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Idealismo

Corrente filosofica che mette al centro dello studio l’idea.


Esso propone che la realtà è fatta di idee, che è costruzione della mente.
Una forma di idealismo ci era già stata data da Platone con la differenza tra Iperuranio e
il mondo in cui viviamo. Le idee sono dei mezzi per conoscere le cose, ma anche
modelli della realtà.

Idealismo tedesco tra 700 e 800. Si parte dall’idealismo trascendentale di Kant.


Egli diceva che l’uomo con la sua conoscenza è il centro di ogni sapere possibile; però
Kant diceva che con il pensiero si conosceva solo il fenomeno e non il noumeno.

Per Fichte e Schelling serve un principio unitario di fondo che spieghi cosa hanno in
comune la nostra ragione e il mondo esterno. L'obiettivo dell’idealismo è riuscire a
trovare questo principio. Comincia così la crisi del Kantismo.
Nulla può esistere che sia del tutto fuori dal pensiero. La ragione comprende tutta la
realtà.
L’io penso di Kant era limitato all’esperienza, adesso l’io può conoscere l’assoluto.

Fichte:
È considerato il fondatore dell’idealismo tedesco. Vive in Germania tra il 1762 e il 1814.
L’ideale di libertà della rivoluzione e la filosofia di Kant sono le 2 radici del pensiero di
Fichte.
Esso parte dal concetto di Noumeno. Secondo F. Quello che sbaglia Kant è porre la
“cosa in sè” fuori dal soggetto, in questo modo l’io ha il ruolo di un semplice ordinatore
della realtà che prescinde da essa.
Il soggetto Kantiano appare per F. Impotente e passivo e mina anche sul piano etico.
Anche la morale Kantiana insiste sui limiti della ragione, il dovere non incide sulla realtà.
L’idealismo di Fichte si fonderà sulla libertà e la potenza creatrice, mentre quella di Kant
era una filosofia del finito.
F. Vuole creare una filosofia dove la ragione vuole oltrepassare i propri limiti, una
filosofía dell’infinito.
F. Crea un principio comune di pensiero e realtà, di logica e metafisica.
Dottrina della scienza è l’emblema del suo pensiero. Lo scopo della dottrina della
scienza è mettere in luce quel che rende possibile il sapere stesso. Il sapere del sapere.
Il suo principio fondante viene identificato con l’io o autocoscienza. Noi possiamo
affermare che qualcosa esiste perché lo rapportiamo alla nostra coscienza e in tal modo
siamo proprio noi a far sì che esista.
Secondo egli dall’attività dell’io non scaturisce solo il pensiero della realtà ma anche la
realtà oggettiva stessa.
L’io fichtiano non si limita solo a pensare, ma ha anche il compito e la possibilità di
cerare. In breve tutto esiste nell’io e per l’io.
Ciò però non significa che l'io di una singola persona è il creatore dell’universo, ma che
ogni cosa dal momento in cui la conosciamo passa per il nostro sapere e per l’io penso
(io conosco immagino, agisco, conosco e l’io crea tutti i contenuti dell’esperienza.
Ciascuno individualmente partecipa a questa creazione).
Questa attività generale, la ragione universale è alla base di tutto e Fichte la
identificherà con Dio.

Dottrina della scienza


F stabilisce 3 principi per dedurre dal principio di autocoscienza le possibilità della
conoscenza.
1. L’io pone se stesso. Si basa sulla legge di identità, ovvero A=A. Essa afferma
l’indipendenza dell’io che si pone se stesso alla base della realtà. L’io esiste
primas di qualsiasi rapporto con altre cose. Ciò che ci permette di avere
esperienza è il nostro essere coscienti di noi stessi e la nostra identità, e non
l’esperienza che ci fa conoscere noi stessi. L’io quindi è il principio supremo del
sapere.
2. L’io pone il non io. L’io è un soggetto che si contrappone a qualcosa. L’io dopo
aver posto se stesso, pone il non io che può essere il mondo, la natura o
l’oggetto. Questo significa che c’è qualcosa che l’uomo non padroneggia. Per
potersi determinare l’io deve comprendere i propri limiti e capire cosa è altro da

3. L’io oppone all’interno dell’io infinito una molteplicità di IO finiti e rispetto ad una
molteplicità di non io finiti. Io e non io, sono divisi ma inseparabili che si limitano
a vicenda. La realtà nasce dalla loro opposizione. A sua volta il materiale esterno
vincola l’intelligenza ad agire in una certa maniera.

Tutto questo rappresenta una struttura triadica e dialettica in cui il primo principio
rappresenta tesi, il secondo antitesi e il terzo sintesi.
Tutta l’esperienza umana si riassume in questo sforzo dell’io di comprendere il non io.
La missione dell'uomo non è raggiungere un fine, ma sforzarsi di raggiungerlo. L'uomo
non è mai solo, perché è un essere che vive con gli altri e ha la missione di contribuire
alla formazione di tutti gli uomini, inoltre ha missione di vivere in società. Gli uomini
devono obbedire a una duplice norma: gli uomini non devono essere trattati come
mezzi, ma come fini e devono ricevere l'educazione.

Il primato della ragion pratica


Per realizzarsi come realtà infinita, l'io deve trovare nel suo cammino un ostacolo che gli
impone di fare uno sforzo per superarlo e quindi di agire. L'ostacolo è il non-io, la
natura, il mondo esterno che è l'io stesso a porlo per cercare continuamente di
superarlo e affermare la propria libertà. (Si può essere liberi solo quando ci sono
resistenze). Fichte distingue diversi stadi della libertà:
- libertà formale, propria dell'agire secondo l'istinto cosciente
- libertà del volere (l'uomo mira alla propria felicità)
- libertà dell'agire eroico, la cui motivazione è l'entusiasmo per il bene, che porta
alla generosità ma non alla giustizia
- libertà per il dovere morale.
L'agire umano, orientato verso il massimo grado di libertà, può essere frenato
dall'inerzia che rappresenta il male radicale nell'uomo, originante dei vizi. Per superarla
occorre seguire gli esempi d'uomini illustri, e soprattutto la propria coscienza.

Morale
La dottrina morale di Fichte è basata sul concetto di "Streben" (sforzo), per cui l'lo pone
davanti a sé un Non-lo solo per poter agire. Noi esistiamo per agire e il mondo esiste
solo come teatro della nostra azione.
L'lo ha bisogno del Non-lo per realizzare ciò, perché non c'è nessuna attività morale
senza uno ostacolo da vincere con uno sforzo (Streben). Per l'lo tale ostacolo è la
materia, il Non-lo. Attraverso questo processo l'lo tende a farsi infinito, libero da ostacoli
esterni. Questo dovere morale non è raggiungibile dal singolo uomo, dotto che sia, ma
solo da una libera comunità di uomini dotti, dove la libertà di uno riconosce la libertà di
tutti.
Il senso dello "Streben" è farsi liberi e rendere liberi gli altri in vista della completa
unificazione del genere umano.
Purtroppo l'occupazione napoleonica della Germania fa evolvere in senso nazionalistico
la filosofia politica di Fichte, secondo il quale, per le peculiarità della sua storia, dal
Medioevo in poi, il popolo tedesco è l'unico che può farsi carico della missione
civilizzatrice dell'Europa intera.

Lo stato
Lo Stato per Fichte è qualcosa di empirico, che ora esiste ma potrebbe scomparire
qualora gli uomini fossero migliori (lo Stato non è un fine); la Società perfetta invece, è
quella in cui regna la libera collaborazione tra gli uomini. Il dotto è la figura
dell’intellettuale che non può vivere da solo. Egli ha il compito di condurre gli altri alla
consapevolezza dei veri bisogni e di indicare i mezzi più adatti per raggiungere tale
scopo. Il dotto deve avere la conoscenza scientifica, conoscenza spirituale e morale.
Per Fichte la storia ci fa cogliere i fatti, ma senza la filosofia è incapace di interpretarli
(scienza suprema).
Lo stato deve garantire 3 diritti: libertà, proprietà e conservazione della proprietà.
L'io finito è un momento dell'io infinito ed interagisce con altri io. Il diritto regola questi
rapporti, cioè limita la libertà di uno in relazione alla libertà dell'altro, affinché possa
realizzarsi la libertà universale. Lo stato deve mantenere il rispetto del diritto, ma le
leggi non sempre corrispondono alla morale (Stato poliziesco).
In seguito Fichte dice che lo Stato da poliziesco deve divenire etico, cioè tenta una
riconciliazione tra legalità e moralità. Lo Stato deve garantire sicurezza e benessere,
visto come garanzia di proprietà e possibilità di sostenersi con proprio lavoro. Deve
sia regolare la produzione, sia distribuire la ricchezza e ciò è possibile solo con uno
Stato commerciale chiuso, che preclude ogni contatto con gli altri Stati in quanto è in
grado di mantenersi autonomamente. Solo in ambito scientifico e filosofico è consentito
lo scambio di opinioni. Contro il cosmopolitismo illuminista, Fichte delinea così una
concezione nazionalistica e socialistica dello Stato, che nei "Discorsi alla Nazione
Tedesca" utilizza per affermare il mito del popolo tedesco. Per elezione divina, egli deve
rigenerare il mondo che è decaduto a causa dei popoli latini.

Discorsi alla nazione tedesca


Questo discorso viene trasposto da Fichte in chiave nazionalistica, l’occupazione
francese nei territori prussi e tedeschi desta l’orgoglio dei tedeschi e spinge Fichte a
scrivere quest’opera.
Qui il soggetto dell’educazione, è visto da Fichte, proprio nella nazione tedesca.
Secondo Fichte la nazione tedesca ha un compito storico, quello di guidare l’umanità, di
essere d’esempio per guidarla ad un riscatto all’affermazione della libertà dei popoli. Se
il compito dell’intellettuale è realizzare la libertà di tutti, secondo Fichte questo compito
deve essere svolto innanzitutto dalla nazione tedesca.
Secondo Fichte, la cultura tedesca è l’unica cultura in cui aspetto culturale e aspetto
popolare si identificano pienamente; lui dice, questa identificazione è data proprio dalla
lingua tedesca.
Mentre, ad esempio, in Italia esiste una cultura letteraria e una cultura popolare che si
identifica con le diverse realtà geografiche in cui è divisa l’Italia. Invece in Germania
questa scissione tra lingua generale e lingua locale non c’è, cioè il tedesco è l’unica
lingua che è rimasta sempre identica a se stessa ed è stata sia la lingua del popolo sia
la lingua della cultura.
Nella cultura tedesca si realizza questa piena unione tra aspetto intellettuale e aspetto
pratico. Fichte dice che il popolo tedesco è l’unico popolo che non ha assorbito
contaminazioni, è un po’ la stirpe pura, la “razza pura”; dalla purezza linguistica, il
discorso di Fichte trascende poi nella purezza razziale.
Non era intenzione di Fichte però passare dal primato spirituale al primato razziale è un
passo che verrà fatto proprio in questo periodo storico, tra l’800 e il 900. Con Fichte
abbiamo anche un’idea di nazione diversa e anche di patria.
Il concetto di nazione nasce in Francia, con la rivoluzione francese, però il concetto di
nazione viene legato agli ideali di fratellanza, uguaglianza, libertà, non ha una
connotazione immediatamente etnica. Chi si riconosce nella nazione francese, nella
patria francese lo fa non in base ad un etnia di appartenenza ma perché condivide in
qualche modo determinati ideali, quelli della rivoluzione.
Con il romanticismo, con Fichte, invece, appartenere ad una nazione non è una
questione di ideali ma è questione che si è nati in un certo luogo, quindi non è più una
questione di scelta individuale ma si appartiene ad una nazione perché si è nati in
quella nazione perché si fa parte di quella determinata stirpe. Quindi in qualche modo il
concetto romantico di nazione prevalgono elementi etnici, il patriottismo diventa
nazionalismo, viene accentuato l’elemento del “FAR PARTE DI” e non dell' “Aver
scelto”.

Schelling:
Vive tra il 1775 e il 1854.
Una grandissima influenza della filosofia di Schelling è il romanticismo. In esso troviamo
l’esaltazione dei sentimenti da porre allo stesso livello della ragione; l’esaltazione della
singolarità, della figura del genio; la visione panteistica della natura; la tensione verso
l’infinito.
Schelling si pone in mezzo tra una posizione intermedia tra l’io penso razionale e il
sentimento romantico.
Questo filosofo si pone in contrasto con Fichte. Se l’idealismo di Fichte è di matrice
soggettiva e da un primato al soggetto, e pone la natura come semplice opposizione
(non io), quello di Schelling pone un significato importante alla natura e afferma che
coscienza e natura corrispondono.

Filosofia della natura


Per S. La natura è animata e creativa la cui attività è guidata da finalità infinite e
superiori.
Spirito e natura sono fenomeni paralleli, manifestazione di uno stesso Assoluto; per lui
la natura è lo spirito visibile e lo spirito è la natura invisibile.
A partire da questo egli trova 2 approcci filosofici all’Assoluto:
- La filosofia della natura (basata su natura)
- La filosofia trascendentale (basata su spirito)

La filosofia della natura indaga quest’ultima come spirito visibile. Schelling la definisce
“totalità vivente”, rifiuta il meccanicismo della natura che predilige ch essa sia separata
dalle altre e regolata da leggi meccaniche; ma rifiuta anche il finalismo ideologico che
ne attribuisce l'attività ad una natura divina esterna.
La natura di Schelling è organicistica, le sue parti hanno senso perché insieme formano
un tutto e si basa sul finalismo immanente ossia i suoi scopi non vengono da una
divinità esterna, bensì sono interni alla natura stessa.
Nella natura schelling vuole ritrovare l’io. Nei fenomeni della natura egli riconosce una
progressione dall’oggettivo al soggettivo, dalla natura organica a quella inorganica e
infine all’uomo, detto autoconsciente.(Per spiegare meglio, la scienza dice che le piante
e degli animali formano un tutto organico, inseparabile; questo gli ricorda la mente
umana. L’uomo è quindi la rappresentazione di ciò che è presente in natura)

La filosofia trascendentale compie il percorso inverso. Mostra come lo spirito sia natura
invisibile quindi parte dalla dimensione del soggettivo per derivare il soggettivo . L’io,
inteso come intelligenza e spirito, si distingue dall’oggetto e dalla natura ma quando
esamina la propria attività creatrice si rende conto di rispecchiare e mimare l’attività
della natura.

Dopo l’attività teoretica, Schelling considera l’attività pratica. Qui pone la morale, il diritto
e la storia.
Nella storia la libertà della morale e la necessità oggettiva si uniscono arrivando ad una
sintesi. La storia diventa così dimensione in cui l'Assoluto si concretizza.
E’ però all’arte che schelling affida la possibilità di cogliere appieno l’Assoluto. L’arte è
l’attività in cui l’uomo senza capire bene il perché riesce a creare un mondo.
Per via di ciò, l’arte per schelling esprime quella profonda unità di spirito e natura che
caratterizza tutta la realtà.

La filosofia della natura e trascendentale sono due modi di guardare la stessa cosa e
nessuna delle due è superiore all’altra.
In questo modo l’Assoluto non è né soggetto né oggetto, ma è la loro unità che
comprende spirito e natura.

Schelling spiegherà come nell’Assoluto sia possibile trovare tutti i contenuti diversi della
realtà . Per farlo ricorre alla dimensione del divino, Dio è visto come vita e persona che
crea cose che sono in lui stesso. In Dio ci sono anche aspetti opposti, egli è allo stesso
tempo luci e tenebre. Ciò spiega perché ci sia sempre il conflitto tra bene e male; due
forze opposte in continua tensione.
In questa duplicità ci sarà la dimensione tragica della realtà vissuta dall’uomo e l’origine
di un sentimento primordiale di malinconia.
Il fondamento delle differenze che troviamo nella realtà è la libertà. Ossia la possibilità
di realizzare una cosa o la cosa opposta. Nella libertà dell’uomo si trova la possibilità di
fare il bene o il male, tra cui l’uomo è costretto a scegliere.
Su queste basi Schelling ripercorre tutta la sua filosofia, ripercorrendo tutte le
manifestazioni dell'assoluto:
- prima nella natura
- Poi nello spirito (nella natura; nello spirito , cioè arte; nella mitologia; nella
religione)
- Nella stessa storia della filosofía.
In questa fase, che si chiama filosofia positiva, schelling ha abbandonato gli ideali
dell’illuminismo. Ora si occupa di riflettere su forma concrete della realtà, il suo punto di
vista è sempre più apertamente religioso. Diventa la filosofia della rivelazione, intesa
come manifestazione diretta di dio nella natura e nella storia secondo un piano
provvidenziale.

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