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AMICI DOMENICANI – DAL 01/04/2021 AL 13/04/2021

Quesito
Caro padre,
anche se credo fortemente ai valori che mi hanno fatto venire la persona che sono, quali la famiglia,
un figlio, e credo ai valori cristiani quali il matrimonio e l’indissolubilità del matrimonio, la vita è
sempre pronta a sferrarci un colpo basso, e in un attimo ti ritrovi in un’altra dimensione, sì, perché
mia moglie già da due anni e mezzo ha deciso di intraprendere un’altra strada.
Appunto perché credo all’indissolubilità del matrimonio ho deciso di non riposarmi mai più e di
non aver più nessuna donna, e sto cercando dentro il mio cuore la forza per perdonare, perché so
che mi rende libero e trasmetto serenità, pace e amore.
Vivo con fede e speranza questo mio periodo difficile, soprattutto per mio figlio ma, parlando con
un sacerdote, mi ha detto che sono giovane e di valutare l’idea di aver un’altra storia.
Ora mi ha veramente confuso…. Ma non è adulterio questo??? Perché mi ha detto questo? Io cerco
di rispondere il più possibile con amore in questa mia storia… Cosa ne pensa lei?
Per me i valori cristiani sono indispensabili, e per niente al mondo vorrei privarmi sacramenti sacri
che mi hanno portato a essere ciò che sono.
Grazie ancora Padre buona giornata.

Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. solo oggi sono giunto alla tua mail. Me ne dispiace tantissimo.
Mi spiace anche per l’infedeltà di tua moglie al patto nuziale.
Comprendo la tua sofferenza e per questo ti prometto di esserti vicino con la preghiera.

2. Non riesco a comprendere come mai il sacerdote di cui mi accenni ti abbia parlato in quel modo.
Forse voleva dire di verificare l’eventualità di una nullità del matrimonio che hai celebrato. Nel qual
caso avresti potuto iniziare una nuova storia.

3. Se invece ti ha parlato proprio nei termini che tu mi hai riferito, bisogna dire che è totalmente
fuori strada.
Tanto più che tu hai intenzione di portare avanti la tua croce con fede e con speranza, soprattutto per
tuo figlio.

4. Se il matrimonio che hai celebrato è valido, iniziare una storia con un’altra donna equivale ad
adulterio.
Questo è l’insegnamento lasciatoci da Nostro Signore: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa
un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette
adulterio” (Mc 10,11-12).
La stessa cosa ovviamente vale per la donna che abbandona il marito e per il marito abbandonato
che inizia una storia con un’altra.

5. Questo insegnamento sembra incomprensibile da un punto di vista umano.


La cosa più sensata sembrerebbe proprio quella di seguire il modo di pensare comune, quello del
mondo. Nel nostro caso, quello che ti avrebbe suggerito il prete.

6. Ma il matrimonio che tu hai celebrato è un sacramento.


Sacramento significa segno sacro.
Che significa celebrare il segno sacro del matrimonio?
Ecco: quando ti sei sposato, davanti a tutti hai inteso essere per tua moglie il segno visibile,
sensibile, tangibile dell’amore instancabile e sempre fedele di Dio per l’uomo e di Gesù Cristo per
la Chiesa.
E ti sei impegnato a perseguire questa strada insieme a tua moglie tendendo alla santità alla quale
Dio vi ha chiamato.

7. Tua moglie purtroppo è venuta meno al patto sancito davanti al Signore.


Tu che cosa sei chiamare a fare in questo momento?
Sei chiamato ad essere segno dell’amore instancabile e sempre fedele di Dio per l’uomo e di Gesù
Cristo per la Chiesa.
Tu hai scelto questa strada, anche per il bene di tuo figlio perché la sua crescita sia meno traumatica
a motivo dell’assenza della madre e anche perché in te trovi un padre esemplare nella sua vita
cristiana.
Il Signore te ne renderà merito.

8. Tua moglie vedrà, volente o nolente, che tu sei rimasto fedele al patto.
Tacitamente e con l’esemplarità del tuo comportamento le ricorderai giorno e notte il patto al quale
è venuta meno.
Di questo, e delle sofferenze e dell’umiliazione che vi ha inferto, dovrà risponderne quando alle
soglie dell’eternità dovrà comparire davanti al tribunale di Cristo.
C’è da sperare che rientri in se stessa e rimedi agli errori fatti.
Da parte tua, prega per lei perché si salvi e continua a perdonare.

9. Nello stesso tempo ricordati di quello sposalizio che hai celebrato con Cristo nel giorno del
Battesimo e di cui il matrimonio con tua moglie è segno sacro e costante richiamo.
Gesù è il primo e insostituibile sposo della tua anima.
Nessuno è in grado di saziarti interiormente come ti sazia Lui se gli stai unito nella vita di grazia,
nella partecipazione ai sacramenti, nella preghiera e nella meditazione.

10. Nessuno ci può dare quello che ci dà Lui: ci sazia dell’abbondanza della sua casa e ci disseta al
torrente delle sue delizie” (cfr. Sal 36,9).
Quando si è fortemente uniti al Signore “l’amore dello Spirito Santo fa irruzione nell’anima come
un torrente impetuoso, perché la sua volontà è così efficace che nessuno può resistergli; non si
trattiene un torrente.
Gli uomini spirituali sono inebriati di delizie perché tengono la loro bocca aderente alla sorgente
della vita” (San Tommaso, Commento al Salmo 36,9).
Il Signore, nell’abbandono di tua moglie, ti chiama ad essere un uomo spirituale che tiene la bocca
aderente alla sorgente della vita, alla beatitudine del Paradiso.
Queste sorgenti le trovi nei Sacramenti e principalmente nell’Eucaristia dove il Signore ti chiama a
posare la tua testa sul suo petto come è avvenuto per San Giovanni nell’ultima cena.
Fai bene a preferire i Sacramenti a qualsiasi altra realtà.
Il Signore, attraverso quello che è successo nel tuo matrimonio, ti chiama ad una santità ancora più
grande per riversare nella tua anima consolazioni e grazie sconosciute agli occhi altrui.
Forse avrai già iniziato a farne esperienza.

Mentre rinnovo la promessa della preghiera per te, per tuo figlio e anche per colei che rimane per
sempre tua moglie (e per questo non può esserlo di nessun altro anche qualora si sposasse
civilmente), ti auguro ogni bene e ti benedico.
Padre Angelo
Quesito
Buon giorno Padre Angelo,
se lo ritiene opportuno acconsento che questa mail venga resa pubblica, affinché possa essere di
chiarimento anche ad altri che hanno i miei stessi dubbi.
Nei giorni scorsi mi sono imbattuto in una pubblicazione dove si diceva  che la Chiesa non ritiene
corretto il fatto di fare le consacrazioni alla Vergine Maria, perché da quello che ho capito la
consacrazione viene fatta solo a Dio con il battesimo.
Vorrei che mi chiarisse la questione.
Non ho capito se è solo il termine errato e sarebbe quindi più appropriato usare affidamento
piuttosto che consacrazione oppure il problema è proprio di passare per la Madre di Dio come
mediatrice.
Però anche riguardo a questo ho dei dubbi perché Gesù stesso ci ha detto di vederla come Madre.
Ho letto il Trattato della vera devozione alla Vergine Maria e lì il Montfort parla di consacrazione,
come lo stesso San Massimiliano Kolbe.
Pure la Madonna a Fatima parla di consacrazione.
Quindi non so più cosa pensare. Vorrei che mi chiarisse un po’ la questione.
Secondo lei una persona che ha fatto la consacrazione a Maria ha in qualche modo sbagliato a
rivolgersi direttamente a lei e a offrirle le proprie azioni sofferenze e preghiere?
La prego di rispondere anche a questo punto che non ho ben chiaro.
La ringrazio in anticipo per il tempo che dedica a tutti noi.
Grazie.

Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. per capire qualche cosa in questo contenzioso per cui si parla di consacrazione o di affidamento a
Maria è necessario ricordare che cosa significa la parola consacrazione.
Consacrare o rendere sacra una determinata realtà significa sottrarla all’uso profano e destinarla
esclusivamente al culto di Dio.
Così un luogo viene consacrato e conseguentemente detto sacro quando è sottratto all’uso comune
(mangiare, giocare, dormire…) per dedicarlo solo al culto di Dio.
La stessa cosa si dice degli oggetti sacri, come il calice, la pisside, l’ostensorio… e anche delle vesti
sacre, quelle ad esempio che il sacerdote usa per celebrare la Messa: tutte queste realtà non vengono
più usate secondo la consuetudine comune della gente, ma esclusivamente per il culto di Dio.

2. Anche le persone vengono consacrate.


Tutti i cristiani mediante il Battesimo vengono consacrati a Dio.
Tutta la loro vita non dovrebbe più essere vissuta per fini umani o terreni come i pagani, ma
esclusivamente per fare di ogni azione un’offerta di amore e di lode a Dio.
Per questo San Paolo dice: “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri
corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale.
Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare,
per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12,1-2).
Questa consacrazione del Battesimo viene significata in modo particolare con l’unzione del sacro
crisma che viene fatta dopo il lavacro dell’acqua.
I cristiani ravvivano questa consacrazione ricevuta nel Battesimo con le parole della preghiera Ti
adoro, mio Dio… che recitano al mattino appena desti dal sonno. Dicono infatti: “Ti offro le azioni
della giornata, fà che siano tutte secondo la tua santa volontà e per la tua maggior gloria”.
3. Questa consacrazione generale della nostra vita e delle nostre azioni non impedisce che
all’interno del popolo cristiano vi siano delle persone che hanno anche una consacrazione specifica
perché nella loro professione sono dedicate esclusivamente al culto di Dio, come i sacerdoti e i
religiosi.
Quella battesimale dunque è una consacrazione generale ed è di tutti.
Quella dei sacerdoti e dei religiosi è un’ulteriore consacrazione perché è specifica o particolare:
sono dedicati solo al culto e alle opere di carità. Nella carta d’identità dove è scritto professione:
aggiungono religiosa.
Questa consacrazione specifica è un bene preziosissimo perché è ordinata a servire il popolo
cristiano nella linea del culto e della carità.
In altre parole è ordinata a servire tutti i cristiani perché vivano meglio la loro consacrazione
battesimale.

4. Ebbene, questo discorso serve a far capire che accanto alla consacrazione a Dio che tutti i
cristiani ricevono col Battesimo non è escluso che vi possa essere un’altra consacrazione che aiuta a
vivere meglio la propria consacrazione a Dio.
Come ognuno vede, è proprio qui che si trovano le radici di quella che viene chiamata
consacrazione a Maria.

5. Ma procediamo per gradi, perché la parola consacrazione a Maria è venuta fuori solo negli ultimi
secoli.
Ebbene, tutti sappiamo che Cristo dalla croce ci ha affidati a Maria, dicendo “Figlio, ecco tua
madre” (cfr. Gv 19,27).
San Giovanni, che in quel momento rappresentava tutti noi, la prese tra i suoi beni più preziosi.
Con questo affidamento Gesù vuole che Giovanni impari ad amare e a servire il Signore come ha
fatto la Madonna e a ricevere protezione da Lei.

6. Dal momento che Gesù ha affidato Giovanni alla Madonna, la parola affidamento è esatta.
Ma alcuni hanno voluto sottolineare qualcosa di ancor più prezioso.
Poiché il Signore viene introdotto nel mondo per mezzo di Maria e ugualmente viene introdotto
nelle anime attraverso la sua mediazione come appare in maniera eloquente a Cana di Galilea e
come Cristo manifesterà dalla croce, si vuole che l’affidamento a Maria non sia soltanto un
imparare da Lei e un ricevere protezione ma che diventi una dedizione e un’offerta totale delle
proprie azioni a Maria per metterle al suo servizio per la sua opera di madre nella grazia e di madre
nella fede.
Come si vede, non è una consacrazione alternativa a quella nei confronti di Cristo, ma è ordinata
a far vivere meglio la propria consacrazione e la propria offerta a Cristo perché la si vive con il
cuore purissimo e santissimo di Maria e perché sia tutta al servizio della Madonna che da Cristo ha
ricevuto il compito di esser madre nella vita di grazia e della fede.
Tutto viene donato a Lei per aprirle ovunque la strada al compimento della sua opera, che è tutta
orientata a generare e a consolidare la presenza di Cristo nelle anime.
Per questo i primi domenicani erano stati definiti frati che servono a Dio e alla Beata Vergine Maria.

7. Pertanto la parola affidamento è giusta.


E qualcuno la usa al posto di quella di consacrazione perché teme che la consacrazione a Maria sia
alternativa a quella di Cristo o non metta in luce la consacrazione ricevuta nel Battesimo.
Ma la parola consacrazione indica una volontà ancora più forte, un legame più stretto con Maria
nella sua opera di madre della grazia e madre della fede.
Totus tuus ego sum, sono tutto tuo. E cioè: non c’è niente in tutto quello che io vivo, che faccio e
che soffro che non venga offerto a Dio solo con il mio misero cuore.
Ma tutto è vissuto, fatto e sofferto con il cuore  di Maria, che volentieri mi dona il suo perché è
Madre.
Nello stesso tempo tutto viene messo a servizio di Colei che è Madre della grazia e della fede per
generare Cristo nel cuore degli uomini e per consolidare il suo Regno dentro di loro.
È una consacrazione piena di amore per Dio e di amore per il prossimo.

8. Pertanto non si tratta di una consacrazione alternativa a Cristo o che non termini a Cristo.
La consacrazione a Maria viene fatta proprio perché la consacrazione di noi stessi a Cristo sia più
bella, più fruttuosa e più ricca di carità.
È tutta funzionale a Cristo.
Ed è uno dei doni più preziosi che Cristo ci ha fatto perché possiamo portare frutto e perché il
nostro frutto sia duraturo (cfr. Gv 15,16).

Ti ringrazio del quesito che mi ha fatto, ti ricordo al Signore e ti benedico.


Padre Angelo

Quesito
Padre, non so neanche se dirle buongiorno o buonasera. 
Ho molto peccato e ho timore di perdere la fede. La prego di non cestinare questa mail anche se
lunga e se scritta di impulso. Senza badare alla forma. Non è importante che mi risponda
velocemente, vorrei solo che mi dicesse che c’è.
Le scrivo questa mail all’una passata di notte perché stavo leggendo la Bibbia e mi stanno assalendo
un mare di dubbi.
Durante questa quarantena ho scaricato sull’iPhone la Bibbia c.e.i.
(https://apps.apple.com/it/app/bibbia-cei/id734275381) per cercare di avvicinarmi a Nostro Signore.
Padre… ho paura!
Premetto che sono ignorante e le domande che mi sorgono e le sottopongo non hanno intenti
polemici. Ripeto, sono ignorante e vorrei delle spiegazioni e del conforto.
(…).
Mi sono laureato in storia all’Università Statale di Milano. La tesi era sull’ultimo vescovo cattolico
di Isfahan. Monsignor Cornelio Reina, un carmelitano scalzo di Milano. Qui, tra le altre cose, ho
imparato che l’indagine della verità storica è indispensabile.
Ho iniziato a leggere la Bibbia con anche l’ausilio della sua rubrica per chiarirmi alcuni dubbi che
mi sorgevano nella lettura. Non sono un protestante che pretende di aprire la Bibbia e saperne più di
chi la studia da tutta la vita…
Al momento sono alla conquista di Gerico. Qui mi sono dovuto fermare e ho preso coraggio nel
chiederle aiuto perché mi sto smarrendo. Cerco di spiegarmi, anche se è difficile non risultare un
senza Dio. Se la Bibbia è parola di Dio, perché è così “sbagliata”?
Ad esempio, le prove archeologiche sembrano dimostrare che Gerico non sia stata opera di
conquista, ma sia stata una colonizzazione di un’area abbandonata da secoli.
Saul sembra non sia mai esistito, per quanto riguarda Salomone non ci sono testimonianze delle sue
opere di grande costruttore.
Se è così “sbagliata” in tanti punti, fin dove possiamo affermare con certezza ciò che è Suo e ciò
che invece è stato scritto dall’uomo?
So perfettamente che è un racconto e non è verità storica.
(…).
Se ci sono errori così importanti, come affermiamo con certezza che, ad esempio, chi giace prima
del matrimonio commette peccato (per altro peccato commesso da me spessissimo per cui in cuor
mio non mi sento colpevole perché era comunque un gesto d’amore)? Come possiamo essere sicuri
che un domani questo non cambierà come accaduto per l’interpretazione della pena di morte?
(…).
La chiesa è fatta di uomini, e molti di questi sono stati grandissimi peccatori (di alcuni papi neanche
ne parlo), che prendono decisioni e danno interpretazioni che io devo ritenere giuste. Se io credessi
che invece sono sbagliate?
Ad esempio: per me il sacramento della confessione non è così importante. Mi spiego: io tutti i
giorni mi faccio il classico esame di coscienza e mi rendo conto di quanto pecco e in cuor mio lo
confesso al Signore. Perché devo dirlo anche al prete?
Magari mi confesso da un prete che ha commesso atti indicibili o che sostiene che la pedofilia sia
meno grave dell’aborto (ci tengo a sottolineare che per me è un abominio). Ecco, se io sapessi che
un prete è su queste posizioni riterrei sbagliato qualunque sua presa di posizione.
(…).
La prego di credermi quando le dico che cerco di avvicinarmi a Dio, ma ho difficoltà. Io non voglio
abbandonare la via del signore e la Chiesa, ma a volte sono in disaccordo. Più leggo la Bibbia più
mi vengono dubbi. Cerco di ascoltare il signore quando parlo con Lui, ma mi pare un monologo da
parte mia. Come posso recuperare la mia intimità con Dio.
La Domenica non riesco nemmeno ad andare a messa perché lavoro e pecco fortemente mancando
al secondo comandamento.
Cosa posso concretamente fare?
Padre io le devo chiedere scusa. È più di un’ora che scrivo. Mi perdoni e sappia che non ho scritto
con malizia.
Se può mi ricordi nelle sue preghiere.
Andrea

Risposta del sacerdote

Caro Andrea,
1. della tua lunga mail commento solo alcuni punti.
Sono contento che dalla tua tesi di laurea tu abbia imparato che l’indagine della verità storica è
indispensabile.
Ma proprio in nome di questo desidero ricordare che tanto Saul quanto Salomone sono realmente
esistiti.
La storia ci dice esattamente gli anni in cui hanno regnato.

2. A proposito di Saul il dizionario biblico del McKenzie riferisce che il racconto della sua elezione
nella Bibbia è compilato da varie fonti: una filomonarchica e favorevole a Saul e le atre due
antimonarchiche e pertanto ostili.
Questo è dovuto al fatto che a quei tempi gli eventi della storia – più che essere fissati in documenti
e relativi archivi – venivano tramandati attraverso la cosiddetta cultura della memoria, per cui ad
esempio varie famiglie si tramandavano con grande accuratezza l’albero genealogico.
Il fatto che alcuni fossero ostili a Sul rende ragione della pluralità della fonti.
Il McKenzie dice che è abbastanza difficile ricostruire con precisione il Saul storico, ma è fuori
discussione che proprio Saul sia stato il primo re in Israele e abbia dato inizio alla Monarchia.

3. Di Salomone di cui è certo che fu figlio e successore di Davide.


Il McKenzie dice che il nome Salomone fu probabilmente assunto al momento dell’ascesa al trono
perché alla nascita gli era stato dato il nome di Jedidia (2 Sam 12,25).
Le date del suo regno (quarant’anni) “non furono fissate in documenti contemporanei ma sono
calcolate risalendo al passato da date contenute nei periodi successivi”.
Così è fuori discussione che il suo regno sia stato un lungo periodo di pace caratterizzato soprattutto
per la costruzione di ciò che costituirà il vanto degli ebrei: il grandioso tempio di Gerusalemme.
4. Di Gerico il McKenzie riferisce degli scavi di cui tu accenni, ma aggiunge che “è improbabile
che un luogo ricco come Gerico sia stato a lungo interamente abbandonato”.
E che il “principale interesse degli scavi di Gerico è rappresentato da livelli preisraelitici, che
dimostrano l’esistenza della città circondata da mura ben prima degli israeliti: la più antica risale,
per lo meno al 6800 avanti Cristo”.
Il racconto della Bibbia dice che le mura della città sono cadute da sole al suono delle trombe dopo
che il popolo d’Israele aveva fatto tutto quello che Dio aveva comandato.
Anche altre mura qualche decennio fa sono cadute senza colpo ferire e sembrava che dovessero
durare eternamente.
Il significato teologico del racconto è preziosissimo e questo non deve sfuggire al di là della
narrazione che potrebbe risentire di una lettura religiosa dell’evento storico.
Ma è certo che gli ebrei usciti dall’Egitto per entrare nella terra promessa dalla regione di Moab
dovevano attraversare il Giordano e trovarvi subito dopo Gerico.

5. Scrivi: “Se ci sono errori così importanti, come affermiamo con certezza che, ad esempio, chi
giace prima del matrimonio commette peccato (per altro peccato commesso da me spessissimo per
cui in cuor mio non mi sento colpevole perché era comunque un gesto d’amore)? Come possiamo
essere sicuri che un domani questo non cambierà come accaduto per l’interpretazione della pena di
morte?”.

C’è una forte differenza tra il primo e il secondo caso.


Il primo appartiene alla legge morale, il secondo invece ad una legge disciplinare qual è quella della
comminazione di una pena.
La pena può variare a seconda delle circostanze. E di fatto è cambiata.
In molti stati si è passati dalla pena di morte all’ergastolo e dall’ergastolo ad una lunga detenzione.
Sono state le circostanze a giudicare matura la mutazione della pena.
Sicché se la pena di morte in passato veniva data per porre una persona nell’impossibilità di evadere
dal carcere e compiere nuovi crimini, adesso invece con le carceri di sicurezza si è giunti a
considerare disumana la pena di morte perché non rende nessuna giustizia (non fa risuscitare il
morto) e impedisce ad una persona di redimersi.
Invece giacere prima del matrimonio è un grave atto di irresponsabilità nei confronti di colui che
nonostante tante precauzioni potrebbe essere concepito: nascerebbe privo di quell’istituzione
famigliare all’interno della quale ha diritto di nascere e molto spesso è destinato ad essere ucciso.
Nello stesso tempo nonostante che i soggetti (nel presente caso il tuo) dicano che si tratta di amore,
in realtà si falsifica il significato più vero di quel gesto che mette in comunione due persone non in
qualunque modo, ma attraverso le potenze procreative.
La comunione delle potenze procreative è propria di chi ha stabilito di diventare padre e madre in
un quadro stabile di vita comune.
Privare le potenze generative del loro intrinseco significato procreativo significa falsificare quel
gesto e compiendolo prima del matrimonio significa anche che non ci si vuole prendere alcun
impegno nei confronti dell’altro.
È il cosiddetto libero amore, che dell’amore ha soltanto il nome perché non c’è nulla di serio, non ci
si vuole impegnare e molto spesso lascia in uno stato di desolazione una persona quando dopo molti
anni trascorsi in tal modo viene lasciata per altre avventure.
Se poi si parla tra cristiani non si tratta di un comportamento che favorisce la santificazione.
La fornicazione infatti esclude Dio e il suo disegno dall’intimo della propria persona.
Nella fornicazione Dio diventa marginale, cessa di essere il punto di partenza e il punto di arrivo di
quella relazione.
Di fatto ci si allontana da Lui e anche se in alcuni casi si continua ad andare in Chiesa vi si va in
maniera sempre più formale che poco per volta spegne il gusto delle cose di Dio e porta più lontano
dal suo Regno.
3.Dici infine: “La chiesa è fatta di uomini, e molti di questi sono stati grandissimi peccatori (di
alcuni papi neanche ne parlo), che prendono decisioni e danno interpretazioni che io devo ritenere
giuste. Se io credessi che invece sono sbagliate?
Ad esempio: per me il sacramento della confessione non è così importante. Mi spiego: io tutti i
giorni mi faccio il classico esame di coscienza e mi rendo conto di quanto pecco e in cuor mio lo
confesso al Signore. Perché devo dirlo anche al prete?
Magari mi confesso da un prete che ha commesso atti indicibili o che sostiene che la pedofilia sia
meno grave dell’aborto”

Sì, la Chiesa è fatta di uomini, ma non l’hanno fatta gli uomini.


L’ha fatta Gesù Cristo che è il nostro Dio che si è incarnato.
Gesù le ha dato una costituzione gerarchica e sacramentale.
Ad alcune persone Gesù ha conferito i suoi divini poteri di santificare e di rimettere i peccati.
Queste persone rimangono uomini e pertanto con la capacità di peccare e di tradire il ministero
affidato.
Sotto il profilo morale i ministri di Cristo potrebbero essere peggio di chi va a confessarsi da loro.
Ciò non di meno, conservano il potere di Cristo di rimettere i peccati.
Tu dici: per me il sacramento della confessione non è così importante.
Per Cristo invece è molto importante tanto che ha detto: “A coloro a cui perdonerete i peccati,
saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati” (Gv 20,23).
E se i peccati non vengono rimessi almeno in maniera implicita attraverso il sacramento, questi
peccati rimangono, anche se nel frattempo uno li dimentica.
E con questi peccati un giorno ci si dovrà presentare davanti al tribunale di Cristo (2 Cor 5,10).

Ti auguro un fervoroso ricupero della tua vita di fede e di pratica sacramentale.


Ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo

Quesito
Caro Padre,
(…).
Mi conferma comunque che il magistero (insomma la chiesa) è contraria alle unioni civili (anche
semplicemente intese come tali per tutela dei diritti), aldilà del fatto che non possano essere
equiparate al matrimonio?
Io ho sempre saputo così e lo stesso mi è stato insegnato.
La ricordo con una preghiera e la ringrazio di nuovo.

Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. in Amoris Laetitia Papa Francesco scrive: “Nel corso del dibattito sulla dignità e la missione
della famiglia, i Padri sinodali hanno osservato che «circa i progetti di equiparazione al matrimonio
delle unioni tra persone omosessuali, non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire
analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la
famiglia»; ed è inaccettabile «che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che
gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi
che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso»” (AL 251).

2. In nota si fa riferimento alla Relatio finalis del Sindio del 2015 (n. 76) e al documento della
Congregazione per la Dottrina della Fede “Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale
delle unioni tra persone omosessuali” del 3 giugno 2003.
Ora la Congregazione per la Dottrina della Fede in tale documento scrive:
“Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni
omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia.
Il matrimonio è santo, mentre le relazioni omosessuali contrastano con la legge morale naturale.
Gli atti omosessuali, infatti, «precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di
una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun modo possono essere approvati».
Nella Sacra Scrittura le relazioni omosessuali «sono condannate come gravi depravazioni…
(cf. Rm 1, 24-27; 1 Cor 6, 10; 1 Tm 1, 10).
Questo giudizio della Scrittura non permette di concludere che tutti coloro, i quali soffrono di
questa anomalia, ne siano personalmente responsabili, ma esso attesta che gli atti di omosessualità
sono intrinsecamente disordinati».
Lo stesso giudizio morale si ritrova in molti scrittori ecclesiastici dei primi secoli (cfr. per esempio
S. Policarpo,Lettera ai Filippesi, V, 3; S. Giustino, Prima Apologia, 27, 1-4; Atenagora, Supplica per
i cristiani, 34) ed è stato unanimemente accettato dalla Tradizione cattolica.
Secondo l’insegnamento della Chiesa, nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali
«devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza.
A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione».
Tali persone inoltre sono chiamate come gli altri cristiani a vivere la castità.
Ma l’inclinazione omosessuale è «oggettivamente disordinata» e le pratiche omosessuali «sono
peccati gravemente contrari alla castità»” (n. 4; le parole virgolettate rimandano a documenti
precedenti del Magistero).

3. Le parole “Non esiste fondamento alcuno…” sono prese dal Catechismo della Chiesa Cattolica il
quale dice:
“Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni
omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia.
Il matrimonio è santo, mentre le relazioni omosessuali contrastano con la legge morale naturale. Gli
atti omosessuali, infatti, «precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una
vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun modo possono essere approvati»” (CCC 2357).

4. Il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di


riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali (3 giugno 2003) prosegue:
“Il compito della legge civile è certamente più limitato riguardo a quello della legge morale, ma la
legge civile non può entrare in contraddizione con la retta ragione senza perdere la forza di
obbligare la coscienza.
Ogni legge posta dagli uomini in tanto ha ragione di legge in quanto è conforme alla legge morale
naturale, riconosciuta dalla retta ragione, e in quanto rispetta in particolare i diritti inalienabili di
ogni persona.
Le legislazioni favorevoli alle unioni omosessuali sono contrarie alla retta ragione perché
conferiscono garanzie giuridiche, analoghe a quelle dell’istituzione matrimoniale, all’unione tra due
persone dello stesso sesso.
Considerando i valori in gioco, lo Stato non potrebbe legalizzare queste unioni senza venire meno al
dovere di promuovere e tutelare un’istituzione essenziale per il bene comune qual è il matrimonio”
(n. 6).
5. Inoltre “occorre riflettere sulla differenza esistente tra il comportamento omosessuale come
fenomeno privato, e lo stesso comportamento quale relazione sociale legalmente prevista e
approvata, fino a diventare una delle istituzioni dell’ordinamento giuridico.
Il secondo fenomeno non solo è più grave, ma acquista una portata assai più vasta e profonda,
e finirebbe per comportare modificazioni dell’intera organizzazione sociale che risulterebbero
contrarie al bene comune.
Le leggi civili sono principi strutturanti della vita dell’uomo in seno alla società, per il bene o per il
male. Esse «svolgono un ruolo molto importante e talvolta determinante nel promuovere una
mentalità e un costume». Le forme di vita e i modelli in esse espresse non solo configurano
esternamente la vita sociale, bensì tendono a modificare nelle nuove generazioni la comprensione e
la valutazione dei comportamenti.
La legalizzazione delle unioni omosessuali sarebbe destinata perciò a causare l’oscuramento della
percezione di alcuni valori morali fondamentali e la svalutazione dell’istituzione matrimoniale” (n.
6).

6. “Le unioni omosessuali non sono in condizione di assicurare adeguatamente la procreazione e la


sopravvivenza della specie umana.
L’eventuale ricorso ai mezzi messi a loro disposizione dalle recenti scoperte nel campo della
fecondazione artificiale, oltre ad implicare gravi mancanze di rispetto alla dignità umana (Donum
vitae, A 1-3) non muterebbe affatto questa loro inadeguatezza.
Nelle unioni omosessuali è anche del tutto assente la dimensione coniugale, che rappresenta la
forma umana ed ordinata delle relazioni sessuali. Esse infatti sono umane quando e in quanto
esprimono e promuovono il mutuo aiuto dei sessi nel matrimonio e rimangono aperte alla
trasmissione della vita.
Come dimostra l’esperienza, l’assenza della bipolarità sessuale crea ostacoli allo sviluppo normale
dei bambini eventualmente inseriti all’interno di queste unioni. Ad essi manca l’esperienza della
maternità o della paternità.
Inserire dei bambini nelle unioni omosessuali per mezzo dell’adozione significa di fatto fare
violenza a questi bambini nel senso che ci si approfitta del loro stato di debolezza per introdurli in
ambienti che non favoriscono il loro pieno sviluppo umano” (n. 7).

7. Con questo non si vieta che una coppia di persone omosessuali possano garantirsi dei diritti
vicendevoli. Nessuno glielo può proibire.
Per questo basta che vadano davanti a qualsiasi notaio.
Il problema invece è se lo stato possa garantire dei diritti ad una coppia in quanto è omosessuale in
analogia con i diritti matrimoniali e famigliari.

Come vedi il pensiero della Chiesa è ben preciso.


Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo

Quesito
Caro Padre Angelo,
vorrei sapere se e perché il divorzio è un atto così grave, e se possiamo ottenere il perdono da Dio
facendo molte opere di carità…Cioè, se io mi metto con una persona divorziata, e ammettendo che
questo costituisca peccato, posso ottenere il perdono tramite molte opere buone? (Tipo
beneficenza).
Grazie per la risposta
Risposta del sacerdote

Carissima,
1. mi chiedi se e perché il divorzio sia un atto così grave.
Suppongo che tu sia cristiana e cattolica.
Allora ricorderai le parole che Dio ha detto all’alba della creazione quando creò Adamo ed Eva:
“Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica
carne” (Gn 2,24).

2. Gesù, che è il medesimo Dio creatore fattosi uomo, ha ribadito tale affermazione.
Si legge nel Vangelo che alcuni si avvicinarono e gli chiesero: “«È lecito a un uomo ripudiare la
propria moglie per qualsiasi motivo?».
Egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina e disse: Per
questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola
carne? Così non sono più due, ma una sola carne.
Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto»” (Mt 19,3-6).

3. Il divorzio è la stessa cosa che stracciare in maniera unilaterale e talvolta anche bilaterale il patto
eterno che gli sposi si sono fatti nel giorno delle nozze.
Questo patto l’hanno voluto sancire con l’intervento di Dio mediante la benedizione.
Hanno voluto che si ripetessero su loro le parole rassicuranti di Cristo: “l’uomo non divida quello
che Dio ha congiunto”.

4. Nel rito del matrimonio il sacerdote interroga gli sposi e chiede: “Siete disposti, seguendo la via
del Matrimonio, ad amarvi e a onorarvi l’un l’altro per tutta la vita?”
A questa domanda gli sposi rispondono: Sì.
E poi il sacerdote soggiunge: “Se dunque è vostra intenzione unirvi in Matrimonio, datevi la mano
destra ed esprimete davanti a Dio e alla sua Chiesa il vostro consenso”.

5. Quindi gli sposi si dicono l’un l’altro: “Io N., accolgo te, N., come mia sposo/a. Con la grazia di
Cristo prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e
di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita”.

6. Ebbene, dopo che gli sposi liberamente si sono fatti tali promesse sancite dalla benedizione
divina mi, chiedi se e perché il divorzio sai un atto tanto grave.
Mi verrebbe da dirti: prova a chiederlo a una sposa che dopo 25 anni di matrimonio viene
abbandonata dal marito perché questi ha scelto di andare con un’altra.

7. Per un cristiano però non c’è solo questo.


Celebrando il sacramento del matrimonio hanno accettato di essere l’un altro e davanti a tutti segno
visibile dell’amore sempre fedele e premuroso di Dio per l’uomo e di Cristo per la Chiesa.
Il sacramento, che vuol dire segno sacro, indica proprio questo impegno vicendevole che li porta a
santità di vita.

8. Il divorzio pertanto è un fatto grave.


Potrebbe essere attuato solo come una finzione del diritto nel caso in cui non ci sia altra via per
tutelare alcuni beni preziosissimi senza tuttavia la possibilità di passare a nuove nozze, perché deve
essere sempre salva la consapevolezza che davanti a Dio quel divorzio non conta nulla.
In questo senso il Catechismo della Chiesa Cattolica dice: “Se il divorzio civile rimane l’unico
modo possibile di assicurare certi diritti legittimi, quali la cura dei figli o la tutela del patrimonio,
può essere tollerato, senza che costituisca una colpa morale” (CCC 2383).

9. “Il carattere immorale del divorzio deriva anche dal disordine che esso introduce nella cellula
familiare e nella società.
Tale disordine genera gravi danni: per il coniuge, che si trova abbandonato; per i figli,
traumatizzati dalla separazione dei genitori, e sovente contesi tra questi; per il suo effetto
contagioso, che lo rende una vera piaga sociale” (CCC 2385).
“Può avvenire che uno dei coniugi sia vittima innocente del divorzio pronunciato dalla legge civile;
questi allora non contravviene alla norma morale. C’è infatti una differenza notevole tra il coniuge
che si è sinceramente sforzato di rimanere fedele al sacramento del Matrimonio e si vede
ingiustamente abbandonato, e colui che, per sua grave colpa, distrugge un matrimonio
canonicamente valido” (CCC 2386).

10. Mettersi poi con una persona divorziata significa mettersi con una persona che appartiene ad un
altro.
In questo modo si attua un adulterio permanente.
Così ne parla il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Il fatto di contrarre un nuovo vincolo nuziale,
anche se riconosciuto dalla legge civile, accresce la gravità della rottura: il coniuge risposato si
trova in tal caso in una condizione di adulterio pubblico e permanente” (CCC 2384).

11. Pertanto il Catechismo della Chiesa Cattolica dice: “La Chiesa sostiene, per fedeltà alla parola
di Gesù Cristo (Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei;
se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio »: Mc 10,11-12), che non può
riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il primo matrimonio.
Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente
contrasta con la legge di Dio.
Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale
situazione.
Per lo stesso motivo non possono esercitare certe responsabilità ecclesiali.
La riconciliazione mediante il sacramento della Penitenza non può essere accordata se non a coloro
che si sono pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, e si sono impegnati
a vivere in una completa continenza” (CCC 1650).

12. Questa è la dottrina della Chiesa.


Papa Francesco, che ha modificato alcuni passaggi del Catechismo (si pensi ad esempio alla
questione della pena di morte), non ha modificato questa dottrina.

13. Mi chiedi infine se una persona che si è accompagnata con una persona divorziata possa
ottenere il perdono.
Certamente sì, se è pentita, e questo perdono lo può implorare anche con atti di carità che come
ricorda lo Spirito Santo per bocca dell’Apostolo Pietro: “Soprattutto conservate tra voi una carità
fervente, perché la carità copre una moltitudine di peccati” (1 Pt 4,8).

Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.


Padre Angelo

Quesito
Padre Angelo
Mi chiamo Giuseppe (nome di fantasia) e sono un ragazzo abbastanza giovane. Cattolico dalla
nascita con tutti o sacramenti di iniziazione, l’anno scorso ho frequentato per qualche mese i
testimoni di geova, mi hanno preso in un momento di debolezza e un momento difficile della mia
vita e la mia fede cattolica si era raffreddata. Premetto che non mi sono sbattezzato ne ho fatto il
battesimo da loro, li ho solo frequentati, non sono mai andato neanche a suonare i campanelli. Però
ammetto che ero “convinto” che loro insegnassero la verità. Ammetto che mi stavano indottrinando
bene. Dopo qualche mese sono scappato da questa “religione”, per motivi personali, e mi sono
informato sulla loro vera identità. Dopo qualche mese senza pensare alla spiritualità, mi sono
riavvicinato alla chiesa. Mi sono informato molto ed è stato un percorso lungo. Non ho nessun
laurea in teologia ma mi reputo abbastanza esperto sulla chiesa, seppur continuerò ad imparare
molto e ho da imparare. Adesso viene la domanda. Quando studiavo nei TdG era solo
indottrinamento, ma non stavo bene, anzi stavo peggio rispetto a prima. Sentivo tanta freddezza da
parte di questo geova, lo sentivo lontano, ero ansioso più del solito stavo male e cadevo in tanti
peccati che non volevo fare. Adesso in comunione con la chiesa, impegnandomi a fare tutto ciò che
comanda essa cioè Gesù, i problemi ci sono sempre, ma mi sento più forte, più felice, sento come se
Dio fosse al mio fianco, lo sento vicino non sento più freddezza ne lontananza o ansia eccessiva.
Vedo molto di più Dio come una persona reale. Le chiedo se nell’insegnamento della chiesa ci sia
un qualche insegnamento che parla di queste sensazioni che sento io, che le confermano. Anche i
peccati, soprattutto quelli gravi, sono molto diminuiti, e penso sia grazie al Santo Rosario.
Concludo con una mia considerazione. I cattolici devono stare attenti ai testimoni di geova. Satana
in un esorcismo probabilmente di padre Amorth, ha detto che i testimoni di geova e altre sette sono
tra i suoi più grandi collaboratori. Sono sempre più convinto che la chiesa cattolica sia la vera
chiesa di Gesù.
Tanti saluti e un abbraccio, grazie per il suo lavoro

Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. hai detto bene in che cosa consista la realtà dei testimoni di Geova (tdg): in un indottrinamento.
A questo indottrinamento seguono alcune regole da osservare.

2. Ma la vita cristiana non è questo. Non è essenzialmente né indottrinamento né osservanza di


alcune regole.
È piuttosto esperienza di vita di comunione soprannaturale con Dio.

3. Certo, questa comunione soprannaturale è fatta di comunicazione del pensiero di Dio. Per questo
i cristiani possiedono una dottrina. Anzi, una dottrina sublime perché si tratta del pensiero stesso di
Dio.
Ma il solo possesso della dottrina non fa un cristiano.

4. Ugualmente nella vita cristiana vi sono delle regole, ma non si tratta semplicemente di regole
esteriori da osservare, che pongono divieti o limiti, ma di regole che introducono alla comunione
soprannaturale con Dio oppure l’accrescono o la conservano.

5. Questa è la grande differenza tra i tdg e la vita cristiana.


Questo è il motivo per cui il Dio di cui si parla tra i tdg è un Dio lontano, che non si rende vicino,
che non abita dentro il cuore dell’uomo, che non si autocomunica, che non porta la sua vita dentro il
cuore dell’uomo.
6. Il vuoto da te avvertito quando abbordavi i tdg nasceva da questo.
Ed era accresciuto dalla mancanza della grazia perché vivevi nel peccato.
Ti mancavano le sorgenti alle quali attingere la grazia che sono i sacramenti.
I tdg non hanno nessun vero sacramento, neanche il battesimo, perché il battesimo dei tdg non
unisce alla Santissima Trinità nella quale non credono, né innesta in Cristo perché non ne
riconoscono la divinità.

7. Nella vita cristiana, mediante la fede e i sacramenti, ti viene comunicata la grazia che porta la
Santissima Trinità dentro di Dio secondo la promessa di Cristo: “Se uno mi ama, osserverà la mia
parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23).
Di qui nasce il senso di pienezza che avvertono i cristiani che vivono in grazia e di qui anche il
vuoto interiore che sentono quando cessano di amare Dio e di osservare la sua parola commettendo
un peccato grave.

8. Inoltre il Cristo, che è la Sapienza eterna del Padre (cfr. Prv 8,23) fatta carne (cfr Gv 1,14) ed è
anche lo Sposo della nostra anima, come aveva promesso per mezzo dei profeti: “Ti farò mia sposa
per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza, ti farò mia
sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore” (Os 2,21-22) viene per porre le sue delizie tra i figli
dell’uomo (cfr. Prv 8,30-31) e perché la sua gioia sia in noi e la nostra gioia sia piena (cfr. Gv
15,11).

9. Lo Spirito Santo dice: “A chi vince darò della manna nascosta, che nessuno conosce, se non chi
la riceve” (Ap 2,17).
La manna che mangiavano gli israeliti nel deserto era una prefigurazione di Cristo, Pane vivo
disceso dal cielo
Ora se della manna dell’Antico Testamento si legge: “Questo tuo alimento manifestava la tua
dolcezza verso i figli, si adattava al gusto di chi ne mangiava, si trasformava in ciò che ognuno
desiderava” (Sap 16,21) che cosa non si dovrà dire di chi vive in comunione di vita con Cristo
mediante la grazia?
San Tommaso commenta: “Chi la riceve sperimenta una dolcezza, che è ignota a chi non la riceve”
(Somma teologica, I-11, 112 5).
Quando tu vivevi nel peccato e abbordavi i tdg ignoravi che esistesse tale dolcezza.
Ed è per questo i tdg fanno proseliti tra coloro che non vivono in grazia oppure sono cristiani solo in
maniera superficiale.
Nessuno che abbia gustato la dolcezza della manna nascosta se ne distacca per tutto l’oro del
mondo.
Adesso anche tu la conosci e la gusti. E non te ne vuoi separare più.

Ti ringrazio della bella testimonianza.


Ti auguro di progredire sempre di più nella vita in Cristo, ti ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo

Quesito
Caro Padre,
sono un ragazzo di 19 anni e in questo momento mi trovo nella disperazione più totale. Non sono
mai stato bravo con le parole, quindi mi è particolarmente difficile comunicarle il mio stato
d’animo, in particolare il mio pentimento per tutti i peccati che ho commesso e al contempo per
tutte le opere buone che non ho fatto. L’ottobre scorso ho cominciato l’università (studio fisica) e la
mia fede, che già prima vacillava, è andata in frantumi.
Sebbene non avessi alcuna difficoltà a seguire le lezioni, dentro di me è iniziata a crescere
un’enorme ansia da prestazione, che mi ha divorato dall’interno. (…).
A ciò si aggiunse anche un “amore” non corrisposto per una mia compagna di corso.
Ero molto debole sia fisicamente che mentalmente, tutti i miei pensieri erano confusi e facevo fatica
a ricordare le cose. Il mondo perse ogni attrattiva ai miei occhi e sviluppai una filosofia di vita
molto pessimistica. Non smisi di credere, ma provai una rabbia profonda verso Dio per la situazione
in cui mi trovavo. Anche se in realtà era solo colpa mia. Avevo completamente perso di vista le cose
veramente importanti in questa vita.  (…).
Iniziai a bestemmiare Dio, non come fanno tanti giovani d’oggi in quanto non ci credono ma, molto
peggio, certo della sua esistenza. Non riesco a descrivere con le parole come mi sento adesso se
ripenso a ciò, la cosa che ci si avvicina maggiormente è un senso di marciume interiore che penso
niente possa cancellare.
Ero molto sicuro di me e delle mie convinzioni ma una notte feci un sogno: ero sul balcone di casa
mia e ad un tratto vidi delle onde alte centinaia di metri all’orizzonte. Certo della mia morte
imminente e con un’ipocrisia che sfiorò l’inverosimile in quel momento pregai Dio affinché mi
perdonasse per tutti i miei peccati. Mi vergognai molto di ciò, è fin troppo facile rinnegare Dio
quando si crede di essere forti e affidarsi completamente a Lui quando si ritiene di essere spacciati.
Interpretai questo sogno come un messaggio della mia coscienza: “stai percorrendo una strada
sbagliata, ritorna sulla retta via finché sei in tempo”.
Fino a poco tempo fa ritenevo che ogni azione fosse dominata esclusivamente dall’interesse
personale. Anche quando compiamo del bene, pensavo, lo facciamo solo per quella sensazione di
appagamento che ne segue.
Ora, sono dilaniato dal dubbio in quanto sento di essere molto pentito per ciò che ho fatto, ma ho
paura che ancora una volta il “tornare sulla retta via” possa essere solo un modo per soddisfare un
mio interesse. (…). L’interesse potrebbe essere quindi quello di sperimentare in futuro un’autentica
forma di felicità, che trascenda i limiti dello spazio e del tempo. Un interesse che potrebbe essere
nascosto sotto il velo del pentimento.
Avevo letto una frase del Vangelo di Luca: chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi
invece la perde la salverà.
Io forse sto cercando solo di avere salva la mia vita e la sola possibilità che ciò possa essere vero mi
fa vergognare molto.
Sapendo di essere una persona meschina, ho paura che il mio pentimento non sia autentico.
Nonostante questa possibilità ogni sera mi vengono le lacrime agli occhi pensando a quanti errori
ho commesso e vorrei pensare che queste non siano lacrime di coccodrillo. Cosa posso fare per
ritornare sulla retta via e riconciliare il mio rapporto con Dio?
grazie in anticipo per la Sua attenzione,

Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. amare significa voler bene.
Quando uno ama una persona o una cosa per il proprio bene si dice che questo amore è un amore
interessato.
Non è un amore sbagliato perché noi abbiamo bisogno di tante cose e di tante persone.

2. Quando invece si ama volendo il bene della persona che si ama allora ci troviamo di fronte ad un
amore disinteressato.

3. L’amore interessato non è da confondersi con l’amore egoistico.


Infatti diciamo che è egoistico quell’amore che usa delle persone e delle cose solo ed
esclusivamente per il proprio tornaconto.
L’amore interessato invece, pur volendo il proprio bene personale, lo vuole in definitiva per stare
bene e per poter essere utile anche agli altri.
L’amore interessato dunque è aperto all’amore disinteressato. In ogni caso non lo esclude.

4. È Dio stesso che ha messo nella nostra natura questo desiderio di amare in questa doppia
maniera.
San Tommaso afferma: “L’amore si suddivide in amore di amicizia (disinteressato, n.d.r.) e di
concupiscenza (interessato, n.d.r.).
Infatti si chiama amico in senso proprio colui al quale vogliamo il bene: si ha invece soltanto
interessato quando si vuole il bene per noi” (Somma teologica, I-II, 26,4, ad 1).

5. Anche nell’ordine soprannaturale della grazia Dio rispetta questa duplice esigenza di amare
dell’uomo.
Infonde in noi un amore soprannaturale che si fa gravitare verso di lui per il nostro bene e questo è
l’amore che corrisponde alla virtù teologale della speranza.
E infonde anche un amore soprannaturale che ci fa gravitare verso di lui perché merita di essere
amato con la virtù teologale della carità.

6. La speranza teologale è un amore interessato che non esclude l’amore disinteressato. Vi rimane
aperto.
E in questo sta la sua bontà.

8. Similmente Dio fa la stessa cosa quando infonde nell’uomo la grazia del pentimento.
Anche il pentimento è duplice. Vi può essere un pentimento interessato per cui si teme il male che
ci può derivare dal peccato compiuto.
E vi può essere un pentimento disinteressato che prova dispiacere per il male commesso perché ha
rifiutato Dio che è degno di essere amato sopra ogni e perché crocifigge di nuovo il Figlio di Dio e
lo espone all’infamia (cfr. Eb 6,6).

7. Il primo tipo di pentimento è chiamato dai teologi contrizione imperfetta o attrizione.


Il secondo invece corrisponde alla contrizione perfetta.
La contrizione imperfetta o attrizione, pur corrispondendo ad un pentimento interessato, è un buon
sentimento perché rimane aperto alla contrizione semplicemente detta o contrizione perfetta.

8. Pertanto non è sbagliato desiderare la propria felicità eterna, come non è sbagliato pentirsi per
sfuggire la perdizione eterna.
Anche il pentimento interessato è un dono del Signore. È un pentimento infuso.
Ecco che cosa dice il concilio di Trento: “Quella contrizione imperfetta che si dice attrizione, che si
concepisce comunemente o dalla considerazione della bruttezza del peccato o dal timore
dell’inferno e delle pene, se esclude la volontà di peccare con la speranza del perdono, non solo non
rende l’uomo ipocrita e maggiormente peccatore, ma è un dono di Dio e un impulso dello Spirito
Santo, che certamente non abita ancora nell’anima, ma soltanto muove; con l’aiuto di tale impulso il
penitente si prepara la via della giustizia. E benché l’attrizione senza il sacramento della penitenza
per sé non possa portare il peccatore alla giustificazione, tuttavia lo dispone ad impetrare la grazia
di Dio nel sacramento della penitenza. Infatti i niniviti, scossi utilmente da questo timore per la
predicazione terrorizzante di Giona, fecero penitenza e impetrarono misericordia dal Signore (Giona
3)” (DS 1678).

9. Il Catechismo della Chiesa Cattolica aggiunge: “Quando la coscienza viene così scossa, può aver
inizio un’evoluzione interiore che sarà portata a compimento, sotto l’azione della grazia,
dall’assoluzione sacramentale. Da sola, tuttavia, la contrizione imperfetta non ottiene il perdono dei
peccati gravi, ma dispone a riceverlo nel sacramento della Penitenza” (CCC 1453).

10. Pertanto porta a compimento quanto il Signore ha cominciato a suscitare in te accostandoti al


sacramento della Confessione.
Vai con fiducia. Il Signore ti attende da tempo.
Vuole dare anche a te tutto l’affetto con cui ha circondato il figliol prodigo quando è tornato alla
casa paterna.
Quel giovane è tornato a casa mosso da un motivo interessato: aveva problemi di fame e di miseria.
Ma l’amore del Padre l’ha reso nuovo in tutti i sensi.

Accompagno il tuo cammino con la mia preghiera.


Ti auguro ogni bene e ti benedico.
Padre Angelo

Quesito
Caro Padre Angelo,
mi è capitato di leggere che in San Domenico la devozione a Maria non sarebbe stata così forte
come in seguito si sarebbe affermato.
Anzi, che la sua devozione a Maria sarebbe stata più o meno quella che si sarebbe potuta riscontrare
in ogni buon cristiano.
Io frequento una Chiesa di domenicani e finora ho sempre sentito dire il contrario.
Che cosa mi può dire?
La ricordo nella preghiera.
L.

Risposta del sacerdote

Carissimo L.,
1. quanto hai letto non è conforme a quanto gli storici dell’Ordine di trasmettono.
Mi limito a riportarti alcune loro asserzioni.

2. Ecco che cosa scrive Alfonso D’Amato: “Domenico, votato alla predicazione della verità
evangelica, è in particolare l’apostolo di Maria.
Nella lotta contro l’eresia, uno degli argomenti principali della sua predicazione è certamente la
divina maternità di Maria.
Gli albigesi, in mezzo ai quali inizia la sua attività di missionario, negano l’Incarnazione del Verbo,
di conseguenza non riconoscono Maria Madre di Dio. Essi rivendicano a se stessi il merito di
generare «i perfetti».
Per questi eretici Maria non è neppure una persona umana; è «un angelo mandato dal cielo», che
insieme a Giovanni evangelista viene ad annunciare ciò che avviene in cielo. In lei non c’è nulla di
materiale; il suo è un corpo spirituale, composto solo di elementi spirituali.
Per i Catari neppure Cristo è un uomo; la materia è cosa impura, viene dal principio del Male.
Anche Cristo è un angelo, che viene sulla terra sotto le apparenze di un uomo; non è il Salvatore; il
suo compito non è quello di salvare l’umanità, ma solo di insegnare agli uomini che esiste un
principio spirituale che è in cielo e in ciascun uomo.
In mezzo a questi eretici Domenico svolge la sua attività missionaria. Per combattere questi errori
egli così è soprattutto l’apostolo della divinità di Cristo e della divina maternità di Maria.
Le molte dispute che Domenico deve continuamente affrontare sono sempre accompagnate dalle
sue fervorose preghiere. Nelle sue preghiere invoca con insistenza la misericordia del Redentore e
domanda la mediazione di Maria «madre di misericordia». Durante suoi lunghi viaggi per le strade
di Francia e d’Italia, spesso lo si sente cantare l’inno a Cristo Redentore: «Jesu, nostra redemptio»,
la Salve Regina, l’Ave Maris stella), proclamando anche in questo modo la sua fede in Cristo, Figlio
di Dio e Salvatore, e in Maria Dei Mater alma, che offre all’umanità «Gesù, il frutto benedetto del
suo seno». (…).
Era poi così evidente alla gente la devozione Iella comunità di Prouille alla beata Vergine che
Domenico, suoi frati e le suore venivano indicati come «coloro che erano a servizio di Dio e della
Vergine Maria»” (La devozione a Maria nell’Ordine domenicano, pp.16-17). (12).

3. Ugualmente Alfonso D’amato sottolinea che nelle prime Costituzioni dell’Ordine si legge  che i
frati appena svegliati al mattino dovessero recitare l’ufficio della Madonna.
“Domenico vuole che la giornata del frate predicatore incominci nel nome di Maria e termini con la
sua lode. Stabilisce infatti che i suoi frati, al mattino appena svegli, mentre sono ancora nel
«dormitorio», rivolgano a Maria il loro pensiero e la loro preghiera con la recita del suo Ufficio
(Costitutiones antiquae, I, cap. 1).
Il Beato Umberto a tale proposito sottolinea: è segno «di grande riverenza verso la Vergine Maria
che i
frati subito appena si svegliano, prima di ogni altra cosa, si occupino in eius servitio» (De vita
regulari, II, pp. 70 -72).
La sera poi, al termine della giornata, dopo Compieta, Domenico vuole che
l’ultima preghiera sia ancora rivolta a Maria, con la recita della Salve Regina” (La devozione a
Maria nell’Ordine domenicano, p.19).

4. Il padre Humbert Vicaire, che è indiscutibilmente è tra i massimi storici su San Domenico del
secolo XX, scrive: “Sull’incontestabile devozione mariana di Domenico e dei suoi primi frati: A.
Duval, La dévotion mariale dans l’Ordre des Frères Prêcheurs, in Maria, Etudes sur la sainte Vierge,
a cura di H. du Manoir, II, Paris, 1952, pp.739-754).
Per il caso particolare di Domenico, i riferimenti più sicuri nelle fonti rimangono la sua presa di
posizione quanto alla legislazione circa l’Ufficio della B. Vergine e la formula della professione (I
Const., 195 e 202, D. I, capp. 1 e 16): Duval, note 8, 11, 20.
Due notizie sicure: fra Bonviso attesta che Domenico amava cantare alta voce l’Ave maris
stella quand’era in viaggio (Proc. Bonon., n. 21); il beato Umberto assicura di aver appreso da un
testimone immediato che fu Domenico stesso a stabilire che i frati, appena desti, recitassero nel
dormitorio l’Ufficio della Vergine (Reg., II, 70)” (Storia di San Domenico, p. 672).

5. Un altro storico, G. Bedouelle, scrive: “Quanto a Domenico, nei momenti di difficoltà che
incontrava nel cammino, amava intonare l’Ave maris stella (Bologna 21).
Ci tenne anche a conservare l’usanza della recita dell’Ufficio liturgico
(bisognerebbe dire, nei nostri termini moderni, paraliturgico) della Santa Vergine, come si
faceva a Citeaux e a Prémontré. Ma l’arricchisce di una nota particolare. Per non appesantire
la liturgia, anzi per prepararla e metterla sotto l’invocazione della Madre di Dio, prescrive ai frati di
recitare le «Ore della Vergine Maria» prima dell’ufficio
canonicale propriamente detto; così si reciterà il Mattutino della Vergine nel dormitorio,
appena alzati (Costituzioni primitive, Dist. I, cap. 1) e le altre ore quando ci si reca
all’Ufficio.
Maria si fa così presente in tutta la vita dei frati” (Domenico, La grazia della parola, pp. 257-258).
6. G. Bedouelle non le elimina le testimonianze dei primi frati raccolte dalle Vitae fratrum perché
tardive di qualche decennio rispetto alla vita del nostro Santo Padre. Vi scorge invece una
connessione tra quello che allora si diceva sul ruolo della Madonna nella fondazione dell’Ordine e
la preghiera di San Domenico.
Scrive G. Bedouelle: “«Come Nostra Signora ottenne dal suo Figlio l’Ordine dei Frati Predicatori»:
è questo il
titolo del primo capitolo delle Vite dei Frati di Gerardo di Frachet (Vitae Fratrum I, 1). La
Vergine di misericordia, quale «mediatrice attenta», temeva, aggiunge il testo, che i
peccatori andassero perduti, rigettati dal cospetto di Dio; allora essa suscitò questo Ordine di
predicazione «per la salvezza del genere umano». Non è questa la preghiera stessa di
Domenico, piamente e graziosamente trasformata secondo il gusto dei Fioretti domenicani?
Maria presenta a suo Figlio Domenico e Francesco, che diventano  in tal modo «fratelli d’arme» (I,
4).
La Vergine non potrebbe abbandonare quell’Ordine che ha ottenuto di far nascere: di persona lo
assiste, lo protegge e perfino ne cura i più piccoli particolari. Quando guarisce Reginaldo di
Orléans, gli
mostra «tutto l’abito dell’Ordine» (Libellus 57). La tradizione domenicana ha ritenuto il dato
che la stessa Vergine si era degnata di «inventare» l’abito di luce e di ombra, facendo
abbandonare ai frati la cotta canonicale portata sino ad allora per sostituirla con uno
scapolare” (Ib., pp. 256-257).

8. Ancora: “Alle sue origini, l’Ordine domenicano ha usato uno dei simboli più profondi e più
eloquenti per esprimere il ruolo di Maria nel mondo: quello di Vergine della misericordia, Madre
dal
manto che protegge. Di origine cistercense, questo simbolo viene ripreso da suor Cecilia, del
monastero di san Sisto, al fine di illustrare la compassione di Domenico: rapito in visione, egli si
trova davanti al Signore e a una folla di beati: vi scorge religiosi di ogni ordine e di ogni colore, ma
non ne vede del suo. Scoppia allora a piangere amaramente, tanto che Cristo lo deve consolare e gli
designa la Vergine Madre che sta alla sua destra. La Vergine di pietà gli apre allora il mantello
«color zaffiro», tanto grande che «pareva abbracciare tutto il cielo» e Domenico vi scorge «una
moltitudine di frati».
Prostrandosi, rende grazie a Dio e alla beata Vergine Maria, e la visione scompare. Tornando in sé,
sente suonare il mattutino e una volta terminato l’ufficio della notte, convoca i frati nel capitolo e
tiene loro «una grande e bella predica, esortandoli all’amore e alla riverenza della beata Vergine
Maria»” (Ib., p. 258).

9. Mi pare che questo sia sufficiente per dirti che quanto hai sentito nelle Chiesa domenicana che
frequenti corrisponde a verità. Senza dire del legame tra il Rosario e il nostro Santo Padre
Domenico.
Scrive ancora G. Bedouelle: “Non c’è dubbio che anche
Domenico e i primi frati hanno avuto il piacere di recitare in ginocchio l’Ave Maria, secondo
un’abitudine che risale al secolo XI: si faceva uso, allora, solo della salutazione angelica
propriamente detta, ossia delle parole dette dall’angelo dell’Annunciazione (Luca 1,28). Solo
nel secolo seguente si aggiunge l’esclamazione di Elisabetta nella Visitazione (Luca 1,42) e si
circondano questi versetti con pratiche di devozione” (Ib., p. 259).
E “Si può anche capire perché i medioevali abbiano voluto attribuire l’invenzione del rosario a san
Domenico. Nel loro linguaggio poetico, vi volevano esprimere la forza di quella preghiera nella
quale il fondatore dei Predicatori aveva tanto creduto e il ruolo della Vergine nella storia della
salvezza.
Ricordiamo che anche Michelangelo ha espresso tale convinzione, lui che aveva anche contribuito a
restaurare il sepolcro di san Domenico a Bologna. Al centro del Giudizio universale, nella cappella
Sistina, un angelo sorregge una corona di grani rosa e la tende a due figure che vi si aggrappano per
poter far leva e sollevarsi, attratti verso il Cristo glorioso. A fianco del redentore, inserita nella sua
mandorla, la Vergine contempla, in atteggiamento di preghiera, il giorno del Signore.
È anche il posto che le accorda fra Angelico, nel dipinto del Giudizio Universale conservato al San
Marco di Firenze. Contemporaneo di Alano della Rupe, egli mette san Domenico all’estremità dei
coro dei profeti e degli apostoli. Il mistero glorioso, totale e definitivo, dà a Maria il compito che le
spetta nella comunione dei santi, nella Chiesa. Era conveniente che Domenico, per il suo fervore
mariano, indissociabile dal suo zelo apostolico, fosse rappresentato in tal modo in quella
Beatitudine che aveva tanto annunciato” (Ib., p. 263).

10. Mi pare che quanto ti ho riportato sia sufficiente per dire che quanto hai sentito nella Chiesa
domenicana che frequenti è corrispondente al vero ed è ben documentato.
Ti ringrazio di avermi dato l’opportunità di riportare testi autorevoli e indiscussi.
La tradizione domenicana successiva non ha enfatizzato la devozione del nostro Santo Padre alla
Madonna, ma è la testimonianza che quanto essa ha creduto e vissuto è stato creduto e vissuto da
San Domenico come nella sua fonte, dal momento che egli possedeva, secondo una felice
espressione del Padre Vicaire, la grazia del Capo (la gratia capitis), analogamente a Cristo che ha
posseduto in pienezza tutta la grazia che da Lui si è diffusa in tutti i credenti  fino alla fine del
mondo.

Ti benedico e ti ricordo al Signore.


Padre Angelo

Quesito
Rev.do P. Angelo,
Pax!
Mi chiamo Antonio Garcia, 59 anni, residente nella città di Fortaleza-CE- Brasile.
Le scrivo per chiarire un dubbio sui riti cattolici, in particolare l’incensazione della casa, come
forma di benedizione per la mia famiglia e la mia casa.
La festa dell’Avvento di Natale avvicinarsi e ho intenzione di accendere un incenso in casa mia e
nella mangiatoia che abbiamo già acquistato. L’incenso e la mirra che intendo utilizzare sono stati
acquistati sul sito del Monastero Trappista (…)-
Chissà se questo atto va contro il catechismo!
Grazie per aver chiarito il debito!
Con preghiere,
Garcia

Risposta del sacerdote

Caro Antonio Garcia,


1. la Sacra Scrittura attesta che i sacerdoti ogni mattina e ogni sera a turno entravano nel santuario
del tempio per offrire l’incenso.
Ricorderai che quando capitò a Zaccaria di fare l’offerta dell’incenso gli comparve Gabriele e gli
annunciò la nascita del figlio, Giovanni Battista.

2. L’offerta dell’incenso che si brucia e si lascia consumare ha molti significati.


Il primo è quello dell’adorazione resa a Dio. Il profumo gradevole dell’incenso indica che a Dio
viene fatto qualcosa che gli è gradito perché apre l’uomo alla sua azione salvifica e santificante.
Con questo si capisce subito che non basta fare l’offerta materiale dell’incenso come se esso agisse
come un talismano. Questa sarebbe superstizione.
È necessario aprire il proprio animo all’azione di Dio, che può volere per noi la nostra conversione.

3. In secondo luogo il fumo che parte dall’incenso e sale in alto spandendo la soavità simboleggia la
preghiera, come si legge nel Salmo: “La mia preghiera stia davanti a te come incenso” (Sal 141,2).
Pertanto l’offerta dell’incenso va accompagnata dalla preghiera.

4. In terzo luogo l’incenso acceso è simbolo di quel fuoco divino, la carità, che Gesù è venuto a
portare e ad accendere in questo mondo.
Pertanto mettere l’incenso davanti a presepio ci ricorda che la prima cosa da fare quando si vuole
ottenere qualche cosa da Dio è quella di pregare con un cuore riconciliato con tutti, senza
risentimenti, secondo quanto ci ha insegnato il Signore: “Se dunque tu presenti la tua offerta
all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti
all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono” (Mt 5,23-24).

4. Infine l’incenso viene bruciato per allontanare i demoni, come emerge dal libro di Tobia: “Tobia
allora si ricordò delle parole di Raffaele: prese dal suo sacco il fegato e il cuore del pesce e li pose
sulla brace dell’incenso.
L’odore del pesce respinse il demonio, che fuggì verso le regioni dell’alto Egitto.
Raffaele vi si recò all’istante e in quel luogo lo incatenò e lo mise in ceppi” (Tb 8,2-3).

5. Pertanto se bruci l’incenso secondo i criteri che ti ho ricordato non solo non vai contro il
Catechismo, ma fai cosa gradita al Signore e la tua casa per la presenza del presepio e dell’incenso
che brucia rimane benedetta.
È per questi motivi e non per superstizione che le Monache trappiste preparano l’incenso per i
fedeli.

Auguro a te e alla tua famiglia ogni bene per il prossimo Natale.


Vi ricordo al Signore e vi benedico.
Padre Angelo

Quesito
Carissimo Padre,
sono passati cinque mesi dalla mia conversione. Ricordo ancora il giorno in cui una Forza
inarrestabile mi spinse ad acquistare una corona del Rosario, e ad imparare a recitare questa
immensa preghiera. Fu prima della mia conversione! Da allora non è passato giorno senza recitare il
Rosario. Inizialmente provavo fatica, ma sapevo che non dovevo fermarmi. Infatti alla fatica
subentrò pian piano una vera e propria gioia, a tal punto che oggi è diventato un appuntamento
delizioso e irrinunciabile della mia giornata, secondo solo alla Santa Messa. Un’ora di intimità con
Gesù e Maria dalla quale ricevo benefici spirituali immensi.
Con queste righe volevo condividere il mio amore per il Rosario, ed esprimere il desiderio di
entrare a far parte della Confraternita. Mi impegno ad includere nella preghiera del Rosario le
intenzioni degli altri membri.
Grazie, Padre, per avermi fatto conoscere questa meravigliosa realtà della Confraternita.
Che la Vergine Madre ci protegga,
Matteo
Risposta del sacerdote

Caro Matteo,
1. “Nessuno viene a me se il Padre non lo trae” (Gv 6,44).
All’inizio di ogni conversione c’è sempre la mano del Padre.
Non può essere che così dal momento che la conversione a Cristo ha come suo obiettivo un bene di
ordine soprannaturale.

2. Nessuna meraviglia che Dio ti abbia attratto a Cristo per mezzo del Rosario di Maria.
Non ha forse iniziato l’opera della Redenzione partendo dalla Madonna?
Così ha fatto anche con te.

3. Mi dici che una Forza irresistibile ti spingeva a comperare il Rosario e a recitarlo.


Il Mio pensiEro è subito corso Al giovane Albert Lagrange, che poi diventerà il padre Marie-Joseph
Lagrange fondatore dell’Ècole Biblique di Gerusalemme. Si trovava a Parigi a studiare diritto. Un
giorno fu raggiunto da una brutta notizia dalla famiglia. Istintivamente entrò in una chiesa a
pregare.
Scriverà in seguito nel suo Giornale spirituale: “Addolorato, andai fino al fondo della chiesa di
Saint-Sulpice, ai piedi di Maria. Che cosa avvenne?
Pregai ardentemente a lungo. Uscendo non ero più lo stesso. Dopo qualche giorno comprai un
rosario”.
Qui il Padre Lagrange non parla di Forza irresistibile, ma certo si è trattato di un impulso interiore
scaturito da quella ardente preghiera da cui uscì trasformato. Sentiva che il Rosario gli era prezioso
e che quella corona gli dava forza per la preghiera.
Quel Rosario mantenne la trasformazione e fece sì che non  fosse solo un fuoco di paglia.

4. Adesso, a pochi mesi dalla conversione il Rosario per te “è diventato un appuntamento delizioso
e irrinunciabile della mia giornata, secondo solo alla Santa Messa. Un’ora di intimità con Gesù e
Maria dalla quale ricevo benefici spirituali immensi”.
“Un appuntamento delizioso e irrinunciabile della mia giornata”, un po’ come la visita che Dio sotto
forma umana, verso la brezza della sera, faceva ad Adamo ed Eva prima del peccato originale.
I nostri due progenitori riconoscevano i suoi passi e gli andavano incontro.
Ebbene, quando tu tiri fuori dalla tasca la corona del Santo Rosario e ti accingi a recitarlo è come se
muovessi i tuoi passi per andare incontro al Signore che viene a ripetere nella tua vita gli eventi che
menzioni ad ogni decina.
E mentre stai unito al Signore la tua anima “viene inebriata dell’abbondanza della sua casa e si
disseta al torrente delle sue delizie” (Salmo 36,9).

5. Qui tocchi con mano quanto siano vere le parole di San Tommaso il quale dice che nell’unione
col Signore e cioè nella contemplazione viene versata nel nostro cuore una gioia che “sorpassa
qualsiasi gioia umana” (Somma teologica, II-II, 180, 7) ed è “un certo inizio della felicità del cielo,
della beatitudine” (Ib., II-II, 180, 4).
San Tommaso parlava per esperienza. In termini impersonali, quali si addicono ad una persona
umilissima, portava la propria testimonianza.
Nell’unione col Signore e nella contemplazione si sentiva il più felice di tutti. Mai avrebbe lasciato
quei momenti che per lui erano diventati quasi permanenti per tutto l’oro del mondo.

6. Per grazia di Dio questa sta diventando anche la tua esperienza.


Tu sai bene a che cosa possono essere paragonati i godimenti che ti affascinavano prima della
conversione.
Sono certo che tu puoi dire insieme con Sant’Agostino: “Quello che prima (della conversione)
temevo di perdere adesso sono ben lieto d’averlo lasciato”.
Consideri una grazia singolarissima l’essere stato liberato da quelle realtà che adesso considereresti
tormenti qualora dovessi farne di nuovo l’esperienza.

7. Pertanto sono contento di aggregarti alla Confraternita del Santo Rosario.


Ti domando di chiedere sempre al Signore, per i meriti degli eventi che contempli e che Egli
generosamente e ripetutamente mette nelle tue mani e anche per i meriti e le preghiera di tutti i
membri della grande famiglia domenicana, di liberare da quelle realtà i tanti che ne sono ancora
schiavi.
E così alla gioia dell’unione col Signore potrai aggiungere quella che si prova quando si lavora
direttamente nel cuore degli uomini.

Ti ringrazio per questa tua testimonianza.


Ti ricordo al Signore, ti auguro ogni bene e ti benedico.
Padre Angelo

Quesito
Caro Padre Angelo,
sono Michele (quel ragazzo costretto a rimanere in  aula durante la lezione di religione perché non
si era trovato il foglio dell’esonero e che proprio per quella lezione è approdato alla fede).
La ringrazio per la sua brillante risposta alla mia prima lettera, è stata illuminante!
Spero e confido che sarà altrettanto brillante ed illuminante anche la risposta alla mia seconda
lettera.
Passo al quesito
Ho preparato questa lista giornaliera di preghiere (se Dio vuole, almeno provo) da fare.
– Rosario per la mia anima
{Supplica di Perdono}
– Rosario per le mie esigenze (in materia di fede)
{Ciò che chiedo a Dio}
– Rosario per la conversione delle persone
– Rosario di ringraziamento per le persone che Dio mi ha donato e richiesta di stare vicino a loro.
(In particolare C., G., S., S., F., il gruppo dei Giovani per la Fede, prof di religione, il parroco)
– Rosario specifico per le richieste degli amici
– Rosario per le anime del Purgatorio {Ciò che offro per il prossimo}
-Rosario di ringraziamento {Ciò che offro a Dio}
Atto di Colpa
Comunione Spirituale
Angelo di Dio

Ecco, anzitutto vorrei chiederle se è giusto essere così scrupolosi, precisi e sistematici nella
preghiera. È forse meglio essere più naturali ed ispirati? Naturalmente alla base di tutto ci sta il mio
ardente desiderio della salvezza delle anime, compresa la mia, e costante bisogno di ringraziare Dio.
Seconda cosa volevo chiederle se ci siano dei problemi in questa lista o degli errori di qualsiasi
genere (in tal caso sono ben accetti consigli e correzioni) oppure se va bene così come è.
La ringrazio in anticipo e prego per lei e per il suo Santo operato durante l’attesa di una sua risposta.
Risposta del sacerdote

Caro Michele,
1. sono contento di sentirti di nuovo.
Molti sono stati colpiti dalla tua storia. Mentre non ci pensavi affatto, Dio ha fatto irruzione nella
tua vita e ti sei trovato a credere in Cristo, ad essere nella luce.
Questa volta ti rispondo in ritardo, come succede sempre quando non rispondo subito.
Mi spiacerebbe se questo ritardo avesse in qualche modo pregiudicato la tua vita di preghiera.

2. In questa tua nuova mail sono tre le cose che mi hanno colpito.
1) Anzitutto l’intensità (quantità) della tua vita di preghiera.
2) La preghiera del Rosario.
3) Le varie intenzioni.
Ed è proprio su questi tre punti che concentro la mia risposta.

3. Inizialmente ho pensato che tu ti impegnassi a recitare sette Rosari secondo le singole intenzioni
che hai indicato.
Poi ho pensato che ti impegnassi a dirne quattro secondo le motivazioni indicate nelle parentesi,
vale a dire uno per domandare perdono, un altro per ciò che chiedi al Signore, un altro per le
necessità di coloro che ti sono prossimi nella vita e un altro di ringraziamento.
In ogni caso la quantità è notevole.
Qualcuno potrebbe stupirsi e dire che è un’esagerazione.
Ma poi ho pensato: quando io avevo la tua età mi trovavo già nell’Ordine domenicano e
condividevo con i  miei confratelli una vita di preghiera ancora più ampia.
È vero che seguivamo quanto era prescritto nelle Costituzioni dell’Ordine. E tuttavia non era un
peso. Ci sembrava la cosa più normale di questo mondo.
A differenza nostra, tu non sei un seminarista e non hai delle regole da seguire.
Ma hai capito da te stesso che la tua giornata deve essere scandita dalla preghiera e che devi stare
unito a Dio come il mare è nel pesce e il pesce nel mare, come diceva Santa Caterina da Siena.
L’altro ieri (5 novembre) è stato commemorato Giorgio La Pira a 43 anni dalla sua morte. Era
professore all’università e sindaco di Firenze.
Al mattino stava raccolto in preghiera e in ginocchio dalle 6 alle 9.
Poi si recava in municipio. Qualcuno gli fece osservare che il tempo dedicato alla preghiera era
troppo e lui rispose che l’unico tempo perso è quello sottratto alla preghiera.
Del resto il Signore ha detto: “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5) e ti sarai accorto da te
stesso come la tua azione diventa più efficace e incisiva quando è accompagnata da molta preghiera.
Devo dire anche che conosco giovani della tua età, anch’essi neo convertiti, che hanno una vita di
preghiera molto intensa e fatta tutta di… Rosari!
Pertanto non sarò mai io a scoraggiarti e a dirti che preghi troppo.
Sono certo che si tratta di un impulso e di un’ispirazione che viene dall’Alto.
Il beato Per Giorgio Frassati probabilmente aveva una vita di preghiera simile alla tua come
intensità: non so quanti Rosari dicesse ogni giorno, ma almeno uno c’era sempre. Inoltre
quotidianamente andava a Messa e vi giungeva 10 minuti prima della sua celebrazione. Poi non
ometteva il ringraziamento.
Fattosi terziario domenicano all’età di 21 anni, recitava ogni giorno il parvum Officium Beatae
Virginis Mariae che lo occupava almeno per altri 45 minuti al giorno.
E tutto questo insieme con  la sua vita di studente, di ragazzo impegnatissimo in varie associazioni e
nell’assistenza ai poveri.

4. Adesso vengo alla seconda cosa che colpisce nella tua vita di preghiera: la preghiera del Rosario,
la preghiera del Rosario, la preghiera del Rosario.
Qualcuno potrebbe osservare: non  potresti andare più al largo e variare le tue forme di preghiera?
Mi immagino che tu risponderesti così: col Rosario io sono soddisfatto. Ho tutto.
E capisco molto bene la tua sensazione e anche il motivo che la sostiene: il Rosario ti mette in
comunione con Cristo risorto che si fa tuo compagno di viaggio e ti racconta gli eventi della sua
vita. Ti dice anche perché dovevano svolgersi così. Proprio come ha fatto con i due fortunati
discepoli di Emmaus nel giorno della sua risurrezione. Questi, quando Gesù fece cenno di andare
più avanti nel suo cammino, gli dissero: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al
tramonto». Egli entrò per rimanere con loro” (Lc 24,29).
Sì, quando ti metti a dire il Rosario Gesù entra nella tua vita per rimanere con te.
Al termine, soprattutto se i Rosari ti riescono bene, senti di poter far tue le parole dei discepoli di
Emmaus: “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via,
quando ci spiegava le Scritture?” (Lc 24,32).
Tutti gli eventi della vita di Gesù – se sono accolti – procurano gioia. Sono Vangelo, sono felice
notizia.
Mi piace ricordare la fiducia che San Luigi Maria Grignion de Montfort aveva sul Rosario.
All’inizio di quella sua operetta che porta il titolo di “Il segreto meraviglioso del Rosario” scrive:
“Guardatevi, ve ne prego, dal considerare piccola e di poca importanza questa santa pratica, come
vogliono fare gli ignoranti e perfino molti dotti orgogliosi. Essa è veramente grande, sublime,
divina. Il cielo stesso ce l’ha data, e l’ha data proprio per convertire i peccatori più induriti e gli
eretici più ostinati. Dio le ha annesso la grazia in questa vita e la gloria nell’altra. I santi l’hanno
messa in atto ed i sommi Pontefici l’hanno autorizzata”.
Ne porta poi il motivo. La salutazione angelica, che consiste nel ripetere le parole che vengono dal
Cielo “Ave, piena di grazia, il Signore è con te, tu sei benedetta far le donne” produce un effetto più
grande di quello dei Salmi.
I Salmi infatti preannunziavano la venuta del Signore, la salutazione angelica invece la realizza.
Questo evidentemente non deve in nessun modo sminuire la preghiera della Liturgia delle ore,
composta prevalentemente di Salmi, che ha una preminenza sul Rosario.
Gesù infatti ha pregato con i Salmi. E quando recitiamo i Salmi nella Liturgia delle ore diamo corpo
alla preghiera che Gesù fa con noi e fa per noi.
Inoltre, come ricorda San Tommaso, “i Salmi esprimono sotto forma di lode tutto ciò che contiene
la Scrittura” (Somma Teologica, III, 83, 4).
Per cui possiamo dire che se il Rosario è il Compendio del Vangelo, i Salmi sono il compendio di
tutta la Scrittura, compresi i Vangeli.

5. Infine la terza cosa che emerge nella programmazione della tua vita di preghiera vi sono le varie
intenzioni.
Ne esprimi quattro: in pentimento dei peccati, per le tue necessità, per le necessità degli altri e in
ringraziamento.
Queste intenzioni le hai espresse in maniera ordinata.
Innanzitutto in supplica di perdono.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice che “la domanda del perdono è il primo moto della
preghiera di domanda.
Essa è preliminare ad una preghiera giusta e pura. L’umiltà confidente ci pone nella luce della
comunione con il Padre e il Figlio suo Gesù Cristo, e gli uni con gli altri: allora ‘qualunque cosa
chiediamo la riceviamo da lui’ (1 Gv 3,22).
La domanda del perdono è l’atto preliminare della liturgia eucaristica, come della preghiera
personale” (CCC 2631).
Il pubblicano inizia la sua preghiera dicendo: “Abbi pietà di me peccatore” (Lc 18,13).
Poi passi alla richiesta di grazie per te e per il tuo prossimo.
Qui mi piace sottolineare che quando preghiamo con il Rosario non preghiamo solo con il nostro
povero cuore, ma preghiamo e domandiamo insieme con la Madonna che il Signore ci ha dato per
Madre. Preghiamo e domandiamo con  il suo Cuore immacolato.
A quel Cuore Dio non può negare nulla.
Per questo è stato detto che la Madonna è “Omnipotentia supplex” (onnipotente nella preghiera).
Infine preghi in ringraziamento: in ringraziamento per tutti i benefici ricevuti. Anche per quelli che
ti ha accordato pregando con il Rosario.
Pertanto le varie intenzioni sono giuste e soprattutto ben ordinate.
Tu dirai che è stato il caso. Io dico che è stato il Cielo ad ispirartele con tale ordine!

6. Quando verrai battezzato (ricordo ai visitatori che Michele non è ancora stato battezzato, è solo
catecumeno) porta tutte queste intenzioni in quella celebrazione.
Riceverai il Battesimo in remissione di tutti i tuoi peccati. Chissà quanti invidieranno la tua anima
in quel giorno!
Lo riceverai domandando le grazie più belle per te e per il prossimo che hai menzionato. Quel
giorno riceverai anche la Cresima e farai anche la tua prima Comunione. In quel giorno di grazia
non ci sarà niente che il Signore non  vorrà soddisfare! Perché le grazie stesse che domandi è Lui ad
ispirartele.
Lo riceverai in ringraziamento per tutti i benefici ricevuti, il più grande dei quali è averlo
conosciuto, averlo amato e averlo già posseduto nel tuo cuore.

7. Ti ringrazio per avermi sottoposto il tuo programma di preghiera che, come vedi, approvo in
pieno anche per l’atto di dolore, la Comunione spirituale e l’Angelo di Dio.
Non è necessario che tu ripeta ogni giorno le varie intenzioni che hai espresso. È sufficiente che tu
metta l’intenzione una volta per tutte.
Quest’intenzione affiorerà spontaneamente mentre reciti i vari Rosari e tu la ribadirai.
Né è proibito che mentre reciti il primo o gli altri Rosari tu aggiunga anche qualche altra intenzione
che in quel momento è particolarmente urgente.
Il Rosario è una preghiera molto larga. Si adatta benissimo ad ogni situazione.

Ti ricordo volentieri nelle mie preghiere.


Lo faccio in modo particolare oggi 7 novembre, giorno in cui noi celebriamo la festa di tutti i Santi
domenicani.
Ti auguro ogni bene e ti benedico.
Padre Angelo

Quesito
Padre Angelo buongiorno a lei e a tutta la comunità che si raccoglie attorno a questo sito.
Poiché vi conosco da poco è ben possibile che l’argomento sia stato qui già trattato, nel qual caso
me ne scuso anticipatamente, viceversa ne approfitto per sottoporLe una domanda circa la Passione
di Cristo che da un po’ torna ad interrogarmi. Nonostante i miei cinquantaquattro anni, temo difatti
che la mia conoscenza del catechismo sia rimasta quella di quand’ero bambino.
I quattro evangelisti testimoniano che Gesù – in tutto uomo ad eccezione del peccato – morì,
condannato ingiustamente, di una morte atroce e nel disprezzo generale. Di fatto la Sua gente non
aveva capito granché di Lui, dei Suoi insegnamenti e dei Suoi segni: le autorità religiose vedevano
in Lui una minaccia per il proprio potere, i Suoi amici ancora non illuminati dallo Spirito Santo
probabilmente speravano attraverso Lui in un riscatto dal giogo di Roma e il popolo, ce lo ricorda
anche Alessandro Manzoni, quando è folla spesso cade vittima di un’isteria che lo spinge verso
comportamenti sconsiderati.
D’altra parte la morte di Gesù assume senso solo nella Sua resurrezione. Ricordo al riguardo
quando, anni fa, provai a spiegare a mio figlio, allora bambino che si stava preparando a ricevere la
Prima Comunione, che Gesù, pur potendo, aveva rinunciato ad usare i Suoi “super-poteri” contro i
cattivi che volevano il Suo male proprio per dimostrare a tutti noi – che non siamo dei supereroi –
che la morte non è la fine di tutto, che è possibile anche per noi semplici uomini vivere amando chi
non ci ama perché comunque immagine di Dio… anzi che proprio nell’amare risiede il segreto della
felicità.
Ma la Croce, la Santa Croce, è una questione che, al contrario, mi sfugge totalmente. Così ad
esempio, ascoltando la vita dei Santi, mi sorprende come questi siano stati spesso chiamati a
condividere – fisicamente! – le sofferenze di Gesù sulla Croce. Puntualmente allora mi chiedo:
perché una morte così violenta? Quale il senso? Non sarebbe stata lo stesso se Gesù fosse stato
ucciso, magari da qualche sicario prezzolato, con semplice un colpo di spada… per poi ugualmente
risorgere?
E un’altra domanda a questa collegata. La Chiesa fornisce sovente a noi fedeli l’immagine di Gesù
come dell’Agnello che, dopo aver assunto su di sé i peccati dell’intera umanità, è stato sacrificato
sull’altare di Dio proprio in espiazione degli errori del mondo. Sicuramente fraintendo io il
messaggio, e lungi da me voler essere irriverente, ma come è possibile pensare che Dio – il Dio del
Nuovo Testamento, quello che Gesù ci invita a chiamare Abbà (vezzeggiativo di “papà”) – abbia
avuto bisogno di un sacrificio umano, per giunta del Suo figlio Gesù, per perdonare all’uomo la sua
infinita ignoranza di Lui?
Grazie davvero.
A presto, Valerio

Risposta del sacerdote

Caro Valerio,
1. San Tommaso si è posto la domanda se Cristo dovesse proprio morire in croce.
Certo, non vi era la necessità assoluta che perseguisse questa strada per compiere la nostra
Redenzione.
Se l’ha scelta è perché l’ha considerata come la più vantaggiosa per noi.
Enumera i seguenti motivi:
“Primo, perché da essa l’uomo viene a conoscere quanto Dio lo ami, e viene indotto a riamarlo: e in
tale amore consiste la perfezione dell’umana salvezza. Di qui le parole dell’Apostolo: “Dio
dimostra il suo amore per noi in questo, che mentre eravamo suoi nemici, Cristo è morto per noi”
(Rm 5,8).
Secondo, perché con la passione Cristo ci ha dato l’esempio di obbedienza, di umiltà, di costanza,
di giustizia e di tutte le altre virtù, che sono indispensabili per la nostra salvezza. Di qui le parole di
San Pietro: “Cristo ha sofferto per noi, lasciandoci un esempio, perché seguissimo le sue orme” (1
Pt 2,21).
Terzo, perché Cristo con la sua passione non solo ha redento l’uomo dal peccato, ma gli ha meritato
la grazia giustificante e la gloria della beatitudine, come vedremo in seguito.
Quarto, perché mediante la passione è derivata all’uomo un’esigenza più forte di conservarsi
immune dal peccato, secondo l’ammonizione di San Paolo: “Siete stati ricomprati a gran prezzo:
glorificate e portate Dio nel vostro corpo” (1 Cor 6,20).
Quinto, perché con essa fu meglio rispettata la dignità dell’uomo: in modo cioè che, come era stato
l’uomo ad essere ingannato dal demonio, così fosse un uomo a vincerlo; e come un uomo aveva
meritato la morte, così fosse un uomo a vincere la morte col subirla. Di qui le parole di San Paolo:
“Siano rese grazie a Dio che ha dato a noi la vittoria per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo” (1
Cor 15,57).
Quindi fu più conveniente che fossimo liberati dalla passione di Cristo piuttosto che dalla sola
volontà di Dio” (Somma teologica, III, 46, 3).
2. Tuttavia tu potresti obiettare: va bene la passione, ma proprio la crocifissione?
San Tommaso ancora una volta ti dà la motivazione, anzi le motivazioni.
Ne presenta sette, numero perfetto, come a dire che in assoluto non c’era di meglio.

3. Ecco che cosa scrive:


“Fu convenientissimo che Cristo subisse la morte di croce.
Primo, per offrire un esempio di virtù. Scrive infatti Sant’Agostino: “La sapienza di Dio si è
umanata per darci l’esempio che ci spinga a vivere rettamente. Ora, rientra nella rettitudine non
temere le cose che non sono da temersi. Ma ci sono degli uomini, che, sebbene non temano la morte
in se stessa, hanno orrore di certi generi di morte. Perciò, affinché nessun genere di morte
spaventasse l’uomo che vive rettamente, fu opportuno dimostrarlo con la croce di Cristo: poiché tra
tutti i generi di morte nessuno era più esecrabile e terribile” (Libro 83 questioni, 25).
Secondo, perché questo genere di morte era il più indicato per soddisfare il peccato dei nostri
progenitori, che consistette nel mangiare il frutto dell’albero proibito, contro il precetto di Dio. Era
perciò conveniente che, per soddisfare questo peccato, Cristo accettasse di essere inchiodato
all’albero della croce, come per restituire quanto Adamo aveva sottratto, secondo le parole del
salmista: “Pagavo allora quanto non avevo rapito” (Sal 69,5). Di qui l’affermazione di
Sant’Agostino: “Adamo trasgredì il precetto prendendo il frutto dall’albero, ma tutto ciò che Adamo
venne allora a perdere Cristo lo ricuperò sulla croce” (Sermone supp. 32).
Terzo, perché, come dice il Crisostomo: “Con la sua crocifissione su un alto legno Cristo volle
purificare anche l’aria. Inoltre la terra stessa fu in grado di sentire simile beneficio, essendo
purificata per il fluire del sangue dal suo costato”. E commentando egli le parole evangeliche, “è
necessario che il Figlio dell’uomo venga innalzato” (Gv 3,14), spiega: “Sentendo parlare
d’innalzamento devi intendere la sua sospensione in alto per santificare l’aria, mentre aveva
santificato la terra camminando su di essa” (Hom. 2 De cruce et latr.).
(nota del redattore: l’aria era considerata come il luogo dove abitavano i demoni, come si evince da:
“Anche voi eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati, nei quali un tempo viveste, alla
maniera di questo mondo, seguendo il principe delle Potenze dell’aria, quello spirito che ora opera
negli uomini ribelli”, Ef. 2,1-2).
Quarto, perché morendo sulla croce, Cristo, come spiega altrove il Crisostomo, ha preparato per noi
la scala del cielo. Di qui le parole di lui riferite nel Vangelo: “Quando io sarò innalzato da terra,
trarrò tutto a me” (Gv 12,32).
Quinto, perché la crocifissione si addice all’universalità della salvezza di tutto il mondo. (…).
Sant’Atanasio scrive che sulla croce Cristo “è morto con le mani stese, per attrarre con l’una il
popolo dell’antico patto, e con l’altra i popoli pagani” (De incarn. Verbi, 25).
Sesto, perché con questo genere di morte sono indicate le diverse virtù del Cristo. (…). Scrive
infatti Sant’Agostino che “la croce, su cui erano affisse le membra del suppliziato, fu insieme la
cattedra dalla quale il maestro insegnava“.
Settimo, perché questo genere di morte risponde a molte figure (dell’antico Testamento). E lo rileva
Sant’Agostino, ricordando che “un’arca di legno salvò il genere umano dal diluvio universale. Mosè
poi aprì con una verga il Mar Rosso dinanzi al popolo che usciva dall’Egitto, prostrando con essa il
Faraone e redimendo il popolo di Dio; e sempre Mosè immergendo la verga stessa nell’acqua da
amara la rese dolce; e percuotendo con essa la pietra ne fece scaturire l’acqua salutare; e per vincere
gli Amaleciti Mosè tenne in mano la verga. Inoltre la legge di Dio fu custodita nell’arca
dell’Alleanza, che era di legno. E tutte queste figure conducono come tanti gradini al legno della
croce“” (Ib., 4).
4. Venendo alla seconda domanda ti chiedi in che modo Dio Padre, che è tutto amore, abbia bisogno
del sacrificio del figlio per perdonare all’uomo la sua infinita ignoranza.
Ebbene non è Dio che ha bisogno di questo sacrificio. Se ne avesse avuto bisogno non sarebbe più
Dio.
È l’uomo piuttosto che aveva bisogno di tale sacrificio per comprendere l’amore del Padre e del
Figlio suo.
Commenta Sant’Agostino: “Il Signore stesso ha detto: Nessuno può avere maggior amore di chi dà
la sua vita per i suoi amici, e l’amore di Cristo verso di noi si dimostra nel fatto che egli è morto per
noi.
Quale è invece la prova dell’amore del Padre verso di noi? Che egli ha mandato il suo unico
Figlio a morire per noi. Così afferma l’apostolo Paolo: Egli che non risparmiò il suo proprio Figlio,
ma lo diede per noi tutti, come non ci ha dato insieme con lui tutti i doni? (Rm 8, 32)” (Commento
alla prima lettera di San Giovanni).

5. Come vedi, il filo che lega tutti questi temi è l’infinito amore di Dio Padre verso di noi perché
fossimo stimolati ad amarlo.
Non solo, ma ad amarlo nella maniera più perfetta e più santa.
E poiché questo amore è soprannaturale e pertanto non può aver origine da noi, siamo chiamati a
domandarlo continuamente perché Dio Padre lo infonda generosamente nel nostro cuore, secondo
quanto ha detto attraverso l’Apostolo Paolo: “L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per
mezzo dello Spirito” (Rm 5,5).

Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.


Padre Angelo

Quesito
Buonasera Padre Angelo
Ho una domanda di tipo ecumenico, non so se pertinente.
Se mai un gruppo consistente di protestanti entrasse in comunione con Roma, come per i Luterani o
anche i Valdesi, potrebbero essergli garantiti di mantenere il loro sistema amministrativo
Congregazionale o Presbiterale e rito Liturgico?
Altra cosa, sarebbe possibile per loro non essere tenuti obbligatoriamente a pregare i santi in
Paradiso e pregare per i defunti?

Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. per la prima parte della tua domanda la risposta è affermativa.
La Chiesa ha fatto questo per gli ortodossi che sono passati nella comunione con la Chiesa
Cattolica: hanno conservato una loro autonomia amministrativa, hanno un codice di diritto canonico
proprio e cioè legato alle Chiese orientali approvato dal Papa, hanno conservato i loro riti e le loro
tradizioni, compresa la possibilità di avere dei preti sposati.

2. La Chiesa di recente ha fatto questo anche con gli Anglicani che a gruppi sono passati sotto la
Chiesa Cattolica dopo che gli Anglicani hanno conferito il sacerdozio alle donne.

3. Se valdesi o luterani passassero alla Chiesa cattolica, nulla vieta che si possa fare qualche cosa di
analogo a quanto si è fatto per gli ortodossi e gli anglicani.
Ma tutto questo riguarda solo l’amministrazione, le leggi, i riti e le tradizioni.
Entrare in comunione con la Chiesa cattolica è immensamente di più che questo, che tutto sommato
rispetto alla sostanza può essere paragonato alla crosta, o anche meno.
4. La sostanza invece è la fede.
Diventare cattolici significa credere che la grazia è “una nuova creazione” (2 Cor 5,17) infusa da
Dio nell’anima, che ci rende “partecipi della vita divina” (2 Pt 1,4).
L’anima di questa vita divina è la carità che ci mette in relazione vitale con tutti, al punto da
costituire in Cristo un solo corpo (cf. 1 Cor 12,12).

5. Ebbene, proprio in virtù della carità per la quale siamo un solo corpo, ci possiamo giovare gli uni
gli altri nel medesimo modo in cui quando una parte del nostro organismo è malata o ferita può
essere curata dalle altre membra, come ad esempio dalla mano che prende la medicina o cura
direttamente la ferita.

6. Valdesi o luterani qualora entrassero nella Chiesa Cattolica in virtù della medesima fede che ci
accomuna recitano tutto il credo, compresa la parte in cui (nel credo apostolico) suona così: “Credo
nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la Comunione dei Santi,…”.
Se non facessero questo, rimarrebbero ancora valdesi e luterani.

Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.


Padre Angelo

MEME'S SPACE

Anziché Giuda Iscariota


Ho guardato "La febbre del sabato sera" e c'è un remix di "Notte sul Monte Calvo" ☻☻☻☻.

"Voglio farmi gli Scooby-Doo con le vene".

Noboni: Irene: "Arriva Erica, Erica Suol".

NEW'S SPACE

Nel 2021 uscirà il film di Akira prodotto da Leonny DiCaprionny.

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