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M io cugino di campagna
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questi ogni volta che vado sulle montagne” disse, “Vi dico, lì su
trovi te stesso a volte attaccato tra la vita e la morte”.
Hans prese un album dalla sua valigia e mi mostrò due fo-
tografie dalle sue pagine. “Guarda questa” disse semplicemen-
te. La guardai e un freddo brivido mi corse lungo la schiena.
C’era Hans, con indosso il suo costume tirolese, in piedi sul
picco più alto di una montagna rocciosa. Cime rivestite di neve
facevano da sfondo. Al di sotto, un mare di nubi accerchiava
la roccia. Al di sopra, la sua testa era sul cielo libero. In ogni
momento lui avrebbe potuto vacillare e… Ma Hans era lì sulla
cima, sorridendo caritatevolmente.
Nella seconda foto lui era aggrappato alla rupe di un pen-
dio roccioso, le sue dita aderivano saldamente, sembrava tenes-
sero stretta la vita stessa. Sotto di lui c’era un profondo abisso.
Alla base c’era una striscia biancastra avvolgente, come una
linea di gesso sulla lavagna. Probabilmente era una corrente
di montagna. Luci ricoperte dalla nebbia galleggiavano sullo
sfondo. Hans era stato sorpreso dalla macchina fotografica di
uno straniero in uno dei più pericolosi passi delle Alpi.
–“Whew!” Otto fischiò con stupore, e immediatamen-
te cominciò ad esaminare il libro che Hans aveva lasciato sul
tavolo.
–“Qui, dammelo” disse Hans, arrossendo e con una certa
impazienza.
Otto provò a tenerlo. Guardò Hans con occhi supplican-
ti. -“Andiamo Hans, raccontaci che cos’è. È qualche cosa di
divertente?”
–“È una sorta di diario delle mie escursioni. Quando in-
contro dei vacanzieri sulla montagna chiedo loro di scrivere
qualche riga per me come un souvenir”.
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Capitolo ii
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–“Ma dimmi, chi sono loro per ordinarmi cosa devo o non
devo studiare? Questo è ridicolo. Che diritto hanno di mettere
il naso in questo?”.
–“Va bene, Hans. Dovrai vedertela con l’U.P.I.T. Vedrai
cosa accadrà”.
–“L’U.P.I.T? Che cos’è?”– domandò, guardandomi con
curiosità.
–“Non ti sei imbattuto nell’U.P.I.T. a Innsbruck?. È l’Unio-
ne Popolare degli Istituti Tedeschi. Dieci studenti del Club ap-
partengono ad essa”.
Hans scoppiò a ridere. –“Se quei ragazzi sono tanto corag-
giosi quanto è lungo il loro nome, sicuramente dovranno essere
spaventosi”.
Stavo perdendo la pazienza. –“Questo non è uno scherzo,
Hans. Arrenditi, è più sicuro. Puoi studiare tanta Religione
quanto vuoi, ma non devi mostrarlo in classe”.
Hans ora mi stava guardando con rabbia. –“Ma questo è
precisamente ciò che non accetterò. Non permetterò ad alcuno
di comandarmi. Non è il voto che mi innervosisce, lo sai benis-
simo. Mostrerò a quei compagni dell’U.P.I.T. che questo non è
affar loro”.
–“Così, non ti arrenderai, eh?”
–“No”.
– Bene”– dissi bruscamente. –“Volevo solo metterti in
guardia. Spero che tu non la prenda male. Personalmente non
sono per l’U.P.I.T. Ma se la situazione diventerà calda, non sarò
in grado di aiutarti”.
–“Non la prenderò male, Fritz, sicuramente no. E non ti
preoccupare, non mi farò piegare così facilmente”.
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Capitolo iii
P reparando il tranello
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Capitolo iv
Natale in tirolo
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a casa sua era iniziata in modo particolare. Hans andò avanti con
i piccoli compagni. Zio lo seguì con Otto e me.
Era una notte fredda e pungente. I nostri respiri si trasfor-
mavano in fumate di bianco vapore nell’aria. La neve scricchio-
lava sotto i nostri pesanti scarponi da montagna. Sopra di noi
potevamo vedere solo una densa nebbia invernale che incombe-
va pesantemente sui sentieri e sui prati. Ma le luci dal villaggio
irruppero nella foschia, pensai che fosse come se ci dessero il
benvenuto. Questa scena, e il silenzio immobile di quella loca-
lità, produssero un’atmosfera di solennità e di sacralità.
–“Parola mia!”– esclamò Otto, interrompendo un lungo in-
tervallo di silenzio. –“Com’è diverso tutto questo da Vienna!”
Zio Heinrich sorrise con soddisfazione. –“Ma sicuramen-
te”– rispose, dandogli un colpetto sulla schiena. –“L’aria qui a
Stubai è abbastanza diversa da quella che respirate a Vienna. E
il posto! Domani vedrete le belle montagne qui attorno.
Noi stavamo camminando su un sentiero ammantato di
neve e punteggiato di piccole case da entrambi i lati del pendio.
Minuscole piccole stradine, diramandosi in tutte le direzioni,
collegavano le piccole case alla strada principale. Su un lato il
fruscio della corrente, il fabbro ruscello, come era chiamato,
fluiva giù nella valle. Sulle sponde della piccola corrente, verdi
ghiaccioli splendevano con il riflesso delle luci.
Raggiungemmo la chiesa. Dentro le luci erano accese.
Le lunghe e strette finestre sembravano frammenti di luce
fluttuanti nella nebbia. Hans e i suoi fratelli si fermarono e ci
aspettarono.
–“Lasciaci entrare”– propose lo zio.
La chiesa era vuota. Solo il sacrestano stava decorando
l’altare. Si inginocchiarono tutti sui banchi per dire una bre-
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–“Ma perché?”
–“Oh, non capiresti”.– E dicendo così si girò nel letto dalla
parte del muro. Notai che quelle domande senza tatto lo aveva-
no urtato. –“Adesso basta”,– ammonii Otto. –“Non essere così
impertinente”.
Rimanemmo per un po’ di tempo in silenzio. Dopo Hans si
girò ancora dalla nostra parte e disse con infantile semplicità:
–“Non dirlo a nessuno, per favore”.
Provando a compensare la sua invadente curiosità, Otto
disse con grande magnanimità, –“Non ti preoccupare Hans.
Non lo diremo ad anima viva. Hai la nostra parola d’onore”.
Hans non replicò. Ma Otto si sentiva ancora a disagio. Capì
quanto tutta la situazione doveva far soffrire Hans. Ma con l’in-
nata, caratteristica gentilezza che hanno i bambini trovò una
soluzione. Dopo una leggera esitazione si sedette e disse con
grande semplicità:
–“Tua madre, Hans, è così meravigliosa…”
Quello era ancora il genuino Otto. Avrei voluto abbracciar-
lo per aver detto quelle parole.
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suoi occhi e stava eretto come se fosse cosciente del grande atto
di valore che aveva fatto. Radiando giovinezza e forza, adesso
lui appariva come un conquistatore.
–“Quanto vorrei che i nostri compagni di classe fossero sta-
ti qui per vederlo”.– Questo fu il primo pensiero che mi venne
in mente e glielo dissi così poco dopo. Hans fece un gesto di de-
precazione. –“In quel caso penso che non avrei saltato”– disse.
Sulla strada del ritorno dissi a malapena una parola. Ero
tutto preso nei miei pensieri. Hans era sicuramente il ragazzo
più coraggioso di tutta la classe. Era coraggioso in ogni senso,
non solo nella battaglia per preservare la fede e la purezza. Da
dove veniva il suo carattere aperto e sincero, da dove quella
freschezza e virilità che erano così impressionanti in lui? Non
potevo ottenere tutto quello con le sole mie forze? Sicuramente
per quello non era necessario andare a Messa e confessarsi…..
oppure lo era? È vero, avrei acquisito l’indomabile volontà di
questi paesi di montagna, così che avrei potuto seguire la mia
strada senza deviazioni, non prestando attenzione alle parole
ed esempi di altri.
Quando raggiungemmo la casa, la zia mi diede una lettera
che era arrivata nel pomeriggio. L’indirizzo era scritto a mano
ma non potevo decifrare di chi era la calligrafia. La aprii e vidi
la firma. Mi sentii disgustato. Era Berner.
«Caro Fritz,
solo poche righe. Ti mando i miei saluti di buon
anno. Come stanno andando le cose nella “terra santa”
del Tyrol? Dovresti essere tutto “preso” con le montagne,
il villaggio, le persone, il loro carattere e i loro costumi…
e così via. Conosco bene tutta quella roba. Il tuo dolce cu-
gino Hans sta mettendo da parte le forze per il prossimo
anno. Bene, ne avrà bisogno. Non sarà una cosa facile per
lui. Dobbiamo sconfiggerlo, ho nuovi piani. Così stai atten-
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Capitolo v
La presa al laccio
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Capitolo vi
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–“Come vuoi”.
Un terribile dubbio si levò nella mia mente. Tutta questa
faccenda di Helma era un mirato stratagemma di Berner? Cosa
stava andando a fare stasera Hans? Diventai inquieto. Non ap-
pena Hans uscì, presi il mio cappello e mi preparai a seguirlo.
Quando arrivò in strada io prontamente scesi le scale ed uscii.
Provai a mescolarmi in mezzo alla folla in modo da non essere
visto. Cercai Hans e lo vidi girare verso Stock Exchange. Lo
seguii rapidamente cercando di mantenere una distanza di si-
curezza. Alla fine della strada si fermò come se guardasse qual-
cuno o qualcosa. Poi fece un segno verso sinistra e proseguì
a passo svelto in quella direzione. Lo seguii. Pochi metri più
avanti vidi la macchina del Dr. Berner parcheggiata accanto al
marciapiede. Hans vi salì. Io mi fermai: il mio cuore sembrava
saltare i battiti. Vicino a me c’era un taxi. Lo chiamai e dissi
all’autista: –“segua quell’auto sulla sinistra che si sta muoven-
do”. Lui accese il motore. In quel momento l’auto del Dr. Ber-
ner ci superò. –“è lei”–indicai all’autista. Fece un cenno col
capo e girò prontamente. Le due auto percorrevano in giù Ring
Avenue, a poca distanza tra di loro.
Stavamo attraversando la parte di città chiamata Maria
Aiuto dei Cristiani, poi attraverso Gurtels verso una nuova di-
rezione. Vedevo che il mio autista usava questo tipo di tecnica:
quando la strada si liberava lasciava una distanza di sicurezza.
Quando il traffico aumentava si avvicinava di più, appena due
metri dall’altra auto.
Avevo gli occhi fissi sull’auto davanti a noi e non mi resi
conto di quanto ci fossimo allontanati. Mi spaventai quando le
auto si fermarono. Dove eravamo? Guardai attraverso il fine-
strino e vidi l’entrata del cinema centrale tutto illuminato, con
potenti fari e cartelloni pubblicitari creati con curiosi disegni
di luce.
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Capitolo vii
Trionfo e sacrificio
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FINE
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I ndice
Capitolo i
Mio cugino di campagna 5
Capitolo ii
Ben fatto moll! 16
Capitolo iii
Preparando il tranello 31
Capitolo iv
Natale in tirolo 39
Capitolo v
La presa al laccio 64
Capitolo vi
Sull’orlo del precipizio 87
Capitolo vii
Trionfo e sacrificio 100
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Finito di stampare
il 01 maggio del 2011,
giorno della beatificazione di Giovanni Paolo II