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LEZIONE1 05/10/2022

Filosofia del diritto


DIRITTO E GUERRA
Filosofia: mettere in parole un trauma, che è un problema importanza delle domande, della meraviglia
PLATONE TEETECO/ RILKE lettera
Trauma guerra
Per dare forma ad u problema si da un nome, un discorso articolato, si INQUADRA IL PROBLEMA.
Tutti gli uomini per natura tendono al sapere: ARISTOTELE.  verità è che: in quanto uomini la vita prima o
poi ti mette di fronte ad una situazione in cui ti chiederai “perché” partendo da una domanda

Primo testo: carteggio tra un fisico e uno psicanalista del 32 tra Albert Einstein e Freud: perché la guerra?
C’è un modo per liberare gli uomini dalla fatalità della guerra?
Una domanda che dopo la Seconda guerra mondiale diventa più importante, con l’ingresso della bomba
atomica.
Spesso si pensa che dove c’è guerra non c’è diritto, ma invece la guerra può essere studiata a partire dal
diritto.
Cosa è il diritto? Il nomos dei greci non era come il nostro diritto che invece deriva dai romani, ma già i greci
si chiedevano cosa è la legge?
Partire dalla guerra per analizzare cosa sia il nostro diritto, perché esiste il diritto e cosa è, studiando il
rapporto diritto-guerra, che è anche un modo per capire meglio il senso, l’essenza e la funzione del diritto,
per confrontarci con la nostra idea di ciò che studiamo nelle altre aule.
Cosa è il diritto? “un ordinamento giuridico” (kelsen): insieme ordinato di norme giuridiche.
A questa domanda sono state date anche molte altre risposte.
Rilke: non uscire dalla domanda, non trovare subito una soluzione, analizza la domanda, anche se ti sembra
di perder tempo.
Di che cosa parliamo quando parliamo di diritto? Che tipo di cosa è quel diritto? È un modo di entrare nella
domanda, la prima (cosa è il diritto) ti fa capire che il diritto è comunque qualcosa che già c’è.
JOHN SEARLE la costruzione della realtà sociale: ci sono cose che esistono soltanto perché noi crediamo che
esistano.
Ad esempio, il denaro ha valore solo perché noi ci crediamo e fin quando noi continueremo a crederci; un
titolo sale più se gli investitori hanno fiducia su di esso.
I fatti bruti: esistono e non richiedono nessuna istituzione umana, la loro esistenza non dipende dalla nostra
credenza.
I fatti istituzionali esistono perché dipendono dai costrutti di una istituzione umana.
Il diritto è un fatto istituzionale, non vedo il suo valore ma ci credo perché condivido le credenze della
comunità.
Possiamo toccare la costituzione della repubblica italiana, ma non tocchi la costituzione ma il libro, il foglio
di carta, ma che ha valore di costituzione, ed è frutto di una credenza.
Il diritto e il linguaggio è un modo per metter in forma il mondo, è un fatto istituzionale, e esiste fino a
quando noi crediamo che esiste.
Es. Europa: politicamente esiste, in quanto crediamo nell’unità politica, meno ci crediamo e meno Europa
esisterà.

Credenze: ci sono credenze collettive condivise da tutti.


Es. il corso di laurea in giuri ha come scopo la creazione della credenza condivisa su cosa sia il diritto, e
tramite il nostro studio stiamo consolidando la nostra credenza.
Il diritto è un insieme di norme giuridiche; si presuppone la validità della costituzione: per studiare diritto
non è necessario studiare altro al di fuori del diritto. Mettendo in discussione questa doxa secondo cui il
diritto non è altro che diritto e si debba studiare solo quello per conoscere il diritto.
Ad esempio nel nostro corso di laurea non si studia filosofia morale, non si studia filosofia politica, non si
studia sociologia ecc… “perché non avrebbe senso”
Filosofia morale: si occupa del bene, del giusto, della giustizia; si può studiare il diritto senza studiare il
rapporto diritto-giustizia?
La giustizia nel senso sostanziale cosa è? Il diritto ha a che fare con la giustizia? Kelsen rispondeva di no, uno
di quello che ha tracciato i confini di ciò che deve stare dentro il corso di laurea e quello che deve stare
fuori, sosteneva che la giustizia deve stare fuori in quanto compito di filosofi e non di giuristi.
Ma il diritto richiede un esigenza minima di giustizia: il diritto serve a far si che nel momento in cui scoppia
una controversia non vinca il più forte, ma chi ha ragione di vincere, ma sta anche per eseguire questa
esigenza, in assenza nel processo nella controversia vince il più forte.

Filosofia politica: si occupa del potere e del modo in cui noi lo mettiamo in forma. Si può studiare il diritto
non confrontandosi con il problema del potere? Il diritto è un prodotto del potere costituito e costituente,
ma anche uno strumento, mezzo, che noi umani ci siamo inventati per mettere in forma il potere e per
limitarlo, il cosiddetto stato di diritto. Strumento di controllo del potere.
Sociologia: studia società
Santi romano: ubi societas, ibi ius, il diritto regola il nostro rapporto con gli altri, le nostre relazioni sociali.
Si può studiare il diritto senza conoscere le dinamiche della società?

ANTROPOLGOIA: studia le diverse credenze, immagini e culture umane. Anche l’umanità è un fatto
istituzionale. Crediamo che tutti gli uomini siano uguali tra loro. Credenza formatasi solamente
recentemente, negli anni 60 dopo la segregazione razziale. Hitler minava la credenza: gli ebrei non sono
uomini, la propaganda nazista li rappresenta come dei topi.
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino: testo in cui abbiamo messo su carta questa
credenza di custodire gelosamente, in quanto la storia torna e quando un popolo si sente in difficoltà va alla
ricerca dei nemici e si sgretola questa credenza, togliendo umanità al nemico.
Critica marxista: nella carta si mette in evidenza solo la visione occidentale dell’uomo, bisogna essere
consapevoli che anche li ci sia colonialismo, in quanto magari non tutto il mondo condivide la nostra
credenza, ma è una forte base. È un fatto bello o brutto che tutti gli uomini per natura vengano considerate
uguali. Aristotele stesso da la giustificazione alla schiavitù
L’uomo col diritto cosa c’entra?
Il diritto è un prodotto degli uomini fatto per gli uomini. Ad esempio cani lupi non hanno un ordinamento,
gli stessi uomini si sono inventati il proprio ordinamento, per risolvere il loro problema. Ciò che il diritto è
dipende da ciò che pensiamo noi che sia l’uomo, dall’idea che noi abbiamo dell’uomo. Quali sono le nostre
esigenze dietro il diritto? Tutto dipende dall’idea che noi abbiamo dell’uomo nella testa.
Noi uomini siamo degli animali portati naturalmente alla relazione con gli altri, o naturalmente in conflitto
con l’altro? In questo dilemma è centrata l’intera concezione filosofica occidentale: Aristotele zoon
politicon, l’uomo è un animale naturalmente politico, non vuol dire che è necessariamente relazionale con
gli altri, ma che è un animale la cui esistenza assume senso solo nella relazione con gli altri. Nella vita
all’interno della polis, l’uomo realizza la propria essenza, da senso alla sua vita, vive bene, connettendosi
all’eudaimonia, alla felicità, nella relazione con gli altri gli uomini conducono una giusta esistenza e vivono
felci.

TOMAS HOBBES: leviatano: opera in cui comincia a costruire un’immagine dell’uomo che noi riteniamo
istintamente più vicina, homo homini lupus. L’umo è lupo per l’altro uomo, non vuol dire che è cattivo per
natura, ma che originariamente, naturalmente, l’uomo non è portato ad entrare in relazione con l’altro, ma
deve far fatica per farlo, sospendere il conflitto della priorità della guerra sulla pace, la guerra c’è sempre,
la pace va costruita. Eraclito diceva che dalla guerra nasce tutto, dal dato natura guerra, si costruisce tutto il
resto con la risoluzione del conflitto.
Se parto da aristotele che idea ho di diritto?
Se parto da hobbes che idea ho?
Sono due antropologie che portano con se due modi diversi di intendere il diritto.
Dal rapporto giustizia-diritto-guerra-potere-società-uomo si capisce cosa è il diritto
Chi sa solo di diritto non sa niente di diritto.
LEZIONE2 6/10/2022
DUE MAESTRI E UN DIALOGO
“Dove vola l’avvoltoio: italo calvino.”1958 manifesto del pacifismo e delle prime canzoni impegnate
Risponde a una delle tre domande che Kant si faceva:
1. Cosa posso conoscere? Critica della ragion pura
2. Cosa devo fare? Critica della ragion pratica
3. Cosa ho il diritto di sperare? O cosa posso sperare?
In Kant vi è un’idea per cui la speranza è un diritto.
Nella pace perpetua Kant articola una risposta alla terza domanda.

Ma su cosa si fonda questa speranza? Nella ragione umana, Kant cerca di dare una fondazione razionale alla
speranza, c’è una ragione nella speranza e non è semplicemente un’utopia e un vago ideale.
Con la guerra in Russia, l’avvoltoio è tornato. E bisogna analizzare i rapporti tra diritto e guerra, quando
esplode una guerra i giuristi cosa fanno? Che ruolo hanno?
Una dei primi problemi che ci viene in mente è che dove c’è guerra e armi non c’è diritto e norme. Questa
risposta non è sbagliata ma è solo una delle domande possibili.
- Roberto Bobbio: Il problema della guerra e le vie della pace: diritto e guerra.
Mentre Smith ha una scrittura barocca che tende a nascondere il senso delle parole, quella di Bobbio è una
scrittura cristallina.
Diritto guerra scritto nel 1965:
“la guerra è uno dei problemi centrali del nostro tempo (si era in piena guerra fredda, vi era il problema di
minacce atomiche e dello stabilire un equilibro tra le varie forze) : qualcuno dice il problema centrale. Non
può sottrarsi alla riflessione su di esso il filosofo che cerca di tracciare attraverso l’esperienza del passato la
via le possibili vie, del futuro; tanto meno il filosofo del diritto, per i molti nessi che guerra e diritto hanno
tra loro.” Quali sono questi nessi?
Bobbio ci offre i possibili nessi tra guerra e diritto; ne individua 4:
1. La guerra come antitesi del diritto, dove c’è guerra non c’è diritto. Quando si prendono in mano le
armi si sospende la vigenza dell’ordinamento giuridico.
2. La guerra come mezzo per realizzare il diritto, tutta la teorizzazione medievale come quella di
guerra giusta, ovvero la guerra è un mezzo per far valere delle giuste pretese. Ma quali sarebbero le
giuste pretese? La guerra è un messo per far valere un diritto, contro chi in modo recalcitrante, stati
o persone collettive, si rifiutano di riconoscercelo,
3. La guerra come oggetto del diritto, esempio la regolazione dei confini, ovvero il diritto nella guerra,
il diritto come regola della guerra, Kelsen disse in accordo con lo spirito del suo tempo “il diritto
internazionale è diritto?” cioè è diritto così come gli altri diritti? e se sì che tipo di diritto è? La
risposta in kelsen è si, è diritto, è una forma di diritto primitivo ovvero che non ha raggiunto la
perfezione di diritto statale. IL diritto è una regola della forza, ovvero una regola sull’uso della forza.
Dove c’è diritto possiamo conoscere chi e come può legittimamente usare la sua forza. Bisogna
capire se nell’ordinamento internazionale ci sono delle regole sull’uso della forza, cosa che c’è.
Kelsen riprende il principio di guerra giusta e la trasforma in guerra legittima, con regole che
possono distinguere una guerra che si ha il diritto di fare, dalla semplice attività di violenza
criminale.
4. La guerra come fonte del diritto, la guerra ha una potenza morfogenetica, ha la potenza di creare
forme. Di distruggere e di creare e dare vita a qualcosa oltre che uccidere, creare nuovi assetti.
Se il diritto è prodotto del potere, la guerra è il potere massimo. Mentre il diritto è il potere
costituito, sotto di esso c’è un potere costituente che gli ha dato forma. La nostra costituzione viene
fuori dall’esperienza traumatica della guerra civile, ed è una costituzione politica prima di essere
giuridica, perché ha un nemico, è una costituzione nata contro coloro che avevano messo la
guerra, si schiera contro un nemico, c’è politica dove c’è distinzione tra amico e nemico.
La costituzione è costruita conto il rischio che quel passato possa tornare.

Un esempio tratto dalla nostra costituzione motiva il fatto di come una guerra possa dar vita al
diritto, caratterizzandosi come sua fonte.

Oltre a Roberto Bobbio c’è anche Sergio Cotta, Dalla guerra alla pace, 1989.
“Nell’ambito del moderno pensiero d’impronta empirica o immanentistica(che ha a che fare con
tutto ciò che vediamo e tocchiamo e non ha a che fare con la metafisica) , che non esaurisce affatto
il pensiero dell’età moderna, l’attenzione filosofica alla determinazione concettuale ed etica del
rapporto tra pace e guerra ha dato luogo a una ben precisa filosofia della guerra ma non a una
chiara filosofia della pace.”

Dal ‘600 inglese si costruisce il pensiero giuridico e politico della modernità e Hobbes innanzitutto
come Locke e Spinoza, si inventano delle categorie che entrano nella storia e continuano ad essere
delle categorie all’interno delle quali noi lavoriamo, come il concetto di stato inventato da Hobbes.
Il problema di Hobbes era la guerra civile e la religione, a cui non vi erano ancora delle soluzioni,
che però sono state inventate da quella società per la risoluzione dei loro problemi.
Così come il concetto di libertà che sta nel fare tutto quello che si vuol fare nella totale
indipendenza, prima era una pazzia, una perdita di misura, in quanto in società si è sempre in
relazione con qualcun altro, e pensare che si può stare senza l’altro per i greci era una follia, ma per
Hobbes no.

Il pensiero moderno e l’intero pensiero occidentale hanno elaborato sofisticate filosofie della
guerra ma non della pace. Il pensiero occidentale nasce come dice da Eraclito sotto il segno del
conflitto della guerra, tutti i grandi autori d’occidente, vi è uno straordinario pensiero della guerra
ma molto raramente un pensiero della pace. Anche Kant può sembrar strano ma è un filosofo della
guerra e non della pace, il titolo di della pace perpetua, l’ha preso dall’insegna di una locanda, e la
pace perpetua che faceva riferimento quella insegna era la morte. Kant insegna che il confitto è un
concetto fondamentale dell’esistenza , il problema non è eliminarlo, ma regolarlo, in modo che non
diventi distruttivo.

Hegel: concetto della libertà tratto dalla dialettica servo e padrone: il padrone è colui che si assume
il rischio del rischio assoluto, il servo è colui che fa un passo indietro rispetto al rischio.
È dal conflitto col nemico che si cresce e si progredisce verso un miglioramento delle condizioni
della pace.

Dietro goni concezione di diritto e di guerra vi è una concezione di uomo.


Sergio cotta dice:
“La moderna configurazione dell’individuo e dello stato di natura è di un semplicismo ormai fin
troppo evidente, il cui preteso realismo è smentito, di qua da ogni dibattuto filosofico, proprio dalle
odierne scienze umane descrittive. Psicologia, sociologia, antropologia culturale, concordano nel
rilevare che l’individuo non è né vive mai in isolamento, bensì è inserito vitalmente in una
molteplicità di gruppi o società di appartenenza familiare, di vicinanza, amicale, politica, culturale,
simbologica.”
Da questo parte anche la concezione del leviatano di Hobbes, che cerca di dirci come siamo fatti noi
singoli individui e non noi come comunità.
Cotta dice che non nasciamo isolati, ma sempre all’interno di un contesto sociale, lo stesso
Aristotele affermava che l’uomo è uno zoon politicon, la cui esistenza assume senso solo nella
relazione con gli altri. M ala politica di Aristotele comincia dalla poleis, la città, la comunità politica,
che precede il singolo uomo; il tutto precede la parte.

“La natura comunicativa dialogica dell’uomo è dimostrato dal dato universale del linguaggio, che è
la forma elementare del dialogo, poiché si parla a qualcuno e da qualcuno si attende una risposta.
L’io è un ente dialogante.”
Noi siamo in relazione con un altro, perché siamo dotati di un linguaggio. Aristotele spiega perché
l’uomo è un animale politico: in quanto è uno zoon logom ecom, è dotato di fonè e di logos, dialogo
ma anche leghein, collegamento, attraverso il linguaggio mettiamo in relazione le cose e diamo
forma e ordiniamo il mondo e anche delle cose che non ci sono o non ci sono più.
IL linguaggio è anche uno strumento di difesa, il termine di concetto deriva dal latino composto da
cum e capio, è qualcosa che mi serve, uno strumento, per mettere assieme, raccogliere, la
molteplicità delle cose, informazioni, mettendo ordine e dando un senso.
Per Aristotele gli altri animali non hanno il logos, però hanno la fonè, la voce, il segno del piacere e
del dolore. Tutti gli animali hanno la fonè, e attraverso questa gli animali possono comunicare il
piacere e il dolore.
Dire che l’uomo è strutturalmente non sociale, non vuol dire che è un animale cattivo, così come
dire che sia sociale non vuol dire che sia buono. Questa è una categoria etica.

“Nel dialogo si manifesta la socialità altrettanto universale dell’io, che è prioritaria, per origine e
superiore per rilevanza esistenziale e moralità, al conflitto perché è fondata sulla relazionalità
ontologica dell’uomo”
Cotta dice che se riprendiamo la lezione dei greci ritroviamo una priorità ontologia della pace sulla
guerra, a differenza delle convinzioni del mondo occidentale attuale.
LEZIONE3 7/10/2022
UN DIALOGO (pdf dialogo tra ateniesi e meli, tucidide)

416 a.C. davanti a un’isola sperduta e insignificante arrivano 38 navi e 3000 uomini, si chiama Milos e
all’epoca si chiamava Melo, alcune ateniesi e altre della lega delio-attica.
Gli ateniesi arrivano perché a Melo? E cosa succede in quell’isola? Raccontato da Tucidide, dialogo tra
ateniesi e Meli.
Perché? La storia non è molto chiara, una delle versioni è che è certo che i meli, avevano deciso di
rimanere neutrali nella guerra del Peloponneso tra Atene e sparta, in parte perché formalmente
appartenevano alla lega delio-attica, non avevano ordinamento democratico che Atene imponeva ai suoi
alleati, ma avevano un regime oligarchico simile a quello di sparta, ed erano neutrali non per ragioni di
pacifismo, ma perché facevano fatica a schierarsi, alcuni dicono anche che un altro motivo della flotta
mandata era per motivi di denaro in quanto Melo non versava i suoi contributi ad Atene, per le spese
militari e le alleanze. Questo episodio è raccontato da Tucidide. (Atene e Gerusalemme radici della nostra
cultura)
C’è qualcosa che è rimasto dei problemi dei greci del tempo che in parte sono ancora i nostri, esempio
quando si mettono in scena i drammi greci, tocca di qualcosa che ha a che fare ancora con la realtà odierna.
Ad esempio, la democrazia, deriva dai greci, Pericle, dell’antichità, ma il nostro termine di oggi, il nome è
uguale, ma il concetto è diverso, la democrazia die greci era molto diversa, ci rende vicini il fatto che questi
uomini per la prima volta pensano di poter prendere decisioni negli affari della polis votando sull’acropoli,
con discorsi riguardo le tesi e alla fine si votava per alzata di mano. Assieme alla democrazia nasce la
retorica e nasce il processo per mano di Eschilo, la sofistica, la filosofia; ci rende lontani invece il fatto che
sulla collina erano molto pochi, una minoranza della gente di Atene che decideva sugli affari generali della
polis, le donne non contavano nulla. (unica vera rivoluzione del 1900 è stata la rivoluzione femminista che
ha cambiato le radici di anni e anni di storia), ad Atene c’erano i meteci, gli schiavi.
Atene del 5 secolo è Atene della grande stagione della tragedia greca, in 60 anni escono fuori 3 figure
Eschilo, Sofocle ed euripidee, Erodoto e Tucidide, intanto Socrate, Platone e Aristotele; nel sesto secolo, un
secolo prima Atene era una città insignificante di pastori, solo nel 5 secolo a.c. cambia, si chiude con la
guerra del Peloponneso tra Atene e sparta, vinta da Sparta, si apre con le guerre persiane, il vero impero
più forte del tempo con una potenza e ricchezza e eleganza eccessive, uscito sconfitto l’impero persiano per
due volte, perché Atene ne esce vincitrice. Dalle guerre persiane alla guerra del Peloponneso Atene ottiene
una enorme importanza. Con Tucidide nasce la nostra idea di storia.
I greci ci insegnano che il processo nasce prima del diritto, mentre il diritto è una cosa che puoi studiare
lontano dalle altre sfere dell’agire pratico, è una cosa inventata dai romani, mentre i greci includevano
anche norme morali, religioni, etica, diritto …
Nelle Eumenidi di Eschilo si trovano due principi base: principio della terzietà del giudice, e del
contraddittorio.
Fino a quell’epoca la vendetta era un istituto giuridico.
Con Tucidide si inventa il fare storia raccontare i fatti del passato non come omero, mettendoci dei e idee,
ma i fatti veramente accaduti, le cose accadute e basta, tanto che Tucidide partecipa alla guerra del
Peloponneso, le altre sono testimonianze che ha ricevuto. Gli ultimi anni della guerra vengono raccontati d
Senofonte. Erodoto aveva un’idea di storia diversa. La nostra storia che consociamo è principalmente le
guerre, idea che aveva Tucidide, quella di Erodoto era una storia più complessa che si sofferma sui costumi
sulla vita quotidiana, e non solo sulle guerre.

A Meo gli Ateniesi invitano degli ambasciatori per parlare con i capi militari della città e poter trattare delle
condizioni della resa. Gli ambasciatori quando sbarcano pensano di venire condotti di fronte all’assemblea
della città e pensano di poter parlare della faccenda di fronte a tutta la città in assemblea così come si fa ad
Atene. Invece i Meli, gli oligarchi non vogliono la pubblica discussione, li conducono in una stanza delle
trattative, al contrario delle preferenze degli ateniesi che non potevano utilizzare le loro capacità retoriche
per convincere il popolo, gli oligarchi inoltre volevano evitare la seduzione degli ateniesi.
Tucidide compie un gesto sorprendente: in quanto ti fa entrare in quella stanza, in cui non c’è davvero
entrato, ma ha avuto una testimonianza, e ci fa partecipare alla riunione, a differenza di un libro di storia
qui lui introduce un dialogo diretto, su argomenti che sono ancora oggi i nostri problemi.
Da un lato abbiamo Atene, la lega delio-attica, e dall’altra i meli, un’isola piccola e insignificante. (esempio
Russia in ucraina, o stati uniti in Iraq).
Per quanto riguarda il dialogo vi sono due condizioni: la pari dignità e uguale riconoscimento, e la
disponibilità a cambiare idea.
Chi è più forte fa quello chi può e chi è più debole cede: quando si tratta di forze e non vi è parità tra
queste, non vi è diritto di cui parlare, né chi ha ragione, il problema della ragione può nascere nel momento
in cui vi sono due parti nella stessa posizione, ma se queste non sono nella stressa posizione il diritto tace.
Mentre per noi oggi il diritto serve a risolvere un conflitto anche tra sproporzione di forze, in modo che non
per forza vinca il più forte, ma chi ha ragione. Questo si chiama realismo politico: in politica si guardano i
fatti: chi è più forte, chi è più debole e tutto il resto sono parole. In questo caso vi è una potenza imperiale
che si confronta con un’isola senza alcuna forza.
I meli sostengono la loro tesi con l’argomento dell’utilità, per entrare in dialogo con coloro che parlano solo
di forza, in quanto si sta parlando dell’utile e non del giusto, ma i meli non vogliono distruggere il
riferimento alla nomos, a ciò che è giuso fare, alla giustizia e al bene comune, in modo che sia utile non
distruggere il dialogo e il bene comune, e non solo ai meli ma anche agli ateniesi, è utile a loro in quanto
arriverà un momento (accadrà davvero nel 415, quando la lega delio attica arriva in Sicilia e viene sconfitta)
in cui saranno loro i più deboli e proveranno quello che stanno facendo all’isola d Meli, e si troveranno ad
essere i più deboli.
Alla richiesta dei meli di rimanere comunque amici di entrambi gli imperi spartani e ateniese, gli ateniesi
rispondo che se rimangono amici sarebbe una manifestazione di debolezza dell’impero ateniese, mentre
l’ostilità anche dichiarata da pare dei meli sarebbe un esempio di quanto Atene sia potente, preferiscono i
nemici agli amici.
LEZIONE4 12/10/2022
Perché la guerra?
INVASIONI BARBARICHE DI DENYS ARCAND(VIDEO)
Slide… con dialogo tratto dal film…
Come da un popolo di pastori escono soggetti di un’intelligenza acuta? Cosi è l’esempio della Grecia nel 5
secolo a.c. .
Nel rinascimento l’intelligenza vive in Italia con Raffaello e Michelangelo e machiavelli
Nel 1700 la firma della dichiarazione d’indipendenza in America, è lì l’intelligenza.
L’intelligenza è un fenomeno collettivo, nasce un genio perché attorno a lui ci sono altri geni.
Ora dove sta l’intelligenza collettiva?

Vienna anni del primo 900, era un luogo di sedimentazione di intelligenza collettiva. Era una città in cui
potevi incontrare Gustav Mather, Bergh, Scile. Klimt, Klaus, Wildgenstein, e Hitler, era anche un laboratorio
di ricerca per la distruzione dell’umanità, in quanto ha incubato l’ingresso nella storia dell’umanità del male
assoluto.
Nel 1931 si possono incontrare Sigmund Freud, e Albert Einstein.
Lettere da Albert Einstein a Freud 1932, e una con cui Freud risponde ad Albert Einstein.
In quel periodo girava molta gente intelligente la società delle nazioni costituita dopo la Prima guerra
mondiale, e su istituto per la cooperazione intellettuale, si rivolge ad alcuni esponenti di spicco della cultura
degli anni chiedendo di avviare un carteggio sul presente, sulle loro idee, sulla situazione attuale. IL primo a
cui ci si rivolge, è Einstein, che riceve l’invito nel 1931, e vuole rivolgersi a Sigmund Freud con la domanda,
c’è un modo per liberare gli uomini dalla fatalità della guerra? Il dialogo viene poi pubblicato col titolo
“perché al guerra?”.
Una domanda che sembra molto semplice, come tutte le vere domande, ma non è semplice la risposta.
Mentre i problemi hanno una risposta, le domande no, per questo le domande hanno fatto la storia della
filosofia e ragioniamo ancora sulle stesse cose da Platone a oggi, perché le domande non hanno una
risposta universale, al contrario della domanda che invece viene affrontata da tutti. IL loro problema è che
non hanno una sola risposta assoluta.

Cielo sopra Berlino, quando il bambino era un bambino, Wenders e il cielo sopra Berlino collegamento
con le domande semplici, fatte dai bambini ma a cui non c’è una risposta.

Einstein mette in linea una domanda come queste, e tra l’altro i due si erano già incontrati una volta a casa
del figlio di Freud, e l’indomani Freud scrive una lettera a un suo amico dicendo di aver conosciuto Einstein
che è molto allegro e capisce di psicologia quanto lui capisce di fisica.
Nel 33 Hitler diventa cancelliere del reich, e la preoccupazione di Einstein non è immotivata, il mondo era
appena uscito da un mondo devastante con una guerra combattuta tra tattiche antiche e strumenti nuovi.

LETTERA DI EINSTEIN pdf su studium


Einstein sapeva cosa si stesse preparando sotto il campo delle armi di distruzioni essendo del campo.
L’unica cosa che poteva fare era porre la domanda e provare a porre il problema nei suoi giusti termini, e
quindi inquadrando un principio di risposta, ma formulerà una risposta che poi Freud confermerà.
Freud semplicemente sviluppa alcune delle intuizioni già presenti nella lettera di Albert Einstein.
Ci sono degli ostacoli psicologici che ci spingono a fare la guerra pensa Einstein, che chi non conosce la
psicologia non può individuare, e chiede Freud se può sviluppare dei percorsi educativi che li possano
eliminare in modo distaccato anche dalla politica.
Einstein propone una sua idea: sul piano esterno ad Einstein sembra che la soluzione sia semplice, pensa
che ogni stato deve rispettare un’autorità legislativa che si debba formare per poter regolare i conflitti tra le
varie nazioni, perciò creando uno stato mondiale stessa soluzione che proporrà Hans kelsen, una autorità
legislativa e giudiziaria che si deve occupare di tutti i conflitti che sorgono tra gli stati. Ma qui si incontra una
prima difficoltà, un tribunale è una istituzione umana, è composto da uomini e fatto da uomini, e quindi più
è soggetta alle pressioni extragiudiziali, e meno ha potere di far rispettare le decisioni giudiziali. Diritto e
potere, quindi, sono inscindibili per Einstein, se a quella autorità non riconosciamo un potere che ce ne
facciamo? Non ci può essere diritto senza potere, ma è anche vero il contrario che non c’è potere senza
diritto, ma quello che è certo è che i due sono inscindibili e le decisioni del diritto più si avvicinano all’ideale
di giustizia a cui aspirano la comunità e le sentenze, tanto più la comunità ha il potere di affermare il
proprio ideale di giustizia e questo è funzionale al perseguimento di un unico ideale di giustizia. DIRITTO-
POTERE-GIUSTIZIA
AFORISMA DI PASCAL da Pensieri: “è giusto che ciò che è giusto sia seguito, è necessario che ciò che è più
forte sia seguito, la giustizia senza la forza è impotente, la forza senza giustizia è tirannica. La giustizia senza
forza è contestata, perché ci sono sempre malvagi: la forza senza giustizia è messa sotto accusa. Bisogna
dunque mettere insieme la giustizia e la forza e , perciò fare che ciò che è giusto sia forte, o ciò che è forte
sia giusto.”
Pascal dice quindi che la giustizia senza una forza non è niente, e come dice Einstein l’autorità se non ha il
potere non serve a niente. Ma la forza senza giustizia è tirannica, saggio Tommaso greco in dimensione del
diritto c’è un saggio sul potere e il suo rapporto con il diritto e come è stato inquadrato nella storia del
pensiero occidentale, e un altro saggio dedicato alla giustizia.
Il diritto molto probabilmente è nato per mettere insieme forza e giustizia, ma forse il diritto può essere
considerato un termine medio tra ideale di giustizia e l’applicazione della forza o violenza.
Tornando alla lettera, Einstein dice che si è lontani dall’avere un’organizzazione sovrannazionale che possa
avere una autorità incontestata, mentre già c’era la società delle nazioni. Einstein dice che con una nuova
società sovrannazionale ogni stato deve rinunciare alla sua libertà di azione, e non c’è alcuna altra soluzione
per arrivare ad una sicurezza assoluta. Hans kelsen poi dira nel suo problema della sovranità, che l’unico
modo per risolvere il problema della guerra è ridurre la sovranità statale di ogni stato sotto un unico ente
autoritario per la sicurezza internazionale. La rinuncia alla sovranità per ogni stato è molto complicata
soprattutto con Hobbes, che ha inventato lo stato moderno e il concetto di sovranità attuale.
Rinvio all’ART. 11 COST.  l’unico modo per ottenere la pace è far si che ogni stato rinunci alla propria
sovranità in parte in condizioni di parità ecc…
Ma un potere limitato, è ancora un potere sovrano? È un ossimoro oppure no?
Si può immaginare una sovranità limitata, quando invece il concetto di sovranità nomina l’assolutezza di un
potere con Hobbes?
Ciò che distingue un potere sovrano da un potere che invece sovrano non è, è la sua assolutezza.
Nell’unione europea vi è ancora una forte resistenza alla cessione della propria sovranità nazionale.
La società delle nazioni per Einstein è ancora lontana dal suo vero compito, ma perché? Forse perché c’è
qualcosa che ci frena dall’adottare quella che sappiamo sia la soluzione.
Alcuni di questi fattori sono evidenti:
1. la classe dominante ha troppa sete di potere, non vuole in alcun modo rinunciare al suo potere, e non
vuole accettare delle limitazioni al proprio potere.
2. un altro ceto sociale, non vuole perdere il potere per avere dei vantaggi materiali economici, e vedono
nella guerra e nella produzione delle armi uno scopo solo per ottenere maggiori guadagni.
E allora sorge un’altra domanda: come è possibile che la minoranza ora menzionata riesca ad asservire alla
propria cupidigia la massa del popolo, m che da una guerra ha soltanto da soffrire e da perdere?
Tutto quello successo nel ventennio fascista non è solo colpa di Hitler, Nella maggioranza ci stanno anche i
soldati.
Nell’ultimo trattato di guerra e pace è un trattato di storia in cui Tolstoj si chiede come è possibile che
Napoleone è riuscito a coinvolgere così tanta gente nella campagna in Russia? Tutti ci sono andati per paura
di Napoleone? Ma non è possibile. Non si può dare colpa solo a Napoleone, e così non si può dare la colpa
solo a Hitler, nel terzo reich, non c’era solo un pazzo, altrimenti lo avrebbero rinchiuso, ma il pazzo era
comunque appoggiato da altri suoi sostenitori, non sono solo Hitler, mussolini e Stalin che scatenarono
tutto, il passato ci insegna che non solo i singoli dittatori hanno fatto si di creare tutto, ma anche le masse
hanno agito in tal senso. IN primis anche la stampa e la scuola e le organizzazioni religiose si abbassano agli
interessi della minoranza, con la propaganda, che riescono a giostrare la maggioranza tramite la
propaganda. La propaganda è servita a costruire una realtà sociale, come oggi in Russia in cui la guerra
vinee invece chiamata come operazione speciale. Viviamo in un mondo che ci viene raccontato ed è sempre
stato così e nessuno di noi è immune a questa situazione. Da qui il problema del potere, ad esempio
internet che da un punto di vista è un fattore di liberazione in quanto difficile da controllare sotto la
propaganda.
Ma per Einstein sorge un ulteriore interrogativo: come è possibile che la massa si lasci infiammare con i
mezzi suddetti fino all’olocausto di sè? Com’è possibile che si faccia convincere di morire in guerra? Fino al
sacrificio assoluto? Einstein da una sua domanda: Questo perché l’uomo ha già dentro di sè il bisogno di
odiare e distruggere. Questo lo aveva già scoperto Freud, con la sua pulsione di morte. Freud dopo
l’inconscio scopre c’0è qualcosa al di là del principio di piacere e questa è la pulsione di morte.
In tempi normali questa sua inclinazione rimane latente, ma in circostanze personale arriva alla luce e
produce una psicosi collettiva.
LEZIONE5 13/10/2022
CARTEGGIO TRA EINSTEIN E FREUD PT.2.
EINSTEIN; ultima domanda che rivolge a Freud: c’è una possibilità di dirigere l’evoluzione psichica degli
uomini in modo che resistano alle psicosi dell’odio e della distruzione?
La risposta Va trovata nel modo in cui siamo fatti, dentro di noi molto probabilmente c’è un bisogno di
odiare e di distruggere, c’è un modo per trasformare l’impulso di distruzione in qualcosa altro?
Non vuole rivolgersi ad un’educazione e alla possibilità di trasformare l’odio in qualcos’altro in una
evoluzione psichica non solo nei confronti delle masse incolte, ma sostiene che è proprio l’intellettuale che
per primo viene a cadere vittima di questo impulso, in quanto non ha contatto con la realtà ma solo con la
pagina stampata. L’esperienza con cui parla Einstein è quella della Prima guerra mondiale, che nacque non
solo dalle masse ma anche dall’inteligencia.
UN esempio è wittgenstein che si arruola volontario in guerra, e va a combattere per poi venire fatto
prigioniero a Cassino, periodo in cui scrive il tractatus logicus philosophicus. Altro è Gadda assoluto
interventista. C’è molta gente che quindi facente parte della classe superiore che viveva la guerra in un
modo entusiasmato. C’è una forza di attrazione dietro, e quindi bisogna confrontarsi con quello non solo
che siamo ma anche cosa vogliamo e desideriamo realmente. Ma cosa cercavano i colti nella guerra?

Einstein conclude dicendo che l’aggressività umana non è sono nella guerra tra stati, ma anche nelle guerre
civile, dovute al fanatismo religioso o motivi sociali, ma anche nelle persecuzioni razziali, ma ha voluto
rappresentare la forma più disastrosa di odio. La guerra non è quella fatta con morti e armi, anche
l’attentato delle torri gemelle, gli atti terroristici sono guerre, la guerra non si è mai fermata,
semplicemente non ha mai assunto forma di guerra tra stati, una forma che dopo la guerra mondiale sta
tramontando.

LETTERA DI FREUD
La risposta di Freud è un compendio del suo lavoro.
INTRO: dall’opera “protect me from what I want di holzer”, l’autrice compie un gesto trasformando la
scrittura una forma d’arte. Una sua opera è turismi, che significa verità evidenti, e sono delle frasi proiettate
su oggetti quotidiani.
L’opera proteggimi da ciò che voglio, è stampata nei luoghi più quotidiani, è una richiesta di aiuto, di
protezione. rivolta a non si sa chi, e nei confronti di cosa. Perché? Che cosa voglio? È una delle domande
che si confronta costantemente col pensiero umano. IL diritto è uno degli strumenti che abbiamo inventato
per proteggerci da quello che vogliamo. Ma cosa vogliamo? Anche senza sapere di volerlo magari?
È una domanda Perturbante: è estraneo perché è molto vicino, mina la sicurezza delle nostre convinzioni, la
paura i quell’altro che abita in noi, la nostra seconda identità, l’io è la malattia mentale dell’uomo. Il
sintomo umano per eccellenza, noi non siamo mai io, siamo sempre altro, l’identità è una corazza che ha
una funzione di protezione, ma più abbiamo paura e più si rafforza l’identità sull’io, sia a livello individuale,
sia a livello collettivo e politico, così i sentimenti di identità nazionale, accadono quando qualcuno ha paura,
il nazismo nasce così. Comprendere un fenomeno non significa giustificarlo, bisogna capire le cose per
vitare di farle riaccadere. Nella Germania tra le due guerre è avvenuto il trattato di Versailles con cui le
potenze vincitrici mettono in ginocchio la Germania, dopo la prima guerra; imporre le condizioni fatte sulla
Germania significava mettere in ginocchio un paese che sarà costretto a reagire; altro collegamento è il
crollo della borsa di wall street del 29 ha un ruolo nell’ascesa di Hitler, gli americani avevano capito che la
Germania dopo Versailles sarebbe stata una polveriera, e quindi gli usa capiscono che nel loro interesse
devono aiutare la Germania e la aiutano con sovvenzioni importanti, crolla la borsa nel 29, e gli usa non
possono più aiutarla, e la Germania si trova distrutta economicamente con un ‘inflazione altissima e
disoccupazione alle stelle, è un popolo che soffre e fa fatica ad arrivare a fine mese, hanno bisogno di un
capro espiatorio, qualcuno con cui prendersela e se la prendono con le grandi banche, gli ebrei,
costruiscono un nemico, che è il primo passo di un popolo in difficoltà per individuare un capro espiatorio, e
cercano un capo carismatico un padre da seguire che li protegga e li salvi. C’è una difficoltà economica, una
difficoltà nell’identità, e cerca una figura che possa salvarli, una personalizzazione della politica.
Prima nei partiti non votavi le singole persone ma tutto il partito portatore di idee dc o partito comunista
ecc… Oggi i nomi dei partiti invece non rappresentano più la vera ideologia del partito, ma hanno assunto
un’idea dadaista. Ad ese. Il partito democratico non vuol dire che è più democratico degli altri, il partito
forza Italia non da l’idea di essere un partito, ma sembra che si schieri dalla parte dell’Italia intera senza
prendere parte… e così via.
Le identità si costruiscono sempre per differenze e contrapposizione. Se prima le idee erano più importanti
delle persone votate, oggi sono più importanti le persone, si è adottata una mentalità da repubblica
presidenziale quando siamo in un assetto parlamentare.

Una riga di Freud risponde alla domanda della paura, perché abbiamo bisogno di protezione e da cosa
dobbiamo proteggerci? In al di là del principio del piacere Freud dice che l’organismo desidera solo morire a
modo suo. Freud la chiama pulsione di morte ed è qualcosa che va al di là del principio del piacere. Noi
desideriamo solo morire, ma in realtà c’è anche un rifiuto dietro. C’è inconsciamente una pulsione di
ritorno all’inorganico. Al di là del principio di piacere nasce un tentativo di dare una risposta alle nevrosi
traumatiche dei reduci della guerra. Questi tendevano a ripetere le esperienze vissute in guerra nei sogni,
nei rituali ossessivi, ma in realtà vale per tutte forme di nevrosi ossessive di chiunque, abitudini che
continuiamo a ripetere, nel caso della guerra perché ripetono una esperienza spiacevole? Forse c’è
qualcosa al di là del principio di piacere, quello che desideriamo veramente non è godere ma morire, ma c’è
uno stretto legame tra il godimento e la morte. Perché quindi le masse si fanno spingere dalle minoranze?
Solo per il bisogno di odio e di distruggere? No anche per le pulsioni di morte.

Freud nella lettera darà due risposte distanti tra loro, l’ultima è una speranza c’è, la penultima è no non c’è
speranza. E dopo aver scritto questa cosa, Freud stacca un paragrafo e quando ricomincia aggiunge un
però… e quindi è simbolico il fatto che se prima dice che non ci sia speranza poi consegna un carteggio in
cui riconsegna una speranza.

LETTERA DA FREUD A EINSTEIN


Freud già sottolinea che Einstein nella sua lettera aveva già detto tutto, e quindi confermerà ciò che Einstein
propone e cerca di analizzare nel profondo le questioni già presentate da Einstein.
Freud riparte con il legame tra diritto e potere, il tribunale, la sicurezza mondiale…
Riprende l’articolazione che Einstein aveva dato alla questione. Freud vuole sostituire la parola potere con
violenza. E diritto e violenza così entrano in contrapposizione. Ma quale è la differenza tra potere e
violenza? Gevalt in tedesco indica sia la violenza illegittima quanto la forza legittima, e il potere che esiste al
momento della posizione del diritto. La forza che pone il diritto è una forza legittima o no? Dipende perché
se la guardo con gli occhi del potere costituito la forza originaria è una forza legittima perché legittima dal
diritto che viene costituito, ma nel momento della sua costituzione questa forza come è? Diventa legittima
grazie al potere che viene posto, ma in quell’attimo della posizione dl diritto è legittima? Gevalt indica
quindi l’ambiguità del potere che fonda il diritto, che è legittimo quando il potere costituente diventa
costituito, ma che di per sé non è né legittima né illegittima.

Quale è la differenza tra poter e la violenza? Una possibile risposta è che la violenza è una forza o un potere
privo di misura, cioè sregolato, senza alcun limite. Potere o forza invece richiede un principio di misura.
La forza rinvia così come il potere alla presenza di una regola e al principio di legittimità, mentre la violenza
costituzionalmente illegittima ed eccede il mondo del diritto, quando la forza della polizia diventa una
violenza? Quando la forza eccede una regola, supera un limita, oltrepassa una misura. Compito del diritto è
individuare una misura della forza, organizza la forza.
Quindi Freud dice di allontanarsi di più dal diritto, in quanto il diritto è inscindibile sia dalla potere e dalla
forza, che rinviano all’idea di una misura, la provocazione più forte e perturbante che lascia Freud è che il
diritto ha a che fare con qualcosa che è violenza, una forza che sembra radicalmente altro da quello che il
diritto dovrebbe regolare. Nel diritto la violenza è toccata solamente nelle fattispecie criminali. Non sempre
c’è un’opposizione tra diritto e potere e forza, Kelsen dirà che diritto e potere non sono antitetici, non vuol
dire che dove c’è forza non ‘è diritto, ma anzi il diritto è organizzazione della forza, e dove c’è forza c’è
diritto, proprio perché non c’è violenza. Ma diritto e violenza invece sono antitetici per Freud.
È facile mostrare per Freud che il diritto si è sviluppato dalla violenza, alla radice del diritto c’è la violenza e
non la forza e il potere ovvero la misura, ma l’illimitato.
IN TOTEM E TABU si dice che le nostre società si sono costruite sulla violenza, che poi noi rimuoviamo, si
indica la genealogia del diritto, da dove deriva? Dalla violenza, il fondamento del nostro legame sociale
deriva dalla violenza tramutata in diritto. La giustificazione del fatto che riusciamo a vivere assieme per
Freud si rintraccia in un crimine originario alla base delle nostre società.
LEZIONE 6 14/10/2022
Dalla opera: FORZA DI LEGGE E FONDAMENTO MISTICO DELL’Autorità (Diviso in due capitoli – Del diritto
alla giustizia e il nome di Benjamin – corrispondenti a testi letti per la prima volta in colloqui universitari
tenuti in America nel 1989-90, il libro evidenzia una scissura tra diritto e giustizia, oggetto da parte di
Derrida di una riflessione profondamente originale. Con riferimento a Montaigne e Pascal, egli esprime una
precisa critica dell’ideologia giuridica, del diritto che è in rapporto asimmetrico con la giustizia, nel senso
che laddove c’è diritto non c’è giustizia, per il semplice motivo chela forma giuridica è l’esito di rapporti di
forza politico-economici. Se è indubitabile che la legge si regge sulla forza, allora si tratta di vedere qual e
possibilità essa ha di accedere alla giustizia. L’attenzione cade sulla parola Gewalt, che ma in lingua tedesca
vuol dire tanto violenza quanto autorità, potere legittimo, forza pubblica. E attorno al saggio di Walter
Benjamin Zur Kritikder Gewalt (Per una critica della violenza) ruota tutto il secondo capitolo, dedicato alla
decifrazione del mistero, ovvero dell’ambiguità per cui dalla «violenza fondatrice» si passa alla «violenza
conservatrice» di una legge che occulta la propria origine per opporsi ad altre forme di violenza.
 come si distingue dalla forza della legge la violenza che giudichiamo sempre ingiusta? (è un passaggio
con cui collegare il dialogo di Einstein a Freud.)
Che differenza c’è tra la forza che può essere giusta, e la violenza che consideriamo sempre ingiusta? Cosa è
una forza giusta o una forza non violenta?
IL potere costituente che istituisce un nuovo ordine, è illegittimo o legittimo, è forza o è violenza?
Quando Freud chiede retoricamente ad Einstein di sostituire il termine potere con violenza, porta con se
questa ambiguità. La traduzione di Gewalt nel conteso del testo freudiano col termine violenza non è una
traduzione ingiustificata ma probabilmente in quel contesto è la traduzione giusta. IN quanto Freud fa
riferimento ad una forza che viene prima del diritto, che lo fonda e che nel momento in cui diventa fatto,
diventa potere, e quindi quel fatto p ingiusto o ingiusto?

DALLA LETTERA DI FREUD


Freud spiega per quale ragione il diritto si sia sviluppato dalla violenza, e troviamo un crimine originario,
fondamento del legame sociale, ovvero del fatto che noi riusciamo a vivere assieme un atto di violenza. il
crimine di cui Freud aveva parlato nel 1913 di cui parla in totem e taboo con legami a ricerche
antropologiche, con somiglianze tra la vita mentale dei selvaggi e quella die nevrotici, che è l’uccisione del
padre. Ma in questo contesto quale padre?
Freud parla di questo fondamento del legame sociale come un mito scientifico. Indicando che se si vogliono
capire certe cose vanno inventate quelle cose di cui non si può spiegare.
Tutta ka teoria dello stato di hobbes ad esempio è una gigantesca costruzione narrativa, costruisce una
storia con una potenza immaginativa, e dietro freud pure vi è una costruzione immaginativa quando
comincia a raccontare “una storia” per giustificare la violenza e come si è sviluppata nei vari momenti
storici, e perché vi è una continua voglia di uccidere il nemico. Voglia che non ha solo giustificazione
economica ma anche per una inclinazione funzionale: la pulsione di morte che prende le vesti di odiare e di
uccidere. La sua stessa storia l’aveva già trattata thomas hobbes nel 1600, la lotta ha scopo che per far si di
stare al sicuro dal nemico che prima o poi mi ucciderà, allora lo uccido prima io in mood che poi sarò al
sicuro, è il modo migliore per risolvere una contesa.
Sappiamo che il regime originario degli uomini è stato cambiato, e che una strada ci ha condotto dalla
violenza al diritto, ma come ci siamo arrivati?
Freud dice solo una strada: quella dell’accertamento che allo strapotere di uno solo si potesse contrapporre
l’unione di più deboli, se nella condizione originaria il più forte vince, con il diritto i deboli capiscono che se
si uniscono possono sconfiggere il più forte. La violenza viene sconfitta dalla potenza di molti.
Questo vuol dire che il passaggio dalla violenza al diritto è il passaggio dalla violenza del singolo alla violenza
dei molti. IL diritto, infatti, è la forza di una comunità. IL passaggio al diritto è il passaggio da una forza di
violenza ad un’altra forza di violenza.
Perché si compia il passaggio dalla violenza del singolo alla violenza dei molti, vi deve essere una condizione
psicologica. VI deve essere una istituzione dei molti, che vi sia qualcosa di stabile e di durevole e questo è il
senso delle istituzioni. Freud traduce il passaggio da una istituzione in temi di una condizione psicologica.
La condizione psicologica è un riconoscimento di un comune interesse nello stare assieme, la voglia di stare
assieme che deve essere un affetto sociale, senza questo eros, senza la circolazione di questo eros, di
questa potenza di aggregazione, di questo desiderio di vivere con il gruppo, non ci sono norme che
tengano. IL vero cemento del legame sociale è eros, l’affetto, la spinta emotiva verso l’altro, poi su questo
costruiamo delle norme su quello che si può fare o no, ma queste norme senza il legame emotivo non
funzionerebbero. Ma con questo passaggio si toglie la violenza dal singolo e la si riporta nelle mani del
gruppo

FREUD IL DISAGIO DELLA Civiltà: “La vita comune è resa possibile, in primo luogo, se si afferma una
maggioranza più forte in ogni singolo e tale da restare unita contro ogni singolo. Il potere di questa
comunità si oppone allora come diritto al potere del singolo, che viene condannato come forza bruta.
Questa sostituzione del potere della comunità a quello del singolo è il passo decisivo verso la civiltà. “
Nel momento in cui si afferma un’unione che fa la forza che trasforma la potenza dei molti in diritto, la
violenza del singolo diventa solo violenza illegittima, e la violenza dei molti invece diventa diritto e autorità
pubblica.
Ad esempio le rivoluzioni fallite sono le potenze dei singoli che non si sono consolidati in gruppo e non
hanno trasformato il loro potere in diritto e quindi in potere, ma rimangono solo violenza illegittima,
Mentre nelle comunità in cui la rivoluzione riesce questa diventa forza legittima che vede la coesione di
tutti i consociati, ma diventa violenza il potere di quel singolo contro cui il gruppo si pone.

“la sua essenza consiste nel fatto che i membri della comunità, si limitano nelle loro possibilità di
soddisfacimento, mentre il singolo non conosceva restrizioni del genere. Quindi, il primo requisito della
civiltà è la giustizia, cioè la sicurezza che l’ordine statuito non sarà infranto a favore di nessuno. Ciò non
implica nulla circa il valore etico di un simile diritto.”
Dal momento in cui vivo con gli altri ed entra in gioco eros, e capisco che mi convenga vivere con gli altri,
devo ricominciare a rinunciare al soddisfacimento di alcune pulsioni, ovvero non posso fare tutto quello che
voglio, e quindi se sto con gli altri entra in gioco la rinuncia funzionale. Quindi primo requisito della società
è la giustizia. Quindi cosa è la giustizia? È la sicurezza che l’ordine statuito non sarà infranto a favore di
nessuno. Sarà logico tutto ciò che sarà funzionale alla conservazione dell’ordine statuito.
Esempio quale fu il principio guida di Creonte nelle opere di Sofocle? Caronte porta un principio guida che
all’epoca era molto sentito, l’anarchia è il peggiore dei mali. Qualunque ordine per quanto terribile e
violento sia, è comunque preferibile all’anarchia. E così penserà anche sant’Agostino.
E poi aggiunge che dopo aver parlato della giustizia che è un termine che ha un registro etico, sottolinea
invece che quello che interessa è la sicurezza dell’ordine, non importa quale sia il suo valore etico, ma
qualsiasi ordine è preferibile all’anarchia.

“ L'uomo non è una creatura mansueta, bisognosa d'amore, capace al massimo di difendersi quando è
attaccata; è vero invece che occorre attribuire al suo corredo pulsionale anche una buona dose di
aggressività.
Ne segue che egli vede nel prossimo non soltanto un eventuale soccorritore e oggetto sessuale, ma anche
un oggetto su cui può magari sfogare la propria aggressività, sfruttarne la forza lavorativa senza
ricompensarlo, abusarne sessualmente senza il suo consenso, sostituirsi a lui nel possesso dei suoi beni,
umiliarlo, farlo soffrire, torturarlo e ucciderlo.
Homo homini lupus: chi ha coraggio di contestare quest'affermazione dopo tutte le esperienze della vita e
della storia?”

Noi tutti uomini siamo animali che vanno addomesticati, e l’addomesticamento produce disagio, non nasce
già così com’è. Ognuno di noi porta con se una carica di aggressività che poi viene sublimata in vari modi
con vari canali di sfogo. L’uomo è un animale che gode nel torturare e veder soffrire l’altro.
Questo vuol dire che quindi l’animale con cui si ha a che fare per risolvere il problema della guerra non si
può ignorare la pulsione di morte e questa cosa. Ognuno di noi in determinate condizioni può tornare ad
essere così com’è, senza frenare le sue pulsioni. Essendo animali addomesticati, nella civiltà si rimuovono
queste pulsioni, attraverso meccanismi di sublimazione, le pulsioni trovano forme differenti di
manifestazione, ma ci sono.
Anche il fatto che l’uomo sia un animale che gode nel veder soffrire l’altro questo non lo rende cattivo, ma
è un animale come tutti gli altri animali, ma noi siamo peggiori perché godiamo nel vedere soffrire gli altri
animali, cosa che gli altri animali non fanno.
L’homo homini lupus, vuol dire che l’uomo è un animale come gli altri animali, ma l’animalità è il fatto che il
più grande e forte mangia il più piccolo.

“l’uomo civile ha barattato una parte della sua possibilità di felicità per la sua sicurezza”
Queta è per Freud la base delle nevrosi, in quanto ci sono delle pulsioni che freniamo e non soddisfiamo, a
causa dello stare in civiltà che però ci da sicurezza. IL disagio e la nevrosi sono elementi costituivi della
civiltà.
LEZIONE 7 19/1O/2022
EROS E THANATOS
IL primo passo della lettera dice che Freud è concorde con Einstein ma vuole sostituire la parola potere col
termine violenza.
Con questo termine Freud ci porta a riflettere sull’origine del diritto: la violenza.
Il diritto è un mutamento di forma della violenza. Sorge quando la violenza del singolo viene sostituita dalla
violenza dei molti.
L’esperimento della società delle nazioni è il primo passo per costituire questa autorità che propone
Einstein. Ma questa fa leva molto sulla forza delle idee, ma Freud dice di fare attenzione in quanto questa è
servita solo a giustificare la violenza dei molti.
Freud dice concludendo la lettera che è un errore di calcolo non considerare il fatto che il diritto era in
origine violenza bruta e che ancora oggi non può fare a meno di ricorrere alla violenza.
Abbandonando la lettera…
Affrontare l’argomento di guerra ci permette di affrontare la propria idea di diritto.
il diritto non annulla la violenza ma la conserva al suo interno e la utilizza. Freud sta tracciando una
genealogia del legame sociale, il fondamento del nostro vivere insieme. Una delle cose più importanti di
Freud è che racconta una storia a un certo punto e dice l’origine del legame sociale, il fondamento del
legame sociale, e delle istituzioni, e così della religione. Della morale, del diritto, di tutti i sistemi normativi
che ci fanno vivere insieme agli altri. Freud dice che l’origine della società riposa in un crimine originario.
Torna il punto della violenza come origine della nostra storia. Spesso una violenza fratricida scandisce la
storia. Esempio Caino e Abele, Atene e Sparta, Romolo e Remo, Carl Smith invece dice che il diritto nasce
dalla spartizione della terra, il nomos della terra. La storia che ci racconta Freud invece è una narrazione
diversa, Lui rappresenta un mito scientifico, credendo che ogni scienza usa miti al suo interno, nell’ultimo di
Totem e tabù, che raccoglie 4 articoli di Freud tra il ’12 e ’13, e rappresenta sotto le vesti di una narrazione
scientifica, in questo testo lavora su testi antropologici su Darwin soprattutto, e mettendo d’0accordo le
scoperte di Darwin con altre scoperte come il pasto totemico, nelle tribù primitive e gli aborigeni continua
ad essere in vigore questo rituale, un esempio nella nostra religione è l’eucaristia che è ancora oggi un
pasto totemico.

TOTEM E TABU: su studium


Concordanze nella vita psichica tra i selvaggi e i nevrotici.
Freud dice che nelle tribù potremmo vedere in una fase aurorale una serie di dinamiche che noi oggi ci
portiamo dietro, e sulle quali abbiamo sovrapposto strati di civiltà, ma sono dinamiche che sono ancora
presenti nella nostra psiche e che spiegano la nevrosi e i comportamenti nevrotici.
ANALISI OPERA
L’operazione della comprensione è un modo per tenere insieme fenomeni diversi: voglio ricondurre unità a
un’unica narrazione, così con la stessa cosa di concetto, raccogliere, prendere insieme.
C’è l’evidenza riconosciuta dagli etnologi sul banchetto sacrificale, sul totem come elemento sacro divorato,
incorporato, pasto totemico. E poi c’è l’ipotesi sulla condizione primordiale della condizione umana, sulle
scimmie superiori di Darwin.

Vi è un padre prepotente che tiene le femmine e caccia i figli man mano che crescono, questa è la storia
originale per Freud, c’è un’ orda per Darwin delle scimmie superiori, nei piccoli gruppi di queste orde un
maschio ha il controllo onnipotente, su tutte le femmine. È la stessa storia che si ripete per Uranio,
Chronos o Zeus, una storia che va avanti con l’uccisione del padre, per mano dei figli, in quanto quel primo
mangiava i figli lasciando solo le femmine per evitare nemici. Qui c’è la violenza di uni, il padre.

Un giorno i fratelli si riuniscono abbattono il padre e lo divorano e la violenza di uno viene superata da
quella di molti. Qui il concetto di unione, e uniti possono fare qualcosa che da soli non potevano fare, e
avvertono un senso di superiorità. Divorando il padre me ne approprio della sua forza.
In questo crimine originario vi è la violenza di uno sostituita dalla violenza dei molti.

Ambivalenza del complesso paterno dei nostri bambini e nevrotici: c’è una ambivalenza affettivo emotiva
verso il padre. Collegamento con complesso di edipo, c’è amore ma c’è anche odio verso il padre, il quale
che impedisce ad avere accesso alla madre e il cui divieto genera una castrazione, fa barriera tra me e la
madre. La mia identità si costruisce tramite la mia identificazione col padre, ma lo odio anche perché mi
separa con la madre. “Da qui è dove nasce la parola, col seno in Bocca non puoi parlare”. (BOH VA BE)

I figli odiavano il padre ostacolo al loro desiderio di potenza e piacere sessuale, ma lo ammiravano, e dopo
averlo soppresso e soddisfatto il loro odio, e aver imposto il desiderio di identificazione con lui, si fece
sentire l’affezione nei suoi confronti sopraffatta. Si verificò nella forma di rimorso, un senso di colpa, sentito
collettivamente in tutti i figli. Per Freud è un prodotto di questo crimine. Questo pentimento fu favorito dal
fatto che l’impresa non diede piena soddisfazione a nessuno degli autori e sotto un punto di vista era
inutile, in quanto dopo l’uccisione nessuno dei figli poteva attuare il desiderio di prendere il posto del
padre, anche perché se qualcuno lo facesse si ripeterebbe la storia.

IL padre da morto divenne molto più forte di quanto fu da vivo. Cosa i fratelli si proibiscono? Due divieti:
dichiarano proibita l’uccisione del padre, e poi il divieto di incesto. Ci sono dei divieti costituitivi di ogni
cultura, e questi si ripetono in ogni cultura.

IL primo saggio in totem e tabù vi è l’orrore dell’incesto in cui lavora con tutte le tribù normative che non
hanno nemmeno sistema religioso e morale, ma anche in queste tribù primitive vigono delle regole che
tengono a proteggerci dalla possibilità dell’incesto. In queste tribù l’orrore di incesto includeva chiunque
apparteneva allo stesso clan totemico, e non solo tra sorelle e fratelli, madri e padri. Qui scatta la curiosità,
e perché? Che senso ha proibire qualcosa che noi non vogliamo e possiamo fare? originariamente il
pensiero umano è un pensiero incestuoso, tanto da provocare orrore.

Con il divieto di uccidere il sostituto del padre, si forma un nuovo totem, e venne introdotto il divieto di
incesto. Creando i due tabù fondamentali del totemismo che coincidono con i due desideri rimossi del
complesso edipico, e sono le stesse due macchie di cui si macchia edipo.

Solo uno di questi due tabu aveva basi emotive, l’uccisione del padre, ma l’altro il tabù dell’incesto è il
primo fondamento del legame sociale, perché il primo motivo di divisione è il bisogno sessuale, e per farci
stare assieme allora bisogna regolare il bisogno sessuale e inibirlo o scaricarlo all’interno del clan. In quanto
una volta ucciso il padre i fratelli rimangono nemici tra di loro in quanto devono contendersi le donne. Il
bisogno sessuale è polemogeno, innesca conflitti all’interno del clan . Con il divieto dell’incesto si avvia la
prima condizione di legame sociale ci condente di vivere assieme all’interno del clan, e disinnesca la
pulsione sessuale con le donne all’interno del clan.

FINE RACCONTO TOTEM E TABù, COLLEGATO AL “è un errore di calcolo non considerare che il diritto è
frutto di una violenza bruta”.

Tornando alla lettera: “Lei si meraviglia che sia facile infiammare gli uomini alla guerra….Resta misteriosa
questa cosa, ma se la guerra può essere motivata da una sete di potere della classe dominante, sono pochi
che vogliono la guerra, e come la guerra fa comodo a qualcuno e questi pochi guadagnano con la
circolazione della ricchezza, e questi pochi riescono ad influire su tutta la massa oltre alla propaganda, alla
retorica, alle istituzioni, ai luoghi di formazione? Questa cosa non riguarda solo il popolo bue, ma anche
l’intelligencija europea esaltavano la guerra e si arruolano volontari. Einstein aveva data una prima risposta
”forse perché a noi la guerra piace e c’è un godimento nel farla”. Freud concorda e dice che abbiamo
passione per la guerra.

Freud risponde che: ci sono due pulsioni della specie, non solo qualcosa che ci attrae ma che ci spinge,
quelle ci tendono ad amare e punire, chiamate erotiche, sia sessuali, estendendo il concetto popolare di
sessualità intenzionalmente, viene inteso come la tendenza alla fusione e all’unione con l’altra. Noi nel
partner cerchiamo un completamente, l’eros è una potenza che va nella direzione di un completamento
verso la parte a noi mancante, è una tendenza alla conservazione e all’unione; e quelle che tendono a
distruggere e uccidono, che spingono alla pulsione distruttiva. Entrambe le pulsioni i sono partimenti
indispensabili, per questo non c’è bene e male, ma c’è del bene anche nella produzione di odio e di
distruzione e c’è del male nella pulsione erotica e viceversa, perché entrambe sono altrimenti
indispensabile non c’è eros senza thanatos così come non c’è thanatos senza eros. Freud infinite volte
continua ad essere Hobbesiano.
LEZIONE8 20/10/2022

Ci sono due pulsioni nell’uomo, una erotica, di unione con l’altro, e una distruttiva; eros e thanatos. Noi
siamo portati a entrare in relazione con l’altro quando a distruggerlo.

Quando parliamo di guerra e diritto non possiamo trascurare il fatto di essere degli animali complessi agiti
da queste pulsioni; non c’è pulsione erotica senza pulsioni distruttiva, e all’inverso, sono entrambe
collegate.

Al di là dell’inconscio una grande scoperta di Freud è la pulsione di morte, una pulsione distruttiva, che per
Freud non è primariamente rivolta all’altro, ma è una tensione a ritornare verso l’inorganico, una forza che
ci spinge a tornare indietro. Così con i tabù, ognuno ha una spinta interiore a tendere verso di quelli, ma in
società viene frenata, inibita questa pulsione, questa spinta.

Questa pulsione di morte è legata all’essenza del desiderio, perché quell’idea perturbante da cui vogliamo
proteggerci, per cui il pensiero freudiano ha come base la vera essenza del nostro desiderio umano è
incestuosa, è un modo per tornare indietro: la voglia di unirsi con la madre, e la castrazione che subiamo
da parte del padre, la nostra pulsione di morte sta nel fatto di cercare nuovamente una unione con la
madre, essendoci il padre di mezzo, bisogna sublimare il proprio desiderio con altri mezzi. (nove mesi per
uscire e tutto il resto della vita per rientrare, Woody Allen). Nel momento in cui il padre mi stacca dalla
madre che mi permette il godimento, si attiva il desiderio, la mancanza del godimento immediato con la
cosa, il desiderio è rivolto a un oggetto che non possiedo. Noi tendiamo alla fusione con l’oggetto amato,
che possa soccombere la nostra mancanza e desiderio.

Basta pensare a tutti i vizi, al continuo ripetersi di rituali, non si riesce a non farlo anche conoscendo il mal e
che potrebbe produrre, ma non si riesce a smettere, esempio il vizio del fumo: apparentemente non voglio
fumare, ma voglio morire, questo è il motivo per cui si fa fatica a smettere, vi è dietro una forte pulsione di
morte, vi è un principio che va ben oltre il principio del piacere.

Hobbes dirà che l’uomo nella sua condizione originaria dello stato di natura deve uccidere l’altro.

La pulsione di morte solo in parte si scarica all’esterno, in parte rimane intera e non trova uno sfogo
esterno. Freud sottolinea che nella nostra economia psichica scaricare l’aggressività all’esterno svolge una
funzione, scarica l’aggressività all’esterno che non riusciremmo a sopportare all’interno.

Per Freud le nostre nevrosi sono causate dalla interiorizzazione della nostra pulsione distruttiva. In Kant
quando tratta l’imperativo categorico (devi./perché’/perché devi.), si basa su totem e tabù di Freud, “da
dove viene la moralità, la nostra coscienza morale?” Kant dice che devi agire liberamente, senza limiti, ma
devi agire secondo ragione, poi cosa concretamente devi fare e come devi agire scegli tu.

Ma questa coscienza morale per Freud viene dalla interiorizzazione della pulsione di morte, che comincia a
perseguitarmi. Un padre debole produce un figlio con una forte coscienza morale, un padre aggressivo da
vita a un figlio con una scarsa coscienza morale, perché più è aggressivo più a me viene facile scaricare la
sua rabbia su di lui, più riesco a scaricare la mia aggressività fuori, meno pulsione di morte è destinata a
ripiegarsi all’interno; più ho a che fare con un buon padre amico, produce un ripiegamento della pulsione
all’interno, in quanto non puoi prendertela con lui ma te la prendi con te stesso. Nel momento in cui la
scarico all’interno si forma la mia coscienza morale.

L’aggressività nei confronti dell’altro svolge una funzione nella nostra economia psichica, permette di farci
stare bene entro certi limiti.

Tutto questo spiega che l’umano ha la capacità di compiere azioni esecrabili. Questo spiega come l’umano
possa essere capace di compiere azioni bestiali, in quanto sono tipiche dell’uomo. E dire alle bestie
comportarsi come delle bestie, in realtà è giusto dire ti comporti come un umano, che è stato capace di
creare crimini di guerra, stupri di massa, camere a gas… Solo gli uomini possono compiere queste cose.

Freud era un medico e voleva che le cose più importanti fossero i fatti, non è un metafisico, e nonostante le
sue teorizzazioni, egli le utilizza per spiegare alcuni fatti, Ma da medico empirista lancia un dubbio sul
confine tra scienza e mitologia è un modo per semplificare e schematizzare il reale.

“Per gli scopi…” Inizio della prima risposta:

Freud dice che non c’è modo id sopprimere la pulsione di morte, è indissociabile dalla pulsione erotica,
altrimenti si genera psicosi; c’è un modo di liberare gli uomini dalla fatalità della guerra? Non c’è speranza
di sopprimere l’inclinazione dell’uomo all’odio.

Nell’esempio dei bolscevichi: Marx religione, morale ecc... sono tutte sovrastrutture delle disuguaglianze
economiche, e una volta risolte queste ultime si delinea una società pacifica, in Marx c’è la visione utopica
della realizzazione in terra di una società pacifica. Volontà di costruire in terra una società dell’eden.

Carl Smith: non c’è modo migliore di tenere unito un gruppo se non quello di avere un nemico comune.

Freud propone che non si possa sopprimere la pulsione, ma si può deviarla verso un’altra direzione che non
sia la guerra, con il processo di sublimazione, una deviazione.

La violenza dei molti poi deve istituirsi, in quanto senza controllo si disfà il gruppo nuovamente, nel gruppo
quando va fatto agire l’eros, l’unione, ama il prossimo tuo come te stesso.

Altro tipo di legame è quello tramite l’identificazione per Freud si crea quando il gruppo si identifica con un
singolo leader, con la proiezione del nostro io. Esempio nei partiti: ogni italiano vede i suoi ideali
rappresentati, e ciò che ogni italiano vuole essere.

Se riuscissimo a porre le nostre pulsioni alla sola dittatura della ragione, avremmo risolto tutto. Ma questa è
solo una visione utopistica.

Le altre vie per raggiungere l’abbandono della guerra sono processi molto lenti. C’è un modo per dirigere la
nostra pulsione di morte, e dirigere e evitare la guerra? No. Puoi regolare una guerra ma non puoi
sopprimerla.

Freud capisce che non può consegnare una lettera alle società delle nazioni in cui dice che la guerra è
necessaria e non si possa eliminare.

Freud propone un altro problema: perché ci si indigna davanti la guerra? Perché non la consideriamo come
une vento naturale nella vita di ciascuno di noi? La guerra alla fine sembra conforme alla natura ( homo
homini lupus).
LEZIONE9 21/10/22

Disagio della civilità

Nel disagio della civiltà Freud afferma che nel piano della creazione ci sono una serie di fattori che remano
contro e non possono essere ignorati. Freud definiva la psicoanalisi come una terza ferita narcisistica nella
conoscenza dell’umanità, la prima di Copernico con la terra che non è al centro ma gira attorno al sole, la
seconda di Darwin, che mette in dubbio la superiorità dell’uomo che in realtà viene dalle scimmie,
mettendo in confusione qualsiasi punto fermo e centrale. Quella di Freud è una ferita collegata al fatto che
l’io non è padrone in casa propria, non vi sono pulsioni in padronanza, siamo agiti nella nostra costituzione
psichica agiscono varie istanze: l’io il luogo dell’identità, fa una fatica a tenere a bada tutto il resto ovvero le
pulsioni, che sono spinte, poi tutto ciò che produce un disagio della civiltà; la seconda topica dell’umano c e
Freud offre che è quella in cui ha lavorato di più è che la nostra identità è costruita su tre luoghi: l’es, , l’io e
il super io che è il luogo delle norme e delle prescrizioni che dice cosa fare e impone delle regole, luogo
della coscienza morale. Questa viene da un ripiegamento della pulsione di morte all’interno, il bisogno di
odio e di distruzione si scarica su degli oggetti e la guerra è una delle forme con cui noi scarichiamo questa
pulsione fuori, con una funzione di scarico esterno della pulsione. Alla pulsione di morte che rimane
all’interno rimane solo di ripiegarsi su noi stessi. E costruiamo un edificio di regole, divieti, sensi di colpa,
rimorsi…

La nostra identità è solo un modo per arrangiarci e scendere a patti sia con l’es, sia con il super io, ma l’io
non è il padrone.

La guerra, quindi, è un fenomeno naturale per estroflettere le pulsioni di morte interne, con differenza tra
guerra d’aggressione, di difesa e operazioni di polizia internazionale.

Continuo della lettera di Freud: Freud dice che c’è una questione che ancora non è stata toccata: dobbiamo
spiegare la ragione della nostra indignazione della guerra.

Noi ci indigniamo davanti la guerra perché siamo degli animali addomesticati, e civilizzati. Siamo dei lupi
diventati cani.

Tutte le soluzioni alla cancellazione della guerra sono delle soluzioni a lunghissimo periodo.

(…) Una delle soluzioni è di disarmare gli uomini, ma tutti in una volta, non vi sarà uno che si disarma per
primo, in quanto vi sarà la paura che l’altro attacchi una volta il primo si sia disarmato. In questo caso nasce
la situazione di conflitto e di ostilità.

Ma la guerra non è solo distruttiva ci sono guerre che hanno prodotto anche progresso, come le guerre di
liberazione o le guerre che hanno prodotto progresso.

Secondo Freud nella civiltà vi è un disagio che è costitutivo di esso, il processo di civilizzazione e di
addomesticamento implica e si fonda su una rinuncia funzionale: nel momento in cui decido di vivere con
gli altri devo fare dei passi indietro sulla soddisfazione dei miei bisogni. C’è un lato osceno del desiderio che
non può trovare espressione all’interno di un contesto civile che però che si scarica all’interno, posso
trasformarlo nella qualsiasi che possa deviare questa pulsione, oppure l’osceno esce nei lapsus, nei sogni.

Forse lo stesso processo di civilizzazione dell’uomo lo porta alla sua estinzione, perché non c’è eros senza
thanatos, e quindi sopprimendo la pulsione di morte, si sopprime anche l’altra pulsione di unione con gli
altri, e questo può portare a continue guerre e continua estinzione di uomini.

Si che con il processo di incivilimento le nostre capacità psichiche si modificano e sviluppano, con uno
spostamento delle mete pulsionali e una restrizione dei moti pulsionali.
La guerra è irrazionale e la fuoriuscita delle nostre pulsioni di morte, e in quanto uomini soggetti al processo
di incivilimento non possiamo non indignarci di fronte la guerra, essendo la negazione di questo processo
razionale e legato allo stare assieme e alla repressione delle pulsioni di morte.

Ma soprattutto la guerra di oggi non è più come quella di ieri e questo rafforza l’indignazione nei confronti
di essa.

Nelle ultime righe Freud dice che il processo di incivilimento è un processo contro la manifestazione delle
pulsioni, la risposta alla guerra è la civiltà con la rimozione delle pulsioni e rafforzamento intellettuale, ma
forse non è una speranza utopistica

Nel disagio della civiltà Freud spiega meglio i contenuti della lettera.

Pagine scansionate su studium/slide

“Il programma del principio di piacere stabilisce lo scopo della vita. Questo principio domina l’operare
dell’apparato psichico fin dall’inizio; non può sussistere dubbio sula sua efficacia, eppure il suo programma
è in conflitto con il mondo intero, tanto il macrocosmo quanto con il microcosmo. È assolutamente
irrealizzabile, tutti gli ordinamenti dall'universo i oppongono a esso, potremmo dire che nel piano della
Creazione non vi sia l’intento che l’uomo sia felice.

La sofferenza ci minaccia da tre parti: dal nostro corpo che, destinato a deperire e a disfarsi (dolori, malanni
e morte), non può eludere quei segnali di allarme che sono il dolore e l’angoscia, dal mondo esterno che
contro di noi può infierire con strapotenti spietate forze distruttive (terremoti, catastrofi, la natura), e infine
dalle nostre relazioni con altri uomini (relazione affettiva e non con l’altro).

La parola civiltà designa la somma delle relazioni e degli ordinamenti che differenziano la nostra vita da
quella dei progenitori animali e che servono a due scopi: a proteggere l’umanità contro la natura e a
regolare le relazioni degli uomini tra loro”

Il processo di civilizzazione serve a difenderci non solo dall’altro ma anche l’altro da noi stessi, in quanto la
relazione con l’altro è causa di sofferenza. E il rapporto di civiltà permette l’unione degli uomini per il
progresso con la tecnologia per creare riparo dalla natura con case, ripari ecc. e dal deterioramento del
nostro corpo coi farmaci…

“L’uomo civile ha barattato una parte della sua possibilità di felicità, per un po' di sicurezza.”  rinuncia
pulsionale.

Hobbes dirà la stessa cosa, con un contratto sociale a favore di terzi in cui gli uomini cedono qualcosa a
favore di qualcos’altro, in questo caso si cede la propria libertà invece della felicità, e Per Freud alla fine la
felicità è semplicemente la libertà di perseguire il soddisfacimento del nostro piacere.

“la civiltà domina il pericoloso desiderio di aggressione dell’individuo infiacchendolo, disarmandolo, e


facendole sorvegliare da una istanza nel suo interno, come da una guarnigione nella città conquistata”

Senza l’addomesticamento civile, la pulsione di morte sarebbe continuamente espressa all’ esterno in
continuo conflitto con l’altro, e la civiltà domina l’uomo, e senza questo passo la civiltà sarebbe impossibile,
disarmando il suo desiderio di aggressione e sottoponendolo al controllo delle sue regole morali e la sua
coscienza morale nel suo super io.
Appunti lezione 10 28/10/22 da Mati

LEZIONE11 02/11/2022

Aristotele sostiene che l’uomo sia uno zoon politicoon, un animale per natura politico. Per natura si intende
un insieme di fatti, per la scienza moderna, le cose che si toccano e si vedono, percettibili ai sensi. Per
Aristotele è la causa finale, e quando parla della natura dice che essa sia un fine, un Senso, direzione.
Significa dire che il senso il fine della nostra esistenza risiede nel vivere all’interno di una relazione con
un'altra persona, non è nell’isolamento che si trova il senso della propria esistenza.

Il tutto precede necessariamente la parte: questa precedenza non è solo una precedenza in senso
cronologico, qui per precedenza si intende una precedenza di fine assiologico, il tutto è più importante
delle singole parti, e non si esaurisce nella singola somma delle parti.

Dal ‘600 in poi si nota che le parti derivino prima del tutto e la varia teoria. La stessa dichiarazione dei diritti
del ‘900 si stabilisce su questa concezione: il singolo precede il tutto.

Questa idea si trova prima nel trattato sullo stato civile di john locke, nel 1690 e Locke vede ogni uomo in
quanto uomo è originariamente titolare di alcuni diritti, vita, salute, libertà e proprietà. Quest’ultimo è un
diritto naturale dell’uomo.

I greci avevano due termini per indicare il termine vita: bios che indicava la forma o maniera di vivere
propria di un singolo o di un gruppo e zoè (come principio vitale, anche delle piante, ciò che fa si che un
uomo viva così come altri animali, e proprio come vive qualunque pianta) che esprimeva il semplice fatto di
vivere comune a tutti gli esseri viventi, animali, uomini o dei.

Il genere a cui noi apparteniamo è quello della zoè di essere viventi, noi viviamo così come qualsiasi altro
essere vivente non solo animale, la differenza sta nel politicoon, in quanto a differenza degli altri esseri
viventi siamo degli animali che trovano il senso della loro vita nella relazione con gli altri mediante il logos.

La zoè perciò è un principio vitale che condividiamo con chiunque altro.

Per quanto riguarda bios, questo non indicava solo la vita in quanto tale, ma una specifica forma di vita.
Una vita sensata, una vita messa in una specifica forma. Una vita dotata di senso tramite una specifica
forma.

Mettendo in relazione con il problema del fine vita, e dicendo che la vita è sacra, i greci porrebbero il
problema di quale vita è sacra, il zoè o il bios, il principio di vita in quanto tale o la forma di vita?

Così nasce il problema su quale forma di vita possa essere tutelata.

Aristotele utilizza il termine zoon in quanto si indica il genere degli esseri viventi, e politicoon, in quanto noi
realizziamo pienamente la nostra essenza secondo lui soltanto nella relazione con l’altro.

SLIDES. ARISTOTELE e il suo scritto Politica.

Il logos è la capacità di discutere in luogo di bene, male, giusto e ingiusto. Ci poniamo delle questioni, e la
comunanza di queste cose per Aristotele costituisce il legame sociale.

Se prima si era detto che la poleis era l’unione di famiglie, che si raggruppano in villaggi, e per la piena
autosufficienza più villaggi diventano una città. In questo caso la città precede la famiglia, si parla di una
precedenza assiologica, la città è più importante della famiglia, in quanto costituisce la destinazione della
famiglia. Aristotele immagina un modo di descrivere il mondo tramite una metafora, così come farà anche
hobbes.
Aristotele dice che tolto il tutto, togliamo le parti. Non ci sarà più né piede, né mano, perciò utilizza
l’esempio di un corpo umano in vita. Possiamo staccare la mano dal corpo, ma questa sarà ancora una
mano? Si, ma non è una mano viva, ma morta, quindi non è più veramente una mano, in quanto tutte le
cose sono definite dalla funzione che compiono. Una mano è veramente una mano se funziona come
mano, nel momento in cui cessa di avere questa funzione e la sua potenza, non è più una mano.

E se quell’individuo non sarà da sé autosufficiente, esattamente come una mano sganciata dal corpo, esso
sarà, se isolato rispetto alla polis, non più veramente un uomo, non avrà più logos, dialogo e relazione, “e
perciò chi non ha bisogno di nulla, non è parte di una società, ma una belva o un dio.”

Lo stimolo e la tendenza dell’uomo è proprio quella di vivere in comunità, seguendo Freud, potrebbe essere
una pulsione erotica, troviamo una realizzazione nello stare con gli altri, infatti l’uomo che ha realizzato i
suoi fini naturali, è veramente un uomo, e riesce ad essere all’altezza della sua potenza, è il migliore degli
animali, ma quando non ha leggi né giustizia è il peggiore, dimentica di vivere in conformità con la loro
essenza, diventa l’animale peggiore. Così come non sono riusciti gli altri animali a costruire chiese enormi,
così non sono riusciti nemmeno a costruire camere di sterminio.

Senza virtù l’uomo è il più empio e feroce degli esseri, dedito solo ai piaceri d’amore e del ventre. Ma la
giustizia, dikaiosyne, è virtù politica, perché il giudizio, dike, è ordine, taxis, della comunità politica; e il
giudizio dikaiosyne è la determinazione, krisis, di ciò che è giusto, dikaiou.

Altro termine fondamentale è kosmos, Aristotele invece utilizza taxis e non kosmos, proprio perché A.
rinviava ad un’idea di ordine militare, di una falange, di gente che combatte in schiere, dove ogni elemento
è collegato all’altro e dove è importante che ognuno tenga la propria posizione, in modo da non far sfaldare
tutto e non far entrare il nemico.

“La virtù etica, ethikè, nasce dall’abitudine, èthos, donde ha tratto anche il nome per una piccola
modificazione da abitudine, èthos.

Ad esempio si diventa costruttori di case col costruire case e citaredi col suonare la cetra. Così pertanto è
anche compiendo azioni giuste che diventiamo giusti, e compiendo azioni moderate che diventiamo
moderati, ed azioni coraggiose, coraggiosi. – etica nicomachea, Aristotele”

Per comprendere virtù, basta analizzare il contrario: virtù. Questa è una cattiva abitudine, una ripetizione di
ciò che ci fa male, che noi tendiamo a ripetere almeno in parte, indipendentemente dalla nostra volontà, ed
essere incapaci di smettere quando si vuole.

L’uomo virtuoso invece, l’uomo giusto, è un uomo che tende a comportarsi in modo giusto. Cosa vuol dire
comportarsi in modo giusto….

Significa farsi del bene, non farsi male, ovvero comportarsi in modo conforme alla propria essenza,
realizzare le proprie potenze, possibilità, comportarsi in modo da dare piena realizzazione alle proprie
potenze.

La giustizia è una virtù politica, in quanto è una virtù in relazione con l’altro, nel senso che è la capacità di
comportarsi bene nella relazione con l’altro. L’etica non è una cosa da poter insegnare, si diventa giusti
comportandosi giustamente, cosa che anche Kant tratterà, si impara a comportarsi giusti essendo e agendo
giustamente, all’interno du una polis ordinata in cui vi sono uomini giusti che ti danno il buon esempio.

In un primo senso diciamo giuste le cose che sono atte a produrre e a custodire la felicità, e le sue parti per
la comunità politica. Questa giustizia è una virtù perfetta, ma non in senso assoluto, bensì in relazione agli
altri.
Essa è perfetta perché chi la possiede è in grado di usare la virtù anche verso gli altri e non soltanto verso se
stesso.”

Solo in una polis ordinata è possibile realizzare compitamente la propria essenza.


LEZIONE12 03/11/22

SCOMPOSIZIONI che cosa accadrebbe se

Oggi studiamo il diritto con categorie che sono oggi diverse dal mondo attuale e la realtà sociale odierna.

Hobbes idea della sovranità e problema della guerra.

Hobbes, è padre della scienza politica moderna, la sua opera inaugura il modo di affrontare la
politica in modo scientifico, ma il leviatano ha anche un registro narrativo, ha una importanza
narrativa come opera narrativa.
Incipit di due opere: jose saramago, cecità- si chiede cosa succederebbe se in una città si
sviluppasse una pandemia di cecità, in un altro libro saramago si chiede cosa succederebbe se in
una elezione tutti volessero dare scheda bianca, o in un altro cosa accadrebbe se la morte
smettesse di uccidere,; nell’”uomo duplicato” si si chiede cosa accadrebbe se mentre sei sdraiato
scopri di avere una persona identica a te ; daniel defoe, le avventure di robinson crusoe, in cui ci si
chiede cosa accadrebbe se ti trovassi su un’isola che sembra deserta.
Nel leviatano, si parte da una costruzione narrativa perché parte da una stessa ipotesi come
queste, hobbes si chiede come è fatto il singolo uomo nelle sue passioni e desideri, in un
IPOTETICO stato di natura e condizione originaria.
Questo stato di natura è una ipotesi, non parla di condizione di selvaggi, ma hobbes intende un
uomo messo da solo, isolato dagli altri, nella sua individualità, e cosa accadrebbe nel momento in
cui incontriamo un altro?
Aristotele narra di un uomo in relazione con l’altro, in quanto sin dalla nascita siamo posti in una
relazione, Hobbes invece ci dirà una cosa controintuitiva, ci chiede cosa accadrebbe se un uomo si
trovasse da solo su un’isola. Non possiamo mai parlare di un singolo uomo, non solo perché siamo
sempre posti in relazione, ma anche perché se potessimo osservare il comportamento di un uomo
isolato, saremmo sempre in due, l’uomo e l’osservatore. Hobbes, per il suo studio comincia con lo
studiare sé stesso, e propone poi di fare un paragone tra se e il lettore.
Altra opera della filosofia moderna è il discorso sul metodo di Cartesio:
Cartesio pubblica questi nel 1637, in Olanda, e 4 anni prima Galileo era stato costretto ad abiurare,
e 37 anni prima Giordano Bruno viene bruciato sul rogo, e anche il discorso sul metodo come il
leviatano verrà messo al rogo, proprio perché ritenuti pericolosi, che cambiavano la concezione
del mondo e c’erano delle forze che volevano nascondere queste nuove idee che mettevano in
crisi le conoscenze del tempo.
Galileo e Cartesio hanno innovato il metodo della scienza moderna.
Quando parliamo di pensiero moderno, ci riferiamo all’inizio della storia moderna che idealmente
viene considerato dalla scoperta dell’America, la riforma protestante, e il 1648 e la pace di
Vestfalia, trattato che pone fine alla guerra di 30 anni, viene indicata questa data perché da qui si
forma l’assetto degli stati nazione, gli stati moderno, che resta in piedi per qualche secolo in molti
paesi fino al 900, si comincia a pensare la politica nella forma di stato, grandi leviatani che si
dividono l’Europa, leviatani che sono grandi stati e grandi formazioni collettive.
Cartesio scrive questo libro solo per introduzione ai suoi 3 trattati scientifici, e in questo testo
racconta una storia in maniera più ampia ma soprattutto riguardante la sua storia, tra l’altro scritto
in francese, anziché che il latino, lingua che veniva utilizzata per i trattati scientifici, così come
aveva fatto Lutero che aveva tradotto la bibbia in tedesco, che vuol dire che si fanno saltare le
mediazioni istituzionali per leggere i testi, il singolo individuo può leggere da solo il testo senza il
mediatore della Chiesa, facendo così saltare l’importanza della Chiesa che doveva parlare della
Bibbia.
Il discorso è la storia di un uomo che si arruola alla guerra dei 30 anni per scoprire il mondo, e
viaggia per l’Europa ma con l’esercito, fatto questo torna e si accorge di non aver imparato nulla e
di non sapere nulla.
“il mio scopo, dunque, non è di insegnare qui il metodo che ciascuno deve seguire per bene
condurre la ragione, ma di far vedere in che modo ho cercato di condurre la mia”
Cartesio vuole un metodo, ovvero il cammino che la ragione deve seguire per conoscere la verità
delle cose. Il giusto metodo sarebbe stata la scienza moderna, e il metodo induttivo sperimentale
sperimentato da Galileo.
Bellarmino non voleva guardare nel cannocchiale di Galileo, nonostante quest’ultimo avesse
ragione, proprio perché sapeva che G. aveva ragione, ma non voleva mettere in dubbio tutta la sua
costruzione di conoscenze che sarebbe stata futile.
LEGGENDO IL DISCORSO SUL METODO DI CARTESIO-
Come un uomo che cammina solo e nelle tenebre concezione di isolamento, ragionando come
un uomo isolato.
La rima domanda è: sono nelle tenebre, sono solo, che strada prendo? qual è la strada da far
imboccare alla mia ragione per poter raggiungere la conoscenza.
Cartesio dice che in uno stato bisogna avere poche leggi e chiare, in mood da essere velocemente
e facilmente consultabili, senza moltiplicare le possibilità interpretative, utile per un singolo stato
ordinato. Tra i precetti utili bisogna ripulire di quelli inutili, e lasciare 4 regole:
1. Non accogliere nulla come vero se non è evidente, evitate la prevenzione e precipitazione,
e non comprendere nei giudizi nulla che non si presentasse alla mia mente con tale
chiarezza e distinzione da non avere alcun motivo per metterlo in dubbio. L’unica cosa di
cui non si può dubitare è del cogito ergo sum
2. Suddividere ogni difficoltà da esaminare in tutte le parti in cui è possibile e necessario
dividerlo per meglio risolverla. Ridurre un problema ai suoi elementi semplici. Se vuoi
capire come deve essere fatto uno stato, scomponilo nei suoi elementi e studia come sono
fatti: uomini, territorio…
3. Condurre i pensieri iniziando dagli oggetti più semplici e più facili a conoscersi per salire
progressivamente, come per gradi, fino alla conoscenza di quelli più complessi, e
supponendo un ordine anche tra quelli di cui gli uni non precedono naturalmente gli altri e
viceversa.
4. Essere certo di non aver tralasciato nulla.
IL metodo che presenta Cartesio, è un metodo elementare, si smonta e si rimonta e si controlla se
ci sono ancora pezzi dimenticati, in caso si smonta e si rimonta. Per conoscere una cosa bisogna
smontarla e rimontarla.
Quando Aristotele spiega il rapporto tra il tutto e le parti e dice che il tutto precede le parti, lo
spiega facendo un esempio analogico del corpo umano, per spiegare il rapporto tra il cittadino e la
poleis, fa l’esempio tra corpo umano e la mano, se per conoscere una cosa si deve montare e
rimontare si può ancora applicare la metafora del corpo umano? No, perché se smonto il copro
umano non lo rimonto più.
Ad esempio Frankestein, è la rappresentazione di desiderare di rimontare un corpo umano.
Un esempio da fare è quello del bambino che per conoscere il suo gioco lo smonta e lo rimonta, i
meccanismi e le cose artificiali, solo quelle si possono smontare, cose prive di vita. Una metafora
da poter applicare è la metafora della macchina, bisogna pensare lo stesso corpo umano nei
termini di una macchina, cosa che Cartesio fa con gli animali, e potendo estendere questo metodo
anche agli esseri viventi, con la corrente del meccanicismo.

THOMAS HOBBES LEVIATANO


1642: guerra civile inglese Hobbes scrive il de cive
1649: carlo 1 giustiziato 51 Hobbes pubblica il leviatano per risolvere il problema dell’odio,
come è possibile passare da una condizione di disordine e guerra a una situazione di ordine e di
pace.
1653 Cromwell diventa lord protettore
1660 restaurazione della monarchia con carlo 2
Quando venne scritto il leviatano eravamo nel pieno della guerra civile inglese, quando Hobbes
scrive il de cive, nel 1649, due anni prima della pubblicazione del leviatano viene giustiziato carlo I,
concludendo la prima fase della guerra civile, fino al 1660 con la restaurazione della monarchia
che chiude tutta questa situazione. IL Leviatano pubblicato in mezzo alla guerra, e pone al centro
del pensiero di Hobbes, il problema della guerra e il radicale sradicamento della pace intera e
dell’ordine, ma come si fa a ricostruirlo soprattutto.
Nel frontespizio c’è un grande uomo con la corona in testa, è il sovrano con una spada, simbolo del
potere temporale, nella sinistra ha il simbolo del potere spirituale, nelle mani del sovrano si
concentra tutto il potere, sia t che s. In quel mondo si pensava che il vero potere derivasse da Dio,
la legittimazione del potere doveva essere garantita dall’incoronazione da parte del papa, e quindi
dal rappresentante di Dio in terra.
Questa distinzione di potere Hobbes fa una tabula rasa, in realtà dobbiamo pensare al sovrano
come un grande uomo che ha nelle sue mani sia il t che il s.
Il corpo del sovrano è composto da tanti piccoli uomini, il corpo sociale e politico.
L’idea che si trova in Hobbes è che lo stato è composto di uomini, fatto dagli uomini e lavora per
gli uomini.
Sulla destra ci sono tutti i simboli del potere temporale e sulla sinistra i poteri spirituali.
In alto c’è scritto che non esiste sula terra un potere che possa misurarsi con lui, questo uomo
detiene un potere assoluto, sciolto da qualsiasi legame, che tiene nelle su emani entrambi i poteri
e quindi non è soggetto agli altri poteri.
Parte prima: uomo
Parte seconda: stato
Parte terza: stato cristiano
Parte quarta: regno delle tenebre
Nell’indice su come è organizzato il libro, questa struttura è una struttura cartesiana che arte da un
elemento semplice e man ma non risale, una volta che ho capito come è fatto un solo uomo, passo
allo stato che è composto da uomini. Hobbes capovolge Aristotele e il pensiero classico, inizia dalla
parte e si dirige verso il tutto, prima di capire come funziona il tutto bisogna capire come è fatta la
parte, la parte precede la comprensione del tutto.
Lezione 13 4/11/22
Da sveva e Flavia Manta
LEZIONE 14 09/11/22
1648: viene firmata la pace di Westfalia
LEVIATANO PARTE 2 :
LA CONDIZIONE NATURALE DEL GENERE UMANO PER QUANTO RIGUARDA Felicità E SOFFERENZA
Per capire cosa è il diritto bisogna capire cosa è l’uomo, quali sono i suoi desideri, quali sono i suoi
bisogni come si declina il suo rapporto con l’altro.
Hobbes dice che noi uomini desideriamo una seria di cose: ricchezza, conoscenza, onore,
riconoscimento, potere, e aggiunge che il desiderio di potere racchiude tutti gli altri.
Siamo degli animali che desiderano potere e tutte le sue altre forme. LO desideriamo perché è ciò
che ci consente di continuare a desiderare, desideriamo il potere per continuare a desiderare, e ci
teniamo a desiderare, perché il desiderio è vita e noi siamo vivi fino a quando è vivo il nostro
desiderio.
Il desiderio è un movimento proiettato in avanti. Gli uomini desiderano sempre e soltanto
qualcosa che non si ha, non esiste un fine ultimo, un bene supremo, raggiunto il quale possiamo
godere della nostra felicità in uno stato contemplativo.
Hobbes utilizza un racconto così realistico, che quasi molti lo definiscono come la narrazione di
una realtà politica.
In questo stato di natura ipotetico, di cui parla Hobbes, siamo contenti o siamo scontenti di
incontrare un altro, in che modo ci relazioniamo con l’altro?
La condizione naturale per Hobbes significa la condizione originaria, in cui non esistono fatti
istituzionali ma solo fatti bruti, gli uomini sono tutti uguali per natura, idea che presso i greci
invece non si trova. È una delle acquisizioni del pensiero moderno, soprattutto dopo il mondo
Cristiano che fu il primo a introdurre questa idea come tutti fratelli e figli dello stesso dio. Non è
una evidenza ma una credenza, che quindi è fragile come tutte le credenze.
( In realtà siamo tutti diversi. )
Hobbes dichiara che ci sono persone più forti e altre più deboli, alcuni più intelligenti di altri, ma al
netto di queste differenze in fondo siamo tutti uguali. Forzando Aristotele potremmo dire perché
siamo tutti dotati di logos e animali razionali, e godiamo degli stessi diritti, nonostante le
differenze anche il più debole ha dei mezzi poter uccidere il più forte. Non esiste uomo per quanto
debole esso sia che non sia in grado di uccidere un altro uomo.
Lo stato è E DEVE essere un animale artificiale, e solo così sarà in grado di garantire il suo fine, noi
chiediamo ad esso di garantire la nostra sicurezza che può essere garantito solo da un animale
artificiale non solo ad un uomo più forte degli altri, proprio perché in natura siamo tutti uguali e
anche il più forte degli altri in natura diventa il più vulnerabile di tutti, ad esempio mentre dorme
può essere ucciso anche da un bambino, e proprio per questo un animale artificiale non dorme: è
la storia di Ulisse e Polifemo.
DALL’UGUAGLIANZA NASCE LA DIFFIDENZA: se sull’isola in cui mi sento isolato, vedo un altro, se so
che tutti gli uomini sono uguali per natura per quella ragione che uccidono un altro uomo, da
questa uguaglianza nasce una diffidenza, e quindi so che questo altro è un altro uomo uguale con il
mio stesso istinto, capisco che mi può uccidere così come io posso uccidere lui, e allora la prima
cosa che cerco di fare è scappare, proteggermi o difendermi. La prima cosa che fa Robinson
quando arriva sull’isola, è recintare un terreno, si appropria di una zona di terra e si difende con
una palizzata. Se due uomini desiderano la stessa cosa, allora diventano nemici e cercano di
distruggersi l’un l’altro.
Dall’uguaglianza, la diffidenza, dalla diffidenza al conflitto.
Sul piano del diritto internazionale e interstatali per Hobbes gli Stati, i grandi animali artificiali,
entrano in relazione tra loro così come i singoli uomini entrano in relazione tra loro in un ipotetico
stato di natura e di conflitto, in assenza di un organismo artificiale superiore che li controlli.
In questo caso una soluzione alla situazione di diffidenza è l’anticipazione, uccidere gli altri prima
che lo facciano loro.
Sapendo che c’è un paese che si sta preparando per l’atomica ed è pronto a metterti in pericolo
quale è la soluzione? Anticipare la dichiarazione di guerra in modo che siano impreparati. Essendo
un pericolo l’altro non posso aspettare l’occasione del conflitto, ma devo uccidere l’altro prima che
lui lo faccia su di me. Ma come ho io questo impulso anche l’altro lo ha e quindi esce fuori una vita
continua in un continuo stato di guerra, e non c’è un modo di stabilità e di sicurezza.
Nello stato di natura però c’è che la legge del più forte, e quindi l’uomo può attaccare l’altro ma
fino a quando non vede che ci sia un altro potere più grande di lui che lo stia minacciando nella
sua conversazione e sopravvivenza. Gli uomini sono gli animali che hanno una continua pura
dell’altro.
Ma homo homini lupus, non vuol dire che è un animale cattivo, ma vuol dire che fa la sua vita in
quanto in natura è generalmente ammesso di uccidere l’altro e non per cattiveria, ma per
sopravvivenza, è funzionale alla mia conservazione.
“Fuori dagli stati civili c’è sempre la guerra tutti contro tutti. Con questo è evidente che, per tutto il
tempo in cui gli uomini vivono senza un potere comune che li tenga soggiogati, si trovano in quella
condizione chiamata guerra e questa guerra è tale che ogni uomo è contro ogni uomo. “
In questo modo Hobbes ribalta la concezione naturale dell’uomo che non vive nell’ordine della
natura, ma ciò che è naturale e originario è il disordine, tutti contro tutti, una guerra perpetua.
E non un corpo sociale per natura ordinato, il punto di partenza per gli antichi era l’ordine e così
anche per l’occidente cristiano che vedeva il punto di partenza in dio, per agostino la vita terrena
era lo specchio della civitas deis, il dato naturale è l’ordine, per i greci l’ordine cosmico, e
capiscono che le cose in natura sono ordinate alzando gli occhi al cielo col ciclo delle stagioni, il
tempo ciclico, le costellazioni. Ma per Hobbes invece è tutto l’opposto, ciò che è naturale non è
l’ordine ma il disordine, non è la pace ma è la guerra. La guerra è naturale ma la pace va istituita.
“In tale condizione ci sono la continua paura e il continuo pericolo di morte violenta e la vita di un
uomo è solitaria, povera, sofferta, brutale breve.”
Una volta che creo artificialmente le condizioni per la relazione con l’altro che non comprenda
l’uccisione reciproca allora creo le condizioni per avere una convivenza pacifica e regolata con
l’altro.
Hobbes fa degli esempi e dice che quando fa un viaggio l’uomo si arma o va ben accompagnato,
quando dorme chiude a chiave le porte, e anche quando è a casa chiude a chiave i suoi forzieri, e
anche quando ci sono i pubblici ufficiali che lo difendono.
Quando compio queste azioni sto accusando il genere umano così come Hobbes fa con le parole,
ma per questo non accusiamo la natura dell’uomo come cattive, in natura nulla è buono o cattivo
giusto o ingiusto, al massimo c’è l’utile e il dannoso all’autoconservazione. Il voler uccidere l’altro
non è nemmeno un toro, è funzionale all’autoconservazione. Non lo sono nemmeno le passioni
che scaturiscono, fin quando non sia la legge a farlo. In san paolo, creatore del cristianesimo,
troviamo il fatto che non c’è peccato prima della legge, il peccato è un prodotto istituito da questo,
ed è la stessa cosa che Hobbes sta riprendendo, non c’è peccato in assenza di legge, che invece ti
dice cosa non devi fare.
Il diritto positivo ius positum: diritto posto dall’autorità competente.
Nello stato di natura non c’è diritto positivo, proprio perché non c’è un organo atto a produrle,
non c’è un “sovrano”. Prima di essere fatte le leggi non si possono conoscere, e non si possono
fare prima di fare un accordo sulla persona che dovrà farla, e un patto che dovrà far nascere il
sovrano, ovvero la persona a cui riconosciamo il potere di creare leggi positive.
“in tale guerra non c’è nulla di ingiusto.
Da questa guerra di ogni uomo contro ogni uomo consegue anche questo, che nulla può essere
ingiusto. Le nozioni di giusto e di ingiusto, di giustizia e di ingiustizia, qui non hanno luogo. Dove
non c’è potere come, non c’è legge e dove non c’è legge no c’è ingiustizia.
Dalla stessa condizione consegue anche che non ci sono proprietà, né dominio, né mio e tuo
distinti, ma soltanto che ogni uomo ha quello che può ottenere e per tutto il tempo che può
tenersele”
Nel secondo passo del trattato di Locke, del 1600 inglese, il secondo trattato sul governo civile, si
trova un’idea fondativa del nostro pensiero giuridico moderno: l’idea secondo cui il diritto di
proprietà sarebbe un diritto naturale, un diritto la cui esistenza precede all’esistenza dello stato
che invece ha il compito di garantire questo diritto e non può nemmeno violare il diritto di
proprietà; ideale alla base del pensiero liberale moderno. Idea che in Hobbes non troviamo, che
invece dice che in uno stato di natura non c’è una proprietà, ma solamente possesso, ci sono solo
stati di fatto e non stati di diritto sulle cose, in quanto non c’è un potere che mi garantisca quel
diritto; e inoltre la proprietà è un diritto positivo, che nasce solo dal patto sociale che pone a capo
della tutela di tutti un sovrano che impone delle leggi di diritto positivo. E Locke risponderà
dicendo che la proprietà non è un diritto perché sancito dallo stato, ma è un diritto che deriva dal
lavoro.
LEZIONE 15: 10/11/22

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