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Teologia Trinitaria

L’oggetto e il metodo della teologia trinitaria


 Tommaso si interroga sulla necessità della Teologia fondata sulla rivelazione.
 L’essere umano è ordinato a Dio (è il suo fine), deve ordinare le sue azioni a questo fine che già
conosce, lo conosce perché rivelato.
 Anche le verità che l’uomo conosce senza rivelazione le conosce con errore: la rivelazione dà luce a
queste verità.
 Per questo è necessaria la rivelazione. Dei Filius fa eco a questa dottrina di Tommaso. (L. 17-18)
 La Teologia ha come oggetto la rivelazione (DV 2) su Dio e sui decreti che l’uomo deve seguire.
 Gesù ci ha rivelato il Dio che nessuno ha potuto vedere e che abita in una luce inaccessibile per ogni
essere umano.
 La rivelazione di Dio in Cristo non è una semplice comunicazione di alcune verità, ma implica il
dono della sua stessa vita. È un’autentica ‘autocomunicazione’ di Dio. Per tale ragione
l’atteggiamento di fede è fondamentale per accedere alla rivelazione divina.
 In Gesù non solo possiamo vedere il Padre, ma al tempo stesso abbiamo l’unica via per giungere a
Lui (cfr. Gv 14,6-9). Ogni conoscenza che l’uomo può avere di Dio si basa sul fatto che egli si è fatto
conoscere (veicolo della rivelazione di Dio è sia la parola di Dio sia lo stesso creato).
 Soltanto con Gesù Cristo però la rivelazione giunge la sua pienezza, perché il Verbo che illumina
tutti gli uomini è stato mandato dal Padre ‘affinché dimorasse tra gli uomini e ad essi spiegasse i
segreti di Dio’ (DV 4).

Cfr. Appunti p. 2-3

Originalità del monoteismo cristiano (L. 22)


 Il monoteismo cristiano è quello del Dio Trino. Per noi l’unità ultima di Dio è la pluralità.
 Con la ragione si giunge alla conoscenza del Dio uno, ma il Dio Trino si conosce solo con la
rivelazione.
 Dio può essere conosciuto tramite le opere della creazione.
 La fede cristiana, non può essere il frutto di una deduzione razionale, deve trovare però
giustificazione presso la ragione
 La rivelazione non spiega l’essere di Dio, non spiega il mistero.
 La rivelazione di Dio è il mistero della nostra salvezza, partecipazione alla sua stessa vita.
 Dio è amore: la teologia trinitaria è intesa come un commento a questa frase. Questa è la vera
novità. Il Dio Aristotelico è motore immobile, il Dio di Cristo è amore e donazione di sé.
 Il mistero centrale del Cristianesimo è la Trinità.
o Lo scopo della teologia è presentare l’intelligenza della fede ed il contenuto della fede.
o Pertanto punto centrale è la contemplazione del mistero trinitario
 Nel passato si distingueva spesso tra la trattazione del de Deo uno e del de Deo trino. Questi due
aspetti non sono però realmente dissociabili, si deve quindi parlare del Dio uno e trino.
 Man mano nella storia la dottrina della trinità ha subito un certo isolamento. Illuminismo e ateismo
mettono da parte il concetto di trinità.
 Ma le radici di questo “oblio” della trinità vanno ricercate già prima. Fino a Nicea la teologia parlava
in ottica trinitaria, dopo è rimasta più vaga prestando il fianco a dichiarazioni che lasciavano
trasparire un certo subordinazionismo.
 Con la crisi Ariana si comprenderà che la dignità del Figlio è pari a quella del Padre.

L’assioma di Rahner (L. 40-50)


 Il punto di partenza della teologia trinitaria deve essere l’Economia della Salvezza, quanto ci fa
conoscere il Nuovo Testamento.
 Assioma di Karl Rahner: «La Trinità economica è la Trinità immanente, e viceversa» (in Trinità)
o Dio si rivela così come è in sé stesso, a partire dalla rivelazione di Cristo ha senso parlare del
Dio trino.
o Solo in Gesù abbiamo accesso alla rivelazione.
o La rivelazione di Dio avviene nella realizzazione della nostra salvezza. Non si possono
separare.
 Però l’agire di Dio è unitario. Dio è il principio della creazione, non possiamo mai parlare di tre
principi.
o L’agire unitario di Dio all’esterno è temperato dalla dottrina della “appropriazioni”: le azioni
esterne si associano a quella persona per cui è più “propria” quell’azione.
o È questa differenziazione dell’agire che ci permette di riconoscerle.
 Quindi, la prima parte della tesi ci dice che Dio è colui che si da a noi in sé stesso, non ci da
semplicemente dei doni. E si da così come lui è, altrimenti non starebbe dando sé stesso.
 La seconda parte dell’assioma di Rahner «e viceversa» non viene accolto se non con precisazioni. Ci
sono possibili malintesi.
o La comunicazione economica della Trinità è gratuita. Il viceversa potrebbe portare a pensare
che invece è necessitata. Inoltre non diventa perfetta nel suo manifestarsi, ma è già perfetta in
sé. Non si perfeziona con il suo manifestarsi nell’economia salvifica. Ad esempio il problema
di Hegel (cfr. L. 52-54);
o Neppure la Trinità Immanente si esaurisce nell’economia salvifica. Dio ci fa vedere più da
vicino il suo mistero insondabile, ma rimane un mistero insondabile (Cfr. Balthasar L. 56);
 Nel documento Desiderio et Cognitio della Commissione Teologica Internazionale (CTI) si cerca di
spiegare meglio la seconda parte dell’assioma

CTI, Desiderium et Cognitio (L. 50-51)


 Accoglie l’assioma di Rahner ma migliora l’esposizione
o Dunque l'assioma fondamentale della teologia odierna s'esprime molto correttamente nella
formulazione seguente: la Trinità che si manifesta nell’economia della salvezza è la Trinità
immanente; è la Trinità immanente che si comunica liberamente e a titolo gratuito nell’economia della
salvezza.
 È necessario evitare la separazione tra Cristologia e trinitaria. Tale separazione può
portare a non invitare l’uomo a conoscere il Dio trinitario e a partecipare alla sua vita.
 Non separare dalla Trinità il misero della incarnazione e della deificazione dell’uomo.
 Gesù è il Figlio di Dio incarnato e la nostra divinizzazione indica soprattutto la nostra
filiazione divina
 In Gesù Dio si mostra a noi com’è e per questo ci salva

 «e viceversa»: (L. 57-58)


o Salvaguardare la precedenza della Trinità immanente.
o La Trinità non diventa piena con l’evento di Gesù Cristo.
o Ma questo non vuol dire che la Trinità immanente non si lascia coinvolgere dagli eventi della
economia della salvezza.
o «la Trinità immanente, nella sovrana libertà del suo amore, è il fondamento della storia della salvezza,
ma nel contempo questa ha una certa “ripercussione” nell’essere divino» (Ladaria, p. 59)
 Alcuni teologi hanno proposto di togliere la seconda parte dell’assioma di Rahner. La Commissione
Teologica Internazionale non ha preso questa strada.
o Infatti Dio si comunica liberamente, gratuitamente e anche definitivamente nell’economia
della salvezza. Qui e non in un altro luogo.
o Con le dovute precisazioni, la seconda parte dell’assioma può essere mantenuta.

Teologia trinitaria / 1: Indagine scritturistica

La preparazione alla rivelazione trinitaria nell’AT (L. 147-148)


 Non si possono cercare rivelazioni chiara della Trinità nell’AT, come si è fatto in precedenza
 AT e NT ci fanno conoscere il mistero di Dio progressivamente

L’evoluzione del monoteismo nella storia di Israele (?)


Tre fasi del monoteismo:
Enoteismo – Monoteismo pratico (Monolatria)
 Il monoteismo di Abramo e dei patriarchi consiste nel fatto che Dio è il ‘Dio di Abramo’, il Dio della
tribù mentre ogni popolo ha il suo dio. Eno – teismo: ‘uno tra tante le divinità’.
 È un monoteismo pratico in cui riconosco il mio Dio – anche unico, ma non fa problemi la presenza
di altri dei degli altri popoli.
 Ma la particolarità di questo monoteismo (Dio con Abramo) sta nell’iniziativa di Dio, la quale si
svilupperà in un’alleanza. Mentre era normale che il patto tra Dio e l’uomo richiede il sacrificio del
primogenito,
o il Dio di Abramo si mostra diverso: non vuole che uccida il figlio, ma vuole la vita, vuole il
bene dell’uomo. È un Dio che si fa vicino all’uomo, che esercita la prossimità.
Monoteismo mosaico – jahvista
 A partire del viaggio di Giacobbe fino all’esodo si inizia a vedere la differenza tra la divinità
d’Israele e la divinità di Egitto, addirittura che Dio ha più potere degli altri dei. Il Dio di Giacobbe
cambia la sorte nella storia, Egli cambia la storia stessa.
 Mentre probabilmente non si ha ancora una concezione di monoteismo puro, Dio libera il suo popolo
dalla sua schiavitù e sigillò l’alleanza con i 10 comandamenti.
 Il nome di JHWH (Tetragramma): il verbo ebraico (secondo alcuni esegeti secondo il testo originale)
andrebbe tradotto piuttosto come ‘io ci sarò’ – io ci sono e ci sarò.
o Dio non dice un’affermazione metafisica o ontologica, ma l’interesse sta sul piano
esistenziale. Dio sta con il suo popolo.
o Così, l’Israele percepisce l’amore di Dio come fosse lei il pupillo dell’occhio. La rivelazione
del nome significa ‘garanzia di Dio nella storia’.
 Il processo finora sviluppa l’idea della trascendenza, ma anche della prossimità di Dio. «Nessuno ha
un Dio così vicino come noi»… (Dt 4,7).
Monoteismo assoluto
 Israele rilegge la sua storia dopo l’esilio, nato dalla crisi del popolo, fa riflettere sul rapporto con Dio.
o Il popolo arriva a riconoscere, oltre che Dio è il più potente tra gli altri, che questo Dio è
l’unico in assoluto.
o Non esiste un altro dio all’infuori del Dio di Israele. Il racconto di Elia (1Re) afferma in
modo molto teatrico il monoteismo assoluto.
 Siccome si riconosce il potere di Dio sulla natura, si riconosce che è Colui che ha creato l’universo.
o Dio è: Liberatore (dall’Egitto), Redentore e Creatore.
 Risulta che il Dio di Abramo è Uno, Onnipresente e Onnipotente

La rivelazione del nome: quale significato per la fede di Israele? (L. 148-152)
 «Io sono colui che sono» (Es 3, 14-15)
 Tra i vari nomi, quello di YHWH ha la priorità in quanto rivelato da Dio stesso
 Il nome non va separato dagli eventi che ne accompagnano la rivelazione
 Infatti Egli non si fa conoscere così come è, ma negli eventi che porteranno alla liberazione di Israele
o Es 3,14-15 significa “Io ci sarò”
o È una esistenza operante
o Dio rivelandosi preserva comunque il suo mistero
o La frase è quindi da leggersi come un monoteismo pratico: YHWH è l’unico Dio che esiste
perché sarà l’unico a salvarlo.
o È da leggere come «Io sarò con voi»
 La pretesa di YHWH di essere l’unico Dio sta alla base del monoteismo radicale
o «Io, io sono il Signore e all’infuori di me non c’è alcun salvatore!» (Is 43,10-13)
o «Sappi dunque e medita in cuor tuo che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra,
lui e nessun altro» (Dt 4,39)

Le figure di mediazione (L. 152-159)


La dialettica immanenza-trascendenza e il suo rapporto con la rivelazione trinitaria (?)
La rivelazione dell’AT e la rivelazione trinitaria: quale rapporto? (?)

 La trascendenza di Dio è chiaramente una costante nell’insegnamento dell’Antico Testamento


 Allo stesso tempo si mostra colui che è vicino, che è prossimo al suo popolo.
o Trascendenza – Alterità – Santità ↑
o ↓ Immanenza – Prossimità – Miserie
 C’è una certa tensione tra immanenza e trascendenza
o Il popolo si accorgerà che Dio è pura alterità, ma sta sempre con esso in una tensione e
dialettica tra totalmente altro e totalmente vicino simultaneamente.
o Is 43,10-13: In un percorso di sviluppo della coscienza sia dell’alterità, sia della prossimità, si
accorge dell’unicità di Dio, e si arriva a comprendere – perché Unico – anche i suoi attributi,
cioè, il Dio del monoteismo assoluto. Esiste da sempre – eterno – è onnipotente… Questo
segna l’alterità di Dio
o ma Dio è anche prossimo, ha scelto un popolo, si è rivelato a degli individui nella storia, alle
generazioni in generazioni. Dt 32, 8-9: «porzione del Signore è il suo popolo, Giacobbe è la
sua eredità».
o Es 3,13-15: nella rivelazione del nome di Dio, Israele percepisce la prossimità di Dio. Se Dio
è sia estraneo che vicino, in una tensione tra inconoscibile ed inscindibilmente presente,
com’è che Dio si manifesta?

 Per mantenere questa tensione tra trascendenza e prossimità di Dio vengono utilizzate delle figure di
mediazione (Angelo, Parola di Dio, Spirito, Sapienza) in cui si fonde la voce della figura con la voce
di Dio.
o L’Angelo di Yhwh: è uno di quegli essere designati come “angeli” che lodano Dio (Sal
103,20), aiuta Israele quando esce dall’Egitto e durante la peregrinazione nel deserto, guida i
passi di Abramo.
 Importanti i passi in cui non può essere adeguatamente distinto da Dio, ad es.
nell’apparizione a Gacobbe
o La Parola di Dio: è la parola di Dio che spinge i profeti, i comandamenti sono “parole”, i
profeti spesso dicno “Così parla Yhwh”, riportano la sua parola
o La Sapienza: si riferisce innanzi tutto al giusto agire umano, è anche conoscenza, ma è un
bene divino, più preziosa dell’oro, l’uomo può ottenerla con la preghiera. Poi ci sarà il
famoso processo di personalizzazione della Sapienza e i diversi tratti in cui ha caratteristiche
divine (Pr 8,22 e ss, Sir 24, Sap)
o Lo Spirito: Ruah, indica l’aria, il vento, il respiro … indica una presenza che non si
percepisce con la vista.
 Nei testi storici lo Spirito appare come quella forza che prende il possesso di alcune
figure per realizzare delle imprese (Gdc 3,10; 6,34; 13,25). Così anche in Samuele
1Sam 10,6.10; 11,6) Oppure prende di forza alcuni gruppi di fedeli 1Sam 10,10. In
particolare Davide in 1Sam 16,13) Per non parlare dei profeti. Lo spirito si poserà
sull’Unto del Signore e si riposerà su di esso (Is 11,1). Così pure nel Servo di Jahvè in
Is 42,1ss: «Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni».
 Le figure “semidivine” di mediazione permettono di intravedere la ricchezza “interna” di Dio. Certe
figure nella scrittura sembrano infatti quasi “ipostatizzate”. Il NT e la tradizione della chiesa hanno
sempre riconosciuto in esse un particolare valore e di esse si sono servite per mettere in risalto
l’identità del Figlio di Dio, dello Spirito Santo, del Padre. Si rileva l’immagine di un Dio molto ricca.
Queste immagini non possono esaurire il discorso sull’essere divino ma mostrano un’abbondanza di
descrizione. Dio è tutto questo, ma nessuna di queste immagini possono esaurire l’identità del Dio
unico.
 Non abbiamo una rivelazione anticipata della Trinità, ma queste figure ne preparano la rivelazione

La rivelazione trinitaria nel NT (L. 63-146)

La struttura trinitaria del kerigma di Gesù di Nazareth


 Un testo fondamentale per comprendere la struttura trinitaria della salvezza legata all’invio da parte
del Padre di Gesù e dello Spirito Santo è Gal 4,4-6: (L. 64)
o Quando giunse la pienezza del tempo, Dio inviò il Figlio suo, nato da una donna, sottomesso alla
legge, affinché riscattasse coloro che erano sottoposti alla legge, affinché ricevessimo1'adozione a
figli. Poiché siete figli, Dio inviò lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuori, il quale grida: «Abbà,
Padre!»

La relazione di Gesù con il Padre


 Dio mandò suo figlio.
 Dio ha mandato Gesù suo figlio nel mondo. Per amore degli uomini. (L. 65)
 Questo ci apre la strada verso la trinità immanente. È Dio Padre che ha mandato il Figlio e non
viceversa. (L 66)

Dio il Padre di Gesù (L. 66-69)


 È il Dio dell’antico testamento. Dio dell’alleanza.
 La rivelazione NT presuppone la rivelazione dell’AT e si riferisce a Dio Padre quando parla di Dio.
 L’AT usa poco l’idea di paternità. Soprattutto la paternità non è quasi mai relativa alla creazione.
o È una paternità relativa all’alleanza, all’uscita di Israele dall’Egitto.
o La paternità si manifesta nel dominio su tutte le cose a anche nell’amore “viscerale”, come
l’amore di una madre ma non viene mai detto che Dio è “Madre”.
o Si esplicita prevalentemente con i più poveri.
 Appare come Figlio di Dio un individuo concreto, con una funzione speciale all’interno del popolo di
Dio (il discendente di Davide, l’unto del Signore)
 Nella letteratura sapienziale la paternità è anche in relazione con i giusti.

Messaggio del NT (L. 70-74)


 Il messaggio fondamentale è proprio riguardo la paternità.
 Gesù parla di Dio come suo Padre, manifesta la sua vicinanza, l’immediatezza della sua relazione.
 Usa il termine Abbà. (solo in Mc 14,36 sembra molto importante per la prima comunità cristiana)
 L’inno di Giubilo (Mt 11,25-27), una delle poche volte in cui Gesù si designa come Figlio:
o «[25] In quel tempo Gesù disse: "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto
nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. [26] Sì, o Padre, perché così
è piaciuto a te. [27] Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e
nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.»

 Matteo fa vedere in questo brano che Gesù ha la funzione di rivelare il Padre, e che
Egli ha un intimo rapporto con il Padre – proprio in merito di questo.

 Nel quarto vangelo c’è molto risalto riguardo questo: il Padre ha mandato Gesù nel mondo, da lui
proviene Gesù, lo ha segnato con il suo sigillo, con la missione del Figlio Dio ha mostrato il suo
amore agli uomini, il Padre è colui che Gesù conosce e che fa conoscere, il Padre rende
testimonianza in favore di Gesù. (L. 71-72)
 Anche Paolo parla di Dio come Padre. A partire dalla resurrezione Dio è indicato come Padre. Il
titolo di Padre entra nella confessione di fede del cristiano. (L. 73)
 Il Padre è il punto di riferimento di tutta la vita di Cristo.
 Nell’amore che si manifesta nella donazione di Gesù si intravede il modo di essere amore di Dio ad
intra. (L. 74)

Gesù è il Figlio di Dio (L. 74-78)


 Nei sinottici Gesù non chiama spesso sé stesso Figlio, a parte nell’inno di Giubilo
o Anche in Mc 13,32: «Quanto a quel giorno o all'ora, però, nessuno ne sa niente, neppure gli
angeli nel cielo e neppure il Figlio, se non il Padre»
o Perché egli non predica sé stesso, ma Dio
o In Gv è più frequente.
 È proclamato dagli altri
o dalla voce del Padre nel Battesimo e nella trasfigurazione (Mc 1,11; 9,7 e paralleli)
o nelle tentazioni dal diavolo (Mt 4,3.6; Lc 4,3.9)
o dal centurione dopo la sua morte (Mc 15,39; Mt 27,40)
 Il titolo di Figlio di Dio indica più di ogni altro la sua identità. Si indica l’intima relazione di
Gesù con Dio.

La rivelazione sullo Spirito (L. 81-82)


 Secondo i vangeli di Mc e di Lc l’incarnazione è opera dello Spirito Santo
 Lo Spirito scende su Maria e non su Gesù
 Quindi lo Spirito Santo, anche se non è detto esplicitamente, è presente fin dall’inizio nella vita di
Gesù
o Lo Spirito rende possibile l’incarnazione, quindi sembra che “precede” l’azione del Figlio
o D’altra parte l’azione di santificazione dell’umanità avverrebbe dopo l’assunzione, in questo
caso “logicamente” sarebbe successiva
 Si analizzano questi aspetti nei paragrafi successivi: nel battesimo e nell’unzione

Il battesimo come teofania trinitaria (L. 82-92)


 Gesù è il Figlio di Dio ma è anche l’unto, il Messia
 I sinottici coincidono sul battesimo riguardo la discesa dello Spirito Santo su Gesù e la voce dal
cielo
o C’è una relazione tra i due punti
o Gesù è l’inviato e viene dotato della forza dello Spirito necessaria per la sua missione, una
forza che corrisponde alla relazione unica che lo unisce a Dio
o Il battesimo è di fondamentale importanza: Gesù è unto con lo Spirito in vista della sua
missione
o È un momento di manifestazione di Gesù Figlio nel quale il Padre si è compiaciuto e sul
quale è disceso lo Spirito Santo, è un momento fondamentale nella storia della
manifestazione del Dio Trino. (parallelo con la trasfigurazione L. 97)
 Il Nuovo Testamento parla chiaramente dell’unzione di Cristo con lo Spirito: «lo Spirito del Signore
è sopra di me» (Lc 4,18-19), «Voi sapete quanto è avvenuto in tutta la Giudea […] Dio ha consacrato
in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazareth» (At 10, 37-38)
 Il NT conosce allora questi due momenti separati:
o incarnazione per opera dello Spirito, per cui egli è già santo
o l’unzione, con la quale Gesù inizia la sua missione
 Nei primi secoli della Chiesa rimane aperta la questione dell’identità dello Spirito con cui Gesù è
unto. Non possiamo ancora parlare della terza persona, è ancora concepito come una forza divina che
procede dal Padre
 A causa dei problemi dell’adozionismo prima e poi dell’arianesimo l’idea dell’unzione di Gesù nei
teologi in occidente è sparita
 Viene ripresa con i teologi moderni, negli ultimi decenni

l’unzione di Gesù: soggetto e tempo (L. 93-97)


 Gesù è personalmente il Messia, il Cristo sin dall’incarnazione
 Solo dopo la nuova effusione dello Spirito e la manifestazione agli uomini nel Giordano inizia la sua
funzione messianica
o Lo Spirito agisce in Gesù: lo guida, nello Spirito Gesù obbedisce al Padre, lo spinge ad
andare nel deserto, in virtù dello Spirito scaccia i demoni ecc. (L. 94)
 Al momento del suo battesimo possiamo collocare l’unzione messianica che lo abilita all’esercizio
del suo ministero tra gli uomini
 Chi è il soggetto attivo di questa unzione? Il Padre o il Figlio che unge la sua umanità?
 È innanzi tutto il Padre che realizza l’unzione. Non sembra corrispondere alla mentalità del NT
dire che il Figlio unge la propria umanità nel Giordano
o L’unzione va vista in relazione della voce che vien dal cielo
o Si manifesta l’identità di Gesù come Figlio
 La discesa dello Spirito non può essere separata dalla realizzazione dell’opera che il
Figlio deve compiere
 Il battesimo è fondamentale per la rivelazione della figliolanza
 Per comprendere l’unzione è quindi necessario un retroterra trinitario
 Nel battesimo lo Spirito non si manifesta come Spirito del Figlio: sarà chiaro con la resurrezione
o È la condizione di Spirito del Padre che appare con maggiore chiarezza
 Però è chiaro che Gesù possiede lo Spirito come qualcosa di proprio, che non viene solo da fuori.
Abita in lui (Gv 1,32-33)

Trinità e mistero pasquale (L. 97-115)


 Nel mistero pasquale avviene il momento fondamentale della rivelazione del mistero di Dio amore,
della paternità e della figliolanza divina nello Spirito Santo
 Nella croce si manifesta l’amore di Gesù per noi e anche l’amore del Padre per noi peccatori (Rm
5,6-10; 8,32.35)

La croce come atto del Padre, del Figlio e dello Spirito: le consegne
 La teologia dei tre giorni, Von Balthasar
o Gesù si consegna per noi, consenziente nell’essere consegnato
o La teologia della consegna può essere compresa solo in senso trinitario
o Il Padre consegna il Figlio, il Figlio obbedisce fino alla morte, come espresso nella preghiera
nell’orto
o Nella sofferenza di Gesù, nella kenosi totale appare la gloria di Dio: «rifulge la gloria di Dio
sul volto di Gesù Cristo» (2Cor 4,6)
o Il grido di abbandono esprime il livello reale di abbandono
o Nel sabato Santo Gesù prova l’esperienza del puro peccato, della morte seconda!
 Cristo appartiene ormai ai refa’im, ai «senza forza»; egli non può condurre una lotta attiva
contro le «forze dell'inferno» e tanto meno può soggettivamente «trionfare», in quanto ciò
presupporrebbe a sua volta vita e forza. La sua «debolezza» estrema può e deve però
coincidere con l'oggetto della sua visio: la seconda morte […] (Teodrammatica)

o Sembra esserci una opposizione in Dio, che è la manifestazione ultima dell’agire unitario di
Dio, evidente nella unità inseparabile della croce e della resurrezione.
 Il Dio crocifisso, Moltmann. Studia la relazione tra il mistero trinitario e la croce
o Esce dallo schema ristretto delle due nature di Cristo per non lasciare da parte la dimensione
trinitaria
o Nell’abbandono di Gesù sulla croce, il Padre e il Figlio sono separati nel modo più profondo,
ma uniti nel modo più intimo nella consegna.
 Da questo evento viene lo Spirito che giustifica i senza Dio, colma di amore gli
abbandonati e risuscita i morti
 Dio abbandona Dio! contraddice sé stesso ma si mostra una profonda unità che si
mostra nello Spirito che unisce il Padre e il Figlio
 Lo Spirito va compreso come “Spirito di consegna”
o Per parlare di Dio bisogna partire dall’evento della croce. Chi parla di Dio dal punto di vista
cristiano deve raccontare la storia di Gesù come storia tra il Figlio e il Padre!
o Dio è un “evento”: evento del Golgota, dell’amore del Figlio e del dolore del Padre, dal quale
sgorga lo Spirito
o Però non si può pregare un evento! Si prega dunque “in questo evento” «per mezzo del Figlio
si prega il Padre nello Spirito»
 Dio, Mistero del mondo, E. Jüngel.
o Nella morte di Gesù s’inaugura una nuova relazione dell’uomo con Dio
o Dio si mostra come Dio vincendo la morte
o Dio si identifica con il crocifisso, ma è distinto in via dell’essere Trino. Allora può morire
senza essere annientato. È un Dio che si può esporre al nulla
o Dio è l’amante (Padre) e l’amato (Figlio) ed è l’evento dell’amore in quanto si apre ad un
terzo, lo Spirito
o «L’abbandono di Gesù da parte di Dio appare come l’opera più originalmente propria di
Dio». [...] «In questa morte è avvenuto Dio stesso»
 Commissione Teologica Internazionale
o l'uomo è stato creato per essere integrato nel Cristo e quindi nella vita della santa Trinità. Qualunque
sia l'allontanamento dell'uomo peccatore nei riguardi di Dio, esso è sempre meno profondo del
distanziarsi del Figlio rispetto al Padre nel suo svuotamento kenotico (Fil 2,7) e della miseria
dell'"abbandono" (Mt 27,46)

 Conclusioni
o Gesù manifesta Dio, la sua morte manifesta il grande amore di Dio per noi. Questo è detto
molto spesso nel NT
o Questo amore si mostra nella capacità di Dio di mettersi dalla parte del peccatore. Dio cerca e
trova l’uomo peccatore. Gesù può sperimentare una distanza dal Padre più grande di quella di
qualsiasi persona che si trova lontana da Dio
o L’abbandono non è mai solo propriamente umano, ma parla della voce del Figlio che grida al
Padre
o Tutta la storia di Gesù, in particolare quindi anche la passione, morte e resurrezione, è la
storia della relazione del Figlio con il Padre. Figlio che obbedisce fino alla morte. È quindi
l’ambito della relazione tra persone divine e non solo delle nature di Cristo
o La consegna alla morte rientra nel disegno di Dio e trova in Gesù una piena corrispondenza.
Gesù si consegna per amore «Mi amò e diede sé stesso per me» (Gal 2,2)
o Non si può parlare quindi di “conflitto” intradivino. L’abbandono mostra una distanza, ma
l’accettazione del disegno del Padre mostra la profonda unità
o Gli autori che abbiamo visto dicono che l’unione tra Padre e Figlio si manifesta nello Spirito,
anche nella separazione
 Fanno ricorso alla teologia occidentale, già da Agostino, che vede lo Spirito come
vincolo d’unione del Padre e del Figlio
o La rivelazione di Dio nel suo amore per gli uomini al momento della passione e morte ha
senso alla luce della resurrezione. Gesù risorto si mostra con i segni della passione. La vita
della Trinità non è vissuta come se il Figlio non avesse introdotto l’umanità nella gloria.
o Riflettendo e vivendo l’amore di Dio, l’uomo viene collocato sulla strada che lo porta a Dio
come fine
La risurrezione come generazione (L. 116-119)
 La resurrezione è un momento fondamentale e culminante della rivelazione della paternità di Dio e
della figliolanza divina di Gesù
 L’iniziativa della risurrezione, secondo i testi del NT (es. Rm 6,4; 8,11; 2Cor 4,14: Ef 1,20), compete
a Dio Padre
o L’espressione egherté = è risorto/è stato resuscitato, può essere intesa come modo di indicare
l’azione divina
o «Dio lo ha resuscitato» (At 2,23-24)
o Anche l’uso neotestamentario di alcuni tratti biblici testimonia l’iniziativa del Padre
 Sal 110,1 «Siedi alla mia destra» (in Mc 12,36; 14,62; At 2,34 …)
 Sal 2,7 «Tu sei mio figlio, oggi io ti ho generato» (in At 13,33)
 La resurrezione è così interpretata in termini di generazione
 In effetti nella resurrezione Gesù acquisisce la condizione di Figlio di Dio in tutta la sua potenza (Rm
1,3-4)
o Se la paternità di Dio è messa in relazione con la risurrezione, è normale che anche la
figliolanza divina di Gesù si veda manifestata nell’essere risorto dai morti grazie al Padre
 Figlio fa riferimento alla relazione con il Padre, mentre Signore con la relazione con gli uomini
o Ma i due vanno visti in relazione con la risurrezione
o Una volta risorto e seduto alla destra del Padre nella pienezza della sua condizione filiale,
Gesù esercita la sua signoria su tutte le cose
o In virtù di questo potere, manifestato nel dono dello Spirito da parte del Padre e del Figlio,
può farci condividere la sua condizione filiale
 La resurrezione apre la porta alla comprensione di tutta la vita di Gesù e della Trinità immanente:
o Attraverso l’affermazione della preesistenza di Gesù alla sua incarnazione
o La figliolanza divina che Gesù vive in questo mondo e che si manifesta in pienezza nella
risurrezione, ha la sua base nell’essere divino di Gesù, in una relazione con il Padre previa
della sua esistenza umana
o Solo alla luce della generazione alla vita divina nella resurrezione il NT e la tradizione della
Chiesa hanno potuto parlare dell’esistenza del Figlio fin dal principio nel seno del Padre che
lo ha generato eternamente
 Solo con l’esistenza divina di Gesù anteriore all’incarnazione l’economia salvifica può avere il suo
fondamento nell’essere stesso di Dio, ed essere la comunicazione della vita di Dio agli uomini

Il ruolo del Padre e dello Spirito nella risurrezione del Figlio (L. 120-121)
 Lo Spirito Santo interviene nella risurrezione di Gesù di cui il Padre ha l’iniziativa
o «Costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai
morti» (Rm 1,4)
 Questo Spirito Santo è forza di risurrezione
o «Se lo Spirito di Colui che risuscitò Gesù da morte abita in voi, colui che risuscitò da morte Cristo
Gesù darà la vita anche ai vostri corpi mortali, in forza dello Spirito che abita in voi». (Rm 8,11)
 Parla della nostra resurrezione ma non possiamo escludere che abbia lo stesso
concetto del passo precedente
 È lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti
 Nel mistero pasquale trovano la definitiva caratterizzazione il Padre e lo Spirito.
 Gesù, nella risurrezione, è stato reso «Spirito vivificante» (1Cor 15,45)
o Gesù nella sua risurrezione è stato ricolmo di Spirito Santo di Dio e diventa fonte di vita per
quanti credono il lui
 Secondo At 2,33 Gesù risorto ed esaltato alla destra di Dio ha ricevuto lo Spirito che il giorno di
Pentecoste effonde sugli apostoli.
o È manifestazione della piena comunione con il Padre!

Il kerigma post-pasquale (L. 138-140)


 Gesù è presentato come Dio
o «il Logos era Dio» (prologo di Giovanni)
o «Signore mio e Dio mio» (confessione di Tommaso in Gv 20,28)
o In 1Gv 5,20 «…Questi è il vero Dio e la vita eterna»
o Le espressioni «Io sono» nel vangelo di Giovanni
o Alcuni testi di Paolo
 Il nuovo testamento ci mostra una struttura trinitaria della salvezza. (L. 140)
o Una iniziativa che viene dal Padre, che manda Gesù nel mondo, lo consegna alla morte e lo
risuscita dai morti
o L’obbedienza di Gesù, che per amore si consegna per noi
o Il dono dello Spirito grazie a Gesù da parte del Padre dopo la risurrezione, che abilita l’uomo
alla vita nuova e ad essere configurato a Gesù nel suo corpo, che è la Chiesa

Le formule trinitarie (L. 141-143)


 Anche se i testi del NT sono antichi sono un punto di arrivo e non di partenza, frutto di una
riflessione teologica
 «Andate dunque, ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre del Figlio e dello
Spirito Santo» (Mt 28,19)
o Afferma la pluralità delle persone e allo stesso tempo l’unità, il nome al singolare
o Diventerà l’ordine tradizionale dell’enumerazione, che corrisponde all’ordine salvifico
discendente (che da Dio va verso gli uomini)
 «La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e comunione dello Spirito Santo siano con tutti
voi» ((2Cor 13,13)
o La grazia si identifica con Gesù Cristo stesso
o Nel NT il Padre è il primo che ci ama, la fonte dell’amore
o Lo Spirito è fonte di comunione tra Dio e gli uomini e anche tra gli uomini
 «C'è poi varietà di doni, ma un solo Spirito; c’è varietà di ministeri, ma un solo Signore; c'è varietà di
operazioni, ma un Dio, che opera tutto in tutti» (1Cor 12,4-6)
o Questo è l’ordine ascendente (dagli uomini a Dio)
 Gal 4,4-6, testo che ci è servito da guida in questa parte relativa al NT. Dal Padre viene l’iniziativa
della missione del Figlio e dello Spirito, nel loro ordine e nella loro reciproca interazione
 Nella coscienza degli autori del Nuovo Testamento il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo si trovano
uniti in modo unico e speciale

Conclusioni e riepilogo a p. 144-146

Gli schemi trinitari (?)

Teologia trinitaria/2: la formulazione del dogma trinitario

I padri apostolici e gli apologisti (L. 163-)

Le Regulae fidei: perché contribuiscono all’approfondimento della fede trinitaria?


La riflessione trinitaria è legata ad una duplice dimensione
 confessante: soprattutto nell’ambito celebrativo-battesimale. Viene proclamata la fede nella salvezza
operata da Dio in Cristo
 dottrinale: si comincia a profilare la necessità di precisare ed approfondire il contenuto del kerigma.
Da qui la composizione delle Regulae fidei
o formule con cui si vuole esprimere il contenuto centrale della verità annunciata,
dell’insegnamento ricevuto dagli Apostoli: l’opera salvifica del Padre, del Figlio e dello
Spirito
 in questo modo, nel kerigma si opera la saldatura tra
 fede cristologia
 fede trinitaria
 Modello cristologico/I: nome di Gesù e titolo
o Si enuncia il nome di Gesù più un titolo che dice la sua identità secondo la rielezione:
 Gesù è il Signore (Rm 10, 9; Fil 2, 11; 1 Cor 13, 3)
 Gesù è il Cristo (At 18, 5.28; 1Gv 2, 22)
 Gesù è il Figlio di Dio (At8, 36-38
o Sono formule di risposta, di fede acclamante: esprimono la funzione confessante
 Modello cristologico/ II: formula narrativa
o Si racconta la storia di Gesù, insistendo sul mistero della morte e risurrezione
o Schema base:
 Gesù fu accreditato da Dio per le sue parole/azioni/miracoli
 Formule di catechesi: funzione dottrinale
 Modello binario
o Dio, il Padre, e Gesù Cristo (1Cor 8, 6; 1Tm2, 5-6; 6, 13)
o L’assenza dello Spirito è comprensibile perché sono formule più catechistiche che
battesimali/liturgiche
 Modello ternario
o Il kerigma metteva in concreta relazione
 il nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo
 con le attività nella storia della salvezza
o Le formule triadiche vengono così a costituire il luogo teologico della riflessione trinitaria
 L’avvenimento decisivo nella genesi dei simboli di fede è l’unione dei due modelli, cristologico e
trinitario. Tale unione, che si vede già realizzata in Giustino e Ireneo (seconda metà del II secolo),
comporta questi passaggi:
o Si arricchisce la formula trinitaria: la menzione di ogni nome divino viene accompagnata da
un attributo, da un titolo o da un’attività che gli è propria nella storia della salvezza:
o Il Padre viene confessato come Creatore,
o la menzione del Figlio è accompagnata da una titolatura,
o allo Spirito viene associata la Chiesa.
 Nel secondo articolo dello schema trinitario si innesta la sequenza kerigmatica

Il contributo dei Padri Apostolici all’elaborazione della teologia trinitaria


 Clemente
o Esistono nei suoi scritti formule trinitarie
 «perché fra voi ci sono discordie? […] Forse non abbiamo un unico Dio, un unico
Cristo, un unico Spirito di grazia effuso su di noi?»
 Ognuno è “unico”, ma non c’è l’unità dei tre
 Il Padre è chiamato Signore della creazione
 Cristo sembra preesistere alla sua incarnazione
 Nella Seconda lettera di Clemente Dio è Padre in relazione all’invio nel mondo di
Gesù Cristo
 Ignazio di Antiochia
o Mette in relazione l’unità della Chiesa con la Trinità
o Le tre persone intervengono nella edificazione della Chiesa e nella salvezza dei fedeli
o La fede nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo è la base della vita della Chiesa
o Gesù Cristo è chiamato Dio e c’è un accenno alla processione dal Padre “uscito da un solo
Padre”
o Lo Spirito Santo è presente nella generazione umana e all’unzione di Gesù
 Lettera dello Pseudo Barnaba
o Preesistenza di Cristo all’incarnazione
 A lui si rivolgeva Dio quando, secondo Gn 1,26, disse «Facciamo l’uomo»
 Gesù è l’Amato, è il Signore, Kyrios
 Lo Spirito effuso su di noi proviene dall’abbondante fonte del Signore
 Didaché
o Troviamo la formula battesimale di Mt 28, 19
o Gesù è presentato come il “servo”
 Nei Padri apostolici troviamo formule triadiche ma non possiamo parlare di una teologia trinitaria. Si
trovano alcuni concetti

Gli apologisti: Logos e generazione


 Hanno una fuplice preoccupazione:
o difendere la fede tra i cristiani per proteggerla da possibili malintesi;
o al tempo stesso, però, esporre la coerenza del cristianesimo ad ebrei e pagani.
 Domanda teologica: come va pensata
o la manifestazione di Dio in Gesù Cristo
o e la costante presenza di Dio come Spirito
 in rapporto all’essere eterno e unico di Dio?
 Da qui il loro sforzo speculativo, che non è più la ripetizione delle formule tradizionali e neppure il
puro annuncio della salvezza di Gesù

 L’attenzione: si concentra sulla preesistenza


o Se il Figlio è preesistente, ma non è un “altro” Dio, che rapporto ha con Dio (Padre)?
 Nasce così la necessità di articolare i rapporti tra Padre e Figlio
 La categoria del Logos nel Cristianesimo (prologo di Giovanni) come punto d’incontro diventa
particolarmente importante per il mondo pagano e si presta molto bene al dialogo sia con gli ebrei
(Filone d’Alessandria) sia con i pagani (gli Stoici). Bisogna, però, identificare che il Figlio (Logos) è
sia preesistente e che è sia distinto che unito al Padre per poi dimostrarlo.
o La preesistenza del Logos diventa il punto di partenza
o Il Logos è preesistente, ma è anche generato dal Padre.
 Per gli apologisti: il Logos, in quanto ragione di Dio, è unito al Padre, ma distinto in
quanto il Padre pronuncia la parola, il Logos.
 Per rendere l’idea proposta: Se io penso nella mente una parola, ho generato una parola senza
far diminuire la stessa mente che ha concepito tale parola. Così si salvaguarda la reale
distinzione del Figlio/Logos senza dividerlo dal Padre. La parola pronunciata si distingue
dalla Mente divina, ma rimane in sé una singola realtà. Quella Parola viene pronunciato al
momento della creazione (qui si percepisce l’influenza del platonismo–neoplatonismo).

Giustino l’Apologeta (+162/165)


 Il monoteismo è il punto di partenza
o Dio è identico, invariabile
o È padre dell’universo
 Giustino tenta di provare la preesistenza del Logos servendosi della Scrittura:
o Il Figlio o Verbo è con Dio prima delle creature (Gv 1,1-3)
o Teofanie dell’Antico Testamento: sono secondo Giustino manifestazioni del Figlio perché
necessitano di qualcun altro oltre al Creatore, poiché è inconcepibile che il padrone di tutte le
cose si sia reso minuscolo nel mondo
o i libri della Sapienza presentano una discendenza “creata prima delle cose create”, che è
diversa da chi l’ha prodotta (es. Pr 8,22).
o Dio conversa con un altro, che deve essere pensato come un essere razionale come Lui, es.
“Facciamo l’uomo”
 Questa pre-esistenza esige di spiegare la distinzione, così introduce il termine chiave di generazione:
o in questo discorso non si parla di una generazione fisica, ma intellettuale.
 Il Figlio è la razionalità del Padre, il suo Logos
o Avviene prima delle creature
o Questa generazione deriva dalla volontà del Padre.
o Questa generazione opera una distinzione
 Come quando noi generiamo una parola, e comunque non siamo privati dell’intelletto,
così il Padre non è privato del Figlio, non sminuisce il Padre
 Usa la metafora del fuoco che accende un altro fuoco
o Dello Spirito ne parla solo in relazione all’economia salvifica

Taziano
 La sua preoccupazione è mostrare che la generazione non significa una separazione da Dio, e che
quindi il monoteismo è mantenuto
 Mette in rilievo più fortemente il contrasto tra le due condizioni del Logos:
o Prima della creazione Dio era solo, perché il Logos era immanente in Lui come sua
potenzialità per creare tutte le cose
o Al momento della creazione il Logos uscì dal Padre come sua opera primordiale. Una volta
generato, servì al Padre per creare e governare l’universo, facendo gli uomini a sua immagine
 Riprende la metafora del fuoco che accende un altro fuoco
 La generazione non è una scissione fisica ma una partecipazione al suo essere
 Dio non ha principio ed è principio di tutto come “spirito”
o Questa condizione spirituale fa si che la generazione sia compresa in termini non materiali
 C’è una specie di binitarismo
o Accanto al Padre sta il Logos personale, che partecipa della divinità e della condizione
spirituale del primo
o Lo Spirito abita in noi ma non è direttamente associato al Padre e al Figlio
Atenagora
 Si trovano nei suoi scritti formule ternarie
 Sottolinea l’unità del Padre e del Figlio
 Il Verbo non è creato ma generato prima delle opere di Dio
o C’è quindi una allusione al logos immanente
 Importante è il tentativo di distinguere
o il piano dove va cercata l’unità divina, quello della potenza (dynamis),
o dal piano su cui va cercata la distinzione, quello dell’ordine (taxis).
 Questo ordine mostra che i tre non sono completamente intercambiabili tra loro, per cui c’è una
distinzione tra loro.
 La teologia trinitaria successiva si dovrà interrogare proprio sull’unità e sulla distinzione del Padre,
del Figlio e dello Spirito Santo

Teofilo di Antiochia
 Introduce il temine trinitas
o «I tre giorni che precedono la creazione dei luminari sono simbolo della Trinità, di Dio, del
suo Verbo e della sua Sapienza» (Sapienza è lo Spirito)
 Dottrina dei due stadi del Logos preesistente:
 Logos immanente (endiàthetos) nel seno del Padre, come suo pensiero, prima della generazione
propriamente detta
 Logos proferito (prophorikòs), emanato, quando Dio lo genera per creare il mondo per mezzo suo

Ireneo di Lione (L. 182-188)


 Si pone in risposta di un problema interno, lo gnosticismo (gnosis)
 Rifiuta il dualismo gnostico e sviluppo di una visione unitaria
o Lo gnosticismo dice la creazione avviene per degradazione del pleoma
o La creazione, la sofferenza, la morte è creata da un dio malvagio
o Il dio buono riporta verso lo spirituale
o Quindi Dio non poteva avere a che fare con la nostra condizione materiale, non si può
incarnare
 Ricorre al concetto di economia/economie (dal termine greco che significa amministrazione della
casa), Dio ha a che fare con noi
o Economia: al singolare indica il progetto di Dio sull’uomo
o Economie: nell’uso plurale, indicano le molteplici realizzazioni concrete attraverso cui Dio
attua il suo progetto
 Alla luce del battesimo, Ireneo intuisce che l’intera storia della salvezza, presuppone sempre un
doppio movimento trinitario:
o una linea discendente: dal Padre attraverso il Figlio fino allo Spirito comunicato a noi
o linea ascendente: dallo Spirito in noi attraverso il Figlio l’uomo ritorna al Padre
 Il Figlio e lo Spirito sono le due mani del Padre (Economie)
 Distingue le persone per le loro funzioni

Il trinitarismo del III secolo


Le eresie: il monarchianismo
 In Occidente: prevale la reazione al crescente accento posto sulla triplicità, espressa dalla rivelazione
e sottolineata dalla dottrina del Logos, che secondo alcuni mette in pericolo l’unità divina. Questa
reazione portò al monarchianismo
 In Oriente: si ebbe contemporaneamente un movimento opposto. Si afferma una concezione
pluralistica di Dio, che sottolinea la distinzione personale
 Allo stesso tempo, permane il bisogno di misurarsi con il giudaismo e con l’ellenismo nelle sue varie
forme di platonismo, neo-platonismo, stoicismo

 In grande linea le eresie trinitarie sono: il monarchianismo e il subordinazionalismo. Il problema principale è


l’incarnazione che, in fondo, è anche una questione trinitaria, perché si mette in questione la possibilità di Dio
di agire nella storia, di incarnarsi. Che Dio assuma la materia, l’umanità concreta e vera è uno shock per il
mondo ellenistico. A partire dal dubbio sull’incarnazione si inizia a ridimensionare lo stesso concetto del tale
mistero. Si parte dalla domanda: come può Dio assumere la materia? Il III° secolo vede un rifiuto della
possibilità che “colui che non è materia può assumere la materia”. Cioè un approccio filosofico
all’incarnazione – una questione che rimane ancora oggi nella filosofia. Non si ha una possibilità di un
contatto con Dio. Ma questo ha la conseguenza che, se Gesù non è Dio, non ci può salvare. Se Gesù, dall’altra
parte, non avesse mai sentito il dolore, il sentimento, se non raggiunge la mia realtà umana, cosa può mai fare
per me? Cosa viene a salvare? Si cercava, dunque, di salvaguardare questa distanza tra Dio e il mondo della
materia.

Genesi delle Eresie trinitarie:


 costituiscono una ricaduta verso la mentalità giudaica o ellenistica. I cristiani credenti sono formati
da mentalità giudaica o ellenistica e non riescono ad entrare nella novità cristiana
o Per i giudei è molto difficile accettare che Figlio e Spirito siano Dio. Sarebbe triteismo, in
contrasto con l’unicità di Dio. Sfocia nel modalismo;
o Per il pensiero ellenista la perfezione di Dio è l’immutabilità, non può Dio essere soggetto al
divenire. Come può entrare negli eventi salvifici?
Da qui la reinterpretazione dell’incarnazione:
• non può mettere in contatto con Dio,
• ma con realtà create intermedie, che permettono la comunicazione tra la vita inaccessibile di Dio e
l’esistenza dell’uomo
Respingono la verità fondamentale della nostra fede, cioè
• l’evento di Dio che si fa uomo: Dio deve restare fuori del mondo,
• l’economia salvifica non mette in relazione con Dio
Si rifiuta il venire di Dio stesso nella storia in nome della sua necessaria estraneità al mondo

Monarchianismo
 Monarchianismo (monos – arché; un unico principio): sottolinea con forza che Dio è un solo
Principio – cioè Dio Padre.
o Una posizione tale non è per sé sbagliata. Dio va considerato come unico principio. Se
associo a Dio il Logos, deve farlo entrare nell’unico principio. Se la generazione distingue,
risulta difficile mantenere l’unità dell’unico principio. È una forma esasperata di monoteismo

Monarchianismo dinamico (dynamis = forza)


 Teodoro di Bisanzio e Paolo di Samosata: sostengono che il Logos è una semplice forza o energia
divina che viene dall’unico Principio – Dio/il Padre.
o Questa forza è entrata nel mondo temporaneamente nell’uomo Gesù per salvare gli uomini.
Ma non si riconosce né la distinzione tra il Padre e il Figlio né la divinità di Gesù. Sede di
questa eresia è a Roma.
 È una forma di adozionismo:
o Cristo è un uomo sul quale discende lo Spirito di Dio (Dynamis)
o Da quel momento egli compie miracoli, senza però divenire divino
o Ciò che non si accetta è l’idea di una incarnazione reale da parte di Dio

Monarchianismo modalista
 Noeto, Prassea e Sabellio (si chiamerà anche sabellianismo): sostiene che il Padre, il Figlio e lo
Spirito sono tre diversi modi o aspetti assunti dall’unico Dio per rivelarsi agli uomini per salvarli,
mentre Dio in sé stesso è assolutamente Uno.
 Questa è una posizione più pericolosa. Si è convinti dell’unità di Dio (cioè, che non è composto da
parti) e della piena divinità di Cristo (due presupposti dai quali partono).
 Dio in sé stesso è uno: l’unico Dio è il Padre
 Perciò: il Padre, il Figlio e lo Spirito sono tre diversi modi, aspetti, forme di manifestazioni assunti
dall’unico Dio per rivelarsi e salvare (fino al Patripassianesimo)
 Sono solo nomi applicabili in tempi diversi alla stessa realtà divina

Tertulliano: il concetto di dispensatio/dispositio e il linguaggio trinitario


 Morto intorno al 230.
 Egli è importante soprattutto perché, oltre a esporre correttamente la fede trinitaria, usò per primo
alcuni termini che poi diventeranno tecnici per esprimere il mistero della Trinità.
 Risponde al monarchianismo modalista anche in chiave linguistica
o Gv 10, 30: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (il monarchianismo si rifaceva a questo
passo)
 Unum: non usa il maschile (Unus) ma il neutro (Unum). Se fosse stato il maschile
avrebbe detto “Io e il Padre siamo un unico soggetto” ma usando il neutro fa
riferimento alla sostanza, che è la stessa. Unum fa riferimento alla sostanza, che è
comune ai due. Non sono lo stesso soggetto, in quel caso avrebbe dovuto usare unus.
 Prosopon: A che livello si pone la diversità? Tertulliano ha il grande merito di introdurre il concetto
di persona.
o Prosopon significa “davanti agli occhi”, ciò che si vede. Aristotele dice che è “tutto ciò che si
vede dalla fronte in giù”. È il volto, poi passerà ad indicare l’intera persona.
o Cos’è l’esegesi prosopografica? È l’esegesi della persona. Veniva utilizzata dalla letteratura
pagana, classica, dalla storiografica greca per creare dei personaggi. Chi faceva le opere
immaginava i discorsi di questi grandi personaggi e le inserivano. Rendevano più vivace la
storia, il racconto.
o Tertulliano utilizza questa tecnica per leggere e interpretare la scrittura. Lo facevano anche i
rabbini per lo studio dei testi sacri Se ci sono discorsi allora ci sono persone reali. Se ci sono
più discorsi ci sono più persone che lo pronunciano.
 Sal 109 “Tu sei mio figlio, oggi io ti ho generato”. Lo dice ad un “tu”. Se non dice “io
mi sono generato” allora col dire che c’è un tu, si rivolge ad un’altra persona. Vuol
dire che sono due persone distinte.
 L’esegesi serve non solo per contrastare la posizione modalista ma anche per dire che
ci sono più soggetti, ci sono più persone. Le persone sono ciò che si distingue
nell’unità della natura. È un passo avanti davvero fondamentale!!
 Substantia è il concetto chiave per comprendere la dottrina di Tertulliano sulla Trinità: è “il
materiale costitutivo di una cosa” cioè, ciò che porta l'unità alla Trinità. Quindi, Padre, Figlio e
Spirito Santo possono essere persone distinte, ma condividono una comune sostanza divina.

 L’unità della sostanza va coniugata con il concetto di dispensatio – dispositio


o Dispensatio ha dentro la parola “dispensa”. Il concetto di economia, dispensa. Ha a che fare
con una graduale realizzazione nel tempo.
 Come si realizza? Gli eventi richiedono prima l’invio da parte del Padre, poi l‘opera
del Figlio salvatore e redentore, e poi lo Spirito. Tutto ciò avviene con un alternarsi
delle azioni salvifiche. Nel tempo c’è una realizzazione graduale della salvezza.
o Dispositio: è interna a Dio nella medesima sostanza c’è un determinato ordine, all’interno di
un movimento immanente di autodispiegamento della sostanza in sé
 L’economia salvifica manifesta una disposizione interna. Nel tempo della salvezza c’è
un succedersi di azioni salvifiche, allora tutto questo deve avere un fondamento di
possibilità, che è la sua eternità.
 corrispondente al termine greco oikonomia:
o è il disegno salvifico che Dio realizza con la missione distinta del Figlio e dello Spirito:
o l’economia delle missioni manifesta una «disposizione» all’interno della sostanza divina e
questa disposizione è trinitaria
 Come avviene la distinzione nell’unità della sostanza?
o Attraverso il ricorso alle idee di gradus, species, forma
 «Sono tre non per qualità, ma per grado, non per sostanza, ma per specie, non per
potestà, ma per forma»
 Grado: come l’albero ha radici, tronco e chioma. Insieme sono l’albero ma
non distintamente
 Specie: hanno la stessa sostanza, ma cambia il modo di manifestarsi di questa.
La sorgente, il fiume, il lago;
 Forma: sono tutti e tre onnipotenti ma la forma è diversa. Il Sole, il raggio e la
luminosità.

Origene: la dottrina del Logos, generazione eterna e ipostasi


 Concetto di mediatore cosmico ha bisogno di alcune condizioni
o Deve partecipare alla natura di Dio. Introduce il termine omousia per dire che il Logos ha la
stessa natura del Padre.
 l’insistenza sulla omousia provoca come conseguenza successiva la necessità di
distinguere.
o Se la natura è la stessa che cosa li distingue?
È una distinzione eterna, perché la natura è eterna. La distinzione deve esserci da
sempre.
o Cosa viene meno rispetto agli apologisti?

L’idea di una generazione successiva, avevano detto che il Padre genera quando
sceglie di creare.
 Origene elimina questa temporalità. Se il Logos ha la natura eterna del Padre, da
sempre è distinto dal Padre.
o Padre figlio e Spirito non sono apparenze ma sono realtà concrete che condividono,
partecipano della stessa natura.
 Quale termine usare per dire che sono concrete?
 Origene rende fondamentale il termine hypostasis. Sono tre ipostasi. A dire il vero non è
creato da Origene, era molto noto anche ai tempi di Aristotele. Aveva una connotazione
scientifica. Viene dal verbo istemi, stare sotto, indica il sostrato. Per intenderci se si mette
polvere nell’acqua sul fondo si crea un deposito, è ipostasi. Se parlo dell’umanità c’è un
sostrato concreto che è l’uomo, che lo attualizza, che all’interno di una natura diventa l’ente
sussistente. Ipostasi diventa indicatore di una realtà sussistente. Non esiste quindi l’omousia
in quanto tale, ma esiste la realtà concreta del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
 Il Padre è il principio di tutto, la fonte della Trinità, autotheos, Dio da sé stesso
 Il Figlio è il Logos, la sapienza, la razionalità, deutheos, il Dio secondo
 Lo Spirito ha uguale dignità ma è una definizione abbozzata
 Problema in Origene: è questo schema che fa delle differenze mettendo una distinzione gerarchica.
o L’azione del Padre si estende a tutta la realtà creata, quella del Figlio solo sugli esseri
razionali e lo Spirito solo su chi è battezzato
 Ario riprenderà il pensiero di Origene e, distorcendolo, creerà una eresia

 Commento al Vangelo di Gv - sull’uso dell’articolo e meno: non è dovuto all’ignoranza. Origene


distingue i concetti e raffina il linguaggio.
o O Theos = il Dio (Unico)
o O Logos = la Sapienza o Ragione di Dio
o Logos = personale

La crisi ariana
Si arriverà a Nicea per la crisi dell’arianesimo.

La dottrina di Ario e le sue conseguenze per la teologia trinitaria


 Ario di Alessandria (256-336): è un presbitero con ruolo prestigioso nella Chiesa di Alessandria
o Vuole comprendere la propria fede. Cercando di comprenderla però si irrigidisce. Egli cerca
di compiere quella cosa di far entrare l’annuncio cristiano dentro lo schema filosofico greco
o Si rifà al pensiero di Origene
 Il pensiero nasce dal suo commento su Pr 8,22 «il Signore mi ha creato all’inizio della sua attività»
richiesto dal Vescovo Alessandro di Alessandria ai suoi sacerdoti.
o Si rintraccia una tendenza subordinazionistica: il fatto di essere generato del Verbo indica una
certa minore importanza del Figlio e più importanza del Padre. Ciò già indica un Figlio
subordinato.
o Ario ebbe un forte confronto con l’ellenismo e cercò di integrare nelle categorie della
filosofia del tempo la professione di fede, principalmente l’unicità e l’immutabilità di Dio.
 Fondamento della posizione di Ario:
o Unità di Dio: non può essere diviso al suo interno
o Unicità: è l’unico Dio
o Ingenerato: Dio, in quanto Dio, è ingenerato (autotheos)
 Se il Logos è generato non può essere Dio. Ario già espone una struttura gerarchica della Trinità.
Bisogna, però, puntualizzare l’intesa dei termini e le sue conseguenze:
o Il concetto di generazione in questo senso significa ‘non eterno’
o L’essere ingenerato non si comunica
 Quindi se c’è una generazione, allora il Verbo non può essere Dio e risulta logicamente una creatura
in qualche modo. Ario sostiene che comunque egli è un mediatore che sta in mezzo, è una creatura –
realmente generato/creato (poiema) – ma una creatura più importante e più in alto di tutte le altre
creature. Il Figlio così assume più il ruolo dell’intermediario che Mediatore (non partecipa nella
natura divina).
 La generazione – per Ario – avviene per la volontà del Padre e non dalla sua sostanza (il Padre lo
crea).
 Conseguenze Cristologiche/soteriologiche:
o I Vangeli attesterebbero una debolezza, una dipendenza creaturale. Ario dice che i Vangeli
riportano dei titoli (Signore, Figlio di Dio) che sono solo onorifici. Non dicono nulla della
divinità del Figlio, Gesù Cristo.
 Limite soteriologico:
 se si nega l’incarnazione, perché Cristo non sarebbe Dio, egli non può salvare.
 Il Figlio non può condurre l’uomo alla comunione con il Padre, perché egli
stesso non è in comunione.
 L’uomo non potrebbe entrare corporalmente nella comunione con Dio,
un’affermazione fondamentale (e anche unica) della professione cristiana.
Negare questo significherebbe che l’uomo Gesù, non essendo Dio, non
permette una reale unione con Dio Padre nel Figlio. Quindi, in questa visione
noi perdiamo palesemente l’accesso a Dio. Quindi, sorge la domanda: Chi ci
può salvare?
 Testo: La lettera al Vescovo Alessandro – testimonia sinteticamente l’erroneità del pensiero ariano.
o Problemi: di sua volontà… creatura perfetta… Per volere di Dio fu creato prima dei tempi…
e dal Padre ricevette la vita, l’esistenza e la gloria di cui lo rese partecipe il Padre.

Il Concilio di Nicea
 Appare per la prima volta una professione di fede composta come formula dottrinaria, per cui si
ritiene che all’infuori di questa si va nell’eresia.
o Generato, quindi non creato
o Il Concilio specifica che l’unigenito generato dal Padre proviene dalla stessa sostanza del
Padre (non dalla volontà come diceva Ario)
o Egli è il Dio vero, il Verbo è una realtà divina: luce da luce, Dio da Dio… Non sono titoli di
onore i titoli nel Vangelo attribuiti al Figlio, come diceva Ario, ma indicano l’identità
sostanziale del Figlio
o Generato non fatto, L’uguaglianza generazione/creazione che aveva supposto Ario non è
giusta, qui viene ribadito.
 Il concilio fa suo il termine filosofico-greco,Omoousios – della stessa sostanza del Padre.
 Il Concilio poi nei canoni seguenti si riferisce esplicitamente contro Ario.
 Problemi
o Omoousios non è biblico, non è un termine rivelato. Sarà l’argomento che si ritroverà negli
oppositori come una costante. Non si può spiegare la fede senza la rivelazione. Si chiedono
“dove nella Bibbia si parla di questo? Perché dobbiamo credere ad una affermazione di
uomini?”. Questo diventerà il lato fragile di Nicea.
o Nel concilio di Costantinopoli, quando si proclama la divinità dello Spirito Santo, non si dice
che è Dio e non è usato il termine omousia.
o Omousia ci dice che sono della stessa sostanza ma sono due sostanze identiche? O che la
stessa sostanza è divisa? Come si deve concepire? Nicea non dice di più. E non poteva farlo,
ha messo dei limiti con il simbolo ma non possono fare un trattato di Teologia. Alcune
correnti diranno che sono distinti divisi ma divini entrambi.
o Gli anatematismi. C’era un tempo in cui non c’era …. Costoro li colpisce di anatema. Il testo
greco usa per creato eteras upostaseos, un’atra sostanza. Ipostasi non avevamo detto che era
persona? Origene 3 ipostasi in 3 persone. Nicea invece usa ipostasi come sostanza. mentre in
Origene si usava ipostasi in modo che si distingue dalla sostanza: persona distinta/ipostasi
non equivale a sostanza/ousia.
 Questo porterà un grande caos. Il termine ipostasi era un termine ancora molto
equivoco. Se si legge Nicea nell’ottica di Origene non si comprende perché non si
possa dire che ci sono altre “ipostasi”.
 Grande merito del Concilio sta nel ripristinare la salvezza in Gesù Cristo (anche vero Dio), ma
anche nell’uso di un termine non rivelato, che proviene dal mondo filosofico – cioè, omoousia.

Tra il Concilio di Nicea (325) e il Concilio di Costantinopoli I (381) – (L. 239)


 Importante tenere conto quanto in quest’epoca sopravviva l’arianesimo Dal Concilio di Nicea (325)
al Concilio Costantinopolitano I (381)
 Dopo Nicea i Vescovi si dividono in due partiti – niceni (filo-niceno) e anti niceni (filo-ariani)

Prima fase 325 - 337 (Nicea - la morte di Costantino)


 Costantino inizialmente è garante e sostenitore fermo dell’ortodossia di Nicea
 328 quando muore Alessandro, vescovo di Alessandria, Atanasio viene eletto e combatte
l’arianesimo.
 Eusebio di Nicomedia (Vescovo di Costantinopoli e sostenitore di Ario) ritirò la sottoscrizione del
simbolo niceno!
 A causa sua Costantino mandò Atanasio in esilio e reintegrò Ario.

Seconda fase 337-361


 Muore Costantino e subentrano nell’impero la successione del figlio Costanzo (filo-ariano) e poi
Costante (niceno), il quale, però, muore subito. L’impero viene lasciato nelle mani di Costanzo,
sostenitore dell’arianesimo.
 Sinodo locale nel 357, Sirmio della Dalmatia
o evita l’uso del termine omoousios,
o sta prendendo piede la parte ariana
o si intende affermare ed insistere sul subordinazionismo, il Padre è più grande del Figlio.
L’omoousios “non deve essere più menzionato” perché “nella Sacre Scritture non se ne
parla”

Terza fase: 361 (muore Costanzo e entra Giuliano l’Apostata) – 381 (Concilio di Costantinopoli).
 Giuliano è detto l’apostata perché non appoggia nessuna delle due posizioni.
 dopo 25 anni di arianesimo, il partito filo niceno finalmente riesce riorganizzarsi e così riprende l’uso
del termine omoòusios nei dibattiti e documenti teologici senza la censura o pressione imperiale.
 Ma questo rinstaurare ‘la stessa sostanza’ rischia anche di essere interpretato male, cioè secondo il
modalismo, particolarmente presente nell’Occidente. Perciò si fece una grande attenzione ad usare il
termine evitando interpretazioni sabelliane e modaliste.
 362: sinodo di Alessandria.
 Il Tomus ad Antiochenos cercò di mettere insieme le due posizioni, ma produce un effetto
imprevisto: questo tentativo suscita, invece, un chiarimento terminologico tra ipostasi e
sostanza/ousia.
 Mentre in Nicena i due termini sono equivalenti, nel Tomus ad Antiochenos si distingue tra ipostasi e
ousia:
o tre ipostasi e una sostanza/ousia.
o È una novità: ousia non coincide più con ipostasi. Quindi un’unica essenza non implica un
unico soggetto, ma tre persone distinte.
 In frattempo, si sviluppano due correnti Ariana/Niceno
 Ariani
o Gli Anomei (senza somiglianza) – rifiutano l’uguaglianza o somiglianza tra il Padre e Figlio
(esponenti: Eunomio ed Ezio)
o Hanno come Ario una profonda preparazione filosofica
o Sostengono che la caratteristica più essenziale nella natura di Dio è l’ingenerazione
(l’aghennesia) – se il figlio è generato, allora non è Dio.
o Viene messo in discussione anche lo Spirito Santo. Come viene generato? Se è generato
come il Figlio, allora abbiamo due figli.
 La risposta la abbiamo già con Atanasio, che dice che la divinità si comprende da quello che fa. Lo
Spirito santifica!
 In questa situazione si inseriscono i Padri Cappadoci
 Non si riesce ancora a distinguere tra le qualità della persona/ipostasis e della natura/ousia. Solo
Basilio riuscirà a fare questa distinzione così importante.

I Padri Cappadoci

Basilio: il confronto con Eunomio e la dottrina delle proprietà


 Il Sinodo di Costantinopoli (370) crea una situazione difficile perché pone in dubbio la validità di
Nicea nell’usare il termine omoousious
 Anche San Basilio stesso si trova in difficoltà nell’usare il termine – si rischia, infatti, il
fraintendimento e di cadere nel modalismo (modalità diverse che esprimono la stessa ousia/natura).

Contro Eunomio di Basilio:


 Eunomio (intorno a 360 d.C.) formula un argomento logico e sostiene che ad ogni nome corrisponde
una sola sostanza (si base sul principio logico aristotelico).
o applica questo principio a Dio Trinità, obbiettando che ogni nome/sostanza ha il suo attributo
che lo caratterizza (il Padre è Aghennesia; il Figlio è ghennesia).
o Se il Padre è ingenerato, la stessa sostanza (il Figlio) non può avere un attributo diverso
nonché contrario.
o Dio, in quanto ingenerato, non può comunicare la sua stessa sostanza, cioè, non si può
generare un altro ingenerato. Questo è contraddittorio, e quindi, insostenibile.
 Il Figlio, quindi, risulta non uguale al Padre perché è una sostanza e allo stesso tempo
generato. Non si può porre il Figlio allo stesso livello del Padre.
o Anche questo ragionamento (come quello di Ario) svuota la potenza salvifica del Figlio, in
quanto non è più Dio. Viene negata nettamente la divinità del Figlio.
o Eunomio critica negativamente, con questo ragionamento, l’affermazione dogmatica del
Concilio di Nicea – il termine omoousia.

 Basilio risponde sullo stesso piano logico:


o Non puoi identificare nome e sostanza, perché i nomi si possono riferire sia alle sostanze che
alle proprietà. Egli precisa che sostanza non equivale al nome.
 Può rispondere alla domanda cosa è? oppure a Chi è?
 Se dico “Dio” sto dicendo la sostanza, ma se dico “ingenerato” sto dicendo una
proprietà della sostanza
 Il Padre è Dio, la sostanza la possiede come ingenerato (Aghennesia). È la fonte, colui che non ha
origine;
 Il Figlio è Dio, la sostanza la possiede come generato (ghennesia);
 Lo Spirito è Dio, la sostanza la possiede come santificatore.
 La differenza sta nel modo di possedere la sostanza
o si pone la domanda: Perché c’è la diversità ingenerato/generato in Dio? Risponde, che ogni
sostanza ha delle proprietà come la persona ha delle proprietà – la generazione/ingenerazione
pone una differenza di origine. Ma questo non significa un’origine temporale, ma piuttosto
una differenza nel modo in cui ogni persona possiede la sostanza divina: Il Padre possiede
l’essere Dio in modo ingenerato, il Figlio possiede l’essere Dio in modo generato – e questo
implica una relazione.
 Toglie forza all’arianesimo che fondava tutto sulla sostanza, che era una generata e l’altra ingenerata

La disputa con gli pneumatomachi e il «Trattato sullo Spirito Santo»


 Basilio si trova a combattere anche contro coloro che negano la divinità dello Spirito Santo
o Se lo Spirito è generato, il Figlio non è “unigenito”
o Non può essere generato dal Figlio, perché l’origine è solo il Padre
o Allora negano la divinità dello Spirito Santo
o Questi gruppi leggono alcuni testi in chiave subordinazionista
 Tm 5,21
 Gv 1,3 – tutto è stato fatto per mezzo del Figlio, quindi anche lo Spirito
 Amos 4,13 – se Amos dice che lo Spirito è creato non può essere messo al pari di Dio
 Per Basilio il problema è che se noi siamo battezzati anche per lo Spirito, ma questo non è Dio allora
la nostra fede risulterebbe incoerente
 Nel 374 Basilio, durante una celebrazione, introduce una preghiera dossologica diversa da quella in
uso (Gloria al Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo)
o “Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo”
o Alcuni Vescovi chiedono ragione di questa formula e risponde nel trattato De Spiritu Sancto
o Basilio usa un formula paratatica, che coordina, e non ipotatica, che subordina come quella
che era in uso
o Basilio porta la comunità cristiana verso la omotumia, la con-glorificazione.
o Il passaggio alla omousia è immediato, diretto
 Basilio analizza nel De Spiritu Sancto tutti i passi delle Scritture dove viene nominato lo Spirito
Santo. Cerca quali proposizioni vengono usate per indicare Padre, Figlio e Spirito Santo
o Il risultato è sconcertante
o Nel NT le particelle “da” “per” “in” vengono usate in modo che non si può dedurre una
differenza tra i tre
o Nessuna preposizione è esclusiva per una persona
 Basilio dice che dobbiamo pregare in base a come crediamo
o Crediamo in base al nostro battesimo
o Sono battezzato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo
o Allora devo “coordinare”
o La sua argomentazione è basata sulla argomentazione lex orandi lex credendi
 Da delle indicazioni sullo Spirito molto importanti
o Lo Spirito opera nella creazione
o Lo Spirito è capace di divinizzare
o La grandezza dello Spirito si mostra anche nel fatto che agisce in Gesù
o Molto bello il testo a p. 270 sul manuale di Ladaria

Il Concilio di Costantinopoli I: analisi del III articolo (?)

Simbolo
 La prima parte è teologica
 In greco “credo nello Spirito, il Santo”:
o il greco da un’enfasi alla santità. Perché stiamo proclamando che lo Spirito è Dio.
o Il Concilio ha questo come scopo, dire che appartiene alla comunione delle chiese la fede
nella divinità dello Spirito.
o Ogni parola è misurata. Non è santo come possiamo esserlo noi, ma è “IL” Santo, colui che
dà la santità.
 “è Signore e dà la vita”: Signore viene utilizzato per il Figlio, nell’AT a Dio Padre. Se chiamo
Signore lo Spirito sto dicendo l’equivalete di Dio.
 “Procede dal Padre” un riferimento all’origine. “To” il quale, dal Padre, scaturisce … non come
generato, ma come colui che procede. Non come Figlio ma come lo zampillo di una sorgente. Sono
due significati non banali.
o Anche se in maniera piuttosto incompleta, la Chiesa fa un passo avanti. Individua un modo
di procedere che non è la generazione. Procede per “scaturigine” come l’acqua della
sorgente.
o Che procede dal Figlio verrà aggiunto dalla Chiesa latina, ma nell’originale non c’è.

 Il problema del Filioque

Agostino
- Il De Trinitate: metodo e finalità
- L’Unità e la Trinità in Dio: il concetto di relazione
- La via della carità e l’analogia dello spirito umano
- Lo Spirito santo come dono

Il Concilio Costantinopolitano II (L. 284- )


 Con il concilio di Costantinopoli I la definizione chiara della divinità dello Spirito che è Signore,
procede dal Padre ed è adorato e glorificato con il Padre e il Figlio, il dogma trinitario è definito nelle
linee essenziali
 Ci sono due documenti successivi al Concilio molto importanti
o Lettera ai vescovi di Oriente di Papa Damaso
 La professione di fede battesimale ci insegna a credere in una sola divinità … Padre,
Figlio e Spirito Santo, nel loro uguale eterno potere regale, tre ipostasi perfette o in tre
persone perfette
 Si nota il pensiero di Basilio
o Il Tomus Damasi, dello stesso Damaso che afferma
 Si condanna chi dice che il Figlio di Dio è estensione del Padre, che è senza
sostanza o che avrà una fina
 Le tre persone esistono da sempre
 Il Figlio è nato dal Padre, cioè dalla sostanza divina
 Il Padre e il Figlio sono vero Dio
 Lo Spirito Santo, come il Figlio, è dal Padre, della sostanza divina ed è vero
Dio
 Il Concilio di Calcedonia distingue due generazioni dell’unico Cristo Figlio unigenito
o la generazione eterna dal Padre prima di tutti i secoli
o e quella temporale da Maria secondo l’umanità
 Nel Concilio di Costantinopoli II abbiamo la formula dell’unita dell’essenza della trinità delle
ipostasi
o Chi non confessa che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo hanno una sola natura o sostanza,
una sola virtù e potenza, poiché essi sono una trinità consostanziale, una sola divinità da
adorarsi in tre ipostasi o persone, sia anatema. Uno solo infatti è Dio Padre, dal quale sono
tutte le cose; uno solo il Signore Gesù Cristo, mediante il quale sono tutte le cose; uno solo è
lo Spirito Santo, nel quale sono tutte le cose

Teologia trinitaria / 3: Teologia sistematica

Trinitas in unitate
 Possiamo considerare il mistero del Dio uni-trino guardandolo a partire dalle tre persone o
guardandolo a partire dall’unità.
 I due approcci hanno bisogno di categorie diverse.
o missioni, processioni, relazione, persona. (Trintas in unitate)
o Attributi, concetto di pericoresi (realtà unico Dio), concetto di appropriazione (Unitas in
trinitate)
 Partiamo dalle cose che conosciamo come uomini, che sono le missioni
 Abbiamo bisogno di vedere come Dio agisce, come si è rivelato per poter dire qualcosa della sua vita
interna, immanente. È un passaggio logico, un metodo di ricerca, di indagine.

Le missioni: modalità e significato


 Un testo fondamentale per comprendere la struttura trinitaria della salvezza legata all’invio da parte
del Padre di Gesù e dello Spirito Santo è Gal 4,4-6: (L. 64)
o Quando giunse la pienezza del tempo, Dio inviò il Figlio suo, nato da una donna, sottomesso alla
legge, affinché riscattasse coloro che erano sottoposti alla legge, affinché ricevessimo1'adozione a
figli. Poiché siete figli, Dio inviò lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuori, il quale grida: «Abbà,
Padre!»
 Dio ha mandato suo Figlio e lo Spirito Santo
o Le due missioni sono l’incarnazione e la Pentecoste
 Il NT matura la conclusione che preesistono entrambi
 Nella riflessione successiva circa l’onnipresenza sorge la domanda (che si pone anche Agostino)
o Come può essere mandato in un posto chi è già ovunque?
o Perché la missione, in questo caso, equivale a manifestarsi, rendersi visibile
o Si tratta di un nuovo tipo di presenza
 È evidente nell’incarnazione, che è una manifestazione sensibile unica e irripetibile.
Ha un inizio e una fine.
 La missione dello Spirito è in rapporto alle manifestazioni visibili della venuta dello
Spirito a Pentecoste. Anche il dono dello Spirito ha un inizio nel tempo. «diceva
questo perché ancora non vi era lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora
glorificato» (Gv 7,39)
 Agostino dice che queste missioni sono diverse dalle Teofanie
o La missione è un autocomunicarsi di Dio che ci consente l’entrare in comunicazione con lui
“noi lo abbiamo visto … lo abbiamo toccato … abbiamo mangiato con lui”
o Dio entra in comunione con noi e ci permette di entrare in relazione con lui.
 Il concetto di missione è importante perché lega una presenza nel tempo con la preesistenza.
o È una categoria che ci permette di mettere insieme l’eternità delle persone con la presenza
temporale.
 La coscienza credente ha capito che questo ingresso nello Spazio e nel Tempo è di persone che
sono preesistenti
 Il rapporto tra missioni e preesistenza va letto in chiave Trinitaria.
o Il Padre ha mandato, ma non è mandato, il Figlio è mandato e manda, lo Spirito Santo è
mandato e non manda
 Queste missioni ci conducono direttamente alla questione dell’origine in Dio stesso del Figlio e dello
Spirito Santo
 Sono la finestra legittima che ci consente di oltrepassare la soglia dell’eternità ed entrare nei rapporti
che sono eterni
 Queste missioni sono la finestra per dire qualcosa della Trinità immanente, che si manifesta nella
Trinità economica

Le processioni
 Per chiarire il mistero della trinità Agostino usa un paragone con l’anima umana
o Vuole penetra nel mistero di Dio tramite l’immagine divina che il Creatore ha impresso
nell’anima umana
 L’anima dell’uomo è creata a immagine di Dio «facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza»
 Nell’anima si trova la triade
o mente - amore - conoscenza
o o anche intelligenza - volontà - memoria
 in questa triade il Figlio, in quanto Logos, sta in relazione con la conoscenza
o nella conoscenza delle cose abbiamo una parola dentro di noi
o dicendola la generiamo interiormente ma non si separa da noi per il fatto di nascere
o così, analogicamente, Dio genera il suo Verbo senza che si separi da lui
o lo Spirito sarà in relazione con la volontà e l’amore
 Tommaso d’Aquino riprende il pensiero di Agostino
 Secondo san Tommaso ogni processione, nel senso più generale, presuppone un’azione
o Non tutte le azioni divine hanno effetto esterno, l’effetto può rimanere in Dio
 Le missioni corrispondono alle processioni ad intra
o In questo consiste la peculiarità delle processioni divine, che sono differenti dalla creazione.
La processione in Dio va intesa come dare origine
 processio ha 3 significati
 procedere locale: un movimento locale
 produzione di un effetto: dare origine causa-effetto, come lo scultore
 dare origine: in Dio solo in questo significato
o producere: il Padre da origine
o procedere: ricevere origine, Figlio (la da a sua volta) e Spirito
 Dio ha una pienezza di vita interna
 Con l’idea di Ario invece si negherebbe la vita ad intra. Nel dio solamente uno
le azioni sono tutte all’esterno, non c’è spazio per una fecondità interna
 Anche per Sabellio la perfezione è immobilità, se Dio è vita interna allora è
imperfetto
 La processione del Verbo si chiama generazione, perché avviene come un’azione intelligibile
 L’intelletto si pone in atto quando la cosa compresa è in esso secondo la sua
somiglianza
 Dio comprende sé stesso
 Concepisce un’idea, un concetto. È Dio che comprende sé stesso, dice sé
stesso
 Questa immagine, che è il Figlio, è necessariamente perfetta
 Il Figlio è simile al Padre, ha pienamente senso il nome Figlio perché la
generazione lo rende simile a chi lo genera
o non è minore rispetto al Padre, anzi da l’origine a sua volta
 Questo concepire potrebbe sembrare effettuarsi nel tempo, ma Tommaso dice
che Dio si conosce da sempre, e da sempre produce il Figlio
 La processione secondo la volontà non avviene sulla base della somiglianza
 La processione secondo la volontà o l’amore è riservata allo Spirito Santo
o Spirito indica una specie di impulso, nel senso che l’amore ci spinge a fare qualcosa
o Amare porta ad andare verso ciò che si ama, ed amo ciò che conosco
o È quindi un movimento successivo alla generazione del Figlio
o Anche se in Dio tutto si identifica con la natura divina (intelletto e volontà non sono
propriamente distinte in Dio) le processioni si distinguono in ragione dell’ordine dell’una
rispetto all’altra
o La seconda processione, quella della volontà, necessariamente presuppone la prima,
dell’intelletto
o L’amore ha una potenza di unificazione chi ama diventa una cosa sola con la persona
amata. È differente dall’intelletto che genera secondo la somiglianza
 Le due processioni secondo Tommaso sono pensabili proprio come funzionano i nostri processi
interiori di conoscenza ed amore
 Queste sono le due uniche processioni che si hanno in Dio, perché solo il comprendere e l’amare
sono azioni che restano nell’agente
 Le processioni sono movimenti originari eterni e immanenti in Dio

Riccardo di san Vittore


 Le due processioni secondo Riccardo sono tutte e due legate alla volontà e all’amore
 In Dio la diversità si fonda sulla perfezione della carità.
 Non c’è nulla di più perfetto della carità e quindi in Dio deve essere in grado massimo
 La carità tende all’altro, e quindi il solo amore di sé non può essere perfetto
o Ci deve quindi essere pluralità di persone
 Affinché Dio possa avere questo sommo amore deve esserci qualcuno degno di lui, che sia uguale a
lui, condignus, nell’unità della sostanza divina
o Non può essere una creatura
o Non può essere un altro Dio, altrimenti avremmo una pluralità di divinità
o È il Figlio, della stessa sostanza del Padre
 Come si arriva alla Trinità?
o L’amore tra il Padre e il Figlio sarebbe egoistico
o È necessario che questo amore si apra ad un altro, per passare alla carità vera, “consumata
caritas”
o la una terza persona che è condilectus (communio amoris)
 Come li distinguiamo?
o Il Padre dà l’essere e l’amore, non li riceve
o Il Figlio li riceve e li dà
o Lo Spirito Santo li riceve soltanto
 Perché solo tre?
 Non si possono moltiplicare perché altrimenti mancherebbe la loro peculiarità personale irripetibile
 Per Riccardo i movimenti delle processioni divine si possono immaginare secondo la categoria
dell’amore
o *Si discosta da Agostino
o *in Agostino lo schema era “colui che ama”, “Colui che è amato”, “Colui che unisce
nell’amore”
o *Ci dice qualcosa del problema del Filioque, che non nasce come polemica con l’Oriente ma
come una necessità della teologia

Le relazioni
 Nella teologia trinitaria sistematica le relazioni si affrontano dopo le processioni
 le relazioni derivano dalle processioni, cioè dal fatto che nel Padre nel Figlio e nello Spirito Santo si
ha un ordine nel “procedere”
o già Padre e Figlio suggeriscono delle relazioni
 già Basilio, quando si opponeva ad Eunomio che diceva che ad ogni nome corrisponde una sostanza
(quindi Padre e Figlio indicherebbero due sostanze diverse), diceva che Padre e Figlio indicavano il
diverso modo di possedere la sostanza. Usa il termine “proprietà”. Gregorio Nazianzeno dice che
Padre è un nome di relazione
 Con questi antecedenti Agostino ha fatto della relazione uno dei punti cardini della sua teologia
trinitaria
o In Dio non ci sono accidenti ma in lui tutto è predicato secondo la sostanza

In Aristotele la categoria della relazione è accidentale, ma gli accidenti hanno la loro
origine nella mutabilità, che in Dio è esclusa
 Essendo immutabile, ciò che si ha di relativo in Dio non ha carattere accidentale ma
sostanziale
o In Dio essere si può predicare non solo relativamente a sé (sostanza) ma anche relativamente
all’altro (relazione)
 Tommaso riprende e perfeziona la dottrina agostiniana delle relazioni
o Distingue le relazioni reali da quelle logiche/accidentali
 Ad esempio, madre/figlio è reale, padrone/servo è accidentale
o In Dio ci sono solo relazioni reali, c’è una vera paternità e figliolanza
o Inoltre relazione vuol dire essere direzionato, «inclinato» l’uno verso l’altro
o Relazione e essenza in Dio si equivalgono perché, come abbiamo detto, non ci può essere
nulla di accidentale in Dio
 Ma allo stesso tempo la relazione si distingue dall’essenza solo nella misura in cui
nella relazione si tratta della rispettività con l’opposto
 L’essere in del Padre e del Figlio sono lo stesso, è la natura divina, ma l’essere ad è diverso,
nel Figlio è la filiazione. L’essere della relazione è nella sostanza. Esse in è la sostanza, il
tendere a è la relazione. La relazione è reale ma non è ontologica (dagli appunti, non chiaro)
 Le relazioni reali e distinte in Dio hanno il loro fondamento nella sua azione, che da luogo alle
processioni interne
o Come abbiamo visto, azione dell’intelletto > processione del Verbo
o Azione della volontà > processione dell’amore, lo Spirito Santo
 In ogni processione troviamo due relazioni opposte: una è quella di colui che procede dal
principio e l’altra del principio stesso
 Abbiamo quindi le relazioni di Paternità e Figliolanza
 E le relazioni di Spirazione e quella contraria di Processione o Spirazione passiva
 Sono quattro relazioni
o Dio non ha relazioni, Dio è diversità di relazioni reali, che hanno il loro principio e il loro
termine in lui stesso
o Dio è amore, la sua vita è comunicazione, Dio esiste nelle relazioni interne che sono eterne
 Non esiste prima Dio e poi le sue relazioni
 Qualcosa però non funziona: la natura divina sussiste nelle relazioni, ma io ho 4 relazioni e diciamo
che ci sono 3 persone
o Bisogna inserire nel ragionamento il termine di persona

Le persone: il contributo di Agostino, Boezio, Riccardo di S. Vittore e Tommaso. Le caratteristiche


della persona divina

 Tertulliano introduce il termine nel vocabolario teologico latino, come contrapposto della sostanza
 Con il termine persona, non ancora completamente elaborata, si fa riferimento alla distinzione in Dio
 Nella teologia greca (in particolare alessandrina) s’introduce la terminologia delle tre ipostasi
 Il concilio di Nicea non distingue ancora con chiarezza l’ipostasi dalla ousia o essenza
 Agostino riflette sul termine persona nel De trinitate
o I greci parlano di una essenza (ousia) e tre substantiae (ipostasi)
o I latini di una essenza o sostanza e tre persone
 Usano persona, da preferire, perché substantia si confonderebbe con essenza
 Agostino dice che persona non è un termine adeguato
o Quando parliamo di Padre Figlio e Spirito Santo usiamo il termine persona che si usa anche
per indicare tre uomini, ad esempio
o Ma in Dio parliamo delle relazioni che li uniscono o di qualcosa in sé? Non posso pensarli
come tre soggetti, sarebbero tre dei!
o Per Agostino è una difficoltà insuperabile, ma si trova impossibilitato ad usare un altro
termine. Si usa il termine persona per non tacere
 Boezio da una definizione
o La persona è la sostanza individuale di una natura razionale
Usa questa definizione in un contesto cristologico, in un contesto di polemica con
monofisiti e nestoriani
 Compare in un opuscolo contro Eutiche, nel dibattito sulle due nature di Cristo
 Per Cristo voleva dire una sola sostanza in due nature razionali, una umana e una
divina
 ma pretende che sia valida anche da un punto di vista teologico, vale anche per gli
angeli
o Sostanza individua, non è intercambiabile
o La natura razionale specifica ancora di più questa individualità, l’incomunicabilità di ogni
individuo
o Boezio non considera l’aspetto relazionale
 Riccardo di san Vittore modifica la definizione di Boezio
o La persona è l’esistenza incomunicabile di una natura razionale
 Arriva a questa definizione riflettendo sulle persone divine
 Se uso substantia si corre il pericolo di pensare che le tre persone divine siano tre
sostanza o essenze, cadendo nel triteismo
 Inoltre, persona indica il “chi” (quis) mentre substanzia indica il “che cosa” (quid)
 Allora cambia substantia con existentia
 ex- indica la provenienza, il procedere, che determina le relazioni che di
stabiliscono tra le persone
 sistere indica l’essenza
 In Dio c’è unità secondo il modo di essere e pluralità secondo il modo di esistere
 La differenza viene dall’origine
Riccardo dice che la proprietà che non si può mettere in comune (incomunicabile) mi
viene dall’origine
 Il Padre non procede da nessuno
 Il Figlio procede dal Padre e ha un altro che procede da lui
 Lo Spirito Santo procede da un altro e non c’è nessuno che proceda da lui
o Si può applicare anche alle persone umane: l’atto di generazione di due fratelli è diverso,
anche se i genitori sono gli stessi
o Collega la relazionalità della persona all’atto dell’amore (L.321)
 Tommaso parte dalla difficoltà insuperabile di Agostino
 (Riascoltare la lezione della professoressa e spiegare meglio la questione delle relazioni sussistenti.
Non sono come la sostanza, altrimenti avremmo tre sostanze, tre dei. Ma sono sussistenti. Questa
parte va integrata meglio)
o Prende spunto dalla definizione di Riccardo comprendendo che la persona ha quel quid
perché ha una relazione con l’origine
o In questo periodo abbiamo una definizione dogmatica (Concilio Costantinopolitano II) che ci
dice che si può utilizzare il termine persona ma non da una spiegazione
 Utilizza la definizione di Boezio, applicabile a tutti gli esseri razionali ma è consapevole che non si
può utilizzare nello stesso modo per Dio
o Questo termine si applica per Dio in maniera più eccellente che alle creature
o Persona è ciò che è distinto nella natura umana: è questa carne, questa anima, questo aspetto
ecc…”
o In Dio il principio di individuazione è la relazione
 In Dio la distinzione non avviene se non per le relazioni d'origine [...]. E tali relazioni in
Dio non sono come accidenti inerenti al soggetto, ma sono l'essenza divina stessa: perciò esse
sono sussistenti come sussiste l’essenza divina. In quel modo in cui dunque la deità è Dio,
così la paternità divina è Dio Padre, il quale è persona divina. Perciò la persona divina
significa una relazione come sussistente. Cioè, significa la relazione secondo questa
sostanza che è l’ipostasi sussistente nella natura divina; anche se il sussistente nella natura
divina non è altro che la stessa natura divina. (STh, L. p. 323-324)

 La persona è sempre ciò che è distinto nella sua natura. In Dio ciò che è distinto è unicamente
la relazione. Quindi in Dio la persona è relazione
o Nell’uomo abbiamo delle relazioni ma abbiamo bisogno di un sostrato identitario in cui
abbiamo la relazione
o In Dio il sostrato identitario è uno solo, non ci sono tre volontà, tre intelligenze ecc…
 Le persone divine si distinguono nella misura in cui si relazionano.
o La distinzione non è dunque separazione ma relazione e l’essere irripetibile non è
chiusura ma donazione
 Le persone divine non sono prima di entrare in relazione, ma sono in quanto relazione
 Solo a causa delle relazioni si può parlare di distinzione in Dio. Questo porta alla questione delle tre
persone
 Tommaso si chiede perché le persone sono tre ma le relazioni sono quattro
o La distinzione reale si ha in ragione dell’opposizione relativa
 Paternità e figliolanza sono relazioni opposte e quindi appartengono a due persone
 La spirazione attiva appartiene al Padre e al Figlio, ma non ha alcuna opposizione
relativa alla paternità e alla figliolanza
 La processione (spirazione passiva) s’addice alla persona dello Spirito Santo e si
oppone alla spirazione attiva
 Ma la spirazione attiva non è una proprietà esclusiva perché non si addice a
una sola persona
o Quindi solo tre di queste relazioni sono sussistenti
 La paternità che è la persona del Padre
 La figliolanza, che è la persona del Figlio
 La processione che è la persona dello Spirito Santo
 Quindi sono quattro Relazioni reali, tre Persone … un unico Dio

Unitas in Trinitate

Se vogliamo parlare di unità dobbiamo utilizzare differenti categorie


 Appropriazione: ha dietro la definizione del concilio di Firenze “Dio agisce sempre nell’unità
all’esterno di Sé”. Ma alcune azioni e “attribuiamo” più propriamente a una delle tre persone. È il
Verbo che si incarna, lo Spirito che viene infuso. La creazione avviene per mezzo del Figlio e colui
che aleggia sulle acque è lo Spirito, ma la creazione è appropriata al Padre.
 Attributi: Definiscono l’agire di Dio. Si procede come con le appropriazioni. Dio Padre è
onnipotente, ma l’onnipotenza appartiene anche al Figlio e allo Spirito
 Pericoresi: è la reciproca inabitazione delle persone. “Io sono nel Padre e il Padre è in me”. Significa
danzare intorno, in circolo.

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