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1
a. greif, Institutions and the Path to the Modern Economy. Lessons from Medieval Trade, Cam-
bridge University Press, Cambridge 2006, pp. 128 sgg. Sulla questione del rapporto tra «tempo»
mercantile e «tempo» religioso cfr. j. le goff, Tempo della Chiesa e tempo del mercante, e altri sag-
gi sul lavoro e la cultura nel Medioevo, Einaudi, Torino 1977, discusso in g. todeschini, Valore del
tempo consacrato e prezzo del tempo commerciabile: le dialettiche dello scambio nel basso medioevo,
in aa.vv., Sentimento del tempo e periodizzazione della storia nel medioevo, Centro italiano di studi
sull’Alto Medioevo, Spoleto 2000, pp. 232-56.
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2
Cfr. p. von moos, “Public” et “privé” à la fin du Moyen Âge. Le “bien commun” et la “loi de la
conscience”, in «Studi medievali», 3ª serie, XLI (2000), n. 2, pp. 505-48; g. todeschini, Il prezzo
della salvezza. Lessici medievali del pensiero economico, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1994; id.,
Linguaggi teologici e linguaggi amministrativi: le logiche sacre del discorso economico fra viii e x seco-
lo, in «Quaderni storici», CII (1999), n. 3 (Linguaggi politici, a cura di E. Artifoni e M. L. Pesan-
te), pp. 597-616.
Cristianesimo e modernità economica 89
3
Cfr. j. gilchrist, The Church and Economic Activity in the Middle Ages, St. Martin’s Press,
New York 1969.
4
Cfr. s. grayzel, The Church and the Jews in the Thirteenth Century. A Study of their Relations
During the Years 1198-1254, Based on the Papal Letters and the Conciliar Decrees of the Period, Dropsie
College, Philadelphia Pa. 1933; da integrare con a. linder (a cura di), The Jews in the Legal Sources
of the Early Middle Ages, Wayne State University Press, Detroit Mich. 1998.
90 Giacomo Todeschini
5
Cfr. Constitutiones Concilii Quarti Lateranensis una cum Commentariis Glossatorum, a cura di
A. Garcìa y Garcìa, Città del Vaticano 1981, canone 62.
6
Cfr. t. p. mclaughlin, The Teaching of the Canonists on Usury (xii, xiii and xiv Centuries), in
«Medieval Studies», n. 1 (1939), pp. 81-147; n. 2 (1940), pp. 1-22.
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8
Cfr. g. todeschini, Ricchezza francescana. Dalla povertà volontaria alla società di mercato, il
Mulino, Bologna 2004.
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la piazza concreta del mercato o della fiera non provenendo da una im-
maginaria cultura mercantile, in qualche modo preesistente e dotata di
proprie regole dialettiche interne, ma piuttosto dalla sfera, esterna (se-
condo le nostre attuali categorie interpretative) al «mercato», costitui-
ta dai poteri governativi e carismatici, con tutto il peso di autorevolez-
za, ma anche con tutta l’aspecificità che i linguaggi amministrativi par-
lati da quei poteri comportavano. Dalle memorie del mercante fiorentino
Francesco Balducci Pegolotti ai libri sul governo familiare di Leon Bat-
tista Alberti, e sino al manuale sul «mercante perfetto» del raguseo Be-
nedetto Cotrugli9, appare chiaro che questi tutto sommato tardivi rap-
presentanti di una cultura mercantile e «umanistica», sono in ogni caso
in grado di parlare di sé e di definire la propria virtù civica o economica,
ma anche di produrre un’immagine della propria avvedutezza commer-
ciale o bancaria, sulla base dei sedimentati vocabolari teologico-econo-
mici concernenti l’utilità civica del mercato e degli scambi, primaria-
mente ricapitolati e rinnovati, a partire dal Duecento, in ambiente fran-
cescano.
L’abilità con la quale gli intellettuali francescani crearono e diffuse-
ro un linguaggio in grado di rappresentare le relazioni economiche co-
me relazioni civiche non fu, però, il risultato di una generica attitudine
mistica, ma piuttosto l’esito della sintesi fra una preesistente riflessio-
ne normativa sull’organizzazione economica dei cristiani o degli infede-
li e la forma giuridica assunta, su basi teologiche e mistiche, dall’Ordi-
ne dei Minori in quanto soggetto istituzionalmente privo di proprietà,
e precocemente riconosciuto come tale dalla Santa Sede e come tale in-
vestito di compiti a vario titolo civici: dall’evangelizzazione delle coscien-
ze all’inquisizione dei reati, alla giurisdizione concernente usi e costumi
cittadini, prevalentemente di ambito economico (l’usura, il gioco d’az-
zardo, i prezzi). L’istituzionalizzazione di un ente la cui possibilità di agi-
re socialmente era definita dalla nozione di paupertas ovvero di uso limi-
tato e temporaneo dei beni economici stabiliva – nel cuore stesso della
cosiddetta «rivoluzione commerciale» e della incipiente modernizzazio-
ne dell’agire economico – una possibilità di verbalizzazione dei compor-
tamenti esistenti sul mercato, e del mercato stesso in quanto spazio ci-
vico, del tutto particolare10. Questo fenomeno veniva poi potenziato dal-
l’appartenenza prevalente dei Minori ad ambienti intellettualmente
9
b. cotrugli, Il libro dell’arte di mercatura (1458), a cura di U. Tucci, Arsenale, Venezia 1990.
10
Cfr. g. todeschini, Oeconomica franciscana. Proposte di una nuova lettura delle fonti dell’eti-
ca economica medievale, in «Rivista di storia e letteratura religiosa», XII (1976), n. 1, pp. 15-77;
l. k. little, Religious Poverty and the Profit Economy in Medieval Europe, Elek, London 1978.
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cellenza della vita in stato di «povertà», sia per effetto del dialogo co-
stante che i gruppi di «iniziati» costituiti dai Frati Minori realizzarono
sin dalla fine del Duecento con i gruppi di laici economicamente più in-
traprendenti, commercianti, cambiavalute o banchieri, artigiani, spes-
so ricapitolati ambiguamente dalla parola latina mercatores. Questo rap-
porto costante si concretizzò, in primo luogo, nella assunzione da parte
dei ceti mercantili di linguaggi autorappresentativi capaci di definire il
soggetto economicamente attivo a partire da un sistema di qualità e virtù
funzionali nel contempo alla prosperità e alla Salvezza, e codificati da
parole-chiave quali amicitia, concordia, largitas, fama, pietas, prudentia: un
insieme di tratti che, per esempio, Francesco Balducci Pegolotti riassu-
merà nel prologo al suo manuale di mercatura verso il 1330 disegnando
un ritratto del «buon mercante» le cui premesse non sono difficili da ri-
trovare nel trattato sui contratti del rigorista francescano Pietro Olivi,
intorno al 129011. Ciò poteva accadere poiché l’esaltazione della figura
sociale del mercator, iniziata nei testi di etica economica francescana di
fine Duecento, proseguita nel secolo successivo e culminante, nel Quat-
trocento, nelle opere dei francescani dell’Osservanza, per poi, come si
vedrà, diffondersi, non si limitava a tratteggiare un «tipo ideale» di uo-
mo d’affari ricco ma disinteressato, capace di rischiare negli investimen-
ti con profitto suo ma anche della collettività, e devoto frequentatore
degli spazi sacri cittadini, fossero essi la chiesa o la piazza, ossia di otti-
ma reputazione e dunque economicamente affidabile: oltre a questo, ta-
le flusso testuale veniva traducendo in linguaggi sempre più prossimi al-
la quotidianità alcuni capisaldi della dottrina canonistica precedente,
sottoponendoli però alla verifica dell’analisi pauperista, divenuta a que-
sto punto una pragmatica dell’uso economicamente appropriato delle ri-
sorse. L’esempio forse più limpido di questa traduzione di concettualiz-
zazioni in prassi e in rappresentazioni comunemente diffuse, ossia ap-
prese non necessariamente tramite lettura, è costituito dalla trasmissione
della nozione di «rischio» (risicum) dalla sintassi etico-economica cano-
nistica e scolastica alla consuetudine commerciale della civiltà impren-
ditoriale al confine fra Medioevo e prima età moderna. Nella tradizio-
nale analisi economica condotta da parte dei giuristi ecclesiastici da Gra-
11
f. balducci pegolotti, La pratica della mercatura (1340 c.), Evans, Cambridge Mass. 1936,
p. 20; g. todeschini, Un trattato di economia politica francescana. Il “De emptionibus et venditioni-
bus, de usuris, de restitutionibus” di Pietro di Giovanni Olivi, Istituto Storico Italiano per il Medioe-
vo, Roma 1980. Cfr. anche s. piron, Marchands et confesseurs. Le Traité des contrats d’Olivi dans son
contexte (Narbonne, fin xiiie siècle), in aa.vv., L’argent au Moyen Âge, Puf, Paris 1998, pp. 289-308.
Cfr. g. todeschini, Visibilmente crudeli. Malviventi, persone sospette e gente qualunque dal Medioevo
all’Età moderna, il Mulino, Bologna 2007.
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ziano a Innocenzo IV, ciò che soprattutto distingueva l’utilità civica del
«buon mercante» dal pubblico scandalo costituito dall’usuraio era la ca-
pacità, e si potrebbe dire la forza psicologica grazie alla quale il primo
metteva a rischio la propria ricchezza per guadagnare: la «sicurezza» di
guadagnare dell’usurarius contrastava con l’incertezza del profitto tipica
del mercator. Questa disposizione prima di tutto mentale a ipotizzare un
profitto, giocando il proprio capitale per terra o per mare, implicava d’al-
tro canto – stando al dettato canonistico e teologico-morale – un atteg-
giamento nei confronti della ricchezza posseduta connotato da un attac-
camento meno passionale, oggi diremmo meno feticista, di quello che, in-
vece, sempre secondo la tradizione linguistica cristiana, caratterizzava il
rapporto dell’usurarius con il denaro e più in generale la ricchezza. In-
vestimento arrischiato, per dirlo in breve, si opponeva a tesaurizzazio-
ne. Molta casistica accademica e legislazione ecclesiastica sino a tutta la
prima metà del Duecento aveva, di conseguenza, indagato con sottigliez-
za la differenza, a volte quasi impercettibile, che intercorreva fra opera-
zioni commerciali nelle quali un capitale veniva arrischiato e relazioni
contrattuali nell’ambito delle quali il rischio era solo apparente. La stes-
sa progressiva legalizzazione dei contratti di assicurazione commerciale
si era poi radicata nel terreno preparato da questi dibattiti12. La radice
di questa contrapposizione, già rintracciabile nella letteratura e nella
giurisdizione cristiana antica, stabiliva un’evidente corrispondenza fra
l’atteggiamento e la virtù codificate dalla parola largitas e la nozione as-
sai più giuridicamente stringente di risicum, mentre al contrario ricon-
netteva la disposizione mentale e il peccato segnalati dal termine avari-
tia (o filargyria) con la più concreta pratica contrattuale dell’usura. Nel
complesso, l’incapacità di comprendere la nuova Legge, che avrebbe ca-
ratterizzato gli infedeli e prima di tutto gli ebrei, era indicata dai teolo-
gi come la causa più profonda di un attaccamento alla ricchezza mate-
riale in se stesso prossimo all’idolatria, e diametralmente opposto al di-
stacco da questa più visibile ricchezza in nome della speranza ossia della
fede cristiana di ottenere profitti più lontani ma immensamente mag-
giori. Questo complesso intreccio di motivi metafisici, economici e mo-
rali, era stato raccolto e, per così dire, districato dalla teologia morale
francescana di argomento economico. Avvenuta ormai in ambiente ca-
nonistico la traslitterazione della sintassi concettuale del non attacca-
mento alla ricchezza e della largitas, della capacità virtuosa di distribui-
12
Riassunto della questione e bibliografia in g. ceccarelli, Risky Business. Theological and Ca-
nonical Thought on Insurance from the Thirteenth to the Seventeenth Centuries, in «The Journal of
Medieval and Early Modern Studies», XXXI (2001), n. 3, pp. 607-58.
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13
k. summenhart, De contractibus licitis atque illicitis, apud Franciscum Zilettum, Venezia
1580. Su queste questioni cfr. a. brett, Liberty Right and Nature. Individual Rights in Later Scho-
lastic Thought, Cambridge University Press, Cambridge - New York - Melbourne 1997; a. spiccia-
ni, La mercatura e la formazione del prezzo nella riflessione teologica medievale, Accademia dei Lin-
cei, Roma 1977.
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14
Cfr. r. bogaert, Changeurs et banquiers chez les Pères de l’Église, in «Ancient Society», n. 4
(1973), pp. 239-70.
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tica. Se, tuttavia, «l’uomo» era «la moneta di Dio»15, e dunque diveni-
va moralmente come giuridicamente doveroso vigilare per poter distin-
guere il valore sociale e religioso autentico, da quello falso, d’altro canto
il principio, in se stesso teologico, della contenibilità dell’incommensu-
rabile in un oggetto finito e materiale, stabilito come fondamento del-
l’identità rituale e sociale dei cristiani soprattutto dopo le controversie
eucaristiche dei secoli x e xi, conferiva al denaro inteso come frammento
di materia convalidato da un segno carismatico (il conio rinviante al po-
tere politico di un sovrano) significati ancor più economicamente profon-
di di quelli impliciti nella metafora uomo-moneta. Non era un caso se, da
Onorio di Autun, sul principio del secolo xii, a Pietro di Giovanni Oli-
vi, alla fine del xiii, si insisteva sull’immagine della moneta legalmente
coniata e sull’efficacia del suo funzionamento sociale per spiegare in ter-
mini logici misteri come quello dell’eucarestia o del «premio» celeste16.
Tuttavia, questo uso linguistico, che riconduceva la rotondità dell’ostia
consacrata e contrassegnata dal Nome del Cristo alla forma e all’auten-
ticità della moneta, e spiegava dunque il pregio del pane eucaristico nei
termini di un oggetto che conteneva e insieme era il Valore, o che nella
capacità del denaro di quantificare una retribuzione ossia il valore di un
lavoro intravedeva la possibilità di raffigurare una ricompensa paradi-
siaca derivata da una somma di comportamenti, questo uso linguistico,
incardinato nell’abitudine ecclesiastica di gestire e pensare il valore
delle cose secondo una prospettiva binaria, determinava alle soglie del
Trecento tanto una speciale capacità degli scolastici di parlare autore-
volmente di economia monetaria, quanto una effettiva possibilità di
arrivare a chiarire la sostanza politica degli usi del denaro partendo dal-
l’affermazione, in origine teologica, che esso, come oggetto fisico o vir-
tuale, rappresentava e allo stesso tempo costituiva il valore delle cose e
delle relazioni sociali. La scienza pratica dei commercianti e degli uomi-
ni d’affari riuniti in «compagnie» riceveva quindi una lingua che, so-
prattutto in seguito alla mediazione francescana, aveva nella sua sintas-
si e nella sua grammatica gli strumenti adatti a esprimere l’eticità del-
l’arricchimento, inteso in particolare come esplorazione e decifrazione
dei valori implicitamente contenuti nelle cose o nelle relazioni economi-
15
«Moneta Christi homo est»: agostino, Sermo 90, 8, in id., Opera omnia, vol. XXX/2, Città
Nuova Editrice, Roma 1983, p. 440; «Caesaris imago in nummo est, Dei imago in te est»: id., In
Ioh. ev. tract. 40,9 (CC sl 36), Brepols, Turnhout 1954, p. 355; cfr. id., Sermo IX 9, a cura di C.
Lambot, Brepols, Turnhout 1961 (CC sl 41), pp. 125-26; c. lambot, Sermons de saint Augustin, in
«Revue bénédictine», n. 79 (1969), p. 213.
16
onorio di autun, Gemma spiritualis, Patrologia Latina 147, 555: 35. De forma panis; pietro
di giovanni olivi, In Matthei Evangelium, Padova, Bibl. Antoniana, ms 336, f. 158r.
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17
Cfr. j. chiffoleau, La comptabilité de l’au-delà. Les hommes, la mort et la religion dans la
région d’Avignon à la fin du Moyen Âge (vers 1320 - vers 1480), École française de Rome, Roma
1980; aa.vv., Nolens intestatus decedere: il testamento come fonte della storia religiosa e sociale, Re-
gione dell’Umbria, Perugia 1985; p. bertrand, Commerce avec dame Pauvreté: structures et fonc-
tions des couvents mendiants à Liège (13.-14. s.), Droz, Genève 2004; m. gazzini, “Dare et habere”.
Il mondo di un mercante milanese del Quattrocento, Firenze University Press, Firenze 2002; id., Con-
fraternite e società cittadina nel medioevo italiano, Clueb, Bologna 2006.
102 Giacomo Todeschini
18
m. weber, Die protestantische Ethik und der Geist des Kapitalismus, in «Archiv für Sozialwissen-
schaft und Sozialpolitik», n. 20-21 (1904-905), poi in id., Gesammelte Aufsätze zur Religions-
soziologie, vol. I, Mohr, Tübingen 1920, pp. 1-206 (trad. it. Sociologia delle religioni, a cura di C.
Sebastiani, Utet, Torino 1988); id., Wirtschaftsgeschichte. Abriss der universalen Sozial- und Wirt-
schaftsgeschichte (1919-20, pubblicato postumo nel 1923), Duncker & Humblot, Berlin 1981 (trad.
it. Storia economica: linee di una storia universale dell’economia e della società, Donzelli, Roma 1993).
Cfr. w. schluchter, Religion und Lebensführung. Studien zu Max Webers Religions- und Herrschafts-
soziologie, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1988.
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20
Cfr., ad esempio, d. postles, Small Gifts, but Big Rewards: the Symbolism of some Gifts to the
Religious, in «Journal of Medieval History», n. 27 (2001), pp. 23-42; e l’ormai classico c. brittain
bouchard, Holy Entrepreneurs. Cistercian, Knights, and Economic Exchange in Twelfth Century Bur-
gundy, Cornell University Press, Ithaca N.Y. - London 1991; complessivamente, n. terpstra (a
cura di), The Politics of Ritual Kinship. Confraternities and Social Order in Early Modern Italy, Cam-
bridge University Press, Cambridge 2000.
21
Cfr. g. calvino, De l’usure, in Joannis Calvini opera selecta, a cura di P. Barth e G. Niesel,
vol. II, Christian Kaiser, München 1952: a. biéler, La pensée économique et sociale de Calvin, Georg,
Genève 1956; a. n. s. lane, John Calvin, Student of the Church Fathers, T&T Clark, Edinburgh
1999.
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22
j. saravia de la calle, Institutione de’ mercanti che tratta del comprare et vendere, et della usu-
ra che puo occorrere nella mercantia: insieme con un trattato de’ cambi composta per il dottor Sarava &
nuovamente tradotta di lingua spagnuola dal S. Alfonso d’Ulloa, Bolognino Zaltieri, Venetia 1561
(1ª ed. Medina del Campo, 1544), ff. 17v-18r.
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23
Ibid., ff. 55r sgg.
24
Cfr. L’Usure ensevelie, ou Défense des monts de piété de nouveau érigez aux Païs-Bas pour ex-
terminer l’usure, divisée en III livres, par M. Jean Boucher, […] avec une repartie à I. D. L. M., préten-
du docteur en théologie, A. Quinqué, Tournay 1628, ff. 98 sgg.
25
m. l. pesante, L’usura degli inglesi: lessico del peccato e lessico della corruzione politica alla fi-
ne del Seicento, in g. boschiero e b. molina (a cura di), Politiche del credito. Investimento, consumo
solidarietà, Centro Studi sui Lombardi e sul Credito, Asti 2004, pp. 133-34. Cfr. Informazioni e
scelte economiche, a cura di W. Kaiser e B. Salvemini, «Quaderni storici» XLII (2007), n. 1.
Cristianesimo e modernità economica 107
AA.VV., Gli spazi economici della Chiesa nell’Occidente mediterraneo, Centro italia-
no di studi di storia e d’arte, Pistoia 1999.
AA.VV., Istituzioni monastiche e istituzioni canonicali in Occidente, 1123-1215, Vi-
ta e Pensiero, Milano 1980.
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