Sei sulla pagina 1di 3

Nel 1073, alla morte di Enrico III, fu acclamato papa dal popolo e poi avallato dal collegio cardinalizio

Ildebrando di
Soana, con il nome di Gregorio VII. In un Concilio tenuto nel 1074 il papa condannò nuovamente la simonia e il
concubinato e proclamò il diritto dei legati papali a risolvere le controversie tra vescovi, ma questa decisione non fu
accettata dal clero francese, tedesco e anche italiano poiché essa venne considerata espressione di un accentuato
centralismo di Roma. In un importante Concilio tenutosi a Roma nel 1075, Gregorio VII oltre a condannare per
l'ennesima volta concubinato e simonia, ribadì il divieto delle investiture laiche (pena la scomunica), depose alcuni
vescovi italiani e invitò l'imperatore a sottomettersi al papa, pena la sua deposizione. Fu allora redatto un
importante documento, il Dictatus Papae. Composto di 27 affermazioni, sintetizzava il pensiero gregoriano: il
pontefice romano era “universale” e aveva il diritto di nominare e revocare i vescovi, sanciva la superiorità e
l’insindacabilità del pontefice e che la Chiesa romana era infallibile e chi era in disaccordo non poteva considerarsi
cattolico. Nel 1076 Enrico IV dovette domare la rivolta dei Sassoni in Germania e chiese a Gregorio VII di deporre i
vescovi che l'avevano appoggiata. La risposta negativa del papa spinse l'imperatore a convocare una Dieta
(assemblea in cui i principi laici ed ecclesiastici, i maggiori feudatari e i rappresentanti delle città imperiali
deliberavano sui problemi principali dell'Impero) a Worms in cui i vescovi tedeschi accusarono Gregorio VII di non
essere stato eletto regolarmente, di aver seminato discordia nella Chiesa, di aver spinto il popolo contro i vescovi e
di aver vissuto in intimità con la contessa Matilde di Canossa. In reazione, il papa convocò un Concilio in cui
scomunicò l'imperatore. Nel 1077 Enrico IV si presentò al papa che si trovava a Canossa presso Matilde (si presentò
in abiti da penitente e attese tre giorni di essere ricevuto; per questo l'episodio è ricordato come “umiliazione di
Canossa”), chiedendogli perdono per le sue colpe. Il papa, per intercessione di Matilde e consigliato dall'abate di
Cluny, assolse l'imperatore abrogando la scomunica. In seguito i principi tedeschi, riuniti in una Dieta in Baviera,
deposero l'imperatore sostituendolo con il duca Rodolfo di Svevia. Gregorio appoggiò i principi tedeschi e nel 1080
depose e scomunicò di nuovo Enrico IV e riconobbe Rodolfo; la scomunica non fu soltanto una punizione spirituale
ma un'arma politica che permise al papa di porsi come arbitro nei contrasti dell'Impero. Enrico IV per tutta risposta,
convocò a Bressanone un'assemblea di vescovi (in maggioranza italiani) che depose Gregorio e nominò un
antipapa. Le due forze contrapposte arrivarono allo scontro armato: Enrico IV batté le forze papali (le truppe
canossiane) e fu incoronato imperatore dall'antipapa Clemente III. Gregorio, rifugiatosi in Castel Sant'Angelo,
chiese aiuto ai Normanni ma fu costretto a fuggire da Roma per la rivolta della popolazione, esasperata dalla
violenza del conflitto. Nel 1085, dopo aver riaffermato in un'enciclica tutti i principi per cui si era battuto, Gregorio
morì a Salerno. La lotta, proseguita anche dai successori immediati di Gregorio, Vittore III e Urbano II, sempre
contro l’imperatore Enrico IV, si attenuò durante il pontificato di Pasquale II, il quale nel 1111 a Sutri si dichiarava
disposto alla rinuncia di ogni beneficio feudale a vantaggio di vescovi e abati, in cambio di una vera libertà della
Chiesa, in tal modo resa indipendente dall’ingerenza del potere imperiale. Il conflitto per le investiture terminò nel
1122, quando il cosiddetto concordato di Worms, convenuto tra Enrico V e Callisto II, escluse qualsiasi intervento
laico dall’investitura spirituale, che d’ora in poi viene affidata al Papa. L’imperatore non conferì più dignità e poteri
spirituali, inoltre la Chiesa conferiva all’imperatore di revocare e concedere i benefici feudali. Per l’Italia e per la
Germania si stabilirono regole diverse in quanto, in Italia la consacrazione religiosa doveva precedere l’investitura
feudale, mentre in Germania avveniva il contrario. Con la lotta per le investiture, il Papato iniziò il processo di
svincolamento dalla tutela del potere imperiale, diventando l’unico e sovrano regolatore e giudice
dell’ordinamento interno della Chiesa.

L’attesa dell’anno Mille da alcuni era caratterizzata dall’arrivo della fine del mondo, credenza basata
sull’interpretazione dell’Apocalisse di Giovanni, un passo dell’omonimo vangelo aporetico. Tuttavia tale
aspettativa, non trova conferma nelle cronache redatte tra il X e il XI secolo, che invece testimoniavano un
sentimento di speranza. Intorno all’anno Mille la situazione in Europa cambiò, le incursioni e le invasioni di
Saraceni, Normanni e Ungari si attenuarono, gli imperatori rafforzarono il loro potere: in questo modo le persone si
sentivano più sicure. Per i numerosi cambiamenti che conobbe tutto l’Occidente, si può parlare di una vera e
propria rinascita dell’Europa i cui ambiti di interesse furono lo sviluppo demografico, il progresso agricolo, la
rinascita della vita urbana, lo sviluppo di una nuova economia e il rinnovamento culturale.

Non abbiamo dati certi poiché in quell’epoca non si facevano i censimenti, tuttavia gli storici ritengono che intorno
al Mille in Europa vivessero circa 40 milioni di abitanti, ma alcuni segnali della ripresa demografica c’erano già stati
a partire dalla metà del VIII secolo al termine di un’epidemia di peste. Questa crescita demografica fu determinata
sicuramente da una minore mortalità e dal graduale miglioramento della produttività agricola, favorita da un clima
più mite già fra il 750 e il 1215 e dall’introduzione di nuovi attrezzi agricoli come l’aratro pesante, erpice e il collare
rigido per trainare i cavalli. Nuovi metodi di coltivazione come la rotazione triennale, a sostituzione della
precedente rotazione biennale che consisteva nel seminare metà dei campi con frumento invernale, lasciando
l'altra metà a Maggese, riuscì ad accrescere di un terzo la produzione annuale, abbassando i rischi di un cattivo
raccolto. Per rendere coltivabili appezzamenti di terra strappati al mare e alle paludi, furono introdotte numerose
attività di bonifica come avvenne per i polders, nelle Fiandre, realizzati per proteggere le aree più basse dal mare.
L’insieme delle innovazioni che furono applicate all’agricoltura consentì la produzione di eccedenze, cioè i campi
producevano di più rispetto alla richiesta di produzione. Queste iniziarono ad essere scambiate o vendute grazie
alla ricomparsa della moneta, caduta in disuso dopo la caduta dell’Impero Romano, in particolare del “grosso” una
moneta d’argento di valore elevato e successivamente del fiorino di Firenze e del ducato veneziano. I luoghi di
vendita dei prodotti derivati dal surplus produttivo furono dapprima i mercati cittadini che si trasformarono in vere
e proprie fiere, tra le più importanti si citano le sei fiere della Champagne e le fiere delle Fiandre.

La nuova organizzazione dell’economia e della società ha riflessi evidenti sulla mentalità e sulla concezione del
mondo, la realtà cittadina è caratterizzata da un’economia aperta, dinamica, dunque la conseguenza più naturale è
una visione più dinamica del mondo associata al fatto che la realtà può trasformarsi. Nasce una nuova fiducia nella
forza dell’uomo che è pervaso dalla curiosità di esplorare andando oltre i dettami imposti dalla Chiesa. Tutte
queste caratteristiche sono racchiuse nella figura del mercante, una nuova classe sociale affermatasi durante il
corso del X secolo. A causa dell’elevata quantità dei traffici commerciali fu necessario introdurre altri metodi di
pagamento, tra cui le lettere di cambio che consentivano i pagamenti a distanza, e di contabilità come la partita
doppia e i libri contabili che prevedevano la registrazione dei debiti e dei crediti. Per la tutela del mercante vennero
introdotte le prime forme di assicurazione, in particolare per i viaggi in mare per garantire degli indennizzi alle
spedizioni marittime. Alcuni mercanti accumularono gradualmente ingenti capitali e iniziarono a controllare il
credito e a svolgere anche il ruolo di banchieri, specializzandosi in piccoli e grandi prestiti e nel finanziamento di
sovrani in cambio della diretta riscossione delle imposte, in questo contesto si sviluppa la figura del cambiavalute e
del cambista. Inoltre, erano sempre più richieste figure professionali specializzate in ambito economico, quindi
economisti, contabili, notai, matematici e commercialisti. C’è dunque l’esigenza di un nuovo sistema culturale laico
che non fosse soltanto legato alla cultura ecclesiastica ma che si interessasse ad altre forme culturali di ambito
tecnico. È per questa esigenza che nascono le università, concepite come luoghi di insegnamento di discipline quali
Diritto Civile, Medicina, Teologia e diritto canonico, le cui lezioni venivano impartite in latino.

Tra il IX e il X secolo alcune città costiere fecero del commercio la loro principale attività e, per difendere la loro
libertà economica, si organizzarono come forme di autogoverno affidando la guida della città a un’assemblea
formata da cittadini più importanti. Nacquero così le repubbliche marinare di Amalfi, Venezia, Pisa e Genova.
Queste città seppero approfittare della debolezza dell’impero bizantino e delle autonomie che Costantinopoli
assegnava ai centri marinai. Raggiunsero l’autonomia prima dei comuni dell’Italia centro-settentrionale e si
distinguevano da essi per la forma di governo formato dai membri dell’aristocrazia mercantile, per il fatto di non
avere rapporti con il contado e anche per il rispetto degli interessi delle classi sociali più basse. Amalfi fu la prima
repubblica marinara e fu la prima ad intraprendere scambi commerciali con gli arabi, introdusse inoltre la prima
forma di diritto marittimo con le Tavole Amalfitane e i suoi marinai erano molto abili, anche grazie all’introduzione
della bussola. Il suo declino fu segnato con l’affermarsi di Pisa e dell’invasione normanna. Più lunga e duratura fu
invece la potenza di Venezia (la Serenissima), che rimase indipendente fino alla fine del Settecento. La città era
stata fondata nel V secolo in una zona paludosa dagli abitanti di Aquileia per sfuggire alle invasioni dei barbari. Il
suo governo prevedeva che il potere politico fosse nelle mani del ceto mercantile con l’esclusione dei ceti inferiori.
La suprema magistratura era quella del doge, controllata dal Consiglio dei Savi. Pisa e Genova nel XI secolo si
allearono e costruirono delle flotte per difendersi dai Saraceni. Dopo averli sconfitti si dedicarono ai commerci e
giunsero ben presto a rivaleggiare con Venezia. Anche tra Genova e Pisa scoppiò una forte rivalità che finì in uno
scontro, nel 1284 i Genovesi sconfissero i Pisani nella battaglia navale della Meloria.

Oltre alle città marinare, a partire dal 1100, la nascita dell’Occidente riguardò anche le città dell’Italia centro-
settentrionale. Non si trattò solo di una rinascita economica ma riguardò anche l’organizzazione politica. I cittadini
più importanti si riunirono in un’associazione chiamata giuramento collettivo che governava la città: coniava le
monete e amministrava la giustizia. In questo contesto si assiste alla nascita del Comune, cioè di un piccolo stato
che si autogovernava in modo indipendente dall’imperatore. I comuni italiani nacquero inizialmente come
consorterie costituite dalla nobiltà urbana allo scopo di garantire e accrescere i propri privilegi, in seguito ai nobili si
riunirono anche i cosiddetti magnati, ovvero i cittadini più influenti dal punto di vista economico. Questi comuni
assunsero dimensioni rilevanti perché imposero il loro potere anche sulle campagne circostanti, ovvero il contado.
La conquista di quest’ultimo costrinse i feudatari a sottostare alle leggi del Comune. Nelle regioni settentrionali
dell’Europa, si sviluppò come associazioni di cittadini restando però ancora sotto il potere dell’Impero, inoltre il
contado continuava ancora a far parte del mondo feudale. La storia del Comune si svolse in due grandi fasi: quella
consolare e quella podestarile. La fase consolare segue immediatamente quella podestarile e si sviluppò quando gli
abitanti più influenti dell’aristocrazia mercantile crearono assemblee non elettive che chiamarono arenghi o
concioni con il compito di eleggere due magistrati detti consoli al governo della città. La fase podestarile iniziò nel
XIII secolo quando nei comuni erano molto forti gli scontri tra le famiglie più potenti della città in lotta per la
conquista delle cariche. Per garantire la pace si pensò di ricorrere a un professionista della politica: il podestà,
assunto per un periodo compreso tra 6-24 mesi, che deteneva il potere esecutivo, scelto tra i cittadini più
autorevoli di un altro comune per evitare che privilegiasse gli interessi di una certa fazione. Nel corso del XIII secolo
si venne a creare un sistema di governo in cui convivevano il Comune Podestarile e il Comune del Popolo, i cui
rappresentanti erano i priori delle Arti. A Firenze nel 1293 per garantire l’esclusione del ceto dei magnati, venne
promulgarono gli Ordinamenti di Giustizia che riservavano le magistrature e i consigli cittadini a coloro che
risultassero appartenenti a una delle Arti.

I Comuni italiani avevano potuto affermarsi e diventare autonomi anche perché il potere dell’imperatore si era
indebolito per il lungo scontro con il papa per la nomina dei vescovi-conti e per l’affermarsi in Germania nel XII
secolo di due schieramenti politici che lottavano per la nomina dell’imperatore: i guelfi che sostenevano i duchi di
Baviera e i ghibellini a favore dei duchi di Svevia. Molte delle lotte interne dei Comuni videro scontrarsi magnati
guelfi e magnati ghibellini, talmente influenti da dividere le città in due fazioni, una imperiale e una papale.

A metà del Trecento con l’accentuarsi della crisi economica, gli operai iniziarono una lotta contro lo sfruttamento
dei maestri di bottega. In particolare a Firenze, nel 1378, i salariati delle diverse Arti, in particolare quelli dipendenti
dall’Arte della lana, sottoposti a forte pressione economica e sociale, e privi di diritti politici, si ribellarono e presero
il controllo della città, rivendicando l’istituzione di una loro Arte, cui fosse riservato un quarto delle cariche del
Comune. Insediato nel palazzo dei Priori un loro sindaco, elaborarono una riforma per creare tre nuove Arti del
popolo minuto con diritto a un terzo delle magistrature: due comprendevano i piccoli artigiani e una i Ciompi veri e
propri.

Nel 1152 le parti guelfa e ghibellina si accordarono sull’elezione a re di Germania del duca di Svevia Federico
Hoenstaufen, imparentato con la casa di Baviera, denominato Federico Barbarossa. Gli obiettivi del nuovo
imperatore furono restaurare il potere imperiale, tentare la conquista del Meridione governata dai Normanni, e
infine impossessarsi della Corona Imperiale. Nel 1158 scese in Italia con un grosso esercito e convocò a Roncaglia i
rappresentanti dei Comuni in una dieta dove affermò che i Comuni non avrebbero più potuto battere moneta,
esercitare la giustizia, eleggere i propri magistrati, perché questi compiti spettano all’imperatore. Alcune città come
Milano si ribellarono e come punizione Federico nel 1162 la rase al suolo. I Comuni, volendo difendere la loro
autonomia, con l’aiuto del papa Alessandro III, che intendeva impedire il rafforzamento dell’Impero, si unirono
nella Lega Lombarda. Nel 1167 a Pontida, i rappresentanti delle città giurarono di combattere contro l’imperatore.
Milano fu ricostruita, inoltre venne fondata una città in nome di Alessandro, appunto Alessandria.

Potrebbero piacerti anche