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Scuola economica francescana Per diversi secoli molte ricerche storiche sulle origini della scienza economica, all'interno

del pensiero medievale, sono state condizionate dall'imponente edificio teorico di san Tommaso d Aquino e del tomismo successivo, lasciando nellombra il ricco patrimonio di idee della scuola economica francescana medievale e tardomedievale, alla quale spetta la primogenitura nella nascita dell economia civile di mercato. Difatti grazie alle riflessioni su temi decisivi e innovativi quali: capitale, valore, utilit sociale del mercato, remunerazione del prestito, produttivit del denaro, valore economico, giusto prezzo, cambio, sconto, la scuola economica francescana riesce li dove i Cistercensi erano falliti. Prima daddentraci nelle figure di maggior spicco della scuola economica francescana e nel suo impianto teologico, vogliamo precisare alcuni punti. 1)La scuola francescana non nasce dal nulla. Intorno allanno mille, la Chiesa e lEuropa erano investiti da un clima cultura e teologico contrario alla dimensione della ricchezza. Nonostante questo clima, nella Chiesa e in Europa, si assiste al germoglio della prima rivoluzione mercantile in cui un grande ruolo viene svolto dallesperienza del monachesimo, e dalla riflessione teologica, filosofica e pratica dell"Ora et labora" benedettino che rappresent oltre che una via di santit individuale, anche il seme delleconomia civile di mercato. Difatti la cultura benedettina divenne nei secoli una vera e propria cultura del lavoro e delleconomia. Questo rappresentava una grande rivoluzione, in quanto nel mondo greco romano chi studiava non lavorava, e chi lavorava non era l uomo colto ma lo schiavo.

Il carisma di Benedetto, non a caso patrono dellEuropa, ricompose in unit queste due dimensioni della vita umana, la vita interiore e il lavoro e facendo questo diede vita anche alle prima grandi innovazioni economiche, tra cui le moderne tecniche contabili. Di seguito ai Benedettini un grande ruolo fu svolto dai Cistercensi. Questultimi riflettendo sulla loro vocazione fondata sulla regola benedettina giungono a questa elaborazione: i monaci devono lavorare e devono mangiare quello che frutto delle loro mani (lavoro manuale nei campi), senza togliere nulla alla preghiera e alla meditazione. Nel giro di poco tempo i Cistercensi diventano ricchi, perch tutti si mettono a fare donazioni ai Cistercensi. Il risultato fu un paradosso, ci che gli storici hanno chiamato "l'imbarazzo della ricchezza" da parte dei monaci. In un bellissimo libro dello storico economico italiano, Giacomo Todeschini, dal titolo "Il mercante e il tempio" (2002), si dimostra come i monaci pongano al centro della loro riflessione il tema del "prezzo giusto", che nei secoli successivi verr declinato come etica del mercato. Il problema nasceva con le eccedenze. Il grano prodotto che eccedeva bisognava venderlo alla citt: ma a quale prezzo? Quale un "prezzo giusto", in linea con il Vangelo? I Cistercensi che avevano impostato la loro vita sulla base di una sobriet e fedelt alla regola di san Benedetto, paradossalmente si ritrovano ad avere un'abbondanza di ricchezze (le innovazioni tecnologiche applicate alla coltivazione dei campi determinano un aumento di produttivit; i monaci conducono una vita sobria, cio consumano poco; questo loro autenticit fa aumentare le donazioni). Tra i grandi meriti dei Cistercensi c' la Charta Caritatis del 1098. La Charta il punto d'arrivo d'una riflessione teologica che porta a sostituire il termine elemosina con il termine beneficentia, che significa "fare il bene". Non si tratta di una disputa etimologica, ma di profondo contenuto teologico ed etico: difatti con la beneficenza, il bisogno di chi chiede aiuto viene valutato con intelligenza dal benefattore che deve

sforzarsi di comprendere le ragioni per le quali il povero tale e cercare di rimuovere le cause. Questo non accade con lelemosina, dove la persona del povero spesso sconosciuta al benefattore, il quale ha tutto linteresse a non volerla conoscere. Altro aspetto importante che lelargizione "deve essere nel giusto", secondo lespressione della Carta; deve cio essere proporzionata allintensit e gravit del bisogno e rendere conto dell uso che si fatto dell"elargizione". Terzo elemento che la beneficenza non deve incentivare la pigrizia, l'accidia e la dipendenza del povero. Anche questa riflessione sar ripresa dalla scuola francescana e portata a compimento. C una frase del pensiero francescano della fine del 1300 sulla quale riflettere: "Lelemosina aiuta a sopravvivere ma non a vivere perch vivere produrre e lelemosina non aiuta a produrre". In questa frase oltre alla condanna del paternalismo infantile e dell assistenzialismo, c' un forte invito alla responsabilit, alla libert delle persone e al bene comune. In altre parole i francescani, partendo dal fatto che luomo "immagine di Dio" e con lui partecipa all"impresa" della creazione, l uomo per essere veramente "immagine di Dio" chiamato a "produrre". Ma, produrre che cosa? Produrre il bene comune, cio la felicit. Ma torniamo ai Cistercensi. Purtroppo i monaci non riescono ad elaborare una riflessione teologica che riesca a dare una risposta all'esperienza d'"imbarazzo della ricchezza" economica e questo li porta in crisi. Su questo clima sinserisce lelaborazione teologica, filosofica e pratica di Francesco di Assisi e dei suoi frati dando vita all'economia di mercato civile. Per risolvere !'imbarazzo della ricchezza, la scuola economica francescana, trova una risposta nel metterla a servizio del bene comune, facendola circolare; la ricchezza non doveva restare nei monasteri, perch erano separati dalla citt (era la gente che andava nei monasteri, come nel caso dei Cistercensi), ma mettere la stessa a servizio del bene comune, vivendo accanto alla

comunit come fanno i francescani. Difatti l'Ordine dei Frati Minori Francescani fu, a differenza dei precedenti ordini monastici, insediato prevalentemente nelle citt. Nel mentre anche nella Chiesa con il Concilio Lateranense IV abbiamo una prima apertura nella distinzione ripresa poi dal pensiero francescano tra "usura" sempre vietata e "interesse" ammesso entro una certa soglia e a determinate condizioni. Si comprende bene quindi il grande lavoro fatto dalla scuola economica francescana a partire dalla posizione di S. Francesco d Assisi sul denaro e sulla povert; posizione che aiuta i frati ad elaborare concetti dove la povert funziona e sintegra nel sistema economico vigente e che porter poi alla definizione di concetti come uso, propriet, utilizzo, possesso, fondamentali per la scienza economica. La realt che i francescani, fondatori e servitori della societ civile, vivendo quotidianamente a contatto con le attivit pi dirette della vita, in tempi in cui vedono nascere e imporsi la borghesia mercantile, portano a compimento il progetto di dare dignit civile e cristiana alla palpitante e operosa vita cittadina. 2)Economia civile di mercato ed economia capitalista Molti anche in campo cattolico commettono l'errore di vedere la nascita dell'economia moderna, con il mondo anglosassone frutto della Riforma protestante: si pensi all'interpretazione data da Max Weber al rapporto tra etica protestante e spirito del capitalismo. Nella prospettiva culturale che questo testo segue, l'economia moderna una pianta secolare che inizia in pieno Medioevo in maniera piena con la scuola economica francescana, quindi tre secoli prima della nascita del capitalismo. Come abbiamo cercato di dimostrare con questo lavoro solo dopo il ' 600 l'economia di mercato diventa economia capitalista, cio rispetto alla visione delleconomia civile di mercato viene assolutizzato il profitto e lutilitarismo, e viene negato il diritto di cittadinanza alla reciprocit, alla fraternit e al dono.

2)La scuola economica francescana e il clima culturale L'economia civile di mercato cos come concepita dalla scuola economica francescana, come vedremo, nata per praticare la fraternit e facendo tesoro della scuola economica benedettina, ha compreso che col lavoro che si fraternizza e si da vita ad una societ civile. Ma i francescani si sono dovuti relazionare con un clima culturale in cui la Chiesa imprimeva un marchio di condanna a tutto quel che odorava di moneta, di interesse, di usura. Non solo nella vita della Chiesa andava prendendo sempre pi piede la vita monastica con la "fuga" dal mondo, come mostra il caso emblematico della vita di sant'Antonio scritta da sant'Atanasio: il monaco sempre pi abbandona non solo i suoi beni, ma anche la comunit civile per vivere in solitudine nel deserto la propria fede. Questa riflessione ed esperienza di fede era sintomo di una visione negativa delle cose del mondo ed aveva un fondamento biblico, attraverso una lettura forzata della Sacra Scrittura che invita a non conformarsi alla mentalit del mondo e in Paolo che esorta a non vivere secondo la carne. Dicevamo lettura manicheistica in quanto la carne e mondo nella Bibbia hanno un significato che si pu prestare a letture ed interpretazioni equivoche, perch se Paolo dice che non bisogna vivere secondo la carne, il Vangelo secondo Giovanni proclama che il Verbo si fatto carne ed venuto a vivere nella storia umana; ugualmente se vero che la Scrittura c'invita a non vivere secondo la mentalit di questo mondo, anche vero che sempre la Scrittura afferma, Ges ha tanto amato il mondo da dare la sua vita per lui. Ma allora il mondo va amato o ripudiato? La carne creazione di Dio o meno? A tutte queste domande Francesco e i suoi frati riuscirono a dare una risposta.

Procediamo con ordine. Parliamo dell'XI secolo, l'Europa vive la fine di un ciclo difficile e l inizio di una grande primavera, la prima rivoluzione mercantile. Ci sono i primi germogli della rivoluzione commerciale che porta dei cambiamenti nellorganizzazione sociale e l'economica della societ. Appaiono i mercanti, i commerci, i traffici, le prime innovazioni tecnologiche, l'aumento di produttivit dell'agricoltura. Tutto questo ha delle logiche conseguenze su come la societ vive concepisce se stessa e vive le relazioni intracomunit ed extra. Il peccato capitale in questo clima l'avarizia e non pi la superbia. L'avarizia viene declinata come usura, simonia, accumulazione di beni a scopi non produttivi. Il termine usura nel corso del tempo viene declinato dalla teologia morale in maniera sempre pi negativa, fino a giungere nel XIII secolo dove nella predicazione, lusurario condannato come persona ripugnante agli occhi di Dio. Leziologia di questo dato culturale trova il fondamento su cinque pilastri: 1)Aristotele, che considera linteresse come una violazione della giustizia dal momento che la moneta sterile e non pu generare alcun frutto; 2)La Bibbia che vieta la pratica dellusura. 3)I Padri della Chiesa che la condannano unanimemente, soprattutto perch praticato contro i poveri. Nel XII secolo si verifica quella ripresa di temi che gi i Padri della Chiesa avevano elaborato nel IV e V secolo. Tra essi san Basilio, vescovo di Cesarea, nel 370 pubblica una omelia "Sul buon uso delle ricchezze. Basilio dice che la ricchezza come l'acqua del pozzo; se non si attinge l'acqua dal pozzo, l'acqua dopo un po' imputridisce; se la si attinge, l'acqua disseta, irriga i campi e allo stesso tempo la sorgente la rigenera. Se la ricchezza rimane nei monasteri (allora i monasteri erano la struttura socio-economica fondamentale), rischia di imputridire.

Lavaro chi accumula la ricchezza e la tiene per s, non la fa circolare. Basilio fond Basiliade, la prima cittadella della carit, il primo modello di organizzazione economica alternativo rispetto alle condizioni dell' epoca (IV secolo). 4)Il Magistero della Chiesa e i teologi. Con la riforma di papa Gregorio VII, il Decretum Gratiani del 1140 in cui si d una definizione di usura e condannandola, in quanto non consente alla ricchezza (tutto ci che serve a soddisfare i bisogni umani) di circolare. Cos come i Concili di Reims, Lateranense II e III, fa divieto assoluto alla pratica dellusura. Anche la teologia del basso medioevo nelle posizioni di Pietro Lombardo, Anselmo dAosta condannano il desiderio di volere un di pi per i prestiti in denaro 5)La cultura laica cattolica, in Dante nella cui opera troviamo il pi netto rifiuto della societ di mercato. In conclusione di questo paragrafo, in questo periodo la Chiesa ritiene l'avarizia il peccato per eccellenza perch il peccato di chi pecca contro gli altri: l'avaro identifica l'essere con l'avere; dice "io sono ci che ho"; identificando il proprio essere con la ricchezza che viene sottratta agli altri e al bene comune. 3)Le figure di spicco della scuola economica francescana La figura centrale della scuola economica francescana, senza dubbio Pietro Giovanni Olivi (1248-1298). Tra le altre riflessione e scritti, nel "Tractatus de emptione et venditione, de contractibus usurariis et restitutionibus", svolge una riflessione sul diverso criterio di valutare un prestito. Il frate si domanda:visto il divieto canonico dell'usura lecito distinguere fra il prestito di una somma di denaro non indirizzato al bene comune e un prestito di una somma di denaro di denaro efficientemente inserito o da inserirsi nel processo produttivo. La sua risposta fu che, mentre l'incremento del denaro preteso in forza del mutuo era configurabile come usura, la ricompensa che un mercante riceve a seguito di un progetto dinvestimento economico era giusto. Il "bonum comune"( un prestito o

finanziamento per il bene comune) per lOlivi il primo lelemento che rompe la spirale dellusura. Il passaggio dal bene egoistico al bene comune consente allOlivi d introdurre il moderno concetto mercato civile, come luogo (citt, villaggio) dove avviene lincontro tra domanda e offerta e dove viene stabilito concretamente il prezzo.

Altra grande figura della scuola fu S.Bernardino da Siena, fu il secondo teologo, dopo Pietro di Giovanni Olivi, a scrivere unintera opera sulleconomia intitolata "Sui contratti e lusura". Nel libro condanna duramente l'usura e affronta i temi della giustificazione della propriet privata, delletica del commercio e della determinazione del valore e del prezzo. Svolge una profonda riflessione sulla figura dell'imprenditore e ne difende il lavoro onesto. Fa notare, infatti, che il commercio, pu venire praticato in modo lecito o illecito, come tutte le altre occupazioni e non necessariamente fonte di dannazione. Se onesto, un mercante fornisce beni e servizi utilissimi a tutta la comunit: rifornisce dalla scarsit di beni una zona trasportandone da zone in cui sono abbondanti, custodisce beni limitando i danni di eventuali carestie, trasforma in prodotti lavorati le materie altrimenti grezze e inutili. Per essere onesto, sostiene Bernardino, l'imprenditore dev'essere dotato di quattro grandi virt: efficienza, responsabilit, laboriosit, assunzione del rischio. I guadagni che derivano a coloro che si sono attenuti a queste virt sono la giusta ricompensa per il duro lavoro svolto ed i rischi corsi. Per contro, condanna senza mezzi termini i ricchi, che invece di investire la ricchezza in nuove attivit, preferiscono prestare a usura e strangolano la societ anzich farla crescere. S. Bernardino riteneva, infatti, che la propriet non "appartenesse alluomo", quanto piuttosto "fosse per l'uomo" come uno strumento per ottenere un miglioramento nellinsieme della societ. Uno strumento che veniva da Dio e che l'uomo doveva meritare,

applicare e far fruttare. Altro famoso scritto di S.Bernardino da Siena, sono le celebri Prediche volgari del 1427, nella Predica 38 scrive: "Ma per meglio essare inteso, io ti v dire che sei rispetti [considerazioni] si die avere inverso colui che fa e usa la mercantia .... La prima che si die considerare la persona che fa la mercantia. Sicondo considerare lanimo di chi aduopera [pratica] la mercantia. Terzo, si die considerare il modo con che si fa la mercantia. Quarto, si die pensare il luogo dove la mercantie sesercita. Quinto, si die considerare il tempo quando sesercita la mercantia. Sesto, si die raguardare al consorzio [societ] con cui si pratica la mercantia. El settimo ci agiognamo, che di Scoto: per lo bene comune si die essercitare la mercantia". E pi avanti conclude: "Terza cosa necessaria a una citt o Comunit si che bisogna che vi sieno di quelli che mutino [lavorino] la mercantia per altro modo; come s la lana che se ne fa panno: lecito che il lanaiuolo ne guadagni. Ognuno di costoro possono e debbono guadagnare, ma pure con discrezione. Con questo inteso sempre, che in ci che tu tesserciti, tu non facci altro che a drittura. Non vi debbi mai usare niuna malizia; non falsar mai niuna mercantia: tu la debbi far buona, e se non la sai fare, innanzi la debbi lassar stare, e lassarla esercitare a un altro che la facci bene, e allora lecito guadagno". Altra figura imponente stato Giovanni Duns Scoto. Il frate scozzese dovendo fronteggiare la persistente condanna canonica dell'usura, difese l'idea che giusto che il mercante riceva un'adeguata remunerazione, a patto, per, che egli arrechi un servizio utile alla comunit. Cosa questa che ha luogo, allorch i mercanti trasferiscono da un posto all'altro cose utili, se le conservano, se le migliorano, se aiutano la gente comune a giudicare rettamente il valore e il prezzo delle cose. Altra figura importante fu Alessandro dHales, fondatore della Scuola francescana di Parigi, che ammette la possibilit di un legittimo compenso nel caso in cui il prestito in denaro non fosse

restituito alla scadenza pattuita, ma solo a titolo dinteresse di mora, senza cos cadere nellusura, e S. Bonaventura da Bagnoregio che coglie, nella sua riflessione teologica, un legame profondo tra la superbia, radice di tutti i mali, e lavarizia, che accumula il superfluo, sviluppando cos unetica del necessario fondamentale a garantire la stabilit dellordine sociale. Permane tuttavia nel suo pensiero ancora la condanna del prestito ad interesse. Successore di Duns Scoto sulla cattedra di Parigi e ministro generale dell'Ordine fu Alessandro Bonini, detto Alessandro di Alessandria per distinguerlo da Alessandro di Hales, il quale nel trattato "De usuris", composto nel 1302, si occup soprattutto di credito e di operazioni finanziarie. La riflessione pi innovativa di Alessandro di Alessandria l'abbiamo nell'arte campsoria, vale a dire dell'attivit del cambio di moneta. Per il frate non c' usura nel guadagno del cambiavalute. Costui non per nulla tenuto a prestare la sua opera gratuitamente e ci, se non altro, per la semplice ragione che l'arte campsoria " necessaria per l'utilit di coloro che viaggiano nelle diverse regioni per lo scambio delle cose, senza il quale non c' vita sociale". Importante anche il contributo di Bartolo da Sassoferrato che sempre in ambito monetario riconosce il valore naturale delle monete pari alla quantit e alla qualit del metallo fuso in esse, per cui il loro valore legale delle stesse non pu essere diverso dal valore del metallo, denunciando cos la pratica di principi e di re, che a motivo dellavarizia e contro i poveri, operano arbitrarie svalutazione dei corsi legali. Altre due figure importanti per la scuola economica francescana furono Artesano di Asti e Gerardo di Odone, due teologi francescani, che a pochi anni di distanza dal lavoro di Alessandro di Alessandria trascrissero, la dottrina cambiaria di Alessandro e la teoria della produttivit del capitale monetario dell'Olivi - idee che subito dopo vennero registrate da quanti, e furono molti, da san Bernardino da Siena a santAntonino da Firenze, da Leonardo Fibonacci a Nicola Oresme - si occuperanno di etica economica, di di moneta e di cambi.

Intorno al 1450/1480, in Umbria, Marche e Toscana, per opera dei francescani minori in particolare nascono le prime banche popolari moderne, i `Monti di Piet. La missione che i minori riformati si davano con le banche era quella di "curare la povert"; i frati di Perugia, di Ascoli Piceno, di Siena (pensiamo a Bernardino da Siena, a San Giacomo della Marca, Bernardino da Feltre, ecc), volevano curare la povert, per amore di `madonna povert. La risposta alla cura della povert venne dalla nascita delle prime banche popolari moderne. La ratio dei Monti di Piet e delle prime forme di welfare (Monte dei matrimoni) sono da ricercare nella fraternit francescana incarnata sul radicalismo evangelico che sincarnava nella missione di aiutare quelle famiglie meno abbienti che non potevano avere accesso al credito ad un equo tasso dinteresse, e per questo costrette a rivolgersi agli usurai e quindi precipitare in miseria. Per amore di "madonna povert" i francescani promossero queste istituzioni come mezzo di "cura" della miseria e di lotta allusura. Allora si comprende anche fr Luca Pacioli che ha inventato il sistema di contabilit, la partita doppia, il bilancio desercizio. Ci si potrebbe chiedere perch mai un francescano inventa il bilancio desercizio? Perch per i fratelli di Francesco, bisognava insegnare come fare a non sprecare le risorse e metterle al servizio del bene comune . Ecco perch le prime comunit conventuali monastiche erano delle autentiche comunit economiche, perch non si doveva sprecare le risorse, bisognava essere efficienti. Ma un conto lefficienza in un contesto di fraternit, un conto lefficienza fine a se stessa, che diventa efficientismo. 4)La scuola economica francescana, l'impianto teologico La teologia francescana era fondata sullideale evangelico e sul dialogo fraterno della vita delluomo, con il creato e il creatore.

Per i francescani la povert non una forma dalienazione ascetica di tipo quietistico, tuttaltro, nella povert che Francesco e i suoi "fratelli" giungono alla vera ricchezza:"nihil habentes, omnia possidentes", e nella contemplazione e nella vita quotidiana , approfondiscono e vivono lamore, la fraternit, la reciprocit, il dialogo con il creato e il creatore e vedono nellaltro limmagine di Dio, "per creaturas ad creatorem".

Quattro sono a nostro avviso le cifre che descrivono la scuola economica francescana come padri delleconomia civile di mercato. La prima cifra la divisione del lavoro, intesa come principio organizzativo per consentire a tutti, anche ai meno dotati, di svolgere unattivit lavorativa. La divisione oltre a mirare ad una gestione efficente del lavoro ha la missione di dare dignit alle persone. Difatti in assenza della divisione del lavoro, solo le persone pi dotate saprebbero provvedere da s a ci di cui hanno bisogno. Come si esprime Palmieri in Della vita civile: "Fra tutti gli esseri l uomo il pi utile alluomo. Non pu egli sperare da altri quei beni che soltanto dai suoi simili pu ottenere". In altre parole, in questo primo principio c' la massima sapienziale francescana poco sopra riportata, secondo cui lelemosina aiuta a sopravvivere, ma non a vivere e a dare dignit alle persone, perch vivere significa avere dignit ed essere protagonista della propria vita, produrre, partecipare cio alla creazione del bene comune, e l elemosina non aiuta a produrre. Al tempo stesso, la divisione del lavoro migliora la produttivit attraverso la specializzazione e obbliga di fatto gli uomini a sentirsi reciprocamente vincolati gli uni agli altri. E sulla base di questa riflessione che viene elaborato il principio di reciprocit a complemento e come controbilanciamento del principio dello scambio di equivalenti (di valore), gi noto dai tempi della Scolastica. La seconda cifra la posizione di primo piano che assume nell agire economico la nozione di sviluppo e, di conseguenza, quella di accumulazione.

Per i francescani accumulare ricchezze importante non solo come atto di responsabilit verso emergenze future, ma come atto di responsabilit nei confronti delle generazioni future. Ne consegue che una parte delle ricchezze deve essere destinata a investimenti produttivi, quelli cio che allargano la base produttiva ed il cui senso profondo quello di trasformare quello economico da gioco a somma zero, tipico dell'avaro, dell'usurario, dell'avido a gioco a somma positiva. Nasce cos lorganizzazione del lavoro manifatturiero, i corsi di formazione per i nuovi lavoratori attraverso lapprendistato e l incentivo al miglioramento della qualit dei prodotti con la richiesta del "capolavoro". Di questo diverso clima culturale ne abbiamo testimonianza in Coluccio Salutati, che riflettendo sul concetto di sviluppo scrive: "Consacrarsi onestamente ad onesta attivit pu essere unacosa santa, pi santa che un vivere in ozio nella solitudine. Poich la santit raggiunta con una vita rustica giova soltanto a se stesso... ma la santit della vita operosa innalza lesistenza di molti". (Nuccio O. Il pensiero economico italiano: le fonti 1050-1450, Gallizzi, Sassari,1987). Appare chiaro che il clima sta cambiando, siamo lontani dal principio medioevale secondo cui ogni produzione economica eccedente lo stretto necessario era da condannarsi. ("Est cupiditas plus habendi quam oportet"). La terza cifra, delleconomia di mercato la libert dimpresa. Per la scuola francescana chi ha creativit, adeguata propensione al rischio e capacit di coordinare il lavoro altrui (sono queste le tre caratteristiche che definiscono la figura dellimprenditore), deve essere lasciato libero d'intraprendere, senza dover sottostare ad autorizzazioni preventive di sorta da parte del sovrano (o chi per lui) perch la "vita activa et negociosa" un valore di per s e non solo mezzo per altri fini. Trattando delle qualit di cui deve essere dotato limprenditore, Cotrugli scrive: "Et habbino pazienza alcuni ignoranti li quali dannano il mercante, che sciente. Anzi incorrono in maggiore insolentia volendo che il mercante debba essere illiterato. Et io dico che il mercante non solo deve essere buono scrittore, abbachista, quadernista, ma anche letterato et buon retorico". (Nuccio O. -

Spinelli F. ,"Il primato storico dellimprenditore italiano", Economia Italiana, 2000, vol. 1. p.275). Il mercante ha il compito di aprire nuovi mercati, anche molto distanti, verso i quali venivano collocati i prodotti della manifattura e dai quali venivano importate materie prime e altro. I frutti di questa scuola sono: imprenditori soggetti attivi nell'apertura culturale, ma anche innovatori sia nel campo aziendale, come la commenda - antesignana della moderna societ per azioni -, la partita doppia - definitivamente sistematizzata dal francescano Luca Pacioli nel 1494 -, la lettera di cambio; sia in ambito macroeconomico, come lassicurazione, il "foro dei mercanti", le prime moderne banche e borse valori, attraverso i monti di piet (nati specificamente per combattere lusura e per favorire laccesso al credito); sia ancora a livello di assetto giuridico-istituzionale della societ: si pensi alla nascita della Lex mercatoria e del diritto della navigazione, esempi che mostrano in modo eloquente come non tutto il diritto sia prerogativa esclusiva dello Stato. Senza tutte queste realizzazioni mai si sarebbe potuto avere uno sviluppo economico sostenibile e diffuso sul territorio. La quarta cifra il principio di fraternit. Francesco e i suoi fratelli, dopo la conversione formarono una fraternit, caratterizzata dal vivere in maniera radicale il Vangelo di Ges Cristo. Questo fece s che allinterno della fraternit ci fossero relazioni nuove, caratterizzate dalla minorit e dal servizio; non pi un gruppo chiuso in se stesso e compiaciuto delle proprie capacit, ma una comunit aperta tanto che al termine della vita Francesco denominer persino il sole, la luna, le stelle, il fuoco, lacqua e persino la morte con lappellativo di fratello e sorella. La scuola francescana riuscita ad incarnare il principio della fraternit nello sviluppo economico e nella comunit. In altre parole Francesco volle vivere il Vangelo in fraternit e minorit congiunta alla povert. Perch questultima diventasse vivibile e non solo una utopia, soprattutto dopo la sua morte, i frati cominciarono a distinguere luso delle cose dalla loro propriet, e successivamente luso povero da un uso non evangelico. Cos si giunse a riconoscere che la moralit non stava tanto nel possesso o no di un bene, ma nel suo uso che doveva essere

finalizzato al bene comune. Da ci scatur la convinzione che anche un mercante capace nel suo mestiere, purch finalizzato al bene comune, poteva essere virtuoso e vivere santamente. Un movimento che fa della povert il proprio ideale, fa nascere (pu sembrare un controsenso ma non lo ), le banche a sevizio della crescita della societ civile e del bene comune. Dicevamo che non un strano, perch nella riflessione teologica della scuola francescana i soldi non vengono messi al servizio dell'egoismo irrazionale, ma vengono messi al servizio del bene comune. I frati minori hanno dimostrato come se uno attaccato ai soldi difficilmente li pu usare per amore per gli altri e per fare grandi cose. I francescani ebbero questa intuizione "finch c un povero - un povero non per scelta ma perch subisce la povert - la citt non pu essere fraterna.

O.Bazzachi, Alle radici del capitalismo, Effat, Cantalupa (Torino) 2003 O. Nuccio, La civilt italiana nella formazione della scienza economica, Etas Libri, Milano 1995 O. Nuccio, Il pensiero economico italiano: le fonti 1050-1450, Gallizzi, Sassari,1987 O. Nuccio -F. Spinelli, Il primato storico dellimprenditore italiano, Economia Italiana, 2000, vol. 1. L. Pellicani, Saggio sulla genesi del capitalismo. Alle origini della modernit, Sugarco, Milano 1988 G. Todeschini, Il mercante e il tempio, Il Mulino, Bologna 2002.

Monti di Piet I pi grandi economisti sono stati i francescani del 1400, solo alcuni nomi: S. Bernardino da Siena, S. Bernardino da Feltre, Antonino da Firenze, Matteo Palmieri, Luca Paciolo . Le banche nel senso moderno, furono create dai Francescani Minori Osservanti attraverso i Monti di Piet, che prendendo spunto dai banchi ebraici, ma con l'intento di dare vita ad attivit creditizie operanti con fini solidaristici e soprattutto, senza scopo di lucro ; anche le prime forme di welfare sono state realizzate dai francescani con i Monti dei Matrimoni. Il pi antico Monte di Piet quello di Perugia, fondato dal monaco francescano Barnaba Manassei da Terni nel 1462; nel giro di pochi anni ne furono fondati decine di altri soprattutto nelle citt medio grandi dellItalia centro settentrionale grazie a donazioni pubbliche e private. Le caratteristiche fondamentali dei Monti: Anzitutto essi erano legati strettamente al territorio. In altre parole non prestavano denaro a chiunque ne facesse richiesta, ma solamente ai residenti o a chi abitava in alcune localit nelle vicinanze (espressamente indicate negli statuti). In secondo luogo, come le moderne "banche dei poveri" vedi Yunus, essi concedevano in prestito solo somme di entit piuttosto modesta, tipicamente garantire da "pegni", costituiti da oggetti di valore di propriet dei clienti. Il terzo luogo le persone erano chiamate a "giurare" di prendere le somme in prestito per proprie necessit e per finalit morali. In quarto luogo, i Monti erano coinvolti nelle attivit sociali del territorio in cui operavano in vario modo: accettavano depositi volontari, remunerati con un tasso di interesse;

concedevano prestiti alle magistrature cittadine, in occasione di crisi alimentari o di passaggi di truppe; accendevano mutui ipotecari con privati; concedevano doti a fanciulle povere; svolgevano funzioni di tesoreria per conto degli istituti assistenziali operanti nelle comunit. Oggi chiameremmo questa attivit "banca etica", ma dal XIV al XVI secolo essa fu una vera rivoluzione, che in molti casi pose le basi della prosperit delle regioni italiane del centronord fino ai giorni nostri. Come ebbe a dire il grande economista Schumpeter, i Monti furono le prime banche locali e agirono come veri e propri agenti di sviluppo del territorio. Oltre ad essere banche locali, i Monti si fecero promotori di cultura civica e non difficile ritrovare nelle loro attivit, e in molti casi anche nelle origini dei patrimoni, le radici delle Fondazioni bancarie in Italia. Le attivit al servizio del territorio non si limitavano infatti ai finanziamenti e alla raccolta, ma riguardavano anche attivit culturali, il sostegno delle attivit religiose, l'assistenza ai poveri e ai malati. Come pocanzi detto allattivit di prestito su pegno si affiancarono, progressivamente, altre funzioni che trasformarono in molti casi i Monti di Piet in soggetti particolarmente influenti nella politica economica cittadina; sul versante della raccolta iniziarono ad accettare depositi giudiziali e volontari che venivano remunerati con un interesse mentre dal lato degli impieghi concedevano prestiti alle magistrature cittadine, accendevano mutui ipotecari con privati e svolgevano funzioni di tesoreria per conto degli istituti assistenziali che operavano nella comunit. Questa evoluzione fu interrotta dalla dominazione francese che ridusse lautonomia amministrativa dei Monti di Piet e li ricondusse allinterno delle Congregazioni di Carit napoleoniche. Nonostante il recupero dellautonomia

avvenuto a conclusione delloccupazione francese e la ripresa delle attivit soprattutto nellesercizio del credito pignoratizio, nel corso dei primi decenni del XIX secolo i Monti di Piet si trovarono a concorrere, sul mercato del credito, con un nuovo soggetto le Casse di Risparmio. Ma un conto lefficienza in un contesto di fraternit, un conto lefficienza fine a se stessa, che diventa efficientismo. Le Casse di Risparmio, con cui i Monti di Piet condividevano lispirazione solidaristica e i valori originari di previdenza ed educazione al risparmio. Con lunificazione nazionale i Monti di Piet vennero assimilati agli enti assistenziali, disciplinati dalla legge del 1862 sulle Opere pie e nuovamente concentrati nelle Congregazioni di Carit. Un ulteriore provvedimento emanato sul finire del XIX secolo riconobbe la loro duplice natura (istituti di beneficenza e istituti di credito) costituendo la premessa agli interventi legislativi successivi sulla base dei quali, nel periodo tra le due guerre, vennero distinte due diverse tipologie di Monti di Piet (una prima tipologia a cui venne attribuita la natura di istituti di credito assimilandoli alle Casse di Risparmio ed una seconda che fu invece ridefinita come Monti di credito su pegno). Monti Frumentari Istituiti nel XVII secolo per prestare ai contadini che vivevano in condizioni di pura sussistenza le sementi necessarie ad avviare il ciclo di produzione, i Monti Frumentari costituirono per oltre un secolo un importante strumento di supporto al ciclo agrario, soprattutto nellItalia centro-meridionale. Per il loro funzionamento i contadini partecipavano con giornate di lavoro gratuito in occasione della semina e del raccolto; il prodotto del lavoro collettivo era conservato come sementi da distribuire ai contadini che

ne erano privi e dalla vendita delle eccedenze derivava anche il denaro che veniva prestato agli agricoltori per sostenere lattivit produttiva. I Monti Frumentari si diffusero in particolare su iniziativa del Cardinale Orsini, arcivescovo di Benevento, che eletto papa nel 1724 con il nome di Benedetto XIII ordin a tutti i vescovi dellItalia centro meridionale di sostenere lapertura di nuovi istituti. La gestione dei Monti Frumentari che avrebbero dovuto assicurare gli alimenti agli agricoltori poveri a fronte dellobbligo di restituzione, nei giorni del raccolto, delle derrate prestate aumentate del 5% era assicurata da amministratori nominati annualmente dai parroci e tenuti, al termine dellesercizio, al rendiconto della gestione nelle mani dellautorit vescovile. La mancanza di garanzie, impossibili da pretendere per le condizioni economiche dei beneficiari, mise ben presto in difficolt il funzionamento del Monti e furono frequenti i casi di insolvenza di massa negli anni agrari pi difficili. Dopo alterne vicende sotto il Regno delle Due Sicilie e la crisi concomitante con la nascita della Repubblica partenopea i Monti Frumentari conobbero, nei primi decenni del XIX secolo, un nuovo consistente sviluppo. Nel 1860, alla vigilia della caduta del Regno delle Due Sicilie, il loro numero superava il migliaio ma il divieto di formare nuovi Monti Frumentari contenuto nella legislazione emanata dopo lunificazione e il loro essere assimilati alle Opere Pie port ad una progressiva scomparsa di questi istituti e/o alla loro trasformazione in Casse di Risparmio.

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