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SOCIOLOGIA GIURIDICA E MUTAMENTO SOCIALE

L’ORDINAMENTO GIURIDICO è un complesso di norme giuridiche che sono valide su un


determinato territorio e in un determinato tempo storico. Possiamo dire però che oltre a quelle
giuridiche, esistono anche le regole sociali (es. salutare quando si entra in un aula) che non sono
contenute nell’ordinamento ma che sono di buona maniera e stabilite dalla società e trasgredirla
porterà inevitabilmente ad una reazione sociale. Dunque è importante ricordare che tutte le
regole giuridiche sono sociali ma non tutte quelle sociali sono anche giuridiche. Le norme sociali,
sono vincolanti perché essendo seguiti dalla società, ne limitano i comportamenti; inoltre, variano
in base al variare della società in cui vengono stabilite e per cambiare necessitano di molto tempo
in quanto devono essere accettate dalla società di un certo luogo e di un determinato tempo
storico.
La regola giuridica è astratta poiché si rivolge ad un comportamento generale e non ad uno
specifico caso (es. quando c’è scritto non rubare è una regola astratta che poi viene punita con
sanzioni in relazione alla particolarità del reato); coattiva cioè è l’unica regola che si può applicare
con una sentenza; razionale allo scopo; non contradditoria e coerente. Per le regole giuridiche
esiste una gerarchia delle fonti ovvero esiste una scala che va dalle fonti più importanti a quelle
meno importanti per evitare delle contraddizioni tra le leggi, infatti, se ci fossero due leggi
contrastanti si darebbe più importanza a quella che proviene dalla fonte più elevata. Esiste una
legge particolare o detta anche speciale che deroga alla legge generale, cioè se c’è una legge
particolare questa prevale su quella generale (es. ambulanza al semaforo rosso, può passare). È
inoltre importante ricordare che le regole giuridiche sono vincolanti nel senso che limitano i
comportamenti, e anche se vengono violate continuano ad esistere e ad essere vincolanti.
Esistono delle differenze chiare tra le regole giuridiche e quelle sociali ovvero: la prima è che la
regola giuridica proviene dall’esterno perché viene imposta mentre quella sociale appare ai
soggetti più interna poiché è legata al diffuso senso di vita comune; la seconda è che la violazione
di una regola giuridica prevede una sanzione giuridica precisa mentre la conseguenza di una
violazione di quella sociale è legata alla reazione della società.
IL DIRITTO POSITIVO è un insieme di regole dettate da uomini per altri uomini per regolare la
convivenza sociale, studiarlo vuol dire studiare le regole stabilite e le relative sentenze ( ovvero
regole applicate agli uomini che violano le regole stabilite dal diritto positivo). Esso è artificiale
poiché è creato dagli uomini con il loro lavoro ed è quindi posto dalla loro volontà. Nonostante il
diritto sia sempre stato considerato come immutabile, con la globalizzazione non è più così infatti il
diritto positivo ad oggi è diventato mutabile in quanto la società cambia costantemente e quindi si
avverte la necessità di trasformare il diritto positivo per adeguarlo alla società che emerge.
IL DIRITTO NATURALE differentemente si colloca al di fuori e al di sopra di quello positivo ed è
assoluto e immutabile. E’ un diritto che sentiamo dentro di noi, con le nostre passioni, la nostra
idea di giustizia e con i nostri affetti. Quindi esso è legato esclusivamente a ciò che l’uomo ritenga
sia giusto anche se a volte può coincidere con il diritto positivo nonostante sia al di fuori di
quest’ultimo.
Ciò che proviene sia dal diritto naturale che da quello positivo è il senso di legalità che non è del
tutto spontaneo in quanto dipende da cosa reputiamo giusto.
LA SOCIOLOGIA DEL DIRITTO è un analisi empirica che studia il rapporto tra diritto e società. Essa
vede se una determinata legge è adatta per i soggetti di una data società in un determinato
periodo storico, studia il modo e le ragioni per cui le regole giuridiche vengono create, il modo in
cui il diritto opera nella società e i suoi effetti sulle relazioni sociali. La sociologia del diritto è un
ramo della sociologia e non del diritto che riflette sul diritto cioè per modificare i comportamenti
sociali e per cambiare la società stessa, secondo la sociologia del diritto, serve il diritto in quanto le
persone per seguire le norme cambiano il loro comportamento. L’intreccio che c’è tra scienza
giuridica e sociologia è stato sempre stretto nella sociologia del diritto poiché gli strumenti formali
del diritto , con cui si controlla la società, si intrecciano con quelli informali con cui la società è in
grado di organizzarsi. Dal secondo dopoguerra in poi, la sociologia del diritto, ha conosciuto grandi
sviluppi e un’ affermazione poiché è diventata la testimonianza di una profonda esigenza di
rinnovamento avvertita dal mondo del diritto. Dunque questa ha come oggetto specifico di studio
e di ricerca i rapporti tra diritto e società, però non deve limitarsi a descrivere l’esistente ma deve
formulare proposte per migliorare la società studiata e tali proposte devono essere orientate da
valori culturali.
I problemi della sociologia del diritto sono tre:
- Il problema del ruolo che la ricerca sociologica svolge nei confronti delle scienze giuridiche
tradizionali cioè la sociologia del diritto si occupa del diritto perché questo è un fattore che
riguarda la società.
- Il problema dell’effettiva rilevanza del diritto come strumento di mutamento e di controllo
sociale.
- Il problema dell’influenza dei fattori sociali sullo sviluppo del diritto, ossia se cambia la società,
cambiano le regole.
Della scienza giuridica fanno parte i giuristi (avvocati, magistrati) che devono solo applicare e
interpretare le regole giuridiche e non giudicarne la positività o la negatività ed essa si occupa
appunto dell’applicazione delle leggi. Il diritto, per la scienza giuridica, è una variabile
indipendente poiché fin quando il governo non modifica le regole, i giuristi devono applicare
quelle vigenti. Possiamo affermare che la scienza giuridica si muove all’interno del diritto positivo e
non si lascia influenzare da quello naturale (es. se due persone chiedono il divorzio, il giudice deve
applicare le leggi previste e non si deve mettere a discutere se il divorzio per loro va bene o
devono provare a risanare il rapporto).
A differenza del giurista, il sociologo del diritto valuta le caratteristiche, le funzioni e gli effetti che
le regole hanno sulla società, studiando come le norme nascono e si modificano nel contesto
sociale. Per il sociologo ciò che muove gli uomini sono relazioni interdividuali regolate da
orientamenti diffusi a un’idea più o meno vaga di normatività ( es. immaginiamo un insieme di
pedoni fermi un semaforo aspettando che si illumini la luce verde per attraversare, nonostante
questi individui sono diretti verso destinazioni diverse vi è un aspetto che li accomuna ovvero
quello che si fermano e si muovono secondo i segnali di un semaforo seguendo così una norma). Il
diritto, dunque per lui, è una variabile dipendente poiché dipende dalla società in quanto se
questa cambia, per il sociologo anche il diritto deve cambiare. Inoltre il sociologo del diritto ha un
punto di vista esterno poiché non si occupa del diritto ma come abbiamo detto ne osserva
l’influenza sulla società.
Una differenza importante che ritroviamo tra sociologo e giurista è che il primo lavora sulle regole
mentre il secondo con le regole.
Esistono dunque una cultura giuridica interna ovvero quella degli avvocati, sociologi ecc… che è
l’insieme delle opinioni, ragionamenti che l’operatore giuridico sviluppa lavorando in ambito
giuridico e una cultura giuridica esterna ovvero quella delle persone a cui le norme sono
indirizzate.
L’ISTITUZIONE non è nient’altro che un complesso di valori, norme, consuetudini che definiscono e
regolano: 1) i rapporti sociali e i comportamenti reciproci di un determinato gruppo di soggetti, la
cui attività è volta a conseguire un fine che è socialmente rilevante (scuola, ospedale, manicomio);
2) i rapporti che un insieme di soggetti ha con tale istituzione senza farne parte e i loro
comportamenti nei confronti dell’istituzione stessa. Tutte le istituzioni possiedono i lori ordini
normativi interni da seguire perché se non avessero ordini personali, il gruppo non sarebbe ben
formato; inoltre alcuni di questi ordini interni sono anche delle regole giuridiche mentre altri no in
quanto sono semplici regole sociali. L’istituzione può essere sia naturale/ spontanea (matrimonio)
che positive/ intenzionali (scuola o ospedale) e il processo definito come ISTITUZIONALIZZAZIONE
che è un processo di formazione delle istituzioni varia in base a questo. Esistono vari tipi di
istituzioni:
1) OPERATIVE = quelle che realizzano un tipo di pratica sociale utile per rendere un servizio alla
società.
2) REGOLATIVE = quelle che controllano le forme di comportamento e stabiliscono quali sono i
comportamenti obbligatori a cui attenersi.
3) TOTALI = quelle che determinano la vita delle persone che ne fanno parte (carcere). Foucalt
afferma che quando la società è composta da queste, viene definita come società disciplinria.
Per MUTAMENTO SOCIALE si intende una variazione ampia, reversibile e non temporanea dei
rapporti tra i maggiori sistemi sociali che compongono una società come l’economia, la politica, la
famiglia e la religione. Questo come anche l’evoluzione sociale, comprende tutti i mutamenti
come: lo sviluppo sociale, il progresso sociale e la rivoluzione sociale. Per comprendere meglio la
sociologia del diritto è importante capire il rapporto che c’è tra mutamento sociale e quello
giuridico poiché se emerge che il diritto non funziona bene per la società, si pensa sia dovuto ad
una differenza temporale tra mutamento sociale e giuridico.
Lo Stato moderno ha il monopolio nella produzione delle regole giuridiche e della loro
applicazione infatti il diritto positivo dello Stato rappresenta l’unico ordinamento giuridico valido.
I concetti di DIRITTO e MORALE sono due concetti distinti e separati, infatti, gli Stati moderni si
basano sulla laicità, sull’uguaglianza, sulla solidarietà che sono distaccati dalla morale e legati
puramente al diritto ( es. il diritto punisce l’omicidio, non lo vieta; la morale invece sostiene che
l’omicidio non deve proprio essere fatto).
Inoltre lo Stato si pone come fonte del diritto per eccellenza ed è un’istituzione omnicomprensiva
in quanto include e assicura tutti i servizi ( diritto alla salute, all’istituzione) ed è anche giuridica
cioè utilizza a pieno il diritto positivo.
L’idea di giustizia si basa sul binomio giusto/ingiusto ed è l’idea interna dell’ordinamento giuridico;
essa può essere: formale ovvero scritta nei testi giuridici, nella costituzione o sostanziale ovvero
giustizia in termini sociali, all’interno delle regole sociali.
Per efficacia del diritto si intende, la percezione che gli attori sociali hanno rispetto alle
conseguenze per la violazione di una norma; ovviamente il conflitto sociale causa un crollo
dell’efficacia del diritto. Il problema di questa riguarda il fatto che i contenuti normativi trovano
corrispondenza nella realtà, attraverso un’accettazione delle norme. Quindi il diritto inefficace,
quello non messo in pratica, resterà solo un diritto di carta e non avrà alcun influenza sul
comportamento degli uomini. Quando parliamo di efficacia è importante dire che l’efficacia della
regola giuridica, cioè del diritto è massima quando il contenuto della norma giuridica corrisponde
con quello delle regole sociali; in caso contrario l’efficacia è minima.
Le funzioni del diritto sono: orientare i comportamenti individuali; ridurre la conflittualità sociale e
legittimare il potere ovvero stabilire i compiti che ognuno deve svolgere all’interno della società.

INTRODUZIONE
SANTI ROMANO (1918) fu un giurista siciliano che si pose il problema di studiare la società in
relazione al diritto, nonostante egli non era un sociologo. Parliamo di lui in quanto riprese due frasi
latine molto importanti ovvero: “ubi societas ibi ius” = dove c’è la società c’è il diritto; “ubi ius ibi
societas” = dove c’è il diritto c’è la società. Per lui, il diritto e la società obbediscono a logiche
distinte ma anche complementari ed entrambi mantengono un’indipendenza l’uno dall’altra. Però
è importante dire che sono disponibili, sia da parte del diritto che da parte della società, filtri
specifici in grado di selezionare le loro intenzioni, impedendo così a ciascuno dei due poli di
mescolarsi confondersi con l’altro. Santi Romano fu l’ideatore del PLURALISMO GIURIDICO ovvero
una dottrina che si oppone allo statualismo giuridico e che si afferma in Francia durante il
romanticismo. Egli afferma che non esiste un solo ordinamento giuridico dello Stato ma anche
quello della mafia e della Chiesa. Esistono vari tipi di pluralismo:
- il pluralismo degli ordinamenti = è la compresenza, su uno stesso territorio di popolazioni, che si
riferiscono ordinamenti diversi.
- il pluralismo delle fonti = lo Stato non è l’unica fonte delle regole giuridiche.
- il pluralismo etico = esistono diverse opzioni e quelle etiche sono tutte ritenute legittime.
- il pluralismo giuridico = che è una situazione connotata dall’esistenza di una pluralità di
ordinamenti normativi di diverso tipo.
Le RADICI della sociologia giuridica sono: SOCIOLOGICHE (contributo delle dottrine sociologiche);
GIURIDICHE ( contributo delle dottrine giuridiche) e POLITICHE ( contributo dottrine politiche).
SAVIGNY e PUCHTA fondarono la SCUOLA STORICA tra il settecento e l’ottocento. Secondo le idee
di questa scuola, il diritto è un sistema dipendente dalla società, è un complesso di norme che
sorgono spontaneamente dalla società stessa e afferma inoltre che ci sono due fattori che
rendono vivo il diritto quali:
- vive come parte integrante di tutta la vita del popolo ( elemento politico) e
- pur non finendo di vivere nella vita del popolo, il diritto vive nell’ambito di una scienza speciale
affidata le mani dei giuristi ( elemento tecnico).
Sempre secondo SVIGNY il diritto è creato non dalle leggi ma dalla cultura di un popolo e deve
restare il frutto di un processo collettivo che si protrae nel tempo e dura attraverso le generazioni.
Tra il 700 e 800 sorse un dibattito tra la scuola storica e quella non storica. Della scuola NON
STORICA faceva parte THIBAUT (1772/1840) il quale sostiene che esiste la necessità di emanare un
codice civile che raccoglie tutte le norme vigenti in modo che siano chiare e conoscibili.
COMTE fu colui che tra il 1798 e il 1857 fondó la sociologia generale come scienza autonoma e ha
studiato inoltre una relazione esistente che c’e tra diritto e società. Secondo lui, la sociologia
introduce nelle scienze umane livelli di prevedibilità paragonabili a quelli delle scienze naturali.
Egli ipotizzò che esistono 3 STATI TEORICI:
1. Stato teologico o fittizio in cui i fenomeni vengono prodotti da forze sovrannaturali e a questi
corrisponde un’EPOCA TEOLOGICA/ MILITARE cioè in epoca in cui la società si lega alla teologia e
alla forza militare.
2. Stato metafisico o astratto dove i fenomeni sociali sono prodotti da forze astratte e a questo
corrisponde un’EPOCA METAFISICA E GIURIDICA.
3. Stato scientifico o positivo dove lo spirito umano si dedica a scoprire, con ragionamento e
osservazione, le leggi effettive dei fenomeni e le loro relazioni, e a questo corrisponde un’EPOCA
POSITIVA E INDUSTRIALE che per COMTE è la migliore in quanto l’uomo non si dedica più a cose
astratte ma a cose reali.
Per Comte i fatti sociali devono essere oggetto di studio di una scienza positiva, infatti egli
inizialmente definisce questa scienza come FISICA SOCIALE che poi diventerà la SOCIOLOGIA
GENERALE.
Egli afferma che con la nascita dello stato scientifico nessuno ha altro diritto al di fuori di ciò che
deve fare per dovere, ciascuno ha dei doveri verso tutti ma nessuno ha dei diritti al di fuori dei
propri doveri. Dunque, il diritto scompare dal linguaggio politico perché ognuno saprà come
comportarsi nella società, ognuno saprà quali sono i suoi doveri e, per questo motivo, non serve
più il diritto per regolare i comportamenti delle persone ma tutti sapranno cosa e come fare.
Nell’epoca positiva e industriale il diritto ritorna profondamente rinnovato e diventa qualcosa di
morale infatti gli uomini devono essere concepiti come diversi organi di un unico essere in quanto
ogni cittadino diventa un funzionario del proprio ufficio e sa cosa fare. Quindi, il diritto assume
un’autonomia rispetto alla società e diventa “diritto scritto”, astratto e generale si pone così al di
fuori della società. Il diritto scritto però aveva bisogno di una barriera di protezione ( doveva
essere protetto a livello logico e terminologico) poiché tutti possono conoscere il diritto ma non
tutti ne possono parlare.
Un altro giurista di nome KIRCHMANN (1848) si oppose alla scienza giuridica dogmatica ( quella
degli operatori del diritto che gestivano tutto il diritto) e da importanza agli studi sociologici.
Quindi possiamo dire che, per lui, le regole giuridiche non sono più solo dogmatiche ma derivano
dalla società.
Dall’altro lato ritroviamo il NORMATIVISMO ovvero la concezione secondo la quale il diritto
consiste di norme, intese come entità regolative vincolanti e non essenzialmente riconducibili o
riconducibili ad altro; questo si ispira a principi astratti ed afferma che il diritto migliore è sempre
quello nuovo.
Le varie discipline giuridiche in cui la scienza giuridica dogmatica viene articolata ( diritto privato,
pubblico) devono tenere conto di esigenze relativi ad ambiti dell’agire umano cui esse si
riferiscono, esigenze che, nel corso del tempo possono mutare e richiedere quindi nuove
classificazioni e nuovi confini dunque è più opportuno che si adottino diversi modelli di scienza per
le diverse esigenze che l’ordinamento giuridico nel suo complesso è chiamato a soddisfare.
KELSEN nel suo approccio normativista si adatta a un modello di diritto basato su dei presupposti:
- l’ordinamento giuridico positivo, posto dallo stato, è in grado di opporsi a tutti i condizionamenti
esterni che provengono dalla società
- assicura affidabilità delle decisioni, coerenza dei metodi e legittimità dei contenuti
- la scienza giuridica è in grado di riprodurre una figura di giurista capace di soddisfare la richiesta
di fungere da affidabile terzo per la soluzione dei conflitti
Secondo Kelsen lo stato è l’ordinamento giuridico inteso come “sistema di norme espresse
linguisticamente in proposizioni di dovere e logicamente in giudizi ipotetici, nei quali la condizione
viene collegata alla conseguenza tramite il deve, e se queste vengono trasgredite, vi è la sanzione”
ed egli ha una concezione gerarchica delle fonti. Infatti la costruzione a gradi dell’ordinamento
richiedeva l’introduzione di una norma FONDAMENTALE chiamata GRUNDNORM ovvero una
norma presupposta e non posta ed è il primo anello della catena al quale si può risalire passando
da una norma valida (e posta) ad una norma valida ( presupposta) ( es. in ospedale la norma
presupposta ovvero la grundnorm è salvare la vita mentre quella posta è l’utilizzo di certi
medicinali che è regolamentato). Questi principi organizzativi rendono pura e autoreferenziale la
scienza giuridica che è basata sulla validità formale delle norme e non sulla loro efficacia. IL
GIURISTA interpreta le norme ed è visto come “la bocca della legge”.
Secondo la TESI DI KANTOROWICZ del 1906 occorre istituzionalizzare diversi modelli di scienza per
le diverse scienze del diritto e parla di un diritto LIBERO che vive indipendentemente dal diritto
dello Stato. Egli afferma che “ gli stessi tribunali dello stato si riportano sempre più alla buona
fede, ai buoni costumi, al concetto della vita, all’equità e agli altri surrogati della legge”.
Si ritiene dunque che il diritto può essere visto come: NORMA, VALORE e FATTO che non si
escludono a vicenda.
I 3 modelli secondo Kantorwicz sono:
1. scienza delle norme giuridiche ( dogmatica giuridica)
2. scienza dei valori giuridici (filosofia del diritto)
3. scienza dei fatti giuridici ( sociologia del diritto)
La SCUOLA DEL DIRITTO LIBERO nacque con EHRLICH e KANTOROWICZ la quale parla di due
varianti:
- variante decisionista  affidare la soluzione dei casi giurisprudenziali al giudice che tiene conto
del contesto sociale della decisione.
- variante descrittiva  affidare la soluzione concreta dei casi giurisprudenziali alla ricezione delle
regole di diversa natura e origine che venivano osservate in un contesto
Si parla quindi di due tipi di sociologie del diritto:
1. DEI SOCIOLOGI intesa come scienza volta a determinare i rapporti tra diritto e società con uno
scopo conoscitivo.
2. DEI GIURISTI che ha uno scopo pratico volto a fornire all’operatore conoscenze utili a renderlo
consapevole delle conseguenze de proprio lavoro.
Se parliamo di critiche, ci furono alcune interne della cultura giuridica da parte di operatori che
lavorano in due settori di ricerca: quello degli studi critici del diritto chiamato CRITICAL LEGAL
STUDIES e quello degli studi sulle professioni giuridiche chiamato LEGAL PROFESSIONS.
HIRSCH negli anni 70 afferma che per lui la sociologia del diritto dovrebbe aiutare gli operatori del
diritto nel compito di selezionare scientificamente le diverse alternative normative sulla base di
una conoscenza delle effettive possibilità operative che la situazione sociale consente sotto
l’aspetto dei comportamenti, degli interessi e dei valori diffusi. Il suo allievo REHBINDER aggiunge
ai due grandi comparti della giurisprudenza sociologica e della sociologia del diritto, un altro
settore di ricerca ovvero quello dello “studio dei fatti del diritto” che funge da luogo di confronto e
di integrazione sia delle indicazioni normative della giurisprudenza sociologica sia delle indicazioni
teoriche della sociologia del diritto. Loro affermano che la ricerca sociologico-giuridica sia in grado
di contribuire a migliorare il lavoro degli operatori del diritto senza rinunciare alla neutralità
scientifica. Inoltre in una posizione intermedia tra la sociologia del diritto e la giurisprudenza
sociologica può essere collocato un altro indirizzo chiamato INGEGNERIA SOCIALE che studia
quelle parti degli integrati sociali nelle quali le relazioni umane vengono organizzate attraverso
decisioni giuridiche, al fine di migliorare la conoscenza degli effetti di queste decisioni e così
contribuire a una efficiente dinamica sociale.
POUND si propone di affrontare i problemi connessi alla misurazione dell’impatto delle norme sul
comportamento sociale per consentirne un uso mirato come strumento di rafforzamento della
coesione sociale e di produzione dei conflitti. Durante gli stessi anni, negli Stati Uniti, nasce la
corrente del REALISMO GIURIDICO che vede il diritto e la società come processo in continuo
movimento però il movimento della società è più veloce rispetto al mutamento del diritto. Questa
corrente si propone di registrare empiricamente la realtà del diritto soprattutto nel momento del
processo, che presuppone che nè le regole di un ordinamento reperibili in testi scritti (law in the
books) né le norme giuridiche effettivamente applicate (law in action) sarebbero da sole in grado
di descrivere l’intera realtà del diritto. Sempre Pound parla di un “diritto di carta” ovvero quel
diritto valido che non viene applicato.
Gli approcci sociologici dello studio del diritto sono:
- giurisprudenza sociologica (valutazione dei fatti sociali, il giudice nel descrivere deve tener conto
dei fatti)
- sociologia del diritto (empirica teorica, si occupa di ricerche sul campo, quello che avviene nei
tribunali)
- punto d’incontro (studio dei fatti del diritto)
- risultati (ingegneria sociale e teoria della legislazione)
TRAVES fu fondatore della sociologia del diritto in Italia, il suo programma studia la macchina
dell’amministrazione della giustizia e il processo quindi studia come lavorano i giudici. Inoltre si
occupa anche delle modalità di auto rappresentazione dei magistrati e critica che in Italia vi siano
diversi problemi organizzativi riguardanti la magistratura.
Le ricerche della sociologia del diritto hanno utilizzato strumenti di varie branche della sociologia
come: la sociologia delle professioni, dell’organizzazione, economica e della comunicazione. Una
ricerca per poter essere considerata in quanto tale nel quadro delle ricerche sociologico-
giuridiche, dovrà adottare un concetto sociologico del diritto e dovrà consentire oltre che uno
studio “fattualmente verificabile” delle norme, anche uno studio “normativamente consapevole”
dei fatti.
CAPITOLO 1
Il DIRITTO è una struttura normativa che è:
- Dotata di un apparato sanzionatorio riconosciuto;
- Capace di predeterminare le procedure con cui reagire agli stimoli provenienti dalla società (se la
società cambia il diritto è in grado di adattarsi);
- In grado di mantenere entro limiti accettabili la coesione della società;
- Applicabile in linea di principio in ogni campo della vita sociale.
Gli elementi che compongono il concetto di diritto riguardano:
1. gli strumenti di regolazione (strumenti che regolano la condotta di noi civili).
2. gli strumenti di autoregolazione (regole dirette a giudici per il loro comportarsi).
3. funzioni del diritto (mantenere la coesione sociale).
4. potenzialità del diritto (applicabilità di ogni campo della vita).
Questi elementi delineano un concetto di diritto che comprende norme interne rivolte agli
operatori (uno e due) norme esterne rivolte ai consociati (tre e quattro).
Il diritto dunque risulta essere una struttura normativa capace di regolamentare se stessa prima di
regolamentare la società. Il presupposto logico è che un insieme di norme ordinato al suo interno
può riuscire a ordinare in modo coerente un qualunque oggetto posto al suo esterno.
EHRLICH (1862) concezione diritto = guarda i fenomeni sociali elementari dai quali si sviluppa il
diritto positivo.
KELSEN (1881) concezione diritto = basata sulle norme giuridiche formalmente prodotte dallo
Stato (normativIsmo).
Quindi possiamo dire che Kelsen vede le norme come risultato di un processo condizionato da
variabili esclusivamente interne all’ordinamento giuridico positivo (tecnico) mentre EHRLICH vede
le norme come risultato di un processo condizionato da variabili storiche sociologiche esterne
all’ordinamento ( storico).
DIBATTITO
Kelsen rimprovera Ehrlich di confondere il confine che c’è tra un discorso relativo al mondo delle
norme e un discorso relativo al mondo dei fatti e rivolge ad egli 6 critiche:
1. La prima accusa di Kelsen riguarda l’inconsistenza del criterio proposto da Ehrlich per separare il
diritto dalle altre regole. Il criterio di ehrlich distingue il diritto dalle altre regole in base alla diversa
intensità di reazione dei sentimenti che si manifestano in base alle trasgressioni (contro il pedofilo,
c’è una reazione consistente, quindi è necessaria/applicabile una norma giuridica). Questo criterio
rappresenta anche la “teoria del riconoscimento” la quale afferma che il tipo e l’intensità di
reazione è importante per stabilire se sia necessaria una norma giuridica. Per ehrlich insomma, la
norma non si individua nelle leggi scritte ma nell’atteggiamento della società nei confronti delle
norme stesse. Kelsen dunque contesta la sua definizione in quanto afferma che questa è basata su
elementi del tutto inafferrabili poiché non si può basare l’esistenza o creazione di una norma in
base ad un sentimento in quanto per lui è lo Stato che fa le leggi e non i sentimenti. K conclude
dicendo che la Sociologia giuridica di ehrlich non si distingue dalla scienza psicologica.
2. Una seconda accusa di K. riguarda la distinzione tra PROPOSIZIONI GIURIDICHE (formulazione
contingente obbligatoria di una prescrizione giuridica contenuta in una legge o in un testo di
diritto) e NORME GIURIDICHE (comando giuridico praticamente attuato che riesce a dominare la
vita di un certo gruppo sociale) di Ehrlich. Poiché egli afferma che il sorgere dello sviluppo del
diritto non deve coincidere con il sorgere lo sviluppo delle proposizioni giuridiche, in quanto
queste ultime sono per lui il prodotto dell’attività svolta dei giuristi sulle singole norme. Dunque
per ehrlich viene prima la norma giuridica e poi la proposizione giuridica ovvero prima c’è la norma
sociale e poi questa diventa una norma giuridica ovvero viene scritto come legge nel diritto
positivo. K al contrario afferma che le proposizioni giuridiche devono precedere le norme
giuridiche da un punto di vista logico, in quanto è necessario presupporre una proposizione
giuridica per poter attribuire concretezza di una norma giuridica, ovvero c’è prima il comando
imposto, e poi lo sviluppo del comportamento idoneo alla legge. In poche parole: per K c’è diritto
quando c’è una norma scritta che proviene dallo Stato e viene applicata alla società e solo
attraverso la norma è possibile agire in un determinato modo (alto verso basso); per Ehrlich c’è
diritto quando non conta che vi sia una legge scritta poiché il soggetto reagisce lo stesso ai
comportamenti che lo colpiscono, quindi siamo noi attraverso le nostre reazioni che suggeriamo i
giuristi le leggi da scrivere ( basso verso alto).
3. Una terza accusa di K riguarda l’incoerenza dell’articolazione dei vari “fatti del diritto“ ovvero
quei fatti che sono giuridicamente rilevanti che secondo ehrlich sono il nucleo fondamentale del
diritto: i rapporti di dominio, di possesso, dichiarazioni di volontà e consuetudine. In particolar
modo per lui la consuetudine l’unico fatto originario del diritto perché indica un comportamento
diffuso e costante nella società che è alla base della creazione del diritto. K ,invece, non ritiene che
la consuetudine faccia parte dei fatti del diritto ma che indica solo la strada attraverso cui fatti
divengono giuridicamente rilevanti.
4. La quarta critica riguarda la distinzione che ehrlich fa tra diritto e Stato. Egli ritiene che lo Stato è
un semplice organo della società e va quindi descritto secondo il suo contenuto e gli scopi da esso
perseguiti. Per K. invece lo Stato è l’ordinamento giuridico e la distinzione tra diritto e Stato non
esiste poiché lo Stato è una forma dell’unità sociale e non un suo contenuto.
5. La quinta accusa di K riguarda la superiorità scientifica della sociologia del diritto di Ehrlich sulla
scienza giuridica pratica, cioè quella dogmatica che appoggia lui stesso. K accusa ehrlich di porre la
sociologia del diritto al di sopra della scienza giuridica, infatti ehrlich è convinto che solo la
sociologia del diritto assume come punto di riferimento i gruppi sociali e loro ordinamenti
spontanei. Inoltre ehrlich afferma che il diritto si forma a partire dall’osservanza dei
comportamenti sociali e la scienza giuridica non ne riesce a tenere conto al contrario della
sociologia del diritto la quale è importante perché consente ai operatori giuridici di capire se nel
fare le norme stanno procedendo bene. Possiamo dire che la sociologia del diritto osserva e studia
la società con il metodo “induttivo” ovvero prima osserva poi passa al particolare e poi si arriva
all’idea generale ovvero alle norme scritte; al contrario invece la scienza giuridica usa un metodo
“deduttivo” cioè parte dei concetti generali per poi arrivare al particolare che è la società.
6. L’ultima accusa è relativa alla confusione tra essere e dover essere, quindi tra spontaneità
dell’agire e normatività. Secondo K una norma impone un certo comportamento, è un obbligo
nell’agire sociale, è un dover essere. Invece secondo ehrlich i fondamenti della sociologia del
diritto non vogliono fornire un sicuro apparato concettuale né stabilire distinzioni definitive o
confini invalicabili.
Per un sociologo come Ehrlich l’impostazione tecnicistica di K non consente di affrontare i
problemi che rimandano a variabili non giuridiche. Come ad esempio l’impatto nelle norme sociali
su diversi cittadini. C’è da dire però che l’impostazione di ehrlich non si preoccupa dei possibili
conflitti tra diritto positivo e diritto naturale.
Ehrlich afferma che la sociologia del diritto e la storia del diritto sono discipline complementari
poiché il compito della storia del diritto consiste di fornire alla sociologia il materiale di cui questa
ha bisogno e nel mostrare che le proposizioni e le istituzioni giuridiche, si sviluppano dall’intera
vita del popolo ovvero dall’ordinamento sociale ed economico nel suo complesso.
Il DIRITTO VIVENTE è un concetto che ehrlich espone il 1913 affermando innanzitutto che è il
risultato non di una singola decisione, ma di un lungo processo strettamente collegato alle vicende
culturali dei gruppi sociali di cui è emanazione. Il diritto vivente, sempre secondo ehrlich, ha origini
STATUALI (il diritto vivente rappresenta solo una minima parte del diritto posto dallo Stato, con
sentenze, documenti dove si applicano le diverse leggi e il principio di equità) e EXTRASTATUALI
( come il “diritto di famiglia” che è sorto dai bisogni degli individui che vivono nella famiglia e non
dalle norme del codice quindi è destinato a cambiare e a svilupparsi in conformità a questi
bisogni).
Questo tipo di diritto, è quello che vige nella società e non è quello scritto, è un diritto che cambia
in relazione alla società che cambia, che si trasforma con il trascorrere del tempo e il consolidarsi
delle consuetudini. Quindi possiamo dire che il diritto vivente nasce dalla società ma è
regolamentato dallo Stato, quindi non si possono creare leggi se non sussistono esigenze della
società.
Nonostante Ehrlich appartenga alla scuola storica, egli segue sole le teorie di Beseler il quale
afferma che il diritto regola i rapporti della vita anche senza l’intervento dei tribunali.
Al fine di precisare le funzioni del diritto vivente, Ehrlich considera la distinzione tra “norme
dell’agire“ destinate a regolare il comportamento di tutti i consociati, e “norme di decisione“ volte
a regolare il comportamento dei giudici nel momento in cui devono decidere la soluzione riguardo
alle controversie portate avanti alle corti. Gli uomini non agiscono sempre secondo le regole che
vengono applicate per risolvere le loro controversie (norme di decisione), ma secondo le norme
che assegnano a essi un certo ruolo nell’ambito dei gruppi sociali di appartenenza (norme
dell’agire).
I “fatti del diritto” vivente superano l’instabilità spazio-temporale degli strati più superficiali
dell’esperienza giuridica diventando suscettibili di una conoscenza scientificamente fondata. I fatti
del diritto non sono fatti bruti ma istituzionali e per conoscere il diritto vivente delle società umane
risulta necessario stabilire: le consuetudine, i rapporti di dominio, i contratti, le dichiarazioni di
volontà, indipendentemente dalla circostanza che essi abbiano già trovato o troveranno in futuro
espressione in una sentenza o legge. I fatti del diritto riflettono un diritto più stabile e radicato
nella società del mondo astratto e continuamente variabile delle norme positive e rafforzano e
consolidano la cultura propria dei diversi gruppi sociali.
La società tenta di regolare in modo unitario e conforme alle proprie esigenze anche
l’ordinamento interno dei gruppi sociali. Il giurista e l’economista hanno sempre a che fare con i
medesimi fenomeni sociali, per questo ogni mutamento della società e dell’economia comporta
inevitabilmente un mutamento del diritto ed è impossibile mutare i loro fondamenti giuridici senza
che si verifichi nella società e nell’economia un cambiamento.
Lo stesso diritto vivente è sorretto da una struttura di interessi per la quale il singolo, che rinuncia
a una parte della propria libertà a favore del gruppo, in definitiva tutela la propria debolezza e
quindi agisce sempre secondo il proprio interesse.
La concezione di Ehrlich rimane ancora oggi un punto di riferimento fondamentale per la
sociologia del diritto. Possiamo dire che i suoi punti essenziali sono:
- che il DIRITTO POSITIVO, scritto in codici o nelle leggi, pur essendo qualificato come giuridico in
virtù della sua origine statuale, risulta invisibile per il sociologo che studia la realtà sociale poiché
non viene riconosciuto nei comportamenti effettivi di coloro che dovrebbero osservarlo.
- che i giuristi e giudici svolgono un ruolo essenziale nel sostenere il diritto positivo e nel guidare la
sua interpretazione ma devono tenere necessariamente conto anche di una pluralità di altri
ordinamenti spontanei che, indipendentemente dall’azione dello Stato, convivono con il diritto
positivo integrandolo o sostituendolo in determinati ambiti sociali.
- oltre al diritto positivo, ogni società è fornita di un “diritto vivente” la cui formazione avviene
tramite l’opera costante del tempo e il lento consolidarsi delle consuetudini.
- il diritto vivente è collegato con i bisogni primari dell’uomo.
- a livello storico-comparativo possono identificarsi alcuni nuclei genetici del diritto vivente come i
“fatti del diritto“ che si ricollegano a nuclei fondamentali della convivenza umana.
- il diritto naturale non appare un rigido meta-ordinamento ma rappresenta un fattore di
variabilità, essendo destinato a tenere conto delle grandi impostazioni che possono prendere il
sopravvento nel corso della storia correggendo l’una gli errori dell’altra.
Se teniamo conto di queste tesi, la concezione di Ehrlich sfocia in un PLURALISMO GIURIDICO che
comporta il ridimensionamento del ruolo dello Stato e il riconoscimento di una serie di
ordinamenti minori prodotti da aggregati sociali e provvisti di strutture normative proprie. Quindi
di fronte all’individuo, lo Stato si pone come solo una fra le tante forme di raggruppamento
sociale, il suo ruolo viene ridotto al minimo. Il PLURALISMO di Ehrlich, basato su un antistatalismo
storicamente fondato e su una composita teoria che giunge a comprendere una versione variabile
del diritto naturale.
Molti hanno ripreso la concezione di Ehrlich come ad esempio William summer. Sulla stessa linea
va ricordato l’ISTITUZIONALISMO con:
HAURIOU = il quale afferma “il vero elemento oggettivo del sistema giuridico è l’istituzione; sono
le istituzioni a fare le regole di diritto e non sono tali regole a fare le istituzioni“. Per lui la teoria
dell’istituzione acquista significato dal conflitto tra individuo e Stato-società. In particolar modo
per Hauriou l’istituzione è un’organizzazione che ha raggiunto un certo grado di sviluppo di
perfezione.
SANTI ROMANO = Per lui ordinamento giuridico e istituzioni coincidono infatti afferma che
l’ordinamento giuridico è un’istituzione e ogni istituzione è un ordinamento giuridico. Formano
una perfetta unità.
Una differenza tra i due è che: santi Romano dice che per un’istituzione è necessaria anche una
sola regola generale; mentre secondo Hauriou invece il vero elemento oggettivo del sistema
giuridico è l’istituzione ed è questa che fa le regole, inoltre secondo lui per costruire un’istituzione
è necessario uno statuto articolato e strutturato.
Il pensiero sull’istituzionalismo di Santi Romano venne ripreso da un giuridico italiano di nome
PIGLIARU. Egli affronta il tentativo di tradurre in pratica il progetto di Ehrlich che
l’ISTITUZIONALISMO aveva ripreso solo a livello teorico. Dunque lui procede con la sua
applicazione attraverso la ricostruzione di un ordinamento non statuale quindi non scritto ma
radicato nei costumi di un popolo. L’ordinamento non scritto descritto da pigliaru è quello che
regola la vendetta in una zona della Sardegna, Barbagia, che è particolarmente gelosa dei propri
costumi.
Egli redige quindi un vero e proprio codice articolato in tre parti (principi generali, offese e la
misurazione della vendetta) composto di 23 articoli tutti calati in una forma tecnico-giuridica che si
sforza di produrre fedelmente i contenuti e lo spirito delle norme consuetudinarie osservate nella
realtà. (art 1 “l’offesa deve essere vendicata”).

CAPITOLO 2
Le norme inizialmente nascono dallo Stato ma per continuare ad essere vigenti e necessario il
consenso sociale.
CULTURA = si intende l’insieme di atteggiamenti, opinioni e di convinzioni condivise che
caratterizzano una determinata società, e assicurano a quest’ultima l’attribuzione di significati
condivisi.
La CULTURA GIURIDICA, invece, contribuisce a chiarire importanti momenti dei rapporti tra
società e diritto ed è importante perché si individuano i presupposti normativi che ispirano
determinati comportamenti e orientamenti sociali che spiegano le decisioni giuridiche. Quindi, il
termine indica quelle che sono le convinzioni, i significati che si attribuiscono ad un determinato
oggetto, visto solo da un punto di vista giuridico (es. l’istituzione della famiglia è pienamente
regolata dal codice civile). La cultura giuridica si divide in: interne ed esterna —> in base a questo
esiste:
- CULTURA DEL DIRITTO in cui gli attori sono dei giuristi, le componenti sono intragiuridiche in
quanto essi ( giuristi) conoscono il diritto interno, vi è un orientamento alla “legalità” poiché i
giudici valutano se il fatto è conforme o no alla regola sociale di tipo giuridico e le implicazioni non
sono ideologiche ma tecniche. (Interno)
- CULTURA SUL DIRITTO in cui gli attori è il pubblico, le componenti sono extragiuridiche, vi è un
orientamento alla “legittimità” poiché il pubblico riconosce la validità delle leggi, ma non ha
competenze tecniche per applicarle e le implicazioni sono ideologiche. (Esterno).
Il diritto comunque regola la vita sociale in ogni campo e nello stesso tempo la società influenza il
diritto, cioè quando la società manifesta la necessità del cambiamento di una norma è necessario
che il diritto si adegui.
Il concetto di cultura giuridica è articolato in: RUOLI (R) sociali rivestiti da un portatore di cultura
giuridica; OGGETTO (O) che gli attori prendono in considerazione; CRITERI (C) di interpretazione
utilizzati nei singoli casi concreti. Questi tre elementi se sono interni si avrà una cultura giuridica
interna, se sono esterni all’ambito giuridico, la cultura giuridica sarà esterna ( se uno di questi tre
elementi è interno e due esterni, o viceversa, la cultura giuridica sarà sia interna che esterna).
- 1ES Ri, Oi e Ce = in una stazione ci sono dei ferrovieri e un soggetto che deve trasportare le sue
valigie segue i ferrovieri che attraversano il binario; il passeggero quindi viola così una norma
perché ha attraversato i binari non usando il passaggio pedonale. Questo però non viene punito
ma avrà solo una ramanzina. In questo caso abbiamo un ruolo interno che è il capo stazione che
ha la possibilità di applicare le leggi punitive perché attraversa i binari; un oggetto interno al diritto
perché si tratta di un caso di violazione delle leggi; un criterio esterno perché la punizione data dal
capostazione al soggetto non è normativa ma solo una ramanzina. Se il criterio fosse stato interno
ci sarebbe stata una sanzione normativa e quindi sarebbe stata applicata una cultura giuridica
interna.
- 2ES Re, Oi e Ci = Vi è uomo che con una valigia attraverso i binari accertandosi che non passino
treni. In questo caso però non vi sono ferrovieri bensì un vecchietto che ragguaglia l’uomo
severamente, imponendo ad egli di rispettare la regola. Dunque vediamo un ruolo esterno che il
vecchietto; un oggetto interno che la regola di non attraversare i binari; e un criterio interno ossia
l’uomo che viene obbligato a trascinare il resto delle sue valigie attraverso il sottopassaggio sotto
lo sguardo del vecchietto.
- 3ES Ri, Ci e Oe = È il caso di tre ragazzini che giocano a pallone e la palla finisce nel balcone di un
condominio, il quale nota che il bambino si arrampica nel suo balcone Per recuperare la palla e
decide di denunciare il bambino per violazione di domicilio. Dato che il bambino era minorenne
viene chiamato in causa il padre che era un maresciallo dei carabinieri e il padre viene accusato di
essere poco vigile nei confronti del figlio e così il caso viene affidato agli assistenti sociali. In questo
caso l’oggetto esterno perché l’apporto degli assistenti sociali al caso è lontano dalla cultura
giuridica, ma di natura sociale. La proposta che viene fatta al tribunale è che il minore deve essere
sottratto dalla patria potestà del maresciallo affidato ad un istituto; il tribunale però considera
improponibile la proposta ma condiziona l’esercizio futuro della patria potestà al controllo del
servizio sociale. Si capisce che la cultura dell’esperto non coincide con quella di un altro attore
interno all’ordinamento.
- 4ES Re, Oi e Ce = ci si riferisce ad una pluralità di attori, che anche se collocati all’esterno di un
ordinamento, si orientano verso di esso per esprimere giudizi e valutazioni (non giuridiche). Ci si
riferisce agli studi di KOL ( knowledge and opinion on law) che si occupano di come il diritto o i suoi
elementi, vengono percepiti, valutati, e osservati dalla popolazione. L’oggetto interno non si
riferisce solo a norme, ma anche ai diversi apparati predisposti alla loro attuazione. Il tipo di
valutazione dell’oggetto interno dipenderà anche dalla cultura in cui ci si trova.
Il concetto di cultura giuridica può essere articolato a seconda che i ruoli, criteri, oggetti siano
orientati al diritto positivo o a quello vivente, vale a dire all’insieme delle norme compresi in
ordinamenti giuridici statuali e non statuali.
WEBER (1864-1920) si è occupato della sociologia del diritto e, quindi, del funzionamento delle
norme nella società ed è considerato uno dei fondatori della Sociologia giuridica. Una delle sue
opere più famose è “economia e società”.
Egli affronta il tema della SOCIOLOGIA COMPRENDENTE O INDIVIDUALIZZANTE perché vuole
comprendere razionalmente il significato di qualunque comportamento umano, osservandolo
individualmente, vuole comprendere quindi, le relazioni esistenti tra l’agire e le norme giuridiche.
Mentre molti sociologi studiano riflettendo sull’intera comunità, Weber lo fa riflettendo sul singolo
individuo e sulla sua azione all’interno della società. Secondo Weber la sociologia è la scienza che
intende studiare l’agire sociale e lo spiega nel suo corso e nei suoi effetti.
Egli muove 4 critiche a Stammler (filosofo):
1. Weber tenta di rispondere alla domanda: la regola esiste veramente o è soltanto il risultato
dell’attività speculativa dell’osservatore? Egli fa una distinzione tra: - REGOLARITÀ = sostiene che
si tratti del rispetto di una norma che è obbligatoria ma non vincolante; - REGOLATEZZA = indica la
sottomissione ad una norma. Per illustrare questo punto, Weber ricorre all’esempio della
“digestione”, che può essere regolare naturalmente o regolata artificialmente dove ci sia qualche
disturbo rispetto alla norma che di solito fissa i requisiti di una buona digestione che impone di
correre a mezzi coercitivi come un farmaco per regolare la naturalezza della digestione. Per
Stammler invece questa distinzione era inesistente, cioè per lui il diritto era composto da norme
che indicano la regolarità del comportamento vincolato alla norma e per egli le regole esistono
grazie alla ripetizione di determinati comportamenti.
2. Weber differenzia, cosa che non fa Stammler, le REGOLE SOCIALI come quelle della buona
educazione e le REGOLE TECNICHE che possono essere indipendenti dalla vita sociale ovvero
quelle che individuano i comportamenti da tenere per raggiungere un obiettivo. Esempio = non
obbedisce a una regola tecnica il ladro che fugge dopo il furto, ma applica regole tecniche un
Robinson che, nella solitudine della sua isola, amministri le proprie risorse in modo da utilizzarle
secondo certi tipi di carattere economico, ricavati dalla propria esperienza. Secondo Weber non
bastano solo le regole tecniche per spiegare i fenomeni sociali, egli infatti afferma che le regole
tecniche hanno bisogno di quelle sociali per spiegare le condizioni storiche e sociali in cui il
soggetto agisce.
3. Weber sottolinea l’analogia tra REGOLE GIURIDICHE e REGOLE DEL GIOCO affermando che
alcune regole sono giuridiche ma altre sono regole inventate e non possono essere portatrici di
regolarità, come quelle del gioco. Nel gioco le regole astrattamente stabilite indicano un
comportamento da seguire, i comportamenti da effettuare per vincere ma non le strategie per
raggiungere l’obiettivo di vincere il gioco. Il sociologo fa l’esempio del gioco dello SKAT poiché
attraverso le regole del gioco può mostrare che, sia nel caso di un comune gioco di carte sia nel
caso del diritto, esse sono il presupposto culturale necessario per definire anzitutto a quale gioco si
stia giocando (un gioco che implica il diritto e le sue norme può essere il contratto), per conoscere
le strategie generali di quel gioco e per spiegare tutte le singole mosse di
giocatori nel corso della partita. La regola che costituisce il gioco contribuisce a: riconoscere
empiricamente l’oggetto da studiare, delimitare l’oggetto da osservare e spiegare le singole mosse
dei giocatori.
4. Weber afferma che per studiare un fenomeno giuridicamente rilevante, l’osservatore deve
avere un’idea generale dell’oggetto in questione. A questo punto fa l’esempio del baratto tra un
europeo e un africano in cui uno dei due partecipanti al baratto può presupporre, erroneamente,
che l’altro vuole seguire una certa norma. Pertanto è necessario separare l’interpretazione
empirica del baratto (cioè ciò che realmente accade) dall’interpretazione dogmatica (cioè ciò che
dovrebbe accadere secondo una certa norma giuridica).
Nella sua opera Weber definisce il DIRITTO = Un ordinamento di cui viene riconosciuta la
legittimità da parte dei suoi destinatari (prospettiva politica) e la cui validità poggia sulla possibilità
di una coercizione (costrizione, prospettiva sociologica) da parte di un apparato di uomini disposto
a tale scopo (prospettiva normativista). Nel definire il diritto, Webber, parla della teoria del
riconoscimento ovvero l’attore deve riconoscere il diritto, e della coercizione, cioè l’applicazione
delle norme legate alla costrizione dei comportamenti da assumere.
Già nell’analisi del concetto di regola sono emersi alcuni modelli di azione orientati secondo:
regole generali astratte (razionalità formale); regole tradizionali connesse a bisogni elementari
(razionalità tradizionale); regole tecniche (razionalità rispetto allo scopo); regole valutative
(razionalità rispetto a valori).
Weber afferma che il diritto può essere razionale a seconda della direzione nella quale il pensiero
giuridico procede. Inoltre precisa che la RAZIONALIZZAZIONE del diritto può consistere sia in una
“generalizzazione” ovvero in un processo che comporta una semplificazione e in una “
sistematizzazione “ ovvero in un processo che comporta un coordinamento dei principi giuridici
così ricavati. Dunque, si può affermare che un sistema giuridico che raggiunge livelli relativamente
elevati di razionalità risulta essere caratterizzato dal fatto di essere più di altri in grado di
assicurare agli utenti la “prevedibilità” dei propri esiti decisionali. Weber introduce anche il
parametro della FORMALITÀ che è destinato a combinarsi con quello della razionalità. La
dimensione formale del diritto è connessa alla specificità e tecnicità degli strumenti impiegati,
mentre la dimensione razionale viene posta in connessione con la controllabilità intersoggettiva
degli esiti decisionali. Da questi concetti di Weber risulta che una decisione giuridica è definibile
come “razionale“ se può essere fatto oggetto di previsioni anche da parte dei non appartenenti
all’apparato che la produce, mentre può dirsi “formale“ se deriva direttamente dall’applicazione di
criteri peculiari all’apparato che l’ha prodotta. Usando congiuntamente i parametri della
razionalità-irrazionalità e della formalità-materialità si riesce ad avere uno strumento che consente
di cogliere sia le culture giuridiche interne degli addetti ai lavori sia quelle esterne dei destinatari
delle norme.
Per Weber esistono quattro forme di diritto, in relazione a due concetti, cioè formalità
(appartenenza o meno a un certo procedimento ad un determinato insieme di norme, ovvero se
una determinata norma a seguito il percorso legislativo), opposta alla materialità, e la razionalità
(indica il modo in cui vengono raggiunti risultati), opposta all’irrazionalità. Queste quattro forme
sono:
- DIRITTO FORMALE E RAZIONALE = fa riferimento a norme statuite e codificate sulla base del
pensiero giuridico.
- DIRITTO FORMALE E IRRAZIONALE = I legislatori e i giudici prendono decisioni basandosi sulla
rivelazione o sul ricorso a oracoli.
- DIRITTO MATERIALE E RAZIONALE = il legislatore decide adottando come riferimento un libro
sacro o rifacendosi alla tradizione.
- DIRITTO MATERIALE E IRRAZIONALE = questo è fondato sull’arbitrio del legislatore e sul
sentimento personale del giudice senza far riferimento a norme generali.
AGIRE vuol dire assumere un atteggiamento che ha un suo scopo. “L’agire sociale“ è assumere un
comportamento in relazione all’atteggiamento degli altri individui. L’ agire in Weber è un
atteggiamento umano da parte di un singolo individuo o tanti, che connota un senso soggettivo.
L’azione sociale può essere riconosciuto e compresa,classificandola:
- AGIRE RAZIONALMENTE RISPETTO ALLO SCOPO da raggiungere, agire rispetto alle conseguenze
che si possono ottenere. Le nostre azioni sono condizionate da ciò che c’è nel mondo esterno. In
questo caso le nostre aspettative o azioni sono come dei mezzi utili per raggiungere scopi che noi
consideriamo razionali.
- AGIRE RAZIONALMENTE RISPETTO AL VALORE cioè agire in relazione al significato che l’azione in
sé ha e prescinde dallo scopo. Questo agire è sempre razionale, ma non ci si aspetta di
raggiungere uno scopo, ma l’azione è attuata per conseguire un valore in sé senza considerare le
conseguenze.
- AGIRE DA UN PUNTO AFFETTIVO cioè in relazione alle emozioni e ai sentimenti. Le nostre azioni
sono dettate dagli affetti e dei nostri stati d’animo
- AGIRE PER TRADIZIONE sei un comportamento è determinato dagli usi, dalle abitudini acquisite.
- AGIRE RAZIONALE-FORMALE è quello del diritto e indica un’azione sociale orientata dalle regole
giuridiche, in più presuppone la conoscenza dell’apparato di norme che seleziona e indirizza
l’azione umana.
Le azioni vanno classificate osservando quale caratteristica hanno i comportamenti e più
emergente (cioè se l’azione legata alle tradizioni, scopo, valori) e così sarà catalogata in uno di
questi cinque tipi di comportamento sociale.
Esistono tre forme di POTERE LEGITTIMO ideate da Weber:
1. POTERE LEGALE = un potere legato alla legalità degli ordinamenti giuridici, e questi sono gestiti
da uomini chiamati ad esercitare il potere;
2. POTERE TRADIZIONALE = un potere legato al carattere sacro delle tradizioni e alla legittimazione
di coloro che sono tradizionalmente chiamati a rivestire un’autorità;
3. POTERE CARISMATICO = legato al valore esemplare, al carattere forte di una persona e
dall’ordinamento da lui stabilito.
Secondo Webber il diritto non determina l’economia, ma esistono alcuni tipi di diritto, che si
adattano a modelli di potere, e sono questi ultimi a convivere in maniera più o meno efficiente con
diversi modelli economici. Inoltre il diritto non garantisce solo gli interessi economici, bensì anche
altri interessi elementari, come quello della tutela la sicurezza.
I VALORI influenzano le regole giuridiche ed esistono due tipi: valori collettivi ( culture e regole) e
valori individuali ( valori di singole persone che possiedono sempre in base alla propria cultura).
Anche il diritto ha dei propri valori come la legalità e la giustizia e per salvaguardare questi valori
c’è bisogno di una lotta interna al diritto o esterna con movimenti pacifici o violenti.
RAPPORTO TRA DIRITTO ED ECONOMIA PER WEBER
Weber sostiene che ci sia una relazione tra diritto razionale e formale e il sistema economico. Egli
evidenzia la relazione tra i due affermando che non è di tipo causale bensì alcune norme si
adattano e convivono con il sistema economico e, viceversa, il sistema economico convive bene
con alcune norme. Per mostrare questi rapporti egli enuclea alcuni principi generali tra loro
strettamente connessi: il PRIMO principio che può dirsi della “pluralità degli interessi”
giuridicamente tutelabili, secondo il quale il diritto non garantisce affatto soltanto interessi
economici, bensì interessi diversi, dei più elementari, come la tutela della sicurezza personale, fino
ai beni immateriali o ideali come l’onore proprio e quello di potenze divine; il SECONDO principio
può dirsi della “relativa autonomia“ dell’ordinamento economico nei confronti dell’ordinamento
giuridico, infatti diritto ed economia sono meccanismi diversi di controllo sociale che si servono di
strumenti specifici che non sempre sono in grado di integrare; TERZO principio si chiama
“indifferenza reciproca“ tra diritto ed economia anche se in alcuni casi ci possono essere rapporti
di condizionamento reciproco.
Secondo Webber, ci sono due relazioni dirette tra diritto e economia:
1. = orientamento individualistico dell’individuo nell’azione economica verso gli altri attori
economici e verso le norme legali riconosciute valide per l’ordine dell’economia (ovvero il soggetto
che agisce sul mercato deve tener conto sia degli altri soggetti impegnati nel commercio sia delle
norme che regolano e gestiscono i mercati)
2. = potere di controllo e disposizione, trasmesso tramite i contratti (ovvero i mercati e le azioni
economiche sono gestite dallo Stato ma anche dai contratti che devono sempre rispettare i
principi giuridici ad essi connessi)
Il diritto, inoltre, stabilisce la libertà effettiva di contrattazione (libero mercato) e offre la completa
possibilità di calcolo e la garanzia formale su tutti i contratti, il tutto espresso formalmente
nell’ordine giuridico. Webber, nella sua opera “economia e società“, indica la relazione esistente
tra diritto ed economia e sostiene che l’economia è più all’avanguardia se c’è un buon diritto
economico.
Dato che il diritto, secondo la definizione di Weber, è un ordinamento legittimo tutelato da un
apparato coercitivo, risulta, già a livello concettuale, una connessione del diritto con lo Stato
moderno. Per Weber lo Stato moderno ha come principale potere quello di usare legittimamente
la propria forza per obbligare ad assumere certi comportamenti ed è un’istituzione delle istituzioni
poiché è l’unico che può imporre a tutti una prescrizione.
Weber fa una distinzione tra:
NORME REGOLATIVE = si limitano a dire se certi comportamenti sociali esistente sono vietati,
obbligatori o permessi.
NORME COSTITUTIVE = hanno la proprietà di creare comportamenti nuovi che non sarebbero
pensabili.
Per Weber la legittimità di un ordinamento può essere garantita o dall’esterno o dall’interno.
Infine per Weber i giuristi non solo devono conoscere le norme e saperle applicare, ma anche
comprendere che norme applicare.
IMPLICAZIONI E SVILUPPI
Weber considera il senso delle azioni degli uomini nei diversi ambiti della società strettamente
intrecciato al mondo dei fatti, delle norme e dei valori, e quindi complesso da non potersi esaurire
culturalmente in uno solo di essi.
A Weber si sono ispirati diversi pensatori:
LEONI per lui diritto ed economia sono uguali mentre per Weber il diritto non era solo connesso
all’economia ma a tutti gli interessi sociali. Leoni giunge a delineare un’originale costruzione
sociologico-giuridica che fa del diritto il luogo nel quale le diverse culture economiche possono
incontrarsi data la complementarità delle loro strutture decisionali. In particolare, come il prezzo
può essere considerato il punto di incontro e di equilibrio, peraltro instabile e mutevole, delle
aspettative economiche individuali, il diritto può essere considerato il punto di incontro e di
equilibrio.
CALABRESI a metà del 900, studia la relazione esistente tra diritto ed economia con gli incidenti
stradali ed afferma che il diritto dovrebbe dare norme per ridurre gli incidenti e i danni economici
da essi derivanti.
POSNER utilizza la statistica per rivelare la portata economica delle norme giuridiche.
COASE analizza i costi dei contratti e quindi valuta come Posner la valenza economica delle norme
giuridiche.
OST E DE KERCHOVE riprendono da Weber l’analogia tra diritto e gioco. Entrambi criticano il
normativismo kelseniano, basato su proposizioni giuridiche che impongono i comportamenti da
seguire. Nel gioco accanto ai criteri formali (proposizioni di K) ci sono dei criteri informali che
ammettono di giocare più partite allo stesso tempo; è importante quindi interpretare le azioni
sociali per spiegare il diritto e non basta più la presenza di proposizioni giuridiche.

CAPITOLO 3
IDEE DI KELSEN, EHRLICH e WEBER
Il concetto di diritto di:
Kelsen = si basa sulla descrizione di processi di produzione normativa di tipo “gerarchico“. Le
norme giuridiche sono il punto di riferimento di una serie di attori giuridici e di semplici destinatari
delle norme che osservano il diritto nella vita di tutti i giorni, senza conoscerlo dettagliatamente
nella sua versione scritta, ma per imitazione di ciò che fanno gli altri.
Ehrlich = in opposizione all’idea di K, ricostruisce la genesi del diritto sulla base di processi storici di
produzione normativa, ipotesi di un diritto che nasce dalla società attraverso una stratificazione di
tradizioni, e procede verso lo Stato.
Weber = riconduce il concetto di diritto a processi di produzione normativa che sono “culturali“.
Questi tre modelli di diritto consentono di anticipare una dinamica dei rapporti tra diritto e
società: K muove dall’ALTO poiché afferma che le norme sono poste dallo Stato; Ehrlich muove dal
BASSO in quanto sostiene che le norme nascono dalla consuetudine e dal diritto vivente quindi
attraverso la società; Weber muove in entrambi i versi sostenendo che le regole sono una
razionalizzazione di comportamenti sociali.
I caratteri essenziali di queste tre definizioni del concetto di diritto possono essere riassunti in un
quadro sinottico che tiene conto di alcuni elementi:
- PUNTO DI VISTA
 Kelsen concerta l’attenzione dal punto di vista interno dell’operatore giuridico che per applicare
ogni norma usa uno schema logico-deduttivo volto all’evidenziare premesse generali per
determinare le conseguenze giuridiche particolari.
 Ehrlich assume la prospettiva di un consociato, quindi un punto di vista esterno, che adotta la
consuetudine (fatti sociali ripetuti) come un fatto del diritto creando un diritto che contribuisce al
mantenimento dell’autonomia sociale del gruppo, il quale è in grado di dotarsi di norme
giuridiche.
 Weber assume il punto di vista di un osservatore esterno che analizza i vari aspetti della società
in relazione alle varie situazioni culturali in cui il diritto opera.
- FONTE DEL DIRITTO
 Kelsen lo individua nella norma intesa come prodotto diretto dell’attività statuale.
 Ehrlich lo individua nel “fatto del diritto“ originario, la consuetudine, da cui hanno origine tutti
gli altri.
 Weber lo individua nella regola che può essere sottoposta un’analisi orientabile a seconda delle
esigenze interpretative dell’osservatore e degli attori da questo osservati.
- CONTESTO DI RIFERIMENTO
Kelsen lo colloca nell’ordinamento giuridico dello stato, che assicura le condizioni di validità di
ogni singola norma e da forma allo stato stesso.
 Ehrlich lo ravvisa nel gruppo inteso come elemento base di ogni aggregazione sociale, che è in
grado di autoregolarsi e di dotarsi di norme giuridiche prima ancora che di proposizioni giuridiche
scritte.
 Weber lo individua al livello astratto dei criteri di razionalità che sono capaci di tenere conto
delle specificità delle diverse situazioni culturali nelle quali il diritto opera in contatto con altri
ambiti sociali.
- SCOPI AL QUALE E’ ORIENTATA
 Kelsen li identifica a livello pragmatico, nella produzione di decisioni giuridiche formalmente
valide da parte degli addetti ai lavori.
 Ehrlich li fa risiedere nel matenimento della coesione sociale da parte di diversi gruppi di
riferimento.
 Weber li fa coincidere con l’operazione di attribuzione di senso all’agire sociale da parte degli
operatori e degli utenti del diritto.
- MODALITA’ DI COLLEGAMENTO O APPROCCIO
 Kelsen si serve di modalità logico-formali.
 Ehrlich si rifà a modalità storico-induttive.
 Weber adotta modalità che possono essere entrambe quelle sopra indicate in base alle
specifiche esigenze delle comparazioni da lui condotte . Relativistico-comparativo.
- PRINCIPIO DI GUIDA
Kelsen afferma che il diritto ha lo scopo di produrre norme osservando il principio della
LEGALITA’ intesa come garanzia della dipendenza della decisione giuridica da altre norme
dell’ordinamento.
 Ehrlich afferma che il diritto ha lo scopo di assicurare che le norme prodotte dai gruppi sociali
siano accettabili in termini di costi/benefici, quindi in base al principio di EFFICIENZA.
 Weber afferma che il diritto ha lo scopo di attribuire senso all’agire degli operatori e degli utenti
del diritto assicurando il principio della reciproca ADEGUATEZZA dei diversi criteri di razionalità che
caratterizzano i vari ambiti del sociale.
Per Marx il diritto ha quattro caratteristiche:
1. È la struttura dei rapporti sociali, in particolare quelli economici;
2. Serve per mascherare i rapporti di potere;
3. Tende a subordinare gli interessi della maggioranza agli interessi di una minoranza che impone
leggi;
4. Le asimmetrie nei rapporti di potere si rafforzano fino a quando non avviene una rivoluzione.
Egli sostiene che il centro motore della società è l’economia e le sue idee influenzeranno poi le
teorie moderne sul diritto.
LLEWELLYN (1940) elabora una teoria sulle funzioni del diritto moderno, mi scolando le idee di
Marx, K e Weber:
- anticipazione risoluzione dei conflitti (se il diritto conosce anticipatamente lo scoppio di un
conflitto può evitarlo e risolverlo).
- regolamentazione dei comportamenti.
- legittimazione e organizzazione del potere nella società (il diritto ha la funzione di scegliere chi ha
un certo potere nella società).
- strutturazione delle condizioni di vita nei vari settori della società (per esempio sceglie i ruoli e i
comportamenti che ognuno deve assumere nei rapporti economici, religiosi).
- amministrazione della giustizia.
PARSONS (1902) Per indicare le funzioni del diritto ha ideato la sigla AGIL che sta a significare: A =
funzione adattiva; G = raggiungimento dei fini; I = funzione integrativa; L = mantenimento del
modello latente. Il diritto, quindi per lui, è uno strumento di dominio destinato a stabilizzare,
guidare e correggere la vita sociale; serve a mitigare gli elementi potenziali di conflitto (funzione
integrativa). Solo con l’adesione ad un sistema di norme (funzione adattiva), le interazioni sociali
possono funzionare senza di generare conflitti aperti o latenti (mantenimento del modello latente
il raggiungimento dei fini). La FUNZIONE del raggiungimento dei fini è affidata alla POLITICA, la
FUNZIONE adattiva è affidata all’ECONOMIA, la FUNZIONE del mantenimento del modello latente
è affidata alla CULTURA, la FUNZIONE integrativa spetta al DIRITTO. Parsons, inoltre, definisce il
sistema sociale come un insieme di soggetti singoli che interagiscono tra loro. Egli distingue tre tipi
di sistemi: il sistema sociale stesso; il sistema della personalità dei soggetti agenti; il sistema
culturale basato sull’azione dei singoli soggetti e dell’intera società.
FUNZIONI DEL DIRITTO
Ogni concetto di diritto, presupponendo un modello di società all’interno del quale operare, risulta
necessariamente collegato a una o più funzioni da svolgere in tale contesto. Al diritto si possono
attribuire le funzioni generali oppure elaborare ipotesi relative alle funzioni svolte da singole
norme giuridiche in singole situazioni. Le funzioni della stabilizzazione dell’innovazione non sono le
uniche che possono essere attribuito al diritto. Tra le principali funzioni attribuibili ad esso si
possono ricordare:
> la FUNZIONE della composizione dei conflitti, che non riguarda solamente casi patologici della
vita del diritto come reati e altri illeciti, ma anche fenomeni fisiologici di tensione fra diritto e
società, e quindi non comporta un atteggiamento di condanna e repressione nei confronti del
conflitto, ma di semplice anticipazione e canalizzazione dello stesso;
> la FUNZIONE della regolazione dei comportamenti, che consiste nello stabilire e mantenere lo
svolgimento normale della vita dei gruppi, dei sottogruppi e delle altre forme di aggregazione
sociale;
> la FUNZIONE della legittimazione e organizzazione del potere nella società, in quanto la
composizione di un conflitto da parte dell’apparato coercitivo richiede a sua volta un’auto
regolazione del comportamento da parte di questo stesso apparato;
> la FUNZIONE della strutturazione delle condizioni di vita nei vari settori della società, che deve
essere suddivisa nella promozione delle attività dei gruppi e nella determinazione di direttive
generali rivolte alla società;
> la FUNZIONE dell’amministrazione della giustizia, che si articola sua volta in due settori, a
seconda che si serve di una “interpretazione teologica“ oppure di una scienza sperimentale del
diritto.
ESEMPIO = il diritto è paragonabile a una macchina che può essere guidata in modi diversi a
seconda della potenza del motore del fondo strada. Se si preme il pedale dell’acceleratore si
riuscirà ad acquisire quella potenza che può consentire di superare gli ostacoli e le lacune, che le
norme giuridiche incontrano sul percorso tracciato dal programma regolativo da realizzare,
mentre se si preme il freno in processo di applicazione della norma viene rallentato e si acquista
quindi, il tempo necessario per osservare la strada e adeguarsi meglio a issa giungendo anche a
modificare i percorsi regolativi originariamente tracciati.

CAPITOLO 4
IL DIRITTO EFFICACE
L’unico diritto sociologicamente rilevante è il DIRITTO EFFICACE ovvero quando i contenuti
normativi trovano corrispondenza nella realtà attraverso una diffusa accettazione sostenuta da
culture giuridiche esterne, e un adeguato sostegno degli apparati guidati da culture giuridiche
interne. In generale la rilevanza del diritto efficace per la società può essere espressa in vario
modo, affermando che:
- il diritto è connesso alla società (per cui il cambiamento di uno dei due termini comporta
necessariamente il cambiamento dell’altro)
- il diritto riflette la società (ipotizza che tale cambiamento comporta una qualche somiglianza tra
diritto e società)
- il diritto è lo specchio della società (ipotizza una totale identità tra i due termini e comporta la
scomparsa del diritto o, il suo assorbimento nella società).
In realtà, possiamo affermare che, il diritto come noi lo conosciamo intende guidare in qualche
modo la società e non semplicemente descriverla. Esso è quindi destinato incontrare
inevitabilmente qualche forma di resistenza nella società.
Quando parliamo del problema dell’efficacia, la prima questione che è possibile sollevare a livello
macro sociologico riguarda l’individuazione delle connessioni tra determinati “tipi di norme
giuridiche” e determinati “tipi di organizzazione sociale“.
DURKHEIM fu un sociologo francese che visse tra la metà dell’800 e l’inizio del 900, egli scrisse “La
divisione del lavoro sociale“ in cui parla della società che è tenuta unita nel suo interno grazie alla
solidarietà. Durkheim osserva che il presupposto dell’ordine sociale, e quindi dell’efficacia delle
norme giuridiche è un adeguato livello di solidarietà sociale e per definire le varie forme della
solidarietà sociale un punto di riferimento fondamentale sono le sanzioni che caratterizzano le
norme. Le SANZIONI, per Durkheim, possono essere di due tipi:
1. SANZIONE REPRESSIVA = questo tipo di sanzione si ha nelle società primitive in cui la solidarietà
sociale è meccanica. Questa sanzione interessa il diritto penale che si serve tipicamente di sanzioni
consistenti in un dolore, o perlomeno in una privazione inflitta alla gente; esse hanno per scopo di
colpirlo nella sua fortuna, nel suo onore o nella sua vita o nella sua libertà ovvero di privarlo di
qualcosa di cui gode.
2. SANZIONE RIPARATORIA O RESTITUIVA = interessa il diritto civile, il diritto commerciale, il diritto
processuale, il diritto amministrativo e costituzionale. Questa non implica la sofferenza da parte
del soggetto sanzionato, ma consiste in una riparazione, ovvero nel ristabilimento dei rapporti
turbati nella loro forma normale.
Questi due tipi di sanzione possono prevalere negli ordinamenti giuridici a seconda del tipo di
SOLIDARIETÀ che caratterizza una determinata società. La solidarietà, che di per sé sarebbe
invisibile, viene così identificata attraverso la visibile sanzione che caratterizza un certo diritto.
Alla prevalenza del PRIMO tipo di diritto e di sanzione Durkheim fa corrispondere una
SOLIDARIETÀ MECCANICA tipica delle società primitive basate sulla “somiglianza tra individui”,
ovvero una società a bassa differenziazione sociale di ruoli, in cui si ripetono sentimenti simili e
omogenei, dove la personalità individuale viene assorbita dalla collettività.
Alla prevalenza del SECONDO tipo di diritto e di sanzione corrisponde invece secondo D. una
SOLIDARIETÀ ORGANICA che è basata su una struttura differenziata della società, nella quale si
autonomizzano organi differenti, ognuno dei quali ha un suo compito specifico. Questa è tipica
delle società contemporanee, in cui c’è una differenziazione tra individui in base ai diversi lavori
svolti da ognuno, infatti è per questo che il titolo del libro di Durkheim è “la divisione del lavoro
sociale“ in quanto porta anche all’assunzione di una personalità singolare per ogni individuo.
La solidarietà, in entrambi i casi sopra citati, porta alla coesione sociale e, quindi, al rafforzamento
dell’efficacia del diritto.
Anche TONNIES fa una distinzione tra i diversi modelli di società e le modalità con cui viene
assicurata l’efficacia delle norme giuridiche. In questa distinzione egli vede due mondi
contrapposti di intendere le relazioni sociali:
- COMUNITÀ —> in cui l’azione dei membri del gruppo è condizionata dalla volontà comune ed è
una società di tipo “organicistico”.
- SOCIETÀ —> in cui l’azione dei membri del gruppo appare determinata da una volontà soggettiva
ed è una società di tipo “contrattualistica“.
In una prospettiva sociologica, i due modelli della comunità, intesa come vita reale e organica, e
della società, intesa come formazione ideale e meccanica, sono caratterizzati da altrettanti
elementi strutturali quali: dal diritto familiare (comunità) e dal diritto delle obbligazioni (società).
Sulla base di tale contrapposizione, la coesione sociale nella TRADIZIONE ORGANICISTICA viene
paragonata a un organismo vivente in cui le parti collaborano necessariamente per la
sopravvivenza del tutto e nella TRADIZIONE CONTRATTUALISTICA invece le parti fanno liberamente
confluire le loro volontà individuali.
Entrambe le dicotomie vengono riprese da GEIGER che cerca di distinguere, con l’ausilio di
indicatori empirici: 1) gli “ordinamenti sociali” nei quali la coordinazione è prodotta da un
reciproco e spontaneo adattamento dei singoli; 2) gli “ordinamenti artificiali” in cui l’armonica
composizione dei comportamenti viene guidata da apposite norme.
A partire dalla distinzione tra NORME VERBALI (con formulazione verbale) e NORME SUSSISTENTI
(osservate solo di fatto), si può fare un ulteriore distinzione in quanto quelle verbali possono
essere “proclamative o dichiarative”, mentre le sussistenti possono essere “latenti o attuali” a
seconda che non abbiamo mostrato la loro sanzionabilitá non essendo state ancora violate oppure
l’abbiano già mostrata. Quest’ultima distinzione fa comprendere che la sanzionabilità per Geiger è
un concetto che, al pari del concetto di elasticità, può dirsi disposizionale, in quanto non si può
dire se una regolarità abbia o non abbia carattere normativo dove questa non venga violata,
perché solo in tal caso può rivelarsi se la violazione comporti un’effettiva sanzione.
NORME E SANZIONI CON GEIGER
Per Geiger la norma è reale se c’è sanzione poiché quest’ultima è l’indicatore della sua efficacia.
Dunque, egli, elabora intorno ai concetti di sanzione e di efficacia, le diverse fasi della formazione
degli ordinamenti sociali e degli ordinamenti giuridici.
Secondo l’autore: le NORME sono VALIDE quando sono OBBLIGATORIE;
si rispetta una norma anche non conoscendola, e se non la si rispetta, c’è una reazione sociale fino
alla sanzione;
il comportamento conforme è quel comportamento che risponde alle aspettative dell’opinione
pubblica;
il ripetersi dei comportamenti conformi genera un meccanismo ovvero una traccia comune nella
memoria individuale che aumenta la possibilità di ripetere il comportamento in questione.
Egli quindi usa il linguaggio dei simboli per spiegare la sanzione e l’efficacia del diritto affermando
che ogni ordinamento sociale riposa sul fatto che in ogni gruppo integrato (E) (i cui singoli membri
ono indicati con M) c’è un rapporto stabile tra certe situazioni tipiche (s) e determinate modalità di
comportamento (c).
La formula che lui crea è s —> c = cioè in una certa situazione sia normalmente un certo
comportamento, ma può anche essere s —> č = cioè un comportamento diverso da quello
statisticamente prevalente. Questi schemi servono all’attore come modelli per i suoi
comportamenti e allo spettatore come strumenti per prevedere certi comportamenti da parte
dell’attore e quindi per le “aspettative sociali“.
Geiger propone di usare la formula (s —> c) e propone di usare la formula “(s—>c) V” Per indicare
che la connessione posta tra parentesi ha un fondamento non solo statistico, ma anche normativo,
obbligatorio, sia per i destinatari (AA) che per eventuali beneficiari (BB). Secondo Geiger ogni
norma sociale può essere ricondotta la formula (s—> c) V AA/BB = secondo la quale la
connessione tra una certa situazione e un certo comportamento sarà obbligatoria (vincolanti) per i
destinatari della norma che si comporteranno nel modo previsto dalla norma nei confronti dei
beneficiari.
Esempio: i ciclisti (AA) sono tenuti (V) dopo l’imbrunite (s) ad accendere i fanali (c), in questo
esempio manca un beneficiario esplicitamente indicato e quindi si ha una formula (s —> c) V A/
diviso.
Per individuare la vincolatività della correlazione (s—>c) occorre osservare cosa avviene dopo che
un comportamento diverso č sia stato commesso da un destinatario AA.
Se al comportamento deviante, cioè alla violazione di una norma, segue una reazione R da parte
dei membri di un gruppo integrato o da parte dell’opinione pubblica, tale reazione sarà un
sintomo sufficiente a far considerare (s—>c) obbligatorio, se tale reazione non si verifica, ciò sarà
sufficiente a farlo considerare non obbligatorio. Quindi lo stigma dell’obbligatorietà V non si
realizza solo con l’obbedienza di AA ma anche con la reazione del gruppo all’eventuale
disobbedienza.
Queste e altre osservazioni formali hanno scarsa rilevanza sociologica se non si stabilisce anche
quali variabili sociali determinano i tassi di efficacia o inefficacia delle norme, e quindi quale sia il
loro grado di obbligatorietà. Geiger osserva che la reazione dell’opinione pubblica non equivale
sempre all’attuazione coercitiva del comportamento, ma può mirare a infliggere un danno al
deviante, oppure può svolgere una semplice funzione preventiva, influenzando i comportamenti
dei destinatari con la minaccia di sanzioni.
Egli effettua un ulteriore differenza tra:
- NORMA CONSUETUDINARIA = non ha né un inizio né un autore determinato, ha un rapporto con
il tempo di tipo retrospettivo ovvero “ciò che si è fatto ieri lo si deve fare anche oggi” ed
appartiene alla sfera della spontaneità.
- NORMA STATUITA = ha un’origine precisamente databile ed è attribuibile a un determinato atto
umano, ha un rapporto con il tempo di tipo prospettivo ovvero “domani e in futuro si farà come
oggi si è stabilito”, è sempre espressioni di riflessioni ed appartiene alla sfera della razionalità.
L’USO COLLETTIVO secondo Geiger consiste nella fattuale regolarità di comportamento di certi
gruppi di attori in determinate situazioni tipiche. Quest’uso è rilevante soprattutto in società
primitive e poco differenziate e in gruppi relativamente piccoli nei quali singoli consociati possono
osservarsi reciprocamente in modo diretto e agiscono in situazioni tendenzialmente uniformi per
tutti i consociati. Fondamentale caratteristica dell’uso è che una sua eventuale violazione può
comportare sorprese e incapacità di comprensione, ma non disapprovazione o condanna. L’ipotesi
di aggiuntiva tipica dell’uso esclude, a differenza di quella delle norme vere proprie, l’eventualità
della reazione.
Nella costruzione geigeriana è comunque la norma efficace al centro dell’attenzione, sia quella
primaria che prescrive un certo comportamento, sia quella secondaria che prescrive una certa
sanzione come reazione al non verificarsi di certo comportamento. Si presuppone, infatti, che il
comportamento regolare rafforzi la probabilità di altri comportamenti regolari, e che quindi un
comportamento generi un altro comportamento simile o complementare.
Si può dire che il “comportamentismo” di Geiger è “strategico“, muove da una riflessione diretta a
non sopravvalutare l’effettiva potenzialità esplicativa degli strumenti conoscitivi disponibile, né a
sottovalutare l’effettiva rilevanza di determinati aspetti della realtà sociale.
LE RADICI ANTROPOLOGICHE DELL’EFFICACIA
Molti sociologi del diritto cercano di studiare comprendere gli atteggiamenti valutativi nei
confronti del diritto che emergono dei diversi settori della società e che sono rilevanti per spiegare
il complesso problema dell’efficacia del diritto.
PETRAZYCKI ha ricondotto ad un quadro sociologico fattori psicologici per spiegare il
comportamento collettivo. Egli si è occupato di uno specifico fattore denominato “adattamento
simpatetico inconsapevole“ che prevede:
> un adattamento “filo centrico“ diretto ad affinità biologiche. Questo tiene conto del destino della
specie e stabilisce una profonda connessione tra società degli uomini e altre società come quelle
animali che hanno una base normativa in comune ad esempio: “i genitori a difendere la vita dei
figli superano il proprio naturale istinto di sopravvivenza”.
> un adattamento “socio centrico“ diretto alla società. Questo si rifà a un punto di vista esterno
all’attore, in grado di collegare il suo comportamento a un criterio di valutazione superiore
> un adattamento “egocentrico“, diretto all’Io. Questo cerca di orientarsi a quelle condizioni
esterne che sono più favorevoli all’individuo.
PETRAZYCKI parla di diritto e morale affermando che entrambi si presentano come in grado di
inculcare nei singoli le norme.
Il DIRITTO: intende creare un modello di uomo cittadino portatore di diritti e di pretese; si rivolge a
tutti e si occupa dei comportamenti di massa; può avvalersi di strumenti di sanzione applicabile a
tutti i destinatari delle norme in caso di violazione.
LA MORALE: intende plasmare gli individui rendendoli capace di assumere delle obbligazioni in
norme di determinati principi; è per coloro che sono in grado di apprezzarla; non considera cosa
viene fatto, ma chi è e come lo fa, e risulta più flessibile al suo interno non avendo bisogno di
apparati esecutori.
L’ordinamento della morale l’ordinamento del diritto vengono distinti dall’autore a seconda che
siano positivi o intuitivi. È comunque evidente che, prescindendo da casi particolari, un diritto
efficace dovrebbe essere non solo ufficiale positivo ma anche, almeno nei limiti del possibile,
intuitivo.
PODGORECKI ha cercato di sviluppare una concezione dell’efficacia del diritto che si avvicina a
quella realistica di Geiger. Egli ipotizza che il diritto selezioni attraverso processi di “errori e
correzioni“ i modelli di comportamento idonei a diventare diritto efficace, scegliendo quei modelli
che risultino funzionali all’integrazione sociale, idonei a rafforzare determinati schemi di
comportamento e in grado di assicurare alla sanzione o al premio un’accettazione stabile. Per
l’autore l’efficacia è il risultato di un processo complesso nel quale non entrano solo variabili
psicologiche.
La sociologia del diritto di RYFFEL, invece, ha una fondazione antropologica in quanto il suo punto
di partenza è costituito dal tentativo di determinare il compito che il diritto svolge nell’esistenza
dell’uomo. Egli concepisce l’uomo come un ente dotato di adattabilità, capace di mutare i propri
modi di esistere a seconda dell’ambiente in cui vive, e a seconda delle possibili alternative di
comportamento che sono sempre superiori alle capacità di attuazione che l’ambiente volta a volta
offre all’individuo.
Tutte e 3 gli autori citati, convergono nel tentativo di ridimensionare l’importanza della paura della
sanzione o dell’interesse del singolo quali motivazioni dell’efficacia, richiamano l’attenzione verso
un diritto che sia non solo per l’uomo ma nell’uomo, ovvero che nasca da un innato senso del
giusto o da un criterio di reciprocità. Si comprende quindi in questo contesto l’insistenza di tali
autori nel sottolineare l’importanza, accanto o in sostituzione di sanzioni negative, di sanzioni
positive.
Da ricordare che:
potere legislativo = creare norme ( parlamento)
potere giudiziario = punire chi non rispetta la legge ( magistratura)
potere esecutivo = coloro che hanno il compito di far rispettare le leggi (governo).

CAPITOLO 5
IL PROBLEMA DELL’EVOLUZIONE
In questo capitolo rivolgiamo l’ attenzione alla capacità che i fatti hanno di cambiare le norme e la
capacità che le norme hanno di apprendere dai fatti.
Gli impulsi più decisivi per l’ evoluzione del diritto provengono spesso dalle aree della società di
apparenza distanti da sembrare indifferenti alle norme. Come nel caso dei terremoti il cui
l’epicentro si trova di solito lontano dalla zona colpita ma è lo stesso in grado di provocare scosse
violente.
Il problema DELL’EVOLUZIONE DEL DIRITTO è legato alla capacità che i fatti sociali hanno di
mutare e alla capacità che le norme hanno da apprendere dai fatti. Questo dimostra che i sistemi
giuridici possono essere esaminati da un punto di vista statico oppure nel loro trasformarsi, essi
infatti sono in costante mutamento che può avvenire nel tempo e nello spazio. Il diritto, quindi,
non è stabile e cambiando muta il senso delle norme, la loro interpretazione, o ne vengono create
delle nuove.
ll rapporto tra mutamento sociale e mutamento giuridico nasce nell’8000 con la nascita della
teoria evoluzionistica di DARWIN del 1859, evoluzione che poi sarà applicata alla società e al
diritto e al loro reciproco causarsi. In realtà il primo a parlare di evoluzione sociale fu Spencer, il
quale afferma che questa si suddivide in una società più “arcaica” fondata sullo STATUS e una più
“moderna” di tipo contrattualistica.
Un’importante ipotesi viene data da MAINE nel 1861 con la sua teoria evolutiva che riflette
sull’evoluzione del diritto evidenziando il passaggio dalla società dallo status al contratto. Egli
sostiene che:
- il DIRITTO PRIMITIVO (solidarietà meccanica di Durkheim) era di tipo patriarcale, incentrato sui
rapporti di famiglia (ceto) e non sul singolo individuo. Questa era una società in cui il fattore
centrale era lo status ovvero la posizione sociale trasmessa per nascita.
- il DIRITTO MODERNO ( solidarietà organica di Durkheim) dà valore al singolo individuo e nella
società moderna tutto si lega al contratto, alle relazioni contrattuali tra soggetti, in cui c’è la
possibilità per un soggetto di progredire o retrocedere nei ceti sociali, quindi l’individuo non è più
legato alle sue origini.
A questo passaggio corrispondono due forme di diritto,la prima si trova nella vita familiare ed è
basata sui costumi e la seconda è basata sull’ ordinamento del commercio e del traffico. Il modello
del passaggio dallo status al contratto richiama la tesi di Durkheim che consiste nel passaggio da
un tipo di società composta da più aggregazioni ( più famiglie,più tribù,più clan,ecc.) a un tipo di
società composta da più aggregati sociali diversi,ognuno dei quali diventa sempre più autonomo
per meglio svolgere al meglio la sua funzione.
LUHMANN (1900) fu un allievo di Parsons che riflette sull’evoluzione del diritto. Egli crea la teoria
del “funzionalismo strutturale” ponendo in primo luogo la funzione in secondo luogo chi la svolge
(a differenza di Parsons che parla di strutturalismo funzionale, infatti Luhmann con la sua teoria dei
sistemi parte proprio dalla teoria di parsons).
Le ISTITUZIONI per Luhman non sono solo un complesso di norme, ma un complesso di
aspettative, comportamenti che sono attualizzati nel contesto di un ruolo sociale che possono
contare sul contesto sociale. Queste possono essere naturali o spontanee (matrimonio) o positive
e intenzionali (scuola).
Il concetto di SISTEMA SOCIALE secondo l’autore è correlato al concetto di diritto ed è presentato
come un insieme di elementi che per sopravvivere in un ambiente complesso, ha bisogno di
sviluppare un’adeguata complessità interna, codeterminata da sottosistemi di cui è composto e
dalle loro reciproche relazioni.
Il sistema sociale richiede la presenza di un sottosistema giuridico e a tal fine vengono utilizzate
codificazioni binarie tipiche come: nel caso del diritto lecito-illecito oppure legale-illegale; nel caso
dell’economia ricco-povero.
Il problema dell’evoluzione nell’opera di Luhmann viene affrontate in 3 fasi diverse ciascuna delle
quali prende in considerazione i fattori di cambiamento del sistema provenienti:
- dal suo interno
- dal suo esterno
- da entrambi i versanti
L’evoluzione del diritto è il risultato di un vasto processo che coinvolge tutti i sottosistemi sociali,
ognuno dei quali deve adeguarsi alla complessità e all’ambiente degli altri sottosistemi.
Luhman afferma che l’evoluzione è il risultato di un processo generale di reciproco adattamento di
sottosistemi, e che a tale processo nessuna parte del sistema sociale, a cominciare dal diritto, può
del tutto sottrarsi, anche se i livelli di condizionamento possono essere molto diversi. In effetti in
un sistema, qualunque movimento si diffonde all’intera società e quindi il diritto non può restare
indifferente.
Innanzitutto per l’autore, le strutture normative sono funzionalmente connesse al concetto di
possibilità. La complessità è, in questo senso, un eccesso di possibilità nel quale si imbatte ogni
sistema individuale o sociale. La complessità del mondo va quindi ridotta e per fare questo vi è una
via da seguire: il sistema deve trasformare complessità esterna in complessità interna (il sistema
giuridico diventa complesso per sopravvivere in un ambiente complesso) secondo il principio che “
quanto maggiore è la complessità interna di un sistema, tanto più vasta è la porzione di mondo
che esso riesce a cogliere“. La COMPLESSITÀ per Luhman sono le infinite possibilità che l’ambiente
esterno offre, e riflette sull’importanza del sistema sociale che ha il compito di ridurre la
complessità esterna.
Affinchè il sistema sociale riesca a ridurre la complessità esterna ha bisogno di STRUTTURE =
meccanismo che serve a selezionare un ristretto campo di alternative di comportamento fra tutte
quelle possibili allo scopo di consentire la formazione delle aspettative. Questa serve a ridurre la
quantità di delusioni che la complessità del mondo può provocare. Un esempio è costituito dal
linguaggio che offre un elevato numero di possibilità alternative di espressione ed inserisce quindi
chi lo usa in un articolato processo di selezione.
La presenza di strutture, per la società come per l’individuo, riduce, ma non elimina, la probabilità
che le aspettative siano deluse.
Il mondo, infatti, oltre ad essere complesso è anche contingente. Il termine CONTIGENZA è la
possibilità che anche gli eventi probabili dal punto di vista di una certa struttura non si realizzino o
si realizzino in modo difforme dalle aspettative. A tal proposito possiamo affermare che si hanno
due tipi di contingenza:
1. SEMPLICE —> serve a indicare l’insicurezza di realizzazione delle aspettative riguardanti eventi
fisici o indipendenti dalla volontà umana.
2. DOPPIA —> si riferisce ai rapporti fra soggetti in grado di prevedere i loro comportamenti, e
serve indicare l’insicurezza di realizzazione delle aspettative relative a eventi dipendenti dalla
volontà umana. Questo tipo di contingenza è rilevante per uno studio sociologico del diritto.
Con la contingenza, l’insicurezza aumenta e, per far fronte a tale insicurezza, il sistema sociale
risponde formando strutture di aspettative più complesse, di secondo e terzo livello (aspettative,
delle aspettative delle aspettative).
L’oggetto di un’aspettativa sociologicamente rilevante non può essere un semplice fatto bensì
l’aspettativa che un altro soggetto ha di un certo fatto.  Es: È possibile che una moglie si aspetti
che il marito rientrando la sera dal lavoro sia aspetti da lei una semplice cena fredda (secondo
livello) ma è anche possibile che il marito (terzo livello) si aspetti che la moglie pensi questo e
quindi sa che si pretendesse una cena calda compirebbero azione inattesa.
Il triplice livello delle aspettative e raggiungibile nei rapporti sociali, questo fa comprendere
quanto sia necessario assicurare la possibilità di un’intesa tra soggetti e costruire strumenti
efficienti per rafforzare la coesione sociale.
Le strutture di aspettative, secondo Luhmann, sono spesso esposte a delusioni; proprio per questo
diventa importante correggere tali strutture di aspettative e quindi favorire la loro evoluzione. Alla
delusione di un’aspettativa si può reagire: 1) o correggendo l’aspettativa delusa in modo da
adeguarsi alla realtà (strategia cognitiva) = tipica delle scienze 2) o tenendo ferma l’aspettativa
anche nei casi in cui essa viene delusa (strategia normativa) = tipica del diritto. Entrambe possono
svolgere anche se in modo diverso la stessa funzione.
Con l’evoluzione del sistema le norme acquistano maggiore importanza come strumenti di
orientamento e coesione sociale. Un decisivo passo in avanti per arrivare alle strutture giuridiche
viene fatto da Luhman distinguendo strutture di aspettative normative ( stabili nel tempo) e
strutture di aspettative cognitive (instabili nel tempo). Si fa l’esempio di un appuntamento
rimandato: “ se ho un appuntamento con un amico al bar e non lo trovo mi sento ferito sia nelle
aspettative cognitive che in quelle normative”. È quindi necessario trattare la delusione con
strategie non sanzionatorie come quella di lamentarsi col cameriere o con i presenti cercando una
conferma dell’appuntamento violato oppure continuando ad attendere che prima o poi l’amico
arriverà. E’anche possibile canalizzare la delusione ignorando che l’amico abbia violato la norma e
quindi non ponendone atto, però questa è una strategia che viene definita come FINGERE DI NON
VEDERE.
Le strutture di aspettative hanno una dimensione temporale e sociale ed è impossibile che un
attore abbia sempre come spettatore tutti gli altri consociati a meno che non si tratti di situazioni
eccezionali come gli scandali che potenziano la capacità di attenzione del gruppo.
Nasce inoltre la necessità da parte di un gruppo di economizzare il consenso considerando quello
inespresso come se fosse espresso. Un meccanismo del consenso è costituito dalle manifestazioni
di massa: il visibile consenso dei presenti viene sfruttato per simboleggiare il non visibile consenso
degli assenti.
A seconda del grado di astrazione richiesto, una norma può riferirsi a: persone (aspettative
normative concrete, cioè regole dirette a singoli individui) ruoli (astratte, cioè leggi riferite a gruppi
sociali), programmi (ancora più astratte, cioè leggi riferite a scopi) , valori (astratte al massimo,
cioè il grado più alto di astrazione delle aspettative).
Quindi possiamo dire che il DIRITTO per Luhman può essere definito come quella struttura di un
sistema sociale la cui funzione consiste nel modo di integrare il sistema sociale che consenta
formazione, istituzionalizzazione e astrazione di operare insieme sul medesimo insieme di
aspettative. ( Kelsen affermava che le norme dovevano essere astratte e generali mentre Luhman
afferma che oltre ad essere astratte e generali, devono indicare qual è il comportamento sociale
più adatto che deve tenere il soggetto nelle varie situazioni).
Una domanda centrale che occorre porsi è se il sistema giuridico sia in grado di tenere il passo del
generale aumento della complessità, oppure debba reagire o isolandosi dal processo di
mutamento sociale o cedendo il posto ad altri sistemi —> risposte varie da parte di studiosi.
In conclusione, il diritto deve evolversi per riuscire ad affrontare i problemi evolutivi connessi alla
differenziazione funzionale che la società produce. L sostiene dunque che la complessità esterna
deve trasformarsi in complessità interna, quindi il diritto deve evolversi.
STRUMENTI DELL’EVOLUZIONE DEL DIRITTO
Secondo Luhman uno degli strumenti dell’evoluzione del diritto è il PROCEDIMENTO poiché
tramite questo il diritto è in grado di evolversi, di aumentare la sua complessità interna per
sopravvivere nella società complessa. Esistono quattro tipi di procedimenti:
1. le elezioni politiche
2. l’iter legislativo
3. i processi decisionali della pubblica amministrazione
4. il procedimento giudiziario
Come tutti i sistemi sociali, anche il procedimento si costituisce mediante delimitazione di confini
nei confronti di un ambiente. L’incertezza dell’esito viene assorbita nel corso del procedimento
“mediante un processo selettivo di decisioni“ che in grado di legittimarsi da solo.
Per il procedimento e per la sua capacità di adeguare il diritto alla complessità esterna, esiste la
TEORIA NASCOSTA DEL PROCEDIMENTO secondo la quale vengono prodotte innovazioni
mediante decisioni accettate dagli interessati (esempio: se io voglio costruire una casa e il Comune
me lo vieta, ci sarà un’innovazione del sistema giuridico che imporrà, chiunque voglia costruire la
casa dove volevo io, il divieto di farlo e così io gli altri, non costruendo la casa, abbiamo accettato
la legge).
Luhmann si occupa anche di ulteriori procedimenti oltre al procedimento giudiziario.
- relativamente al procedimento legislativo osserva che il programma decisionale di riferimento
non è quello condizionale ma un programma di scopo.
- relativamente al procedimento elettorale, questo consente l’interazione tra attori istituzionali
(partiti) e attori sociali (votanti).
Il procedimento viene inteso come sistema di atti giuridicamente ordinati e privi di un esito certo,
che riescono a produrre decisioni nuove e innovative e a farle accettare a priori.
SISTEMA GIURIDICO ED EVOLUZIONE
Il sistema del diritto, non può essere esposto senza protezioni all'onda del mutamento sociale ed è
per questo protetto da propri filtri interni. Infatti, non tutto il mutamento sociale entra nel
mutamento del diritto perché altrimenti il diritto scomparirebbe pertanto, l’evoluzione del diritto
si basa su cicli di variazioni che aprono nuove possibilità che vengono prima selezionate e poi
stabilizzate.
Luhmann, nell'ultima fase della sua produzione teorica, elabora alcuni concetti che corrispondono
al altrettante modalità di regolazione dell'apertura e della chiusura del sistema di diritto. Tutti i
sistemi, egli osserva, presentano una “chiusura operativa”. Quindi le operazioni che il sistema
giuridico effettua nascono e restano all’interno di esso e sono strettamente connesse cioè il diritto
decide in base a decisioni prese in passato per lo stesso avvenimento e le stesse decisioni verranno
prese in futuro se si ripeterà lo stesso evento; quindi una decisione giuridica è il frutto di un’altra
decisione giuridica.
Questo comporta un isolamento totale del sistema giuridico da qualsiasi forma di influenza con
l’esterno ed è proprio la chiusura operativa, tipica di tutti i sistemi e non solo di quello giuridico,
che fonda l’identità del sistema stesso.
Un esempio che può far comprendere la chiusura operativa è quello di un fotografo che immortala
la Torre Eiffel; nella foto non è più la Torre Eiffel reale ma è solo una sua riproduzione che viene e
verrà osservata (quindi la vera Torre Eiffel non sarà più presa in considerazione). Così fa il sistema
giuridico con la sua chiusura operativa: osserva un fenomeno, lo comprende, lo porta dentro di sé
e vi trova delle soluzioni in base ai suoi strumenti e questo sarà poi un esempio per come
comportarsi nel caso in cui quell’evento dovesse ripetersi.
La chiusura operativa del diritto si chiama chiusura normativa e chiusura non vuol dire
isolamento, infatti, si può avere un’apertura operativa, cioè il sistema giuridico può apprendere in
modo selettivo, dall’ambiente esterno. Il sistema quindi si apre verso l’esterno solo per prendere
l’evento su cui riflettere e poi si deve richiudere in se stesso.
Il sistema giuridico può apprendere dall’ambiente attraverso un raccordo operativo, cioè pone in
essere delle proprie operazioni che mette in relazione con l’ambiente di altri sistemi.
Il sistema giuridico apprende dall’ambiente di più dai comportamenti devianti che dai
comportamenti di chi rispetta le norme. Infatti, il legislatore o il giudice posso apprendere cosa
accade all’esterno osservando il comportamento di quei soggetti che violano le norme.
Connesso al raccordo operativo è il raccordo strutturale = definisce la possibilità che un sistema
presupponga in modo duraturo determinate qualità del suo ambiente affidandosi strutturalmente
ad esse, per esempio il tempo e il denaro hanno chiaramente la possibilità di influenzare
costantemente dall’esterno le strutture del sistema giuridico. Un altro tipo di raccordo strutturale,
oltre al tempo e al denaro, è la famiglia che è però un caso di raccordo strutturale plurimo, cioè è
presente in più sistemi, in ciascuno dei quali assume tempi diversi e diverse regole di
comportamento.
Tra i sistemi ci sono delle interpenetrazioni, cioè in un sistema appaiono immagini provenienti da
altri sistemi cioè i sistemi interagiscono tra di loro, si interscambiano gli ambienti. Spesso si assiste
anche ad un’irritazione del sistema, cioè quando il sistema giuridico rigetta e non affronta un fatto
esterno (per esempio le coppie omosessuali esistono ma il sistema giuridico le rigetta e non né
parla per influenze religiose, etiche e morali).
ll diritto è un sistema pronto a diventare sempre più aperto senza per questo rinunciare a
difendere un certo margine di chiusura, in grado di combinare momenti di normazione o di
irrigidimento anche coercitivo nei confronti di comportamenti deludenti e devianti, a momenti di
apprendimento o di disponibilità a tener conto della devianza per modificare le aspettative deluse.
Nell'opera di Luhmann si può notare una prevalente attenzione per il funzionamento delle
strutture del diritto e in particolare per il fondamentale problema dello studio del diritto, inteso
come analisi dei rapporti tra studio dogmatico del diritto e studio sociologico del diritto.
Però Luhmann essendo un sociologo, parla anche dello studio sociologico del diritto, cioè secondo
lui il diritto deve aprirsi anche all’ambiente esterno per osservare i fattori rilevanti e richiudersi poi
all’ interno di se stesso per riuscire a sopravvivere. Per Luhmann, quindi, il sistema si apre
all’ambiente esterno (apertura operativa) ma poi si chiude in sé (chiusura operativa).
COLLEGAMENTI CON I “CLASSICI”
Sia Kelsen che Luhnmann parlano del diritto positivo, cioè quel diritto utile per regolare i
comportamenti:
- per Kelsen a questo si arriva grazie alle proposizioni giuridiche (quindi non parla del legame tra
diritto e ambiente ma solo della logica interna dell’ordinamento giuridico)
- Luhmann, invece, non guarda solo alla logica interna del diritto ma anche al legame tra diritto e
ambiente dato che il compito del diritto è quello di ridurre la complessità dell’ambiente esterno,
quindi guarda alla logica della riduzione della complessità.
Per Luhmann, dunque, all’evoluzione del diritto si arriva grazie ad una serie di micro-interventi di
apertura e chiusura del sistema giuridico verso l’ambiente (il suo è un approccio sistemico, cioè
guarda ai sistemi sociali).
I cambiamenti sociali e i cambiamenti del diritto si causano vicendevolmente, cioè tanto può
succedere che i mutamenti sociali causano l’evoluzione del diritto e tanto che il diritto cambia
causando trasformazioni sociali. I mutamenti del sistema giuridico possono essere parziali e anche
tardivi.
Affinché avvenga l’integrazione del diritto con un diritto superiore è necessario un certo
radicamento culturale per evitare reazioni di rigetto. Per evitare il rigetto ci sono 2 meccanismi:
1) meccanismi di acculturazione, cioè una generale accettazione del nuovo;
2) meccanismi di inculturazione, cioè una rielaborazione e un adattamento dei singoli punti.
Gli istituti del diritto penale mostrano maggior rigetto al cambiamento, soprattutto se l’ambiente
religioso e culturale è diverso (per esempio è difficile accettare la pena di morte se religiosamente
e culturalmente è vista in modo negativo).
Inoltre, alcune regole giuridiche hanno un forte radicamento sociale e quindi risulta complicato
cambiarle e sradicarle. Un trapianto può avvenire solo se c’è un atteggiamento positivo da parte
della cultura giuridica interna ed esterna.
HABERMAS (1929) crea il passaggio dalla teoria dei sistemi di Luhmann alla teoria dialogica,
riflettendo sull’evoluzione del diritto. Egli ha avuto il merito di tradurre in un linguaggio più
moderno i principali motivi ispiratori della Scuola di Francoforte che si basavano sulle idee
marxiste. Habermas ha ricostruito il funzionamento dei sistemi sociali a partire, invece che
dall'interno delle loro strutture, prevalentemente dall'esterno, vale a dire dal punto di vista degli
attori sociali cioè da coloro a cui sono indirizzate le norme.
I concetti cardine della sua teoria sono il “mondo vitale” e la “colonizzazione”, usati per spiegare il
rapporto tra diritto e realtà sociale nelle società moderne. Habermas indica le principali tappe che
il processo di evoluzione del diritto attraversa passando da un'istituzionalizzazione del denaro e
del potere a uno stato democratico che finisce col costituzionalizzare i rapporti di potere.
Tale ricostruzione porta Habermas a elaborare la distinzione tra due tipi di diritto:
-IL DIRITTO COME MEDIUM  serve semplicemente da strumento organizzativo per i sottosistemi
che si sono autonomizzati, e quindi può essere legittimato “mediante procedimenti”.
- IL DIRITTO COME ISTITUZIONE  ne fanno parte “i fondamenti del diritto costituzionale, i
principi del diritto penale e del diritto di procedura penale nonché tutte le regolazioni di forme
penali contigue alla morale (quali quelle relative ad assassinio, aborto, violenza carnale ecc.)”.
Questo non può invece essere sufficientemente legittimato “mediante il richiamo a procedimenti”,
in quanto le sue norme “appartengono agli ordinamenti legittimi dello stesso mondo vitale” e
costituiscono “lo sfondo dell'agire comunicativo”. Il diritto come istituzione, però, non resta solo
nella società ma viene formalizzato tramite proposizioni giuridiche che lo rendono artificiale e
generale.
Il diritto come medium si può creare, il diritto come istituzione è quello già insediato nella società.
Il diritto come istituzione era già esistente nella società con la nascita della sfera pubblica nel 1800,
vari pensatori e intellettuali si riuniscono in bar, caffetterie e salotti per confrontarsi e affrontare le
principali questioni normative per arrivare alla verità, selezionando l’opzione più condivisa
dall’opinione pubblica come legge effettiva (questa è la democrazia discorsiva).
Per Habermas, dunque, il diritto non deve essere un’imposizione esercitata da parte dello Stato,
ma deve essere un sistema ideato grazie al dialogo e al confronto tra soggetti, il sistema giuridico
quindi è legato al mondo vitale. Infatti egli parla del diritto imposto dallo Stato come un disturbo
capace di minacciare l’ordinata vita di un cosmo già di per sé autoregolamentata. È proprio questa
la colonizzazione, cioè l’imposizione di leggi da parte dello Stato, che impone un ordine che la
società sarebbe in grado di raggiungere autonomamente. Per Habermas, le leggi non possono
essere imposte ma devono essere accordate tra le persone tramite la democrazia discorsiva.
Habermas, dunque, ha un pensiero simile a quello di Ehrlich dato che secondo entrambi il diritto
nasce dal consenso sociale, un consenso che però per Ehrlich è spontaneo mentre secondo
Habermas è un consenso ottenuto tramite un discorso.
L’evoluzione del diritto viene anche trattata da TEUBNER il quale afferma che il diritto è un sistema
auto poietico, cioè è in grado di farsi da sé. Egli fu allievo di Luhmann e continua la sua teoria del
funzionalismo strutturale, affrontando la parte strutturale.
Il sistema giuridico, secondo Teubner, è in grado di potenziare la sua complessità per far fronte a
quella esterna grazie alla sua capacità di auto osservazione, auto descrizione, auto organizzazione
e auto poiesi, cioè la capacità che il diritto ha di auto prodursi.
Teubner inizia la sua analisi parlando dei meccanismi che caratterizzano la dogmatica giuridica,
raccontando l’esempio del rabbino Eliezer. Si narra di questo rabbino che diceva di aver ragione
ma gli altri rabbini non gli credevano, allora Eliezer, che era in minoranza, per dimostrare che
aveva ragione, faceva accadere delle cose, per esempio diceva se io ho ragione si sposterà un
albero, se io ho ragione il ruscello scorrerà nel verso opposto; tutto quello che il rabbino Eliezer
diceva accadeva ma gli altri continuavano a non credergli. Intervenne anche Dio in difesa di
Eliezer, ma gli altri rabbini, che erano in maggioranza, non si lasciarono influenzare.
Con questo racconto, Teubner voleva dimostrare la superiorità della componente formale del
diritto rispetto a tutto il resto, come la non contraddittorietà delle proposizioni giuridiche porta il
diritto ad essere sempre prevalente su ogni altra cosa.
Il sistema giuridico è, comunque, in grado di stabilire una comunicazione indiretta con l’esterno e
con gli altri sistemi, infatti dice Teubner, il diritto riconosce i “rumori” ambientali ma ne riconosce
anche il proprio ordine.
La componente giuridica dogmatica (quella di cui parlava anche Kelsen) deve adattarsi ai
cambiamenti; i sistemi sono aperti verso l’esterno ma in modo “cieco”, in quanto i cambiamenti
sono elaborati e condizionati in base a quello che il sistema, tramite i suoi strumenti, dal suo
interno riesce a vedere del mondo esterno.
Il diritto si evolve perché è in grado di selezionare gli stimoli provenienti dall’esterno, riuscendo a
scartare quei mutamenti sociali che non causano il mutamento giuridico.
> la funzione di selezione è assunta dai procedimenti amministrativi;
> la funzione della variazione del sistema giuridico è assunta dalla legislazione, che consente il
mutamento del diritto grazie al procedimento elettorale;
> la funzione della stabilizzazione è assunta dai procedimenti giurisprudenziali che hanno il
compito di stabilizzare, tramite l’applicazione delle nuove norme ai casi devianti, il cambiamento
del diritto.
Ci sono, inoltre, 3 fasi dell’evoluzione del diritto:
1) DIRITTO RIFLESSIVO = il diritto nasce nella società e svolge la funzione di guida per il singolo
gruppo sociale in cui è sorto.
2) DIRITTO POLICONTESTURALE = in questa fase il diritto non appartiene più ad un singolo gruppo
sociale ma si estende anche ad altri gruppi, diventando valido e comune a tutte le società.
3) DIRITTO AUTOPOIETICO = il diritto riesce autonomamente a rafforzarsi all’interno della società
(non è per Teubner un diritto imposto dallo Stato, ma nasce nella singola società, poi si estende a
tutti i gruppi sociali e, infine, riesce ad auto organizzarsi all’interno della società).
Il diritto fonda e mantiene la propria identità grazie alla sua parte dogmatica, quindi alla parte di
chiusura verso l’esterno e non grazie a quella di apertura.
La cultura giuridica interna, cioè quella tipica dei giuristi, è quella che consente al diritto di essere
riflessivo, cioè capace di auto organizzarsi, auto descriversi e auto gestirsi e di mantenere la
propria supremazia nelle decisioni.
A tal proposito c’è l’esempio della parabola del XII cammello: un proprietario di cammelli muore e
lascia 11 cammelli ai propri figli, dicendo che il primo deve averne la metà, il secondo la metà della
metà e il terzo un sesto dei cammelli. Essendo 11 i cammelli le proporzioni non possono esser fatte
equamente e i fratelli discutono su quanti devono averne a testa. Il giudice, per risolvere la
questione, presta un cammello ai fratelli; i cammelli diventano 12 e riescono a dividersi i cammelli
equamente (6 al primo, 3 al secondo e 2 al terzo, restituendo l’ultimo al giudice). Il XII cammello
sta a rappresentare come la cultura giuridica interna di tipo tecnico riesca con la sua supremazia e
con i suoi strumenti a risolvere i problemi sociali, la soluzione stabilita dal giudice è sempre quella
più giusta.
Il diritto deve modificare le proprie norme nel caso in cui non venissero rispettate, quindi se
prevale la violazione piuttosto che il rispetto delle norme giuridiche, le norme devono essere
modificate per andare incontro alle necessità sociali.
Teubner parla del trilemma regolativo = cioè una classificazione degli interventi normativi che il
diritto attua per regolare la società. Ogni intervento normativo può essere:
- irrilevante, cioè non produrre alcun effetto;
- negativo per la società, cioè produce effetti disgregativi rispetto all’area sociale regolata;
- negativo per il diritto, cioè produce effetti disgregativi per il diritto stesso (la società continua a
fare quello che vuole e non ciò che ha stabilito il sistema giuridico).
Ci sono 3 ipotesi che rappresentano le principali varianti del rapporto diritto/società:
1) ipotesi di incongruenza, il diritto va in un senso e la società in un altro;
2)ipotesi di iperlegalizzazione della società, il diritto impone le proprie norme alla società in ogni
campo (come la colonizzazione di Habermas);
3)ipotesi di ipersocializzazione del diritto, il diritto si sforza ma scompare nella società perché essa
prevale e il diritto viene sottomesso, assorbito e sopraffatto dalla società.
Teubner fa, dunque, una teoria complessa: riprende Luhmann perché sottolinea l’importanza della
razionalità formale per tutelare l’identità del diritto; riprende Habermas nel sottolineare la
razionalità materiale, cioè la capacità che il sistema giuridico ha di comunicare con gli altri sistemi.
Teubner fa anche una sintesi della razionalità formale e materiale di cui parla Weber, sostenendo
che la razionalità formale serve per il diritto affinchè possa sopravvivere nella realtà complessa e,
nello stesso tempo, è necessaria la razionalità materiale affinché i sistemi collaborino tra di loro e
siano in parte aperti verso la società. Quindi, se per Weber ci sono la razionalità formale e
materiale (separate), per Teubner c’è un iperciclo di entrambe che porta al diritto positivo che si
forma grazie ad una circolarità di apertura e chiusura del sistema giuridico verso l’ambiente
esterno.
Tebner parla anche delle costituzioni = è l’insieme di leggi sovraordinate rispetto a tutte le altre
norme, più astratte e generali in assoluto.
La costituzione si presenta, dunque, come il punto di incrocio di tutti i principali canali di
comunicazione interni ed esterni all’ordinamento e garantisce l’unità dell’ordinamento
Per Luhmann, la costituzione è in grado di connettere il sistema politico al sistema giuridico
attraverso un accoppiamento strutturale, cioè si aprono i sistemi gli uni verso gli altri. Un ulteriore
caso di accoppiamento strutturale è la democrazia, intesa come luogo di incontro della politica e
del diritto; un altro caso è il mercato che accoppia la cultura giuridica e la cultura economica e il
principale medium è il denaro.
Le costituzioni statali sono sottoposte al condizionamento delle opinioni sociali e questo aumenta
la capacità dei vari settori della società di autoregolamentarsi.
Teubner parla così di costituzioni civili, cioè ogni settore della società si fa i propri principi generali,
la propria costituzione (il mercato si fa le sue leggi, il sistema sanitario ne fa delle altre proprie e
così tutti gli altri sistemi sociali).
Così si rompe il legame tra Costituzione e Stato: non c’è più una singola Costituzione fatta di
norme sovraordinate ma ogni settore sociale si fa da sé i suoi principi generali. .
Abbiamo visto, dunque, 3 modelli di diritto nella sociologia giuridica contemporanea:
1) sistemico (Luhmann) che ha come oggetto di studio le strutture, prevale la chiusura operativa
ed è un diritto autoreferenziale e si fonda sulla logica binaria di se…allora (come Kelsen);
2) dialogico (Habermas) che pone maggiore importanza agli attori sociali, prevale l’apertura
operativa e il diritto è si fonda sulla comunicazione tra i soggetti nella sfera pubblica ed è legato
alla logica discorsiva;
3) misto (Teubner) che è in parte sistemico e in parte dialogico e tale sistema misto ha come
oggetto di studio i criteri di decisione perché il diritto deve produrre decisioni per la società, vede
una circolarità tra apertura e chiusura verso l’esterno, è un diritto autocorrettivo e si corregge da
sé tenendo presente i bisogni sociali e si basa sulla logica intersistemica, quindi sulla relazione tra i
sistemi.
LEGITTIMAZIONE ED EVOLUZIONE
Particolarmente rilevante per la sociologia del diritto, è la questione della legittimazione, vista in
una prospettiva evolutiva, vale a dire come necessario sostegno dei mutamenti del diritto.
Questi diversi approcci alla questione della legittimazione comportano diversi modi di intendere la
principale fonte di legittimazione degli ordinamenti: la costituzione.
Già nella teoria costituzionalistica del XIX secolo la costituzione può assumere diversi significati a
seconda del compito prioritario che a essa viene affidato. La costituzione è stata così presentata
come un “limite” che seleziona e filtra l'operare degli organi e degli apparati dello stato, come un
“contratto” che si ipotizza stipulato da tutti i soggetti coinvolti, e come un punto di “equilibrio” la
cui definizione viene affidata a determinati criteri di portata estremamente generale. Questo
significa che, sia pure attraverso una serie di finzioni e muovendo da un punto di vista formale e
gerarchico, l'assestamento generale del rapporto stato/società poteva essere affidato a una
costituzione intesa in modo unitario.
La costituzione sembra fungere da strumento di regolazione delle diverse regolazioni emergenti
dal diritto e dalla società.
Affrontando il tema della costituzione in modo non stato-centrico ma pluralistico come suggerito
dalla molteplicità delle costituzioni civili, la costituzione può essere intesa come il sistema che
costituisce e regola i giochi sociali. In tale contesto essa svolge il compito:
a) di definire i limiti che occorre osservare per non uscire dal gioco del diritto;
b) di stabilire i ruoli riservati ai vari attori-giocatori per farli entrare nel gioco del diritto;
c) di precisare i criteri ai quali essi dovranno ispirarsi per sfruttare i margini di variabilità ammessi
dal gioco del diritto.
Ciò non comporta necessariamente che, col tempo, la costituzione sia destinata a rifiutare
l'evoluzione e diventare la meno culturalmente radicata delle leggi. Si può anzi sostenere che
proprio i molteplici e spesso contraddittori elementi contenuti in una moderna costituzione la
mettono in condizione di mantenere quella singolare commistione di rigidità e flessibilità, che le
può consentire di sopravvivere al suo tempo.

CAPITOLO 6
I NUOVI PROBLEMI
Alcuni problemi, attualmente individuati e studiati soprattutto sul versante sociologico, stanno
segnalando motivi di tensione tra diritto e società.
Cerchiamo di elencarli a seconda del profilo: sostanziale, spaziale e relazionale, che li caratterizza.
1) La maggiore complessità “sostanziale” dei rapporti diritto/società sembra dipendere
dall’accresciuta capacità di ricostruire, sulla base degli strumenti conoscitivi esistenti, catene di
connessioni causa-effetto giuridicamente rilevanti. Queste catene possono diventare così lunghe e
complesse da rendere estremamente arduo il loro controllo, con gli strumenti offerti da una
concezione gerarchica delle fonti, sia da parte degli autori sia da parte dei destinatari delle
decisioni giuridiche. Questo comporta un rilevante aumento della percezione della rischiosità del
diritto, intesa come divario tra certezza attesa e certezza offerta.
In una prospettiva sociologica il diritto non è la sola struttura in grado di svolgere la funzione di
regolare e assorbire i rischi. La famiglia quale gruppo originario ha, ad es., svolto tradizionalmente
la funzione di proteggere dai rischi fondamentali dell’esistenza i propri componenti fornendo, nei
momenti del bisogno, sostegno non solo economico, ma anche psicologico.
In una situazione caratterizzata da tante, percepibili fonti di incertezza, non resta alla cultura
giuridica, interna ed esterna, che gestire i rischi conseguenti senza ignorarli, ma affidandosi a
strategie diverse. Questo rende il diritto non solo incerto quanto agli effetti prodotti, e quindi
insicuro, ma anche incerto quanto ai contenuti della decisione, e quindi imprevedibile.
Altre strategie cercano, invece, di fare di necessità virtù, ispirandosi direttamente a valori che
fungano da bussola per superare incertezze interpretative. Si fa così riferimento a un concetto,
come quello di “persona”, definito alla luce di una sfera di diritti intangibili, di natura giuridica ed
extragiuridica, che sono di per sé incompatibili con una supina accettazione di tutti gli effetti
consentiti dal progresso della società.
La dottrina può pertanto teorizzare un graduale e sempre più aperto distacco dal mito della
certezza del diritto, in quanto questa non può più essere assicurata in misura soddisfacente
impiegando strategie univocamente tecnico-giuridiche, tese a ridurre l’intervento di influenze
culturali esterne, ma deve essere sostituita dalla funzione latente, assai più realistica, del
mantenimento dell’incertezza entro margini sopportabili.
Un’importante implicazione dell’eclissi del principio della certezza del diritto è che utenti e
operatori avvertono sempre più che il diritto rappresenta talora il rischio maggiore rispetto a
quello che dovrebbe contribuire a superare. La diffusa perdita di fiducia degli utenti nella capacità
del diritto di risolvere equamente e in tempi accettabili i conflitti che vengono a esso sottoposti
provoca evidenti conseguenze negative sull’attendibilità della razionalità formale che si identifica
con un programma di decisione come quello condizionale, di pressoché universale applicazione
perché basato sul semplice schema “se…allora”. Tale sfiducia provoca inoltre una crescente
propensione ad aggirare gli strumenti rischiosi e lunghi della giustizia ordinaria per utilizzare quelli,
forse altrettanto rischiosi ma certo più brevi, di una giustizia informale.
b) La maggiore complessità “spaziale” dei rapporti diritto/società che accompagna i fenomeni,
apparentemente antitetici ma per molti versi connessi, della globalizzazione del diritto e della sua
regionalizzazione, mette in discussione i confini tradizionali dello stato e comporta l’esigenza di un
profondo riassetto del ruolo dell’organizzazione statuale.
Decisivo in questo contesto appare il “mutato rapporto tra politica ed economia, tradizionalmente
organizzato dagli stati e negli stati”. Esso, infatti, “evidenzia una cesura significativa rispetto al
periodo della storia europea contrassegnato dalla preminenza assoluta dello stato. La
globalizzazione rappresenta una sorta di fuoriuscita dell’economia dal contenitore statale e una
tendenziale affermazione della sua autonomia e autosufficienza rispetto al processo politico”.
Questo mutamento degli equilibri tra politica ed economia nella dimensione spaziale ha prodotto
un rilevante mutamento della cultura giuridica, sia di quella interna degli operatori sia di quella
esterna degli utenti.
In vista dell’affermazione di un vero diritto globale, per il quale si richiederebbero elementi non
ancora diffusi, come una cultura giuridica dotata di adeguati livelli di selezione e di astrazione oltre
che di un adeguato potere sanzionatorio, si stanno pertanto delineando numerose aree nelle quali
la tutela di principi, come quello della libertà di scambio, stabiliti dalle rispettive costituzioni
richiede la presenza di autorità internazionali, oppure insiemi di regole di livello sopranazionale e
non munite di apparati sanzionatori.
Il realistico riconoscimento del progressivo aumento del peso e della rilevanza di un’omogenea
codificazione sopranazionale non può comunque far ignorare che tale processo viene
normalmente accompagnato, anche, ma non solo, nell’area dell’Unione Europea, dal
consolidamento di normazioni diversificate rispetto al livello dello stato e di portata anche
regionale oltre che sopranazionale. Nel caso dei regionalismi e localismi riemergenti, ancor più che
nel caso della globalizzazione e dell’internazionalizzazione, si può parlare di fenomeni non solo
economici e amministrativi, ma anche culturali, che l’approccio statocentrico non aveva di fatto
del tutto eliminato.
Queste diverse forme di normazione basate, da un lato su una “futuribile” cultura giuridica
caratterizzata dall’aspirazione ad acquisire una dimensione universale, e d’altro lato su una cultura
giuridica più rivolta al passato e “tradizionale”, caratterizzata da forti e consolidati radicamenti
territoriali e da uno stretto contatto con usi e costumi geograficamente localizzabili, non danno in
effetti luogo a una contrapposizione in termini rigidamente alternativi. I due processi, infatti,
possono essere facilmente visti come la risposta a un medesimo fenomeno in grado di provocare
contestualmente sia una perdita di autorità del diritto positivo d’origine statuale, sia una
rivalutazione di culture giuridiche locali mai del tutto dimenticate.
c) L’aumentata complessità “relazionale” in riferimento soprattutto a rapporti tra decisori giuridici
e attori sociali, che accompagna l’attuale processo di frammentazione culturale, sfugge alla rigida
dicotomia appartenenza/estraneità costruita per un pluralismo intrastatuale, e spinge invece a
tenere conto di posizioni che, anche per l’indebolimento di fattori di convergenza già consolidati,
risultano frantumate in una moltitudine di istanze eterogenee che hanno sensibilità, memorie,
finalità diverse.
I problemi appena visti, che sono stati sollevati soprattutto dalla teoria sociologica, delineano nel
loro complesso una serie di insufficienze al livello specifico del diritto che sembrano:
a) richiedere criteri di decisione più adeguati per gestire gli attuali livelli di rischio;
b) tenere conto di un numero sempre maggiore di situazioni non coincidenti coi limiti della
sovranità statuale;
c) confrontarsi con un processo di crescente frammentazione culturale al quale lo stato non
sembra in grado di rispondere.

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