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Quesito
Caro Alessandro,
1. i Vangeli non sono né cronaca né interpretazione.
Non è necessario fare la cronaca perché i Vangeli ci dicano come sono andate le cose. Anche noi
siamo capaci di narrare fatti reali senza dover ricorrere alla cronaca.
I Vangeli sono libri storici.
Narrano ciò che è realmente accaduto e ciò che è stato insegnato senza interpretare in nessun modo
né la realtà né l’insegnamento.
2. Anche agli esami gli studenti sanno esporre la materia e talvolta in maniera molto bella senza
ripetere pappagallescamente per filo e per segno quanto è scritto nei libri di testo.
Dicono con esattezza quanto si deve dire senza alcuna interpretazione.
3. Nel caso dei Vangeli ogni scrittore sacro narra la vita e l’opera di Gesù secondo la sua
sensibilità, guidata dallo Spirito Santo, che dei Vangeli è l’Autore principale.
Talvolta ascoltando alcuni biblisti si ha l’impressione che i Vangeli abbiano solo un autore umano
che indaga e che scrive.
Mentre in realtà ci troviamo di fronte allo Spirito Santo che si serve dello scrittore sacro perché
scriva tutto quello e solo quello che Egli ispira a scrivere.
4. Sul carattere storico dei Vangeli ecco quanto dice il Concilio Vaticano II nella costituzione
dogmatica Dei Verbum: “La santa madre Chiesa ha ritenuto e ritiene con fermezza e con la più
grande costanza che i quattro suindicati Vangeli, di cui afferma senza esitazione la storicità,
trasmettono fedelmente quanto Gesù Figlio di Dio, durante la sua vita tra gli uomini, effettivamente
operò e insegnò per la loro eterna salvezza, fino al giorno in cui fu assunto in cielo (cfr At 1,1-2).
Gli apostoli poi, dopo l’Ascensione del Signore, trasmisero ai loro ascoltatori ciò che egli aveva
detto e fatto, con quella più completa intelligenza delle cose, di cui essi, ammaestrati dagli eventi
gloriosi di Cristo e illuminati dallo Spirito di verità, godevano.
E gli autori sacri scrissero i quattro Vangeli, scegliendo alcune cose tra le molte che erano
tramandate a voce o già per iscritto, redigendo un riassunto di altre, o spiegandole con riguardo alla
situazione delle Chiese, conservando infine il carattere di predicazione, sempre però in modo tale da
riferire su Gesù cose vere e sincere.
Essi infatti, attingendo sia ai propri ricordi sia alla testimonianza di coloro i quali «fin dal principio
furono testimoni oculari e ministri della parola», scrissero con l’intenzione di farci conoscere la
«verità» (cfr. Lc 1,2-4) degli insegnamenti che abbiamo ricevuto” (DV 19).
Quesito
Cara Paola,
1. tentare una persona significa metterla alla prova per vedere se sa o se è capace di fare una cosa o
anche per farla inciampare.
Il diavolo tenta per far inciampare.
Con nostro Signore ha tentato di farlo cadere nella presunzione che Dio soccorre sempre i giusti
anche nelle cose più inutili.
2. La tentazione è stata questa: “Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto
del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà
ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una
pietra».
Gesù gli rispose: «Sta scritto anche:
Non metterai alla prova (non tenterai) il Signore Dio tuo»” (Mt 4,5-7).
Gesù risponde dando la vera interpretazione della Scrittura: Dio ha cura dei giusti che si trovano nel
pericolo a motivo del compimento del loro dovere, ma non di quelli che senza motivo si
espongono a pericoli sperando nel soccorso degli Angeli.
3. Per questo San Tommaso afferma: “Quando uno per necessità o per un’utilità si affida all’aiuto di
Dio nelle sue preghiere o nel suo agire, questo non è tentare Dio; poiché sta scritto: “Non sapendo
quello che dobbiamo fare, non ci resta altro che dirigere a te i nostri occhi”.
Quando invece ci si comporta così senza necessità e senza scopo, ciò equivale a tentare Dio.
Ecco perché a commento di quelle parole della Scrittura: “Non tenterai il Signore Dio tuo”, la
Glossa afferma: “Tenta Dio colui il quale, pur avendo la possibilità di agire, senza motivo si espone
al pericolo, per provare se Dio sia capace di liberarlo”” (Somma teologica, II-II, 97, 1).
4. In riferimento poi a quanto dici nella tua mail è sempre necessario essere disposti a fare la
volontà di Dio.
Ma nella volontà di Dio c’è anche il suo comando di pregare per le nostre necessità.
Non invano il Signore ha detto: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà
aperto” (Mt 7,7).
La preghiera infatti non ha lo scopo di informare Dio ma di cambiare noi per togliere tutti gli
ostacoli che impediscono di ricevere le grazie che il Signore ha già decretato di darci e che
attendono di arrivare a destinazione.
5. Nella preghiera del Padre nostro Gesù ci insegna a domandare che sia fatta la sua volontà come
in cielo così in terra.
Ma vuole anche che preghiamo perché sia santificato il suo nome, che venga il suo regno, perché
Dio stesso ci doni il nostro pane quotidiano (nel pane quotidiano ci sono tutte le nostre necessità di
ordine temporale e spirituale), ci perdoni i nostri peccati, ci salvi nelle tentazioni e ci liberi da ogni
male.
Con l’augurio che la volontà di Dio si compia tutta intera nella tua vita, ti ricordo nella preghiera e
ti benedico.
Padre Angelo
Quesito
Carissimo,
1. la Sacra Scrittura parla diverse volte del ministero degli Angeli a nostro favore.
Ad esempio: “Egli per te darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutte le tue vie” (Sal 91,11).
“Gli Angeli nonsono forse tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati a servire coloro che
erediteranno la salvezza?” (Eb 1,14).
Gesù dice: “Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro
angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli” (Mt 18,10).
In diversi altri passi si parla della presenza di Angeli che guidano il cammino di una persona come
nel caso di Tobia che viene visibilmente guidato da Raffaele e di San Pietro: “Ed ecco, gli si
presentò un angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro, lo destò
e disse: «Àlzati, in fretta!». E le catene gli caddero dalle mani. L’angelo gli disse: «Mettiti la cintura
e légati i sandali». E così fece. L’angelo disse: «Metti il mantello e seguimi!». Pietro uscì e prese a
seguirlo, ma non si rendeva conto che era realtà ciò che stava succedendo per opera dell’angelo:
credeva invece di avere una visione” (At 12,7-9).
2. San Tommaso dice che ogni uomo ha il suo Angelo custode e ne porta la motivazione: “Finché
vive in questo mondo, l’uomo si trova come su una strada che deve condurlo alla patria. Lungo la
strada, molti pericoli incombono su di lui, sia dall’interno che dall’esterno, come dice il Salmista:
“Sulla strada per cui cammino, hanno nascosto dei lacci a mio danno”. Quindi, come si dà una
scorta alle persone che devono transitare per strade malsicure, così si dà un angelo custode
all’uomo, finché dura il suo stato di viatore. Quando invece sarà giunto al termine della strada,
allora l’uomo non avrà più un angelo custode; ma avrà in cielo un angelo conregnante, o
nell’inferno un demonio tormentatore” (Somma teologica, 113, 4).
3. Dice anche che l’Angelo gli viene affidato fin dalla sua nascita (Ib., 5).
Finché è nel grembo materno “l’angelo che custodisce la madre, custodisce pure il bambino chiuso
nel suo seno. Alla nascita invece, quando esso si separa dalla madre, gli viene assegnato un angelo
custode particolare, come insegna S. Girolamo” (Ib., ad 3).
4. Ed ecco quali sono i servizi dell’Angelo custode: “La custodia è ordinata, come a suo ultimo e
precipuo effetto, a illuminare l’uomo per via d’insegnamento. Nondimeno, essa opera molti altri
effetti, necessari ai bambini: quali, p. es., tenere a freno i demoni e impedire altri danni,
sia corporali che spirituali” (Ib., ad 2).
5. San Bernardo dice che nei confronti dell’Angelo custode dobbiamo avere tre atteggiamenti.
Il primo è di riverenza per la sua presenza (Reverentia pro presentia).
Questo pensiero deve indurci a non fare davanti a lui quello che non oseremmo fare davanti ad un
grande personaggio di questo mondo.
Il secondo è la devozione o affetto per la benevolenza (Devotio pro benevolentia) con cui
incessantemente ci aiuta.
Il terzo è la fiducia per la custodia (Fiducia pro custodia) che esercita su di noi.
È necessario quindi invocarlo, ascoltare le sue ispirazioni e ringraziarlo per i benefici con cui ci
assiste.
6. È ottima cosa anche pregare per l’Angelo custode degli altri.
San Francesco di Sales che ha convertito l’intera regione del Chiablese alla fede cattolica
(precedentemente erano diventati tutti calvinisti) per il buon frutto della sua predicazione si
raccomandava all’Angelo custode di quella regione. Quando doveva predicare, prima diceva forte
un’Ave Maria, e poi sottovoce un Angelo d Dio sia per il Chiablese sia per i singoli individui perché
l’ascoltassero e ne traessero frutto.
7. Anche San Pio da Pietrelcina aveva una grande devozione per il suo Angelo custode. Lo
chiamava “il compagno della sua infanzia”.
Aveva molta familiarità con lui e insieme lavoravano a beneficio delle persone che erano affidate al
suo ministero.
Diceva anche che il suo Angelo custode era spesso in giro per salvare i peccatori e per confortare i
malati.
Il suo Angelo custode gli diceva che alcuni suoi figli spirituali erano in pericolo e Padre Pio
provvedeva con la preghiera e il sacrificio.
Alcune persone sapevano della confidenza di Padre Pio con gli Angeli custodi e gli inviavano il
loro angelo ad avvisarlo e a chiedergli preghiere.
Ad alcune di esse che avevano inviato il loro Angelo da padre Pio per chiedergli aiuto per alcune
cause Padre Pio disse con loro grande meraviglia: “Mi avete tenuto sveglio tutta la notte. Avete
mandato il vostro Angelo a dirmi di guarire questo, di convertire quell’altro….”.
A chi temeva di andare da lui a confessarsi a motivo del brutto tempo, Padre Pio diceva: “Non ti
angustiare, l’angelo del Signore ti accompagnerà”.
A chi temeva di disturbarlo Padre Pio diceva: “Puoi mandare il tuo angelo custode in qualsiasi
momento del giorno o della notte perché sono sempre felice di accoglierlo”.
8. Credo che Padre Pio sia un segno per noi ad aver più fiducia e più confidenza con i nostri angeli:
col nostro e con quello del nostro prossimo.
Dio ce li ha dati perché ci servano in tutte le necessità.
Ed essi, come sono pronti ad eseguire i comandi di Dio, così sono altrettanto pronti ad ascoltare la
nostra preghiera e a provvedere portandoci aiuto nelle nostre necessità.
Quesito
Salve Padre Angelo e che Gesù sia lodato!! Come stai? Tutto bene?
l’omelia d’oggi di papa Francesco su Maria mi ha portato alla luce nuovi dubbi. Siamo sicuri che il
culto mariano sia cosa gradita a Dio dopo che Egli stesso nella Bibbia e nei sacri Vangeli ce ne ha
parlato contro?
1 Timoteo 2,5 dichiara: “Infatti c’è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini,
Cristo Gesù uomo”. Non c’è nessun altro che possa mediare fra Dio e noi. Se Gesù è l’UNICO
mediatore, ciò indica che Maria e i santi non possono essere mediatori. Essi non possono mediare le
nostre richieste di preghiera presso Dio. Ad ogni messaggio Maria ci richiede di pregare suo figlio
Gesù.
Inoltre, la Bibbia ci dice che Gesù Cristo stesso sta intercedendo per noi davanti al Padre: “Perciò
egli può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio, dal momento che
vive sempre per intercedere per loro” (Ebrei 7,25). Con Gesù stesso che intercede per noi, perché
avremmo bisogno che Maria o dei santi intercedano per noi? Perché Egli ascolterebbe più loro che
Suo Figlio? Romani 8,26-27 descrive lo Spirito Santo che intercede per noi. Con il secondo e il
terzo membro della Trinità che già intercedono per noi davanti al Padre celeste, che bisogno ci
potrebbe mai essere che Maria o i santi intercedano per noi?
Ogniqualvolta la Bibbia menzioni il fatto di pregare o di parlare con i morti, è nel contesto della
magia, della stregoneria, della negromanzia e della divinazione: tutte attività che la Bibbia
condanna severamente (Levitico 20,27; Deuteronomio 18,10-13).
Che ne pensi tu padre a riguardo?
Pace e bene padre!
Carissimo,
1. vi sono due errori nella tua mail.
Il primo riguarda Maria che come mediatrice non prende il posto di Gesù.
L’unico mediatore tra Dio e gli uomini infatti è solo Gesù e ne vedremo il perché.
3. Certo l’unico vero mediatore tra Dio e gli uomini è Gesù a motivo della sua duplice natura umana
e divina.
Gesù è mediatore tra Dio e gli uomini perché è Dio.
Solo perché è Dio può unire la nostra anima a Sé, a Dio.
Ecco il limpido insegnamento di San Tommaso: “L’ufficio proprio del mediatore è di unire coloro
presso i quali esercita questa funzione; infatti gli estremi si uniscono nel punto intermedio.
Ma unire perfettamente gli uomini e Dio è opera di Cristo, che ha riconciliato gli uomini con Dio,
secondo le parole di San Paolo: “È stato Dio a riconciliare con sé il mondo in Cristo” (2 Cor 5,19).
Perciò Cristo soltanto è il mediatore perfetto tra Dio e gli uomini, in quanto con la sua morte ha
riconciliato con Dio il genere umano.
Per cui l’Apostolo, dopo aver detto che “uno solo è il mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo
Gesù” (1 Tm 2,5), soggiunge: “il quale ha dato se stesso in riscatto di tutti”(1 Tm 2,6).
Nulla proibisce però che altri possano chiamarsi mediatori tra Dio e gli uomini in modo imperfetto,
in quanto cioè cooperano a tale unione in modo dispositivo o ministeriale” (Somma teologica, III,
26,1).
5. L’intercessione di Gesù in Cielo alla quale tu ti riferisci non va intesa come la preghiera che può
rivolgere un uomo.
Cristo, sacerdote eterno, esercita nel cielo il suo ufficio di mediatore e di intercessore.
Lo esercita donando agli uomini la grazia della conversione e unendoli a Sé.
Solo Gesù, in quanto Dio, è autore della grazia, anche di quella della grazia della conversione. Solo
Gesù la può donare.
Se si trattasse di sola preghiera che senso avrebbe il comando San Paolo sopra riportato e il
comando di San Giacomo di pregare gli uni per gli altri? (cfr. GC 5,16?.
Non basterebbe la preghiera di Gesù come hai detto tu a proposito della Madonna?
7. C’è infatti un passo molto nello dove si elogia la preghiera per i defunti.
Nel secondo libro dei Maccabei si legge: “Il giorno dopo (la battaglia e la vittoria), quando ormai la
cosa era diventata necessaria, gli uomini di Giuda andarono a raccogliere i cadaveri dei caduti per
deporli con i loro parenti nei sepolcri dei loro padri.
Ma trovarono sotto la tunica di ciascun morto oggetti sacri agli idoli di Iàmnia, che la legge
proibisce ai Giudei. Così fu a tutti chiaro il motivo per cui costoro erano caduti.
Perciò tutti, benedicendo Dio, giusto giudice che rende palesi le cose occulte, si misero a pregare,
supplicando che il peccato commesso fosse pienamente perdonato. Il nobile Giuda esortò tutti a
conservarsi senza peccati, avendo visto con i propri occhi quanto era avvenuto a causa del peccato
di quelli che erano caduti.
Poi fatta una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dracme d’argento, le inviò a Gerusalemme
perché fosse offerto un sacrificio per il peccato, compiendo così un’azione molto buona e nobile,
suggerita dal pensiero della risurrezione.
Perché, se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo
e vano pregare per i morti.
Ma se egli pensava alla magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte
con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota.
Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato” (2 Mac
12,39-45).
Per questo la Chiesa, fin dall’inizio accompagna i morti con la propria preghiera e soprattutto con la
celebrazione del Santo Sacrificio di Gesù, la Messa.
Se siamo chiamati a pregare per tutti, perché non possiamo pregare anche per i morenti e in
particolare per i morti dal momento che alcuni di essi si salvano “quasi passando attraverso il
fuoco” (1 Cor 3,15) e cioè attraverso il purgatorio?
8. Le tue affermazioni sono quelle che portano i protestanti. Sono sbagliate, come vedi, e
contraddicono la Sacra Scrittura che leggono solo a metà perché rifiutando la divina e sacra
Tradizione, che è elemento essenziale della Divina Rivelazione al pari della Scrittura, finiscono per
interpretare la Scrittura a loro talento, andando così fuori strada.
Quesito
Buona Sera,
non sono italiano e sto studiando i padri della Chiesa e vorrei capire alcune cose un può meglio.
Spesso mi trovo davanti a elenchi diversi (con più o meno autori) e anche a modi diversi di elencarli
(Apostolici, Apologeti, Teologi, Dottori; Padri anteniceni o ecc.) e anche il periodo: fino al IV
secolo, fino al VII secolo.
Quindi vorrei sapere se esiste una lista ufficiale, fatta della Chiesa, con l’elenco dei Padri della
Chiesa con le informazione precedenti.
Un saluto, e un grande grazie per tutto il vostro lavoro.
Carissimo,
1. a beneficio dei nostri visitatori dico anzitutto che Padri della Chiesa sono quegli autori cristiani
che si distinguono per tre caratteristiche: antichità, ortodossia di pensiero e santità di vita.
Sono importanti per noi perché sono quelli che subito dopo la generazione degli Apostoli e per i
primi secoli hanno ricevuto l’annuncio del Vangelo e l’hanno messo in pratica.
È prezioso per noi sapere come l’hanno inteso e come l’abbiano vissuto.
È un criterio di verità.
Il loro periodo – detto della patristica – va fino al settimo ed ottavo secolo.
2. Venendo adesso alla tua domanda i Padri della Chiesa ricevono varie denominazioni a seconda
dell’epoca i cui hanno vissuti.
Si distinguono comunemente tre epoche dei Padri: il periodo delle origini, il periodo aureo e quello
finale.
3. Il periodo delle origini arriva fino al Concilio di Nicea che viene celebrato nel 325.
Per questo alcuni sono detti Padri pre niceni.
4. Appartengono a quest’epoca i Padri Apostolici, che vengono chiamati così perché hanno sentito
direttamente l’insegnamento degli Apostoli e pertanto portano il timbro della loro predicazione.
Il loro pensiero è particolarmente prezioso perché ci dicono come è stata intesa e realizzata la
predicazione di Cristo e degli Apostoli.
È con la morte dell’ultimo Apostolo che si chiude la Divina Rivelazione.
5. Ai Padri Apostolici seguono i Padri Apologisti, che sono del secondo e del terzo secolo.
Ad essi si devono i primi saggi di sistemazione dottrinale dell’annuncio evangelico. Sono in
qualche modo i precursori dei grandi maestri del periodo aureo.
7. Vi è poi il periodo finale della Patristica che va dalla morte di Sant’Agostino fino al termine
dell’era patristica.
È un periodo segnato dalle invasioni barbariche in Occidente e dal dispotismo degli imperatori in
Oriente.
Gli scritti di questo periodo mancano del vigore di quello precedente. Tuttavia va loro riconosciuto
il merito di avere conservato i tesori dottrinali e teologici dell’epoca precedente.
Fanno da congiunzione tra l’epoca antica e quella medievale, che sarà detta della Scolastica.
Le grandi figure che spiccano sono in questo periodo sono due: San Giovanni Damasceno in
Oriente e San Gregorio Magno († 604) in Occidente.
Ti auguro uno studio proficuo di questo settore della teologia, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo
Quesito
Buongiorno,
mi sono chiesto il senso di questa lettura di Isaia versetto 65,17-21 che riesco a comprendere fino ad
un certo punto mi spiego: Ho capito che la prima parte tutto si svolgerà nel nuovo mondo che il
Signore ci preparerà questo mondo nuovo dove non ci sarà più sofferenza, ma mi chiedo perchè
Isaia poi dice che il più giovane morirà a cento anni e chi non raggiunge i cento anni sarà
considerato maledetto. Fabbricheranno case e le abiteranno, pianteranno vigne e ne mangeranno il
frutto».
E come se nell’atro mondo ricominceremo con morte e sofferenze umane? In pratica mi sembrano
due discorsi diversi,
Grazie
Carissimo,
1. in questi versetti Isaia descrive la pace della vita futura nella quale Dio creerà cieli nuovi e terra
nuova.
Ecco il testo: “Ecco, infatti, io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non
verrà più in mente, poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare, poiché creo
Gerusalemme per la gioia, e il suo popolo per il gaudio.
Io esulterò di Gerusalemme, godrò del mio popolo. Non si udranno più in essa voci di pianto, grida
di angoscia.
Non ci sarà più un bimbo che viva solo pochi giorni, né un vecchio che dei suoi giorni non giunga
alla pienezza, poiché il più giovane morirà a cento anni e chi non raggiunge i cento anni sarà
considerato maledetto.
Fabbricheranno case e le abiteranno, pianteranno vigne e ne mangeranno il frutto” (Is 65,17-21).
2. Questo passo è in parallelo con quanto il profeta Isaia aveva già annunziato: “Il lupo dimorerà
insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello
pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà” (Is 11,6).
3. Alcuni (ad esempio Lattanzio, Instituzioni, 7,24) hanno cercato di interpretare in maniera letterale
quanto dice il profeta Isaia.
Ma secondo San Girolamo costoro “russano in profondissimo sonno” (Commento a Isaia 11,6).
4. Secondo San Girolamo la pace messianica sarà istaurata inizialmente con la venuta di Gesù
Cristo: allora le nazioni barbare e feroci, deposta la loro ferocia naturale, si addolciranno e
collaboreranno all’unità della fede e della Chiesa, assieme agli agnelli, e cioè ai cristiani umili e
semplici.
Così è stato San Paolo che prima della conversione spirava minacce e furore contro i cristiani. Ma
dopo la conversione diventò mite e abitò con gli agnelli, e cioè con San Pietro e San Giovanni.
5. Ugualmente la grande varietà di umori e di caratteri che si osservano tra gi uomini, per cui gli uni
assomigliano a leoni per la loro arroganza e gli altri ad agnelli per la loro mansuetudine, non
impedirà che formino tutti insieme un cuore solo ed un’anima sola: perché la grazia combatterà in
ciascuno di essi i difetti del temperamento e lo spirito di Dio farà sentire loro che essi sono tutti
membri gli uni degli altri.
Isaia vuol dire dunque che la grazia portata da Cristo procurerà l’unione e la concordia degli
individui e delle nazioni e per conseguenza la prosperità e la pace.
6. La pace messianica si realizzerà invece in maniera piena nella vita futura e viene descritta come
un ritorno alla felicità del paradiso terrestre.
Si parla pertanto di creazione di cieli nuovi e di terre nuove dove la gioia e lo splendore delle cose
saranno così grandi da far dimenticare il passato, che non verrà più a turbare la mente: “non si
ricorderà più il passato, non verrà più in mente”.
7. Anche la longevità di cui si parla non va intesa in senso materiale, ma allegorico: si tratterà di una
vita felicissima in cui Dio stesso sarà la nostra longevità, la nostra eternità.
L’aveva già promesso Mosè: “Prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra: io ti ho posto
davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Scegli dunque la vita, perché viva tu e la
tua discendenza, amando il Signore, tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui,
poiché è lui la tua vita e la tua longevità, per poter così abitare nel paese che il Signore ha giurato di
dare ai tuoi padri, Abramo, Isacco e Giacobbe” (Dt 30,19-20).
8. Così pure il fabbricare case e il piantare vigne non significano il ritorno alle fatiche della vita
precedente, ma la realizzazione della promessa di prosperità.
Mosè aveva detto al popolo: “Abbiate cura perciò di fare come il Signore, vostro Dio, vi ha
comandato. Non deviate né a destra né a sinistra; camminate in tutto e per tutto per la via che il
Signore, vostro Dio, vi ha prescritto, perché viviate e siate felici e rimaniate a lungo nella terra di
cui avrete il possesso” (Dt 5,32-33).
9. Come vedi, c’è anche per noi, per dirla con San Girolamo, il rischio di russare in un sonno
profondo se volessimo vedere la realizzazione della promessa di Dio secondo un computo
materiale.
Nella nuova creazione vivremo per sempre nella pace e nella comunione perfetta.
E saremo operosi senza faticare, come avviene attualmente per gli abitanti del Cielo.
Con l’augurio che tutto questo si realizzi anche per te, ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo
Quesito
Carissimo,
1. San Giovanni, che è l’autore dell’Apocalisse, mentre descrive la situazione della Chiesa del suo
tempo dice che questa sarà la situazione della Chiesa di sempre: sarà combattuta da forze ostili e
pertanto sarà perseguitata.
Non bisogna leggervi dunque una profezia che predica puntualmente che cosa avverrà in un
particolare momento della storia.
In altre parole, la profezia dell’Apocalisse non è come la profezia del secondo segreto di Fatima,
quando la Madonna disse che se gli uomini non si fossero corretti sarebbe scoppiata una seconda
guerra peggiore di quella in atto al tempo della profezia e che l’inizio di tale guerra sarebbe stato
preceduto da un segno del cielo (la famosa aurora boreale che fu vista all’inizio del 1939).
2. Per tornare al passo che hai citato ecco che cosa scrive il biblista A. Wikenhauser:
“Il quadro che si trova delineato nell’Apocalisse risponde perfettamente alla situazione storica degli
ultimi anni di Domiziano.
Fonti pagane e cristiane ci informano che questo imperatore, emulo della crudeltà di Nerone, nel
95-96 scatenò una persecuzione contro i cristiani, e che di essa furono vittime insieme a molti altri,
anche due membri della casa dei Flavii, il console Flavio Clemente con la moglie Domitilla.
L’imputazione che loro veniva mossa era quella di «ateismo», cioè di violazione della religione di
stato.
In questo stesso anno si ha anche la persecuzione della chiesa romana, di cui parla la prima lettera
di papa Clemente.
Un’attestazione esplicita che la persecuzione di Domiziano si sia estesa anche alle province, e in
particolar modo all’Asia Minore, non si ha; ma la cosa è del tutto verosimile.
Verso la fine del regno Domiziano diviene sempre più autoritario. Svetonio dice che, quando
dettava le formule per i suoi impiegati privati, egli usava i termini «Il nostro signore e dio comanda
quanto segue» (Domit. 15); in tal modo invalse l’abitudine di non rivolgersi a lui né a parole né in
scritto con altre formule. Attribuendosi questi titoli egli voleva dichiarare che assumeva la posizione
di signore assoluto dei suoi sudditi e che pretendeva onori divini mentre ancora era in vita, come i
monarchi-déi orientali (…).
In ogni parte dell’impero vennero dunque erette a Domiziano delle statue di marmo, d’oro e
d’argento; in Asia Minore, poi, ad Efeso, durante il suo regno venne innalzato un tempio in cui una
sua statua colossale era fatta oggetto di culto. Nelle dediche, ai suoi titoli veniva aggiunto anche il
nome di «dio».
Il rifiuto di prestare adorazione o di offrir sacrifici innanzi al simulacro dell’imperatore equivaleva
al rifiuto di prestare a Cesare l’onore dovuto. Ora, se si pensa che proprio nell’Asia Minore il culto
dell’imperatore fu assai fiorente sin dall’inizio e che quivi le singole città facevano a gara per
primeggiare, si comprenderà come fosse inevitabile che si giungesse a gravissimi conflitti tra le
autorità e i cristiani, dato che questi, a ragione della loro fede, non potevano se non rifiutarsi di
prestare un simile culto.
In ogni caso, Giovanni prevede e predice come ormai imminente un conflitto a sangue tra lo stato
romano, che si autodivinizza, e la Chiesa.
Egli scrive sotto un imperatore che è il sesto della serie e dice che, dopo il breve regno del settimo,
l’ottavo segnerà col suo governo il tempo della grande tribolazione (7, 14) per la Chiesa (17, 10ss).
Questi pretenderà brutalmente che la sua persona venga adorata da tutti i sudditi. Già un’altra volta,
sotto Nerone, l’impero romano ha perseguitato a sangue la Chiesa, e tutto lascia prevedere prossima
un’altra persecuzione, ancor più dura, poiché la pretesa di Domiziano di farsi adorare dai sudditi è
un segno che ben presto tale adorazione sarà imposta con la forza. Ora, la Chiesa non potrà mai
esser d’accordo con una simile mostruosità.
I fatti hanno dato ragione a Giovanni. In realtà, Chiesa e impero vennero a una lotta all’ultimo
sangue, protrattasi per due secoli. La persecuzione di Domiziano, è vero, ebbe ben presto termine
per l’assassinio dell’imperatore e per la revoca delle disposizioni di questi, disposta dal successore
Nerva; ma, a quanto ci è dato sapere, Domiziano non fu che il primo di una serie di imperatori che
perseguitarono i cristiani per motivi religiosi; la corrispondenza intercorsa tra Plinio il Giovane e
Traiano (111-112) ci fa sapere che in Asia Minore alcuni cristiani vennero uccisi per essersi rifiutati
di sacrificare davanti ai simulacri degli déi e di Cesare.
Se però si vogliono comprendere a dovere i capitoli 13 ss., non bisogna dimenticare che essi
contengono delle profezie e che in queste manca quella che si suoi chiamare la prospettiva.
In esse, infatti, tutto è messo sullo stesso piano; nelle visioni dell’avvenire che si leggono nei profeti
i fatti del prossimo futuro e quelli della fine vera e propria vengono accostati e fusi insieme, mentre
il tempo intermedio manca completamente.
Anche le visioni di Giovanni formano come un grande quadro che abbraccia tutta la storia,
delineandola come una battaglia che ora sembra smorzarsi e ora ridivampa; è la battaglia tra il
potere politico che si autodivinizza e la Chiesa cristiana; essa terminerà alla fine dei giorni con la
vittoria di Dio su tutte le potenze nemiche. I colori impiegati in questo quadro dell’avvenire sono in
gran parte quelli dell’apocalittica. La mancanza di prospettiva si spiega con il fatto che il veggente
da una parte ignorava del tutto il momento della fine, mentre dall’altra sperava ardentemente che il
Signore venisse presto. Questa è anche la ragione per cui egli può fissare in tre anni e mezzo la
durata della grande tribolazione, di cui annunzia prossimo l’inizio” (L’Apocalisse di Giovanni, pp.
153-155).
3. Sul numero 666 occorre ricordare che gli ebrei e i greci, a differenza dei romani e degli arabi, non
avevano dei segni speciali per i numeri, ma scrivevano i numeri con le lettere dell’alfabeto.
Ora le lettere che compongono in ebraico il nome di Nerone corrispondono al numero 666.
Benché la bestia sia dotata di grande potenza, tuttavia in se stessa è debole e fragile perché indica
un uomo.
Il numero 666 è segno di somma imperfezione o debolezza, come il numero 777 è simbolo della
massima perfezione.
4. Come vedi, la tua interpretazione esula da quanto vuole dire l’Apocalisse, sicché le domande
specifiche che hai fatto non possono trovare alcuna risposta.
Piuttosto ti rimandano a tanti fratelli nella fede che anche oggi soffrono persecuzioni analoghe a
quelle sopportate dai cristiani ai tempi di Nerone, di Domiziano e di Diocleziano.
Non è escluso che quanto è successo ai tempi di San Giovanni e che oggi si realizza si in diverse
parti del mondo possa capitare di nuovo tra noi.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice che “prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare
attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti.
La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra svelerà il «Mistero di iniquità»
sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro
problemi, al prezzo dell’apostasia dalla verità.
La massima impostura religiosa è quella dell’Anti-Cristo, cioè di uno pseudo-messianismo in cui
l’uomo glorifica se stesso al posto di Dio e del suo Messia venuto nella carne” (CCC 675).
2. La Chiesa ha lasciato che Tommaso Moro scrivesse quanto ipotizzava nella sua Utopia.
Tommaso Moro scrivendo non toglieva niente a nessuno.
Mentre il comunismo marxista leninista di fatto ha espropriato i lavoratori, in particolare gli
agricoltori, di quanto possedevano, portandoli così ad una povertà estrema.
I due comunismi quello di Tommaso Moro e di Marx hanno in comune solo la parola, ma la realtà è
tutt’altra in se stessa e nel suo orizzonte.
3. Per questo Pio XI nell’enciclica Divini Redemptoris del 19 marzo 1937 (che porta come
sottotitolo: contro il comunismo ateo) scrive: “Questa dottrina insegna non esserci che una sola
realtà, la materia, con le sue forze cieche, la quale evolvendosi diventa pianta, animale, uomo.
Anche la società umana non è altro che un’apparenza e una forma della materia che si evolve nel
detto modo, e per ineluttabile necessità tende in un perpetuo conflitto delle forze, verso la sintesi
finale: una società senza classi.
In tale dottrina, com’è evidente, non vi è posto per l’idea di Dio, non esiste differenza fra spirito e
materia, né tra anima e corpo; non si dà sopravvivenza dell’anima dopo morte, e quindi nessuna
speranza di un’altra vita.
Insistendo sull’aspetto dialettico del loro materialismo i comunisti pretendono che il conflitto che
porta il mondo verso la sintesi finale, può essere accelerato dagli uomini. Quindi si sforzano di
rendere più acuti gli antagonismi che sorgono fra le diverse classi della società…
Tutte le forze… che resistono a quelle violenze sistematiche, debbono essere annientate come
nemiche del genere umano” (DR 9).
5. In riferimento al secondo problema (quello della religione) va ricordato che Tommaso Moro
viveva all’interno di una società in cui il cattolicesimo era minoranza e si intendeva imporre a tutti
il protestantesimo.
Nell’Utopia la religione è fondata sulla credenza di una divinità «inconoscibile, eterna, immensa ed
inspiegabile, al di sopra di ogni umana società». Ogni individuo è libero di adorare questa divinità
con il culto che crede: lo Stato non impone al cittadino alcuna particolare religione perché si
tratterebbe di una violazione della coscienza.
Tuttavia l’ateismo – che comporta anche la negazione dell’immortalità dell’anima e dell’esistenza
di un Dio che provvede all’ordine dell’universo e delle cose umane – viene condannato.
Chi lo professa non viene eletto alle pubbliche cariche e non può discutere le sue idee se noti con i
sacerdoti e mai in pubblico.
5. Come vedi, non si tratta di una religione nuova, ma di riconoscere anche da un punto di vista
laico l’esistenza di Dio e l’immortalità dell’anima.
Un corretto ordine civile non può astrarre dal suo fondamento e dal suo obiettivo ultimo.
È quanto dovrebbe fare tutti gli stati.
Qui non si tratta di essere confessionali (cristiani, islamici, buddisti…), ma di riconoscere un
Legislatore supremo e un obiettivo ultimo al quale deve fare riferimento il concetto di bene comune.
A questi due concetti vi giunge da sola la ragione di ogni uomo, al di qua del credo che uno
professa.
Sotto questo aspetto Tommaso Moro è un pioniere della libertà religiosa.
Carissimo,
1. molti regimi totalitari, tanto di destra quanto di sinistra, possono aver fatto opere pubbliche di un
certo valore.
Tali regimi ci tengono particolarmente alla loro buona fama.
Ma non bastano alcune opere buone a legittimare principi che sono contrari ad alcuni diritti
fondamentali della persona.
Io non entro nel merito di quanto il fascismo abbia fatto di buono.
Nella risposta che ti do rimango sul piano teorico, su quello dei principi.
3. Sul primo punto: non si volevano associazioni cattoliche particolari, trovando che esse fossero
superflue in regime di religione di Stato.
La conseguenza fu che tutte le associazioni cattoliche furono sciolte o si tentò di scioglierle.
4. Ecco che cosa ha detto il Papa sul totalitarismo educativo: “Una concezione dello stato che gli fa
appartenere le giovani generazioni interamente e senza eccezione dalla prima età fino all’età adulta,
non è conciliabile per un cattolico con la dottrina cattolica, e neanche è conciliabile col diritto
naturale della famiglia.
Non è per un cattolico conciliabile con la dottrina pretendere che la Chiesa, il papa, devono limitarsi
alle pratiche esterne di religione (Messa e sacramenti), e che il resto della educazione appartiene
totalmente allo Stato”.
6. Lo stato ha il compito di promuovere il bene comune che consiste in una certa disponibilità di
beni per cui le persone sono messe in grado di attingere la propria realizzazione o perfezione.
Lo stato non ha il compito di far diventare virtuosi secondo un certo modello i propri cittadini.
Prima di appartenere allo stato ognuno appartiene a se stesso, alla propria coscienza, alla propria
famiglia, soprattutto a Dio.
Ogni singola persona deve godere del diritto di una lecita autonomia nel pensare e nell’esprimersi.
7. Per questo Papa Pio XI dichiara nella medesima enciclica che “non si è cattolici se non per il
battesimo e per il nome – in contraddizione con le esigenze del nome e con gli stessi impegni
battesimali – adottando e svolgendo un programma che fa sue dottrine e massime tanto contrarie ai
diritti della Chiesa di Gesù Cristo e delle anime, che misconosce, combatte e perseguita l’Azione
Cattolica, che è dire quanto la Chiesa ed il suo Capo hanno notoriamente di più caro e prezioso”.
8. L’altro grosso problema era costituito dal giuramento fascista, che si esprimeva così: “Giuro di
eseguire senza discutere gli ordini del Duce e di difendere con tutte le mie forze e, se necessario col
mio sangue la causa della Rivoluzione fascista”.
È quel senza discutere che non può essere accettato.
Ognuno in coscienza è chiamato a giudicare se quanto gli viene comandato sia conforme alla legge
di Dio.
In caso contrario è necessario obbedire prima a Dio che agli uomini.
Per questo senza mezzi termini il Papa affermò che non era lecito fare un simile giuramento: “un
tale giuramento non è lecito”.
9. Tuttavia, consapevole che alcuni rimanevano senza incarico o lavoro qualora avessero rifiutato di
fare il giuramento, il Papa concesse di farlo aggiungendo una clausola: “Salve le leggi di Dio e della
Chiesa” oppure “salvi i doveri di buon cristiano”.
Il che significava svuotare il giuramento fascista di gran parte della sua forza obbligante.
10. Ecco le sue testuali parole: “Conoscendo le difficoltà molteplici dell’ora presente e sapendo
come tessera e giuramento sono per moltissimi condizione per la carriera, per il pane, per la
vita, abbiamo cercato mezzo che ridoni tranquillità alle coscienze riducendo al minimo possibile le
difficoltà esteriori.
E ci sembra potrebbe essere tale mezzo per i già tesserati fare essi stessi davanti a Dio e alla propria
coscienza la riserva: “Salve le leggi di Dio e della Chiesa” oppure “salvi i doveri di buon cristiano”;
col fermo proposito di dichiarare anche esternamente una tal riserva, quando ne venisse il bisogno”.
11. Sono sufficienti questi due argomenti (ma ce ne sarebbero anche altri come ad esempio quello
della pretesa della supremazia della propria cultura sulle altre e della statolatria che portarono
inevitabilmente a scontri di civiltà e a guerre) per dire che un cattolico non poteva aderire
all’ideologia fascista.
Quesito
caro padre,
ringrazio sempre nostro Signore Gesù Cristo, che ci dona un prezioso maestro come Lei: quanto
bene Lei fa, attraverso i suoi consigli, ai lettori incerti nella fede e non solo, ma anche a quelli che
desiderano migliorarla! Lei è spesso nelle mie preghiere e Santi Rosari.
Mi aiuti, per favore, a risolvere questo dubbio:
Gesù ci insegna l’amore verso il prossimo, grande valore di fede, aiutando gli altri e perdonandoli in
ogni circostanza. Dico giusto o sbagliato?
Mi capita spesso di sentire persone che bestemmiano, allora subito chiedo a Gesù di perdonarli,
sono persone atee, miscredenti e non sanno il male che commettono. Addirittura mi rivolgo a Santa
Faustina Kowalska per la sua intercessione a ns. Signore, recitando la preghiera per il loro perdono
e conversione: sapesse quante ne devo recitare!
Il problema è che io non sento amore per queste persone, anzi se fosse per me le lascerei nel loro
marciume, visto il loro odio feroce contro Gesù. Detesto queste persone, se fosse per me non le
perdonerei mai.
Però poi penso che Gesù è venuto sulla terra anche per loro. Quindi mi faccio forza e con tutta la
mia buona volontà prego per questi fratelli disgraziati, prego perchè Gesù possa toccare il loro
cuore e salvarli.
Arrivo al punto di pregare anche i loro angeli custodi, perché li ravvedano. Mi ricordo che Padre
Pio parlava molto con gli angeli custodi delle persone. Sa che a volte funziona? Che grande potere
hanno gli angeli custodi!
Però, lo faccio solo per amore di Gesù Cristo, perché sento che me lo chiede e tento con tutta me
stessa di perdonarli, e con grande sforzo ci riesco, ma non mi chieda di amare queste persone atee e
miscredenti, attaccate al dio denaro, al mondo corrotto. Non ci riesco proprio. Al massimo provo
una grande pena, misericordia. Ma l’amore vero è riservato solo ed unicamente a Gesù Cristo. (…).
Cosa devo fare, caro padre, mi consigli, la prego, io non so più che fare con questi miscredenti, e
vorrei tanto togliermi il senso di colpa che provo perché pur aiutandoli, perdonandoli, non sento
amore amore per loro!
La ringrazio infinitamente per la sua pazienza.
Maria
Cara Maria,
3. Mi dici che talvolta provi una specie di odio per queste persone. Ma da tutto l’insieme della tua
mail mi pare di poter dire che si tratta di un odio santo.
San Tommaso dice che esiste un odio santo. E parte da quanto dice Davide nel Salmo 119,113:
“Odio chi ha il cuore diviso”.
Ora Davide in quel momento parlava sotto l’ispirazione dello Spirito Santo.
Dunque, dice San Tommaso, “il profeta Davide odiava i peccatori in quanto peccatori, odiando la
loro iniquità, che è il loro male. E questo è l’odio santo di cui egli parla: “Con odio santo io li
odierò”.
Ora, odiare il male di uno e amarne il bene hanno lo stesso movente.
Perciò quest’odio santo appartiene alla carità” (Somma teologica, II-II, 25, 6, ad 1).
È il loro male che tu hai in odio, non la loro persona che vorresti redenta dal Sangue di Cristo.
4. Aggiunge ancora san Tommaso: “Amare con la carità i peccatori non significa volere quello che
essi vogliono o godere delle cose di cui essi godono; ma far loro volere quello che noi vogliamo e
godere le cose di cui noi godiamo” (Ib., ad 4).
Quesito
Carissimo,
1. per prima cosa mi compiaccio per la bella famiglia che il Signore ti ha donato.
“Ecco, dono del Signore sono i figli” (Sa 127,4).
Nell’udienza generale del 17 agosto 1994 Giovanni Paolo II ha detto che “i bambini sono il sorriso
del cielo affidato alla terra. Sono i veri gioielli della famiglia e della società. Sono la delizia della
Chiesa.
Sono come i gigli del campo dei quali Gesù diceva che “neanche Salomone, con tutta la sua gloria,
vestiva come uno di loro” (Mt 6,28-29). Sono i prediletti di Gesù, e la Chiesa e il Papa non possono
non sentir vibrare nel proprio cuore, per loro, i sentimenti di amore del cuore di Cristo”.
Proprio perché sono i prediletti sono oggetto di particolari cure di Dio.
I vostri bambini sono per la vostra famiglia una benedizione permanente perché il Signore
contraccambia generosamente quello che fate per lui servendo ognuno dei vostri figli.
2. Adesso vengo al quesito che mi hai posto dicendo subito che il Signore provvede anche alle
vostre necessità.
Vi provvede in una maniera che non offende né il matrimonio né la dignità degli sposi.
La strada, come avrai ben capito, è quella dei metodi naturali, indicati da sempre dal Magistero
della Chiesa fin da quando sono stati scoperti.
4. E tiene presente l’obiezione che spesso viene rivolta e cioè che sia nella contraccezione quanto
nell’uso dei metodi naturali si cerca con sicurezza di non avere figli.
“Ma – dice il Papa – è altresì vero che soltanto nell’uso dei metodi naturali essi sanno rinunciare
all’uso del matrimonio nei periodi fecondi quando, per giusti motivi, la procreazione non è
desiderabile, usandone, poi, nei periodi non fertili a manifestazione di affetto e a salvaguardia della
mutua fedeltà” (HV 16).
Giovanni Paolo II nell’esortazione post sinodale Familiaris consortio a questo proposito ha rilevato
che quest’astensione nei periodi fecondi fa parte di quella castità matrimoniale che “secondo la
visione cristiana non significa affatto né rifiuto né disistima della sessualità umana: significa
piuttosto energia spirituale, che sa difendere l’amore dai pericoli dell’egoismo e dell’aggressività e
sa promuoverlo verso la sua piena realizzazione” (FC 33).
5. Giovanni Paolo II ricorda anche che la Chiesa in quanto madre dice che è vicina alle coppie in
difficoltà. E “sa che tanti coniugi incontrano difficoltà non solo per la realizzazione concreta (della
norma morale), ma anche per la stessa comprensione dei valori insiti nella norma morale” (FC 33).
E che “in quanto è maestra non cessa mai di invitare e di incoraggiare, perché le eventuali difficoltà
coniugali siano risolte senza mai falsificare e compromettere la verità: è infatti convinta che non
può esserci vera contraddizione tra la legge divina del trasmettere la vita e quella di favorire
l’autentico amore coniugale (cfr. «Gaudium et Spes», 51).
Per questo, la pedagogia concreta della Chiesa deve sempre essere connessa e non mai separata
dalla sua dottrina. Ripeto, pertanto, con la medesima persuasione del mio predecessore: «Non
sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo è eminente forma di carità verso le anime» (Humanae
Vitae», 29).
7. Tra i consigli peggiori che quell’amica poteva dare a tua moglie c’è l’uso della spirale perché è
abortiva.
La spirale non impedisce il concepimento, ma l’annidamento del bambino da poco concepito perché
venga espulso e muoia.
8. Paolo VI tiene presente che i coniugi non di rado si trovano in difficoltà nell’osservanza della
legge di Dio.
Per questo dice: “E se il peccato facesse ancora presa su di loro, non si scoraggino, ma ricorrano
con umile perseveranza alla misericordia di Dio, che viene elargita nel sacramento della Penitenza”
(HV 25).
10. Ecco dunque la dottrina, dalla quale emerge la necessità che nei corsi di preparazione al
matrimonio vengano insegnati i metodi naturali.
Giovanni Paolo II in FC afferma che “tra le condizioni necessarie” per l’esercizio della paternità
responsabile “rientra anche la conoscenza della corporeità e dei suoi ritmi di fertilità.
In tal senso bisogna far di tutto perché una simile conoscenza sia resa possibile a tutti i coniugi, e
prima ancora alle persone giovani, mediante un’informazione e un’educazione chiare, tempestive e
serie, ad opera di coppie, di medici e di esperti” (FC 33).
Quesito
Caro Padre Angelo,
Mi chiamo L. ho 21 anni e da sempre la fede in Dio è inscindibilmente legata alla mia ragione e alla
base di ogni azione. Spesso però questa forte fede è stata motivo di derisone ed isolamento, sono
stato vittima di bullismo dall’asilo fino all’università e in famiglia sono stato al centro di faide
familiari ma tutte queste persone hanno il mio perdono, e perdonando ho capito quanto il perdono
arricchisce a chi lo da e a chi lo riceve. Nei momenti di prova, di quella sofferenza che non ha
parole, è lì che la mia fede è sbocciata. Ho sempre avvertito la presenza di Dio, quotidianamente, in
Gesù ho trovato un amico fedele e vero, nella Vergine Maria una madre, una maestra e una
confidente e ho compreso che non ci si sente mai così liberi come quando ci si affida. Ho vissuto
rispettando ciò che il catechismo mi ha insegnato, sono stato molto rigoroso, troppo a detta degli
altri. Un mio amico seminarista mi dice che non devo farmi problemi a vivere ad esempio l’amore
carnale liberamente, ma non sono d’accordo e vengo accusato di essere schematico, ma sono
disorientato visto che mi viene detto da chi è più vicino di me alla Chiesa. Io condivido tutto ciò che
la Chiesa insegna, perché dice la verità secondo il Vangelo. Negli ultimi tempi questa presenza di
Dio la sento forte, sento forte l’esigenza di vivere la messa ed accostarmi al Sacramento
dell’Eucaristia, vado ogni giorno a messa e prego il rosario che è un ottimo scudo contro il male. In
tutto questo da anni mi pongo delle domande sulla mia vocazione, mi immagino sacerdote e mi
immagino felice e desideroso di aiutare gli altri e di essere servo di Dio, di mettere Lui al centro e
con Lui i miei fratelli e sorelle senza mai farli sentire giudicati perché credo che vada fermamente
condannato il peccato ed aiutato il peccatore a rielaborare il percorso dopo l’inciampo dell’errore.
Di ciò che sento ne ho parlato di recente ai miei genitori che mi hanno dato piena libertà, ma ho
paura di correre troppo, perché non ho un padre spirituale che mi segue, non l’ho detto a nessun
sacerdote, non ho mai preso parte ad attività parrocchiali, e penso che sarebbe meglio fare
discernimento ed esperienza per essere consapevole e sereno di ciò che vado ad affrontare. Il
Signore chiede ed io rispondo con la vita ma non voglio sbagliarmi, in nome del Suo Amore. Lei
cosa mi consiglia, come posso muovermi. Prego per lei e la ringrazio anticipatamente per le parole e
il tempo che vorrà dedicarmi.
Carissimo L.,
1. la tua mail mi ha riempito di gioia e di tristezza insieme.
Di gioia perché mi compiaccio della chiamata del Signore.
Anche su di te ha fissato lo sguardo per amarti di amore singolare.
Proprio come ha fatto con il giovane di cui parla il Vangelo: “Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui,
lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un
tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!»” (Mc 10,21).
Se avrai la grazia di diventare sacerdote capirai sempre di più, man mano che andrai avanti negli
anni, la grazia inestimabile della vocazione.
3. Da quanto ho capito la tua vita di fede non è passata tra rose e fiori, ma hai dovuto soffrire e
combattere.
Sono contento anche perché in tutto questo, anziché vacillare, ti sei fortificato sempre di più.
E questo indubbiamente è un ottimo segno perché il Signore permette le prove non perché ci
indeboliamo, ma perché ci fortifichiamo sempre più.
San Giovanni della croce, un grande mistico carmelitano, diceva che “la virtù mette più profonde
radici nell’aridità, nelle difficoltà e nei travagli” (Cantico Spirit. B,30,5) e “la virtù si rafforza
nell’esercizio del patire” (Fiamma viva d’amore B, 2,26).
4. Mi pare che adesso la tua vita cristiana sia ben consolidata: senti forte la presenza di Dio, vai a
Messa ogni giorno e preghi con il Santo Rosario di cui hai giustamente avvertito che è un ottimo
scudo contro il male.
Se posso darti un consiglio: non tornare indietro da questo ritmo.
Sono sicuro che per te questo consiglio è superfluo perché non hai nessuna intenzione di tralasciare
la sorgente della tua vita spirituale.
Se qualcuno avesse detto a Pier Giorgio Frassati o al prossimo beato Carlo Acutis che non è
necessario andare a Messa tutti i giorni e nutrirsi del Pane degli Angeli, di Gesù Cristo, si sarebbe
attirato uno sguardo di compatimento. Come a dire: ma non sapete che cosa si prende nell’andare a
Messa tutti i giorni e nel fare la Santa Comunione?
La stessa cosa faresti anche tu.
6. Nella tua mail non hai toccato il Sacramento della Confessione, ma sono certo che a questa
sorgente di continuo rinnovamento, di purificazione e di santificazione ti accosti in maniera regolare
e frequente.
7. Pertanto sotto questi aspetti mi sembri maturo per compiere il passo per il quale ti pare che il
Signore ti chiami.
Forse rimane da esplorare la direzione della vocazione: se quella del sacerdote diocesano oppure
all’interno di qualche istituto religioso.
8. Adesso invece vengo alla nota che mi ha procurato vivo dispiacere: un tuo amico seminarista ti
dice che non devi farti problemi a vivere l’amore carnale liberamente.
Penso che anche un ateo si stupirebbe di una simile affermazione fatta da un seminarista.
Se fosse stato un ateo a farla non ci si meraviglierebbe. Perché se non c’è l’obiettivo della vita
futura che dirige tutta la nostra esistenza verso la santità è fatale che si viva per mangiare, per bere e
per darsi al divertimento, come dice San Paolo in 1 Cor 15,32.
9. Mi domando come quel seminarista riesca a mettere insieme la sua affermazione con quella di
Gesù: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (Mt 5,8).
E anche con quelle dette dallo Spirito Santo per bocca di Paolo: “Non sapete che siete tempio di Dio
e che lo Spirito di Dio abita in voi?
Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete
voi” (1 Cor 3,16-17).
E anche: “Questa infatti è volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dall’impurità, che
ciascuno di voi sappia trattare il proprio corpo con santità e rispetto, senza lasciarsi dominare dalla
passione, come i pagani che non conoscono Dio; che nessuno in questo campo offenda o inganni il
proprio fratello, perché il Signore punisce tutte queste cose, come vi abbiamo già detto e ribadito.
Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione. Perciò chi disprezza queste cose non
disprezza un uomo, ma Dio stesso, che vi dona il suo santo Spirito” (1 Ts 4,3-8).
11. Pensa a diventare seminarista e sacerdote con i medesimi sentimenti di quel giovane che poi
diventò San Giovanni XXIII: “Un globo di purissimo cristallo, irradiato dalla luce del sole, mi dà
l’idea della mondezza del cuore dei sacerdoti.
L’anima mia deve essere come uno specchio che deve riflettere l’immagine degli angeli, di Maria
Santissima, di Gesù Cristo.
Se lo specchio si appanna, per quanto leggermente, io sono degno di essere fatto a pezzi e gettato
nell’immondezzaio” (Il Giornale dell’anima, Esercizi spirituali 1902, n. 8).
Penso che sia giunto anche il momento di attuare quel discernimento che è indispensabile per
verificare l’autenticità e la consistenza della vocazione.
Chiedi alla Madonna, attraverso la preghiera del Santo Rosario, di ottenerti la grazia di parlarne con
un sacerdote che ti ispira accoglienza, maturità di riflessione, capacità di discernere le tue
inclinazioni e di dirti in nome di Dio qual è la strada per la quale il Signore ti chiama.
Credo che la Madonna non aspetti altro.
Quesito
Carissimo,
1. inizio la risposta alla tua bella mail con le parole che il beato Bartolo Longo ha usato nella
Supplica alla Madonna di Pompei: “Agli antichi splendori della tua Corona, ai trionfi del tuo
Rosario, onde sei chiamata Regina delle Vittorie, aggiungi ancor questo, o Madre”.
Alle tante grazie ottenute dalla Madonna del Rosario aggiungiamo anche la tua conversione ad una
vita cristiana fervente.
Al dire di sant’Agostino la conversione di un’anima è più preziosa di tutto il cosmo materiale
perché il cosmo prima o poi finirà, mentre la conversione porta ad un’anima immortale i beni
soprannaturali e divini.
4. Mentre pregavi con il Rosario il Signore, portato in casa tua dalla Madonna, ha cominciato a
purificarti, a santificarti e a fare in te qualche cosa di analogo a quello che ha fatto in San Giovanni
Battista.
Adesso non ti costa più pregare, anzi. La preghiera è diventata il respiro della tua anima.
Ugualmente mentre ricrei nella tua mente quel particolare evento della vita di Gesù il Signore ti
riempie di Spirito Santo e avviene anche in te qualcosa di simile a ciò che avvenne in Elisabetta al
momento della visita di Maria.
7. Tua moglie, che adesso ti vede trasformato, non potrebbe dire che la presenza quotidiana di
Maria nella vostra casa, portata attraverso la preghiera del Rosario, è stata “davvero qualcosa di
straordinario e di inaspettato”?
Non potrebbe dire che la tua conversione è stata una delle grazie più belle della vostra vita di
famiglia e del vostro matrimonio?
E che il vostro matrimonio sta toccando adesso uno dei suoi momenti più alti?
8. Continua così.
Come vedi, la presenza di Maria attraverso il Rosario ti ha portato alla Confessione, all’Eucaristia
domenicale e infrasettimanale.
Senza che tu te ne accorga, Gesù Cristo sta diventando il centro e il senso della tua vita.
La Madonna ti porterà con dolcezza a “fare tutto per mezzo di Lui e in vista di Lui” (Col 1,16).
Non abbiamo altro scopo ultimo che quello di rivestirci di Gesù e di riflettere la sua luce attraverso
la nostra povera persona.
Quesito
Carissimo,
1. la vicenda dei valdesi è nata da un desiderio sincero di rinnovamento della Chiesa.
Molti nel medio evo di fronte alla ricchezza e alla potenza della Chiesa rimanevano disorientati e
finivano per aderire a movimenti eretici.
Tra coloro che ne desiderarono un sincero rinnovamento troviamo Pietro Valdo e qualche decennio
dopo anche San Francesco d’Assisi e San Domenico.
Tutti desideravano tornare allo stile di vita della Chiesa primitiva, zelando la predicazione itinerante
e la povertà evangelica.
Così è stato nei suoi inizi anche il gruppo dei predicatori laici detti valdesi.
Tuttavia, a differenza di san Francesco e di San Domenico, in un secondo tempo vennero a trovarsi
in opposizione con la Chiesa e si lasciarono andare a derive ereticali.
4. Continuano i nostri due storici: “A questa prescrizione (di non predicare senza autorizzazione
ecclesiastica) non seppero assoggettarsi che per poco
tempo.
L’opposizione contro l’autorità ecclesiastica, da loro motivata con richiamo al testo degli Atti degli
Apostoli 5,29, ebbe come conseguenza che papa Lucio III nel sinodo di Verona del 1184 li
scomunicò insieme ad altri eretici.
I «fratelli» e le «sorelle» valdesi dovettero allora ritirarsi a vita clandestina, raccogliendo
segretamente seguaci e simpatizzanti fra i secolari che davano loro ricetto e ospitalità poiché essi
stessi, come «perfetti» avevano rinunciato al lavoro manuale e si dedicavano esclusivamente alla
predicazione itinerante e all’assistenza pastorale dei loro adepti.
Essi emettevano il triplice voto di povertà, castità e obbedienza verso i loro superiori, cioè verso
Valdo stesso quale incaricato di Dio, «praepositus et pontifex omnium», e verso i vescovi, presbiteri
e diaconi da lui ordinati.
La sacra Scrittura da essi tradotta nelle lingue volgari e da essi caldamente raccomandata per la
lettura, aveva valore di norma dottrinale assoluta e di codice giuridico.
In seguito i valdesi italiani si allontanarono ancora di più dalla Chiesa, negando, probabilmente
dietro influsso dei catari, il purgatorio, il valore della preghiera per i defunti e le messe di suffragio,
il culto dei santi, le indulgenze, il giuramento, e ammettendo quali sacramenti soltanto il battesimo,
l’Eucaristia e la penitenza” (Ib.).
6. Dopo il loro passaggio al protestantesimo subirono soprattutto in Calabria una dura persecuzione
che culminò con il loro massacro nel 1561 in base al principio per cui gli abitanti di una regione
dovevano appartenere ad un’unica religione (cuius regio eius et religio).
7. In Piemonte, dove tutt’oggi vive la maggior parte dei Valdesi, fu Carlo Alberto nel 1848 a dare
loro piena cittadinanza.
8. Per alcune loro affermazioni i Valdesi oggi vanno ancora più in là dello stesso protestantesimo.
Io stesso ho conosciuto un giovane figlio di cattolici ma non ancora battezzato che ad un certo
momento fu avvicinato da un pastore valdese che lo invitò al loro culto. Dopo una o due volte,
sebbene non ancora battezzato fu messo a presiedere l’Eucaristia, con suo stesso sconcerto.
Sui temi caldi della bioetica la loro posizione è quella dell’arbitrio personale, molto vicina alle
posizioni radicali.
9. Il 22 giugno 2015 papa Francesco visitando il Tempio Valdese di Torino ha chiesto scusa a nome
della Chiesa cattolica per le persecuzioni di cui i valdesi sono stati vittime nel corso dei secoli.
In quell’occasione qualcuno ha osservato che i Valdesi hanno apprezzato queste scuse, ma non
hanno fatto la stessa cosa nei confronti della Chiesa cattolica circa la quale non sono sempre stati
agnelli mansueti.
Il domenicano beato Antonio Pavoni fu pugnalato dai valdesi nella domenica in albis mentre usciva
dalla chiesa di Bricherasio (Torino)nel 1374.
Il domenicano beato Pietro da Ruffia fece la stessa fine e cioè venne pugnalato mentre era ospite a
Susa dei frati minori nel 1365.
Un altro domenicano, il beato Bartolomeo Cerveri fu ucciso da colpi di spada da 5 valdesi nel 1466
mentre si recava nella Chiesa parrocchiale di Cervere (Fossano).
Quesito
Caro Roberto,
1. Gesù è Dio fatto carne.
In quanto Dio, sapeva da tutta l’eternità che – stante la libertà – gli uomini non l’avrebbero accolto.
2. In quanto uomo ha accettato la morte in croce fin dal primo istante della sua esistenza, come si
evince dalla Lettera agli Ebrei: “Entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né
offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la
tua volontà»” (Eb 10,5-7).
3. San Tommaso commenta: “Poiché quei riti non potevano togliere i peccati, per questo il Figlio di
Dio entrando nel mondo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai
preparato e cioè lo hai reso adatto all’immolazione.
E ciò riguardo a due cose. Primo poiché fu un corpo purissimo per distruggere qualsiasi peccato: Il
vostro agnello sia senza difetto (Es 12,5).
Inoltre perché era passibile, per poter essere immolato. Dio mandò suo Figlio in carne simile a
quella del peccato.
Ora questo corpo è il vero sacrificio e la vera offerta: “ha dato se stesso per noi offrendosi a Dio in
sacrificio di soave odore” (Ef 5,2)” (Commento alla lettera agli Ebrei, 10,5-7).
4. “Allora ho detto: allora, cioè quando mi hai preparato un corpo, ossia nel momento del mio
concepimento.
Ecco, io vengo: “mediante l’incarnazione. “Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo” (Gv
16,28). E questo l’ho fatto per offrirmi alla passione. Per questo dice ecco” (Ib.).
5. Pertanto in Gesù non vi è stato alcun progresso nella consapevolezza della sua missione e della
sua immolazione.
Era già tutto chiaro alla sua mente fin dal primo istante della sua esistenza.
6. La coscienza di Gesù, infatti, non si è svegliata poco per volta, come è avvenuto per ognuno di
noi.
Cristo fin dal primo istante del suo concepimento aveva quella perfettissima conoscenza per la
quale conosceva individualmente ogni uomo nell’interezza della sua storia.
Lo ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica quando dice: “Gesù ci ha conosciuti e amati, tutti e
ciascuno, durante la sua vita, la sua agonia e la sua passione, e per ognuno di noi si è offerto: «Il
Figlio di Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2,20)” (CCC 478).
7. In Cristo, accanto alla conoscenza acquisita (CCC 472), vi era dunque quest’altro tipo di
conoscenza.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica dopo aver riportato un’affermazione di San Massimo il
Confessore: “La natura umana del Figlio di Dio, non da sé ma per la sua unione con il Verbo,
conosceva e manifestava nella Persona di Cristo tutto ciò che conviene a Dio” (SAN MASSIMO IL
CONFESSORE, Quaestiones et dubia, 66; PG 9P, 840A), prosegue così: “è, innanzitutto il caso
della conoscenza intima e immediata che il Figlio di Dio fatto uomo ha del Padre suo.
Il Figlio di Dio anche nella sua conoscenza umana mostrava la penetrazione divina che egli aveva
dei pensieri segreti del cuore degli uomini” (CCC 473).
8. A questa perfettissima conoscenza sembra alludere anche San Paolo quando scrive: “Il Figlio di
Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20).
Non ha scritto: “Ci ha amato e ha dato se stesso per noi”. Ma “Dio mi ha amato e ha dato se
stesso per me”.
Sebbene Paolo non avesse conosciuto Gesù, tuttavia sapeva di essere stato da lui perfettissimamente
conosciuto in tutti gli istanti della sua vita e di essere stato sempre da Lui personalmente amato.
9. Anche tu puoi dire che Gesù ti ha conosciuto fin dal primo istante della tua esistenza e ti ha
personalmente amato.
In tutte le sue opere e in tutte le sue parole, oltre che nella sua passione, morte e risurrezione ti
aveva sempre davanti agli occhi.
Sicché quello che faceva, lo faceva per te. Quello che diceva, lo diceva per te. Quello che soffriva,
lo soffriva per te.
A nessuno sei stato tanto presente quanto a Nostro Signore, che ti ha amato personalmente come
nessun altro.
Ecco, dalla tua domanda siamo finiti qui, al capitolo più bello della nostra vita, quello dell’amore di
Gesù per ciascuno di noi, individualmente inteso.
Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo
Quesito
Carissimo Padre,
Le scrivo in relazione alla Sua risposta alla domanda “Dove si trova ora il Corpo di
Gesù” https://www.amicidomenicani.it/dove-si-trova-il-corpo-di-cristo-che-e-asceso-al-cielo-in-
corpo-e-in-anima/
Opportunamente Lei cita CCC 645, che tuttavia mi sembra non preciso; infatti il Corpo di Gesù
risorto…
1) essendo un corpo vero si estende e quindi occupa un certo spazio
2) vive e quindi passa dalla potenza all’atto (la natura umana di Gesù non è atto puro) e questo
passaggio è potenzialmente misurabile
Quindi è nello spazio e nel tempo, non perfettamente identici allo spazio e il tempo di questa terra
(come per altro il tempo angelico e l’evieternità dei beati) ma vero tempo e vero spazio.
Sono fuori strada?
In Corde Matris
Sac. A.
1. riprendo l’affermazione centrale del Catechismo della Chiesa Cattolica: “Questo corpo autentico
e reale possiede però al tempo stesso le proprietà nuove di un corpo glorioso; esso non è più situato
nello spazio e nel tempo, ma può rendersi presente a suo modo dove e quando vuole, poiché la sua
umanità non può più essere trattenuta sulla terra e ormai non appartiene che al dominio divino del
Padre” (CCC 645).
Il corpo di Gesù risorto è reale. È un corpo vero, ma ormai possiede le proprietà nuove di un corpo
glorioso.
Sono quelle proprietà per le quali il corpo di Cristo al momento della sua risurrezione divenne un
corpo spirituale, come dice San Paolo (cfr 1 Cor 15,44).
Se uno fosse stato presente in quel momento nel sepolcro non avrebbe visto con i propri occhi il
corpo glorioso del Signore.
Tanto meno l’avrebbe visto uscire dal sepolcro. Ma avrebbe notato che le bende che lo avvolgevano
ricascavano su se stesse e che il corpo materiale di Gesù non c’era più.
2. Con la sua risurrezione il corpo di Gesù è uscito dalle condizioni spazio-temporali che sono
proprie del mondo presente.
È entrato – se possiamo esprimerci così – in un altro mondo, nel mondo proprio di Dio.
La Sacra Scrittura e la professione di fede della Chiesa affermano che si trova alla destra del Padre.
Per questo il Catechismo della Chiesa Cattolica ribadisce al numero successivo di quello già citato
che “nel suo Corpo risuscitato egli passa dallo stato di morte ad un’altra vita al di là del tempo e
dello spazio.
Il Corpo di Gesù è, nella Risurrezione, colmato della potenza dello Spirito Santo; partecipa alla vita
divina nello stato della sua gloria, sì che san Paolo può dire di Cristo che egli è «l’uomo celeste»
(cfr. 1 Cor 15,35-50)” (CCC 646).
3. Alla domanda dove si trova il Cristo risorto? possiamo rispondere dicendo che si trova alla destra
del Padre.
Precisando subito – direbbe san Tommaso riprendendo espressioni di San Giovanni Damasceno –
“che “noi non intendiamo parlare di una destra in senso locale. Chi infatti è incircoscrittibile come
potrebbe avere localmente una destra? Poiché destra e sinistra riguardano esseri circoscritti. Ma noi
chiamiamo destra del Padre la gloria e l’onore della sua divinità” (De fide orthodoxa 4,2)” (Somma
teologica, III, 58, 1, 1).
4. Il fatto che l’umanità gloriosa di Cristo accresca in qualche modo la sua gloria fino alla fine del
mondo non significa che abiti in qualche spazio perché anche i Santi del Paradiso – come del resto
anche gli Angeli e per converso i demoni – hanno una certa crescita fino al giudizio universale.
Ma questo non significa che qualcuno di essi abiti in qualche spazio perché le anime sante del
Paradiso, gli Angeli e i demoni sono tutti sostanze spirituali.
5. È vero che tu precisi che lo spazio e il tempo dell’altra non sono perfettamente identici allo
spazio e al tempo di questa terra, ma dal momento che non sappiamo come siano conviene dire
semplicemente che l’umanità gloriosa di Nostro Signore e della Beata Vergine Maria si trovano in
Dio.
Ti ringrazio del quesito, ti ricordo al Signore e ti auguro ogni bene per il tuo prezioso ministero.
Padre Angelo
Quesito
Buongiorno padre Angelo,
leggendo il Catechismo della Chiesa Cattolica, in particolare dal punto 632 e seg., mi è venuto un
dubbio che desidero esporLe per avere da lei un chiarimento.
Tra la morte in croce e la risurrezione, Gesù è disceso agli inferi “come Salvatore, proclamando la
Buona Novella agli spiriti che vi si trovavano prigionieri” (CCC 632).
Ma, “nell’attesa del Redentore, la sorte di tutti i morti, cattivi o giusti” (CCC 633) non è identica.
Ma, come recita il Catechismo Romano, “Furono appunto le anime di questi giusti in attesa del
Cristo a essere liberate da Gesù disceso all’inferno”.
Infatti, come dichiarato nel Concilio di Roma del 745, “Gesù non è disceso agli inferi per liberare i
dannati”, ma, come dichiarato nel Concilio di Toledo IV del 625, “per liberare i giusti che lo
avevano preceduto”.
Ritengo che la qualifica di “giusti” e “dannati” derivi loro dal modo in cui vissero a suo tempo su
questa terra.
Ma – e qui sta il dubbio teologico – queste persone hanno vissuto la loro vita terrena senza aver
potuto ricevere la Buona Novella e quindi senza aver potuto incontrare quella possibilità di
redenzione e salvezza che da essa deriva. E’ fin troppo ovvio che la stessa carenza debba essere
riconosciuta anche a coloro che, pur vissuti in epoca posteriore all’incarnazione del Verbo del
Signore, non hanno avuto comunque la possibilità di conoscere la Buona Novella.
Forse che Gesù, discendendo agli inferi ed ivi portando l’annuncio – come ci dice l’apostolo in 1Pt
3, 19 – ha ridato a tutte le anime ivi prigioniere come una nuova occasione di conversione? Una
nuova occasione, simile a quella che ognuno di noi ha in questa vita terrena, cioè ai cattivi di
ridiventare giusti?
RingraziandoLa per l’attenzione, La saluto cordialmente
Vincenzo
Caro Vincenzo,
1. gli antichi pagani vissuti prima di Cristo non avevano il Vangelo per guidare il loro
comportamento e non avevano neanche la legge data da Dio a Mosè.
Tuttavia possedevano qualche cosa di preziosissimo che poteva illuminarli: la coscienza.
Sulla coscienza c’è un passo molto illuminate nel capitolo secondo della lettera ai Romani dove san
Paolo dice: “Quando i pagani, che non hanno la Legge, per natura agiscono secondo la Legge, essi,
pur non avendo Legge, sono legge a se stessi. Essi dimostrano che quanto la Legge esige è scritto
nei loro cuori, come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti,
che ora li accusano ora li difendono” (Rm 2,14-15).
3. Poiché Dio vuole che tutti gli uomini si salvino (cfr 1 Tm 2,4) e poiché la salvezza (la comunione
soprannaturale con Dio) è un bene che eccede l’ordine naturale è necessario che Dio offra a tutti gli
uomini i mezzi adeguati alla salvezza, e cioè la grazia.
Dio la dà a tutti gli uomini di buona volontà, secondo quel principio teologico che suona
così: Facienti quod in se est, Deus non denegat gratiam (a chi si comporta secondo il proprio dovere
Dio non nega la grazia).
Anzi è proprio la grazia che li previene e li aiuta a compiere secondo giustizia tutta la legge morale,
perché l’uomo con le sue sole forze, e tanto più dopo il peccato originale, non sarebbe in grado di
osservarla.
Ed è ugualmente necessaria per santificare le loro opere e la loro vita per renderla adatta alla
comunione soprannaturale con Dio.
4. Come gli ebrei dell’Antico Testamento si salvavano in virtù della fede nel Messia venturo e
anche in virtù del loro agire secondo retta coscienza così analogamente i pagani si salvavano
seguendo la legge naturale e avendo quel minimo di fede che orienta la vita e fa vivere rettamente
secondo quanto si legge nella lettera agli Ebrei: “Senza la fede è impossibile essergli graditi; chi
infatti si avvicina a Dio, deve credere che egli esiste e che ricompensa coloro che lo cercano” (Eb
11,6).
5. Per costoro possiamo applicare quanto il Concilio Vaticano II dice circa la salvezza dei non
cristiani: “Quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa ma che tuttavia
cercano sinceramente Dio e con l’aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà
di lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna.
Né la divina Provvidenza nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che non sono ancora arrivati
alla chiara cognizione e riconoscimento di Dio, ma si sforzano, non senza la grazia divina, di
condurre una vita retta. Poiché tutto ciò che di buono e di vero si trova in loro è ritenuto dalla
Chiesa come una preparazione ad accogliere il Vangelo e come dato da colui che illumina ogni
uomo, affinché abbia finalmente la vita” (Lumen gentium 16).
E ancora: “Dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel
modo che Dio conosce, col mistero pasquale” (Gaudium et spes 22).
Nella medesima linea si esprime il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Ogni uomo che, pur
ignorando il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, cerca la verità e compie la volontà di Dio come la
conosce, può essere salvato. È lecito supporre che tali persone avrebbero desiderato esplicitamente
il Battesimo, se ne avessero conosciuta la necessità” (CCC 1260).
6. Cristo dunque è sceso negli inferi per portare in Paradiso tutti i giusti, e cioè tutti coloro che
erano in grazia ed erano purificati.
Tutti costoro avevano già passato il giudizio particolare e con questo avevano ricevuto per sempre e
in maniera inappellabile la sentenza della loro salvezza o della loro condanna.
Quesito
Caro Padre Angelo,
con un decreto del 7 marzo 321 Costantino stabilì che il primo giorno della settimana (il giorno del
Sole, Dies Solis) doveva essere dedicato al riposo:
«Nel venerabile giorno del Sole, si riposino i magistrati e gli abitanti delle città, e si lascino chiusi
tutti i negozi. Nelle campagne, però, la gente sia libera legalmente di continuare il proprio lavoro,
perché spesso capita che non si possa rimandare la mietitura del grano o la semina delle vigne; sia
così, per timore che negando il momento giusto per tali lavori, vada perduto il momento opportuno,
stabilito dal cielo.»
È vero ciò?
Abbiamo disconosciuto il Sabato? È un pensiero che mi perseguita. Grazie
Carissima,
1. sì, il sabato come giorno di riposo settimanale è stato sostituito dal giorno del sole, che era il
primo giorno della settimana.
Il motivo è semplice: ai tempi di Costantino la maggioranza delle persone che gli erano sottomesse
erano cristiane.
2. I cristiani, fin dall’inizio, si radunavano per la preghiera e per l’eucaristia nel giorno del sole,
perché era il giorno memoriale della risurrezione di Cristo.
Nel loro linguaggio non era più chiamato giorno del sole ma giorno del Signore.
Questo nuovo nome lo si trova già nella Sacra Scrittura a proposito del giorno in cui San Giovanni
ricevette quella Rivelazione che poi trascrisse nel libro dell’Apocalisse: “Io, Giovanni, vostro
fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza in Gesù, mi trovavo nell’isola
chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù. Fui preso dallo Spirito
nel giorno del Signore e udii dietro di me una voce potente, come di tromba, che diceva: «Quello
che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese” (Ap 1,9-11).
Giorno del Signore in latino viene detto: Dominica dies. Di qui il nome di domenica.
3. Il passaggio dal sabato alla domenica avvenne progressivamente e fu giustificato dal fatto che la
risurrezione di Gesù si è realizzata il primo giorno dopo il sabato, e con essa si è inaugurata la
nuova creazione.
Per tutti il sabato rimaneva il giorno del riposo, dal momento che era il giorno di vacanza
nell’impero romano e il giorno del sole (la domenica) era invece giorno lavorativo.
Ma proprio il giorno del sole i cristiani dappertutto si riunivano per la preghiera e per l’eucaristia.
Essi erano persuasi che il Cristo risorto li volesse incontrare proprio in questo giorno.
Tutti gli evangelisti del resto annettono molta importanza al fatto che il primo giorno dopo il sabato
Cristo risuscitò dai morti e incontrò i suoi discepoli. Di domenica apparirà di nuovo una settimana
più tardi (Gv 20,26).
Come contemperare lavoro e culto?
4. Per non venir meno alle esigenze lavorative i cristiani erano costretti ad alzarsi prima del sorgere
del sole.
Lo testimonia il governatore della Bitinia, Plinio il giovane, il quale riferisce che avevano
l’abitudine “di riunirsi a giorno fisso prima della levata del sole e di cantare tra di loro un inno a
Cristo come a un dio” (Epist., 10, 96, 7).
Anche Tertulliano ricorda i coetus antelucani (riunioni prima della luce) (Apologeticum, 2, 6).
5. Quando trecento anni più tardi i cristiani ebbero libertà di culto e divennero maggioranza la
domenica diventò anche il giorno ufficiale di riposo.
E lo divenne col decreto dell’Imperatore Costantino del 321 che tu hai riportato.
Quesito
Caro Padre,
come le ho detto, sono giorni di apprensione per la mia famiglia… Ho iniziato a dire le litanie
dell’ordine tutte le sere, specialmente nei momenti in cui l’angoscia mi prende di più: sapesse quale
consolazione, quale speranza sento ogni volta! La sensazione è così piacevole che, se prima le
dicevo per ottenere la grazia di preservare la mia famiglia dal contagio, ora le dico anche per
provare di nuovo questa consolazione.
A presto,
Matteo
Caro Matteo,
1. colgo l’occasione per ricordare come mai quando si recita il Santo Rosario oppure l’Officium
parvum B. V. Mariae o anche quando si recitano le litanie dell’ordine domenicano si avverte un
senso di benessere e di pace.
2. Bisogna ricordare che la Madonna nella sua vita terrena ha ricevuto una duplice abbondantissima
effusione di grazia.
La prima l’ha ricevuta nel primo istante della sua esistenza e in maniera così grande che di più non
si poteva.
San Tommaso dice che Dio poteva creare un mondo più perfetto di quello che ha creato perché dire
diversamente significherebbe derogare dalla onnipotenza divina.
Ma non poteva dare a Maria una dignità più grande perché le diede una dignità quasi infinita.
Questa pienezza di grazia gliela diede perché doveva diventare Madre di Dio.
3. Ma quando iniziò a diventare Madre, e cioè nel momento dell’incarnazione del Verbo nel suo
grembo purissimo, ricevette una nuova straordinaria effusione di grazia.
Questa volta non la ricevette per se stessa, ma perché tutti quelli che l’avessero incontrata
rimanessero contagiati dalla sua santità e dalla sua grazia.
Il Vangelo conferma quest’intuizione di San Tommaso perché Elisabetta appena udì la voce di
Maria fu subito colmata di Spirito Santo e il bambino che portava nel grembo cominciò a sussultare
di gioia, venendo nello stesso tempo purificato e santificato.
4. Ogni volta che ci si incontra con Maria avviene qualche cosa del genere.
La santità di Maria è una santità trasfusiva.
È una santità che si comunica da se stessa, che si irradia.
Sicché non c’è da meravigliarsi che tutti coloro che fanno entrare la Madonna nella loro vita anche
attraverso la recita delle Litanie domenicane – che sono molto più lunghe delle tradizionali Litanie
lauretane – ne sentano la presenza.
E la sentano come una presenza purificante e santificante, in qualche modo come Giovanni Battista
nel grembo di Elisabetta.
5. Quest’intuizione di San Tommaso è stata ripresa dal beato Jacopo da Voragine (Giacomo da
Varazze, domenicano della fine del XIII secolo e arcivescovo di Genova),
Nel suo celebre Mariale scrive: “Maria ebbe una verginità trasfusiva: perché veniva trasfusa negli
altri.
Infatti per quanto fosse bellissima, tuttavia mai da nessuno fu desiderata con concupiscenza: il
motivo è che la sua purezza penetrava il cuore di tutti ed estingueva in essi ogni moto impuro”
(Mariale, V, 9).
E che “il profumo della sua santità penetrava nei cuori ed estingueva i moti impuri (Ib., B-I).
6. Ecco perché tu scrivi: “Sapesse quale consolazione, quale speranza sento ogni volta! La
sensazione è così piacevole che, se prima le dicevo per ottenere la grazia di preservare la mia
famiglia dal contagio, ora le dico anche per provare di nuovo questa consolazione”.
Quando reciti le Litanie domenicane la purezza di Maria penetra il tuo cuore.
Ed è per questo che ti senti meglio, purificato, santificato e consolato.
7. Il Beato Jacopo dice che questa purezza trasfusiva era propria anche del nostro Santo Padre
Domenico il quale dando da baciare la sua mano ad un giovane lussurioso ne calmò i sensi ribelli
(cfr. Sermone IV su San Domenico).
Il Padre V. Bernadot dice che questa purezza trasfusiva sarebbe una caratteristica dei domenicani e
che secondo alcuni pii autori il Santo Padre Domenico ottenne dalla Madonna per il suo Ordine la
grazia di manifestare specialmente la virtù angelica della purezza, come altri Ordini hanno la grazia
di manifestare particolarmente la povertà e l’ubbidienza.
Quesito
Salve Padre Angelo,
sono un ragazzo di 15 anni che da poco si è riavvicinato alla fede dopo la chiamata del Signore in
un periodo di forti dubbi, e la ringrazio per quello che fa perché dopo aver sentito il Signore ho
avuto un bisogno di alimentare la mia fede e lei mi da un grandissimo aiuto.
Vengo alla domanda, magari è una domanda sciocca ma comunque la pongo, quando Gesù viene
crocifisso dice: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” ma visto che avrebbe
espiato tutti i peccati perché ha detto quella frase, visto che si sarebbe presso ogni peccato
commesso dagli uomini, incluso il metterLo a morte.
Quindi perché chiedere al Padre di perdonarli se li avrebbe espiati Lui comunque?
Mi scuso se la mia domanda è sciocca, infatti un po’ mi vergogno a porle questo quesito, ma quando
ho pregato il Signore e lo Spirito Santo di aiutarmi a trovare risposta alla mia domanda mi sono
sentito trascinato a scriverle.
La ringrazio nuovamente per quello che fa e la saluto, che il Signore sia sempre con lei.
Le porgo i miei saluti e la ricordo nella preghiera.
Nikola
Caro Nikola,
1. dicendo “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” Gesù esprime ad alta voce la
sua volontà di morire in espiazione dei peccati degli uomini.
La sua morte non è stata un incidente di percorso, ma ha patito ed è morto perché ha voluto morire
per questa precisa intenzione.
Il profeta Isaia l’aveva predetto: “Oblatus est quia ipse voluit” (È stato offerto perché ha voluto; Is
53,7).
4. Ma forse la tua domanda voleva domandare anche un’altra cosa: se Cristo è morto per i peccati,
perché è necessario andare a confessarsi?
Ebbene, perché si venga purificati dai peccati non è sufficiente sapere che Cristo ha patito al posto
nostro, ma è necessario che il suo sangue e i suoi meriti raggiungano ogni uomo e lo purifichino.
È come se si dicesse: c’è finalmente il solvente per togliere ogni macchia.
Ma finché il solvente non viene messo sulla macchia, la macchia rimane.
5. Per questo Cristo ha istituito il Sacramento della Penitenza o Confessione dicendo: “A coloro a
cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”
(Gv 20,23).
6. Cristo pertanto dona il suo perdono, ma il suo perdono raggiunge solo chi si pente e se ne
confessa.
Diversamente i peccati rimangono, “non saranno perdonati”.
7. Parlando con santa Caterina da Siena l’Eterno Padre dice: “La divina carità conosceva la
infermità e fragilità dell’uomo per le quali pecca, non quasi che egli sia costretto dalla fragilità della
carne o da altro a commettere la colpa se non vuole, ma, fragile com’egli è, cede nella colpa del
peccato mortale, per cui perde la grazia ricevuta nel santo battesimo in virtù del sangue.
Fu perciò necessario che provvedesse agli uomini come un continuo battesimo di sangue. Esso si
riceve con la contrizione del cuore e con la santa confessione, confessando il peccato, quando si
può, ai miei ministri, che tengono la chiave del sangue. Questo sangue il sacerdote lo getta,
nell’assoluzione sacramentale, sopra la faccia dell’anima.
Sicché tu vedi come sia continuo questo battesimo, nel quale l’anima ha da battezzarsi fino
all’ultimo, come s’è detto” (Dialogo della Divina Provvidenza 75).
8. Per cui Santa Caterina con tutti gli accenti del suo animo scongiura: “Bagnatevi nel sangue di
Cristo crocifisso.
Nel sangue suo troverete il fuoco dell’amore; nel sangue suo laverete le vostre iniquità.
Questo fa il sacerdote, vicario di Cristo, quando assolve l’anima vostra, andandoci noi a
confessate: non fa altro se non gettare il sangue di Cristo sopra il nostro capo.
Ora è il tempo favorevole (2 Cor 6,2), mentre l’uomo vive, di non disprezzare questo sangue:
perché non è sicuro quando debba morire, né quanto debba vivere.
Si rechi dunque a vomitare con la bocca il fradiciume dei suoi peccati, confessandosi bene e
diligentemente: in altro modo non potrebbe partecipare la divina grazia” (Lettera 155).
Sono contento che il Signore al quale ti eri appellato ti abbia portato al nostro sito.
Ti auguro ogni bene, ti ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo