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Rosmini, Sciacca e Giovanni Paolo II, testimoni della Verità

Sono stati tre testimoni eccellenti della Verità, pur avendo percorsi personali diversi.

Antonio Rosmini Serbati (Rovereto 1797 – Stresa 1855)

Michele Federico Sciacca (Giarre 1908 – Genova 1975)

Giovanni Paolo II (Cracovia 1920 – Roma 2005)

Trovandoci all’inizio del III millennio, faremo riferimento a questi tre pensatori, che hanno fatto i conti con
la modernità (XVII-XX sec.), la quale è benemerita per le conquiste tecnico-scientifiche, ma è malevola
della perdita dell’identità dell’uomo.

La Verità:

 dà senso a tutto ciò che è  oggetto della filosofia

 dà origine a tutto ciò che è  oggetto della metafisica.

“Se c’è in me la Verità deve esplodere; non posso rifiutarla, rifiuterei me stesso”.

“Non si può pensare a un frammento di Verità, ma alla Verità tutta intera”.

(Giovanni Paolo II).

La metafisica dell’Essere

La filosofia nasce come metafisica, cioè come ricerca del principio primo di tutto ciò che è, come ricerca
dell’, come enti finiti intelligenti e non intelligenti. Nasce nel VII secolo a.C. con Talete, ma bisognerà
attendere il 570 a.C. per dare un nome alla filosofia con Pitagora (570-496 a.C.). Rispondendo al re Leonte
su che cosa fosse capace, Pitagora rispose di non avere capacità pratiche, ma di essere filosofo. Da allora in
poi gli uomini votati alla ricerca della Verità, non si chiameranno più sapienti, ma filosofi: amatori della
Sapienza, che appartiene solo a Dio.

Bisognerà attendere il I secolo a.C. perché la metafisica abbia un nome. E il nome glielo darà Andronico di
Rodi, il quale era critico delle opere di Aristotele e ne collocò i libri che trattano dell’ente (ciò che è) dopo
quelli che trattano della fisica (ossia delle cose naturali). Da qui metafisica (dal greco  = ciò che
è al di là della fisica). Nonostante che filosofia e metafisica siano così “attempate”, solo nel 1843 Rosmini
osserverà: “È singolare che le due parole non abbiano ancora ricevuto nell’uso un significato costante”.
Prosegue, però, dicendo: “Dal momento che queste parole sono usate significa che gli uomini ne danno
ancora un valore”.

Nel corso della modernità la metafisica ha subito duri attacchi, che l’hanno compromessa come disciplina
scientifica. Ora, la ricaduta sulla filosofia non tarderà a farsi attendere e si sfocerà nel nichilismo di stampo
nietzchiano, che neutralizza la ragione come mezzo per raggiungere la Verità. Giovanni Paolo II cercherà di
rivalutare la ragione e contrastare la dittatura del relativismo. E così anche Benedetto XVI.

Ma allora che cos'è la metafisica? Potremmo dire che è la scienza che considera l’essere nella sua interezza;
essa ha per oggetto la totalità del reale e ne ricerca il principio primo, oppure la causa, oppure la ragione
ultima, oppure l’. E lo ricerca all’interno del mondo, come fanno i fisici greci (Talete, Anassimene,
Anassimandro, ecc.) oppure all’esterno del mondo (Platone).
Tra l’altro il mondo delle idee di Platone funziona come il sole per la realtà: come il sole fa vedere le cose,
così l’idea del bene rende visibili le altre idee. La metafisica dell’oggetto ci dice che gli esseri intelligenti
finiti sono dotati di una capacità di riconoscere il mondo per quello che è, riconoscere la Verità.

Potremmo anche dire che la metafisica cerca il Principio di tutto ciò che è ed è la scienza che studia il
rapporto Uno-molti. È, insomma, la scienza dei trascendentali, che sono i fondamentali dell’essere.

I maggiori commentatori di Aristotele sostengono che c’è coincidenza tra:

a) la scienza della totalità dell’essere che tratta l’ente in quanto ente (ontologia);

b) la scienza della realtà prima, cioè del divino (teologia).

Entrambe riguardano il discorso metafisico. Questo non significa che l’ente in quanto ente coincida con Dio,
perché è diverso il senso in cui l’ente in quanto ente e Dio sono oggetto della metafisica . L’ente in quanto
ente è oggetto della metafisica nel senso che è ciò di cui si cerca il principio; Dio è oggetto della metafisica
nel senso che è la causa prima dell’ente.

Secondo san Tommaso la metafisica non si occupa esclusivamente del mondo sovrasensibile e immateriale
che sta al di sopra degli oggetti, della perfezione, ma si occupa dell’essere, ossia dell’ ens che è comune a
tutte le cose: quindi l’oggetto della metafisica è l’ens comune. Ciò significa che non si occupa di una classe
particolare di enti, ma studia semplicemente tutto ciò che è; studia ciò che esiste e ha per oggetto l’Essere.

Rosmini ribadisce che nessuna filosofia, in quanto scienza delle ragioni ultime o prime, può fare a meno
della metafisica, che le dà e le fornisce la ragione ultima di tutto ciò che è. La filosofia ricerca le ragioni
ultime nel mondo e la metafisica ricerca la ragione ultima al di là del mondo.

Sciacca afferma che filosofare è pensare dal punto di vista metafisico: “Dall’altezza del principio del mio
essere in modo da illuminare e comprendere il contingente con il necessario, il particolare con l’universale, il
temporale con l’eterno”. Filosofare è mettersi in uno stato di contemplazione, di chi sosta per vedere e per
contemplare l’unità della sapienza di cui la filosofia è studio e amore. Pensare metafisicamente è impegno a
intendere e penetrare il Principio e il Fine dell’esistenza e della vita in tutte le sue espressioni.

La filosofia riflette sui dati dell’esperienza. È mediazione e non immediatezza, comporta consapevolezza,
approfondimento, sistemazione. È progressiva scoperta della Verità. Ideale, che permette di conoscere e
conduce alla conoscenza di quella verità che è persona e che è il Dio-Amore.

La capacità metafisica

L’uomo, ente finito, è capace di metafisica. Purtroppo la filosofia è diventata rinunciataria riguardo alla
metafisica e questo ha un’incidenza sulla storia e sulla realtà. Oggi in particolare la filosofia, e soprattutto la
metafisica, è condannata in esilio, perché non le viene riconosciuta scientificità e perché osa interrogarsi sul
principio, cioè ha la pretesa di interrogarsi su ciò che non è sperimentabile, su ciò che non è conoscibile.

Il servo di Dio Giovanni Paolo II è intervenuto con la lettera Fides et Ratio. Benedetto XVI, a sua volta,
invita ad allargare la ragione. Ora, i due sommi pontefici ci ricordano tra l’altro che l’uomo può pervenire a
conoscere l’esistenza di Dio e che l’uomo è capace di fornire le ragioni della propria fede (è la forma della
moderna apologetica). Tra fede e ragione, infatti, c’è dualità non dualismo. E la laicità è armonia tra fede e
ragione.
[È fondamentale la distinzione tra metafisiche creazioniste (filosofie cristiane) e metafisiche non
creazioniste. Queste ultime sono le metafisiche delle origini da Talete ad Aristotele e comprendono anche
non poche filosofie della modernità, con particolari esponenti in Spinoza ed Hegel. Questi ultimi, pur
conoscendo il concetto di creazione, non l’hanno accolto, lasciando responsabilmente insoluto il problema
del rapporto Uno-molti. Manca la fondazione del teismo originario, che ammette l’esistenza del principio e
teorizza la naturale apertura dell’uomo a Dio: l’uomo è per natura aperto a Dio ed è una caratteristica
fondamentale della creatura umana. La capacità metafisica è dovuta al suo teismo originario, cioè alla
presenza della Verità nella sua mente. Solamente l’uomo è portatore nel mondo della Verità, non perché la
crea lui stesso, ma perché ne è “capace”.

Sia per San Tommaso che per sant’Agostino l’uomo è naturalmente capax Dei: nell’uomo la Grazia non
distrugge la natura, ma ne porta a compimento le potenzialità: gratiam non tollit natura, sed perficit. E
Rosmini scrive: “La filosofia non comincia da alcuna proposizione, ma da un punto luminoso che ha
l’evidenza della necessità, riconosciuto bensì nell’uomo dalla riflessione, ma dalla riflessione osservatrice e
non argomentatrice”. La filosofia comincia da questo punto luminoso che è il teismo originario.

L’uomo greco teorizza l’idealismo oggettivo: l’essere è idea e questa idea è data alla mente, che a quel punto
diventa capace di pensare. Se dico che l’essere è in relazione alla mente e che la Verità è in relazione alla
mente, dico che la mente è il luogo in cui la Verità e l’essere si incontrano.

Se come creature umane pretendiamo di essere “principio legislativo”, allora postuliamo l’autosufficienza,
non l'autonomia. L’autonomia sostiene che l’uomo non è principio di sé, ma è il principio libero e
responsabile delle sue azioni. L’autosufficienza, invece, sostiene che l’uomo è principio di sé; in realtà, in
breve tempo, finirà per scoprirsi né libero né responsabile. Anzi, l’uomo moderno teorizzerà che sarà la
mente stessa a produrre la Verità, ma una verità finita, limitata, in sostanza un’opinione. Da qui il
relativismo. In questo modo l’uomo moderno attribuisce a sé le caratteristiche della mente divina, in cui
mente e Verità coincidono. Tutto ciò affonda le basi in un soggettivismo, che ha origine da Cartesio e che
Kant esaspera.

L’uomo è capace di conoscenze vere proprio perché non è il creatore della verità (pag. 33).

Pag. 36  il teismo: la mente umana non è solamente mondana, non è solamente terrena, ma proietta l’uomo
oltre sé stesso. La legge è scritta da Dio nel cuore dell’uomo.

Pag. 39  differenza tra momento intuitivo e momento discorsivo della conoscenza. Il primo è quello
fondativo, l’uomo capace di conoscere; il secondo è operativo  esempio, le statue di Michelangelo.

Pag. 37  Sciacca sta parlando di Platone. Per Rosmini l’essere ideale è la Verità presente alla mente.
Il fine della conoscenza è l’acquisizione della Verità, la quale ha una ricaduta sulla prassi. Ma con Bacone si
ha un asservimento della conoscenza alla prassi, con conseguenze disastrose ancora oggi:

“Che un'epoca nuova sia sorta – grazie alla scoperta dell'America e alle nuove conquiste tecniche che
hanno consentito questo sviluppo – è cosa indiscutibile. Su che cosa, però, si basa questa svolta epocale? È
la nuova correlazione di esperimento e metodo che mette l'uomo in grado di arrivare ad un'interpretazione
della natura conforme alle sue leggi e di conseguire così finalmente « la vittoria dell'arte sulla natura »
(victoria cursus artis super naturam). La novità – secondo la visione di Bacone – sta in una nuova
correlazione tra scienza e prassi. Ciò viene poi applicato anche teologicamente: questa nuova correlazione
tra scienza e prassi significherebbe che il dominio sulla creazione, dato all'uomo da Dio e perso nel peccato
originale, verrebbe ristabilito.

Chi legge queste affermazioni e vi riflette con attenzione, vi riconosce un passaggio sconcertante: fino a
quel momento il ricupero di ciò che l'uomo nella cacciata dal paradiso terrestre aveva perso si attendeva
dalla fede in Gesù Cristo, e in questo si vedeva la « redenzione ». Ora questa « redenzione », la
restaurazione del « paradiso » perduto, non si attende più dalla fede, ma dal collegamento appena scoperto
tra scienza e prassi. Non è che la fede, con ciò, venga semplicemente negata; essa viene piuttosto spostata
su un altro livello – quello delle cose solamente private ed ultraterrene – e allo stesso tempo diventa in
qualche modo irrilevante per il mondo. Questa visione programmatica ha determinato il cammino dei tempi
moderni e influenza pure l'attuale crisi della fede che, nel concreto, è soprattutto una crisi della speranza
cristiana. Così anche la speranza, in Bacone, riceve una nuova forma. Ora si chiama: fede nel progresso.
Per Bacone, infatti, è chiaro che le scoperte e le invenzioni appena avviate sono solo un inizio; che grazie
alla sinergia di scienza e prassi seguiranno scoperte totalmente nuove, emergerà un mondo totalmente
nuovo, il regno dell'uomo. Così egli ha presentato anche una visione delle invenzioni prevedibili – fino
all'aereo e al sommergibile. Durante l'ulteriore sviluppo dell'ideologia del progresso, la gioia per gli
avanzamenti visibili delle potenzialità umane rimane una costante conferma della fede nel progresso come
tale” (Benedetto XVI, Spe salvi 16-17).

Bacone afferma quindi che: “Sapere è potere”, cioè il fine della conoscenza è la prassi; e questo avrà due
conseguenze:

1. tutti i saperi hanno la stessa dignità;

2. il sapere rischia di diventare schiavo del potente di turno.

Nella visione di Bacone si crea una contrapposizione tra uomo e natura (prima rottura). La natura non è più il
giardino da custodire per Dio, ma il luogo da dominare e sottomettere per se stessi.

Seconda rottura: uomo e mondo, introdotta da Cartesio coi concetti di res cogitans (pensiero) e res extensa
(corporeità).

Terza rottura: uomo e Dio, introdotta da Marx. [Fino a pag. 40]

Le aporie del pensiero greco

Pag. 47  il pensiero greco scopre la dimensione intellettiva dell’uomo, ma l’essere umano resta considerato
“natura tra la natura”, non valorizzando la sua unità psico-fisica. La presenza degli schiavi nella società greca
è la conferma di questa visione della vita.

In più il pensiero greco ha una visione negativa della corporeità e della materia, che invece è rivalutata dal
cristianesimo. L’ è mancanza, imperfezione e l’immortalità appartiene solo all’anima.

Sciacca considera la metafisica classica, che è metafisica in quanto impegnata nel rapporto Uno-
-molti/Essere-esseri, inadeguata perché è:

- naturalistica

- a carattere cosmologico-scientifico

- intellettualistica  privilegia la razionalità

La metafisica cristiana invece è:

- creazionista  perché l’è una persona

- antropologica  interessa come l’uomo si comporta


- spiritualista  privilegia l’unità di anima e corpo.

Sia la metafisica classica che la metafisica cristiana si pongono il problema dell’.

Vocazione metafisica: l’uomo è chiamato a risolvere il problema metafisico se vuole risolvere tutti gli altri
problemi.

Le metafisiche non creazioniste sono metafisiche senza ontologia e rischiano di essere metafisiche del Nulla.
Infatti l’essere principio molto spesso è della stessa sostanza del finito per cui manca il concetto Uno-molti.
L’essere principio diviene il Nulla che si confonde con la totalità del mondo. Il principio diviene tutt’uno con
il cosmo nella modernità. Nel corso della modernità l’essere e il mondo “si mangiano” a vicenda e il mondo
“si mangia” entrambi.

Il cristianesimo dice all’uomo qual è quel principio, quell’ da cui ha origine [l’uomo cristiano e la
dimensione religiosa, pag. 54].

La laicità del sapere

Il concetto di laicità è formulato da san Tommaso, il quale teorizza la non separazione tra cultura filosofica e
cultura teologica e la distinzione tra i due campi di competenza: la ragione indaga la verità naturale, la fede
quella sopranaturale; la ragione è illuminata dalla Verità, la fede dalla Rivelazione.

San Tommaso si oppone alla teoria della doppia verità: la Verità deve essere una e una sola. Diverse sono le
prospettive sulla Verità, ma ragione e fede non possono essere in contrasto, perché entrambe sono da Dio,
entrambe pervengono alla Verità. In questo senso allora l’autentica laicità è l’armonia tra ragione e fede
(pag. 65). Il vero pluralismo è dato dalla pluralità delle scienze che sono in cammino verso l’unica Verità.
Oggi come oggi, però, purtroppo s’intende come “laicità” l’eliminazione della Verità sostituita delle proprie
opinioni soggettive.

[Pensieri di Pascal  pag. 66].

Ora, l’assolutizzazione del pensiero razionale come solo vero assoluto sapere fa il suo ingresso nella cultura
occidentale con Averroé. Con il passare dei secoli viene così a mancare la distinzione tra la Verità (oggetto
della mente) e la mente (oggetto pensante).

Kant sostiene la capacità razionale è ciò che dà ordine alla realtà: l’“io penso” diventa un soggetto
assolutizzato, il legislatore del mondo. Con Hegel la ragione diventa poi il principio informatore “creatore”
del mondo; “Tutto ciò che è reale è razionale, tutto ciò che è razionale è reale”.

Giovanni Paolo II afferma e non si stanca di ribadire l’imprescindibilità, per cultura e sapere,
dell’orientamento alla Verità (pag. 67) e, soprattutto nella Fides et ratio, ci ricorda che ragione e fede, in
dialogo fra loro, sono “le due ali con le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della
Verità”.

Laicismo

Il laicismo allora è l’assenza della Verità dall’orizzonte della ricerca (pag. 68). Nell’uso odierno i laicisti si
definiscono laici e i laici hanno lasciato fare!

Pag. 68-69  “Il laicismo […], posto che… contro secolarizzazione” (Sciacca).
Il laicismo, quindi, considera l’uomo nella sua dimensione terrena orizzontale. Verità e valori, in quanto non
più trascendenti, vengono secolarizzati e l’uomo è condannato a vivere contro la propria natura di ente
intelligente finito, naturalmente aperto all’Assoluto.

Il laicismo teorizzando che non può sussistere il naturale rapporto di armonia e collaborazione tra ragione e
fede, tra Verità e mente, teorizza l’autosufficienza dell’individuo.

Non sussistendo più il rapporto Uno-molti, il soggetto diventa principio da sé; non esistono più altri ai quali
sono relazionato grazie all’Uno, ma solamente altri. L’uomo è deresponsabilizzato.

L’uomo, teorizzando la propria autosufficienza, si ritrova incapace di relazionarsi costruttivamente con ciò
che lo circonda e di conoscere adeguatamente. La laicità, al contrario, mantenendo la relazione Uno-molti,
asserisce la fondamentale autonomia e la necessaria responsabilità dell’individuo pensante: il soggetto non è
principio di sé, ma è principio libero e responsabile delle proprie azioni.

Vedere Civiltà cattolica 4 novembre 2006, articolo “Laici contro laici” (Mucci)  gli uni sono i laici
credenti, altri sono i “laici teneri”, che dal punto di vista pratico, pur non essendo credenti, riconoscono
almeno che senza un sistema di valori non c’è convivenza tra gli uomini e, quindi, sono aperti al dialogo;
altri sono i laicisti, che non ne vogliono sapere del dialogo con i credenti.

Laicità non significa indifferenza, ma riconoscimento del valore religioso, che lo Stato non può imporre, ma
rispettare.

Dopo l’11 settembre, che ha mostrato il “volto oscuro” dell’Islam integralista, nascono questi termini:

 teocon (o neocon)  sono quei pensatori non credenti, che l’articolo di Mucci definiva “laici
teneri”, che sostengono il dialogo con la Chiesa: famoso è l’esempio Ratzinger-Pera;

 teodem  accezione politica, che indica quegli esponenti del partito democratico, che pur non
credendo sono aperti al dialogo con la Chiesa;

 atei “devoti”  quei non credenti che vedono con simpatia la Chiesa e paradossalmente ne
sostengono il Magistero, a volte più e meglio di certi credenti (Giuliano Ferrara).

La metafisica del soggetto

Per Kant la vera metafisica non può esser altro che la scienza della limitatezza della conoscenza umana . In
questo modo Kant provocò un chiaro slittamento del significato di metafisica da quello di studio dell’essere a
quello di critica della conoscenza. Secondo Kant, la metafisica nel suo significato tradizionale è impossibile.
La conseguenza è che non è più possibile giungere a scoprire la Verità sull’essere. In questo modo la
gnoseologia si erge a metafisica e inaugura la metafisica del soggetto cui ha dato il via la rottura
antimetafisica di Cartesio (pag. 81).

Ma facciamo un passo indietro:

 200-450 d. C.  formulazione dottrinale della rivelazione cristiana (concili dogmatici);

 476 d. C.  crollo dell’impero romano d’occidente e decadenza degli studi e della filosofia;
 XI-XIV sec.  Patristica e Scolastica: la filosofia cristiana tende ad organizzarsi come sistema di
sapere e ad inserirsi tra gli altri saperi  nasce il problema fondamentale del rapporto tra ragione e
fede:

- XI sec.  “Credo ut intelligam, intellego ut credam” (Sant’Anselmo);

- XIII sec.  autonomia tra ragione e fede :

 spiritualità francescana  san Bonaventura

 spiritualità domenicana  san Tommaso

 periodo della Scolastica post-tomistica  spaccatura tra ragione e fede (Guglielmo d’Ockam) 
 crisi della metafisica

Metafisiche creazioniste

L’uomo greco, con l’aiuto della sola ragione naturale, compie le prime tappe fondamentali del cammino
verso l’autocomprensione di sé: scopre alcune delle verità essenziali circa la natura umana e la realtà, e le
ordina organicamente grazie al rapporto Uno-molti, tra l’Essere e gli esseri.

La metafisica classica rimane tuttavia carente: pur riconoscendo la differenza metafisica tra l’Essere e gli
esseri non riesce a definirla adeguatamente. Il principio di creazione, proprio del pensiero cristiano, sanerà le
aporie del pensiero metafisico classico […].

Nelle metafisiche creazioniste il problema Uno-molti viene visto:

1. l’Essere-principio creante infinito (Uno)

2. l’essere creato finito (molti).

Di conseguenza non c’è posto per una concezione di Essere come negatività o non essere. L’Essere crea dal
nulla un nuovo essere compiuto nei limiti della sua finitezza che non è finitudine, la quale è il contrario della
finitezza. Essa è un limite positivo, è ciò che una cosa è perché finita; mentre la finitudine è un perdersi nel
finito.

L’Essere-principio assoluto come essere autosufficiente e l’autonomia del finito, tagliano fuori il Nulla che
non è principio, ma è semplicemente indicazione della differenza del limite dell’Essere.

La metafisica dell’Essere di Parmenide sente sempre molto l’attrattiva del Nulla, mentre la metafisica del
Nulla di Gorgia sente molto l’attrattiva dell’Essere; ma entrambi non riusciranno ad andare oltre le loro
posizioni perché a loro manca il concetto di creazione.

Le metafisiche creazioniste, però, non possono prescindere dalle metafisiche non creazioniste della classicità,
perché in fondo ne approfondiscono i principi fondamentali grazie al principio di analogia, di partecipazione,
di esemplarismo, e perché sono un momento al loro interno per la presenza del Nulla all’atto creativo
dell’Essere.
Enciclopedia cristiana ed enciclopedismo

L’uomo greco, col solo ricorso della ragione naturale, scopre alcune delle verità fondamentali sulla natura e
sulla natura umana, le ordina organicamente, ne approfondisce le relazioni e connessioni. Dà vita, quindi,
alla prima forma unitaria e armonica dell’universo del sapere, alla prima enciclopedia.

L’universo del sapere è pensiero sull’Essere, reso possibile dalla presenza dell’Essere come idea alla mente,
ovvero la presenza della Verità alla mente. L’uomo europeo, sintesi dell’uomo greco, romano e cristiano
colloca accanto all’universo del sapere l’universo del fare.

La visione enciclopedica è dunque governata da un sintetismo ontologico (che riconosce l’armonia e le


relazioni sussistenti tra i diversi gradi dell’essere) e da un sintetismo logico-scientifico da esso derivato;
sintetismo logico che riproduce alla mente l’intrinseco, armonioso ordine dell’universo e che lega le scienze
e le conoscenze tra loro.

Le scienze quando divulgano danno vita all’enciclopedia che è resa possibile dall’armonia delle forme del
sapere e dell’operare perché derivano dall’armonia dell’Essere.

Rosmini coglie la portata dell’enciclopedia e ripropone nella modernità lo spirito di sintesi proprio dell’uomo
europeo. Vagheggia da giovane un libro che sia capace di mostrare l’armoniosa unità di tutte le conoscenze
umane; progetta, ormai adulto, un’enciclopedia cristiana, un opera ordinata e tenuta insieme da un unico
principio, la Verità.

Per Rosmini, che segue la tradizione classica e cristiana, ciò che deve cercare la scienza per essere un
organismo è l’Essere-Verità che la mente finita vede, ma senza rimanere accecata . La vede in se stessa e
nella realtà. Non solo noi siamo nell’Essere, ma conosciamo, soffriamo, pensiamo grazie all’Essere. È
l’Essere ciò che “ci” racconta ed è ciò che permette di metterci in contatto con noi stessi. Anche l’universo è
un modo di essere anche se non cosciente.

La Verità è il lume della mente umana, l’idea dell’Essere, Primo ideologico che indica quella luce
riconducibile al Primo teosofico da cui esso deriva, il quale con la potenza della sua luce annienterebbe la
mente umana, ma che con un solo raggio la guida.

Il modo di fare enciclopedia dell’Illuminismo e del Romanticismo, invece, manca dell’ordine intrinseco
dell’essere e del potere entificante della mente, manca di organicità perché si fonda su una concezione
empirica del sapere che nega l’esistenza di una legge oggettiva e universale della realtà e della conoscenza
della realtà. È un raggruppamento estrinseco di scienze e di concetti che possono essere elencati in ordine
alfabetico, ma non è l’ordine dell’essere: è insomma enciclopedismo.

L’Enciclopedie di Diderot e D’Alembert finisce per diventare un raggruppamento estrinseco e disorganico di


conoscenze, lo spirito sistematico che la caratterizza non riesce a cogliere il dinamismo della realtà nella sua
dinamicità.

Anche il massimo sforzo compiuto da Hegel, per il quale la ragione si assolutizza divenendo Ragione, risulta
inadeguato. Hegel intende superare l’empirismo illuminista e riaffermare l’organicità e l’ordine del sapere,
ma affidandosi ad un’universalità di tipo soggettivo, il potere soggettivo del pensiero, e non all’Essere.
Costruisce un sistema rigido e non rigoroso, un sistema che non avendo la stessa elasticità della realtà finisce
per comprimere quest’ultima nei suoi schemi.

[Vedere pag. 71 e 104 sull’enciclopedismo]


Decadenza della metafisica

Quando le scienze non si unificano nella “conquista della verità” il sapere si frammenta e la filosofia deve
dichiarare fallimento.

Il mondo metafisico può compiere il peccato di omissione speculativa dichiarando la propria inadeguatezza a
trattare i problemi che gli riguardano (il riconoscimento dell’Essere-Verità come collante della enciclopedia,
per esempio); si cade così nello scetticismo dove il dubbio è elevato a sistema, si dichiara che non c’è
conoscenza certa, si afferma la non esistenza di ciò che non si può conoscere. Per lo scetticismo, quindi, non
c’è conoscenza vera: tutto è relativo. Lo scettico si distingue dall’agnostico, perché quest’ultimo non si
pronuncia e non prende posizione. L’agnosticismo è una a-filosofia, mentre lo scetticismo è una vera e
propria anti-filosofia.

La sospensione del giudizio dello scettico non è umile, ma arrogante. L’arroganza di quelli che non partono
dal non sapere (?) e arrivano al sapere (!), ma partono dal non sapere per arrivare al non sapere!

Questo atteggiamento parte dalla sofistica e viaggia fino ad oggi con una serie di varianti:

 Protagora teorizza il soggettivismo gnoseologico , che fa dell’uomo la misura di tutte le cose, e


Gorgia coerentemente sostiene il “nullismo ontologico” (nulla è), ma sostenere che il nulla è la
sostanza di tutte le cose è un’affermazione che si contraddice in più sensi:

1. per affermare il nulla devo ricorrere all’essere e poi negarlo; ciò significa che l’essere
precede il nulla, quindi si presuppone l’essere che si vuole negare;

2. la proposizione “nulla è” presuppone il pensiero di un uomo che pretende di essere nichilista;

3. se c’è il discorso del nichilista c’è anche la parola, la quale manifesta se stessa e attraverso la
quale si può predicare la qualsiasi cosa, persino il nulla, che in questa maniera diventa
un’entità mentale: diviene una cosa pensata anche se non è sussistente  questo smentisce il
nichilismo, perché la parola rivela il potere entificante della mente, dichiara in altri termini
l’essere, senza il quale la parola non potrebbe darsi in quanto parola e in quanto
comunicabile;

4. la parola ha una valenza oggettiva, perché è capace di dire e cogliere la verità; la parola dello
scettico non è capace a fare questo perché per lui ha solo un valore nominalistico.

 Gorgia diventa il modello di come si fa arrivare al nichilismo, cioè della “nientificazione” della
consistenza ontologica di tutto ciò che è. Egli esplicita il discorso che aveva preso con Protagora, il
quale aveva cercato di comprendere la realtà circostante e conclude che non c’è una verità oggettiva,
ma solo sensazioni soggettive.

 Alla base del nichilismo c’è sempre una qualche forma di scetticismo gnoseologico, la quale forma è
empirista.

 L’empirismo è padre dello scetticismo, in quanto proclama la riduzione dell’ente intelligente finito a
oggetto sensitivo (riduzionismo gnoseologico  riduzionismo ontologico).

 Con l’avvento della modernità si diffusero in Europa libretti con titolo significativo che denunciano
la mentalità dell’epoca: “La ragionevolezza del Cristianesimo” di John Lock, “La… Colins,
“Lineamenti di religione naturale”…, “Cristianesimo non misterioso” di… tutti di ispirazione
deistica (che è il contrario del teismo) cioè una religione ridotta in termini di pura ragione,
depauperando anche la visione antropologica. La filosofia compì un’opera di riduzione su se stessa
impoverendosi e generando, di conseguenza, una cultura impoverita che raggiunge gli strati bassi
della popolazione e diventando mentalità comune.

 In questa atmosfera scettica e modernista, la metafisica viene sempre più relegata a scienza obsoleta,
e quindi anche i problemi metafisici sempre più messi da parte.

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