Sei sulla pagina 1di 196

EMVIN BUSUTTIL SJ

Trovare, esaminare, provare


le

Vocazioni
(Appunti di esperienze personali)

Istituto del Verbo Incarnato


ED.IVI
Dedico questo libro ai giovani che,
col mio povero aiuto, hanno trovato la via della
vita religiosa o sacerdotale
e che oggi lavorano nella Vigna del Signore
in Sicilia e Malta e ai tanti altri
che dalla lettura di Esso conosceranno
la chiamata di Dio
e la seguiranno.
Prologo

Questo libro è un agglomerato di esperienze personali.


Perciò, inutile cercare un ordine matematico, o una divisione
ben netta, o citazioni erudite.
Perciò, purtroppo, dovrò spesso parlare di me stesso, e di
cose capitate a me.
Metterò davanti al Lettore, con semplicità e schiettezza,
idee, cose e giudizi, senza pretensione alcuna di fare testo, o
di insegnare dei metodi; ma nel sincero desiderio che questi
appunti possano giovare per l’incremento delle Vocazioni, e
per rendere felici tanti cari giovani che sono chiamati da Dio
a cose grandi.
Generalmente parlo di giovani, ma il tutto vale anche per le
giovani.
Non ho potuto mettere il nome di coloro dei quali narro gli
avvenimenti o cito le lettere, perché contemporanei ed ancora
viventi.
Sono grato verso tutti quei giovani che, fidandosi di me,
mi hanno trattato da vero amico, svelandomi i loro intimi
sentimenti, e scegliendomi per guida nella via di Dio. A loro
devo queste mie esperienze e li ringrazio, a nome anche dei
Lettori, per avermi dato piena libertà di pubblicare questi
brani di vita vissuta, che hanno costituito le gioie e le angosce
più intime della loro gioventù.
Il titolo che ho scelto potrà forse dare la impressione che la
materia da me trattata sia ampia, ed anche scientifica. Questo
libro invece non ha la pretesa di voler trattate tutte le questioni
e di esaurire tutto il problema così vasto e complesso della
Vocazione.
Il mio intento, ripeto, è quello di fissare sulla carta alcune
mie esperienze personali, nella speranza che giovino a qualche
educatore, o a qualche giovane che mi vorrà leggere.

3
Nella mia vita, mi sono trovato principalmente tra giovani
studenti di Ginnasio o di Liceo, e tra giovani appartenenti ad
Associazioni Religiose. È chiaro quindi, che fatti da me portati,
riguarderanno quasi sempre questa categoria di persone, le
cose però che dico, possono valere anche per i più grandi.
Inoltre, mia intenzione è quella di parlare della Vocazione
in genere, e siccome la Vocazione può essere 1) Sacerdotale,
2) Sacerdotale e Religiosa insieme, 3) Religiosa per Fratello
laico, 4) Religiosa femminile (per Suore), e 5) anche per
qualcuno di questi moderni Istituti Religiosi Laicali, approvati
ultimamente dalla Chiesa, mi fermerò, ora su una specie di
Vocazione ed ora su un’altra. Spesso non distinguo, perché
parlo di quello che è comune a qualsiasi specie di Vocazione,
cioè la Chiamata. Il Lettore però potrà capire senza difficoltà,
dove si parla di Vocazione Sacerdotale, dove di Vocazione
Religiosa e Sacerdotale, dove si fa allusione alle Vocazioni
femminili, ecc.
Non ho voluto dividere e distinguere troppo la materia, per
conservare al libretto quelle freschezza e varietà che, mentre
piace, riesce anche a dare un’idea più completa del problema.
Prego i Lettori di avvisarmi, se troveranno qualche errore
o qualche esagerazione, di aiutarmi se sembra loro che
debba sviluppare meglio qualche pagina o qualche punto, di
informarmi sulle loro impressioni, e così darmi nuova materia
per una prossima possibile edizione.
Per loro comodità, metto il mio indirizzo, mentre chiedo la
carità di un’Ave Maria.

Emvin Busuttil S. J.
Borgo S. Spirito, 5 - Roma

4
Introduzione

Per chi queste pagine?


Per tutti.
Principalmente e prima di tutti però, per i Sacerdoti, Religiosi
e Religiose, promotori e promotrici delle Vocazioni: perché
sappiano discernere con saggezza, sincerità e serietà, le anime
che sono da Dio chiamate al suo Santuario e alla sua Casa.
Ma questo libretto gioverà anche ai giovani che si trovano
sul punto di decidere della loro vita quaggiù. Essi vi potranno
scoprire la «loro via». Se sono chiamati e prescelti da Gesù
per essere gli Amici intimi del Suo Cuore nella Vita Religiosa,
non sarà loro difficile, attraverso queste pagine, accertarsi della
Vocazione divina.
Anche i genitori troveranno interessante leggere questo
libro. Può darsi che Dio chiami alla vita religiosa qualcuno dei
loro figli. Essi impareranno ciò che è la Vocazione, sapranno
comprendere i loro figli e saranno in grado di esaminare il
figlio e rendersi conto se egli sia veramente chiamato o no.
Se poi essi desiderano proprio che il Signore onori la loro
famiglia con una Vocazione, impareranno da questo scritto il
modo di preparare il terreno al divino Seminatore, affinché il
germe della Vocazione che Egli vorrà deporre nel Cuore del
figlio, trovi il calore e l’ambiente che lo faccia germogliare e
poi fruttificare.
Nel corso di queste pagine il Lettore si accorgerà che io non
mi rivolgo solamente ai Sacerdoti, ma ben spesso agli stessi
giovani. Faccio così, sia perché non intendo che questo libro
vada esclusivamente in mano ai Sacerdoti, sia anche perché,
rivolgendomi direttamente all’anima del giovane, rendo con più
chiarezza e spontaneità la mia idea, e metto in bocca al Sacerdote
le stesse frasi che egli potrebbe usare in certe circostanze.

5
Emvin Busuttil

Avere le idee giuste


Ci accorgeremo ben presto che tutti possono, e con facilità,
diventare Apostoli delle Vocazioni, perché il più delle volte il
gran lavoro di «suscitare» Vocazioni è quello di far conoscere
al giovane che egli ha i segni della chiamata di Dio. Noi siamo
soliti dire erroneamente che bisogna suscitare le Vocazioni,
mentre dovremmo dire che bisogna scoprire le Vocazioni
e rivelarle ai giovani che spesso l’hanno in cuore e non lo
sanno. Il nostro lavoro, quindi, non è quasi quello di creare
le Vocazioni, o di saper prendere i giovani, saperli attirare,
trascinare o dominare.
Nulla di tutto questo!
Per lavorare in questo campo, bisogna prima di tutto essere
sinceri.
Noi non vogliamo chi non è chiamato, perché faremmo di
lui uno squilibrato, un infelice. Chi non è chiamato da Dio non
sarà mai un buon Sacerdote, né potrà aiutare efficacemente la
Chiesa nella sua divina Missione, ma sarà di inciampo agli altri
Sacerdoti o Religiosi suoi compagni, e di scandalo alle anime.
Volesse il Cielo che non conoscessimo le conseguenze di
Vocazioni non vere, cioè non provenienti da Dio!
Perciò è ridicolo atteggiarsi a gente che sa fare, a propagandisti
potenti, a padri di Vocazioni. L’unico Padre e Creatore di
Vocazioni è il Padrone della Messe, Dio Benedetto, che un
giorno poté dire ai suoi Apostoli: Non voi mi avete eletto,
ma io... Noi possiamo essere semplicemente gli aiutanti del
giovane, perché egli, illuminato da Dio e sorretto da Lui, e un
po’ anche da noi, possa accorgersi e rendersi conto che è un
Chiamato.
Noi useremo la nostra povera intelligenza e giudicheremo
nei singoli casi, secondo ciò che ci detterà la prudenza, ma
ci ricorderemo che queste due luci sono lucciole in questa
materia, e ci appoggeremo sopratutto sulla preghiera e
sull’umiltà, pensando che le vie di Dio sono tanto differenti
dalle nostre, e che la luce di Dio confonde la nostra prudenza,
che, in confronto, è stoltezza.

6
Trovare, esaminare, provare le Vocazioni

So di un giovane che si voleva fare Religioso, ma che i


Superiori non volevano accettare, perché sembrava poco
fermo di carattere. Fu accettato invece un suo compagno che
dimostrava più entusiasmo, abilità e fermezza. Riguardo a lui
parecchi Padri, molto seri e posati, dicevano: «Se lui non ha la
Vocazione, non l’ha nessuno».
Intanto, dopo tre mesi, il giovane ritornò a casa. Tristezze,
malinconie terribili, la lontananza dalla mamma: non poté più
sopportare. Pregò, si consigliò, si sforzò; ma tutto fu inutile.
Torna di nuovo in Collegio. Mi spaventavo per l’altro; che
non perdesse anche lui la Vocazione. Egli sorrise al mio timore
e mi disse:
«Certo, se il Signore non mi aiuta, capiterà lo stesso anche
a me; ma pregherò. Del resto non sono rimasto affatto
scosso per la defezione dell’amico»
Alla fine dell’anno egli insistette, e questa volta fu accettato;
però non lo si voleva mandare solo in Noviziato. Si temeva che
gli venisse qualche crisi. Ancora non sembrava forte e deciso
abbastanza. Per questo i Superiori furono indotti a fare uno strappo
alle loro consuetudini ed accettare in Noviziato un altro giovane,
di Quarta Ginnasio e di 15 anni, ma brioso, vivace, tenace.
«Così, dicevano, farà coraggio all’altro, ed assicurerà la
sua perseveranza».
Intanto dopo tre mesi di noviziato, quest’ultimo si ammalò,
ed in seguito, dovette abbandonare la Religione.
E colui del quale tutti temevano, è rimasto, e (son già passati
10 anni) non dà alcun segno di tentennamento.
Questo per dire che la nostra prudenza può sbagliare!
Quando poi uno non è chiamato è inutile insistere. Abbiamo
un bel dire: «Quello sarebbe un ottimo Parroco; che carattere
di missionario; ha la faccia di un santino; è intelligente, posato,
ben sviluppato: sarebbe un bel Prete, una bella Vocazione!»
Dirigevo un giovane: carattere meraviglioso, volontà sicura;
serio, ma allegrone. Quelli che lo conoscevano, pensavano, anzi
erano persuasi, che sarebbe andato a finire Religioso. Egli era
sincero, e con sincerità e lealtà fece gli Esercizi Spirituali per
vedere se Dio veramente lo chiamasse. Pregò, si consigliò con
parecchi Padri, stimati per santità e uomini di consiglio: nulla!
7
Emvin Busuttil

Non se la sentiva, o meglio, non riusciva a convincersi che fosse


chiamato alla vita Religiosa.
«Se Dio mi chiama, diceva, io sarei pronto, e sarei felice;
anzi prego ogni giorno per far bene la scelta dello stato, ma
non posso convincermi di avere la Vocazione».
Gli risposi sorridendo: «Sta tranquillo: hai fatto quello che
dovevi fare; continua a pregare per avere lume. Se Dio ti
vuole, ci penserà Lui a fartelo capire in modo chiaro».
Conosco un bravo signore, già sposato, vero militante nella
Chiesa di Dio. Da giovane fu assillato dal problema della
Vocazione. Qualche suo Direttore Spirituale era convinto
che egli l’avesse, ma il giovane, sinceramente, non riusciva
a convincersene. Pregò e comprese che non era chiamato per
quella via. Si sposò, e Dio lo benedisse e lo benedice tutt’ora.
È inutile! La Vocazione è opera di Dio; e, come in tutte le
altre opere della grazia, quando ci sembra di aver fatto tutto, e
la cosa riesce, dobbiamo confessare che «siamo servi inutili».
E questo, per non essere bugiardi.
Perciò è vano attribuirci il merito di qualche Vocazione; è
ingiusto esagerare, o forzare, o spingere con ragionamenti
puramente umani. È ridicolo insistere che un giovane si debba
fare Religioso, anche se non ne ha più voglia, per il solo fatto
che altrimenti ci farebbe fare una brutta figura.
Siamo sinceri e disinteressati; non lavoriamo per noi, ma
per Dio, per la felicità del giovane e per la salvezza delle
anime. Se la Vocazione non c’è, non la possiamo inventare;
e se c’è, non la possiamo trascurare, neppure se si tratta di un
giovane che, forse, ci fa poca simpatia, o che non ci sembra il
tipo perfettamente rispondente all’idea della nostra testolina,
spesso molto piccola.

8
Trovare, esaminare, provare le Vocazioni

Convinzioni che devono avere quelli che


lavorano per le Vocazioni
1. - Che la propria Vocazione è una cosa molto bella. -
Un Sacerdote, un Religioso, che non ama la sua Vocazione,
che non stima il suo Stato e quasi morde i freni, non potrà
mai lavorare per le Vocazioni. Anzi, ostacolerebbe un simile
lavoro. Un giorno mi sento dire da un Religioso, che egli
non aveva mai incoraggiato un giovane a seguire la sua vita; e
se ne vantava. Io, che ero ancora ragazzo, dissi dentro di me:
«E se ne vanta! Si vede che non ama la sua Vocazione», e come
conseguenza, mi guardai bene dal parlargli del mio ideale, che
già accarezzavo da qualche anno...
Un’altra volta, non visto, ascolto il colloquio di due Chierici:
«Tu caro B..., puoi lavorare per le Vocazioni, perché sei
entusiasta della tua, la ami e la vivi intensamente, ma per
me essa è un tormento, un’infelicità: come dire agli altri
di seguirmi?»
Seppi poi che quel Chierico che aveva parlato così, era vittima
di una crisi spirituale e attraversava un periodo di tentazioni
formidabili. In seguito, colla preghiera sua, e specialmente
della sua mamma, riuscì a vincere, ed oggi è già Sacerdote e
Missionario fervente.
Se non si ama la Vocazione propria, se la si vive con tiepidezza
e quasi la si subisce per qualche timore o speranza umana, come
si potrebbe far sentire e far vedere agli altri quanto sia bello
servire Dio?... e neppure saremmo sinceri se lo facessimo.
Dio si serve di strumenti adatti: chi è cieco, non può guidare;
chi è freddo, non può riscaldare; che è triste, non può seminare
la gioia.
2. - Sono molti quelli che hanno la Vocazione. - Non c’è
bisogno di andare a cercali lontano; in altri paesi. Li abbiamo
in mezzo a noi. Non ce ne accorgiamo perché la Vocazione è
un tesoro nascosto che si deve scoprire e, regolarmente, viene
a galla e si fa sentire solo se trova l’ambiente adatto.

9
Emvin Busuttil

Certo, Gesù non può lasciare la sua Chiesa senza Sacerdoti;


e man mano che Essa cresce, anch’essi devono aumentare.
Intanto vediamo accadere il contrario. I Cristiani crescono,
e i Sacerdoti diminuiscono. Mancano le Vocazioni; forse
perché Dio non chiama? Sarebbe assurdo! Dio, che vuole
il fine (la salvezza del mondo), deve dare anche i mezzi
(le vocazioni).
E allora vuol dire che tante Vocazioni restano sterili,
soffocate, non seguite; ma le Vocazioni ci sono, ci devono
essere. Don Bosco diceva che più del 30 per cento dei nostri
giovani cattolici hanno la Vocazione.
Ho voluto controllare, una volta, se D. Bosco non avesse
esagerato.
Ero professore in una classe ginnasiale. Insegnavo anche
italiano e avevo 18 scolari. Diedi loro un tema: Il mio avvenire.
Ebbene, 12 su 18 mi parlarono di Vocazione Sacerdotale,
Religiosa o Missionaria.
Un’altra cosa è certa: che, se il Signore deve chiamare i
giovani alla sua sequela e al suo sacerdozio, non li andrà certo
a cercare tra i pagani o tra gli eretici, ma tra i Cattolici. Nessuna
meraviglia quindi se qualche volta i Seminari o i Noviziati
sembrano troppo pieni.
«Che dobbiamo fare di tutti questi Preti» si sente dire. Questi
tali pensano che i Sacerdoti siano solo necessari per il proprio
paese.
E per tutto il resto del mondo che giace ancora schiavo di
satana, e che costituisce il grande «Cieco della Via»?
Sono molti, e forse anche moltissimi, i giovani Cattolici
che sono chiamati alla Vita Religiosa; ma (ecco un’altra
convinzione necessaria) pochi sanno di averla, e pochissimi
la seguono. Su questa convinzione è principalmente basato il
lavoro che si deve fare in questo campo.
La Vocazione, come tutte le altre ispirazioni di Dio, può
passare inosservata, senza lasciare un solco profondo; può
non essere intesa perché il cuore del giovane è distratto: può
essere soffocata da tentazioni e peccati; può essere respinta per
egoismo o perché la si crede troppo brutta.

10
Trovare, esaminare, provare le Vocazioni

Difatti, tutti i buoni giovani amano il Sacerdote, e molti


comprendono che la sua esistenza è necessaria per le anime
e per la Chiesa. Sanno che Gesù chiama i giovani a seguirlo;
e comprendono che questi tali sono dei fortunati; ma spesso
non riescono a passare da queste idee teoriche, al giudizio
pratico che conclude: «E perché non mi faccio Sacerdote
anch’io?» e così arrivare almeno al sospetto che in loro possa
esserci la Vocazione. E quando questa domanda viene fatta
loro da altri, il più delle volte arrossiscono, e poi dicono: «Non
ci ho mai pensato!» ovvero: «Per il Sacerdozio Dio chiama
chi è santo» ovvero: «Non ho Vocazione». E se poi si insiste
chiedendo: «Ma tu sai che cos’è la Vocazione?» molte volte
non si avrà alcuna risposta.
Mi trovavo in un Collegio ed incontrai un giovane: un
angelo di ragazzo, da chiedermi sinceramente se non lo potessi
paragonare a S. Luigi Gonzaga. Frequentava il Quinto Ginnasio
ed aveva 15 anni. Gli chiesi cosa volesse diventare. La risposta
fu che non ci aveva mai pensato.
«Bene, conclusi, pensaci. Può darsi che Gesù ti chiami al
suo servizio».
Dopo sei mesi ritorno sull’argomento. Ancora non ci
aveva pensato. Ed intanto continuava a fare ogni giorno la S.
Comunione, la meditazione, lettura spirituale, e si occupava di
apostolato.
«Ma figliolo, pensaci; è la cosa più importante!».
Finalmente si decide a fare gli Esercizi Spirituali. Ci pensa e,
come era da aspettarsi, si accorge di avere la Vocazione. Prima
di partire per il Noviziato ebbe a dirmi:
«Se non me ne avesse parlato lei, non ci avrei mai pensato».
Ecco quindi il nostro lavoro:
1) Preparare l’ambiente, perché in esso, la Vocazione, se
Dio la dà, si possa sviluppare e maturare.
2) Saper individuare i giovani che probabilmente sono
chiamati, e far loro conoscere la loro Vocazione; in maniera
però da lasciarli liberi: che siano essi, e non noi, a decidere.
3) Esaminare e provare la loro Vocazione, ed assisterli
finche non abbiano raggiunto il loro ideale.

11
Emvin Busuttil

È quello che verremo dicendo in questo lavoretto.


Sono perciò in errore quelli che pensano che deve essere il
giovane a parlare per primo della Vocazione. Qualche volta,
e forse anche spesso, devo essere io, io Sacerdote, io Religioso,
io Amico, a rompere il ghiaccio e stimolare il giovane ad
accorgersi o a rendersi conto del tesoro celato che porta nel
cuore.

L’ intenzione che dobbiamo avere in questo


lavoro divino
Voglio dire che non dobbiamo lavorare per le Vocazioni,
per farci vedere, o per essere benemeriti del nostro Ordine, o
per accrescere il numero dei nostri successori che dovranno
poi continuare il nostro lavoro; molto meno ci deve spingere
a questo lavoro 1’idea di voler sistemare nella vita i nostri
penitenti o i nostri nipoti, e procurar loro, per mezzo della
Vocazione, un modo per poter studiare e farsi una strada nel
mondo.
L’unico nostro ideale nell’intraprendere questo apostolato
deve essere Gesù e l’anima del giovane.
Devo desiderare solamente di aiutare il Signore a trovare un
altro corredentore che continuerà il Suo lavoro (non il mio).
Poiché conosco la gioia del Cuore di Gesù nel poter avere un
nuovo amico intimo, nell’essere servito da un’anima sincera,
nel ricevere l’olocausto completo di un cuore generoso e puro,
mi darò da fare ed affronterò qualsiasi seccatura per avvicinare
a Gesù queste anime e aiutarle a consacrarsi a Lui.
E poi, sarà l’amore alle anime che mi spingerà a lavorare per
le Vocazioni. Sarà l’amore spirituale e sincero per il giovane
Chiamato, che mi porterà ad aiutarlo perché raggiunga quella
felicità che io già posseggo, la sicurezza di salvare la sua anima
e l’ebbrezza di poter amare Gesù, vivere nella sua Casa, e
toccarlo nel divin Sacrificio.

12
Trovare, esaminare, provare le Vocazioni

Non saremo noi a tracciare al giovane la via da seguire. Non


si tratta di fare dei Salesiani, dei Gesuiti, o dei Domenicani.
Non lavoreremo a favore di questo o di quell’Ordine.
Dobbiamo lavorare per Dio al quale appartengono tutti gli
Ordini Religiosi; per l’anima del giovane che potrà trovare la
sua santificazione e la Volontà di Dio, in qualsiasi Ordine o
Congregazione Religiosa.

Al lavoro, dunque!

13
PRIMA PARTE
Alla ricerca delle
Vocazioni

Prima di tutto
Pregare!
Inutile dilungarci. Siamo tutti persuasi, e non c’è bisogno
di ripetere parecchie volte la stessa cosa. Sarebbe come voler
convincere qualcuno che per vivere bisogna respirare.
Si tratta di una cosa eminentemente soprannaturale, che ha
del misterioso, che non si può vedere o giudicare coi calcoli
umani, per quanto basati sul Dogma o sulla Morale cristiana.
Ognuno di noi dovrebbe offrire ogni giorno qualche preghiera
per aver lume e possibilità di aiutare qualche Vocazione.
Spesso si dice: «Tra i miei giovani, non c’è speranza».
Non è vero. Prega!
Altri dicono: «In questa materia non ci capisco nulla: temo di
prendere qualche granchio».
Prega; e non temerai più;... e comincerai a capire.
E alla preghiera bisogna accoppiare il digiuno, cioè la
penitenza, la mortificazione, voluta o accettata.
E tutto questo, sottolineato.
Come si vede, siamo ben lontani dall’esercizio di un qualche
mestiere o di una qualche carriera. Chi si vorrà ostinare a
vedere in noi delle persone abili nel far cadere i giovani
nella rete dei loro inganni, gente che vuol fare proselitismi,
non comprenderà questo nostro linguaggio che riguarda la
preparazione soprannaturale.
Siamo su un piano totalmente differente.
15
Emvin Busuttil

Per orientarci
Per cominciare proprio da lontano, vediamo un po’ in quanti
modi svariati può nascere una Vocazione, o meglio, come
comincia a manifestarsi nell’individuo.
È necessario che noi conosciamo questi modi perché può darsi
che qualche giovane, affidato a noi, passi per qualcuna di queste vie.
Non si tratta per ora del metodo di esaminare le Vocazioni, ma
di vedere i modi nei quali possono cominciare a manifestarsi.
Siamo ancora molto lontani dall’essere in grado di giudicare se
una Vocazione è vera o no.

1. - Maniera quasi naturale


Cioè senza nessun influsso dall’esterno; una Vocazione che
saremmo tentati di chiamare congenita; nella quale non appare
un vero momento di decisione, ma il giovane... è sempre stato
così; egli stesso non si ricorda di aver mai avuto un’idea diversa
da quella di farsi Religioso.
Abbiamo un esempio in Giacomo Tutain, nato a Mans nel
1922.
Giovanni, il fratellino più grande, gli dichiarò un giorno:
«Io sarò Dottore!»
«Per me, rispose Giacomo, ciò che vi è di meglio nel
mondo, è essere Sacerdote».
«Certo, risponde l’altro, ma ci vogliono anche dei buoni
medici; essi possono fare del bene parlando di Dio ai
malati».
Ci sorprenderà il sapere che questo dialogo passò tra due
bambini, l’uno di sei anni, e l’altro (il pretino) di quattro.
Ecco un ragazzino che a quattro anni parla del desiderio di
diventare Sacerdote. E si tratta di una cosa pensata e scelta,
perché è per lui «ciò che vi è di meglio nel mondo».
Due anni più tardi, davanti ai suoi desideri persistenti, la
mamma lo interroga:

16
Alla ricerca delle Vocazioni

«Ma sai almeno perché vuoi essere Prete?»


«Oh! per molte ragioni. Prima di tutto per far amare Gesù,
per mandare molte anime al Cielo... e per tenere Gesù nelle
mie mani, durante la Messa».
Questo pensiero gli ritornava spesso alla mente, anche in
mezzo ai giuochi.
Un giorno, mentre gioca con Giovanni, trova nel cestino per la
carta straccia dei blocchetti di matrici di biglietti di banca. Giovanni
prende per sé il blocchetto più grosso, e dà il piccolo a suo fratello.
E Giacomo spiega alla mamma:
«Giovanni sarà Dottore, e guadagnerà molto danaro; egli
perciò deve avere il pacchetto più grosso di chéques; io mi
posso contentare del piccolo: io sarò Prete e avrò bisogno
solo di un po’ di denaro per le mie opere e per i poveri».
E quando gioca colla sua piccola auto, immagina di portare i
suoi allievi in pellegrinaggio, e corre gridando:
«Conduco i miei allievi in pellegrinaggio!»
Entrato in Collegio è il primo in Religione; e chiede:
«Se continuo così, pensi che potrò diventare Sacerdote?»
Più tardi, arrivato a casa, racconta:
«Stamattina, di alunni esterni, non eravamo che Giovanni
ed io alla Comunione. Ma era naturale che io facessi la
Comunione, io, piccolo Crociato di Gesù, e suo futuro
Prete».
E quando in Collegio diventa membro del coro, confida a
sua madre:
«Se sapessi come mi piace mettere la mia talare (da
chierichetto), mentre attendo l’altra (da Prete)... Ma quella
sarà lunga, lunga!»
Un’altra volta la mamma lo sente parlare ad alta voce, mentre
sta solo in camera.
«Che stai combinando ora da quelle parti? chiede. Stai
forse ripetendo le lezioni?»

17
Emvin Busuttil

E Giacomo, che è abituato a rispondere sempre con franchezza,


spiega:
«No; ma quando sono solo, imparo a fare delle prediche».
«Fammene una, disse sorridendo la mamma.
«Non ancora; non so ancora abbastanza».
Con questi pensieri e sentimenti Giacomo continuò fino a
sedici anni, quando lo colse la morte, che fu quella di un santo1.
Quante volte tra i bambini delle nostre Associazioni o delle
nostre Scuole, riscontriamo gli stessi sentimenti!

2. - Altre volte invece la Vocazione si manifesta in


modo quasi banale
Stima per un Religioso da far dire: Voglio essere come lui...
La mamma spinge, ed il figlio, prima subisce, poi comprende
e desidera e vuole, ed è proprio capace di combattere contro
chiunque per ottenere ciò che ormai è divenuto il suo Ideale.
Qualche volta è l’abito di un determinato Ordine Religioso che
piace ed attira; altre volte sono cose da nulla che suscitano
nel cuore una specie di attrazione, che va a finire in una vera
Vocazione.
Due giovani polacchi trovano buono un piatto di riso col
latte, dato loro dal Padre per premiarli di un servizio ad una
Messa cantata. Chiedono se anche gli altri Padri dell’Ordine
mangiavano di quel riso al mattino. Alla risposta affermativa
si mettono d’accordo tra di loro e, terminati gli studi medi,
entrarono nell’Ordine. Quando poi fecero gli Esercizi Spirituali
ed esaminarono se avessero avuto la retta intenzione nella loro
Vocazione, andarono piangendo dal P. Maestro, confessando
che la loro intenzione non era stata del tutto spirituale. Il Padre
rimase meravigliato, poi chiese con calma:
«Ma avevate certamente anche il desiderio di salvare le
anime e di essere più santi».
«Sì», fu la timida risposta.

1  Da «Jeunesse au Christ» - Juillet 1947. N. 103; pag. 2

18
Alla ricerca delle Vocazioni

«Beh, figliuoli, il riso col latte fu l’esca con la quale


Iddio vi attirò; adesso pensate al vero scopo della vostra
Vocazione».
Oggi quei due Padri fanno tanto bene col loro ardente
apostolato.
So di qualcuno che entrò, come frate laico, in un Ordine, perché
credeva che le posate fossero d’argento, ed egli... le voleva rubare.
Entrato, cominciò a prendere parte alle Conferenze, prediche,
lettura spirituale al resto della vita comune. Gli sembrò di
trovarsi in Paradiso; si pentì del suo disegno, si confessò, ma
rimase in Religione, ed è felice.
Un giorno ricevetti la lettera di un Padre Gesuita, che mi
parlava di un giovane che apparteneva alla Congregazione
Mariana che io dirigevo a Palermo, assicurandomi che quel tale
giovane gli aveva espresso il desiderio di diventare Gesuita e
lo aveva pregato di aiutarlo e di dirigerlo.
Il giovane allora era malato. Corro a visitarlo, ma non gli
posso parlare chiaramente, perché la mamma è presente tutto
il tempo. Mi limito a dirgli che mi aveva scritto il P. Z... e che
mi aveva detto qualche cosa che riguardava proprio lui. Poi gli
diedi un’occhiata significativa e risi di cuore. Egli sorrise ed
abbassò gli occhi, arrossendo leggermente.
«Mi ha capito», dissi tra me. E durante tutta la mia
conversazione ci siamo scambiati sguardi e sorrisi; si
capisce, sempre significativi.
Dopo una settimana stava già bene e venne in Collegio. Lo
chiamai: avevo una febbre di parlar chiaro. Entrò in camera
mia, si sedette. Lo guardai con uno sguardo lungo, scrutatore.
Un bravo giovane; quindici anni, serio, Comunione quotidiana,
meditazione, lettura spirituale, abbastanza studioso. Insomma
qualche cosa di Vocazione ci doveva essere.
«Dunque, ruppi il ghiaccio. Sai cosa mi scrisse il P. Z...?»
«Cosa?» Sorrise freddo; ma ero convinto che lo faceva
apposta.
«Mi disse che tu gli hai parlato dì Vocazione, e che volevi
una direzione in proposito».

19
Emvin Busuttil

«Io?» Scattò in piedi.


«Come, dissi io, non è vero? Ecco la lettera. Non crederai
che io l’abbia fatto apposta per prenderti in trappola».
Lesse. Meraviglia delle meraviglie!
«Padre, l’assicuro che non mi ricordo di nulla. Chissà cosa
mi avrà capito! Ma io non ho mai parlato di Vocazione».
Ridemmo tutt’e due. La cosa era comica. Gli raccontai di
tutti i miei sguardi «significativi», e di tutti i «qui pro quo».
Quando feci per spedirlo via, mi disse:
«Eppure è una cosa alla quale dovrei pensare. L’anno
venturo terminerò il Ginnasio, e ancora non so cosa devo
fare».
«Ancora c’è tempo, conclusi, prega e pensaci un po’ ogni
tanto; ma con calma».
«Guardi, Padre, riprese, io per ora non ho nulla da fare;
mi potrebbe dare una piccola istruzione o direzione perché
possa vedere se ho Vocazione o no?»
Io, che non desideravo altro, mi rassegnai a fargli un
colloquio, che durò un’ora e mezza. Dopo quello ne seguirono
altri, e furono coronati da una seria decisione di abbracciare lo
Stato Religioso.
Poteva, questa Vocazione, cominciare in un modo più banale?

3. - Vedere un morto
Tutti conoscono la storia della Vocazione di S. Francesco
Borgia, terzo Generale della Compagnia di Gesù. Si era già
dato ad una vita intensamente cristiana, ma il colpo fatale gli fu
dato dalla vista del cadavere dell’Imperatrice Isabella, disfatto
dalla morte. Aveva conosciuto quella giovane sovrana, e si era
unito anche lui al coro unanime che lodava la sua meravigliosa
bellezza. E adesso? Lo colse un senso così profondo della vanità
delle cose della terra, che da Duca di Gandia lo trasformò in un
fervente Religioso, e poi in un Santo.

20
Alla ricerca delle Vocazioni

Due giovani amici si erano dati l’appuntamento in chiesa.


Era domenica; avrebbero ascoltato insieme la Messa e poi
sarebbero andati a passeggio. Giuseppe arrivò in tempo, ma
l’amico non si vedeva. Terminò la Messa: nulla! Si avvicinò ad
una signora che era di loro conoscenza:
«Scusi, ha visto Gianni?».
«Come, rispose questa, non sai che è morto ieri?»
«Morto?!».
«Sì, ieri; mentre era in bicicletta fu sbattuto contro il muro
da un’automobile. Fu portato a casa che era già cadavere».
Giuseppe corre a trovare l’amico. In casa, silenzio, singhiozzi,
lutto. Rimane a lungo davanti al feretro. Ieri pieno di vita
e di speranze! Tutto vanità. Quanto vale servire Dio, e Lui
solo.
Lascia la Laurea, la famiglia, ed oggi Giuseppe è Religioso
e Sacerdote.
Lelio invece, un mio compagno di scuola, si decise a farsi
Religioso dopo aver visto morta, a Catania, una sua compagna
di Università. Disse addio alla fidanzata, e abbracciò la Vita
Religiosa.
La morte, colla sua predica silenziosa, è un’ottima consigliera.
Anche S. Ignazio consiglia il giovane che fa la Scelta dello
Stato, di immaginarsi di essere sul suo letto di morte, e di
pensare come desidererebbe in quel momento, che fosse stata
vissuta la sua vita.

4. - Spesso è una frase misteriosa, detta forse con


scopo tutt’altro che religioso, che fa pensare e conduce
il giovane alla convinzione die Iddio lo chiama
Mi ricordo che, quand’ero Prefetto in un Collegio, scrissi
alcune parole di augurio nel retro di un’immaginetta, per
l’onomastico di un ragazzo. Era un ragazzo che sentiva
troppo la sua personalità, che amava farsi vedere e fare la
persona importante dandosi delle arie. Volevo correggerlo di
questo difetto e indirizzare questo suo sentimento a un Ideale
superiore.

21
Emvin Busuttil

Tra l’altro avevo scritto che Dio si aspettava da lui cose


grandi. Fu l’unica frase che lo colpì. Venne da me; volle
avere delle spiegazioni. Non sapevo cosa rispondergli, perché
avevo scritto quella frase senza uno scopo preciso. Mi limitai
a dirgli che pregasse Dio perché lo illuminasse. Dopo pochi
giorni diceva di aver capito. Diventò più devoto, più umile, più
buono. Lo interrogai:
«Ebbene?».
«Forse il Signore mi vuole Missionario».
Un’altra volta davo un giorno di Ritiro a giovani di Azione
Cattolica. Parlavo del Regno di Gesù Cristo, e nel corso della
meditazione dissi questa frase:
«Qui potremmo fare delle applicazioni per quelli che
vogliono fare la Scelta dello Stato, ma per voi non è il caso.
Voglio invece fare queste altre applicazioni...» e continuai
a parlare di tutt’altro
Dopo il Ritiro mi congedavo dai giovani; e mentre uno di
loro mi baciava la mano, gli dissi scherzando:
«Sei un cattivaccio».
«Perché?» mi chiese, serio.
Non gli risposi, perché incalzato dagli altri che mi volevano
salutare e ringraziare. Quando tutti erano andati via, mi vedo
davanti «il cattivaccio».
«Sei ancora qui?» chiesi meravigliato.
«Sì, e non me ne andrò se prima non mi spiegherà perché
mi ha detto che sono cattivaccio».
«Ma nulla, dissi sorridendo, volevo solo scherzare».
«No; lei voleva significare qualche cosa. Forse...» si fermò
ed arrossì.
«Forse?» chiesi incoraggiando
«Forse lei crede che io non amo Gesù, perché non voglio
più essere Sacerdote? A dir il vero, quando ero piccolo,
avevo quest’intenzione».
«Ed ora, no?»
«Cosa vuole, ora non ho più la Vocazione».

22
Alla ricerca delle Vocazioni

Lo condussi in camera; parlammo per due ore, e quando mi


lasciò era convinto che la Vocazione c’era ancora.
Mentre stavo in Sicilia, tra i ragazzi di un Collegio, notai
uno molto devoto, serio, gentile, ben piantato. Non mi piaceva
però il fatto che mi venisse in chiesa con una camicetta dalle
maniche corte; e poi portava i calzoncini troppo corti.
Un giorno lo fermai mentre usciva dalla chiesa, dove aveva
fatto la S. Comunione. Era con suo fratello… il quale però
portava sempre le maniche lunghe.
«Questo sì che è bravo, gli dissi accennando al fratello;
viene in chiesa vestito decentemente. Tu invece vai a fare
la Comunione in maniche corte. Non mi pare tanto giusto».
Sorrise un po’ a disagio, e se ne andò senza rispondere.
Per due giorni cambiò camicia, ma poi, da capo.
Riguardo ai calzoni troppo corti non volli dirgli nulla, per
non turbare la sua ingenua innocenza. Dal suo sguardo mi ero
accorto che doveva essere un angelo. Ma lo dissi alla mamma.
«Padre, mi rispose, gliel’ho detto. Non mi vuole ascoltare. Dice
che i calzoni che arrivano quasi al ginocchio, non sono eleganti.
Quando gli faccio un vestito nuovo, mi raccomanda di fare
i calzoni abbastanza corti».
Rimasi male. Eppure il ragazzo era buono, buono davvero.
Passarono tre mesi. Egli sempre lo stesso nella moda, ma
assiduo alla Comunione quotidiana, correttissimo nel parlare;
però freddo spiritualmente. Volevo scuoterlo!
Un giorno lo incontro in Sacristia.
«Caro Salvatore, dimmi un po’ sei contento tu? Io ti vedo
tanto buono, fai la Comunione ogni giorno, sei di esempio
agli altri, a scuola vai discretamente... ma non ti pare che
ti manca qualche cosa? Mi dai l’idea che non sei contento
di te stesso».
Mi fissò col suo occhio limpido, arrossì un po’, poi confermò:
«È vero; non sono contento; mi manca qualche cosa. Ma
che cosa?»

23
Emvin Busuttil

Mi veniva tanto naturale dirgli che gli mancava ancora una


cosa, quella stessa cosa che mancava al giovane del Vangelo
che aveva chiesto a Gesù: Quid adhuc mihi deest? Ma non
volevo: Volevo che ci arrivasse da solo, sotto la mozione della
grazia. Mi limitai a dire:
«Sì, ti manca qualche cosa; io so che cos’è ma non te la
dico. Prega, te la dirà Gesù, e fra non molto».
Dopo qualche mese si preparava a fare gli Esercizi Spirituali.
Un Prefetto gli domanda a bruciapelo:
«Se Gesù ti chiamasse, saresti capace di rispondergli
di sì?»
Durante gli Esercizi ci pensa. Crede di intravedere la
Vocazione. Tornato al Collegio lo chiama un altro Padre, e
gira e rigira, il discorso cade sulla Vocazione: «Tu avresti tanti
segni di una vera Vocazione», concluse il Padre.
Dopo tre giorni me lo vedo venire in camera.
«Padre, forse ho la Vocazione».
Mi raccontò delle conversazioni avute con altri Padri. Gli
faceva impressione che tanti si accorgevano dal di fuori che
egli aveva la Vocazione, mentre egli non se ne era accorto.
Pregando gli venne di pensare che quel qualche cosa che
gli mancava, e di cui gli avevo parlato io, doveva essere la
Vocazione.
Oggi è Religioso, e ride di cuore quando gli si parla della sua
mania per i calzoncini corti corti.
Quand’ero ragazzo, avevo un compagno buono di una bontà
soda e seria, senza sdolcinature o femminilismi. Era capace
di combattere per le sue idee. Un carattere che mi piaceva.
Diventammo intimi, e crescendo nella cognizione di lui, venni
nella conclusione che probabilmente Dio lo voleva. In quei
giorni venne in Collegio il R. P. Provinciale per visitare i Padri.
Sono andato da lui per parlare di me e della mia Vocazione. Ma
non potei fare a meno di parlare del mio amico, descrivendolo
come un carattere perfettamente tagliato per essere Gesuita.
Stuzzicai la curiosità del Provinciale, il quale lo volle vedere.
In ricreazione glielo dissi, storcendo un po’ la verità storica.

24
Alla ricerca delle Vocazioni

«Sai, ho detto al P. Provinciale che tu gli vuoi parlare».


«Io? Ma chi te l’ha detto? Non ci vado!»
«Mi farai fare questa brutta figura? Gli ho parlato tanto
bene di te; gli ho detto che sei serio, sodo, amico mio...
Ora, se non ci vai, non mi crederà quando gli parlerò altre
volte e di altre cose».
Un po’ l’amicizia, un po’ l’amor proprio, un po’ la curiosità...
ci andò. Parlarono del più e del meno, ma il discorso cadde
dove doveva cadere. L’amico resistette a qualsiasi «attentato»
del Provinciale. Tornò con aria trionfante, da vincitore.
Volli subito andare dal Provinciale per conoscere l’esito
dell’«attentato».
«Nulla! mi disse, il tuo amico non ne vuole sapere di
Vocazione. Però il suo agire non è intelligente. Egli non
vuole ragionare, non vuole pensare, e dice di no, per la
voglia di dire di no, perché difatti non avrebbe nessun
impedimento, ed egli stesso mi disse che non aveva nessuna
ragione per dire di no! Quindi la sua è testardaggine, una
posizione poco ragionevole».
Pregai molto dopo il colloquio col P. Provinciale; del resto
avevo già pregato per mesi.
Alla prossima ricreazione fu lui il primo a parlarmene:
«Non siete riusciti a pescarmi».
«Sicuro, ribattei, se tu agisci così irragionevolmente! Proprio
questo mi disse di te il Provinciale: È un ragazzo poco
intelligente; vuole scherzare colla grazia di Dio. Speriamo
che non ti finisca male. Mi dispiace per me, conclusi, che ho
fatto questa bella figura!»
In dormitorio eravamo vicini. Mi accorgo che la notte egli
non riesce a dormire. L’indomani chiedo spiegazioni. Lui,
muto.
La notte seguente cerco di non dormire per sorvegliarlo.
Dopo un’ora lo guardo: Ha gli occhi aperti.
«Perché non dormi?»
«Lasciami stare!»
Come pregai per lui quella notte e il giorno dopo!

25
Emvin Busuttil

Dopo tre notti aveva deciso; e prima che partisse il R. P.


Provinciale, andò da lui per chiedere di essere accettato. Attese
ancora sei mesi, e, dopo aspre lotte colla famiglia, fu Religioso.
Oggi è rettore di uno dei nostri Collegi.

5. - Parecchie volte, l’occasione che tradisce la


presenza di una Vocazione, è l’esempio di un compagno
Porto questi esempi, non perché essi provino se una Vocazione
sia vera o no, ma. perché ci fanno conoscere come Dio si può
manifestare. Tutto questo serve ad allargare la nostra visuale,
e può suggerire dei modi pratici per insinuarci nel cuore del
giovane.
Quando dirigevo una Congregazione Mariana a Palermo, uno
dei Congregati, prima di partire per il Noviziato, volle fare ai
suoi compagni un discorso di addio. Parlò con entusiasmo e
possiamo dire, anzi, l’abbiamo detto tutti: superò se stesso.
Dopo due settimane un Congregato di Terzo Liceo, mi venne a
parlare di Vocazione:
«Quando ci hai pensato?»
«Mentre parlava A...»
Anche a me è capitato lo stesso fatto. Prima di lasciare la
famiglia per andare al noviziato, volli fare un discorso di addio
ad alcuni giovani che facevano parte di un’Associazione,
formata da noi stessi. Io però, non ero capace di parlare
senza carta, come A... e leggevo. Intanto, un po’ per la
commozione, un po’ per un venticello malizioso che mi
colpiva la pupilla, una lacrima «furtiva» mi rigò il viso.
Dopo qualche giorno ricevo una lettera di uno degli «Associati»,
che mi confessava di aver compreso, durante il mio disceso,
che la via scelta da me era la più bella. Quella «lacrima» poi,
gli era sembrata più eloquente di qualsiasi ragionamento.
Venne a trovarmi; si decise anche lui e dopo tre anni mi
raggiunse. Oggi è un ottimo Missionario tra i Santal.
L’esempio fa molto, specialmente nella scelta dell’Ordine;
perciò fanno bene quei Superiori che danno ai Novizi la
possibilità di avere corrispondenze epistolari coi loro ex
compagni ed ex amici.

26
Alla ricerca delle Vocazioni

Anche la Vocazione alla Compagnia di Gesù di S. Bernardino


Realino fu determinata dalla vista di due Novizi che
camminavano modestamente per le vie di Napoli.
Ecco come ne parla il Germier nella vita che scrisse in
occasione della Canonizzazione del Santo (pag. 153-154).
«Un giorno passeggiava con due suoi amici per
qualche stradina napoletana, meno chiassosa delle altre,
quando s’imbatte in due giovani Religiosi, modesti nello
sguardo, gravi nel portamento, tutti raccolti nei loro ampi
mantelli, totalmente compenetrati della santità dell’abito
che indossavano. Avvenne a quei due uomini dedicati al
servizio di Dio quello stesso che intese un giorno il serafico
Frate Francesco, allorché insieme al diletto compagno,
Frate Leone, attraversò le vie di Assisi nell’umiltà del
suo volto e del suo saio. Nel loro raccoglimento devoto
avevano predicato, ma invece di raccogliere gli insulti
dei gaglioffi, come toccò all’Assisiate, si guadagnarono
la più ponderata ammirazione in quell’uomo, maturo
ormai di anni, di senno, e di virtù.
«... Li seguì a lungo con lo sguardo; ne fu tanto
scosso e colpito, che chiese ai suoi compagni di
passeggio se sapessero mai a quale istituzione religiosa
essi appartenessero. Fortunatamente gli amici furono in
grado di soddisfare al suo desiderio, informandolo che
erano novizi della Compagnia di Gesù.
«... Quei due Religiosi che commossero il Realino,
realizzavano bene l’ideale del Santo Fondatore della
Compagnia di Gesù. E in Bernardino si accese il
desiderio di rivederli».
S. Romualdo aveva commesso un duello. Per sfuggire alla
giustizia, si rifugiò in un monastero, che godeva del diritto di
asilo. Lì ebbe agio di vedere i monaci, di conoscere la loro vita
di dedizione e di santità. A quello vista fu colpito; cominciò
a mutarsi interiormente, e, uscito di lì, fondò i monaci
Camaldolesi.

27
Emvin Busuttil

6. - Qualche volta è un bel fiasco che fa capire la


vanità delle cose della terra ed orienta l’anima verso
la Vocazione
Del Beato Tommaso Pound leggiamo che era un damerino, e
che un giorno ballò davanti alla Regina Elisabetta d’Inghilterra.
Fu un quarto d’ora di ebbrezza per gli spettatori. Applausi
fragorosi gli asciugarono i sudori di quella fatica, e sostennero
le stanche membra.
Macchè! La Regina si alza dalla sua poltrona, lo abbraccia e
lo bacia! Gli sembrava di toccare il cielo col dito. Cosa poteva
pretendere di più nella vita?
La Regina chiede una replica. Egli è stanco, ma non può
rifiutare.
Ricomincia con slancio, però nella ridda di giri e di salti,
inciampa nei suoi piedi, e cade. La Regina si alza; ma non
per sollevarlo pietosamente e comprensivamente, bensì per
mettergli goffamente un piede sulle spalle, e lanciargli un
insulto atroce:
«Alzati, bue!»
Il Pound si alza; il cuore in un mare di amarezza. Perché
insultarlo così? Cosa valeva la lode, se cancellata dall’insulto
beffardo... ed ingiusto?
Mondo infame!
«Sic transit gloria mundi», mormora.
Diventa Cattolico, poi Religioso, Sacerdote, e Martire.
Raimondo di Peñafort si fa Religioso per aver dato un
consiglio sbagliato ad un giovane. Voleva riparare!
Anche di S. Alfonso Maria de’ Liguori si sa che lasciò il
mondo dopo un solenne fiasco subito nella difesa di una causa.
E se dovessimo contare le Vocazioni manifestatesi dopo una
tremenda disillusione nell’amore! Qualche scettico sorriderà.
Qualche «moderno» sorride al sentire parlare di Vocazione,
dopo un fiasco nell’amore; spesso manda via queste anime
con disprezzo e bruscamente, quasi fossero degli insolenti
che vogliono seguire Dio, dopo che le creature li abbiano
cacciati via.

28
Alla ricerca delle Vocazioni

Non vogliamo dire che tutto quello che luccica è oro; ne


che bisogna subito approvare queste decisioni, prese in un
momento di sconforto, ma vogliamo che nessuno si sostituisca
allo Spirito Santo, dando sentenze a priori, e disprezzando ciò
che non si conosce e che non si è esaminato.
Dio non ha metodi, ne è limitato nella scelta dei suoi mezzi;
nelle sue mani divine tutto si trasforma in grazia. Che importa
se il gradino è fatto di oro o di mosaico, di marmo o di pietra,
di legno o di fango? Se porta in su, verso la Perfezione, ivi è
il dito di Dio, vellutato dal guanto della sua Misericordia, che
supera ogni nostro superbo intendimento.
S. Ignazio di Loyola dovette essere colpito, aver fracassata
la gamba, essere buttato su un letto per mesi interi, per
comprendere e seguire la volontà di Dio. S. Camillo de Lellis
dovette perdere nel gioco tutti i suoi averi, perfino la camicia, e
questo parecchie volte, per capire che Dio lo chiamava.
Sappiamo apprezzare i momenti del dolore, della delusione,
dell’abbandono; quando il mondo appare nudo nella sua vanità,
e crudele nei suoi stupidi giudizi!
Ma, si dice, la vita Religiosa non è fatta per gli illusi o per
i delusi. E rispondo che la vita Religiosa è fatta per chi è
chiamato da Dio, e che Dio chiama chi vuole, quando vuole
e come vuole. E non saremo certo noi a voler insegnare al
Signore quale via deve scegliere per chiamare un’anima.

Perciò?
Da quel che abbiamo detto appare chiaro che la Vocazione
può cominciare a manifestarsi in mille maniere, e che qualsiasi
argomento o avvenimento può servire per manifestare la
Volontà di Dio.
Chiedere ad un giovane, come «gli venne» la Vocazione,
potrà servire per conoscere meglio il ragazzo ed il suo carattere,
ma generalmente non ci potrà dare alcuna luce per giudicare
se la Vocazione è vera o no. Il primo impulso è un’occasione
che orienta il giovane verso la vita Religiosa, non una ragione
decisiva che lo convinca definitivamente.

29
Emvin Busuttil

Quasi sempre, nel primo capitolo della storia di una Vocazione


troviamo una parola, detta da un compagno o da un educatore;
un libretto o una predica; un esempio o una letterina. Quante
volte è bastato per «suscitare» una Vocazione il rivelare, in
segreto, ad un amico, la propria Vocazione.
«Sai, te lo dico in segreto. Non devi dirlo a nessuno. Te lo dico
perché voglio che preghi per me... Mi debbo fare Sacerdote!»
Stupore, meraviglia, congratulazioni, spiegazioni... E poi si
pensa sul serio. E la domanda viene naturale: «Ed io, perché no?»
Confermiamoci nella convinzione che ci vuole la nostra
cooperazione. In tutte le cose spirituali, Dio si serve dei suoi
Ministri o di qualche anima buona. Perché quando si tratta di
Vocazione, tanti Sacerdoti si tirano indietro, quasi con timore?
Non vogliono metterci il dito: «È affare del Signore», dicono.
È un’esagerazione. Una posizione erronea!
Dio vuole la nostra cooperazione ed il nostro aiuto!

Descrivendo psicologicamente una Vocazione


Non so se ci riuscirò. Mi proverò! Andrà a finire come tante
definizioni che dicono tutto... ma poi, stringi stringi,.dicono
molto poco.
Non darò una definizione, ma traccerò una descrizione,
discutibile, ma forse, non inutile, intendo parlare di Vocazione
nata tranquillamente, come una perla che si forma adagio
adagio, col tempo, senza urti o spinte improvvise, non di quelle
istantanee o violente, che travolgono come una cascata.
Faremo un passo dopo l’altro.
1) L’anima comincia a provare un sentimento indefinito
di una qualche felicità sconosciuta. Essa stessa non sa
rendersi conto dì quello che sente, ma insomma, comincia
a capire che non è fatta per stare attaccata a questa terra;
comprende che vi sono altre felicità molto superiori a quelle
meschinità dietro cui corrono avidamente tante anime.
Ciò che le sta attorno le sembra tanto piccolo, insignificante;
essa non lo calcola neppure, perché sa che è capace di gioie
più intense, ma più nobili; di felicità inebrianti, ma pure.
30
Alla ricerca delle Vocazioni

2) Nello stesso tempo ecco far capolino un altro sentimento;


quello di non voler essere una persona comune, «uno dei
tanti», che lascia il tempo che trova, ma di voler spiccare,
si vorrebbe far sentire la propria presenza distinguersi in
qualche cosa, stagliarsi dalla comune degli uomini per
vivere una vita più nobile, per fare qualche cosa di grande.
Sono pochi i ragazzi che, pensando al loro avvenire,
si rassegnino a considerarsi delle semplici unità di una
massa insignificante, che dovranno subire le influenze
altrui, senza imporre le proprie. I più s’immaginano che
diventeranno dei condottieri, dei centri di irradiazione,
accolti da applausi, circondati dalla ammirazione, dalla
stima, dalle benedizioni di tanti, beneficati da loro.
«Far del bene, spargere la felicità», comincia ad essere un
ideale accarezzato nei momenti di solitudine e di calma;
vivere una vita che valga la pena vivere.
3) Intanto questi pensieri e sentimenti, che potrebbero essere
uguali a quelli di un volgare ambizioso o presuntuoso,
si cominciano ad abbinare col pensiero del Martire, del
Missionario, del Santo.
Ed ecco il nostro ragazzo che si sente Soldato di Cristo,
che milita sotto la Bandiera del Grande Capitano; per
lui le cose grandi, non sono le caducità della terra che:
egli già disprezza, ma le cose eterne, le gesta dei Santi.
Queste sole valgono ad entusiasmarlo, e qualche volta si
sorprende rappresentando se stesso come un Martire che
confessa con baldanza la sua Fede, un eroe che difende un
innocente, o che salva perdonando.
4) Ma non si ferma nell’immaginazione. In questo momento
egli comprende che deve pregare, che deve pregare più degli
altri, che deve darsi ad una vita Cristiana che non sia comune.
Anche il sacrificio e la mortificazione diventa per lui un
bisogno, anzi un piacere. Pensa volentieri alle cose celesti;
ha fame della parola di Dio, vuole diventare familiare coi
Sacerdoti, colle funzioni religiose, e con altri movimenti
della Chiesa.

31
Emvin Busuttil

5) Nello stesso tempo subentra un accentuato senso di


disprezzo per tutto quello che riguarda il mondo. Le
ricchezze, gli onori, sono per lui cose vuote, prive di
significato. Non trovano posto nel suo cuore. E invece
cresce lo stato di «ricerca». Il giovane desidera di trovare
«qualche cosa», che egli stesso non sa capire, la sua anima
cerca (come il giovane del Vangelo), e si trova in uno stato
di continua ansietà.
Parlate a questo giovane dell’ideale Religioso e Sacerdotale,
e, 99 su 100, egli dirà cuor suo: «È proprio quello che cercavo!
È ciò che fa per me!»
Ho trovato in questo stato, un ragazzo di 13 anni. Al secondo
incontro gli stringo forte forte la mano. Egli vede in quella
stretta di mano un amico che gli voleva bene con sincerità; e la
prima frase che mi dice in quel momento è:
«Le devo dire un segreto!»
Sicuro del fatto mio, gli risposi: «Già lo conosco il tuo segreto.
Anzi nei tuoi occhi intravedo qualche cosa che hai nell’animo,
ma che tu stesso non conosci ancora».
Tutto finì lì. Ma dopo due settimane, gli scrissi una lettera per
suscitare di nuovo quella tempesta spirituale, se mai si fosse
assopita. Riporto qualche brano delle sue risposte, traducendole
dall’inglese:
«Per mezzo della sua prima lettera, lei ha rotto il
ghiaccio, e mi prega di tenere il rubinetto sempre aperto
perché l’acqua continui a scorrere. A dir il vero, l’inverno
non è ancora passato e il ghiaccio non si è sciolto
del tutto.
«Il «segreto» e quel «qualche cosa» che le volevo
dire, era intorno alla Scelta del mio Stato. Per questo ho
anche chiesto, in modo speciale, le sue preghiere. Sono
in un’età critica; devo scegliere; ed io prego perché
possa scegliere ciò che maggiormente piace al Sacro
Cuore di Gesù...»

32
Alla ricerca delle Vocazioni

E in una lettera successiva:


«Non sono affatto seccato con lei, perché voleva
conoscere il mio segreto a tutti i costi; al contrario sono
molto contento per il passo fatto da lei; ed io mi fido di
lei come di un vero amico e di un padre.
«Mi meraviglio come lei sia riuscito a conoscere il
mio segreto; e sarei curioso di sapere che cos’è quel
«qualche cosa» che lei ha letto nei miei occhi.
«Attraverso il mio punto critico (cioè la Scelta dello
stato) sono guidato, prima di tutto dal SS. Cuore di Gesù,
poi dalle preghiere mie e dei miei amici, dai consigli del
mio Direttore Spirituale, e dagli avvisi suoi, Rev. Padre,
che io apprezzo moltissimo.
«In un Tema che ho fatto tre anni fa ho esposto il mio
desiderio di diventare Sacerdote, ed ho anche esposto le
ragioni che mi spingevano a questa scelta, ed erano proprio
quelle stesse che lei mi scriveva nella sua ultima lettera. Il
tema era: «Quale carriera intendete seguire. Perché?»
«Da quell’anno cominciai ad avere questo desiderio,
e sento continuamente le parole: Vieni, seguimi. Prete...
Missionario! Se tutto ciò è vero, se Gesù ha bussato,
allora devo aprire, nonostante gli ostacoli che certamente
incontrerò».
Dunque avevo letto proprio bene, nei suoi occhi!
Ecco la lettera di un altro giovane, che si trovava appunto
anche lui in questa situazione psicologica, e che in un Ritiro,
per una parola detta a caso, trovò quello che stava cercando da
tanto tempo.
«Carissimo Padre, le bellissime parole pronunciate
da voi nel giorno di Ritiro, sono ancora vive in me. La
Vocazione di diventare un Missionario e l’amore verso
il Bambino Gesù, crescono in me di più. Io sto pregando
moltissimo, perché il Signore mi dia la grazia di diventare
un Missionario. Ho grande fiducia nel S. Cuore di Gesù,
perché Egli stesso ha detto: «Chiedete ed otterrete,
cercate e troverete, picchiate e vi sarà aperto».

33
Emvin Busuttil

«Ogni mattina, come al solito, vado a ricevere la S.


Comunione. Padre, io sento molto la separazione da
te (sic) e dai tuoi compagni; o meglio fratelli: gli altri
Padri del Collegio. Desidero molto sentire e riempirmi
delle vostre sante parole.
«Padre, sono sicuro che Dio ascolterà le mie preghiere
e mi darà la grazia di diventare un Missionario, per poter
poi diventare più puro, per poter amare di più il Sacro
Cuore di Gesù, e spargere il suo santo nome nelle terre
pagane.
«Diventando Missionario, io potrò tenere di più in
mente la presenza di Dio, potrò amarlo di più. La mia
anima diventerà una sola cosa con quella di Gesù. Padre,
mandami in iscritto, delle tue sante parole; mandami,
se possibile, anche libri sui Missionari, ecc. Io voglio
diventare pieno di amore di Dio. Preghiamo insieme e
sono certo che il Signore ci ascolterà.
«Sono contento e felice».
Spesso queste Vocazioni nate così, sono accompagnate
da periodi pieni di affetto e di entusiasmo, pieni di ciò
che noi sogliamo chiamare: Consolazioni Spirituali. Questi
giovani sentono la Vocazione, e comprendono di averla senza
bisogno di ragionarci su.
Non possiamo però affermare che il giovane, mosso da questi
sentimenti, può essere certo di avere la Vocazione. Siamo
ancora agli inizi, e forse remoti. C’è ancora molto cammino
da fare.
Prima di dare un giudizio esatto e concreto, bisogna che
si manifestino nel giovane, alcuni segni più oggettivi e più
sodi, che rivelano un’anima, capace di essere chiamata ad una
missione così nobile.

34
Alla ricerca delle Vocazioni

Segni di vera Vocazione

1. - Paura del mondo e dei suoi pericoli


Non si tratta di codardia come don Abbondio; la paura cioè di
essere maltrattati, o di non poter fare una vita borghesemente
tranquilla. Si tratta invece di una vera conoscenza della malizia
spirituale e morale del mondo; della difficoltà seria, di rimanere
fedeli alla Legge di Dio.
E per essere sinceri: com’è difficile, nel mondo, rimanere
puri; con tanti incentivi, esempi, tentazioni, provenienti da
ogni sorta di persone, di compagnie, di letture e di circostanze
di vita! Quanto è difficile condurre una vita coniugale che
non straripa oltre i confini prescritti da Dio, che non cerchi
di contraffare o addirittura eliminare gli scopi del Creatore!
Come è difficile essere dei buoni papà che sappiano e vogliano
educare bene i loro figliuoli! Com’è difficile vivere onestamente,
senza commettere ingiustizie, senza fare i pescecani, senza
ricorrere alla detrazione, alla calunnia, alla sopraffazione
crudele. A quanti eccessi possono condurre le amicizie, le
raccomandazioni, le posizioni che bisogna sostenere per non
farsi strozzare dagli onesti «fuori legge».
Come essere buoni in un mondo in cui è sciocco essere
leali; motivo di avversione, essere; cristiani; anormale o un
minorato chi non è bestialmente immondo; facile preda, chi è
coscienzioso?
È vero che ci sono i buoni anche nel mondo, ma a quale
prezzo? Che tempra di cristiani devono essere? Senza dire
che bene spesso, arrivano sì ad un certo grado di bontà; ma
dopo mille cadute e mille disordini, e per un brusco colpo
della Grazia.
Ed io mi sentirei così forte? Credo possibile per me
attraversare questo marasma senza infangarmi?
Molti giovani, a questo spettacolo orrendo del mondo, non
si lasciano commuovere. Non ci pensano, o non ci tengono ad
essere buoni. Altri invece si sentono agitati e scossi: vuol dire
che portano in cuore il germe di una via elevata e santa, cioè
la Vocazione.

35
Emvin Busuttil

2. - Attrazione alla purezza


Beati i mondi di cuore, perché vedranno Dio... e spesso, Lo
toccheranno... nei Divini Misteri. Alcune volte ci si incontra
con dei giovani che sono un’eccezione; passano attraverso un
mondo di peccato, e pare non sentano nulla; vivono in certe
situazioni scabrose, e sembrano ciechi; sono pieni di vita, e di
vitalità, ma completamente padroni di se stessi.
Si vede che per loro vi è una provvidenza speciale. Mentre
altri, in occasioni meno pericolose, sono caduti, essi no; e
spesso senza troppo sforzo. Dio li conserva intatti; l’Angelo
della Purezza mette lo scudo delle sue ali davanti ai loro occhi:
essi non vedono; sentono, e non comprendono; sanno, ma non
capiscono.
Perché mai Dio li ha mantenuti intatti? Certo, non per niente.
Dio agisce sempre per uno scopo.
Molto probabilmente, perché li vuole nella via, che non si
può percorrere senza purezza!
Più ancora se si tratta di un giovane che sa, che ha visto, che
comprende, e che forse, ha sentito in sé le passioni più forti;
ma che ha trovato nella grazia e un po’ nel suo carattere, la
forza e l’energia per non cadere. Allora è più chiaro che c’è il
dito di Dio, e che siamo di fronte ad un giovane chiamato alla
perfezione.
Chiarissimo poi, quando c’è quello che gli Asceti chiamano
l’istinto della Purezza. Qualche cosa che non si può definire,
né descrivere, ma che rende l’anima così delicata da farle
schivare ogni ombra di impurità, benché forse neppure sappia
che cosa significhi purezza. Un po’ come succede alle palpebre:
si chiudono istintivamente, appena vicino all’occhio c’è
qualche moscerino indesiderato. È un istinto per la verginità,
un’avversione quasi naturale contro il peccato impuro.
Come S. Margherita Maria Alacoque, che a tre anni, senza
comprendere pienamente la portata del suo atto, fa voto di
Verginità. S.Rosa da Lima, che fa lo stesso a 5 anni. S.Luigi
Gonzaga, che lo fa a 8 anni, e diventa così delicato da riuscire
perfino a prevenire la stessa tentazione: un privilegio speciale
di Dio!

36
Alla ricerca delle Vocazioni

Ho incontrato un giovane sedicenne, in un paese dove i


ragazzi a 12 anni sono già giovani; ben sviluppato, focoso,
intelligente, in pieno possesso delle sue facoltà e compieta -
mente aperta alla primavera della vita. Simpatico, sportivo,
esuberante; ma di una purezza, che voglio chiamare, completa.
Non permetteva a se stesso di sentire, neppure l’alito della
tentazione. Sapeva custodirsi così bene, era così guardingo in
mezzo alla sua vita piena di gioventù; era un incanto. Eppure
il suo ambiente, non gli era del tutto favorevole, né privo di
difficoltà, come del resto qualsiasi ambiente, poiché in fatto
di purezza, basta essere rivestiti di corpo per essere disturbati.
Un altro giovane viveva in tutt’altro ambiente. Aveva il fratello
perdutamente e stentatamente disonesto, anche il padre faceva
una vita poco corretta. Lui era temperamento caldo, sapeva
menar le mani che era una meraviglia, ed erano guai anche
ai più grandi. Sportivo, sviluppato in maniera meravigliosa;
popolarissimo tra i suoi compagni. Non si trattava certo di
un anormale;... ma era di una purezza straordinaria. Mai un
desiderio sregolato; raccontava ciò che era obbligato a vedere,
ma in una maniera sobria e mozzando le parole. Si vedeva che
tutto ciò non lo intaccava.
Vedendo che tra i suoi problemi spirituali, non si affacciava
mai la purezza, cercavo con cautela e con la massima prudenza
di farne qualche accenno; ma una mezza frase sviava tutto. Era
a posto; e lo faceva capire con tanta certezza!
Mai come con questi giovani, avevo capito la portata di quella
frase di S. Paolo (Ef 5, 3) a proposito del peccato impuro: Nec
nominetur in nobis. Il solo accenno era una stonatura.
Ho anche incontrato un altro giovane: uno scavezzacollo,
incapace di stare fermo, irrequieto dovunque, anche in chiesa;
per nulla dedito ad una vita molto spirituale, anzi le compagnie
che frequentava non erano affatto commendabili, e i discorsi
fatti alla sua presenza erano tutt’altro che seri. Ma aveva un
ribrezzo, un’avversione naturale, contro il peccato brutto; gli
ho manifestato la mia ammirazione per questo, gliel’ho anche
scritto. Ecco come mi risponde parlandomi del suo carattere:

37
Emvin Busuttil

«Nè posso fare a meno di sentirmi superiore a tutto ciò che


può offendere la mia morale, non solo cristiana, ma anche
umana, perché l’uomo deve avere la sua morale, altrimenti
non è uomo: ed è questo che io vado ripetendo, inutilmente,
a tanti miei compagni e amici che si danno le arie di «gente
vissuta» e «superiore».
Quando si trova una grazia così sublime in un’anima, credo
che sia abbastanza chiaro che Dio non la chiama a trascinare
una vita comune e quasi senza senso. Egli vorrà certamente che
essa si distingua nella via della santità, e che compia grandi
cose per la sua gloria.

3. - Desiderare di avere la Vocazione


Quante volte capita, al vedere passare qualche Religioso per
strada, di dire in cuore: Beato lui. Avessi anch’io la Vocazione;
la grazia di essere come lui!
Questo desiderio non può certamente venire dal demonio,
e neppure dalla propria natura, perché tutti sanno che la vita
dei Religiosi è una vita di sacrificio e di rinunzia. Tuttavia c’è
qualche cosa di soprannaturale in esso che piace e che attira.
Quando un giovane comincia ad avere questo segreto desiderio,
può sospettare che sta sotto l’azione di Dio.
Anche se questo desiderio ora non c’è più, ma si è avuto
qualche volta nella vita, non deve essere disprezzato, ma si
deve esaminare, e vedere quali siano le cause per le quali è
stato abbandonato. Forse era una grazia di Dio che hai perduto
a causa di una condotta indegna; forse si è solamente assopita,
e la potrai scuotere e svegliare colla preghiera.
È un desiderio che si fa sentire ogni tanto, ma che si acuisce
durante la preghiera, dopo la S. Comunione, nei giorni di calma
o di Esercizi Spirituali. Quando l’anima si mette a contatto con
Dio, Dio vuole parlare più fortemente.
Spesso anzi, questo desiderio indefinito, acquista la certezza
della convinzione. Sì, mi farò Religioso; il resto non vale; è la
cosa che fa per me...
Dio ha chiamato chiaramente.

38
Alla ricerca delle Vocazioni

Un giovanetto quindicenne si presenta un giorno a me:


«Padre, ho bisogno di preghiere. Preghi per me!»
Aveva le lacrime agli occhi!
«Ebbene, chiesi, che cosa vuoi ottenere?»
«Ho un desiderio forte di farmi Sacerdote, ma temo che
non ci arriverò. Temo di non avere Vocazione. Intanto
la voglio avere. Non so se faccio peccato, ma io voglio
davvero questa grazia!»
Sorrisi. Che segno più chiaro attendeva questo ragazzo, per
essere sicuro che Dio lo chiamava?
Il P. Doyle dice: «Ti è capitato mai di rivolgere a te stesso
questa domanda: Come potrei sapere se ho vocazione o no?
Basterebbe questo, per avere un segno di vera Vocazione»2.
Ma potrebbe essere una velleità! Certamente. Appunto per
questo bisogna coltivarlo questo desiderio, pregare, e poi
aspettare che il tempo vi metta la sua firma. Un desiderio che
duri tre mesi, non può essere un fuoco di paglia. Se poi dura
un anno in un giovane quindicenne, può già considerarsi una
cosa seria.

4. - Coscienza della vanità delle della terra


Ne abbiamo già parlato. Completiamo il quadro. Si comincia
con un senso di sgomento e di scoraggiamento. Vediamo i nostri
compagni che corrono dietro a delle chimere inconsistenti;
poveretti, sono degni di pietà. Son dei poveri illusi, non
comprendono. Per noi invece, è così chiaro!!
Tutto finisce; tutto è vuoto! Che senso ha sprecare tutta
la vita per procurarci questi beni caduchi, che non valgono,
che non sono capaci di dare un momento di gioia serena?
E questo sentimento si fa sentire in modo speciale durante il
divertimento, o subito dopo. Com’è sciocco il modo di pensare,
il modo di agire degli uomini! Tutto artificiale, inconcludente!

2  Fr. William Doyle S. J., Vocations. Pag. 3.

39
Emvin Busuttil

Arturo Bonardi, in un recente romanzo: «Il Vecchio


Presbiterio», descrive la delusione della signorina Sand, mentre
prendeva parte attiva ad una serata dal Conte di Castelrosso.
«Sand si era rifugiata nella sua camera. Non ne poteva più!
Che cosa era mai quell’insieme di gente blasonata, gallonata,
infiorettata? Un mondo di finzione, di miserie per ogni rispetto.
Oh! Quell’altro mondo della luce, che aveva intravisto nel
vecchio presbiterio, e che aveva sempre meglio compreso
attraverso le armonie di «Maria di Gesù», era troppo superiore
e desiderabile!»3.
Ho assistito ad una conversazione tra due ragazzi. Uno
parlava dei suoi progetti di carriera, di ricchezze e di rinomanze.
L’altro, ogni tanto intercalava il discorso con un «Uff! e che
vale tutto ciò!... E poi, cosa ti serve?... E che fai degli applausi
e della stima degli uomini?»
Mi fece impressione e lo volli interrogare a solo.
«E tu che farai?»
«Non so; spero che Dio mi dia la grazia di diventare
Sacerdote. Io non desidero tante sciocchezze, come quel
mio compagno! È un illuso! Non capisco che gusto ci
prova a voler diventare ricco e grande...»
Poi si riprese: «Ma non è grandezza quella!»
Mi ricordai dell’Epitaffio che il Senatore Spinola aveva
composto per il suo sepolcro, e che, in seguito, fu posto davvero
sulla sua tomba:
«Qui giace Giovan Pietro Spinola (Senatore)
che, posto dalla Provvidenza in prospera fortuna,
giudicò somma disgrazia non aver potuto vivere in una
Compagnia4 così santa, come quella di Gesù, e all’ora
della morte desiderò che per grande favore lo seppellissero
tra gli ultimi Fratelli di Essa: onde apprenda chi resta,
a stimare durante la vita, soltanto quello che ha da
stimarsi al punto di morte, a cui si arriva ben presto»5.

3  Arturo Bonardi, Il Vecchio Presbitero, S.A.S. Pag. 132.


4  Parla della compagnia di Gesù, cioè dei Gesuiti.
5  Gonzales, Il Coadiutore Perfetto, Pag 16.

40
Alla ricerca delle Vocazioni

È anche recente il fatto di Eva Lavalliére:


Quella sera era stata chiamata parecchie volte alla ribalta
per essere oppressa dagli applausi della folla delirante, che
vedeva in lei la Diva, la Regina del Palcoscenico. Ma dopo la
Rappresentazione, essa cambia subito i suoi vestiti, e per una via
secondaria, si avvia verso la Senna. Il suo sguardo stralunato,
il passo concitato, la fronte corrugata, dicono chiaramente
che c’è la tempesta nel cuore. Proprio! È l’amarezza disperata
che lascia nel cuore la menzognera gloria umana, che riesce a
saziare soltanto quelli che non sono capaci di sentimenti nobili,
e che sono sciocchi.
Eva Lavalliére, pensava di buttarsi nel fiume, e farla finita per
sempre con una vita che non sapeva darle ciò di cui abbisognava
il suo animo. E al barcaiolo che la fermò e la salvò, gridò
seccata: «Lasciami stare, sono la donna più infelice di questo
mondo! Una disperata!»
Più tardi, quando, finito il noviziato, pronunziò i Voti Religiosi
in un monastero, disse ai corrispondenti dei giornali che la
vollero intervistare per raccogliere i particolari emozionanti
dello strano cambiamento:
«Dite a tutti che sono la donna più felice di questo mondo!»
Qualche volta poi, questo disprezzo del mondo, confina con
l’odio, sentimento che aveva Gesù stesso, il quale maledisse il
mondo e non volle pregare per esso. Non è un odio verso gli
uomini, intendiamoci, ma verso il modo di pensare, di agire e
di considerare le cose, che hanno quelli che vivono secondo le
massime del mondo.

5. - Attrazione alla preghiera


Un desiderio indicibile di sentirsi uniti con Dio, di conversare
con Lui, di pregare.
Volere star soli, quasi nascosti; amare di pensare, e di
pregare. Il giovane sente di voler pregare, di dover pregare;
è assillato dal timore che non prega abbastanza e cerca
l’occasione per appartarsi e pregare; e nella preghiera trova la
calma, e gode, perché prega, o perché ha pregato.

41
Emvin Busuttil

Non siete mai entrati in una Chiesa, verso il tramonto?


Entrateci; non sarà difficile che troviate qualche giovanetto in
un angolo, a pregare.
Insieme con questa attrazione cresce il desiderio delle
cose sante.
Solo chi non ha un po’ di pratica coi giovani, si meraviglierà
di quello che dico. Ho conosciuto un ragazzino di tredici
anni, che poteva darmi delle lezioni in fatto di preghiera. Un
atteggiamento così raccolto, ma per nulla affettato! Faceva
impressione anche ai suoi compagni! Suo papà mi diceva: «Io
non so cos’ha questo ragazzo. Appena lo sveglio al mattino
passa in un attimo e senza sforzo, dallo stato di sonno profondo,
allo stato di preghiera raccolta. Io e mia moglie restiamo
meravigliati».
Lo volli vedere. Venne quando ero solo in camera.
«Fai la Comunione ogni giorno?» gli chiesi.
«Sicuro che la faccio».
«E delle visite a Gesù?»
«Si capisce».
«Ti piace pregare?»
«Si, ma non so come debbo fare per non distrarmi».
Insomma a dirla breve, questo ragazzino non era contento,
se non faceva la Comunione ogni giorno, ogni giorno doveva
servire la Messa, fare una visita a Gesù ad ogni Chiesa che
incontrava sul suo cammino; diceva due o tre Rosari al
giorno. Ed era il ragazzo più vivace e più diavoletto di tutto
il Collegio.
«E che cosa vuoi fare quando sarai grande?»
Mi guardò, sorrise, e voltando la faccia dall’altra parte:
«Come lei».
La vita eucaristica diventa intensa, ma in modo quasi naturale.
Dei 30 giovani che ho aiutato nella loro Vocazione, posso
attestare che non c’era uno che non facesse la Comunione ogni
giorno.

42
Alla ricerca delle Vocazioni

Non c’è però bisogno che ci sia la Comunione quotidiana per


poter dire che un giovane è attratto verso la preghiera. Quando
si vede che uno passa dalla Comunione mensile a quella
settimanale, ovvero dalla mancanza quasi assoluta di preghiera
alla convinzione, o al bisogno di pregare spesso, può già essere
un segno che Dio si vuol fare sentire.
Ebbi un giorno un colloquio con un giovane quattordicenne.
Quello che mi colpì fu la sua preoccupazione perché pregava
poco, perché non sapeva pregare. Quello era il suo problema.
Dopo tre mesi era arrivato alla Vocazione.
Un altro mi raccontava che diceva 6 Rosari al giorno.
«E come fai? Durante la scuola?»
«No! Ma per strada, andando a casa, durante la fila;
aspettando il professore; e poi ne dico due con calma a
casa o in chiesa.»
Inutile dire che l’ideale della Vocazione era già alto e
splendente sull’orizzonte della sua anima.
Spesso tutto questo è accompagnato dal gusto della preghiera,
dalle consolazioni spirituali. Il ragazzo che sente queste
gioie, non andrà a cercare altrove la sua felicità e comprende
senz’altro che la vita religiosa deve essere una vita di paradiso
e di vera felicità.
Avevo un altro giovane che non si sapeva distaccare da Dio.
Mezz’ora di meditazione, mezz’ora di Lettura Spirituale, tutto
l’Ufficio della B.V.M. (che suole durare più di mezz’ora), poi
la Comunione e il Rosario. Intanto riusciva a fare tutti i suoi
compiti e gli altri suoi doveri. La mamma era preoccupata,
e si rivolse a me perché mettessi un freno a questi slanci. Io
gli proibii tutto, eccetto la Comunione e un quarto d’ora di
meditazione. Caro figliolo! Non si sapeva dar pace, ed erano
tante le sue insistenze, promesse e lacrime, che dopo una
settimana dovetti dargli di nuovo piena libertà.
Però, come dico, non c’è bisogno di avere questi esempi
eccezionali per poter intravedere una Vocazione.

43
Emvin Busuttil

6. - Desiderio di soffrire
Ci sembra un’ingiustizia sapere che Gesù ha tanto sofferto
per noi, mentre noi godiamo tante piccole comodità.
Il pensiero di tanti peccati, e di tanta ingratitudine verso Dio da
parte degli uomini, lascia, è vero, indifferenti i più, ma colpisce
altri nel più vivo, e fa loro sentire il dovere di soffrire e di
sacrificarsi per essere simili a Gesù, per riparare a quello che
fanno tanti cattivi.
Spesso però non pensano ai «Perché». È il loro amore per
Dio che li spinge a ciò.
Può darsi che si tratti di un pentimento sincero dei propri
peccati; qualche volta in vece è un bisogno del cuore, che
comprende di non poter amare Dio senza soffrire. Allora
si vedono queste anime darsi al sacrificio, rinunziare
volontariamente a tanti svaghi e divertimenti leciti; fornirsi di
strumenti di penitenza per far soffrire il corpo; e intanto, così,
trovano la gioia e la pace dell’anima, e hanno la sensazione che
cominciano davvero ad amare Dio.
Cresce quindi la devozione al S. Cuore, devozione di amore
e di riparazione; si ammirano i Religiosi perché fanno una vita
di sacrificio; si pratica la compunzione del cuore, che porta alla
mortificazione, non solo interna, ma anche esterna.
Ho conosciuto due ragazzi che, durante la ricreazione,
dopo di aver pregato un po’ cercavano un posto nascosto, e
poi... camminavano in ginocchio sulle pietre... per soffrire.
Un ragazzo di 13 anni metteva una tavola sul materasso,
facendo finta di dormire comodo; altri come S. Luigi,
tormentavano il loro sonno con pietruzze tra le lenzuola.
Ho conosciuto altri che dormivano sulla nuda terra; e
quanti altri mi hanno chiesto, non invano degli strumenti
di penitenza!
Questo è uno dei segni più sodi e più sicuri di Vocazione; e
da queste pagine vorrei dire a tutti, che dobbiamo presentare la
vita religiosa, come essa è realmente, cioè una vita di rinunzia e
di sacrificio. È inutile cercare di mitigare questo lato scomodo
della vita religiosa. Non sarebbe sincerità, e d’altra parte,
nasconderemmo ciò che la vita religiosa ha di più attraente.

44
Alla ricerca delle Vocazioni

Proprio pochi giorni fa una giovinetta, diretta spiritualmente


da me, si presentò alle suore Francescane Missionarie di Maria,
per essere accettata nella loro Congregazione.
Per prima cosa le suore cominciarono a scoraggiarla,
dicendole che la loro regola era molto rigida, difficile; che
poche riuscivano a resistere, mentre le più dovevano tornare
indietro. A principio essa rimase un po’ sgomenta, poi volle
andare al loro Noviziato di Grottaperfetta, per vedere e tastare
come stessero realmente le cose. La Madre Maestra delle
Novizie l’accolse con un: «Ma no, la nostra Regola è molto
dura, lei non potrà resistere!»
Lodai il modo d’agire di queste suore, che dimostravano di
essere tanto serie nel fare il loro reclutamento. Ma sulla giovane
produssero l’effetto contrario. Venne da me:
«Se c’è da soffrire, tanto meglio. Io non mi voglio far suora
per stare bene, ma per essere crocifissa con Gesù».
Chi ha vera Vocazione non teme il sacrificio; invece, se
un giovane chiede di abbracciare la vita religiosa, e rimane
perplesso al pensiero che dovrà soffrire e rinunziare a tutto,
bisogna andare adagio, farlo aspettare ancora, e se non
comincerà a volere la sofferenza, sarei poco entusiasta della
sua Vocazione.
Il biografo di S. Margherita Maria Alacoque che, parlando
della Vocazione di questa prediletta del S. Cuore, fa vedere
molto bene questa rinunzia straziante.
«Ella brillava nel mondo, e Gesù la voleva umile e
nascosta dietro una grata; ella si piaceva adornata di
rose, e Gesù voleva lacerarla colle spine; ella correva ai
piaceri, e Gesù la voleva al sacrificio e all’umiliazione.
Una vita facile e felice si schiudeva sotto i suoi passi, e
Gesù voleva che essa morisse a tutto quello che era della
terra: sogni d’avvenire, abbigliamenti, bellezza, salute,
affetti; Gesù le chiedeva di sacrificare tutto per amore
di Lui».

45
Emvin Busuttil

La vita religiosa è un paradiso, ma perché è una continua


crocifissione: non è gioia secondo il mondo, ma tutto l’opposto,
il rovescio di quello che è mondo.
Quando Ermanno Cohen si convertì dal giudaismo e andò dal
P. Lacordaire per manifestargli il desiderio di farsi religioso,
ed essere da lui diretto nella sua Vocazione, l’Abate gli disse:
«Avete il coraggio di farvi sputare in faccia, senza dir
nulla? Se sì, potete farvi Religioso».
Non abbiamo che farci di quelle vocazioni all’acqua di rose;
di quei giovani che vogliono darsi a Dio... fino ad un certo
punto. Via con questi fannulloni. La vita religiosa richiede
degli eroi; e solamente chi vuole soffrire e seguire un Re
coronato di spine, e coperto di sputi, può sperare di essere un
vero Religioso, e perciò santo, felice, chiamato da Dio.

7. - Spirito di generosità con Dio


Non essere mai soddisfatti di quello che si fa per Dio; non
dire mai basta; voler far sempre di più. Si comincia a provare
una certa irrequietezza, una santa impazienza di fare sempre di
più per Dio. Siamo di fronte ad un amore genuino per Gesù;
alla comprensione pratica di quello che Egli ha fatto per noi.
e alla pochezza e debolezza dei nostri sforzi per amarlo e per
contraccambiargli la sua squisita bontà e condiscendenza.
Intanto queste anime, che in fatto di amor di Dio, possono dare
lezioni anche a noi religiosi, non sanno considerarsi in altra
maniera che come: Servi inutiles.
Dite loro che esse amano Dio, e le vedrete arrossire di
vergogna, e forse piangere, perché si sentono tanto lontane
dall’ideale accarezzato nella loro mente; e spesso crederanno
che le volete prendere in giro; e non si offendono... perché sono
anime di Dio.
Quel voler amare Gesù fino alla follia; quel tormentarsi
continuamente perché non si ama Dio come si vorrebbe; quel
voler fare non si sa che cosa, per dimostrargli il proprio amore,
spinge queste anime a dei veri eroismi di generosità. L’amor
di Dio diventa per loro una gioia ed un tormento nello stesso
tempo: una gioia, perché c’è; un tormento, perché non è come
e quanto lo si vorrebbe.
46
Alla ricerca delle Vocazioni

Uno stato mistico? Non necessariamente!


Ho incontrato simili anime. E ho parlato loro di Vocazione.
Per lo più non ci avevano pensato, ma la mia proposta sembrava
loro la cosa più naturale, e non stentarono a capire che Dio le
chiamava per essere tutte sue, per sempre.

8. - Orrore al peccato
Una paura salutare del peccato, che si considera come il vero
e l’unico male dell’anima.
Intanto si vedono amici e conoscenti immersi nella corruzione
e nella rovina spirituale; si desidera un modo di trovarsi lontani
da tanti pericoli. Si cerca un modo di vivere in cui il peccato
sia quasi impossibile.

9. - Desiderio di consacrare la vita per la conversione


o per la salvezza di una persona cara
Come la figlia del Re Luigi XV. Essa si fece suora per
salvare l’anima di suo padre che menava una vita tutt’altro che
edificante.
Ho avuto un giovane di sentimenti delicatamente affettuosi,
che offrì la sua vocazione per la salvezza eterna della mamma.
Ma dopo tre mesi, anche il suo fratello si decise di farsi
Religioso, e offrì la sua «scelta», per la salvezza dell’anima di
papà. Oggi sono Religiosi tutt’e due; la mamma è già volata al
cielo, e il papà conduce una vita veramente cristiana.

10. - Delicatezza di coscienza


Si trovano delle anime così sensibili al tocco della grazia
e alla vita spirituale, che si custodiscono dalle più piccole
mancanze. Il solo timore di poter offendere Gesù che è loro
tanto caro, li spinge a qualsiasi rinunzia. Sono guardinghi,
fedeli; e sanno scoprire le più piccole imperfezioni con una
destrezza sorprendente. Sono anime chiamate alla perfezione,
pronte alle più piccole aspirazioni.

47
Emvin Busuttil

Venne da me un vivacissimo giovane di 2° Liceo.


«Padre, è peccato parlare in classe, durante la scuola?»
«No, risposi, è solo questione di disciplina».
«Ma, insisté, Gesù sarà più contento se io non parlo?»
«Certo! È più perfetto! Se non altro è una buona
mortificazione».
Bastò questo perché il giovane (oggi Religioso fervente),
non dicesse più una parola in classe, sfidando i motteggi
e un po’ la rabbia dei suoi compagni, che spesso avevano
bisogno del suo aiuto di «suggeritore» per uscire salvi da certe
interrogazioni.
E da ragazzo poco disciplinato, divenne un modello... solo
perché così Gesù sarebbe stato più contento.

11. - Timore di avere la Vocazione


Qualche volta si ha paura di avere la Vocazione, si caccia
via il solo pensiero, che però ritorna insistente; si prega per
non averla: «Che Iddio tenga lontano un simile invito, che
distruggerebbe tanti castelli, ideati e accarezzati» Si sospetta
continuamente che questo o quell’altro vuole attirarci alla
vita religiosa; si sfugge il pericolo di andare con Religiosi o
giovani che hanno la Vocazione, per timore che il discorso vada
a cadere su questa materia scottante; si ha paura degli Esercizi
Spirituali, di essere troppo buoni e vicini ai Sacramenti; tuttavia
non si vuole diventare cattivi, perché l’anima è retta con Dio.
Tutto questo, dice il P. Doyle6 è qualche volta segno di vera
Vocazione.
Il demonio che è intelligente, può prevedere con una certa
probabilità che se tu diventi Sacerdote o Missionario, farai un
gran bene, e allora ti mette in cuore questi timori infondati,
per allontanarti da questa via, che sarebbe la tua salvezza e
santificazione, e la salvezza per tanti altri.
Gli esempi di Vocazioni, cominciate su tale terreno, contrario
e sfuggito di proposito, sono molti.

6  Vocations, pag 7.

48
Alla ricerca delle Vocazioni

Nella vita del Beato Claudio de la Colombière, si narra di


una certa Maria de Lione, della quale il S. Cuore di Gesù aveva
parlato a S. Margherita Alacoque, ed aveva finito col dire che
la voleva sua Sposa. Però non c’era verso di parlarne alla
signorina; essa non permetteva tali argomenti, non ci voleva
pensare; diceva che ciò non sarebbe mai successo. A poco a
poco la grazia si fece strada, e dopo aver ricevuto una fortissima
umiliazione in pubblico, capì che era inutile resistere contro
Dio. Si rassegnò, ma entrando in convento disse:
«Se qui vicino ci fosse la porta del Purgatorio, preferirei
entrare per essa, che seppellirmi in questa prigione».
Aveva con sé un po’ di danaro. Lo diede a chi la accompagnava,
dicendo:
«È già molto che queste Suore abbiano la mia persona;...
Ma non prenderanno mai un soldo dei miei averi».
Ma quando, dopo un mese, il P. Claudio andò a trovarla, lo
accolse con queste parole:
«Padre, sono felice! Mi sento in Paradiso: non faccio altro
che baciare le sante mura di questo Convento, che mi rende
così beata e gioiosa».
Era il demonio che le metteva tutta quella ripugnanza. Una
volta dato il passo, e schiacciato il capo alla tentazione, aveva
trovato la gioia.
Anche del P. Michele Agostino Pro S. J. si legge che non
poteva digerire i Gesuiti. Era seccato con loro, perché, essendo
essi Direttori Spirituali delle sue sorelle, le diressero verso il
Convento. Una nera malinconia si impadronì di lui, e fuggì via,
nella foresta. Non voleva vedere nessuno.
La mamma lo cercò, lo trovò, lo condusse a casa, ed anzi
lo convinse a fare gli Esercizi Spirituali... presso gli odiati
Gesuiti.
Egli vi andò... temendo di trovarvi la Vocazione. Sarebbe
stato uno smacco tremendo per lui. Ma tant’è! Dio lo chiamò,
e buon per lui che seguì la voce del Signore. Fu Sacerdote e
Martire, gloria del Messico, della Compagnia e della Chiesa.

49
Emvin Busuttil

Mi successe un fatto un po’ comico. Uno dei miei Congregati


si era deciso di farsi Gesuita. Aveva un intimo amico, un
giovane ottimo sotto tutti i punti di vista.
«Padre, mi disse un giorno, il mio amico, S... avrà
certamente la Vocazione»
«Lo credo anch’io, ma forse non lo sa neppure».
«Glielo farò sapere io».
«E come farai?»
«Gli dirò della mia decisione; vediamo che impressione
gli farà».
Il giorno dopo, vedo venire da me S... tutto agitato. Si siede,
e comincia bruscamente:
«Padre, ha saputo la notizia?»
«Quale?»
«A… si fa Gesuita».
«Davvero?!» dissi facendo il finto tonto. Ma poi soggiunse:
«te l’ha detto lui?… Sì, lo so. È un ragazzo così buono che
ce lo potevamo aspettare».
«Ma è un miracolo. Non me lo sarei mai aspettato. Un
giovane così irrequieto!»
Poi, dopo la pausa soggiunse: «Però era veramente buono, sì;
specialmente in questi ultimi tempi... Me l’ha detto ieri... Ma
come può essere?»
Intanto mi guardava e si dimenava là sulla sedia.
«Ma, Padre, Lei resta calmo ad una simile notizia?»
«Figliolo, perché agitarti così? Cosa c’entri tu? Ti ha mica
detto che hai la Vocazione tu stesso? Perché te la devi
prendere così tragicamente e personalmente?».
«Non ho potuto dormire niente; stanotte!».
Non potei trattenere un sorriso, pensando che il colpo era
riuscito a meraviglia.

50
Alla ricerca delle Vocazioni

«Padre, lei ride? La cosa mi sembra tanto seria!».


«Caro S..., cominciai calmo, l’impressione che ti ha fatto la
notizia della Vocazione di A... è preoccupante. Può essere
un segno...»
«No, Padre! mi interruppe; io non ho la Vocazione! Prego
ogni giorno per non averla. Stanotte pure temevo che mi
venisse».
Avevamo quindi sospettato bene.
Dopo un anno S... non pregava più per non aver la Vocazione;
era diventato più calmo, e quando, dopo un anno, lo lasciai,
aveva già fatto con calma gli Esercizi Spirituali per vedere se
Dio lo chiamasse veramente; pregava ogni giorno per la scelta
dello stato, e una volta ebbe a dirmi che se avesse capito che
Dio lo voleva, non avrebbe esitato un istante a farsi Religioso.
Quasi, quasi, desiderava avere la Vocazione.
Il P. Gratry ha tentato di descrivergli al vivo il suo stato
d’animo, e la sua lotta interiore contro la Chiamata di Dio.
«Pensavo a consacrare ogni legame che avrebbe
voluto arrestarmi...; tutto a un tratto ho percepito, per la
prima volta, credo, che il mio amore era un legame ed un
ostacolo (amore di puro sentimento e d’altronde onesto).
A questa vista fui costernato e sentii la mia impotenza
assoluta a rompere questa catena vivente del mio amore.
Non lo volevo! Quanto a questo, no, no!»
«Ma ecco che una specie di soffio vivificante mi
circondava... e una voce misteriosa mi diceva con accento
di un’insondabile profondità: «Ah, se tu volessi!» - «Non
posso volere, risposi io con molta dolcezza e rispetto;
vedi bene che ciò è impossibile». - «Pertanto, se tu
volessi!» riprendeva la dolce voce, sempre carezzevole
e vivificatrice. Ed io facevo la medesima risposta, e
chiamavo a mia testimonianza il cielo, per provare che
ciò era impossibile.»

51
Emvin Busuttil

«Non sei affatto obbligato a questo, sembrava


che mi dicesse la Voce, ma tuttavia, se tu lo volessi!»
Erano sempre le stesse parole, ma con un senso sempre
crescente... E la meravigliosa conversazione proseguiva
così, sempre, con la stessa domanda, e la stessa risposta.
«Poi io non volevo volere. Qualche tempo dopo,
volevo volere, ma senza volere ancora. C’era sempre
impossibilità. Ma sotto l’insistenza crescente della
Voce... arrivai a dire...
«Io non posso; ma non mi oppongo; fate voi stesso,
prendete, colpite». E allora, come se mi avessero messo
in mano un ferro tagliente, meglio, come se mi avessero
spinto il braccio e stretto la mano, ho colpito l’arteria
principale del mio cuore. Credo di sentire ancora il
freddo di quel colpo.
«Era finito tutto. Il giorno dopo entrai in una Chiesa;
era il giorno dell’Assunzione, e ho fatto voto di osservare
i Consigli Evangelici»7.

12. - Zelo per le anime


Il racconto delle lontane Missioni ci affascina e ci commuove.
Il pensiero di tante anime che ancora non conoscono Gesù, ci
fa piangere. Mentre altri restano freddi, come qualcosa che non
li riguarda, noi ne sentiamo una viva ripercussione. Ci sembra
che abbiamo dei doveri verso queste anime; che dobbiamo fare
qualche cosa per aiutarle; che non possiamo starcene tranquilli,
colle mani in mano, limitandoci a dire una sterile parola di
compassione.
Qualche volta questo pensiero pare ci perseguiti, e rende viva
nella fantasia, l’immagine di una fiumana di anime che va alla
deriva e tende le mani verso di noi, implorando soccorso.

7  Sauvenirs de ma jeusnesse, 6.e Ed. - Pag. 85-88.

52
Alla ricerca delle Vocazioni

Spesso invece, questo zelo apostolico, si sviluppa e si


concretizza attorno a noi; lo esercitiamo per il nostro ambiente,
nelle Associazioni, nel bene che si può fare a tu per tu, anima
con anima. Altre Volte si sfoga nella preghiera, o nello studio
dei problemi dell’apostolato Cattolico.
L’immagine di Gesù Crocifisso; che grida: «Sitio!» ci strazia
l’anima, e comprendiamo il profondo significato del lamento
del Salvatore: «Quae utilitas in sanguine meo?»
Questo sentimento altruistico, fiore della carità cristiana,
si trova frequentemente nelle anime giovanili, ed è un segno
evidente che Dio chiama all’ideale di una paternità spirituale,
che è l’espressione più genuina della carità e della vita
consacrata al bene altrui.

13. - Fuga dell’egoismo


Sentire la fratellanza universale. Amore verso i poveri, ai
quali si cerca di dare un aiuto con l’elemosina. Difendere i
compagni più deboli, e ingiustamente disturbati dai soliti
ragazzacci ineducati.

14. - Sentire una santa invidia per i religiosi


Al vederli passare, viene un segreto desiderio: «Beati loro;
fossi così anch’io! Come devono essere felici!»

15 - Fuga della mediocrità


Spirito cristiano combattivo: Sempre pronto a difendere, la
propria fede; gustare l’onore di essere soldati di Cristo. Voler
fare grandi cose a Gesù.
E la lista potrebbe continuare ancora, ma ci basti questo per
ora!

53
Emvin Busuttil

Dicendo che questi sono «segni di Vocazione», non intendo


dire, che avendo alcune di queste convinzioni o desideri, ci
sia tutto quello che è richiesto per poter dedurre la presenza
di una vera Vocazione, ma voglio solo dire, che qualcuno di
questi «segni» è già indizio, per me Sacerdote o Educatore,
per arguire con una certa sicurezza che Dio ha messo gli occhi
sull’anima di quel giovane, per dargli la Vocazione; la quale,
perché sia provata genuina e certa, dovrà avere altre doti, come
diremo più sotto8.

8  Per comodità dei Sacerdoti, trasciniamo quello che succintamente dice il P.


Iorio S. J. nel suo Compedium Theologiae Moralis, Vol. II. N. 157:
Quaenam sint signa Vocationis Religiosae?
Resp. Generation loquendo seu iuxta providenciam ordinariam duo
requiruntur et sufficiunt ad vocacionem divina profanam, scilicet debita
aptitudo et voluntas.
Aptitudo intelligitur idoneitas ad statum religiosum in genere, et in particulari
ad observantiam talis Ordinis aut Congregationis propriam. Consistit autem
in recto praesertim iudicio, in indole bona, in animo submisso obendientiae
iugo, in scientia relative sufficienti, et in carentia defectuum corporis et
animi, qui rationi huius vitae repugnant.
Voluntas constans, quae proinde non sit frequentiabus mutationibus obnoxia,
non obstante alioquin quampiam praeterita tergiversacione ex daemonis
tentatiunibus exorta, vel ex quadam naturae repugnantia. Non tamen
requiritur ut voluntas ex spontaneitate seu propensione magis quad ex intima
animi persuasione procedat. Porro voluntas illa recta esse debet, procedere
scilicet ex intentione purra, ex mero desiderio salutem facilius conseguendi,
maiorem Deigloriam vel etiam animarum salutem procurandi, etc
Dixi generatim loquendo seu in providentia ordinaria; quia adsunt
evidentiora vocationis signa, nempe 1ª divina revelatio, ut vocatus est S.
Paulus, S. Aloysius Gonzaga, S. Stanislaus Kostka, etc…; 2ª inspiratio
singularis, quae consistit in interno motu, quo quis vehementer ad vitam
perfectiorem impellitur, et quasi attrahitur.

54
Alla ricerca delle Vocazioni

Possiamo noi influire formando l’ambiente,


senza pericolo di intaccare la libertà e la
spontaneità?
Sì!
Da quanto detto fin qui possiamo comprendere quale sia
l’atmosfera, per così dire, delle Vocazioni; l’aria soprannaturale
che respirano quelli che sono chiamati alla vita Religiosa.
Io Sacerdote, io Educatore, io Professore, posso certamente
aiutare il giovane ad arrivare alla conoscenza della sua
Vocazione, preparandogli e formandogli un ambiente nel quale
egli potrà facilmente capire, sentire, gustare, sviluppare e
mantenere, e poi seguire, la sua Vocazione, se Dio gliela darà.
Il lavoro della grazia varia a seconda degli individui; ma
possiamo stabilire un certo processo di convinzioni e di desideri
che, radicati bene nel giovane, lo rendono pronto e sensibile al
tocco della grazia, non appena Dio lo vorrà chiamare.
Ecco quindi determinato il nostro lavoro di educatori e di
zelatori delle Vocazioni.
Bisogna che nell’ambiente della mia classe, Associazione, o
Collegio, regni:
1) La convinzione della vanità delle cose della terra.
2) Il desiderio di fare cose grandi per Dio e per la Chiesa.
3) L’ammirazione per gli eroi, facendo però capire che i
veri eroi sono i Martiri, i Santi, e quelli che si sacrificano
per gli altri.
4) Affetto e stima per le cose che riguardano Dio e le anime.
5) Zelo apostolico, specialmente Missionario.
6) Frequenza ai Sacramenti.
7) Ambiente sano riguardo alla purezza, decenza, modestia
e compostezza cristiana. (Tutto sottolineato).
8) Formazione cristiana combattiva, secondo la frase
dell’Imitazione di Cristo:
«Militia est vita hominis super terram».

55
Emvin Busuttil

Ma per fare tutto questo non bisogna limitarsi alle prediche


o a corsi specializzati. Bisogna lavorare in questo senso, alla
spicciolata, prendendo l’occasione degli avvenimenti umili
della vita di ogni giorno.
Per esempio:
1) Un ragazzo si è sforzato a fare un buon compito. Ma non
riesce, e ha un cattivo voto. Lo si chiama!
«Vedi, caro, noi siamo poveri uomini e dobbiamo giudicare
dall’esterno. Dio vede il tuo sforzo e ti premierà. Vedi
come hanno ragione i Religiosi ad abbandonare il mondo,
così ingiusto nel giudicare, e servire Dio, che sa vedere e
premiare?!»
2) Si dice la preghiera; ma qualcuno è distratto. Lo si richiama!
«Noi siamo dei fortunati! Tanti bambini non sanno neppure
che Gesù è venuto per salvarli; e noi che abbiamo la vera
fede, la bistrattiamo così. Pregheremo bene, e offriremo la
nostra preghiera per tanti bambini infedeli».
3) Orientare alcuni temi di scuola in questo senso. «Quali
sentimenti provi davanti alla morte di un amico?» «Dopo
un divertimento mondano (cinema, teatro, ballo) che cosa
penso, e che cosa sento?» «Qual’è secondo te la vera
grandezza?» «Quale eroismo desidereresti avere?»
E così via. Si capisce, ne quid nimis.
4) Correggere le idee, quando nelle Antologie si parla di
eroi che non hanno nulla di eroico, e presentare i veri eroi:
i Martiri che non si piegano davanti al tiranno, i Santi che
sanno compiere il proprio dovere a costo della propria vita,
Missionari che si consacrano disinteressatamente al bene
altrui. Non mancheranno all’educatore Cristiano, esempi di
veri eroi.
5) I ragazzi sono stati buoni tutta l’ora? Allora bisogna
premiarli raccontando loro qualche cosa. Cosa scegliere?
Chi vuol lavorare per le Vocazioni, non ha bisogno

56
Alla ricerca delle Vocazioni

del mio suggerimento. Vi sono tanti episodi avventurosi


nelle vite dei Santi, dei Martiri, dei Missionari e dei
Cattolici militanti.
6) Un ragazzo viene tradito dal suo amico.
Quante volte capita! Che occasione per ribadire l’idea della
vanità delle cose della terra: anche le amicizie falliscono;
per far capire quanto grande sia l’ingratitudine degli
uomini verso il Cuore di Gesù; per inculcare l’amore verso
Dio che è il Vero amico che non sa tradire!
«Ecco perché i Religiosi sono felici; perché hanno trovato
l’Amico».
7) Non limitiamoci però a parlare solamente dei Santi, o
di gente che visse molto tempo fa e molto lontano da noi;
dobbiamo anche parlare di qualche Sacerdote, Vescovo, o
Religioso, che è conosciuto dai ragazzi, e far loro vedere il
lato apostolico della sua vita, la sua generosità con Dio, il
suo eroismo per le anime.
«Sai, quello era conte; la sua famiglia è molto ricca. Egli
ha lasciato tutto... per Dio. Ha dato un calcio al mondo; e
non ci ha perduto nulla».
«Ragazzi, conoscete il P. X... Voglio dirvi un po’ come
passa la sua giornata... cosa fa per i poveri... quanto
predica, confessa, ecc.».
In questo modo il ragazzo ha l’ideale sacerdotale ed
apostolico, vivo, davanti agli occhi; e ogni volta che
incontrerà quel Padre, si ricorderà... e sentirà qualche cosa
nel cuore.
8) Se poi tra i ragazzi si è maturata qualche Vocazione,
se qualcuno di loro ha già messo l’abito religioso o di
seminarista, sarebbe molto opportuno incoraggiare delle
visite mutue (non frequenti però), fare qualche piccolo
trattenimento in suo onore, invitarlo a fare egli stesso
una testimonianza sulla sua Vocazione, e dire loro come
ha sentito la Voce di Dio, le difficoltà incontrate, come ha
fatto la sua decisione...

57
Emvin Busuttil

9) Mettere il ragazzo nell’apostolato. Per questo non c’è


bisogno di avere delle Associazioni; si tratta di far fare
l’apostolato di anima con anima.
«Tu sei amico di X... E perché non gli dici che stia meglio
in Chiesa? Vedi, tu sei buono, ed io sono contento che
Z... sia tuo amico; te lo affido, ma voglio che tu me lo
trasformi. Vediamo se riesci: io ti aiuterò quando avrai
qualche difficoltà».
E il ragazzo si metterà al lavoro, e ci informerà passo,
passo, di quello che andrà facendo, delle risposte che
riceverà e dei progressi che otterrà; e intanto, noi educatori,
abbiamo una continua occasione di far notare a questo
ragazzo la gioia dell’apostolato, la bruttezza del peccato
e dell’indifferenza religiosa nella quale cadono quelli che
vivono troppo secondo le idee del mondo, ecc.
10) Soprattutto l’educatore deve amare la sua propria
Vocazione e far vedere all’esterno la sua felicità e la
sua gratitudine verso il Signore che gli ha dato la grazia
immensa di chiamarlo al suo servizio. E non manchi di
esprimere questi sentimenti ad ogni occasione che gli
capiterà. Tutto però deve essere fatto con naturalezza e
colla massima sincerità.
11) Intanto studiare i ragazzi e vedere se in loro si riscontra
qualcuno di quei segui di Vocazione dei quali abbiamo
parlato. Non c’è bisogno che li abbiano tutti. Basteranno
due o tre, e qualche volta basta uno solo. Non è nemmeno
necessario che li abbiano in quel grado perfetto nel quale
l’ho trovato io nei giovani dei quali parlo.
Si capisce, io ho scelto gli esempi migliori, per far risaltare
tutta la portata di certi sentimenti.
Trovato il giovane, o i giovani, con questi Segni, si può
andare avanti, quasi a colpo sicuro. E non si abbia paura di
parlare chiaro.
Ma di questo parleremo meglio più avanti.

58
Alla ricerca delle Vocazioni

12) La conclusione di questo lavoro non sarà che tutti i


ragazzi della tua classe, o Associazione, diventeranno
per forza Religiosi, come qualche maligno, che non ha
esperienza in materia, sarebbe tentato di dire; ma sarà
questa:
“Chi ha la Vocazione, cioè chi è chiamato da Dio,
sentirà facilmente la sua Voce, e non troverà difficoltà a
seguirla; chi invece non è chiamato, avrà il beneficio di
formarsi seriamente e profondamente nel vero spirito del
cristianesimo, che è spirito di disprezzo verso il mondo,
di generosità verso Dio, di apostolato e di combattimento
eroico”.

59
SECONDA PARTE
Esaminando una
vocazione

Che cos’è?
Per poterla esaminare, bisogna prima di tutto sapere che cos’è.
E senz’altro dobbiamo dire che essa è un «atto di misterioso
amore di predilezione da parte di Gesù, verso un’anima, che
Egli chiama al Sacerdozio o alla vita religiosa».
È un atto di amore, essenzialmente. Lo dice il Vangelo
quando parla del giovane, che con occhio sfavillante assicura il
Maestro Divino di aver sempre osservato i Comandamenti, ma
che tuttavia sente che ancora gli manca qualche cosa. Allora,
dice S. Luca, il Salvatore “intuitus eum dilexit eum». Posò su
di lui il suo sguardo, sguardo divino, scrutatore e creatore, e in
quello sguardo mise tutto il suo cuore.
Fu uno sguardo d’amore... Ci riporta un po’ a quell’altra
frase del Vangelo, a proposito di un’altra chiamata: «Respexit
humilitatem Ancillae suae».
È un atto di amore misterioso, perché resterà sempre vero
che nessuno sa perché Gesù chiama questo giovane, piuttosto
che quell’altro. Non sono i meriti o la bontà dell’individuo che
determinano la sua chiamata: essa dipende solo dalla libera scelta
fatta dal Redentore. «Non vos me elegistis, sed ego...» Solo Lui
agisce in quest’affare; Egli chiama chi vuole, e perché vuole.
Chi è chiamato quindi, è un Prescelto, un Prediletto, un
Privilegiato. Per lui son preparati i tratti di un’intimità divina
col Redentore, Egli metterà Se stesso nelle sue mani, ubbidirà
alla sua parola, gli affiderà ciò che ha di più caro, le anime.

61
Emvin Busuttil

Quanto fu sciocco il giovane del Vangelo, che non accettò


quest’atto di predilezione. E tutto... «perché aveva molte
ricchezze». Non importa se, forse, non peccò nel non accettare
l’offerta, ma è certo che perdette tutto, rimase uno dei tanti, ed
ebbe per retaggio la tristezza: abiit tristis!

Un po’ di Teologia
Passiamo un po’ a vedere la definizione di Vocazione, o
meglio quello che, secondo i Teologi, si deve avere, e basta
avere, per essere certi di essere chiamati da Dio.
Bisogna distinguere parecchi passi.

Vocazione generale
Sarebbe l’invito alla Perfezione che Gesù rivolge a tutti i
fedeli, ma che non implicherebbe necessariamente uno stato
di vita particolare. Tutti infatti siamo chiamati a santificarci,
ciascuno nel proprio stato.
Alcuni però insistono nel dire che esiste pure una chiamata
generale che si riferisce ai Consigli Evangelici, e perciò alla
vita religiosa; e adducono come prova della loro asserzione le
parole di Gesù al giovane del Vangelo: «Se vuoi essere perfetto,
va, vendi quello che hai... e vieni, e seguimi». E siccome queste
frasi di Gesù, benché dette a un individuo particolare, di solito
sono destinate dal Maestro Divino per insegnamento di tutti,
si può anche pensare che Egli abbia voluto dare a tutti quelli
«che desiderano essere perfetti», il consiglio di vendere tutto e
di seguirlo nella povertà, castità ed obbedienza.
Del resto, anche altre frasi del Vangelo, (come per es. La
tua fede ti ha salvato; Servo fedele, entra nel gaudio del tuo
Signore; Molto le è rimesso perché molto ha amato; Siate
perfetti come è perfetto il Padre vostro; Se mangerete la mia
carne, avrete la vita in voi), dette a delle persone determinate,
vengono applicate a tutti.

62
Esaminando una Vocazione

Tanto più che ci sono altre parole di Gesù, ancora più generiche,
con le quali Egli promette il centuplo in questa vita, ed anche la
vita eterna, a tutti quelli che lasceranno padre, madre, fratelli,
sorelle, campi, figli, ecc. «propter nomen meum». E qui è certo
che si parla di Vocazione.
Donde nacque la sentenza di questi Teologi, che affermano,
che in qualche maniera tutti siamo chiamati alla vita Religiosa;
basta che vogliamo essere perfetti9.
Non vogliamo insistere su questa conclusione; ci basti sapere
che parecchi sostengono questa sentenza. Non è qui il caso di
fare una difesa o una confutazione.

Vocazione particolare
È la chiamata individuale che Dio fa solamente a chi Egli
vuole chiamare allo stato sacerdotale o religioso, e precisamente
consiste:
a)  nell’ornare il Chiamato di quelle doti morali, spirituali
e fisiche che lo rendono adatto a tale stato di vita.
b)  nel dargli una grazia interna, mediante la quale, il giovane
arrivi a giudicare la vita religiosa come uno stato più perfetto
dello stato laico, e che più facilmente conduce alla salvezza
eterna; ma questo giudizio non deve essere solo teorico e fatto
considerando i due stati in se stessi ed oggettivamente, ma deve
arrivare alla persuasione e alla convinzione che, praticamente
e per lui la vita religiosa è migliore, più perfetta in ordine
alla sua santificazione e più sicura in ordine alla sua salvezza
eterna. Senza questa grazia interna e soprannaturale, il giovane
potrebbe arrivare a capire che la vita religiosa è più perfetta
della vita laica, come arrivano a comprenderlo anche i non-
cattolici, ma non arriverà alla convinzione pratica che per lui,
(preso col suo carattere, doti, circostanze di vita e aspirazioni),

9  Anche il Ferreres sembra di quest’opinione. Infatti, nella sua opera:


Compendium Theologiae Moralis, Vol. II, N. 177, dice che per avere vera
Vocazione basterebbe questo invito generale, purché concorrano la retta
intenzione, la mancanza di impedimenti da parte del candidato, e che abbia
le doti richieste dall’Istituto che vuole abbracciare.

63
Emvin Busuttil

la vita religiosa è la via che meglio di qualsiasi altra lo condurrà


al conseguimento perfetto e completo del Fine per il quale Dio
l’ha creato10.
Questa sarebbe Vocazione Interna, perché fatta da Dio
privatamente, individualmente e particolarmente, nell’interno
dell’anima.

Vocazione esterna
È la definitiva accettazione del Candidato; fatta dalla legittima
autorità in nome della Chiesa. Avvenuta questa accettazione,
la Vocazione non è più un fatto di carattere interno e privato,
ma viene completata, definitivamente sanzionata e, direi quasi,
concretata, dall’Autorità competente.
Qualcuno ha voluto dire che la Vocazione propriamente
detta, consistesse solo in questa Vocazione esterna, ma i più
tengono che ci vuole anche quella interna; altrimenti avremo la
«forma», ma senza la «materia»11.

10  Tutti i moralisti dicono che la Vocazione Particolare consiste in una


chiamata, o invito, fatto internamente dal Signore, il quale dà insieme le
doti ed altre grazie attuali, necessarie a mettere in alto la sua chiamala; ma
nessuno si sforza di dirci in che consista questa «chiamata interna», ovvero
come si manifesta interiormente al giovane.
Noi abbiamo creduto di poterla definire in questa «convinzione certa o
giudizio pratico», fatto sotto l’influsso della grazia, e dal quale poi proviene
la decisione definitiva. La grazia quindi, illumina l’intelligenza e muove la
volontà, e il giovane resta convinto che Dio lo chiama.
Spesso Dio concede anche attrattive, certezze sentite, e desideri pieni di
consolazioni sensibili; questi sono de gli aiuti sommamente apprezzabili,
ma non costituiscono elementi essenziali della Vocazione stessa, che va
piuttosto riposta nella volontà, illuminata dalla sana ragione e sorretta e
spinta dalla grazia.
11  Nel nostro caso, la «forma» sarebbe l’accettazione fatta dall’autorità
competente, e la «materia», il candidato, avente la Vocazione particolare ed
interna.

64
Esaminando una Vocazione

È certamente necessaria l’accettazione da parte del


Superiore, di modo che «nessuno ha diritto di essere
ordinato, antecedentemente alla libera elezione del Vescovo»
(cfr. AAS IV, 485 - 2 luglio 1912), ma questo sarebbe piuttosto un
«completare la Vocazione esteriormente e di fronte alla Chiesa»12.
Da questo non segue che la Vocazione; essenzialmente e
adeguatamente, (cioè compietamente), si possa ridurre alla sola
accettazione da parte del Vescovo, o del Superiore Religioso. Infatti
questi non possono rendere adatto l’individuo, né infondergli
la retta intenzione, perché è solo Dio che può dare queste due
condizioni necessarie.
Nè si deve pensare che il Vescovo o il Superiore Religioso
venga direttamente e infallibilmente illuminato da Dio, perché
sappia chi siano quelli che devono essere scelti per il ministero
divino. Prima di dare il suo consenso, egli deve investigare ed
esaminare, per vedere se Dio, del quale egli è il rappresentante,
chiami o no quel giovane che gli si presenta.
In altre parole perciò, la Vocazione è costituita da questi tre
elementi:
1) Che il giovane abbia la retta intenzione, che sia convinto
che per lui, lo stato religioso o la vita sacerdotale, meglio
e più perfettamente e più sicuramente, lo condurrà al
raggiungimento del suo Ultimo Fine. Perciò egli sceglierà
lo stato religioso o sacerdotale per motivi soprannaturali,
non per motivi di interesse materiale e naturale.
2) Che sia ornato delle doti intellettuali, morali e fisiche,
necessarie allo stato che egli vuole abbracciare.
3) Che sia accettato dai Superiori della Diocesi o della
Religione alla quale vuole appartenere.

12  Tummolo-Iorio, Theol. Mor. Vol. 2, N. 703, in nota.

65
Emvin Busuttil

Nessun’altra cosa infatti, pare che richieda il Diritto Canonico,


che nel Canone 538 dice: «Nella Religione può essere ammesso
qualsiasi Cattolico, che non abbia alcun impedimento, che
venga mosso da retta intenzione e che sia idoneo a soddisfare
agli obblighi della religione, [cioè sia capace di osservarne le
Regole, penitenze e doveri]13.
Ma chi deve giudicare in merito all’idoneità del Candidato?
Coloro che hanno il potere di ammetterlo in Religione o nella
Diocesi, cioè i Superiori (cfr. Can. 543)14.

E il sentimento?
Come si vede, quindi, è tutta questione di volontà e
d’intelligenza, con la quale si comprende e si giudica ciò che
fa per la santificazione, perfezione o salvezza dell’anima che
cerca la sua via, o del prossimo che essa vuole aiutare e salvare.
Gesù disse: «Se vuoi»; non «Se ti senti attirato».
Sono perciò in errore quelli che esigono che l’anima senta
una certa attrazione verso lo stato religioso; che essa veda
chiaramente e si convinca sensibilmente che Dio la vuole nella
Religione.

13  In Religionem admitti potest quilibet catholicus, qui nullo legitimo


detineatur impedimento rectaque intentione moveatur, et ad religionis
onera ferenda sit idoneus (Can. 538).
14  Sarà utile per qualcuno sapere qualche definizione che i moralisti danno
della Vocazione. L’Arregui nel suo Summarium Theol. Mor. al N. 490, verso
la metà, dà questa: «Jure divino sive naturali sive positivo, requiritur in
omnibus [qui religionem ingredi voluut], vocatio divina, sive specialis, seu
individua invitatio per congrua auxilia singulis a Deo collata, sive generalis,
seu communis omnibus a Christo facta ad consilia evangelica servanda (Mt.
19, 21); sed utraque animi corporisque dotibus coniuncta».
Il Tummoìo-Iorio, Theol. Mor., Vol. II, N. 703, dà que- st’altra: «Vocatio,
adaequate sumpta potest definiri: Subiecti idonei individua invitatio ad
statum clericalem [vel religiosum] a Christo facta per inlernam inspiralionem,
et a legitimo Ecclesiae ministro approbata».

66
Esaminando una Vocazione

Questo fervore sensibile, e questo sentimento di certezza,


mista con entusiasmo, accompagnano spesso una vera
Vocazione, ma non sono necessari. Molte volte Dio li dà, perché
l’anima venga fortificata per superare una serie di lotte interne
od esterne che essa dovrà subire per arrivare al raggiungimento
del suo ideale. Infatti, chi ha la Vocazione deve sacrificare
famiglia, averi, amicizie, forse qualche amore o ideale umano,
un avvenire nel mondo, le proprie voglie e comodità; deve
lasciare se stesso. Senza una grazia che aiuti la natura con le
consolazioni spirituali, con un entusiasmo sensibile, con una
certezza e sicurezza piena di gaudio, molti non riuscirebbero
a dare il grande passo e romperla completamente con ciò
che è sensibile e che luccica, per dedicarsi a ciò che realmente
vale di più, ma che non è sensibile, nè tangibile, perché
spirituale.
Mi ricordo di un mio compagno di noviziato. Era sempre
pieno di felicità sensibile, di consolazioni spirituali. Sentiva
Gesù vicino all’anima sua, sentiva la bellezza della Vocazione,
la divina poesia dell’amore di Dio.
Dopo un mese gli domandai: «Sei ancora consolato?»
«Sicuro; come resisterei a tutti questi sacrifici, se non lo
fossi?»
Per lui, queste consolazioni erano necessarie; parecchi altri
invece, non le avevano, ed hanno perseverato lo stesso nel
proposito di servire Dio fino alla morte...
Non si tratta quindi di sentire, ma piuttosto di capire con
l’intelligenza, illuminata ed elevata dalla grazia, che per me,
preso con tutti i miei difetti, debolezze, esigenze, desideri
spirituali, carattere e circostanze, la vita religiosa fa proprio a
proposito se mi voglio salvare, o se voglio essere santo, o se
voglio fare una vita degna di essere vissuta.
Lo disse Gesù a S. Pietro, quando questi, vedendo che il
Maestro aveva rimesso il matrimonio nella sua primitiva serietà
e rigidità esclamava: «Ma allora, non mette conto sposare!»
«Non tutti capiscono questo, gli rispose Gesù, sed quibus
datum est; ma a quelli ai quali è dato dalla mia grazia».
E fu proprio allora che Gesù parlò del voto della castità,
elemento essenziale della vita religiosa.

67
Emvin Busuttil

A prima vista sembrerà che questo libro debba far diventare


religiosi, tutti i suoi lettori; certe prediche sulla Vocazione, pare
che non lascino uno spiraglio donde poter scappare; eppure,
quanti restano freddi, scettici, semplici ammiratori, ma per
nulla seguaci? Sono quelli: quibus datum non est.
Chi invece capisce che il nostro modo di ragionare è esatto,
che la nostra vita di religiosi è la più bella, e insieme capisce
che proprio per lui è quello che ci vuole per renderlo felice,
metterlo al sicuro, farlo un benefattore delle anime, ecc. vuol
dire che è uno di quelli: quibus datum est; è un Chiamato! E
beato lui!
Possiamo perciò concludere che: Si ha Vocazione, quando
si è convinti (moralmente) che la vita religiosa è la vita che
meglio ci condurrà al fine per il quale Dio ci ha messo sulla
terra; purché si abbiano le condizioni richieste, e si sia accettati
dai Superiori.

Le altre condizioni
Abbiamo parlato della convinzione.
Parleremo delle doti che sono necessarie per uno che si vuole
consacrare a Dio.
Doti di intelligenza. - Che sia capace di fare gli studi richiesti
dall’Ordine che egli vorrebbe abbracciare. E qui, per carità,
non esageriamo né in un senso, né nell’altro. Vi sono alcuni
Superiori Religiosi che, scarseggiando di Vocazioni, accettano
con facilità chiunque si presenti. Lo stesso capita qualche volta
in certi Seminari, con delle conseguenze poco onorevoli per la
Chiesa di Dio. Ciò allontana le anime dalla direzione spirituale
e da quel rispetto che devono avere per tutto ciò che riguarda
la religione.
Il Sacerdozio è una responsabilità. Esso deve essere faro
di luce, guida nel cammino, consiglio nel dubbio. Spesso il
Sacerdote, dovrà dirimere questioni scabrose, dovrà dirigere
anime straordinarie e difficili, dovrà cacciarsi in questioni molto
intricate, e quasi sempre, deve essere un dirigente, un capo.
Non tutti sono capaci di questo.

68
Esaminando una Vocazione

Ma neppure dobbiamo andare all’altro eccesso, e far credere


che per essere religiosi, bisogna essere dotati di un’intelligenza
non comune; che bisogna quasi confinare col genio. Parecchi
fedeli hanno quest’idea; e forse non solo i fedeli. Di conseguenza
si vedono dei giovani, adorni di tutte le qualità richieste, ai
quali però vien chiusa la porta della Religione; vengono privati
ingiustamente di un bene così eccelso; e si spreca inutilmente
una così grande grazia di Dio.
Un’intelligenza comune può bastare; al massimo si può
richiedere che sia un po’ superiore alla mediocrità: più in là
non è giusto esigere. Spesso un po’ di buon senso vale più di
molta intelligenza.
Doti di volontà. - Non bisogna badare esageratamente o
esclusivamente all’intelligenza. Spesso, questi intelligentissimi,
hanno dato un filo da torcere, e qualche volta hanno perduto
la vocazione per superbia, ovvero, diventati Sacerdoti, si sono
dati alla vita comoda che rifugge dal sacrificio e dallo zelo. Ciò
che vale di più è la volontà; l’indole buona del ragazzo, il suo
spirito di sacrificio, la sua forza di vincersi nelle piccole cose, il
controllo su se stesso, la vittoria del rispetto umano, la docilità
nell’obbedire, la sincera stima della propria pochezza. Queste
qualità sono indice di carattere serio e mostrano un insieme di
maturità spirituale che è sicura garanzia di perseveranza e di
serietà nel futuro lavoro sacerdotale.
Se un ragazzo è docile, ha volontà per lo studio (per quanto
forse non riesca tanto), ha un bel carattere, è sincero, ha
vero spirito di preghiera, è influente presso i compagni, sa
fare l’apostolo, sa fare dei sacrifici per Dio e per la sua vita
spirituale, è puro, non per ignoranza o per ingenuità, ma per
volontà o per lotta: queste doti, accoppiate ad un’intelligenza
anche mediocre, faranno un ottimo religioso.
Bisogna anche ricordare che nella vita Religiosa vi sono
molte mansioni, e che a fianco dei geni, i quali riescono
a dare un impulso straordinario alle opere religiose e fanno
cose grandiose, ci vogliono quelli che mantengano poi nel
nascondimento di una vita senza pretensioni, il lavorio costante
della salvezza e della santificazione delle anime, che si alimenta
di confessioni, catechismo e direzione spirituale.

69
Emvin Busuttil

Senza questi individui, umili, di possibilità un po’ limitate,


le opere più belle, le associazioni più fiorenti sarebbero
condannate ad eclissarsi dopo un piccolo periodo di apogeo,
perché un religioso molto intelligente, difficilmente si presterà
a fare il semplice aiutante di un altro che dirige in modo geniale.
Del resto, non vediamo quanti giovani, respinti da un Ordine,
perché creduti poco intelligenti, sono andati a bussare alla
porta di altri Ordini, e, accettati, sono poi diventati ottimi
predicatori, direttori di anime, o prelati di molta responsabilità?
Tutto questo dimostra che c’è la Provvidenza di Dio che sa
trovare le sue vie, anche senza di noi, ma dimostra anche che
noi possiamo prendere dei grossi granchi, proprio quando
vogliamo fare gli intelligenti e i prudenti.
È bene anche notare che non è facile dare un giudizio esatto
dell’intelligenza di un giovane, verso i 16 anni. Spesso egli
non è ancora del tutto sviluppato nella sua intelligenza, spesso
non riesce nel Ginnasio per mancanza di base, per svogliatezza
o perché non ha professori abili. Quante volte questi giovani
accettati a stento, si sono poi rivelati abbastanza intelligenti
durante la filosofia e la teologia!
Invece, della volontà si può giudicare un po’più adeguatamente.
Basta conoscere il ragazzo, sentir parlare di lui, vederlo mentre
gioca o mentre fa le cose ordinarie. Si vede subito se si ha
davanti un maschio o un effeminato; un trascinatore o un pezzo
di crema; un ragazzo che ha un carattere e una personalità, o un
tipo né carne né pesce.
Vorrei raccomandare a quelli ai quali è riservata 1’accettazione
dei candidati nella Religione, che non abbiano paura dei tipi
irrequieti e discoli, di quei giovani che esercitano sui loro
amici o sul loro ambiente un fascino straordinario, di quelli
che non sanno stare un momento fermi e si fanno notare per la
loro troppa vivacità. Si vuole addurre come misura di prudenza
il non accettarli, perché difficilmente saranno ubbidienti: non
si potranno adattare alla nostra vita.
Falsissimo! Questi tipi provano invece di essere ubbidienti e
malleabili, pieni di buona volontà, sinceri e leali; e sono quelli
che domani saranno capaci di cominciare un movimento sociale,
di riuscire ottimi missionari ed ottimi educatori della gioventù.

70
Esaminando una Vocazione

Quante vocazioni vengono sprecate per la nostra mancanza


di tatto, che spesso ha fondamento in una mancanza di vedute
soprannaturali e di umiltà. E poi ci lamentiamo della scarsezza
delle Vocazioni. È il caso di domandare se tale scarsezza non
è una punizione del Signore per tante Vocazioni che abbiamo
colpevolmente sciupato.
Il criterio della scelta, non dev’essere il nostro tornaconto in
un prossimo domani, ma dobbiamo anche considerare, stimare
ed accettare il lavorio della grazia e la vera chiamata di Dio.
Preghiamo prima di prendere una decisione, convinti che in
questa materia siamo dei poveri inesperti, che abbiamo vero
bisogno di lume dall’Alto per saper cercare con sincerità e purezza
d’intenzione, non noi stessi, né il nostro piccolo ambiente, ma la
Gloria di Dio, il bene della Chiesa e delle anime.
Bisognerà invece escludere gli incostanti; coloro che per tre
giorni sono buoni, e sono cattivi per 15; per poi tornare alla
bontà per alcuni altri giorni. Giovani che nella loro Vocazione
non sono sicuri, cambiano idea ogni settimana, o giù di lì.
Giovani che sono schiavi del vizio, e non trovano risorse ed
energie per dominarsi. Così pure i giovani effeminati che
sono troppo attaccaticci; che han sempre bisogno dell’affetto
di qualche creatura, e corrono dietro le simpatie ridicole ed
umilianti.
Doti fisiche. - Bisogna che il corpo sia sano, libero da
malattie ereditarie o da malattie gravi che lasciano qualche
perturbamento nell’organismo, come la tisi, malattie nervose,
e simili. I giovani destinati al Sacerdozio, dovrebbero essere
liberi da certe deformità del corpo, che impedirebbero il
compimento del loro ufficio sacerdotale, o allontanerebbero
i fedeli da quella stima e fiducia colla quale deve essere
circondato il Sacerdozio Cattolico.
In generale, una sanità ordinaria, quella cioè della quale godono:
i giovani che «stanno bene», è sufficiente. Non è necessaria una
robustezza tutta speciale, un assoluto dominio sui nervi, una
natura completamente libera da qualunque debolezza fisica. Per
quanto sani si possa essere, qualche piccola anomalia, qualche
predisposizione, qualche difetto nelle funzioni organiche, si
trova sempre.

71
Emvin Busuttil

Però se uno vuole abbracciare un Ordine Religioso di vita


molto austera e penitente, si richiederà da lui una salute più
forte; ed in questo, si misurino bene le forze, per non avere poi
delle forti disillusioni.
«È un peccato, mi diceva un religioso di vita molto austera,
vedere tanti bei giovani robusti, pieni di buona volontà,
entrare nel nostro noviziato, e su dieci, arrivarne uno solo».
«E gli altri?» chiesi.
«Non resistono. La nostra vita è troppo dura. Devono
alzarsi ogni notte, fare tre quaresime di digiuni, molto
silenzio e molto studio. Le generazioni moderne non ce la
fanno più».
E una Superiora Religiosa mi diceva:
«Ah, Padre; molte delle nostre novizie diventano nervose e
le dobbiamo mandare a casa».
«Come mai?» chiesi sorpreso.
«Abbiamo troppo silenzio. Le nature vivaci, non resistono,
cominciano ad avere molti scrupoli, e poi... cominciano a
fare stranezze»,
E mi raccontò di tante brave figliole, piene di speranza per
la loro Congregazione, ma che dovettero tornare a casa... coi
nervi scossi.
Ma per fortuna, non tutti gli Ordini Religiosi, presentano
queste difficoltà particolari. In generale le loro regole si sanno
adattare ai tempi e alle forze dei singoli membri che ne fanno
parte.
Quello piuttosto a cui si dovrebbe badare è che il giovane
non sia accettato se non è ancora ben sviluppato, non solo
fisicamente, ma anche moralmente. Bisogna in altre parole che
il giovane sia giovane, e non ragazzino; che abbia già un po’
di baffi, e un giudizio un po’ maturo; che dia una vera garanzia
di comprendere quello che fa e quello a cui rinunzia. Bisogna
che egli abbia compreso di quali energie sia capace, e faccia il
passo a occhi aperti, non ad occhi chiusi. Non voglio dire che
egli debba conoscere o aver sperimentato il male. La gioventù
non si manifesta solo nel peccato, o in certi impulsi pericolosi,
ma in tante altre cose che danno all’ individuo, anche molto
vivace, una certa serietà e una certa maturità.
72
Esaminando una Vocazione

Non sarà questione di età. In alcuni paesi, i ragazzi, a 13


anni sono già giovani; altri, nella stessa regione, a 16 anni sono
ancora bambini, sia fisicamente che moralmente. Chi ha un po’
di esperienza coi giovani mi comprenderà.
Questi giovani, già così preparati, sapranno superare le
tentazioni del Noviziato; comprenderanno l’importanza
di quegli anni di formazione e saranno capaci di formarsi
personalmente; non si meraviglieranno delle defezioni di altri
loro compagni, non saranno artificiali o esteriori nella loro
formazione, e certamente non verranno fuori con quella frase
insulsa dietro la quale si rifugiano spesso quelli che in seguito
perdono la Vocazione: «Non ho mai avuto Vocazione! Non
sapevo cosa fosse la Vocazione!»

Ma non basta
Tutto quello che abbiamo detto finora non basterà a darci la
sicurezza di una Vocazione. Anche il giovane che ha tanti di
questi segni e tutte le doti richieste, non può ancora dire di
aver tutto. Ci vuole ancora che egli, conosciuto il suo stato
e convinto della volontà di Dio, sorretto dalla grazia divina,
liberamente e coscientemente, con un atto della sua volontà,
dica il suo «Voglio»!
Gesù non impone la coscrizione, ma vuole dei Volontari;
vuole dei generosi che lo seguano per amore, non per forza, o
perché non ne possono fare a meno.
Chi lavora per le Vocazioni deve guardarsi dall’influire mai
direttamente sulla volontà del giovane. Potrà illuminarlo,
togliergli le difficoltà che nascono da qualche errore di giudizio,
potrà condurlo passo dopo passo, durante tutto il periodo della
sua decisione, ma al punto decisivo il giovane deve restare solo
con Dio. Deve avere la convinzione che è lui che decide, che la
Vocazione la deve unicamente a Dio e alla sua volontà. Così sarà
la sua Vocazione, non la vocazione del Padre tale, o dello zio...
Mi capitò una volta con un giovane. Era venuto a fare gli
Esercizi Spirituali per la scelta dello stato, e soleva venire da me
per qualche consiglio. Un giorno me lo vedo venire abbattuto.

73
Emvin Busuttil

«Padre, io non so che cosa devo decidere: sarò contento se


Dio mi chiamerà alla vita religiosa, ma sarò pure contento se
mi vorrà lasciare nel mondo. Non ho nessuna inclinazione,
ne verso una parte, ne verso l’altra. Mi dica lei quello
che devo fare, e prenderò la sua parola, come se fosse
la parola di Dio».
Lo guardai per un po’. Era sincero. Ma io pensai all’avvenire.
Domani gli verrà qualche tentazione ed egli dovrà dire a se
stesso: Non sono stato io a scegliere. Sono stato uno stupido,
senza volontà, e mi son fatto menare per il naso.
«No; risposi, non si può fare così. Devi essere tu a scegliere.
Prega di più. Pensa ancora meglio. Io comprendo già quello
che Dio vuole da te, ma non te lo dirò mai; sei tu che lo
devi scoprire; tu che devi scegliere».
Parlammo ancora per un’ora, ma la luce non venne: rimase
nel suo stato di sospensione. Prima di ritornare a casa venne di
nuovo da me:
«Insomma, non ho combinato nulla; come devo fare?
Intanto non voglio stare così; una qualche decisione la
voglio prendere».
Lo calmai; parlammo ancora a lungo.
Finalmente si prese questa decisione: egli sarebbe tornato a
casa con l’idea che si doveva fare Religioso. Doveva restare così
per un mese, pregando ed agendo come se avesse la Vocazione.
In questo mentre Dio si doveva manifestare, o dandogli qualche
desiderio, o in qualche altro modo. Egli però non sarebbe venuto
da me in questo periodo, ma solo mi avrebbe scritto dopo 15
giorni per dirmi se aveva trovato qualche cosa di più chiaro.
Dopo 15 giorni mi scrisse: tutto come prima; non si era mossa
neppure una foglia; calma, equilibrio perfetto tra le due parti.
Risposi che pazientasse, che pregasse ancora. Ma dopo una
settimana gli scrissi di nuovo, dicendogli che pensavo che egli non
fosse chiamato; lo esortai a deporre ogni pensiero di Vocazione e
a cominciare a vagheggiare qualche altro ideale meno sublime.
Mi rispose subito: Meravigliato delle mie parole;... la mia
lettera fu per lui una spina; Dio dunque non lo voleva, ma
perché? Finiva dicendo che si rassegnava... ma a malincuore.
Dio perciò si era fatto sentire.
74
Esaminando una Vocazione

Gli scrissi subito che la mia lettera era stata una manovra per
sondare il terreno, e che dalla sua risposta comprendevo che
Dio gli aveva veramente fatto capire che lo chiamava.
E cosi si decise. Lui!
Intanto, ecco un brano di una lettera, mandatami nel periodo
della sua formazione religiosa. Si tratta di una di quelle crisi
che capitano quasi a tutti i Religiosi. Egli rimase saldo nella
sua Vocazione, ma, sarebbe stato così, se invece di far scegliere
lui stesso, avessi deciso io la sua Vocazione?
«Ho cercato di fare della santità la mia ambizione
- ho sperato di diventare un santo tutto d’un pezzo,
un santo moderno. Se non ho ancora abbandonato la lotta,
dubito però se riesco ancora a credere nel mio ideale.
Sento il peso del dovere, la responsabilità nel mio lavoro
e la necessità di sviluppare le mie qualità, e sono nemico
della mediocrità».
«Ma questa lotta per vivere secondo questo ideale mi
snerva, e mi trascino stanco e sfatto, pieno di ansietà.
Ciò mi fa amare poco la mia vita qui (allude alla casa
nella quale si trovava), sento che mi trovo fuori posto,
però mi aggrappo alla mia Vocazione fino alla morte,
perché sono convinto che Dio (lo sottolinea tre volte)
mi vuole qui. Per favore, non creda che io sia incerto
o indeciso riguardo alla mia Vocazione. Non ho mai
dubitato un istante della giustezza della mia scelta; ma
gli è che dalla morte di mio papà, non sono mai più stato
contento, eccetto per qualche radioso momento».
Ma per fortuna, la crisi (come ogni crisi) passò e fu
da lui felicemente superata. Tre mesi dopo, mi scrive:
«Grazie delle sue lunghe lettere; qualche volta le rileggo
come lettura Spirituale e come Meditazione. Sono più
contento e ho trovato la via della fiducia e dell’abbandono
in Dio».

75
Emvin Busuttil

È difficile decidere di una Vocazione?


A sentir parlare certi laici e persone del mondo sembra che
poter dire di essere chiamato da Dio, sia una cosa veramente
straordinaria. Essi hanno un’idea così alta dei Religiosi da
pensare che soltanto i Santi possono aspirare ad una tale vita, e
che Dio chiama questi pochi in maniera del tutto straordinaria.
Si immaginano che il ragazzo che ha la Vocazione debba essere
dedito straordinariamente alla preghiera, alla mortificazione,
ad una vita ritirata e spiccatamente santa; e spesso escludono
categoricamente la possibilità di una Vocazione da certi giovani
col dire «Tu non sei tipo di Vocazione! Ma bisogna essere
santi per avere queste ispirazioni! Già... Dio sta per chiamare
proprio te!»
È un’idea sbagliata! Per quanto non ci sia della malizia.
Altri poi richiedono degli anni di prova e di ponderazione;
vogliono che il giovane sia già al corrente di tutto quello che
il mondo può dare; pensano che egli non possa decidere la sua
Vocazione se prima non abbia gustato la vita, e toccato quasi
con mano la vanità delle cose; sostengono che sia molto difficile
poter capire se Dio chiami o no, e qualche volta richiedono
addirittura qualche rivelazione dall’Alto.
Bisogna invece convincersi che la cosa non deve essere poi
tanto difficile, quantunque non si debba prendere alla leggera.
Dio certamente chiama! Intanto la sua chiamata pretende che
il giovane si metta in un dato stato per tutta la sua vita; uno stato
dal quale dovrà dipendere tutto il suo avvenire, sia in questo
mondo, sia anche nell’altro. Ora, Dio non può pretendere che
il giovane faccia questa scelta, se non è sicuro di quello che
fa. Perciò gli deve dare una certa facilità per conoscere la sua
Volontà con sicurezza.
Chi di noi avrebbe ardito di farsi Religioso o Sacerdote
se non avesse compreso con una certa sicurezza che Dio lo
chiamava? Tanto più che ci sono le parole ammonitrici di S.
Paolo: «Nessuno osi avvicinarsi, se non chi è chiamato come
Aronne».

76
Esaminando una Vocazione

D’altra parte, se fossero necessarie queste prove diuturne, se


fosse così difficile conoscere la volontà di Dio, sarebbero ben
pochi i giovani che si metterebbero al servizio del Signore, e lo
farebbero con timore ed ansietà dubitando continuamente se si
trovano sulla retta via.
Dio suole dare una certa facilità per aiutarci a fare le cose
necessarie: così, è facile mangiare, respirare, pregare. Ora, lo
scegliere bene lo stato della nostra vita, è una cosa necessaria
per noi e per la Chiesa e per le anime; perciò Dio deve render
in un certo senso facile tale scelta.
Il Lessio richiede abbastanza poco. Egli dice: «Se qualcuno
viene nella determinazione di abbracciare la Religione, ed è
risoluto ad osservarne le Regole ed i doveri, non c’è dubbio
che questa risoluzione, questa Vocazione, viene da Dio, non
importa quali circostanze sembrano averla prodotta».
«Non importa come cominciamo, dice S. Francesco di
Sales, purché siamo determinati a perseverare e a finire bene».
E S. Tommaso D’Aquino arditamente afferma che «non
importa da quale fonte venga il nostro proposito di entrare nella
Religione, esso viene da Dio;» mentre il Suarez conclude che
«generalmente il desiderio di una vita Religiosa viene dallo
Spirito Santo, e lo dobbiamo ricevere come tale».
È bene anche notare che S. Tommaso dice che se uno si fa
Religioso credendo che questa sia la Volontà di Dio, mentre in
realtà non lo è, e poi questo tale arriva a fare i Voti in buona
fede, Dio gli darà certamente la Vocazione.
Perciò non troppa paura!
Lo stesso viene anche comprovato dall’esperienza. Spesso
basta qualche esempio o poche considerazioni, corroborate
dalla grazia, ed ecco spuntare una Vocazione; ed il giovane
si sente sicuro del fatto suo, e combatte per conservare il suo
ideale, come se si trattasse di un vero tesoro, che ormai è suo.
Tuttavia, in ogni caso, non bisogna permettere al giovane
di essere precipitoso. La Vocazione va esaminata bene,
ponderata, provata con calma e con costanza, con serietà e con
intelligenza. Non possiamo permettere che sia fondato su un
«forse», il futuro di un giovane.

77
Emvin Busuttil

Come si suole manifestare il Signore?


In diverse maniere.
1) Direttamente: quando Dio stesso, o mediante una visione,
o con una fortissima ispirazione fa capire in modo chiarissimo
e che non ammetta alcun dubbio, la via che si deve seguire.
Così fece Dio con S. Paolo, chiamandolo in modo miracoloso
e chiarissimo sulla via di Damasco. Così pure successe a S.
Margherita, alla quale il Signore disse chiaramente che la voleva
Suora; mentre più tardi le diceva di avvertire la Signorina de
Lione che Egli voleva anche lei, Suora.
Così pure S. Stanislao Kotska, guarito miracolosamente dalla
Madonna, si sente dire da Lei: «Ti voglio nella Compagnia
di Gesù». Anche di S. Luigi si dice che abbia ricevuto
un’ispirazione chiarissima e fortissima che gli svelava la sua
Vocazione alla Compagnia di Gesù.
Ma non bisogna credere che solo i Santi vengono chiamati
in questa maniera. Dio si compiace comunicarsi a tante anime
che forse resteranno per sempre nascoste nell’umiltà, ma che
ricevono da Lui dei tratti di misericordia ineffabile.
Quand’ero Prefetto in Collegio, una sera, prima di andare
a dormire volli dare un’occhiata al dormitorio per vedere se
tutti i ragazzi della mia camerata dormissero. Vidi uno che si
muoveva nel letto. Mi avvicino... aveva gli occhi sbarrati.
«Ancora non dormi tu?» gli dissi in tono di meraviglia e di
rimprovero.
Per tutta risposta mi fece vedere la Corona del Rosario
tra le dita.
«Niente, niente; dissi contrariato, non è questo il momento
di pregare. Dormi!»
«Non posso», mi rispose con dolcezza e per nulla offeso
dalle mie parole.
Non seppi che rispondergli, né avevo voglia di fare un
discorso a quell’ora ed in quel luogo. Passeggiai ancora... Si
trattava del resto di un ottimo ragazzino, dal quale non potevo
temere alcun brutto tiro... anzi era uno di quelli che avevano la
Vocazione. Potevo quindi andare a dormire tranquillo.

78
Esaminando una Vocazione

Quando mi preparo ad entrare nel mio camerino, me lo vedo


comparire, in pigiama, tutto sorridente.
«La Madonna mi ha detto che andrò in Noviziato
quest’anno».
«Sognavi, dissi, sei così piccolo! Non sarà possibile... ad
ogni modo, va a dormire».
Faceva appena la terza Ginnasiale, aveva 15 anni e non era
ancora completamente sviluppato; non era quindi da pensare
che i Superiori avrebbero fatto un’eccezione proprio per lui.
Dopo quella notte egli era calmo, sicuro del fatto suo.
Intanto la cosa riuscì come aveva detto lui, contro ogni
aspettativa e con grande meraviglia di tutti i Padri del Collegio.
Suo papà, che già era un po’ seccato perché il figlio maggiore
l’aveva abbandonato l’anno prima proprio per andare in
Noviziato, non solo non fece al piccolo alcuna difficoltà, ma
andò egli stesso a supplicare il R. P. Provinciale ad accettarlo,
facendo capire che si sarebbe offeso, se non lo prendeva
quell’anno stesso.
2) Più spesso invece il Signore si fa sentire dando al giovane
molta chiarezza e certezza, proveniente da consolazioni e
convinzioni che rendono la Vocazione una cosa sentita. Questa
è la maniera più frequente nella quale Dio fa conoscere la
Vocazione. Il giovane si sente fortemente attratto verso la vita
religiosa; per lui non esiste altro ideale; egli non può dubitare
che quella sia la sua via; quando pensa alla Vocazione si
sente felice; è pieno di entusiasmo, pronto a qualsiasi lotta o
sacrificio, pur di diventare Religioso, salvatore di anime.
Ci saranno delle tentazioni, dei momenti di dubbio e di sconforto,
ma egli comprenderà che sono tentazioni, e passeranno presto per
lasciare dietro a sé di nuovo la calma, la luce e la piena certezza.
Ecco come si esprime un giovane. Lascio tutto com’è, anche
le sgrammaticature: voglio che sia lui solo a parlare.

79
Emvin Busuttil

«Carissimo Padre, ieri sera quando sono andato


al Circolo (di Azione Cattolica) ho ricevuto la tua
bellissima lettera che mi fece contento sempre di più. Tu
mi hai detto che il demonio adesso vorrà vendicarsene;
va bene, io sono anche pronto a ricevere la sfida e
difendermi. Non ho paura di lui perché ho come Alleato
il Sacro Cuore di Gesù. Gesù mi ama, ed io amo Lui. Il
mio cuore è diventato una cosa sola con quello del S.
Cuore. Mi sento infiammato del suo amore. La Vocazione
cresce in me sempre di più, e desidererei partire... oggi
stesso, e cominciare il mio apostolato».
«Padre, non passa un minuto che io non ricordi la
Vocazione e il S. Cuore di Gesù. In strada, a scuola,
dovunque penso a Lui e dico delle giaculatorie. E non
ti dico quante volte oggi ho baciato la sua immaginetta.
Io non posso capire come in questi pochi giorni
sono stato così favorito dal S. Cuore di Gesù, e lo
ringrazio moltissimo: «Gesù, fa’ quello che vuoi di me,
io sono pronto anche a morire, a martirizzarmi per il
tuo amore. Benedicimi e accresci sempre in me l’amore
verso di te e la grazia così bella di farmi Gesuita
Missionario...»
E finisce con un grido di gioia: «Viva il S. Cuore di
Gesù e di Maria! Viva! Viva! per sempre».
Un altro, dandomi ragione della sua decisione si esprime
così:
«...vedo che i ponti che mi univano all’odierna società,
sono tutti crollati; ormai l’indirizzo delle mie riflessioni,
e credo, la grazia, mi hanno formato un quadro della vita
religiosa che sento che solamente in essa potrò vivere ed
essere felice...»
E termina: «Comunque spero in Dio e mi sento sicuro
e fermo come una montagna; col suo aiuto supererò anche
quest’ultimo ostacolo (le opposizioni della famiglia), poi
verrà la Vita, la vera Vita».

80
Esaminando una Vocazione

Questi giovani sono già decisi, non hanno bisogno di stare a fare
l’elezione o la scelta dello stato; per loro, scrivere i pro e i contro
per vedere quale sia la volontà di Dio, sembra un perditempo,
una cosa inutile: nessuno potrà cambiare la loro idea.
Eppure... è proprio il caso di dire: Non bisogna fidarsi del
sentimento. Non che si tratti qui di solo sentimento, perché
c’è molta grazia del Signore; ma c’è anche molto di fervore
e spesso di fervore sensibile che, coll’andare del tempo potrà
diminuire, ed anche svanire: e se la Vocazione è fondata solo su
questo, e non piuttosto su delle convinzioni che siano frutto di
ragionamento e di esperienza, potrà venire fortemente scossa
nei momenti di crisi e di tentazione, e qualche volta, viene
miseramente perduta.
Perciò, pur incoraggiando questi tali, e mostrando ogni fiducia
nella loro sincerità e nella grazia che Dio dà loro, dobbiamo
esigere che facciano per iscritto la loro elezione, che scrivano
cioè, i motivi per i quali scelgono lo stato religioso, e che si
convincano coll’intelligenza, che hanno ragione a scegliere
questo stato sublime.
E questa carta, frutto di meditazione, di riflessione e di
lumi spirituali, deve essere conservata; e nel momento della
tentazione o di tentennamento, il giovane deve rileggerla per
ritornare alle fonti della sua Vocazione, e non lasciarsi sbandare
da altre vie, più o meno inquinate, che forse attraversano la sua.
3) Tempo di calma. Decisione basata sul ragionamento. È lo
stato di coloro che non si sentono mossi sensibilmente dalla
grazia, ma si trovano in uno stato di tranquillità. Un po’ come
quel giovane che voleva che facessi io la decisione per lui.
Costoro non devono credere, che per questo essi non hanno
Vocazione, come sono soliti pensare tanti secolari, ma devono
anch’essi fare la loro scelta, e considerare a fil di logica, perché
sono stati creati, qual’è lo scopo della loro vita sulla terra, e
quale via sembra più adatta per loro, per raggiungere, meglio,
con più facilità e con più sicurezza il loro fine.

81
Emvin Busuttil

Parecchi Santi hanno dovuto ricorrere a questo sistema per


conoscere e trovare la loro Vocazione. Così del B. Claudio de la
Colombière si legge, che arrivato all’età di dover abbandonare
il Collegio e gli studi inferiori, e dovendo scegliere la sua via,
dopo di aver raccomandato la cosa al Signore, si mise a pensare
e a considerare le sue inclinazioni, doti, possibilità, lo scopo
della sua vita; e benché non fosse attratto verso la Religione,
la scelse perché gli sembrava più adatta per il raggiungimento
della sua salvezza eterna e per il conseguimento del fine per cui
Dio lo aveva creato, cioè servirlo ed amarlo.
Che egli scelse bene, e che la sua fu una vera Vocazione
divina, lo prova il fatto che riuscì poi un perfetto Religioso, e
che attraverso questa via, scelta solo a fil di logica, arrivò alla
Santità e agli onori degli Altari.

Come comportarci quando ci si parla di


Vocazione, le prime volte...
Alcuni Sacerdoti o Religiosi ai quali si presenta qualche
giovane che manifesta un germe di Vocazione, si limitano
ad accoglierlo con gran festa, a diventare i suoi amici,
a lodarlo presso i conoscenti e parenti come un «bravo
ragazzo» o «un angelo», a colmarlo di carezze, e poi
come coronamento dei suoi desideri e degna conclusione
di quelle aspirazioni, lo fanno il loro piccolo sagrestano, il
ragazzino che servirà la loro Messa, o anche, il servo della
canonica e il compagno della solita passeggiatina pomeridiana
del Parroco.
E poi?... Tutto lì!
La Vocazione quindi per il ragazzo, significherà servire la
Messa, stare in canonica, scopare la chiesa e... fare lo sbirro
agli altri ragazzi, che non sono angioletti come lui.
E quel ragazzo andrà avanti dicendo di volersi far prete o
religioso, senza capire che cosa sia Vocazione. Egli avrà avuto
un vero desiderio, e anche una vera Vocazione; ma questo
desiderio doveva essere coltivato, sviluppato, illuminato,
rassodato, fino a diventare una convinzione, una cosa voluta
coscientemente, perché vista in tutta la sua bellezza ed entità.

82
Esaminando una Vocazione

È chiaro che dopo pochi mesi, questi ragazzi di solito si


stancano della loro «Vocazione», prima ancora di aver avuto
l’opportunità di capire che cosa significhi tale parola.
Sono d’accordo che bisogna prima di tutto incoraggiare il
ragazzo; ma non dobbiamo contentarci di belle parole di lode;
dopo, dovranno seguire le istruzioni serie e solide sul significato
della Vocazione e sulla maniera di capire se veramente Dio chiami
o no.
Ho detto che prima di tutto, dobbiamo incoraggiare il ragazzo.
Temo che molti non comprendano il male che fanno quando,
trovato uno che parla loro di Vocazione, prendono subito
l’atteggiamento di disfattisti, di gente che vuole gettare acqua
fresca sugli entusiasmi giovanili, e forse finiscono per soffocare
delle vere Vocazioni, gloriandosi di non essere degli stupidi
che credano ai facili ideali dei ragazzi.
No! È sbagliato agire in questa maniera, proprio sul principio.
Non si può pretendere da una Vocazione in germe, da una piantina,
che sia capace di sostenere un uragano o una doccia fredda.
Esaminiamo prima, tastiamo il terreno, rafforziamo la Vocazione...
Poi verrà il momento della prova. Ma non a principio.
Incoraggiare quindi, ma con serietà, dando un’idea chiara di
quello che è la Vocazione, delle consolazioni e dei sacrifici che
porta con se, e spiegando al giovane come si può arrivare a
capire se ha vera Vocazione o no.
«Davvero? Hai la Vocazione? È una grazia immensa;
sarai felice. Bravo, caro! Ti auguro proprio che possa
raggiungere questa meta. Ma, dimmi un po’, come ti è
venuta questa idea?»
E si ascolta.
«Guarda, domani ti dirò che cosa significa essere
Sacerdote».
Non tutto in una volta. Diamo il tempo alla grazia di penetrare
e di saturare il terreno. Poi parleremo dei segni della Vocazione,
poi del modo di fare la scelta. Intanto, che preghi assai.

83
Emvin Busuttil

L’elezione

Preparazione remota
Non bisogna far fare subito l’elezione. Bisogna che prima
il giovane sappia i vantaggi della vita religiosa, la portata
dei SS. Voti, l’ubbidienza, la castità, ecc. Sappia quali siano
i doveri del Sacerdote, la bellezza di questa eccelsa dignità;
deve aver capito un po’ che cosa lascia, e la bellezza anche
del Sacramento del Matrimonio, che è un grande sacramento,
pieno di significati mistici e strumento nelle mani di Dio
Creatore.
E per dirgli tutto questo non c’è fretta. Non bisogna farlo
tutto in una volta, ma a poco a poco, frenando un po’ la fretta
del giovane. Così avrà il tempo di gustare, di rendersi conto,
di ponderare, e quando in seguito farà l’elezione, avrà già una
certa maturità.

Preparazione prossima
Fatto questo, bisogna fissare un giorno nel quale si
farà l’elezione, e prepararsi ad esso con una Novena al S.
Cuore o alla Madonna. Meglio ancora se il giovane potrà
fare gli Esercizi Spirituali nel silenzio e nel raccoglimento.
Questi giorni di preparazione devono essere giorni di
preghiera, di lettura spirituale, di ritiro e di penitenza. Si
tratta di ottenere che Dio si faccia sentire con la sua grazia
e con i suoi lumi.
Non si sta per fare una cosa materiale, ma un atto
soprannaturale, e se non c’è l’aiuto di Dio, si è sicuri di
sbagliare.
Un’altra cosa da fare è quella di mettere da parte ogni
difficoltà che si presenta alla mente. Il demonio suole
turbare il giovane e impedirgli di far bene la scelta dello
stato, col presentargli delle difficoltà insuperabili, di modo
che il giovane, invece di cercare sinceramente la Volontà di
Dio, si convince prima del tempo, che egli non potrà mai
essere Sacerdote o che la vita Religiosa non è fatta per lui.

84
Esaminando una Vocazione

«Ancora non sai se Dio ti chiama o no alla vita religiosa. Prima


vedi se questa sia per te la Volontà di Dio, e poi esaminerai
le difficoltà e vedrai se esse siano tali da infirmare la tua
decisione».
Non si comincia mai col negativo, né si comincia ad
insegnare una dottrina col proporne le difficoltà, ma prima si
dà la dottrina solida, poi la si vaglia con le difficoltà: se tutte
le difficoltà vengono sciolte, vuol dire che la dottrina è vera, se
no, si vede che essa è sbagliata.
Lo stesso si deve fare nel caso nostro.
Prima di fare l’elezione bisogna fissare bene l’oggetto
dell’elezione stessa. Prima di tutto: devo seguire la via
comune rimanendo nel mondo, o appartarmi e darmi a una vita
perfetta? In secondo luogo: devo essere Sacerdote Secolare o
Religioso? Se poi decido di farmi Religioso, può darsi che resti
ancora indeciso su quale Ordine scegliere; e allora si dovrà fare
un’altra elezione.
Il punto più importante è il primo: gli altri, il più delle
volte vengono decisi in una maniera piuttosto naturale, e non
presentano alcuna difficoltà.
Alcuni per esempio, non possono sopportare il pensiero che
devono diventare Sacerdoti Secolari, altri hanno questa antipatia
naturale per i Religiosi; così pure accade spesso per la scelta tra
un Ordine e l’altro: può essere determinata da una certa simpatia,
o inclinazione, o convinzione che già si trova nel cuore.
Mi è capitato tante volte sentirmi dire da giovani che
non avevano mai pensato a Vocazione: «Se mi dovessi fare
Religioso, mi farei qualsiasi cosa, eccetto Gesuita». Altri
possono essere convinti che «la vita Religiosa non è per loro,
ma si farebbero Sacerdoti Secolari».
Sono modi di vedere diversi, che noi dobbiamo rispettare (a
meno che non siano frutto di inganno). Dio chiama dove vuole,
e tutti gli Ordini o Congregazioni Religiose hanno il diritto e la
grazia di avere Vocazioni per loro.
Quello che ci preme per ora è il punto nevralgico, cioè vedere
se il giovane è chiamato alla vita di perfezione e di apostolato
nel Sacerdozio o nella Religione, o se debba invece restare nel
mondo e seguire la via comune del Matrimonio.

85
Emvin Busuttil

In questo momento così decisivo e solenne della sua vita, il


giovane si deve convincere che non può andare avanti senza un
Padre Spirituale, cioè senza una Guida esperta, disinteressata,
e che cerchi il suo vero bene. Naturalmente questa Guida dovrà
essere un Sacerdote o un Religioso. Sono essi infatti che hanno
da Dio la missione di dirigere le anime, e che sono quindi
forniti della Grazia di Stato per conoscere la Volontà di Dio.
Il demonio, il mondo, le passioni, si metteranno d’accordo
per non farci veder chiaro e per non lasciarci scegliere ciò che
veramente è la Volontà di Dio. Pensate un po’ se il diavolo
sia così stupido da starsene con le mani in mano, proprio nel
momento in cui un giovane si prepara a decidersi di diventare un
Capitano nell’esercito militante che combatte per schiacciargli
il capo.
Egli cercherà di esagerare le difficoltà, di far vedere
insopportabile il soave giogo del servizio divino; il convento
apparirà un carcere, i Religiosi, dei disperati; al contrario,
il mondo ci sarà presentato in tutto il suo fascino, e certe
sciocchezze ci sembreranno indispensabili.
Quante illusioni sa mettere il demonio in questi momenti!
Un giovane non si volle decidere ad essere Religioso perché
non gli bastava l’animo di lasciare il mondo, e questo mondo
per lui non era la famiglia (non ci si sentiva tanto attaccato), non
era il peccato (era un giovane buono e si sapeva mantenere),
né l’amore (le ragazze non lo attiravano), né le ricchezze...
ma un non so che, che egli stesso non riusciva a spiegare e
neppure a definire; quella specie di libertà delle proprie azioni,
quel poter ascoltare la radio, e non essere costretto a fare una
cosa piuttosto che un’altra. E dire che a casa sua era costretto a
seguire un orario e un regime abbastanza rigido. Come si vede
questo mondo, si riduceva ad essere un fantasma, una cosa
da nulla.
Rinunziare alla vita Religiosa per una tale sciocchezza!
Eppure, questo giovane ancora oggi fa Esercizi Spirituali per
vedere se ha Vocazione o no, e il suo Padre Spirituale non può
fare altro che... sorridere.

86
Esaminando una Vocazione

Un altro credeva di non poter aspirare al Sacerdozio, perché


nella sua fanciullezza, a 12 anni, aveva scambiato qualche
lettera e sguardo amoroso con una ragazzina più piccola di lui.
Un altro escludeva a priori la possibilità per lui di essere
chiamato alla vita Religiosa, perché una volta era caduto nel
peccato.
Altri pensano che non possono parlare di Vocazione se non
hanno qualcuno degli antenati che sia stato ecclesiastico.
Dicono: «Si vede che non siamo di razza, e quindi non potremo
riuscire per questa via».
Qualche altro pensava che per essere Religioso sarebbe stato
obbligato ad odiare la mamma.
E la lista non è finita.
Idee sbagliate, esagerazioni, illusioni! Ci vuole la Guida che
faccia cadere questi fantocci e faccia disperdere queste nuvole,
che sembrano temporali ma che poi si risolvono in bolle di sapone.

Metodo di fare l’elezione


Ed eccoci all’elezione propriamente detta.
Bisogna che il giovane si metta davanti a Gesù Crocifisso e
rifletta seriamente perché è stato creato da Dio. Bisogna che
ponderi bene la prima frase del Catechismo: «Mi ha creato
Dio, per amarlo, servirlo, e salvarmi l’anima».
Prenda poi un pezzo di carta e scriva: 1) Quali vantaggi
trovo nella vita religiosa per conseguire questo mio fine?
Naturalmente consideri anche le sue circostanze di vita, il suo
carattere, ecc. E poi scriva: 2) Quali svantaggi trovo nella vita
Religiosa per conseguire questo mio fine?
Poi prenda un’altra carta, dove noterà i Vantaggi e gli
Svantaggi che troverà per conseguire il suo fine supremo nella
vita del mondo.
Pensando e pregando troverà parecchie cose da mettere sulla
carta. Poi, insieme col suo P. Spirituale farà il bilancio dei
Vantaggi e degli Svantaggi, e in base a questo vaglio, deciderà.

87
Emvin Busuttil

Si capisce che questo bilancio non deve essere semplicemente


numerico, ma morale. Qualche volta un solo Svantaggio può
annullare tutti i Vantaggi, e viceversa. Questo metodo è buono
per quelli che si trovano nel periodo di tranquillità e di calma,
per quelli cioè che non si sentono attratti o inclinati verso
nessuno stato di vita particolare.
Per quelli invece che già desiderano la vita Religiosa, ma
che tuttavia devono fare la elezione per le ragioni dette sopra,
questo metodo non sarebbe tanto adatto. Per essi basterà che
scrivano con sincerità quali siano le ragioni che li spingono a
desiderare il Sacerdozio o la vita religiosa. Dalla lista che ne
risulterà si potrà vedere se abbiano o no la retta intenzione,
e quindi se la Vocazione venga da Dio ed è vera, o venga da
ragioni ed interessi umani, e perciò non vera.
Per utilità dei primi e dei secondi, vorremmo dare una lista
di motivi soprannaturali e buoni per cui si può desiderare e
scegliere la vita religiosa. Questi motivi si possono anche
considerare come Vantaggi che si trovano nella vita religiosa.

Motivi che riguardano la mia utilità spirituale


1. Sono sicuro di salvarmi l’anima
Si è lontani dai pericoli e dalle tentazioni del mondo. C’è la
promessa di Gesù: Riceverete il centuplo in questa vita e la
vita eterna nell’altra. Senza contare i tanti Ordini Religiosi che
hanno avuto promesse speciali e private che assicurano ai loro
membri la salvezza eterna, o un’assistenza speciale al punto
della morte.
Del resto Gesù, che promette il premio anche per un bicchiere
d’acqua come potrà lasciare senza il premio eterno quelli che
lasciano tutto per amor suo, e Lo seguono in una vita di rinunzia
e di sacrificio?
Se il paradiso è conquistabile con la forza, e solo i violenti
riescono a rubarlo, non è proprio il caso di dire che questi
violenti dello spirito siano i Religiosi?

88
Esaminando una Vocazione

2. Si è quasi liberi dal peccato mortale


Il Religioso vive sempre sotto gli occhi di Dio; ha tante
Regole che gli fanno da barriera contro le tentazioni; ha i
Superiori e i compagni che vegliano perché ogni occasione di
offesa di Dio sia tenuta lontana dalla Religione e dal Religioso.
Il Religioso, generosamente si lega a Dio coi santi Voti, ma
anche Dio si lega a lui e si impegna a dargli grazie di forza più
abbondanti nei momenti della prova.
Egli inoltre vive lontano dal mondo. Il mondo è visto dal
Religioso come da un’alta torre, senza pericolo di esserne
intaccato. Quelli che sono giù, sono travolti facilmente dal
fracasso, dagli allettamenti, dagli esempi cattivi; il Religioso
invece sta in un luogo dove non è permesso al mondo di entrare.
Ecco come S. Bernardo descrive i vantaggi spirituali del
Religioso: «Vive più puramente, cade più raramente, si alza più
prontamente, muore più fiduciosamente, è liberato dal Purgatorio
più prestamente, è rimunerato più abbondantemente».
Possiamo dire con certezza che un buon Religioso può
facilmente trascorrere tutta la vita, senza commettere mai il
peccato mortale.

3. Si raggiunge la Perfezione
Come il Giovane del Vangelo. Aveva osservato i comandamenti
di Dio, ma capiva che ciò era troppo poco. L’anima sua anelava
a qualche cosa di più alto, voleva fare qualche cosa di più per
Dio che era tanto buono; non si contentava di fare il puro
necessario. E Gesù gli rispose: «Se vuoi essere perfetto, vendi
tutto, e seguimi da vicino».
Il Religioso è in uno stato che tende continuamente alla
Perfezione; la cerca e la procura con ogni mezzo. La Chiesa
approva le Regole degli Ordini Religiosi per dire che chi le
osserverà, raggiungerà certamente la perfezione.

89
Emvin Busuttil

4. Si raggiunge facilmente la Santità,


che è la Perfezione, spinta fino all’eroismo. Quel sempre
ubbidire, rinnegando la propria volontà, quel vivere sempre
stretti da una Regola, una vita in comune, facendo sempre quello
che piace agli altri, mortificando ogni proprio desiderio, fa del
Religioso un eroe nascosto. Poi ecco gli aiuti spirituali: una
direzione spirituale costante, una formazione ascetica soda e
potente, un’abbondante dose di preghiera, di letture spirituali,
prediche e conferenze ascetiche, visite al SS.mo molto
frequenti: si abita nella stessa casa con Gesù, che è sempre a
portata di mano.
Difatti, la gran maggioranza dei Santi canonizzati
appartengono a famiglie Religiose o al Clero Secolare; e
qualcuno si meravigliava che ci fosse un Beato Contardo
Ferrini (laico), perché aveva sempre creduto che i Santi fossero
solo Religiosi o Preti.

5. Voglio vivere solo per i beni eterni, per i quali


unicamente ho stima
«È mai possibile, mi diceva un giovane, che Dio mi abbia
creato per le stupidaggini di questa terra? La mia vita,
così nobile e bella, dovrà essere spesa correndo dietro alle
sciocchezze di quaggiù?»
Egli faceva eco a quelle parole di S. Stanislao Kostka: «Non
sono nato per le cose della terra, ma per le cose del Cielo, e per
queste devo vivere, non per quelle».
Per alcuni sarebbe un’umiliazione terribile, un controsenso
imperdonabile, vivere per le cose della terra. Essi hanno una
sete dei beni dello spirito, capiscono che solo questi possono
saziare il cuore; concepiscono quindi un vero disprezzo per il
mondo, e vedono che ha senso vivere solo per i beni celesti.
Non posso resistere alla tentazione di citare una pagina del
nostro S. Bernardino Realino. Egli, disgustato del mondo e
della sua vacuità, lo apostrofa così:

90
Esaminando una Vocazione

«Bene si dice quello che bea, cioè fa beato chi lo


possiede. Questa beatitudine nasce da te? Vediamolo.
Poniamo qui nel mezzo un uomo dei tuoi. Adorniamolo
di tutti questi tuoi beni. Sia ricco più che Mida, sia più
bello di Nereo, sia più forte di Achille, d’Alessandro più
vincitore, di Cesare più valoroso, di Scipione più ardito,
più magnifico di Lucullo, più trionfatore di Augusto,
sia più magno che Pompeo, sia di Silla più felice,
insomma che egli abbia il corno di Amalchea in mano,
che al mondo ognun l’ammiri, a dito lo mostri, statue
gli indirizzi, ognun l’esalti, ognun l’inchini: quid inde?
Oimè, oimè, oimè! Innanzi il dì dell’ultima partita,
uom beato chiamar non si può mai. Quel medesimo che
felice volle esser chiamato, conobbe la miseria della
sua felicità, quando nel fin della sua vita, comandò che
fosse il suo corpo bruciato, temendo che insepolto non
rimanesse.
Conoscile, mondo (le vanità palesi), conoscile, ma
prima te medesimo, o misero, riconosci, tempera i desideri
non sani, non ti lasciar trasportare dall’ingannevole
amore, apri gli occhi dell’intelletto, e serra un poco
quelli del corpo, alza, che egli è ben tempo, i pensieri
dall’oscuro al sereno, dalle apparenze al vero, dalla
terra al cielo, dai corpi alle anime, dalle anime agli
Angeli, dagli Angeli a Dio»15.

6. Ho paura dell’inferno
Non si tratta di codardia o di viltà, ma di un sentimento santo,
che non si potrebbe avere senza una vera grazia di Dio, e che è
capace da solo a fare dei Santi. Anzi sappiamo che la Vocazione
di S. Brunone che fu poi il fondatore dei Certosini, fu dovuta
ad un grande timore dell’inferno.
Quando egli era ancora Dottore parigino, dovette assistere
alle esequie del celebre Professore Raimondo Diocrés,

15  Germier S. J., Vita di S. Bernadino Realino, 1942, pag. 141.

91
Emvin Busuttil

Dottore dell’Università. Durante la funzione, alle parole dette


dal Sacerdote: «Responde mihi quantas habeo iniquitates et
peccata, scelera mea et delicta ostende mihi», il cadavere,
dalla sua bara, disse: «Per giusto giudizio di Dio, sono
accusato».
Paura dei presenti; un fuggi fuggi terrorizzato! Si sospende
la funzione, credendo ancora vivo il Professore; ma poi,
vedendolo veramente morto, si pensò che quella voce non
fosse stata altro che un’illusione collettiva.
Si cominciò di nuovo la cerimonia religiosa; questa volta la
Chiesa era più gremita. Ma di nuovo, alle parole di prima, il
cadavere si muove, si alza seduto e dice: «Per giusto giudizio
di Dio, sono giudicato».
Di nuovo scompiglio, si sospendono i riti; alcuni tuttavia
non vi trovano nulla di strano nel significato di quelle parole.
«Ebbene, dicono, tutti saremo accusati e giudicati dal giusto
Giudizio di Dio; nulla di strano che il cadavere dica questo;
possiamo andare avanti nelle esequie».
Si comincia da capo. Arrivati alla frase provocatrice, il
cadavere si alza seduto, e questa volta parla più chiaro:
«Per giusto Giudizio di Dio, sono stato condannato alla pena
dell’inferno».
La lezione fu chiara, e Brunone vi trovò la sua Vocazione.
È un ottimo motivo, farsi Religioso perché si teme di cadere
nell’inferno.

7. Farò una morte santa


Per quanti giovani è stato il pensiero della morte a determinare
la loro scelta della vita Religiosa. Ce lo dice anche S. Ignazio,
quando consiglia il giovane che fa la scelta dello stato, a
considerarsi sul letto di morte, col Sacerdote vicino e i parenti
che piangono, e pensare: Cosa desidererei aver scelto al punto
della morte? Morrò più contento e tranquillo, più fiducioso e
sereno, se avrò scelto la Religione, o se sarò vissuto nel mondo?
E allora, conclude S. Ignazio, scegli ora ciò che desidereresti
aver scelto al punto della morte.

92
Esaminando una Vocazione

Del Religioso si può dire: Beati mortili qui in Domino


moriuntur. Egli è vissuto per Dio, muore in Lui e per Lui.
Opera enim illorum sequuntur illos; le loro opere, fatte solo
per Dio e per le anime, le seguiranno. Essi hanno accumulato
le vere ricchezze che non potranno essere rubate dai ladri, né
distrutte dalla tignola.

8. Si fa una vita organizzata spiritualmente


È la teoria del massimo rendimento spirituale. Alcuni
vorrebbero fare tante cose, ma poi non fanno nulla perché
non sono ordinati, si lasciano trascinare da mille occupazioni
e preoccupazioni. Il Religioso invece, ha una vita regolata
dall’orario che periodicamente gli porta l’annunzio di una
nuova opera da fare per Dio, la campana regola ogni suo
movimento, e si trova come in una macchina spirituale, che lo
aiuta a non discostarsi mai dal suo dovere.
Era questo il motivo principale che spingeva un giovane
universitario a scegliere la vita religiosa.
«Io sono nella F.U.C.I., desidero fare tanto del bene, ma
poi perdo tempo, e la giornata mi passa senza che riesca a
combinare nulla. Non studio, non prego, e non ho neppure
il tempo di fare del bene. Non riesco a controllare il mio
tempo, sono disordinato. Ho bisogno di una vita regolata,
una vita di orario che mi dia il tempo per tutto».

9. Si è certi di far sempre la Volontà di Dio


Questo si ha per mezzo dell’ubbidienza. Il Superiore
Religioso, in virtù della sua autorità, mi rappresenta Dio, e ciò
che egli mi dice di fare, è certamene Volontà di Dio, a meno
che non si tratti di una cosa peccaminosa.
Di questo privilegio godono solo i Religiosi. Gli altri potranno
sapere di fare la Volontà di Dio in alcune cose più importanti,
ma per il Religioso ogni minima cosa, ogni più piccola azione:
una predica, una passeggiata, e qualsiasi altra cosa che fa per
ordine o col permesso dei suoi Superiori, è certamente Volontà
di Dio.

93
Emvin Busuttil

Quando diciamo nel «Pater»: Sia fatta la Tua Volontà come


in cielo, così in terra; in terra, dove si fa la Volontà di Dio,
perfettamente come in cielo, è nella casa religiosa.
Mi chiamano per un moribondo; il Superiore dice di andare:
è Volontà di Dio. Mi danno un incarico: è Volontà di Dio; mi
dicono di andare un po’ in villeggiatura per riposarmi: non si
discute, è Volontà di Dio.
E se non ubbidisco, sono certo che non faccio la Volontà di
Dio.
Ora, questo vantaggio è immenso per chi comprende che
l’unica cosa necessaria per noi è fare la Volontà di Dio. Anche
Gesù aveva messo in questo, lo scopo della sua vita mortale:
«di fare la Volontà di Colui che mi ha mandato».
Proprio per questo, non pochi Seminaristi, o anche Sacerdoti,
chiedono di essere ammessi nella Religione; per avere questa
continua certezza, che anche nelle cose da nulla essi si
troveranno nel solco della Volontà di Dio.

10. Felicità della vita Religiosa


Intendiamoci! Non si tratta di una felicità naturale ed umana.
Nel mondo c’è forse la famiglia che mi secca, i compagni che
mi prendono in giro perché sono scemo? E allora mi faccio
Religioso: sarò così trattato con carità dai miei compagni e
avrò assicurato il pane, e vivrò senza preoccupazioni. Questa
non sarebbe Vocazione, ma calcolo da mestierante, e non
resisterà alle prime difficoltà e sofferenze della vita religiosa.
È un’altra, la felicità che si cerca. È quella felicità a cui
accennava S. Agostino quando diceva: «Signore, ci hai fatto
per te, ed il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te». È
la felicità della coscienza tranquilla, dell’amore di Dio, della
convinzione di essere Amici di Gesù, nella Casa del Padre.
Quam dilecta tabernacula tua, Domine virtutum; concupiscit
et deficit anima mea in atria Domini.
«Ma voi siete felici, mi diceva un liceista che veniva a
trovarci mentre stavamo in villeggiatura, non fate altro che
ridere; ma il vostro riso è speciale. Viene dall’anima. Non
ho mai visto alcuno ridere così!»

94
Esaminando una Vocazione

E veniva, diceva lui, per godere un po’ della nostra gioia


celeste.
E un altro, al quale scrivevo di Vocazione, non nascondendogli
il timore che egli avrebbe riso alla mia ingenuità nello scrivere
ad uno spregiudicato come lui, di un tema così sublime, mi
rispose: «Stia pur certo che io non riderò per quello che lei mi
scrive sulla vita Religiosa: io invidio i Religiosi che sono felici
in questa terra perché sanno che dopo la morte li aspetta Dio,
il Premio».
Ed io aggiungo che la nostra felicità non è solo riposta nella
speranza del futuro, ma nella gioiosa realtà del presente. È
una felicità che proviene dalla certezza dell’amicizia di Dio,
dalla compagnia di Religiosi santi, dalla mortificazione, dalla
purezza e da un complesso di cose che danno al Religioso una
giovinezza spirituale.
Cito la lettera di un giovane Religioso, malato, e col
pronostico di una lunga malattia che potrà avere conseguenze
deleterie, ma intanto pieno di gioia; ogni pagina della sua
lettera è riboccante di felicità.
«21 - XII - 1943. Ho ricevuto proprio ieri le loro
graditissime lettere e senza perdere tempo, eccomi a
rispondere, e dare le mie ultime nuove. Anzitutto devono
sapere che pochi giorni fa sono partito per Torino. Ivi,
sotto l’osservazione di ottimi Professori, subii vari esami
del sangue e del liquido rachidiano, estratto dalla spina
dorsale. Durante la lunga degenza di 20 giorni, fummo più
volte visitati dagli aerei; due bombardieri furono molto
vicini. Nella prima notte delle incursioni fui trasportato
nel rifugio, ma in seguito rimasi sempre a letto. Sono
stato in una bella clinica, abbastanza moderna, diretta
dalle ottime Suore della Sapienza, molto virtuose ed
esemplari. Il loro esempio, la loro unione continua con
Dio, la retta intenzione che si manifesta in ogni loro
più piccola azione, la loro grande carità, e assidua e
perfetta cura degli ammalati, mi ha consolato assai, e
mi ha insegnato con quanta generosità e perfezione
devo sempre servire il S. Cuore, e quanto lo devo amare.

95
Emvin Busuttil

Le ore della giornata erano un po’ lunghe, specie


verso la sera, quando tutto era buio, ma questo veniva
accorciato dalle bellissime letture dei libri, portatimi
qua dal nostro buon Padre Socio, cioè dalla lettura de
«Le mie Prigioni», «Dei doveri degli uomini», la vita di
Leone XIII,... e dalle Vittime dei nostri Santi, che in quei
momenti di solitudine mi recavano al cuore tanta gioia,
tanto entusiasmo per la gloria del S. Cuore, del
Cristianesimo e della Chiesa, e mi riempivano di amore
per le anime.
«Una gioia indescrivibile poi, per la mia Vocazione.
Leggevo e meditavo; il mio viso brillava di gioia. Quando
di notte sentivo le grida, i forti lamenti dei malati vicini,
mi veniva tanta compassione di loro. Oh! come son piccoli
i miei sacrifici, dicevo, in confronto dei loro, quanto poco
sto soffrendo per il Signore! Gesù, fate che queste loro
sofferenze non vadano perdute. La gioia che ho provato
in alcuni di quei giorni è indicibile; gioia prodotta tutta
da quelle belle letture della vita delle anime, che si erano
consacrate al Signore, e quella gioia che allora sentivo in
me volevo effonderla negli altri. Ah! dicevo tra me, se le
anime sapessero quanta gioia concede il Signore a quelli
che lo vogliono servire e lo amano! Come lascerebbero
tutto per seguirlo! Sì, questa è la mia missione: portare
la mia gioia a tante anime che non l’hanno e che per
molto poco potrebbero acquistarla».
«Il S. Cuore in quei giorni mi facilitava tanto l’offerta
delle mie piccole spine. Sentivo che quei giorni non
erano perduti per me, ma che facevo qualche cosa per il
Suo amore…»
«Al principio di questa malattia, cioè tre mesi fa, la
grazia che ho chiesto con più insistenza fu che queste
mie piccole sofferenze non andassero perdute per colpa
mia, ma che le sapessi soffrire tutte per Lui. E sembra
che il S. Cuore mi abbia esaudito. In questi tre mesi mi
son sentito più stretto a Lui. Sono così indegno, e Gesù è
così buono con me…»

96
Esaminando una Vocazione

«Spero nel S. Cuore, di guarire; se no, sia fatta la


sua Volontà. Ogni tanto mi viene la voglia di saltare
e di correre dappertutto, e manifestare a tutti la mia
gratitudine verso il Signore... Ma se ciò non sarà possibile,
se il Cuore di Gesù vorrà ancora tenermi prigioniero
del suo amore per parecchio tempo, e per tutta la vita;
se vede che colla mia guarigione io verrò meno al suo
amore, oh! tenga lontano da me simile disgrazia, perché
io né di correre, né di saltare ho bisogno, ma di amarlo e
di farlo amare; e solo per questo ho sacrificato parenti,
amici, patria».
«A dire il vero, non mi sento per nulla solo; il S.
Cuore, nonostante la mia indegnità è stato molto buono
con me, e chissà che non ci ritroveremo presto insieme.
Lasciamo tutto nelle sue mani. Egli saprà far tutto per
noi. Le raccomando però tanto di non dimenticarsi di me
nelle sue preghiere, perché se finora Dio mi ha dato la
grande grazia di essergli un po’ fedele, che io non venga
meno nelle future piccole sofferenze che non so quando
avranno fine…»
Dopo di aver letto questa lettera, non ci meraviglieranno
quelle parole dette da un Trappista: «Sono così contento qui
che temo di non avere più il Paradiso nell’altra vita».

11. Voglio fare una vita di sacrificio e di rinunzia


Ed è per questo che molti scelgono la vita religiosa. Chi
vuole il sacrificio è certo che ama il Signore. Non c’è segno
più chiaro e più sicuro dell’amore di Dio.
Quanto spesso queste anime generose vogliono essere simili
a Gesù in tutto, specialmente nella croce. Un ragazzo di 12
anni, aveva scelto un Ordine Religioso piuttosto che un altro,
per questa motivazione: Perché in quest’Ordine, la vita è un
continuo martirio.
Un altro ragazzo, pieno di amore per la sua Vocazione, e
che oggi è già ordinato Sacerdote, mi scriveva: «Si ricorda,
Padre, quando in Febbraio avevo ricevuto un calcio da C...? (la
lettera porta la data di Dicembre). Avevo ricevuto quel calcio

97
Emvin Busuttil

perché avevo chiesto al S. Cuore che mi concedesse la grazia


di soffrire qualche cosa per Lui. Poi, dopo una settimana,
ho chiesto altre nuove sofferenze. Il Cuore di Gesù ascoltò
la mia preghiera, e dopo due settimane mi diede una malattia
molto pericolosa, cioè la bronchite. Ho accettato questo dono
e lo ringrazio, e desidererei ricevere altre sofferenze, perché
so che da esse viene del gran bene». Questo lato della vita
religiosa è uno dei più belli e dei più desiderabili per le anime
buone. Basta citare S. Margherita Alacoque, la quale soleva
dire a Gesù che non avrebbe creduto al suo amore se Egli non
l’avesse fatta partecipe della sua Passione e della sua Croce.
Ma non solo i Santi sentono così; tutte le anime che vogliono
amare Dio con sincerità, sono attirati da una vita austera e di
sacrificio.
Un giovane che aveva dovuto subire Tesine della Vocazione
prima di essere accettato, mi informò dell’accaduto in questi
termini:
«Il Rettore... invece di domandarmi cose sulla mia
Vocazione, come fece con M..., incominciò a parlarmi di
mille difficoltà. Io rimasi zitto, zitto, ma le sapevo già tutte,
ed ero e sono pronto ad affrontarle, se no non avrei fatto
questo passo. Mi ha detto infine di attendere la venuta
del R. P. Provinciale, e di parlare con lui. Padre, per
favore gli dica che io so che facendomi Religioso, e per
giunta Missionario, dovrò soffrire molto, e gli dica che è
proprio questo che io desidero: soffrire per la gloria del
S. Cuore di Gesù. Del resto, queste sofferenze, sopportate
per la gloria del Signore, non devono essere chiamate
sofferenze, perché sono i soli mezzi con cui potremo
conseguire l’eterna felicità e gloria in Paradiso. Gli dica
che le sue difficoltà, non hanno affatto indebolito la mia
Vocazione, che anzi, me l’hanno rafforzata di più, e sono
pronto a tutto, anche se il demonio vuol fare lo spiritoso,
e farmi seccare, sono certo, certissimo, che alla fine non
vincerà lui, ma io; e sarò Religioso Missionario».
Potrei moltiplicare questi esempi, ma non credo che ce ne sia
bisogno.

98
Esaminando una Vocazione

Bisogna dire chiaramente che la vita religiosa è un Paradiso,


una gioia, una grazia, ma solo per quelli che la vogliono vivere
sul serio, cioè aggrappati alla croce del proprio dovere e
all’osservanza esatta delle Regole.
Chi entra in Religione per questo motivo, difficilmente
perderà la Vocazione.

12. Voglio vivere una vita di Purezza


Alcuni, affascinati da questa virtù angelica, stimerebbero
piccolo ogni sacrificio, se venga coronato da un premio così
ambito. Intanto vedono che nel mondo, una vita di purezza
è quasi impossibile; e allora volgono lo sguardo alla casa
religiosa, dove sono coltivati questi gigli del Signore; e dove
tutto ispira purezza e mondezza di cuore.
Su alcune anime questa virtù esercita un fascino tutto
particolare. Quelli specialmente che hanno perduta per malizia,
si sentono rinfrancati e consolati al pensiero di poter ridiventare
angeli, fare una vita angelica, in un ambiente saturo di castità.

13. Accrescerò i miei meriti


E questo, in una maniera facile ed abbondante. Tutti i
Religiosi di uno stesso Ordine, formano un corpo solo, un
corpo morale, nel quale tutto è in comune; non solo i beni
materiali e le elemosine, ma anche i beni spirituali ed i meriti.
Perciò, uno che sta in Europa e che forse non può pregare o
lavorare perché malato, riceve un continuo aumento di grazia
per i meriti e le fatiche di tutti gli altri suoi fratelli che sono
Missionari, professori, predicatori, ecc.
È incalcolabile il cumulo di meriti che si riversa sull’anima
di un Religioso in una sola giornata di vita nell’Ordine. È per
questo che un giovane, obbligato dalla mamma ad aspettare
due anni prima di seguire la sua Vocazione, era inconsolabile
e le diceva: «Perché farmi perdere tutti questi meriti che
accumulerei in questi due anni? Saranno sempre due anni di
meno per tutta l’eternità».

99
Emvin Busuttil

Quando poi, già Religioso, la mamma lo andava a trovare,


contenta di avere un figlio consacrato al Signore, egli le diceva
ancora: «Io però, non mi posso consolare, quando penso che
per tutta l’eternità e irreparabilmente ho perduto due anni di
vita religiosa».

14. Vivrò nella compagnia di anime buone


Nella Religione è difficile avere compagni cattivi che
spingano al male. Invece vi si trova una santa gara di
edificazione mutua. Se è vero che exempla trahunt, i Religiosi
trovano un validissimo aiuto per la loro vita spirituale, nel
trovarsi circondati da anime, piene di amore per Dio, piene del
desiderio della Perfezione, piene di buona volontà di aiutarsi a
vicenda per diventare sempre migliori agli occhi del Buon Dio.
Si sa che spesso i compagni di S. Giovanni Berchmans
rimanevano tanto infiammati di amor di Dio dopo una
ricreazione passata con lui; e stimavano più un colloquio con
lui, che non una meditazione. Sappiamo che spesso i romani
andavano alla chiesa del Gesù, non per assistere alle funzioni
sacre, ma piuttosto per vedere passare un giovane religioso,
ancora studente, che si chiamava Giovanni Berchmans.
Anche per noi è così salutare la conversazione con un
Religioso, la visita di un Sacerdote; che cosa dovrà essere,
vivere continuamente in un ambiente di generosità e di carità?

15. Bellezza del Sacerdozio


Il Sacerdote, Ministro di Dio, che offre all’Altissimo il
divino Sacrificio per la salvezza dell’umanità; il Sacerdote
che assolve, battezza, dà il Pane di vita, assiste nell’ultima
agonia; il Sacerdote che consiglia, consola, aiuta, benedice
in nome di Dio; il Sacerdote che protrae attraverso i secoli
la presenza visibile di Cristo nel mondo, è un ideale capace
di affascinare ogni cuore desideroso di vivere una vita utile
e piena.

100
Esaminando una Vocazione

A chi non piace passare la vita beneficando, sanando,


spargendo la gioia, la pace, la vera vita? A chi non piace tenere
alta la face della Fede per illuminare coloro che sono nelle
tenebre ed ombre di morte; essere i padri delle anime e del
Umanità; avere una parte attiva nella salvezza del mondo?
Non farà meraviglia sentirsi dire: Voglio essere Sacerdote,
perché voglio toccare Gesù! Perché voglio stare sempre vicino
a Dio. Perché voglio aiutare Dio nel suo lavoro di Redenzione
e di Santificazione. In una parola, perché voglio vivere una vita
degna veramente di essere vissuta.
Ecco come si esprime Dom Naddeo O.S.B. in un articolo
sulla «Rivista del Clero Italiano»: «Colle imposizioni delle
mani del Vescovo noi diveniamo, non soltanto altrettanti Dei
viventi e visibili, rivestiti della missione di deificare l’umanità,
fatti compartecipi come siamo per grazia, della natura divina;
ma, quali rappresentanti l’umanità e custodi del gregge affidato
alle nostre cure, a noi incombe il dovere di recare ogni giorno
dinanzi al trono di Dio, le suppliche, i voti e i peccati del
popolo, perché il cielo non si aprirà né si chiuderà che alla
nostra voce...
«Noi siamo come i plenipotenziari dell’Altissimo, i suoi
confidenti, i suoi cooperatori nell’opera della Redenzione».
Perciò esclamava il Santo Curato d’Ars: «Oh! quale gran
cosa è il prete; solo in cielo potremo comprendere bene cosa
egli sia: se lo comprendessimo quaggiù ne morremmo, non di
spavento, ma di amore».

16. Mi lego a Dio coi tre Voti


Tre catene d’oro che uniscono a Dio, che raddoppiano i meriti,
che ci fanno i Prediletti, che ci impossibilitano felicemente di
tornare indietro, e ci necessitano quasi a perseverare. Si diventa
i fanti perduti che seguono il Maestro dovunque Egli vada.
S. Margherita Maria, il giorno della sua professione scrive,
con gioia traboccante: «Ecco qui le mie risoluzioni che devono
durare tutta quanta la mia vita, perché il mio Diletto stesso me
le ha dettate. Dopo che l’ebbi ricevuto nel mio cuore, Egli mi
disse: Eccoti la Piaga del mio Costato per farvi la tua dimora
attuale e perpetua; lì potrai conservare la veste d’innocenza
101
Emvin Busuttil

di cui ho rivestito l’anima tua, affinché d’oggi innanzi tu viva


della vita di un Uomo-Dio; vivere come se tu non vivessi più,
affinché io viva perfettamente in te, pensando io al tuo corpo e a
quanto sarà per accaderti, come se tu non lo avessi più (il corpo),
ma io solo agisca in te. Bisogna per questo che le tue potenze
e i tuoi sensi rimangano sepolti in me; che tu sia sorda, cieca
e insensibile a tutte le cose terrene... Sii sempre disposta a
ricevermi, io sarò sempre pronto a darmi a te... Non temere
nulla, io ti circonderò colla mia potenza e sarò premio delle
tue vittorie... Amare e soffrire alla cieca sia il tuo motto: un sol
cuore, un solo amore, un solo Dio».
Dopo queste parole la Santa scrisse col suo sangue verginale,
il proposito della sua vita religiosa: «Io, povero e miserabile
nulla, protesto al mio Dio di sottomettermi e sacrificarmi a tutto
ciò che da me richiede; immolando il mio cuore al compimento
del suo buon piacere, senza riservare altro interesse che quello
della sua maggior gloria e del suo puro amore, al quale consacro
e abbandono tutto il mio essere e tutti i momenti della mia vita.
Io sono per sempre del mio Diletto, sua schiava, sua serva,
sua creatura, poiché Egli è tutto mio; e sono la sua indegna
sposa: Suor Margherita Maria, morta al mondo. Tutto di Dio,
e niente mio; tutto a Dio e niente a me; tutto per Dio e niente
per me»16.
Molti Santi Padri paragonano i Voti ad un nuovo Battesimo,
e pensano che Dio rimetta completamente il Purgatorio che
il Religioso si era meritato per i peccati della sua gioventù;
cosicché egli può dire in verità di cominciare una nuova vita, e
di aver ricevuto un nuovo Battesimo.
È un martirio lento e diuturno, la vita Religiosa, non meno
eroico, né meno meritorio del martirio di sangue. E anche
al martirio viene equiparata dai SS. Padri, la Professione
Religiosa.

16  Hamon, Vita di S. Margherita Maria Alacoque, Pag 91.

102
Esaminando una Vocazione

17. Avrò una formazione seria e profonda


Non è un motivo da disprezzarsi. Avere una luce abbagliante,
una guida sicura, una preparazione seria e soda per dare la
scalata al monte santo della vita spirituale, non e cosa da poco.
Alcuni, specialmente tra i giovani di Azione Cattolica, sanno
rendersi conto di tutto questo, e si orientano verso la Vita
Religiosa, anche per quest’immenso beneficio.

18. Avrò molti suffragi dopo la morte


Quando muore un Religioso, i suoi Confratelli pensano a
suffragargli l’anima. Noi Gesuiti, per esempio, abbiamo: due
Messe da ogni Sacerdote che appartiene alla nostra stessa
Provincia Religiosa; chi non è Sacerdote dovrà offrire per il
defunto, due Comunioni, due Messe Ascoltate e due Rosari.
Inoltre ogni settimana, in tutta la Compagnia, tutti i Sacerdoti
devono dire una Messa in suffragio di tutti i Gesuiti defunti, e
quelli che non sono Sacerdoti devono offrire una Messa, una
Comunione ed un Rosario.
Altri Ordini Religiosi hanno altre regole e consuetudini; ma
certo in tutti (gli Ordini o Congregazioni Religiose) si prega
molto per i propri defunti; e ciascuno adempie a questo dovere
con esattezza ed amore, pensando che domani, gli altri faranno
lo stesso per l’anima sua.

Motivi che piuttosto riguardano Dio

1. Darò un immenso piacere al Cuore di Gesù


Ciò è fuori dubbio. Gesù si rallegra al vedere un’anima che
generosamente e liberamente gli si consacra totalmente, nel
pieno entusiasmo della sua freschezza giovanile. È incredibile
quanta gioia dà al Cuore di Gesù, un solo atto di amore. Qui si
tratta, non di un atto, ma di tutta una vita che Gli viene offerta.
Per chi ama, è una gran cosa poter dare piacere alla Persona
amata.

103
Emvin Busuttil

2. Lo amerò di più e meglio


Il Religioso è colui che nel mondo, più di ogni altro, ha il
diritto di parlare di amore. La sua vita non è, come credono
molti mondani, una vita tutta prosa, senza affetto, senza le
dolcezze ed i gaudii dell’amore. Egli rinunzia volontariamente
alle gioie umane dell’amore coniugale, ma prova invece
l’affetto delicato e forte di Dio che diventa lo Sposo della
sua anima, l’Amico prediletto, il Perfetto Consolatore.
Dio colma il cuore dei Religiosi di tanta ebbrezza, che S.
Teresa del Bambino Gesù soleva dire: «Se i mondani sapessero
com’è bello amare Dio, e la gioia che proviamo noi Religiosi,
darebbero addirittura l’assalto ai conventi, e le nostre case
sarebbero insufficienti per accogliere la moltitudine di quelli
che chiederebbero di entrarvi».

3. Servirò Dio con perfezione


Alcuni hanno proprio questo ideale: il servizio divino.
Vogliono essere i servi di Dio per eccellenza, e vedono in una
vita spesa a questo scopo, la ragione della loro esistenza. E non
sbagliano!
Per questo infatti, e per questo solo, siamo stati creati,
e il nostro dovere principale e naturale è quello di servire
al Creatore, per la cui gloria siamo stati fatti. Questo è il
pensiero che ha spinto tanti ottimi giovani operai a diventare
Fratelli Laici in qualche Ordine Religioso. Essi, non avendo
avuto la possibilità di studiare, e non potendo quindi aspirare
al Sacerdozio, vogliono nondimeno dedicare la loro vita al
servizio divino.
Essi fanno i Voti, sono veri Religiosi non meno dei Sacerdoti,
ed hanno la gioia di essere i servi di Dio, cioè dell’unico
Padrone che si merita il nostro umile servizio.
Ma anche i Sacerdoti sono i servi di Dio. Chi meglio di loro
serve il Signore nel fare completamente e perfettamente la sua
Volontà, che è quella di continuare la sua opera di Salvezza,
iniziata a Betlemme e sul Calvario?

104
Esaminando una Vocazione

4. Voglio glorificare Dio


Dio non ha bisogno di noi; potrebbe fare tutto da se, ma ha
voluto nella sua Bontà associarci all’opera sua, ed accetta la
nostra cooperazione per la dilatazione del suo Regno e per la
distribuzione della sua grazia nelle anime.
La gloria estrinseca ed accidentale di Dio sta infatti in
questo: che gli uomini lo conoscano sempre di più, lo amino
e lo servano; e chi più del Religioso conosce meglio e serve
meglio il Signore? Chi più del Religioso, procura che anche gli
altri uomini lo conoscano bene e lo amino più sinceramente?
Il Religioso non cerca la sua gloria, o il suo interesse, o la sua
vanità, ma è tutto intento nel procurare il trionfo di Dio e della
sua Chiesa. Egli ha consacrato a Gesù la sua spada e la sua vita,
per l’onore di Dio.
È inutile ricordare qui solamente Ignazio di Loyola, il
Soldato di Cristo per eccellenza, l’uomo della Maggior Gloria
di Dio, perché tutti i Santi, chi più chi meno, hanno avuto di
mira questo dovere dell’uomo, dovere che nobilita, e che nello
stesso tempo è fonte di immense ricchezze spirituali.

5. Potrò riparare i miei peccati, e dare a Dio una


soddisfazione
È un ottimo motivo, suggerito da un sincero pentimento, e
da una visione esatta della ripercussione che ha il peccato sul
Cuore di Gesù.
Si desidera di mettere di nuovo l’equilibrio dove il peccato
ha portato il disordine, si desidera offrire a Dio una qualche
soddisfazione per gli insulti che riceve da noi o da altri. Vorrei
quasi mettermi davanti a Lui, per ricevere sul mio petto i colpi
dei peccatori, e in qualche maniera, risparmiare Lui. Essere
insultato, conculcato, bastonato io, perché Egli sia glorificato
ed amato.
Può anche avere un altro senso. Quello di coprire col mio
sacrificio e colla mia vita di amore, i peccatori, ed ottenere per
loro misericordia, ed allontanare da loro la Giustizia che è
pronta a colpirli. È amore compassionevole che comprende
Gesù Cristo ed il Prossimo. Come S. Gemma Galgani,

105
Emvin Busuttil

la quale insisteva per la conversione e la salvezza di un


peccatore; Gesù non voleva cedere, ed essa, per commuoverlo
ripeteva: «Cancellami dal libro della Vita, ma salva quel
Anima».

6. Voglio essere vittima


È piuttosto l’idea dell’immolazione che comprende: dedizione
completa, sofferenza, specialmente morale, amore, silenziosa
umiltà, annientamento. È il desiderio di offrirsi, il bisogno
di donarsi, di fare della vita una consacrazione spontanea e
perenne.

7. Potrò rendermi insigne in qualche devozione


Quanti si sono fatti Carmelitani, attratti dall’idea di diventare
insigni nella devozione alla Madonna; Domenicani, perché
erano devoti del S. Rosario!
Doveva venire a parlare con me di Vocazione un Seminarista,
col quale avevo già parlato altre volte. All’ora del colloquio, me lo
vedo spuntare con un altro suo amico. Rimasi un po’ contrariato;
l’altro non aveva Vocazione;... in ogni caso, non avrei potuto
parlare davanti a lui. Dovetti rassegnarmi a parlare del più e
del meno, e rimanere sulle generali. Poi il discorso cadde sulla
devozione al S. Cuore e sulla missione che noi Gesuiti abbiamo
di propagare questa devozione salutare. Parlammo per più di
un’ora e quando li licenziai, eravamo tutt’e tre infervorati.
L’indomani ricevetti una lettera: era dell’amico «intruso»
che mi esprimeva la sua ammirazione per le belle cose che
gli avevo rivelato sulla devozione al S. Cuore. Era rimasto
impressionato dell’incarico dato ai Gesuiti da Gesù stesso,
di propagare la devozione al suo Cuore Santissimo, e questo
pensiero gli aveva fatto nascere il desiderio di farsi Gesuita per
poter essere apostolo del S. Cuore.
Quando poi entrò nel Noviziato, non poteva stare senza parlare
del S. Cuore, e quando scriveva a casa, non sapeva parlare
d’altro. Ecco quello che mi scrive suo fratello a proposito delle
sue lettere: «M... ha scritto recentemente. Le sue lettere, dice
mamma, sono delle vere prediche: sono piene del S. Cuore.

106
Esaminando una Vocazione

Dice sempre che è molto contento e che deve essere molto


grato al S. Cuore per le innumerevoli grazie che ha ricevuto
da Lui. Egli nomina il S. Cuore parecchie volte nello stesso
periodo...»

Motivi che riguardano il prossimo

1. Salverò molte anime


È un motivo che non manca quasi mai nella decisione
di un giovane di farsi Religioso o Sacerdote. È la messe
biondeggiante che attira; è il lamento di Gesù che vede
perdute le anime per le quali Egli ha dato il sangue e la vita;
è la vista di tanti fratelli che si perdono per tutta l’eternità.
Non possiamo stare colle menai in mano, ma dobbiamo sentire
impellente il bisogno di fare qualche cosa per aiutarli.
Conosco un giovane che arde di zelo e che cresce nel desiderio
di lavorare per le anime ogni volta che medita l’inferno.
«Pensare, mi diceva, che quelle anime dovranno stare lì per
sempre, lontane da Dio, senza la possibilità di fare mai un atto
di amore di Dio! Non so cosa farei per impedire, anche ad una
sola anima, di cadere in quelle fiamme».
È lo stesso sentimento della piccola Giacinta (di Fatima) che,
dopo aver visto l’inferno coi dannati che vi si agitavano, aveva
cominciato a fare dei sacrifici eroici per impedire che le anime
vi cadessero.
Altri si sentono attirati dalla bellezza di salvare le anime,
di poter rendere felici per sempre tante persone, che per tutta
l’eternità li ringrazieranno.
Altri lo vogliono fare per far contento Gesù, o per mettere al
sicuro le anime loro, secondo il detto di S. Agostino: Animam
salvasti? animam tuam praedestinasti. Se hai salvato un’anima,
sei sicuro di aver salvato la tua.

107
Emvin Busuttil

2. Farò del bene


Alcune anime delicate provano una gioia speciale ed una
consolazione indicibile nel beneficare gli altri. Mentre alcuni
trovano comodo e forse anche bello, rubare, sopraffare,
strozzare, farsi avanti a costo della rovina altrui, altri, più
umani, trovano bello fare del bene, e vorrebbero nella loro
generosità, passare tutta la vita a confortare, incoraggiare,
sostenere, difendere i poveri, gli oppressi, i bisognosi. Vogliono
che la loro vita passi come quella del Salvatore, del quale si
dice: «Pertransiit benefaciendo; la sua vita fu un passaggio di
beneficenza per tutti».
Questo bene si può fare in molte maniere. C’è il bene
spicciolo, che si fa ad ogni occasione che capita; c’è il bene
verso gli ammalati, servendoli; bene verso i ragazzi, educandoli
e facendoli divertire sanamente; bene verso i poveri e i vecchi,
soccorrendoli e curandoli. Sono le opere di Misericordia
corporale e spirituale, esercitate da tanti diversi Ordini e
Congregazioni Religiose.

3. Voglio essere Missionario


Non è più un desiderio generico di salvare anime, ma si
aggiunge un complesso di rinunzie e di sacrifici che viene
accettato e scelto, per poter andare in mezzo ai barbari, dove la
Chiesa non è ancora fondata, dove le anime si perdono perché
mancano gli apostoli. Non si tratta di lasciare solo la mamma,
ma anche la Patria, la propria lingua, le proprie abitudini e
civiltà, e sfidare altri pericoli di bestie e di uomini, di malattie
e di clima, di incomprensioni e di malinconie.
Iddio, per sua misericordia, fa sentire a molti giovani questo
desiderio generoso, fa loro capire che è un dovere per essi,
comunicare quella Fede che posseggono, agli altri, invece di
godersela egoisticamente e sterilmente.
Questi giovani vedono chiaramente e con perfetta logica, che
noi Cattolici, dobbiamo interessarci degli altri uomini nostri
fratelli; essi comprendono che se la Chiesa ha avuto da Dio il
mandato di propagarsi in tutto il mondo, sono proprio i giovani
Cattolici che la devono estendere fino agli ultimi confini
della terra.
108
Esaminando una Vocazione

Il P. Lievens S. J., dal Chota-Nagpur scriveva ai suoi Confratelli


del Belgio: «Mandatemi un mezzo milione di Sacerdoti, e vi
prometto che immediatamente troverò lavoro abbondante per
ciascuno di loro».
E un altro scriveva dall’Africa nera: «Per l’amore di Dio,
venite da noi. Ho incontrato migliaia di persone, qui in Africa,
che hanno solo bisogno di sentire le parole e il racconto della
vita di Gesù, per diventare buoni e felici Cristiani».
Queste grida strazianti, trovano un’eco fedele in tanti petti
giovanili, che Gesù chiama alle sue sante Battaglie.

4. Potrò difendere la Chiesa


Si sa che la Chiesa è il Regno di Dio, è il Porto di salvezza
per l’umanità. Questa Chiesa, fondata da Gesù, è la sua
Sposa intemerata, la pupilla dei suoi occhi. Questa Chiesa è
segno di contraddizione; gli empi le lanciano contro manate
di fango. Quanti giovani sentono il desiderio e il dovere
di difenderla!
Diventando Religiosi essi studieranno a fondo la dottrina su
cui Essa è fondata, coi suoi Domini e col suo Credo; studieranno
le difficoltà dei suoi nemici, e impareranno il modo di dare
delle risposte atte a confondere chi la insulta.
Potrebbe sembrare strano, eppure si trovano delle anime che
si decidono per la vita Religiosa proprio perché vedono che
solo così sarà loro possibile attrezzarsi contro i nemici di Dio,
e mettersi in grado di lanciarsi nella mischia, e difendere colla
penna e colla parola quella Verità che è la Luce del mondo.

5. Mi vendicherò del demonio


Sicuro! Egli mi ha fatto fare tanti peccati; mi ha anche spinto
a dare degli fare conducenti qualche innocente al peccato
adesso mi farò Religioso. Amico di Gesù Salvatore di anime,
e mi vendicherò sira pando al diavolo quante anime mi sarà
possibile. Prima gli sono stato causa di gioia; or gli sarò causa
di rabbia.
E chi può immaginare la rabbia di satana. quando un giovane
si fa Religioso!
109
Emvin Busuttil

6. Scelgo la vita Religiosa, per offrire questo atto di


generosità per la salvezza di un anima che mi è cara
(papà, mamma, qualche amico o benefattore)
Anche questo motivo è buono e spirituale, ed e molto
probabile che sia il Signore che spinge l’anima a concepirlo.

7. Voglio essere Padre delle anime


Tutti abbiamo l’istinto della paternità o della maternità.
Alcuni lo vogliono sviluppare in maniera spirituale, perché vi
vedono una fecondità più potente e di maggior valore. Vogliono
essere padri «di molte genti», e imitare in qualche maniera la
paternità di Dio che accoglie tutti, e con amore possente.
Il Sacerdote, che si preclude ogni adito all’amore naturale
ed umano, ha invece una grande sensibilità per l’amore che è
carità, ed ama veramente le anime per le quali si dona e gode
di sacrificarsi.

Vera vocazione
Chi si decide di farsi Religioso per qualcuno o alcuni di questi
motivi soprannaturali, può dire di avere la Retta Intenzione, e
cioè il primo requisito, necessario per avere una vera Vocazione.
Se poi ha anche le doti di intelligenza, di volontà e di purezza
richieste dalla vita che egli vuole abbracciare, avrà il secondo
requisito, necessario per avere vera Vocazione.
Se finalmente, fatta la domanda ai Superiori, viene da loro
accettato, avrà anche il terzo requisito necessario.
Con questi tre requisiti, si può parlare di vera Vocazione in
tutti i suoi elementi.
In base a queste tre cose, il giovane ed il suo Direttore
Spirituale, possono giudicare con sicurezza, se vi è vera
Vocazione o no, e prendere quindi una decisione seria,
cosciente e ponderata.

110
Esaminando una Vocazione

Se, invece di motivi soprannaturali, il candidato ha solo motivi


naturali, ed insiste esclusivamente in essi, la sua Vocazione non
è divina, ma solo una questione di interesse o una futile velleità
bambinesca.
Forse non sarà fuori posto, sviluppare anche questo punto.

Motivi insufficienti

1. Lo vuole la mamma
Alcune mamme, molto buone, chiedono al Signore la grazia
di avere un figliolo Sacerdote, e non temono di esternare
questo loro desiderio al ragazzo. Egli cresce con questa «forma
mentis», e non pensa ad altra via possibile per lui. Non osa dire
di no alla mamma, e neppure si rende conto che potrebbe anche
scegliere altro. In questo caso il ragazzo non pensa al bene che
potrà fare, alla bellezza del Sacerdozio, ma è solo preoccupato
di far piacere alla mamma.

2. Ho lo zio prete, o Religioso


Per alcuni è una tradizione di famiglia avere un monaco o
un prete; e allora, se lo zio ha preso questa via, qualcuno dei
nipoti lo deve seguire. Questi erediterà la biblioteca dello zio,
il beneficio e le altre cose di ordine naturale. Per non perdere
questi beni, la famiglia è sollecita che qualcuno dei ragazzi
prenda la carriera ecclesiastica. Peggio poi quando c’è in
mezzo qualche dignità ecclesiastica, e la possibilità di avviare
il nipote alla carriera. I motivi soprannaturali vanno in seconda
linea, e spesso, mancano completamente.

3. Sarò rispettato
È vero che il Sacerdote è vilipeso, deriso, e spesso, odiato;
ma è anche vero che presso altri è amato e rispettato. Essere
considerati uomini di Dio, avere il titolo di Padre, il fatto che tutti
ricorreranno a lui, può essere decisivo per uno che, in altro stato
di vita sarebbe uno dei tanti, perché di capacità molto mediocri.

111
Emvin Busuttil

Ricordiamo Don Abbondio. I buoni rispettano, i cattivi,


spesso, per politica, per non provocare una lotta aperta, non
osano stuzzicare; una vita tranquilla dunque, e nello stesso
tempo, non del tutto insignificante.
Ecco il ragionamento di alcuni.

4. Eleverò il grado sociale della mia famiglia


Una famiglia di contadini, di semplici operai, di illetterati,
si sente elevata se ha in casa uno che ha studiato filosofia e
teologia, e che forse è riuscito a laurearsi. Può darsi che
durante il Seminario venga qualche momento di titubanza
o anche di rimorso: «Ma io non mi credo Chiamato; non ho
Vocazione». Poi si pensa alla famiglia: «Che diranno quei di
casa? Hanno fatto dei sacrifici per tenermi in Seminario, per
farmi studiare...» e si tira avanti con un: «Adesso pazienza;
andiamo avanti!»

5. Assicurerò una certa agiatezza alla mamma


Poveretta! Ha lavorato tanto, si è tanto sacrificata per me.
Gli altri fratelli si sono sposati; io sono il beniamino; mi faccio
prete, e così la terrò con me. Intanto avrò le mie risorse, e la
farò riposare per sempre.
Un pensiero delicato, senza dubbio; ma umano. Non c’è nulla
di zelo per le anime, di amore per la perfezione o per la santità.
C’è proprio bisogno di diventare Sacerdote per assicurare a
mamma una certa agiatezza? Non c’è qualche altra via da
scegliere? Questa non è Vocazione divina.

6. Non sarei buono a fare altro


Non si dice così chiaramente, perché nessuno osa confessare a
se stesso che è un incapace di nobili ideali, vede nel Sacerdozio
l’unica via di uscita per sistemarsi, e passare alla men peggio
la sua povera vita.

112
Esaminando una Vocazione

7. Voglio liberarmi dalla mia famiglia


Non vado d’accordo con papà, il quale vuole sempre
comandare; la mamma non mi vuol bene; la sorella non fa altro
che litigare; il fratello mi prende sempre in giro. Non ne posso
più; voglio scappar via, andarmene e vivere per conto mio. Poi
tutto mi è antipatico a casa mia. Intanto dove vado? Stare solo,
è peggio; andare per conto mio, morrò di fame perché sono
ancora giovane ed incapace di prendere un impiego... Mi faccio
Religioso! Avrò il cibo assicurato, starò lontano dalla famiglia,
che spero non venga mai a vedermi. Dovrò assoggettarmi alle
Regole, ai Superiori, è vero... Pazienza, qualsiasi cosa pur di
andar via dalla mia casa.
Se a casa sua, il giovane trovasse occasione continua di
scandalo o di peccato, e si decidesse alla vita Religiosa per
allontanarsi da questo pericolo spirituale, il suo modo di agire
sarebbe ottimo, e la sua Vocazione sarebbe soprannaturale;
ma se invece, si tratta solo di antipatie e di incompatibilità di
carattere, non basta.

8. Farò una vita tranquilla


Una Messa, il Breviario detto a tempo perso, tra una
chiacchiera e l’altra; qualche predica buttata lì, come viene,
e che deve essere sorbita dai fedeli perché... non c’è che fare;
nulla di meglio. E poi, senza moglie, senza preoccupazioni
di mantenere i figli, senza grattacapi coi capiufficio, senza
l’assillo del lavoro quotidiano...
Non diciamo affatto che la vita sacerdotale sia proprio
questa; tutt’altro! Ma alcuni la immaginano così, e la scelgono
per questo; purtroppo qualche volta riescono pure a ridurla ad
una vera banalità: la pipa, qualche bicchiere di buon vino, la
partitina a carte, il giornale, il giardinetto da coltivare, interessi
e pettegolezzo. Vita beata, vita senza grattacapi.

113
Emvin Busuttil

9. Mi piace l’abito
Questo vale specialmente per le giovani, che qualche volta
scoprono un’eleganza attraente nelle cuffie di certe suore, o
nel colore e foggia dell’abito. Altre volte è invece simpatia
naturale per una suora che: «mi vuol tanto bene. Vorrei stare
sempre con lei!»
Tutto sembra «grazioso», «carino», «delibato». Qualche
visino, dei sorrisetti, degli sguardi un po’ obliqui... ed ecco la
Vocazione.
No! Questa non è serietà. Non si fonda tutto un avvenire su
queste sciocchezze. E poi, si capisce, si torna indietro, con
grande meraviglia di tutti: «Stava tanto bene! Era così carina!
Le volevano tanto bene! Non le mancava niente!»
Sfido! Le mancava tutto, perché le mancava la Vocazione
divina.

10. Non posso dire di no


Quel Padre mi ha sempre seguito con interesse sincero.
Gli ho detto che avrei abbracciato il suo Ordine. È vero che
gliel’ho detto per fargli piacere; ma ora, egli ha convinto
papà a darmi il suo consenso, mi ha condotto dal Provinciale,
mi ha dato tante cariche in Associazione. A dir il vero, non
me la sentirei, o piuttosto vorrei entrare in un altro Ordine
che mi piacerebbe di più. Ma... come dirglielo? Niente; mi
rassegno. Vuol dire che Dio vuole così.
Vuol dire che tu non hai carattere, che tu non hai stima di
quel Padre, il quale sarà certamente contento se tu gli parli con
sincerità e gli dici quello che veramente senti. Se egli non sarà
contento, peggio per lui. Tu devi seguire Dio, non un Padre che
incontri. Non devi cacciarti dove Dio non ti vuole, per nessuna
ragione al mondo.

11. Non mi voglio sposare. Non mi piacciono le


ragazze di oggi
Ti piacerà quella di domani! Resta pure celibe, se vuoi, ma
non c’è bisogno per questo di farti Religioso.

114
Esaminando una Vocazione

12. C’è una profezia


«Quando ero piccolo, un santo Sacerdote disse alla mamma
che io sarei diventato Sacerdote».
Prima di tutto bisogna proprio provare che si trattava di un
santo, che parlava in senso profetico, e che non era un semplice
augurio, fatto da una persona per nulla ispirata.
Peggio ancora se questa «profezia» fu fatta da qualche
vecchia fattucchiera, o fosse frutto di qualche sogno.

13. Mia madre ha fatto voto di consacrarmi a Dio


Tua madre avrà dovuto fare il voto di lasciarti libero, se Dio
ti avrebbe chiamato, e di non ostacolare la tua Vocazione, ma
non poteva fare il voto di obbligarti a diventare Sacerdote
indipendentemente dalla tua libera volontà, e molto meno
poteva fare il voto di obbligare Dio a darti la Vocazione.
Può darsi però che Dio ascolti questi voti, o piuttosto preghiere
dei genitori, e qualche volta è Egli stesso che li ispira, appunto
perché vuole dare la Vocazione al figlio, qualche volta perciò
queste coincidenze, possono essere segno di vera Vocazione; ma
siccome si tratta di voti e preghiere nelle quali ha molta parte il
sentimento (amore per il figlio, paura di perderlo per una morte
immatura, sconforto, qualche volta anche disperazione, ecc.),
mentre invece, la volontà del giovane non vi entra affatto, non
sarebbe prudente basarsi solo su tali fatti per giudicare di una
Vocazione.
Da sé sola questa ragione, è piuttosto debole ed insufficiente.
È interessante quello che è successo ad un giovane che ho
conosciuto parecchi anni fa. Quando nacque era malato e in
pericolo di vita, e allora la mamma, senza dir nulla al babbo,
fece voto, che se il figlio sarebbe sopravvissuto a quel pericolo,
lo avrebbe incoraggiato a consacrarsi a Dio. A 4 anni stette di
nuovo in pericolo di vita. Questa volta fu il papà, che in preda
al dolore, di sua iniziativa e senza saper nulla di quello che
quattro anni prima aveva fatto la mamma, entrò in una chiesa e
fece voto che, se il figlio fosse uscito salvo da quella malattia,
l’avrebbe consacrato a Dio. Il figlio crebbe, ma nessuno gli
disse nulla.

115
Emvin Busuttil

Aveva 16 anni quando fece un Ritiro Spirituale. Pensò alla


Vocazione e credette di riscontrare in se i segni di una vera
Chiamata. Si decise. Lo disse a casa: apriti cielo! Noi non
capivamo il perché di quella lotta, da genitori veramente
cristiani. Il figlio lottò, fu provato, vinse, si fece Religioso. Il
papà ne rimase triste, e dopo un anno morì. Al letto di morte
volle un Religioso al quale manifestò la sua angoscia che egli
soleva chiamare «rimorso». Egli era convinto che suo figlio
fosse stato forzato ad avere la Vocazione, a causa del voto dei
genitori: egli quindi aveva obbligato il figlio a fare una vita
infelice e disperata, perché la sua, non era vera Vocazione, ma
un’imposizione divina, frutto del loro voto.
Ma quando il Padre seppe che il voto era stato fatto in segreto,
che il figlio non l’aveva mai saputo, e che essi non l’avevano
mai spinto per quella via, lo tranquillizzò. La Vocazione del
figlio veniva da Dio; il Signore aveva accolto il voto dei
genitori, ma aveva diretto e condotto le cose in modo che tutto
procedesse regolarmente e secondo la sua volontà.
Altre volte però questi voti sono fatti con una certa leggerezza,
e poi si pretende per forza che il figlio sia obbligato ad osservare
un voto che non ha fatto.

Svantaggi dello stato religioso


Per essere completi e giusti, bisogna che guardiamo e
facciamo guardare anche il rovescio della medaglia.
A dir il vero, il giovane che si mette a pensare, sinceramente
e sotto l’influsso della grazia e del lume soprannaturale, agii
svantaggi della vita religiosa, non riuscirà a trovarne neppure
uno. Ed a ragione. Infatti oggettivamente, non esiste alcun
svantaggio nell’abbracciare la vita religiosa. Anzi, è di fede che
lo stato di verginità e di celibato (su cui si fonda la vita religiosa)
è più perfetto dello stato coniugale. Lo definisce il Concilio
di Trento, Sessione 24, Canone 10, che dice: «Si quis dixerit
statum coniugalem anteponendum esse statui virginitatis vel
coelibatus, vel non esse melius ac beatius manere in virginitate
aut coelibatu, quam iungi matrimonio: Anathema sit».

116
Esaminando una Vocazione

E l’aveva già detto S. Paolo nella Prima Lettera ai Corinti


(cap. 7). A quelli che non sono sposati, dice che rimangano
così: è meglio che non si sposino; però, se uno si sposa, non
pecca. Non dà un comando, ma un consiglio: «...bonum est illis
si sic permaneant, sicut et ego» (vers. 8).
Del resto sarebbe ridicolo pensare che lo stato religioso abbia
degli svantaggi soprannaturali, in se ed oggettivamente: esso
è stato di perfezione, riservato ai prediletti del Signore, per i
prescelti.
Perciò, invece di parlare di svantaggi dello Stato Religioso,
parleremo piuttosto di:

Difficoltà che possono arrestare il giovane dallo


scegliere la vita religiosa

1. Dovrò rinunziare al matrimonio.


Non sempre il giovane che decide di farsi Religioso
comprende tutta la portata del matrimonio. Credo che sia
giusto che egli sappia almeno, che il matrimonio «gli darebbe
la possibilità di soddisfare a certi piaceri del senso, che, fuori
di esso, costituirebbero un peccato di impurità».
Se il giovane sa questo, che cioè, alle persone sposate, dentro
certi limiti, è permesso fare ciò che, per chi non è sposato,
è peccato mortale, e liberamente rinunzia a questo stato
di vita, che Dio offre a tutti gli uomini come rimedio della
concupiscenza, ciò basta, a mio parere, per dire che il giovane
ha fatto la sua scelta con sufficiente maturità, e consapevole
della portata della sua decisione.
Non credo sia opportuno insistere su tante altre questioni e
«perché». Altre gioie secondarie, che si possono godere nella
vita matrimoniale, sono già conosciute dal giovane perché
anch’egli vive in una famiglia, e può quindi contemplare l’affetto
e la mutua consolazione di papà e mamma, il loro piacere ed
orgoglio santo nel vedere i figli buoni ed ubbidienti, ecc.

117
Emvin Busuttil

Quando arriva il momento della decisione, soglio dare al


giovane questo breve schiarimento. Ho scoperto che alcuni
già sapevano quasi tutto; altri invece non ne sapevano nulla
(contrariamente a quello che pensano di solito i moralisti
moderni), in nessuno dei casi però mi è capitato che qualcuno
si sia ritirato dalla sua decisione, a causa di tale rivelazione.
La prudenza e la delicatezza suggeriranno al P. Spirituale, se,
quando e come convenga parlare in proposito. Anche se il giovane
non «sa», può benissimo scegliere e decidere con competenza.

2. Dovrò fare una vita di Purezza


Per la gran maggioranza dei nostri giovani, ciò non presenterà
una difficoltà; è precisamente quello che essi cercano, e quello
che probabilmente hanno fatto finora. Questo vale per chi
è «sano». Per qualche altro, nel quale il vizio ha già inciso
qualche solco, il voto di castità perpetua, potrà presentare un
vero peso, e qualche volta, una meta irraggiungibile.
È doloroso vedere questi giovani, spesso pieni di belle doti e di
sincero zelo, doversi fermare perché non riescono a vivere una
vita di purezza. Lo stesso successe all’indemoniato di Gerasa,
posseduto da uno spirito impuro, die, convertitosi chiese a Gesù
di poterlo seguire, ma il Maestro vi si oppose, e gli disse di
contentarsi solo di magnificare il Signore, raccontando quello
che aveva operato in lui.
Con costoro, non è prudente andare avanti, colla speranza che,
entrati in Noviziato, si correggano17. È vero che il P. Vermeerch

  Quest’osservazione dell’Autore è da noi condivisa, se inquadrata in un


17

preciso contesto: chi presenti difficoltà in materia di castità durante un


periodo alquanto prolungato dentro il Seminario dev’essere certamente
allontanato dagli ordini sacri, ma non ci sembra che una tale diagnosi
deva farsi prima dell’ingresso in seminario. Al riguardo S. Tommaso
sostiene che «lo stato religioso è un tirocinio spirituale per raggiungere la
perfezione della carità: e questa si ottiene eliminando con le osservanze
della vita religiosa gli ostacoli alla perfetta carità. […] È evidente quindi
che le osservanze della vita religiosa, come tolgono gli ostatoli alla carità
perfetta, così eliminano le occasioni di peccato: il digiuno., le veglie,
l’obbedienza, e altre simili cose, allontanano l’uomo dai peccati di gola,

118
Esaminando una Vocazione

S. J. pensa che in alcuni casi, col cominciare un nuovo genere


di vita nella Religione, il vizio solitario si corregge e scompare;
ma è meglio non fondarci su queste eccezioni.

di lussuria e da qualsiasi altro peccato. Perciò entrare in religione


è vantaggioso non solo a chi ha praticato i comandamenti per
raggiungere una maggiore perfezione; ma anche a chi non li ha
praticati, per evitare più facilmente i peccati e raggiungere la perfezione»
(S. Th., II-II, 189, 1) e nella risposta alla prima obiezione aggiunge:
«Perciò il Signore, per dimostrare che la perfezione dei consigli è utile
agl’innocenti e ai peccatori, non chiamò soltanto il giovane innocente,
ma anche Matteo peccatore. Matteo però corrispose alla chiamata, non
così il giovane: poiché alla vita religiosa si convertono più facilmente i
peccatori che quanti presumono della loro innocenza, ai quali il Signore
ha detto: “I pubblicani e le meretrici andranno innanzi a voi nel regno dei
cieli” (Mt 21,31)». Lungi dall’ammettere alla professione perpetua chi
durante il tempo trascorso in Religione non riesce a vivere serenamente
la castità durante un tempo prolungato, nonostante non ci sembra
giusto allontanare chi presenti tali difficoltà prima del suo ingresso. Su
questo argomento aggiunge il Direttorio delle vocazioni dell’Istituto del
Verbo Incarnato, nel numero 44: «[Dire:] “Sono stato un grandissimo
peccatore”, “Dio non può guardarmi negli occhi” [è un] terribile errore.
Dio chiama come vuole, quando vuole, dove vuole e chi vuole; tutto
l’immenso mare dei nostri peccati sono un nulla in confronto ad una
piccola goccia della misericordia divina. Sarebbe stata una grandissima
pena se Sant’Agostino avesse agito e si fosse lasciato guidare da questi
pensieri; tuttavia, colui che è stato un grande peccatore è giunto ad
essere Dottore della Chiesa, Padre d’Occidente ed uno dei teologi più
grandi di tutti i tempi. Davanti a questa realtà bisogna rispondere col
detto popolare: “ciò che è stato è stato/non si piange sul latte versato”
e non tralasciare di fare quel che Dio chiede. Così ha agito Santa Maria
Maddalena, ed è oggi una delle stelle più brillanti del Regno dei Cieli,
e così hanno agito tanti santi che pensarono più alla misericordia di Dio
che alla miseria dei loro peccati». (Nota dell’editore)

119
Emvin Busuttil

La Chiesa è molto severa su questo punto18, e generalmente


desidera che il candidato, prima ancora di entrare in Religione,
abbia almeno fondate probabilità che potrà vivere una vita
di castità perfetta. Se non si sta attenti succederà che poi,
questi poveri giovani, dovranno essere mandati via prima
dell’Ordinazione Sacerdotale, dopo che avranno perduto ogni
possibilità di sistemarsi nel mondo... Ovvero, saranno ordinati;
e allora le conseguenze potranno essere anche peggiori.

3. Dovrò lasciare la famiglia


Per alcuni è una difficoltà non indifferente. Tuttavia bisogna
dire che il dover lasciare la famiglia è la condizione naturale
di ogni uomo. Il libro del Genesi infatti dice chiaramente che
l’uomo lascerà la sua casa e si unirà alla sua sposa, perché
siano tra loro una sola cosa. Perciò, o presto o tardi, o ti fai
Religioso o no, dovrai abbandonare la famiglia e i genitori.
La differenza è che se ti fai Religioso dovrai lasciarla un po’
prima, però chi va via per sposarsi, dovrà poi dare il suo cuore
alla sua nuova famiglia; invece, il Religioso tiene intatto il suo
cuore, che dona a Dio, ma in Dio ama la mamma e il babbo,
con amore più forte e completo.
Quello che io dico è l’esperienza di tante mamme che parlando
del figlio Religioso, mi hanno detto: «È l’unico che mi scrive...

  E’ vero che più recentemente la Chiesa si è dimostrata più flessibile, non


18

in quanto alla pratica serena del celibato prima della professione, ma in


quanto alla immediata esigenza di vita celibe che prima veniva richiesta
anteriormente all’ingresso. Oggi tale esigenza viene imposta durante il
periodo della teologia, e a questo riguardo possono essere sempre utili le
sentenze dell’Aquinate: «gli Ordini sacri presuppongono la santità; mentre
lo stato religioso è un tirocinio per raggiungerla. Perciò il peso degli ordini
va imposto su mura già disseccate e assodate dalla santità: il peso invece
della vita religiosa mira a disseccare le mura, cioè gli uomini, dall’amore dei
vizi» (S. Th., II-II, 189, 1 ad 3um). Si può intendere con ciò una certa attesa,
dove attraverso i mezzi offerti dalla casa di formazione, il candidato possa
nei primi tempi di formazione liberarsi da eventuali catene di vizio, e iniziare
una vita di castità serena e allegramente portata durante tutto il periodo della
teologia. (N.d.E.)

120
Esaminando una Vocazione

che si ricorda di me... che mi vuole veramente bene». È la


promessa di Gesù, che dice: «Chi lascerà il figlio... in nome
mio, avrà il centuplo». Centuplo di affetto, di consolazione e
di soddisfazione.
Una mamma, circondata dall’affetto delle due sue figliole
già sposate e felici, scriveva al figlio Religioso: «Nel dolore,
l’unica mia consolazione è pensare a te che lavori per Dio, e
ricordare che ho consacrato un figlio al servizio di Dio».

4. Ma sarà un dolore grandissimo per i miei


Il papà di S. Alfonso Maria de’Liguori, quando dovette dare
l’ultimo addio al figlio, lo tenne tre ore stretto al cuore, e in
preda al dolore gridava: «Figlio, non mi lasciare; non mi merito
questo trattamento!»
Quasi lo stesso successe ad un mio compagno, che partì con
me per il Noviziato. Sulla nave, il babbo lo baciò e ribaciò,
stringendolo forte forte e piangendo come un bambino. Poi,
partito il piroscafo, in preda ad un dolore pazzo, dà ordine ai
barcaioli di seguire la nave, finche non fosse uscita dal porto;
egli ritto in piedi, noncurante del rispetto umano, gridava
ancora il nome del figlio, mandava baci ed agitava il fazzoletto.
Scene strazianti, senza dubbio! Ma anche esagerate, perché il
figlio che si consacra a Dio, non è perduto, né è morto, né viene
rubato; e lo si può visitare, e ci si può scrivere, e qualche volta
passerà lui stesso per casa, per rivedere i suoi, o addirittura per
passarvi alcuni giorni, come si fa in alcuni Ordini Religiosi.
Il giovane però, che segue la sua Vocazione, può dire che non
è lui a provocare quel dolore. Egli infatti non si fa Religioso
per capriccio, o per seguire una sua inclinazione naturale, ma
perché Dio, Supremo Padrone di tutti e di tutto, ve lo chiama.
È Dio quindi che infligge quel dolore, che vuole quella
separazione, che comanda questo strazio. A noi tocca ubbidire,
e abbassare il capo alla sua Volontà. Non si può resistere al
volere di Dio, senza essere rei di ingratitudine e di ingiustizia.
Il figlio deve fare la Volontà di Dio; ma anche il babbo e la
mamma devono farla!

121
Emvin Busuttil

5. Però la mamma non potrà sopportare tale dolore


Ciò è falso. Come Dio dà la grazia al figlio di compiere
il sacrificio che Egli stesso richiede da lui, così dà anche ai
genitori la grazia di sopportare e di accettare questo sacrificio.
Se i genitori, invece di ergersi a nemici acerrimi della Vocazione
del figlio, si buttassero umilmente in ginocchio per chiedere
forza e luce dall’Alto, troverebbero l’energia e la gioia di fare
anch’essi il sacrificio e la rinunzia; come quel papà, cristiano e
giudizioso, che diceva alla sua figlia che si voleva fare Suora:
«Meglio darti a Dio, che ad un uomo; questi, domani ti potrebbe
trattare male o tradire; Dio, no!»
Le mamme veramente cristiane sopportano questo dolore con
vera gioia, e anzi trovano la forza di ringraziare Dio perché si è
degnato di posare il suo divino sguardo su uno dei loro figliuoli.
Solo chi non è cristiano trova impossibile il rassegnarsi.
Conosco una signora vedova, alla quale morì la figlia tanto
amata. Sei mesi appena, dopo questo tragico lutto, l’unico
figlio che le rimaneva le si presenta, chiedendo il permesso di
farsi Religioso. Essa lo abbraccia: erano 13 anni che pregava
per questa grazia. Contemporaneamente un altro giovane
chiedeva alla sua mamma lo stesso permesso, che invece gli
veniva negato con un risoluto: «Non potrò vivere senza di te».
Eppure, c’è ancora papà, e una figlia! Il giovane stette quieto
per qualche tempo, ma fremeva perché sentiva il suo dovere
di seguire la voce di Dio; e senza il permesso di mamma, va
al Noviziato. La mamma si agita, piange, grida, cerca di far
tornare il figlio; non si vuol dare pace.
Prego la vedova di andarla a trovare, e va da povera mamma,
alla vista di questa Signora, rimasta letteralmente sola, resta
perplessa e vergognata; quella sì che aveva ragione di ribellarsi,
e invece essa dimostra una gioia dolorosa nell’offrire a Dio il
suo unico figlio, ed ha anche la forza di sorridere. «Ma io non
vi capisco, conclude; il mio modo di vedere è molto diverso dal
suo. Comprendo che lei ama Dio: lei è una santa».
E dopo alcuni giorni si calma anch’essa.

122
Esaminando una Vocazione

6. Ma sono io che non me la sento di lasciare la


mamma
Si capisce! E questo sia detto per quelli che credono che noi
Religiosi siamo senza cuore ed egoisti, che andiamo in cerca
della nostra gioia, a costo anche di far morire di dolore i nostri
cari.
Siamo figli anche noi, e noi che abbiamo la Vocazione non
siamo generalmente i figli più discoli e disubbidienti, né i più
inumani e meno affettuosi; siamo invece quelli che rispettiamo
ed amiamo i genitori, forse più degli altri. I figli che hanno
la Vocazione sono generalmente quelli dei quali si può dire
quello che disse una inanima alla vigilia della partenza del suo
figliolo per il Noviziato: «Questo ragazzo, non mi ha mai dato
un vero dispiacere».
Che devo dirti, caro giovane? Guarda il Buon Gesù, che aveva
la Mammina più dolce e più cara di questo mondo. Si volevano
tanto bene, vivevano così felici a Nazareth: il Paradiso in terra.
Eppure un giorno Gesù ruppe quest’incanto, le disse addio, la
lasciò sola in casa, straziata, ed Egli partì col cuore accasciato.
Il Padre lo chiamava per l’apostolato diretto con le anime:
doveva lasciare paese, casa e famiglia, e divenire 1’Uomo
senza tetto e senza famiglia, l’Uomo che aveva per genitori
tutti quelli che facevano la Volontà del Padre che sta nei Cieli.
Anch’egli dovette lasciare la Mamma per amor nostro!
Tu non sei della mamma, né essa è tua; ma tutti siamo di Dio,
il Gran Padrone.
Quando Egli vuole una cosa, bisogna pregare per avere la
forza di dargliela... sorridendo; e se non la si dà... può darsi che
se la prenda Lui stesso... e allora sono dolori.
Un Novizio, ebbe una forte nostalgia di casa. Quando
riceveva una lettera della mamma, erano pianti di tenerezza,
baciava e ribaciava quello scritto, leggeva e rileggeva, e la sera
lo metteva perfino sotto il cuscino, per averlo vicino: insomma,
non voleva o non riusciva a fare il sacrificio completo, e
staccarsi virilmente e soprannaturalmente. Un giorno scrisse
ai suoi che non ne poteva più; sarebbe tornato a stare con loro.

123
Emvin Busuttil

La mamma, profondamente cristiana, scrive una lettera


accorata: «Lascerai Dio per me? E non sai che Dio mi può
prendere lo stesso? Che rimorso per me sapere che mio figlio
non ha seguito la voce di Dio, per amor mio! Resta, figliolo,
resta; è una tentazione la tua; vinci e sii fedele».
Ma la tentazione fu forte; e il figlio tornò a casa. Dopo un
anno... la mamma muore, il papà si sposa di nuovo, e i figli,
per protesta lo abbandonano... e questo giovane, rimane senza
mamma e senza papà. Ci perdiamo sempre, a resistere alla
Volontà Sacrosanta di Dio.
Tu esperimenti per ora l’altra frase di Gesù nel Vangelo: Non
sono venuto a portare la pace, ma la spada... Venni a separare il
figlio dalla madre, e la figlia dal padre... e i nemici dell’uomo,
sono quelli della sua famiglia.
L’affetto della mamma, che questa volta ti impedisce di
seguire la Volontà di Dio, è il tuo nemico, che ti vuol far perdere
la tua missione nel mondo, e forse la salvezza di tante anime.
Può anche darsi che la tua crisi significhi solo che tu ami poco
Gesù. Infatti, se incontrassi una giovane che ti riesca simpatica
e per la quale cominciassi a sentire affetto, non stimeresti gran
dolore, lasciare la mamma per andare con lei.
Siamo allora nel caso, nel quale il tuo amore per Gesù è
minore del tuo amore per un affetto terreno o per la mamma
stessa. Ascolta allora la condanna di Gesù stesso: «Chi ama il
padre e la madre più di Me, non è degno di Me».

7. Mi dicono che se mi faccio Religioso, odio i


genitori
Nessuna meraviglia che dicano così. Gli stupidi e i maligni
ci saranno sempre!
Non si odia una cosa perché ad essa si preferisce un’altra.
L’ammalato non odia la sua gamba, perché permette che gli
venga amputata; ma alla gamba preferisce la vita di tutto
l’organismo. Così anche qui: i genitori si amano; ma si ama
più Dio, e si è contenti di sacrificare il loro amore per amore di
Dio e delle anime. Anzi abbiamo visto che l’amore ai genitori
non si distrugge affatto.

124
Esaminando una Vocazione

E come potremmo ammettere che Dio, ci comandi d’amare


e onorare i genitori (Quarto Comandamento), e poi venga a
comandarci di odiarli?

8. I genitori hanno bisogno di me


Questo può essere un ostacolo vero e serio. Purché non si
tratti di un bisogno da nulla. Non basta per esempio, che la
mamma dica di aver bisogno dell’affetto del figlio, o che lo
vuol vicino perché ha paura di notte a star sola.
Bisogna che si tratti di una necessità materiale e grave.
Bisogna cioè che i genitori si trovino privi del necessario
alla vita, se il figlio li lascia: dovranno forse andare a chiedere
l’elemosina, non avranno da sbarcare il lunario, o da benestanti
diverrebbero poveri e perderebbero il loro grado sociale. In
questo caso il figlio deve restare a meno che i genitori non gli
diano generosamente il permesso di seguire la sua Vocazione,
nonostante tutti gli inconvenienti che ne deriverebbero loro.
Così fece una madre siciliana che, dopo aver dato alla figlia
il permesso di farsi suora, non ebbe il coraggio di negare al
figlio il consenso perché diventasse Religioso, e gli disse: «Io
chiederò l’elemosina; ma non voglio ostacolarti nei tuoi ideali
e nella tua felicità». E rimase sola; ma Dio non permise che
essa arrivasse allo stato di dover chiedere l’elemosina.
Se invece, la necessità non è così grave, ma, causa la tua
partenza, i tuoi genitori si troveranno nella necessità di
rinunziare solamente a qualche capriccio, o a una maggiore
opulenza, non saresti obbligato, per questo, a non seguire la
tua Vocazione.
Se i tuoi hanno, per esempio, un magazzino; partendo tu,
dovranno prendere un garzone o un operaio, e pagarlo, ed
avere altri grattacapi per non essere derubati, e perché il lavoro
sia fatto con interesse e coscienziosamente; pazienza! Tu non
sei obbligato a restare, solo per questo.

125
Emvin Busuttil

Se poi, la loro necessità è di ordine morale, come sarebbe per


esempio, se si temesse che il dolore della tua partenza dovesse
arrecare qualche colpo o qualche malattia, o addirittura la
pazzia di qualcuno dei tuoi, (o simili cose) non saresti obbligato
a nulla, perché queste necessità spesso non sono altro che
fantasie, e si possono superare con altri mezzi ed in altri modi,
che non siano la rinunzia dei tuoi ideali.

9. Ho fatto molti peccati nella mia vita passata.


È impossibile che Dio mi chiami ad una vita perfetta
Se ti sei pentito e li hai confessati, è di fede che i tuoi peccati
sono perdonati, distrutti: non esistono più. Ricorda S. Pietro.
Dopo il suo gravissimo peccato, Gesù lo trattò come prima, e
non solo non gli tolse la Vocazione di Apostolo, ma gli conferì
la dignità che gli aveva promesso, di Primo Papa, fondamento
infallibile della sua Chiesa.
Hai commesso molti peccati? Una ragione di più per farti
Religioso, ed espiare la tua ingratitudine. Così fece S. Agostino,
S. Camillo de Lellis, S. Ignazio, S. Giovanni Gualberto e
parecchi altri.

10. È una vita di troppo sacrificio. Mi fa paura!


Chi proprio non ha voglia di sacrificarsi per amore del Cuore di
Gesù, è meglio che non si faccia Religioso. Però bene spesso, questo
pensiero non è indice di un cuore meno generoso, ma dimostra
piuttosto un’anima in preda alla tentazione, che le rappresenta i
sacrifici della vita religiosa come una cosa insopportabile.
Queste anime devono essere sostenute ed illuminate. S.
Teresa, in preda a tale tentazione, diceva a se stessa per
farsi coraggio: «Il Purgatorio e l’inferno saranno certamente
peggiori». Dopo tre mesi di lotta, fu liberata, e la vita religiosa
le apparve leggera e sopportabile, anzi, dolce e piena di felicità.
Spesso l’idea del sacrificio fa su noi lo stesso gioco che fanno
gli spauracchi, messi nei campi per tenere lontani gli uccelli.
Da lontano, o visti al chiarore della luna, sembrano delle
visioni spaventose, ma da vicino e visti alla luce del sole, sono
degli innocui fantocci. Così la vita religiosa. Vista da lontano

126
Esaminando una Vocazione

e sentita descrivere da gente di mondo che non la conosce,


sembra una vita di continua costrizione, di continua vittoria su
se stessi, con Superiori rigidi, cibi immangiabili, senza un po’
di sollievo, senza affetto, senza respiro. Vista invece da vicino,
o descritta da chi la vive, è tutto il contrario.
Perciò fa tanto male ascoltare i ragionamenti di quelli che
erano Religiosi e che poi sono tornati a casa, abbandonando la
loro Vocazione. Questi tali, raramente diranno la vera ragione
per la quale sono stati infedeli ai loro ideale, che suole essere, o
l’inosservanza delle Regole, o qualche vizio segreto che rodeva
la loro anima, o l’aver ceduto alle tentazioni; e allora, per
scusare il loro modo di agire, si mettono ad esagerare talmente
le difficoltà della Vita Religiosa, da farla apparire impossibile a
viversi, e far dire alla gente: «Poverino; ha fatto bene a tornare
indietro; come poteva vivere così?».
Non si pensa invece che i più restano attaccati al loro Ordine
ed alla Regola, e vi vivono contentissimi.
Però il sacrificio c’è realmente, e per quanto sopportabile e
leggero, è sempre sacrificio che costa alla povera nostra natura. Ma
uno sguardo al Crocifisso, grondante sangue ed agonizzante, mi
dice che non devo essere codardo, seguendo Gesù solo sul Tabor.
Devo anche seguirlo al Getsemani e sul Calvario. La sua Croce
raddolcisce la mia, e mi spinge ad abbracciare volontariamente
e liberamente una vita crocifissa, per essere come Lui, e per
aiutar Lo nel suo amore doloroso.

11. E se non perseverassi?


Dovrai tornare indietro... E che si dirà?
Certo, non è bello tornare indietro, ne è savio abbracciare
uno stato di vita, che poi non si riesce a vivere. Perciò diciamo
che bisogna far bene la scelta dello stato, e andare adagio, e
non muoversi se non si è sicuri della Vocazione.
Ma se tu hai fatto bene la scelta dello stato, questo timore
è ridicolo, appunto perché il perseverare dipende dalla tua
volontà. Se tu inetti la tua volontà ed il tuo impegno, Dio non
negherà la sua grazia, e non ti potrà succedere un patatrac.

127
Emvin Busuttil

Il fatto che alcuni, pur avendo agito con sincerità, abbiano


poi dovuto lasciare la Religione prima della fine del Noviziato,
non deve essere considerato come un disonore, ma bensì un
onore, perché dimostrano di aver avuto il coraggio (cosa che
molti non hanno) di seguire la via che sembrava essere loro
tracciata da Dio.
Se si lascia il Noviziato, perché ci si stanca nella via di Dio,
allora si è degni di biasimo, e la colpa è tutta della volontà che
non è virile. Qualche volta però la colpa è dei Superiori che
non hanno esaminato bene l’individuo prima di accettarlo; altre
volte poi, ci si trova in un segreto mistero della Provvidenza di
Dio, come si legge di alcuni Santi, entrati in qualche Noviziato,
che poi hanno dovuto lasciare perché Dio li destinava a fondare
un nuovo Ordine Religioso.

12. Potrò fare del bene anche nel mondo. Anzi


sarò più libero di fare il bene se non sono Religioso o
Sacerdote
Proprio questo ci dicono parecchi giovani e giovanette
che hanno fatto un po’ di apostolato nell’Azione Cattolica
o in qualche altra Associazione. Come quel tale che diceva:
«Tutte queste Suore! Perché non vanno a fare opere sociali e
più moderne cogli operai? Noi non troviamo chi ci aiuti nelle
A.C.L.I. Io Obbligherei tutte queste Suore ad abbandonare il
velo, e fare cose più utili alla Chiesa».
Giustamente gli fu risposto: «Come mai non hai aiuto per le
tue opere sociali? Ci sono tante buone figliole nelle Associazioni
Cattoliche! Serviti di loro». Ma l’altro, arricciando il naso e
scuotendo la testa, disse: «Purtroppo, non sempre sono ben
formate; non sono di sacrificio».
«E allora, vuoi distruggere le Suore, che appunto nella
vita religiosa vengono formate e diventano persone di
sacrificio?»
Questo colloquio è storico, e non fu fatto tra persone volgari.
Restiamo abbagliati dall’apostolato che riesce a fare qualche
buon laico, e ci sembra che sia meglio fare quello, quasi che
tra il dire e il fare, non ci sia di mezzo il mare. E poi, non
si considera che queste associazioni di laici fanno tanto bene,
128
Esaminando una Vocazione

appunto perché formate, organizzate, e seguite passo passo


dal Sacerdote o da qualche Religiosa. La fonte quindi di tutto
questo bene, è il Sacerdote.
E quantunque sia vero che ci vogliono i buoni laici nel inondo,
ciò non toglie che la Vocazione al Sacerdozio sia superiore, di
maggior bene e di maggior gloria di Dio, che l’apostolato laico.
E se il Signore ti chiama per il più e per il meglio, non è giusto
scegliere il meno perché più comodo, o forse perché più luccicante.
Diciamo la verità: questa ragione, si porta spesso, per camuffare
una segreta paura del sacrificio che la Vocazione impone; si dice
per far tacere la coscienza, che esige i diritti di Dio.
Noi vediamo questi bravi laici, che sono veramente il braccio
destro della Gerarchia Ecclesiastica, ma non sappiamo quanti
altri hanno desiderato essere così, e forse hanno sacrificato altri
ideali per diventare come loro, e invece... non sono niente, e
forse neppure dei semplici buoni cristiani.
Se interroghiamo questi apostoli del laicato, vedremo che il
più delle volte non hanno mai avuto l’idea di una Vocazione;
altri si sono dati all’apostolato, dopo il matrimonio, quando
non era più possibile prendere la vita Religiosa; altri sono dei
convertiti.
Consideriamo invece quelli che avevano avuto una volta
l’ideale della vocazione, e che avevano riscontrato in se i
segni di una vera chiamata di Dio, ma che non hanno seguito
quella via, perché affascinati da un frutto momentaneo
e più appariscente che si illudevano di poter ottenere rimanendo
nel mondo. Che cosa sono diventati oggi? Saranno l’immagine
sciatta del giovane del Vangelo che... abiit tristis; o, se saranno
riusciti a realizzare qualche cosa nel campo dell’apostolato,
sarà probabilmente una qualche cosa troppo misera a confronto
dei loro sforzi e delle loro speranze; e forse pensano con
nostalgia alla Vocazione, sacrificata per così poco. Un giovane
dottore, dopo una conferenza fatta con sodezza di dottrina e
con sentimento, mi diceva quando mi sono avvicinato a lui
per fargli le mie congratulazioni: «Queste sono sciocchezze! Il
vero bene lo fate voi Preti».
Credi forse che la Chiesa avrebbe guadagnato di più se S.
Ignazio, S. Domenico o S. Francesco d’Assisi, invece di farsi
Religiosi, fossero rimasti dei buoni laici, per l’apostolato laico?
129
Emvin Busuttil

Questo motivo non potrà mai distogliere uno dal farsi


Religioso. Infatti, si dice: Potrò fare del bene nel mondo.
Rispondo: Come lo sai? Se sei chiamato alla Religione, e non
segui la tua Vocazione, non farai del bene, perché non fai la
Volontà di Dio. Se invece sei chiamato per questa via, e non
per la via Religiosa, allora sì. Ma è proprio questo che si deve
provare, e non si può prendere la conclusione, come argomento
e prova della tua asserzione.
I buoni ci vogliono anche nel mondo; ed è appunto per questo che
Dio ci chiama: per essere il sale della terra e rendere buoni quelli
che seguono la via comune del matrimonio. E non mancheranno
mai i buoni laici, se non mancheranno i santi Sacerdoti.

13. Ma allora tutti si dovrebbero fare religiosi


Tu, pensa a te stesso. Se comprendi in maniera chiara, che,
ponderati bene i vantaggi e gli svantaggi, la via migliore per
te è la Religione, vuol dire che il Signore ti chiama, perché è
Lui che ti fa capire le cose sotto questo aspetto. Per gli altri,
non ti preoccupare. Se Gesù li vuole, lo farà loro capire, in una
maniera o in un’altra. Se non li chiama potranno leggere libri o
ascoltare prediche sulla Vocazione quanto vogliono; resteranno
indifferenti, o colla convinzione che la vita Religiosa non è
fatta per loro.

14. Non conosco il mondo


Per conoscere il mondo non c’è bisogno di aver gustato il
peccato. Tu conosci la gioia di un nido famigliare perché sei
nato e vissuto in una famiglia, conosci le gioie dell’amicizia o
di qualche divertimento onesto, divertimento del resto che non
sempre ti mancherà nella Religione. Forse non conosci tutto
il fango impuro nel quale è immerso il mondo, maledetto da
Gesù; e di questo devi ringraziare Dio.
Per conoscere se un pesce è buono o no, non c’è bisogno di
mangiarlo e neppure di gustarlo; basta odorarlo, e per gli esperti
basterà solo vederlo. Basta che tu possa dire come dicevano i
santi: So che il mondo è cosi cattivo e pieno di peccato, così
sciocco e vano, che si merita di essere abbandonato.

130
Esaminando una Vocazione

La Sacra Scrittura ti aiuta a conoscerlo quando ti dice: il


mondo è tutto posto nella malignità. Guai al mondo coi suoi
scandali! Tutto quello che c’è nel mondo è concupiscenza della
carne, concupiscenza degli occhi e superbia della vita... Non
prego per il mondo... Io dò una pace, che il mondo non può
dare... Voi non siete del mondo (perché siete miei amici).
Vuoi di più? Apri gli occhi e vedrai che il mondo è insincerità,
ingiustizia, oppressione del povero, esaltazione del peccato,
abuso dell’amore, epicureismo, anelito al piacere proibito,
tradimento, interesse, egoismo, sfarzo, vanità, superbia.
Poco di buono e di bello, come vedi. Non capisco proprio
perché dicono che noi Religiosi facciamo un sacrificio
nell’abbandonare il mondo. Fa forse un sacrificio chi dà un
pugno di melma, per una perla preziosa?

15. Non potrò esplicare tutte le mie doti naturali


Io sono portato verso la musica; io verso le scienze; la
botanica; l’astronomia; le lingue orientali. Io invece sono
portato al dinamismo, alle opere sociali; io, alla poesia, alla
pittura, alla scultura.
Questo svantaggio che tu trovi nella vita religiosa, è proprio
un vantaggio, che io non ho messo perché di ordine piuttosto
naturale. Quanti, nel mondo, avrebbero il genio della musica,
della poesia o di altro, ma non lo possono sviluppare
perché la famiglia esige da essi, occupazioni più lucrose! Il
Religioso invece, libero dalle cure di mantenere una famiglia,
a cui i Superiori permettono in linea di massima, di seguire
le inclinazioni naturali riguardo allo studio ed all’apostolato,
si trova proprio nella possibilità di sviluppare al cento per
cento, le proprie attitudini. Difatti tra i Religiosi, annoveriamo
tanti scienziati, astronomi, giuristi insigni, pittori e scultori.
Anzi, il Religioso sviluppa benissimo il suo genio, perché lo
mette a servizio di Dio e della Chiesa, Madre feconda di geni
e liberale mecenate di tutte le arti belle, ispiratrice dei più bei
capolavori dell’umanità.

131
Emvin Busuttil

Vuol dire che sceglierai un Ordine, dove potrai sviluppare


meglio le tue possibilità a gloria di Dio; un Ordine dove si dà
importanza allo studio, all’oratoria, o alla contemplazione (se
sei poeta); un Ordine attivo, se sei portato alla organizzazione
e al dinamismo, e così via.

Un altro metodo
Può darsi che col solo considerare e pesare i vantaggi e gli
svantaggi, il giovane non arrivi ad una soluzione soddisfacente,
e resti ancora nel dubbio.
S. Ignazio propone un altro metodo per conoscere la Volontà
di Dio. Praticamente si può attuare in questa maniera: Scrivi una
lettera ad uno sconosciuto, nella quale devi cercare di descrivere
fedelmente il tuo stesso stato d’animo, le preoccupazioni, i
desideri, le ansie, le paure, ciò che ti sembra del tuo avvenire,
le difficoltà che prevedi, ecc.
Poi metterai la lettera in un cassetto e la lascerai li per quindici
giorni. Intanto intensificherai la preghiera per avere lume dal
Cielo. Dopo quindici giorni la riprenderai, e immaginandoti che
ti venga da un amico che tu ami sinceramente e del quale vuoi
il vero bene, ti sforzerai di rispondergli punto per punto, dando
spassionatamente il tuo giudizio su quello che egli ti scrive, e
consigliandolo di fare quello che ti parrà meglio nel Signore.
Poi farai vedere il tuo lavoro ai tuo Direttore Spirituale.
Questo metodo, che a prima vista può sembrare puerile, è
invece, molto efficace, specialmente perché obbliga il giovane
ad esprimere per iscritto quello che prova e sente. In tal
modo, le difficoltà e i sentimenti non restano un non so che di
indefinito, ma prendono una forma concreta e consistente, e si
possono più facilmente vagliare, controllare e vedere nella loro
vera luce.
Qualche volta, nella fantasia, si presenta no delle difficoltà
insormontabili, un vero blocco di ostacoli, che poi, scrivendo
e descrivendo sulla carta, appaiono futili, o banali, o esagerati,
o inconsistenti.

132
Esaminando una Vocazione

Decisione
Dopo l’illuminazione dell’intelligenza, con meditazioni ed
esami, con considerazioni, e colloqui col Direttore Spirituale,
il giovane che crede di trovare nel suo cuore il gran dono della
Vocazione, con un atto libero della sua volontà, deve decidere
di seguire la Vita Religiosa.
Arrivato ad un certo punto, il giovane deve prendere questa
posizione netta per il si, o per il no; non può restare un eterno
indeciso, né andare avanti per forza di inerzia. Deve poter
dire trionfante e con sicurezza: Ho deciso. Ed orientarsi
definitivamente verso il suo ideale, preparandosi interiormente
ed esteriormente al raggiungimento completo, totale e definitivo
della sua Vocazione.

Che età bisogna avere19


La decisione può essere fatta sul serio e con vera comprensione,
a 12 anni La Chiesa considera già giovani, a 12 anni le ragazze,
a 14 i maschi. Ma in molti paesi, sia per una sviluppo precoce,
fisico e morale, sia per la libertà dei costumi, di vita e di
discorsi, sia per il dinamismo dell’ambiente, i ragazzi, sono
già maturi più presto di quello che noi non sospettiamo.

  L’autore sostiene una età precisa, ma lascia molta libertà in base alle qualità
19

della persona e del paese al quale appartiene. Nel Direttorio dei Seminari
Minori dell’IVE, nei numeri 143-144, si sottolinea la stessa idea riguardo il
Seminario Minore, ma aprendo la porta ai bambini ancora più giovani per i
quali si dovrà fare una struttura diversa: «Normalmente l’età dei candidati
al Seminario Minore è quella propria degli studenti di Scuola Media e
Superiore. Nei casi dei giovani che, avendo superato questa età, ancora
debbano finire i loro studi, deve cercarsi un'altra alternativa che non implichi
l’ingresso al Seminario Minore. Laddove sia possibile e si veda conveniente
si erigerà pure il Preseminario. Questo dovrà avere una struttura diversa
da quella del Seminario Minore, con degli orari ed attività diversi, proprie
dell’età dei bambini. Per il Preseminario dovrà essere adattata la struttura,
attività, i mezzi per la vita spirituale e la disciplina». Il Preseminario ha come
scopo la cura dei germi di vocazione, anche se il bambino non fosse del tutto
convinto ancora di averla. (N.d.E.)

133
Emvin Busuttil

Non è il caso di fissare un’età per la decisione. Questo si deve


lasciare alla prudenza del P. Spirituale e alla mozione della
grazia, che spira quando vuole e dove vuole20.
Notiamo solo che l’età della decisione non si deve confondere
con l’età dell’entrata in Religione. La decisione deve essere
presa prima di entrare, e quindi per essa si richiede una minore
età.

Alcune norme per il tempo dell’elezione e per il


tempo che segue la decisione
1. Il giovane non deve parlare con nessuno della sua Vocazione,
eccetto che col Padre Spirituale. E questo è prudente che si
osservi anche dopo la decisione, fatta qualche eccezione che
indicheremo a suo luogo.
La ragione è chiara. Il giovane deve essere libero nella
sua decisione; deve essere lui a decidere, e nessuno deve
influire sulle sue ricerche. Si fiderà del P. Spirituale, perché
uomo coscienzioso che lo guiderà con sincerità verso ciò che
sembrerà la Volontà di Dio.
Inoltre il Re divino ha i suoi segreti coi suoi prediletti, e non
ama che i suoi tratti di amore vengano propalati ai quattro
venti, ma desidera che siano custoditi gelosamente e nascosti
nel profondo del cuore.
Tutti gli altri che lo verranno a sapere, e che non siano il
P. Spirituale, non sono in grado di dare dei buoni consigli,
o perché non se ne intendono (come i parenti e gli amici), o
perché non hanno la «grazia di stato».

20 Il P. Ernst S. J. in uno studio su questa materia, pubblicato in «Nouvelle


Revue Théologique» (Tomo 69; 1947, N. 7), citando M. Debesse, dice che
in Francia, secondo un questionario a cui hanno risposto moltissimi tra
Religiosi e Sacerdoti, l’età della decisione oscilla tra i 12 e i 21 anno, con
una frequenza insistente dei 16 anni, età cioè della crisi dell’adolescenza.
Ma l’età dell’adolescenza varia secondo i popoli e le regioni. Se per l’Italia
Settentrionale possiamo accettare i dati del Debesse, per l’Italia Meridionale,
la Spagna, e altri paesi, dovremmo scendere ai 14, o anche di meno.
Con questo poli non si vuol dire che non si può decidere anche prima.

134
Esaminando una Vocazione

2. Si vigili che il ragazzo abbia come Direttore Spirituale


un Sacerdote o Religioso che sia osservante, e che ami la sua
Vocazione e la sua missione colle anime.
La ragione è ovvia: chi non ama la sua vocazione e non la
vive, non può dare di essa un’idea genuina e sincera.
3. Bisogna fornirlo di libri che trattano di Vocazione. Nei
colloqui spirituali non si può dire tutto, e quello che si dice
non si può sempre ponderare; molte cose si dimenticano, altre
si dicono senza sottolinearle. Il libro invece, si legge adagio,
si gusta, si può anche meditare, e supplisce al poco tempo che
noi possiamo dare al giovane. Non possiamo stare con lui tutto
il giorno, e parlare sempre della stessa cosa.
Il libro inoltre è impersonale e non esercita un fascino
speciale, né incute un timore reverenziale che diminuisce un po’
quella libertà di decisione che in questa materia è sommamente
necessaria.
4. Presa la decisione definitiva, bisogna cominciare ad
avviare il giovane alla Perfezione. Deve cominciare a vivere
la vita di un’anima sacerdotale: fare la meditazione, la lettura
spirituale, esercitarsi nella virtù, specialmente nella preghiera e
nella mortificazione. Non dobbiamo spaventarci di permettere
al giovane che ha la Vocazione, delle penitenze corporali:
qualche piccola catenella, un po’ di disciplina, dormire qualche
volta sul duro, e simili.
Il giovane che comincia già a fare queste cose arriva alla
casa del Noviziato preparato, e quasi mezzo Religioso;
comprenderà meglio gli insegnamenti del Noviziato, e non si
sentirà completamente estraneo al nuovo genere di vita che
intraprende.
5. Bisogna convincerlo che può perdere la sua Vocazione, e
che si deve preparare alla lotta col demonio, con se stesso, e
specialmente coi suoi genitori.
Questo spirito combattivo che è lo spirito genuino del
cristianesimo vissuto, ha un’efficacia particolare per
temprare il carattere del giovane e per rafforzarlo nella sua
Vocazione.

135
Emvin Busuttil

Sapendo inoltre che la Vocazione è un Dono che si può


perdere, egli si terrà lontano da ogni pericolo, e si darà ad una
preghiera umile e fiduciosa per ottenere la perseveranza nel
suo proposito.
6. Avviamolo subito all’apostolato; non però ad un apostolato
in grande stile, che lo distrarrebbe troppo, ma a quello di anima
con anima. Egli sentirà cosi la gioia di portare anime a Dio, di
vedere un’anima fare dei progressi per il suo aiuto e per il suo
lavoro. Se egli gusterà la gioia di fare del bene, sarà avvinto
per sempre all’ ideale dell’apostolato, e quindi del Sacerdozio.
Per questo aiuterà meravigliosamente la devozione al S.
Cuore di Gesù, colle sue molteplici forme di apostolato:
Consacrazioni personali, delle famiglie, delle botteghe; i Primi
Venerdì, il mettere l’Immagine del S. Cuore dove ci sono anime
lontane da Dio, ecc. Vi dico: Provate, e vedrete che frutti!
7. Non bisogna dargli troppa confidenza, né troppi colloqui
sulla Vocazione. Una volta che egli ha deciso, non ha più
continuamente bisogno di noi; dobbiamo lasciarlo un po’ per
conto suo, a rivedere e ruminare quello che ha scelto. Si deve
abituare a pensare da solo, e così resterà più convinto, e la
Vocazione la sentirà sua.
8. Intanto però il giovane sentirà tale entusiasmo, fervore
e gioia nella sua Vocazione, che avrà mi bisogno forte di
sfogarsi con qualcuno. E allora, dopo che egli ha deciso con
serietà, gli può suggerire di diventare amico con qualche altro
giovane che ha fatto la stessa decisione, così ne parleranno
tra loro, alimenteranno il loro fervore, facendo dei progetti e
parlando di quello che farebbero da Sacerdoti, da Religiosi o
da Missionari.
Intanto nei loro colloqui verranno fuori questioni e difficoltà
che scioglieranno da se stessi, idee esagerate e sballate che
correggeranno a poco a poco, e così si verranno maturando e
rafforzando tra di loro.

136
Esaminando una Vocazione

È incredibile quanto sia utile mia simile santa amicizia. I


giovani s’intendono meglio tra loro che non con lo stesso P.
Spirituale. Intanto lasceranno in pace il Sacerdote che si potrà
dedicare ad altri lavori o ad altri giovani che forse stanno
facendo l’elezione. Basta che egli parli con ognuno, di tanto
in tanto.
Ho conosciuto due bravi ragazzini che si erano messi in testa
di diventare eremiti. Passavano le ricreazioni, contemplando
e studiando carte geografiche, per trovare deserti e sceglierne
uno per loro. Non facevano altro che fantasticare su quello che
avrebbero fatto; e intanto vi si preparavano insieme pregando
e parlando sempre di cose di Dio. Avevano 11 anni, ma quel
periodo della loro fanciullezza incise profondamente in tutta la
loro vita spirituale, come ebbe a dirmi uno di loro. Oggi sono
tutt’e due entusiasti Religiosi, e lavorano con lena nella vigna
del Signore.
Però, prima di permettere una simile amicizia, colla relativa
rivelazione della Vocazione di ciascuno, è assolutamente
necessario:
1) che uno sia sicurissimo e sodissimo nella Vocazione;
2) che l’altro sia anche lui deciso seriamente, sebbene ancora
non nello stesso grado del primo.
Se non si bada a queste due cose succederà che se uno cambia
idea, vi trascinerà l’altro, o si tradiranno a vicenda rivelando ad
altri la Vocazione.

137
TERZA PARTE
Provando una Vocazione

Bisogna provare le Vocazioni


Il giovane che, sotto la nostra direzione col nostro aiuto,
è riuscito a decidere di farsi Religioso o Sacerdote, non
deve essere abbandonato a se stesso, né si deve credere
che un ulteriore lavoro nostro nell’anima sua sia inutile.
Bisogna che la Vocazione sia rassodata, che inetta radici
profonde di convinzione, che sia alimentata colla preghiera,
colle conversazioni e coll’apostolato; e finalmente
che sia provata.
Diciamo che deve essere provata finalmente, cioè alla fine,
quando la Vocazione non è più in tenera pianticella, ma è
cominciata ad essere un albero, quando cioè il giovane si è
reso pienamente conto di quello che fa e il tempo gli avrà
dato la possibilità di assorbire lentamente nel suo cuore tutto
il complesso di obblighi, gioie spirituali e sacrifici, che dovrà
esperimentare nel nuovo genere di vita che liberamente ha
scelto.
Sbagliano quindi enormemente tutti quelli che accolgono
i primi slanci di un giovane che sente la Vocazione, con una
doccia di acqua fredda, come si suol dire. Questi tali sono
troppo preoccupati di sottolineare il lato difficile e pieno di
sacrificio che ha la Vocazione, e con zelo degnò di miglior
causa, cercano di distoglierlo dal suo proposito.
Alcuni Sacerdoti agiscono così per far vedere che sono
alieni dallo spirito di proselitismo, e che non vogliono
minimamente influire sulla decisione del giovane; vogliono
far vedere che in questa cosa essi non si sentono interessati.

139
Emvin Busuttil

Non si accorgono però che il loro modo di agire può essere


deleterio per il ragazzo, il quale vede nel Sacerdote il suo
amico ed il suo ideale, e sta con docilità a quello che egli dice.
Il ragazzo avrà certamente dovuto fare una vittoria su se stesso
per rivelare il suo segreto, custodito con gelosia, e si aspetta
una comprensione completa da parte nostra; anzi, si immagina
di farci cosa grata manifestandoci la sua Vocazione.
Pensate che delusione per lui, sentirsi dire: «Tu, Religioso?
Ma non farmi ridere! E ti sembra forse che sia così facile
diventare Sacerdote? Ma lascia andare queste sciocchezze che
ti vengono nella testa. Sei giovane e bello; vuoi chiuderti in un
convento? o ammuffire nelle sagrestie... Dio chiama i giovani
santi non quelli come te!... Se vuoi un mio consiglio, pensa a
studiare e ad essere un buon cristiano nel mondo»
E sono frasi autentiche!
Non è questa la maniera di provare la Vocazione. È inutile
dire che poi, se il giovane resiste alla vostra freddezza iniziale,
cambierete maniera di fare con lui, e lo prenderete sul serio. Il
giovane, se è intelligente, non verrà più da voi, e farebbe bene;
e se pure riuscirete ad avvicinarlo di nuovo ed a parlargli in
tono incoraggiante, non vi crederà, perché avrà capito che non
siete stati sinceri con lui.
Intanto rimane perplesso, disgustato, e forse scosso, prima
del tempo.
Bisogna invece prendere la cosa sul serio e con gravità
fin da principio; e si può fare benissimo senza aver l’aria di
influenzarlo.
«Davvero? Hai la Vocazione? Sarebbe una grandissima
grazia di Dio. Ti auguro proprio di poterci arrivare perché
saresti davvero un giovane felice. Ma, raccontami un po’,
come ti è venuto questo pensiero?» E così, con calma, viene
fuori tutto con sincerità e con un senso di intima amicizia e di
confidenza, e voi potrete esaminare il caso con tranquillità. Il
giovane diventerà vostro amico, e vedendo la vostra sincerità
si aprirà con voi, convinto che mettendosi nelle vostre mani,
sarà ben guidato.

140
Provando una Vocazione

Obbligo di seguire la Vocazione


Prima di andare avanti, bisogna che abbiamo le idee chiare
su questo punto. Potrebbe sembrare inutile, perché chi ha vera
Vocazione, non pensa di seguirla perché ne è obbligato, ma
egli stesso smania dal desiderio di raggiungere al più presto
il suo ideale. Però il demonio può assalire il giovane con forti
tentazioni, facendo sembrare enormemente belli i divertimenti
del mondo, e terribilmente insopportabili i sacrifici della vita
Religiosa; tanto che spesso, dopo un po’ di tempo, questi
giovani sentono il bisogno di chiedere:
«Padre, è peccato non seguire la Vocazione?»
La risposta non è molto facile.
Se il giovane coll’andar del tempo si viene convincendo che
la sua decisione fu fatta in un momento di entusiasmo, e che
veramente la vita Religiosa non è per lui, per ragioni che il suo
P. Spirituale approva, è chiaro che non fa peccato se si ritira
dalla sua decisione. In questo caso, la sua decisione, messa alla
prova, apparve non ben fatta, o sbagliata.
Il guaio è quando il giovane, convinto di avere vera Vocazione,
non la vuole seguire per delle ragioni umane e futili, o per capriccio:
«Mi piace il mondo! Mi secca essere Religioso. Mi sembra di
essere ridicolo colla veste. Non voglio, perché non voglio».
E sono fatti che succedono davvero.
Conoscevo un giovane, buono, molto inclinato alla pietà,
sinceramente amico della grazia di Dio. Parlai con lui di
Vocazione, e lo trovai già quasi deciso. Dopo alcuni giorni era
convinto che Dio lo chiamava, e raggiante di gioia, parlava
ad ogni momento della sua Vocazione. Passarono due mesi;
egli aveva perfino cercato di attirare altri all’ideale della vita
Religiosa; mesi di apostolato e di fervore.
Un giorno mi viene in camera, tutto tetro in volto. Si siede e
mi dice ex abrupto:
«Non voglio più essere Religioso!»
Credevo che scherzasse, e risi.
«No, dico sul serio».
«Ma perché», chiesi diventando serio anch’io.

141
Emvin Busuttil

«Perché non voglio».


«Ma hai qualche difficoltà nella Vocazione; ti sei forse
accorto che Dio non ti chiama?»
«No, sono convinto e sicurissimo di avere la Vocazione;
ma io non la voglio. Non dirò di sì al Signore».
Rimasi esterrefatto! Cercai di fargli capire che si trattava di
una tentazione del demonio, il quale certo prevedeva il gran
bene che egli avrebbe fatto da Sacerdote.
Tutto fu inutile. Egli si chiuse in un mutismo ermetico;
neppure mi guardò una volta sola in faccia. Quando lo congedai,
ebbe ancora la preoccupazione di dirmi:
«Non mi consideri più tra quelli che si vogliono fare
Religiosi».
Poi, a poco a poco, cominciò a trascurare la Comunione,
la Preghiera, parlava contro quelli che si facevano Religiosi
(probabilmente per attutire il suo rimorso), poi lasciò il
Collegio e non si fece vedere quasi più.
Misteri del cuore e della libertà umana!
Mi ricordo di un altro caso successomi 12 anni fa. Un
ragazzo, fortemente volitivo; aveva 13 anni, e non era stato
sempre buono; aveva conosciuto il male e fu anche corruttore;
ma poi si era pentito, ed era divenuto sinceramente buono.
Entrato nella Crociata Eucaristica divenne un vero militante
del Cuore di Gesù: impediva i discorsi cattivi, faceva la lotta
alla stampa indecente, cercandola e distruggendola, rendeva
buoni i suoi compagni. Era un esempio per tutti; in cappella
serio e raccolto, coraggioso in ogni circostanza, e poi sportivo,
sapeva fare tutto, e riusciva bene.
Mi ricordo ancora le nostre conversazioni: mi dava giudizi
su tutto e su tutti, mi diceva le sue impressioni, insomma
parlavamo come due buoni amici, come se fossimo stati della
stessa età e condizione, né io provavo difficoltà alcuna di
spiegarmi con lui quasi che mi trovassi con uno meno maturo
di me. Eppure ero suo Prefetto e Professore.
Si voleva fare Gesuita, e anche Missionario. Non abbiamo
mai dubitato della sua Vocazione, né io né lui. Perseverò così
per un anno. Vennero le vacanze, ed egli rimase fedele e fermo.
Tornò in Collegio: sempre lo stesso.
142
Provando una Vocazione

Ma la notte di Natale successe qualche cosa che mi mise in


subbuglio. Si stava davanti al Presepio: canti, premiazione,
allegria sana. Vedo il mio piccolo amico, seduto vicino ad altri
due, che a giudizio di tutti erano poco puliti e meno devoti.
«Forse vuole impedire loro di fare discorsi cattivi», pensai;
ma loro modo di ridere e di ammiccare, non mi lasciava
tranquillo. Mi avvicinai, e sentii che canterellavano tra di loro
un’arietta poco edificante. Si accorsero di me, si diedero una
leggera gomitata, e continuarono più forte, perché io sentissi
meglio.
Eppure non poteva essere! Non potevo pensarlo! Sarà uno
scherzo che vuol farmi. Ma più li guardavo, e più mi accorgevo
che purtroppo, doveva essere successo qualche cosa nell’anima
del mio amico.
Alle 23,30 si andò in Dormitorio per cambiare il vestito, e
prepararsi alla Messa di Mezzanotte. Mi avvicinai a lui:
«Ma cosa ti succede?»
«Niente!» e sorrideva in modo canzonatorio.
«È il diavolo che ti tenta».
Si strinse nelle spalle. Allora capii tutto. Mi limitai a dire:
«E la Vocazione?»
«Ho cambiato idea. Non voglio più».
«Ma dubiti che il Signore ti chiama?»
«No! Ma non importa; non voglio più. Mi voglio divertire».
Che notte di Natale fu quella per me! Ho offerto tutto al Cuore
di Gesù; ma non riuscivo a rassegnarmi; e dopo le Tre Messe,
quando a letto non potevo prendere sonno, e comprendevo che
Gesù voleva che io mi assoggettassi a quella perdita: «Ebbene,
Signore, dissi, te lo sacrifico, ma invece di lui, voglio altre
quattro Vocazioni, perché tante egli ne vale».
E durante le brevi vacanze di Natale, feci la conoscenza
di quattro giovani, che sotto la mia direzione e dopo poche
conversazioni, decisero di farsi Religiosi... e Missionari.
L’ altro invece tornò alla vita di prima; fece di tutto per non
ritornare in Collegio, e ci riuscì. Seppi dopo, che la sua povera
mamma era disperata a causa sua, e che egli... si divertiva, ma
lontanissimo da Dio.

143
Emvin Busuttil

Che bisogna dire di questi tali? Possibile che non fanno male,
e non fanno peccato a buttare via in questa maniera, la grazia
della Vocazione? Non mi sembra.
È vero che in teoria, e secondo i principi razionali, bisogna
concludere che per se non vi è l’obbligo, sotto pena di
peccato mortale, di seguire la Vocazione, perché essa non è un
Comandamento, né un Precetto, ma solo un invito a seguire
Gesù più da vicino vivendo i Consigli Evangelici; ma nei casi
particolari, nella pratica, ci possono essere delle circostanze
tali, che possono rendere questo atto gravemente peccaminoso
e causa di una rovina completa, e forse eterna del giovane.
Aveva ragione dunque il P. Iorio, nel suo (Compendium
Theologiae Moralis» (Vol. II, N. 154) di esprimersi su questo
soggetto in una maniera abbastanza seria:
«Si domanda se e come pecchi chi, sentendosi chiamato
alla vita religiosa, non segue la Vocazione divina.
Rispondo: 1°. Per se e rigorosamente parlando, non
pecca in nessuna maniera; perché i Consigli divini, per
se non impongono alcun obbligo, dato che proprio in
questo si differenziano dai Precetti.
Rispondo: 2°. Tuttavia, a mala pena si può scusare
da qualche peccato, per il pericolo in cui si inette di
perdersi eternamente. Anzi, commetterebbe peccato
mortale, se fosse persuaso che l’unico mezzo che gli
resta per ottenere la vita eterna, fosse quello di fuggire i
pericoli del mondo, facendosi Religioso.
«Sono forse anche in cattivo stato quelli che, certi
della Vocazione divina alla vita religiosa, cercano di
persuadersi, che possono salvarsi ugualmente anche
rimanendo nel secolo, o ritornando ad esso (se per es.
sono già in Noviziato)? Non sembra che si possa dubitare
che costoro si espongano ad un grave pericolo di perdersi,
perché rimanendo nel secolo, contro la vocazione divina,
si privano di quegli aiuti speciali, che la Provvidenza
di Dio aveva loro preparato nella Religione, e perciò
difficilmente resisteranno alle tentazioni del mondo».
«S. Alfonso Maria de’Liguori però non osa esprimere
un giudizio certo su questo punto».
144
Provando una Vocazione

Il Ferreres, si esprime ancora più fortemente (cfr. Comp.


Theol. Mor., Vol, II, N. 921): ,
«La Vocazione al Sacerdozio, obbliga l’individuo a
seguirla, sotto pena di peccato mortale?
Ad alcuni sembra di dover rispondere affermativamente,
quando ci sono segni certi di Vocazione, e questo per i
gravissimi pericoli di perdersi, nei quali si troverà colui
che, disprezzata la Vocazione divina, di propria iniziativa
abbraccia qualche altro stato nel mondo.
Perciò S. Alfonso M. de’Liguori dice che questa
Vocazione è di tanta importanza, che da essa dipende la
salvezza, sia dei chiamati, che di molti fedeli».
Poi, a lettere più piccole, dopo di aver i dato questa, che
sarebbe anche la sua sentenza, il Ferreres continua:
«Altri tuttavia distinguono tra la Vocazione
imperativa, colla quale Dio impone un obbligo di
obbedire, e la Vocazione invitativa, per mezzo della
quale Dio invita allo stato clericale, ma non ne impone
uno stretto obbligo. Costoro dicono che la prima specie
di Vocazione obbliga sub gravi, mentre la seconda,
no...»
E questo modo di parlare dei Teologi non ci meraviglierà se
consideriamo come in pratica, Dio fa spesso scontare terribilmente
questo nò, detto in tono e nell’atteggiamento del piccolo ribelle
che butta via e spreca una grazia di predilezione, offertagli in
segno di immenso amore dal suo Redentore; e tutto questo...
per capriccio... o per il segreto desiderio di godere la vita... o
perché non si vuole ciò che sembra un sacrificio.
Se Dio castiga, vuol dire che quel nò, non è qualche cosa di
indifferente.

145
Emvin Busuttil

Le conseguenze del rifiuto


Ragioniamoci su un po’ e vediamo quali dovrebbero essere le
conseguenze di questo Nò, in quale posizione metta il giovane,
e dove dovrebbero sfociare comunemente queste «Vocazioni,
mancate per capriccio»

Conseguenze per l’individuo


Dio mi aveva preparato la vita religiosa, e aveva seminato
su quel mio cammino una serie di grazie, di mozioni, di aiuti,
che mi avrebbero accompagnato passo passo, mi avrebbero
aiutato, e mi avrebbero poi condotto alla salvezza e forse alla
santificazione.
Io, per colpa mia, per volontà mia, ricuso quella via e mi
metto in un’altra. Come mi troverò? Certo, avrò quelle
grazie sufficienti, che Dio non nega a nessuno, né mi sarà
assolutamente impossibile il salvarmi; ma avrò quelle grazie
efficaci, sovrabbondanti, continue, che Dio mi aveva preparato
nell’altra via e senza le quali la mia povera natura, già così
debole, probabilmente non riuscirà a salvarsi, se non con
estrema difficoltà e con molto sforzo?
Non lo so! Certo che la Misericordia del Cuore di Gesù è
grande, e può arrivare anche a questo punto. Ma non lo possiamo
esigere, come invece lo potremmo pretendere se seguissimo la
via che Egli stesso ci ha offerto e preparato...
Sarebbe forse esagerato dire che un giovane che ha la
Vocazione, ma che non la vuole seguire, è come un pesce fuor
d’acqua, il quale si dibatterà per un po’ di tempo, ma che finirà
per morire o per vivere una vita che non è vita?
Può darsi che Dio ha previsto che tu, nel mondo, ti dannerai
con certezza e allora, per salvarti ti dà la Vocazione e ti allontana
dal mondo. In tal caso, se tu non segui la Voce di Dio, non
andresti incontro, per colpa tua, a sicura rovina?
Il fatto sta, che questi giovani generalmente vanno a finire nel
peccato, e diventano la conferma più esatta e più palpabile del noto
proverbio: Corruptio optimi, pessima. Trovandosi immersi in uno
stato di rimorso continuo, cercheranno di smorzarlo col darsi, più
esageratamente degli altri, ai divertimenti e alle «distrazioni».
146
Provando una Vocazione

Spesso prendono Patteggiamento di indifferenti in materia


di Religione, cominciano ad abbandonare la preghiera, poi
l’Associazione, poi tutto.
Non solo, ma saranno inoltre, degli eterni spostati. Non
sapranno essere dei buoni papà, né dei buoni mariti, né buoni
capi di famiglia, perché non sono fatti per quello; la loro via era
un’altra. Anzi, spesso vengono puniti dal Cielo, proprio in quella
cosa, a causa della quale non avranno seguito la Vocazione, che
quasi sempre è qualche amore, o il desiderio del matrimonio. Essi
si troveranno «sfortunati» proprio in questo: moglie bisbetica,
malata, colta spesso da morte prematura, figli malati o discoli
all’eccesso, disubbidienti, irrispettosi e spesso impuri.
Quante volte mi è capitato di dire, dopo di aver ascoltato la
narrazione di una lunga serie di simili dolori:
«Ma lei, quando era giovane, aveva la Vocazione?»
E molto spesso mi sono sentito rispondere:
«Sì, Padre, come l’ha capito?... Anzi ero già in monastero,
poi sono uscita... Io avevo già fatto i Voti, e poi me ne son
tornata a casa».
Dio è buono e liberale, ma guai a disprezzare i suoi doni!
Un giorno mi si presenta un giovane sui 28 anni, alto, ben
piantato, ma cogli occhi stralunati.
Lo faccio sedere:
«Padre, se uno si spara nella spalla, avrà il tempo di
confessarsi?»
«Dipende, risposi, bisogna vedere se Dio dà la grazia di
confessarsi ad uno che tenta di uccidersi, pur sapendo di far
male».
Sembrava contrariato. Non mi disse nulla. Dopo un bel pezzo:
«Ma se uno si confessa, prima di spararsi, non basta?»
«Ma no; uno confessa i peccati fatti, non quelli che pensa
di fare, anzi deve avere il proposito di non commetterne
più. Ma dunque, cos’ha lei?»
«Pensavo proprio di sopprimermi».
Stetti con lui due ore. Lo incoraggiai, gli feci capire che non
era poi tutto nero nella sua vita. Gli dissi di confidare in Dio.

147
Emvin Busuttil

Aveva avuto due forti delusioni nell’amore. La prima


ragazza gli morì in un modo tragico, lasciandogli nel cuore un
fortissimo rimorso; la seconda, lo lasciò una settimana prima
del matrimonio, quando, il corredo già fatto e la casa affittata,
si preparavano gli ultimi documenti e la festa.
Dopo quel colloquio lungo e penoso, si sentì rinfrancato.
Lo accompagnai alla porta, e quando stava già sulla soglia, si
voltò ancora una volta per dirmi:
«Padre, fuori di questa porta, sono tutti pazzi. Beati voi che
vedete le cose nella loro vera luce. Fuori c’è il manicomio.
E dire che quando ero giovane, io ero seminarista, e
stupidamente uscii dal Seminario!» Fece un gesto di
disgusto, e se ne andò.
Quante volte mi son sentito dire: Padre, ho un vero desiderio
di essere perfetta, ma non ci riesco; a casa mi disturbano,
all’ufficio mi trattano male, e io non so resistere al rispetto
umano; e poi interiormente mi pare che Dio mi stia lontano;
ho una convinzione che starò sempre con questo desiderio
che rimarrà insoddisfatto. «Si capisce, soglio rispondere, non
so che farci, lei non sta dove dovrebbe stare, perché Dio la
chiamava altrove; anch’io penso che lei non si potrà mai sentire
tranquilla e a suo agio».
In molte di queste famiglie, sfasciate dal tradimento di uno
dei due coniugi, troverete facilmente il tradimento di qualcuno
di loro alla Vocazione divina.

Conseguenze per Gesù


Non è davvero bello, offrire un dono di predilezione, offrire
un’amicizia più stretta e più confidente, e vederla rifiutata...
perché considerata come una cosa da nulla, seccante, un peso;
perché ad essa si preferisce l’amicizia e l’amore degli uomini.
Deve essere stata una grande delusione per il Cuore di Gesù,
che aveva guardato il giovane del Vangelo con effusione di
affetto, vederselo poi partire triste; sentirsi dire di no in faccia.
Non dico che il Signore si perda d’animo, o che si troverà
imbrogliato, perché Egli non ha davvero bisogno di noi, ma
ciò non toglie che Egli resti offeso, ed anche addolorato per il
suo amore rifiutato e disprezzato.
148
Provando una Vocazione

Ecco quello che mi scrive in proposito un giovane di 14 anni:


«Padre, credo che non possiamo immaginare quanto
si dispiaccia il Cuore di Gesù, quando un giovane,
chiamato da Lui, ricusa di seguirlo e non corrisponde
alla chiamata.
«Quanti sono i chiamati! Ma quanto pochi quelli
che seguono la Voce di Dio. Ma Egli sarà anche molto
contento quando trova un’anima generosa che vuole
calcare le sue orme, e gli dice: Sì, Ti seguirò, per amarli
sempre, dato che Tu mi hai tanto amato. Grazie, Gesù!
«Sì, Padre, io voglio soffrire per il S. Cuore. E chi
non si vorrà sacrificare quando pensa all’amore di Gesù
per noi, e a tutto quello che Egli ha fatto e fa per amore
delle sue creature? E allora, che importa se io soffro per
quel Cuore che ci ha tanto amato?»

Conseguenze per la Chiesa e per il mondo


Diceva un libro:
«Se S. Patrizio non avesse detto di sì, quando a 14
anni aveva sentito la chiamata di Dio, oggi l’Irlanda
sarebbe Cattolica? Se San Francesco Saverio che
battezzò centinaia di migliaia di pagani, non avesse
corrisposto alla sua Vocazione, dove sarebbero andate a
finire tutte quelle anime?»
E se Don Bosco, Don Orione, S. Ignazio di ti avessero detto
di no a Gesù, dove sarebbe Loyola, S. Francesco d’Assisi, e
tanti altri Santi oggi tutto il bene che è venuto fuori dalle loro
istituzioni e dalla loro santità?
Ma io non sono S. Francesco! Grazie della notizia. Certo S.
Francesco fu quello che fu, e non si sarà reincarnato in te, ma credi
forse che i1 Santo, fosse già santo quando accettò la sua Vocazione,
o che egli sapesse già allora quello che Iddio avrebbe fatto di lui?

149
Emvin Busuttil

S Giovanni Bosco soleva dire che attorno a ogni Sacerdote


gravita un certo numero di anime, affidate a lui dall’eternità,
che egli deve salvare. Se egli non corrisponde, queste anime
resteranno senza il loro pastore. Saranno chiamati altri giovani,
è vero, ma questi avranno «le loro anime» da salvare.
Facciamo capire al giovane quanto bene potrà dipendere
dal suo «SI» generoso e leale, e invece, quante distruzioni
irreparabili, da un suo «NO» egoista.

Le prove
Ma la vocazione deve essere provata21.
E chi la deve provare? Il Direttore Spirituale? Non sempre. Ci
sono già le prove ordinarie, che chiamo volentieri «naturali»;
se queste venissero a mancare, dovrà supplire il P. Spirituale.

  Dal contesto di tutto il volume, condividiamo il fatto che il sacerdote


21

debba “provare” le vocazioni intendendo per tale prova la “valutazione”


che il Direttore Spirituale deve fare ogniqualvolta si presenti un candidato.
Non la intendiamo però nel senso di “mettere ostacoli” o “scoraggiare”
per valutare se sia pronta o meno. Sant’Ignazio dice che questo è opera
proprio dell’angelo cattivo (Cfr. Esercizi spirituali, n. 315), il quale, oltre
a non mancare nel suo modo di tentare, non deve affatto essere aiutato dal
sacerdote per impedire una vocazione, ma costui deve darsi da fare per
allontanare le insinuazioni diaboliche incoraggiando e animando il giovane
chiamato a fidarsi della grazia. L’unico modo di “provare” le vocazioni lo
intendiamo nel senso di chiedere le motivazioni che portano il giovane al
sacerdozio, di fare una breve verifica delle sue disposizioni - sapendo che per
la maggior parte dei casi potrà correggere molti difetti che possano avvertirsi
durante il tempo Seminario con l’aiuto della grazia - e nel saper presentargli
la croce senza “svuotarla”, senza nascondere cioè che siamo “inviati come
pecore in mezzo a lupi”: «Ci credano o non ci credano, noi siamo soliti a dire
a quei giovani che devono decidere il loro problema vocazionale o a quelli
che lo hanno già deciso, che secondo il nostro modo di vedere, la vocazione
al sacerdozio, e in genere alla vita consacrata, non è una chiamata per
passarsela bene, ma per passarsela male come insegna lo Spirito Santo: Figlio
se vuoi servire il Signore, prepara la tua anima alla prova (Cfr. Sir 2,1)…

150
Provando una Vocazione

Il tempo. Il tempo, non è solo un bravo rastrellatore che


uguaglia tutti, ma è anche uno dei migliori vagliatori delle cose
umane. Passati i primi bollori d’entusiasmo, passato il tempo
dell’elezione e dei colloqui ferventi, il giovane rientra nella
sua vita ordinaria, e a poco a poco, comincerà a vedere le cose
sotto tutti i punti di vista.
Bisogna dare al giovane un anno22, dall’elezione all’entrata in
Noviziato. In questo anno succederanno tante cose: studi, esami,
vacanze, amicizie nuove, tentazioni, avvenimenti, letture:
tutte cose che daranno un nuovo senso alla sua Vocazione;

che bisogna morire ogni giorno (1 Cor 15,31), o come dice il Kempis
“è preciso vivere morendo”; che bisogna essere crocifissi con Cristo
(Gal 2,19)….Se il giovane o la giovane, è disposto a questo, può darsi che
abbia vocazione, e se davanti a questo si spaventa e indietreggia, è segno
che probabilmente non abbia vocazione. Chi ha vera vocazione è disposto a
fare cose grandi, eroiche, incluso epiche per Cristo e la Chiesa» (C. Buela,
Sacerdotes para siempre, Ediciones del Verbo Encarnado, San Rafael
2000, 251). Questo però non si realizza in modo negativo, con lo scopo di
allontanare, ma trasmettendo la gioia e la scienza della croce, stimolando il
giovane a seguire Gesù fino al Calvario per accompagnarlo dopo anche nella
sua Risurrezione. (N.d.E.)
22
  Lo stesso Autore indica dopo che non è un principio universale né
matematico. Proprio a pagina seguente spiega che il tempo prima di
entrare in Seminario dev’essere soltanto quello necessario a seconda
siano le esigenze del singolo candidato e che in verità «sarebbe un delitto
lasciarlo aspettare inutilmente». Se il frutto è maturo bisogna toglierlo
dall’albero, e se il candidato è pronto nella sua decisione per il seminario
non bisogna lasciarlo nel mondo dove può marcire. Lui stesso spiega che
molte vocazioni si sono perse per una attesa indovuta. A questo riguardo
aggiunge con forza il Direttorio di Vocazioni dell’IVE al numero 22:
«I santi risposero con prontezza. Tale è il caso di Abramo (Gen 12, 4),
tale è il caso di Samuele; Parla Signore, perché il tuo servo ti ascolta
(1 Sam 3,10). In San Matteo si legge che Pietro ed Andrea, appena furono
chiamati dal Signore essi subito, lasciate le reti, lo seguirono (4, 20). Dice
san Giovanni Crisostomo, lodandoli: “Erano nel pieno del lavoro; ma al
sentire colui che comandava loro, non ritardarono, non dissero: ‘Torniamo a
casa e consultiamoci con i nostri amici’, ma lasciando tutto lo seguirono…

151
Emvin Busuttil

forse la renderanno più forte, lo obbligheranno ad esaminarla da


un altro punto di vista, lo confermeranno più insolitamente nel
suo proposito; forse, al contrario, in tutto l’insieme, il giovane
comincerà a preoccuparsi, ad aver paura, a temere che il passo
fatto nella decisione, fosse sbagliato; e allora moltiplicherà di
nuovo i colloqui col P. Spirituale, riesaminerà la sua elezione.
Tutto questo complesso di avvenimenti e di esperienze interne,
faranno sì che il giovane si possa rendere conto, con calma, di
quello che fa e di quello che liberamente ha scelto.
Inutile dire che, proprio in questo periodo, il giovane deve
continuare ad essere da noi assistito.
La conclusione sarà che se la Vocazione è vera, sarà meglio
radicata, più amata, più compresa e più forte, con una sicurezza
che il giovane non tornerà più indietro, né ora, né mai. Se
invece fu solo un momento di fervore, e non fu vera Vocazione,
il giovane capirà, e se ne starà in pace a casa sua.

Cristo vuole da noi un’obbedienza simile, in modo tale che non ci tratteniamo
neanche un istante”; con prontezza, come Giacomo e Giovanni che lasciando
all’istante le reti e il loro padre nella barca andarono dietro di Lui; come san
Matteo, che appena ascoltò la chiamata del Signore si alzò e lo seguì (9, 9);
come Ssan Paolo, in modo istantaneo… subito, senza consultare nessun
uomo (Gal 1, 16); come la Santissima Vergine una volta che conobbe la
volontà di Dio: avvenga di me quello che hai detto (Lc 1, 38), dirigendosi
in fretta (Lc 1, 39) a casa di Elisabetta. Nella vocazione bisogna seguire il
consiglio di san Girolamo: “Affrettati, ti prego; e stando sulla barca legata
alla riva non indugiare a sciogliere la gomena, ma tagliala” (Cit. in S.Th., II-
II, 189, 10.)». E qualche numero più avanti aggiunge che «la tentazione più
grande è di chiedere consiglio a molti e lasciar passare molto tempo, ossia,
la dilazione. Molti consigliano di ritardare la decisione di concretizzare la
vocazione, come se il mero fatto di differire e ritardare il tempo potesse
risolvere il problema: “Se i problemi si risolvessero soltanto col lasciar
passar del tempo, non ci vorrebbero i governanti”. Afferma san Giovanni
Bosco che “chi trova una scusa ogni volta per ritardare la vocazione, quasi
sicuramente non la concretizzerà mai perché troverà sempre nuove scuse”
[…] “Perché il diavolo fa tutto il possibile affinché colui che ha vocazione
rimandi la sua realizzazione, cercando… di far abbandonare tale proposito...”
(san Giovanni Bosco, OF, 645)» (n. 26). (N.d.E.)

152
Provando una Vocazione

Comunemente un anno è sufficiente. Per le Vocazioni tardive


però, cioè per quelli che sono già grandetti, quindi più maturi e
più seri, potranno bastare anche sei mesi.
Bisogna evitare di essere affrettati. Non si mandi uno in
Noviziato, appena ha preso la sua decisione, ma si facciano
le cose con calma, Il giovane, generalmente avrà una smania
di partire al più presto, e questo è segno di vera Vocazione, e
da parte sua egli deve pensare e volere così; ma noi dobbiamo
trattenerlo.
Però, ne quid nimis! Neppure bisogna andare all’altro eccesso
e temporeggiare inutilmente, obbligando tutti indistintamente
a fare il Liceo o a prendersi la Laurea, prima di entrare in
Noviziato. Un po’ di tempo fa bene, ma il troppo fa indigestione.
Quando ci sembra già tempo di capire che il giovane ha vera
Vocazione ed è sodo nella sua decisione, basta! Sarebbe un
delitto lasciarlo ancora aspettare inutilmente, privarlo di tanti
meriti e del suo ideale, lasciarlo ancora un anno in balìa delle
tentazioni e delle difficoltà che, se diuturne, diventano snervanti
e possono portare facilmente alla catastrofe.
Forse non sarà fuori posto, paragonare la Vocazione ad un
frutto. Quando il frutto è maturo, bisogna che sia tagliato e
tolto dall’albero, se no marcisce e si perde. Quante Vocazioni,
già mature, sono marcite e fallite, perché non colte in tempo!
E poi, alla fine, si dice: «Non aveva Vocazione». E invece la
Vocazione c’era, ma fu perduta per colpa nostra. Peggio poi,
se ci lasciamo indurre a fare aspettare il giovane, per ragioni
puramente umane.
Convinciamoci che è difficilissimo mantenere una Vocazione
nel mondo. Il giovane, che da un certo tempo ha la Vocazione,
è diventato quasi un’anima religiosa: delicato, tendente alla
Perfezione e alla Santità. Le tentazioni hanno più presa su di
lui, egli è diventato più delicato e sensibile, egli è già mezzo
Religioso. Obbligate un Religioso a vivere fuori del Convento.
Abbiamo visto quello che hanno dovuto provare i nostri cari
Cappellani militari, come dovevano lottare per mantenersi
fedeli al loro stato: eppure si trattava di Religiosi già formati.

153
Emvin Busuttil

Qui invece abbiamo un giovane, poco formato, spesso


simpatico e bello perché puro ed in grazia di Dio, in casa stia
si sta con un po’ di libertà; forse ha delle sorelle, e deve avere
continuamente tra i piedi le amiche che vengono a parlare o a
giocare con loro; nel gran mondo, circondato da giovani poco
delicati verso di lui, poco puliti, nel bollore dello sviluppo...
un complesso di circostanze che gli rendono quasi impossibile,
una vita pura ed integra.
È una vera agonia. Se non avesse la Vocazione, passerebbe
sopra a certe cose, ma con quest’ideale, deve rinunziare a
tante cose che gli sono a portata di mano, non si deve tradire,
non può scherzare con naturalezza, non trova altri della sua
stessa idea... Bisogna averlo provato. Chi scrive ha dovuto
agonizzare per cinque anni, prima di raggiungere il porto della
Religione.
E quelli tra noi che scherzano colle Vocazioni e fanno,
attendere il sospirato giorno dell’accettazione, sono forse quelli
che non hanno sofferto, quelli che, appena pronti e decisi, sono
riusciti ad entrare nella Casa Religiosa.
Vi immaginate un Novizio, obbligato a vivere nel mondo?
Il demonio. Figurarsi se starà senza far niente per impedire una
Vocazione! Cominceranno le tentazioni contro la Vocazione:
si vedrà tutto nero, insopportabile; si avrà timore di non aver
scelto bene, però nello stesso tempo non si troveranno ragioni
serie per dire che l’elezione non fu fatta bene; si comincerà a
provare una vera paura del passo che si sta per fare, pentimento
di essere stato troppo buono; il mondo comincerà ad apparire
più bello di prima, eserciterà un fascino tutto nuovo; nascerà
qualche simpatia impertinente; e mille altre tentazioni.
Potrà servire come saggio un brano di lettera, scrittami da un
giovane che si preparava ad andare in Noviziato:
«Per ora aspetto con ansia che mi facciano
lavorare coi bambini, per potermi distrarre, e non
pensare alle mie tristezze. Avendo una occupazione
e trattandosi poi di lavorare tra i bambini, che mi
piacciono tanto, spero di allontanare da me quest’incubo.

154
Provando una Vocazione

Nella sua lettera, lei mi diceva che le parlassi


chiaramente, e chiaramente le parlo.
Da un lato sentirei il desiderio di essere un apostolo
di Gesù e di lavorare per Lui, dall’altro il mondo che non
conosco, e appunto perché non lo conosco, mi attira. Il
pensiero di dovermi ritirare in Noviziato, mi appare come
un mostro terribile, e alle volte, mi fa perfino piangere.
Fra queste due cose in antitesi tra loro: il mondo e il
Noviziato, non c’è che una soluzione: la morte!»
«No, non rida! So ben io quello che dico.»
«Se lei sente per me veramente dell’affetto, preghi il
Cuore di Gesù, (a lei lo esaudisce sempre), perché mi
mandi la morte.»
«Io spero che succeda una qualche cosa: che so io,
una rivoluzione in cui mi ammazzino, che crolli qualche
casa, una cosa qualunque, purché mi liberi da questo
tormento.
In quanto alle amicizie, sono amicone con tutti, sia
Congregati, che non Congregati.
E questo è peggio, perché vedo che tutti sono felici,
anche quelli che fanno ciò che non è lecito di fare; tutti
felici. Ed io che mi voglio mantenere più vicino a Gesù, io,
che lo prego forse più degli altri, io devo essere infelice.
Lei, leggendo queste cose dirà, forse: Le solite
cretinate. Padre, l’assicuro che per me non sono cretinate.
Se mi vuol bene, preghi per la mia intenzione».
Sono tentazioni intime, che si provano e si sentono, ma che
non si possono descrivere. Un altro giovane, fu cosi assalito
da tali tentazioni, che una settimana prima di cominciare il
Noviziato, si sentiva ancora pieno di timore. Piangeva e si
rattristava.
«Ma sei sicuro che Dio non ti vuole?»
«Ma no!»
«Vuoi tornare indietro?»
«Affatto. Mi farò Religioso a tutti i costi. Ma ho paura; e se
non ho Vocazione?»

155
Emvin Busuttil

«Stai tranquillo. Queste tentazioni stesse sono segno che


hai vera Vocazione».
Difatti, se il diavolo vedesse che uno si fa Religioso senza
avere vera Vocazione, sarebbe felice ed incoraggerebbe
piuttosto. Se tenta ed ostacola, vuol dire che sa e capisce che si
tratta di una vera Vocazione.
Ancora una testimonianza: si tratta di un altro giovane vessato
dal demonio. Ecco quello che mi scrive:
«Due giorni fa una nuvola nera di tristezza aveva
invaso il mio cuore. Ma questa volta, grazie al S. Cuore,
ero preparato per l’attacco. Mi sono fortificato bene
colla preghiera e rimasi vincitore. Il Cuore di Gesù fu
con me, e adesso mi sento molto, molto contento per
aver riportato questa grande vittoria sul brutto diavolo,
e di averlo buttato con un calcio nelle fiamme eterne
dell’inferno.
Ora, sono molto felice, e dall’ultimo incontro con
lei, e dopo la giornata che ho passato con voialtri nella
vostra casa di villeggiatura, ho cominciato a preparare
il corredo, che è quasi tutto pronto. Il glorioso giorno
della partenza si sta appressando. La felicità mi
attende...»
Dirò anzi di più. Queste tentazioni dimostrano che tu non
sarai un Religioso qualunque che farà poco o nulla per la Gloria
di Dio; se no, il diavolo ti lascerebbe in pace. Se egli sì affanna
a tentarti, vuol dire che prevede che tu, da Religioso, gli darai
dei fili da torcere, gli strapperai molte anime, e gli schiaccerai
il capo nefando.
Queste tentazioni dovrebbero dunque rallegrarti.
Però attenzione! Il diavolo è più fino di quello che non
si creda. Egli si accorgerà che probabilmente non ti potrà
vincere per ora, perché sei ancora troppo entusiasta della tua
Vocazione, e allora, invece di tentarti direttamente contro la
Vocazione, si contenterà di suggerirti «di aspettare ancora
qualche altro anno; così sarai più maturo, conoscerai meglio
il mondo...»

156
Provando una Vocazione

Attento! Non devi mai essere tu a prendere una tale decisione.


Se te lo dirà il P. Spirituale, allora obbedirai, ed il Signore ti
aiuterà a perseverare. Dirlo tu, vuol dire che non sei deciso, che
già cominci a pensare ad una possibilità di tornare indietro, di
pentirti quasi della tua decisione.
Non mollare. II vero scopo del demonio, e dei suoi satelliti,
è quello di farti stare ancora un altro anno nel mondo, in balìa
delle tentazioni e delle seduzioni. In un anno potranno accadere
tante cose favorevoli a lui; egli ti potrà tenere attentamente e
strettamente sotto il suo controllo.
Se Dio chiama, non bisogna farlo aspettare. Ricordati: quello
che non è successo in 16 anni, può succedere in due minuti.
Quanti hanno perduto la Vocazione per aver voluto essere
«prudenti!» Il diavolo li ha indeboliti a poco a poco, e poi ha
dato il colpo fatale... e la Vocazione svanì per sempre!
La famiglia. Ecco un’altra terribile fonte di prova per il
giovane che ha la Vocazione.
Egli non deve parlare in famiglia della sua Vocazione, subito,
ma solo un tre mesi prima della sua entrata in Noviziato; e
questo per varie ragioni:
1. I suoi non sono adatti ad aiutarlo, perché non sanno
che cosa sia Vocazione, e l’affetto non permette loro di
considerare il lato spirituale, e quindi, il vero significato
di essa. Perciò, in generale, lo distoglieranno acremente, e
gli renderanno la vita impossibile con continue lamentele,
rimproveri, pianti, scenate e vessazioni. Se egli ne parla
troppo presto, arrivato ad un certo punto, non ne potrà più,
e gli verrà a mancare la calma e la libertà, necessaria sia
per gli esami, sia per rivedere la sua decisione.
2. Per i genitori sarà un dolore. Perché aprire la ferita prima
del tempo?
3. La Vocazione si deve radicare bene e rafforzare, prima
che sia capace di sostenere gli urti di una lotta con le
persone più care di questo mondo. Per questo ci vorrà del
tempo.

157
Emvin Busuttil

Però bisogna dirlo un po’ di tempo prima della partenza, non


all’ultimo momento, in modo che i genitori abbiano il tempo
di calmarsi, di entrare in questo nuovo ordine di idee, di aver
rimarginata la terribile piaga, aperta nel loro cuore. Non si può
pretendere die essi dicano subito di sì.
Anzi, bisogna augurarsi che, in un primo tempo, i genitori
dicano di no. Toccherà al giovane lottare, discutere con loro,
pregare, piangere se necessario, insistere e convincere. Il
giovane non deve mai essere violento, ne andare con minacce,
ma cercherà di pigliarli ad uno ad uno, con calma, e ragionare,
portando sopratutto argomenti soprannaturali, sulla Volontà di
Dio, la salvezza delle anime, ecc. Parli, insomma, con sincerità,
dei veri motivi che lo inducono a farsi Religioso.
Si dirà che essi non comprenderanno il suo linguaggio,
perché troppo spirituale, mentre essi forse son poco religiosi e
praticanti; ma è proprio quello che ci vuole. Essi devono capire
che il figlio ha tutto un altro modo di ragionare, più sublime
e più santo del loro, che essi non comprendono, ma che però
rende il figlio convintissimo di quello che dice.
Il giovane deve portare, a poco a poco, papà e mamma, sul suo
piano di ragionamento. Solo così riuscirà a convincerli, e solo
così essi comprenderanno che si tratta di una vera Vocazione
Tutto questo, non è così facile in pratica. Alcuni figlioli hanno un
vero terrore di papà, che qualche volta è violento e poco cristiano,
o, come capita più spesso, incute una grande soggezione.
Qualche giovane, ha dovuto scrivere una lettera a suo padre,
per scoprirgli il suo proposito. Gli mise la busta sul cuscino.
Papà lesse, pensò molto, non poté dormire; e poi, il giorno
dopo, discusse un po’ e tutto fu accomodato.
Alcune volte però capita che i genitori non lasciano parlare, e
lo fanno apposta per non decidere nulla, e lasciare cadere tutto.
Allora non è facile. Un mio giovane, per farli sentire, dovette
ricorrere ad una rappresaglia.
«Voi non mi pigliate sul serio, ed io neppure»; e cominciò
sistematicamente ed apertamente a non ubbidire in nulla.
«Va a prendere il pane!» ed egli restava al suo posto. Usciva
senza avvisare dove andava; non rispondeva, o rispondeva un
secco: Non voglio!

158
Provando una Vocazione

La cosa non poté durare. Difatti papà, dopo due giorni,


perdette le staffe, gli diede una buona bastonata, lo cacciò via
e fece un gran fracasso.
Però il giorno dopo, venne a parlare coi Padri. Aveva capito
che la cosa era abbastanza seria, e che egli aveva fatto male a
non ragionarla.
Qualche altro cominciò col dirlo alla sorella, pregandola che
ne parlasse in segreto alla mamma.
Bisogna vedere, caso per caso, quale metodo sia il migliore;
ma non mi pare un buon metodo quello di parlare noi Sacerdoti,
ai genitori, per rivelare loro la Vocazione dei loro propri figli.
Sembrerà che siamo interessati; senza dire che spesso si
offendono, perché penseranno che il figlio non abbia sufficiente
confidenza o fiducia in loro. E poi, per il giovane, non è affatto
formativo, l’andare a parlare noi per lui. La Vocazione è affar
suo, deve essere lui a combattere per essa. Bisogna che lavori
lui, altrimenti c’è il pericolo che egli subisca il nostro influsso,
e non si renda conto della sua Vocazione.
Tutto questo implica un complesso di preparazione, di
coraggio, di discussioni e di emozioni, che sono una fortissima
prova per la Vocazione.
Un giovane, dopo aver assistito ai pianti, svenimenti e
costernazione della mamma, venne da me per un po’ di iniezioni
di coraggio.
«Non ce la laccio più, mi disse. Non posso vedere la
mamma piangere così per causa mia. Dovrei partire al più
presto, se no temo che non avrò più la forza di farlo».
«Passerà, vedrai, dissi rassicurandolo. Tu ora lascia passare una
settimana senza parlarne più; poi tornerai alla carica; vedrai
che, dopo il primo colpo, la mamma sarà più ragionevole».
Un altro mi diceva: «Ogni volta che vedo la mamma, mi
viene una stretta al cuore. Essa lo sa; non mi dice nulla, ma io
penso a quanto essa debba soffrire, e soffro. Qualche volta mi
viene voglia di dirle: Mamma, stai quieta; non ti lascerò più!
Ma non lo posso fare: Gesù mi chiama».

159
Emvin Busuttil

Se le signore mamme sapessero che agonie devono soffrire


i loro figli che, per seguir la Voce di Dio, le devono lasciare!
Giudicherebbero un po’ diversamente questi cari ragazzi, e si
guarderebbero dal chiamarli: Crudeli, egoisti, assassini.
Anzi, ho fatto un’esperienza preziosissima. Ho visto che
le mamme delicate, quelle che amano profondamente i loro
figliuoli, non arrivano mai a questi eccessi, e pur soffrendo
terribilmente, non dubitano un istante dell’amore del figlio,
e si guardano bene dal dirgli delle frasi pungenti e offensive.
Quelle invece, che cercano, non il bene del figlio, ma il bisogno
del loro affetto o l’interesse per la loro futura vecchiaia, fanno
l’opera, e arrivano anche al punto di batterli, di non volerli più
vedere e di sgridarli in modo furioso. E chiamano ciò, amore.
Ciò è doppiamente doloroso al giovane, che comincia a
capire, proprio in quel momento, che l’amore della mamma
per lui, non era sincero, ne disinteressato.
Una mamma, che aveva una perla di figlio, non voleva dire
di sì alla Vocazione del figlio, ma non riusciva neppure a dire
di no; e mi diceva:
«Perché devo renderlo infelice negandogli il mio consenso?
Egli non vivrà mai nel mondo; è troppo santo, questo ragazzo».
Essa capiva (che lo diceva), che ritardare al figlio l’entrata
nel Noviziato, significava farlo molto soffrire. Essa sapeva
bene che il figlio agonizzava dal desiderio di partire, ma che
era di una tale delicatezza che non osava dire una parola un
po’ forte a lei, perché lo lasciasse andare. Ed io che ricevevo le
lacrime di tutt’e due, ero incantato a quella scena cosi delicata
e così unica; e per compenso, dovevo fare il «crudele» con
tutt’e due. Quando il ragazzo entrò in Noviziato, sia mamma
che figlio erano felicissimi.
Un altro giovane invece, piangeva per il dolore di dover
lasciare la mamma, e dimostrava tale dolore, che gli dovetti
dire che se non se la sentiva, lasciasse stare tutto... Lì per lì,
tentennò un po’, ma poi ebbe a soffrire tali angherie e lotte
contro la sua Vocazione da parte dei suoi, che, dopo un anno
di lotta, si era convinto che la mamma non lo amasse affatto, e
sentì smorzarsi anche il suo grande amore verso di lei.

160
Provando una Vocazione

Prepariamo il giovane a queste prove. Che egli sappia il


modo di comportarsi, conosca i suoi diritti, fin dove arrivi il
suo obbligo di ubbidire ai genitori, quale sia il vero amore,
e la maniera nella quale si sono comportati i Santi in simili
circostanze.
Dio. Spesso è Dio stesso che prova il giovane nella sua
Vocazione. Mentre nei primi giorni della decisione, Egli si era
fatto sentire colle sue consolazioni spirituali, infiammando il
cuore e facendo gustare un qualche lembo di Paradiso; si era
fatto sentire vicino all’anima, e le aveva fatto esperimentare
quanto fosse dolce amarlo e servirgli: ecco che invece ora tutto
è buio nell’anima: il giovane prega, e pare che il cielo sia fatto
di piombo; vorrebbe ardere di amore, e invece, tutto gli riesce
freddo: la preghiera è una noia; i sacramenti, cose meccaniche;
l’apostolato, un peso insopportabile e seccante. Il P. Spirituale
appare come un intruso, che non ispira più confidenza; le sue
parole, che prima avvincevano ed entusiasmavano, ora sono
senza colore, e... non dicono niente.
Pare che Dio l’abbia abbandonato, che egli cammini in un
bosco oscuro, senza guida e senza sentiero. Uno stato d’animo
molto doloroso, ma utilissimo a far sì che il giovane agisca per
convinzione e per ragionamento, non per solo sentimento od
entusiasmo.
Noi. Come si vede, è raro il caso in cui il Sacerdote stesso
deve provare con cose straordinarie la Vocazione del giovane,
perché è difficile che egli non sia provato da qualcuno di quelli
che abbiamo già considerato.
Parlo di prove straordinarie, perché qualche sgridata, o
qualche lezioncina un po’ forte, ci vuole sempre; anzi, a questi
giovani bisogna dare una formazione maschia e forte, non
delicata e quasi femminile.
Qualche volta potrà capitare che il giovane arrivi alla soglia
del Noviziato tranquillar mente e senza alcuna lotta, perché
tutto gli è andato a vele gonfie. I genitori contenti, i Superiori
pure, lui pienamente convinto, senza tentazioni, senza dubbi
o difficoltà. Allora è necessaria qualche scossa brusca, per
impedire che arrivi al Noviziato, senza accorgersene.

161
Emvin Busuttil

Mi è capitato con uno solo23.


Quando la mamma sua seppe della Vocazione, venne a
chiedere consiglio a me.
«Padre, che dolore! Come mi debbo regolare?»
«Lei Signora, al principio dica che non glielo permetterà;
vediamo come reagisce. Io voglio che egli combatta».
Ma la mamma era una cristiana troppo buona, e non seppe
giocare la commedia; era tanto devota ed esemplare... Bastava
una sola frase del figlio, ed essa doveva capitolare. Anzi, poi lo
aiutò ad espugnare il babbo che, a dire il vero, non osò mettere
alcun ostacolo.
I fratelli non seppero nulla, i compagni neanche; lui, fresco
come una rosa. La cosa mi preoccupava. Lo chiamai:
«Sei proprio convinto che hai la Vocazione? Io comincio a
dubitarne!»
«Ma perché, Padre?»
«Temo che tu non sei sincero. Tu non mi dici la verità; tu
non capisci quello che fai. Sei troppo bambino. È meglio
che aspetti qualche altro anno ancora».
Lo congedai senz’altro: era rosso in faccia, ma non mi disse
nulla. Solo si fermò sulla soglia, e disse:
«Ma, Padre...»
«Niente, caro. Non sono affatto convinto. Non si va bene!»
Uscì! Povero figlio. Io soffrivo, immaginandomi cosa doveva
essere per lui. L’indomani volli addolcire la pillola. Dopo la
Comunione viene in Sagrestia.
«Hai dormito bene?» chiesi sorridendo.
«Veramente, non ho potuto dormire».
«Vedi, per quello che ti ho detto ieri: pensaci un po’».
«Ma Padre, perché crede che io non sia stato sincero?»
«No, vedi; non volevo dir quello; forse ho sbagliato frase
(invece l’avevo fatto apposta). Volevo dire che mi sembri

  Riguardo le “prove” delle vocazioni, lo stesso Autore intende che si tratti di


23

rare eccezioni (infatti dice che le è capitato in un solo caso di dover farlo) ma
ribadiamo quello che fu detto nella nota 21 a pagina 150. (N.d.E.)

162
Provando una Vocazione

ancora bambino; non ti rendi conto di quello che fai. Dopo


una settimana ne riparleremo, ma voglio che tu ci pensi sul
serio».
Si tranquillizzò un po’. Ma resistette. Se mi avesse detto: Sì, è
meglio che aspetti; non l’avrei lasciato partire quell’anno. Egli
invece venne di nuovo da me, per convincermi che ero in errore;
e quando alla fine io mi misi a ridere, e gli dissi che era tutta
una montatura fatta apposta, egli mi scoppiò in lacrime, un po’
dalla gioia, e un po’ per tutta l’intima agonia che aveva sofferto.
Mi ricordo che piansi anch’io;... ma di gioia, nel vedere una
Vocazione tanto promettente per la Gloria di Dio.
Bisogna provarli. «Te la senti proprio di vivere sempre così,
per tutta la tua vita? Vedi cos’è successo a quel Padre: dopo
aver lavorato tanto per quella parrocchia, i Superiori l’hanno
sballato altrove, dove non conosce nessuno. Sarà così anche
con te; sei pronto? Vedi come sono odiati e derisi i Preti! Forse
vi sarà una persecuzione contro di loro».
Qualche volta sgridarli in pubblico, e fortemente, per qualche
piccola sciocchezza che fanno. E poi chiamarli in camera:
«Vedi come ti faranno in Religione; sei pronto a questo?»
Bisogna però dirlo poi a loro, che si fa così, solo per provarli.

Altre norme pratiche

1. Intanto studiamo bene il giovane. Vediamo come si


vince, come si comporta in casa, a scuola, coi compagni, in
Associazione. Vediamo se ha le attitudini necessarie, se ha
zelo, se è sincero, se si sa vincere, se è mortificato.
2. Facciamolo lavorare, specialmente nel campo delle
Vocazioni. Bisogna, se è possibile, affidargli qualche ragazzo
più piccolo, che abbia l’idea di farsi Sacerdote; dirgli che
lo formi lui stesso. Possiamo servirei di lui per trovare altre
Vocazioni, per far nascere questo desiderio negli altri. È
incredibile quanto i giovani riescano meglio di noi, in questa
materia. Essi sanno parlare al cuore, sanno colpire, e intanto
è un esercizio magnifico per lui, perché si rafforzi di più nella
sua Vocazione, perché si renda conto di quello che sta per fare.
163
Emvin Busuttil

Quante volte mi è capitato di dire a qualcuno di questi: «E non


ti pare che quell’altro ha anche lui la Vocazione?» e sentirmi
rispondere: «Padre, è proprio quello che pensavo. Ho pregato
tanto per lui. Gli voglio parlare; mi pare impossibile che Iddio
non lo chiami». E va a chiedere, parla di se, incoraggia, e viene
a galla un’altra bella Vocazione.
3. In tutto questo lavoro potrebbe darsi che noi abbiamo
esercitato una qualche influenza: sul ragazzo, anche, contro ogni
nostra intenzione, Sarebbe perciò desiderabile lasciare un po’ il
giovane per qualche periodo di tempo (tre mesi basterebbero).
Che vada da altri Direttori Spirituali, che faccia un po’ da se24.

  Ci vuole molta attenzione a non creare piuttosto confusione sulla vocazione


24

del candidato facendolo parlare con molte persone. Ricordiamo che anche
in questo contesto l’Autore si riferisce ad una situazione particolare, non
a dei principi universali. A pagina seguente infatti sostiene che bisogna
essere attenti ad eventuali tentazioni del candidato per non confonderlo
ancora più di quanto vorrebbe farlo il diavolo. Il Direttorio delle vocazioni
dell’IVE indica, nel numero 27: «Alcuni argomentano con la frase di San
Giovanni che dice non prestate fede a ogni ispirazione, ma mettete alla
prova le ispirazioni, per saggiare se provengono veramente da Dio (1
Gv 4, 1), volendo mostrare che è conveniente dilatare la riflessione fino
all’infinito, pretendendo di avere una certezza metafisica della vocazione.
Bisogna sempre esaminare tutto quello che è necessario, però nelle questioni
dubitabili le cose che sono certe non hanno bisogno di essere discusse: “chi
chiede l’ingresso nella vita religiosa non può dubitare che il proposito di
entrare in religione viene dallo Spirito di Dio, a cui è riservato il compito di
guidare l’uomo sulla retta strada (Sal 142, 10)” (S.Th., II-II, 189, 10, ad 1).
Perciò è triste vedere che alcuni si appoggiano ad una lunga deliberazione
piena di scuse per non fare quello che sanno che Dio ispira loro. In ultima
istanza, spetta a coloro che devono ammettere e discernere, cioè fare la
“critica”, vedere se il candidato è mosso dallo spirito di Dio o se opera per
inganno, se è il desiderio di perfezione spirituale quello che lo muove o se
soltanto – come a volte accade – è la vanità di spiare od intrigare (Cf. CIC, cc.
642-645)». Inoltre dice nel numero 18 «Non devono dubitare della propria
vocazione coloro ai quali è stato ispirato il desiderio di essere religiosi. Dice
San Giovanni Bosco: “Mi sembra un grave errore dire che la vocazione è
difficile da conoscere. Il Signore ci mette in tali circostanze nelle quali noi non
dobbiamo fare altro che andare avanti, bisogna solamente corrispondergli.

164
Provando una Vocazione

Lontano da noi, sarà libero da qualsiasi influenza, e, se continua


nella Vocazione, vuole dire che essa è tutta sua, e non potrà in
seguito pensare, che siamo stati noi la causa della sua scelta.
Sarà anche bene farlo esaminare da altri Padri, anche non
Religiosi, ovvero Religiosi di un Ordine diverso da quello che
egli desidera abbracciare.
E questo, non solo per rassicurare noi, se ce ne fosse bisogno,
ma specialmente per rassicurare e rafforzare il giovane stesso,
il quale, sentendosi dire da altri, che egli ha vera Vocazione,
resterà più tranquillo e più convinto.
Mi ricordo di un fatto un po’ umoristico, successo tre anni fa
ad un mio giovane.
Egli era timido quant’altro mai, e quando parlò colla mamma
per la prima volta della sua Vocazione, riuscì a parlare per
mezz’ora di seguito, cosa che fece strigliare tutti quelli che
lo conoscevano. La mamma però volle che il ragazzo fosse
esaminato da Sacerdoti che conosceva lei e nei quali non ci
fosse pericolo di interesse o di proselitismo.

È difficile conoscere la vocazione quando non la si vuole seguire, quando


si respingono le prime ispirazioni. È lì dove s’imbroglia il filo della
matassa... Guardate, quando uno è indeciso su farsi o non farsi religioso,
vi dico apertamente che questo ha già avuto vocazione; non l’ha seguita
immediatamente e si sente ora imbrogliato ed indeciso” (Biografia y
Escritos de San Juan Bosco, p. 557). Occorre chiedere consiglio solo in due
casi: uno, rispetto al modo di entrare, e l’altro, rispetto a qualche difficoltà
speciale che si presenti loro per il fatto di voler abbracciare lo stato religioso.
In questi casi si devono sempre consultare uomini prudenti che con giudizio
soprannaturale (e non mossi dalla passione), possano aiutare a discernere
quale sia la volontà di Dio. Mai si devono consultare i parenti, perché in
questo caso, non possono essere annoverati nella categoria di amici, ma
piuttosto in quella dei nemici della vocazione, secondo quanto dice il profeta
Michea i nemici dell’uomo sono quelli di casa sua (7, 6), frase che cita nostro
Signore in san Matteo (10, 36). Ci si deve consultare solo con un saggio
e prudente direttore o confessore. Non consigliarti con uno spietato sulla
bontà di cuore, con un pigro su un'iniziativa qualsiasi … Invece frequenta
spesso un uomo pio (Sir 37,11-12), al quale si deve chiedere consiglio nel
caso ci fosse qualcosa su cui bisogna consultarsi». (N.d.E.)

165
Emvin Busuttil

Lo fece quindi esaminare da un Francescano, il quale riconobbe


nel giovane una vera Vocazione; poi da un Salesiano, il quale la
consigliò di non ritardare inutilmente l’ingresso del figlio; poi
volle il parere di due Padri Gesuiti di sua conoscenza e fiducia,
e tutti la assicurarono che il suo figlio era serio e posato, e che
la sua Vocazione non era entusiasmo di un momento, ma una
vera chiamata di Dio.
La mamma però non si fermò qui. Mise il figlio sotto il regime
e la direzione del suo confessore, il quale gli diede dei libri da
leggere, ed esigeva che un giorno sì ed un giorno no, facesse
con lui dei lunghi colloqui. Questo per 15 giorni. Il Sacerdote
consigliò il giovane di aspettare (aveva già terminato il Liceo),
ma egli si oppose. Allora fu condotto da un altro Monsignore, e
qui di nuovo esami, domande, interrogatori... il povero ragazzo
non ne poteva più.
Intanto egli voleva farsi Gesuita, e noi sogliamo fare
esaminare i nostri candidati da quattro Padri esperimentati. E
allora, altri 4 esaminatori. Immaginate un po’.
Alla fine, dissi al giovane, ridendo:
«Nessuno sarà mai sicuro della Vocazione, come lo devi
essere tu, dopo tanti esami».
Quella mamma aveva fatto il suo dovere, ma non c’era
bisogno di tanto; bastava la metà.
4. E se il ragazzo si ritira, e dopo tentazioni o suggestioni,
paure e simili, decide di non continuare più sulla via della
Vocazione, che bisogna fare?
Intendiamoci! Se si tratta solo di una tentazione, più forte
del solito, e il giovane viene da noi per luce ed aiuto, perché
non vuole assolutamente desistere dal suo proposito di farsi
Religioso, allora bisogna aiutarlo seriamente e scoprirgli
gli inganni del demonio, e fargli capire che la sua non è
altro che una semplice tentazione, e non segno di mancanza
di Vocazione.

166
Provando una Vocazione

Se invece il ragazzo, fa capire che crede davvero che il P.


Spirituale lo abbia voluto attirare per forza, si allontana da
lui, comincia a cercare i divertimenti del mondo, a sfuggire
i colloqui sulla Vocazione... vuol dire che egli, o non aveva
Vocazione, o che 1’ha perduta.
Con questi è inutile insistere. Dio non vuole gente per forza.
Bisogna lasciarli in pace, e non perdere tempo nel volerli tirare
di nuovo sulla strada della Vocazione.
«Ma è un giovane di grandi doti; aveva tanto entusiasmo
poco fa; riuscirò a convincerlo di nuovo».
Lascialo stare! Se riuscirai a convincerlo, uscirà poi dal
Noviziato. Non dobbiamo dare a Dio dei cuori invecchiati,
che hanno già concepito l’idea ed il proposito di tradire la
Vocazione. Perderai il tuo tempo inutilmente. Cerca altri cuori,
più generosi, e volontà più serie.
Un giovane, dopo sei mesi di Vocazione, mi viene a dire:
«Ho cambiato idea».
«Perché?»
«Posso essere buono anche nel mondo».
Mai! Non poteva essere questa la vera ragione di quel
cambiamento. Indagai e ne venni a capo. Era nata una piccola
simpatia con una ragazza. Cosa naturale: tentazione contro la
Vocazione. Gli dissi che ero contento che avesse provato una
simile cosa: così avrebbe compreso meglio ciò che lasciava.
Il giorno dopo mi disse che era tornato al proposito di prima,
di continuare cioè nella Vocazione, e considerare l’incidente
come una semplice tentazione del demonio.
«Troppo presto cambi idea», dissi in cuor mio. Ma la cosa
non durò. Non se la sentiva più. Basta! Rimase con me
nell’Associazione; amici come prima, ma mai una parola di
Vocazione.
Un altro mi torna dalle vacanze. Comunioni di meno;
preghiera poca; svogliato.
«E la Vocazione?» domandai.
Non rispose, ma alzò le sopracciglia, come per dire: «Cosa
superata».

167
Emvin Busuttil

«Ho capito», e senza che egli mi pregasse, non parlai più


con lui di Vocazione, e non l’ho più considerato come un
futuro Religioso.
Se si tratta invece di qualche tentazione, non bisogna spegnere
il lucignolo fumigante, e dobbiamo sostenerlo, anche quando
tutto sembra perduto.
«Sa Padre, mi sento dire, T... è finito colla Vocazione».
«Come mai?» chiesi sorpreso.
«Sì, ha detto ai suoi che aspetterebbe fino ad un altro anno.
Non vuole più parlare con noi che abbiamo la Vocazione;
ha paura anche di lei».
«Possibile? Qualche tentazione! Devi farmelo venire qui,
assolutamente».
«Tenterò».
Dopo qualche giorno venne. Sembrava un cane bastonato.
Gli strinsi la mano:
«Alza gli occhi, su. Li voglio vedere». E quando mi guardò,
un sorriso cordiale dissipò ogni nube.
«Comprendo, cominciai, è stata una tentazione. Da una
parte forse hai fatto bene».
Mi guardò sorpreso.
«Sicuro, tu hai bisogno di calma per ora, per fare bene gli
esami; con quelle lotte di ogni giorno non potevi andare
avanti».
«E fu proprio per questo. Non ne potevo più; non potevo
studiare, e corro il rischio di essere bocciato. Non sarebbe
bello, dopo tanto studio».
La lingua cominciava a sciogliersi.
«Ma perché non venivi più da me, ne parlavi coi tuoi
compagni?».
«Mi vergognavo».
«E adesso, dimmi con sincerità; non mi offenderò se mi
dici la verità. Hai veramente cambiato idea? Non vuoi
più farti Religioso? Perché, se è così, non insisterò più su
questo punto, ma non credere per questo che non resterò
tuo amico».

168
Provando una Vocazione

Si mise a piangere. Aspettai; poi insistei.


«No, mi disse tra le lacrime, la Vocazione non l’ho perduta;
e se sapesse che rimorso sentivo per aver promesso a papà
di aspettare ancora un anno... Ma io voglio ancora essere
Religioso!».
«Certo, hai fatto un bel pasticcio. Ma possiamo ancora
rimediare».
«Come?».
«Tu dirai a papà che hai promesso così, perché volevi
essere lasciato in pace per poter dare gli esami. Ora che li
hai finiti, insisti di nuovo per partire quest’anno stesso»:
Respirò, poi sorrise. Gli ritornò tutto l’entusiasmo di prima.
Anzi, arrivato a casa, sentì il bisogno dì scrivermi una lettera
traboccante di gioia e di gratitudine.
Se per caso (cosa che capiterà rarissimamente) uno di questi
giovani, perduta la Vocazione, dopo qualche tempo ritorna
spontaneamente sui suoi passi, e viene ad insistere di nuovo
sul proposito di farsi Religioso, sarà prudente fargli fare
di nuovo selezione, come se non l’avesse mai fatta prima, e
trattarlo come uno che parla di Vocazione per la prima volta.
Bisognerebbe agire con lui, come se il suo primo pensiero
di Vocazione non fosse mai esistito; non si tratta di fare
delle puntellature o delle riparazioni, ma di ricostruire, di
ricominciare ex novo.
5. L’altra norma pratica che ho da dare è di grande importanza.
Poche settimane prima che il giovane entri in Seminario o vada
al Noviziato, bisogna dargli un’idea realistica dell’ambiente in
cui si troverà.
«Vedi, tu pensi che il Noviziato sia un Paradiso terrestre. Lo
è, ma i novizi non sono tutti degli angeli. Non devi credere che
tutti quelli che sono lì hanno la formazione che hai tu. Alcuni
non sanno neppure se hanno la Vocazione, e vanno lì solo per
provare. Perciò non ti devi meravigliare se vedi che qualcuno
fa il cretino, o che dopo un po’, se ne torna a casa. Anzi, se hai
l’occhio un po’ clinico, ti accorgerai tu stesso chi siano quelli
che non hanno vera Vocazione.

169
Emvin Busuttil

Inoltre pensa che tutti i giovani che sono lì, si trovano un po’
nella tua stessa condizione. Non sono ancora dei veri Religiosi,
ma giovani che vengono freschi freschi dal mondo, e che forse vi
portano ancora qualche ferita spirituale. Sono giovani che cercano
di formarsi, perciò, pur pensando che siano tutti migliori di te,
non ti devi fidare del primo che incontri, e non devi considerare
tutti i loro modi di fare, come cose che devi imitare, ma cerca di
formarti tu personalmente, aiutato dal P. Maestro.
Pensa pure che devi aiutare il P. Maestro nell’educare gli altri
novizi, e cerca di essere uno specchio col tuo esempio: uno dei
migliori, e possibilmente, il primo di tutti.
Perciò: non meravigliarti di qualche difetto che troverai; non
prendere tutto quello che vedi come oro spirituale; cerca di dare
il buon esempio, e di influenzare l’ambiente col tuo fervore.
Ma anche dopo il Noviziato, per quanto ti troverai in un
ambiente sempre più scelto e più formato, troverai qualcuno
che comincerà ad essere infedele al Signore e che a poco a
poco perderà la Vocazione. Dio sopporta questi tali, per prova
e santificazione dei buoni. Perché se tutti fossero santi, chi ci
farebbe soffrire? Chi ci ostacolerebbe nell’apostolato? Intanto
queste sofferenze ci vogliono se vogliamo che il nostro lavoro sia
fecondo. E allora vedrai questi tali che ti avverseranno per invidia,
per rabbia del tuo buon esempio, per incomprensione, per
antipatia. Tutte queste cose sono possibili. Questi tali però,
finiranno poi per andarsene definitivamente dall’Ordine.
Spesso il Signore farà sì che il Superiore stesso, non ti
comprenda, o che ti abbia sul naso. Tu dovrai soffrire tutto con
pazienza.
Sii sempre sincero; non seguire l’esempio di quelli che non ti
sembrano buoni Religiosi, specialmente di quelli che parlano
contro gli altri».
E via di questo passo.
Io l’ho fatto sempre questo colloquio, e i miei giovani, entrati
in Noviziato, mi raccomandavano poi in modo speciale «Padre,
non dimentichi di fare cogli altri che vogliono venire qui,
l’ultimo colloquio; è il più importante. Noi non ci meravigliamo
di nulla, e ci sentiamo preparati a tutto».

170
Provando una Vocazione

Hanno già visto uscire parecchi novizi; hanno visto parecchie


stranezze, ma sono rimasti fermi e tranquilli.
Tutto questo però bisogna farlo alla fine, quando il giovane
ha già la cognizione esatta della Vocazione. Dette nei primi
tempi della Vocazione, possono disturbare il fervore, e dare una
delusione dell’ideale che essi avevano concepito con colori più
paradisiaci. Verso la fine invece, dopo tante prove, e quando
la poesia e già mista a tanta prosa e ragionamento; queste
rivelazioni vengono comprese nel loro giusto significato, e
si dà loro l’importanza che hanno. Nessuno dei miei giovani
infatti, si è smarrito per questo, ma, dopo un primo momento
di sorpresa, comprendeva che tutto era naturale, e che doveva
essere così.
Al Noviziato poi, non sì lasceranno trascinare dal primo che
incontrano, ma seguiranno solamente il P. Maestro ed i suoi
insegnamenti, e si sforzeranno di superare gli altri, diventando dei
validi aiuti dei Superiori per il buon andamento di tutto l’ambiente.
6. E quando finalmente il giovane entra nel Noviziato,
bisogna che noi non ci intromettiamo più nella sua formazione
o nel giudizio da dare sulla sua Vocazione. Potremo scrivergli
di tanto in tanto, ma senza pretendere che i suoi Superiori
abbiano una qualche sottomissione al nostro giudizio,
o che debbano concederci dei privilegi, o una quasi paternità
spirituale sul nostro candidato. Molto meno possiamo
pretendere che ci siano permessi certi protezionismi che
pregiudicano la formazione integrale del giovane, mettono il
malumore nei suoi compagni, e spesso finiscono per far perdere
completamente la Vocazione.
Il nostro lavoro arriva fino alla soglia del Noviziato, varcata
la quale, ci saranno altri Superiori e altri formatori che avranno
da Dio la grazia di stato, per la formazione religiosa del
candidato.
E lasciamo anche a loro piena libertà di giudicare sulla
genuinità e sulla veracità della Vocazione del giovane. Nè
ci lasceremo scoraggiare nel nostro lavoro se forse, qualche
giovane aiutato da noi, finisce per tornare a casa sua.

171
Emvin Busuttil

Può darsi che non avesse avuto Vocazione, e può anche darsi
che, avendola avuta, non vi ha corrisposto, e per colpa sua,
abbia meritato di essere scartato dal Signore,
Molti sono i chiamati, ma non tutti ci arrivano.

Conclusione
Dopo tutto quello che ho detto e narrato, qualcuno potrebbe
pensare che gli stiano per capitare gli stessi fatti e gli stessi esempi.
Si disilluda subito. Ogni anima è un mondo nuovo e fa parte
a se. Ognuna si troverà in tali e tanto diverse circostanze, da
formare un nuovo problema, e richiedere un trattamento tutto
proprio.
Sarebbe anche erroneo pensare che io abbia descritto un qualche
metodo o che abbia tracciato un qualche codice di norme sicure che
si debbano seguire, pena l’insuccesso nel lavoro per le Vocazioni.
Qui ci troviamo nel mondo della grazia e del libero arbitrio.
Lo Spirito Santo ha mille maniere di agire colle sue anime, ne
possiamo pretendere che si restringa ai poveri nostri metodi.
La libertà umana è un mistero che confonde, e spesso reagisce
nelle maniere più disparate e più inaspettate.
Niente metodi precisi, dunque!
Il nostro intento era quello di fare delle semplici
considerazioni, atte ad introdurci nel clima delle Vocazioni, e
a riempirci di rispetto per l’azione della grazia, alla quale non
ardiremo mai di sostituire le nostre piccole vedute.
Abbiamo messo davanti al Lettore, con semplicità e
schiettezza, idee, cose e giudizi, senza pretensione alcuna di
fare testo; ma nel sincero desiderio che questi appunti possano
giovare per l’incremento delle Vocazioni, e per rendere felici
tanti cari giovani che sono chiamati da Dio a cose grandi.

172
APPENDICE I
I genitori

Ho già parlato, data l’occasione, della maniera come


comportarsi coi Genitori, in fatto di Vocazione. Qui vorrei
raccogliere ciò che non ho potuto dire prima, e dare ai genitori
stessi un’idea esatta della maniera in cui si devono comportare,
se qualche loro figlio viene chiamato da Dio al suo servizio.
Mi rivolgerò direttamente a loro, per maggior chiarezza.

Ciò che voi potete, o dovete fare.


Dovete rendervi conto ed esaminare il caso, per vedere se è
proprio il figlio che, liberamente e coscientemente, sceglie lo
stato religioso, e non subisca piuttosto l’influenza di qualche
Padre, o di amici, o di ambiente.
Quando un vostro figlio esprime il desiderio o il proposito
di sposarsi colla tale figliola, voi solete esaminare il caso,
chiedete informazioni per vedere se si tratta di un vero amore
e non di interesse, per vedere se la ragazza è sana, e la sua
famiglia immune da malattie o da disonori. Così anche qui.
Voi conoscete il vostro figliolo, e vi potrete accorgere se egli è
sincero o no.
Parlategli con calma; lasciatelo parlare, soprattutto; e poi fategli
le vostre difficoltà, presentategli i vostri timori. Inoltre esaminatelo
nel suo modo di agire. Se vedete che egli, da un po’ di tempo
in qua, è veramente diventato più serio, più devoto, più assiduo
alla Chiesa ed ai Sacramenti, ubbidiente, delicato nel parlare,
guardingo nel custodirsi, potete già cominciare a sospettare
che ci sia qualche cosa di vero nella sua Vocazione.

173
APPENDICE I

Una mamma, che non aveva voluto permettere al figlio di


farsi Religioso, dopo che egli era partito senza il suo consenso,
mi diceva rassegnata: «Ma si vedeva che questo ragazzo era
chiamato. Da un anno era diventato così ubbidiente, sacrificato;
sempre in Chiesa o tra i Padri. Prima invece, quando mai
ubbidiva? Era così diverso!».
Se invece vi accorgete che vostro figlio, colla bocca dice di
voler diventare Religioso, ma poi, non fa la Comunione, non
rinunzia al cinema e a certe amicizie equivoche, risponde, e
sta dissipato tutto il giorno; avete ogni diritto di pensare che
egli non ha Vocazione, o che non capisce che cosa sia farsi
Religioso.
Un papà mi diceva di suo figlio: «Ma se neppure si vuole
alzare al mattino per fare la Comunione! Devo incitarlo io,
ricordandogli l’anniversario della morte della nonna, il Primo
Venerdì, e simili ricorrenze».
Si capisce che quel ragazzo non è mai diventato Religioso: il suo
era piuttosto un atteggiamento di bravura, che una vera Vocazione.
Dopo di averlo ascoltato, esaminato, e sorvegliato, ditegli
pure il vostro parere, le difficoltà che vi sembra abbia la vita
Religiosa, la bellezza della vita di famiglia alla quale egli vuole
rinunziare, la vostra antipatia (forse) per l’Ordine che egli
vuole scegliere, quale Ordine vi piacerebbe di più, e perché,
ecc. Voi potete essere di grande aiuto al P. Spirituale per far
sì che il vostro figlio si renda veramente conto di quello che
lascia e di quello che abbraccia.
Potete anche obbligarlo a non fare una vita troppo ritirata,
e metterlo in una posizione di conoscere meglio il mondo. In
questo però bisogna stare attenti a non metterlo nelle occasioni
di peccato, come sarebbe farlo assistere a spettacoli di varietà o
a cinema sconsigliati, l’obbligarlo a frequentare balli e ritrovi
poco convenienti.
Però, per dare un giudizio esatto su una Vocazione, ci vuole
un Sacerdote o un Religioso, e perciò, dopo di averlo tastato
voi, è bene farlo esaminare da un Sacerdote sodo e santo e
disinteressato, nel quale voi avete fiducia e che possibilmente,
sia amico di famiglia.

174
I genitori

Andrete a parlare coi suoi educatori, e col suo Direttore


Spirituale; può darsi che voi possiate rivelare a lui qualche
angolosità o debolezza nel carattere di vostro figlio, che egli
non conosce, e che forse peserà sul giudizio che egli darà
intorno alla Vocazione di vostro figlio.
Finalmente non trascurate la cosa più importante, che è
quella di chiedere lume a Dio per vedere bene la sua volontà
divina, e forza per poterla seguire. Nessuno nega che è duro
per una mamma e per un papà, doversi, distaccare dal figlio e
consacrarlo a Dio nella vita Religiosa. A considerare la cosa
al lume della fede, è un onore per una mamma avere tra i suoi
figli un Prescelto; uno che è riuscito ad attirare su lui lo sguardo
dell’Onnipotente. Ma è certo, che costa al cuore. E costa, non
perché il figlio lascia la famiglia, perché ogni figlio dovrà
abbandonare la famiglia per formarsi un avvenire, ma perché
la lascia prima del tempo, cioè in un’età ancora giovanile.
Difatti, lo sforzo di tante mamme, non è quello di impedire
assolutamente la Vocazione del figlio, ma di procrastinare
e ritardare quanto più possono, la data della sua partenza.
E il sacrificio consiste proprio in questo: che Dio impone la
separazione... prima del tempo comune a tutti gli altri. Mamma
e papà non hanno ancora goduto abbastanza il loro figliolo, anzi,
viene loro tolto, proprio nell’età in cui egli appare più bello e
caro, perché nel pieno sviluppo, perché nell’età più fresca.
Ma è un sacrificio necessario, perché Dio chiama quando
vuole; Dio vuole il cuore fresco e sano; ne possiamo pretendere
che i giovani comincino il Noviziato a 26 anni, e che arrivino
al Sacerdozio a 40 anni.

Ciò che non potete e non dovete fare.


1. Come non potete forzare il figlio o la figlia a farsi Religiosi
se essi non hanno Vocazione; così non potete impedire loro di
seguire la Voce di Dio, se capite che essi hanno vera Vocazione.
Per il giovane, non è sicuro che commetta peccato mortale,
se, pur sapendo di avere vera Vocazione, rifiuta di seguirla.
Ma se egli ha Vocazione e la vuole seguire, chiunque glielo
impedisce, sicuramente fa peccato mortale.

175
APPENDICE I

Dio ha creato l’uomo libero, e vuole che egli eserciti la sua


libertà, in tutto, ma specialmente nella scelta dello stato, e più
ancora quando si tratta di Vocazione divina, perché in tal caso,
non è solo in ballo la libertà del giovane, ma la Volontà di Dio
stesso.
Gesù ha voluto far capire chiaramente, che in fatto di
Vocazione, il giovane non è obbligato ad ubbidire a nessuno,
e che deve godere della massima libertà. Quando Egli aveva
dodici anni, va al Tempio coi suoi parenti, ma poi vi resta senza
chiedere il loro permesso.
La Madonna e S. Giuseppe, a metà della strada di ritorno, si
accorgono che Egli non c’è. Lo cercano affannosamente per tre
giorni e tre notti, e finalmente col Cuore esulcerato dal dolore,
lo trovano nel Tempio. Alle rimostranze e quasi dolci rimproveri
della Madre sua: «Figlio, perché ci hai fatto così?». Gesù
risponde secco: «Perché mi avete cercato? Non sapevate che io
mi devo trovare là dove ci sono gli interessi del Padre mio?».
Perché mai Gesù agì in questa maniera, se non per dirci
che quando si tratta della Volontà di Dio, il figlio, anche se
dodicenne, non è obbligato ne di avvisare, ne di chiedere il
permesso dei suoi genitori? Cosa sarebbe costato a Lui,
avvisarli che sarebbe rimasto nel Tempio? Certamente, ne
Maria, ne Giuseppe, si sarebbero opposti al suo disegno. Ma
Gesù vedeva attraverso i secoli, che tante mamme e tanti papà
avrebbero ostacolato i loro figli dal seguire la Chiamata di Dio,
e volle dire a questi figli, che essi non erano affatto obbligati
ad ubbidire o a dipendere dai loro genitori, quando si fosse
trattato della Volontà di Dio.
Ecco perché tanti Santi si fecero Religiosi partendo
nascostamente da casa, e senza chiedere il permesso di nessuno.
Ed erano nel loro pieno diritto! E la Chiesa ha approvato
pienamente il loro modo di agire, sublimandoli agli onori degli
altari e additandoli a tutto il mondo come modelli di perfezione,
e perfetti esecutori della Volontà di Dio.
Il vostro figlio quindi, è pienamente libero, e non dipende da
voi nei riguardi della sua Vocazione. Rigorosamente parlando
egli potrebbe fare tutti i suoi piani, esaminare la Vocazione, e
partire, senza dirvi nulla. II fatto che i Padri Spirituali e i Superiori
Religiosi, consigliano il giovane, e spesso richiedono anche,
176
I genitori

che egli informi i genitori e che ottenga il loro beneplacito,


non significa che essi vogliano attutire o mutare la dottrina del
Vangelo, e menomare la libertà del ragazzo, ma lo fanno per
deferenza e rispetto verso i genitori, per evitare malumori, e
per sottoporre il giovane a questa prova.
Nè si può obbiettare che il giovane diventa pienamente libero
solo quando è maggiorenne.
Queste sono leggi puramente civili, e fatte per regolare le
cose civili, non le cose dell’anima, e molto meno, la Volontà
di Dio. Gesù era ancora minorenne, quando rimase nel Tempio
senza il permesso dei Suoi. E lo fece apposta, per dirci che in
questo, età non ha nulla a che fare.
Perciò il Ballerini, Teologo esimio, non dubita di dire: «II
ragazzo è libero. Però è bene che chieda il permesso ai suoi
genitori. Se essi rifiutano di dare il permesso, egli potrebbe
attendere un poco, ma se c’è pericolo che i genitori restino
duri, il figlio può e deve seguire la Vocazione senza il loro
permesso».
Ecco la dottrina della Chiesa, comprovata dall’esempio dei
Santi. Anzi il Concilio di Trento lancia la scomunica contro
tutti quelli che, senza alcuna ragione, impediscono colla
violenza o incutendo grave timore, l’ingresso in Religione di
chi ha Vocazione.
Voi non avete nessuna autorità, ne da Dio, ne dalla natura,
di dire di no, quando Dio dice di si; di ostacolare e frustrare i
disegni di Dio, e di attraversare la felicità e gli ideali santi dei
vostri figliuoli, che non sono vostri ma di Dio; che sono stati
solamente affidati a voi, perché li educhiate e prepariate alla
missione che essi dovranno compiere secondo la Volontà di
Dio.
2. Un’altra cosa che non potete assolutamente fare è questa:
esporre il vostro figlio alla tentazione, al pericolo di peccare,
per distruggere nel suo cuore, ogni idea di Vocazione.
Così fecero i fratelli di S. Tommaso d’Aquino, che lo chiusero
in una cella del loro castello, e poi vi introdussero una donnaccia
che lo doveva tentare e allettare al peccato impuro. Per grazia
di Dio egli resistette e con un tizzone ardente allontanò da se
quella belva impudica.
177
APPENDICE I

Questo sarebbe un vero delitto, e dimostrerebbe nei genitori un


animo bestiale, di un egoismo ributtante e di una vigliaccheria
senza nome.
Mi ricordo di un mio caro amico. Voleva farsi Gesuita, ma
appena parlò al suo tutore, questi pensò che gli avrebbe subito
tolto ogni «pazzia» di Vocazione. Gli avrebbe fatto fare un
viaggio, lo avrebbe condotto agli spettacoli più sporchi, lo
avrebbe messo in occasioni equivoche, e si sarebbe visto se
persisteva ancora nel voler diventare Gesuita.
Detto fatto. Come meta di viaggio scelse un paese fecondo di
spettacoli osceni e degradanti. E tutto questo... perché amava
il ragazzo e voleva togliergli questa «fisima». La mamma, una
santa donna, non ne sapeva nulla. Credeva si trattasse di un
semplice viaggio di piacere.
Immaginate la lotta di questo caro giovane, fatto anch’egli di
carne. Durante certi spettacoli, egli stringe la corona, chiude
gli occhi, cerca di schermirsi. E vinse eroicamente. Al ritorno
dal viaggio, mi disse: «Se sapesse che cose brutte e sporche mi
voleva fare vedere! Quanto ho dovuto pregare!».
Poi, vedendolo ancora persistente nell’idea di farsi Religioso,
lo cacciò di casa, diseredandolo; e così il giovane poté seguire
la Voce di Dio.
Sono vere facchinate.
E quanti di questi assassinii di innocenze! Si cerca uno
sporcaccione qualsiasi che voglia «smaliziare il giovane»,
quando non si cerca una strega; spettacoli obbrobriosi, discorsi
da carrettieri, esibizionismi fatti in casa, affettando distrazione
o combinazione.
E poi si pretende che il giovane ubbidisca, e non si erga con
tutto il suo essere e si difenda, anche colla forza.
«Ma se ha vera Vocazione, non la potrà perdere». È questa la
frase che si ripete per giustificare qualsiasi modo di procedere,
quasi che la Vocazione fosse un’anima che svanisce solo colla
morte, ovvero una durissima montagna che non può essere
sgretolata neppure colla dinamite. La Vocazione è una grazia
come tutte le altre, che si può perdere come tutte le altre;

178
I genitori

una grazia alla quale si deve corrispondere, che deve essere


alimentata, custodita e difesa, altrimenti si perde, come si può
perdere la Carità, la Fede, o la perseveranza nel bene.
Non potete pretendere che il vostro figlio, giovane, dimostri
una maturità e sottoporli pesi morali, che non riescono a
sopportare, neppure uomini consumati nella virtù.
3. Se avete capito che il figlio ha vera Vocazione, non potete
e non dovete ritardare inutilmente la sua entrata in Noviziato.
«Non ti dico di no, ma solo di aspettare un altro anno». Questo
equivale a dire di no. E lo spiego con un esempio.
Un mendico stava alle porte della città chiedendo elemosina.
Un giorno, passa di lì il Principe Ereditario, che, vedendo
questo povero cencioso, con sollecitudine paterna, scende dal
suo cocchio e gli porge una borsa piena di monete d’oro. Il
mendico, invece di allungare la mano e prendere con gratitudine
la grossa elemosina, rimane immobile ed impassibile; poi,
scuotendo il capo in segno di rifiuto:
«Mi dispiace, esclama, ma non voglio accettare elemosine,
se non la settimana ventura. Perciò, se ci tenete proprio
a farmi l’elemosina, dovete passare di qui di nuovo la
settimana ventura, scendere di nuovo dal cocchio, e
offrirmi la borsa, che io accetterò».
Cosa vi sembra che il Principe abbia risposto a quel
mendico, che, se non era completamente matto, doveva essere
un orgoglioso; che invece di chiedere umilmente, voleva
comandare ed imporre la sua volontà? Non rispose nulla; ma
neppure fu così stupido da scomodarsi di nuovo per fare i
comodi del mendico.
L’applicazione è chiara. Voi pretendete che il vostro figlio
dica al Signore che gli offre la Vocazione: «Signore, abbi
pazienza, mia madre non è comoda. Toma l’anno venturo, e,
se essa sarà comoda, io Ti seguirò, e farò la Tua volontà». E
pretendiamo che Dio si sottometta alla nostra comoda volontà!
Perciò: obbligare il figlio a procrastinare, significa negare il
consenso, e non volere che il figlio si faccia Religioso.

179
APPENDICE I

Gli esempi di giovani che perdono così la Vocazione, non si


contano, e sono all’ordine del giorno. Ma poi, dite la verità:
Perché volete che il figlio aspetti ancora? Perché sperate che
in questo periodo egli cambi idea; e quindi il vostro è un vero
attentato per far perdere la Vocazione al figlio.

Fate un cattivo gioco.


E finalmente, quando siete riusciti a distruggere la Vocazione
di vostro figlio, che cosa avete conchiuso? Ve lo dirò io:
1. Avrete fatto del vostro figlio un infelice, uno spostato, e
forse un dannato.
2. Avrete attiralo sulla vostra famiglia i castighi di Dio.
Siamo proprio ingenui se crediamo di poterla vincere
contro Dio.
Una mamma, si oppose energicamente alla Vocazione del
figlio. Conseguenze: il ragazzo dovette rimanere a casa, con
suo rammarico, ma con gioia della mamma. Ma quella gioia
non doveva durare. Il figlio cade malato. Il verdetto dei medici
è terribile: tisi. Dopo qualche mese, il giovane è moribondo. La
mamma è sola nella camera dei malato, desolata:
«Mamma, tu non mi hai voluto lasciare andare nella Casa
di Gesù; ma Egli mi prende lo stesso».
Furono le sue ultime parole.
Che rimorso per quella mamma che aveva cercato il suo
egoismo, più che la vera felicità del figlio!
Il papà di un mio compagno, che in un primo tempo si era
opposto alla Vocazione del figlio, una notte, pensando al fatto
che ho testè narrato, e che era avvenuto qualche anno prima,
nella sua stessa città, pensò: Ma Dio, non potrebbe mandare a
mio figlio, qualche polmonite e prendermelo lo stesso? E allora
che rimorso sarebbe per me!
Si alzò da letto, andò a svegliare il figlio che dormiva
tranquillo, e tra le lacrime gli disse: «Va’ pure, figlio mio. Non
posso dirti di no: Dio è il Gran Padrone».

180
I genitori

Il P. Grech Cumbo S. J., Missionario nel Santal Parganas


(India) racconta di un giovane della sua Missione di nome
Sebastiano. Appena dato l’esame di ammissione all’università
(Matricola) confida al Missionario la sua Vocazione al
Sacerdozio. Immaginate la gioia del Padre: sarebbe stato il
primo Sacerdote indigeno di quella Missione!
Ma c’era una difficoltà. Bisognava espugnare il papà.
Nonostante tutti gli sforzi del giovane e del Missionario, il
papà non volle mollare, non volle dare il suo consenso, e addusse
come giustificazione del suo modo di agire, la possibilità che i
futuri figli di Sebastiano sarebbero potuti diventare tutti preti o
monache; il che sarebbe stato un vero guadagno per la Chiesa,
e lo avrebbero ringraziato per aver impedito che suo figlio si
fosse fatto Sacerdote.
Vedendo che il ragionare era tempo perso, il Missionario
terminò la discussione col dire: «Bada, se tu neghi il figlio a
Dio, te lo prenderà Egli stesso».
Il giovane fu obbligato a prendere moglie, ma il giorno stesso
delle nozze, si sentì male, gli furono amministrati gli Ultimi
Sacramenti, e volò al Cielo.
Il papà aprì gli occhi, ma era troppo tardi. Umiliato e
addolorato, andò dal Missionario e, buttatosi colla faccia per
terra, chiese perdono della sua cocciutaggine25.
La Superiora dell’Ospedale, dove veniva curata Giacinta, la
piccola Veggente di Fatima, chiese un giorno alla mamma della
piccola inferma: «E se il Signore chiamasse alla vita Religiosa
le altre due sorelle della piccola Giacinta, lei sarebbe contenta?».
La mamma non si aspettava quella domanda, ma la risposta
fu pronta: «Dio me ne scampi».
Giacinta non aveva saputo nulla di questo dialogo tra la
Superiora e la sua mamma, però, dopo una visione della Madre
Celeste, che soleva venirla a visitare in quel luogo di dolore,
disse alla Superiora:
«La Madonna vorrebbe che le mie due sorelle si facciano
Religiose; mia madre però, non vuole; la Madonna perciò
verrà tra poco per condurle in Paradiso».

  Lil Abiebna. Ottobre 1947. Pag. 158.


25

181
APPENDICE I

Difatti, lei due sorelline morirono poco dopo di lei26.


Quante volte si ripete questa tragedia d’amore. Dio ha
preparato un’anima alla vita Religiosa, ma, conoscendo
i genitori, prevede con certezza che essi impediranno a
quest’anima di seguire la Sua via; e allora Egli la prende subito
con se, per impedire che essa viva una vita infelice quaggiù, e
metta in pericolo anche la sua salvezza eterna.

1. Renderete infelice il vostro figlio.


Conosco una brava signora. Da giovane voleva farsi suora,
ma la mamma vi si era opposta pazzamente. La ragazza scappò
due volte da casa e si rifugiò in Convento, e la mamma la andò
a rilevare violentemente e colla forza pubblica, facendola
comparire come pazza davanti al tribunale, che naturalmente
obbligò le Suore a rimandarla a casa.
La figliola si dovette sposare, ma lo sposo le morì dopo pochi
anni. - Non può godere il matrimonio chi non vi è chiamato.
Aveva un figlio, che fu il martirio della sua vita e il tormento
del suo cuore. Discolo, disubbidiente, pronto a rispondere
ineducatamente, e non studiare; freddo nelle cose di Religione.
Intanto le viene un colpo al cuore, che la lascia mezzo
paralizzata, impossibilitata a camminare se non con grande
fatica, difficoltà di parola: un rudere di donna. La mamma di
lei era ancora viva, e un giorno, la figlia, in preda al dolore le
dice: «Vedi come sono ridotta? Se mi fossi fatta Suora, forse
non mi sarebbero capitati questi guai».
E la risposta non si fece attendere: «Meglio vederti così, che
saperti Suora».
Che amor di mamma! Eppure, quante, anche oggi, dicono lo
stesso? Meglio vederlo morto che saperlo prete.
Molti conoscono il libro intitolato: Una Vocazione tradita.
È una documentazione che, attraverso a lettere e a fatti, segue un
giovane che, ostacolato dalla mamma dal farsi Religioso, finisce
per diventare pessimo, e viene messo in carcere per assassinio.

26  Da Fonzeca. Le Meraviglie di Fatima. S.A.S. Pag. 125.

182
I genitori

La mamma lo vuole vedere per l’ultima volta, prima che venga


giustiziato; ma egli la caccia via: «Vattene via. È tutta colpa
tua!».
In Francia, una giovane Zelatrice dell’Apostolato della
Preghiera sente che Gesù la chiama per essere sua Sposa.
Ma i genitori non vogliono; anzi, si prendono la briga di
trovarle un altro sposo, di loro gradimento. Fu fissata la data
del matrimonio. Essa prega il S. Cuore che la faccia morire
prima di dover offuscare o peggio, distruggere il giglio della
sua verginità. Essa voleva essere la Sposa di Gesù, e di nessun
altro.
Mentre la stanno abbigliando per le nozze, sviene. Il medico
dichiara disperato il suo caso, e il Sacerdote che doveva
benedire il matrimonio viene chiamato per darle gli Ultimi
Sacramenti; e alle 4 p.m. dello stesso giorno, rese l’anima a Dio.
E i genitori rimasero impietriti sotto il peso del meritato
castigo.
Dio è geloso del suo amore, e guai a chi si intromette tra Lui
e le anime del Suo Cuore.

2. Attirerete sulla vostra famiglia i castighi di Dio.


Non solo non potrete godere quel figlio che avrete strappato
a Dio, ma tutta la famiglia ne dovrà soffrire.
Un Religioso mi raccontò la tragedia di una famiglia che egli
conosceva.
I genitori si oppongono alla Vocazione del figlio, ma non
riescono a bearsi troppo della sua presenza, perché dopo appena
un anno, una forte malattia lo conduce alla tomba. Il dolore di
quei due genitori era ancora fresco, ed ecco che il secondo figlio
viene colto da una terribile malattia, e muore. Il terzo figliolo,
tornava a casa in congedo: tutti felici e preparati per fargli
festa; ma durante il viaggio in aeroplano, ebbe uno scontro
e morì sfracellato. Alla terribile notizia il papà non resiste e
muore di colpo; la mamma, nell’assistere ad una tragedia così
tremenda e crudele, perde la ragione, e deve essere ricoverata
in un manicomio.
In pochi anni, tutta la famiglia è sfasciata.

183
APPENDICE I

Una Suora, Ancella del S. Cuore, mi raccontò ciò che


successe alla famiglia della sorella del suo P. Spirituale.
Uno dei suoi nipoti era entrato alla Consolata per diventare
Missionario. La mamma era inconsolabile, e andava quasi
ogni giorno per spingerlo a tornare indietro. Tanto disse e
tanto fece che il giovane non riuscì a resistere più oltre, e
tornò. Continuò i suoi studi all’Università, e si laureò in
Ingegneria. Lo stesso giorno della laurea ebbe uno scontro in
bicicletta e morì.
Immaginate il dolore della mamma. Ma ecco che dopo sei
mesi, le muore un secondo figlio. Questa volta la povera donna
impazzisce e viene ricoverata in una casa di salute; ma dopo un
anno si riprende, e può tornare a casa.
Vedendo che Dio la castigava nei figli, supplicò il terzo che
le restava ancora, di ritirarsi dalla sua carriera di aviatore,
e di passare la vita tranquillamente in casa, lontano da ogni
pericolo. Pensava così di togliere a Dio la possibilità di
castigarla ancora, togliendole l’ultimo figliolo.
II giovane ubbidì, ma pregò la mamma che almeno
gli permettesse di fare l’ultimo volo, prima di lasciare
definitivamente il suo aereo. Essa acconsentì.
E proprio in quell’ultimo volo, l’apparecchio ebbe qualche
guasto, non funzionò bene, il motore si fermò, e l’aereo precipitò,
riducendo il povero pilota ad un ammasso di carnicine.
La Suora che mi raccontò questo fatto, aveva anch’essa delle
difficoltà da parte dei suoi, ma il suo Direttore Spirituale, che
era lo zio di questi tre giovanotti, le disse di scappare via da
casa, senza il permesso dei suoi genitori, se non voleva che Dio
castigasse in una maniera così terribile, anche la sua famiglia.
Potrei moltiplicare gli esempi, ma la mia intenzione non
è quella di scrivere un libro di fatterelli e di esempi. Questi
basteranno per confermare eloquentemente le mie affermazioni
e constatazioni.
Dio è nel suo pieno diritto di agire così, perché Egli è il vero
Padrone di tutti, e deve farci sentire in qualche maniera questo
Suo Supremo Dominio, e farci capire che non violeremo mai
impunemente la Sua divina Volontà.

184
I genitori

La realtà.
Invece di guardare solo il lato doloroso della Vocazione,
guardate anche gli altri lati, per avere un’idea reale ed esatta di
quello che vuol dire per voi, avere un figlio Religioso.
È un onore per la vostra famiglia, che Dio si sia fermato
proprio davanti alla vostra casa, per scegliere dal frutto del
vostro amore, uno dei suoi ministri, un amico del Cuore, un
continuatore della sua opera redentrice, un Suo collaboratore
per la salvezza delle anime.
Dio così collauda educazione cristiana che voi avete dato ai
vostri figliuoli e vi addita a tutto il vostro paese come famiglia
esemplare e profondamente cristiana. Infatti, fatte poche
eccezioni, Dio sceglie ragazzi buoni, moralmente sani e puri;
giovani che sono stati custoditi bene e guidati santamente.
La Vocazione di vostro figlio significa la benedizione di Dio
su tutta la vostra famiglia. Se il castigo suole cadere su tutta la
famiglia, anche la benedizione deve toccare tutti; e del resto,
si vede in pratica che è così. Domandate a qualsiasi madre di
Sacerdoti o di Religiosi, ed essa vi dirà che la sua famiglia è
fatta segno della benevolenza di Dio, colma di grazie e di gioia.
Vi assicura: il centuplo in questa vita e la vita eterna. Non
è il vostro figlio solamente che usufruirà di questa promessa
divina che si trova nel Santo Vangelo. Gesù infatti dice: «Chi
lascerà il padre e la madre (e questo vale per il figlio che lascia
il padre e la madre), il figlio, la figlia (e questo vale per voi), gli
averi, ecc. avrà il centuplo in questa vita e poi la vita eterna». Il
vostro figlio quindi, con la fedeltà alla sua Vocazione, procura
a voi la sicurezza che vi salverete l’anima, che Dio vi benedica
in questa vita.
Significa: rendere felice il vostro figliolo, metterlo al sicuro,
dove l’anima sua starà lontana dalle tentazioni del mondo.
Significa che avrete per sempre la sua gratitudine, le sue
preghiere e il suo affetto, perché egli vi considererà come i
migliori fautori, dopo Dio, della sua felicità.

185
APPENDICE II
Un appello ai Sacerdoti
e ai Superiori religiosi.

È invalsa presso di noi, la consuetudine e forse anche la


regola, di non accettare in Religione, quelli che le leggi civili
considerano come minorenni, se non hanno il consenso dei
loro genitori, o di chi ne fa le veci.
Intanto, capita abbastanza spesso, che giovani, forniti di vera
Vocazione, pronti da parte loro a qualsiasi sacrificio, anche a
quello di abbandonare tutto in modo energico, vengono da noi
fermati, a causa di questo ostacolo insormontabile: il consenso
dei genitori. Il giovane combatte, lotta, qualche volta supera
perfino se stesso; ma, inutile: papà non cede, mamma resta
dura.
E allora? Deve aspettare! e poi, dopo un anno: aspetta! e poi:
aspetta ancora. Il più delle volte la volontà del giovane, prima
cosi forte e piena di entusiasmo, si comincia ad indebolire di
fronte alla delusione dell’insuccesso, e alla certezza che coi
suoi genitori non ci riuscirà mai. Dai Superiori non riceve
alcun incoraggiamento; vede entrare i suoi compagni, mentre
per lui, manca ancora qualche cosa che «è necessaria».
I pochi che resistono, arrivano al Noviziato disgustati, stanchi
dalla lotta snervante, senza entusiasmo, e spesso sono poi
soggetti a malattie nervose, causate dalla tensione nella quale
hanno dovuto passare tanti mesi o anni della loro gioventù.
I più, dopo qualche anno di lotta, si reputano come ingannati
dai Superiori, che non cercano veramente il loro bene,
ma vogliono prima di tutto risparmiarsi grattacapi, e mettersi
colle spalle al sicuro dalle opposizioni dei loro genitori. Si
allontanano, e abbandonano completamente la speranza e la
voglia di farsi Religiosi.
187
APPENDICE II

Eppure sono Vocazioni vere, e spesso magnifiche. Si tratta


di giovani volitivi, capaci di difendere il proprio ideale, anche
con una lotta aspra e quanto mai dolorosa ai loro cuori di figli.
Ora: vi sembra giusto tutto questo?
Vi pare giusto che il giovane, in definitiva, debba dipendere
dal consenso dei suoi genitori, per poter realizzare la sua
Vocazione?
Dal Vangelo appare chiaro che questo consenso non è
richiesto da parte di Dio.
1. Al giovane Gesù dice senz’altro: Si vis. Non aggiunge:
«e se te lo permettono i genitori».
2. Egli stesso, minorenne, rimase nel Tempio, senza
chiedere il loro permesso.
3. Uno voleva andare a seppellire suo padre, che forse
anche significa, che voleva rimanere a casa con suo padre,
finche questi non fosse morto; ma Gesù non glielo permise.
4. Un altro voleva andare a salutare i suoi ed avvisarli che
egli stava per darsi alla sequela di Gesù, e il Maestro gli
rispose: «Nessuno, che guarda indietro dopo di aver messo
mano all’aratro, è adatto al Regno dei Cieli».
5. In tutte le chiamate di Apostoli e di Discepoli, non
troviamo neppure un accenno ai genitori. Per nessuno di loro,
il consenso dei parenti è mai stato considerato un requisito,
ne la mancanza di esso, un ostacolo alla loro chiamata.
Vediamo inoltre come molti Santi hanno agito puramente
e secondo lo spirito del Vangelo. S. Rosalia scappa di casa e
va a vivere in una spelonca sul Monte Pellegrino (Palermo);
S. Stanislao Costka, non chiose neppure il consenso... perché
sapeva che sarebbe stato inutile discutere coi suoi; S. Luigi
Gonzaga tentò una volta di rimanere nel Collegio dei Gesuiti
senza il consenso del suo genitore, ma il Rettore, temendo
che il Signor Marchese non si vendicasse contro l’Ordine,
lo rimandò indietro, e lo obbligò ad ingaggiare quella lotta
dolorosissima, che dopo tre anni gli ottenne finalmente il
sospirato permesso. (Ma non possiamo pretendere che tutti
siano dei S. Luigi).

188
Un appello ai sacerdoti e ai superiori religiosi

E quante Sante Vergini dovettero lottare e subire il Martirio,


perché non vollero accettare il matrimonio, imposto loro dai
genitori? Ci basterà nominare S. Agnese e S. Anastasia.
Ci sia quindi lecito chiedere: La prassi odierna, il nostro
chiedere per forza il consenso dei genitori, è proprio secondo
lo spirito del Vangelo e secondo la libertà che Dio vuole
donare ai giovani a riguardo della loro Vocazione? Non voglio
dire che dobbiamo far scappare tutti, senza il permesso dei
parenti, ma forse bisognerà essere meno rigidi nella posizione
presa, e dare ad alcuni la possibilità di ripristinare gli eroismi
dei Santi, che hanno onorato la Chiesa cogli esempi della loro
fortezza.
Lo so che c’è di mezzo anche la legge civile, ma con un
po’ di buona volontà e di saper fare, anche questa si potrebbe
superare.
Ho proposto il problema. Non è mia intenzione darne una
soluzione; lascio questa a qualcuno più prudente di me, e
versato meglio nelle questioni di diritto e di etica. Ho voluto
levare un grido d’angoscia, a nome di migliaia di giovani,
che hanno perduto la Vocazione, o che prevedono di doverla
perdere, a causa del nostro modo di procedere.
Se non altro, cerchiamo di aiutare il giovane più efficacemente
che col dire semplicemente: Devi pregare ed attendere!
Spesso non si fa nulla, non perché non ci sembri volontà di
Dio insistere, ma perché non abbiamo il coraggio di attirarci
qualche odiosità, e di subire la disdetta di una sconfitta.
Qualcuno dirà: «I giovani, entrati nella Religione senza il
consenso dei genitori, non perseverano».
È falso! Molti perseverano e diventano preti coraggiosi, che
sanno fare osservare le leggi emanate dai Vescovi, e sanno
parlare chiaro quando spiegano il Vangelo. Ma quanti di quelli
che entrano in Religione con tutti i permessi e consensi, non
perseverano? E, fatta la proporzione, da quale categoria si
lamenta il maggior numero di defezioni?

189
APPENDICE II

Finisco col dare un consiglio..., innocuo. Noi spesso parliamo


di Vocazione ai giovani (quando parliamo!!). Perché non ne
parliamo pure al popolo, alle mamme? Se parlassimo di più
a poco a poco andrà scomparendo questo terrore che hanno
molti genitori di vedere i loro figli Religiosi. Noi sogliamo
preparare i giovani ad essere pronti ad ascoltare la Voce di Dio;
ma abbiamo mai pensato che anche i genitori hanno bisogno di
essere preparati?
Se parlassimo più spesso, molte difficoltà ed incomprensioni
svanirebbero, e i giovani sarebbero più aiutati a farsi Religiosi,
senza bisogno di farsi odiare, diseredare o cacciare di casa,
come se fossero dei traditori senza cuore.
Almeno questo, dovremmo fare! Ma potremmo fare, anche
di più.

190
Indice
PROLOGO������������������������������������������������������������������������3
INTRODUZIONE������������������������������������������������������������5
Per chi queste pagine?���������������������������������������������������������5
Avere le idee giuste��������������������������������������������������������������6
Convinzioni che devono avere quelli che lavorano
per le Vocazioni�������������������������������������������������������������������9
L’ intenzione che dobbiamo avere in questo lavoro divino��12

PRIMA PARTE
ALLA RICERCA DELLE VOCAZIONI�������������������15
Prima di tutto���������������������������������������������������������������������15
Per orientarci���������������������������������������������������������������������16
Perci������������������������������������������������������������������������������29
Descrivendo psicologicamente una Vocazione������������������30
Segni di vera Vocazione�����������������������������������������������������35
Possiamo noi influire formando l’ambiente,
senza pericolo di intaccare la libertà e la spontaneità?�������55

SECONDA PARTE
ESAMINANDO UNA VOCAZIONE��������������������������61
Che cos’è?�������������������������������������������������������������������������61
Un po’ di Teologia�������������������������������������������������������������62
E il sentimento?�����������������������������������������������������������������66
Le altre condizioni�������������������������������������������������������������68
Ma non basta����������������������������������������������������������������������73
È difficile decidere di una Vocazione?�������������������������������76
Come si suole manifestare il Signore?�������������������������������78
Come comportarci quando ci si parla
di Vocazione, le prime volte...��������������������������������������������82
L’elezione��������������������������������������������������������������������������84
Metodo di fare l’elezione���������������������������������������������������87
Motivi che riguardano la mia utilità spirituale�������������������88
Motivi che piuttosto riguardano Dio��������������������������������103
Motivi che riguardano il prossimo�����������������������������������107
Vera vocazione����������������������������������������������������������������� 110
Motivi insufficienti���������������������������������������������������������� 111
Svantaggi dello stato religioso����������������������������������������� 116
Difficoltà che possono arrestare il giovane
dallo scegliere la vita religiosa����������������������������������������� 117
Un altro metodo���������������������������������������������������������������132
Decisione�������������������������������������������������������������������������133
Che età bisogna avere������������������������������������������������������133
Alcune norme per il tempo dell’elezione
e per il tempo che segue la decisione�������������������������������134

TERZA PARTE
PROVANDO UNA VOCAZIONE�����������������������������139
Bisogna provare le Vocazioni������������������������������������������139
Obbligo di seguire la Vocazione��������������������������������������141
Le conseguenze del rifiuto�����������������������������������������������146
Le prove���������������������������������������������������������������������������150
Altre norme pratiche��������������������������������������������������������163
Conclusione���������������������������������������������������������������������172

APPENDICE I
I GENITORI�����������������������������������������������������������������173
Ciò che voi potete, o dovete fare.������������������������������������173
Ciò che non potete e non dovete fare.������������������������������175
Fate un cattivo gioco.�������������������������������������������������������180
La realtà.��������������������������������������������������������������������������185

APPENDICE II
UN APPELLO AI SACERDOTI
E AI SUPERIORI RELIGIOSI.��������������������������������187
Finito di stampare
il 27 Gennaio 2020
Memoria di san Vitaliano papa

ED.IVI
Editrice del Verbo Incarnato
P.zza S. Pietro, 2 - 00037 Segni (RM)
Sede Operativa - Largo Barbarigo, 1
01027 - Montefiascone (VT)
C.F. 95024490583 - P.IVA 13696421000

Potrebbero piacerti anche