica amministrazione:
iniziativa d’ufficio. COSA SUCCEDE NEL MOMENTO IN CUI VI è UN ATTO DI
IMPULSO che nel caso del privato è una domanda oppure una richiesta o istanza?
○ LA NOMINA DEL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO: la PA
competente, davanti alla quale poi si svolgerà il procedimento, come primo
passo deve individuare all’interno della propria struttura organizzativa un
pubblico funzionario a cui attribuire la responsabilità di quel procedimento. È
una figura molto importante in quanto si tratta della persona fisica a cui il
privato potrà fare sempre riferimento per conoscere lo stato dell’iter
amministrativo.
○ COMUNICAZIONE DI AVVIO DEL PROCEDIMENTO: consiste nell’atto
formale con il quale inizia il procedimento stesso, la comunicazione viene
fatta ai privati interessati, alle PA interessate ed è importante la
comunicazione di avvio perché i privati possono partecipare ed è da quel
momento che decorre il termine per la conclusione del procedimento. TUTTI I
PROCEDIMENTI AMMINISTRATIVI DEBBONO CONCLUDERSI ENTRO
UN TERMINE TASSATIVO, PERENTORIO E QUESTO TERMINE
DECORRE PROPRIO DALLA COMUNICAZIONE DI AVVIO DEL
PROCEDIMENTO; termine che può variare a seconda della complessità del
procedimento, ci pensa la legge o i regolamenti a stabilire per ogni
procedimento il termine di conclusione del medesimo
● FASE DELL’ISTRUTTORIA: RENDE EDOTTA LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
DI TUTTE LE CIRCOSTANZE DI FATTO E DI TUTTI GLI ELEMENTI DI DIRITTO
che definiscono la realtà di riferimento grazie alla raccolta di documenti, prove parte
necessaria che verrà incisa dal provvedimento finale. Il PROTAGONISTA
DELL’ISTRUTTORIA è IL RESPOSNSABILE DEL PROCEDIMENTO: quindi sarà il
responsabile del procedimento (da solo o con l’ausilio di altri dipendenti) a svolgere
questa ATTIVITÀ A CUI PUÒ PARTECIPARE IL PRIVATO. La partecipazione si
risolve infatti nella presentazione di atti, memorie e documenti… perché non è detto
che la PA d’ufficio riesca ad acquisire tutto ciò che possa servire per una buona
decisione, è onere anche del privato se ci tiene a tutelare in maniera adeguata al
proprio interesse legittimo a partecipare in maniera sensata e consapevole. Quindi il
responsabile del procedimento acquisisce tutti questi elementi su cui fondare la
decisione.
Può capitare che la pubblica amministrazione prima di prendere una decisione debba
acquisire IL PARERE di un’altra pubblica amministrazione e c’è allora la cosiddetta
CONFERENZA DI SERVIZI: si tratta di un organismo in cui più Pubbliche
amministrazioni coinvolte nello stesso procedimento si ritrovano e contestualmente
esprimono il loro punto di vista. Una volta terminata la fase dell’istruttoria, all’interno
della quale tra l’altro il privato può esercitare il DIRITTO DI ACCESSO ai documenti
amministrativi: quindi può chiedere visione di tutti gli atti che non siano coperti da
segreto in modo tale da poter interloquire in maniera mirata e intelligente con la
pubblica amministrazione
● FASE COSTITUTIVA: la fase costitutiva è la fase del procedimento in cui
l’amministrazione assume la decisione finale, che può essere favorevole o
sfavorevole al privato. Talvolta è lo stesso responsabile del procedimento che decide,
talvolta la decisione è rimessa ad un organo collegiale (la giunta del comune di…);
importante è sottolineare che in questa fase si arriva alla decisione. IL
PROVVEDIMENTO CHE VIENE ASSUNTO NELLA FASE COSTITUTIVA È
PERFETTO MA NON ANCORA EFFICACE: un atto è perfetto quando ha tutte le
caratteristiche per essere riconosciuto dall’ordinamento come atto di quel tipo ma
non è ancora efficace, quindi non è ancora in grado di produrre i suoi effetti tipici e
questa dissociazione si ha nella fase costitutiva. Affinchè acquisisca questa capacità
è necessaria la quarta ed ultima fase.
● FASE INTEGRATIVA DELL’EFFICACIA: in questa fase l’atto viene portato
formalmente a conoscenza del destinatario attraverso la notificazione dell’atto;
attraverso la comunicazione dell’atto; attraverso la pubblicazione dell’atto.
Il provvedimento finale può essere favorevole o sfavorevole al privato e qui c’è una
distinzione tra interessi legittimi, più precisamente tra INTERESSI LEGITTIMI PRETENSIVI
e INTERESSI LEGITTIMI OPPOSITIVI. L’interesse legittimo PRETENSIVO è proprio di colui
che chiede un provvedimento favorevole alla pubblica amministrazione.
All’opposto c’è l’interesse legittimo di natura OPPOSITIVA che si ha quando un privato si
oppone ad un provvedimento a lui sfavorevole: è il caso dell’espropriazione. C’è una
classificazione tra i provvedimenti amministrativi:
● LA DIFFERENZA TRA AUTORIZZAZIONE E CONCESSIONE: La CONCESSIONE
determina il riconoscimento al privato di un diritto che egli prima non aveva.
L’AUTORIZZAZIONE rimuove un ostacolo che la legge pone al legittimo esercizio di
un diritto di cui il destinatario del provvedimento è già titolare.
● Le ABILITAZIONI sono AUTORIZZAZIONI espressione di discrezionalità tecnica: la
patente di guida è un’abilitazione, io sono già titolare del diritto a guidare la macchina
ma se non ho la patente non possono esercitare legittimamente questo diritto e la
patente non è espressione di discrezionalità amministrativa ma di discrezionalità
tecnica.
Ogni regioni, comuni sono amministrati dal punto di vista politico da organi SCELTI
DEMOCRATICAMENTE ATTRAVERSO LIBERE ELEZIONI. Quindi è come dire che la
democrazia rappresentativa viene implementata anche a livello locale e tutto questo in nome
del decentramento politico e del principio autonomistico. L’articolo 5 della Costituzione recita
“l’Italia una e indivisibile riconosce e promuove le autonomie locali…”: ciò significa quindi
che pur restando fermo il principio di unità della Repubblica italiana, quindi la sovranità
appartiene al popolo, la sovranità è indivisibile, la sovranità spetta alla repubblica italiana
non di meno riconosce tra i suoi principi fondamentali anche quello dell’autonomia. In questo
modo le regioni potranno curare le proprie materie e quindi gli interessi territoriali secondo
un proprio indirizzo politico anche diverso da quello Statale; questo è un vero e proprio
decentramento politico in quanto il presidente della regione e il sindaco non sono alle
dipendenze dello Stato Centrale. È vero che il sindaco a volte svolge funzioni proprie dello
Stato, tutto ciò che riguarda la gestione dell’anagrafe, che viene decentrata per ragioni
ovvie. Quindi presidente della regione e sindaco sono SOGGETTI POLITICI E SVOLGONO
LA LORO AZIONE NORMATIVA E AMMINISTRATIVA SECONDO IL MODELLO
POLITICO DELLA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA.
LA REPUBBLICA NON È LO STATO MA È LA COMBINAZIONE DI TUTTI QUESTI ANELLI
ISTITUZIONALI CHE SI DISTRIBUISCONO ORIZZONTALMENTE PARTENDO DAL
NUCLEO CHE È LA COMUNITÀ A CUI NOI TUTTI APPARTENIAMO.