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DIRITTO DELL’ECONOMIA

LEZIONE 1: Nozioni fondamentali del diritto


Per diritto oggettivo si intende l’insieme delle norme giuridiche che operano all’interno di
una organizzazione sociale ed è un sistema, un complesso di regole che hanno determinate
caratteristiche e per questa ragione vengono definite norme giuridiche
Il diritto soggettivo è un interesse individuale che è protetto da norme giuridiche e che
consente alle persone di godere in un certo modo di determinati beni senza ingerenza da
parte di altri (esempio la proprietà privata, il diritto di credito).
Infatti, la società può considerarsi come un insieme di persone che condividono la
medesima esperienza comunitaria in un certo territorio e ha bisogno di regole particolari
assistite da sanzione e quindi regole la cui violazione comporta delle conseguenze negative
nei confronti dei trasgressori, perché altrimenti all’interno della società regnerebbe il caos e
l’unica regola che troverebbe applicazione sarebbe la regola del più forte.
Per scongiurare il rischio di questa tensione c’è bisogno di queste regole ma non tutte le
regole giuridiche, il diritto non assorbe la totalità delle regole che trovano
applicazione all’interno della società.
La creazione delle norme dipende da come la comunità sta vivendo, se tra di loro
prevalgono tanti conflitti, allora le norme saranno cattive, altrimenti no.

Non sempre diritto e società vanno d’accordo e questo ha indotto gli studiosi a porsi un
interrogativo importante: “NELLE ORGANIZZAZIONI UMANE COMPLESSE, COMPOSTE
DA UN NUMERO PARTICOLARMENTE ELEVATO DI INDIVIDUI, VIENE PRIMA IL
DIRITTO O LA SOCIETA’?”. A questa domanda ci sono determinate teorie:
● ISTITUZIONALISMO: la società viene prima delle regole giuridiche, quindi gli
esseri umani interagiscono dando vita a strutture umane più o meno complesse,
intrattengono una serie di relazioni non necessariamente economiche.
● NORMATIVISMO: viene prima la norma giuridica e per effetto si sviluppa un
determinato assetto sociale caratterizzato da un ragionevole equilibrio.
Questa è una contrapposizione radicale, è una contrapposizione che nella realtà dei fatti non
trova riscontro, in realtà entrambe le teorie hanno punti di ragione e punti di torto;
bisognerebbe coniugarle e riconoscere che in realtà un fenomeno sociale complesso nasce
dall’incontro da diritto e rapporti sociale.
c’è una corrente di pensiero “L’ANARCHISMO” che ha come nozione fondamentale
l’avversione nei confronti del potere, che i rapporti individuali debbano essere regolati da
corpi, meccanismi di cooperazione tra individui e non per effetto di un potere che dall’alto
stabilisce le norme da rispettare nello svolgimento di queste relazioni.
Se una società non è in grado di autoregolarsi attraverso dei modelli di comportamento che
nascono sulla base di accordi tra i consociati anche in base a rapporti di solidarietà tra le
persone allora bisogna concedere più o meno spazio al diritto oggettivo = norme giuridiche.

Al posto dell’espressione diritto oggettivo viene usata l’espressione DIRITTO POSITIVO,


non come contrapposizione al diritto negato. Esso fa riferimento all’insieme di norme
giuridiche in vigore all’interno di uno Stato in un determinato periodo storico, quindi fa
riferimento a quelle norme giuridiche che il legislatore e altro organi abilitati a produrre leggi,
dal governo tramite decreti legge.
Il diritto positivo è in contrapposizione con il cosiddetto DIRITTO NATURALE.
Quest’ultimo è qualcosa che è stato pensato dall’uomo per tenere sotto controllo il diritto
positivo, tante volte ci siamo posti l’interrogativo “perché devo rispettare questa norma
giuridica?”; quando un legislatore produce norme giuridiche non ha il dogma dell’infallibilità,
quando il parlamento produce una legge non è detto che stia facendo qualcosa di buono e
giusto.
Siccome questa domanda è emersa migliaia di anni fa ad un certo punto alcuni esseri umani
hanno elaborato il concetto di DIRITTO NATURALE, un insieme di regole universali della cui
non si può discutere.
Infatti è costituito da un gruppo ristretto di regole, principi sulla cui giustizia nessuno
potrebbe dubitare e che permettono di verificare se il diritto positivo sia un diritto buono e
giusto ed è la ragione umana a dirci che queste regole sono da seguire in modo tale che vi
sia una convivenza ordinata tra persone diverse.
Però poi qualcuno si rende conto che l’essere umano non è così razionale o non lo è in mala
fede così si afferma un’altra versione del diritto naturale che è di origine divina; cioè si
arriva ad affermare che le regole universali, che anche il diritto positivo deve rispettare,
hanno origine divina.

La nostra categoria di riferimento è il diritto positivo però in qualche modo anche il diritto
naturale, soprattutto a livello internazionale, aiuta i singoli Stati ad avvicinarsi a sistemi
normativi un po’ più democratici e rispettosi dell’autonomia e della dignità delle persone.
Per capire se il diritto positivo, deve rispettare la Costituzione, quindi occorre interrogare la
costituzione per capire se tutte le norme che si sono formate in questo periodo.
Quindi in un ordinamento caratterizzato da una Costituzione che è la FONTE SUPREMA,
L’ATTO NORMATIVO FONDAMENTALE DI QUELLO STATO più che porci una domanda di
giustizia o meno di una norma giuridica ci si deve interrogare sulla legittimità di queste.
Diritto oggettivo= insieme di norme giuridiche;
Diritto positivo= insieme di norme giuridiche vigenti all’interno di un determinato Stato.

All’interno della società si è detto che operano tante regole e non solo regole giuridiche.
La regola è quella cosa che definisce un modello di comportamento, pone in correlazione
quindi un rapporto di causalità tra causa ed effetto.
Oltre alle regole giuridiche, ci sono anche:
● Regole sociali in senso lato: regole non scritte ma sono piccoli gesti che servono
per rendere pacifico i rapporti
● Regole morali che hanno fondamentalmente una dimensione interiore che ci
pongono davanti alla nostra coscienza che ci permettono di vivere pacificamente
all’interno della società.
● Regole di matrice religiosa che però vengono rispettate da chi si riconosce come
appartenete ad una certa comunità religiosa e che per questa ragione sono tenuti a
uniformarsi a determinati modelli di comportamento.
In questo insieme ampio di regole sociali che vengono rispettate e violate all’interno della
società se ne distinguono alcune che vengono definite REGOLE GIURIDICHE o NORME
GIURIDICHE.
La norma giuridica al pari di qualsiasi regola mette in correlazione di causa ed effetto, quindi
può essere definita come uno schema di qualificazione che descrive un rapporto di causalità
con Il fine di prescrivere un certo modello di comportamento perché in caso di deviazione di
questo si subiscono determinate conseguenze.
Queste regole vengono distinte dalle altre per TRE caratteristiche:
● ESTERIORITA’: essa si applica nei rapporti tra persone, quindi il diritto ha natura
relazionale, la norma giuridica investe rapporti/relazioni tra più persone. Mentre una
norma morale impegna ognuno di noi a livello di coscienza.
● GENERALITA’ E ASTRATTEZZA: la norma descrive nei suoi elementi costitutivi
quel comportamento la cui inosservanza comporta determinate conseguenze (se A
allora B). Il comportamento viene descritto in modo generale e astratto, non si fa
riferimento ad una specifica persona così da rispettare un principio fondamentale in
tutte le società che vogliono vivere in pace: PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA. Tale
principio permette il pari trattamento giuridico di situazioni omogenee, tutti noi siamo
eguali davanti alla legge e per essere tali è necessario che la norma sia generale
astratta.
eccezioni = LEGGI PROVVEDIMENTO
Due esempi di norme generali e astratte:
● Art 2043 del Codice Civile: “Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona
ad altri un danno ingiusto obbliga colui che lo ha commesso a risarcire il
danno”.
NESSO EZIOLOGICO: bisogna dimostrare che davvero quell’azione dolosa o
colposa abbia causato quel danno.
● Art 624 del codice penale: “chiunque si impossessa del bene mobile altrui
sottraendolo a chi lo detiene al fine di trarne profitto per sé o per altri viene
punito con…”. Il giudice e i pubblici funzionari con la norma generale astratta
fanno la cosiddetta SUSSUNZIONE: confrontano il caso concreto della vita
con la norma generale e astratta.
● COATTIVITA’: la violazione di una norma giuridica è assistita da una sanzione, ma
non una sanzione qualsiasi ma da una sanzione coattiva cioè sanzione quale
conseguenza negativa che colpisce il singolo trasgressore nella sfera patrimoniale o
personale anche contro la sua volontà.
Esistono anche norme giuridiche prive di sanzione, prendiamo l’articolo 1 “la capacità
giuridica si acquista al momento della nascita”.
Laddove non c’è sanzione allora c’è una NORMA GIURIDICA CHE QUALIFICA IN TERMINI
GIURIDICI UN DETERMINATO COMPORTAMENTO O UNA CERTA SITUAZIONE.

Ci sono anche norme promozionali che incoraggiano ad assumere certi comportamenti per
ottenere determinati comportamenti.

In una società non tutte le regole sono norme giuridiche e non tutte le norme giuridiche sono
norme di diritto penale, cioè non tutte le norme che si applicano all’interno della società
prevedono il carcere, una multa…

La presenza del diritto oggettivo all’interno di una società è variabile a seconda di una serie
di elementi, sicuramente nelle società dove c’è una maggiore consapevolezza dei principi di
convivenza civile c’è meno bisogno di diritto. La società ricorre ad una massiccia presenza
del diritto positivo quando si constata che le persone spontaneamente non si uniformano alle
regole di comportamento.
LEZIONE 2: Fonti del Diritto
MODALITA’ DI PRODUZIONE DELLE NORME GIURIDICHE: quando si parla di produzione
di norme giuridiche si parla di FONTI DI PRODUZIONE DEL DIRITTO, invece quando si
parla di nascita, produzione di norme giuridiche si parla di qualcosa che viene identificato
come FONTE DI PRODUZIONE DEL DIRITTO OGGETTIVO.
La scelta delle parole non è casuale:
● La fonte è qualcosa da cui promana qualcos’altro: le norme giuridiche prodotte dalla
Legge, la Legge fonte di produzione del diritto. Definizione: LE FONTI DI
PRODUZIONE DEL DIRITTO SONO QUEI FATTI O ATTI AI QUALI
L’ORDINAMENTO RICONOSCE L’ATTITUDINE A PRODURRE NORME
GIURIDICHE per evitare che ci sia il caos, per evitare che qualcuno si vada ad
arrogare il potere di produrre norme giuridiche. Il termine fonte viene usato anche in
altri due casi per denotare qualcosa di diverso rispetto alle fonti di produzione su cui
ci soffermeremo:
● Fonti SULLA produzione del diritto: sono atti che identificano soggetti e procedure
per la produzione di regole giuridiche. Infatti, Non sono fonti quindi che producono
norme giuridiche destinate a trovare applicazione nei rapporti tra i privati, sono fonti
che regolano i meccanismi di produzione del diritto.
● Fonti di COGNIZIONE del diritto: bisogna conoscere il diritto oggettivo per
rispettarlo, è uno dei pilastri dello Stato liberale di diritto e si ricollega al valore
fondamentale della certezza del diritto. La norma giuridica abbina una conseguenza
giuridica ad un certo comportamento. Quindi un soggetto sa’ che se si comporta in
un determinato modo subirà determinate conseguenze, perciò ognuno di noi
quando decide di porre in essere determinati comportamenti fa una valutazione
anche sulle implicazioni di queste condotte, infatti il soggetto deve anche sapere che
cosa perderà.
Noi abbiamo uno stato che produce norme giuridiche perché ci siamo resi conto che senza
un’autorità che produca diritto oggettivo ci sarebbe il caos, ci sarebbe la guerra di tutti contro
tutti e alla fine troverebbe applicazione la regola del più forte a danno non solo dei più deboli
ma della sopravvivenza della stessa società; quindi ognuno di noi rinuncia a quote più o
meno significative delle proprie libertà per consentire ad un soggetto provvisto di potere di
regolare i comportamenti individuali e le relazioni intersoggettive. Noi tutti accettiamo queste
limitazioni non solo per esse trovano applicazione egualmente per tutti; principio di
eguaglianza davanti alla legge, ma anche perché veniamo messi nelle condizioni di
conoscere quelle regole.

In uno Stato di Diritto in cui l’autorità non può abusare del proprio potere e per mantenere il
patto tra autorità e libertà, tra Stato e consociati, è necessario che il valore della certezza del
diritto sia garantito attraverso le FONTI DI COGNIZIONE, le quali permettono alle persone di
essere a conoscenza delle norme giuridiche CHE LE RIGUARDANO.
Gli strumenti che permettono a ognuno di noi di conoscere il diritto oggettivo:
● LA GAZZETTA UFFICIALE della Repubblica italiana è un periodico all’interno del
quale vengono riportate le leggi e tutti gli altri atti normativi della Repubblica italiana.
La pubblicazione sulla gazzetta ufficiale è necessaria affinchè una legge entri in
vigore. La Gazzetta ufficiale serve a farci conoscere la norma giuridica, quindi lo
Stato può pretendere dai suoi consociati la conoscenza del diritto solo nel momento
in cui i vari atti normativi vengono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale.
● BOLLETTINI UFFICIALI propri di ogni regione, questi sono le fonti di cognizione
delle leggi regionali. Si ha contezza delle leggi regionali accedendo ai bollettini
ufficiali.
Perchè è così importante la conoscenza del Diritto? Non ci si può sottrarre dalla
responsabilità giuridica ignorando la presenza della norma giuridicama con l’unica
eccezione: “L’IGNORANZA DELLA LEGGE NON SCUSA SALVO CASO DI ERRORE
SCUSABILE”. Questo esempio ci porta concludere che noi dobbiamo diligentemente
conoscere il diritto ogni volta che decidiamo di intraprendere una certa attività complessa o
semplice.

L’atto è un foglio di carta che attesta la volontà di un soggetto di produrre norme giuridiche,
la Costituzione è un atto che produce norme giuridiche in quanto volontà dell’assemblea
costituente di fissare proprio quelle norme giuridiche. Una legge del Parlamento è un atto,
un foglio di carta che contiene delle frasi che sono norme giuridiche in quanto espressione
della volontà del parlamento di produrre diritto oggettivo ed è autorizzata dalla
Costituzione a produrre norme giuridiche.
Però anche i fatti a certe condizioni possono portare a costituire norme giuridiche; i fatti
sono situazioni/circostanze oggettive che se soddisfano determinati requisiti possono
produrre norme giuridiche rilevanti obbligatorie/cogenti/coattive.
La più nota fonte/fatto del diritto è la cosiddetta CONSUETUDINE, la quale per essere fonte
del diritto deve possedere due elementi costitutivi:
● ELEMENTO MATERIALE: ripetizione costante e uniforme nel tempo dello stesso
comportamento da parte della stragrande maggioranza dei consociati
● ELEMENTO PSICOLOGICO/MORALE: convincimento interiore dell’obbligatorietà
giuridica di quella condotta. Quando quel comportamento viene ripetuto nel tempo
dalla stragrande maggioranza delle persone, quelle persone devono essere convinte
di agire così perché lo impone il diritto oggettivo

FONTI DI PRODUZIONE DEL DIRITTO possono essere:


● Interne (fatte da istituzioni della Repubblica italiana)
● Esterne (arrivano dall’UE o sono internazionali).
In un ordinamento semplice sarebbe sufficiente una sola fonte del diritto: la legge che
produce norme giuridiche, quindi questa dovrebbe essere la condizione ideale di un
ordinamento giuridico. Negli ordinamenti complessi vi è stata una moltiplicazione delle fonti
di produzione del diritto, per tante ragioni: c’è anche la COSTITUZIONE che si affianca alla
legge e definisce l’identikit sostanziale di uno Stato, perché la Costituzione contiene i principi
fondamentali, tutela i diritti e le libertà fondamentali, stabilisce la forma di governo… ma non
solo ci sono infatti situazioni di emergenza in cui il procedimento legislativo è troppo lento
mentre quella situazione ha bisogno di un intervento rapido e allora sono stati inventati i
DECRETI LEGGE.
Ci sono poi materie complesse che richiedo un intervento efficiente di chi produce norme
giuridiche e basato sulla preparazione adeguata di chi partecipa al procedimento di
formazione della norma giuridica così è stato inventato il DECRETO LEGISLATIVO per
regolamentare certe materie particolarmente complesse. A volte c’è anche bisogno di
amministrare nel dettaglio alcune situazioni e la legge non è lo strumento adeguato e quindi
il governo interviene attraverso REGOLAMENTI.
All’interno di una regione ci sono poi differenze tra comune e comune per esempio… Si
assiste ad un PLURALISMO DELLE FONTI DEL DIRITTO. Si crea il rischio quindi: quello
dell’INCERTEZZA DEL DIRITTO. Si è visto a proposito delle fonti di cognizione che un
consociato affinchè gli si possa pretendere il rispetto del diritto oggettivo deve conoscere in
anticipo le conseguenze giuridiche delle proprie azioni, ma se le queste sono definite da
fonti diverse in modo contrastante tutto ciò genera incertezza e quindi il singolo soggetto non
sa come comportarsi perché ci sono norme che si contraddicono. Questo è un rischio tanto
più elevato tanto maggiori sono le fonti.
Il diritto oggettivo, il cui obiettivo è garantire il pacifico svolgimento dei rapporti tra i
consociati e di garantire la sopravvivenza di quella complessa organizzazione sociale, non
può accettare una contraddizione tra norme giuridiche prodotte da fonti diverse che regolano
in modo antitetico lo stesso caso della vita, perché questo scatena incertezza del diritto.
Il diritto oggettivo non può funzionare come fattore di ordine se ci sono queste contraddizioni
tra fonti del diritto.
COME IL DIRITTO OGGETTIVO CHE RICONOSCE IL PLURALISMO DELLE FONTI
RIESCE A RISOLVERE QUESTE CONTRADDIZIONI? Nel nostro ordinamento così come
negli altri ordinamenti esiste un vero e proprio Sistema Delle Fonti Del Diritto: struttura
complessa organizzata intrinsecamente razionale che ha un equilibrio al proprio interno
COME È ORGANIZZATO IL SISTEMA DELLE FONTI ITALIANE DEL DIRITTO? Si può
dire che ci sono delle fonti più “importanti” di altre, ma parlare di importanza non è corretto
dal punto di vista giuridico; il giudizio di importanza è molto soggettivo. Ma un diritto
oggettivo che mira a creare ordine non si può affidare a valutazioni soggettive e che come
tali sono variabili e per dare certezza ci si è affidati ad una struttura piramidale.
Le fonti del diritto per quanto varie devono essere ordinate per CARATTERE
GERARCHICO. Ogni volta che si usa una struttura che si proietta verticalmente si fa
riferimento ad una GERARCHIA, dove in caso di contrasto prevede il soggetto che è sopra
e si classificano in:
● COSTITUZIONE (fonte del diritto)
● FONTI PRIMARIE (leggi o atti aventi forza di Legge) formata da
○ fonte primaria per eccellenza LA LEGGE DEL PARLAMENTO (LEGGI
ORDINARIE);
○ Decreti legge
○ Decreti legislativi
○ Leggi regionali
● FONTI SECONDARIE:
○ regolamenti amministrativi, regionali, provinciali e comunali
○ Dpcm (quindi non tutti i regolamenti si trovano tra le fonti secondarie)
● CONSUETUDINI
In questa struttura piramidale ci sarebbero da collocare altre fonti di difficile collocazione
come gli statuti regionale, fonti che provengono da altri ordinamenti…
Questa sistemazione delle fonti corrisponde ad una logica? La distribuzione delle fonti del
diritto in questa struttura piramidale può essere fatta utilizzando due parametri:
● STABILITÀ NEL TEMPO: quanto più una fonte riesce a garantire la propria stabilità
nel tempo tanto più elevata sarà la sua posizione nel sistema delle fonti.
Consideriamo la costituzione che è posta al vertice: essa nel momento in cui è
entrata in vigore aveva come obiettivo fondamentale quello di dettare i principi
fondamentali della repubblica italiana destinati a valere oltre le contrapposizioni
politiche che in una società pluralistica e democratica inevitabilmente si hanno.
Infatti più si scende di gradini, più è probabile che la legge possa cambiare, infatti la
costituzione è molto difficile che cambi a differenza delle consuetudini che dipendono
dal comportamento delle persone, per cui è normale che cambino spesso.
● TASSO DI DEMOCRATICITA’: fonte del diritto che è riuscita a mettere d’accordo
forze politiche anche profondamente diverse. Il tasso di democrazia tende a
diminuire nel caso delle fonti primarie: una legge è il frutto della discussione tra
maggioranza e opposizione in parlamento però poi alla fine è la maggioranza che
vota e decide.
○ Nelle fonti primarie la democrazia c’è ma alla fine è la maggioranza che
decide.
○ Nelle fonti secondarie il confronto con l’opposizione non c’è più e quindi è
solo la maggioranza a decidere.
Tanto maggiore è la stabilità e tanto maggiore è la democrazia e tanto più elevata sarà la
collocazione di una fonte del diritto nel sistema piramidale.

Le varie fonti del diritto quindi NON SONO STATE COLLOCATE IN MANIERA
ARBITRARIA NELLA STRUTTURA PIRAMIDALE, il regolamento del governo sta sotto la
legge del parlamento proprio per quei due parametri che si sono indicati in precedenza.

Torniamo ora alle CONSUETUDINI: la differenza tra la consuetudine e le altre fonti del diritto
è che la consuetudine è una FONTE FATTO, è un comportamento replicato in maniera
omogenea nel tempo e sorretto dal convincimento interiore dell’obbligatorietà giuridica di
quei modelli di comportamento.
Le altre sono tutte fonti atto rispetto alle quali il popolo può esercitare un controllo. Nel caso
della consuetudine queste garanzie non ci sono.
l’Italia come la Francia, la Germania, la Svizzera, la Spagna appartiene alla famiglia degli
ordinamenti di CIVIL LAW che risentono in maniera massiccia dell’ordinamento romano e
una delle conseguenze è appunto atti che producono norme giuridiche rispetto ai quali il
giudice esercita esclusivamente una funzione interpretativa e mai creativa.
Nel Regno Unito siamo in presenza di un ordinamento di Common law dove la
consuetudine ha un ruolo fondamentale/primario; gli stessi giudici attraverso le loro sentenze
producono diritto, ciò non significa che la certezza del diritto non sia considerata. Le
consuetudini nel Codice Civile si trovano indicate come USI LOCALI, altro sono le
consuetudini costituzionali che servono a colmare delle lacune del testo costituzionale.
Riassumendo: nell’ordinamento italiano le fonti del diritto sono ordinate a sistema, c’è una
struttura piramidale che determina una serie di relazioni tra le diverse fonti.
LEZIONE 3: Fonti del Diritto -> Antinomie
Si è visto che una delle criticità associata al pluralismo delle fonti deriva dal fatto che lo
stesso caso della vita sia disciplinato in modo opposto da due distinte fonti e questa
contraddizione tra fonti del diritto viene definita come ANTINOMIA TRA LE FONTI DEL
DIRITTO.
Le antinomie tra fonti sono la conseguenza quasi inevitabile di un ordinamento che accetta il
pluralismo delle fonti. Il fatto che ci siano delle antinomie non impedisce al diritto oggettivo di
svolgere la propria funzione di ordine, di pace all’interno della società perché nel sistema
delle fonti del diritto esistono delle regole o criteri che permettono di risolvere queste
antinomie.
Le antinomie ci sono e affinchè il diritto possa funzionare in modo efficiente è necessario che
vi siano delle regole che a loro volta decidono quale delle due fonti in contrasto prevalga
rispetto all’altra.
I criteri di risoluzione/composizione delle antinomie sono 3:
● ANTINOMIA VERTICALE: Più ci si avvicina al vertice e più ci si avvicina a fonti di
rango più elevato, più forti quindi in un’eventuale contrapposizione con altre fonti;
quindi la struttura piramidale si basa sulla gerarchia, sul fatto che ci siano fonti di
rango diverso. Questo ci porta ad intuire il primo criterio di composizione delle
antinomie: quando c’è UN’ANTINOMIA VERTICALE, quando la contrapposizione è
tra fonti collocate su ripiani diversi, allora si applica il CRITERIO GERARCHICO:
QUESTA ANTINOMIA QUINDI SI RISOLVE SECONDO LA FONTE
GERARCHICAMENTE SOVRAORDINATA.
● ANTINOMIA ORIZZONTALE: In un ordinamento caratterizzato da una pluralità di
fonti, considerato che sullo stesso gradino ci possono essere anche più fonti di
natura diversa allora un’antinomia potrebbe anche essere orizzontale. Si parla di
ANTINOMIA ORIZZONTALE quando le fonti sono dislocate sullo stesso piano. In
questi casi si applica il CRITERIO CRONOLOGICO O DELLA SUCCESSIONE
DELLA LEGGE NEL TEMPO: tra due fonti collocate sullo stesso piano DI REGOLA
prevale la fonte più recente. Questo accade per due ragioni:
○ La società cambia, i rapporti sociali/economici/culturali mutano nel tempo così
come anche la tecnologia e la scienza e quindi la legge tende ad
assecondare queste trasformazioni per cui per poter dare una risposta
adeguata ai problemi che si possono materializzare in una società in continua
evoluzione è indispensabile che chi produce norme giuridiche possa produrre
norme applicabili a quella situazione che è mutata rispetto al passato.
○ IL CRITERIO CRONOLOGICO CONSENTE ALLA NUOVA MAGGIORANZA
DI POTER REALIZZARE IL PROPRIO PROGRAMMA DI GOVERNO. Se il
criterio cronologico non esistesse o se fosse rovesciato a favore della legge
più vecchia: io vinco le elezioni, ma so’ che se faccio delle leggi prevalgono le
leggi della vecchia maggioranza… non avrebbe senso.
● CRITERIO DI SEPARAZIONE DELLE COMPETENZE. La Costituzione in alcuni casi
riserva a determinate fonti del diritto la disciplina di una certa materia, e quando
agisce in questo modo va a creare una sorta di monopolio per quella fonte. La
Costituzione quindi dice che quella materia può essere disciplinata esclusivamente
da quella fonte perché si ritiene che quella fonte sia competente a regolare quella
materia.
Una volta che però ci si trova difronte ad una antinomia tecnicamente come si procede?
CRITERIO GERARCHICO: nei rapporti tra la Costituzione e le fonti primarie il criterio
gerarchico prende il nome di PRINCIPIO DI COSTITUZIONALITA’ nella quale avviene
l’annullamento della fonte primaria mantenendo il predominio la costituzione; nei rapporti
tra le fonti primarie e le fonti secondarie il criterio gerarchico prende il nome di PRINCIPIO
DI LEGALITA’.
- PRINCIPIO DI COSTITUZIONALITÀ in quale indica a che in quegli ordinamenti in
cui esiste un sistema di giustizia costituzionale la fonte primaria può essere annullata
da un apposito giudice; quindi negli ordinamenti in cui esiste un custode della
costituzione e quindi un organo che garantisce la supremazia della Costituzione
rispetto alle altre fonti del diritto allora il rimedio all’antinomia verticale quindi alla
violazione del principio di costituzionalità, è L’ANNULLAMENTO da parte di questo
giudice della fonte primaria.
- IL PRINCIPIO DI LEGALITÀ viene violato quando una fonte secondaria è in
contrasto con una fonte primaria, In questi casi il giudice amministrativo può
ANNULLARE il regolamento in contrasto con la fonte primaria.
- CRITERIO CRONOLOGICO: si dice che quando una legge nuova subentra una
legge vecchia e quindi l’antinomia viene risolta a favore della legge nuova si ha il
cosiddetto fenomeno della ABROGAZIONE: e c sono 3:
- ESPRESSA o ESPLICITA quando la nuova norma indica esattamente la
vecchia norma che si intende abrogata
- TACITA che si ha quando vi è incompatibilità tra la nuova norma e la vecchia;
incompatibilità non significa che la nuova norma dice espressamente che il
vecchio articolo è stato abrogato però l’operatore del diritto confrontando le
due norme individua una antinomia che viene risolta a favore della norma più
vicina a noi dal punto di vista temporale.
- IMPLICITA che si ha quando una nuova disciplina organica sostituisce una
vecchia disciplina (entra in vigore un nuovo testo unico in materia di lavoro
che va a sostituire il vecchio).
È importante sapere quindi che l’ABROGAZIONE è la sanzione che colpisce la vecchia
legge per dare spazio alla nuova legge; quando UNA NORMA VIENE ABROGATA NON È
CHE È IN CONTRASTO CON LA COSTITUZIONE perché infatti l’incostituzionalità è un
vizio che affligge una fonte primaria in contrasto con la costituzione.
Il fenomeno della successione delle leggi nel tempo ci interessa di più dal punto di vista della
RETROATTIVITA’ DELLA LEGGE: la legge disciplina anche casi che si sono verificati
anche prima della sua entrata in vigore, una legge (fonte) è retroattiva quando si occupa
anche di situazioni che si sono consumati prima della sua entrata in vigore.
Perché la retroattività della legge può essere un problema?
Le cosiddette PRELEGGI che sono le disposizioni sulla legge in generale e che furono
approvate contestualmente al Codice Civile nel 1942 sanciscono un principio di civiltà
giuridica: “LE LEGGI SI APPLICANO SOLTANTO PER IL FUTURO”. Quindi la retroattività
delle leggi è un fenomeno che contraddice questo principio di civiltà giuridica.
NELL’ORDINAMENTO ITALIANO SONO AMMISSIBILI LEGGI RETROATTIVE?
abbiamo prima citato le preleggi che sono state adottate con un decreto legislativo, le quali
come abbiamo detto indicano che le leggi possono disciplinare solo il futuro. Quindi le
preleggi impongono un divieto di retroattività delle leggi. Cerchiamo di collocare le leggi e le
preleggi nel sistema piramidale: le leggi come abbiamo detto sono fonti primarie e le
PRELEGGI che sono state adottate con un atto avete forza di legge da parte del Governo?
TRA LE FONTI PRIMARIE, perché il decreto legislativo è una fonte primaria.
PRELEGGI NON SONO FONTI A COMPETENZA RISERVATA, NON HANNO UN
MONOPOLIO NEL DISCIPLINARE LE FONTI DEL DIRITTO, quindi quel divieto di
retroattività stabilito dalle preleggi non si può applicare a tutti gli atti legislativi successivi al
1942, perché quegli atti prevarrebbero in virtù del criterio cronologico. ((Quale può essere la
conclusione di questo ragionamento? Tutte le leggi possono essere retroattive se le cose
stanno così. )) Facciamo un ulteriore passo in avanti: quale fonte allora alla luce delle cose
che abbiamo già detto avrebbe la forza di vietare il fenomeno della retroattività delle leggi?
LA COSTITUZIONE, perché la costituzione è fonte di rango gerarchicamente sovraordinato
alla legge e quindi può vietare leggi retroattive. Allora se l’irretroattività delle leggi è un
principio di civiltà giuridica noi ci aspetteremmo di trovare in costituzione il recepimento di
questo principio, ma di fatto così non è. LA PRIMA CONCLUSIONE ANCHE SE PARZIALE
È CHE LA COSTITUZIONE ITALIANA NON STABILISCE UN DIVIETO GENERALE
VERSO LE LEGGI RETROATTIVE. L’ARTICOLO 25 della Costituzione afferma qualcosa di
molto importante “Nessuno può essere punito se non in forza di una Legge che sia entrata in
vigore prima del fatto commesso”. L’articolo 25 si riferisce al diritto penale e ci dice qualcosa
di semplice: io posso essere condannato per un reato (illecito penale) solo se quando ho
posto in essere quel comportamento, quel comportamento era qualificato dalla legge come
reato altrimenti vado assolto.
In pratica la Costituzione ci sta dicendo che le leggi retroattive sono ammesse in Italia ma
mai in materia penale e mai per le norme penali incriminatrici. LE NORME PENALI
INCRIMINATRICI NON POSSONO MAI ESSERE RETROATTIVE mentre LE NORME
PENALI DI FAVORE SI APPLICANO SEMPRE RETROATTIVAMENTE.

UNA LEGGE PUÒ ESSERE RETROATTIVA PURCHE’ RISPETTI IN MANIERA


RIGOROSA IL PRINCIPIO DI RAGIONEVOLEZZA, CIOE’ DI CORRETTO ESERCIZIO
DELLA DISCREZIONALITA’ LEGISLATIVA. Cosa vuol dire principio di ragionevolezza
declinato in relazione alle leggi retroattive? E’ come se la corte dicesse al legislatore “tu puoi
fare una norma retroattiva però mi devi dimostrare che era l’unica soluzione praticabile per
ottenere un certo risultato, mi devi dimostrare che il sacrificio imposto alle persone è
minimo”; quindi IL LEGISLATORE DEVE DIMOSTRARE ALLA CORTE CHE NON
POTEVA AGIRE DIVERSAMENTE E CHE IL SACRIFICIO IMPOSTO AI DESTINATARI
NON SIA ABNORME.
Quindi se è vero che il principio di ragionevolezza è un principio limite che riguarda qualsiasi
legge o atto avente forza di legge e quindi la Corte continua a valutare tali sul piano della
loro ragionevolezza, a maggior ragione per le leggi retroattive tale controllo sarà molto più
intransigente e molto più penetrante.
Ci sono poi anche altri limiti, che sono 3:
● SENTENZE CIVILI PASSETE IN GIUDICATO, questo è il primo limite grosso delle
leggi retroattive. Cosa sono queste sentenze civili passate in giudicato? Ad un certo
punto le vicende giudiziarie si concludono e questo avviene quando viene
pronunciata una sentenza definita, quindi una sentenza che PASSA IN GIUDICATO,
si forma il GIUDICATO e ciò avviene quando questa sentenza non può più essere
impugnata.
● LE LEGGI RETROATTIVE INOLTRE NON POSSONO INCIDERE SU QUEI CASI DI
DECADENZA O PRESCRIZIONE CHE SONO PREVISTI DALLA LEGGE: la
decadenza e la prescrizione sono due istituti che rispondono ad una esigenza di
certezza del diritto. L’ordinamento dice ad ognuno di noi: “voi avete dei diritti però
sappiate che dovere esercitarli entro un certo lasso di tempo, perché se non li
esercitate entro questo lasso di tempo li perdete”;
● LIMITE CHE RIGUARDA I DIRITTI QUESITI: diritto soggettivo acquisito in via
definitiva nel proprio patrimonio giuridico, cioè un diritto soggettivo che noi
conquistiamo e che nessuno può toglierci neanche con una norma retroattiva.
ESEMPIO DI DIRITTO QUESITO È QUELLO DELLE PENSIONI.

CRITERIO DI SEPARAZIONE DELLE COMPETENZE: la Costituzione ritiene che alcune


fonti siano più adatte a disciplinare certe materie. Perché è importante questo criterio?
Perché se si riconosce l’applicabilità di questo criterio a decidere l’antinomia non è la Corte
Costituzionale ma è un giudice qualsiasi, perché la Corte costituzionale si occupa del criterio
gerarchico quindi delle antinomie verticali mentre delle antinomie orizzontali si occupa un
giudice qualsiasi. LA CORTE COSTITUZIONE HA TRASFORMATO UN’ANTINOMIA
ORIZZONTALE IN UNA ANTINOMIA VERTICALE per poter esercitare la propria
giurisdizione in quei casi; e perché lo ha fatto? PER EVITARE GIURISPRUDENZE
DIVERSE DA UNA REGIONE AD UN’ALTRA.

RAPPORTI TRA L’ORDINAMENTO ITALIANO E L’ORDINAMENTO DELL’UNIONE


EUROPEA.
L’Unione Europea è una realtà un po’ strana, è un ordinamento che ha delle caratteristiche
inedite rispetto al passato. A livello di Unione Europea vengono prodotte delle norme
giuridiche che non si applicano solo tra parlamento, commissione e consiglio ma sono
dirette a trovare applicazione anche nei singoli stati membri; cioè sono norme che vengono
penetrare anche negli ordinamenti degli stati membri. Quindi quando la Costituzione è stata
scritta la comunità europea non esisteva e non si immaginava che poi a livello europeo ci
sarebbero state delle istituzioni sovranazionali abilitate a produrre norme giuridiche
vincolanti nei singoli Stati.
Ad un certo punto quindi si è posto il problema delle antinomie tra norme italiane e norme
europee. Come è stato risolto questo problema?
Ci sono state tre fasi che hanno visto protagonista la Corte costituzionale in positivo e in
negativo:
● PRIMA FASE 1964: davanti alla corte costituzionale viene posto il problema della
antinomia tra norme europee e norme italiane. Nel 1964 la Corte risolse il problema
dicendo che questa antinomia avrebbe dovuto essere risolta applicando il CRITERIO
CRONOLOGICO. A livello europeo si è reagito malissimo perché la comunità
europea avrebbe avuto senso solo imponendo certi comportamenti agli stati membri.
Quindi questa sentenza della Corte fu profondamente criticata.
● SECONDA FASE 1973: la Corte afferma che in caso di contrasto tra norma italiana e
norma europea, la norma italiana deve essere impugnata davanti alla Corte per
violazione dell’articolo 11 della Costituzione. quindi sembra essersi fatto un grande
passo in avanti perché la Corte applica il CRITERIO GERARCHICO (PRINCIPIO DI
COSTITUZIONALITA’), arriva ad affermare che le norme europee sono
gerarchicamente superiore rispetto alle norme italiane. Anche questa soluzione però
ha sollevato numerose critiche, per quale motivo? Per impugnare una legge italiana
davanti alla Corte costituzionale c’è bisogno di un processo durante il quale sollevare
questa norma, non c’è un ricorso diretto alla Corte costituzionale; c’è bisogno quindi
che su quella legge italiana si verifichi una controversia, che questa sia portata
davanti ad un giudice e che questo giudice dopo avere fatto delle valutazioni decida
di trasmettere la questione alla Corte costituzione, tutto questo non è detto che
accada.
● TERZA FASE 1984: stabilisce che in caso di contrasto tra regolamento comunitario e
regolamento italiano PREVALE SEMPRE IL REGOLAMENTO COMUNITARIO E LA
LEGGE ITALIANA SOCCOMBE, in che modo? Il giudice del processo applica il
regolamento comunitario e NON applica la legge italiana. Non si deve andare davanti
alla Corte Costituzionale ma è il giudice a risolvere la controversia applicando la
normativa europea. CRITERIO DI SEPARAZIONE DELLE COMPETENZE.

I regolamenti dell’UE, cioè quegli atti che pongono norme giuridiche immediatamente
applicabili negli ordinamenti tendono a prevalere addirittura sulle norme costituzionali fatti
salvi i principi supremi, che sono detti CONTROLIMITI ALL’INGERENZA del diritto dell’UE
nel nostro stato.

LEZIONE 4: Costituzione
Quando si parla di diritto oggettivo si fa riferimento allo Stato, che ha una serie di potere tra
cui quella di produrre norme giuridiche.
Quando una entità/una organizzazione può essere qualificata come Stato? LO STATO E’
UNA ORGANIZZAZIONE GIURIDICA COMPLESSA, COSTITUITA DA TRE ELEMENTI
COSTITUTIVI:
● TERRITORIO: è una porzione del Pianeta Terra delimitato da confini all’interno del
quale il popolo instaura una serie di relazioni e soprattutto è subordinato al diritto
oggettivo definito da un apparato pubblico che governa quello Stato. Non c’è scritto
da nessuna parte il minimo di superficie di territorio e non necessariamente deve
essere tutto insieme; per territorio si intende anche il mare territoriale quindi quella
parte di mare che si prolunga dalla costa entro le 12 miglia marine. È importante che
ci siano dei CONFINI POLITICI.
● POPOLO: insieme dei cittadini dello Stato. A volte la parola popolo viene sostituita
dal termine Nazione, ma in realtà non è così in quanto LA NAZIONE È una realtà
comunitaria che evoca le stesse tradizioni, stessa lingua, stessa storia, stesse
abitudini. POPOLO E NAZIONE NON SONO LA STESSA COSA! Ulteriore
precisazione: POPOLO E POPOLAZIONE NON SI RIFERISCONO ALLO STESSO
CONCETTO. La popolazione descrive l’insieme di coloro che in un determinato
momento storico dimorano all’interno di uno Stato, indipendentemente dalla
cittadinanza. La popolazione si calcola con il censimento e quindi anche gli stranieri
che dimorano in quel momento nello Stato vengono conteggiati.
● GOVERNO: per governo non si intende l’organo esecutivo ma si fa riferimento al
complesso apparato istituzionale che fa funzionare lo Stato; se pensiamo
all’esperienza italiana per governo si intende il parlamento, il governo, il presidente
della repubblica, le regioni, i comuni.

Se manca anche solo uno di questi tre elementi costitutivi allora quella organizzazione
giuridica complessa non può essere qualificata come Stato.

La cittadinanza è quella qualità che lega una persona ad uno Stato, lo status civitatis,
quella condizione che permette al soggetto di esercitare una serie di diritti soprattutto di
natura politica. Mentre tutti indipendentemente dalla cittadinanza sono egualmente titolari
dei diritti fondamentali della tradizione liberale ad eccezione di uno (la libertà di circolazione).

COME SI ACQUISTA LA CITTADINANZA ALL’INTERNO DI UNO STATO?


Ci sono due regole alternative ma che possono coesistere:
● ius sanguinis: (diritto del sangue). Secondo questa regola la cittadinanza si
trasmette dai genitori ai figli; ciò che è importante alla nascita è avere almeno uno dei
genitori cittadini. Questo criterio viene prescelto da quegli Stati che intendono
valorizzare al massimo l’elemento della tradizione
● ius soli:(diritto della Terra). Diventa decisivo il territorio in cui una persona è nata. Si
acquista la cittadinanza nel luogo in cui si è nati ed è tipico di quegli stati che sono in
qualche modo alla ricerca di un popolo

CASO ITALIANO: secondo la legge italiana la regola è lo ius sanguinis, quindi è cittadino
italiano per nascita colui che se anche è nato al di fuori del territorio italiano abbia almeno
uno dei genitori italiano. Si prescinde quindi dal luogo in cui si è nati.
Ma la legge italiana introduce tre eccezioni in cui si applica lo ius soli. Tre eccezioni che si
applicano quando nasce in territorio italiano ma non ha nessun genitore italiano:
● Primo caso: genitori ignoti
● Secondo caso: genitori apologhi, l’apologia è la condizione propria di coloro che
sono privi di cittadinanza. È un fenomeno rarissimo.
● Terzo caso: bambino nato in Italia con genitori il cui stato di appartenenza non
consente la cittadinanza per chi nasce al di fuori del territorio.
La cittadinanza italiana si può acquistare anche in altro modo:
● Al compimento del 18esimo anno la persona entro l’anno possa chiedere la
cittadinanza italiana purché dimostrino di aver dimorato in territorio italiano per
questo lasso di tempo facciamo
● Lo straniero dopo 10 anni di residenza in Italia anche se non nato in territorio italiano
può chiederla
● La si può inoltre acquistare tramite il matrimonio.
La cittadinanza la si può anche perdere
In alcuni manuali si dice che elemento costitutivo di uno Stato è la sovranità, in realtà la
sovranità non è un elemento costitutivo dello Stato ma è una qualità giuridica.
La sovranità può essere interpretata in due significati:
● ALL’INTERNO DELLO STATO LA SOVRANITÀ È LA MATRICE DI TUTTI I
POTERI DELLO STATO; è la fonte/l’origine dei tre classici poteri (legislativo,
esecutivo, giudiziario) dello Stato e anche di altri poteri che in alcuni ordinamenti
hanno affiancato quelli classici. Si dice che la sovranità è una qualità monolitica,
unitaria, che appartiene soltanto allo Stato e le altre istituzioni territoriali sono prive di
questo attributo. Nella sua accezione interna, se pensiamo al caso italiano l’articolo 1
secondo comma dice che “la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle
forme e nei limiti della Costituzione”.
● NELLA DIMENSIONE ESTERNA LA SOVRANITÀ È PERSONALITÀ GIURIDICA
DI DIRITTO INTERNAZIONALE CHE CONSENTE AGLI STATI DI ISTAURARE
RAPPORTI GIURIDICI DI DIRITTO INTERNAZIONALE CON GLI ALTRI STATI. La
comunità internazionale è un insieme di stati sovrani indipendenti, il diritto
internazionale è l’insieme delle norme che disciplinano i rapporti tra stati sovrano
indipendenti. Il diritto internazionale ha fondamentalmente due fonti:
○ Le consuetudini: comportamenti omogenei ripetuti nel tempo dalla stra
grande maggioranza delle persone e sorretti dal convincimento
dell’obbligatorietà giuridica di quei comportamenti
○ I trattati: contratti/accordi tra più stati indipendenti.
Quindi le norme di diritto non derivano da leggi, non c’è un parlamento internazionale ma
come ordinamento primitivo il diritto internazionale si affida a queste due fonti.

IL RICONOSCIMENTO DA PARTE DEGLI ALTRI MEMBRI DELLA COMUNITÀ


INTERNAZIONALE NON È DECISIVO PERCHÉ SI ABBIA UNO STATO; UNO STATO È
SOVRANO INDIPENDENTE PER FORZA PROPRIA non perché sia stato riconosciuto da
altri membri della comunità internazionale.

L’articolo 16 ci aiuta a capire cosa sia una Costituzione: “Ogni società che non tutela i
diritti fondamentali e non ha la separazione dei poteri non ha una Costituzione”.
La Costituzione serve a tutelare i diritti fondamentali attraverso un apparato di governo retto
dal principio della separazione dei poteri.
L’articolo 16 parla di DIRITTI FONDAMENTALI, cosa rende un diritto soggettivo un diritto
fondamentale? Un diritto soggettivo è anche un diritto fondamentale quando è TUTELATO
INNANZITUTTO NEI RAPPORTI CON LO STATO, NEI RAPPORTI CON L’AUTORITA’;
Cosa vuol dire che un diritto è tutelato nei confronti dello Stato e non solo nei rapporti tra
privati? Prendiamo in considerazione il diritto fondamentale per eccellenza, il DIRITTO
FONDAMENTALE ALLA LIBERTA’ PERSONALE, il diritto quindi alla propria integrità
psico-fisica; in che modo lo Stato può violare questo diritto? Attraverso l’arresto, quando una
persona viene arrestata subisce una privazione della libertà personale e un soggetto non è
tutelato nel diritto alla libertà personale quando non può in alcun modo reagire, quando una
persona viene arrestata senza sapere l’accusa, senza aver diritto ad un giudice, senza aver
un processo… Nel momento in cui una Costituzione pone allo Stato vincoli/limitazioni e
divieti per violare la libertà personale ecco che sta tutelando la libertà personale; l’articolo
13 della Costituzione afferma che nessuno può subire provvedimenti restrittivi della libertà
personale se non nei casi e modi previsti dalla Legge e con atto motivato dall’autorità
giudiziaria.
Quindi uno stato che ha una Costituzione è uno Stato che deve rispettare determinati limiti e
condizioni per violare i diritti fondamentali, perché i diritti fondamentali possono essere
violati, in nome dell’ordine pubblico, ma solo se vengono rispettate le condizioni stabilite
dalla Costituzione (riserva di legge e riserva di giurisdizione).
QUANDO SI HA UN DIRITTO FONDAMENTALE? Quando la libertà personale, la libertà di
domicilio, la libertà di circolazione, la libertà di riunione… possono essere limitate ma nella
misura in cui la Costituzione lo permette.

PERCHÉ LA TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI VIENE ABBINATA ALLA


SEPARAZIONE DEI POTERI? Separazione dei poteri vuol dire che i tre poteri debbano
essere attribuiti a organi diversi:
● potere legislativo al parlamento
● potere esecutivo al governo
● potere giudiziario ad una magistratura
la storia insegna che la concentrazione di questi tre poteri nelle meno di un unico organo
può avere effetti deleteri perché mancano quei pesi e quei contrappesi che permettono ad
un potere di vigilare sull’altro e viceversa.
Se venisse posta una domanda del tipo “a cosa serve la Costituzione?” la Costituzione
serve innanzitutto a tutela i diritti fondamentale, un atto normativo può considerarsi una
Costituzione se e nella misura in cui tutela i diritti fondamentali. Altrimenti non si può parlare
di costituzione.
Questo riconoscimento è però autentico/genuino/forte solo se lo Stato si autolimita nei poteri
di ingerenza nella libertà fondamentali delle persone perché altrimenti che patto ci sarebbe
se lo stato potesse arbitrariamente perquisire, arrestare, vietare… senza alcun rispetto di
norme giuridiche di un diritto positivo superiore rispetto ai singoli poteri. Una costituzione
quindi può funzionare davvero solo se davvero è la FONTE DEL DIRITTO PIU’
IMPORTNTE, PIU’ FORTE.
La Costituzione viene pensata come qualcosa di evocativo, simbolico ma in realtà il cuore
dell’ordinamento era rappresentato dalla LEGGE perché approvata dall’assemblea
rappresentativa del ceto borghese e questa idea della costituzione si è diffusa nel continente
europeo, soprattutto in quegli Stati che si sono ispirarti a questo costituzionalismo di
impronta liberale.

CASO ITALIANO: la Costituzione italiana è nata il 2 giugno 1946 gli elettori e le elettrici
italiane furono chiamati a:
● Scegliere tra monarchia e repubblica;
● Eleggere un’assemblea costituente con il compito di scrivere la nuova
Costituzione italiana.
Ha vinto la Repubblica e contestualmente con sistema proporzionale fu eletta una
assemblea composta da più di 500 deputati che nell’arco di un anno e mezzo lavorarono e
scrissero la costituzione della repubblica italiana.
Con la caduta del regime di Mussolini si ripristinò il pluralismo democratico e quindi partiti
che erano già nati e soppressi ripresero vigore, recuperarono il consenso popolare e
trovarono il modo di esprimersi per queste scelte costituzionali in assemblea costituente.
Stiamo parlando di forze politiche profondamente diverse, democrazia cristiana e partito
comunista, radicalizzarono lo scontro tra il centro e la sinistra; così come la compatibilità tra
socialisti e liberali all’interno dell’assemblea costituente avevano ideologie profondamente
diverse.
Le campagne elettorali che ci furono infatti dopo il varo della Costituzione furono molto
agguerrite, dimostrarono le profonde lacerazioni all’interno del quadro politico italiano;
nonostante queste profonde divergenze ideologiche la Costituzione italiana fu approvata
il 2 dicembre del 1947 con una maggioranza del’'88%, questo ci fa capire il grande sforzo
e equilibrio dimostrato dai nostri costituenti che chiamati a definire un patrimonio condiviso di
valori-principi lasciò da parte queste distinzioni ideologiche per il bene comune della nuova
società italiana che aveva bisogno di unità per risorgere dal regime fascista e da una Guerra
che aveva fatto milioni di vittime.
Questo fa capire l’altissimo valore della Costituzione italiana, possiamo infatti ricollegarci al
motivo per cui la costituzione si trova al vertice della struttura piramidale proprio perché
rappresenta il più alto livello di democrazia in quanto è riuscita a mettere d’accordo forze
politiche che la pensavano in maniera radicalmente diversa su moltissimi aspetti.

LEZIONE 5: Democrazia e gli altri Principi Fondamentali


La Costituzione italiana è l’esito di un processo costituente che ha visto il convergere di
forze politiche sensibilmente diverse, c’è stata quindi la scelta di lasciare ai rappresentati
dell’assemblea costituente il compito di redigere la nuova carta costituzionale che sostituisse
il vecchio Statuto Albertino. Abbiamo visto anche le caratteristiche fondamentali della nostra
Costituzione:
● Rigida e quindi non può essere derogata da fonti di grado inferiore e per essere
modificata abbisogna di una procedura più complessa rispetto a quella che viene
normalmente usata per approvare le leggi
● Lunga perché la materia costituzionale si è arricchita rispetto alle costituzioni liberali
perché si è assottigliato il confine che separa Stato e società.
● Convenzionale cioè è il frutto di accordi-transazioni-patti tra forze politiche (non è
come lo Statuto Albertino una costituzione che viene definita ottriata: concessa da
un sovrano)
La Costituzione italiana è strutturata in 12 articoli che sono dedicati ai cosiddetti principi
fondamentali:
● prima parte relativa ai rapporti civili-economici-sociali dove sono codificati i diritti
fondamentali e alcuni doversi;
● seconda parte che si occupa della forma di governo, degli organi dello Stato
(presidente della repubblica, governo, parlamento), delle autorità giudiziarie, della
Corte costituzionale e del sistema delle autonomie territoriali.

COSA È UN PRINCIPIO?
La regola giuridica si applica al caso concreto, quindi il diritto oggettivo si esprime
attraverso norme giuridiche che presentano questa caratteristica “se a allora b”. La norma
giuridica è una regola che il giudice applica direttamente nel processo, il diritto si compone di
norme giuridiche che i funzionari della pubblica amministrazione applicano al caso concreto.
Il diritto oggettivo mette quindi a disposizione dei giudici, dei pubblici funzionari ma anche
di noi privati le regole da applicare al caso concreto, perché le norme giuridiche si applicano
anche da noi privati che non ricopriamo cariche particolari.
IL PRINCIPIO È UNA DIRETTIVA, È L’INDICAZIONE DI UN PRINCIPIO DA
RAGGIUNGERE, È QUALCOSA CHE RIFLETTE UNA CONCEZIONE IDEALE DEI
RAPPORTI SOCIALI-ECONOMICI-POLITICI, DEFINISCE IN QUALCHE MODO
L’INTELAIATURA DI UNA STRUTTURA NORMATIVA CHE VERRÀ POI EDIFICATA DA
ALTRI SOGGETTI-ORGANI.
I principi nel mondo del diritto servono a orientare la futura attività normativa devoluta ad altri
organi in modo tale da evitare che chi produce norme giuridiche sia assolutamente libero di
fare quello che vuole; la Costituzione è piena di Principi infatti l’ordinamento italiano è stato
costruito attorno ad un NUCLEO FORTE DI PRINCIPI SUPREMI DELL’ORDINAMENTO;
un nucleo è la combinazione di alcuni elementi che non possono essere modificati, perché
sono talmente forti che se uno di questi elementi viene tolto crolla l’intera struttura.

l’Italia è uno Stato liberale di diritto perchè combina i vecchi principi della tradizione liberale
e i nuovi principi di ispirazione social-democratica. Questi principi sono
● PRINCIPIO DI LEGALITA’: per cui tutti i poteri dello Stato sono subordinati al diritto
oggettivo e più precisamente alla Costituzione. Quindi un giudice applica la legge al
caso concreto e un pubblico funzionario è tenuto a rispettare la legge quando
esercita i propri poteri;
● PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA FORMALE: tutti sono eguali davanti alla Legge
● PRINCIPIO DELLA SEPARAZIONE DEI POTERI: regola i rapporti tra parlamento,
governo e potere giudiziario.
● PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA SOSTANZIALE che troviamo nel secondo comma
dell’articolo 3. Mentre l’eguaglianza formale fa sia che tutti noi si sia astrattamente
titolari dei diritti fondamentali l’eguaglianza sostanziale fa si che tutti noi si sia messi
nelle condizioni di godere effettivamente di quei diritti fondamentali, perché
l’esperienza insegna che se mancano determinati beni non possono essere
esercitati.
Ma questo non vuol dire che chi ha i mezzi non può usarli, infatti questo principio
permette di partire per entrambe le parti allo stesso livello, ma poi spetta a ognuno di
loro usarli nella maniera più efficace in base alle loro possibilità.

Ci sono poi dei principi fondamentali che risentono in maniera evidente sia della cultura
cattolica che delle teorie liberali che in assemblea costituente hanno trovato modo di
esprimersi e trovare una qualche forma di riconoscimento nella Costituzione e quindi tra i
principi supremi:
● PRINCIPIO PERSONALISTA:“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili
dell’uomo sia come singolo che nelle formazioni sociali in cui si sviluppa la propria
personalità”: Il principio personalista significa che la persona è al centro
dell’ordinamento, che lo Stato è al servizio della persona, la persona non può essere
strumentalizzata per raggiungere fini propri dello Stato. Questo principio valorizza la
dimensione individuale che è intimamente connessa al concetto di dignità; la
dignità che rende ogni persona unica, infungibile.
● PRINCIPIO PLURALISTA: Nello Stato liberale il rapporto è tra lo Stato e l’individuo
perché il pensiero liberale fa ruotare tutto intorno al concetto di liberà,
autorealizzazione, la persona artefice del proprio destino, che asseconda il proprio
talento, che coltiva le proprie aspirazioni e quindi non ci sono aspirazioni tra lo Stato
e l’individuo.
All’interno della società si creano quelle formazioni sociali che permettono
all’individuo di emanciparsi dalla sua dimensione individuale per operare appunto
come consociato, come colui che condivide con altri un comune destino esistenziale;
questo non vuol dire annullare la propria individualità però tutto ciò non sarebbe
possibile del tutto se non coltivando interazioni all’interno di gruppi che formano
anch’esse il tessuto sociale.
● PRINCIPIO PLURALISTA indica che non solo le diversità individuali sono sacre e
inviolabili, lo stato non può omologare i singoli consociati, ma pluralismo significa
anche riconoscere il valore delle differenze che ci sono tra formazioni sociali e tutte
hanno pari dignità costituzionali
● PRINCIPIO SOLIDARISTA: solidarietà significa prendersi cura di qualcun altro,
condividere il peso della vita quotidiana che di persone che versano in condizioni di
difficoltà, significare accettare delle limitazioni alle proprie libertà, alle proprie
ambizioni nell’interesse generale e in particolare dei soggetti deboli.
● PRINCIPIO LAVORISTA: l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro
(l’articolo 3 secondo comma fa riferimento al lavoro, l’articolo 4 configura il lavoro sia
come un diritto sia come un dovere da adempiere per concorrere al progresso
materiale della società, questo pone il lavoro come elemento qualificante
dell’ordinamento repubblicano rendendo questa dimensione qualificante e
imprescindibile.
● PRINCIPIO AUTONOMISTICO (articolo 5: “la Repubblica, una e indivisibile,
riconosce e promuove le autonomie locali”): lo Stato italiano non è uno stato
accentrato ma uno Stato che riconosce il decentramento politico, quindi le scelte
politiche che si traducono in leggi non sono fatte esclusivamente dallo Stato ma
anche a livello decentrato e quindi dalle regioni, dai comuni e altri enti locali.
● PRINCIPIO INTERNAZIONALISTA (articolo 11 della Costituzione: “L’Italia consente
in condizioni di parità con gli altri Stati a ordinamenti che assicurino la pace e la
giustizia tra le nazioni” ): l’Italia si predispone come principio supremo a istaurare
relazioni con altri Stati anche a costo di rinunciare a segmenti della propria sovranità.
● PRINCIPIO DI LAICITA’: non esiste una religione di Stato.

ARTICOLO 1 DELLA COSTITUZIONE RECITA: “L’ITALIA È UNA REPUBBLICA


DEMOCRATICA FONDATA SUL LAVORO. LA SOVRANITÀ APPARTIENE AL POPOLO,
CHE LA ESERCITA NELLE FORME E NEI LIMITI DELLA COSTITUZIONE”. In questo
articolo troviamo 3 elementi che sono al tempo stesso principi supremi dell’ordinamento
italiano:
● REPUBBLICA
● SOVRANTA’
● DEMOCRAZIA
REPUBBLICA: E’ stata scelta dagli elettori italiani IL 2 GIUGNO 1946. Quindi gli elettori
italiani posti di fronte tra l’alternativa Repubblica e Monarchia optarono per la Repubblica e
la monarchia che era stata la forma di governo sin dall’unita d’Italia fu rimossa come
soluzione organizzativa.
Il principio repubblicano è un principio fondamentale, talmente fondamentale che l’articolo
139 della Costituzione dice che: “La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione
costituzionale”. Per tornare alla monarchia ci vorrebbe un colpo di Stato.
SOVRANITA’: Nella sua dimensione interna allo Stato è la matrice o fonte di tutti i poteri
dello stato quindi:
● potere legislativo
● potere esecutivo traggono origine dalla sovranità.
● potere giudiziario
L’articolo 1 secondo comma della costituzione ha recepito questo sviluppo e ha affermato
che la sovranità appartiene al popolo.
QUALI RIFLESSIONI SI POTREBBERO FARE SULL’INTESTAZIONE AL POPOLO DELLA
SOVRANITÀ? Ogni volta che viene messa in discussione una decisone politica che in
qualche misura è sgradita a una parte più o meno consistente del popolo allora viene
evocata la sovranità popolare. Si ha la sensazione che la sovranità popolare sia qualcosa di
estremamente potente, una forza inesauribile, che consenta sempre di legittimare certe
decisioni o di assumere delle decisioni in modo tale da realizzare certi obbiettivi che magari
sono propri, di una sola parte politica. Pensare che la sovranità popolare sia una potestà
assoluta e illimitata e che quindi possa giustificare qualsiasi decisione venga assunta n
nome del popolo italiano è un errore perché è la stessa costituzione a dirci che la sovranità
popolare non è illimitata
Si ritiene che il REFERENDUM ABROGATIVO sia l’espressione più forte della sovranità
popolare, ma:
● non è uno strumento immune da limiti
● può avere solo determinati oggetti
● ci sono alcune leggi che sono sottratte a referendum abrogativo
● bisogna soddisfare determinate condizioni perché si possa procedere a referendum
● ci sono varie forme di controllo
● previste delle maggioranze perché la consultazione referenziale sia valida
Attraverso le elezioni il popolo sovrano sceglie i propri rappresentanti in parlamento ma le
elezioni non si svolgono in maniera indiscriminata, illimitata, caotica, anarchica. si seguono
determinate regole e scadenze. Il diritto di voto viene esercitato in determinato modo, il voto
stesso deve essere libero, segreto, eguale quindi c’è una forma elettorale che serve a
selezionare i rappresentati in parlamento e a distribuire i vari seggi tra i vari partiti
contendenti.
COSA VUOL DIRE CHE LA GIUSTIZIA È AMMINISTRATA IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO? Vuol dire che se un giudice sbaglia deve essere chiamato a rispondere davanti
al popolo della propria decisione chiamata erronea ma IL MAGISTRATO NON E’ MAI
RESPONSABILE DI FRONTE AL POPOLO DELLE PROPRIE DECISIONE.
Amministrare la giustizia in nome del popolo significa ribadire che anche il potere giudiziario
è intestato alla sovranità popolare, vuol dire che la fonte del potere giudiziario non è Dio, non
è la ragione umana, non è una certa forza politica ma è il popolo sovrano
DEMOCRAZIA: L’Italia è una repubblica DEMOCRATICA fondata sul lavoro. Democrazia
vuol dire: governo/potere del popolo.
PERCHE’ PER MOLTI SECOLI LA DEMOCRAZIA È STATA IGNORATA? Perche la
democrazia degli antichi, quella che fu elaborata dal pensiero greco, era la democrazia
diretta cioè designava quei processi decisionali in cui era davvero il popolo ad assumere
decisioni dello Stato.
A partire dall’800 si afferma una dicotomia della parola democrazia, cioè si scompone in 2
concezioni:
● DEMOCRAZIA DIRETTA in cui il popolo manifesta immediatamente, senza
mediazione, la volontà dello stato
● DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA cioè quel governo del popolo che si realizza
attraverso rappresentanti scelti attraverso libere elezioni Questa dicotomia ci
accompagna fino a oggi.
L’Italia è una repubblica democratica perché conosce come eccezioni alcune forme di
democrazia diretta, il referendum abrogativo ne è un esempio ma anche l’iniziativa popolare
e la petizione, ma regola nei moderni ordinamenti è quella della democrazia rappresentativa
(popolo sceglie attraverso delle elezioni i rappresentanti in parlamento).

RISCHIO DI ABUSI E DEGENERAZIONI DELLA DEMOCRAZIA


La democrazia può degenerare in due fenomeni che sono nemici della pacifica convivenza
all’interno di un ordinamento democratico che sono la DEMAGOGIA e il POPULISMO
Queste hanno in comune 1 cosa: la STRUMENTALIZZAZIONE DEL POPOLO cioè i
governanti o comunque la classe politica usa il popolo per perseguire determinate finalità e
quindi evoca strumentalmente o la sovranità popolare o la democrazia per nascondere la
realtà di certe decisioni, per conquistare la benevolenza degli elettori seconda una precisa
strategia politica.
● La DEMAGOGIA faceva riferimento a quei governanti che adulavano il popolo per
ottenerne i favori, quando poi avrebbero poi assunto decisioni impopolari.
● Il POPULISIMO è come se tutto fosse riconducibile alla volontà popolare e di ogni
decisione fosse necessario dare una risposta al popolo che si aspetta qualcosa e
quindi ci sono generalizzazioni nella comunicazione politica.

La democrazia è un metodo che permette di correggere possibili errori, non è la cura per
combattere qualsiasi male, anche la democrazia può sbagliare e commettere errori così
come il parlamento e il governo quindi gli organi democratici possono commettere errori, la
democrazia non è infallibile ma il bello ed il valore della democrazia è poter correggere
questi errori e quindi poter fare un passo indietro; democrazia è poter abrogare una legge
che non ha funzionato
La democrazia è atteggiamento critico, è rispetto dell’avversario, è consapevolezza di
poter agire affrontando rischi e quindi anche il rischio di sbagliare, è disponibilità a cambiare
idea attraverso un confronto, principi da rispettare ma al tempo stesso capacità di trovare
soluzioni.
Democrazia significa:
● PLURALISMO ovvero più forze politiche che si contendono il potere
● VOTO PERSONALE, EGUALE, LIBERO E SEGRETO
● RISPETTO DELL’OPPOSIZIONE DELLE MINORANZE nel senso che in un organo
democraticamente rappresentativo sarà la maggioranza a decidere purché però
questa decisone sia preceduta da un dibattito in cui anche l’opposizione può far
valere le proprie ragioni, discutendo, presentando emendamenti, votando contro.
● OPINIONE PUBBLICA
● CORRETTA COMUNICAZIONE POLITICA
● LIBERA E PLURALE MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO in modo tale chi è in
maggioranza possa pensare di mantenere il potere nel tempo, dimostrando agli
elettori le proprie virtù.
● POSSIBILITÀ PER L’OPPOSIZIONE DI METTERE IN IMBARAZZO LA
MAGGIORANZA in modo tale da conquistare consenso presso gli elettori.
Se mancano tutti questi elementi la democrazia è finita e rischia di degenerare non solo il
demagogia e populismo che possono essere contenuti entro i limiti di fenomeni culturali e
politici ma la democrazia può anche degenerare e trasformarsi in totalitarismo.
CHE COSA AVREBBE AIUTATO LA DEMOCRAZIA A SOPRAVVIVERE IN QUEGLI STATI?
Un sistema di giustizia costituzionale.

PRINCIPIO DI SUPREMAZIA DELLA COSTITUZIONE: Una costituzione è talmente forte


da limitare la stessa sovranità popolare, nei limiti e nelle forme della costituzione.
GIUSTIZIA COSTITUZIONALE vuol dire che c’è un giudice che possa annullare decisioni
della maggioranza incompatibili con la costituzione, perché così com’è giusto che una legge
del parlamento assecondi gli interessi della maggioranza è ancor più vero che la
costituzione in quanto fonte del diritto di tutti, patrimonio giuridico universale, contenitore dei
principi rispetto ai quali le differenze ideologiche svaniscono è giusto che questa costituzione
prevalga in caso di antinomia con le decisioni del parlamento perché altrimenti c’è il rischio
di una degenerazione.

LEZIONE 6: Sistemi Elettorali


COS’E’ IL SISTEMA ELETTORALE? UN SISTEMA ELETTORALE È UNA FORMULA
MATEMATICA CHE PERMETTE DI CONVERTIRE I VOTI ESPRESSI DAGLI ELETTORI IN
SEGGI.
Il giorno delle elezioni ognuno di noi avente diritto al voto si reca alle urne ed esprime un
voto mettendo una crocetta in relazione ad un partito, ad una lista, ad una coalizione. Questi
voti bisogna renderli funzionali alla costruzione di una camera ed un senato che sia
composto da deputati e senatori che poi svolgeranno le attività previste dalla costituzione. I
SEGGI sono i posti in parlamento. 630 deputati e 315 senatori + senatori a vita. Una volta
che saranno stati espressi tutti i voti relativi e c’è bisogno di un meccanismo che permette di
fare delle operazioni per determinare il risultato
I sistemi elettorali sono 2:
● SISTEMA PROPORZIONALE
● SISTEMA MAGGIORITARIO
COME E’ POSSIBILE DISTINGUERE IN MANIERA CHIARA QUESTI SISTEMI?
Per cogliere la differenza tra i due sistemi occorre partire dalla definizione di COLLEGIO
ELETTORALE, cioè una suddivisione territoriale degli elettori, in base alla regola
fondamentale per cui ogni elettore ha 1 solo voto a disposizione e questo diritto lo esercita
nel comune di residenza. Il numero dei collegi dipende dal sistema elettorale prescelto. I
collegi possono essere di 2 tipi:
● COLLEGI PLURINOMINALI
● COLLEGI UNINOMINALI
Questa differenza si abbina alla differenza tra sistema proporzionale e sistema maggioritario.
● COLLEGIO PLURINOMINALI / PROPORZIONALE: a quel collegio vengono
associati 2 o più seggi. Quindi vuol dire che gli elettori dovranno scegliere 2 o più
deputati o senatori.
● COLLEGI UNINOMINALI / MAGGIORITARIO: si concorre per l’assegnazione di 1
seggio. Nel collegio uninominali avremo più candidati appartenenti a liste o a
coalizioni diverse. L’unico seggio verrà conquistato dal candidato che avrà ottenuto il
maggior numero di voti. Quindi verrà eletto 1 solo deputato o 1 solo senatore.
QUAL E’ IL PREGIO DEL SISTEMA PROPORZIONALE? Il pregio del sistema
proporzionale è che tutti i partiti hanno la possibilità di partecipare alla vita politica, anche
quelli meno potenti, basta che ricevono un numero sufficienti di voti, altrimenti a casa.

QUAL E’ LO SVANTAGGIO DEL SISTEMA PROPORZIONALE? Lo svantaggio del sistema


proporzionale è il fatto che esso determina quasi sempre un’estrema frammentazione del
quadro politico con conseguenze negative della governabilità del paese. Questo perchè se
ci sono tante idee è difficile assecondarne una.

QUAL E’ IL PREGIO DEL SISTEMA MAGGIORITARIO? Il pregio del sistema maggioritario


almeno in astratto è la SEMPLIFCAZIONE POLITICA cioè la tendenziale riduzione a
pochissimi attori politici che operano all’interno del parlamento perché in un collegio
uninominale 1 vince e gli altri perdono;

QUAL E’ IL DIFETTO DEL SISTEMA MAGGIORITARIO? Il sistema maggioritario tende a


spazzare via le formazioni politiche minori, semplifica anche le scelte che gli elettori possono
fare, i quali nel mercato politico hanno un’offerta limitata, circoscritta a 2 soggetti (al
massimo 3) e quindi questo in qualche modo tocca il pluralismo democratico rendendolo
meno plurale a quanto ci si potrebbe attendere.

Un legislatore che punti sulla governabilità e stabilità delle istituzioni avrà una tendenza a
privilegiare il SISTEMA MAGGIORITARIO.
Un legislatore elettorale che voglia favori la maggior apertura possibile del parlamento a
tutte o molte delle forze politiche che operano nella società civile ha una tendenza a
prediligere il SISTEMA PROPORZIONALE e accettare quindi i rischi della governabilità.

Piccoli elementi da considerare per poter comprendere l’evoluzione del sistema elettorale in
Italia: in Italia c’è una forma di governo parlamentare, cosa vuol dire?
Vuol dire che tra il potere legislativo e il potere esecutivo (tra parlamento e governo) ci deve
essere un RAPPORTO DI FIDUCIA cioè che il governo per poter svolgere appieno le
proprie attribuzioni come organo esecutivo deve godere della fiducia di entrambe le camere.
se l’atto passa in entrambe le camere allora il governo entra pienamente in carica e può
governare se invece non passa il presidente del consiglio è costretto a dimettersi e quindi si
apre una crisi di governo.

Per ottenere la fiducia è necessaria la maggioranza + uno dei cotanti (50%+1) non è
necessaria la maggioranza assoluta di camera e senato. Il governo non può governare se
non c’è una maggioranza alla base di camera e senato che lo sostenga. Non c’è una
votazione del parlamento in seduta comune ma camera e senato votano separatamente la
fiducia al governo quindi può accadere che una camera dia la fiducia e l’altra la neghi.

In Italia non c’è l’elezione DIRETTA dell’organo esecutivo che è un organo complesso
formato da presidente del consiglio e singoli ministri che insieme formano il consiglio dei
ministri. Il presidente del consiglio non viene eletto direttamente dal popolo ma viene
nominato dal presidente della repubblica il quale nomina anche i singoli ministri su proposte
del presidente del consiglio, e questo perché il compito del capo dello stato è quello di
trovare una personalità che sia in grado di mettere insieme una maggioranza in parlamento
disposta a sostenere in parlamento quella compagine di governo.
LEZIONE 8
La storia dei sistemi elettorali in Italia può essere suddivisa in una serie di periodi: Il primo
periodo è quello che va dal 1948 al 1994: il primo gennaio 1948 entra in vigore la
Costituzione e si trattava di definire il sistema elettorale per il primo parlamento della
Repubblica italiana. La scelta fu quella per un SISTEMA PROPORZIONALE, senza
correttivi perché si veniva da un’esperienza ventennale di dittatura
Alle prime lezioni si presentarono in fatti numerosi partiti, e il partito principale fu la
Democrazia Cristiana: un partito di centro, di ispirazione cattolica che riuscì a raccogliere
un consenso molto ampio (superiore al 30%dei voti) ma non sufficiente da solo a consentire
alla Democrazia Cristiana di governare da sola il Paese.
Questo costrinse alla Democrazia cristiana a dar vita dei governi con il sostegno di altre
forze politiche, inizialmente forze politiche di CENTRO DESTRA.

Negli anni ’60 l’attenzione della Democrazia Cristiana si rivolge a formazioni politiche di
CENTRO SINISTRA, si creano delle vere e proprie coalizioni di governo, quindi più partiti si
alleano per dar vita ad un organo esecutivo; il presidente è sempre esponente della
Democrazia cristiana e i ministri vengono distribuiti in base alle forze politiche alleate in
funzione del loro peso numerico all’interno del Parlamento, si tratta però di alleanze fragili
per cui ci vuole poco per determinare una crisi di governo.

La democrazia cristiana perde gradualmente consensi e a conquistarli è il PARTITO


COMUNISTA che arriva quali ai numeri ottenuti dalla democrazia cristiana, e questo crea
molti timori all’interno della classe politica italiana in quanto il partito comunista alla fine degli
anni ’70 e inizio anni ’80 in Italia viene ancora considerato come un movimento politico
fortemente legato all’esperienza dell’Unione Sovietica e quindi portatore di ideologie
incompatibili con la democrazia pluralista e liberale del nostro Paese.

A partire dai primi anni ’80 si andrò a costituire il cosiddetto PENTAPARTITO (costituito da 5
partiti):
● Democrazia Cristiana
● Formazioni centro/centro-sinistra: partito liberale,
● partito social democratico
● i repubblicani
● il partito socialista
Il partito socialista che aveva sempre una maggior visibilità all’interno del parlamento, nei
primi anni ’80 abbiamo per la prima volta un presidente del consiglio che non è un
esponente della democrazia cristiana, Giovanni Spadolini (esponente del partito
repubblicano). Qualche anno dopo nasce il governo Craxi che all’epoca fu il governo più
longevo della Storia italiana, e Bettino Craxi era leader del partito socialista e quindi del
secondo partito della maggioranza.

Si parlava comunque di alleanze fragili che non riuscivano a tenere in piedi governo e
parlamento per tutta la durata della legislatura, quindi le crisi erano ricorrenti e anche gli
scioglimenti anticipati da parte del capo dello Stato. Tutto questo ha portato ad un evento
storico di portata straordinaria che si è verificato nei primi anni ’90: TANGENTOPOLI,
indagini mani pulite.
NELLA PRIMA FASE DEI SISTEMI ELETTORALI LE COALIZIONI SI FORMAVANO
DOPO L’ESITO DELLE VOTAZIONI.

La procura della Repubblica di Milano indaga su alcuni partiti politici, scoprendo una serie di
attività illecite che vedevano protagonisti i principali partiti che fino ad allora avevano retto le
sorti della Repubblica Italiana; un vero e proprio terremoto che determinò la fine della prima
Repubblica.
I vecchi partiti quindi furono spazzati via (la democrazia cristiana, i repubblicani, il partito
socialista) perché i rispettivi leader furono sottoposti a processo e Bettino Craxi fu
condannato in via definitiva e costretto a riparare all’estero per non scontare il carcere.
Fragilità del quadro politico più malaffare e corruzione e screditamento della classe politica
indussero le istituzioni parlamentari ad una svolta anche nel sistema elettorale e quindi nel
1993 si abbandona il sistema elettorale. Si apre quindi una seconda fase che va dal 1994 al
2006.

Nel 1993 il Parlamento approva una nuova legge elettorale nota con il nome di:
Mattarellum, dal nome Sergio Mattarella. Il Mattarellum era un sistema misto, tre quarti
maggioritario e un quarto proporzionale.
Quindi ¾ di deputati e senatori venivano eletti con collegio uninominale e sistema
maggioritario e poi il restante 25% venivano distribuiti in proporzione ai voti ottenuti. Quindi
Con questo sistema emergevano le coalizioni e l’elettore sa quale sarà la maggioranza che
in caso di vittoria occuperà Palazzo Chigi ed eserciterà il potere esecutivo e controllerà le
istituzioni parlamentari. Perché ci furono queste coalizioni? Perché in un collegio
uninominale, uno vince e gli altri perdono, non ha senso presentarsi in ordine sparso ma è
molto meglio creare delle alleanze e all’interno di queste alleanze viene espresso il
candidato che in quel collegio uninominale si ritiene di dover mandare al confronto con gli
altri candidati.

Nacque quindi la Seconda Repubblica su basi completamente nuove: un sistema che


premia la governabilità, una coalizione che ha vinto perché è riuscita a conquistare il
consenso dell’elettorato ma SETTE MESI DOPO UN PARTITO DELLA COALIZIONE
GUIDATA DA SILVIO BERLUSCONI RITIRA IL PROPRIO APPOGGIO, esce dalla
coalizione (la Lega di Umberto Bossi). Si apre una crisi di governo e l’allora presidente della
repubblica Scalfaro dovette decidere se sciogliere le camere e fare nuove elezioni oppure se
andare avanti con un’altra formula in modo tale da garantire un minimo di continuità della
legislatura e poi si procederà a nuove elezioni. Ovviamente Berlusconi, presidente del
Consiglio, spingeva per uno scioglimento anticipato; ma il presidente della repubblica non
condivise questo punto di vista e decise di MANTENERE IN PIEDI LA LEGISLATURA

Dal ’96 al 2001 i ebbero tre presidenti del consiglio. Nel 2001 con le nuove elezioni secondo
sempre il sistema elettorale “mattarellum” stravince Berlusconi, centro destra. Berlusconi
dura in carica per 5 anni.
Cosa accede nel 2005, un anno prima della fine della legislatura? Berlusconi e i suoi tramite
sondaggi scoprono che se si andasse a votare con il “mattarellum” perderebbero le elezioni
e allora abrogò il mattarellum e introdusse un nuovo sistema elettorale che gli permise di
ottenere maggiori possibilità di successo. Nel 2005 fu superato il mattarellum e iniziò una
terza fase dei sistemi elettorali, con l’approvazione di quel sistema che è stato definito con
un termine grottesco come “PORCELLUM”.
Fu chiamato così perché si trattava di un sistema elettorale che era stato pensato con l’unico
scopo di vincere le elezioni facendo fuori il nemico. Quale fu la novità del porcellum?
Reintroduzione del proporzionale, CON DUE CORRETTIVI: PREMIO DI MAGGIORANZA E
SOGLIE DI SBARRAMENTO. Quindi la quota maggioritaria fu spazzata via e fu
reintrodotto il sistema proporzionale ma con due correttivi in qualche modo volti a
garantire un minimo di governabilità:
● PREMIO DI MAGGIORANZA: è una sorta di spintarella in modo tale che tu abbia un
numero di parlamentari tali da poter governare e non serve raggiungere la
maggioranza assoluta per vincere
● LA SOGLIA DI SBARRAMENTO: indica che le liste/coalizioni che non raggiungo un
minimo di risultato elettorale stabilito dalla Legge non entrano in Parlamento. Soglia
del 5% indica che se una lista non arriva al 5% allora non avrà rappresentati in
Parlamento; quindi la soglia di sbarramento serve a mantenere lontane dal
Parlamento le formazioni politiche minori che danno fastidio e che possono mettere
sotto ricatto le forze politiche maggiori.

Quindi nel 2006 si arrivò alle elezioni politiche con il “porcellum” e contrariamente a quanto
aveva immaginato Berlusconi le elezioni furono vinte da Prodi, scattò il premio di
maggioranza e si creò una maggioranza di centro sinistra. Dopo vari scontri tra partiti, si
arriva alla fine di questa fare, tramite due episodi decisivi:
● Nel 2014 la Corte costituzionale dichiara L’INCOSTITUZIONALITÀ DEL
PORCELLUM in relazione a due profili che ci interessano:
○ la corte dichiara incostituzionale le cosiddette liste bloccate. Lista bloccata
vuol dire che l’elettore non può esprimere alcuna preferenza sui candidati,
cioè il porcellum era caratterizzato dal fatto che ogni lista si presentava con i
candidati in ordine (1,2,3...) e coloro che andavano in parlamento venivano
scelti a partire dal numero 1; quindi se quella lista aveva conquistato 3 seggi,
i primi tre andavano in parlamento. Quindi l’elettore non poteva scegliere il
numero 14, l’elettore era vincolato alle scelte delle segreterie dei partiti che a
tavolino avevano scelte l’ordine dei candidati nelle diverse liste.
○ La Corte dichiara l’incostituzionalità del porcellum nella parte in cui prevede il
premio di maggioranza ma non una soglia minima da raggiungere perché
scatti il premio di maggioranza. Soglia minima che non viene definita dalla
Corte ma dal legislatore. Il premio di maggioranza che nasce con la volontà di
correggere in termini di governabilità il sistema proporzionale permettendo a
chi superava il 30% di essere considerato, altrimenti no, Il porcellum questa
soglia non la prevedeva.
● Si fa avanti all’interno del partito democratico Matteo Renzi, sindaco del comune di
Firenze. Egli garantisce a Letta il suo appoggio incondizionato e nei giorni successivi
convince i suoi a ritirare l’appoggio a Letta; Letta è costretto a dimettersi e il
Presidente della Repubblica nomina presidente del consiglio Matteo Renzi. Nel 2014
inizia l’esperienza del governo Renzi. Il governo Renzi fa due cose che in questa
sede ci interessano:
○ Promuove una riforma costituzionale come non si era mai vista in Italia,
cioè una modifica radicale alla seconda parte della Costituzione con
particolare riferimento alla forma di governo, quindi abbandono del
bicameralismo paritario, rivisitazione del processo legislativo, rivisitazione
del rapporto fiduciario con il governo
○ NUOVO SISTEMA ELETTORALE DENOMINATO “ITALICUM” ed è una
legge elettorale prevista esclusivamente per la camera. Le caratteristiche
principali sono il premio di maggioranza ma per venire in contro alla
pronuncia della corte costituzionale del 2014 fu introdotta una soglia minima
del 40%, solo la lista che ottiene la soglia minima del 40% può contare sul
premio di maggioranza.

Nel 2017 la Corte Costituzionale dichiara L’INCOSTITUZIONALITÀ DELL’ITALICUM nella


parte proprio dove prevede il ballottaggio. Il ragionamento della Corte è questo: l’italicum ha
fatto bene ha introdurre la soglia minima del 40% ma la previsione di un ballottaggio non fa
ma il rischio è che se non si raggiunge la soglia, quello con più voti vince ma rifletterà una
porzione poco significativa degli elettori e nonostante ciò avrà poi la maggioranza alla
Camera,
E l’italicum non avrebbe più trovato applicazione perché la riforma costituzionale fu
bocciata.

Nel frattempo entra in vigore una nuova legge elettorale che apre una nuova fase, la quarta.
Nel 2017 entra in vigore il ROSATELLUM il quale prevedeva:
● 2/3 deputati e senatori eletti con sistema proporzionale
● 1/3 con il maggioritario;
Di nuovo un sistema misto ma c’è stato un rovesciamento rispetto al mattarellum.

Il sistema elettorale è decisivo per determinare la vitalità del nostro pluralismo


democratico, di quanto la formula prescelta dal Legislatore possa condizionare i punti di
forza e la stabilità di un esecutivo e di un Parlamento nel nostro Paese; e ci dà anche un
altro insegnamento che se non ricorrono altre condizioni, che nessuna formula elettorale
riesce a essere migliore delle altre.

LEZIONE 7: Status del Parlamentare


Il sistema elettorale abbiamo visto è il meccanismo che permette di convertire i voti in seggi.
Adesso dobbiamo occuparci di coloro che a seguito delle elezioni ricopriranno per 5 anni,
salvo scioglimento anticipato, le cariche di deputato e senatore. Per essere eletti alla carica
di deputato bisogna avere compiuto i 25 anni di età, per senatore i 40 anni
Status del parlamentare è da intendere come l’insieme delle garanzie che la Costituzione
definisce a favore dei parlamentari, e queste prerogative sono deroghe al principio di
eguaglianza in quanto introducono dei trattamenti più favorevoli per i parlamentari in base
al tipo di funzione svolta; questa è una precisazione importante: quella del parlamentare non
è un lavoro, non è una prestazione d’opera che deve essere remunerata attraverso una
somma di denaro a titolo di stipendio.
Prima di vedere quali sono queste garanzie facciamo qualche considerazione sulla
posizione del candidato alle elezioni prima di essere eletto e subito dopo le lezioni. Ci sono 3
situazioni che impediscono ad una persona di entrare in Parlamento:
● INELEGGIBILITÀ: è ineleggibile colui che si trova in una delle situazioni previste
dalla Legge che vengono considerate in una sorta di conflitto di interessi rispetto alla
camera da svolgere. Più propriamente queste situazioni mettono un candidato in una
situazione più decisamente avvantaggiata rispetto agli altri candidati.
● INCOMPATIBILITÀ: vuol dire che due cariche sono tra loro incompatibili, una
persona non può ricoprire contemporaneamente quelle due cariche.
● INCANDIDABILITÀ: la cosiddetta “Legge Severino” di qualche anno fa ha introdotto
una serie di misure volte ad impedire la candidabilità di alcuni soggetti sottoposti a
indagini giudiziarie per una serie di retai particolarmente gravi previsti dalla stessa
legge.

Una volta avvenute le elezioni e una volta che ciascuna Camera ha effettuato una verifica
dei poteri, quindi ha verificato il regolare svolgimento delle elezioni e abbia appurato che
ogni singolo parlamentare non versa in condizioni di ineleggibilità, incompatibilità o
incandidabilità allora l’eletto assume la pienezza delle proprie funzioni ed è assistito da una
serie di garanzie, le cosiddette GUARENTIGIE PARLAMENTARI che conferiscono tutte
insieme nello status del parlamentare. Queste guarentigie sono 4:
● DIVIETO DI MANDATO IMPERATIVO, articolo 67
● INSINDACABILITA’, articolo 68 primo comma
● INVIOLABILITA’, articolo 68 commi 2 e 3
● INDENNITA’, articolo 69.

DIVIETO DI MANDATO OPERATIVO articolo 67 della Costituzione: “Ogni parlamentare


rappresenta l’intera nazione ed esercita le proprie funzioni senza vincolo di mandato”.
La Rappresentanza nel Diritto privato è quell’istituto che permette ad una persona di agire
giuridicamente in nome e per conto di altri
La rappresentanza giuridica di diritto privato è caratterizzata da un forte rapporto tra
rappresentate e rappresentato; il rappresentante è soggetto a obblighi giuridici nei confronti
del rappresentato il cui inadempimento può dar luogo a conseguenze sulla stessa
persistenza di quell’incarico. Questa è la RAPPRESENTANZA GIURIDICA DI DIRITTO
PRIVATO BASATA SUL CONTRATTO DI MANDATO.
Siccome deputati e senatori vengono qualificati come i nostri rappresentati, tutto questo vale
anche tra elettori ed eletti? NO. Il deputato e il senatore sono rappresentati ma non nel
significato assunto nel codice civile, non sono rappresentanti giuridici ma sono
lNCARNAZIONE, L’INVERAMENTO DEL PRINCIPIO DELLA RAPPRESENTANZA
POLITICA e gli elettori non hanno modo di intervenire sugli eletti infedeli, tra gli eletti che si
rivelano incapaci di dar vita alle promesse effettuate in campagna elettorale. Questo li
distingue dal rappresentante del codice civile che se non si attiene ai compiti assegnatigli
permette al rappresentato di sciogliere il rapporto. L’unico rimedio compatibile con il dettato
costituzionale e con la figura del parlamentare è la non rielezione alle prossime elezioni.

Per poter essere considerato nelle candidature devi partecipare alle liste e avere tot firme.
Ci sono liste civiche che non si riconoscono in maniera puntuale e diretta e poi ci sono liste
che sono più identificate.
Ma per entrare in una lista e per poter aspirare alla carica di candidato senatore si deve aver
a che fare con il partito, si deve persuadere la segreteria di quel partito a puntare su di noi e
non su altri. Questo crea già un legame con un certo partito, allora come si traduce il divieto
di mandato operativo tra il parlamentare
Tu eletto non sei vincolato a quel partito, se non ti ritrovi nelle loro idee puoi benissimo
cambiare → TRANSFUGHISMO
Ma questo comportamento non è visto bene dagli altri, significa che sei un opportunista e
magari la prossima volta non ti votano, infatti tale garanzie è a discapito dell’eletto.
C’è una disciplina di partito, in virtù della quale, se una persona eletta grazie a quel partito e
appartiene a quel gruppo parlamentare ha l’obbligo politico alle istruzioni e alle direttive
impartire dagli organi al vertice di quel partito e se non lo FA IL PARTITO PUÒ ASSUMERE
DEI PROVVEDIMENTI. Il provvedimento più drastico è quello della espulsione dal partito.
Se un partito espelle il proprio parlamentare, questo provvedimento ha ripercussioni sulla
carica parlamentare? NO.

INDENNITA’ PARLAMENTARE (articolo 69): l’indennità parlamentare è prevista da una


Legge e quindi il parlamento stabilisce con una legge il compenso da erogare ai
parlamentari che esercitano una FUNZIONE.
Le funzioni dei parlamentari, nella quale ci spendono soldi, tali spese vengono tutte
rimborsate, ma la soglia di queste remunerazioni dipende dal patrimonio del soggetto,
altrimenti chiunque può spendere un sacco di soldi.

Un’altra garanzia del parlamentare è la cosiddetta INSINDACABILITÀ articolo 68 primo


comma della Costituzione: “Nessun parlamentare può essere chiamato a rispondere per le
opinioni espresse e i voti dati per l’esercizio delle sue funzioni”. “Essere chiamati a
rispondere” vuol dire che ci sarà un giudice che ci processerà per appurare nostre eventuali
responsabilità, non solo per condotte penalmente rilevanti ma anche per comportamenti
illeciti dal punto di vista civile, amministrativo o contabile. Questo che sta dicendo l’articolo
68 primo comma è che NESSUNA forma di responsabilità giuridica può essere
attribuita ai parlamentari per le opinioni espresse e i voti dati per l’esercizio delle loro
funzioni. infatti puoi dire quello che vuoi, se rispecchia il tuo pensiero, così il parlamentare
può svolgere le sue funzioni tranquillamente senza il rischio che venga condannato per
diffamazione.

L’INSINDACABILITA’ serve a questo, se io parlamentare ho espresso un’opinione che in


astratto potrebbe integrare gli estremi di un reato, non verrò processato, non verrò
condannato a subire né a subire una sanzione penale né a subire un’altra sanzione di natura
civile.

C’è una cosa che però complica l’insindacabilità, prendiamo l’articolo 68 1°comma della
Costituzione lì c’è scritto “opinioni nell’esercizio delle funzioni”; quando si può dire che un
parlamentare esercita le proprie funzioni?
La Corte Costituzionale ha elaborato la TEORIA DEL NESSO FUNZIONALE che può
essere descritta in questi termini: un parlamentare può invocare utilmente l’insindacabilità
anche quando è al di fuori delle sedi parlamentari purché ci si un rapporto diretto tra quello
che dichiara al di fuori del parlamento e ciò che ha fatto all’interno del parlamento.

Se lui esprime le sue opinioni che sono fuori dal contesto politico, allora risponderà come un
cittadino normale considerando la diffamazione e il risarcimento danni
ULTIMA GARANZIA:
Il pubblico ministero con l’ausilio della polizia giudiziaria intraprende una serie di indagini, se
trovano una persona su cui gravano determinati sospetti viene iscritta nel registro degli
indagati e assume la qualità di persona sottoposta a indagini preliminari. La persona
sottoposta a indagini preliminari beneficia della presunzione di non colpevolezza, è
semplicemente un persona che viene considerata da quella procura della Repubblica come
responsabile del reato che gli viene contesto ma non è detto che sia colpevole. Le indagini
preliminari servono alla procura per raccogliere elementi di conoscenza che diventeranno
prove nel corso del processo.
Se il giudice delle indagini preliminari accoglie la richiesta dell’invio a giudizio allora inizia il
processo e quella persona da indagato diventa imputato del processo.
Per un parlamentare che sia iscritto nel registro degli indagati in quanto sospettato di aver
commesso un certo reato subisce una serie di provvedimenti investigativi all’esito dei quali il
PM deciderà se chiedere il processo oppure no.
Se una persona aggravano grazi indizi di colpevolezza e c’è il pericolo che scappi o che
inquini le provi o che commetta altri reati si può disporre la custodia cautelare, viene chiusa
in carcere in attesa che la vicenda giudiziaria si concluda definitivamente. L’arresto è
preliminare alla custodia cautelare, esso si può trasformare in arresti domiciliare, custodia
cautelare a seconda delle circostanze di fatto.

La garanzia che prevede l’art. 68 commi 2°-3°: senza l’autorizzazione della Camera di
appartenenza un parlamentare non può essere arrestato.
L’autorizzazione della Camera non è necessaria in 2 casi:
● In caso di FLAGRANZA DI REATO, ciò quando il parlamentare venga colto nell’atto
di commettere quel reato ad esempio una telecamera immortala il deputato.
● In caso di ESEGUIRE UNA SENTENZA DEFINITIVA DI CONDANNA, presunzione
di non colpevolezza.

Quindi il giudice:
● Chiede l’autorizzazione per procedere all’arresto, perquisizione, ispezione,
sequestro, intercettazione
● Non chiede più l’autorizzazione per sottoporre a processo penale il parlamentare

Un parlamentare può essere arrestato se c’è l’autorizzazione della camera di appartenenza


questo non vuol dire che sia colpevole, verrà processato indipendentemente
dall’autorizzazione, può succedere che si chieda l’autorizzazione all’arresto e che questa
venga negata ma questo non significa che quel parlamentare non venga poi processato e
poi eventualmente condannato. Le cose sono distinte.

Tutte le garanzie hanno come elemento trasversale l’obbiettivo di garantire il sereno


svolgimento della funzione parlamentare, non sono a favore di un determinato parlamentare
ma della funzione parlamentare. In modo tale che il parlamentare possa esercitare la
propria libertà di coscienza, possa usare anche toni duri nei confronti di qualcuno senza
essermi sottoposto sotto la minaccia di un’indagine, che un parlamentare possa essere
immune da provvedimenti restrittivi della libertà personale di fronte ad eventuali accuse che
vengono architettate semplicemente per mettere il bavaglio a quelle persone così come il
parlamentare ha diritto ad un’indennità che gli permetta di svolgere, di vivere quella funzione
senza il rischio di farsi corrompere per poter avere un certo tenore di vita.
LEZIONE 9: Leggi Ordinarie e Revisione Costituzionale
Premessa: ogni parlamentare appena entra in carica fa due cose
● Aderisce ad un GRUPPO PARLAMENTARE ossia articolazioni interne di camera e
senato che si ricollegano ai partiti che hanno partecipato alla competizione elettorale,
e attraverso le loro liste sono riusciti a portare deputati e senatori in parlamento;
quindi accade che se un parlamentare è eletto con una certa lista aderirà al gruppo
parlamentare di quella lista e a quel partito. Sia alla camera e al Senato c’è il
cosiddetto GRUPPO MISTO, il quale raccoglie i parlamentari che insieme non
raggiungono il numero minimo previsto dai regolamenti parlamentari per formare un
gruppo e poi include anche quei parlamentari che rivendicando la loro indipendenza,
● Ogni parlamentare viene collocato all’interno di una COMMISSIONE
PARLAMENTARE PERMANETE COMPETENTE PER MATERIA. Le commissioni
parlamentari sono articolazioni interne di camera e senato ma svolgono una funzione
diversa dai gruppi parlamentari, nel senso che mentre questi ultimi valorizzano la
dimensione politica (ideologica) le commissioni servono a rendere più efficiente
l’operato di camera e senato. Sia alla camera che al senato c’è un certo numero di
commissioni e ognuna è competente per una determinata materia.

COME SONO COMPOSTE LE COMMISSIONI PARLAMENTARI? IMPORTANTE


Le commissioni parlamentari sono composte in modo da riflettere gli equilibri politici e quindi
la consistenza dei vari gruppi parlamentari all’interno di camera e senato. Praticamente la
commissione è l’aula su scala ridotta, l’aula è 630 deputati 315 senatori più senatori a
vita, mentre le commissioni sono 30/35 deputati o senatori che però riflettono gli equilibri
e la consistenza numerica dei vari gruppi parlamentari.
COME VENGONO SCELTI DEPUTATI E SENATORI NELLE VARIE COMMISSIONI?
Non c’è nessuna regola scritta, tuttavia i gruppi parlamentari cercano il più possibile di
assecondare il pregresso professionale di ogni parlamentare.
Non c’è comunque una regola rigida in quanto non si deve possedere un particolare titolo di
studio o particolari competenze per essere eletti tra i deputati e senatori.
LE COMMISSIONI SONO COMUNQUE COMPOSTE ESCLUSIVAMENTE DA
PARLAMENTARI, non ci sono tecnici esterni alle camere; le camere si avvalgono della
collaborazione di professionisti esterni, nella quale possono aiutare, sostenere, ma non
fanno parte della commissione.

COME NASCE UNA LEGGE ORDINARIA DEL PARLAMENTO? Ci occuperemo di quelle


leggi che nella gerarchia delle fonti sono collocate tra le fonti primarie del diritto, e cioè
subordinate immediatamente sotto alla Costituzione. Per fare una Legge c’è bisogno di un
PROCEDIMENTO, il quale è una successione regolare di atti e operazioni che seguono una
sequenza specifica in parte definita dalla Costituzione e in buona parte specificata dai
regolamenti di Camera e Senato.

Il procedimento è un elemento di GARANZIA perché fa sì che il parlamento eserciti in


maniera corretta il potere legislativo, quindi il procedimento legislativo non è un peso
burocratico, una complicazione dei processi decisionali ma serve a offrire una garanzia di
buon esito del procedimento.
Buon esito non solo nel senso di efficacia ma soprattutto di confronto dialettico tra
maggioranza e opposizione, siccome questo confronto è l’ingrediente fondamentale di un
sistema democratico e siccome la Legge è approvata dal Parlamento che è la sede della
rappresentanza politica allora è indispensabile che il procedimento venga seguito in maniera
corretta in tutte le sue fasi, altrimenti il risultato finale risulterebbe illegittimo. Come ogni
procedimento anche quello legislativo si articola in fasi, e se ne possono identificare 3:
● FASE DELLA INIZIATIVA: ogni procedimento trae impulso da un atto di iniziativa
posto in essere da un determinato soggetto. La Costituzione identifica in maniera
tassativa i soggetti che sono autorizzati a dare impulso al procedimento legislativo.
Quali sono questi soggetti?
○ OGNI SINGOLO PARLAMENTARE può presentare una PROPOSTA DI
LEGGE, normalmente è raro che la proposta di legge provenga da un solo
parlamentare, più spesso capita che più parlamentari presentano la proposta
di legge e questa viene ricordata per il primo firmatario.
○ IL GOVERNO può presentare DISEGNI DI LEGGE. Il governo è composto
da un presidente del consiglio e da una serie di ministri che insieme formano
il consiglio dei ministri, quindi si dice che il Governo è un organo complesso
composto sia da organi monocratici sia da organi collegiali. Il consiglio dei
ministri all’interno del governo può presentare il disegno di legge, non lo può
fare da solo il presidente del consiglio o un singolo ministro; la Costituzione
inoltre subordina la presentazione del disegno di legge governativo ad una
autorizzazione da parte del Presidente della Repubblica (questo
probabilmente per evitare che arrivino disegni di legge contenenti norme
palesemente incostituzionali)
○ IL POPOLO può esercitare il potere di iniziativa legislativa attraverso un
PROGETTO DI LEGGE firmato da almeno 50mila elettori. Per elettori si
intende cittadini maggiorenni, quindi coloro che hanno diritto di votare i
deputati.
○ OGNI CONSIGLIO REGIONALE può presentare una PROPOSTA DI LEGGE
alle camere. Il consiglio regionale è presente in ogni regione ed è
l’equivalente del parlamento ma è unicamerale rispetto al parlamento vero e
proprio. Si ritiene che possa farlo solo per questioni che riguardano
l’autonomia regionale.
○ CNEL (Consiglio Nazionale dell’economia del lavoro) organi di rilievo
costituzionale previsto dalla Costituzione che svolge compiti di consulenza
per quanto riguarda i rapporti sociali, economici, produttivi del Paese.
Solo questi cinque soggetti sono autorizzati a presentare un’iniziativa legislativa, non
altri. Quale è la forma di iniziativa legislativa che può considerarsi “più importante”?
Sicuramente quella parlamentare, perché ci si aspetta dai parlamentari che oltre a
discutere e votare prendano anche delle iniziative e quindi siano capaci di stimolare
la camera di appartenenza nell’assumere alcune decisioni sotto forma di Legge,
perché se il parlamento non legifera qualcuno potrebbe mettere in discussione la sua
utilità. Se non che la nostra forma di governo parlamentare si basa sul rapporto
fiduciario tra governo e le due camere e quindi l’iniziativa governativa ha assunto
nel tempo un ruolo preponderante e può esercitare la funzione legislativa solo in
alcuni casi in quanto di regola fa altro; è anche vero che il programma di governo per
essere realizzato necessita di leggi, atti aventi forza di legge per cui il governo ha
bisogno dell’attività legislativa svolta dal parlamento perché certe cose le può fare
solo alle condizioni stabilite dalla costituzione.
L’iniziativa governativa non deve essere usata a caso ma con discrezione e impegno
perché si gioca il rapporto fiduciario tra il parlamento e l’organo esecutivo, perché se
il parlamento inizia a ignorare i disegni legge, di iniziativa legislativa o li stravolge
allora il governo percepisce che la maggioranza parlamentare non è più dalla sua
parte e questo può portare ad una vera e propria crisi di governo.
L’iniziativa popolare è uno strumento usato molto poco nella storia repubblicane e
quelle poche volte che è stato utilizzato il Parlamento lo ha trascurato perché
secondo la normativa vigente il Parlamento non ha l’obbligo di pronunciarsi su un
progetto di legge di iniziativa popolare. Non essendoci questo obbligo di dare seguito
alle iniziative popolari capiamo che essendo già complicato mettersi lì per noi della
società civile a redigere un progetto di legge, poi è complicato raggiungere 50mila
firme, se poi non c’è nessuna norma parlamentare che imponga alle camere di dare
seguito a questa iniziativa, ci sono una serie di premesse per il fallimento di questa.
Le proposte del consiglio regionale al pari di quelle del popolo sono state pochissime
e tutte con scarso successo.

● FASE COSTITUTIVA: è quel momento del procedimento al termine del quale si avrà
una legge perfetta ma non ancora efficace, cioè con un atto che ha tutti gli
elementi della Legge (può essere riconosciuto come Legge) ma che non ha ancora
acquisito la capacità di assumere i suoi effetti giuridici tipici, ossia quello di vincolare i
destinatari delle norme giuridiche, di porre diritti e obblighi, limitazioni, vincoli. Nella
fase costitutiva quindi si costruisce la Legge, arriva in parlamento una proposta e le
camere devono lavorare su quei testi; il Parlamento è composto da 630 deputati e
più di 315 senatori che essendo investiti della funzione legislativa vorrebbero fare
qualcosa di più rispetto a dire si o no ad una proposta di legge, vorrebbero proporla
discutere dando il loro contributo producendo emendamenti (modifiche). un elemento
che dobbiamo considerare è che nella fase costitutiva il Parlamento si riappropria
pienamente della funzione legislativa e intende costruire quella legge. Le
commissioni parlamentari competenti per materia entrano qua in gioco. Ci sono 3
DIVERSI MODI DI PROCEDERE DI CAMERA E SENATO PER FARE LE LEGGI a
cui corrispondono TRE DIVERSI MODI DI PROCEDERE DELLA COMMISSIONE
COMPETENTE PER MATERIA.

IMPORTANTE ESAME. Per distinguere i tre procedimenti per fare leggi bisogna partire dalla
distinzione tra commissione e aula, abbiamo detto che ci sono molteplici commissioni ma
una sola aula. Ogni parlamentare lavora sia nell’aula sia nella commissione di competenza.
Quindi i parlamentari lavorano sia in commissione che in aula e a seconda di quello che fa la
commissione e di quello che fa l’aula si hanno i tre tipi di procedimenti, quindi si deve tenere
ben presente che AL PROCEDIMENTO LEGISLATIVO LAVORANO SIA LE
COMMISSIONI CHE L’AULA e inoltre si deve precisare cosa si fa di un testo. Arriva una
proposta di legge alla camera e al senato, e quali sono i momenti essenziali grazie ai quali si
arriva ad una creazione della legge? CI SI ARRIVA ATTRAVERSO DUE MOMENTI
FONDAMENTALMENTALI: LA DISCUSSIONE E IL VOTO, quindi il testo viene sottoposto
ad un dibattito, ad un confronto.
3 DIVERSI MODI DI PROCEDERE DI CAMERA E SENATO PER FARE LE LEGGI A CUI
CORRISPONDONO 3 DIVERSI MODI DI AGIRE DELLA COMMISSIONE COMPETENTE
PER MATERIA:
● Commissione e aula fanno la stessa cosa, la commissione discute e vota e l’aula
poi discute nuovamente il testo e poi vota. Il testo viene discusso e votato dalla
commissione per poi essere presentato all’aula assieme ad una relazione di
accompagnamento; quindi il relatore di accompagnamento della commissione
presenta il testo e a questo punto l’aula fa la stessa cosa della commissione. Questo
primo procedimento si chiama: PROCEDIMENTO ORDINARIO. Ordinario perché è
quello normale, è quello che anche logicamente intende valorizzare il ruolo di
rappresentanza politica dei parlamentari perché tutti sono posti sullo stesso piano è
solo che la Commissione essendo più qualificata dal punto di vista tecnico è giusto
che in prima battuta faccia un’istruttoria adeguata ed elabori ulteriormente la
proposta di legge prima di sottoporla ad una discussione aperta a tutti senatori e
deputati in aula. La commissione viene definita REFERENTE proprio perché dopo
aver discusso e votato sul testo riferisce all’aula, sull’esito della propria discussione,
in modo tale da permettere a deputati e senatori di dare il loro contributo. DIFETTO:
è lenta, macchinosa, è inefficiente per il fatto che commissione e aula fanno la stessa
cosa.
● La seconda soluzione prevista indica che tutto il procedimento si esaurisca nella
commissione e l’aula non interviene mai: la commissione discute e vota articolo
per articolo il testo finale, dopodiché quel testo passa all’altra camera (senato)
perché si proceda allo stesso modo. Questo è il modo più rapido e efficiente. La
commissione è composta da un numero ridotto di deputati e senatori e quindi è più
facile tirar fuori un testo che poi dovrà essere posto sotto l’approvazione dell’altro
ramo del parlamento. Sicuramente questo procedimento è più efficiente ma cosa
fanno gli altri deputati e senatori che non fanno parte della commissione competente
per materia? viene considerata la regola che disciplina la composizione delle
commissioni competenti per materia: ogni commissione rispecchia in maniera fedele
gli equilibri tra i gruppi parlamentari, quindi la loro consistenza in aula. Questo
procedimento che è la soluzione più rapida viene definito: PROCEDIMENTO
DECENTRATO. Decentrato perché non lo fa l’aula, commissione in sede deliberante
perché non si limita a riferire ma decide senza che interviene l’aula.
● La commissione che è competente per materia discute, e l’aula vota senza
discussione, dice sì o no al testo licenziato dalla commissione competente per
materia. Questo procedimento è definito: PROCEDIMENTO MISTO. La commissione
discute e poi l’aula vota articolo per articolo e poi il testo finale, così il momento
decisionale si concentra nell’aula che è il luogo dove si trovano tutti i deputati e i
senatori. Definito procedimento “misto” proprio perché è una via di mezzo tra
l’ordinario e il decentrato.

Quale è il procedimento più utilizzato in Parlamento? Siccome il procedimento ordinario


è quello più democratico essendo quello che garantisce a tutti, deputati e senatori, di
partecipare indipendentemente che siano parte della commissione competente per materia
si sarebbe portati a ritenete che sia questo quello privilegiato ma di fatto non è così. Infatti
quello più usato è il PROCEDIMENTO DECENTRATO.
La costituzione comunque si deve tenere presente che contiene tutte le GARANZIE PER
EVITARE UN ABUSO DEL PROCEDIMENTO DECENTRATO, sia identificando proposte di
legge per le quali sia obbligatorio usare sempre il procedimento ordinario, sia riconoscendo
ad alcuni soggetti il potere di determinate lo spostamento dal decentrato all’ordinario. Tutto
questo accade alla camera e una volta che il testo è stato approvato il testo va al senato e il
senato fa tutto da capo. Bicameralismo perfetto o paritario, camera e senato fanno la
stessa identica cosa e quindi se pensiamo al procedimento ordinario.
La regola inderogabile è che i due testi, quello approvato alla camera e quello approvato al
Senato devono essere identici (bicameralismo perfetto). Se per caso, come accade molto
frequentemente, la Camera ha approvato per prima e il senato arriva dopo e i due testi non
coincidono allora la Camera deve discutere e votare sul testo apportate dal Senato in modo
da raggiungere una piena convergenza tra le due determinazioni di Camera e il Senato, è
quella che si chiama NAVETTA.

● FASE INTEGRATIVA DELL’EFFICACIA la quale a sua volta si compone di alcuni


passaggi. Il primo è quello più importante ed è quello della cosiddetta
PROMULGAZIONE DA PARTE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA. La
promulgazione è quello con il quale il capo dello Stato dichiara in maniera ufficiale
che quella Legge è stata votata dal Parlamento, quindi vi è un’attestazione quasi
notarile; Una legge che Camera e Senato hanno votato. Il secondo compito della
promulgazione presidenziale è quello di verificare la conformità di quella legge a
Costituzione, il presidente può non approvare la legge solo per incostituzionalità, il
suo parere politico non conta, ma se dovesse rifiutarla e la camera la ripropone, è
obbligato ad accettarla.

C’è anche un altro aspetto un po’ più sottile da evidenziare: una legge quando viene
licenziata dal Parlamento è ancora una legge astratta, nel senso che non ha ancora trovato
applicazione nei casi concreti, non è ancora diritto vivente; capita spesso che
l’incostituzionalità di una Legge si scopra proprio per effetto della sua applicazione a casi
concreti, proprio attraverso la sua vitalità.

Si è detto che se le camere dovessero riapprovare il testo così come era in origine,
nonostante i rilievi del Capo della Repubblica, quest’ultimo è poi obbligato a promulgare. E
se il capo dello Stato si ostina e continua a non promulgare la legge allora le camere
potrebbero sollevare un CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE TRA POTERI DELLO STATO
DAVANTI ALLA CORTE, per far valere l’illegittimità dell’omissione del Presidente della
Repubblica, ma se continua a non promulgare avviene la MESSA IN STO D’ACCUSA e la
PRONUNCIA DI CONDANNA che comporta la rimozione dell’incarico da Presidente della
Repubblica, ma per farlo deve avere delle ottime ragioni, altrimenti è un pirla.
Una volta avvenuta la promulgazione la fase integrativa dell’efficacia si conclude attraverso
la PUBBLICAZIONE DELLA LEGGE NELLA GAZZETTA UFFICIALE E POI L’ENTRATA
IN VIGORE DOPO IL COSIDDETTO TERMINE DI “VACATIO LEGIS” che normalmente è
di 15 giorni. La gazzetta Ufficiale è una fonte di cognizione, è quel documento che attesta in
modo ufficiale l’ingresso nell’ordinamento giuridico di una nuova disciplina e che permette a
questa di produrre i suoi effetti di legge. Produce i suo effetti dopo il tempo di vacatio legis, i
15 giorni servono per i destinatari che hanno il tempo conoscere quella norma e attrezzarsi
per evitare di incorrere in eventuali sanzioni.
LEZIONE 10: Revisione Costituzionale
La REVISIONE COSTITUZIONALE è il processo attraverso il quale la Costituzione può
essere modificata. La Costituzione Italiana è una costituzione RIGIDA questo per sancirne
in maniera tangibile e reale la propria supremazia non solo a tutte le fonti del diritto ma
rispetto a tutti i poteri costituti all’interno dell’ordinamento. È necessario presidiare la
costituzione da modifiche approvate da maggioranze risicate all’interno del Parlamento
perché la Costituzione presenta il più alto tasso di stabilità e il più alto tasso di democraticità.
Un atto normativo, scritto e pensato per durare nel tempo al di là della fisiologica evoluzione
dei rapporti politici all’interno del Paese.
La Costituzione non è però un dogma infallibile e come tale intangibile nel tempo, si
presta a mutamenti, adattamenti, trasformazioni; presta comunque un significativo tasso di
elasticità, diciamo “comunque” perché si tratta di disposizioni che sono state pensate e
scritte nel 1946/1947 quindi in un epoca storica diversa da ciò che poi è accaduto nei
decenni successivi

COME LA COSTITUZIONE SI ADATTA ALLE TRASFORMAZIONI SOCIALI, CULTURALI,


POLITICHE ED ECONOMICHE? Intanto attraverso l’INTERPRETAZIONE, quindi la Corte
Costituzionale ha dato prova in più pronunce di interpretare in maniera evolutiva le
disposizioni costituzionali.
La Costituzione elenca una serie di diritti fondamentali, dalla libertà personale alla libertà
di domicilio e così via… ma questi diritti furono codificati in un periodo storico che ha poi
subito nel contesto sociale profonde trasformazioni nel tempo e la Corte Costituzionale con
una serie di pronunce ha aggiunto ulteriori diritti fondamentali che i padri costituenti non
potevano immaginare
Quindi il testo nonostante la lettera della Costituzione si presta comunque a procedimenti
interpretativi tali da rendere la Costituzione al passo con i tempi.
La Costituzione non è un oggetto sacro e immutabile, si presta esso stesso a mutamenti,
trasformazioni, adattamenti attraverso o l’interpretazione o consuetudini, convenzioni, regole
di correttezza ma al tempo stesso però lascia aperta la possibilità a revisioni formali della
stessa, cioè a decisioni del Parlamento sotto forma di legge che hanno l’attitudine e la
capacità di modificarla.

La PROCEDURA DI REVISIONE COSTITUZIONALE è disciplinata dall’articolo 138 della


Costituzione. Questo significa che è la stessa Costituzione a tenere una sorta di clausola di
modifica del proprio testo, quindi non è una fonte estranea che dice come cambiare la
Costituzione. La procedura di revisione viene definita una procedura AGGRAVATA rispetto
al procedimento legislativo ordinaria. Mentre per fare una legge ordinaria la maggioranza
presente in Parlamento deve attivare la procedura invece per modificare la Costituzione
l’articolo 138 configura una serie di aggravamenti rispetto al procedimento ordinario.
● PRIMO ELEMENTO DI AGGRAVAMENTO: per la revisione costituzionale sono
necessarie 2 deliberazioni in ciascun ramo del Parlamento ovvero 2 deliberazioni
alla Camera e 2 deliberazioni al Senato, a distanza non inferiore di 3 mesi, questo
perchè la scelta di modifica deve essere ponderata e anche, dato che è un
procedimento lungo, si cerca di evitare agli altri di iniziare questa campagna. Mentre
nel procedimento normale la Camera delibera 1 volta e il Senato delibera un’altra
volta, per la revisione Camera e Senato devono deliberare 2 volte.
● SECONDO ELEMENTO DI AGGRAVAMENTO: per la 2°delibera sia alla Camera
che al Senato non è sufficiente la maggioranza semplice ma è necessaria la
MAGGIORANZA ASSOLUTA ovvero il 50%+1 dei membri di ciascun ramo del
parlamento (Camera e Senato) per far convergere il maggior consenso possibile
intorno alla modifica del testo costituzionale, quindi far sì che la revisione
costituzionale non fosse uno strumento a disposizione della sola maggioranza
politica.
● TERZO ELEMENTO DI AGGRAVAMENTO: entro 3 mesi dalla pubblicazione del
testo meramente notiziale sulla gazzetta ufficiale 500000 elettori, 5 consigli regionali,
1/5 dei membri di ciascuna Camera possono chiedere un referendum. Quindi in
questo caso il popolo viene coinvolto nel procedimento di revisione costituzionale.
IMPORTANTE: SE IN ENTRAMBE LE SECONDE DELIBERAZIONI È RAGGIUNTA
LA MAGGIORANZA DEI 2/3 DEI MEMBRI DI CIASCUNA CAMERA IL
REFERENDUM NON PUÒ ESSERE RICHIESTO, QUINDI LA LEGGE VIENE
PROMULGATA, PUBBLICATA ED ENTRA IN VIGORE.

CHE TIPO DI REFERENDUM E’ CHE VIENE RICHIESTO?


Il REFERENDUM COSTITUZIONALE serve a CONFERMARE OPPURE NO LA SCELTA
FATTA DAL PARLAMENTO. L’ultima parola viene data agli elettori che nel momento in cui
si recano a votare si trovano davanti una scheda con la possibilità di scegliere tra due
alternative “SI sono d’accordo con la riforma” o “NO sono contrario alla riforma”.
Il REFERENDUM COSTITUZIONALE NON E’ UN REFERENDUM CHE SERVE AD
ABROGARE QUALCOSA perché si può abrogare solo qualcosa che è già in vigore invece
questa legge di revisione costituzionale è solo una DELIBERA LEGISLATIVA che non è
ancora entrata in vigore, rispetto la quale gli elettori sono chiamati a esprimere la loro
posizione (Non è un parere degli elettori, è un giudizio vero e proprio, è la partecipazione
diretta degli elettori al procedimento di revisione costituzionale, si va ben oltre il parere).
Per la VALIDITA’ del referendum costituzionale NON E’ NECESSARIO UN QUORUM
COSTITUTIVO. Si ha un quorum costitutivo quando una norma dice che un referendum è
valido solo se PARTECIPA la maggioranza degli aventi diritto ovvero maggiorenni cittadini
italiani. In questo caso il quorum non esiste questo significa che anche se dovesse
partecipare al voto il 30/40% degli aventi diritto comunque la consultazione referendaria
sarebbe valida, come vedremo successivamente invece per il REFERENDUM
ABROGATIVO art. 75 E’ RICHIESTO UN QUORUM COSTITUTIVO.
PERCHE’ NON E’ PREVISTO UN QUORUM COSTITUTIVO? La mancata previsione di un
quorum costitutivo serve a valorizzare ancora di più la partecipazione popolare al
procedimento di revisione costituzionale, perché un quorum costitutivo penalizza coloro che
possono essere tanti che hanno desiderio di partecipare effettivamente ai processi
revisionali. La mancanza di un quorum serve a valorizzare al massimo il ruolo del popolo
attraverso gli aventi diritto al voto
CON LA PROCEDURA AGGRAVATA SI POSSONO APPORTARE TUTTE LE MODIFICHE
IMMAGINABILI? TUTTO CIO’ CHE TROVIAMO NELLA COSTITUZIONE PUO’ ESSERE
OGGETO DI REVISIONE COSTITUZIONALE? CI SONO LIMITI ALLA REVISIONE
COSTITUZIONALE?
Sì, ci sono limiti alla revisione costituzionale. La procedura aggravata non può essere
utilizzata in maniera indiscriminata e senza confini. I limiti si possono distinguere in: -
● LIMITI FORMALI: riguarda la PROCEDURA ed è dato dall’art. 138. Se si vuole
modificare la Costituzione si deve rispettare quella procedura. Sul limite formale è
nata un’ampia discussione all’interno della dottrina costituzionalistica perché
qualcuno ha sostenuto che per modificare la Costituzione in maniera diversa
basterebbe abrogare l’articolo 138 e poi modificare la Costituzione nel merito e
attraverso una procedura diversa. Questa è una sorte di frode
● LIMITI SOSTANZIALI: riguardano il MERITO della riforma, cioè il CONTENUTO,
cosa si va a toccare. Esiste un limite sostanziale ESPRESSO cioè un limite che la
stessa Costituzione formale espressamente configura come limite alla revisione
costituzionale. È l’unico caso in cui è la Costituzione a dire che una determinata cosa
non si può modificare con la revisione costituzionale. Costituzione quindi pone un
limite al Parlamento. Articolo 139 della costituzione: “La forma repubblicana non può
essere oggetto di revisione costituzionale” Quindi neanche con unanimità cioè con il
consenso di tutti i parlamentari maggioranza e opposizione il Parlamento potrebbe
sancire l’abbandono della Repubblica.

Insieme a questi limiti, si identificato una serie di limiti sostanziali TACITI O IMPLICI cioè che
non sono espressamente indicati dalla Costituzione come limiti ma che lo sono comunque in
virtù di una interpretazione complessiva dell’ordinamento costituzionale.
Sono 2 i limiti sostanziali IMPLICITI: 1.
● PRINCIPI SUPREMI DELL’ORDINAMENTO COSTITUZIONALE: questi principi
sono supremi in quanto collegati tra di loro in maniera talmente stretta all’interno di
questo nucleo che anche la sola eliminazione di 1 elemento determinerebbe una
reazione a catena e quindi comporterebbe una disgregazione dello Stato
costituzionale italiano.
● CONTENUTO ESSENZIALE DEI DIRITTI FONDAMENTALI: abbiamo visto che la
funzione essenziale in una Costituzione è la TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI
(ovvero quei diritti soggettivi che vengono tutelati e protetti innanzitutto nei confronti
dello Stato, dell’autorità che potrebbe abusare dei propri poteri) che sono previsti
negli art. 13 e seguenti della Costituzione, la Corte Costituzionale ha introdotto in via
interpretativa altri diritti fondamentali. Si ritiene che il nucleo duro delle norme che
tutelano questi diritti fondamentali quindi il contenuto essenziale dei diritti
fondamentali non può mai essere oggetto di revisione costituzionale.
LEZIONE 11: Referendum Abrogativo
Il referendum abrogativo è disciplinato dall’articolo 75 della Costituzione, è considerato
come uno strumento di democrazia diretta cioè un meccanismo attraverso il quale il popolo
manifesta direttamente la volontà dello Stato.
Quindi la volontà dello Stato che è sempre dietro ogni decisione da parte delle istituzioni,
anziché essere manifestata in modo mediato indiretto dai rappresentanti politici viene
manifestata direttamente dal popolo sia pure in termini di abrogazione quindi di
ELIMINAZIONE, SOPPRESSIONE, CANCELLAZIONE di una o più norme giuridiche.

Esiste una RISERVA DI LEGGE COSTITUZIONALE SUL REFERENDUM cioè gli elettori
italiani possono essere chiamati con un referendum solo nei casi e modi stabiliti dalla
costituzione o da altre leggi costituzionali.
Quindi il Parlamento con una legge ordinaria non potrebbe introdurre un nuovo tipo di
consultazione popolare, il referendum sono solo quelli previsti tra la Costituzione o da
altre leggi costituzionali.

IL REFERENDUM ABROGATIVO SERVE AD ABROGARE IN TUTTO O IN PARTE LEGGI


O ATTI AVENTI FORZA DI LEGGE DELLO STATO.
COSA SI RICAVA DA QUESTA PRIMA ENUNCIAZIONE ESPLICITA DELL’ART 75?
● OGGETTO DI REFERENDUM ABROGATIVO possono essere soltanto FONTI
PRIMARIE DEL DIRITTO, LEGGI O ATTI CHE HANNO LO STESSO VALORE
FORZA DELLA LEGGE
● Il REFERENDUM ABROGATIVO di cui all’art 75 NON RIGUARDA LE LEGGI
REGIONALI. Le regioni possono approvare leggi, le leggi regionali sono fonti
primarie ma l’art.75 parla di leggi e atti aventi forza di legge dello Stato non delle
regioni! Le leggi regionali non sono più protette delle leggi statali perché non sono
soggette a referendum, in realtà i singoli statuti regionali disciplinano il referendum
sulle leggi regionali.

CHI PUO’ RICHIEDERE IL REFERENDUM ABROGATIVO?


Il Referendum Abrogativo può essere richiesto da 500000 elettori (iniziativa popolare) o
da 5 Consigli Regionali (iniziativa regionale).
INIZIATIVA REGIONALE: La funzione legislativa è distribuita tra Stato e Regioni, ci sono
materie riservate al legislatore statale, ci sono materie di competenza concorrente in cui ci
sono sia leggi statali che leggi regionali, può succedere che il legislatore statale produca
norme giuridiche che vengano ritenute inopportuno, non adeguate politicamente per quelle 5
regioni che si attivano per l’abrogazione di quella legge.

IL REFERENDUM ABROGATIVO NON È UNO STRUMENTO PER SANZIONARE LEGGI


INCOSTITUZIONALI, NON È UNO STRUMENTO PER FAR VALERE L’ILLEGITTIMITÀ
COSTITUZIONALE DELLE LEGGI, MA SI FA PER RAGIONI DI OPPORTUNITÀ POLITICA.
PERCHÉ QUELLA LEGGE NON PIACE PIÙ POLITICAMENTE, PUÒ ESSERE ANCHE
UNA LEGGE PIENAMENTE CONFORME ALLA COSTITUZIONE MA CIÒ NON TOGLIE
CHE QUELLA LEGGE POSSA ESSERE POLITICAMENTE, SOCIALMENTE,
CULTURALMENTE, ECONOMICAMENTE SGRADITA AD UNA PARTE DEL POPOLO O
AD UNA PARTE DEI CONSIGLI REGIONALI.
INIZIATIVA POPOLARE: Bisogna istituire un comitato promotore composto da almeno 10
elettori, i quali depositano presso la Corte di Cassazione il quesito referendario dopo di
che si hanno a disposizione 9 mesi per la raccolta delle 500000 firme; per raccogliere
queste firme si organizzano i banchetti nelle varie città italiane e questo comitato
promotore sostenuto da un certo numero di persone raccoglie queste firme che poi verranno
sottoposte ai controlli. Se non si raccolgono le 500000 firme entro il termine stabilito dalla
legge il referendum potrà essere richiesto più avanti. L’art 75 identifica alcune leggi non si
debbano/possono sottoporre a consultazione referendaria popolare.

LIMITI AL REFERENDUM ABROGATIVO:


● NON POSSONO ESSERE ABROGATE TRAMITE REFERENDUM LE LEGGI
TRIBUTARIE E DI BILANCIO. La legge di bilancio è la legge che ogni anno il
Parlamento delibera per approvare il bilancio preventivo e il rendiconto consuntivo
predisposti dal Governo. Quindi è quella legge che contiene /fa riferimento /indica le
spese che lo Stato intende effettuare l’anno prossimo e le entrate che lo Stato
prevede di riscuotere sempre nello stesso arco temporale.
● LEGGI DI AMNISTIA E DI INDULTO. AMNISTIA, INDULTO e anche la GRAZIA
sono provvedimenti di clemenza nei confronti di coloro che sono stati condannati in
via definitiva per aver commesso 1 o più reati. Provvedimento di clemenza vuol dire
che grazie a quel provvedimento quella persona smette di scontare la pena che gli
è stata irrogata dal giudice. Sono 3 diverse forme di clemenza:
○ L’INDULTO invece colpisce la pena
○ AMNISTIA è un provvedimento collettivo quindi che riguarda N detenuti che
siano stati condannati per un certo tipo di reato.
○ GRAZIA è un provvedimento individuale di clemenza che viene concesso dal
Presidente della Repubblica.
L’AMNISTIA e l’INDULTO che sono entrambi provvedimenti collettivi (riguardano la
massa di coloro che stanno scontando la pena in un carcere) sono atti posti in
essere dal Parlamento attraverso una procedura che è aggravata perché richiede
una maggioranza qualificata. Sono provvedimenti che il Parlamento può decidere di
adottare se vuole svuotare le carceri italiani, soprattutto l’indulto che è una misura
meno impegnativa dal punto di vista della tutela dell’ordine pubblico rispetto
all’amnistia che invece è un provvedimento forte.
PERCHE’ LE LEGGI DI AMNISTIA E INDULTO SONO SOTTRATTE A
REFERENDUM ABROGATIVO? Perché si ritiene che il Parlamento per altro con una
maggioranza qualificata dei 2/3 sia in qualche modo “sovrano” nel decidere se e
come bilanciare le ragioni di ordine pubblico e comunque la tutela dei diritti
fondamentali che spettano anche a coloro che sono stati condannati in definitiva per
aver commesso una serie di reati.
● NON POSSONO ESSERE ABROGATI CON REFERENDUM LEGGI DI
AUTORIZZAZIONE ALLA RATIFICA DEI TRATTATI INTERNAZIONALI: è un
accordo tra 2 o più Stati. Nel nostro ordinamento è il Governo a stipulare un trattato
internazionale dopo aver condotto trattative con altri Governi di altri Paesi. La
RATIFICA è fatta dal Presidente della Repubblica e grazie ad essa la Repubblica
Italiana si impegna ufficialmente ad adempiere ai doveri nascenti da quel trattato ma
ci sono dei casi previsti dall’art. 80 della Costituzione di trattati internazionali
talmente importanti per i quali perfino il Capo dello Stato deve essere autorizzato con
legge dal Parlamento a fare la ratifica.
QUALI CONTROLLI SONO PREVISTI PER IL REFERENDUM ABROGATIVO?
Un PRIMO CONTROLLO è quello che si svolge DAVANTI ALL’UFFICIO CENTRALE PER
IL REFERENDUM PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE. Principalmente la Cassazione
controlla la regolarità delle firme raccolte, perché c’è sempre il rischio di firme false, di
cittadini morti etc..
Successivamente c’è un controllo di ammissibilità del referendum abrogativo fatto dalla
Corte Costituzionale. Quindi la Corte attiva un giudizio che normalmente si svolge tra
gennaio e febbraio e con una sentenza dichiara ammissibile o inammissibile il referendum
abrogativo; se lo dichiara ammissibile allora il Presidente della Repubblica fisserà una data
per il referendum se invece la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del referendum non se ne
fa nulla. Nell’esercizio di questa funzione la Corte Costituzionale ha aggiunto altri limiti oltre
a quelli espressi e previsti dall’articolo 75 e cioè:
● La Corte Costituzionale richiede che il QUESITO sia CHIARO, OMOGENEO,
PRECISO in modo tale che ogni elettore possa esprimere in modo consapevole la
propria volontà.
● La Corte Costituzionale è intervenuta in relazione alle leggi costituzionalmente
necessarie cioè quelle leggi la cui abrogazione impedirebbe alla Costituzione di
adempiere alla propria funzione in relazione a certe materie.

PERCHE’ SI E’ POSTO UN DUBBIO SULLA POSSIBILTA’ DI SOTTOPORRE A


REFERENDUM ABROGATIVO LE LEGGI ELETTORALI DI CAMERA E SENATO? QUAL
E’ L’EFFETTO DELL’ABROGAZIONE DI UNA LEGGE ELETTORALE? L’ effetto è quello
che non si può rinnovare il Parlamento perché se viene abrogata la legge che disciplina il
sistema elettorale di Camera e Senato come possono gli elettori andare a votare, con quale
formula matematica i voti verrebbero convertiti in seggi? Quindi la legge elettorale è una
legge costituzionalmente necessaria. Lo stesso vale per la legge elettorale del Consiglio
Superiore della Magistratura che è una legge statale che disciplina come il CSM venga
eletto per quanto riguarda i suoi membri elettivi. Le leggi elettorali non espressamente
indicate nell’art 75 ma ad un certo punto la Corte Costituzionale si è posta il problema, se
viene abrogata una legge elettorale quell’organo no potrà essere rinnovato e quindi restano
in carica a quelli che sono stati eletti precedentemente anche dopo la scadenza il che non è
costituzionalmente accettabile.
ci possono essere referendum abrogativi che riguardino la legge elettorale purché non
faccino venir meno la possibilità di procedere alle elezioni. Quindi si può intervenire su alcuni
aspetti specifici di una legge elettorale purché ciò che eventualmente rimane dopo
l’abrogazione garantisca la eleggibilità di Camera e Senato o del CSM, la cosiddetta
NORMATIVA DI RISULTA.
La Corte anche se ha destato qualche perplessità ha dichiarato inammissibile il referendum
perché eccessivamente manipolativo perché anziché limitarsi a cancellare qualcosa,
cancellano per sostituirlo con un sistema elettorale diverso.
LA COSTITUZIONE PREVEDE UN QUORUM COSTITUTIVO, IL REFERENDUM È
VALIDO SOLO SE PARTECIPA LA MAGGIORANZA DEGLI AVENTI DIRITTO AL VOTO
quindi la maggioranza dei cittadini italiani maggiorenni, se non si raggiunge il quorum
costitutivo (almeno il 50% partecipa) il referendum anche se si è celebrato e apportato ad
un certo risultato è come se non ci fosse mai stato, non è valido. Una volta soddisfatto il
quorum costitutivo, si considera il quorum deliberativo e la legge è abrogata se prevalgono
i SI, la legge resta in vigore se prevalgono i NO perché all’elettore viene formulata questa
domanda: “Vuoi l’abrogazione dell’art.. della legge …” se voti Si manifesti la volontà di
abrogare se voti NO manifesti la volontà di mantenere quella legge. Questi quorum ed in
particolare il quorum costituzionale ha in qualche modo segnato il destino del referendum.

Il referendum abrogativo è uno STRUMENTO FONDAMENTALE all’interno anche di una


democrazia rappresentativa perché viene data al popolo la possibilità non tanto di creare o
manipolare il diritto quanto di eliminare norme giuridiche che non vengono più accettata dal
punto di vista politico, sociale, culturale, economico, etico

LEZIONE 12: Governo: Formazione Rapporto di Fiducia


Il potere legislativo è il potere di produrre norme generali e astratte e questo potere viene
esercitato attraverso atti normativi, primariamente la Legge ordinaria del parlamento, che
occupano il gradino immediatamente inferiore rispetto a quello della Costituzione

Il potere esecutivo è quello di applicare le norme generali e astratte a casi concreti al fine
di tutelare interessi generali, si parla di CURA CONCRETA DEGLI INTERESSI GENERALI.
In pratica dal potere esecutivo dipendono LE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI, LE QUALI
SVOLGONO ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA E QUESTA È L’APPLICAZIONE A CASI
CONCRETI DI NORME GENERALI E ASTRATTE PER TUTELARE GLI INTERESSI
GENERALI ma a differenza del potere giudiziario non serve a risolvere controversie o a
ripristinare la legalità violata

Nel nostro ordinamento il potere esecutivo è attribuito al GOVERNO, ossia un organo


complesso che include sia organi monocratici sia un organo collegiale. Gli organi
monocratici sono il Presidente del Consiglio e i Ministri, l’organo collegiale è rappresentato
dal Consiglio dei ministri.
Fondamentalmente rapporto tra potere legislativo ed esecutivo. Il potere giudiziario vene
escluso dalla forma di governo in quanto non viene considerato come un elemento che aiuta
a classificare le varie forme di governo, però è innegabile che anche l’esercizio della
funzione giurisprudenziale possa condizionale l’assetto e le dinamiche delle forme di
governo.

FORMA DI GOVERNO PRESIDENZIALE


E’ una forma di governo degli Stati Uniti d’America.
IL PILASTRO SU CUI SI ERIGE LA FORMA DI GOVERNO PRESIDENZIALE E’ LA
RIGIDA SEPARAZIONE DEI POTERI.
La separazione dei poteri è considerata come un elemento essenziale affinchè un
ordinamento possa tutelare al meglio i diritti fondamentali. Però il principio della separazione
dei poteri può essere diversamente modulato, quindi ha un’intensità differente a seconda
degli Stati in cui esso è implementato.
La costituzione degli Stati Uniti attribuisce il POTERE ESECUTIVO ad un ORGANO
MONOCRATICO, cioè ad un organo composto da una sola persona fisica che è il
PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI D’AMERICA. Quindi mentre in Italia si ha un organo
complesso, il governo, che include più persone fisiche che operano come organi monocratici
o come organo collegiale, negli Stati uniti si ricorre ad una enorme semplificazione in quanto
vi è una sola persona che è titolare del potere esecutivo, Esso si circonda di collaboratori, i
più importanti prendono il nome di “SEGRETARI DI STATO” non sono organi monocratici
contitolari del potere esecutivo ma SONO SEMPLICI COLLABORATORI DEL
PRESIDENTE.

COSA E’ LA LEGITTIMAZIONE? La legittimazione è quella CONDIZIONE CHE


PERMETTE AD UN SOGGETTO DI GOVERNARE, DI PRENDERE DECISIONI
VINCOLANTI che possono essere anche di segno negativo per i loro destinatari;
Questa diretta investitura popolare lo rende ancora più forte rispetto agli altri organi dello
Stato, lo mette in una posizione decisamente privilegiata
IL FATTO CHE L’ORGANO ESECUTIVO NEL REGIME PRESIDENZIALE SIA SCELTO
DIRETTAMENTE DAL POPOLO IMPEDISCE DI POTER PARLARE DI RAPPORTO
FIDUCIARIO TRA ORGANO LEGISLATIVO ED ESECUTIVO, CIOÈ PER QUANTO
RIGUARDA L’INVESTITURA E LA DURATA IN CARICA DEL MANDATO
PRESIDENZIALE IL CONGRESSO DEGLI STATI UNITI (ORGANO LEGISLATIVO) NON
HA ALCUN POTERE. Quindi negli Stati uniti il potere legislativo è assegnato al Congresso
che si divide nella Camera dei deputati, che è eletta direttamente dal popolo e il Senato che
è composto da due senatori per ogni Stato. si ha un bicameralismo tendenzialmente
paritario, seppure con qualche correttivo e il CONGRESSO NON E’ CHIAMATO A VOTARE
LA FIDUCIA LA PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI, l’unica cosa che può fare il Congresso
per cacciare il Presidente è il cosiddetto “Impeachment” (messa in stato d’accusa): quando
si ritiene che il Presidente abbia commesso reati presidenziali allora il congresso può agire
in questo modo e in particolare il Senato può condannare o meno il Presidente.

Specularmente il PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI NON PUO’ MAI SCIOGLIERE IL


CONGRESSO, quindi la Costituzione non attribuisce al Presidente il potere di scioglimento
dell’organo legislativo e questo perché c’è una rigida separazione dei poteri. IL POTERE
LEGISLATIVO È ATTRIBUITO AL MONOPOLIO DEL CONGRESSO, quindi il Presidente
degli Stati Uniti non può adottare atti aventi forza di legge

La Costituzione degli Stati Uniti affida il compito di garantire la supremazia della Costituzione
a GIUDICI NOMINATI PERÒ DALL’ORGANO ESECUTIVO, CHE È IL MASSIMO DELLA
POLITICITÀ.
QUINDI L’DEA DI AFFIDARE LA SCELTA DEI VERTICI DELL’APPARATO GIUDIZIARIO
ALL’ORGANO ESECUTIVO PUÒ APPARIRE ANOMALO E PERICOLOSO. Teniamo
comunque presente che le nomine del presidente devono essere approvate dal Senato

C’è poi un ALTRO PRINCIPIO CHE GARANTISCE L’INDIPENDENZA DELLA CORTE


SUPREMA, cioè il giudice della Corte suprema rivendica la propria indipendenza da chi lo
ha scelto “grazie Presidente di avermi scelto, ma tra noi due da questo momento non ci
saranno più rapporti, rivendico la mia indipendenza”. Questa “NEUTRALITÀ POLITICA”
vuol dire autonomia rispetto ai partiti che si contendono il potere, non indifferenza rispetto
alla dimensione politica delle questioni che vengono portate davanti alla corte suprema.
FORMA DI GOVERNO SEMIPRESINZIALE
È caratterizzato da una STRUTTURA BICEFALA dell’organo esecutivo, il potere esecutivo
nel regime SEMIPRESIDENZIALE viene condiviso da un PRESIDENTE ELETTO
DIRETTAMENTE DAL POPOLO E DA UN GOVERNO CHE E’ NOMINATO DAL
PRESIDENTE MA CHE DEVE AVERE LA FIDUCIA DEL PARLAMENTO.

FORME DI GOVERNO PARLAMENTARI


LA FORMA DI GOVERNO PARLAMENTARE È CARATTERIZZATA DA UN RAPPORTO DI
FIDUCIA TRA L’ORGANO ESECUTIVO E L’ORGANO LEGISLATIVO. Senza la fiducia
dell’organo legislativo il potere esecutivo non può esplicare le proprie funzioni. Questo è il
tratto qualificante dei regimi parlamentari, ci sono poi delle differenze tra questi regimi.

CASO ITALIANO: la Costituzione italiana ha accolto la FORMA DI GOVERNO


PARLAMENTARE, nel nostro ordinamento il rapporto tra organo legislativo (composto da
Camera e Senato) e organo esecutivo (organo complesso costituito da presidente del
Consiglio, ministri e consiglio dei ministri) è un RAPPORTO DI NATURA FIDUCIARIA,
senza la fiducia delle camere il governo non può esercitare le proprie funzioni.
BICAMERALISMO PARITARIO quindi il Governo deve godere della fiducia di entrambe le
camere del parlamento, fiducia che verrà accordata o ritirata disgiuntamente tra camera e
senato, quindi il governo potrebbe avere dei problemi anche in un solo ramo del parlamento
e per questa ragione essere costretto a dimettersi.
Il Governo è un organo complesso perché dato dall’insieme di organi monocratici e organi
collegiali: l’organo monocratico è il Presidente del Consiglio dei Ministri, e i singoli Ministri;
l’organo collegiale è composto dal Presidente del Consiglio e i Ministri.
C’è poi una distinzione significativa tra MINISTRI CON PORTAFOGLIO E MINISTRI SENZA
PORTAFOGLI: i primi a differenza dei secondi non hanno una struttura ministeriale alle
proprie dipendenze; mentre quindi i ministri con portafoglio sono gli organi politici di vertice
di una struttura complessa che si articola in sotto-segretariati, direzioni generali, dipartimenti,
uffici… il ministro senza portafogli non ha un ministero e quindi è un esponente del governo
a cui il presidente ha conferito una delega in relazione a determinate situazioni o materie
che si intendono curare (ministro dello sport, ministro delle pari opportunità…).

IL RUOLO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO: la Costituzione afferma che il PRESIDENTE


DEL CONSIGLIO MANTIENE L’UNITÀ DI INDIRIZZO, DIRIGE LA POLITICA DEL
GOVERNO, COORDINA L’ATTIVITÀ DEI MINISTRI.
i padri costituenti hanno volute definire una figura del Presidente del Consiglio
ragionevolmente elastica e flessibile, perché quando la Costituzione si occupa di governo e
in particolarmente del ruolo del presidente e il suo rapporto con i ministri sta cercando di
rendere giuridiche regole che in realtà sono fortemente condizionate dalla politica. Si parla in
questo caso di opera di RAZIONALIZZAZIONE DEL DIRITTO COSTITUZIONALE, se non
ci fosse la Costituzione il ruolo del presidente del consiglio e i suoi rapporti con i ministri
verrebbero letti da regole politiche che risentono fortemente degli equilibri politici, dei
rapporti di forza, della situazione che si sta vivendo e da altre variabili come la personalità
del Presidente del Consiglio, personalità dei Ministri o anche fattori esogeni come la crisi
economica, una pandemia in corso.
COSA VUOL DIRE PER UN PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DIRIGERE LA POLITICA
DEL GOVERNO, MANTENERE L’UNITA’ D’INDIRIZZO, COORDINARE L’ATTIVITA’ DEI
MINISTRI, ESSERE RESPONSABILE DELLA POLITICA DEL GOVERNO?
Si può parlare di un’immagine del presidente del consiglio mite che deve far funzionare il
governo che lui presiede attraverso però semplicemente un’attività di stimolo, di interesse, di
indirizzo e coordinando le varie azioni dei ministri; ad un’azione invece più forte di un
Presidente che impone la propria leadership che assume decisioni che lasciano poco spazio
al confronto dialettico con gli altri ministri, un Presidente del consiglio che riesce in qualche
modo a dominare quell’organo collegiale rendendolo sede di ratifica di decisioni che in realtà
ha assunto lui.

Quindi se ci venisse sottoposta una domanda su quale sia il rapporto tra presidente del
consiglio e i ministri si potrebbe rispondere in due modi:
● Citando l’articolo della Costituzione che afferma chi è il Presidente del Consiglio e
cosa fa, con una formula che abbiamo visto però essere decisamente elastica e
flessibile;
● Partendo da questo dato costituzionale si possono sviluppare riflessioni che non
possono prescindere però dalla storia repubblicana, e quindi dalla considerazione di
variabili non strettamente giuridiche o istituzionali che condizionano la figura del
Presidente del Consiglio

COME VIENE SCELTO UN GOVERNO. Soprattutto negli anni passati attraverso un’abile
strategia comunicativa, una parte non indifferente dell’opinione pubblica è stata convinta del
fatto che il presidente del consiglio sia scelto da popolo; ma non è così, non lo è
formalmente ma nemmeno sostanzialmente.
Si è detto che la Costituzione sul punto è volutamente generica ed elastica e sul
procedimento di formazione del governo dice le seguenti cose:
● IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NOMINA IL PRESIDENTE DEL
CONSIGLIO;
● IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NOMINA I MINISTRI SU PROPOSTA DEL
PRESIDENTE DEL CONSIGLIO;
● DOPO LA NOMINA I MEMBRI DEL GOVERNO PRESTANO GIURAMENTO
NELLE MANI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA; ENTRO 10 GIORNI DAL
GIURAMENTO IL GOVERNO SI PRESENTA ALLE CAMERE DISGIUNTAMENTE
PER OTTENERE LA FIDUCIA.
I passaggi essenziali del procedimento di formazione del governo sono quelli appena
abbozzati dalla Costituzione, ma sono già elementi significativi.
Il Presidente è NOMINATO dal presidente della repubblica e allo stesso capo dello stato la
Costituzione attribuisce il potere di nominare i ministri però su proposta del presidente del
consiglio.

COME SI ARRIVA ALLA NOMINA? La costituzione è stata integrata sul punto delle
CONSUETUDINI COSTITUZIONALI, cioè comportamenti reiterati nel tempo in maniera
uniforme e sorretti dall’obbligatorietà giuridica di quella condotta. Queste consuetudini hanno
fatto si che il Presidente della Repubblica prima di nominare il Presidente del Consiglio
svolga le cosiddette CONSULTAZIONI, attraverso queste il Presidente della Repubblica
chiama al Quirinale alcuni soggetti in modo tale da farsi un’idea sulla persona da nominare
come Presidente del Consiglio.
CHI CONSULTA? Per ragioni di correttezza si consultano gli ex presidenti della repubblica, i
presidenti di Camera e Senato (vuol dire che non può governare se non c’è sia alla Camera
che al Senato una maggioranza che lo sostenga) ma le consultazioni quelle più rilevanti dal
punto di vista politico sono quelle che coinvolgono i leader dei partiti; e siccome questi sono
anche in Parlamento il Presidente della Repubblica definisce un calendario di incontri grazie
ai quali dialoga con i presidenti dei gruppi parlamentari sia alla Camera che Senato.

FORMALMENTE SI RITIENE CHE LA NOMINA SIA UN ATTO FORMALMENTE


PRESIDENZIALE MA SOSTANZIALMENTE GOVERNATIVO cioè il presidente della
repubblica deve accettare la lista che gli ha sottoposto il presidente del consiglio, perché?
Perché IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON È ORGANO ESECUTIVO, NON HA
RESPONSABILITÀ DELLA POLITICA DI GOVERNO CHE GRAVA SUL GOVERNO; i
ministri collaboreranno con il presidente del consiglio e non con il presidente della
repubblica. Al tempo stesso però il presidente della Repubblica è rappresentante dell’unità
nazionale, è organo di moderazione e in qualche modo svolge anche lui funzione di garanzia
di tenuta del sistema costituzionale. Allora nella stragrande maggioranza dei casi i Presidenti
della Repubblica hanno presentato le liste dei ministri, fino all’esperienza del primo governo
Conte il Presidente della Repubblica si è opposto (si dice, sono ipotesi, sono ricostruzioni
giornalistiche verosimili) due volte di nominare certe persone come ministri in quel ministero
PER RAGIONI DI OPPORTUNITÀ.
Grazie alle CONSUETUDINI COSTITUZIONALI si sono affermate CONSULTAZIONI che
permettono al Presidente della Repubblica di scegliere la persona più indicata per formare
una maggioranza in Parlamento disposta a sostenere quel Governo e quella formula.

LEZIONE 13: Rapporto Fiduciario


Il Presidente della Repubblica svolge delle consultazioni per individuare la personalità a
cui affidare l’incarico di formazione di un nuovo governo; normalmente l’incaricato accetta
con riserva (nel senso che poi procede egli stesso alle consultazioni più ristrette e quindi
circoscritte alle forze politiche che hanno manifestato interesse a sostenere quel governo e
poi se le cose vanno bene scioglie la riserva e accetta l’incarico).

Quindi una volta che il Presidente del consiglio ha sciolto la Riserva e ha presentato una
lista dei ministri e questi sono stati nominati si arriva al giuramento grazie al quale il Governo
assume le proprie funzioni seppure non in modo completo, perché per poter svolgere in
modo completo le funzioni previste dalla Costituzione e dalle Leggi il Governo ha bisogno di
ottenere la fiducia di entrambe le Camere.
il Capo dello Stato affida ad una personalità di spicco (presidente del senato) il compito di
tentare una mediazione tra le forze politiche, infatti Il COMPITO ESSENZIALE del
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA come Capo dello Stato è quello di far funzionare le
istituzioni Repubblicane e quindi quello di trovare un governo che sia in grado di funzionare
perché sorretto da una maggioranza parlamentare.

La Costituzione dice che entro 10 giorni dalla sua formazione il governo deve presentarsi
alle Camere per ottenere la fiducia ma prima dovrà affrontare un confronto dialettico tra le
varie forze politiche
Dopo le varie discussioni, al termine del dibattito ciascuna camera vota la cosiddetta
MOZIONE DI FIDUCIA: la mozione è un tipico atto parlamentare “di fiducia” e deve essere:
● MOTIVATA, quindi deve essere sorretta da argomenti a favore di quella compagine
governativa e di quel programma;
● VOTATA PER APPELLO NOMINALE;
● OTTENERE LA MAGGIORANZA DEI PRESENTI, quindi la maggioranza semplice e
non la maggioranza assoluta.

Appello nominale cosa vuol dire? Durante le votazioni il Presidente della Camera e del
Senato procedono all’appello e ogni parlamentare chiamato dichiara il proprio voto, questo
perchè si è visto che il governo non è eletto direttamente dal popolo, il governo è nominato
dal presidente della repubblica ma deve godere della fiducia di entrambe le camere.
L’appello nominale rimette in gioco il popolo, o comunque il complesso degli elettori in
quanto attraverso l’appello nominale È POSSIBILE IDENTIFICARE LA POSIZIONE
ASSUNTA DA CIASCUN PARLAMENTARE RISPETTO A QUELLA MOZIONE DI
FIDUCIA, quindi il popolo viene reso edotto dei voti espressi da ogni singolo parlamentare in
modo tale da potersi formare un giudizio;

MAGGIORANZA SEMPLICE
Se nel quorum si tiene conto anche degli astenuti, quindi se nel calcolare la maggioranza
dei presenti si tiene conto degli astenuti questi finiscono per contare come voti contrari,
questo è quanto accade al Senato.
Alla Camera dei deputati si ritiene che gli astenuti non siano conteggiati tra i presenti in
aula e quindi la sfida è tra favorevoli e contrari, ecco perchè si deve stare molto attenti dato
che al Senato essere astenuti in aula significa votare contro quella mozione di fiducia.
Quindi ecco che il senatore che decide di astenersi, deve allontanarsi dall’aula e quindi
risultare assente anche fisicamente in occasione di quel voto.

Maggioranza semplice vuol dire che se su 630 deputati in aula ce ne sono 400, il numero
legale per votare c’è in quanto la Costituzione e i regolamenti dicono che Camera e senato
deliberano liberamente se è presente la maggioranza.
L’IMPORTANTE è RICORDARE CHE LA MOZIONE DI FIDUCIA PER PASSARE HA
BISOGNO DELLA MAGGIORANZA SEMPLICE, non della maggioranza assoluta. È chiaro
che maggiore è la maggioranza e più si è sicuri in quanto può capitare che alcuni
parlamentari siano poi assenti per vari motivi e quindi in occasione di una certa votazione
non c’è la maggioranza che sostiene il governo. Quindi l’atto iniziale di investitura del
governo è la votazione, con le modalità descritte, della mozione di fiducia sia alla Camera
che a Senato.
La fiducia è una relazione va continuamente alimentata nel corso della legislatura, quindi ci
sono rapporti di forza tra l’esecutivo e la maggioranza parlamentare in modo tale che non si
arrivi ad una crisi formale di governo; non è semplice soprattutto quando un governo è
sostenuto da una maggioranza eterogenea e quindi caratterizzata dalla compresenza di più
forze politiche che magari possono anche essere omogenee ma poi le differenze alla fine
vengono fuori.
C’è una NORMA COSTITUZIONALE IMPORTANTE CHE AFFERMA CHE IL VOTO
CONTRARIO DI UNA O ENTRAMBE LE CAMERE SU UNA PROPOSTA DEL GOVERNO
NON IMPONE L’OBBLIGO DI DIMISSIONI DEL GOVERNO STESSO: la costituzione dice
che se camera o senato votano contro la proposta di governo, il governo non deve andare
difronte al Capo dello Stato a rassegnare le dimissioni ma rimane libero di scegliere se
ricorrere alle dimissioni o no. L’OBBLIGO GIURIDICO DI DIMISSIONI NASCE QUANDO
UNA DELLE DUE CAMERE VOTA LA COSIDDETTA DI MOZIONE DI SFIDUCIA: è l’atto
parlamentare con il quale una delle due camere ritira la fiducia un tempo accordata a quel
governo, è l’atto formale di revoca della fiducia a quel governo. La mozione di sfiducia deve
essere sottoscritta da almeno 1/10 dei membri di una camera, quindi non basta un singolo
parlamentare. C’è anche un’altra regola importante codificata dai padri costituenti ossia: LA
MOZIONE DI SFIDUCIA NON PUO’ ESSERE MESSA IN DISCUSSIONE PRIMA CHE
SIANO PASSATI 3 GIORNI DALLA SUA PRESENTAZIONE. Non basta quindi la
sottoscrizione da parte di 1/10 dei membri ma devono passare tre giorni prima che venga
discussa e votata così si ha il tempo di radunare tutti e avere una votazione accurata senza
essere svolta incorrettamente per colpa della fretta (si apre una crisi di governo). PERCHE’?
Anche la mozione di sfiducia oltre a essere motivata deve essere votata per appello
nominale e soprattutto a maggioranza semplice, quindi per far cadere un governo basta la
stessa maggioranza che è prescritta per far nascere un governo.

C’è poi un terzo istituto che alimenta la relazione fiduciaria tra organo legislativo ed
esecutivo, è la cosiddetta QUESTIONE DI FIDUCIA. La questione di fiducia è l’atto che il
Governo pone su una votazione della Camera o del Senato; e alla camera o al Senato
attraverso la questione di fiducia il Governo dice “o votate in quel modo oppure, siccome
io Governo ho messo la questione di fiducia, mi dimetto”.
Secondo i regolamenti ogni emendamento deve essere discusso e votato, e ciò porta ad un
allungamento dei tempi enorme tale da mettere in difficoltà la maggioranza e lo stesso
governo. Se si abusa della questione di fiducia si dimostra che tra Governo e maggioranza
qualcosa non funziona. Se il governo continua a mettere questioni di fiducia vuol dire che il
governo non si fida della maggioranza, e questa ha dato modo al governo di credere questo.

Ricapitolando: gli istituti che alimentano il rapporto fiduciario tra Governo e ciascuna delle
due Camere sono:
● La MOZIONE DI FIDUCIA: che si pone all’inizio;
● La MOZIONE DI SFIDUCIA: che si può porre durante la legislatura ma che in
concreto fino ad oggi non ha mai funzionato;
● La QUESTIONE DI FIDUCIA: dove è il Governo che prende l’iniziativa e che espone
l’esecutivo stesso al rischio di dimettersi nel caso il voto delle camere dovesse
dimostrarsi sfavorevole.
LEZIONE 14: Responsabilità dei membri del governo
LA RESPONSABILITÀ DEI MEMBRI DEL GOVERNO PUÒ ESSERE POLITICA O
GIURIDICA. Si ha responsabilità politica quando un membro del Governo subisce
conseguenze negative sulla sua carica per ragioni di carattere politico, quindi per ragioni di
opportunità, per questioni di calcolo politico perché si ritiene che quella persona pur non
avendo commesso nessun illecito e quindi non essendosi resa responsabile di reati o illeciti
politicamente non è più adeguata a coprire quell’incarico. Si ha responsabilità giuridica, al
contrario, quando effettivamente un membro del governo ha violato una norma giuridica e si
espone al rischio di subire una sanzione, tipicamente penale ma non necessariamente

RESPONSABILITA’ POLITICA
Il Governo nel suo complesso risponde politicamente delle proprie decisioni innanzitutto nei
confronti delle due Camere.
Il Capo dello Stato non è mai politicamente responsabile dei suoi atti, la responsabilità
politica dei suoi atti viene assunta dal Governo tramite la CONTROFIRMA. Abbiamo però
parlato di responsabilità politica dell’intero Governo, quindi se va male una questione di
fiducia il presidente del Consiglio rassegna le dimissioni e con lui tutti i Ministri smettono di
esercitare tutte le funzioni (non è che si dimette il Presidente del Consiglio e rimangono i
Ministri).

I MINISTRI CHE DAL PUNTO DI VISTA POLITICO SI RIVELANO INADEGUATI, QUINDI


INCAPACI DI PRATICARE IN MANIERA POLITICAMENTE CORRETTA IL RUOLO CHE È
STATO LORO ASSEGNATO POSSONO ESSERE CACCIATI DALL’ESECUTIVO? Quindi
si pone un problema di revoca del ministro i cui atteggiamenti si rivelano incompatibili con
l’indirizzo politico seguito dal Governo stesso.
In questi casi l’ideale sarebbe che fosse il ministro a dimettersi rendendosi conto che i suoi
comportamenti lo hanno isolato dal resto del Governo e che la stessa maggioranza in
parlamento è fortemente critica nei suoi confronti e quindi decide di dimettersi; oppure si
potrebbe sperare nel suo decesso, quindi muore e si risolve il problema. Ma se non ci sono
le dimissioni o la morte prematura del Ministro come si procede?
LA COSTITUZIONE NON PREVEDE ESPRESSAMENTE UN POTERE DI REVOCA DEL
SINGOLO MINISTRO, quindi non c’è nessuna norma costituzionale che dica “il ministro può
essere revocato da…”; invece è espressamente previsto un potere di nomina del ministro
(presidente della repubblica su proposta del presidente del consiglio). La domanda che
studiosi hanno formulato è la seguente: “siamo difronte ad una lacuna costituzionale (quindi
un vuoto da colmare)

PRIMA INTERPRETAZIONE: Qualcuno ha sostenuto che il Presidente della Repubblica


così come nomina, può anche procedere alla revoca dei Ministri, quindi qualche studioso ha
sostenuto che il potere di revoca sia inscindibilmente connesso al potere di nomina. Quindi
se un organo è autorizzato dalla Costituzione a nominare a maggior ragione è autorizzato a
revocare, quindi nessuna lacuna da colmare ma bisogna solo interpretare il testo
Costituzionale e ricavarne le conseguenze logicamente necessarie. Questa tesi è stata però
minoritaria, non è stata accolta pur pregevole, non viene condivisa perché si ritiene che in
realtà anche il potere di revoca debba essere espressamente previsto dalla Costituzione.
SECONDA INTERPRETAZIONE: altri studiosi ritengono che sia il Presidente del Consiglio a
detenere il potere di revoca dei ministri, in primo luogo perché è stato lui a proporli al Capo
dello Stato e in secondo luogo perché è responsabile della politica di Governo, deve
mantenere l’unità di indirizzo, promuove e coordina l’attività dei ministri.
Anche questa tesi pur sorretta da argomentazioni serie e plausibili non è stata condivisa
perché si ritiene, si adduce con argomento formale che anche per il presidente del consiglio
ci vorrebbe un’espressa previsione da parte della Costituzione del potere di revoca.

Quindi allo stato attuale abbiamo uno scenario particolare per cui: o il ministro si dimette o
muore; il Presidente della Repubblica non può revocarlo e neanche il Presidente del
Consiglio. Quindi se un ministro non vuole dimettersi, nel nostro ordinamento è stato
introdotto in via CONSUETUDINARIA l’istituto della MOZIONE DI SFIDUCIA INDIVIDUALE:
cioè CIASCUNA CAMERA VOTANDO LA MOZIONE DI SFIDUCIA CONTRO IL SINGOLO
MINISTRO PUÒ COSTRINGERLO A RASSEGNARE LE DIMISSIONI.

RESPONSABILITA’ GIURIDICA: cosa accade se un membro del Governo è accusato di


aver commesso un reato? (reato vuol dire: illecito penale)
Il membro del governo oltre a essere ministro o presidente del consiglio è anche un
comune cittadino e quindi può capitare che la stessa penale che sia titolare di un incarico
ministeriale possa commettere un reato al di fuori delle funzioni ministeriali.
Se il membro del Governo commette un reato al di fuori delle sue funzioni viene sottoposto
allo stesso regime che riguarda qualsiasi persona;
Se invece si tratta di reato commesso durante l’esercizio delle funzioni, quindi si tratta del
cosiddetto REATO MINISTERIALE allora vi è una disciplina speciale.

PRIMA SINGOLARITA’: della disciplina speciale prevista per i reati ministeriali è chi giudica
il ministro; a giudicare il ministro è il TRIBUNALE DEI MINISTRI. Il tribunale dei ministri è un
organo giudiziario che è composto per sorteggio da tre magistrati che lavorano nel distretto
di corte d’appello nel territorio in cui si ritiene sia stato commesso il reato.

SECONDA SINGOLARITÀ: per poter processare un ministro il presidente del consiglio per
un reato ministeriale è necessaria l’autorizzazione a procedere della Camera di
appartenenza oppure del Senato se si tratta di un ministro o presidente del consiglio che
non è nè deputato né senatore. Questa autorizzazione può essere negata a maggioranza
assoluta dei membri di ciascuna Camera per le seguenti ragioni: perché il membro del
Governo ha agito per un interesse costituzionalmente rilevante o per un preminente
interesse pubblico nell’esercizio delle sue funzioni. Quindi per un reato ministeriale si può
sottoporre a processo il singolo ministro o il presidente del consiglio solo se ha ottenuto
l’autorizzazione a procedere della Camera o del Senato a seconda dei casi;
AUTORIZZAZIONE CHE PUÒ ESSERE NEGATA A MAGGIORANZA ASSOLUTA (50%
+1) DEI MEMBRI DELLA CAMERA INTERESSATA QUANDO LA CAMERA DICHIARA
CHE QUEL MEMBRO ABBIA AGITO PER UN INTERESSE COSTITUZIONALMENTE
RILEVANTE O PER UN PREMINENTE INTERESSE PUBBLICO NELL’ESERCIZIO DELLE
SUE FUNZIONI. Questa è una GARANZIA notevole perchè la Camera di appartenenza può
inibire l’esercizio dell’azione penale nei confronti del membro del Governo anche se
accusato di aver commesso un reato, per le ragioni previste dalla legge.
CHI DECIDE SE UN REATO È MINISTERIALE OPPURE NO
Questa legge prevede che tutti i processi penali a carico delle massime cariche dello Stato:
Presidente della Repubblica, Presidente della Camera, Presidente del Senato, Presidente
del Consiglio dei ministri, Presidente della Corte Costituzionale vanno sospesi fin tanto che
dura la permanenza in carica. L’idea è che siccome si tratta di personalità che ricoprono
incarichi strategici a livello istituzionale e un processo penale potrebbe avere ripercussioni
negative su queste persone, allora in virtù di un ragionevole bilanciamento si introduce
questa garanzia della sospensione del processo, ciò non vuol dire che queste persone
non possono essere giudicate ed eventualmente condannate ma significa che finchè
rimangono in carica non possono essere poste in essere attività processuali, quindi il
processo viene congelato per poi riprendere quando quella persona avrà smesso. Quindi il
termine di prescrizione viene interrotto e riprenderà a decorrere quando ricomincerà il
processo, la prescrizione è quell’istituto che permette ad un imputato di essere assolto
quando entro un certo numero di anni non si arriva di una sentenza definitiva di condanna.

QUINDI IL LEGITTIMO IMPEDIMENTO È UN ISTITUTO PREVISTO DAL CODICE DI


PROCEDURA PENALE e che vale per tutti gli imputati, non solo per i membri del governo
ma la cosa importante è che il codice di procedura penale lascia al giudice una piena
discrezionalità nel valutare se quello è davvero un legittimo impedimento o se è una scusa
per rallentare il processo. Il parlamento nel 2010 introdusse una disciplina speciale per i
membri del Governo dicendo: “se il presidente del Consiglio dice che c’è legittimo
impedimento il giudice deve prenderne atto e rinviare l’udienza”; cosa accade normalmente
nei processi penali che il giudice e le parti più o meno si mettono d’accordo per decidere il
calendario delle udienze. c’è un certo negoziato tra le parti per trovare i giorni giusti per
poter svolgere questa attività processuale.

Cosa può accadere secondo la legge del legittimo impedimento? Che se l’imputato è il
presidente del consiglio dice “mi spiace ma io quel giorno ho un’importante riunione e
Bruxelles con il mio partito…” e quindi adduco legittimo impedimento il giudice per quella
legge deve per forza rinviare l’udienza. La legge sul legittimo impedimento prevede si la
sospensione del termine di prescrizione però più è lungo un processo e più si diluisce
l’attenzione pubblica e meno pesante è la posizione processuale dell’imputato.

Sentenza 23 del 2011 la Corte Costituzionale dichiara l’incostituzionalità anche della legge
sul legittimo impedimento per una serie di ragioni, la principale per cui sottrae
all’apprezzamento discrezionalità del giudice la sussistenza o meno del legittimo
impedimento.; sbilanciando la posizione dell’imputato che è anche membro del governo.
LEZIONE 15: L’attività Normativa del Governo
All’interno del Governo, i ministri con portafoglio hanno un vertice politico e da quella
posizione sovraintende al corretto funzionamento dei vari apparati ministeriali attraverso un
corpo amministrativo composito che è strutturato secondo un’impostazione quasi gerarchica,
anche se non del tutto dove ci sono dei direttori generali, dirigenti, funzionari….
Quindi in questa posizione il ministro, coadiuvato da sottosegretari impartisce direttive,
adotta una serie di atti per far funzionare la macchina amministrativa e poi tutti insieme nel
Consiglio dei Ministri i singoli ministri adottano una serie di atti e provvedimenti che mirano
a far funzionare la complessa macchina burocratica che è lo Stato; il governo è protagonista
della Manovra di Bilancio e quindi è l’organo a cui la costituzione attribuisce il compito di
redigere ogni anno il bilancio preventivo, compilare il rendiconto consuntivo per poi passare
al Parlamento per la conseguente approvazione con legge. Il governo poi compie anche una
serie di atti di nomina che riguardano le strutture apicali dei vari enti partecipati allo Stato

Questi compiti per ora mettiamoli da parte e occupiamoci dell’attività normativa del governo,
ossia di quel complesso di atti e decisioni attraverso i quali il Governo riesce a produrre
norme giuridiche costitutive dell’ordinamento; il che può sembrare un’anomalia perché
secondo il principio della separazione dei poteri le norme giuridiche dovrebbero essere
protette solo dal potere legislativo mentre al potere esecutivo dovrebbe spettare soltanto la
cura concreta degli interessi generali attraverso l’applicazione del diritto oggettivo a casi
concreti, quindi il potere esecutivo secondo il principio della separazione dei poteri
dovrebbe occuparsi soltanto di attività amministrativa come cura concreta di interessi
generali. Come però si è anticipato però nella nostra forma di governo parlamentare il
principio della separazione dei poteri è stato introdotto in modo TENDENZIALE, nel senso
che esso è la regola che subisce una serie di eccezioni; quindi il nostro ordinamento
attribuisce anche al governo il potere di costituire norme giuridiche che confluiscono nel
diritto oggetti, quindi diritto positivo vigente nel nostro Stato. Tipicamente il potere esecutivo
è chiamato a produrre norme giuridiche di rango secondario, quindi l’atto normativo per
antonomasia del potere esecutivo è il REGOLAMENTO DEL GOVERNO.
Questo perché, mente la fonte primaria è caratterizzata da un rilevante tasso di
democraticità nel senso che la fonte primaria garantisce sempre un confronto dialettico tra
maggioranza e opposizione, il regolamento invece è adottato esclusivamente dal Governo
(espressione della sola maggioranza e l’opposizione non partecipa mai al procedimento di
formazione del regolamento) e perciò il suo contenuto è sempre frutto di un processo
decisionale che vede esclusa l’opposizione e per questa ragione presentando un tasso di
democraticità inferiore rispetto alla Legge viene collocato tra le fonti secondarie.
Normalmente il regolamento serve a regolare gli aspetti più capillari e più minuti delle varie
discipline, inoltre è uno strumento snello di produzione normativa, nel senso che anche dal
punto di vista della tempistica richiede un minor dispendio di energie rispetto alle fonti
primarie.
La nostra Costituzione, più precisamente, accanto alla Legge del Parlamento prevede due
fonti primarie del diritto che sono invece poste in essere dal governo (decreto legislativo e
decreto legge). Questo è una spetto particolarmente singolare perché attribuire la funzione
legislativa al potere esecutivo, che è espressione della maggioranza potrebbe in qualche
modo mettere in crisi il principio democratico che è uno dei principi supremi del nostro
ordinamento; questo perché il potere legislativo è la capacità di produrre norme giuridiche
immediatamente ed esclusivamente subordinate alla Costituzione.
Si ha una Costituzione quindi che mira a garantire la stabilità al nostro ordinamento,
fissa una serie di principi fondamentali intorno ai quali si è aggregato il consenso della
stragrande maggioranza degli attori politici presenti in assemblea costituente, permettendo
di regolare i loro rapporti.
Quindi la Costituzione resta ferma, salvo la possibilità di essere modificata tramite la
procedura aggravata, però poi la concreta vita politica si alimenta attraverso la vitalità delle
istituzioni (parlamentari e governative), attraverso quindi una serie di decisioni che gli attori
politici assumono all’interno degli organi in cui sono incardinati.
PRECISAZIONE IMPORTANTE: la nostra Costituzione non vincola politicamente le scelte
delle maggioranze parlamentari, non ci sono vincoli/indirizzi politici in senso proprio, cioè
non abbiamo una Costituzione liberista che impone di adottare esclusivamente leggi
favorevoli al mercato, ma che definisce una tavola di valori, una serie di principi che
riflettono le concezioni ideali di una società condivisa dalla stragrande maggioranza della
comunità stessa, ma poi lascia aperte diverse soluzioni all’attuazione di questi principi.

La POLITICA NON è PARTITI CHE LITIGANO TRA DI LORO per una poltrona piuttosto
che un un’altra, la politica non è difesa ad oltranza di posizioni di privilegio per ottenere certi
risultati ma la POLITICA E’ ASSUMERE DELLE DECISIONI, OPERANDO DELLE SCELTE
SECONDO CERTI VALORI CHE IO MI OSTINO A DEFINIRE VALORI IDEOLOGICI; se è
vero che oggi è diffuso il convincimento che le ideologie non ci siano più, che la differenza
tra destra e sinistra si considera superata il professore resta fermamente convinto invece
che ci sia un pensiero liberale, un indirizzo liberale, un pensiero social democratico, un
pensiero conservatore, ci siano ideali comunisti, una visione sovranista… il professore
ritiene che i valori ideali ci siano, che poi non siano più la destra e la sinistra degli anni ’70
può essere vero però è in dubbio che ci siano ancora questi valori a guidare i vari attori
politici.
FARE POLITICA È PRENDERE DECISIONI COERENTEMENTE CON UN DISEGNO
POLITICO. La Costituzione permette di fare queste scelte politiche soprattutto attraverso la
Legge, è la Legge l’atto politico per eccellenza che consente ad una maggioranza di
realizzare il proprio programma politico, con il quale si è presentato alle elezioni, in vista di
certi obiettivi.
Quindi il potere legislativo ha un ruolo centrale all’interno di un sistema democratico in
quanto consente alle forze politiche che hanno vinto democraticamente le elezioni di attuare
i principi costituzionali secondo una propria visione politica
Questa è DEMOCRAZIA: CONFRONTO TRA POSIZIONI POLITICHE, confronto tra
ideologie. Fare una scelta giusta o sbagliata, non dipende dal buonsenso ma dall’ideale che
si intende perseguire, ma ideologie non troppo rigide ma al tempo stesso qualificanti l’azione
politica dei vari soggetti, e la legge è lo strumento politico che permette alle forze politiche di
perseguire questi valori politici. Ecco perché il potere legislativo è così importante ed ecco
perché il potere legislativo è di regola attribuito al PARLAMENTO IL QUALE È LA SEDE
PIÙ CONGENIALE IN UN SISTEMA DEMOCRATICO PER L’ESERCIZIO DELLA
FUNZIONA LEGISLATIVA, PERCHÉ IL PARLAMENTO È IL LUOGO DEL CONFRONTO
DIALETTICO TRA FORZE POLITICHE, è il luogo dove i rappresentati democraticamente
eletti compiono le loro scelte politiche confrontandosi non solo all’interno della stessa
maggioranza ma anche attraverso il confronto con l’opposizione che può immettere elementi
critici per poter influenzare l’opinione pubblica nel giudizio da formulare nei confronti di
quella maggioranza che sta governando in virtù di un mandato elettorale.
LA LEGGE È LO STRUMENTO PRIVILEGIATO DI ATTUAZIONE DEI PRINCIPI
COSTITUZIONALI ATTRIBUITO AD UN PARLAMENTO, LUOGO DELLA
RAPPRESENTANZA POLITICA CHE È IL CONTESTO DOVE SI CONFRONTANO
DIALETTICAMENTE MAGGIORANZA E OPPOSIZIONE IN PIENO SPIRITO
DEMOCRATICO. Ecco perché in un modello basato sulla separazione dei poteri la funzione
legislativa è attribuita al parlamento. Capiamo che quando la Costituzione, come la nostra
ma anche altre, introduce delle eccezioni al monopolio parlamentare della funzione
legislativa allora sorge il sospetto che ci sia qualcosa che non va dal punto di vista della
democrazia, e ciò lo rende ancora più evidente se si pensa che decreti legge e decreti
legislativi sono collocati sullo stesso piano della legge ordinaria del parlamento. Il governo,
organo esecutivo, esponenziale della sola maggioranza è autorizzato dalla Costituzione a
porre in essere fonti primarie subordinate alla sola costituzione e di pari grado della legge
ordinaria, apparentemente c’è qualcosa che non va perché ci si chiede dove si trova la
democrazia nei decreti legge e decreti legislativi se questi sono atti adottati su decisione
esclusivamente della maggioranza. Apparentemente queste due fonti primarie del diritto
sembrerebbero disattendere il potere democratico, alterando la struttura democratica delle
nostre istituzioni. Si vedrà che in realtà il principio democratico è rispettato sia nel decreto
legislativo che nel decreto legge sia pure in un modo diverso rispetto a come il principio
democratico si manifesta attraverso la legge ordinaria del parlamento.
Perché il decreto legge e il decreto legislativo sono fonti primarie del diritto benché siano atti
decisi esclusivamente del Governo attraverso decisioni del Consiglio dei Ministri?

DECRETO LEGISLATIVO: è previsto dall’artico 76 della Costituzione. Il Parlamento con una


Legge DELEGA AL GOVERNO L’ESERCIZIO DELLA FUNZIONE LEGISLATIVA, e questo
esercizio si svolge attraverso uno o più decreti legislativi. Quindi l’articolo 76 prevede un
rapporto tra una legge delega del parlamento e un decreto legislativo del governo, senza la
legge delega del parlamento il governo non può procedere con il decreto legislativo. La
legge delega viene prima del decreto legislativo.
IN CHE COSA CONSISTE QUESTA DELEGA LEGISLATIVA CHE IL PARLAMENTO FA
CON LEGGE? C’è bisogno di una legge perché oggetto della delega è una funzione
legislativa, quindi non basta una lettera del presidente della Camera che dice “caro Governo
sei delegato a fare decreti legislativi”, non basta una mozione, non basta una risoluzione…
ci vuole una LEGGE DELEGA.
Quindi si ha un procedimento legislativo che culmina con una legge con la quale di delega
qualcosa al governo. Normalmente l’iniziativa legislativa è dello stesso governo, cioè il
governo fa un disegno di legge delega al parlamento perché anziché aspettare che il
parlamento dica “governo fai tu” è il governo che dice ci terrei io a intervenire con un atto
avente forza di legge su questa materia e trasmette al parlamento un disegno di legge
delega e poi in parlamento si discute tale disegno che potrebbe essere cestinato o stravolto
in maniera profonda. Un altro aspetto importante che occorre comprendere per capire cosa
sia la delega legislativa è il seguente: IL PARLAMENTO CON LA LEGGE DELEGA
RINUNCIA TEMPORANEAMENTE ALL’ESERCIZIO DELLA FUNZIONE LEGISLATIVA,
MENTRE RIMANE TITOLARE DELLA STESSA. Il Parlamento resta comunque titolare
della funzione ma l’esercizio della stessa viene devoluto ad un altro organo, il governo;
quindi l’istituto della delega legislativa comporta una DISSOCIAZIONE TRA TITOLARITA’
ED ESERCIZIO, quindi tra la dimensione formale e la dimensione dinamica.
Il parlamento è sempre titolare della funzione legislativa e quando fa le leggi vuol dire che
esercita anche quella funzione legislativa, quindi quando siamo difronte ad una legge
ordinaria del parlamento non vi è una dissociazione.
Con la Legge Delega il parlamento non conferisce l’esercizio del potere legislativo al
Governo senza alcuna delimitazione, infatti l’articolo 76 definisce il contenuto necessario
della Legge delega, cioè ciò che la legge delega deve sempre prevedere ai fini del legittimo
esercizio di questo potere:
● Il parlamento fissa i PRINCIPI E I CRITERI DIRETTIVI: STABILISCONO gli
OBIETTIVI da raggiungere, definiscono quelli che oggi vengono detti i paletti di una
determinata disciplina, ma senza dettagliare troppo perché se il parlamento andasse
oltre i principi e i criteri direttivi il governo sarebbe un mero esecutore della volontà
legislativa del parlamento, e quindi non avrebbe senso ricorrere alla delega
legislativa. Quindi questi criteri e principi direttivi sono sufficientemente precisi da
impedire una delega in bianco, ma al tempo stesso sono sufficientemente elastici e
vaghi così da permettere al Governo un margine sufficiente di apprezzamento nel
definire poi le NORME CHE SVILUPPANO I PRINCIPI. Un giudice di regola non
applica il principio per risolvere la controversia, ciò che il giudice applica sono norme
che attuano quei principi.
● Il parlamento deve DELIMITARE L’OGGETTO: Essere dettagliati nella nuova legge
che va a crearsi, altrimenti si crea confusione.
● Fissazione di un TERMINE: anche l’articolo 76 stabilisce che necessariamente il
Parlamento definisca un termine tassativo entro il quale il governo deve adottare uno
o più decreti legislativi; la Costituzione non ci dice quanto deve essere lungo questo
termine in quanto dipende dal tipo di intervento.
Quindi il parlamento sa che se vuole delegare l’esercizio della funzione legislativa deve farlo
attraverso una legge delega che rispetti questo contenuto necessario: principi e criteri
direttivi, oggetto e termine.

IL GOVERNO SI AVVALE DI UN APPARATO BUROCRATICO CHE È CARATTERIZZATO


DALLA PRESENZA DI UFFICI CHE HANNO COMPETENZE TECNICHE E
SPECIALISTICHE IN QUELLA MATERIA, cioè in quella materia fa a capo il ministero.
Quindi un apparato tecnico molto più ricco rispetto all’apparato che sostiene il Parlamento
nell’esercizio della funzione legislativa; senza trascurare il fatto che il governo spesso si
avvale di COMMISSIONI composte da esperti e che possono garantire un risultato
eccellente. C’è poi un’altra spiegazione: noi spesso abbiamo sentito parlare della “Riforma
Fornero”, riforma in materia di pensioni che è stata vista come una riforma particolarmente
rigorosa, restrittiva, lo Stato italiano ha dovuto attuare una serie di riforme volte al
contenimento della spesa pubblica.

Quindi QUANDO IL PARLAMENTO NON VUOLE ASSUMERSI LA RESPONSABILITÀ


POLITICA DI SCELTE NORMATIVE CHE POTREBBERO VEROSIMILMENTE
MANIFESTARSI IMPOPOLARE DELEGA IL POTERE AL GOVERNO, quindi la
maggioranza parlamentare (che spesso è una maggioranza composita ed eterogenea)
preferisce lasciare la potestà di definire la nuova disciplina al Governo che se ne assume la
responsabilità.
LEGGE DELEGA E DECRETO LEGISLATIVO CHE POSIZIONE OCCUPANO NEL
SISTEMA DELLE FONTI? La legge delega è una fonte primaria ma anche il decreto
legislativo è una fonte primaria (atto avente forza di legge), quindi sono fonti del diritto pari
ordinate, stanno sullo stesso gradino. Trattandosi di ANTINOMIA ORIZZONTALE dovrebbe
trovare applicazione il CRITERIO CRONOLOGICO e cronologicamente viene prima la legge
delega, perché senza la legge delega non può esserci un decreto legislativo. Quindi
DOVREBBE PREVALERE IL DECRETO LEGISLATIVO.
Una soluzione di questo tipo però non è accettabile perché se fosse così non avrebbe senso
per il Parlamento definire principi e criteri direttivi. Quindi non può essere questa la
soluzione. L’eccezione al criterio cronologico è il CRITERIO DELLA SEPARAZIONE DELLE
COMPETENZE, questa antinomia potrebbe essere risolta applicando questo criterio
dicendo che “la Costituzione riserve in via esclusiva al Parlamento l’enunciazione dei principi
e dei criteri direttivi”. Quindi quando un governo con il decreto legislativo trasgredisce quei
principi sta violando una riserva che la Costituzione ha posto a favore di una fonte qualificata
(la legge delega). Quindi si applica il criterio di separazione delle competenze e non quello
cronologico. Questa potrebbe essere una soluzione ragionevole ma LA CORTE
COSTITUZIONALE NON È D’ACCORDO CON QUESTO RAGIONAMENTO. PERCHE’?
Il criterio di separazione delle competenze può essere applicato da QUALSIASI GIUDICE,
qualsiasi giudice potrebbe disapplicare il decreto legislativo in contrasto con la legge delega;
il problema di questa soluzione è che essendo il principio e criterio direttivo un po’ vasto e
vago c’è il rischio che i giudici nei vari territori italiani possano avere idee diverse sul
rapporto tra quel principio e quella norma che si contesta. Tutto ciò alimenterebbe una forte
incertezza del diritto, per cui le stesse identiche controversie verrebbero risolte in modo
antitetico di tribunale in tribunale; certo poi si arriva in Cassazione che il giudice di legittimità
ma non è detto che le sezioni della cassazione intrepretino allo stesso modo queste
antinomie arrivando alle stesse risposte. QUINDI LA CORTE COSTITUZIONALE HA
RIVENDICATO IL GIUDIZIO SUL DECRETO LEGISLATIVO IN CONTRASTO CON LA
LEGGE DELEGA DICENDO CHE IN REALTÀ A QUESTA ANTINOMIA SI APPLICA IL
CRITERIO GERARCHICO. PER QUALE MOTIVO? L’articolo 76 della Costituzione che
afferma che il Parlamento può delegare l’esercizio della funzione legislativa fissando principi
e criteri direttivi, oggetto e termine. Quindi il ragionamento della Corte Costituzionale è il
seguente: QUANDO IL DECRETO LEGISLATIVO NON RISPETTA LA LEGGE DELEGA,
IN REALTÀ IL DECRETO LEGISLATIVO STA VIOLANDO L’ARTICOLO 76 DELLA
COSTITUZIONE, ossia quell’articolo che impone alla legge delega di sancire principi
vincolanti per il governo. Quindi l’antinomia diventa verticale: il decreto legislativo viola
l’articolo 76 della Costituzione attraverso l’inosservanza della legge delega: quindi la LEGGE
DELEGA SI PONE COME PARAMETRO INTERPOSTO tra l’articolo 76 e il decreto
legislativo.

PERCHE’ ANCHE IL DECRETO LEGISLATIVO E’ COLLOCATO TRA LE FONTI


PRIMARIE? La legge delega legislativa lo fa solo il governo con una deliberazione del
consiglio dei ministri e quindi sono solo esponenti della maggioranza che scrivono il testo del
decreto legislativo ma è anche vero che senza la legge delega il governo non può fare
decreti legislativi, e la legge delega è una legge ordinaria del parlamento, è una legge che
nasce da un confronto tra maggioranza e opposizione.
DECRETO LEGGE (articolo 77 della costituzione) “In casi straordinari di necessità e
urgenza il Governo può, assumendosene la responsabilità, adottare provvedimenti
provvisori con forza di Legge”. Non si parla di decreto-legge nell’articolo 77 ma di
provvedimenti provvisori con forza di legge. Ciò che rileva innanzitutto dalla lettura
dell’articolo 77 è la premessa, il requisito che deve essere soddisfatto affinchè il Governo
possa fare un decreto-legge e sono i CASI STRAORDINARI DI NECESSITA’ E URGENZA.
Cioè casi in cui è necessario intervenire perché c’è l’urgenza di provvedere, perché siamo
davanti ad una situazione straordinaria. La Costituzione non ci dice cosa sia un caso
straordinario di necessità e urgenza, perché nonostante la grande fantasia un legislatore
riuscirebbe a identificare tutte le situazioni reali che possono essere qualificate come casi
eccezionali di necessità e urgenza.
A differenza della legge normale, che servono mesi per seguire tutti i passi, con il
Decreto-legge ci vuole pochissimo tempo. Il testo passa al presidente della repubblica che fa
un controllo sommario di costituzionalità, lo firma, va Gazzetta ufficiale il giorno dopo la
pubblicazione il Decreto-legge entra in vigore, ma ha anche i vantaggi di un atto normativo
snello e rapido, di pronta approvazione ed esecuzione.
Per garantire il rispristino del principio della separazione dei poteri la Costituzione diche che
il DECRETO LEGGE ENTRA SUBITO IN VIGORE MA DEVE ESSERE CONVERTITO IN
LEGGE ENTRO 60 GIORNI e ha la precedenza rispetto alle altre proposte. Ecco perché è
un provvedimento provvisorio, perché se entro 60 giorni non viene convertito in Legge il
Decreto-legge perde efficacia sin dall’inizio, viene travolto retroattivamente come se non ci
fosse mai stato.

LEZIONE 16: L’attività Normativa del Governo


L’esperienza repubblicana ha messo in evidenza alcune PATOLOGIE, ossia alcune
situazioni di deviazione dal dettato costituzionale e quindi violazione vera e propria della
Costituzione formale. Queste patologie hanno visto come protagonisti non solo il governo
ma anche del Parlamento.

PRIMA PATOLOGIA - REITERAZIONE DEI DECRETI LEGGE: Reiterare vuol dire ripetere
uno stesso atto più volte nel tempo. IL GOVERNO REITERA QUEL DECRETO LEGGE PER
DISCIPLINARE QUEI RAPPORTI, RIBADENDO LE PROPRIE SCELTE NONOSTANTE LA
CHIARA EVIDENTE POSIZIONE DI CHIUSURA DEL PARLAMENTO.

SECONDA PATOLOGIA - MANCANZA PALESE DEI PRESUPPOSTI: il decreto legge deve


nascere solo in caso di urgenza ma “CHI STABILISCE CHE UNA SITUAZIONE SI POSSA
QUALIFICARE COME CASO STRAORDINARIO DI NECESSITÀ E URGENZA?” in prima
battuta il GOVERNO stesso, il governo sotto la propria responsabilità approva un
decreto-legge e nel preambolo dice “siccome si è verificata questa situazione occorre
intervenire con il seguente decreto legge”.
Un altro organo che potrebbe in qualche modo contraddire la scelta del governo è il
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, per non può entrare troppo in profondità
nell’accertare questi casi, in quanto l’accertamento dei casi straordinari di necessità e
urgenza è un accertamento fondamentalmente politico, fatto responsabilmente dal Governo.
Difronte quindi ad una valutazione politica del Governo, della quale il Governo stesso si
assume responsabilità il Presidente della Repubblica. Il terzo organo che potrebbe smentire
la scelta del governo è il PARLAMENTO.
Il parlamento infatti prima di convertire un decreto-legge dovrebbe fare un ragionamento
preliminare chiedendosi se c’era il caso straordinario tale per cui è accettabile questa
violazione del principio della separazione dei poteri; se non c’è il parlamento vota contro la
conversione oppure lascia passare i 60 giorni senza votare, ma esso può andare contro e
rendere il decreto incostituzionale solo per la mancanza di presupposti

TERZA PATOLOGIA - EMENDAMENTI ECCENTRICI: Il parlamento è chiamato a


convertire in legge il decreto-legge, ma potrebbe anche non farlo. La costituzione non pone
un’alternativa secca “conversione sì o conversione no” ma lascia al parlamento la pienezza
del proprio potere legislativo, ciò significa che il parlamento in sede di conversione può
apportare delle modifiche al decreto-legge, queste modifiche vengono chiamate
emendamenti. La legge di conversione non è una legge meramente formale difronte alla
quale il parlamento ha un aut-aut ma può intervenire per migliorare, precisare sul testo
deliberato e approvato dal governo.

C’è però un problema: QUALI EMENDAMENTI SONO COSTUTUZIONALMENTE


AMMISSIBILI? QUALI MODIFICHE IL PARLAMENTO PUO’ APPORTARE AL DECRETO
LEGGE SENZA SNATURARE I RAPPORTI DEL DECRETO LEGGE-LEGGE DI
CONVERSIONE? Questa domanda è stata posta perchè se ricordiamo il disegno di legge di
conversione del decreto-legge gode di una corsia preferenziale, quindi ha la precedenza
rispetto a tutte le altre proposte di legge in discussione e c’è un dimezzamento quindi dei
tempi e tutto questo è disciplinato dai regolamenti parlamentari per aumentare le chance di
arrivare alla conversione entro i 60 giorni. COSA ACCADE NORMALMENE? Una metafora:
si dice che il decreto-legge entra nella stazione del parlamento con un locomotore e una
carrozza ed esce dalla stazione del parlamento con un locomotore e dieci carrozze.

LEZIONE 17
L’attività normativa del Governo non si risolve soltanto nell’applicazione di Decreto-legge e
Decreti Legislativi; la tipica attività normativa del governo è quella che si sostanzia nella
produzione di regolamenti. I REGOLAMENTI GOVERNATIVI sono fonti SECONDARIE del
diritto, perché il tasso di democraticità è relativamente basso dal momento che questi
regolamenti sono deliberati dal consiglio dei ministri e questo a sua volta è espressione della
sola maggioranza. Anche per quanto riguarda il tasso di stabilità i regolamenti governativi
sono strumenti snelli, rapidi di normazione perché vengono fatti in un arco di tempo limitato,
possono essere modificati anche in maniera rapida e quindi permettono al governo di
intervenire tempestivamente per affrontare situazioni che richiedono appunto una disciplina
regolamentare differente rispetto al passato.

I REGOLAMENTI DEL GOVERNO SONO ATTI FORMALMENTE AMMINISTRATIVI E


SOSTANZIALMENTE NORMATIVO: è espressione di un potere amministrativo, nel senso
che dal punto di vista formale /procedurale il regolamento è espressione di una funzione
amministrativa e quindi viene adottato secondo un procedimento amministrativo.
Sostanzialmente è normativo perché il suo contenuto è rappresentato da norme giuridiche
generali e astratte. Questa precisazione sulla distinzione tra forma e sostanza è importante
perché i regolamenti sono sottoposti al giudizio dei GIUDICI COMUNI, quindi un
regolamento può essere giudicato da un qualsiasi giudice ma può essere anche giudicato da
un giudice amministrativo
ESSERE GIUDICATO vuol dire che nel corso del processo un regolamento può rivelarsi in
contrasto con la Fonte primaria, ci potrebbe essere un’antinomia rispetto alla fonte primaria
e trattandosi di antinomia verticale questa dovrebbe essere risolta applicando il criterio
gerarchico. Si è visto che il criterio gerarchico tra fonti primarie e fonti secondarie prende il
nome di PRINCIPIO DI LEGALITA’, quindi i giudici comuni diversi, dalla corte costituzionale,
sono i custodi del principio di legalità. Per cui se in un giudizio ordinario un regolamento
governativo si rivela illegittimo perché in contrasto con la fonte primaria, IL GIUDICE
ORDINARIO POTRÀ DISAPPLICARLO e quindi non farne applicazione nel processo. Se in
un GIUDIZIO AMMINISTRATIVO il giudice accerta che quel regolamento è illegittimo allora
POTRÀ ANNULLARLO.

DISAPPLICAZIONE vuol dire che il regolamento rimane, ma non può trovare applicazione
nel processo e quindi non può produrre i suoi effetti tipici. L’annullamento comporta invece
la rimozione definitiva di quell’atto dall’ordinamento giuridico.
PRINCIPIO DI LEGALITA’: rapporto tra fonti primarie e fonti secondarie. Questo è un
aspetto molto IMPORTANTE, quando si deve chiarire in maniera molto precisa cosa sia
davvero il rapporto con le fonti primarie (legge del parlamento, decreti-legge e decreti
legislativi). Il regolamento deve rispettare le fonti primarie altrimenti subisce la sanzione
appena indicata; come è strutturato questo rapporto tra la fonte primaria e il regolamento? È
strutturato secondo l’istituto della RISERVA DI LEGGE: la Costituzione stabilisce che
determinate materie/situazioni/rapporti siano regolati dalla Legge. Queste riserve di legge si
trovano nella Costituzione e le individuiamo tutte le volte che la Costituzione contiene
espressioni del dito “nel casi e nei modi previsti dalla Legge…”; “secondo la Legge…” “nei
casi previsti dalla Legge…”. La Costituzione quindi ha deciso che alcuni rapporti debbano
per forza regolati dalla fonte primaria perché si tratta di materie/ambiti costituzionalmente
sensibili, e quindi così importanti da richiedere una regolamentazione che provenga da
quelle fonti primarie che come si è detto più volte garantisce il confronto dialettico tra
maggioranza e opposizione.
Le riserve di legge sono sostanzialmente di due tipi:
● RISERVE ASSOLUTE: è tipica della tutela costituzionale dei diritti fondamentali.
L’articolo 13 dice che la libertà personale può essere limitata nei soli casi e modi
previsti dalla legge; l’articolo 14 sulla libertà di domicilio si riferisce alla libertà
personale così anche le altre disposizioni in materia di diritti fondamentali fanno
riferimento più o meno esplicito ad una riserva assoluta di legge. (custodia
cautelare significa che una persona viene materialmente condotta in un carcere,
viene rinchiusa in una cella e non può avere contatti con l’esterno benché nessun
giudice ne abbia ancora accertato la responsabilità penale in via definitiva)
I Gravi indizi di colpevolezza NON SONO PROVE, le prove secondo il nostro
processo si formano nel dibattimento/ nel contradditorio tra difesa e accusa; prima
del processo ci sono degli indizi che sono elementi di fatto che se presentano
determinate caratteristiche, anche combinandosi tra loro, possono formare una prova
nel processo. Gli indizi possono essere lievi (sospetto fragile); oppure possono
essere gravi e quindi tali da lasciar immaginare che nel processo il pubblico ministero
riuscirà a provare la responsabilità penale dell’imputato.
Quindi riserva di legge significa che tutte le limitazioni alla libertà personale possono
avvenire nei soli casi e modi stabiliti da una legge primaria che dice al pubblico
ministero, alla forza di polizia se quando e come una persona possa subire questi
provvedimenti; questo è un elemento di GARANZIA tipico dello Stato liberale
● RISERVA RELATIVA DI LEGGE: le prestazioni patrimoniali o personali previste
dall’articolo 23 della Costituzione. La tassa è la tipica prestazione patrimoniale che
grava su una persona la quale deve attingere al proprio patrimonio e rinunciare ad
una parte di esso a favore dello Stato. La riserva di legge prevista dall’articolo 23
viene considerata come un RISERVA REGLATIVA di legge. Quindi c’è sempre
bisogno di una fonte primaria ma non con tutte quelle garanzie che caratterizzano la
riserva assoluta.

NORMA DI PRINCIPIO → NORME DI ATTUAZIONE → NORME DI ESECUZIONE

LE NORME DI PRINCIPIO: sono le norme che fissano le linee generali della disciplina, gli
obiettivi da raggiungere, le direttive, però non possono applicarsi direttamente ai casi
concreti per la loro vaghezza e c’è bisogno delle NORME DI ATTUAZIONE. Le norme di
attuazione SVILUPPANO le norme di principio: scegliere tra le varie possibilità di attuazione
del principio quella che si predilige. Essa stabilisce quale modalità di inveramento di
attuazione del principio va preferita.
In ultimo si hanno le NORME DI ESECUZIONE le quali sono norme che disciplinano gli
aspetti più particolari di quella materia, cioè come si compilano i moduli per una richiesta,
quali sono i precisi passaggi procedurali in un iter burocratico, quale è l’ufficio esattamente
competente…

Si hanno quindi tre diversi gradi di regolamentazione: una regolamentazione generica


(norme di principio); una regolamentazione di dettaglio (norme di attuazione); una
regolamentazione specifica (norme di esecuzione). Tutti e tre insieme combinati formano
la disciplina di una certa materia. Questo schema è importante perché ci permette di capire
quale è lo spazio per le fonti primarie e le fonti secondarie a seconda che ci sia una riserva
assoluta o una riserva relativa. Si ha una RISERVA ASSOLUTA DI LEGGE quando LA
FONTE PRIMARIA deve sempre necessariamente stabilire sia le NORME DI PRINCIPIO
SIA LE NORME DI ATTUAZIONE, le norme di esecuzione volendo possono essere stabilite
dal governo attraverso fonti secondarie. Questo vuol dire che la fonte primaria potrebbe
stabilire tutte e tre le norme anche, ma ciò che la Costituzione richiede è l’intervento minimo
imposto dalla fonte primaria che si risolve nelle norme di principio e nelle norme di
attuazione.

Si ha RISERVA RELATIVA DI LEGGE QUANDO SOLTANTO LE NORME DI PRINCIPIO


DEVONO PER FORZA ESSERE STABILITE DA UNA FONTE PRIMARIA; quindi nelle
materie coperte da riserva relativa di legge le fonti secondarie possono essere autorizzate
dalla legge a dettare sia le norme di attuazione che le norme di esecuzione. Anche in questo
caso quindi la fonte primaria potrebbe dettare tutte e tre le norme ma ciò che la Costituzione
impone è l’intervento minimo della fonte primaria con le norme di principio.

TEMA DELLA DELEGIFICAZIONE: delegificare letteralmente significa “eliminare legge”,


cioè togliere leggi dalla disciplina di una determinata materia. Da molti anni l’ordinamento
italiano è accusato di ipertrofia legislativa: Queste troppe fonti primarie appesantiscono il
ruolo del Parlamento, del Governo ma anche dei consigli regionali che producono leggi
regionali. Mentre un parlamento dovrebbe essere la sede delle decisioni più importanti e
pregnanti dal punto di vista politico spesso abbiamo un parlamento che si occupa
dell’estremo dettaglio.
Una soluzione per contenere questo fenomeno dell’IPERTROFIA LEGISLATIVA è
rappresentata dalla DELEGIFICAZIONE, si interviene e si tagliano delle leggi. Quando si
decide di togliere il diritto da una materia si parla di DEREGULATION: uno strumento di
deflazione normativa (cioè il diritto scompare da una certa materia).

La DELEGIFICAZIONE però NON È LA DEREGULATION cioè non è scomparsa della


regolamentazione giuridica ma è regolamentazione giuridica posta da altre fonti, non più da
fonti primarie ma da fonti secondarie. Si ritiene quindi con la delegificazione che quella
materia possa essere disciplinata da regolamenti e non più dalla legge cosicché il
Parlamento e il governo possano concentrarsi sulle scelte politicamente più importanti.

COME AVVIENE TECNICAMENTE LA DELEGIFICAZIONE? Una legge viene eliminata per


fare spazio a dei regolamenti attraverso la sua ABROGAZIONE: tecnicamente
l’eliminazione di una legge avviene attraverso la sua abrogazione. Delegificazione vuol
dire sostituire quella legge che in quel momento sta disciplinando quella materia con
un regolamento del governo. La legge deve essere abrogata per lasciare spazio ai
regolamenti, ma i regolamenti per sostituirsi alla legge possono abrogare la legge? NO:
perché l’abrogazione può avvenire solo tra fonti collocate sullo stesso piano e il regolamento
del governo si trova ad un piano inferiore rispetto alla legge essendo questo una fonte
secondaria. Quindi la delegificazione, paradossalmente, non può fare a meno di una legge
che: autorizzi il governo a sostituirsi con propri regolamenti alle leggi vigenti in quella materia
e dispone l’abrogazione delle leggi vigenti non appena entrano in vigore gli altri regolamenti.
È la legge di delegificazione che abroga la vecchia legge, non è il regolamento.

I DPCM (decreti del presidente del consiglio dei ministri): periodicamente adottati che
comportano discipline anche particolarmente rigorose nei confronti delle nostre libertà;
perché un dpcm che ci obbliga a indossare la mascherina va a limitare le nostre libertà. Il
dpcm è una fonte secondaria del diritto, è un atto di natura regolamentare subordinato
alla Legge mentre le libertà sono assistite dalla riserva assoluta di legge. Allora come si
concilia il fatto che i dpcm possano intervenire in maniera così drastica a limitare le libertà
individuali se c’è una riserva assoluta di legge e i dpcm sono fonti secondarie? queste
decisioni che richiedono rapidità di intervento.
PERCHÉ SONO LEGITTIMI QUESTI DPCM? Perché ALLA BASE C’È COMUNQUE UNA
FONTE PRIMARIA che attuando l’articolo 16 della Costituzione autorizza il presidente del
consiglio dei ministri a utilizzare questi decreti per stabilire le misure concrete per ridurre il
rischio da contagio per COVID-19. In particolare, QUESTA FONTE PRIMARIA È UN
DECRETO-LEGGE, da quando è scoppiata la pandemia il governo è intervenuto più volte
con decreti-legge che poi sono stati convertiti dal parlamento (con emendamenti); e questo
decreto-legge che è fonte primaria e quindi può soddisfare la riserva di legge di cui
all’articolo 16 della costituzione ha ammesso che fonti del diritto più rapide, snelle e veloci
possano intervenire in materia. Un dpcm più affidabile dal punto di vista temporale rispetto
ad una legge o decreto-legge che stabilisca le medesime limitazioni. I DPCM SONO QUINDI
FONTI SECONDARIE, GERARCHICAMENTE SUBORDINATE ALLA LEGGE E CHE
POSSONO INTERVENIRE IN MATERIE COPERTE DA RISERVA ASSOLUTA DI LEGGE
PERCHÉ C’È UNA FONTE PRIMARIA CHE LE AUTORIZZA (fonte primaria che in questo
periodo è un decreto legge).
LEZIONE 18: Il Ciclo di Bilancio
Il Ciclo di Bilancio: lo Stato in quanto organizzazione giuridica complessa ha esso stesso
un bilancio, si compone di un BILANCIO DI PREVISIONE che è un documento contabile
che indica le spese che lo Stato intende effettuare l’anno solare successivo e le entrate che
lo Stato ha programmato di riscuotere nello stesso periodo temporale.

Esiste anche il RENDICONTO CONSUNTIVO, che è quel documento contabile con cui lo
Stato da conto delle spese effettivamente effettuate e delle entrate riscosse, ma noi non ce
ne occuperemo. Secondo la Costituzione i protagonisti del Ciclo di bilancio sono il
Parlamento e il Governo: il Governo scrive il bilancio e il parlamento approva il bilancio con
legge. Vedremo però come questo confronto tra Parlamento e governo si sia arricchito di
altri strumenti oltre al bilancio e alla legge di approvazione del bilancio, ma anche di altri
attori istituzionali sovranazionali e cioè l’Unione Europea.
Un aspetto fondamentale, che si deve chiarire e assimilare molto bene è che OGNI SPESA
E OGNI ENTRATA DEVE ESSERE PREVISTA DALLA LEGGE. Quindi ogni spesa che lo
Stato attraverso la sua articolazione organizzativa pone in essere deve avere un
fondamento legislativo, cioè ci deve essere una legge che preveda e quantifichi quella
spesa. Lo stesso vale per le entrate, ogni somma riscossa dalle istituzioni statali deve avere
una base legislativa. LO STATO COME FINANZIA LE PROPRIE ATTIVITÀ? Innanzitutto,
attraverso la LEVA FISCALE e quindi attraverso le tasse, tributi e imposte (hanno tre
significati diversi). Quindi una prima fonte di entrata per lo Stato è rappresentata dalle tasse.
Poi c’è il RICORSO AL DEBITO PUBBLICO: lo Stato immette nel mercato immobiliare
obbligazioni per chiedere prestito di denaro agli investitori sotto forma di buoni ordinari del
tesori, certificati di credito del tesoro… lo Stato emette quindi periodicamente questi titoli di
Stato, in questo modo raccoglie risparmi o investimenti da parte di privati (non
necessariamente nazionali) e lo Stato si impegna a restituire il capitale versato con un
interesse, ed è proprio la variazione di questo tasso si interesse sul debito sovrano che è
una delle variabili più importanti nella analisi del bilancio di uno Stato, anche dal punto di
vista della politica complessiva.
Come terza forma di entrata ci sono le ALIENAZIONI: lo Stato vende beni di propria
proprietà quando questi non servono più, non sono più utilizzabili per lo svolgimento delle
attività istituzionali dello Stato (pensiamo alla vendita di vecchie caserme; oppure beni
immobili come le auto blu che raggiunge un certo kilometraggio non potevano più essere
usate).

COSA DICE LA COSTITUZIONE RIGUARDO ALLE TASSE? IMPORTANTE. Ci sono due


articoli della costituzione che riguardano le tasse: Articolo 23 della Costituzione: nessuna
prestazione patrimoniale o personale può essere imposta se non in base alla Legge.
Siccome la tassa è una prestazione patrimoniale, che investe cioè la ricchezza finanziaria di
una persona allora tutte le tasse devono essere previste dalla legge. Siamo in presenza di
una RISERVA RELATIVA DI LEGGE. Quindi il primo principio fondamentale in materia di
prelievo fiscale è che lo Stato ci può imporre il pagamento di imposte, tasse e tributi nei soli
casi previsti dalla legge.
DOMANDA: UN TRIBUTO PUO’ ESSERE PREVISTO DAL REGOLAMENTO DEL
GOVERNO? NO, Il regolamento governativo può intervenire eventualmente per attuare la
disciplina legislativa e quindi disciplinare nel dettaglio quel tipo di imposta, la quantificazione,
la riscossione ma in sé la tassa deve essere introdotta dalla legge
Altri principi sono rinvenibili nell’articolo 53 della Costituzione il quale enuncia innanzitutto il
PRINCIPIO DELLA CAPACITÀ CONTRIBUTIVA: paga le tasse solo chi ha un reddito,
perché solo chi ha reddito è capace dal punto di vista contributivo. Questa è sicuramente
una regola di buon senso, ma è importante dirlo perché nel passato il prelievo fiscale veniva
imposto anche a chi non aveva reddito e per onorare gli impegni nei confronti del fisco
questi soggetti dovevano ricorrere a prestazioni anche di natura fisica attraverso lavori
forzati. Il principio della capacità contributiva si collega al principio fondamentale
dell’eguaglianza formale: tutti sono eguali davanti alla legge. Quindi se tutti sono eguali
davanti alla legge, chi ha reddito paga le tasse e chi non ha reddito non paga le tasse (se si
imponesse il pagamento delle tasse anche a chi non ha reddito ci sarebbe una palese
violazione del principio di eguaglianza formale).

L’altro principio enunciato dall’articolo 53 è il PRINCIPIO DI PROGRESSIVITÀ DELLE


IMPOSTE: siccome la tassa si quantifica secondo una percentuale sul proprio
reddito/ricchezza, e questa percentuale si chiama aliquota, allora secondo questo principio
man mano che aumenta la ricchezza individuale l’aliquota aumenta. In questo caso si segue
principio di eguaglianza SOSTANZIALE e impone alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli
che impediscono l’effettivo godimento dei diritti fondamentali per tutti, cioè quel principio che
impone alle istituzioni repubblicane di intervenire nei rapporti politici, economici e sociali per
ridimensionale il divario che c’è in termini di ricchezza tra gli individui che compongono la
comunità. Si ritiene che il principio di progressività sia uno dei mezzi per ridurre questo gap
tra ricchi e poveri. Quindi mentre il principio della capacità contributiva riposa sul
principio di eguaglianza formale; il principio di progressività delle imposte riposa sul
principio di eguaglianza sostanziale: chi ha più reddito paga di più in. termini di aliquota
perché questo viene considerato un modo di redistribuzione, in termini di equità e di giustizia
sociale, della ricchezza prodotta.

LEZIONE 19: La manovra di Bilancio


Secondo l’originario articolo 81 della Costituzione: “Io Stato assicura l’equilibrio tra le
entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi
favorevoli del ciclo economico”. il Governo redigeva il bilancio e il parlamento
successivamente, entro il 31 dicembre di ogni anno, doveva con legge approvare il bilancio,
in caso contrario si aveva l’esercizio provvisorio del bilancio per i 4 mesi successivi.
COME SI REDIGE IL BILANCIO? Il bilancio di previsione è suddiviso in capitoli di spesa e
ogni ministero ha i propri capitoli di spesa e ognuno sa che deve effettuare n spese e quindi
nel bilancio deve indicare il numero corrispondente alla spesa che deve sostenere seguendo
le leggi, perchè ogni se una spesa non viene considerata dalle leggi, allora non può fare.

Capiamo che in una situazione del genere, in cui i ministri sono vincolati a rispettare le leggi
che sono in vigore nel momento in cui egli si trova a compilare la manovra di bilancio si può
creare una certa difficoltà. Infatti, la costituzione ha definito la legge di bilancio come una
LEGGE MERAMENTE FORMALE: cioè una legge che ha solo il nome della legge ma che
in realtà serve al parlamento esclusivamente per approvare o respingere il bilancio
Questo sistema, congeniato dai padri costituenti, è un sistema molto rigido che crea degli
ostacoli notevoli al Governo che per far fronte ad un certo programma politico avrebbe
bisogno di cambiare i numeri relativi alle leggi in vigore nel momento in cui quel bilancio
viene scritto;
Questo assetto allora rischia di rendere difficile se non impossibile attuare il proprio
programma, allora dalla metà degli anni ’70 è stata inventata dal parlamento la cosiddetta
LEGGE FINANZIARIA. In questo modo si sarebbero apportate tutte le modifiche alle leggi di
spesa e di entrata vigenti in quel momento così da permettere al governo di realizzare i
propri obiettivi programmatici. Quindi in sede di bilancio prima ancora di redigere il bilancio il
parlamento presentava al governo un disegno di legge finanziaria, in questo disegno erano
indicate tutte le modifiche/integrazioni/abrogazioni di leggi precedenti in modo congeniale
rispetto agli obiettivi programmatici; il parlamento approvava la nuova legge finanziaria e con
la nuova legge ogni singolo ministro aveva difronte un quadro normativo diverso rispetto al
passato e quindi avrebbe potuto predisporre un bilancio coerente rispetto agli obiettivi
programmati.
Quindi la successione era: redazione della legge finanziaria, redazione del bilancio,
approvazione del bilancio.
In questo modo la legge finanziaria ha funzionato per rendere meno rigido il rapporto tra
governo e parlamento nel ciclo di bilancio. All’inizio questa legge funziona benissimo ma ad
un certo punto questa legge finanziaria è diventata lo strumento per aumentare in maniera
esponenziale e vertiginosa il bilancio dello Stato, in quanto questa legge finanziaria è stata
originariamente pensata per consentire al governo di avere gli strumenti normativi adeguati
per realizzare il proprio programma ma poi ogni singolo parlamentare ne ha approfittato.
Si è andati incontro ad una IMPENNATA DEL DEBITO PUBBLICO perché tutti i
parlamentari ne hanno approfittato per introdurre nuove spese
Si è quindi arrivati al punto in cui lo Stato è costretto a emettere titoli di Stato non per
finanziare i propri servizi ma per pagare il pregresso debito pubblico, per pagare gli interessi
sui titoli che erano stati emessi

Poi a seguito del PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA sempre più forte i conti
pubblici vengono sottoposti ad un controllo da parte delle istituzioni europee, l’Italia al pari
degli altri paesi membri dell’Unione Europea ha concluso una serie di accordi, tra cui il
FISCAL COMPACT, in virtù dei quali si è impegnato a ridurre il debito pubblico. Allora ad un
certo punto anche le istituzioni italiane si sono rese conto che la legge finanziaria, nata per
ragioni serie è degenerata ed è diventata un nemico per il contenimento della spesa
pubblica. Una delle conseguenze è stata la RISCRITTURA DELL’ARTICOLO 81 DELLA
COSTITUZIONE (2012), dove si è detto che lo Stato deve garantire IL PAREGGIO DI
BILANCIO e il ricorso all’indebitamento può avvenire solo in casi assolutamente eccezioni
con una determinata procedura. È chiaro che nel momento in cui l’interazione con le
istituzioni europee è diventata sempre più fitta, i conti pubblici dello Stato sono stati messi
sotto il controllo dell’unione europea la legge finanziaria non poteva più funzionare, infatti ad
un certo punto la legge finanziaria viene soppressa e vie introdotta la LEGGE DI
STABILITA’. La legge di stabilità svolge una funzione analoga alla legge finanziaria ma con
dei vincoli molto più stringenti rispetto alla legge finanziaria, contestualmente nel ciclo
di bilancio che un tempo era prerogativa esclusiva del parlamento e del governo italiano si
INSINUANO ANCHE LE ISTITUZIONI EUROPEE TRA CUI LA COMMISSIONE
EUROPEA. Quindi ogni anno il governo presenta in parlamento il cosiddetto documento di
economia e finanza, il quale descrive gli obiettivi che il governo intende realizzare negli anni
successivi, poi trasmesso al consiglio dell’Unione Europea e alla commissione europea in
modo che possa esprimere valutazioni.
OGGI NON C’È PIÙ LA LEGGE DI STABILITÀ, C’È UNA LEGGE DI BILANCIO CHE SI
ARTICOLA IN DUE SEZIONI: la prima sezione corrisponde grosso modo alla vecchia legge
di stabilità e quindi alla vecchia legge finanziaria (modifiche alla legge vigente affinchè il
governo possa realizzare i propri obiettivi), la seconda parte è invece il bilancio vero e
proprio.

CICLO DI BILANCIO: Ogni anno c’è questo ciclo di bilancio che parte il 10 aprile, ed
ENTRO IL 10 APRILE il governo predispone il DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA.
Questo documento contiene un programma di stabilità e quindi indica tutti gli interventi che
mirano a garantire un contenimento della spesa pubblica e poi c’è un programma nazionale
di riforma che indica gli obiettivi macroeconomici che lo Stato si prefigge di realizzare e che
risentono di più del programma politici di quella maggioranza.
Quindi il DEF viene predisposto dal governo e poi approvato dal parlamento con un’apposita
risoluzione dopodiché il DEF, che è il punto di partenza della manovra annuale di bilancio,
passa agli organi dell’UE, in particolare Commissione e Consiglio i quali formano una serie
di raccomandazioni. Entro la fine di settembre il Governo predispone una NOTA DI
AGGIORNAMENTO DEL DEF, seguendo le leggi europee. ENTRO IL 20 OTTOBRE IL
GOVERNO, alla luce del documento programmatico di bilancio predispone e presenta al
parlamento il disegno di legge di bilancio. Il DISEGNO DI LEGGE DI BILANCIO SI
COMPONE DI DUE SEZIONI:
● La prima sezione grosso modo ricorda la vecchia legge finanziaria e cioè la prima
sezione contiene le previsioni di carattere macroeconomico che sono intimamente
connessi con il tipo di interventi che il governo vuole realizzare per seguire un certo
programma.
● La seconda sezione che è il vero e proprio bilancio e quindi c’è l’approvazione del
bilancio predisposto dal Governo. Questo disegno di legge passa poi alla
Commissione europea che esprime un parere, e di questo parare il parlamento deve
tenerne conto per poi arrivare alla APPROVAZIONE DEFINITA DEL BILANCIO
ENTRO IL 31 DICEMBRE.
E in tutto questo l’UE svolge un ruolo dominante in quanto le raccomandazioni e i pareri
predisposti dalla commissione e dal consiglio non sono semplici inviti ma sono indicazioni
particolarmente dettagliate su ciò che lo Stato italiano dovrebbe fare per controllare in
maniera adeguata i conti.
Un fatto da considerare ce la dice l’articolo 81: “il ricorso all’indebitamento (cioè la
possibilità di rivolgersi al mercato immobiliare emettendo obbligazioni) è consentito solo al
fine di considerare gli effetti del ciclo economico e con una legge approvata a maggioranza
assoluta al verificarsi di eventi eccezionali”. Quindi mentre in passato l’indebitamento era la
regola, quindi la strada più battuta per sfondare il tetto della spesa pubblica per poter
realizzare tutti quegli interventi che lo stato si prefiggeva di attuare; oggi il ricorso
all’indebitamento può essere effettuato solo con una legge particolare per cui è richiesta
una maggioranza parlamentare, tenuto conto degli effetti del ciclo economico e in
presenza di eventi eccezionali.
LEZIONE 20: Presidente della Repubblica
Per qualificare la figura del presidente della Repubblica si devono combinare sia elementi
normativi, cioè elementi tratti dal testo costituzionale sia elementi fattuali cioè ricavati dalla
prassi repubblicana. Attraverso la combinazione di questi elementi e in virtù anche di
un’interpretazione sistematica di queste disposizioni costituzionali si cercherà di costruire
l’identikit del Presidente della Repubblica.
Negli Stati uniti il presidente della repubblica è l’organo esecutivo: quindi è
sicuramente un organo politico scelto attraverso un meccanismo politico, esponente di un
partito e abilitato dall’ordinamento ad assumere decisioni di carattere politico.
In Italia si ha un organo politico, il parlamento, luogo in cui si confrontano maggioranza e
opposizione; il parlamento assume decisioni politiche, la legge ordinaria riflette un indirizzo
politico ed è quindi un atto politico. Il governo, anch’esso è un organo politico perché
rappresenta la sola maggioranza e un indirizzo politico del quale è responsabile il
presidente del consiglio.

ALL’ARTICOLO 87 DICE CHE “IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA È IL CAPO


DELLO STATO E RAPPRESENTA L’UNITÀ NAZIONALE”.
I Presidenti della Repubblica vengono scelti all’interno di partiti politici, quindi si parla di
presidenti che hanno fatto politica a livello parlamentare e molti di essi hanno ricoperto
incarichi governativi, quindi hanno svolto funzioni politiche.
QUINDI TUTTE PERSONE PRESTIGIOSE CHE PERÒ NON HANNO SVOLTO FUNZIONI
DI LEADERSHIP, NE DA SOLE NE IN IDENTITÀ COLLEGIALI ALL’INTERNO DEI
PARTITI (ELEMENTO IMPORTANTE).

COME VIENE SCELTO?


REQUISITI: cittadinanza italiana e raggiungimento dei 50anni di età, godimento dei diritti
civili e politici. Diversamente dagli Stati Uniti non è necessario essere nati in territorio
italiano. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA VIENE ELETTO DAL PARLAMENTO IN
SEDUTA COMUNE CON I DELEGATI REGIONALI. Parlamento in seduta comune significa
tutti i deputati e senatori insieme, vanno al palazzo di Montecitorio (perché è quello più
grande); i delegati regionali chi sono? Ogni regione ne manda un certo numero e il loro ruolo
non è mai stato decisivo. L’importante è segnalare che il presidente della repubblica NON E’
ELETTO DIRETTAMENTE DAL POPOLO, grande differenza rispetto agli ordinamenti
presidenziali (Stati Uniti, sud America, centro America, qualche paese africano).
L’elezione diretta del presidente della repubblica nei regimi presidenziali ha una sua
coerenza con il fatto che egli è organo esecutivo, legittimato direttamente dal popolo
attraverso elezioni democratiche. Come vedremo il presidente della repubblica italiana non è
titolare del potere esecutivo e quindi secondo i padri costituenti non avrebbe avuto senso
una sua elezione diretta.

L’ELEZIONE DIRETTA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, in una forma di governo


parlamentare in cui il capo dello Stato è estraneo al potere legislativo ed esecutivo è una
cosa INUTILE E PERICOLOSA:
● INUTILE perché chi esercita potere legislativo ed esecutivo ha bisogno di una diretta
legittimazione popolare, non chi è al di fuori di questi poteri dello stato; è
● PERICOLOSA perché potere significa responsabilità, chi si assume il potere deve
essere responsabile delle proprie decisioni.
Quindi allo stato attuale è eletto dal parlamento in seduta comune, il popolo non è coinvolto
se non attraverso i suoi rappresentanti in parlamento. SONO PRESENTI DELLE
MAGGIORANZE QUALIFICATE PREVISTE DALLA COSTITUZIONE E VARIANO A
PARTIRE DAL QUARTO SCRUTINIO, sono maggioranze più alte rispetto a quelle normali
per far funzionare un parlamento perché si vuole che il presidente della repubblica sia il
frutto di una aggregazione sufficiente a coinvolgere non solo la maggioranza che ha vinto le
elezioni ma anche pezzi proprio perchè rappresenta l’Unità Nazionale.
C’è un altro dato rilevante da considerare quando si considera la presunta politicità della
carica del presidente della repubblica: NON CI SONO CANDIDATURE FORMALI ALLA
PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA.
Negli Stati Uniti si hanno dei candidati, Trump e Byden, e gli elettori poi voteranno, ma lì ha
un senso in quanto esponenti di due partiti contrapposti perché chi vincerà diventerà titolare
del potere esecutivo e assumerà la responsabilità politica delle proprie azioni. Non
essendoci candidature diventa tutto più complicato nella scelta del presidente perché c’è
bisogno che le segreterie dei partiti si incontrino, si facciano delle proposte,….c’è un lungo
ed esasperante confronto tra le forze politiche per raggiungere i numeri necessari per
esprimere il presidente. La mancanza di candidature formali ci offre un ulteriore elemento
per stabilire se il capo dello stato sia un organo politico oppure no, se sia un soggetto
politico. Chiaramente il fatto che manchino delle candidature si deduce che non sia un
organo politico.
IL PRESIDENTE DURA IN CARICA 7 ANNI, la Costituzione non dice nulla sulla
rieleggibilità e questa lacuna è stata colmata nella prassi con l’unico precedente che è stato
rieletto (Napolitano). Nel corso del mandato il presidente versa in una situazione di
incompatibilità con qualsiasi altro incarico; in caso di assenza è sostituito da Presidente del
Senato attraverso l’istituto della supplenza presidenziale (questo quando il Capo dello Stato
è impegnato all’estero o per esempio è malato); si ha invece l’impedimento quando una
malattia permanente fa si che si riattivi la procedura per l’elezione del nuovo presidente della
repubblica. Per la costituzione il presidente è importante quello con la carica più lunga.

LEZIONE 21: Poteri del Presidente


Si deve ora verificare se il Presidente della Repubblica sia in qualche modo titolare o
contitolare di almeno uno dei tre classici poteri dello Stato (legislativo, esecutivo, giudiziario).

POTERE LEGISLATIVO
Parlamento-legge; Governo-decreto-legge e decreti legislativi. Si è visto che il presidente
della repubblica promulga le leggi, l’atto di promulgazione certifica che quella Legge sia
stata davvero approvata sia dalla camera che dal senato nello stesso identico testo; e inoltre
in sede di promulgazione il capo svolge una funzione di controllo sulla non palese
incostituzionalità della legge o di alcune sue parti. Il fatto che il Presidente della
Repubblica accerti come un notaio la provenienza di quell’atto, dichiarandone l’autenticità e
che si possa opporre solo per ragioni di costituzionalità, per lo più manifesta, vuol dire che il
Presidente sia contitolare della funzione legislativa? Sicuramente se si ostina a non
promulgare la legge impedisce al parlamento di esercitare in modo pieno le proprie
attribuzioni; però abbiamo visto che quando anche le camere dovessero riapprovare la legge
così come era (nonostante il rinvio presidenziale) il Capo dello Stato è obbligato a
promulgare e se non la interviene la Corte Costituzionale, sancendo l’obbligo per il
presidente di promulgare.
Quindi in realtà il capo dello Stato NON PUÒ CONSIDERARSI CONTITOLARE DELLA
FUNZIONE LEGISLATIVA attribuita dalla Costituzione al parlamento; E LO STESSO VALE
NEL CASO DEI DECRETI LEGGE E DECRETI LEGISLATIVI perché si è visto che il
Presidente della Repubblica emana questi atti, e il potere di emanazione è simile (per certi
versi) al potere di promulgazione da al Presidente la possibilità di bloccare l’atto avente forza
di legge del governo solo quando esso risulti palesemente affetto da vizi di incostituzionalità.
Altri rapporti con l’organo legislativo:
● IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PUÒ MANDARE MESSAGGI MOTIVATI
ALLE CAMERE E CIOÈ PUÒ SOLLECITARE IL PARLAMENTO AD ASSUMERE
DELLE DECISIONI, non necessariamente tramite legge, per fronteggiare questioni
rispetto alle quali il Capo dello stato, rappresentante dell’Unità nazionale ritiene
improcrastinabile un intervento da parte del Parlamento stesso.
● Il presidente AUTORIZZA IL GOVERNO A PRESENTARE I DISEGNI DI LEGGE ma
questo non lo rende soggetto titolare della funzione di iniziativa legislativa, perché il
suo potere di autorizzazione
● IL CAPO DELLO STATO PUÒ SCIOGLIERE ANTICIPATAMENTE UNA O
ENTRAMBE LE CAMERE
Sciogliere anticipatamente le camere significa prendere atto che in Parlamento non c’è una
maggioranza governate e quindi nonostante i tanti tentativi fatti di trovare la quadratura del
cerchio il presidente ritiene di coinvolgere l’elettorato nel reinsediamento di un nuovo
Parlamento. Anche questo potere comunque non lo rende organo legislativo, perché il
presidente non può sciogliere il Parlamento solo perché fa leggi che non gli piacciono ma lo
può sciogliere se non c’è la maggioranza governante
Quindi possiamo dire che NON ci sono elementi in costituzione per poter qualificare il
Presidente della repubblica come organo legislativo.

POTERE ESECUTIVO (GOVERNO)


Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del consiglio, e nomina i Ministri su
proposta del presidente del consiglio: QUESTO POTERE DI NOMINA LO RENDERE
TITOLARE O CONTITOLARE DEL POTERE ESECUTIVO? La costituzione smentisce
questa possibilità di ricostruzione perché definisce chiaramente il Governo, quale organo
complesso titolare del potere esecutivo. E inoltre il RAPPORTO DI FIDUCIA C’È TRA IL
POTERE ESECUTIVO (GOVERNO) E CIASCUNA DELLE DUE CAMERE E IL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON È MAI COINVOLTO IN QUESTA RELAZIONE
FIDUCIARIA. Il compito che la Costituzione assegna al Capo dello Stato è quello di avviare
riempiendolo di contenuto il procedimento di formazione del Governo, che però senza il voto
di fiducia di entrambe le camere è destinato a fallire. Quindi già dal punto di vista della
composizione del procedimento di formazione non ci sono elementi in costituzione per
qualificare il presidente della repubblica come organo esecutivo. Non possiamo trarre dal
potere di ratifica dei trattati internazionali perchè è il governo che fa (in quanto potere
esecutivo) le trattative con altri governi di altri Paesi affinchè si arrivi alla stipulazione di un
trattato. La ratifica è quell’atto solenne con cui il Presidente manifesta all’esterno dei confini
nazionali la volontà della Repubblica italiana di adempiere agli obblighi nascenti da quel
trattato; ma dal punto di vista sostanziale il trattato è opera del potere esecutivo. Non è
quindi organo esecutivo.
POTERE GIUDIZIARIO.
Riguardo al potere giudiziario la Costituzione attribuisce al Presidente della Repubblica il
ruolo di PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA (CSM):
non è un giudice il CSM, non entra nella rete delle autorità titolari della funzione giudiziaria. Il
CSM è un organo di alta amministrazione della magistratura, esercita poteri disciplinari
nei confronti dei magistrati, si occupa dell’assunzione dei magistrati, dei trasferimenti,
dell’assegnazione delle varie sedi… ma non dirime controversie rispetto l’applicazione della
legge a casi concreti pronunciando sentenze. Il fatto che il Presidente della Repubblica sia
quindi presidente del CSM non lo rende organo esecutivo, proprio perché il CSM a sua volta
non è un organo giudiziario. Tra l’altro all’interno del CSM il Presidente svolge un ruolo
importante ma non di routine, di routine è il vicepresidente; il presidente della repubblica si fa
vedere una/due volte l’anno al palazzo dei Marescialli svolgendo una funzione di
persuasione ma non è il motore operativo del CSM. Quindi possiamo dire che il Presidente
della Repubblica non è potere giudiziario. Anche il fatto che nomini i giudici della corte
costituzionale non lo rende titolare del potere giudiziario.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON È NÉ TITOLARE NÉ CONTITOLARE DI


ALCUNO DEI TRE POTERI DELLO STATO. Cosa è quindi la Presidenza della Repubblica?
Il tipo di rapporto che c’è tra il Presidente della repubblica e il Governo, in relazione ad un
particolare atto che si chiama CONTROFIRMA MINISTERIALE, nella quale dice che tutti gli
atti del presidente della Repubblica sono controfirmati da un membro dell’esecutivo, i più
importanti dal Presidente del consiglio dei ministri e gli altri dal ministro proponente o
competente. Solo alcuni atti del Presidente della Repubblica sono immuni dalla controfirma
e sono gli atti personalissimi

A COSA SERVE LA CONTROFIRMA? Sicuramente serve a certificare che quell’atto è del


presidente della repubblica, ma la FUNZIONE FONDAMENTALE DELLA CONTROFIRMA
È CONSENTIRE IL TRASFERIMENTO DELLA RESPONSABILITA’ POLITICA
DELL’ATTO DEL PRESIDENTE AL GOVERNO. Questo è un passaggio molto importante,
ogni potere comporta una responsabilità e queste sono diverse: la responsabilità
giudiziaria è l’insieme delle conseguenze negative quando una persona viola una norma
giuridica, e quindi lo espone all’applicazione di sanzioni giuridiche, la RESPONSABILITÀ
POLITICA è però un’altra cosa: è una conseguenza negativa che colpisce un organo
istituzionale per ragioni politiche e con sanzioni di natura politica.
Ebbene IL CAPO DELLO STATO PUÒ ESSERE GIURIDICAMENTE RESPONSABILE
PER I SUOI ATTI MA NON LO È MAI POLITICAMENTE; nel senso che il Presidente della
Repubblica NON può essere DESTITUITO dal suo mandato dal Parlamento in seduta
comune per ragioni politiche. Questo perché la responsabilità politica grava sul Governo per
effetto della controfirma: nel momento in cui un esponente del governo controfirma l’atto del
presidente della repubblica se ne assume la responsabilità politica. Questo è MOLTO
IMPORTANTE perché dietro ogni atto di un organo istituzionale C’È SEMPRE una
responsabilità politica, perché un potere comporta sempre responsabilità. IL GOVERNO È
L’ORGANO PIÙ A STRETTO CONTATTO CON IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA.
IL PRESIDENTE è SEMPRE POLITICAMENTE IRRESPONSABILE. Mentre il parlamento è
politicamente responsabile. Infatti ci sono alcuni casi in cui il governo non controfirma perchè
non vuole avere responsabilità, perchè evidentemente pensa che possa finire male la
proposta del presidente.
LA CLASSIFICAZIONE DEGLI ATTI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA si basa
proprio su questo elemento: QUALE DELLE DUE VOLONTA’ (presidenziale o governativa)
PREVALE IN RELAZIONE AD OGNI SINGOLO ATTO CHE VINE ESOTTOPOSTO A
CLASSIFICAZIONE. Quindi si hanno due parti, presidente e governo, e si deve decidere
quale volontà prevalga… quali sono le possibilità logicamente immaginabili in uno scenario
di questo tipo? Tre. Prevale la responsabilità del Presidente della Repubblica; Prevale
la responsabilità del Governo; Prevalgono entrambe e quindi si deve raggiungere un
accordo. Tenuto conto di queste tre possibilità logiche gli atti del Capo dello Stato sono
Classificati in tre tipologie: 1.
● PRIMA TIPOLOGIA: ATTI FORMALMENTE E SOSTANZIALMENTE
PRESIDENZIALI. Sono atti non solo scritti dal Presidente della Repubblica ma sono
anche il frutto della sua volontà. Quando si usa l’espressione “sostanzialmente” si fa
riferimento alla volontà che prevale. Quindi tra presidente della repubblica e governo
in questi atti prevale la volontà del presidente della repubblica e quindi il
ministro/presidente del consiglio è tenuto a controfirmare.
● SECONDA TIPOLOGIA: ATTI FORMALMENTE PRESIDENZIALI MA
SOSTANZIALMENTE GOVERNATIVI. Formalmente perché è il presidente della
repubblica che li pone in essere ma sostanzialmente governativi perché è la volontà
del governo che prevale.
● TERZA TIPOLOGIA: ATTI COMPLESSI in relazione dei quali non è possibile
stabilire se prevale la volontà di uno o dell’altro e l’identificazione di esempi di atti
complessi non è così agevole.

Partiamo dalla CONCESSIONE DELLA GRAZIA: secondo la Costituzione il Presidente


della Repubblica può adottare questo provvedimento individuale di clemenza che comporta
l’estinzione del reato e della pena. Quindi il Presidente della Repubblica concede la Grazia,
la grazia secondo la legge deve essere controfirmata dal ministro della giustizia.

SCIOGLIMENTO ANTICIPATO DEL PARLAMENTO. Anche in questo caso dare una


risposta univoca a questa domanda è sbagliato, bisognerebbe esaminare ogni singolo atto
di scioglimento anticipato delle camere, contestualizzarlo in un determinato periodo storico e
prendere in considerazione le diverse variabili che hanno caratterizzato quel frangente.
Se all’esame ci fosse una domanda a quiz “l’atto presidenziale di scioglimento anticipato
delle camere è: atto complesso, atto sostanzialmente governativo, atto sostanzialmente
presidenziale. Tutte e tre le risposte sarebbero esatte e sbagliate al tempo stesso.

POTERE DI NOMINA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO. Questo potere di nomina


molto probabilmente è un atto sostanzialmente governativo (seconda tipologia) perché è il
Presidente del consiglio che poi svolge un ruolo decisivo: accetta con riserva e poi scioglie
la riserva solo se è in gradi dimettere insieme una maggioranza.
LEZIONE 22: Presidente delle Repubblica
L’ultimo segmento che si deve riscostruire ai fine della definizione dell’identikit del
Presidente della Repubblica è quello relativo alla RESPONSABILITA’ DEL CAPO DELLO
STATO. Il presidente della repubblica non è MAI politicamente responsabile dei suoi atti,
dove per responsabilità politica si intende l’insieme delle conseguenze negative che
affliggono il titolare di una carica istituzionale per ragioni politiche, conseguenze negative
che si traducono in una sanzione politica che va dal biasimo fino alla revoca dall’incarico.
Abbiamo visto che il ministro politicamente irresponsabile può essere sfiduciato
individualmente, il Presidente del Consiglio dei Ministri politicamente responsabile può
essere costretto a chiamare le dimissioni ove vada male una questione di fiducia.
LA RESPONSABILITÀ POLITICA PRESCINDE DALLA COMMISSIONE DI REATI: un
organo è politicamente responsabile indipendentemente dal fatto che abbia posto in essere
condotte illecite. La responsabilità politica si muove su una dimensione in cui operano criteri
di opportunità, convenienza, valore e merito politico;

RESPONSABILITA’ GIUDIZIARIA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Come in tanti


altri casi, anche in relazione al Presidente della Repubblica, si pone una distinzione tra
ILLECITI COMMESSI NELL’ESERCIZIO DELLE FUNZIONI e reati (illeciti) posti in essere
AL DI FUORI DELL’ESERCIZIO DELLE FUNZIONI.
Per I REATI COMMESSI AL DI FUORI DELL’ESERCIZIO delle funzioni presidenziali il
Capo dello Stato in astratto risponde come qualsiasi altro cittadino.
Non di meno è prassi che per i reati extra funzionali IL GIUDIZIO NEI CONFRONTI DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA VENGA SOSPESO, essere sospeso il processo
indica che una volta terminato il mandato presidenziale riprenderà l’attività processuale del
Capo dello Stato. Se il presidente fa un reato, viene processato alla fine della sua posizione
e verrà considerato come un cittadino normale, anche se comune cittadino non lo è perché
gli ex presidenti della repubblica diventano senatori a vita di diritto.
NELL’ESERCIZIO DELLE FUNZIONI il Presidente della Repubblica può essere incriminato
soltanto per due reati: ALTO TRADIMENTO E ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE. Invece
di descrivere in modo dettagliato ogni reato come fa il codice penale. La Costituzione invece
dice semplicemente che il capo dello stato può essere incriminato per alto tradimento o per
attentato alla costituzione.
Il presidente una volta eletto presta giuramento davanti al parlamento in seduta comune,
giuramento di fedeltà alla Costituzione e alla repubblica italiana. Quindi si può immaginare
che L’ALTO TRADIMENTO sia la negazione di questo giuramento in concreto.
L’ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE: è quando il presidente viola la costituzione di sua
volontà, ma non si considerano gli errori politici, perchè lui non conosce tutto ed è normale
che potrebbe sbagliare

COSA SUCCEDE quando si SOSPETTA CHE IL CAPO DELLO STATO ABBIA


COMMESSO ALTO TRADIMENTO O ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE?
Prevale la fase parlamentare è quella della MESSA IN STATO DI ACCUSA AD OPERA
DEL PARLAMENTO IN SEDUTA COMUNE: quello che viene definito IMPEACHMENT. Il
parlamento in seduta comune non giudica il Presidente su quei reati ma semplicemente
DELIBERA L’ATTO D’IMPULSO da cui poi scaturisce l’attività processuale nella seconda
fase di questo procedimento. È l’iniziativa quindi volta a portare il Capo dello Stato davanti al
suo giudice naturale precostituito per costituzione.
COME AVVIENE LA MESSA IN STATO D’ACCUSA DA PARTE DEL PARLAMENTO IN
SEDUTA COMUNE? C’è un’iniziativa, qualcuno evidentemente sottopone una notizia di
reato alle camere, si riunisce un COMITATO che è composto dai membri delle giunte di
Camera e senato che si occupano normalmente delle immunità e delle autorizzazioni.
Questo comitato svolge una serie di attività investigative, gode di poteri molto ampi e alla
fine questo comitato può decidere di archiviare oppure può chiedere al parlamento in seduta
comune di pronunciarsi. In questa fase il Presidente della repubblica RESTA IN CARICA,
nonostante ci sia l’accusa, A MENO CHE NON VENGA SOSPESO CAUTELARMENTE
DALLA CORTE COSTITUZIONALE. Il parlamento in seduta comune vota la messa in stato
d’accusa a MAGGOIORANZA ASSOLUTA E A SCRUTINIO SEGRETO, quindi c’è bisogno
di una maggioranza qualificata e a scrutinio segreto perché è una votazione su una persona
e quindi si deve garantire il massimo della libertà di coscienza ad ogni singolo parlamentare.
Se il parlamento mette in stato d’accusa il Capo dello Stato, allora si apre la seconda fase
davanti alla Corte costituzionale: vero e proprio PROCESSO PENALE a carico del
Presidente

CHI GIUDICA IL PRESIDENTE?


LA CORTE COSTITUZIONALE, COMPOSTA DA 15 GIUDICI, INTEGRATA DA 16 GIUDICI
AGGREGATI. I giudici aggregati sono cittadini che hanno i requisiti per essere eletti a
senatore e che fanno parte di un elenco, aggiornato periodicamente e vengono sorteggiati
da questo elenco. Quindi la Corte Costituzione è in composizione allargata, è come se ci
fosse una giuria popolare perché l’imputato è il Presidente della Repubblica, è una carica
istituzionale quindi per garantire un maggiore equilibrio e una maggiore neutralità e
imparzialità da parte della Corte Costituzionale i costituenti saggiamente hanno pensato di
integrare il collegio giudicante con comuni cittadini che tra l’altro sono la maggioranza
(16>15). Una volta costituito l’organo giudicante si celebra il vero e proprio processo:
secondo il principio del contraddittorio, accusa e difesa, le prove si formano nel corso del
procedimento e al termine la corte è chiamata a pronunciare una sentenza di assoluzione o
di condanna applicando le sanzioni previste dall’ordinamento. anche qui c’è però una
singolarità, perché non solo la Costituzione non ci dice cosa sia “alto tradimento e attentato
alla Costituzione” ma non sono previste neanche le sanzioni; mentre il codice penale ad ogni
reato applica una sanzione che viene adeguatamente modulata, non è rigida.
LEZIONE 23: Presidente delle Repubblica
Il Presidente della Repubblica si è visto non né titolare né contitolare dei tre poteri dello
Stato, quindi non esercita la funzione legislativa, non è organo esecutivo e nemmeno
amministra la giustizia. Però il Presidente interagisce con gli organi titolari di questi
poteri, ci sono molti momenti di interazione qualificata tra il Capo dello Stato e il
Parlamento, il governo e il consiglio superiore della magistratura.

Che tipo di rapporti vengono istaurati con questi organi?


Nel caso del Parlamento il Capo dello Stato svolge funzioni di impulso, tramite messaggi
motivati o di controllo in quanto in sede di promulgazione ha il potere di esercitare il potere di
rinvio e quale extrema ratio lo scioglimento anticipato delle Camere. Nel caso del governo
svolge funzioni di impulso attraverso la nomina del Presidente del Consiglio e dei ministri (su
proposta del presidente del consiglio); e poi svolge un’attività di controllo che si estrinseca
nel potere di emanazione di decreti leggi, decreti legislativi e regolamenti governativi e poi
nella autorizzazione a presentare disegni di legge governativi. La ratifica dei trattati
internazionali e a tutta una serie di relazioni che ruotano attorno all’istituto della controfirma.
Riguardo al potere giudiziario, il Capo dello Stato in quanto presidente del CSM comunque
svolge una funzione che si è visto essere non operativa, perché il Capo dello Stato non
partecipa a. tutte le adunanze del CSM, ma svolge una funzione di impulso/stimolo e al
tempo stesso di controllo dell’operato di questo organo.
FUNZIONI QUINDI DI IMPULSO E CONTROLLO – STIMOLO E VIGILANZA. Si tratta di
due prerogative del Capo dello Stato che però non vengono esercitate in modo sfrenato o
incontrollato, nel senso che L’IMPULSO DA PARTE DEL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA È UN IMPULSO MITE, PACATO, AUTOREVOLE ma non paragonabile al
potere di impulso che il Presidente del consiglio ha nei confronti dei singoli ministri.
Il presidente della repubblica non può convocare il presidente del consiglio per dirgli come
deve agire, come deve muoversi a livello Europeo ma fa solo delle sollecitazioni autorevoli;
si tratta quindi di SOLLECITAZIONI da parte di un organo che ha come principale QUELLA
DI GARANTIRE IL CORRETTO FUNZIONAMENTO DELLA MACCHINA
REPUBBLICANA, DELLE ISTITUZIONI REPUBBLICANE. Il Capo dello Stato molto
spesso interviene con esternazioni, o anche con contatti più o meno ufficiali per cercare di
mediare tra gli organi costituzionali quando si creano situazioni di tensione.
LEALE COLLABORAZIONE vuol dire che ogni potere dello Stato esercita le proprie
attribuzioni ma in modo tale da non impedire agli altri organi di funzionare, ma in modo tale
da convergere verso decisioni condivise. Si deve trattare di una collaborazione leale,
corretta, trasparente e che poi ci sia uno scontro politico tra governo, camere, maggioranza
ma il compito fondamentale del Presidente della Repubblica è agire affinchè la leale
collaborazione tra i poteri dello Stato sia qualcosa di effettivo, di realmente praticato nella
prassi delle istituzioni, altrimenti l’apparato repubblicano non funziona. Non sono quindi
infrequenti le invocazioni del principio di leale collaborazione, soprattutto nel momento in cui
si devono assumere decisioni non solo efficienti ma anche tempestive e mirate per
fronteggiare situazioni particolarmente gravi.
Quindi da questo punto di vista possiamo definire il Presidente della Repubblica come UN
ORGANO ISTITUZIONALE IL CUI COMPITO FONDAMENTALE È QUELLO DI
GARANTIRE L’EQUILIBRIO TRA I POTERI DELLO STATO, UNA LEALE
COLLABORAZIONE, la condivisione di un comune progetto istituzionale volto a far
funzionare la repubblica.
RAPPRESENTATNTE DELL’UNITA’ NAZIONALE: il Presidente della Repubblica è
legittimato a porre in essere tutte quelle iniziative, entro il perimetro costituzionale, volte a
richiamare e sollecitare il condiviso riconoscimento di questi valori fondamentali che
definiscono l’identità dell’ordinamento giuridico italiano. Non si ha quindi un’unità nazionale
che calpesti il pluralismo. Le differenze ma un’unità nazionale come sintesi intorno a questi
principi fondamentali.

QUANTO INCIDE LA POLITICA NELLA DEFINIZIONE DELLA FIGURA DEL


PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA? Il Presidente della Repubblica come ad un organo
super partes, quindi al di sopra della competizione politica (cioè non prende posizione) che
è linfa vitale per un sistema democratico, il confronto dialettico tra maggioranza e
opposizione ma anche all’interno della stessa maggioranza è un ingrediente essenziale della
ricetta democratica; senza questo confronto (anche aspro) non ci sarebbe democrazia.

Chiedere al presidente della repubblica di diventare una persona assolutamente neutrale dal
punto di vista politico (apolitico) sarebbe un errore, ciò che si chiede al Presidente della
Repubblica è di non favorire un partito solo perchè si ha quel orientamento politico, ma
scegliere senza essere influenzato da esso, infatti lui ha il pieno diritto di avere un
orientazione politica.

LEZIONE 24: Ordine Giudiziario


La magistratura si occupa del potere giudiziario, uno dei tra classici poteri dello Stato.
La funzione legislativa è quella funzione che produce norme generali e astratte; la funzione
giurisdizionale è applicazione della norma generale e astratta al caso concreto per
accertare la responsabilità giuridica di un determinato soggetto o per dirimere una
controversia, e quindi risolvere una lite tra due o più contendenti.

Tutti casi in cui un’autorità esercita la funzione giurisdizionale è la CORTE DI CASSAZIONE


la quale non è il vertice dell’apparato giudiziario, LA STRUTTURA GIUDIZIARIA ITALIANA
NON È COSTRUITA SECONDO UNA SCALA GERARCHICA dove man mano che si
salgono i gradini ci si imbatte in magistrati più importanti;

COSA VUOL DIRE GIUDIZIO DI MERITO? Tanto il giudice di primo grado quanto il giudice
di appello ricostruiscono la vicenda giudiziaria al fine di appurare l’eventuale responsabilità
penale dell’imputato. Quindi il giudice di merito acquisisce prove portate dall’accusa, per
dimostrare la colpevolezza dell’imputato, e prove fornite dalla difesa per confutare la tesi
accusatoria del pubblico ministero. Il giudice alla luce delle prove decide che tipo di
sentenza pronunciare, se di condanna o se di assoluzione o proscioglimento, a seconda dei
casi.

Alla corte di cassazione si ricorre quando si ritiene che i giudici di merito abbiano
commesso errori nell’interpretazione dell’interpretazione e applicazione del diritto al caso
concreto, ecco perché la Corte di Cassazione è definita giudice di legittimità in quanto
deve identificare la corretta applicazione del diritto oggettivo al caso concreto e verificare
che tutto sia stato eseguito correttamente.
IL GIUDICE DI LEGITTIMITÀ (la corte di cassazione) stabilisce/ verifica se quelle norme
sono state correttamente interpretate e applicate dai giudici di merito. Che poi in corte di
cassazione ci siano i magistrati con maggiore anzianità di servizio è un dato statistico ma
non sta ad indicare che loro sono più importanti dei magistrati di tribunale.

PRINCIPI COSTITUZIONALI CHE RIGUARDANO L’ESERCIZIO DELLA FUNZIONE


GIURISDIZIARIA
All’ordinamento giudiziario la costituzione dedica gli articoli dal 101 al 113;
ARTICOLO 101 enuncia un primo principio “la giustizia è amministrata in nome del
popolo”. AMMINISTRARE LA GIUSTIZIA IN NOME DEL POPOLO significa rifarsi
all’articolo 1 secondo comma della Costituzione “la sovranità appartiene al popolo che la
esercita nelle forme e nei limiti stabili dalla Costituzione”. La giustizia amministrata in nome
del popolo significa ribadire che il potere giudiziario, al pari degli altri due poteri dello Stato,
si fonda sulla sovranità popolare ed è una vocazione demagogica.

SECONDO PRINCIPIO: “I giudici sono soggetti soltanto alla legge”. I giudici applicano la
legge ai casi concreti, applicano il diritto oggettivo per risolvere le controversie o per
verificare se l’imputato sia colpevole oppure no. Questa precisazione viene fatta perché
l’ordinamento italiano appartiene alla famiglia degli ordinamenti di civil law, cioè quegli
ordinamenti che affondano le loro radici nell’esperienza del diritto romano. Il giudice è
semplicemente la bocca della legge (Montesquieu). Il giudice ha um margine di
discrezionalità nel affrontare i vari, ma questo non significa che il giudice fa quello che vuole
ma deve applicare il diritto al caso concreto, ma già nell’attività interpretativa il giudice può
muoversi in modo da trovare soluzioni differenziate. Il dato importante è che un conto è
interpretare il diritto anche in senso evolutivo, quindi trovare nella disposizione una norma
nuova rispetto a come quella disposizione veniva applicata fino a poco tempo fa, altro è
svolgere una funzione creativa. INTERPRETARE IL DIRITTO infatti SIGNIFICA rispettare il
diritto e cercare il significato normativo secondo una serie di regole che presiedono l’attività
interpretativa. Creare il diritto significa invece produrre una norma giuridica dal nulla,
NEGLI ORDINAMENTI DI CIVIL LAW LA GIURISPRUDENZA NON E’ GIURIDICAMENTE
VINCOLANTE PER IL GIUDICE. Per GIURISPUDENZA si intende LE PRONUNCE RESE
DA ALTRI GIUDICI NEGLI STESSI CASI. Quindi i giudici sono soggetti soltanto alla legge
negli ordinamenti di civil law: che i precedenti non sono giuridicamente rilevanti.

Al contrario negli ordinamenti di Common Law, dove la giurisprudenza è la vera e autentica


fonte del diritto: vige il principio dello stare decisis, cioè negli ordinamenti di common law il
giudice svolge una funzione creativa del diritto, perché nel momento il cui il giudice risolve la
controversia creando un precedente sta creando una norma giuridica che verrà applicata in
futuro da altri giudici che si troveranno ad applicare lo stesso caso.

La Corte di Cassazione esercita una FUNZIONE DI NOMOFILACHIA, cioè fornisce delle


interpretazioni uniformi ai giudici di merito e garantisce una uniforme interpretazione del
diritto altrimenti ci sarebbe una grave incertezza del diritto. Suggerisce interpretazioni
informi, e quanto più quell’interpretazione fornita dalla Corte di Cassazione è consolidata,
cioè ci sono tante pronunce da parte della Corte di cassazioni che vengono confermate
anche da altri giudici di merito e tanto più autorevole sarà quell’interpretazione. Quindi in
questo caso si parla di DIRITTO VIVENTE, un’interpretazione consolidata nella
giurisprudenza.
LEZIONE 25: Ordine Giudiziario
Un altro principio fondamentale in materia di ordinamento giudiziario è quello di UNICITA’
DELLA GIURISDIZIONE, la costituzione dice che la giustizia è amministrata da giudici e
secondo la legge sull’ordinamento giudiziario non possono essere costituiti giudici speciali e
giudici straordinari. Quindi il principio è che la funzione giurisdizionale sia esercitata soltanto
da organi giudiziari che operano in maniera ordinaria secondo la Legge sull’ordinamento
giudiziario, letto in termini negativi “divieto di istituire giudici straordinari e giudici
speciali”.

GIUDICI STRAORDINARI: un altro articolo della Costituzione (articolo 25) afferma


“nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”. Giudice
naturale non vuol dire far riferimento al diritto naturale, questo principio all’articolo 25 sta a
significare che per ogni controversia la Legge stabilisce/identifica un giudice e questa
identificazione avviene PRIMA che quel fatto sia commesso, prima che quella situazione
conflittuale si sia verificata. Quindi vi è sempre un’anticipazione da parte del legislatore nella
identificazione dei giudici che poi saranno competenti a dirimere quella controversia.
“Precostituito per legge”: non solo c’è quindi una riserva di legge ma deve farlo prima che
siano commessi determinati fatti. Questo non significa che in anticipo si conoscono i nomi
dei magistrati che giudicheranno una particolare controversia quando questa si verificherà,
ma sappiamo quale è il giudice competente.
L’interpretazione che si è data alla Costituzione è che non si possono creare nuovi giudici
speciali ma che si mantengono quelli che si erano già precostituiti rispetto all’intervento della
Costituzione o che comunque sono stati creati in virtù di un’apposita norma costituzionale.

C’è poi un principio strettamente connesso alla separazione dei poteri, che mira a garantire
un’esigenza fondamentale relativa all’esercizio della funzione giurisdizionale in uno Stato
liberale di diritto. DA UN MAGISTRATO CHE AMMINISTRA LA GIUSTIZIA COSA CI SI
ASPETTA? NEUTRALITA’, IMPARZIALITA’, INDIPENDENZA e per far si che vengano
rispettati si enuncia in maniera esplicita il PRINCIPIO DELL’AUTONOMIA E
INDIPENDENZA DELLA MAGISTRATURA RISPETTO AL POTERE POLITICO.
Considerando un caso in aula tribunale e ci sono dei problemi in cui una minoranza protesta
per motivi leciti, la maggioranza potrebbe creare delle leggi che vietano il loro rinnegare o
accusarsi di aver fatto cose illecite, ma QUESTO È ACCETTABILE IN UNO STATO DI
DIRITTO? NO, confligge con qualsiasi elemento di democrazia; quindi si scontra con i
pilastri dello stato di diritto: eguaglianza, legalità, rispetto di un giusto processo. QUALE è
L’ANTIDOTO A QUESTO MALE CHE POTREBBE AFFLIGGERE UNA DEMOCRAZIA?
SANCIRE A LIVELLO COSTITUZIONALE L’AUTONOMIA E L’INDIPENDENZA DELLA
MAGISTRATURA RISPETTO AL POTERE POLITICO, quindi rispetto agli altri poteri dello
Stato (parlamento e governo). Occorre erigere una barriera invalicabile tra questi due ambiti:
da una parte il potere politico incarnato da un Parlamento e governo e dall’altra parte uno
spazio in cui si amministra la giustizia ad opera di funzionari di uno Stato che non hanno
nessun legame di dipendenza al potere politico, e quindi sono messi nella condizione si
svolgere in maniera imparziale, neutrale il proprio ruolo nelle aule in cui si amministra la
giustizia. Tutto questo per evitare un uso strumentale della funzione giurisdizionale per
abbattere il nemico in modo antidemocratico ricorrendo all’illegalità.
IN CHE MODO L’INDIPENDENZA E L’AUTONOMIA DELLA MAGISTRATURA VENGONO
PRESIDIATI? Attraverso una serie di principi, che troveremo a proposito dello status
costituzionale del magistrato, ma ATTRAVERSO SOPRATTUTTO UN PARTICOLARE
ORGANO, quindi un’istituzione che in passato non esisteva e alla quale l’ordinamento
italiano a partire dalla Costituzione attribuisce una serie di funzioni per garantire
indipendenza, autonomia dei magistrati. Questo organo è chiamato: CONSIGLIO
SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA (CSM). Impropriamente il CSM viene definito
organo di autogoverno della magistratura, impropriamente perché sembra quasi che il CSM
faccia si che la magistratura sia un corpo separato da tutto il resto delle istituzioni
repubblicane e quindi possa fare quello che vuole senza dover dar conto a nessuno. In
realtà il CSM è un organo di rilievo costituzionale che amministra lo Status del magistrato,
quindi la condizione giuridica del magistrato. È l’organo che si occupa dal magistrato,
dall’inizio della carriera fino al pensionamento o comunque fino a quando il magistrato esce
dall’ordine giudiziario. Quindi noi abbiamo particolari funzionari dello Stato chiamati
magistrati, e abbiamo un soggetto (organo) il CSM che esercita una serie di funzioni
amministrative relative ai singoli magistrati in modo tale da garantire l’indipendenza e
l’autonomia rispetto al potere politico.

COME È COMPOSTO IL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA? Il CSM è


composto da 3 membri di diritto e da 24 membri elettivi, tra questi membri elettivi ci sono 16
membri togati e 8 laici.
I 3 membri di diritto sono: il Presidente della Repubblica, il primo presidente della Corte
di Cassazione, il procuratore generale presso la Corte di Cassazione. Vengono definiti
membri automatici (di diritto) perché si tratta di 3 persone fisiche che siccome sono titolari
di un certo incarico automaticamente fanno parte al CSM; cioè l’appartenenza al CSM è
conseguenza della funzione principale svolta da queste persone

IL PRIMO PRESIDENTE DELLA CORTE DI CASSAZIONE CHI È? La Corte di Cassazione


è divisa in sezioni, ogni sezione ha un presidente; poi per certe questioni la Corte di
Cassazione decide a sezioni unite e quindi non c’è questa distinzione in sezioni ma ci sono
le sezioni unite e a presiedere le sezioni unite è a il primo presidente della Corte di
Cassazione.

IL PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE CHI È? Presso


ogni tribunale, ogni Corte d’Appello ci sono delle procure della Repubblica, ossia l’ufficio del
pubblico ministero e cioè include i cosiddetti magistrati requirenti. I magistrati requirenti sono
coloro che a differenza dei magistrati giudicanti, nel processo penale svolgono la funzione
dell’accusa, e quindi sono una parte del processo penale.

Ci sono poi i membri elettivi, scelti quindi tramite elezioni: la Costituzione non dice il
numero esatto ma dice che 2/3 dei membri elettivi sono eletti dai magistrati, 1/3 dei membri
elettivi sono scelti dal parlamento in seduta comune. Quindi si hanno 2/3 dei membri togati,
quindi magistrati scelti dai magistrati; e poi membri laici cioè che non sono magistrati, sono o
professori ordinari di università o avvocati con almeno 15 anni di esercizio che vengono
eletti dal parlamento in seduta comune. Sono laici perché non esercitano la professione di
magistrato. La legge prevede attualmente che 16 siano i membri togati e 8 i membri laici.
L’IMPORTANTE È RAGIONARE PERCHÉ QUESTA COMPOSIZIONE.
il CSM serve a tutelare indipendenza e autonomia rispetto al potere politica e poi nel CSM
troviamo 8 membri su 27 (24+3) che sono scelti dal potere politico e provengono da
categorie professionali diverse rispetto a quelle dei magistrati. PERCHE’ QUESTA SCELTA?
Uno dei rischi associati al riconoscimento dell’autonomia e indipendenza di un potere
rispetto agli altri poteri dello Stato è che quel potere autonomo diventi un POTERE
AUTOREFERENZIALE, cioè un potere che non accetta critica, che non vuole subire
osservazioni e contestazioni rispetto ad altri poteri, un potere che si chiude in sé stesso e
non ammette alcuna forma di giudizio rispetto ad altri poteri dello Stato: questo è il rischio.
Nel momento in cui un insieme di funzionari si garantisce dietro il principio di autonomia e
indipendenza, c’è il rischio che questa autonomia e indipendenza vengano spinte alle
estreme conseguenze così da rendere i magistrati giudici di loro stessi (autoreferenzialità).

Se la costituzione riconosce alla magistratura questa posizione di autonomia e indipendenza


rispetto al potere politico C’È IL RISCHIO CHE ESSI DIVENTINO UN CORPO COESO E
COMPATTO DEL TUTTO SEPARATO DAL RESTO E IMMUNE IN QUALSIASI
FORMA/MODO DI GIUDIZI, CRITICHE, RILIEVI DA PARTE DEGLI ALTRI POTERI; e
questo è grave perché come qualsiasi altro funzionario dello Stato anche il magistrato può
sbagliare, anche il magistrato può esercitare male la sua funzione amministrando in maniera
sbagliata la giustizia. Il diritto è imperfetto proprio perché fatto da uomini, non è una scienza
esatta, la legge può essere scritta male e lo stesso magistrato può valutare in maniera
erronea i fatti che gli vengono portati a conoscenza. Ecco perché i costituenti hanno
INTRODOTTO UN CORRETTIVO che è DATO DA QUEGLI 8 MEMBRI LAICI che grazie
alla loro presenza POSSONO CONTENERE, FRENARE UN ISTINTO
ALL’AUTOREFERENZIALITÀ CHE IN QUALCHE MODO POTREBBE ESSERE
L’EFFETTO COLLATERALE DEL RICONOSCIMENTO DELL’INDIPENDENZA E
AUTONOMIA DELLA MAGISTRATURA RISPETTO AL POTERE POLITICO.

I MEMBRI TOGATI? Il magistrato è un essere umano pensante che ha un proprio bagaglio


culturale che si riconosce in un proprio patrimonio di valori, ogni magistrato ha una propria
coscienza politica e non si può pretendere che un magistrato rinunci alla sua coscienza
politica in funzione del ruolo che svolge; ciò che conta è che non faccia attivismo in un
partito e soprattutto la sua sensibilità politica non deve essere tale da interpretare in maniera
sbagliata la legge, ad amministrare la giustizia in modo deformato per effetto della propria
visione politica.
Quindi anche i 16 magistrati togati vengono scelti dagli altri magistrati attraverso elezioni che
risentono della suddivisione dei magistrati in correnti politiche, i magistrati (non tutti) si
riconoscono in formazioni che aggregano magistrati che hanno una visione della vita
omogenea, perché appunto si hanno magistrati progressisti, liberal, democratici, estremisti
dal punto di vista politico…
LEZIONE 26: Ordine Giudiziario
Riguardo alle attribuzioni del CSM si ha la possibilità di ricostruire lo status costituzionale
del magistrato, cioè quali sono i principi che definiscono le garanzie di questo particolare
funzionario dello Stato chiamato ad amministrare la giustizia in nome del popolo.

COME SI ACCEDE IN MAGISTRATURA? La costituzione è chiara nell’indicare nel concorso


il meccanismo di reclutamento dei futuri magistrati; il concorso è disciplinato a livello
legislativo, sono intervenute una serie di modiche nel corso degli anni in quanto il numero
degli aspiranti magistrati è crescente negli anni. La riforma più importante è di aver
trasformato il concorso di magistratura come una sorta di concorso di secondo grado, cioè u
concorso a cui possono partecipare non semplicemente i laureti di giurisprudenza ma i
laureati che abbiano anche conseguito un altro titolo o qualifica così da andare a ridurre il
numero dei potenziali candidati e anche di elevare la qualità media dei candidati stessi.
L’accesso in magistratura è rimesso alle competenze del CSM in quanto il concorso è
gestito proprio dal CSM; nel senso che il ministero della giustizia fornisce tutto l’apparato
logistico e strumentale per l’espletamento delle prove concorsuali ma poi la gestione nel
merito del concorso è svolta dal CSM. C’è una commissione composta da magistrati e
professori universitari e ci sono poi una serie di prove scritte e orali all’esito delle quali si
perverrà alla selezione di coloro che si ritengono essere i migliori. La selezione dei
magistrati quindi non viene effettuata dall’organo politico ma dal CSM, e così poi anche le
assegnazioni nelle varie sedi.

I magistrati si distinguono tra di loro non per maggiore importanza, autorevolezza, prestigio
ma assolvono solo funzioni diverse. Quindi la carriera dei magistrati avviene
fondamentalmente secondo il principio dell’anzianità, nel senso che periodicamente sono
previste delle verifiche di professionalità dei magistrati e una volta superato questo controllo
di professionalità c’è lo scatto di anzianità, c’è l’attribuzione di una qualifica che
corrisponde all’anzianità di servizio.
I controlli delle competenze non sono dure perchè se così fosse tutti studierebbero solo per
il controllo e cadrebbe la qualità dei magistrati, infatti sono più lievi ma pur sempre tosti
Un altro PRINCIPIO è QUELLO DELLA INAMOVIBILITA’: cioè i magistrati non possono
essere rimossi o spostati dal loro ufficio ad un altro ufficio se non con tutte le garanzie
previste dalla legge per assicurare il contradditorio con il magistrato assicurato oppure con il
consenso del magistrato stesso.

TRASFERIMENTO: il trasferimento può essere un’arma insidiosa da brandire contro un


magistrato sgradito che sta assumendo iniziative che non piacciono a qualcuno, e questo
qualcuno può essere un soggetto sia all’interno e al di fuori della magistratura. ma se viene
trasferito con un caso in corso, tale corso dovrà ricominciare da capo per questo il
trasferimento è davvero una soluzione insidiosa..
però il magistrato ha il diritto di “protestare” contro tale decsione

Un’altra competenza del CSM è il POTERE DISCIPLINARE NEI CONFRONTI DEI


MAGISTRATI. Il PM è un magistrato come tutti gli altri solo che anziché svolgere funzioni
giudicanti la Costituzione gli attribuisce l’obbligo di esercizio dell’azione penale, quindi il
magistrato requirente applicato presso le varie procure della repubblica svolge attività di
indagine che se poi c’è il rinvio a giudizio determinano un capo di imputazione nei confronti
di una persona e il pubblico ministero quindi diventa parte del processo penale e sostiene la
tesi accusatoria in quel giudizio ma non è subordinato al potere politico, perchè altrimenti
sarebbero troppo forti

C’è anche il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale che è strettamente connesso


al principio di eguaglianza formale. Questo principio cosa indica?
Azione penale vuol idre che un PM se riceve notizia di un reato esercita l’azione quindi
compie tutte quelle attività di indagini che potrebbero portare all’instaurazione di un processo
penale a carico di una determinata persona; obbligatorietà vuol dire che ogni volta che la
procura della repubblica riceve una notizia di reato attraverso una denuncia, querela,
esposto… la procura DEVE ATTIVARSI E DEVE PERSEGUIRE i colpevoli di quel reato.
Mentre discrezionalità significherebbe per un PM “si ho ricevuto notizia di quel reato ma ho
altro da fare e do la priorità ad altre indagini”.
Il principio di obbligatorietà dell’azione penale è strettamente connesso al principio di
eguaglianza formale in quanto ogni reato è uguale davanti alla legge, nel senso che tutti
sollecitano l’azione penale del pubblico ministero ma all’interno della procura di definisce un
ordine di priorità in modo da perseguire efficacemente quei reati che secondo il CSM e le
varie procure meritano una priorità ma questo non fa venire meno il principio di
obbligatorietà dell’azione penale.

RAPPORTI TRA CSM E MINISTRO DELLA GIUSTIZIA


il ministro della giustizia è l’unico ministro espressamente indicato nella Costituzione, quindi
quando si parla di governo la Costituzione cita il presidente del Consiglio e tra tutti i ministri
cita solo il ministro della giustizia e lo fa in due disposizioni:
● la prima quando attribuisce al ministro della giustizia il potere di promuovere
l’azione disciplinare nei confronti dei magistrati,
● la seconda quando attribuisce al ministro della giustizia i compiti che riguardano
l’organizzazione dei servizi giudiziari.
CSM e ministro della giustizia sono le due entità che in qualche modo interagiscono quando
la giustizia viene concretamente amministrata ma con ruoli profondamente diversi perché il
CSM, quale organo di garanzia dell’autonomia e indipendenza dei magistrati, si occupa dei
magistrati; il ministro della giustizia si occupa di tutto l’apparato organizzativo
strumentale, mezzi e risorse perché l’amministrazione della giustizia funzioni bene. NON
INTERVIENE MAI IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA SULLA CONDIZIONE GIURIDICA DEI
SINGOLI MAGISTRATI, PROMUOVE L’AZIONE DISCIPLINARE MA NON DECIDE se il
magistrato è colpevole o no di quell’illecito che gli è stato addebitato. Il ministro della
giustizia, organo politico, non può mai entrare nel merito.

RESPONSABILITA’ DISCIPLINARE DEI MAGISTRATI


I magistrati devono rispettare alcuni principi etici di deontologia professionale. Il codice
deontologico che si applica ai magistrati serve a presidiare il prestigio, l’autorevolezza e la
credibilità dei magistrati perché come ha detto più volte la Corte costituzionale, il CSM e la
corte di cassazione: i magistrati non solo devono essere imparziali ma devono anche
apparire imparziali. Quando vengono violati i principi di etica dei magistrati allora il CSM
può istaurare un procedimento disciplinare nei confronti di quel magistrato, ATTENZIONE
l’illecito disciplinare eventualmente contestato al magistrato è tutt’altro dall’illecito penale o
all’illecito civile che può essere contestato ad un magistrato.
UN MAGISTRATO CHE VIENE SOTTOPOSTO A PROCEDIMENTO DISCIPLINARE DEL
CSM NON VIENE GIUDICATO PER AVER COMMESSO UN REATO MA PER AVER
VIOLATO QUEI PRINCIPI ETICI, UN MAGISTRATO CHE IN IPOTESI VIENE
CONDANNATO DAL CSM CON UNA SANZIONE DISCIPLINARE NON HA COMMESSO
UN REATO
CHI PUÒ PROMUOVERE L’AZIONE PENALE NEI CONFRONTI DEL MAGISTRATO? Il
ministro della giustizia e il procuratore generale presso la corte di cassazione (uno dei
tra membri del diritto del CSM). Il procedimento disciplinare si svolge davanti al CSM, quindi
c’è una sezione disciplinare che appunto instaura questo vero e proprio giudizio, c’è
un’accusa e una difesa e alla fine c’è un provvedimento qualificato come sentenza, e
questo provvedimento può essere impugnato se il magistrato non è d’accordo con la
sentenza che ha subito davanti alla Corte di Cassazione a sezioni unite. il provvedimento
può essere anche l’allontanamento dalla magistratura e non solo la sospensione.

LEZIONE 27: Ordine Giudiziario


RESPONSABILITA’ DEI MAGISTRATI
Al pari di qualsiasi professionista anche il magistrato può commettere degli errori e essi
espongono il magistrato a tutta una serie di responsabilità, una è la responsabilità
disciplinare vista in precedenza ma il magistrato che sbaglia può anche essere incriminato
in un processo penale o chiamato a rispondere in sede civile davanti ad una domanda di
risarcimento del danno. Quindi il magistrato può essere sottoposto a processo penale
con l’accusa di aver commesso un reato, sia nell’esercizio delle sue funzioni sia altrove, non
cambia nulla però non c’è un regime particolare (come invece c’era per il presidente della
repubblica e per i membri del governo). L’UNICA CAUTELA DEL MAGISTRATO
SOTTOPOSTO A GIUDIZIO PENALE È CHE EGLI VERRÀ GIUDICATO DA UN
MAGISTRATO DI UN ALTRO DISTRETTO DI CORTE D’APPELLO.

La legge prevede che il magistrato sia chiamato a rispondere per dolo o colpa grave in
relazione ad attività commesse in relazione all’esplicazione delle proprie funzioni. ma LA
SUA RESPONSABILITÀ VERRÀ RICONOSCIUTA SOLO IN CASI IN CUI QUEL DANNO
IN GIUSTO SIA STATO COMMESSO INTENZIONALMENTE DAL MAGISTRATO OPPURE
PER COLPA GRAVE (negligenza, impudenza, imperizia grave però non lieve o moderata).
Il magistrato che commette reati o pone in essere illeciti civili è sottoposto alla giurisdizione
come qualsiasi altro cittadino, l’unico elemento di favore è la colpa grave.

COMPLESSO RAPPORTO TRA MAGISTRATURA E POLITICA


Il magistrato ha una propria sensibilità politica e nessuna norma potrebbe imporre ad un
magistrato di rinunciare ai propri valori, ma un conto è riconoscersi in alcuni valori ideali altro
è praticarli nell’esercizio della professione magari all’interno di una struttura organizzativa
che si fa interprete di quei valori (partito o movimento politico). Queste due cose non sono
sovrapponibili, ognuno di noi ha una sensibilità politica ma questo non significa essere parte
di un partito o di un movimento politico; la politica si fa preferibilmente attraverso i partiti
(articolo 49 Costituzione) ma si può fare politica anche al di fuori di queste strutture
associative.
COME PUO’ UN MAGISTRATO FARE POLITICA?
Candidandosi alle elezioni, entrando in parlamento, diventando sindaco di un paese… MA
UN MAGISTRATO PUO’ ESSERE ELETTO DEPUTATO SENATORE, SINDACO,
PRESIDENTE DI UNA REGIONE…? LA RISPOSTA E’ SI’.
La legge italiana non preclude ad un magistrato di candidarsi alle elezioni ed essere eletto,
ci sono però degli accorgimenti per garantire la par conditio rispetto agli altri candidati, per
evitare che il magistrato sfrutti a proprio vantaggio questo potere di captatio benevolentiae
di raccolta di consensi intorno alla sua persona sfruttando la sua popolarità.
Candidarsi ed essere eletti andando a svolgere attività politica attiva è qualcosa di rilevante
per un magistrato il cui statuto costituzionale riposa sui principi di autonomia e indipendenza
dal potere politica. Quindi nel momento in cui un magistrato si candida in qualche modo
quell’autonomia e indipendenza rispetto al potere politico viene un po’ messa in discussione.
Ma lo fa perché ritiene di dover svolgere un incarico istituzionale diverso rispetto al lavoro
che abitualmente svolge, quindi non c’è nulla di negativo se un magistrato si candida per
diventare deputato o senatore;
IL PROBLEMA È CHE I SISTEMI ELETTORALI SONO COSTRUITI IN MODO TALE DA
RICONOSCERE UN RUOLO DECISIVO, CENTRALE AI PARTITI E AI MOVIMENTI
POLITICI: Un magistrato che viene eletto e ricopre quindi una carica elettiva viene collocato
fuori ruolo dalla magistratura e quindi viene messo in aspettativa per tutta la durata del
mandato comunale, regionale…. e quindi non fa il magistrato. Non riceve neanche lo
stipendio del magistrato. Con l’intesa che una volta cessata la carica istituzionale quella
persona torna a fare il magistrato, a meno che non venga rieletto. Nella stragrande
maggioranza dei casi che vengono eletti non tornano più indietro, compiono una scelta
irreversibile; molti addirittura si dimettono all’atto in cui accettano la candidatura, pur non
essendo obbligati a dimettersi.
C’È UN ASPETTO PARTICOLARMENTE INTERESSANTE, un’apparente contraddizione sia
da parte della Corte Costituzionale si della Cassazione a sezioni unite: entrambi questi
organi, sia pure con argomentazioni in parte differenti, ritengono che sia compatibile il fatto
per un magistrato di potersi candidare alle elezioni e al tempo stesso però di non essere
parte attiva di un partito. Quindi da queste pronunce sia della corte costituzionale sia della
cassazione a sezioni unite emerge questo aspetto: il magistrato può sì essere eletto in
parlamento, regione, in un comune, … ma non può svolgere attività per un partito
(fermo restando il divieto di tesseramento). Questa potrebbe essere un’apparente
contraddizione perché come detto in precedenza se non si gode dell’appoggio, del sostegno
positivo di un partito politico non ci si può candidare

PRINCIPI DI BASE CHE RIGUARDANO IL PROCESSO


LA COSTITUZIONE ALL’ARTICOLO 24 RICONOSCE A TUTTI IL DIRITTO DI DIFESA E
DI AGIRE IN GIUDIZIO PER FAR VALERE LE PROPRIE RAGIONI: quindi diritto di agire in
giudizio e diritto di difesa sono diritti costituzionalmente garantiti per cui il legislatore non può
non garantire ad alcuni soggetti questi diritti. Siccome la difesa richiede un corredo di
conoscenze specialistiche che non tutti hanno, e quindi c’è bisogno di una difesa tecnica nei
processi (avvocati) e siccome gli avvocati costano (hanno delle parcelle che devono essere
rispettati) allora la Costituzione prevede il gratuito patrocinio per i non abbienti; quindi per
rendere affettivo il diritto di difesa, anche per i soggetti che non possono permettersi la
parcella di un avvocato la costituzione impone al legislatore di disciplinare e garantire il
gratuito patrocinio. Questo avvocato riceve comunque l’onorario ma non dal cliente ma dallo
Stato.
Altro principio fondamentale riguarda la materia penale ed è la PRESUNZIONE DI NON
COLPEVOLEZZA. In termini giuridici la presunzione è quell’istituto che permette di risalire
da un fatto noto/conosciuto ad un fatto ignota ma da dimostrare; le presunzioni possono
essere relative o assolute. Quella relativa può essere vinta da prova contraria, quella
assoluta invece è un automatismo che fissa…
Presunzione di non colpevolezza significa che l’imputato non può considerarsi colpevole
del reato che gli viene contestato fino alla sentenza definitiva di condanna; fino a quel
momento l’imputato non può considerarsi colpevole.

PERCHE’ NON COLPEVOLEZZA INVECE CHE INNOCENZA? Perché PARLARE DI NON


COLPEVOLEZZA RIFLETTE IL MODO DI INTENDERE L’ONERE DELLA PROVA NEL
PROCESSO PENALE. Nel processo penale italiano che è proprio della famiglia degli Stati
liberali di diritto l ’onere di provare la colpevolezza dell’imputato spetta al pubblico ministero,
spetta all’accusa. Mentre la difesa non deve provare l’innocenza dell’imputato, deve
confutare la tesi accusatoria del PM allegando tutte le prove che servono per dimostrare che
il PM si sta sbagliando.
QUESTO PRINCIPIO CI AIUTA A CAPIRE ALCUNI PRINCIPI COSTITUZIONALI CHE
TROVIAMO NELL’ARTICOLO 111: che ci aiuta a capire i pilastri del giusto processo
secondo il nostro ordinamento.
● Principio della Ragionevole durata del processo: i processi non possono durare
all’infinito, bisogno arrivare ad una conclusione e quindi i vari codici contengono
regole per cercare di contenere nel tempo la dinamica processuale.
● Principio del contraddittorio: soprattutto in materia penale le PROVE della
colpevolezza dell’imputato si producono nel processo, nel contraddittorio tra accusa
e difesa.
● Principio di parità tra le parti: accusa e difesa sono parti del processo equidistanti
dal giudice e attraverso un confronto fanno si che le prove si formino davanti al
giudice che poi dovrà decidere se l’imputato sia colpevole o innocente, da
considerare come non veritiera al 100% le testimonianze, perchè il testimone
potrebbe dire quello che si sente invece della verità.

LEZIONE 28: Pubblica Amministrazione


Tutto ciò che riguarda le pubbliche amministrazioni è riconducibile alla nozione di potere
esecutivo ed è l’attività di CURA CONCRETA DEGLI INTERESSI GENERALI. Il potere
legislativo sappiamo che produce norme generali e astratte; il potere giudiziario applica la
norma generale e astratta ai casi concreti per ripristinare la legalità violata/ per dirimere una
controversia /per verificare se l’imputato in un processo penale sia colpevole o no. anche la
pubblica amministrazione per pensare alla cura concreta interessi generali e astratti
applica la norma generale e astratta al caso concreto però non lo fa per le stesse ragioni
sottese all’amministrazione della giustizia.

PERCHE’ C’E’ BISOGNO DELL’ATTIVITA’ AMMINISTRATIVA? Perché in qualche modo


bisogna tutelare la vita di tutti i cittadini, rispetto ai quali si pone poi un problema di
compatibilità o coerenza degli interessi privati che spingono i singoli a rivolgersi alla pubblica
amministrazione, che spingono quella famiglia a chiedere un alloggio popolare, che
spingono l’imprenditore a chiedere la licenza commerciale
L’INTERESSE È LO STATO DI TENSIONE IDEALE VERSO UN BENE CHE VIENE
RITENUTO NECESSARIO PER SODDISFARE UN DETERMINATO BISOGNO. L’aggettivo
GENERALE sta ad indicare agli INTERESSI DELL’INTERA COMUNITÀ DI RIFERIMENTO,
dell’intera società. Quindi l’interesse generale è l’interesse espresso da una comunità, non
da singole persone o da singoli gruppi.
In questi interessi si riconosce l’intera comunità globalmente considerata, e questi interessi
interagiscono con gli interessi privati e non è da escludere che questi possano entrare in
conflitto. Infatti QUESTI INTERESSI GENERALI ASSUMONO RILEVANZA GIURIDICA
SOLO QUANDO LE ISTITUZIONI CHE PRODUCONO DIRITTO OGGETTIVO ne
riconoscono l’attuale rilevanza, e quindi RITENGONO CHE QUEGLI INTERESSI
GENERALI MERITINO DI UNA PARTICOLARE PROTEZIONE ATTRAVERSO NORME
GIURIDICHE GENERALI E ASTRATTE.

La produzione di norme generali e astratte è solo il primo passo che si fa per tutelare
l’interesse generale, non è sufficiente infatti solo una norma generale e astratta ma c’è
bisogno di una pubblica amministrazione. La CURA DEGLI INTERESSI GENERALI esige
che un primo momento, definito ASTRATTO, che si risolve nella produzione di norme
giuridiche, e un secondo momento successivo definito CONCRETO che si risolve nello
svolgimento dell’attività amministrativa.
Quindi mentre l’attività normativa si può considerare la cura astratta degli interessi
generali; l’attività amministrativa è la cura concreta degli interessi generali, affrontando
caso per caso.

Si tratta di situazioni reali ai quali si applica la norma generale e astratta, e viene applicata la
norma dalla pubblica amministrazione; quindi le pubbliche amministrazioni sono quelle
istituzioni che svolgono attività di cura concreta degli interessi generali. Quando si parla di
cura concreta degli interessi generali per descrivere l’attività amministrativa si fa riferimento
a tutte quelle situazioni in cui un privato aspira ad ottenere qualcosa ma deve confrontarsi
con un interesse generale.

QUALE È LO STRUMENTO ATTRAVERSO IL QUALE LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE


PROVVEDE ALLA CURA CONCRETA DEGLI INTERESSI GENERALI? Questo strumento
si chiama POTERE AMMINISTRATIVO. Il potere amministrativo è LA CAPACITÀ
GIURIDICA SPECIALE che consente alle amministrazioni di provvedere alla cura concreta
degli interessi generali.
Pubblica amministrazione e potere amministrativo sono un binomio indissolubile e quindi
noi dobbiamo conoscere nel dettaglio tutto ciò che riguarda il potere amministrativo a partire
da questa definizione che esprime un concetto basilare fondamentale. La parola potere
dovrebbe già aiutarci a capire che stiamo parlando di uno strumento forte che si può
abbattere contro i privati, perché un privato può rivolgersi alla pubblica amministrazione per
ottenere un atto per esercitare legittimamente i propri diritti ma a volte il privato subisce quel
potere
LE CARATTERISTICHE FONDAMENTALI DEL POTERE
● Unilateralità: il potere viene esercitato dalla pubblica amministrazione, non ha
bisogno di altri soggetti (in particolare i privati). Nel diritto privato a parte alcuni
negozi giuridici unilaterali la regola fondamentale è negozio giuridico bilaterale o
trilaterale, cioè posto in essere da più soggetti. La donazione è un contratto
bilaterale.
● Imperatività: il potere si impone anche contro la volontà del suo destinatario.
Esecutorietà: il potere produce i suoi effetti senza che siano necessarie altre forme
di mediazione, altri atti o comportamenti particolari; è esecutivo immediatamente.

Il potere che serve alla cura concreta di un interesse generale e che ha queste
caratteristiche è uno strumento molto forte nelle mani dell’autorità rispetto alla quale il
privato può contrapporsi. Allora quando la PUBBLICA AMMINSTRAZIONE ESERCITA UN
POTERE SI ISTAURA UN RAPPORTO GIURIDICO TRA LA PUBBLICA
AMMINISTRAZIONE E IL PRIVATO.

LEZIONE 29: Pubblica Amministrazione


Il potere amministrativo è quindi lo strumento che permette alle pubbliche amministrazioni
di provvedere alla cura concreta degli interessi generali. L’esercizio del potere determina
l’istaurazione di un rapporto giuridica tra la Pubblica Amministrazione e il privato. IL
PRIVATO in questo rapporto giuridico difronte ad un potere amministrativo il privato è
TITOLARE DI UN INTERESSE LEGITTIMO.
L’interesse legittimo è la POSIZIONE GIURIDICA SOGGETTIVA DEL PRIVATO QUANDO
LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ESERCITA UN POTERE, infatti prevale un giudice
che aiuta in caso di necessita il privato. Inoltre IL PRIVATO È GIÀ TITOLARE DI ANCHE
UN’ALTRA POSIZIONE GIURIDICA SOGGETTIVA che si chiama DIRITTO SOGGETTIVO

POSIZIONE GIURIDICA SOGGETTIVA DEL PRIVATO: INTERESSE LEGITTIMO E


DIRITTO SOGGETTIVO
Diritto soggettivo e interesse legittimo NON SONO LA STESSA COSA. Per capire cosa è
l’interesse legittimo occorre capire cosa è il diritto soggettivo in quanto tutto ciò che non è
diritto soggettivo può essere interesse legittimo.
● DIRITTO SOGGETTIVO: Intanto la figura paradigmatica di diritto soggettivo, cioè
l’esempio paradigmatico di diritto soggettivo è la proprietà privata. Si racconta
addirittura che i teorici hanno elaborato il concetto di diritto soggettivo hanno
esaminato l’evoluzione storica della proprietà privata. La persona può farci quello che
vuole con le sue proprietà e se qualcuno non dovesse rispettare tali limiti, IL
GIUDICE RITIENE INDIFFERENTI LE MOTIVAZIONI CHE LA CONTROPARTE
ADDUCE A GIUSTIFICAZIONE, quindi si può dire che L’ORDINAMENTO TUTELA
IL DIRITTO SOGGETTIVO IN MANIERA PIENA E COMPLETA.
● INTERESSE LEGITTIMO: se io chiedo la patente e la motorizzazione non me la
vuole dare, io vado dal giudice contro la motorizzazione facendo valere questa
violazione di un mio diritto alla patente? NO. Non è che quando l’interesse legittimo
viene calpestato allora ci rivolgiamo ad un giudice che ci dà necessariamente
ragione per il solo fatto che l’interesse legittimo ci è stato leso.
L’interesse legittimo è protetta in maniera meno forte dell’ordinamento perché IL NOSTRO
INTERESSE LEGITTIMO PUO’ ESSERE LEGITTIMAMENTE SACRIFICATO DALLA
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE QUANDO NEL CASO CONCRETO SI RIVELA IN
CONTRASTO CON L’INTERESSE GENERALE in nome del quale quel potere è stato
esercitato, ma SI DEVE DIMOSTRARE CHE IL NOSTRO INTERESSE LEGITTIMO ERA DI
FATTO COMPATIBILE CON L’INTERESSE GENERALE.

L’INTERESSE LEGITTIMO È LA POSIZIONE GIURIDICA DEL PRIVATO PER IL


CORRETTO ESERCIZIO DEL POTERE AMMINISTRATIVO, infatti È LO STRUMENTO
CHE NOI PRIVATI ABBIAMO PER COLPIRE EVENTUALI ARBITRI DA PARTE DELLA
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE.

Principi fondamentali che reggono l’azione amministrativa che garantiscono il legittimo


esercizio del potere:
● PRINCIPIO DI LEGALITA’: il potere deve rispettare la legge, il potere è subordinato
al diritto oggettivo, il potere è vincolato al rispetto della norma giuridica. Questo è uno
dei lasciti più importanti dello Stato liberale di Diritto: ogni potere è subordinato al
diritto oggettivo, alla norma giuridica perché senza questo vincolo della norma
giuridica il potere diventerebbe arbitrio, diventerebbe liberà mentre la PA non è mai
libera. Principio di legalità vuol dire che il potere deve essere esercitato nelle forme e
nei modi stabiliti dalla legge, infatti la PA segue il principio di TIPICITA’
● PRINCIPIO DI IMPARZIALITA’ (ARTICOLO 97): è il risvolto dell’eguaglianza
formale, non significa che la PA deve trattare tutte le pratiche allo stesso modo
● PRINCIPIO DEL BUON ANDAMENTO DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA: la PA è
una struttura complessa che non solo esercita poteri ma deve anche funzionare
utilizzando al meglio le risorse che ha a disposizione; quindi buon andamento vuol
dire uso efficiente delle risorse, vuol dire azione efficace della PA, ma anche minor
sacrificio possibile per i privati che interagiscono con la pubblica amministrazione.
● PRINCIPIO DI RAGIONEVOLEZZA E PROPORZIONALITA’: le decisioni devono
essere logiche, giustificate, necessarie se comportano dei sacrifici ai privati.
● PRINCIPI COSTITUZIONALI CHE RIGUARDANO I SOGGETTI CHE ESERCITANO
IL POTERE: i pubblici impiegati sono a servizio esclusivo della nazione; i pubblici
funzionari vengono assunti tramite concorso; i pubblici funzionari sono responsabili
insieme alle pubbliche amministrazioni di appartenenza dei danni cagionati a terzi.

Quindi vi è una combinazione di principi che definiscono il regime giuridico del potere, cioè
che definiscono questo potere come uno strumento che non è illimitato/assoluto/privo di
vincoli/requisiti ma che è soggetto al rispetto di questi principi che poi vengono declinati nel
dettaglio attraverso una serie di norme giuridiche (leggi o regolamenti) che contribuiscono a
rendere corretto l’esercizio del potere; un potere non può esercitarsi correttamente se non ci
fossero dei paletti, vincoli.
LEZIONE 30: Rapporto tra Legge e Funzione Amministrativa
L’attività amministrativa è dunque l’attività di cura concreta degli interessi generali, una
cura concreta che viene perseguita attraverso l’esercizio di un potere amministrativo che
presenta le caratteristiche che sono state indicate in precedenza; a fronte del potere della
PA c’è un interesse legittimo del privato che è una posizione giuridica soggettiva, quindi un
interesse tutelato dall’ordinamento affinchè il potere sia esercitato legittimamente. Un potere
è esercitato legittimamente quando rispetta innanzitutto i principi fondamentali che
sovraintendono l’azione amministrativa, tra questi soprattutto il PRINCIPIO DI LEGALITA’.
Legalità significa che anche il potere amministrativo, al pari del potere giudiziario, è soggetto
al rispetto della legge, è subordinato alla norma giuridica, quindi la norma giuridica
condiziona, vincola, limita, il potere amministrativo a cominciare dall’interesse generale cioè
ogni potere amministrativo è FUNZIONALE ALLA CURA CONCRETA DI UN INTERESSE
GENERALE. Ad ogni potere amministrativo corrisponde UNO E UNO SOLO INTERESSE
GENERALE DA TUTELARE, quindi può succedere che un potere amministrativo sia
esercitato per in interesse generale diverso rispetto a quello previsto dalla legge, e si
avrebbe uno sviamento del potere e l’atto finale sarebbe illegittimo.

Si è detto che l’attività amministrativa rientra nello spazio del potere esecutivo, e questo
spesso è indicato come il potere di dare esecuzione alla legge ma si è visto che una
definizione del genere non può considerarsi appagante perché dire ciò non significa nulla.
Potere esecutivo, dare esecuzione alla legge, significa curare concretamente l’interesse
generale applicando la norma generale e astratta al caso concreto, varia da caso a
caso. Pertanto, si può operare una CLASSIFICAZIONE TRA TRE TIPOLOGIE DI ATTIVITÀ
AMMINISTRATIVA CHE SI DIFFERENZIANO TRA DI LORO PROPRIO PER IL
DIFFERENTE GRADO DI COLLEGAMENTO, RELAZIONE CON LA LEGGE. Teniamo
presente che quando parliamo di “legge” parliamo di fonte primaria ma anche di fonte
secondaria, quindi anche i regolamenti governativi nel rispetto delle riserve di legge
vincolano l’attività amministrativa.

PRIMA TIPOLOGIA: ATTIVITA’ AMMINISTRATIVA VINCOLATA: in questi casi la PA deve


solo limitarsi ad accertare in modo semplice i requisiti stabiliti dalla legge per il rilascio di
quel determinato atto, infatti non è necessario qualcuno con tante competenze per verificare,
basta seguire solo la legge: c’è, bene se no niente. inoltre e i requisiti ci sono, la PA deve
accettare la domanda del privato e non può ostacolarlo e esegue il dettato legislativo e
quindi applica la norma al caso concreto senza margini di manovra.
Le volte in cui la legge subordina l’accoglimento della domanda del privato ad un requisito il
cui accertamento NON RICHIEDE UNA PARTICOLARE COMPETENZA del pubblico
funzionario il giudice in caso di controversi può egli stesso, direttamente verificare la
sussistenza di quel requisito. Questa è l’attività amministrativa vincolata, quel tipo di attività
dove le chance di successo da parte del privato in caso di giudizio contro la PA sono
particolarmente elevate.
SECONDA TIPOLOGIA: DISCREZIONALITA’ AMMINISTRATIVA
LO SFRUTTAMENTO VIENE GARANTITO ATTRAVERSO UN PROVVEDIMENTO
AMMINISTRATIVO CHE SI CHIAMA CONCESSIONE. La concessione è l’atto
amministrativo che consente ad un privato di esercitare un diritto che egli non ha. La
concessione è un provvedimento che è espressione di un potere amministrativi, l’interesse
generale sovrastante questo potere amministrativo è l’interesse allo sfruttamento ottimale di
una risorsa economica possibilmente garantendo la tutela dell’ambiente.
Si pone un PROBLEMA DI SCELTA DEL PRIVATO A CUI DARE LA CONCESSIONE. La
pubblica amministrazione sa che deve esercitare un potere di concessione per
quell’interesse generale: sviluppo economico ottimale senza danno all’ambiente ma in nome
di quell’interesse generale deve fare una scelta, quindi non può accogliere tutte le domande.
La scelta deve ricadere sull’impresa privata che meglio delle altre dimostra di essere in
grado si sfruttare adeguatamente quella pezzo senza arrecare danno all’ambiente.
Ma sarà la PA ha determinare, con uno studio dietro, il vincitore, perchè la legge dice solo
che il futuro proprietario deve sfruttare bene il terreno senza recare danni,
IN CASI IN CUI LA LEGGE CONSENTE ALL’AMMINISTRAZIONE MARGINI DI SCELTA SI
HA DISCREZIONALITÀ AMMINISTRATIVA, QUINDI UN POTERE È DISCREZIONALE
NON PERCHÉ È ARBITRARIO O LIBERO. L’ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA NON È MAI
LIBERA IN QUANTO È SEMPRE VINCOLATA DALLA LEGGE NEGLI OBIETTIVI DA
RAGGIUNGERE E DEFINENDO L’OBIETTIVO, POI SARANNO LE PA A DEFINIRE I
MEZZI CON CUI RAGGIUNGERE QUEGLI OBIETTIVI, CONSIDERANDO SEMPRE IL
MARGINE DI SCELTA. Quindi chi è stato escluso non avrà altre possibilità

LEZIONE 31: Rapporto tra Legge e Funzione Amministrativa


TERZA TIPOLOGIA: DISCREZIONALITA’ TECNICA Si ha una legge che dice che solo gli
idonei possono soddisfare quell’interesse generale, quindi in pratica la legge sta chiedendo
ad un organismo amministrativo di accertare questo requisito. Stando così le cose
sembrerebbe un’attività amministrativa vincolata: la legge stabilisce il requisito e
l’amministrazione accerta il requisito, se il requisito c’è il provvedimento è positivo, se il
requisito non c’è il provvedimento è negativo. Siamo sicuri che questa sia un’attività
amministrativa vincolata al pari della carta d’identità, della tessera elettorale…?
SEMBREREBBE ESSERE UN’ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA VINCOLATA MA C’È UNA
DIFFERENZA: nell’attività amministrativa vincolata l’accertamento dei requisiti è un
accertamento semplice, cioè che non presuppone il possesso di conoscenze tecniche
specialistiche da parte di chi svolge quell’accertamento; nel caso dell’esame di avvocato la
commissione è composta da esperti operatori del diritto e quindi siamo in presenza di un
accertamento tecnicamente complesso e allora non c’è ne attività discrezionale ne attività
vincolata ma SI PARLA DI DISCREZIONALITÀ TECNICA E CIOÈ LA PA ACCERTA I
REQUISITI STABILITI DALLA LEGGE SECONDO VALUTAZIONE TECNICAMENTE
COMPLESSE CHE RICHIEDONO NELL’ORGANISMO CHE OPERA QUESTA
VALUTAZIONE IL POSSESSO DI QUALIFICANTI CONOSCENZE TECNICO
SPECIALISTICHE.
Questa tipologia ha una caratteristica particolare, cioè quella di LIMITARE IL POTERE DI
COGNIZIONE DEL GIUDICE RISPETTO AGLI ATTI IMPUGNATI, RISPETTO AGLI ATTI
AMMINISTRATIVI CHE SONO IMPUGNATI DAL RICORRENTE DEL GIUDIZIO. Il giudice
pur essendo un operatore del diritto non può sostituirsi all’apprezzamento “discrezionale”
della commissione.
Se il giudice potesse intervenire ci sarebbe una palese violazione del principio di
separazione dei poteri: la legge subordinando l’accertamento dei requisiti ad una valutazione
tecnicamente complessa concede all’amministrazione margini di scelta rispetto ai quali il
giudice non può ingerirsi proprio perché sono richiesti accertamenti tecnicamente complessi.
QUINDI LA DISCREZIONALITÀ TECNICA È STATA PENSATA PER PROTEGGERE IL
GIUDIZIO DELLA PA QUANDO C’È IN GIOCO SÌ UN’ATTIVITÀ VINCOLATA MA CON
ACCERTAMENTO TECNICAMENTE COMPLESSI, QUINDI ACCERTAMENTI CHE SOLO
LA PA PUÒ SVOLGERE SECONDO IL PRINCIPIO DELLA SEPARAZIONE DEI POTERI.
IL PRIVATO DAVANTI AD UN ATTO CHE RICHIEDE UN ACCERTAMENTO TECNICO NON
HA SPERANZA QUINDI? Il privato può far affidamento a OGNI ANOMALIA CHE si è
verificata durante la sentenza e PER IL CORRETTO ESERCIZIO DEL POTERE DI
DISCREZIONALITÀ TECNICA POTREBBE ESSERE DENUNCIATO DAVANTI AD UN
GIUDICE AMMINISTRATIVO IL QUALE POTREBBE ANNULLARE IL PROVVEDIMENTO
FINALE.

RICAPITOLANDO: a seconda del rapporto tra il potere e la legge si hanno tre diversi tipi di
attività amministrativa:
● VINCOLATA dove il rapporto è molto forte e l’amministrazione deve rispettare i
requisiti stabiliti dalla legge attraverso accertamenti semplici, così che il giudice
possa sostituirsi all’amministrazione per verificare quei requisiti;
● DISCREZIONALITÀ AMMINISTRATIVA che si ha quando la legge si limita ad
individuare gli obiettivi da raggiungere mentre i mezzi vengono stabiliti dalle
pubbliche amministrazioni, quindi ci sono dei margini di scelta che però devono
essere sfruttati dall’amministrazione in maniera legittima e questa scelta diventa il
merito amministrativo che non può mai essere messo in discussione da un giudice,
altrimenti ci sarebbe violazione della separazione dei poteri.
● DISCREZIONALITÀ TECNICA che nasce come l’attività vincolata ma rispetto a
questa si caratterizza per un accertamento di requisiti che richiedono valutazioni
tecnico specialistiche di un certo livello; il giudice in questo caso può giudicare
l’operato della pubblica amministrazione senza però sostituirsi all’apprezzamento
tecnicamente discrezionale della PA ma solo basandosi su dati esterni come
possono essere un’illegittima composizione della commissione esaminatrice, tempo
non idonea alle correzioni delle prove…
Quando il privato chiede di diventare avvocato, quando si chiede la concessione per
sfruttare una spiaggia…tutti questi soggetti sono portatori di INTERESSI LEGITTIMI AL
CORRETTO ESERCIZIO DEL POTERE AMMINISTRATIVO e di fronte a questi interessi
legittimi la forza del giudice di fronte all’atto impugnato è diversa a seconda dell’attività
vincolata, discrezionalità amministrativa, discrezionalità tecnica. (in particolare, abbiamo
visto che è decrescente).
LEZIONE 32: Pubblica Amministrazione
Il potere amministrativo è lo strumento che le pubbliche amministrazioni utilizzano per la
cura concreta degli interessi generali, difronte al potere amministrativo il privato vanta una
posizione di interesse legittimo che può essere soddisfatto solo se non è in contrasto con
l’interesse generale.

Il potere amministrativo si manifesta attraverso comportamenti concreti, potremmo dire


che si manifesta in maniera istantanea e l’esercizio del potere che si materializza in un
provvedimento amministrativo a luogo attraverso un procedimento, il cosiddetto
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO: il procedimento amministrativo è una sequenza di
atti e operazioni scandita in modo rigido dalla legge e che culmina nell’adozione di un
provvedimento finale, che può essere favorevole o sfavorevole al privato. Quindi
procedimento, dal verbo procedere attraverso una serie di atti che seguono delle fasi che
sono rigorosamente e inderogabilmente stabilite dalla legge a tal punto che ogni deviazione
rispetto al percorso fissati dalla legge può comportare l’annullamento del provvedimento
finale.

Il procedimento è un elemento di garanzia perché nel corso del procedimento il titolare


dell’interesse legittimo può partecipare attraverso la presentazione di atti, documenti,
memorie, tutto ciò che potrebbe in qualche modo favorire la propria posizione rispetto alla
decisione che l’amministrazione attende assumere al termine del procedimento. Quindi il
procedimento potremmo dire che dà sostanza all’interesse legittimo, cioè grazie al
procedimento il titolare dell’interesse legittimo può partecipare e non semplicemente subire
la decisione finale.

Questa partecipazione è un fattore di garanzia del corretto esercizio del potere, l’alternativa
rispetto al procedimento amministrativo sarebbe un esercizio istantaneo: la pubblica
amministrazione decide di espropriare un terreno e lo espropria immediatamente. Un
esercizio istantaneo, senza procedimento del potere amministrativo impedirebbe al titolare
dell’interesse legittimo di interloquire con la pubblica amministrazione. Quindi ogni volta che
si attua una misura, come quella dell’espropriazione per pubblica utilità, viene azionato un
procedimento all’interno del quale i soggetti interessati possono partecipare, ma non
significa negare l’espropriazione ma invenire cercando di ridurre il pregiudizio che il privato
deve subire.
Quindi procedimento come elemento di garanzia, buon andamento della pubblica
amministrazione, imparzialità dell’azione amministrativa. Il procedimento si articola in
diverse fasi:
● FASE DELLA INIZIATIVA: consiste nell’atto di impulso affinchè il procedimento
prenda vigore e conduca ad una determinata decisione. L’iniziativa può essere
assunta da un privato: iniziativa di parte, oppure la stessa pubblica amministrazione:
iniziativa d’ufficio. COSA SUCCEDE NEL MOMENTO IN CUI VI è UN ATTO DI
IMPULSO che nel caso del privato è una domanda oppure una richiesta o istanza?
○ LA NOMINA DEL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO: la PA
competente, davanti alla quale poi si svolgerà il procedimento, come primo
passo deve individuare all’interno della propria struttura organizzativa un
pubblico funzionario a cui attribuire la responsabilità di quel procedimento. È
una figura molto importante in quanto si tratta della persona fisica a cui il
privato potrà fare sempre riferimento per conoscere lo stato dell’iter
amministrativo.
○ COMUNICAZIONE DI AVVIO DEL PROCEDIMENTO: consiste nell’atto
formale con il quale inizia il procedimento stesso, la comunicazione viene
fatta ai privati interessati, alle PA interessate ed è importante la
comunicazione di avvio perché i privati possono partecipare ed è da quel
momento che decorre il termine per la conclusione del procedimento. TUTTI I
PROCEDIMENTI AMMINISTRATIVI DEBBONO CONCLUDERSI ENTRO
UN TERMINE TASSATIVO, PERENTORIO E QUESTO TERMINE
DECORRE PROPRIO DALLA COMUNICAZIONE DI AVVIO DEL
PROCEDIMENTO; termine che può variare a seconda della complessità del
procedimento, ci pensa la legge o i regolamenti a stabilire per ogni
procedimento il termine di conclusione del medesimo
● FASE DELL’ISTRUTTORIA: RENDE EDOTTA LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
DI TUTTE LE CIRCOSTANZE DI FATTO E DI TUTTI GLI ELEMENTI DI DIRITTO
che definiscono la realtà di riferimento grazie alla raccolta di documenti, prove parte
necessaria che verrà incisa dal provvedimento finale. Il PROTAGONISTA
DELL’ISTRUTTORIA è IL RESPOSNSABILE DEL PROCEDIMENTO: quindi sarà il
responsabile del procedimento (da solo o con l’ausilio di altri dipendenti) a svolgere
questa ATTIVITÀ A CUI PUÒ PARTECIPARE IL PRIVATO. La partecipazione si
risolve infatti nella presentazione di atti, memorie e documenti… perché non è detto
che la PA d’ufficio riesca ad acquisire tutto ciò che possa servire per una buona
decisione, è onere anche del privato se ci tiene a tutelare in maniera adeguata al
proprio interesse legittimo a partecipare in maniera sensata e consapevole. Quindi il
responsabile del procedimento acquisisce tutti questi elementi su cui fondare la
decisione.
Può capitare che la pubblica amministrazione prima di prendere una decisione debba
acquisire IL PARERE di un’altra pubblica amministrazione e c’è allora la cosiddetta
CONFERENZA DI SERVIZI: si tratta di un organismo in cui più Pubbliche
amministrazioni coinvolte nello stesso procedimento si ritrovano e contestualmente
esprimono il loro punto di vista. Una volta terminata la fase dell’istruttoria, all’interno
della quale tra l’altro il privato può esercitare il DIRITTO DI ACCESSO ai documenti
amministrativi: quindi può chiedere visione di tutti gli atti che non siano coperti da
segreto in modo tale da poter interloquire in maniera mirata e intelligente con la
pubblica amministrazione
● FASE COSTITUTIVA: la fase costitutiva è la fase del procedimento in cui
l’amministrazione assume la decisione finale, che può essere favorevole o
sfavorevole al privato. Talvolta è lo stesso responsabile del procedimento che decide,
talvolta la decisione è rimessa ad un organo collegiale (la giunta del comune di…);
importante è sottolineare che in questa fase si arriva alla decisione. IL
PROVVEDIMENTO CHE VIENE ASSUNTO NELLA FASE COSTITUTIVA È
PERFETTO MA NON ANCORA EFFICACE: un atto è perfetto quando ha tutte le
caratteristiche per essere riconosciuto dall’ordinamento come atto di quel tipo ma
non è ancora efficace, quindi non è ancora in grado di produrre i suoi effetti tipici e
questa dissociazione si ha nella fase costitutiva. Affinchè acquisisca questa capacità
è necessaria la quarta ed ultima fase.
● FASE INTEGRATIVA DELL’EFFICACIA: in questa fase l’atto viene portato
formalmente a conoscenza del destinatario attraverso la notificazione dell’atto;
attraverso la comunicazione dell’atto; attraverso la pubblicazione dell’atto.

Il provvedimento finale può essere favorevole o sfavorevole al privato e qui c’è una
distinzione tra interessi legittimi, più precisamente tra INTERESSI LEGITTIMI PRETENSIVI
e INTERESSI LEGITTIMI OPPOSITIVI. L’interesse legittimo PRETENSIVO è proprio di colui
che chiede un provvedimento favorevole alla pubblica amministrazione.
All’opposto c’è l’interesse legittimo di natura OPPOSITIVA che si ha quando un privato si
oppone ad un provvedimento a lui sfavorevole: è il caso dell’espropriazione. C’è una
classificazione tra i provvedimenti amministrativi:
● LA DIFFERENZA TRA AUTORIZZAZIONE E CONCESSIONE: La CONCESSIONE
determina il riconoscimento al privato di un diritto che egli prima non aveva.
L’AUTORIZZAZIONE rimuove un ostacolo che la legge pone al legittimo esercizio di
un diritto di cui il destinatario del provvedimento è già titolare.
● Le ABILITAZIONI sono AUTORIZZAZIONI espressione di discrezionalità tecnica: la
patente di guida è un’abilitazione, io sono già titolare del diritto a guidare la macchina
ma se non ho la patente non possono esercitare legittimamente questo diritto e la
patente non è espressione di discrezionalità amministrativa ma di discrezionalità
tecnica.

Si è detto che IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO DEVE CONCLUDERSI ENTRO UN


DETERMINATO TERMINE questo per evitare che il privato sia soggetto all’incertezza della
sua relazione con la pubblica amministrazione senza un termine prestabilito. La legge
impone la conclusione del procedimento entro un termine PERENTORIO
Se il termine scade e la PA non ci fa sapere nulla sull’esito del procedimento si ha un vero e
proprio SILENZIO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: la PA non ci ha detto né che
accoglie la nostra domanda, né che la respinge ma semplicemente tace. Nel linguaggio
comune si è soliti dire “chi tace acconsente” ma questo modo di dire non trova applicazione
nei rapporti con la pubblica amministrazione; quindi il silenzio della PA non equivale
necessariamente ad accoglimento della domanda. Di regola IL SILENZIO DELLA PA
EQUIVALE A INADEMPIMENTO O INERZIA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE.
INADEMPIMENTO VUOL DIRE CHE LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE NON HA
ADEMPIUTO ALL’OBBLIGO DI CONCLUDERE IL PROCEDIMENTO ENTRO IL TERMINE
STABILITO DALLA LEGGE, C’È UN’INERZIA COLPEVOLE DELLA PUBBLICA
AMMINISTRAZIONE. vedremo come il privato può reagire davanti a questo silenzio; ci sono
però dei casi in cui il silenzio equivale ad accoglimento della domanda però sono casi
previsti dalla legge (in quanto la regola è silenzio = inadempimento). Quando il silenzio
equivale ad accoglimento della domanda si parla di SILENZIO-ASSENSO: si tratta di una
forma di semplificazione nei rapporti tra pubblica amministrazione e privati. La legge dice “se
entro 60 giorni la PA non si pronuncia sulla domanda di autorizzazione allora la domanda si
intende accolta e quindi il privato può legittimamente svolgere quella attività”. Semplifica
molto ma non è il massimo di semplificazione nei rapporti con la pubblica amministrazione in
quanto se io sono un imprenditore e faccio domanda per una licenza commerciale, è
previsto il silenzio-assenso e il termine è di 60 giorni. Questo comporta che in quei 60 giorni
io pur avendo la struttura, il personale, i materiali… non posso svolgere quella attività ma
devo comunque aspettare che finiscano i 60 giorni e ciò vuol dire che ogni giorno di quei 60
giorni io perdo n migliaia di euro di profitto. Allora per renderla ancora più semplificato il
rapporto con la pubblica amministrazione, specie quando c’è in mezzo un’attività economica
privata allora è stata introdotta un’ulteriore forme di semplificazione che un tempo si
chiamava “denuncia di inizio attività” e oggi si chiama “SEGNALAZIONE CERTIFICATA DI
INIZIO ATTIVITÀ”: io imprenditore comunico al Comune che io da domani inizierò a svolgere
quella attività produttiva e il comune entro 30/60 giorni potrebbe intervenire per fermarmi non
permettendomi di svolgere quella attività. Una volta trascorso questo termine la mia
posizione si consolida e la PA non potrà fare più nulla per fermarmi. Mentre nel silenzio
assenso io devo aspettare comunque lo scadere del termine.

SILENZIO INADEMPIMENTO: silenzio che non ha un significato né favorevole né


sfavorevole. Difronte al silenzio inadempimento il privato deve rivolgersi al giudice
amministrativo (TAR) per contestare l’inadempimento della pubblica amministrazione; se il
TAR accoglie il ricorso del privato condanna l’amministrazione a decidere entro un
determinato termine con l’avvertenza che se anche questo secondo termine venisse
ignorato allora è nominato il cosiddetto “COMMISSARIO AD ACTA” che SI SOSTITUISCE
NELLA DECISIONE FINALE ALL’AMMINISTRAZIONE COMPETENTE. IMPORTANTE:
NON È DETTO CHE ANCHE SE SI RIESCA A CONDANNARE L’AMMINISTRAZIONE A
DECIDERE, NEANCHE SE INTERVIENE IL COMMISSARIO AD ACTA, IL PRIVATO POI
OTTENGA ALLA FINE L’ACCOGLIMENTO DELLA DOMANDA. Quando c’è
l’inadempimento della pubblica amministrazione L’AZIONE DAVANTI AL GIUDICE SERVE
AD OTTENERE IL RICONOSCIMENTO DI QUESTA INERZIA E QUINDI LA CONDANNA A
DECIDERE, NON SIGNIFICA OTTENERE IL SODDISFACIMENTO DELLA PRETESA
SOSTANZIALE e cioè della domanda che si è a suo tempo presentata alla PA.

LEZIONE 33: Patologie dell’Atto Amministrativo e Rimedi


Anche un atto amministrativo può essere affetto di invalidità e l’invalidità può essere fatta
valere dal titolare dell’interesse legittimo; quindi egli non ha solo poteri di partecipazione al
procedimento ma vanta anche poteri di reazione contro atti amministrativi che ritiene
abbiano illegittimamente violato il proprio interesse legittimo. L’invalidità dell’atto
amministrativo si divide in due tipologie:
● NULLITA’
● ANNULLABILITA’
LA NULLITÀ che viene definita anche INESISTENZA (è la forma di invalidità più grave), si
ha quando L’ATTO AMMINISTRATIVO È RADICALMENTE PRIVO DEGLI ELEMENTI
COSTITUITIVI che permettono di ricondurre quell’atto ad un potere amministrativo. l’atto
nullo è un atto che fisicamente c’è ma è INESISTENTE DAL PUNTO DI VISTA GIURIDICO
L’altra forma di invalidità è la ANNULLABILITÀ o la cosiddetta ILLEGITTIMITÀ dell’atto
amministrativo: annullabilità o illegittimità discende da uno dei tre VIZI DELL’ATTO
AMMINISTRATIVO.
● INCOMPETENZA: quando l’atto è posto in essere da una pubblica amministrazione
diversa da quella competente per legge; si è detto che i poteri amministrativi sono
distribuiti tra le diverse PA e ognuna ha il monopolio di quel tipo di potere
amministrativo e quindi la legge distribuisce una serie di competenze amministrative
tra i vari organi e le varie autorità amministrative e lo fa attraverso norme giuridiche.
Quando queste regole che distribuiscono le competenze tra PA vengono violate
allora si ha il vizio di incompetenza.
● VIOLAZIONE DI LEGGE: inosservanza di tutte le altre norme giuridiche che
disciplinano l’esercizio di un potere amministrativo.
● ECCESSO DI POTERE: (mentre in competenza e violazione di legge sono
facilmente inquadrabili l’eccesso di potere non è così facile da inquadrare) allude a
qualcosa di stonato nella composizione musicale che la PA perfeziona al termine del
procedimento. Richiama l’idea di un potere esercitato in maniera arbitraria e ingiusta,
però sappiamo che la PA deve rispettare la legge e quindi è difficile distinguere la
violazione di legge (quando norme giuridiche sono violate dalla PA e la violazione è
facilmente accertabile) e queste forme di eccesso del potere che sembrano difficili da
inquadrare. L’eccesso di potere non può essere definito in maniera univoca ma lo si
riconosce caso per caso attraverso sintomi, attraverso quelli che i giudici hanno
definito FIGURE SINTOMATICHE DELL’ECCESSO DI POTERE: cioè quelle
ANOMALIE NELL’ESERCIZIO DEL POTERE AMMINISTRATIVO che inducono il
giudice a riconosce il vizio dell’eccesso di potere. Esempio di figure sintomatiche:
○ Lo sviamento di potere: quando un potere viene esercitato per un interesse
generale diverso rispetto a quello previsto dalla legge o addirittura viene
esercitato per un interesse non generale ma privato;
○ Motivazione incongrua/contraddittoria/insufficiente: sintomo di un
eccesso di potere e quindi di un cattivo esercizio del potere amministrativo;
○ Difetto di istruttoria: l’istruttoria è stata carente, cioè non sono stati acquisiti
elementi che avrebbero dovuto invece attirare l’attenzione della pubblica
amministrazione;
○ Contraddittorietà tra atti: due persone chiedono la stessa cosa, una viene
accordata e l’altra no senza che vi siano differenze sostanziali tra le pretese
fatte valere dai due soggetti;
○ Illogicità: non c’è coerenza tra premesse e decisioni prese, questa illogicità è
sintomo di un eccesso di potere;

Se questo è il quadro sintetico della dimensione patologica dell’atto amministrativo vediamo


quali sono i rimedi: cioè cosa si può fare contro un atto amministrativo che si ritiene nullo o
annullabile. Ci sono tre possibilità:
● AMMINISTRATIVA: È LA STESSA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE A
RICONOSCERE L’ESISTENZA DI UN VIZIO E A PORVI RIMEDIO e per porre
rimedio a questo vizio può o eliminare l’atto oppure lo corregge. Nel primo caso
abbiamo L’ANNULLAMENTO D’UFFICIO DELL’ATTO VIZIATO; NEL SECONDO
CASO ABBIAMO LA CONFERMA DELL’ATTO, ed è AUTOTUTELA
AMMINISTRATIVA: è la pubblica amministrazione stessa che corregge i propri
errori.
● RICORSI AMMINISTRATIVI: i ricorsi amministrativi possono essere di diversi tipi ma
hanno in comune il fatto che IL PRIVATO IMPUGNA L’ATTO CHE SI RITIENE
VIZIATO ED È POI LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE A DECIDERE, NON UN
GIUDICE MA UNA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE. Il privato presenta un ricorso
che ha per oggetto un atto amministrativo che ritiene essere illegittimo e lo fa non
davanti ad un giudice ma davanti alla pubblica amministrazione. precisamente si
hanno tre tipi di ricorso amministrativo:
○ Ricorso gerarchico: impugnare l’atto davanti all’autorità gerarchicamente
superiore rispetto a quella che ha assunto quell’atto.
○ Ricorso in opposizione: si ha quando l’atto viene impugnato davanti allo
stesso organo che lo ha posto in essere. È un caso estremamente raro
perché mentre il ricorso gerarchico è un rimedio generale, se c’è gerarchia si
può fare; il ricorso in opposizione può avere luogo nei soli casi previsti dalla
legge e quindi bisogna verificare prima che la legge consenta di fare questo
tipo di ricorso.
○ Ricorso straordinario al presidente della repubblica: si è visto che il
presidente della repubblica non è vertice del potere esecutivo. È un istituto
che l’ordinamento repubblicano ha ereditato dall’ordinamento monarchico. Il
vantaggio è che è gratuito: Il ruolo che il Presidente della repubblica ha in
questi ricorsi è che è un ruolo formale, nel senso che l’istruttoria del
procedimento viene svolata dal ministro competente per materia. SE UN
PRIVATO SCEGLIE IL RICORSO STRAORDINARIO AL PRESIDENTE
DELLA REPUBBLICA NON PUÒ POI FARE RICORSO DAVANTI AL
GIUDICE.
● RICORSI GIURISDIZIONALI: IL PRIVATO IMPUGNA L’ATTO DAVANTI AD UN
GIUDICE e la pubblica amministrazione possono essere giudicate da due diversi tipi
di giudici: I GIUDICI AMMINISTRATIVI E I GIUDICI ORDINARI.
I giudici amministrativi sono? In ogni regione c’è il tribunale amministrativo
regionale (TAR) come giudici amministrativi di primo grado e poi come giudice
d’appello unico c’è il consiglio di stato con sede a Roma e ci sono tre sezioni
giurisdizionali (quarta, quinta e sesta). Quindi giudizio amministrativo significa
predisporre un ricorso, che può farlo solo un avvocato e il ricorso viene notificato da
una controparte resistente (la Pubblica amministrazione citata in giudizio) con il
ricorso si impugna il provvedimento che si ritiene essere illegittimo e si apre un
giudizio davanti al TAR con due parti (ricorrente e resistente) e alla fine il TAR decide
se annullare o no il provvedimento impugnato. Le parti possono decidere di accettare
quella decisione e finisce lì oppure entro il termine stabilito dalla legge possono
decidere di fare appello al consiglio di stato. Problema di un sistema di doppia tutela:
quando c’è una controversia con la pubblica amministrazione bisogna decidere
davanti a quale giudice andare, perché se si sbaglia giudice sono guai perché magari
è decorso il termine per impugnare l’atto e quindi il privato rimane inappagato nella
sua fame di giustizia. LA SOLUZIONE ESCOGITATA DAL NOSTRO
ORDINAMENTO SI BASA SUL TIPO DI SITUAZIONE GIURIDICA SOGGETTIVA
FATTA VALERE DAL PRIVATO: SE IL PRIVATO LAMENTA LA VIOLAZIONE DI UN
INTERESSE LEGITTIMO DEVE ANDARE DAVANTI AD UN GIUDICE
AMMINISTRATIVO; SE IL PRIVATO LAMENTALA LA VIOLAZIONE DI UN DIRITTO
SOGGETTIVO SI RIVOLGE AL GIUDICE ORDINARIO. Nel dubbio sarà la Corte di
cassazione a sezioni unite a decidere con sentenza quale è il giudice a cui rivolgersi.
DUE PRECISAZIONI:
● ESITO DEL GIUDIZIO DAVANTI AL TAR O IN APPELLO AL CONSIGLIO DI
STATO: il TAR quando accoglie il ricorso ANNULLA IL PROVVEDIMENTO ma di
regola questo non significa necessariamente accoglimento della domanda
sostanziale; se il privato riesce ad avere ragione davanti alla pubblica
amministrazione ottenendo il provvedimento che lo ha bocciato la conseguenza è
che quell’esame orale dovrà essere rifatto alle condizioni e nelle modalità stabilite dal
giudice amministrativo nella sentenza per evitare che la PA incorra nello stesso vizio
individuato dal TAR.
● IL PRIVATO HA UN INTRESSE LEGITTIMO SOLO QUANDO LA PUBBLICA
AMMINISTRAZIONE È TITOLARE DI UN POTERE, è anche vero che in molti casi il
rapporto tra PA e privato prescinde da questa logica del potere: ci sono molti rapporti
giuridici tra PA e privati in cui la PA non è titolare di un potere e se non è titolare di un
potere allora il privato è titolare un diritto soggettivo a tutti gli effetti.

LEZIONE 34: Regioni ed Enti Locali


L’istituzione delle regioni come enti pubblici territoriali provvisti di autonomia è una novità
della Costituzione del 1948. Prima di allora lo Stato italiano era uno Stato fortemente
accentrato e quindi i poteri erano concentrati presso il governo, presso i ministeri che
avevano a loro volta delle ramificazioni territoriali, c’erano i comuni come enti autarchici
ma avevano un ruolo circoscritto dal punto di vista squisitamente amministrativo. Poi con
l’avvento del regime fascista anche i Comuni come enti autarchici distinti dallo Stato hanno
smarrito questa originaria connotazione e infatti il sindaco fu sostituito dal regime con i
cosiddette “Potestà” (rappresentante del governo centrale e del partito nazionale fascista in
ogni singolo comune); quindi diciamo che l’assemblea costituente con non poche difficoltà
arrivò a introdurre il principio autonomistico tra i principi fondamentali del nuovo ordinamento
repubblicano. Prima di concentrare l’attenzione sul concetto di “Regione” CERCHIAMO DI
CAPIRE PERCHÉ SI È ARRIVATI ALL’ESISTENZA DI ISTITUZIONI DIVERSE DALLO
STATO CENTRALE CHE IN QUALCHE MODO RAPPRESENTINO POLITICAMENTE LE
VARIE COMUNITÀ TERRITORIALI. La motivazione è che si ritiene che LA COMUNITÀ
ESPRIMA UNA SERIE DI INTERESSI GENERALI, ALCUNI DEI QUALI RICHIEDONO
SICURAMENTE UNA GESTIONE A LIVELLO CENTRALE PERCHÉ SONO INTERESSI
IMPUTABILI ALL’INTERA COMUNITÀ NAZIONALE: la difesa nazionale –
l’amministrazione della giustizia – diritto penale – rapporti internazionali, sono tutte materie
rispetto alle quali lo stato centrale è idoneo a interpretare i bisogno della collettività a tradurli
in leggi e atti amministrativi congeniali a tali scopi. NEL CONTEMPO CI SI RENDE CONTO
CHE CI SONO INTERESSI ESPRESSI DALLE COMUNITÀ TERRITORIALI CHE È
MEGLIO SODDISFARE, CURARE, GESTIRE A LIVELLO DECENTRATO E QUINDI NON
DALLE SEDI MINISTERIALI E NEANCHE DA ARTICOLAZIONI PERIFERICHE DELLO
STATO CENTRALE. NON BASTA QUINDI DIRE CHE CERTI INTERESSI TERRITORIALI
SIA MEGLIO AFFIDARLI A SOGGETTI PIÙ VICINI A QUELLE COMUNITÀ TERRITORIALI
MA OCCORRE ANCHE ATTRIBUIRE A QUESTI SOGGETTI ISTITUZIONALI VERI E
PROPRI POTERI POLITICI IN MODO TALE DA FARE SELEZIONI TRA INTERESSI
GENERALI CHE SIANO COERENTI RISPETTO AD UN INDIRIZZO POLITICO E CHE
PERMETTANO AGLI ELETTORI A CHI AFFIDARE IL COMPITO DI GOVERNARE QUELLA
REALTÀ TERRITORIALE.
Infatti, QUANDO SI PARLA DI PRINCIPIO AUTONOMISTICO, DI RICONOSCIMENTO
COSTITUZIONALE DELLE AUTONOMIE SI PUÒ PARLARE ANCHE DI
DECENTRAMENTO POLITICO cioè che il potere spetta allo stato centrale che a livello
amministrativo lo esercita attraverso proprie istituzioni periferiche (il prefetto, questore,
sovraintendente…); IL DECENTRAMENTO POLITICO COMPORTA UNA DISTRIBUZIONE
DEL POTERE POLITICO ANCHE A LIVELLO TERRITORIALE E CIÒ SIGNIFICA CREARE
ORGANI POLITICI ANCHE A LIVELLO LOCALE, ORGANI POLITICI CHE SIANO SCELTI
ATTRAVERSO MECCANISMI DI SELEZIONE POLITICA OSSIA ATTRAVERSO LE
ELEZIONI.

Ogni regioni, comuni sono amministrati dal punto di vista politico da organi SCELTI
DEMOCRATICAMENTE ATTRAVERSO LIBERE ELEZIONI. Quindi è come dire che la
democrazia rappresentativa viene implementata anche a livello locale e tutto questo in nome
del decentramento politico e del principio autonomistico. L’articolo 5 della Costituzione recita
“l’Italia una e indivisibile riconosce e promuove le autonomie locali…”: ciò significa quindi
che pur restando fermo il principio di unità della Repubblica italiana, quindi la sovranità
appartiene al popolo, la sovranità è indivisibile, la sovranità spetta alla repubblica italiana
non di meno riconosce tra i suoi principi fondamentali anche quello dell’autonomia. In questo
modo le regioni potranno curare le proprie materie e quindi gli interessi territoriali secondo
un proprio indirizzo politico anche diverso da quello Statale; questo è un vero e proprio
decentramento politico in quanto il presidente della regione e il sindaco non sono alle
dipendenze dello Stato Centrale. È vero che il sindaco a volte svolge funzioni proprie dello
Stato, tutto ciò che riguarda la gestione dell’anagrafe, che viene decentrata per ragioni
ovvie. Quindi presidente della regione e sindaco sono SOGGETTI POLITICI E SVOLGONO
LA LORO AZIONE NORMATIVA E AMMINISTRATIVA SECONDO IL MODELLO
POLITICO DELLA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA.
LA REPUBBLICA NON È LO STATO MA È LA COMBINAZIONE DI TUTTI QUESTI ANELLI
ISTITUZIONALI CHE SI DISTRIBUISCONO ORIZZONTALMENTE PARTENDO DAL
NUCLEO CHE È LA COMUNITÀ A CUI NOI TUTTI APPARTENIAMO.

DEFINIZIONE di Regione: ENTE PUBBLICO TERRITORIALE DOTATO DI AUTONOMIA


POLITICA. È un ente, quindi è una persona giuridica. Pubblico in quanto sovraintende la
cura di interessi generali (non è una Spa, non è un’organizzazione di volontariato…) è un
ente pubblico creato dal diritto oggettivo per tutelare interessi generali. Territoriale perché
esercita i propri poteri all’interno di un territorio delimitato da confini, e in quel territorio
affiorano interessi generali di quella comunità che spetterà poi alla regione curare attraverso
decisioni normative e amministrative. Quindi i confini territoriale circoscrivono l’ambito di
operatività spaziale dei poteri delle regioni. Ciò che qualifica davvero la natura giuridica delle
regioni è l’autonomia politica. L’AUTONOMIA POLITICA È LA CAPACITÀ DELLA
REGIONE DI SODDISFARE GLI INTERESSI DELLA COMUNITÀ DI CUI ESSA È ENTE
ESPONENZIALE SECONDO UN PROPRIO INDIRIZZO POLITICO.
ENTE ESPONENZIALE: VUOL DIRE AVERE LA CAPACITÀ DI INDIVIDUARE QUEGLI
INTERESSI GENERALI E DI OPERARE UNA SELEZIONE NON SECONDO PARAMETRI
TECNICI MA SECONDI VALORI POLITICI, SECONDO UN INDIRIZZO POLITICO. Vuol dire
che le regioni sono governate da ORGANI POLITICI SCELTI ATTRAVERSO ELEZIONI E
CHE COME TALI SONO LEGITTIMATI A OPERARE QUESTO TIPO DI SELEZIONE,
REINTERPRETAZIONE E INVERAMENTO DEGLI INTERESSI ATTRAVERSO LEGGI E
ATTI AMMINISTRATIVI E FINANZIARI.
LEZIONE 35: Regioni ed Enti Locali
L’articolo 117 configura tre livelli o ambiti di potestà legislativa.
● PRIMO LIVELLO: POTESTA’ LEGISLATIVA ESCLUSIVA DELLO STATO (COMMA
2). Questo comma elenca una serie di “materie” in cui c’è spazio esclusivamente per
leggi statali; cioè materie rispetto alle quali C’È UN MONOPOLIO DELLO STATO
NELL’ESERCIZIO DELLA FUNZIONE LEGISLATIVA. Perché queste materie
elencate dalla lettera “a” alla “s”? Perché il parlamento quando ha riscritto l’articolo
117 nel 2001 ha ritenuto che in quelle materie fossero DOMINANTI GLI INTERESSI
NAZIONALI, cioè le esigenze di carattere unitario che in quanto tali ascrivibili
all’intera comunità nazionale. Cioè rispetto a quelle materie noi tutti siamo eguali,
coltiviamo le stesse aspirazioni, alimentiamo gli stessi interessi.
● SECONDO LIVELLO: POTESTA’ LEGISLATIVA CONCORRENTE (COMMA 3).
Potestà legislativa concorrente significa che in quelle materie elencate nel terzo
comma dell’articolo 117 INTERVENGONO SIA FONTI STATALI SIA FONTI
REGIONALI, SIA LEGGI STATALI SIA LEGGI REGIONALI (c’è un concorso di
fonti). Essendoci un concorso di fonti deve essere precisa la linea di demarcazione
tra i ruoli svolti dalle due fonti; e in effetti i compiti sono così distribuiti: LA LEGGE
STATALE STABILISCE I PRINCIPI FONDAMENTALI, MENTRE LA LEGGE
REGIONALE SVILUPPA QUESTI PRINCIPI ADATTANDOLI ALLE ESIGENZE
DELLE RISPETTIVE COMUNITÀ TERRITORIALI. La legge statale definisce la
cornice mentre il quadro viene dipinto da ogni singola regione. Le norme di principio
sono le direttive generali, indicano gli obiettivi da raggiungere, fissano l’intelaiatura, le
massime essenziali di quella disciplina; poi questi principi abbisognano di essere
sviluppati per definire norme applicabili dai singoli giudici e funzionari, quindi tutto
quello che è stato detto in precedenza tra le norme di principio e le norme di
svolgimento vale anche in questo caso.
● TERZO LIVELLO: POTESTA’ LEGISLATIVA RESIDUALE DELLE REGIONI
(COMMA 4) La potestà è definita residuale perché al quarto comma dell’articolo 117
non troviamo elencate delle materie; mentre nel secondo e terzo comma c’è un
elenco delle materie nel quarto comma c’è scritto “in tutte le altre materie diverse da
quelle… la potestà legislativa spetta alle regioni”. CLAUSOLA DEI POTERI
RESIDUI. Si tratta di un principio tipico degli ordinamenti federali, la Costituzione
degli Stati Uniti infatti procede allo stesso modo. TUTTE LE MATERIE NON
INCLUSE NEGLI ELENCHI DI CUI AL SECONDO E TERZO COMMA SPETTANO
AL LEGISLATORE REGIONALE, ecco perché si parla di potestà residuale delle
regioni.

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