La rivelazione del nome: quale significato per la fede di Israele? (L. 148-152)
«Io sono colui che sono» (Es 3, 14-15)
Tra i vari nomi, quello di YHWH ha la priorità in quanto rivelato da Dio stesso
Il nome non va separato dagli eventi che ne accompagnano la rivelazione
Infatti Egli non si fa conoscere così come è, ma negli eventi che porteranno alla liberazione di Israele
o Es 3,14-15 significa “Io ci sarò”
o È una esistenza operante
o Dio rivelandosi preserva comunque il suo mistero
o La frase è quindi da leggersi come un monoteismo pratico: YHWH è l’unico Dio che esiste
perché sarà l’unico a salvarlo.
o È da leggere come «Io sarò con voi»
La pretesa di YHWH di essere l’unico Dio sta alla base del monoteismo radicale
o «Io, io sono il Signore e all’infuori di me non c’è alcun salvatore!» (Is 43,10-13)
o «Sappi dunque e medita in cuor tuo che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra,
lui e nessun altro» (Dt 4,39)
Per mantenere questa tensione tra trascendenza e prossimità di Dio vengono utilizzate delle figure di
mediazione (Angelo, Parola di Dio, Spirito, Sapienza) in cui si fonde la voce della figura con la voce
di Dio.
o L’Angelo di Yhwh: è uno di quegli essere designati come “angeli” che lodano Dio (Sal
103,20), aiuta Israele quando esce dall’Egitto e durante la peregrinazione nel deserto, guida i
passi di Abramo.
Importanti i passi in cui non può essere adeguatamente distinto da Dio, ad es.
nell’apparizione a Gacobbe
o La Parola di Dio: è la parola di Dio che spinge i profeti, i comandamenti sono “parole”, i
profeti spesso dicno “Così parla Yhwh”, riportano la sua parola
o La Sapienza: si riferisce innanzi tutto al giusto agire umano, è anche conoscenza, ma è un
bene divino, più preziosa dell’oro, l’uomo può ottenerla con la preghiera. Poi ci sarà il
famoso processo di personalizzazione della Sapienza e i diversi tratti in cui ha caratteristiche
divine (Pr 8,22 e ss, Sir 24, Sap)
o Lo Spirito: Ruah, indica l’aria, il vento, il respiro … indica una presenza che non si
percepisce con la vista.
Nei testi storici lo Spirito appare come quella forza che prende il possesso di alcune
figure per realizzare delle imprese (Gdc 3,10; 6,34; 13,25). Così anche in Samuele
1Sam 10,6.10; 11,6) Oppure prende di forza alcuni gruppi di fedeli 1Sam 10,10. In
particolare Davide in 1Sam 16,13) Per non parlare dei profeti. Lo spirito si poserà
sull’Unto del Signore e si riposerà su di esso (Is 11,1). Così pure nel Servo di Jahvè in
Is 42,1ss: «Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni».
Le figure “semidivine” di mediazione permettono di intravedere la ricchezza “interna” di Dio. Certe
figure nella scrittura sembrano infatti quasi “ipostatizzate”. Il NT e la tradizione della chiesa hanno
sempre riconosciuto in esse un particolare valore e di esse si sono servite per mettere in risalto
l’identità del Figlio di Dio, dello Spirito Santo, del Padre. Si rileva l’immagine di un Dio molto ricca.
Queste immagini non possono esaurire il discorso sull’essere divino ma mostrano un’abbondanza di
descrizione. Dio è tutto questo, ma nessuna di queste immagini possono esaurire l’identità del Dio
unico.
Non abbiamo una rivelazione anticipata della Trinità, ma queste figure ne preparano la rivelazione
Matteo fa vedere in questo brano che Gesù ha la funzione di rivelare il Padre, e che
Egli ha un intimo rapporto con il Padre – proprio in merito di questo.
Nel quarto vangelo c’è molto risalto riguardo questo: il Padre ha mandato Gesù nel mondo, da lui
proviene Gesù, lo ha segnato con il suo sigillo, con la missione del Figlio Dio ha mostrato il suo
amore agli uomini, il Padre è colui che Gesù conosce e che fa conoscere, il Padre rende
testimonianza in favore di Gesù. (L. 71-72)
Anche Paolo parla di Dio come Padre. A partire dalla resurrezione Dio è indicato come Padre. Il
titolo di Padre entra nella confessione di fede del cristiano. (L. 73)
Il Padre è il punto di riferimento di tutta la vita di Cristo.
Nell’amore che si manifesta nella donazione di Gesù si intravede il modo di essere amore di Dio ad
intra. (L. 74)
La croce come atto del Padre, del Figlio e dello Spirito: le consegne
La teologia dei tre giorni, Von Balthasar
o Gesù si consegna per noi, consenziente nell’essere consegnato
o La teologia della consegna può essere compresa solo in senso trinitario
o Il Padre consegna il Figlio, il Figlio obbedisce fino alla morte, come espresso nella preghiera
nell’orto
o Nella sofferenza di Gesù, nella kenosi totale appare la gloria di Dio: «rifulge la gloria di Dio
sul volto di Gesù Cristo» (2Cor 4,6)
o Il grido di abbandono esprime il livello reale di abbandono
o Nel sabato Santo Gesù prova l’esperienza del puro peccato, della morte seconda!
Cristo appartiene ormai ai refa’im, ai «senza forza»; egli non può condurre una lotta attiva
contro le «forze dell'inferno» e tanto meno può soggettivamente «trionfare», in quanto ciò
presupporrebbe a sua volta vita e forza. La sua «debolezza» estrema può e deve però
coincidere con l'oggetto della sua visio: la seconda morte […] (Teodrammatica)
o Sembra esserci una opposizione in Dio, che è la manifestazione ultima dell’agire unitario di
Dio, evidente nella unità inseparabile della croce e della resurrezione.
Il Dio crocifisso, Moltmann. Studia la relazione tra il mistero trinitario e la croce
o Esce dallo schema ristretto delle due nature di Cristo per non lasciare da parte la dimensione
trinitaria
o Nell’abbandono di Gesù sulla croce, il Padre e il Figlio sono separati nel modo più profondo,
ma uniti nel modo più intimo nella consegna.
Da questo evento viene lo Spirito che giustifica i senza Dio, colma di amore gli
abbandonati e risuscita i morti
Dio abbandona Dio! contraddice sé stesso ma si mostra una profonda unità che si
mostra nello Spirito che unisce il Padre e il Figlio
Lo Spirito va compreso come “Spirito di consegna”
o Per parlare di Dio bisogna partire dall’evento della croce. Chi parla di Dio dal punto di vista
cristiano deve raccontare la storia di Gesù come storia tra il Figlio e il Padre!
o Dio è un “evento”: evento del Golgota, dell’amore del Figlio e del dolore del Padre, dal quale
sgorga lo Spirito
o Però non si può pregare un evento! Si prega dunque “in questo evento” «per mezzo del Figlio
si prega il Padre nello Spirito»
Dio, Mistero del mondo, E. Jüngel.
o Nella morte di Gesù s’inaugura una nuova relazione dell’uomo con Dio
o Dio si mostra come Dio vincendo la morte
o Dio si identifica con il crocifisso, ma è distinto in via dell’essere Trino. Allora può morire
senza essere annientato. È un Dio che si può esporre al nulla
o Dio è l’amante (Padre) e l’amato (Figlio) ed è l’evento dell’amore in quanto si apre ad un
terzo, lo Spirito
o «L’abbandono di Gesù da parte di Dio appare come l’opera più originalmente propria di
Dio». [...] «In questa morte è avvenuto Dio stesso»
Commissione Teologica Internazionale
o l'uomo è stato creato per essere integrato nel Cristo e quindi nella vita della santa Trinità. Qualunque
sia l'allontanamento dell'uomo peccatore nei riguardi di Dio, esso è sempre meno profondo del
distanziarsi del Figlio rispetto al Padre nel suo svuotamento kenotico (Fil 2,7) e della miseria
dell'"abbandono" (Mt 27,46)
Conclusioni
o Gesù manifesta Dio, la sua morte manifesta il grande amore di Dio per noi. Questo è detto
molto spesso nel NT
o Questo amore si mostra nella capacità di Dio di mettersi dalla parte del peccatore. Dio cerca e
trova l’uomo peccatore. Gesù può sperimentare una distanza dal Padre più grande di quella di
qualsiasi persona che si trova lontana da Dio
o L’abbandono non è mai solo propriamente umano, ma parla della voce del Figlio che grida al
Padre
o Tutta la storia di Gesù, in particolare quindi anche la passione, morte e resurrezione, è la
storia della relazione del Figlio con il Padre. Figlio che obbedisce fino alla morte. È quindi
l’ambito della relazione tra persone divine e non solo delle nature di Cristo
o La consegna alla morte rientra nel disegno di Dio e trova in Gesù una piena corrispondenza.
Gesù si consegna per amore «Mi amò e diede sé stesso per me» (Gal 2,2)
o Non si può parlare quindi di “conflitto” intradivino. L’abbandono mostra una distanza, ma
l’accettazione del disegno del Padre mostra la profonda unità
o Gli autori che abbiamo visto dicono che l’unione tra Padre e Figlio si manifesta nello Spirito,
anche nella separazione
Fanno ricorso alla teologia occidentale, già da Agostino, che vede lo Spirito come
vincolo d’unione del Padre e del Figlio
o La rivelazione di Dio nel suo amore per gli uomini al momento della passione e morte ha
senso alla luce della resurrezione. Gesù risorto si mostra con i segni della passione. La vita
della Trinità non è vissuta come se il Figlio non avesse introdotto l’umanità nella gloria.
o Riflettendo e vivendo l’amore di Dio, l’uomo viene collocato sulla strada che lo porta a Dio
come fine
La risurrezione come generazione (L. 116-119)
La resurrezione è un momento fondamentale e culminante della rivelazione della paternità di Dio e
della figliolanza divina di Gesù
L’iniziativa della risurrezione, secondo i testi del NT (es. Rm 6,4; 8,11; 2Cor 4,14: Ef 1,20), compete
a Dio Padre
o L’espressione egherté = è risorto/è stato resuscitato, può essere intesa come modo di indicare
l’azione divina
o «Dio lo ha resuscitato» (At 2,23-24)
o Anche l’uso neotestamentario di alcuni tratti biblici testimonia l’iniziativa del Padre
Sal 110,1 «Siedi alla mia destra» (in Mc 12,36; 14,62; At 2,34 …)
Sal 2,7 «Tu sei mio figlio, oggi io ti ho generato» (in At 13,33)
La resurrezione è così interpretata in termini di generazione
In effetti nella resurrezione Gesù acquisisce la condizione di Figlio di Dio in tutta la sua potenza (Rm
1,3-4)
o Se la paternità di Dio è messa in relazione con la risurrezione, è normale che anche la
figliolanza divina di Gesù si veda manifestata nell’essere risorto dai morti grazie al Padre
Figlio fa riferimento alla relazione con il Padre, mentre Signore con la relazione con gli uomini
o Ma i due vanno visti in relazione con la risurrezione
o Una volta risorto e seduto alla destra del Padre nella pienezza della sua condizione filiale,
Gesù esercita la sua signoria su tutte le cose
o In virtù di questo potere, manifestato nel dono dello Spirito da parte del Padre e del Figlio,
può farci condividere la sua condizione filiale
La resurrezione apre la porta alla comprensione di tutta la vita di Gesù e della Trinità immanente:
o Attraverso l’affermazione della preesistenza di Gesù alla sua incarnazione
o La figliolanza divina che Gesù vive in questo mondo e che si manifesta in pienezza nella
risurrezione, ha la sua base nell’essere divino di Gesù, in una relazione con il Padre previa
della sua esistenza umana
o Solo alla luce della generazione alla vita divina nella resurrezione il NT e la tradizione della
Chiesa hanno potuto parlare dell’esistenza del Figlio fin dal principio nel seno del Padre che
lo ha generato eternamente
Solo con l’esistenza divina di Gesù anteriore all’incarnazione l’economia salvifica può avere il suo
fondamento nell’essere stesso di Dio, ed essere la comunicazione della vita di Dio agli uomini
Il ruolo del Padre e dello Spirito nella risurrezione del Figlio (L. 120-121)
Lo Spirito Santo interviene nella risurrezione di Gesù di cui il Padre ha l’iniziativa
o «Costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai
morti» (Rm 1,4)
Questo Spirito Santo è forza di risurrezione
o «Se lo Spirito di Colui che risuscitò Gesù da morte abita in voi, colui che risuscitò da morte Cristo
Gesù darà la vita anche ai vostri corpi mortali, in forza dello Spirito che abita in voi». (Rm 8,11)
Parla della nostra resurrezione ma non possiamo escludere che abbia lo stesso
concetto del passo precedente
È lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti
Nel mistero pasquale trovano la definitiva caratterizzazione il Padre e lo Spirito.
Gesù, nella risurrezione, è stato reso «Spirito vivificante» (1Cor 15,45)
o Gesù nella sua risurrezione è stato ricolmo di Spirito Santo di Dio e diventa fonte di vita per
quanti credono il lui
Secondo At 2,33 Gesù risorto ed esaltato alla destra di Dio ha ricevuto lo Spirito che il giorno di
Pentecoste effonde sugli apostoli.
o È manifestazione della piena comunione con il Padre!
Taziano
La sua preoccupazione è mostrare che la generazione non significa una separazione da Dio, e che
quindi il monoteismo è mantenuto
Mette in rilievo più fortemente il contrasto tra le due condizioni del Logos:
o Prima della creazione Dio era solo, perché il Logos era immanente in Lui come sua
potenzialità per creare tutte le cose
o Al momento della creazione il Logos uscì dal Padre come sua opera primordiale. Una volta
generato, servì al Padre per creare e governare l’universo, facendo gli uomini a sua immagine
Riprende la metafora del fuoco che accende un altro fuoco
La generazione non è una scissione fisica ma una partecipazione al suo essere
Dio non ha principio ed è principio di tutto come “spirito”
o Questa condizione spirituale fa si che la generazione sia compresa in termini non materiali
C’è una specie di binitarismo
o Accanto al Padre sta il Logos personale, che partecipa della divinità e della condizione
spirituale del primo
o Lo Spirito abita in noi ma non è direttamente associato al Padre e al Figlio
Atenagora
Si trovano nei suoi scritti formule ternarie
Sottolinea l’unità del Padre e del Figlio
Il Verbo non è creato ma generato prima delle opere di Dio
o C’è quindi una allusione al logos immanente
Importante è il tentativo di distinguere
o il piano dove va cercata l’unità divina, quello della potenza (dynamis),
o dal piano su cui va cercata la distinzione, quello dell’ordine (taxis).
Questo ordine mostra che i tre non sono completamente intercambiabili tra loro, per cui c’è una
distinzione tra loro.
La teologia trinitaria successiva si dovrà interrogare proprio sull’unità e sulla distinzione del Padre,
del Figlio e dello Spirito Santo
Teofilo di Antiochia
Introduce il temine trinitas
o «I tre giorni che precedono la creazione dei luminari sono simbolo della Trinità, di Dio, del
suo Verbo e della sua Sapienza» (Sapienza è lo Spirito)
Dottrina dei due stadi del Logos preesistente:
Logos immanente (endiàthetos) nel seno del Padre, come suo pensiero, prima della generazione
propriamente detta
Logos proferito (prophorikòs), emanato, quando Dio lo genera per creare il mondo per mezzo suo
Monarchianismo
Monarchianismo (monos – arché; un unico principio): sottolinea con forza che Dio è un solo
Principio – cioè Dio Padre.
o Una posizione tale non è per sé sbagliata. Dio va considerato come unico principio. Se
associo a Dio il Logos, deve farlo entrare nell’unico principio. Se la generazione distingue,
risulta difficile mantenere l’unità dell’unico principio. È una forma esasperata di monoteismo
Monarchianismo modalista
Noeto, Prassea e Sabellio (si chiamerà anche sabellianismo): sostiene che il Padre, il Figlio e lo
Spirito sono tre diversi modi o aspetti assunti dall’unico Dio per rivelarsi agli uomini per salvarli,
mentre Dio in sé stesso è assolutamente Uno.
Questa è una posizione più pericolosa. Si è convinti dell’unità di Dio (cioè, che non è composto da
parti) e della piena divinità di Cristo (due presupposti dai quali partono).
Dio in sé stesso è uno: l’unico Dio è il Padre
Perciò: il Padre, il Figlio e lo Spirito sono tre diversi modi, aspetti, forme di manifestazioni assunti
dall’unico Dio per rivelarsi e salvare (fino al Patripassianesimo)
Sono solo nomi applicabili in tempi diversi alla stessa realtà divina
La crisi ariana
Si arriverà a Nicea per la crisi dell’arianesimo.
Il Concilio di Nicea
Appare per la prima volta una professione di fede composta come formula dottrinaria, per cui si
ritiene che all’infuori di questa si va nell’eresia.
o Generato, quindi non creato
o Il Concilio specifica che l’unigenito generato dal Padre proviene dalla stessa sostanza del
Padre (non dalla volontà come diceva Ario)
o Egli è il Dio vero, il Verbo è una realtà divina: luce da luce, Dio da Dio… Non sono titoli di
onore i titoli nel Vangelo attribuiti al Figlio, come diceva Ario, ma indicano l’identità
sostanziale del Figlio
o Generato non fatto, L’uguaglianza generazione/creazione che aveva supposto Ario non è
giusta, qui viene ribadito.
Il concilio fa suo il termine filosofico-greco,Omoousios – della stessa sostanza del Padre.
Il Concilio poi nei canoni seguenti si riferisce esplicitamente contro Ario.
Problemi
o Omoousios non è biblico, non è un termine rivelato. Sarà l’argomento che si ritroverà negli
oppositori come una costante. Non si può spiegare la fede senza la rivelazione. Si chiedono
“dove nella Bibbia si parla di questo? Perché dobbiamo credere ad una affermazione di
uomini?”. Questo diventerà il lato fragile di Nicea.
o Nel concilio di Costantinopoli, quando si proclama la divinità dello Spirito Santo, non si dice
che è Dio e non è usato il termine omousia.
o Omousia ci dice che sono della stessa sostanza ma sono due sostanze identiche? O che la
stessa sostanza è divisa? Come si deve concepire? Nicea non dice di più. E non poteva farlo,
ha messo dei limiti con il simbolo ma non possono fare un trattato di Teologia. Alcune
correnti diranno che sono distinti divisi ma divini entrambi.
o Gli anatematismi. C’era un tempo in cui non c’era …. Costoro li colpisce di anatema. Il testo
greco usa per creato eteras upostaseos, un’atra sostanza. Ipostasi non avevamo detto che era
persona? Origene 3 ipostasi in 3 persone. Nicea invece usa ipostasi come sostanza. mentre in
Origene si usava ipostasi in modo che si distingue dalla sostanza: persona distinta/ipostasi
non equivale a sostanza/ousia.
Questo porterà un grande caos. Il termine ipostasi era un termine ancora molto
equivoco. Se si legge Nicea nell’ottica di Origene non si comprende perché non si
possa dire che ci sono altre “ipostasi”.
Grande merito del Concilio sta nel ripristinare la salvezza in Gesù Cristo (anche vero Dio), ma
anche nell’uso di un termine non rivelato, che proviene dal mondo filosofico – cioè, omoousia.
Terza fase: 361 (muore Costanzo e entra Giuliano l’Apostata) – 381 (Concilio di Costantinopoli).
Giuliano è detto l’apostata perché non appoggia nessuna delle due posizioni.
dopo 25 anni di arianesimo, il partito filo niceno finalmente riesce riorganizzarsi e così riprende l’uso
del termine omoòusios nei dibattiti e documenti teologici senza la censura o pressione imperiale.
Ma questo rinstaurare ‘la stessa sostanza’ rischia anche di essere interpretato male, cioè secondo il
modalismo, particolarmente presente nell’Occidente. Perciò si fece una grande attenzione ad usare il
termine evitando interpretazioni sabelliane e modaliste.
362: sinodo di Alessandria.
Il Tomus ad Antiochenos cercò di mettere insieme le due posizioni, ma produce un effetto
imprevisto: questo tentativo suscita, invece, un chiarimento terminologico tra ipostasi e
sostanza/ousia.
Mentre in Nicena i due termini sono equivalenti, nel Tomus ad Antiochenos si distingue tra ipostasi e
ousia:
o tre ipostasi e una sostanza/ousia.
o È una novità: ousia non coincide più con ipostasi. Quindi un’unica essenza non implica un
unico soggetto, ma tre persone distinte.
In frattempo, si sviluppano due correnti Ariana/Niceno
Ariani
o Gli Anomei (senza somiglianza) – rifiutano l’uguaglianza o somiglianza tra il Padre e Figlio
(esponenti: Eunomio ed Ezio)
o Hanno come Ario una profonda preparazione filosofica
o Sostengono che la caratteristica più essenziale nella natura di Dio è l’ingenerazione
(l’aghennesia) – se il figlio è generato, allora non è Dio.
o Viene messo in discussione anche lo Spirito Santo. Come viene generato? Se è generato
come il Figlio, allora abbiamo due figli.
La risposta la abbiamo già con Atanasio, che dice che la divinità si comprende da quello che fa. Lo
Spirito santifica!
In questa situazione si inseriscono i Padri Cappadoci
Non si riesce ancora a distinguere tra le qualità della persona/ipostasis e della natura/ousia. Solo
Basilio riuscirà a fare questa distinzione così importante.
I Padri Cappadoci
Simbolo
La prima parte è teologica
In greco “credo nello Spirito, il Santo”:
o il greco da un’enfasi alla santità. Perché stiamo proclamando che lo Spirito è Dio.
o Il Concilio ha questo come scopo, dire che appartiene alla comunione delle chiese la fede
nella divinità dello Spirito.
o Ogni parola è misurata. Non è santo come possiamo esserlo noi, ma è “IL” Santo, colui che
dà la santità.
“è Signore e dà la vita”: Signore viene utilizzato per il Figlio, nell’AT a Dio Padre. Se chiamo
Signore lo Spirito sto dicendo l’equivalete di Dio.
“Procede dal Padre” un riferimento all’origine. “To” il quale, dal Padre, scaturisce … non come
generato, ma come colui che procede. Non come Figlio ma come lo zampillo di una sorgente. Sono
due significati non banali.
o Anche se in maniera piuttosto incompleta, la Chiesa fa un passo avanti. Individua un modo
di procedere che non è la generazione. Procede per “scaturigine” come l’acqua della
sorgente.
o Che procede dal Figlio verrà aggiunto dalla Chiesa latina, ma nell’originale non c’è.
Agostino
- Il De Trinitate: metodo e finalità
- L’Unità e la Trinità in Dio: il concetto di relazione
- La via della carità e l’analogia dello spirito umano
- Lo Spirito santo come dono
Trinitas in unitate
Possiamo considerare il mistero del Dio uni-trino guardandolo a partire dalle tre persone o
guardandolo a partire dall’unità.
I due approcci hanno bisogno di categorie diverse.
o missioni, processioni, relazione, persona. (Trintas in unitate)
o Attributi, concetto di pericoresi (realtà unico Dio), concetto di appropriazione (Unitas in
trinitate)
Partiamo dalle cose che conosciamo come uomini, che sono le missioni
Abbiamo bisogno di vedere come Dio agisce, come si è rivelato per poter dire qualcosa della sua vita
interna, immanente. È un passaggio logico, un metodo di ricerca, di indagine.
Le processioni
Per chiarire il mistero della trinità Agostino usa un paragone con l’anima umana
o Vuole penetra nel mistero di Dio tramite l’immagine divina che il Creatore ha impresso
nell’anima umana
L’anima dell’uomo è creata a immagine di Dio «facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza»
Nell’anima si trova la triade
o mente - amore - conoscenza
o o anche intelligenza - volontà - memoria
in questa triade il Figlio, in quanto Logos, sta in relazione con la conoscenza
o nella conoscenza delle cose abbiamo una parola dentro di noi
o dicendola la generiamo interiormente ma non si separa da noi per il fatto di nascere
o così, analogicamente, Dio genera il suo Verbo senza che si separi da lui
o lo Spirito sarà in relazione con la volontà e l’amore
Tommaso d’Aquino riprende il pensiero di Agostino
Secondo san Tommaso ogni processione, nel senso più generale, presuppone un’azione
o Non tutte le azioni divine hanno effetto esterno, l’effetto può rimanere in Dio
Le missioni corrispondono alle processioni ad intra
o In questo consiste la peculiarità delle processioni divine, che sono differenti dalla creazione.
La processione in Dio va intesa come dare origine
processio ha 3 significati
procedere locale: un movimento locale
produzione di un effetto: dare origine causa-effetto, come lo scultore
dare origine: in Dio solo in questo significato
o producere: il Padre da origine
o procedere: ricevere origine, Figlio (la da a sua volta) e Spirito
Dio ha una pienezza di vita interna
Con l’idea di Ario invece si negherebbe la vita ad intra. Nel dio solamente uno
le azioni sono tutte all’esterno, non c’è spazio per una fecondità interna
Anche per Sabellio la perfezione è immobilità, se Dio è vita interna allora è
imperfetto
La processione del Verbo si chiama generazione, perché avviene come un’azione intelligibile
L’intelletto si pone in atto quando la cosa compresa è in esso secondo la sua
somiglianza
Dio comprende sé stesso
Concepisce un’idea, un concetto. È Dio che comprende sé stesso, dice sé
stesso
Questa immagine, che è il Figlio, è necessariamente perfetta
Il Figlio è simile al Padre, ha pienamente senso il nome Figlio perché la
generazione lo rende simile a chi lo genera
o non è minore rispetto al Padre, anzi da l’origine a sua volta
Questo concepire potrebbe sembrare effettuarsi nel tempo, ma Tommaso dice
che Dio si conosce da sempre, e da sempre produce il Figlio
La processione secondo la volontà non avviene sulla base della somiglianza
La processione secondo la volontà o l’amore è riservata allo Spirito Santo
o Spirito indica una specie di impulso, nel senso che l’amore ci spinge a fare qualcosa
o Amare porta ad andare verso ciò che si ama, ed amo ciò che conosco
o È quindi un movimento successivo alla generazione del Figlio
o Anche se in Dio tutto si identifica con la natura divina (intelletto e volontà non sono
propriamente distinte in Dio) le processioni si distinguono in ragione dell’ordine dell’una
rispetto all’altra
o La seconda processione, quella della volontà, necessariamente presuppone la prima,
dell’intelletto
o L’amore ha una potenza di unificazione chi ama diventa una cosa sola con la persona
amata. È differente dall’intelletto che genera secondo la somiglianza
Le due processioni secondo Tommaso sono pensabili proprio come funzionano i nostri processi
interiori di conoscenza ed amore
Queste sono le due uniche processioni che si hanno in Dio, perché solo il comprendere e l’amare
sono azioni che restano nell’agente
Le processioni sono movimenti originari eterni e immanenti in Dio
Le relazioni
Nella teologia trinitaria sistematica le relazioni si affrontano dopo le processioni
le relazioni derivano dalle processioni, cioè dal fatto che nel Padre nel Figlio e nello Spirito Santo si
ha un ordine nel “procedere”
o già Padre e Figlio suggeriscono delle relazioni
già Basilio, quando si opponeva ad Eunomio che diceva che ad ogni nome corrisponde una sostanza
(quindi Padre e Figlio indicherebbero due sostanze diverse), diceva che Padre e Figlio indicavano il
diverso modo di possedere la sostanza. Usa il termine “proprietà”. Gregorio Nazianzeno dice che
Padre è un nome di relazione
Con questi antecedenti Agostino ha fatto della relazione uno dei punti cardini della sua teologia
trinitaria
o In Dio non ci sono accidenti ma in lui tutto è predicato secondo la sostanza
In Aristotele la categoria della relazione è accidentale, ma gli accidenti hanno la loro
origine nella mutabilità, che in Dio è esclusa
Essendo immutabile, ciò che si ha di relativo in Dio non ha carattere accidentale ma
sostanziale
o In Dio essere si può predicare non solo relativamente a sé (sostanza) ma anche relativamente
all’altro (relazione)
Tommaso riprende e perfeziona la dottrina agostiniana delle relazioni
o Distingue le relazioni reali da quelle logiche/accidentali
Ad esempio, madre/figlio è reale, padrone/servo è accidentale
o In Dio ci sono solo relazioni reali, c’è una vera paternità e figliolanza
o Inoltre relazione vuol dire essere direzionato, «inclinato» l’uno verso l’altro
o Relazione e essenza in Dio si equivalgono perché, come abbiamo detto, non ci può essere
nulla di accidentale in Dio
Ma allo stesso tempo la relazione si distingue dall’essenza solo nella misura in cui
nella relazione si tratta della rispettività con l’opposto
L’essere in del Padre e del Figlio sono lo stesso, è la natura divina, ma l’essere ad è diverso,
nel Figlio è la filiazione. L’essere della relazione è nella sostanza. Esse in è la sostanza, il
tendere a è la relazione. La relazione è reale ma non è ontologica (dagli appunti, non chiaro)
Le relazioni reali e distinte in Dio hanno il loro fondamento nella sua azione, che da luogo alle
processioni interne
o Come abbiamo visto, azione dell’intelletto > processione del Verbo
o Azione della volontà > processione dell’amore, lo Spirito Santo
In ogni processione troviamo due relazioni opposte: una è quella di colui che procede dal
principio e l’altra del principio stesso
Abbiamo quindi le relazioni di Paternità e Figliolanza
E le relazioni di Spirazione e quella contraria di Processione o Spirazione passiva
Sono quattro relazioni
o Dio non ha relazioni, Dio è diversità di relazioni reali, che hanno il loro principio e il loro
termine in lui stesso
o Dio è amore, la sua vita è comunicazione, Dio esiste nelle relazioni interne che sono eterne
Non esiste prima Dio e poi le sue relazioni
Qualcosa però non funziona: la natura divina sussiste nelle relazioni, ma io ho 4 relazioni e diciamo
che ci sono 3 persone
o Bisogna inserire nel ragionamento il termine di persona
Tertulliano introduce il termine nel vocabolario teologico latino, come contrapposto della sostanza
Con il termine persona, non ancora completamente elaborata, si fa riferimento alla distinzione in Dio
Nella teologia greca (in particolare alessandrina) s’introduce la terminologia delle tre ipostasi
Il concilio di Nicea non distingue ancora con chiarezza l’ipostasi dalla ousia o essenza
Agostino riflette sul termine persona nel De trinitate
o I greci parlano di una essenza (ousia) e tre substantiae (ipostasi)
o I latini di una essenza o sostanza e tre persone
Usano persona, da preferire, perché substantia si confonderebbe con essenza
Agostino dice che persona non è un termine adeguato
o Quando parliamo di Padre Figlio e Spirito Santo usiamo il termine persona che si usa anche
per indicare tre uomini, ad esempio
o Ma in Dio parliamo delle relazioni che li uniscono o di qualcosa in sé? Non posso pensarli
come tre soggetti, sarebbero tre dei!
o Per Agostino è una difficoltà insuperabile, ma si trova impossibilitato ad usare un altro
termine. Si usa il termine persona per non tacere
Boezio da una definizione
o La persona è la sostanza individuale di una natura razionale
Usa questa definizione in un contesto cristologico, in un contesto di polemica con
monofisiti e nestoriani
Compare in un opuscolo contro Eutiche, nel dibattito sulle due nature di Cristo
Per Cristo voleva dire una sola sostanza in due nature razionali, una umana e una
divina
ma pretende che sia valida anche da un punto di vista teologico, vale anche per gli
angeli
o Sostanza individua, non è intercambiabile
o La natura razionale specifica ancora di più questa individualità, l’incomunicabilità di ogni
individuo
o Boezio non considera l’aspetto relazionale
Riccardo di san Vittore modifica la definizione di Boezio
o La persona è l’esistenza incomunicabile di una natura razionale
Arriva a questa definizione riflettendo sulle persone divine
Se uso substantia si corre il pericolo di pensare che le tre persone divine siano tre
sostanza o essenze, cadendo nel triteismo
Inoltre, persona indica il “chi” (quis) mentre substanzia indica il “che cosa” (quid)
Allora cambia substantia con existentia
ex- indica la provenienza, il procedere, che determina le relazioni che di
stabiliscono tra le persone
sistere indica l’essenza
In Dio c’è unità secondo il modo di essere e pluralità secondo il modo di esistere
La differenza viene dall’origine
Riccardo dice che la proprietà che non si può mettere in comune (incomunicabile) mi
viene dall’origine
Il Padre non procede da nessuno
Il Figlio procede dal Padre e ha un altro che procede da lui
Lo Spirito Santo procede da un altro e non c’è nessuno che proceda da lui
o Si può applicare anche alle persone umane: l’atto di generazione di due fratelli è diverso,
anche se i genitori sono gli stessi
o Collega la relazionalità della persona all’atto dell’amore (L.321)
Tommaso parte dalla difficoltà insuperabile di Agostino
(Riascoltare la lezione della professoressa e spiegare meglio la questione delle relazioni sussistenti.
Non sono come la sostanza, altrimenti avremmo tre sostanze, tre dei. Ma sono sussistenti. Questa
parte va integrata meglio)
o Prende spunto dalla definizione di Riccardo comprendendo che la persona ha quel quid
perché ha una relazione con l’origine
o In questo periodo abbiamo una definizione dogmatica (Concilio Costantinopolitano II) che ci
dice che si può utilizzare il termine persona ma non da una spiegazione
Utilizza la definizione di Boezio, applicabile a tutti gli esseri razionali ma è consapevole che non si
può utilizzare nello stesso modo per Dio
o Questo termine si applica per Dio in maniera più eccellente che alle creature
o Persona è ciò che è distinto nella natura umana: è questa carne, questa anima, questo aspetto
ecc…”
o In Dio il principio di individuazione è la relazione
In Dio la distinzione non avviene se non per le relazioni d'origine [...]. E tali relazioni in
Dio non sono come accidenti inerenti al soggetto, ma sono l'essenza divina stessa: perciò esse
sono sussistenti come sussiste l’essenza divina. In quel modo in cui dunque la deità è Dio,
così la paternità divina è Dio Padre, il quale è persona divina. Perciò la persona divina
significa una relazione come sussistente. Cioè, significa la relazione secondo questa
sostanza che è l’ipostasi sussistente nella natura divina; anche se il sussistente nella natura
divina non è altro che la stessa natura divina. (STh, L. p. 323-324)
La persona è sempre ciò che è distinto nella sua natura. In Dio ciò che è distinto è unicamente
la relazione. Quindi in Dio la persona è relazione
o Nell’uomo abbiamo delle relazioni ma abbiamo bisogno di un sostrato identitario in cui
abbiamo la relazione
o In Dio il sostrato identitario è uno solo, non ci sono tre volontà, tre intelligenze ecc…
Le persone divine si distinguono nella misura in cui si relazionano.
o La distinzione non è dunque separazione ma relazione e l’essere irripetibile non è
chiusura ma donazione
Le persone divine non sono prima di entrare in relazione, ma sono in quanto relazione
Solo a causa delle relazioni si può parlare di distinzione in Dio. Questo porta alla questione delle tre
persone
Tommaso si chiede perché le persone sono tre ma le relazioni sono quattro
o La distinzione reale si ha in ragione dell’opposizione relativa
Paternità e figliolanza sono relazioni opposte e quindi appartengono a due persone
La spirazione attiva appartiene al Padre e al Figlio, ma non ha alcuna opposizione
relativa alla paternità e alla figliolanza
La processione (spirazione passiva) s’addice alla persona dello Spirito Santo e si
oppone alla spirazione attiva
Ma la spirazione attiva non è una proprietà esclusiva perché non si addice a
una sola persona
o Quindi solo tre di queste relazioni sono sussistenti
La paternità che è la persona del Padre
La figliolanza, che è la persona del Figlio
La processione che è la persona dello Spirito Santo
Quindi sono quattro Relazioni reali, tre Persone … un unico Dio
Unitas in Trinitate