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1.

PREFAZIONE CRITICA

1.1. SVILUPPO INTERESSE ALLA STORIOGRAFIA MEDIEVALE: CON IL CANALE DEL ROMANTICISMO.

1.2. PREGIUDIZIO IDEOLOGICO II METÀ DELL'800, LA CURIA ROMANA PER DIFENDERE IL PENSIERO CRISTIANO DAGLI
ATTACCHI (DALL’ILLUMINISMO IN POI) CERCA UN AUTORE DI RIFERIMENTO; LIMITI DI GILSON: CRISTIANO INTEGRALISTA
CHE CONCEPISCE IL PENSIERO FILOSOFICO NELLA STORIA COME UNA PARABOLA CHE CULMINA CON TOMMASO
D’AQUINO, GIÀ RIFERIMENTO DEL PENSIERO CRISTIANO CONTEMPORANEO (CATTOLICO).

1.3. PREGIUDIZIO IDEOLOGICO II GILSON RIEMPIE IL TESTO DELLA SUA PERSONALE POSIZIONE METAFISICO-IDEOLOGICA:
“METAFISICA DELL’ESODO”.

1.4. DEFINIZIONE DEGLI AUTORI CI SI RIFERISCE A PADRI DELLA CHIESA COME A QUEGLI AUTORI DI RIFERIMENTO VISSUTI
FINO AL III SEC. CIRCA; PER GLI ALTRI AUTORI DI RIFERIMENTO RELATIVAMENTE PIÙ RECENTI, A SECONDA
DELL’AUTORITÀ DOTTRINALE CI SI RIFERISCE COME DOTTORI O SCRITTORI ECCLESIASTICI.

1.5. CENTRO TEMATICO CI CONCENTREREMO SUL TEMA DELLA DISTINZIONE TRA FILOSOFIA E TEOLOGIA. Nell’incontro
tra filosofia e cristianesimo certi termini filosofici assumono carattere teologico.

2. PREFAZIONE E INFLUSSI DEL PENSIERO CRISTIANO

2.1. ACCENNI ALL’OTTICA DI UN MEDIEVALE NEL MEDIOEVO UN PENSATORE SI CONCEPISCE IN PIENA CONTINUITÀ CON LE
PERSONE E GLI AUTORI DELL’ANTICHITÀ; INFATTI GLI AUTORI VENGONO PENSATI IN MANIERA ASTORICA; A PARTIRE DAL
MEDIOEVO SI ADOTTA UN’INTERPRETAZIONE ALLEGORICA DEI TESTI.

2.2. CHIARIFICAZIONI SUL TESTO BIBLICO L’ANTICO TESTAMENTO COMPRENDE 46 LIBRI ORIGINARIAMENTE SIA IN GRECO
CHE IN EBRAICO E ARAMAICO, DA ESSI SE NE TRAE SIA LA LEGGE CON UNA SERIE DI PRESCRIZIONI CHE UNA TEOLOGIA
EGIZIA (VALORE SIMBOLICO DEI NUMERI, DEMONOLOGIA SIA PER DIO CHE PER IL DIAVOLO, GIUDIZIO UNIVERSALE,
RESURREZIONE DEI CORPI) CHE DA QUELLA MAZDEISTA; IL NUOVO TESTAMENTO È DI LINGUA TRADIZIONALMENTE
GRECA E ESPRIME COME CONCEPIVANO IL PROPRIO FONDATORE E I SUOI MEMBRI. IL NUOVO TESTAMENTO PRENDE
MOLTI MOTIVI DALLA TRADIZIONE DEI CULTI ROMANI ED ETRUSCHI.

2.2.1. NOTE DI TRADUZIONE I CRISTIANI DEL SECONDO SECOLO NON CONOSCENDO L’EBRAICO UTILIZZANO
TRADUZIONI GRECHE DEL TESTO DOVE CI SONO QUINDI ALCUNE DIFFERENZE (ES. “LA GIOVANE DONNA” DIVENTA
“LA VERGINE”).

2.3. NASCITA DEL CRISTIANESIMO II METÀ DEL II SECOLO. IL CRISTIANESIMO NASCE COME UNA RIFORMA DELL’EBRAISMO
AMA GIÀ L’EBRAISMO STESSO ERA SCISSO AL SUO INTERNO (FARISEI, SADDUCEI, ESSENI  DA CUI PRENDE LE MOSSE IL
CRISTIANESIMO).

2.3.1. PAOLO DI TARSO TRASFORMA IL CRISTIANESIMO DA RIFORMA CULTURALE A COMUNITÀ UNIVERSALE


ACCESSIBILE A TUTTI  OTTENENDO MAGGIORI CONVERSIONI VINCE POLITICAMENTE L’IDEALE APOSTOLICO; NEL
CONCILIO DI GERUSALEMME. TRA PAOLO E GLI APOSTOLI SI GIUNGE AD UN COMPROMESSO ( I CRISTIANI
PAOLINI NON DEVONO SEGUIRE TUTTE LE LEGGI  MA NON NE SEGUONO NESSUNA).
PAOLO È UN PERSONAGGIO MOLTO ACCULTURATO, CITTADINO ROMANO CHE CONOSCE ANCHE IL GRECO E CHE È
DI CULTURA STOICA (TRIPARTIZIONE DELL’ANIMA, FILOSOFIA DEL LOGOS) MA ANCHE EGIZIA  PRESENTA LE SUE
TESI MONOTEISTICHE ANCHE ALL’AREOPAGO AD ATENE( QUANDO SI APPELLA AL DIO IGNOTO LO ASCOLTANO MA
LO RIFIUTANO QUANDO PROMETTE LA RESURREZIONE)  EFFETTO DI ELLENIZZAZIONE DEL CRISTIANESIMO.
Logos allora assume il significato del Verbo, cioè di Cristo e la metafisica delle idee
divine diviene la noetica dell’illuminazione. La visione cristiana del mondo è Giudeo-
Cristiana perché eredita dall’Antico Testamento ad esempio le formule “Ex Nihilo”.

2.3.2. DIFFERENZE TRA IL MONDO GRECO E IL MONDO EBRAICO-CRISTIANO DELLE ORIGINI I CRISTIANI A
DIFFERENZA DI TUTTE LE FILOSOFIE ECCETTO GLI STOICI PONGONO UN UNICO RIFERIMENTO: A DIFFERENZA DEL
MONDO GRECO DIO CREA EX NIHILO ED È DIO STESSO CHE È VOLONTÀ A CREARE LE LEGGI (I DEI GRECI
SOTTOSTANNO ALLE LEGGI E IL LOGOS STOICO È NECESSITÀ) SEMBRA SOTTOSTARE A NULLA. IL CONCETTO DI
AMORE GRECO È QUELLO DI EROS MENTRE PER I CRISTIANI È L’AGAPÈ CHE È IL COLLANTE DELLA COMUNITÀ;
AIL CONCETTO DI UOMO PER I GRECI (PLATONE) È ANIMA CHE SOSTIENE UN CORPO; PER I CRISTIANI (INFLUENZA
TEOLOGIA EGIZIA) È QUELLA DELLA CADUTA, DELLA TRIPARTIZIONE DELL’UOMO E DELLA SALVEZZA OPERATA DA
CRISTO ATTRAVERSO LA RESURREZIONE DEI CORPI(INFATTI LI CONSERVIAMO BENE).
LA STORIA VIENE CONCEPITA IN MANIERA CICLICA DAI GRECI E IN MANIERA TELEOLOGICA DAI CRISTIANI.

3. PATRISTICA I primi padri vengono chiamati Apologisti (o Apologeti) perché le loro opere principali
sono apologie (Nel senso tecnico della parola ovvero quello giurdico) del cristianesimo.

3.1. CONTESTO CULTURALE DELL’EPOCA PRENICEA (CONCILIO DI NICEA 325) EFFETTO DELLA DELUSIONE DELLA SECONDA
VENUTA DI CRISTO S’INTERPRETA IN SENSO PLATONICO, COME LIBERAZIONE DAL CORPO; CRISTO NON VIENE ANCORA
CONCEPITO COME DIO MA COME UNA SORTA DI “ANGELO SPECIALE”; I ROMANI NON AMAVANO LA SPECULAZIONE
PERCHÉ METTEVA A RISCHIO IL POTERE  ECCO PERCHÉ PERSEGUITAVANO GLI SPECULATORI ED IN CASO ANCHE I
CRISTIANI.

3.2. INCONTRO FILOSOFIA-CRISTIANESIMO PER FILOSOFIA SI INTENDEVA “SAPIENZA PAGANA” E I PRIMI CONTATTI DEI
CRISTIANI CON LA FILOSOFIA ERANO PER PRENDERE POSIZIONE NEI RIGUARDI DI ESSA.

3.2.1. CONFLITTO ELLENI-CRISTIANI SI ACCUSANO RECIPROCAMENTE DI PRESENTARE CONTENUTI OSCENI NEI TESTI
SACRI, SI DIFENDONO RECIPROCAMENTE CON L’INTERPRETAZIONE ALLEGORICA; INOLTRE I CRISTIANI SI
PRESENTAVANO COME DETENTORI DELLA VERITÀ SENZA AVER STUDIATO; È FACILE CONTRO DI LORO L’OBIEZIONE
DELLA STORICITÀ COME SALVEZZA; SONO ATTACCATI DI SULLA FIGURA CRISTO COME CONTEMPORANEAMENTE
DIVINO E SOFFERENTE.

3.3. I PADRI APOLOGISTI GRECI E IL RAPPORTO CON LA FILOSOFIA (PRIMA METÀ DEL II SECOLO)

3.3.1. GIUSTINO CONCEPISCE UNA CONTINUITÀ TRA SAPIENZA ELLENICA E RIVELAZIONE CRISTIANA. APOLOGISTA
APPARTENUTO A VARIE COMUNITÀ FILOSOFICHE (tra cui il platonismo che abbandona perché non
concepisce nell’essenza di anima l’immortalità ma questa dipende direttamente dalla
volontà di Dio) CHE INFINE SI CONVERTE AL CRISTIANESIMO.(LE DOTTRINE DELL’ANTICHITÀ SI VIVONO IN UNA
COMUNITÀ: CONVERSIONE FILOSOFICA E RELIGIOSA VANNO INSIEME). SI È CONVERTITO PERCHÉ UN VECCHIO
CRISTIANO LO HA ILLUMINATO SULLA MORTALITÀ DELL’ANIMA CHE SOLO DIO PUÒ RENDERE IMMORTALE.
Concepisce la filosofia come via per la religione.

3.3.1.1. PROBLEMA DELLA STORICITÀ DELLA SALVEZZA GIUSTINO AFFERMA CHE IL LOGOS DIVINO (IL VERBO)
SI È SEMPRE MANIFESTATO PARZIALMENTE MA AI CRISTIANI SI È MANIFESTATO PIENAMENTE
(GIUSTIFICAZIONE PER SALVARE ANCHE CHI VIENE PRIMA DI CRISTO).

3.3.1.2. DOTTRINA DELLA NATURA DI DIO DIO È UNICO E MATERIALE E SI ESPLICA NEL LOGOS CIOÈ IN
CRISTO, nonostante ciò il Verbo è sottomesso al Padre.(DOTTRINA STOICA DEL LOGOS SIA
INTRINSECO CHE PRONUNCIATO).

3.3.1.3. DOTTRINA DELLA NATURA DELL’UOMO L’UOMO È TRIPARTITO: CORPO, ANIMA E SPIRITO. (GIÀ
PAOLO, EGIZI E STOICI).
3.3.1.4. PROBLEMA DELLA SALVEZZA L’UOMO MERITA O DEMERITA LA SUA SALVEZZA GRAZIE ALLA LIBERTÀ
RICHIAMANDO LA RESPONSABILITÀ INDIVIDUALE (DIO SALVA GLI UOMINI MA LA LIBERTÀ SERVE A
ESONERARE LA RESPONSABILITÀ DI DIO NEL MALE MORALE); QUESTO PROBLEMA I GRECI NON SE LO
POTEVANO PORRE.

3.3.2. TAZIANO (DISCEPOLO DI GIUSTINO) VEDE NELLA FILOSOFIA QUALCOSA DA LASCIARSI ALLE SPALLE;
RIPRENDENDO UNA TESI DEGLI EBREI DI ALESSANDRIA D’EGITTO, AFFERMA CHE LA FILOSOFIA DERIVA DALLA
SAPIENZA DI MOSÈ CHE I GRECI HANNO INTERPRETATO MALE; PER ILLUSTRARE L’ASSURDITÀ DEL PAGANESIMO
MOSTRA L’ASSURDITÀ DELL’ETERNO RITORNO IN QUANTO SIGNIFICHEREBBE ANCHE ETERNO RITORNO DEL MALE.
Alla fine della propria vita si convertirà alla gnosi di San Valentino. (Critica la mitologia greca in
quanto immorale e l’astrologia perché accantona la responsabilità dell’uomo).

3.3.2.1. DOTTRINE SOSTIENE TUTTE E TRE LE TESI STOICHE DI GIUSTINO.

3.3.2.2. DEMONOLOGIA REINTERPRETA LA DEMONOLOGIA STOICA: IN PRINCIPIO C’ERANO DUE CLASSI DI


SPIRITO (UOMINI E ANGELI) TUTTAVIA LA RIVOLTA CONTRO DIO HA PORTATO ALLA CADUTA DEGLI UOMINI
E ALLA TRASFORMAZIONE DI ALCUNI ANGELI IN DEMONI.

3.3.3. ATENAGORA (FINE II SECOLO) CONCEPISCE UN PARALLELISMO TRA LA RIVELAZIONE CRISTIANA E LA FILOSOFIA
(INFATTI LA SUA APOLOGIA LEGATIO PRO CRISTIANIS È RIVOLTA A MARCO AURELIO E COMMODO, DI CUI IL
PRIMO È FILOSOFO); PER SAPERE COM’È DIO BISOGNA AFFIDARSI ALLA RIVELAZIONE, TUTTAVIA RICONOSCE CHE I
FILOSOFI GIÀ AVEVANO COMPRESO ALCUNE VERITÀ DIVINE PERCHÉ USAVANO LA RAGIONE.

3.3.3.1. ARGOMENTAZIONI DELLA APOLOGIA IL MONDO È UNITARIO  C’È QUINDI UN UNICO DIO  SE CI
FOSSERO ALTRI DEI SAREBBERO OZIOSI  UN DIO NON È OZIOSO, QUINDI C’È UN DIO SOLO;
(PER ATENAGORA È ANCORA FONDAMENTALE IL CORPO PERCHÉ È ANCORA FONDAMENTALE LA DOTTRINA
DELLA RESURREZIONE DEI CORPI). Atenagora non sembra essere capace di pensare Dio senza
una relazione con lo spazio. Dottrina della trinità indefinita.

3.3.3.2. ANTROPOLOGIA Dio non ha creato le anime singolarmente ma anima e corpo ( ciò
spiega perché è necessario che anche il corpo resusciti)  Dio premia o castiga l’uomo.

3.4. CORRENTI CULTURALI E RELIGIOSE DEL II SECOLO QUESTO PERIODO È CARATTERIZZATO DALLA PROLIFERAZIONE DI
VARIE COMUNITÀ RELIGIOSE DALLE QUALI (AD ESEMPIO IL CULTO DI ISIDE E DI MITRA) ALCUNI CERCANO UNA SINTESI
 SI GENERA LA QUESTIONE GNOSTICA.

3.4.1. LO GNOSTICISMO FONDENDO DOTTRINE FILOSOFICHE E RELIGIOSE HA L’OBIETTIVO DI INCORPORARE E


MIGLIORARE QUESTE E IN PARTICOLARE IL CRISTIANESIMO. Non esiste un’unica corrente gnostica ma
uomini e gnosticismi. E’ la prima ellenizzazione vera e propria del cristianesimo, alcune
dottrine filosofiche cercano di assimilare il cristianesimo a proprio vantaggio.

3.4.1.1. SPIEGAZIONE DEL DIO DEL NUOVO E DEL ANTICO TESTAMENTO ESISTONO UN DIO SUPERIORE
(N.T.) E UN DIO INFERIORE (A.T.)  IL DIO INFERIORE (DEMIURGO) NON È CONSAPEVOLE DI QUELLO
SUPERIORE E CREA UN MONDO DIFETTOSO PERCHÉ USA LA MATERIA, PRINCIPIO DEL MALE  ALLORA IL
DIO SUPERIORE RIPARA IL MONDO CREATO DAL DIO INFERIORE ATTRAVERSO IL MESSIA; QUESTA
SPIEGAZIONE SERVE AGLI GNOSTICI PER LEGITTIMARE L’ORIGINE DEL MALE E LA DIFFERENZA TRA I DUE
TESTAMENTI. L’OBIEZIONE DEI CRISTIANI È : ELABORARE DUE DEI NON È LA SOLUZIONE PERCHÉ “COSA
FACEVA IL DIO SUPERIORE MENTRE IL DIO INFERIORE CREAVA IL MONDO IMPERFETTO?”. Il rapporto tra
antica e nuova legge è tipicamente cristiano.
3.4.2. LA SCUOLA DI ALESSANDRIA

3.4.2.1. FILONE D’ALESSANDRIA (III SECOLO) UTILIZZA L’ALLEGORESI PER INTERPRETARE L’ANTICO
TESTAMENTO SECONDO UNO SCHEMA PLATONICO.

3.4.2.2. CLEMENTE D’ALESSANDRIA (SECONDA METÀ DEL II SECOLO)

3.4.2.2.1. ESORTAZIONE AI GRECI (POTREPTIKOS) COMPLETA IL LAVORO DI GIUSTINO e di Taziano:


LA FILOSOFIA È INCOMPLETA IN QUANTO SI COMPLETA CON IL CRISTIANESIMO (DI FRONTE
ALL’OBIEZIONE CHE GLI VIENE POSTA SUL FATTO CHE IL PAGANESIMO È PIÙ ANTICO, LUI RISPONDE
CHE PERÒ LA VERITÀ È CONTENUTA NEL MESSAGGIO DIVINO CHE SI TROVA NELLA PAROLA DEI
PROFETI).

3.4.2.2.2. PAEDAGOGUS IL LOGOS (INTESO COME VERBO) È PEDAGOGO PER TUTTI GLI UOMINI 
LA FILOSOFIA HA PER I GRECI LA STESSA FUNZIONE CHE L’ANTICO TESTAMENTO HA PER GLI EBREI.
Spiega come modificare le proprie abitudini a quei pagani che si sono convertiti al
paganesimo: non hanno bisogno di nulla di più della fede. Il fine del Verbo è quello
di salvarci.

3.4.2.2.3. MISCELLANA (STROMATA) CHE VALORE HA A QUESTO PUNTO LA CULTURA E LA


RIFLESSIONE? A LIVELLO TEORETICO CULTURA E FEDE SI POSSONO CONIUGARE, NEL SENSO CHE È LA
FEDE A DECRETARE QUALE SIA LA VERA FILOSOFIA (PRATICAMENTE TUTTE LE FILOSOFIE ECCETTO
L’EPICUREISMO), bisogna semplicemente eliminare tutto ciò che vi è di male. La
filosofia fatta nella giusta maniera è cosa giusta perché la sapienza è dono di Dio. I
due maestri per eccellenza saranno Platone e Pitagora, la teologia stoica è
sbagliata perché Dio è immateriale e immanente, rimane comunque buona la
morale. BISOGNA STARE PERÒ ATTENTI A NON FAR PREVALICARE LA FILOSOFIA ALTRIMENTI SI
ARRIVA ALLO GNOSTICISMO. A LIVELLO PRATICO QUESTO TESTO CONCILIA IL SEGUENTE PROBLEMA:
“SE IL MESSAGGIO È DI POVERTÀ, COME SI SALVANO I CRISTIANI RICCHI?”  “QUELLO CHE È
IMPORTANTE È LA POVERTÀ DI SPIRITO CIOÈ QUELLA CHE SI RIFÀ ALL’OBBEDIENZA” (RIFERIMENTO A
PAOLO). In Clemente ci sono due Antichi Testamenti: La legge per gli ebrei e la
filosofia per i greci (Dio ha parlato ai filosofi attraverso la ragione).

3.4.2.2.4. NATURA DELLA TRINITÀ Fa alcuni progressi rispetto agli apologisti, Dio è al di là
dell’uomo e al di sopra della stessa trinità. Conosciamo Dio attraverso il figlio, è
influenzato da Ermete Trimegisto.

3.4.2.3. ORIGENE ALLIEVO DI AMMONIO SACCA INSIEME A PLOTINO  DI AMMONIO NON SI SA NIENTE
PERCHÉ NON HA LASCIATO NULLA DI SCRITTO. C’È QUALCHE RIFERIMENTO GRAZIE A PORFIRIO, INFATTI
PROBABILMENTE ANTICIPA IL NEOPLATONISMO. COSÌ ORIGENE PUÒ CONCILIARE IL MESSAGGIO CRISTIANO
(IL TESTO) CON IL NEOPLATONISMO PER MEZZO DELL’ALLEGORESI. Della sua immensa opera ce ne
rimane soltanto una piccola parte.

3.4.2.3.1. NATURA DELLA TRINITÀ ANTICIPANDO LE TRE IPOSTASI DI PLOTINO AFFERMA CHE IL PADRE
È INCORPOREO, TRASCENDENTE, AL DI LÀ E NON SI PUÒ NEANCHE PENSARE MENTRE IL FIGLIO È
SAPIENZA SUSSISTENTE, RIVELAZIONE DEL PADRE (MEDIATORE DEI DUE MONDI). In lui c’è ancora
una subordinazione del verbo e dello spirito santo al Padre.

3.4.2.3.2. DOTTRINA DELLA CREAZIONE (DE PRINCIPIS) Si rivolge a due tipi di lettori i fedeli
che desiderano approfondire la fede e tutti gli altri. QUESTA È AVVENUTA IN SEGUITO A
UN ATTO LIBERO DI DIO PRIMA ANCORA DELLO SPAZIO E DEL TEMPO, ANCH’ESSI CREATI; L’UOMO È
CREATO DALL’ETERNITÀ E CON ESSO ANCHE UNA PLURALITÀ DI MONDI; Similmente alla
dottrina dell’emanazione di Plotino vi è la concezione del Verbo come un dio
primogenito che a sua volta crea da sé altri verbi. Il mondo è creato ex nihilo
attraverso il verbo. INIZIALMENTE GLI ENTI SPIRITUALI ERANO TUTTI QUANTI UGUALI MA POI
QUANDO DIO CHIESE LORO DI SEGUIRLO SI DIFFERENZIARONO A SECONDA DELLA LORO RISPOSTA:
GLI OPPOSITORI DIVENNERO DEMONI, I SEGUACI ANGELI E GLI IGNAVI UOMINI. INIZIALMENTE GLI
UOMINI PRESENTAVANO UN CORPO PRIVO DI SESSUALITÀ (RIPRESA DEL MITO DELL’ANDROGINO DI
PLATONE) CHE È AVVENUTA IN SEGUITO ALLA CADUTA COME EFFETTO DEL PECCATO. (QUINDI
INIZIALMENTE GLI UOMINI SI RIPRODUCEVANO IN MANIERA INTELLEGIBILE).

3.4.2.3.3. LA REDENZIONE A LIVELLO PERSONALE LA REDENZIONE È ELEVARSI DAL CORPO CON LO


SPIRITO NELLA MISURA IN CUI IL CORPO È AFFETTO DAL PECCATO. A LIVELLO UNIVERSALE, SICCOME
TUTTO È BUONO E DOVRÀ PRIMA O POI TORNARE AL PADRE COSÌ SI AVRÀ UN CICLO DI “GIUDIZI
UNIVERSALI” FINO A QUANDO TUTTI QUANTI GLI SPIRITI NON SI SOTTOMETTERANNO ALL’AUTORITÀ
DI DIO (TRASFORMA LA CONCEZIONE DELL’ETERNO RITORNO GRECO IN STORIA LINEARE E
TELEOLOGICA). Le anime non sono altro che spiriti “raffreddati” che devono ritrovare
la virtù divina che gli dona nuovo calore: il Verbo ha offerto la propria anima per
riacquistare i diritti che il demonio aveva sull’uomo in conseguenza del peccato.

3.4.2.3.4. ARISTOCRATICISMO SPIRITUALE La Chiesa è composta di semplici fedeli, ci sono


cristiani più perfetti che grazie all’interpretazione allegorica dei testi raggiungono
la gnosi. Tre classi:
1) Fedeli = si attengono alla verità del senso storico delle scritture.
2) Cristiani perfetti = raggiungono la gnosi attraverso l’interpretazione allegorica
dei testi.
3) Cristiani più perfetti = raggiungono il senso spirituale delle scritture tramite la
contemplazione.

3.4.2.4. PLOTINO DI ORIGINE EGIZIA FREQUENTA LA SCUOLA DI AMMONIO SACCA MA VA AD INSEGNARE A


ROMA .

3.4.2.4.1. COSMOLOGIA TUTTO CIÒ CHE È, È UNITARIO  QUINDI L’ESSERE È SOLAMENTE UN GRADO
POSTERIORE ALL’UNO (PRIMA IPOSTASI) DEL QUALE NON SI PUÒ NEANCHE PARLARE. L’UNO HA
LIBERAMENTE DECISO CHE LE COSE SIANO, TUTTI I GRADI E I MODI DEGLI ESSERI SONO GIÀ
NELL’UNO; L’UNO DECIDE ANCHE DI ESSERCI (DIFFICILE PARLARE DELL’UNO PERCHÉ NE
CONOSCIAMO SOLTANTO GLI EFFETTI PERÒ DAL MOMENTO CHE SI È LIBERAMENTE CREATO LE COSE
PROCEDONO NECESSARIAMENTE DALL’UNO); DALL’UNO PROCEDE L’INTELLETTO: SECONDA
IPOSTASI (NOUS, ESSERE, LOGOS) CHE CONTIENE TUTTE LE IDEE INFATTI ESSENDO UNA PRIMA
MANIFESTAZIONE DELL’UNO È UNITARIO MA CONTINUA NELLA PLURALITÀ, INFATTI È FONDAMENTO
DELL’ESSERE, DELLA VOLONTÀ E DELLA LIBERTÀ; PLOTINO TRASFERISCE LE IDEE PLATONICHE
(REALTÀ) ALL’INTERNO DI UN NOUS. DALL’INTELLETTO PROCEDE LA PSICHE (TERZA IPOSTASI)
QUALE ANIMA UNIVERSALE CHE SIMILIARMENTE AL DEMIURGO DI PLATONE PRODUCE LE COSE (IL
MONDO), MA ALLO STESSO TEMPO TRATTIENE E SOLLEVA L’ESISTENZA DEL MONDO E DELLE COSE,
INFATTI ESSA È STABILE E INCORRUTTIBILE ALLO STESSO TEMPO IN QUANTO È UNA REALTÀ IN
MUTAMENTO E NON IMMUTABILE. TUTTO INFINE DERIVA DALLA SOVRABBONDANZA DELLA BONTÀ
DELL’UNO MA L’UNO NON PRODUCE SOLO PER EMANAZIONE LE COSE MA LE ABBRACCIA ANCHE,
LE TIENE UNITE FINO A FAR RISOLVERE TUTTE LE COSE IN LUI. (VERTICALIZZA IL SISTEMA DELLA
METAFISICA PLATONICA)

3.4.2.4.2. ANTROPOLOGIA UN FRAMMENTO DELL’ANIMA, CADUTO NELLA MATERIA, PRODUCE


L’UOMO CHE HA PER COMPITO IL RITIRARSI DALLA MATERIA PER TORNARE AD APPARTENERE
ALL’ANIMA UNIVERSALE E PER ASPIRARE A RIVOLGERSI ALL’UNO.

3.4.2.4.3. GNOSEOLOGIA LA MENTE UMANA È OBNUBILATA DALLA MATERIA IN QUANTO L’OCCHIO


DELLA MENTE È OSCURATO E PER ESSERE LIBERATO DALLA CORPOREITÀ C’È BISOGNO DELLA
MORALITÀ; INFATTI PER PLOTINO LA PUREZZA MORALE PRECEDE L’ATTIVITÀ CONOSCITIVA: PER
CONOSCERE BISOGNA ESSERE PURI (FONDAMENTO PER TUTTE LE DOTTRINE FILONEOPLATONICHE
FINO AL XII). SOLO ATTRAVERSO L’ASCESI SPIRITUALE SI PUÒ COMPRENDERE LA REALTÀ.

3.5. PADRI APOLOGISTI LATINI FINO TRA IL II E III SECOLO NON SONO A CONOSCENZA DEL GRECO E DELLE DOTTRINE DEI
PADRI GRECI.

3.5.1. TERTULLIANO CORRISPONDENTE LATINO DI TAZIANO IN QUANTO LA FILOSOFIA DEVE ESSERE SUPERATA DALLA
RIVELAZIONE CRISTIANA: IL CRISTIANESIMO È MIGLIORE PERCHÉ È UNA DOTTRINA SEMPLICE; IL CREDO DEVE
ESSERE SEGUITO MA NON CAPITO CON LA FILOSOFIA PERCHÉ SAREBBE ASSURDO (PERÒ PER RISPONDERE ALLE
OBIEZIONI UTILIZZA UNA FILOSOFIA STOICA SEMPLIFICATA). DA BUON ROMANO USA IL DIRITTO PER SPIEGARSI.
Afferma in opposizione alla metafisica degli gnostici che ritiene inaccettabile che il
cristianesimo si impone agli individui come semplice fede (la quale si appoggia
sull'incomprensibile).

3.5.1.1. DOTTRINA DELLA TRASMISSIONE DEL PECCATO ORIGINALE IL PECCATO ORIGINALE SI TRASMETTE DA
PADRE IN FIGLIO ATTRAVERSO IL SEME, L'ANIMA È UN CORPO SIMILE ALL'ARIA (TUTTO È CORPO PER
TERTULLIANO, PERSINO DIO). PER RISCATTARSI, PER SODDISFARE LA PENA CAUSATA DALLA COLPA NEI
CONFRONTI DELLA LEGGE DI DIO E QUESTO RISCATTO È AVVENUTO ATTRAVERSO LA MORTE DI CRISTO IN
CROCE. (SE I GRECI SI ESPRIMONO IN TERMINI METAFISICI, I LATINI SI ESPRIMONO IN TERMINI GIURIDICI)

3.5.1.2. DOTTRINA DEL VERBO Dio è corporeo e il Verbo è sostanza spirituale che si trova in
rapporto a esso allo stesso modo in cui i raggi derivano dal sole. (Si sente corrisposto in
questo pensiero dalla dottrina stoica). L'aggiunta dello Spirito Santo alla Diade non ne
interrompe l'unità. La sua visione è semplicistica.

3.5.2. ARNOBIO NON ESSENDO ANCORA LEGATO COME GLI ALTRI APOLOGISTI LATINI ALL’APOLOGETICA GRECA SONO
GLI ULTIMI AD IGNORARE LA FILOSOFIA DEI PADRI GRECI: VEDE NEGATIVA LA DOTTRINA PLATONICA
DELL’IMMORTALITÀ DELL’ANIMA PERCHÉ QUEST’ULTIMA DIVINIZZA L’ANIMA SENZA AVER BISOGNO DI DIO.

3.5.2.1. CONTRO LE NAZIONI SCRITTO PRIMA DI ESSERE BATTEZZATO CRISTIANO (la sua visione è quella
di un pagano disgustato dal paganesimo), SOSTIENE LA TESI DELLA DANNAZIONE (IN MANIERA
ANALOGA ALLA DISTRUZIONE DELL’ANIMA EGIZIA) SENZA RENDERSI CONTO CHE IL PARADIGMA CULTURALE
È MUTATO NEL NEOPLATONISMO; SI CONVERTE AL CRISTIANESIMO PERCHÉ IL SUO SCETTICISMO GLI
CONFERMA CHE NON SI PUÒ CONOSCERE LA REALTÀ DELLE COSE E QUINDI PIÙ SEMPLICEMENTE BISOGNA
CREDERE.

3.5.2.2. ANTROPOLOGIA Va oltre la dottrina platonica dell'immortalità dell'anima, l'anima


umana non è semplicemente immortale perchè così stabilisce la volontà di Dio ma
l'uomo è un vero e proprio animale (lo prova il suo modo d'essere e i suoi
atteggiamenti).

3.5.3. LATTANZIO TROVA ANCHE LUI SEMPLICI LE DOTTRINE CRISTIANE RISPETTO ALLA FILOSOFIA; CONCEPISCE IL
RAPPORTO IMPLICATIVO TRA FILOSOFIA E RELIGIONE PER CUI DA UNA FILOSOFIA FALSA NON PUÒ CHE NASCERE
UNA RELIGIONE FALSA, PER QUESTO SOLO I SACERDOTI SONO FILOSOFI. RITIENE ASSURDA L’IDEA DEI FILOSOFI
CHE LA TERRA SIA SFERICA. La sua Apologia è rivolta a Costantino. Le erronee credenze dei pagani
hanno portato al divorzio tra sapienza e fede, l'unico modo per riconciliarle è convertirsi al
cristianesimo.

3.5.3.1. ALTRE FONTI USA CICERONE IN MANIERA APPROSSIMATIVA E IL DISCORSO PERFETTO DEL “CORPUS
ERMETICUM” DI ERMETE TRISMEGISTO, DA CUI RIPRENDE L'IMMORTALITÀ DELL'ANIMA E LA FINE DEL
MONDO.(FONTE PAGANA D’IMPRONTA MAGICA E MISTICA PIÙ ANTICO DEL PLATONISMO)

3.5.3.2. DOMANDE SULLA CREAZIONE DIO HA CREATO IL MONDO PER OTTENERE L’UNICA COSA CHE NON
POTEVA OTTENERE DA SOLO → LO SFORZO DI AVVICINARSI AL BENE.

3.6. EXCURSUS SUL CAMBIO DI PARADIGMA POLITICO DELL’EPOCA PRENICENEA ALL’EPOCA NICENEA (CONCILIO DI NICEA
325) GLI IMPERATORI PAGANI TEORIZZANO IL MODELLO STRUTTURALE DELL’IMPERO: IN PRINCIPIO I SETTE RE DI
ROMA ERANO ANCHE SACERDOTI (COME ANCHE IN ALTRE CULTURE).

3.6.1. SETTIMIO SEVERO MUTA LA PROPRIA CARICA DA PRINCIPE A DIO, DIVENENDO COSÌ SACRO, PERCHÉ CREDE
CHE LA COMUNITÀ POLITICA NON SIA SOLO ATTRAVERSO LE LEGGI MA ATTRAVERSO LA MEDESIMA VISIONE DEL
MONDO DEI CITTADINI. E GRAZIE AL RIFERIMENTO DI QUESTI, ALLO STESSO IMPERATORE DI ROMA.

3.6.2. AURILIANO MODIFICA IL CULTO IN QUELLO DEL SOLE INVICTUS CIOÈ IL CULTO PRINCIPALE (PIÙ IMPORTANTE)
CHE TUTTI I CITTADINI DEVONO SEGUIRE OLTRE I CULTI PARTICOLARI.

3.6.3. COSTANTINO I LA SUA OPERA DI RIFORMA SI SVOLGE NEL SEGUENTE MODO: PRIMA CERCA COME CULTO
COMUNE IL CULTO DI MITRA, POI PASSA AL CULTO CRISTIANO (MINORANZA CULTURALE); PROMULGA L’EDITTO DI
TOLLERANZA (I CRISTIANI POSSONO PROFESSARE IL CRISTIANESIMO E GLI VENGONO RESTITUITI I LUOGHI DI
CULTO); TUTTAVIA DOPO ESSERSI APPOGGIATO AI CRISTIANI RICONOSCE CHE QUESTI SONO DIVISI AL LORO
INTERNO  CIÒ RENDE PERICOLOSA LA STABILITÀ INTERNA DEL GOVERNO. LA QUESTIONE PERICOLOSA È LA
QUESTIONE ARIANA (PROMULGATA ERETICA DAL CONCILIO DI NICEA)

3.6.4. QUESTIONE ARIANA : ARIO CONSIDERA SOLO IL PADRE COME DIO IN QUANTO CARATTERISTICA DI DIO NON
ESSER GENERATO E COSTANTINO VUOLE RISOLVERE QUESTA DIATRIBA CON IL CONCILIO DI NICEA; LE SOLUZIONI
DOTTRINALI DEL CONCILIO DI NICEA: IL FIGLIO È CONSUSTANZIALE RISPETTO AL PADRE MA COSTANTINO
PROMULGA UN’ALTRA FORMA OVVERO CHE IL FIGLIO È SEMI-CONSUSTANZIALE AL PADRE LO SCONTRO TRA
ARIANI E NON-ARIANI SI SPOSTA SUI DOMINI DEI LUOGHI DI CULTO CON LA VITTORIA DEI NON-ARIANI CHE
DIVENTANO GLI UFFICIALI CATTOLICI (UNIVERSALE).

3.6.5. QUESTIONI TEOLOGICHE DURANTE IL IV SECOLO

3.6.5.1. STRUTTURA DELLA TRINITÀ DOPO LA MORTE DI COSTANTINO GLI ARIANI PERDONO IL POTERE E
VINCONO I NON-ARIANI  I NON-ARIANI SI TROVANO COSTRETTI A DECIDERE COME CHIAMARE DIO:
“DIO È TRE IPOSTASI (SIGN. SOSTANZA)” OPPURE “DIO È SOSTANZA”  PER RISOLVERE IL PROBLEMA SI
FORMA IL SINODO DI ALESSANDRIA DOVE VIENE DECISO COME TRADURRE DAL LATINO IL TERMINE
IPOSTASI (CHE SIGNIFICA SOSTANZA) CHE VIENE TRADOTTO CON “PERSONA” E OUSÌA (CHE SIGNIFICA
ESSENZA) VIENE TRADOTTO CON “SOSTANZA” = “DIO È LE TRE PERSONE DELLA SOSTANZA DIVINA”.

3.7. PADRI CAPPADOCI (+ NEMESIO E TEODORETO) QUESTI AUTORI HANNO TUTTI QUANTI IL PROBLEMA DI CONFUTARE LE
TESI ARIANE.

3.7.1. GREGORIO DI NAZIANZO (329-389) I Discorsi Teologici parlano del Dogma della trinità. Affronta
Eunomio e scongiura i suoi seguaci a tornare alla semplicità della fede. E’ il primo a non
sottoporre Dio al dominio del tempo.

3.7.1.1. ARGOMENTO SCETTICO ESSENDO IMPOSSIBILE SAPERE COME È FATTO DIO INTRODUCE LA
COSIDDETTA TEOLOGIA NEGATIVA PER LA QUALE SI PUÒ PARLARE DI DIO SOLO PER VIA NEGATIVA (CONTRO
GLI ARIANI CHE DANNO DEFINIZIONI POSITIVE).

3.7.2. BASILIO DI CESAREA SPIEGA COME STANNO INSIEME LE DUE FORMULE DEL SINODO DI ALESSANDRIA 
FORMULE ENTRAMBE VALIDE MA CAMBIA IL PUNTO DI VISTA: LA SOSTANZA È CIÒ CHE ACCOMUNA LE PERSONE E
CIÒ CHE DIFFERENZIA.

3.7.2.1. TRATTATO Si pone il problema su come istruire i giovani cristiani, usa comunque la
cultura pagana ma dice che bisogna che sia trattata con la giusta ottica.

3.7.2.2. OMELIE SULL’HEXAEMERON (COSMOLOGIA) Commento sulla Genesi dove l’autore coglie
l’occasione per sviluppare le proprie dottrine filosofiche. La natura è opera di Dio che per
crearla ha dovuto creare anche il tempo. Ciascuna classe di esseri ha ricevuto da Dio il
genere di materia che le conviene (se da un essere togliamo tutte le sue proprietà
rimane il nulla, non una materia prima). Ogni elemento possiede una qualità
caratteristica ma ciascuno di essi contiene due qualità comuni ad altri due elementi tale
che sia possibile la concordia e l’armonia di tali elementi.

3.7.3. GREGORIO DI NISSA (Spesso questa figura nella storia del pensiero si è confusa con quella di
Gregorio di Nazianzo).

3.7.3.1. PRIMA DELLA CREAZIONE LA CREAZIONE È EX NIHILO (NON È TRASFORMAZIONE DI UNA SOSTANZA
O DI UNA MATERIA PREESISTENTE)  QUINDI LE CREATURE SONO FATTE INTRINSECAMENTE DI NULLA (CIÒ
CHE NON È DIO, QUINDI FRAGILI).

3.7.3.2. CREAZIONE DELL’UOMO E REDENZIONE L’uomo appartiene con il corpo al mondo visibile
e con l’anima al mondo invisibile dunque è l’unione tra i due mondi. COME PER ORIGENE IN
PRINCIPIO C’ERA UN UOMO IDEALE CHE IN SEGUITO, UNITO ALLA MATERIA, È DIVENTATO TERRENO IN
SEGUITO AL PECCATO; MA SICCOME NEI TESTI L’UOMO HA IL CORPO ANCOR PRIMA DEL PECCATO
SIGNIFICA CHE QUESTI LO È DATO IN PREVISIONE DEL PECCATO (quindi l’uomo ha la libertà di
compiere il peccato per il quale è diventato dissimile da Dio); LA REDENZIONE AVVIENE COME
RITORNO ALL’INCORPOREO E IL CORPO VIENE RECUPERATO COME SPIRITUALIZZATO. (I CORPI POSSONO
ESSERE SPIRITUALIZZATI PER IL SEMPLICE MOTIVO CHE CON IL NEOPLATONISMO SONO ANCHE AGGREGATI
DI INTELLEGIBILI). Il percorso di spiritualizzazione viene effettuato attraverso l’amore per
Dio della quale il primo momento è la Fede, ma alla fede si accompagna un percorso di
ascesi morale e spirituale che è la restaurazione della somiglianza divina cancellata dal
peccato.
3.7.3.3. NATURA DELLA MATERIA La materia è frutto di Dio che è immateriale, come in realtà i
singoli elementi presi in sé sono oggetti intellegibili che con la loro combinazione o
mescolanza producono la confusione che noi chiamiamo materia. Tuttavia bisogna
comprendere che alla base del sensibile c’è l’intellegibile quale fondo stesso della realtà.

3.7.3.4. DOTTRINA DEL CORPO DISPERSO Rifiuta la trasmigrazione delle anime: ammettere che
ciascuna anima può animare ogni corpo sarebbe come ammettere che tutte le anime
abbiano le stesse caratteristiche (negli uomini “la razionalità”) CI SI CHIEDE QUAL È LA
RELAZIONE TRA L’ANIMA E IL CORPO PRIMA DELLA REDENZIONE UNIVERSALE: L’ANIMA RIMANE ATTACCATA
AL CORPO DISPERSO.

3.7.3.5. NATURA DELLA TRINITÀ Come l’uomo emette il fiato per esprimere la parola del
pensiero allo stesso modo il procedere dal Padre al Figlio è lo Spirito Santo. Come la
respirazione procede dall’unità del corpo e dell’anima lo spirito santo procede dal Padre
e dal Figlio.

3.7.4. NEMESIO DI EMESA FONDE DOTTRINE ARISTOTELICHE CON QUELLE PLATONICHE. PER DESCRIVERE IL MONDO
UTILIZZA ARISTOTELE, PER DESCRIVERE LA METAFISICA SI SERVE INVECE DI PLATONE PER QUANTO RIGUARDA LA
METAFISICA.

3.7.4.1. ANTROPOLOGIA L'uomo è un microcosmo composto di un corpo e di un'anima


razionale. Il suo posto intermedio che occupa tra l'ordine dei corpi e l'ordine degli spiriti
definisce il problema del suo destino: egli diventerà simile a Dio o si degraderà. Nemesio
si percepisce in linea con Platone rispetto al fatto che l'anima è una sostanza incorporea
e completa, tuttavia nei pensatori cristiani questa tendenza platonica è sempre stata
frenata dal dogma della risurrezione dei corpi ma Nemesio prende la risposta da Plotino
e da Ammonio Sacca: Gli intellegibili sono di tale natura che possono unirsi ai corpi in
modo tale da riceverli e tuttavia da rimanerne disuniti. Se rispetto all'anima Nemesio si
allontana da Aristotele ci si avvicina per la descrizione del corpo accettando la dottrina
aristotelica dei quattro elementi e delle quattro qualità. Inoltre richiama Aristotele per
quelle che sono le facoltà dell'anima(immaginazione, intelletto e memoria) tuttavia per
definirne le parti riprende sempre Platone (parte appetitiva, irascibile e razionale). Per la
morale si rifà ad Aristotele come distinzione tra atti volontari e involontari.

3.7.5. TEODORETO DI CIRO SOSTIENE LE SOLITE DOTTRINE DEI CRISTIANI CONTRO LA SAPIENZA ELLENICA.

3.8. IL PLATONISMO DEI PADRI LATINI DEL IV E V SECOLO SI TROVANO IN QUEST’AMBITO SIA AUTORI PAGANI (CHE
RISENTONO DELL’INFLUENZA DI PLOTINO) CHE CRISTIANI.

3.8.1. ILARIO DI POITIERS (IV SECOLO) Le preoccupazioni morali prevalgono sulle questioni
metafisiche, è arrivato al monoteismo cercando di risolvere il problema della felicità,
abbraccia la fede cristiana perchè solo in questa Dio si è incarnato per salvare l'uomo.

3.8.2. AMBROGIO(IV SECOLO) (UNICO NON INFLUENZATO DAL NEOPLATONISMO) Sapeva il greco e non ha
tralasciato neanche un approfondimento metafisico. Introduce l'interpretazione allegorica e
anche il simbolismo morale degli animali. Anche lui è persuaso del fatto che i Greci abbiano
attinto alla sapienza di Mosè.

3.8.2.1. MORALE RISTRUTTURA L’OPERA DI CICERONE (DOVE IL DOVERE MORALE RISIEDE NELLA COMUNITÀ)
PONENDO DIO COME FONTE DEL DOVERE MORALE  DI CONSEGUENZA PER RISPONDERE ALLA
DOMANDA “COSA DEVO FARE?” BISOGNA RIVOLGERSI AGLI INTERPRETI DEL VOLERE DIVINO.

3.8.2.2. QUESTIONE DELL’ALLEGORESI RITIENE DI POTER UTILIZZARE L’ALLEGORESI PER LA LETTURA DELLA
BIBBIA COSÌ DA ESSERE LEGITTIMATO A FORZARE IL TESTO.

3.8.3. MARIO VITTORINO (IV SECOLO) (INFLUENZATO DA PLOTINO) RIPRENDE GLI STESSI ARGOMENTI DEI
CAPPADOCI PER RISPONDERE AL PROBLEMA: “ SE DIO È INGENERATO, COME FA IL FIGLIO A ESSERE DIVINO?” 
RIUTILIZZA LO SCHEMA DELLE IPOSTASI, Il verbo è la prima e principale operazione di Dio:
1) IL PADRE = PRE-ESSERE.
2) VERBO/FIGLIO = CIÒ CHE È VERAMENTE.
3) ANIMA = CIÒ CHE È.
4) ENTI = CIÒ CHE NON È VERAMENTE NON-ESSERE.
5) MATERIA = CIÒ CHE NON È.
6) IMPOSSIBILE = CIÒ CHE VERAMENTE NON È.

CON QUESTO SCHEMA PLOTINIANO, RICHIAMANDO IL FATTO CHE LA PRIMA IPOSTASI VERAMENTE NON È, PUÒ
RICONOSCERE A LIVELLO DEL NOUS (PRIMA REALTÀ VERAMENTE ESISTENTE, SECONDA IPOSTASI) IL TITOLO DI DIO;
CONIA UNA TERMINOLOGIA LATINA PER INTRODURRE PLOTINO NEL CATTOLICESIMO.

3.8.4. CALCIDIO (IV SECOLO) IMPORTANTE PERCHÉ OFFRE AL MONDO LATINO UNA TRADUZIONE PARZIALE DEL
TIMEO (UNICA OPERA DI PLATONE NOTA AI LATINI FINO AL XII SECOLO) E UN COMMENTO ANNESSO AD ESSA. Il
mondo è eterno. Rispetto alle tre ipostasi esistono per lui i simulacra (La materia che è
sempre esistita ed è possibilità pura, possibilità di essere o non essere un corpo) che si
trovano con gli exemplum nello stesso rapporto in cui si trovano gli oggetti sensibili in Platone
con le Idee. Tra il mondo della materia e il mondo delle idee esiste un mondo generato nella
materia dalle Idee. Idea esiste sotto due aspetti : in sé e nelle cose.

3.8.4.1. TRADUZIONE DELLA DOTTRINA PLATONICA IN AMBITO LATINO I principi sensibili sono
riconducibili a 3 perchè Dio fa tutt'uno con le idee infatti è il pensiero di Dio che ha
modellato il mondo. Rifiuta la nozione di Anima come forma del corpo in quanto la vera
natura dell'anima è di essere una sostanza spirituale.

3.8.4.1.1. DEUS – AMBITO DEL DIVINO CHE TRADUCE IN LATINO LE TRE IPOSTASI (AEVUM, NOUS,
ANIMA).

3.8.4.1.2. SILVA – ASSUME IL SIGNIFICATO DELLA MATERIA SOLAMENTE CHE TRADUCE IN MANIERE
LETTERALE DA HYLE (CHE SIGNIFICAVA MATERIALE DA CARPENTERIA).

3.8.4.1.3. EXEMPLUM – TRADUZIONE DI IDEA, QUESTA È UNA TRADUZIONE INTERPRETATA NEL SENSO
CHE LE IDEE SONO I MODELLI ESEMPLARI DELLE COSE, NON SI ATTIENE AL SIGNIFICATO LETTERALE
(CIÒ CHE È VISTO).

3.8.4.2. GNOSEOLOGIA A questi tre gradi dell'essere corrispondono tre gradi di conoscenza:
l'idea che è oggetto di scienza, la forma natia che è oggetto di opinione e la materia che
non può essere né conosciuta né percepita. La materia non può essere né conosciuta né
percepita.
3.8.5. MACROBIO (IV – V SECOLO, AUTORE PAGANO) TRADUCE IN FILOSOFIA NEOPLATONICA IL SESTO LIBRO
DELLA REPUBBLICA DI CICERONE (SOMNIUM SCIPIONIS). Richiama le tre Ipostasi di Plotino.

3.8.5.1. ANIMA CONCEPISCE L’ANIMA UMANA APPARTENENTE ALL’AMBITO DELL’ANIMA MUNDI: L'anima
è rispetto al corpo ciò che Dio è rispetto al mondo. TUTTAVIA ALCUNE SI RIVOLGONO AI CORPI E
CADONO NEL MONDO CORPOREO. PASSANDO ATTRAVERSO GLI ASTRI ACQUISTANO ALCUNE QUALITÀ
(FONDAMENTO DELLA TEOLOGIA) . Una specie di brezza fa dimenticare loro la loro origine,
TUTTAVIA L’ANIMA RESTA PUR SEMPRE APERTA ALL’AMBITO DIVINO. Il commento di Macrobio
imporrà la differenza tra anima in senso platonico e anima in senso aristotelico al
medioevo.

3.8.6. MARCIANO CAPELLA (V SECOLO)

3.8.6.1. LE NOZZE DI MERCURIO E FILOLOGIA OPERA LETTERALE E FILOSOFICA IN VERSI (MERCURIO VUOLE
PRENDERE IN SPOSA FILOLOGIA CHE PERÒ PER SPOSARSI CON MERCURIO HA BISOGNO DI FORMARSI
ATTRAVERSO UNA SERIE DI PROVE). QUESTO TESTO È L’ESPRESSIONE ALLEGORICA E IL PUNTO DI
RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE E L’ERUDIZIONE MEDIEVALE. CIOÈ TRIVIO (GEOMETRIA, RETORICA,
DIALETTICA) E IL QUADRIVIO (MUSICA, ASTRONOMIA, ARITMETICA E GEOMETRIA).

3.8.7. AGOSTINO DIVISO TRADIZIONALMENTE IN TRE PERIODI: 1) PRIMA DELLA CONVERSIONE; 2) FASE CRISTIANO-
NEOPLATONICA; 3) PENSIERO MATURO (O DETERMINAZIONALISTA). Una differenza radicale lo distingue
dai Neoplatonici: la fede precede la ragione (intellige ut credas, crede ut intelligas) .

3.8.7.1. EXCURSUS STORICO DURANTE IL IV SECOLO NONOSTANTE LA LIBERTÀ DI CULTO, SI INIZIA A


CONSOLIDARE L’IDEA CHE UN IMPERO PER STARE UNITO DEBBA ESSERE CONFORMATO A UN CREDO
RELIGIOSO. VERSO LA FINE DEL SECOLO CON TEODOSIO I, GRAZIE AD AMBROGIO DI MILANO SI INIZIA AD
AFFERMARE E AD ASSUMERE MAGGIOR POTERE IL CULTO CRISTIANO CATTOLICO. PROIBENDO I CULTI
PAGANI E ARIANI: AGOSTINO SI CONVERTE NEL MOMENTO IN CUI NASCE L’OBBLIGO DI CULTO AL
CATTOLICESIMO (CIOÈ IL MOMENTO IN CUI FUGGE L’IMPERATORE ARIANO DA MILANO).

3.8.7.2. NEOPLATONISMO IN AGOSTINO LA VERA CONVERSIONE DI AGOSTINO È PIÙ AL NEOPLATONISMO


CHE AL CRISTIANESIMO. NELLA DOTTRINA NEOPLATONICA LA CONOSCENZA È FORTEMENTE LEGATA ALLA
PUREZZA MORALE CHE PERÒ PRESENTA DUE ASPETTI: L’IMPEGNO NELL’ASCESI E LA DERIVAZIONE DIRETTA
DEL SUDDETTO IMPEGNO DA UNA FORZA CHE PERÒ DERIVA DA DIO. PER IL NEOPLATONISMO LA MALATTIA
UMANA È LA MATERIA (QUESTA OSSESSIONE SI RIPRESENTA ANCHE NELLE CONFESSIONI DI AGOSTINO
DOVE SI AUTOFLAGELLA PER RAGGIUNGERE LA PUREZZA MORALE).LA CURA PER AGOSTINO È IL
CRISTIANESIMO CIOÈ UN INTERVENTO ESTERNO, TEMATIZZANDO SOTTO LA PAROLA DI “GRAZIA” CIÒ CHE
PLOTINO INTENDEVA PER LA PARTECIPAZIONE DEL BENE DIVINO.

3.8.7.3. GNOSEOLOGIA Riprende da Platone le conseguenze logiche che comporta la


definizione che l'anima è una sostanza che anima un corpo. La sensibilità non può essere
fonte di conoscenza in quanto gli oggetti sensibili sono caratterizzati dall'instabilità.
Conoscere significa conoscere un oggetto che non cambia. Se ogni conoscenza deriva
dalla sensazione, i soli oggetti di per sé non dicono nulla ma per questo non sono
neanche io il fondamento della mia conoscenza in quanto anch'io presento una
mutabilità allora la conoscenza deriva da una realtà che mi trascende → C'è dunque
nell'uomo qualcosa che supera l'uomo, questa verità immutabile, eterna che trascende
l'uomo è Dio.
3.8.7.4. CONCEZIONE DELLA LIBERTÀ, VOLERE E GRAZIA Nonostante le influenze Platoniche non
concepisce la materialità come cattiva né che l'anima fosse unita al corpo per un
peccato, tuttavia se il corpo dell'uomo non è la prigione della sua anima lo è diventato
per effetto del peccato originale e lo scopo primo della vita morale è di liberarcene. LA
LIBERTÀ CONSISTE ESCLUSIVAMENTE NELLA CAPACITÀ DI FARE IL BENE (SOLO DAL XIII, CON
L’ARISTOTELISMO, LA LIBERTÀ ASSUMERÀ IL SIGNIFICATO CONTEMPORANEO DI SCELTA). INFATTI SECONDO
IL NEOPLATONISMO L’OCCHIO DELLA MENTE, PER VEDERE LA VERITÀ DELLE COSE, DEVE ESSERE
TOTALMENTE PURO MORALMENTE E DAL MOMENTO CHE VEDI LE COSE COME SONO, NECESSARIAMENTE
TENDI “LIBERAMENTE” A DIO , E SOLO DIO PUÒ DARTI QUESTO DONO (LA GRAZIA). → CIÒ IMPLICA CHE
ANCHE IL VOLERE DERIVI DA DIO (ANCHE SE IN PLOTINO NON SI TEMATIZZA IL VOLERE CHE IN AGOSTINO
ASSUME ANCORA IL VALORE DI GRAZIA. IN PLOTINO A DIFFERENZA DI AGOSTINO, LA FUNZIONE DELLA
GRAZIA ERA ASSOLTA DAL RITUALE RELIGIOSO E NON DALLA DIVINITÀ). INFATTI SE I NEOPLATONICI
AVEVANO TROVATO LA MALATTIA, AGOSTINO AVEVA TEORIZZATO LA CURA; È ALL’INTERNO DI QUESTO
SCHEMA CHE HA SENSO L’AFFERMAZIONE AGOSTINIANA DOVE LA CONVERSIONE ANTICIPA LA
CONOSCENZA CHE DIPENDE SEMPRE DA DIO. ( “NISI CREDERETIS, NON INTELLIGETIS” ). INFATTI NEL
PENSIERO MATURO, QUESTA SUA POSIZIONE DIVENTA DETERMINISTA DOVE LA CAPACITÀ DI FARE IL MALE
DERIVA DAL NULLA, LA CAPACITÀ DI FARE IL BENE DERIVA DA DIO, il male è assenza di bene. (=
DOTTRINA DELLA PREDESTINAZIONE IPERDETERMINISTICA).

3.8.7.5. DOTTRINA DELL’ILLUMINAZIONE TERMINE UTILIZZATO SIA IN PLOTINO CHE AGOSTINO PER SPIEGARE
LA CONOSCENZA: LA DIFFERENZA CON PLATONE È CHE IL CONOSCERE LE IDEE NON È UNA ANAMNESI MA
LA NOSTRA MENTE E LE IDEE SONO PERENNEMENTE IN CONTATTO TUTTAVIA PER CONOSCERE È
NECESSARIO ESSERE MORALMENTE PURI PERCHÉ I RIFERIMENTI ALLA CONOSCENZA SONO MORALMENTE
INTELLEGIBILI.

3.8.7.6. CONCENZIONE DELLA TRINITÀ Agostino concepisce la natura divina prima delle Persone:
Una sola natura suddivisa e sussistente in tre persone.

3.8.7.7. CREAZIONE Dio crea tutte le cose e il tempo esplicandosi nel Verbo, egli tiene in sé i
modelli archetipi che si esplicano negli esseri possibili, questi modelli sono
consustanziali a Dio. La sua opera di creazione consiste semplicemente nel dirlo che ha
implicato la creazione di tutto senza successione temporale, i 6 giorni devono essere
interpretati in senso allegorico: Tutti gli esseri futuri ← Sono stati prodotti sin dall'origine
sotto forma di germi: ciò rappresenta la famosa dottrina delle ragioni seminali. (Cioè la
presenza materiale di qualcosa che poi si sviluppa nella successione nel tempo). Quindi
Dio ha creato fin dall'origine i germi spirituali delle anime.

3.8.7.8. CONCEZIONE AGOSTINIANA DI STATO, GIUSTIZIA E STORIA


1) LA CONCEZIONE DI STATO GIRA INTORNO AL CONCETTO CHIAVE CHE L’UOMO SIA UN ANIMALE
SOCIEVOLE: LO STATO PERÒ DEVE IMPORRE LE LEGGI IN MANIERA COERCITIVA A CAUSA DEL PECCATO
ORIGINALE (INFATTI LO STATO PRECEDENTE AL PECCATO ORIGINALE ERA NECESSARIAMENTE GIUSTO).
2)GIUSTIZIA: È REGOLATA DALLA LEGGE POSITIVA (POSTA NELLE COSE DA DIO) CHE EQUIVALE ALLA LEGGE
DI NATURA.  CHI TRADUCE QUESTA LEGGE PER RENDERLA COMPRENSIBILE AGLI UOMINI? QUESTO
POTERE CE L’HA LA CHIESA.
3)STORIA: LA CONCEZIONE DELLA STORIA È POSTA NEL TESTO “DE CIVITATE DEI” DOVE SEGUENDO UNO
STRATAGEMMA LETTERIARIO SI SEGUE UN DIBATTITO TRA UN PAGANO E UN AMICO CRISTIANO DI
AGOSTINO DOVE IL PAGANO ACCUSA IL CRISTIANESIMO DI AVER MINATO LE FONDAMENTA DELL’IMPERO.
LA RISPOSTA DI AGOSTINO È CHE A MINARE LE FONDAMENTA DELL’IMPERO SONO STATE ILLEGALITÀ E
CORRUZIONE, QUINDI IL CONFLITTO IN REALTÀ È TRA LA CITTÀ DI DIO E LA CITTÀ DEGLI UOMINI (FIGLI
DELLA TERRA). [PROSPETTIVA SESSOFOBA CARATTERISTICA DELLA TARDO-ANTICHITÀ]
- TEODOSIO INFATTI È IL MODELLO DI IMPERATORE A CUI SI ISPIRA IL CULTO CRISTIANO, FA CHIUDERE
TEMPLI E OLIMPIADI PER PORRE FINE AL PAGANESIMO E QUANDO SI PRESENTANO PROBLEMI DOTTRINALI,
CONVOCA CONCILI PER UNIFICARLI E DA LUI NASCE L’IDEA CHE IL VESCOVO DI ROMA È IL PIÙ IMPORTANTE
DEI RAPPRESENTANTI.

3.9. PADRI GRECI TRA V E VII SECOLO DI CARATTERE NEOPLATONICO LA LEZIONE PLOTINIANA VIENE ASSORBITA IN
AMBITO ELLENICO DA VARI AUTORI.

3.9.1. GIAMBLICO (III – IV ) ESPONENTE NEOPLATONICO CHE DA GRANDE IMPORTANZA AL MOMENTO LITURGICO
PAGANO. IL RUOLO DELLA “CURA” VIENE ASSUNTO DALLA MITOLOGIA E DALLA RITUALITÀ, TEORIZZANDO UNA
NUOVA SCIENZA RELATIVA AI POTERI DELLE ENERGIE DIVINE CIOÈ LA TEURGIA; L’ELEMENTO LITURGICO-RELIGIOSO
E LA FILOSOFIA PLATONICA VENGONO FUSI INSIEME (DA QUI IN POI PER I PROSSIMI TRE SECOLI NON SARÀ FACILE
SEPARARE FILOSOFIA E TEOLOGIA).
LA TELEISTICA(?) È LA SCIENZA CHE STABILISCE LA RELAZIONE TRA GLI ESSERI DIVINI E QUELLI MATERIALI (QUESTO
CONTATTO PER I CATTOLICI È STABILITO DALL’EUCARESTIA DOVE PERÒ AGLI OCCHI DEI PAGANI ASSUME IL VALORE
DI UNA TEOFAGIA).

3.9.2. PSEUDO-DIONIGI L’AREOPAGITA GLI SI ATTRIBUISCONO GLI SCRITTI DEL CORPUS AREOPAGITICUM: QUESTO
AUTORE FINGE DI ESSERE IL DIONIGI ALL’INTERNO DELL’AREOPAGO OVVERO UNA DELLE DUE PERSONE
CONVERTITE DAL DISCORSO DI PAOLO, IL FUTURO VESCOVO DI ATENE, TUTTAVIA QUESTO SCRITTO IN REALTÀ SI
FA RISALIRE ALL’INIZIO DEL V SECOLO ED È DI CARATTERE FORTEMENTE NEOPLATONICO (INFATTI CONTIENE
ALCUNI FRAMMENTI DI PROCLO). QUESTI SCRITTI DI CARATTERE ETEROGENEO E NEOPLATONICO CONTENGONO:

3.9.2.1. DOTTRINA DEL POTERE UNA DOTTRINA DEL POTERE CENTRATA SULL’AUTORITÀ DEL POTERE DIVINO
CHE SI RISOLVE NELLE OPERE.

3.9.2.2. METAFISICA UNA DOTTRINA METAFISICA CHE RICHIAMA L’UNO E IL DIVINO COME REALTÀ
TRASCENDENTE AL DI LÀ DELLE COSE. L'universo in senso neoplatonico è diretta
manifestazione di Dio che per essenza è buono e quindi tutto partecipa di questo bene
(il male di per sé è nulla ed è proprio per questo che ci inganna perchè non essenza ma
realtà, proprio per questo Dio non lo causa ma lo tollera.) Subordina il mondo delle idee
a Dio e l'essere non è che la prima di tutte le forme di partecipazione a Dio e come si è
detto condizione di tutte le altre, le idee invece rappresentano la seconda rivelazione
dell'unità e del numero. Egli preferisce riferirsi a Dio in senso neoplatonico cioè come
Uno. Dio non ha nome, non è né unità né trinità, egli è niente di ciò che non è e niente
di ciò che è, trascende ogni essere: infatti non conosce nessuna delle cose esistenti qual
è, ma la sua è una sorta di ignoranza mistica nella quale si deve vedere il grado supremo
della conoscenza. → QUESTA CONCEZIONE SIGNIFICA CHE SI PUÒ PARLARE DI DIO SOLO IN VIA
NEGATIVA, ma la teologia negativa viene superata dalla teologia superlativa in quanto gli
attribuiti di Dio possono essere conciliati in un senso inconcepibile per la natura umana.
(ES. DIO NON È BUONO PERCHÉ IL MIO CONCETTO DI BUONO MI DERIVA DELL’ESPERIENZA, NON È
NEMMENO NON-BUONO QUINDI È IPER-BUONO). → Problema dei nomi divini: tutti i nomi
attribuiti a Dio nelle scritture sono delle modalità per rendere ciò che è intellegibile e
innominabile comprensibile a noi esseri sensibili.
3) SOLO I PURIFICATI POSSONO COGLIERE DIO PER MEZZO DELLA LITURGIA.
3.9.3. MASSIMO IL CONFESSORE(VI-VII SECOLO) COMMENTATORE DELLO PSEUDO-DIONIGI (CHE IL MEDIOEVO
SCAMBIERÀ PER LA STESSA PERSONA) E DI GREGORIO DI NAZIANZO, QUESTO AUTORE FONDE L’EREDITÀ DI
DIONIGI CON QUELLA DELLA PATRISTICA GRECA. LA SALVEZZA ASSUME UNO SCHEMA NEOPLATONICO DI RITORNO
ALL’UNIONE CON IL DIVINO ATTRAVERSO UNA SERIE DI TAPPE (1 ESTASI, 2 UNIONE DELLA MENTE, 3 ECC.). La
conoscenza di Dionigi passa per il medioevo attraverso questo autore, dunque sarà
interpretato attraverso la sua lente. Dio è pura monade, monade delle monadi (la fonte
indivisibile e non moltiplicabile da cui deriva il molteplice senza alternarne la purezza).

3.9.3.1. LA METAFISICA DIo pura monade con il suo primo movimento da vita alla diade con la
generazione del verbo quale sua manifestazione totale, supera la diade in seguito e
produce la triade con la processione dello spirito santo. Il primo momento della monade
si ferma qui perchè questa è la sua manifestazione perfetta. → tutto il reale è contenuto
nell'infinita potenza di Dio.

3.9.3.2. ANTROPOLOGIA L'uomo è fatto di un corpo materiale quindi divisibile e perituro e di


un'anima immateriale quindi indivisibile e immortale. Egli quindi prende le distanze da
Origene affermando che Dio ha voluto i corpi come le anime. Dio quindi ha voluto i corpi
simultaneamente alle anime. L'uomo ha la facoltà di unire il molteplice attraverso il suo
pensiero riportandolo all'unità divina ma si è rivolto alla molteplicità delle cose sensibili
volgendo le spalle a Dio per le cose → Dio per salvarlo si è fatto uomo, nella persona di
Cristo per riparare la rottura. (Infatti Gesù Cristo ha preso tutto dell'uomo tranne il
peccato per liberarlo dal peccato). Dio stesso è riposo e invita tutti a venire verso lui
quindi tutti i termini della nostra agitazione devono essere il raggiungimento
dell'immobilità di Dio infatti è lui che muove verso sé stesso, ora essendo il movimento
di uno spirito il conoscere muoversi verso Dio significa conoscerlo quindi attraverso la
conoscenza l'uomo non fa che risalire a Dio svolgendo il movimento inverso della
caduta.

3.9.3.3. ESCATOLOGIA Alla fine dei tempi l'universo ritornerà alla sua causa e in questo
processo la divisione degli esseri umani in due sessi distinti sarà annullata, la terra
diventerà simile al Paradiso Terrestre e diventerà simile al cielo perchè gli uomini
saranno divenuti simili ad angeli. Per ultima si abolirà la distinzione tra sensibile e
intellegibile.

3.9.4. GIOVANNI DAMASCENO (VII-VIII SECOLO) I SUOI SCRITTI PIÙ IMPORTANTI SONO LA FONTE DELLA
CONOSCENZA DI CUI LA TERZA PARTE, DE FIDE ORTHODOXA, È UN RIASSUNTO DELLA TEOLOGIA CRISTIANA DOVE
OLTRE LE QUESTIONI CONTENUTISTICHE SI EVINCE UNA CERTA VISIONE DEL MONDO E ALCUNE PROVE
DELL’ESISTENZA DI DIO esaminando le dottrine dei suoi predecessori, vuole sistematizzare il
sapere perchè sia usufruibile dai teologi e non fare opera di filosofo. ASSIEME A MASSIMO IL
CONFESSORE QUESTO AUTORE SI CONFONDE CON DIONIGI L’AREOPAGITA. ANCHE IN QUESTO AUTORE LA
DOTTRINA DELLA SALVEZZA ASSUME UNO SCHEMA NEOPLATONICO QUALE RITORNO ALL’UNIONE CON IL DIVINO.
In continuità con gli altri autori Dio è ingenerato, immutabile e incorruttibile (questi aggettivi
dicono solo ciò che Dio non è), Dio è al di là delle esperienze umane e quindi anche della
conoscenza. Il Dio di Giovanni Damasceno .

3.9.4.1. DIMOSTRAZIONE DELL'ESISTENZA DI DIO Presenta anche una dimostrazione di Dio nella
misura in cui benchè la visione di Dio sia innata in noi, la malizia di Satana ha contagiato
a tal punto l'uomo che lo stolto ritiene che Dio non esiste. → Operando con il principio
paolino secondo cui Dio è conoscibile solo attraverso le creature, Damasceno dimostra
come tutto il mondo sensibile sia creato a partire dalla mutevolezza delle cose, il mondo
ha bisogno di un creatore.

3.10. EXCURSUS SULLA STORIA DELL’ARISTOTELISMO IN QUESTI SECOLI FINO AD ORA LA MENTE CULTURALE È
IMPREGNATA ESCLUSIVAMENTE DI NEOPLATONISMO, TUTTE LE ALTRE CORRENTI SI PERDONO ECCETTO
L’ARISTOTELISMO: LE OPERE DI ARISTOTELE RESTANO IN UNA CANTINA FINO AL I SECOLO, DOPO ESSERE STATE MAL
TRADOTTE, ANDRONICO DI RODI TRADUCE LE SUE OPERE ESOTERICHE, MA ALESSANDRO DI AFRODISIA, SUO GRANDE
INTERPRETE, CERCA DI TROVARE L’UNITÀ DI QUESTE OPERE RIORDINANDO I SUOI TESTI.

3.10.1. ALESSANDRO DI AFRODISIA (III SECOLO)CON QUESTO AUTORE HA TERMINE LA LUNGA TRADIZIONE
DELLA SCUOLA PERIPATETICA, DOPO DI LUI LE DOTTRINE ARISTOTELICHE VERRANNO INSERITE ALL’INTERNO DELLE
SCUOLE NEOPLATONICHE COME INTRODUTTIVE A PLATONE.

3.10.1.1. LA REALTÀ E’ COSTITUITA DA INDIVIDUI: L’UNIVERSALE ESISTE SOLO NEL PENSIERO COME CONCETTO
DI INSIEME (GIÀ IN ARISTOTELE GLI UNIVERSALI SI DIVIDONO IN “PREDICAMENTALI” , CIOÈ LE CATEGORIE
CHE PREDICANO DI UNA SOSTANZA, E “TRASCENDENTALI”, CIOÈ UNIVERSALI CHE VALGONO PER TUTTO
COME ENTE, COSA, ECC.). → IL PROBLEMA DEGLI UNIVERSALI AVRÀ LARGO SPAZIO NEL DIBATTITO
MEDIEVALE.

3.10.1.2. L’ANIMA UMANA NELLE COSE VIVENTI LA FORMA OLTRE AD ASSUMERE LA FUNZIONE DI CAUSA
FORMALE SERVE AD ANIMARE; IN ARISTOTELE L’ANIMA UMANA , CIOÈ QUELLA INTELLETTIVA, PRESENTA AL
SUO INTERNO DUE INTELLETTI: QUELLO ATTIVO E QUELLO PASSIVO ; CONCEZIONE, QUESTA, CHE
ALESSANDRO INTERPRETA IN ALTRO MODO: L’INTELLETTO ATTIVO È UNA REALTÀ DIVINA CHE PERMETTE LA
FORMAZIONE DEI CONCETTI NELL’INTELLETTO PASSIVO, IL QUALE, ESSENDO DI ORIGINE MATERIALE,
PERISCE INSIEME AL CORPO.  L’ANIMA UMANA È MORTALE.

3.10.2. GIOVANNI FILOPONO, DETTO IL GRAMMATICO (VII SECOLO, CRISTIANO) UNICO NEOPLATONICO
CONTEMPORANEO A MASSIMO IL CONFESSORE E GIOVANNI DAMASCENO ATTENTO ANCORA ALLE DOTTRINE
ARISTOTELICHE. INTERPRETA I DUE INTELLETTI DA DUE PUNTI DI VISTA DIFFERENTI: INFATTI L’INTELLETTO ATTIVO È
L’INTELLETTO QUANDO CREA I CONCETTI (INTELLETTO AGENTE) MENTRE L’INTELLETTO PASSIVO QUANDO
TRATTIENE I CONCETTI (INTELLETTO POSSIBILE). CONCEPISCE QUESTA REALTÀ COME SPIRITUALE E DIVENTERÀ UN
RIFERIMENTO PER IL MEDIOEVO LATINO.

3.10.2.1. L’INTERPRETAZIONE DELLA FISICA SE PER ARISTOTELE TUTTO CIÒ CHE MUTA È FATTO MUTARE DA
ALTRO, QUINDI PER OGNI È MOSSO È PRESENTE UN MOTORE (DOTTRINA DEI VORTICI) ; GIOVANNI
INTRODUCE LA DOTTRINA DELL’IMPETUS DOVE NEL MOMENTO IN CUI IL LANCIATORE LANCIA UN
OGGETTO TRASFERISCE IL MOTORE ALL’INTERNO DELLA COSA (SI DISTACCA DA ALESSANDRO DI AFRODISIA)
→ IL MOTORE NON È PIÙ ESTERNO, TRA DUE STEP SI ARRIVERÀ AL PRINCIPIO D’INERZIA .

3.11. PADRI LATINI TRA IL VI E VII SECOLO

3.11.1. BOEZIO AUTORE FONDAMENTALE PER LA TRASMISSIONE CULTURALE PIÙ CHE PER L’INNOVAZIONE
DOTTRINARIA. SVOLGE UN’OPERA DI SISTEMAZIONE e conia parecchi termini importanti per la teologia.

3.11.1.1. VICENDE STORICHE VERSO AL FINE DELLA SUA VITA È PRESENTE SOTTO TEODORICO, IMPERATORE DI
ORIGINE GOTA CHE RIUNIVA SOTTO DI SÉ GOTI E ROMANI. SOLAMENTE CHE I GOTI ERANO ARIANI E I
ROMANI CATTOLICI. TUTTAVIA TEODORICO ERA APERTO NEI CONFRONTI DEI CATTOLICI I QUALI
MANTENEVANO UN RUOLO BUROCRATICO E AMMINISTRATIVO MENTRE I GOTI ALL’INTERNO DELL’IMPERO
PRESENTAVANO LA CLASSE MILITARE.  CON UN GIOCO POLITICO L’IMPERO D’OCCIDENTE
PERSEGUITANDO GLI ARIANI CONFERISCE POTERE AL PAPA D’ORIENTE E TEODORICO SI TROVA COSTRETTO
A PERSEGUITARE I CATTOLICI E BOEZIO VIENE IMPRIGIONATO.

3.11.1.2. PROGETTO CULTURALE DI BOEZIO RENDENDOSI CONTO CHE LA CULTURA INTORNO A LUI È IN
DECADENZA VUOLE FORNIRE UNA SINTESI IN LATINO DELLA SAPIENZA ELLENICA, FORNENDO QUATTRO
MANUALI PER OGNUNA DELLE MATERIE DEL QUADRIVIO E DECIDE ANCHE DI TRADURRE I CLASSICI ANTICHI
PERÒ RIESCE SOLTANTO A TRADURRE UNA PARTE DELLE OPERE LOGICHE DI ARISTOTELE IN CHIAVE
NEOPLATONICA  QUESTE SARANNO LE UNICHE OPERE DI ARISTOTELE CHE CONOSCERÀ IL MEDIOEVO
FINO AL XIII SECOLO. INOLTRE SCRIVE UNA SERIE DI OPUSCOLI FONDAMENTALI FINO ALL’XI DI MATERIA
TEOLOGICA. INFINE SCRIVE ANCHE IL CELEBRE TESTO CONSOLATIO AD FILOSOFIAM.

3.11.1.3. GNOSEOLOGIA DISTINGUE I VARI SAPERI A SECONDA DELL’OGGETTO, IN MANIERA GERARCHICA,


COME PLATONE E VI SOVRASCRIVE SOPRA LO SCHEMA ARISTOTELICO CHE ORIGINARIAMENTE PRESENTAVA
IL MEDESIMO OGGETTO VISTO DA PUNTI DI VISTA DIVERSI (METAFISICA CHE HA PER OGGETTO GLI ENTI AL
DI FUORI DEL MONDO FISICO (Intellettibili, che degradandosi e cadendo nei corpi diventano
intellegibili, l’intellettibile per eccellenza è Dio che viene studiato dalla teologia), FISICA
CHE STUDIA GLI ENTI CORPOREI, ECC…). IN DEFINITIVA INTERPRETA ARISTOTELE IN SENSO NEOPLATONICO.
Gli enti della fisica sono chiamati esseri naturali. Questa suddivisione è la soluzione che
adotta rispetto agli universali Alessandro D’Afrodisia.

3.11.1.4. PROBLEMA DEGLI UNIVERSALI PORFIRIO AMMETTE DI NON AVERE UNA RISPOSTA LOGICA AL
PROBLEMA DEGLI UNIVERSALI: SE QUESTI VENGONO PRIMA NELLA MENTE E DOPO NELLE COSE (O
VICEVERSA) E SE SIANO INCORPOREI O NO. DA QUI PRENDE LE MOSSE BOEZIO AFFERMANDO DA
NEOPLATONICO CHE ESISTONO LE IDEE. SI DEDICA MOLTO AL PROBLEMA DELL’UNIVERSALE
TRASCENDENTALE  CIÒ CHE FA SÌ CHE TUTTI GLI ENTI SIANO (“QUAL È QUESTO FONDAMENTO?”).
BOEZIO RISPONDE: LE COSE SONO UNITARIE PERCHÉ AL VERTICE DI TUTTO C’È L’UNITÀ. PER RENDERE LA
SUA SPIEGAZIONE PIÙ COMPRENSIBILE PASSA AL LIVELLO DELL’ESSERE (CIOÈ DELLA SECONDA IPOSTASI):
L’ESSERE È CIÒ CHE PERMETTE CHE LE COSE SIANO MA NON È LA REALTÀ STESSA DELLE COSE  IN
QUESTO MODO SPOSTA L’ATTENZIONE DALLA PRIMA IPOSTASI (L’UNO) ALLA SECONDA (L’ESSERE)
INVOLONTARIAMENTE. TUTTA LA METAFISICA SUCCESSIVA INTENDERÀ COSÌ COME FONDAMENTO DELLA
REALTÀ L’ESSERE E NON L’UNO. DIO DA UNO DIVENTA ESSERE E L’ENOLOGIA DIVENTA ONTOLOGIA.

3.11.1.5. ONTOLOGIA Il mondo dei corpi materiali si presenta come un insieme di


partecipazione alle idee divine, tuttavia queste forme pure non possono unirsi alla
materia. Ha una concezione del bene e del male come essere e assenza di essere. (Il suo
impianto è puramente neoplatonico).

3.11.1.6. OPERA DI TRADUZIONE NEGLI OPUSCOLI TEOLOGICI PRESENTANO UNA TRADUZIONE IN LATINO DI
TUTTI I TERMINI DI PROSPETTIVA NEOPLATONICA.
1) NATURA: HA UN SIGNIFICATO GENERICO MA SIGNIFICA SPECIFICATAMENTE “ESSENZA”:
DETERMINAZIONE DI QUELLO CHE È, CIOÈ RAGIONE PER CUI UNA COSA È.  DETERMINAZIONE DI CIÒ
CHE È, CHE SIGNIFICA AVERE UN ESSERE CIOÈ PARTECIPARE A UN DETERMINATO ESSERE DELL’ESISTENZA DI
QUALCOSA. (N.B. L’ESISTENZA INVECE È PROPRIAMENTE L’ESSERE DI QUALCOSA E NON LA SUA
DETERMINAZIONE). [ESSENZA = ESSERE QUALCOSA; ESISTENZA = ESISTERE].
2)SOSTANZA: CIÒ CHE STA SOTTO, FONDAMENTO.
3)FORMA: CIÒ PER CUI L’ESSERE È. FA SÌ CHE LE COSE SIANO IN SENSO PLATONICO.

3.11.1.7. NATURA ED ESSENZA DI DIO RIPORTA LE DEFINIZIONI NEOPLATONICHE IN LATINO.

3.11.1.7.1. DIMOSTRAZIONE DELL’ESISTENZA DI DIO ATTRAVERSO I GRADI DI PERFEZIONE IN LATINO:


SE CI SONO DUE COSE CON LA STESSA PROPRIETÀ VUOL DIRE CHE C’È UNA TERZA CHE FA SÌ CHE CI
SIA QUESTA MEDESIMA PROPRIETÀ  LA MEDESIMA PROPRIETÀ È POSSEDUTA IN GRADO DIVERSO
DALLE COSE  SIGNIFICA CHE QUESTA PROPRIETÀ NON APPARTIENE A NESSUNA DI ESSE  CI
DEV’ESSERE QUINDI IL FONDAMENTO DI QUESTA QUALITÀ  QUESTO FONDAMENTO È DIO.

3.11.1.8. ANTROPOLOGIA IN DIO SONO PRESENTI TRE PERSONE, DA QUI SI INTERPRETA IL CONCETTO DI
PERSONE IN AMBITO ANTROPOLOGICO COME SOSTANZA INDIVIDUALE DI NATURA RAZIONALE.

3.11.1.8.1. PROBLEMA DELLA LIBERTÀ Riciclando le dottrine neoplatoniche e agostiniane


concepisce la libertà come corrispondenza con il volere di Dio.

3.11.1.9. LIBERTÀ E PROVVIDENZA La provvidenza nell’ordine che assume nelle cose si chiama
destino.

3.11.1.9.1. PIANO COSMOLOGICO: RICHIAMA IL PROBLEMA DELLA CONTINGENZA IN ARISTOTELE,


TUTTO CIÒ CHE NON È ACCIDENTALE ACCADE SEMPRE (MONDO CELESTE) MA NEL MONDO
SUBLUNARE LE COSE ACCADONO PER LO PIÙ → CAUSA DELL’INDETERMINAZIONE È 1) LA MATERIA,
CHE ALCUNE VOLTE DISTURBA LA FORMA. 2) CAUSA ACCIDENTALE, C’È UNA CAUSA PER SÉ CHE
NASCE DALL’INTRECCIO DELLE LINEE CAUSALI CHE SI INCONTRANO IN MANIERA CAOTICA. IN BOEZIO
IL PROBLEMA ASSUME UN RUOLO DIVERSO, LE CATENE CAUSALI NON SI INTRECCIANO
CAOTICAMENTE → QUINDI NON C’È IL CAOS E NON C’È SPAZIO PER L’ACCIDENTALE → NON C’È
LIBERTÀ = DETERMINISMO COSMOLOGICO.

3.11.1.9.2. PIANO TEOLOGICO: DIO È ONNISCIENTE MA LA SUA ONNISCIENZA NON PREDETERMINA GLI
EVENTI PERCHÉ DIO È FUORI DAL TEMPO (QUINDI NON PREVEDE MA VEDE).[NASCE IL PROBLEMA
DEL DIO SPETTATORE].

4. DALLA RINASCENZA CAROLINGIA AL X SECOLO

4.1. 525: MUORE BOEZIO.

4.2. VI SECOLO: 535 GUERRA GOTICA, DISTRUZIONE DI TUTTE LE CITTÀ E CALO DEMOGRAFICO  I SOPRAVVISSUTI
FUGGONO SULLE MONTAGNE, PIÙ PROTETTE MA MENO PRODUTTIVE  Più tardi l’Italia verrà invasa dai
Longobardi e questa situazione si perpetuerà nei secoli fino alla venuta al potere di Carlo Magno
accompagnata da epidemie e catastrofi. Questo contesto complica la situazione culturale, GLI UNICI
TESTI RIMASTI SONO QUELLI DI CICERONE E QUINTILLIANO.

4.3. VII SECOLO: I CAMBIAMENTI DA QUESTO MOMENTO IN POI SI SVOLGONO LENTAMENTE E PAPA GREGORIO I
(GREGORIO MAGNO) percepisce a tal punto lo sgretolarsi della cultura che egli stesso si impone
l’incarico di insegnare e nel 601 di fronte allo sgretolarsi dell’impero romano e della cultura, ultimo
rappresentante dell’antica cultura e anche un grande riformatore della liturgia e del canto della
Chiesa. Ha un’idea di cultura e di arti liberali come funzionali a comprendere le scritture. INVIA DEGLI
STUDIOSI IN INGHILTERRA E COSÌ SI FORMANO AUTORI DI ORIGINE ANGLOSASSONE. Nella formazione che
avveniva presso queste terre lo studio delle lettere profane aiutava a comprendere le sacre
scritture.
4.4. VIII SECOLO: Nell’VIII secolo gli uomini colti anglo-sassoni che si erano formati attraverso i missionari
inviati da Gregorio Magno si sentono pronti a “acculturare” i popoli vicini. Tra cui ricordiamo
Bonifacio Apostolo della Germania chiamato così proprio perché evangelizzò i popoli germanici.
Nelle Gallie poco prima del regno di Carlo Magno la situazione culturale era disastrosa e la
religione era persa già da parecchio tempo. Benedetto di Biscop, sacerdote inglese che compie
parecchi viaggi tra Roma e Canterbury con alcuni soggiorni per altri luoghi d’Europa, porta con sé
nella sua terra natale numerosi testi di cultura ed è importante per la formazione di monasteri e
della biblioteca presso la quale si istruirà Beda che vivrà una situazione in cui la cultura latina si è
perpetuata in Inghilterra e allo stesso tempo però è scomparsa e non esiste più presso le regioni
precedentemente occupate dall’Impero Romano.
SI RAFFORZA IL REGNO DEI FRANCHI E CARLO MAGNO VIENE NOMINATO IMPERATORE D’OCCIDENTE, GRANDE
CONQUISTATORE, CHE SCONFIGGE I LONGOBARDI, ATTTUATORE DI UNA SERIE DI RIFORME TRA CUI QUELLA
SCOLASTICA, SOSTENUTA IN PARTICOLARE DA ALQUINIO. SVOLGE ANCHE UNA RIFORMA MONETARIA, E DEI SISTEMI DI
MISURA, SOSTENUTO DA BENEDETTO DI ANIANO E ATTUA ANCHE UNA RIFORMA CALLIGRAFICA (CHE STABILIRÀ LA
FORMA CALLIGRAFICA OCCIDENTALE DEI SECOLI SUCCESSIVI FINO AI NOSTRI GIORNI) .L’intento di Carlo Magno era
di civilizzare i popoli cristianizzandoli con l’intento di restaurare la cultura che si era sgretolata.
Collega le strutture scolastiche a dei monasteri benedettini.

4.4.1. BENEDETTO DI ALCUINIO (BENEDETTINO DI YORK) FAVORISCE LA RIFORMA SCOLASTICA DI CARLO MAGNO ,
STRUTTURATA SULLE OPERE DI ETÀ ANTICA. Scrive un trattato sulla natura dell’anima in cui le idee
fondamentali sono ispirate da Agostino. Tuttavia non aveva concepito la grandezza dottrinale
di questo autore. L’ostacolo principale alla sua opera di missionario fu la mancanza di libri.
Sviluppò l’insegnamento e fece in maniera che fossero importati parecchi libri in modo da
porre le fondamenta per un terreno speculativo favorevole. (N.B. A CAUSA DI QUESTA RIFORMA NEL
IX SECOLO LE OPERE CHE VERRANNO TRASCRITTE SARANNO QUELLE A DISPOSIZIONE DEI SECOLI SUCCESSIVI). I
suoi allievi furono FREDEGISO (DISCEPOLO DI ALCUINO IN FRANCIA, VIII-IX) il quale afferma che il
nulla e le tenebre sono qualcosa, Dio ha creato il mondo ex nihilo plasmandolo
dall’indeterminazione e RABANO MAURO (DISCEPOLO DI ALCUNI IN GERMANIA, IX SECOLO) la cui
opera culturale in Germania è pari a quella del maestro in Francia, è dotato di grande spirito
speculativo, fautore anche di un’enciclopedia.

4.4.2. BENEDETTO DI ANIANO SOSTENITORE DELLE VARIE RIFORME POLITICHE, MONETARIE E DEI VARI SISTEMI DI
MISURA. FAVORISCE IL MONACHESIMO IMPONENDO IL MODELLO DI BENEDETTO DA NORCIA.

4.5. PROBLEMATICHE SVILUPPATE DURANTE QUESTI SECOLI

4.5.1. QUESTIONE DEL POTERE (VIII – XI SECOLO) NEL MEDIOEVO OGNI CENTRO ERA OCCUPATO DA UN LATO DAL
VESCOVO E DALL’ALTRO DAL CAPITOLO. GRAZIE ALLE FAMIGLIE VESCOVILI AVEVAMO ANCHE FIGURE DI DONNE
ERUDITE MA IL MONACHESIMO IMPORRÀ IL CELIBATO ANCHE AL CLERO SECOLARE. IL POTERE VENIVA CONCEPITO
COME DONATO DIRETTAMENTE DA DIO E SI SVOLGEVA DA UN LATO IL POTERE TEMPORALE DI CUI IL TITOLARE ERA
L’IMPERATORE, DALL’ALTRO IL POTERE SPIRITUALE IL CUI TITOLARE ERA IL VESCOVO DI ROMA. TUTTAVIA QUESTE
DUE ERANO ESPRESSIONI DI UN UNICO POTERE, ENTRAMBE MANIFESTAZIONI DEL VOLERE DI DIO: IN PRATICA, IL
VESCOVO DI ROMA RIVENDICAVA DI ESSERE IL DETENTORE DEL POTERE ASSOLUTO (CARLO MAGNO ERA STATO
NOMINATO IMPERATORE DAL PAPA) TEORIZZANDO CHE IL POTERE TEMPORALE DOVESSE CONFLUIRE NEL POTERE
SPIRITUALE, TUTTAVIA IL VESCOVO NON POTEVA IMPEGNARSI NELLE QUESTIONI TEMPORALI ANCHE SE POTEVA
AVERE SEMPRE L’ULTIMA PAROLA SU DI ESSE.
4.5.2. QUESTIONE EUCARISTICA L’EUCARESTIA DIVENTA UN FONDAMENTO DEL CRISTIANESIMO, SI CI CHIEDE IN CHE
SENSO PANE E VINO SIANO CORPO E SANGUE DI CRISTO  QUESTI LO DIVENTANO IN SENSO NEOPLATONICO
SIMBOLICAMENTE.

4.5.3. DOTTRINA DELLA PREDESTINAZIONE GOTESCALCO IN EREDITÀ AD AGOSTINO SI PONE IL PROBLEMA DI COME
E PERCHÉ ALCUNI VENGANO GRAZIATI E ALTRI NO.

4.5.4. VIENE RISCOPERTO IL MANOSCRITTO DELLO PSEUDODIONIGI IL PRINCIPE CAROLINGIO SI SPOSA CON UNA
NORMANNA CHE PORTA CON SÉ IN DOTE UN MANOSCRITTO IN GRECO E COSÌ POCHI CONOSCITORI DEL GRECO
EREDITANO QUESTO SCRITTO ELLENICO.

4.6. GIOVANNI SCOTO ERIUGENA (IX SECOLO, IRLANDESE) TRADUCE L’OPERA DELLO PSEUDO-DIONIGI IL CORPUS
AREOPAGITICUM FILTRATA DALLA VISIONE DI MASSIMO IL CONFESSORE E SI RENDE IMMEDIATAMENTE CONTO DELLA
GRANDEZZA DELL’OPERA. Visse alla corte di Carlo il Calvo e la sua filosofia si riassorbe completamente
nel corpo della fede Cristiana. Riprende la grazia di Agostino.

4.6.1. CONUBIO FEDE-RAGIONE IN SCOTO ERIUGENA La natura prova un desiderio innato di conoscere la
verità. Comprendere la Natura non era possibile nell’epoca antica prima della rivelazione del
Vangelo poiché non se ne conosceva l’autore, tuttavia la rivelazione ebraica aveva già iniziato
la propria opera che raggiungerà il proprio apice con il Cristo. La fede derivata dalla rivelazione
non deve sostituire la ragione bensì deve accompagnarla fino al momento in cui la fede
sparirà di fronte alla “Visione” cui giunge la ragione. (Nisi credideritis non intelligetis, Isaia) E’
potentemente immerso nello schema neoplatonico dal momento che non distingue la
ragionevolezza della rivelazione dai limiti della ragione.

4.6.2. METODO DIALETTICO Il metodo di cui la ragione si serve è la dialettica che a seconda della
direzione verso la quale si muove si evincono le sue operazioni fondamentali della divisione e
dell’analisi, che non sono semplici metodi astratti di composizione e decomposizione delle
idee ma appartengono alle leggi stesse degli esseri, ecco perché in lui la logica corrisponde ad
una fisica.

4.6.3. ESEGESI DELLE SCRITTURE L’opera di Scoto Eriugena è sostanzialmente una esegesi della sacra
Scrittura: bisogna cercare Dio nelle parole che egli ci ha lasciato.

4.6.4. COSMOLOGIA , COSMOGONIA E ONTOLOGIA SCRIVE UN DE DIVISIONE NATURA (DOVE PROCEDE UNA
VISIONE DICOTOMICA E ARTICOLATA DELLA NATURA SECONDO UNO SCHEMA NEOPLATONICO).
1) NATURA CHE CREA E NON È CREATA = DIO.
2) NATURA CHE CREA ED È CREATA = FIGLIO/LOGOS.
3)NATURA CHE NON CREA ED È CREATA = IL CREATO.
4)NATURA CHE NON CREA E NON È CREATA = FINE ESCATOLOGICO DEL RIASSORBIMENTO.
CONCEZIONE DELLA CREAZIONE NEOPLATONICA CHE CONCEPISCE I LIVELLI A PARTIRE DA DIO DOVE IL RECUPERO È
IL MASSIMO MOMENTO DI COMPIMENTO DI DIO. La divinità dispiegherebbe tutta la realtà e questa
non è che la sua manifestazione, in questo senso la creazione degli esseri da parte di Dio degli
esseri è una teofania, in quanto la creazione è rivelazione e la rivelazione è creazione a tal
punto che Eriugena riesce a concepire che Dio crea sé stesso creando gli esseri, le idee divine
da questo punto di vista sono la prima autocreazione in quanto in essa la natura divina
compare contemporaneamente creatrice e creata. L’esplicazione delle idee negli individui si
pone secondo un ordine gerarchico dal generale al particolare, questo ordine è la terza
persona della trinità: Lo Spirito Santo. Quindi il Padre nell’Essenza, la virtù attiva corrisponde
al Figlio, la creazione allo Spirito Santo. Questa creazione concepita come teofania apre la
strada a una visione gnoseologica di tipo illuminarista. L’insieme delle teofanie costituisce
l’universo che si divide in tre mondi:
1) Le sostanze immateriali.
2) L’uomo che si trova a metà tra i due mondi.
3) Le sostanze visibili.
Ricicla la dottrina di Origene per la quale in vista del peccato originale Dio avrebbe donato la
sessualità all’uomo che si sarebbe riprodotto per pullulazione istantanea.
Separandosi da Dio l’uomo ha così trascinato nella sua caduta l’intero mondo dei corpi, la
materia stessa non partecipa della sostanzialità di un ente bensì la sostanzialità è la sua
essenza intellegibile. Questa stessa essenza prende il nome di natura in quanto essa è
generata localmente ed è fissata da pensiero divino mentre la materia è suscettibile agli
accidenti. L’intera anima umana gravita intorno a Dio e ciò è permesso dal fatto che Dio si
manifesta come una mancanza o bisogno interiore all’interno dell’uomo (informitas). Un
movimento dall’essere al non-essere. La morte dell’uomo è la prima tappa del ritorno verso
Dio, la seconda tappa è la resurrezione dei corpi, con la conseguente abolizione dei sessi e
ogni corpo si reintegrerà dall’anima da cui è uscito per via di divisione mentre la quarta tappa
reintegrerà l’anima umana nel senso che essa sarà riassorbita nella sua causa prima, tutti gli
esseri che esistono nel pensiero sotto forma intellegibile verranno riportati a Dio. Nella visione
escatologica di Eriugena non ci sarà neanche bisogno di un inferno perché nel riassorbimento
del tutto in Dio, il nulla scomparirà.

4.6.5. GNOSOLEOGIA UNA VOLTA CHE L’OCCHIO DELLA MENTE È PULITO, TUTTE LE REALTÀ SONO CHIARE ED
EVIDENTI, NON C’È BISOGNO DI UN’AUTORITÀ CHE INTERPRETI : NON CONTANO PIÙ LE AUTORITÀ ECCLESIASTICHE
E I PADRI MA CONTANO SOLAMENTE L’AUTORITÀ DELLA LUCE DIVINA; NOI UOMINI SIAMO TUTTI QUANTI
EQUIDISTANTI DALLA VERITÀ (È GIUDICATO UN RAZIONALISTA PERCHÉ NON FA RIFERIMENTO ALL’AUTORITÀ). Le
varie dottrine sulla sensazione sono ereditate dal canale di Agostino. Le tre funzioni dell’anima
richiamano la trinità divina.

4.7. EXCURSUS STORICO IX – X SECOLO E AUTORI VARI In questo periodo sono assenti innovazioni e nuove
visioni filosofiche, la cultura europea è devastata dalle invasioni normanne e in qualche monastero
si cerca di perpetuare la cultura del secolo precedente.

4.7.1. ENRICO D’AUXERRE (IX SECOLO) Autore della scuola benedettina di Auxerre, è una sorta di
anticipatore di Roscellino per quanto riguarda il problema degli universali.
Problema degli Universali: rifiuta il realismo degli universali e costituisce parzialmente l’idea di
Aristotele attraverso i commenti di Aristotele in quanto per lui la realtà concreta sono le
sostanze particolari dove i generi e le specie indicano semplicemente gli individui: gli
universali sono semplicemente dei nomi funzionali al pensiero; Questi sono gli unici elementi
sconcordanti con il suo Eriugianesimo.

4.7.2. REMIGIO D’AUXERRE (IX – X SECOLO) Allievo di Enrico, l’influenza di Eriugena su questo autore si
riscontra nel suo platonismo nelle idee; in questo periodo di invasioni e devastazioni questo
è uno dei pochi autori che continua a perpetuare la cultura nel “Vuoto del X secolo”.

4.7.3. ABBONE DI CLUNY Benedettino riformato della scuola claustrale di Fleury-sur-Loire, ambiente
più florente della cultura del periodo. Questo autore sembra aver segnato un progresso nello
studio della logica della quale si conosceva, al tempo, solo una parte della logica aristotelica
trasmessa da Boezio. Ad Abbone viene attribuito un trattato sui sillogismi categorici

4.7.4. GILBERTO D’AURILLAC (X-XI SECOLO, PAPA SILVESTRO II ) Dopo aver studiato ad Aurillac questo
autore si reca in Spagna e si forma presso la cultura araba. Nel 999 fu eletto Papa con il nome
di Silvestro II, si interessava all’aritmetica, all’astronomia e alla musica. Inoltre gli dobbiamo
uno studio della geometria trasmessogli dalla scienza araba. Fu importante perchè ordinò la
trasmissione dei testi importanti a livello culturale.

5. XI SECOLO

5.1. EXCURSUS STORICO-POLITICO

5.1.1. LOTTA PER LE INVESTITURE IL PAPATO E I POTERI LOCALI SI SCONTRANO PER IL DIRITTO DI NOMINARE VESCOVI
E ABATI. (POTERE TEMPORALE E SPIRITUALE NON SONO DIVISI INFATTI LE CATTEDRE VESCOVILI O DA ABATE SONO
CATTEDRE DEL POTERE TEMPORALE). INFATTI DOMINANO SU UNA PLURALITÀ DI STATI E SPESSO QUESTI
APPARTENGONO SEMPRE A CLASSI NOBILIARI  QUINDI COME SONO DEI CENTRI DI CULTURA O SPIRITUALI SONO
ANCHE CENTRI DI POTERE QUINDI DALLO SCONTRO NE ESCE VINCITORE IL PAPATO.

5.1.2. SCONTRO TRA CLERO MONASTICO E CHIERICI


1)IL MONACHESIMO SI RIFÀ AI PADRI DEL DESERTO (ASCETI TARDO-ANTICHI).  NEL VI NASCONO FORME DI
VITA MONASTICHE ORGANIZZATE SECONDO IL MODELLO BENEDETTINO CHE SI ARTICOLA IN SEGUITO CON VARIE
SFACCETTATURE; IL MONACHESIMO NON È UN ORDINE RELIGIOSO IN QUANTO OGNI ABBAZIA È AUTOCEFALA,
CIOÈ NON DEVE RENDERE CONTO A NESSUN ALTRO POTERE (AL MASSIMO DEVE VAGAMENTE RENDER CONTO A
UN VESCOVO, MA NON SEMPRE). SOLO CON L’XI SECOLO, CON LA RIFORMA DEL MONACHESIMO DIVENTERÀ UN
ORDINE RELIGIOSO ORGANIZZATO CON UNO SCHEMA DI POTERE PIRAMIDALE.
2)IL CLERO SECOLARE È DI UN’ALTRA FORMA RISPETTO AL MONACHESIMO, DURANTE QUESTO SCONTRO I
MONACI IMPONGONO AL CLERO SECOLARE UN DETERMINATO STILE DI VITA MONASTICO (IN PARTICOLARE IL
CELIBATO)  QUESTO IMPEDIRÀ IL RICONOSCIMENTO DEI PROPRI FIGLI COME LEGITTIMI E L’IMPOSSIBILITÀ DI
PASSARE LORO IL FEUDO. (CESSANO DI ESSERCI QUINDI LE DONNE ACCULTURATE E TERMINANO LE FAMIGLIE
VESCOVILI).

5.1.3. STRUTTURA DEL POTERE ANCHE SE GIÀ DAL IX IL POTERE TEMPORALE ERA SOTTOPOSTO AL POTERE
SPIRITUALE (IL PAPA), L’IMPERATORE PRIMA DELL’XI POSSEDEVA ANCORA UN’AUTONOMIA INFATTI POTEVA
NOMINARE DELLE CARICHE MA NELL’XI IL PAPATO SI FA PORTAVOCE TOTALE DI ENTRAMBI I POTERI FORMANDO
COSÌ UNA SOCIETÀ ASSOLUTAMENTE TEOCRATICA A TAL PUNTO CHE I DUE POTERI SONO DIFFICILMENTE
DISTINGUIBILI NEL MEDIOEVO. (LEGITTIMANDO TUTTO CON IL PASSO DELLE DUE SPADE DI PIETRO, LUCA 22,38).

5.2. RISCOPERTA DELLA LOGICA In questo periodo alcuni laici e alcuni chierici si avvicinano allo studio della
logica con maggior interesse e fervore, a tal punto da preferirla alla teologia fino a portare la
pretesa di sottomettere il dogma e la rivelazione alla dedizione sillogistica.

5.3. SCONTRO TRA DIALETTICI (FILOSOFI-LOGICI) E ANTIDIALETTICI (TEOLOGI)

5.3.1. I DIALETTICI SI POSSONO CONSIDERARE AUTORI PIÙ PLATONICI (BERENGARIO DI TOUR, ANSELMO IL
PERIPATETICO, ECC.) CHE INIZIANO A CUCIRE I FRAMMENTI PIÙ DISPERSI ELABORANDO UNA VISIONE
NEOPLATONICA DEL MONDO: INFATTI IN DIO SONO PRESENTI MODELLI ETERNI DEL MONDO CHE È COSTRUITO
SECONDO UNO SCHEMA NEOPLATONICO  FANNO DERIVARE IL MONDO NECESSARIAMENTE PER LIVELLI DA DIO
SEGUENDO UNA STRUTTURA RAZIONALE: IMPLICA CHE HA SENSO STUDIARE LA REALTÀ DELLE COSE, SARANNO
SOTTOPOSTI A UN ATTACCO DURISSIMO DAGLI ANTIDIALETTICI.

5.3.2. GLI ANTIDIALETTICI (MANEGOLDO DI LAUTEMBACH , PIERDAMIANI) NEGANO CHE CI SIANO DEGLI
INTERMEDIARI NECESSARI TRA DIO E IL MONDO, NEGANO REGOLE INTERNE A QUESTO RIFACENDOSI
ALL’ASSOLUTA LIBERTÀ DELLA VOLONTÀ E DELL’ONNIPOTENZA DI DIO ATTACCANDO VIOLENTEMENTE I DIALETTICI:
NON HA SENSO STUDIARE PERCHÉ IL MONDO NON È FATTO SECONDO LEGGI RAZIONALI, L’UNICA COSA CHE ABBIA
VALORE È LA RIVELAZIONE E SOLO L’AUTORITÀ CHE POSSIEDE LA RIVELAZIONE PUÒ INTERPRETARE LA VOLONTÀ
DIVINA.
Per questi autori la filosofia è creazione del diavolo che deve essere convertita in legge
monastica.

5.3.3. CONSEGUENZE TEOLOGICHE CON RIVERBERI POLITICI

5.3.3.1. BERENGARIO VIENE CONDANNATO NON PER AVER MESSO INTERMEDIARI TRA DIO E IL MONDO MA
PER LA QUESTIONE EUCARISTICA IN QUANTO AFFERMA CHE L’EUCARESTIA HA SEMPLICE VALORE
SIMBOLICO(TEORIA CONSUSTANZIALISTICA = RESTANO TALI MA SI CREA UN LEGAME SIMBOLICO).
NELLA DIALETTICA LO STRUMENTO PER ARRIVARE ALLA VERITÀ IN QUANTO L’UOMO È FATTO A IMMAGINE
E SOMIGLIANZA DI DIO E NON USARE QUESTA DOTE SAREBBE UNO SPRECO.

5.3.3.2. PIERDAMIANI INTERPRETA L’EUCARESTIA TRANSUSTANZIALISTICAMENTE (L’EUCARESTIA DIVENTANO


SOSTANZIALMENTE CORPO E SANGUE DI CRISTO) QUESTA TEORIA VINCE POLITICAMENTE  PER
PIERDAMIANI NON CI SONO LIMITI ALLA VOLONTÀ DIVINA E NON CI SONO NESSI NECESSARI. TUTTAVIA
QUESTA PROCLAMAZIONE DOGMATICA HA SENSO SOLO SE SI LEGGE IL MONDO COME FORMATO DI
SOSTANZE E ACCIDENTI (ES. SOSTANZA: SANGUE, ACCIDENTE: APPARENZA DI VINO) CIOÈ
ARISTOTELICAMENTE. QUESTE QUESTIONI POLITICHE AVRANNO DIVERSE RIPERCUSSIONI IN AMBITO
FILOSOFICO.

5.4. LANFRANCO DEL BECK E ANSELMO D’AOSTA IL PRIMO È MAESTRO DEL SECONDO ED ENTRAMBI SI RIFANNO AL PRIMO
AGOSTINO, SECONDO CUI PER CAPIRE BISOGNA PRIMA PURIFICARSI QUINDI PER “INTELLIGERE” NON SI USA LA
DIANOIA MA LA NOESIS: SE DUNQUE LA RATIO È UTILE ESCLUSIVAMENTE ALLE COSE SENSIBILI, LE COSE INTELLEGIBILI
DEVONO ESSERE COLTE CON L’OCCHIO DELLA MENTE ATTRAVERSO UNA PURIFICAZIONE MORALE.

5.4.1. ANSELMO D’AOSTA (RITORNA DI MODA UTILIZZARE IL TERMINI GRECI) O “ANSELMO DI CANTERBURY”, COSÌ
CHIAMATO PER LA CATTEDRA VESCOVILE CHE RICEVERÀ A CANTERBURY; Con lui si risolve la disputa tra
dialettici e antidialettici: contesta i primi sul fatto che non si fondino in primis sulla fede ma
contesta i secondi del fatto che la fede è il punto di partenza che permette di elaborare
attraverso la ragione, infatti una volta che si crede non c’è nessun male nello sforzarsi di capire
in cosa si crede (tuttavia è sempre un sed credo ut intelligam) L’uomo ha due facoltà per
conoscere: la fede e la ragione.

5.4.1.1. MONOLOGION (SOLILOQUIO), VOLTATO A DIMOSTRARE DIO ATTRAVERSO LA FACOLTÀ DELLA


RAGIONE E NON CON L’INTELLETTO.  DIMOSTRAZIONE PER GRADI DI PERFEZIONE

5.4.1.2. PROSLOGION (DISCORSO PER GLI ALTRI) TESTO CHE NASCE IN SEGUITO A UNA RICHIESTA DI UN
DIMOSTRAZIONE PIÙ EVIDENTE ATTRAVERSO L’INTELLETTO: LO STOLTO DICE IN CUOR SUO CHE DIO NON
ESISTE (ESSENDO SPORCO MORALMENTE NON PUÒ VEDERE LA REALTÀ ONTOLOGICA DI DIO CHE
DOVREBBE ESSERE EVIDENTE ALL’OCCHIO DELLA MENTE) MA SI CONTRADDICE. INFATTI  SE DIO È “CIÒ
DI CUI NON SI PUÒ PENSARE NULLA DI MAGGIORE” (CFR. BOEZIO)  I.Q.M. PENSARE TRA I.Q.M.
ESISTENTE E I.Q.M. NON ESISTENTE IMPLICA CHE IL MAGGIORE È I.Q.M. ESISTENTE = DIO DEVE
NECESSARIAMENTE ESSERE.
[ALL’INTERNO DI UNO SCHEMA NEOPLATONICO È LECITO PASSARE DAL CAMPO LOGICO A QUELLO
ONTOLOGICO, INFATTI L’I.Q.M. NON È UN CONCETTO MA UN’IDEA IN SENSO NEOPLATONICO].

5.4.1.3. OBIEZIONE DI GAUNILO GAUNILONE CONTRADDICE ANSELMO IN DIFESA DELLO “STOLTO” PERCHÉ
QUESTO AUTORE È DEL TUTTO AL DI FUORI DELL’OTTICA NEOPLATONICA.  ANSELMO PER RISPONDERE SI
RICHIAMA ALLA PROVA DEL MONOLOGION, UNICA COMPRENSIBILE A CHI CONTRADDICE L’IMPOSTAZIONE
NEOPLATONICA. TUTTAVIA, IN ULTIMA ANALISI, ANSELMO AFFERMA CHE PUR ESSENDO SPORCO L’OCCHIO
DELLA MENTE, L’EVIDENZA DI DIO PER QUANTO È GRANDE È PUR SEMPRE EVIDENTE QUINDI PER NEGARE
DIO PIÙ CHE STOLTI BISOGNA ESSERE MALVAGI.

5.4.1.4. CONCEZIONE DELLA LIBERTÀ PREMETTENDO CHE IN QUEST’OTTICA NEOPLATONICA L’INTELLETTO


FUNZIONA CORRETTAMENTE SE UNA REALTÀ SUPERIORE GLI CONFERISCE CONOSCENZA, LA LIBERTÀ
ASSUME IL MEDESIMO VALORE CHE AVEVA IN AGOSTINO: CAPACITÀ DI FARE IL BENE MA VE NE AGGIUNGE
ALCUNE PRECISAZIONI:
- GIUSTIZIA: L’ATTITUDINE CONSERVATA PER SÉ STESSA QUALE CONSERVAZIONE DELLA PUREZZA MORALE,
IN QUESTO SENSO, LA LIBERTÀ ASSUME IL SIGNIFICATO NON TANTO DI CAPACITÀ DI FARE IL BENE MA DI
CONSERVARE LA RETTITUDINE IN VISTA DELLA RETTITUDINE STESSA. INFATTI (LA GRAZIA DI AGOSTINO)
UNA VOLTA PERSA LA RETTITUDINE SOLO UNA FORZA SUPERIORE PUÒ PERMETTERTI DI RIACQUISTARLA. IN
QUEST’OTTICA LA PERDITA DI RETTITUDINE NON È UNA CAPACITÀ BENSÌ UNA DEFICIENZA. MA PER
SPIEGARE IL PRIMO PECCATORE (IL DIAVOLO) È COSTRETTO A RICONOSCERE PER LA PRIMA VOLTA DUE
TENSIONI DELLA VOLONTÀ, DANDO VITA COSÌ A UNA NUOVA CONCEZIONE DELLA LIBERTÀ QUALE SCELTA
TRA BENE E MALE.
- VERITÀ: Lo stesso discorso vale per la verità, infatti quest’ultima non è nient’altro che
rettitudine in quanto una cosa è vera lo è se è conforme alla sua idea in Dio.  Ne
deriva anche che l’unica verità è Dio (continua influenza di Sant’Agostino).

5.4.1.5. PROBLEMA DEGLI UNIVERSALI La sua visione neoplatonica lo mette in una posizione
opposta al nominalismo di Roscellino necessario, tra l’altro, per il suo argomento
ontologico.

5.4.2. INFLUENZE DOTTRINALI CIRCA LA MORALE NELLA MORALE MONASTICA SI ERA STRUTTURATA L’IDEA MORALE
PER LA QUALE AL PIACERE CORRISPONDE IL MALE E AL DOVERE IL BENE. DI QUI SI INIZIANO A STRUTTURARE UNA
SERIE DI TEORIE PER STRUTTURARE UN COMPORTAMENTO COERENTE SIA CON LA RIVELAZIONE CHE CON LA
SUDDETTA DINAMICA MORALE (INFATTI L’ESTASI MISTICA NON È AFFATTO PIACEVOLE, È UN RAPTUS).

5.4.3. EXCURSUS STORICO-CULTURALE ALCUNI MONASTERI DIVENGONO CENTRI CULTURALI ALL’INTERNO DEI QUALI
OLTRE AI PROBLEMI MORALI SI INIZIANO A PORRE PROBLEMI DI CARATTERE NATURALISTICO, ATTRAVERSO UN
METODO PSEUDO-EMPIRISTA SENZA NEANCHE CONOSCERE ARISTOTELE, QUESTO È L’AMBITO CULTURALE DA CUI
NE VENGONO AUTORI TIPO ROSCELLINO.

5.4.4. ROSCELLINO (XI-XII SECOLO) SVILUPPA UNA NUOVA CONCEZIONE DEGLI UNIVERSALI NON PLATONICA
(NONOSTANTE LA CONCEZIONE NEOPLATONICA, E QUINDI REALISTICA DEGLI UNIVERSALI SIA UTILE ALLA TEOLOGIA
COME AD ESEMPIO NELLA GIUSTIFICAZIONE DEL PECCATO ORIGINALE O DELLA TRINITÀ DI DIO). PER ROSCELLINO
FUORI DALLA CONOSCENZA L’UNIVERSALE NON ESISTE. LE UNICHE REALTÀ SONO 1) GLI INDIVIDUI DELLA SPECIE.
2) LE PAROLE DELL’UNIVERSALE.  CONDANNATO PER TRIDEISMO (Dalle sue dottrine, a differenza del
platonismo, ne deriva che le tre Persone di Dio non partecipano dell’unica idea divina ma sono
separate tra loro).

6. PRIMA METÀ DEL XII SECOLO E’ UN SECOLO DI RINASCIMENTO CULTURALE, CONSIDERATO ANTICIPATORE DEL
RINASCIMENTO : RINASCE L’INTERESSE PER I CLASSICI ANCHE SE LE UNICHE OPERE PRESENTI SONO L’ORGANON DI
ARISTOTELE E UNA PARTE DEL TIMEO. PRENDONO PIEDE LE SCUOLE CITTADINE. Il centro intelletuale e più vivo si
trova all’interno della Scuola di Chartre.

6.1. SCUOLA DI CHARTRE SI IMPEGNANO NELLA COSTRUZIONE DI UNA METAFISICA MA ANCHE DI UNA FISICA CONTRO
L’INDIRIZZO FILOSOFICO DEL TEMPO PER IL QUALE NON ERA IMPORTANTE LA FISICA.

6.1.1. BERNARDO DI CHARTRE CIT: SIAMO UMANI SULLE SPALLE DEI GIGANTI (MA I GIGANTI SONO IGNOTI). E’ un
perfetto platonico, con Bernardo la logica invade l’insegnamento della grammatica, di
conseguenza in futuro la grammatica verrà concepita come un ramo della logica. Nella sua
visione però l’idea divina non è coeterna a Dio ma anche se conferisce all’idea una sorta di
eternità essa si presenta in qualche modo posteriore a Dio: costui cristianizzava Platone come
aveva già fatto Agostino trasformando le idee Platoniche nel pensiero divino.

6.1.2. GILBERTO DE LA PORRES (XI-XII) ANCHE LUI COME TEODORICO RICOSTRUISCE GENIALMENTE UN SISTEMA
NEOPLATONICO SULLE POCHE FONTI A LUI DISPONIBILI. DISTINGUE DUE PUNTI DI VISTA:
1)I TEOLOGI: HANNO IL COMPITO DI SPIEGARE QUAL È L’ORIGINE DELLE COSE.
2)I NATURALES: HANNO IL COMPITO DI SPIEGARE COME SONO FATTE LE COSE.

6.1.2.1.1. COSMOLOGIA PARLA DELLA REALTÀ CHE RICEVE IN EREDITÀ DA BOEZIO:


1)SUSSISTENTE ( o SOSTANTE): COSA, ENTE. (SOSTANZA IN SENSO ARISTOTELICO) E’ un
individuo attualmente esistente che è una sostanza che sostiene diversi accidenti.
2)SUSSISTENZA: CIÒ CHE DETERMINA IL SUSSISTERE DELLE COSE, CIÒ CHE FA SÌ CHE LE COSE
SIANO. La sostanza priva dei suoi accidenti. (FORMA IN SENSO ARISTOTELICO).
NOTA: RISCOPRE ARISTOTELE SENZA CONOSCERLO MA NON NE PUÒ UTILIZZARE LA TERMINOLOGIA
NON CONOSCENDOLO. IN QUESTA VISIONE GLI ENTI ASSUMONO IL VALORE DI AGGREGATO DI
INTELLEGIBILI, MA INTERPRETA GLI INTELLEGIBILI COME UNICI, ALL’INTERNO DELLE COSE  LE COSE
SONO INTRINSECAMENTE UTILI PER SÉ STESSE.
A DIFFERENZA DI TEODORICO, GLI AGGREGATI DI ACCIDENTI SONO UNICI E INTELLEGIBILI DELLE
COSE.

6.1.2.1.2. METAFISICA: Ha un grande interesse per la metafisica. INFLUENZATO DAL TRATTATO


DI BOEZIO, DOVE PONE LA DISTINZIONE TRA ESSERE E CIÒ CHE È. ANCHE SE PER BOEZIO L’ESSERE
DIVINO PERMETTE CHE GLI ENTI SIANO CIOÈ PERMETTE CHE AL TEMPO STESSO SIANO SOSTANZA
CIOÈ PERMETTE SIA CHE UNA COSA SIA E SIA CHE UNA COSA SIA CIÒ CHE È  GILBERTO
INTERPRETA INFATTI IN BOEZIO LA DIFFERENZA TRA ESSENZA ED ESISTENZA RICICLANDO I TERMINI
QUINDI DI SUSSISTENZA E DI SUSSISTENTE E VI COSTRUISCE SOPRA UNA METAFISICA. In Dio
essere ed essenza coincidono a differenza delle altre creature alle quali il loro
essere partecipa di un’essenza generica.

6.1.2.1.2.1. ONTOLOGIA Per produrre le cose c’è bisogno di prendere in considerazione tre
termini: la materia prima e le due forme prime (ousia dell’artefice e le idee
delle cose sensibili)  Le forme delle cose nei corpi, e che quindi vi sono
unite, non sono le forme stesse bensì delle loro immagini (riprende qui la
distinzione tra le idee divine e le forme generate) e per risalire agli universali
la ragione umana è in grado di procedere per astrazione da queste immagini.
- FORME INERENTI E FORME ACCESSORIE Divide le categorie in due gruppi, sebbene
sia in accordo con il realismo degli universali, e le concepisce come forma.
Chiama Forme inerenti quelle categorie che sono sia la stessa sostanza e sia
inerenti alla sostanza in quanto essa è indipendente dai suoi rapporti con le
altre (es. la forma della qualità è indipendente da quella di moto). Chiama
invece Forme Accessorie quelle forme che non sono che una determinazione
accidentale della sostanza.

6.1.3. TEODORICO DI CHARTRE ATTRAVERSO I POCHI FRAMMENTI DI TESTI DI CUI È A DISPOSIZIONE RICOSTRUISCE
UNA VISIONE DEL MONDO NEOPLATONICA. PER CUI A PARTIRE DA UN PRINCIPIO IL MONDO CHE È L’ULTIMO
LIVELLO È SEMPLICEMENTE UN AGGREGATO DI INTELLEGIBILI. QUINDI A FONDAMENTO DEL MONDO VI SONO LE
FORME, INTESE IN SENSO PLATONICO, DOVE DIO È LA CAUSA FORMALE DEL MONDO MA ALLO STESSO MOMENTO
È ANCHE LA CAUSA EFFICIENTE. (USA TERMINI ARISTOTELICI CHE PERÒ NON CONOSCENDO ARISTOTELE HANNO
UN SENSO NEOPLATONICO E CHE GLI EVITANO QUINDI QUALSIASI TIPO DI CONDANNA).
La causa materiale è
l’unica che non risiede presso Dio in quanto sono i quattro elementi. Ha trovato parecchi
problemi nella sua conciliazione della creazione con la dottrina neoplatonica trasmessagli da
Calcidio ha trovato parecchi problemi di conciliazione.

6.1.3.1. PROBLEMA DEGLI UNIVERSALI LA REALTÀ DEGLI ENTI È DI ESSERE UNIVERSALI INCROSTATI DI
ACCIDENTI.L’ UNICITÀ DELL’INDIVIDUO È DATA DAI SUOI ACCIDENTI, MENTRE PER QUANTO RIGUARDA GLI
UNIVERSALI HA UNA CONCEZIONE REALISTA. Concepisce la consustanzialità delle tre persone
secondo uno schema neoplatonico secondo cui dalla pluralità identica a sé stessa si
produce un’unità.

6.1.4. FISICA DI CHARTRE QUESTA SCUOLA HA CREATO IL TERRENO FERTILE PER FAVORIRE L’IMMISSIONE IN AMBITO
CRISTIANO-LATINO DELLE FILOSOFIE ARABE, EBRAICHE E ANTICHE SVILUPPANDO UN INTERESSE PER LA FISICA
NONOSTANTE ANCORA NON SI CONOSCA LA FISICA ARISTOTELICA (QUESTA È UNA FISICA MECCANICISTICA, NON
ARISTOTELICA, DOVE L’ESSENZA DELLE COSE È DETERMINATA DAL MECCANICISMO E NON DALLA SOSTANZA
STESSA).

6.2. SCUOLA DI LAUN

6.2.1. ANSELMO DI LAUN SVILUPPA DOTTRINE FISICHE NON ARISTOTELICHE E INTERESSI SPECULATIVI NEL CAMPO
NATURALISTICO, SI RIFÀ AL SECONDO AGOSTINO CIOÈ QUELLO DEL PENSIERO IPERPREDESTIZIONALISTICO E RITIENE
INUTILE TUTTA L’IMPALCATURA SPECULATIVA DI AUTORI COME ANSELMO D’AOSTA IN QUANTO METTE IN
DISCUSSIONE L’ONTOLOGIA STRUTTURATA SECONDO I LIVELLI DELL’IMPALCATURA NEOPLATONICA.

6.3. SCUOLA DI SAN VITTORE SI TROVA NEL MONASTERO DI SAN VITTORE MA È UNA SCUOLA CITTADINA INFATTI NON
SVILUPPA UNA SPECULAZIONE DI TIPO MONASTICO.

6.3.1. UGO DI SAN VITTORE RITIENE CHE L’ACCESSO ALLA TEOLOGIA SI ATTUI ATTRAVERSO LE ARTI LIBERALI
(RIADOTTA IL METODO DELLE SCUOLE NEOPLATONICHE TARDO-ANTICHE SENZA CONOSCERLE). Egli è
fondamentalmente un mistico che corona la mistica con la sapienza e la teologia.

6.3.1.1. STORIA DIVIDE LA STORIA IN DUE GRANDI ERE (A.C. E D.C.) DOVE LA PRIMA ERA SI STUDIA CON IL
SUSSIDIO DELLE ARTI LIBERALI (RISERVA UN POSTO ALLE SCIENZE OCCULTE, RISVEGLIANDO UN INTERESSE
PER IL MONDO SENSIBILE E PERMETTE LA FUTURA TRADUZIONE DI ARISTOTELE) MENTRE LA SECONDA ERA,
QUINDI ANCHE L’ANTROPOLOGIA E LA DOTTRINA DELLA SALVEZZA (VENGONO STUDIATE ATTRAVERSO LE
SACRE SCRITTURE).

6.3.1.2. DIMOSTRAZIONE DELL’ESISTENZA RICICLANDO UNA DOTTRINA AGOSTINIANA FORMULA: IO HO


IMMEDIATA L’EVIDENZA DELLA MIA ESISTENZA MA ALLO STESSO TEMPO MI RENDO CONTO DI NON ESSERE
CAUSA DELL’ESISTENZA DI ME STESSO QUINDI DEVE ESSERCI QUALCOSA CHE MI FONDI .

6.3.2. RICCARDO DI SAN VITTORE Riprende da agostino e da anselmo la dottrina delle facoltà superiori
dell’anima dove la purificazione avviene per la conoscenza e la dimostrazione dell’evidenza di
Dio a partire dalla mutevolezza delle cose sensibili.

6.4. VARIE PROPOSTE STORIOGRAFICHE DELLA MODALITÀ OPERATIVA DI DIO

6.4.1. PIERDIAMIANI (XI): IL MONDO NON È RAGIONEVOLE MA SOTTOSTÀ COMPLETAMENTE ALLA VOLONTÀ DI DIO
ALLA QUALE NON SI PUÒ SUBORDINARE PERCHÉ AUTONOMA.

6.4.2. ALTRI AUTORI: TUTTO È ORIGINATO DALLA RAZIONALITÀ DIVINA, LA VOLONTÀ DIVINA SI LIMITA A SEGUIRE GLI
SCHEMI SECONDO LA POSSIBILITÀ DI RAGIONE.

6.4.3. UGO DI SAN VITTORE: PROPONE UNA VIA MEDIA, ASSEGNA ALL’AMBITO FISICO IL DOMINIO DELLA RAGIONE
DIVINA E ALL’AMBITO ETICO IL DOMINIO DELLA VOLONTÀ DIVINA.

6.5. ABELARDO E I SUOI AVVERSARI MOLTO FAMOSO PER LE SUE VICENDE BIOGRAFICHE, Autore particolarmente
interessato alla dialettica e alla retorica. Opponendosi al suo maestro Guglielmo di Champeaux si
guadagnò l’inimicizia di lui e dei suoi condiscepoli, tanto che costrinse il maestro ad abbandonare
la sua dottrina realista degli universali rovinando la fama del maestro a vantaggio di quella del
discepolo. In seguito si dirige da Anselmo di Laun per studiare teologia ma disgustato se ne
allontana e a questo periodo risalgono le vicende del suo amore con Eloisa. La sua opera è
interessante sia dal punto di vista filosofico che teologico. Autore molto legato a una concezione di
autorità non in senso arbitrario e a una concezione di filosofia come speculazione ai fini di
verificare le verità di fede.

6.5.1. ETICA DELL’INTENZIONE LA SUA ETICA SI EVINCE DALLE SUE OPERE TEOLOGICHE: FONDA UN’ ETICA
DELL’INTENZIONE, (COMPORTA UNA SERIE DI PROBLEMATICHE ED ENTRA IN CONFLITTO SIA CON L’ETICA
MONASTICA DOVE I CRITERI MORALI SONO QUELLI DEL PIACERE E DEL DOLORE E IN CONFLITTO ANCHE CON I LIBRI
PENITENZIARI) QUINDI L’AZIONE MORALE È QUELLA CONFORME NELLA COSCIENZA AL COMANDO DIVINO. E NEL
CASO SI RIFIUTI DELIBERATATIVAMENTE LA VOLONTÀ DIVINA, LA CONSEGUENZA È IL PECCATO. TUTTAVIA QUESTA
STRUTTURA MORALE RICONOSCE I SUOI LIMITI NEL CASO NON SI CONOSCA LA VOLONTÀ DIVINA.
- LA STRUTTURA DI QUEST’ETICA DOVE LA BONTÀ MORALE È SEMPLICEMENTE ONESTÀ MORALE NEI CONFRONTI
DELLA RETTITUDINE DIVINA SI SCONTRA CON L’ETICA MONASTICA NELLA MISURA IN CUI SE PER ABELARDO
RIMANE UNO SPAZIO PER LA DISCUSSIONE, NELL’ETICA MONASTICA, ESCLUSIVAMENTE L’AUTORITÀ DETTA I
PRECETTI MORALI.

6.5.1.1. BERNARDO DI CLAIRVAUX (FUNZIONALE AL DIBATTITO ETICO CON ABELARDO) (MONACO


CISTERCENSE) NEI SUOI INTERESSI SPECULATIVI DA MONACO VERTONO ESCLUSIVAMENTE
SULL’ANTROPOLOGIA E SULLA DOTTRINA DELLA SALVEZZA. CREDE CHE L’UOMO SIA CREATA A IMMAGINE E
SOMIGLIANZA DI DIO CHE HA PERSO A CAUSA DEL PECCATO ORIGINALE CHE PER RECUPERARE HA BISOGNO
DI ANDARE ALLA “SCUOLA DELLA CARITÀ” (PERCORSO ASCETICO E SPIRITUALE QUALE SOLUZIONE ALLA
CORRUZIONE DAI PIACERI CHE PERMETTE DI CURARE LA PROPRIA VOLONTÀ CHE NELL’ATTO PRATICO SI
TRADUCE IN UMILTÀ ED OBBEDIENZA COME RINUNCIA A SÉ STESSI PER RACCOGLIERE L’IO DIVINO) 
PERCHÉ SOLO ESSENDO SIMILI A DIO SI CI PUÒ UNIRE A DIO. INFATTI LA CARITAS NON È AMORE MA È
VOLERE CIÒ CHE VUOLE DIO.
PECCARE SIGNIFICA SEGUIRE LA VOLONTÀ PROPRIA E NON QUELLA DI DIO (LE ISTITUZIONI SONO ATTE A
INTERPRETARE LA VOLONTÀ DI DIO). Per questo autore raggiungere l’apice dell’umiltà significa
anche raggiungere il primo gradino della verità, questo autore viene anche classificato
sotto la voce di mistica speculativa, gli altri gradini sono il sentimento della compassione
e l’ardore della contemplazione. Questo autore inoltre ha fondato una dottrina
dell’estasi attraverso l’esperienza personale quale unione statica dell’anima con Dio. In
quest’ottica il peccato significa volere sé stessi e non volere il volere divino.

6.5.1.2. CONFLITTO TRA BERNARDO E ABELARDO DAL PUNTO DI VISTA DI BERNARDO, ABELARDO È
PECCATORE PERCHÉ NON OBBEDISCE MA RAGIONA (LO FA CONDANNARE ERETICO DAL SINODO DI SENZ) .

6.5.2. PIETRO LOMBARDO (CHIERICO SECOLARE, ALLIEVO DI ABELARDO, XII SECOLO) La sua opera
principale è il Libri Sententiarium dove raccoglie tutte le sentenze di autorità della Chiesa
(tra le quali i testi biblici e i Padri della Chiesa). Importante perchè commentatissimo nel
XIII e XVI secolo.

6.5.3. DIALETTICA LA CHIAMIAMO DIALETTICA PERCHÉ ALCUNI ARGOMENTI CEDONO ALLA LOGICA.

6.5.3.1. PROBLEMA DEGLI UNIVERSALI SUL PIANO LOGICO IL PROBLEMA SI PONE DAL MOMENTO CHE
BISOGNA FAR CADERE SOTTO UNA DETERMINATA SPECIE UN DETERMINATO ENTE.
- Abelardo riconosce che in definitiva l’universale è la validità logica di un predicamento
rispetto a un soggetto quindi essenzialmente una funzione logica; il passo oltre
Roscellino sta nel non ridurre l’universale a Flatus Vocis per il quale non sarebbe
importante la validità logica ma ridotto proposizione grammaticale strutturalmente
corretta.  In definitiva non essendo cose, gli universali si riducono a status delle cose,
questa soluzione non comporta nessuna esistenza e l’universale si riduce a racchiudere
determinati elementi che si trovano all’interno dello stesso status senza dargli nessun
tipo di consistenza ontologica.

6.5.3.1.1. DIBATTITO CON GUGLIELMO DI CHARTRE GUGLIELMO AFFERMA AL TEMPO DI ABELARDO


LA TESI DI ANSELMO D’AOSTA CIOÈ IL REALISMO DEGLI UNIVERSALI.
- ABELARDO: IL PRINCIPIO DI NON-CONTRADDIZIONE AFFERMA CHE ESISTONO SOLO GLI INDIVIDUI
PERCHÉ SAREBBE CONTRADDITTORIO CHE GLI ENTI PARTECIPASSERO DELLE ESSENZE
CONTEMPORANEAMENTE. (SE IO MI VOLESSI DIRE “ANIMALE RAZIONALE” DOVREI AVERE TUTTE LE
QUALITÀ DELL’ANIMALITÀ E TUTTE LE QUALITÀ DEGLI ESSERI RAZIONALI.
-GUGLIELMO RISPONDE CON LA TEORIA DELLA NON DIFFERENZA (per richiudere gli individui
all’interno di una specie si assume come criterio di unificazione una via negativa la
quale di non differenti).
-ABELARDO MOSTRA COME LA TEORIA DELLA NON DIFFERENZA NON PERMETTA A LIVELLO
IDEOLOGICO UNA GARANZIA DI IDENTITÀ IN QUANTO SI MUOVE IN VIA NEGATIVA.

6.5.3.2. PROBLEMA DEGLI UNIVERSALI SUL PIANO GNOSEOLOGICO CON QUEL POCO CHE HA DI ARISTOTELE
ELABORA LA TEORIA DELL’ASTRAZIONE IN MODO PERSONALE E DIVERSO DA ARISTOTELE (N.B. ARISTOTELE
 L’INTELLETTO PUÒ ESTRARRE LA FORMA DI UN ENTE E RENDERLA PRESENTE). PER ABELARDO
L’ASTRAZIONE PRODUCE UN PENSIERO, IL PENSIERO PRODUCE UN FICTUM (UN PRODOTTO, UN
CONCETTO), QUI SI SENTE L’INFLUSSO DEL MAESTRO ROSCELLINO CHE DISTRUGGE L’ONTOLOGIA
NEOPLATONICA; L’UNICA REALTÀ CHE RISPONDE AL PENSIERO SONO LE COSE STESSE CIOÈ LO STATUS DELLE
COSE. Tuttavia l’universale in quanto è semplicemente pensiero che corrisponde a
comunanza di status lo si può disegnare come un’immagine confusa a differenza
dell’individuo che è un’immagine volontaria  le conoscenze più precise sono quelle
degli esseri particolari.

6.6. GUGLIELMO DI SAN TEODORICO (ALLIEVO DI BERNARDO DI CLAIRVAUX) La sua dottrina come quella di
Bernardo si sviluppa al’interno di un quadro monastico, differisce dal maestro per la ripresa della
dottrina agostiniana della memoria: infatti l’amore di Dio è stato da lui inserito nel cuore della sua
creatura solo che con il peccato originale l’uomo si è allontanato da Dio e allora l’anima deve
riavvicinarsi a Dio secondo il moto naturale dalla creatura al creatore. Infatti l’anima conoscendo se
stessa si riconosce come fatta a immagine e somiglianza di Dio. Dio ha lasciato una sua immagine in
noi affinchè noi possiamo sempre ricordarci di lui.

7. SECONDA METÀ DEL XII SECOLO

7.1. CONTESTO CULTURALE C’È UNA RINNOVAZIONE DAL PUNTO DI VISTA LOGICO, METAFISICO E GNOSEOLOGICO CON
L’INIZIO DELL’ENTRATA IN SCENA DEI TESTI NON LATINI, CI SI PONE IL PROBLEMA DI DIMOSTRARE DIO IN MANIERA NON
NEOPLATONICO-AGOSTINIANA IN QUANTO BISOGNA CONTESTARE CREDENZE DIVERSE  SI SVILUPPANO NUOVI SISTEMI
LOGICI E SEGUENDO LA TRADIZIONE DI BOEZIO SI DISTINGUONO I PREDICAMENTALI (LE CATEGORIE CHE SI RIFERISCONO
ALLA REALTÀ) DAI SUPERPREDICAMENTALI (CIOÈ QUEI TRASCENDENTALI DA ATTRIBUIRSI A DIO), SCOMPARE COSÌ LA
VECCHIA DOTTRINA DELLA PUREZZA MORALE E DELL’ASCESI FILOPLATONICO-AGOSTINIANA MA PER IL CAMBIO DI
PARADIGMA C’È BISOGNO DI ASPETTARE L’ARRIVO DI UNA NUOVA GNOSEOLOGIA NON NEOPLATONICA; I FATTORI CHE
DETERMINANO QUESTA RIVOLUZIONE CULTURALE SONO :
1) SPOSTAMENTO DELLE SCUOLE DALL’AMBITO MONASTICO A QUELLO CITTADINO.
2)L’INSUFFICIENZA TEORETICA DELLA “CONVERSIONE” PER DIMOSTRARE L’EVIDENZA DELLA VERITÀ A CULTURE NON
LATINE.
CESSA IL CONNUBIO TRA RELIGIONE E FILOSOFIA.

7.2. ALANO DI LILLA Influenzato dal neoplatonismo di Chartre tuttavia non si riallaccia a nessuno dei
gruppi citati finora. Questo autore si trova a fronteggiare nelle sue opere quelli che dal suo punto
di vista erano concepiti come eretici sia all’interno del cristianesimo con le sette cristiane sia
all’esterno con ebraici ed islamici. Da qui egli elabora una serie di controtesi per ribattere alle
teorie eretiche di gruppi confessionali come quelli dei Catari e dei Valdesi motivandole
razionalmente e rifacendosi in continuazione all’esegesi scritturale. Nel De fide Orthodoxa vuole
costruire la teologia come scienza a partire dai dati scritturali che egli fonda a partire da principi (Il
suo schema è d’impianto neoplatonico).

7.3. NICOLA DI AMIENS In questo autore più di Alano le esigenze metodologiche sono ancor di più spinte
lontano. Questo autore è consapevole del fatto che contro confessioni diverse il principio di
autorità non conta niente. Così anche tutta la sua opera si fonda su postulati e assiomi che
stabiliscono il significato dei termini, usa ad esempio dimostrazioni sillogistiche, tanto da assumere
lineamenti teologici quasi “spinoziani”).

8. LE FILOSOFIE ORIENTALI Nel 529 l’imperatore giustiniano decretava la chiusura delle scuole filosofiche di
Atene. Così l’impero di oriente si chiude definitivamente agli influssi ellenici tuttavia il pensiero greco
iniziava a guadagnare terreno verso oriente. In Siria e in Mesopotamia il greco era funzionale alla
diffusione del cristianesimo per leggere i testamenti inoltre chiusa la scuola di Edessa nel 489 i suoi
studenti passarono in Persia  Nel momento in cui l’islamismo si sostituisce al cristianesimo in oriente i
Persiani trasmettono la filosofia ellenica al mondo islamico così gli autori greci vengono tradotti in arabo
attraverso il Siriaco, il pensiero di Aristotele tuttavia nelle scuole siriache era filtrato sotto il pensiero
platonico, è proprio questa setta del pensiero ellenico che costituisce la setta dei Mutaziliti.

8.1. L’ISLAM E LA SUA FILOSOFIA L’ISLAM NASCE CON MOHAMMED NEL VI SECOLO, IL QUALE RICEVE UNA LUNGA
RIVELAZIONE DALL’ARCANGELO GABRIELE CHE SARÀ IL CORANO . MAOMETTO SI CONCEPISCE COME RIFORMATORE
DELL’EBRAISMO E DISTRUGGENDO ANCHE CON FORZE MILITARI E POLITICHE IL MULTICULTURALISMO RELIGIOSO
PRESENTE ALLA MECCA. IL DOMINIO DELL’ISLAM NASCE PIÙ CHE COME UNA SORTA DI CHIESA, COME UN IMPERO IN
QUANTO È GIÀ UNA COMUNITÀ POLITICA; QUESTO CREDO TOLLERA LE RELIGIONI MONOTEISTE MA CONSIDERA
ERETICHE QUELLE POLITEISTE. ALLA MORTE DI MAOMETTO C’È IL PROBLEMA SU A CHI PASSARE IL POTERE E COSÌ
DALL’ULTIMA FIGLIA DI MAOMETTO NASCE LA STIRPE DI FATIMA, TUTTAVIA QUESTA STIRPE VIENE ELIMINATA, COSÌ
L’ISLAM SI SCINDE IN DUE FAZIONI: DA UNA PARTE I SUNNITI (CHE SEGUONO DEI SAGGI MA NON DEGLI EREDI/PRETI ) E
DALL’ALTRA GLI SCIITI (CREDONO NELL’EREDITÀ DEL CARISMA DEL PROFETA E SI STRUTTURANO IN UNA CASTA
SACERDOTALE CON UN VERTICE POLITICO-SPIRITUALE SIMILMENTE AL CRISTIANESIMO E RIFIUTANO L’UCCISIONE
DELL’ULTIMO DELLA STIRPE E ATTENDONO SEMPLICEMENTE IL SUO RITORNO CIOÈ IL RITORNO DI IMMAM, INFATTI I
SACERDOTI SUCCESSIVI SONO SEMPLICEMENTE VICARI DEL DODICESIMO IMMAM).
E’ IMPOSSIBILE SEPARARE IN QUESTA STRUTTURA LA RELIGIONE E LA POLITICA INFATTI IL CORANO È UN TESTO
GIURIDICO ED È CONSIDERATO UN TESTO TALMENTE SACRO CHE FINO AL XVII SECOLO ERA SCRITTO A MANO E NON
POTEVA ESSERE TRADOTTO. NELLA FULMINANTE ESPANSIONE DELL’ISLAM VIENE COINVOLTO ANCHE IL MONDO
PERSIANO DI CULTO MAZDEISTA MA ANCHE QUELLO SIRIACO, EGIZIANO E PALESTINESE, DOVE ERA PRESENTE UN
MAGGIORANZA DI CULTI CRISTIANI E DA QUI L’ISLAM CONOSCE I TESTI GRECI ATTRAVERSO LE SCUOLE NEOPLATONICHE
PRESENTI IN QUESTE TERRE. (IN QUESTE SCUOLE ARISTOTELE VIENE LETTO COME PROPEDEUTICO AL PLATONISMO).
TRA L’VIII E IL IX ALL’INTERNO DELL’ISLAM SI SVILUPPANO DUE CORRENTI: I ΜUTAZILITI (CHE ATTRIBUISCONO UN
INIZIO STORICO AL CORANO E CREDONO CHE IL CORANO POSSA ESSERE SPIEGATO RAZIONALMENTE) E GLI ASCIARITI
(CHE SOTTOPONGONO TUTTO QUANTO ALLA VOLONTÀ DI DIO). DI QUESTE DUE CORRENTI SIMILMENTE ALLO
SCONTRO, IN AMBITO LATINO, TRA DIALETTICI E ANTIDIALETTICI NE ESCE VINCENTE LA SECONDA. A BAGHDAD SI
TRADUCONO I TESTI GRECI DELLE SCUOLE NEOPLATONICHE.

8.1.1. AL-KINDI (IX SECOLO) TRADUTTORE E INTERPRETE NEOPLATONICO CHE INTEGRA ELEMENTI ARISTOTELICI CON
DOTTRINE DI PLOTINO. Aveva una cultura enciclopedica.

8.1.1.1. DOTTRINA DEI QUATTRO INTELLETTI (ATTIVO E PASSIVO DI ARISTOTELE + NOUS DI PLOTINO):
1) PRIMO INTELLETTO = INTELLETTO AGENTE DI ARISTOTELE MA È AGENTE PERCHÉ CORRISPONDE AL
NOUS DI PLOTINO QUALE INSIEME DEGLI UNIVERSALI IN ATTO.
2) SECONDO INTELLETTO = INTELLETTO RICEVUTO CIOÈ L’INTELLETTO DEGLI UOMINI CHE SIMILMENTE
ALL’ANIMA DI PLOTINO CONTIENE POTENZIALMENTE GLI UNIVERSALI.
3) TERZO INTELLETTO = L’ANIMA CHE SA LE COSE CIOÈ IL CONOSCERE LE COSE DELL’ANIMA IN ATTO.
(Intelletto che passa dalla potenza all’atto).
4) QUARTO INTELLETTO = ESPRESSIONE DELLA CONOSCENZA. Intelletto dimostrativo.

8.1.2. AL-FARABI (X SECOLO) LA SUA SPECULAZIONE GODE DI MOLTA FORTUNA E ANCH’EGLI CONCEPISCE PLATONE
E ARISTOTELE COME DUE AUTORI CONTINUATIVI.

8.1.2.1. ONTOLOGIA Sposta l’osservazione della logica aristotelica sul piano logico-metafisico
per la quale l’essenza non include l’esistenza attuale, cosa che è riservata esclusivamente
a Dio. PONE LA CLASSICA DIFFERENZA TRA ESSENZA ED ESISTENZA DOVE PERÒ AFFERMA CHE IN DIO
ESSENZA ED ESISTENZA SONO LA STESSA COSA (L’IDENTITÀ INCLUDE L’ESISTENZA) MENTRE NEGLI ENTI
SONO DUE COSE DIFFERENTI .

8.1.2.2. GNOSEOLOGIA Distingue tre intelletti :


1) L’intelletto in potenza (cioè possibilità di conoscere).
2) L’intelletto in atto (cioè l’atto della conoscenza).
3)L’intelletto acquisito (in quanto già acquisito).
4) L’intelletto agente (conferisce contemporaneamente alle materie le loro forme e agli
intelletti umani le conoscenze di queste, quale intelligenza sempre in atto)

8.1.3. AVICENNA (IBN-SINA, SECONDA METÀ DEL X-XI SECOLO) NON È DI ORIGINE ARABA MA VIENE CONSIDERATO
UNO DEI GRANDI SAPIENTI DELLA CULTURA ISLAMICA. AUTORE DALLA VASTA CONOSCENZA, SAPEVA TUTTO, ED È
IL PRIMO A CONIARE IL TERMINE DI METAFISICA. IL SUO PENSIERO FILOSOFICO ENTRA NEL MONDO LATINO GRAZIE
AL SUO TESTO “LA GUARIGIONE” MA PER MOTIVAZIONI MEDICHE (LA FILOSOFIA ERA PRESENTE IN QUESTO
TESTO PERCHÉ SERVIVA A GUARIRE I MALI DELL’ANIMA).

8.1.3.1. LOGICA DAL PUNTO DI VISTA LOGICO DISTINGUE TRA INTENZIONE PRIMA (CHE SI RIFERISCE A UNA
COSA) E INTENZIONE SECONDA (CHE SI RIFERISCE A UN CONCETTO) . CONCEPISCE LE ESSENZE IN TRE
MODALITÀ DIVERSE: INFATTI QUANDO SONO NELLE COSE SONO INDIVIDUE, PRESE NEI CONCETTI E NELLE
DEFINIZIONI SONO UNIVERSALI, L’ESSENZA PROPRIAMENTE DETTA PERÒ VIENE CONCEPITA IN SENSO
NEOPLATONICO E SI COLLOCA NON NELL’INDIVIDUALE MA PIÙ VICINA AL CONCETTO UNIVERSALE.

8.1.3.2. METAFISICA CONCEZIONE DELLA CREAZIONE IN SENSO NEOPLATONICO A PARTIRE DA DIO; CREARE SI
CONCEPISCE COME UNIRE L’ESSENZA DELLE COSE ALLA LORO ESISTENZA; LA DIFFERENZA TRA DIO E IL
CREATO È CHE DIO È PER ESSENZA NECESSARIO MENTRE LE COSE PER ESSENZA SONO CONTINGENTI 
SICCOME È DIO FA SI CHE ESSENZA ED ESISTENZA SI UNISCANO LE COSE DIVENTANO INTRINSECAMENTE
NECESSARIE ANCHE SE SONO SOLO INTRINSECAMENTE POSSIBILI. L’essere infatti è ciò che viene
preso direttamente è la nozione generale che coglie in maniera più diretta l’intelletto,
l’essere può essere necessario o possibile, l’unico necessario in quanto ha in sé essenza
ed esistenza, il contingente invece richiede una causa per esistere  Se i possibili
esistono è perché esiste qualcosa di necessario = Dio. Con una serie di conoscenze nei
confronti di sé stesso si produce una catena di intelligenze separate fino all’ultima che è
quella presente nella sfera della luna e che rappresenta l’intelletto agente, non avendo
più forza per produrre altre intelligenze questa irradia per produrre altre forme
intellegibili impadronendosene per produrre la materia terrestre. Anche l’anima umana
è una sostanza intellegibile emanata dall’anima dell’ultima sfera.

8.1.3.2.1. DIMOSTRAZIONE DELL’ESISTENZA DI DIO SEGUENDO IL RAGIONAMENTO METAFISICO, STA


SEMPLICEMENTE NELL’ESPLICARE LA NECESSITÀ DI UNA CAUSA CHE RENDE ESISTENTI GLI ENTI CHE
SONO SEMPLICEMENTE POSSIBILI.

8.1.3.2.2. FISICA (D’ORIGINE METAFISICA) RIPRENDE LA DOTTRINA DI PLOTINO DELL’EMANAZIONE


DALL’UNO FONDANDOLO CON IL MOTORE DI ARISTOTELE  DALL’UNO SI PROCEDE ALLE ALTRE
IPOSTASI ALLE QUALE SEGUONO I CIELI E INFINE IL MONDO SUBLUNARE.

8.1.3.2.3. ANTROPOLOGIA Non tutti gli uomini hanno lo stesso grado di capacità di unirsi
all’intelletto agente: alcuni sono appena capaci e altri attraverso sforzi vari
riescono a comunicare semplicemente con l’intelligenza divina. Quest’utlimo stato
che vede una coincidenza tra uomo e intelletto agente è chiamato intellectus
sanctus ed è quello posseduto dai profeti.

8.1.3.2.4. DOTTRINA DELL’ANIMA SULLA LINEA DEGLI AUTORI PRECEDENTI FONDE L’INTELLETTO
AGENTE DI ARISTOTELE E IL NOUS DI PLOTINO; TUTTAVIA NON APPARTENENDO ALLE SINGOLE
ANIME QUESTO INTELLETTO AGENTE (MA ESSENDO UNICO PER TUTTA LA SPECIE UMANA) PER
AVICENNA, PER OTTENERE L’IMMORTALITÀ BISOGNA COLTIVARE E “RIEMPIRE” L’INTELLETTO
POSSIBILE  ARISTOTELE INTERPRETATO ALLA LUCE DI PLATONE.

8.1.4. AL-GHAZZALI (XII SECOLO) Autore scambiato nel mondo latino come seguace di Al-farabi e di
Avicenna tuttavia questo autore si proponeva di esporre il pensiero dei due autori per
confutarli in un’opera successiva, in realtà era uno spirito scettico e antifilosofico che poneva
la fede di fronte la spiegazione razionale.

8.1.5. AVEMPACE(IBN-BAGGIAH, XII SECOLO) Arabo della spagna, il problema di questo autore è quello
di conciliare l’individuo razionale con l’intelletto agente da cui egli trae la beatitudine.

8.1.6. AVERROÈ (IBN-RUSHD, XII SECOLO) PENSATORE ARABO DELL’ANDALUSIA IN SPAGNA, QUESTA REGIONE SI
STACCA DALL’IMPERO ISLAMICO, TUTTAVIA GLI AUTORI DI QUESTA TERRA SONO FIGLI DELLA CULTURA ISLAMICA.

8.1.6.1. ANTROPOLOGIA E RAPPORTO TRA FILOSOFIA E RELIGIONE CLASSIFICA TRE TIPI DI UOMINI:
1) QUELLI INCLINI ALLA DIMOSTRAZIONE: DEVONO ESSER PORTATI ALL’ISLAM ATTRAVERSO LA
DIMOSTRAZIONE (FILOSOFI).
2) QUELLI SUSCETTIBILI ALLA DIALETTICA: CIOÈ QUELLI CHE DEVONO ESSER PORTATI ALL’ISLAM
ATTRAVERSO ARGOMENTI PROBABILI.
3) QUELLI SUSCETTIBILI ALL’ESORTAZIONE CIOÈ QUELLI CHE DEVONO ESSER PORTATI ALL’ISLAM CON
L’APPELLO ALLA RAPPRESENTAZIONE, LINGUAGGIO IMMEDIATO.
QUESTO SIGNIFICA CHE NON CI SI PUÒ APPELLARE ALLA FILOSOFIA CON LA SECONDA E LA TERZA
CATEGORIA PERCHÉ NON SONO IN GRADO DI COMPRENDERE, SOLO IL LINGUAGGIO DELLA RELIGIONE PUÒ
FAR COMPRENDERE A QUESTE CATEGORIE LA VERITÀ.  LA PRETESA DI SPIEGARE FILOSOFICAMENTE LA
VERITÀ A CHI NON CAPISCE DETERMINA IL PULLULARE DI DOTTRINE. Uno spirito non deve mai
elevarsi al di sopra del grado di intellezione di cui è capace.

8.1.6.1.1. DOPPIA VERITÀ IN OCCIDENTE QUALCUNO TRAVIA LA SUA DOTTRINA FACENDOLA PASSARE
PER QUELLA DELLA DOPPIA VERITÀ MA IN REALTÀ PER AVERROÈ I DUE LINGUAGGI SONO
SEMPLICEMENTE INCOMMENSURABILI: IL PROBLEMA NON È A LIVELLO DI VERITÀ MA A LIVELLO DI
LINGUAGGIO.

8.1.6.2. QUESTIONI INTERPRETATIVE PRIMO PENSATORE AD AFFERMARE CHE IL PENSIERO DI ARISTOTELE


NON CORRISPONDE A QUELLO DI PLATONE. INFATTI QUESTO VIENE SPIEGATO NEI SUOI COMMENTI,
RECUPERANDO LA FISICA DI ARISTOTELE E LA SUA DIMOSTRAZIONE DI DIO; INOLTRE ELABORA
ATTRAVERSO ARISTOTELE UNA CONCEZIONE DI ENTE IN SENSO ANALOGICO E NON PIÙ UNIVOCO
SUPERANDO COSÌ IL NEOPLATONISMO. Tuttavia pur traducendo la logica aristotelica in maniera
molto fedele il suo impianto resta neoplatonico (è consapevole del fatto che
un’interpretazione del genere di Aristotele si discosti molto da quelli che sono le
inclinazioni della religione).

8.1.6.3. GNOSEOLOGIA E ONTOLOGIA RIFIUTA LE DOTTRINE PRECEDENTI RIGUARDO AGLI INTELLETTI.


CONCEPISCE L’INTELLETTO AGENTE E QUELLO POTENZIALE COME ESTERNI, NEGANDO L’INTELLETTO AI
SINGOLI INDIVIDUI, L’INTELLETTO POTENZIALE È SEMPLICEMENTE L’INTELLETTO DELL’INTERA UMANITÀ.
ORA I SINGOLI INDIVIDUI POSSONO PARTECIPARE DI QUESTO INTELLETTO ATTIVANDOLO ATTRAVERSO LE
ESPERIENZE SENSIBILI PARTICOLARI DI OGNI SINGOLO INDIVIDUO, OGNUNO DOTATO DI UN INTELLETTO
PASSIVO. INFATTI I PENSIERI DIVERSI DERIVANO DA ESPERIENZE DIVERSE MA È GRAZIE ALL’INTELLETTO
DELL’UMANITÀ CHE FRA UOMINI SI RIESCE A COMUNICARE. Per studiare la metafisica utilizza la
logica tuttavia riconosce che per studiare questa è necessario ammettere che le cose
sensibili siano al tempo stesso intellegibili. Causa del reale è un intelletto che ha
prodotto il reale e proprio per questo possiamo comprenderlo, l’universale non è una
sostanza ma l’opera dell’intelletto. La scienza non ha per oggetto l’universale ma il
particolare. L’universale quindi non è altro che ciò che può essere predicato di parecchi
individui, tuttavia gli individui non sono semplici, la loro forma è l’atto di ciò che è, la
materia è la potenza attualizzata della forma, ecco così che la sostanza è composta dalle
due quindi composta di forma e materia la sostanza significa che è composta di atto e
potenza.

8.1.6.4. FISICA E COSMOLOGIA Riprendendo buona parte di Aristotele, a partire dalla prova che
tutto ciò che è mosso deve essere mosso da qualcos’altro si distinguono così tre classi: “i
mossi che non muovono”, “ i mossi che muovono” e “ gli esseri che muovono senza
essere mossi”. Il Muovere è un Atto puro (la sua attualità è perfetta in quanto privi di
potenzialità e di ), i motori appartenenti alla terza classe sono quindi anche immateriali,
muovono essendo immobili cioè suscitano nel mosso (una sfera) un desiderio
particolare che essa prova nei confronti di un atto puro da cui dipende  quindi ogni
corpo celeste possiede un intelletto (38 in tutto). Donando movimento ai corpi questi
motori donano anche la forma ma essendo anche oggetto del loro desiderio sono anche
il loro fine.  Deve esserci un termine primo in rapporto al quale si misura il grado in
cui ciascuno di essi è principio quindi deve esserci un principio assolutamente primo,
fine ultimo e desiderato da tutto il resto, causa agente del tutto, primo motore e prima
intelligenza separata, la cui unità garantisce l’unità dell’universo  Questa intelligenza è
il Dio del Corano  così da Dio emanerebbero i motori del cielo fino al motore della
luna di cui il motore immobile sarebbe causa agente dell’intelletto per tutto il genere
umano.

8.1.7. LA FILOSOFIA EBRAICA Anche questi autori prendono le mosse dalla filosofia neoplatonica e
spesso partono con l’obiettivo di conciliare sulla scia degli arabi le dottrine filosofiche con la
loro confessione religiosa.

8.1.8. AVICEMBRON (IBN-GEBIROL, XI SECOLO) AUTORE EBRAICO NEOPLATONICO IL CUI TESTO DI RIFERIMENTO È
LA FONTE DELLA VITA.

8.1.8.1. ONTOLOGIA TUTTO CIÒ CHE NON È DIO È COMPOSTO DA MATERIA E FORMA (anche le sostanze
spirituali) . INTERPRETA LA DIADE PLATONICA SOTTO FORMA DI INTELLEGIBILE  ILEIMORFISMO . Ciò
che distingue un corpo particolare da un altro corpo particolare è una o più forme
complementari. Se per un aspetto il mondo costituito da forme incastonate per
Avicembron è di impianto potentemente neoplatonico, su un altro aspetto pone una
visione propriamente ebraica dal momento in cui lo sviluppo cosmologico diviene una
cosmogonia. In questo impianto neoplatonico l’uomo occupa la solita posizione
mediana.

8.1.8.2. DOTTRINA DELLA CREAZIONE FONDE IL NEOPLATONISMO CON IL CREAZIONISMO EBRAICO  LE


COSE NON SCATURISCONO DALLA NATURA DI DIO (con uno sviluppo dialettico) MA DALLA VOLONTÀ
DI DIO. (Questo è più il dio della Genesi che quello del Timeo). Volontà che fissa tutti gli
esseri e tutte le forme nella materia.  Questo è un universo neoplatonico voluto da
Dio;

8.1.9. MOSÈ MAIMONIDE AUTORE FONDAMENTALE CHE INFLUENZERÀ TOMMASO, segue


contemporaneamente le tracce del neoplatonismo e di Aristotele. IL SUO TESTO FONDAMENTALE È
“LA GUIDA DEI PERPLESSI”. I PERPLESSI SONO COLORO CHE CONOSCONO SIA LA FEDE E SIA LA FILOSOFIA E
HANNO BISOGNO FI CONCILIARLE IN QUALCHE MANIERA. INFATTI SE PER AVERROÈ I DUE LINGUAGGI SONO
INCOMMENSURABILI, PER MAIMONIDE LA FILOSOFIA È STATA RIVELATA PRIMA AGLI EBREI CHE AI GRECI, CIÒ
COMPORTA CHE I GRECI HANNO PRESO SPUNTO DALLE SACRE SCRITTURE E CHE HANNO MESSO IN EVIDENZA
ALCUNE VERITÀ CHE NELLE SCRITTURE ERANO PRESENTI IN FORMA CRIPTATA.
Lo scopo della filosofia per
questo autore è quello di confermare razionalmente quella che è la legge.

8.1.9.1. DOTTRINA DELLA RIVELAZIONE DELLA VERITÀ IN CHE MODO DIO RIVELA LA VERITÀ?
1) LA VERITÀ RIVELATA DIPENDE DA DIO IN QUANTO È LUI A DECIDERE COSA L’UOMO SA.
2) SCOPRIRE LA VERITÀ RIVELATA È UNA CAPACITÀ CHE L’UOMO SVILUPPA SEGUENDO UN PERCORSO
NEOPLATONICO.
3)MAMONIDE: ALTERNATIVA A QUESTE DUE DOTTRINE CHE FONDE  LA CAPACITÀ CHE HA L’UOMO DI
ARRIVARE ALLA VERITÀ RIVELATA SI SVILUPPA CON L’ESERCIZIO MA L’UOMO PUÒ ANCHE DECIDERE DI
BLOCCARE QUESTO PERCORSO  CIÒ GLI PERMETTE DI FAR COESISTERE LA SCELTA DELL’UOMO E
L’ONNIPOTENZA DI DIO.

8.1.9.2. ANTROPOLOGIA

8.1.9.2.1. NATURA DELL’UOMO CONCEPISCE L’ANIMA COME FORMA DEL CORPO IN SENSO
ARISTOTELICO CONTRO LA TRADIZIONE NEOPLATONICA. RISOLVE IL PROBLEMA DELL’IMMORTALITÀ
CON UNA RISPOSTA DI TIPO AVICENNIANO: L’ANIMA È IL CENTRO DI POTENZIALITÀ DEL CORPO CHE
PUÒ SVILUPPARE UN INTELLETTO ACQUISITO CHE SI ACQUISISCE SECONDO L’ESERCIZIO DELLE
FACOLTÀ SUPERIORI E SOPRAVVIVERE ALLA MORTE DEL CORPO SECONDO LA TEORIA DELL’OSSICINO
DURISSIMO. (PRIMA DI ESSERE DI CAMPO AVICENNIANO ERA UNA TESI STOICA).

8.1.9.2.2. CLASSIFICAZIONE DEGLI UOMINI DISTINGUE GLI UOMINI IN CLASSI:


1) PROFETA: COLUI CHE POSSIEDE INTELLETTO E IMMAGINAZIONE PUÒ DIVENTARE PROFETA SE SI
ESERCITA E DIO NON LO BLOCCA.
2)FILOSOFI: CHI POSSIEDE PIENAMENTE SOLO L’INTELLETTO.
3) POLITICI E INDOVINI: CHI POSSIEDE PIENAMENTE SOLO L’IMMAGINAZIONE.

8.1.9.2.3. ETICA SI ISPIRA ALL’ETICA DI ARISTOTELE COME ETICA DELLA MEDIETÀ TRA GLI ESTREMI. IL
RISULTATO DELLE VIRTÙ COME EQUILIBRIO; EGLI ASSOCIA QUEST’ETICA A QUELLA BIBLICA.

8.1.9.2.4. QUESTIONE DEL MALE IN SENSO COSMOLOGICO ARRIVA AGLI STESSI ESITI DI AGOSTINO
D’IPPONA, QUALE NECESSITÀ PER L’EQUILIBRIO DELLA CREAZIONE (IL MALE COME ASSENZA DI
BENE). IN SENSO MORALE, FORTEMENTE INFLUENZATO DALL’EBRAISMO, INTERPRETA COME
VOLGERE LE SPALLE A DIO.
8.1.9.3. DOTTRINA DELLA NATURA DI DIO DIO È UNITARIO, NOI PERÒ POSSIAMO CONOSCERE UNA PARTE DEI
SUOI ATTRIBUTI (NOI NE CONOSCIAMO 13 MA NE POSSIEDE INFINITI). Riprende la dimostrazione
aristotelica del motore immobile che identifica con Dio tuttavia riconosce che di Dio non
si può sapere niente ma ne possiamo derivare solo attributi negativi conoscendo ciò che
egli non è.

8.1.9.4. COSMOLOGIA Contro Avicembron afferma che le intelligenze pure sono esenti da ogni
materia; riconosce 10 intelligenze di cui 9 appartenenti alle sfere superiori ed una è
quella dell’intelletto agente. Al di sotto dell’ultima sfera invece è posto il mondo
materiale con i 4 elementi.

8.1.9.5. GENESI DEL MONDO HA BISOGNO DI CONCILIARE L’AFFERMAZIONE ARISTOTELICA CHE IL MONDO È
ETERNO CON LA RIVELAZIONE CHE ASSEGNA UN TEMPO DETERMINATO AL MONDO  NON È POSSIBILE
DIMOSTRARE CHE IL MONDO SIA FINITO O INFINITO TUTTAVIA RICONOSCE CHE NON È POSSIBILE PENSARE
UN DIO CHE PASSA DAL NON FARE AL FARE QUINDI ANCHE SE INDIMOSTRABILE TEORETICAMENTE SPEZZA
UNA LANCIA A FAVORE DI ARISTOTELE.

9. TRASMISSIONE DELLA CULTURA ARABA-EBRAICA IN AMBITO LATINO IN SPAGNA E IN SICILIA AVVIENE UN CONTATTO
CULTURALE TRA IL MONDO ARABO E IL MONDO LATINO DOVE I TESTI VENGONO FORTEMENTE TRADITI IN QUANTO LA
TRADUZIONE COMPORTA VARI STEP (GRECO  SIRIACO  ARABO O EBRAICO  VOLGARE  LATINO). VIENE FUSO IL
NEOPLATONISMO DI AVICENNA CON QUELLO LATINO, FONDAMENTALMENTE IL NEOPLATONISMO ARABO È FUNZIONALE A
RICOSTRUIRE PEZZI MANCANTI AL NEOPLATONISMO LATINO. Lo sviluppo della filosofia nel XIII secolo Lo sviluppo
della filosofia nel XIII secolo è dovuto soprattutto grazie all’influenza delle filosofie arabe ed ebraiche e
dalla presenza per la prima volta di altre opere, oltre a quelle logiche trasmesse da Boezio, di Aristotele.
Tuttavia l’Aristotele che passa è fortemente neoplatonizzato perché filtrato dalla cultura araba,
nonostante ciò per la prima volta gli uomini del medioevo si troveranno con una spiegazione integrale
del funzionamento dei fenomeni della natura. La Chiesa assumerà atteggiamenti oppositivi nei confronti
di questa nuova proliferazione di dottrine che metteva in difficoltà gli impianti filosofici cristiani fino ad
allora.

9.1.1. CAMBIO DI PARADIGMA LE TRADUZIONI DI ARISTOTELE PORTANO A CONCEPIRE LA FORMA IN SENSO


ARISTOTELICO CON VARIE CONSEGUENZE  ALMARICO DI BENE E DAVIDE DI DINAT VENGONO ACCUSATI DI
PANTEISMO IN QUANTO AFFERMANO CHE DIO È FORMA DEL MONDO.

10. DALLA PRIMA METÀ DEL XIII SECOLO ALLE DECADI CENTRALI NASCONO LE UNIVERSITÀ EREDI DELLE SCUOLE CITTADINE DEL
XII SECOLO. IN AMBITO TEOLOGICO SONO INTERESSANTI LE UNIVERSITÀ DI PARIGI E DI OXFORD IN QUANTO SI STUDIA
FILOSOFIA, DIRITTO CANONICO E TEOLOGIA. PER UNIVERSITAS NON SI INTENDE UN LUOGO SPECIFICO BENSÌ INDICA IL
RAPPORTO TRA GLI STUDENTI E IL DOCENTE E RAPPRESENTA L’UNIONE DI TUTTE LE NATIONES (COORPORAZIONI DI
STUDENTI) . NEL XIII I DOCENTI NON SONO PIÙ PAGATI DAGLI STUDENTI BENSÌ DA UNA ISTITUZIONE CIOÈ LA CHIESA, QUINDI
I PROFESSORI SONO SEMPRE SACERDOTI MENTRE GLI STUDENTI SONO SEMPRE CHIERICI (DUNQUE SEMPRE MASCHI). LA
LEZIONE CONSISTE NELLA LETTURA E NEL COMMENTO DI UN TESTO. Questa età è caratterizzata sostanzialmente da
un primo periodo di ricezione della cultura greco-araba e un periodo, quello delle decadi centrali, di
ricezione ed elaborazione di questa cultura che fa passare Aristotele filtrato la lente di Avicenna.

10.1. NASCITA DEGLI ORDINI MENDICANTI SI PRESENTANO I NUOVI ORDINI RELIGIOSI MENDICANTI CHE SI
CONCEPISCONO DIVERSI DAI MONACI.
1) FRANCESCANI: ORDINI MINORI CHE INIZIALMENTE NON SI OCCUPANO DI TEOLOGIA MA PRESTO SE NE
INTERESSERANNO.
2) DOMENICANI: STUDIANO TEOLOGIA IN QUANTO SONO ADDETTI A CONVERTIRE E PERSEGUITARE GLI ERETICI
(DOMENICANI: DOMINI CANUS, CANI DEL SIGNORE).

10.1.1. ANTROPOLOGIA GENERALE PRESSO I DOMENICANI GENERALMENTE PER I DOMENICANI L’UOMO


POSSIEDE UNA SOLA FORMA, LA VOLONTÀ È SUBORDINATA ALL’INTELLETTO IN QUANTO LA FACOLTÀ DELLA
VOLONTÀ È UNA CONSEGUENZA DELLA RAGIONE  INFATTI NELLA MISURA IN CUI LA RAGIONE MOSTRA CIÒ CHE
È BENE, A POSTERIORI LA VOLONTÀ LO APPETISCE.

10.1.2. ANTROPOLOGIA GENERALE PRESSO I FRANCESCANI GENERALMENTE PER I FRANCESCANI L’UOMO


POSSIEDE TRE FORME (ARISTOTELICHE) E CONCEPISCONO LA VOLONTÀ COME LA FACOLTÀ UMANA PIÙ PROFONDA
QUALE CAPACITÀ DI ESSERE DOMINATORI DI SÉ E LA RAGIONE NE È SUBORDINATA NELLA MISURA NELLA QUALE SI
DECIDE DI RAGIONARE; I FRANCESCANI MUOVONO UNA CRITICA CONTRO TOMMASO IN QUANTO SI PRESENTA
COME CONTRADDITTORIO IN QUANTO RENDE LA LIBERTÀ SOLO APPARENTE DAL MOMENTO CHE UTILIZZA IL
PRINCIPIO DELLA FISICA ARISTOTELICA (TUTTO CIÒ CHE MUTA È FATTO MUTARE DA ALTRO  IN AMBITO
ANTROPOLOGICO IMPLICA IL DETERMINISMO). IN REALTÀ PER I FRANCESCANI L’UOMO È IN PROFONDO LIBERO E
AUTODETERMINATO.

10.1.2.1. PIER DI GIOVANNI OLIVI (MAI CITATO PERCHÉ CONDANNATO) FRANCESCANO CHE PER
CONFERMARE IL FATTO CHE NOI SIAMO DOTATI DI LIBERTÀ RISPONDE CHE ESSENDO DOTATI DI SENTIMENTI
SPIRITUALI È NECESSARIO PER ESSERE QUESTI SENSATI CHE L’UOMO SIA LIBERO.

10.2. PARIGI SI ENTRA A 13 ANNI PER STUDIARE PER 8 ANNI LE ARTI LIBERALI E SI PRESUPPONE LA CONOSCENZA
DEL LATINO. IN SEGUITO SI DECIDE SE STUDIARE DIRITTO CANONICO PER 8 ANNI O TEOLOGIA PER 7-8 ANNI, IN
SEGUITO SI È ABILITATI ALL’INSEGNAMENTO. L’università di Parigi si sarebbe costituita anche senza
l’intervento del Papato ma vi si studiava teologia e il Papa ebbe larga influenza su questa università
stabilendo che non si sarebbe insegnato diritto romano ma soltanto diritto canonico e istituendo
una vera e propria teocrazia intellettuale, questo dà un posto centrale all’università di Parigi. Per
Gregorio IX e per Innocenzo III infatti l’università di Parigi non poteva che essere il mezzo d’azione
più potente per diffondere la religione cristiana.

10.2.1. QUESTIONE DEI TESTI ARISTOTELICI Come accennato la chiesa si trovò in difficoltà di
fronte all’influenza di nuovi testi sia di Aristotele che dei commentatori arabi tanto che
l’arcivescovo di Sens proibisce sotto pena di scomunica a partire dal 1210 lo studio delle opere
sulla filosofia naturale di Aristotele : tutti i libri della fisica e della metafisica; restano leciti
soltanto i libri di logica già presenti sin da Boezio; tuttavia a Tolosa lo Stagirita non era ancora
proibito. A PARIGI AVVIENE UNA RIVOLTA STUDENTESCA e gli studenti minacciano di passare
all’università di Tolosa. ALLORA GREGORIO IX PER EVITARE L’EMIGRAZIONE DEGLI STUDENTI ISTITUÌ
UN’ASSEMBLEA PER PURGARE I TESTI ARISTOTELICI DELLA FISICA E DELLA METAFISICA (LA QUALE PERÒ NON AVRÀ
NESSUN ESITO). I PRIMI APPROCCI AL TESTO ARISTOTELICO FURONO QUELLI DI INTEGRARE LE DOTTRINE
ARISTOTELICHE ALL’INTERNO DELL’IMPIANTO NEOPLATONICO. Il divieto verrà più volte rinnovato ed
esteso all’università di Tolosa dai Vescovi di Roma che succederanno a Gregorio IX senza però
sorbire alcun effetto dal momento che i testi aristotelici si saranno a tal punto integrati nella
cultura universitaria da risultare inefficaci.

10.2.2. SCONTRO TRA FRANCESCANI E DOMENICANI I PROFESSORI DELL’UNIVERSITÀ DI PARIGI ERANO


ESSENZIALMENTE DOMENICANI. ALLA MORTE DI UNO DI QUESTI CHE SI ERA CONVERTITO AL FRANCESCANESIMO
SI SCATENA IL PRIMO SCONTRO TRA FRANCESCANI E DOMENICANI SUL POSSESSO DELLA CATTEDRA.

10.2.3. SCONTRO TRA DOMENICANI E CHIERICI (SECOLARI) LO SCONTRO SI ATTUA PER IL DIRITTO DI
DOCENZA NELL’UNIVERSITÀ DI PARIGI. QUESTO SCONTRO SI SVOLGE TRA TOMMASO D’AQUINO (DOMENICANO)
E GUGLIELMO DI SANTAMUR.

10.2.3.1. GUGLIELMO DI SANTAMUR CONCEPISCE IL CORPO DOCENTI COME UNA COMUNITÀ RELIGIOSA PER
AFFERMARE CHE NON SI PUÒ PARTECIPARE A DUE COMUNITÀ RELIGIOSE E QUINDI IL FRATE NON PUÒ
INSEGNARE.

10.2.3.2. TOMMASO IL COLLEGIO DEI DOCENTI NON È UNA COMUNITÀ RELIGIOSA BENSÌ UNA PROFESSIONE 
QUESTA POSIZIONE VINCE SUL PIANO POLITICO  LE CONSEGUENZE SONO CHE LA DOCENZA ASSUME UN
CARATTERE LAICO E QUINDI L’UNIVERSITÀ DIVENTA UN COLLEGIO DI PROFESSORI.

10.2.3.3. RISOLUZIONE Il 23 ottobre 1256 il papa conferma a Domenicani e Francescani il diritto


di occupare le cattedre a Parigi e designa nominativamente i fratelli Tommaso D’Aquino
dell’ordine dei predicatori, e Bonaventura dell’ordine dei Minori ad occuparle.

10.2.4. PRIMI TENTATIVI DI RICEZIONE DI ARISTOTELE IN UN IMPIANTO TEOLOGICO:

10.2.4.1. GUGLIELMO D'AUXERRE (CHIERICO SECOLARE, PRIMA METÀ DEL XIII SECOLO) Uno dei primi
incaricati all'opera del comitato di purificare i testi aristotelici, tuttavia egli si è anche
interessato a problemi morali come il libero arbitrio, le virtù e il diritto morale. Inoltre
Filippo il Cancelliere gli attribuisce il primo trattato sulle proprietà principali dell'essere
(l'uno, il vero e il bene). Cioè problemi filosofici integrati da Filippo in un'opera
essenzialmente teologica.

10.2.4.2. FILIPPO IL CANCELLIERE (CHIERICO SECOLARE, PRIMA METÀ DEL XIII SECOLO) La sua opera si
presenta come sistemazione di elementi di Guglielmo D'Auxerre , e riprendendo alcuni
temi di Giovanni de La Rochelle.

10.2.4.3. GUGLIELMO DI AUVERGNE (CHIERICO SECOLARE, PRIMA METÀ DEL XIII SECOLO) Per il suo modo
di pensare si ricollega alla fine del XII secolo, è filoagostiniano. L’opera di Guglielmo è un’opera
di riflessione della vecchia scuola sulle nuove filosofie arabe che entrano a far parte della
cultura occidentale nel XIII secolo.

10.2.4.4. ONTOLOGIA Imbocca la via di distinzione tra essenza ed esistenza a partire da Al-
Farabi e Avicenna e a partire da questo principio muove le varie dimostrazioni di Dio. Per
Guglielmo l’esistenza sarebbe una sorta di accidente dell’essenza che si aggiungerebbe
dall’esterno al quod est. (Fa la distinzione tra contingente e necessario, l’esistenza vale
più dell’accidente e della sostanza). Esplicita semplicemente che è proprio in virtù di
questo che il tutto dipende dalla volontà del creatore.

10.2.4.5. COSMOLOGIA Influenzata dal Timeo e tuttavia si distacca da Avicenna in quanto


respinge gli intermediari (intelligenze) tra Dio e le cose.

10.2.4.6. GNOSEOLOGIA Anche qui si contrappone alla teoria aristotelico-avicenniana


dell’intelletto agente in quanto l’illuminatore dell’anima non può essere nient’altro che
Dio. Gli universali non possono esercitare una funzione sull’anima dal momento che non
esistono, tuttavia non è un realista degli universali. In un anima come la concepisce
Guglielmo tutto viene dall’interno (l’anima ha piena capacità di cogliere le cose) in
occasione agli stimoli che subisce dall’esterno (che gli forniscono sempre particolari i
quali per astrazione trasforma in concetti universali), il tutto sotto l’azione interna della
luce divina  ritorno ad Agostino, tutto si riduce a una sorta di intuizionismo
intellegibile.1

10.2.5. ALESSANDRO DI HALES (FRANCESCANO, PRIMA METÀ DEL XIII SECOLO) Ispirato al pensiero di
Agostino come buona parte degli autori francescani fino al XIII secolo, tuttavia doveva
risolvere il problema che gli si poneva innanzi alla scoperta di Aristotele, diede la spinta ai suoi
successori di assimilare il nuovo sapere filosofico con i principi posti da Sant’Agostino.

10.2.6. GIOVANNI DI ROCHELLE(FRANCESCANO, PRIMA METÀ DEL XIII SECOLO) Successore di


Alessandro di Hales, concepisce con Avicenna che l’anima razionale è una sostanza semplice
capace di vivificare il corpo e compiervi molteplici operazioni. Tuttavia Giovanni divide le
facoltà dell’anima a partire dai loro oggetti:
1)Senso: Percepisce il corpo.
2)L’immaginazione: percepisce la somiglianza dei corpi.
3)La ragione: la natura dei corpi.
4) L’intelletto: gli spiriti creati.
5) L’intelligenza: l’immutabile, cioè Dio.
 Le sensazioni sono il risultato dell’azione esercitata sugli organi dei corpi, questi dati
vengono accentrati dal senso comune che combinati quindi formano i sensibili comuni (sensus
formalis di Avicenna) per liberare da queste immagini le nozioni astratte bisogna far
intervenire la facoltà intellettiva. L’astrazione consiste semplicemente nel riaggruppare le
somiglianze eliminando le differenze. Anch’egli fonde la dottrina greco-araba dell’intelletto
agente con la dottrina illuminazionistica agostiniana.

10.2.7. ALBERTO MAGNO (ALBERTO DI COLONIA, DOMENICANO, PRIMA METÀ DEL XIII SECOLO) AUTORE
ECLETTICO CHE PRENDE SPUNTO DA ARISTOTELE MA È FONDAMENTALMENTE AGOSTINIANO. Attinge
dall'influenza greco-araba imponendosi sul lavoro di assimilazione e rielaborazione, si pone
l'obiettivo di completare a suo modo il lavoro aristotelico fino a confondere il suo lavoro di
interpretazione con quello di compilazione guadagnandosi la fama più che di filosofo, di
compilatore. Rivendica il diritto della speculazione filosofica distaccandola dalla teologia. A
partire da Alberto Magno si arriva alla concezione che filosofia e teologia hanno uguale
importanza in ambiti separati. Tuttavia in un eventuale disaccordo tra le due scienze,
ovviamente contro il pagano, ha maggior voce Agostino. La sua opera è troppo polimorfa per
produrre una scuola albertina propriamente detta.

10.2.7.1. COSMOLOGIA Non avendo una propria concezione si può affermare che accetti
l'universo tolemaico.

10.2.7.2. ANTROPOLOGIA NEGA L’INTERPRETAZIONE AGOSTINIANA PER LA QUALE L’UOMO È TRINITARIO


SIMILMENTE A DIO  ALBERTO INTERPRETA L’UOMO COME UNIONE DI MATERIA E FORMA. L'anima fa
sì che l'uomo sia un animale dotato di ragione; Per Alberto dire che l'anima è forma del
corpo significa non definirne l'essenza bensì la funzione, infatti l'anima è anche in grado
di una conoscenza intellettuale. Infatti essenzialmente l'anima è anche una sostanza
intellettuale dove essere forma del corpo è una delle sue funzioni: Per Alberto la verità si
trova nell'accordo di Platone ed Aristotele.
10.2.7.3. UNIVERSALI E ONTOLOGIA Sono presenti anteriormente alle cose nell'intelletto divino
(concezione neoplatonica funzionale alla dottrina dell'illuminazione). Quindi ogni forma
che è in potenza nella materia è prima presente nell'intelletto divino

10.2.7.4. STORIA DELLA CREAZIONE AFFERMA CHE LA CREAZIONE HA UN TEMPO DETERMINATO E SECONDO
UN CALCULUM SE NE PUÒ STIMARE L’ETÀ. Creando il mondo Dio conferisce alla materia le
forme distinte cioè le immagini degli universali divini, ciò viene operato attraverso la luce
dell'intelligenza agente che per Alberto corrisponde a Dio.

10.2.7.5. GNOSEOLOGIA FONDE SIA LA GNOSEOLOGIA ARISTOTELICA (Ogni anima possiede sia un
intelletto possibile che un intelletto agente il quale vale solo nella creazione e non nella
gnoseologia, che le sono propri, rifiuta la tesi avicenniana ed averroista dell'intelletto
agente esterno) CHE QUELLA AGOSTINIANA INFATTI RICONOSCE ALL’UOMO SIA LA FACOLTÀ DI
CONOSCERE ATTRAVERSO I SENSI ATTRAVERSO L'ASTRAZIONE DALLA QUALE SCATURISCE LA FILOSOFIA
(GNOSEOLOGIA NATURA) SIA QUELLA SECONDO LA DOTTRINA DELL’ILLUMINAZIONE AGOSTINIANA
(GNOSEOLOGIA GRAZIE A DIO) DALLA QUALE NASCE LA TEOLOGIA RIVELATA. QUESTA LEZIONE VERRÀ
ASSORBITA ANCHE DA TOMMASO. La conoscenza è possibile grazie alle forme che si trovano
nelle cose le quali sono conosciute dall'intelletto possibile attraverso l'intelletto agente,
ma se l'uomo può mantenere i concetti delle cose è solo grazie all'illuminazione divina.

10.2.7.6. PROVE DELL'ESISTENZA DI DIO Per risalire all'essere primo le prove per Alberto Magno
partono tutte dal sensibile.

10.2.8. ULRICO DI STRASBURGO (ALLIEVO DI ALBERTO MAGNO, DOMENICANO, DECADI CENTRALI DEL
XIII SECOLO) Concepisce la teologia come scienza della fede cioè la scienza con la quale
ciò che si crede per fede diviene oggetto d'intellezione, richiamando l'idea di Alano di
Lilla e Boezio, constata che ogni scienza, anche la teologia, presuppone regole e principi
(pone quattro principi alla teologia che a suo avviso sono immediatamente evidenti). La
sua visione del mondo è la medesima di Alberto Magno ovvero l'impostazione ereditata
dalla cultura greco-araba, infatti anche dal punto di vista ontologico interpreta l'esse non
in senso astratto ma come fondamento ontologico di tutte le entità infatti questo essere
primo non presuppone niente prima di sé salvo la sua creazione da parte di Dio quale
pensiero divino attualizzato. → Essendo sostanza intellettuale e frutto di un intellezione
divina questo esse è in perfetto accordo con la dottrina dell'illuminazione universale
dove tutte le forme derivano da Dio.

10.2.9. ADAMO BELLADONNA (CHIERICO SECOLARE, DECADI CENTRALI DEL XIII SECOLO) Uno dei fautori
della “Metafisica della luce” : egli parte da una sostanza prima, infinita e origine di tutte le
altre che è un’intelligenza, essa precede tutto il resto nell’ordine della definizione in quanto
tutto si definisce a partire dal rapporto con essa, lo è anche nell’ordine della definizione, della
coscienza e dell’esistenza perché a partire da questa si definiscono le altre sostanze, inoltre è
la prima a esser conosciuta e le altre cose esistono a partire da questa come causa. 
Quest’essere primo è la luce. Essa è per essenza autodiffusiva, infatti anche fonte della vita
(che possiede anch’essa questa forma di propagazione).  A partire da questi principi si può
stabilire la gerarchia delle sostanze a partire da quelle più nobili per finire in quelle più umili
secondo se la loro luce è più o meno disimpegnata dalla materia. Questa scienza era favorita
dai trattati di ottica provenienti dall’ambiente arabo.
10.2.10. TOMMASO D’AQUINO (ALLIEVO DI ALBERTO MAGNO, FILOARISTOTELICO-ECLETTICO,
DOMENICANO, DECADI CENTRALI DEL XIII SECOLO) AUTORE CHE PUR SEGUENDO IL MAESTRO IN PARTE SI
DISTANZIA ( LE SUE DOTTRINE, NEL SUO PERIODO, SONO AMPIAMENTE DISCUSSE E CONTESTATE: SI TRATTA
INFATTI DI UN AUTORE NON AGOSTINIANO). PER TOMMASO LA FISICA È FUNZIONALE ALL’ESEGESI BIBLICA. A
differenza di coloro che svilupperanno un pensiero integralmente aristotelico (Sigeri di
Brabante e Boezio di Dacia) per Tommaso vale comunque la formula crede ut intelligas.

10.2.10.1. CONNUBIO FEDE-RAGIONE Per Tommaso l'accordo tra Fede e ragione è necessario dal
momento che essendo l'una fondata sulla rivelazione e l'altra sulla ragione e ,se usate
correttamente, avendo entrambe origine da Dio devono per forza portare a verità
concordanti. Quindi il suo metodo d'indagine sarà quello di sapere . Il suo metodo sarà quello
di avere conoscenze per fede che progrediranno attraverso l'uso della ragione. Infatti le sue
opere filosofiche in realtà sono sempre opere teologiche.

10.2.10.2. DIMOSTRAZIONE DELL’ESISTENZA DI DIO NON ESSENDO AGOSTINIANO RIFIUTA L’ARGOMENTO DEL
MONOLOGION DI ANSELMO → Adotta la prova a posteriori del moto e del mutamento degli
esseri: LE COSE MUTANO (OSSERVAZIONE)  TUTTO CIÒ CHE MUTA È FATTO MUTARE DA ALTRO
(PRINCIPIO ARISTOTELICO)  NON SI PUÒ PROCEDERE ALL’INFINITO NELLA SERIE DEI MOTORI E DEI
MOSSI  VI DEVE ESSERE UN MOTORE DI TUTTO E IMMOBILE  QUESTO MOTORE IMMOBILE È DIO
(L’ULTIMO PASSAGGIO NON È DEL TUTTO SCONTATO). Oltre questa prova Tommaso D'Aquino
riprende altre quattro “Vie” per dimostrare la divinità a posteriori usando i principi
aristotelici (tra i quali si annovera l'impossibilità del regressum ad infinitum) le altre
quattro prove sono quella per causalità (ordine delle cause efficienti), contingenza (cioè
per ragion sufficiente), gradi di perfezione, finalità (ordine delle cause finali).

10.2.10.3. PROBLEMA DEL MALE Riprende la tesi agostiniana che definisce il male come nulla cioè
come mancanza di essere.

10.2.10.4. CREAZIONE Tommaso afferma che al vertice della creazione si trovano gli angeli, cioè
creature incorporee e immateriali (contro i francescani che affermano che ogni creatura
si compone di una materia e di una forma) in una serie di gerarchie fino a discendere
all'uomo richiamando la sua solita natura particolare di sostanza con un'anima che
appartiene alla serie degli esseri immateriali quale sostanza intellettuale che è la forma
di un corpo costituito di materia. Il mondo è costituito essenzialmente da materia e
forma delle quali la prima particolarizza e la seconda universalizza.

10.2.10.5. PROBLEMA DELLA TEMPORALITÀ DEL MONDO PER TOMMASO È INDIMOSTRABILE SIA LA TESI CHE IL
MONDO ABBIA TEMPO FINITO SIA LA TESI CHE IL MONDO ABBIA TEMPO INFINITO. NOI PERÒ CI AFFIDIAMO
ALLA FEDE.

10.2.10.6. ANTROPOLOGIA SEGUE ALBERTO MAGNO E MAIMONIDE: L’ANIMA È FORMA DEL CORPO 
NASCE IL SOLITO PROBLEMA DELL’IMMORTALITÀ  PER TOMMASO L’ANIMA È UNA FORMA SUSSISTENTE
 PROBLEMI:
1) DIMOSTRAZIONE: PER FAR PERMANERE LA FORMA DELL’ANIMA AL CORPO AFFERMA CHE L’ANIMA
UMANA È IMMATERIALE (ANCHE LA MENTE È IMMATERIALE), NEL SENSO CHE ASSUME IL VALORE DI UNA
FORMA SPECIALE CHE È SUSSISTENTE (CONFONDE L’IMMATERIALITÀ RAPPRESENTATIVA CON
L’IMMATERIALITÀ ONTOLOGICA).
2) LEGAME TRA ANIMA E CORPO : LA FORMA UMANA È SUSSISTENZA NELLA MISURA IN CUI LA SUA
ESISTENZA NON DIPENDA DAL CORPO (ECLETTICO PERCHÉ TRASFORMA UN’ENTITÀ DA AGOSTINIANA A
PSEUDO-ARISTOTELICA  INTERMEDIO TRA I DUE  ANIMA INTESA COME FORMA MA NON DIPENDE
TOTALMENTE DAL CORPO, HA ESISTENZA PER SÉ); QUANDO IL CORPO MUORE, L’ANIMA RESTA LEGATA AL
CORPO DISPERSO (ALTERNATIVA ALL’OSSICINO DURISSIMO DI MAIMONIDE).

A DIFFERENZA DEGLI AGOSTINIANI IL CORPO NON VIENE PERCEPITO COME UN MALE DA CUI CI SI DEVE
LIBERARE, TUTTAVIA A SOPRAVVIVERE È PUR SEMPRE L’ANIMA INTELLETTIVA E QUINDI TUTTE LE POTENZE
SENSITIVE SCOMPAIONO.

10.2.10.6.1. ATTACCHI ALLA DOTTRINA ANTROPOLOGICA DI SAN TOMMASO


1) L’ANIMA ESPROPRIATA DELLA MEMORIA E DELLA SENSIBILITÀ NON È NULLA.
2) BONAVENTURA: LA FORMA SUSSISTENTE NON GARANTISCE LA SUA IMMORTALITÀ NELLA
MISURA IN CUI ESSA È FORMA PER IL CORPO.
3) SIGERI DI BRABANTE (INTEGRALISTA ARISTOTELICO) : SULLA SCIA DI AVERROÈ CONCEPISCE
L’ANIMA COME QUALCOSA DI APPARTENENTE ESCLUSIVAMENTE ALL’UMANITÀ. CONTESTA CHE SE
L’ANIMA HA UN’ATTIVITÀ CHE VA AL DI LÀ DEL CORPO NON SI PUÒ DIRE CHE L’ANIMA-CORPO È
UNA SOSTANZA: SE C’È L’UNITÀ NON SI SALVA L’IMMATERIALITÀ E VICEVERSA. L’UNICA MODALITÀ
PER CONCEPIRE L’ANIMA COME IMMATERIALE È SOLO ED ESCLUSIVAMENTE COME INTELLETTO
AGENTE CHE VIENE DA FUORI: L’ARISTOTELISMO NON FUNZIONA CON L’IMMATERIALITÀ
INDIVIDUALE. A QUESTA CONTESTAZIONE TOMMASO SCRIVE L’UNICO TESTO IN RISPOSTA AD
UNA CRITICA SULL’UNITÀ DELL’INTELLETTO CONTRO GLI AVERROISTI .

10.2.11. GNOSEOLOGIA LA SUA DOTTRINA È IL RISULTATO DELLA FUSIONE DI PIÙ DOTTRINE: UN OGGETTO
AFFERISCE SUI MIEI SENSI ESTERNI  UN AGENTE TRASFERISCE QUESTA MODIFICA DAI SENSI ESTERNI A QUELLI
INTERNI  I SENSI INTERNI:
1) IMMAGINAZIONE
2) COLLETTORE (FONDE I DIVERSI CANALI DEI SENSI IN MANIERA UNITARIA, QUESTO È PROPRIAMENTE IL SENSO
INTERNO)
3) LA MEMORIA
4) ESTIMATIVA O COGITATIVA (CIÒ CHE PREPARA IL PENSIERO ).
IL SENSO INTERNO È UNA REALTÀ MATERIALE MENTRE I CONCETTI SONO REALTÀ IMMATERIALI, SPIRITUALI: IL
CONTENITORE DI QUESTI CONCETTI QUINDI DEVE ESSERE ANCH’ESSO UNA REALTÀ IMMATERIALE  L’INTELLETTO
PASSIVO (O POTENZIALE)  A QUESTO PUNTO È NECESSARIO L’INTERVENTO DI UN AGENTE CHE OPERI IL
PASSAGGIO DALLA REALTÀ MATERIALE DEI SENSI INTERNI (PHANTASMA) A QUELLA SPIRITUALE DELL’INTELLETTO
POSSIBILE  QUESTO OPERATORE È L’INTELLETTO AGENTE QUALE POSSIBILITÀ DI SAPERE. SULLA SCIA DI
ALBERTO MAGNO, TOMMASO COLLOCA L’INTELLETTO AGENTE ALL’INTERNO DELL’UOMO IN QUANTO ALBERTO
MAGNO AFFERMAVA CHE SE DIO HA DATO ALL’UOMO LA FACOLTÀ ALL’UOMO DI CONOSCERE QUESTO SIGNIFICA
CHE GLI HA FORNITO TUTTI GLI STRUMENTI PER CONOSCERE. QUESTA FUNZIONE CHE PERMETTE DI CONOSCERE
L’INTELLETTO POSSIBILE È UNA SORTA DI “DIO IN MINIATURA” QUALE TOTALITÀ IN ATTO DI TUTTE LE CONOSCENZE
A DIFFERENZA DEGLI AGOSTINIANI CHE SEGUENDO LA DOTTRINA DELL’ILLUMINAZIONE FANNO CORRISPONDERE
L’INTELLETTO AGENTE CON DIO. SULLA SCIA DI ALBERTO MAGNO PER DESCRIVERE IL MONDO INTELLETTUALE E
IL MONDO SENSIBILE USA RISPETTIVAMENTE LE DOTTRINE GNOSEOLOGICHE DI AGOSTINO E ARISTOTELE. PUR
ESSENDO UN ECLETTICO E QUINDI ASSUMENDO ELEMENTI ARISTOTELICI IN LINEA CON AGOSTINO EGLI HA UNA
VISIONE RELIGIOSA: LA FILOSOFIA NON È MAI DISTINTA DA QUESTA  LA PURIFICAZIONE PRECEDE LA
CONOSCENZA.
10.2.12. SIGIERI DI BRABANTE E BOEZIO DI DACIA (DECADI CENTRALI DEL XIII SECOLO, ARISTOTELICI
INTEGRALI, LAICI DELLA FACOLTÀ DELLE ARTI DI PARIGI) CONCEPISCONO ANCORA LA RIVELAZIONE COME
CONCEZIONE GIUSTA DELLA REALTÀ BENSÌ FILTRATA DALLA VISIONE ARISTOTELICA  LA LORO GNOSEOLOGIA È
ASTRAZIONISTICA. QUESTI SONO I PRIMI AUTORI PER I QUALI LA FILOSOFIA SOSTITUISCE LA RELIGIONE PER
L’ACCESSO ALLA VERITÀ: SONO INTEGRALMENTE ARISTOTELICI (PER QUANTO POSSIBILE NEL XIII SECOLO).La loro
dottrina è la manifestazione della ricezione più tarda del nuovo Aristotele e vennero entrambi
colpiti dalla condanna di Etienne Tempier nel 1277.

10.2.12.1. SIGIERI DI BRABANTE Riguardo alle discordanze che venivano incontro tra rivelazione e
filosofia aristotelica, Sigieri fondava il suo insegnamento sulla doppia autorità di Aristotele e il
suo commentatore Averroè. Riconosce che Dio non è né la causa finale, né la causa efficiente
delle cose e non gli si può attribuire la prescienza dei futuri contingenti perchè Aristotele
dimostra che conoscerli significherebbe renderli necessari. Il mondo e le specie terrestri sono
eterne come dimostra la ragione e inoltre riconosce che gli avvenimenti nell'eternità si
ripetono in maniera indefinita poiché il mondo sublunare è soggetto all'azione determinante
della rivoluzione dei corpi celesti che necessariamente passano per le stesse fasi. (Una sorta di
predecessore dell'eterno ritorno).

10.2.12.2. BOEZIO DI DACIA Questo autore concepisce il bene supremo (che fa tutt'uno con la
vita filosofica) non come il bene in sé cioè Dio, ma quel sommo bene accessibile all'uomo
tramite la ragione, tramite la facoltà dell'intelletto che in senso pratico lo porta al compimento
della felicità e in senso speculativo alla conoscenza del vero quindi risalendo di causa in causa
con l'intelletto il filosofo viene condotto alla prima di tutte che non ha altra causa che sé
stessa, è eterna, immutabile e perfettissima, dalla quale tutto il resto dipende. I suoi interpreti
lo riconoscono in maniera opposta sia come puro pagano razionalista sia come profondo
religioso: è il solito problema della doppia verità attribuita all'averroismo nella misura in cui
Boezio di Dacia non contraddice la fede ma piuttosto la ignora (eccetto qualche riga). Siamo di
fronte a un cristiano che parlava da filosofo in nome della sola ragione riferendosi al sommo
bene della vita terrena.

10.2.13. BONAVENTURA DA BAGNOREGGIO (GIOVANNI DI FIDANZA, DECADI CENTRALI DEL XIII SECOLO,
FRANCESCANO DI STAMPO AGOSTINISTA) AUTORE TRADIZIONALISTA E AGOSTINISTA CHE PERÒ UTILIZZA TERMINI
DI MATRICE ARISTOTELICA INFATTI SPIEGA LA VECCHIA DOTTRINA DELL’ILLUMINAZIONE CON TERMINI
ARISTOTELICI. Autore con un forte senso di subordinazione della filosofia alla fede, la sua
speculazione nasce per il bisogno di avere ragioni per la propria fede (un’idea di continuazione
e di completamento tra filosofia e teologia come due vie che tendono a Dio). Il peccato ha
condotto l’uomo all’ignoranza nello spirito e nella concupiscenza della carne, il tutto seguendo
perfettamente agostino si risolverà in uno sforzo costante della volontà con l’aiuto della grazia
divina per risollevare l’uomo verso Dio.  (ovviamente prima ci si purifica e dopo si conosce).
Elabora una dottrina del riavvicinamento a Dio strutturato secondo tappe dove il sensibile e la
concupiscenza interpongono i veli tra noi e la verità, Dio stesso illumina la nostra anima e noi
non possiamo far altro che cercarlo guardando all’interno della nostra anima dove in essa
troveremo l’immagine di Dio
- Riconosce l’anima come una che ha varie facoltà a seconda degli oggetti a cui si applica però
essa è una sostanza intellegibile completa in sè che può sopravvivere alla morte del corpo.

10.2.13.1. GNOSEOLOGIA La conoscenza sensitiva è a partire da un’azione esercitata da un


oggetto esterno sull’organo sensoriale, ora l’anima subisce la medesima azione essendo
essa stessa in una delle sue funzioni organo del corpo, rispondendo immediatamente
con un giudizio il quale corrisponde con la conoscenza sensibile. Vuole conciliare la
dottrina della conoscenza agostiniana con quella aristotelica. Le immagini sensibili sono
astrazioni dell’intelletto possibile portando a universali i dati dei particolari. Così
l’intelletto possibile non è più soltanto una potenza pura ma è anche una facoltà,
tuttavia a permettergli di seguire l’astrazione è l’intelletto agente quale intelligenza
agente separata che però sono funzioni distinte di una sola e medesima anima. Tuttavia
questo accade quando l’intelletto si rivolge alle cose invece quando si rivolge all’anima
stessa i principi le vengono dall’illuminazione divina (questa è l’unica conoscenza sicura
in quanto si rivolge a oggetti immutabili che illuminano il nostro intelletto). In definitiva
ogni conoscenza è spiegata da un raggio della luce divina dentro ognuno di noi.

10.2.13.2. PROBLEMA DELL’ETERNITÀ E DELL’INFINITÀ DEL MONDO Bonaventura per difendere la tesi
del mondo creato nel tempo deve riconoscere che se il mondo fosse creato eternamente
sarebbe assurdo un aggiungimento dei nuovi giorni a quelli vecchi. Inoltre se vi fossero
infiniti oggetti vi sarebbe un paradosso in quanto vi sarebbero infinite anime.

10.2.13.3. ONTOLOGIA Tutto quanto è composto di materia e forma, tuttavia non è necessario
che ogni materia sia corporea. La materia è semplicemente una certa possibilità di
essere quindi una cosa esiste solo perché ha una materia che è determinata da una
forma, l’anima in sé stessa è già completa. Ogni proprietà di ogni essere comporta una
pluralità di forme che si dispongono gerarchicamente in modo da costituire una verità,
infine egli accoglie la concezione agostiniana delle ragioni seminali per la quale la
materia di per sé passiva riceve una determinazione materiale delle forme sostanziali
che sono in sé allo stato latente aspettando che più tardi esse sviluppandosi la
informino.

10.3. OXFORD

10.3.1. ROBERTO DI LINCOLN (GROSSATESTA, , PRIMA METÀ DEL XIII SECOLO) TRADIZIONALISTA MA CHE
CONCEPISCE UNO SCHEMA CULTURALE ALLE CUI BASI NON SONO PRESENTI LOGICA, FISICA E METAFISICA
ARISTOTELICA MA IL TRIVIO E IL QUADRIVIO (INFATTI USA CONTRARIAMENTE AD ARISTOTELE MATEMATICA E
GEOMETRIA PER FAR FISICA).

10.3.1.1. LO STUDIO DELLA LUCE CONCEPISCE LA LUCE COME PRINCIPIO FISICO E IL SUO STUDIO QUINDI (CON
L’AUSILIO DEI TESTI ARABI) È GUIDATO DA GEOMETRIA E MATEMATICA. HA UN’OTTICA DELLA LUCE COME
PARTE PIÙ NOBILE DELLA FISICITÀ NELLA MISURA IN CUI ESSA È SENSIBILE MA NON TANGIBILE. IL FATTO
CHE SI UTILIZZI L’OTTICA E QUINDI LA MATEMATICA PER STUDI FISICI PUÒ RAPPRESENTARE LA RADICE
GERMINALE DELLA MENTALITÀ DEL METODO SCIENTIFICO-SPERIMENTALE ANGLOSASSONE. La luce è il
mezzo con cui Dio agisce sul mondo.

10.3.1.2. COSMOGONIA Concepisce la creazione a partire da un punto che si diffonde in


maniera simile alla diffusione della luce (la luce rappresenta la forma attraverso la quale
si attua la creazione in quanto possiede la caratteristica di generare sé stessa
perpetuamente diffondendosi sfericamente intorno a un punto in maniera istantanea).
Con un simile ragionamento Grossatesta è portato a dimostrare che il risultato di questa
infinita moltiplicazione della luce e quindi della materia doveva necessariamente essere
un universo finito cioè nel momento in cui si esaurisce ogni possibilità di rarefazione di
essa quindi il limite esterno della sfera luminosa costituisce il firmamento che riflette
una luce verso il centro del mondo, questa azione di rifrazione verso il centro genera
nuove sfere celesti.

10.3.1.3. ANTROPOLOGIA L’uomo è come un microcosmo dove l’anima occupa lo stesso posto
che Dio occupa nel macrocosmo  Ancora con la luce l’anima agisce sui sensi e
sull’intero corpo.

10.3.2. RICCARDO FISHACRE (DOMENCIANO, PRIMA METÀ DEL XIII SECOLO) Come i suoi
contemporanei tenta un'esegesi aristotelica dove però Aristotele viene interpretato in
senso avicenniano, tuttavia la sua opera risulta disperata. Avrà la cattedra di Oxford in
teologia che passerà a Roberto di Kilwardby.

10.3.3. TOMMASO DI YORK (FRANCESCANO, DECADI CENTRALI) Tommaso di York elabora un


trattato di Metafisica secondo i principi di Aristotele che però esplica secondo e attraverso
tutti i commentari arabi allora conosciuti quindi dando un particolare accento a questa
metafisica. Tenta delle sintesi metafisiche di stampo greco-arabo impossibili.

11. SECONDA METÀ DEL XIII SECOLO  Tentativi di superamento dell'aristotelismo.

11.1. EXCURSUS SULLE PROPOSIZIONI CONDANNATE ALLA FINE DEL XIII SECOLO A PARIGI A CAUSA DELLA
ROTTURA CHE ERA AVVENUTA ALL'INTERNO DELLA FACOLTÀ DELLE ARTI RIGUARDO L'UTILIZZO DEL NUOVO ARISTOTELE
IN MANIERA NON INTEGRANTE NEI CONFRONTI DELLA TEOLOGIA (PORTANDO COSÌ AD ELABORAZIONI DI DOTTRINE CHE
NON SI PREOCCUPAVANO DI QUALI FOSSERE LE EVENTUALJ CONSEGUENZE TEOLOGICHE) NEL 1270 ÈTIENNE TEMPIER
CONDANNA 15 PROPOSIZIONI FILOSOFICHE (DI CUI 13 DI ISPIRAZIONE AVERROISTA) CHE RICHIAMANO LA PRETESA CHE
AVEVANO I DIALETTICI CONTRO GLI ANTIDIALETTICI. IN SEGUITO NEL 1277 GIOVANNI XXI (PIETRO HISPANO, DI
STAMPO AGOSTINIANO ) DIVULGA UNA BOLLA AI MAESTRI DELLE ARTI DELL'UNIVERSITÀ DI PARIGI E IL VESCOVO
ETIENNE TEMPIER, IN CONTEMPORANEA CON ROBERT KILWARDBY A OXFORD, PROMULGA UN DECRETO CHE RECLAMA
LA CONDANNA DI 219 TESI TRA CUI QUELLA CONSIDERATA ERRONEAMENTE AVERROISTA DELLA DOPPIA VERITÀ.QUESTA
SERIE DI PRESCRIZIONI SERVIVANO A CONTRASTARE CONCETTUALMENTE TUTTI COLORO CHE LIMITAVANO
L’ONNIPOTENZA DI DIO DI FRONTE ALLE NUOVE REGOLE FISICHE, METAFISICHE E COSMOLOGICHE INTRODOTTE DA
ARISTOTELE  LA FORMULAZIONE BIZZARRA DI QUESTE PROPOSIZIONI PERMISE LO SVILUPPO DEL TERRENO PER
NUOVE CONCEZIONI COSMOLOGICHE.

11.2. PARIGI

11.2.1. ENRICO DI GAND (HENDRIK VAN GENT, CLERO SECOLARE, SECONDA METÀ DEL XIII)

11.2.1.1. ONTOLOGIA Tenendo presente lo schema metafisico di Avicenna, questo autore lo


modella evitando il necessitarismo greco a cui si ispira l’arabo in un senso più cristiano: il
quod est è il primo conoscibile, indefinibile ma dal quale si parte per definire tutto il
resto, a differenza di Avicenna che divide tutto l’essere in necessario e possibile, Enrico
di Gand divide tutto in “qualcosa che è l’essere stesso” e in “ciò che l’essere conviene o
può convenire naturalmente” (divide tra creatore e creato). In Dio essenza ed esistenza
sono intrinsecamente inseparabili invece nelle cose l’esistenza dipende dalla volontà
divina.  Infatti se per Avicenna necessariamente le idee (quali essenze delle cose nella
coscienza divina) scaturiscono necessariamente mentre per Enrico alcuni possibili
esistono come frutto della volontà divina ed è in questo senso che egli intende la
creazione.

11.2.1.1.1. TEORIA DEI TRE MODI DI ESSERE Divide le categorie di Aristotele in tre modi di essere
cioè l'essere in sé (sostanza), l'essere in altro (accidente: qualità e quantità), l'essere in
rapporto ad un altro (relazione: le altre sei categorie); Applica questa teoria per risolvere
il problema della trinità quali tre modi d'essere di Dio e inoltre deduce che l'essere in
rapporto a un altro (quindi la relazione) non ha essere proprio tranne quello relativo
arrivando a conclusioni simili a Gilberto Porretano.

11.2.1.2. ANTROPOLOGIA L’uomo è unione di un corpo e di un’anima razionale, il corpo ha una


sua propria forma quindi l’anima non informa direttamente questo. Questo significa che
nell’uomo sono presenti due forme, quella del corpo come tale e quella del composto
umano; elevata al di sopra del corpo l’anima rimane aperta alle influenze intellegibili
attenendosi alla distinzione ormai classica di intelletto possibile e di intelletto agente.

11.2.1.3. GNOSEOLOGIA Per conoscere inizialmente questo autore parte dalla dottrina
dell’astrazione, tuttavia l’astrazione stessa ci da soltanto l’esistenza di qualcosa e non la
sua essenza, l’essenza può essere soltanto sostituita dall’illuminazione dell’intelletto
agente che questo autore fa coincidere con l’illuminazione divina agostiniana.

11.2.2. MATTEO D’ACQUASPARTA (FRANCESCANO AGOSTINISTA, SECONDA METÀ DEL XIII SECOLO)
Questo autore è un importante commentatore del maestro Bonaventura in esso si ritrovano le
classiche tesi agostiniste del XIII secolo per contrastare la messa in discussione da parte del
tomismo della composizione ileomorfica dell’anima e la dottrina delle ragioni seminali in
opposizioni della dottrina tomistica della causalità.

11.2.3. EGIDIO ROMANO (EREMITANO DI SANT'AGOSTINO, DIFENSORE E SOSTENITORE DELL'ECLETTISMO


TOMISTA, SECONDA METÀ DEL XIII SECOLO) Autore considerato a suo modo come tomista anche se
da considerare come molto relativa questa definizione; Probabilmente ha studiato anche
come allievo di Tommaso. Altri invece non lo considerano assolutamente tomista, in definitiva
è probabile che abbia seguito una propria strada e che abbia numerose corrispondenze con la
dottrina tomista. Infatti sostiene come Tommaso la differenza reale di essenza ed esistenza
con un accento differente, fondandosi sul neoplatonismo di Proclo. Infatti nel mondo di Egidio
le forme non hanno bisogno di essere astratte in senso tomista in quanto richiede soltanto la
necessità che l'intelletto agente informi l'intelletto possibile.

11.2.4. PIER DI GIOVANNI OLIVI (FRANCESCANO AUTONOMO, SECONDA METÀ DEL XIII SECOLO)
Francescano che si sviluppa in maniera autonoma rispetto ai componenti del suo ordine,
sostenitore della pluralità delle forme, gerarchicamente determinatesi le une sulle altre in
ogni sostanza composta, in lui inoltre sono presenti temi generali dell’agostinismo del
tredicesimo quale ad esempio la concezione ileomorfica dell’anima (che con la tesi della
pluralità delle forme comporta che il corpo è informato dall’anima vegetativa e sensitiva)
benchè questa in toto non consista in unità con il corpo, l’anima intellettiva non è la forma
(posizione che verrà condannata nel Concilio di Vienna). Egli tuttavia si dissocia
dall’agostinismo per alcuni punti fondamentali tra i quali abbandona la dottrina delle ragioni
seminali e non è in grado di risolvere le obiezioni mosse nei confronti della dottrina
dell’illuminazione.
11.2.4.1. FISICA In questo periodo importante innovatore in quanto primo sostenitore della
dottrina dell’impetus opponendosi ad Aristotele (dottrina affermata poco prima dal
domenicano Roberto di Kilwardby ).

11.2.4.2. PSICOLOGIA (TEORIA DELLA COLLIGANTIA) Riforma la dottrina agostiniana per la quale
l’inferiore non possa agire sul superiore, egli l’argomenta: per questo autore la
sensazione può concorrere alla formazione del concetto attraverso la “solidarietà” delle
facoltà dell’anima, infatti le varie forme dell’anima (vegetativa, sensitiva e intellettuale)
hanno in comune una materia spirituale ciò significa che l’azione dell’una può muovere
la materia comune, quindi escludendo ogni azione diretta di una forma sull’altra ne
riconosce una indiretta in ragione della solidarietà naturale delle forme unite in una
comune.

11.2.5. PIETRO DI TRABES (FRANCESCANO AUTONOMO, SECONDA METÀ DEL XIII SECOLO) Nega
esplicitamente che Dio sia la luce dell’intelletto in ogni conoscenza perché significherebbe
ammettere che ogni essere intellegibile vede l’essenza di Dio. Qui si separa dunque da
Agostino più nettamente di Olivi, tuttavia mantiene la posizione ileomorfica dell’anima che
verrà condannata tra poco con il concilio di Vienna negando che questa sia forma del corpo in
quanto riconosce con il maestro Olivi che a esser forma di questo bastino la vegetativa e la
sensitiva. Inoltre accetta la teoria della colligantia di Olivi.

11.2.6. VITALE DI FOUR (FRANCESCANO AUTONOMO, XIII – XIV SECOLO) Ammette negli esseri creati
che l’esistenza è uguale all’essenza, infatti non ammette che l’essenza della creatura possieda
l’esistenza di primo diritto, questo privilegio non appartiene che a Dio, tuttavia insegna che
l’esistenza non aggiunga null’altro all’essenza ma è semplicemente un’ attuazione di questa.
Per quanto riguarda conoscenza individuale delle cose esterne vitale riconosce che questa
derivi dall’atto per il quale l’anima sperimenta l’attualità di un’esperienza all’esterno di sé,
infatti l’esistenza si trova simultaneamente sperimentata e conosciuta e allo stesso tempo
presente nell’oggetto. Allora l’intelletto attraverso successive astrazioni arriva a conoscenze
più alte e agli universali. Invece per quanto riguarda il senso interno riprende interamente la
dottrina agostiniana sulla conoscenza intuitiva che l’anima ha di sé stessa e dei suoi atti.

11.3. OXFORD

11.3.1. ROBERTO KILWARDBY (SUCCESSORE DI FISHACRE ALLA CATTEDRA DI TEOLOGIA, DOMENICANO,


SECONDA METÀ DEL XIII SECOLO, AGOSTINIANO) In corrispondenza a Stefano di Tempier tentava di
condannare le proposizioni che proponevano una teologia di stampo aristotelico ma lo fa in
maniera più semplice. Le sue posizioni Agostiniane si possono evincere dalle tesi condannate;
Tuttavia nonostante la sua intenzione di conservatore gli esiti della condanna di Kilwardby.
Paradossalmente a partire dalle sue condanne si fonda la possibilità di un terreno fertile per
nuovi orizzonti scientifici. Gli succede alla cattedra Giovanni Peckham.

11.3.2. ROGER BACON (ALLIEVO DI GROSSATESTA, FRANCESCANO, SECONDA METÀ DEL XIII) SULLA SCIA
DEL MAESTRO SEGUE LA METODOLOGIA DELLA FISICA NON-ARISTOTELICA (CERCA ANCHE DI CONVINCERE LE
AUTORITÀ SCOLASTICHE DELLA SUA FISICA) TUTTAVIA IL SUO PROGETTO DA TEOLOGO È DI UTILIZZARE QUESTO
METODO DELLA FISICA ANCHE PER LA METAFISICA. INFATTI PER BACONE FISICA E MATEMATICA SONO GIÀ
PRESENTI NELLA BIBBIA, L’ESEGESI BIBLICA PASSA ATTRAVERSO LA MATEMATICA (LUI NON SVILUPPA IL PROGETTO
CONCRETO DI SVILUPPARE UNA FISICA MA SEMPLICEMENTE DESIDERA DI SVILUPPARLA, PRIMA DEI FILOSOFI DEL
RINASCIMENTO). Quindi si esalta l'interesse rivolto ai metodi scientifici dove accanto alla
matematica va ad aggiungersi la conoscenza sperimentale. Molte sue proposizioni
sull'astrologia vengono condannate da Tempier nel 1277, fu spesso oggetto di persecuzioni ( a
causa anche dei suoi continui vituperi contro il disordine e la decadenza della filosofia del suo
tempo e delle sue modalità profetiche) eccetto il breve periodo in cui suo amico e protettore
divenne papa Clemente IV (1265-1268);In effetti egli si richiamava ad eliminare gli ostacoli che
ostacolavano lo sviluppo del sapere ad esempio l'autorità Egli come Bonaventura riduce tutte
le arti alla teologia considerata la sapienza perfetta dove tuttavia fondamentali per il suo
sviluppo sono il diritto canonico e la filosofia. → Questa riduzione è data dalla supposizione di
una concezione della conoscenza influenzata dalla dottrina agostiniana dell'illuminazione. La
filosofia di per sé è subordinata alla teologia perchè anch'essa è il risultato di una
illuminazione divina, inoltre ne è la prova il fatto che la filosofia è frutto di rivelazione ( i greci
hanno dunque copiato gli ebrei). Se da Oxford eredita l'approccio matematico al francese
Pietro di Maricourt deve l'interesse alla necessità dell'esperienza. (Autore di un'opera sul
magnetismo che afferma la necessità di completare il metodo matematico con il metodo
sperimentale); La scienza sperimentale supera gli altri saperi sia perchè genera una
conoscenza completa e inoltre ha i mezzi per andare avanti ove altre scienze sono costrette a
fermarsi.

11.3.3. GIOVANNI PECKHAM (FRANCESCANO IN SENSO BONAVENTURIANO, SECONDA METÀ DEL XIII
SECOLO) Rinnovatore della condanna di Kilwardby e suo successore al seggio arciepiscopale di
Canterbury, tenta questa volta di superare le sintesi aristoteliche in senso bonaventuriano.
Denuncia le innovazioni delle proposte filosofiche e si richiama a tutti quegli autori che si
erano rifatti ai Padri in senso Francescano. Peckham non disapprova la filosofia, per egli si
tratta di andare contro con un certo tipo inadeguato di filosofia che che si traduce in fin dei
conti (eccetto il caso contrario di Kilwardby ) in uno scontro tra l'agostinismo dei francescani e
l'agostinismo dei domenicani. Lo scontro principale tra le due fazioni è di questione
gnoseologica infatti si tratta di sapere se l'uomo può fare a meno di conoscere o no; Peckham
rifacendosi a Sant'Agostino e ai Padri e in piena continuità con la tradizione Oxfordiana di
Bacone e Grossatesta si richiama alla dottrina dell'illuminazione.

11.4. EXCURSUS SU SAPIENZA CRISTIANA E SOCIETÀ Se nei primi secoli la civiltà cristiana è stata concepita
nel senso agostiniano della città di Dio e in seguito nella comunità gregoriana la chiesa
costituiva l'autorità spirituale divisa dall'autorità temporale (anche se questa gli era
pienamente sottoposta) nel XIII secolo si arriva a una concezione di civiltà universale dove la
sapienza cristiana aveva il compito di essere sia custode della salute spirituale di questa
comunità (dove lo strumento fondamentale era il diritto canonico o ecclesiastico), sia
promotrice di un'opera di espansione per riunire sotto la sua ala tutta l'umanità. Ciò viene
espresso perfettamente con la nascita dei nuovi ordini, e con la gerarchizzazione di tutti i
saperi sotto la teologia (Roger Bacon). Tommaso a questo riguardo riprende il passo del
vangelo di Marco dove si afferma “date a Cesare quel che è di Cesare” e riconosce l'autorità
dell'imperatore sul potere temporale e conferisce al Papa l'esclusività sull'amministrazione del
potere spirituale. Invece Egidio Romano afferma che come tutte le scienze devono essere
sottomesse alla teologia (che conosce Dio attraverso la rivelazione divina a differenza delle
materie umane che lo conoscono solo attraverso la ragione) così il potere temporale che
dipende dalle scienze politiche deve essere sottomesso a quello spirituale. L'unico modo per
superare questo problema è sottrarre la filosofia al dominio della teologia come avevano fatto
gli averroisti latini. In particolare il XIII secolo ha il privilegio di ereditare un pensiero greco-
arabo, infatti con il passaggio, nonostante le corrispondenze, dalla dottrina di Platone a quella
di Aristotele, si è compiuto uno spostamento radicale dei problemi. Così dopo un medioevo
pienamente influenzato dal neoplatonismo e da Agostino vi si presenta un'alternativa radicale
con effetti di sintesi, di opposizione e di eclettismo, dando vita a vari movimenti
profondamente diversi tra di loro.

12. PRIMA METÀ DEL XIV SECOLO

12.1.1. EXCURSUS DELL'AMBITO FRANCESCANO Sia con lo scotismo ma in generale in ambito


francescano (e non solo) attraverso, in maniera particolare, i commenti di Pietro Lombardo negli autori
si inizia ad avere una rottura dello sposalizio tra filosofia e teologia, partendo dall'idea che molte tesi
rivelate non sono dimostrabili tramite il logos. (Scoto, Giovanni di Bassoles, Ugo de Novo Castro,
Francesco di Marchia, ecc.)

12.1.2. RICCARDO DI MIDDLETON (FRANCESCANO, STUDIA A OXFORD, PROFESSORE A PARIGI, PRIMA


METÀ DEL XIV SECOLO) Questo francescano aderisce ad alcune dottrine della noetica tomistica:
1) forma un intelletto agente dell’anima razionale che forma la conoscenza per astrazione
partendo dall’esperienza sensibile;
2) nessuna intuizione diretta che l’anima abbia di sé stessa;
3) nessuna idea innata di Dio e dimostrazioni a posteriori dell’esistenza di dio a partire
dall’esperienza sensibile.

12.1.2.1. METAFISICA Rimane nell’ontologia agostiniana e bonaventuriana di cui il primo atto è


la volontà divina.

12.1.2.2. FISICA Questo è un innovatore in fisica che la scienza a posteriore lo confermò,


sostiene la possibilità di un universo non attualmente infinito o diviso in modo finito ma
capace di crescere o di dividersi al di là di ogni limite attualmente dato (questa è una
delle nuove dottrine risultate in maniera attesa dalla condanna al peripateismo arabo
del 1277)

12.1.3. TEODORICO DI VRIBERG (DOMENICANO CON TENDENZE ALBERTINISTE, PRIMA METÀ DEL XIV
SECOLO) Non è allievo di Alberto ma ne è influenzato come tutta la generazione
influenzata da Proclo, come Ulrico vuole stabilire il carattere scientifico della teologia.
Combina Proclo, Avicenna e Agostino, tutti vari platonismi che si sovrappongono l'uno
con l'altro teorizzando una creazione ex nihilo dell'essere come emanazione dall'Uno
intesa come un'emanazione intellettuale in pieno accordo con la dottrina cristiana della
creazione dove creare significa produrre senza presupporre una causa ulteriore. A
partire da questa concezione il nostro intelletto è l'immagine (similitudo) dell'essere
totale. Infatti l'intelletto agente dell'uomo è in grado di produrre ogni intellegibile ed è
quindi principio causale della sostanza stessa dell'anima, tuttavia tutto ciò avviene in
virtù della Causa prima. Infine combina la concezione dell'anima agostiniana (abitus
mentis) nella quale sono convenute le conoscenze della totalità degli esseri quale rifugio
della luce universale della verità interpretandolo come intelletto agente di aristotele.

12.1.4. GUGLIELMO DI WARE (FRANCESCANO AUTONOMO, OXFORD, MAESTRO DI DUNS SCOTO, PRIMA
METÀ DEL XIV SECOLO) Abbandona le dottrine agostiniane ileomorfistiche e aderisce alle teorie
tomistiche di dottrina e forma, invece identifica la facoltà dell’anima con la sua essenza
tuttavia come gli agostinisti riconosce la volontà speculativa al di sopra dell’intelletto
speculativo in quanto l’impressione senza il concorso attuale della volontà non porterebbe ad
alcuna conoscenza.

12.1.5. RAIMONDO LULLO (FRANCESCANO PENSATORE AUTONOMO, PRIMA METÀ DEL XIV SECOLO)
ELABORA UNO SCHEMA CHE DOVREBBE SERVIRE AL CALCOLO PROPOSIZIONALE CHE DENOMINA “ARS MAGNA” E
CHE CERCA DI DIFFONDERE ANCHE PRESENTANDOLO AL VESCOVO DI ROMA (UNO SCHEMA CHE PRETENDEVA DI
COMBINARE PRINCIPI E DOMANDE PER OTTENERE TUTTE LE PROPOSIZIONI VERE POSSIBILI  PURTROPPO
QUESTO PROGETTO È FALLITO IN QUANTO NESSUNO È MAI RIUSCITO A INTERPRETARLO). Egli elabora questo
metodo originale per convincere di errore mussulmani avveroisti, infatti questo autore si
dedicò all’impegno di conversione e alla apologetica.

12.1.6. GIOVANNI DUNS SCOTO (FRANCESCANO, STUDIA A OXFORD E IN SEGUITO VIENE CHIAMATO A
PARIGI, PRIMA METÀ DEL XIV SECOLO). E’ TRA GLI AUTORI CHE CERCANO DI FONDARE UNA NUOVA SINTESI.
GLI ESITI ONTO-GNOSEOLOGICI DI SCOTO VERRANNO CONTESTATI DA OCKHAM.

12.1.6.1. ROTTURA DELLO SPOSALIZIO TRA FILOSOFIA E TEOLOGIA In Scoto si sentono gli effetti del
1277 in quanto si rende conto che dopo una lunga frequentazione di teologia e filosofia non si
possono più piegare le tesi teologiche su concezioni filosofiche, così tutta una serie di tesi che
fino ad allora erano competenza della filosofia vengono rinviate alla teologia. In quanto la
ragione naturale non è in grado di dimostrare l'anima, Dio, l'assoluta onnipotenza di Dio senza
rendere intellegibile l'esistenza di cause seconde, non può spiegare il male nel mondo. Tuttavia
Scoto era innanzitutto un teologo e riconosce tuttavia quelli che sono i limiti e i domini della
ragione, da qui deriva la necessità per la metafisica e la filosofia di utilizzare una nozione
univoca di essere che è differente dall'essere infinito che è Dio. Nessuno scotista svilupperà
questa critica sulla filosofia e sulla ragione.

12.1.6.2. RAPPORTO TRA FILOSOFIA E TEOLOGIA L'oggetto della filosofia (o meglio, della metafisica)
è l'essere, anche se noi non abbiamo alcun concetto diretto che si possa applicare alle
sostanze intellegibili o immateriali come gli angeli o Dio perchè ignoriamo la loro natura (e
inoltre la parola “essere” applicata ad essi non ha significato) → Ne deriva che per
salvaguardare la metafisica bisogna applicare la stessa nozione di essere a tutto ciò che è.
SCOTO CONCEPISCE UNA NOZIONE UNIVOCA DI ESSERE NEL SENSO CHE NON SCINDE IL SIGNIFICATO DI ESSERE
TRA DIO E IL CREATO: FA CIÒ PER SALVAGUARDARE L'UNITÀ DELL'OGGETTO DELLA METAFISICA DALLA SUA
CONDIZIONE DI POSSIBILITÀ, E QUINDI PER SALVAGUARDARE L'UNITÀ DEL SUO OGGETTO, EGLI SI RICHIAMA A UNA
NOZIONE UNIVOCA DI ESSERE INTESA SOLO NEL SUO ULTIMO GRADO DI ASTRAZIONE NEL SENSO DI “TUTTO CIÒ
CHE È” E QUINDI COME PUNTO DI PARTENZA DI TUTTA LA METAFISICA  SE USASSIMO LA NOZIONE DI ESISTENZA
IN UNA MODALITÀ DIVERSA RISPETTO A COME LA USIAMO CONCRETAMENTE NON SAPREMMO DI COSA STIAMO
PARLANDO.

12.1.6.3. ONTOLOGIA CONCEPISCE IL MONDO IN SOSTANZE E ACCIDENTI  TUTTO IL MONDO ECCETTO DIO
È FATTO DI MATERIA E FORMA  TUTTAVIA SI PONE ALCUNI PROBLEMI:
1) OGNI SOSTANZA PARTECIPA DI PIÙ FORME (ES. UOMO = ANIMALE + RAZIONALE)  QUESTE PER
SCOTO SONO DELLE “FORMALITÀ” CIOÈ COMPONENTI DELL’UNICA FORMA.
2)IL RAPPORTO TRA ACCIDENTI E SOSTANZE  GLI ACCIDENTI INERISCONO ALLA SOSTANZA  LA LORO
REALTÀ È QUELLA DI ESSERE I MODI DELLA SOSTANZA. (LE INTENSITÀ E I GRADI IN CUI QUESTI
INERISCONO).
12.1.6.4. ESITO SUGLI UNIVERSALI ARRIVA AD ESITI DIFFERENTI DA QUELLI AVERROISTI  CONTESTA TUTTI
GLI AUTORI CHE CONCEPISCONO CONTRADDITTORIO E PROBLEMATICO IL REALISMO DEGLI UNIVERSALI.
Concretamente per Scoto c'è bisogno che l'universale non si fondi solo ed
esclusivamente per astrazione ma che vi sia una corrispondenza tra la forma e la cosa
(altrimenti non ci sarebbe più differenza tra metafisica e logica) quindi bisogna
considerare l'essenza come egualmente indifferente all'universale e all'individuale e
l'universale è semplicemente il prodotto dell'intelletto nel suo fondamento nelle cose.
Tuttavia il reale non è in sé né pura universalità né pura individualità. GLI AUTORI
PRECEDENTI A LUI HANNO PENSATO L’UNIVERSALE COME UNA REALTÀ NUMERICA, SCOTO CONSTATA CHE IL
REALE HA UN GRADO INFERIORE ALL’UNITÀ NUMERICA. Questa unità si chiama “Natura” o
“Essenza Comune” (Natura Communis, per sé indeterminata all'universalità come alla
singolarità ma individualizzata dall'ultima attualità della sua forma, l'ecceità).

12.1.6.5. IMMORTALITÀ DELL'ANIMA Aristotele non ha dimostrato l'immortalità dell'anima infatti


non è possibile dimostrarla né a priori né a posteriori in quanto si è impossibilitati in
entrambi i casi.

12.1.6.6. GNOSEOLOGIA IL LINGUAGGIO DELLA MENTE PER SCOTO È IN GRADO DI SMONTARE LE STRUTTURE
CHE ABBIAMO ENUNCIATO NELL’ONTOLOGIA IN MODO DA COGLIERLE.

12.1.6.7. DIMOSTRAZIONE DI DIO CRITICA LA DIMOSTRAZIONE TOMISTA DI DIO IN QUANTO RICONOSCE:


1) DIO NON È IL MOTORE IMMOBILE.
2) DIO NON PUÒ ESSERE DIMOSTRATO A PARTIRE DAL MUTAMENTO POICHÉ IL MUTAMENTO POTREBBE
ANCHE NON ESSERCI.
 SCOTO SPOSTA IL LIVELLO DEL DISCORSO DALLA REALTÀ FATTUALE ALLA REALTÀ POSSIBILE (La
possibilità di ciò da cui l'essere è causabile non comporta necessariamente la sua
esistenza attuale ma ciò che esclude ogni causa estrinseca o intrinseca riguardo al suo
essere non può non esistere).  ESSENDO LA REALTÀ FATTUALE QUALCOSA DI CONTINGENTE HA
BISOGNO DI PARTIRE DA QUALCOSA DI NECESSARIO.  ESSENDO I CAUSABILI POSSIBILITÀ CHE SI CAUSI
QUALCOSA TUTTO CIÒ CHE POTENZIALMENTE MUTA LO DEVE POTER FARE A CAUSA DI ALTRO  FINO AD
UN POSSIBILE MOTORE PRIMO  DEVE ESSERCI UN FONDAMENTO DELLA POSSIBILITÀ DI TUTTI I POSSIBILI
(DELLA REALTÀ POSSIBILE)  QUESTO FONDAMENTO DEVE ESISTERE NECESSARIAMENTE PERCHÉ SE NON
CI FOSSE DEVE ESSERCI QUALCOS’ALTRO CHE NE FONDI LA POSSIBILITÀ (ANCHE QUESTA DIMOSTRAZIONE
COME QUELLA TOMMASO HA IL DIFETTO DI RICORRE AL PRINCIPIO LOGICO DI POSSIBILITÀ DI REGRESSUM
AD INFINITUM). IN QUESTO SENSO DIO È IL FONDAMENTO DI TUTTI I POSSIBILI. IL PRINCIPIO PRIMO
RISPETTO A QUALCOSA CHE È ANTERIORE ALLA REALTÀ FATTUALE CIOÈ QUELLA POSSIBILE. Scoto sposta
le permesse delle conclusioni tratte dal possibile perchè spostando il discorso sul
possibile si ammettono anche le premesse che si ricavano dall'atto ma non viceversa in
quanto si può dedurre il necessario dal contingente ma non il contingente dal
necessario. Ciò porta anche alla conclusione che nell'intelletto divino c'è un'infinità di
intellegibili.
- La differenza fondante da Avicenna di Duns Scoto è che per Avicenna il possibile era
emanato necessariamente dal necessario, mentre per Duns Scoto (da Francescano) il
primato ontologico lo possiede la volontà divina caratterizzata da un'infinita libertà.
- QUESTA DIMOSTRAZIONE RAPPRESENTA ADDIRITTURA DAL PUNTO DI VISTA DI SCOTO UN SISTEMA
GENIALE CHE FONDA FILOSOFICAMENTE IL SISTEMA DI PIERDAMIANI  HA DIMOSTRATO RAZIONALMENTE
LA TOTALE ASSENZA DI “ISTANZE” SUPERIORI ALLA VOLONTÀ DIVINA. (N.B. RICORDA LA FALLACIA DELLA
VOLONTÀ).

12.1.6.8. GIACOMO DI METZ (DOMENICANO, PARIGI, PRIMA METÀ DEL XIII SECOLO) Appartiene a
quegli autori che in seno all'ordine domenicano si oppongono alla dottrina tomista e
discute con il dottore della chiesa principalmente sul problema dell'individuazione: a
individuare una sostanza non è, come per San Tommaso, la materia ma la forma. Dove
c'è sostanza, c'è una forma che informa la materia stessa ed è quindi quest'ultima la
principale responsabile dell'individuazione. Si distacca anche perchè cercando di
conciliarsi con Agostino riconosce sia alla conoscenza sensibile la presenza delle specie
ma non alla conoscenza intelligebile, inoltre anche dove è necessaria la presenza delle
specie si richiama comunque a un intelletto agente che deve illuminare l'intelletto
dell'individuo (possibile) . Questo autore in definitiva è più preoccupato delle tesi
agostiniane che di quelle tomiste.Riprende la teoria di Enrico di Gand nella quale
riconosce alla relazione essere solo in rapporto ad altro.

12.1.7. EXCURSUS CONCILIO DI VIENNE (1311-1312) DECRETA CHE L'ANIMA È FORMA DEL CORPO.

12.1.8. DURANDO DI SANPORZIANO (DOMENICANO, PARIGI, PRIMA METÀ DEL XIII SECOLO) Insieme
con Giacomo di Metz è uno di quegli autori che in seno all'ordine domenicano si oppone
al tomismo. Con il suo commento alle Sentenze si procurò parecchie difficoltà all'interno
del suo ordine ma a causa di una missione diplomatica fu nominato da Giovanni XXII
primo e ultimo Vescovo di Limoux. Questo spirito indipendente e preoccupato della
libertà filosofica si richiamava al semplice concetto che in tutto ciò che non è articolo di
fede conviene fondarsi sulla ragione piuttosto che sull'autorità di un dottore. Partendo
dalla teoria dei modi d'essere di Enrico di Gand e ridiscussa da Giacomo di Metz,
riconosce che la relazione ha un fondamento diverso dal soggetto della sua relazione e
ne deduce che la maggior parte delle relazioni sono nel pensiero eccetto una sola che è
quella di causa alla quale riconosce una valenza ontologica.

12.1.8.1. ANTROPOLOGIA E GNOSEOLOGIA Concepisce l'uomo come unione del corpo e dell'anima
che ne è la forma tuttavia questa nozione rende difficile dimostrare razionalmente
l'immortalità dell'anima. La conoscenza dipende direttamente dall'intelletto e non dal
suo atto: senso e intelligenza hanno causa dall'intelletto stesso cioè facoltà e operazione
sono la stessa cosa nel senso che l'intelletto non è più qualcosa di potenziale che si
attualizza. Per Durando l'intelletto conosce solo dei simboli tuttavia alcuni di esssi hanno
qualcosa in comune come ratio comune esiste veramente nelle cose. Alla quale
l'intelletto fornisce unità dando vita all'universale quale unità logica.

12.1.9. PIETRO AUREOLO (FRANCESCANO, AUTONOMO, PARIGI, PRIMA METÀ DEL XIV SECOLO) Anche
questo è un autore che è andato contro il proprio ordine in maniera dottrinale. Questo
autore era a favore dell'aristotelismo classico e contro Duns Scoto rifiuta infatti ogni
attualità alla materia in quanto Dio non potrebbe creare una materia separata da una
forma. Allo stesso modo sorprendentemente ritiene che neanche la forma potrebbe
essere concepita o esistere separatamente dalla materia. (Era convinto che questa fosse
la dottrina di Aristotele e di Averroè e di essere fedele a questi). → Questa formula
importerebbe delle difficoltà con il decreto del concilio di Vienne in quanto non
renderebbe possibile l'immortalità dell'anima. Per difendersi, tuttavia, muove
l'osservazione che i padri sono di opinioni diverse da quelle del concilio. Anche lui ha
concepito che la teologia non si deve modellare su opinioni filosofiche. Infatti bisogna
credere all'immortalità dell'anima senza bisogno di capirne il perchè. Il Concilio di
Vienna infatti ha avuto maggiore difficoltà a dimostrare l'immortalità dell'anima. Inoltre
si presentano altri problemi cioè: una forma che è atto di una materia è incapace di
pensare perchè per una conoscenza intellettuale c'è bisogno che l'anima sia una
sostanza intellegibile e che il corpo invii le sensazioni all'anima in quanto ogni
conoscenza parte dal sensibile. → Per risolvere il problema Pietro Aureolo è condotto a
riprendere le tesi psicologiche e noetiche della scuola agostiniana in versione rinforzata
per andare di contro al tomismo e allo scotismo. → Riconoscendo che Dio non ha creato
nulla in natura per caso obietta contro Tommaso e Scoto che non c'è nessuna necessità
di moltiplicare gli esseri nella psicologia per arrivare a una conoscenza. Quindi l'intelletto
e la volontà sono diverse operazioni dell'anima stessa che quindi volendo conoscere è
portata a volgersi verso le impressioni sensibili verso le specie sensibili escludendo gli
intermediari che sono gli intellegibili, in alcune forme degli individui sono presenti delle
similitudo dalle quali l'intelletto ne deduce degli universali che sono semplici conceptus.
(Fondare un universale sulla somiglianza significa ritornare alla posizione di Abelardo).

12.1.10. ENRICO DI HARCLAY (CHIERICO SECOLARE, OXFORD, PRIMA METÀ DEL XIV SECOLO) Vescovo di
Lincoln, muove forti polemiche con i domenicani a Oxford che insegnavano teologia
senza esser maestri nelle arti. Ma oltre ai diverbi con i domenicani si scontrò a livello
dottrinale con Duns Scoto sulla questione del realismo Avicenniano delle natura
communis. Enrico osseva che in Aristotele e Averroè gli universali non sono niente al di
fuori del pensiero e che Duns Scoto invece ha trasformato questi universali che prima di
lui nel neoplatonismo erano concepiti come cose in delle realtà generali secondo una
communitas: La posizione di Scoto per Enrico è falsa e preferisce tornare a quella di
Aristotele. Per Enrico di Harclay gli universali sono semplicemente degli universali
concepiti come particolari (ritorna all'antica posizione di Abelardo).

12.1.11. FRANCESCO DI MEYRONNES (FRANCESCANO SCOTISTA, PRIMA METÀ DEL XIV SECOLO) Allievo
di Scoto fedele all'univocità dell'essere introdotta da Scoto e quindi d'accordo con
l'ontologia del maestro identifica l'essere con l'esistenza. Si distacca dal maestro
rifiutando la coeternità delle idee divine a Dio.

12.1.12. GIOVANNI DI BASSOLES (FRANCESCANO SCOTISTA, PRIMA METÀ DEL XIV SECOLO) In linea con
Scoto sulla teologia e sui limiti della ragione in teologia naturale, riconoscendole
l'incapacità di parlare di attributi divini i quali solo la rivelazione può acquistare la
certezza.

12.1.13. FRANCESCO DI MARCHIA (FRANCESCANO, PRIMA METÀ DEL XIV SECOLO) Anche lui come gli
Scotisti rifiuta di dare dimostrazioni filosofiche su tesi prettamente teologiche come
l'immortalità dell'anima e inoltre gli si attribuisce l'onore di aver sviluppato la dottrina
dell'impetus prima di Giovanni Buridano.

12.1.14. GUGLIELMO DI ALNWICK (FRANCESCANO, XIV SECOLO) Pensatore che si occupa di teologia
e metafisica, pone il problema del grado di realtà dell'oggetto della conoscenza
(Cogitatum) che nell'essere conosciuta non implica maggiore grado di esistenza rispetto
alla cosa stessa. Da un punto di vista intellettivo l'essere del Cogitatum non è altro che
l'essere dell'intelletto. Questa conclusione si estende al problema delle idee divine alle
quali Guglielmo di Alnwick nega ogni essere intellegibile negativo sia creato che
prodotto.

12.1.15. GIOVANNI DI RIPATRANSONE (GIOVANNI DI MARCHIA, DI RIPA O DI PLANTADOSSI, FRANCESCANO


SCOTISTA, XIV SECOLO) Le idee divine non sono divise soltanto da una distinzione di
ragione ma anche da una distinzione ex parte rei , essendo una res totalmente distinta
da Dio si ricollega oltre che a Scoto al vecchio realismo delle idee.

12.2. GUIDO TERRENA (CARMELITANO, PRIMA METÀ DEL XIV SECOLO) Concorda con Enrico di Harclay
sulla natura degli universali (fondati su una similitudo reale che ha realtà semplicemente
nell'intelletto).

12.3. OCKHAM (FRANCESCANO, OXFORD, PRIMA METÀ DEL XIV) INNOVATORE CHE ESERCITERÀ UN INFLUENZA
DECISIVA SULL'ULTIMO SVILUPPO DEL PENSIERO MEDIEVALE SIA IL SISTEMA METAFISICO-ONTOLOGICO SIA QUELLO
GNOSEOLOGICO, SMONTANDO DIVERSE POSIZIONI DI SCOTO. Prese partito contro il papa Giovanni XXII sulla
questione del potere temporale della chiesa e compose tutta una serie di scritti politici diretti
contro il papa. La data della sua morte si colloca nel 1349 o 1350.

12.3.1. LA DIMOSTRAZIONE Provare una proposizione, per Ockham, consiste nel mostrare sia che essa
è immediatamente evidente, sia che essa si deduce necessariamente da una proposizione
immediatamente evidente. Questa è la conoscenza sicura.

12.3.2. RASOIO DI OCKHAM Principio metodologico di Ockham che stabilisce in maniera economica
l'inutilità dello stabilire dottrine che non siano necessarie alla spiegazione di un determinato
fenomeno. Sul piano gnoseologico diventa un principio di pensiero dove non bisogna moltiplicare
gli esseri senza necessità (principio aristotelico riadattato) → Questo procedimento simboleggia
l'intera opera di Ockham.

12.3.3. ONTOLOGIA LE COSE SONO INDIVIDUE ED UNITARIE E QUINDI NON HANNO SENSO TUTTE LE
DIFFERENZIAZIONI E LE SOTTIGLIEZZE CHE HA POSTO SCOTO.

12.3.4. RAPPORTO TEOLOGIA-FILOSOFIA In Ockham si sviluppa la polemica contro il


necessitarismo greco-arabo che era stato accolto dalla teologia cristiana: in generale Ockham
preferisce disellenizzare la teologia purgandola del platonismo (anche quello di Aristotele). Le
verità di fede restano alla fede, la critica inizialmente sviluppata da Scoto prende ancor più
vivo fervore in Ockham. Le influenze di Ockham sono una tendenza di ripiegamento della
teologia su sé stessa e si colloca in maniera autosufficiente della teologia rispetto alla filosofia.

- In effetti rispetto all'esistenza di Dio, appellandosi all'esperienza quale unico criterio di


conoscenza razionale ne rifiuta ogni dimostrazione razionale: non abbiamo possibilità di
risalire alla causa prima nel momento in cui attraverso l'esperienza abbiamo solo presenti le
cause attuali e anche se riuscissimo a risalire a questa, rimarrebbe da dimostrare che questa
prima causa equivalga a Dio. Inoltre potrebbero esserci più mondi con una prima causa e
inoltre siamo incapaci di dimostrare positivamente gli attributi di Dio.
- In dubbio è anche la sostanzialità dell'anima dal momento che non è intuibile.

12.3.5. GNOSEOLOGIA VUOLE SEMPLIFICARE IL SISTEMA GNOSEOLOGICO CONTRO TOMMASO E SCOTO IN


QUANTO SE SI PONGONO TUTTA UNA SERIE DI COMPLICAZIONI E DI INTERMEDIARI TRA LA MENTE E LE COSE, SI
RISCHIA DI ALLONTANARSI DALLE COSE (INFATTI PER OCKHAM SE CI SONO DEGLI INTERMEDIARI L’INTELLETTO
CONOSCE L’INTERMEDIARIO E NON LE COSE, per Ockham la conoscenza intuitiva è la sola che ci
permette di raggiungere l'esistenza ) :È IL LINGUAGGIO DELLA MENTE CHE MONTA E SMONTA
CONCETTUALMENTE LE COSE: È IL LINGUAGGIO CHE È CAPACE DI TAGLIARE LE UNITÀ O DI COMPORLE  LA
MENTE HA UN LINGUAGGIO NATURALE. ( COSA: CONCETTO = FUOCO : FUMO)  IL LINGUAGGIO SI IMPONE
ALLA REALTÀ.  RICHIAMA LA DOTTRINA DEL LINGUAGGIO ARCHETIPO NEOPLATONICA INFATTI IN AGOSTINO LE
COSE NON SONO NASCOSTE ALL’ANIMO UMANO E LA MENTE È CAPACE DI AFFERRARNE DIRETTAMENTE LA
NATURA. E’ UN NOMINALISTA MA NEL SENSO CHE INTENDE IL LINGUAGGIO MENTALE COME PRESA DIRETTA SULLE
COSE DELLA REALTÀ. TUTTA QUESTA MODALITÀ DI SEMPLIFICAZIONE DEL SISTEMA GNOSEOLOGICO SERVE A
CONTRASTARE OGNI FORMA DI SCETTICISMO. È assurdo concepire l'universale come unità inferiore
all'unità numerica grazie alla natura communis poiché questa non è nessun tipo di unità né
nessun tipo di universalità. Di reale esistono solo ed esclusivamente gli individui tutto ciò che
è concepito come generi, specie, sono nulla al di fuori del pensiero ed essendo nulla non si
pongono nemmeno come problematici. I concetti non sono universali ma sono cose
particolari attribuite a parecchi individui.

12.4.EXCURSUS CONTESTUALE DOPO OCKHAM In seguito a Ockham i seguaci di Tommaso e Duns Scoto
vennero chiamati reales o antiqui mentre i sostenitori di Ocham vennero chiamati nominales
o terministae ma anche moderni per il loro nuovo modo di interpretare Aristotele, in modo
particolare nella facoltà delle arti di Parigi.
- Nel 1339 Ockham è oggetto di condanna e nel 1340 vengono proibite un certo numero di
tesi ockhamiste, tuttavia questa proibizione come non ebbe effetto nel secolo precedente con
Aristotele non servì ad evitare l'influenza di Ockham sul pensiero seguente.

12.5.TOMMASO DI BRADWARDINE (CHIERICO SECOLARE, UNIVERSITÀ DI OXFORD, PRIMA METÀ DEL XIV SECOLO)
Riprende il realismo delle idee influenzato dalla tradizione scotista in opposizione a Ockham.
E' in perfetta linea con la tradizione scientifica inglese, la sua opera teologica ne mostra i
caratteri in maniera innovativa pone la nozione di Dio che viene concepito come essere
perfetto e che logicamente non implica nessuna contraddizione. Da qui sviluppa tutta la sua
teologia con un rigorismo matematico e per questo motivo viene definita come una “teologia
deterministica” (insieme con quella di Wycliff).

12.6.ROBERTO HOLKOT (DOMENICANO, OXFORD, DECADI CENTRALI DEL XIV SECOLO) Si accentua il
separatismo filosofia-teologia e dimostra che molte proposizioni della teologia non sono
dimostrabili logicamente. Mai nessun filosofo ha dimostrato razionalmente la proposizione
Deus Est dando alla parola Dio il senso che essa ha nel pensiero di un cristiano.

12.7.ADAMO WODEHAM (FRANCESCANO OCCAMISTA, OXFORD, DECADI CENTRALI DEL XIV SECOLO) Scolaro di
Ockham, si lamenta dei contemporanei che rifiutano la logica, introduce nella logica del
maestro il nuovo concetto del protervire, cioè di rifiutare di accetare una qualunque
proposizione fintantochè resta un'obiezione da opporle. Qualunque sia la tesi proposta finché
il protervus, l'irriducibile, vi troverà ancora qualcosa da ridire non si è raggiunta la sicurezza, si
resta nella probabilità.

13. SECONDA METÀ DEL XIV SECOLO

13.1.1. GREGORIO DI RIMINI (EREMITANO DI SANT'AGOSTINO, PENSATORE AUTONOMO, PARIGI,


SECONDA METÀ DEL XIV SECOLO) In generale lo si può definire come il fautore di un agostinismo
che si adatta a certe conclusioni dell'occamismo. Riguardo all'oggetto della conoscenza
specifica, essendo questi necessariamente universale e necessario ed essendo allo stesso
tempo la realtà individuale e contingente, deve necessariamente essere di natura mentale;
tuttavia se l'obiettività dell'oggetto scientifico sia affidata all'illuminazione agostianiana o sia
opinabile non ci è dato di sapere.

13.1.2. GIOVANNI DI MIRECOURT (MONACO CISTERCENSE, OCCAMISTA, PARIGI, SECONDA METÀ DEL
XIV SECOLO) Al primo ordine di evidenza introdotto da Ockham (l'esperienza) aggiunge un
secondo ordine di evidenza che ritiene più importante ed è quello del principio di non
contraddizione che lo porta a elaborare logicamente la certezza dell'esistenza attraverso una
dinamica che preannuncia il cogito ergo sum.

13.1.3. NICOLA D'AUTRECOURT (CHIERICO SECOLARE, OCCAMISTA, PARIGI, SECONDA METÀ DEL XIV
SECOLO) Riprende gli argomenti di Ockham e li estremizza attraverso la logica sino ad arrivare a
conclusioni scettiche, per alcune analogie spesso il suo pensiero verrà accostato a quello di
David Hume. Distingue sei principi logici a cui pone come base il principio di non
contraddizione che individua come criterio di verità e non come punto di partenza da cui far
derivare tutte quante le conoscenze per il soggetto. Sempre dal principio di non
contraddizione fa derivare l'impossibilità di stabilire un qualunque nesso di causa ed effetto,
motivo per cui rinnegherà anche la plausibilità di una causa finale all'interno dei rapporti tra le
cose (l'unica conoscenza possibile del nesso causa-effetto è possibile quando abbiamo
conoscenza diretta della coesistenza dei due momenti). Il suo pensiero ha alcune concordanze
con quello di Al-Ghazzali con cui entra in contatto diretto o tramite la lettura di Averroè.

13.1.4. GIOVANNI BURIDANO (PARIGI, MAESTRO DELLA FACOLTÀ DELLE ARTI, SECONDA METÀ DEL XIV
SECOLO) PRENDE LE MOSSE DA ARISTOTELE E SVILUPPA LA DOTTRINA DELL'IMPETUS DI CUI SI RITROVANO GIÀ
ALCUNI FRAMMENTI ALL'INTERNO DELLA DOTTRINA DI GIOVANNI FILOPONO (PER ARISTOTELE IL MOTO
RETTILINEO UNIFORME È UN MUTAMENTO DI UNA CAUSA PRIMA) CHE TEORIZZA COME UN'INTERPRETAZIONE DEL
PENSIERO DI ARISTOTELE:
- DAL MOMENTO CHE VIENE LANCIATO UN PROIETTILE QUESTA FORZA VIENE INCLCATA COME MOTORE DAL
LANCIATORE DEL PROIETTILE (NON CONTRADDICE ARISTOTELE MA COLLOCA IL MOTERE ALL'INTERNO DEL
PROIETTILE) → È UNO DEI PASSAGGI CHE PORTERÀ AL PRINCIPIO D'INERZIA.
Autore che si è interessato in maniera particolare oltre che di fisica anche dell'ambito della
logica, come per Ockham, Buridano pone il termine come riferente ad un individuo. È stato a
lungo classificato come nominalista ma nell'analizzare meglio la sua dottrina si ricava una
distinzione tra intenzione prima (quella dell'individuo) e intenzione seconda (quella che
potremmo definire dell'universale). Si oppone a Nicola D'Autrecourt per il suo scetticismo
fondato sul principio di non contraddizione: Buridano a riguardo afferma che “non c'è termine
medio più evidente del verbo est”.

13.1.5. ALBERTO DI SASSONIA (CHIERICO SECOLARE, VESCOVO E RETTORE DELL'UNIVERSITÀ DI PARIGI E


VIENNA, SECONDA METÀ DEL XIV SECOLO) Seguace di Buridano, segue Ockham e nei suoi trattati
riassume la logica modernorum assicurando ad essi una larga diffusione.In fisica respinge la
tesi – che circolava in ambienti occamisti – della rotazione della Terra attorno al
proprio asse; sviluppa la teoria dell’impetus; studia l’accelerazione nella caduta dei
gravi. Riguardo quest'ultima distingue per le cose due centri di gravità uno in
superficie e l'altro centrale (negli oggetti perfettamente simmetrici questi si
equivalgono, nel caso di oggetti asimmetrici invece sono separati e ne determinano i
moti gravitazionali.).

13.1.6. ORESME (CHIERICO SECOLARE, COLLEGIO DI NAVARRA, PARIGI, SECONDA METÀ DEL
XIV SECOLO) TEORIZZA UNA NUOVA COSMOLOGIA, PRIMA DI LUI LO SPAZIO ERA UN OGGETTO SFERICO
CHIUSO FATTO DI SFERE CONCENTRICHE DOVE NON VI ERA NIENTE AL DI FUORI DELL'ULTIMA SFERA:
ORESME TEORIZZA CHE DIO È LO SPAZIO E IL TEMPO ETERNI ALL'INTERNO DI CUI SI COLLOCA
L'UNIVERSO. A lui si attribuiscono diversi studi per la caduta dei corpi (per la quale si
ispira a Giovanni Buridano), il moto del cielo diurno e l'uso delle coordinate. Da
Alberto di Sassione deduce che lo spazio percorso da un corpo varia in maniera
uniform nel tempo (ha scoperto il moto uniformemente accellerato e decellerato).
Oresme, nonostante questa teoria fosse accennata già all'interno della facoltà delle
arti, affermò che non è dimostrabile che il cielo sia in moto e la terra stia ferma anzi
che è più probabile il contrario (anche Francesco Meyronnes cita un suo maestro che
riconosceva questa possibilità, tuttavia Oresme è il primo ad argomentare questa tesi).

13.1.7. GUGLIELMO DI FARINIER (VICARIO DELL'ORDINE FRANCESCANO, SECONDA METÀ DEL XIV
SECOLO) Autore che al problema degli universali riutilizza la dottrina della Conformitas del
XII secolo.

13.1.8. PIETRO DI CANDIA (ANTIPAPA ALESSANDRO V, SECONDA METÀ DEL XIV SECOLO) In linea con lo
Scotismo arriva a una deriva di realismo radicale in senso platonico portato sino a
difendere il suo compatriota platone affermando l'esistenza delle idee fuori dalle cose e
fuori dal pensiero divino.

13.1.9. WYCLIFF (CHIERICO SECOLARE SCOMUNICATO, OXFORD, SECONDA METÀ DEL XIV SECOLO)
Riprende il realismo delle idee di Scoto e sviluppa una teologia che similmente a quella
di Tommaso di Bradwardine la si può definire “teologia deterministica”.

13.1.10. MARSILIO DI INGHEM (SECONDA METÀ DEL XIV SECOLO)

13.1.11. JEAN GERSON (COLLEGIO DI NAVARRA A PARIGI, FREQUENTERÀ L'UNIVERSITÀ DI PARIGI, SECONDA
METÀ DEL XIV SECOLO)TEORIZZA LA DUPLICE LOGICA:
1)IN SENSO CLASSICO.
2) LA RETORICA HA VALENZA DI LOGICA PERCHÈ CON QUESTA VENGONO INTERPRETATI CORRETTAMENTE I
TESTI BIBLICI (A CAUSA DI QUESTA TEORIA GLI UMANISTI DIRANNO DI ESSERE I MIGLIORI TEOLOGI
NELL'INTERPRETAZIONE BIBLICA PERCHÈ MAESTRI DI RETORICA).

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