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Istituzioni di storia medievale – I mille anni del medioevo

Da capitoletto 8 di cap.4, pag 198


A partire dal X sec. si fa sempre più aspro lo scontro fra potere temporale e spirituale in Occidente,
fra Impero e Papato, le due istituzioni detentrici del potere in Occidente. I laici entrano sempre più
in questo periodo a fare parte dell’ambiente monastico, grazie alla compravendita di cariche
ecclesiastiche sempre più praticata, il peccato di simonia. E’ in questo clima che si sviluppano idee
riformatrici, sono diversi gli ecclesiastici che a partire dal X secolo iniziano a impegnarsi scrivendo
o con atti concreti per una riforma dei costumi della chiesa. In questo periodo si sviluppò una
riforma anche a livello monastico, che contribuì al rinnovamento spirituale della cristianità. In
particolare venne fondata nel 910 l’abbazia benedettina di Cluny, che segnerà un nuovo modello per
la gestione di beni ecclesiastici, essa, fondata in Borgogna avrà il privilegio dell’esenzione e sarà
libera dall’influenza delle famiglie aristocratiche e del potere laico, con l’intento di evitare la
decadenza spirituale ed economica che ricopriva ormai ogni istituzione religiosa. Negli anni
successivi nacquero nuove abbazie sul modello di Cluny, alle dipendenze di quest’ultima e guidate
da priori sottoposti all’abate della casa madre.
In seguito ad alcuni scontri fra monaci benedettini dell’abbazia di Cluny nacque un nuovo ordine
monacale, grazie al trasferimento di alcuni monaci a Citeaux nacque l’ordine dei cistercensi. Esso
differiva rispetto al modello di Cluny verso un maggiore rigore per l’osservanza della regola
benedettina, in particolare ci si riavvicinava alla pratica del lavoro manuale, a un rispetto maggiore
dei voti e alla pratica della povertà. Un personaggio molto importante legato a questa esperienza è
Bernardo di Chiaravalle, monaco alleato del papa, che lo sosterrà nella lotta alle eresie, nelle
crociate e nello scisma. L’ordine cistercense introdusse anche una nuova spinta al monachesimo
femminile, subordinato agli ordini monacali maschili. Le abbazie cistercensi erano abbazie federate,
ovvero unite da legami di fratellanza e non gerarchici, il suo governo era praticato da un assemblea
annuale di tutti gli abati. Le abbazie cistercensi avevano un modello sussistenziale, ovvero i monaci
avevano la gestione diretta della loro produzione e del lavoro dei campi. I beni delle abbazie
cistercensi crescevano a dismisura grazie alle donazioni dei fedeli all’ordine e al mercato dei
prodotti agricoli che questi praticavano, l’ordine fu grazie ad essi caratterizzato da un ampio
contatto con la popolazione civile. Con l’ordine cistercense si diffonde largamente una nuova
figura, quella del converso, a metà fra un monaco e un laico, dovuto a prestare voto di obbedienza e
a svolgere un numero limitato di preghiere quotidiane. Queste figure venivano impiegate
sistematicamente, data la loro conoscenza tecnica nello svolgere innumerevoli tipi di attività
pratiche.
Durante la seconda metà dell’XI sec. si sviluppò a partire da Roma un movimento di opposizione
alla corruzione della chiesa, alla simonia, al matrimonio dei preti, all’intervento di laici nel governo
ecclesiastico, a questa iniziativa venne dato il nome di riforma gregoriana, omaggiando il forte
impulso che diede Gregorio VII ad essa. La riforma si sviluppò a partire dai rapporti fra potere
spirituale e temporale, preceduti da un lavoro di carattere teorico, di revisione del pensiero religioso
e della gerarchia ecclesiastica. Si passò a abolire l’investitura laica dei religiosi, soprattutto la presa
di potere imperiale da parte dei vescovi. Fra le varie campagne moralizzanti ricordiamo quella dei
patarini, un gruppo di laici che criticò aspramente la curia di Milano, ammogliata e simoniaca.
Nel 1054 si verificò lo scisma della chiesa di Costantinopoli dalla disciplina e dalla gerarchia di
quella di quella di Roma, le cui regole si erano sempre più irrigidite nell’ultimo periodo.
Nel 1059 papa Nicolò II dettò tre regole nuove e radicali per la chiesa, riprendendo antichi divieti,
la prima sanciva il celibato per i sacerdoti (per non disperdere i beni della chiesa), la seconda
sanciva il divieto della pratica di simonia, nessun prete poteva più ricevere una carica ecclesiastica
da un laico e nessun laico può essere investito di incarichi religiosi, la terza prevede l’elezione
papale svolta solo dai cardinali, precludendo l’imperatore da questo diritto che prima esercitava
sulla scelta del papa.
A partire dal XI sec. si svilupperà uno scontro acceso fra papi e imperatori, che si risolverà dopo
quasi un secolo e sarà denominato lotta per le investiture, lo scontro inizierà con l’operato di papa
Gregorio VII; quest’ultimo passerà alla pratica nella lotta alla decadenza della chiesa. Papa
Gregorio VII dichiarerà decaduti tutti i sacerdoti simoniaci, condannerà le investiture e il ricevere
da laici cariche ecclesiastiche . L’azione del papa provocherà una rottura con l’imperatore,
fortemente legato ai vescovi nei suoi possedimenti , Enrico IV reagirà ignorando il decreto papale e
continuando a conferire la nomina agli arcivescovi. Gregorio risponde allora con il Dictatus Papae
(1075) con cui proclama la superiorità papale su ogni altra autorità terrena e il primato assoluto
della chiesa di Roma, oltre a ribadire il potere del papa di deporre gli imperatori.
Alcuni vescovi tedeschi, fedeli all’imperatore dichiareranno il papa decaduto e quest’ultimo reagirà
scomunicando l’imperatore. Enrico IV a questo punto reagirà con una mossa strategica, chiederà il
perdono al papa protetto dalla contessa Matilde di Canossa, che non potrà rifiutarlo, in quanto
simbolo della cristianità sulla terra: Enrico IV tornò quindi al potere e pretese un’altra volta di
deporre il papa, Gregorio provvederà alla scomunica e l’imperatore provvide a occupare Roma,
nominando un antipapa con il nome di Clemente III. La lotta continuò poi con i successori, e arrivò
alla sua composizione nel 1122, con il Concordato di Worms, redatto da Enrico V e Callisto II. Il
compromesso sanciva l’elezione dei vescovi per mano di un consiglio ristretto di ecclesiastici, a cui,
solo in Germania l’imperatore poteva presenziare. Per quanto riguarda le investiture il papa aveva il
compito di consegnare al nuovo vescovo la croce e l’anello, simboli del governo sulle anime,
mentre l’imperatore aveva il compito, successivamente al papa di consegnarli lo scettro e le regalie,
simboli dei doveri del potere pubblico. Grazie a questi conflitti nascerà una nuova distinzione fra
spirituale e temporale, il potere della Chiesa e quello dello Stato sarnno finalmente sanciti e definiti
l’uno nei confronti dell’altro. Questo scontro segnerà anche la centralità della chiesa di Roma nel
mondo cristiano.
Per secoli la formazione culturale in Europa si era basata principalmente sullo studio e l’imitazione
della tradizione, non permettendo a pieno lo sviluppo dello spirito critico che caratterizzerà poi la
cultura occidentale in futuro. A poco a poco a partire dal XII sec. si svilupperà un nuovo spirito
nell’approccio alla formazione culturale, partendo dal testo Sic et non di Abelardo, in cui si
discutono le discrepanze fra le varie interpretazioni delle Sacre Scritture e le interpretazioni dei
padri della chiesa. A poco a poco nacque in questo periodo la figura dell’intellettuale, ancora
fortemente legato all’influenza del re o della chiesa, che inizierà a pensare e poi scrivere del suo
pensiero per la prima volta. I materiali delle sue riflessioni sono in un primo momento ancora le
Scritture e i testi antichi, e il suo compito principale è quello di imitarli, ma pian piano si slegherà
da essi. L’espressione che viene utilizzata per descrivere questo momento è rinascita, in quanto sta
ad indicare il nuovo dinamismo culturale che si raggiunge nel XII sec.
La novità maggiore è in questo periodo la riscoperta dei testi di Aristotele, grazie alle nuove
traduzioni dei testi antichi dei commentatori arabi ed ebrei sono presi a modello nuovi testi come
autoritates. I traduttori ebrei e musulmani entrarono in contatto con il contesto europeo attraverso le
terre musulmane di Spagna e Italia del sud (Averroè, commentatore per eccellenza di Aristotele).
Nella prima metà del XII sec. ripresero anche gli studi di diritto, in particolare del diritto romano di
Giustiniano, ripreso a modello nella gestione del vasto impero. Il diritto romano, in particolare il
Corpus Iuris Civilis viene preso a modello nel tentativo di unificare i tanti popoli differenti che
fanno parte dell’Impero, e utilizzato a servizio della politica.
Nasce in questo periodo anche il diritto canonico, ricostruito a partire dalla raccolta di decreti,
concili e lettere papali da Graziano, compositore del Decretum Gratiani , a fondamento del diritto
canonico in sé. IL XII sec. è anche il momento in cui fioriscono le maggiori università, fra cui
incontriamo Bologna, Salerno, Parigi e Oxford.
Il trattato di Worms non fu una soluzione definitiva, difatti, il conflitto fra chiesa e potere imperiale
continuò a lungo. Dopo la caduta senza eredi di Enrico V, si era stabilita al potere in Germania la
famiglia Hohenstaufen, successivamente a una lunga lotta con una famiglia guelfa era stato fatto
salire al potere Federico I, imparentato con entrambe le famiglie. Federico I pianificava di riunire
l’Impero sotto il suo potere, di sottomettere il papa, il regno d’Italia e le monarchie europee. Il piano
di Federico Barbarossa fu appoggiato dai giuristi bolognesi e che sancirono la continuità del suo
regno con quello romano e di Carlo Magno utilizzando il concetto di regalìa (diritti del potere
regio). A questo punto venne sancita la differenza fra la sfera del pubblico e del privato, confinando
così il potere dei signori (relegato alla sfera pubblica).
Federico Barbarossa tornerà ad occuparsi del Regno d’Italia, da tempo sotto l’impero germanico . Il
regno d’Italia era segnato da grandi problemi, i territori della contessa Matilde di Toscana, di cui
rivendicavano il possesso chiesa e impero, donati da quest’ultima alla santa sede ma amministrati
dall’impero. Federico aiuterà il papa ad abbattere il regime comunale romano, formatosi sotto
Arnaldo da Brescia, predicatore di umiltà e povertà per la chiesa, che sarà bruciato sul rogo nel
1155. Federico desiderava rafforzare il suo potere partendo dall’Italia, punto strategico per iniziarne
il processo, chiese ai comuni la loro fedeltà e ordinò a questi ultimi nella Dieta di Roncaglia che gli
fossero restituite le regalie (introiti di competenza regia, imposte). Milano fu ostile al progetto del
Barbarossa e si ribellò quando quest’ultimo tentò di imporle un podestà di sua fiducia, il piano
dell’imperatore non era quello di cancellare i comuni, bensì di inquadrarli sotto il suo Impero. Alla
pontificazione di Alessandro III avverrà il vero e proprio scontro con l’imperatore. Federico
nominerà un antipapa e si insedierà a Roma, sarà così scomunicato da papa Alessandro. In questo
momento di debolezza dell’imperatore si solleverà Milano, che sarà seguita da due leghe appoggiate
dal papa, la lega veronese e la lega lombarda, da cui l’esercito imperiale sarà battuto nel 1176. La
tregua sarà sancita nel 1183, con la pace di Costanza, in cui l’imperatore si sottometterà al papa,
rinuncerà alla nomina degli ufficiali e ai diritti sulle regalie. I comuni saranno autorizzati a
riscuotere queste imposte a patto che essi si dichiarassero vassalli dell’imperatore. Con la pace di
Costanza è sancita giuridicamente l'esistenza dei comuni e la loro legittimità. Con la pace di
Costanza è sancita giuridicamente l'esistenza dei comuni e la loro legittimità, essi acquisiranno
libertà di eleggere i magistrati per l’amministrazione cittadina e la giustizia, di fortificare la città e
di darsi da soli leggi.
Nel 1186 Federico combinò il matrimonio del figlio Enrico con Costanza d’Altavilla, erede della
corona di Sicilia, è così che la dinastia sveva si insedierà anche in Sicilia.
La pratica del pellegrinaggio era anticamente piuttosto diffusa, non solo nella religione cirstiana,
bensì anche fra giudei e musulmani, il pellegrinaggio delle tre religioni confluiva a Gerusalemme,
città sacra per le tre. Si pensa che questa pratica nasca in seguito al 313 d.C., anno dell’editto di
Costantino, i pellegrinaggi hanno avuto in seguito un calo nel periodo delle incursioni barbare nei
territori romani, tornando poi a riassestarsi in seguito al X secolo.
Nascono in questo periodo 4 mete principali per i pellegrinaggi: Roma(tomba dell’apostolo Pietro,
sede della chiesa), Gerusalemme, Costantinopoli (reliquie della Passione di Cristo) e Santiago di
Compostela (tomba dell’apostolo Giacomo). Lungo i tragitti delle principali vie nacquero luoghi
attrezzati per le esigenze dei pellegrini, che via via si trasformarono in veri e propri villaggi in cui si
svolgevano mercati e fiere. Il pellegrino portava con sé dei simboli per farsi riconoscere durante il
cammino, la bisaccia, il bordone, la conchiglia, la croce e la palma, simboli di penitenza.
In Spagna con la crescita del culto dell’apostolo Giacomo si espanse lo spirito di Reconquista, volto
a rinsaldare i rapporti della Spagna con il resto dell’Europa cristiana. La reconquista fu un lungo
processo, in atto a partire dal VIII-IX° sec. che terminerà solo nel 1492, con la conquista di
Granada. Il processo finì per inglobare in sé tutta la cristianità occidentale, che vide la conquista
militare di questi territori come un impresa collettiva, anche papa Alessandro II diede il suo
appoggio al processo. Importanti nel percorso di reconquista furono re Ferdinando I e Rodrigo Diaz
de Bivar, detto Cid Campeador, le cui gesta sono narrate nel Cantar del mio Cid(1207).
Le crociate
L’idea di una lotta armata contro gli infedeli era anticamente radicata nel pensiero cristiano, la
guerra era vista come un giusto strumento per la difesa della chiesa, in passato anche il
cristianesimo, come la religione musulmana era uno strumento nella costruzione di un’identità
culturale e politica per lo stato. Fra il X e gli inizi del XI sec. il popolo musulmano si divide in 2
gruppi, i sunniti sotto il califfo di Baghdad e gli sciiti sotto il califfo del Cairo. Nel frattempo si era
verificata un’ingente migrazione di Turchi selgiuchidi, che nel giro di pochi anni avevano acquisito
un dominio esteso, costituendo un vero e proprio impero in Asia minore.
Nel 1054 alcune chiese latine a Gerusalemme erano state chiuse al culto per ordine del patriarca
cristiano di Costantinopoli, i pellegrini avevano inoltre sperimentato negli anni successivi episodi
spiacevoli di abuso di potere durante il loro cammino, ma nessuno di questi episodi era stato
causato dai turchi selgiuchidi. Neanche l’impero bizantino, quando chiese aiuto al papa nel 1095 era
effettivamente in pericolo a causa del popolo turco: le ragioni alla base delle crociate sono da
ritrovare all’interno della cristianità occidentale in sé.
Quando fu eletto papa Urbano II questi convocò un concilio a Clermont, nel 1095, in cui per
risanare i conflitti interni alla chiesa occidentale, invitava i suoi discepoli a spostare le loro energie
nella lotta agli infedeli, a fianco della chiesa orientale, essi dovevano indossare sulle vesti una croce
rossa, per mostrare il proprio sostegno a questa causa.
Nel 1096 a Colonia Pietro l’Eremita e Gualtieri senza Averi radunarono un primo gruppo per la
crociata contro gli infedeli, questo era composto da predicatori, contadini senza terra, cavalieri
poveri, avventurieri e poveri mendicanti, essa sarà così nominata “Crociata dei Poveri di Cristo”. La
crociata non sarà organizzata e i partecipanti si ritroveranno a saccheggiare le campagne e le città
lungo le valli del Reno e a massacrare le comunità ebraiche residenti per ottenere viveri e beni.
Questa crociata si esaurirà da sola, i partecipanti saranno uccisi o sbanderanno di fronte alla vera e
propria lotta.
La prima vera crociata inizierà quando partiranno da diverse parti d’Europa contingenti militari
guidati da esponenti prestigiosi della feudalità europea, fra cui Goffredo di Buglione e altri duchi e
conti. Le truppe partirone nel 1097 e nel giro di due anni espugnarono Nicea, Edessa e Antiochia,
che saranno poi concesse da Goffredo come signorie feudali (principato di Edessa, Principato di
Antiochia e contea di Tripoli), che saranno divise in molteplici feudi militari, dando una
sistemazione a nobili senza feudi nella madrepatria. Nel 1099 l’esercito conquisterà in seguito a un
massacro di massa Gerusalemme, di cui Goffredo sarà eletto avvocato del Santo Sepolcro e
amministratore, nonostante il titolo regale spettasse al papa. Pisa e Genova godettero dei privilegi
scaturiti dalle conquiste delle crociate, in particolare le due città avevano offerto navi per trasportare
i crociati e potevano adesso stabilire centri commerciali in nuove terre, allargando i propri
commerci in maniera più forte nella zona orientale.
In Terrasanta si verificò la nascita di ordini di monaci guerrieri, nati a difesa delle conquiste
crociate a protezione dei pellegrini, essi lavoravano come forza militare stabile, ben inserita
nell’ambiente. Questa figura ibrida del monaco-cavaliere fu ideata da Bernardo di Chiaravalle e
nacquero in questo periodo l’ordine degli Ospedalieri di San Giovanni (a difesa dei pellegrini), i
Cavalieri del Santo Sepolcro (a difesa della tomba di Cristo) e i Templari (insediati nella Spianata
del Tempio di Salomone); più tardi nacquero anche i cavalieri teutonici, che successivamente
saranno impegnati nella cristianizzazione armata in area slava, in cui si verificherà un processi
simile a quello delle crociate. Questi ordini, appoggiati dalla chiesa diverranno fortemente influenti
e in Spagna giocheranno un ruolo fondamentale anche nel processo di reconquista.
Il regno di Gerusalemme si ritrovò in difficoltà quando i turchi conquistarono Edessa, minacciando
da vicino i possedimenti crociati. A questo punto Bernardo di Chiaravalle invocherà la seconda
crociata(1147-48), bandita da papa Eugenio III, a cui parteciperanno il re di Francia e quello di
Germania. I crociati si troveranno davanti ciò che non si sarebbero aspettati nei possedimenti
orientali, gli ex crociati si erano ormai adattati al costume della popolazione locale e non
accettavano questa spinta anti musulmana degli europei. La seconda crociata fu un fallimento e
lasciò dietro di sé molti rancori irrisolti. In seguito a quest’ultima cominciò la riscossa musulmana,
che portò all’eliminazione di tutti gli stati dei crociati. La Siria e l’Egitto si unificarono in un unico
regno sotto il sultano curdo Salah ad din, detto il Saladino che nel 1187 riconquisterà Gerusalemme.
Dalla reazione musulmana scaturirà una nuova crociata, la terza(1190-92), a cui parteciperanno
personalmente Federico Barbarossa, il re di Francia Filippo Augusto, Riccardo Cuor di Leone re
d’Inghilterra e il re di Sicilia. La crociata non andò a buon fine e non si riuscì nell’impresa di
liberazione di Gerusalemme, che sarà sostituita come capitale nel regno latino di Gerusalemme da
San Giovanni d’Acri, conquistata durante quest’ultima spedizione. In seguito si ritireranno anche gli
ordini monastico-militari. Il Saladino rese l’Egitto nel giro di pochi anni una potenza nel panorama
mediorientale e permise ai cristiani accesso libero al Santo Sepolcro.

Capitolo 5:
La popolazione in Europa crescerà vorticosamente a partire dall’XI-XII sec., fino a raggiungere il
massimo dell’intera età medievale nel XIII sec. arrivando circa a 70 milioni di abitanti. Le stime
sono solo approssimative, in quanto non avverrà un vero e proprio censimento della popolazione
fino ai primi anni dell’800 in Francia. Fra le città più popolose incontriamo Baghdad (che si stima
contasse circa un milione di abitanti intorno al mille), Costantinopoli (400.000 abitanti ca.). Per
quanto riguarda l’Europa era in Italia che si trovavano le più grandi metropoli, fra cui incontriamo
Milano al primo posto, seguita da Venezia e Firenze. Parigi era l’unica città europea che
raggiungeva i 100.000 abitanti al di fuori dell’Italia, perché in seguito al processo di reconquista
grandi città come Cordova e Granada si erano ridimensionate. L’Italia era costellata non solo di
grandi metropoli, bensì da una fitta rete di medie e piccole città, ben popolate nel panorama
europeo, fra cui incontriamo Genova, Palermo, Mantova, Bologna etc..
Il processo di inurbamento iniziò con i contadini e proseguì con i proprietari fondiari, le città
dovettero così iniziare a regolare l’afflusso di abitanti. La crescita delle città è denotata
dall’ampliamento delle mura difensive, ampliate più volte durante il corso del XII-XIII sec.,
comprendendo anche estesi appezzamenti di terreno, reso così edificabile. La necessità di spazio per
edificare è denotata anche dalle strutture delle abitazioni, costruite in altezza. Le città erano, in
questo periodo dei grandi cantieri, con una costruzione continua di abitazioni ,ospedali, fonti,
palazzi pubblici e grandi cattedrali gotiche(XII-XIII), grazie a questo si diffuse maggiormente la
manodopera anche femminile, per necessità, aumentarono i capimastri(architetti formati
dall’esperienza). Il bisogno di materiale per le costruzioni portò a una nuova ondata di diboscamenti
e di conseguenza a un aumento delle piene dei fiumi, questo portò a svilupparsi qua e là una
maggiore consapevolezza sul patrimonio boschivo da salvaguardare.
Nonostante il crescente inurbamento la maggior parte della popolazione continuava a mantenersi
con il lavoro della terra, proseguì durante i secoli dall’XI al XIII la crescita della popolazione anche
nelle campagne e la trasformazione di terre incolte in terreni coltivati. Si sviluppò in questo periodo,
per approvvigionare beni di prima necessità alle città una rete di scambi regolari, che favoriva la
specializzazione delle varie aree agricole, che esportavano i prodotti in zone sempre più distanti.
Nacquero le Annone, uffici incaricati di procurare i cereali necessari alle città, combattere
l’aumento dei prezzi del grano, i mercati urbani furono regolamentati in questo periodo, furono
create legislazioni sull’igiene, i prezzi e negli orari di vendita dei prodotti. Inoltre furono create
leggi apposite per i periodi di carestia, in cui la popolazione veniva tassata ulteriormente per
approvvigionare il grano alla città o categorie di persone venivano allontanate dal centro urbano,
per diminuire la popolazione. In questo periodo ricomparve la pratica di stoccaggio del grano in
silos sotterranei, già in uso ai tempi dei romani. L’aumento del bisogno di prodotti alimentari portò
ad un’intensificazione dell’agricoltura in alcune zone, gli orti si faranno più fitti vicino ai centri
urbani. In questi secoli si svilupperanno maggiormente la coltivazione della vite e dell’ulivo nelle
zone mediterranee, che formeranno differenti abitudini alimentari nelle varie zone.
Le città rivestiranno un ruolo fondamentale nel processo di sgretolamento del potere signorile delle
campagne, molti contadini difatti erano stati liberati durante questi secoli, seguendo varie
metodologie: attraverso le carte di franchigia sempre più diffuse, attraverso le carte dei diritti e dei
doveri dei contadini, che li portavano però a perdere spazi comuni e di conseguenza a impoverirsi; e
attraverso liberazioni collettiva di servi, pagate ai signori dalle città, in modo da sfoltire città
sovraffollate e aumentare la popolazione tassabile. Sempre più frequenti in questo periodo furoniìo i
contratti di lavoro, con cui i contadini lavoravano la terra altrui, dando in cambio denaro o parte del
raccolto. Nelle campagne si sviluppò sempre più la figura dell’usuraio, che sviluppa sempre
interessi maggiori a carico dei contadini.
Nell’altro medioevo la cultura era stata perlopiù diffusa dalle scuole monastiche, centri del sapere
per eccellenza, accostate poi nell’Europa carolingia dalle scuole episcopali con sede nelle principali
città nel nord della Francia. Pian piano si svilupparono al loro fianco scuole laiche, partendo dalle
zone del sud dell’Europa; la crescita dell’economia urbana doveva essere accompagnata da una
crescita culturale, i mercanti avevano bisogno di saper leggere e scrivere, fare di conto, conoscere le
lingue. La cultura che si distribuiva nelle scuole laiche era perlopiù pratica, concreta e utile, andava
così rompendosi il monopolio della cultura detenuto per largo tempo dagli ecclesiastici. Fra le più
grandi università in Europa incontriamo Parigi nell’insegnamento di teologia riconosciuta da papa
Innocenzo III, Bologna nell’insegnamento del diritto e del diritto canonico riconosciuta da Federico
Barbarossa e quella di Oxford. Nel corso del duecento furono fondate molte nuove università che
avevano bisogno dell’approvazione del papa o dell’imperatore per poter rilasciare titoli di studio
validi. Il metodo di insegnamento più seguito era quello della Scolastica, che prevedeva la lettura
accurata di testi, seguita da un commento e da una discussione su questi ultimi. Si diffuse in questo
periodo l’insegnamento del pensiero aristotelico nei programmi universitari, esso avrà un forte
impatto sul mondo della politica e sulla concezione di stato in sé in questo periodo. I luoghi dei
mercanti fra la fine del XII e gli inizi del XIV sec. furono principalmente tre: nella zona dell’Europa
centro settentrionale incontriamo le fiere di Champagne, attorno a cui si sviluppa il mercato
finanziario, nella zona dei mercati delle Fiandre incontriamo come centro commerciale la città di
Bruges, mentre nella zona del Baltico e del Mare del Nord incontriamo come centro Colonia. In
particolare si denota nel duecento il successo dei mercanti italiani nei mercati internazionali, celebri
in questo periodo sono i lombardi, i fiorentini e per il mare veneziani e genovesi. Venezia riuscì ad
acquisire il controllo mercantile del Bosforo e di parte del territorio bizantino, anche Genova
successivamente affiancò la città nel dominio sulla zona mercantile bizantina, garantendosi con un
patto una posizione di privilegio a Costantinopoli e sul Mar Nero. Per quanto riguarda le novità sui
commerci si diffuse in questo periodo l’uso dell’astrolabio e nacquero le compagnie di
assicurazione.
La produzione di stoffe fu la più fruttuosa industria delle città medievali , i panni di lana provenienti
dalle Fiandre francesi e fiamminghe venivano scambiati con la seta e il cotone grezzi, con i tessuti
orientali e con le spezie. Gli italiani iniziarono a comprare le stoffe del Nord e a rifinirle secondo il
proprio gusto, per poi commerciarle.
L’espansione del commercio portò alla nascita di nuovi metodi di pagamento, sempre più
importante fu la figura del banchiere, a cui grazie a un’innovazione genovese si relegò il compito
non solo di cambiare moneta ma anche di depositare denaro. Sempre grazie a un’iniziativa italiana
si diffuse la lettera di cambio, che permetteva ai mercanti di non trasportare grandi quantità di
denaro nei loro viaggi e permetteva ai banchieri di coprire più efficacemente il grande tasso di
interessi sulla somma. Nonostante lusura fosse considerata peccato dalla chiesa e fossero state
create delle leggi contro di essa, questa veniva generalmente praticata, con tassi di interessi variabili
dal 12 al 60%, così grazie all’attività di prestito si costituirono rapidamente cospicui patrimoni.
Intorno alla metà del duecento si iniziarono a coniare nuove monete in argento e in oro, difatti le
monete occidentali erano sempre più instabili e deboli e non potevano più essere utilizzate nei
commerci all’estero. Nacquero su imitazione delle monete d’oro bizantine e arabe diverse monete
d’oro in Francia e in Italia, ma furono tutte sovrastate dalla potenza del Fiorino, moneta stabile e
sicura coniata a Firenze dal 1252, che assumerà un ruolo centrale nei commerci internazionali e sarà
la moneta più diffusa.
Innocenzo III e la battaglia di Bouvines
Nel 1998 salì al soglio pontificio Innocenzo III, papa fondamentale nella creazione del potere
papale sui potere temporale. Quest’ultimo riuscì a realizzare il progetto dei suoi predecessori,
rendere la chiesa una teocrazia, rivendicando il potere papale su tutti i poteri della terra. Possiamo
analizzare alcune frasi celebri che ne riassumono il pensiero: “Pietro ha ricevuto da Cristo il
compito di governare l’intero mondo secolare”, “la Chiesa è il Sole e l’Impero la Luna che da esso
riceve la luce”. Innocenzo riuscì a tradurre in pratica queste affermazioni, applicando un nuovo
modo di fare governo. Il papa partì con il rendere il senatore di Roma semplice funzionario
pontificio, poi proseguì con il recuperare il territorio antecedentemente appartenente all’Esarcato
prendendone il governo completo. Il prossimo obiettivo del papa era riuscire a prendere potere
sull’Impero, egli si addentrò nel panorama inizialmente come arbitro neutrale fra le contese per il
potere imperiale; successivamente si avvicinò a Costanza d’Altavilla, moglie del figlio di Federico
Barbarossa, imperatrice e regina di Sicilia, che lo nominò tutore del figlio, il futuro Federico II.
Così il papa intervenne nella successione imperiale, favoreggiando Ottone, in cambio del controllo
completo di Spoleto, Ancona, Toscana e Sicilia. Ottone IV, ormai imperatore finirà per tradire il
papa, cercando di riacquisire potere su questi territori, e finirà per essere scomunicato dal papa. A
questo punto inizierà la vera e propria lotta per il potere imperiale, da un lato Ottone con alleate
l’Inghilterra e i Paesi Bassi, dall’altra Federico con alleatela Francia e la Chiesa (è qui che ha
origine la rivalità fra Francia e Inghilterra). La battaglia di Bouvines del 1214 sancirà la vittoria di
Federico II e la fine dell’egemonia imperiale, in favore del potere delle singole monarchie nazionali.
Nel 1215 ad Aquisgrana Federico II sarà incoronato imperatore e re di Germania, rinunciando al
potere sulla Sicilia. Innocenzo III riuscì così a diventare punto di riferimento per l’Impero e per le
altre monarchie europee, facendo sottomettere a lui i re europei come suoi feudatari. Così il papato
riuscì finalmente ad assumere il potere che era stato sancito teoricamente dal Dictatus Papae di
Gregorio VII, esso era finalmente superiore ad ogni altra autorità terrena dell’Europa cristiana.
Con la morte del Saladino nel 1193 i suoi domini si frammentarono e si aprì la possibilità di una
nuova crociata, Innocenzo III rilanciò la quarta crociata e definì giusta ogni guerra combattuta in
nome della chiesa. Così nel 1202 partì la quarta crociata, guidata dal doge di Venezia a patto che si
riconquistasse Zara e si ponesse sul trono un imperatore gradito a Venezia.L’obiettivo della quarta
crociata in sé non consisteva solo nel liberare Gerusalemme, bensì nel rafforzare la teocrazia
pontificia e dell’allargare l’influenza dei re cristiani sui Balcani. Il vero obiettivo della quarta
crociata sarà invece l’Impero Bizantino, si punterà alla sua disgregazione, esso sarà dovuto
all’allontanamento sempre più marcato di Occidente e Bisanzio. Il divario sarà dovuto da un lato
dallo Scisma del 1054, dal superamento nel dominio dei commerci nel mediterraneo degli italiani
sui bizantini e dall’avvicinamento politico di Bisanzio al Saladino. Durante la IV crociata si
verificheranno tre momenti particolarmente cruenti: il primo sarà il Sacco di Costantinopoli nel
1204, il secondo il massacro degli albigesi nel 1209 e il terzo sarà la spedizione di Las Navas de
Tolosa, momento in cui i re cristiani sconfissero il califfo di Cordova, fase finale della reconquista.
Il Sacco di Costantinopoli risulta particolarmente complesso da comprendere, per quale motivi dei
cristiani avrebbero dovuto saccheggiare per proprio interesse una città baluardo della cristianità in
sé, perché avrebbero dovuto massacrare dei popoli cristiani a loro volta? Questo fenomeno provocò
una crisi di coscienza nella popolazione cristiana in sé. I territori bizantini furono a loro volta
spartiti come bottino di guerra, si costituì un Impero Latino d’Oriente e un monopolio veneziano sui
commerci delle isole dell’Egeo e del Peloponneso. Nel 1261 però Michele VIII paleologo, con
l’aiuto di Genova riconquistò Costantinopoli e ricostituì formalmente l’impero Bizantino, seppur in
una zona fortemente limitata. L’Impero Bizantino, seppur la sua vera morte si dati nel 1453, era
probabilmente già morto in seguito al Sacco di Costantinopoli nel 1204.
Durante i secoli XI e XII si diffusero in tutta Europa quelle che saranno definite dalla Chiesa eresie,
dottrine di base cattolica che differiscono dall’ortodossia romana. In particolare possiamo denotare
tre tipi principali di dottrine:
-di tipo profetico, fra cui incontriamo l’eresia florense, nata nel Sud Italia con Gioacchino da Fiore,
essa vedeva l’avvento di un nuovo Spirito Santo, un nuovo ordine di monaci avrebbe sostituito la
gerarchia ecclesiastica. La Chiesa interpretò la profezia come un imminente distruzione delle
proprie gerarchie e condannò i seguaci di Gioacchino.
-di povertà volontaria, fra cui incontriamo l’eresia valdese, nata con Pietro Valdo ricco mercante
francese che rinunciò a tutti i suoi averi sull’esempio apostolico. I valdesi erano una comunità di
laici che desideravano seguire Cristo in povertà, il clero locale avrebbe voluto assoggettare la
comunità valdese alla sua autorizzazione, questo fu rifiutato dalla comunità che venne cacciata dalla
città di Lione. La seconda fu l’eresia umiliata, diffusa nell’area di Milano, di cui facevano parte
chierici e laici, che si dedicavano alla vita religiosa, alla predicazione e alla castità (anche se spesso
sposati).
-l’eresia catara è probabilmente la più influente di tutto il medioevo, essa ebbe un espansione di
massa vera e propria e un forte seguito popolare(chiamata anche manichea o albigese). L’eresia
catara nacque nel mondo bizantino intorno al x sec. e si espanse in tutta Europa diffondendosi in
particolare in 4 aree di influenza: Bulgaria, Bosnia, Italia centro-nord e Linguadoca. I catari
vedevano l’esistenza come una lotta continua fra Bene e Male, il primo rappresentato dallo Spirito
mentre il secondo dalla materia, a creare il mondo, come il corpo e la realtà sarebbe stato per i catari
il male.
Le eresie furono condannate durante il III concilio lateranense del 1179, e con la bolla di Lucio III
Ad abolendam del 1184, a partire dal XIII sec. comincerà invece la repressione violenta.
Il papa adottò un approccio particolarmente violento nella lotta contro l’eresia albigese, in seguito
all’assassinio da parte della popolazione di un legato pontificio mandato a controllare le terre
intorno ad Albi. Fu a questo punto istituita una crociata contro gli Albigesi, nel 1208, a cui
parteciparono signorotti e cavalieri in cerca di terre e bottino, questa lotta si trasformò in una
carneficina e una guerra di rapina. Gli scopi si trasformarono in politici e i territori acquisiti furono
consegnati al re di Francia. Innocenzo III fece seguire alla guerra un progetto per lo sradicamento
sociale dell’eresia, istituendo la confessione annuale e la comunione obbligatorie, inoltrè iniziò a
costruire il tribunale dell’Inquisizione, a servizio della Chiesa, contro ogni deviazione
dall’ortodossia romana. Esso fu affidato ai sacerdoti domenicani, e fu autorizzata la tortura per
estorcere confessioni, l’esecuzione della pena di morte sancita fu affidata al potere civile.
Combattere le eresie era interesse sia dello Stato che della Chiesa in quanto esse finivano spesso per
andare contro ai due poteri.
Nel 1215 Innocenzo III convocò il IV° concilio lateranense, a cui parteciparono per la prima volta
anche rappresentanti dei re e delle città, questo rese obbligatorie la confessione e la comunione
annuali, sancì il dovere degli ebrei di indossare un segno sull’abito che li facesse riconoscere e
furono proibiti i matrimoni misti. La condizione della comunità ebraica andò peggiorandosi in
questi anni, fin allora protetta dai papi. Gli ebrei furono espulsi progressivamente da Francia,
Inghilterra e Spagna musulmana. Nell’ultimo caso si rifugiarono nella Spagna cristiana, dove
furono successivamente massacrati.
Il IV concilio si concluse con l’invito di Innocenzo al compimento di una nuova crociata nei
territori musulmani, essa fu organizzata dal successore del papa, Onorio III. La quinta
crociata(1217-1229) si indirizzò contro l’Egitto e non ebbe grandi risultati. Federico II tentò di
risolvere la questione dell’accesso ai luoghi santi con un accordo con i musulmani nel 1228, ma fu
accusato di infamia per aver trattato con gli infedeli dalla popolazione, la zona fu poi ripresa dai
musulamni nel 1244. La sesta crociata fu bandita nel 1248, l’obiettivo era di nuovo l’Egitto, ma
terminò poco dopo il suo inizio, quando l’imperatore francese Luigi IX fu fatto prigioniero. Alla
settima crociata, bandita nel 1270, parteciparono Luigi IX e il fratello Carlo d’Angiò, essa fu un
fallimento e fece cadere nelle mani dei turchi al potere in Egitto le ultime roccaforti crociate.
La Chiesa si rese conto della necessità di rinnovarsi, per contrastare i dilaganti movimenti eretici e
far riprendere fede alla popolazione. Fu a questo punto che nacquero gli ordini mendicanti, alla cui
base stava il principio di povertà che era stato portato avanti da parte degli ordini eretici stessi, essa
però non era più compito del singolo, bensì di tutti i fratelli. I mendicanti traevano le proprie risorse
economiche quasi esclusivamente dalle offerte dei fedeli, praticavano l’obbedienza alla chiesa e
vivevano a stretto contatto con la comunità civile. Nacque così la figura del frate, colui che
diffondeva il Vangelo fra la gente.
Domenico di Guzmàn è colui che fondò l’ordine mendicante dei domenicani, egli viaggiò nella
zona francese in cui era più diffusa l’eresia catara e cercò di combatterla elaborando una sua teoria.
Per combattere l’eresia erano necessari due strumenti: la parola e l’esempio, così organizzò un
piccolo nucleo di sacerdoti che inizialmente mendicavano scalzi a due a due, portando le parole del
Vangelo nelle strade. Nel 1216 Domenico compì un viaggio a Roma, chiedendo l’approvazione
papale della sua regola, essa fu accettata e il nuovo ordine prese forma. I frati domenicani si
dedicavano principalmente allo studio, alla preghiera e alla predicazione, i conventi erano situati
vicino a zone densamente popolate, in modo che potessero combattere l’eresia nel diffondersi. I
domenicani si facevano chiamare “cani da guardia del signore”.
Quasi contemporaneamente all’ordine domenicano nacque quello francescano ad Assisi, nato da
un’interpretazione letterale del Vangelo, portatore di ideali di non violenza e povertà. Francesco
nato da una famiglia di ricchi mercanti decise di rompere i legami con la famiglia in giovane età,
scegliendo una vita di ritiro, preghiera ed elemosina. Nel 1209 mise insieme un piccolo gruppo di
12 compagni, con cui iniziò a professare in mezzo al popolo. Nel 1210 il gruppo si spostò a Roma
per chiedere l’approvazione papale e donargli la propria obbedienza. La predicazione di Francesco
era caratterizzata da un’estrema semplicità e accessibilità, che la differenziava da quella
domenicana, egli si autodefiniva “giullare del Signore”, utilizzava gesti simbolici ed effetti scenici,
per avvicinare tutti alla verità. Francesco non approvò mai la trasformazione della sua piccola
comunità in ordine, egli si ritirò sul monte della Verna e proseguì la sua vita da eremita, dopo pochi
anni morì e fu santificato. Alla sua morte i dissidi nelle comunità francescane si fecero più aspri, a
molti frati stavano strette le rigide regole della comunità e finirono per dividersi in 2 gruppi: quello
degli spirituali che desideravano tornare alla predicazione dei primi tempi, al rigore e alla povertà
assoluta, e quello dei conventuali, che desideravano costruire un’organizzazione colta e organizzata
nel convento. Gregorio IX autorizzò i frati francescani ad accettare le offerte dei fedeli e a farne un
uso povero, venendo amministrate dalla Chiesa, a questo si oppose il convento femminile
amministrato da Santa Chiara. La tesi secondo cui i religiosi avrebbero dovuto imitare Cristo e gli
apostoli, nel non possedere alcuna proprietà terrena fu condannata come eretica nel 1323.
L’immagine di San Francesco fu fissata con la sua biografia, scritta da Tommaso da Celano, sotto
direttiva di Papa Gregorio IX, inizialmente venne raccontata la sua immagine fedelmente,
successivamente fu modificata, distaccando la sua immagine dalla terra e avvicinandola al cielo.
Nel 1263 Bonaventura (a capo dei conventi francescani maschili) fece redigere una biografia
ufficiale su San Francesco, intitolata Legenda Maior, distruggendo tutte quelle esistenti fino ad
allora. Da questo momento l’immagine di San Francesco fu sempre più legata alla dimensione
divina e all’apparizione delle stimmate nelle sue raffigurazioni.
A fianco dell’ordine maschile francescano si formò quello femminile, con a capo Chiara d’Assisi;
amica e discepola di San Francesco. Chiara aveva deciso di sfuggire alla famiglia per dedicare la
sua vita alla religione, seguendo Francesco, i due avevano elaborato insieme la struttura dell’ordine
francescano femminile, decidendo di escludere il vagabondaggio per queste ultime, troppo
pericoloso per una donna in quegli anni. Chiara rifiutò la possibilità dell’ordine di possedere beni,
accettata invece dalla controparte maschile, ma dopo la sua morte il papa impose all’ordine delle
Clarisse il possedimento di beni.
In seguito alla santificazione di Francesco nacquero ovunque chiese e conventi a lui dedicati, e si
sviluppò un terzo ordine più moderato, il terzo ordine francescano. Gli ordini francescano e
domenicano si trasformeranno nel tempo assumendo caratteri simili e discostanti. I domenicani
erano sacerdoti, i francescani non lo erano, inoltre nonostante la crescente cultura diffusa all’interno
di entrambi gli ordini, la predicazione era differente, nei domenicani era più colta e si
tematizzavano i dogmi della chiesa, mentre nei francescani era più semplice, naturale e quotidiana.
Sia domenicani che francescani furono coinvolti nell’opera di Inquisizione, nonostante ciò furono
solo i domenicani a proseguire nell’opera. Inoltre, sia domenicani che francescani promossero
missioni di evangelizzazione a est, fino alla Cina.
A fine secolo in Italia si svilupparono nuove correnti pauperistiche che vennero represse, fra queste
incontriamo la corrente di fra Dolcino da Novara, che univa la condanna per le ricchezze e l’attesa
delle fine della chiesa teocratica, oltre alle beghine i begardi, gruppi religiosi che si riunivano per
lavorare e leggere insieme le scritture.
Federico II
In seguito alla morte del Barbarossa, il figlio Enrico VI riuscì ad unire il regno di Sicilia ai domini
imperiali, ma morì troppo presto per riuscire a tradurre il tutto in un processo universale.
Fu Federico II, re di Sicilia e poi di Germania sotto la tutela di Innocenzo III a realizzare l’idea di
un impero universale. Egli fu incoronato imperatore nel 1220 e fu un personaggio molto
controverso, attaccato con durezza da molti come bestia apocalittica e osannato da molti altri come
portatore di giustizia. Federico fu un uomo molto colto, esperto di arti magiche e interessato alla
cultura orientale, ateo. Lo stato che questi andò costruendo portava con sé la sua eredità storica: la
paura dell’anarchia che porta con sé il sistema feudale, l’intervento del papato teocratico e le
opposizioni antisveve. Intorno a Federico si riunì una cerchia di dotti, fra cui i poeti della scuola
siciliana e altri dotti provenienti da differenti lingue e culture. Il progetto dell’imperatore era quello
di creare un Impero universale, assoluto, fondato su singoli regni ben organizzati a sé, il cui centro
si trovava nel Regno di Sicilia. Federico riaffermò il modello normanno di amministrazione nel sud
Italia, con un forte sistema fiscale e un’economia monopolistica. Grazie alla collaborazione con Pier
delle Vigne, noto giurista e collaboratore di Federico, fu costruita una legislazione unificata per
tutto il regno, la Costituzione di Melfi (1231). Essa si rifaceva al diritto romano e alla legislazione
normanna, l’Imperatore inoltre riuscì a centralizzare le strutture pubbliche e a organizzare un
archivio del regno, introducendo l’uso di registrare gli atti. Il carattere autoritario e centralizzatore
di Federico riuscì a comprimere le energie locali indipendentiste, affermando il potere monarchico
attraverso il possesso e la costruzione di castelli: Federico disegnò il sistema castellare intorno al
1230 e lo utilizzò come vero e proprio strumento di governo, per affermare il suo potere.
L’amministrazione del regno fu organizzata in province, affidate a personale salariato dallo stato e
con incarico revocabile in qualsiasi momento. I nuovi amministratori delle regioni venivano formati
all’Università di Napoli e tutto il sistema veniva finanziato grazie a un nuovo sistema di imposte
permanenti, percepite sui commerci esteri. Con Federico il re stesso entra nei mercati,
commerciando cereali di produzione dello Stato con l’estero.
Successivamente Federico passò alla seconda parte del suo progetto, recuperare la piena autorità
imperiale e il controllo dell’intera penisola italiana, compresi i territori della Chiesa. La penisola
sarebbe poi stata suddivisa in vicariati riuniti sotto uno stesso sistema amministrativo. Nel 1226
Federico II convocò a Cremona una dieta(assemblea di clero, nobiltà e rappresentanti delle città), in
cui tentò di sottomettere i rappresentanti comunali ai vicari imperiali. I comuni non accettarono la
condizione e la lega lombarda si riunì, Federico fu costretto ad annullare l’assemblea. Quando
nell’anno successivo salì al soglio pontificio Gregorio IX questi scomunicò Federico per una prima
volta, con il pretesto di non aver messo in atto l’antica promessa fatta al papa di promuovere una
crociata. Federico partì allora per la Terrasanta, dove fece un patto con il sultano d’Egitto, in cui si
stabiliva la convivenza pacifica di cristiani e musulmani in Terrasanta, per sancire il patto non erano
però stati consultati né il papa né il califfo di Baghdad. L’imperatore fu allora colpito dalla
propaganda guelfa antimperiale, che arrivò a parlarne come dell’anticristo. I comuni del centro-nord
Italia decisero allora di schierarsi dalla parte del papa e dell’imperatore, e si accesero così i conflitti
fra guelfi e ghibellini all’interno del territorio italiano. Nel 1237 l’imperatore discese nuovamente in
Italia, sconfiggendo la Lega Lombarda e chiedendo ai comuni guelfi la resa incondizionata. Papa
Gregorio IX scomunicò allora l’imperatore, che reagì proseguendo con la sua marcia e occupando
Spoleto, Ancona e alcune città di Lazio e Umbria. Successivamente passò all’assedio di Roma,
bloccando e catturando nel 1241 i prelati diretti al concilio convocato per scomunicare l’imperatore.
Il nuovo papa, Innocenzo III convocò un nuovo concilio a Lione nel 1245, in cui comunicò
scomunicato e deposto Federico II. A questo punto la fazione guelfa riprese velocemente vigore
nella penisola, Federico si ritrovò solo e circondato, iniziò a sospettare di tutti i suoi collaboratori,
fra cui Pier delle Vigne, che si suicidò per l’enorme dolore dall’accusa di questi provocato. Federico
morirà nel 1250 e con lui l’idea che i territori germanici e italiani potessero essere riuniti in un
unico regno.
Durante il governo di Federico II il potere in Germania era rimasto piuttosto scoperto, i principi
avevano così finito per prendersi sempre più libertà e prerogative regali, finendo per trasformare il
regno in una sorta di confederazione sotto la protezione imperiale. Ciò era stato sancito da Federico
stesso, con la Constitutio in favorem principum egli aveva preferito far sì che la Germania divenisse
territorio di principi e castelli, piuttosto che di città, dopo aver visto quanto queste fossero difficili
da gestire con l’esperienza italiana. Successivamente si verificò un periodo buio per il regno
germanico, segnato da una lotta continua per il trono, per ben 19 anni. Questi anni sono detti del
“grande interregno”, un periodo buio di anarchia, in cui la Germania si ritrova ad essere un grande
mosaico di piccoli staterelli autonomi. Il periodo si risolse solo nel 1273, anno in cui fu eletto
Rodolfo d’Asburgo per il trono di Germania, che riporterà la pace nel paese.
Le monarchie europee
Il rafforzamento delle monarchie si basò su un processo di concentrazione del potere e di
progressiva costruzione di dinastie ereditarie, talvolta lungo e conflittuale.
In Inghilterra il progresso della monarchia era stato rapido ma la nobiltà riprese presto potere, sotto
Riccardo Cuor di Leone, che aveva lasciato spazio ai nobili durante il periodo in cui si era
allontanato dal regno per combattere la terza crociata e soprattutto sotto Giovanni Senza Terra, suo
successore, che aveva perso feudi inglesi in Francia ed era stato scomunicato, poi deposto dal papa
e sconfitto definitivamente a Bouvines nel 1214. Questi aveva perso approvazione con il continuo
innalzamento di tasse che aveva imposto per anni alla popolazione ed era stato quindi costretto dai
nobili e dagli ecclesiastici a concedere loro dei privilegi, sanciti dalla Magna Charta
Libertatum(1215). La Magna Charta era un patto che fissava reciproci diritti e doveri del re e dei
sudditi, essa sanciva alcune libertà per le città, il diritto dei sudditi di essere giudicati in tribunali di
loro pari e il divieto del re di applicare nuove tasse senza l’approvazione della nobiltà e del clero.
La magna Charta è un documento feudale di tipo reazionario, che limita l’autorità del re in favore di
privilegi dei nobili. Così si formò gradualmente un parlamento composto da rappresentanti delle
contee, dei borghi e delle città. La Magna Charta Libertatum è considerata ciò che sancisce l’inizio
del processo di formazione del regime monarchicico-parlamentare.
La penisola iberica era, in seguito al processo di reconquista, suddivisa in 4 regni cattolici:
Portogallo, Navarra, Castiglia e Aragona. Nel 1212 il califfo di Cordova era stato sconfitto a Las
Navas de Tolosa, e con questo era stata debellata la presenza musulmana in Spagna, che
sopravvivrà fino al 1492 solo nel regno di Granada. La popolazione era diminuita in maniera
considerevole e si tentò di compensare creando nuovi insediamenti lungo le rotte del cammino di
Santiago, affidandone la costruzione agli ordini monastico-cavallereschi, inoltre si affidarono estese
porzioni di terreno agli hidalgos, esponenti della nobiltà cavalleresca. Nel 1248 Navarra fu unita al
regno di Francia. Lentamente il potere monarchico si rafforzò, il regno di Castiglia si allargò con
Ferdinando III e Alfonso X finendo per controllare più di metà della penisola. L’Aragona,
confederazione di regni era riuscita a espandere i suoi domini nel mediterraneo, dove avviò il
percorso per diventarne una potenza.
La monarchia francese nacque con Filippo II Augusto, vero e proprio fondatore della monarchia
francese e della sua imposizione all’interno e all’esterno del regno. Egli espanse in primo luogo i
domini del regno, acquisendo territori dei feudatari inglesi nel nord della Francia, fra cui la
Normandia e l’Angiò(motivo iniziale dello scontro duraturo fra Francia e Inghlterra). Egli fu un
abile amministratore, rafforzò le competenze dei funzionari reali a cui era affidata
l’amministrazione della giustizia e della finanza del regno. Organizzò la cancelleria e la curia del re,
che lo affiancavano nelle sue decisioni e concesse ampie libertà alle città. Inoltre introdusse la
trasmissione ereditaria del titolo regale. Ottenne dal papa il riconoscimento dell’indipendenza
completa del regno di Francia dall’Impero e rafforzò così la coscienza nazionale del paese. Filippo
II Augusto fu quindi effettivamente primo re di Francia.
Fra i suoi successori annoveriamo Luigi IX, con cui crebbe ancora il prestigio della monarchia
francese, egli allontanò definitivamente gli inglesi dai territori francesi, affidando al fratello la
contea di Angiò, combatté gli abusi dei suoi funzionari in nome della giustizia, arrivò persino ad
essere proclamato santo per la sua buona fama nel 1297.
Fu con Filippo il bello che l’autorità e il potere della monarchia raggiunsero però il loro apice.
Filippo il Bello(1285-1314) riuscì a estendere i domini francesi grazie all’indebolimento della zona
germanica, egli acquisì l’omaggio feudale del duca di Lorena, del conte di Savoia e di Borgogna. Il
re di Francia e quello di Inghilterra si scontrarono per il possesso dei feudi inglesi nella zona
francese. Il re di Francia confiscò nel 1294 i feudi inglesi in Guienna e nel Poitou, il re inglese reagì
bloccando la produzione di lane destinate alla lavorazione nelle Fiandre. Tuttavia non scoppiò
momentaneamente un conflitto, perché entrambi i reali stavano in quel momento attraversando un
momento incerto e difficile, in cui non era consigliabile iniziare un conflitto, così proseguirono per
la via della pace, il Poitou fu francese mentre la Guienna inglese.
Nel territorio delle Fiandre convivevano una parte di popolazione che parlava la lingua francese e
spingeva verso un legame con la corte di Parigi e un’altra parte di lingua fiamminga, che spingeva
verso una politica filoinglese autonomista nel territorio. Nel 1300 i francesi occuparono con le armi
il territorio e la popolazione insorse, un moto popolare liberò Bruges in un primo momento ma fu
poi represso violentemente, le Fiandre furono così definitivamente territorio francese.
Filippo il bello trovò le risorse economiche necessarie per mantenere i suoi vasti territori attraverso
tre metodi:
-confiscò i beni dell’ordine templare, processando per eresia un gruppo di Templari parigini e
sopprimendo l’ordine, confiscandone le ricchezze
-liberò numerosi contadini, aggiudicandosi la riscossione delle imposte su di loro
-si appropriò delle decime(parte di raccolto che i fedeli pagavano alla chiesa), attraverso un incontro
con l’assemblea degli Stati Generali, presieduta da rappresentanti del clero, della nobiltà e della
borghesia, in cui il clero riconobbe al re la piena e totale sovranità all’interno del territorio francese.
In seguito alla morte di Federico II salì al trono di Sicilia suo figlio Manfredi, egli si mise a capo dei
ghibellini e aprì lo scontro con le città guelfe in Toscana. Egli vinse la battaglia di Montaperti
(1260) a cui parteciparono Siena da parte ghibellina e Firenze da parte guelfa. Il papa però,
preoccupato dal potere che avrebbe presto potuto acquisire Manfredi nella penisola, decise di
sostenere Carlo d’Angiò, fratello del re di Francia, per il trono di Sicilia(considerato ancora feudo
pontificio in base all’accordo con i normanni). Carlo d’Angiò, unito alle città guelfe attaccò così
Manfredi, che fu sconfitto e ucciso a Benevento (1266). I ghibellini si riorganizzarono sotto la guida
di Corradino, nipote di Federico II ed entrarono a Roma, dopo pochi mesi però Carlo sconfisse e
fece decapitare Corradino a Tagliacozzo. Con lui terminava la presenza sveva in Italia e Carlo
d’Angiò saliva ufficialmente sul trono di Sicilia. Carlo d’Angiò iniziava così a pensare il suo
progetto egemonico sul Mediterraneo, egli desiderava ricostituire l’Impero latino d’Oriente e
riconquistare Costantinopoli. E’ dalla richiesta di aiuto di Urbano IV a Carlo d’Angiò che la chiesa
si avvicina e si lega sempre più alla Francia, soprattutto in seguito all’elezione del successore
Martino IV.
A Palermo nel 1282 scoppiò una rivolta generale, scaturita da un tumulto popolare causato secondo
i racconti dell’accaduto da una violenza da parte dei soldati francesi sulle donne siciliane. Re carlo
era fortemente impopolare nel Regno di Sicilia, egli aveva aumentato la pressione fiscale sul
territorio, portato la corruzione e spostato la capitale a Napoli, inoltre aveva privato i massari dei
loro terreni più fertili per annetterli ai possedimenti regi. La rivolta è passata alla storia con il nome
di Vespri Siciliani, è stata reinterpretata nel periodo del risorgimento italiano come simbolo di lotta
per l’emancipazione di un popolo, lotta per la libertà. Gli storici attribuiscono oggi all’evento un
valore differente, essa si pensa sia il prodotto di una congiura mossa per mano dei politici siciliani
contro il dominio angioino, in collaborazione con centri di potere internazionali. Essi lottavano la
francesizzazione del ceto dirigenziale siciliano. La sommossa esplose contro i francesi e si estese a
chiunque avesse avuto rapporti con loro, vennero trucidati tutti i frati che avevano conosciuto dei
francesi e alle donne incinta di uomini francesi venne strappato il feto dal grembo in una sommossa
violentissima. La ribellione era stata certamente prima organizzata, non era semplicemente il
prodotto di una rivolta popolare come si è per lungo tempo raccontato, essa era stato probabilmente
sollecitata da fuori il regno, dai ghibellini o dall’imperatore bizantino. Il re di Aragona Pietro III,
marito di una figlia di Manfredi, rivendicò allora il regno di Sicilia, egli sbarcò a Trapani e fu
incoronato re di Palermo. Così la guerra si fece internazionale e sfasciò il meridione con la pace di
Caltabellotta del 1302. Il regno di Sicilia fu scisso in due: il regno di Napoli rimase agli angioini
mentre nel regno di Sicilia subentrarono gli aragonesi.
La corona di Aragona si espanse nelle isole del Mediterraneo conquistando in primo luogo le
Baleari e progettando poi la conquista della Sardegna, entrando in conflitto con Pisa e Genova. Il
progetto aragonese era di creare una “via delle isole” che mettesse in comunicazione le principali
isole del mediterraneo fra loro e con l’oriente. La conquista della Sardegna fu un processo molto
lungo, composto da accordi feudali e spedizioni armate, che si concluse solo nei primi anni del 400,
in seguito a un processo di lenta distruzione dell’economia insulare.
L’indebolimento del papato fu sempre più evidente con il crescere della sua compromissione con il
regno di Francia, gran parte dei fedeli non apprezzavano il risvolto che aveva preso negli ultimi
anni l’ambiente ecclesiastico, con le guerre contro i ghibellini, l’abuso di scomuniche a fini politici
e l’azione del tribunale Inquisitorio. Con l’elezione papale di Celestino V i fedeli avevano sperato in
una svolta, in un rimodellamento della curia in favore di un ritorno al messaggio evangelico. Egli
però, uomo puro di fede, non avevano saputo resistere in quell’ambiente così marcio, con addosso
le pressioni dei cardinali e dei politici angioini, che desideravano assoggettarlo sotto il proprio
potere. Egli fu isolato per un periodo a Napoli, dove poteva essere meglio controllato da Carlo
d’Angiò. Celestino non poté più sopportare questa situazione e decise di abdicare, per ritornare ad
essere un semplice uomo, Pietro da Morrone. Il pontefice che gli succedette era l’opposto di lui.
Bonifacio VIII, esponente di una famiglia romana molto potente e personaggio chiave della curia,
trasferì l’ex papa in una condizione di semi prigionia, in modo che il suo potere non potesse essere
messo in discussione. Successivamente tentò di ricostruire il potere della teocrazia pontificia, ormai
anacronistico, entrando in conflitto con il regno di Francia.
Filippo il Bello aveva preso una serie di provvedimenti economici ostili all’ambiente ecclesiastico,
fra cui la revoca dell’immunità fiscale di cui la chiesa godeva, il papa reagì ordinando al clero
francese di non pagare imposte senza la sua approvazione. Il re di Francia rispose a questo punto
bloccando l’approvvigionamento delle decime francesi a Roma e il papa fu costretto ad arrivare ad
un accordo con l’imperatore, che accettò nel 1298, accordandosi però con Bonifacio in quanto
persona, non in quanto papa, disconoscendone l’autorità.
Nel 1300,nel tentativo di recuperare credibilità, Bonifacio VIII dichiarò il primo anno di Giubileo,
ovvero l’annullamento delle pene nel purgatorio per coloro che avessero compiuto un
pellegrinaggio verso Roma. Il papa aveva così perso il suo ruolo di rilievo, e Filippo il bello si
permetterà di arrestare un legato pontificio e convocò gli stati generali in seguito al dissenso
scaturito dal gesto, ottenendo dall’assemblea la dichiarazione che il potere del re provenisse
direttamente da dio e non fosse necessaria la mediazione papale. Bonifacio emanò a questo punto
una bolla, che prese il nome di Unam Sanctam, in cui ribadiva il suo potere al di sopra di ogni altro
potere terreno e si dichiarava ingiudicabile, se non da Dio. Si decise così di istituire un consiglio in
cui si sarebbe deciso cosa fare di lui, il re di Francia mandò così un suo consigliere per catturarlo e
portarlo al consiglio, il papa fu catturato ad Anagni (schiaffo di Anagni, esponente di famiglia rivale
a quella del papa) e umiliato, nonostante ciò fu liberato dai cittadini della città e morì dopo poco.
Con la salita al soglio papale di Clemente V (1305), la sede papale si spostò provvisoriamente ad
Avignone, dove restò per circa 70 anni, questo evento segnò definitivamente il passaggio della
chiesa sotto l’influenza politica del re di Francia. La stagione avignonese fu caratterizzata da un lato
da uno splendore economico e cortigiano, dall’altra da una perdita dell’influenza che il papato
aveva sull’Italia. In questo momento emerse in Italia un personaggio rilevante, Cola di Rienzo, egli,
che era stato inviato ad Avignone per chiedere il ritorno del papa a Roma, aveva al suo ritorno
occupato il Campidoglio, desiderando ricostruire la repubblica romana. Egli non era stato però
appoggiato dai suoi concittadini e aveva finito per vivere da eremita. I territori della chiesa erano
caduti, nel periodo avignonese nella mani dei signori italiani, il nuovo papa Innocenzo VI, decise di
affidare il progetto di restaurazione di questi ultimi al cardinale Egidio di Albornoz, che promosse
le Costituzioni Egidiane, una raccolta legislativa valida per tutti i territori ecclesiastici, che resterà
in vigore fino al XIX sec.
Nel 1273 era salito al trono germanico Rodolfo d’Asburgo, che il re francese Filippo il bello cercò
di assoggettare nei suoi domini, aiutando il fratello nel soppiantarlo. A questo punto intervenne
nello scontro Enrico VII, della casata dei Lussemburgo, egli decise di riprendere la politica italiana,
cercando di fermare la dilagante egemonia del re francese. Questi scese in Italia per ricevere
l’incoronazione imperiale, ma non fu ben accolto nei territori italiani, più che alleati egli trovò
territori che necessitavano il suo aiuto e finì per non portare a compimento l’impresa, morendo
improvvisamente nel 1313. La definitiva germanizzazione dell’Impero e scioglimento del suo
legame con la curia italiana si verificano in due tappe, la prima con Ludovico il bavaro, che si fa
incoronare da un esponente di una famiglia romana e non dal papa, e sancisce che l’approvazione
papale non sia più necessaria nell’incoronazione dell’imperatore. E la seconda con Carlo IV di
Boemia, che con la Bolla d’oro (1356) sancì che l’imperatore sarebbe stato eletto dai più importanti
principi tedeschi, quattro laici e tre ecclesiastici.
L’evoluzione politica dei comuni
Durante il periodo di scontri con il barbarossa i comuni dell’Italia centro-nord furono costretti a
raggiungere un alto grado di gestione politica, militare, fiscale ed economica, per riuscire a
mantenere la propria autonomia politica. Da tempo si erano diffusi ipodestà di mestiere, giudici
imparziali nell’amministrazione cittadina. Alla morte di Federico gli imperatori germanici avevano
lasciato la situazione italiana a sé, il governo regio non si era più sovrapposto a quello comunale e il
podestà aveva iniziato ad essere scelto dall’aristocrazia consolare, composta dalle famiglie che
avevano avuto in passato un ruolo predominante nella formazione del comune stesso. Con il passare
del tempo i proprietari terrieri, i mercanti e gli artigiani, che si erano spostati a vivere all’interno
delle mura iniziarono a reclamare potere e partecipazione politica. Nacque così il Popolo, un
organizzazione politica di mercanti e artigiani, il cui potere si contrappose a quello del podestà.
L’ingresso in politica del Popolo si realizzò attraverso una lotta politica fra i detentori del potere e
gli esclusi, essi avevano acquisito ormai abbastanza potere e organizzazione. Il Popolo si dette un
vessillo e uno stemma, elesse dei propri magistrati e un proprio capitano, che deteneva il compito di
comandare la milizia militare del Popolo. Questo processo fu comune a molte città italiane,
nonostante ciò incontriamo eccezioni, ritardi e fallimenti in questo processo. In molti casi le
organizzazioni politiche borghesi arrivarono ad avere il controllo del governo della città,seppur
sempre affiancate dal podestà, il cui ruolo non fu mai annullato nonostante sia stato fortemente
ridimensionato. Il capitano del Popolo tolse generalmente al Podestà le funzioni politiche e militari,
relegandogli funzioni tecnico-amministrative meno rilevanti. In alcune città furono le corporazioni a
prendere in mano il potere come, ad esempio, il caso di Bologna o Firenze, in altre città governate
da un signore esse furono invece assoggettate al controllo di funzionari pubblici, è il caso di Roma e
Venezia. I magnati o grandi erano coloro che appartenevano alle famiglie più potenti
dell’aristocrazia cittadina, esse erano generalmente di antica origine e di tradizione militare.
Inizialmente questa categoria era contraddistinta dal diritto ereditario di ricoprire le magistrature
cittadine, poi dall’esclusione ereditaria da esse. Il concetto di nobiltà era molto variegato in Italia da
luogo a luogo, nonostante ciò può essere sintetizzato così, nobile era colui che veniva riconosciuto
come tale da un’autorità superiore. I magnati cittadini avevano dei tratti in comune: la casa della
famiglia, la volontà di vivere al di sopra delle leggi cittadine, il controllo militare che essi
esercitavano nella zona limitrofa alle loro case, essi furono sempre più oggetto dell’attenzione dei
governi per la prepotenza e l’arroganza con cui si muovevano nella città.
La lotta fra magnati e Popolo è stata analizzata ad esempio nel caso di Firenze, in cui con lo
sviluppo del comune del Popolo i magnati avevano perso nel giro di pochi anni larga parte del loro
potere, essi erano stati esclusi dalle cariche che prima detenevano, tramite le leggi antimagnatizie,
che presero il nome di Ordinamenti di Giustizia(1293). In seguito alla Battaglia di Benevento le arti
maggiori elaborarono una riforma costituzionale che attribuiva il governo della città ai capi delle
organizzazioni artigiane. Giano della Bella si fece allora portavoce del popolo minuto, che era stato
così emarginato dal potere, propose inoltre la confisca dei beni guelfi, perlopiù degli aristocratici
che desideravano tornare al governo della città. La proposta spaventò le arti maggiori del governo,
che decisero di escludere Giano e le arti minori dal governo della città. Al governo della città rimase
così solamente l’alta borghesia, che piano piano iniziò sempre di più ad assomigliare ai magnati che
aveva combattuto.
Il passaggio da comune a signoria cittadina non fu, come spesso si racconta ordinato
cronologicamente e ben definito, spesso le signorie si instaurarono gradualmente all’interno dei
comuni, e il cambiamento fu, in alcuni casi reversibile. In alcuni casi la signoria si formò in seguito
all’affidamento di poteri particolari a un esponente cittadino, in altri quando quest’ultimo trasformò
il suo incarico in un ufficio a vita. Generalmente fu un potere legittimo e ben tollerato dalla
popolazione, nonostante segnasse un’involuzione nella partecipazione politica cittadina.
L’affermazione del potere di un singolo cittadino non portò generalmente a un sovvertimento del
profilo costituzionale cittadino, bensì a uno svuotamento degli organi amministrativi di esso.
Fu nelle città padane che si svilupparono le prime signorie feudali, partendo da Verona con gli
Scaligeri, Milano con i Visconti, Mantova con i Gonzaga,Padova con i Carraresi e Bologna con i
Pepoli.
Genova continuò a reggersi a comune ed espandersi nel Mediterraneo, aveva sconfitto ormai Pisa
nella battaglia della Meloria e le due non erano più in conflitto per il ruolo di rilievo nei commerci,
la seconda città stava vivendo un forte calo demografico ed economico. A Firenze si verificarono
numerose esperienze di signorie temporanee, che non andarono però mai a intaccare effettivamente
la città. Venezia era caratterizzata da una sostanziale autonomia rispetto al resto della penisola,
l’organizzazione politica fu qui sempre elitaria-aristocratica, governava un patriziato di grandi
famiglie mercantili, capitanato da un doge. Nel 1297 la serrata del maggior consiglio portò al
definire l’ereditarietà del ceto politico e portò il governo a passare definitivamente a una
ristrettissima aristocrazia di famiglie. I territori della chiesa acquisirono sempre più autonomia in
seguito allo spostamento della sede papale ad Avignone, il comune di Roma si era dagli inizi
costituito in chiave antipontificia.
Le città della zona meridionale tendevano ad acquisire maggiori diritti ogni volta che il potere
centrale si indeboliva, tutte furono segnate da un forte processo di espansione demografica. In
particolare a Bari e Messina si diffuse la consuetudine di mettere per iscritto le leggi locali, si
formarono così forme di autogoverno cittadino, necessitanti sempre l’approvazione del re.
Fra le città dell’Italia centrale e settentrionale sitrovano molti elementi comuni. Dalla fne del XII si
iniziano a costruire palazzi pubblici, del Popolo, del capitano, della sinoria, distaccandosi così ancir
di più dall’influenza di nobili e vescovi, nei cui palazzi si svolgevano prima le riunioni
dell’amministrazione cittadina. Si può notare come il nord sia caratterizzato in questo periodo dai
palazzi comunali, mentre il sud resti fortemente legato ai castelli urbani, dove si svolge l’attività
politica, generalmente posseduti da nobili famiglie cittadine. Sempre in questo periodo si attua un
forte processo di legislazione le città, agli inizi del trecento ogni città italiana possedeva un suo
statuto, ovvero un suo sistema legislativo, che veniva frequentemente aggiornato e modificato.
Anche il sistema economico della città andò modificandosi in questi anni, si organizzarono imposte
sui consumi, chiamate gabelle e i cittadini iniziarono a prestare denaro al comune, in cambio di
“titoli di stato”, denaro congelato che gli sarebbe stato poi restituito con interessi. Si organizzò
inoltre la riscossione di imposte dirette, facendo un censimento dei capifamiglia in un estimo, da cui
in caso di bisogno venivano chieste imposte sui beni immobili di loro proprietà. Si iniziarono a
produrre numerosi documenti in questo periodo nacquero i primi archivi delle città.
Nelle città medievali esistevano uno o più ospedali, in cui si accoglievano poveri, orfani e vedove,
oltre che malati, il passaggio dell’ospedale a struttura prettamente sanitaria sarà attuato
successivamente, in età moderna. Vennero istituiti in questo periodo medici condotti e maestri
condotti stipendiati dal comune, i primi praticavano salassi e rimozioni dentarie, i secondi
insegnavano ai bambini a leggere, scrivere e far di conto. L’espansione cittadina non fu spontanea
come spesso si può pensare, bensì venivano organizzate lottizzazioni programmate, seguendo leggi
di decoro e di posizionamento delle nuove case.
Nell’Italia del centro-nord campagne e città si intrecceranno in rapporti forti di mutua influenza, le
città, come è sancito anche nella pace di Costanza, si espansero nelle campagne, che sottomisero
politicamente tramite patti e accordi. Nacquero così distretti, ovvero l’unione di grandi città che
prendevano sotto la loro ala piccole città circostanti, entrambe con i rispettivi contado.
Le città italiane ebbero una fortissima influenza sulle campagne dal punto di vista culturale ed
economico, e fra le due si creò da un lato una forte integrazione e dall’altro un forte scontro
culturale. Le città modificarono l’aspetto delle campagne, modificandone gli edifici. Le campagne
fornivano alle città oltre che materie prime e derrate alimentari, anche manodopera a basso costo. In
alcune zone sparì del tutto la piccola proprietà contadina, in favore della mezzadria, sistema
secondo cui il proprietario offriva la terra e la semenza, mentre il contadino offriva su di esse il
proprio lavoro, i due si spartivano poi il raccolto, l’abitazione del mezzadro si trovava generalmente
al centro dei suoi possedimenti ed egli era fortemente coinvolto nel sistema e nel suo controllo.
Questo sistema si diffuse a partire da metà del XIII sec. nella zona circostante ad alcune città del
centro nord italiano. Un ruolo centrale nelle campagne era quello del lavoro femminile di
autosussistenza, le donne filavano, raccoglievano frutti, facevano legna e da balie.
L’impero mongolo
Nella zona fra l’Europa centrale e la Cina si stende la steppa, zona fredda e desertica, in cui nel
medioevo vivevano numerose tribù di pastori e cacciatori nomadi. Esse si spostavano seguendo la
pioggia ed erano molto variegate fra loro, culturalmente e spiritualmente. Dal 750 agli inizi del
1200 nessuna di esse tentò di prevalere sulle altre, ma sul finire del XII sec si erano iniziate a creare
delle aristocrazie dei gruppi, che iniziarono a progettare l’unificazione politica di quei territori. La
Mongolia fu unificata sotto Temujin, che nel 1206 prese il titolo di Gengis Khan(=sovrano
universale), egli unificò le tribù e creò un potentissimo esercito, basato sulla resistenza fisica e
l’obbedienza assoluta al capo. Insieme ad esso iniziarono le conquiste dell’Impero, partendo dalla
Cina del nord Pechino fu presa nel 1215, passò poi all’Asia Centrale(Turmenchistan, Afghanistan,
Buchara, Samarcanda), successivamente si spostò nel sud della Russia, marciando su Kiev. Alla
morte di Gengis Khan le conquiste continuarono con il figlio e poi con il nipote, Kubilai Khan (il
Gran Can che conoscerà Marco Polo), i due conquisteranno l’Iran, la Georgia, l’Armenia, l’Asia
minore nella zona più orientale e alcune zone della Bulgaria. Persino il papa cercò di stabilire dei
contatti con l’impero, il cui Khan si era avvicinato alla religione cristiana in seguito a dei contatti
con la famiglia Polo. Nel 1258 Baghdad fu saccheggiata e successivamente iniziò la conquista del
sud della Cina. I domini furono successivamente suddivisi in 4 aree: l’Orda d’Oro, il khanato
dell’Iran, Il khanato di Chagatai(asia centrale) e l’impero Yuan(Cina). I mongoli tentarono poi la
conquista del Giappone e dell’India, ma furono sopraffatti dall’inesperienza sul mare e sui boschi di
territori differenti dal proprio, che non riuscirono in gran parte ad attraversare. Fallirono entrambe le
spedizioni.
Il dominio mongolo sulla Cina si basò su una distinzione netta dei mongoli dai cinesi, furono difatti
vietati i matrimoni misti fra i due popoli, nonostante ciò vi era una forte tolleranza religiosa, il Gran
Can si era convertito in seguito a una fase cristiana, al buddismo e i popoli mongoli entrarono in
contatto con le influenze religiose e spirituali dei popoli a loro limitrofi, e si convertirono perlopiù
all’islam. In Cina Kubilai adottò una pressione fiscale minore rispetto ai governi che la avevano
abitata precedentemente, migliorò le comunicazioni interne, costruendo canali d’acqua ed emise
una nuova cartamoneta stabile. Nel 1260 i due fratelli Polo si spostarono da Venezia verso il Katai.
Il periodo in seguito all’unificazione dei popoli mongoli è detto pax mongolica, nonostante non sia
stato effettivamente un periodo pacifico, difatti continuarono quasi ininterrottamente le spedizioni
per ampliare i territori imperiali in Asia. Dopo la morte di Kubilai Khan si aprì in Cina una fase di
continue insurrezioni contro il dominio mongolo, che si concluderà solo nel 1368, quando salirà al
potere la dinastia Ming.
Le conquiste mongole furono interpretate dai cristiani occidentali secondo una antica profezia, il
popolo mongolo simboleggiava il popolo demoniaco di Magog, che secondo un’antica profezia
avrebbe invaso l’Europa venendo da oriente, prima della fine del mondo. I confini del mondo erano
attualmente pensati da un lato dalle colonne d’ercole, mentre dall’altro da un muro che si pensava
che Alessandro Magno avesse chiesto a Dio di costruire per tenere lontano il popolo di Magog.
Nell’ignoto oriente si vedevano Inferno e Eden. I grandi viaggi europei di scoperta dell’oriente
seguirono un processo di durata di circa un secolo e mezzo, dalla metà del XIII sec. si preferì la via
della terra per raggiungere queste zone, successivamente dal XIV sec. si seguì con la via del mare.
Incontriamo in questo periodo vari personaggi cardine dei viaggio oltreoceano, che permisero
all’Europa di affacciarsi al patrimonio culturale orientale sempre più attraverso i loro resoconti di
viaggio. Il primo fu Giovanni da Pian del Carmine, frate francescano che fu inviato al papa a
prendere contatti con il governo orientale del Khan.
Il secondo fu Marco Polo, che pubblicò nel 1298 Il Milione, testo in cui racconta i viaggio eseguiti
da suo padre e su zio, e successivamente i suoi, nell’arco di tempo che va dal1260 al 1298, anno in
cui egli venne catturato in una battaglia fra Genova e Venezia. Egli detta le sue memorie a un
compagno di prigionia. Il padre e lo zio di Marco erano partiti nel 1260 per esportare alcune merci
preziose, si erano poi recati in Crimea e avevano attraversato il Mar del Nord, erano stati poi
chiamati a Bukhara dagli inviati di Kubilai Khan al cospetto di quest’ultimo, a cui avevano mostrato
le preziose merci italiane, e avevano illustrato a quest’ultimo la dottrina cristiana. Il Gran Can
chiese così alla famiglia Polo di chiedere al papa di fargli portare cento dotti europei che potessero
spiegargli al meglio la dottrina cristiana, la famiglia Polo decise così di dedicarsi successivamente
non più all’attività mercantile, bensì a quella diplomatica. Marco rimase così alla corte di Kubilai
per 17 anni come ambasciatore, entrando così a contatto con terre lontane, persino con l’India .
Marco Polo porta così a noi una descrizione piuttosto dettagliata della Cina in quegli anni, territorio
con cui era stato in contatto per lungo tempo, egli distinse nettamente nord e sud della Cina, il Katai
e il Mangi, parlò dell’ organizzazione delle poste e delle stazioni di cambio, degli usi e costumi dei
differenti popoli, descrisse l’uso comune della carta moneta. Solo nel 1292 Marco tornò a Venezia,
affrontando un lungo viaggio via mare.
Un altro personaggio molto importante fu Ibn Battuta, nato in Marocco nel 1304. Egli decise di
compiere un pellegrinaggio alla Mecca ma al ritorno deviò verso la Siria, la Mesopotamia e la
Persia. Egli arrivò persino in India nel 1333, dove visse alla corte di Delhi per 7 anni, viaggiò poi in
Malesia, in Indonesia e in Cina, da dove decise di rimpatriare. Successivamente decise di
raccogliere le due memorie dettandole a un dotto andaluso, a cui raccontò di pratiche e usanze di
altri popoli.
Per quanto riguarda la situazione del medioriente alla fine del XIII sec., Costantinopoli era stata
riconquistata da Michele VII Paleologo, che aveva rifondato un nuovo teorico Impero Bizantino,
seppur i domini fossero limitati, esso comprendeva Tracia, Macedonia, Peloponneso e la zona
intorno a Bosforo e Dardanelli, l’impero fu segnato da una profonda crisi, un arretramento costante
dei suoi confini, lotte interne e una forte crisi economica.
Nel 1290 in Egitto e in Siria avevano preso potere i mamelucchi, guidando enormi contingenti
mercenari provenienti da diversi luoghi.
Gli ottomani continuavano a spingersi sempre più vicino a Bisanzio, insediati al centro
dell’Anatolia, minacciavano sempre più L’Occidente e l’Impero Bizantino. Essi si distenderanno
successivamente su gran parte dei Balcani, da dove conquisteranno poi nel 1453 Costantinopoli,
cambiandole nome in Istanbul.
Dagli inizi del 1300 la crescita della popolazione si era arrestata, ed era stata seguita dal suo crollo.
Il 1348 è la data in cui si colloca l’inizio dell’epidemia di peste nera. In questo periodo fallirono
anche numerose banche e l’economia ebbe un tracollo. Le cause di questa profonda crisi sono da
rinvenire nel periodo di maggiore fioritura dell’economia europea, si pensa che l’economia e lo
sfruttamento delle risorse praticato in quegli anni non potesse supportare per lungo tempo la crescita
della popolazione. Le carestie furono molteplici e molto estese, esse decimavano la popolazione
non solo per la fame, ma esponendola maggiormente alle malattie. Quella del 1347 fu la crisi
agraria più grave che si sia mai verificata in Italia, essa la colpì nella sua interezza, tra 1315 e 1317
fu colpito il nord Europa, mentre nel 1333 la penisola Iberica. Le carestie furono causate in parte da
un profondo maltempo, i ghiacciai avanzarono, si verificarono invasioni di insetti che distruggevano
i raccolti, la guerra continua distruggeva i territori e le risorse.
I commerci su scala internazionale furono ciò che favorì la crisi e la speculazione crescente su di
essa, fenomeno di mercato e effetto dell’urbanizzazione stessa.
Anche le monete vissero periodi di instabilità, le monarchie europee avevano sempre più bisogno di
denaro e i re facevano fluttuare la moneta, abbassandone e alzandone il valore. Anche il settore
tessile incontrò delle difficoltà, diminuirono le quantità e aumentarono i prezzi, oltre a crescere le
tensioni sociali. Si crearono movimenti di protesta in Italia, come ad esempio quello dei “senza
Brache”, a Bologna nel 1289. A Firenze si creò il primo sciopero dei lavoratori della lana nel 1345.

Capitolo 6:
La peste comparve in Europa nel 1347e la attraversò tutta fino intorno al 1350, essa decimò la
popolazione europea e accelerò i cambiamenti che stavano avvenendo in campo economico e
sociale in quegli anni. Ma la vera piaga in quegli anni fu la combinazione di tre elementi, la peste, la
guerra continua e la carestia.
Fra la fine del XIII e gli inizi del XIV sec. l’Europa intera fu colpita da una lunga carestia, essa ebbe
un impatto più forte sulla popolazione rispetto alle precedenti in quanto il rapporto fra popolazione
e disponibilità di risorse si era in quegli anni fortemente alterato, la peste portava la carestia, in
quanto rallentava la semina, e la carestia portava la morte, in quanto indeboliva i corpi e li esponeva
maggiormente alle malattie. Nella seconda metà del Trecento però la fame allentò la presa, in
quanto era diminuita la popolazione da sfamare ed era aumentata progressivamente la produttività
della terra. Questi secoli sono caratterizzati da una condizione di guerra continua, essa divenne una
condizione abituale e colpì fortemente la popolazione civile, difatti essi pur non partecipando erano
tenuti a pagare le tasse cittadine per non permettere agli eserciti di attraversare le campagne e
distruggere i raccolti. Il secolo fu caratterizzato dalla Guerra dei cent’anni e delle due rose in
Francia e Inghilterra, da scontri dinastici nella penisola Iberica e dalla guerra permanente in Italia.
Il termine peste deriva dal latino “peius”, termine che sta ad indicare ‘la malattia peggiore’, esso
veniva utilizzato per indicare molti tipi differenti di gravi epidemie. La peste del 1347-48 non è
stata quindi riconosciuta dal nome, bensì dai sintomi che la hanno caratterizzata, bubboni alle
ascelle, all’inguine e al collo, macchie livide, vomito, convulsioni, febbre, delirio e morte.
La popolazione ignorava l’esistenza del bacillo e la sua trasmissione attraverso i topi, essa fu gettata
in un’ondata di delirio generale, non si sapeva come combattere la malattia né da cosa fosse
provocata. Gli storici hanno successivamente iniziato ad analizzare lo stretto rapporto fra la malattia
e i modi di vivere della società, quanto lo sviluppo di queste sia strettamente connesso con essi. La
peste nasce da un’infezione dei roditori selvatici che vivono nelle steppe orientali, essi in periodi di
carestia entrano in città e infettano i topi domestici. Essi muoiono e le pulci che abitavano la loro
pelliccia si spostano sugli esseri umani, che sono a loro volta infettati. La malattia si sviluppa in due
modi diversi entrando a contatto con i climi caldi e freddi, nel primo caso nella forma bubbonica,
nel secondo nella forma polmonare. Il bacillo è sensibile alla luce, al buio si conserva virulento per
alcuni anni, è per questo che la malattia poté sopravvivere allo stato endemico per secoli,
esplodendo di tanto in tanto.
Si ipotizza il percorso compiuto dalla peste partendo da Oriente, dall’Himalaia e seguendo la via di
Samarcanda. La rete di comunicazioni istituita dai mongoli ne segnò fortemente la veloce
espansione. Nel 1347 i mongoli, che tenevano in assedio Caffa, vi lanciarono i cadaveri di alcuni
appestati, così le navi di coloro che fuggirono dalla città portarono con sé la peste in ogni tappa che
fecero nel rincasare, facendo penetrare l’epidemia in Europa. La mortalità più alta si raggiunse in
Italia e nelle coste francesi.
Le città tentarono di ridurre i contagi limitando gli spostamenti fra persone, istituendo quarantene e
vietando gli assembramenti, è descritta negli scritti contemporanei a questo periodo la paralisi della
vita cittadina, l’allentarsi dei rapporti umani, l’interruzione dei rituali legati alla sepoltura e le
diverse reazioni popolari all’evento, chi si rifugiava nella fede, chi in festeggiamenti sfrenati, chi
fuggiva nelle campagne. Si diffusero in questo periodo le figure dei flagellanti, uomini
incappucciati che attiravano le folle e si punivano die peccati spogliandosi e frustandosi in pubblico,
incitando le folle al linciaggio dei non cristiani. Il movimento fu condannato da papa Clemente VI e
sparì nel giro di poco tempo. Le interpretazioni che si tentarono di dare a questo fenomeno furono
molteplici,
-la maggior parte credeva la peste come una punizione divina per i peccati degli uomini, la
corruzione politica, le guerre, gli omicidi e addirittura la moda troppo frivola
-un’altra interpretazione vedeva Dio punire i musulmani, i cristiani erano solo vittime innocenti del
piano divino
-si incolpavano alcuni avvelenatori, che si accusavano di aver appestato le acque con polveri
pestifere, esse si concretizzarono in violente persecuzioni contro gli ebrei e contro le donne,
accusate di essere streghe
-alcuni attribuirono la causa nella congiunzione di tre pianeti nel segno dell’Acquario
-per quanto riguarda l’interpretazione medica, si vedeva la causa nella corruzione dell’aere.
Si ipotizza che la peste abbia ridotto la popolazione mondiale di un terzo, e che in seguito alla sua
ondata maggiore nel 1348 abbia continuato a decimare la popolazione mondiale, restando endemica
per secoli e riaffiorando in zone diverse nel tempo. L’ultimo caso di pestilenza rislae al 1994, in
India, la peste durante i secoli successivi toccò l’Asia e l’Africa, le città subirono continue infezioni
soprattutto nelle zone in cui il livello igienico era più scarso.
Con lo spopolamento delle città e delle campagne iniziò a riprendere terreno il selvaggio, che era
stato addomesticato nei secoli intorno al X, in seguito all’aumento demografico.
Si verificò in questo periodo un aumento della produttività cerealicola, diminuì la superficie
coltivata e aumentò la superficie dedicata all’allevamento, andò a crearsi in questo periodo un
nuovo equilibrio fra boschi, campi e pascoli.
Si verificarono numerosi abbandoni, in particolare nei villaggi di campagna, la popolazione
abbandonava perlopiù i piccoli centri abitati trasferendosi in quelli più grandi, andandosi così a
rimescolare. Nei centri piccoli si andava abbandonando la periferia favorendo il centro.
La crisi del Trecento indebolì il potere signorile sulle campagne, il prezzo dei generi alimentari era
calato, le rendite erano minori in seguito allo spopolamento e i salari agricoli erano aumentati a
causa della mancanza di manodopera. Ovviamente fu un cambiamento solo temporaneo,
tempestivamente tamponato dai governi, che vietarono l’aumento dei salari.
In Francia e Inghilterra si verificarono numerose sommosse e moti contadini a discapito dei signori
e dei nobili. In Francia si verificarono in primo luogo sollevazioni nelle zone delle Fiandre, dove i
contadini si rifiutarono di pagare imposte al conte, successivamente si sviluppo il movimento detto
delle jacquerie, movimento contadino improvviso e violento che esplose nel 1358, i contadini erano
oppressi dalla guerra continua con l’Inghilterra e iniziavano a nutrire un sentimento di disprezzo
verso i nobili, considerati incapaci di combattere in seguito alle numerose sconfitte che gli erano
state inflitte. Partendo dalla zona dell’Ile de France le rivolte si espansero, in particolare a Parigi,
città perlopiù abitata da artigiani e commercianti, questi ultimi guidati da Marcel, desideravano
togliere privilegi alla nobiltà e istituire un governo della borghesia, la jacquerie fu soffocata nel
sangue.
Nel 1381 esplose una rivolta violenta in Inghilterra, la causa scatenante fu una nuova imposta
istituita, chiamata pool tax. Si pensa che abbiano avuto in questa rivolta un ruolo di spicco preti
ribelli, che professavano uguaglianza sociale e comunismo dei beni, fra di loro John Ball. Tra i
rivoltosi vediamo chiedere precise rivendicazioni sociali, fra cui l’abolizione dello statuto che non
permetteva l’aumento dei salari e la distribuzione a piccoli lotti dei beni posseduti dalla chiesa.
Con l’infuriare della peste si rafforzarono le tensioni fra lavoratori salariati e datori di lavoro, in
particolare nel campo tessile, in cui i rifornimenti erano sempre più difficili e bloccavano la
produzione. Durante il periodo successivo all’ondata del 1348 i salari erano aumentati, fino ad
arrivare al 1370, anno in cui la legge li abbassò, proteggendo i datori di lavoro. I salariati vedevano
così piombare di nuovo la loro situazione economica e decisero di ribellarsi. Molto noto è il caso di
Firenze, in cui scoppiò nel 1378 il celebre tumulto dei ciompi, in cui si rivoltarono i lavoratori
salariati che stavano nell’ultima fase della lavorazione dei panni di lana. Questi protestavano per i
salari troppo bassi e rivendicavano il diritto a riunirsi in una propria arte e partecipare alla vita
politica. I ciompi si riunirono a Ronco e si diedero un programma articolato, essi non sarebbero più
stati subordinati ai padroni e si sarebbe istituita la loro arte, che avrebbe partecipato alla vita politica
di Firenze, i loro salari sarebbero aumentati e essi non sarebbero stati puniti per essersi rivoltati. I
ciompi si impadronirono del governo di Firenze per alcune settimane, ma furono poi repressi con
violenza, e il governo della città passò nelle mani di poche famiglie.
La crisi del trecento è stata un tema che ha scaturito fra gli storici molti dissidi, essendo la sua
interpretazione molto variegata, alcuni vedono il suo risvolto in una crisi di tipo Malthusiano,
ovvero la vedono nascere nella discrepanza fra popolazione e mezzi di sussistenza, ovvero questi
ultimi non sarebbero riusciti a stare al passo con l’aumento della popolazione e la peste sarebbe
stata interpretata come un regolamento, un qualcosa che avrebbe riportato le cose in pari. La crisi
non colpì in egual misura i vari centri mercantili, da notare è l’adattamento a essa di questi ultimi, il
loro cercare nuovi metodi per rendere le vendite più efficienti. Altri vedono nella crisi del Trecento
la decadenza del modello economico feudale e l’apertura verso la nascita del modello capitalistico.
Nel corso del Trecento i monasteri affrontarono una fase di lunga difficlotà, dovuta a un nuovo
modo di vivere la religiosità che si sviluppò fra la popolazione, si cercava una religiosità più intima,
personale e ci si slegava dalle istituzioni ecclesiastiche. Si sviluppò inoltre un nuovo modo di vivere
il legame con il divino, in un rapporto individuale e personale, questo atteggiamento è detto
misticismo. Questo legame condusse diverse donne a farsi portavoce del volere di Dio, fra cui
incontriamo Giovanna d’Arco, mandata da voci celesti nella sua missione di salvare la Francia,
Caterina da Siena, mandata da Dio a far ritornare la sede papale a Roma…
Uno dei temi più sviluppati in arte sacra è quello del trionfo della morte, sono caratteristiche di
questo periodo le danze macabre.
Nel 1377 papa Gregorio XI era rientrato a Roma, influenzato da Caterina da Siena a rendersi
indipendente rispetto al potere politico del re di Francia. Alla morte del papa, l’anno successivo
furono eletti due papi differenti, gli italiani elessero Urbano VI e lo insediarono a Roma, i francesi
elessero Clemente VII ad Avignone. La cristianità si divise quindi, dalla parte della Francia si
schierarono Scozia, Castiglia, Aragona e i Regni del Sud Italia, mentre dalla parte dell’Italia si
schierarono Inghilterra, Germania, Fiandra e l’Italia del Nord. Lo scontro andò avanti per 40 anni,
ad entrambi i papi fu proposto di abdicare in favore di un terzo ma nessuno dei due accettò di
rifiutare al suo potere. Durante questo lasso di tempo fu eletto persino un terzo papa a Pisa, nel
tentativo di far abdicare i primi due. Si scelse la via del Concilio, con il Concilio di Costanza del
1414 furono processati i tre papi in favore dell’elezione di papa Martino V, con sede a Roma, vista
come sede naturale della cristianità.
Nacquero fra trecento e quattrocento nuovi movimenti ereticali, che facevano fede direttamente agli
insegnamenti di Cristo e che entrarono fortemente nel processo di creazione delle identità nazionali
di Inghilterra e Boemia.
In Inghilterra il professore dell’Università di Oxford Wyclif, ispirò una dottrina che oggi si potrebbe
definire come prefigurativa della dottrina protestante. Egli sosteneva che non fosse necessaria la
mediazione del papa nel ricevere la parola di Dio e che ogni cristiano avrebbe dovuto avere la
possibilità di leggere le Sacre Scritture nella propria lingua. Si faceva distinzione fra una “chiesa
visibile”, ovvero quella delle istituzioni, e una “chiesa invisibile”, il gruppo compatto dei cristiani,
guidato solo da Cristo, i sacramenti proposti dal primo non avrebbero avuto nessun tipo di effetto
sulla salvezza dei secondi, in quanto il loro futuro era già segnato. I lollardi, i discepoli più radicali
della dottrina, ebbero un ruolo importante nella rivolta contadina scoppiata nel 1381. La dottrina di
Wycliff fu condannata pochi anni dopo la morte del suo ideatore.
Successivamente ritroveremo arte delle idee di Wycliff nella dottrina portata avanti da Hus, nel
1409 rettore dell’Università di Praga, egli condannava il possedimento di beni della chiesa, e
invitava i fedeli a seguire la povertà di Cristo. Gli fu impedito di predicare e fu arrestato come
eretico, fu poi arso vivo perché rifiutò di rinnegare le sue idee.
Dalle idee di Hus nacque un movimento nazionalista, detto degli hussiti, esso scoppiò in un tumulto
popolare che si estese in tutta la Boemia, contro i sostenitori della Chiesa Romana.
Il movimento si scisse in due anime, i taboristi ovvero la parte più radicale e povera e una parte
moderata, di nobili e borghesi. I taboristi volevano trasformare lo stato in una repubblica teocratica,
in concordanza con le idee che portavano avanti, mentre i moderati desideravano mantenere
l’ordine gerarchico tradizionale. I due finirono poi per accordarsi sulla linea moderata per chiedere
una riforma religiosa che prevedesse la libertà religiosa. I taboristi cercarono però di estendere la
loro riforma in tutta Europa, furono attaccati da papa Martino V e imperatore Sigismondo con il
loro esercito crociato, ma non riuscirono nell’impresa e dovettero accordarsi con questi.
L’imperatore dovette così riconoscere gli articoli di Praga. Successivamente fu l’ala più moderata a
gestire la riforma della chiesa Boema.
La Guerra dei Cent’Anni
Fra trecento e Quattrocento Francia e Inghilterra subiranno un processo di formazione verso la
costruzione di monarchie nazionali, il cui sistema sarà centralizzato e i cui territori si riuniranno
sotto uno stesso sistema amministrativo e legislativo. Burocrati inviati dal re, che prenderanno il
nome di amministratori di mestiere, prenderanno il posto della società feudale che prima svolgeva il
compito amministrativo nelle campagne. L’incertezza alla base di questo processo di plasmazione
statale sta alla base del conflitto che caratterizzò questo periodo, detto la Guerra dei Cent’Anni. I
primi segnali del suo inizio si ebbero nel 1324, momento in cui il Re d’Inghilterra Edoardo III si
rifiutò di riconsegnare territori francesi che aveva avuto in feudo al re di Francia. A questa iniziale
rivalità si aggiunse una tensione dinastica, in seguito alla morte dell’ultimo re capetingio, senza
successori, si aperse il conflitto per il trono di Francia. Edoardo III, re d’Inghilterra fu escluso dalla
successione nonostante fosse imparentato con la corona francese, perché lo era da parte materna, e
fu eletto al suo posto Filippo VI di Valois, suo cugino, semplicemente perché nato in territorio
francese. Edoardo rivendicò la successione al trono di Francia, non riuscendo ad accettare di essere
stato sostituito dal cugino. Inoltre le tensioni fra Francia e Inghilterra erano già aperte da molti anni
per varie ragioni, oltre al feudo inglese in Francia, le due fazioni avevano sostenuto i rivoltosi l’una
dell’altra, i francesi sostenevano i ribelli in Scozia, mentre gli inglesi sostenevano i ribelli nelle
Fiandre. La guerra dei cent’anni èstata denominata così dagli studiosi ottocenteschi, difatti si trattò
di una lunghissima serie di scontri, di cui molti non riescono a vedere la fine, difatti i dissidi
dinastici continuarono effettivamente fino all’800.
Il 1337 è la data convenzionale che si da all’inizio del conflitto, Filippo VI difatti confiscò i territori
di Edoardo III in Francia e quest’ultimo gli dichiarò guerra. La guerra prese luogo inizialmente nel
territorio delle Fiandre, luogo la cui popolazione era fortemente divisa fra le due nazioni, e che si
identificava in parte con una e in parte con l’altra.
Il conflitto fu segnato da varie fasi, in cui l’una o l’altra fazione primeggiarono, la prima andò
all’incirca dal 1340 al 1360 e fu favorevole all’Inghilterra, il cui esercito era caratterizzato da una
velocità e da una competenza maggiore rispetto alla pesante e lenta cavalleria dell’esercito francese.
Gli inglesi si mossero velocemente nel territorio francese e con una serie di scorribande riuscirono a
penetrarvi in profondità.
Nel 1356 fu preso prigioniero il re di Francia a Poitiers e per averne riscatto il figlio dovette
rinunciare al possedimento di un terzo dei territori del regno. Carlo V, filgio del re catturato, salì al
trono e riportò temporaneamente la pace in Francia, ricostruendo il prestigio della casa reale e
riorganizzando gli eserciti, in vista del nuovo attacco agli inglesi. Egli cambiò la tattica delle armate
francesi, cercando di tagliare i rifornimenti al nemico, con incursioni rapidi e iimboscate. I francesi
ebbero la meglio e le ostilità cessarono temporaneamente nel 1380, anno in cui entrambi i paesi
furono preda di scontri interni, in Inghilterra scoppiarono sanguinose rivolte popolari, mentre in
Francia si scontrarono due partiti nobiliari che desideravano acquisire il potere, gli Armagnacchi e i
Borgognoni. Con Enrico V, re d’Inghilterra riprese il conflitto, nel 1415 l’armata francese fu
distrutta e questi acquisì il territorio della Normandia. Il re francese, dichiarò allora che Enrico V
sarebbe stato il suo successore al trono di Francia, entrambe le dinastie si sarebbero allora riunite
sotto il gruppo inglese dei Lancaster. Ma alla morte di entrambi i re il territorio francese fu spaccato
in due, a nord Enrico VI formò un regno franco-inglese, con l’appoggio dei borgognoni, mentre a
sud Carlo VII formò un regno-rifugio, sostenuto dagli Armagnacchi.
Giovanna d’Arco è stata il personaggio cardine di questo preciso momento storico, simbolo
tutt’oggi del nazionalismo francese e considerata da molti artefice della resistenza francese. Ella
entrò nella scena della guerra a diciassette anni, si diceva guidata da voci celesti ad aiutare il suo re
nella battaglia contro gli inglesi. Carlo VII fu convinto da quest’ultima a inviare soldati a Orleans,
terra natia di quest’ultima, che era stata assediata. Ella per prendere parte alle operazioni militari si
vestì da umo e si tagliò i capelli, per passare inosservata fra i soldati e evitarne le attenzioni. Grazie
all’operazione militare gli inglesi si ritirarono, ma Giovanna fu fatta prigioniera dai Borgognoni e
venduta agli inglesi, che la processarono come strega e la condannarono al rogo. Fu la liberazione
d’Orleans a dare la spinta ai francesi, che si convinsero che la loro vittoria fosse voluta da Dio e
uscirono uniti e vittoriosi dalla battaglia.
Trecento e Quattrocento furono periodi complessi non solo per le continue guerre e epidemie, ma
persino per le continue crisi dinastiche e per i continui assestamenti territoriali fra i vari stati. Si
seguì un processo che portò gradualmente il re a prendere in mano interamente il controllo
dell’esercito, della diplomazia, dell’apparato fiscale, amministrativo e della giustizia. In Francia la
guerra aveva rafforzato solo il potere del re, che aveva acquisito il potere perduto dal resto della
popolazione, che aveva perduto denaro e possedimenti. Era stata la guerra stessa a spingere il re a
migliorare il sistema fiscale e ad affinare l’esercito, rendendolo direttamente sottoposto a sé stesso,
senza l’intermediazione nobiliare.
I duchi di Borgogna erano riusciti a trasformare il loro territorio in un regno, che si scontrò con il re
Luigi XI, egli gli sconfisse ma la battaglia non si concluse. Quando salì al trono borgognone Carlo
il temerario, il suo progetto era quello di unificare la Borgogna con le Fiandre, ma dopo la morte di
quest’ultimo il territorio della Borgogna scomparse progressivamente, per mano del re di Francia. Il
territorio della Nuova Francia si completò negli ultimi decenni del Quattrocento.
La monarchia inglese, in seguito alla guerra con la Francia, si ritirò nei suoi territori e iniziò a
concentrare le sue forze nell’organizzazione interna, da cui uscì rafforzata. Dovette però
attraversare in primo luogo un lungo conflitto dinastico, che prese successivamente il nome di
Guerra delle due Rose (1455-85), che si combatté fra la famiglia Lancaster e la famiglia York, per
la successione al trono, difatti entrambe le famiglie erano imparentate con Edoardo III. Le due
famiglie tentarono di porre al trono loro esponenti e la battaglia si concluse con la vittoria dei
Lancaster e l’incoronazione di Enrico VII, che riuscì a pacificare entrambi gli schieramenti
sposando un esponente della famiglia York, mettendo fine alla guerra nel 1486 e fondando la nuova
dinastia unificata dei Tudor.
La penisola iberica decise nel XIV sec. di dedicarsi all’impresa di conquista oltremare, l’espansione
si articolò in due direzioni, la costruzione di un impero africano di Castiglia e di un impero
mediterraneo di Aragona. In questo periodo difatti i mercanti erano alla ricerca di nuove vie di
commercio con l’oriente, in seguito alla caduta dell’impero mongolo, Portogallo e Castiglia si
incontrarono così in un patto strategico, entrambe erano interessate al territorio di Gibilterra e del
Marocco, che permetteva a questi ultimi di essere detentori della via alternativa per il mercato in
Oriente. I due re riuscirono così ad ottenere il controllo del Marocco e di Granada.
Il regno Aragonese nel frattempo era riuscito a espandersi nelle Baleari, in Sicilia e in Sardegna,
permettendo ai mercanti catalani di ampliare i propri commerci e renderli più efficenti. Le nuove
conquiste mediterranee andarono a dare un impulso economico e andarono qui a crearsi basi
strategiche militari, portando alla formazione di una vera e propria via delle isole su questa rotta. Si
verificò durante questi anni una forte ascesa economica di Barcellona, che finì successivamente per
contrarsi con l’accentuarsi di alcune debolezze interne del sistema. Il potere del regno di Aragona si
era ampliato e unito sotto la dinastia dei Trastàmara, unendo ai propri domini anche la Sicilia e
Napoli. Con il matrimonio nel 1469 fra Ferdinando di Castiglia e Isabella d’Aragona i due regni
furono finalmente uniti, nonostante la permanenza di sentimenti contrastanti nella popolazione, il
cui animo non riuscì inizialmente ad unirsi sotto un unico spirito nazionale.
Nel 1492 si verificò la conclusione del processo di Reconquista, con la presa di Granada, che fu
seguita da una procedurale espulsione di musulmani ed ebrei.
In Germania, in seguito all’emanazione della Bolla d’oro, che aveva sancito l’effettiva mancanza di
potere dei re, nonostante la permanenza di varie cariche da parte di essi, i principi e le città avevano
preso il suo posto, spartendosi il territorio in maniera disomogenea. Da questa situazione non
avevano giovato solo i grandi principi elettori, bensì anche i medi signori territoriali la Germania
andò trasformandosi in un insieme di territori autonomi. Le città iniziarono a sentirsi minacciate dal
potere dei signori e andarono riunendosi in leghe, in seguito a questo evento dilagò nel territorio la
guerra continua fra signori e città. L’età dei principati andò in Germania dal 1378 al 1519,anni in
cui si susseguirono nel regno una serie di regnanti poco rilevanti, fra cui si può annoverare
Massimiliano d’Asburgo, che espanse il territorio del regno aggiungendo ai propri domini il Tirolo,
la Boemia e l’Ungheria. La confederazione elvetica nacque nel 1291 da tre cantoni sotto la
giurisdizione degli Asburgo, ad essi se ne aggiunsero in seguito altri 5, che entrarono in conflitto
con la famiglia , il processo di espansione continuò anche negli anni successivi,la Svizzera ottenne
definitivamente l’indipendenza nel 1499, essa fu sancita da Massimiliano.
Nel corso del trecento Svezia, Norvegia e Danimarca si riunirono nell’Unione di Kalmar in modo
da affrontare l’espansionismo politico ed economico dei tedeschi, essa si sciolse però dopo poco
tempo a causa di alcune rivolte interne fra i diversi popoli. Per quanto riguarda gli stati dell’est, essi
ebbero la possibilità di organizzarsi in stati autonomi, esso accadde in Russia, in Boemia, in
Ungheria, in Polonia e in Lituania. L’Ungheria prese il ruolo di barriera difensiva della cristianità,
di fronte alla minaccia ottomana. Boemia, Polonia e Lituania subirono invece a lungo l’influenza
tedesca, di cui si liberarono agli inizi del Quattrocento. Anche Polonia e Lituania si unirono,
scontrandosi insieme contro l’ordine dei cavalieri teutonici. La Russia era governata dal Duecento
da principati piuttosto autonomi, ma subiva le conseguenze che la conquista mongola gli aveva
imposto, fra cui una fortissima pressione fiscale, con il suo distacco progressivo dal mondo
mongolo acquisirono sempre più importanza i principati di Kiev e di Mosca. I principi di Mosca
iniziarono a colonizzare le “terre di nessuno” del nord della Russia, e con Ivan I la città di Mosca
passò ad essere centro religioso di tutta la Russia, rubando il primato a Kiev. Così iniziò ‘ascesa di
questa regione, sostenuta dalla chiesa, di cui entrò a far parte persino Novgorod da cui la regione si
aprirà ai commerci. Fu nel 1480 che Ivan III il Grande si rifiutò di pagare i tributi ai mongoli e rese
lo stato russo indipendente. La civiltà russa era prevalentemente contadina e si fondava sulla
servitù, i contadini russi sarebbero rimasti in questa condzione fino al 1861. Quando Costantinopoli
fu conquistata dagli ottomani Mosca ne raccolse l’eredità e divenne capitale del cristianesimo
orientale.
L’Italia alla fine del medioevo
L’Italia affronta un processo fortemente differente negli anni alla fine del medioevo rispetto alle
altre monarchie europee, difatti la penisola restò per lungo tempo frammentata in stati di maggiori e
minori dimensioni, con regimi politici e leggi differenti. Si estendevano città stato repubblicane,
ducati, principati e regimi ecclesiastici, oltre alle zone del sud ancora governate da re stranieri. Lo
Stato della Chiesa, formalmente retto da un papa-re, si ribellò spesso al suo dominio e conobbe
esperienze repubblicane. Il papa era difatti da tempo legato alla dinastia angioina, e la popolazione
italiana non riusciva ad accettare l’influsso politico della dinastia.
Per quanto riguarda l’Italia del centro-nord si avviarono processi di creazione di organismi statuali
più estesi, che nascevano dall’acquisizione di maggiore potere delle città più grandi, che andavano
ad inglobare le più piccole e le terre signorili sotto la propria influenza. Si avviò così il passaggio da
comuni a stati regionali, con strutture diplomatiche, burocratiche stabili e una politica economica di
tipo protezionistico. Fra le città più attive nella loro espansione incontriamo Milano, Venezia,
Genova e Firenze.
La politica di estensione del territorio milanese fu avviata da Gian Galeazzo Visconti, che attirò
nell’orbita della città Piacenza, Parma Bologna e altre città limitrofe. A contrastare la presa di
potere di questa vi furono gli Scaligeri di Verona, che estesero i propri domini su Reggio, Parma e
Lucca e si scontrarono con i milanesi sul finire del Trecento. Gian Galeazzo Visconti ottenne
dall’imperatore la nomina di duca e costruì uno Stato sotto cui unificò gran parte dell’Italia del
nord, inglobando anche Verona, Pisa e Siena. Il progetto si chiuse però tempestivamente alla morte
del duca e i territori furono in parte divisi fra i figli, in parte acquisirono autonomia. Con
l’indebolimento del dominio Carlo VII di Francia, il re d’Aragona Alfonso e Venezia tentarono di
acquisire il dominio della zona. I cittadini milanesi decisero così di ribellarsi agli stranieri,
proclamando la Repubblica Ambrosiana(1447-50) e nominando duca Francesco Sforza.
Venezia era una repubblica governata da una stretta oligarchia, la serrata del Maggior Consiglio
aveva assegnato al potere politico alcune famiglia patrizie della città, che avevano saputo assicurare
una forte stabilità politica.
Nel corso del Trecento la città aveva iniziato ad espandersi su terraferma, acquisendo Padova,
Vicenza e Verona, la sua espansione subì un’accelerazione in seguito alla morte di Gian Galeazzo.
Genova era riuscita a eliminare la concorrenza di Pisa sul mediterraneo e si trovò nel Trecento a
combattere contro Venezia, nonostante fosse Genova sostenuta da vari alleati Fra cui il re
d’Ungheria e gli Asburgo, fu sconfitta e Venezia acquisì il controllo dell’Adriatico. Gli Aragonesi
minacciarono Genova, che dovette sottoporsi a sovranità e protezioni straniere per aggirarla perché
indebolita. I mercanti genovesi a fine quattrocento si ritirarono dai mercati orientali, puntando a
quelli occidentali, rafforzarono i rapporti con la Castiglia e furono presenti in Spagna e Inghilterra.
Il governo di Firenze era rimasto governo delle arti, nonostante ciò il potere tendeva ad essere
spesso concentrato nelle mani di un’oligarchia di mercanti e banchieri. I domini fiorentini si erano
allargati nel Trecento su Pistoia, Arezzo, Colle val d’Elsa e Pisa, acquisita in seguito alla morte del
duca Visconti; Firenze si ritrovò a dover combattere col papa, che minacciava da vicino i suoi
possedimenti, nella Guerra degli Otto Santi. La città tentò anche la conquista di Siena e Lucca, che
riuscirono però a difendere la propria autonomia. L’economia fiornetina si basava principalmente
sulla produzione di tessuti, organizzata per specializzazioni, sui commerci e sulle banche, che
ebbero una crecita grazie all’impegno nel Sud Italia. Emerse in questo periodo la famiglia di
banchieri dei Medici, arricchitosi sugli affari della corte papale romana, che si opposero allo
strapotere della famiglia degli Albizi, impiantando la signoria di Cosimo de Medici. La signoria
Medici fu un potere non ufficiale, non sancito, ma ben accettato dal popolo fiorentino, essi si
limitavano a controllare che le carche più importanti della vita cittadina fossero ricoperte da
personaggi da loro graditi. Il momento di massimo splendore a Firenze si raggiunse con la signoria
di Lorenzo il Magnifico, che durò dal 1469 al 1492.
Il Sud Italia fu caratterizzato in questi anni da tensioni e inquietudini continue.
In Sardegna fu emanata nel 1392 la Carta de Logu, codice civile e penale che resterà in vigore fino
al 1827, il territorio fu in seguito completamente sottomesso dagli aragonesi, che ne istituirono un
viceregno.
In Sicilia alcune famiglie esponenti riuscirono a convincere gli aragonesi a dare all’isola autonomia,
istituendo un re autonomo per essa, facente parte della dinastia aragonese, l’isola la riuscì a
mantenere fino al 1412. I commerci dell’isola furono rianimati, investendo nella canna da zucchero.
Successivamente la Sicilia era stata declassata a viceregno della corona di Aragona, governata da un
amministratore del re, fu la nuova classe regnante strettamente legata al re a permettere che
avvenisse questo passaggio senza ribellioni.
Nel regno di Napoli i baroni avevano mantenuto un’ampio controllo sul territorio, nonostante il re
angioino, con Roberto il Saggio si era tentata la conquista della Sicilia e si erano riallacciati i
rapporti con il papa. La presenza angioina in Italia si era successivamente progressivamente
indebolita, Giovanna I fu regina di Napoli e tentò di nuovo la conquista della Sicilia, schierandosi
con l’antipapa avignonese, la successione si contese fra Luigi d’Angiò e Carlo di Durazzo, il
secondo riuscì a prendere il potere con la violenza e uccise la regina precedente. Il regno finì per
cadere successivamente nell’anarchia e nella crisi. Nel 1442 l’Italia meridionale fu unificata sotto il
dominio aragonese, che portò a un forte sviluppo economico, specializzando il territorio siciliano in
un granaio e introducendo l’allevamento di pecore in Puglia.
Lo stato italiano nel Quattrocento fu caratterizzato da continue lotte interne, in particolare il duca di
Milano Visconti si era avvicinato in questo periodo al re di aragona, il loro progetto era quello di
riunire l’Italia in due aree di influenza, il nord sarebbe stato dei Visconti, il sud degli Aragonesi.
Genova, Firenze e Venezia li combatterono. Nel 1454 fu firmata a Lodi la Pace di Lodi, che
riappacificò Milano e Venezia e sancì la pace in Italia per gli anni successivi, essa veniva firmata
per assicurarsi che potessero essere evitati interventi di stati esteri nel territorio italiano.
Successivamente si ricreò una situazione di instabilità, dovuta al desiderio di conquista degli Sforza,
che aprì la porta all’intervento francese sul territorio italiano. L’aggressione di Venezia a Ferrara
portò alla nascita di un’alleanza fra Firenze, Milano e Napoli, e fu una rivolta a Napoli nel 1486 a
spingere il papa a chiamare l’intervento francese. Ludovico il Moro donò allorà il ducato di Milano
ai francesi, che entrarono in Italia nel 1494. Il paese restava in questi anni molto diviso, mancanza
la volontà di tentare l’unità politica.
Fra le città italiane in guerra continua, intorno al 1320 iniziò a diventare prassi l’assoldare
compagnie di mercenari, questa pratica si affermò principalmente nel centro-nord, in città occupate
da cittadini perlopiù borghesi, che non amavano fare la guerra e lasciare le proprie attività
lavorative. Nacquero così le compagnie, guidate dai condottieri, ovvero i capitani di esse che si
occupavano di far rispettare ai propri soldati la condotta, il contratto di ingaggio dei mercenari.
Inizialmente i soldati erano perlopiù stranieri, formatisi per il servizio nella guerra fra Inghilterra e
Francia, pian piano però gli stati italiani iniziarono a reclutare soldati italiani, istituendo con essi un
rapporto sempre più stabile. Le compagnie erano a servizio della guerra, ma non portavano la pace
nei territori in cui erano assoldate, difatti in seguito alle battaglie occupavano e saccheggiavano i
territori di coloro che li avevano assoldati, che erano costretti a pagare un contributo perché essi li
liberassero. I condottieri italiani provenivano spesso da ambienti aristocratici, molti di loro finirono
per stabilirsi nei territori che servivano e diventarne signori o duchi (es. Francesco Sforza duca di
Milano), il processo avvenne però anche all’inverso, molti signori decisero infatti di divenire
condottieri.
Umanesimo e Rinascimento
Con i due termini si indica il periodo storico sviluppatosi fra la fine del ‘300 e il pieno ‘400, fino
agli inizi del ‘500, caratterizzato da un movimento artistico, letterario e filosofico e da una nuova
diffusione culturale differente rispetto alle epoche precedenti. L’idea di rinascita nasceva già nel
periodo stesso, nel ‘400 si pensava che la civiltà avesse vissuto un periodo di fioritura(civiltà
antiche), seguito da una morte(medioevo), e da una rinascita(rinascimento). Furono i primi
successori del periodo a dare un giudizio negativo sulle opere medievali, gli umanisti volevano far
rinascere lo splendore culturale dell’antichità, in contrapposizione alle tenebre gotiche medievali.
Gli studi degli umanisti furono caratterizzati dalla cultura latina, che fu riscoperta e ridiffusa proprio
in questi anni. Il termine umanesimo viene utilizzato per indicare il periodo del ‘300-‘400, in cui si
riscopre la cultura antica, che sarà poi reimpiegata nel creare la cultura nuova del rinascimento
‘400-‘500. Gli umanisti si occuparono di migliorare lo scritto e il parlato della lingua latina,
tradussero i poemi omerici e molte altre opere classiche. La riscoperta della cultura classica portò a
una riscoperta del ruolo dell’uomo in sé, che venne ritematizzato nella sua natura e nelle sue
capacità. Si sviluppò un nuovo approccio scientifico alla conoscenza, si progettarono nuovi
macchinari e tecniche. Nel 1436 Gutenberg inventò la stampa a caratteri mobili, che venne
impiegata per stampare il primo libro della storia, una copia della Bibbia. La nuova stampa si
diffuse velocemente in tutta Italia e permise un accesso più ampio alla cultura, essendo gli
incunaboli più economici dei costosissimi libri copiati a mano. Si introdusse in questi anni l’usanza
di brevettare le invenzioni. Si cominciò inoltre a studiare in modo semi-scientifico persino la
politica, applicando principi elaborati alla pratica di governo, lo si vede con l’esempio di
Machiavelli.
I territori fuori d’Europa
Il territorio asiatico fu caratterizzato fra Tre e Quattrocento da due grandi trasformazioni, da un lato
la Cina riuscì a liberarsi dall’invasione mongola e si instaurò la dinastia Ming, in seguito a
numerose rivolte contadine, strato sociale che era stato fortemente ostacolato con il regime
mongolo. I Ming ricostruirono in un lungo processo l’agricoltura e l’economia che era stata distrutta
nel loro paese con l’invasione, e spostarono la capitale a Pechino.
In Turkestan e in Mongolia si instaurò l’Impero Turimide, con Tamerlano, grande conquistatore
musulmano. Egli espanse i suoi territori nel nord dell’India e in Iran, istituì moschee e scuole nei
suoi territori e scelse come capitale Samarcanda. Tamerlano, grande conquistatore, ma non
altrettanto grande statista non riuscì a consolidare l’impero in modo da tale da farlo sopravvivere
alla sua morte, momento in cui fu progressivamente frantumato fra figli e nipoti e assorbito dai
paesi limitrofi.
Le regioni islamiche vicine al Mediterraneo furono unificate nel processo di creazione dell’Impero
Ottomano, la cui origine si incontra in una piccola tribù turca stabilitasi in Anatolia intorno alla
metà del XIII sec.. La tribù di abili guerrieri a cavallo si era rapidamente espansa in Tracia e nei
Balcani, fino a occupare gran parte della porzione europea dell’Impero Bizantino. Nel 1453
Costantinopoli fu assediata e conquistata da Maometto II il conquistatore, che ne cambiò il nome in
Istanbul e trasformò la cattedrale di Santa Sofia in moschea. In occidente si iniziò a vedere la fine
del mondo vicina, Nicolò V proclamò l’apocalisse e si istituirono inutili crociate a cui la
popolazione partecipò scarsamente. L’impero Ottomano riuscì a restare unito fino al XX sec. grazie
alla tolleranza dei suoi governanti, alla non imposizione di caratteri culturali unitari ai vasti territori
conquistati.
1450
Intorno al 1450 si avviò una graduale ripresa demografica, le cui radici si incontrano nelle
campagne, difatti il calo della popolazione causato dalle epidemie del Trecento aveva segnato una
minore necessità di frumento, la cui coltivazione era stata progressivamente abbandonata nei
territori meno produttivi, che erano stati destinati a coltivazioni più varie o all’allevamento. Ciò
aveva segnato per la popolazione una dieta più varia, un conseguente miglioramento della salute e
della fertilità. Le campagne erano andate così riorganizzandosi, spesso le zone di coltura si erano
specializzate e i mercanti che prima commerciavano oltremare avevano finito per investire
nell’agricoltura, che rifioriva in quegli anni. Si era sviluppata sempre più la transumanza, lo
spostamento stagionale dei greggi dalla montagna alla pianura, segnato da dogane.
Successivamente però le condizioni di lavoro nelle campagne tornarono ad essere sfavorevoli, il
miglioramento dei salari e delle condizioni di lavoro era stato solo temporaneo e i contadini
tornarono ad essere nullatenenti.
Lo sviluppo in Italia delle città si può articolare secondo tre fasi:
-1° fase-> espansione a cavallo fra fine 1200 e inizi 1300, costruzione verticale, espansione rapida
-2°fase-> crisi demografica circa a metà del 1300, riorganizzazione delle città, strade più larghe,
servizi più efficenti
-3°fase-> ripresa agli inizi del 1500, si riorganizzano i mercati in modo più efficiente, più consumi
Per indicare la fine del medioevo si incontrano tre date convenzionali differenti, che annettono tre
interpretazioni differenti:
-1453 caduta di Costantinopoli, scelta più diffusa
-1492 scoperta delle Americhe di Cristoforo Colombo
-1517 affissione delle tesi di Lutero e conseguente rivoluzione protestante
Molti però non vedono il medioevo finire con queste date e vedono un “lungo medioevo” che
terminerebbe con la rivoluzione industriale, vedendo permanere nell’età moderna molte forme
economiche e organizzative della società medievale

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