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F rancis X avier Weisser

Luce delle montagne


F rancis X avier Weisser

Luce delle montagne

Segni (RM) Italia – Anno 2011


Capitolo i

M io cugino di campagna

Mi ero sentito agitato da quando mi ero alzato la mattina.


Non era certo strano. La sensazione era abbastanza naturale
il 16 settembre, il giorno prima della riapertura della scuola.
Mi ero già procurato la carta marrone per foderare i miei libri.
Era la solita vecchia storia ogni anno. Mio padre era veramente
fissato su questo. Non avrebbe permesso che i miei libri non
fossero stati foderati.
In verità stavo cercavo un compagno di sedici anni, già nel
sesto Form, per aiutarmi con questo armeggiare infantile.
Con la carta arrotolata sotto il braccio passeggiavo per Via
Schottering, per svoltare in Walgasse. Mi fermai davanti alla
nostra casa e guardai tutto intorno. Il Quartiere Militare Ros-
sauer e Piazza Liberty erano bagnate dai raggi di sole dell’esta-
te. Non è certo un tempo capriccioso! Invece nelle scorse due
settimane nient’altro che cielo nuvoloso e tempo piovoso. E ora
che dobbiamo stare in silenzio in classe, uno splendido cielo blu
copre Vienna e il sole sorride maliziosamente sull’Istituto dove
domani dovremo sederci davanti ai nostri libri.
Io ero in uno stato d’animo malinconico quando entrai
in casa. Sui gradini incontrai mio fratello Otto. Era carico di
entusiasmo.
–“Fritz, ci sono i Tirolesi”.– E afferrandomi per il braccio
mi sussurrò: –“Lo zio sembra quasi Andrea Hoffer. Con una
voce come il ringhio di un orso dice a tutti ‘molto bene’…” E
come un fulmine è corso su per le scale.
–“E Hans?” gli gridai dietro.
–“Oh, è venuto anche lui”.

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–“Sciocco asino!”– pensavo tra me. –“Certo che è venuto,


ma voglio sapere com’è”.
Mi fermai a metà scale e guardai su.
Là nella nostra casa c’era lo zio – a dire il vero un lontano
cugino di mia madre – mio zio di Stubaital, e con lui suo figlio
Hans. Era lui la parte più interessante, per quanto mi riguar-
dava. Sedici anni, come me, lui stava per condividere la mia
stanza e frequentare la classe con me.
Senza dubbio in quel momento ero incuriosito dal “giovane
signore”. Noi non ci conoscevamo ancora. Ma era da un po’ di
settimane che lo zio aveva chiesto a mio padre se Hans poteva
stare nella nostra casa a Vienna. Lui aveva studiato fino al quin-
to anno a Innsbruck. Ma ora lo zio voleva che Hans lasciasse le
montagne cosicché avrebbe avuto l’opportunità di ampliare le
sue prospettive, per conoscere altri luoghi e altre persone. Per il
resto mio zio disse che Hans era un bravo ragazzo e che godeva
di ottima salute.
Mio padre acconsentì subito. Hans avrebbe condiviso la
stanza con i ragazzi. Nessuno, certo, aveva chiesto il mio pa-
rere. Quando provai a protestare, mio padre con poche parole
mise fine alla discussione. Dovevo restare calmo e reprimere il
risentimento nel silenzio.
Come potevo dividere la mia stanza con uno stupido tiro-
lese? Avrei dovuto trascinare quel sempliciotto per le strade di
Vienna. Potevo quasi sentire i miei compagni di classe che mi
deridevano.
Ma gradualmente la collera si placò, mano a mano che an-
davano crescendo la mia curiosità e l’attesa.
Hans è un bravo ragazzo, così aveva detto suo padre. Bene,
mi immagino un ragazzo di campagna arretrato e ignorante.

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Ma ora quel ragazzo freddo e senza emozioni avrebbe assag-


giato un po’ di vita vera. Oh sì, i nostri compagni si sarebbero
dedicati volentieri a prenderlo in giro per quello che faceva. Lo
avrei aiutato, ma con cautela mettendogli i freni quando ne-
cessario. Dopo tutto, io ero suo cugino, e uno non lo può mai
dire… Comunque sarebbe stato un gran divertimento introdur-
re un innocente e inesperto giovane, poco a poco, nella vita
della grande città.
Quindi c’era Hans. Con poche falcate salii i gradini ed en-
trai in casa. Nella hall, sull‘appendiabiti, c’erano due cappelli
grigi e pesanti mantelli di stoffa ruvida. Dentro potevo sentire
i miei genitori e una voce profonda e bassa impegnati in una
vivace conversazione.
Ascoltai per un po’ e dopo vidi comparire mio padre.
Quando mi vide aprì completamente la porta e mi chiamò den-
tro. Mio zio era seduto vicino al tavolo e stava fumando. La sua
barba nera e spessa si accompagnava molto bene con l’affilato,
profondo aspetto del suo volto. Si alzò e venne avanti sorriden-
do per salutarmi. Ci stringemmo le mani, e con la sua profonda
voce mi disse, “Dio ti benedica, Fritz. Sii un buon ragazzo e
prenditi cura di Hans”.
Bene. Ma dov’era il nostro Hans? Guardavo intorno. La
mamma indicò la nostra stanza e lei stessa si incamminò per
andarci. Io la seguii. Hans era vicino al letto. Aveva appena
finito di lavarsi e stava ripiegando le maniche. Lo esaminai
dalla testa ai piedi, cercando di dargli una dimensione. Fu un
momento piuttosto teso. All’ultimo respirai con sollievo. For-
tunatamente non sembrava essere un campagnolo incapace e
smorto. Era della mia altezza, snello e agile. Indossava con ele-
ganza il suo vestito da città. Io ero leggermente imbarazzato.
Tenevo la mano tesa e provai a presentarmi con modi formali,
dicendo, –“Fritz Egger”–. Ma appena dopo sentii un groppo in

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gola e mi bloccai. Lui allora venne avanti con gentilezza e mi


disse: –“Come va, Fritz”–.
–“Che begli occhi hanno questi montanari”– pensai tra me.
Le sue guance erano brillanti dopo averle lavate con l’acqua
fredda. I suoi capelli, ancora bagnati, erano disordinatamente
incollati alla sua fronte.
Sorridendo se li portò indietro. Sentii qualcosa del fresco,
intenso respiro delle montagne, e in un attimo tutto il mio ri-
sentimento sparì.
Ebbi la sensazione che tutto stava andando splendidamen-
te. E se lui avesse accettato di farsi guidare da me, avremmo
passato dei bei momenti in quell’anno che stava arrivando.
Potei vedere che era tutt’altro che un sempliciotto. Mi sentii
tremendamente compiaciuto al pensiero di poterlo presentare
al frivolo ambiente dell’Istituto. Ma forse non c’era bisogno di
quelle esitazioni. Suo padre aveva detto che Hans era un ra-
gazzo bravo e in salute. Sicuramente, che cos’altro poteva dire?
Anche i miei genitori pensavano lo stesso di me. Ma che cosa
ne sanno i genitori?
Zio Heinrich passò la notte da noi. Lui e i miei genitori
parlarono a lungo durante la notte nella stanza da disegno. Noi
ragazzi dovemmo andare a letto, ma chi poteva pensare a dor-
mire? Non eravamo assolutamente dell’umore. Io ero curioso di
sapere di più su mio cugino.
Una volta nella nostra camera cominciai a foderare i miei
libri con la carta. Hans stava disfando la valigia. Otto lo os-
servava da vicino. Hans ammucchiava i suoi vestiti sul letto e
dopo li ritirava nell’armadio.
Tra i suoi vestiti aveva un vecchio costume tirolese, pan-
taloni di pelle già vecchi e unti, calzini sportivi e un giacchet-
to scuro. Hans li stava guardando con occhi pensosi. “Indosso

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questi ogni volta che vado sulle montagne” disse, “Vi dico, lì su
trovi te stesso a volte attaccato tra la vita e la morte”.
Hans prese un album dalla sua valigia e mi mostrò due fo-
tografie dalle sue pagine. “Guarda questa” disse semplicemen-
te. La guardai e un freddo brivido mi corse lungo la schiena.
C’era Hans, con indosso il suo costume tirolese, in piedi sul
picco più alto di una montagna rocciosa. Cime rivestite di neve
facevano da sfondo. Al di sotto, un mare di nubi accerchiava
la roccia. Al di sopra, la sua testa era sul cielo libero. In ogni
momento lui avrebbe potuto vacillare e… Ma Hans era lì sulla
cima, sorridendo caritatevolmente.
Nella seconda foto lui era aggrappato alla rupe di un pen-
dio roccioso, le sue dita aderivano saldamente, sembrava tenes-
sero stretta la vita stessa. Sotto di lui c’era un profondo abisso.
Alla base c’era una striscia biancastra avvolgente, come una
linea di gesso sulla lavagna. Probabilmente era una corrente
di montagna. Luci ricoperte dalla nebbia galleggiavano sullo
sfondo. Hans era stato sorpreso dalla macchina fotografica di
uno straniero in uno dei più pericolosi passi delle Alpi.
–“Whew!” Otto fischiò con stupore, e immediatamen-
te cominciò ad esaminare il libro che Hans aveva lasciato sul
tavolo.
–“Qui, dammelo” disse Hans, arrossendo e con una certa
impazienza.
Otto provò a tenerlo. Guardò Hans con occhi supplican-
ti. -“Andiamo Hans, raccontaci che cos’è. È qualche cosa di
divertente?”
–“È una sorta di diario delle mie escursioni. Quando in-
contro dei vacanzieri sulla montagna chiedo loro di scrivere
qualche riga per me come un souvenir”.

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–“Oh, lasciacelo vedere” lo implorò Otto. Hans finalmen-


te si arrese. Mio fratello ed io iniziammo ad andare verso il
libro, leggendo le poesie e le piccole note delle sue pagine. In
molte pagine c’erano anche delle foto, amabili panorami delle
Alpi. Otto iniziò a leggere le poesie ad alta voce, quelle se-
rie velocemente e sottotono, quelle divertenti intensamente e
lentamente.
“Gloria al Signore nei cieli,
alla sua saggezza e perfezione,
che alle sue montagne fece toccare il cielo
e le salvò dalla corruzione.
Lui così preservò le grandiose imprese
degli uomini che scalarono queste altezze,
dal respiro del popolo che la città alleva
per condurre vite tanto insipide come la notte”
Dr. Meier.

Mio fratello si faceva in due dalle risate. Quella parte in


cui le montagne erano salvate dalla corruzione lo estasiarono.
Anche Hans rideva. Ma, sicuramente quella breve poesia non
era stata scritta da nessun Dottor Meier. Lessi quella origina-
le qualche tempo dopo, nell’album autografo di Rumerspitz. E
sono sicuro che sia stata scritta da qualcun altro ancora.

Sfogliammo una pagina dopo l’altra.


–“Qui ce n’è un’altra divertente”– Gridò Otto.
“Come il Re eccelle sulle teste non coronate,
Così il succoso prosciutto sulla bistecca,
Come Vienna sforna il miglior pane,
Così Pfeilspitze su ogni altra cima”.

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Tutte le righe che seguivano erano scritte con tono serio e


dignitoso. Tutto il divertimento per Otto era in superficie. Ar-
rivammo all’ultima pagina. Otto iniziò a girarla, ma Hans lo
fermò.
–“Non quella!”– disse.
–“Perché no? Andiamo, lasciamela vedere”– lo pregò Otto.
–“È qualche cosa di divertente?”
Hans gli strappò il libro di mano.
–“Ma, che cos’è, Hans?”– insistette Otto con crescente
curiosità.
–“Niente di che. Solo un po’ di versi che scrissi una volta
quando ero solo sulle montagne”.
–“Li hai scritti tu? Allora devono essere belli, li devo vede-
re. Altrimenti ti prenderò il libro qualche altra volta”.
–“Ho detto No”– replicò Hans un po’ duramente. Egli mise
il libro dentro il suo baule e lo chiuse a chiave. –“Tu questo
non lo leggerai mai”– disse, e mise la chiave nella tasca dei
pantaloni.
Dopo andammo a dormire. Ero inquieto. Dovevo vedere
che cosa aveva scritto Hans nel suo libro. Mi sedetti e ascoltai.
Gli altri due stavano respirando tranquillamente e con ritmo.
Andiamo, ora è la mia occasione… No, non riuscivo a convin-
cermi, mi sembrava chiaramente un’azione senza senso.
Hans stava dormendo profondamente e pacificamente.
Quello mi rassicurò. Dovevo strappargli quel segreto.
In questo modo combattei contro me stesso per mezz’ora.
Alla fine decisi di farlo. Con la torcia in mano, andai furtiva-
mente verso il letto di mio cugino. Presi la chiave dalla tasca
dei calzoni con mano desiderosa e tremante e cautamente aprii

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il baule. Era il primo atto di furto nella mia vita. Ma in quel


momento quel pensiero non passò per la mia mente.
Presi il libro un po’ tremante. L’ultima pagina! Su di essa
era incollata la fotografia di una maestosa montagna, una pi-
ramide di rocce perfettamente simmetrica, che si sollevavano
fin dentro il cielo. In primo piano una pianura alpina adornata
con migliaia di piccoli fiori. Dietro la pianura quella colossale
montagna rocciosa. Alla base della foto c’erano alcune righe
scritte in grassetto con tratto giovanile. Sono solo sulla cima
del Serles. Questa mattina ho ricevuto la Santa Comunione a
Waldrast.
“Dammi, O Signore, un cuore nobile
Che accumuli nelle sue profondità
Forza per sopportare il dolore
Purezza, quando si ricerca la gioia
Concedimi, O Signore, che nei miei occhi
La gioia della purezza possa splendere,
Come sui picchi delle alte montagne
La limpida, radiante neve fa splendere”.
Come rimisi il libro e andai al letto, non lo posso dire.
Il senso di vergogna che mi sopraggiunse dopo dura ancora
oggi.
Il mattino successivo cominciò il nuovo anno scolastico.
Noi prendemmo la solita strada per l’Istituto. Era una matti-
na raggiante: Vienna apriva le sue strade ad un inondamento
di raggi di sole. E quel giorno condusse la nostra estate alla
fine. Il resto dell’anno avrebbe portato molti eventi e giorni in-
teressanti, ma il primo giorno di scuola si è più inclini solo a
tormentarsi per la perduta libertà. Ero angustiato, di malumo-
re e profondamente disgustato con me stesso. La presenza di
Hans non faceva niente per migliorare la situazione. Lui stava

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camminando di fianco a me, inconsapevole di ogni cosa attor-


no a lui. La mia mente ritornò indietro all’incidente della not-
te precedente. Esteriormente cercavo di apparire indifferente.
Continuavo a ripetermi che era un compagno come un altro, e
non c’era motivo per tutta quella preoccupazione. Ma era inu-
tile. Avevo ingiustamente scoperto il segreto della sua anima.
Era un peso sulla mia coscienza. La scorsa notte, superata con
vergogna, avevo seppellito la faccia sotto il cuscino e con fatica
avevo osato guardare mio cugino. E ancora oggi, io non stavo
sentendo né vergogna né rimorso. Era il risentimento che mi
consumava in quel momento.
La mattina presto Hans aveva messo sul suo tavolo una foto
che mi fece arrossire. Era la riproduzione della stessa foto sulla
quale aveva scritto la sua piccola poesia. Come poteva sapere
che la foto era un silenzioso ma eloquente rimprovero a me? E
adesso lui era là, camminava tranquillo e disinteressato per le
strade di una grande città, come avrebbe potuto fare nel suo
villaggio. Lui stava difendendo dentro la sua anima una luce
di fronte alla quale dovevo inchinarmi rispettosamente. Ebbi
la sensazione di non poter essere alla sua altezza. Ma perché?
Potevo in qualche modo essere inferiore a questo tirolese?
Tutti gli istinti primordiali infuriavano nel mio cuore. Ma
ecco, aspetta. Lì sulle montagne è veramente facile essere un
ragazzo puro e pio. Ma proviamo a vedere quale sorta di poesie
scriverebbe dopo mesi di vita a Vienna.
–“Senti, Hans”– indagai, cercando di essere ironico, –“Che
cos’è quella foto sul tuo tavolo?”
–“Solo una foto”– Hans replicò un po’ confusamente.
–“Ma perché hai scelto proprio la fotografia di una
montagna?”.

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C’era qualcosa nel tono della mia voce che lo allarmò. Mi


guardò con sospetto. Il modo in cui lo stavo guardando non lo
rassicurava. Sospettava qualcosa? Ma come poteva sapere? No,
lui stava sorridendo ancora.
–“Oh sì, è il Serles” disse. “Una foto scattata dal Dottor
Defner. È una montagna famosa a Innsbruck”.
–“C’è qualche cosa di speciale lì?” aggiunsi, cercando di
essere ironico ancora. Ma questa volta non notò la mia espres-
sione. Pieno di entusiasmo, cominciò a raccontarmi quanto
spesso e da quanti lati aveva scalato il Serles. I suoi occhi scu-
ri risplendettero di quella luce piena di gioia che avevo notato
quando ci eravamo incontrati la prima volta. Per un momento
dimenticò di essere nella grande città, lontano dalle montagne.
Lui non disse nulla, sicuramente, di quello che era accaduto nel
suo sedicesimo compleanno. Ma io iniziai a capire perché ave-
va scritto quella poesia sulla montagna. Le persone che vivono
sulle montagne sentono un potere misterioso del quale noi abi-
tanti della città non abbiamo idea. La pura, limpida luce delle
cime e delle valli alpine abbraccia tutti quelli che scoprono il
loro calmo e pacifico incanto. Quella luce, io lo sapevo, era il
tesoro che Hans voleva in tutti i modi difendere e custodire. Ma
sarebbe stato capace di tenere viva quella piccola e splendente
scintilla, portata via dalle sue montagne di casa nella vorticosa
vita della città? Mentre riflettevo, potevo vedere il suo ultimo,
debole sfarfallio morire nelle mani di Hans.
Appena dopo girammo in un’altra strada.
–“L’Istituto” dissi seccamente, indicando lo scuro edificio
alla fine della strada. Oscuro ma maestoso, l’edificio poteva es-
sere facilmente riconosciuto tra le altre case private. Mi sentii
un po’ depresso alla vista di quelle file infinite di finestre. Pen-
so che neanche Hans fosse molto entusiasta.

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–“Così, si ritorna alla vecchia routine”, mi rimarcò con im-


pazienza, tenendo i suoi libri sotto braccio.
Attraversammo la strada e salimmo i gradini in silenzio,
pronti ad affrontare un nuovo anno.

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Capitolo ii

Ben fatto moll!

Hans era l’unico nuovo arrivato nella nostra classe. Per il


resto ogni cosa era come prima delle vacanze.
C’erano quattro gruppi nella classe, i Rossi, i Neri, gli Ebrei
e il Club. Cinque studenti avevano dato i loro nomi al gruppo
Rosso, tre socialisti e due comunisti. Tre di loro, i due comu-
nisti e un socialista, non professavano la Religione, ma tutti e
cinque bruciavano con zelo per i loro ideali rivoluzionari. Ogni
sera, e non raramente a notte fonda, dedicavano il loro tempo
e i loro servizi al lavoro del partito. Uno di loro era il leader di
un gruppo chiamato le Aquile Rosse. Un altro iniziò a tenere
corsi di socialismo per gli studenti del sesto corso. Il più atti-
vo e pericoloso di tutti era il comunista Charles Schauer. Era
infiammato dalla passione e dallo zelo per il suo ideale. Du-
rante il tempo in classe, scriveva piccoli trattati per spiegare la
dottrina del comunismo e li distribuiva a noi dopo la scuola. Il
risultato era che in qualche mese aveva guadagnato alla causa
del comunismo quattro ebrei e tre membri del Club. Noi guar-
davamo il lavoro dei Rossi con ammirazione, ma non senza una
certa preoccupazione.
C’erano dodici ebrei nella classe, ma non c’era un gruppo
ben formato per loro. Alcuni erano entrati tra i Rossi e altri nel
Club. Non si curavano di apparire in qualche modo diversi dal
resto della classe, e quindi raramente venivano avanti come un
gruppo separato.
I Neri, che erano coloro che pubblicamente si professavano
Cattolici, erano molto pochi, solo tre infatti. Due di loro appar-
tenevano ad associazioni cattoliche. Il terzo era solito servire
la Messa tutti i giorni nella chiesa parrocchiale. Erano sopran-

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nominati “I Fratelli dell’Acqua Santa” o “I Dragoni del Sacro


Cuore”. Fino ad allora non avevano mai interferito con noi, e
noi li lasciavamo in pace. Per il resto, erano compagni eccel-
lenti, specialmente uno degli associati all’associazione cattoli-
ca. Ma loro non avevano potere sulla classe e potevano essere
contenti di essere tollerati dagli altri.
Il gruppo più numeroso era il Club. Consisteva in circa
venti ragazzi che si definivano “I Cittadini Liberali”. La Re-
ligione per loro era un affare puramente privato, ed era consi-
derato di cattivo gusto indagare o parlare di essa. Uno poteva
essere un ateo, un panteista, un protestante o un cattolico…non
importava a nessuno. Uno doveva evitare di favorire qualsia-
si particolare denominazione. E se uno rideva su tutto l’affare
della religione, Messe, i Sacramenti e il Papa, tanto meglio. Era
la cosa “moderna” da fare, oggigiorno a chi importa di tutta
questa roba pignola?
Inutile dirlo, che i membri del Club erano persone alla
“moda”, e per quanto riguarda le virtù avevano da lungo tem-
po salutato gli scrupoli. Fioriva la “Vita di Società”. La cosa
migliore da fare per loro era incontrarsi la sera in qualche lo-
cale alla moda. Seduti dietro le grandi vetrate delle finestre,
fumando le loro sigarette, spendevano il loro tempo in vivaci
conversazioni. Bassi scherzi, sicuramente, e le storie favorite
erano piccanti sconcerie.
Altri erano entrati a far parte di una Unione Studenti. Era-
no soliti giocare d’azzardo in posti nascosti, e per vendicare
gli insulti o le perdite al gioco si lasciavano andare a scontri di
sangue. Dopo queste prodezze, la sera, avrebbero passeggiato,
corteggiando qualche ragazza dell’Istituto, o seduti dentro il
Cinema Heliotrope, bevendo dal teatro della società con esta-
siata attenzione e interessi lussuriosi.

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Nella nostra classe il gruppo del Club dettava le politiche.


Solo i fanatici Rossi avrebbero osato opporsi a quelle poli-
tiche se non gli piacevano. È vero che nel Club c’erano persone
migliori di quanto si poteva pensare guardando il loro com-
portamento. Ma guai a colui che avesse osato sfidare lo spirito
liberale della classe! Avrebbe dovuto affrontare Berner.
Kurt Berner era il leader del Club, e non era facile opporsi
a lui. Io, in ogni caso, non l’avrei consigliato a nessuno. Il ra-
gazzo era, sfortunatamente, altamente dotato. Era il figlio di
un ricco banchiere, intelligente, attraente, abile ed elegante in
ogni aspetto. Ma questa magnifica facciata gli serviva solo a
nascondere, fin dai primi anni, una terribile corruzione morale.
Quello che appariva in superficie era solo una messa in scena.
Solo pochi membri del Club avevano un’idea di quello che c’era
nelle profondità di quell’anima. E io devo confessare che alla
fine del precedente anno Berner aveva iniziato ad attirarmi nel
ristretto circolo dei suoi “confidenti”.
Una settimana dopo l’inizio della scuola Kurt venne a
casa mia. Voleva parlare con me, una conferenza, come usava
chiamarla. Sapevo abbastanza bene che cosa c’era dietro tutto.
–“Così, preparati, Hans”–dissi a me stesso –“Lo show sta per
iniziare!”
–“Senti, Fritz”– disse Berner, mentre si accendeva la siga-
retta con un elegante gesto, –“Tuo cugino, il compagno Moll,
sembra essere un bel tipo. Cosa ne pensi? Probabilmente entre-
rà nel gruppo dei Neri, o no?”.
Annuii con un movimento della testa. Berner sorrise.
–“Che vergogna! Andiamo, io spero che non lo farà. Ti
immagini Moll come un Dragone del Sacro Cuore? No, non li
vedo bene insieme. I tirolesi, sicuramente, sono tipi all’antica
per natura, il Sacro Luogo del Tirolo! Ha! Ha…! Ma tutta

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questa roba non la vedo in un uomo come Moll. Non è un


tonto, o no?
–“Non lo so”– Risposi freddamente, –“Ma non penso che
sia così”.
Ebbi come la sensazione di prendere la parte di Giuda, ma
repressi il pensiero. Berner poteva a fatica nascondere la sua
rabbia.
–“Guarda, se dovesse succedere, dobbiamo usare del-
la strategia”– Quella è la cosa che lui chiamava il suo gioco
sporco. –“Dobbiamo attirarlo nel Club. Tu sai che cosa intendo
aggancialo. Se andrà con i Neri, sarà uno scandalo. Ha avuto
una terrificante ovazione questa mattina durante la lezione di
Educazione Fisica, quando ha fatto la sospensione orizzontale.
E’ stato bello. Ora vuoi incaricarti di questo affare? Sarà abba-
stanza facile, dal momento che è tuo cugino”.

Stavo pensando all’album di Hans. E non sarebbe stato un


incarico tanto facile quanto Berner immaginava. Anche Kurt
stesso avrebbe potuto, per tutto quello che sapeva, bruciarsi le
dita.
–“Bene”– dissi esitante, –“Potrei prendere parte a questo
piano. Ma non posso gestire l’affare da solo.
Sai questi tirolesi sono terribilmente tenaci. E dal momento
che è mio cugino… devo essere prudente”.
–“Allora lascialo a me. Tu devi solo far pendere l’esca, il
resto lo faccio io. Senti, in un mese deve essere totalmente ade-
scato. O.K.?”
Ci stringemmo la mano e con un debole sorriso sulle sue
labbra ce ne andammo via.

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L’atteggiamento di Hans non poteva passare a lungo inos-


servato. Poco dopo quella conversazione iniziammo a sentire
un’atmosfera tesa in classe, presagio di una terribile battaglia
tra Hans e una parte della classe. Lui ne sentì la pressione ma
non lo diede a vedere. Con la sua natura impetuosa e il suo in-
nato modo di osare lui si ergeva contro la tirannica legge della
classe.
Questa opposizione era inaudita, un simile coraggio non
era mai stato dimostrato prima.
I membri della classe non schierati seguirono la battaglia
con il cuore in gola. Finora chi aveva rifiutato di sottomettersi
alla legge della classe ne era stato forzato con i mezzi più bassi
e più codardi.
La faccenda iniziò un martedì, dopo circa due settimane
dall’inizio della scuola. Il nostro professore di Religione era un
anziano sacerdote, Dottor Schlitzer, un uomo tollerante e affa-
bile, ma sprovvisto dell’energia necessaria per gestire ragazzi
della nostra età. Né possedeva altre qualità esteriori che potes-
sero suscitare il nostro rispetto. Durante le lezioni lui era solito
sedersi o stare vicino alla cattedra con un libro in mano, che
leggeva parola per parola.
Ogni tanto aggiungeva una piccola spiegazione, e dopo ri-
tornava alla sua lenta, monotona lettura.
Ben pochi in classe si curavano di prendere appunti.
Alcuni giocavano a carte, altri copiavano i compiti di mate-
matica dal loro vicino, il resto leggeva romanzi o il giornale.
Il Dottor Schlitzer aveva un proprio modo di dare i voti.
Non dava mai “Scarso”; lui era troppo buono per dare quel
voto.

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“Sufficiente” lo dava ma con riluttanza. Questo era ac-


caduto nei due anni precedenti: era diventata una legge della
classe che nessuno avrebbe studiato Religione. Chi veniva in-
terrogato, avrebbe risposto qualcosa di quello che avrebbe po-
tuto ricordare fortunosamente dall’ultima spiegazione, o quello
che il suo vicino gli suggeriva. Abbastanza spesso il Dottor
Schlitzer ci esortava a studiare più seriamente, ma era come se
avesse parlato all’uomo sulla luna. Quando arrivava lo scruti-
nio, il suo cuore gentile non gli avrebbe permesso di mettere un
brutto voto. E così noi ci mettevamo in testa il nostro “Buono”
o “Ottimo” abbastanza serenamente.
Un’altra cosa peculiare del Dottor Schlitzer era che, quan-
do veniva il tempo di dare le pagelle, lui teneva in conto se
uno era stato presente alla Comunione Generale all’Istituto. Il
risultato era che molti ragazzi erano presenti, anche membri del
Club, ma… in che modo!
Quel martedì, comunque, portò una grande sorpresa al no-
stro professore e al resto della classe. All’inizio chiamò molti
nomi e chiese di ripetere la lezione, come al solito. Inutile dirlo
che le risposte erano pura immondizia… fino a quando venne il
turno di Hans. Il Dottor Schlitzer lo incalzava con le domande
per sentire la spiegazione del nuovo arrivato sull’unità e auten-
ticità degli Spiriti. In maniera impeccabile e senza la minima
esitazione, Hans parlò per circa dieci minuti senza perdere col-
pi. Non omise nemmeno le note aggiunte al testo. Il professore
era così rapito che dimenticò di dire, “Ottimo” qua e là, come
era sua consuetudine. Solo quando Hans ebbe finito, il Dottor
Schlitzer si riprese dallo stupore, e rivolgendosi a tutta la clas-
se disse: “Ecco come deve essere studiata la Religione. Quello
che può fare Moll, lo potete fare anche voi. In futuro chiunque
aspirerà a “Ottimo” deve prendere Moll a modello”.

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Dopo la lezione Berner venne da me fumando con rabbia.


–“Bene, se quel tipo inizia ad essere ostinato tu devi minacciar-
lo seriamente. Questo è assurdo e noi non lo possiamo tollerare.
Io devo rimanere dietro le scene. Capisci?”
Se capivo? Io provai quasi pietà per Hans. E ancora sentii
una crudele gioia quando lo immaginai che lottava disperata-
mente contro l’attacco, concordato, della classe.
Nel pomeriggio, dopo pranzo, tentai la fortuna. Otto era
andato al cinema e noi potevamo parlare francamente.
–“Ascolta Hans, parlando chiaramente hai fatto una cosa
molto sciocca oggi, penso che sicuramente non te ne sei reso
conto”.
Con un botto Hans chiuse il libro che stava leggendo, sedu-
to sul letto e mi fissò. –“Una cosa sciocca?”– domandò.
Gli dissi di come la classe si era unita accordandosi per non
studiare Religione. Ascoltò con calma e rifletté.
Alla fine disse, –“Questo Dottor Schlitzer rende le cose
troppo facili per voi. Vi comprendo abbastanza, allora, voi non
imparate niente. Puoi esserne sicuro, non mi è piaciuto neanche
un po’ essere imposto come modello. Ma non mi importa. Io
studierò Religione, accada quel che accada. Ricordo il nostro
professore a Innsbruck, Dottor Haider, lui era un vero professo-
re di Religione. Se potesse tenere una lezione nella nostra clas-
se, vedresti quanto si sentirebbero piccoli tutti questi “ragazzi
liberali”. Loro non hanno la minima idea di cosa significhi la
Religione. Così, Fritz, non metterò in pratica nessuna delle pre-
scrizioni della classe”.
–“Ma non essere sciocco, Hans”– provai a persuaderlo.
–“Altrimenti ci sarà uno scontro. La classe non tollera questo
genere di cose”.

22
Luce delle montagne

–“Ma dimmi, chi sono loro per ordinarmi cosa devo o non
devo studiare? Questo è ridicolo. Che diritto hanno di mettere
il naso in questo?”.
–“Va bene, Hans. Dovrai vedertela con l’U.P.I.T. Vedrai
cosa accadrà”.
–“L’U.P.I.T? Che cos’è?”– domandò, guardandomi con
curiosità.
–“Non ti sei imbattuto nell’U.P.I.T. a Innsbruck?. È l’Unio-
ne Popolare degli Istituti Tedeschi. Dieci studenti del Club ap-
partengono ad essa”.
Hans scoppiò a ridere. –“Se quei ragazzi sono tanto corag-
giosi quanto è lungo il loro nome, sicuramente dovranno essere
spaventosi”.
Stavo perdendo la pazienza. –“Questo non è uno scherzo,
Hans. Arrenditi, è più sicuro. Puoi studiare tanta Religione
quanto vuoi, ma non devi mostrarlo in classe”.
Hans ora mi stava guardando con rabbia. –“Ma questo è
precisamente ciò che non accetterò. Non permetterò ad alcuno
di comandarmi. Non è il voto che mi innervosisce, lo sai benis-
simo. Mostrerò a quei compagni dell’U.P.I.T. che questo non è
affar loro”.
–“Così, non ti arrenderai, eh?”
–“No”.
– Bene”– dissi bruscamente. –“Volevo solo metterti in
guardia. Spero che tu non la prenda male. Personalmente non
sono per l’U.P.I.T. Ma se la situazione diventerà calda, non sarò
in grado di aiutarti”.
–“Non la prenderò male, Fritz, sicuramente no. E non ti
preoccupare, non mi farò piegare così facilmente”.

23
Weisser Francis X avier

Il mattino seguente Kurt Berner mi stava aspettando.


–“Così, Egger, come stanno andando le cose?”
–“Male. Non si darà per vinto. È una noce dura da rompere.
Ha un vero carattere tirolese”.
Berner scrollò le spalle e disse sarcasticamente, –“Peggio
per lui. Lo vedrà…”
In quel momento entrò in classe il Dottor Schlitzer. Si se-
dette, aprì il libro e si guardò attorno.
–“Sentiamo, Moll; cosa hai da dire sulla credibilità dei
Vangeli?.
Una tesa aspettativa si impadronì della classe. Tutti sape-
vano che Hans era stato avvertito. Ancora, ripeté l’argomento
dell’ultimo giorno di lezione con assoluta padronanza, facilità
e accuratezza.
–“Benissimo, eccellente”– disse il professore alla fine.
–“Vedete cosa potrebbe fare il resto della classe se non fosse
così pigra”.
La classe era in forte soggezione. Quando Hans fu accosta-
to da Erich Rutmeier, il capo dell’U.P.I.T., non poté nascondere
la sua difficoltà, ma fece uno sforzo per tenersi sotto controllo.
–“Ascolta Moll”– disse Rutmeier con pungente sarcasmo,
–“Non ti ha avvertito Egger che nella nostra classe non si studia
Religione?”
Hans lo guardò maliziosamente, –“Certo che l’ha fatto, te
ne posso dare prova scritta, se lo vuoi”.
–“Ragazzo sveglio, eh?”– disse Rutmeier sarcasticamente,
sentendosi superato. –“Ti dico una cosa, se te ne esci ancora
con quella spazzatura in classe, lo farai a tuo rischio. Ti sto
avvisando”.

24
Luce delle montagne

Il sorriso dalla faccia di Hans svanì. I suoi lineamenti di-


vennero tesi, duri come il ferro. Come guardò direttamente il
suo avversario, i suoi occhi brillarono con una luce risplenden-
te, come quella emanata dai ghiacci alpini. Stette dritto, e il suo
sguardo sfidava Rutmeier. Era uno spettacolo magnifico.
Rutmeier non poté resistere a quello sguardo. Per un po’
ci fu odio nei suoi occhi, ma poi vacillò e distolse lo sguardo.
Hans non disse una parola. Con assoluta padronanza di sé si
girò, prese i suoi libri e se ne andò.
Un mattino, tre giorni dopo, prima di Religione, Hans tro-
vò un biglietto chiuso sul suo banco. Era indirizzato “A Hans
Moll – Sesto Corso”.
Hans lo esaminò, domandandosi che cosa potesse esse-
re. L’aprì. Il resto della classe fingeva di non sapere, ma era
certo che lo stava guardando con la coda dell’occhio. Hans
lesse la nota e arrossì leggermente. La lesse ancora. Dopo la
strappò in due e se la mise in tasca. Alla fine della lezione
me la mostrò. Recitava così, “La prossima volta che sarai
interrogato di Religione, sarà la tua ultima opportunità. Sei
stato avvertito e tu conosci la legge della classe. Se ti rifiuti
di sottometterti ad essa, dovrai pagarne le conseguenze. –
U.P.I.T. Sesto Corso”.
Quando ci presentammo alla lezione di Religione succes-
siva, Hans si era preparato mentalmente. Lui stesso portò la
situazione a una conclusione offrendosi volontario per ripetere
la lezione. Per due anni nessuno lo aveva fatto. Il professore era
esaltato dallo slancio di Hans. Lo elogiò e gli chiese di ripetere
l’argomento dell’ultima spiegazione. Mentre Hans stava parlan-
do, una piccola nota circolò per la classe. “Dobbiamo boicottare
quel traditore di Moll. Quelli che non cooperano saranno puni-
ti. Per l’U.P.I.T., Rutmeier”.

25
Weisser Francis X avier

Hans non aveva idea di questa decisione della classe. Notò


con sorpresa che durante la ricreazione nessuno parlò con lui,
e io stesso lo evitai. Fece una domanda a uno del Club, ma
egli si girò di spalle senza rispondergli. Solo dopo Herbert, il
sodalista, andò oltre quell’ostilità. Hans gli parlò. Herbert era
sempre stato un ragazzo coraggioso, e anche in questa occasio-
ne disprezzò la proibizione, e iniziò a conversare con Hans. In
seguito, all’inizio della lezione, improvvisamente sentimmo un
grido acuto. Era Herbert, che si era seduto inavvertitamente su
tre spilli appositamente disposti sul suo banco. Herbert soppor-
tò il dolore che, è vero, non era grandissimo. Ma poté duramen-
te reprimere le lacrime e l’indignazione in un comportamento
esemplare.
Durante la lezione scrisse una nota e la consegnò ad Hans
che era seduto davanti a lui. “Caro Moll, puoi contare su di me
fino alla fine. Da oggi in poi anche io studierò Religione. Co-
municherò la mia decisione a Weinmann e Gill. Se siamo uniti
potremo dominare il resto della classe, o no?”
Hans lesse la nota e annuì per approvare.
Herbert fu punito per questa nuova comunicazione. Quan-
do andò al bagno durante la ricreazione, Rutmeier si girò im-
provvisamente e gli diede uno schiaffo sulla faccia. Herbert
provò coraggiosamente a difendersi e il risultato fu una lotta.
Questi incidenti divennero all’ordine del giorno durante le
settimane successive. L’U.P.I.T. era stato estremamente contra-
stato nel cercare di comandare la situazione: adesso non era
solo con Hans che dovevano vedersela. I tre “Neri” si presero
per mano con Hans. Non solo ignorarono il boicottaggio, ma
proprio per quello erano visti con Hans come un tutt’uno. Se-
guirono il suo esempio nello studio della Religione. Il piccolo
gruppo stava saldo e unito contro tutte le irruzioni degli avver-

26
Luce delle montagne

sari. Rutmeier, segretamente istigato da Berner, stava provando


tutte le più basse risorse per intimidirli.
Un giorno andammo a fare un’escursione a Kaltenlentge-
hen. In quella occasione, quando Hans restò indietro in una
foresta, Rutmeier e i suoi seguaci lo attaccarono e lo menaro-
no brutalmente. Si difese meglio che potè. Ma non poteva fare
niente, lui solo contro quattro.
Lo menarono per un po’ e poi corsero via. Hans era sangui-
nante e aveva i piedi leggermente slogati. Seguì il gruppo a un
po’ di distanza, zoppicando dolorosamente. Quando si imbatté
in una sorgente si lavò le ferite e le coprì con un cerotto. Quella
notte, mentre andavamo a letto, mi raccontò dell’incidente che
nessuno aveva notato. Ero l’unico con quale si confidava. Nem-
meno i suoi tre amici vennero a saperlo.
Con queste e simili azioni vergognose l’U.P.I.T. non per-
deva occasione di fare scherni. Volevano mortificare Hans e i
suoi amici in ogni modo possibile. Anche oggi, quando ricordo
quegli incidenti, mi sento profondamente disgustato. Vili beffe
e scherzi indecenti erano scagliati durante l’ora di Religione,
momento nobilissimo e purissimo per un ragazzo.
Hans aveva molto da soffrire per via di quella gang. Una
crescente rabbia sgorgava dal suo cuore. La minima provoca-
zione avrebbe fatto esplodere quella tensione in una terribile
tempesta. Mi resi conto che Hans non poteva sopportarlo an-
cora a lungo.
Ed ero nel giusto. Tre settimane dopo che la battaglia
era iniziata, accadde la grande esplosione che non potrò mai
dimenticare.
Durante la ricreazione delle 11.00 Rutmeier si diresse ver-
so la cattedra, circondato dai suoi “satelliti”. Stava tenendo un
cartellone sul quale iniziò a scrivere una serie di invocazioni,

27
Weisser Francis X avier

una beffarda parodia delle Litanie di Nostra Signora. Ogni in-


vocazione era salutata con selvagge grida di derisione. Alcuni
gridarono anche “ora pro nobis”. La maggioranza dei com-
pagni di classe rimase al proprio posto come semplici spet-
tatori. Hans stava riponendo i suoi libri. Finse di non sentire.
Ma sentendo allusioni particolarmente insultanti, improvvi-
samente saltò dal suo banco, e in pochi e veloci passi balzò
dinanzi la cattedra.
–“Fatemi strada”.
Il gruppo che circondava Rutmeier si ruppe, disperden-
dosi a destra e sinistra. Nel mezzo stava il nuovo arrivato,
con tutti dalla sua parte: dritto, i suoi occhi erano ardenti e la
faccia bianca con rabbia repressa. C’era un silenzio di tomba
in classe.
–“Farabutti! Ne ho abbastanza!”– E Hans schiaffeggiò Rut-
meier sulla faccia due volte. Dopo, velocemente, saltò indietro e
gridò ai seguaci di Rutmeier.
–“Codardi! Dieci contro uno…”
–“Prendetelo!”– gridò Rutmeier, indicandolo con furia.
Ma a questo punto la situazione prese una piega inat-
tesa. Praticamente tutto il resto della classe, con eccezione
dell’U.P.I.T., prese le difese di Hans.
–“Ha ragione! Siete una banda di codardi. Lasciatelo solo
con Rutmeier”.
Tutti si alzarono dai loro banchi e circondarono i due av-
versari. Rutmeier capì che questo non era un gioco da bambini.
Avanzò alcuni di passi con un po’ di esitazione. In un baleno
i suoi seguaci lo lasciarono solo, e un gruppo di spettatori im-
parziali si mise dietro di loro per prevenire possibili ingiuste
interferenze.

28
Luce delle montagne

Hans saltò avanti direttamente su Rutmeier e lo afferrò ve-


locemente per un braccio. Il leader dell’U.P.I.T. lasciato solo per
la prima volta, combatté ciecamente, con inclemenza, graffian-
do, battendosi… Ma Hans non perse la sua salda presa. Calmo,
respirando profondamente lo tenne con una stretta più forte.
Rutmeier provò a piegarsi, ma una forte spinta gli fece perdere
l’equilibrio e cadde a terra. Hans cadde con lui. Per un po’ lot-
tarono in quel modo, entrambi per terra. Noi potevamo sentire
i loro veloci respiri. Ma dopo un po’ di secondi Rutmeier era
senza forze, con la schiena a terra.
Schauer contò lentamente e ad alta voce, –“Uno, due, tre.-
dieci”.– Hans aveva vinto. Una trementa ovazione risuonò in
classe. “Ben fatto, Moll! Che combattimento! Ben Fatto!”
Hans rilasciò la sua presa e si mosse indietro. Le mani e le
labbra erano sanguinanti e la faccia era coperta dal sudore. Gill
ed Herbert lo aiutarono a togliere la polvere dai suoi vestiti.
Rutmeier non stava sanguinando, ma era in una condizione
sgradevole. Poté a fatica alzarsi in piedi. Odio e risentimento
erano scritti sulla sua faccia.
Hans venne avanti e gli tese la mano. –“Mi lascerai in
pace?”– disse con nobile semplicità.
–“Maiale!”– espresse con disapprovazione, voltandosi di
spalle.
–“Sei tu che sei un maiale”– gridò Schauer.
La classe risuonò ancora con forti acclamazioni per Hans.
In quel momento la campana suonò la lezione successiva.
Hans si lavò le mani velocemente nel lavandino vicino alla
lavagna, si asciugò la faccia con un fazzoletto e ritornò ansi-
mando al suo posto.

29
Weisser Francis X avier

Da quel giorno in poi Hans non fu più il nuovo arrivato. Fu


accettato come uno della classe. Da lì in poi, nessuno disse una
parola sull’affare Religione. Hans e i suoi amici erano liberi di
essere e mostrarsi veri Cattolici.

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Luce delle montagne

Capitolo iii

P reparando il tranello

Durante la battaglia tra l’U.P.I.T. e Hans, Berner era rima-


sto cautamente dietro le scene. Fu una mossa astuta da parte
sua. Ora poteva venire fuori con nuovi piani per intrappolare
Hans e vincerlo.
Alcuni giorni dopo la lotta in classe, Berner mi invitò ad
andare a casa sua per una lunga chiaccherata. Era la prima volta
che andavo da lui. La sua magnifica villa era situata nella parte
aristocratica della città.
Kurt mi vide dalla finestra e scese per venirmi incontro.
Con affettuosa cortesia mi aiutò a togliermi il cappotto, e mi
condusse nella stanza da disegno. Lì mi presentò a sua madre.
“Mamma, voglio farti conoscere il mio amico Egger…”
La signora Berner sorrise e tese la sua mano adornata con
bei gioielli. “E’ veramente gentile da parte tua fare visita al mio
Kurt qualche volta. Mi ha parlato di te. Da ora in poi spero che
ci farai visita più spesso”.
–“Se la signora me lo permette”– dissi inchinandomi
gentilmente.
–“Ma sicuro, signor Fritz! Sono felice che Kurt possa avere
buoni amici dai quali poter trovare comprensione e incoraggia-
mento. Ma non voglio trattenerti più a lungo. Kurt mi ha detto
che volete studiare insieme. Gli studenti sono sovraccaricati ai
giorni nostri. Gli viene richiesto troppo”.
–“Lily!”– chiamò la signora dalla porta, –“porta del thè per
due persone nella stanza di Kurt”.

31
Weisser Francis X avier

Ci congedammo dalla signora Berner e andammo nella


stanza di Kurt. Devo dire che il nome non era realmente appro-
priato. Era una hall, piuttosto che una camera, con bei tappeti e
un arredamento scuro.
Kurt saltò sul divano e incrociò le ginocchia.
Sorridendo mi offrì delle sigarette da una scatole
d’argento.
–“Hai sentito il lamento della mia buona mamma, che noi
abbiamo troppo da studiare? Ha! Ha! Lei mi prende ancora per
un bambino. Meglio così. Meno persone all’antica sanno di noi,
meglio è”.
Si dispose sul divano con studiata eleganza.
Stette in silenzio per un po’, guardando il fumo della sua
sigaretta. Dopo improvvisamente si rivolse a me e mi domandò
con un accenno di impazienza nella sua voce, –“Come sta an-
dando l’affare Moll?”
–“Praticamente come prima”.
–“Il diavolo lo prenda!”– brontolò. –“Quella faccenda sul-
la Religione è stata un perfetto flop. L’avremmo dovuta prepa-
rare meglio. Non possiamo aggirarlo con queste tattiche. Egli
deve essere affrontato da un altro lato. Ho un piano. Tu devi
metterlo a suo agio e capire quanto il ragazzo conosce. Mi
capisci? Scopri se ha aperto gli occhi e cose del genere. Deve
essere ancora innocente. In quel caso puoi incitare un po’ la
sua curiosità. Dopo imparerà le cose a fondo. Vedrai come
cade nella trappola. Nessuno può resistere a queste tentazioni.
Ma dobbiamo tenerlo per mano e stare attenti. Non dobbiamo
improvvisare tutte le azioni. Prima apriamo i suoi occhi, poi
lasciamo che il fuoco lo prenda. Il resto andrà da sè. La ca-
meriera portò il thè. Augurandoci buon pomeriggio, ci lasciò

32
Luce delle montagne

il vassoio sul tavolo, dispose i piatti e si ritirò dopo essersi


inchinata cortesemente.
Ovviamente, quando lei era entrata in camera, Berner
aveva cambiato l’argomento della conversazione. Dopo, ritor-
nò alla faccenda di Hans. Mi propose i suoi piani in dettaglio.
Nei giorni seguenti avrei dovuto avvicinarmi ad Hans in un
modo amichevole. Siccome non c’era pericolo in quello, ac-
consentii a farlo. Immaginai che sarebbe stata un’avventura
interessante.
Quando stavo ripartendo incontrammo Helma, la sorel-
la di Kurt. –“Ciao, Egger”– mi salutò. Ci conoscevamo già.
Una ragazza gioviale di quindici anni, era nel quinto corso
dell’Istituto.
–“Ciao, Helma”– replicai, mentre ci stringevamo la mano.
–“E’ veramente carino da parte tua chiamarci qualche vol-
ta. Devo dirlo ad Elsa Langer”– disse con un sorriso malizioso.
Si diceva che Elsa fosse la mia fidanzata.
–“Andiamo, vai via, sciocca creatura”– gridò Kurt, –“Pen-
sate che non abbiamo nient’altro da fare che ronzare attorno
alle ragazze? Questo è quello che vorreste noi facessimo, scioc-
che bambole”.
–“Ora, ora, non pretendertela”– rispose con disdegno. –“ti
vedo flirtare ogni giorno con Elli Schober. Credi che non ne
sappia niente?”
–“Fila via”– lui brontolò severamente. Lei poteva a fatica
trattenere le risa mentre saliva le scale e ci salutò amichevol-
mente da sopra.
–“Helma è una ragazza scherzosa”– rimarcai.

33
Weisser Francis X avier

–“Lasciala stare”– Berner fece un gesto esplicito. –“Non


abbiamo bisogno di altri fastidi da lei”– e aggiunse alterato,
–“Lei è ancora una bambina”.
–“Grazie a Dio”– pensai tra me.
Tre giorni dopo la fortuna girò dalla mia parte. Hans ed io
eravamo seduti uno di fronte all’altro nella nostra camera. Lui
aveva ricevuto una lettera da casa con la notizia che c’era stato
un nuovo arrivato in famiglia, un bambino. Era il quinto in fa-
miglia, tre fratelli e due sorelle. Pieno di gioia Hans mi mostrò
la lettera.
–“Sono curioso di vedere a chi assomiglia il nuovo arriva-
to. E non mi potevano dire il suo nome? Se lo devono essere
dimenticato”.
Lessi la lettera e mi congratulai con lui per il nuovo fra-
tellino. Con quel pretesto iniziai a porgli delle domande, come
Berner mi aveva istruito. All’inizio rispondeva in tutta sempli-
cità. Arrossì un po’ quando gli feci alcune domande. Ma quan-
do venni direttamente al punto principale, si fermò per un po’,
guardando a terra e pensando. Poi disse fermamente, “Adesso
basta, Fritz. Il mio professore di Religione mi ha già spiegato in
che modo Dio ha amabilmente e delicatamente ordinato queste
cose. Non ho bisogno di ulteriori illustrazioni sul soggetto. Se
queste cose fossero spiegate ad ogni ragazzo come sono state
spiegate a me, nessuno ne parlerebbe come certi fanno. E ti
dico una cosa, Fritz. Se qualcuno viene da me con questi di-
scorsi volgari, avrà una martellata che gli costerà tre giorni di
letto”.
Quella notte quando andammo a letto feci fatica ad addor-
mentarmi. Un nuovo mondo si era aperto davanti i miei occhi.
Era la prima volta che sentivo qualcuno parlare di quelle cose

34
Luce delle montagne

con modi dignitosi e puliti. Fino a quel momento tutte le infor-


mazioni che avevo avuto provenivano da fonti volgari.
Mi sentii fortemente disgustato da Berner e da tutti i suoi
piani. Nelle sue posizioni, come appariva superiore Hans! E
io dovevo recitare il ruolo di Giuda. Chinavo la testa per la
vergogna.
Finalmente mi addormentai verso mezzanotte, ma prima
presi una decisione. Lascio quel farabutto, Berner: faccia da
solo, se vuole. Non ci sarebbero state questioni sulla mia pre-
sa di posizione. Mi riproposi di comunicare la mia decisione a
Berner da lì a due giorni, quando lui stesso sarebbe venuto ad
indagare sul mio lavoro di “perlustrazione”.
–“Come sta procedendo la questione di Moll?”– domandò.
–“Splendidamente”– risposi sorridendo tra me.
Mi guardò sorpreso. –“Com’è possibile? Che cosa gli hai
fatto?”
–“Io non gli ho fatto niente. Il ragazzo non ha bisogno di
istruzioni. Sa già tutto”.
Berner mi guardò con sorpresa. –“Impossibile! Che ipocri-
ta! Non l’avrei mai detto. Dimmi com’è andata”.
–“Non c’è molto da dire. Un prete gli ha spiegato ogni cosa.
Hans considera queste cose come sacre e non permetterà a nes-
suno di immischiarlo nelle loro volgarità.
–“Bontà mia! Così questa è la storia? Con tutta la sua inno-
cenza il santo Joe conosce tutto?”
Annuii con la testa. Un giuramento venne meno dalle mie
labbra.
–“E cosa faremo ora?”

35
Weisser Francis X avier

–“Sarebbe saggio lasciarlo in pace”– lo misi in guardia.


–“Tu sei un codardo”– rispose con rabbia. –“la cosa più im-
portante ora è riprendere l’attacco. So cosa fare. Ho un prezio-
sissimo libro con illustrazioni e tutto. Glielo darai da leggere, o
no? Ma, devo dirtelo? Non una parola su di me”.
–“No, non voglio prendere parte a questo gioco”– dissi
fermamente.
–“Che cosa vuoi, che mi scotti le dita?”– e si fermò a ri-
flettere –“D’accordo. Lo farò io. Lo spedirò per posta, questo
risolve la faccenda. Lui non saprà da dove viene. Ma non mi
arrenderò in questo piccolo gioco per nessuna cosa al mondo.
Vedrai come me lo metto in tasca”.
Scrollai le spalle. Intimamente mi sentii come se stessi
schiaffeggiando la sua faccia per lui. Ma non potevo permet-
termi di rompere apertamente con lui. Non avrei consigliato a
nessuno di farsi come nemico Berner.
Il mattino seguente Hans ricevette il libro. Eravamo seduti
alle nostre scrivanie. L’indirizzo era ben scritto.
“Signor Hans Moll, Co Dottor Egger. Vienna,
IX WALGASSE, 126”.
Hans aprì il pacco e lesse il titolo del libro. Pieno di sor-
presa cercava il nome del mittente. Non trovandolo, aprì il
libro e iniziò a sfogliarlo. Notai come arrossì quando vide le
foto. Ma improvvisamente saltò su dalla sua sedia. “Ascolta,
Fritz, chi avrebbe potuto inviarmi questo libro?” “Che cosa
c’è che non va?” domandai, prendendo il libro e iniziando ad
esaminarlo.
Da molto tempo quelle foto mi erano molto familiari, ma
finsi di essere atterrito e indignato.

36
Luce delle montagne

–“Chi mi ha inviato questo libro?”– Hans gridò ancora.


C’era un tono minaccioso nella sua voce. Era furioso.
–“Non saprei, Hans. Ma aspetta. Deve essere qualcuno
dell’U.P.I.T. che vuole infastidirti”.
–“Va bene, Fritz. Questa cosa poteva venire solo da uno di
quei loschi tipi. Ma può sedersi ed aspettare fino al giorno del
Giudizio se pensa di riaverlo indietro”.
E prendendo il libro, senza più aprirlo, lo gettò nel fuoco
del camino. Quando si alzò ancora, la sua faccia era infiamma-
ta dal suo eccitamento non meno che dal calore del fuoco.
–“Fritz, se qualcuno ti chiede del libro puoi raccontargli
tutto”.
–“Ma perché sei così precipitoso, Hans? Non avresti dovu-
to bruciare un libro come quello per niente”.
–“Cosa ti aspettavi che facessi? Ho visto un video a Fulp-
mes sull’influenza dei cattivi libri sui giovani ragazzi. Un vi-
deo come quello dovrebbero farlo vedere all’istituto. Se anche
tu l’avessi visto, avresti agito come me, ne sono sicuro. Quel
giorno mi proposi di bruciare ogni libro di quel genere che mi
fosse capitato tra le mani. Pensa solo se Otto ci avesse messo
le mani su…
–Che vergogna…!”
Io non potei dirlo, ma ero d’accordo con lui. Pensai a Ber-
ner e desiderai solo che egli fosse stato presente. Che lezione
sarebbe stata per lui!
Quando Kurt Berner mi domandò se Hans avesse ricevuto
il libro e l’avesse letto, mentii. Dissi che non avevo notato nulla;
doveva averlo ricevuto quando non ero a casa e non sapevo che
cosa ne avesse fatto.

37
Weisser Francis X avier

–“In ogni caso deve averlo letto”– disse Berner con


sicurezza”.
–“Non penso”– replicai. –“Se lo conosco bene, è più facile
che l’abbia gettato nel fuoco”.
Novembre stava volgendo al termine. Durante le settimane
successive ogni cosa andò liscia per Hans. Berner lo lasciò in
pace per un po’. Ma non aveva ancora rinunciato ai suoi piani.
“Ci muoveremo con calma” mi disse prima delle vacanze di
Natale.
In classe nessuno contestava più la condotta di Hans. Lui
era libero di fare quello che più gradiva. Era un eccellente com-
pagno, e molto amichevole con tutti i ragazzi, eccetto, sicura-
mente, l’U.P.I.T. Anche uno dei Rossi prese a comportarsi ami-
chevolmente con lui, con il risultato che, a poco a poco, Hans
riuscì a farlo interessare alla Religione.
Con i Neri Hans rimase unito. Era considerato il loro le-
ader, e per tutti i propositi pratici era il comandante in capo.
Il piccolo gruppo divenne una forza reale nella classe, e an-
che il Club doveva fare i conti con loro. Quei quattro ragazzi
si scontrarono coraggiosamente contro il nostro professore
di storia nel momento in cui provò a beffarsi della Religione
Cattolica.
Nessuno aveva mai contestato apertamente le sue dichia-
razioni, ma ora era differente. I Neri si sarebbero alzati subito
per protestare e rifiutare i suoi attacchi. In un’occasione, Hans
si spinse al punto di minacciarlo di denuncia al Direttore. Il
professore esplose di rabbia. Ma alla fine dovette arrendersi e
scusarsi per le sue frasi insultanti.
Da quel giorno in poi prese sul serio gli avvertimenti che
riceveva.

38
Luce delle montagne

Capitolo iv

Natale in tirolo

Il 18 dicembre ricevetti una lettera da mio zio che invitava


Otto e me a passare le vacanze di Natale con Hans e Fulpmes.
Quando Otto apprese la notizia ballò letteralmente con fremito.
Anche io ero dello stesso umore. Chi non sarebbe stato eccitato
all’idea di andare in montagna per la prima volta?
Trovammo il coraggio di chiedere il permesso necessario dai
nostri genitori. Hans ci aiutò. Alla fine cedettero. Così la parten-
za fu fissata per la mattina del 22. Mamma ebbe una buona idea:
–“In questo caso”– disse –“potremmo anticipare la nostra cele-
brazione del Natale. Altrimenti papà ed io saremmo soli e non
sarebbe così bello. Quel giorno dovremmo stare tutti insieme”.
Salutammo il suggerimento con entusiasmo. Così quell’an-
no potemmo celebrare il Natale due volte.
I seguenti tre giorni passarono in fretta, tra i bagagli e altre
preparazioni che dovevano essere fatte. Hans era pieno di gioia.
Il pensiero di ritornare nel suo paese, tra le sue montagne, face-
va vibrare ogni fibra del suo essere.
Il 21 allora, celebrammo il Natale. Questa volta l’usuale
entusiasmo per la festa era aumentato dalla prospettiva dell’im-
minente viaggio. Per regalo ricevemmo libri e vestiti. Era peno-
so, pensavo, che tra i regali non ci fossero stati gli sci che Otto
ed io stavamo aspettando. Capii, comunque, che non era stata
una dimenticanza da parte dei miei genitori. Probabilmente
avevano preparato una piccola sorpresa per noi. Hans ricevette
un bell’album con foto del Dottor Defner e qualche libro sul-
la montagna. Era entusiasta. Papà si era veramente scervellato
nella scelta dei regali.

39
Weisser Francis X avier

Era già mezzanotte passata quando l’atmosfera della Santa


Notte ci calò dentro le luci del sonno, dal quale ci saremmo
svegliati in un nuovo giorno bello e radioso.
Allora il giorno 22, alle 7, papà ci portò alla Stazione Ovest.
Eravamo tutti pieni di gioia e aspettative. Otto specialmente,
era ricolmo di pura gioia. Doveva trovare un modo per dare
sfogo al suo entusiasmo. Macchine, treni, montagne, Stubaital,
slitte, sci… tutto questo insieme era semplicemente troppo per
lui. Mezz’ora più tardi entrammo nel Vienna-Linden Express e
stringemmo le mani a papà dal finestrino del treno. La guardia
venne a dare il segnale. –“Papà questo è il segnale per te di
piangere”– gridò Otto. Gli altri passeggeri si misero a ridere.
Papà sulla banchina sorrise e fece un cenno minaccioso con
il dito al piccolo compagno. Alla fine il treno partì. L’ultima
stretta di mano in commiato e poi il treno lasciò la stazione. Il
pungente freddo di quella mattina ci intorpidì. Hans chiuse il
finestrino. Ci sedemmo ed iniziammo a vivere il pieno piacere
di quella lunga vacanza. Alla fine il viaggio era divenuto realtà.
Il treno prese velocità e passammo per molte stazioni senza
fermarci.
Dopo alcune ore di viaggio, le brillanti luci di Innsbruck
apparvero come stelle splendenti riflesse sulla lastra del finestri-
no. Portavano un messaggio di benvenuto, per noi che stavamo
raggiungendo la nostra destinazione. Per un po’ di tempo rima-
nemmo soli nel nostro scompartimento. Otto stava dormendo
sulla panca. L’entusiasmo dei giorni precedenti e la lunghezza
del viaggio lo avevano stremato. Inoltre, la notte precedente era
stato così agitato che era riuscito a dormire un’ora scarsa.
A Saalfelden, al tramonto, Hans gli aveva consigliato di
sdraiarsi e dormire. Otto aveva rifiutato un po’ offeso perché
gli era stato chiesto di dormire sul treno come si fa coi bambi-
ni. Allora Hans mi fece un segno, prese Otto e lo adagiò lungo

40
Luce delle montagne

la panca. Io gli misi la bisaccia sotto la testa, lo coprii con una


coperta e spensi la luce. Otto resistette, un po’ inquieto, un po’
sorridendo. Cinque minuti dopo stava dormendo. Quando ven-
ne l’ora di svegliarlo, spuntò con la testa fuori dalla coperta e
sbadigliò chiedendo:
–“Cosa c’è?”
–“Innsbruck”– risposi.
Provò a saltare su in tal modo che quasi cadde dalla pan-
ca. Inizio a guardare attraverso il finestrino. Ma c’era poco da
vedere, eccetto innumerevoli luci in lontananza. Si girò verso
Hans.
–“Che cos’è quello?”– domandò, indicando nell’oscurità
fuori, perché appena davanti apparve un edificio profusamente
illuminato in netto contrasto con l’oscurità circostante.
–“La stazione di Patscherkolf”– rispose Hans. –“Dietro, a
destra, sullo sfondo c’è il Serles e il Fulpmes. Durante il giorno
il Serles è magnifico visto da qui”.
Ci mettemmo i cappotti, ci gettammo a tracolla le coperte
sulle spalle e ci incamminammo lungo il corridoio. C’era molta
gente che si preparava per scendere. Il treno curvò e rombò su
un ponte.
–“L’Inn”– disse Hans a Otto, indicando la corrente lucci-
cante al di sotto.
Eravamo già nel mezzo delle luci della città. Potevamo ve-
dere le strade e gli edifici da entrambi i lati dei binari. Segnali
rossi, verdi e bianchi si riflettevano nel nostro finestrino. Il “tac,
tac…” delle ruote rallentò. Eravamo già stati scrollati dalle fer-
mate precedenti. Finalmente arrivammo, alle sei in punto. Il
viaggio era durato 11 ore.

41
Weisser Francis X avier

Otto iniziò a muoversi su e giù impazientemente. Era trop-


po per lui attendere che gli altri passeggeri scendessero. Spinse
e premette con tutte le sue forze. E quando venne il suo turno,
saltò sulla banchina e voltandosi verso di noi gridò:
“Signore e Signori, la stazione di Innsbruck”.
Hans sorrise e, posando la mano sulla spalla di Otto, lo
condusse tra la folla di passeggeri.
Ci guardavamo attorno provando ad individuare il padre di
Hans quando lo vedemmo bene davanti a noi, alto e con grandi
spalle, stava nel mezzo della folla come una roccia nel mezzo
della corrente. La sua barba nera e spessa gli dava un’aria di
maggiore maturità.
–“Dio sia con voi, miei ragazzi, com’è andato il viaggio?”–
ci salutò, porgendo la sua mano a Otto e a me. C’era un sorriso
paterno nella sua faccia mentre ci guidava lungo la banchina.
–“Ora ragazzi, dobbiamo rifocillare i nostri stomaci. Questa è
la prima cosa da fare. Dopo andremo subito a Fulpmes, vi stan-
no già aspettando tutti”.
Una volta nel ristorante ci fece domande sui nostri genitori.
Volle anche ascoltare da noi come era stato il viaggio. Qua e là
durante il racconto sorrideva amabilmente. Finalmente, uscim-
mo ancora nella fredda notte invernale. Lo zio prese una mac-
china e in pochi minuti arrivammo alla stazione di Stubaital.
Hans indico il Monte Isel. Noi guardavamo nell’oscurità la sa-
goma di quella montagna coperta da foreste. Da ragazzi, ci era
stata familiare, anche sacra, per l’eroica figura di Andreas Hof-
fer e i suoi coraggiosi compagni tirolesi, i campioni di libertà.
Alle sette e mezzo il treno partì. Presto lasciammo le luci
di Innsbruck dietro di noi. Potevamo vedere i segnali rossi alla
Stazione Ovest. Il nostro treno risalì i ripidi pendii. Su, su, sem-
pre più su, ora attraversando foreste oscure, coperte di neve, ora

42
Luce delle montagne

risalendo solitari pendii di montagne dal lato di piccoli villaggi,


Mutters, Natters, Kreit, Telfe…
Hans descriveva con entusiasmo i luoghi lungo il percorso,
le montagne, le strade… Ogni angolo gli era familiare e caro.
Là dove noi riuscivamo a vedere solo la notte oscura, lui descri-
veva magnifici scenari. Tutto quello che potevamo vedere era-
no le luci nei villaggi, che brillavano nella neve come miriadi
di fantastici diamanti.
Una volta passato Telfes, Hans improvvisamente diventò
silenzioso. Uscì nel corridoio e stette là fissando le luci di Ful-
pmes che ci raggiungevano attraverso la foschia. Lo seguii e
stetti vicino a lui in silenzio. Mi sembrò che qualche sacra forza
discendesse dalla montagna e penetrasse nell’intimo la mia ani-
ma. Le incantevoli montagne gettarono il loro invisibile, seppur
potente, odore sopra tutto il mio essere.
Dentro lo scompartimento lo zio stava ridendo di cuore alle
argute sortite di Otto. Il piccolo compagno gli stava raccon-
tando i suoi brutti scherzi da bambino, con tutta la vitalità ed
effervescenza della gioia e soddisfazione che provava in quel
momento.
Un piccolo gruppo di persone ci stava aspettando nella sta-
zione di Fulpmes. Agitammo le mano in saluto. Quando scen-
demmo Hans fu letteralmente accerchiato. Sorridendo con gioia
abbracciò il suo fratello più giovane e le sue sorelle. Dopo, qual-
che suo amico del posto venne avanti per salutarlo. Era un pan-
demonio tanto vivace e gioioso come mai ne avevo visti prima.
Otto ed io rimanemmo per un po’ in disparte. All’inizio non ci
avevano notato. Ma dopo lo zio ci presentò a tutti i nostri cugini,
uno a uno. Rudi quattordici anni, stava studiando a Innsbruck.
Margaret dodici anni, Louise sette… Stringemmo le mani a tutti
loro e dopo le presentazioni ci incamminammo in salita; la festa

43
Weisser Francis X avier

a casa sua era iniziata in modo particolare. Hans andò avanti con
i piccoli compagni. Zio lo seguì con Otto e me.
Era una notte fredda e pungente. I nostri respiri si trasfor-
mavano in fumate di bianco vapore nell’aria. La neve scricchio-
lava sotto i nostri pesanti scarponi da montagna. Sopra di noi
potevamo vedere solo una densa nebbia invernale che incombe-
va pesantemente sui sentieri e sui prati. Ma le luci dal villaggio
irruppero nella foschia, pensai che fosse come se ci dessero il
benvenuto. Questa scena, e il silenzio immobile di quella loca-
lità, produssero un’atmosfera di solennità e di sacralità.
–“Parola mia!”– esclamò Otto, interrompendo un lungo in-
tervallo di silenzio. –“Com’è diverso tutto questo da Vienna!”
Zio Heinrich sorrise con soddisfazione. –“Ma sicuramen-
te”– rispose, dandogli un colpetto sulla schiena. –“L’aria qui a
Stubai è abbastanza diversa da quella che respirate a Vienna. E
il posto! Domani vedrete le belle montagne qui attorno.
Noi stavamo camminando su un sentiero ammantato di
neve e punteggiato di piccole case da entrambi i lati del pendio.
Minuscole piccole stradine, diramandosi in tutte le direzioni,
collegavano le piccole case alla strada principale. Su un lato il
fruscio della corrente, il fabbro ruscello, come era chiamato,
fluiva giù nella valle. Sulle sponde della piccola corrente, verdi
ghiaccioli splendevano con il riflesso delle luci.
Raggiungemmo la chiesa. Dentro le luci erano accese.
Le lunghe e strette finestre sembravano frammenti di luce
fluttuanti nella nebbia. Hans e i suoi fratelli si fermarono e ci
aspettarono.
–“Lasciaci entrare”– propose lo zio.
La chiesa era vuota. Solo il sacrestano stava decorando
l’altare. Si inginocchiarono tutti sui banchi per dire una bre-

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Luce delle montagne

ve preghiera. Otto ed io rimanemmo dietro. Fui piacevolmen-


te sorpreso nel vedere quella chiesa di campagna così pulita e
bella e così dignitosa. Otto si guardò attorno. Quando vide il
confessionale mi prese per il braccio e mi sussurrò, –“Fritz,
il confessionale non ti sembra la credenza nel Kaiser’s Hall a
Schonbrun?”
Nel frattempo gli altri si erano alzati. Mentre lo zio ci mo-
strava i diversi altari, Hans girava per la chiesa da solo. I suoi
occhi brillavano di gioia. Dopo la sua prima lunga assenza da
questo posto, guardava a ogni angolo della chiesa come a qual-
cosa di familiare e molto caro a lui. Ogni dipinto, ogni parte
del sacro posto, evocava in lui vivide e piacevoli memorie. Il
sacrestano ritornò dal santuario per salutare Hans.
Dopo la visita in chiesa tornammo sulla nostra via attra-
verso le strette strade del villaggio. Camminavamo sull’altro
lato del villaggio e uscimmo poco più in là. Non c’erano più
case intorno. Potevamo vedere solo un recinto e dietro di esso
una pianura ricoperta di neve. Più in là alcune luci splendevano
nell’oscurità.
–“Quelle sono le luci della nostra casa”– ci disse lo zio.
–“Presto saremo lì”.
C’era una luce elettrica sul cancello del giardino. Questa
ci permise di vedere la facciata della casa. Era un edificio a
due piani. I muri erano in parte coperti con rampicanti. Sulla
finestra, al primo piano, c’era l’iscrizione, “Bergfried Villa”. La
casa era circondata da un giardino con alberi da frutto, una
piccola foresta di pini e qualche fontana sparsa intorno.
Rudi correva avanti. Attraversammo il frutteto e raggiun-
gemmo la soglia della casa. Là, nostra zia ci stava aspettando.
–“Mamma”– chiamò Hans. Salì per le scale con passi velo-
ci e abbracciò sua madre affettuosamente. Dopo la zia venne da

45
Weisser Francis X avier

noi e ci abbracciò con lo stesso calore e affetto con cui abbrac-


ciò i suoi figli. Non sarei capace di spiegarvi cosa sentii in quel
momento, ma c’era qualcosa in quella donna che mi rese felice
fin dall’inizio. La sua presenza reale era tanto bella e confortan-
te quanto splendente.
Una volta in salotto, potei osservarla più da vicino. Era
molto più bassa di mio zio. Indossava un vestito meraviglioso
e ben tenuto sul quale portava un grembiule bianco e immaco-
lato. Quel vestito le dava l’aspetto di una giovane ragazza. La
sua faccia era fresca e gaia. Ma si poteva notare su di essa la
debole traccia lasciata dalle preoccupazioni della vita matrimo-
niale e della maternità, dal lavoro costante e dai molti sacrifici
nascosti. I suoi occhi brillavano di vita e luce, in loro si poteva
leggere la sublime storia dell’amore di una mamma. Ogni cosa
in lei portava il marchio della santità. Era quello che la faceva
apparire così bella, così giovane e così pura. Non potevo capire
in quel momento cos’era. Sentii istintivamente che doveva esse-
re qualcosa di veramente santo. Capii che mia madre non pos-
sedeva quello, comunque era buona e gentile. Più tardi scoprii
la ragione. La madre di Hans portava Dio nella sua anima con
incrollabile forza e fedeltà. Riceveva la Santa Comunione ogni
mattina. L’ineffabile bontà e amore di Dio abitavano nel suo
cuore. E lei, a sua volta, irradiava quella felicità a suo marito e
ai suoi figli.
Lasciammo le nostre borse e i nostri cappotti in anticame-
ra, e cambiammo i pesanti stivali con qualcosa di più leggero
e caldo. Dopo andammo nella sala da pranzo dove era pronta
la cena. C’era un vaso sul tavolo con un bel mazzo di fiori di
montagna selvatici.
–“Dov’è Johnny?”– Hans domandò subito. Non aveva an-
cora visto l’ultimo arrivato, il suo fratellino. Zio Heirich si alzò
per andare a prenderlo, e rientrò subito dopo con il bambino in

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Luce delle montagne

braccio. Il piccolo Johnny guardò con i suoi occhi grandi aperti,


mentre le sue piccole dita giocavano con i vestiti della mamma.
Hans arrossì quando fece il segno della Croce sulla fronte del
bambino. Si sentì alquanto imbarazzato dalla nostra presenza.
Per quello che ne sapeva, nella nostra famiglia eravamo piut-
tosto indifferenti alle faccende religiose. Baciò il bambino e lo
prese tra le braccia. Ma Johnny iniziò a piangere con tutta la
sua forza e Auntie dovette rimetterlo nella culla.
Anche la preghiera prima dei pasti era qualcosa di nuovo
per me e Otto. Qui un’atmosfera religiosa pervadeva ogni cosa.
Ma una volta iniziato a mangiare, non c’erano solennità o for-
malità. Raccontavamo ogni aspetto della nostra vita a Vienna.
Otto teneva tutti allegri con le sue battute argute. Loro, a turno,
diedero ad Hans tutte le notizie e i pettegolezzi di Fulpmes.
Ogni volta che la zia tornava dalla cucina si sedeva con noi e
io le parlavo.
Dopo circa mezz’ora lo zio mandò a letto i bambini più
piccoli. Strinsero le mani a tutti e andarono nelle loro stanze.
Le due bambine dividevano la stessa stanza. Rudi, essendo
già uno studente, aveva una piccola stanza tutta per lui, del-
la quale andava molto orgoglioso. Hans, Otto ed io saremmo
stati insieme in una grande stanza come a Vienna. Auntie ci
aveva disposti in quel modo con delicata lungimiranza. Era-
vamo stati insieme per così tanto tempo che non ci sarebbe
piaciuto altrimenti.
Quando gli altri andarono a dormire noi rimanemmo anco-
ra a parlare con lo zio, mentre Auntie preparava del thè per noi.
Hans si alzò piuttosto improvvisamente.
–“Vado un minuto in cucina per parlare con la mamma”.
Non aveva ancora avuto l’opportunità di parlare con lei da
solo.

47
Weisser Francis X avier

Pochi minuti dopo Otto iniziò a tossire e dovette uscire


per prendere i fazzoletti, che aveva lasciato nel cappotto. Quan-
do ritornò era un po’ preoccupato. Capii immediatamente che
qualcosa non andava. Più tardi, quando stavamo andando nella
nostra stanza e Hans era ancora fuori, Otto mi disse:
–“Senti, Fritz, Hans stava piangendo in cucina. L’ho visto
quando sono uscito. Appoggiato a sua madre stava piangendo.
Cosa può essere successo?”
Appena dopo Hans entrò. Non feci in tempo ad avvertire
Otto di non dire niente su questo. Dentro di me speravo che fos-
se abbastanza prudente da starsene zitto. Ma quando eravamo
già a letto, con le luci spente, Otto domandò timidamente:
–“Hans, non sei felice con noi a Vienna?”
Sapevo quello che voleva dire. Desiderai che avesse taciu-
to. Ma era troppo tardi. Hans si girò nel letto.
–“Cosa te lo fa pensare?”
–“No, niente… Ma siccome ti ho sentito piangere in
cucina…”
Ormai lo aveva detto e non c’era scampo per lui ora. Posso
indovinare quello che Hans dovette provare. Sicuramente gli
fece male.
–“Perché, stavi spiando?”– gli domandò piuttosto
bruscamente.
–“Oh no!”– rispose Otto alquanto offeso. –“Sono dovuto
uscire per prendere il fazzoletto. Sono passato per la cucina…
la porta era mezza aperta e non potei evitare di sentire… Ma…
cosa non va, Hans?”
–“Non c’è niente. Ero… fuori dalla gioia, per questo stavo
piangendo”.

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Luce delle montagne

–“Ma perché?”
–“Oh, non capiresti”.– E dicendo così si girò nel letto dalla
parte del muro. Notai che quelle domande senza tatto lo aveva-
no urtato. –“Adesso basta”,– ammonii Otto. –“Non essere così
impertinente”.
Rimanemmo per un po’ di tempo in silenzio. Dopo Hans si
girò ancora dalla nostra parte e disse con infantile semplicità:
–“Non dirlo a nessuno, per favore”.
Provando a compensare la sua invadente curiosità, Otto
disse con grande magnanimità, –“Non ti preoccupare Hans.
Non lo diremo ad anima viva. Hai la nostra parola d’onore”.
Hans non replicò. Ma Otto si sentiva ancora a disagio. Capì
quanto tutta la situazione doveva far soffrire Hans. Ma con l’in-
nata, caratteristica gentilezza che hanno i bambini trovò una
soluzione. Dopo una leggera esitazione si sedette e disse con
grande semplicità:
–“Tua madre, Hans, è così meravigliosa…”
Quello era ancora il genuino Otto. Avrei voluto abbracciar-
lo per aver detto quelle parole.

Pochi giorni più tardi, quando eravamo soli, Hans mi disse


perché aveva pianto. Le ore di amara battaglia per la sua purità
e per la sua fede a Vienna lo avevano spesso depresso molto.
Ma ora che aveva potuto assicurare a sua madre che era rima-
sto puro e aveva conservato la fede, non poteva che piangere di
genuina gioia.

Il mattino seguente Otto mi svegliò dal sonno. Stava a fian-


co del letto, in vestaglia e pantaloni, scuotendomi per il braccio
e gridando:

49
Weisser Francis X avier

–“Su, Fritz, alzati. Guarda le montagne! Vieni alla


finestra!”
E ritornò a guardare attraverso i vetri della finestra il pae-
saggio di quel mattino d’inverno. Hans seduto sul letto, si stava
vestendo e rideva dello spettacolo di entusiasmo di Otto. Mi
vestii in un attimo e andai alla finestra. Era veramente una vista
spettacolare. Di fronte a noi giaceva la grande valle di Stubai
con le sue pianure coperte di neve, i suoi fiumi, una linea argen-
tata in lontananza. Sulla sinistra c’erano molte case di Fulpmes.
Sull’altro lato della valle si ergeva il nero, massiccio muro di
una grande montagna. Sulla sua sommità i primi raggi del sole
davano una tinta dorata al picco coperto di neve. Una luce me-
ravigliosa e scintillante si irradiava dai ghiacciai della cima. La
luce a valle batteva sulle bianche pianure al di sotto.
I miei occhi si posarono su una massiccia, rocciosa monta-
gna, piuttosto vicina a noi. Potevo scorgere gli alberi dritti sui
pascoli che si distendevano fino in cima dalla foresta dei pini.
–“Qual è il nome di quella montagna?”– chiesi ad Hans
mentre si stava lavando. Venne alla finestra per guardare.
–“Quello è il Serles”.
–“Serles? Ma sembra abbastanza differente da quello nella
foto”– Rimarcai, sentendo un improvviso brivido correre sulla
mia pelle.
–“Sì, esatto. La foto è stata scattata dall’altro lato”.– Così,
quello era il famoso Serles, quello della foto che significava
così tanto per Hans. Guardai attentamente la montagna in si-
lenzio con una sorta di meraviglia e rispetto.
Dopo Hans cominciò a nominare tutti i picchi in ordine,
Rotewand, Kesselspitze, Wasenwand, Schneiderspitze, Pinni-
skegel Kinchdach… e l’undicesimo picco, il dodicesimo…

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Luce delle montagne

–“Sì, e il quattordicesimo, e quindicesimo…”– Otto disse


turandosi le orecchie. –“Basta! Non posso ricordare così tanti
nomi”.
Per lui i nomi non dicevano niente. Tutto quello che voleva
era guardare e riempire i suoi occhi con quella magnifica vista.
Ogni volta che guardava scopriva qualche cosa di nuovo.
Quando finalmente superammo lo stupore, finimmo di ve-
stirci e andammo giù per fare colazione. Auntie ci portò caffè,
pane e burro. Lo zio aveva già finito per andare alla seghe-
ria dove aveva molto lavoro da fare per tutte le persone della
valle.
Hans finì la sua colazione in fretta.
–“Dopo venite fuori in giardino. Sarò lì”– disse. E fece un
balzo verso la porta.
Noi rimanemmo ancora un po’ di tempo parlando con no-
stra zia e i cugini. Dopo, ci mettemmo i cappotti, gli stivaletti
e i guanti e andammo in giardino. Lì anche nel giardino della
casa c’erano maestose montagne tanto lontane quanto l’occhio
riusciva a vedere. Le cime, come coni, erano sagomate contro il
cielo. Campi di neve immacolatamente bianchi si estendevano
nel mezzo dei pendii delle montagne.
Hans era già uscito. Lo sentimmo chiamarci da lontano.
Era dall’altra parte della pianura che si stendeva dal fronte della
collina fino alla casa. Cosa poteva averlo portato là? Capii. Si
era messo gli sci. Allora si lasciò scivolare giù dal pendio, si
precipitò verso la pianura a velocità da gara e venne vicino a
noi, facendo una curva con audacia. Quella giovane figura offrì
un magnifico spettacolo, scivolando sulla pianura con la facilità
e la grazia di un uccello che vola nel cielo. Con agili movimenti
del corpo evitava tutti i pericoli su e giù nel terreno. Quando

51
Weisser Francis X avier

era al livello del terreno teneva il corpo saldo. Un suono sibilan-


te e penetrante veniva dalla frizione tra gli sci e la neve.
Per un momento sembrò come se Hans si precipitasse su
di noi. Ma improvvisamente si fermò a pochi passi da noi,
alzando una nube di polvere di neve. Trasse un profondo re-
spiro e, lisciandosi indietro i capelli, ci salutò con un sorriso
amichevole.
“Deve essere delizioso scivolare giù sugli sci”, pensai. Do-
vevo imparare. Mi sembrava abbastanza semplice. In realtà,
imparai molto presto che era più difficile di quanto immaginas-
si. Anche Otto era entusiasta.
–“Senti, Hans, devo imparare a fare quello che hai fatto tu.
Mi aiuterai?”– supplicò Otto.
–“Certo”– rispose Hans ridendo.
–“Ma non abbiamo gli sci”– obiettai
Hans sorrise maliziosamente. –“Questo lo sistemeremo. Tu
prendi gli sci di papà e lascia che Otto prenda quelli di Rudi.
Andiamo, scendiamo giù a lavorare”.
–“Fantastico”– gridò Otto correndo verso la casa.
Io lo seguii. Hans ci attese fuori. Chiedemmo gli sci di zio
Heinrich a Auntie che ce li diede immediatamente. Rudi portò
i suoi a Otto.
–“Puoi tenerli tutto il giorno”– disse generosamente, –“Non
ne avrò bisogno oggi”.– Spendemmo tutto il giorno occupati a
esercitarci sui campi di neve davanti alla casa, tanto che dimen-
ticammo di visitare Fulpmes. Hans ci insegnava con grande pa-
zienza e competenza. Alla sera eravamo terribilmente stanchi.
Ma ora eravamo capaci di reggerci in piedi da soli, di scivolare
per un piccolo pendio, e Otto provò un “Salto Christy”.

52
Luce delle montagne

Il mattino seguente ricominciammo gli allenamenti. Rudi


aveva prestato ancora i suoi sci a Otto, pensava che gli sarebbe
sicuramente piaciuto usarli di nuovo per tutto il giorno. Otto
all’inizio si rifiutò di prenderli. Ma Rudi aveva insistito così
tanto che alla fine accettò.
La sera rimanemmo a casa. Era la Vigilia di Natale e c’era
molto lavoro da portare a termine. Rudi ed io ci incaricammo
dell’albero di Natale. Hans e Otto dovevano preparare il prese-
pio. Non era cosa da poco. La grande montagna doveva essere
ricoperta con il muschio, le luci dovevano essere posizionate
nella stalla e nella grotta dei pastori. Dopo, dovevano collocare
nel giusto ordine circa 150 personaggi scolpiti artisticamente
nel legno. Otto si dedicava al lavoro con il massimo interesse.
Potei vedere come la sua anima stava sbocciando, come risulta-
to dell’atmosfera religiosa che respirava in questa casa.
Alle sei circa tutti noi, eccetto Auntie, andammo in chiesa
per la benedizione. Dopo, lo zio rimase in chiesa con i bambini
che volevano confessarsi. Hans, Otto ed io uscimmo. Ma Hans
e Otto girarono verso destra.
–“Dove state andando da quella parte?”– Chiesi.
–“Dai Salesiani”– rispose Hans. –“Il mio confessore è là”.
–“Fritz, anche io sto andando a confessarmi”– Otto mi sus-
surrò nell’orecchio.
–“Allora tornerò a casa da solo”– dissi, andando verso
sinistra.
Mi sentii un po’ in imbarazzo per essere l’unico che non
si era confessato. Era una cosa che non sentivo. E non volevo
essere un ipocrita.
Le ombre della sera calarono. Era una notte solenne.

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Weisser Francis X avier

La luna a ovest diffondeva la sua luce fioca sulle montagne.


Poche nuvole adornavano il suo profilo argenteo. Un leggero
velo di nebbia bianca si aggrappava soavemente ai pendii del-
le montagne. La fioca luce della luna e il bagliore risplenden-
te di un migliaio di stelle giocavano gentilmente sulla valle.
Camminavo lentamente prendendo un percorso indiretto per la
casa. Con mia grande sorpresa, stavo assaporando la bellezza
di quella notte stellata.
Poco dopo le sette eravamo ancora tutti insieme a casa.
Durante la cena furono accese due candele sul tavolo. Quan-
do la cena terminò tutti ci alzammo, e mentre lo zio leggeva
il Vangelo di Natale, mi sentii come se, con la forza di quelle
parole, fosse stato aperto un grande cancello per fare arrivare la
gioia e la pace del Natale agli uomini di buona volontà.
Dopo, passammo nell’altra stanza dove l’albero era tutto
illuminato. Anche le luci del presepio dall’altro lato della stanza
stavano splendendo gioiosamente. Sul tavolo c’erano i regali di
Natale che ci attendevano. Quale intima e pura gioia portava
il Natale in quella famiglia! E per completare la nostra gioia,
Otto ed io ricevemmo un paio di sci nuovi di zecca con tutti gli
accessori necessari.
Dopo che ognuno ebbe esaminato con entusiasmo i suoi
regali, Margaret suonò “Holy Night” con l’arpa, e alla fine tutti
insieme recitammo il Padre Nostro. I bambini furono mandati
a riposare qualche ora, prima della Messa di mezzanotte. Hans
ed io rimanemmo svegli. Io scrissi una lettera per i miei genito-
ri che erano a casa. Poco prima di mezzanotte le campane della
chiesa diffusero il loro gioioso scampanio, rompendo il silenzio
della notte. Era ora di andare alla Messa di mezzanotte.
Tutti gli altri si avvicinarono alla Santa Mensa. Io rimasi
indietro nella parte posteriore della chiesa. Ma per la prima vol-

54
Luce delle montagne

ta in tanti anni il mio cuore mormorò una preghiera semplice,


ma profondamente sentita. Chiesi la grazia di essere un po’ di
più come mio cugino Hans.
Durante quei giorni di Natale riflettei con calma sulla mia
situazione ed il mio rapporto con Hans. All’inizio dell’anno ave-
vo letto la sua piccola poesia, che, rivelandomi una parte del suo
essere interiore, mi provocava profondamente. Non sapevo che
cos’era. Ma sentii una forza gentile che lenta, e allo stesso tempo
inesorabile, prendeva possesso della mia anima. L’avevo combat-
tuta disperatamente. Avevamo provato in tutti i modi a trascinare
Hans dalla nostra parte, ma non eravamo giunti a nulla, e alla
fine Hans era ancora più saldo nelle sue nobili posizioni. Alla
fine, nonostante le mie resistenze, la forza di carattere di Hans e
la sua attraente personalità mi avevano conquistato.
Poco a poco cominciai a capire perché Hans aveva quella
forza di attrazione. Era perché era sempre aggrappato e com-
batteva per ciò che era grande, puro e nobile. Anche io iniziai
ad aspirare a quell’ideale. Io ero lungi dall’essere buono, nobile,
puro… Ma mi mancava la necessaria forza di volontà. Da dove
la prendeva Hans? Conoscevo la risposta abbastanza bene. Lui
la prendeva dalla fedele pratica della sua religione Cattolica.
Ma ostinatamente rifiutai di ammetterlo. Quello era l’unico
punto su cui ero contro mio cugino. Pensai essere cosa codarda
il piegarmi sotto il giogo della Religione. Volevo essere nobile
e puro, ma soltanto grazie alle mie forze. Allo stesso tempo vo-
levo rimanere indifferente alle questioni religiose ed essere un
ragazzo buono ed onesto come Hans.
Hans notò come io stavo combattendo contro la vincente
influenza della Religione. Egli non provò mai a fare pressioni
per portarmi dalla sua parte. Al contrario, non un gesto né una
parola faceva mai trasparire la sorpresa o il dolore che il mio
comportamento gli stava causando. Rimase sempre il ragazzo

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Weisser Francis X avier

vigoroso e sincero che era quando arrivò a Vienna. Eravamo


in grande confidenza, ma non si spinse mai ad accennare allo
stato della mia anima. Tutto quello che fece, come mi disse in
seguito, fu di pregare per me ogni giorno.
Otto, al contrario, cadde sotto l’influenza di Hans con
l’innocenza dell’apertura di cuore dei bambini. Ogni cosa che
Hans faceva, per lui era buona: sciare, andare in montagna,
tanto quanto la Messa e la confessione. Ogni sera la famiglia
si raccoglieva insieme per recitare il Rosario. Io non prendevo
parte. Ma Otto chiese ad Hans di spiegargli che cos’era. Allora
ogni giorno prendeva un rosario e si inginocchiava con gli altri
per Rosario di famiglia.
Per il resto i giorni passavano felicemente. Ogni mattina, e
spesso anche nel pomeriggio, correvamo verso i campi di neve
per allenarci nello sci. All’inizio era davanti alla casa, in segui-
to diventammo più audaci e andavamo ai campi di Miereder e
anche di Schlicker, via Froneben.
Avvenne in quei giorni mentre stavamo sciando. La neve,
brillante e immacolata, rifletteva la luce e il calore del sole in-
vernale. Imponenti e maestosi, come figure di una storia fan-
tastica, si ergevano i molti picchi della catena del Kalkogel,
formando una gigantesca corona attorno alla valle. Una luce
raggiante si propagava sui campi di neve. Questo meraviglioso
mondo delle Alpi in tutta la sua grandezza e maestosità mi ap-
pariva come un mondo di sogno. Ma dietro di esso, in lontanan-
za, potevo vedere la grande città avvolta nella nebbia, un’oscura
massa di edifici che annegavano nel baccano e nella febbrici-
tante calca della vita cittadina. Era, riflettei con un brivido, la
vera immagine della mia anima.
Sentii le risate di Hans dietro di me. Mi guardai attorno e
lo vidi rotolarsi sul terreno, facendo la lotta con Otto e Rudi

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Luce delle montagne

che stavano provando a seppellirlo in un mucchio di neve. Non


potei resistere dal prendere parte a quel divertimento. Saltai
dentro la scena ed iniziai a tempestare Hans con palle di neve.
In un batter d’occhio Otto si lanciò contro di me e mi placcò
alle ginocchia. Caddi a terra. Rudi strofinò la neve sulle mie
guance. Dopo, Hans cominciò l’attacco. Fu una lotta rumorosa
e vivace. Cademmo, rotolandoci nella neve e ognuno combatte-
va contro tutti, fino a che rimanemmo senza fiato. Finalmente
ci alzammo, togliemmo la neve dai nostri vestiti e ci levammo
gli sci per ritornare a casa.
–“E’ stato grandioso”– commentò Otto, –“dobbiamo rifar-
lo ancora”.
–“Che ne pensi, Fritz?”– domandò Hans
Ero tutto per lui. –“Sono in gioco. Ogni volta che vuoi”.
Il 31, dopo pranzo, scendemmo a Medratz. Ci fermammo
davanti alla chiesa, ci togliemmo gli sci e salimmo le ripide
scale nella nuovissima casa. Stavamo andando a fare visita a un
famoso scultore di immagini sacre, il sacrestano di Medratz.
La porta della cucina era semichiusa e noi ci prendemmo la
libertà di entrare. Otto e io fummo piacevolmente sorpresi a
quella inusuale scena, l’aspetto famigliare di quella cucina tiro-
lese con i muri anneriti dal fumo, un largo e basso cuore in un
angolo, vasi di ottone appesi su un pezzo di legno… Era come
guardare di sfuggita nel passato.
Hans bussò all’altra porta ed entrammo in una piccola stan-
za. Seduto vicino alla finestra c’era il famoso scultore con un
pezzo di legno di pino e qualche attrezzo in mano. Lui ci sbir-
ciò con un sorriso.
–“Dio sia con te, John”– salutò Hans. L’uomo lo
riconobbe.

57
Weisser Francis X avier

–“Benedicimi se questo non è Hans Moll!”– Lasciando gli


attrezzi da un lato, aprì le mani e ce le strinse in un amichevole
saluto. In pochi minuti fummo coinvolti in una vivace conver-
sazione. Ci sedemmo attorno a lui e gli chiedemmo di raccon-
tarci qual era la sua arte. Ci mostrò una serie di piccole figure
che aveva terminato la settimana precedente, contadini, i Magi,
ogni sorta di animali – cammelli, pecore, asini… Le figure era-
no delicatamente scavate e squisitamente decorate con colori a
olio. Dopo lo guardammo mentre scolpiva la testa di un conta-
dino. Da un semplice pezzo di legno prima prese forma la testa,
poi gli occhi, dopo il naso, la barba… Otto non poté trattenere
la sua ammirazione.
–“Buon Paradiso! Ora so che cosa è l’arte vera”– esclamò.
Noi ridemmo per quello che disse e lui si sentì un po’
offeso.
Quell’artista senza pretese ci chiese di firmare il suo libro
dei visitatori quando ce ne stavamo per andare. C’erano cen-
tinaia di firme lì dentro. Noi quattro aggiungemmo le nostre.
Salutammo il vecchio sacrestano e lo lasciammo.
Dopo essere scesi giù ci mettemmo gli sci sulle spalle e
ci voltammo a salutare quel vecchio uomo con il quale aveva-
mo trascorso bellissime ore. Dopo, Hans ci invitò ad andare a
Sonnestein.
–“Per cosa?”– chiese Otto.
–“A vedere il salto con gli sci”.
–“Ragazzi, oh ragazzi! Questo è grande”– gridò Rudi, ac-
cogliendo la proposta con entusiasmo.
Io non conoscevo esattamente che cosa era, ma potevo im-
maginare quello che stava per accadere. Camminammo attra-
verso la foresta fino ai piedi della collina. Tutto intorno, tra gli

58
Luce delle montagne

alberi che si distendevano c’era un percorso spianato che pen-


deva gradualmente. Questo era lo ski-jump di Medratz.
–“Voi rimanete là”– Hans indicò il lato del percorso.
Solo allora Otto capì che cosa Hans aveva intenzione di
fare. Guardava il pendio e domandò ad Hans “Non vorrai mica
scendere giù in quel modo, o no?”
–“Sì, io voglio saltare giù”.
Otto lo prese per un braccio. Era impaurito. –“Non farlo. Ti
romperai l’osso del collo”
Hans sorrise. –“Non è così difficile. Sembra più pericoloso
di quello che è realmente”.
Iniziò a salire con Rudi. Noi li seguimmo con lo sguardo. A
mezza strada dalla cima Rudi si fermò. Doveva misurare la lun-
ghezza del salto. Hans ci salutò dalla cima. Si assicurò che gli
sci fossero ben legati e sparì dietro il pendio. In quel momento
anche io mi sentii un po’ in apprensione. Otto era veramente
nervoso. Noi fissavamo il punto dal quale ci aspettavamo che
Hans emergesse. Attendemmo in uno stato di tensione per al-
cuni minuti. Improvvisamente Hans apparì rapido e lampante,
come se fosse uscito dalla terra stessa. Con le braccia spalan-
cate si era buttato giù dalla cima della collina. Per un istante ri-
mase sospeso in aria, dopo atterrò sulla pista in rapida discesa.
Otto era veramente impaurito. Hans si curvò in avanti mentre
passò davanti a noi a velocità impressionante, fino a quando
raggiunse la fine del pendio. Dopo salì per un po’, si diede una
scossa e si fermò.
Rudi gridò da sopra. –“Trentacinque…”
Otto divenne pallido e io stesso ero un po’ eccitato. Ma
Hans non era minimamente perturbato. Con calma si voltò per
vedere la lunghezza del salto. C’era un luccichio di gioia nei

59
Weisser Francis X avier

suoi occhi e stava eretto come se fosse cosciente del grande atto
di valore che aveva fatto. Radiando giovinezza e forza, adesso
lui appariva come un conquistatore.
–“Quanto vorrei che i nostri compagni di classe fossero sta-
ti qui per vederlo”.– Questo fu il primo pensiero che mi venne
in mente e glielo dissi così poco dopo. Hans fece un gesto di de-
precazione. –“In quel caso penso che non avrei saltato”– disse.
Sulla strada del ritorno dissi a malapena una parola. Ero
tutto preso nei miei pensieri. Hans era sicuramente il ragazzo
più coraggioso di tutta la classe. Era coraggioso in ogni senso,
non solo nella battaglia per preservare la fede e la purezza. Da
dove veniva il suo carattere aperto e sincero, da dove quella
freschezza e virilità che erano così impressionanti in lui? Non
potevo ottenere tutto quello con le sole mie forze? Sicuramente
per quello non era necessario andare a Messa e confessarsi…..
oppure lo era? È vero, avrei acquisito l’indomabile volontà di
questi paesi di montagna, così che avrei potuto seguire la mia
strada senza deviazioni, non prestando attenzione alle parole
ed esempi di altri.
Quando raggiungemmo la casa, la zia mi diede una lettera
che era arrivata nel pomeriggio. L’indirizzo era scritto a mano
ma non potevo decifrare di chi era la calligrafia. La aprii e vidi
la firma. Mi sentii disgustato. Era Berner.
«Caro Fritz,
solo poche righe. Ti mando i miei saluti di buon
anno. Come stanno andando le cose nella “terra santa”
del Tyrol? Dovresti essere tutto “preso” con le montagne,
il villaggio, le persone, il loro carattere e i loro costumi…
e così via. Conosco bene tutta quella roba. Il tuo dolce cu-
gino Hans sta mettendo da parte le forze per il prossimo
anno. Bene, ne avrà bisogno. Non sarà una cosa facile per
lui. Dobbiamo sconfiggerlo, ho nuovi piani. Così stai atten-

60
Luce delle montagne

to e non cadere per via di tutta quella pietà: è terribilmente


contagiosa, te lo dico. Fai solo finta di essere un militante
del lato clericale! Già ti vedo inginocchiato sul pavimento
con il rosario in mano… Una incantevole scena o no?
Bene, ora basta scherzare. Quello che volevo dir-
ti era che non devi dimenticarti di influenzare tuo cugino.
Durante le vacanze avrai moltissime occasioni. Potrai fare
benissimo il lavoro duro. Dopo mi occuperò io di lui. Que-
sta volta non ci sfuggirà.
Spero che tu ti stia divertendo. È vero, dovrai farlo
senza molti dei piaceri della città. Ma questo non significa
che bisogna darsi per vinti. Puoi recuperare dopo con una
vendetta.
Non ho molte notizie da darti di me. Puoi imma-
ginare come sto spendendo il mio tempo. Non vedo l’ora di
sentire le buone notizie che sicuramente avrai per me dopo
le vacanze. Quando ritornerai a Vienna ti renderai conto di
come è stupida e ridicola tutta quella gente tirolese. “Fier-
ce ” fuori, vuota dentro!
Il tuo sincero “pal”
Kurt Berner»

Lessi la lettera per tre volte. Dopo la strappai in pezzi e la


gettai nel fuoco. Non dissi una parola di questo ad Hans. Non
sapevo che cosa pensare, se dovevo ridere o prenderla sul serio.
Alla fine la ignorai. Capii le implicazioni, la volontà diabolica e
determinata di Berner di pervertire Hans ad ogni costo. Lo co-
noscevo molto bene e non si sarebbe arreso finché lo scopo non
fosse stato raggiunto. Per un momento ebbi paura che Hans sa-
rebbe stato inevitabilmente sconfitto. Lui era abbastanza com-
battivo? Sarebbe venuta meno la sua forza, piano piano?
La risposta ai miei dubbi venne in un modo inaspettato.
Otto pieno di entusiasmo, venne a dirmi che l’anno seguente lui
e Hans avrebbero dato inizio alla Sodalità della Nostra Signora

61
Weisser Francis X avier

nell’istituto. L’avevano programmato in quei giorni. Otto avreb-


be lavorato lentamente in silenzio, ma comunque con zelo, con
le tre classi inferiori. Hans si sarebbe incaricato delle classi dal
quarto in su.
–“Come farete?”– gli chiesi.
–“Vedrai. Ammetterò solo quelli di cui mi fido ciecamente.
All’inizio non vogliamo grandi numeri. Hans mi ha martellato
la testa con questo principio, non quantità ma qualità”.
–“Ma tu sai esattamente che cosa è una Sodalità?”
Otto mi guardò con un’aria di superiorità e disse con gran-
de solennità: –“è un club di danza per gli studenti dell’istituto.
Anche i protestanti e gli ebrei sono ammessi”.
Scoppiai a ridere.– “Non c’è bisogno di offenderti. Volevo
solo sapere se Hans ti ha spiegato perché è chiamata Sodalità
di Nostra Signora”.
–“Certo che l’ha fatto. Hans ha parlato al Padre Salesiano
dal quale andiamo per la confessione. Lui mi ha spiegato ogni
cosa. Abbiamo già deciso quando inizieremo. È tutto pronto. E
ricorda: siamo io ed Hans che lo stiamo facendo”.
Lasciai Otto e uscii dalla nostra stanza. Mi buttai sul divano
e iniziai a riflettere. Da una parte c’era la lettera di Berner, le sue
intenzioni di pervertire Hans a ogni costo. Dall’altra c’era Hans
con il suo piano per la Sodalità. No, mi stavo sbagliando. Hans
non era minimamente sulla difensiva. Ora intendeva prendere
l’iniziativa. Aveva coraggiosamente deciso di attaccare. Non
solo nella nostra classe, ma nell’intero istituto voleva formare un
gruppo che si sarebbe dichiarato fermamente sui principi catto-
lici. Aveva già conquistato mio fratello. Otto aveva volto in suo
cuore in una nuova prospettiva e avrebbe seguito il suo leader
fino alla fine. Sentii l’enorme curiosità di vedere come sarebbe

62
Luce delle montagne

andata a finire tutta questa faccenda. Io ero uno spettatore im-


parziale, ancora confidente di entrambe le parti. Ma speravo per
la vittoria di Hans con tutto il mio cuore. Ma convinto militan-
te della sua iniziativa… no, non lo ero. Temetti che la religione
avrebbe soffocato la mia personalità, quando in realtà era l’unica
che mi poteva dare la vera libertà. Avevo già iniziato a capire
questo. Ma combattei contro di esso, e rifiutai di vedere la verità.
O mio Dio! Stavo ancora combattendo dentro la mia anima.
Mi alzai e andai alla finestra. Una miriade di stelle bril-
lavano sulle montagne. Le rocce della terra avrebbero potuto
rompersi in pezzi, il lavoro degli uomini avrebbe potuto sparire
nel nulla. Ma quei milioni di stelle avrebbero continuato a se-
guire i sentieri che Dio aveva tracciato loro per l’eternità.
Nel profondo del mio cuore c’era un disperato struggimento
per la pace e la tranquillità, ma l’unica risposta era l’imponente
silenzio fermo della notte. Oh, avrei dovuto buttarmi nel nuovo
anno per affrontare vecchie battaglie e nuove sconfitte? Non
sarebbe stato possibile vincere le mie debolezze, per diventare
un uomo, nobile e puro?
Sentii correre per le scale.
–“Fritz, la minestra è pronta”.– Era Otto. Trovandomi solo
venne a stringermi le mano. –“Buon Anno Fritz”.
–“Grazie Otto, anche a te”.– Gli strinsi le mani con
affetto.
Era veramente felice e i suoi occhi erano lucidi per l’entu-
siasmo –“Fritz, ricorda quello che ti ho detto. Hans ed io sare-
mo veramente impegnati per questo anno. Sarà splendido”.
Gli misi la mano sulla spalla e scendemmo giù per la mine-
stra. Era una circostanza speciale per celebrare il giorno di San
Silvestro e la fine dell’anno.

63
Weisser Francis X avier

Capitolo v

La presa al laccio

Il 2 gennaio stavamo di nuovo contemplando le luci di


Vienna dalla finestra dello scompartimento. Eravamo stanchi
per la vacanza e non avevamo particolare voglia di parlare. Il
pensiero che le nostre vacanze erano finite e che la monotonia
della routine della scuola stava per ricominciare, tutto ciò pesa-
va duramente su di noi.
Appena il treno iniziò a muoversi lentamente e dolcemente
dentro la stazione, sentii per un momento come se le mie va-
canze di Natale non fossero state altro che un sogno. Davanti a
me c’era la grande città con tutte le sue attrazioni invitanti, la
sua vita senza sosta, la profusione delle luci e dei colori, i suoi
fremiti e piaceri. La pace e la maestà delle montagne le aveva-
mo lasciate dietro di noi, a grande distanza.
Il mattino seguente, con i libri sotto il braccio cammina-
vamo verso l’istituto come al solito. Io mi sentivo stanco e di
malumore. Otto e Hans erano impegnati in vivaci conversazio-
ni. L’ideale che Otto aveva riempiva i suoi occhi di entusiasmo.
Voleva subito, in quello stesso giorno se possibile, iniziare la
sua campagna di reclutamento dei membri per la nuova Sodali-
tà. Più di una volta Hans dovette consigliargli la prudenza. Era
assolutamente necessario che non trapelasse niente fino a quan-
do le cose fossero state sistemate per bene. Altrimenti le con-
tromisure dell’U.P.I.T. avrebbero reciso il neonato lavoro come
un fiore in boccio. Volgendosi verso di me Hans mi chiese:
–“Fritz, potresti gentilmente dire a tuo padre che Otto
vuole entrare a far parte della Sodalità? Dobbiamo ottenere il
suo permesso. È meglio che sappia. Così in futuro non avremo
problemi”.

64
Luce delle montagne

–“Perché?”– Otto interruppe, –“Non ho bisogno di alcun


permesso per farlo. Entrerò nella Sodalità comunque”.
–“Non prendertela, Otto”– lo consigliai. –“Hans ha ragio-
ne. È meglio che papà lo sappia. Glielo dirò questa sera”.
–“Ma mi darà il permesso? Prova, Fritz per favore!”– mi
chiese con il volto ansiosamente preoccupato.
–“Non ti preoccupare, Otto. Vedrai, farò in modo che tu
ottenga il permesso necessario”.
A questo parole Otto rimase soddisfatto per il momento.
Ma insistette ancora per tre volte quel giorno per farmi andare
a parlare con papà per ottenere il permesso.
Berner ci stava aspettando sulla porta della classe.
–“Buongiorno Egger. Buongiorno Moll”.– Ci salutò e ci
strinse la mano. E dopo che Hans fu entrato Berner mi chiese:
–“Hai ricevuto la mia lettera?”
–“Sì. Ti ringrazio per gli auguri per il nuovo anno. Anche
io ti auguro lo stesso”.
Lui mi strizzò l’occhio e mi domandò “sprezzante”:–“Com’è
stato il Santo Territorio del Tirol?”
–“Ci siamo divertiti”– dissi con aria evasiva.
Le sue labbra si curvarono in un sarcastico sorriso.
–“Oh sì, mi immagino. Per colazione, caffè e Messa. Nel
pomeriggio, costolette con cinque Padre Nostro; e per la cena,
riso addolcito con un Rosario. Non è così? Conosco bene quelle
cose”.
–“Per la faccenda di Moll”– continuò –“ogni cosa mi è ab-
bastanza chiara ora. Ho pianificato tutto fino al minimo detta-

65
Weisser Francis X avier

glio. Ma dobbiamo prenderci il tempo necessario e procedere


con cautela”.
La campanella suonò per l’ora di lezione.
–“Ci incontreremo dopo”– dissi. Andammo ai nostri posti.
Alle 13.00 Berner uscì insieme a me. Otto ed Hans stavano
aspettando all’entrata.
–“Senti, Moll, Fritz viene con me. Abbiamo un po’ di lavo-
ro da fare. Non farci caso”.
–“Assolutamente no”– Hans rispose con un sorriso.
–“Oh, tuttavia”– Berner disse con affettuosa cortesia, –“ho
dimenticato di augurarti un felice anno nuovo”.– E togliendosi
il guanto tese la mano adornata con un bell’anello.
–“Ti ringrazio molto. Ti auguro lo stesso”– rispose Hans
stringendogli le mani.
Hans non pensava molto a Berner. Lo vedeva come un bel-
limbusto, uno con la testa vuota, un compagno innocuo. Non
aveva la minima idea delle intenzioni perverse di Berner.
Mi sentii triste nel vedere quel vile corrotto che ipocrita-
mente stringeva le mani alla vittima designata. La mia unica
consolazione era che Hans non si sarebbe dato per vinto così
facilmente. Ma per quanto ne sapevamo, Berner avrebbe potuto
tirar fuori il peggio da questa situazione.
Noi tornammo sulla nostra strada e Hans camminò fino a
casa con Otto. Berner si rimise il guanto senza alzare lo sguar-
do dal terreno. –“Quel Moll è un ragazzo buono”– meditò.
–“Diventerei pazzo se riuscisse a sfuggire alla mia trappola”.
Nell’arco di un quarto d’ora fui messo al corrente dei piani
di Berner. All’inizio dovevamo dare ad Hans un falso senso di
sicurezza. Durante le prime settimane a nessuno sarebbe stato

66
Luce delle montagne

permesso di interagire con lui in alcun modo. Dopo, uno dei


membri del Club avrebbe iniziato il Circolo Letterario, per il
quale i ragazzi di tutte le fazioni avevano già dato i loro nomi.
Io dovevo entrare nel Club e coinvolgere anche Hans. Berner
avrebbe colto questa opportunità di avvicinarlo e di iniziare a
posizionare la sua trappola in tranquillità, discretamente.
–“Tu sei suo cugino e non puoi prendere parte apertamente
a questo gioco. Comprendo abbastanza la tua posizione. Tro-
verò altri modi e mezzi. Tutto quello che devi fare è attirarlo
al Circolo. Ti farò sapere quando inizieremo. Probabilmente
all’inizio del prossimo semestre, verso la metà di febbraio. Fino
ad allora, sicuramente, dobbiamo stare in guardia per cogliere
ogni occasione favorevole che si presenta”.
Continuammo a parlare di altre cose mentre andavamo a
zonzo giù per la strada. Al momento di congedarci mi invitò
ad accompagnarlo al Cosmo Cinema quella sera. –“Sei stato a
digiuno tutto questo tempo. Devi rifarti ora. Stanno proiettando
un magnifico film, ‘The Blue Light’, l’ho già visto”.
Provai a opporre resistenza dicendo che ero troppo stanco.
–“Dormi di pomeriggio; è semplicissimo. Ma devi vedere
quel film. Ho sentito che l’Ufficio della Censura sta per toglier-
lo dalla circolazione. Ma siamo ancora in tempo”.
Ero troppo codardo per dire ‘no’ seccamente; così alla fine
mi diedi per vinto.
–“Alle otto meno un quarto verrò a prenderti con la mac-
china. Sarò all’insegna della strada Horl e Lichtenstein. Adesso
vado a comprare i biglietti. È un peccato che tu non possa por-
tare tuo cugino”.
Dopo pranzo disfammo le valigie e andai a dormire per
qualche ora. Dopo cena rimasi con mio padre, mentre Hans

67
Weisser Francis X avier

e Otto uscirono dalla stanza. Mentre usciva, Otto si voltò con


velocità, supplicandomi con lo sguardo.
–“Puoi concedermi un momento, papà?” chiesi.
–“Che succede?” disse, poggiando il giornale su un lato.
–“È per Otto. Vuole entrare a far parte di un’associazione e
chiede il tuo permesso”.
–“Che associazione è?”
–“La Sodalità di Nostra Signora. È un’associazione in parte
culturale, in parte religiosa nel carattere. Lì si impara ad incon-
trarsi con altre persone, si fa teatro, lì si fanno buoni amici. Il
Direttore è un sacerdote”.
–“Oh sì, ricordo. C’era qualcosa del genere nell’istituto ai
miei tempi. Ma come gli è venuta l’idea di entrare a far parte di
questa associazione?”
–“Vedi, papà, Hans è nell’organizzazione ed Otto vorrebbe
lavorare con lui. Penso che potresti permetterglielo. È già nella
terza classe e potrebbe cominciare ad andarci per un po’. In
ogni caso è meglio che vada con Hans; puoi starne certo, è in
buona compagnia”.
Papà riflettè un attimo. –“Bene, se c’è Hans non ho alcuna
obiezione. Ma non sono molto propenso a queste associazioni
clericali. Loro ti formano per essere un ragazzo pio, dolce …
In realtà tutto questo sparisce quando crescono e diventano un
pò più assennati”.
Continuammo a parlare per un po’ di tempo. Dovevo rac-
contargli le vacanze di Natale. Mi alzai all’incirca alle sette e
mezza.
–“Papà, io sto andando al cinema. Ho dormito un po’ nel
pomeriggio ed ora mi sento abbastanza fresco”.

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Luce delle montagne

–“Che cinema? Qual è il film?”– domandò.


–“Il Central Cinema. Stanno proiettando “La spedizione
sull’Himalayas”.
–“Va bene. Non hai bisogno di prendere la chiave. Andrò a
letto tardi questa sera”.
–“Bene Papà, ci vediamo più tardi”.
–“Perfetto! Divertiti”.
–“Grazie, Papà”.
Uscii dalla nostra stanza. Otto stava aspettando ansiosa-
mente la risposta.
–“Mi ha concesso il permesso?” domandò.
–“Sì”.
Era accanto a lui con gioia. Prese Hans per un braccio e lo
spinse sul letto. Dopo venne da me e mi disse, “Grazie, Fritz”.
Mi guardò candidamente e aggiunse con un po’ di esitazione,
–“ti unirai anche tu a noi, Fritz?”
Finsi di non aver sentito e mi voltai per prendere il mio
soprabito.
–“Ciao! Ho il permesso di andare al cinema”.
Otto mi aprì la porta e fece l’inchino come un cameriere.
Presi una moneta dalla tasca e gliela misi sul palmo della mano.
Entrambi ridemmo allo scherzo e uscii per la strada.
Nel momento in cui partii da casa il sorriso si era congelato
sulle mie labbra. Ero arrabbiato con me stesso. Avevo dovuto
mentire a mio padre. Ma era troppo tardi per tornare indietro.
C’era Berner con la sua macchina per portarmi al Cosmo Ci-
nema. Sullo schermo fu trasmesso uno dei più lordi film che

69
Weisser Francis X avier

fossero mai stati proiettati a Vienna da molti anni. E volevo


essere nobile e puro… solo con i miei sforzi…
Passarono alcune settimane. Poco a poco riguadagnai la
calma e smisi di pensare alla riforma della mia vita. Arrivam-
mo alla fine del semestre ed eravamo troppo impegnati con i
compiti di scuola per farci infastidire da altri problemi persona-
li. L’auto-controllo, argomentai, era impossibile per il momen-
to. Mi giustificavo con la scusa che i nostri studi ci chiedevamo
un grande impegno. Ma non potei zittire la voce della mia co-
scienza. Che senso aveva la mia “libertà” religiosa se poi ero
schiavo delle mie passioni? Credo di aver gridato con vergogna
e rabbia. Nel tramaglio della Religione, Hans non era forse infi-
nitamente più libero di me? Per molto tempo dissi a me stesso,
–“da ora in poi lavorerò seriamente per il mio ideale”–. Ma
queste risoluzioni non durarono a lungo e non erano abbastanza
ferme per far fronte alla debolezza della mia volontà.
Hans ebbe molto lavoro da fare nelle settimane che segui-
rono. Lui metteva sempre il cuore e l’anima in ogni cosa che
faceva. E così la sua Sodalità ebbe molte richieste di adesione.
Lui mi teneva al suo fianco in tutte le cose: per cominciare,
quando contattò un Padre Gesuita dalla residenza di San Cani-
sius. Lo aveva conosciuto ad Innsbruck. Il Padre era pronto per
dirigere il gruppo, ma voleva l’approvazione del professore di
Religione dell’Istituto.
Hans contattò il Dottor Schlitzer e gli espose i suoi progetti.
Cercò di mostrargli quanto era importante avere una Sodalità
nell’istituto. I ragazzi, in particolare quelli delle classi inferiori,
potevano essere influenzati in meglio e migliorarsi. Si sarebbe
mostrato più interesse verso la Religione… e gli oppositori non
avrebbero più avuto il campo libero che avevano avuto per tan-
to tempo.

70
Luce delle montagne

Il Dottor Schlitzer aderì pienamente. Ma la cosa presen-


tava delle difficoltà. Non era semplice attirare l’attenzione dei
ragazzi. E da parte sua, era troppo impegnato per trovare il
tempo per dirigerli.
Hans si offrì per reclutare i ragazzi e suggerì il nome del
Padre Gesuita per dirigerli. Espose i suoi piani con tali entusia-
smo e convinzione che ottenne l’approvazione del buon Dottor
Schlitzer, che acconsentì a sperimentare quei progetti.
Ogni cosa era stata sistemata, ora. Nello stesso tempo Otto
non era stato inattivo. Aveva mostrato grande entusiasmo ed
energia nel reclutamento dei ragazzi. In questo riusciva con
prudenza ed intelligenza. Non ammetteva nessuno a meno che
non fosse sicuro di aver a che fare con un buon cattolico prati-
cante. Qua e là sarebbe andato in giro assicurandosi che le sue
reclute andassero veramente a Messa la domenica. Inoltre fece
promettere ad ognuno di mantenere segreta l’appartenenza alla
Sodalità fino a quando ogni cosa fosse stata pronta.
Per Hans la cosa era più difficile. Ma per la fine di gennaio
aveva coinvolto circa venti ragazzi della scuola secondaria. Il
Padre Gesuita Bohle si era assicurato un centro per la Sodalità
con una cappella e una biblioteca. Con quello ogni cosa era
pronta.
Il 2 di febbraio i Sodalisti si incontrarono per la prima volta.
Fissarono i giorni per i successivi incontri generali e decisero le
condizioni di ammissione. Elessero Hans come Prefetto. Dopo
ciò, Padre Bohle disse poche parole sulle regole e i privilegi dei
sodalisti. La riunione terminò con la Benedizione in cappella,
presente il Dottor Schlitzer.
La Sodalità era diventata una realtà. Dovevano essere si-
stemati ancora pochi piccoli dettagli perché la fondazione po-
tesse essere solidamente completata. Ma decisero che il giorno

71
Weisser Francis X avier

successivo la Sodalità sarebbe stata resa pubblica. Una dele-


gazione guidata da Hans informò che il Direttore aveva dato
la sua approvazione e la Sodalità era entrata a far parte delle
associazioni dell’istituto.
Durante i giorni seguenti si diffuse rapidamente la notizia
che i Neri si erano messi insieme per formare un unico partito
sotto la direzione di Moll, della classe sesta. Questo causò agi-
tazione. La fittizia atmosfera di pace cessò improvvisamente.
L’U.P.I.T. convocò una riunione urgente. Erano terribilmente
arrabbiati. Oramai che la Sodalità era avviata, non potevano
più fare nulla. Prima sarebbe stato facile distruggere tutta la
cosa con della contro-propaganda e con le minacce, ma oramai
era troppo tardi.
Rutmeier era furioso. Parlò di questa grande provocazione,
e scoppiò in una violenta esplosione di rabbia. In classe chiamò
Hans con ogni sorta di nome e decise di dirgli in faccia quello
che pensava. Hans rimase in piedi. In un momento entrambi
furono circondati da una folla eccitata.
–“Oh tu grande eroe!”– Rutmeier se ne uscì sarcastica-
mente. –“Ci congratuliamo con te per quella pia confraternita
che hai fondato con astuzia. Inoltre, è veramente un’impresa
eroica!”
–“Ti ringrazio molto”– replicò Hans. –“Nient’altro?”
–“Sì, che tu sei un codardo, a giocare questi trucchi dietro
le nostre spalle”.
–“Vi rimando il complimento”.
–“Oh, o no? Tu pensi di essere veramente coraggioso, lo
vedo. Ma te lo ripeto, tu sei un codardo!”
Hans si guardò attorno e rivolgendosi con calma a tutta la
classe. –“Perché devo rendere conto delle mie azioni alla clas-

72
Luce delle montagne

se? Se qualcuno pensa che ho offeso l’onore della classe, che


alzi la mano”.
C’era un silenzio profondo. Quattro o cinque ragazzi ini-
ziarono ad alzare la mano con un po’ di esitazione. Ma non
ebbero seguito così le abbassarono immediatamente.
–“Tu puoi vedertela da solo”– Hans disse a Rutmeier. –“È
la classe che deve decidere, non tu. Ti consiglierei di tenere a
freno la tua lingua e di andartene via”.
Rutmeier si guardò attorno con gli occhi rossi per la rab-
bia. Perse completamente l’auto-controllo. –“Tu porco!”– gridò,
sbraitando davanti a Hans.
Per un momento la faccia di Hans divenne rossa per la fu-
ria. Strinse i pugni, ma si controllò.
–“Ti ringrazio!”– disse.–“Mi stai facendo la migliore
propaganda”.
–“Ben detto, Moll!”– qualcuno gridò.
Rutmeier non osò dire una parola in più e sgattaiolò via. In se-
guito, il suo gruppo lo rimproverò per questo comportamento.

Dopo qualche tempo nell’istituto si venne a sapere che il


direttore della Sodalità era un Padre da fuori. L’U.P.I.T. iniziò
a muoversi. Una delegazione delle classi maggiori incontrò
il Dottor Schlitzer per protestare contro questa situazione. Il
nome dell’istituto era stato guastato dando quel posto ad uno
straniero anziché darlo al cappellano interno. Simpatizzarono
con il Dottor Schlitzer ed espressero la loro speranza che quella
spensieratezza, se non ignoranza insultante, non sarebbe stata
tollerata.

73
Weisser Francis X avier

Il Dottor Schlitzer non aveva la minima idea delle loro reali


intenzioni. Era toccato da questa dimostrazione di affetto e inte-
resse per la sua persona e li ringraziò con parole commoventi.
–“Ma per vostra buona pace”– disse, –“Vi posso assicura-
re che sono stato consultato su questa faccenda. Sono troppo
impegnato per incaricarmene. Ho atteso il primo incontro che
è stato veramente bello. Sono stato piacevolmente sorpreso nel
vedere così tanti ragazzi dell’istituto che hanno voluto entrare.
Comunque vi ringrazio molto per il vostro interesse per me.
Sono veramente contento di vedere il rispetto e la considerazio-
ne che provate per questo vecchio uomo”.
La delegazione dovette andar via demoralizzata e depressa.
La Sodalità rimase ferma al suo posto.
Durante la seconda settimana di febbraio un giorno Berner
venne a casa nostra. Iniziò immediatamente a parlare di Hans.
–“Tutte le nostre speranze sono andate distrutte. Divisa
com’è la classe, non posso andare avanti con l’idea del Circolo
Letterario. E in ogni caso Moll non vi sarebbe entrato; ha abba-
stanza lavoro con la sua Sodalità”.
–“Che cosa farai allora?”– domandai.
Ci pensò per un po’ e poi disse impaziente: –“Bene, con-
tinuo con questo gioco a nascondino. Sfrutterò la prima occa-
sione che si presenterà. Quando ho lasciato il lavoro ad altri,
loro hanno guastato tutto. Ma, ragazzi, una volta preso, non
mi scapperà. Ci sarà una lotta all’ultimo sangue, e lo metterò
al palo”.
Lo guardai. Era veramente arrabbiato. Feci un piccolo ten-
tativo per dissuaderlo dall’andare avanti.
–“Ma che cosa ci guadagni da questo? Lascialo in pace,
non si avvicinerà mai a te”

74
Luce delle montagne

Berner sorrise ironicamente. –“Tu sei un individuo mala-


ticcio come tutti gli altri. Con te è tutto un gioco da ragazzi.
Ma con Moll… questo è differente. È esattamente per questo
che devo batterlo. È stato abbastanza facile conquistare tutti gli
altri. Ma il giorno che Moll cadrà nella mia rete, riderò di tutti
quelli che hanno fallito prima”.
Durante il mese di febbraio il nostro professore di storia,
il Dottor Walker, stava spiegando la questione della Riforma.
Dipinse con i più oscuri colori la situazione della Chiesa e del
Clero a quei tempi. Lutero per lui era un eroe, un campione di
libertà che aveva scosso la tirannia della Chiesa di Roma e ave-
va restaurato la dignità dell’uomo.
La settimana prima dello scrutinio, il Dottor Walker in-
terrogò la classe sulla lezione. Venne il turno di Hans. Aveva
iniziato a parlare severamente e l’intera classe ascoltava con
attenzione. Parlò delle cause e dell’importanza della Riforma
con tali dominio e ricchezza di informazioni che noi eravamo
tutti impressionati. Ma la tesi della sua esposizione era abba-
stanza differente rispetto a quello del professore. Più di una
volta affermò il contrario di quello che ci aveva detto il Dottor
Walker. Ma lo provò con fatti concreti e un gran numero di
citazioni.
La faccia del Dottor Walker cambiava colore ad ogni mo-
mento. Alla fine scoppiò:
–“Ne ho abbastanza di questa insolenza! Tu pensi di poter
competere con me! Devi imparare quello che ti viene insegnato
in classe. Capisci?”– E si voltò indietro verso la cattedra per
prendere il registro dei voti.
Hans era seduto a fianco a me. Mi si avvicinò e mi disse,
–“Annota ogni cosa con la dattilografia”.

75
Weisser Francis X avier

Presi il quaderno e la matita e mi preparai. Ci sarebbe stato


da divertirsi. Il professore si voltò di nuovo. Mise gli asterischi
a Hans.
–“Troverai la risposta alla tua insolenza nella tua
valutazione”.
Stavo scrivendo ogni cosa.
–“Signore, non sono obbligato a condividere le sue
opinioni”.
Hans parlava volutamente con lentezza, per darmi il tempo
di annotare tutto. –“Ho appreso abbastanza bene quello che è
stato spiegato in classe. Ma accanto a questo, ho fatto qualche let-
tura per conto mio e mi sono formato una mia opinione. Lei non
ha alcun diritto di darmi una valutazione negativa per questo”.
Il Dottor Walker era furioso. –“Hai superato il limite; veni-
re a dire quello che posso fare! Per questa impertinenza il tuo
nome entrerà nella Lista Nera”.
–“Signore”– Hans disse con calma, –“Io protesto. Non sono
stato insolente”.
Il Dottor Walker aveva già aperto la Lista Nera e stava scri-
vendo il nome di Hans. Dopo si alzò e gridò selvaggiamente
senza il minimo auto-controllo: –“Siediti, idiota!, hai imparato
dai Preti a comportarti così? Pensi di farmi paura? Il voto più
alto che prenderai in storia sarà un due. Te lo dico qui davanti
a tutta la classe”.
Hans rimase in piedi. –“Signore, protesto ancora di più
contro questo”.
–“Protesta, protesta”– Il Dottor Walker gridò con rabbia.
–“Quella è la porta. Vai a protestare dal Direttore se
vuoi”.

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Luce delle montagne

Hans prese le note dattilografate e camminò fuori abba-


stanza tranquillamente. Nessuno se lo aspettava. Il professore
era assordato. I suoi occhi nervosi seguivano Hans. Non sapeva
che cosa fare. Per un po’ fissò lo spazio vuoto alla cattedra. Si
vedeva che tutta quella storia lo aveva scioccato. Dopo iniziò a
girare la pagine del suo libro nervosamente, fino a quando tro-
vò il passaggio che aveva spiegato nei giorni precedenti.
Verso la fine dell’ora Hans ritornò e si sedette al suo posto
come se niente fosse accaduto. Appena la campanella suonò il
Dottor Walker lasciò la classe più in fretta del solito. L’atmosfe-
ra si fece tesa. Il caso aveva smosso gli animi.
In un attimo tutti circondarono Hans.
–“Come è andata dal Direttore?”
–“Bene. Gli ho solo dato le note dattilografate. Lui saprà
come utilizzarle”.
–“Le note dattilografate!” – tutti esclamarono.
Hans puntò verso di me.
–“Le ho prese cercando di essere quanto più fedele possi-
bile” dissi.
–“Bontà mia! Walker la pagherà per questo!”.
Rutmeier mi diede una spinta.
–“Perché hai preso quelle note?”.
–“Me l’ha chiesto”.
–“Moll?”.
–“Sì”.
–“Buttale”– brontolò, –“Nessuno può tenere sotto controllo
quell’individuo”.

77
Weisser Francis X avier

Tutti stavano aspettando con il cuore in gola per vedere


come sarebbe andata a finire la faccenda. Durante l’intervallo
fui convocato nell’ufficio del Direttore. C’era il Dottor Walker:
la sua faccia era rossa come una radice di barbabietola.
–“Questi appunti dattilografati sono i tuoi?” – Il Direttore
mi domandò.
–“Sì, signore”.
–“Perché li hai scritti?”
–“Moll me l’ha chiesto quando il Dottor Walker ha preso il
registro dei voti”.
–“Hai riportato ogni cosa fedelmente?”
–“Sì signore, eccetto per l’ultima frase che non ho potuto
terminare. Era qualcosa simile a ‘vai e protesta dal Direttore,
se ti fa piacere.’”
–“Egger, mi dai la tua parola d’onore che quello che hai
scritto è fedele a ciò che hai sentito?”.
–“Sì signore”– replicai con enfasi.
Potei vedere il Dottor Walker mordersi le labbra. Stava di-
ventando ancora più rosso di prima.
Da quel giorno in poi non sentimmo mai più nulla di quella
storia. Hans mi disse che verso sera era stato chiamato nell’uf-
ficio ed era stato esaminato dal Dottor Walker in presenza del
Direttore. L’esame era durato mezz’ora.
Finalmente venne il giorno in cui si ritirarono le pagelle.
Nel momento in cui Hans ritirò la sua, tutti lo circondarono
per vedere i suoi voti. Potei leggere abbastanza chiaramente:
“Storia: Eccellente”.

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Luce delle montagne

Ma la sorpresa finale ci fu dopo le vacanze, nella prima ora


di storia. Il Direttore entrò per annunciare che il Dottor Walker
aveva chiesto di essere trasferito in un altro istituto. Avevamo
un nuovo professore, il Dottor Gapp, un giovane ed eccellente
insegnante. Le sue lezioni erano vere feste. Non ci fu mai una
parola di disprezzo o di scetticismo contro la Chiesa o la Fede.
Dopo la lezione tutti correvamo in eccitazione in giro per
l’aula. Berner mi chiamò in disparte.
–“Senti, ora abbiamo una fantastica occasione. Sto per ini-
ziare il mio lavoro su Hans. Ma devi essere estremamente pru-
dente. Non devi lasciarti scappare una sola parola dalle labbra.
Mi capisci?”
–“Sì”– dissi con disgusto.
–“La tua parola d’onore”– disse tenendo fuori la sua
mano.
Arrossii. –“Ma io non posso prendere parte” protestai
timidamente.
–“Non c’è bisogno. Ma stai zitto”.
Pieno di vergogna acconsentii. Berner fu soddisfatto.
–“Ora è la nostra occasione. Vieni con me”.
–“Scusami, Moll. Abbandoniamo le inutili formalità. Ma
onestamente, non avevo mai visto una cosa di questo genere
prima d’ora. Congratulazioni!”
–“Ti ringrazio. Ma non è stato così divertente come sembra.
Io non sono stato la causa del trasferimento del Dottor Walker.
Nessuno lo voleva”.
–“Sì, sicuramente”– Berner interruppe. –“Ma grazie alla
bontà lui ha avuto il buon senso di chiedere il trasferimento da
sé. Qui le cose si stavano facendo troppo calde per lui. Ma, per-

79
Weisser Francis X avier

dona la mia curiosità, mi piacerebbe sapere da dove hai preso


quei dati sulla Riforma”.
–“Se vuoi ti presto il libro”– Hans rispose. –“È ‘Lu-
tero’, in un volume, edizione Grisar. Lì è tutto spiegato alla
perfezione”.
Berner fece finta di essere abbastanza entusiasta della cosa.
–“È molto gentile da parte tua. Se non ti dispiace ti accompa-
gnerò a casa dopo la lezione così mi darai il libro. Da lì posso
prendere il tram per giungere a casa”.
Nel pomeriggio, quando stavamo tornando a casa, Berner
non prestò attenzione alla conversazione sull’argomento Tirolo,
montagne, sport invernali…A poco a poco Hans si animava per
l’argomento e parlava pieno di entusiasmo. Quandò raggiun-
gemmo casa nostra Berner commentò:
–“Che peccato, siamo arrivati. Potrei ascoltarti per ore e
ore su questo argomento. A Luglio l’intera famiglia va in Tirolo
per le vacanze. Mi piacerebbe essere ben informato prima di
allora”.
–“Ci incontreremo ancora”– replicò Hans. –“Ti darò tutte
le informazioni che vuoi”.
–“Splendido!”– disse Berner con evidente soddisfazione.
Dopo, fece una pausa. – “Io credo che la divisione in gruppi
nella nostra classe sia una cosa piuttosto stupida. Se ci fosse
stata un po’ più di unione avremmo potuto aiutarci meglio”.
–“Hai ragione”– replicò Hans. –“Spesso ho pensato la stes-
sa cosa”.
Eravamo già di fronte alla nostra casa. Berner disse che vo-
leva aspettare fuori. Ma mia madre ed io insistemmo affinché
entrasse. Poi venne insieme a noi in camera nostra. Hans fece
un pacco di libri e glieli diede. Berner lo ringraziò cordialmen-

80
Luce delle montagne

te e salutò tutti prima di partire. Lo accompagnai alla porta e


tornai. Hans stava mettendo in ordine i suoi libri.
–“Sai Fritz, credo che Berner sia migliore di quanto
pensassi”.
–“Sembra così”– risposi in un modo non impegnativo e mi
voltai da un’altra parte per nascondere il mio imbarazzo.
Da quel giorno in poi Berner iniziò ad incontrare Hans più
spesso. Lesse anche l’intero volume “Luther” per poter parlarne
con Hans. Due settimane prima dell’inizio delle vacanze della
Settimana Santa, ci invitò entrambi a casa sua. Anche sua ma-
dre voleva conoscere Hans.
Hans non era particolarmente contento dell’invito. Quell’im-
provvisa amicizia di Berner non era propriamente di suo gusto.
Ma non c’era motivo di rifiutare. Cosi venne.
La signora Berner ci intrattenne con una vivace conversa-
zione per diverso tempo. Fece preparare del thè per noi e poi ci
lasciò nella stanza di Kurt. Pochi minuti dopo si apri la porta ed
entrò Helma. Berner si alzò in piedi.
–“Mia sorella”– disse , rivolgendosi ad Hans. –“Le ho par-
lato di te e lei vuole conoscerti”.
Hans si alzò in piedi e si salutarono.
–“Vi dispiace se resto con voi?”– chiese, guardando tutti e
tre con un sorriso malizioso.
Berner si voltò verso di noi. –“Se non vi dispiace…”.
Sicuramente non eravamo imbarazzati. Helma si sedette e
cominciò a parlare cordialmente con il suo usuale fascino. Lei
si rivolgeva ancora a Hans con un pò di formalità. Quando lo
chiamò ancora signor Moll, Berner la interruppe, “ Oh per fa-
vore, basta con tutte queste formalità”.

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Weisser Francis X avier

Le parlai di quei disegni del dottor Defner che aveva Hans.


Helma chiese entusiasta, –“Oh potrei vedere quell’album un
giorno di questi? Vorrei deliziarmi”.
–“Certamente”– rispose Hans. –“Te lo manderò domani
con Kurt”.
Una domestica portò il thè. Passammo un’incantevole se-
rata. Helma contribuì molto nel rendere cosi piacevole la visita.
Era ancora quell’allegra e attraente ragazza che avevo cono-
sciuto prima di Natale.
Mentre stavamo ritornando a casa, due ore, dopo Hans im-
provvisamente osservò, –“trovo che Helma sia molto più carina
di suo fratello”.
–“Com’è?”
–“Non so. Lei parla molto più sinceramente e liberamente,
mentre suo fratello è cosi artificiale. Non l’hai notato?”
Il mattino seguente Hans portò l’album in classe e lo diede a
Berner. Ma era così grande! Non entrava nella borsa di Berner.
–“Guarda”– disse Berner, –“la borsa di Helma è più gran-
de. Puoi darlo direttamente a lei. Ma la sue lezioni finiscono
alle undici. Questo non ci dà il tempo di darglielo durante il
riposo”.
–“Aspetta”– dissi. –“Anche la lezione di mio fratello finisce
alle undici. Può darglielo lui”.
Durante l’intervallo consegnammo l’album ad Otto, che
acconsentì a darlo ad Helma.
Quella stessa sera durante il corso di Inglese, Berner venne
da me raggiante di gioia.
–“Ce l’ho in pugno”– Annunciò sfregandosi le mani con
gran soddisfazione.

82
Luce delle montagne

–“Ciao, cos’è successo?”– chiesi immediatamente.


–“Helma è assolutamente pazza di Hans. Se solo lui la cor-
rispondesse un pò, nessuno sarebbe in grado di separarli. Le
cose stanno andando meravigliosamente. Quando sono arrivato
a casa questo pomeriggio Helma è venuta da me tutta entusia-
sta ed ha iniziato a parlare in continuazione dei fratelli di Hans,
delle vostre vacanze di Natale, delle escursioni con gli sci e così
via… Lei è pazza del nostro dolce Hans”.
Io fui colto di sorpresa. –“Ma come fa a sapere tutto
questo?”.
–“Tuo fratello Otto l’ha accompagnata a casa e le ha detto
ogni cosa sul vostro soggiorno a Fulpmes. La ragazza ha perso
la testa per Hans e non rinuncerà a lui facilmente”.
Ero furioso. Se Otto fosse stato lì l’avrei schiaffeggiato.
Per stare al gioco di quel furfante…!! Ma no, Otto non poteva
immaginare…
Hans non sembrava essere consapevole dei sentimenti di
Helma. Lei spesso fingeva un incontro casuale e iniziava una
conversazione su Fulpmes, sulle montagne, sullo sci e su ar-
gomenti simili. Qualche volta lo accompagnava dall’istituto a
casa nostra.
In classe l’ U.P.I.T. non era lenta nel diffondere chiacchiere
maliziose secondo cui l’Arciprete e leader dei “Fratelli dell’Ac-
qua Santa” aveva finalmente trovato una fidanzata. Un giorno
riferii ad Hans di Helma.
–“Pensi che lei sia davvero interessata a me?”
–“Non penso così. È vero, lei è interessata ai tuoi disegni e
alle cose del Tirolo. Ma non puoi saltare alla conclusione che lei
è innamorata. Inoltre in amore, come nel fuoco, tu hai bisogno di
due elementi, non trovi? Uno per incendiare ed uno per bruciare”.

83
Weisser Francis X avier

Hans sorrise, ma potei notare che il suo sorriso era solo


un’apparenza. In realtà era veramente preoccupato.
–“Hai ragione” –riflettè. “La cosa non è male in sè. Per
il resto è una ragazza carina. Quando le parlavo delle nostre
vacanze natalizie, lei era tutta presa. E non stava fingendo, si
capiva subito”.
Ero colto di sorpresa. Ora era Hans stesso che le aveva par-
lato delle nostre vacanze natalizie.
Da quel giorno Hans fu solito vedersi con Helma più spesso
di prima. È vero che ogni cosa sembrava fatta per bene. Helma,
la conoscevo molto bene, era una ragazza seria.
Ma non mi piaceva il pensiero che Hans a poco a poco
stava cadendo nella trappola preparata da Berner. E dovevo ri-
manere calmo poiché avevo dato la mia parola d’onore a quel
traditore.
Quella notte non riuscii ad addormentarmi. Ero spaventa-
to, se Hans si fosse innamorato di Helma, ogni cosa sarebbe
andata persa.
Durante le vacanze pasquali Hans ed io andammo a pas-
sare alcuni giorni a Neubruck, da un nostro zio. Ci divertimmo
molto. In quella regione non c’erano grandi montagne, per lo
meno come a parere di Hans. La catena Leihta non era niente
per lui, piccole colline a suo giudizio. Lo zio, il fratello di mia
madre, aveva sette figli. L’intera famiglia, tranne noi, era Catto-
lica fervente. Con loro Hans si sentiva a casa di nuovo. Notavo
come gioiva nel dire le preghiere prima di mangiare.
Andava alla Messa tutti i giorni. Spesso eravamo soliti an-
dare a fare picnic sulle colline vicine, o facevamo visita ad un
dottore amico di famiglia, che aveva anche lui molti figli, quasi

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Luce delle montagne

un coro grazioso di voci e litanie di nomi: Edith, Antschi, Ri-


chard, Mimi, Alfred, Mary Louise…..
Non eravamo abituati ad un simile chiasso e trambusto e a
vivere in compagnia di così tante persone. Ma noi gioivamo in
quell’atmosfera. E il tempo passò.
Con il gelo nel cuore ci preparammo per i saluti. Mercoledì
sera dovevamo tornare a Vienna.
Martedì il postino portò una cartolina per Hans. In quel
momento lui era fuori con i figli del Dottor Baltzar. La presi io
ma per strada non riuscii a frenare la mia curiosità e la lessi.
“Mio caro Moll,
ti ringrazio con tutto il cuore per la tua amorevole
cartolina. Ti prego di accettare i miei più sinceri auguri
per una felice Pasqua. Tu non puoi immaginare quanto ho
desiderato il tuo ritorno a Vienna. I miei pensieri sono sem-
pre per te. Sono sicura che mi hai pensato anche tu, no?”
A presto, la tua devota amica.
H”.

‘H’? Chi poteva essere? In mente avevo un sospetto.


Trovai Hans in giardino. Si intratteneva con una vecchia
canzone popolare Tirolese. Quando finì gli diedi la cartolina.
Lui la lesse ed arrossì.
–“Una lettera d’amore?”– gridò mio cugino Richard.
Tutti risero e guardarono Hans. Lui mise la cartolina in
tasca e ci sorrise.
–“Che tipo è?”– chiese Alfred.
Hans stette al gioco e guardò intorno come se stesse scru-
tando la faccia di ciascuno. Ma mi accorsi che era un po’ a
disagio. Alla fine indicò Mary Louise.

85
Weisser Francis X avier

–“Non proprio come lei, ma i loro sguardi si assomigliano


moltissimo”.
Tutti noi ridemmo di cuore. Ma improvvisamente mi resi
conto che Mary Louise aveva veramente lo sguardo molto si-
mile a quello di Helma.

86
Luce delle montagne

Capitolo vi

Sull’orlo del precipizio

All’inizio di Maggio i membri della nuova confraternita


furono formalmente accolti e fecero l’atto di consacrazione alla
Vergine Santissima. La tenera pianta stava diventando adulta
in modo eccelso. Si erano uniti sessantadue ragazzi dall’istitu-
to, trentotto dai ceti poveri e trentaquattro dai ceti ricchi. Otto
aveva scelto bene dalla sezione dei giovani.
Accompagnai Otto e Hans alla cerimonia di accoglienza e
solo allora capii come quel meraviglioso progetto si stava am-
pliando rapidamente e nel silenzio. Credevo a stento che quei
ragazzi radunati nel nome di Maria, con la gioia nei loro cuori e
la purezza splendente nei loro occhi, fossero studenti del nostro
Istituto.
L’uniforme degli juniors era abbastanza emozionante, un
simbolo della ferma volontà e dell’unione di cuore e di mente che
li animava. Offrivano un’incantevole visione con i loro pantalo-
ni lunghi blu scuro, con le camicie bianco puro e le cravatte che
mostravano orgogliosamente il simbolo della Confraternita.
I seniors, al contrario, non avevano un’uniforme distinti-
va. Per loro non era necessario un simbolo esteriore della loro
unione. Ciò che li univa tutti insieme era la loro volontà, matu-
rata e consolidata nella loro battaglia spirituale giovanile.
Quando fecero la promessa all’altare di essere fedeli a Cri-
sto e alla Sua Chiesa sotto la protezione di Maria, ognuno di
loro sentì l’importanza e la solennità del passo che stavano com-
piendo. Io pensai a Berner e all’ U.P.I.T. Riuscivano a capire che
in quel momento una forza potente e vincente si stava levando
contro loro, una forza alla quale non potevano opporsi?

87
Weisser Francis X avier

Otto fu il primo a salire sull’altare. Con i suoi lunghi pan-


taloni sembrava più alto. Con voce chiara e ferma pronunciò il
suo Atto di Consacrazione. Poi, come prese la bandiera nelle
sue mani, vidi nei suoi occhi uno scintillio di gioia ed entu-
siasmo. –“Questa è la bandiera che ho scelto per me. Non la
tradirò mai, perché ho promesso fedeltà a Dio”.
Hans poteva immaginare quali ore di agonia avrei dovuto
sopportare nelle settimane seguenti per lui?
Potevo osservare la lotta che si combatteva dentro di lui.
Helma, così affascinante e attraente, lo aveva incantato. Con le
chiavi dorate dell’amore aveva bussato alla porta del suo cuore,
che era fortemente agitato. E poco prima che Hans se ne rendes-
se conto, l’affascinante intruso era già entrato dentro il fortino.
Per la prima volta Hans sentiva la dolce attrazione dell’amore
e vi cedette. L’iniziale scintilla cresceva fino a diventare una
grande fiamma.
In seguito Hans divenne insolitamente riservato e reticente.
Non disse mai niente di Helma, nè fu mai visto in pubblico con
lei. Cercò di apparire calmo, sereno e anche chiassoso nei suoi
modi di fare. Tuttavia si poteva percepire ansia e nervosismo
nel suo comportamento.
Una sera, verso metà maggio, piuttosto inaspettatamente,
mi disse che stava andando al cinema.
–“Che cosa vai a vedere?”– chiesi.
–“Un film di guerra “La Quattordicesima compagnia”, o
qualcosa di simile. Niente di eccezionale, suppongo. Ma mi
piace vedere un film ogni tanto”.
–“Vuoi che venga con te?”
–“No no”– si affrettò a replicare. –“Hai molto lavoro per
domani. Inoltre vorrei andare solo”.

88
Luce delle montagne

–“Come vuoi”.
Un terribile dubbio si levò nella mia mente. Tutta questa
faccenda di Helma era un mirato stratagemma di Berner? Cosa
stava andando a fare stasera Hans? Diventai inquieto. Non ap-
pena Hans uscì, presi il mio cappello e mi preparai a seguirlo.
Quando arrivò in strada io prontamente scesi le scale ed uscii.
Provai a mescolarmi in mezzo alla folla in modo da non essere
visto. Cercai Hans e lo vidi girare verso Stock Exchange. Lo
seguii rapidamente cercando di mantenere una distanza di si-
curezza. Alla fine della strada si fermò come se guardasse qual-
cuno o qualcosa. Poi fece un segno verso sinistra e proseguì
a passo svelto in quella direzione. Lo seguii. Pochi metri più
avanti vidi la macchina del Dr. Berner parcheggiata accanto al
marciapiede. Hans vi salì. Io mi fermai: il mio cuore sembrava
saltare i battiti. Vicino a me c’era un taxi. Lo chiamai e dissi
all’autista: –“segua quell’auto sulla sinistra che si sta muoven-
do”. Lui accese il motore. In quel momento l’auto del Dr. Ber-
ner ci superò. –“è lei”–indicai all’autista. Fece un cenno col
capo e girò prontamente. Le due auto percorrevano in giù Ring
Avenue, a poca distanza tra di loro.
Stavamo attraversando la parte di città chiamata Maria
Aiuto dei Cristiani, poi attraverso Gurtels verso una nuova di-
rezione. Vedevo che il mio autista usava questo tipo di tecnica:
quando la strada si liberava lasciava una distanza di sicurezza.
Quando il traffico aumentava si avvicinava di più, appena due
metri dall’altra auto.
Avevo gli occhi fissi sull’auto davanti a noi e non mi resi
conto di quanto ci fossimo allontanati. Mi spaventai quando le
auto si fermarono. Dove eravamo? Guardai attraverso il fine-
strino e vidi l’entrata del cinema centrale tutto illuminato, con
potenti fari e cartelloni pubblicitari creati con curiosi disegni
di luce.

89
Weisser Francis X avier

Durante il tragitto avevo spento le luci dentro l’auto in


modo tale da poter osservare ogni cosa di nascosto. L’autista
del Dr. Berner scese ed aprì la porta della sua auto. Ne uscì
Helma sorridente e Hans dopo lei. Dissero poche parole all’au-
tista, che fece un cenno col capo e guardò il suo orologio. Poi
Helma ed Hans andarono verso la biglietteria. L’autista entrò
di nuovo in auto e si allontanò. Il mio autista si voltò verso di
me per chiedermi cosa dovesse fare. Gli dissi di non muoversi.
Scesi e lo pagai.
Era una cosa rassicurante che Hans fosse andato al cinema
centrale. Almeno non mi aveva mentito. Vidi nei cartelloni, “
La Quattordicesima Compagnia – Una Memorabile Notte di
Attacco durante La Grande Guerra. – Scene Commoventi di
Un Impavido Eroismo in Faccia alla Morte”.
Dovevo entrare? Era troppo rischioso, pensai. Hans ed
Helma potevano vedermi. Camminai lentamente giù per
Wahringer street e salii su di un tram. Dopo mezz’ora ero di
nuovo nella mia stanza e tentai di riprendere lo studio. I libri
erano immobili, aperti sulla scrivania. Dopo un po’ Otto en-
tro con la forza. –“Bene, bene! Adesso canticchierai la marcia
di Radetzky per la terza volta accompagnandoti con le dita
sul tavolo e fisserai stupidamente il soffitto. Questo lo chiami
studiare?”
–“Lasciami solo. Non sono nelle condizioni di studiare”.
Otto si avvicinò alla mia scrivania. –“Che diavolo ti è suc-
cesso Fritz?”– E aggiunse timidamente, –“Forse…..Hans?”
Lo guardai con sorpresa. –“Che ne sai?”
–“Si comporta in modo strano in questi giorni. Non
l’hai notato? La notte scorsa non era tranquillo. Penso stesse
piangendo”.

90
Luce delle montagne

Ecco cos’era. Adesso sapevo esattamente cosa stava acca-


dendo. Il povero Hans era disperatamente in lotta per protegge-
re il bene più prezioso - la purezza della sua anima!
La bianca luce delle montagne si era affievolita a causa
dell’impatto con la tempesta. Era ancora brillantemente limpi-
da e senza macchia, ma ombre scure e minacciose si stavano
addensando intorno alla fiammella tremolante. Hans stava lot-
tando disperatamente. Sei mesi fa mi sarei rallegrato vedendolo
cedere. Ma ora temevo che se la luce di Hans si fosse esaurita,
si sarebbero infrante tutte le aspettative di raggiungimento dei
miei ideali. Mi sentivo completamente scoraggiato ed ero pron-
to ad arrendermi tristemente.
Non potevo assolutamente avvertire Hans. Non avevo dub-
bi che il mondo costruito da Berner sarebbe crollato. Ma io non
potevo avvertire Hans perché Berner sapeva troppo di me, ero
prigioniero nelle sue mani.
Il mattino seguente Hans era più inquieto e nervoso del
solito. Durante la lezione sembrava essere completamente as-
sente. Lo vidi più di una volta arrossire e mordersi il labbro. Era
evidente che dentro la sua anima c’era un’aspra lotta. In serata
incontrai Berner di fronte a casa nostra, tornando a casa dopo
la spesa. Voleva parlarmi.
–“Ascolta Fritz”– mi disse animandosi, –“sei libero? C’è
Moll a casa?”
–“No. È andato in città”.
–“Ottimo. Posso salire con te?”.
–“Andiamo”–. Entrammo in casa e andammo dritti nella
nostra stanza. Ci sedemmo. Berner accavallò le gambe, incro-
ciò le braccia e mi guardò con aria di trionfo.

91
Weisser Francis X avier

–“Sai cosa sta succedendo?”– disse. Feci lo sforzo di sem-


brare disinteressato. –“Cosa sta succedendo?”
–“Ieri sera il nostro dolce Hans ha portato Helma al
cinema”.
–“Dici?. Bene, non c’è niente di male in questo”.
–“Va bene, va bene! Ma abbiamo già ottenuto molto”.
Sorrise. –“Adesso entro in scena io. Diamo il colpo finale
sull’arbusto. Fritz, voglio che tu istruisca Helma. Lei sembra
che viva nel mondo delle favole e questo deve finire. Lo deve
intrappolare e farlo cadere nella nostra rete…. Ma ho bisogno di
qualcuno che mi aiuti” disse mordendosi il labbro.
–“Ad esempio?”– chiesi.
Mi guardò intensamente. –“Per incastrarlo bene, ho biso-
gno di qualcuno che possa allenare Helma, insegnare alla ra-
gazza un po’ di cose. Ci ho provato io stamattina. Ma la ragazza
si è infuriata e ha minacciato di andare da mio padre se non
avessi smesso all’istante… Cosa avrei potuto fare? Essendo suo
fratello non posso venirne a capo. Così questa è la situazione.
Ti garantisco che con te non farà lo stesso. Le ragazze si com-
portano così solo con i fratelli. Se ci andassi tu non ci sarebbero
problemi…”
–“No!”– Scossi decisamente la testa. –“Devo convincere
Helma ad attirare Hans nella tua trappola? Vuoi rovinare tua
sorella! Sei un mascalzone Berner!”.
Accennò un fine e sarcastico sorriso sulle sue labbra. –“Non
prendertela, uomo! Non voglio una scenata qui…. Si, ho notato
che ultimamente non possiamo fidarci di te…Lasciamo stare.
Rutmeier istruirà Helma. Non avresti dovuto rispondermi così
brutalmente, però…”

92
Luce delle montagne

Dopo una pausa continuò: –“Attento! non una parola di


questo, capito? Se tu mormori una sola parola, avrò qualcosa
da dire…ti ho avvisato”.
Cosa potevo rispondere? Guardai per terra e strinsi i pugni
per la rabbia. Berner prese il suo cappello sorridendo.
–“Andiamo, mostrami l’uscita, vuoi? I tuoi genitori non
devono sapere che c’è stata una piccola incomprensione tra di
noi”.
Uscii con lui. Si congedò dai miei genitori con la solita cor-
tesia e amabilità. Fuori, nel salone, si rifiutò di darmi la mano,
–“Addio…”.
Digrignai i miei denti e mi voltai senza parole. Ma mi prese
per il braccio e disse, –“No, no! La cosa non è cosi semplice. Io
voglio essere certo che manterrai il segreto. Se questo affare di
Moll va a monte, racconterò quello che so di te ai tuoi genitori.
Ho le prove…”.
Cosa potevo fare? Ardevo di rabbia. –“Non dirò una paro-
la” –promisi. –“Ma io e te abbiamo chiuso per sempre!”.
–“Benissimo”.– Aggiunse sarcasticamente –“addio Mr.
Egger”–, ed uscì. Tornai in salotto disperato. Qui trovai Otto
ed un suo amico.
Quando entrai mi videro e arrossirono.
–“Cosa fate qui?”– chiesi sospettoso.
–“E’ un segreto”– disse con tono brusco Otto.
Sorrisi con condiscendenza. –“I vostri segreti sono solo
monellerie infantili”.
Attraversai la sala e andai nella nostra camera. Mi buttai
sul letto. Cosa potevo fare? Avrei abbandonato Hans nelle tene-
bre? O dovevo dirgli tutto? Se lo facevo probabilmente poteva

93
Weisser Francis X avier

fare la scelta giusta e reagire in tempo. Ma dopo Berner poteva


andare dai miei genitori e parlargli…. Oh no! Non avrebbero
dovuto mai sapere…. mai! Solo ora capivo con quale diabolica
lungimiranza Berner aveva architettato l’intero piano. Lui ave-
va le prove nelle sue mani: lettere e note da parte mia. Io non
avevo prove contro di lui. Se avessi osato dire qualcosa contro
di lui, sarebbe stato benissimo in grado di negarlo ed io avrei
potuto trovarmi in una situazione imbarazzante.
La notte seguente fu la peggiore della mia vita. Mi agitai
nel mio letto incessantemente. Quasi inconsciamente i miei oc-
chi si volgevano ad Hans. Si stava dirigendo verso un precipi-
zio, probabilmente senza rendersene conto. Potevo vedere ciò,
ma non potevo offrirgli il mio aiuto. Con snervante persistenza
mi venivano in mente un’infinità di idee e piani contraddittori.
Implorai, pregai e maledissi Berner, tutto nello stesso momen-
to. Era mezzanotte passata quando caddi in un sonno irrequieto
ed agitato.
Il mattino seguente rimasi a letto con un terribile mal di
testa. A mezzogiorno mi alzai ed andai con Hans al P.T. class.
Notai con sorpresa che era nuovamente se stesso, chiacchierone
e di buon umore come non lo avevo più visto da molto tempo.
Nei suoi occhi c’era di nuovo il candore e quella luce bella e
scintillante…
Tuttavia trapelava una sorta di agitazione interiore dietro la
sua apparenza calma e allegra. Non era il nervosismo e l’ambi-
guità della settimana precedente, ma un tipo di determinazione
matura e controllata.
A metà strada dall’istituto si fermò e mi guardò. –“Fritz, so
tutto di quello che è successo ieri tra te e Berner”.
Mi voltai pallido. La terra sotto i miei piedi sembrava vacil-
lare. Vedendo la mia reazione Hans cercò di confortarmi.

94
Luce delle montagne

–“Non preoccuparti, Fritz. Posso immaginare cosa hai do-


vuto attraversare. Ma è tutto finito ora. Vieni! Andiamo a pa-
reggiare i conti con Berner. In qualche modo ora mi rallegro
che tutto questo sia successo”.
Riprendemmo il nostro cammino. Ero ancora a disagio.
–“Per favore Hans, cosa sai?”.
Hans prese un foglio di carta dalla sua sacca. Pare che Otto
ed il suo amico fossero nascosti sotto il letto a giocare quando
noi entrammo in camera. Ma quando sentirono ciò che Berner
stava dicendo furono presi alla sprovvista e rimasero in silen-
zio. Ascoltarono ogni cosa… chissà che impressione deve aver-
gli fatto!
Successivamente Otto scrisse ogni cosa su un foglio. Quel-
lo era il foglio di carta che aveva Hans.
Ero cosi stordito che non riuscii a dire una parola. Hans mi
prese per un braccio. –“Fritz, hai fatto bene a rompere con quel
furfante di Berner. Ho capito benissimo che dovevi restare in
silenzio. Vedi, anche io ho dei motivi per vergognarmi. Come
sai è vero che ho portato Helma al cinema. Anche se non c’è
niente di sbagliato in quello, questo foglio di carta mi ha aperto
gli occhi. Ora vedo che stavo camminando alla cieca su un ter-
reno pericoloso…..Otto non sa nulla di tutto questo”.
–“Ma per quanto riguarda Berner? Chiesi con apprensio-
ne… Io temevo per quello che poteva dire su di me.
Hans aggrottò le ciglia e si affrettò a rispondere. –“Quell’in-
dividuo non aprirà bocca, puoi starne certo. Me ne occuperò io”.
Quando finimmo P.T., Hans rimase in cortile aspettando
Berner.
–“Buon pomeriggio Hans!”– salutò il traditore. Mi ignorò
completamente.

95
Weisser Francis X avier

–“Vieni con me”– disse Hans bruscamente appena lui girò


verso la scala. Lo seguimmo.
Berner mi fissò con sguardo interrogativo. Io rimasi impas-
sibile. Entrammo in un’aula. Hans chiuse la porta dietro di sè e
si voltò verso Berner.
–“So ogni dettaglio di quello che hai tentato di architettare
ieri con Fritz”.
Berner fu colto alla sprovvista. Mi lanciò uno sguardo ir-
ritato. Ma si controllò subito e disse sorridendo –“Dici? Sei si-
curo di non essere vittima di un tiro mancino? Mi piacerebbe
sentire cosa sai esattamente”.
–“Risparmia il fiato”– fu la brusca risposta di Hans. Vede-
vo che si tratteneva a fatica. Continuò: –“prima di tutto voglio
che tu sappia che Fritz non mi ha detto niente. È stato un puro
caso che sei stato ascoltato. Fortunatamente ci sono due testi-
moni. Eccoti una copia delle loro parole. Leggila e giudica tu
stesso”.
Berner strappò il foglio dalle mani di Hans e lesse frettolo-
samente. Mormorò una volgare imprecazione e diventò pallido
dalla collera. –“Avete proprio una bella casa, dove gli ospiti
sono spiati!”
–“Concorda con la tua conversazione non trovi? D’ora in
poi stai attento ed ascolta questo. Primo, sei nelle mie mani.
Qui ho le prove contro di te. Se tu osi dire una parola di ciò che
sai su Fritz, posso ripagarti con la stessa moneta e faccio uso di
questo foglio di carta. Secondo, sia chiaro: se tu o Rutmeier o
chiunque altro della tua gang osa interferire con Helma in qual-
siasi cosa, andrò dritto da tuo padre a mostrargli questo foglio.
E con me verranno gli altri due testimoni. Terzo, di quello che
stavi pianificando contro di me non voglio sapere una parola.

96
Luce delle montagne

Ma meno male che ora so cosa pensare di te. Tu sei un farabutto


che fa il doppio gioco!”
–“Cosa?”– gridò Berner con ira.
Ma in quel momento Hans contrastò a testa alta il suo an-
tagonista. I suoi occhi sembravano sprigionare fuoco ed il suo
intero aspetto lampeggiava di indignazione. Ero spaventato ed
anche Berner lo era; intimorito fece un passo indietro.
–“Chiudi il becco!”– disse con voce tonante Hans. –“Sono
io che ti parlo ora. Sai che significa che io potrei essere forzato
a difendere Helma, tua sorella, contro di te?”
Berner ascoltò nervosamente. Senza osare mai sollevare gli
occhi dalla terra mormorò: –“Difendere…..Oh sì! So cosa vuoi
dire…”
In un attimo il pugno di Hans colpì la faccia di Berner e lo
fece barcollare. La testa di Berner sbattè contro il tavolo. Provò
a riprendere l’equilibrio ma barcollò da un lato all’altro ed infi-
ne cadde a terra.
Hans lo guardò con odio per un momento. Poi improvvisa-
mente, come se si svegliasse da un sogno, si voltò verso di me.
–“Andiamo Fritz”.
Si diresse alla porta senza voltarsi verso Berner. Lui stava
ancora sul pavimento e si puliva la faccia e la testa dal sangue,
con gli abiti coperti di polvere. C’erano lacrime nei suoi occhi.
–“Porco!”– gridò alle nostre spalle.
Io chiusi violentemente la porta dietro di noi. Le labbra
di Hans stavano tremando. Una grande agitazione scuoteva il
suo corpo. Scese le scale rapidamente, senza proferire parola.
Quando raggiungemmo la porta improvvisamente si fermò e
mi prese per un braccio.

97
Weisser Francis X avier

–“Oh Fritz! Se sapessi cosa sento ora nel cuore…. Sto


sull’orlo del precipizio. Dio aiutami!”– Si appoggiò sul muro
e scoppiò in lacrime. Non durò molto. Provai a consolarlo e a
calmarlo. Dopo un po’ scendemmo in strada.
Sulla via di casa non dicemmo nulla di quello che era suc-
cesso. Ma ora mi rendevo conto che Hans non aveva capito fino
a quel giorno in quale pericolo si stava imbattendo.
Quando fummo soli in camera disse –“Non dimenticherò
mai questo giorno Fritz”.
Strinsi la sua mano affettuosamente e vedendolo già fuori
pericolo dissi: –“Grazie a Dio Hans”.
–“Sì, devo ringraziarlo dal profondo del mio cuore”–. I suoi
occhi brillavano con una nuova luce.
Durante i tre giorni seguenti Berner fu assente dalla classe.
Quando tornò aveva i capelli pettinati in un modo che si notava
a malapena il cerotto sulla fronte.
Hans ed io non ce ne curammo per niente.
Io avevo ancora il dubbio persistente che potesse vendicarsi
con me, ma passarono settimane e non menzionò più l’intera
questione.
Adesso, completamente rassicurato, ringraziavo sincera-
mente Dio, perché questa volta anch’io mi ero salvato dal cade-
re nel precipizio.
Da quel giorno Hans non incontrò più Helma se non in pubbli-
co. Spesso dopo la scuola la accompagnava a casa. Questo servi-
va come promemoria a Berner. La ragazza era certamente ancora
innamorata di Hans. Lei lo rimproverava spesso di essere diven-
tato improvvisamente freddo. Hans sorrideva e le assicurava che
sarebbero restati per sempre ottimi amici, e lei si tranquillizzava.

98
Luce delle montagne

Mio fratello Otto divenne molto più serio e maturo dopo


quello che aveva imparato quel giorno. Ma non fece mai riferi-
mento nei suoi discorsi e non mi fece mai capire che conosceva
tutta la questione.

Le ultime settimane di giugno trascorsero come un giorno


luminoso dopo una notte tempestosa. Non c’era nulla che po-
tesse dividere me ed Hans. Ora eravamo come due fratelli e allo
stesso tempo migliori amici. Gli eventi delle ultime settimane
avevano dissipato dalla mia mente le ultime tracce di dubbio
e pregiudizio. Ora sapevo molto chiaramente che non potevo
diventare generoso e puro solo con la mia volontà. Hans stesso
non poteva farlo. Capii che l’unico modo per vincere le mie pas-
sioni e raggiungere i miei ideali era sottomettermi alla Legge di
Dio con volontà e serenità. Cominciai a pregare di nuovo.
Ma immancabilmente esitai quando fu il momento di fare
l’ultimo passo. Questo significava che dovevo fare l’esame della
mia vita passata per una buona confessione. Quello mi spaven-
tava. Misi a tacere la mia coscienza con la scusa che adesso,
alla fine della scuola, ero troppo occupato, e continuai a posti-
cipare la decisione finale per un altro po’ di tempo.

99
Weisser Francis X avier

Capitolo vii

Trionfo e sacrificio

Giorno dopo giorno arrivammo alla fine dell’anno, come


un vecchio motore che vibra lungo la sua destinazione finale.
Avevamo superato gli esami. Dopo, seguì una settimana nervo-
sa senza alcun rendimento in classe. L’impazienza duramente
repressa, distrazioni, sogni… Ma un giorno ogni cosa svanì
dando il via all’entusiasmante calca e trambusto delle vacanze.
Il mattino seguente Hans, Otto ed io eravamo seduti nel
Vorablerg Express, che viaggiava a grande velocità attraverso
i verdi campi dell’estate, riportandoci alle lontane montagne.
Zio Heinrich ci aveva invitato ancora a passare le vacanze a
Fulpmes.
Come nella nostra visita precedente, mio zio ci stava aspet-
tando a Innsbruck. E ancora una volta camminammo per le
strade da Isel a Stubaital. Ma questa volta i percorsi non erano
segnati sui campi di neve avvolti dall’oscurità e dal freddo di
una notte invernale, ma attraverso ondeggianti angoli di campi
che si piegavano e ci salutavano da entrambi i lati. I bagliori
rossi del tramonto bagnavano i verdi alberi della foresta. Oltre
la foresta si ergeva la catena di montagne, alcune splendenti
nella gloria dei raggi del sole, altre erano già avvolte nelle om-
bre della sera.
Proprio quella sera Hans ed io eravamo seduti fuori dal
cottage nascosto nel bosco di pini, non lontano dalla casa.
Nonostante il lungo viaggio non ci sentivamo affatto stanchi.
Ritornare dai nostri cari e respirare ancora l’aria pura di mon-
tagna ci faceva dimenticare tutte le nostre fatiche del corpo e
della mente.

100
Luce delle montagne

Sospesa contro un cielo scuro, la luna splendeva su Fro-


neben. I campi e le montagne erano bagnati dalla sua pallida
luce. Il silenzio era sceso sulla valle e noi eravamo totalmente
rapiti dalla bellezza e dal fascino di quella notte serena. Più in
là, a grande distanza, si poteva sentire solo il leggero mormorio
della corrente. E fu in questa occasione che Hans, con una sorta
di timida gioia, mi rivelò il suo grande segreto. I suoi occhi,
che stavano contemplando il cielo, si girarono improvvisamen-
te verso di me. Splendeva in loro un abbagliante fuoco di entu-
siasmo e un leggero trionfo. Era leggermente nervoso quando
iniziò a parlare: –“Fritz”– disse, –“ho meditato e combattuto
contro me stesso per molte settimane. Ma ora vedo la mia stra-
da con chiarezza. Diventerò un sacerdote”.
Fui colto di sorpresa. –“Tu un prete?”–mormorai con pura
e semplice meraviglia. Ebbi la sensazione di essere un intruso
in un santuario dove la Maestosità di Dio aveva la sua dimora.
–“E cosa farai con Helma?”– osai chiedere.
–“Domani le scriverò una lettera. Lei dovrà sacrificarsi.
Potrà essere difficile, ma mi dimenticherà con il passare del
tempo”.
In ogni sua parola c’era quella emozione controllata che ri-
velava un grande sacrificio. Sapevo che stava scegliendo la sua
vocazione liberamente. Stava abbandonando il mondo non per
codardia, egli era di quelli che appartenevano alla compagnia
di coloro che sanno come conquistare se stessi. Stava andando
diretto seriamente e gioiosamente a servire il suo Maestro per
farGli l’offerta della sua vita, ancora nel fiore della giovinezza.
La sua natura generosa si rallegrava perché si stava donando
totalmente a Dio.
Abbassai lo sguardo per la vergogna. Ancora una volta sen-
tii che io ero lo schiavo e il codardo.

101
Weisser Francis X avier

Il mattino seguente con la borsa sulle spalle uscii per un


picnic sulle montagne. Dovevo affrontare me stesso lealmente
e sistemare i miei pensieri una volta per tutte. Girovagai senza
mèta, ritornando per strade già percorse e zigzagando attraver-
so foreste e pascoli. Io ero ben conscio di quel mondo di gloria e
bellezza che mi circondava da ogni parte. Verso mezzogiorno,
attraversando l’ultima pianura, arrivai su terreni difficili: avevo
raggiunto la cima di una grande montagna.
C’era una Croce piantata sulla vetta. Le persone la chia-
mavano la Croce dei Venti. Sopra di me vidi il cielo blu e le
altre cime, così spesso spazzate dalle tempeste. In piedi là, a
fianco della Croce, sentii tutta l’indolenza degli anni passati che
cadeva dalla mia anima come un mantello vecchio e pesante,
consumato dai mesi.
Per anni non avevo avuto il coraggio di pronunciare
quell’unica parola “Sì”. Ma in quel momento rinnovai la mia
mente. Decisi di portare allo scoperto quello che avevo così
spesso esitato a intraprendere. Volevo essere nobile, generoso
e coraggioso, tanto quanto Hans. E dal più profondo del mio
cuore dissi “Sì!”.
Esausto in ogni centimetro del mio corpo, ma con cuore
bramoso ritornai a casa ricolmo di gioia. Trovai Hans nella no-
stra stanza; stava scrivendo una lettera.
–“Ciao. Dove sei stato oggi?”– domandò. Indicai il Ser-
les. Dopo pochi istanti di silenzio, mi avvicinai al suo tavolo e
dissi con leggerezza, –“Hans, hai un po’ di tempo per me?”.–
Mise da parte la lettera che stava scrivendo e mi guardò drit-
to negli occhi. –“Potresti venire con me dai Salesiani? Vorrei
confessarmi”.
Questa notizia inattesa lo sorprese per un secondo. Dopo mi
prese per un braccio e mi chiese onestamente, –“Fritz, sei serio?”

102
Luce delle montagne

Feci un cenno con il capo. Respirò come se fosse sta-


to sollevato da un carico grande e pesante. –“Andiamo
all’una”– disse.
Attraversammo il villaggio fino alla residenza dei Salesia-
ni. Gentilmente Hans mi presentò il suo confessore. Mi sentivo
nervoso. Per fare la mia confessione avrei dovuto essere a cono-
scenza del fatto che per molti anni avevo ricevuto i Sacramenti
indegnamente.
Hans lasciò la stanza. –“Ti aspetterò nella cap-
pella”– disse.
Per pochi istanti sentii un groppo in gola e non riusci a
pronunciar parola. Alla fine borbottai, –“Per favore, Padre, mi
aiuti”–. Il Padre comprese subito la situazione e iniziò a farmi
qualche domanda. Dovevo dire solo “sì” o “no”. Una volta che
conobbe tutta la storia, mi consigliò di prepararmi per una con-
fessione generale che avrebbe avuto luogo nei giorni seguenti.
Sapeva quasi tutto ma era bene farla coscienziosamente. La mia
felicità sarebbe stata più grande. Mi chiese come mi sembrava
l’idea. Io acconsentii prontamente.
Con questo, avevo fatto il primo passo, e il più importante.
Non avrei più potuto tornare indietro, ora. E infatti, chi l’avreb-
be voluto? Con grande vitalità ritornai a casa insieme ad Hans.
–“Tu non devi dire una parola a Otto”– avvertii Hans, per pre-
parargli una vera sorpresa. Dopodomani, Domenica, verrò con
tutti voi alla Messa e farò la Comunione. Allora capirà quello
che è successo”.
Ad Hans piacque il piano. E aggiunse, –“Fritz, anche io ho
un’idea. Dopodomani darò ai miei genitori la notizia che voglio
diventare sacerdote. Nello stesso giorno tu andrai a fare la tua
confessione. Per entrambi sarà un giorno memorabile. Per que-
sta ragione domani andrò a prendere un mazzo di Edelweiss

103
Weisser Francis X avier

da Stocklen e Viller. Lì crescono dei grandissimi e bellissimi


esemplari. Questo fiore sarà il simbolo di una nuova vita per
entrambi”.
Capii all’istante che voleva lasciarmi solo il giorno seguen-
te. Io acconsentii. Quella sera stessa aveva ogni cosa pronta
per l’escursione, pantaloni, stivali, borsa e tutto il resto. Andò
a letto più presto del solito, e non parlammo più della mia
confessione.
Quando mi alzai il mattino seguente vidi che Hans si era
già vestito. Stava allacciando le cinghie della sua borsa. Appe-
na finì, venne vicino al mio letto e ci stringemmo la mano. –“Ci
vediamo dopo, Fritz. Sto prendendo il primo autobus per Neu-
stiff. Lì ascolterò la Messa”– e aggiunse, sussurrando, –“Per
te”.– Gli strinsi la mano con affetto.
Otto si interrogava sul mio comportamento di quel giorno.
Mi vide seduto per molto tempo in giardino, senza giocare, e
completamente assorto nei miei pensieri. –“Cosa c’è che non
va, Fritz?”– alla fine mi domandò. –“Stai diventando pazzo?
Se è così, avvertimi in tempo”.– E corse a tutta velocità verso
i campi.
Nella serata andai in chiesa, e inginocchiandomi davanti
al tabernacolo chiesi perdono per tutti i miei peccati, che ora
vedevo in tutta la loro meschinità e oscenità. La memoria della
mia vita passata riempiva il mio cuore di una profonda vergo-
gna. Ma con essa sentivo il desiderio di essere un uomo nuovo,
di essere puro e nobile con la grazia di Dio.
Andai al confessionale e aprii il mio cuore al sacerdote. Ero
il figliol prodigo, che per anni aveva girovagato nell’oscurità,
fino al giorno in cui la luce della casa paterna mi aveva condot-
to fuori dalla notte del peccato.

104
Luce delle montagne

–“Ego te absolvo…”–: con misericordia e comprensione il


sacerdote pronunciò le parole di assoluzione. La Grazia e una
nuova vita entrarono nella mia anima. Alla fine ero libero, pu-
lito e felice. Quanto tempo avevo protratto la battaglia con la
grazia, prendendo ostinatamente le mie posizioni contro Dio
Stesso! Questa era l’ora della libertà. Piegandomi nella preghie-
ra a Dio, seppellii la mia faccia nelle mani, e nel silenzio della
chiesa piansi. Sentii il mio cuore scoppiare in pure e semplici
gioia e felicità.
Esaltato come non lo ero stato mai prima, mi incamminai
per la via di casa attraversando i campi. Bagnato dagli splendi-
di raggi del sole, tutta la natura sembrava sorridermi, e mi sen-
tii come se i fiori che ondeggiavano nella brezza mi dicessero:
–“L’avresti potuto fare prima”.
Come arrivai vicino a casa, vidi un sacerdote sulla strada.
Entrò nel giardino poco prima di me e si diresse verso la casa.
Lo seguii. Rudi ed Otto erano vicino all’entrata e giocavano
con i loro archi e le frecce.
–“Ciao, Padre”– Rudi salutò il prete, tendendogli la mano.
–“Tuo padre è in casa?”– il sacerdote chiese.
–“No, Padre, è al mulino”– Rudi rispose indicando con il
dito verso sud.
–“Vai a chiamarlo, devo parlargli. Nel frattempo dirò il
mio breviario qui”.
–“Ma Padre, per favore, entra”– disse Rudi con referenza
aprendo la porta per il prete. Dopo, chiamò verso la cucina,
–“Mamma, il Parroco di Neustiff è qui”.– Ed entrambi i ragazzi
corsero al mulino.
Mia zia, all’udire ciò, uscì a salutare il prete e gli chiese di
entrare in casa. Mi presentò a lui e poi andò a preparare del thè.

105
Weisser Francis X avier

Il sacerdote iniziò a camminare nervosamente su e giù per la


stanza.
–“Tu sei il cugino di Hans, vero? Questa mattina mi ha
parlato proprio di te”.
–“È così? Hans è stato a casa sua?”
–“Sì. Siamo stati sempre ottimi amici. Lo conosco fin da
quando era un bambino. Questa mattina gli ho dato la Santa
Comunione. Dopo abbiamo fatto colazione insieme. Anche voi
avevate un bel rapporto, o sbaglio?”
–“Sì, Padre. Ogni giorno va sempre meglio. E ora meglio
di prima”.
Il sacerdote mi guardò per un momento e dopo fissò i suoi
occhi a terra. –“Così… meglio di prima…”– Ripeté le mie pa-
role lentamente, come se si soffermasse su memorie del passa-
to. Che cosa avrà in mente?, chiesi tra me e me.
In quel momento mia zia rientrò nella stanza con un vasso-
io con thè e biscotti. –“Hans è stato a casa sua questa mattina,
Padre?”
–“Sì, certo, Signora Moll. È venuto a ricevere la Santa Co-
munione questa mattina. E fino a che non ha finito la colazione,
l’ho pregato di restare a farmi compagnia”.
–“Così, è venuto per la Santa Comunione”– disse mia zia,
con soddisfazione evidente. –“Che canaglia! Non mi ha detto
una parola. Adesso ho capito perché non ha voluto prendere il
caffè prima di partire”.
–“Sì, sì”– disse il sacerdote con qualche difficoltà. –“Se
solo i genitori sapessero tutto quello che i loro figli fanno dietro
le loro spalle!”.

106
Luce delle montagne

Iniziò a mangiare velocemente e notai che era piuttosto


agitato. Poco tempo dopo entrò mio zio. Salutò il sacerdote con
familiarità. –“Benvenuto, Padre! È un piacere vederti qui”.
–“Ho una cosa molto importante da dirti, Moll”– disse il
sacerdote.
Mio zio lo portò nel suo ufficio. Rimasero lì dentro per mol-
to tempo. Dopo, mio zio uscì. Ma, mio Dio, che cosa vidi! La
sua faccia era estremamente pallida, i suoi denti contratti, i suoi
occhi rossi e gonfi. Con voce fioca chiamò mia zia. Entrarono e
chiusero la porta dietro di loro. Un terribile sospetto balzò alla
mia mente. Oh Dio! Che cosa sarà capitato? Forse Hans… Era
un pensiero spaventoso. Incapace di sopportarlo ancora a lungo
corsi verso la porta dell’ufficio e bussai. Loro aprirono.
–“Zio”– chiesi con voce tremante, –“Cosa è successo ad
Hans?”
Mi fissò coi suoi occhi, le sue labbra tremavano nervosa-
mente. Appoggiandomi la mano sulla spalla, ruppe il silenzio,
–“Hans ha avuto un incidente in montagna”–. E con forza in-
credibile un gemito uscì dalle labbra di quell’uomo forte.
–“È morto?”– singhiozzai.
–“Sì”– annuì. Il mio cuore quasi si arrestò. Incapace di dire
una parola camminai verso la mia stanza come un automa. Lì
mi rovesciai sul letto e scoppiai in lacrime.
Quanto tempo rimasi in quello stato, non so dirlo. Quando
mi alzai era molto tardi. In una piccola valigia c’erano gli og-
getti personali di Hans. Sul tavolo c’erano i suoi libri e la lettera
che aveva iniziato a scrivere il giorno prima.
“Cara Helma,
quello che ti scrivo ti sorprenderà. Ma devo dirti
qualcosa di veramente importante e lo voglio fare il prima

107
Weisser Francis X avier

possibile. So che ti potrà causare dolore, sebbene sia, in


realtà, una grande cosa per me…”
Le parole di Hans erano così lontane. Con la mano treman-
te presi la penna e aggiunsi,
“Cara Helma,
Ho una notizia triste da darti. Hans ha avuto un
incidente in montagna. È accaduta la peggior cosa: è mor-
to. In un altro momento ti racconterò cosa avrebbe voluto
dirti con questa lettera. Mi dispiace, Helma. Puoi immagi-
nare che duro colpo sia stato anche per noi”
Saluti sinceri
Fritz Egger”.

Scritte queste parole, seppellii la testa nelle mani e cercai


di immaginare cosa poteva essere successo. Hans non poteva
aver incontrato la morte attraverso la sconsideratezza o nella
frivolezza. Era sempre stato un montanaro attento e prudente.
Doveva aver avuto un incidente del tutto imprevisto. Ancora
prima di questo incidente potevo percepire la mano della Di-
vina Provvidenza, ora che Hans aveva deciso di lasciare ogni
cosa per diventare sacerdote. Era capace di sigillare le sue no-
bili aspirazioni con il più grande e il più bel sacrificio – quello
della sua vita giovane e tutta pura.

Poco prima delle sette un furgone proveniente da Neustiff


si fermò davanti a casa nostra. Mio zio uscì di casa. Con l’aiuto
di due giovani lavoratori della segheria prese il corpo che era
avvolto in un lenzuolo, attraversarono il giardino ed entrarono
nella casa.
Con reverenza, e qualche esitazione, entrammo nella stan-
za dove era stato posto il corpo. Sul tavolo erano accese due
candele e nel mezzo della stanza c’era Hans coperto dal len-
zuolo mezzo ripiegato. Lì giaceva pallido e rigido. Aveva tra

108
Luce delle montagne

le mani un mazzo di freschi e bellissimi Edelweiss. Otto ed io


rimanemmo dietro gli altri membri della famiglia. I genitori
erano inginocchiati accanto al loro figlio, Rudi e le ragazze ac-
canto a loro.
Improvvisamente Otto appoggiò la sua testa sulla mia
spalla e iniziò a singhiozzare amaramente. Io stesso non potei
reprimere le mie lacrime. Gli accarezzai gentilmente la testa.
–“Devi essere un ragazzo coraggioso, Otto”.
Ma non cessò di piangere. –“Adesso sono stato lasciato solo
nella Sodalità”–, disse scoraggiato.
Lo presi per la mano e gli sussurrai all’orecchio, –“No,
Otto, prenderò io il posto di Hans. Tu ed io lavoreremo insie-
me”–. Mi guardò attraverso le sue lacrime, e vedendomi since-
ro, mi strinse la mano e annuì per approvare.
Le campane della chiesa suonarono forte richiamandoci alla
preghiera. Mio zio fece ai bambini il segno di inginocchiarsi.
Noi tutti ci inginocchiammo. Nel silenzio della stanza si poteva
udire il canto degli uccelli attraverso la finestra aperta.
Come sembrava in pace Hans! La sua fronte pallida, gli
occhi chiusi, gli Edelweiss nelle sue mani intrecciati con il
suo rosario… Ora c’era un’aria di sacralità nella calma di
Hans.
Mentre tutti pregavano attorno al corpo di Hans e l’eco del-
le campane risuonava nell’aria, i raggi del sole splendevano,
attraverso la finestra aperta, nel mezzo della stanza. La bianca,
marmorea faccia di Hans fu improvvisamente bagnata dalla
leggera luce della sera. Otto trascinò la mia mano e indicò Hans
con reverenza. Senza emettere alcun suono guardai attraverso
la finestra verso le montagne.

109
Weisser Francis X avier

I fianchi delle montagne, coperti di foreste, erano avvolti


nel crepuscolo della sera; ma sulla sommità delle cime al-
pine, splendeva una chiara e risplendente luce, la luce delle
montagne.

FINE

110
Luce delle montagne

I ndice
Capitolo i
Mio cugino di campagna 5

Capitolo ii
Ben fatto moll! 16

Capitolo iii
Preparando il tranello 31

Capitolo iv
Natale in tirolo 39

Capitolo v
La presa al laccio 64

Capitolo vi
Sull’orlo del precipizio 87

Capitolo vii
Trionfo e sacrificio 100

111
Finito di stampare
il 01 maggio del 2011,
giorno della beatificazione di Giovanni Paolo II

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