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DOMANDA
La NORMA GIURIDICA È una regola di condotta stabilita convenzionalmente,
per consuetudine oppure imposta d’autorità.
La norma giuridica ha lo scopo di guidare il comportamento dei consociati, regolando una determinata
attività o indicando la condotta da adottare in certi casi.
Diversa dalla norma giuridica è la norma morale, anch’essa regola di condotta ma imposta non da
un’autorità riconosciuta bensì dal comune sentire e dalla sensibilità di ciascun individuo.
Per tale motivo la norma morale può non essere condivisa dalla collettività, in quanto ciò che un individuo
trova riprovevole non è detto lo sia anche per altri.
Allo stesso modo, a differenza della norma giuridica, la norma morale crea un obbligo solo nel singolo che
spontaneamente ne riconosce il valore e decide di osservarla.
L’eventuale sanzione conseguente alla sua inosservanza non è imposta d’autorità ma discende
direttamente dalla coscienza dell’individuo (ne è un esempio il rimorso per aver compiuto, o per aver
omesso una determinata azione).
Ogni norma giuridica possiede caratteristiche peculiari che consentono di distinguerla da altre tipologie di
norme, ad esempio quelle religiose o morali.
Tra le principali:
- astratta poiché disciplina fattispecie astratte
- coattiva o coercibile in quanto comporta l'applicazione di sanzioni volte a reprimere le violazioni
commesse
- nuova in quanto pone prescrizioni prima inesistenti
- positiva in quanto effettivamente vigente
- esteriore poiché prende in considerazione soltanto i comportamenti esteriori dell'individuo essendo
invece irrilevanti le sue intenzioni
Diritto Costituzionale: è la disciplina che studia le strutture costitutive dell’ordinamento, cioè l’organizzazione costituzionale e dello statuto dei diritti e delle libertà.
Diritto pubblico : studia le norme concernenti l’organizzazione dello Stato, degli enti pubblici territoriali e non.
Diritto Costituzionale: è la disciplina che studia le strutture costitutive dell’ordinamento, cioè l’organizzazione costituzionale e dello statuto dei diritti e delle libertà.
Diritto pubblico : studia le norme concernenti l’organizzazione dello Stato, degli enti pubblici territoriali e non.
• inteso come apparato o come persona l’ordinamento giuridico si identifica nel complesso di norme
che determinano l'organizzazione la struttura e i modi concreti di agire.
La SOVRANITÀ: potere supremo di cui è titolare lo Stato all'interno dei propri confini territoriali,
e consiste anche nella sua indipendenza rispetto a qualsiasi altro stato.
La sovranità ricomprende in sé tre aspetti:
• la sovranità esterna intesa come Indipendenza dall'esterno
• la sovranità interna intesa come supremazia all'interno del territorio
• l'originarietà intesa come negazione di qualsiasi derivazione e dipendenza delle sue norme, da
quelle di altri sistemi normativi.
La sovranità degli Stati contemporanei è soggetta al limiti derivanti dall'appartenenza degli Stati agli
ordinamenti internazionali e sovranazionali come l'Unione Europea, inoltre il processo di globalizzazione ha
di fatto comportato una perdita di controllo degli Stati rispetto a molti fenomeni che hanno assunto una
dimensione transazionale.
Varie teorie:
• TEORIA TEOCRATICA : La sovranità è un istituto " di diritto Divino” per cui il Monarca governa per volere di
Dio ;
• TEORIA DELLA SOVRANITÀ “STATUALE” DI HOBBES E BODIN: Il Monarca è l'unico mezzo con cui
garantire la sicurezza e l'incolumità dei sudditi dall'anarchia;
• TEORIA GIUSNATURALISTICA DI GROZIO E KANT: Il fine della sovranità dello Stato risiede nella garanzia
dei diritti inviolabili dell'individuo;
• TEORIA CONTRATTUALISTICA DI ROUSSEAU: la sovranità è espressione della democratica “volontà
generale” dei consociati scaturente da libero contratto d’interesse collettivo.
• TEORIA DEL GOVERNO RAPPRESENTATIVO DI LOCKE E MONTESQUIEU: trovava fondamento nella
separazione dei poteri per garantire la libertà e la proprietà;
• TEORIA STATUALISTICA DELLA “SOVRANITÀ NAZIONALE”: individua i detentori della sovranità negli
organi pubblici rappresentativi della “Nazione”.
COMMA 2 ART. 1 COST.: “La sovranità appartiene al popolo”, il vero ed esclusivo detentore della potestà
suprema, che la esercita secondo due modelli:
• DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA : Il corpo elettorale sceglie i propri rappresentanti ai vertici
degli organi pubblici elettivi Per esercitare il potere politico;
• DEMOCRAZIA DIRETTA : partecipazione in prima persona dai cittadini alle scelte politiche del
paese, attraverso l'esercizio di strumenti mediante i quali il popolo esercita direttamente la sovranità
duepunti La petizione, l'iniziativa legislativa popolare, il referendum.
DOMANDA
FORMA DI STATO E DI GOVERNO
LE FORME DI STATO. - In linea di massima, la maggioranza della dottrina parla di forma di Stato per
indicare i diversi modi attraverso i quali si combinano i tre elementi costitutivi dello Stato: popolo, territorio e
sovranità.
Nell’ambito di questa prospettiva, si distinguono, a sua volta, due diversi profili: il primo attiene al rapporto
tra governanti e governati, mentre il secondo riguarda la ripartizione verticale del potere.
Per quanto concerne questo secondo profilo, si suole distinguere tra Stati federali e Stati unitari
LE FORME DI GOVERNO.
Con questo riferimento si indicano comunemente le modalità di articolazione delle funzioni politiche tra i
diversi organi dello stato, e in particolare le dinamiche relazionali tra il potere esecutivo e legislativo.
Non si può comprendere veramente il principio di «forma di governo» senza accennare brevemente al
principio della separazione dei poteri. • In virtù del citato principio, ciascun organo di governo deve
esercitare una sola funzione statale (legislativa, esecutiva o giudiziaria) senza interferenze reciproche:
- Al Parlamento spetta la funzione legislativa, ovvero il compito di produrre la norma giuridica, vale a dire
la regola generale ed astratta che si rivolge a tutti i componenti di una determinata collettività;
- Al Governo spetta la funzione esecutiva, cioè il compito di dare concreta attuazione alla norma emanata;
- Alla Magistratura spetta la funzione giudiziaria cioè il compito di interpretare e applicare la norma,
utilizzandola per interpretare e controversie che insorgono.
Lo scopo ultimo della separazione dei poteri è quello di garantire che all’occorrenza un potere possa
arrestare l’altro, evitando che uno di essi possa prevaricare e degenerare nell’assolutismo o in
atteggiamenti tirannici; in pratica la separazione dei poteri costituisce la migliore garanzia affinchè sia
assicurata la libertà politica dei cittadini.
La coabitazione
Nel linguaggio politico si definisce coabitazione (in francese cohabitation) la situazione in cui la
maggioranza parlamentare e il capo dello stato in carica appartengono a schieramenti opposti. Il concetto è
caratteristico dei sistemi semipresidenziali, e in particolare di quello francese,
DOMANDA
LO STATUS DI STRANIERO
La Costituzione italiana afferma che la presenza dello straniero in Italia è regolata dalla legge nel rispetto
delle norme e dei trattati internazionali.
In base a questo principio costituzionale, allo straniero presente nel territorio dello Stato italiano sono
riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana, anche se la sua presenza è irregolare.
Lo straniero che soggiorna regolarmente in Italia gode, in linea generale, dei diritti attribuiti al cittadino
italiano e, in particolare, è garantita a tutti i lavoratori stranieri e alle loro famiglie parità di trattamento e
piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani.
Inoltre, la Costituzione riconosce il diritto di asilo allo straniero che, nel suo Paese, non può esercitare le
libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana.
L’Italia aderisce alla Convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati (detta “Convenzione di Ginevra”).
Pertanto uno straniero può chiedere lo status di rifugiato nel nostro Paese se ha una giustificata paura
di venire perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un gruppo sociale e
per le proprie opinioni politiche.
Il diritto di asilo non spetta, tuttavia, allo straniero che costituisce un pericolo per la sicurezza dello Stato,
che ha commesso gravi reati dentro o fuori dal territorio italiano, crimini contro la pace, crimini contro
l’umanità e crimini di guerra o atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite.
In Italia, la domanda di asilo può essere presentata all’ufficio di Polizia alla frontiera oppure all’Ufficio
Immigrazione presso la Questura del luogo in cui si vive.
A decidere sulla domanda sono le Commissioni Territoriali coordinate dalla Commissione Nazionale per il
diritto d'asilo. Se la domanda è accolta, lo straniero ottiene un permesso di soggiorno valido per 5
anni e rinnovabile. Quando la Commissione non riconosce lo stato di rifugiato, può attribuire allo straniero
lo stato di “protezione sussidiaria”, se rischia di subire un grave danno rientrando nel suo Paese di origine.
In tal caso lo straniero ottiene un permesso di soggiorno valido per 3 anni e rinnovabile.
ART. 11 COST : aspira a creare vincoli tra i popoli per imporre laforza della legge come strumento di
pacificazione.
L'istituzione delle organizzazioni internazionali ha comportato che ciascuno stato rinunciasse ad una quota
di sovranità per garantire un equità fra di essi.
ART.11 cost. italiana “consente, in condizioni di parità con gli altri stati, alle limitazioni di sovranità
necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni; promuove e favorisce le
organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Fra le varie organizzazioni internazionali ricordiamo:
• Società delle Nazioni : Fondata con il Trattato di Versailles del 1919, doveva garantire la pace fra
gli stati. tuttavia non ebbe successo Perché gli USA non ne entrarono a far parte mai, mentre il
Giappone, la Germania e l'Italia ritirarono la loro adesione.
• ONU: È stata fondata con il Trattato di San Francisco del 1945 e i paesi aderenti devono: salvare le
future generazioni da una possibile guerra, garantire i diritti fondamentali dell'uomo ( anche in
relazione all’ uguaglianza uomo-donna) e promuovere il progresso sociale ed un più elevato tenore
di vita.
Le tappe fondamentali che hanno segnato la trasformazione della Comunità Economica Europea in Unione
Europea sono:
• ATTO RELATIVO ALLE ELEZIONI DI MEMBRI DEL PARLAMENTO EUROPEO (1976) a suffragio
universale diretto;
• ATTO UNICO EUROPEO (1986) Prevedeva la realizzazione di un mercato unico, ossia uno spazio
senza frontiere in cui fosse assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone dei capitali.
• CARTA DI NIZZA (2000): prevede la necessità di rafforzare la tutela dei diritti fondamentali data
l'evoluzione della società, il progresso sociale e gli sviluppi scientifici e tecnologici.
• TRATTATO DI NIZZA (2001): Risolve i problemi legate all'ampliamento dell'Unione (lasciati aperti
dal Trattato di Amsterdam del 1997)
LE FORME DI STATO
Con l'espressione forma di Stato si intende il rapporto tra chi detiene il potere (governanti) e coloro che
rimangono assoggettati (governati).
È possibile distinguere le forme di stato in: accentrate e decentrate (federali e regionali).
STORIA
La nascita dello Stato moderno ha inizio alla fine del XV secolo, Quando terminano le Monarchie Feudali,
in cui le norme erano frammentate e si fondavano quasi esclusivamente sul rapporto di fedeltà e protezione
fra il sovrano e il Vassallo.
Diversi fattori permisero il superamento di questa forma di Stato, tra cui: La guerra dei trent'anni, la riforma
protestante e, soprattutto, la pace di Westfalia del 1648.
Questo superamento avvenne attraverso la depersonalizzazione dello Stato nei rapporti di vassallaggio,
che determinò la nascita dello Stato Assoluto, che si fonda sul completo accentramento di tutti i poteri
pubblici nelle mani della Corona (intesa come vero e proprio organo di vertice dell'organizzazione politica).
Nel corso dell'evoluzione, l'assolutismo conobbe diverse caratterizzazioni, tra cui:
• Dispotismo Illuminato: In cui lo stato assoluto conserva le sue connotazioni rigide.
• Mercantilismo: In cui la prosperità finanziaria è dei commerci doveva essere considerata come il
principale segno di grandezza della nazione e della Corona.
• Il pensiero filosofico inglese di Locke e Hume: che vedevano nello stato lo strumento di tutela
giuridica del binomio libertà personale-diritto di proprietà.
• Il pensiero di Montesquieu (che postula la separazione dei poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario)
e di Rousseau (nel Contratto Sociale, contesta lo stesso fondamento del potere assoluto della
corona e immagina che tra i cittadini ci sia un contratto).
L'incontro di tali fermenti culturali con Le istanze politiche, sociali ed economiche in
3 GRANDI RIVOLUZIONI che posero definitivamente fine all'assolutismo:
• RIVOLUZIONE INGLESE (1649-1689): Rappresenta la prima iniziativa della borghesia Liberale di
eliminare le tendenze assolutistiche. questa rivoluzione segnò il fallimento di qualsiasi distorsione in
senso assoluto della monarchia inglese degli Stuart punto fu proprio grazie a questa rivoluzione che
venne affermata la sovranità del parlamento quale supremo controllore del potere Regio.
• RIVOLUZIONE AMERICANA (1773): Ebbe inizio perché le 13 colonie inglesi del Nord America si
ribellarono alle arbitrare imposizioni fiscali della corona Britannica. dopo aver adottato forme di
• RIVOLUZIONE FRANCESE (1789): Indica la fine definitiva dei presupposti dell'ancien régime. Con
la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e del cittadino furono recepite le principali
rivendicazioni del Pensiero politico di Rousseau e di Montesquieu. nel nuovo assetto politico Era,
Inoltre, garantito il principio di rappresentanza dei cittadini politicamente attivi e il primato della
legge. proprio tali novità suscitarono la dura reazione delle principali monarchie assolute europee e,
che tentarono di imporre una restaurazione con il congresso di Vienna.
Con l’affermazione dello STATO LIBERALE CLASSICO, Basato su una società di diritti, in cui cominciano a
trovare spazio le prime significative istanze di Costituzionalismo (limitazione del potere sovrano a fini di
garanzia), si assistette al superamento del mercantilismo nei processi economici, in favore del primato del
libro scambio, della libera circolazione delle Merci e dell'iniziativa imprenditoriale privata. Inoltre, fu
definitivamente affermato il primato della legge uguale per tutti i cittadini.
I sovrani restaurati furono presto costretti a concedere carte e Statuti costituzionali.
La forma di Stato liberale ottocentesca si basa su diversi caratteri:
• la concezione dello Stato quale garante delle libertà civili e politiche e dei diritti economici dei
cittadini.
• il principio dello Stato minimo, la cui funzione deve mirare alla tutela dei diritti individuali.
• La concezione” formale”, “ negativa” e “individualistica” delle libertà fondamentali, in base alla quale
i diritti sono patrimonio esclusivo dei soli individui. in questo senso, si diffonde la concezione
dell'eguaglianza, in terra come parità dinnanzi alla legge.
• Il principio di separazione dei poteri ( legislativo, esecutivo e giudiziario) e l'attribuzione degli stessi
ad organi diversi ( Parlamento, Governo del Monarca e Magistratura).
• Il principio di legalità, Che postula il primato della legge come strumento essenziale di garanzia dei
diritti e dell'ordine sociale. Ad esso si riconnette il principio dello stato di diritto, in base al quale tutti i
cittadini sono vincolati al rispetto della legge e nessuno ne può essere dispensato.
• Il principio rappresentativo di tipo limitato, basato sul fatto che la rappresentanza politica era di tipo
ristretto e monoclasse, non più cetuale (aristocrazia), ma censuale (borghesia).
• L'affermarsi di nuove tendenze ideologiche assai critiche nei confronti del liberismo politico e del
liberismo economico.
• infine, la nascita dei partiti politici di massa, grandi organizzazione fortemente ideologiche (es.
Partito Socialista Democratico tedesco, Partito Socialista italiano, Partito Popolare italiano, partito
Nazionale fascista, Partito Comunista d'Italia).
Con l'introduzione del suffragio universale maschile e della legislazione sociale a tutela del lavoro si
assistette alla nascita dello Stato democratico-pluralista, che si ispira al principio pluralistico ( per cui lo
Stato deve basarsi sulla sovranità popolare, sul suffragio universale e sul pluralismo politico, economico e
sociale).
Tuttavia, l'evoluzione in senso democratico-pluralistico dello Stato liberale fu bruscamente interrotta dalla
grande depressione economica del 1929. in tale contesto, i nuovi partiti di massa si mostrarono incapaci di
reagire efficacemente attraverso l'azione dei governi stabili ed autorevoli, così si affermarono in molti paesi
europei Regimi Autoritari e Totalitari.
I movimenti e i partiti di ispirazione fascista che riuscirò a prendere il potere approfittarono del momento di
crisi e, da un lato, si mostrarono come promotori I vasti programmi di trasformazione sociale ed economica
e dall'altro lato, sovvertire uno stato liberale istituendo regimi basati sulla centralità del potere di un capo,
interprete della volontà del Popolo o dello spirito del Popolo. Al totalitarismo d'ispirazione è fascista o
nazional fascista si contrappose quello comunista di matrice marxista-l'eninista, in cui lo stato viene
interpretato come strumento transitorio in vista dell'annullamento Delle diseguaglianze e della realizzazione
della dittatura del proletariato.
Con la fine della seconda guerra mondiale e la caduta in Europa di gran parte dei regimi fascisti nazional
fascisti si consolidò una duplice tendenza: l'espansione del Comunismo in molti paesi dell'est Europa e in
ambito extraeuropeo, a carico dell' Unione Sovietica; e l'affermazione dello Stato Sociale, democratico e
pluralista nell'Europa occidentale. tale forma di Stato garantisce Diritti Sociali e l'eguaglianza sostanziale,
con l'obiettivo di assicurare una certa redistribuzione della ricchezza, garantire i diritti e le libertà per tutti i
cittadini.
DOMANDA
LO STATO SOCIALE
Lo Stato sociale è una caratteristica dello Stato che si fonda sul principio di uguaglianza sostanziale, da cui
deriva la finalità di ridurre le disuguaglianze sociali. In senso ampio, per Stato sociale si indica anche il
sistema normativo con il quale lo Stato traduce in atti concreti tale finalità; in questa accezione si parla di
welfare state (stato del benessere tradotto letteralmente dall'inglese, detto anche stato assistenziale).
Caratteristiche
Lo Stato sociale è una forma di Stato che si propone di fornire e garantire diritti e servizi sociali, ad
esempio:
• Assistenza sanitaria
• Pubblica istruzione
• Indennità di disoccupazione, sussidi familiari, in caso di accertato stato di povertà o bisogno
• Previdenza sociale (assistenza d'invalidità e di vecchiaia)
• Accesso alle risorse culturali (biblioteche, musei, tempo libero)
• Difesa dell'ambiente naturale.
Questi servizi gravano sui conti pubblici attraverso la cosiddetta spesa sociale in quanto richiedono ingenti
risorse finanziarie, le quali provengono in buona parte dal prelievo fiscale che ha, nei Paesi democratici, un
sistema di tassazione progressivo in cui l'imposta cresce più che proporzionalmente al crescere del reddito.
• STATO COMPLESSO O COMPOSTO: il potere è distribuito tra stato centrale e altri enti territoriali.
Noi due poli estremi dello Stato accentrato dello Stato confederale si possono individuare due modelli
intermedi:
• STATO FEDERALE: È caratterizzato dalla sussistenza di un doppio livello di esercizio di sovranità
in relazione al territorio. a diverse caratteristiche: 1 ordinamento centrale ( basato su una
Costituzione federale scritta è rigida, che convive con quello degli Stati membri della federazione),
il bicameralismo parlamentare imperfetto ( con la presenza di una camera politica, rappresentativa
dell'intero popolo dello stato federale, è un Senato, che garantisce la rappresentanza degli Stati
membri) e il coinvolgimento degli Stati membri nel procedimento di revisione costituzionale
Attraverso procedure aggravate.
DOMANDA
LO STATO DI DIRITTO
Lo Stato di diritto è quella forma di Stato che assicura la salvaguardia e il rispetto dei diritti e
delle libertà dell'uomo; insieme alla garanzia dello Stato sociale
Il concetto dello Stato di diritto presuppone che l'agire dello Stato sia sempre vincolato e conforme
alle leggi vigenti: dunque lo Stato sottopone se stesso al rispetto delle norme di diritto, e questo avviene
tramite una Costituzione scritta.
Si esplica in due nozioni: lo Stato di diritto "in senso formale" e lo Stato di diritto "in senso materiale".
Stato di diritto formale
Parlando di formalità, lo stato di diritto implica i già noti:
• Separazione dei poteri
• Principio di legalità
• Giurisdizione ordinaria e amministrativa.
Stato di diritto materiale
Chiaramente, essere vincolati al rispetto della legge sarebbe poco utile se non fosse possibile garantire
che le leggi stesse siano garanti dei diritti fondamentali.
Per questo motivo, gli elementi formali dello Stato di diritto vengono sviluppati ed estesi dagli elementi
materiali dello stesso, in particolare attraverso l’adozione di norme che tutelano i diritti fondamentali.
DOMANDA
LA COSTITUZIONE
La Costituzione: l’atto normativo fondamentale di ogni Stato democratico moderno.
La Costituzione è un documento scritto formato dall’insieme di leggi fondamentali dello Stato.
Al suo interno sono elencati i diritti e doveri dei cittadini e vengono stabiliti i principi dello Stato come la sua
organizzazione e il suo funzionamento.
Tutte le leggi di uno Stato, che formano l’ordinamento giuridico, devono necessariamente conformarsi alla
Costituzione.
Diversi Tipi di Costituzione
La costituzione di uno Stato può prendere diverse forme a seconda delle sue caratteristiche, vediamole
una per una:
• Flessibile: può essere modificata come qualsiasi altra legge ordinaria. Nella gerarchia delle fonti
possiede lo stesso grado di una comune norma.
• Rigida: per modificarla servono procedure più laboriose, per questo motivo può essere modificata
solo da una legge costituzionale e con procedure particolari rispetto a quelle previste per le leggi
ordinarie. Possiede il grado più alto nella gerarchia delle fonti.
DOMANDA
REVISIONE COSTITUZIONALE
Modificare la Costituzione italiana è possibile, ma solo attraverso un procedimento aggravato fissato
dall’articolo 138, che ha come oggetto le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali.
Le leggi costituzionali sono leggi di pari rango rispetto alla Costituzione e servono per modificarla (leggi di
revisione costituzionale) o per integrarla (leggi costituzionali).
Indipendentemente dal loro obiettivo le leggi costituzionali sono approvate dal Parlamento con il
c.d. procedimento aggravato, un sistema di votazione che richiede maggioranze più ampie di quelle
necessarie per l’approvazione delle leggi ordinarie e una doppia approvazione da parte di ciascuna delle
due Camere che deve avvenire con un intervallo di tempo tra una votazione e l'altra non inferiore a tre
mesi.
Le leggi di revisione costituzionale e quelle costituzionali vengono sottoposte
a referendum (detto sospensivo - consultivo) qualora nella seconda votazione non venga raggiunta la
maggioranza dei 2/3 in una delle due Camere e se entro 3 mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale
- del testo di legge di revisione costituzionale approvato a maggioranza assoluta - ne facciano richiesta 1/5
dei membri di una Camera, 500.000 elettori ovvero 5 Consigli regionali. Sarà l'elettorato e quindi il popolo
sovrano a decidere se praticare quella revisione della Costituzione, esprimendo la propria volontà in sede
di referendum (si vota per il SI o il NO).
Tuttavia alcune disposizioni previste nella Costituzione non possono essere modificate neanche con
una legge costituzionale, in quanto contenenti principî supremi dell'ordinamento (principio di democrazia,
principio dei diritti fondamentali, etc.).
DOMANDA
DIFFERENZA LEGGE ORDINARIA E COSTITUZIONALE
La legge ordinaria è una legge approvata da un'assemblea legislativa all'esito di una procedura non
aggravata (ordinaria) e che, per tale ragione, si distingue dalle leggi costituzionali e, in certi ordinamenti,
dalle leggi organiche.
Nella gerarchia delle fonti è sottordinata alla Costituzione, alle leggi costituzionali e alle eventuali leggi
organiche; nondimeno, il concetto di legge ordinaria presuppone una costituzione rigida giacché, in
presenza di costituzione flessibile, tutte le leggi hanno il medesimo rango, non presentando alcuna forza
passiva peculiare.
Solitamente la legge ordinaria ha competenza generale e residuale, nel senso che può disciplinare
qualsiasi materia, escluse solo quelle che la costituzione gli sottrae e attribuisce ad altra fonte, come la
legge costituzionale (riserva di legge costituzionale), la legge organica (riserva di legge organica) o
il regolamento parlamentare.
La costituzione italiana, in particolare, si apre con una serie di disposizioni, chiamati principi fondamentali,
che sono superiori alle altre previsioni costituzionali.
Inviolabilità si traduce 2 punti o in senso negativo, nello stato che ha l'obbligo di astenersi da ingerenze
arbitrarie su di essi; O in senso positivo, nel dovere dello stato di garantire ad essi ogni adeguata tutela.
Sono, inoltre, sorti dei problemi per quanto riguarda il catalogo dei diritti considerati “ inviolabili”.
Un orientamento ha sostenuto che sono inviolabili solo i diritti espressamente menzionati nella prima parte
della Costituzione.
La dottrina maggioritaria ha esteso questa inviolabilità anche ai nuovi diritti ( diritto alla libertà sessuale,
all'abitazione, alla riservatezza,...).
• Principio Pluralista: È riconosciuto è tutelato il pluralismo delle formazioni sociali, degli enti
pubblici territoriali, delle minoranze linguistiche, delle confessioni religiose, delle associazioni, della
cultura, delle scuole e dei partiti politici.
• Principio Solidarista: È il principio secondo cui la persona, oltre a pretendere dallo stato in limitate
Libertà personali, deve garantire una solidarietà politica, sociale ed economica.
• Il principio autonomista: è il criterio di articolazione ed esercizio del potere Pubblico sul territorio
nazionale. si fonda sul cosiddetto decentramento amministrativo, cioè sul criterio di organizzazione
dei servizi dello Stato.
• Tutela delle minoranze linguistiche: sono quei gruppi etnico linguistici presenti nel nostro paese,
a cui è stato concesso di utilizzare la propria lingua nell'amministrazione pubblica.
“Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse
dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con
l'ordinamento giuridico italiano”.
La Costituzione accorda ampia tutela al fenomeno religioso, inteso come libertà del singolo e come profilo
aggregativo dalle confessioni religiose. Ciò ha permesso di delineare il carattere laico dello Stato italiano,
presente anche nei confronti delle confessioni religiose, cioè di quell’insieme di persone che professano
una medesima fede. Le ragioni che hanno indotto il Costituente a dedicare ai rapporti fra lo Stato e la
Chiesa Cattolica una specifica disposizione costituzionale sono molteplici: una preponderanza della fede
Cattolica in Italia, l'influenza del cattolicesimo sulle tradizioni della Nazione e la sede della Chiesa Cattolica
a Roma, su cui il Papa esercitò fino al 1870 il proprio potere.
Quando ci fu l'Unità d'Italia, però, al Pontefice venne meno il governo temporale e per questo ebbe inizio la
cosiddetta "questione romana" che fu risolta con i PATTI LATERANENSI del 1929, che sancirono il
riconoscimento da pARTe della Santa Sede del Regno d'Italia e la costituzione dello Stato della Città del
Vaticano a garanzia dell'indipendenza del Pontefice dalle autorità italiane.
Nell'ART. 7 Cost., si afferma che lo Stato e la Chiesa Cattolica sono indipendenti l’uno dall’altra; tuttavia
allo Stato appARTiene la COMPETENZA DELLE COMPETENZE, cioè la decisione ultima su ciò che
riguarda l'ordine statale. L'ART. 8 Cost., invece, permette alle confessioni acattoliche di stipulare con lo
Stato degli accordi (es. ebraismo, buddismo, evangelismo,...). Per tutto questo, allora, la laicità dello Stato
italiano è diversa dagli altri, perché è semplicemente un metodo per garantire all'interno dello Stato un
pluralismo cooperativo fra Stato e diverse confessioni religiose.
“L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione
delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di
sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e
favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Alla condizione giuridica del non cittadino è dedicato l'ART. 10 Cost. che, invece di parlare di straniero,
parla di non cittadino da quando è entrata in vigore la cittadinanza Europea. Questo articolo permette al
legislatore di riconoscere allo straniero l’eguaglianza dei diritti fondamentali. Per quanto riguarda la
condizione dello straniero vanno ricordati:
• DIRITTO D'ASILO: implica un accertamento fra le libertà democratiche garantite al cittadino italiano
e quelle offerto allo straniero nel proprio paese d'origine. Se questi ultimi vengono a mancare, allora
viene concesso l'asilo politico in Italia.
• RIFUGIATO POLITICO: implica la dimostrazione di essere vittima di una persecuzione per motivi di
razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un gruppo sociale o per le proprie opinioni politiche.
Negli ultimi anni, inoltre, è sorto il problema del contrasto all'immigrazione illegale. Riguardo ciò, lo Stato
Italiano ammette la possibilità dei RESPINGIMENTI IN ACQUE INTERNAZIONALI delle imbarcazioni
dirette verso il nostro paese con immigrati clandestini, mediante l'accompagnamento coattivo delle stesse.
Inoltre, è prevista la cosiddetta ESTRADIZIONE, cioè il procedimento in base al quale è possibile disporre
la consegna di colui che si trovi nel nostro Paese, per sottoporlo ad un procedimento penale in corso a suo
carico in un altro Stato. Tuttavia vi è il divieto di estradizione quando: lo straniero è perseguito per un reato
politico o c'è il rischio che venga sottoposto ad atti persecutori.
L'ART. 11 Cost., invece, prevede il ripudio della guerra, che comprende il divieto di tutte quelle azioni che
tendono a favorire ed agevolare uno Stato promotore. Per questo in Italia vige per le imprese il divieto di
vendita di armi ai paesi impegnati in conflitto armato. Di contro, si ritiene costituzionalmente lecita la
GUERRA DI TIPO DIFENSIVO, ossia per la salvaguardia della collettività e del territorio nazionale da
qualunque aggressione esterna. Invece, non si è ancora capito se le ART. 11 Cost. riguardi anche la
cosiddetta guerra preventiva, cioè la guerra promossa nei confronti di uno Stato che abbia dato concreto
appoggio ad attentati o iniziative lesive della sicurezza e dell'integrità di un paese.
• ROMA CAPITALE.
• La perquisizione personale: sempre mezzo di ricerca della prova, è finalizzata però non alla
ricerca delle tracce, bensì il corpo del reato oppure cose ad esso pertinenti (come l’arma del
delitto).
Gli STRUMENTI DI GARANZIA DELLA LIBERTÀ PERSONALE, la libertà personale può essere
sottoposta alle limitazioni individuate soltanto nei casi e nei modi previsti dalla legge, in sostanza è
richiesta una regolamentazione preventiva di ogni aspetto della restrizione stessa.
Si tratta di una riserva assoluta di legge: ovvero spetta alla legge indicare quali sono le circostanze che
possono legittimare misure restrittive della libertà personale.
Altri limiti alla penalizzazione: (es.il principio della personalità della responsabilità penale; il principio di
colpevolezza).
La riserva di legge costituisce condizione necessaria ma non sufficiente a giustificare eventuali limitazioni
sulla libertà della persona.
Ovvero la disposizione contenuta nell'articolo 13 richiede un ulteriore garanzia: l'atto motivato
dell'autorità giudiziaria. L’Emanazione del provvedimento limitativo della Libertà personale e di esclusiva
competenza del giudice.
I PROVVEDIMENTI PROVVISORI DELL'AUTORITÀ DI PUBBLICA SICUREZZA
L'articolo prevede anche per l'autorità di pubblica sicurezza la possibilità di adottare misure limitative della
Libertà personale. questo può avvenire Solo in casi eccezionali di necessità ed urgenza e predeterminati
tassativamente dalla legge. tagli provvedimenti non hanno carattere definitivo, bensì provvisorio.
Tra i casi eccezionali vanno Ricordati le misure precautelari: l'arresto in flagranza e il fermo.
Vengono considerate ulteriori forme di restrizione della Libertà personale, che vengono giustificate da
esigenze di prevenzione.
Le cosiddette misure di sicurezza: l'obiettivo è quello di neutralizzare la pericolosità di un soggetto,
assolvendo alla funzione di difesa sociale.
Vi sono anche le misure di prevenzione : mirano ad impedire la commissione di delitti da parte di soggetti
ritenuti pericolosi ma che, a differenza delle misure di sicurezza, prescindono da un precedente reato.
Le Misure cautelari invece vengono adottate dall'autorità giudiziaria nel corso di indagini preliminari o nella
fase processuale.
Il TRATTAMENTO DEL DETENUTO E LA FUNZIONE DELLA PENA
L'articolo sancisce il divieto di ogni violenza fisica e morale sulle persone sottoposte a restrizione di libertà.
la pena deve tendere alla rieducazione del condannato e non assolvere solo ad una funzione punitiva.
L'articolo 15 tutela le comunicazioni indirizzate a persone determinate, al contrario dell'articolo 21, che
invece concerne la comunicazione pubblica con destinatari indeterminati, e fa riferimento alla “libertà di
pensiero”.
La libertà di corrispondenza offre la medesima tutela sia al mittente che al destinatario, garantendone sia la
segretezza che la libertà.
La segretezza non rappresenta soltanto un mezzo per tutelare la libertà della comunicazione del pensiero,
bensì anche una caratteristica peculiare delle comunicazioni interpersonali.
Le limitazioni della libertà di corrispondenza devono seguire i seguenti principi:
la riserva di legge assoluta, ovvero la competenza esclusiva della legislazione ordinaria a disciplinare le
forme di restrizione della libertà di corrispondenza;
la riserva di giurisdizione, dato che solo l'autorità giudiziaria può emanare provvedimenti restrittivi
(habeas corpus);
l'obbligo di motivazione, il quale deve necessariamente accompagnare ogni provvedimento restrittivo.
In particolare, il sequestro della corrispondenza (art. 254) può avvenire solo quando vi sia fondato motivo di
ritenere che gli oggetti siano stati spediti dall'imputato o siano a lui diretti o comunque possano avere una
relazione con il reato commesso. In caso di urgenza si può ordinare al servizio postale di sospendere
l'inoltro, con obbligo di convalida da parte dell'autorità giudiziaria entro 48 ore.
Per quanto riguarda il diritto alla riservatezza o alla c.d. privacy è uno strumento posto a salvaguardia e
a tutela della sfera privata del singolo individuo, da intendere come la facoltà di impedire che le
informazioni riguardanti tale sfera personale siano divulgate in assenza dell’autorizzazione dell’interessato,
od anche il diritto alla non intromissione nella sfera privata da parte di terzi. Tale diritto assicura all’individuo
il controllo su tutte le informazioni e i dati riguardanti la sua vita privata, fornendogli nel contempo gli
strumenti per la tutela di queste informazioni.
Per quanto riguarda la legislazione italiana è inutile cercare norme sulla privacy nella carta Costituzionale,
essendo nata in un’epoca nella quale il problema era poco sentito. Però nel tempo si sono ritrovati
numerosi riferimenti tra le righe delle varie disposizioni, in particolare negli articoli 14, 15 e 21,
rispettivamente riguardanti il domicilio, la libertà e segretezza della corrispondenza, e la libertà di
manifestazione del pensiero. In realtà il primo e più importante riferimento è oggi visto nell’articolo 2 della
Costituzione, in quanto si incorpora la privacy nei diritti inviolabili dell’uomo, come del resto ha sostenuto la
Corte Costituzionale con la sentenza n. 38 del 1973.
A livello sovranazionale la tutela della privacy Viene riconosciuta dall'articolo 8 della convenzione Europea
per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, dalla carta dei diritti fondamentali di
Nizza del 2000 e dalla più recente direttiva relativa al trattamento dei dati personali alla tutela della vita
privata nel settore delle comunicazioni elettroniche.
In tema di protezione dei dati personali, abbiamo il cosiddetto codice della Privacy, tale decreto legislativo
ha l'obiettivo di tutelare i dati personali ed in particolare la raccolta il trattamento e gli stessi.
Per quanto concerne la riserva di legge, essa è relativa, dato che le limitazioni posso aversi in via generale
per motivi di sanità e sicurezza.
Vengono espressamente esclusi i motivi politici, che dunque non possono fondare alcuna limitazione alla
libertà di circolazione e soggiorno. In tal guisa si sono prese le distanze dal regime fascista, che prevedeva
il c.d. confino per i dissidenti.
Dal punto di vista applicativo, rilevano:
il foglio di via obbligatorio, che rappresenta un provvedimento tramite il quale si dispone il rimpatrio nel
Paese di provenienza per persone considerate pericolose per l'ordine pubblico (art. 157);
la libertà di espatrio, visto che al cittadino è concesso uscire e far rientro nel territorio della Repubblica,
salvo gli obblighi di legge;
il divieto per le Regioni di ostacolare la libera circolazione nel territorio.
Ulteriori limitazioni sono disciplinate dalla L. 1423/1956, che consente all'autorità giudiziaria, per
determinate persone considerate pericolose, di vietarne il soggiorno in uno o più Comuni, diversi da quelli
di residenza o di dimora abituale, nonché di imporre l'obbligo di permanenza nel Comune di residenza o di
dimora abituale.
L'art.16, all'ultimo comma, prevede anche la libertà di espatrio, cioè la libertà di ogni cittadino di uscire dal
territorio della Repubblica e di rientrarvi "salvo gli obblighi di legge". La libertà di espatrio va posta in stretta
connessione con la libertà di emigrazione (art.35 Cost) che ha però fini diversi. Il diritto di espatrio deve
ritenersi collegato con il diritto di rimpatrio, cioè il diritto di ritornare entro i confini dello Stato. Nella storia
del nostro Paese, la libertà di espatrio ha conosciuto regimi giuridici assai restrittivi; attualmente il rilascio
del passaporto è riconosciuto come oggetto di un diritto soggettivo, salvo gli obblighi di legge di cui parla la
Costituzione e che la legge ha specificato essere: - l'adempimento degli obblighi di leva militare; -
accertamento di eventuali responsabilità penali; - esistenza di misure di sicurezza o di misure preventive di
polizia; - obblighi conseguenti alla posizione familiare, come ad esempio il potere-dovere dei genitori che
hanno prole in minore età. La libertà di espatrio implica anche, come libertà negativa, la libertà di non
espatriare, per cui e vietato l'esilio che è il bando di una persona dal proprio paese per motivi politici
Oggetto di divieto sono le associazioni vietate dalla legge penale (ad esempio l'associazione a
delinquere di cui all'art. 416 c.p., le associazioni segrete e le associazioni a carattere militare che
perseguano anche indirettamente scopi politici.
Le associazioni segrete sono proibite in quanto in un regime democratico in cui è libero associarsi, è chiaro
che le organizzazioni segrete perseguano scopi illeciti.
Per quanto riguarda le associazioni a carattere militare che perseguano anche indirettamente scopi politici,
il divieto scaturisce dalla considerazione che in un regime democratico i fini politici vanno necessariamente
perseguiti attraverso il libero, pacifico e civile dibattito.
Va infatti da sé che già solo la presenza di un corpo militare, quando istituito per scopi politici, può
intimorire il resto della popolazione, inibendo il libero confronto e la libera manifestazione delle libertà
democratiche.
DOMANDA
Differenza libertà di associazione di riunione
Libertà di associazione e libertà di riunione si distinguono tra loro perché, mentre la seconda è
caratterizzata dalla materiale compresenza di più persone in un determinato luogo, la libertà di
associazione prescinde da questa, essendo rilevante, invece, il vincolo giuridico esistente tra gli associati.
Difatti, la garanzia della libera manifestazione del pensiero è una condizione imprescindibile per la vita
stessa di un regime democratico, in quanto assicura la formazione di un convincimento personale da
parte ogni persona e di una opinione pubblica libera e criticamente fondata.
Nel periodo fascista i controlli sulla comunicazione erano penetranti. Il costituente, all'opposto, sceglie di
limitarli fortemente, consentendoli solo alle indicazioni di cui al comma (introducendo sia una riserva di
legge assoluta e rinforzata sia una riserva di giurisdizione) e vietando qualsiasi censura. Anche la
registrazione dei periodici presso i tribunali della circoscrizione di pubblicazione (v. art. 5 l. 8 febbraio 1948,
n. 47) non è una misura repressiva ma uno strumento volto ad agevolare l'eventuale sequestro e non può
mai comportare un controllo nel merito per autorizzare o meno la pubblicazione.
Tale diritto viene tutelato sia nel momento statico, che significa che ognuno può crearsi un proprio
patrimonio di idee, nel momento dinamico, quando si desidera esprimere tali idee, e nel momento
negativo, che implica che ciascuno ha il diritto di tenere segrete le proprie opinioni.
Va ad ogni modo precisato che qui si tutela la manifestazione del pensiero, mentre la trasmissione di esso
è garantito dall'articolo 15 Cost..
Esistono tuttavia alcuni limiti:
• il buon costume, che impedisce di manifestare il proprio pensiero tramite modalità che offendono il
comune senso del pudore e la pubblica decenza;
• la riservatezza e l'onorabilità delle persone, che tutelano la dignità, l'onore e la privacy delle
persone;
• il segreto di Stato, quando, per i motivi più disparati, un documento è coperto dal segreto, perchè
la sua divulgazione potrebbe arrecare un pericolo alla sicurezza dello Stato democratico;
• il segreto giudiziario, al fine di garantire il buon andamento dell'amministrazione giudiziaria e per
non ledere la reputazione degli imputati, salvo il limte della pubblica rilevanza;
• l'apologia di reato, che in realtà non costituisce una libera forma di manifestazione del pensiero.
La glorificazione e l'esaltazione di figure di reato può infatti rappresentare un pericolo per l'ordine
pubblico.
Per quanto concerne la libertà di stampa, oggetto di ampia tutela, l'articolo 21 sancisce vari principi. Viene
esclusa ogni forma di autorizzazione preventiva, unitamente a qualsiasi forma di censura successiva
alla redazione dello stampato.
Il sequestro dello stampato è oggetto di precisa disciplina legislativa (L. n. 47/1948), che assicura un
particolare procedimento e precipue guarantigie
Fondamentale è anche la facoltà di poter controllare preventivamente e con mezzi repressivi contro la
Stampa che offende il buon costume.
Quando, tuttavia, vi sia assoluta urgenza e non sia possibile i tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria,
è possibile nondimeno per gli ufficiali di polizia giudiziaria sequestrare della stampa periodica, che entro 24
ore devono farne denuncia. Se l'autorità non convalida il sequestro entro le 24 ore successive, il sequestro
si intende revocato e privo di ogni effetto.
Da ultimo, viene data la possibilità di agire con controlli sui mezzi di finanziamento, onde poter
intervenire in caso di sviamento dell'opinione pubblica
Venendo al diritto di cronaca, esso deve rispettare tre principi:
• la verità dei fatti così come appresi e riprodotti sullo stampato. Segue il dovere di compiere una
attenta valutazione circa l'attendibilità delle proprie fonti di conoscenza;
• la pertinenza, ovvero l'interesse pubblico alla divulgazione della notizia;
• la continenza, vale a dire la correttezza delle espressioni utilizzate, in maniera tale da non
esorbitare in lesioni arbitrarie dell'altrui onore e reputazione.
L'articolo 21 vieta non solo le pubblicazioni a stampa, ma anche tutti gli spettacoli e tutte le manifestazioni
contrarie al buon costume.
Tale norma si riferisce alle qualità che delineano la personalità giuridica del cittadino, consentendo a
quest'ultimo di essere identificato, di poter compiere atti negozi giuridici e di esercitare i diritti ed i doveri
che sorgono dall'appartenenza alla Repubblica.
Tali diritti costituiscono articolazioni di principi fondamentali sanciti nella prima parte della Costituzione
quale quello di eguaglianza (art. 3 Cost) e di salvaguardia dei diritti inviolabili della persona (art. 2 Cost.).
Essa si pone come baluardo nei confronti di quelle dittature che tentarono di calpestare i più elementari
diritti umani, al fine di imporre il proprio dominio politico.
Oltre alla cittadinanza italiana l'appartenenza all'ordinamento comunitario attribuisce anche la cittadinanza
europea che ha trovato la propria genesi nel trattato di Maastricht del 1992 ed è oggi disciplinata dall'art. 20
del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea e dal capo V della Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione Europea (artt. 39 ss.). Essa conferisce vari diritti tra i quali, ad esempio, quello di voto alle
lezioni del Parlamento Europeo (art. 39 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea).
Sulla base di questo parametro la stessa Corte Costituzionale è chiamata a sindacare la legittimità delle
leggi ordinarie che impongono tributi. Peraltro, il riferimento a questa capacità non esclude che determinate
categorie di soggetti possano essere esonerate dal versamento o che lo stesso possa essere determinato
in forma meno gravosa, se ricorrono determinati presupposti (reddito minimo, nuclei famigliari numerosi
ecc.).
Oltre al generale principio della capacità contributiva, il costituente ha stabilito che il sistema fiscale deve
basarsi su quello di progressività, il quale implica che ciascuno sia chiamato a concorrere alla spesa
pubblica in base alle proprie risorse, in modo che chi ha meno versi meno e chi ha di più versi più, ma solo
in seguito al raggiungimento di determinate soglie (appunto, progressivamente).
In realtà, esso è suscettibile di trovare piena attuazione solo in relazione alle imposte c.d. dirette, che, cioè,
colpiscono le forme immediate di produzione di reddito (ad esempio l'IRPEF), ma non in ordine a quelle
indirette (come l'IVA) che, gravando sui beni, finiscono per pesare indistintamente su tutti (salvo correttivi
come imporre un'IVA più bassa su certi beni).
L'ultimo comma fa invece riferimento solo alla ricerca della paternità, atteso che la ricerca della maternità è
molto più facile perchè si risolve nell'accertare che chi avanza l'istanza coincide con chi fu partorito dalla
donna. Per la paternità, invece, il codice detta una serie di norme che indicano gli elemento necessari per
la ricerca: genetiche, ematologiche ecc. (269 ss. c.c.). L'intera materia, comunque, è stata riformata dalla l.
10 dicembre 2012, n. 219 e dal d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154.
Art.31
Per quanto concerne il primo comma, esso impone allo Stato una tutela positiva nei confronti delle
famiglie più bisognose e numerose. Per l'attuazione del principio si sono susseguite nel tempo diverse
disposizioni di legge, tendenzialmente volte ad attribuire alla famiglia o ad uno dei genitori dei contributi
economici a sostegno della genitorialità, di regola sino a che i figli non raggiungono una certa età. Sulla
stessa scia si pongono anche le disposizioni che attribuiscono i congedi parentali (di maternità o paternità)
nonchè quelle che agevolano il reingresso dei genitori nel mondo del lavoro. Una particolare attenzione
viene dedicata dal costituente alle famiglie numerose.
Il secondo comma stabilisce invece un preciso dovere di tutela della maternità da parte dell'ordinamento, in
maniera tale da non disincentivare la donna a procreare, per il timore di perdere il lavoro o di non reperirne
un altro una volta terminata la gestazione.
A livello di legge ordinaria, altri due profili importanti di tutela della maternità sono quelli che riguardano
l'aborto e la procreazione medicalmente assistita. Il primo è stato introdotto dalla l. 22 maggio 1978, n. 194
mentre la seconda dalla l. 19 febbraio 2004, n. 40.
Tale desiderio esemplifica la scelta della coppia di diventare genitori e di formare una famiglia
caratterizzata dalla presenza di figli. Siffatta scelta è espressione della libertà di autodeterminazione
delle parti
La Consulta, in proposito ha sancito l'incostituzionalità di alcune norme a difesa dell'embrione proprio in
quanto potenzialmente lesive della salute della donna sottoposta al trattamento di inseminazione artificiale
(2009).
Riguardo al cosiddetto fine vita virgole cioè Intervento medico e trattamenti sanitari sui pazienti in fase
patologica terminale ed irreversibile è entrata in conflitto con quelli cassoni valori costituzionali, primi fra
tutti l'idea di tutela incondizionata della vita umana fino alla sua cessazione naturale.
Nonostante vi siamo stati molti casi del genere, ad oggi c'è un sostanziale vuoto normativo in materia. la
giurisprudenza si è pronunciata a favore del diritto a rifiutare le cure, Quale risvolto negativo del diritto alla
salute. in questi termini per cui stata valorizzata la volontà espresso anche riconosciuto in sede giudiziale,
del paziente, di rifiutare sia le cure siano gli stessi trattamenti di sostegno Vitale, con un orientamento
sostenuto anche dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.
Oltre che un diritto l'istruzione, rappresenta un dovere, almeno per quanto concerne quella secondaria. La
normativa sulla scuola, che aveva trovato un recente punto fermo nella l. 28 marzo 2003, n. 53, è stata
oggetto di revisione. Di fatto, ad ogni nuovo esecutivo segue una riforma o, quantomeno, un progetto di
riforma della scuola.
Ad oggi l'istruzione è obbligatoria per almeno 10 anni nel periodo tra i 6 ed i 16 anni di età ed è volta a far
ottenere al soggetto un titolo di scuola secondaria superiore o una qualifica professionale di durata almeno
triennale entro i 18 anni di età. L'istruzione obbligatoria, il cui mancato adempimento da parte del minore è
sanzionato dalla legge, è gratuita, nel senso che non è soggetta a tasse e tributi.
Il comma 3 sancisce inoltre il diritto di raggiungere i più alti gradi degli studi per i capaci e per i meritevoli,
anche se privi di mezzi, tramite borse di studi, assegni alle famiglie, attribuiti secondo il principio
meritocratico.
DOMANDA
Art.38
L'articolo in esame tutela più nello specifico il principio della sicurezza sociale. In base ad esso l'autorità
statale deve salvaguardare la dignità umana nelle situazioni di bisogna, garantendo a tutti i cittadini i mezzi
minimi per vivere, tutelando la salute e rimuovendo tutti quegli ostacoli economici e sociali che impediscono
lo sviluppo della persona e la sua effettiva partecipazione alla vita pubblica.
Art.39
La Costituzione tutela i lavoratori anche mediante la possibilità di indire sindacati di categoria, che
rappresentano una forma di autotutela.
Il sindacato è un'associazione libera e spontanea di lavoratori (ma anche di datori di lavoro), costituita al
fine di tutelare gli interessi professionali dei propri membri.
La libertà sindacale rappresenta un'articolazione della generale libertà di associazione di cui all'art. 18 della
Costituzione.
La libertà sindacale si traduce quindi in:
• libertà di costituire anche più di un sindacato per categoria, salvo alcune eccezioni (magistrati e
forze dell'ordine);
• libertà per il singolo lavoratore di scegliere a quale sindacato aderire, oltre alla facoltà di non
aderire ad alcuna organizzazione;
• libertà di esercitare i diritti sindacali e di farne propaganda, anche all'interno dei luoghi di lavoro.
L'articolo in commento dispone, oltre che in merito alla libertà dell'organizzazione sindacale, anche in
merito al divieto di imporre loro alcun obbligo, se non quello della registrazione presso uffici centrali o
periferici. In seguito a tale registrazione il sindacato assume personalità giuridica e capacità di stipulare
contratti collettivi, con efficacia erga omnes.
L'unica condizione per la registrazione è che i sindacati adottino una organizzazione su base democratica.
DOMANDA
Ma perché...? Per molti decenni in Italia, al pari che in altri Stati europei, sono esistite aziende di Stato,
società pubbliche ecc.; in una certa misura esse esistono ancora anche se, a partire dagli anni Novanta, il
ruolo dello Stato e degli enti locali (Regioni, Province e Comuni) nell’economia si è andato ridimensionando
in seguito a un programma di privatizzazioni mediante il quale numerose società controllate dallo Stato
sono state cedute ai privati. Spesso la ragione di tale scelta è stata il costo eccessivo e la scarsa redditività
delle aziende; l’esistenza di aziende pubbliche falsava inoltre il libero mercato, perché lo Stato era nella
duplice situazione di essere un proprietario di aziende ma anche il legislatore.
Va notato che in Italia si è fatta più consistente l’influenza del pensiero liberista, secondo il quale lo Stato
non deve avere un ruolo attivo nell’economia, ossia non deve svolgere attività economiche, ma deve
lasciare spazio al libero mercato ponendosi unicamente come tutore delle regole.
Art.42
“La proprietà è pubblica o privata .
I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.
La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di
godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale (2) e di renderla accessibile a tutti.
La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di
interesse generale” .
Ad analoghi fini solidaristici in ambito economico s'ispirano, l'articolo 44 ( sulla razionale sfruttamento del
suolo agricolo); l'articolo 45 ( relativo alla valorizzazione della Cooperazione economica
mutualistica) ;L'articolo 46 ( sul diritto dei Lavoratori alla collaborazione nella gestione delle aziende virgole
nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge e in armonia con le esigenze della produzione); nell'articolo 47
(posso garanzia della tutela del risparmio in tutte le sue forme).
I DIRITTI POLITICI
Ciascun individuo come cittadino può partecipare alla vita politica dello Stato al quale appartiene e alla
formazione delle decisioni pubbliche di ogni giorno. La Costituzione nel titolo IV dedicato ai rapporti politici,
rende effettiva tale partecipazione attraverso il riconoscimento dei diritti politici che, pertanto,
rappresentano la tipica espressione dell’autogoverno del popolo (o sovranità popolare).
Circa la loro natura giuridica si contrappongono due diversi orientamenti: il primo secondo il quale i diritti
politici sarebbero riconducibili ad una funzione pubblica e come tali sottoposti alla discrezionalità del
legislatore, che potrebbe apporre limitazioni alla capacità elettorale nell'interesse generale; diversamente,
per la teoria giusnaturalista i diritti di partecipazione politica vengono considerati diritti naturali dell'individuo,
inviolabili è suscettibile di restrizioni solo in ipotesi eccezionali.
I diritti politici sono riservati unicamente ai cittadini, questa esclusività trova giustificazione nella circostanza
secondo cui la cittadinanza esprime una relazione stabile tra lo stato è un gruppo di persone accomunate
da un legame che li faccio sentire partecipi della stessa comunità.
L'integrazione del nostro ordinamento con quello comunitario ha portato ad attribuire al Cittadino
Comunitario, nello Stato membro in cui risiede, il diritto di presentare petizione al Parlamento Europeo, il
diritto di rivolgersi al mediatore europeo, il diritto di voto alle elezioni comunali e alle elezioni europee.
Vengono riconosciuti Il diritto di voto, il diritto di associarsi in partiti politici, e il diritto di petizione, il diritto di
accedere ai pubblici uffici e alle cariche elettive.
Il diritto di elettorato attivo o più semplicemente il diritto di voto è il più importante tra i diritti politici
riconosciuti ai cittadini. Attraverso il suo esercizio, infatti, ogni cittadino sceglie i propri rappresentanti nelle
istituzioni poste a guida dello Stato.
La Costituzione sancisce il principio del suffragio universale: il diritto di voto cioè, spetta a tutti i cittadini,
uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Essi votano per leggere i rappresentanti al
Parlamento (elezioni politiche), per i consigli regionali, provinciali e comunali (elezioni amministrative) e per
il Parlamento europeo (elezioni europee). Va precisato che per votare al Senato l’elettore deve avere
compiuto 25 anni.
Il voto deve presentare determinati requisiti, necessari a garantire a tutti gli elettori di manifestare
liberamente la propria volontà.
Pertanto, il voto è:
• personale, nel senso che può essere espresso solo dall’elettore e non sono ammesse deleghe. Fa
eccezione il soggetto che presenta un impedimento fisico come ad esempio una cecità. In questo
caso può essere accompagnato nella cabina elettorale, da una persona di sua fiducia all’uopo
autorizzata, che vota al suo posto;
• uguale per tutti, cioè ogni voto vale uno come tutti gli altri, qualunque sia il voto espresso e da
chiunque sia espresso;
• libero, ossia nessuno può essere costretto o indotto a votare in modo differente dalla propria
volontà;
• segreto, per cui l’elettore vota isolato in una cabina e successivamente deposita personalmente la
scheda nell’urna, senza mostrarla a nessuno. Qualunque segno sulla scheda che possa svelare
l’identità dell’elettore, ne determina la nullità.
La Costituzione considera il voto come un dovere civico e non giuridico. I cittadini, infatti, non sono
costretti a votare e il mancato esercizio del relativo diritto non comporta alcuna sanzione.
L’esercizio del diritto di voto è assicurato anche ai cittadini italiani residenti all’estero tramite
l’istituzione di seggi elettorali nelle sedi delle ambasciate e dei consolati del nostro Paese.
Sono, altresì, previste alcune limitazioni all’esercizio del diritto di voto: sono private di tale diritto le
persone condannate a gravi pene detentive o moralmente indegne (si pensi a coloro che sono stati
interdetti dai pubblici uffici per essersi impossessati di denaro pubblico o a coloro che sono stati condannati
in via definitiva a più di 5 anni di reclusione per delitti contro la persona) nonché i minori di età.
Per quanto riguarda, invece, gli interdetti e gli inabilitati per infermità di mente, il limite inizialmente posto
dalla Costituzione, è stato superato da una legge del 1978 e pertanto, anche questi soggetti sono stati
ammessi all’elettorato attivo.
L’articolo 49 della Costituzione riconosce ai cittadini la libertà di associarsi in partiti politici.
Nei partiti politici si associano persone che sono unite da idee politiche comuni e che, attraverso essi,
cercano di promuoverle e di attuarle. I partiti sono associazioni di fatto che non possiedono personalità
giuridica.
La libertà di associazione politica incontra, però, alcuni limiti di natura costituzionale sia per quanto
riguarda la libera formazione dei partiti sia per la libertà dei cittadini di aderire ad un partito.
Per la formazione è vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista [3]; per
quanto attiene, invece, alla libertà di adesione, alcuni dipendenti pubblici (magistrati, funzionari ed agenti di
polizia, militari, ecc.) non possono fare parte di alcun partito politico.
Il diritto di petizione: in cosa consiste
Il riconoscimento a tutti i cittadini del diritto di rivolgersi alle Camere mediante una petizione [5] ha
comportato l’introduzione del primo istituto di democrazia diretta disciplinato dalla Costituzione.
Tutti i cittadini possono manifestare la propria volontà, rivolgendosi alle Camere mediante questo specifico
strumento, cioè possono richiamare l’attenzione degli eletti su un problema di interesse generale.
Il Parlamento, una volta conosciuta la questione, non ha alcun obbligo di provvedere in quanto la petizione
è solo un canale di comunicazione tra il cittadino e i parlamentari.
La petizione è un diritto riconosciuto a tutti i cittadini, sia elettori sia non elettori. Tuttavia, nonostante sia un
mezzo diretto per comunicare con i propri rappresentanti, è scarsamente utilizzato. Basti pensare che ogni
anno al Parlamento pervengono solo poche centinaia di petizioni.
D’altra parte esistono altri strumenti più rapidi ed efficaci che consentono ai cittadini di comunicare con i
parlamentari come ad esempio attraverso i partiti politici o i sindacati.
La petizione presenta delle caratteristiche specifiche:
• può essere rivolta da tutti i cittadini anche singolarmente;
• non è richiesta una forma particolare per la sua formulazione;
• è prevista solo l’autenticazione della firma del proponente;
• può attenere qualsiasi problematica purché di interesse comune.
Cos’è il diritto di elettorato passivo
La Costituzione enuncia il principio di parità tra i sessi nell’accesso ai pubblici uffici ed alle cariche
pubbliche, ribadendo l’uguaglianza dei cittadini già proclamata nell’articolo 3 della Costituzione [6]. In tal
modo, il nostro legislatore ha voluto rimuovere il limite del sesso che in passato non consentiva alle donne
di assumere determinati incarichi. Oggi, le donne possono accedere a qualsiasi carica elettiva così come
possono aspirare a qualsiasi ufficio pubblico.
In seguito ad una modifica costituzionale introdotta nel 2003 [7], sono state introdotte nella Costituzione le
“pari opportunità” così da dare più spazio alla presenza femminile sia per l’accesso alle cariche elettive
sia agli uffici pubblici.
Successivamente, nel 2004, per le elezioni del Parlamento europeo, è stata approvata la così detta legge
delle quote rosa [8], in base alla quale nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura
superiore ai due terzi dei candidati.
E’ prevista, inoltre, l’ammissione agli uffici pubblici ed alle cariche elettive anche agli italiani che non sono
cittadini della Repubblica, cioè coloro che vivono all’estero e hanno la doppia cittadinanza o che hanno
perso la cittadinanza italiana. A tal proposito, va rilevato che la legge ha equiparato ai cittadini gli italiani
non appartenenti alla Repubblica, riconoscendo loro il diritto di elettorato attivo e passivo per le elezioni
politiche nonché in caso di referendum. Inoltre, ha previsto il diritto di votare e di essere eletti per i cittadini
comunitari sia per le elezioni del Parlamento europeo [9] sia per le elezioni comunali [10].
Relativamente all’accesso agli uffici pubblici i cittadini comunitari non possono ricoprire cariche che
comportano un esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri.
In ultimo, è previsto che chi ricopre una carica elettiva deve avere la possibilità di dedicarsi pienamente a
tale mandato. Pertanto, è stata emanata una normativa specifica che consente agli amministratori pubblici
di usufruire di permessi sul lavoro o, in casi determinati (si pensi ad un sindaco o a un deputato), di essere
esonerati dall’attività lavorativa per tutta la durata del mandato e di ricevere un’indennità.
Fra i diritti di partecipazione politica una posizione di rilievo riveste il referendum abrogativo, molto privare
di efficacia un atto di normazione primaria. il referendum abrogativo risponde all'esigenza di garantire una
partecipazione diretta del Popolo alle decisioni collettive.
Di diversa natura è il referendum costituzionale previsto dall'articolo 138 della Costituzione.
DOMANDA
Che cosa significa? L’art. 53 afferma che chiunque (anche gli stranieri e gli apolidi) svolga un’attività
lavorativa ha il dovere di pagare le tasse: si tratta di un dovere di solidarietà, in quanto il pagamento dei
tributi è indispensabile per rendere effettive le protezioni sociali.
Il sistema tributario – cioè l’insieme delle leggi concernenti i tributi – deve seguire un criterio di
progressività: la percentuale della retribuzione da versare al fisco, definita aliquota d’imposta, deve essere
minore per le persone con i redditi più bassi e maggiore per quelle che percepiscono emolumenti elevati;
quanto più si guadagna, tanto più si paga.
Ma perché...? Benché nessuno le ami, le tasse sono necessarie a tutti: è solo con il pagamento delle tasse
che lo Stato ha le risorse per pagare i dipendenti e i servizi pubblici. Senza le tasse non potrebbe esistere
lo Stato come lo conosciamo.
Trovare il giusto equilibrio tra tasse e servizi non è facile. Nei Paesi come gli Stati Uniti dove la tassazione
è inferiore alla nostra, i cittadini devono spesso pagare di tasca propria servizi che invece in Italia sono
gratuiti o pagati solo parzialmente (in particolare i servizi sanitari), oppure devono sottoscrivere un contratto
con un’assicurazione privata che pagherà le spese nel momento di necessità.
In Italia esiste un grave problema fiscale dovuto alla presenza di un numero significativo di evasori, ovvero
di persone che non pagano (del tutto o in parte) i tributi pur essendo tenuti a farlo: ciò finisce per sottrarre
notevoli risorse economiche allo Stato, che è costretto ad aumentare la pressione fiscale.
DOMANDA
CONVIVENZA DI FATTO
Le convivenze di fatto (art. 1, commi 36-65), possono riguardare sia coppie omosessuali sia
eterosessuali. La convivenza di fatto regolata dalla legge n. 76/2016 ha una natura diversa dalle unioni
civili e non modifica lo stato civile delle parti.
La dichiarazione per la costituzione di una convivenza di fatto deve essere effettuata da due persone
maggiorenni, unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale,
residenti nel Comune di Trevi, coabitanti e iscritte sul medesimo stato di famiglia. Nel caso in cui gli stessi
non siano residenti, coabitanti e iscritti sul medesimo stato di famiglia è necessario effettuare la variazione
anagrafica della residenza.
Gli interessati non devono essere legati tra loro, né con altre persone, da vincoli di matrimonio o da
un’unione civile, né da rapporti di parentela, affinità o adozione.
DOVERI COSTITUZIONALI
I doveri costituzionali vengono definiti inderogabili, quindi sottolineano l'impossibilità per il cittadino di
sottrarsi agli stessi. si tratta di dov'eri in quanto espressione del principio di solidarietà.
I doveri sono in alcuni casi espressamente specificati dalla costituzione punto nell'ambito della solidarietà
politica è il caso del diritto-dovere civico di voto, del dovere di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della
Costituzione delle leggi. sul piano della solidarietà economica, assume primaria importanza il dovere
fiscale, il diritto-dovere al lavoro.
Secondo una parte della dottrina, però, la Costituzione contempla anche dov'eri Non immediatamente
riconducibili al principio di solidarietà.
La difesa della patria: la Costituzione stabilisce che la difesa della patria è un sacro dovere del cittadino. da
questa disposizione si vince anche il dovere nel l'obbligo di prestare il servizio militare.
La partecipazione alle spese dello Stato: la disposizione è rivolta a tutti coloro i quali indipendentemente
dall'essere cittadini stranieri hanno interessi economici in Italia.
La fedeltà della Repubblica defunti si rivolge ai valori fondanti e l'ordinamento repubblicano consacrati nella
Costituzione Italiana.
LE FORME DI GOVERNO
DALLA MONARCHIA COSTITUZIONALE ALLA MONARCHIA PARLAMENTARE .
La monarchia costituzionale nasce in Inghilterra intorno al 1600; nel resto d'Europa si è affermata in un
secondo momento tra il 1700 e il 1800. la caratteristica fondamentale della monarchia costituzionale è data
dalla presenza di una Costituzione concessa dal sovrano volta a limitare la sua originaria sovranità
assoluta. si comincia ad applicare il principio della separazione dei poteri: che saranno Infatti attribuiti al
re( potere esecutivo), al parlamento (potere legislativo) e ad un corpo professionale di magistrati (potere
giurisdizionale).
Il Governo era responsabile unicamente nei confronti del monarca che lo nominava e non era legato da
alcun rapporto fiduciario con la maggioranza parlamentare. il Parlamento doveva condividere la Funzione
legislativa con il sovrano, che attraverso la sanzione regia partecipava al procedimento di approvazione
delle leggi. I giudici erano nominati dal sovrano.
La forma monarchico-costituzionale si è evoluta nella monarchia parlamentare nel momento in cui il
Parlamento è riuscito ad imporre al re la nomina di un governo che incontrasse anche la sua fiducia. quindi
il governo vi viene politicamente responsabile sia nei confronti del re che lo hanno minato sia nei confronti
del parlamento, che esercita in modo sempre più forte la funzione di sindacato puliti, accanto a quella
legislativa.
infrequente) diventa estremamente difficile per entrambi governare, sempre alla ricerca di un difficile
equilibrio. Il Presidente ha infatti bisogno delle leggi del Parlamento per mettere in atto il proprio
programma, e il Parlamento ha bisogno del Presidente e del Governo per l’attuazione pratica delle leggi
che ha votato. In FranCome nella forma di Repubblica Parlamentare, nella forma di Repubblica semi
presidenziale esiste il rapporto di fiducia tra Parlamento e Governo, con la conseguenza che il primo può
votare una mozione di sfiducia nei confronti del Governo e costringerlo a dimettersi. Inoltre il Presidente
della Repubblica ha il potere di sciogliere le Camere.
DOMANDA
IMPEACHMENT USA
In presenza di comportamenti eccezionalmente gravi che configurano "il tradimento, la corruzione ed altri
altri gravi crimini e misfatti", quest'ultimi non meglio definiti.
LA PRIMA FASE ALLA CAMERA. Alcune commissioni parlamentari si mettono a caccia di prove
raccogliendo carte e testimonianze. I risultati confluiscono in commissione Giustizia che decide se le
accuse sono sufficienti o meno per l'impeachment. Se sì, si va al voto a maggioranza semplice in aula. E' il
voto che si è tenuto mercoledì 13 gennaio, passato con il sì di 222 democratici e 10 repubblicani.
IL PROCESSO AL SENATO. Scatta dopo che l'aula della Camera ha approvato l'impeachment. L'esame
delle prove e gli interrogatori dei testimoni avvengono sotto la supervisione del presidente della Corte
Suprema. Il voto finale del Senato richiede la maggioranza dei due terzi. Se l'aula vota a favore
l'impeachment è definitivo, senza possibilità di appello, e il presidente deve lasciare l'incarico. Dopo la
condanna il Senato può votare per un'ulteriore punizione bandendo il presidente dai pubblici uffici, come
intendono fare ora i dem. In quest'ultimo caso la costituzione non stabilisce un quorum ma il Senato ha
adottato finora la prassi della maggioranza semplice.
IL PARLAMENTO
Scaricato da Gioacchino Di Gioia (gioacchino.digioia@libero.it)
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IL
BICAMERALISMO PERFETTO
Il Parlamento italiano è un organo complesso e possiede una struttura bicamerale, poiché si compone di
due organi collegiali, la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica (art.55 cost.).
La nostra Costituzione affida il potere legislativo ha due camere elettive.
NB: Il termine bicameralismo perfetto non viene sempre usato esattamente. A volte viene utilizzato scorrettamente
per descrivere il modo in cui vengono approvate le leggi, ma questo termine non indica il procedimento, ma in modo
più ampio e completo fa riferimento a tutte le funzioni proprie delle camere rappresentative, dunque non soltanto alla
funzione legislativa.
DOMANDA
Cosa vuol dire bicameralismo imperfetto/perfetto?
• Perché il legislatore scelse questa forma di Governo per lo Stato italiano? A che Pro?
La ragione per cui venne adottato un Parlamento dalla struttura bicamerale perfetta e paritaria, è da
ricercare nel fatto che un modello monocamerale, con il passare del tempo avrebbe potuto
comportare una dittatura di assemblea.
Venne preferito un meccanismo in cui la seconda Camera potesse svolgere una funzione
moderatrice e di freno nei confronti della prima. La struttura bicamerale perfetta però presenta un
tallone d’Achille poiché lo svolgimento delle stesse funzioni, se da un lato assicura un maggior
controllo delle decisioni, dall’altro ha dato vita ad un processo lento e farraginoso, motivo per cui
negli ultimi anni si è pensato di riformare il Parlamento basandolo su un modello di bicameralismo
imperfetto.
BICAMERALISMO PERFETTO
(PARITARIO)
• Tipico degli Stati Democratici;
• Le due Camere hanno gli stessi poteri e le stesse funzioni, seppur il sistema elettorale ed il numero
dei componenti sia diverso in entrambe le camere;
• Punto debole: appesantimento del processo decisionale dovuto al fatto che i processi legislativi
sono molto lunghi dato che le camere hanno le stesse funzioni.
BICAMERALISMO IMPERFETTO
(ASIMMETRICO)
• Tipico degli Stati Federali, quali lo Stato federale tedesco e lo Stato federale americano;
• Le Camere hanno poteri e funzioni differenti;
• La seconda Camera (Senato federale) rappresenta gli Stati membri e può sfiduciare il Governo
poiché non è legato a quest’ultimo da un vincolo di fiducia, come lo è la Camera dei Deputati.
Il progetto di riforma parlamentare è stato portato avanti dal Governo Renzi, ma non è stato
approvato con il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 per cui si continua ad utilizzare il
modello del bicameralismo perfetto.
L’art.55 Prevede che, nei soli casi previsti dalla stessa Costituzione, il Parlamento si riunisce in seduta
comune.
Si suole affermare che la seduta congiunta di deputati e senatori costituisca una deroga al principio del
bicameralismo.
Le funzioni affidate al parlamento riunito in seduta comune sono indicate in modo tassativo.
Non si tratta di compiti legislativi, ma di funzioni di diversa natura, prevalentemente elettive: elezione
giuramento del Presidente della Repubblica; messa in stato d'accusa del Presidente della Repubblica;
elezione di un terzo dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura ; elezione di un terzo dei
componenti della corte costituzionale, la compilazione dell'elenco di 45 cittadini tra i quali estrarre giudici
aggregati ai fini del giudizio di accusa contro il Presidente della Repubblica.
Si ritiene che il Parlamento in seduta comune sia un collegio imperfetto, vale a dire, che non sia legittimato
a discutere prima di decidere.
Esso è presieduto dal Presidente della Camera dei deputati e per il suo funzionamento si applicano le
disposizioni del regolamento della Camera dei deputati.
Poichè viene riunito solo per specifiche funzioni perciò viene definito un collegio imperfetto.
DOMANDA
I PROCEDIMENTI ELETTORALI
I sistemi elettorali sono meccanismi giuridici che servono a trasformare i voti in seggi.
I sistemi elettorali si distinguono in proporzionali e maggioritari.
Il sistema proporzionale garantisce a tutti i partiti politici che si presentano alle elezioni un numero di
seggi proporzionale ai voti ottenuti. Il Parlamento così formato rispecchia la volontà espressa dal corpo
elettorale.
Il difetto di questo sistema è legato alla eccessiva frammentazione dei partiti in Parlamento.
Con i sistemi maggioritari Il seggio viene attribuito al candidato che abbia ottenuto la maggioranza dei
voti. Si incentiva la stabilità politica a scapito della rappresentatività delle assemblee elettive.
- La prima fu emanata dal ministro Calderoli con la legge 270/2005, la cosiddetta legge PORCELLUM
basata su un sistema proporzionale → Liste bloccate che non permettevano di esprimere il voto di
preferenza per la singola lista ma esclusivamente per la coalizione e premio maggioritario per entrambe
le Camere. Con la legge 1/2014 la Corte costituzionale dichiarò la parziale incostituzionalità della
seguente legge elettorale perché il partito che otteneva più voti, automaticamente godeva della
maggioranza assoluta dei seggi della Camera e quindi otteneva un premio maggioritario che era di gran
lunga superiore rispetto all’effettivo numero di voti raccolti;
- Con la legge 52/2015, al porcellum successe la legge elettorale ITALICUM, valida solamente per la
Camera poiché in quel periodo la riforma Boschi stava cercando di abrogare il Senato. L’Italicum fu
promossa da Matteo Renzi: si basava su un sistema maggioritario e prevedeva l’assegnazione del
premio di maggioranza alla lista (e non più alla coalizione) ottenente almeno il 40% di voti validi al primo
turno. Nel caso in cui nessuna avesse raggiunto tale percentuale, sarebbero andate al ballottaggio quelle
con il maggior numero di voti. Alla lista vincitrice sarebbero spettati 340 seggi della Camera. Inoltre,
furono stabiliti esclusivamente i capilista bloccati, così da permettere l’espressione del voto di
preferenza. Con la sent. 35/2017, il 25 gennaio anche l’Italicum fu dichiarata parzialmente
incostituzionale dalla Corte, poiché nel caso in cui nessuna lista avesse ottenuto almeno il 40% di voti
validi al primo turno e si fosse passati al ballottaggio, assegnando il premio di maggioranza alla lista che
al secondo turno avrebbe ottenuto un maggior numero di voti, sostanzialmente si annullava il valore dei
voti espressi durante il primo turno. Oggi, dopo aver apportato le giuste modifiche, l’Italicum viene
considerata una legge basata sul sistema proporzionale a turno unico (il ballottaggio aveva negato la
rappresentatività e l’uguaglianza del voto del primo turno), con premio di maggioranza e con sistema
misto formato da capilista bloccati e voto di preferenza.
- Successivamente all’esito negativo del referendum per la riforma del Senato, il Parlamento dovette
emanare una nuova legge elettorale che avrebbe disciplinato anche l’elezione del Senato → Nel 2017
viene approvata la legge elettorale ROSATELLUM, basata su un sistema elettorale misto, cioè dire per il
36% maggioritario uninominale e per il 64% proporzionale. I collegi che si trovano dentro ogni
circoscrizione possono essere uninominali, viene eletto un solo rappresentante per ognuna delle Camere
del Parlamento; oppure plurinominali, in cui vengono eletti più rappresentanti (2-8) per ognuna delle
Camere del Parlamento: in questo caso la ripartizione dei seggi avviene in base al sistema
proporzionale, per cui i seggi sono assegnati ad ogni partito proporzionatamente ai voti ottenuti. Inoltre,
un partito per accedere alla ripartizione dei seggi proporzionali dovrà superare la soglia di sbarramento
del 3% calcolata su base nazionale, sia al Senato che alla Camera.
Se si fa riferimento ad una COALIZIONE la soglia aumenta al 10%.
Solo per il Senato, possano accedere alla ripartizione dei seggi anche quelle liste che hanno ottenuto il
20% dei voti validi in almeno una Regione. Questa legge contiene delle norme per favorire l’equilibrio di
genere, in base alle quali in una lista non può esservi la prevalenza superiore al 60% di un genere
rispetto ad un altro.
NB: capolilsta bloccato = in una elezione viene eletto il primo della lista, senza tenere conto delle preferenze scritte
sulle schede
preferenze = in una elezione chi vota può aggiungere uno o più nomi dei candidati del partito che vota così viene
eletto chi ha preso più preferenze.
DOMANDA
COMPOSIZIONE E CARICA DEL PARLAMENTO
La Camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica di cui il Parlamento italiano si compone durano in
carica cinque anni.
• il numero dei deputati è di 630, 12 sono eletti nella circoscrizione estero.
• Un numero ristretto di senatori a vita scelti dal capo dello Stato. “ possono essere nominati senatori
a vita cinque cittadini che hanno illustrato la patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico,
artistico e letterario”.
L'elettorato passivo spetta a tutti i cittadini che abbiano compiuto nel giorno delle elezioni rispettivamente
25 anni di età per la camera, è 40 anni per il Senato.
NB: In diritto, l'elettorato passivo è la capacità giuridica a ricoprire cariche elettive.
Allo Scopo di assicurare la continuità dell'organo parlamentare, le camere scadute, per fine naturale della
legislatura o per scioglimento anticipato, sono chiamate a svolgere la loro funzione in regime di prorogatio.
NB: prorogatio = continuare ad esercitare le loro funzioni nonostante sia scaduto il loro mandato, in attesa
della nomina o dell'elezione dei successori.
Proprio in virtù del fatto che le Assemblee Parlamentari non sono più rappresentative del corpo elettorale
devono limitare le loro attività alla solo ordinaria amministrazione. Inoltre durante la prorogatio le Camere
sono tenute A compiere alcuni atti indifferibili ed urgenti, l'approvazione della legge di bilancio, La
deliberazione dello stato di guerra è il riesame delle leggi rinviate dal presidente alla Repubblica.
La costituzione italiana esclude tassativamente la proroga della durata in carica delle camere, Salvo che
sia disposta per legge è soltanto in caso di guerra.
DOMANDA
ORGANIZZAZIONE DELLE DUE CAMERE
In virtù del principio del bicameralismo perfetto le camere hanno pari dignità e godono di un potere di auto-
organizzazione. ciascuna camera ha il compito di eleggere fra i suoi componenti Il presidente è l'ufficio di
presidenza punto e, inoltre ciascuna camera doppia il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi
componenti.
Già con riferimento alle modalità di elezione dei presidenti dei due rami del Parlamento si notano
significative differenze tra i regolamenti di Senato e camera.
Per la Camera dei deputati, una volta costituito l'ufficio provvisorio di presidenza,
• l'elezione del presidente ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza dei due terzi dei componenti
la camera.
• Solo dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta dei voti.
I GRUPPI PARLAMENTARI sono organi necessari delle camere. costituiscono la proiezione dei partiti
politici all'interno delle camere. i regolamenti parlamentari richiedono una soglia minima perché si possa
dar vita ad un gruppo, per evitare una eccessiva frammentazione organizzativa. il numero minimo richiesto
alla camera è di 20 deputati, al senato di 10 senatori.
I gruppi parlamentari svolgono un ruolo fondamentale perché al loro interno si decide la linea politica
comune da tenere nei dibattiti che si tengono in parlamento e si procede alla designazione dei
rappresentanti nelle commissioni parlamentari.
Rapporto tra singolo parlamentare e gruppo: è necessaria la cosiddetta disciplina di gruppo punto nel caso
di inosservanza la disciplina di gruppo, Il parlamentare resta comunque libero di aderire ad un altro gruppo
e potrà continuare liberamente svolgere il suo mandato.
La disposizione costituzionale afferma che ogni membro del parlamento rappresenta la nazione ed esercita
le sue funzioni senza vincolo di mandato.
In epoca recente l'assenza di vincolo di mandato ha reso possibile il verificarsi del cosiddetto transfughismo
parlamentare, che sta indicare il cambiamento di partito e a volte anche di qua lezione, percepito dal corpo
elettorale come un vero e proprio tradimento è la volontà Popolare espressa attraverso il voto.
Al fine di arginare il fenomeno, il Senato ha approvato una modifica regolamentare, in cui si afferma il
principio di corrispondenza tra le liste che si sono sottoposti al vaglio elettorale e i gruppi parlamentari che
possono essere costituiti, escludendo che, nel corso della legislatura, possono nascere nuovi gruppi
parlamentari, se non scaturenti dalla fusione di gruppi preesistenti.
Le COMMISSIONI PERMANENTI sono organi necessari delle camere che svolgono funzioni
prevalentemente legislative.
Il numero dei parlamentari di ciascun partito, deve rispecchiare proporzionalmente quello ottenuto in
parlamento, a seguito delle votazioni.
• Commissioni consultive, istituite con legge per l'esame di specifici atti del Governo
Le GIUNTE: Le giunte parlamentari sono organi collegiali permanenti della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica ed hanno prevalentemente funzioni di garanzia.Si tratta nello specifico di organi
collegiali permanenti previsti dal regolamento di entrambe le camere, investiti non di funzioni legislative o di
controllo politico bensì di compiti legati al corretto funzionamento delle camere stesse e all'autonomia del
Parlamento rispetto agli altri poteri dello Stato.
Il carattere tecnico delle funzioni svolte dalle giunte parlamentari si riverbera sulle modalità di nomina dei
loro componenti e sulla durata, posto che le giunte non si rinnovano al termine del primo biennio della
legislatura, come avviene invece per le Commissioni permanenti.
Attualmente vi sono tre giunte in ciascuna camera e nello specifico:
- la giunta per le autorizzazioni, la giunta per il regolamento e la giunta per le elezioni alla Camera dei
deputati;
- la giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, la giunta per il regolamento e la commissione per
la biblioteca e l'archivio storico al Senato.
GRUPPO MISTO
Nelle due Camere del Parlamento italiano, il Gruppo misto è il gruppo parlamentare nel quale vengono
inseriti d'ufficio tutti quei parlamentari che non sono iscritti a nessun altro gruppo.
In genere, accoglie tutte le formazioni politiche minori che non hanno ottenuto un numero di parlamentari
sufficiente a costituire un gruppo proprio e i singoli parlamentari che scelgono di non aderire ad alcun
gruppo.
La soglia minima per formare un proprio gruppo è di 20 deputati[1] o 10 senatori[2].
INELEGGIBILITÀ E INCOMPATIBILITÀ
L’ineleggibilità: Mira ad evitare che il candidato possa influire indebitamente sul diritto di voto proprio in
forza del ruolo professionale svolto, le cause di incompatibilità rispondono alle esigenze di vietare il
contemporaneo esercizio di funzioni.
La legge prevede infatti l'esclusione di talune categorie di persone titolari di particolari uffici; persone che
sono legate allo stato da particolare i rapporti economici punto e, nonché persone che abbiano un impiego
alle dipendenze di un governo estero, fine di impedire interferenze straniere nello svolgimento delle
competizioni nazionali.
La rimozione delle cause di ineleggibilità deve avvenire prima del termine fissato per la presentazione della
candidatura, attraverso un atto di volontà dell'interessato (dimissioni, aspettativa). Qualora questo non
avvenga, l'elezione risulterà nulla punto diversamente le cause di incompatibilità possono essere rimosse
dal soggetto in un momento successivo alla elezione, mediante l'esercizio dell'opzione tra le due cariche.
NON CANDIDABILITÀ
L'istituto della non candidabilità riguarda le elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali.
colpisce coloro che abbiano subito condanne in via definitiva per determinate fattispecie criminose (delitti
connessi al fenomeno mafioso, traffico di droga, abuso di potere).
La legge anticorruzione, prevede che non siano temporaneamente candidabili a deputati o senatori coloro
che abbiano riportato condanne definitive superiore a 2 anni di reclusione ; la ratio di tale norma va
ricercata nell'esigenza di tutelare bene di rilievo costituzionale quali il prestigio delle istituzioni, il buon
andamento e la trasparenza della pubblica amministrazione.
La verifica dei poteri è l'atto in base al quale un organismo collegiale, prima di procedere all'esercizio
delle sue funzioni, si pone il problema della regolarità della sua costituzione. Ciò comporta - in via
preliminare, per la vita stessa dell'organo - che una volta per tutte siano conosciuti e convalidati i titoli di
ammissione dei suoi componenti.
Secondo l'istituto della verifica dei poteri "ciascuna camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi
componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità ".
DOMANDA
IL DIVIETO DI MANDATO IMPERATIVO. ART 67 Cost.
Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato
L'assenza di vincolo di mandato si spiega considerando che i parlamentari, dopo che vengono eletti,
rappresentano l'intera nazione e non singoli soggetti o gruppi di essi.
Il secondo principio scaturente è quello del divieto di mandato imperativo. Il singolo parlamentare, una
volta eletto, non rappresenta gli elettori e, quindi, non agisce quale loro mandatario, essendo egli piuttosto
libero di compiere le scelte (spiccatamente, di appoggiare o meno l'azione di Governo) che ritiene più
opportune. Ciò significa che egli non può essere chiamato a rispondere civilmente delle proprie decisioni
ma non significa che, in qualche modo, queste non possano avere riflessi nei suoi confronti.
Ed, infatti, innanzitutto esiste comunque una responsabilità c.d. politica: ogni parlamentare dovrà
rispondere delle proprie scelte quando, in sede di nuove elezioni, il corpo elettorale deciderà se eleggerlo
nuovamente o meno.
DOMANDA
INSINDACABILITÀ PARLAMENTARE ART. 68 Cost.
I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti
dati nell'esercizio delle loro funzioni
Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere
sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà
personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna,
ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in
flagranza (2).
Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento a intercettazioni, in qualsiasi
forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza.
Le immunità parlamentari furono introdotte dal costituente per consentire a deputati e senatori di svolgere il
proprio lavoro liberamente e senza interferenze.
La carta costituzionale riconosce ai singoli parlamentari determinate prerogative irrinunciabili, le quali
perseguono lo scopo di tutelare la regolarità e l'indipendenza del mandato parlamentare, in ossequio al
principio del rispetto della piena rappresentatività degli organi elettivi.
Fino agli inizi degli anni novanta, infatti, per poter sottoporre a giudizio un parlamentare era imprescindibile
il consenso della Camera di appartenenza. Oggi non è più così, con la conseguenza che il giudice può
liberamente procedere contro un parlamentare, a meno che l'attività contestata non sia coperta da
insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, comma 1, della Costituzione.
Il NESSO FUNZIONALE:Per poter applicare l'insindacabilità del comportamento del membro del
Parlamento occorre sempre verificare che il comportamento stesso sia legato da un nesso funzionale con
l'attività parlamentare.
A tal fine, come precisato anche dalla Corte costituzionale con le sentenze numero 10/2000 e numero
11/2000, non è sufficiente un semplice collegamento ma è indispensabile che la dichiarazione sia
espressione di attività parlamentare.
I REGOLAMENTI PARLAMENTARI
I regolamenti parlamentari sono fonti del diritto che, tuttavia, sfuggono ad una precisa collocazione nel
sistema gerarchico delle stesse.
Le Camere hanno approvato per la prima volta i loro rispettivi regolamenti nel 1971.
Essi contengono nella parte prima norme relative ad organizzazione e funzionamento,nella parte
seconda norme riguardanti il procedimento legislativo e nella parte terza le disposizioni concernenti
le procedure di indirizzo, di controllo e di informazione, mozioni, risoluzioni, interrogazioni,
interpellanze; inolfre, in uno specifico Capo vengono delineate le procedure di collegamento con
l'attività di organismi comunitari ed internazionali.
Le disposizioni contenute nei regolamenti del 1971 rispecchiano fedelmente la tendenza presente in
Italia, in quegli anni, volta a valorizzare la cenfralità delle Assemblee nella dialettica Parlamento-
Governo.
Le modifiche apportate ai regolamenti nel 1997 e nel 1998 traducono, per molti versi, il mutato
scenario istituzionale, nel quale 1' adozione di un sistema elettorale con effetti maggioritari ha
sensibilmente rafforzato il ruolo dell'Esecutivo anche nel rapporto con il Parlamento.
Rispondono a tale nuova esigenza le innovazioni che riguardano l'abolizione del voto segreto,
Anche l'allargamento delle questioni su cui il governo può porre la fiducia, 1a previsione di
procedimenti abbreviati per la conversione dei decretilegge, così come l'estensione dell'istituto del
contingentamento dei tempi della discussione e la nuova disciplina sulla programmazione dei lavori
parlamentari risultano coerenti all'intento di rinsaldare il legame fra 1a compagine governativa e 1a
sua maggioranza.
I regolamenti parlamentari non sono soggetti al sindacato da parte della Corte costituzionale in
quanto atti che non rientrano tra quelli che, ai sensi dell'art. 134 Cost., sono sottoponibili al giudizio
di legittimità costituzionale.
Ciascuna Camera approva anche regolamenti C.d. minori per la disciplina di un settore della sua
organizzazione interna: il regolamento interno della Giunta delle elezioni, alla Camera, il regolamento per la
verifica dei poteri, al Senato, il regolamento della commissione parlamentare per l'indirizzo generale e
l'indirizzo dei servizi radiotelevisivi, il regolamento per i procedimenti di accusa.
DOMANDA
LE COMMISSIONI D’INCHIESTA
L'art. 82, co. 1, Cost. prevede il potere di entrambe le Camere «di disporre inchieste su materie di
pubblico interesse». La norma prosegue precisando, nel co. 2, che la Camera «nomina tra i propri
componenti una commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione fra i vari gruppi». Con
riferimento ai poteri, l'ultima parte dell'articolo afferma che «la commissione d'inchiesta procede alle
indagini e agli esami con gli stessipoteri e le stesse limitazioni dell 'autorità giudiziaria».
Le Camere possono svolgere inchieste solo per tramite di una Commissione all'uopo costituita, l'art. 82
Cost. conferisce specifici poteri non alla Camera nel suo complesso, ma ad una articolazione interna di
essa, proprio alla scopo di assegnare direttamente alla Commissione compiti di natura ispettiva.
Quanto alla struttura, le commissioni possono essere sia monocamerali che bicamerali. Solitamente le
commissioni bicamerali vengono istituite con legge, in quanto ciò esclude che la decisione di una sola
Camera ne comporti la revoca. L'istituzione mediante legge consente altresì di porre a carico dello Stato
(e non del bilancio delle Camere) le spese per il suo funzionamento e di prolungare la durata della
commissione anche oltre quella della legislatura. Nella legge istitutiva sono inoltre precisati i poteri con cui
la Commissione è chiamata a svolgere le sue funzioni.
La Costituzione italiana non attribuisce la possibilità ad una minoranza parlamentare di istituire
commissioni d'inchiesta; nella sostanza, dunque, affinché si possa istituire una Commissione di inchiesta
è necessaria una determinazione della maggioranza politica.
Per tale motivo è stato messo in dubbio che tale istituto possa costituire uno strumento di controllo delle
Camere sull'operato dell'Esecutivo.
Le finalità dell'inchiesta possono essere legislative o politiche: le prime, risultano finalizzate all'esame
di una materia sulla quale il Parlamento deve intervenire con legge, assumendo, dunque, valore
conoscitivo; le seconde, sono strumentali alla verifica di certi accadimenti anche allo scopo di individuare
responsabilità di soggetti pubblici o privati, fermo restando che eventuali provvedimenti sanzionatori
restano riservati alla sola autorità giudiziaria.
I poteri delle Commissioni d'inchiesta sono i medesimi di quelli attribuiti all'autorità giudiziaria: sentire i
testimoni, richiedere documenti utili all'inchiesta e così via.
LO STATUTO DELL’OPPOSIZIONE
L'affermazione di un sistema politico "bipolare", che a partire dalla metà s degli anni '90 ha sostituito il
modello "consociativo" della relazione tra maggioranza ed opposizione, ha inaugurato l'era della
democrazia dell'alternanza. Di qui la necessità di rielaborare il Testo Costituzionale con l'intento di
destinare uno spazio alle prerogative dell'opposizione e realizzare un «adeguato bilanciamento, nella
sede parlamentare, fra i diritti di queste ultime e la valorizzazione del ruolo dell 'esecutivo e della sua
maggioranza».
DOMANDA
LE FUNZIONI DEL PARLAMENTO
LA FUNZIONE LEGISLATIVA
Secondo quanto stabilito dall'art. 70 Cost. «la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due
Camere». In omaggio al principio del bicameralismo perfetto e paritario, il progetto o il disegno di legge
diviene legge soltanto dopo l'approvazione in un identico testo da parte di entrambi i rami del Parlamento.
È chiaro dunque che se il testo subisce modifiche una volta che giunge al ramo del Parlamento che lo
esamina per secondo dovrà essere nuovamente trasmesso all'altra Camera. Si darà luogo alla C.d.
navetta, cioè alla trasmissione del testo da una Camera all'altra, finché il progetto non venga approvato
nell'identica formulazione. Spetta poi al Presidente della Repubblica promulgare 1a legge entro un mese
dall'approvazione. Subito dopo la promulgazione le leggi sono pubblicate ed entrano in vigore il
quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine
diverso.
DOMANDA
INIZIATIVA LEGISLATIVA
ART.71 L’iniziativa di legge spetta al Governo quale organo esecutivo e politico della nazione ed a ciascun
parlamentare quale soggetto che fa parte dell'organo legislativo stesso. Infine, in ossequio al principio di
sovranità popolare, essa spetta anche ai singoli cittadini.
l diritto di iniziativa legislativa è altresì conferito al Consiglio Nazionale dell'economia e del lavoro, in
materia economica e sociale e a ciascun Consiglio regionale, nelle materia che interessano la Regione .
Il PROCEDIMENTO ABBREVIATO:
È adottato per i disegni di legge dichiarati urgenti. L'approvazione della dichiarazione di urgenza comporta
la riduzione dei termini alla metà.
In base all’art. 72 Cost., per accelerare i lavori parlamentari è possibile che alcune leggi vengano deliberate
direttamente in Commissione (detta, in questo caso in sede deliberante).
Questo procedimento abbreviato non è consentito né per le leggi in materia costituzionale ed elettorale, né
per le leggi di bilancio e di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali.
La legge viene approvata articolo per articolo e poi globalmente.
Sui singoli articoli i parlamentari e il governo possono presentare emendamenti, cioè proposte di modifica
aggiuntive, modificative e soppressive. Gli emendamenti vengono posti in votazione prima del testo
originario e possono essere approvati o respinti.
Se l’emendamento è approvato, esso sostituisce il testo originario.
Se è respinto si vota sul testo originario. Se il Governo decide di porre la fiducia sull’approvazione di una
legge, non possono essere fatti né quantomeno proposti emendamenti.
Il PROCEDIMENTO DECENTRATO
Avviene quando le commissioni parlamentari non si limitano a esaminare il progetto di legge, ma lo
approvano anche. In questo caso, la commissione svolge i suoi lavori in sede deliberante in quanto
procede all'approvazione senza che essa si svolga davanti all'intera assemblea.
Il PROCEDIMENTO MISTO
(o redigente). Consiste in una suddivisione del lavoro legislativo fra la commissione e l'assemblea: alla
commissione può essere riservata l'approvazione articolo per articolo e all'assemblea l'approvazione finale,
oppure all'assemblea è riservata la fissazione dei criteri informatori della legge, mentre l'approvazione, sia
per articoli sia finale, è riservata alla commissione.
DOMANDA
DISEGNO DI LEGGE ART. 72
DOMANDA
PROMULGAZIONE DI UNA LEGGE Art.73
Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall’approvazione.
Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l’urgenza, la legge è
promulgata nel termine da essa stabilito.
Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno
successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso.
DOMANDA
LA FUNZIONE DI CONTROLLO
La funzione di controllo è una delle funzioni affidate, dalla carta costituzionale,
al Parlamento italiano.
INTERPELLANZA
Una interpellanza parlamentare, in Italia, è una domanda per iscritto che uno o più parlamentari rivolgono
al governo della Repubblica Italiana per conoscere le ragioni o le intenzioni della politica governativa su
questioni rilevanti e di interesse generale. Attraverso l'interpellanza si mira a ottenere o esplicitare la
posizione del governo su questioni determinate.
Viene discussa in aula, con la presenza di un rappresentante del Governo.L'interpellanza viene introdotta
dal proponente; se la risposta del Governo non è soddisfacente l'interpellante, secondo
il Regolamento della Camera dei deputati, può presentare una mozione avente lo stesso oggetto e allo
scopo di provocare una discussione e un voto da parte dell'assemblea, il cui significato politico starà poi al
Governo valutare.
MOZIONE
La mozione parlamentare (generica) è uno strumento di indirizzo politico attraverso il quale la Camera dei
deputati o il Senato danno un indirizzo al Governo sul comportamento da tenere o le misure da prendere
per affrontare una determinata questione. È un atto politicamente rilevante, ma che non comporta vincoli
giuridici per il Governo che può assumersi la responsabilità politica di comportarsi diversamente
dall'indirizzo indicato.
La mozione può essere presentata o da un capogruppo, o almeno da 10 deputati o almeno da 8 senatori.
La discussione in aula avviene in maniera simile a quella di una legge. Il testo della mozione viene
discusso, possono essere presentati e votati gli emendamenti al testo iniziale e poi si svolge una votazione
finale.La costituzione italiana con l'articolo 94 prevede altre due forme di mozione particolari che
concernono strettamente il rapporto di fiducia tra Parlamento e Governo: la mozione di fiducia e quella di
sfiducia.
La prima ricorre in occasione della formazione di un nuovo Governo (entro 10 giorni dalla formazione). Le
mozioni di sfiducia nei confronti del Governo possono essere discusse e votate ogni volta che almeno un
decimo dei componenti della singola camera (Camera o Senato) ne facciano richiesta.
INCHIESTE
Le commissioni parlamentari d'inchiesta sono degli organi parlamentari investite della funzione
ispettiva, conoscitiva o anche di indagine, su materie di interesse pubblico.
Il parlamento può creare delle commissioni d'inchiesta al fine di appurare determinate questioni e verificare
se vi siano responsabilità
DOMANDA
L’art. 70 disciplina il potere di scioglimento da parte del Presidente della Repubblica della Camera
"politica" (la Camera dei deputati).
Il Presidente della Repubblica puo`, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse.
Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in
parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.
Null’altro dice la Costituzione: né si specifica quando si possa ricorrere a questo potere, né a quali
condizioni.
Ciò che viene precisato è solamente che il potere di scioglimento del Parlamento non può essere
esercitato durante gli ultimi sei mesi del mandato presidenziale: la ragione di questo divieto sta nel fatto di
voler impedire ad un Presidente uscente di determinare in maniera così dirompente le sorti del governo
italiano.
Se il Presidente della Repubblica decide di sciogliere le Camere, non esiste altra alternativa se non quello
di tornare al voto per poter eleggere un nuovo Parlamento. Sempre la Costituzione [2] afferma che
le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti; finché non
siano riunite le nuove Camere, sono prorogati i poteri delle precedenti.
Di conseguenza, dal momento in cui il Presidente della Repubblica decide lo scioglimento delle Camere, ci
sono settanta giorni di tempo per procedere all’elezione delle nuove; nel frattempo, le precedenti Camere
continuano a rimanere in vita, occupandosi però solamente dell’ordinaria amministrazione.
Nel primo paragrafo abbiamo detto che la Costituzione non specifica quando e a che condizioni
il Presidente della Repubblica possa sciogliere le Camere, obbligando così gli Italiani a votarne delle
nuove.
Si potrebbe trattare di una lacuna molto grave, visto che questa facoltà, se esercitata in maniera
sproporzionata, potrebbe conferire al Presidente della Repubblica un potere enorme, capace di incidere sul
sistema democratico stesso, tenuto anche in considerazione il fatto che il Presidente della Repubblica non
è eletto direttamente dal popolo.
La prassi costituzionale, però, si è sviluppata nel senso di limitare il potere di scioglimento delle Camere
solamente all’ipotesi in cui il Parlamento, a causa di dissidi interni, non possa funzionare.
In pratica, il Presidente della Repubblica, sentiti i presidente delle Camere, può procedere allo scioglimento
delle stesse soltanto quando non ci sia una maggioranza politica in grado di governare.
Di conseguenza, questo scenario si prospetterà ogni volta in cui ci sia una crisi di Governo, cioè un
conflitto tra le forze politiche che forma la maggioranza parlamentare che, a sua volta, si proietta al
Governo. È in questo caso che diventa fondamentale il ruolo del Presidente della Repubblica, il quale deve
decidere in base alle proprie consultazioni.
Le consultazioni del Presidente della Repubblica sono una prassi istituzionale non codificata dalla
Costituzione italiana. Le consultazioni consentono al Presidente della Repubblica di individuare la
maggioranza che dovrà essere nominata al Governo: non si dimentichi, infatti, che secondo la
Costituzione [3] è il Presidente della Repubblica a nominare il presidente del consiglio dei ministri e i
ministri.
Ciò non significa che il Presidente della Repubblica possa scegliere chiunque voglia: egli, infatti, sarà
sempre vincolato dal risultato delle elezioni politiche, elezioni che non determinano direttamente la carica
governativa, bensì la composizione del Parlamento.
Le consultazioni sono uno strumento importantissimo anche nel caso di crisi governativa: quando la
maggioranza che governa il Paese si spacca e le Camere non riescono più a legiferare perché manca
l’accordo su un programma di governo coeso, allora la parola passa di nuovo al Presidente della
Repubblica il quale, aperte nuovamente le consultazioni, verifica se c’è la possibilità di nominare un nuovo
governo che sia sostenuto da una maggioranza parlamentare.
In caso di crisi di governo, dunque, le consultazioni serviranno a stabilire:
• se ci sono le condizioni affinché il Presidente della Repubblica nomini un nuovo Presidente del
Consiglio dei Ministri e nuovi Ministri (quindi, una nuova squadra governativa);
• se, al contrario, non essendoci la possibilità di creare una nuova maggioranza che possa far
funzionare il Parlamento, il Presidente della Repubblica debba procedere allo scioglimento delle
Camere e all’indizione di nuove elezioni.
SCIOGLIMENTO TECNICO
Non si è trattato, pertanto, di uno scioglimento per crisi politica e impossibilità di formare una maggioranza
di governo, né per ritenuto deficit di rappresentatività del Parlamento, né per altri casi estremi, quali il venir
meno a obblighi costituzionali da parte delle Camere o l’arresto dell’attività parlamentare, ma solo per un
motivo tecnico di tempistica elettorale, che, a fine Legislatura, è compito del Governo determinare.
Lo scioglimento tecnico (e non per crisi politica o istituzionale) è equiparato alla fine naturale della
Legislatura e, pertanto, non comporta alcuna diminuzione di potere né per le Camere né per il Governo.
Tant’è vero che “finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti” (art. 61
Cost.).
DIFFERENZA GOVERNO POLITICO E TECNICO
G.P.= Dopo che i cittadini hanno votato per i partiti politici eleggendone i rappresentanti in Parlamento, le
forze politiche si organizzano in gruppi parlamentari e costituiscono una maggioranza politica per formare e
sostenere un Governo, il quale acquista pieni poteri solo dopo il voto di fiducia del Parlamento.
G.T.= Quando il Parlamento non riesce a esprimere una maggioranza, e conseguentemente un governo
politico, il Presidente della Repubblica dovrebbe sciogliere le camere e indire nuove elezioni per il rinnovo
del Parlamento, ma poiché il processo di rinnovo del Parlamento richiede tempo e crea una sorta di paralisi
istituzionale (dovuta allo scontro tra i partiti durante la campagna elettorale), può succedere che i partiti
decidano di ricorrere alla formazione di un governo "tecnico" per evitare lo scioglimento delle camere e le
conseguenti elezioni. In tal caso, l'accordo tra i partiti rappresentati in Parlamento finalizzato alla
formazione del Governo non è spontaneo, non ha ragioni politiche ma di necessità, e generalmente porta
alla formazione di Governi con caratteristiche peculiari.
Ai sensi dell'art. 85, Cost., per procedere all'ELEZIONE del Presidente della Repubblica, il Parlamento in
seduta comune in composizione integrata viene convocato dal Presidente della Camera 30 giorni prima
della scadenza del precedente mandato presidenziale.
Soltanto qualora le Camere siano sciolte o manchino meno di tre mesi al loro fisiologico scioglimento « del
nuovo della Repubblica avrà luogo entro 15 giorni dalla del nuovo Parlamento. Nel frattempo, risulteranno
prorogati i poteri del Presidente in carica.
Tale previsione si giustifica con l'esigenza di evitare che il Capo dello Stato possa essere eletto da un
Parlamento che, sciolto o prossimo al suo rinnovo, risulti politicamente depotenziato sotto il profilo della
rappresentatività.
L’elezione del Capo si dà luogo con votazione a scrutinio segreto non preceduta da alcun dibattito in aula,
al fine di evitare qualsiasi rischio di politicizzazione dell'investitura.
Come stabilito dall'ultimo comma dell'art. 83 Cost., « eleggere il Presidente della repubblica
è necessario il raggiungimento della maggiorana qualificata dei due terzi in seduta comune.
Nel caso in cui tale quorum si raggiunga nella prima votazione, la Costituzione richiede la medesima
maggiorana anche nelle due tornate elettorali successive.
Soltanto a partire dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta, pari alla metà più uno degli
diritto al voto.
La fissazione di tali soglie elettorali è data dalla volontà del costituente di far si che il Capo dello Stato
venga eletto con il più alto grado di rappresentatività possibile.
Avvenuta l'elezione, ai sensi dell'art. 91 Cost., il nuovo Presidente presta giuramento di fedeltà alla
Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune. A seguito di ciò,
esso entra formalmente in carica, segnando l'inizio del mandato presidenziale.
È bene sottolineare che si fratta dell'unico messaggio letto personalmente dal Presidente della Repubblica
dinanzi al Parlamento. L'art. 87, co. 2, Cost., infatti, prevede che.gli afri suoi messaggi possano essere
soltanto inviato alle Camere.
Ai sensi dell'art. 84, co. 3, Cost., per l'adempimento delle funzioni presidenziali è prevista una dotazione
finanziaria determinata per legge.
L'art 85, co. 1, Cost. fissa la DURATA DEL MANDATO presidenziale in 7 anni.
Resta salva la possibilità di una rielezione che, seppur astrattamente ammessa in Costituzione, (nella
prassi non si è mai verificata fino alla situazione di grave crisi del sistema politico che si è avuta con le
elezioni politiche del febbraio 2013; Giorgio Napolitano).
Oltre alla naturale scadenza del mandato, ulteriori CAUSE DI CESSAZIONE DEL MANDATO
presidenziale sono: la morte del titolare, le dimissioni volontarie, la decadenza per sopravvenuta perdita dei
requisiti di eleggibilità, la destituzione, quale sanzione accessoria in caso di condanna pronunziata dalla
Corte costituzionale per alto tradimento ed attentato alla Costituzione art. 90 Cost. e, infine, l'impedimento
permanente.
È necessario distinguere fra impedimento permanente e impedimento temporaneo.
L'impedimento si considera permanente quando ragionevolmente se ne possa dedurre la irreversibilità,
come nell'ipotesi di una malattia grave ed irrimediabilmente invalidante.
Diversamente, l’impedimento temporaneo quella situazione reversibile di momentanea impossibilità
all'esercizio delle funzioni presidenziali.
Il verificarsi di tale impedimento meramente temporaneo dà luogo all’istituto della supplenza.
Invece l'accertata sussistenza di un impedimento permanente legittima il Presidente della Camera dei
Deputati ad attivare le procedure per l'elezione di un nuovo Presidente della Repubblica.
DOMANDA
Messa in stato d’accusa / Responsabilità del Presidente della Repubblica
LA CONTROFIRMA MINISTERIALE
A salvaguardia della più ampia autonomia del Capo dello Stato nell'esercizio delle sue funzioni, il
Costituente ha inteso disegnare un sistema di irresponsabilità giuridica e politica che Trova il suo fulcro
negli artt. 89 e 90 Cost.
L'art. 90, espressamente, prevede che «il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti
compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In
tali casi è messo in stato d’accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi
membri».
L'art. 89 Cost., attraverso la previsione della C.d. controfirma ministeriale, costituisce il presupposto logico
della irresponsabilità funzionale del Capo dello Stato, sancita dal successivo art. 90. L'istituto della
controfirma è esteso a tutti gli atti compiuti dal Capo dello Stato nell'esercizio delle sue funzioni
In questi casi, come chiarito dalla giurisprudenza costituzionale (sent n. 200/2006), a controfirmare l'atto
presidenziale dovrà essere non già il ministro proponente, bensì quello competente in relazione alla
materia trattata.
-Pertanto, 1a prima fondamentale funzione della controfirma è quella di conferire piena validità ed
efficacia giuridica agli atti del Capo dello Stato, configurandosi la sua assenza come causa di nullità
assoluta dell'atto stesso.
-Sotto il profilo funzionale, la controfirma ministeriale permette il trasferimento in capo al Governo della
responsabilità giuridica e politica dell'atto emanato dal Presidente della Repubblica. In tal modo, si
consente al Capo dello Stato esercizio delle sue funzioni, lontano da quelle interferenze politiche che
potrebbero pregiudicarne il ruolo di garanzia.
-A ciò si aggiunga che la controfirma ministeriale assolve all'ulteriore finzione di garantire il reciproco
controllo fra Presidente della Repubblica e Governo.
Gli atti che sfuggono all'obbligo della controfirma ministeriale sono pochi.
Tra questi, le dimissioni del Presidente della Repubblica ( quanto atto personalissimo), il conferimento
dell'incarico a formare il nuovo Governo (per la sua natura informale e provvisoria), l'atto con il quale si
solleva il conflitto d’attribuzioni dinanzi alla Corte Costituzionale e, infine, gli atti posti in essere dal Capo
dello Stato nella sua veste di Presidente del CSM o del Consiglio Supremo di Difesa.
L’ irresponsabilità del Presidente della Repubblica per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni,
con le eccezioni dei casi di alto tradimento e di attentato alla Costituzioni. A fronte di tale irresponsabilità,
limitata ai C.d. atti funzionali, la Costituzione nulla dice ordine alla C.d responsabilità extrafunzionale del
Capo dello Stato.
Vale a dire alla responsabilità conseguente agli atti quale privato cittadino, siano essi antecedenti
all'assunzione dell'incarico o posti in essere durante il mandato. La dottrina, al riguardo, pur riconoscendo
la piena responsabilità giuridica del Presidente della Repubblica per le condotte che ricadono 'al di fuori
della funzione, ha sempre sostenuto la C.d improcedibilità.' Cioè, l’impossibilità di convenire in giudizio il
Capo dello Stato fino alla scadenza del mandato presidenziale. Ciò allo scopo di garantire piena libertà e
serenità di giudizio nell'esercizio delle sue funzioni e di evitare eventuali ed indebite interferenze da parte
dell'ordine giudiziario.
I reati di "alto tradimento" e di "attentato alla Costituzione" rappresentano le uniche due eccezioni al
principio dell’immunità funzionale del Capo dello Stato.
DOMANDA
I SENATORI A VITA
Art. 59 Cost.
«Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria
per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario.»
In dottrina si era posto il problema se il limite costituzionale di cinque senatori a vita fosse da intendersi
come limite massimo di senatori a vita presenti in Senato oppure come limite massimo di nomine a
disposizione di ciascun presidente.
Dall'entrata in vigore della Costituzione nel 1948 fino all'anno 1984 vi fu una chiara prevalenza della prima
interpretazione.
Nel 1984, invece, il presidente Sandro Pertini, dopo il parere favorevole della giunta per il regolamento del
Senato, seguì la seconda interpretazione, nominando altri due senatori a vita: questi arrivarono a essere
quindi complessivamente sette. Secondo tale interpretazione infatti, l'articolo 59, comma 2 della
Costituzione non intenderebbe limitare a cinque il numero di senatori a vita che possono sedere
in Parlamento, ma permettere a ogni presidente di nominare i "suoi" cinque senatori a vita. Questa
interpretazione è stata fortemente criticata da parte della dottrina,
Il successivo presidente, Francesco Cossiga, seguì la medesima interpretazione di Pertini e nominò altri
cinque senatori a vita.
Come conseguenza tra il 1982 e il 1992 il numero di senatori a vita totali salì da 6 al massimo di 11.
In seguito tornò chiaramente a prevalere l'interpretazione iniziale, secondo la quale i senatori a vita di
nomina presidenziale non possono essere in numero superiore a cinque.
La legge costituzionale 19 ottobre 2020, n. 1, approvata con referendum del 20 e 21 settembre 2020 e in
vigore dal 5 novembre 2020, stabilisce definitivamente che il numero complessivo dei senatori di nomina
presidenziale non può in alcun caso essere superiore a cinque.
(Però sono 6)
Al 2021 sono in carica sei senatori a vita: il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano e altri
cinque di nomina presidenziale (Mario Monti, Elena Cattaneo, Renzo Piano e Carlo Rubbia, nominati da
Napolitano, e Liliana Segre, nominata da Sergio Mattarella).
IL GOVERNO
IL RUOLO DEL GOVERNO
Il Governo incarna il potere esecutivo, costituisce il vertice della pubblica amministrazione e definisce
l'indirizzo politico-amministrativo, vigilare sulla coerente e regolare attuazione del programma politico.
e con l'invito rivolto al Presidente del Consiglio dimissionario di continuare ad occuparsi dei C.d. affari
correnti e dell'ordinaria amminisfraione. A seguito delle dimissioni del Presidente del Consiglio, quindi, il
Presidente della Repubblica inizia le consultazioni, con cui prende avvio 1a procedura di formazione del
nuovo Esecutivo.
Le consultazioni non trovano esplicita previsione in Costituzione ma la prassi si è tanto consolidata da
poterle considerare ormai una consuetudine costituzionale.
Il sostanziale bipolarismo che aveva caratterizzato il precedente ventennio, è stato radicalmente superato
dalla presenza non più di due bensì di tre principali formazioni politiche (Centro-destra, Centro-sinistra e
Movimento 5 Stelle) che si sono contese le preferenze del corpo elettorale.
Le consultazioni assumono comunque un peso politico di assoluto rilievo tutte le volte in cui, invece, si apre
una crisi di Governo: in tal caso, venuto meno il legame fiduciario fra Esecutivo e Legislativo, al Presidente
della Repubblica — prima di assumere una decisione tanto impegnativa, quale lo scioglimento delle
Camere — spetta il compito, spesso non facile, di tentare la ricostituzione della maggioranza intorno ad
una nuova personalità politica, in proposito; si ritiene che l'incarico debba essere affidato ad un esponente
della coalizione uscita vincitrice dalle ultime elezioni.
In occasione delle consultazioni presidenziali le personalità che vengono di norma consultate sono i
Presidenti delle due Camere, i presidenti dei gruppi parlamentari (C.d. capigruppo) accompagnati dai
segretari dei partiti politici e gli ex Presidenti della Repubblica. L'elenco di soggetti può comunque
allungarsi o restringersi a seconda delle circostanze e della discrezionalità del Capo dello Stato.
Il coinvolgimento di ciascuna categoria nella fase preparatoria di costituzione del Governo assume un
significato diverso.
-I Presidenti dei due rami del Parlamento vengono ascoltati poiché, in ragione del loro ufficio, sono a
conoscenza degli umori delle Camere; inoltre, 1a loro posizione di garanzia li rende idonei ad effettuare
valutazioni di ampio respiro, comprendenti la totalità delle posizioni presenti nelle Aule parlamentari.
-Gli incontri con i Capigruppo parlamentari, invece, tendono a saggiare la capacità e la volontà di
collaborazione delle forze politiche per addivenire ad una soluzione positiva della crisi.
-Infine, la consultazione degli ex Capi dello Stato rappresenta poco più che un elemento di galateo
istituzionale, non potendo costoro offrire altro contributo se non un dato di esperienza, anch'essi si sono
trovati a gestire analoghi procedimenti di formazione del Governo.
Le consultazioni si concludono di norma con il conferimento dell'incarico. Ove però, all'esito delle
consultazioni, lo scenario politico funzionale alla formazione non risulti ancora sufficientemente chiaro, il
Presidente della Repubblica può decidere di assegnare un mandato esplorativo o un preincarico.
Il mandato esplorativo viene solitamente a un soggetto super partes, di norma uno dei Presidenti delle
Camere, il quale svolge indagini aggiuntive e più articolate.
Il preincarico invece, viene accordato al Premier in pectore, senza l'esposizione che deriverebbe da un
incarico vero e proprio, affinché tale soggetto possa verificare in prima persona la disponibilità delle forze
politiche presenti in Parlamento a sostenere un eventuale esecutivo da lui guidato. Tanto il mandato
esplorativo quanto il preincarico si concludono con una relazione offerta al Presidente della Repubblica
circa le risultanze di quanto accertato.
L'incaricato non accetta immediatamente, bensì con riserva.
Dal momento dell'accettazione, iniziano le piccole consultazioni, le quali permettono all'incaricato di
formare la lista di ministri.
Il Presidente della Repubblica, invece, non gode di vero e proprio spazio di intervento nelle decisioni
dell'incaricato rispetto alla lista di ministri. Solo qualora i soggetti fossero palesemente inadeguati a
ricoprire l'incarico, il Capo dello Stato potrebbe suggerire una scelta differente.
Se la prima fase si conclude positivamente e l'incaricato ritiene di poter costituire un Esecutivo sostenuto
dalla fiducia parlamentare, allora egli si reca al Quirinale per sciogliere positivamente la riserva, altimenti
rinuncia all'incarico e il procedimento riprende dall'inizio, finché non si giunge alla formazione
dell'Esecutivo che gode del della maggioranza parlamentare.
LA NOMINA E IL GIURAMENTO
I decreti di nomina del Presidente del Consiglio dei ministri e dei ministri integrano 1a terza fase, percettiva
del procedimento di formazione del Governo. In tale momento viene altresì emanato il decreto di
accettazione delle dimissioni del precedente Governo, presentatosi dimissionario al Presidente della
Repubblica.
Infine, ai sensi dell'art. 93 Cost., il Presidente del Consiglio dei ministri ed i ministri prestano giuramento
nelle mani del Presidente della Repubblica. Il nuovo Governo assume così le sue funzioni (art. 94 Cost.) ed
entro dieci giorni deve presentarsi alle Camere per chiederne la fiducia (art. 95 Cost.).
LA CRISI DI GOVERNO
Il Governo non è un organo a termine, la sua esistenza dipende, infatti, dal mantenimento della relazione
fiduciaria con le Camere. Le crisi di Governo nascono da una frattura insanabile fra Governo e
maggioranza parlamentare.
Si possono verificare crisi parlamentari ed extraparlamentari.
l'Esecutivo preso atto dell’impossibilità di governare si dimette volontariamente, senza previo passaggio
parlamentare.
La Costituzione prevede che la mozione di sfiducia sia firmata da almeno un decimo dei componenti la
Camera e venga messa in discussione non prima che trascorrano tre giomi dalla sua presentazione; al pari
della mozione di fiducia, deve essere motivata e votata per appello nominale.
L'art. 94, co. 4, Cost prevede che il voto contrario di una o di entrambe le Camere ad una qualunque
proposta da parte del Governo non comporti l'obbligo di dimissioni. Ipotesi certamente diversa è se le
Camere sistematicamente rifiutino le proposte del Governo o se vengano più volte rigetta disegni di legge
particolarmente importanti per la realizzazione del programma politico. In tal caso, l'Esecutivo dovrebbe
prendere coscienza della rottura del legame fiduciario con il Parlamento e comportarsi di conseguenza.
Le ipotesi di crisi extraparlamentare, per quanto non previste dalla Carta costituzionale, non possono,
considerarsi incostituzionali: si tratta semplicemente di ipotesi non disciplinate, che tuttavia si sono
verificate più volte nel corso degli anni.
LA QUESTIONE DI FIDUCIA
In alcuni casi è invece lo stesso Governo a suscitare un voto che, qualora dovesse risultare sfavorevole, lo
costringerebbe alle dimissioni.
L'istituto in esame prende il nome di questione di fiducia.
Con la questione di fiducia, il Governo assume l'iniziativa e dichiara che farà dipendere la propria
permanenza in carica dall'approvazione di un atto all'esame del Parlamento.
La questione di fiducia può essere posta su provvedimenti di diversa natura: un articolo o un disegno di
legge, una mozione, una risoluzione, un ordine del giorno, mentre non può essere posta su una proposta
di inchiesta parlamentare, su questioni relative all'organizzazione e al funzionamento della Camera, su
nomine, fatti personali e sanzioni disciplinari.
Attraverso la questione di fiducia, il Governo rivendica la propria responsabilità nell'attuazione dell'indirizzo
politico e impone una verifica alla propria maggioranza in Parlamento, inducendola a mostrarsi compatta e
coesa attorno alle scelte programmatiche inizialmente concordate.
Il primo degli strumenti che la legge n. 400/1988 riserva al Premier per promuovere e coordinare l'attività
dei ministri consiste nel potere di imporre direttive politiche ed amministrative in attuazione delle
deliberazioni del Consiglio dei ministri.
Inoltre, il Presidente del Consiglio (e non i singoli ministri) gode del potere di manifestare all'esterno gli
indirizzi politici generali del Governo.
Ancora, spetta al Premier l'approvazione e 1a diffusione dei comunicati sui lavori dei singoli Consigli dei
ministri.
Il Primo ministro può promuovere altresì verifiche sul funzionamento dei pubblici uffici e «in casi di
particolare rilevanza può richiedere al ministro competente relazioni e verifiche amministrative».
Tra le attribuzioni, spiccano poi quelle di rappresentanza.
Il Presidente del Consiglio dei ministri rappresenta l'intero Governo in numerose circostanze: in sede di
dichiarazioni programmatiche, di sottoposizione della questione di fiducia alle Camere, di controfirma delle
leggi e degli atti aventi forza di legge e di contatto con il Presidente della Repubblica, ecc.
Inoltre, al Premier vengono riconosciute rilevanti attribuzioni concernenti la direzione dell'organo collegiale:
egli dispone del potere di fissare la data delle riunioni del Consiglio dei ministri che poi sono sottoposte alla
sua direzione; di redigere l'ordine del giorno, individuando gli argomenti da trattare in seduta.
Il Presidente del Consiglio gode inoltre di importanti compiti in materia di sicurezza nazionale: la legge n.
124/2007, affida al Presidente del Consiglio, in esclusiva «l'alta direzione e la responsabilità generale della
politica dell'informazione per la sicurezza, nell 'interesse e per la difesa della Repubblica e delle istituzioni
democratiche poste dalla Costituzione a suo fondamento.
La sede istituzionale del Presidente del Consiglio si trova dal 1961 a Palazzo Chigi, dopo esser stata
collocata per lungo tempo presso il palazzo del Viminale, sede attuale del Ministero dell'Interno.
DOMANDA
2. IL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Il Consiglio dei ministri, l'organo collegiale facente parte del Governo, composto da i ministri e presieduto
dal Premier, è titolare delle più importanti funzioni governative.
Il Consiglio dei ministri «determina la politica generale del Governo e, ai fini dell 'attuazione di essa,
l'indirizzo generale dell 'azione amministrativa», ma anche che esso «delibera altresì su ogni questione
relativa all 'indirizzo politico fissato dal rapporto fiduciario con le Camere».
Pare opportuno sottolineare in modo chiaro come il Costituente e il legislatore abbiano distinto i ruoli fra
Premier e Consiglio dei ministri: il primo «dirige la politica generale del Governo», mentre il secondo la
«determina», assumendo dunque quest'ultimo una funzione decisoria.
Le attribuzioni proprie del Consiglio dei ministri appaiono tanto numerose da renderne poco agevole una
precisa elencazione, sicché ci limitiamo a fare riferimento agli ambiti più rilevanti.
Essi sono:
1.decisioni politiche;
2.attività normativa: delibera i disegni di legge; adotta i decreti legislativi ed i decreti legge, nonché i
regolamenti governativi;
3.politica internazionale ed eurounitaria: il Consiglio determina le linee di indirizzo dei progetti dei trattati e
degli accordi internazionali, comunque denominati, di natura politica o militare;
4.rapporti con le Regioni;
5.rapporti con le confessioni religiose:;
6. nell'ambito .della Pubblica amministrazione
L'organo collegiale, inoltre, delibera, su proposta del Premier, la nomina di uno o più vice-Presidenti del
Consiglio e dei Commissari straordinari del Governo e deve essere sentito per la delega, di funzioni ai
ministri senza portafoglio, per la nomina dei Sottosegretari.
Il Consiglio dei ministri è dotato, inoltre, di un regolamento interno, che fissa le modalità di inserimento dei
provvedimenti o delle questioni che i ministri intendono proporre all'ordine del giorno (deciso dal Presidente
del Consiglio); descrive il contenuto dei processi verbali; contiene la disciplina delle iniziative del Consiglio
dei ministi.
3. I MINISTRI
I ministri, insieme al Presidente, compongono il Consiglio dei ministri e sono posti al vertice dei ministeri,
ossia degli apparati, gerarchicamente strutturati, in cui è suddivisa la pubblica amministrazione. Non
esistono particolari requisiti per essere nominati, sicché cittadino che semplicemente goda dei diritti politici
può entrare a far parte dell'Esecutivo.
In momenti di crisi, in Italia si è spesso preferito costituire dei C.d. governi tecnici, ossia composti
principalmente da ministri particolarmente competenti nei settori loro assegnati, con Io scopo di far
transitare il Paese fuori da una crisi politica e poter indire nuove elezioni.
Del Governo fanno parte anche i ministri senza portafoglio. Si fratta di soggetti che, pur non essendo a
capo di alcun ministero, esercitano funzioni
loro delegate dal Presidente del Consiglio.
Si possono distinguere due categorie di ministri senza portafoglio.
-La prima riferimento a incarichi di stampo prettamente politico.
-La seconda, invece, riguarda quei ministri che gestiscono funzioni complesse loro conferite dal Premier,
pur essendo privi di un dicastero.
Fra i Sottosegretari, si distingue il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, il quale ottiene
l'incarico soltanto previo assenso del Consiglio dei ministri. Il Sottosegretario alla Presidenza svolge le
funzioni di segretario del Consiglio dei ministri.
I vice-ministri: sono dei sottosegretari che, in misura non superiore a dieci, possono vedersi attribuito
siffatto titolo, nel caso in cui siano state loro conferite deleghe particolarmente ampie, relative all'intera area
di competenza di una o più strutture dipartimentali ovvero di più direzioni generali di un ministero.
Gli Alti Commissari sono figure che effettivamente appartengono di più al passato. In alcuni casi, ad essi
erano attribuite considerevoli responsabilità in ambito amministrativo e venivano chiamati allo syolgimento di
specificicompiti di natura soltanto contingente, ma talvolta di indubbia rilevanza. Essi potevano essere
considerati organi governativi, anche se non ricoprivano una posizione assimilabile a quella dei ministri.
I Comitati di ministri e interministeriali sono veri e propri organi collegiali governativi, composti dai
ministri con l'assistenza di tecnici ed esperti.
I Comitati di ministri, sono organi con funzioni prevalentemente consultive e preparatorie rispetto alle
riunioni del Consiglio dei ministri.
Diversamente, i Comitati interministeriali, cui sono conferite funzioni deliberative e competenze di indirizzo,
necessitano di una legge istitutiva.
DOMANDA
2. LE FUNZIONI NORMATIVE
-Il Governo gode di alcune importanti attribuzioni normative: la presentazione di disegni di legge alle
Camere l'adozione di decreti legislativi e decreti legge, dotati della stessa 'forza" e valore di legge;
l'elaborazione di regolamenti, provvedimenti di rango secondario, indispensabili per garantire l'effettiva
attuazione alle leggi.
3. LE FUNZIONI AMMINISTRATIVE
Consiglio dei ministri gode infatti di importanti poteri di nomina, i quali spiccano la quota di componenti del
Consiglio di Stato e della Corte dei Conti di spettanza del Governo e la nomina dei dirigenti generali dei
ministeri. Consiglio dei ministri è poi coinvolto nella nomina dei componenti degli organi gestionali dei
maggiori enti pubblici, aziende, agenzie o strutture collegiali che operano presso l'amministrazione statale.
Sotto il profilo amministravo, i ministri possono essere chiamati dinanzi alla Corte dei Conti per i danni
erariali arrecati alla Pubblica Amministrazione.
Essi non sono soggetti a responsabilità disciplinare, dato che — essendo funzionari onorari — non sono
però pubblici dipendenti.
Infine, la responsabilità penale ricorre nei casi in cui vengano commessi dei C.d. reati ministeriali.
A Seguito di un referendum popolare del 1987, con cui furono abrogate le norme relative alla commissione
inquirente, ossia l'organismo parlamentare bicamerale che svolgeva le indagini sui reati ministeriali, il
Parlamento ha approvato 1a legge cost. n. 1/1989, novellando l'art. 96 Cost. che, infatti, oggi prevede che:
«Il Presidente del Consiglio dei ministri ed i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i
reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del
Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale».
Per quanto concerne la natura dei reati ministeriali essi integrano fattispecie
criminose comuni (ad esempio, peculato, malversazione, corruzione, concussione) le quali però, afferma la
Costituzione, devono essere commesse nell'esercizio delle funzioni ministeriali.
DOMANDA
POTERE SOSTITUTIVO DEL GOVERNO ART. 120 Cost.
La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, né adottare
provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le
Regioni, né limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.
Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel
caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo
grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o
dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali.
La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del
principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.
Secondo la dottrina, si tratta di un «potere sostitutivo straordinario», che il governo può esercitare «sulla
base dei presupposti e per la tutela degli interessi» indicati nel secondo comma. Con questo articolo lo
Stato si riserva una sorta di “potere di salvataggio” nei confronti delle amministrazioni locali in particolari
circostanze. Lo Stato non può intervenire semplicemente perché, per esempio, le scelte di un Comune non
sono condivise da una larga parte dei cittadini, perché questo riguarda scelte di carattere politico, che
vengono sanzionate o approvate con le elezioni successive. Dobbiamo pensare invece a casi straordinari:
riciclaggio di rifiuti che non funziona, gravi problemi di ordine pubblico, infiltrazioni mafiose ecc. In questi
casi lo Stato interviene per ripristinare condizioni di normalità, efficienza e legalità. L'intervento non è
arbitrario, ma segue comunque norme e procedure precise.
DOMANDA
nominale») una mozione di fiducia, ovvero un atto con il quale viene formalizzata l’approvazione del
programma di governo. Se il governo ottiene la fiducia può iniziare a esercitare le proprie funzioni. Al
contrario, se le Camere non concedono la loro fiducia il Governo decade.
Il Parlamento ha la facoltà di negare la propria fiducia all’Esecutivo anche durante il corso della legislatura:
ciò può avvenire attraverso una mozione di sfiducia chiesta da almeno un decimo dei componenti di una
delle due Camere. Se la mozione di sfiducia viene approvata, il Governo decade e deve dimettersi.
La MOZIONE DI SFIDUCIA è l'atto attraverso il quale il Parlamento manifesta la sua sfiducia nei
confronti del Governo.
Quando un governo perde la fiducia, il Presidente non scioglie le Camere. Sarebbe infatti un atto contrario
alla Costituzione. Dato che l'Italia è una Repubblica parlamentare, infatti, ad essere eletto è il Parlamento e
non il Governo.
Però in caso di crisi di governo, infatti, il Presidente della Repubblica ha la piena facoltà di conferire un
nuovo incarico che si può concludere con la formazione di un governo sostenuto da una maggioranza
diversa da quella indicata dagli elettori.
Di conseguenza sono possibili tanto maggioranze a sostegno di un governo di legislatura eletto, quanto
maggioranze formatesi in epoca successiva alle elezioni e svincolate dal modo in cui i partiti si erano
contrapposti durante la campagna elettorale.
DOMANDA
IL RIMPASTO
Con l’espressione “rimpasto di governo” si intende un cambiamento nella composizione dell’esecutivo
senza che si arrivi alle dimissioni di tutto il governo.
L’istituto del rimpasto di governo è solitamente utilizzato quando viene meno il rapporto di fiducia tra il
presidente del consiglio e alcuni suoi ministri. Si può anche usare per adeguare la composizione del
governo a un nuovo equilibrio politico, spesso a seguito di eventi elettorali che mostrano un elettorato che
non sostiene più come in precedenza le forze al governo.
DOMANDA
In passato, il presidente del Consiglio e i ministri, per i reati in questione, erano inizialmente messi in stato
d’accusa dal Parlamento in seduta comune e poi giudicati dalla Corte Costituzionale nella sua
composizione integrata.
Oggi, invece, in presenza di un reato ministeriale, gli atti devono essere trasmessi immediatamente alla
Procura della Repubblica presso il tribunale competente per territorio. Le indagini preliminari spettano,
però, al tribunale dei ministri, che riceve il fascicolo dalla procura entro quindici giorni. Contestualmente,
occorre darne comunicazione anche ai soggetti interessati (ministri o presidente del Consiglio), affinché
possano presentare memorie o chiedere di essere ascoltati.
Ricevuti gli atti, il tribunale dei ministri deve compiere le indagini preliminari e sentire il pubblico
ministero. Entro 90 giorni deve decidere:
Spetta alla giunta per le autorizzazioni, uno degli organi del Parlamento, esaminare la questione per poi
riferire all’assemblea.
L’autorizzazione è chiesta, come già detto, alla Camera di appartenenza dell’indagato (Senato della
Repubblica o Camera dei Deputati). Se il ministro non è deputato o senatore, la richiesta di autorizzazione
è inviata direttamente al Senato. La Camera competente – sulla base dell’istruttoria condotta dalla giunta –
può fare due cose:
• negare l’autorizzazione a maggioranza assoluta dei suoi membri, ove reputi, con valutazione
insindacabile, che l’indagato abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente
rilevante oppure per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della
funzione di governo;
• concedere l’autorizzazione.
Una volta ottenuta l’autorizzazione a procedere, il giudizio di primo grado spetta al tribunale ordinario del
capoluogo del distretto di Corte d’Appello competente per territorio (cioè il cosiddetto tribunale dei ministri).
Quindi, la normativa, senza limitare l’autonomia delle Camere, ha affidato a tecnici terzi e imparziali (cioè ai
magistrati) la competenza istruttoria.
In estrema sintesi, possiamo dire che al tribunale dei ministri spettano tre funzioni principali:
• condurre le indagini preliminari a carico di un ministro o del presidente del Consiglio per i reati
commessi nell’esercizio delle funzioni di governo;
• formulare o meno l’imputazione;
• operare in qualità di giudice delle indagini preliminari.
Il presidente del Consiglio è nominato con decreto dal Presidente della Repubblica e dura in carica finché
è sorretto dalla fiducia del Parlamento (in teoria, per 5 anni). Ha un ruolo di supremazia, in quanto sceglie i
ministri, ne dirige l’attività ed è responsabile in prima persona per tutti gli atti posti in essere dal Governo.
LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E FUNZIONE AMMINISTRATIVA
La Pubblica Amministrazione rappresenta l'insieme di strutture, uomini e mezzi adibiti dall'ordinamento
giuridico alla cura degli interessi della collettività che, per questo, vengono definiti pubblici.
Al riguardo, infatti, il Testo costituzionale ha posto una riserva di legge relativa, al fine di consentire che,
accanto alla legge, possano intervenire anche altre fonti nel determinare i profili organizzativi delle
pubbliche amministrazioni.
L'amministrazione pubblica rappresenta un sistema complesso che si articola in vari enti pubblici.
Questi sono delle strutture dotate di personalità giuridica (intesa come idoneità ad essere titolari di
situazioni giuridiche) e capaci di esercitare poteri amministrativi.
Possono, dunque, essere definiti come centri di potere. Accanto allo Stato, che è l'ente pubblico più grande
per estensione ed ampiezza delle competenze, vi sono le amministrazioni regionali e gli enti esponenziali
delle comunità territoriali (Comuni, Province, città metropolitane)riconosciuti dall'ordinamento generale in
quanto portatori di interessi pubblici. A loro volta, ciascuno di questi livelli
(Stato, Regioni, locali) si articola in una serie di enti, variamente collegati a loro ma dagli stessi distinti in
quanto provvisti di una propria personalità.
Ciascun ente pubblico, per poter concretamente operare nell’ordinamento giuridico, si avvale dei C.d.
organi. Con tale termine, si fa riferimento alla persona fisica che materialmente pone in essere gli atti
imputabili all’ente.
L'organo risulta composto dal titolare, la persona fisica che ricopre la posizione funzionale e che agisce in
nome e per conto dell'ente, e dall'ufficio, inteso come il complesso di beni, strumenti e personale messi a
disposizione dell'organo per poter svolgere la sua attività.
DOMANDA
I PRINCIPI COSTITUZIONALI SULLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
ART 97
Efficienza, buon andamento e imparzialità sono, in primo luogo, i principi su cui si basa
la pubblica amministrazione. A stabilirli è l’articolo 97 della Costituzione italiana.
L’art. 97 della Costituzione, in particolare al comma 3, impone che l’operato della pubblica
amministrazione sia improntato ai principi di efficienza e imparzialità. Il testo infatti recita in
relazione alla pa:
“I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon
andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”.
Vi sono vari principi cardine della pubblica amministrazione che si possono desumere dal’arti. 97:
IL PRINCIPIO DI LEGALITÀ
Tra i principi in materia di pubblica amministrazione riveste particolare rilievo il principio di legalità. Esso
può essere inteso come uno strumento di limitazione del potere esecutivo , Infatti afferma il primato della
legge, alla quale spetta il compito di indicare i fini e gli interessi pubblici che la pubblica amministrazione
deve perseguire. in ragione di ciò il principio di legalità assume rilievo nel garantire i diritti dei cittadini
contro i possibili abusi della pubblica amministrazione.
In senso formale il principio di legalità implica che l'attività amministrativa non possa realizzarsi in contrasto
con la legge, dovendo trovare in essa il suo specifico fondamento giuridico.
In senso sostanziale esso impone che, oltre a rispettare i limiti sessuali fissati dalla, gli atti della pubblica
amministrazione devono essere adottati In conformità alla disciplina effettiva dettata dalla stessa. pertanto
la legge non solo attribuisce alla pubblica amministrazione il potere Ma Indica anche le modalità di
esercizio dello stesso e gli obiettivi da realizzare. il L'eventuale difformità dal parametro normativo sarebbe
controbilanciata dall'esigenza sostanziale di realizzare il corretto assetto degli interessi in gioco.principio di
legalità quindi deve essere inteso come parametro di valutazione e come vincolo di scopo per la pubblica
amministrazione.
Le più recenti tendenze normative appaiono orientate ad una cosiddetta legalità di risultato. In questo
senso, è stato osservato che l'applicazione del principio di legalità apparirebbe eccessivamente rigida nel
caso in cui si sanziona asse con l'illegittimità qualsiasi minimo scostamento dal parametro normativo,
anche nelle ipotesi in cui la violazione e formale nel precetto legislativo non faccia seguito ad alcun
pregiudizio sostanziale degli interessi pubblici punto in questa direzione, la legalità viene spesso valutata
nell'ottica del buon andamento dell'azione amministrativa.
In questo caso l'eventuale difformità dal parametro normativo sarebbe controbilanciata dell'esigenza
sostanziale di realizzare il corretto assetto degli interessi in gioco.
IL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ
In ragione di tale principio, i diritti e le libertà dei cittadini possono essere limitati solo nella misura in cui ciò
risulti indispensabile per proteggere gli interessi pubblici.
Quindi, ogni provvedimento utilizzato dalla P.A., specialmente se sfavorevole al destinatario, dovrà essere
allo stesso tempo necessario e commisurato al raggiungimento dello scopo prefissato dalla legge.
IL PRINCIPIO DI IMPARZIALITÀ
L'art. 97, co. 2, Cost. stabilisce che «i Pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge in modo
che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell’amministrazione».
La disposizione costituzionale in questione, istituisce una riserva di legge relativa «allo scopo di assicurare
l'imparzialità della pubblica amministrazione, la quale può soltanto dare attuazione, a quanto in via
generale è previsto dalla legge.
Tale limite è posto a garanzia dei cittadini, rispetto a possibili discriminazioni, nel parametro legislativo.
Sotto il profilo organizzativo, il principio in questione implica che l'amministrazione debba essere strutturata
in modo tale da assicurare una condizione oggettiva di imparzialità, raggiungibile solo quando chi
amministra non sia personalmente interessato alla materia della decisione.
In questa eventualità, infatti, grava sui pubblici dipendenti l'obbligo di astenersi dal partecipare a tali attività.
In secondo luogo, l'imparzialità dell'organizzazione richiede che la selezione del personale avvenga di
norma attraverso il pubblico concorso.
In ragione di tale principio, i diritti e le libertà dei cittadini possono essere limitati solo nella misura in cui ciò
risulti indispensabile per proteggere gli interessi pubblici.
Quindi, ogni provvedimento utilizzato dalla P.A., specialmente se sfavorevole al destinatario, dovrà essere
allo stesso tempo necessario e commisurato al raggiungimento dello scopo prefissato dalla legge.
Tale principio si sostanzia nell'obbligo che i funzionari della P.A, svolgano le proprie funzioni secondo le
modalità più idonee a garantire l'efficacia, dell'azione amministrativa, al fine di ottenere il miglior risultato
possibile con il minor sacrificio degli interessi dei cittadini.
La previsione dell'art. 97 Cost.. riguarda, non solo, l’organizzazione degli uffici ma, in maniera più ampia,
investe il funzionamento della P.A. nel suo complesso e, quindi, anche i profili concernenti l'esercizio dei
poteri amministrativi.Nel nostro ordinamento il precetto costituzionale del buon andamento viene a
concretizzarsi, in particolare, nei principi di economicità, efficacia ed efficienza dalla legge generale sul
procedimento amministrativo.
Il principio di economicità, dalla logica imprenditoriale, riguarda il rapporto ta i mezzi impiegati ed i
raggiunti. Esso, impone alla P.A. di perseguire i suoi fini con il dispendio di risorse. Queste ultime
comprendono non solo quelle finanziarie, ma anche quelle umane, cioè il personale di cui le pubbliche
amministrazioni si servono e che deve essere valorizzato e incentivato a produrre senza essere
ingiustificatamente sacrificato nelle sue professionalità.
Il principio di efficacia, invece, si sostanzia nel rapporto tra gli obiettivi che, in sede di progammazione, si
era prefissata di raggiungere e ciò che l'Amministrazione concretamente realizza; ovvero bisogna agire in
maniera idonea al perseguimento degli interessi.
Infine, il principio di efficienza si riferisce al funzionamento dell'intero apparato amministrativo.