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Anne-Lise Grobéty
Il tempo delle parole sottovoce
Due bambini, figli di due amici di vecchia data, si promettono a loro vol-
ta eterna amicizia, sicuri che nulla potrà mai separarli. Ma arriva il tem-
po in cui sì può parlare solamente sottovoce: i nazisti hanno conqui-
stato il potere e il padre di uno dei due bambini è ebreo e quindi co-
stretto a fuggire con la sua famiglia.
Nella tragedia della Storia, si consuma così il dramma di una violenta
frattura, incomprensìbile per i due bambini e resa ancor più straziante
dall'atrocità della deportazione.
Una vicenda triste e commovente che aiuta gli uomini a ricordare.
1 . Fu: ciò che sto per Fu^ in ima terra di colline perfette e di frutteti. In un borgo^ tran-
narrare avvenne. quillo, dove tutti si salutavano guardandosi dritto negli occhi.
2. borgo: villaggio, pae-
se. Fu tanto tempo fa: io ero ancora un bambino, e tutto mi sembrava
irraggiungibilmente grande: U giardino di mio padre, i l borgo, la
scuola, i l campo di calcio...
Avevo im amico. Un amico vero.
Oskar.
Da casa nostra alla sua la distanza era poca. A l ritomo da scuola fa-
cevamo insieme quasi tutto i l percorso. A dividerci c'era solo l'ulti-
3. T r a n g u g i a t i m e - ma stradina. E non per molto! Trangugiati merenda e compiti^ ba-
r e n d a e c o m p i t i : in-
ghiottita in fretta e con
stava ima corsa in fondo al giardino, all'altezza delle amie'' di mio
avidità la merenda e fi- padre, e lì, saltata la recinzione, ecco sull'altro lato della strada la ca-
niti con altrettanta fret- sa di Oskar.
ta i compiti.
4. arnie: cassette di le-
Mio padre e Anton, i l padre di Oskar, erano i pili grandi amici del
gno costruite per alle- mondo. Amici sin da quand'erano piccoli come Oskar e me. «Ami-
vare la api. ci da sempre», diceva mio padre.
«Sin dalla notte dei tempi», puntualizzava il padre di Oskar.
«Amici come le dita di una mano», rincarava il mio.
Anche Oskar e io eravamo molto più che semplici amici: eravamo
amici fratemi, proprio come loro. E da grandi saremmo stati amici
sin dalla notte dei tempi come le dita di una mano. Identici a loro.
Con Oskar ci davamo appuntamento in fondo alla strada, andavamo
a scuola, e al ritomo ci mettevamo sempre im po' più del dovuto; il
sabato giocavamo a calcio nel Campetto all'uscita dal borgo e ci di-
vertivamo a importtmare le bambine, inventandoci scemate.
Per noi non sembravano esserci altri pericoli che le punizioni del
5. ramanzine: rimpro- maestro, le ramanzine^ dei nostri padri e le urlate delle nostre madri.
veri, sgridate. Nessuna vera minaccia incombeva su di noi nelle stradine tranquil-
le del borgo, dove tutti si conoscevano e nessuno mancava mai di sa-
lutare il vicino guardandolo dritto negli occhi. Io ero il cocco di una
famiglia semplice, figlio di un padre che possedeva una botteguccia
sulla cui insegna era scritto SPEZIE E AETICOLI COLONIALI e che, fini-
to di lavorare, passava intere ore a occuparsi delle sue api nelle ar-
nie in fondo al giardino, oppure si sedeva all'ombra di un melo con
qualche «vero libro», come era solito dire per distinguerli dalla
6. paccottiglia: quan- «paccottighaS...
tità di libri scadenti, di
poco valore.
Certe volte, all'uscita da scuola, Oskar e io facevamo ima scappata a
salutare mio padre in drogheria, e lì, rintanati nel retrobottega e un
po' storditi dal miscugho di aromi che ci investiva le narici, ci finge-
vamo esperti e pretendevamo di individuarli a uno a uno. Poi ri-
7. gote: guance. prendevamo la strada di casa, sempre con le gote^ gonfie di qualche
8. a l b e r g a m o t t o : al squisitezza: confetti aUa violetta, caramelle al bergamotto^, o per me
gusto di bergamotto, doppia razione di pasticche d'orzo, perché Oskar odiava l'orzo ma
agrume simile all'aran-
cia. non aveva il coraggio di confessarlo a mio padre.
Riuscire a salutare il padre di Oskar era più difficile. Lavorava in una
delle due banche del borgo e aveva l'ufficio al primo piano. Non
avendo il permesso di entrare nell'edificio, noi speravamo che deci-
desse di lanciare un'occhiata giù in strada nell'istante preciso in cui
capitavamo sotto la sua finestra. Vederlo agitare la mano per salu-
tarci aveva la stessa dolcezza dei confetti alla violetta.
Nessun pericolo minacciava la nostra vita
di bambini finché non venne
il tempo delle parole
sottovoce.
Mio padre e il suo amico Anton furono sin dall'inizio fra quelli che
parlavano a voce più bassa di prima, quasi bisbigHata. Dal tono dei
loro discorsi intuivo che qualcosa era cambiato - ma cosa...?
Comunque anche uno scemo si sarebbe accorto che non ridevano
più come prima, quando si rintanavano fra meli e susini.
Persino i l sapore dei confetti alla violetta non mi sembrava più lo
9. girellavo: bighello- stesso mentre girellavo^ per il nostro borgo, dove improvvisamente la
navo, giravo oziosa-
mente e senza meta qua gente sembrava incapace di salutarsi guardandosi dritto negli occhi.
eia. Quanto alla Voce^° che parlava più forte di tutte le altre... Dovun-
10. Voce: è la voce di que ci si voltasse, la si sentiva sgorgare dal ventre delle radio: ber-
Adolf Hider.
1 1 . berciava: gridava, ciava^ ^ dalle finestre, suUe piazze, nei caffè e anche al cinema, snoc-
strillava. ciolando frasi di cui non si capiva granché, scortata daU'approvazio-
ne tonante di folle sempre più smisurate. Mio padre e i l padre di
Oskar avevano deciso che appena la Voce cominciava a strepitare
bisognava spegnere la radio. Mia madre aveva tentato debolmente di
protestare: «Ma Heinzi, lasciacelo ascoltare...».
«Lo ascolteremo quando dirà cose sensate. Per ora in quello che di-
ce non ci trovo niente di buono.»
Adesso che la Voce aveva assunto tutta quell'importanza nelle case,
nei luoghi pubblici e perfino nelle scuole, sui muri del borgo si ve-
deva comparire sempre più spesso una specie di ragno nero con le
gambe sciancate, che si arrampicava sul fondo rosso sangue di una
12. una specie,,, ban- bandiera^^. •
diera: la svastica, la cro- Per prima cosa ci furono le parole cambiate in bocca alla gente, il
ce uncinata simbolo del
nazismo, viene qui para- modo di salutarsi e l'intensità della voce. Poi ci fu il moltiplicarsi di
gonata a un «ragno ne- bandiere e parate. Noi bambini vi vedevamo solo l'aspetto festoso:
ro con le gambe scian-
cate», storpie, che si che spasso sfilare per le strade del borgo a passo di marcia, con tan-
arrampica sul fondo to di banda e labari^^ !
rosso della bandiera.
Fino al giorno in cui tutto andò sottosopra.
13. labari: vessilli, in-
segne. Fino alla giornata nera a scuola.
Saper fare
COMPRENDERE
ANALIZZARE
10. L'awento del nazismo cambia non solo il tono della voce delle persone, ma anche il
loro modo di salutare. In che senso?
11. Gli episodi di discriminazione di cui Oskar è vittima cambiano il modo di giocare dei due
bambini. In che senso?
Inoltre quali sogni di vendetta fa il narratore?
12. I padri dei due bambini si rivelano veri amici, «amici come le dita di una mano». Perché?
13. Quali sono, secondo te, i messaggi della vicenda narrata?
PRODURRE
• Il cartello dice: «Senso unico. Gli ebrei sono la nostra sventura». Quale significato sei
in grado di attribuire alle parole «Senso unico»?
• Come vengono raffigurati gli ebrei? Secondo te, quale significato assume la loro sgra-
devolezza fisica?
• Nella vignetta sono presenti due bambini ariani. Li riconosci? Uno dei due bambini in
che modo festeggia la partenza degli ebrei?