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CORSO di

STORIA
della CHIESA
ANNO C
Dal VII al XV secolo

1° quadrimestre
Corso di Storia della Chiesa – ANNO C – Dal VII al XV secolo – 1° quadrimestre

SOMMARIO
SOMMARIO........................................................................................................................................................3
IL MEDIOEVO....................................................................................................................................................4
LO SVILUPPO DEL CRISTIANESIMO E L’EVANGELIZZAZIONE DEL VI-VII-VIII SEC.......................8
SAN BONIFACIO (672-754).............................................................................................................................12
L’ ISLAM...........................................................................................................................................................17
LA CHIESA E I CAROLINGI...........................................................................................................................20
CARLO MAGNO...............................................................................................................................................23
LA GUERRA SASSONE...................................................................................................................................27
I SECOLI MONASTICI.....................................................................................................................................30
CLUNY...............................................................................................................................................................33

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Corso di Storia della Chiesa – ANNO C – Dal VII al XV secolo – 1° quadrimestre

IL MEDIOEVO
INTRODUZIONE E COLLOCAZIONE TEMPORALE

La divisione in periodi della Storia tra antichità, medioevo, epoca moderna, contemporanea, sempre
che il tempo possa essere frazionato, ha un valore puramente didattico. E’, infatti, impensabile che
un fenomeno dinamico come la storia, che pur stabilisce legami e confini, ma che anche sovverte le
proprie creazioni dando loro significati diversi, possa essere incasellata, suddivisa e frazionata in
rigidi schemi. Tipico esempio di tale situazione è il Medio Evo.
Tale parola Medio Evo dice già in se stessa qualcosa di emblematico, ovvero dice di essere un
ponte di passaggio tra la classicità e l’Umanesimo-Rinascimento. È proprio nel Rinascimento che il
termine Medio Evo (età di mezzo) ebbe origine; tale termine verrà sempre più usato alla fine del
XVII secolo e con l’Età dei lumi diverrà l’unico termine usato per indicare quel lasso di tempo situato
tra la caduta dell’Impero romano ed il Rinascimento. Agli umanisti,così come agli illuministi, il
medioevo appare come la negazione completa della classicità, sia nella lingua, sia nel pensiero, sia
nell’arte; è un periodo più negativo nel quale non esiste un grande pensiero filosofico, dove l’arte è
semplice, la lingua non è curata, in cui l’oscurantismo regna indiscusso ed il buio della ragione è
all’apogeo.

Quanto ai limiti di questo periodo così vasto, per consuetudine è invalso l’uso di farlo iniziare con il
V secolo, dalla caduta dell’impero Romano di Occidente, e il suo termine è posto alle soglie del XVI
secolo, il tutto in maniera estremamente artificiale.
Le prime opere in cui si usa il termine Medioevo sono:
1) La prima opera in cui si enuncia l’esistenza di un’età detta “Medioevo” e di cui si assegnano i
limiti è: la “Historiarum ab Inclinatione Romanorum Decades” di Flavio Biondo (Forlì 1392 – Roma
1463): per questo storico il medioevo inizierebbe con la discesa di Alarico in Italia (410) e
durerebbe fino al 1440.
2) Un autore anonimo francese fra il 1463/1561 in un suo scritto parla di un tempo passato, un t.
medio. E un t. presente.
3) Giovanni A. Bussi e Carlo Singonio (+ 1584) indicano come punto di partenza il 476, anno della
deposizione di Romolo Augustolo. Questa data, non perché più esatta ebbe universalmente
maggior fortuna.
Per quanto riguarda il termine sono state date diverse interpretazioni:
a) 1453 (Caduta di Costantinopoli);
b) 12 Ottobre 1492 (Scoperta dell’America), data entrata più in uso comune;

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c) 3 gennaio 1492 (caduta di Granata)


d) 1517 (Inizio della rivolta luterana).
Christofer Keller scrisse una propria ‘Storia Medio Evi’(?) in cui venne maggiormente chiarito tale
termine (?).
Mattia Florio, la storiografia protestante superficialmente affermarono come il Medioevo fosse stato
un lungo periodo di corruzione e di decadenza e della Chiesa. Interpretazione ridicola poiché
sembrerebbe far pensare che tutto prima sia stato luce, poi tutto buio e nuovamente tutto luce,
come se nel M.E. non si avesse conosciuto un periodi di grande spiritualità.
A tale visione si oppose il card. Cesare Baronio. Dal ‘700 in poi verrà definito anche medioevo
gotico (barbaro, retrogrado, buio). Gli Illuministi contribuirono a farlo vedere anche come un periodo
oppressivo.
Gli scrittori del periodo romantico capovolsero questo giudizio vedendovi invece un’epoca di libertà,
spontaneità, creatività, eroismo e di forte spiritualità, ma lo fece a volte in maniera talmente
entusiastica da renderlo quasi un Medioevo inventato.
Lo storico belga Henri Pirenne (1862 – 1935) ritenuto uno dei più grandi medioevalisti, autore di
molti libri sugli aspetti economici e sociali del tempo affermo come l’Europa fosse nata da una serie
di contraccolpi dovuti all’invasione araba e dalle situazioni politico-economiche che costrinsero a
tagliare l’Europa fuori dall’oriente. L’Occidente venne diviso dall’Oriente formando così due mondi
indipendenti.
Per quanto riguarda la storia della Chiesa gli anni che la vedono protagonista partono dalla morte di
Gregorio Magno fino all’inizio della Riforma e per quanto possa sembrare lungo tale periodo esso
rispecchia comunque un certo numero di caratteri comuni:
1) una crescita del cristianesimo in tutta l’Europa;
2) un’ unità religiosa della cattolicità;
3) Il ruolo primaziale del Papato fonte della dottrina;
4) La riforma monastica.

MENTALITA’ MEDIOEVALE

Tre sono gli elementi da considerare per comprendere il M.E.: la concezione del tempo, dello
spazio, dell’uomo.

1. Concezione dello spazio terrestre considerato in modo immaginario. Si concepiva un universo


al centro del quale c’era la Terra, vista come un disco piatto al cui centro idealmente si trovava
Gerusalemme, immagine terrena della Città di Dio e congiunzione dei tre continenti, Europa,

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Africa, Asia; le prime due, insieme, erano considerate estese quanto la terza. Le carte
geografiche erano poche e imprecise, non si aveva interesse di comprendere ove si trovava un
luogo, ma la cartografia era solo una rappresentazione didascalica della Storia della Salvezza,
svincolata da un’utilità pratica. Lo spazio era suddiviso in tre parti e l’unità di misura era riferita
all’uomo (il piede, il cubito, giornate di viaggio…), la norma astratta non era in uso (il metro); i
numeri avevano un carattere simbolico, ci si teneva alle misure del Santo Sepolcro per i
monasteri.

2. Concezione del tempo, esso aveva lo scopo di mettere in luce il piano di Dio. Non si aveva la
preoccupazione dell’ora esatta. Ci si domandava: Quando è stato creato il mondo? Quando
finisce? In quale momento del piano della salvezza ci troviamo? Si cercava di calcolarne il
tempo nonostante i richiami dei Padri. S. Agostino diceva – non spetta a voi conoscere la fine
del mondo. Il tempo era contato in vari modi, i millenni erano le settimane del mondo, secondo il
Salmo 90, l’universo durava sei settimane e nella settima ci si sarebbe trovati nel sabato del
mondo. L’inizio dell’anno ordinario coincideva con le festività liturgiche, ma non esisteva un
calendario uguale per tutti anche se il calendario in uso più comune era quello giuliano. Alcuni
iniziavano l’anno col Natale, altri con l’Annunciazione, altri con la Pasqua (più raro a causa della
variazione della data). P. LECLARQUE : Il M.E. era un’età dell’uomo, scandita dalla natura e
dalla liturgia, una spinta verso l’alto. La liturgia scandiva la vita, le vigilie, la quaresima, i digiuni.
Durante la Settimana Santa le attività si fermavano, comprese le guerre, molte attività e obblighi
avevano scadenza in giorni di festa (contratti) si usava la meridiana, in certi giorni non si doveva
viaggiare. I tempi liturgici erano usati per indicare i vari giorni (quasi modo; laetare Jerusalem;
Guadate…); non vi era la preoccupazione di sapere i giorni precisi. La medicina era molto
rudimentale e i rimedi maggiormente usati erano i bagni, le purghe e i salassi. I giorni erano
propizi o nefasti, detti neri o egizi, nel ricordo di Israele reso schiavo in Egitto.

3. Concezione dell’uomo è colui che è posto tra cielo e terra: vive sulla terra, ma il suo posto è il
cielo. E’ immagine di Dio, corona della creazione, creatura per eccellenza, capace di Dio, di
entrare in comunione e dialogo con Lui, segnato dal peccato e dall’egoismo, ma chiamato alla
santità della vita.

La povertà della condizione umana viene fortemente sottolineato. Vi è un genere letterario


Particolare, il “Contemptus Mundi” che centra la sua attenzione sulla miseria dell’uomo, sul
disprezzo delle realtà, su tutto ciò che è ostacolo alla santità. Vi è una vera ossessione per la

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salvezza dell’anima, una opprimente preoccupazione, paura per la dannazione, si insisteva sulla
penitenza, sui meriti da acquisire, una tetra opinione della vita, poco sulla Misericordia di Dio
(Penitentia agite).
Vi era una forte spiritualità, la cura dell’anima accompagnava tutta l’esistenza: il bambino
appena nato doveva essere battezzato, dopo il parto la donna purificata, si facevano esorcismi,
senso dell’eucaristia, cresima e tutto ciò che accompagnava la preparazione alla morte, il
viatico.
Brillavano per l’accoglienza ai pellegrini, l’assistenza ai malati, si dava importanza alle opere di
misericordia, alle elemosine, ai lasciti, agli atti di riparazione per i peccati.
Tutto dipendeva dalla meteorologia e l’atteggiamento verso i fenomeni atmosferici era passivo.
L’età media era 30/35 anni, grande mortalità infantile, anche se vi erano casi di persone robuste
e lungimiranti; il lavoro era duro e massacrante, molte le guerre, le epidemie, le pestilenze ed
altre malattie che portavano alla morte precoce: malaria, dissenteria, vaiolo tubercolosi
polmonare, lebbra, semplici febbri.
L’alimentazione scarsa, frutta e verdura si mangiavo nella loro stagione; ad eccezione dei
monasteri e palazzi pubblici, le case erano di legno, fatte alcune eccezioni, sottoposte alle
intemperie, al fuoco (solo col 1200 si iniziarono le costruzioni in pietra).
L’Europa contava intorno al mille circa 40/45 milioni di abitanti, che andarono crescendo fino alla
peste del 1348.
Ci si domanda: valeva la pena di vivere una vita così dura?
Per quanto fosse così difficile il pensiero del suicidio non esisteva “Sopportavano i mali peggiori
… non vi era il pensiero del suicidio considerato più riprovevole dell’omicidio” Giuda era il
prototipo del suicida, tutto era visto alla luce dell’Eternità.

BURCHARDT “Il M.E. ha saputo vivere senza guerre nazionali, senza sfruttamento industriale,
senza odio verso la povertà, capitalismo .. la grandezza di un’epoca dipende dal numero elle
persone capaci di sacrificio, qualunque sia l’oggetto… la grandezza inizia con la dedizione per
una causa e la storia personale, la vera grandezza non dipende dalla superiorità intellettuale,
ma dallo spirito e dalla volontà di compiere anche le piccole cose”.
Citato da Fuhrmann “Vita del Medioevo”

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LO SVILUPPO DEL CRISTIANESIMO E


L’EVANGELIZZAZIONE DEL VI-VII-VIII SEC.

In occidente il cristianesimo si espande fra il V e VI sec. in modo progressivo dopo lo scompiglio


reato dall’immigrazione dei popoli barbarici dal nord-ovest, di confessione ariana (Goti, Burgundi,
Vandali, Svevi, Longobardi) che andrà scomparendo. Nei secoli precedenti vi era stata talvolta una
forte opposizione sia da parte delle classi colte romane,sia da parte del “pagus” ( il mondo
contadino legato ai culti locali).
CLODOVEO, re dei Franchi, nel 496 si fa battezzare a Reims da S. Remigio. Il popolo dei franchi,
a differenza di altri popoli germanici diviene direttamente cristiano cattolico senza passare tramite la
confessione ariana.
(- Nell’Africa del nord, conquistata dai Vandali, ariani, che avevano già conosciuto la persecuzione
di Diocleziano, si subiva una nuova persecuzione sanguinosa, BELISARIO, mandato da
Giustiniano, la riconquista.
- In Spagna non si ebbero sconvolgimenti di rilievo, il re LEOVIGILDO (568-586), estese la sua
sovranità su quasi tutto il territorio, a lui succede RECAEDO col quale si vede una numerosa
conversione al cattolicesimo con una stretta collaborazione con LEANDRO e ISIDORO di Siviglia.
Si avrà una notevole fioritura di istituzioni, parrocchie rurali, monasteri. Sarà una Chiesa vivace e
robusta, dal 400 al 700 si tennero 18 concili provinciali. La capitale era Toledo.
- Nella Gallia il cristianesimo è abbastanza esteso, vi sono una trentina di vescovadi. Vescovi di
rilievo come CESARIO di Arles, AVITO di Vienne.
- In Bretagna la realtà del mondo romano e quella del luogo generò un nuovo popolo con l’arrivo di
diverse etnie che si insediarono nel territorio, in modo particolare con gli Angli e i Sassoni mentre i
Briti, gente del luogo, si rifugiò nelle zone montuose (Galles e Bretania), una parte riparò in Francia
dando il nome alla penisola che oggi viene chiamata appunto Bretania. In alcune zone si ritornò al
paganesimo. Nel V sec. il cristianesimo in Inghilterra era poco diffuso.
- In Irlanda c’era una fioritura per opera di San Patrizio e dei suoi successori.
- In Italia: il centro-nord era Longobardo, il centro-sud Bizantino, greco.
La conversione dei Longobardi, ariani, al cattolicesimo cominciò all’epoca del regno di
TEODOLINDA seguita col duca AGILULFO.
Ricordiamo che il ruolo e i capi era molto importante).
- In Germania. Comprendeva il territorio che va dai confini della Francia attuale fino alla Polonia, in
epoca romana era compreso fra due fiumi: il Basso Reno e l’Elba. Si trovavano insediamenti
soprattutto sulla sponda sinistra del Reno, in epoca romana, amministrativamente facevano parte

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della Gallia. I cristiani non erano mai stati numerosi, scarsa la popolazione che comunque pagò un
grande ‘tributo’ sotto Diocleziano. I vescovadi presenti erano: Strasburgo, intorno a Basilea, Coira
– Costanza – Vindonissa (Zurigo).
Il Battesimo passa dall’essere il frutto di un lunga istruzione religiosa che richiedeva 3 anni di
catecumenato all’essere l’inizio della vita di fede. L’istruzione religiosa veniva dopo.

A chi si deve la ripresa dell’evangelizzazione all’inizio del VII secolo?

Ai monaci Irlandesi, fra questi S. Colombano (che fondò molti monasteri come a Luxeni in Francia,
Bobbio in Italia, Sangallo); San Gallo, San Firmino sul lago di Costanza fondò un monastero, a
Reichenau. Si chiameranno monaci itineranti, si stabiliscono in varie zone riuscendo a compiere
una grande opera grazie anche all’appoggio dei duchi di Baviera, cattolici da gran tempo; fra questi
uno chiamerà a Ratisbona il vescovo RUPERTO, vescovo itinerante, missionario. Annuncia il
Vangelo, fonda monasteri (S. Pietro = Salisburgo, in Austria), altri come Emerrano,
Corbiniano.Sempre dall’Irlanda altri si recheranno ad evangelizzare la Scozia, mentre i missionari
iro – scozzesi andranno in Inghilterra, nel 596 Gregorio Magno invierà 40 monaci con l’Abate
Agostino (vescovo Di Canterbury).
Il re (Etelberto) dà il permesso alla predicazione, si converte, viene battezzato con una gran
moltitudine di sudditi. In alcune zone vi furono attriti fra gli stessi missionari: irlandesi e romani. Sul
territorio c’è molta povertà. Quando muore l’unico vescovo del paese i governanti chiederanno al
papa un successore, TEODORO di Tarso, arcivescovo di Canterbury, buon conoscitore della
dottrina e di cose scientifiche. Nascono nuovi monasteri.
SAN BEDA, il Venerabile, traduce il N.T. in lingua anglosassone.
La Chiesa Inglese ha una forte unione con quella Romana, i monasteri fioriscono e c’è una gran
vita spirituale, molti saranno i missionari che partiranno di là.
Da notare però che lo sforzo missionario parte sempre da Roma, sede pontificia e centro della
cristianità, espandendosi in diverse forme che assume caratteristiche diverse a secondo i luoghi
della predicazione.
Tra i Germani, popolazione in cui vi era l’abitudine a seguire il credo religioso del capo, si ebbero
conversioni collettive come conseguenza di conversione da parte dei capi popolazione creando
problemi di difficile valutazione; la conversione infatti è un mutamento dell’animo, del cuore,
atteggiamento che in una conversione collettiva poteva essere insufficiente, non motivata, essere
soltanto un fatto formale, un fatto esteriore. La situazione religiosa e morale del clan rimaneva
sovente inalterata. Superstizione, comportamenti immorali rimanevano molto radicati.
Si tenga tuttavia conto che erano precedute da una catechesi, da approfondite discussioni.

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Veicolo della diffusione del vangelo sarà la personalità stessa del missionario, che in buona parte
verrà portata dagli stessi missionari germanici capaci, per la loro preparazione fisica e costituzione,
di sopportare le fatiche della missione, gli spostamenti e pericoli di ogni genere adattandosi
facilmente ai vari ambienti. Il loro atteggiamento era duro e deciso, distruggevano templi,
battezzavano alle fonti delle divinità, mangiavano carne sacrificale, … per dimostrare l’inferiorità
degli dei pagani e la supremazia del Dio cristiano. In generale erano persone sapienti anche se non
mancarono episodio di fanatismo, imposizioni, violenze, conversione di carattere politico; la gente
rimane tuttavia fedele al battesimo.

La Chiesa Irlandese compie un grande sforzo missionario. I missionari appartenenti a chiese


monastiche si troveranno impegnati in tutta Europa.

SAN BONIFACIO (672-754)

Nato nel 672/673 a Devonshire, educato nel monastero di Exeter, passa in un’altra abbazia diviene
sacerdote e ivi vive per alcuni anni. Nei primi 15 anni della sua vita monastica insegna grammatica,
scrive in latino elegante, abile nello scrivere le pergamene ed è cronista; matura l’idea di dedicarsi
alla ‘Peregrinatio pro Christi’ volendo evangelizzare le tribù germaniche in particolare i Sassoni.

Primo momento di evangelizzazione (716)

Chiesto il permesso all’abate e le sue preghiere parte da Londra per Dorestat, nella terra dei
Frosoni (Olanda): annuncia il vangelo, ma incorre in un fallimento, dovendo desistere per una
decisa opposizione e rientrare in Inghilterra. Non scoraggiato, sente di doversi preparare con
maggiore cura con la preghiera e lo studio degli usi e della mentalità delle persone (inculturazione).

Secondo momento di evangelizzazione (718-722)

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Nel 718 fa un secondo tentativo, ponendo il suo lavoro missionario sotto la protezione del papa
Gregorio II che lo accoglie a Roma e lo incarica di andare in Frisia dandogli un mandato, simile ad
un salvacondotto che lo protegga, e gli attribuisce il nome di Bonifacio.
Si reca presso i Frìsoni lavorando a fianco di S. Villibrordo, si sposta successivamente nell’Assia
(Hesse) e nella Turingia in territorio germanico. Scrive poco tempo dopo al papa per informarlo
sulla creazione di 30 Chiese e della necessità di ordinare la situazione. Il 30-9-722 fu consacrato da
Gregorio II missionario per la Germania e per la regione destra del Reno in Germania. Il mandato
dato dal papa, valido come salvacondotto, lo protegge dall’invadenza dei franchi e dei vescovi.
Papa Gregorio II gli consegna una lettera per Carlo Martello, Maestro di Palazzo dei Franchi, non si
era troppo favorevole all’azione missionaria della Chiesa. Carlo Martello, venendo considerato in
tale lettera il “duca e signore dei Franchi”, si dispone positivamente verso l’azione missionaria di S.
Bonifacio a cui consegna un salvacondotto di protezione in maniera tale che egli possa liberamente
muoversi su tutto il territorio.

Terzo momento di evangelizzazione (723-732)

Gregorio III (731-741) nel 732, in riconoscimento del suo operato, lo nomina arcivescovo senza
sede fissa, gli impone il pallio, segno di una forte legame con Roma, gli conferisce la potestà di
nominare altri vescovi e di avere giurisdizione su molte terre.
Bonifacio compie il suo lavoro di ordinamento della Chiesa tra i popoli germanici con pazienza e
moderazione impostandolo su tre punti fondamentali:
1. la conversione dei popoli germanici al cristianesimo. Per far ciò l’azione missionaria inizia col
clamoroso gesto dell’abbattimento della quercia sacra di Donar consacrata al dio Thor e con
la costruzione di una chiesa .utilizzando il legno dell’albero tagliato
2. Lotta contro gli inconvenienti presenti nella Chiesa contemporanea ed in particolare riformare
la decadente chiesa dei Franchi (quindi non limitandosi alla strutturazione delle nuove
Chiese ma riorganizzare anche quelle già esistenti nella parte occidentale), fermare l’abuso
dei fondatori o reggenti laici delle Chiese, che consideravano ed utilizzavano tali Chiese
come loro proprietà (idea del diritto germanico), e formare un clero meno ignorante e
indegno

3. Fondare monasteri femminili e maschili secondo l’ordine benedettino, veri centri di


formazione per la cultura e per l’irradiamento missionario (Hesse, Fritzmar, Fulda).
Montecassino e la regola di S. Benedetto saranno il modello per il monastero di Fulda,

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divenuto presto centro di cultura, civiltà, attività missionaria. S. Bonifacio sarà sempre legato
a tale luogo.

Quarto momento di evangelizzazione (738-747)

Nel 737/738 Bonifacio fa un terzo viaggio a Roma; durante la sua permanenza il papa lo nomina
Legato per la Germania (Missus Sanctae Petri per Germanum) divenendo vicario del papa per tutti i
regni germanici e il regno franco.
Negli ultimi dieci anni della sua vita cercherà di riformare la chiesa germanica. In tali anni, su
pressione del duca dei bavari, Bonifacio si dedica molto all’espansione e all’organizzazione della
Chiesa nell’attuale Baviera, stabilendo i confini delle diocesi di Passau, Salisburgo, Ratisbona e
Frisinga e fondando altri vescovadi (Wurzburg, Erfurt e Baraburg).
Tiene dei sinodi provinciali (Sinodo Bavarese nel 740) e nazionali (Sinodo generale franco nel 743 e
sinodo di Soissons) con lo scopo di rafforzare l’unione e l’opera della Chiesa stessa.
- ribadisce l’importanza dell’unione del clero con il vescovo diocesano a cui si deve rendere conto
del proprio servizio. Si creò o si riformò l’organizzazione metropolitana delle diocesi per
l’organizzazione di sinodi;
- si limita il fenomeno dei sacerdoti o vescovi itineranti (poco gestibili ed indipendenti) vietando la
predicazione senza un permesso del vescovo diocesano o del sinodo;
- si intraprende una riforma del clero, raccomandando ai sacerdoti il divieto dell’uso delle armi, una
vita celibataria, il divieto del concubinato, si proibirono le usanze pagane in contrasto con la vita
cristiana, raccomandazione del matrimonio canonico per i laici.

Suo proponimento era anche quello di:

1) formare un clero buono e adatto.


2) dare una istruzione ed una adeguata formazione al popolo cristiano.
3) dare l’avvio ad una decorosa celebrazione liturgica dei Sacramenti.

Il proposito era forte, impegnativo, irto di difficoltà soprattutto quando si doveva presentare il
cristianesimo cercando di assumere la cultura delle varie popolazioni: problema della
‘inculturazione’ (per le concezioni che si presenteranno riguardo il matrimonio, i bambini, la
violenza, …).

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Bonifacio si scontrerà con molti laici, sacerdoti e religiosi. Nonostante alcune tensioni, il lavoro
continuo diede i suoi frutti e vi fu una notevole fioritura di fede: in Baviera tra il 748 e il 778 sorsero
29 monasteri.

Quinto momento di evangelizzazione (738-747)

Nel 747 Carlomanno, figlio di Carlo Martello e fratello di Pipino il Breve, si ritira in convento. S.
Bonifacio perde il suo più grande sostenitore.
Sempre nel 747 Bonifacio diventa vescovo di Magonza.
Nel 751 ottiene da Papa Zaccaria il privilegio dell’esenzione, rendendo il vescovo di Magonza non
più dipendente dall’antico vescovado di Wurtzburg.
Dedica gli ultimi sette anni della sua vita ad evangelizzare l’Assia e la Turingia, alla formazione di
buoni collaboratori anglo-sassoni.
Nel 751 diviene monaco (?) col privilegio dell’Esenzione (?), non dipenderà più dal vescovo, ma
direttamente dal papa. Nonostante l’età, ottanta anni, lo spirito missionario è vivo e sente il
desiderio di recarsi in Frisia, il presentimento della morte lo spinge a mettere nel bagaglio il lenzuolo
funebre.
Nel 754 cade vittima assieme ad altri 52 compagni di una imboscata tesagli da fanatici pagani a
Dokkum e viene sepolto a Fulda. Tale monastero diviene centro della cristianità in Germania. Ivi si
riunisce fino ad oggi la conferenze episcopali tedesca.

CARATTERISTICHE DELLA MISSIONE DI BONIFACIO

1) Ovunque si recava come missionario faceva rilevare come la sua missione era stata data dal
papa e non da un sovrano laico, segno di unità per tutta la Chiesa. Essa doveva essere legata al
vescovo di Roma per crescere e rimanere solida.
2) Crea una vera e propria organizzazione ecclesiastica, ben strutturata; crea diocesi con confini
ben stabiliti per evitare abusi e interferenze da parte di altri vescovi itineranti iro-scozzesi e di
governatori laici.
I primi, infatti, non erano abituati all’organizzazione ecclesiastica.
I secondi esercitavano il diritto germanico di essere proprietari delle Chiese da loro fondate.
3) Aspira ad una riunificazione delle varie fondazioni monastiche sotto un’unica regola, quella di S.
Benedetto con l’intento di farle maturare e crescere. Più tardi Carlo Magno imporrà la regola
benedettina a tutti monasteri del suo impero.

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Bonifacio fu una delle figure più importanti di tutta la cristianità dell’Alto medioevo.
A lui si deve l’evangelizzazione di buona parte della Germania, la riforma e la creazione di nuove
diocesi, di sinodi ben strutturati, di abbazie e monasteri maschili e femminili, la riforma dello stile di
vita del clero, la rinascita della Chiesa Franca e la stretta unione che le Chiese avranno con la
Santa Sede.
Grazie alla sua opera di mediazione tra franchi e papato si misero le basi per quel rapporto di
reciproco aiuto tra il regno carolingio e Roma. L’azione iniziata da Bonifacio giungerà al suo
compimento qualche decennio dopo.
La cristianizzazione delle tribù germaniche, la “Dilatatio Christianitatis” riceve un notevolissimo
impulso. Talvolta tale Dilatatio, soprattutto se la personalità del missionario o del vescovo non era
forte, libera e santa, si confuse con una “Dilatatio Regni”. L’azione missionaria e l’espansione del
cristianesimo venne sovente fatta in unione con una vera e propria azione del re a cui
corrispondeva un’espansione del regno Carolingio mediante il controllo dei territori pagani
convertiti. I vescovadi finiranno sotto il controllo del sovrano.
Morto Bonifacio, che aveva avuto desiderio di evangelizzare le popolazioni sassoni, la missione
prese un altro ‘indirizzo’. Carlo Magno non fece differenza tra il combattimento della Chiesa nella
sua missionarietà e quello dell’espansione del regno, unificando le due cose e trasformandolo in
colonializzazione: politica e missione coincidevano pericolosamente. La questione sassone ne è
esempio, attaccata la Sassonia distrugge la quercia sacra, fa battesimi forzati, usa il terrorismo
psicologico e violento, conseguendo conversioni affrettate e poco convinte. Il consigliere
ecclesiastico, Alcuino - sassone – abate di S. Martino di Tours, protesterà rimproverando
l’imperatore che recepì il messaggio. I battesimi rimasero, per esempio, collettivi, ma no più
obbligatori.

CREDENZE E CONCEZIONE DELLA VITA DEI POPOLI EVANGELIZZATI

 Essi avevano la concezione di un Dio da temere, forte, severo; politeisti, avevano credenze
animistiche e veneravano le forze della natura (ritenevano la quercia come qualcosa di sacro e
invulnerabile come un dio, i boschi, le fontane), eseguivano sacrifici animali e umani e il
cannibalismo rituale.
 Praticavano la magia e la stregoneria; leggevano gli astri, facevano pozioni, filtri malefizi, …
 Era una società violenta in cui i ‘signori’ avevano diritto di vita e di morte non esitando di
sbarazzarsi degli avversari o che tali consideravano.

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 Era in uso la poligamia. Un uomo poteva avere più donne e/o schiave libere o concubine. La
donna era considerata una proprietà del capo famiglia, non avevano nessun diritto e il ripudio
era facile (sterilità). Il ratto, il divorzio, l’incesto erano fenomeni diffusi. Esisteva una morale per
l’uomo più larga e una per le donne più ristretta.

Difficoltà della Chiesa erano dunque fare comprendere che esiste non un dio guerriero, ma
misericordiosa ed il MATRIMONIO essere un sacramento indissolubile, valido se il consenso era
libero per le due parti. Vari sinodi furono fatti a proposito ribadendo l’uguaglianza fra le persone. Il
linguaggio, non solo tecnico, dove adattarsi alle ‘nuove’ concezioni proposte.
Zeus – Deus – Goodan (essere invocato) diviene GOOT in tedesco, GOD in inglese;
Dominus – herro - HER (personaggio degno di venerazione)
Sanctus → potenza benefica

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L’ ISLAM
Mentre al nord c’è fioritura e crescita del cristianesimo a Sud si vive un grande problema: il
cristianesimo è in ‘difficoltà’ a causa dell’espandersi dell’Islam e con Maometto che dà inizio ad una
nuova forma di religiosità sentita nella solitudine e come esigenza da portare a tutte le genti.

MAOMETTO è convinto che la vera fede, nell’unico Ddio, sia stata dai cristiani distorta e di essere
stato chiamato a ristabilire la fede di Abramo caduta in dimenticanza. Esperienza rivelativi avuta sul
monte Ira durante un momento ascetico.
E’ la fede di Abramo, di Cristo, che crede di interpretare giustamente. Per lui l’incarnazione, la trinità
sono aberrazioni.
622 - Iniziata la predicazione viene minacciato e fugge a MEDINA e da qui parte l’ esperienza araba
che segna l’inizio dell’ era mussulmana. In pochi anni questo movimento religioso, che presenta
undal semplice insegnamento dogmatico più facile, conquista molti seguaci anche per la sua spinta
attrattiva di vita che viene presentata.
Maometto torna a la Mecca che viene conquistata e convertita.
Dieci anni dopo, infatti, quando Maometto muore a Medina, i seguaci sono numerosi e, convinti
della loro fede, partono alla conquista del mondo con questo programmamotto: bottino e guerra
santa “Ganìm e Jihad” (si consideri anche il carattere della personalità delle popolazioni arabe non
atte al lavoro contadino e in genere). E’ la prima volta che una fede monoteista si avventura pe alla
conquista del mondor questa via.

Perché l’Islam si espande facilmente?

La situazione è loro favorevole:, non c’è in Europa un impero forte da poterlo contrastare, l’impero
di Carlo Magno non esiste, quello Bizantino e Persiano sono esausti a causa di una guerra che si
trascina da secoli e non sono in grado di reagire. Fra le popolazioni loro sottomesse regnavano il
malcontento a causa della forte pressione fiscale e contrasti religiosi (varie dottrine eretiche
cristiane ad esempio). Le popolazioni cercavano un pretesto per svincolarsi dalla oppressione
politica e talvolta religiosa.

Perché l’islamismo l’Islam non è stato combattuto fin dall’inizio?

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In quel periodo vi fu una nuova ripresa da parte delle correnti eretiche del Monofiesismo e dei
Nestoriani. per cuiA causa di tale riflusso anche questa nuova corrente fu considerata come una
eresia cristologia monofisita o con caratteristiche simili all’Arianesimo e non come una nuova
religione che aveva tutte le caratteristiche simili all’Arianesimo. Presentava aspetti politici per cui
molti la preferirono al dominio Bizantino che oramai trovava difficoltà nel governare un territorio così
vasto e mantenere l’unità con popolazioni taento diverse fra loro. ( Per cinque anni i popoli furono
sconvolti … dall’arrivo degli arabi. Dopo il consolidamento, si chiesei cristiani e gli ebrei dovettero
pagare il tributo, furono trattati con bontà … gli animi cristiani esultarono …) Infatti in alcuni ambienti
furono gli stessi cristiani ad aprire le porte agli arabi come ad Alessandria Damasco (Ciro) e a
Gerusalemme (Sofronio).

Espansione araba

. In pochi anni sorsero due grandi potentati: Bagdad e Cordoba.


In circa cento anni 632 – 732 gli arabi conquistarono un grandissimo territorio e l’apostasia fu
rilevante fra le genti dove il cristianesimo non era ‘sceso in profondità’. Coloro che accettavano la
nuova religione venivano trattati bene; inizialmente “‘Gli arabi –narra un vescovo nestoriano – non
costringono a rinnegare la propria fede, a chi non la accetta chiedono la metà dei beni. Molti si
convertono pur di … i più deboli preferiscono mantenerli e convertirsi’ “.
Chi cerca di ribellarsi viene trattato con crudeltà: scorrerie, razzie erano all’ordine del giorno.
Aiutarono:Tuttavia sentivano pietà, entusiasmo, o, erano prontezzai al sacrificio, un forte impulso
all’impegno missionario , tutto segno del buon mussulmanoe una semplice formula di fede.
Mirano alla conversione non solo del pagano, ma anche a quella dei giudei - cristiani che avevano
corrotto la Scrittura con la credenza nella Trinità credendo che si fosse introdotto una forma di
politeismo.
“Fu una ‘bufera annientatrice” Lortz.

Nel 635 cade Damasco,


nel 638 Gerusalemme, la Siria, la Palestina,
nel 6948 (?) Cartagine,
nel 709 hanno in possesso tutta l’Africa settentrionale,
nel 650 sono a Cipro, in Iran, nell’Iraq,
nel 711 passano Gibilterra, distruggono il regno dei Visigoti,
nel 726 718 (?) passano i Pirenei,
saranno fermati nel 732 a Poiters da Carlo Martello.

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La loro strategia di guerra fu quella detta a ‘’tenaglia’.

Conseguenze dell’espansione araba

1) Venne annullato un fiorente cristianesimo nei territori conquistati.


2) Venne tagliato notevolmente il collegamento dell’Occidente con l’impero bizantino d’Oriente
riducendosi notevolmente stimoli e correttivi tra est e ovest. Si giunse ad uno sviluppo proprio della
teologia, liturgia e pratiche di pietà con conseguenze talvolta infelici (iconoclastia e l’inserimento del
Filioque nel Credo). Tale scollamento fu aiutato anche dalla diversità linguistica (greco-latino) che fu
di grande ostacolo per la reciproca comprensione.
3) Le vie missionarie verso l’estremo oriente vennero praticamente sbarrate.
4) I luoghi santi della Palestina, mete di pellegrinaggi, vennero chiusi. La “Peregrinatio ad Loca
Sancta” si ridusse notevolmente.

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Tabella 1 – Elenco dei papi (715 -1085)

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LA CHIESA E I CAROLINGI
Per comprendere l’evolversi della Chiesa nel Medio Evo bisogna rapportarla alla figura dei Franchi
e di Carlo Magno. I Franchie, popolazione barbara della seconda ondata, erano scesi dal Nord
Ovest dell’Europa verso la Gallia e l’Italia.
L’esponente più rappresentativo, antico, fu CLODOVEO che aveva aderito al cristianesimo
facendosi battezzare da S. Remigio a Reims.
La dinastia dei MEROVINGI si era piano piano indebolita, i re erano divenuti inetti subentrando ad
essa esponenti di una famiglia potente che occupava un posto importante nel governo chiamati in
un primo momento i PIPINIDI, che con Carlo Magno diverranno i CAROLINGI. Divenuti in pratica
Primi Ministri del regno, sotto il nome di maestri di palazzo o maggiordomi, si erano rafforzati in ogni
campo tanto da comandare più dello stesso re.
PIPINO il Vecchio ne è il capostipite, a lui succede PIPINO di Heristal, segue CARLO MARTELLO
che ha due figli PIPINO il BREVE e Carlomanno, dal primo CARLOMAGNO e Carlomanno che
verrà ucciso, da quello CARLOMAGNO, LUDOVICO il PIO.
Acquisito il potere nel palazzo a partire dal 714 PIPINO il BREVE riunisce a sé i territori, condivide
la sovranità col fratello Carlomanno, ma presto questo si ritira in convento (747) e deve affrontare il
fratellastro GRIFO alleatosi con i Barbari, vincendolo.
Con uno stratagemma sSi impossesserà della regalità : scrivendo al papa ZACCARIA ponendogli la
questione: “ Chi deve essere re? Colui che ha il nome di re o ch ie ne ha l’autorità? ” Il papa
risponderà: “Colui che ha l’autorità effettiva.” Avendova chiesto aggirando l’ostacoloottenuto il
riconoscimento della sua ’autorità e la sua effettività.Pipino il Breve spodesta e manda in moastero
CHILDERICO III, re dei Franchi, viene così spodestato e mandato in monastero.
Nel 751 viene incoronato re secondo l’uso anglosassone.
Ma Pperché si era rivolto al papa e questi accondiscende?
Ambedue avevano bisogno uno dell’altro: l’uno per essere riconosciuto re, l’altro per sganciarsi dai
Bizantini, mantenere i territori, aumentarli e divenire autonomo, necessità fortemente sentita per
l’esercizio missionario.
E’ l’inizio dello STATO PONTIFICIO (stato che durerà fino al 1870, 1100 anni circa), mentre il
Patriarcato orientale rimarrà legato all’autorità imperiale.
754 STEFANO II lo unge e lo consacra re nell’abbazia di S. Denis e gli viene dato il titolo di
“Patricius romanorum et defensor civitatis” Patrizio Romano e Difensore di Roma, assicurando la
sua disponibilità verso i bisogni del papa.
Questo fu molto importante per lo sviluppo del cristianesimo. Come consacrato poteva leggere il
Vangelo e portare la dalmatica come un diacono. Con lui si ha il primo re consacrato, e questa

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elezione viene considerata quasi sacramentale; fu il primo ad essere consacrato re di Francia per
Gratia Deo, tradizione che si terrà fino all’Ottocento. Si sviluppa la liturgia regale, si sottolineano i
giorni in cui deve portare la corona, nascono e si cantano le laudes regali.
E’ il primo vero fondatore della casa Carolingia, proponendo e lasciando una politica in eredità a
Carlo Magno affinché la perfezionasse del tutto. Abile nella politica, perspicace, attento,
chiaroveggente, si muove bene con i notabili della Chiesa, con i Longobardi; amico del papa, non
servitore.
Pipino mMuore nel 768 e gli succedono i figli CARLO di 26 anni e CARLOMANNO di 17. L’uno
eredita le regione dell’Atlantico, l’altro quelle del Centro – Mediterraneo. La tensione fra i due presto
si aggrava, ma misteriosamente Carlomanno viene assassinatomuore prematuramente,
Nel 771 così che Carlo diviene sovrano di tutto l’impero il regno Franco.

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Tabella 2 – Dinastia carolingia
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CARLO MAGNO
La sua figura viene trasfigurata per la grande ammirazione che suscitò; appena morte venne scritta
una biografia da parte di Eginardo: Vita Karoli Carli di carattere encomiastico-celebrativo (simile
alun panegirico) in cui, pur non dicendo falsità, no viene detto nulla di falso, ma vengono messe in
luce sole unicamente gli aspetti positivi della sua persona e del suo governo.
le cose belle e buone, si narra della sua vita spirituale con l’affermazione di essere stato un fervente
praticante della religione cristiana fin dall’infanzia, animato di curiosità verso le Sacre Scritture,
lettore e generoso. La sua vita familiare reale erafu in contraddistinta da atteggianti in
disaccordocontrasto con la Chiesa tutto ciò.
Sposato La moglie Emengarda era stata ripudiataripudiatala giovane ebbe una concubina, ripudiò
la moglie Desideria, da una passòebbe altre a quattrotre mogli e diverse concubine. Fu, … era in
definitiva, sempre un ‘barbaro’, uomo del suo tempo, per cui il matrimonio era un affare privato
dipendente dalla sola volontà del marito e che non assumeva possedeva alcun carattere
religiososacramentale., Lle nozze così come il ripudio non richiedevano formalità (testimoni,
contratti).
Del resto lLa famiglia imperiale era di tipo patriarcale, i figli legittimi e illegittimi venivano posti sullo
stesso piano ed , erano egualmente educati e gli incarichi di potere erano distribuiti senza
distinzione di letto.
C.M.Carlo Magno è cristiano ma , sgrossato, vive le cose senza sensi di colpa, di fede robusta,
talvolta violento e generoso. Fu un fervente praticante della religione cristiana fin dall’infanzia,
animato di curiosità verso le Sacre Scritture, lettore e generoso (nel testamento lascia i suoi beni
personali ad alcune Chiese metropolitane).
Di grande aiuto per la Chiesa, mise la sua opera a disposizione del papato, cercando di non
confondere i ruoli, anche se come vedremo a volte non vi riuscirà.
Cerca di distinguere le due potestà: regale e sacerdotale e lo dimostra quando, scrivendo a papa
Adriano I, (con i suoi 23 anni di pontificato, fra i più capaci nella storia della Chiesa) sottolineerà: “ E’
nostro compito … difendere all’esterno la santa chiesa di Dio con le armi contro le irruzioni dei
pagani e dalle devastazioni degli infedeli e di rinforzarla all’interno con il riconoscimento della vera
fede. E’ vostro compito, Padre Santo, elevare le braccia al cielo in preghiera come Mosè e così
aiutare il nostro esercito … affinché sotto la guida e la grazia di Dio, il popolo cristiano riporti
sempre la vittoria sui nemici …”.

Di prestigio, sereno, gGoverna bene, mai imponendo le sue convinzioni. Regna per lungo tempo,
dal 768 all’814, rappresentando il compimento dell’opera di S. Bonifacio e di Pipino il B., l’inizio

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dell’Impero universale e dell’unità cristiana dell’occidente. Getta le basi del Sacro Romano Impero
che durerà fino a Napoleone.
Tra le sue opere le più importanti sono:
1) Fondazione della Schola Palatina.
2) Accanto alle scuole di corte fiorirono nei monasteri e nelle cattedrali altre scuole che divennero
centri di arte e cultura.
3) Grazie anche all’opera del dotto amico di Carlo, Alcuino (†804) si operò una diffusione della
cultura nella corte carolingia.
4) Venne rinnovata la liturgia; sviluppo della liturgia regale.
5) La regola benedettina venne imposta a tutti i monasteri.
6) Venne proseguita la riforma della Chiesa e la sua riorganizzazione

Problemi derivanti IQuando Carlo Magno ripudia la moglie longobarda Desideria, scoppia
nuovamente la guerra. I Longobardi cercano di condizionare l’autorità deiessere appoggiati dal
ponteficei. A causa dell’opposizione di costui i Longobardi attaccano i territori controllati dal papa. ,
questi si oppongonoAdriano cercando sostegno dai Franchi; si scontreranno con C.M. che li i quali
vinceranno i longobardià nel 774 (Conquista della capitale longobarda Pavia).
Questi si portaCarlo si reca a Roma durante la Settimana Santa da ‘pellegrino’.
Qui , sarà ricevuto e non mancheranno discussioni di carattere politico: Adriano gli ricordaerà le
promesse fatte dal padre a (Mersey) Quierzy presso Laon: il giuramento di divenire difensore della
Chiesa e ovvero la donazione di territori costituendo la nascita dello Stato della Chiesa che
comprendevano idel ducato di Roma, l’esarcato di Ravenna, la Pentapoli, Benevento, Spoleto, la
Corsica e il Veneto (non tutte saranno restituite al papa) che costituiranno lo Stato Pontificio che
durerà fino al 1870.
Si stipula il pattoConfermata la promessa fatta dal padre Pipino al Papa, il re torna a Pavia con una
terza copia.
Inizia l’era del ‘papa – re’:, appare l’iscrizione del nome e del titolo e il numero dell’anno di
pontificato nelle letterenei documenti ufficiali, l’effigie del papa viene posta sulle monete …, tutto
durerà fino al 1870. Tutto ciò è segno della indipendenza del papa dai bizantini, di cui era in
passato suddito.
Nel luglio del 774 C.M. si scontra nuovamente convince definitivamente i Longobardi e dalla vincita
ottieneottenendo il triplice titolo di ‘Re dei Franchi e dei Longobardi, Patrizio dei romanio’ come
è attestato da alcuni documenti. , rimane a Roma fino al luglio del 775.
Deve affrontare i Sassoni e i Bavari; si allarga a Ovest, si consolida politicamente.

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La situazione cambierà alquanto quando diverrà papa LEONE III, più morbido, di personalità
debole rispetto ad Adriano I.
Il papa per ingraziarsi il re dei franchi invia come segno di deferenza le chiavi della tomba di
S.Pietro e il vessillo di Roma.
Nel 799 scoppia una rivolta, il papa viene assalito a S. Silvestro in Capite, relegato nel convento di
Sant’Erasmo riesce a fuggire rifugiandosi a Paderbon da Carlo.
Ritornato a Roma a fine Novembre, il 25 dicembre dell’800 incorona Carlo imperatore: viene
riconosciuto definitivamente l’egemonia Franca e l’autonomia papale.

Concezione del potere

- Benché Carlo abbia agito spinto da un vero senso di responsabilità cristiana e gli sia stato a cuore
l’espansione della religione cristiana, tuttavia fu pienamente promotore con i fatti della concezione
generale religioso-politica imperante in quell’epoca: politica e religione sono una cosa sola unite nel
servizio dell’instaurazione di una “civitas Dei” agostiniana.
- Egli si considerò sempre un sovrano inviato da Dio come protettore del nuovo Israele (i Franchi) e
della cristianità. È lui il custode ed il controllore della Chiesa dell’impero. Il papa, quale supremo
capo spirituale, e l’imperatore, quale supremo capo temporale, dovevano lavorare in stretta unione
ed armonia per il bene terreno ed eterno dell’umanità.
- Cerca di distinguere le due potestà: regale e sacerdotale e lo dimostra quando, scrivendo a papa
Adriano I, (con i suoi 23 anni di pontificato, fra i più capaci nella storia della Chiesa) sottolineerà: “Il
nostro compito è proteggere con le armi la santa chiesa dall’esterno contro l’assalto dei pagani e
contro gli infedeli, e di consolidarla all’interno attraverso il generale riconoscimento della fede
cattolica. Il vostro compito è sostenere il nostro servizio di guerra, come fece Mosè, con le mani
levate a Dio, affinché il popolo cristiano riporti sempre e ovunque la vittoria sui suoi nemici”.
- Le vittorie e il prestigio lo portano ad iIntervenirene sulle questioni ecclesiastiche convocando un
Concilio d’occidente a Francoforte cui partecipano anche due legati papali.
- Interviene su problemi teologici relativi all’iconoclastia (Libri carolini, ‘i cristiani possono fare le
immagini dei santi, ma non adorarle’), chiede la scomunica di redell’imperatore Costantino IV di
Bisanzio in seguito alla lotta iconoclasta, cosa che il papa gli rifiuterà.
- Interviene anche sulla questione della processione dello Spirito Santo, fa cantare il credo con
l’aggiunta delle parole Filioque ex Patre procedit;
- Riguardo alla questione adozionista, eresia nuovamente diffusasi nel VIII secolo capeggiata dal
vescovo Felice di Hurgel in Spagna, Carlo fa nuovamente ricorso al suo potere, convocando il
vescovo eretico a Ratisbonne, gli fa ritrattare le idee e lo manda in esilio a Lione.

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- S, si proclamerà sacerdote di tutti i cristiani, pretende i diritti dei re orientali senza riuscirvi finché
sarà papa Adriano “Rex et sacerdos” senza, tuttavia cadere nel cesaropapismo dell’Impero
d’Oriente..
- Ritiene di essere il difensore della fede e custode della vera dottrina, chiamato ad instaurare una
civiltà cristiana. In un documento sancito ad Aquisgrana verrà chiamato Difensor fidei; titolo che
aggiungerà a tutti gli altri.
Interviene sulla questione iconoclasta (Libri carolini, ‘i cristiani possono fare le immagini dei santi,
ma non adorarle’). Interviene anche sulla questione della processione dello Spirito Santo, fa cantare
il credo con l’aggiunta delle parole Filioque ex Patre procedit; nella questione adozionista, eresia
nuovamente diffusasi nel VIII secolo capeggiata dal vescovo Felice di Hurgel che convocato a
Ratisbonne sia dal re, sia al papa gli fa ritrattare le idee e lo manda in esilio a Lione.

Diversa sarà la situazione con papa LEONE III, più morbido, di personalità debole, cerca di
ingraziarsi il re per contrastare le opposizioni, al sovrano come segno di deferenza invia un decreto
di elezione e le chiavi di S.Pietro. In oriente vedono tutto come imposizione e considerano il papa
come prigioniero dei ‘barbari’.
Nel 799 scoppia una rivolta contro il papa, viene assalito, relegato nel convento di Sant’Erasmo
riesce a fuggire rifugiandosi a Paderbon da C.M. Ritornato a Roma a fine Novembre, dopo altre
questioni il 25 dicembre dell’800 incorona Carlo imperatore che costituisce la parte finale del
rapporto Franco – papale sviluppatosi per quasi cinquanta anni: viene riconosciuto definitivamente
l’egemonia Franca e l’autonomia papale .Conseguenze dell’incoronazione

1) Nacque l’impero cristiano romano «Renovatio imperii romanorum». Non è un nuovo impero ma
la rinascita del precedente.
2) L’incoronazione acuì la tensione tra l’impero d’oriente e il papa. Essa apparve con un colpo di
stato e si affermò come il vescovo di Roma fosse caduto sotto la pressione dei barbari. Lettera
inviata a Leone III in cui si afferma come egli avesse lacerato la Chiesa.
La lotta iconoclasta, d’altra parte, aveva offuscato agli occhi del papa e dell’Occidente l’immagine
dell’imperatore quale depositario della verità e tredicesimo apostolo.
Ciò che avvenne tra il 754 e l’800 furono pietre miliari sulla via dello Scisma d’Oriente (1054).
3) Da questo momento si svilupperà sempre più una tensione nei rapporti tra Chiesa e impero.
Carlo è il successore del primo imperatore cristiano. Un’unione reciproca così stretta fra Impero e
Chiesa nel servizio della cristianità gettò le fondamenta per le tendenze rivalizzanti.
L’imperatore aveva il dovere e il diritto di difendere la Chiesa. Tale concezione ebbe la sua
espressione più simbolica nel diritto dell’imperatore di confermare l’elezione del papa.

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Il fatto che le due forze, Chiesa e Impero, servissero insieme la cristianità occidentale, portò
quest’ultima all’unità e all’apogeo. Ma poiché la rispettiva autonomia dei due poteri e la loro
concezione non fu delimitata con sufficiente chiarezza, si giunse sempre più ad una confusione dei
due ambiti e al tentativo di espansione da entrambe le parti.
L’unità medioevale tra i due poteri possedette già in sé i germi della divisione e della futura lotta tra
Papato e Impero.

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LA GUERRA SASSONE
I Sassoni furono il popolo germanico che venne convertito al cristianesimo con maggiore difficoltà;
questo fu dovuto in parte anche al fatto che il cristianesimo fosse la religione dei loro nemici politici:
i Franchi.
Nel caso della guerra tra Franchi e Sassoni, così come nella conquista degli Avari, si può scorgere
come la “Dilatatio christianitatis” coincise con la “Dilatatio imperii”. Tale missione fu una missione
condotta con la spada.
Nell’intento di Carlo vi era l’intento di riunire tutti i popoli barbari in un unico regno ma perché si
formasse un unico popolo unito era necessario che anche il credo religioso fosse lo stesso.
Sebbene, quindi, l’impresa sia stata principalmente politica, ad essa fu necessariamente connessa
la questione religiosa.
772 in un quadro di lotta venne abbattuta una quercia sacra a Irminsul.
776 trattative di pace. Alcuni capi si fecero battezzare. Con eccessiva fretta si eressero chiese, si
ordinarono sacerdoti.
779 Carlo sconfisse nuovamente i Sassoni i quali, guidati dall’abile capo Vitichindo (o Viduchingo),
avevano compiuto diverse punizioni punitive contro i cristiani del territorio sassone e delle zone
franche di frontiera.
782, approfittando della lotta intrapresa da Carlo con gli Salvi, violando la loro promessa di
neutralità, i Sassoni si sollevarono contro i Franchi, vincendoli: le chiese vennero distrutte, i
missionari uccisi o cacciati, i convertiti furono trattati duramente.
La vendetta di Carlo fu durissima. Egli nel 782 fece giustiziare circa 4000 Sassoni a Verdèn. Il
popolo venne sconfitto e Vitichindo si fece battezzare ad Attigny (785).
804 cessano definitivamente le ostilità.
In tale contesto alcuni aderirono per fede, molti perché costretti.
Il processo di evangelizzazione che si protrasse per molte generazioni fino al XI sec ebbe figure
conosciute (S. Bonifacio o altri) o ignote e meno influenti (missionari anonimi).
Si eressero chiese, monasteri, conventi, istituzioni ecclesiastiche per consolidare quanto era stato
raggiunto.
In seguito alle conversioni di massa, il problema più grosso fu la cristianizzazione di una mentalità
completamente diversa da quella cristiana.

Alcuni aspetti

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1) Nella società dell’Alto Medioevo solo la nobiltà godette di libertà politica. L’evangelizzazione si
rivolse prima di tutto ai nobili e in particolare al re, il primo tra i nobili, da cui l’intera nobiltà
dipendeva anche in questioni religiose.
La conversione delle popolazioni fu determinata dalla conversione del sovrano e della nobiltà.
2) Si trattò di un vero e proprio cambio di religione. Agli dei pagani si sostituì il più forte Dio dei
cristiani.
3) Le comunità cristiane di antica radice (Gallia e parte della Germania) avevano una grande
importanza per la vita politica e sociale. I popoli cristiani di più antica evangelizzazione
possedevano il loro diritto, leggi, uno stile di vita più disciplinato ed una certa superiorità culturale e
politica rispetto alle popolazioni pagane-germaniche. Ciò ebbe un notevole peso.
Nel caso di molti nobili pagani, la ragione politica immediata fece apparire consigliabile aderire a
tale fede per raggiungere un livello culturale superiore.
4) Il cristianesimo si presentò sovente come una realtà statale con precetti da osservare, culto
sociale, organizzazione ecclesiale territoriale etc. esso fu visto come fattore di stabilità e di unità per
le tribù.
“Hystoria Francorum” di Gregorio di Tours riferito al battesimo di Clodoveo, re dei Franchi: “Noi
lasciamo i nostri dei mortali e ci rivolgiamo al Dio immortale dei cristiani” ovvero il garante di una
salvezza completa individuale e collettiva. La potenza di Dio si esprime nella fortuna e nella pace
della vita (Clodoveo in quanto convertito ricevette da Dio tali beni). (non ho ben capito il passaggio
ma penso significo come la conversione al Dio cristiano fosse vista come garanzia di pace e di
stabilità sia per il popolo sia per il singolo. Visione quasi magica in cui il Dio più potente garantisce
dei beni per chi lo serve).

Il nobile che si convertiva e che fondava materialmente una chiesa, secondo il diritto germanico, ne
era il padrone.

Difficoltà nell’evangelizzazione

L’accettazione esteriore fu un fatto rapido.


L’intima appropriazione del cristianesimo risultò lenta e difficile.
Il catechismo, conseguente al battesimo, fu un approfondimento del significato del Pater, del Credo,
l’introduzione dell’idea del peccato, della confessione e del dovere del cristiano.
Difficile fu comunicare. Per risultare maggiormente comprensibili, vennero introdotte dei termini
riguardanti Dio, i santi, i giorni del calendario etc. che potessero essere maggiormente aderenti alla
sensibilità dei popoli germanici e alle loro situazioni

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Deus – Goodan (essere invocato) diviene GOOT in tedesco, GOD in inglese;


Dominus – herro - HER (personaggio degno di venerazione)
Sanctus → potenza benefica
Problemi morali
1) Le popolazioni germaniche furono lontanissime dall’idea di un matrimonio monogamico. Avere
diverse mogli e concubine era prassi abituale.
2) L’uomo aveva maggiori diritti della donna.
3) Alcune azioni violente, come le vendette, erano considerate gesti valorosi.
4) Rubare e farla franca era considerato un gesto di valore.

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I SECOLI MONASTICI

Età monastica o dei secoli benedettini dalla morte di S. Benedetto (547-548) a S. Bernardo di
Chiaravalle (1154). Presenza molto forte basti pensare al grande numero di località che prendono il
nome dalla parola convento, abbazia, monastero etc.
Dal VII al XII sec. essa influenzò molto la vita dei popoli a diversi livelli:
- liturgico
- intellettuale
- ecclesiale-spirituale
- politico
- artistico
- economico
I 5 secoli in cui si sviluppò la vita monastica benedettina non costituiscono un tutt’uno indifferenziato
ma si potrebbero, didatticamente, suddividere in 4 periodi.
I) Secoli pre-carolingi
Il monachesimo si diffuse lentamente a partire dall’Italia (Cassino) e dalla Gallia meridionale
(Lerenne) verso il nord (Francia e Svizzera). In Inghilterra giunsero Agostino di Canterbury ed altri
frati. Da qui partirono monaci in Renania e in Baviera fondando abbazie (Fulda) , talvolta dotati di
proprietà e che divennero importanti centri culturali.
II) Unica Regola benedettina
Si cercò di centralizzare i monasteri, conservando comunque una propria autonomia in quanto ogni
monastero era sui iuris.
Carlo Magno decise di riunire tutti i monasteri del regno sotto l’unica regola benedettina.
Alla sua morte, il figlio, Ludovico il Pio incaricò Benedetto di Aniane (750-821) di studiare il progetto
di Carlo. Costui fu animatore di un’assemblea di tutti gli abati imperiali ad Aquisgrana (817).
2 principi alla base della discussione.
- principio di solidarietà. Unione solidale tra le varie comunità.
- autonomia ovvero l’indipendenza dai poteri civili (per quanto possibile in quel territorio particolare).
La regola benedettina diviene l’unica regola vigente a cui si conformano tutti i monasteri.
Benedetto di Aniane visitò tutti i monasteri del regno per verificare che ciò avvenisse realmente.
Fu una riforma austera ed equilibrata che per tre secoli rappresentò la norma di vita.
La decadenza dell’impero carolingio trascinò pure la vita monastica.
Motivi
1) Gli interventi di secolarizzazione di sovrani e nobili.

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2) Dissipazione del patrimonio da parte di abati laici che avevano infeudata l’abbazia.
3) Mancanza di protezione.
4) Invasioni e scorrerie di Normanni, Saraceni e, più tardi, Ungari.
III) Rinnovamento cluniacense
La vita cristiana si rinnovò notevolmente ed ebbe un notevole influsso. Ciò fu dovuto all’abbazia di
Cluny. Essa ebbe ripercussioni non solo in Francia ma anche in Italia, nella Lorena e in altre zone.
Su questa vasta area geografica il monachesimo di tipo benedettino raggiunse la sua massima
espansione.
IV) Filiazioni cluniacensi
Cominciarono ad apparire nell’ordine nuove forme di vita monastica eremitiche e cenobitiche in
Italia e in Francia.
- S. Romoaldo (Camaldoli). Camaldolesi.
- Giovanni Gualberto (Vallombrosa).
- Pier d’Amiani (Fonte Avellana).
- Chartreuse di S. Bruno in Francia e S. Bruno in Calabria.
Cluny fu importante perché rappresentò una rivoluzione. Si ruppe, infatti, con il concetto germanico
di donazione (?) e di possesso da parte dei laici.
Essa fu esente dall’autorità di nobili e vescovi diocesani in quanto dipese unicamente dalla Sede
apostolica.
Sul modulo della regola benedettina nacquero i cistercensi di cui S. Bernardo di Chiaravalle fu
l’esponente di maggior rilievo pur senza esserne il fondatore.
Le abbazie ebbero intense attività sotto 4 punti di vista.
Non tutti i monasteri ebbero tutti e quattro i tipi di attività bensì si diversificarono prediligendo
generalmente un’attività.
1) Attività spirituale (ora)
Il monastero è il luogo del desiderio dell’incontro con Dio e scuola dello Spirito.
È la preghiera che ritma la giornata (laus perennis che scandisce le diverse ore della giornata) ed è
l’opus Dei per eccellenza. Per questo motivo si danno delle norme di dizione e recitazione.
L’abate è maestro spirituale, padre del monastero, colui che guida la comunità. Egli deve
dispensare l’insegnamento della S.S. (lectio divina). Già con Pacomio il leggere e il ruminare la S.S.
era norma del monaco.
Tutta la cultura monastica farà pratica di tale lectio, fonte primaria assieme alla liturgia per teologi e
maestri.
Importanza dei Salmi. Dall’Islanda viene la più antica raccolta di titoli cristiani dei salmi.
2) Attività missionaria

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Fulda, Liegi, S. Gallo, Luxeil. I monasteri divennero centri missionari da cui partirono e ritornarono
monaci dopo faticose campagne missionarie. L’attività contribuì alla catechesi e alla
cristianizzazione.
La foresteria nel monastero fu un luogo molto importante in cui venivano accolti i pellegrini.
3) Attività culturale
I monasteri incideranno molto in diversi campi di cultura. Beda il Venerabile fu uno dei monaci più
importanti in tale ambito.
Trasmissione e trascrizione dei testi dei Padri e dei classici.
Opera degli amanuensi. Miniature.
Sviluppo di biblioteche.
Carlo Magno nel capitolare “Armonitio generalis” (799) ordinò che in ogni diocesi e monastero
fossero insegnati i salmi, il canto e a far di conto.
Corbie (Korvei in tedesco) intorno al 770-780 introdusse il carattere di minuscola-carolina.
Sorsero scuole rurali per la formazione di base.
4) Attività lavorativa (labora)
S. Benedetto nella Regola già aveva stabilito come nel monastero vi fosse tutto il necessario per
vivere. Esso era quindi impostato come un microcosmo autosufficiente su cui, sovente, gravitavano
i paesi.
Il senso è fare le cose a lode e gloria di Dio.
I monasteri contribuirono a bonificare paludi ed acquitrini, dissodamento di terreni incolti, cura delle
coltivazioni e loro tecniche, rotazione delle colture, diffusa coltivazione della vite (invenzione della
birra d’orzo e dello champagne!).

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Corso di Storia della Chiesa – ANNO C – Dal VII al XV secolo – 1° quadrimestre

CLUNY

L’abate Bernone divenuto abate dei monastreri di Gigny e Baume si prodigò con zelo missionario
per la loro riforma. Egli chiese a papa Formoso il privilegio di «libera elezione dell’abate e
protezione di Pietro» e si fece propugnatore di una fedele osservanza della regola benedettina. In
seguito al forte incremento di presenze nei due monasteri, divenuto lo spazio insufficiente per tanti
monaci, l’abate Bernone si rivolse al duca Guglielmo il pio d’Aquitania per ottenere i territori del
luogo chiamato Cluny.
La fondazione di Cluny si ebbe l’11 settembre 919.
Per volere del duca Guglielmo il monastero borgognone fu pensato come indipendente da ogni
autorità sia civile che ecclesiastica e dipendesse direttamente da Roma (Istituto giuridico
dell’Esenzione). Tale privilegio di esenzione dalla giurisdizione del vescovo diocesano o del nobile
si estese, in seguito, a tutti i monasteri e abbazie che entrarono a far parte della congregazione.
Cluny fu importante perché rappresentò una rivoluzione. Si ruppe, infatti, con il concetto germanico
di donazione e di possesso da parte dei laici.
Sin dall’inizio si cercò di eliminare quei pericoli che minacciavano la vita monastica da parte della
chiesa privata.
Cluny si riallacciò alla regola benedettina prevedendo
- obbedienza assoluta dei monaci per l’abate;
- degna celebrazione della preghiera corale e della liturgia;
- severa disciplina ascetica;
- silenzio;
- separazione dal mondo esterno.
Si propugnò un distacco cristiano dal mondo e si vigilò contro i pericoli della secolarizzazione; la
forza di Cluny fu dovuta anche alla tacita accettazione di un dovere spirituale e religioso e alla
preghiera per la cristianità intera.
Concezione del monastero come il luogo della pace, la prefigurazione della Gerusalemme celeste.
Rigoroso precetto del silenzio. Già Bernone obbligò i monaci a corrispondere tra loro attraverso
segni utili per la necessaria comprensione.
Commemorazione dei defunti (sia nell’abbazia, sia nei monasteri dipendenti da essa, sia in quelle
che pur senza farne parte erano vicine). Alla riforma cluniacense si deve la commemorazione dei
fedeli defunti in 2 novembre.
Il lavoro intellettuale non fu molto considerato benché sorsero biblioteche nei monasteri e scuole
per fanciulli.

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Corso di Storia della Chiesa – ANNO C – Dal VII al XV secolo – 1° quadrimestre

In una società sacralizzata Cluny ebbe i donativi e i favori dei potenti.


Carattere aristocratico della vita monastica; molti cadetti entrarono nel monastero. Essa fu scuola
per la nobiltà. Cluny fu un luogo privilegiato perché diversi monaci furono imparentati con nobili e
sovrani europei.
“Cluny ingentilì la guerriera aristocrazia germanica facendo conoscere l’humanitas cristiana”.
Cluny brillò anche per l’aspetto della carità. Essendo un microcosmo indipendente soccorse
generosamente poveri e malati talvolta vendendo i vasi sacri utilizzati per le celebrazioni liturgiche
(tiè!). Un monaco era incaricato di visitare il borgo annesso al monastero per segnalare i bisogni
presenti.
L’opera di riforma cominciò a diffondersi largamente già con Oddone, secondo abate di Cluny, dopo
il trasferimento di Bernone in altre fondazioni monastiche.
Oddone (926-942)
Il nuovo abate fu un contemplativo e un uomo di azione al tempo stesso. Egli condusse una vita
apostolica viaggiando di monastero in monastero, confrontandosi con essi sulla regola benedettina
e promuovendo una nuova riforma tesa ad accrescere e risollevare la dimensione contemplativa
della vita del monaco e a rendere indipendente i monasteri dalle ingerenze esterne.
Molti monasteri si rivolsero a lui per riformarsi (Aurica, Tulle, Suriac, S. Benedetto a Fleury-sur-
Loire). In alcuni luoghi incontrò anche resistenze (a Fleury gli si impedì inizialmente l’accesso).
In Italia riformò S. Paolo fuori le mura, S. Maria sull’Aventino, Subiaco e altri. Non riuscì nella
riforma di Farfa alle porte di Roma.
Nel 931 riottenne il privilegio di protezione di S. Pietro e libertà di elezione dell’abate.
Si venne così gradualmente costituendo una grande congregazione monastica sotto la direzione
dell’abate di Cluny.
Aimardo (942-954)
Crebbe l’autorità morale dell’abbazia.
S. Maiolo (954-994)
Grande oratore e di vita esemplare. Viaggiatore infaticabile. Suscitò l’ammirazione di Ottone, Ugo
Capeto (re di Francia) e di molti papi.
A Pavia fonda l’abbazia di S. Maria e riforma S. Pietro in Ciel d’oro. A Ravenna riforma S.
Apollinare in Classe.
Odilone (994-1049)
Ebbe un tratto conquidente di misericordia. Impegno, rigore e misericordia. Disse: “Se io dovessi
essere dannato preferirei esserlo per la misericordia che per il rigore”.
Anche lui fu grande viaggiatore.
S. Ugo il Grande (1049-1109)

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Padrino dell’imperatore Enrico IV, sostenne tuttavia Gregorio VII nella lotta per le investiture.
Cluny fu uno dei centri più ferventi della riforma gregoriana.
“Libertas Ecclesiae” fu il motto della riforma gregoriana.
Fece redigere le “Consuetudines cluniacensis” che propagarono la riforma monastica. Regola
benedettina con modifiche fatte dal monaco Bernardo, di cui verrà fatta un’altra compilazione da
Ulrico su richiesta di Guglielmo di Hirsau.
Fece erigere la grande abbazia di Cluny. Urbano II, che vi era stato monaco, vi consacrò l’altare.
I monasteri dipendenti da Cluny furono 815 in Francia, 89 in Germania, 54 in Italia, 44 in Inghilterra,
31 in Spagna e altri minori. Gorze in Lorena vicino a Metz, sotto influsso imperiale, si oppose alla
riforma cluniacense.
Altri monasteri, pur non essendo cluniacensi, furono raggiunti dal suo influsso (Ratisbona, Fulda,
Magonza, Bruges, Bronz, Mont-Saint-Michelle).
Altri monasteri di derivazione cluniacense: Rossano e Grottaferrata (fondati da S. Nilo), S. Victor di
Marsiglia e Westmister. Guglielmo di Molpiano, Gualberto, S. Pier d’Amiani.
L’apice fu toccato nel secolo 11° .Già dalla metà del 12° secolo si iniziarono, però, a registrare i
primi segni di decadenza, sia per l’infiltrazione di spirito mondano, sia per dissesti amministrativi

Elementi che contribuirono alla crisi

1) I cluniacensi raddoppiarono il tempo dedicato all’ufficio corale fino a renderlo una preghiera
perpetua. La lode di Dio da funzione centrale si trasformò nell’unica attività dei monaci. Essa a
lungo termine fu dannosa per l’abbazia.
Se da una parte ciò comportò una celebrazione grandiosa della liturgia, l’affratellamento nella
preghiera e le preghiere per le anime del Purgatorio, dall’altra si giunse praticamente alla
scomparsa del lavoro fisico ed intellettuale.
2) La federazione dei monasteri attorno al monastero centrale di Cluny all’iniziò aiutò la forza del
movimento ma il centralismo dell’abbazia madre alterò considerevolmente il carattere autonomo e
familiare dell’ideale della regola benedettina.

Effetti della riforma cluniacense

2 sono le correnti che valutano diversamente l’effetto che Cluny ebbe per il medioevo:
1) Essa non andò oltre l’ambiente monastico.
2) Influenzò tantissimo la società e le persone. Persino la crociata può essere considerata un suo
effetto.

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Corso di Storia della Chiesa – ANNO C – Dal VII al XV secolo – 1° quadrimestre

Nessuna delle due correnti può essere considerata la migliore.


Non vi fu un vero programma di riforme ma si combatterono i vizi del loro tempo e fecero emergere
il futuro motto della riforma gregoriana (libertas ecclesiae).
Cluny fece desiderare una riforma della Chiesa e fu centro di rinnovamento spirituale ed ecclesiale.
Cercò nella lotta per le investiture di mantenersi neutrale ma guardò al papa come il garante per la
sua indipendenza.

LA LOTTA ICONOCLASTA
- Un aspetto rilevante della pietà medievale fu il culto delle sacre immagini. Le opinioni sulla
venerazione delle stesse, mutarono nel corso dei secoli. Nel suo insieme il problema fu sentito in
maniera forte in Oriente, molto meno in Occidente; anche qui però ci troviamo di fronte a posizioni
critiche.
Nella Chiesa Occidentale il culto delle immagini si impose semplicemente, e come una corrente
molto ampia della pietà popolare; in Oriente, invece, si lottò violentemente per ottenerne il
riconoscimento.
Va tuttavia sottolineato che “in Oriente dall'inizio del VI secolo il valore dell'immagine sacra detta
‘icona’ fu concepita anche in modo più reale, cioè come immagine sensibile nella quale dunque è
presente qualcosa dell'originale sacro o addirittura divino”. La concezione corrispondeva ad un
modo di pensare di carattere sacramentale-liturgico. (Lortz I, p.375)
- Nel corso dei primi secoli, l'avversione per le immagini fu senz'altro mitigata; infatti, le figure di
personaggi storici e di avvenimenti degni di ricordo, portarono progressivamente e senza gravi
rotture, al culto delle immagini. Alcuni disapprovavano tutto ciò, mettendo in guardia dal pericolo,
perché vi vedevano una deviazione dei primitivi ideali cristiani, più legati al mondo ebraico che,
come è noto, vietava la raffigurazione. Il vescovo Epifanio di Salamina (403 ca.), l'aveva
espressamente rifiutato, mentre i tre Padri Cappadoci lo giustificavano. In quel tempo venne data
l'interpretazione decisiva sulla liceità del culto e dell'uso delle immagini. La pia immagine è ritenuta
un mezzo per istruire sul significato dell'annuncio della salvezza coloro che non sanno leggere,
esse raccontano loro la storia sacra, ne rafforzano il ricordo ed elevano la pietà (Biblia pauperum).

La questione iconoclasta verterà sostanzialmente su due punti:

1) Se sia permesso rappresentare in immagine persone sante, in modo speciale il Signore


stesso (la rappresentazione del Padre non è oggetto di discussione)
2) Se tali immagini potevano essere adorate o venerate

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Corso di Storia della Chiesa – ANNO C – Dal VII al XV secolo – 1° quadrimestre

3) Di sottofondo vi era il problema di un riemergere dell'eresia monofisita che per salvare la


natura divina non vuole in Gesù Dio. Damascano lo riassume nella domanda: “voi che
interdite le immagini che pensate dello stesso Gesù?”

- Il suo ingresso trionfale come immagine di culto, l'icona lo fece soltanto tra il sesto ed il settimo
secolo, favorita dalla fede popolare dalla leggenda e dal miracolo. Comparvero, infatti, innumerevoli
immagini miracolose, figure di Cristo non dipinte da mano d'uomo, Madonne dipinte da S. Luca,
icone che si dicevano cadute dal cielo, che sanguinavano, che si opponevano ai nemici del culto,
che difendevano le città, guarivano i malati e risuscitavano i morti.

La lotta iconoclasta ebbe due tempi: una prima fase dal 726 al 787
una seconda fase dal 813 al 843.

Vennero a crearsi due partiti: gli iconoclasti (avversi al culto delle immagini)
gli iconoduli (fedeli e difensori delle immagini)

- La lotta iconoclasta scosse l'impero bizantino in misura paragonabile solo all’eresia ariana dopo
Nicea, o alle lotte monofisite del quinto e sesto secolo. Si distingue da queste ultime perché si
concluse senza avere come conseguenza duratura una nuova scissione confessionale. Nonostante
le influenze esercitate dall’Occidente, si presenta per lo più come la caratteristica di un mondo
ortodosso che tendeva sempre di più a chiudersi in se stesso. Inoltre, non si può giudicare la lotta
iconoclasta caso a caso, ne considerarla la conseguenza di un arbitrario intervento dell'Imperatore
in materia di fede.
- Da tempo, viste le esagerazioni che vi erano nel culto delle immagini, si erano levate voci che
invitavano alla moderazione e alla obbiettività, come si può riscontrare da diversi frammenti della
letteratura monofisita e da citazioni tratte da scritti ortodossi contro la propaganda giudaica. Ci
furono intere circoscrizioni ecclesiastiche che continuarono ad avversare il culto delle immagini,
soprattutto in Armenia i Pauliciani, setta armena del tempo, elevarono a proprio vessillo l’avversione
per le immagini, per amore della pura dottrina cristiana. La lotta iconoclasta dei secoli ottavo e
nono, rappresenta solo il tentativo di chiarire definitivamente questa complessa problematica, per
giungere ad una concezione autentica in materia.
- I cronisti del tempo e gli storici successivi, tutti difensori del culto delle immagini, videro l'iniziatore
del movimento iconoclasta nell'imperatore Leone III, il Siro (717-741); a motivo delle sue origini egli
sarebbe stato vittima di influssi islamici e giudaici, che lo resero nemico delle immagini. Anche i suoi
più stretti collaboratori provenivano da questo ambito spirituale. Non mancava inoltre l'influenza

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Corso di Storia della Chiesa – ANNO C – Dal VII al XV secolo – 1° quadrimestre

esercitata dalla setta pauliciana o neomanichea. Un altro motivo che spinse l’imperatore ad
intervenire contro il culto delle immagini fu anche la mira a sottomettere al suo potere la Chiesa,
specialmente i monaci che erano i più tenaci difensori della libertà della Chiesa dal dispotismo
imperiale. Alle motivazioni di carattere religioso e spirituale, si deve, infatti, anche aggiungere una
causa di carattere politico-economico; cioè l'influenza che i monaci esercitavano sulla gente ed il
fatto che dalla vendita delle icone traevano sostentamento.
Tali cause sono tuttavia principalmente supposizioni che non tengono adeguato conto della
presenza, dimostrabile, di un’antica corrente che rifiutava il culto delle immagini e tutto l’alone di
leggende e di miracoli formatosi attorno ad esso.
- A questa considerazione si aggiunge la testimonianza del patriarca Germano I (715-730); dalle
sue lettere sappiamo che l'iniziativa non partì dall’imperatore, ma da circoli ecclesiastici e dai
vescovi dell'Asia Minore; tra questi, Costantino di Nacoleia, Tommaso di Claudiopoli, Teodoro di
Efeso. Verso il 720, si recarono a Costantinopoli per convincere Germano a procedere contro il
culto delle immagini: questi si rifiutò, senza dare troppa importanza alla cosa. Probabilmente fecero
visita all'imperatore e trovarono in lui un orecchio più attento. Rientrati nelle loro sedi, comincìarono
a proibire il culto delle immagìni, senza incontrare una grande opposizione.
- Il primo intervento imperiale avvenne nel 726, non in forma di editto, ma di esortazione al popolo,
affinché non venerasse più le immagini e le togliesse dalla vista. L’imperatore diede l’esempio e
fece rimuovere una celebre immagine di Cristo dalla porta bornzea del palazzo imperiale. Scoppiò
allora un tumulto popolare, in cui vennero uccisi alcuni dei soldati che avevano eseguito l’incarico. I
colpevoli furono puniti fisicamente o condannati all’esilio o a multe in denaro. Il patriarca Germano
che aveva adottato una prudente opposizione rimase in carica.
- Ufficialmente si può parlare di Iconoclastia solo a partire dal 17/01/730, giorno in cui l'imperatore,
dopo un ultimo tentativo di guadagnare Germano alla sua politica pubblicò un editto contro il culto
delle immagini. Il patriarca dovette abdicare e si ritirò in esilio in campagna. Venne quindi nominato
patriarca Anastasio che approvava la linea dell’imperatore.
- Le argomentazioni teologiche di tale politica si limitavano essenzialmente ad accusare di idolatria
coloro che veneravano le immagini. Di conseguenza un buon numero di preti, monaci, laici
conseguirono in diversi anni, la corona del martirio. Nel confronto con il papato romano la lotta
iconoclasta entrò in una fase acuta, alquanto pericolosa dal punto di vista della politica ecclesiastica
di rapporto tra le due chiese. Naturalmente le connesse questioni economico-finanziarie svolsero
un ruolo decisivo accanto a quelle religiose, anzi furono proprio le prima a far sentire in Italia
l’importanza delle seconde. In tutti i casi l’atteggiamento intransigente dì Leone III contribuì ad
allontanare l’Italia dall'impero, favorendo il suo avvicinamento ai Franchi, a spezzare l’antica unità
costantiniana fra Chiesa e Impero. I primi iconoclasti, anche se non allontanarono il vescovo di

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Corso di Storia della Chiesa – ANNO C – Dal VII al XV secolo – 1° quadrimestre

Roma dall’area della chiesa mediterranea, tuttavia lo indussero a guardare e ad orientarsi verso
l’occidente e il settentrione.
- Dal punto di vista teologico, in risposta alle obiezioni e alle tesi degli Iconoclasti, si cominciò la
ricerca dei motivi atti a spiegare la prassi della Chiesa. Il contributo più importante in favore del
culto delle immagini fu quello del monaco siriaco Giovanni Damasceno (670-749 ca.), l’unica
grande personalità dell’epoca, di scienza profonda e di sicuro istinto teologico, non è però un
pensatore originale, ma sintetizza con abilità. Il Damasceno diede ai fautori delle immagini le
argomentazioni soteriologiche e cristologiche in favore del culto. Gli amici che aveva nell’impero lo
aiutarono a dare ampia diffusione alle sue idee. Ed egli lo fece con abilità e in una sintesi
magistrale: “La fonte della conoscenza” dove spiega metodicamente e chiaramente la fede definita
dai Padri e dai concili. In questo periodo la teologia del culto delle immagini non si limita ad
argomentazioni di natura liturgica e morale, ma si trasferisce subito su un piano altamente
dogmatico.
La lotta veniva condotta con vari argomenti tratti dalla teologia della creazione (Manicheismo) e
dalla cristologia (monofisismo).
- Ciò che Germano aveva postulato, cioè un Concilio Ecumenico, si rivelò ben presto una
necessità. L’imperatore Costantino V (741-775) che era deciso a realizzare a modo suo un sinodo
(dapprima fu assorbito da impegni di politica estera e altre), dopo essere venuto a conoscenza delle
dimostrazioni di G. Damasceno si atteggiò a teologo. Infatti negò la possibilità di un’adeguata
immagine di Cristo, di un’icona che non fosse idolo richiamandosi alla non rappresentabilità della
natura divina di Cristo. Solo l’eucarestia era per lui la vera immagine di Cristo, in quanto vi era
uguaglianza di natura fra modello e immagine. (Gli scritti contrari al culto delle immagini sono andati
perduti).
- Il clima era ormai pronto per un Concilio che si riunì nel 754 a Iereia, un palazzo imperiale sulla
sponda asiatica di Costantinopoli. Non si sa se il papa e i patriarchi orientali erano stati invitati, di
fatto non erano rappresentati nel 787 questo costituì argomento principale per contestare
l’Ecumenicità del Sinodo. Lo presiedette il metropolita Teodoro di Efeso, uno dei più accesi
sostenitori della lotta alle immagini, vi parteciparono 338 vescovi. Pare che l’imperatore non abbia
fatto fretta, né limitata la libertà di consultazione. I Padri avevano i Lavori Teologici dell’imperatore,
un florilegio di antichi autori contrari alle immagini. Le deliberazioni sinodali (che sono state
conservate) affermano che Cristo non è rappresentabile, perché ogni sua immagine a seconda di
quello che rappresenta presuppone come la Cristologia o il Monofisismo o il Nestorianesimo. Per
cui venivano condannate sia la fabbricazione di icone sia il culto delle stesse, tuttavia si metteva in
guardia dell’indiscriminata distruzione delle opere artistiche esistenti. Il sinodo ribadiva inoltre che

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Corso di Storia della Chiesa – ANNO C – Dal VII al XV secolo – 1° quadrimestre

solo la Eucarestia è l’unica immagine adeguata di Cristo. I Padri Sinodali di Iereia evitavano
comunque i ragionamento troppo arditi e le formulazioni (piú radicali) dell’imperatore teologo.
- L’iconoclastia finora sostenuta solo da un editto imperiale era diventata dogma di tutta la Chiesa
orientale. L’opposizione partì dai monaci, questo inasprì l’imperatore tanto che non si comprende se
la persecuzione avesse di mira il monachesimo o il culto delle immagini, che d’altra parte i monaci
stessi avevano contribuito a formare.
- Leone IV (775-80) non si propose nulla del genere, sembra tuttavia che non abbia dato attenzione
ai rigidi provvedimenti persecutori del padre.
- Alla sua morte prese il potere Irene come reggente di Costantino VI. L’imperatrice era di origine
greca e il culto delle immagini le stava molto a cuore e nessuno dubitava che ella si sarebbe
adoperata per reintrodurlo. Per cui chi voleva diventare monaco poteva ora farlo indisturbato, molti
monasteri furono nuovamente ricostituiti. In questo periodo sorse il monastero di Saccudion, che
sotto la guida dell'abate Platone zio di Teodoro Studita diventò il punto di partenza di un movimento
ecclesiastico di vasta portata.
- Tarasio, nuovo patriarca di Costantinopoli, inviò nel 785, alla sede romana una lettera cosiddetta
sinodica, in cui spiegava che dallo stato laicale era stato elevato alla dignità patriarcale, enunciava
che la professione di fede in cui era compreso il culto delle immagini, il desiderio di convocare un
concilio ecumenico, e pregava il Papa di inviare i suoi rappresentanti. Allo stesso tempo,
l’imperatore Irene annunciava al Papa i suoi progetti per il futuro concilio e lo pregò di stabilire
relazioni amichevoli con Tarasio, Papa Adriano (772-795), pur avendo diverse perplessità di
carattere politico, canonico (l’elevazione di Tarasio dallo stato laicale alla dignità patriarcale esigeva
una dispensa perché non era conforme alla prassi della Chiesa), inoltre l'uso dell'espressione
“patriarca ecumenico” continuava pur sempre ad offendere la sensibilità romana.

Il Concilio di Nicea II

Tuttavia a Roma la prospettiva di un concilio ecumenico che cancellasse il ricordo del sinodo
pseudo ecumenico di Iereia e richiamasse energicamente alla coscienza il primato pontificio,
indusse Adriano a superare le perplessità, a riconoscere Tarasio sub conditione, e a favorire il
progetto conciliare dell’imperatore, anche perché non voleva compromettere il progetto di
matrimonio fra Rotrude, figlia di Carlo Magno e Costantino VI.
Nella sua risposta, che conteneva l’esposizione delle sua fede in fatto di culto delle immagini, il
papa faceva conoscere il nome dei suoi due rappresentati: l’Abate Pietro di S. Saba e
l’arcipresbitero Pietro, inoltre sottolineò espressamente il suo diritto di confermare le deliberazioni
del Sinodo. Anche i patriarchi orientali furono invitati a partecipare al concilio, tuttavia la loro

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Corso di Storia della Chiesa – ANNO C – Dal VII al XV secolo – 1° quadrimestre

posizione nei confronti dei sovrani islamici era tale che soltanto Alessandria e Antiochia riuscirono a
farsi rappresentare, mentre Gerusalemme non vi riuscì.
- Gli iconoclasti dovevano temere per la loro posizione ma non si diedero per vinti. Abbiamo
numerose conferenze dei loro vescovi. Esse non mancarono di fare impressione, tanto che Tarasio
minacciò di punire come non canoniche le riunioni fatte senza il suo permesso.
- Quando poi nell'agosto del 787 il sinodo si radunò alla presenza di Irene e del figlio, alla seduta
inaugurale fecero irruzione nella Chiesa le truppe e le guardie che sciolsero l’assemblea, con il
plauso di una parte dei vescovi.
- Irene inviò lontano dalla capitale quelle truppe e decise di trasferire il concilio a Nicea, anche per
circondare il suo sinodo dello splendore del ricordo del I concilio ecumenico. Qui, il 28 settembre
787, furono; iniziati i lavori senza altri incidenti. La presidenza fu affidata ai rappresentanti pontifici,
ma già nella prima seduta i vescovi siciliani, pregarono Tarasio di assumere lui stesso la direzione
delle trattative; l’imperatrice era rappresentata dai suoi osservatori ed il numero dei partecipanti
oscillò tra i 258 e i 335 di quella conclusiva.
- Si discusse il problema della validità delle ordinazioni dei vescovi iconoclasti, i monaci si opposero
all’ammissione di tali vescovi e ci volle tutta l’abilità di Tarasio per evitare una loro condanna
globale. Solo i vescovi che avevano preso parte alla persecuzione degli iconoclasti dovevano
essere deposti, e sembra che non siano stati in molti ad essere colpiti da questa delibera.
- Dal punto di vista dottrinale, fu anzi alquanto scarso, servendosi poco della tradizione patristica e
non utilizzando gli scritti di S. Giovanni Damasceno. L’opposizione iconoclasta tacque anche se era
stata invitata ad esprimere la propria opinione. Comunque la stesura sulla definizione del concilio
appare teologicamente obiettiva e sicura. Lo scritto di Adriano I letto e applaudito all’inizio del
Sinodo, esponeva a proposito delle immagini sacre una teologia occidentale, cresciuta non sul
campo della speculazione dogmatica ma di considerazioni teologico-morali. Inoltre l’abilità di
Tarasio, che cercò di limitare la predilezione dei suoi vescovi per le leggende riconducendo sempre
la terminologia all’acuta fondamentale distinzione tra adorazione e venerazione.
La definizione (horos) di Nicea dichiara dottrina ortodossa il culto delle immagini, condanna
l’iconoclastia e ordina la distruzione degli scritti contrari alla venerazione delle immagini e sottopone
a regolamento il culto delle immagini.
Il patriarca Tarasio fece pervenire a papa Adriano, che ricevette invece gli atti, tramite i suoi legati,
ma a Roma furono tradotti più male che bene, con il risultato di creare dei malintesi di cui i libri
carolini sono prova.
- La pace sembrava ristabilita, il prudente atteggiamento del patriarca e di Irene verso i lapsi
provocò una sorda opposizione da parte dei monaci che non aspettava altro che esplodere. Intanto
anche per questioni di carattere politico, l’opposizione dei monaci era guidata dall’Abate Platone di

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Saccudion e dal nipote Teodoro Studita. Negli anni che seguirono si succedettero diversi imperatori
e patriarchi tra tre alterne vicende. L’aspetto politico-ecclesiastico delle dispute consisteva nel fatto
che il partito dei monaci non voleva riconoscere nè condividere la vera preoccupazione dei
patriarchi, cioè quella di non sottoporre a prove troppo dilanianti la pace precaria dell’epoca post
iconoclasta. I patriarchi, uomini esperti di vita pubblica, sapevano bene quanto fosse debole la
maggioranza favorevole al culto delle immagini,, quanto grande e pericolosa sarebbe stata una
ripresa della lotta iconoclasta.
L'aspetto politico-ecclesiastico delle dispute consisteva nel fatto che il partito dei monaci non
voleva riconoscere ne condividere la vera preoccupazione dei patriarchi: cioè quella di non
sottoporre a prove troppo dilanianti la pace precaria dell'epoca post iconoclasta. I patriarchi, uomini
esperti di vita pubblica, sapevano bene quanto fosse debole la maggioranza favorevole al culto
delle immagini, quanto grande e pericolosa sarebbe stata una ripresa della lotta iconoclasta. In
simili frangenti sarebbe stato indispensabile una forte coesione tra il partito monastico e la parte
della gerarchia favorevole alle immagini, ma ciò non avvenne.

II fase

Con l'ascesa al trono di Leone V (813-820) detto l'Armeno , abbiamo la ripresa della lotta
iconoclasta, infatti l'imperatore chiese, sul finire dell'814 al patriarca Niceforo, "che le icone
fossero sottratte alla diretta venerazione del popolo", non si trattava di distruggere (per il
momento) le immagini. La risposta fu un no deciso e si rifiutò di convocare un sinodo. Intuendo il
pericolo a cui si esponeva Niceforo cercò di rinsaldare il partito favorevole alle immagini.
Diversi vescovi, abati tra cui Teodoro lo Studita (+826), si allearono con Niceforo, promisero di
opporsi anche a prezzo della vita. Cessarono le divisioni tra gli iconoduli. Niceforo venne esiliato
e al suo posto fu nominato Teodoto Kassiteras (815-821), funzionario ligio all'imperatore che
convocò in S. Sofia un sinodo che riprese le deliberazioni di Hiereia del 754, criticò Nicea II e
proibì la fabbricazione di immagini.
La lotta contro le immagini fu condotta con più accortezza, rare furono le pene di morte, per cui si
può dire che l'atteggiamento di Leone V ebbe in parte successo, poco dopo l'imperatore venne
assassinato. Con l'avvento di Michele II (820-829) che si sforzava di mantenere la pace senza
intromettersi in questioni dottrinali, gli esiliati respirarono. L'imperatore emanò un decreto,
secondo cui l'intero problema doveva essere sepolto nel silenzio e ognuno doveva agire
secondo coscienza. Diceva infatti: "Ognuno agisca quindi come gli sembra conveniente, senza
timore di castigo e di vessazioni". Ma non permise il ristabilimento del culto delle immagini.
Con il figlio l'imperatore Teofilo (829-42) la lotta riprese anche per l'influenza di Giovanni il

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Corso di Storia della Chiesa – ANNO C – Dal VII al XV secolo – 1° quadrimestre

Grammatico, (che era stato pedagogo dell'imperatore) che era diventato patriarca con il nome
di Giovanni VII (837-843), alcuni furono fustigati, incarcerati però con un atteggiamento
alternato. Alla morte di Teofilo, ci fu la reggenza dell'imperatrice Teodora anch'essa di origine
greca e l'iconoclasta cominciò a perdere terreno. Grazie anche alla singolare teologia politica dei
bizantini per i quali la prosperità dell'impero significava la benedizione di Dio per la fede
ortodossa, gli insuccessi politici e le morti violente degli ultimi imperatori avevano offerto agli
iconoduli convincenti argomentazioni da usare contro l'iconoclastia. Inoltre il prestigio dei
monaci era accresciuto presso il popolo.
Al governo non rimase che rivedere la politica condotta fino ad allora. A Teofilo successe il figlio
Michele III (842-67), il patriarca Giovanni VII venne costretto ad abdicare e al suo posto fu nominato
Metodio (843-47), si tenne un sinodo a Costantinopoli e venne indetto una solenne processione che
restaurò il culto delle immagini era 1' 11 marzo 843, I domenica di Quaresima. Fu così istituita la
grande festa della ortodossia e tale e rimasta a tuttora. Si concludeva una lotta che per intere
generazioni aveva sconvolto il mondo ortodosso, e si dava inizio a una periodo di pace, che
almeno per tale ragione non sarebbe più stato disturbato. Il mondo grecocristiano acquistò una
nuova coscienza di sé, pur abbandonando atteggiamenti religiosi, che nella chiesa antica
erano stati possibili e legittimi, anche se non obbligati. Ma in tal modo l'ortodossia si chiuse
anche in se stessa. Nella storia della chiesa la lotta per il culto delle immagini rappresentò un
elemento di separazione, non per la natura, ma per i fenomeni che l'accompagnarono.
Nel 787 la restaurazione delle immagini fu opera delle due chiese (Occidentale e Orientale), non fu
così nel 843. Il papato aveva questioni interne da affrontare, Teodoro Studita era ormai morto. A
Roma molto probabilmente non si capiva tutta la portata della discussione che si protraeva nel
tempo. Teodoro e il patriarca Niceforo avevano imparato nell'ardore della lotta l'importanza di
riferirsi a Roma nelle questioni di fede. Comunque l'atteggiamento orientale indusse il papa a
orientarsi a Occidente e a Settentrione.
In conclusione la lotta iconoclasta rafforzò la vita della Chiesa ortodossa, ma nello stesso tempo
rappresentò una pietra miliare sulla strada della separazione delle chiese; non sulla strada dei
dogmi, ma su quella della lenta trasformazioni di rito, culto, usi, sulla via che portava ad
accentuazioni diverse, alla formazione di nuovi contrasti che resero progressivamente sempre
più difficile la continuazione della comunione fra le chiese e le culture di Oriente e Occidente.
Nel corso del tempo si passò dall'ignoranza reciproca (del latino e del greco) all'incomprensione e da
questa alla frattura.

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Giovanni Damasceno (650-750)

Nacque a Damasco nel 650.


Ricevette un’approfondita formazione classica e ricoprì importanti incarichi nell’amministrazione
sotto il califfato islamico.
A causa delle seguenti discriminazioni dei cristiani, Giovanni si ritirò nel 700 nel monastero di S.
Saba a Gerusalemme dove visse fino alla morte. Durante gli anni del monastero si dedicò allo
studio e alla redazione di opere teologiche.
Le opere più importanti sono: La fonte della conoscenza (III vol.); le Omelie mariane; i Tre discorsi
sulle immagini.
Giovanni, durante la lotta iconoclasta, poté difendere il culto delle immagini sacre, favorito dalla sua
residenza indisturbata fuori dai confini dell’impero.
Il concilio di Hieria (754) condannò le sue posizioni quando egli era già morto. In seguito venne
riabilitato dal concilio Niceno II (787).
Coerentemente con la sua epoca, Giovanni fu soprattutto un compilatore, fedele alle tradizioni dei
teologi del passato. Ciò, tuttavia, non significa che egli non fu anche un autore creativo e un grande
organizzatore della grande vastità del materiale rielaborato. Riguardo ai discorsi sulle immagini egli
il Damasceno si dimostra un pensatore capace di sviluppare, sulla base della tradizione, una
teologia nuova ed originale.

I Discorsi sulle immagini

La controversia sulle immagini fu tra l’altro la conseguenza di una terminologia imprecisa e dal
significato non chiaro:
- la parola εικών poteva dare anche l’idea che un’immagine comprendesse l’oggetto
rappresentato; in questo caso, però, non è possibile alcuna immagine di Dio che è invisibile
e intangibile. Di conseguenza la produzione e la venerazione di un’immagine divina non è
altro che idolatria.
- La parola προσκύνησις significa adorazione. Essa spetta unicamente a Dio, non ad un uomo
e men che meno ad un oggetto.
Il merito dei tre discorsi sulle immagini consiste nel riconoscimento di questo problema di carattere
terminologico e nella sua soluzione mediante una differenziazione concettuale che sarà
integralmente accolta nel Nicena II.
Un’immagine, per Giovanni, è sempre la riproduzione (αντιτύπος) di un’immagine originaria
(πρωτοτύπος), a questa simile ma non uguale.

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Il concetto e il significato dell’immagine posso essere dedotti dalle rappresentazioni dell’uomo, ma


solo in quanto essi sono già radicati nella Trinità e nell’economia della salvezza, di conseguenza si
hanno tre tipi di immagini:
1) L’immagine di una persona: il Figlio è l’immagine originaria del Padre; l’uomo è l’immagine
dell’immagine di Dio (è quindi immagine del Figlio).
2) L’immagine che prepara la realtà: sono i modelli (τύποι dell’AT) nei quali è contenuto
l’annuncio della salvezza, essendo rivelata già in loro la grazia salvifica di Dio.
3) L’immagine che imita la realtà: le immagini intese come rappresentazioni, con la funzione di
richiamare o ricordare la realtà rappresentata. Le immagini di Dio per definizione non
coincidono con Lui. Esse inoltre ricevono la loro giustificazione dall’essere Dio stesso
divenuto uomo. In quanto uomo egli può essere colto e rappresentato da un’immagine.
L’immagine diviene, così, l’espressione più perfetta del mistero dell’Incarnazione.
Al termine προσκύνησις, Giovanni attribuisce per la prima volta un duplice significato:
1) venerazione, che può essere rivolta alle creature;
2) adorazione, che compete esclusivamente a Dio.
In ogni caso, la προσκύνησις davanti alle immagini di Dio e dei suoi santi si riferisce non agli oggetti
ma alle persone rappresentate le quali sono presenti, almeno in un certo modo, nella
rappresentazione dell’immagine. Solo a causa di questa presenza si attribuiscono alle immagini
grazia ed efficacia.

I pontefici romani del sec. IX

Già a partire dal regno di Ludovico il Pio, erede di Carlo Magno, si susseguono sulla cattedra di
Pietro papi dal pontificato breve (Stafano V, Pasquale I, Eugenio II, Valentino, Gregorio IV, Sergio
II, Leone IV, Benedetto III).
L’imperatore regnante aveva promesso di on intervenire nell’elezione del Papa chiedendo
unicamente che il papa appena eletto gli inviasse un legato che rinnovasse l’amicizia tra papato e
impero.
Leone IV con il consenso imperiale fece erigere le mura leonine per proteggere il Vaticano e il
Borgo non racchiuse nella cerchia delle mura adriane.
Nel IX sec. la chiesa ebbe tre pontificati importanti: Nicolò I, Adriano II e Giovanni VII.
Nel 840 muore Ludovico il Pio. La successione al trono imperiale si presenta non priva di contrasti
tra i figli dell’imperatore. Infine i tre figli si intendono per una spartizione del territorio in tre grandi
aree: con il Trattato di Verdun (843) Carlo il Calvo ottiene il controllo dell’attuale Francia, Ludovico il

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Germanico della Germania, Lotario l’Italia, la Svizzera e i territori attraversati dal fiume Reno fino
alla foce.
L’autorità dell’imperatore nei rapporti col papa e la sua elezione era sancita dalla «Constituzio
romana» (824). Essa garantiva libertà di elezione anche se il tentativo di condizionare tale elezione
fu sempre portato avanti dagli imperatori così come qualsiasi papa, anche quelli dotati di minor
capacità, tentò di far sì che il papato rimanesse indipendente.
Gregorio IV aveva già affermato come «l’ufficio della cura d’anime fosse più importante dell’ufficio
temporale».

Nicolò I (858-867)

- Fu irreprensibile e impavido, molto consapevole del suo ruolo, di alta moralità e di forte sensibilità
giuridica.
- Fu l’architetto del papato imperiale ed il più grande papa dopo S. Gregorio I (Magno); Niccolò I si
può considerare come il precursore spirituale di Gregorio VII o di Innocenzo III nel senso di un
annuncio complessivo dei diritti che, due secoli dopo, avrebbero in parte essenziale determinato il
Medioevo al suo apogeo.
- Con lui vi fu un’evoluzione decisiva dell’aspetto religioso e civile. Il suo pensiero preannuncia
l’incipiente rivoluzione successiva che farà dell’elemento ecclesiastico-religioso la forza
predominante nella guida della «Civitas Dei». Con lui si sviluppa fortmente il concetto di «Ecclesia
universalis» guidata dal papa, il vero «Vicarius Christi» (titolo sottratto all’imperatore bizantino).
Diversi accusarono il papa di ergersi a imperatore del mondo intero e vi furono diversi contrasti con
sovrani ed altri metropoliti occidentali.
- Secondo il suo pensiero il papa è posto direttamente da Dio come amministratore dell’opera della
redenzione per tutta la Chiesa:
- Egli giudica tutto ma non può essere giudicato da nessuno;
- La potestà episcopale viene da quella pontificia;
- Il papa personifica la chiesa, i suoi decreti hanno valore di canoni e i sinodi devono essere da lui
confermati;
- La chiesa sussiste in piena indipendenza da ogni potestà temporale. Il papa è quindi autorizzato a
vigilare anche sulla vita morale dei cristiani.
Si sottolineava come la realtà religiosa fosse più sublime della realtà temporale.
Niccolò I riprese alcune antiche dottrine: già nel III sec. il papa ha ruolo di arbitrario nei conflitti
interni alla chiesa. Egli lavorò affinché il ruolo della sede romana fosse affermato e fu disposto al
martirio per esso.

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Corso di Storia della Chiesa – ANNO C – Dal VII al XV secolo – 1° quadrimestre

Il papa tuttavia non vide nessun esito positivo delle lotte che iniziarono con lui e che si trascinarono
nei pontificati successivi in una lenta crisi che giunge al suo apice in quel periodo storico che il card.
Baronio (1600) definì il Saeculum obscurum.
L’importanza di questo papato consiste nell’aver annunciato e sostenuto senza interessi privati la
vera cattolicità della Chiesa e la sua sicurezza morale. Esso fu un seme che fruttificherà con
Gregorio VII e Innocenzo III.

Controversie principali:

1) Avendo alcuni metropoliti occidentali tentato di ampliare il loro potere ecclesiastico e di


consolidare la loro indipendenza con una potestà patriarcale, Niccolò I si oppose energicamente a
tale forze particolari, riaffermando la sua supremazia. Tali metropoliti (Reims, Ravenna, Treviri)
avevano una visione della Chiesa di tipo feudale e politico-sociale, legati ai sovrani e desiderosi di
agire in piena autonomia dal papa. Essi cercarono di estendere il loro controllo su altri vescovati e
di affermarsi in occidente come patriarcati. Con il passaggio all’Islam dei territori che erano stati i
patriarcati originali in Oriente (Alessandria, Gerusalemme, Antiochia) si pensa all’instaurazione in
Occidente di patriarcati sostitutivi ad essi. In questo modo i vescovi metropoliti avrebbero
aumentato il loro potere divenendo vere e proprie chiese autocefale, non dipendenti dalla potestà
romana. (Nel III sec. Cartagine aveva tentato di emergere come chiesa di primaria importanza, un
po’ in contrapposizione con Roma, vd. Cipriano).
Il primo scontro si ebbe contro Giovanni, arcivescovo di Ravenna, sede metropolitana, il quale tentò
di formare un proprio stato ravennate indipendente da Roma con l’aiuto del fratello che era il
governatore della città e, in un primo momento, dall’imperatore Ludovico II.
Il Sinodo di Ravenna (860) presente Niccolò I e l’imperatore sembrò risolvere il conflitto, ma esso si
riaccese nell’861. Giovanni fu sospeso a divinis e scomunicato. Sottomettendosi al papa, infine,
perdette l’autocefalia potendo consacrare i vescovi suffraganei soltanto previa approvazione
pontificia.
2) Contrasti con Incmaro (o Incmar) arcivescovo di Reims (†882).
In tale contrasto emerse con forza l’influenza della Collezione Pseudo-Isidora. Essa fu una raccolta
canonica spuria, il cui autore anonimo si celò sotto il nome di Isidorus peccator, facendo pensare
che l’autore reale di tale raccolta fosse S. Isidoro di Siviglia. Redatta verso l’850, essa è divisa in 3
parti con i seguenti temi:
- i diritti dei vescovi contro il potere laico;
- regolare il rapporto tra i vescovi e i metropoliti;
- rinsaldare la disciplina ecclesiastica e il ruolo della gerarchia.

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Corso di Storia della Chiesa – ANNO C – Dal VII al XV secolo – 1° quadrimestre

In questa luce i vescovi volevano emanciparsi dai grandi feudatari e dagli arcivescovi ed avevano
grande interesse a proclamare il papa supremo giudice e difensore dei loro diritti. “I vescovi
cerchino rifugio presso il papa come presso la madre affinché vengano protetti e sostenuti”.
Uno dei metropoliti maggiormente avversato dai vescovi francesi e sostenitore di una sua
indipendenza dall’ingerenza romana fu l’arcivescovo di Reims, Incmaro.
Egli, per replicare all’offerta di protezione avanzata dal papa ai vescovi gallicani, affermò come essi
sarebbero divenuti servi del vescovo di Roma se non avessero rispettato la gerarchia.
L’evento che diede l’avvio al contrasto con Roma fu la scomunica e la deposizione nell’862 del
vescovo di Soissons, Rotard, un sostenitore dell’indipendenza dei vescovi dalle ingerenze di laici e
arcivescovi e suffraganeo dell’arcivescovo di Reims.
Egli si appellò al papa il quale lo fece chiamare a Roma per esaminare il caso ed esprimere il
proprio parere.
Niccolò I inviò una lettera a Incmaro, una al re di Francia, una al clero e al popolo di Soissons. In
esse affermò di agire per la coscienza che egli, come papa, aveva nei confronti della chiesa
universale: tutte le questioni di maggior importanza sono di competenza del papa.
Nell’864 annullò la sentenza di Incmaro, riconfermò Rotard e lo fece accompagnare dal legato
pontificio Anastasio il Bibliotecario.
- Alcuni ecclesiastici vennero deposti e fu dichiarata nulla la loro consacrazione, tra questi il
vescovo Wulfango di Bruges (?). Essi si appellarono a Roma e vennero riabilitati. Niccolò I censurò
il modo di proceder di Incamr e i vescovi franchi lo invitarono a stabilire i diritti e i limiti dei
metropoliti stabilendo lo stato giuridico dei vescovi suffraganei rispetto ai metropoliti.
3) Vicende matrimoniali di Lotario II, re di Francia, il quale ripudiò la legittima moglie Teuteberga
dalla quale non aveva avuto eredi e tentò di sposare l’amante Valdrada dalla quale aveva già avuto
tre figli. Gli arcivescovi Tetgardo di Treviri e Guntero di Colonia e il vescovo di Metz in tre sinodi ad
Aquisgrana offrirono al re il loro aiuto, inducendo la legittima moglie a confessare l’incesto,
dichiarando nullo il matrimonio contratto precedentemente e permettendo il matrimonio con
Valdrada. La regina venne esiliata in un convento.
Il Papa si oppose fermamente, giudicando il comportamento del re. Mai prima d’ora un papa aveva
giudicato un re “germanico” (Ambrogio aveva condannato Teodosio per la strage di Tessalonica).
Esigette un sinodo la cui sentenza si riservò, consultando l’intero episcopato franco. Nel sinodo
laternanse dell’863 condannò il matrimonio del re e depose i tre vescovi che avevano permesso
tale abuso, pur non scomunicandoli.
Niccolò I inviò una durissima a lettera a Lotario II. In essa il papa affermava come non esistessero
due diverse morali, una morale dei nobili ed una per gli altri, ma esistesse un’unica morale a cui tutti
dovevano sottomettersi. “Io non posso tacere quando si tratta della dignità di un sacramento”.

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Corso di Storia della Chiesa – ANNO C – Dal VII al XV secolo – 1° quadrimestre

La questione proseguì anche dopo la morte del pontefice avvenuta il 13 settembre dell’867.
Niccolò lasciò al suo successore un’eredità straordinariamente pesante. Il papato si trovò di fronte
alla necessità di una molteplice difesa e all’inasprimento di tutti quei problemi che Niccolò aveva
affrontato ma non risolto.
4) Conflitti con il patriarca di Costantinopoli Fozio.
La lotta iconoclasta accentuò l’allontanamento tra Roma e Bisanzio già iniziato con lo sganciamento
politico iniziato con l’avvicinamento ai Franchi e con l’incoronazione imperiale di Carlo Magno. La
complessità dei rapporti fra le due chiese fu evidente tra l’858 e l’886 con la controversia del
patriarca Fozio.
Finita da poco la seconda fase della lotta iconoclasta, la Chiesa bizantina non fu in pace a causa
degli stretti rapporti tra religione e politica che portarono a proclamazioni e deposizioni di molti
patriarchi e a causa del conflitto tra i due partiti presenti sulla scena religiosa.
- partito intransigente: vuole posizioni dure nei confronti dei chierici iconoclasti;
- partito moderato: maggiore riconciliazione per ricostruire la Chiesa divisa.
(847) Alla morte del patriarca Metodio, l’imperatrice reggente, Teodora, sotto l’influsso dei monaci,
nominò patriarca Ignazio, uno dei figli dell’imperatore Michele I, rappresentante del partito
intransigente.
(856) Un colpo di stato esautorò Teodora dalla reggenza e proclamò imperatore il figlio, Michele III.
Il suo potente primo ministro, Bardas o Barda, destituì il patriarca che si era opposto al colpo di
stato, deportandolo, e nominò al suo posto Fozio (820-891).
Costui, la persona più dotta del suo tempo, da segretario di stato e comandante delle guardia del
corpo imperiale venne eletto patriarca ricevendo nello spazio di 5 giorni tutti gli ordini, dunque in
maniera non canonica. Figlio di genitori che erano stati confessori della fede nella lotta iconoclasta,
nipote del patriarca Anastasio; una figlia dell’imperatore era sua cognata.
Uomo di una splendida educazione scientifica-umanistica. Professore di filosofia, energico, capace,
con forte autocoscienza di se stesso.
Sul piano delle capacità personali fu, forse, la figura di maggior rilievo tra tutti i patriarchi bizantini.
- Michele III e Fozio scrissero una lettera a papa Niccolò I. L’imperatore nel suo scritto invitò il papa
ad indire un concilio che ribadisse la scomunica per gli iconoclasti.
Niccolò volle esaminare con maggiore chiarezza la deposizione del precedente patriarca e
l’elevazione di Fozio, riservandosi la decisione al riguardo.
In tale Scisma Ignazio-Fozio i legati Zaccaria di Anagni e Rotario di Porto inviati dal papa si
schierarono col secondo oltrepassando la loro potestà; essi, convinti della illegittimità dell’elezione
di Ignazio a patriarca, appoggiarono Fozio. Il papa li depose e riprese in mano la discussione
chiedendo nuove spiegazioni a Costantinopoli circa le ragioni della deposizione di Ignazio.

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Corso di Storia della Chiesa – ANNO C – Dal VII al XV secolo – 1° quadrimestre

Costantinopoli non rispose; nel sinodo lateranense dell’863 Niccolò I affermò come Ignazio fosse
stato deposto a torto e non riconobbe il nuovo patriarca. Lo scambio di lettere contribuì ad
alimentare la questione.
- A partire dall’865 si aggiunse anche la scelta che lo Zar Boris dei bulgari fece in favore della
Chiesa di Roma a scapito della giurisdizione bizantina. Costui tenne un atteggiamento ambivalente,
propendendo prima per Bisanzio e, deluso, per Roma nel desiderio di costituire un patriarcato
bulgaro indipendente da Bisanzio (e da Roma). I missionari inviati dal papa criticarono fortemente le
usanze bizantine che vennero sostituite con quelle romane (tra queste soprattutto la processione
dello S.S. benché non fosse ancora presente nel Credo). Ciò generò ancora maggior odio nei
Greci. Il controllo di Roma si estese oltre i confini della diocesi di Tessalonica, giungendo quasi alle
porte di Bisanzio.
Nell’867 Fozio indirizzò una lettera circolare ai patriarchi d’oriente nella quale condannava come
eretica la dottrina del Filioque. Egli utilizzò tale questione dottrinale come spunto per combattere
l‘ingerenza romana.
Un sinodo tenuto a Costantinopoli sempre nell’867, guidato da Fozio, decretò la destituzione e la
scomunica del papa “devastatore della vigna del Signore”. Niccolò morì prima di ricevere la notizia
della scomunica. Il suo successore Adriano II scomunicò Fozio.
In una congiura di palazzo, Michele III venne assassinato. A lui succedette Basilio. Il nuovo
imperatore destituì Fozio e ripristinò Ignazio come patriarca.
Basilio cercò di creare nuova concordia con Adriano II ed ebbe un atteggiamento di mitezza e di
comprensione verso coloro che avevano sottoscritto il sinodo dell’867.
Il sinodo anti-foziano di Costantinopoli (in occidente considerato l’VIII concilio ecumenico)
dell’869/870 confermò la scomunica di Fozio, presenti i tre legati del papa. Fozio venne considerato
“intruso e nuovo Nestorio”.
Basilio riconobbe tale concilio, purchè non si annullasse l’autonomia e l’autorità della Chiesa greca.
Alla morte di Ignazio (877), Fozio divenne nuovamente patriarca guadagnandosi nel sinodo di
Costantinopoli (879/880) l’appoggio di legati di papa Giovanni VIII (a ciò contribuì la loro scarsa
conoscenza del greco e l’omissione della ritrattazione del giudizio del papa). Il sinodo anti-foziano
fu considerato invalido (in Oriente questo sinodo del 879 è considerato l’VIII concilio ecumenico e
non quello dell’869). Si chiuse la questione bulgara.
Divenuto imperatore Leone VI, antico discepolo di Fozio, il patriarca fu confinato in un monastero
dove morì in comunione con Roma (892).
Ciò che avvenne in seguito con lo Scisma d’Oriente (1054) portò ad enfatizzare molto, sia da parte
ortodossa, sia da parte cattolica, un evento, di per sé, non così rilevante.

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Teoria della pentarchia

Fu alla base della concezione ecclesiologica bizantina. La guida della Chiesa è riservata ai cinque
patriarcati. Per l’oriente il papa rimase il primus inter pares.
Concilio di Calcedonia: stabilì per i vescovi dei patriarcati il diritto di ordinare i vescovi, di giudicare
in appello le cause delle diocesi.
Nel Codex Iustinianeus: si sottolineò il ruolo dei cinque patriarcati. Per la prima volta si ebbe la
codificazione dell’idea della pentarchia. I titolari dei patriarcati vennero chiamati patriarchi a partire
dal 531.

Dottrina del Filioque

Tale dottrina è assente nella patristica orientale; è presente, invece nella patristica latina.
Ilario di Poitiers disse che “Lo Spirito Santo procede dal Padre per il Figlio”.
Giovanni Damasceno e lo Pseudo-Cirillo che “Lo Spirito Santo …e prende dal Figlio” (riprendendo
Gv 15 e 16).
Origene e Gregorio di Nissa utilizzarono poco l’espressione “διά του υιού”.
Giovanni Damasceno escluse la processione dal Figlio. “Lo Spirito Santo non sgorga da Figlio ma è
colui che lo invia. Solo il Padre è l’origine”.
L’inserzione del Filioque fu, probabilmente iniziativa spagnola. In due sinodi toledani (633 e 675)
venne inserita tale espressione nel Credo in contrapposizione ai fermenti neo-ariani presenti per
sottolineare la divinità del Figlio.
Tale formula passò dalla Spagna alla liturgia franca. Durante la controversia bulgara tale
espressione, benché venisse professata dai missionari inviati dal papa, tuttavia non faceva ancora
parte della liturgia romana.

Adriano II (867-872)

I contenziosi, lasciati aperti da Niccolò I, continuarono sotto il pontificato di Adriano II. Costui,
benché si mantenne fedele agli ideali che avevano animato il suo predecessore, tuttavia tentò di
rendere meno tese le situazioni attraverso un comportamento più indulgente e misericordioso.
Nei confronti di Lotario II, il papa tolse la scomunica all’amante Valdrada e riammise alla comunione
il vescovo Tetgardo di Treviri. Volle indire un nuovo sinodo per risolvere la questione ma la morte
del re franco pose fine al problema.

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Giovanni VIII (872-882)

Fu collaboratore di Niccolò I e ne condivise gli ideali. La situazione a Roma fu tesa negli anni del
suo pontificato sia internamente che esternamente a causa delle incursioni saracene e delle
scissioni interne a Roma.
Rimase nella linea dei suoi predecessori. Incoronò Carlo il Calvo imperatore nel natale dell’875 il
quale manifestò la sua riconoscenza ampliando le donazioni dei suoi avi.
Sotto il suo pontificato si ebbe un accrescimento dell’autorità pontificia.
L’elemento di maggior rilievo del suo pontificato è la rinuncia di alcuni diritti fatta dall’imperatore:
- Rinuncia alla presenza di messi imperiali a Roma;
- Rinuncia alla conferma dell’elezione papale. Tale diritto iniziato con Carlo Magno e ribadito
dalla «Constituzio romana» (824) aveva avuto maggior peso politico a seconda della
presenza di papi e imperatori più o meno energici ed abili.
Benché il papato fu libero dalla tutela imperiale e dalla sua ingerenza, esso rimase privo di difese.
Senza messi imperiali il papato rimase in balia delle potenti e violente famiglie romane.
Giovanni VIII rimase vittima di una congiura (avvelenamento) ordita dai suoi stessi famigliari il 16
dicembre 882 (gli sarebbe poi stato frantumato il capo con un martello).
A partire da tale data inizia il «Saeculum Obscurum».

Il Saeculum Obscurum

Si può dire che già dopo la morte di Niccolò I, anche il papato fu travolto dal naufragio generale. A
partire dalla frantumazione dell’antico impero carolingio, la Francia, la Germania e l’Italia caddero in
una grave crisi e nell’anarchia in cui prevalse la legge del più forte e la dissoluzione tra nobili, plebe
e clero. Perduto l’appoggio dell’Impero universale con Giovanni VIII, il papato decadde
inevitabilmente divenendo vittima delle decadenti famiglie dei nobili romani, perse il suo significato
universale e divenne uno strumento nelle mani delle autorità locali.
Dall’882 al 1049 (elezione di Leone III) si ebbero ben 46 tra papi ed antipapi. Esso fu il periodo in
assoluto più cupo e vergognoso dell’intera storia della chiesa. Neppure il Rinascimento fu
caratterizzato da una così grande e terribile quantità di orrori politici e morali.
Lo storico Gregorovius affermò: “il Papato toccò il fondo della decadenza”.
Si deve, tuttavia considerare come non tutti siano stati immorali e pessimi esempi, ma la situazione
fu talmente disperata che i loro pontificati non lasciarono un’adeguata traccia.

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La leggenda della papessa Giovanna. Nacque nell’XIII sec. Priva di fondamento storico anche
perché il passaggio tra il pontificato di Leone IV e quello di Benedetto III nell’855 non ci fu alcun
periodo di vacanza da permettere che una simile storia si sia mai verificata.
I successori di Giovanni VIII furono pontefici degni ma dal breve pontificato. Dopo diversi papi vi fu il
pontificato di Formoso.
Formoso (891-896)
Vescovo di Porto, non sprovveduto e con lacune benemerenze; appoggiando i duchi del Friuli nella
contesa per il controllo dell’Italia si inimicò gli Spoletani, l’altra famiglia che ne voleva il controllo.
Contro di essi chiamò Arnolfo di Carinzia, re di Germania.
Bonifacio VI (896)
Regnò solo due settimane
Stefano VI (896-897)
Una creatura degli Spoletani vendicò l’oltraggio subito da papa Formoso riesumandone il cadavere
e processandolo nel “Sinodo del cadavere”. In questo macabro processo il cadavere del pontefice
venne rivestito delle insigne pontificie, giudicato colpevole di essere passato dalla diocesi di Porto a
quella di Roma per interessi privati, decurtato delle dita della mano destra benedicente, considerata
invalida le ordinazioni da lui conferite, e gettato nel Tevere.
I romani dinanzi ad un simile gesto si sollevarono contro Stefano VI, lo imprigionarono e lo
strozzarono.
Sergio III (904-911)
Egli, vero avventuriero, dovette la sua elezione ad un potente partito familiare romano, guidato da
Teofilatto «Dux, Magister militum, Consul et Senator Romanorum», sua moglie Teodora e le sue
figlie Marozia e teodora junior. Tali donne, intelligenti e dissolute, esercitarono una fortissima
influenza nei decenni successivi anche se è esagerato parlare di “pornocrazia”.
Giovanni X (914-928)
Fu uno dei migliori papi di questo periodo. Egli riuscì a sconfiggere con una coalizione i saraceni e
ad avere un forte governo interno. Alla fine anch’esso soccombette al potere del secondo marito di
Marozia e morì in carcere.
Giovanni XI (955-964)
Una notevole cambiamento in fatto di politica si ebbe con la salita al Soglio pontificio di Giovanni XI
(931-935), figlio di Marozia e, probabilmente, dello stesso Sergio III. Marozia venne spodestata dal
suo potere dal figlio di primo letto, Alberico di Spoleto il quale a partire dal 932 governò Roma e lo
Stato della Chiesa per ventidue anni di seguito come «Senator et princeps omnium Romaorum», di
fatto da monarca. Il papa fu relegato solo al governo spirituale.

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Alla sua morte (955), Alberico fece giurare ai romani che avrebbero eletto papa il suo figlio ed erede
Ottavio di diciassette anni. Costui divenne papa col nome di Giovanni XII. A partire da questo papa,
nacque l’usanza di cambiar nome che a partire dal X sec. divenne norma.
Giovanni XII (955-964). Molte cose che si raccontano di lui sono le tutto inverosimili e fanno sorgere
molti dubbi sulla loro attendibilità ma contribuiscono a suggerire l’idea della sua persona.
Senza volerlo fu Giovanni XII che diventò il promotore di un miglioramento nella vita della Chiesa
chiamando in aiuto del suo potere il re tedesco Ottone il Grande. Sarà lo stesso Ottone nell’862 a
destituire l’indegno pontefice, accusato di gravi addebiti ed anche di fantasiose imputazioni.
Ottone il Grande (936-973)ristabilì la «Constituzio romana» dell’824. Impose Leone VIII (963-965)
come papa che, da laico, ricevette tutti gli ordini in un solo giorno.
Ottone II (973-983) si comportò in maniera simile al padre.
Ottone III (983-1002) rimase nella linea dei suoi predecessori. Egli scelse come papi un tedesco ed
un francese (i primi nella storia): Bruno di Corinzia, Gregorio V (996-999) e Gerberto di Aurillac,
Silvestro III (999-1003).
Uomini intelligentissimi ed entusiasti dell’idea di riformare la Chiesa, ebbero tuttavia pontificati
troppo brevi per essere incisivi. Ma ormai, dall’intervento di Ottone il Grande, pur non essendo
affatto risolta la situazione, tuttavia migliorò

Vita liturgica e Sacramenti

Nel primo periodo del medioevo si ebbe una grande varietà di riti nella liturgia, tutte in lingua latina.
- Liturgia romana: divenne prevalente soppiantando quasi tutte le altre;
- Liturgia spagnola (mozarabica): solo con Gregorio VII e con la “Reconquista” ad essa si sostituì la
liturgia romana;
- Liturgia iro-scozzese: nella Scozia la regina Margherita nel 1090 fece entrare la liturgia romana, in
Irlanda essa vi entrò con i Sinodi di Castrell (1172);
- Liturgia gallicana: presente in Gallia tra il VII e l’VIII sec. in maniera forte ed estesa. Per mancanza
di ordine nella liturgia propria ci si orientò verso quella romana. Pipino il Breve nel 754 ordinò il
passaggio definitivo. Carlo Magno nel primo viaggio a Roma (785-786) prelevò una copia del
Sacramentario Gregoriano che divenne modello per le chiese dell’impero;
- Liturgia ambrosiana: fu l’unica a rimanere vigente per lo strenuo attaccamento del popolo.

Sacramenti

Il battesimo

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La principale novità nel battesimo fu la sua estensione ai bambini.


La penitenza
Il sacramento che venne maggiormente elaborato fu la penitenza. La penitenza pubblica
dell’antichità cristiana rimase in vigore con alcune limitazioni anche nell’alto medioevo, così che le
colpe gravi pubbliche e scandalose dovevano essere scontate in pubblico dinanzi alla comunità. I
peccati capitali erano lo schema sul quale ci si esaminava.
Nei primi anni del sec. IX si formò come spirito e regola questo principio: “a pubblica colpa, pubblica
penitenza; a colpa segreta, penitenza segreta”.
I peccati occulti e meno gravi venivano rimessi alla penitenza e alla confessione private. Chi non
doveva scontare una pubblica penitenza, si confessava una volta all’anno all’inizio della Quaresima.
L’ accettazione della pubblica penitenza non dipendeva più dalla libera volontà del peccatore ma
veniva fatta sotto la sorveglianza del vescovo durante la visita pastorale.
L’apertura penitenziale iniziava con le Ceneri; i penitenti pubblici venivano esclusi dalle funzioni ed
allontanati per tutto il periodo di Quaresima fino alla Pasqua. La penitenza generalmente verteva su
un digiuno severo, esercizi di devozione e di carità, pellegrinaggi, mortificazioni corporali.
Secondo la tradizione romana la penitenza pubblica terminava la mattina del Giovedì Santo. Il rito
di assoluzione era celebrato davanti al vescovo il quale imponeva le mani. La penitenza terminava
con una benedizione, l’assolutio, il cui carattere sacramentale non era ben chiaro.
Anche il gesto delle ceneri per i penitenti pubblici divenne un rito di penitenza.
Per fissare le opere penitenziali e specialmente la direzione della penitenza privata da parte dei
confessori, vennero in uso a partire dal 6°, 7° secolo nelle Isole Britanniche, i “libri penitenziali”. Essi
contenevano un elenco di penitenze, corrispondenti ad un tipo di peccato, da dover scontare
(importanti furono il Penitenziale di S. Colombano e di Teodoro di Canterbury).
Acquistarono particolare rilievo in tale periodo le “redenzioni”. Grazie ad esse era possibile ottenere
la redenzione tramite penitenze tariffate. La redenzione consisteva nella sostituzione di gravi pene
canoniche, specialmente di lungo e duro digiuno, con opere suppletorie, come preghiere ed
elemosine, che venivano giudicate equivalenti ma che si potevano eseguire con maggior facilità.
Tra le penitenze sostitutive, elencate nel libro del penitenziale, la più frequente era la recita dei
salmi: tre giorni di digiuno sono sostituiti da cinquanta salmi con genuflessione. Pellegrinaggi ed
elemosine sono anch’essi sostitutivi.
Tali prassi iniziò con i penitenziali irlandesi, durò diversi secoli e cessò tra l’XI e il XII sec.
Inizialmente l’idea di una penitenza mitigata fu motivata dal bisogno di concedere a chi era malato
di fare penitenze più lunghe ma meno pesanti.

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Il rischio di tale prassi, da come si può evincere osservando il Penitenziale di Beda, è la


spersonalizzazione della penitenza in quanto essa poteva essere soddisfatta da una persona
differente da colui che aveva commesso il peccato.
Il sinodo di Tribur (895) riconosce per la penitenza pubblica un riscatto pecuniario.
Poco per volta la confessione si staccò dalla Quaresima e dalla penitenza pubblica.
L’unzione dei malati
Emerse, similmente, l’unzione dei malati, legata alla penitenza fatta dalle persone malate. Esse,
sovente, rimandavano la penitenza in articulo mortis a causa dei gravi obblighi connessi. Si unì in
uno stesso rituale la penitenza ad mortem e l’unzione. Da qui l’uso di chiamarla estrema unzione.
A partire dal X sec. questa pratica, il cui valore era assolutivo, venne fatta dopo la riconciliazione.
L’Eucaristia
Tutta la celebrazione fu arricchita di elementi celebrativi scenografici. I canti furono arricchiti; si
svilupparono molto le sequenza precedenti l’alleluia, divenendo spesso molto lunghe, complesse e
controproducenti ai fini della celebrazione.
Con lo sviluppo delle messe private si iniziò a recitare il canone silenziosamente.
Lo scambio della pace era fatto dopo il Pater e solo da coloro che si sarebbero accostati alla
comunione. La comunione era fatta sotto le due specie.
La riforma carolingia cercò di imporre l’obbligo di ricevere la comunione almeno nelle messe
domenicali senza grandi esiti.
Il sinodo di Agde (506) si era già limitato a d esortare di ricevere la comunione nelle grandi
solennità (Natale, Pasqua, Pentecoste).
L’obbligo di ricevere frequentemente la comunione stabilita da diversi sinodi mostra come tale
pratica non venisse vissuta. Di fatto l’accostarsi alla comunione si limitò, nel migliore dei casi,
proprio alle grandi solennità e basta.
Nacque in questo periodo storico l’idea di premettere alla comunione, specialmente per i casi gravi,
la confessione delle proprie colpe.
L’ordine
La riforma carolingia contribuì ad una maggiore riflessione teologica sull’ordine sacro anche se una
certa stabilità teologica di tale sacramento e dei suoi gradini venne solo col tempo.
In alcuni posti venne valorizzato maggiormente tra gli ordini minori o il lettorato o l’accolitato.
Si trattava di ministeri che corrispondevano alla realtà, non erano conferiti semplicemente per
valore onorifico.
Teologicamente si ebbe lo sviluppo dei sette gradini dell’ordine.
Ordini minori: ostiariato, esorcistato, lettorato, accolitato;
Ordini maggiori: suddiaconato, diaconato, presbiterato.

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Il suddiaconato si assestò come ordine maggiore, slegato dal diaconato, solo a partire dal XII sec.
in ambito tedesco, soprattutto, esso venne accostato all’ordine del diaconato.
Si sviluppò, legato al conferimento degli ordini, la traditio instrumentorum: la consegna di una
oggetto particolare legato alle mansioni ricevute con l’ordine.
Il matrimonio
Secondo l’uso germanico il matrimonio iniziava quando il padre di famiglia consegnava la propria
figlia allo sposo. Non era presente un vero rito ma i due sposi assistevano semplicemente ad una
messa nuziale (fatta per gli sposi) con benedizione.
Prima del matrimonio si procedeva all’esame dei contraenti per verificare se vi erano impedimenti al
sacramento (violenza o parentela).
Poligamia, concubine libere e concubine schiave erano frequenti, così come lo stupro, il rapimento,
l’incesto, il divorzio. La donna era considerata proprietà del padre di famiglia. Il ripudio per sterilità
era consentito.
La Chiesa dovette fronteggiare grandi problemi ed incomprensione per convincere circa
l’indissolubilità del sacramento, la necessità del consenso di entrambi i coniugi e non solo del
marito, l’esistenza di una sola legge morale valida per uomini e donne e l’eliminazione di tutti quei
fenomeni che andavano contro il concetto di famiglia cristiana.
L’affermazione dell’unione monogamica indissolubile fu difficilmente recepita.
Nessuno dei sacramenti fu così difficile da far vivere cristianamente come il matrimonio.
Il Sinodo di Soissons nell’VIII sec. affermò come vi fosse una sola legge che valesse tanto per gli
uomini che per le donne e non due leggi diverse.
L’epoca carolingia diede l’avvio all’elaborazione di una forma liturgica del matrimonio, di una
spiritualità matrimoniale che non lo riducesse ad un contratto, di una riflessione canonica.
Il divorzio venne previsto in caso di incesto o di impotenza chiaramente manifesta.
La Chiesa dovette fronteggiare anche il problema di tutelare la donna e il nascituro combattendo la
piaga dell’aborto e l’abbandono dei bambini, specialmente se femmine.
Si lavorò per lo sviluppo di una spiritualità coniugale e di una sensibilità matrimoniale.
Alcuni sostennero come vi fossero dei tempi coniugabili con i rapporti sessuali (penitenze, vigilie,
Quaresima).

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Ripercussioni:
L’antico diritto romano si rinnova per ‘volontà di Dio’, passa nelle mani di Carlo riconosciuto come il
nuovo Costantino, RENOVATIO IMPERII ROMANORUM. Con la incoronazione non si vuole creare
un nuovo impero, ma continuità .
 Eredita così la spiritualità di Costantino divenendone suo successore spirituale, si creeranno
tensioni fra Chiesa ed Impero.
 L’incoronazione acquisisce le tensioni con l’impero Bizantino alla quale aspiravano, considerano
Carlo usurpatore che tiene soggiogato il papa.
 Eguale tensione fra la Chiesa di Roma e quella di Costantinopoli.
 L’avvicinamento ai Franche viene considerato un tradimento, Bisanzio rappresentava
l’ortodossia e la cultura greco – romana.
 L’oriente si sgancia dall’occidente formando due mondi, vi sarà un progressivo raffreddamento,
una rottura che porterà a quella che sarà l’eresia.

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